Legislatura 19ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 229 del 09/10/2024
Azioni disponibili
SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XIX LEGISLATURA ------
229a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO STENOGRAFICO
MERCOLEDÌ 9 OTTOBRE 2024
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Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO,
indi del presidente LA RUSSA,
del vice presidente CASTELLONE
e del vice presidente RONZULLI
N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Civici d'Italia-Noi Moderati (UDC-Coraggio Italia-Noi con l'Italia-Italia al Centro)-MAIE: Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE; Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE: FI-BP-PPE; Fratelli d'Italia: FdI; Italia Viva-Il Centro-Renew Europe: IV-C-RE; Lega Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: LSP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista: PD-IDP; Per le Autonomie (SVP-PATT, Campobase): Aut (SVP-PATT, Cb); Misto: Misto; Misto-ALLEANZA VERDI E SINISTRA: Misto-AVS; Misto-Azione-Renew Europe: Misto-Az-RE.
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RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 10,04).
Si dia lettura del processo verbale.
CROATTI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 3 ottobre.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori
PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.
Discussione del documento:
(Doc. CCXXXII n. 1) Piano strutturale di bilancio di medio termine - Italia 2025-2029 (ore 10,07)
Approvazione della proposta di risoluzione n. 6
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del documento CCXXXII n. 1.
Il relatore, senatore Calandrini, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.
Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.
CALANDRINI, relatore. Signor Presidente, vorrei comunicarle che la Commissione bilancio poco fa mi ha conferito il mandato a riferire favorevolmente all'Assemblea sul documento in discussione, il Piano strutturale di bilancio a medio termine, che è previsto dalla riforma della governance economica europea quale strumento per la definizione del quadro programmatico di finanza pubblica e la realizzazione di investimenti e riforme, valido per un periodo pari alla durata della legislatura nazionale.
Il quadro di riferimento esposto dal Piano include un orizzonte temporale che si estende dal 2025 al 2029.
La disciplina transitoria stabilita dalla nuova normativa europea prevede la presentazione alle istituzioni europee del primo Piano entro il 20 settembre 2024, salvo proroghe concordate con la Commissione. Il Governo italiano ha comunicato alla Commissione l'intenzione di posticipare la trasmissione del Piano al fine di poter disporre della revisione dei dati di contabilità nazionale pubblicati dall'Istat lo scorso 23 settembre. L'invio del Piano alle istituzioni europee dovrebbe avvenire entro la metà di ottobre, in concomitanza con la trasmissione del Documento programmatico di bilancio.
Sulla base delle condizioni previste dalla normativa europea e dello scambio tecnico avvenuto con il Governo, il 21 giugno scorso la Commissione ha trasmesso all'Italia la traiettoria di riferimento della spesa netta. Nel mese successivo si è svolto un dialogo tecnico tra il Governo e la Commissione europea, per discutere i principali contenuti del Piano, tra cui il sentiero di spesa netta, le prospettive economiche e fiscali e il programma di riforme e di investimenti. Il 26 luglio il Consiglio dell'Unione europea ha avviato una procedura per i disavanzi eccessivi nei confronti dell'Italia e di altri sei Stati membri.
A settembre, l'Ufficio parlamentare di bilancio ha trasmesso al Ministero dell'economia e delle finanze i propri rilievi relativi al quadro macroeconomico tendenziale provvisorio del Piano strutturale di bilancio 2025-2029 e, in data 25 settembre 2024, sempre l'UPB ha inviato una lettera di conferma della validazione del quadro macroeconomico tendenziale aggiornato alla luce delle stime diffuse dall'Istat, relative alle revisioni generali dei conti economici nazionali. Il 25 settembre il Governo ha presentato alle parti sociali lo schema di Piano strutturale di bilancio. La proposta di Piano è stata quindi deliberata dal Consiglio dei ministri e trasmessa al Parlamento il 27 settembre.
Dopo l'esame di oggi, il Governo dovrà inviare il piano alle istituzioni europee. La Commissione europea valuterà la proposta entro sei settimane e il Piano dovrà infine essere approvato con raccomandazione dal Consiglio dell'Unione europea. Secondo le disposizioni transitorie, durante il periodo in cui è in vigore il dispositivo per la ripresa e la resilienza, gli interventi del PNRR possono essere presi in considerazione per l'estensione del periodo di aggiustamento di bilancio da quattro a sette anni. Inoltre, tale disciplina transitoria prevede che i progetti di spesa finanziati con i prestiti del PNRR, o con forme di cofinanziamento nazionale dei programmi dell'Unione europea negli anni 2025 e 2026, possano valere per modulare in modo più graduale la correzione di bilancio richiesta durante il percorso di aggiustamento.
Nonostante il Piano rappresenti un documento di programmazione valido fino al 2029, il Governo italiano intende richiedere l'estensione del periodo di aggiustamento di bilancio da quattro a sette anni. Di conseguenza, il Piano espone la programmazione delle correzioni di bilancio richieste dalla nuova governance economica, in un orizzonte temporale che arriva al 2031
Il Piano strutturale di bilancio ha le finalità di: porre le basi di una programmazione pluriennale della politica di bilancio tendente alla sostenibilità delle finanze pubbliche e all'aumento della crescita potenziale supportata da riforme ed investimenti; affrontare le criticità strutturali del sistema economico e sociale dell'Italia, tra cui quelle riportate nelle raccomandazioni specifiche per Paese; per ultimo, contribuire al raggiungimento degli obiettivi connessi alle priorità comuni dell'Unione europea.
Il livello dell'andamento della spesa netta prevista dal Governo tiene conto della necessità di ricondurre il rapporto tra indebitamento netto e PIL al di sotto della soglia del 3 per cento nel 2026, in linea con le previsioni della NADEF 2023 e del Documento programmatico di bilancio del 2024. Si propone altresì di rispettare i criteri dell'analisi di sostenibilità del debito e le condizioni previste dalla normativa europea vigente. Il tasso di crescita della spesa netta indicata dal Governo risulta in linea con la correzione strutturale minima richiesta dalla procedura per disavanzi eccessivi.
In considerazione di tale condizione, il percorso di aggiustamento programmato esposto nel Piano si caratterizza per una anticipazione della correzione di bilancio nei primi due anni, con l'obiettivo di correzione annuale del saldo primario strutturale, pari a circa lo 0,55 per cento del PIL nel 2025 e nel 2026, e obiettivi per una correzione lineare, pari a circa lo 0,52 per cento del PIL per gli anni dal 2027 al 2031.
Secondo quanto esposto nel Piano elaborato dal Governo, i citati obiettivi di correzione annuale del saldo primario strutturale corrispondono al tasso medio di crescita annuale della spesa netta espressa a prezzi correnti, pari all'1,5 per cento fino al 2031, che la Commissione europea ha formulato nella traiettoria di riferimento trasmessa lo scorso giugno. In questo nuovo quadro europeo di governance economica, la sostenibilità del debito nel lungo periodo è assicurata tramite il raggiungimento di un obiettivo di miglioramento del saldo primario strutturale nel medio termine. Il raggiungimento dell'obiettivo del saldo primario strutturale è a sua volta assicurato dal rispetto di un profilo di crescita della spesa netta, che deve anche attenersi all'ulteriore indice di salvaguardia introdotto nel Patto di stabilità e crescita. Per quanto riguarda l'Italia, per la definizione del profilo di spesa rileva, oltre all'obiettivo del saldo primario strutturale, un indice di riferimento minimo che prevede per gli Stati membri che - come l'Italia - dal 2024 si trovano nella procedura per disavanzi eccessivi, un percorso di correzione di bilancio tale da assicurare un miglioramento minimo del saldo strutturale complessivo di almeno 0,5 punti percentuali di PIL all'anno.
Le nuove regole prevedono una eccezione per gli anni 2025-2027 in relazione ai quali l'indice è applicato con riferimento non già al saldo strutturale complessivo, ma al saldo primario strutturale per tener conto dell'aumento atteso del rapporto tra spesa per interessi e PIL rispetto agli anni precedenti. Il profilo di spesa identifica i tetti massimi di crescita annuali della spesa netta che gli Stati membri si impegnano a non superare.
Nel dettaglio l'aggregato della spesa netta sottoposto a sorveglianza fiscale è definito come spesa finale delle amministrazioni pubbliche al netto delle seguenti voci: spesa per interessi; spesa per i programmi dell'Unione interamente finanziati da trasferimenti provenienti dall'Unione europea; spesa nazionale per il cofinanziamento dei programmi finanziati dall'Unione europea; componente ciclica della spesa per disoccupazione; misure discrezionali dal lato delle entrate; misure una tantum e altre misure temporanee di bilancio.
Il Governo adotta una metodologia differente da quella della Commissione europea per stimare l'andamento dei principali indicatori di bilancio. Nel Piano si fa presente come, introducendo il citato tasso medio di crescita annuale della spesa netta, il deficit possa migliorare più rapidamente di quanto previsto dalle stime della Commissione europea, pur considerando la previsione di crescita prudenziale. Ciò deriverebbe dal fatto che l'analisi della sostenibilità del debito della Commissione si fonda su una metodologia che considera parimenti comuni per tutti gli Stati membri e dati di partenza differenti rispetto a quelli usati dal Governo, per quanto riguarda sia il profilo annuale dell'aggiustamento, sia il valore dei dati di finanza pubblica considerati.
Le metodologie impiegate dal Governo consentirebbero altresì un più elevato grado di titolarità nazionale delle scelte di programmazione economica. Infine, il Piano espone anche le variabili irrilevanti per la sostenibilità delle finanze pubbliche, i saldi di bilancio nominali e strutturali, gli investimenti pubblici con particolare enfasi sulla componente finanziata da risorse nazionali, gli interessi passivi e il rapporto debito PIL.
Nel Piano strutturale di bilancio è espresso l'impegno a completare l'attuazione del PNRR e a estendere la portata negli anni futuri. Negli anni 2025-2026 l'Italia concentrerà i propri sforzi per conseguire la piena attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, mentre negli anni successivi l'azione riformatrice sarà dedicata a consolidare e a sviluppare ulteriormente i risultati raggiunti.
Dopo il 2026 il Piano prevede ulteriori interventi strutturali volti a migliorare la qualità delle istituzioni e quella dell'ambiente imprenditoriale, con interventi in cinque ambiti: giustizia, amministrazione fiscale, gestione responsabile della spesa pubblica, supporto alle imprese e promozione della concorrenza nella pubblica amministrazione. La previsione di queste ultime misure tiene in considerazione anche gli altri programmi di intervento già avviati dall'Italia e finalizzati all'estensione del periodo di aggiustamento di bilancio a sette anni.
Il Piano descrive anche altre politiche di carattere settoriale per il perseguimento delle priorità strategiche nazionali ed europee che necessiteranno di forme di coordinamento con gli altri Stati membri dell'Unione europea: la resilienza sociale ed economica, l'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, la transizione verde e quella digitale, lo sviluppo delle filiere produttive compatibili con il contrasto ai cambiamenti climatici, la sicurezza energetica e il contrasto al degrado e all'illegalità. Il Piano include anche delle misure per il rafforzamento della capacità di difesa. Gli interventi delineati nel Piano offrono altresì una risposta ai rilievi emersi nell'ambito delle raccomandazioni specifiche del Consiglio dell'Unione europea indirizzate all'Italia dal 2019 ad oggi.
Infine, il Piano nel suo insieme mira a sviluppare ulteriormente quanto intrapreso con il PNRR, in particolare con riguardo agli investimenti per migliorare le prospettive demografiche, l'istruzione e la ricerca, nonché l'allineamento delle competenze dei lavoratori a quelle richieste dal mercato del lavoro, oltre ad assicurare maggiori servizi di cura per la prima infanzia, il potenziamento delle politiche attive per il mercato del lavoro e la coesione economica e sociale, nonché ad accelerare le transizioni verde e digitale.
Il Piano strutturale di bilancio espone anche la stima dell'impatto sul PIL reale delle riforme e degli investimenti del PNRR fino all'anno 2031, suddividendo tale impatto tra le riforme implementate e da implementare e tra gli investimenti implementati e da implementare. Sono inoltre analizzati gli impatti sul PIL delle nuove riforme valide per l'estensione del Piano strutturale di bilancio. La riforma prevista dal Piano relativa all'amministrazione fiscale è valutata nell'ambito del quadro macroeconomico programmatico del disegno di legge di bilancio 2025. Tuttavia, nel Piano si afferma che le misure in materia fiscale potrebbero avere un impatto positivo anche nel lungo periodo. Nel Piano si afferma pertanto che l'insieme delle riforme PNRR implementate produrrebbe un incremento del livello del PIL del 2,2 per cento al 2031; il completamento delle riforme da implementare produrrebbe al 2031 un ulteriore aumento di 1,7 punti percentuali; l'insieme degli investimenti PNRR implementati porterebbe ad un aumento del livello del PIL dello 0,7 per cento nel 2031, a cui si sommerebbe un ulteriore effetto positivo pari a 1,5 punti percentuali, realizzando anche gli ulteriori investimenti da implementare dopo il 2024.
Per quanto riguarda le nuove misure valide per l'estensione del Piano, queste produrrebbe un aumento del livello del PIL al 2031 dello 0,5 per cento. Nel complesso, le misure valide per l'estensione del Piano, ovvero gli investimenti e le riforme da implementare del PNRR e le nuove riforme, potrebbero condurre ad un aumento del PIL del 3,8 per cento entro il 2031. Dopo l'approvazione con raccomandazione da parte del Consiglio dell'Unione europea del livello di variazione della spesa netta, il Piano sarà realizzato secondo le misure previste annualmente dalla legge di bilancio e dalle altre politiche pubbliche. Il monitoraggio è demandato alla relazione annuale sui progressi compiuti da trasmettere alla Commissione entro il 30 aprile di ogni anno.
Dopo aver evidenziato la coerenza del percorso programmatico con il perseguimento di un obiettivo di saldo primario strutturale, sostanzialmente in linea con quello scaturito dalle condotte della Commissione, il Piano dimostra la conformità del medesimo percorso anche ai vincoli imposti sia dalla procedura sui disavanzi eccessivi, sia dalle clausole di salvaguardia quantitative individuate nel quadro della nuova governance economica europea. Queste ultime indicano una dimensione minima dell'aggiustamento fiscale annuo richiesto agli Stati membri, con riguardo al debito e al saldo complessivo di bilancio.
Infine, la normativa europea prevede la clausola volta a evitare che la maggior parte dello sforzo di correzione del saldo primario strutturale sia differita agli anni finali del periodo di aggiustamento. In particolare per quanto attiene alla procedura dei disavanzi eccessivi, si ricorda che nel giugno scorso la Commissione ha pubblicato un rapporto, ai sensi dell'articolo 126, con il quale ha proposto l'apertura di una procedura per disavanzo eccessivo per sette Paesi, tra cui l'Italia, il cui deficit risultava superiore alla soglia del 3 per cento in ragione del PIL in tutti gli anni dell'orizzonte di previsione. La normativa in vigore non modificata sul punto rispetto alla precedente versione del Patto di stabilità e crescita, prevede che i Paesi soggetti a procedura sui disavanzi eccessivi operino una correzione annua del saldo di bilancio non inferiore a 0,5 punti percentuali del PIL in termini strutturali.
Nel quadro programmatico delineato dal Piano, il deficit ritorna su valori inferiori al 3 per cento già dal 2026; la correzione annua del saldo primario strutturale risulta pari a 0,55 punti percentuali del PIL nel 2025-2026, mentre dal 2027 al 2031 assume carattere lineare, attestandosi sullo 0,52 per cento del PIL all'anno.
Risulta quindi implicitamente soddisfatta la correzione richiesta dalla procedura dei disavanzi.
Il Piano specifica che, essendo il 2027 l'anno in cui si prevede l'abrogazione della procedura in ragione del rientro dal deficit sotto il 3 per cento nel 2026, per verificare il rispetto della clausola occorre calcolare il valore medio della riduzione del rapporto debito-PIL, prevista per gli esercizi 2027-2029 compresi nel Piano. Nel quadro programmatico la riduzione prevista per i predetti anni è pari, rispettivamente, a 0,4 per cento, 1,1 per cento e 1,5 per cento del PIL, con una riduzione media dell'1 per cento, conforme all'impegno richiesto dal regolamento sul bilancio preventivo, come da ultimo modificato. Per i restanti anni del periodo di aggiustamento, la riduzione ricavabile dalla tavola 2.1.4 del Piano si attesta sull'1 per cento nel 2030 e sull'1,4 per cento nel 2031. Il Governo sostiene che l'avanzo primario strutturale conseguito alla fine del periodo settennale di aggiustamento, pari al 3,2 per cento del PIL, sarà sufficiente a garantire che, nei dieci anni successivi alla fine di tale periodo e in assenza di ulteriori misure di correzione fiscali, il rapporto debito-PIL sia posto su una traiettoria plausibilmente discendente. L'indebitamento netto continua a essere mantenuto al di sotto del 3 per cento del PIL.
Sebbene la Commissione europea abbia richiesto esplicitamente di non considerare gli effetti sulle previsioni di crescita programmatica all'interno del piano delle riforme e degli investimenti non ancora attuati, nel Piano strutturale di bilancio il Governo mostra che l'impatto delle riforme del PNRR da attuare e delle riforme aggiuntive oggetto dell'estensione del periodo di aggiustamento del Piano strutturale di bilancio porterebbe il rapporto debito-PIL a ridursi fino al 102,5 per cento nel 2041. Anche con il metodo di analisi stocastico, l'ipotesi di riduzione del debito pubblico appare plausibile. In dettaglio, la probabilità che il rapporto debito-PIL si collochi nel 2036 su un livello inferiore a quello del 2031 è pari al 74,5 per cento: quindi una probabilità superiore alla soglia minima del 70 per cento.
L'Ufficio parlamentare di bilancio, nell'audizione del 7 ottobre 2024, ha proceduto a validare le previsioni macroeconomiche programmatiche, dopo aver validato il quadro macroeconomico tendenziale sull'orizzonte temporale del Piano strutturale di bilancio.
Infine, come ho detto in apertura, la Commissione programmazione economica, bilancio, mi ha conferito poco fa il mandato a riferire favorevolmente all'Assemblea sul Documento in discussione. (Applausi).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti e le studentesse del Liceo classico «Francesca Capece» di Maglie, in provincia di Lecce, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).
Ripresa della discussione del documento CCXXXII n. 1 (ore 10,26)
PRESIDENTE. Avverto che le proposte di risoluzione al Documento in esame dovranno essere presentate entro la fine della discussione.
Dichiaro aperta la discussione.
È iscritto a parlare il senatore Monti. Ne ha facoltà.
MONTI (Misto). Signora Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, credo che quello di oggi, con la discussione del Piano strutturale di bilancio, sia - in primo luogo - un momento veramente molto importante per la storia recente della finanza pubblica italiana. Ma, al di là di questo, segna un passo in avanti - secondo me - nella comprensione da parte della cultura politica e dell'opinione pubblica del valore non totemico ma sostanziale di una certa disciplina di bilancio e, infine, rappresenta la cartina di tornasole rispetto alla credibilità o mancanza di credibilità di diversi altri protagonisti della politica.
Io vorrei dare atto al presidente Meloni e al ministro Giorgetti di avere tenuto la barra dritta, certamente aiutati da quei pur tanto deprecati vincoli europei, ma anche per l'emergere di una convinzione nuova in uno di loro due, non nuova nell'altro. Mi riferisco al fatto che il ministro Giorgetti, da molto tempo, pur appartenendo a un partito non sempre sulla stessa lunghezza d'onda con lui su queste tematiche, spesso su una lunghezza d'onda opposta, ha dato prova di capire il significato del bilancio pubblico e della sua disciplina.
Ricordo spesso - l'ho fatto anche in quest'Aula - il suo contributo, come Presidente della Commissione bilancio della Camera nel 2012, essendo il suo partito all'opposizione, all'approvazione della modifica costituzionale in ordine alla disciplina di bilancio.
Ma molto più nuova e da salutare con sincerità è la ferma presa di posizione del Presidente del Consiglio che, nelle sue dichiarazioni in tutti questi mesi, ha detto cose di eminente buonsenso, tuttavia antitetiche a quelle che ella stessa usava dire - come molti esponenti delle opposizioni - nel corso degli anni precedenti.
Queste modifiche di indirizzo io credo siano importanti da segnalare non per divertimento circa l'andamento grafico delle posizioni di una personalità nel tempo, ma perché danno il senso, nella cultura politica complessiva di un Paese - anche di un Paese che non ha, nella sua tradizione, la comprensione che i soldi dello Stato sono i nostri soldi e i debiti dello Stato sono i nostri debiti - che una tale evoluzione è senz'altro positiva. Certo, nella sostanza è anche importante che questa presa d'atto di un miglioramento di fondo non offuschi quelle cautele, quelle preoccupazioni espresse in particolare dalla Banca d'Italia e dall'Ufficio parlamentare di bilancio.
In particolare, credo che occorreranno sforzi molto maggiori, per quanto riguarda il versante della spesa pubblica, in termini di revisione e in termini di contenimento.
Personalmente, mantengo un dissenso piuttosto profondo sulla visione della distribuzione del prelievo fiscale che ha questo Governo. Per queste ragioni, mi riservo di leggere le mozioni, ma non credo che voterò a favore. Però, è importante - secondo me - molto più del mio singolo voto, che si constati questa evoluzione indubbiamente positiva.
Infine, vale la pena che queste occasioni di verifica di avanzamento e di verifica di tappe nella storia politico economica di un Paese siano anche accompagnate da una valutazione delle conseguenze che tutto ciò potrà avere sulla stabilità e incidenza del Governo.
Credo che come cartina di tornasole l'adesione della maggioranza alla linea Meloni e Giorgetti metta in luce in modo molto, ma molto evidente l'incoerenza in particolare di una personalità che ha perseguitato il dibattito politico italiano degli ultimi dodici anni, togliendo ad esso serietà e inserendovi insulti e calunnie quando non, di fatto, incitazioni a compiere atti lesivi della libertà individuale. Mi riferisco al vice presidente del Consiglio Salvini.
Ebbene, oggi sarei preoccupato se in lui prevalesse - come è ben possibile - il senso di una profonda dignità e di rispetto della coerenza, perché questo non potrebbe che condurlo alle dimissioni. (Applausi).
Il presidente Salvini ha superficialmente, ma con consenso di pubblico e, a suo tempo, di applausi in molti luoghi da lui frequentati, demonizzato in particolare gli interventi che, in un momento drammatico per il nostro Paese, sono stati fatti per dare qualche equilibrio - come vedrete e sapete, non definitivo - al sistema delle pensioni. Il partito del presidente Salvini allora fu l'unico che oggi non può dire di essersi preso a carico una parte di impopolarità per evitare il dissesto del bilancio dello Stato; tutti gli altri sì. Ha demonizzato tutto ciò che è stato fatto sulle pensioni e si è particolarmente accanito contro la seconda firmataria di quel provvedimento, il ministro Fornero, e il primo ero naturalmente io.
Uno dei punti più forti di questo Piano strutturale di bilancio è la presa d'atto dell'importanza di una sostenibilità del sistema pensionistico e vi si leggono le premesse di ulteriori irrobustimenti necessari a tal fine. Il presidente Salvini, che per tanti altri aspetti trovo non solo di grande valore come uomo politico, ma anche figura interessante e simpatica, ha giurato - per quello che possono valere i giuramenti, in generale, e i suoi in particolare - di eliminare quella legge innominabile - lo seguo - non appena si sarebbe trovato in posizione di Governo. Si è trovato varie volte in posizioni di Governo e questa volta credo che finirà, con un decoroso silenzio, per accettare la posizione del Governo sulle pensioni.
Presidente Salvini, non faccia prevalere la dignità. Capisco il suo intimo impulso a dimettersi in questo momento, ma non credo che, ora, questo farebbe il bene dell'Italia, perché l'attuale Esecutivo - di cui, sia ben chiaro, non condivido tutto fino in fondo - mi sembra adesso, fino a che l'opposizione non sarà un pochino più preparata, il Governo che deve stare lì a governare l'Italia.
Speriamo quindi che il presidente Salvini sopporti, per il bene del Paese, qualche altro momento di intollerabile contraddizione intima, senza far prevalere il senso della dignità. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Zambito. Ne ha facoltà.
ZAMBITO (PD-IDP). Signor Presidente, senatrici e senatori, rappresentanti del Governo, con il Piano strutturale di bilancio che arriva oggi in Senato si compie un'ulteriore tappa di avvicinamento molto importante alla manovra di bilancio dopo l'approvazione del Documento di economia e finanza.
Mi verrebbe da definirla una via crucis, anche per i provvedimenti che sono stati approvati dal Governo.
Con il Documento di economia e finanza è stato il tempo dei grandi annunci, coperti dal fatto che nel testo il Governo non aveva indicato alcun piano di programmazione, né in entrata, né in uscita. Con questo Piano strutturale si iniziano a vedere almeno i dati macroeconomici e le spese che si intendono fare - e non sono buone notizie per le cittadine e i cittadini italiani - ma ancora mancano le strategie e il quadro programmatico, così com'erano mancati nel Documento di economia e finanza.
Governare un Paese significa guardare alla costruzione di un futuro di crescita, occupazione e benessere. Questo Governo, invece, ha costruito un documento senza alcuna visione, il cui orizzonte è quello di questa legislatura: un piano economico che serve a salvare il presente per cacciare in avanti le responsabilità di far fronte alla crisi che vive il nostro Paese e, soprattutto, per rimandare alla prossima legislatura e al prossimo Governo l'onere di pagare tutto il debito.
Non c'è traccia di un piano industriale, indispensabile per tornare a crescere. Le politiche industriali del Governo Meloni si riducono alla svendita degli asset nazionali e di qualche partecipazione; nessuna politica occupazionale e nessuna strategia per la pubblica amministrazione; politiche che vengono ampiamente citate, ma se andiamo a guardare gli interventi concreti, tutto è posticipato al 2027, che, se non sbaglio, a lume di naso, mi pare l'anno in cui si andrà a votare.
Ancora, manca un serio piano delle riforme. Poggiate tutto sull'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Come non ricordare, anche in quest'Aula, l'opposizione che Fratelli d'Italia fece a questo Piano nella scorsa legislatura? E non viene fatto alcun accenno alle riforme che serviranno al Paese per il futuro. Vi perdete per strada la transizione ecologica e digitale, così come la sfida per modernizzare il Paese.
Le criticità di questo Piano strutturale di bilancio sono molte e sono emerse con forza durante le audizioni, sottolineate da enti che peraltro non hanno come compito quello di condurre l'opposizione a questo Governo, ma che sono chiamati ad ammonire rispetto alla strada che si intraprende. Ieri Bankitalia ha prima fatto luce sullo scenario programmatico, evidenziando che le previsioni del Governo sul PIL non coincidono con quelle di via Nazionale. Lo stesso è stato fatto notare dall'Ufficio parlamentare di bilancio. Non si arriverà alla crescita dell'1 per cento del PIL nel 2024: lo hanno detto a chiare note e alla fine, anche ieri sera, il ministro Giorgetti lo ha confermato. L'audizione di Bankitalia ha soprattutto aperto gli occhi sul rischio reale in assenza di politiche per aumentare le entrate; ne cito una a caso: rafforzare la lotta all'evasione fiscale. Lo stesso taglio del cuneo fiscale può mettere a rischio il sistema previdenziale. Lo diceva poco fa il presidente Monti. Voi provate a nasconderlo, ma finanziate i vostri interventi - parlo del taglio del cuneo fiscale - con i soldi dei dipendenti e dei pensionati e intanto continuate ad aumentare il perimetro della flat tax e delle rottamazioni fiscali per chi evade le tasse.
Vengo al cuore della questione che mi preme di più, a quel tema su cui questo Governo si è dimostrato essere campione di annunci e scarso nel raggiungere i risultati: la sanità. È su questo terreno che vengono a galla le contraddizioni della vostra azione di Governo: la spesa per la salute delle famiglie italiane, come ci ha ricordato, con dati precisi, proprio ieri la Fondazione GIMBE, è cresciuta del 10,3 per cento solo nel 2023 e sono più di 4,5 milioni le persone che hanno smesso di curarsi.
Sono numeri preoccupanti che, uniti alle diseguaglianze regionali, alla migrazione sanitaria, alle liste d'attesa e alla carenza del personale sanitario, fotografano quella che, a tutti gli effetti, è una vera e propria emergenza per il Paese. Un quadro drammatico, che diventa ancor più critico se pensiamo che, in un'Italia ridotta in queste condizioni, voi volete attuare la legge sull'autonomia differenziata e divaricare così le diseguaglianze esistenti.
Sapete cosa significa questo? Che state facendo scivolare, piano, piano, senza dirlo, il nostro sistema sanitario nazionale verso il privato. Inizio a temere che, in fondo, una strategia ci sia e sia proprio questa: ridurre la presenza dello Stato, indebolire i servizi sanitari pubblici per favorire la sanità privata. Dei segnali ci sono e sono evidenti, li abbiamo visti, ad esempio, nel decreto-legge sulle liste d'attesa: le poche risorse stanziate dal Governo con quel provvedimento non sono state destinate alle assunzioni del personale sanitario, ma all'acquisto di prestazioni sanitarie dai privati. Un segnale chiarissimo dell'orientamento di questo Governo.
Questo è un punto decisivo e in questi mesi il Partito Democratico non si è limitato a criticare le scelte del Governo, ma ha cercato anche di proporre soluzioni per rafforzare la sanità pubblica, perché per noi questa è la condizione indispensabile per garantire a tutte e a tutti il diritto alle cure e l'unica strada possibile per non lasciare indietro i più fragili. Lo abbiamo fatto con la proposta di legge a prima firma Schlein per finanziare in tre anni il sistema sanitario nazionale e portarlo sulla media dei Paesi europei; e non ci siamo fermati. Solo ieri abbiamo proposto di invertire la rotta rispetto a una linea programmatica, quella che indicate voi con questo Piano strutturale, che rischia di portare al default la sanità pubblica: vi abbiamo chiesto - e lo proporremo anche nel disegno di legge di bilancio del primo anno di questo Piano - di destinare le entrate che avete previsto per la riduzione delle aliquote Irpef (4,3 miliardi di euro) alla sanità. Sarebbe il segnale concreto di un Paese che si assume la responsabilità di onorare l'articolo 32 della nostra Costituzione.
Anche il ministro Schillaci dice che servono ulteriori 4 miliardi di euro per il 2025. Noi siamo con lui, lo aiuteremo ad ottenere ciò che chiede al suo Governo.
Sulla spesa sanitaria c'è anche un altro capitolo che rimane ancora senza risposta ed è quello dei fondi integrativi. Avete voluto un'indagine conoscitiva proprio in Senato, ma non si vedono risposte. Siamo preoccupati perché temiamo che, anche su questo terreno, alla fine prevarrà la logica privatistica.
È per questo motivo - e mi accingo a concludere, Presidente - che oggi, in quest'Aula, non ci soffermiamo solo sul Piano strutturale di bilancio di medio termine in discussione, ma mettiamo le mani avanti, avanzando le nostre preoccupazioni in vista della manovra. Solo ad inizio estate erano state annunciate risorse per la sanità, ma con questo Piano strutturale di bilancio scopriamo che non c'è niente. Come possiamo essere ottimisti per la legge di bilancio? Siamo preoccupati perché, a giudicare dai dati e dalle previsioni che ci sono state presentate, scopriamo che le vostre politiche economiche colpiscono le fasce più fragili della nostra società. State costruendo un Paese nel quale chi è più forte ce la fa e chi è più debole rimane indietro, portandosi anche la colpa della propria condizione: essere poveri per questo Governo è una colpa. Ma un Paese senza crescita, senza occupazione di qualità e senza giustizia sociale è un Paese senza futuro. Se ne stanno accorgendo tutti. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Musolino. Ne ha facoltà.
MUSOLINO (IV-C-RE). Signora Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, rappresentanti del Governo, il Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, di cui oggi discutiamo, altro non è che quella che una volta chiamavamo NADEF, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, cioè quel documento che il Governo presentava in questo periodo dell'anno, tra settembre e ottobre, per indicare quali erano gli obiettivi del disegno di bilancio che avrebbe poi presentato di lì a pochi mesi.
Come sappiamo, questo documento è stato sostituito da un nuovo strumento di finanza pubblica, il Piano strutturale di bilancio di medio termine, che è stato imposto dalle nuove disposizioni economiche europee. Questo nuovo strumento si differenzia da quello precedente - lo dico anche a beneficio di chi ci ascolta - per due motivi: il primo è che, mentre la NADEF era annuale, questo è un Piano strutturale pluriennale, che dunque vale cinque anni (il Governo, nel caso di specie, ha proposto al Parlamento di allungarlo fino a sette); il secondo è che si tratta di un Piano vincolante.
Mentre la NADEF aveva una durata esigua di un anno ed era un documento modificabile nel tempo, questo Piano impone al Parlamento, nel momento in cui lo accoglierà e lo approverà, delle scelte vincolanti sulle quali chiede la condivisione. In sostanza cioè per i prossimi anni queste saranno le linee di azione del Governo, quindi anche dello Stato italiano una volta approvato dal Parlamento, dalle quali non sarà consentito discostarsi, a meno che non si verifichino eventi eccezionali o un cambio del Governo. Quello che dobbiamo discutere oggi e che dovremo approvare nel pomeriggio è pertanto un documento di grandissima responsabilità perché detta, indica e vincola la linea economica che vorremo adottare e il percorso tracciato in maniera tale da non consentire cambiamenti, a meno - ripeto - non vi siano eventi eccezionali, che sarebbero ancora più difficili e imprevedibili rispetto alle stesse linee dettate dal Governo.
Questa premessa, che potrebbe sembrare semplicemente didascalica, mi serve semplicemente per dire che qui davvero è in ballo il futuro del Paese, non inteso con la solita immagine retorica. Infatti il Governo si assume una responsabilità dicendoci quali saranno le proiezioni che intende fare da qui fino alla fine della legislatura; che cosa intende intraprendere con i fondi del PNRR, con gli investimenti; quali azioni di intervento intende intraprendere nella sanità pubblica. Dove vogliamo andare con questa sanità? Sono due anni che continuiamo a tergiversare, senza varare misure che effettivamente intervengano per sanare il problema, per dare fondi ai cittadini per curarsi. Eppure, in questo Piano non troviamo nulla in merito; anzi, troviamo un programma di austerità.
Alla parola e al concetto di austerità nessun italiano è contrario in senso assoluto: siamo consapevoli della necessità di ridurre il rapporto tra il deficit e il PIL. Dopo una lunga stagione di spesa quasi incontrollata, siamo stati chiamati a rendere conto, come degli studenti che un po' hanno dilapidato il patrimonio che gli era stato dato dai genitori: ne siamo consapevoli e tutti siamo responsabili. Sono però gli strumenti adottati per ridurre il deficit e per uscire fuori da questa fase di impasse e di fermo della crescita che non ci convincono. Né in questo documento troviamo qualcosa che ci dica che il Governo ha capito che deve fare uno sforzo in avanti; che ci faccia intendere che finalmente ha trovato gli strumenti per una programmazione economica e che finalmente si è reso conto che è necessario un piano di rilancio industriale. Al contrario, quello che esce fuori da questo documento ci conferma che la stagnazione è destinata a continuare, anzi ad aumentare. È lo stesso Governo che alla fine lo ammette: le cifre sono quelle che in questi documenti rendono evidente il discorso che le lettere magari possono lasciare ad interpretazioni fuorvianti; i numeri ci richiamano alla realtà. Quando lo stesso Governo disegna e ammette che c'è una curva discendente del PIL programmatico, che passa dall'ottimistico 1,2 per cento del 2025 allo 0,6 del 2029, questo altro non è che l'ammissione che le scelte economiche compiute dal Governo, nella previsione peraltro che lo stesso Governo fa di se stesso fino al 2029, sono al ribasso, cioè confermano che non c'è stata una programmazione economica, che non c'è un piano di rilancio industriale e che quindi, lungi dal verificarsi una crescita, ci sarà una decrescita.
Come facciamo, allora, ad arginare quella che è chiaramente, a questo punto, una tensione anche emotiva di fronte a un documento del genere, semplicemente basandoci su dichiarazioni programmatiche che poi, alla fine, vengono smentite dagli stessi numeri forniti dal Governo? Come facciamo ad assumerci una responsabilità del genere in quest'Aula e dire che poi vedremo come andrà a finire nei prossimi cinque o sette anni? Buttiamo la palla sette anni più avanti e poi se ne parlerà, vedremo cosa riusciremo a fare. Francamente è una responsabilità che i parlamentari non si possono assumere in maniera leggera. E non se la possono assumere ancor di più perché, come sempre, anche questo documento interviene senza una previa, giusta e articolata consultazione con le parti sociali, ma solo e sempre con imposizioni fondate sui numeri della maggioranza.
Signora Presidente, mi avvio alla conclusione, ma vorrei dire soltanto una cosa a proposito delle stime sulle pensioni e sulla riforma delle pensioni. Il presidente Monti è stato chiarissimo sul tema, ma c'è un dato che sconfessa le ambizioni della maggioranza, che, quando sedeva sugli scranni barricadieri dell'opposizione, la faceva facile: toglieremo quota 101, faremo la riforma delle pensioni, andremo tutti a casa in tempi giusti. Che ci vuole? Aboliremo quota 101 e sarà facilissimo. Poi, quando ci si siede sui banchi del Governo, bisogna invece fare i conti con la realtà.
In questo caso è l'Istat, l'autorevole Istat, che richiama il Governo a un bagno di confronto con la realtà e forse anche a un bagno di umiltà, sulla base della previsione di crescita e di invecchiamento della popolazione italiana e sulla base della decrescita, altro elemento sul quale il Governo non spende nulla e non attua nessuna misura per aiutare le famiglie per la natalità. Noi invecchiamo e non nascono nuovi bambini. (Applausi). Ecco il risultato: andare in pensione sarà sempre più difficile e, se adesso ci si va a sessantasette anni, prossimamente ci si andrà a sessantasette anni e tre mesi (a partire dal 2027), a sessantasette anni e sei mesi (dal 2029) e a sessantasette anni e nove mesi (dal 2031), per arrivare nel 2051, che non è così lontano come possiamo pensare, a sessantanove anni e sei mesi. Siamo veramente molto lontani dall'abolire quota 101, il Governo lo sa e già è stato anticipato un intervento sulle pensioni nella prossima manovra di bilancio. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Lombardo. Ne ha facoltà.
LOMBARDO (Misto-Az-RE). Signora Presidente, signori del Governo, colleghi senatori, oggi discutiamo del Piano strutturale di bilancio di medio termine, un documento importante che, come sapete, ha due obiettivi generali: riportare gradualmente il rapporto debito-PIL sotto il 60 per cento e indicare la via per far sì che il rapporto deficit-PIL rientri nei parametri del 3 per cento previsti dall'Unione europea. Si può dire che, con questo documento, il Governo rientra nei ranghi della disciplina di bilancio europea.
Rientra nei ranghi perché per anni l'attuale maggioranza ha criticato la stupidità del vecchio Patto di stabilità, contestando anche il nuovo, astenendosi nella votazione definitiva al Parlamento europeo e ravvisandovi le tracce della tanto odiata austerità contro i deficit del bilancio nazionale. Una posizione apparentemente simile a quella di Azione, che però aveva dichiarato ai tempi la propria contrarietà al nuovo Patto per ragioni diametralmente opposte, come ricordai proprio nell'Aula del Senato il 24 aprile 2024, durante la discussione del DEF, sostenendo - cito testualmente - che il nuovo Patto di stabilità è inadeguato rispetto a quella radicalità necessaria per aumentare la competitività, sostenere la spesa in materia di difesa comune e fare gli investimenti necessari per realizzare davvero la transizione ecologica e digitale. Mi perdonerete, so che è inelegante citarsi rispetto a un intervento.
Lo faccio per una ragione molto semplice, vale a dire che quella previsione ha trovato conferma nel rapporto sulla competitività che il Presidente Draghi ha presentato alle Istituzioni europee nelle scorse settimane proponendo, lì sì, una vera e propria evoluzione economica istituzionale che va nella direzione opposta a quella che voi sostenete o che almeno una certa parte della maggioranza sostiene, cioè di una maggiore integrazione politica europea e del rafforzamento qualitativo e quantitativo del bilancio dell'Unione europea rispetto ai bilanci nazionali. E allora sì, questo documento vi fa rientrare nei ranghi della disciplina di bilancio europeo.
Il problema è che voi non chiarite come lo farete e avete strutturato il vostro piano su delle previsioni di crescita e di maggiori entrate che, come minimo, si possono definire ottimistiche. Vi siete concentrati solo sul tema delle spese, ma non sul fatto che la crescita è quantomeno "dopata" dal PNRR. Ieri è stato lo stesso ministro Giorgetti, al termine dell'esame del Piano in Commissione, ad ammettere che la stima di crescita per il 2024 è irrealistica. Ad oggi abbiamo speso 53,5 miliardi di euro su 194,4 miliardi totali del PNRR e nonostante questo, abbiamo un tasso di crescita basso. Ci rendiamo conto che questa stima di crescita non potrà far conto del fatto che i soldi del PNRR ci saranno sempre e che essi non vanno spesi, ma devono avere un effetto moltiplicatore sugli investimenti e sulla crescita che invece manca? È questo il vero fallimento del questo Governo sul tema.
Noi abbiamo indicato le priorità sulla spesa sanitaria e sull'istruzione, e nella risoluzione che abbiamo depositato vi proponiamo una sfida riformatrice, volta ad inserire, a partire dalla legge di bilancio, il tema del nucleare di quarta generazione affinché alle parole seguano i fatti, altrimenti l'indipendenza energetica non sarà raggiungibile nel nostro Paese. Siete pronti a farlo o no? Questa è la sfida che vi chiediamo; non solo rientrare nei ranghi della disciplina di bilancio europea, ma indicarci in maniera seria e realistica come raggiungere questi obiettivi. Quello che questo documento purtroppo non contiene.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Castellone. Ne ha facoltà.
CASTELLONE (M5S). Signor Presidente, vorrei intanto chiedere al Sottosegretario presente se le audizioni su questo Piano strutturale di bilancio sono state ascoltate. Se non lo hanno fatto, farei un piccolo riassunto.
Confindustria ha detto che è un piano generico e senza impegni precisi perché senza attuazione del PNRR il PIL non cresce. La CGIL ha detto che si tratta di austerità selettiva, scaricata su lavoratori e pensionati. La UIL dice che difficilmente il Piano porterà alla crescita di cui il Paese ha bisogno. La CISAL dice che è una cornice restrittiva. Confartigianato e Casartigiani hanno detto che è sbagliato tornare a politiche di austerity. Confesercenti ritiene che sia assente una spinta ai consumi. Confcommercio dice che i consumi delle famiglie languono. Potrei continuare all'infinito. Chiedo, se possibile, l'attenzione del Sottosegretario. Mi dispiace che non abbia ascoltato l'inizio di questo intervento (Applausi), ma evidentemente è più comodo non ascoltare le audizioni, nemmeno quando esse vengono riprese in Aula.
Il ministro Giorgetti ha detto chiaramente che la manovra di bilancio richiederà sacrifici. Le faccio allora un'altra domanda, caro Sottosegretario, sacrifici per chi? Non sembra che siete pronti a chiedere sacrifici alle banche, agli evasori fiscali, alle squadre di calcio a cui continuate a fare regali. (Applausi). I sacrifici, caro Sottosegretario, li state chiedendo ai pensionati a cui avete tagliato già nella scorsa legge di bilancio 60 miliardi di euro nei prossimi vent'anni; li state chiedendo ai malati, visto che siete tornati a tagliare risorse alla sanità, dove si investe meno di quello che si investiva prima della pandemia. Li chiedete poi all'industria, visto che non ci sono investimenti e la produzione industriale è infatti in calo da diciotto mesi consecutivi. Li avete chiesti alla povera gente, a cui avete tolto anche il sussidio di sostegno alla povertà che li ha aiutati in questi anni.
E allora, dobbiamo dirci chiaramente che siete tornati alla ricetta della vera e propria austerity, quindi l'avanzo primario, il precariato selvaggio, la privatizzazione degli asset strategici. Ma non era la stessa Presidente del Consiglio che, quando è entrata a Palazzo Chigi, in una delle prime interviste a «Il Sole 24 Ore», aveva detto che il debito si riduce con la crescita? Qui la crescita non c'è, caro Sottosegretario, perché Bankitalia e Ufficio parlamentare di bilancio hanno stimato la crescita al ribasso allo 0,8 per cento e di questo 0,8 per cento non ci avete detto quanto in realtà è legato al PNRR, perché l'Ufficio parlamentare di bilancio dice che il PNRR su questo 0,8 incide in una maniera significativa.
Vede qual è la differenza tra noi e voi, Sottosegretario? Voi avete ereditato un Paese in crescita, un Paese con un PIL che era cresciuto in due anni di 20 punti, anzi è stato stimato al rialzo proprio in questi giorni; il rapporto debito-PIL era calato perché il Paese cresceva, gli investimenti erano aumentati del 20 per cento nel 2021 e del 10 per cento nel 2022, i consumi delle famiglie erano in ripresa, così com'era in ripresa la produzione industriale e, soprattutto, c'era una rete sociale che proteggeva i più fragili, che è quello che si deve fare quando c'è una grande frammentazione sociale come quella che stiamo vivendo. (Applausi).
Voi avete ereditato - e per fortuna, perché è l'unico strumento di crescita che c'è - il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il più grande piano di investimenti pubblici dal Dopoguerra ad oggi: 200 miliardi di euro che devono servire a modernizzare questo Paese, a fare riforme nell'ambito dei trasporti, della sanità, della scuola, a far nascere (come sta avvenendo) nuovi asili nido. Voi, però, questa crescita, purtroppo l'avete totalmente sperperata, accettando, tra l'altro, un Patto di stabilità che ci costerà 13 miliardi di nuovi tagli e nuove tasse. Poiché è chiaro che non ci sono le coperture per la prossima manovra di bilancio e abbiamo capito che state cercando di capire dove tagliare per reperire risorse, vi faccio una proposta che in realtà è stata lanciata proprio qui in Senato la settimana scorsa dagli oncologi medici, dalla Fondazione Veronesi, dalla Fondazione AIRC, da tante fondazioni che si occupano di oncologia, partendo da una premessa: se non ve ne siete accorti, oggi siamo in una nuova pandemia, che si chiama pandemia oncologica, perché c'è un aumento della diagnosi dei tumori, soprattutto in fase avanzata, perché non sono stati fatti gli screening, perché oggi il tempo medio per una mammografia è di 700 giorni e fare una mammografia due anni dopo vuol dire scoprire un tumore che probabilmente non si può più curare, perché ci sono liste d'attesa per le prestazioni sanitarie che sono le più lunghe di sempre e non si può pensare di ridurre le liste d'attesa finanziando il privato. Poiché c'è questa pandemia oncologica, gli oncologi ci chiedono il coraggio di dire che il fattore di rischio oncologico più importante che c'è, quello principale, è il fumo. Il fumo è la prima causa di cancro al polmone, che è la prima causa di morte per tumore: sa quanti sono i nuovi casi di cancro al polmone? Sono 44.000 ogni anno, di cui 29.000 sono legati al fumo. Spendiamo 2,5 miliardi all'anno per curare i tumori al polmone, 25 miliardi all'anno per curare in generale i tumori e qual è il modo più efficace per ridurre l'abitudine al fumo? Anche qui, non c'è bisogno di inventarci ricette che nessun altro Paese sta utilizzando, perché è già stato sperimentato negli Stati Uniti e in tutti i Paesi europei che hanno avuto il coraggio di fare questa scelta. Se si aumenta il prezzo delle sigarette, si riduce l'abitudine al fumo e questo vale soprattutto tra i giovani e tra le fasce più fragili della popolazione, quelle più economicamente svantaggiate, che poi sono anche quelle che fanno meno prevenzione.
Si stima che, se raddoppiassimo il costo delle sigarette, se ne aumentassimo di cinque euro il costo per pacchetto, così come ha fatto la Francia, avremmo 12 miliardi che potremmo investire tutti nel Servizio sanitario nazionale. Se non vogliamo pensare a un aumento di cinque euro, con soli due euro recupereremmo tre o quattro miliardi per assumere personale sanitario, per fare prevenzione, per tutelare la salute delle persone.
Infatti, signor Sottosegretario, vorrei che veramente dimostraste al Paese di essere patrioti così come avete detto in campagna elettorale. Un patriota difende il Paese e i suoi cittadini; pertanto, anziché sposare progetti che non faranno altro che frammentare ancora di più il Paese, come l'autonomia differenziata, o inventarvi ricette che non esistono da nessun'altra parte del mondo (e un motivo ci sarà), come il premierato, concentriamoci su quello che possiamo fare. Rafforziamo la sanità pubblica, facciamo in modo che non si torni a tagliare e a indebolire il più grande e più importante pilastro che abbiamo, cioè il nostro Servizio sanitario nazionale, che deve restare pubblico, accessibile a tutti e su tutto il territorio nazionale.
Ieri il Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze (GIMBE) ha mostrato dati che hanno evidenziato un'impennata del 10 per cento della spesa privata, il fatto che 4,5 milioni di persone rinunciano alle cure, 2,5 milioni dei quali lo fanno per motivi economici; quei dati hanno mostrato il fatto che c'è una differenza nella spesa pro capite non solo tra l'Italia e gli altri Paesi europei di circa 900 euro, ma tra il Nord e il Sud del Paese di circa 800 euro. Ciò significa che noi stiamo tutelando la salute dei cittadini in modo disuguale e certamente non si può dire che questa sia una cosa da patrioti. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Nicita. Ne ha facoltà.
NICITA (PD-IDP). Signora Presidente, signor Sottosegretario, colleghi, il Piano in esame solleva due grandi questioni, una di metodo e una di merito.
Quella di metodo non è semplicemente una critica a come è fatto il Documento: ieri in 5a Commissione si è visto che ci sono riferimenti a tabelle che non si trovano, note che non hanno riscontri, si vede che è un Documento fatto in fretta. Tuttavia, i limiti di metodo di questo Piano sono molto gravi per due ragioni: la prima è che siamo di fronte ad un cambiamento paradigmatico delle politiche di bilancio a livello europeo; la seconda è che questo tipo di documento, che riguarda cinque anni più due, se si fanno le riforme, quindi sette anni del futuro del nostro Paese a partire dal 2025, dovrebbe coinvolgere tutto il Parlamento, perché stiamo parlando di un orizzonte che va oltre questo Governo e che quindi richiederebbe un confronto autentico nel Parlamento e fuori dal Parlamento, con le parti sociali, con i cittadini, con la società civile, con i lavoratori e con le imprese. Niente di questo è stato fatto.
Noi oggi siamo di fronte ad un esercizio econometrico sofisticato, molto lungo, come ieri in Commissione ci ha detto il Ministro, ma che di fatto ambisce a sostituire la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (NADEF); si tratta, cioè, di un documento dove non c'è la politica, dove non ci sono le politiche, non ci sono le scelte politiche, non ci sono nemmeno le descrizioni. Pertanto, è come se noi stessimo semplicemente votando dei grafici, l'andamento di una curva, semplicemente pensando che questo sia un documento politico.
Il fatto che questo sia un documento privo di politica e di politiche, ma soprattutto privo di informazioni ce lo dicono le istituzioni che noi abbiamo ascoltato in audizione. Io le vorrei citare, perché se parla un senatore dell'opposizione sembra che abbia un pregiudizio politico.
Si segnalano alcune carenze di informazioni nel quadro tendenziale di finanza pubblica, che avrebbe potuto assorbire contenuti normalmente presenti nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, la NADEF, come auspicato anche nel documento conclusivo del Parlamento sull'indagine conoscitiva: questo lo dice l'Ufficio parlamentare di bilancio.
Ancora, per l'Ufficio parlamentare di bilancio mancano spiegazioni delle dinamiche dello scenario a legislazione vigente. Manca un anno, vi siete persi un anno. Manca il 2028, per cui non sappiamo che cosa succede nel 2028. E per il biennio finale, dice l'UPB, mancano le voci che compongono il conto delle amministrazioni pubbliche. Non sono presenti informazioni solitamente riportate nella NADEF. Si evidenzia la mancanza di informazioni circa la rimodulazione del profilo temporale e dell'impatto del PNRR sulla legislazione vigente. Mancano le informazioni sullo scenario a politiche invariate, nonostante la legge di contabilità le preveda.
Qui cito l'UPB e vi risparmio la Banca d'Italia e anche la Corte dei Conti, che ripetono la stessa cosa. Nel migliore dei casi, con un linguaggio di rispetto istituzionale, dicono: tutto sembra interessante, però serve capire quali sono i documenti e quali sono le informazioni. Allora questo non è solo un tema di metodo, ma un tema cogente di politica.
Vi sono, però, alcuni elementi positivi in questo documento, cioè alcune affermazioni di verità. La prima: abbiamo scoperto che il Governo che ha fatto la storia, nel suo primo anno di attività ha invertito l'andamento crescente del PIL. Lo vogliamo dire questo agli italiani, visto che Fratelli d'Italia spende molte risorse anche in propaganda sui giornali, sui quotidiani e sulla stampa? Il PIL è cresciuto nel 2021, è cresciuto nel 2022 ed è decresciuto nel 2023. Quindi, io vorrei capire che tipo di storia questo Governo ha fatto nel 2023.
Inoltre, come si è detto, i tendenziali del 2024 sono stati rivisti al ribasso da parte dell'Istat. Questo significa, come ha riconosciuto ieri il Ministro, che avremo grande difficoltà a rispettare questa modesta crescita anche nel 2024.
Signor Presidente, colleghi, questo ci deve far capire che le misure di politica economica che questo Governo ha realizzato negli scorsi due anni, non solo non hanno prodotto la spinta che il Governo in qualche modo millanta, ma hanno portato dei passi indietro preoccupanti rispetto a quello che era un trend di uscita post pandemica.
Il secondo punto riguarda le ore lavorate. L'UPB certifica che, sì, è vero che è cresciuta, partendo dal 2020, la curva degli occupati italiani, e di questo noi ci rallegriamo, ma che si lavora sempre di meno e si lavora con salari sempre più bassi. Questo è un elemento che, guarda caso, si ripercuote sulla caduta del potere d'acquisto e sulla riduzione della propensione al consumo, che pure l'UPB riconosce. Tanto è vero che proprio in quest'ultimo anno è cresciuta la propensione al risparmio da parte delle famiglie italiane, segno di una caduta della fiducia rispetto al futuro. Sono elementi rispetto ai quali noi non ci rallegriamo, ma evidenziamo piuttosto un andamento sbagliato nella politica economica di questo Governo.
Voglio andare avanti, invece, su quelle che sono le proposte. Mi concentro su un unico punto, che evidenziano molto bene la Banca d'Italia, l'UPB e anche la Corte dei conti. Questo Governo costruisce, sulla base del differenziale fra quello che era lo scenario previsto dal DEF e lo scenario attuale, un disavanzo dello 0,4 per cento, che deve servire a finanziare alcune misure nel 2024.
Come dice giustamente la Corte dei Conti, vi è tutta una serie di misure che il Governo ha annunciato, ma quella dimensione lì, rispetto alla previsione del PIL, permette a stento di finanziare i dieci miliardi circa per il rinnovo strutturale del cuneo fiscale. Noi siamo contenti, ovviamente, di questa misura, ma ci chiediamo dove trovino un finanziamento tutte le altre misure. Ieri il Ministro ha detto: non attraverso nuova fiscalità, ma attraverso risparmi e tagli.
Questo è un grosso problema, perché noi abbiamo, da una parte, il tema della riduzione della spesa netta, ma dall'altra parte abbiamo due questioni molto importanti: la questione della sanità e la questione degli enti locali, che ci sono state ribadite nelle audizioni dall'ANCI e da tutti gli altri soggetti.
Sulla sanità il Ministro dice che noi stiamo impegnando risorse ad un tasso di crescita superiore a quello che è il tasso della spesa netta prevista.
Attenzione: nel suo rapporto l'UPB sostiene che, se vogliamo tornare ai livelli di spesa sanitaria, in percentuale al PIL, precedenti la pandemia (cioè quelli del 2019, quando eravamo comunque a un livello più basso della media europea), dobbiamo spendere circa due miliardi in più all'anno rispetto a quanto previsto in questo Piano per i prossimi tre anni. Si tratta quindi di sei miliardi in più, dei quali non si ha notizia e che non si trovano.
La Corte dei conti ha fatto un altro calcolo abbastanza preoccupante: se guardiamo ai livelli essenziali di spesa nella sanità (di cui parlerà dopo di me la collega Lorenzin), avremo un taglio, da qui alla fine del periodo considerato, di circa 10 miliardi e un'incidenza sul PIL sotto il 6 per cento.
Qui si sta annunciando un taglio clamoroso della spesa pubblica e dei servizi sociali, senza spiegare le politiche e senza individuare le risorse alternative e gli investimenti. Quando si parla delle riforme, come detto dall'Ufficio parlamentare di bilancio e dalla Banca d'Italia, non se ne capisce l'impatto, né quanto costano, quindi non si possono valutare. Nello stesso tempo, c'è il grande tema della tenuta dei conti, evidenziato in particolare - in questo caso - dalla Corte dei conti per quanto riguarda la sostenibilità della spesa pensionistica e previdenziale.
Nel complesso, questo è un documento che non sta tracciando politiche. Non possiamo qui confrontarci su quali tipi di investimenti e quale politica sanitaria e previdenziale vogliamo, né sul perché. Non possiamo confrontarci sul motivo per cui vorremmo magari una politica industriale diversa. Tutte queste cose non sono presenti in questo documento: non ci sono le politiche e stiamo commentando semplicemente dei numeri. Il problema è che quello che stiamo commentando vincolerà questo Paese per i prossimi sette anni. Se non riusciamo a fare politica e a parlare delle politiche qui, in questa sede, in Parlamento, per ciò che riguarda gli italiani e le italiane nei prossimi sette anni, mi spiegate cosa ci stiamo allora a fare? Perché perdiamo questo tempo? Perché stiamo discutendo di cose in merito alle quali non diamo al Parlamento la giusta centralità?
Mi avvio a concludere facendo un'osservazione. Ieri il ministro Giorgetti, alla fine della sua audizione, ha voluto citare una frase di Keynes il cui senso avrebbe dovuto essere: le politiche di bilancio vanno valutate nel contesto. Qui il problema è un altro: noi non siamo in grado di valutare questo contesto, ma soprattutto, come ha detto la Banca d'Italia, nel trend della spesa e del disavanzo annuale tutto si basa sull'assunzione che il disavanzo del 2024 sia strutturale, cosa che però la Banca d'Italia sostiene non sia sorretta da alcuna giustificazione.
Abbiamo quindi un documento vuoto, senza politica e senza politiche, basato su ipotesi non corrispondenti al vero. È un esercizio che può servire per mandare un documento alla Commissione europea, ma che non serve al Paese e soprattutto non rappresenta lo scopo e la finalità del nostro stare qui per gli interessi degli italiani e delle italiane. (Applausi).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. A nome dell'Assemblea, saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto di istruzione superiore «Enrico Fermi» di Montesarchio, in provincia di Benevento, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).
Ripresa della discussione del documento CCXXXII n. 1 (ore 11,23)
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Testor. Ne ha facoltà.
TESTOR (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, signori del Governo, sottosegretario Freni, onorevoli senatori, ringrazio il presidente Calandrini, relatore di questo provvedimento, che è molto importante. Il Piano strutturale di bilancio di medio termine è previsto dalla riforma della governance economica europea quale strumento per la definizione del quadro programmatico di finanza pubblica e la realizzazione di investimenti e riforme ed è valido per un periodo pari alla durata della legislatura nazionale.
Il quadro di riferimento esposto nel Piano include un orizzonte temporale che si estende dal 2025 al 2029. Secondo le disposizioni transitorie, durante il periodo in cui è in vigore il dispositivo per la ripresa e resilienza, gli interventi del PNRR possono essere presi in considerazione per l'estensione del periodo di aggiustamento di bilancio da quattro a sette anni.
Inoltre, si prevede che i progetti di spesa finanziati con prestiti del Piano nazionale di ripresa e resilienza o con forme di cofinanziamento nazionale dei programmi dell'Unione europea degli anni 2025-2026 possano valere per modulare in modo più graduale la correzione del bilancio richiesta durante il percorso di aggiustamento. Il Governo intende richiedere l'estensione del periodo di aggiustamento di bilancio da quattro a sette anni.
Nel Piano strutturale di bilancio, il Governo tiene conto della necessità di ricondurre il rapporto tra indebitamento netto e PIL al di sotto della soglia del 3 per cento nel 2026, in linea con le previsioni della Nota di aggiornamento al DEF 2023 e del Documento programmatico di bilancio del 2024. Il tasso di crescita della spesa netta indicata dal Governo risulta in linea con la correzione strutturale minima richiesta dalla procedura per disavanzi eccessivi del luglio di quest'anno.
Negli anni 2025-2026 gli sforzi saranno concentrati per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e dal 2026 ci saranno interventi strutturali volti a migliorare la qualità delle istituzioni e dell'imprenditoria, intervenendo in cinque ambiti: giustizia; amministrazione fiscale; gestione responsabile della spesa pubblica; supporto alle imprese e promozione della concorrenza; pubblica amministrazione.
Ringrazio il ministro Giorgetti, che non ha avuto sicuramente un compito facile, dopo la sospensione del Patto di stabilità nel 2020 e le spese e le politiche assistenzialistiche messe in campo dal Governo giallorosso, nel rimettere in carreggiata il Paese con politiche che vogliono invertire la tendenza assistenzialistica, per riportare l'Italia alle sue sacre origini di un popolo che lavora e produce. «Un documento ambizioso, ma realistico», queste le parole che ha utilizzato il Ministro per definirlo e che facciamo nostre, guardando alla situazione reale di oggi, con una prospettiva futura ambiziosa: correggere in corsa con gli obiettivi ben saldi, ma soprattutto con i princìpi di centrodestra che caratterizzano le nostre azioni: rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale per sostenere le famiglie e i redditi deboli e accorpare le aliquote Irpef nei tre scaglioni per sostenere le imprese; misure a sostegno della natalità e delle famiglie numerose per contrastare la denatalità che inevitabilmente impoverisce sotto tutti gli aspetti, perché parliamo di 350.000 persone in meno all'anno.
Coloro che insistono che ci saranno tagli sulla sanità ieri sono stati prontamente smentiti dal Ministro. Ricordo che nella legge di bilancio del 2024 sono stati approntati 2,3 miliardi per il rinnovo dei contratti e che sono previste ulteriori risorse nella prossima legge di bilancio. Credo che questa retorica, che viene fatta soprattutto dalle opposizioni per quanto riguarda la sanità, dovrebbe portarli anche ad ammettere a cosa è dovuta la situazione in cui ci troviamo. Oggi ho sentito un collega dire in Commissione: "Finché darete la colpa al passato!". La pandemia chiaramente ha fatto concentrare la sanità su quello che curare l'emergenza prevedeva ed è evidente che si sono create liste d'attesa, come accennava prima la senatrice Castellone, soprattutto per quanto riguarda l'oncologia. Noi stiamo cercando di risolvere questa cosa. Il primo intervento è stato appunto il decreto-legge sulle liste d'attesa e continueremo a immettere quelle risorse per portare la sanità verso i numeri che ci siamo prefissati, anche in linea europea.
Presidenza del presidente LA RUSSA (ore 11,30)
(Segue TESTOR). A pagare non saranno cittadini e imprese, ma i tagli saranno fatti anche sulla spesa pubblica. Qui si parla di dover rivedere anche le risorse all'interno dei Ministeri, utilizzando la digitalizzazione e cercando di avere un monitoraggio della spesa pubblica.
Sentendo gli interventi qui in Aula, mi chiedo se si sia letto il Piano strutturale di bilancio, perché mi pare che al suo interno siano delineate ben chiare le azioni che nei prossimi anni si vogliono mettere in campo, analizzando le criticità che bloccano la crescita e frenano gli investimenti, partendo proprio dalla giustizia, per un giusto efficientamento dei procedimenti civili e penali, con assunzione e stabilizzazione del personale dell'ufficio per il processo o con la digitalizzazione.
Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza questo è previsto per tutti i comparti e sarà il sistema per rendere più efficace la pubblica amministrazione.
Sul tema della riforma fiscale l'azione è volta al conseguimento dell'obiettivo di promuovere la compliance volontaria a costi ridotti e contrastare l'evasione. Continuiamo a ripeterlo: contrastare l'evasione; e infatti i risultati si vedono anche in questi giorni.
Sul miglioramento dell'ambiente imprenditoriale è prevista una legge quadro sulle piccole e medie imprese, per favorire l'aggregazione, la crescita dimensionale e il passaggio generazionale.
Sul tema della famiglia e della natalità, per contrastare la tendenza demografica, facciamo riferimento a quanto previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, che mira a completare tutti gli investimenti per i servizi complementari, per la prima infanzia, per la conciliazione tra vita familiare e lavorativa e il bilanciamento degli incarichi di cura, nonché per migliori prospettive economiche ed occupazionali per le donne.
Oggi ho sentito tirare in campo di nuovo la questione dell'autonomia differenziata, soprattutto dall'intervento della senatrice Castellone che mi ha preceduto, che ha citato le discrepanze tra Nord e Sud, tra territori di diversa locazione. Voglio ricordare che questo grande divario si è formato proprio adesso che stiamo gestendo in maniera centralizzata tutti gli strumenti dello Stato; proprio questa gestione centralistica ha portato a tali divari. Tuttavia, come ho già detto in un altro intervento, credo che l'autonomia sia una responsabilità. Occorre dare ai governatori la responsabilità di gestire al meglio le risorse per fornire le risposte necessarie ai cittadini.
Per concludere, sul tema che vi fa più urlare davanti al popolo, vorrei utilizzare una frase che pronunciò Alcide De Gasperi nel momento in cui si parlava dell'autonomia trentina e che vorrei faceste vostra: è «tutto un complesso di organismi e di criteri amministrativi che noi comprendiamo sotto la parola d'ordine "autonomia". Trovate forse meno esatta la parola? Può essere, ma noi l'abbiamo tolta bell'è fatta dal nostro vocabolario politico locale per significare: la migliore amministrazione possibile, fatta tutta per il popolo e più che possibile per mezzo del popolo stesso». (Applausi).
Saluto all'ambasciatore designato dello Stato di Israele
e a rappresentanti delle comunità ebraiche italiana e romana
PRESIDENTE. Consentitemi di salutare in maniera calda e sentita Jonathan Peled, ambasciatore designato di Israele in Italia e San Marino, accompagnato dal presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, e dal presidente della Comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun. (Applausi).
Il mio saluto e omaggio a voi sarebbe avvenuto in qualunque giorno, ma credo che il fatto che avvenga oggi, a soli due giorni dalla ricorrenza di quel maledetto 7 ottobre, quando persero la vita più di 1.400 persone e ne furono rapite 250, ci consenta di farlo in maniera più accorata, ribadendo la totale e ferma condanna di quanto è accaduto, unitamente a una vicinanza allo Stato di Israele e al suo popolo, con l'auspicio che tutti riconoscano l'esistenza di Israele, per avviare un'effettiva possibilità di pace giusta e duratura. (Applausi).
Ripresa della discussione del documento CCXXXII n. 1 (ore 11,34)
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Lorenzin. Ne ha facoltà.
LORENZIN (PD-IDP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel dibattito odierno sul Piano strutturale di bilancio non scomoderei né De Gasperi né Keynes, che ho sentito evocare a vario titolo nel corso della discussione. Non scomoderei Keynes perché i grandi investimenti pubblici che all'epoca hanno portato il New Deal americano in questo caso non ci sono. Casomai, il grande investimento l'abbiamo avuto con il PNRR e rischiamo di non scontarlo; cioè, in parte è stato scontato ed oggi «Il Sole 24 Ore» ci ha ricordato i dati, e cioè che siamo ben sotto la spesa reale del PNRR: quest'anno siamo ancora sotto di 9 miliardi, una cifra che la dice lunga sulla nostra capacità di fare investimenti pubblici in questo Paese e su quello che ha fatto questo Governo.
Ricordiamoci che quando il Governo si è insediato avevamo un PIL del più 3,3 per cento, con una crescita fortissima, dei cui risultati positivi ancora stiamo godendo dal lato delle entrate; dall'altra parte, avevamo una proiezione di recupero e un grande investimento di 200 miliardi, sul quale si è calcolata per tutti questi anni di tendenziale la crescita del nostro Paese. Eppure la prima cosa che ha fatto questo Governo è stata congelare l'attuazione del PNRR per dieci mesi, per ridisegnare l'allocazione dei centri di potere, togliendoli al MEF per portarli alla Presidenza del Consiglio. Mi sembra che i risultati li stiamo vedendo anche nel PNRR salute, che sta andando particolarmente a rilento e il 2026 è domani.
Non scomoderei neanche De Gasperi, come ha fatto la collega che mi ha preceduto, perché delle nuove generazioni non c'è proprio traccia (Applausi): gli statisti qui non ci sono e sinceramente non si ritrovano in questo Piano strutturale di bilancio. Non è che lo dico per fare l'opposizione; sinceramente avrei preferito stare in quest'Aula e nelle Commissioni a fare un grande patto sociale intorno alla costruzione di una linea di remissione del debito nei prossimi sette anni e per affrontare le grandissime sfide che abbiamo. Ciò non è avvenuto, mentre è avvenuto tutt'altro, e i risultati sono quelli che abbiamo di fronte, ossia un Piano confuso: è una parola che abbiamo trovato negli interventi di tutti gli auditi, dalle parti sociali alle istituzioni (come Banca d'Italia, Corte dei conti, l'Ufficio di bilancio della Camera, il CNEL o Confindustria).
Lo stesso Ministro, per sua ammissione, parla di incertezza, cioè ci dice che questo quadro è delineato in una fase di incertezza perché il contesto è tale, non si sa bene quello che può accadere, quindi anche le misure che sono previste nel documento sono più o meno da ritenersi da adeguare nel corso d'opera, in considerazione di quello che accade intorno a noi. In realtà, più che incerto, il Piano è evanescente, per le cose che sono già state dette dai colleghi. Qualcuna di queste cose la vorrei riprendere. Abbiamo un'unica certezza in questo Piano strutturale di bilancio, e cioè che dobbiamo restituire 13 miliardi l'anno: questo è certo ed è sicuro; tutto il resto non c'è. Anzi, una cosa c'è: si vorrebbe rimodulare, ma non si fa, e si taglia la spesa pubblica. Quando si ha un'uscita certa di 13 miliardi, il PIL in calo e un taglio della spesa pubblica, questo a casa mia si chiama austerity. Pertanto, non ho capito alcuni toni trionfalistici su questo Piano.
Mi sembra che stiamo tornando ad una fase passata, senza aver imparato la lezione. Non serviva il Piano strutturale adesso, visto che non c'è un quadro programmatico per come affrontare le grandi sfide. Il punto è che non c'è una riforma, e senza le riforme dovremo restituire queste risorse non in sette anni, ma in cinque. Inoltre, mi chiedo: dopo la lettura del Piano, sulla spesa sociale, e cioè il nostro sistema di welfare, che cosa vogliamo fare? Nel Piano strutturale si glissa sul tema dei temi, ossia la tenuta del nostro sistema previdenziale. L'INPS ci ha detto pochi giorni fa - poi si è dovuto cercare di annacquare un po' quello che però è ben scritto nel rapporto - che anche quest'anno la sostenibilità del nostro sistema scricchiola.
Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO (ore 11,42)
(Segue LORENZIN). Questo vuol dire che per le prossime generazioni la tenuta del sistema previdenziale è estremamente a rischio, oltre a condannare gli anziani di domani, che - lo voglio ricordare - saranno la maggioranza di questa popolazione, a situazioni di indigenza e di povertà.
Dall'altro lato, sulla spesa sanitaria si fanno tante affermazioni roboanti, continuando a pensare di eludere il problema con un aumento della spesa sanitaria in termini assoluti, quando in termini percentuali, come ci hanno ribadito tutti (compresa la Corte dei conti), stiamo scendendo a livelli inferiori a quelli che avevamo negli anni dei tagli, quando cioè abbiamo dovuto veramente ridurre la spesa sanitaria (dal 2012 al 2018). (Applausi).Siamo sotto in termini percentuali; anche se continuate a dire che non è vero, questa cosa si scontra con la realtà dei fatti, cioè con le persone che abbandonano il mondo della salute, con la non attrattività delle professioni sanitarie e con più di 40 miliardi out of pocket, cioè pagati di tasca propria dai cittadini ogni anno perché non riescono ad avere accesso al Servizio sanitario nazionale. (Applausi).
E allora mi dico: errare è umano, ma perseverare è diabolico. Adesso ci siete voi: una proposta di riforma della tenuta del welfare per i prossimi venticinque anni la dovete fare e ce la dovete mettere sul tavolo; avreste dovuto farlo in questo Piano strutturale di bilancio, in cui invece non c'è nulla, neanche sulla demografia, che è il convitato di pietra in queste nostre assise, perché, con un andamento demografico come quello che abbiamo (nel 2050 avremo un lavoratore per pensionato), è evidente che non si tiene nulla. Abbiamo bisogno di una grande stagione di riforme condivise dalla società, per poter gestire e reggere questa crisi di sistema, ma anche su questo non c'è nulla.
Quando si parla e si fanno gli interventini sulla natalità, pensate veramente che l'assegno unico sia sufficiente? L'ha fatto il senatore Delrio, che è qui accanto a me. Le politiche sulla natalità sono politiche universalistiche, sono politiche del lavoro femminile, dell'occupazione, sui salari, sulla casa, sui servizi. Se in questo Piano strutturale di bilancio si dice a un Comune in attivo, che ha fatto nuovi asili nido con il PNRR (badate bene), che per i prossimi anni non può assumere le maestre negli asili nido, è un piano della natalità questo? Ci stiamo prendendo in giro con l'insieme dei tagli che stanno avvenendo, e questo avverrà a Firenze e a Bologna, cioè nelle città che hanno i conti in ordine. Pensate a cosa accadrà nelle città che sono in dissesto: è l'abbandono dei servizi pubblici.
Sull'immigrazione - mi avvio a concludere - l'INPS ci ha detto che l'attesa di lavoratori stranieri non riesce a coprire il gap, a causa delle persone in fuga dall'Italia: cioè l'esportazione netta positiva di quelli che se ne vanno è maggiore. Abbiamo un problema di attrattività di questo Paese sul capitale umano, di competitività delle nostre aziende e di investimento nella ricerca. E siamo ancora qui, con un Piano strutturale di bilancio che ci impegna per i prossimi sette anni e che non ha nessuna visione, se non quella meramente ragionieristica e certa di una restituzione di parte del nostro debito. Cosa giusta, per carità; ma non vorrei che poi, alla fine, l'operazione fosse perfettamente riuscita e il paziente morto. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Paita. Ne ha facoltà.
PAITA (IV-C-RE). Signora Presidente, penso che la prima questione su cui dobbiamo concentrarci, nell'analisi che va fatta sul Piano strutturale di bilancio, sia la situazione del ceto medio, che, vedete, colleghi, è la vera categoria a rischio in questo Paese, per diverse ragioni e motivazioni.
Credo che aver immaginato aiuti anche per le categorie più in difficoltà della popolazione, che però vanno a discapito del ceto medio, debba necessariamente farci riflettere sulla lungimiranza di questo Governo.
Abbiamo un problema molto serio sul ceto medio, che riguarda innanzitutto l'assenza di politiche che il Governo sta portando avanti per contrastare il tema della diminuzione del potere d'acquisto. Considerate che una famiglia italiana, in una situazione di sostanziale equilibrio, oggi deve immaginare di pagare la sanità, come ha detto molto bene la senatrice Lorenzin prima di me, in una condizione di crollo sostanziale, che, secondo dati della Fondazione GIMBE, riguarda la possibilità per le persone di fare esami in termini di prevenzione e di ricevere erogazione di servizi. Vi sono quindi persone che in una condizione di normalità avrebbero tenuto botta, come si suol dire, perché i servizi in qualche modo davano una risposta (dagli asili all'acquisto dei libri e alla sanità), mentre oggi corriamo oggettivamente il rischio che queste stesse persone precipitino in una condizione di sostanziale povertà.
Questo è un dato che mal si accompagna alle previsioni fideistiche e fantasmagoriche che fate in termini di crescita. A parte il fatto che tutte le previsioni di crescita, anche sul 2024, sono state fortemente ridimensionate dall'Istat, è del tutto evidente che quello che raccontate fa molto poco il paio con la situazione oggettiva delle famiglie italiane.
Sottosegretario Freni, quello che più mi sorprende è la vostra incapacità di lettura della società, che si è manifestata in modo rapido, in soli due anni. Prendiamo il tema delle accise: pensate che non abbia tanto a vedere con il tema del ceto medio? Sono i dati a dirlo. Con un intervento di allineamento tra il diesel e la benzina come quello che avete immaginato, corriamo il rischio di dare una sonora punizione alle famiglie italiane, in termini concreti. Anche qui, parliamo di cose serie. Se il diesel aumenta, il costo del mezzo pubblico che porterà i bambini a scuola aumenterà e così farà la retta che dovranno pagare le famiglie nei Comuni. Se il costo di questi mezzi di trasporto pubblico aumenterà, ci sarà una ricaduta sui biglietti. Una famiglia che magari vive nell'entroterra e deve portare un ragazzo a scuola subirà una ricaduta. Ve la ricordate quell'immagine meravigliosa di Salvini - a proposito di Sottosegretari - che ci ricordava che avrebbe difeso la casa e le auto degli italiani? (Applausi). La casa e le auto degli italiani!
Per quanto riguarda la casa, alla luce delle sue dichiarazioni di oggi, non so cosa volesse intendere ieri il ministro Giorgetti - ma anche questo ha molto a che fare col ceto medio - quando ha detto che revisionerà a livello catastale le rendite degli immobili ristrutturati, perché potrebbe voler dire due cose, amici: che la revisione catastale si applica alle case che sono state oggetto di un intervento con superbonus oppure a quelle che sono state ristrutturate con le detrazioni al 50 per cento.
Comprenderete che c'è una bella differenza: lo capite, amici di Forza Italia - voi che nel vostro percorso politico avete fatto della bandiera della casa una delle priorità assolute - che qui siamo di fronte al tentativo di tassarla, la casa, per gli italiani? (Applausi). Non solo le auto, non solo le accise. Capite, amici di Fratelli d'Italia, che prima la Meloni, andando in macchina, tirava giù il finestrino e diceva che con lei al Governo non ci sarebbe mai più stato un aumento sulle accise, ma oggi state facendo esattamente l'opposto? (Applausi).
Sa, sottosegretario Freni - questa è una vecchia storia - ho messo sul comodino quell'immagine di Salvini che salva le famiglie, la casa e le auto. Lei mi dirà di stare attenta di notte, quando mi ritrovo sul comodino quell'immagine, ma voglio correre il rischio, per non dimenticare, perché penso che questa sia la battuta d'arresto che state avendo rispetto alla realtà degli italiani.
Non voglio però fare ironia sulla questione della sanità, perché, come dicevano tanti colleghi, fra cui la senatrice Castellone, è la vera emergenza del Paese. Quando una famiglia è costretta a decidere se fare la spesa oppure rivolgersi al privato per una mammografia, perché le liste d'attesa non consentono di fare diversamente, è lì che si rompe in modo strutturale il rapporto fiduciario con le istituzioni e si mette in crisi l'asse portante del Sistema sanitario nazionale. Mi direte che i problemi ci sono, che nascono meno persone rispetto a quelle che muoiono, che le persone giustamente e auspicabilmente vivono in media oltre i sessantacinque anni, quindi costano di più alla spesa sanitaria. È tutto vero, ma quello di cui non mi capacito è il fatto che questo Governo, sul tema della riforma della sanità, non abbia ancora detto una parola in due anni. (Applausi). I problemi non si risolvono da soli, ma si risolvono se ci si mette la testa, se si ha un'idea di riforma strutturale, se si comincia a intervenire in maniera seria e non demagogica sulle liste d'attesa, se si mette in campo anche un rapporto proficuo tra privato e pubblico, ma sotto un'egida pubblica, se si comincia ad aguzzare un po' l'ingegno, perché il tracollo del sistema sanitario è vicino.
C'è poi una questione altrettanto incredibile: non spendete una parola su artigiani, professionisti e piccole imprese. La critica più aspra e più dura a questo Piano arriva proprio da quelle categorie, perché continuano ad avere un aumento del carico fiscale a fronte della diminuzione oppure addirittura della solitudine derivante dall'abbandono da parte del sistema di welfare che li segue. Avevate detto - ma anche qui stendiamo un velo pietoso, perché meglio del senatore Monti non potrei fare su questo tema: ubi maior minor cessat - che la legge Fornero sarebbe stata messa in discussione e addirittura abolita. Ebbene, cittadini, amici e colleghi, sappiate che anche nelle previsioni di questo Piano la Fornero vive e lotta insieme a noi. (Applausi). Questo perché non ce ne sono le condizioni; anzi, semmai in alcuni casi c'è un aggravamento delle condizioni che pone la Fornero e anche qui ricordare quelle cadute di stile, quelle azioni quasi persecutorie dell'attuale vice premier Salvini nei confronti di Elsa Fornero sarebbe quasi una banalità.
In sostanza, questo è un piano che aggredisce, penalizza e mette fuori gioco il ceto medio italiano, e lo fa immaginando un aumento della tassazione dalla casa alla sanità, alle piccole e medie imprese, ma è anche un piano che la butta lì - senza approfondire - sulla questione degli extraprofitti, lanciando quindi un messaggio negativo di ulteriore tassazione per il Paese, senza dire però una sola parola sulla questione vera che vivono gli imprenditori italiani, che è vera e necessaria per produrre crescita. Mi riferisco al fatto di immaginare uno Stato con meno burocrazia e più semplificazioni e magari con qualche riforma della giustizia vera, seria e non annunciata, che consenta qualche certezza anche agli investitori esteri che vogliano arrivare nel nostro Paese. Di questo non si parla, come non si parla degli aggiustamenti del PNRR, della fuga di cervelli e delle misure di contrasto al fenomeno; non si parla di cultura, ma ovviamente dopo la vicenda Sangiuliano è anche abbastanza banale dirlo.
Inoltre, si continua a non dire cose serie sulla lotta al dissesto. Anche in questi giorni abbiamo avuto la riprova che nelle città come Genova, dove si sono fatti interventi per la messa in sicurezza dei fiumi, la situazione ha retto, perché c'era il Piano nazionale Italiasicura e gli investimenti ci sono stati; in altri territori, invece, non si è potuto fare qualcosa di analogo, perché gli investimenti non ci sono più, a causa del fatto che Italiasicura è stata, sì, abolita dal primo Governo Conte, ma poi mai ripristinata neanche dal vostro Esecutivo. Io penso che questo debba far capire che abbiamo bisogno di una battaglia seria contro il cambiamento climatico e di investimenti seri e duraturi per arginare il dissesto idrogeologico. Di questo, però, non si parla.
Concludo il mio intervento con un'ultima osservazione, signora Presidente. C'è stato un tempo in cui ci siamo indignati tutti perché gli studenti universitari di questo Paese protestavano fuori dalle università per la mancanza e il rincaro degli alloggi. Di questa battaglia sembra quasi essersi dimenticata ogni forza politica, ma non la nostra. L'ascensore sociale, infatti, passa soprattutto attraverso il tema della scuola e dell'accesso alla possibilità di studiare. Sappiate che nel Documento in esame non c'è una parola che riguardi non solo il rientro dei cervelli in fuga o il fatto che gli universitari nel territorio italiano non hanno a disposizione alloggi o servizi e che, se hanno famiglie del ceto medio che non riescono ad aiutarli, spesso sono costretti a lasciare il loro percorso di studi, portando così il Paese a rinunciare ad una grande opportunità di affermazione di talenti e di competitività.
Credo che questo sia il primo problema che il Governo dovrebbe porsi, mentre in realtà è l'ultimo che ha messo in agenda. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Terzi di Sant'Agata. Ne ha facoltà.
TERZI DI SANT'AGATA (FdI). Signora Presidente, è stato per me importante notare come questo dibattito sia stato aperto da una voce così autorevole come quella di Mario Monti, senatore a vita, che con sincerità ha salutato le posizioni del Presidente del Consiglio in tema di finanza pubblica e poi ha svolto alcune considerazioni, anche riservate e critiche.
Tuttavia, nelle brevi indicazioni che ritengo di poter dare dal mio osservatorio di Presidente della Commissione politiche dell'Unione europea, vorrei fare qualche considerazione su questa valutazione espressa, a seguito di quanto mi viene manifestato nei modi più diversi da parte di interlocutori parlamentari, ma anche grandi aziende e organizzazioni imprenditoriali, sull'attività di Governo e rispetto al tipo di credibilità, di fiducia e di attenzione che si riserva alla linea e al ruolo svolti in Europa dall'Italia dall'inizio di questa legislatura, grazie al presidente del Consiglio Meloni, al vice primo ministro Tajani e in particolare costantemente al ministro Fitto.
È cosa evidente per moltissimi, non per tutti in quest'Aula, che siamo, con questo piano, nella definizione di un insieme di riforme e di investimenti assolutamente concreto e pragmatico. E lo siamo, badate bene, in un momento storico caratterizzato da tendenze, da crisi altamente drammatiche, come vediamo in Ucraina e in Medio Oriente; quindi, siamo in un momento di profonda incertezza. Il Governo del presidente Meloni, con questo documento programmatico, intende dare certezza e un termine di riferimento preciso.
Ieri, il ministro Giorgetti in Parlamento sottolineava come la graduale e decisa riduzione del debito pubblico sia una necessità ineludibile e come dobbiamo tutti essere ben consapevoli del peso che hanno avuto sulle nostre finanze alcune politiche poco lungimiranti di diversi Governi che hanno preceduto quello attuale. (Applausi).
Politica vuol dire realizzare, diceva De Gasperi, e quindi vuol dire concretezza. È quello che fa il piano che oggi discutiamo, con la capacità di affrontare le criticità strutturali del Paese e di farlo in piena continuità e correlazione con gli adempimenti previsti dal PNRR, per consolidare tali adempimenti e questo percorso. Lo fa in perfetta linea con le raccomandazioni della Commissione europea, che chiedono all'Italia un allineamento agli obiettivi di crescita, di sostenibilità, di bilancio, di equità e di transizione verde, di forte capacità amministrativa, di politica industriale definita, che superi disuguaglianze territoriali e restrizioni alla concorrenza.
Quindi è un piano strutturale, questo del Governo, che nasce da un'idea di economia sociale, di un mercato dinamico, aperto. Nasce dalla volontà di rendere la nostra Nazione un luogo più attraente per gli investimenti e più competitivo. Il piano accoglie, in altre parole, quanto l'Unione europea sollecita da tempo e definisce, innanzitutto, linee di intervento che siano in grado di rafforzare le sinergie imprenditoriali nella nostra Nazione. Parlo di energie imprenditoriali, perché è qui che sta la crescita del Paese: sta negli imprenditori, negli agricoltori, nei ricercatori, negli artigiani e in tutte le categorie che fanno la crescita del Prodotto nazionale lordo, (Applausi) che è auspicabilmente da aumentare, ma è un fatto reale, quali che siano le interpretazioni sui numeri decimali di cui si sta discutendo e si è discusso anche in quest'Aula.
Desidero ricordare, perché è fondamentale, che il piano mette al centro il lavoro, presidia il sistema di ricerca e innovazione tecnologica, insiste sulla modernizzazione degli strumenti finanziari per gli investimenti, agisce sullo snellimento della burocrazia e accompagna l'evoluzione del mercato del lavoro. Tutto questo in una visione strategica di insieme della manovra di finanza pubblica a medio termine, ma anche a medio - lungo termine, se consideriamo come tali sette anni di orizzonte.
Non c'è dubbio che, nel lungo termine, la sostenibilità del welfare dipenda, anche e soprattutto, dalla curva demografica. Il piano intende favorire risposte anche sotto questo profilo, per contrastare il terribile declino che negli anni futuri ci vede oggetto di forte preoccupazione, non soltanto nostra, ma di altri Paesi occidentali, soprattutto in Europa. Il messaggio del Governo con questo piano è chiaro: non lasciare indietro nessuno. Il sistema Paese è vincente se è compatto, se lo si pensa come un lavoro di squadra.
Mi soffermo su due punti che credo siano rilevanti oggi: il primo è quello di una governance efficace e pragmatica che è la grande sfida, non solo nostra, ma dell'intera Unione. Il rapporto Draghi lo evidenzia apertamente: sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro in investimenti aggiuntivi annui per raggiungere gli obiettivi europei prefissati. Ci vuole un'Unione europea che sappia rispondere, perché, se vi è una criticità che frena gli investitori stranieri, questa è proprio il complesso quadro normativo dell'Unione europea, con oneri eccessivi legati alla reportistica nazionale, per esempio alla due diligence; questioni e adempimenti che sono, per la maggior parte delle imprese, un ostacolo agli investimenti.
Proprio ieri ho avuto un interessante incontro e una possibilità di approfondimento con un'importante istituzione, la Camera di commercio statunitense in Europa, e ho incontrato una delegazione di una quindicina di alti dirigenti di multinazionali che operano in Europa e in Italia.
L'appello lanciato all'Italia - e la fiducia allo stesso tempo legata ad esso - è stato per lavorare il più possibile per sburocratizzare, semplificare e alleggerire gli oneri della due diligence. (Applausi). Ciò non perché non si voglia fare due diligence, ma perché ci vogliono migliaia e migliaia di tonnellate di documenti per adempiere a queste norme che sono pensate in modo teorico, per un mondo perfetto. Ricordiamoci che il rapporto Draghi segnalava addirittura in diciotto-ventiquattro mesi i tempi necessari, a monte, nella formazione delle norme europee prima di portarle in porto.
Si tratta di norme che riguardano anche aspetti, lamentati da grandi multinazionali straniere rappresentate ieri in Senato, nei settori critici per la nostra crescita: l'energia, la trasformazione verde, la sanità, i device (ossia l'aspetto non soltanto farmaceutico, ma anche delle macchine, delle strutture e delle cose di cui la sanità ha bisogno) e l'agroalimentare.
Erano tutte grandi imprese e alcune di loro addirittura hanno detto: vi rendete conto che per adempiere a tutte le norme europee in materia di rendicontazione spendiamo più di 1,2 miliardi di euro l'anno? Non mi è stata illustrata l'altra faccia della medaglia e mi sono venuti dei dubbi perché potrebbe essere una cifra assolutamente ragionevole se il fatturato lo giustificasse. Sono però adempimenti e restrizioni al business environment, il clima degli investimenti, che fanno pensare.
L'impegno del Governo Meloni sul piano interno ed europeo è questo, e se c'è coerenza nel Governo sono fiducioso che con la prossima Commissione e il Parlamento che si è insediato si procederà e si lavorerà con un'intesa che sia la più ampia possibile fra i Gruppi parlamentari. Se il fine è rilanciare la produttività, accelerare l'innovazione e aumentare le connessioni per l'Italia e l'Europa attraverso veri e propri hub digitali, logistici ed energetici, la transizione sta nelle nostre mani.
Vorrei concludere con un'altra esperienza pratica a testimonianza dello sguardo degli altri Paesi verso il nostro, verso un'Italia che ha un ruolo da protagonista (non perché piaccia chiamarsi tali, ma perché lo si è realmente). L'altro ieri si è tenuto a Milano un convengo cui hanno partecipato Regione Lombardia e autorità economiche del Kazakistan. Era presente il Ministro del commercio del Kazakistan, vi è stato l'intervento del presidente del Senato La Russa e hanno partecipato alcuni rappresentanti del Governo (il vice ministro Valentini e il ministro Santanchè) e tante altre autorità regionali, tra cui il presidente Fontana.
Uno dei temi fondamentali del convegno era la capacità di creare degli spazi economicamente e geopoliticamente sempre più significativi e aggregati verso Occidente, con l'Europa, fra Asia centrale, Kazakistan (prima economia della regione con il 60 per cento del reddito nazionale dei Paesi dell'Asia centrale), Caucaso e Azerbaijan. Si è parlato inoltre della possibilità per l'Europa di attuare leve finanziarie come la BERS e la BEI, ma anche di infrastrutture logistiche, come le alternative infrastrutturali alla via della seta e ad altre dimensioni, che possono favorire la spinta, attraverso l'Italia, ad aggregare i mercati su sicure catene di approvvigionamento, compatibili con la sicurezza economica dell'Occidente. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Magni. Ne ha facoltà.
MAGNI (Misto-AVS). Signora Presidente, su questo tema ho avuto modo di intervenire più volte in Commissione, però vorrei sottolineare alcuni passaggi sull'impostazione.
Vorrei fare al Sottosegretario la stessa domanda fatta dalla senatrice Castellone.
La cosa che davvero mi lascia molto perplesso, e anche amareggiato, è relativo all'utilità delle audizioni che svolgiamo. Se facciamo delle audizioni - e le abbiamo fatte nella preparazione del documento generale - dovremmo ascoltare e avere il tempo per ascoltare. Noi abbiamo sentito molti auditi che ci hanno segnalato che questa è un'impostazione che ci porta di fatto all'austerità, perché la nuova governance va in questa direzione. Ci sono stati però alcuni economisti che sono venuti in audizione e che hanno scritto su «Il Sole 24 Ore», ad esempio, che sostengono che non è proprio così, nel senso che c'è una crepa - come l'hanno definita loro - nell'impostazione data dalla Commissione nel corso della discussione del PIL potenziale, che potrebbe liberare - loro dicono - dai 12 ai 15 miliardi. Questo vuol dire che la scelta che avete fatto - io non la condivido, però ce l'ha spiegata il ministro Giorgetti - di realismo e prudenza va contro questa impostazione. Però, se non si fa questa scelta che alcuni hanno indicato, non potete dire che questo piano non metterà le mani nelle tasche degli italiani.
Abbiamo una situazione in cui la manovra di bilancio sarà di 20-25 miliardi e abbiamo nove miliardi grazie al fatto che i lavoratori dipendenti e i pensionati pagano le tasse, perché questo avanzo di bilancio è frutto esclusivamente di tale dato, mentre abbiamo appena approvato un decreto-legge omnibus che prevede un condono tombale per coloro che invece non pagano le tasse. Ora noi abbiamo a disposizione queste risorse e dovremmo trovarne delle altre. Ieri abbiamo sentito dire che per trovarne altre tutti devono fare sacrifici: è una falsità che tutti devono fare i sacrifici, perché se applichiamo quello che prevede la Costituzione, ognuno dovrebbe contribuire a seconda del proprio reddito e delle proprie condizioni. Questo vuol dire, ad esempio, prevedere una progressività nella tassazione, che è esattamente il contrario della flat tax e, allo stesso tempo, chi più ha, più deve pagare. Però voi non fate mai pagare le banche, le case farmaceutiche e chi ha fatto alti profitti. Addirittura, ci sono alcuni che dicono che è giusto che i cosiddetti super-ricchi partecipino maggiormente, con una tassa addirittura dello 0,5 per cento, che metterebbe nelle tasche degli italiani altri 10-15 miliardi per poter intervenire. Tutto questo è una scelta politica, e io penso che sarebbe necessaria. Voi pensate di no e per questa ragione abbiamo due opinioni diametralmente opposte.
Il problema è - come ho spiegato, o almeno ho cercato di dire - che se, ad esempio, i Comuni dicono che non sono più in grado di fare investimenti, anzi si ritrovano con l'acqua alla gola da questo punto di vista, e noi pensiamo di scaricare sugli enti locali ad esempio una contrazione della loro capacità economica e quindi del ritorno delle risorse, come faranno a garantire i servizi alla persona? Decentrano alle cooperative e gli unici che pagano sono i lavoratori e le lavoratrici perché ovviamente i salari saranno bassi e ci saranno difficoltà con i nuovi contratti. Poi mi spiegate che bisogna valorizzare il capitale umano, perché così mi ha risposto il ministro Giorgetti. Il capitale umano si valorizza anche attraverso il rinnovo di un contratto, un aumento salariale o una posizione migliore. Se l'ente che deve provvedere in tal senso non ha la possibilità economica di farlo, scaricherà il costo sul più debole.
In questo modo aumentano le disuguaglianze.
Voi dite che vi è un aumento dell'occupazione, però ovviamente aumenta il salario povero. Eppure siete contrari ad affrontare la questione del salario minimo. Insomma, è un'impostazione che va tutta in una sola direzione: che a pagare debbano essere sempre gli stessi.
Andiamo verso un periodo di austerità, nonostante voi continuiate a dire che l'economia del nostro Paese è fiorente. Io forse peccherò, essendo un industrialista nato e cresciuto nel Novecento con questa idea (e non penso di cambiarla), però vi sono alcuni settori in grande difficoltà. Pensiamo a tutto il settore dell'automotive e a tutta la filiera che lavora o lavorava per la Germania, che è altrettanto in crisi, anzi è l'economia più in crisi che c'è. Se colleghiamo questo binomio, altro che sviluppo, altro che distribuire benessere! Qui c'è davvero il rischio di una recessione. Eppure non c'è un euro stanziato.
Vorrei sottolineare che non c'è alcuna proposta di intervento pubblico nell'economia. Voi sapete benissimo - e chi non lo sa, se è troppo giovane, basterebbe che guardasse a cosa è avvenuto in passato - che il nostro Paese si è sviluppato, certo, grazie al fatto che ci sono stati investimenti privati, ma anche perché l'intervento pubblico è stato fondamentale. Vorrei ricordare che tutta la stagione di grande sviluppo del nostro Paese ha visto l'IRI come soggetto investitore.
Sostanzialmente, a nostro avviso, andando in questa direzione, ci porterete in una situazione di forte restrizione, di austerità, con recessione. Il rischio è che l'industria e, soprattutto, i servizi vengano messi in discussione, anche i servizi essenziali, quali la sanità, le pensioni e via dicendo.
Per questa ragione sarebbe stato opportuno avere un grande dibattito su tali questioni, come vi avevano chiesto tutte le strutture e gli enti sociali, ma voi glielo avete negato. Voi non avete fatto una consultazione, ma un'informazione, che è cosa diversa da una partecipazione alla discussione per costruire una proposta.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Gasparri. Ne ha facoltà.
GASPARRI (FI-BP-PPE). Signor Presidente, l'occasione della discussione sul piano strutturale di bilancio di medio termine e l'intervento di ieri alle Commissioni riunite del ministro Giorgetti, una discussione che noi consideriamo quasi unica, in realtà, sulla manovra economica che ci accingiamo ad affrontare nel Parlamento (peraltro quest'anno alla Camera, quindi con il Senato che sarà, ahimè, già lo sappiamo, in una funzione un po' ancillare, in questa sorta di monocameralismo di fatto che da diversi anni si è andato realizzando), sono momenti che io valuto in maniera unitaria.
Noi ovviamente condividiamo gli obiettivi perseguiti. Il Gruppo Forza Italia è fautore di un europeismo operoso, non subalterno. Alcuni criticano le nostre posizioni. Noi non siamo per un europeismo che accetti qualsiasi cosa (e citerò un episodio clamoroso di queste settimane), ma vogliamo un'Europa che sappia difendere se stessa.
Ricordo ogni giorno a me stesso che ogni anno in India si laurea un numero di ingegneri superiore a quello degli ingegneri che si laureano nell'intera Europa. L'India ha superato nel 2023 la Cina come popolazione (che mi pare - notoriamente - abbastanza grande); quindi noi competiamo con colossi, che spesso, anche in maniera irregolare o sleale, ci fanno una forte concorrenza e che crescono. In India, su un miliardo e mezzo di abitanti, i poveri sono sicuramente centinaia di milioni; tuttavia, il numero di ingegneri che si laurea in India supera quello dell'Europa. C'è quindi un mondo nel quale o l'Europa, con 500 milioni di persone, coesa, compete nella tecnologia, nella scienza, nell'industria, oppure non andiamo da nessuna parte. La Baviera, la Catalogna, il Veneto, la Sicilia o non so quale regione della Francia da sole non batteranno l'inevitabile competizione mondiale.
Il nostro è quindi un europeismo attivo e positivo. Dopodiché, qui facciamo un piano che deve anche guardare ai saldi di bilancio; l'Europa impone delle regole, va bene tutto.
Inoltre ho ammirato molto il piano che recentemente ha redatto il presidente Draghi, che conosco da epoche lontane e che stimo. Il presidente Draghi ha ideato un piano che costa 800 miliardi di euro l'anno. Qui se facciamo un emendamento di 50.000 euro, il ministro Giorgetti sviene, giustamente, perché ci vogliono le coperture, che a volte sono vere e a volte virtuali o, come si dice, di maniera. Draghi ha fatto un piano da 800 miliardi l'anno ed io sarei in grado di farne uno da 900 miliardi di euro l'anno, perché ho la mia penna, ho dei pezzi di carta, mi metto a scrivere e faccio un piano che costa 900 miliardi. Si è detto che il Presidente Draghi ha sommato gli investimenti disponibili, quindi forse sono di più. Voglio però dire che il piano Draghi va benissimo, ma o l'Europa fa un'iniezione di risorse e crea un debito comune, ma poi bisogna spiegarlo ai Paesi virtuosi del Nord Europa (e lo dico guardando il presidente Monti, che di queste cose ha un'esperienza intensa)… (Commenti).
Parlo in generale, senatore Boccia. Parlo del destino dei popoli, non parlo degli emendamenti. Parlo di una questione un po' più seria. (Commenti).
Tutti hanno alleati strani, se vuole parliamo della commissaria spagnola designata alla concorrenza che porterebbe, da socialista, alla distruzione dell'industria europea (Applausi), quindi spero non diventi commissaria per la transizione ecologica, perché con quelle ricette vedremmo la distruzione della Volkswagen, della Stellantis e di tutte le altre. Quindi pensate ai vostri alleati.
Signor Presidente, noi aderiamo a questo piano e a questo progetto e anche al progetto Draghi, che è bellissimo perché servono 800 miliardi l'anno. Del resto, già abbiamo fatto il PNRR. Riteniamo - e lo dico al Governo - che la data indicata per l'auto elettrica sia una farneticazione e va rinviata. Noi abbiamo chiesto - signor Presidente, le chiedo pochi secondi in più - una modifica alla risoluzione, inserendo il tema delle Big Tech, sottosegretario Freni, che oramai hanno - cito qualche cifra - 10.265 miliardi di dollari di ricavi e pagano tasse irrisorie, anche in Europa. Il Governo di centrodestra ha messo la global minimum tax, che rende 3-400 milioni. Devono pagare le Big Tech, e devono pagare meno le imprese, i pensionati e le famiglie. (Applausi). So che è difficile, ma questo Governo - e ho concluso davvero, signor Presidente - da gennaio ad agosto ha fatto crescere le entrate fiscali di 22 miliardi rispetto all'anno passato, senza aumentare le aliquote, senza aumentare le tasse, semmai diminuendole, perché è cresciuta la base produttiva, abbiamo superato i 24 milioni di occupati, sono scesi al 6,2 per cento i disoccupati. C'è una politica che fa crescere la base imponibile e per questo lo Stato incassa più tasse; non la politica dello sperpero e del reddito di cittadinanza, che aumentavano lo sperpero e faceva crescere la disoccupazione e la povertà, che non è stata abolita. (Applausi). Con noi e con questo Governo cresce l'occupazione, diminuisce l'inflazione, diminuisce la disoccupazione e vogliamo che questo piano europeo ci aiuti. Quindi, oltre al piano Draghi - il mio piano di 900 miliardi, appena l'inchiostro si esaurisce, finisco di scriverlo - speriamo che l'Europa cresca. Quindi il nostro è un europeismo positivo e attivo, non quello dei socialisti spagnoli dell'auto elettrica domani mattina, che creerebbe tanti di quei disoccupati che il senatore Boccia impiegherebbe mesi interi per ascoltarli. (Applausi).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti, gli studenti e le studentesse del Liceo statale «Niccolò Braucci» di Caivano, in provincia di Napoli, che stanno assistendo ai nostri lavori e ai quali siamo molto lieti di dare il benvenuto. (Applausi).
Ripresa della discussione del documento CCXXXII n. 1 (ore 12,22)
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Pirro. Ne ha facoltà.
PIRRO (M5S). Signora Presidente, mi consenta, per suo tramite, una battuta rivolta al collega Gasparri, che ha una fantasia smisurata, tale perfino da consentirgli di paragonare se stesso al presidente Draghi: complimenti. La fantasia non si ferma neanche quando si vuole autoattribuire i meriti per 22 miliardi di maggiori entrate; se andiamo bene ad analizzare, vediamo che non sono certo dovute alla spinta e alla crescita di questo mirabolante Governo, che in realtà non ha fatto assolutamente nulla (tra poco argomenterò meglio).
Andrei piuttosto a guardare quella stessa spinta che questa maggioranza ha ucciso, cioè il superbonus, che ha spinto la crescita del Paese (sì, quella misura) per anni di fila, facendo ridurre persino il debito di oltre 20 punti percentuali, cosa di cui oggi vi fregiate, senza però dire da dove arriva. (Applausi). Non fate altro che parlare continuamente dei problemi che avreste ereditato da chi vi ha preceduto, ma non parlate mai dei meriti, che sono innegabili, che sono stati messi nero su bianco da Istat (la settimana scorsa o due settimane fa) e che vi consentono di fare alcune cosette di cui volete prendervi i meriti in questo piano strutturale di bilancio, senza però averne le capacità.
Questo Governo sembra guidare a fari spenti nella notte, per vedere se poi è così difficile morire (per andare in scia alle citazioni di ieri del Ministro). Secondo me scopriremo solo se siete capaci di finire di distruggere il Paese oppure no. Lo dicono tutti gli auditi su questo piano strutturale di bilancio. Bankitalia e UPB hanno rivisto al ribasso le stime di crescita per il 2024 che si attestano su un asfittico +0,8 per cento. Avete proprio lo zero nell'anima, voi, senza dire che poi quasi tutto questo 0,8 per cento è merito del PNRR, che avete positivamente ereditato, quello sì, da chi vi ha positivamente preceduto. (Applausi).
Però non avete imparato la lezione e quindi tagliate, tagliate e tagliate sulla spesa, andando in una direzione di austerity e mirando esclusivamente a ciò che ieri il Ministro ha definito il suo dovere morale, che è quello dell'avanzo primario, questo dogma che aleggia sul nostro Ministero dell'economia e delle finanze e che l'Italia ha rispettato, negli ultimi trent'anni, per circa venticinque anni. L'Italia è stata prima in Unione europea per avanzo primario; peccato che questo dogma non sia assolutamente servito a far crescere il Paese, che infatti ha visto, in questi venticinque anni passati, crescite asfittiche dello zero virgola o dell'uno virgola. Solo quando abbiamo finalmente capito che questo dogma ci portava a schiantare, l'abbiamo abbandonato, nella legislatura passata; infatti l'Italia ha registrato crescite record, che non si sono viste in nessun altro Paese europeo. (Applausi).
Sento dei borbottii, però lasciatemi dire che basta andare a guardare i dati dell'Istat, non è che me li sto inventando io. Smentitemi: una crescita dell'8,9 per cento nel 2021 e una crescita, se non sbaglio, intorno al 6 o al 7 per cento nel 2022. Persino nel 2023, quando non si erano ancora visti gli effetti del vostro Governo, siamo riusciti a fare una crescita superiore all'1 per cento. Adesso invece, che c'è tutto l'impatto della bravura di questo Governo, siamo allo zero virgola.
E allora si annuncia una manovra di sacrifici per tutti, una manovra lacrime e sangue: il ministro Giorgetti "mani di forbice" taglia su tutto. Cominciamo con la sacralità della casa, ribadita nottetempo dopo le improvvide parole di ieri del Ministro in audizione sulla revisione dei dati catastali, che hanno creato un po' di subbuglio; stamattina era subito lì a mettere la toppa al buco che aveva creato. Però voi fate dei tagli sulla casa, che quindi celano maggiori uscite per i cittadini. Non le volete chiamare tasse? Chiamatele come vi pare, però comunque mettete la mano nella tasca degli italiani, che tanto vi piace. Ve li ricordo brevemente: avete aumentato dall'8 all'11 per cento la ritenuta sui bonifici parlanti per usufruire dei bonus e dei crediti sulle misure edilizie.
Avete tagliato poi i bonus edilizi come il bonus mobili. Voi non siete infatti quelli dei bonus, tranne quando sono quelli di Babbo Natale e quindi gli altri li tagliate, perché dovete fare i vostri, non perché non ne volete fare nessuno. (Applausi).
Abbiamo poi lo stop alle agevolazioni fiscali per l'acquisto della prima casa da parte degli under 36 e alla detrazione dell'IVA al 50 per cento per l'acquisto di case con classi energetiche superiori perché la transizione ecologica proprio non vi piace e il futuro del pianeta non vi interessa. Pensate solo a oggi e ieri. Non parliamo poi dell'inaccettabile immobilismo che c'è stato da parte del Governo sul caro mutui per gli aumenti esagerati dei tassi di interesse, con profitti esagerati per le banche. Infatti, mentre sono stati subito pronti ad aumentare i tassi di interesse sui mutui, si sono dimenticati di aumentare i tassi di interesse sui depositi dei privati. (Applausi). Le banche hanno avuto questa amnesia selettiva, a seguito della quale sono stati svelti ad incassare, ma un po' più lenti a cedere. È forse per questo che vi invitiamo ripetutamente alla tassa sugli extra profitti. Da questo orecchio però proprio non ci sentite.
Noto che forse ci dovrebbe essere un'errata corrige del piano strutturale di bilancio, nella parte in cui dite che c'è una diminuzione del debito pubblico nel 2024 che si attesta al 135,8 per cento. L'Istat ci ha detto, non ieri sera, ma prima, che il debito pubblico nel 2023 era al 134,6 per cento, ci si aspetta che voi vi rendiate conto che 134 è più piccolo di 135. Il debito pubblico quindi in mano a voi purtroppo quest'anno sale al 135,8 per cento.
Tornando sui tagli, mi sono dimenticata quelli alla sanità, che sono stati citati benissimo dai colleghi. Ieri il Ministro ha tenuto a precisare che la spesa in sanità non subirà la mannaia sotto l'1,5 per cento, come in altri comparti, ma viene preservata. Non ha però ben specificato di quanto. Siccome i documenti dicono che rimane comunque intorno al 6,2 per cento del PIL, vi rendete conto che ciò vuol dire che la spesa reale in sanità anche stavolta si riduce rispetto al passato. Capisco che a voi piace tanto parlare di numeri assoluti e il concetto di percentuale sul PIL, quando si parla di sanità, non vi piace proprio e non vi entra in testa; forse dovreste tornare a scuola. Quando però si tratta invece di difesa e di raggiungere l'agognato 2 per cento del PIL in spese che vi chiede la NATO, questo concetto lo capite benissimo, tanto che stiamo per spendere 2,8 miliardi per nuove armi da dare al nostro Esercito. 2,8 miliardi! Le voci dicono che invece sulla sanità quest'anno ci mettete qualcosa tipo 900 milioni: wow! Quindi 2,8 miliardi per le armi, 900 milioni per la sanità, che vi sta tanto a cuore. I numeri però dicono che non è vero, che la state definanziando e che volete tornare al passato.
Presidente, concludo con un piccolo passaggio. Brunetta durante le audizioni ci ha detto che far diminuire la spesa reale, cercando di ottenere la crescita, è una scommessa. Voi governate così: fate le scommesse sulla pelle dei cittadini italiani. Complimenti, noi invece siamo contro il gioco d'azzardo patologico e vi diciamo che sulla pelle dei cittadini italiani non si può scommettere, non vi dovete azzardare.
L'ultima chicca: il Ministro ha detto che l'aumento del potere d'acquisto non spinge i consumi, ma spinge i risparmi. Mi verrebbe una citazione un po' meno aulica di quelle fatte dal Ministro ieri, quando ha detto: ma è del mestiere questo? Sanno tutti che questo principio vale per le classi agiate del Paese, che non hanno problemi nel quotidiano e quindi, se hanno un soldino in più in tasca, lo mettono nelle banche amiche che magari a loro fanno dei tassi di interesse più alti, ma non vale per le classi meno agiate, per quelle che non hanno niente, quelle a cui manca l'indispensabile, il necessario, un paio di scarpe per i figli o una dispensa più piena in vista di periodi bui.
Le classi più numerose di questo Paese, se hanno un soldino in più in tasca, lo spendono e l'abbiamo dimostrato sempre noi, quelli incompetenti che c'erano prima di voi, quando a chi era in difficoltà abbiamo dato il reddito di cittadinanza e quel reddito di cittadinanza ha fatto aumentare i consumi nel Paese. I dati dicono che anche su questo il Ministro ha sbagliato. Tornate a scuola. (Applausi).
Presidenza del vice presidente CASTELLONE (ore 12,34)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Borghi Claudio. Ne ha facoltà.
BORGHI Claudio (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, colgo l'invito della collega Pirro e torno a scuola, cercando di tornare nel mio ruolo precedente di docente: è sempre affascinante sentir spiegare l'economia da una biologa, ma cercherò, per quanto possibile, di sottolineare velocemente alcuni punti, tanto per essere minimamente coerente. La collega Pirro, fra l'altro, era in buona compagnia perché già da altre parti ho sentito beatificare crescite passate. Ma scusate - giusto così, per far finta di essere persone che sanno quello di cui si sta parlando - se il termine di paragone era il lockdown, è abbastanza probabile che nel momento stesso in cui uno esce di casa e ricomincia a lavorare il PIL cresca un po'. (Applausi). Da lì a menarne vanto, mi sembra un po' aggressiva, come storiella, perché sapete com'è, da uno che è chiuso in casa a uno che esce e lavora se c'è una crescita forse non c'è da prendersene il merito, forse si poteva dubitare del fatto che fosse utilissimo essere chiusi in casa, ma non certo prendersi il merito del fatto che si cresceva del 3 per cento o giù di lì.
Invece, è molto più utile cercare di capire come sta andando la nostra economia in rapporto agli altri Paesi europei, perché sapete che c'è quella cosa che si chiama congiuntura, che significa che, indipendentemente da quanto bene o quanto male possiamo fare noi, c'è un'economia internazionale che per molti motivi - guerre, costi delle materie prime, inflazioni, decisioni di tassi da parte di banche centrali - a un certo punto cala per tutti e, se tu stai facendo meglio degli altri, è probabile che sei bravo, se tu stai facendo peggio degli altri, devi cominciare a capire se è una questione esclusivamente tua, oppure se oggettivamente stai facendo degli errori.
Da questo punto di vista - mi riaggancio a una osservazione che ha aperto questo dibattito - un esempio di scuola di un periodo in cui tutti crescevano e noi non crescevamo, anzi stavamo andando in recessione e quindi bisognava valutare se si stava sbagliando oppure se si stava facendo qualcosa di giusto, è stato il periodo delle politiche del senatore Monti. In quel caso, fare dell'austerità non necessaria, imporre tasse eccessive, tagliare eccessivamente le spese ha provocato dodici trimestri di recessione, mentre il resto del mondo cresceva. Probabilmente, quindi, le cose non andavano benissimo, non era una politica corretta da fare. (Applausi). Per la milionesima volta l'ho sentito dire che l'ha fatto per riportare i conti in ordine, ma se all'inizio del mandato il rapporto debito-PIL era del 120 per cento (quindi i conti non erano totalmente fuori dal mondo, perché quel rapporto era più basso di quello attuale), e dopo la cura si è arrivati al 130, evidentemente la cura non ha esattamente funzionato. (Applausi). Ciò significa che abbiamo inflitto delle sofferenze all'economia per far aumentare il rapporto debito-PIL. Basta, quindi, con queste lezioncine, è impossibile che ogni volta, quando uno ha i numeri che ormai sono stratificati, perché stiamo parlando di quindici anni fa (passa il tempo, incredibilmente), direi che è storia economica, quindi non si può più dire che poi si migliorerà. Le revisioni Istat al 2011 non ci arrivano, ecco. Per il resto, altrimenti, stiamo parlando per il futuro. Quando qualcuno dice che stiamo parlando di un piano strutturale di bilancio che non abbiamo votato, la risposta è che è ovvio che non l'abbiamo votato, perché è ridicolo, ma lo è perché è ridicolo sentir parlare di proiezioni a sette anni. L'Unione europea, per carità, ha le sue regole, si mettono tutti insieme in una stanza e decidono che il parametro è quello e o ti adegui, oppure te ne vai. Oppure vogliamo rimane con il vecchio sistema economico?
Vi ricordate com'erano il vecchio fiscal compact, il six pack o cose di questo tipo, per cui un Paese doveva ridurre il debito di un ventesimo per vent'anni? Era una roba assolutamente ingestibile, per cui, a un certo punto, abbiamo applicato la famosa regola del piuttosto che niente è meglio piuttosto, anche se questo piano non è il nostro. E questo è il motivo per cui non l'abbiamo votato: è sciocco, cioè non risponde alle esigenze dell'economia italiana. Tuttavia, il compito che veniva assegnato in quel momento in quella stanza non era disegnare il Piano strutturale di bilancio ottimo per l'Italia, ma scegliere fra una cosa pessima e una cosa brutta. E, allora, a un certo punto, abbiamo deciso di scegliere la cosa brutta, perché questo Governo ha deciso di giocare secondo le regole. Io una mentalità rivoluzionaria, per cui qualche volta preferirei senza dubbio ribaltare il tavolo. Ma, per ribaltare il tavolo, bisogna anche essere pronti a fare la guerra al mondo, e può anche essere che non necessariamente in questo momento abbiamo la forza, la voglia o la volontà di fare la guerra al mondo. Per questo è giusto seguire le regole che al momento ci sono, anche se sono sbagliate. Si tratta di fare buon viso a cattivo gioco e credo che qualsiasi Stato lo abbia fatto per molti anni, in molto tempo.
Ciò comporta che dobbiamo stare qui a discutere - come ho sentito prima - del PIL che nel 2031 crescerà del 2,2 per cento. Spero sia piuttosto chiaro a tutti in questa Aula che nel 2031 non so cosa succederà, se saremo aggrediti dagli alieni. Di sicuro nessuno sa che la crescita del PIL sarà del 2,2 per cento, e lo scriviamo perché lo dobbiamo fare, ma chi lo sa? Adesso scoppia la pace nel mondo, la guerra nel mondo, si trova più petrolio, se ne trova di meno: non sappiamo cosa succederà l'anno prossimo, figurarsi se sapremo che cosa succede nel 2031. Il passato è costellato di sfondoni clamorosi fatti sulle proiezioni a tre anni da persone molto reputate dal punto di vista accademico - ricordiamo il professor Padoan e così via - che facevano piani di bilancio a tre anni, anche con le scorse regole. Purtroppo, però, alla fine dei tre anni si scopriva che la crescita del PIL era più alta o più bassa del 3 per cento e così via, per cui tutti quei conti fatti in passato subivano le famose revisioni progressive.
È la stessa roba delle società di rating, delle banche e così via, quando il Fondo monetario internazionale fa le previsioni per l'anno dopo e così via, e poi fa le revisioni al ribasso o al rialzo. Che cosa significa? Significa che io vedo come sta andando e poi man mano, alla fine, coincide proprio con quello che ho detto, che ho revisionato un'ora fa. Purtroppo, quando si tratta di previsioni economiche, è così, ed è meglio che lo sappiamo. (Applausi).
Insomma, buona parte delle discussioni che stiamo facendo per il futuro sono così speranza, buoni propositi, ma una cosa è certa: in questo momento sta succedendo una cosa che non sempre succede e non è sempre successa in passato. Stiamo andando meglio di tanti altri all'interno dell'Unione europea. (Applausi). Stiamo andando meglio della Francia e della Germania e questo non è usuale. In questo momento in Francia il nuovo Governo, che non sa neanche tanto bene dove vorrà andare e se troverà supporto per queste cose, punta ad avere un deficit del 6,1 per cento, e non è assolutamente detto che ci arriverà. Succede che sono scarsi loro o siamo bravi noi? Probabilmente un po' tutte e due, mi verrebbe da dire, perché di solito, nei periodi di ordinaria amministrazione, dove non è possibile fare chissà quali cambiamenti o chissà quali eccessi di deficit o di tasse, o similari, la regola migliore è quella applicata tendenzialmente dai Governi di centrodestra; motivo per cui economicamente tendono a performare meglio di quelli del centrosinistra, vale a dire lasciare abbastanza in pace i cittadini. (Applausi).
Tendenzialmente, se non si fanno dei cambiamenti epocali in termini di deficit e di debito, è meglio lasciare in pace i cittadini; ridurre al minimo gli incomodi alle imprese; cercare di sostituire delle tassazioni invasive con dei sistemi forfettari tali per cui uno non deve diventare matto, magari per pagare la stessa cifra di tasse, facendo però una fatica incredibile con certi numeri e cifre.
Quello che stiamo cercando di fare noi in questo momento è abbastanza chiaro e sembra che funzioni: a un certo punto, da una parte c'era l'idea del reddito di cittadinanza ma, dall'altra parte, la gente lavorava in nero, perché puntava ad avere il reddito di cittadinanza. Quindi, figuravano meno occupati, perché si lavorava in nero, e vi era più spesa, ma non particolarmente efficiente.
È bastato ridurre quella misura, ma non è stata una decisione popolare. È ovvio che chi aveva il reddito di cittadinanza, e se lo vede tagliato, si arrabbia, ma il risultato è che comincia a lavorare in chiaro. Lavora in chiaro, abbiamo l'aumento degli occupati, sale la base imponibile, aumenta il gettito fiscale, c'è più margine per poter rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale e la situazione un po' migliora.
Sarebbe bello riuscire ad avere la possibilità di investire di più, perché potremmo permettercelo. In questo momento, come saldo commerciale, noi stiamo molto meglio rispetto alla Francia. Quindi, potremmo permetterci più investimenti, che farebbero un gran bene alla nostra economia, e scenderebbe il rapporto debito-PIL. Purtroppo, le regole sono queste. Ripeto che noi facciamo buon viso a cattivo gioco, ma almeno partiamo con una bussola: non disturbare più di tanto i cittadini. D'altra parte, i risultati sembra ci stiano dando ragione. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Manca. Ne ha facoltà.
MANCA (PD-IDP). Signor Presidente, sottosegretario Freni, colleghi, ho ascoltato l'intervento del senatore Claudio Borghi, che teorizzava il concetto semplice secondo il quale è inutile programmare a medio termine, anzi è perfino dannoso farlo. Io mi chiedo: se un Governo rinuncia a una programmazione di medio termine, se una maggioranza non ha alcuna idea del futuro del Paese e continua a programmare in maniera trimestrale, esattamente come fanno gli influencer per vendere un prodotto, questo Paese finisce in recessione. (Applausi).
Lo dico al collega Borghi: il Paese finisce in recessione, perché questo è l'esito naturale dell'assenza di una programmazione economica e sociale. Ecco perché consideriamo questo Piano strutturale di bilancio di medio termine un'occasione sprecata.
È un'occasione sprecata proprio perché il fatto che, per un Paese in procedura di infrazione come l'Italia per deficit e debito eccessivo, sia aperta in attuazione del nuovo Patto di stabilità una componente correttiva di finanza pubblica non inferiore allo 0,5-0,6 del PIL, della durata del Piano, avrebbe richiesto un progetto, una strategia industriale ed economica, una capacità cioè di unire il Paese e non di dividerlo.
Sono mancate tutte le forme di partecipazione e di coinvolgimento dei corpi intermedi. È mancato il coinvolgimento preliminare del Parlamento. Siete qui, questa mattina, addirittura a denunciare l'inutilità della programmazione a medio termine. Io mi chiedo come potete pensare di aiutare questo Paese ad uscire da una fase molto difficile. (Applausi).
Ho ascoltato anche le importanti e, come sempre, interessanti riflessioni del presidente Monti in materia di sostenibilità finanziaria e di politica economica europea. Tuttavia, voglio ricordare, con grande franchezza, i dati attuali della produzione industriale del Paese: non dimentichiamo mai che parliamo di una produzione industriale che è di 5,5 punti in meno rispetto al 2021, quando questo Paese aveva ancora le misure restrittive per uscire dalla pandemia.
Ora, solo con questi dati, visto che la produzione industriale dovrebbe rappresentare all'incirca un quinto del prodotto interno lordo, voi state sovrastimando la crescita. Lo avete fatto nel 2024, continuando a parlare, fino a poche ore fa, dell'1 per cento. Invece adesso ci dite, per ragioni di realismo e prudenza, che pensate allo 0,8. Non dite quali sono gli elementi di correzione dei conti pubblici. Non indicate nessuna misura per incorporare una crescita inferiore all'1 per cento nel 2024 e continuate a sovrastimarla per il 2025-2026-2027, senza alcuna idea dello sviluppo economico e sociale di questo Paese.
Continuo a pensare che voi non abbiate un piano ambizioso e realistico tra le mani, come ha detto il ministro Giorgetti. Voi avete il primo tradimento vero del programma di centrodestra e non avete alcuna soluzione per raccontarla agli italiani. (Applausi).
Avete fallito sul terreno classico della destra: lo sviluppo economico. Ascoltate le audizioni e i corpi intermedi, prendete in esame la possibilità che gli stessi corpi intermedi comincino a immaginare che non bastino i condoni, i concordati e le flat tax per costruire nuovo sviluppo economico e garantire occupazione e crescita.
Continuate invece a insistere in questo scambio. Pensate di mantenere il consenso delle piccole e medie imprese promettendo condoni e un fisco à la carte, quando sappiamo perfettamente che oggi il problema di fronte a noi è più grande e alto e richiederebbe anzitutto - lo dico con grande chiarezza - la soluzione dei problemi interni alla maggioranza, che sono enormi. Voi denunciate quelli dell'opposizione, ma noi siamo all'opposizione, non al Governo, e ci sarà una ragione.
Chi è al Governo dovrebbe almeno dire con grande chiarezza che oggi tutte le più importanti trasformazioni economiche in atto si affrontano con la dimensione europea. Ma qual è la vostra idea di Europa? Continuo a pensare che l'Europa abbia bisogno di un comune piano industriale di programmazione, investimenti e politiche economiche, nonché norme fiscali comuni. Ho sentito parlare di tasse sui grandi profitti determinati dal web, dalle nuove tecnologie, ma sappiamo tutti perfettamente che servono un impegno e un investimento europei in questa direzione. Ma qual è l'Europa che avete in testa? Quella che vi ha suggerito Mario Draghi? È l'Europa che - lo dico con grande franchezza - vi ha indicato Enrico Letta con norme interessanti per il mercato unico europeo? Oppure, è la riunione di Pontida? (Applausi). L'Europa che avete in testa è Pontida o la von der Leyen?
Questi problemi restano irrisolti perché sono al di fuori del dibattito politico. Voi presentate non un piano ambizioso e responsabile, ma un piano truffaldino che nasconde i problemi reali del Paese. E non lo fate nemmeno apposta, perché il problema vero è che questa non è nemmeno una strategia. Si tratta di non affrontare i problemi e nell'intraprendere un'agenda delle riforme sbagliate, inversamente proporzionale a quella che servirebbe. In questa fase servirebbe forse un nuovo patto sociale e non una nuova autonomia differenziata. Probabilmente dovreste essere interessati più a come governare il Paese che non a come comandarlo per occupare il potere. (Applausi). Voi avreste bisogno di un cambio radicale delle agende per le riforme in questo Paese. Voi le negate.
Faccio due semplici esempi, il primo dei quali riguarda la sanità. Presenteremo un emendamento perché riteniamo sia giusto mettervi nudi di fronte al Paese, facendovi assumere le vostre responsabilità. Nel Sistema sanitario italiano c'è bisogno di una riforma e potremmo trovare qui l'unanimità immediata, se volessimo veramente mettere al centro una riforma organica per garantire un diritto alla salute universale per tutti. Voi avete però un'altra idea e la state già praticando: nel non fare niente state spingendo i cittadini che ne hanno le possibilità economiche verso le assicurazioni e il pagarsi le prestazioni. Sono gli stessi a cui dite un po' meno tasse, senza però dir loro che stanno spendendo migliaia di euro per pagarsi un'assistenza sanitaria che la Costituzione prevede come diritto per tutti.
Voi state anche demolendo il patto fiscale tra cittadino e Paese proprio perché, non facendo niente, state operando verso una privatizzazione che - ahimè - produce un effetto immediato. Non c'è bisogno dei numeri: chi non ha le possibilità economiche sta smettendo di curarsi, non ha più alcun accesso alla prevenzione e non ha un punto di accollo e presa a carico del bisogno di salute nella dimensione territoriale. (Applausi). Nei grandi ospedali e negli IRCCS ormai verticali c'è una grandissima specializzazione.
Attenzione però: come ha scritto anche Mario Draghi nel suo documento, forse sarebbe giunto il momento di ripensare la sanità e l'istruzione, la formazione e la ricerca non come una spesa, ma come un investimento in questo Paese. (Applausi). Questo richiederebbe una riclassificazione della spesa. Dovremmo chiedere ad Eurostat di ripensare l'investimento in salute, perché è un investimento. Pensate alle terapie avanzate, quando sarete costretti a dire alle famiglie, che purtroppo affrontano disabilità o malattie rare, quando oggi la scienza, la ricerca e anche la farmaceutica arrivano a garantire terapie e la possibilità di essere curati, che quella è una spesa di cassa e non un investimento. Come si fa a dirlo rispetto a una terapia avanzata? In questo Paese è un investimento comprare un drone; deve essere un investimento anche garantire un accesso alle cure con l'innovazione e la scienza (Applausi), per le famiglie italiane in modo universale, altrimenti si rompe il patto.
Voi state negando un principio fondamentale della nostra Costituzione, che sono i diritti di cittadinanza. Voi così rompete l'idea comunitaria e anche nel disegno perverso - ho finito, Presidente - che avete sugli enti locali - attenzione - voi state dicendo loro di fare da soli, di andare avanti: più autonomia è uguale a più responsabilità e più efficienza. No: voi sarete costretti ad un gigantesco taglio lineare sui servizi, perché state rinunciando a un patto tra i livelli di governo. Voi continuate ad evitare l'idea che si possa governare insieme senza conflitto e sarete costretti a tagliare i servizi, ma lì c'è la spesa del welfare, c'è la spesa utile alla dimensione della famiglia. Altro che genitorialità, se si rinuncia ai servizi sociali nei territori, perché mettete in campo tagli lineari. (Applausi).
Tutto mi porta a dire che, nel non fare niente, purtroppo, spingerete l'Italia in recessione e lascerete in eredità ai futuri Governi un peso enorme per la mancanza di idee, di serietà e di responsabilità che questo straordinario Paese meriterebbe. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Gelmetti. Ne ha facoltà.
GELMETTI (FdI). Signor Presidente, sottosegretario Freni, colleghi, il Piano strutturale di bilancio rappresenta un cambio di paradigma nella politica economica della nostra Nazione e non costituisce certamente un percorso di austerità, ma, al contrario, si poggia su un programma di crescita e sostenibilità.
Le riforme strutturali che il Governo Meloni sta portando avanti, apprezzate in Europa e anche a livello internazionale, consentiranno - ne siamo certi - a dare nuova linfa alla crescita economica del Paese, con un aumento del PIL che si presume possa arrivare al 3,8 per cento nel 2031.
Come ha illustrato il ministro dell'economia Giorgetti, il Piano strutturale di bilancio adotta i dati aggiornati alla luce della revisione di contabilità nazionale rilasciati dall'Istat lo scorso 23 settembre e, dopo il confronto con le parti sociali, conferma la traiettoria della spesa primaria netta, che è il nuovo indicatore univoco previsto dalla Commissione, che avrà nei prossimi sette anni un tasso di crescita medio vicino all'1,5 per cento, compatibile con il profilo stimato dalla Commissione.
Il dato positivo è che il deficit scenderà più rapidamente rispetto alle previsioni del DEF, consentendo alla nostra Nazione di uscire dalla procedura per disavanzo eccessivo già nel 2026, quando il deficit scenderà al 2,8, con buona pace dei gufi della sinistra - pochi secondi fa ne abbiamo sentito uno - e dei detrattori che ogni giorno remano contro il Governo Meloni.
In tale ambito, il Piano si ispira a una linea seria, prudente e responsabile e coerente, con l'azione che il Governo porta avanti fin dall'inizio della legislatura, particolarmente apprezzata dai mercati internazionali e dagli investitori esteri, alla luce della prudente gestione dei conti pubblici, nonché del collocamento sui mercati dei titoli di Stato, se è vero, com'è vero, che il BTP valore è andato letteralmente a ruba.
Siamo certi che i mercati apprezzeranno l'impianto della prossima legge di bilancio, che a breve sarà all'esame delle Camere, fissando un deficit in calo per l'anno prossimo, dopo che per quest'anno lo spread è atteso in ulteriore discesa, grazie anche alle maggiori entrate fiscali, agli acquisti di BTP che si intensificheranno, consolidando ulteriormente i rating che le agenzie internazionali daranno al nostro Paese.
Come già rilevato dal DEF dello scorso aprile, l'andamento del rapporto tra debito e PIL nei prossimi anni, soprattutto nel periodo 2024-2026, continuerà a essere fortemente condizionato dall'impatto del fabbisogno di cassa delle compensazioni d'imposta legate al superbonus e a tutti i bonus partiti dal 2020. Il rapporto debito-PIL, dunque, solo dal 2027 inizierà un percorso di discesa, in linea con le nuove regole che prevedono che si riduca in media di un punto di percentuale di PIL rispetto all'uscita dalle procedure per deficit eccessivi.
Bene ha fatto il ministro Giorgetti a prevedere, fra gli obiettivi indicati dal Piano, quello di abbattere il rapporto tra debito e PIL, anche attraverso la cessione di partecipazioni di società pubbliche.
Giudichiamo altrettanto audace e importante da parte del Governo mettere mano finalmente e riordinare tutto il sistema italiano delle tax expenditure, con particolare attenzione all'ambito dell'energia e della transizione green. Il riordino delle spese fiscali consentirà di definire un sistema di agevolazioni fiscali basato su princìpi di programmazione, selettività e monitoraggio ex ante, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica. Il Piano contiene inoltre un rilevante insieme di riforme e investimenti, alcuni in continuità con il PNRR, prestando particolare attenzione alla riduzione del cuneo fiscale per i dipendenti che percepiscono redditi fino a 35.000 euro, all'accorpamento di aliquote Irpef (già in vigore da maggio), e alle risorse necessarie per il rinnovo dei contratti pubblici, oltre al finanziamento di misure per favorire la natalità e il rifinanziamento di missioni di pace.
Ciò conferma la determinazione del Governo Meloni a lavorare per il miglioramento della competitività dell'economia italiana, promuovendo una crescita sostenibile e il contrasto al declino demografico. Al contempo, si confermano il sostegno al potere d'acquisto delle retribuzioni e l'impegno all'attuazione della legge delega della riforma del fisco, compresa l'intensificazione dello sforzo di recupero del gettito fiscale (record in questi anni). Anche se l'approccio da parte della Commissione europea non si è dimostrato espansivo, non accogliendo le richieste italiane di considerare diversamente la spesa per gli investimenti, il ministro Giorgetti non si è perso d'animo: con il consueto dinamismo e l'assiduo spirito di abnegazione, che caratterizza lo spirito di questo Governo, ha assicurato che ci saranno più risorse per il Fondo sanitario nazionale, per non ridurre il rapporto tra spesa sanitaria e PIL, salvaguardando il livello della spesa sanitaria e assicurando una crescita superiore a quella aggregata della spesa netta.
In questo contesto, il Piano strutturale di bilancio, signor Presidente, colleghi, delinea il quadro della prossima legge di bilancio, contenente tre parole chiave: crescita, solidarietà e riforme. Nel contempo vi sarà uno stop definitivo alle spese nocive, improduttive e alla stagione dei bonus, che hanno buttato dalla finestra decine e decine di miliardi di euro (Applausi), creando disastri sul bilancio dello Stato compiuti dai Governi a 5 Stelle, che probabilmente è una caratteristica positiva solo nel comparto dell'hôtellerie. (Applausi).
Sebbene la revisione dei conti Istat abbia abbassato il punto di partenza, con un rapporto che nel 2023 è al 134,8 per cento del PIL rispetto al 137,3 per cento precedentemente stimato, il debito salirà nei prossimi anni fino al 138,3 per cento nel 2026.
Queste sono le conseguenze del superbonus.
Dopo due anni di legislatura è chiaro ed evidente che il modo di vedere le cose al fine di governare le politiche economiche di crescita in questa Nazione è molto diverso tra noi e voi. Ma la sfida più grande - come ha giustamente detto il Ministro - è rappresentata dall'elevato stock di debito pubblico e dai relativi oneri d'interesse. Gli spazi, sia pur limitati, per gli investimenti pubblici concessi nel piano 2027 e una politica di bilancio prudente e credibile saranno due elementi cruciali per aggredire il fardello del debito e della spesa per interessi, alleggerendolo in modo strutturale.
Pur tuttavia, all'interno della prossima legge di bilancio per il 2025 non ci saranno nuove tasse, tanto care alla sinistra, né tantomeno si procederà con tagli indiscriminati. La traiettoria della spesa pubblica netta è in linea con le indicazioni della Commissione europea ad essere pienamente sostenibile per tutta la durata dell'impegno, fino al 2031.
Al contrario, il Piano strutturale di bilancio non lascerà indietro nessuno. È tutto rivolto alla crescita e mette al centro il lavoro, concentrandosi sulla sostenibilità del sistema pensionistico e sulla qualità del sistema sanitario; una crescita sostenibile rivolta alle famiglie e alle imprese attraverso sgravi fiscali, nella consapevolezza che le risorse a disposizione certamente non sono molte, ma intendono sostenere quelle priorità che garantiscono un moltiplicatore migliore, ovvero le imprese che assumono, la difesa del potere d'acquisto delle famiglie, la natalità e la salute dei cittadini. Questa è una direttrice dalla quale non ci siamo mai discostati, senatore Manca. E non abbiamo tradito nessuno dei cardini della nostra politica che ci hanno sempre contraddistinto.
Mi avvio alla conclusione. Il Piano strutturale di bilancio inviato da Palazzo Chigi alle Camere è un documento molto più corposo della vecchia NADEF e comprende una vasta sezione dedicata alle riforme e agli investimenti richiesti per estendere il periodo di aggiustamento da quattro a sette anni. Esso rappresenterà il campo da gioco dei prossimi sette anni, con effetti che riguarderanno anche la prossima legislatura.
Il Documento avrà 33 collegati, dalle pensioni alle famiglie numerose, al lavoro, alla povertà, fino all'ippica e alla caccia. Esso delinea - come più volte detto - la legge di bilancio per il 2025 e si inquadra coerentemente nel solco delle linee di politiche economiche e fiscali adottate dal Governo sin dall'inizio della legislatura, con un approccio prudente e realistico, ma nel contempo ambizioso e ottimista.
L'attenzione ad avviare operazioni che facilitino il lavoro di donne, giovani e soggetti vulnerabili dimostra ampiamente come il Governo Meloni sappia coniugare perfettamente il sostegno alla famiglia e alla natalità con la crescita e lo sviluppo delle imprese, in particolare quelle di piccolissima, piccola e media dimensione. Questo, cari onorevoli colleghi, è il nostro linguaggio, che ci contraddistingue e ci connota positivamente. L'Italia che produce e dà lavoro merita la massima fiducia e il massimo sostegno. Questo è lo spirito che ci ha mossi finora nelle azioni intraprese, anche a livello parlamentare. Proseguiremo in questa direzione, convinti che, con il sostegno alle imprese, l'Italia rinascerà generando posti di lavoro, crescita e sviluppo dei territori e soprattutto una crescita della nostra comunità nazionale. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.
Comunico all'Assemblea che sono pervenute alla Presidenza le proposte di risoluzione nn. 1, presentata dalla senatrice Paita e da altri senatori, 2, presentata dal senatore Patuanelli e da altri senatori, 3, presentata dal senatore Boccia e da altri senatori, 4, presentata dai senatori Calenda e Lombardo, 5, presentata dal senatore De Cristofaro e da altri senatori, e 6, presentata dai senatori Liris, Borghi Claudio, Damiani e Borghese.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, al quale chiedo anche di esprimere il proprio parere sulle proposte di risoluzione presentate.
FRENI, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo accetta solo la risoluzione n. 6.
Esauriti gli adempimenti amministrativi, io ho provato diligentemente a prendere appunti. Devo dire che, riguardando tali appunti, esco da questa discussione con un desiderio e un senso un po' di spaesamento. Il desiderio è quello di essere invitato a cena dalla senatrice Paita: se infatti a casa della senatrice, sul comodino, ci sono la foto del senatore Salvini e costantemente la professoressa Fornero, probabilmente ne uscirebbe una cena divertente. Quindi se la senatrice Paita vuole, io volentieri mi autoinvito a cena. (Applausi. Commenti). Anche un pranzo al sacco, senatrice. Una formula la troviamo.
Il senso di spaesamento è dovuto al fatto che in alcuni momenti di questa discussione ho avuto l'impressione che parlassimo di un documento diverso da quello che io ho provato a leggere e studiare. Se il Piano di cui parliamo è sempre lo stesso, io credo che di tutto si possa accusare il Governo - in questo, solo in questo, sono d'accordo con il senatore Monti - tranne che di non aver inaugurato una stagione nuova per la politica economica di questo Paese e, aggiungo io, anche dell'Europa, posto che il Piano ha una sua cogenza a livello europeo e anche altri Paesi lo adottano in modo analogo. Mi riferisco cioè alla programmazione.
Una delle accuse principali che ho sentito muovere al Piano è stata l'assenza di una programmazione. Eppure il Piano - intendendo con tale termine familiarmente tanto il piano quanto la traiettoria di riduzione del debito - è tutta e solo programmazione. Si può dire - e io dall'opposizione legittimamente questo mi attendo - di non condividere quella programmazione. Si può dire di voler proporre una programmazione alternativa rispetto a quella fatta dal Governo, e lì legittimamente l'opposizione farebbe il suo mestiere. Non si può dire però che questo Piano non ha programmazione. Ho annotato una serie di aggettivi, ma li risparmio. Questo Piano è programmazione.
Così come non si può dire - e qui evidentemente è sfuggito qualche suo passaggio - che il Piano - anzi, in questo caso la traiettoria, per essere corretti - scarichi sui Governi che verranno il peso del debito. A costo di essere noioso, a pagina 31, secondo capoverso, c'è una clausola obbligatoria (la clausola di no back-loading), che prevede una decrescita omogenea della spesa, proprio per evitare che i Governi che verranno si trovino alla fine della legislatura, o comunque a metà di quel settennato che durerà la traiettoria, a dover scontare della spesa maggiore. È fatto appositamente.
Così come mi residua qualche perplessità rispetto a tutto quello che si è detto sul comparto sanitario. Valga il vero: noi quando parliamo di spesa sanitaria, almeno chi si intende di bilancio, sa bene che si tratta di incrementi pluriennali del Fondo sanitario nazionale. Non c'è mai stato un anno in cui il Fondo sanitario nazionale abbia avuto un importo inferiore all'anno precedente. Questo è il Governo che lo scorso anno ha messo in legge di bilancio l'importo più alto che ci sia mai stato sul Fondo sanitario nazionale e che si è impegnato per la prima volta - primo Governo nella storia - a garantire un tasso di crescita della spesa sanitaria superiore a quello fissato per l'obiettivo aggregato della spesa, che è qualcosa che in Italia non si era mai visto. (Applausi).
Nessun Governo si è mai impegnato, all'interno e all'estero, a garantire un tasso di crescita della spesa sanitaria superiore rispetto a quello - ora parliamo di obiettivo aggregato della spesa netta, perché questo è il parametro - ma comunque superiore al tasso di crescita che si programma. Non era mai successo.
Ho sentito parlare di diseguaglianze rispetto alla fiscalità e allora mi fa specie dover ricordare - penso alla tassazione sul tabacco, che pure è stata evocata - che questo è stato il primo Governo che, con la sua prima legge di bilancio due anni fa, ha stabilito un calendario fiscale con incrementi progressivi ogni anno e un aumento progressivo della fiscalità sui prodotti del tabacco. È l'unico Governo che lo ha fatto, eppure siamo accusati di non voler tassare il comparto del tabacco. Così pure ho sentito lunari dissertazioni rispetto a paventate fiscalità aggiuntive sulla casa. Eppure, sarebbe bastato ascoltare le parole del ministro Giorgetti - se qualcuno fosse stato distratto, il testo dell'audizione è depositato - e guardare cosa c'è scritto sul Piano strutturale di bilancio (scusate la precisione, siamo a pagina 156, ultimo capoverso) per vedere che nessuno prospetta alcuna tassa sulla casa. La casa per il centrodestra - fatevene una ragione - è sacra e nessuno la tasserà. (Applausi. Commenti). Vi invito a rileggere il testo dell'audizione e a leggere quanto è scritto sul Piano: si tratta semplicemente di garantire l'interoperabilità di banche dati che mettono insieme l'aggiornamento catastale e il godimento di bonus edilizi. Nulla di più, nulla di meno. Anzi, quando è stato chiesto espressamente, in sede di redazione del Piano, di fare una modifica e un aggiornamento dei dati catastali, questo Governo, ritenendolo non essenziale e non necessario per lo sviluppo del Paese, ha detto di no e di questo nel Piano c'è traccia. (Applausi).
Per rispondere poi a una delle obiezioni che personalmente mi addolorano di più, che è quella del senatore Manca, e cioè che in questo Piano manchino politiche, chiarisco che questo Piano è fatto di programmazione economica e di politiche degli investimenti. Si possono non condividere queste politiche, non chiedo e non pretendo che si condividano, perché altrimenti non ci sarebbe un'opposizione e non ci sarebbe una maggioranza, ma non si può dire che non ci siano. C'è una corposa parte del Piano, direi una buona metà, che declina quelle che saranno le riforme, dividendole in settori strategici e in settori meno strategici. Quelle sono politiche - non è politica - che concorrono, insieme agli obiettivi strategici di bilancio, a delineare il Paese che verrà secondo noi, il Paese che vogliamo lasciare, il Paese che questo Piano di bilancio che, appunto, per la prima volta, ha una programmazione quinquennale e una durata di una traiettoria di decadimento della spesa di sette anni, ci consente di programmare. Le politiche, in questo Paese, se non hanno funzionato nel passato, è stato proprio perché mancava la programmazione. Ebbene, tutto questo da oggi non sarà più così. (Applausi).
PRESIDENTE. Comunico che il Governo ha accettato la proposta di risoluzione n. 6, a firma dei senatori Liris, Borghi Claudio, Damiani e Borghese.
Passiamo quindi alla votazione.
CALENDA (Misto-Az-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALENDA (Misto-Az-RE). Signor Presidente, siamo in grande travaglio emotivo, nel senso che scopriamo un'Aula compatta su cose che oggettivamente non pensavamo, cioè c'è un momento di tripudio dei liberali, degli europeisti, persino dei montiani. Ci sentiamo in una grave difficoltà: come è accaduto che i sovranisti "no euro, abbattiamo l'Europa, traditori della Patria perché vi sottomettete al Diktat europeo franco-tedesco" abbiamo fatto prima un accordo per un rientro dell'indebitamento più severo e poi abbiano fissato dei numeri che effettivamente lo fanno?
È straordinario, è una riscossa storica! Abbiamo il senatore Borghi Claudio che ci spiega perché dobbiamo essere adempienti con il tracciato europeo. Ragazzi, sono veramente tentato di votarlo, questo Piano strategico di bilancio. Che è successo? Cosa volete fare rispetto a quanto ha detto il senatore Claudio Borghi sulla Fornero, sulle accise, sull'universo mondo.
Io vorrei fare un intervento come quello che avrebbe fatto la presidente del Consiglio Meloni se io avessi presentato al posto suo questa roba e avrebbe detto: sottomessi, il popolo schiacciato dallo spread si ribellerà e a un certo punto vi porterà tutti a rispondere. Quante volte lo avete detto da lì? Io ero nei banchi del Governo e non facevate altro. Si tratta del più grande processo di conversione che io abbia mai visto e lo fate come i convertiti: in modo entusiasta.
Io plaudo a questa conversione, però forse dovete dire una parola di scuse per le balle che avete raccontato in questi anni all'opposizione di tutti i Governi. Forse dovete raccontare che le promesse di rivoluzione, dall'uscita dall'euro in poi, in questo Paese servono per non fare ciò che va fatto, cioè le riforme, e per illudere i cittadini che un video su Instagram determinerà il ribaltamento della Commissione europea, determinerà il fatto che noi saremo sovrani. Parlate dell'andamento della Borsa, ma per uno che è stato vicino ai poteri forti è una soddisfazione straordinaria: vi interessate più all'andamento della Borsa che al potere d'acquisto. Giorgetti ha detto che bisogna assicurarsi che lo spread sia sotto 100; Giorgetti era vicesegretario quando sul muro della Lega c'era scritto: basta euro. È un momento di giubilo, quindi intanto vorrei dirvi che ci avete fatto tutti immensamente felici.
C'è un problema, altrimenti lo voterei: non spiegate mai il come rispetto a nulla. Ciò che fate è prendere ciò che la Commissione europea vi ha detto, metterlo su un foglio e dire che lo farete tagliando delle spese, ma non si sa quali. Poi occorrerà rivedere il prossimo anno, perché probabilmente non saremo in grado di tagliarle tutte, quindi stiamo già scrivendo una cosa che non funziona. Quello che manca è una visione di Paese. Ma siete andati al Governo dicendo che eravate quelli identitari. Occorre un po' di identità da qualche parte. Avete un Ministro della cultura - ovviamente non c'è una politica culturale - che ieri ha fatto un discorso incomprensibile per gli appassionati di filosofia; avete fatto il piano Transizione 5.0 con i fondi europei e su 6 miliardi sono stati impegnati 12 milioni. Neanche dei dilettanti allo sbaraglio: 13 passaggi autorizzativi. Vi abbiamo anche proposto una soluzione, nella nostra ingenuità, ma voi siete molto più bravi di tutti perché siete patrioti e avete capito come si governa il Paese: il Governo del Paese si fa così, mettendo i numeri della Commissione europea, facendo i video Instagram in cui dite che avete cambiato l'Europa. Davvero, signor Sottosegretario, avete cambiato l'Europa? Avete messo esattamente i numeri che voleva la Commissione e non c'è uno straccio di visione di Paese su nulla. Persino una visione sbagliata: mettete una visione sbagliata, dite qualcosa su qualcosa. È una continua ripetizione degli stessi slogan senza un atto di verità, un secondo nei confronti del Paese in cui si dice qualcosa del tipo: no, noi non possiamo fare quello che vi abbiamo detto, perché il debito ci impone di tenere il Paese in sicurezza, altrimenti non pagheremo le pensioni. Non c'è niente di tutto questo. Questa è la cosa che non si può accettare.
Signor Sottosegretario, lei può citare le pagine nn. 131, 127 e 145, ma avete scritto delle banalità sconcertanti: vogliamo tagliare i tempi della giustizia civile. È la prima volta che lo leggo su un testo del Governo, è un'innovazione fondamentale; leggo di una legge per le piccole e medie imprese (PMI). Le PMI hanno bisogno di qualunque cosa nell'universo, tranne che di una legge che definisca le PMI che già esistono. Nel mix energetico potevate mettere il nucleare, cioè una misura su cui siamo d'accordo. Qual è il mix energetico? Andiamo a pedali? Cosa volete fare? Tutto questo non si sa, perché dicendolo scontentate qualcuno.
Allora, siccome non volete scontentare nessuno, quello che vi serve è prendere i numeri della crescita economica, che io dico che sono buoni, e dire che è merito del Governo. Quando il prossimo anno andremo in recessione, e ci andremo, perché sta saltando il settore automotive, su cui non state facendo niente, voi, quando andremo in recessione, direte che è colpa di chi? Dei poteri forti, un'altra volta, dopo aver fatto questa manovra?
Questo è il problema. Non sono i numeri che sono dentro il provvedimento, ma il fatto che non c'è mai un'assunzione di responsabilità sulle cose che si chiedono al Paese, sulle balle che si sono raccontate al Paese. E se volete stare al Governo con dignità, questa è la prima cosa. Io, personalmente, mi sono profondamente stancato di votare i provvedimenti del Governo che ritengo giusti, ma di non avere mai, da questo Governo, l'ammissione di un fatto: che governare vuol dire prima di tutto saper raccontare la realtà agli italiani, spiegargliela e ammettere gli errori fatti. (Applausi).
SALVITTI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SALVITTI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signor Presidente, io avevo preparato un testo e chiedo scusa agli Uffici che mi hanno aiutato in questo, ma la discussione è andata su livelli completamente diversi, che sono più di carattere politico che non un elencare di numeri e prospettive, che sono necessariamente nel Piano strutturale di bilancio. Piano che è una nuova forma di programmazione, che è stata condivisa con l'Europa, ma che è uno strumento fallibile, come tutte le misure che possono produrre delle previsioni in economia lunghe così tanti anni. Però, è altrettanto vero che in questo documento - come è stato precedentemente detto anche dal Sottosegretario - c'è una programmazione e c'è una difficoltà nell'inseguire numeri o previsioni, da un punto di vista economico, che sono oggi prevedibili in un modo ma che domani, a seconda di quelli che saranno gli eventi non dipendenti dalla nostra volontà, possono essere smentiti; ecco, quindi una difficoltà di programmazione.
In questo Piano, fondamentalmente, vi è programmazione di quello che è l'obiettivo. Noi abbiamo due visioni completamente diverse. Probabilmente, riusciremmo ad individuare una stessa patologia da curare, ma le cure che noi proponiamo, come le cure che propone l'opposizione, giustamente, vivaddio, sono completamente diverse. Noi scegliamo una traiettoria, voi ne avete sempre scelto un'altra ed oggi purtroppo paghiamo le conseguenze di un'economia, di una prospettiva e di una cura che avete individuato che non ha portato i risultati e che fa stare l'economia italiana in questa situazione. (Applausi).
Noi paghiamo le conseguenze di una visione di un'economia. Noi adesso abbiamo la responsabilità di guidare la prospettiva di sviluppo economico di questo Paese perché tale responsabilità ci è stata data dagli elettori e perché gli elettori ci hanno detto che fino ad ora, come stiamo operando, stiamo portando dei risultati che loro reputano accettabili, tant'è che continuano a darci un sostegno da questo punto di vista. Ci muoviamo lungo quella strada. Tutti i parametri economici ci danno ragione da questo punto di vista, e ci indicano la strada intrapresa come la strada giusta. Quindi, continuiamo su questo tracciato. Ho sentito di tutto, ho sentito addirittura parlarci, giustamente, della difficoltà nella quale si trova il comparto sanitario in Italia, difficoltà enormi. È lì dove è mancata la programmazione da quindici anni a questa parte. Ci troviamo in questo stato di salute della sanità italiana, perché è mancata una programmazione rispetto a quelle che sono state le politiche portate avanti dai precedenti Governi. (Applausi).
Quindi, adesso i cittadini danno fiducia a noi, grazie a Dio. Pensano magari che non stanno parlando con Dracula alla presidenza dell'AVIS e magari ci reputano più all'altezza, in questo momento, per portare avanti queste economie. Ci limitiamo a poco.
A me ieri è piaciuto il riferimento che faceva nella Sala del Mappamondo il Ministro. Egli ha chiuso l'intervento iniziale con Keynes ed ha chiuso la replica con Mogol e Battisti. Ed è stato bello, perché l'economia è varia. Si può citare Keynes, si possono citare Mogol e Battisti per chiudere un intervento sull'economia, ma è questo: noi ci accontentiamo di poco; ci accontentiamo di quei risultati che ci stanno dando ragione, di avere un avanzo primario positivo che sappiamo incidere poco sull'economia. Avanzo primario positivo significa però che già quest'anno non abbiamo creato maggior debito rispetto all'anno precedente. Per noi questo è comunque un risultato positivo perché significa che si è invertita una rotta rispetto a quello che finora era stato un declino lento, ma continuo.
Continuiamo su questa rotta, proponendo una programmazione per i prossimi sette anni, sapendo della fallibilità di questo documento, così come è nato, ma rispondendo alle regole di carattere europeo. Continuiamo su questa linea, con tutti interventi mirati verso la crescita di questo Paese. Continuiamo in quest'opera di piccola crescita quotidiana, sapendo benissimo che c'è una visione opposta a quella che voi avete.
Abbiamo una visione apposta per quanto riguarda l'economia, il fisco e la guida del Paese, ma per fortuna che è così perché c'è un dibattito che, se rimane sul piano politico e non scade sul personale, va benissimo, è il sale della politica. Noi continuiamo per la nostra strada pensando di averla intrapresa nel verso giusto e convinti del sostegno da parte degli italiani. (Applausi).
SPAGNOLLI (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SPAGNOLLI (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, mi sia consentita una considerazione preliminare rispetto a quanto detto prima dal senatore Salvitti sul fatto che l'attuale maggioranza ha il consenso degli italiani. Sono d'accordissimo, è vero, ma l'ha avuto nel momento in cui contava, ossia il 25 settembre 2022. Quello che succede ora non dovrebbe condizionare le scelte politiche. Oggi dovremmo fare l'interesse del Paese, a prescindere dal fatto che i sondaggi ci diano soddisfazione o no. Il senatore Gelmetti ha detto che con questo Piano si fa l'interesse delle imprese, ma, se così fosse, i loro rappresentanti auditi in Commissione avrebbero detto che erano d'accordo, mentre non l'hanno fatto. Quindi, evidentemente qualcosa non funziona.
Leggendo il Piano, mi sono stupito dello scollamento che c'è tra quanto vi è scritto e le parole che la destra ha sempre detto sull'Europa, come è già stato rilevato prima di me dal senatore Calenda e dagli esperti auditi in Commissione. Fratelli d'Italia e Lega hanno costruito le loro fortune elettorali picchiando duro contro l'Europa dei burocrati di Bruxelles, coloro che decidono al posto nostro, ma poi nel Piano si pongono una serie di obiettivi in buona parte condivisibili, ma che fanno sì che il documento sembri uscito dagli uffici della Commissione europea. Una brava giornalista ha scritto che questo è il piano di "Ursula von Meloni".
È un piano che ammaina per sempre alcune bandiere della destra che hanno fortemente contribuito ai suoi successi elettorali, prima fra tutte le accise sulla benzina. Non solo il Governo ha cancellato le mitigazioni introdotte dal Governo Draghi, ma nel Piano si parla di allineamento tra diesel e verde e, siccome lo stato dei conti pubblici è quello che è, questo allineamento sarà verso l'alto, con il diesel che arriverà a costare come la benzina verde. Gli automobilisti esultano.
C'è poi la pressione fiscale, che (sto sempre citando il Piano di bilancio) si attesta quest'anno sul 41,5 per cento, mentre la previsione per il prossimo anno è del 42,8 per cento, circa quattro punti in più della media europea.
Infine il caso più clamoroso è rappresentato dalle pensioni. Non solo non vi è traccia del superamento della cosiddetta riforma Fornero, grandissimo cavallo di battaglia della Lega, ma lo stesso Ministro leghista scrive nel documento che servono incentivi per allungare l'età lavorativa. In pratica, si passa dalla Fornero alla super Fornero, a partire dal pubblico impiego, con una nuova strozzatura nel ricambio generazionale e una perdita secca di nuove competenze da immettere nella pubblica amministrazione. Questo avviene in un contesto di assoluto disastro demografico, su cui non vi è un minimo accenno di proposta per affrontare questo che è uno dei grandi problemi dell'oggi.
Se ciascuno di questi aspetti è preoccupante, lo è ancora di più il quadro generale. Il Piano strutturale di bilancio prevede che nei prossimi sette anni la spesa pubblica primaria, al netto dei cofinanziamenti europei, cresca ogni anno al massimo dell'1,5 per cento.
In media, negli ultimi sette anni, la spesa pubblica primaria è cresciuta ogni anno del 5,2 per cento, negli ultimi trent'anni del 5,7 per cento. L'Italia sta quindi assumendo un impegno stringente che non potrà essere modificato per il prossimo quinquennio, un impegno probabilmente mai visto da quando è esploso il problema del debito pubblico.
In questa cornice mancano drammaticamente una politica per le riforme e la crescita economica. Nel Piano strutturale di bilancio le riforme per la competitività vengono tutte rimandate al 2027, cioè alla prossima legislatura: geniale, ci penseranno i prossimi.
Il Governo, insomma, si tiene ben lontano dal mettere mano a corporazioni e interessi consolidati; fa promesse, ma toccherà ad altri mantenerle e così rinuncia al potenziale di crescita che potrebbe venire da buone riforme sulle professioni, sulle ferrovie, sull'energia idroelettrica, sui servizi postali e quant'altro. Allo stesso tempo, non c'è una politica di stimolo ai consumi e alla domanda interna, laddove il mancato recupero del potere d'acquisto sta pesando sui servizi, essenziale per recuperare il PIL, mentre l'industria arranca.
Non c'è neppure un quadro certo sulle coperture della spesa corrente, sui trasferimenti alle Regioni e ai Comuni, come hanno detto all'unisono gli amministratori locali, che sono quelli che danno i servizi ai cittadini e che, quindi, se i servizi non funzionano, saranno i primi che ci rimetteranno.
La sanità è al collasso, com'è già stato detto, la spesa per la salute delle famiglie italiane è cresciuta del 10,3 per cento nel solo 2023 e sono più di 4,5 milioni le persone che hanno smesso di curarsi. Agli enti locali servono più risorse e non minacce di tagli. Ma l'aspetto più odioso è che mentre si predica austerità e si rinuncia a qualsiasi ambizione sull'innovazione e la competitività, in due anni sono stati fatti ben venti condoni. Le sanatorie e i condoni sono una particolare forma di perversione; si spera di fare cassa, ma più condoni fai, meno gli evasori sono propensi a regolarizzare le proprie situazioni, con l'unico effetto di punire i contribuenti onesti, cioè quelli che reggono l'intero sistema. Insomma, questo Governo istituisce nuovi reati come deterrente contro la delinquenza e istituisce condoni contro quelli che pagano le tasse, perché se poi andiamo a vedere le sanatorie non hanno riguardato il piccolo commerciante o il libero professionista in un momento di difficoltà. Parliamo di scudi fiscali per il calcio, parliamo di criptovalute, parliamo dell'ultimo ravvedimento speciale, che è una vera e propria offesa ai contribuenti onesti. Ma vi rendete conto di come si sente un libero professionista che per cinque anni ha pagato tutto regolarmente e poi scopre che un suo omologo se ne esce versando un misero obolo?
In conclusione, signor Presidente, troppe cose non vanno. Il nuovo patto ha archiviato le regole che hanno contribuito a creare un sentimento di disaffezione verso l'Europa. Tuttavia, ne ha introdotto delle altre alquanto rigide per i Paesi ad alto debito, come l'Italia. Soprattutto, manca uno strumento di debito comune per finanziare gli investimenti per l'innovazione, la transizione ecologica e la crescita economica.
Forse questo Governo, che rappresenta la terza potenza economica dell'Unione, poteva strappare condizioni migliori? È possibile che di più non si poteva fare, non saremo certo noi a soffiare sul pelo di un facile populismo, non è il nostro modo, ma se queste sono le regole scelte, se questo è il campo di gioco, bisogna dire la verità al Paese: sulla Fornero vi abbiamo mentito, sulle accise vi abbiamo mentito, sulla riduzione della pressione fiscale vi abbiamo mentito. E soprattutto, scusateci italiani, non abbiamo la forza culturale e politica per fare le riforme che abbiamo promesso e che servono al Paese per navigare in questo mare. Questo sì che sarebbe un atto di responsabilità da veri patrioti, perché, vedete, siamo tutti patrioti, ma alcuni tra noi che stanno seduti dall'altra parte rispetto al sottoscritto si sentano più patrioti degli altri. Gli altri però sono patrioti intellettualmente onesti e votano contro questo provvedimento. (Applausi).
RENZI (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZI (IV-C-RE). Signora Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, penso che, sul passato, molti degli interventi che ci hanno preceduto abbiano chiarito che questo Governo è cintura nera di promesse non realizzate. Questo Governo, dalle accise alle pensioni, dalla NATO all'Europa, ha cambiato idea su tutto; il bello è che noi non possiamo nemmeno esserne così tanto tristi in alcuni settori. Quello però che manca - e lo dico con rispetto al sottosegretario Freni, che su questo ha espresso il proprio dolore fisico - è che manca proprio la direzione politica: se mi mettessi, come tutti gli altri, a parlare del passato, ripeterei un copione già scritto. Sottosegretario Freni, non c'è un'idea per il futuro. Ci aspettavamo un orizzonte, una visione, un sogno; ci avete dato un compitino fatto maluccio. Viene in mente - lo dico a lei che è un uomo di grande cultura - la frase celebre e pluricitata del grande filosofo Kierkegaard, che diceva: la nave è ormai in preda al cuoco di bordo e ciò che trasmette al microfono del comandante non è più la direzione, ma è cosa mangeremo domani. (Applausi).
Ci abbiamo messo un po' a leggere le centinaia di pagine. Ci aspettavamo di trovare una direzione, ma abbiamo trovato il menù; pensiamo anche - sia detto en passant - che alcuni degli ingredienti non siano presenti nella vostra cambusa. Ma fermiamoci solo su questo, sulla politica. Il mondo sta volando in una nuova era tecnologica; l'Italia affoga in una palude burocratica. Siamo d'accordo su questo? Bene. Il PSB elenca le riforme. Dove sono le vostre riforme, Sottosegretario? Avevate detto - e cito la Presidente del Consiglio - che la madre di tutte le riforme è l'elezione diretta del Premier. Avete portato una riforma, votata una volta in un ramo del Parlamento e che deve ancora andare all'altro ramo (per poi tornare perché è una riforma costituzionale), che dice che l'elezione diretta del Premier non c'è, poiché si può votare Premier anche uno che non si candida a tale ruolo. Nell'unica riforma che doveva aumentare i poteri del Presidente del Consiglio, per la prima volta nella storia delle riforme italiane, non date al Presidente del Consiglio neanche il potere di revocare o nominare i Ministri. Metti caso che vi tocca un altro Sangiuliano, o si convince da sé o vi resta lì.
Avete fatto l'autonomia. Alcuni dicono che con l'autonomia spezzate l'Italia. No, con l'autonomia avete unito l'Italia, perché siete riusciti nell'impresa di unire la CGIL, Confindustria e la CEI: sono tutti contro di voi. Avete unito il Sud della sanità e il Nord delle imprese. Avete unito - caso più unico che raro - solo in questo caso persino il centrosinistra. Avete unito proprio tutto. L'unica cosa che avete spezzato è l'unità del centrodestra, perché c'è un partito, la Lega, che prende i voti là dove l'autonomia va fatta, e c'è un partito, Forza Italia, che prende i voti dove l'autonomia non la vogliono.
Avete parlato di riforma energetica. Signor Sottosegretario, le voglio bene, ma per piacere non si adonti se qualcuno le dice che non avete dato una direzione politica. Io non entro sul tema del nucleare (sono a favore); non entro sul tema dei termovalorizzatori (ce ne vogliono almeno cinque in questo Paese, a cominciare da Roma); non entro sul tema del gas e delle trivelle, rispetto al quale la Meloni si è convertita sulla via di Damasco. Va bene tutto, ma sulle energie rinnovabili avete fatto un consesso, una riunione di cervelli tra Urso, Lollobrigida e Sangiuliano, che già detta così fa impressione. In questa riunione di cervelli avete partorito dei decreti, il FESR 2, e avete partorito l'agrofotovoltaico e le aree idonee. Grazie a questi decreti, in Italia le rinnovabili non si fanno più e il fotovoltaico diventa un miraggio costosissimo. (Applausi). Avete messo, anche con l'aiuto di altri, un blocco alle rinnovabili. Come fate a dire che vogliamo avere l'energia se per i data center, che vogliamo costruire con BlackRock o con altri, ci sarà bisogno almeno di dieci volte l'energia che c'è oggi? Dove la prendiamo l'energia, visto che siamo l'unico Paese che ha soltanto il 25 per cento di propria produzione nazionale? Aggiungo una cosa.
Più correttamente, il costo di produzione dell'energia in Italia è più di 100; era 40 dieci anni fa, con noi. Certo, ha inciso la guerra, ovvio. Ha inciso il mercato dell'ETS, ma hanno inciso anche le misure del consesso di cervelli Lollobrigida, Sangiuliano, Urso. In Francia il costo è 40, in Germania è 70 e in Italia è 100. C'è qualcosa che non va, ne parliamo? Vogliamo avere una visione, un orizzonte su dove vogliamo portare il Paese?
Sulla sanità, avete fatto un decreto sulle liste d'attesa, in piena campagna elettorale. Quando abbiamo convertito il decreto, avete visto che vi siete scordati anche i decreti attuativi. Nel frattempo, nelle stesse ore, il presidente degli Stati Uniti Biden riuniva a New York alcuni leader mondiali, ma non c'era la Meloni, così come non c'era all'incontro di Ramstein sull'Ucraina assieme agli inglesi, ai francesi e ai tedeschi, perché la Meloni c'è su Twitter, ma non c'è in questi convegni e in questi incontri internazionali. C'è il grande tavolo per lanciare il progetto di eliminare il cancro, che è la grande battaglia della comunità scientifica internazionale, mentre noi siamo a fare il decreto sulle liste d'attesa, che ci serve a prendere tre voti in più, ma che, paradossalmente, non riduce le liste d'attesa.
E potrei continuare, ad esempio, sul tema della sicurezza. Piantedosi è venuto a dirci che nel 2023 i reati sono aumentati, è vero, ma nel 2024 va meglio. È come una partita che perdi tre a zero all'andata, ma al ritorno siamo uno pari alla fine del primo tempo. Mai hai perso tre a zero, hai aumentato i reati, hai creato più insicurezza.
Non c'è una parola vera, non c'è una parola di verità sull'immigrazione. L'INPS senza gli immigrati non pagherà le pensioni, ma non avete il coraggio di dirlo, perché scalfisce la vostra prosopopea e la vostra arroganza. Chiamate Elon Musk ad Atreju, lo chiamate all'Atlantic Council, lo chiamate dappertutto, ma non lo chiamate nell'unico posto dove ci sarebbe bisogno: a Cassino, a Mirafiori, a Pomigliano. (Applausi). Se siete tanto amici di Elon Musk, fatelo venire a investire in Italia e fategli portare i posti di lavoro in Italia. No, a voi servono i tweet e i like, non vi servono i posti di lavoro, perché state raccontando che, grazie a voi, tutto è migliorato. È falso.
E le riforme purtroppo, signor Sottosegretario, non ci sono. Non ci sono sulla demografia, non ci sono sulla politica industriale, non ci sono sulle famiglie. Dicevate che una misura da 10 miliardi di euro (gli 80 euro) era una mancia e adesso avete fatto il bonus befane - che, io dico, ma i nomi come li trovate? Vi mettete proprio d'impegno - che è il bonus da dare solo ad alcune famiglie, per 100 milioni di euro. Gli 80 euro per 10 milioni di famiglie tutti i mesi erano una mancia; il bonus befana una tantum a qualche tipo di famiglia è invece una grande misura strutturale. Che poi agli altri porteranno il carbone, perché di sicuro non portano l'eolico e il fotovoltaico, visto che siete riusciti a bloccare anche quelli. (Applausi).
Mi fermo, perché la faccio troppo lunga nel merito. Mi limito a una considerazione politica: il mondo in questo momento sta vivendo una stagione incredibile, di problemi enormi. Pensate a quello che succede in Terrasanta, pensate a quello che succede in Africa e in Ucraina. Di fronte a questo quadro, io vorrei raccontarvi banalmente dove erano i nostri leader (perché sono anche nostri) la settimana scorsa, il Presidente del Consiglio e i due Vice Presidenti. Un Vice Presidente del Consiglio, mentre tutto il mondo ricordava l'anniversario del 7 ottobre e parlava delle questioni internazionali sull'Ucraina, era a Marino, alla sagra dell'uva (l'onorevole Tajani). E ha fatto anche il tweet; io pensavo magari va lì, fa finta di niente, taglia un nastro e va via; invece ha fatto un tweet. Tutti i suoi colleghi Ministri degli affari esteri erano impegnati in giro per il mondo in grandi dibattiti internazionali. Lui, presidente di turno del G7, era alla sagra dell'uva di Marino (importantissimi sia la sagra che l'uva, e persino Marino).
L'altro Ministro, nella settimana in cui un chiodo blocca l'Italia (poi Salvini dice di voler fare le centrali nucleari, ma, se le fa con i suoi chiodi, siamo rovinati!), sta a Pontida a fare i dibattiti internazionali con della bella gente. E la Meloni sta nel suo luogo preferito, su WhatsApp, a cercare la talpa delle chat. Voi siete gli aspiranti colpevoli. Chi è stato la talpa infame? Così è definita. Ora, in quest'Aula ha seduto Alessandro Manzoni, che ha scritto la «Storia della colonna infame». Siamo passati dalla «Storia della colonna infame» al futuro della talpa infame, un incrocio tra un videogame e un talk. (Applausi).
Signor sottosegretario, io l'ho apprezzata nel suo tentativo di fare la replica. Ma la verità è che la nave è davvero in mano al cuoco di bordo. C'è solo un punto fondamentale, e finisco.
Il Parlamento servirebbe per fare le cose meglio: dovreste ascoltare e cercare di cambiare; voi venite e fate i passacarte di quello che vi dà il Governo (lo dico in primis ai colleghi della maggioranza). Questo approccio sul Parlamento sapete da cosa si vede? Da quello che avete fatto ieri sulla Corte costituzionale. Quando al Governo c'eravamo noi e litigavamo, ai 5 Stelle è stata data la possibilità, in un momento in cui erano opposizione durissima contro di noi, di esprimere un membro della Corte; alla destra è stata data analoga possibilità. La maggioranza ha scelto nel proprio seno, quando io ero Presidente del Consiglio, una professoressa che veniva da una visione del lavoro opposta alla mia, la Sciarra, perché? La Corte costituzionale è il luogo degli equilibri di tutti (Applausi), dove si ascoltano tutti e non si fanno le sorprese dicendo in chat di non dirlo a nessuno, «così non se ne accorgono e li freghiamo». (Applausi). Imparate a rispettare il Parlamento, solo così rispetterete voi stessi! (Applausi).
MAGNI (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAGNI (Misto-AVS). Signor Presidente, onorevoli colleghi, parto da un ragionamento, che ribadisco, perché in precedenza ho sollevato una serie di questioni, ad alcune delle quali il sottosegretario Freni ha risposto, sorvolandone altre.
Voi vi sciacquavate la bocca dicendo: tutti padroni a casa nostra, ma, quando avremo la maggioranza, cambieremo. Ho cercato di spiegarvi come in questa proposta che avete avanzato accettate supinamente l'impostazione dell'Unione europea che, a differenza degli anni scorsi, reintroduce il pareggio di bilancio e una politica di austerity. Perché si dice questo? Si dice che non è vero che non c'è una visione, rispondendo che la programmazione e le riforme ci sono: ma dove sono queste cose? Insisto sul punto. In questi giorni, per citare un altro caso, si è messa in discussione la questione dell'automotive. Ho sentito prima in alcuni interventi criticare la scelta di andare verso l'elettrico e le energie rinnovabili. Il problema è che se non le facciamo noi queste scelte, le faranno altri, che ci venderanno le auto a un prezzo accessibile. Sapete tutti, ad esempio, che la Cina è avanti anni luce nel settore e che gli industriali che sono andati lì con la presidente Meloni hanno detto che è necessario che vengano anche in Italia. Questo è un dato di fatto e noi cosa rispondiamo?
È stata inoltre venduta la TIM. Il fondo cui è stata venduta comincia a rendere conto, licenziando e chiudendo i rapporti con una serie di aziende. Anche qui però non so se sia il mercato a dover definire la politica industriale. Ho cercato di sottolineare il fatto che ad esempio, sulla questione dell'Ilva, di cui non si parla in questo periodo, continuo a pensare che, senza un intervento dello Stato, sarà difficile intervenire in quella realtà, a meno che non si faccia un'esperienza come quella trascorsa e che poi per fortuna abbiamo rescisso, perché non ha dato i frutti che doveva dare, allora evitiamo di fare queste cose.
Su tutto questo sarebbe necessario un confronto con il Paese, richiesto da tutte le associazioni industriali e sindacali e dagli enti dello Stato. Voi avete l'arroganza, decisa la linea, di andare avanti: questo è il punto che sottolineo con maggior forza, ossia che si procede sostanzialmente in una sola direzione, che fa pagare sempre gli stessi. Voi avete deciso, al di là delle cose che sostenete a parole, che i ricchi non si toccano. Infatti in questi anni le risorse e i profitti sono andati in una certa direzione.
Su questo si è muti e si è totalmente chiusi rispetto alla necessità di intervenire per recuperare risorse e non mi si dica quello che si è detto prima, ossia che il ministro Giorgetti ha detto che si devono tagliare le tasse, perché c'è stato addirittura un giorno in cui la Borsa ha perso miliardi perché il Ministro aveva sostenuto che tutti avrebbero dovuto fare i propri sacrifici, a partire dalle banche, ed è successo un quarantotto nel giro di ventiquattr'ore. Anche all'interno della maggioranza, c'è stato subito chi ha dichiarato di essere contro le tasse, guai a farne pagare di più. Il problema non è di essere a favore delle tasse, ma che vanno pagate per avere i servizi, garantire l'unità del Paese, ridurre le disuguaglianze e affrontare le sacche di povertà, e per fare questa cosa è necessario applicare la Costituzione, che dice che chi più ha più deve contribuire. Questa è la cosa che non funziona e rispetto alla quale non date una risposta, tant'è che vi rifiutate continuamente di mettere una tassa sulle ricchezze prodotte in questo Paese. C'è una visione certamente diversa tra la destra e la sinistra su questo tema, fondamentalmente perché c'è una visione diversa sul fatto che il mercato è necessario, ma va regolato e solo il pubblico può garantire queste regole.
Vorrei allora spendere un minuto su un'altra questione. Voi, ad esempio, siete contrari a introdurre il salario minimo, ma il problema è che il mondo è cambiato: io stesso, ad esempio, trent'anni fa ero contrario, ma ho cambiato opinione, perché è cambiata la composizione del mercato del lavoro e di certi settori. Se pensiamo a una grande azienda, una volta tutti avevano un solo contratto; oggi ci sono dieci contratti all'interno della stessa azienda e molto spesso chi ha un rapporto di lavoro più debole magari non riesce a rinnovarlo, quel contratto. Il problema quindi è che bisogna contribuire a fissare una soglia al di sotto della quale non si può andare. La contrattazione poi farà la sua parte, ma questo è il punto fondamentale.
È quindi possibile che ci siano 4 milioni di lavoratori che addirittura prendono meno di 9 euro lordi l'ora? È giusto? No. Il problema, allora, è giusto affrontarlo, come lo è affrontare quello di cui ha parlato anche il Presidente della Banca d'Italia e che ha richiamato Brunetta con le sue opinioni. Si dice che siamo per la natalità, ma, a parte il fatto che l'andamento è il contrario di quello che voi dite, perché il calo delle nascite continua, anche dopo due anni che al Governo ci siete voi, il problema è che, se va bene, si vedrà fra diciotto o vent'anni. Oggi vediamo che i giovani diminuiscono, ma è perché vanno all'estero e, se lo fanno, il motivo è che in Italia non sono in grado di trovare né uno sbocco per gli studi fatti, né una remunerazione ad essi adeguata.
Nel documento che avete presentato non c'è nulla che dia risposte su come far rientrare i giovani nel nostro Paese o su come rendergli disponibili le case a un prezzo equo. Di tutti questi temi voi non parlate e non date una risposta alle esigenze del Paese. Al contrario, date solo un'idea di grande austerità.
Per questa ragione siamo alternativi, ma contrari, perché la proposta che fate voi davvero non risolve i problemi che hanno i cittadini, in particolare quelli più deboli. (Applausi).
DAMIANI (FI-BP-PPE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DAMIANI (FI-BP-PPE). Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi senatori, nel mio intervento cercherò di centrare maggiormente il tema in discussione in quest'Aula, cioè il Piano strutturale di bilancio di medio termine, che è uno strumento finanziario nuovo, entrato in vigore a fine 2023, dopo l'approvazione della riforma della governance dell'Unione economica europea e che sostituisce, come tutti sapete, il Documento di economia e finanza e la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, che si predisponevano fino a poco tempo fa. Oggi abbiamo quindi il Piano strutturale di bilancio, che ha una visione più lunga e contiene numeri, dati e indicazioni economiche e non certo, come pure ho sentito dire qui, i desiderata di ognuno; quelli si vedranno in seguito, nella composizione della manovra finanziaria in base a questi dati, che è l'atto politico successivo all'approvazione del Piano strutturale di bilancio. Cercherò quindi di parlare del Piano strutturale di bilancio, però le chiedo, signor Presidente, di consentirmi di fare qualche replica, perché, avendo ascoltato il dibattito dall'inizio della seduta, ritengo necessario ritornare su qualche argomento che, ahimè, è stato utilizzato.
Come dicevo, è un piano importante, che traccia le linee di impegno economico del nostro Paese, sia di contenimento della spesa, sia soprattutto di sviluppo e anche di crescita. Si tratta di una fotografia dei nostri dati economici, che certo in alcuni casi possono essere anche in chiaroscuro; tuttavia, il documento in esame reca tanti dati positivi, che dimostrano come l'azione di questo Governo in questi anni (perché ci accingiamo a varare la terza manovra finanziaria) sia stata importante e positiva. Ciò significa che la linea tracciata in questi anni, anche grazie alle riforme del Paese (che l'opposizione non riconosce, ma che sono importanti e strutturali), va nella giusta direzione.
Le principali finalità del Piano sono quelle di gettare le basi di una programmazione pluriennale della politica di bilancio e di affrontare le criticità strutturali del Paese - che di certo non neghiamo e non nascondiamo - perché abbiamo la responsabilità di farlo.
Un'altra finalità è anche quella di contribuire, come Paese, al raggiungimento degli obiettivi economici dell'Unione europea. Certo, tutti i soggetti auditi ci hanno detto che anche in questo Piano strutturale di bilancio ci sono scelte sicuramente difficili che il Paese deve fare, ma guardiamoci intorno, guardiamo alle circostanze avverse intorno a noi, agli andamenti dei costi, alle emergenze, alle sfide economiche e produttive, al contesto nazionale e internazionale, alla transizione demografica, all'impatto dei cambiamenti climatici, alla transizione energetica, nonché all'incertezza geopolitica. Mettiamoci tutto questo ed è sicuro che le scelte che il nostro Paese deve fare sono difficili.
Nel Piano strutturale oggi viene confermato ed espresso l'impegno del nostro Paese a continuare a utilizzare tutte le risorse, fino all'ultimo centesimo, dell'importante Piano nazionale di ripresa e resilienza, che con grande sforzo stiamo portando avanti e ci stiamo riuscendo.
Ci sono tanti dati positivi ed è per questo che bisogna cominciare anche a rispondere a chi è intervenuto in quest'Aula. Vorrei infatti ricordare i dati positivi che abbiamo - e che certo non sono certificati da Forza Italia, ma da organismi terzi, rispetto a un partito politico - secondo cui l'occupazione ad agosto era al 62,2 per cento, con più di 24 milioni di occupati (si tratta quindi di un record storico), e l'inflazione scende più in fretta che in tutti gli altri Paesi, quindi siamo il Paese che ha la più bassa inflazione e ciò significa che abbiamo fatto importanti politiche economiche. La richiesta di buoni del Tesoro poliennali trentennali è pari a circa 130 miliardi di euro e ciò significa che gli investitori hanno fiducia nel nostro Paese e per questo investono anche sul nostro debito. Questo è un dato di fiducia molto importante.
Inoltre, non per ultimo, un dato positivo e di rilievo è soprattutto quello riguardante l'extragettito fiscale di 23,3 miliardi di euro registrato nei primi otto mesi dell'anno, grazie alla crescita economica e occupazionale delle imprese italiane, quindi, come dicevamo, abbiamo dati importanti e positivi; poi, certo ci sono una contrazione e un PIL che non cresce quanto vorremmo, ma comunque l'indicazione per i prossimi anni - perché si tratta di un programma di medio termine, come dicevo, che quindi guarda ai prossimi cinque anni - è di una crescita economica, grazie alle misure che andremo a mettere in campo, quindi anche il PIL nei prossimi anni crescerà.
Come abbiamo detto e come continuiamo a ribadire sin dal primo giorno di questo Governo, di questa legislatura e di questa maggioranza di centrodestra, l'approccio è prudenziale rispetto alla finanza pubblica. Ciò però non significa che, proprio perché c'è prudenza, oggi non ci possa essere una spinta riformatrice, che c'è e che, sulla strada che abbiamo tracciato, vede sei riforme strutturali per il nostro Paese già approvate e altre quattro in itinere. In due anni di Governo ad oggi 10 riforme sono quasi state attuate nel nostro Paese: è un successo importante e una strada tracciata anche sulle riforme.
È chiaro che, sul piano strutturale di bilancio, sia importante il controllo della spesa, quindi siamo impegnati su questo. La semplificazione amministrativa è un altro tema importante. Ne abbiamo parlato quasi una settimana fa, quando abbiamo approvato il decreto omnibus, che conteneva tutta una serie di norme di semplificazione, perché anche con quelle sconfiggiamo la burocrazia, il che significa oggi la crescita del nostro Paese.
Vi è poi la riforma delle riforme, il cavallo di battaglia del nostro partito e del nostro Gruppo, Forza Italia, che è quella fiscale. Noi puntiamo alle tre aliquote, alla riduzione anche delle tasse per il ceto medio (questo è importante), oltre, come dicevo, alla crescita delle imprese.
Ecco perché il Piano strutturale di bilancio sono dati tendenziali e numeri certi sullo sviluppo del nostro Paese, ma non un contenitore in cui si può mettere di tutto e di più o buttare tutto dentro. Sono numeri importanti.
Vorrei rispondere a qualcuno che in quest'Aula ancora oggi, dai banchi dell'opposizione, ha continuato a parlare di evasione e di condono. Sono termini oramai arcaici, vecchi e preistorici. Bisogna guardare la fotografia del Paese oggi e la realtà di quello che esso è in questo momento particolare.
Quasi tutti i Gruppi di opposizione hanno parlato di sanità, che è un tema sicuramente importante e delicato. Questo Governo è impegnato sul fronte, ma ciò non significa che si scivoli verso il privato. Vorrei che qualcuno andasse ad ascoltare gli ultimi interventi fatti da leader dell'opposizione, anche dal Governatore pugliese, Michele Emiliano, che invece ha parlato proprio di sanità privata in Puglia, abbattendo quindi un muro ideologico in merito. Sanità pubblica e privata devono concorrere insieme, oggi, alla salute dei nostri cittadini: questo è un tema importante, ecco perché parlano tutti di sanità.
Il cuneo fiscale è pure una battaglia importante, che dovrebbe essere anche delle sinistre e del centrosinistra, invece è diventata nostra e noi renderemo strutturale, nella prossima manovra di bilancio, il cuneo fiscale. Questo significa più soldi nelle tasche dei cittadini e quindi più potere d'acquisto.
Si è parlato anche di profitti e di extraprofitti. Nel nostro Paese c'è una legge che fissa un tetto al profitto; dopodiché, tutto quello che è oltre è extraprofitto. Non esiste, questo assolutamente è chiaro e lo abbiamo ribadito: oggi tutti possiamo contribuire alla manovra finanziaria e certamente lo faremo, con l'impegno di tutte le categorie, ma non certo tartassando o aumentando le tasse.
Sento infatti in questo Paese parlare ancora di patrimoniale dalla sinistra ma non esiste: le tasse sulla casa non saranno toccate! (Applausi). Non toccheremo la casa, né i beni dei nostri cittadini: questo è un dato importante, di cui Forza Italia sarà un baluardo, come lo è sempre stata.
Questi sono temi importanti e politici ed ecco perché concludo rispondendo che la nave è in mani sicure: qualcuno prima di me, ha parlato appunto di una nave che non ha una direzione, né una guida sicura. Noi, mattone dopo mattone, passo dopo passo, stiamo costruendo il futuro di questo Paese e non il passato. (Applausi).
TURCO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TURCO (M5S). Signor Presidente, siamo fortemente imbarazzati, perché oggi ci sembra di essere ritornati al passato. Si apre una nuova fase, forse: quella dell'indietro tutta.
Ce l'ha ricordato il presidente Monti, richiamando la legge Fornero e facendo riferimento alle tante promesse delle destre, tra cui quella falsa, della cancellazione delle accise fatta dalla Meloni e le false promesse di Forza Italia in merito alle pensioni a 1.000 euro. Oggi si parla di un misero aumento di 20-30 euro delle pensioni sociali, nel mentre si va a tagliare lo Stato sociale.
Presidente, la prossima legge di bilancio inaugurerà certamente una lunga stagione di rigori e tagli e il nuovo Piano strutturale di bilancio si presenterà come una mannaia nei confronti dei cittadini e delle imprese (lo ha detto chiaramente il ministro Giorgetti), aprendo, sì, una nuova fase, quella degli ultrasacrifici.
A questo noi diciamo no, perché non vogliamo sacrifici per tutti. I cittadini e le imprese hanno già pagato in questi due anni di cattiva gestione del Governo Meloni. Noi vorremmo che i sacrifici li facessero gli amichetti di questo Governo: le banche, le aziende farmaceutiche, le industrie delle armi e le assicurazioni, insomma, chi ha speculato in questi anni di pandemia, crisi energetica e tassi elevati. (Applausi).
Oggi la maggioranza si assume una grande responsabilità con questo Piano strutturale, ossia aver fatto ritornare in Europa e in Italia l'austerity, con la sottoscrizione del Patto di stabilità, che - lo ricordiamo tutti - era stato definito un buon compromesso, che però costerà agli italiani dai 13 ai 16 miliardi di euro.
L'austerity è certificata non solo dalle parole del ministro Giorgetti, ma anche dal Piano strutturale di bilancio, come ha evidenziato il presidente Monti. Signori miei, l'avanzo primario significa, sì, far stare buoni i mercati alle spalle dei cittadini italiani, ma anche meno spesa pubblica, meno crescita e più debito pubblico. È quello che è accaduto prima della pandemia nel corso dei quindici anni trascorsi con un avanzo primario di oltre 850 miliardi che, vorrei ricordarlo, abbiamo sottratto agli italiani. Il debito pubblico non è aumentato: sono stati compressi i salari e la produttività delle imprese e lo Stato sociale ne ha subìto le conseguenze.
In Europa serviva un cambio di paradigma e occorreva costruire un'economia europea eco-sociale di mercato al servizio dei cittadini, orientata alla crescita inclusiva e soprattutto alla piena occupazione. Avete invece preferito assecondare un'economia ancora schiava della finanza, dei grandi capitali, del mercato finanziario e della speculazione.
È bene ricordare che l'austerity non tutela i cittadini e le imprese, ma garantisce solo i grandi capitali dall'inflazione. Attenzione, però, perché ormai la dottrina e gli studi scientifici dimostrano che per contrastare l'inflazione possiamo avere due strade: tagliare la domanda aggregata (sacrificando però i salari, la produttività e la crescita economica) oppure agire sull'offerta, così com'è stato fatto nel corso del Governo Conte II, quando abbiamo sostenuto gli investimenti, l'innovazione, la produttività, il lavoro e lo Stato sociale. (Applausi). Non ci può essere crescita economica senza sicurezza sociale.
Oggi infliggete l'ennesima stangata agli italiani, di 13 e 16 miliardi, perché, oltre ai 9 miliardi derivanti dalla differenza tra deficit programmatico e tendenziale, il resto deriverà da tasse e tagli.
In questo piano strutturale c'è un virus, quello del calo della spesa reale, perché c'è un vincolo che è un elemento agghiacciante: la spesa primaria netta, che non potrà aumentare in media oltre l'1,5 per cento. Questo produrrà una riduzione della spesa reale di 13 miliardi l'anno per i prossimi sette anni: questo dovete dire agli italiani. Ciò è certificato dalle preoccupazioni che abbiamo ascoltato nelle audizioni alla Camera dei rappresentanti di ANCI, UPI e Conferenza delle Regioni; persino il CNEL di Brunetta lo ha descritto come un Piano che rappresenta una vera e propria dieta. Forse in questo caso dobbiamo dare ascolto al ministro Giorgetti, che una cosa l'ha azzeccata, parlando di "sacrifici" (Applausi), perché ci attendono anni di veri sacrifici.
Questo è un Piano da indietro tutta, della crescita zero virgola. Sono bastati due anni per affossare quella crescita che avevamo portato al record storico del più 14 per cento, a fronte adesso di uno zero virgola, addirittura rettificato recentemente anche dalla Banca d'Italia e dall'Ufficio parlamentare di bilancio. Altro che prospettiva dell'1 per cento: neanche l'1 per cento riusciremo a raggiungere, nonostante i 44 miliardi di risorse che avete disponibili all'interno del PNRR. Siete riusciti a spenderne, sì e no, il 20 per cento. Oggi quella crescita dello zero virgola si basa non sulle vostre riforme, che hanno un impatto pari allo zero, ma semplicemente sul PNRR del presidente Conte (Applausi), che abbiamo portato nel corso del Governo Conte II.
Siamo fortemente preoccupati per la situazione denunciata dagli enti locali, visto che, oltre al miliardo che avete già tagliato nella scorsa legge di bilancio, adesso annunciate altri tagli. Siamo preoccupati per la produzione industriale, in calo da oltre diciassette mesi. Siamo preoccupati anche per i dati sull'occupazione, che - attenzione - descrivono un boom non dell'occupazione, ma della cassa integrazione, con oltre 50 milioni di ore in più, che avete inserito in quei calcoli: ecco perché l'occupazione aumenta e aumenta anche grazie alla precarietà che avete sostenuto, grazie ai salari poveri, perché non adeguate i salari e non introducete quello minimo. Attenzione poi al dato della popolazione inattiva: più 30 per cento, ossia persone che ormai rinunciano a trovare un'occupazione.
Dicevo che siamo preoccupati anche per la pressione fiscale. La vostra bandiera l'avete ormai ammainata, perché la pressione fiscale - lo dice l'Istat - nel primo trimestre del 2024 è del più 0,8 per cento; nel secondo trimestre 2024 è di un più 0,7 per cento, rispetto allo stesso periodo del 2023. Anche questa bandiera quindi è ormai crollata.
Vado alle conclusioni, signor Presidente. Avete introdotto un concordato preventivo biennale che negli auspici era anche condivisibile, quello di creare un nuovo rapporto collaborativo tra contribuenti e fisco. Vi sono state tre modifiche in meno di sei mesi, con uno strumento che adesso è diventato coercitivo, nonché un condono per gli anni 2018-2022. State costruendo un fisco completamente al contrario, in cui gli evasori sono i coccolati e gli onesti i mazziati. (Applausi).
Signor Presidente, il Piano strutturale è un vuoto a perdere, ma solo per i cittadini italiani: certifica l'austerity, l'impoverimento dei cittadini, i bassi salari, la riduzione dei redditi reali del ceto medio e lo smantellamento dello Stato sociale. Altro che prudenza e responsabilità, qui stiamo andando verso il baratro (si parlava di rilancio). A questo punto forse, ritornando indietro (così come ho iniziato), la professoressa Elsa Fornero, di fronte al baratro di quegli anni, ha avuto almeno la decenza di chiedere scusa agli italiani e di piangere. Qui invece si continua a ridere e a dire falsità.
Concludo, Presidente, con una citazione. Il ministro Giorgetti ieri ci ha stupiti, facendo riferimento ad una citazione di Keynes: la difficoltà - diceva Keynes, citato da Giorgetti - non risiede nelle idee nuove, ma nello sfuggire a quelle vecchie. Io in queste ore mi sono chiesto: avanzo primario, tagli alla spesa pubblica, aumento delle tasse, l'idea di uno Stato minimo, per non parlare delle privatizzazioni, del lavoro povero, cosa c'è di nuovo in queste ricette delle destre contenute in questo Piano? Non c'è nulla. Rivolgo quindi un invito al ministro Giorgetti: forse dovrebbe sostituire i suoi occhiali, che guardano al passato, mentre avrebbe bisogno di un nuovo paio di occhiali, che guardano al futuro. A questo punto cito Gramellini: le scelte bisogna farle con coraggio e non per paura. Ieri il ministro Giorgetti ci ha trasmesso paura. (Applausi).
GARAVAGLIA (LSP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GARAVAGLIA (LSP-PSd'Az). Signora Presidente, colleghe e colleghi, inizio citando il ministro Giorgetti, che ha detto: questo Ministro fa il contrario di quello che fanno altri Ministri, che gonfiano la crescita per spendere risorse che non ci sono. È un approccio pragmatico e rivoluzionario, nella sua normalità. Spieghiamo perché è rivoluzionario nella sua normalità, facendo alcune riflessioni sulla spesa pubblica, sulle entrate e sugli interessi in relazione al Piano presentato.
Per quanto riguarda la spesa, la regola europea è tornata e prevede sostanzialmente il blocco della crescita della spesa, che non può aumentare più dell'uno e mezzo per cento; considerando l'inflazione, sostanzialmente zero budget, tieni la spesa fissa. Il Piano recepisce la regola: la media della spesa nei prossimi sette anni è appunto l'uno e mezzo. Però vanno fatte alcune considerazioni; faccio due esempi per capirci. Solo con la spesa del personale, applicando i contratti, fai fatica a stare entro l'uno e mezzo e probabilmente vai sopra. La sanità - è stato detto - crescerà più dell'uno e mezzo; ovviamente ciò vuol dire che tutto il resto crescerà meno. Però su questo torniamo.
Sulla sanità faccio due considerazioni che ci sembrano importanti, una di carattere politico e l'altra sui numeri. La prima, di carattere politico, è positiva: finalmente tutto il Parlamento, ma anche i media, hanno cambiato il mood sulla sanità. Il clima è cambiato, adesso sono tutti d'accordo sul fatto che bisogna investire in sanità. Ci ricordiamo bene gli anni dal 2012 in poi, quando la sanità era fonte di spreco, bisognava tagliare ed erano tutti d'accordo. (Applausi). Tant'è che è stato fatto, perché il grosso dei tagli nella sanità avviene in quel periodo. I Governi del PD (Renzi, Letta e Gentiloni) sono passati dal 6,9 al 6,2-6,3 del PIL. Quindi il grosso dei tagli alla sanità è stato fatto in quegli anni e in quel clima, dove a difendere la sanità c'eravamo noi, ma invece bisognava tagliarla e tutti erano d'accordo sul tagliarla. (Applausi).
Guardiamo positivamente al fatto che c'è stato questo ravvedimento operoso e che adesso bisogna investire in sanità. Bene, diamo qualche numero però. L'anno scorso questo Governo della normale razionalità e rivoluzionario perché normale ha investito 5,2 miliardi in sanità; quindi solo l'anno scorso c'è stato un salto del 4 per cento. Per l'anno venturo è previsto un incremento dell'1, già acquisito, ma è stato detto che si andrà sopra l'1,5.
Bisogna essere onesti, non si può dire a questo Governo che non investe in sanità. Dicevamo però che se alcune componenti crescono più dell'1,5 per cento, le altre necessariamente dovranno fare uno sforzo. È in questa ottica che vanno lette le dichiarazioni del ministro Giorgetti che afferma che le amministrazioni dovranno fare un sacrificio. È chiaro. Le amministrazioni in questo caso sono i Ministeri. È chiaro che se alcune componenti, in particolare la sanità, è attenzionata e cresce di più, gli altri dovranno fare un sacrificio. È però giusto così, anche perché è chiaro che ci sono margini per realizzare una spesa migliore e di qualità. Lo vediamo tutti, è evidente. Anche in sanità ci sono margini per una spesa di migliore qualità. Faccio un esempio; senza citare, per carità di patria, l'azienda ospedaliera. Un'azienda ospedaliera compra un robot di quelli per operare in maniera meccanica, lo tiene chiuso e inutilizzato per anni, nonostante i milioni investiti, e quando lo utilizza manca poco che il paziente non finisca male. Ecco, questa non è proprio spesa di qualità. Quindi non solo quantità, ma qualità. È un tema che sarà sempre più necessario; proprio perché si va verso un periodo di zero budget, sarà sempre più necessario guardare alla qualità della spesa invece che alla quantità.
Veniamo alle entrate. Innanzitutto crescono. Il dato assodato del primo semestre registra un 7 per cento in più rispetto lo scorso anno e 17,5 miliardi. Questo nonostante gli sgravi e le riduzioni di aliquote applicati. Le entrate sono quindi aumentate. Aumenta quindi la pressione fiscale; se aumentano le entrate, a parità di PIL aumenta la pressione fiscale. Questo però non necessariamente è un dato negativo. Le entrate sono aumentate sostanzialmente per due motivi: innanzitutto per l'allargamento della base imponibile; mezzo milione di lavoratori in più dopo il taglio del reddito di cittadinanza (Applausi), significa Irpef e contributi. È normale e rivoluzionario nella sua normalità, non ci voleva uno scienziato per capirlo.
L'altro dato importante è la riduzione del tax gap, la differenza fra le entrate fiscali teoriche e le entrate effettive, che rappresenta anche una stima della misura dell'evasione fiscale. Ebbene, da anni si riduce molto. L'ultimo dato si attesta su meno 26 miliardi e vediamo che il trend continua. C'è quindi una riduzione del tax gap, dell'evasione fiscale. In questa ottica il tanto criticato, secondo me totalmente ingiustamente, concordato preventivo è retroattivo, perché è un concordato che guarda sia avanti che indietro, e va esattamente e per definizione nell'ottica della riduzione del tax gap. Per aderire infatti sia al concordato retroattivo che preventivo devi semplicemente dichiarare un fatturato maggiore e quindi si riduce il tax gap.
A tal proposito la saggia prudenza del Governo prevede per questa misura zero euro di entrate. È giusto così: meglio spendere le entrate quando ci sono davvero, altrimenti succede quello che accade spesso. (Applausi). Andate a vedere le relazioni della Corte dei conti di Comuni in particolare stato di difficoltà, di dissesto o predissesto. Succede che si prevede 100 di entrate, entra 50, però la spesa viene prevista per 100; ma se è entrato solo 50 e fai spesa per 100, vai in dissesto. È così facile. Bene quindi essere prudenti anche nella stima delle entrate. Al riguardo faccio due esempi; uno riguarda la flat tax per le partite IVA a 65.000 euro che, guarda caso, abbiamo realizzato noi della Lega. Quando abbiamo introdotto questa misura abbiamo dovuto giustamente coprirla per 1,8 miliardi. Un anno dopo, il risultato è stato che, recuperati gli 1,8 miliardi, abbiamo registrato 1,5 miliardi di entrate in più. (Applausi). Questa è prudente e rivoluzionaria azione.
Abbiamo sentito evocare più volte la patrimoniale.
Ecco, attenzione alla patrimoniale. Prima di parlare di patrimoniale, stiamo attenti e vediamo che cosa succede. Anche qui vi faccio un esempio. Vi ricordate la patrimoniale sulle barche? A fronte di 155 milioni di introito previsto, sono stati incassati 24 milioni, con una perdita di 1,5 miliardi di indotto, quindi un buco nell'acqua verrebbe da dire. (Applausi). Esattamente. Ma questo perché le barche stanno nel mare e, giustamente, nel mare ci si sposta e si sono spostate altrove. Attenzione alla patrimoniale, perché anche i capitali stanno nel mare della finanza e si spostano molto velocemente, anche più delle barche.
Per quanto riguarda il catasto, nessuna revisione delle rendite catastali: questo è quello che vuole la sinistra. Qui non c'è alcuna revisione delle rendite catastali, ma una normale e giusta manutenzione. Se un immobile non è accatastato, ma esiste (basta guardare su Google Maps), è giusto inserirlo nell'archivio. Se un immobile non è accatastato ma ha un'utenza della luce, del gas, magari anche di Dazn, è giusto inserirlo nell'elenco. E se un immobile ha usufruito del bonus del 110 per cento (la misura ha riguardato solo il 4 per cento degli immobili ad uso abitativo ed è costata allo Stato 123 miliardi), se questo immobile è aumentato di valore - come è normale, perché se si fa un investimento, aumenta il valore, altrimenti che investimento è? - ebbene, è normale, come è già, che la rendita vada adeguata.
Infine, sugli interessi vado velocissimo. Sappiamo che il Governo ha prudentemente sottostimato gli effetti di un calo degli interessi, anche dello spread, perché adesso non è più l'Italia a essere il malato d'Europa, ma sono altri i malati d'Europa, vedi la Francia con il deficit commerciale, vedi la Germania con un modello industriale in difficoltà. (Applausi). Tuttavia, è proprio la rivoluzionaria normalità del ministro Giorgetti e del Governo Meloni che garantisce questo spread basso, che garantisce, con credibilità, la tenuta sotto controllo dello spread, e poi la stabilità politica è un vantaggio competitivo del nostro sistema Paese.
Buon lavoro, quindi, al Governo della rivoluzionaria normalità. (Applausi).
MISIANI (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MISIANI (PD-IDP). Signora Presidente, in tanti, anche in quest'Aula, hanno ricordato quanto sia importante il Piano strutturale di bilancio nelle nuove regole europee e noi, Sottosegretario, ci aspettavamo dal Governo un documento all'altezza di questa importanza, con una visione magari non condivisibile, ma con una prospettiva, con impegni precisi sulle riforme e sugli investimenti da fare nei prossimi anni e magari anche un confronto con le parti sociali, con gli enti territoriali, un confronto meno frettoloso di quello che c'è stato. Siamo stati ingenui, ancora una volta, perché quello che abbiamo ricevuto dal Governo è molto diverso; è - lasciatemelo dire - un capolavoro all'incontrario, perché il Governo ci ha presentato un documento di 217 pagine assolutamente lacunoso e generico. Andate a vedere le audizioni dell'Ufficio parlamentare di bilancio, della Banca d'Italia e della Corte dei conti: mancano dati, mancano informazioni che noi chiediamo al Governo di integrare. Duecentodiciassette pagine che avete esaminato in una frettolosa riunione con le forze economiche e sociali, in una altrettanto frettolosa sessione di discussione parlamentare.
Presidente, il ministro Giorgetti, ieri in audizione, ha definito questo Piano ambizioso e realistico. Mi dispiace per il Ministro, perché questo è un Piano che non è ambizioso e tantomeno è realistico, è un piano debole, e lo è innanzitutto sul versante delle riforme, perché è una fiera delle buone intenzioni per le riforme che servono. Dite che migliorerete l'efficienza della pubblica amministrazione e ridurrete i tempi della giustizia, e chi può non essere d'accordo? Peccato che non siano indicati i tempi di approvazione di queste riforme, le risorse da destinare per migliorare la giustizia o la pubblica amministrazione. (Applausi).
È un piano che, purtroppo, conferma le riforme sbagliate: conferma una riforma fiscale fallimentare, che non rilancerà la crescita e aggraverà le disuguaglianze in questo Paese, e conferma l'autonomia differenziata, che è una sciagura innanzitutto per le imprese. Andate a chiedere agli imprenditori se la loro vita migliora o peggiora con 21 leggi regionali sul commercio estero, 21 leggi regionali sulle grandi infrastrutture, 21 leggi regionali sulle reti energetiche o sulla Protezione civile. (Applausi). Altro che semplificazioni!
È un piano debole sugli investimenti. Mario Draghi - si può essere d'accordo o meno sulle sue proposte - ha pubblicato un rapporto che ha evidenziato in modo crudo i ritardi dell'Europa e dell'Italia e ha detto che, se l'Europa vuole fare davvero la transizione ecologica e digitale, deve investire ogni anno 800 miliardi di euro in più. L'Italia fa parte dell'Europa e quegli 800 miliardi vorrebbero dire per il nostro Paese 100 miliardi di euro in più tra investimenti pubblici e privati. Sfido il Sottosegretario, che è così pronto a citare le pagine del piano, a trovare un solo riferimento alle riflessioni europee, a come tradurle nel nostro Paese. (Applausi). Altro che investimenti pubblici e altro che investimenti privati.
È un piano che non ha una strategia per la crescita e non ha una politica industriale, come infatti i numeri certificano. Signor Sottosegretario, se andiamo a vedere i vostri numeri e le vostre tabelle, vedremo che dal 2025 al 2029 le vostre previsioni sulla crescita italiana sono sempre sistematicamente inferiori a quelle del resto d'Europa. Questo piano certifica il declino del nostro Paese, non la crescita, e porterà ad un aumento delle disuguaglianze!
Il mio collega Garavaglia ha parlato tanto di sanità; signora Presidente, invito il collega Garavaglia a riguardarsi i dati: dal 2013 al 2022 la spesa sanitaria pubblica in rapporto al PIL non è mai scesa al di sotto del 6,4 per cento, ma nel 2024, con il Governo Meloni, siamo al 6,3 per cento. È il livello più basso degli ultimi dodici anni e ci avviamo ad un sottofinanziamento sistematico della spesa sanitaria. (Applausi). Guardate quello che ha detto ieri la fondazione GIMBE, cioè che tra il 2022 e il 2023 la spesa privata delle famiglie italiane, cioè i soldi che le famiglie devono mettere di tasca propria per pagarsi le visite e gli esami, è cresciuta di 3,8 miliardi. Questa cifra è equivalente alla grande riforma Irpef che ci avete tanto sbandierato. La vostra riforma Irpef se l'è mangiata la privatizzazione strisciante del sistema sanitario che voi state portando avanti con il sottofinanziamento.
Signora Presidente, se vogliamo parlare di tasse, cari colleghi della destra, in questi giorni abbiamo avuto un festival veramente incredibile. Avete iniziato con le sigarette: va bene, è un vizio, tassiamolo; avete proseguito con le accise sul diesel (lo ripeto: con le accise sul diesel), senza mettere un euro in più sul trasporto pubblico! Voi farete costare di più gli spostamenti per le famiglie normali, senza potenziare il trasporto pubblico, senza rifinanziare il bonus trasporti, senza offrire un'alternativa alle famiglie normali. Siete andati avanti, perché avete parlato di tassazione in più delle imprese e confesso che nessuno di noi ci ha capito niente: se volete tassare i profitti, gli extraprofitti, i sottoprofitti; quello che è certo è che darete una stangata, proseguirete a stangare le imprese manifatturiere che producono, che esportano, che tengono su l'economia italiana, come avete fatto con la riforma fiscale. (Applausi). L'unica misura permanente in quella riforma è l'eliminazione dell'aiuto alla crescita economica (ACE) e tre miliardi di euro di tasse in più sulle imprese italiane. Andate avanti così, altro che politiche industriali e altro che politiche per la crescita. (Applausi).
Signora Presidente, è un piano assolutamente fragile e scritto sulla sabbia per i presupposti su cui si basa.
C'è un articolo interessante di Massimo Bordignon su «Lavoce.info» che vi invito a andare a leggere e che dice delle cose interessanti. Voi, in questo piano, volete mantenere stabile il livello degli investimenti pubblici, anche quando non arriveranno più i soldi dall'Europa, perché sarà finito il PNRR; sulla sanità, volete tenerla stabile in rapporto al PIL; dite di voler ridurre la pressione fiscale, il cuneo o l'Irpef.
Non fate nulla contro l'evasione fiscale. Ho sentito il collega Dario Damiani: altro che condoni, parola arcaica. Avete fatto, pochi giorni fa, l'ennesima sanatoria sul concordato preventivo biennale: uno schiaffo, non solo ai dipendenti e ai pensionati, ma agli autonomi che fanno il loro dovere nei confronti del fisco. (Applausi). Questo è il vostro concordato e il vostro ennesimo condono.
Non lottate contro l'evasione. Vi viene l'orticaria anche quando il vostro Ministro parla di rendite catastali o di sacrifici. Ma allora da dove vengono fuori i soldi che servono per finanziare questo piano? Alcune cose state iniziando a dirle: le tasse. Vedremo quante nuove tasse arriveranno nei prossimi giorni.
L'altra cosa non detta riguarda la spesa sociale, perché voi sulla sanità avete detto qualcosa, ma non avete detto assolutamente nulla sulla spesa previdenziale, sulla spesa per il welfare, sui soldi che servirebbero per finanziare la riforma dell'assistenza agli anziani. Su tutto questo si prospettano tagli e li vedremo a partire dalla prossima legge di bilancio.
C'è un ultimo punto che incrina la credibilità di questo Piano ed è il PNRR. Voi incorporate l'ipotesi che sia completamente attuato entro il 2026. Ma l'Ufficio parlamentare di bilancio ha dato dei numeri terribili: voi avete speso nove miliardi di euro nei primi nove mesi dell'anno, sui quarantaquattro che avevate programmato. Ho fatto i conti: con questo ritmo, il Piano lo completerete nel 2036, non nel 2026. (Applausi).
È chiaro che, con questi presupposti, il Piano è scritto sulla sabbia e che le scarse previsioni di crescita rischiano di condurci verso la stagnazione. Doveva essere un nuovo PNRR, questa era l'ambizione che ci aspettavamo dal Governo; invece, abbiamo avuto una lettera di Natale con tante promesse sulle riforme: faremo, forse; finanzieremo, chissà quando; nessun progetto concreto per fare ripartire il Paese, quando il PNRR, che noi abbiamo ottenuto in Europa, non ci sarà più e sarà vostra responsabilità indicare una prospettiva di crescita, di coesione sociale e di sostenibilità ambientale, che è totalmente assente da questo documento.
Il vostro Piano è un'occasione persa, non è quello che serve all'Italia ed è la conferma dell'inadeguatezza di questo Governo. (Applausi).
MENNUNI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MENNUNI (FdI). Signor Presidente, noi stiamo per votare il primo piano strutturale di bilancio di medio termine, alla luce di quelle che sono le regole date dalla nuova governance economica europea. Questo dibattito, onorevoli senatori, è un po' surreale. e vi spiego perché.
Sembra quasi che non ci foste anche voi, insieme a noi, a portare avanti quel negoziato complicato, difficile, che abbiamo svolto con la Commissione europea. E ricordo come lo abbiamo svolto bene, per esempio nell'analisi in seno alla Commissione bilancio. Forse lo ricorderete anche voi, come il nostro Ministro, alla luce di quelle che sono state le risoluzioni, approvate peraltro all'unanimità dai senatori nella Commissione bilancio, per cercare di ottenere maggiori spazi di manovra di bilancio. Ebbene, quel negoziato è andato come è andato. Voi sapete bene che l'Italia e molte altre nazioni non hanno votato favorevolmente. Ma tant'è: queste sono le regole che ci sono state imposte.
Noi cercheremo quindi di portarle avanti nel miglior modo possibile per il benessere dell'Italia e del popolo italiano. (Applausi).
Proprio ieri abbiamo assistito all'audizione del ministro Giorgetti e in quella sede ho voluto ricordare quanto è emerso in seno alla Conferenza interparlamentare sulla stabilità nell'Unione europea che si è svolta a Budapest giovedì e venerdì scorsi. In quell'occasione abbiamo chiarito nuovamente - e vi assicuro che a farlo non è stata solo l'Italia, ma anche Francia, Portogallo e Spagna - che forse le politiche del one size fits all non sono efficaci perché magari l'economia e il tessuto produttivo italiano divergono, per esempio, da quelli della Lituania.
Visto che vi è una nuova Commissione europea, con dei nuovi equilibri, che si appresta ad operare, credo che la grande sfida di oggi sia chiedere nuovi spazi di manovra e di scomputare dal famoso tetto della spesa netta gli investimenti, come era stato chiesto dal nostro Governo. Inoltre - perché no - anche considerare le specificità delle varie Nazioni per valutare quali siano le spese da scomputare Nazione per Nazione.
Un'altra suggestione che è emersa in quella sede e che oggi vogliamo fare nostra riguarda la demografia. Di questo tema si è parlato poco o nulla durante la seduta di oggi, ma sappiamo che tutta l'Europa registra un calo disastroso del tasso di natalità. Solo in Italia noi abbiamo 700.000 pensionati a fronte di 379.000 nati. Pertanto, mi chiedo e vi chiedo: non sarebbe utile scomputare le spese per rilanciare il tasso di natalità e la demografia in Italia e in Europa? (Applausi). Assolutamente sì.
In questo scenario, in cui abbiamo intenzione di continuare la nostra azione pervicace e consistente nei riguardi dell'Unione europea, andiamo comunque a varare un piano con una previsione del deficit tendenziale in rapporto al PIL, pari al 3,8 per cento l'anno, in netta riduzione rispetto al dato consuntivo del 2023. Ciò è molto rilevante perché, a fronte della diminuzione della pressione fiscale, siamo riusciti a ottenere questo importante risultato perché vi è stata una maggiorazione delle entrate di più 23,3 miliardi grazie al più grande incremento degli occupati in Italia degli ultimi anni. (Applausi). Soltanto quest'anno vi sono stati 494.000 posti di lavoro in più. Vogliamo ribadire, sì o no, questo concetto assolutamente rilevante?
Il deficit è stimato in riduzione e il tasso di crescita medio è stimato all'1,5 per cento nel periodo di aggiustamento tra il 2025 e il 2031. Gli obiettivi di deficit, coerentemente con la traiettoria programmatica di spesa netta, corrisponderanno a un andamento migliorativo del saldo primario. Questi dati sono certificati da tutti gli organismi, tra cui l'UPB.
Tutto ciò lo stiamo facendo oggi, dopo due manovre con risorse piuttosto scarse. Abbiamo quindi intenzione di proseguire lungo la traiettoria che prevede di investire le risorse innanzitutto sulla famiglia, perché è assolutamente fondamentale sostenerla, sull'impresa, visto che peraltro ha un calo produttivo, assolutamente sì, sulla salute del cittadino, assolutamente sì, lasciando invariata la spesa sulla sanità; infine, sul lavoro, che continuiamo a presidiare.
Ho ascoltato prima qualche suggestione ancora sul… (Brusio).
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di ridurre il brusìo per permettere alla senatrice Mennuni di concludere.
MENNUNI (FdI). Io parlo quando stanno zitti gli altri, perché è un fatto di educazione. (Applausi).
Allora, anche se mi rendo conto che può magari dare fastidio, noi stavamo ricordando che c'è una crescita del lavoro in Italia, che tutti gli indicatori macroeconomici, nonostante i profeti di sventura, dicono che l'Italia cresce. Lo capisco che dà fastidio (Applausi), ma questi sono i dati. Continueremo con le nostre politiche, per esempio, per implementare il piano Mattei e sostenere i rapporti con un'Africa che ci sta dando risultati straordinari, anche in termini di flussi migratori, così come sulle geopolitiche, appunto, per quanto concerne la piattaforma italiana che è nel Mediterraneo, che stiamo cercando di ottimizzare in ogni modo e che sta portando a trasformare l'Italia in un grandissimo hub energetico, utile per l'Italia, ma direi utile per l'Europa tutta.
Ecco quindi che questo Piano va a fotografare una situazione sicuramente non semplice. La sfida che ci si è presentata è complessa, perché ci impone e impone a tutti di riuscire a conciliare ciò che sembra difficilmente conciliabile. La sfida è quella di conciliare una prudente gestione della finanza pubblica con la crescita economica. Io credo, signori, che le sfide vadano accettate. (Applausi).
PRESIDENTE. Comunico che sulla proposta di risoluzione n. 6, accettata dal Governo, sono stati presentati alcuni emendamenti, i cui testi sono in distribuzione, che invito i presentatori ad illustrare.
BOCCIA (PD-IDP). Signora Presidente, sottosegretario Freni, come sottolineato dalle colleghe e dai colleghi intervenuti in discussione generale e, in ultimo, dal senatore Misiani in dichiarazione di voto, la risoluzione n. 6 è tecnicamente inemendabile, altrimenti con i Gruppi di opposizione avremmo provato a lavorare per un insieme di emendamenti che avrebbero potuto migliorare il testo.
Però, signora Presidente, ci tenevamo a sottoporre all'attenzione delle colleghe e dei colleghi di maggioranza due emendamenti alla risoluzione n. 6: il primo riprende l'ultimo passaggio della dichiarazione di voto finale del senatore Misiani sulla sanità, perché vi invitiamo a sostenere la spesa sanitaria, incrementando il livello della spesa stessa, arrivando in un quinquennio ad una percentuale sul PIL non inferiore al 7,5, allineandola, signora Presidente, alla media europea. È evidente il nostro obiettivo: l'aumento degli stipendi per le diverse categorie; i finanziamenti dei servizi di prossimità, case e ospedali di comunità, centrali operative territoriali, completamente dimenticati dal Piano strutturale di bilancio e un'indicazione chiara nello stesso Piano degli investimenti in prevenzione, a partire dai consultori per la salute mentale e il benessere psicologico. Tutto questo, signora Presidente, perché nel Piano strutturale di bilancio, presidente Zaffini, è successo anche questo (immagino che nella foga di approvare il parere, la maggioranza non se ne sia accorta): avete dimenticato i divari territoriali legati proprio alla vostra politica sanitaria, che resta bloccata sul 6,3 di PIL, che è il livello più basso degli ultimi dodici anni.
L'emendamento 6.2 - faccio un unico intervento su due emendamenti - invece riguarda i carburanti. A tal proposito chiedo davvero l'attenzione del Governo, perché immagino che questo passaggio dovrebbe essere un po' più semplice per il sottosegretario Freni. Sottosegretario, nella vostra proposta di risoluzione chiediamo di aggiungere le seguenti parole: «con esclusione, nell'ambito del riordino delle spese fiscali, dell'allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina, al fine di neutralizzare» - e sottolineo «neutralizzare» - «l'impatto degli aumenti sull'autotrasporto, sul trasporto pubblico locale, sui lavori pubblici e sul comparto agricolo». Colleghe e colleghi della maggioranza, diteci perché non è possibile integrare il piano strutturale di bilancio con questa proposta emendativa.
Vi chiediamo un supplemento di valutazione, ricordandovi il noto messaggio che l'attuale Presidente del Consiglio, all'epoca leader di Fratelli d'Italia, affidò ai social nel 2019, quando la benzina costava un 1,576 euro e il gasolio 1,471 euro, e aveva promesso di intervenire sulle accise. Eravamo convinti che lo avrebbe fatto arrivando al Governo.
Signor Presidente, sto terminando, così consento al sottosegretario Freni di avere il quadro. Ripeto che sto facendo un intervento su due emendamenti, anche se avrei potuto chiedere la parola due volte per i due emendamenti.
Dicevo, la Presidente del Consiglio, quando si è insediata a Palazzo Chigi, aveva la benzina che costava 1,678 euro. Colleghi e Presidenti dei Gruppi di maggioranza, oggi la benzina costa 1,911 euro. (Commenti). Chiedo scusa, ottobre 2023. Arrivo al 2024. (Commenti).
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di lasciar concludere il senatore Boccia, e poi potrete intervenire in dichiarazione di voto.
BOCCIA (PD-IDP). Sono un po' nervosi.
Il prezzo della benzina a settembre 2024: 1,755 euro; il gasolio: 1,632 euro. Chiediamo, signora Presidente, che l'allineamento, che è a pagina 116, non produca un impatto sulle accise e che quell'impatto venga neutralizzato. Altrimenti sarà inevitabile per noi definirla, in questa legge di bilancio, una tassa aggiuntiva Meloni. (Applausi).
PRESIDENTE. Il restante emendamento si intende illustrato.
Invito il relatore e il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli emendamenti presentati.
CALANDRINI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti.
FRENI, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 6.3.
ROMEO (LSP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROMEO (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, intervengo in dichiarazione di voto su due emendamenti, solo per ricordare all'opposizione che la richiesta di sterilizzazione dell'allineamento dovrebbero rivolgerla ai loro colleghi dell'Unione europea e a quella maggioranza che sostengono e che ha imposto non solo all'Italia, ma a tutti i Paesi, di togliere le agevolazioni sul diesel.
Sì, è proprio così, collega Boccia: chiedete ai vostri amici a Bruxelles di togliere questo allineamento. (Applausi).
PAITA (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAITA (IV-C-RE). Signor Presidente, intervengo in dichiarazione di voto sull'emendamento 6.3.
Sì, collega Romeo, poi glielo diremo. Intanto però oggi voi avete presentato un piano strutturale di bilancio che non contiene delle cose chiare sul tema della sanità.
E, quindi, noi vi proponiamo nell'emendamento una cosa semplice: riaprire il tema del MES, perché, se volete investire sulla questione del MES, avete l'opportunità di dare un contributo sul tema delle liste d'attesa e della sanità.
Nel vostro Piano non compare la parola «giovani». Giovani significa residenze per gli universitari e rientro dei cervelli. E noi vi diamo l'opportunità di rimediare ai vostri errori e alle vostre carenze, votando questo emendamento.
Poi c'è una parolina magica nell'emendamento 6.3: un impegno chiaro e solenne a non aumentare la pressione fiscale in questo Paese. Siete disponibili a votarlo oppure continuate a immaginare che possa esserci un aumento delle tasse, soprattutto sulla casa, come ieri il ministro Giorgetti ha fatto intendere a tutti noi?
Questi sono i fatti, la polemica sta a zero. Se volete prendervi un impegno, qui ci sono le opportunità per farlo. Altrimenti fate come sempre: con una mano provate a raccontare agli italiani dei complotti e con l'altra invece li tassate. (Applausi).
MAIORINO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAIORINO (M5S). Signora Presidente, intervengo per annunciare il voto contrario del mio Gruppo, il MoVimento 5 Stelle, all'emendamento 6.3 della senatrice Paita.
Come al solito, alla maniera renziana che abbiamo imparato a conoscere, hanno messo cose condivisibili, come il finanziamento del Sistema sanitario nazionale, insieme al divieto di tassare gli extraprofitti dei colossi e all'introduzione del MES, che ormai è diventata un'ossessione.
Quindi il mio Gruppo esprimerà un voto assolutamente contrario. (Applausi).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 6.3, presentato dalla senatrice Paita e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Passiamo alla votazione dell'emendamento 6.1.
MALAN (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (FdI). Presidente, faccio una sola dichiarazione su questi due emendamenti.
Ricordo che, per quanto riguarda la spesa sanitaria, il DEF approvato nell'aprile 2022 prevedeva, per l'anno corrente e per l'anno prossimo, un totale di 11 miliardi in meno di quanto l'attuale Governo ha già approvato in legge di bilancio. Nell'ampia maggioranza che sosteneva il Governo Draghi indubbiamente c'erano due partiti dell'attuale maggioranza… (Commenti). Se mi lascia parlare, per cortesia.
PRESIDENTE. Senatrice Malpezzi, la prego di lasciar concludere il senatore Malan. Potrà intervenire in dichiarazione di voto, se vuole.
MALAN (FdI). Capisco che disturba sentire ricordare questo. (Applausi).Ricordo che chi faceva parte di quella coalizione oggi ha votato un aumento di 11 miliardi. (Commenti).
PRESIDENTE. Senatrice, la prego.
MALAN (FdI). Cosa che invece non potevate fare nel 2022 e non avete fatto. Ricordo altresì che all'epoca l'inflazione era al 6 per cento, per cui già si sapeva che quella somma, che è inferiore di 11 miliardi alla somma che il Governo Meloni ha realmente stanziato, si sarebbe deprezzata ampiamente; mentre oggi, con il Governo Meloni, l'inflazione è all'1 per cento e non al 6 per cento.
Per quanto riguarda la benzina, ricordo che, sempre negli anni precedenti, la benzina aveva già superato il prezzo medio, non il prezzo fotografato nella stazione di montagna, in situazioni disperate e disagiate… (Commenti).
PRESIDENTE. Senatrice Malpezzi, la prego.
MALAN (FdI). Mentre oggi, come ha detto il presidente Boccia, il prezzo medio è 1,75, 1,65, il prezzo aveva già superato i 2 euro e ci sono stati due anni di inflazione, sia pure moderata. (Applausi).
Allora diciamo che chi fa il maestro forse ha meno titoli dei presunti allievi, che saremmo noi.
Noi stiamo facendo le cose che sono possibili alla luce anche del fatto che, con 20 miliardi all'anno di peso del superbonus (Applausi), indubbiamente si hanno meno risorse di quelle che ci si sarebbe augurati, che si potrebbero mettere nella riduzione delle accise o nell'aumento delle risorse per la sanità.
Nonostante questo, sono aumentate le risorse per la sanità, la benzina è a prezzi molto più bassi di quanto lo sia stata anche solo nel 2022 e noi siamo certi di essere sulla buona strada e su di essa proseguiremo. (Applausi).
NICITA (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NICITA (PD-IDP). Signor Presidente, i documenti che abbiamo studiato, letto e ascoltato ieri nelle Commissioni bilancio, in particolare quelli presentati dalla Corte dei conti, dalla Banca d'Italia e dall'Ufficio parlamentare di bilancio, distinguono in modo molto chiaro i livelli dalle percentuali. Non è un caso che nell'intervento che ho appena sentito si insiste su 11 miliardi.
Nella pagina che la Corte dei conti dedica alla sanità si dice che, secondo questo Piano, alla fine del periodo ci saranno 10 miliardi in meno per la sanità. L'UPB calcola che, per avere lo stesso livello di sanità in rapporto al PIL del 2019, ci vogliono almeno sette miliardi in più. Da questo punto di vista la percentuale è scesa dal 6,41 al 6,1 per cento e addirittura dalla Corte dei conti è prevista per i livelli essenziali al 5,8 per cento.
Possiamo dare i numeri come vogliamo, ma alla fine questi sono i risultati: ci sono meno risorse e una minore percentuale - probabilmente la più bassa - a livello europeo.
Sul petrolio la Banca d'Italia e l'UPB fanno notare come le previsioni, che sono contenute a livello del prezzo al barile, in questo Piano fanno riferimento ad un'aspettativa che arriva addirittura a 69 dollari per barile, quando nell'ultimo anno sono stati tra i 90 e i 100 dollari. La Banca d'Italia dice che dal loro punto di vista è un po' ottimistico, senza considerare tra l'altro le spinte inflattive.
Sulla questione del prezzo medio vi ha risposto l'Antitrust, affermando che le misure che avete fatto non sono significative. Detto questo, la questione principale riguarda il fatto che tutti gli enti indipendenti che abbiamo ascoltato ci hanno ripetuto una storia diversa, compresa quella sottolineata dalla senatrice Mennuni sull'incremento del lavoro che esiste effettivamente e parte dal 2020, ma che è dall'altra parte controbilanciato da una riduzione sostanziale documentata dall'UPB delle ore lavorate e da una riduzione dei salari che sono pure incrementati, ma che a livello medio restano significativamente inferiori alla media europea. (Applausi).
MAGNI (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAGNI (Misto-AVS). Signor Presidente, vorremmo sottoscrivere come Gruppo Alleanza Verdi e Sinistra gli emendamenti presentati dal senatore Boccia e dichiarare il nostro voto favorevole, sottolineando un punto particolare sulla questione delle accise. Più volte ho proposto addirittura di abolirle, trattandosi di una tassa sulla tassa. Mi pare corretto l'emendamento presentato sulla questione perché in questi giorni la maggioranza ha dichiarato di voler intervenire sul punto. Se non è vero, basta allora votarlo. (Applausi).
DI GIROLAMO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DI GIROLAMO (M5S). Signor Presidente, vorrei ricordare all'Assemblea che lo sforamento dei due euro sulla benzina e sul diesel l'Italia l'ha visto al battesimo di questo nuovo Governo, alla prima legge di bilancio dove, con il favore delle tenebre, ha tolto lo sconto sulle accise, permettendo a tali idrocarburi di salire nel prezzo sulle tasche dei cittadini. (Applausi).
Pertanto, Presidente, dichiaro il voto favorevole del mio Gruppo all'emendamento 6.1.
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 6.1, presentato dal senatore Boccia e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 6.2, presentato dal senatore Boccia e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 6, presentata dai senatori Liris, Borghi Claudio, Damiani e Borghese.
Il Senato approva.
Risultano pertanto precluse le proposte di risoluzione nn. 1, 2, 3, 4 e 5.
Sospendo la seduta fino alle ore 16.
(La seduta, sospesa alle ore 15,08, è ripresa alle ore 16,01).
Presidenza del presidente LA RUSSA (ore 16,01)
Sul 61° anniversario del disastro del Vajont
PRESIDENTE. Colleghi, oggi, 9 ottobre, ritengo doveroso ricordare il 61° anniversario del disastro del Vajont. Come sapete, fu un evento tragico, che è stato classificato uno dei più gravi disastri ambientali della storia provocati dall'uomo.
Erano le ore 22,39 di quel giorno - a Longarone e nei paesi limitrofi dormivano, guardavano la TV, la partita di calcio o cose simili - quando un'enorme frana si staccò dal monte Toc, precipitando nel bacino alpino formato dalla diga. Nel cadere nell'invaso, quella frana sollevò un'onda che scavalcò la diga, finendo poi nel fondovalle. In pochi minuti interi paesi vennero spazzati via. In pochi minuti sparì un intero territorio. Persero la vita troppe persone: quasi 2.000. Fu una tragedia immane, che non abbiamo mai dimenticato e che è corretto ricordare.
Certo, questa tragedia avvenne anche e soprattutto per gravi responsabilità umane. Assicurare una cornice di sicurezza ai cittadini significa saper apprendere la lezione che la natura ha voluto anche in quella occasione insegnarci. Assicurare una cornice di sicurezza ai cittadini significa saper fare passi avanti.
Oggi, a distanza di tanti anni, con il dolore che si rinnova, chiedo a quest'Aula qualche attimo di silenzio in memoria della tragedia del Vajont. (L'Assemblea si leva in piedi e osserva un minuto di silenzio). (Applausi).
SBROLLINI (IV-C-RE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SBROLLINI (IV-C-RE). Signor Presidente, come lei ben ricordava all'inizio di questa seduta, è una tragedia immane che non possiamo dimenticare. La sera del 9 ottobre di sessantuno anni fa, una frana di 260 milioni di metri cubi di roccia si staccò dal monte Toc e precipitò nel bacino artificiale della diga del Vajont, tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia, provocando un'onda di distruzione e morte che spazzò più di 1.900 vite, tra cui 487 bambini. Circa 400 corpi, e forse anche di più, non furono mai ritrovati.
Un disastro, una tragedia, che ci ricorda che il dolore non sbiadisce, anche a distanza di tanti anni. Questo ci ricorda - ed è importante farlo in quest'Aula - quanto sia essenziale proteggere il nostro territorio e agire con responsabilità per permettere che tragedie simili non accadano mai più.
Una tragedia annunciata, che forse, appunto, poteva essere evitata, ma che oggi è giusto ricordare. E io lo vorrei fare anche attraverso alcune parole del monologo teatrale, bellissimo, di due ore e mezza di Marco Paolini del 1993: «duecentosessanta milioni di metri cubi di roccia cascano nel lago dietro alla diga e sollevano un'onda di 50 milioni di metri cubi. Solo la metà scavalca di là della diga, solo 25 milioni di metri cubi d'acqua (…) Ma è più che sufficiente a spazzare via dalla faccia della terra cinque paesi: Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova, Faè».
Perché è importante ed ho voluto ricordare queste parole, che ancora oggi mi provocano dei brividi? Questo monologo è ispirato al libro del 1983 "Sulla pelle viva", della giornalista bellunese Tina Merlin, di cui lo stesso Paolini successivamente ha curato la prefazione. Ed è importante perché tutto il monologo è composto da documenti autentici, vite vissute, testimonianze anche dei pochi sopravvissuti.
Voglio dire, anche qui in quest'Aula, un grazie a questo straordinario scrittore, interprete e attore, perché ha portato al grande pubblico, ha fatto conoscere al grande pubblico la tragedia immane di quel popolo, di quegli abitanti, in quelle terre che sono state così toccate, ma che poi è una tragedia nazionale.
Vorrei ricordare anche alcune parole tratte dal libro di Mauro Corona, che è stato uno dei sopravvissuti: «Non esiste più niente della vita di un tempo. Tutte le civiltà scomparse sono state cancellate in qualche anno. La nostra in due minuti. Ci siamo ritrovati il giorno dopo a partire da zero, in altri luoghi, in altri modi, con altri tempi, usando cose che non conoscevamo. È stato come nascere un'altra volta. Nascere vecchi è come vivere morti. Non ci si adatta a ciò che non si conosce.».
Presidente, vorrei concludere il mio intervento ricordando questa tragedia immane, affinché fatti del genere non accadano più. E soprattutto vorrei esprimere, anche a nome del mio Gruppo Italia Viva, vicinanza e solidarietà a quelle popolazioni, alla mia Regione, il Veneto, e anche all'Emilia-Romagna e alle tante altre Regioni che anche in questi giorni, come nelle settimane scorse, sono state colpite, ancora una volta, da alluvioni e hanno vissuto momenti difficili a causa del maltempo.
Concludo ricordando a questo Governo, grazie alla presenza del Vice Ministro, che forse rimettere in piedi una struttura come Italia Sicura potrebbe essere un aiuto importante per andare nella direzione della prevenzione del nostro territorio. (Applausi).
MARTELLA (PD-IDP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARTELLA (PD-IDP). Signor Presidente, come lei ha ricordato, sono passati sessantun'anni da quella terribile sera del 1963.
Impossibile dimenticare quello che accadde alle ore 22,43 del 9 ottobre. Dal monte Toc, dietro la diga del Vajont (la diga a doppia curvatura più alta del mondo), si staccano, tutti insieme, 260 milioni di metri cubi di roccia che cadono nel lago artificiale e sollevano un'onda gigantesca che, precipitando a valle, spazza via il paese di Longarone e devasta Castellavazzo, Erto e Casso, facendo 2.000 vittime (1.913, dicono le cifre ufficiali): un disastro gigantesco, ma non certo una fatalità, piuttosto una tragica conseguenza di precise responsabilità umane e della devastazione di un territorio stravolto nel suo assetto naturale e sociale.
Eppure da tre anni la montagna mandava segnali e gli abitanti, conoscendo bene i luoghi, avevano manifestato preoccupazione. Gli esperti avevano fatto sopralluoghi e indagini e lanciato allarmi.
Come sapete, una giornalista coraggiosa come Tina Merlin aveva denunciato i pericoli che si nascondevano dietro il progetto della SADE. Tutti sapevano, nessuno si mosse: questo scrisse subito dopo la tragedia. Nessuno si mosse perché gli interessi industriali e finanziari ebbero la meglio. Anche lo Stato abdicò alle sue funzioni di controllo e salvaguardia del territorio e delle popolazioni.
Tina Merlin - come sapete - venne addirittura denunciata per aver turbato l'ordine pubblico. Solo undici anni fa, in occasione del cinquantesimo anniversario, le più alte cariche delle nostre istituzioni si sono scusate e inchinate per quello che accadde, per le omissioni, i silenzi e le responsabilità.
Nel 2008 le Nazioni Unite hanno considerato il Vajont come il primo tra i più grandi disastri evitabili della storia. Evitabili: parola che continua a fare malissimo e deve ancora costringere tutti noi a riflettere sul fatto che, se vogliamo dare un senso attuale e non retorico alla memoria, e se vogliamo davvero rispettare quelle vittime e il dolore immane dei sopravvissuti, dobbiamo fare della tutela del territorio, della messa in sicurezza della montagna, della difesa del suolo e della sicurezza idrogeologica una vera e propria priorità nazionale, perché oggi non è purtroppo ancora così. Troppo spesso l'azione dell'uomo, invece di preservare il territorio, lo sottomette a logiche e interessi particolari, con conseguenze pesanti in termini ambientali e anche produttivi.
La nuova recente alluvione in Emilia-Romagna, così come un'altra tragedia che il Veneto non dimentica, quella della Marmolada, sono lì a ribadire quanto la tutela del territorio, la difesa del suolo e la sicurezza idrogeologica siano una vera e propria emergenza nazionale. La prevenzione è la sfida principale. Abbiamo bisogno di una grande opera di riassetto del territorio, di infrastrutture ambientali che lo mettano in sicurezza e di interventi di prevenzione legata ai rischi naturali.
Troppe volte, anche in Italia, è successo che si siano commessi errori già compiuti in passato. Davvero non deve più accadere. Abbiamo il dovere di ricordare e in questo senso è stata giusta la scelta di riportare a Belluno la sede dell'archivio processuale.
In conclusione, signor Presidente, faccio tesoro ancora una volta delle parole pronunciate dal presidente Mattarella proprio l'anno scorso in quei luoghi, quando disse che «occuparsi dell'ambiente, rispettarlo, è garanzia di vita». (Applausi).
DE POLI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE POLI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signor Presidente, colleghi, oggi si ricorda purtroppo una tragedia, quella del Vajont, di cui ricorre il 61° anniversario. Ognuno di noi ha il dovere di ricordare e di raccontare quel 9 ottobre del 1963 per onorare le vittime e far sì che una catastrofe, come quella avvenuta a causa del crollo della diga del Vajont, non si ripeta più.
Da quel giorno, dal 9 ottobre, tanti territori portano una profonda e insanabile ferita, da Longarone a Rivalta, da Pirago a Villanova, Faè, Erto, Casso e Castellavazzo: intere comunità scosse dalla tragedia, a cui esprimiamo ancora una volta la nostra totale e piena vicinanza. Il nostro pensiero oggi è rivolto alle 1.910 vittime, che devono essere ricordate con profondo rispetto e in maniera solenne: vite strappate via dalle proprie famiglie, dai propri amici e dalle proprie comunità; tra loro 487 bambini e giovani vite che si erano appena affacciate al mondo; la più piccola, Claudia Martinelli, aveva soltanto ventuno giorni.
Dobbiamo riflettere tutti sul ruolo della memoria. Ricordare significa portare rispetto, tenere vivo il ricordo di chi oggi non c'è più, ma anche rievocare le gesta di chi, fin dai primi momenti successivi alla tragedia, si è recato a prestare soccorso alle popolazioni colpite. Un commosso pensiero è rivolto anche a tutti i loro. L'attenzione verso il prossimo e la forte solidarietà che è stata dimostrata in quella circostanza sono stati uno degli insegnamenti della tragedia del Vajont. Quella terra ha spesso saputo rialzare la testa, grazie al valore della solidarietà, e ha saputo reagire con forza di fronte alle difficoltà. La memoria esigente deve esserlo. Non possiamo limitarci a ricordare con le parole. Ricordare, quindi, significa impegnarsi per la continua ricerca della verità e impegnarsi per saper ricostruire il Vajont, tragedia determinata dalla cattiva coscienza dell'uomo e diventato un punto fermo da cui ripartire; un impegno per le istituzioni a portare avanti la difesa dell'ambiente, una giustizia efficace e un'adeguata formazione per le prossime generazioni.
Il Vajont ci ha insegnato cosa vuol dire essere comunità, un valore da portare avanti giorno per giorno, ricordando il passato e il sacrificio di chi non c'è più e allo stesso tempo guardando con fiducia al domani, con la consapevolezza di quanto gli errori umani commessi nel passato debbano spronarci a realizzare una società nuova, ancor più solidale e giusta, in cui la sostenibilità ambientale prevalga sulle logiche del profitto. Sarà questo il vero orizzonte al quale guardare per le prossime generazioni. (Applausi).
SPAGNOLLI (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SPAGNOLLI (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signor Presidente, lei per primo e poi gli altri che sono intervenuti prima di me hanno già abbondantemente descritto gli eventi di quel 9 ottobre 1963, per cui non mi ripeterò.
Il senatore De Poli poco fa ha affermato giustamente che bisogna fare tesoro delle esperienze del passato e allora cerchiamo di capire cosa è successo allora con gli occhi di chi visita adesso quei luoghi. Provate ad andare a Longarone e a risalire la chiusa del Vajont sotto quella diga imponente che è ancora lì e che è veramente impressionante vista da sotto. Poi, arrivati a livello della diga, dove dovrebbe esserci il lago vedete una serie di colline boscate, perché nel frattempo è cresciuto il bosco, però si vedono ancora tutt'intorno i confini di quello che doveva essere l'alveo. Poi si va avanti lungo la strada che porta a Erto, fino al passo Sant'Osvaldo, c'è la vecchia strada che collegava valli tra le più povere delle Alpi, ossia la valle del Vajont, la val Cimoliana, le cui popolazioni per secoli hanno combattuto per sopravvivere nei modi che allora erano consentiti dall'agricoltura di sussistenza.
Ebbene, nell'immediato Dopoguerra succede quello che è successo un po' in tutte le Alpi, cioè accade che ci sono persone e imprenditori con una certa visione che, in assenza di regole, trovano i quattrini necessari e decidono di fare grossi investimenti sul territorio; lo hanno fatto per i comprensori sciistici, realizzando degli impianti di risalita e spianando delle piste, e lo hanno fatto con gli impianti di produzione idroelettrica: venivano scelti dei luoghi dove c'erano delle valli chiuse, si faceva la diga e si faceva il lago.
Ebbene, tutto questo avveniva, come detto, in una situazione di regole molto relative, quindi c'era il rischio, come si è verificato in questo caso, che le cose andassero storte. Finché andava storta la costruzione di uno skilift, lo si smantellava e la cosa era risolta; mentre è diverso se va storta la costruzione di una diga. Credetemi, bisogna andare a vedere per capire cosa è successo al monte Toc, che aveva - lo si vedeva prima che crollasse - la sua stratificazione rivolta verso il basso in direzione del lago. Era ovvio, con il senno del poi, capire che sarebbe venuto giù, però allora c'era questo slancio, tipico del boom economico, di fare. Anche oggi noi ci troviamo in un momento in cui vogliamo fare: vogliamo realizzare il benessere della nostra gente usando la montagna, in maniera corretta, per produrre ricchezza. Ecco, quello che oggi non dobbiamo fare è procedere come si fece allora, e cioè dobbiamo studiare prima che cosa potrebbe accadere.
Oggi abbiamo le leggi, abbiamo la VIA, abbiamo la VAS: sono tutte cose che fanno burocrazia, e la burocrazia, come sappiamo, è la nostra peggiore nemica, la peggiore nemica del fare. Però questa burocrazia è necessaria, poiché bisogna essere attenti a seguire quello che ci dice il territorio attraverso gli occhi di chi lo conosce e di chi lo sa studiare. Credo che questo sia l'insegnamento più grosso che ci dà quella tragedia. Il ricordo commosso va agli oltre 1.900 morti, alle loro famiglie e a quello che ha dovuto patire la valle del Piave per ricostruirsi. Se voi andate lì adesso, vedete che non c'è più traccia di quell'immane tragedia, perché quella della valle è una popolazione laboriosa che si è costruita un futuro. Ebbene, questo messaggio deve rimanere, ma soprattutto dobbiamo prevenire, come diceva prima di me il senatore Martella, il rischio che queste cose succedano ancora. (Applausi).
PRESIDENTE. Ne approfitto, senatore Spagnolli, per ricordare che, su sua iniziativa, oggi alle ore 20 in Sala Nassiriya viene proiettato il docufilm "Pericolosamente vicini" - io ci metterei un punto di domanda - sugli orsi. Le ho fatto pubblicità.
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti dell'Istituto tecnico economico «Alfonso Gallo» di Aversa, in provincia di Caserta, che stanno assistendo ai nostri lavori. Vi ringraziamo per la vostra visita. (Applausi).
Sul 61° anniversario del disastro del Vajont
DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Signor Presidente, 260 milioni di metri cubi di rocce, come è stato ricordato dai miei colleghi e da lei, vegetazione e pascoli interi che si staccano dalla montagna e franano nel bacino del lago artificiale della diga del Vajont, alta 250 metri. Un'onda di 50 milioni di metri cubi, di cui soltanto la metà scavalca la diga, ma è sufficiente per correre nella gola che conduce a Longarone e in pochi minuti spazza via interi paesi. 1918 vittime, di cui molti bambini e molti adolescenti, diversi dei quali mai più ritrovati. La sera - è stato detto e lo ricordiamo oggi - del 9 ottobre 1963 passerà alla storia come una delle pagine più tragiche e drammatiche dell'intera vicenda civile del nostro Paese.
Ma quella del Vajont - ha molta ragione, a mio avviso, il senatore Martella che l'ha ricordato - non fu una questione di natura crudele, quanto piuttosto una tragedia annunciata, che oggi ci fa dire come non sia soltanto necessario piangere le vittime e tramandare il ricordo, ma soprattutto imparare qualcosa. Come ha detto Renato Migotti, che all'epoca aveva sedici anni ed è stato per molti anni presidente dell'Associazione dei superstiti, sessant'anni dopo il peggiore disastro che potremmo commettere è dimenticare e ripetere gli stessi errori.
Sì, perché quella del Vajont non fu una fatalità, ma una catastrofe causata dall'uomo e dalla logica del profitto a tutti i costi. Ricordare il Vajont vuol dire anche ricordare la voce che aveva cercato di mettere in guardia l'attenzione pubblica sui rischi di quel progetto, presentato all'epoca come un prodigio dell'ingegneria, candidato a diventare un impianto idroelettrico da primato mondiale. Quella voce era - è stato anche questo giustamente ricordato - quella di Tina Merlin - la voglio citare anch'io in quest'Aula - una coraggiosa giornalista dell'Unità, partigiana prima ancora, che invano aveva scritto dei pericoli della diga e che, per tutta risposta, non solo non venne coinvolta sufficientemente, anzi venne ignorata dalle istituzioni e fu finanche processata, sebbene poi fortunatamente assolta. Soltanto vent'anni dopo, nel 1983, riuscì a trovare un editore per pubblicare il suo libro "Sulla pelle viva", la drammatica testimonianza di quello che era accaduto.
Non fu sufficiente denunciare, prima di quel tragico 9 ottobre 1963, gli affari della società elettrica che aveva progettato la diga, la SADE; non fu sufficiente raccontare dei terreni argillosi, dei boati, delle frane, dei sismi. Non fu sufficiente dare voce alle paure degli abitanti di Erto, di Casso, di Longarone, di queste piccole comunità montane della valle, che pensavano e temevano come quel luogo scelto per il progetto non fosse quello giusto. La gente protestò, ma la società di elettricità non volle ascoltare. Aveva dalla sua parte la politica, o almeno larga parte di essa, le concessioni governative, i mezzi di informazione, che anche dopo il disastro si limitarono a parlare in larghissima parte di tragica e crudele fatalità naturale. Dinanzi alle proteste si intervenne con la forza e, nonostante la montagna desse segni di cedimento, si decise di andare avanti lo stesso, di falsificare i documenti, di cancellare i rapporti inviati alle autorità.
Come si legge proprio nel libro di Tina Merlin, resterà un monumento a vergogna perenne della scienza e della politica, un connubio che legava quasi tutti gli accademici illustri del potere economico: in questo caso il monopolio elettrico della SADE, che a sua volta si serviva del potere politico per realizzare grandi imprese dalle quali ricavare grandi profitti. La regola era all'epoca, ma purtroppo ancora oggi, quella dello scambio.
Da questo coro si sottrasse - anche lui penso che vada richiamato in quest'Aula oggi - un ingegnere geologo, che era stato anche lui un giovanissimo partigiano della Brigata Garibaldi. Si chiamava Floriano Calvino ed era il fratello minore di Italo Calvino, docente universitario, unico esponente del mondo cattolico che accettò di produrre una consulenza tecnica senza pregiudizi, rendendo giustizia agli alluvionati. Ebbene, penso che il coraggio suo e della Merlin valgano oggi come un gran… (Il microfono si disattiva automaticamente). Ed è per questo, Presidente, anche per questo, che io penso oggi sia doveroso ricordare il Vajont, per stringerci attorno a quelle popolazioni, ma anche per non ritrovarci in futuro a piangere altre vittime innocenti. (Applausi).
ZANETTIN (FI-BP-PPE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANETTIN (FI-BP-PPE). Signor Presidente, anche il Gruppo Forza Italia si vuole associare al ricordo della tragedia del Vajont. Sono passati esattamente sessantun'anni da quel 9 ottobre 1963 in cui crollò una gigantesca frana nel lago a monte della diga del Vajont, facendo tracimare un'onda di acqua che travolse i paesi che erano lungo la sua strada, sia a riva che a valle. In pochi minuti furono spazzati via case, oggetti e uomini, registrando ben 1.910 vittime, la maggior di queste a Longarone, ma anche a Codissago, a Castellavazzo, a Erto e a Casso. L'onda fu però talmente grande che, scendendo lungo la valle del Piave, colpì anche i Comuni di Soverzene, Ponte nelle Alpi, Borgo Piave nella città di Belluno, e Vas. Mentre l'infrastruttura della diga tenne, si puntò il dito sulla fragilità del territorio, su quel grande bacino idroelettrico, su cui era stato progettato e costruito. Quindi la negligenza, o meglio l'errore dell'uomo, concorsero ad amplificare un evento naturale come quello di una frana disastrosa.
Per assurdo, quella che era stata una grande opera di ingegneria, iniziata nel 1957 e finita nel 1959, si rivelò un colossale errore progettuale e dopo molti anni vennero condannati gli ingegneri che avevano progettato l'impianto.
Quello che però ha lasciato il segno nella memoria collettiva fu la reazione a quella tragedia e la voglia di ricostruire quanto era stato distrutto, anche se in modo differente. Le vite perse di tutte le vittime di quella tragedia, purtroppo, furono un doloroso tributo a quegli errori e a quelle colpe. Oggi la diga rimane un luogo della memoria di quella tragedia ed è oggetto di visite assieme ai borghi di Erto e Casso a monito duraturo di quanto successo e che non dovrà succedere più.
I disastri cui abbiamo assistito nelle ultime settimane e negli ultimi tempi, a causa delle bombe d'acqua, delle alluvioni, del cambiamento climatico che hanno devastato interi territori, ci devono spronare a interventi sul territorio, che tengano sotto controllo il dissesto idrogeologico. Opere fatte bene possono eludere il ripetersi di enormi danni materiali e, soprattutto, evitare quel tributo di vite umane che portò con sé la tragedia del Vajont.
Questo è il monito che traiamo oggi per l'attualità da quella grande tragedia. (Applausi).
MARTON (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARTON (M5S). Signor Presidente, nel 1963 non ero ancora nato. Ricordo che la prima volta che ho sentito parlare del Vajont risale a circa venti anni fa, in tardissima età. Questo perché è una tragedia che, per quanto annunciata, non è mai stata portata nelle classi e non è mai stata divulgata come una tragedia dovuta all'incuria dell'uomo. Ho avuto la possibilità di vedere la rappresentazione teatrale di Marco Paolini sul disastro del Vajont e credo sia il caso che il racconto venga divulgato il più possibile in tutte le scuole. Si tratta infatti di una tragedia che va spiegata, facendo comprendere ai ragazzi cosa non si deve fare con il territorio italiano e con tutto l'ambiente.
Non ripeterò quanto detto dai colleghi, ma cercherò di andare oltre, cercando di porre rimedio a qualcosa che non abbiamo ancora fatto. È sulle spalle di chi è rimasto tutto il segno di quella tragedia. Sabato ho partecipato con il sindaco di Longarone a un convegno di circa quattro ore, in cui associazioni familiari vittime del Vajont ed altre associazioni ci chiedevano, oltre la memoria e la commemorazione, di fare qualcosa di concreto. Noi abbiamo depositato con altre forze politiche un disegno di legge costituzionale che modifica l'articolo 111 della Costituzione per inserire tutte le vittime di reato nella nostra Carta costituzionale. Non c'è l'accordo di tutti i Gruppi. Credo però che sia nostro dovere provare a superare tutte le divergenze che ci sono per fare in modo che queste tragedie non solo insegnino, ma portino poi degli atti concreti per superare quelli che sono gli effetti nefasti su chi rimane. Io credo che sia un dovere di tutti noi che siamo in quest'Aula e uno sforzo che mi auguro sia condiviso da tutte le forze politiche per realizzare questa modifica costituzionale.
DREOSTO (LSP-PSd'Az). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DREOSTO (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli colleghi, come senatore del Friuli-Venezia Giulia, non senza commozione intervengo oggi per ricordare una delle tragedie più dolorose della nostra storia, il disastro del Vajont. Voglio anche inquadrare storicamente il momento in cui sono avvenuti questi fatti: siamo negli anni Cinquanta, quando l'Italia, un Paese in fortissimo e veloce sviluppo, ha bisogno di energia elettrica. In questo piano viene progettata anche la diga del Vajont, che andrà a creare un bacino artificiale lì in quella gola, che è formata tra il torrente Vajont in provincia di Pordenone nel Comune di Erto, uno dei paesi colpiti. I lavori termineranno nel 1960, si trattava allora della diga più alta al mondo e addirittura oggi è tra le sette dighe più alte a livello globale. Lì, però, dietro quella diga, si muoveva - era evidente, si sapeva - il monte Toc, il cui nome non a caso in lingua friulana significa "pezzo", proprio a significare la sua fragilità. I movimenti del monte, una volta riempito il bacino, aumentarono in maniera considerevole, mettendo tra l'altro in allerta - e qui è il nostro rammarico - i gestori della diga. Nell'ottobre del 1960 i movimenti del pendio arrivarono alla velocità, documentata proprio dagli atti di quel periodo, di tre centimetri al giorno. La ditta SADE, che si occupava di quella costruzione, se ne accorse, ovviamente, ma era evidente, erano state fatte delle perizie commissionate al famoso geologo austriaco Leopold Müller, che diagnosticò che lì c'era una frana di due chilometri, profonda centinaia di metri, ignorata da tutti. Le soluzioni, però, non c'erano e se furono introdotte erano ormai tardive.
Così, come è stato detto dai miei colleghi, nella sera del 9 ottobre 1963 si staccò dal monte Toc quella frana lunga più di due chilometri, composta da oltre 270 milioni di metri cubi fatti di terra e di rocce. L'impatto della frana con quel bacino creò tre gigantesche onde, due colpirono gli abitati di Erto e di Casso distruggendoli, la terza poi si riversò su Longarone. Si calcola poi che la forza d'urto proprio di quest'ultima onda d'acqua, soprattutto fatta da rocce e detriti, che finì poi per abbattersi sull'abitato meridionale di Longarone, portò a uno spostamento d'aria del tutto simile a quello provocato dalla bomba atomica di Hiroshima.
Il 9 ottobre 1963 quasi 2.000 vite, tra cui - lo abbiamo ripetuto e ci teniamo a sottolinearlo - 487 bambini innocenti a cui fu evidentemente negato un futuro, furono strappate via in pochi terribili minuti, distruggendo intere comunità e lasciando una ferita profonda e ancora aperta nel cuore della nostra terra. È nostro dovere ricordarli perché il loro sacrificio non sia stato vano.
Vengo ai giorni nostri. Nei mesi scorsi è stata approvata qui al Senato all'unanimità una proposta di legge estremamente importante che auspico venga ratificata al più presto anche dalla Camera dei deputati. Si tratta della modifica della denominazione della Giornata in memoria delle vittime dei disastri ambientali causati dall'incuria dell'uomo, dove tutti assieme abbiamo deciso di togliere quel termine "incuria" in quanto questi disastri sono stati causati dall'uomo. (Applausi). È una piccola differenza, ma di grande importanza: le tragedie come quella del Vajont non sono il frutto di un caso o di una negligenza temporanea, ma di scelte consapevoli, di errori di valutazione e, purtroppo, anche di interessi economici anteposti alla sicurezza delle persone. Non possiamo, dunque, più parlare di incuria, dobbiamo riconoscere la responsabilità umana in tutta la sua gravità e forse questo contribuirà anche ad una pacificazione sociale. La tragedia del Vajont deve rimanere un monito per tutti noi, dobbiamo imparare dagli errori del passato e costruire un futuro più giusto, un futuro più sicuro e, soprattutto, più rispettoso per tutti. Solo così potremo onorare davvero la memoria delle vittime e garantire che nulla di simile possa più accadere. (Applausi).
DE CARLO (FdI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE CARLO (FdI). Signor Presidente, inizio il mio intervento ringraziando in primis il Presidente della Repubblica per l'appello che l'anno scorso ha fatto sì che i 502 documenti del processo rimanessero a Belluno, dove con tanta cura e tanta maestria li abbiamo conservati dopo il terremoto dell'Aquila, perché per noi bellunesi non sono solo 5.205 fogli di carta, ma sono qualcosa di più.
Nell'intervenire faccio mie le parole di un altro bellunese, Dino Buzzati, che, quando scrisse di Vajont, disse: è come chiedere a un uomo di fare il necrologio alla morte del proprio fratello. È con la stessa commozione e con lo stesso coinvolgimento che oggi anch'io intervengo in Aula per ricordare le 1.910 vittime, quasi 500 delle quali bambini, come è stato ricordato, che la tragedia del Vajont vide morire dopo che l'onda d'acqua e l'aria distrussero gli abitati dei Comuni di Longarone, dell'allora comune di Castellavazzo (oggi Comune di Longarone) e dei Comuni di Erto e Casso. Tale tragedia ha sconvolto profondamente non solo l'Italia intera, ma la storia e la memoria di un popolo, quello bellunese, e quindi, giocoforza, anche la mia storia personale. Vorrei citare solo alcuni dei tanti straordinari giornalisti inviati di allora: Tina Merlin è stata citata più volte ed a ragione, ma accanto a lei ci sono un giovane Giampaolo Pansa, Indro Montanelli ed altri, come lo stesso Buzzati, che hanno raccontato magistralmente quella catastrofica valanga d'acqua che si è abbattuta sulla terra e sulla nostra gente nel pieno del sonno, quasi fosse qualcosa di ancor più vigliacco, che colpisce la gente nel momento in cui era più debole e indifesa. Difficilmente ciò potrà essere dimenticato, perché ancora oggi quella è la valle della sciagura. Fango, silenzio, paura e dolore, nient'altro era rimasto; un disastro talmente grande che oggi non si definisce il disastro del Vajont, ma è comunemente chiamato il Vajont e a tutti richiama già quel terribile disastro.
Non una speranza si percepisce nei racconti di chi è sopravvissuto, se non attraverso i volti degli alpini della Cadore, delle altre Forze armate, dei Vigili del fuoco, dei tanti soccorritori che in quelle ore di agonia, con fiducia e determinazione, hanno cercato, scavato e camminato in un letto di terra e di detriti. Uno scenario apocalittico di guerra si era battuto su una valle ormai stravolta e che solo le luci dell'alba hanno consentito di vedere nella sua drammatica interezza. Emblematica è una foto, quella della scuola da campo che gli alpini allestirono e che il 17 ottobre, quindi solo otto giorni dopo, consentì di avere il primo giorno di scuola per chi era sopravvissuto. Quella è stata l'immagine più bella della speranza di un popolo che si è rialzato dopo pochissimi giorni e che abbiamo visto agire nelle stesse condizioni nel 1976, quando Gemona fu colpita dal terremoto. Si tratta di una voglia straordinaria, di una forza straordinaria di un popolo del Nord-Est, che mai si è arreso neanche davanti a tragedie come queste.
Il Vajont, però, rappresenta per la nostra Nazione il simbolo dell'errore che diventa orrore, signor Presidente. Errare per profitto, per egoismo, per superbia, sottovalutare la natura e i suoi limiti, forzare il rischio fino al punto massimo di tenuta, questa è la storia del monte Toc e della valle del Vajont; un racconto ammonitore, come lo chiamò un suo predecessore su quello scranno, il Presidente Grasso, che ci tramandiamo da sessantun'anni e che l'UNESCO ha definito come il primo tra i gravi disastri evitabili della storia dell'umanità. Si tratta di una dolorosissima lezione da cui non smettere mai di imparare e sulla quale continuare a fare opera instancabile di prevenzione.
Affrontare le grandi sfide epocali nel pieno rispetto della natura che ci ospita è la vera risposta ad una delle pagine più buie che l'Italia ricordi.
Avere il coraggio di ascoltare i territori, la sua gente, le sue sentinelle; avere la lungimiranza e l'intelligenza di fare la differenza sul rischio idrogeologico, con azioni ed interventi determinanti.
Rispettare le montagne, averne cura, a partire dalla gente che le abita, veri e propri custodi di un patrimonio che il mondo ci invidia, è un impegno che la politica deve prendere sul serio, senza tentennamenti e senza passi falsi; a maggior ragione in una terra come il bellunese, dove una diga non è solo un'opera ingegneristica, ma il simbolo di una ferita ancora aperta. Lo dobbiamo a chi, vittime sopravvissute di quella notte del 9 ottobre 1963, non conosce pace. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringrazio tutti voi per questo doveroso ricordo ammonitorio, come è stato detto.
Discussione del disegno di legge:
(932) ZANETTIN - Modifiche alla disciplina delle intercettazioni tra l'indagato e il proprio difensore, nonché in materia di proroga delle operazioni (Relazione orale)(ore 16,44)
Approvazione, con modificazioni, con il seguente titolo: Modifiche alla disciplina in materia di durata delle operazioni di intercettazione
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 932.
La relatrice, senatrice Stefani, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.
Pertanto, ha facoltà di parlare la relatrice.
STEFANI, relatrice. Signor Presidente, il disegno di legge in discussione oggi è stato esaminato in sede referente dalla Commissione giustizia e reca modifiche in materia di durata delle operazioni di intercettazione. Il provvedimento, di iniziativa del senatore Zanettin, nella sua originaria formulazione si componeva di tre articoli.
L'articolo 1 apportava delle modifiche all'articolo 103 del codice di procedura penale, rafforzando il divieto del sequestro e del controllo delle comunicazioni, comunque riconoscibili come intercorrenti tra l'indagato e il suo difensore. L'articolo 2 modificava l'articolo 267 del codice di procedura penale, prevedendo il divieto di proroghe delle operazioni captative successive alla prima, se nel corso degli ultimi due periodi di intercettazione non fossero emersi elementi utili alle indagini.
Nel corso dell'esame in Commissione, sono state espunte dalla proposta di legge le disposizioni in tema di comunicazioni tra imputato e proprio difensore, in quanto la materia è stata oggetto di intervento da parte dell'articolo 2 della legge n. 114 del 2024.
Il disegno di legge, quindi, oggi consta di un solo articolo. Il comma 1 aggiunge un ulteriore periodo all'attuale articolo 267 del codice di procedura penale, introducendo un limite di durata complessiva per operazioni captative non superiore a quarantacinque giorni, salvo che l'assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall'emergere di elementi specifici e concreti che devono essere oggetto di espressa motivazione.
Ricordo che l'attuale vigente articolo 267 del codice di procedura disciplina i presupposti e le forme del decreto di autorizzazione delle operazioni captative. Oltre ai presupposti in presenza dei quali può essere disposta l'intercettazione, le condizioni che legittimano la richiesta sono, ai sensi del comma 1 dell'articolo 267 del codice di procedura, la sussistenza dei gravi indizi di reato e l'indispensabilità dell'intercettazione ai fini della prosecuzione delle indagini.
Ai sensi del comma 3 dell'articolo 267, il decreto del pubblico ministero che dispone l'intercettazione deve indicare le modalità e la durata delle operazioni. La durata non può superare i quindici giorni, ma può essere prorogata dal giudice, con decreto motivato, per periodi successivi di quindici giorni, sempre che permangano i presupposti del provvedimento. A questo comma, pertanto, è stato aggiunto un nuovo comma, come risulta dal presente disegno di legge.
Ricordo che nel disegno di legge c'è il comma 2 dell'articolo che interviene sull'articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, che è stato convertito nella legge 203 del 1991. Le modifiche apportate dal disegno di legge sono volte a chiarire che il limite di durata complessiva delle operazioni captative non trova applicazione con riguardo ai procedimenti per delitti di criminalità organizzata e di terrorismo, per i quali si applica la disciplina dettata dall'articolo 13 del decreto-legge n. 152.
È opportuno ricordare all'Aula che l'articolo 13 del decreto-legge n. 152 reca una deroga alla disciplina contenuta dall'articolo 267 del codice di procedura penale sopradescritto, stabilendo un allargamento delle possibilità di ricorso alle intercettazioni per indagini relative a delitti di criminalità organizzata o di minaccia con il mezzo del telefono.
Presidenza del vice presidente CASTELLONE (ore 16,47)
(Segue STEFANI, relatrice). In questa ipotesi, infatti, l'autorizzazione all'intercettazione è soggetta a limiti meno stringenti, potendo essere concessa quando sussistono sufficienti indizi di reato, anziché gravi indizi, e quando è necessaria per lo svolgimento delle indagini, anziché assolutamente indispensabile. Nelle stesse ipotesi, le intercettazioni ambientali sono consentite nel domicilio o altro luogo di privata dimora, anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi predetti si stia svolgendo l'attività criminosa.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.
È iscritta a parlare la senatrice Lopreiato. Ne ha facoltà.
LOPREIATO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, il provvedimento che l'Assemblea si accinge a esaminare rappresenta perfettamente lo stato confusionale in cui versa l'attuale maggioranza di Governo relativamente al settore giustizia.
Originariamente il disegno di legge aveva ad oggetto le modifiche della disciplina delle intercettazioni tra l'indagato e il proprio difensore, nonché di proroga delle operazioni. L'ormai, direi leggendario, disegno di legge Nordio, volto ad assurgere a manifesto delle politiche di centrodestra in materia di giustizia, ne assorbiva, ahimè, parzialmente, il contenuto, andando a normare il divieto di intercettazione tra l'indagato e il proprio difensore, riducendo conseguentemente il dibattito in ragione della mole di mostruosità giuridiche contenute nel mare magnum di quel provvedimento. In altre parole, si stava discutendo, esaminando e approfondendo l'argomento in Commissione, con un'attività emendativa ad hoc, e invece, con un altro provvedimento (il disegno di legge Nordio, giustappunto) si è deciso di intervenire sul punto, cessando, cassando e annullando tutto il lavoro fatto.
Inoltre, dopo la prima scadenza emendativa, ne sono seguite altre due: la prima relativa alla presentazione di un emendamento della relatrice e la seconda alla riformulazione dello stesso. Quest'ultima scadenza, che, in buona sostanza, rivoluzionava il disegno di legge, è stata prevista per il giorno successivo rispetto a quando veniva proposto. In buona sostanza, per emendare il presente disegno di legge, la Commissione o, meglio, mi correggo, l'opposizione ha avuto a disposizione solo ventiquattr'ore e senza audizioni. Cosa avrà previsto di così tanto rivoluzionario la maggioranza dal 28 novembre 2023 (data in cui il provvedimento è stato incardinato) al 10 aprile 2024 (data in cui è stata presentata la riformulazione dell'emendamento)? Che il pubblico ministero non può intercettare per più di quarantacinque giorni. Ma, a questo punto, non sarebbe stato meglio abolire tout court le intercettazioni? Chiaramente sto scherzando. Lo dico perché altrimenti qualcuno prende spunto dalla mia battuta e procede in tal senso. (Applausi).
Analizzando tecnicamente il disegno di legge, c'è da mettersi le mani nei capelli. Attualmente il gip, nel valutare la richiesta del pm, deve innanzitutto prendere in considerazione la propria competenza territoriale e funzionale; successivamente, i limiti di ammissibilità sanciti dall'articolo 266, cioè i limiti di pena previsti, ovvero la rispondenza al catalogo dei delitti ivi indicati; infine, i presupposti di merito di cui all'articolo 267, quindi i gravi indizi di reato e, successivamente, l'assoluta indispensabilità ai fini della prosecuzione delle indagini.
L'assenza anche di una delle citate condizioni comporta l'inammissibilità della domanda del pm. L'assenza anche di una delle citate condizioni comporta anche l'impossibilità di poter ottenere una proroga delle intercettazioni che, ricordo a me stessa, allo stato attuale possono essere disposte per tutta la durata delle indagini preliminari.
Non sono una penalista, ma, leggendo la norma, così come è stata formulata, sembrerebbe che per i primi quarantacinque giorni di intercettazione siano sufficienti gli attuali presupposti, mentre a decorrere dal quarantaseiesimo, per essere autorizzato il successivo periodo di ascolto, serva un quid pluris ulteriore, ovvero l'emergere di ulteriori elementi specifici e concreti tali da giustificare l'assoluta indispensabilità delle operazioni.
Quindi, anche qualora siano sussistenti tutti gli elementi che attualmente occorrono per disporre le intercettazioni, tali non risulterebbero sufficienti per la proroga, poiché manchevoli del requisito degli ulteriori elementi emersi nel corso dei quarantacinque giorni: rischia cioè di avere un impatto fortissimo sull'efficacia delle indagini, senza che la scelta di questo termine abbia una specifica ragione nella prassi giudiziaria. Si tratta, in sostanza, Presidente, dell'ennesimo ideologico salto nel buio, che non ha alcuna attinenza con la realtà. (Applausi). Va infatti sottolineato come sia difficile l'acquisizione di elementi specifici e concreti nei primi giorni delle intercettazioni, che spesso hanno un carattere ambiguo, in quanto gli indagati usano sovente linguaggi cifrati che diventano più chiari soltanto quando tra interlocutori si abbassa la guardia. Proprio in queste occasioni possono emergere quegli elementi specifici e concreti che la norma richiede. Ciò accade raramente nei quarantacinque giorni: mi sembra un rischio più che eccessivo. Non ravvedo un equo contemperamento tra i valori costituzionali previsti dagli articoli 15 e 27 della Costituzione.
Un ulteriore elemento, signor Presidente, su cui vorrei rendere edotta l'Assemblea: la norma è scritta sic et simpliciter, senza eccezioni. Le uniche sono quelle previste del doppio binario mafia e terrorismo; nient'altro, Presidente. Noi, tra gli altri, proponiamo anche di estendere una normativa derogatoria - chiedo grande attenzione sul punto - anche nei confronti delle donne vittime di violenza. Non c'è ragione per dire di no agli emendamenti che abbiamo presentato sul punto. Infatti, la riduzione temporale della possibilità di intercettare appare molto rischiosa, in quanto espone noi donne ai delitti che attentano alla nostra sicurezza, anche solo percepita, in ragione della riduzione degli strumenti volti al contrasto. Le intercettazioni sono assolutamente necessarie per provare la violenza, in particolare quando c'è reticenza da parte della persona offesa nel farla emergere. Un ulteriore elemento di criticità è dato dal fatto che, qualora la violenza fosse perpetrata in un periodo antecedente rispetto all'autorizzazione delle intercettazioni e nei successivi quarantacinque giorni non emergano elementi ulteriori, specifici e concreti rispetto a quelle che hanno giustificato l'utilizzo delle intercettazioni, non sarà più possibile proseguire all'ascolto. Vi rendete conto della gravità? Tema simile potrebbe anche essere quello del regime derogatorio per i delitti contro la pubblica amministrazione. Infatti, molto spesso le intercettazioni rappresentano l'unico - e ripeto l'unico - strumento adeguato al fine di rompere il rapporto sinallagmatico tra corrotto e corruttore.
Mi auguro - e concludo Presidente - che nel corso dell'esame la maggioranza torni sui propri passi e valuti positivamente il lavoro delle opposizioni. Potrebbe essere il provvedimento giusto per iniziare la redenzione in materia di giustizia. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Bazoli. Ne ha facoltà.
BAZOLI (PD-IDP). Signora Presidente, anche noi diamo un giudizio molto severo su questo provvedimento, perché cerca di affrontare un tema che esiste, quello delle proroghe alle intercettazioni fatte un po' con lo stampino, che era stato sollevato ed evidenziato anche durante l'indagine conoscitiva che abbiamo fatto sul tema, ma lo affronta con l'accetta e con la mannaia, in modo poco meditato, superficiale e anche pericoloso.
Infatti, con questo provvedimento si intende mettere un tetto alla durata delle intercettazioni per tutti i reati, a parte qualcuno di cui poi dirò, tetto che è stato fissato in quarantacinque giorni. Perché quarantacinque giorni? È stata fatta qualche indagine, qualche verifica? È figlio di qualche considerazione basata su dati, su una durata media di intercettazioni oggi nel nostro Paese, per cui si può ritenere che quella sia la durata media e quindi il termine massimo da utilizzare?
Questo numero, quarantacinque giorni, è stato scelto a caso dalla proponente della legge, avallato dal Governo, ma senza alcuna verifica dei dati. Si sarebbe potuto mettere sessanta, settantacinque o trenta; si poteva mettere un numero a caso, perché questo numero è stato indicato in totale assenza di qualunque istruttoria. Su questo provvedimento di legge così delicato, che riguarda la durata massima delle intercettazioni, noi in Commissione non abbiamo fatto alcuna istruttoria, perché si è detto - lo ha detto la Presidente, in modo secondo noi del tutto irragionevole - che, siccome avevamo fatto l'indagine conoscitiva sulle intercettazioni, non c'era bisogno di fare un'indagine puntuale su un provvedimento così delicato che riguarda la durata massima delle intercettazioni. È stato quindi messo questo numero, quarantacinque giorni, che non si sa bene da dove salti fuori.
La cosa grave è che questo numero di quarantacinque giorni, che è il tetto massimo di durata delle intercettazioni, si applica a tutti i reati, salvo quelli che riguardano la criminalità organizzata e il terrorismo. Lo ripeto: si applica a tutti i reati. Colleghi, questo significa che per tutti i reati, tranne criminalità organizzata e terrorismo, ci sarà un tetto massimo di durata delle intercettazioni di quarantacinque giorni, a meno che in quei primi giorni non saltino fuori elementi tali da giustificare - devono infatti essere motivati - un'eventuale proroga. Faccio degli esempi per far capire questo cosa significa. Per reati come la corruzione, l'usura, la bancarotta fraudolenta o la violenza sessuale, per i quali un giudice delle indagini preliminari abbia dato la possibilità di fare intercettazioni perché ci sono gravi indizi di colpevolezza a carico di una persona e le intercettazioni sono indispensabili (per questi tipi di reati), dopo quarantacinque giorni, se non ci sono elementi specifici e concreti che giustifichino la richiesta di proroga, si spegne l'interruttore. Quindi, per il corrotto o per l'autore di usura sistematica per i quali ci siano gravi indizi di reati o per l'autore di una violenza sessuale per il quale ci siano gravi indizi di colpevolezza, se nei primi quarantacinque giorni non c'è alcun elemento specifico per una richiesta di proroga, si chiude l'interruttore. Lo ripeto: si chiude l'interruttore, a meno che non ci siano elementi specifici.
Attenzione però, perché questi ulteriori elementi specifici devono emergere anche nei successivi quindici giorni per avere un'ulteriore proroga, altrimenti questa non può esserci. Colleghi, si sta mettendo una tagliola clamorosa alla possibilità di fare indagini, nelle quali intercettazioni sono indispensabili, su reati anche molto gravi. (Applausi). Non è così che si legifera, è pericoloso questo modo di legiferare. Possibile che non ci si renda conto dei rischi che si stanno correndo? Noi eravamo disponibili a discutere sull'opportunità di mettere un tetto alla durata massima delle intercettazioni; è giusto ragionare di questo, ma non si fa così, non in questo modo, poiché è rischioso. Pensate che all'inizio questo testo di legge non prevedeva alcuna eccezione. Nella proposta di legge della maggioranza era cioè previsto che questo tetto di quarantacinque giorni fosse applicabile anche ai delitti di mafia e di terrorismo, per i quali non bastano a volte dieci mesi per avere un quadro chiaro delle responsabilità. È solo grazie alla nostra presenza che vi siete resi conto degli errori clamorosi in cui stavate incorrendo e che si è fatta una modifica in fase istruttoria in Commissione. Questo però non basta, perché rimangono fuori troppi reati gravi per i quali le intercettazioni sono indispensabili.
L'invito che vi facciamo è di ripensarci: affrontate la fase emendativa in quest'Aula e poi alla Camera per ripensare a una norma e a una riforma che rischia di mettere a repentaglio la possibilità di accertare reati molto gravi. Questo è il rischio che stiamo correndo per una proposta di legge che è stata fatta male ed è superficiale e sbagliata: fermatevi. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Berrino. Ne ha facoltà.
BERRINO (FdI). Signor Presidente, ogni volta che affrontiamo un provvedimento che ha a che fare con la giustizia, riceviamo commenti negativissimi; non negativi, negativissimi. Come giustamente qualcuno ha sottolineato, sono dovuti a un convincimento ideologico, cioè che il Governo e il centrodestra in generale non siano capaci di mettere in atto provvedimenti che possano contemperare le esigenze di indagine con quelle della libertà dei cittadini. Noi troviamo strano che ci sia chi continui ad affermare che i cittadini possano essere ascoltati e intercettati per più tempo, senza che, con lo scorrere del tempo, ma con l'assenza di elementi ulteriori, ci sia la possibilità di fermare l'intercettazione e quindi l'incedere nella loro vita privata, anche se, pur essendo intercettati, dimostrano di non aver nulla a che fare con le indagini.
Trovo quindi corretto che ci sia un tempo entro il quale, con decreto motivato (perché naturalmente il pubblico ministero deve dire il motivo per cui vuole intercettare un libero cittadino), dall'indagine (e non solo dalle intercettazioni che sono state predisposte) debba emergere che quello che colui che la conduce pensa di trovarvi. Ritengo che sia una tutela per tutti noi, intesi come cittadini (non per tutti noi che facciamo politica), se, dopo un termine che si può discutere (fra trenta, quarantacinque e sessanta è stato scelto quarantacinque giorni), non emergendo nulla né dalle intercettazioni, né dalle altre attività di indagine che il pubblico ministero porta avanti, non vi sia motivo per cui quel cittadino debba continuare a essere intercettato, senza che l'indagine stia portando a nulla.
Se invece l'indagine porta a qualcosa di concreto, come tutti ci auguriamo, quando un'indagine viene iniziata e il pubblico ministero ritiene che sia necessario intrudere nella vita del cittadino attraverso le intercettazioni, e ci sono nuovi elementi, questi possono portare a scatti ulteriori di quindici giorni, senza limite. Quindi in teoria, se qualsiasi attività di indagine porta a risultati concreti, si può continuare giustamente a intercettare. Riteniamo che questo sia corretto e che non ci sia niente di ideologico nel porre un limite nei confronti di colui che, attraverso l'indagine e l'intercettazione, non porti nulla in più, qualora anche l'indagine stessa non abbia elementi ulteriori rispetto a quelli in forza dei quali il pubblico ministero ha richiesto al giudice di essere autorizzato a intercettare un libero cittadino. Penso che questo sia parte di quella filosofia di trasformazione della giustizia che è alla base dei provvedimenti che stiamo portando in essere e che ha proprio il fine di assicurare la giustizia e contemperarla con la libertà dei cittadini.
Ho sentito dire che nei primi giorni di intercettazione uno sta più attento. Se uno è intercettato, normalmente non lo dovrebbe sapere e quindi si continua a comportare come si comportava prima. Non è che dopo dieci giorni, come nel "Grande fratello", si dimentica di essere intercettati e quindi iniziano quegli atteggiamenti per cui molti guardano in televisione questo programma. Se uno non sa di essere intercettato, dopo una settimana o venti giorni, un mese, quarantacinque giorni o, se continuano le indagini, dopo sessanta, settantacinque, novanta, centocinque o centoventi giorni, continuerà a comportarsi come nei primi giorni. Non è che, se uno dice "ti vendo un chilo di mele", lo dice solo per i primi dieci giorni e dopo si dimentica e dice "ti vendo un chilo di droga"; continuerà a dire "ti vendo un chilo di mele". Io penso che, se è in corso un'indagine in cui si pensa che si stia vendendo della droga e la persona coinvolta non fa il verduriere e dice di vendere un chilo di mele, sia facile dirlo già dal primo giorno che quel chilo di mele corrisponde a un chilo di droga.
Ognuno può rimanere convinto delle proprie idee, ma riteniamo che, per cercare di abbattere, non far approvare o emendare questo provvedimento con tutti gli emendamenti che poi andremo a discutere, non siano state usate motivazioni corrette per cambiare idea. Questo anche perché giustamente è stato rilevato che durante il lavoro di Commissione si è derogato a questa nuova normativa per i reati di criminalità organizzata e di terrorismo. Continuiamo a dire che, sebbene siano scomparsi due articoli per quello che è stato detto per le misure del Governo, il provvedimento che oggi ci apprestiamo a votare si inserisce nel solco di quello che il centrodestra pensa per la riforma della giustizia.
Voglio tornare a dire, in conclusione, che non c'è nulla di ideologico: il provvedimento va nel solco della riforma della giustizia che noi abbiamo iniziato due anni fa da quando siamo arrivati al Governo. (Applausi).
PRESIDENTE. La relatrice e il rappresentante del Governo non intendono intervenire in sede di replica.
Comunico che è pervenuto alla Presidenza - ed è in distribuzione - il parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti, che verrà pubblicato in allegato al Resoconto della seduta odierna.
Passiamo all'esame del disegno di legge, composto del solo articolo 1, nel testo proposto dalla Commissione, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore e il Governo a pronunziarsi.
STEFANI, relatrice. Signor Presidente, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 1.
SISTO, vice ministro della giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello della relatrice.
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.200, presentato dal senatore Bazoli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.201, presentato dal senatore Scarpinato e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della prima parte dell'emendamento 1.202, presentato dal senatore Bazoli e da altri senatori, fino alle parole «novanta giorni».
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Risultano pertanto preclusi la restante parte e gli emendamenti 1.203 e 1.204.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.205, presentato dal senatore Scarpinato e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 1.206.
SCARPINATO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCARPINATO (M5S). Signor Presidente, questo provvedimento arriva in Aula con una grave anomalia. La Commissione giustizia, per prassi, sente gli esperti prima di emanare provvedimenti legislativi; in questo caso, la Commissione giustizia non ha ritenuto necessario sentire gli esperti, cioè quelli che operano sul campo, ossia i magistrati o i poliziotti che ogni giorno utilizzano le intercettazioni. Arriviamo qui senza un minimo di corredo informativo su che cosa stiamo facendo. Non si sa che differenza vi sia tra le intercettazioni ambientali e quelle telefoniche, né conosciamo quale sia il periodo medio di captazione utile in migliaia di procedimenti - se di quarantacinque, novanta o centoventi giorni - cioè quello entro il quale, sulla base dell'esperienza, sono state captate intercettazioni con elementi significativi da un punto di vista probatorio. Una statistica non ce l'abbiamo e non sappiamo se questo periodo cambi a seconda dei tipi di reati, a seconda dei tipi d'autore. Non si sa come funzionino le intercettazioni telefoniche. Quella con cui abbiamo a che fare è una criminalità altamente professionalizzata, che quindi, quando comunica, usa un linguaggio cifrato e criptico. In base alla mia esperienza, nei processi di mafia a volte abbiamo impiegato quattro mesi per capire cosa dicevano gli indagati. (Applausi).
Vi faccio un esempio concreto: si parlava, in un processo di mafia e appalti, dell'uomo con la S; noi e i carabinieri non l'abbiamo capito, abbiamo preso un'altra pista e dopo cinque mesi abbiamo capito che la persona non era Angelo Siino, ma era un altro. Non è così facile come sembra: non c'è cattiva volontà, è proprio una difficoltà di carattere oggettivo.
Non si sa neanche che le intercettazioni telefoniche vengono usate come intercettazioni staffetta, che significa che si fa un'indagine e si cerca di capire chi sono i complici di un reato e dove si riuniscono. Quando hai acquisito queste informazioni di base e quindi sai dove si riuniscono e dove parlano in chiaro, senza linguaggio criptato, a quel punto sai dove mettere l'intercettazione ambientale e quindi ascolti chiaramente quello che dicono. Se però i quarantacinque giorni sono stati bruciati, utilizzati per capire dove effettuare l'intercettazione ambientale, hai chiuso prima ancora di cominciare.
Ecco perché - poi ritornerò sugli altri emendamenti - abbiamo fatto una prima distinzione di carattere basico: cominciamo a distinguere la durata delle intercettazioni telefoniche dalla durata dell'intercettazione ambientale e cerchiamo di mettere un periodo che sia parametrato rispetto all'esperienza sul campo, che non è di quarantacinque giorni, perché non stiamo parlando di improvvisatori del crimine, ma di un Paese in cui ormai l'attività criminale si è dematerializzata, come avviene per quella normale. Oggi solo un cretino fa un furto in mezzo alla strada, perché si possono fare un furto, una rapina o un'estorsione con l'informatica e si tratta di persone che hanno una capacità criminale che richiede un tempo di investigazione.
Ecco perché, con questo primo emendamento, distinguiamo la durata delle intercettazioni ambientali, per le quali riteniamo che ci vogliano almeno centoventi giorni, da quella delle intercettazioni telefoniche, per le quali ne prevediamo centottanta giorni. (Applausi).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della prima parte dell'emendamento 1.206, presentato dal senatore Scarpinato e da altri senatori, fino alle parole «nei casi in cui».
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Risultano pertanto preclusi la restante parte e l'emendamento 1.207.
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti dell'Istituto di istruzione superiore «Luigi Einaudi» di Ferrara, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).
Ripresa della discussione del disegno di legge n. 932 (ore 17,18)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 1.208.
SCARPINATO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCARPINATO (M5S). Signora Presidente, poco fa il senatore Berrino ha detto che questa riforma non è problematica perché stabilisce che le intercettazioni possono, sì, durare quarantacinque giorni, però possono essere prorogate se nei quindici giorni successivi sopravvengono elementi specifici e concreti. Noi abbiamo quindi i primi quarantacinque giorni, dopodiché ci sono i quindici giorni successivi, e, se in quei quindici giorni le persone che sono sotto intercettazione hanno un periodo di stasi criminale (uno ha un incidente, oppure l'iter di una pratica va avanti) e quindi non si captano intercettazioni che hanno elementi specifici e concreti, siccome siamo stati sfortunati in quei quindici giorni, abbiamo chiuso.
L'emendamento 1.208 intende quindi riparare a questo grave vulnus, stabilendo che gli elementi specifici e concreti non sono soltanto quelli che si captano di quindici giorni in quindici giorni, perché è evidente a tutti che possono esserci quindici giorni in cui i criminali non fanno comunicazioni rilevanti, ma possono essere anche elementi che si traggono da altre fonti di prova: documenti, dichiarazioni testimoniali o collaboratori. Se sopravvengono queste altre fonti di prova, anche se nei quindici giorni non ci sono elementi specifici, si possono prorogare le intercettazioni. (Applausi).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della prima parte dell'emendamento 1.208, presentato dal senatore Scarpinato e da altri senatori, fino alle parole «dell'articolo 4».
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Risultano pertanto preclusi la restante parte e gli emendamenti da 1.209 a 1.211.
Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 1.212.
SCARPINATO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCARPINATO (M5S). Signora Presidente, nella relazione della Direzione investigativa antimafia (DIA) e in tutti gli studi di criminologia si evidenzia come oggi, insieme alla mafia, la forma più grave di criminalità organizzata siano le cosiddette associazioni a delinquere finalizzate alla corruzione, quelle che la stampa chiama comitati d'affari, cricche. Si tratta di un esercito sterminato di termiti che, da Bolzano a Palermo, stanno succhiando il sangue vivo della Nazione. Esse hanno la stessa finalità delle mafie: non vogliono commettere soltanto alcuni reati, hanno lo scopo di acquisire il controllo di interi settori della pubblica amministrazione e di diventare monopolisti e oligopolisti nell'assegnazione degli appalti e delle concessioni pubbliche.
Proprio per questo motivo, per questa particolare pericolosità, noi abbiamo proposto un emendamento con cui, per questi reati associativi di particolare gravità, il termine delle intercettazioni venga esteso a centottanta giorni. Ciò ha anche un senso perché, essendo reati associativi, è chiaro che in quarantacinque giorni non si possono scoprire tutte le persone che fanno parte di una rete associativa; se ne possono scoprire due o tre, ma se si staccano il telefono o l'intercettazione l'ambientale dopo quarantacinque giorni, tutti gli altri resteranno impuniti. (Applausi).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della prima parte dell'emendamento 1.212, presentato dal senatore Scarpinato e da altri senatori, fino alle parole «del medesimo codice».
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Risultano pertanto preclusi la restante parte e l'emendamento 1.213.
Passiamo alla votazione della prima dell'emendamento 1.214.
LOPREIATO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LOPREIATO (M5S). Signor Presidente, è l'ennesimo appello che faccio per questo emendamento. L'ho fatto in Commissione, l'ho ripetuto nel mio intervento in discussione generale e lo reitero ora, ponendolo all'attenzione di quest'Assemblea. Trovo che non prevedere una deroga in caso di violenza sulle donne sia una grandissima responsabilità che vi state assumendo nei confronti delle donne che subiscono determinate condotte. (Applausi). Le stiamo lasciando al loro destino, al loro incubo.
Io questa cosa non l'accetto e non accetto che l'Assemblea non si esprima in maniera favorevole a questo emendamento.
SCALFAROTTO (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCALFAROTTO (IV-C-RE). Signor Presidente, intervengo soltanto perché non vorrei mai che qualcuno pensasse che in quest'Aula c'è qualcuno che non è contrario alla violenza sulle donne.
Dobbiamo renderci conto però che stiamo discutendo di una violazione del diritto costituzionale alla privacy e alla riservatezza. Ora, se il reato è complesso e richiede che la magistratura intercetti per molto tempo, data la complessità del reato, è giusto che l'intercettazione sia prorogata, ma se si tratta di un fatto di violenza singolo, mi chiedo cosa possa esserci da intercettare per più di quarantacinque giorni. Se si tratta cioè di un singolo atto di violenza, anche grave, credo che in quarantacinque giorni di tempo una magistratura mediamente efficiente riesca a chiarire il caso. (Applausi). Non dobbiamo dire che, siccome il reato è grave, si può violare l'articolo 15 della Costituzione per molto tempo. Dobbiamo dire che il reato è complesso e complicato.
È quello che dice il senatore Scarpinato: nei reati di mafia abbiamo bisogno di moltissimo tempo, perché dobbiamo comprendere come si svolge la dinamica delle conversazioni, tant'è che infatti ai reati associativi questa norma non si applica. Quando si tratta invece di un singolo fatto di sangue, anche gravissimo e ripugnante - rispetto al quale auspichiamo, tra l'altro, una efficacia e un'immediatezza dell'operatività delle Forze dell'ordine e della magistratura, che non sempre ci sono - non possiamo allungare sine die, solo perché ci ripugna quel reato, una forma di invasività nella privacy di un cittadino che, fino a prova contraria, è innocente.
Noi voteremo contro questo emendamento, non perché - e lo voglio sottolineare certe volte - siamo a favore della violenza contro le donne, ma perché riteniamo che non sia questo il caso. Va allungato il tempo per l'intercettazione quando la reiterazione dell'ascolto è utile; se però questa non lo è, credo che possiamo tranquillamente dire che, dopo aver intercettato per un mese e mezzo, possiamo ancora ottenere proroghe. Checché ne dica il mio caro collega Bazoli, infatti, qui c'è scritto che si può chiedere una proroga, se emergono dei fatti che la richiedano. Non vedo quindi perché dobbiamo enucleare un solo tipo di reato, per quanto ripugnante, essendocene anche altri (quali la pedofilia o il traffico di esseri umani, ma l'elenco sarebbe lungo).
Ciò che non mi va bene - che è poi il motivo del mio intervento - è però l'equipollenza tra votare contro questo emendamento e il metamessaggio di non essere molto netti nella lotta alla violenza contro le donne perché, mi creda, signor Presidente, siamo nettissimi. (Applausi).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della prima parte dell'emendamento 1.214, presentato dalla senatrice Lopreiato e da altri senatori, fino alle parole «comma 1-ter».
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Risultano pertanto preclusi la restante parte e l'emendamento 1.215.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.216, presentato dal senatore Scarpinato e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Presidenza del vice presidente RONZULLI (ore 17,27)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.217.
LOPREIATO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LOPREIATO (M5S). Signor Presidente, ho sentito ora delle parole che non vorrei mai ascoltare, perché significano non avere proprio contezza di cosa sia il reato di stalking, che consiste nel reiterare per tempi lunghissimi certe condotte (Applausi), che molto spesso le vittime non hanno nemmeno il coraggio di denunciare.
Quarantacinque giorni sono un periodo estremamente limitato, durante il quale il carnefice potrebbe anche non telefonare e non chiamare, ma mettersi sotto la finestra a guardare la vittima. In questo caso non si potrebbero nemmeno poi individuare elementi specifici e concreti. (Commenti). E che facciamo, una volta trascorsi i quarantacinque giorni? Permettiamo al carnefice di agire liberamente senza poterlo intercettare? Si sa quanto durano le condotte tenute dal carnefice? Ma le conosciamo le condotte di stalking o no? Voi non ne avete contezza, nemmeno professionalmente. A me vengono i brividi quando sento certo cose...
LICHERI Ettore Antonio (M5S). Lo sanno! (Commenti).
LOPREIATO (M5S). Lo sanno? Non lo so.
PRESIDENTE. Senatore Licheri, per cortesia.
Prego, senatrice Lopreiato, concluda.
LOPREIATO (M5S). Signor Presidente, ormai sono senza parole: vuol dire non avere sincera contezza della problematica. (Applausi).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.217, presentato dal senatore Scarpinato e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.218, presentato dalla senatrice Cucchi e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.219.
BAZOLI (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BAZOLI (PD-IDP). Signor Presidente, intervengo perché voglio provare a chiarire, anche dopo le cose che ho sentito.
Come ho già detto in discussione generale, noi siamo d'accordo sull'idea di mettere un tetto massimo alle intercettazioni per evitare che la continua reiterazione delle proroghe determini un tempo infinito, quindi va benissimo; tuttavia, non si fa così, non con questi termini draconiani non giustificati da nulla: il punto è questo. La previsione di quarantacinque giorni più quindici vuol dire che per i primi quarantacinque giorni si ha la possibilità di intercettare e, se emergono elementi specifici e concreti, si chiede una proroga di quindici giorni. Successivamente, di proroga in proroga, durante ogni singolo spezzone di quindici giorni devono emergere elementi specifici e concreti.
Faccio un esempio con riferimento all'omicidio, un reato gravissimo. Ci sono gravi indizi a carico di una persona e le intercettazioni - che possono infatti essere disposte solo con tale presupposto - sono indispensabili per accertarne la colpevolezza. Si dispongono pertanto intercettazioni che durano quarantacinque giorni, nei quali emerge qualche elemento, quindi si riesce a giustificare una proroga, ma solo di quindici giorni, a seguito dei quali, se non emerge alcun elemento ulteriore, si spegne e non si ha più la possibilità di utilizzare intercettazioni per accertare l'omicidio di una persona. Ma vi pare possibile? Vi pare sensato?
Ha ragione il senatore Scarpinato: bisogna distinguere almeno per fasce di reati. Bisognerebbe avere contezza di quanto dura in media un'intercettazione per accertare un delitto. Non si può scegliere un termine draconiano privo di ragionevolezza e motivazione, perché ne va della possibilità di indagare e accertare reati gravissimi. Cosa c'è di più grave dell'omicidio? Lo ripeto: quarantacinque giorni e, se poi ci sono elementi, altri quindici. Se in quegli ultimi ulteriori quindici giorni non emerge alcun elemento fine, stop, basta intercettazioni. Ha senso?
Signori, è il caso di intervenire. Non possiamo permetterci di intervenire con l'accetta su un tema così delicato e importante come le intercettazioni. (Applausi).
GUIDI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GUIDI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signora Presidente, rimango veramente esterrefatto. Stiamo chiedendo garanzie per evitare che da un buco, come quello del bambino che salvò la diga mettendoci un dito, si apra una voragine, ma nessuno ha detto che ciò sia indulgente verso il cosiddetto carnefice, verso la persona che delinque. Ci mancherebbe.
Io divenni tristemente famoso, perché quando ebbi l'incarico, nel 1994, subii, in senso positivo, un interrogatorio nella XII Commissione affari sociali e sanità della Camera, dove dissi chiaramente: esistono rischi molto forti che "un chilo di bambino" diventi un chilo di eroina prezioso per i singoli delinquenti o associati. Ci mancherebbe altro che ci fosse un minimo d'indulgenza col rischio di far passare inosservate queste persone, ma non si può aprire per sempre il diritto all'intercettazione. Sono molto d'accordo con il senatore Scalfarotto: ma che ne facciamo della salute e della garanzia istituzionale? Possiamo aprire a vita, per un sospetto, un'intercettazione? Veramente io rimango esterrefatto: nessuno è indulgente nei confronti di nessuno, ci mancherebbe altro; stiamo affrontando l'argomento, ma facciamolo con ragionevolezza e, soprattutto, nei termini della Costituzione.
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.219, presentato dal senatore Bazoli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.220, presentato dal senatore Bazoli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.221, presentato dal senatore Bazoli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della prima parte dell'emendamento 1.222, presentato dal senatore Bazoli e da altri senatori, fino alle parole «operazioni per».
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Risultano pertanto preclusi la restante parte e gli emendamenti 1.223 e 1.224.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.225, presentato dalla senatrice Cucchi e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.226, presentato dal senatore Scarpinato e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.227, presentato dalla senatrice Cucchi e da altri senatori, identico all'emendamento 1.228, presentato dal senatore Scarpinato e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.229, presentato dal senatore Scarpinato e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.230.
SCARPINATO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCARPINATO (M5S). Signora Presidente, mi domando se la maggioranza si sia resa conto che contrarre soltanto a quarantacinque giorni il termine massimo delle intercettazioni è un ritiro unilaterale dello Stato nei confronti della criminalità (Applausi), tant'è che ha dovuto stabilire che almeno per mafia e terrorismo quarantacinque giorni non sono sufficienti.
Noi chiediamo però alla maggioranza: la strage, l'omicidio, la tratta di esseri umani che cosa sono? (Applausi). Voi state stabilendo che per questi reati, che ho indicato insieme a tanti altri, per il quale il codice, all'articolo 407, proprio per la loro gravità stabilisce che i magistrati hanno due tempi per indagare, si possa indagare con le intercettazioni per quarantacinque giorni. Dopodiché ci vuole l'omino che fa i pedinamenti, nel 2024? È veramente un atto di irresponsabilità nei confronti del Paese.
Il nostro emendamento prevede invece che sia previsto un termine superiore, di almeno 180 giorni, almeno per tutti quei reati gravi per i quali il legislatore ha stabilito che il magistrato ha due anni per indagare. (Applausi).
RENZI (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZI (IV-C-RE). Signora Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, questo è un dibattito molto più serio di quello che pensiamo di liquidare tra opposti schieramenti. Il tema delle intercettazioni, cui viene posto un limite temporale che si può estendere sulla base di un provvedimento motivato del giudice, non è - lo dico con rispetto, ma anche con molta determinazione al senatore Scarpinato - la resa dello Stato rispetto alla criminalità. Se infatti passa questo concetto, affermiamo l'idea che chi intercetta ha sempre ragione mentre gli intercettati sono dei cittadini potenzialmente criminali (Applausi) e non dei cittadini sottoposti a una tutela costituzionale. Quello che la Corte di cassazione, non il comitato etico di Italia Viva o di Forza Italia o dei 5 Stelle o del PD, ha detto nella giurisprudenza di questi anni è che un provvedimento di intercettazione privo dei requisiti previsti dall'ordinamento sulla base dei valori costituzionali è - io ci sono passato - «un inutile sacrificio di diritti». Non dico che chi contesta il termine dei quarantacinque, dei trenta o dei sessanta giorni ha torto e gli altri hanno ragione, ma non posso accettare che nel dibattito, nella più alta sede democratica del Paese, il Senato della Repubblica assieme alla Camera, si faccia passare il messaggio che chi accetta l'idea di mettere dei limiti sulla base dei valori costituzionali e di un articolo della Costituzione e di provvedimenti della Corte di cassazione, cioè dei giudici di questo Paese a cui va detto grazie, sia una persona che abdica di fronte alla criminalità.
Non è criminale dire che ci vogliono dei limiti nel tempo dell'infosfera dei diritti, come dice qualcuno. Il tema del rispetto dei diritti e della privacy è un tema di diritti umani. Dopodiché si possono avere le opinioni di tutto il mondo sul provvedimento di legge, ma si abbia il rispetto di dire qui, in questa sede, che chi chiede di mettere dei limiti alle intercettazioni non sta facendo un regalo alla criminalità, ma sta difendendo la Costituzione della Repubblica italiana. (Applausi).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.230, presentato dal senatore Scarpinato e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.231, presentato dal senatore Scarpinato e da altri senatori, identico all'emendamento 1.232, presentato dal senatore Bazoli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Passiamo alla votazione finale.
SCALFAROTTO (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCALFAROTTO (IV-C-RE). Signora Presidente, anch'io devo segnalare un certo disagio per come si è svolto il dibattito. Ci terrei, signora Presidente, a ricordare a tutti noi che, nel momento in cui andiamo a legiferare sul processo penale e nel processo penale, ci muoviamo sempre dentro un terreno estremamente delicato, dove si confrontano due esigenze diverse. (Brusìo).
PRESIDENTE. Chiedo ai colleghi di abbassare il brusìo e di allontanarsi dall'Aula in silenzio, per permettere al senatore Scalfarotto di fare la sua dichiarazione di voto.
SCALFAROTTO (IV-C-RE). C'è un'esigenza dello Stato di reprimere il crimine, di punirlo e anche di prevenirlo. Dall'altra parte - e io temo, signora Presidente, che noi ce ne dimentichiamo spesso - c'è un cittadino o ci sono più cittadini che sono oggetto dell'azione penale. Questi cittadini, fino a prova contraria e fino a sentenza definitiva, sono innocenti. Sta sulle spalle dello Stato l'onere di provare la loro colpevolezza e non viceversa; fintanto che non giunga la sentenza definitiva, questi cittadini devono godere di tutti i diritti costituzionali. Questo significa che l'onere di organizzarsi per reprimere il crimine in modo efficace è dello Stato. Noi non possiamo stabilire di comprimere il diritto del cittadino alla propria riservatezza, per esempio, dicendo che abbiamo bisogno di molto tempo per capire se è colpevole o innocente. Il problema di capire se quell'imputato è colpevole o innocente non è dell'imputato, ma è dello Stato. Allora, se riteniamo di aver bisogno di più mezzi per comprimere quel diritto in un tempo minore e arrivare alla verità, che sia lo Stato a dare strumenti alla magistratura e alla Polizia giudiziaria, che trovi i mezzi tecnologici per le intercettazioni meglio funzionanti e così via.
Noi da legislatori abbiamo il dovere, signora Presidente, di legiferare in maniera generale ed astratta e di ricordare sempre che dobbiamo contemperare questi due valori costituzionali e questi due obblighi che sono davanti a noi. Mi permetta di utilizzare un'immagine paradossale. Si immagini uno Stato di polizia perfetto, un Paese qualsiasi (non faccio nomi) dove a ogni angolo di strada c'è una telecamera che ti fotografa e controlla ogni tuo spostamento, dove tutti i tuoi mezzi informatici sono controllati dallo Stato, si immagini un Paese così (ce n'è qualcuno). In quel Paese la criminalità sarà zero, signora Presidente, perché per eliminare completamente la criminalità basta eliminare completamente la libertà. Se posso utilizzare un'immagine, la criminalità è l'uso scorretto, sbagliato e perverso della libertà. Tu hai una libertà da parte dello Stato, te ne approfitti e vai contro gli interessi della collettività, facendo del male, perché hai abusato della libertà che ti è stata data.
Ora, signora Presidente, io non credo che noi possiamo radicalmente negare quella libertà solo perseguendo l'unico interesse della repressione del crimine, perché purtroppo, anzi per fortuna, siamo uno Stato democratico e dunque dobbiamo ammettere che ci sia qualcuno che utilizza quella libertà in modo scorretto e dobbiamo attrezzarci per fare in modo che chi lo fa sia punito e sia evidentemente repressa l'attitudine di altre persone ad andare in quella direzione. È per questo che noi riteniamo che mettere un tetto di quarantacinque giorni vada bene e voteremo a favore di questo provvedimento di legge. Ci siamo astenuti su alcuni emendamenti del Partito Democratico che prevedevano un'altra durata, perché non è tanto quello il tema.
Devo riconoscere che il collega Bazoli stesso ha detto che c'è bisogno di un limite, perché indosseremo degli occhiali potenti e saremmo molto miopi se non ci rendessimo conto del fatto che spesso lo strumento delle intercettazioni è stato utilizzato abusando anche di quelle che sono le regole. E allora sta a noi legislatori riportare il bilanciamento tra quei due interessi e dire che c'è un tempo massimo che ovviamente non può essere assoluto e inderogabile. È infatti evidente che se nel comprimere quel diritto alla riservatezza si scoprissero fatti che meritano degli approfondimenti, nulla vieterebbe alla pubblica accusa di chiedere al giudice terzo di allungare quel termine. Deve però essere successo qualcosa, dice il senatore Bazoli, in quei quindici giorni.
La mia lettura della norma è diversa, perché non è scritto da nessuna parte il riferimento a quei quindici giorni. Secondo me questo qualcosa può emergere anche dai quarantacinque più i primi quindici. C'è scritto «dall'emergere» e non quando. Quindi nel momento in cui il gip si rendesse conto che è indispensabile procedere ancora, bene, lo si faccia, tenendo però in mente che siamo in una situazione eccezionale. La situazione nella quale lo Stato è legittimato a entrare nella nostra corrispondenza, nelle nostre vite private, nei nostri device elettronici, non è la norma, ma l'eccezione e in quanto tale, essa richiede di essere specificata e regolamentata. Il mio timore è che noi si sia perso un po' questo senso del fatto che l'intercettazione e quindi l'intrusione dello Stato nella nostra privacy, è l'eccezione e non la regola. Ascoltando infatti gli interventi di alcuni illustri colleghi, come il senatore Scarpinato, di fatto, sembra che la situazione ideale sarebbe quella di avere l'intercettazione permanente di tutti. Qualcuno fuori da quest'Aula diceva che non esistono innocenti, ma soltanto colpevoli che stanno aspettando di essere scoperti.
Ecco se noi avessimo le intercettazioni sempre libere, senza limite alcuno, probabilmente questa visione andrebbe ad asseverarsi a diventare realtà. Io, che considero me stesso un profondo liberale e sono attaccatissimo ai valori costituzionali, credo che sia proprio indispensabile che noi non indossiamo le casacche delle guardie o dei ladri, men che mai accusando qualcuno di tifare per i ladri perché si stanno difendendo i valori della Costituzione.
Gli equilibri di cui noi godiamo e i diritti che sono frutto di quegli equilibri sono ovviamente delicatissimi ed è chiaro che è facile mandare all'opinione pubblica il messaggio che essendoci i cattivi, ci devono dare gli strumenti per combatterli. È un appello che parla direttamente alla pancia del Paese. Se però partiamo da questo presupposto, il principio della presunzione di innocenza non esiste più. Dipingiamo altresì un'immagine di un Paese nella quale io sinceramente non mi riconosco.
Non penso infatti, con la più profonda convinzione, che questo Paese sia completamente nelle mani della mafia o dei corrotti. Sento spesso fare riferimento, come accaduto anche ieri in audizione in Commissione giustizia, a quanti colletti bianchi ci sono in prigione, come se il numero dei colletti bianchi che ci sono in prigione fosse qualcosa di cui godere o di cui essere soddisfatti. Io auspico un mondo nel quale non si delinque e nessuno sta in prigione, ritenendola una extrema ratio. Devo quindi fare in modo che gli strumenti che mi servono per reprimere il crimine siano commisurati alle mie necessità.
Voglio dire, in conclusione, di fare attenzione anche alla vicenda dei reati spia e all'affermazione che dobbiamo allargare il novero di tali reati, correndo il rischio di fare la lista della spesa. Ci sono reati spia sui quali dobbiamo agire. Se reato spia vuol dire che una volta ogni 10 o una volta ogni 50 un certo reato ne indica un altro, faccio fatica a pensare che devo intervenire sugli altri 49 casi, equiparandoli alla mafia o al terrorismo, perché in un caso su 50 o su 20 quel caso di corruzione mi riporta alla mafia o al terrorismo. Altrimenti diventa tutto mafia e terrorismo.
Però diciamocelo, perché a quel punto significa abbandonare le nostre libertà, abbandonarci a uno Stato di polizia, però le dico la verità, signora Presidente: io, in uno Stato di polizia, non mi riconoscerei e non riconoscerei la Costituzione della Repubblica che ho giurato di servire. (Applausi).
CUCCHI (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CUCCHI (Misto-AVS). Signora Presidente, intervengo molto brevemente per annunciare il voto contrario dell'Alleanza Verdi e Sinistra a questo provvedimento, che è stato sostanzialmente svuotato nel corso dell'esame in Commissione attraverso la trasposizione delle disposizioni più rilevanti dell'Atto Senato n. 808, che poi, passato alla Camera, è stato definitivamente approvato ad agosto ed oggi è legge. Questo ha sostanzialmente impedito un'analisi completa e organica di tutta la disciplina delle intercettazioni e soprattutto, considerato che il testo oggi all'esame dell'Aula è profondamente cambiato rispetto a quello iniziale, ci troviamo a votarlo senza aver avuto il modo di sottoporre quest'ultimo testo agli operatori del settore. Il testo posto in votazione, infatti, è il risultato di un emendamento, nel suo testo 2, presentato in Commissione in prossimità della fine dei lavori, senza che siano state autorizzate audizioni. Di conseguenza, è pressoché impossibile valutarne gli effetti concreti in rapporto alle attività investigative. Dispiace il voto contrario, perché la questione che il provvedimento vuole affrontare è di certo di interesse anche della mia parte politica. È infatti indiscutibile la necessità di assicurare alla difesa le garanzie stabilite dai principi costituzionali nel bilanciamento degli interessi in gioco, con particolare riferimento alla lotta alla criminalità, ed è altresì indiscutibile che la Corte costituzionale più volte si sia espressa indicando la necessità di ben delimitare le intercettazioni. Ma è chiaro che le modalità con cui si è giunti in Aula non sono condivisibili e che il rischio di immettere nell'ordinamento un provvedimento che nei fatti limiti l'attività delle procure e ostacoli la funzione giudiziaria è troppo grave per poter essere corso. Diverso sarebbe stato se fosse stata autorizzata un'istruttoria approfondita sul punto, attraverso l'audizione di esperti, istruttoria che la maggioranza non ha consentito. In questo modo si è esautorato il lavoro della Commissione e si è impedito di convergere su un testo più condiviso.
Il nostro voto sarà quindi contrario, dato che non è stato possibile accertare che i limiti posti alle intercettazioni - limiti molto ridotti, come è stato detto il testo ammette appena quarantacinque giorni, salvo proroghe in casi specifici - non si trasformino in ostacoli alla possibilità di accertare la commissione di reati gravi e di grande allarme sociale, come quelli, per esempio, connessi alla violenza contro le donne. Sarebbe stato davvero importante portare a termine un'istruttoria completa ed eventualmente apportate altre modifiche per evitare complicazioni nello svolgimento dell'attività di indagine. Così però non è stato e di conseguenza concludo annunciando il voto contrario dell'Alleanza Verdi e Sinistra. (Applausi).
ZANETTIN (FI-BP-PPE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANETTIN (FI-BP-PPE). Signor Presidente, quella che esaminiamo oggi è la terza gamba della grande riforma delle intercettazioni, che è uno dei punti programmatici più significativi in tema di giustizia del centrodestra di Governo e del ministro Nordio. Tutto parte dalle conclusioni dell'indagine conoscitiva che la Commissione giustizia, sotto la preziosa presidenza della senatrice Giulia Bongiorno, ha svolto nei primi mesi di questa legislatura.
Ricapitoliamo. La prima tranche della riforma ha riguardato il divieto di intercettazione dei colloqui tra difensore e cliente ed è stata approvata all'interno del disegno di legge Nordio, quindi è già legge. La seconda tranche riguarda il sequestro degli smartphone e dei supporti informatici, la cosiddetta scatola nera della vita di ciascuno di noi; quell'importante disegno di legge è stato già approvato qui in Senato ed è ora all'esame della Commissione giustizia della Camera dei deputati.
Viene ora in discussione, appunto, la terza tranche, forse la più controversa, come ha dimostrato il dibattito che si è svolto poc'anzi, che riguarda i limiti delle proroghe delle intercettazioni. Nei giorni scorsi questo disegno di legge, a mia prima firma, è stato pesantemente criticato, in particolare dal dottor Di Matteo dalle pagine di un noto quotidiano. Sostiene il dottor Di Matteo che la novella renderebbe più difficoltose le indagini di mafia, perché alcuni dei reati interessati da questa riforma consentirebbero anche di smascherare i mafiosi, quindi limitando le investigazioni si limiterebbero anche le possibilità dei magistrati di colpire la mafia.
Dobbiamo intenderci bene, il dottor Di Matteo dice che sostanzialmente ogni reato è mafia, perché perseguendo quel reato si può individuare un mafioso. È la teoria dei cosiddetti reati spia, categoria peraltro metagiuridica, di carattere meramente sociologico, che non trova ingresso in nessun trattato di diritto. È quanto ripete spesso in queste Aule anche il collega Scarpinato, quindi nessun doppio binario è giustificabile: perseguendo anche il responsabile di un semplice divieto di sosta, in effetti, si può incappare in un pericoloso mafioso.
A monte di questo ragionamento, però, va risolto un dilemma che definirei quasi filosofico. È del tutto evidente che con gli strumenti tecnologici sempre più sofisticati e in continua evoluzione che la tecnologia ci offre, come trojan, telecamere nei luoghi pubblici e privati, intercettazioni telefoniche ed ambientali, riconoscimento facciale di massa (è quanto peraltro sta già accadendo in Cina, in particolare nella provincia del Xinjiang, per la repressione della minoranza uigura), il potere oggi è probabilmente in grado di assicurare alla giustizia praticamente tutti i criminali; anzi, forse è anche addirittura in grado di prevenire i reati con arresti e condanne preventive, mediante l'utilizzo dell'intelligenza artificiale predittiva, partendo magari dall'analisi della mimica facciale dei cittadini, dalle frasi pronunciate, dai movimenti del corpo, dalla famiglia di provenienza, dal livello scolastico dell'autore. Ma questo grande fratello è davvero ciò che vogliamo? Personalmente, da liberale, mi ribello a una tale prospettiva. Voglio rimanere un libero cittadino e non diventare un suddito. La questione filosofica ed etica su cui richiamo l'attenzione dell'Assemblea si pone nel corretto rapporto di equilibrio da individuare tra i diversi valori contrapposti: da una parte ci sono le esigenze investigative per reprimere i reati (certamente un valore costituzionale primario), ma dall'altra c'è anche il rispetto della privacy e della sfera più intima del cittadino, che pure è un valore costituzionale di altissimo rango, che non può essere violentata e vivisezionata in ogni suo dettaglio, per mesi e anni, alla ricerca del reato che altrimenti non si trova.
Il bilanciamento tra i diversi interessi in conflitto vale, colleghi, per tutte le grandi questioni che si pongono all'esame di questo Parlamento. Pensiamo ad esempio al fine vita, provvedimento di cui, tra l'altro, sono relatore. Anche in questo caso si contrappongono il principio dell'autodeterminazione individuale, da una parte, e, dall'altra, il rispetto della vita sacra e inviolabile; entrambi i valori sono per certi versi inconciliabili e la politica è chiamata a trovare la sintesi più opportuna.
È questo il tema di fondo del disegno di legge oggi in discussione: trovare il punto di equilibrio. Per i reati di minore gravità è lecito disporre intercettazioni senza limiti temporali? La mia risposta è un secco no, non ne vale la pena, anche se in qualche caso dalla loro investigazione si incappa in un mafioso. Sfatiamo innanzitutto una mistificazione mediatica: i limiti delle intercettazioni che proponiamo non riguardano i reati più gravi di mafia e terrorismo e le fattispecie più gravi. Terrorismo e mafia sono reati gravissimi e certamente Forza Italia non ha mai avuto nessuna intenzione di restringere gli strumenti a disposizione dei magistrati per combatterli. Il disegno di legge che oggi discutiamo riguarda, invece, i reati che non sono né mafia né terrorismo. Dopo i quarantacinque giorni, la proroga delle intercettazioni è comunque consentita, ma deve essere specificatamente motivata sulla base di quello che è stato acquisito nelle varie investigazioni e quindi si vogliono evitare, come è stato già ricordato da qualcuno, le proroghe sine die per effetto dei cosiddetti stamponi fra pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari, proroghe di fatto automatiche, stancamente reiterate, di cui per esperienza sono farciti i fascicoli processuali giacenti nei nostri tribunali. Noi chiediamo invece che le proroghe siano giustificate dall'emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione.
Signora Presidente, io sono rimasto assai sorpreso dalla intervista rilasciata oggi dal procuratore di Genova, in cui dichiara che la sua inchiesta sul presidente Toti non si sarebbe potuta concludere se fossero state in vigore le norme che oggi proponiamo, dal che trarrebbe la conclusione che queste norme non vanno bene. È un argomento che mi sarei aspettato dal titolare di una inchiesta esemplare, che ha portato risultati eclatanti di cui andare particolarmente fieri. Non mi pare proprio il caso dell'inchiesta di Genova.
Vogliamo fare un bilancio di questa inchiesta? Tre anni di intercettazioni, venti terabyte di dati digitali acquisiti al fascicolo processuale. E cosa hanno portato? A 1.500 ore di lavori socialmente utili. Ripeto: 1.500 ore di lavori socialmente utili.
È un risultato di cui una procura deve andare particolarmente orgogliosa? Sono davvero sicuri che quella sia un'indagine da portare ad esempio? Ne valeva davvero la pena? A meno che l'obiettivo della procura non fosse la condanna penale, esito normale di un procedimento giudiziario, ma piuttosto il ricambio ai vertici della Regione.
In quel caso, però, Presidente, la procura avrebbe commesso un evidente abuso di diritto, un classico détournement de pouvoir, per dirlo alla francese, di cui dovrebbe semmai vergognarsi. 1.500 ore di servizi socialmente utili. (Commenti del senatore Pirondini).
PRESIDENTE. Senatore Pirondini, non si faccia richiamare. Subito dopo interverrà il suo Gruppo e potrà dire tutto quello che vuole. Prego, senatore Zanettin, prosegua pure.
ZANETTIN (FI-BP-PPE). Per tutte queste ragioni il Gruppo Forza Italia voterà convintamente a favore del testo in esame. A conclusione, credo sia assolutamente doveroso rivolgere un particolare ringraziamento al vice ministro Sisto, che ci ha seguito in tutto l'iter della discussione in Commissione, e anche oggi in Aula, con la consueta sua perizia, competenza e dedizione. (Applausi).
SCARPINATO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCARPINATO (M5S). Signora Presidente, questo disegno di legge va molto al di là dei suoi fini apparenti. Non è affatto, come lo si vorrebbe far apparire, solo una diversa disciplina tecnica del regime delle autorizzazioni e delle intercettazioni, ma è un atto politico destinato a indebolire gravemente la capacità dello Stato di garantire un efficace contrasto alla criminalità, con gravi ricadute sulla qualità della nostra convivenza civile. (Applausi).
È un atto di irresponsabilità nei confronti del Paese, che si iscrive in un lucido disegno politico che questa maggioranza governativa persegue sin dall'inizio della legislatura: il disegno di approfittare dei rapporti di forza contingenti, per smantellare selettivamente, uno dietro l'altro, tutti gli anticorpi, tutti i presidi dello Stato contro il dilagare della criminalità dei potenti. (Applausi).
Politici e pubblici amministratori, che piegano il potere pubblico al perseguimento di interessi di grandi e piccole lobby, affaristi spregiudicati, dediti alla predazione sistematica delle risorse pubbliche, riciclatori di capitali sporchi di ogni genere. È un variegato mondo di colletti bianchi, sempre più spesso legato da segreti matrimoni di interessi con le mafie. Mafie che hanno capito benissimo che oggi, per arricchirsi a costo zero, bisogna delinquere negli stessi modi in cui delinquono i colletti bianchi, godendo così dei loro medesimi privilegi di impunità di classe. (Applausi).
Questa maggioranza ha inaugurato la legislatura premiando l'omertà dei condannati definitivi per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. È quello che la stampa definisce cricche e comitati di affari, che infestano il Paese da Bolzano a Palermo. Infatti, sono cambiate le norme della legge anticorruzione del 2019, in modo che i condannati per questo reato possono uscire dal carcere ottenendo i benefici penitenziari anche se tengono la bocca chiusa sui complici non identificati e sul bottino occultato.
La maggioranza ha proseguito cancellando il reato di abuso d'ufficio, ridimensionando il reato di traffico di influenza e quello di peculato per distrazione, facendo così divenire l'Italia un caso unico in Europa, un Paese sempre più simile alle Repubbliche sudamericane.
Avete approvato una serie di riforme con le quali avete già limitato il potere di intercettazione per i reati dei colletti bianchi.
Dopo aver ridimensionato il controllo di legalità della magistratura penale, vi apprestate a proseguire l'opera castrando anche il potere di controllo della Corte dei conti.
E tuttavia, non è ancora sufficiente perché, nonostante tutto questo, le cronache giudiziarie dimostrano come, pur perdendo colpi, la magistratura riesca ancora a portare alla luce una sequenza impressionante di casi di corruzione e malaffare di cui sono protagonisti personaggi dell'establishment.
Da qui la necessità di intervenire in modo ancora più incisivo e radicale. Alla Camera avete così accelerato la riforma della Costituzione per separare le carriere tra giudici e pubblici ministeri e rendere l'azione penale discrezionale, sottoponendo l'attività giudiziaria al controllo della politica. Ma poiché questa soluzione radicale e definitiva richiede tempi lunghi, era urgente intanto mettere in campo un rimedio di emergenza, rapido, per limitare i danni, cioè per limitare la capacità di investigazione della magistratura inquirente.
Ecco, dunque, il colpo d'ingegno di compromettere gravemente l'efficacia delle indagini della magistratura contraendo a soli quarantacinque giorni, prorogabili solo in casi di difficile e incerta realizzazione, l'utilizzazione delle intercettazioni, l'unico mezzo di prova in grado di perforare lo scudo di omertà blindata e complicità trasversale che avvolge l'attività illegale dei ceti superiori. Un mondo, quello dei colletti bianchi, nel quale i reati non si commettono in strada sotto gli occhi del pubblico, ma all'ombra discreta dei corridoi di palazzo.
La riforma prevede che dopo quarantacinque giorni non sono più sufficienti i requisiti dei gravi indizi e dell'assoluta indispensabilità dell'operazione, ma occorre anche che dalle intercettazioni disposte nei primi quarantacinque giorni siano emersi elementi specifici e concreti che devono essere oggetto di espressa motivazione. Pertanto, se questi elementi specifici e concreti non sono emersi, cessano le intercettazioni, anche se permangono i gravi indizi di reato e l'indispensabilità delle operazioni, cioè l'impossibilità di acquisire prove con mezzi diversi.
Quindi, con questa riforma la maggioranza sta statuendo che per reati gravissimi (come stragi, omicidi plurimi, femminicidi, rapina, estorsione aggravata, reati da codice rosso, tratta di persone, traffico di organi, acquisto e alienazione di schiavi e tanti altri reati previsti dall'articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale) la magistratura può indagare per due anni perché sono reati gravi e tuttavia, dopo appena quarantacinque giorni, se non ha la sorte di acquisire in tale manciata di giorni elementi specifici concreti, deve staccare la spina delle intercettazioni e proseguire le indagini per altri ventidue mesi solo con gli stessi mezzi che si utilizzavano prima dell'età tecnologica (pedinamento, osservazione a distanza). (Applausi).
Siamo, dunque, dinanzi a un vero e proprio favoreggiamento del crimine e a un disarmo unilaterale dello Stato. (Applausi). È un prezzo enorme che si fa pagare a tutto il Paese pur di raggiungere il risultato dell'impunità di casta.
Ho iniziato questa dichiarazione di voto definendo questa riforma un grave atto di irresponsabilità nei confronti del Paese, non solo per i devastanti effetti finali che appare destinato a produrre, ma anche per le palesi anomalie che hanno caratterizzato l'iter della sua approvazione in Commissione giustizia del Senato. È gravemente irresponsabile approvare una riforma che riduce a quarantacinque giorni la durata delle intercettazioni, sconvolgendo così, di punto in bianco, i protocolli operativi delle Forze di polizia e della magistratura collaudati nel corso di decenni, senza avere prima sentito la necessità di acquisire il parere degli esperti, di coloro che nella quotidianità operano sul campo del contrasto al crimine. Una mancata audizione degli esperti è anomala perché in palese deroga alla prassi costantemente seguita dalla Commissione giustizia del Senato. Non è stato così possibile acquisire una statistica che indichi quali siano stati, in centinaia di migliaia di indagini, i tempi medi nei quali sono stati acquisiti elementi di prova utili nel corso di intercettazioni. La media è stata di quarantacinque giorni, oppure di sessanta, centoventi, centottanta o di altri ancora? Non è stato accertato se questo periodo utile di captazione sia diverso a seconda che si tratti di intercettazioni telefoniche, ambientali o telematiche e a seconda della tipologia dei reati e degli indagati.
Una riforma varata in fretta e furia, senza un corredo di informazioni minimali, indispensabili per non far fare al Paese un salto nel buio, per non causare un ritiro unilaterale dello Stato nel contrasto ai criminali, lasciando i cittadini indifesi. Una grave mancanza di responsabilità che si è manifestata anche nel non aver voluto prendere in considerazione alcuno degli emendamenti dell'opposizione che non avevano intenti ostruzionistici, ma miravano soltanto a modulare la riforma in modo da trovare un bilanciamento ragionevole: dalla tutela del diritto costituzionale alla riservatezza delle comunicazioni alla tutela dei diritti costituzionali dei cittadini alla salvaguardia della propria vita, della propria incolumità fisica e morale, dei propri beni, che possono essere compromessi dal crimine, se la capacità di risposta dello Stato viene depotenziata oltre misura.
Sono stati bocciati tutti gli emendamenti proposti proprio al fine di garantire un bilanciamento ragionevole: quello diretto a differenziare la durata massima delle intercettazioni, distinguendo le telefoniche da quelle ambientali; quello per escludere dalla tagliola dei quarantacinque giorni i reati più gravi previsti dall'articolo 407; quello per estendere il termine minimo di durata a centottanta, oppure a centoventi, oppure a novanta giorni. Zero totale. Viene da chiedersi come vi giustificherete domani, quando di fronte a gravi omicidi, a stragi, a femminicidi, a violenze di gruppo, a rapine a mano armata, la magistratura dovrà deporre le armi e dichiarare forfait, perché dopo quarantacinque giorni ha dovuto staccare la spina delle intercettazioni, non essendo stata così fortunata ad acquisire le prove in quel breve periodo. (Applausi). Cosa direte alle vittime e ai loro parenti? Cosa direte alla pubblica opinione per questa denegata giustizia, per questa resa unilaterale dello Stato dinanzi al dilagare del crimine e delle impunità?
Sappiamo già che per eludere le vostre gravi irresponsabilità addosserete la colpa all'inettitudine della magistratura e della polizia. Speriamo che quando questo accadrà gli italiani ricordino i volti e le parole di tutti coloro che, oggi, per interessi di casta, hanno contribuito a rendere peggiore la vita di tutti noi. Per questi motivi dichiariamo il nostro voto decisamente contrario all'approvazione di questo disegno di legge. (Applausi).
POTENTI (LSP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
POTENTI (LSP-PSd'Az). Signora Presidente, devo iniziare questo mio intervento rappresentando lo stupore per i toni ed anche la direzione che ha assunto la discussione in corso, con una tendenza ad un allarmismo veramente fuori luogo, direi certamente motivato dalla capacità del tema di essere facilmente oggetto di uno sfruttamento mediatico che alcune testate - lo si ricordava poc'anzi - sono capaci di fare sui temi della giustizia e su quelle che si ritengono essere delle aggressioni a un sistema di indagine, forse tipico di alcuni magistrati nella loro carriera. Poc'anzi un collega ha rappresentato alcune delle tendenze e dei desiderata di una parte della magistratura che - lo comprendiamo - è cresciuta in un mondo antico, quel piccolo mondo antico di cui esiste una bellissima pellicola cinematografica, che ormai è finito.
Siamo in un'era moderna, un'era nella quale esiste la massiva capacità delle comunicazioni giornaliere di correre ad una velocità che non è più quella degli anni Settanta-Ottanta. Beati quei parlamentari che sedevano in queste Aule quando non esistevano i telefonini e avevano la possibilità di studiare un'ora in silenzio in maniera ininterrotta, senza essere frequentemente interrotti, magari dal soggetto criminale. Nelle aule dei tribunali si parla molto di criminali, ma anche nelle Aule del Parlamento probabilmente siamo molto interessati a conoscere, specie grazie ai dossieraggi, quali siano i comportamenti dei colleghi della Lega, che hanno tantissimi beni nascosti e che magari trafficano quantità di valigie di denaro che scorre nelle sedi del nostro partito.
Queste fantasie, queste deviazioni, che una parte di servitori dello Stato infedeli pensano di poter continuare a realizzare impunemente in questo Paese, ci portano a riflettere sul fatto che molti strumenti, oggi nella disponibilità anche di bambini, spesso e volentieri, quando non si è in grado di contenere, anche in delicati ruoli apicali, un comportamento integerrimo, assolutamente contenuto e rispettoso della Costituzione, della libertà altrui e delle leggi dello Stato, sono utilizzati in modo forse eccessivo. E quando questi giocattoli magari arrivano in mano a qualche soggetto che può essere finito in ruoli apicali grazie ai famosi eventi che conosciamo, come il caso Palamara, è tutto un programma.
Voglio però tornare all'allarmismo che è stato lanciato poc'anzi dai colleghi del Partito Democratico e soprattutto del MoVimento 5 Stelle. Forse si dimentica che la norma base (articolo 267 del codice di procedura penale), sulla quale si usa autorizzare una intercettazione, è pur sempre di base fondata su gravi indizi di reato, e l'intercettazione deve essere assolutamente indispensabile. Quindi, non capisco quale possa essere l'allarmismo se, dopo quarantacinque giorni, si introduce non un divieto, non un impedimento, ma semplicemente uno scalino per il quale si debba richiedere al giudice l'onere di giustificare, semplicemente adducendo elementi specifici e concreti e una motivazione. Non chiediamo molto e sappiamo bene come nella prassi sarà assolutamente facile dimostrare la sussistenza di elementi specifici e concreti: magari il fatto di aver visto l'indagato uscire più volte da un appartamento o averlo visto transitare in luoghi sospetti rispetto al capo di imputazione che si è formulato. Per un Paese che può fare ricorso a moderne tecniche e a quegli integerrimi membri delle forze di polizia giudiziaria che dispiegano molte ore di straordinario nelle sedi della procura, per comporre tutto quel quadro indiziario che sarà poi utile a condannare i veri criminali, mi chiedo come sia possibile aver tirato fuori tutta questa serie di elementi allarmistici. E me lo chiedo, a meno che non si sia legati a quel piccolo mondo antico nel quale l'elemento del contatto immateriale tra persone avveniva saltuariamente con quell'apparecchio, che molti magari non hanno conosciuto, che si usava attivare girando con il dito un quadro con dei numeri, e c'era quella famosa specie di rondella che girava (io l'ho conosciuta), e che oggi non si usa più.
La massiva capacità di comunicare permette, in pochissimi giorni, di avere un quadro completo della potenziale efficienza criminale di un soggetto. E se quell'efficienza criminale supera i limiti della democratica opportunità di tollerare determinati comportamenti, ricordo che una legge - legge che permette, per i più gravi reati, di derogare a quella previsione che stiamo trattando di inserire nell'ordinamento - consente specificamente di ritenere sufficienti dei meri indizi e di giustificare semplicemente la necessità dell'intercettazione. Faccio appunto riferimento all'articolo 13 del decreto-legge n. 152 del 1991 che disciplina la lotta alla criminalità organizzata.
Quindi, vi è un altro scalino che stavolta, invece, semplifica la possibilità di intervento dell'organo inquirente, allorché la pericolosità sociale di un gruppo di associati che intenda perseguire un'attività criminale sia tale da qualificare il capo di imputazione in qualcosa di ben più grave che non il semplice reato che prevede nel massimo la pena oltre i cinque anni.
Quindi, non capisco quale possa essere il livello di allarme che i colleghi dell'opposizione ci hanno rappresentato, quando il quadro delle potenziali armi in mano ai nostri uomini delle Forze dell'ordine è tale da garantire un livello di sicurezza eccellente.
Quello che non è assolutamente tollerabile sono purtroppo quei casi - lo ricordavo prima - di assoluta indecenza civile e democratica, allorché vi siano dei soggetti deviati che fanno uso di strumenti che mettiamo in mano alle nostre Forze di polizia per distruggere o delegittimare un avversario politico. Non è assolutamente tollerabile che in un Paese democratico ci siano episodi come quelli che sono accaduti all'Hotel Champagne con il dottor Palamara, dove si usava brindare allegramente seduti a un tavolo, spartendosi i livelli apicali di quella magistratura che noi vogliamo tenere pulita da una serie di soggetti che riteniamo indegni di ricoprire quei ruoli in qualunque nostra sede istituzionale.
In questa sede noi abbiamo l'opportunità di votare - e anticipo qui il voto favorevole della Lega su questo provvedimento - un nuovo modo di calibrare lo strumento dell'intercettazione. E abbiamo l'opportunità di farlo nell'assoluta tranquillità e nell'assoluta garanzia di permettere alle nostre autorità inquirenti di fare bene il loro lavoro. Noi glielo auguriamo e saremo sempre al loro fianco. (Applausi).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti del Liceo scientifico «Giulietta Banzi Bazoli» di Lecce, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).
Il vostro liceo è intitolato a una vittima della strage di Piazza della Loggia, un attentato terroristico di matrice neofascista. Non so se sapete che in quest'Aula siede il figlio di Giulietta, il senatore Bazoli. (Applausi).
Ripresa della discussione del disegno di legge n. 932 (ore 18,25)
VERINI (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VERINI (PD-IDP). Signora Presidente, vorrei parlare dell'albero e della foresta. L'albero è il provvedimento in esame, mentre la foresta è la politica della giustizia di questo Governo e della maggioranza, che segue un percorso coerente. Da una parte ci sono annunci e proclami di rivoluzioni, per rendere - si dice - la giustizia certa e veloce, prevedendo invece giri di vite con l'introduzione di nuovi, improbabili e perfino pericolosi reati che attentano ai diritti e alle libertà individuali delle persone, come quello di manifestare le proprie opinioni, come per esempio prevede il disegno di legge sulla sicurezza.
Ricordiamo la foresta, la vostra giustizia da palinsesto televisivo, il vostro panpenalismo securitario, come si dice: anti-rave, anti-imbrattatori, il decreto Cutro, le pene per manifestazioni e perfino per resistenza passiva nelle carceri, per non dimenticare la non obbligatorietà del differimento della pena per le donne incinte e le madri di bambini fino a un anno di età. Sono cose veramente molto gravi. (Applausi).
Altro che garantismo. Voi siete unilateralmente garantisti, solo verso alcuni. Ma in realtà, a partire dal ministro Nordio, voi siete dei manettari, perché avete istituito più di 30 reati, avete alzato le pene, avete riempito le carceri, anche minorili, con tanti ragazzi. (Applausi). Questo non è garantismo: questo è manettarismo. Vedete: certi reati si affrontano anche penalmente, ma voi non avete proprio nei vostri radar la consapevolezza che molte di queste situazioni derivano dal fatto che non siamo stati, come Paese, in grado di affrontare le sacche di disagio, le grandi questioni sociali, le marginalità che spesso sono legate alla criminalità.
Dentro questa strategia - e questa è l'aggravante - c'è anche il tentativo di delegittimare la magistratura secondo un disegno ormai chiaro, quello di minare e colpirne l'indipendenza e l'autonomia, cercando di rendere più complesso e tortuoso l'esercizio dell'azione penale, specialmente per alcune fattispecie di reati che nel dibattito corrente vengono spesso chiamati dei cosiddetti colletti bianchi. Non siamo solo noi, forza di opposizione, a dirlo - come hanno fatto prima il senatore Bazoli, che ha detto parole chiarissime e inequivocabili, e altri esponenti delle opposizioni che hanno usato un linguaggio e argomenti molto netti - ma a dirvi certe cose o a farvi dei rilievi è arrivata anche l'Unione europea, per esempio. Poco più di due mesi fa nel report sullo Stato di diritto, l'Unione europea si dice molto preoccupata per le recenti riforme della giustizia italiane. Le parole dovrebbero far riflettere. In Italia - scrive l'Unione europea - c'è una nuova legge che abroga il reato di abuso d'ufficio, che limita la portata del reato di traffico di influenza; potrebbe avere anche implicazioni per l'individuazione e l'investigazione di frodi e corruzione. E ancora: le modifiche proposte alla prescrizione potrebbero ridurre il tempo a disposizione per condurre procedimenti giudiziari per reati penali, compresi i casi di corruzione. Non mi soffermo più di tanto sugli attacchi che Governo e maggioranza rivolgono, un giorno sì e l'altro pure, in varie forme, con vari provvedimenti e parole, all'informazione e al giornalismo d'inchiesta, colpiti quotidianamente da attacchi, restrizioni, sanzioni, querele temerarie, divieti di pubblicazione, attaccando un presidio fondamentale della democrazia, il contropotere dell'informazione. Vi prego, poi, di non proseguire oltre con la storia delle gogne mediatiche, che sono state una barbarie. Dobbiamo dirlo e, se a volte non l'abbiamo detto, abbiamo sbagliato. Le gogne mediatiche - come ha detto il Garante della privacy - da quando il ministro Orlando ha riformato le norme, non esistono più. In realtà, voi non volete colpire le gogne mediatiche: voi temete il contropotere della libera informazione.
Arriviamo così, all'albero, al disegno di legge al nostro esame. Le finalità che voi indicate appaiono deboli e anche ipocrite. Il ministro Nordio, non leggendo evidentemente i rapporti dello stesso Ministero e i dati relativi ai costi, parla di spese insostenibili per le intercettazioni. Sono affermazioni infondate per due motivi. Il primo è che non è vero che le spese di intercettazioni sono aumentate, perché negli ultimi dieci anni esse si sono ridotte. Il tanto vituperato trojan, che va usato con moltissima cautela, viene usato solo per il 3 per cento delle intercettazioni, quasi tutte legate alla criminalità organizzata. Molti di voi sanno meglio di me che le intercettazioni si autorizzano solo in presenza di gravissimi indizi di reato e non in maniera superficiale.
Il secondo motivo - come hanno ricordato in diversi - è che, grazie alle intercettazioni, si colpiscono e si scoprono reati. Ma, in seguito a sequestri e confische cautelari, anche definitive, lo Stato italiano, grazie anche allo strumento di indagine delle intercettazioni, rientra in possesso di beni mobili e immobili frutto di condotte illecite. Il costo delle intercettazioni, che non è quello che si favoleggia anche dal punto di vista finanziario, viene ampiamente ripagato dal fatto che lo Stato, seguendo l'insegnamento di Falcone e la legge Rognoni-La Torre, colpisce i patrimoni dei criminali. Questo voi non lo ricordate.
Lo stesso Ministro dice che tanto la mafia non parla al telefono. Come fa un guardasigilli, che è stato anche magistrato, a dire questo? Si sa che molti reati corruttivi vengono compiuti da persone della criminalità organizzata che magari prendono un appuntamento, per un caffè in un bar, con un funzionario pubblico per concordare qualcosa e già quella telefonata può essere un indizio di qualche reato che si sta per compiere. E lì l'intercettazione può aiutare molto. Ma, in realtà - come è stato detto, credo, dal senatore Bazoli - noi non siamo contrari a ragionare sui limiti temporali, ma devono essere limiti e modalità che non impediscano le indagini, che non le rendano più difficili. Noi temiamo che il risultato, con la vostra consapevolezza e volontà - questo per noi è molto grave - sia di spostare l'esercizio dell'azione penale a favore di una sorta di giustizia per censo, una giustizia di classe, perché i poveri cristi vanno in carcere, che per molti di voi - non voi fisicamente presenti, ma per la vostra cultura - di fatto è una sorta di discarica sociale. Oggi le carceri sovraffollate sono luoghi dove i detenuti sono trattati in maniera disumana. Si tratta di persone che hanno sbagliato e devono anche espiare una pena e pagare un debito con lo Stato. Ma le carceri devono servire a recuperare e a rieducare e una persona rieducata, che può reinserirsi nella società, non torna a delinquere. (Applausi). Investire in carceri umane, nell'articolo 27 della Costituzione, vuol dire investire anche nella sicurezza.
Come si fa, allora, ad approvare provvedimenti come questo, che rientra in un quadro di politiche della giustizia - è quello che ho cercato di dire - che impedisce e rende più debole il contrasto ad alcuni reati? Parliamo di reati - è stato ricordato - come l'usura, la bancarotta, gli omicidi, le stragi, la violenza sessuale, ma anche la corruzione, i reati contro la pubblica amministrazione, che vengono derubricati non solo con questo provvedimento, ma anche con gli altri provvedimenti che avete fatto, che rendono quasi un optional il contrasto alla corruzione. E invece la corruzione è molto spesso non solo un reato spia, ma anche l'anticamera di reati che coinvolgono la criminalità organizzata. Semmai, a proposito di intercettazioni, bisognerebbe investire più risorse in tecnologia: le mafie e la criminalità già investono miliardi nelle piattaforme criptate, anche per penetrare le piattaforme dello Stato, come ci ha ricordato il procuratore nazionale Melillo in un'intervista di ieri al «Corriere della Sera». E mi avvio alla conclusione, Presidente. Credo di avere ancora un minuto.
Ce lo hanno ribadito in tutte le audizioni, che avete ascoltato, il procuratore della Repubblica di Roma Lo Voi e i procuratori di Napoli, di Genova, di Bari - sì, anche quello di Genova, senatore Zanettin - e oggi quello di Tivoli, Menditto, che ha ricordato come sarà a rischio la possibilità di indagine anche per i reati di violenza sessuale, di stalking e di maltrattamenti.
Infine, questa limitazione per le intercettazioni inequivocabilmente rischia di favorire anche i criminali più scaltri, che cercheranno il momento migliore, quando sono scaduti i quarantacinque giorni, per poter esercitare il loro malaffare. La giustizia ha bisogno di ben altro e - come è stato detto, mi pare, dal senatore Scarpinato - la vostra politica della giustizia è una scelta politica, e non una scelta per far funzionare meglio una giustizia, per la ragionevole durata dei processi, ma per riaprire una guerra, con il rischio - mi auguro davvero che non sia premeditato - di fare una giustizia di classe che colpisce soltanto i più disgraziati. (Applausi).
RASTRELLI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RASTRELLI (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, hic sunt leones, qui ci sono i leoni. (Commenti).
PRESIDENTE. Senatore Boccia!
RASTRELLI (FdI). Una locuzione latina che, nella antica cartografia, occorreva per delimitare le zone inesplorate dell'Africa, ma che nel linguaggio corrente viene invece ad indicare gli sconfinamenti. Di più, viene ad ammonire il viandante sugli indebiti sconfinamenti e di indebiti sconfinamenti, in Italia, sul territorio delicatissimo della separazione dei poteri, ne abbiamo vissuti purtroppo tanti, troppi. E questi indebiti sconfinamenti sono pressoché sempre avvenuti nel terreno proprio esclusivo del legislatore.
Allora, in una cornice di cupio dissolvi delle garanzie difensive e lungo un crinale opaco di giustizialismo cieco o talvolta politicamente orientato, è accaduto che la Repubblica abbia talvolta consentito che si facesse strame di un precetto costituzionale, quello dell'articolo 15 della Costituzione, che sancisce la inviolabilità, la libertà e la segretezza della comunicazione in ogni sua forma. È un precetto che, invocando la inviolabilità, riporta all'articolo 2 della Costituzione, cioè a quei diritti assoluti che preesistono agli ordinamenti giuridici perché riguardano le libertà fondamentali. Non vi è dubbio che il diritto tutelato dall'articolo 15 della Costituzione sia quindi un diritto assoluto, inviolabile, intrasmissibile, inalienabile, imprescrittibile, inderogabile, indisponibile. (Applausi).
Per tutelare questo specifico diritto e per garantire questo ambito di libertà, il legislatore costituente aveva già all'epoca previsto una doppia barriera, una doppia garanzia: riserva di legge e riserva di giurisdizione. In base alla prima (riserva di legge), mai limitare il diritto di comunicazione se non per atto di legge, con le rispettive garanzie, o, in base alla seconda (riserva di giurisdizione), per atto motivato dell'autorità giudiziaria. Non vi è chi non veda oggi che in tema di intercettazioni telefoniche, telematiche e informatiche, ambientali, tutto questo originario rigore sia andato perduto e come gli interventi legislativi, e di più quelli giurisprudenziali, soprattutto quelli politicamente orientati, abbiano modificato questo contesto, lo abbiano stravolto, lo abbiano mortificato.
Accade allora che oggi la disciplina delle intercettazioni sia, nella formula attuale, legata all'articolo 267, comma 3, del codice di procedura penale, che prevede che il pubblico ministero che dispone le intercettazioni indichi modalità e durata delle operazioni. La durata delle operazioni dovrebbe essere di quindici giorni, un termine stabilito dal legislatore, che poneva già in equilibrio l'esigenza di riservatezza con la necessità investigativa, e che consentiva, ricorrendone i presupposti e per atto motivato dell'autorità giudiziaria, di disporre le proroghe.
Tuttavia, nella criticità della espansione massiva di questo strumento, è accaduto che le proroghe siano divenute di fatto illimitate ed è purtroppo accaduto, nell'ambito di questa deriva, che sia venuto a mancare del tutto il controllo giurisdizionale della riserva di giurisdizione. (Applausi). È inoltre accaduto, e accade sistematicamente nella prassi giudiziaria, che le autorizzazioni, soprattutto in termini di proroga, vengano disposte con formule di stile, senza alcuna autonoma motivazione da parte del giudicante che dovrebbe controllare il pubblico ministero, che dovrebbe controllare la polizia giudiziaria. Accade altresì che si apponga la formula «visto agli atti», che mortifica il ruolo del giudice in un momento di tale invasività nella sfera privata di un soggetto e, purtroppo, la Corte di cassazione, che dovrebbe presidiare, quale massimo organo di legittimità, l'operato delle strutture giudiziarie, ha avallato questa tesi consentendo che si ricorra a motivazioni estremamente succinte, oppure ispirate a criteri di minore specificità.
Di qui la necessità di un intervento di riequilibrio che riponga, a presidiare questa libertà, la riserva di legge e la riserva di giurisdizione. Il disegno di legge si compone di un unico articolo e di due commi che si integrano e si bilanciano tra loro: uno a tutela dei diritti elementari del cittadino, anzi dell'individuo, l'altro complementare, non meno rilevante, a strenua difesa della comunità nazionale.
Non vi è dubbio, infatti, che occorra preservare lo strumento investigativo. Non vi è dubbio che lo strumento delle intercettazioni debba rimanere nella disponibilità della polizia giudiziaria per perseguire i reati, non ad uso esplorativo, e che occorra presidiare un ulteriore elemento costituzionalmente protetto e garantito.
Il nuovo testo che cosa fa? Stabilisce che il termine della durata ordinaria sia di quarantacinque giorni, cioè il termine originario, con due proroghe successive, ma stabilisce altresì, oltre questo tetto che, qualora ricorrano necessità investigative ulteriori assolutamente necessarie per il proseguimento delle indagini, rafforzate da espressa motivazione e determinate dall'insorgere di elementi specifici e concreti, questo possa tranquillamente essere disposto oltre il limite.
Di più, perché il secondo comma, che bilancia il primo, stabilisce espressa deroga a questo regime per i reati di maggiore allarme sociale, per tutti i reati di terrorismo e per tutti i reati di criminalità organizzata in qualunque forma. È chiaro che, soprattutto per i reati di maggiore invasività, lo strumento investigativo della captazione rimane indispensabile e va anzi indirizzato e potenziato presso le due Direzioni distrettuali antimafia, perché è uno strumento eccezionale, indispensabile in quella tipologia specifica di attività giudiziaria. Quindi, tutt'altro che una rinuncia agli strumenti investigativi; al contrario, una puntuale rideterminazione e ridefinizione dei confini entro i quali può essere e deve essere applicato. Una norma di mera, ordinaria civiltà giuridica. (Applausi).
Signor Presidente, non vi è dubbio che con questo provvedimento non operiamo nessuna rinuncia, nonostante battaglie di retroguardia o culture di oscurantismo. Noi, al contrario, andiamo semplicemente a ridefinire una cornice di garanzie intorno alle intercettazioni e lo facciamo in una visione d'insieme, con provvedimenti già approvati dal Parlamento, che sono quelli che riguardano la tutela dei terzi estranei alle indagini, il divieto di intercettazioni delle comunicazioni tra avvocato e assistito, le norme di garanzia, la procedura di garanzia del sequestro dei dispositivi elettronici.
Nessun passo indietro. Noi non consentiamo ad alcuno di sindacare legalità, fermezza, rigore e soprattutto la cura della sicurezza dei cittadini come priorità irrinunciabile. Convincetevene: Fratelli d'Italia è assolutamente questo. (Applausi).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del disegno di legge, composto del solo articolo 1, nel testo emendato per effetto delle modifiche introdotte dalla Commissione, con il seguente titolo: «Modifiche alla disciplina in materia di durata delle operazioni di intercettazione».
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno
BIZZOTTO (LSP-PSd'Az). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BIZZOTTO (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli colleghi, «sono grato alla progeria, non la vivo come una condanna, né tantomeno come una punizione divina, non cambierei una virgola della mia vita e so anche perché: perché ho avuto la forza di prenderla per quello che è e renderla unica». Queste parole esprimono la grandezza di Sammy Basso, un ragazzo straordinario che amava la vita, un esempio eccezionale di coraggio, forza e positività. (Applausi).
Chi ha avuto la fortuna di conoscere Sammy rimaneva immediatamente conquistato dal suo sorriso, dalla sua vitalità e dalla sua gioia di vivere. A me piace vivere e voglio fare più cose possibili, perché dovrei piangermi addosso? Questo era Sammy, un vero e proprio inno alla vita, una persona splendida che ha superato tutti gli ostacoli insieme ai suoi meravigliosi genitori, mamma Laura e papà Amerigo, che lo hanno amato sopra ogni cosa.
Vicentino di Tezze sul Brenta, il mio paese, orgogliosamente veneto e cittadino del mondo, Sammy ha insegnato a tutti noi che la vita merita di essere vissuta fino in fondo con sorriso, entusiasmo e passione, da protagonisti e non da spettatori. Perché, come diceva spesso, non serve essere perfetti per fare qualcosa, l'importante è fare e non è mai troppo tardi per fare.
Sammy di cose belle e importanti ne ha fatte tantissime, grazie alla sua intelligenza, alla sua fede in Dio e alla sua spettacolare autoironia. È stato scienziato, scrittore, testimonial della ricerca scientifica, conosciuto in tutto il mondo, ma la cosa più importante che durerà per sempre è lo straordinario esempio di vita, valori e amore che Sammy ha lasciato a tutti noi. Se i potenti della terra capissero cosa significa lottare per la vita - amava ripetere - credo che non avrebbero il coraggio di fare la guerra.
Riposa in pace piccolo grande Sammy e grazie dal profondo del cuore perché hai insegnato a tutti noi il vero senso della nostra vita.(Applausi).
PRESIDENTE. La Presidenza ringrazia la senatrice Bizzotto e si associa alle sue parole.
Invito l'Assemblea a un momento di raccoglimento. (L'Assemblea si leva in piedi e osserva un minuto di silenzio). (Applausi).
SBROLLINI (IV-C-RE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SBROLLINI (IV-C-RE). Signora Presidente, colleghe e colleghi, oggi voglio portare all'attenzione di quest'Assemblea l'ennesimo femminicidio avvenuto questa mattina, alle prime ore dell'alba, nella provincia di Caserta. Ancora una volta una donna uccisa per mano di un marito, un compagno di vita e, ancora una volta, di fronte ai loro figli, a due bambini di quattro e sei anni. Non ci sono parole rispetto a questo dramma quotidiano che stiamo vivendo nella nostra società.
Da componente della Commissione bicamerale di inchiesta sul femminicidio, sapendo di interpretare anche il pensiero di ognuno di voi, in modo particolare delle colleghe e dei colleghi che fanno parte di questo importante osservatorio, vorrei dire di non abbassare la guardia. Abbiamo superato gli 80 femminicidi in Italia dall'inizio dell'anno. Sono raddoppiati i maltrattamenti in famiglia, così come sono aumentati ancora di più le violenze e gli abusi sui minori. Se ne consumano 19 al giorno: sono numeri raccapriccianti, a cui - mi permetterete - non credo sia da aggiungere altro.
L'appello che rivolgo al Governo e a tutto il Parlamento è non solo quello di non abbassare la guardia, ma di continuare soprattutto a lavorare insieme per cambiare la cultura di questo Paese, per fare davvero un lavoro sui nostri figli, a cominciare dai nostri figli maschi, che abbiamo il dovere di educare al rispetto dell'altro. Lo dico da mamma di un maschio di quattordici anni. È importantissimo continuare a lavorare su questo aspetto. So, signora Presidente, quanto anche lei sia sensibile a questo argomento e quanto abbiamo lavorato insieme anche nelle altre legislature. Qui c'è la collega Valente, membro della Commissione bicamerale sul femminicidio, che è stata anche Presidente nella scorsa legislatura.
Rivolgo dunque un appello a tutti noi per continuare a lavorare assieme e soprattutto per non arrivare ogni anno, signora Presidente, al 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione delle violenze contro le donne, soltanto per elencare il numero delle persone che non ci sono più, continuando a far crescere il numero degli orfani di femminicidio. (Applausi).
LICHERI Sabrina (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LICHERI Sabrina (M5S). Signora Presidente, intervengo in merito alla vertenza Portovesme srl: sostanzialmente è un colpo di grazia che il territorio del Sulcis Iglesiente in Sardegna subisce dopo una serie di pugnalate alle spalle ricevute nella negli ultimi anni.
Faccio una sintesi di cosa è successo: Glencore, datore di lavoro in questa vertenza, ha annunciato nelle scorse settimane di voler chiudere anche la produzione zinco. Parliamo di una produzione unica in Italia, di una produzione nazionale strategica. Ebbene, il 24 settembre il ministro Urso ha convocato Glencore al Ministero. C'è stato quindi un tavolo di confronto molto interessante, a cui ho avuto l'onore di partecipare. Erano presenti le rappresentanze sindacali, la Regione Sardegna, con la presidente Todde e gli assessori competenti. C'è stato un confronto molto acceso dove Glencore non ha fatto altro che confermare la sua decisione: quella di chiudere la produzione di zinco, pur garantendo il mantenimento dell'apertura del sito (e ci credo), proponendo un'alternativa di cui si conosce veramente poco. Il Ministro ha chiesto a Glencore di illustrare il contenuto di questo progetto nelle giornate dell'8 e 9 ottobre, quindi in questi giorni. Forse questo incontro è ancora in corso.
Tramite lei, Presidente, chiedo al Ministro di aggiornarci prontamente sull'esito di questo incontro, anche perché la proposta avanzata da Glencore avrà sostanzialmente come oggetto il trattamento dei fumi di acciaieria, un'attività che impegnerà circa 250 lavoratori rispetto ai 1.200 attuali. Ci chiediamo innanzitutto che fine faranno gli altri mille lavoratori, ma soprattutto parliamo di una proposta che stravolgerà completamente l'assetto industriale non soltanto del Sulcis Iglesiente della Sardegna, ma addirittura nazionale. Quindi, rivolgo a lei questo appello: parliamo di 1.250 famiglie che stanno aspettando e sono molto preoccupate, deluse e amareggiate, anche perché Glencore non ha mantenuto fede a una serie di promesse fatte. In nome di queste famiglie, chiedo un aggiornamento tempestivo. (Applausi).
Atti e documenti, annunzio
PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Ordine del giorno
per la seduta di giovedì 10 ottobre 2024
PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, giovedì 10 ottobre, alle ore 10, con il seguente ordine del giorno:
La seduta è tolta (ore 18,58).
Allegato A
DOCUMENTO
Piano strutturale di bilancio di medio termine - Italia 2025-2029 (Doc. CCXXXII, n. 1)
PROPOSTE DI RISOLUZIONE AL PIANO STRUTTURALE DI BILANCIO DI MEDIO TERMINE
(6-00105) n. 1 (09 ottobre 2024)
Paita, Enrico Borghi, Fregolent, Musolino, Renzi, Sbrollini, Scalfarotto
Preclusa
Il Senato,
premesso che:
la riforma della governance economica europea è entrata in vigore il 30 aprile 2024 con la pubblicazione di tre atti legislativi: il regolamento (UE) 1263/2024 (cosiddetto "braccio preventivo"), il regolamento (UE) 1264/2024 (cosiddetto "braccio correttivo") e la direttiva (UE) 2024/1265: la riforma modifica gli strumenti e le procedure della governance economica europea, introducendo un documento di programmazione pluriennale, presentato da ciascuno Stato membro e valido per un periodo analogo alla durata della legislatura nazionale, il Piano Strutturale di Bilancio;
il Piano Strutturale di Bilancio (da qui PSB) contiene un unico programma di investimenti e riforme, nonché il livello della spesa netta che dovrà essere osservato secondo un percorso di aggiustamento di bilancio, finalizzato a ridurre il rapporto debito/PIL in modo duraturo e a mantenere il rapporto deficit/PIL sotto il 3 per cento: il percorso di aggiustamento avrà una durata di 4 anni, ma potrà essere esteso fino a 7 anni, a fronte di investimenti ambiziosi secondo alcuni criteri;
lo scorso 30 settembre è stato annunciato il PSB di medio termine - Italia 2025-2029: dalle stime avanzate dal Governo, il Piano prevede che la traiettoria della spesa primaria netta nei prossimi 7 anni avrà un tasso di crescita medio vicino all'1,5 per cento, compatibile con il profilo stimato dalla Commissione. Nel dettaglio, i tassi di crescita della spesa primaria netta previsti sono: 1,3 per cento nel 2025; 1,6 per cento nel 2026; 1,9 per cento nel 2027; 1,7 per cento nel 2028; 1,5 per cento nel 2029; 1,1 per cento nel 2030 e 1,2 per cento nel 2031, con la specifica che il Governo si pone l'obiettivo di portare il rapporto deficit/PIL al 3,3 per cento nel 2025 e al 2,8 per cento nel 2026 al fine di consentire di uscire dalla procedura per deficit eccessivo;
le stime del PSB sono state validate dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio, il quale però ha precisato a più riprese che le previsioni del Governo risentono di un deciso ottimismo, posto che si collocano costantemente sull'estremo superiore delle stime del panel di riferimento adottato dall'organismo indipendente;
proprio lo scorso 4 ottobre, infatti, l'Istat ha rivisto le stime diffuse dal Governo il 23 settembre, segnalando che nei primi sei mesi dell'anno l'economia italiana ha acquisito una crescita del +0,4 per cento, quindi dello 0,2 per cento più bassa rispetto alle previsioni governative: tale revisione al ribasso sollecita dubbi e incognite circa la previsione di crescita all'1 per cento per il 2024, che pure il Governo ha inteso confermare nel PSB, gettando non poca incertezza sull'accuratezza delle stime fatte per gli anni successivi, su cui si fonda, in sostanza, la strategia di bilancio e il livello di deficit del Paese;
in materia di tassazione e gettito fiscale, nelle intenzioni del Dicastero dell'economia e delle finanze si segnala la volontà di «potenziare l'adempimento collaborativo, a rendere strutturali gli obiettivi di rimodulazione delle aliquote IRPEF e gli effetti del cuneo fiscale e contributivo, nonché provvedere al riordino delle spese fiscali in un'ottica pluriennale»: tali intenti, tuttavia, non sono accompagnati da una precisa indicazione delle fonti di finanziamento, che dunque vanno ricercate nella generica affermazione del Governo della volontà di adottare «misure ulteriori in termini di minori spese o di maggiori entrate»;
la prospettiva di aumentare ulteriormente la pressione fiscale del nostro Paese va esclusa categoricamente, così come appare impensabile operare tagli lineari in materia di spesa pubblica, posto che la stessa è preordinata quasi interamente al finanziamento dei diritti sociali (sanità, previdenza sociale, istruzione, sicurezza, giustizia), così come occorre scongiurare l'ipotesi dell'accennata volontà del Governo, cioè di tassare ulteriormente (ed ex post!) i presunti extraprofitti di imprese (o settori di imprese) che vedrebbero altrimenti le proprie strategie aziendali e di investimento pregiudicate e penalizzate per il mero fatto di operare in comparti strategici o, comunque, particolarmente favoriti dalla attuale congiuntura di mercato;
il PSB, contiene la sezione sulla valorizzazione degli asset e del patrimonio pubblico, come l'intenzione del Governo di procedere a un imponente piano di dismissioni delle partecipazioni dello Stato, con cui l'Esecutivo stima di generare entrate complessive pari a 20 miliardi di euro (stima sconfessata da tutti i principali organismi finanziari internazionali) e, comunque, tali da generare proventi pari ad almeno l'1 per cento del PIL nell'arco del triennio 2024-2026: nel PSB si afferma che attualmente il Governo è impegnato nella vendita di partecipazioni di rilievo in Banca Monte dei Paschi di Siena, Poste Italiane, ENI, e ITA Airways, cui si accompagna l'apertura alla crescita di partecipazioni private per Leonardo, senza tuttavia specificare quali sia la strategia dietro la cessione di quote di società a partecipazione pubblica: al di là dell'obiettivo di "fare cassa", infatti, il Governo non si è dimostrato capace di definire la strategia adottata per il piano di dismissioni, né il rapporto "costi-benefici" in relazione ai mancati introiti annuali derivanti dalle suddette partecipazioni rispetto ai maggiori costi sostenuti in termini di interessi sul debito pubblico sostenuti per la detenzione di quest'ultime, confermando una gestione dell'operazione del tutto approssimativa - nel migliore dei casi - o comunque "proprietaria", nella parte in cui non consente al Parlamento di esercitare le proprie prerogative di indirizzo e controllo e affronta le partecipazioni pubbliche come entità di esclusiva interesse del Governo in carica, anziché della collettività;
il PSB prevede, inoltre, l'ampliamento dei servizi erogati dalle Agenzie fiscali per favorire la semplificazione dei rapporti con i contribuenti e la promozione della tax compliance a costo ridotto: in particolare, si specifica che per i contribuenti che aderiscono al regime di adempimento collaborativo, si prevedono diversi vantaggi tra i quali: il potenziamento del contraddittorio preventivo; la riduzione delle sanzioni amministrative per i rischi fiscali per i quali sono state fornite informazioni; la riduzione dei termini di decadenza per l'attività di accertamento; l'esclusione, a certe condizioni, delle sanzioni penali per l'infedele dichiarazione. Sebbene la burocrazia fiscale - per le imprese e i cittadini - sia con ogni evidenza eccessiva - recando un ingente danno in termini di costi e investimenti - e sia sempre più urgente uniformare l'amministrazione fiscale a criteri di cooperazione e collaborazione fisco-contribuente, è necessario che il Governo non traduca i vantaggi annunciati nel PSB in condoni fiscali per i cittadini e imprese inadempienti, i cui costi vengono scaricati sui contribuenti in regola, come peraltro accaduto altresì con alcune misure in materia fiscale introdotto nel decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113;
l'annoso problema della complicata ed eccessiva burocrazia, che affligge il sistema produttivo italiano e si pone come freno alla crescita economica del Paese, viene del tutto ignorato, non intuendo come una riforma volta alla semplificazione delle pratiche burocratiche consentirebbe di attrarre maggiori investimenti italiani e stranieri, producendo così un effetto positivo a "cascata" su tutto il mondo del lavoro, sbloccando investimenti e aumentando la ricchezza del nostro Paese;
altro comparto da cui il Governo sembra voler attingere per finanziare la propria "strategia di bilancio" è quello della previdenza sociale. Il PSB delinea il prolungamento dell'età lavorativa tramite incentivi alla permanenza nel mercato del lavoro, modifiche sui criteri di accesso al pensionamento e la revisione e superamento dell'obbligatorietà di ingresso in quiescenza dei dipendenti pubblici attraverso soluzioni che consentano un allungamento della vita lavorativa e il trattenimento da parte della PA delle risorse ad elevata competenza: nel PSB quindi non è previsto in alcun modo una revisione della cosiddetta "riforma Fornero" (articolo 24 , decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201), bensì nella intenzioni del Governo si fa strada una riforma del sistema pensionistico con la medesima ratio, aumentando l'età pensionabile dei lavoratori, in evidente contraddizione con le dichiarazione elettorali della forze politiche della maggioranza di governo che da anni promettono di superare la suddetta riforma Fornero e ad abbassare l'età pensionistica;
nella previsione del riordino delle spese fiscali, inoltre, tra gli indicatori del PSB si prevede «l'allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina e/o politiche di riordino delle agevolazioni presenti in materia energetica»: se tale misura venisse attuata, saremmo di fronte a un clamoroso passo indietro della maggioranza di Governo, la quale per anni ha sempre dichiarato l'intenzione di abolire l'aliquota sulle delle accise del diesel e benzina;
sull'eventuale aumento delle accise per il diesel, inoltre, l'Unione energie per la mobilità (Unem) ha diffuso una nota nella quale calcola il possibile impatto sulle famiglie nel caso in cui l'accisa sul diesel fosse allineata a quella della benzina, segnalando come l'eventuale esborso delle famiglie sarebbe di quasi 2 miliardi di euro, circa 70 euro l'anno per 26 milioni di famiglie: un costo gravoso e inaccettabile per le famiglie e cittadini, già alle prese con gli elevati costi dell'energia e degli alimenti che da due anni non paiono diminuire;
nella sezione relativa alle azioni di riforma e gli investimenti del PSB si sottolinea come «nei primi anni (2025 e 2026) l'attenzione sarà focalizzata sulla realizzazione delle iniziative incluse nel PNRR; diversamente, dal 2027 in poi, l'Italia proseguirà il cammino nella direzione intrapresa»: di fatto, appare evidente come la crescita produttiva del nostro Paese, per i prossimi due anni, sarà dovuta esclusivamente al PNRR, che l'attuale Governo ha avuto il demerito di rivedere meramente al ribasso e per il quale, ormai, l'Esecutivo ha accumulato ritardi e rinvii che ne mettono a repentaglio l'effettiva attuazione, con evidenti ripercussioni sull'economia reale e sull'affidabilità del Paese in termini di credibilità e attrattività degli investimenti;
sul piano degli investimenti infrastrutturali il PSB rimane sostanzialmente vago e carente, nonostante i numerosi guasti e ritardi spesso di portata nazionale (come verificatosi, da ultimo, lo scorso 2 ottobre, dove "un chiodo" sarebbe stata la causa della paralisi dell'intero sistema ferroviario italiano). La fragilità e vulnerabilità del sistema infrastrutturale italiano emerso negli ultimi anni, impone una decisa operazione di interventi e ammodernamenti, nonché azioni immediate volte a garantire affidabilità alla circolazione ferroviaria e stradale. Allo stesso modo, alla luce delle misure annunciate genericamente nel PSB in materia di investimenti infrastrutturali nelle ZES (dotazione di circa 564 milioni, 694 milioni includendo le risorse private) e per l'intermodalità e la logistica integrata, occorre rifuggire l'attuale approccio fatto proprio dall'Esecutivo, del tutto avulso da una qualsivoglia strategia di intervento che sia coerente con le esigenze del sistema-Paese, delineando un quadro di interventi preciso e coerente con le esigenze della produzione, con le vulnerabilità della rete infrastrutturale e con le prospettive di sviluppo economico di territori ad alto potenziale di crescita;
il nostro Paese nei prossimi anni è chiamato a un importante e radicale cambio di passo nel sistema di approvvigionamento dell'energia: sul punto, il PSB risulta essere un semplice "prolungamento" delle misure previste dal PNRR, confermando la poca lungimiranza dell'Esecutivo in materia di strategia negli investimenti nel settore dell'energia e delle connesse infrastrutture energetiche;
dal PSB emerge chiaramente la mancanza di volontà di garantire risorse economiche e strumentali al comparto della sicurezza e delle Forze dell'ordine: sebbene il Governo si dichiari "vicino" alle istanze dalle Forze dell'ordine, nei due anni di governo, e come confermato anche nel PSB, non pare intenzionato a risolvere le carenze di organico, i ritardi nei pagamenti degli straordinari e i tagli alle pensioni. In questo contesto i dati del Ministero dell'interno certificano il forte incremento della criminalità degli ultimi due anni, causati anche dalle scarse risorse messe a disposizione: occorre garantire alle Forze dell'ordine e ai Vigili del fuoco risorse umane e finanziarie adeguate, anche alla luce delle tensioni internazionali e dei possibili risvolti sul piano della sicurezza interna;
per quanto attiene all'istruzione, il PSB ignora del tutto il tema della carenza di insegnanti, anche di sostegno, del precariato e della bassa retribuzione della categoria, così come manca di considerare la necessità di riprendere il percorso di ammodernamento e messa in sicurezza degli edifici scolastici;
sul piano della sanità rimane del tutto insoluto l'abbattimento delle liste d'attesa, come desta preoccupazione la mancata previsione, all'interno del PSB, di alcuna azione nei prossimi 5 anni volta ad implementare il sistema della prevenzione, sia destinando fondi al fine di definire un sistema maggiormente collaudato ed efficiente, che attraverso la miglioria degli strumenti necessari: su quest'ultimo punto, in particolare, organi di stampa riportano come un terzo dei macchinari diagnostici in Italia abbia più di 10 anni, soglia considerata dagli esperti determinante per la precisione e l'accuratezza dell'analisi, pertanto ravvisando come la corretta diagnosi di prevenzione, una volta su tre, sia relegata al caso e fortemente correlata alle disuguaglianze regionali in materia di sanità;
il PSB, pur segnalando la necessità di interventi volti al potenziamento del servizio sanitario nazionale, non delinea alcuna strategia - se non, anche in tal caso, affidandosi alle misure del PNRR - su come attuarlo, non specificando in primo luogo in termini quantitativi i finanziamenti necessari per tale potenziamento e in secondo luogo su come reperirli: a tal proposito si rammenta come sarebbe potuto risultare decisivo accedere ai fondi previsti dal Pandemic Crisis Support nell'ambito del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes), i quali avrebbero consentito investimenti una tantum per migliorare le dotazioni e le infrastrutture sanitarie, ponendo in essere interventi di edilizia ospedaliera volti alla manutenzione, alla modernizzazione ed all'adeguamento delle strutture, con un aumento in termini di posti letto, valorizzando altresì il personale sanitario;
il PSB ignora del tutto la fondamentale tematica della difesa del potere d'acquisto delle famiglie, che nei due anni del Governo Meloni ha visto qualche risposta solo ed esclusivamente a una platea estremamente circoscritta della popolazione, mentre il ceto medio - che contribuisce al finanziamento della spesa pubblica per il 75 per cento - continua a vedersi ignorato e oberato di nuove imposte (o maggiorazioni di queste, anche solo indirette) per sostenere misure di corto respiro a beneficio di pochi, mentre l'inflazione e il carrello della spesa continua a erodere il valore reale del proprio stipendio;
del pari, il PSB ignora del tutto la necessità di sostenere i professionisti, gli artigiani e le piccole e medie imprese quali componenti fondamentali del tessuto socio-economico-produttivo del Paese, che anzi rischiano diventare, nelle intenzioni del Governo, ancora una volta i soggetti privilegiati su cui caricare la maggiore pressione fiscale annunciata dall'Esecutivo, a totale detrimento dell'occupazione e della crescita;
il disinteresse verso famiglia, imprese e professionisti è evidente anche nella volontà di strutturale l'obbligo, introdotto dal Governo, di stipula - in determinate circostanze - di assicurazioni per i disastri causati da calamità naturali, introducendo nei fatti - seppur indirettamente - una nuova tassa per milioni di cittadini, invece che predisporre misure volte alla prevenzione e la sicurezza del territorio, come era previsto dalla Struttura di Missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture, cosiddetta "Italia Sicura", introdotta dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 maggio 2014, e abrogata successivamente senza alcuna ratio, che nel corso degli anni ha promosso piani di investimenti e semplificazioni in materia di dissesto idrogeologico, ottenendo ottimi risultati come lo sblocco di 2.2 miliardi (accumulati dal 2000 al 2014) e investiti in opere volte a rendere più sicure le infrastrutture italiane da eventuali calamità naturali;
nel PSB viene totalmente sottovalutato le drammatiche conseguenze della siccità, che ormai da anni sta colpendo il nostro Paese, arrecando ingenti danni al sistema agricolo e produttivo del Paese: la già citata "Italia Sicura", aveva tra le proprie funzioni i compiti di mitigare i rischi derivanti dalle carenze idriche, destinate ad aggravarsi in considerazione delle elevate temperature e dall'incremento dei prelievi d'acqua a uso idropotabile e irriguo, quindi, provvedendo ad una manutenzione costante dei letti dei corsi d'acqua e degli invasi, insieme ad un continuo monitoraggio di corsi d'acqua, fiumi, laghi, ghiacciai e di tutte le acque interne e a investimenti concreti sugli impianti di desalinizzazione;
il PSB, pur riconoscendo l'esigenza di aumentare l'azione di rafforzamento della cybersicurezza e la spesa nel settore, non considera in alcun modo l'istituzione di un'Agenzia sulla disinformazione che possa contrastare l'implementazione di tecniche di guerra ibrida, fake news e deep fake che sempre più spesso si propongono di interferire con le libertà democratiche al fine di utilizzarle contro lo stesso metodo democratico;
il PSB ignora completamente le problematiche legate alla bassa remunerazione del lavoro e al tema dell'occupazione giovanile, dimostrando un vero e proprio disinteresse verso le nuove generazioni e il perseguimento di un sistema salariale che garantisca ai nostri giovani le stesse opportunità che avrebbero negli altri Paesi europei, anche al fine di contrastare la cosiddetta "fuga dei cervelli" e mettere le nuove generazioni in condizioni di poter progettare il proprio futuro lavorativo e privato in serenità, contribuendo inoltre alla crescita industriale e professionale del nostro Paese, anche in un'ottica di sostegno alla natalità. Pertanto sono necessarie misure come il "reddito di formazione", finalizzato a sostenere economicamente gli studenti meritevoli chiedendo a quest'ultimi come condizione di restare a lavorare in Italia, incentivando così le nuove generazioni a restare nel nostro Paese e contribuire al progresso della società;
anche le misure volte a contrastare la tendenza negativa della natalità sono rimesse all'implementazione delle misure previste dal PNRR, non delineando in alcun modo, all'interno del PSB, una visione politica e di futuro che possa fornire strumenti (quali aiuti per l'acquisto o l'affitto della casa, congedi parentali paritari, aumenti salariali e responsabilità delle aziende) e aiutare le famiglie che hanno un progetto comune di genitorialità;
per sostenere le nuove generazioni e renderli indipendenti è fondamentale fornire sostegno e incentivi sull'acquisto delle abitazioni. Sul punto appare sconcertante che all'interno del PSB non si faccia alcun cenno al evidente problema abitativo che affligge il nostro Paese, il quale ritarda l'indipendenza delle nuove generazioni, costrette e ad "appoggiarsi" al sostegno familiare: alla luce delle mancanze all'interno del PSB, è importante che le cosiddette agevolazioni «prima casa under 36», introdotte dal decreto-legge 25 maggio 2021, n.73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, vengano confermate e rese strutturali, fornendo così agevolazioni e aiuti alle giovani ragazze e ragazzi che intendono acquistare la loro prima casa;
non vi è alcun piano economica e finanziario finalizzato la costruzione e il rifacimento degli alloggi popolari in tutta il Paese, nonostante sia urgente e necessario che nei prossimi anni si predisponga un "Piano Casa" volto a migliorare ed a implementare il numero degli alloggi popolari tramite specifiche misure di edilizia residenziale pubblica, fondamentali per mettere in sicurezza le abitazioni attualmente in uso e risolvere il problema abitativo;
il PSB, inoltre, in materia di politiche giovanili, non presenta alcuna visione politica ed economica per la crescita culturale e sociale delle nuove generazioni, relegando anche in tal caso alcuni spunti di riforma al PNRR: sarebbe di fondamentale importanza reintrodurre la cosiddetta «18App», introdotta nella legge di stabilità 2016 e presa a modello da diversi Stati dell'Unione europea, che ha consentito ai tutti i neomaggiorenni - senza distinzioni sulla base del calcolo ISEE e/o il voto di maturità, come invece previsto dalle ultime modifiche del governo in materia - la possibilità di accedere alle attività culturali, al fine di includere la più ampia diffusione della cultura tra i giovani maggiorenni italiani;
appare del tutto carente la definizione di politiche di inclusione delle persone con disabilità, le quali vengono spogliate di qualsiasi visione strategica, senza considerare la necessità di calare le stesse all'interno del mutato contesto sociale, che richiederebbe la previsione e il rafforzamento di percorsi di inclusione scolastica e lavorativa specifici, servizi per la non autosufficienza, nonché di accesso a prestazioni sociali secondo modelli disegnati sulle specifiche esigenze delle persone interessate;
il tema delle politiche di genere viene integralmente rimesso all'attuazione delle misure approvate con il PNRR nel luglio 2021, senza considerare che il percorso ivi avviato rappresentava solo l'inizio di una progressiva implementazione di normative volte a garantire la parità di genere sul piano retributivo e occupazionale, nonché la conciliazione lavoro-famiglia in un'ottica di genitorialità paritaria, favorendo il reinserimento lavorativo per le neomamme e contrastando la fuoriuscita dal mondo del lavoro in caso di maternità, prevedendo misure volte a garantire l'assenza di qualsiasi pregiudizio di sorta che possa inficiare la carriera e le prospettive di vita della donna lavoratrice;
il PSB mostra in maniera incontrovertibile come l'intenzione del Governo sia quella di tagliare la spesa pubblica, confermare e rafforzare la riforma Fornero, aumentare le entrate con nuove e maggiori imposte, dismettere le partecipazioni pubbliche e rinunciare a qualsivoglia strategia di politica industriale e infrastrutturale che possa conferire competitività al nostro Paese, puntando a una crescita del tutto inerziale e derivante dal PNRR, lasciando del tutto sullo sfondo il tema della tutela del potere d'acquisto delle famiglie e del ceto medio, del sostegno ai professionisti e alle piccole e medie imprese, della crisi della natalità, dei giovani, dell'inclusione delle persone con disabilità, dell'istruzione e della cultura, col chiaro intento di acuire le diseguaglianze e non offrire risposta alcuna ai numerosi allarmi sociali che, a partire dall'incremento della criminalità (ad ogni livello), vedono i cittadini sempre più isolati e senza il sostegno di politiche di prospettiva nell'affrontare del presente e del domani;
impegna il Governo:
1) a rendere strutturali la rimodulazione delle aliquote IRPEF, il taglio al cuneo fiscale e contributivo, senza rimandare, di anno in anno, l'eventuale conferma degli stessi;
2) a rendere noti i dettagli del programma di dismissioni della partecipazioni pubbliche al fine di consentire al Parlamento e agli elettori di valutare le singole operazioni in termini di costi-benefici e rendere noti quali siano le reali entrate derivanti dalle cessioni, in ogni caso definendo e condividendo col Parlamento una strategia che non pregiudichi l'operatività di imprese fondamentali per crescita e sviluppo del Paese;
3) a escludere sin da subito l'aumento della pressione fiscale, diretta e indiretta, in particolare escludendo che i meccanismi di tax compliance diventino condoni, i cui costi successivamente verrebbero scaricati sui contribuenti, nonché escludere una tassazione sui cosiddetti "extraprofitti", scongiurando nuovi e maggiori oneri fiscali - diretti e indiretti - a carico di professionisti, artigiani e imprese;
4) a promuovere una riforma strutturale volta a semplificare l'eccessiva burocrazia che ormai da anni sta bloccando la crescita produttiva ed economica del nostro Paese, respingendo investimenti (italiani e stranieri) e ponendosi come ostacolo quotidiano per le piccole e medie imprese e i lavoratori;
5) a rivedere le stime sulla crescita al fine di renderle maggiormente coerenti con le previsioni dei principali organismi finanziari internazionali;
6) a garantire che l'età pensionabile non venga innalzata e che i meccanismi di prolungamento dell'età lavorativa non si traducono in maggiori oneri a carico della collettività e siano scelti a discrezione del lavoratore senza che l'opzione per il pensionamento lo pregiudichi;
7) a escludere ogni aumento delle accise sui carburanti e finanziare il percorso di riduzione delle stesse più volte annunciato dal Governo durante la campagna elettorale;
8) a garantire che i tagli alla spesa pubblica annunciati dal Governo non inficino i livelli essenziali delle prestazioni e diritti sociali e, in ogni caso, che gli eventuali definanziamenti siano posti all'attenzione del Parlamento in via preventiva, tramite la trasmissione, da parte del Governo, di un'apposita relazione che indichi le voci di spesa ridotte, il loro finanziamento negli anni precedenti e il loro impatto su cittadini e imprese;
9) a definire una strategia di sviluppo infrastrutturale coerente con le esigenze del sistema-Paese e col tessuto economico-produttivo, garantendo il coinvolgimento del Parlamento e dei privati nella definizione di un piano di interventi urgenti volti a garantire l'operatività del sistema ferroviaria, stradale, navale, aereo e intermodale dell'Italia, nonché ad assicurare la piena realizzazione delle relative prospettive di sviluppo;
10) a promuovere un piano economico e finanziario che sia volto ad implementare il sistema dell'approvvigionamento energetico e delle infrastrutture connesse, al fine di rendere il nostro Paese autonomo e combattere la crisi energetica che negli ultimi due anni ha colpito in modo deciso il sistema produttivo e le famiglie;
11) a garantire alle Forze dell'ordine e ai Vigili del fuoco risorse umane e finanziarie adeguate, anche alla luce delle tensioni internazionali e dei possibili risvolti sul piano della sicurezza interna;
12) a istituire l'Agenzia sulla disinformazione e la sicurezza cognitiva - alla stregua dei vari Paesi europei che si sono già dotati di simili enti e agenzie - in considerazione delle costanti e recenti minacce di natura ibrida da parte di Stati stranieri che rischiano di minare la sicurezza nazionale e che impongono una riorganizzazione del Sistema di informazione della nostra Repubblica, a tutela dell'esercizio delle libertà democratiche e dello stesso funzionamento della democrazia;
13) ad assicurare risorse sufficienti a superare precariato insegnanti, garantire insegnanti di sostegno, rafforzare gli organici dei docenti e personale ATA, aumentare i salari degli insegnanti, ammodernare e mettere in sicurezza edifici scolastici;
14) a finanziarie il sistema sanitario nazionale al fine di abbattere le liste d'attesa, implementare il sistema di prevenzione e ammodernare la strumentistica e l'edilizia ospedaliera, nonché a rafforzare gli organici del personale medico-sanitario, infermieristico e assistenziale, adeguando i relativi trattamenti economici alla luce della domanda di lavoro maturata all'estero per tale personale;
15) ad attivarsi in seno alle istituzioni europee al fine di promuovere la riapertura della linea di credito prevista dal MES sanitario, al fine di avviare un percorso, serio e concreto, di rafforzamento e modernizzazione del sistema sanitario nazionale;
16) a difendere il potere di acquisto delle famiglie e del ceto medio, superando il ricorso sistematico all'ISEE e a condizioni peculiari per riservare le poche misure di sostegno al reddito a un numero ridottissimo di famiglie;
17) a ripensare la strategia di contrasto alle calamità naturali, non aggiungendo - direttamente e indirettamente - alcun tipo di onere finanziario attraverso l'imposizione di obblighi assicurativi, bensì ricostituendo la struttura di missione "Italia Sicura", quale strumento indispensabile per prevenire e contrastare, con un approccio coordinato e concreto, il tema del dissesto idrogeologico e della siccità;
18) ad adottare misure volte a sostenere l'occupazione giovanile, favorire l'incremento della remuneratività di quest'ultimo e promuovere l'emancipazione attraverso politiche di supporto che consentano ai giovani di progettare il proprio futuro con serenità e prospettiva, anche in un'ottica di sostegno alla natalità;
19) ad introdurre, in materia di politiche di lavoro giovanile, il cosiddetto "reddito di formazione" finalizzato a sostenere economicamente gli studenti meritevoli chiedendo a quest'ultimi come condizione di restare a lavorare in Italia, e le agevolazioni per rientro in Italia dei giovani lavoratori impatriati (cosiddetto rientro dei cervelli) introdotte a partire dall'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo del 14 settembre 2015, n. 147, successivamente dimezzate e rimodulate in minus dall'attuale Governo con l'approvazione del decreto legislativo n. 209 del 27 dicembre 2023;
20) a ripristinare e rendere strutturale le cosiddette agevolazioni «prima casa under 36», introdotte dal decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, fornendo così agevolazioni e aiuti alle giovani ragazze e ragazzi che intendono acquistare la loro prima casa e rendersi indipendenti attraverso la detassazione degli acquisti;
21) a predisporre un "Piano Casa" volto a migliorare ed a implementare il numero degli alloggi popolari tramite specifiche misure di edilizia residenziale pubblica, fondamentali per mettere in sicurezza le abitazioni attualmente in uso e risolvere il problema abitativo che affligge il nostro Paese;
22) a reintrodurre la cosiddetta «18App» o «Bonus Cultura», che prevedeva un voucher di 500 euro per l'acquisto di «prodotti culturali» destinato alle giovani e ai giovani al raggiungimento del diciottesimo anno di età, erogato a tutti neomaggiorenni senza alcuna esclusione in base al calcolo ISEE e/o il voto di maturità, come invece previsto dalle ultime modifiche del governo in materia;
23) a finanziare politiche di inclusione delle persone con disabilità volte a rafforzare i percorsi di inclusione scolastica e lavorativa specifici, nonché di accesso a prestazioni sociali secondo modelli disegnati sulle specifiche esigenze delle persone interessate;
24) a prevedere e definire politiche di genere che possano garantire la parità di genere sul piano salariale e di accesso al lavoro, nonché la conciliazione lavoro-famiglia in un'ottica di genitorialità paritaria, favorendo il reinserimento lavorativo per le neomamme e contrastando la fuoriuscita dal mondo del lavoro in caso di maternità, prevedendo misure volte a garantire l'assenza di qualsiasi pregiudizio di sorta che possa inficiare la carriera e le prospettive di vita della donna lavoratrice.
(6-00106) n. 2 (09 ottobre 2024)
Patuanelli, Pirro, Damante, Maiorino, Di Girolamo, Nave, Turco, Aloisio, Bevilacqua, Bilotti, Castellone, Castiello, Cataldi, Croatti, Barbara Floridia, Guidolin, Ettore Antonio Licheri, Sabrina Licheri, Lopreiato, Lorefice, Marton, Mazzella, Naturale, Pirondini, Scarpinato, Sironi
Preclusa
Il Senato,
esaminato il Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029 (Doc. CCXXXII, n. 1);
premesso che:
il documento in esame, il Piano strutturale di bilancio (PSB), segna la tappa di avvio della procedura di bilancio ridisegnata (parzialmente per ora) dalla riforma della governance economica della UE;
i dati contenuti nel Piano rilevano che contrariamente a quanto previsto nel documento di economia e finanza (DEF) del 2023, il debito pubblico italiano si è attestato al 134,8 per cento rispetto ad una previsione del 137,3 per cento, ma presto le lancette del debito torneranno a salire in modo deciso, e dovrebbero portarsi al 137,1 per cento nel 2025 e al 138,3 per cento nel 2026; il rapporto debito/PIL, dunque, solo dal 2027 inizierà un percorso di discesa, in linea con le nuove regole che prevedono che si riduca, in media, di 1 punto percentuale di PIL successivamente all'uscita dalla procedura per deficit eccessivi;
l'architettura del Piano poggia su un obiettivo di crescita della spesa netta media vicino all'1,5 per cento, nel periodo 2025-2031, compatibile con il profilo stimato dalla Commissione e che quindi garantirebbe una correzione media annua del saldo primario strutturale di 0,62 punti percentuali del PIL (0,6 p.p. se si considera solo la correzione lineare ottenuta dalla DSA); l'aggiustamento in termini strutturali segue poi un profilo crescente: nei primi tre anni la correzione richiesta è pari a 0,6 punti percentuali del PIL, mentre, a partire dal 2028 e fino al 2030, la correzione risulta leggermente più alta (0,67 nel 2028, per poi ridursi fino a 0,64 punti percentuali del PIL nel 2030);
il Governo ha rivisto al ribasso la stima di quest'anno del deficit in termini di PIL dal 4,3 per cento indicata nel DEF di aprile al 3,8 per cento e ha confermato l'obiettivo di ridurre l'indebitamento a meno del 3 per cento del PIL nel 2026; tale obiettivo è incorporato nell'elaborazione della traiettoria di spesa netta del Piano, che lungo il periodo 2025-2031 prevede un tasso di crescita pari in media a quello calcolato dalla Commissione, ma differisce in termini di valori puntuali nei diversi anni;
per quel che riguarda l'andamento del PIL il Governo ha confermato la stima di crescita del DEF per il 2024, pari a l'1 per cento, mentre la crescita del PIL nominale è stata leggermente rivista al ribasso;
per gli anni successivi il PSB prevede una crescita inferiore rispetto a quella prevista dal DEF 2024: 0,9 per cento nel 2025 (1,2 per cento DEF), 1,1 per cento nel 2026 (invariato), 0,7 per cento nel 2027 (0,9 per cento DEF), 0,8 per cento nel 2028 e dello 0,7 per cento nel 2029;
tenuto conto che:
a partire dai dati del PIL, l'intera struttura del Piano rischia di poggiarsi su basi assai poco solide e su previsioni fuorvianti, prova ne sono i preoccupanti dati che l'Istat ha fornito lo scorso 4 ottobre, a seguito della revisione generale dei conti nazionali operata il 23 settembre, che ha comportato una modifica delle stime trimestrali del Prodotto interno lordo per il 2024;
il nuovo profilo delle serie trimestrali relativamente alla prima parte del 2024 ha rilevato la minore crescita attribuita agli ultimi trimestri del 2023, comportando una correzione verso il basso della crescita acquisita per l'anno in corso, ora pari allo 0,4 per cento (contro lo 0,6 per cento precedente). Questi dati evidenziano, dunque, che la stima di crescita del PIL all'1 per cento per l'anno 2024 è già da ora da ritenersi irraggiungibile. Lo stesso Ministero dell'economia si è trovato costretto ad ammettere che "anche tenendo conto dell'impatto favorevole dei giorni lavorati, una stima realistica di variazione del PIL al momento oscilla tra 0,8 e 0,9 per cento" (Nota settimanale dipartimento del tesoro, 4 ottobre 2024);
a "sugellare" il rallentamento del PIL sono stati i rappresentanti di Bankitalia, in sede di audizione del PSB, confermando che la revisione dei conti economici trimestrali pubblicata dall'Istat, non inclusa nel quadro, comporterà una correzione meccanica al ribasso di due decimi di punto percentuale della stima per l'anno in corso;
tali rilevazioni smentiscono, dunque, le dichiarazioni del ministro Giorgetti che, solo pochi giorni prima - pur ammettendo le criticità derivanti dalla situazione complessiva internazionale che "inevitabilmente condizionerà l'economia a livello mondiale e l'economia del nostro Paese" - aveva dichiarato "realistico" l'obiettivo dell'1 per cento del PIL per il 2024, e destano forti perplessità sulla solidità e attendibilità del Piano nella sua interezza;
le preoccupazioni relative all'attendibilità dei dati macroeconomici pubblicati dall'Esecutivo sono acuite dalla nota con cui l'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) ha reso noto l'esito dell'esame delle previsioni contenute nel Piano. Infatti, il 25 settembre l'UPB, pur validando il Piano, si è espresso molto cautamente, sottolineando che le previsioni del Governo si collocano nella fascia superiore delle stime accettabili del panel. Inoltre, la validazione delle stime è condizionata dal consolidamento di due fattori chiave: l'effettiva e tempestiva realizzazione dei progetti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e la stabilità dello scenario internazionale, senza ulteriori deterioramenti delle condizioni geopolitiche. L'UPB ha ribadito che, se tali condizioni non venissero rispettate, le prospettive di crescita potrebbero rapidamente deteriorarsi, rendendo difficoltosa la realizzazione degli obiettivi di bilancio;
con la crescente instabilità del quadro geopolitico internazionale, che vede in costante espansione le aree di crisi, soprattutto nel Medio Oriente, e la irrisolta difficoltà di attuazione delle riforme legate al PNRR, le prospettive di crescita per il resto del 2024 e per gli anni successivi rischiano davvero di essere drammaticamente ridimensionate dall'evolversi degli eventi;
in particolare, occorre ribadire la centralità che riveste per l'Italia la corretta, rapida ed efficace attuazione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza e la sua importanza per la crescita economica e strutturale del nostro Paese. Lo stesso Governo ne ammette il fondamentale contributo, avendo scelto di distribuire l'aggiustamento della finanza pubblica su sette anni (anziché quattro), a fronte di un impegno a proseguire il percorso di riforme e investimenti previsto dal PNRR;
considerato che:
su questo tema, purtroppo, l'allarme è crescente. Basti considerare il fatto che a breve il ministro Raffaele Fitto si sposterà in Europa nella veste di commissario UE e che la Presidente del Consiglio dovrà riassegnare le deleghe in materia di PNRR, con conseguente accumulo di (nuovi) ritardi e (nuove) incertezze dell'azione politica e amministrativa, già evidente in queste settimane, che indebolirà ulteriormente il processo attuativo del Piano soggetto già a gravi disagi;
finora il PNRR ha generato solo 1/3 della crescita attesa rispetto alle stime iniziali, preso atto che il PSB valuta l'impatto degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza pari allo 0,7 per cento del PIL nel 2024, in confronto alle stime di un anno fa che attestavano un impatto pari al 2,2 per cento;
lo stesso PSB evidenzia alcune lacune del PNRR, legate alla complessità della governance multilivello, che ha richiesto uno sforzo significativo per coordinare le diverse amministrazioni locali e nazionali, e alla difficoltà nel completare tutte le 618 misure e riforme del piano entro i tempi stabiliti. Parte di questi ostacoli derivano dalla debole efficacia di capacità amministrativa, in particolare nella Pubblica Amministrazione che soffre di un deficit di competenze e della mancanza di aggiornamento del personale (mediamente troppo anziano), e dalla scarsa e lenta incisività che tuttora condiziona il processo di digitalizzazione, elemento cruciale per diverse missioni del PNRR. A tali problematiche si deve aggiungere la consapevolezza che le riforme per migliorare l'efficienza degli appalti pubblici e della concorrenza, necessari per favorire un ambiente imprenditoriale dinamico, procedono a rilento;
preso atto che:
la lettura del PSB desta preoccupazione anche sul fronte dell'assenza di risorse specifiche per gli investimenti e degli effetti negativi che una progressiva riduzione dell'incidenza primaria della spesa primaria sul PIL e di una minore spesa per i contributi agli investimenti (per effetto del ridimensionamento dei bonus edilizi) rischiano di determinare in materia di investimenti e sulla crescita del Paese; anche Bankitalia si è dichiarata perplessa rispetto alla mancanza di dettagli sufficienti per la valutazione complessiva degli interventi prospettati nel PSB, in particolare sulla legge quadro sulle PMI e sulle misure volte al potenziamento dei mercati dei capitali;
sul tema del contenimento della spesa è opportuno ribadire l'allarme lanciato dai rappresentanti dell'ANCI, in sede di audizione sul PSB, che hanno posto l'accento sul fatto che qualsiasi manovra di contenimento della spesa e delle risorse disponibili mette a rischio l'erogazione di servizi essenziali e può semmai essere concepita solo a livello di comparto e su un orizzonte pluriennale;
gli investimenti pubblici, sostenuti dal PNRR, sono destinati a rallentare dopo il 2026, con una previsione di una leggera contrazione dal 2027. Questo calo degli investimenti potrebbe frenare il contributo alla crescita, soprattutto in settori chiave come infrastrutture e innovazione;
gli ultimi dati Istat sul fronte della produzione industriale dovrebbero far riflettere il Governo su questo punto: nel luglio 2024 si è riscontrata la diciottesima frenata consecutiva mensile. Si tratta di un trend che sta assumendo dimensioni drammatiche. Dalla seconda metà del 2022, quando è iniziata la fase discendente successiva al rimbalzo post-pandemia, la produzione industriale è scesa del 6,7 per cento e le prospettive non paiono confortanti, dal momento che l'Istat tiene a precisare, nella sua nota sull'andamento dell'economia diffusa, che "la fase di discesa dell'indice della produzione industriale non sembra ancora conclusa";
anche il pacchetto Transizione 5.0, ereditato dal Governo Conte che lo ha reso uno degli strumenti più efficaci degli ultimi anni in materia di innovazione e crescita strutturale del comparto produttivo, stenta a decollare a causa della complessità nell'accesso alle agevolazioni, dimostrata dai ritardi del Ministero delle imprese e del made in Italy nell'emanazione dei provvedimenti attuativi. Attualmente è difficile prevedere l'impatto che tali misure avranno sulla competitività delle imprese e se davvero potranno contribuire in modo così incisivo alle previsioni di crescita del Governo. Anche su questo punto il PSB non fornisce alcuna indicazione sull'eventuale intenzione del Governo di destinare risorse nazionali a un Piano nazionale di sostegno agli investimenti oltre l'orizzonte temporale del PNRR;
all'interno del Piano sono, inoltre, da considerarsi assolutamente insufficienti le misure per lo sviluppo del Mezzogiorno, che dovrebbero rappresentare una priorità nell'agenda politica nazionale: le incertezze relative alla implementazione della Zona economica speciale sono l'emblema dell'inadeguatezza di questo Governo nel confrontarsi con sfide strutturali e di sistema;
constatato che:
andrà attentamente monitorata l'attività dell'Esecutivo, prospettata nel PSB, relativa alla razionalizzazione e semplificazione delle aree di imposizione fiscale e al riordino delle spese fiscali (tax expenditures) in determinati ambiti di tassazione, come l'allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina e/o politiche di riordino delle agevolazioni presenti in materia energetica;
in ambito di agevolazioni, giova sottolineare quanto riportato dalla Corte dei ocnti in sede di audizione relativa al provvedimento in esame. Nello specifico, la Corte, prendendo spunto dai non pochi passaggi in cui lo stesso Piano prevede un allargamento o una conferma degli incentivi, afferma che "l'obiettivo della riduzione dei regimi agevolativi e della semplificazione del sistema sembra dunque mancare di una visione complessiva";
al tempo stesso, occorre continuare a verificare che il processo di decarbonizzazione del sistema economico ed industriale persegua in modo efficace la progressiva eliminazione dei sussidi dannosi all'ambiente mediante la tempestiva definizione di appositi indicatori per gli investimenti ecosostenibili, destinando le relative risorse all'incentivazione di processi produttivi e di consumo con minore impatto ambientale e a misure compensative per le famiglie e le imprese interessate da tali processi;
riscontrato che:
specifica attenzione deve essere dedicata alle misure finalizzate al lavoro e all'occupazione. In questo ambito il PNRR attualmente ci consegna uno dei dati più sensibili: le riforme delle politiche attive del mercato del lavoro hanno raggiunto, a oggi, solo il 43 per cento dei traguardi e obiettivi prefissati. Si tratta della percentuale più bassa di tutti gli interventi PNRR. Ciò significa che il cronoprogramma prevede un numero proporzionalmente molto elevato (57 per cento) di obiettivi e traguardi da raggiungere negli anni finali del Piano, con tutte le incognite e i dubbi che possono giustificatamente sorgere rispetto al successo di tali strategiche misure;
a queste considerazioni deve aggiungersi il fatto che il Programma garanzia per l'occupabilità dei lavoratori (GOL) - il cui obiettivo è qualificare 2,7 milioni di persone entro il 2026 - ha finora avuto un impatto inferiore alle aspettative, contribuendo solo marginalmente alla riduzione della disoccupazione e all'incremento delle competenze professionali. Inoltre, il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro è ancora molto basso (circa il 56 per cento nel 2023, ben al di sotto della media europea), indicando che permangono forti ostacoli all'inclusione e all'uguaglianza di genere nel settore lavorativo;
un altro tema di grande rilievo è costituito dalla necessità di introdurre il salario minimo nel nostro Paese. In Italia, infatti, manca una normativa nazionale che fissi un salario minimo legale, nonostante un acceso dibattito in sede parlamentare e a livello sociale. Al 2023 circa 3 milioni di lavoratori percepiscono una retribuzione inferiore a 9 euro l'ora. La proposta del salario minimo è una delle misure che potrebbe contrastare fenomeni di povertà lavorativa e garantire una maggiore equità nelle retribuzioni. Purtroppo, il Governo si è opposto con fermezza alle proposte presentate in sede parlamentare dal M5S;
l'attività parlamentare della maggioranza in tema di lavoro e occupazione ha sollevato ulteriori preoccupazioni recentemente, poiché sembra intenzionata a indebolire le tutele dei lavoratori attraverso la modifica di alcune norme a loro salvaguardia. A titolo esemplificativo si evidenziano le modifiche apportate alla Camera dei deputati sul cosiddetto Collegato lavoro, in tema di "dimissioni in bianco";
rilevato che:
il settore sanitario deve continuare a costituire uno degli asset strategici del nostro Paese e le previsioni contenute a tal riguardo nel PSB appaiono del tutto insufficienti a garantire adeguata tutela dei soggetti più fragili e opportuno sostegno a tutti gli operatori coinvolti; resta imprescindibile assicurare la sostenibilità economica e sociale del Servizio sanitario nazionale attraverso un organico programma di investimenti e adeguamenti economici finalizzato a valorizzare in termini professionali ed economici i professionisti sanitari;
a tal fine è quanto mai opportuno riportare il grido d'allarme lanciato dall'associazione Gimbe nel 7° Rapporto sul servizio sanitario nazionale, appena pubblicato, nel quale si afferma "che la tenuta del SSN è prossima al punto di non ritorno, che i principi fondanti di universalismo, equità e uguaglianza sono stati ormai traditi e che si sta lentamente sgretolando il diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare per le fasce socio-economiche più deboli, gli anziani e i fragili, chi vive nel Mezzogiorno e nelle aree interne e disagiate.";
per scongiurare tali catastrofiche previsioni devono essere immediatamente stanziate maggiori risorse per programmare nuove assunzioni e incentivare i professionisti del settore, facendoli operare in un contesto di sicurezza, nonché per ridurre le liste d'attesa per le prestazioni specialistiche, assicurando in tal modo maggiore efficienza delle prestazioni erogate dalla sanità pubblica, contrastando la fuga dei medici dal SSN e rendendo attrattivo il lavoro pubblico;
alla luce delle considerazioni esposte in premessa e del mutato quadro delle regole della governance economica europea, appare quindi oltremodo necessario che i prossimi provvedimenti di natura economica siano improntati all'adozione delle misure che seguono,
impegna il Governo:
1) in materia di lavoro e occupazione:
a) a rafforzare le politiche di inclusione e tutela del lavoro: ripristinando e riorganizzando il Reddito di cittadinanza, potenziando le politiche pubbliche per contrastare povertà ed esclusione sociale, attraverso progetti personalizzati di inclusione sociale e lavorativa; promuovendo la completa attuazione della direttiva (UE) 2022/2041 e delle pronunce della Corte di cassazione, introducendo il salario minimo legale non inferiore a 9 euro orari, aggiornato annualmente, garantendo retribuzioni eque e dignitose per tutti i lavoratori e le lavoratrici; definendo una disciplina normativa che regoli la rappresentanza e rappresentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali, valorizzando i contratti collettivi firmati da soggetti comparativamente più rappresentativi, al fine di garantire certezze nelle relazioni industriali e superare la proliferazione di contratti non rappresentativi;
b) a promuovere un'occupazione stabile e inclusiva: favorendo la sperimentazione della riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario e avviando un confronto con le parti sociali per definire una strategia nazionale per il lavoro che contrasti la precarietà e incrementi la partecipazione lavorativa, con un focus su giovani, donne, Mezzogiorno e aree interne, in coerenza con la transizione ecologica; potenziando le politiche attive del lavoro, promuovendo l'inserimento lavorativo di giovani e donne, contrastando il lavoro sommerso e precarizzato e rafforzando gli incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato, nonché abolendo gli stage extracurriculari gratuiti;
c) a supportare l'evoluzione del sistema previdenziale e le misure a sostegno dei lavoratori: adeguando il sistema previdenziale con particolare attenzione a donne, giovani e lavori gravosi, aggiornando la lista dei lavori usuranti e garantendo prospettive pensionistiche dignitose; completando il sistema di tutele per i lavoratori autonomi, estendendo le misure già previste per i lavoratori dipendenti, come l'indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa; estendendo e migliorando il congedo di paternità obbligatorio, prevedendo una copertura retributiva al 100 per cento, sia per il congedo di maternità, che per quello di paternità, riducendo così il disincentivo economico all'utilizzo dei congedi parentali da parte dei padri;
d) a rafforzare le misure in materia di salute, sicurezza sul lavoro, lavoro agile, tutela aziende strategiche e controllo pubblico: definendo una nuova strategia nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro, con il pieno coinvolgimento delle parti sociali e del Parlamento, affrontando criticità come l'equiparazione delle tutele tra appalti pubblici e privati e l'eliminazione delle gare al massimo ribasso; ripristinando il lavoro agile, almeno per i lavoratori fragili, garantendo il pieno diritto al lavoro anche in situazioni di vulnerabilità; riconsiderando le ipotesi di privatizzazione di aziende partecipate o controllate dallo Stato, che potrebbero determinare precarizzazione del lavoro e riduzione dei livelli occupazionali, salvaguardando gli asset strategici del Paese;
2) in materia di salute e politiche sociali:
a) a garantire una sostenibilità economica effettiva ai livelli essenziali di assistenza (LEA) e soddisfare in modo più efficace le esigenze di pianificazione e di organizzazione nel rispetto dei principi di equità, di solidarietà e di universalismo, a prevedere che l'incidenza della spesa sanitaria sul PIL sia in linea con i Paesi del G7 e che non sia, comunque, inferiore alla media europea;
b) a superare la sperequazione esistente sul territorio nazionale, introducendo indicatori ambientali, socio-economici e culturali, nonché l'indice di deprivazione economica che tenga conto delle carenze strutturali presenti nelle Regioni o nelle aree territoriali di ciascuna Regione che incidono sui costi delle prestazioni sanitarie e sottraendo la salute da qualsiasi progetto volto a conferire ulteriori forme di autonomia alle realtà regionali;
c) a desistere da ogni ulteriore rinvio nell'erogazione effettiva dei LEA conseguente alla mancata adozione del nomenclatore tariffario;
d) a procedere ad un'azione strutturale di incremento delle risorse umane da destinare al funzionamento del Servizio sanitario nazionale, rimuovendo il tetto di spesa per le assunzioni a tempo indeterminato, finanziando ulteriormente i cicli di specializzazione;
e) a potenziare l'organico dei consultori, assicurando la presenza di personale non obiettore di coscienza, anche al fine di garantire un accesso sicuro alle procedure per l'interruzione volontaria di gravidanza;
f) a riordinare gli strumenti per la sanità integrativa e i fondi sanitari con l'unico obiettivo di salvaguardare la sanità pubblica e i presidi sociali pubblici, assicurando che la sanità integrativa e i fondi sanitari intervengano solo ed esclusivamente sulle prestazioni sanitarie e sociali non incluse nei LEA o nei LEP, assicurando in ogni caso trasparenza, risoluzione di ogni conflitto d'interesse nella gestione di fondi e polizze sanitarie ed eliminando ogni forma di beneficio fiscale a soluzioni che, anche indirettamente (per esempio banche e assicurazioni), comportino lucri o speculazione;
g) a desistere da ogni proposta che contempli il finanziamento dell'assistenza territoriale e dell'edilizia sanitaria ricorrendo a strumenti finanziari e al partenariato pubblico-privato;
h) a potenziare gli strumenti per i percorsi di vita indipendente delle persone con disabilità e non autosufficienti, dando piena attuazione alla legge delega in tema di disabilità; a valorizzare l'invecchiamento attivo; a garantire e potenziare le tutele per i caregiver e a prevedere misure volte al cosiddetto silver cohousing, al fine di creare condizioni di vita migliori per gli anziani;
i) a rafforzare, con apposite risorse, tutti gli strumenti a tutela della salute mentale, mediante il potenziamento delle strutture e degli organici dei Dipartimenti della salute mentale e degli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione ad essa destinati;
j) a rafforzare l'assegno unico, prima misura universalistica e progressiva a tutela e a sostegno della natalità, della genitorialità e delle famiglie, aumentando gli importi previsti, ampliando la platea dei beneficiari e rafforzando le clausole di salvaguardia; a introdurre una tassazione agevolata per il secondo percettore di reddito, al fine di incrementare il tasso di occupazione femminile; ad adottare misure dirette ad ampliare i congedi parentali, incrementandone il trattamento economico e la fruibilità da parte di entrambi i genitori; a rafforzare l'indennità di maternità e di paternità, rendendo gli istituti paritari e remunerati al 100 per cento; ad assicurare la realizzazione degli asili nido, come previsto dal PNRR, e il loro buon funzionamento attraverso un'adeguata dotazione di personale, con l'obiettivo di dare impulso all'occupazione femminile e favorire il reinserimento nel mondo del lavoro dopo il congedo di maternità obbligatorio;
k) ad adottare le iniziative necessarie a risolvere le numerose problematiche di carattere sociale, rafforzando le misure per affrontare la povertà alimentare e per ridurre il tasso di persone a rischio di povertà o esclusione sociale, che resta ancora superiore alla media dell'Unione europea;
3) in materia di crescita economica, digitalizzazione e innovazione e di politica fiscale:
a) a sostenere e rilanciare gli investimenti pubblici e le politiche dell'innovazione per favorire la crescita economica, la digitalizzazione, l'industrializzazione equa, responsabile e sostenibile e la creazione di nuovi posti di lavoro; a sostenere le imprese riattivando il Piano Transizione 4.0 rendendolo maggiormente fruibile dalle micro, piccole e medie imprese, rafforzando gli incentivi fiscali, con particolare riferimento a quelli per gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, formazione del personale, attuando e potenziando i progetti del PNRR a sostegno della ricerca e dell'innovazione, a partire dal potenziamento della ricerca di base e applicata, sostenendo i processi di innovazione e trasferimento tecnologico, sviluppando le politiche industriali per i settori di punta, nonché preservando in ogni caso, anche nell'ambito del nuovo Piano Transizione 5.0 per gli investimenti finalizzati alla transizione ecologica ed energetica, il pieno automatismo degli incentivi e la più ampia diffusione tra le imprese;
b) ad intraprendere tutte le necessarie iniziative finalizzate ad assicurare all'interno della ZES unica adeguate risorse per la copertura, nonché per la proroga - almeno su base triennale - della durata della concessione dei benefici fiscali del credito di imposta previsto a favore delle imprese del Mezzogiorno, così come un quadro regolamentare stabile e certo nel tempo, al fine di permettere al tessuto imprenditoriale di programmare con maggiore certezza i propri investimenti;
c) ad avviare un percorso di progressiva e sostanziale riduzione della pressione fiscale effettiva al fine di preservare il potere di acquisto delle famiglie, a partire dai redditi medio-bassi, e la capacità di investimento per le imprese, nonché incentivare l'offerta di lavoro e la partecipazione al mercato del lavoro, con particolare riferimento ai giovani e alle donne, ai percettori di misure di sostegno al reddito, garantendo la piena ed effettiva progressività del sistema tributario e la tassazione dell'effettiva capacità contributiva espressa dal contribuente, perseguendo al contempo la massima repressione dei fenomeni di evasione fiscale e la stabilizzazione del gettito fiscale, anche attraverso la rinuncia a qualsivoglia forma di misure di sanatoria, ed al fine di consacrare la "lealtà e la liceità" a principi fondanti il sistema tributario e unici presupposti per l'accesso a misure di semplificazione e al riconoscimento di premialità;
d) a perseguire e incrementare una politica fiscale volta a contenere gli effetti distorsivi conseguenti a eventi straordinari di carattere economico o emergenziale, tali da alterare significativamente l'equilibrio economico tra domanda e offerta ai danni del consumatore e a vantaggio degli operatori economici, soprattutto in termini di maggiore profitto, anche attraverso la previsione di forme di prelievo, a carattere solidaristico, sul margine di profitto inatteso e non connesso al rischio di impresa, destinando il maggior gettito conseguito a misure per il contenimento degli effetti negativi dell'aumento dei prezzi dei servizi offerti e a vantaggio del consumatore.
(6-00107) n. 3 (09 ottobre 2024)
Boccia, Manca, Tajani, Lorenzin, Misiani, Nicita, Losacco
Preclusa
Il Senato,
premesso che:
il Piano strutturale di bilancio a medio termine (PSB), previsto dalla riforma della governance economica europea, deve definire il quadro di riferimento programmatico per la gestione della finanza pubblica e la realizzazione di investimenti e riforme, valido per un periodo quinquennale, pari alla durata della legislatura nazionale;
in un Paese che continua a fronteggiare gli effetti congiunti di alcune grandi emergenze - una crisi economica e sociale, che ha determinato l'aumento di sacche di povertà e l'aggravarsi progressivo delle diseguaglianze; la crisi climatica, i cui effetti continuano a incidere pesantemente su ampie aree del territorio, in particolare sulle fasce di popolazione e sulle zone maggiormente vulnerabili; una crisi del sistema sanitario pubblico scatenata dalla pandemia e aggravata dalle scelte di sottofinanziamento del Governo Meloni, che hanno inasprito i divari sociali e colpito maggiormente chi si trovava in condizioni di fragilità - il PSB rappresentava una occasione per programmare la politica economica e di bilancio per i prossimi anni, definendo obiettivi, strumenti, risorse;
il Piano del Governo è, invece, fortemente carente, in quanto si limita a indicare il percorso del saldo primario strutturale e della spesa pubblica netta con cui si intende rispettare i vincoli imposti dalla nuova governance europea, e poco trasparente, con una insufficienza di informazioni anche peggiore di quella dei Documenti di programmazione già presentati dall'Esecutivo Meloni. È inoltre privo di qualunque ambizione sulle politiche per la crescita, a partire dagli investimenti, per quanto riguarda sia quelli pubblici, sia quelli delle partecipate pubbliche, sia degli incentivi agli investimenti privati;
le previsioni del PIL tendenziale indicano un'economia debole, la cui crescita è costantemente inferiore all'1 per cento, ad eccezione del 2026 dove sarà di appena di un decimo di punto superiore, nonostante le previsioni siano state giudicate ottimistiche da tutti gli auditi e siano state validate dall'UPB assumendo sia la piena e tempestiva realizzazione del PNRR sia che non vi sia un deterioramento dello scenario internazionale;
lo scenario programmatico, che include l'impatto delle misure che il governo vuole attuare, nel rispetto degli obiettivi concordati con la Commissione europea, offre una prospettiva appena più ottimistica: nel 2025 la crescita attesa del PIL, che il governo spera di raggiungere con le misure della prossima legge di bilancio, è dell'1,2 per cento, dell'1,1 per cento nel 2026, mentre dal 2027 si tornerebbe sotto l'1 per cento, a conferma del corto respiro della politica economica del Governo;
ad aggravare il quadro previsionale vi è l'incerto apporto del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e degli investimenti e delle riforme ivi previste, in un quadro di forte preoccupazione per i ritardi che si stanno cumulando nel suo stato di attuazione (nei primi nove mesi del 2024 sono stati spesi 9 miliardi rispetto ai 44 programmati per l'anno);
per quanto riguarda la finanza pubblica, gli obiettivi sul disavanzo sono ambiziosi, con una correzione molto rilevante: dal 3,8 per cento di quest'anno, si andrebbe sotto la soglia del 3 per cento già nel 2026, per scendere al 2,6 per cento nel 2027 e all'1,8 per cento nel 2029; corrispondentemente, in tutto il periodo il saldo primario mostrerebbe un surplus, senza tuttavia effetti significativi sul debito, in crescita fino al 2027 e in diminuzione negli anni successivi, ritornando nel 2029 al livello del 2023;
rimane del tutto indefinito attraverso quali misure di entrata e di spesa il Governo intenda intervenire per raggiungere tali obiettivi, come lamentato da tutti i soggetti auditi. Vengono fornite solo scarne indicazioni, che riguardano prevalentemente il solo prossimo anno, annullando quindi l'unico aspetto veramente innovativo della nuova governance europea che era quello di costringere i Paesi a muoversi su un'ottica pluriennale, impostando politiche di lungo respiro, quantificabili nei loro costi e negli effetti attesi e che potessero poi essere oggetto di un trasparente processo di monitoraggio;
nel Piano si ribadisce l'intenzione di rifinanziare le misure in scadenza (cuneo fiscale, Irpef, contratti dei pubblici dipendenti, missioni di pace), di aumentare la spesa sanitaria e reperire nuove risorse per gli investimenti: un insieme di interventi aggiuntivi che, come afferma lo stesso documento, andrebbe "oltre i margini fiscali che emergono rispetto agli obiettivi definiti" e, pertanto, "nella manovra di bilancio saranno dunque necessarie misure ulteriori in termini di minori spese o di maggiori entrate";
come evidenziato dalla Banca d'Italia, si tratta di un programma non esente da rischi, perché per finanziare parte della nuova manovra il Piano sfrutta il margine determinato dalle maggiori entrate attese per il 2024, con l'assunzione che siano permanenti e perché sarebbe sufficiente uno scenario macroeconomico lievemente meno favorevole per rendere pressoché impossibile conseguire l'obiettivo di indebitamento nel 2026;
il Piano non contiene nessuna indicazione né sulla dimensione del fabbisogno aggiuntivo né sulle modalità di copertura, né tantomeno circa le scadenze temporali degli obiettivi delle riforme e degli investimenti che consentirebbero l'allungamento del periodo di aggiustamento, né indicatori idonei al loro futuro monitoraggio, con una assoluta mancanza di trasparenza nei confronti del Parlamento e dei cittadini e l'assenza di un indirizzo di natura economica orientato allo sviluppo delle imprese e al sostegno dei cittadini;
la programmazione di bilancio di medio periodo richiederebbe di evidenziare la strategia per conseguire gli obiettivi di consolidamento con indicazioni dettagliate riguardo alle dinamiche attese per i principali programmi di spesa e le fonti di entrata e al raccordo con l'attuazione degli investimenti e delle riforme;
ai deludenti risultati dei due anni di Governo e alle altrettanto deludenti previsioni di crescita concorrono le scelte poste al centro dell'azione dell'Esecutivo, tra cui:
a) l'assenza di interventi di politica economica in grado di sostenere efficacemente l'economia italiana;
b) la mancata previsione di misure strutturalmente orientate al recupero del potere d'acquisto dei redditi fissi: sebbene l'inflazione sia in discesa, gli effetti continuano a trascinarsi sui consumi delle famiglie e sugli investimenti delle imprese;
c) una politica fiscale iniqua, frammentata e categoriale, senza alcun riferimento a un disegno complessivo e razionale, e una lunga sequenza di sanatorie e condoni fiscali, che hanno l'oggettivo effetto di legittimare l'evasione fiscale;
d) la rinuncia a una efficace azione di spending review in favore di una politica fatta di tagli che hanno colpito e continueranno a colpire ambiti essenziali e settori strategici con ricadute sui soggetti economicamente più deboli,
impegna il Governo:
1. in materia di Europa:
a) a promuovere, nel corso della nuova legislatura europea, una iniziativa politica finalizzata ad un ulteriore rafforzamento del processo di integrazione e una revisione della nuova governance economica, adottando regole di bilancio maggiormente favorevoli agli investimenti, al lavoro e alla coesione sociale;
b) a rendere permanenti i programmi comuni introdotti durante la pandemia (NGEU e SURE) per favorire gli ingenti investimenti pubblici e privati necessari per le transizioni ecologica e digitale e i beni pubblici europei e accompagnare e proteggere lavoratrici, lavoratori e imprese;
c) a varare un Industrial Act europeo e una revisione del regime degli aiuti di Stato per una vera politica industriale dell'Unione finalizzata al sostegno dei processi di innovazione e conversione del sistema produttivo europeo nella doppia transizione;
d) a rimettere al centro dell'agenda europea la creazione di una capacità fiscale comune; a completare e modernizzare il mercato interno; ad armonizzare il livello di tassazione infra-europeo secondo parametri di equità e di trasparenza;
2. in materia di sviluppo:
ad adottare una strategia finalizzata ad accelerare lo sviluppo inclusivo e sostenibile dell'economia, con particolare riferimento:
a) al mantenimento di un livello elevato di investimenti pubblici e privati:
1) attuando pienamente e rapidamente il PNRR, rispettando tutti gli obiettivi, le riforme da attuare e le scadenze temporali previste, recuperando la capacità di spesa per compensare i ritardi accumulati, e provvedendo a compensare in tempi brevi i Comuni che hanno anticipato i finanziamenti necessari alla realizzazione dei progetti;
2) sostenendo e rilanciando gli investimenti pubblici, con particolare riferimento a quelli per gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, e privati, sostenendo i processi di innovazione, trasferimento tecnologico e decarbonizzazione dell'economia;
b) alla creazione di un contesto maggiormente favorevole alla crescita della produttività e allo sviluppo, adottando riforme finalizzate al miglioramento e alla semplificazione del quadro regolamentare, ad una maggiore efficienza della pubblica amministrazione, all'accrescimento del grado di concorrenza nei servizi, al rilancio e allo sviluppo del mercato dei capitali, ad una maggiore attrattività dell'Italia nei confronti degli investimenti diretti dall'estero; favorendo gli investimenti pubblici e privati destinati alla rigenerazione e potenziamento della rete infrastrutturale; garantendo alle imprese e alle famiglie energia pulita e a costo contenuto;
c) a una riforma fiscale fortemente indirizzata a favorire lo sviluppo, riequilibrando il carico tributario a favore dei fattori produttivi; a garantire l'equità del prelievo, sia orizzontale, attraverso il progressivo superamento dei regimi speciali e categoriali che portano a carichi di imposta estremamente differenziati fra contribuenti che pure percepiscono lo stesso ammontare di reddito, sia verticale, attraverso la salvaguardia della progressività del prelievo, semplificando gli adempimenti e sviluppando un rapporto collaborativo tra l'amministrazione e i contribuenti, che non sia declinato come forma di tolleranza indiscriminata nei confronti di comportamenti di infedeltà fiscale, rafforzando l'azione di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale con l'obiettivo di incrementare il tasso di adempimento spontaneo degli obblighi tributari e abbattere il tax gap e rendendo più efficiente il sistema di riscossione, rafforzandone l'efficacia anche in termini di deterrenza; a rendere il sistema fiscale maggiormente coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione, prevedendo adeguate misure compensative per le famiglie e le imprese più vulnerabili; a finanziare la citata riforma anche ricorrendo a una attenta revisione delle spese fiscali che non sia limitata a quelle di cui beneficiano i soggetti IRPEF ma vada a incidere su tutti i regimi agevolativi e speciali che aumentano l'iniquità e la complessità del sistema;
d) alla promozione di una politica industriale attraverso:
1) la creazione di un Fondo con una rilevante dotazione di risorse e un orizzonte temporale dal 2025 al 2035, per favorire l'innovazione tecnologica e la conversione ecologica dell'industria manifatturiera e la riqualificazione delle lavoratrici e dei lavoratori interessati, a partire dai settori hard to abate e automotive; la definizione di un piano e di incentivi per la formazione delle competenze per la transizione ecologica e digitale; la riorganizzazione delle misure di sostegno alle imprese, secondo criteri di selettività, stabilità temporale, condizionalità ambientali e sociali e maggiore accessibilità da parte delle PMI;
2) la definizione di missioni strategiche per le società a partecipazione pubblica, con particolare riferimento agli investimenti necessari per la transizione ecologica e digitale, la cancellazione del programma di privatizzazioni promosso dal Governo Meloni e la razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche in relazione agli obiettivi di politica industriale del Paese;
3) la riforma della governance delle politiche industriali, attraverso la creazione di un Ministero per lo sviluppo sostenibile (accorpando MIMIT e MASE), di un Ministero dell'innovazione e dello sviluppo tecnologico, di un Forum permanente per le politiche industriali e di una Agenzia che coordini le partecipazioni pubbliche;
e) all'adozione di interventi per la transizione ecologica e il contrasto alla crisi climatica, in linea con le misure decise nell'ambito del Green New Deal europeo:
1) perseguendo il raggiungimento dei target di decarbonizzazione al 2030 e di neutralità climatica al 2050;
2) accrescendo la produzione di energia da fonti rinnovabili coerentemente con i target di decarbonizzazione, semplificando e accelerando le procedure di autorizzazione degli impianti; ad adottare tutte le misure necessarie per ridurre il costo dell'energia per le imprese e le famiglie, modificando la disciplina del mercato elettrico e rafforzando il ruolo dell'acquirente unico nel mercato libero dell'energia elettrica;
3) adottando misure per favorire la riqualificazione energetica e la messa in sicurezza sismica degli edifici, in linea con gli indirizzi europei, anche attraverso la previsione di incentivi a carattere strutturale, finanziariamente sostenibili e orientati prioritariamente alle famiglie a reddito medio e basso;
4) promuovendo la mobilità sostenibile e sostenendo l'innovazione e la riconversione del settore automotive;
5) riducendo progressivamente gli incentivi ai combustibili fossili e i sussidi ambientalmente dannosi e accompagnando necessariamente tale riduzione con il potenziamento delle risorse destinate al trasporto pubblico e adeguate misure compensative per le famiglie e le imprese più vulnerabili.
3. in materia di lavoro:
a) a favorire l'incremento del tasso di occupazione femminile, adottando misure dirette ad ampliare i congedi, incrementandone il trattamento economico e rendendone paritaria la fruizione da parte di entrambi i genitori, assicurando la realizzazione degli asili nido secondo quanto previsto dal PNRR del 2021 e garantendo un'adeguata dotazione di personale;
b) a promuovere l'approvazione di una nuova legge per le politiche migratorie e di accoglienza fondata sull'immigrazione legale con canali d'accesso legali, potenziamento dei corridoi umanitari, realizzazione di un grande piano nazionale per l'integrazione;
c) a sostenere il livello delle retribuzioni e il potere d'acquisto dei salari, sia attraverso una riduzione strutturale del cuneo fiscale gravante sul costo del lavoro, con priorità alla protezione delle fasce più deboli, sia attraverso una più equa distribuzione del carico tributario;
d) a introdurre un salario minimo legale, salvaguardando la centralità della contrattazione collettiva nazionale attraverso l'approvazione di una legge sulla rappresentanza e la drastica riduzione della catena degli appalti e subappalti, finalizzati alla compressione del costo del lavoro;
e) a promuovere le politiche attive del lavoro e di riduzione del precariato, con l'adozione di una normativa che riconduca gli istituti del lavoro a termine, della somministrazione, del part time e del lavoro stagionale alle loro genuine finalità, evitandone l'uso improprio anche attraverso il riconoscimento in capo ai lavoratori di diritti di precedenza all'assunzione e di strumenti di trasformazione automatici dei contratti in contratti a tempo indeterminato in caso di abusi;
f) ad avviare con le parti sociali la definizione di modalità sperimentali di riduzione dell'orario di lavoro a parità di retribuzione, con la finalità principale di favorire una redistribuzione dei benefici dell'innovazione tecnologica e favorire la conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro;
g) a rafforzare le misure per la sicurezza nei luoghi di lavoro e a contrastare con maggiore forza il lavoro sommerso, evitando il ricorso ad ogni forma di condono contributivo, e valutando l'estensione del DURC di congruità anche all'agricoltura;
h) a favorire l'evoluzione del sistema previdenziale mettendo al centro i lavoratori con carriere discontinue, donne e giovani, anche attraverso il riconoscimento di una pensione di garanzia che valorizzi i periodi di formazione e ricerca attiva di lavoro oltre a quelli dedicati alla cura, e chi svolge lavori gravosi;
i) ad adottare misure che, salvaguardando la centralità del pilastro previdenziale pubblico, favoriscano lo sviluppo della previdenza integrativa e accrescano gli investimenti nell'economia reale italiana degli investitori istituzionali;
j) a sostenere l'approvazione di una legge volta a favorire la partecipazione dei lavoratori alla governance d'impresa, con particolare attenzione ai temi delle scelte produttive, dell'organizzazione del lavoro e della trasparenza e tempestività delle informazioni, a partire dalla possibilità di conoscenza degli algoritmi che regolano i processi produttivi;
4. in materia di sanità, politiche sociali, riduzione delle disuguaglianze sociali e territoriali:
a) a incrementare il livello della spesa sanitaria al fine di raggiungere in un quinquennio una percentuale sul PIL non inferiore al 7,5 per cento allineandola alla media dell'Unione europea, al fine di assicurare l'aumento degli stipendi per le diverse categorie, adeguati finanziamenti dedicati ai servizi di prossimità (case e ospedali di comunità, centrali operative territoriali) e territoriali (investimenti in prevenzione, consultori, salute mentale e benessere psicologico) e di ridurre i divari territoriali (tra Nord e Sud ma anche tra aree urbane e aree interne);
b) a potenziare gli strumenti per i percorsi di vita indipendente delle persone con disabilità e non autosufficienti;
c) a estendere la platea dei beneficiari dell'assegno di inclusione in modo tale da farne una misura universale e a potenziare i servizi alla persona e i progetti di inclusione sociale e lavorativa;
d) a stanziare adeguate risorse per fronteggiare il grave e diffuso disagio abitativo, attraverso il rifinanziamento del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e del Fondo per la morosità incolpevole, e la predisposizione di un piano di edilizia residenziale;
e) a prevedere, in favore degli enti territoriali, risorse dirette a implementare il finanziamento per lo svolgimento delle funzioni fondamentali e dei servizi in favore dei cittadini, soprattutto nel settore sanitario, sociale e del trasporto pubblico locale, ed evitare che l'applicazione delle nuove regole della governance economica europea - attraverso insostenibili ipotesi di trattenute sui trasferimenti, incremento dell'importo dei disavanzi da ripianare o obblighi di accantonamento - si traduca in una compressione della spesa per investimenti del comparto che renderebbe impossibile la piena realizzazione degli obiettivi del PNRR;
f) a rafforzare le politiche per la riduzione dei divari territoriali, con particolare riferimento al Mezzogiorno, che rischiano di diventare incolmabili a seguito dell'attuazione dell'autonomia differenziata; a potenziare le politiche per lo sviluppo sostenibile delle aree interne, dei territori montani e delle isole, a partire dagli investimenti per le infrastrutture, la cura del territorio, la presenza di servizi scolastici, sanitari e socio sanitari;
g) a definire e finanziare i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) quali livelli inderogabili di quantità e qualità dei servizi pubblici da garantire su tutto il territorio nazionale, come sancito dall'articolo 117, comma 2, lettera m) della Costituzione e dalla legge delega n. 42 del 2009, non solo nelle materie potenzialmente oggetto di devoluzione, ma anche nelle altre materie a partire dalle politiche sociali;
5. in materia di istruzione, università, ricerca e cultura:
ad assicurare livelli di spesa rispetto al PIL in linea con la media UE;
a) incrementando i finanziamenti per il rinnovo del contratto di lavoro;
b) aumentando gli investimenti nel settore 0-6 anni;
c) adottando misure di prevenzione dell'abbandono precoce dell'istruzione e della formazione;
d) riducendo il numero degli alunni per classe ed evitando la chiusura delle scuole nelle aree interne e montane;
e) garantendo il diritto allo studio scolastico e universitario;
f) adeguando la dotazione finanziaria del FFO all'inflazione cumulata degli ultimi tre anni;
g) avviando un piano pluriennale di contenimento del precariato, favorendo il progressivo accesso a ruolo, in coerenza con le indicazioni della Carta europea dei ricercatori;
h) individuando misure per garantire l'innalzamento dell'obbligo di istruzione;
i) rafforzando i dottorati e la ricerca universitaria;
j) promuovendo un'opera di sensibilizzazione sull'importanza sociale della cultura e del patrimonio culturale e a sostenere il ruolo trainante del patrimonio storico e artistico del nostro Paese e delle elevate professionalità presenti nei relativi settori.
(6-00108) n. 4 (09 ottobre 2024)
Preclusa
Il Senato della Repubblica,
premesso che:
il Piano strutturale di bilancio di medio termine, da una parte, smentisce le dichiarazioni bellicose del Governo contro gli indirizzi del nuovo Esecutivo europeo e contro le stesse regole del nuovo Patto di stabilità e crescita e, dall'altra, contraddice la gran parte delle promesse con cui il Governo e la sua maggioranza hanno provato a consolidare il consenso raccolto alle elezioni politiche del 2022;
questo Piano, insomma, dimostra ancora una volta come gli slogan elettorali rimangano tali e non si concretizzino mai in azioni di governo, generino senso di frustrazione tra i cittadini nei confronti della politica e producano come effetto l'allontanamento dalla vita pubblica e l'aumento dell'astensione;
dal documento presentato dal Governo emerge, inoltre, la mancanza di una visione di medio e lungo periodo per il nostro Paese, la cui crisi dipende principalmente dalla stagnazione della produttività e dall'assenza di una crescita a un ritmo costante e significativamente elevato da ormai oltre trent'anni: non viene indicata nessuna misura per risolvere questo problema in maniera strutturale, ma solo micro-interventi tesi ad alleviare gli effetti negativi nel frattempo prodottisi, senza affrontare le cause che li hanno determinati;
se gli obiettivi programmatici sul piano della finanza pubblica sono formalmente improntati a un rispetto scrupoloso della nuova disciplina di bilancio - con una riduzione del saldo strutturale superiore allo 0,5 per cento medio annuo nell'arco temporale del piano, con una concentrazione maggiore nei primi due anni - rimane ancora indecifrabile il complesso degli strumenti con cui il Governo dovrà garantire il raggiungimento di questi traguardi e ci sono dubbi significativi sulla effettiva sostenibilità degli impegni assunti;
le polemiche recentemente suscitate dalle dichiarazioni del ministro Giorgetti per una possibile manovra sul lato delle entrate ripropone il tema della trasparenza delle politiche fiscali per l'abitudine ormai invalsa di propagandare la credenza, del tutto falsa, per cui gli aggravi possano essere concentrati solo su alcune categorie "privilegiate", senza produrre effetti sulla generalità dei contribuenti o dei consumatori;
il presupposto di politiche fiscali responsabili non è solo il perseguimento di obiettivi di gettito raggiungibili, ma anche la chiarezza in ordine alle possibili conseguenze degli strumenti utilizzati;
il quadro macroeconomico descritto da questo documento rimane molto problematico per il nostro Paese su tutti i principali indicatori e una serie di previsioni appaiono particolarmente ottimistiche, a partire dalle stime di crescita dell'1 per cento nel 2024 e del 1,2 per cento nel 2025, pure a fronte di un significativo aggiustamento di bilancio, con un deficit che dovrebbe passare dal 7,2 per cento del 2023 al 3,8 per cento del 2024 e al 3,3 per cento del 2025;
paradossalmente è stato proprio il ministro Giorgetti, al termine dell'esame del Piano nelle Commissioni parlamentari, nella serata dell'8 ottobre, ad ammettere che la stima della crescita per il 2024 non si poteva più considerare realistica;
nel 2024 è prevista una inversione di tendenza sul piano finanziario, con il ritorno a un saldo primario positivo, che dovrebbe realizzarsi, oltre che con un aumento delle entrate fiscali, dirette e soprattutto indirette, con un robusto taglio della spesa, dal 53,8 per cento al 50,4 per cento del PIL, essenzialmente realizzato, però, con una drastica riduzione dei trasferimenti in conto capitale e non della spesa corrente, dunque senza aggredire il maggiore elemento di fragilità, sia finanziaria che politica, del bilancio pubblico italiano;
l'orizzonte temporale del Piano su cui gli impegni assunti sono realmente vincolanti è quello che separa la legislatura dal proprio termine naturale e quindi è relativo proprio al triennio (2025-2027) in cui a garantire i saldi sono le previsioni più discutibili e ottimistiche;
particolarmente significativa della perdurante fragilità italiana è la dinamica del debito pubblico in rapporto al PIL, che continuerà a crescere fino al 2026, quando raggiungerà il 137,8 per cento per tornare finalmente a scendere fino al 134,9 per cento del 2029, a fronte di una spesa per interessi che continuerà invece a crescere, raggiungendo il 4,2 per cento del PIL nel 2028 e nel 2029;
il problema di un debito abnorme non è solo legato alla sostenibilità dei conti pubblici, ma anche alla conseguente rigidità delle politiche di bilancio e all'impossibilità di ricorrere a stimoli fiscali significativi di fronte ad eventi o shock negativi;
in questa dinamica contano certamente le conseguenze del superbonus 110 per cento che, secondo l'Osservatorio dei conti pubblici, al netto del maggior gettito, ha complessivamente cumulato effetti per circa 91 miliardi sul debito pubblico, che continueranno a far sentire il proprio peso anche nei prossimi esercizi; nondimeno, è evidente che la dimensione e la tendenza espansiva del debito italiano in rapporto al PIL, anche fuori da periodi di emergenza o a prescindere da scelte straordinariamente negative, come il superbonus, riflettono problemi strutturali, che hanno conseguenze sia sul numeratore che sul denominatore di questo rapporto;
l'Italia ha vissuto troppo a lungo prigioniera di una duplice illusione: da una parte quella di potere "fare crescita" attraverso la spesa e il deficit pubblico, dall'altra di potere invertire il processo di deterioramento dei conti pubblici, confidando semplicemente in avanzi primari realizzati con un incremento della pressione fiscale, a prescindere dagli effetti che sia l'ammontare sia la scarsa qualità della spesa pubblica producevano sul sistema economico nazionale; entrambe queste illusioni hanno aggravato la tendenza al declino dell'Italia;
la verità è che per l'Italia sarà impossibile intervenire strutturalmente sull'equilibrio dei conti pubblici e sulla sostenibilità del debito senza politiche capaci di rilanciare la competitività del Paese;
la stessa verità, come peraltro ha spiegato chiaramente il presidente Draghi nel recente Rapporto presentato alle istituzioni di Bruxelles, vale anche per gli altri Paesi membri e per l'Europa nel suo complesso, e implica riforme della govemance economica e dei sistema istituzionale dell'UE profonde e incompatibili con un quadro di relazioni politiche interne puramente intergovernative;
il piano di riforme che accompagna il piano di bilancio e ne autorizza la proiezione settennale non sembra completare, né aggiornare in modo significativo gli impegni assunti con il PNRR;
in particolare, sui due capitoli su cui l'Italia sta accumulando i più gravi ritardi e i più clamorosi deficit di efficienza e risultato - l'istruzione e la sanità - mancano serie indicazioni operative in termini di aumento e riqualificazione della spesa pubblica, considerando che lo status quo vede un oggettivo sottofinanziamento, sia del sistema sanitario, sia di quello di istruzione in rapporto alla media UE;
in particolare, per quanto riguarda l'istruzione, secondo quanto riportato dai dati Eurostat più aggiornati, la spesa complessiva è pari al 4,2 per cento del PIL contro una media europea del 4,8 per cento, e al 7,5 per cento della spesa pubblica contro una media europea del 9,5 per cento; a giustificare queste differenze, che si ampliano se si allarga lo sguardo all'istruzione universitaria, non sono solo ragioni demografiche, visto che nel sistema scolastico italiano è significativamente inferiore alla media UE anche la spesa pro capite;
mentre il Governo afferma nel Piano di aver contrastato il precariato scolastico - per cui l'Italia è stata deferita dalla Commissione alla corte di giustizia dell'UE - con il nuovo sistema di reclutamento, lo stesso sistema prevede che i docenti che risultano idonei ma non vincitori di un concorso, non entrino in una graduatoria per le future assunzioni, ma debbano necessariamente partecipare a un nuovo concorso per essere assunti;
il Governo mira a sviluppare la conoscenza e le competenze necessarie per esportare l'eccellenza dell'imprenditoria italiana nel mondo grazie al Liceo del made in Italy, un'introduzione che si è dimostrata un flop (come evidenziato dai dati sulle iscrizioni), e che ha avuto come effetto solamente di rendere ancora più frammentato il sistema degli indirizzi di studio;
ad analoghe critiche si prestano le politiche e le prospettive in materia sanitaria, dove la spesa pubblica pro capite descrive una situazione altrettanto allarmante, con ben 15 Paesi europei che investono più del nostro; nell'impegnarsi a salvaguardare il livello della spesa sanitaria per gli anni successivi al 2026, attraverso le risorse necessarie a mantenere gli investimenti pubblici in rapporto al PIL al livello registrato durante il periodo di vigenza del PNRR, il Governo ammette di non avere tra le sue priorità l'incremento della spesa sanitaria per portarla al livello degli altri grandi Paesi europei: infatti, in questi anni la spesa sanitaria in rapporto al PIL è pari a circa il 6,3 per cento, un livello lontano, non solo da quello di Paesi come Germania e Francia (dove si registrano valori superiori all'8 per cento), ma anche dai livelli raggiunti dalla stessa Italia durante il periodo pandemico, quando sono stati toccati valori pari a circa il 7,5 per cento;
peraltro, in relazione al sistema sanitario il Governo, non indica (non ritenendoli evidentemente prioritari) temi emergenziali come la riduzione delle liste di attesa, la carenza di personale, i problemi di sicurezza delle strutture e i rischi per l'incolumità degli operatori sanitari e la tragedia quotidiana che vivono pazienti, medici e infermieri nei pronto soccorso;
tra le riforme che il Governo si impegna a portare avanti in ambito sanitario figura l'aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (LEA), aggiornamento che il Governo ha bloccato e differito a più riprese, per l'ultima volta ad aprile 2024, rinviandone l'entrata in vigore al 1° gennaio 2025,
impegna il Governo:
a rivalutare realisticamente le previsioni sulla crescita del PIL e conseguentemente sull'andamento dei conti pubblici nel triennio 2025-2027, ai fini del conseguimento degli obiettivi di riduzione del saldo strutturale di bilancio e conseguentemente del disavanzo e debito pubblico;
a riconsiderare la scelta di operare la correzione dei conti pubblici essenzialmente sul piano della spesa in conto capitale, privilegiando i tagli della spesa corrente;
ad operare in sede UE per favorire la realizzazione degli obiettivi del Rapporto europeo per la competitività proposto dal presidente Draghi, sostenendo !e riforme o gli accordi istituzionali necessari alla sua implementazione pratica e perseguendo nella dimensione europea gli indirizzi indicati per rafforzare gli impegni comuni in materia di energia, trasporti, tecnologie digitali e innovazione e difesa e sicurezza;
a integrare il programma di riforme da concordare con le istituzioni dell'Unione, nel quadro del Piano strutturale di bilancio di medio periodo 2025-2031, con l'impegno a un immediato riavvio del programma nucleare italiano, autorizzando la costruzione di impianti con le tecnologie oggi disponibili - il cosiddetto nucleare di terza generazione - che sono assolutamente affidabili sul piano della sicurezza e determinanti per garantire il fabbisogno energetico nazionale e ridurre le emissioni climalteranti;
a provvedere, a partire dalla prossima legge di bilancio, ad adottare interventi, sia finanziari che normativi, tali da assicurare la rapida convergenza della spesa pubblica in materia di istruzione e sanità ai livelli della media UE e a destinare prioritariamente a questo obiettivo le risorse che si renderanno disponibili, a partire dal 2025, per la scadenza delle misure temporanee su aliquote lrpef e cuneo contributivo adottate per il 2024.
(6-00109) n. 5 (09 ottobre 2024)
De Cristofaro, Cucchi, Aurora Floridia, Magni
Preclusa
Il Senato,
in sede di esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine Italia 2025-2029 (Doc. CCXXXII, n. 1),
premesso che:
la recente riforma delle regole economiche europee ha condotto a una profonda revisione del Patto di stabilità e crescita (PSC) e dei requisiti dei bilanci degli Stati membri dell'Unione europea. Nel detto contesto è stato introdotto il Piano strutturale di bilancio di medio termine (PSB), che definisce la programmazione economica e di bilancio su un orizzonte pluriennale e il corrente anno è quindi il primo nel quale il Documento di economia e finanza (DEF), presentato ogni anno ad aprile e caratterizzato da un orizzonte triennale (anche se, di fatto, annuale e con un aggiornamento a settembre tramite la Nota di aggiornamento, NADEF), viene sostituito da un Piano strutturale di bilancio definito su un orizzonte pluriennale che, nei fatti, è vincolante e irreversibile; il PSB, infatti, può essere modificato soltanto per un cambio di Governo o nel caso di circostanze che rendano impossibile la sua attuazione: qualsiasi modifica, comunque, dovrà essere rinegoziata con la Commissione europea e approvata dal Consiglio;
l'aggiustamento di bilancio necessario per uscire dalla procedura di infrazione per disavanzo eccessivo (PDE) è impostato su un orizzonte di quattro anni con la possibilità di estenderlo fino a sette anni. In quest'ultimo caso, per potersi avvalere dell'estensione temporale per riportare il deficit sotto al 3 per cento del PIL è necessario presentare un pacchetto di riforme e di investimenti che si protraggono oltre il quinquennio del PSB (2025-2029) e arrivano, quindi, fino al 2031; il Governo italiano ha presentato un pacchetto di riforme e dopo il 2026, anno in cui il Governo prevede l'uscita dalla PDE, sarà richiesta una riduzione media del debito pubblico di almeno un punto percentuale del PIL all'anno;
questo obbliga il nostro Paese a sette lunghi anni di consolidamento fiscale, durante i quali la sorveglianza europea sul bilancio si baserà su un unico e nuovo indicatore: la spesa netta. Nell'arco dei sette anni di aggiustamento di bilancio, questo nuovo aggregato (definito come la spesa pubblica al netto degli interessi, degli elementi ciclici legati all'andamento della disoccupazione, delle spese finanziate da fondi europei e della quota di cofinanziamento nazionale, delle misure di bilancio temporanee o una tantum e le variazioni discrezionali dal lato delle entrate) potrà crescere in media soltanto dell'1,5 per cento all'anno. Questo obiettivo, che si può raggiungere tramite misure di contenimento delle uscite e/o con un aumento delle entrate, il Governo intende perseguirlo con una riduzione media del saldo primario strutturale dello 0,53 per cento annuo che si traduce in una diminuzione della spesa di 13 miliardi all'anno. Si tratta di un brutale ritorno delle politiche di austerità, di una ricetta già implementata in passato e che si è rivelata disastrosa perché comprime i salari, riduce l'occupazione, diminuisce il PIL e, quindi, spinge in alto il rapporto debito pubblico/PIL, ottenendo così un risultato diametralmente opposto a quello atteso;
inoltre, il PSB, il cui impegno va ben oltre la durata dell'attuale legislatura, è stato deciso dal Governo in maniera del tutto autoreferenziale, senza alcun coinvolgimento del Paese, né un vero confronto con le parti sociali. I criteri di Maastricht, con i rapporti deficit/PIL e debito/PIL sono rimasti inalterati; si è stabilito che il tasso di crescita annuo della spesa netta dipenda dal PIL potenziale, una variabile non osservabile, che va stimata e il cui metodo di stima è ritenuto poco robusto dalla letteratura economica;
dal testo del PSB emerge chiaramente che il Governo italiano abbia deciso per un netto taglio della spesa pubblica (sanità, scuola, welfare, contratti collettivi, pensioni, investimenti), anziché aumentare le entrate, andando a reperire le risorse necessarie attraverso la leva fiscale redistributiva, cioè facendo una vera lotta all'evasione, tassando i profitti e gli extraprofitti, istituendo una wealth tax sulle grandi ricchezze, all'interno di un quadro di maggiore progressività ed equità fiscale;
secondo la disciplina economica dell'Unione europea (UE) entrata in vigore di recente, l'Italia è costretta ad imboccare un percorso di aggiustamento della finanza pubblica, avendo chiuso l'anno 2023 con un deficit del 7,4 per cento del PIL - il più alto d'Europa - e un debito pubblico di oltre il 137 per cento del PIL, dati che l'hanno fatta scivolare nella procedura di disavanzo eccessivo e che impegnano il Governo a delineare necessariamente la linea strategica, gli obiettivi e le riforme strutturali da attuare contestualmente, al fine di aumentare la crescita economica e ridurre la grave esposizione debitoria del Paese;
nel contesto del nuovo Patto di stabilità i Paesi indebitati, come l'Italia, sono invitati a inviare alla Commissione europea (CE) i propri piani di spesa quadriennali, estendibili fino a sette anni in presenza di investimenti e riforme strutturali e che dovranno muoversi nel rispetto di un meccanismo di sorveglianza fondato su di una nuova regola di spesa - al netto di interessi e stabilizzatori automatici - e dall'analisi di sostenibilità del debito (DSA) su cui si basa il nuovo sistema di regole fiscali;
il Piano strutturale di bilancio di medio termine Italia 2025-2029, che il Governo si appresta ad inviare alla Commissione europea dopo il vaglio parlamentare, richiede una profonda riflessione critica su vari fronti, soprattutto per quanto riguarda il sostegno al lavoro, l'equità sociale e la distribuzione delle risorse, la transizione energetica e la lotta al cambiamento climatico;
sul fronte della riduzione del deficit e del debito pubblico, il Piano, per far fronte ai vincoli imposti dall'Unione europea, prevede una riduzione graduale dell'elevato stock di debito pubblico e del relativo onere per interessi unito ad un limitato incremento della spesa pubblica netta (che il Governo si è impegnato a non far crescere più dell'1,3 per cento nel 2025 e dell'1,6 per cento nel 2026), un approccio che potrebbe inibire la crescita economica e ridurre le risorse disponibili per le politiche sociali, a tutto scapito di settori chiave come sanità e istruzione, approfondendo le disuguaglianze e lasciando indietro le fasce più deboli della popolazione. Un approccio troppo austero e dall'impatto sociale negativo;
sul fronte fiscale il Piano prevede la riduzione strutturale del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti fino a 35.000 euro di reddito annuo, accorpando definitivamente le aliquote IRPEF in tre scaglioni, due misure apprezzabili, ma insufficienti, per ridurre in modo significativo le disuguaglianze economiche presenti nel Paese, che troverebbero una soluzione in una riforma fiscale più progressiva, in cui i grandi patrimoni e le imprese che generano profitti elevati siano chiamati a contribuire maggiormente al bilancio dello Stato, permettendo così di finanziare politiche redistributive e interventi a favore delle fasce più vulnerabili della popolazione;
sul versante della lotta all'evasione fiscale, sebbene il Piano preveda un rafforzamento delle misure di contrasto, queste potrebbero risultare insufficienti senza un controllo più stringente delle grandi imprese e dei capitali finanziari in grado di garantire il recupero di risorse sottratte all'erario da destinare a politiche redistributive e di sostegno alla povertà;
sul versante del lavoro il Piano parte da un'analisi dettagliata delle attuali condizioni del mercato del lavoro, affiancando a taluni dati, quali l'aumento del tasso di occupazione e del tasso di attività, la diminuzione del tasso di disoccupazione, la crescita dell'occupazione femminile, alcuni altri elementi di criticità quali il disallineamento fra la domanda e l'offerta, il perdurare dei gap giovanile e di genere rispetto alla media europea, l'incidenza percentuale dei contratti a tempo determinato di gran lunga superiore alla media europea, gli squilibri territoriali. Alla suddetta disamina fattuale il Piano fa seguire la previsione - non condivisibile - di scelte dichiarate come risolutive ed esaustive delle criticità, che in realtà nel corso degli ultimi anni hanno contribuito a incrementare il bacino della precarietà e di rapporti di lavoro poveri, penalizzando ancora di più le prospettive delle donne e dei giovani e non risolvendo le disuguaglianze a partire da quelle tra Nord e Sud del Paese. Non ci sono stati neanche interventi specifici per rendere realmente accessibile il mondo del lavoro alle persone con disabilità e gli impegni del PNRR per contrastare un problema strutturale come quello del lavoro sommerso e dello sfruttamento lavorativo sono ancora largamente disattesi;
la risoluzione di queste problematiche non può prescindere da una reale inversione di tendenza e dovrebbe rappresentare una priorità per il futuro del Paese e la direttrice da seguire per tradurre positivamente gli obiettivi che il Governo dichiara di voler perseguire;
prima di tutto è ormai indifferibile dare concreta attuazione all'articolo 36 della Costituzione, laddove riconosce il diritto di vedersi corrisposta una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa, attraverso l'introduzione di un salario minimo che garantisca condizioni di vita dignitose a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici: mentre nell'Unione europea 22 Paesi su 27 hanno stabilito un salario minimo mensile, in Italia il tema continua a non essere considerato prioritario dal Governo;
parallelamente, in luogo di interventi normativi che aumentano la precarietà, occorrerebbe contrastare realmente il lavoro povero e potenziare le misure dirette ad ampliare la partecipazione al mercato del lavoro e l'assunzione delle categorie sottorappresentate;
il Piano, per contro, conferma l'idea di politiche migratorie e un sistema di istruzione e formazione esclusivamente funzionali al mercato del lavoro e alla fornitura di manodopera formata in base alle necessità delle imprese, per le quali si immagina un ruolo di protagonismo nella progettazione ed erogazione della formazione stessa. Rispetto all'occupazione giovanile permangono rilevanti criticità legate alla durata troppo lunga della transizione dalla scuola al lavoro, all'uso improprio dei tirocini formativi e di orientamento extracurriculari, all'assenza di consolidati percorsi duali di formazione e lavoro, al basso utilizzo dell'apprendistato, alla elevata discontinuità lavorativa e alle forme di lavoro subordinato mascherate come autonomo;
le recenti tragedie sul lavoro ci insegnano che la sua "qualità" non si limita ad una questione di competenze o di condizioni fisiche, ma include anche il tema fondamentale della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, l'equilibrio tra vita lavorativa e personale, la percezione di equità e rispetto, e le opportunità di crescita e sviluppo professionale;
non vengono menzionati i temi della necessaria qualificazione anche della domanda di lavoro, polarizzata nella ricerca, da una parte, di alte professionalità, richieste e ben remunerate e, dall'altra, di professioni meno qualificate, caratterizzate da bassi salari, scarsi diritti e tutele, precarietà e discontinuità lavorativa;
inoltre, il Piano prevede sì l'introduzione di politiche attive per i lavoratori autonomi al fine di ridurre le disparità tra lavoratori dipendenti e autonomi, ma non vi è alcun abbozzo di progettazione delle politiche attive in funzione dei bisogni e delle caratteristiche di lavoratori e lavoratrici autonomi/e. Si ribadisce l'intento tanto caro a questo Governo di incentivare la natalità e supportare l'integrazione nel mercato del lavoro e la protezione sociale di un numero crescente di giovani e donne e persino "rendere più attrattiva la scelta genitoriale", "sostenere le pari opportunità nel mondo del lavoro e migliorare l'equilibrio vita-lavoro", ma concretamente la declinazione dell'equilibrio vita-lavoro continua a basarsi su una inaccettabile cristallizzazione di antistorici ruoli femminili e maschili, oltre che di un unico modello di famiglia, sulla sottovalutazione della essenzialità di infrastrutture sociali e materiali di supporto (nidi, asili, trasporti, servizi) e sulla reiterata ripetizione di incentivazione alle assunzioni pressoché come unico strumento di intervento;
in ultimo, quanto alla lotta all'illegalità in ambito lavorativo, il Piano approccia al tema con grande superficialità, senza tener conto della pervasività del fenomeno. In piena continuità con l'incoerenza tra le dichiarazioni del Governo e le scelte perseguite il Piano non contiene nulla in materia di estensione dei contratti a tempo indeterminato e aumentate tutele per i lavoratori precari;
per quanto riguarda poi l'occupazione femminile, il Piano include un insieme di misure tra cui la previsione fino al 2026 della riduzione del 100 per cento dei contributi a carico delle donne lavoratrici dipendenti a tempo indeterminato, madri di tre o più figli, iniziativa che in passato non ha avuto l'effetto di garantire un lavoro stabile. L'aumento della sola crescita economica, non coniugata ad un robusto piano per la creazione di posti di lavoro stabili e ben retribuiti, potrebbe non tradursi in un miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori;
per quanto concerne la previdenza sociale, il Piano prevede un aumento della spesa per pensioni dal 15,0 per cento al 15,4 per cento del PIL tra il 2023 e il 2027. Questo dato induce a ritenere che il Governo sia tentato di introdurre nuovi tagli alla spesa, trattando le pensioni come una semplice voce di bilancio da ridurre. Nel dettaglio, sembrerebbe introdurre modifiche alla normativa vigente, introducendo requisiti più stringenti per l'accesso alla pensione, prolungando di fatto l'accesso al pensionamento, prevedendo incentivi per prolungare la vita lavorativa come misura per garantire la sostenibilità del sistema. Il tema della permanenza nel mercato del lavoro è affrontato in modo superficiale e funzionale alla mera sostenibilità del sistema previdenziale, trascurando, per esempio, ogni aspetto legato a diversi bisogni in merito a salute e sicurezza, oltre che alla valutazione dei rischi, al diverso effetto sulla vita delle persone dei diversi lavori svolti nel corso della vita, alle dinamiche del confronto generazionale nei luoghi di lavoro, al passaggio bidirezionale di competenze, all'effetto della precarietà e discontinuità esistente nell'accesso e negli importi delle future pensioni. Peraltro, il Piano non contiene alcun riferimento a possibili soluzioni circa il grave problema del differimento del pagamento del Trattamento di fine servizio (TFS) e del Trattamento di fine rapporto (TFR) che ha causato e continua a causare ai dipendenti pubblici pesanti perdite economiche, che possono arrivare a cifre che vanno dai 17.000 ai 41.000 euro. Il Governo, anche in questa sede, prosegue con l'ignorare i danni connessi alla pratica del differimento dei pagamenti e conferma quindi la volontà di fare cassa sulla previdenza e sulle pensioni, proseguendo il percorso avviato dal Governo nelle precedenti leggi di bilancio, senza alcuna risposta strutturale per ridare equità al sistema previdenziale, anche attraverso la costruzione di una pensione contributiva di garanzia per i giovani e le donne;
con riguardo agli investimenti pubblici il Piano ribadisce la centralità del PNRR anche se, secondo un'impostazione troppo conservativa, limita gli investimenti pubblici a ciò che è strettamente necessario per rispettare i vincoli di bilancio. In una fase caratterizzata da cambiamenti climatici e crescente frequenza di eventi estremi e dallo sviluppo e dalla diffusione di innovazioni tecnologiche suscettibili di produrre inevitabilmente cambiamenti profondi nel mercato del lavoro, che comportano la necessità di accelerare la transizione ecologica e digitale, sarebbe fondamentale, in linea con una visione di giustizia sociale e ambientale, aumentare gli investimenti pubblici per affrontare le nuove sfide tecnologiche ed ambientali e sostenere la riconversione industriale, attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro verdi e lo sviluppo di infrastrutture sociali, ma, soprattutto, anche attraverso un allentamento dei vincoli di bilancio per permettere alla spesa pubblica di essere più espansiva e orientata al futuro;
secondo la Corte dei conti, per la quale nel Piano viene delineato un percorso impegnativo che comporterà nella imminente manovra economica scelte difficili riguardo l'allocazione delle risorse, il programma delineato dal Governo non è esente da rischi, poiché in esso non rilevano le necessità crescenti derivanti da problemi strutturali, da andamenti dei costi, da una fase di moderazione dei ritmi produttivi diffusa, dal crescere di aree di sofferenza sociale, dall'emergere di nuove sfide economiche e produttive cui si aggiungono esigenze poste da nuove criticità legate al contesto nazionale ed internazionale. La Corte, inoltre, critica l'approccio metodologico, non comprendendo il motivo per il quale nel Piano, contrariamente a quanto tradizionalmente riscontrabile nei documenti di programmazione del passato, si rinuncia ad illustrare nella loro completezza gli andamenti della finanza pubblica tendenziali: in tal modo non si dà evidenza dell'andamento di breve e di lungo termine del rapporto debito/PIL in assenza di interventi correttivi, né delle voci di dettaglio delle sue determinanti;
a preoccupare l'Istat è, invece, l'attuale fase di stato stazionario (steady state) con tassi di crescita abbastanza contenuti che stentano a dimostrare la situazione di un'economia che si sviluppa in forma consistente, essendosi spente alcune cause che hanno generato, dopo la crisi da Covid-19, la spinta propulsiva: si dovrà pertanto attendere che ci siano altre forze che possano incrementare la crescita. Inoltre, obietta Banca d'Italia, per finanziare parte della nuova manovra il Governo intende sfruttare il margine determinato dalle maggiori entrate attese per il 2024, con l'assunzione implicita che esse siano interamente permanenti, una circostanza tutt'altro che garantita;
anche per l'UPB la realizzazione del Piano, prevedendo un aggiustamento di bilancio impegnativo e prolungato nel tempo, "è soggetta ad elementi di incertezza e rischi di natura generale e sistemica derivanti dalla transizione demografica, dall'impatto dei cambiamenti climatici e della transizione energetica, nonché dall'incertezza geopolitica", che possono minare l'arduo obiettivo del Governo di riportare nel 2026 l'indebitamento netto al di sotto del 3 per cento del PIL;
i dati dell'ultimo decennio dimostrano inequivocabilmente che il comparto degli enti locali ha intrapreso da tempo la traiettoria di contenimento della spesa, richiesta dalla nuova governance europea già praticando, di fatto, ciò che viene richiesto all'Italia dall'Unione europea, spesa che sul totale della spesa pubblica è passata dall'8,2 per cento del 2011 al 6,5 per cento attuale e l'indebitamento dal 3 per cento all'1,5 per cento;
l'ANCI, dal canto suo, paventa che un'ulteriore ipotesi di richiesta di contribuito ai Comuni per il risanamento della finanza pubblica diventerebbe estremamente gravosa, soprattutto per enti già in difficoltà, taglio già previsto fino al 2028 dalla manovra dell'ultimo anno, che ha comportato un restringimento del perimetro sulla spesa e un conseguente impoverimento della parte corrente dei bilanci dei Comuni di circa 1 miliardo di euro complessivi, che diventerebbe insostenibile per tantissimi enti. In definitiva, per l'Associazione qualsiasi manovra di contenimento della spesa e delle risorse disponibili mette a rischio l'erogazione di servizi essenziali e può semmai essere concepita solo a livello di comparto e su un orizzonte pluriennale;
per l'UPI è da escludere qualunque ulteriore taglio alla spesa corrente delle Province, neppure surrettizio, come delineato nel Piano, nel quale si prevedono contributi al bilancio da parte di singoli enti con trattenuta diretta sui trasferimenti erariali piuttosto che l'obbligo, per gli enti in avanzo di bilancio, di accantonare un fondo di parte corrente da destinare negli esercizi successivi al finanziamento degli investimenti e all'estinzione anticipata del debito. Parimenti irricevibile è l'obbligo di incremento dell'importo del disavanzo da ripianare nell'esercizio per gli enti in disavanzo;
con riferimento alle misure per il welfare nel Piano si osserva una riduzione dell'incidenza sul PIL, sia per la spesa sanitaria, che per la spesa per prestazioni sociali, che già nel DEF 2024 era a livelli assolutamente insufficienti. La variazione per spesa sanitaria e sociale, nel prossimo triennio, si prevede sempre inferiore all'andamento del PIL nominale, delineando uno scenario molto preoccupante per la garanzia dei diritti;
il Piano prevede il mantenimento della spesa per la sanità pubblica senza contestualmente indicare significativi aumenti per affrontare le crescenti esigenze della popolazione, soprattutto in un Paese in cui l'invecchiamento demografico rappresenta una sfida cruciale, fatto salvo il dichiarato impegno del Governo a salvaguardare il livello della spesa sanitaria, assicurandone una crescita superiore a quella dell'aggregato di spesa netta. Il Piano riporta che il potenziamento del Servizio sanitario nazionale e della rete di protezione e inclusione sociale è stato, negli ultimi anni, al centro dell'azione del Governo; inoltre, afferma di voler perseguire il potenziamento di alcune delle misure per il sistema sanitario nazionale che si sono rivelate più impattanti, tra cui l'efficientamento delle reti di medicina generale, delle reti di prossimità, delle strutture e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale (Case della comunità, Centrali operative e Ospedali della comunità), nonché della digitalizzazione dei Dipartimenti di emergenza e accettazione di I e II livello, oltre che l'ammodernamento delle grandi apparecchiature sanitarie e l'estensione degli investimenti sulla ricerca e per la formazione e lo sviluppo delle competenze tecniche, professionali digitali e manageriali del personale del sistema sanitario;
si tratta di mere enunciazioni. Non viene esplicitato nessun finanziamento pubblico aggiuntivo per attuare la riforma dell'assistenza territoriale e quella della non autosufficienza e la mancanza di dettagli operativi rispetto all'ipotesi di mettere in atto piani di assunzione di personale sanitario rischia di lasciare l'assunto nell'alveo dei buoni propositi;
a fronte dei suddetti condivisibili intenti, le misure previste dal Piano a sostegno della natalità e delle famiglie sono limitate e non sembrano sufficienti a contrastare efficacemente la crisi demografica. Diversamente, occorrerebbe un incremento sostanziale della spesa sanitaria, con investimenti nelle infrastrutture ospedaliere e nel personale medico, unito a politiche più ambiziose in grado di garantire un welfare universale e inclusivo;
benché si evidenzi rispetto al 2019 un deciso aumento di spesa sanitaria in termini nominali (in parte determinato dagli effetti dei rinnovi dei CCNL del personale sanitario e ovviamente condizionato dagli andamenti dell'inflazione), nel periodo 2023 -2027 la spesa annuale, in rapporto al PIL, registra livelli inferiore a quelli del 2019, attestandosi, a partire dal 2026, sui valori del 2004. Ciò rappresenta un elemento di grave criticità, poiché già prima della pandemia la spesa sanitaria italiana si attestava ben al di sotto della media europea, scontando differenziali assolutamente rilevanti rispetto ai principali Paesi europei, in primis la Germania;
inoltre, la contrazione della spesa sanitaria determinata dalle politiche di austerità ha provocato nel tempo una drastica riduzione delle capacità ricettive del nostro sistema sanitario, che ha contribuito a determinare effetti devastanti durante la pandemia (fra il 2010 e il 2019 i posti letto disponibili nel nostro Paese sono diminuiti di 27.000 unità, attestandosi sui 316,3, ogni 100.000 abitanti, rispetto a una media UE di 531,9);
nel Piano è riportato che le politiche invariate comprendono anche le risorse necessarie al rinnovo dei contratti pubblici ed al finanziamento di misure per favorire la natalità e al rifinanziamento delle missioni di pace, ma non si comprende come la spesa per i primi possa essere garantita e compatibile con il preoccupante allargamento dei conflitti internazionali e con il recente impegno del Governo, anche in sede internazionale, di voler onorare il raggiungimento dell'obiettivo del 2 per cento del PIL in spesa militare;
la programmazione della spesa pubblica e del bilancio viene integrata con un piano di riforme e di investimenti pubblici che prevede l'adozione di ben 33 collegati alla manovra di bilancio per il 2025 i cui ambiti spazieranno dalla revisione delle circoscrizioni giudiziarie alla disciplina pensionistica, dal lavoro alla carriera dirigenziale nella PA, dal codice sulla disabilità alla ripresa di energia nucleare e al mercato del gas, ma anche dagli interventi a favore delle politiche di contrasto alla povertà a quelle delle politiche abitative, dalle misure di riorganizzazione e potenziamento dell'assistenza territoriali del SSN e dell'assistenza ospedaliera alla delega in materia di riordino delle professioni sanitarie: tutti provvedimenti per i quali, essendo prevista nell'iter parlamentare una corsia preferenziale che ne affievolisce anche il regime di controllo politico, andranno attentamente valutati efficacia e portata;
sebbene nelle premesse strategiche del Piano il clima viene correttamente individuato come uno dei principali fattori di fondo destinati ad avere un impatto maggiore sulle decisioni di politica economica, riconoscendo la necessità di una strategia organica per poter sfruttare al massimo le opportunità offerte dalla transizione climatica, il Piano dimostra di non volersi misurare con il tema dell'implementazione, ma soprattutto del finanziamento, del Green Deal come opportunità di trasformazione e crescita per l'economia italiana;
il raggiungimento degli obiettivi climatici richiede all'Italia, come al resto dell'UE, notevoli sforzi in termini di programmazione e investimento. Da quanto emerge dalle stime del Governo, la realizzazione degli obiettivi fissati nel PNIEC 2024 richiederà oltre 174 miliardi di investimenti aggiuntivi cumulati, tra il 2024 e il 2030, con un incremento del 27 per cento rispetto a quanto previsto nello scenario a legislazione vigente, risorse che, secondo il Governo dovranno essere perlopiù assicurate dal settore privato, data l'impossibilità del settore pubblico di far fronte a un fabbisogno così elevato;
la transizione ecologica non può in nessun modo prescindere da un contributo significativo di investimenti ed incentivi pubblici, anche per indirizzare correttamente gli investimenti dei privati. Uno sforzo di finanza pubblica dell'ordine annuo del 4-5 per cento del PIL, centrato soprattutto sulla transizione energetica ed ecologica appare indispensabile se si vogliono raggiungere gli obiettivi climatici dell'Unione europea e per difendere il posizionamento dell'economia europea e italiana nel contesto competitivo mondiale;
nel declinare le azioni di riforma e gli investimenti, con riguardo agli obiettivi di transizione ecologica, energetica e di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, nel Piano emerge l'assenza di una chiara definizione dei criteri di valutazione della spesa pubblica nell'ottica degli obiettivi dichiarati di decarbonizzazione, da cui deriva un errore di impostazione con una eccessiva stratificazione, frammentazione e di conseguenza contraddittorietà e inefficacia delle scelte, in alcuni casi rivolte a tecnologie in contrasto con la transizione e con gli obiettivi climatici. Indicativa, da questo punto di vista, la scarsa attenzione che il Piano riserva alle fonti di energia rinnovabile, sintetizzata in poche righe, a margine della descrizione del Piano Mattei, che costituisce il cuore dell'impegno finanziario italiano nel settore energetico. Eppure le filiere industriali del fotovoltaico e dell'eolico hanno generato nel 2023 un volume d'affari di 10 miliardi, la maggioranza del quale a favore delle imprese italiane, con una proiezione del PIL, in condizioni politiche favorevoli e non contrarie, fino al 2 per cento da qui al 2030. Il Piano in materia di energia invece cita cinque interventi prioritari, tra cui la cattura e lo stoccaggio della CO2 e il nuovo nucleare, cui si riconosce un ruolo centrale nella promozione della competitività del sistema industriale italiano, mentre continua ad affidarsi ancora a lungo al gas naturale per guidare la transizione, con il conseguente ulteriore aumento del costo dell'elettricità per cittadini ed imprese;
il Piano anticipa l'intenzione di promuovere l'efficienza energetica negli edifici residenziali attraverso l'introduzione di un meccanismo di certificati bianchi, che sembra più dettata dalla volontà di escludere dal bilancio dello Stato i costi dei programmi di incentivazione dell'efficienza energetica, dopo l'esperienza del superbonus, che dall'intenzione di costruire un meccanismo efficiente di supporto della decarbonizzazione nelle abitazioni come strumento di implementazione della direttiva EPBD, strumento che appare di difficile attuazione su singoli consumatori e si presuppone possa essere attuato a livello di utility per cui appare di dubbia efficacia ai fini del raggiungimento degli obiettivi della direttiva EPBD;
in un'ottica di programmazione, la costruzione dei meccanismi di attuazione di una direttiva così importante come l'EBPD non può limitarsi a espellere dai conti pubblici gli oneri dei costi di ristrutturazione edilizia, ma deve, al contrario, attuare un riordino del sistema degli incentivi fiscali per avviare un grande piano di riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare, ancora responsabile del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas ad effetto serra;
riguardo al settore primario, in un'ottica, invece, di interventi che non siano funzionali ad una sporadica parvenza di crescita, ma che si dispieghino dal versante della duratura competitività delle imprese, in un orizzonte anche pluriennale, sarebbero valutate di grande utilità tutte le misure finalizzate alla tutela delle produzioni agroalimentari dalle calamità naturali e dalle malattie infettive, al sostegno della domanda interna di prodotti agroalimentari e all'efficientamento energetico aziendale ed al riassetto di taluni aspetti della disciplina della produzione e cessione delle "agroenergie";
con riferimento alle politiche abitative, il Piano si limita a dichiarare con parole generiche e che non recano alcun impegno concreto per i prossimi quattro anni, che il Governo, al fine di ridurre la povertà abitativa, si impegna a realizzare politiche di supporto ai soggetti vulnerabili con interventi come il social housing e misure per la realizzazione di alloggi per lavoratori e gli studenti fuori-sede nell'ambito del Piano Casa Italia, che potrebbe fare leva su strumenti di garanzia di carattere finanziario. Ulteriori interventi riguarderanno le opere di urbanizzazione nei comuni medio-piccoli, la valorizzazione degli immobili demaniali per adibirli a finalità abitative e l'erogazione di incentivi orientati al reperimento dell'alloggio, in caso di nuovi assunti. Alla riduzione del numero di persone esposte al rischio di povertà concorrono, altresì, le misure per la riduzione della povertà energetica, incluse nel PNIEC;
per quel che è dato conoscere il Piano Casa-Italia prevede interventi pubblico-privato di social housing che non hanno nulla a che vedere con le centinaia di migliaia di famiglie nelle graduatorie, con le circa 40.000 che subiscono una sentenza di sfratto ogni anno e né con il milione che, seppur in affitto, percepisce il reddito da povertà assoluta;
il Piano non prevede, per i prossimi quattro anni, alcun investimento per politiche abitative pubbliche, eccetto 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2027 e 2028, così come non menziona alcun impegno nel rifinanziare i fondi contributo affitto e morosità incolpevole;
in Italia la mole di famiglie in precarietà abitativa e i milioni di lavoratori poveri richiederebbero una politica abitativa e strutturale di ben altra portata basata sul consumo di suolo zero, riutilizzando il vasto patrimonio pubblico e privato lasciato in degrado, costituito da circa 90.000 alloggi di edilizia residenziale pubblica lasciati chiusi e non assegnati per mancanza di manutenzione;
anche il famoso tavolo per il piano casa presso il Ministero delle infrastrutture, che ha escluso tutti i sindacati inquilini, ha prodotto finora solo la legalizzazione ad uso abitativo di mini appartamenti, dei veri loculi, che il Governo ha proposto come intervento per affrontare la cosiddetta emergenza abitativa;
il Piano assume la riforma della PA come priorità strategica di investimento per richiedere l'estensione del periodo di riferimento del percorso di rientro dal debito. Inoltre cita il nuovo ordinamento professionale come leva per attrarre nuove competenze, sebbene il Governo in carica non abbia stanziato risorse per finanziarlo e non abbia previsto la proroga dei termini per le procedure di riclassificazione del personale né il superamento dei tetti del salario accessorio di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 75/2017, attraverso cui si potrebbe realmente dare gambe alla valorizzazione professionale del personale, grazie all'attivazione del sistema degli incarichi di tipo professionale o gestionale/organizzativo;
di contro, il Governo continua a fare riferimento al merito come unica leva attraverso cui distribuire il poco che resta dei fondi per la contrattazione decentrata che, peraltro, si vorrebbe pure attribuire con pagelline compilate dai dirigenti. Il Governo prevede poi l'inserimento dei giovani nell'amministrazione attraverso i nuovi strumenti a disposizione delle amministrazioni quali il contratto di apprendistato e il contratto di formazione-lavoro: modalità assolutamente inadatte che non tengono conto invece della vera emergenza, ovvero le retribuzioni troppo basse e gli incrementi previsti unilateralmente dal Governo, insufficienti a compensare la perdita di potere d'acquisto del 16,5 per cento dell'ultimo triennio 2022-2024;
riguardo al tema della dirigenza, nel ribadire la necessità di estendere il ruolo unico anche all'area delle funzioni centrali, la prevista riforma dell'accesso ai ruoli dirigenziali non può non tenere conto della necessità di valorizzare adeguatamente l'esperienza del personale non dirigente che, spesso in sostituzione dell'attività propria dirigenziale, rischia di non poter accedere più alla riserva prevista del 30 per cento dei posti, che devono essere messi a concorso per via dell'introduzione ex lege della nuova quarta area delle elevate professionalità, sostanzialmente ancora vuota, non finanziata e non utilizzata dalle amministrazioni;
le misure del Piano, indubbiamente fortemente condizionato dalle nuove regole di governance che impongono un cambio di paradigma nella politica economica europea e nazionale, infliggendo al nostro Paese un lungo ciclo di austerità quantificabile in circa 13 miliardi di euro di tagli per ciascuno dei prossimi sette anni, appaiono pertanto poco audaci nell'affrontare le disuguaglianze sociali e troppo orientate al rispetto dei vincoli di bilancio e dei desiderata imposti dall'Unione europea, a discapito di politiche espansive e redistributive necessarie per affrontare le sfide del futuro;
nonostante le nuove regole europee segnino un miglioramento rispetto al vecchio PSC in termini di gradualità dell'aggiustamento di bilancio, di anticiclicità, di orizzonte di programmazione e di integrazione tra le varie componenti della politica economica, con il Piano il Governo, messo di fronte al bivio se tagliare la spesa o andare a prendere le risorse dove si generano, azionando la leva redistribuiva del fisco su profitti, extra-profitti, grandi ricchezze, rendite, lotta all'evasione e una vera progressività ed equità fiscale, ha scelto la prima strada: quella di un'austerità selettiva scaricata su lavoratori e pensionati che, dopo aver subito un brutale impoverimento a causa dell'inflazione, continueranno ad essere colpiti dai tagli a un welfare sempre meno pubblico, continuando, invece, a escogitare ogni strumento possibile per consentire ad altri di eludere la tassazione;
la crescita programmata dal Governo, la più elevata tra quelle dei principali previsori internazionali, è principalmente affidata al completamento nel biennio 2025-2026 dell'attuazione del PNRR, obbiettivo difficilmente raggiungibile stando agli ultimi dati Regis, rilevati il 1° ottobre u.s., secondo i quali finora sono stati spesi solo 9 miliardi di euro su 44 previsti nel 2024, cioè appena il 20 per cento del totale. Appare pertanto irrealistica la previsione riportata dal Piano che impegna il Governo a spendere per il 2025 e 2026 rispettivamente 58 e 48 miliardi di euro per ultimare l'attuazione del PNRR, senza la quale sarà impossibile raggiungere i tassi di crescita indicati dal Governo;
tra i fattori che incidono negativamente sulla produttività delle imprese, oltre alla carenza di manodopera, il Piano individua la questione dimensionale evidenziando come le imprese più piccole, le micro, scontano un deficit di produttività rispetto a quello di altri Paesi europei. Gli stretti margini di manovra e le poche risorse disponibili non devono però distogliere la politica del Governo dall'obiettivo non più eludibile di rendere realmente competitivo il sistema produttivo italiano ed europeo mettendo le PMI industriali al centro delle politiche strategiche di sviluppo del continente, al fine di superare quei gap in termini di innovazione e produttività che esistono tra l'Europa e le altre potenze economiche, come Stati Uniti e Cina, e tra l'Italia e gli altri Paesi europei;
l'attuale congiuntura economica presenta diverse criticità sul fronte di importanti settori del nostro made in Italy, in un contesto caratterizzato da una persistente incertezza, su cui dominano il prolungamento dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente e la debolezza del commercio internazionale, con la conseguente frenata dell'attività delle imprese manifatturiere, che richiederebbero un segnale di particolare attenzione nell'ambito della prossima manovra finanziaria. In particolare, alcune aree della manifattura stanno soffrendo questo delicato momento di transizione come la moda e l'automotive, due settori che presentano un'alta vocazione artigiana, con una ingente presenza di imprese sia direttamente impegnate verso il cliente finale, sia impegnate nelle rispettive filiere;
sul fronte della conoscenza, nel testo del Piano si esaminano gli effetti delle riforme del PNRR, che hanno parzialmente ridotto la dispersione scolastica. Il Piano riconosce la necessità di incentivare la mobilità territoriale dei docenti e migliorare il sistema di reclutamento nell'istruzione, con un particolare focus sul contrasto all'abuso dei contratti a tempo determinato, motivo per il quale l'Unione europea ha avviato la procedura di infrazione nei confronti dell'Italia, che oggi conta circa 250.000 precari tra personale docente e ATA;
per la prossima legge di bilancio, è essenziale un investimento significativo nell'istruzione per finanziare il rinnovo del contratto 2022-2024. Inoltre, va avviata una procedura straordinaria di stabilizzazione per il personale precario con oltre 36 mesi di servizio e garantita la parità economica tra personale stabile e precario. È cruciale potenziare la carta del docente, estendendola anche al personale precario e ATA, per sostenere la formazione continua, e ripristinare il primo gradone stipendiale eliminato nel 2011;
le risorse stanziate dovrebbero inoltre mantenere inalterate le sedi scolastiche e gli organici del 2023/24, nonostante la denatalità, garantendo il corretto funzionamento delle scuole, sempre più complesse e bisognose di risorse aggiuntive. Infine, il bilancio prevede che le riforme del PNRR nell'istruzione avranno un impatto positivo sull'1,2 per cento del PIL entro il 2050. Tuttavia, l'Italia investe nell'istruzione meno della media europea e questo divario dovrà essere colmato per valorizzare pienamente il potenziale educativo del Paese e, soprattutto, per sradicare in modo definitivo la piaga della precarietà che affligge ancora in larga parte il personale scolastico;
in merito all'Università, le risorse stanziate per il Fondo di finanziamento ordinario (FFO) del 2024 fermano la crescita registrata nel quinquennio 2019-2023. Diversamente da altri settori (come la scuola), l'impatto del Next Generation UE è stato qui particolarmente rilevante: l'intervento supera i 14 miliardi di euro, oltre l'80 per cento di tutti i fondi annui degli enti nel perimetro del MUR. Quest'impressione è fallace, non solo perché le risorse strutturali all'università si stanno nuovamente contraendo, ma anche per le stesse scelte del PNRR. Nonostante i limiti strutturali dell'università italiana, si è scelto di concentrare le risorse dalla ricerca all'impresa: larga parte dei fondi sono andati a nuove strutture e progetti di ricerca (circa 8,7 miliardi), una parte direttamente alle imprese (1,4 miliardi), qualcosa ai dottorati (1,1 miliardi) e solo una quota ridotta a nuovi servizi per studenti (1,9 miliardi, la metà su posti alloggio privati. Così si è prodotta una moltiplicazione insostenibile del personale precario: circa 12.000 nuovi contratti a termine (più di 7.000 assegnisti e quasi 5000 RTDa), il 60 per cento in più dei numeri precedenti (15.000 assegnisti e 4.000 RTDa). Un numero difficilmente riassorbibile senza risorse importanti. Allo stesso tempo vi è stato un incremento di iscritti presso le università telematiche;
si tratta indubbiamente di un Piano di medio termine, che, pur raccogliendo la sfida (non banale) del raggiungimento di obiettivi ambiziosi (soprattutto quelli sul disavanzo che dal 7,2 per cento del PIL nel 2023 scenderebbe all'1,8 per cento per cento nel 2029) e vincolanti almeno fino al 2031, non chiarisce su quali voci di entrata e di spesa il Governo pensa di intervenire;
il Piano, infatti, ribadisce l'intenzione dell'Esecutivo di rifinanziare alcune misure in scadenza, come la riduzione del cuneo fiscale, l'accorpamento delle aliquote IRPEF, l'aggiornamento dei contratti pubblici, il rifinanziamento delle missioni di pace, oltre alla volontà di incrementare la spesa sanitaria anche oltre l'1,5 per cento del PIL, e reperire nuove risorse per gli investimenti, tutti interventi il cui costo supererebbe lo spazio fiscale che al saldo, nel 2027 è di oltre un punto di PIL (circa 24 miliardi). Di come soddisfare tale fabbisogno aggiuntivo di risorse non vi è traccia;
il Piano è pieno di buoni propositi, in particolare sulla parte relativa alle politiche per il futuro, ma curiosamente privo di stime e dati quantitativi che consentano di valutarlo in dettaglio. Tutta la sua impalcatura, infatti, si reggerebbe sulla previsione di avere sostanziali incrementi di entrate strutturali a legislazione vigente: qualora così non fosse, come nel caso di uno scenario macroeconomico lievemente meno favorevole, tutto il suo impianto sarebbe destinato ad impantanarsi nelle sabbie mobili;
tutto ciò premesso,
impegna il Governo:
1. a rifinanziare un Servizio sanitario nazionale ormai sull'orlo dell'implosione attraverso incremento su base annua di una percentuale del prodotto interno lordo nominale per ciascuno degli anni dal 2025 al 2029, fino a raggiungere una percentuale di finanziamento annuale non inferiore al 7 per cento del Prodotto interno lordo nominale tendenziale nell'anno 2027 e, a decorrere dall'anno 2028, la stessa non può essere inferiore al 7,5 per cento del Prodotto interno lordo nominale tendenziale degli anni di riferimento;
2. a stanziare le necessarie risorse finanziarie per il rinnovo del contratto nazionale 2022-2024 del personale del Servizio sanitario nazionale e contestualmente definire con le organizzazioni sindacali la definizione dettagliata del fabbisogno di personale negli enti del SSN;
3. a procedere ad una profonda revisione del sistema delle convenzioni nonché delle esternalizzazioni per destinare tali risorse al SSN, al fine di garantire l'erogazione di prestazioni da parte del servizio sanitario pubblico;
4. a definire un piano straordinario di assunzioni nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e negli enti locali al fine di fornire un supporto in grado di portare a termine tutti i programmi recati dal PNRR;
5. ad avviare e completare le opportune iniziative volte a concludere il graduale percorso di stabilizzazione del personale precario degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale;
6. ad estendere l'assistenza e la terapia domiciliare in materia uniforme su tutto il territorio nazionale per i pazienti cronici e le persone affette da malattie rare;
7. ad adottare azioni necessarie a contrastare le tendenze demografiche in atto attraverso interventi di inserimento sociale e lavorativo, di sostegno alla genitorialità, alla disabilità e non autosufficienza;
8. ad adottare misure ed investimenti per la messa in sicurezza del territorio nelle aree a maggior rischio del Paese. A tal proposito, considerando che la spesa per contrastare i fenomeni di dissesto idro-geologico è triplicata negli ultimi 15 anni e che il costo medio dei danni per le catastrofi climatiche a carico dello Stato è di 3,3 miliardi l'anno, prevedere l'istituzione di un fondo ad hoc con dotazione pari a 100 milioni annui, a partire dal 2025 e fino al 2029;
9. ad avviare un grande piano di riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare, ancora responsabile del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas ad effetto serra, mediante un riordino del sistema degli incentivi fiscali, su base decennale, inversamente proporzionali agli indicatori di benessere economici dei possessori degli immobili con basse prestazioni energetiche;
10. ad implementare il Fondo italiano per clima con una dotazione di 3 miliardi l'anno a partire dal 2025 e fino al 2029, per accompagnare il tessuto sociale e produttivo del Paese nei processi di decarbonizzazione e per il perseguimento degli obbiettivi di neutralità climatica;
11. a ridurre progressivamente, fino al totale azzeramento entro il 2030, delle spese fiscali dannose per l'ambiente, a partire dall'identificazione dei SAD più significativi non solo nel gettito, ma negli effetti contraddittori che tali strumenti introducono nella transizione, rischiando di determinare un costo maggiore complessivo per il sistema;
12. ad istituire per gli anni 2025 e 2026 un contributo straordinario a carico dei soggetti che esercitano, nel territorio dello Stato, attività di vendita, produzione, importazione e commercializzazione di prodotti nei settori degli armamenti, bancario e assicurativo, nonché dei soggetti che esercitano l'attività di produzione e estrazione di idrocarburi, dei soggetti rivenditori di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale e dei soggetti che esercitano l'attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi;
13. ad adottare, con riferimento al settore primario, misure finalizzate alla tutela delle produzioni agroalimentari dalle calamità naturali e dalle malattie infettive, al sostegno della domanda interna di prodotti agroalimentari, all'acquisto di beni di prima necessità da parte dei soggetti più vulnerabili, all'efficientamento energetico aziendale ed al riassetto di taluni aspetti della disciplina della produzione e cessione delle "agroenergie", al contenimento della pressione fiscale e contributiva con l'esonero dall'obbligo di contribuzione per i giovani under 40 neo insediati in agricoltura, ad interventi infrastrutturali per la gestione del "bene" acqua;
14. a definire una riforma del sistema previdenziale che metta al centro le donne, i giovani, i lavori gravosi e che garantisca una prospettiva pensionistica sostenibile e dignitosa;
15. ad introdurre la flessibilità in uscita a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica;
16. a riconoscere sul fronte previdenziale il lavoro di cura, il lavoro delle donne e le condizioni delle categorie più fragili;
17. ad assumere le iniziative di competenza per l'aggiornamento e il conseguente allargamento della platea dei lavori usuranti;
18. a riconoscere, individuando adeguate risorse finanziarie, a coloro con una carriera lavorativa discontinua o con forte incidenza di lavoro part time o lavoro povero, una pensione contributiva di garanzia, collegata ed eventualmente graduata rispetto al numero di anni di lavoro e di contributi versati, valorizzando, ai fini previdenziali, anche i periodi di disoccupazione, di formazione e di basse retribuzioni, per assicurare a questi un assegno pensionistico dignitoso, anche attraverso il ricorso alla fiscalità generale;
19. ad individuare le opportune risorse che consentano di garantire a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici la puntuale corresponsione del TFS (Trattamento di fine servizio) e TFR (Trattamento di fine rapporto);
20. a garantire ai redditi da pensione la piena tutela del potere d'acquisto, anche attraverso il rafforzamento della quattordicesima mensilità;
21. ad individuare adeguate risorse finanziarie che garantiscano la prosecuzione dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego a partire dal recupero della perdita di potere d'acquisto, a causa dell'inflazione, dei relativi trattamenti retributivi;
22. a confermare e rendere strutturale, dalla prossima legge di bilancio, il taglio del cosiddetto cuneo contributivo;
23. ad individuare congrui finanziamenti per sostenere l'istituzione di un meccanismo di indicizzazione di salari e pensioni per adeguarli al costo della vita e tutelarli dall'aumento incontrollato dei prezzi;
24. a definire un piano straordinario di assunzioni nel pubblico impiego, finalizzato al superamento del precariato e all'abuso dell'uso dei contratti a tempo determinato nella pubblica amministrazione;
25. a prevedere un congruo rifinanziamento a carattere triennale di lotta contro il 'caporalato', al fine di potenziare le attività di formazione per ispettori e mediatori culturali, task force multidisciplinari, attività di informazione;
26. ad avviare con le parti sociali un percorso in tempi certi di definizione delle modalità per introdurre nel nostro ordinamento, una disciplina sperimentale dell'organizzazione del lavoro che consenta, a chi lo richiede, di ridurre l'orario di lavoro giornaliero e settimanale, a parità di retribuzione, anche in via sperimentale, tenuto conto che questa consentirebbe di adeguare la disciplina dell'orario di lavoro e le modalità di esecuzione del rapporto stesso alle nuove dinamiche sociali ed economiche nonché alle ricadute dirette e indirette dello sviluppo delle nuove tecnologie sulla produttività del lavoro, promuovendo al contempo occupazione e conciliazione dei tempi di vita e lavoro;
27. ad assumere le necessarie iniziative di carattere normativo e finanziarie per garantire l'attuazione del diritto di ogni lavoratore e lavoratrice a una retribuzione proporzionata e sufficiente, come sancito dall'articolo 36 della Costituzione, attraverso la fissazione di un salario minimo orario lordo di 9 euro;
28. a prevedere l'adozione di misure che assicurino, in ogni caso, il mantenimento dei diritti dei lavoratori, nonché garanzie occupazionali, nei casi di trasferimenti o cessioni di imprese o rami di esse;
29. a dotare le pubbliche amministrazioni delle risorse necessarie per procedere alle assunzioni necessarie, attraverso lo scorrimento delle graduatorie di concorsi pubblici, anche banditi da altre amministrazioni pubbliche, fino a completamento delle dotazioni organiche o delle assunzioni previste nell'ambito dei rispettivi Piani integrati per l'attività e l'organizzazione (PIAO);
30. a prevedere risorse destinate al rafforzamento strutturale dei servizi di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro delle competenti aziende sanitarie locali e al sostegno di una programmazione pluriennale di assunzioni nei dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali, nonché presso tutti gli organi di controllo e vigilanza per la salute e sicurezza sul lavoro;
31. ad individuare ulteriori risorse finalizzate all'assunzione a tempo indeterminato del personale ispettivo dell'Istituto nazionale del lavoro per ottemperare alla raccomandazione dell'Unione europea che indica la necessità di una dotazione ogni 10.000 imprese;
32. a prevedere ulteriori risorse (almeno 2,5 miliardi) per l'istruzione pubblica, per perseguire attraverso gli istituti contrattuali la parità di trattamento tra personale precario e di ruolo, nonché l'erogazione di una specifica indennità risarcitoria dell'abuso dei contratti a termine dopo i 36 mesi;
33. a reintrodurre il doppio canale di reclutamento dei docenti (da graduatorie concorsuali e delle supplenze) per prevenire tale abuso nell'assunzione del personale scolastico e archiviare la procedura di infrazione 4232/14;
34. a reintegrare il finanziamento della carta docenti ed estenderne la copertura a tutto il personale ATA e docente anche precario in ragione della necessità di formazione continua;
35. a garantire il pagamento delle ore di formazione di tutto il personale secondo le norme contrattuali vigenti;
36. a reintrodurre il primo scatto di anzianità per i neo-assunti (fascia 3-8);
37. a incrementare la dotazione in organico di diritto riportando tutti i posti vacanti in organico di fatto;
38. a istituire in organico i posti legati alle nuove figure professionali del personale ATA;
39. a rinnovare i contratti scaduti del personale ATA e collaboratore scolastico PNRR e Agenda Sud;
40. a prevedere l'assunzione di tutti gli idonei e la rimozione dei vincoli sulla mobilità;
41. a rendere realmente competitivo il sistema produttivo italiano ed europeo mettendo le PMI industriali al centro delle politiche strategiche di sviluppo del continente, grazie ad una strategia italiana per la competitività connessa a quella europea, che dia centralità all'industria manifatturiera e che valorizzi le indiscusse capacità sul piano dell'innovazione e di resilienza delle piccole e medie industrie puntando in maniera concreta su una transizione ecologica e digitale che sia realmente sostenibile, pragmatica e competitiva, ed anche grazie ad una riforma fiscale che, una volta a regime, consenta alle PMI che soffrono di un'endemica sottocapitalizzazione di potersi patrimonializzare e rafforzare;
42. ad individuare nella prossima legge di bilancio congrue risorse finanziarie da destinare alle politiche abitative al fine di:
a) rifinanziare i fondi contributo affitto e morosità incolpevole quali unici argini all'aumento delle famiglie a rischio sfratto per morosità incolpevole;
b) finanziare il recupero dei 90.000 alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà di Comuni e enti gestori di case popolari, oggi inutilizzati per mancate manutenzioni straordinarie;
c) dotare i Comuni ad alta tensione abitativa di ulteriori alloggi di edilizia residenziale pubblica a canone sociale, senza ulteriore consumo di suolo tramite acquisto o recupero di immobili, già realizzati da almeno 5 anni, oggi lasciati nel degrado;
d) avviare un piano straordinario di efficientamento energetico nei circa 800.000 alloggi di edilizia residenziale pubblica, spesso situati nelle periferie, anche sostenendo la creazione di comunità energetiche rinnovabili solidali;
e) promuovere una iniziativa legislativa finalizzata ad una modifica della legge 431/98, riforma delle locazioni ad uso residenziale, per procedere alla soppressione del canale libero mercato e dei benefici fiscali ad esso collegato, al fine di definire affitti sostenibili e ridurre la pressione degli sfratti per morosità;
43. ad avviare una vera riforma della pubblica amministrazione, attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni rappresentative delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici, che preveda un aumento delle loro retribuzioni per restituire dignità al lavoro pubblico e recuperare il potere d'acquisto perso in questi anni e il reclutamento di 1.200.000 unità, al fine di mettere in sicurezza i servizi pubblici, contrastare le privatizzazioni e restituire il tempo ai dipendenti, sempre più costretti a dover rinunciare ai propri tempi di riposo, per far funzionare la macchina amministrativa;
44. ad escludere gli enti locali e territoriali da nuove ulteriori restrizioni quantitative dei finanziamenti e dei limiti di spesa sulla parte corrente dei relativi bilanci.
(6-00110) n. 6 (09 ottobre 2024)
Liris, Claudio Borghi, Damiani, Borghese
Approvata
Il Senato,
premesso che:
il Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029 (Piano), di cui al Capo IV del Regolamento (UE) 2024/1263, definisce l'andamento della spesa netta, il nuovo indicatore di riferimento sottoposto a sorveglianza nell'ambito della governance economica europea;
il Piano delinea anche le linee strategiche relative alle riforme e agli investimenti che il Governo intende realizzare nell'orizzonte di riferimento, in particolare quelle funzionali a estendere a sette anni il periodo di aggiustamento dei saldi di finanza pubblica;
la presentazione del nuovo documento di programmazione avviene in un contesto globale che attraversa una fase di profonda e rapida evoluzione, guidata da fattori come i cambiamenti climatici, lo sviluppo di innovazioni tecnologiche in rapida diffusione, i fenomeni di frammentazione geoeconomica che inducono riconfigurazioni nelle catene del valore, le evoluzioni demografiche sfavorevoli ai Paesi sviluppati che hanno avviato una tendenza verso un sistema multipolare;
l'esito di tali tendenze non è ancora chiaro ed è lecito aspettarsi che il quadro continui a essere caratterizzato da un cospicuo grado di incertezza, che potrebbe dar luogo anche all'emergere di nuove situazioni di crisi;
il Piano rivede, secondo principi di cautela e prudenza, le previsioni economiche e di finanza pubblica per l'anno in corso e per l'orizzonte di riferimento, tenendo conto delle informazioni disponibili sull'andamento del quadro macroeconomico e dei più recenti dati di contabilità nazionale;
le recenti revisioni delle stime trimestrali e annuali da parte dell'Istat hanno fortemente incrementato il livello del PIL del 2023 sia in termini reali sia nominali; di conseguenza, anche i livelli del PIL previsti per il 2024 e i prossimi anni sono nettamente più elevati di quanto prefigurato nel DEF; tuttavia, la più recente revisione del profilo trimestrale di crescita nel 2023 operata dall'Istat comporta un minore effetto di trascinamento sui dati 2024 e, di conseguenza, rischi al ribasso per la previsione di crescita annuale del PIL contenuta nel Piano, pari all'1,0 per cento;
le nuove stime presentate nel Piano rivedono al ribasso la previsione di crescita tendenziale del PIL in termini reali del 2025, che dall'1,2 per cento dello scorso DEF passa allo 0,9 per cento; resta invece sostanzialmente invariata, rispetto al DEF, la proiezione tendenziale di crescita reale del PIL per il 2026, all'1,1 per cento, mentre quella per il 2027 risulta più bassa di circa due decimi di punto percentuale rispetto al DEF, passando dallo 0,9 per cento allo 0,7 per cento;
le previsioni macroeconomiche tendenziali per il periodo 2024-2029 sono state validate dall'Ufficio parlamentare di bilancio con nota del 25 settembre 2024, al termine delle interlocuzioni previste dal Protocollo di intesa UPB-MEF del 13 maggio 2022;
in base ai più recenti dati di contabilità nazionale, il rapporto tra indebitamento netto e PIL del 2023 è risultato invariato rispetto a quello riportato nel DEF dello scorso aprile (7,2 per cento), per effetto di revisioni al rialzo di entità comparabile sia del numeratore, sia del denominatore;
la previsione del deficit tendenziale in rapporto al PIL è pari al 3,8 per cento per l'anno in corso, in netta riduzione rispetto al dato consuntivo del 2023 per effetto, in larga parte, di un profilo delle entrate più vivace delle attese e, in misura minore, di una riduzione più marcata delle spese;
le previsioni tendenziali relative agli anni successivi stimano un deficit pari al 2,9 per cento nel 2025, al 2,1 per cento nel 2026 e all'1,5 per cento nel 2027;
partendo dalla previsione di indebitamento netto tendenziale per il 2024, la traiettoria di spesa netta programmatica mostra un profilo di crescita pari all'1,3 per cento nel 2025, all'1,6 per cento nel 2026, all'1,9 per cento nel 2027, all'1,7 per cento nel 2028, all'1,5 per cento nel 2029, all'1,1 per cento nel 2030 e all'1,2 per cento nel 2031;
tale percorso di spesa condurrebbe a un tasso di crescita medio dell'1,5 per cento nel periodo di aggiustamento 2025-2031, un livello in linea con quello della traiettoria di riferimento della Commissione europea;
tenuto conto del percorso di spesa netta, il livello programmatico di indebitamento netto in rapporto al PIL è fissato al 3,3 per cento nel 2025, al 2,8 per cento nel 2026, al 2,6 per cento nel 2027, al 2,3 per cento nel 2028 e all'1,8 per cento nel 2029;
lo spazio di bilancio risultante tra gli andamenti del saldo nominale primario coerente con la traiettoria di spesa netta e quello a legislazione vigente è finalizzato al finanziamento delle cosiddette politiche invariate e delle nuove misure che il Governo intende adottare nel periodo di riferimento;
per effetto delle misure che saranno adottate con la legge di bilancio, il tasso di crescita del PIL reale è stimato all'1,2 per cento nel 2025, tre decimi di punto percentuale più alto della stima tendenziale, all'1,1 per cento nel 2026 e allo 0,8 per cento nel 2027, un decimo di punto percentuale in più rispetto all'andamento tendenziale;
le previsioni macroeconomiche programmatiche del Piano sono state validate dall'Ufficio parlamentare di bilancio con nota del 7 ottobre 2024;
gli obiettivi di deficit, coerenti con la traiettoria programmatica di spesa netta, corrisponderanno a un andamento migliorativo del saldo primario che, stimato in avanzo su tutto il periodo di riferimento, passerà dallo 0,6 per cento nel 2025, all'1,1 per cento nel 2026, all'1,5 per cento nel 2027, all'1,9 per cento nel 2028 e al 2,4 per cento nel 2029;
nello scenario programmatico il rapporto tra il debito e il PIL passerebbe dal 135,8 per cento del 2024 al 137,8 per cento del 2026, un andamento in linea con quanto previsto nel DEF, ma su livelli significativamente inferiori rispetto alle stime dello scorso aprile;
accanto alla programmazione della finanza pubblica, il Piano definisce un insieme di riforme e investimenti pubblici che riguarderanno, in particolare, il settore della giustizia, l'amministrazione fiscale, la gestione responsabile della spesa pubblica, il supporto alle imprese e la promozione della concorrenza e la pubblica amministrazione, ivi inclusi i servizi di cura per la prima infanzia;
le misure che si andranno ad adottare in tali ambiti sono finalizzate a migliorare la qualità delle istituzioni e dell'ambiente imprenditoriale, nonché a superare alcune delle criticità strutturali della nostra economia;
le riforme che interesseranno il comparto degli enti territoriali dovranno comprendere anche un'analisi della sostenibilità del debito nel medio-lungo periodo, in coerenza con la nuova governance europea, ed essere affiancate da interventi relativi all'ordinamento e alla struttura delle Province;
le riforme per promuovere la crescita dovranno favorire e tutelare, in particolare, lo sviluppo delle piccole e medie imprese;
è necessario prevedere misure volte a intensificare le iniziative nazionali e le intese internazionali tese a garantire una equa tassazione delle cosiddette big tech, colossi del web, verificando l'andamento della global minimum tax e le ulteriori iniziative da assumere;
si ritiene, altresì, necessario adottare ulteriori misure in materia di politiche attive del lavoro, previdenziali, assistenziali e sociali, anche con riferimento a strumenti di welfare contrattuale e sanitario,
impegna il Governo:
1) a conseguire la traiettoria di spesa netta programmatica nel periodo di riferimento indicato nel Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029;
2) a individuare nel disegno di legge del bilancio di previsione, in attesa della revisione della normativa contabile nazionale, i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario, coerenti con il tasso di crescita della spesa netta delle amministrazioni pubbliche indicato nel Piano;
3) ad adottare le riforme e gli investimenti pubblici negli ambiti indicati nel Piano;
4) a prevedere, con la manovra di bilancio:
a) interventi che rendano strutturali gli effetti del taglio al cuneo fiscale sul lavoro e l'accorpamento delle aliquote IRPEF su tre scaglioni già in vigore per l'anno in corso;
b) iniziative a sostegno delle famiglie, con particolare riguardo a quelle numerose, e della genitorialità, anche con misure volte a supportare gli istituti per la conciliazione dei tempi lavorativi con le esigenze familiari;
c) risorse per proseguire con il percorso avviato di rinnovo dei contratti del pubblico impiego;
d) individuare fondi per sostenere la spesa sanitaria e mantenere gli investimenti pubblici in rapporto al PIL al livello registrato durante il periodo di vigenza del PNRR;
5) a considerare collegati alla manovra di finanza pubblica, oltre a quelli già indicati nel Documento, i seguenti disegni di legge:
a) disposizioni in materia di magistratura onoraria del contingente ad esaurimento (A.C. 1950);
b) disposizioni in materia di economia dello spazio (A.C. 2026);
c) misure per la semplificazione normativa e il miglioramento della qualità della normazione e deleghe al Governo per la semplificazione, il riordino e il riassetto in determinate materie (A.S. 1192);
d) modifiche alla legge 21 luglio 2016, n. 145, recante disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali (A.C. 2049);
e) misure in materia di tecnologie innovative.
EMENDAMENTI ALLA PROPOSTA DI RISOLUZIONE N. 6
6.3
Paita, Enrico Borghi, Fregolent, Musolino, Renzi, Sbrollini, Scalfarotto
Respinto
Dopo l'impegno 1) aggiungere i seguenti:
"1-bis) a rendere strutturali la rimodulazione delle aliquote IRPEF, il taglio al cuneo fiscale e contributivo, senza rimandare, di anno in anno, l'eventuale conferma degli stessi;
1-ter) a escludere sin da subito l'aumento della pressione fiscale, diretta e indiretta, in particolare escludendo che i meccanismi di tax compliance diventino condoni, i cui costi successivamente verrebbero scaricati sui contribuenti, nonché escludere una tassazione sui cosiddetti "extraprofitti", scongiurando nuovi e maggiori oneri fiscali - diretti e indiretti - a carico di professionisti, artigiani e imprese;
1-quater) a escludere ogni aumento delle accise sui carburanti e finanziare il percorso di riduzione delle stesse più volte annunciato dal Governo durante la campagna elettorale;
1-quinquies) a finanziare il sistema sanitario nazionale al fine di abbattere le liste d'attesa, implementare il sistema di prevenzione e ammodernare la strumentistica e l'edilizia ospedaliera, nonché a rafforzare gli organici del personale medico-sanitario, infermieristico e assistenziale, adeguando i relativi trattamenti economici alla luce della domanda di lavoro maturata all'estero per tale personale;
1-sexties) ad attivarsi in seno alle istituzioni europee al fine di promuovere la riapertura della linea di credito prevista dal MES sanitario, al fine di avviare un percorso, serio e concreto, di rafforzamento e modernizzazione del sistema sanitario nazionale;
1-septies) ad introdurre, in materia di politiche di lavoro giovanile, il cosiddetto "reddito di formazione" finalizzato a sostenere economicamente gli studenti meritevoli chiedendo a quest'ultimi come condizione di restare a lavorare in Italia, e le agevolazioni per rientro in Italia dei giovani lavoratori impatriati (cosiddetto rientro dei cervelli) introdotte a partire dall'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo del 14 settembre 2015, n. 147, successivamente dimezzate e rimodulate in minus dall'attuale Governo con l'approvazione del decreto legislativo n. 209 del 27 dicembre 2023;".
6.1
Boccia, Manca, Tajani, Lorenzin, Misiani, Nicita, Losacco, Irto (*)
Respinto
Nella parte dispositiva, al numero 3), dopo le parole: "ad adottare le riforme" aggiungere le seguenti: "con esclusione, nell'ambito del riordino delle spese fiscali, dell'allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina, al fine di neutralizzare l'impatto degli aumenti sull'autotrasporto, sul trasporto pubblico, sui lavori pubblici e sul comparto agricolo".
________________
(*) Aggiungono la firma in corso di seduta il senatore Magni e gli altri componenti del Gruppo Misto-AVS
6.2
Boccia, Manca, Tajani, Lorenzin, Misiani, Nicita, Losacco, Irto, Zampa, Camusso, Furlan, Zambito (*)
Respinto
Nella parte dispositiva, al numero 4), lettera d), sostituire le parole: "individuare fondi per sostenere la spesa sanitaria" con le seguenti: "a incrementare il livello della spesa sanitaria al fine di raggiungere in un quinquennio una percentuale sul PIL non inferiore al 7,5 per cento allineandola alla media dell'Unione europea, al fine di assicurare l'aumento degli stipendi per le diverse categorie, adeguati finanziamenti dedicati ai servizi di prossimità (Case e Ospedali di Comunità, Centrali Operative Territoriali) e territoriali (investimenti in prevenzione, consultori, salute mentale e benessere psicologico) e di ridurre i divari territoriali (tra Nord e Sud ma anche tra aree urbane e aree interne);".
________________
(*) Aggiungono la firma in corso di seduta il senatore Magni e gli altri componenti del Gruppo Misto-AVS
DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Modifiche alla disciplina in materia di durata delle operazioni di intercettazione (932)
ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 1.
1. All'articolo 267, comma 3, del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente periodo: « Le intercettazioni non possono avere una durata complessiva superiore a quarantacinque giorni, salvo che l'assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall'emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione ».
2. All'articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo le parole: « articolo 267 » sono inserite le seguenti: « , comma 1 »;
b) al comma 2, dopo le parole: « di cui al comma 1, » sono inserite le seguenti: « in deroga a quanto disposto dall'articolo 267, comma 3, del codice di procedura penale ».
________________
N.B. Approvato il disegno di legge composto del solo articolo 1.
EMENDAMENTI
1.202
Bazoli, Mirabelli, Rossomando, Verini
Respinta la parte evidenziata in neretto; preclusa la restante parte
Sostituire il comma 1 con il seguente: «1. All'articolo 267, comma 3, del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le intercettazioni non possono avere una durata complessiva superiore a novanta giorni, ad eccezione dei casi in cui si procede per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, e i delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.».
1.203
Bazoli, Mirabelli, Rossomando, Verini
Precluso
Sostituire il comma 1 con il seguente: «1. All'articolo 267, comma 3, del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le intercettazioni non possono avere una durata complessiva superiore a novanta giorni, salvo che nei procedimenti in materia di criminalità organizzata e nei casi in cui emergano ulteriori elementi tali da far ritenere indispensabile la prosecuzione ai fini dell'accertamento del reato.».
1.204
Bazoli, Mirabelli, Rossomando, Verini
Precluso
Sostituire il comma 1 con il seguente: «1. All'articolo 267, comma 3, del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le intercettazioni non possono avere una durata complessiva superiore a novanta giorni, salvo che nei procedimenti in materia di criminalità organizzata oppure quando una durata superiore sia giustificata da elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione.».
1.205
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Respinto
Al comma 1, sostituire le parole da: «Le intercettazioni non possono» fino alla fine del periodo con le seguenti: «Fatta salva la permanenza dei presupposti di cui al periodo precedente, le proroghe successive alla prima possono essere concesse anche nei casi in cui il giudice consideri fondate le specifiche motivazioni addotte nella richiesta del pubblico ministero.».
1.206
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Respinta la parte evidenziata in neretto; preclusa la restante parte
Al comma 1, sostituire le parole da: «Le intercettazioni non possono» fino alla fine del periodo con le seguenti: «Le intercettazioni di comunicazioni tra presenti non possono avere durata complessiva superiore a centoventi giorni e le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione non possono avere durata complessiva superiore a centottanta giorni. Le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano nei casi in cui l'assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall'emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione.».
1.207
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Precluso
Al comma 1, sostituire le parole da: «Le intercettazioni non possono» fino alla fine del periodo con le seguenti: «Le intercettazioni di comunicazioni tra presenti non possono avere durata complessiva superiore a centoventi giorni e le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione non possono avere durata complessiva superiore a centottanta giorni. Le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano nei casi in cui una durata superiore sia giustificata dall'emergere, nel corso delle indagini, di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione.».
1.208
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Respinta la parte evidenziata in neretto; preclusa la restante parte
Al comma 1, sostituire le parole da: «Le intercettazioni non possono» fino alla fine del periodo con le seguenti: «Le intercettazioni non possono avere durata complessiva superiore a centottanta giorni salvo che si proceda per delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell'articolo 4, nonché nei casi in cui l'assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall'emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione.».
1.209
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Precluso
Al comma 1, sostituire le parole da: «Le intercettazioni non possono» fino alla fine del periodo con le seguenti: «Le intercettazioni non possono avere durata complessiva superiore a centottanta giorni salvo che si proceda per delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell'articolo 4, nonché per taluno dei delitti, consumati o tentati, previsti dall'articolo 362, comma 1-ter e di minaccia col mezzo del telefono, nonché nei casi in cui l'assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall'emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione.».
1.210
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Precluso
Al comma 1, sostituire le parole da: «Le intercettazioni non possono» fino alla fine del periodo con le seguenti: «Le intercettazioni non possono avere durata complessiva superiore a centottanta giorni salvo che si proceda per delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell'articolo 4, nonché per taluno dei delitti, consumati o tentati, previsti dall'articolo 362, comma 1-ter e di minaccia col mezzo del telefono.».
1.211
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Precluso
Al comma 1, sostituire le parole da: «Le intercettazioni non possono» fino alla fine del periodo con le seguenti: «Le intercettazioni non possono avere durata complessiva superiore a centottanta giorni salvo che si proceda per delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell'articolo 4.».
1.212
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Respinta la parte evidenziata in neretto; preclusa la restante parte
Al comma 1, sostituire le parole da: «Le intercettazioni non possono» fino alla fine del periodo con le seguenti: «Le intercettazioni non possono avere durata complessiva superiore a centottanta giorni salvo che si proceda per il delitto di cui all'articolo 416 del codice penale finalizzato alla commissione dei delitti di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis del medesimo codice, nonché nei casi in cui l'assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall'emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione.».
1.213
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Precluso
Al comma 1, sostituire le parole da: «Le intercettazioni non possono» fino alla fine del periodo con le seguenti: «Le intercettazioni non possono avere durata complessiva superiore a centottanta giorni salvo che si proceda per il delitto di cui all'articolo 416 del codice penale finalizzato alla commissione dei delitti di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322 e 322-bis del medesimo codice».
1.214
Respinta la parte evidenziata in neretto; preclusa la restante parte
Al comma 1, sostituire le parole da: «Le intercettazioni non possono» fino alla fine del periodo con le seguenti: «Le intercettazioni non possono avere durata complessiva superiore a centottanta giorni salvo che si proceda per taluno dei delitti, consumati o tentati, previsti dall'articolo 362, comma 1-ter, nonché nei casi in cui l'assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall'emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione.».
1.215
Precluso
Al comma 1, sostituire le parole da: «Le intercettazioni non possono» fino alla fine del periodo con le seguenti: «Le intercettazioni non possono avere durata complessiva superiore a centottanta giorni salvo che si proceda per taluno dei delitti, consumati o tentati, previsti dall'articolo 362, comma 1-ter.».
1.216
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Respinto
Al comma 1, dopo le parole: «Le intercettazioni» inserire le seguenti: «di comunicazioni tra presenti».
1.217
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Respinto
Al comma 1, sostituire le parole: «quarantacinque giorni» con le seguenti: «centottanta giorni».
1.218
Cucchi, Magni, De Cristofaro, Aurora Floridia
Respinto
Al comma 1, sostituire la parola: «quarantacinque» con la seguente: «centoventi».
1.219
Bazoli, Mirabelli, Rossomando, Verini
Respinto
Al comma 1 sostituire le parole da «salvo che» fino alla fine del periodo con le seguenti: «ad eccezione dei casi in cui si procede per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, e i delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché nei i casi in cui emergano elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione.».
1.220
Bazoli, Mirabelli, Rossomando, Verini
Respinto
Al comma 1 sostituire le parole da «salvo che» fino alla fine del periodo con le seguenti: «ad eccezione dei casi in cui emergano ulteriori elementi tali da far ritenere indispensabile la prosecuzione ai fini dell'accertamento del reato.».
1.221
Bazoli, Mirabelli, Rossomando, Verini
Respinto
Al comma 1 sostituire le parole da: «salvo che» fino alla fine del periodo con le seguenti: «salvo che una durata superiore sia giustificata da elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione.».
1.222
Bazoli, Mirabelli, Rossomando, Verini
Respinta la parte evidenziata in neretto; preclusa la restante parte
Al comma 1 sopprimere le parole: «l'assoluta indispensabilità delle operazioni per» e sostituire le parole: «dall'emergere di» con la seguente: «da».
1.223
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Precluso
Al comma 1, sopprimere le parole: «l'assoluta indispensabilità delle operazioni per».
1.224
Cucchi, Magni, De Cristofaro, Aurora Floridia
Precluso
Al comma 1, sopprimere le parole: «l'assoluta indispensabilità delle operazioni per».
1.225
Cucchi, Magni, De Cristofaro, Aurora Floridia
Respinto
Al comma 1, sostituire le parole: «l'assoluta indispensabilità» con le seguenti: «la prosecuzione».
1.226
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Respinto
Al comma 1, dopo le parole: «sia giustificata dall'emergere» inserire le seguenti: «, nel corso delle indagini,».
1.227
Cucchi, Magni, De Cristofaro, Aurora Floridia
Respinto
Al comma 1, sopprimere le parole: «specifici e concreti».
1.228
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Id. em. 1.227
Al comma 1, sopprimere le parole: «specifici e concreti».
1.229
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Respinto
Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 13, del decreto legge 13 maggio 1991, n.152, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano nei casi in cui si procede per una delle ipotesi indicate dall'articolo 407, comma 2.».
1.230
Scarpinato, Lopreiato, Bilotti
Respinto
Al comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «Le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano nei casi in cui si procede per delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a sette anni.».
Allegato B
Parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge n. 932 e sui relativi emendamenti
La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo e i relativi emendamenti, trasmessi dall'Assemblea, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
Nel corso della seduta sono pervenute al banco della Presidenza le seguenti comunicazioni:
Disegno di legge n. 932:
sull'emendamento 1.217, il senatore Nicita avrebbe voluto esprimere un voto favorevole; sulla votazione finale, la senatrice Lorenzin avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Congedi e missioni
Sono in congedo i senatori: Barachini, Bongiorno, Borgonzoni, Butti, Castelli, Cattaneo, De Poli, Durigon, Fazzolari, Galliani, Garavaglia, La Pietra, Monti, Morelli, Occhiuto, Ostellari, Pucciarelli, Rauti, Rubbia, Segre e Sisto.
Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Mazzella e Murelli, per attività della 10ª Commissione permanente; Borghi Claudio, Borghi Enrico, Mieli, Ronzulli e Scarpinato, per attività del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica; Borghesi, Losacco e Paroli, per attività dell'Assemblea parlamentare della NATO; Scalfarotto, per partecipare a un incontro internazionale.
Alla ripresa pomeridiana della seduta sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Mazzella, Murelli e Zaffini, per attività della 10ª Commissione permanente; Borghi Claudio, Borghi Enrico, Mieli, Ronzulli e Scarpinato, per attività del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica; Borghesi, Losacco, Marcheschi e Paroli, per attività dell'Assemblea parlamentare della NATO.
Commissioni permanenti, trasmissione di documenti
La 5a Commissione permanente (Programmazione economica, bilancio), in data 7 ottobre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 48, comma 6, del Regolamento, il documento approvato nella seduta del 25 settembre 2024, a conclusione dell'indagine conoscitiva, svolta congiuntamente con la Commissione Bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati, sulle prospettive di riforma delle procedure di programmazione economica e finanziaria e di bilancio in relazione alla riforma della governance economica europea (Doc. XVII, n. 3).
Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell'emergenza sanitaria causata dalla diffusione epidemica del virus SARS-CoV-2 e sulle misure adottate per prevenire e affrontare l'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, variazioni nella composizione
Il Presidente del Senato, in data 8 ottobre 2024, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell'emergenza sanitaria causata dalla diffusione epidemica del virus SARS-CoV-2 e sulle misure adottate per prevenire e affrontare l'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2 i senatori Berrino e Malan in sostituzione, rispettivamente, dei senatori Barcaiuolo e Matera, dimissionari.
Il Presidente della Camera dei deputati, in data 8 ottobre 2024, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell'emergenza sanitaria causata dalla diffusione epidemica del virus SARS-CoV-2 e sulle misure adottate per prevenire e affrontare l'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2 la deputata Annarita Patriarca in sostituzione del deputato Roberto Pella, dimissionario.
Procedimenti relativi ai reati previsti dall'articolo 96 della Costituzione, trasmissione di decreti di archiviazione
Con lettera in data 8 ottobre 2024, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma ha comunicato, ai sensi dell'articolo 8, comma 4, della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, che il Collegio per i reati ministeriali, previsti dall'articolo 96 della Costituzione, costituito presso il suddetto tribunale, ha disposto, con decreto del 4 ottobre 2024, l'archiviazione degli atti relativi ad ipotesi di responsabilità penale nei confronti di Roberto Cingolani, Ministro della transizione ecologica pro tempore.
Disegni di legge, trasmissione dalla Camera dei deputati
Ministro del lavoro e delle politiche sociali
Disposizioni in materia di lavoro (1264)
(presentato in data 09/10/2024)
C.1532 conclusione anomala per stralcio. (stralcio di C.1532-bis, C.1532-ter) C.1532-bis approvato dalla Camera dei deputati
Disegni di legge, annunzio di presentazione
Senatore Basso Lorenzo
Delega al Governo in materia di organizzazione, potenziamento e sviluppo tecnologico dei centri di elaborazione dati (1259)
(presentato in data 04/10/2024);
senatori Bucalo Carmela, Gelmetti Matteo, Marcheschi Paolo, Rapani Ernesto, Rosa Gianni, Russo Raoul, Tubetti Francesca, Zedda Antonella, Campione Susanna Donatella, Calandrini Nicola, Pogliese Salvo, Satta Giovanni, Iannone Antonio, Nocco Vita Maria, Fallucchi Anna Maria, Mancini Paola, Sallemi Salvatore
Modifica al Decreto Legislativo 17 agosto 1999, n. 368 di attuazione della direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE (1260)
(presentato in data 07/10/2024);
senatori Bongiorno Giulia, Stefani Erika, Bergesio Giorgio Maria, Bizzotto Mara, Borghi Claudio, Cantalamessa Gianluca, Cantu' Maria Cristina, Minasi Tilde, Paganella Andrea, Potenti Manfredi, Pucciarelli Stefania
Modifiche al codice penale e al regolamento di polizia mortuaria in materia di disposizione delle spoglie mortali delle vittime di omicidio (1261)
(presentato in data 08/10/2024);
Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale
Ministro dell'interno
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica della Costa d'Avorio in materia di migrazione e di sicurezza, fatto ad Abidjan il 22 marzo 2023 (1262)
(presentato in data 09/10/2024);
senatori Gasparri Maurizio, Paroli Adriano, Rosso Roberto, Occhiuto Mario, Ternullo Daniela
Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di acquisto della cittadinanza (1263)
(presentato in data 09/10/2024).
Disegni di legge, assegnazione
In sede redigente
2ª Commissione permanente Giustizia
sen. Verini Walter ed altri
Modifica all'articolo 67 della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di visite agli istituti penitenziari (79)
previ pareri delle Commissioni 1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione
(assegnato in data 08/10/2024);
2ª Commissione permanente Giustizia
sen. Cucchi Ilaria
Norme in materia di autopsia obbligatoria in caso di morte avvenuta in carcere e introduzione di un presidio di consulenza legale obbligatoria nelle strutture detentive (1044)
previ pareri delle Commissioni 1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione, 5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio, 10ª Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale
(assegnato in data 08/10/2024);
5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio
sen. Boccia Francesco ed altri
Modifiche all'articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di valutazione di impatto delle misure sulla progressione annuale degli indicatori di benessere equo e sostenibile (1214)
previ pareri delle Commissioni 1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione, 8ª Commissione permanente Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica
(assegnato in data 08/10/2024);
10ª Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale
sen. Lorenzin Beatrice ed altri
Disposizioni in materia di potenziamento della prevenzione del tumore alla mammella (1234)
previ pareri delle Commissioni 1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione, 5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio, Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 08/10/2024);
1ª (Aff. costituzionali) e 5ª (Bilancio)
sen. Misiani Antonio ed altri
Disposizioni per la trasparenza delle procedure di nomina del Ragioniere generale dello Stato (1215)
previ pareri delle Commissioni 6ª Commissione permanente Finanze e tesoro
(assegnato in data 08/10/2024).
In sede referente
4ª Commissione permanente Politiche dell'Unione europea
Gov. Meloni-I: Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR Fitto Raffaele ed altri
Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2024 (1258)
previ pareri delle Commissioni 1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione, 2ª Commissione permanente Giustizia, 3ª Commissione permanente Affari esteri e difesa, 5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio, 6ª Commissione permanente Finanze e tesoro, 7ª Commissione permanente Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport, 8ª Commissione permanente Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica, 9ª Commissione permanente Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare, 10ª Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale, Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 08/10/2024).
Disegni di legge, nuova assegnazione
10ª Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale
in sede referente
sen. Sbrollini Daniela
Disposizioni recanti interventi finalizzati all'introduzione dell'esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all'interno del Servizio sanitario nazionale (287)
previ pareri delle Commissioni 1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione, 5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio, 7ª Commissione permanente Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport, Commissione parlamentare questioni regionali.
Già deferito in sede redigente, alla 10ª Commissione permanente (Sanità e lavoro), è stato rimesso alla discussione e alla votazione dell'Assemblea.
(assegnato in data 09/10/2024).
Disegni di legge, presentazione del testo degli articoli
In data 08/10/2024 la 1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione ha presentato il testo degli articoli proposti dalla Commissione stessa, per i disegni di legge:
- sen. Gelmini Mariastella "Disposizioni per lo sviluppo e la valorizzazione delle zone montane" (276)
(presentato in data 02/11/2022)
- sen. Borghi Enrico "Disposizioni per la modernizzazione, lo sviluppo, la tutela e la valorizzazione delle zone montane. Delega al Governo per l'introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi ecosistemici e ambientali" (396)
(presentato in data 07/12/2022) "Disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane" (1054)
(presentato in data 01/03/2024).
Camera dei deputati, trasmissione di documenti
Il Presidente della Camera dei deputati, con lettera in data 2 ottobre 2024, ha trasmesso il documento concernente la proposta di regolamento del Consiglio sul rafforzamento della sicurezza delle carte d'identità dei cittadini dell'Unione e dei titoli di soggiorno rilasciati ai cittadini dell'Unione e ai loro familiari che esercitano il diritto di libera circolazione (COM(2024) 316 final), approvato, nella seduta del 18 settembre 2024, dalla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) della Camera dei deputati, nell'ambito della verifica di sussidiarietà di cui all'articolo 6 del Protocollo n. 2 allegato al Trattato di Lisbona (Doc. XVIII-bis, n. 39) (Atto n. 569).
Detto documento è depositato presso il Servizio dell'Assemblea a disposizione degli Onorevoli senatori.
Governo, trasmissione di atti per il parere. Deferimento
Il Ministro della difesa, con lettera del 4 ottobre 2024, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 536, comma 3, lettera b), del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 - lo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale di A/R n. SMD 4/2024, denominato «Esigenze della Difesa in materia di contrasto alla minaccia Indirect Fire», relativo all'acquisizione di sistemi di difesa aerea a cortissima portata contro minacce Rocket, Artillery and Mortar per le unità di artiglieria controaerei dell'Esercito italiano (n. 215).
Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, lo schema di decreto è stato deferito - in data 8 ottobre 2024 - alla 3ª Commissione permanente, che esprimerà il parere entro 40 giorni dall'assegnazione. La 5ª Commissione permanente potrà formulare le proprie osservazioni alla 3ª Commissione permanente in tempo utile rispetto al predetto termine.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera dell'8 ottobre 2024, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55 - lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante conferimento di incarichi di Commissario straordinario per interventi concernenti infrastrutture ferroviarie (n. 216).
Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, lo schema di decreto è deferito alla 8ª Commissione permanente, che esprimerà il parere entro 20 giorni dall'assegnazione. La 5ª Commissione permanente potrà formulare le proprie osservazioni alla 8ª Commissione permanente in tempo utile rispetto al predetto termine.
Governo, richieste di parere per nomine in enti pubblici. Deferimento
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera del 3 ottobre 2024, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10 - la proposta di nomina del dottor Riccardo Turrini Vita a Presidente del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (n. 54).
Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, la proposta di nomina è stata deferita - in data 8 ottobre 2024 - alla 2ª Commissione permanente, che esprimerà il parere entro 20 giorni dall'assegnazione.
Governo, trasmissione di atti e documenti
La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 8 ottobre 2024, ha inviato, ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni e integrazioni, la comunicazione concernente il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale all'ingegner Francesco Sorrentino, nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Tale comunicazione è depositata presso il Servizio dell'Assemblea, a disposizione degli onorevoli senatori.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera in data 4 ottobre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1075, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, dell'articolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e dell'articolo 1, comma 25, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, la relazione concernente lo stato di avanzamento degli interventi di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti finanziati con le risorse del fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, di cui all'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, del fondo di cui all'articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e del fondo di cui all'articolo 1, comma 14, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, riferita all'anno 2024.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 5a e alla 8a Commissione permanente (Doc. XL, n. 7).
Negli scorsi mesi di agosto e settembre 2024, sono pervenute copie di decreti ministeriali, inseriti nello stato di previsione del Ministero dell'interno, del Ministero della difesa, del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dell'università e della ricerca, per l'esercizio finanziario 2024, concernenti le variazioni compensative tra capitoli delle medesime unità previsionali di base e in termini di competenza e cassa.
Tali comunicazioni sono state trasmesse alle competenti Commissioni permanenti.
Autorità di regolazione dei trasporti, trasmissione di documenti. Deferimento
Il Presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti ha inviato, in data 8 ottobre 2024, ai sensi dell'articolo 37, comma 5, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, la relazione sull'attività svolta dalla medesima Autorità, aggiornata al 30 giugno 2024.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 8a Commissione permanente (Doc. CCXVI, n. 2).
Corte costituzionale, trasmissione di sentenze. Deferimento
La Corte costituzionale ha trasmesso, a norma dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la seguente sentenza, che è deferita, ai sensi dell'articolo 139, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni competenti per materia:
sentenza n. 160 del 6 giugno 2024, depositata il successivo 3 ottobre 2024, con la quale dichiara:
1) l'illegittimità costituzionale dell'articolo 7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell'abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell'atto di accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire;
2) in via consequenziale, ai sensi dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimità costituzionale dell'articolo 31, comma 3, primo e secondo periodo, del d.P.R. n. 380 del 2001, nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell'abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell'atto di accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire (Doc. VII, n. 96) - alla 1a e alla 2a Commissione permanente.
Corte dei conti, trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti
Il Presidente della Sezione del controllo sugli Enti della Corte dei conti, con lettere in data 4, 7 e 8 ottobre 2024, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, ha trasmesso le determinazioni e le relative relazioni sulla gestione finanziaria:
dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, per l'esercizio 2022. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5ª e alla 8a Commissione permanente (Doc. XV, n. 292);
dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), per l'esercizio 2022. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5ª e alla 7a Commissione permanente (Doc. XV, n. 293);
dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale Ente del Terzo Settore (ISPI ETS), per l'esercizio 2023. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 3ª e alla 5a Commissione permanente (Doc. XV, n. 294);
dell'Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM), per l'esercizio 2022. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5ª e alla 7a Commissione permanente (Doc. XV, n. 295).
Corte dei conti, trasmissione di documentazione. Deferimento
La Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 4 ottobre 2024, ha inviato, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 87/2024/G, concernente "Fondo per la bonifica e messa in sicurezza dei siti di interesse nazionale (SIN)".
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 5a e alla 8a Commissione permanente (Atto n. 570)
Commissione europea, trasmissione di progetti di atti legislativi dell'Unione europea. Deferimento
La Commissione europea ha trasmesso, in data 7 ottobre 2024, per l'acquisizione del parere motivato previsto dal Protocollo (n. 2) sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea e al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea:
la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2023/1115 per quanto riguarda le disposizioni relative alla data di applicazione (COM(2024) 452 definitivo). Ai sensi dell'articolo 144, commi 1-bis e 6, del Regolamento, l'atto è deferito alla 4ª Commissione permanente ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane previsto dall'articolo 6 del predetto Protocollo decorre dal 7 ottobre 2024. L'atto è altresì deferito, per i profili di merito, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, alla 9a Commissione permanente, con il parere della Commissione 4ª.
Interrogazioni, apposizione di nuove firme
Il senatore Croatti ha aggiunto la propria firma all'interrogazione 4-01479 delle senatrici Lopreiato e Pirro.
Interrogazioni
FURLAN, RANDO, ALFIERI, BASSO, CAMUSSO, DELRIO, FINA, GIACOBBE, IRTO, LA MARCA, MALPEZZI, MANCA, MARTELLA, MISIANI, NICITA, ROJC, ROSSOMANDO, SENSI, TAJANI, VALENTE, VERDUCCI, VERINI, ZAMBITO, ZAMPA - Ai Ministri dell'interno e per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. - Premesso che:
è notizia di questi giorni che all'interno di un disegno di legge in discussione presso l'Assemblea regionale siciliana (detto "ddl enti locali") è stato inserito un articolo di legge che riduce l'obbligo di alternanza di genere al 20 per cento nelle giunte dei Comuni al di sopra dei 3.000 abitanti;
l'articolo 1, comma 137, della legge 7 aprile 2014, n. 56, dispone che "nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico": l'eventuale approvazione del disegno di legge accentuerebbe la distanza dei Comuni siciliani dal resto del Paese rispetto alla rappresentanza di genere;
il disegno di legge andrà in discussione presso l'ARS il prossimo 15 ottobre, ma sta provocando una mobilitazione della politica, delle associazioni e forze sociali per chiedere di eliminare la norma sull'alternanza di genere nelle giunte comunali. In tal senso basti pensare a quanto hanno scritto Gabriella Messina (CGIL Sicilia), Vera Carasi (CISL Sicilia) e Luisella Lionti (UIL Sicilia) in una nota inviata al Governo, alle assessore e agli assessori regionali e a tutte le deputate e a tutti i deputati dell'ARS, nella quale si legge: "Chiediamo a tutte e tutti uno scatto d'orgoglio legiferando nel rispetto dell'uguaglianza e della democrazia paritaria per gli enti locali e accelerando anche il processo di aggiornamento del sistema elettorale regionale con la previsione della doppia preferenza di genere";
contro questo disegno di legge è stato lanciato un appello che ha già visto centinaia di adesioni della società civile,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti e quali siano le opinioni in merito;
quali iniziative il Governo, nel pieno rispetto del dettato costituzionale in materia di riparto delle competenze, intenda intraprendere al fine di scongiurare una riduzione della presenza femminile nelle giunte dei Comuni siciliani al di sopra dei 3.000 abitanti.
(3-01391)
BEVILACQUA, DI GIROLAMO - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
a seguito di due gare andate deserte, Fincantieri S.p.A., la più grande azienda italiana operante nel settore della cantieristica navale, attualmente controllata da CDP Industria, del gruppo di Cassa depositi e prestiti, istituzione finanziaria sotto il controllo maggioritario del Ministero dell'economia e delle finanze, si è aggiudicata, in via definitiva, la gara per la costruzione di una nuova nave traghetto RO-PAX classe A (codice identificativo gara CIG n. 929094170E), destinata alle tratte tra la Sicilia e le isole di Lampedusa e Pantelleria, per un finanziamento complessivo vicino ai 120 milioni di euro;
il bando prevedeva la facoltà per la Regione Siciliana di esercitare, entro un anno dalla stipula del contratto, un'opzione per la costruzione di una seconda unità navale, con caratteristiche analoghe alla prima, da destinare al trasporto di passeggeri, auto, mezzi pesanti e merci pericolose;
la seconda unità navale dovrebbe essere costruita presso il cantiere navale di Palermo, contribuendo allo sviluppo economico e occupazionale del polo cantieristico locale;
dopo l'interrogazione dell'on. Varrica dell'Assemblea regionale siciliana a febbraio 2024, nella quale si chiedeva al Governo regionale della Sicilia quali fossero le intenzioni riguardo all'esercizio dell'opzione per la seconda nave, la Commissione IV dell'ARS ha approvato, nella seduta n. 97 del 17 luglio 2024, una risoluzione, presentata sempre dall'on. Varrica, che impegna il Governo regionale a compiere tempestivamente ogni atto utile, inclusa la trasmissione di una formale richiesta al Governo nazionale, per reperire le risorse necessarie a esercitare tale opzione;
successivamente, con il Documento di economia e finanza regionale presentato all'Assemblea regionale siciliana, è stato nuovamente confermato l'impegno a procedere con l'esercizio dell'opzione per la seconda nave;
considerato che:
in questi anni si sta procedendo al rilancio del cantiere, con un investimento complessivo di oltre 120 milioni di euro per il bacino da 150.000 tonnellate portata lorda;
l'eventuale costruzione della seconda nave presso il cantiere di Palermo rappresenterebbe un'importante occasione per consolidare il ruolo strategico del polo cantieristico siciliano e garantire migliaia di posti di lavoro, così da generare un impulso importante allo sviluppo dell'economia locale,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo abbia ricevuto dalla Regione Siciliana una formale richiesta di finanziamento relativa alla costruzione di una seconda nave RO-PAX classe A presso il cantiere navale di Palermo, come previsto dal bando CIG n. 929094170E;
in caso affermativo, se intenda prevedere il finanziamento del progetto in tempi rapidi, al fine di garantire che la Regione possa esercitare l'opzione prevista per la costruzione della seconda unità navale avviandola entro i termini previsti presso il cantiere di Palermo.
(3-01392)
GASPARRI, DE ROSA, DAMIANI, FAZZONE, GALLIANI, LOTITO, OCCHIUTO, PAROLI, RONZULLI, ROSSO, SILVESTRO, TERNULLO, TREVISI, ZANETTIN - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
con il decreto che ripartisce il fondo complementare al PNRR (decreto ministeriale n. 363 del 2021) sono stati destinati alla Regione Campania 546,2 milioni di euro;
con decreto interministeriale 28 febbraio 2023 dei Ministri delle infrastrutture e dell'economia sono stati stanziati fondi per oltre 103 milioni di euro per opere immediatamente cantierabili di ammodernamento delle ferrovie regionali della Campania;
con decreto del maggio 2024 il Ministero delle infrastrutture ha stanziato 84,3 milioni per il potenziamento del parco rotabile per il servizio pubblico regionale ferroviario della Campania (destinati a 7 nuovi treni);
la parte di rete ferroviaria campana di proprietà della Regione è affidata in gestione all'Ente autonomo Volturno ed in particolare le ferrovie isolate Circumflegrea, Cumana e Circumvesuviana ed altre tratte campane, in un territorio che interessa milioni di utenti locali e migliaia di turisti che raggiungono i luoghi della cultura e della tradizione campana;
i fondi citati comprendono anche risorse per rimodernare la ferrovia Circumvesuviana e il tratto ferroviario della valle di Suessola, che riscontrano evidenti carenze infrastrutturali e gestionali;
negli ultimi anni si è avuta una progressiva riduzione del numero delle corse giornaliere e del numero dei treni e delle corse disponibili (per i quali risulta carente anche la manutenzione), insufficienti ad accontentare le esigenze di un'utenza sempre più insoddisfatta, in un territorio dove le ferrovie rappresentano una fondamentale integrazione agli altri sistemi di mobilità del territorio,
si chiede di sapere:
quale sia lo stato di attuazione degli interventi finanziati, dal PNC e dal Ministero delle infrastrutture, per il complesso sistema delle ferrovie della Campania;
se il Ministro in indirizzo abbia individuato le responsabilità sulle carenze nel servizio e nella rete infrastrutturale e come intenda intervenire per porre le basi per migliorare lo stato delle ferrovie campane e il servizio a favore dei pendolari, degli utenti e dei turisti.
(3-01393)
BOCCIA, ALFIERI, BASSO, BAZOLI, CAMUSSO, CASINI, CRISANTI, D'ELIA, DELRIO, FINA, FRANCESCHELLI, FRANCESCHINI, FURLAN, GIACOBBE, GIORGIS, IRTO, LA MARCA, LORENZIN, LOSACCO, MALPEZZI, MANCA, MARTELLA, MELONI, MIRABELLI, MISIANI, NICITA, PARRINI, RANDO, ROJC, ROSSOMANDO, SENSI, TAJANI, VALENTE, VERDUCCI, VERINI, ZAMBITO, ZAMPA, DI GIROLAMO, NAVE, DE CRISTOFARO, UNTERBERGER, SPAGNOLLI, PATTON - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro delle imprese e del made in Italy. - Premesso che:
"Starlink" è la prima e la più grande costellazione satellitare al mondo costruita dall'azienda privata aerospaziale "Space X", composta attualmente da circa 6.000 satelliti e in via di ulteriore sviluppo. La rete dei satelliti di Starlink sfrutta l'orbita terrestre a bassa quota per offrire una connessione internet a banda larga in grado di supportare, tra gli altri, i servizi di streaming, videochiamate e gaming online;
i satelliti di Starlink orbitano attorno al pianeta ad una distanza di 550 chilometri dalla terra coprendo l'intero globo e offrono un servizio all'utenza con una latenza, tempo di andata e ritorno dei dati tra l'utente e il satellite, che, nel caso migliore, può arrivare fino a 25 millisecondi;
i servizi offerti da Starlink sono ormai disponibili in gran parte dei Paesi, con oltre 3 milioni di abbonati in tutto il mondo a maggio 2024, compresa l'Italia, dove ad oggi sarebbero stati sottoscritti circa 50.000 contratti privati;
recenti studi sulla performance dei servizi Starlink in Italia evidenziano tuttavia alcune criticità. Starlink non rappresenta una sostituzione per la connettività in fibra, ma costituisce una soluzione che risulta valida esclusivamente in aree estremamente remote, dove l'accesso alla rete cablata è inesistente. La velocità media delle connessioni internet è poco sopra i 100 Mbps, paragonabile ad una connessione in fibra ottica misto rame (VDSL). I servizi in abbonamento "a bassa priorità" offrono agli utenti connessioni a bassa velocità che oscillano tra 50 e 100 Mbps, con cali di prestazione nelle ore di punta. Per i servizi di connessione in abbonamento "standard" il livello delle prestazioni sale ma con costi mensili superiori. Per le massime prestazioni, in particolare per le esigenze aziendali, occorre poi l'acquisto di costosi "kit". Le prestazioni attuali di Starlink sono destinate a degradare per ragioni tecniche e l'azienda promette di sostituire continuamente i satelliti che raggiungono l'end-of-life e di espandere la costellazione ad oltre 30.000 satelliti. Con una vita media di circa 5 anni per satellite, la sostenibilità economica a lungo termine di questa tecnologia rimane incerta;
il PNRR, con il bando "Italia a 1 Giga", ha affidato lavori pari a 3,4 miliardi di euro a TIM e a Open Fiber, per ampliare, entro il 2026, la rete esistente a banda ultralarga e portare a circa 7 milioni di indirizzi civici distribuiti su tutto il territorio italiano servizi con una velocità di trasmissione di almeno un Gbit al secondo, in linea con gli obiettivi europei della "Gigabit society e digital compass";
la suddetta soglia di connessione è necessaria per sviluppare reti "future proof", ossia prontamente aggiornabili e in grado di soddisfare nel tempo il crescente fabbisogno di connettività per la fruizione di servizi sempre più avanzati, tra cui video streaming lineare 4K/8K, realtà virtuale e aumentata, collaborazione immersiva, smart working e formazione a distanza, cloud computing, online gaming, domotica avanzata, telemedicina e altro. Il raggiungimento di questa soglia ha particolare rilevanza nell'ambito degli obiettivi del PNRR e gli investimenti pubblici programmati, con una serie di mappature del territorio, mirano proprio al raggiungimento di tali obiettivi anche nei "civici grigi" e nei "civici neri";
in alcuni articoli di stampa è stata recentemente riportata la notizia di una proposta avanzata da Elon Musk, proprietario di Space X e di Starlink, al Governo italiano riguardante la ridefinizione di alcuni capitoli del piano nazionale di ripresa e di resilienza, al fine di assegnare proprio a Starlink il compito di andare a coprire le cosiddette aree grigie, ossia le zone dell'Italia dove la copertura a banda larga o tramite fibra ottica è parziale o limitata. Sempre da notizie di stampa si apprende che la Presidenza del Consiglio dei ministri avrebbe incaricato il Ministero delle imprese e del made in Italy di occuparsi della proposta e Cassa depositi e prestiti sarebbe stata informata della volontà del Governo di approfondire concretamente questa possibilità;
l'eventuale accettazione da parte del Governo della proposta di Starlink rischia di creare molteplici problematiche. Fra le altre, emergono in tutta evidenza: a) il rischio del mancato raggiungimento degli obiettivi del PNRR "Italia 1 Giga" che prevedono il raggiungimento di una velocità di trasmissione sulla rete ad un Gbit al secondo in tutto il territorio nazionale entro giugno 2026; b) l'ennesima revisione del PNRR e dei progetti con scorporo di risorse in favore di Starlink e l'abbandono dei progetti finalizzati alla copertura fisica delle "aree grigie"; c) la penalizzazione delle aree interne a causa del mancato completamento dell'infrastruttura di rete a banda ultralarga su tutto il territorio nazionale; d) il mancato sviluppo delle reti future proof in grado di soddisfare, su tutto il territorio nazionale, il fabbisogno di connettività minima per la fruizione di servizi di sempre più avanzati;
delegare la copertura internet di alcune aree del Paese a un'azienda straniera, controllata in maggioranza da un singolo individuo, rappresenta un rischio significativo per la sicurezza nazionale. Il progetto "Iris2" della UE, tra burocrazia e fondi insufficienti, fatica a decollare. La sovranità del nostro Paese e del continente dipende anche da questo;
il settore delle telecomunicazioni italiano è stato recentemente oggetto del passaggio del controllo dell'infrastruttura di rete da TIM a Fibercop, controllata dalla statunitense KKR, con la perdita del controllo diretto di un asset strategico per il Paese. L'eventuale accettazione della proposta Starlink produrrebbe effetti sull'assetto del mercato interno, con ulteriore rischio di tenuta per le aziende del settore,
si chiede di sapere:
se il Governo sia intenzionato a dare attuazione alla proposta di Elon Musk, finalizzata a ridefinire alcuni capitoli del piano nazionale di ripresa e di resilienza e ad assegnare a Starlink il compito di andare a coprire le cosiddette aree grigie del Paese, dove la copertura a banda larga o tramite fibra ottica è parziale o limitata;
se intenda, al contrario, confermare l'impegno al completamento di tutti i progetti del PNRR "Italia 1 Giga" e rendere, altresì, noto lo stato di avanzamento di tutti i predetti progetti e se vi siano rischi di ritardo nella loro attuazione;
se abbia attentamene ponderato i rischi relativi alla scelta di investire risorse del PNRR sulla proposta di Starlink, sul conseguente mancato completamento della rete a banda ultralarga su tutto il territorio italiano e sull'assetto del mercato interno e la tenuta delle imprese del settore;
se abbia considerato le ricadute su cittadini ed imprese in caso di mancato raggiungimento dello sviluppo delle reti future proof in grado di soddisfare, su tutto il territorio nazionale, il fabbisogno di connettività minima per la fruizione di servizi di sempre più avanzati.
(3-01394)
FLORIDIA Aurora - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
importanti e preoccupanti eventi franosi, occorsi ripetutamente sulle arterie principali che circondano il lago di Garda, caratterizzato da tratti stradali con un'elevata fragilità idrogeologica, stanno mettendo a rischio la sicurezza sia della Gardesana orientale (SS 249) che di quella occidentale (SS 45-bis), interessando comuni ad alta densità turistica quali Malcesine, Torbole, Riva del Garda, Limone sul Garda, Tremosine e altri;
queste strade statali sono di eccezionale rilevanza per l'intera zona lacustre e costituiscono l'unica via strategica per la mobilità del lago di Garda, cuore del turismo d'Europa e tra le principali mete turistiche visitate in Italia;
la documentazione ufficiale (allegato 5 del progetto definito UF3 del 2022 della ciclovia del Garda - tabella riassuntiva delle barriere difensive analizzate) evidenzia la presenza di barriere paramassi lungo le statali gardesane rivelatesi inefficaci ed obsolete, non più idonee nell'intercettare i massi caduti sulla strada, il che pone seri rischi per l'incolumità di residenti e turisti;
tutta l'area della statale dell'alto Garda trentino viene classificata con il massimo grado di rischio di pericolosità (P4); per il tratto gardesano lombardo e veneto le maestose falesie a picco sul lago sono classificate, dal sistema di classificazione frane IFFI, aree a ribaltamento e crolli diffusi e, quindi, a massimo rischio;
il progetto della ciclovia del Garda, che prevede tratti a sbalzo lungo falesie geologicamente instabili e difficilmente accessibili, esporrebbe parte dell'opera al concreto pericolo di caduta massi e frane, come segnalato anche dalle associazioni ambientaliste (unitesi nel Coordinamento interregionale per la tutela del Garda), da associazioni locali e da amministratori locali che hanno espresso forti perplessità;
nonostante le preoccupazioni espresse nelle tre interrogazioni 4-00647 del 5 settembre 2023, 4-01100 del 19 marzo 2024, e 4-01432 del 17 settembre 2024, riguardanti la fragilità geologica della zona, l'inadeguatezza delle barriere paramassi posizionate sulle arterie stradali gardesane e la costruzione della ciclovia del Garda, prevista anche in aree classificate ad alto rischio geologico, ad oggi non è ancora pervenuta alcuna risposta;
considerato che:
circa a metà settembre 2024, sono iniziati i lavori per la realizzazione di un tratto della ciclovia del Garda che interessa una delle ultime spiagge naturali e incontaminate del lago di Garda, nel comune di Malcesine, località Baitone, e includono la traforazione della galleria "Cantone", primo tratto in galleria della suddetta Gardesana orientale, al confine tra Veneto e la provincia di Trento, colpita negli ultimi anni da ripetuti e importanti eventi franosi;
una volta conclusi i lavori di traforazione della suddetta galleria Cantone, la ciclovia del Garda si arresterà e, similmente a quanto avviene nel breve tratto di ciclovia di Limone del Garda, porterà ancora più ciclisti a riversarsi sulla trafficata Gardesana orientale;
la Gardesana orientale viene considerata tra le 10 strade più pericolose d'Italia, in particolare il tratto tra Malcesine e Torbole, considerato ''il più pericoloso'';
il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 29 novembre 2018, n. 517, recante la "Progettazione e realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie turistiche" all'allegato 4, punto A.2, "Fruibilità, interconnessione e intermodalità", cita l'ipotesi di connettere la ciclovia con la via d'acqua mediante azioni di moderazione o regolazione del traffico e con un'adeguata offerta intermodale alternativa (ferro, gomma, navigazione),
si chiede di sapere:
quali interventi strutturali urgenti siano stati pianificati o già eseguiti in seguito alle frane occorse e alle relazioni geologiche che evidenziano il rischio di frane e crolli, in particolare lungo i tratti più critici della SS 249;
se siano stati previsti fondi straordinari per l'adeguamento delle barriere paramassi e la manutenzione delle infrastrutture esistenti, al fine di allineare le opere agli standard di sicurezza europei ETAG 027 e UNI 11211-01/05;
quali azioni di coordinamento il Ministro in indirizzo intenda intraprendere con le autorità locali e regionali, alla luce della mancata progettazione avanzata della ciclovia del Garda (dal tratto di Navene fino al tratto del comune di Torbole), al fine di garantire la sicurezza e l'incolumità di residenti, pendolari e turisti e la mobilità lungo il tratto più pericoloso della statale Gardesana orientale;
se non si ritenga opportuno e di buon senso sospendere i lavori di traforazione appena iniziati nella galleria Cantone, per un approfondimento del grado di pericolosità del tratto compreso tra Navene di Malcesine e Torbole del Garda, alla luce del susseguirsi di eventi franosi e ai fini della valutazione di alternative più sicure e sostenibili;
se il Ministro abbia valutato l'opportunità di sostituire i tratti di strada più pericolosi per la sicurezza degli utenti e di inestimabile valore paesaggistico e naturalistico con la soluzione del trasporto integrato e intermodale, attraverso l'uso combinato della ciclabilità e dei battelli elettrici ecologici, sempre più avanzati e diffusi.
(3-01395)
DI GIROLAMO - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
il 2 ottobre 2024, a causa di un guasto tecnico ad una centralina, l'intera rete elettrica delle stazioni ferroviarie di Roma Termini e Roma Tiburtina è stata interrotta: un tassello in ferro, piantato per errore, ha colpito un cavo che è finito nella centralina che controlla la sala operativa della stazione Termini;
le cabine elettriche "rosse" sono dotate di sistemi per cui in caso di guasti o incidenti dovrebbero continuare a funzionare, grazie a delle batterie di continuità, affinché venga inviato un segnale di allarme alla centrale operativa e si consenta un intervento tempestivo dei tecnici;
oltre a porre un serio problema di sicurezza, l'episodio, non isolato, ha determinato forti ripercussioni sulla circolazione ferroviaria con la sua conseguente interruzione;
i due hub ferroviari si sono fermati per circa due ore: sono state cancellate 35 corse tra alta velocità e Intercity, ulteriori 54 corse hanno avuto un maggior tempo di percorrenza superiore a 60 minuti;
ritardi, interruzioni, errori umani, approssimazioni, sistemi che non funzionano e non hanno funzionato evidenziano un sistema trasportistico del Paese che all'interrogante appare al collasso, a testimonianza del fatto che ad oggi poco è stato fatto per prevenire un fenomeno che ormai appare strutturale, e che è reso ancor più grave dalle modifiche apportate da questo Governo al codice dei contratti pubblici: l'introduzione di norme come il subappalto a cascata porta alla scelta di subappaltatori non adeguatamente qualificati, con conseguente decadimento della qualità dell'opera;
considerato che, come espresso nella relazione al Parlamento del 18 settembre 2024, l'Autorità di regolazione dei trasporti ha rilevato che ogni anno si contano circa "diecimila interruzioni di linea riguardanti il trasporto ferroviario di persone e di merci e che la durata delle interruzioni si allunga in termini di ore: nel primo semestre del 2024 si sono prolungate per ben ventiduemila e novecento ore", per cui la stessa Autorità chiede, prontamente, un "cambio di rotta" gestionale e industriale di Ferrovie dello Stato per garantire competitività e vivibilità al Paese;
considerato, infine, che nell'ultimo anno pesanti disagi e interruzioni hanno compromesso per ore (se non per giorni) diversi tratti di rete dorsale, come: l'incidente ferroviario occorso a un treno merci il 9 luglio avvenuto presso la stazione di Centola-Palinuro-Marina di Camerota (sulla linea Paola-Salerno); l'incidente ferroviario occorso ad un treno merci avvenuto l'11 luglio a Parma (sulla linea Milano-Bologna); l'inconveniente al treno merci tra San Donà di Piave e Roncade (lungo la linea Trieste-Venezia), avvenuto il 18 luglio, adibito al trasporto di auto, in cui lo "spezzamento" del treno ha generato anche la perdita di alcune automobili lungo la linea ferroviaria; l'inconveniente tecnico grave occorso al Frecciarossa 8811 presso la stazione di Montemarciano (Ancona) avvenuto il 18 luglio; la molteplicità di guasti che hanno messo duramente in crisi non solo la dorsale alta velocità Torino-Salerno, ma tutte le dorsali principali, in ultimo quello occorso a Firenze Rovezzano nella mattina del 19 luglio, che ha messo in crisi per tutta la giornata l'intero sistema dell'alta velocità nazionale ed il traffico regionale toscano,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno adottare in tempi congrui un piano straordinario di manutenzione ordinaria dell'intera rete ferroviaria del Paese.
(3-01396)
BASSO, BOCCIA, NICITA - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
in data 2 ottobre 2024, una serie di "guasti tecnici" su diverse linee ferroviarie del Paese ha causato forti ritardi, cancellazioni e blocchi alla circolazione dei treni. Dalle 6.30 la circolazione tra le due stazioni principali di Roma, Termini e Tiburtina, si è bloccata. Il traffico è ripreso intorno alle 8.45, ma la circolazione è rimasta fortemente rallentata e più di 100 treni sono stati cancellati, con ritardi di altri che hanno raggiunto le quattro ore. I disagi per i viaggiatori sono arrivati anche da ulteriori guasti sulle linee adriatica e tirrenica: sulla Bologna-Ancona la circolazione è stata rallentata in direzione Ancona per un guasto alla linea a Villa Selva e i treni alta velocità, Intercity e regionali hanno fatto registrare ritardi fino a 50 minuti. La circolazione sulla linea Pisa-Roma è stata rallentata per un guasto alla linea a Gavorrano, con conseguenti forti ritardi e disagi per gli utenti. La causa del grave guasto di Roma è stata attribuita ad un errore umano di un operaio di una ditta in subappalto che avrebbe, poco dopo la mezzanotte, piantato un chiodo in una canalina in cui passavano cavi elettrici. Dalla vicenda emerge, tuttavia, in tutta evidenza che il sistema di sicurezza previsto per garantire la continuità della fornitura di energia elettrica alla rete ferroviaria in caso di cali di tensione o di blocco della linea principale non si è attivato, lasciando spenta la sala operativa della stazione Termini dalle 6.30 fino alle 8.30 e palesando una grave vulnerabilità dell'intera rete;
quelli descritti sono solamente gli ultimi di una lunga serie di malfunzionamenti che hanno interessato l'infrastruttura ferroviaria nazionale nel corso degli ultimi mesi. Lo scorso 22 luglio, in seguito allo sviamento di alcuni carri di un treno merci nei pressi di Centola, Trenitalia ha sospeso la circolazione ferroviaria sulla linea Battipaglia-Sapri, arrecando gravi disagi al traffico dei pendolari del Mezzogiorno nel pieno della stagione turistica. Per consentire lo svolgimento in sicurezza dei lavori di ripristino dell'infrastruttura, infatti, è risultato necessario "tagliare in due" l'Italia, interrompendo per quattro giorni il collegamento ferroviario tra la Calabria, la Sicilia e il resto del Paese. Lo scorso 8 agosto, invece, alcuni roghi divampati a ridosso dei binari nei pressi di Anagni hanno determinato l'interruzione della linea ad alta velocità Roma-Napoli, con interruzione del servizio e pesanti ricadute sui tempi di percorrenza di alcune direttrici regionali e interregionali; nella giornata del 15 settembre si sono registrati sulla linea ad alta velocità Milano-Bologna-Firenze forti rallentamenti dovuti ad un guasto tecnico verificatosi in prossimità di Piacenza. I ritardi, stimati inizialmente nella misura di 60 minuti, sono poi raddoppiati in breve tempo, comportando un aumento dei tempi di percorrenza pari a quattro ore su alcune tratte. Come comunicato successivamente dal gruppo delle Ferrovie dello Stato, l'interruzione della circolazione è stata causata da complicazioni tecniche emerse nell'ambito dei lavori di ammodernamento tecnologico della tratta interessata;
per fare fronte all'esigenza di completare i lavori di potenziamento strutturale della rete non più rinviabili in ragione dell'afflusso dei fondi del PNRR, nel mese di agosto è stata altresì autorizzata l'apertura contestuale di numerosi cantieri, forieri di ulteriori ritardi e limitazioni, senza prevedere adeguate misure sostitutive. Conseguentemente, su tutto il territorio nazionale si sono registrati continui ritardi e soppressioni di corse che hanno influito sulla mobilità di numerosi pendolari e sui turisti;
durante la presentazione da parte dell'Autorità di regolazione dei trasporti della relazione annuale, trasmessa al Parlamento lo scorso 18 settembre, è stato evidenziato che ogni anno si contano nel settore circa "10.000 interruzioni di linea". In media, quindi, ogni giorno sono oltre 27 le interruzioni di linea in Italia e la durata di queste, in termini di ore, sta subendo un importante incremento proprio negli ultimi anni dal momento che "nel primo semestre 2022 le interruzioni si sono prolungate per 17.913 ore, nel primo semestre 2023 per 19.978 ore e nel primo semestre 2024 per ben 22.904 ore". Per l'Autorità, con riferimento alla manutenzione, occorre "un significativo cambio di rotta gestionale e industriale" per evitare "il collasso di singole modalità";
considerato che:
i suddetti episodi si inseriscono in un quadro generale del trasporto ferroviario caratterizzato da annose criticità di carattere territoriale. Persistono infatti differenze marcate sia della qualità sia della frequenza del servizio offerto, non solo tra Nord e Sud, ma anche tra le linee principali e quelle secondarie. La concentrazione degli interventi sulle grandi opere ferroviarie ha distolto l'attenzione rispetto ai vari problemi che affliggono la mobilità quotidiana dei pendolari e ha fatto passare in secondo piano quegli interventi migliorativi indispensabili per la mobilità, quali i raddoppi ferroviari, i passanti e le elettrificazioni, che contribuirebbero in maniera decisiva a migliorare la qualità del trasporto per milioni di utenti;
desta inoltre preoccupazione il divario sempre più ampio fra i diversi territori del Paese in termini di età dei treni e qualità delle infrastrutture. Al Sud l'età media dei convogli è di 18,1 anni, in calo rispetto ai 19,2 anni del 2020, ma ancora molto lontana dai 14,6 anni del Nord. In Calabria e Molise l'anzianità media del parco rotabile si spinge rispettivamente fino ai 21,4 e ai 22,6 anni. I disagi cronici che caratterizzano il servizio non sono imputabili pertanto solo al picco delle cantierizzazioni. La causa dei disagi va ricercata anche nella totale assenza di pianificazione, nonché nell'incapacità da parte delle autorità competenti di investire nel servizio ferroviario locale e regionale, al fine di minimizzare i disagi alla mobilità;
la situazione che si è venuta a determinare nel corso degli ultimi mesi impone pertanto una profonda riflessione sulle politiche di gestione delle infrastrutture ferroviarie. La manifesta incapacità di far fronte a incidenti e contrattempi, sommata alla totale assenza di visione strategica e sensibilità verso le esigenze dei viaggiatori, certificano l'approccio di corto respiro del Governo rispetto alle sfide legate al trasporto su ferro, che rappresenta un vettore di sviluppo imprescindibile per le sorti del Paese,
si chiede di sapere:
quali misure il Ministro in indirizzo abbia adottato o intenda adottare al fine di risolvere tempestivamente la problematica dei "guasti tecnici" e dei malfunzionamenti sull'intera rete ferroviaria nazionale e quali misure abbia richiesto a RFI a garanzia del buon funzionamento dell'infrastruttura ferroviaria e dei treni e per rafforzare la capacità di pronto intervento necessaria a ridurre i ritardi e i disagi per i cittadini e i pendolari;
se non ritenga opportuno riferire, entro brevi termini, al Parlamento in merito alla gestione degli interventi di ammodernamento dell'infrastruttura ferroviaria legati ai fondi del PNRR, che agli interroganti appare approssimativa, anche al fine di prospettare misure risolutive che possano limitare nei prossimi mesi i disagi alla mobilità ferroviaria sull'intero territorio nazionale;
quali misure compensative intenda predisporre a favore degli utenti che hanno subito ritardi o cancellazioni di corse ferroviarie, alla luce dei disservizi riportati e quali azioni intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di rafforzare gli investimenti nel servizio ferroviario locale e regionale, di minimizzare i disagi alla mobilità locale e di ridurre le disparità territoriali nell'erogazione dei servizi di mobilità ferroviaria, garantendo all'intera cittadinanza il pieno accesso alla modalità ferroviaria.
(3-01397)
MARCHESCHI, MALAN, SPERANZON, COSENZA, BUCALO, IANNONE, MELCHIORRE - Al Ministro della cultura. - Premesso che la cultura è l'anima di una nazione, sancisce le identità nazionali e ne incarna i valori e i principi fondamentali, tra cui la libertà di espressione, la democrazia e il pluralismo;
considerato che:
dal 19 al 21 settembre si è tenuta, al palazzo Reale di Napoli, la riunione dei ministri del G7 Cultura, presieduta dall'Italia, nel corso della quale è stato ribadito il ruolo centrale della cultura per le nazioni, per i popoli e per le comunità, come bene e responsabilità dell'umanità, strumento facilitatore del dialogo interculturale e intergenerazionale, come generatore di attività economica e di posti di lavoro;
i Ministri ivi riuniti hanno affermato, per la prima volta a livello internazionale, la necessità di rispondere tempestivamente agli interrogativi, non solo di natura etica, posti dall'intelligenza artificiale ed esaminare il suo impatto sul ruolo degli artisti, dei creativi, degli operatori tutti della cultura;
in merito, nella dichiarazione ministeriale "La cultura, bene comune dell'umanità, responsabilità comune", sottoscritta al termine dei lavori, si afferma la volontà di perseguire in campo culturale "una trasformazione digitale inclusiva, incentrata sull'uomo, che sostenga la crescita economica e lo sviluppo sostenibile, massimizzi i benefici e gestisca i rischi, in linea con i nostri valori democratici condivisi e il rispetto dei diritti umani",
si chiede di sapere:
quali siano gli intendimenti del Ministro in indirizzo in relazione alle conclusioni del G7 che ha presieduto, con particolare riferimento agli effetti e all'impatto dell'intelligenza artificiale nel campo culturale;
di quali proposte si faccia portatrice l'Italia e quali siano gli obiettivi che il Governo intende perseguire per garantire la centralità dell'uomo e della sua creatività.
(3-01398)
PUCCIARELLI, MINASI, ROMEO - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
un patrimonio infrastrutturale efficiente, moderno e connesso non solo è fondamentale per sostenere uno sviluppo diffuso e la crescita a lungo termine dell'intero Paese, ma si configura come elemento essenziale per garantire che tutti i cittadini possano esercitare in completa sicurezza il "diritto alla mobilità", previsto dall'articolo 16 della Costituzione;
il crollo del "ponte Morandi", avvenuto il 14 agosto 2018, ha provocato 43 vittime e molti feriti, con centinaia di famiglie che hanno subito un enorme danno per l'incuria di un'opera infrastrutturale in esercizio nonostante il suo elevato stato di decadimento, per evidenti responsabilità dei soggetti che dovevano gestire l'opera, ma anche per una mancata attenzione da parte del sistema nazionale rispetto alla gestione di un sistema autostradale dato in concessione;
fornire un sostegno alle vittime di incuria infrastrutturale costituisce una misura di civiltà sociale e giuridica necessaria, anche in virtù della diffusa percezione che determinati eventi, sebbene colpiscano direttamente solo alcuni cittadini, a ben vedere offendono l'intera comunità civile;
sarebbe, dunque, ragionevole prevedere che eventi dannosi collegati a cedimenti totali o parziali di infrastrutture di rilievo nazionale, conseguenti a forme di incuria derivanti da errori o inadempienze in sede di progettazione e manutenzione, possano, quali che siano le responsabilità accertate e i risarcimenti previsti in sede giudiziale, configurare un intervento da parte dello Stato, anche in virtù del fatto che spesso i tempi dei processi penali sono irragionevolmente lunghi e le spese giudiziarie ingenti,
si chiede di sapere se e quali iniziative di competenza il Ministro in indirizzo intenda adottare al fine sostenere, in coerenza con il principio solidaristico di cui all'articolo 2 della Costituzione, le vittime di eventi dannosi derivanti dell'incuria nella gestione e manutenzione della rete infrastrutturale.
(3-01399)
BORGHI Enrico, RENZI, SBROLLINI, SCALFAROTTO - Al Ministro della cultura. - Premesso che:
in data 1° febbraio 2024, il Ministero della cultura, tramite il proprio sito istituzionale, ha comunicato la nomina di Fabio Tagliaferri come nuovo presidente e amministratore delegato di ALES, Arte Lavoro e Servizi S.p.A., società in house del Ministero;
ALES ha compito di supportare le attività del Ministero nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio culturale, operando tramite l'affidamento diretto di commesse da parte del Ministero ed erogando servizi presso circa 150 sedi del Ministero, con l'impiego di oltre 1.110 dipendenti: tra i servizi forniti da ALES S.p.A., inoltre, vi è la gestione delle biglietterie di siti archeologici di assoluta importanza;
la nomina di Fabio Tagliaferri come presidente della società suscita diverse perplessità, in quanto il suo curriculum risulta privo di qualsiasi requisito ed esperienza professionali in ambito culturale e amministrativo, come sarebbe d'obbligo per i vertici di una società partecipata tanto fondamentale quanto altamente professionalizzata come ALES S.p.A.: oltre che socio ancora oggi di una concessionaria di auto, infatti, la principale esperienza professionale di Tagliaferri è stata quella di assessore comunale, a Frosinone, per Fratelli d'Italia, ponendo quindi dubbi se la nomina sia avvenuta per meriti curricolari, sebbene, con ogni evidenza, non risulta un passato professionale consono al tale nomina, o esclusivamente per una vicinanza politica con l'attuale maggioranza di governo;
organi di stampa riportano, infatti, come Tagliaferri abbia un'amicizia consolidata con Arianna Meloni, segretaria del maggior partito di Governo, come testimoniano anche diversi post di sostegno e apprezzamento pubblicati sui profili social dello stesso Tagliaferri;
appare quindi di assoluta importanza verificare che, anche alla luce di tale vicinanza, non sia stato messo in atto un modus operandi di assegnazione di nomine e di incarichi esclusivamente sulla base dei rapporti di appartenenza politica, personali e amicali, senza invece tener conto dei requisiti professionali necessari per l'assunzione di importanti incarichi statali;
il quadro delineato impone di conoscere i nominativi delle persone che hanno ricevuto incarichi da Tagliaferri come presidente di ALES, affinché si possa verificare che non sia in atto una serie di nomine all'interno delle società partecipate compiute con l'esclusivo criterio dei rapporti personali e politici,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo ritenga il curriculum di Fabio Tagliaferri idoneo a ricoprire la carica di presidente di ALES S.p.A., se non intenda delineare quali siano le caratteristiche professionali che ritiene necessarie affinché un soggetto possa ricoprire la carica di presidente di un'azienda culturale, se non intenda fornire il numero complessivo e i nomi delle persone assunte o, a qualsiasi titolo, incaricate da Fabio Tagliaferri come presidente di Ales S.p.A., se ritenga che i curricula delle persone assunte dal presidente di ALES siano idonei e presentino i requisiti professionali necessari per svolgere gli incarichi affidati, se condivida nel merito le assunzioni del personale compiute da Tagliaferri o se intenda adottare iniziative di sorta.
(3-01400)
PARRINI - Al Ministro delle imprese e del made in Italy. - Premesso che:
il comparto della moda rappresenta un pilastro fondamentale dell'economia del Paese e del made in Italy con oltre 53.000 aziende attive nel settore e più di 244.000 addetti;
secondo i fashion economic trend diffusi dalla camera nazionale della moda italiana il settore, allargato ai comparti collegati come occhialeria e beauty, chiuderà il 2024 a 97,7 miliardi di euro di ricavi, registrando una frenata del 3,5 per cento rispetto al 2023;
il settore della moda si trova in uno stato di "crisi profonda" alla luce del peggioramento registrato nel corso dell'estate di diversi indicatori. La produzione nei settori "core" quali tessile, abbigliamento, calzature e pelletteria a luglio 2024 ha subito una diminuzione del 18,3 per cento su base annua, determinando un calo complessivo del 10,8 per cento per il periodo gennaio-luglio 2024 e anche le aspettative per gli ordini sono peggiorate, scendendo a 7,7 per cento in meno ad agosto rispetto a 3,5 per cento in meno segnato a giugno 2024;
nel primo semestre 2024, le esportazioni delle imprese della moda sono calate del 5,3 per cento, registrando una perdita di 1,8 miliardi di euro di valore e, tra gennaio e giugno, le imprese hanno visto diminuire gli introiti derivanti dalle vendite all'estero di 9,7 milioni di euro al giorno;
la crisi delle imprese del settore si riflette anche sulle previsioni occupazionali per il trimestre settembre-novembre 2024 che risultano inferiori del 5,6 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente;
considerato che:
presso il Ministero delle imprese e del made in Italy è istituito il tavolo della moda;
in data 6 agosto 2024, si è tenuta la quinta riunione plenaria del tavolo, dove, per come riportato nel comunicato ufficiale pubblicato sul sito del Ministero, il Ministro in indirizzo ha inteso fornire soluzioni alle principali richieste da parte delle imprese del settore impegnandosi ad assicurare insieme all'ABI la rimodulazione dei prestiti bancari, a garantire alle imprese l'utilizzo appieno delle risorse per gli ammortizzatori sociali e a introdurre una misura "saldo e stralcio" in merito all'annosa questione dei crediti di imposta;
il Ministro, nel corso della riunione, ha precisato inoltre che: "sono state avviate interlocuzioni con il Ministero del lavoro per venire incontro alle realtà in difficoltà. Alle imprese manifatturiere con più di 15 dipendenti viene data la possibilità di utilizzare a pieno le risorse per la cassa integrazione ordinaria (con poi possibile estensione a regime straordinario). Mentre per quelle con meno di 15 dipendenti, lo strumento utilizzato sarà erogato da un fondo gestito dalle associazioni artigiane che assicura una copertura di sei mesi";
tenuto conto che le imprese del comparto moda sono tornate a denunciare la gravità della situazione che colpisce in particolar modo le piccole imprese, sollecitando l'attuazione degli impegni assunti nella riunione di agosto proprio per scongiurare il rischio attuale di perdere una delle componenti importanti del patrimonio manifatturiero made in Italy,
si chiede di sapere:
se e con quali iniziative il Ministro in indirizzo stia dando seguito agli impegni assunti in occasione dell'ultimo tavolo della moda tenutosi lo scorso 6 agosto presso il Ministero;
se non ritenga necessario farsi promotore di un'iniziativa urgente a favore alle imprese operanti nei settori con codice ATECO 13, 14 e 15 prevedendo la possibilità di sospensione per 12 mesi della parte capitale delle rate con scadenze nell'anno 2024-2025 dei finanziamenti pluriennali, il rimborso delle quote di interesse, e il rinvio delle garanzie del Mediocredito centrale, di SACE ovvero di SIMEST per lo stesso periodo della sospensione richiesta.
(3-01402)
FINA - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
il sistema autostradale A24-A25 collega, mediante due distinte autostrade, la parte nordest di Roma e l'autostrada del Sole A1 con l'autostrada Adriatica A14;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2022 è stato nominato commissario straordinario per l'adeguamento e la messa in sicurezza sismica delle autostrade A24 e A25 l'avvocato Marco Corsini;
il suo predecessore, l'ingegner Maurizio Gentile, aveva predisposto un piano degli interventi (programma generale) con il supporto di Italferr, con previsioni di messa a norma dell'infrastruttura in ottemperanza alle norme tecniche di costruzione 2018 e alle disposizioni di cui al decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 6792 del 5 novembre 2001;
l'attuazione del programma contempla, oltre alla messa a norma dei viadotti, anche la realizzazione di una serie di varianti, in parte propriamente dette e in parte in stretto affiancamento, nonché l'adeguamento geometrico dell'infrastruttura a più elevati standard prestazionali;
l'investimento necessario all'attuazione del programma è quantificabile, secondo le valutazioni di Italferr, in 15 miliardi di euro ripartiti in 10 miliardi per lavori e sicurezza e 5 per somme a disposizione;
le risorse originariamente nella disponibilità della struttura commissariale, pari a 2,950 miliardi di euro, sono state quasi completamente impegnate, residuando circa 900 milioni di euro;
tali risorse residue possono essere impiegate verso un ulteriore adeguamento di viadotti, ovvero per la variante di tracciato di Roviano, prevista nel programma e che il commissario ritiene, per ragioni anche di sicurezza, di maggior rilievo;
il commissario straordinario, ancora nel mese di giugno 2024, ha inoltrato al Ministero una proposta che prevede un impiego delle risorse residue per la realizzazione, nell'ambito di un più ampio programma di interventi, della variante nell'area di Roviano di 11,3 chilometri e che prevede un investimento di circa un miliardo di euro;
l'area è oggetto di uno smottamento franoso, più volte verificatosi nel corso degli anni, e già ripetutamente oggetto di confronto tra autorità locali, concessionario e Ministero competente;
la frana verificatasi nel marzo 2022 è stata particolarmente estesa e solo per una fortuita casualità, dovuta all'orario dell'evento, non ha causato tragiche conseguenze;
il Ministero è stato dunque interessato e pienamente coinvolto sull'ipotesi di variante da parte del commissario straordinario ed è ampiamente a conoscenza della situazione del fronte franoso di Roviano,
si chiede di sapere:
quali iniziative intenda adottare il Ministro in indirizzo in merito alle proposte pervenute dal commissario straordinario per il sistema autostradale A24-A25;
se intenda dare seguito alle indicazioni per un investimento delle risorse residue, pari a circa un miliardo di euro, per la realizzazione della variante di Roviano, oppure se intenda attuare programmi alternativi;
quali altre risorse intenda stanziare, e in quali tempi, per la realizzazione di tutte le opere necessarie alla messa in sicurezza dell'importante arteria autostradale A24-A25.
(3-01403)
Interrogazioni orali con carattere d'urgenza ai sensi dell'articolo 151 del Regolamento
MELONI - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
il commissariato della Polizia di Stato della città di Quartu Sant'Elena (Cagliari), terza città della Sardegna per popolazione, ha attualmente sede in un immobile di proprietà privata non idoneo alla funzione per dimensioni e struttura;
al fine di scongiurare il rischio che, a causa dell'inidoneità della struttura, tale fondamentale presidio di legalità e sicurezza venisse trasferito in altro comune, si sono susseguite negli anni diverse interlocuzioni tra l'amministrazione comunale, la Prefettura e la Questura di Cagliari, volte a individuare una sede alternativa;
le interlocuzioni hanno portato all'individuazione di un immobile di proprietà dell'amministrazione comunale, sito in via Boito e sede, fino al 2006, di un asilo;
la struttura risulta da molti anni inutilizzata, nonché oggetto di numerosi atti vandalici e attacchi incendiari e, seppur idonea per posizione e dimensioni ad ospitare il commissariato, necessita di notevoli lavori di ristrutturazione e adeguamento, stimati in 2,2 milioni di euro e dunque non eseguibili con risorse comunali;
nel 2021, a seguito del via libera al progetto da parte della Prefettura, ottenuto dopo la valutazione di idoneità formulata dal servizio tecnico logistico e patrimoniale della Polizia di Stato, recepita dal Ministero dell'interno, sono state quindi avviate le procedure necessarie per il trasferimento a titolo gratuito della proprietà dell'immobile all'Agenzia del demanio, affinché lo Stato potesse farsi carico del finanziamento e dell'affidamento dei lavori di ristrutturazione dell'immobile; come previsto dalla legislazione, infatti, lo Stato può finanziare, mediante fondi pubblici, i lavori di adeguamento di immobili di sua proprietà;
considerato che:
la deliberazione del Consiglio comunale di Quartu Sant'Elena con la quale si autorizza la cessione a titolo gratuito dell'immobile all'Agenzia del demanio risale all'8 febbraio 2022 e la stipula dell'atto notarile risale all'ottobre dello stesso anno;
ad oggi, trascorsi 2 anni dalla firma dell'atto notarile, la struttura risulta, come riportato anche sui maggiori quotidiani locali, ancora completamente abbandonata, oggetto di nuovi e gravi atti vandalici e priva di adeguate misure di sicurezza;
si registra una crescente preoccupazione non solo dell'amministrazione comunale, ma ancor più dei cittadini e delle cittadine di Quartu Sant'Elena che contavano, con la cessione del bene, di risolvere un annoso problema di degrado e sicurezza nel quartiere e nella città,
si chiede di sapere:
quale sia lo stato di avanzamento dei procedimenti di affidamento della progettazione ed esecuzione dei lavori di ristrutturazione e manutenzione necessari ad adeguare l'immobile ad ospitare il commissariato e quali siano le motivazioni per cui, nonostante siano passati due anni dalla cessione del bene all'Agenzia del demanio, i lavori non siano ancora cominciati;
per quale motivo, nell'attesa di avviare i necessari interventi edili, non si sia provveduto almeno alla messa in sicurezza, alla custodia e alla vigilanza sull'immobile, ormai di proprietà demaniale, e quali azioni intenda intraprendere il Ministro in indirizzo per rimediare a tale mancanza;
quali azioni intenda intraprendere per accelerare il definitivo trasferimento del commissariato di Polizia della città di Quartu Sant'Elena nella nuova sede, ponendo fine ad anni di degrado e permettendo al contempo agli agenti in servizio di lavorare all'interno di una struttura idonea a garantire la sicurezza dei cittadini dell'intera città metropolitana di Cagliari.
(3-01401)
Interrogazioni con richiesta di risposta scritta
MURELLI - Al Ministro dell'istruzione e del merito. - Premesso che:
organi di stampa locali hanno diffuso la notizia che tra i libri adottati in una scuola primaria di Piacenza figurerebbe il libro intitolato "L'importante è che siamo amici", nel quale viene raccontata la storia di Errol e del suo orsacchiotto, Thomas, che, d'un tratto, confessa al suo grande amico Errol di sentirsi "Tilly". Nel libro si legge: "Thomas l'orsacchiotto fece un bel respiro: 'Ho bisogno di essere me stesso, Errol. Nel mio cuore ho sempre saputo di essere un orsacchiotto femmina, non maschio. Vorrei chiamarmi Tilly, non Thomas'".
ad avviso dell'interrogante, nelle scuole primarie, ma anche nella scuola secondaria di primo grado, è rischioso affrontare tematiche così delicate e complesse con bambini e ragazzi che non hanno ancora gli strumenti per comprendere determinati argomenti;
in ogni caso si tratta di questioni che dovrebbero essere gestite dalla scuola con il coinvolgimento delle famiglie, in quanto inscindibilmente legate alle scelte educative che ogni famiglia ha il sacrosanto diritto di avere e in questo deve poter agire in sinergia con la scuola, senza essere prevaricata;
l'art. 7 del decreto legislativo n. 297 del 1994 stabilisce che la scelta dei libri di testo rientra nei compiti attribuiti al collegio dei docenti, dopo aver sentito il parere dei consigli di interclasse (scuola primaria) o di classe (scuola secondaria di primo e di secondo grado), con la vigilanza del direttore scolastico. I consigli di classe e di interclasse sono gli organi collegiali in cui le diverse componenti scolastiche (docenti, genitori e studenti per la scuola secondaria di II grado) si incontrano per pianificare e valutare costantemente l'azione educativa e didattica;
considerato che:
con la circolare per l'adozione dei libri di testo nelle scuole di ogni ordine e grado per l'anno scolastico 2024/2025, si è previsto che "le adozioni dei testi scolastici, da effettuarsi nel rispetto dei tetti di spesa stabiliti per le scuole secondarie di primo e secondo grado, o l'eventuale scelta di avvalersi di strumenti alternativi ai libri di testo, sono deliberate dal collegio dei docenti, per l'a.s. 2024/2025, nel mese di maggio c.a. e comunque non oltre la seconda decade dello stesso mese, per tutti gli ordini e gradi di scuola";
nei fatti sono stati perciò estromessi i consigli di classe, quindi i rappresentanti dei genitori vengono messi nell'impossibilità di far sentire la propria voce, proprio dove si assumono decisioni importanti e decisive nella linea educativa dei propri figli;
il più delle volte i rappresentanti dei genitori non vengono opportunamente informati del loro diritto prendere visione dei libri di testo proposti dalle case editrici, nei consigli di classe ci si limita a chiedere l'adesione dei genitori senza neppure invitarli a esprimere la loro opinione. È invece proprio in quest'occasione che i genitori, attraverso i propri rappresentanti, potrebbero eventualmente esprimere il proprio dissenso all'adozione di testi che propongono prospettive come, ad esempio, quelle derivanti dall'ideologia "gender",
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo intenda dare opportune indicazioni agli uffici di attenersi scrupolosamente a quanto indicato dall'art. 7 del decreto legislativo n. 297 del 1994 nella redazione delle prossime circolari sulle adozioni dei libri di testo, affinché ai genitori non sia negato il diritto alla compartecipazione con le scuole nelle scelte educative fondamentali per lo sviluppo psicofisico dei propri figli;
se non ritenga di dare indicazioni alle scuole per attuare un'adeguata campagna informativa in merito al diritto dei genitori di prendere parte attiva alla scelta dei libri di testo, per evitare poi di doversi lamentare di scelte ideologiche inadeguate e irrispettose del diritto all'educazione dei propri figli.
(4-01488)
MALPEZZI, D'ELIA, RANDO, VERDUCCI, ALFIERI, BASSO, BAZOLI, CAMUSSO, DELRIO, FINA, FRANCESCHELLI, FURLAN, GIACOBBE, GIORGIS, IRTO, LA MARCA, MANCA, MARTELLA, MELONI, NICITA, ROJC, ROSSOMANDO, SENSI, TAJANI, VALENTE, VERINI, ZAMBITO - Al Ministro dell'istruzione e del merito. - Premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, convertito dalla legge 29 luglio 2024, n. 106, ha previsto che, in deroga al termine ordinario del 31 agosto 2024, al fine del raggiungimento degli obiettivi previsti dalla riforma del PNRR, le procedure assunzionali del personale docente sono completate entro il 31 dicembre 2024 attingendo anche alle graduatorie pubblicate dopo il 31 agosto 2024, comunque non oltre il 10 dicembre 2024, dei concorsi PNRR;
i vincitori dei concorsi assumono servizio presso la sede individuata entro 5 giorni dall'assegnazione;
la legge ha previsto che i docenti, eventualmente beneficiari per l'anno scolastico 2024/2025 di un contratto a tempo determinato su posto vacante nella medesima regione e classe di concorso per la quale sono risultati vincitori, sono confermati su tale posto;
la conferma riguarda quindi esclusivamente chi è già in servizio nella medesima regione e per la stessa classe di concorso;
la legge non fornisce i dettagli su come operare in questa casistica. Al riguardo sono teoricamente possibili due opzioni: la conferma sul medesimo posto solo per l'anno scolastico 2024/2025 (per ragioni di continuità), consentendo comunque ai "vincitori" già in servizio sulla stessa classe di concorso di scegliere la provincia e il posto che poi andranno effettivamente a ricoprire dal 2025/2026 oppure la conferma sul medesimo posto in via definitiva al 2024/2025, senza quindi possibilità di partecipare alle operazioni di individuazione della provincia o sede;
i primi avvisi pubblicati dagli uffici scolastici di Lombardia e Veneto vanno nella direzione della seconda opzione. Infatti negli avvisi si legge che "i docenti inclusi nelle graduatorie dei vincitori delle procedure concorsuali di cui sopra che hanno stipulato, per l'anno scolastico 2024/2025, un contratto a tempo determinato su posto vacante nella medesima regione e classe di concorso, sono confermati ex lege su tale posto, per costoro le funzioni di scelta della provincia non saranno aperte e la nomina in ruolo avverrà con decreto di questa Direzione generale, con il quale si darà altresì atto della sussistenza del presupposto applicativo della norma sopra citata, con conseguente conferma sul posto ove stanno svolgendo la supplenza annuale";
dunque, alcune regioni hanno stabilito di confermare sul posto che occupano solo i vincitori che sono già nella provincia richiesta per prima, purché occupino già o un posto al 31 agosto ovvero uno dei posti accantonati per consentire le nomine da concorso, e ciò a prescindere dalla loro posizione nella graduatoria di merito. Questa previsione ha impedito di confermare chi è stato nominato su un posto al 30 giugno (perché non è utilizzabile per le immissioni in ruolo) e chi voleva spostarsi dentro la provincia per avvicinarsi al comune di residenza;
si segnala il grave vulnus di aver cambiato le regole una volta terminate le procedure dell'ultimo concorso e l'assoluta incongruità che si determina nel non seguire quanto stabilito nella graduatoria di merito;
considerato che:
attualmente sono 64.156 i posti liberi, ma si possono fare al massimo 45.924 assunzioni; 18.232 posti sono andati a supplenza in attesa del nuovo concorso previsto per ottobre-novembre;
si segnalano in molte regioni del Nord problemi relativi alla carenza di docenti: mancano posti da coprire, con le criticità maggiori che riguardano, appunto, i posti accantonati per i vincitori di concorso: si può chiamare il sostituto fino all'arrivo dell'avente diritto, ma non tutti accettano non conoscendo le tempistiche;
il Ministro in indirizzo in numerose dichiarazioni ha assicurato che l'avvio dell'anno scolastico sia partito in modo ordinato,
si chiede di sapere:
quali azioni il Ministro in indirizzo intenda attivare per far fronte a tali evidenti criticità che stanno generando problemi alle scuole, alle famiglie, agli studenti e ai docenti;
se non ritenga che le dichiarazioni pronunciate nelle scorse settimane siano in netto contrasto con ciò che sta accadendo nelle procedure di immissione in ruolo dei docenti.
(4-01489)
SBROLLINI - Al Ministro dell'istruzione e del merito. - Premesso che:
organi di stampa riportano come, ad anno scolastico 2024/2025 ormai iniziato, in diverse scuole primarie nel milanese manchino ancora gli insegnanti di sostegno, il che costringe diversi alunni e alunne, a causa della mancanza degli insegnanti, a entrare o ad uscire dalla scuola ad orari diversi rispetto ai propri compagni;
la situazione si ravvisa invero in tutto il Paese, come segnalato da molti dirigenti scolastici, i quali si sono lamentati delle esigue assegnazioni di cattedre di sostegno, non riuscendo così a garantire un'istruzione di qualità per tutti e recando in tal modo un'inaccettabile ingiustizia;
oltre alla problematica della mancanza di insegnanti di sostegno, nelle scuole primarie si sta verificando un'altra emergenza legata all'impossibilità, per diversi plessi scolastici, di coprire l'"orario pieno". Diversi genitori, infatti, hanno denunciato che sono costretti a rivolgersi a cooperative private, al fine di coprire il pomeriggio scolastico dei propri figli: una scelta selettiva e ingiusta che non tutte le famiglie possono permettersi, volta a sanare la lacuna immensa della mancanza di insegnanti nel sistema scolastico nazionale;
al fine di coprire la cattedre mancanti, molti dirigenti scolastici sono stati costretti a valutare diversi curricula provenienti dall'"interpello", dopo che dalle graduatorie di concorso non sono stati reclutati nuovi insegnanti: tuttavia, molte delle domande di assunzioni giunte ai dirigenti scolastici presentano profili professionali privi dei requisiti necessari per l'insegnamento, mettendo in evidenza come tale sistema di reclutamento sia del tutto sbagliato e irrispettoso verso il mondo scolastico;
a circa un mese dall'inizio dell'anno scolastico, è inaccettabile che nelle scuole italiane manchi ancora un numero adeguato di insegnanti di sostegno, come appare ingiusto e discriminatorio che molte famiglie siano costrette e pagare cooperative private per consentire ai propri figli di svolgere l'orario scolastico a tempo pieno: queste due emergenze, legate alla mancanza di insegnanti, devono essere risolte in modo celere e strutturale garantendo così a tutti gli alunni e alunne una qualità dell'istruzione uguale e di livello,
si chiede di sapere:
quali misure il Ministro in indirizzo intenda adottare al fine di sopperire alla mancanza di insegnanti specializzati nel sostegno, situazione che sta recando un'ingiustizia inaccettabile verso migliaia di alunne e alunni;
quali misure intenda adottare al fine di aumentare il numero in organico di insegnanti, per garantire che tutti i plessi scolastici nazionali siano in grado di coprire l'orario a tempo pieno.
(4-01490)
PAITA - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
il 2 ottobre 2024, a causa di un guasto alla rete, per due ore la circolazione dei treni nelle stazioni di Roma Termini e Tiburtina ha subito gravi ripercussioni, con la cancellazione o la modifica di più di 100 corse tra alta velocità, intercity e regionali: di fatto dalle ore 6:30 fino alle ore 8:45 le due stazioni sono rimaste bloccate, provocando estremi ritardi (fino a 4 ore) per tutta la giornata sulla rete ferroviaria;
la sofferenza strutturale e perdurante della rete ferroviaria italiana (con costanti ritardi e cancellazioni dei viaggi) è ormai nota da tempo e pare non fermarsi, con l'evidente rischio che la situazione di estremo disagio avvenuta il 2 ottobre possa ripetersi nel prossimo futuro: quest'ultimo scenario è stato rappresentato peraltro nell'ultima relazione dell'Autorità di regolazione dei trasporti, un'autorità terza e imparziale, trasmessa al Parlamento il 18 settembre 2024, nelle cui conclusioni si richiede "un significativo cambio di rotta gestionale e industriale" per evitare "il collasso di singole modalità" e garantire "competitività e vivibilità nel Paese";
in particolare si è evidenziato come ogni anno si contino circa 10.000 interruzioni di linea (pari a 27 interruzioni giornaliere), che colpiscono passeggeri e treni merci, una situazione che si sta sempre di più aggravando: nel primo semestre 2022 le interruzioni si sono prolungate per 17.913 ore, nel primo semestre del 2023 per 19.978 ore, mentre nel primo semestre 2024 per addirittura 22.904 ore;
responsabilità di Ferrovie dello Stato sono rivelate anche il 27 luglio 2023, quando l'Autorità ha multato per 350.000 euro Rete ferroviaria italiana, la società del gruppo FS che gestisce la rete di binari, a causa del superamento dei limiti di noleggio che RFI ha concesso verso aziende diverse da Trenitalia e Mercitalia, limite stabilito altresì per preservare la rete ferroviaria da una pressione costante che potrebbe causare un'usura eccessiva;
i costanti e incessanti disagi sono diretta conseguenza di un'errata gestione da parte di Ferrovie dello Stato nonché da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il quale, tenuto a compiere azioni volte a rendere più efficiente e funzionale la rete ferroviaria italiana, ha affidato per l'appunto il compito di gestione, tramite un contratto di programma, al gruppo FS-RFI S.p.A.;
appare evidente, di fatto, che le responsabilità dei disagi sulla rete ferroviaria italiano siano collettive, e non come maldestramente ha dichiarato il Ministro in indirizzo di un singolo funzionario, e meritano assoluta attenzione in primis da parte dello stesso Ministro: è innegabile che, da quando quest'ultimo si è insediato al dicastero, i ritardi e disagi della rete ferroviaria siano in costante aumento, senza che venga posto mai in essere alcun rimedio per risolvere i disagi segnalati da milioni di passeggeri, bensì scaricando le responsabilità verso soggetti terzi,
si chiede di sapere:
quali misure il Ministro in indirizzo intenda adottare per risolvere i disagi causati dai ritardi e dalle cancellazioni di treni, riportando l'infrastruttura ferroviaria su un percorso di efficienza al fine di fornire un servizio ai cittadini funzionante ed accettabile;
quali misure intenda adottare al fine di risolvere tutte le criticità segnalate dall'Autorità di regolazione dei trasporti nel rapporto trasmesso al Parlamento il 18 settembre 2024, con particolare attenzione alle quotidiane interruzioni delle linee ferroviarie che danneggiano il servizio e causano irrimediabili disagi.
(4-01491)
CATALDI - Ai Ministri delle imprese e del made in Italy e del lavoro e delle politiche sociali. - Premesso che:
si apprende da notizie di stampa che il gruppo Fedrigoni ha recentemente annunciato la chiusura della società Giano, attiva nella produzione di carta per ufficio, con conseguente dismissione degli stabilimenti di Fabriano e Rocchetta, e la perdita di 195 posti di lavoro, a partire dal 1° gennaio 2025;
la chiusura è un duro colpo per l'economia del distretto fabrianese, che ha già subito anni di crisi industriale e disoccupazione, si contano circa 3.700 disoccupati, di cui 2.400 over 45, con molte persone che non ricevono più l'indennità di disoccupazione (NASPI);
l'azienda ha dichiarato di voler continuare a investire nelle Marche e di voler concentrare gli sforzi su prodotti di fascia alta, ma il processo di chiusura della società Giano non è stato accompagnato da adeguate misure di sostegno per i lavoratori coinvolti;
nonostante le richieste dei sindacati e delle istituzioni locali, non risultano avviati tavoli di crisi né proposte concrete per mitigare l'impatto della dismissione;
la Regione Marche ha manifestato l'intenzione di sollecitare interventi del Governo, ma ad oggi non sembra che siano stati attuati strumenti operativi per garantire una soluzione condivisa;
considerato che:
la perdita di posti di lavoro rappresenta un grave danno sociale per le famiglie coinvolte e per l'intero tessuto economico della regione;
nelle Marche vi sono ulteriori aree di crisi industriale complessa, come l'area del distretto calzaturiero fermano-maceratese e l'area di crisi industriale complessa del piceno, che include le zone industriali della valle del Tronto e della val Vibrata. La crisi di queste aree, colpite dal declino di importanti settori industriali, rende ancora più urgente un intervento a tutela dei lavoratori, già gravemente colpiti dalla recessione e dalla perdita di posti di lavoro;
per fronteggiare la situazione di emergenza occupazionale potrebbero essere attivati strumenti come la cassa integrazione straordinaria e i fondi europei per le aree di crisi,
si chiede di sapere:
quali azioni i Ministri in indirizzo intendano intraprendere, in collaborazione con la Regione Marche e le parti sociali, per attivare un tavolo di crisi con l'azienda e cercare soluzioni per la salvaguardia dei posti di lavoro;
se siano state valutate misure per garantire l'accesso agli ammortizzatori sociali, come la cassa integrazione straordinaria, per i lavoratori coinvolti nella chiusura degli stabilimenti di Fabriano e Rocchetta;
se siano stati considerati incentivi o strumenti di sostegno finanziario per attrarre nuovi investimenti nel territorio fabrianese, al fine di ridurre l'impatto economico della chiusura e promuovere il reimpiego dei lavoratori;
se si intenda prevedere l'utilizzo di fondi nazionali o anche europei per lo sviluppo industriale e la riqualificazione dei lavoratori nelle aree industriali in crisi, come quelle del fabrianese, del distretto calzaturiero fermano-maceratese e della valle del Tronto-val Vibrata e in altre aree di crisi industriale, complessa e non complessa, del territorio italiano.
(4-01492)
BORGHI Enrico - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che:
dal comunicato stampa n. 116 del 2 ottobre 2024 del Ministero dell'economia e delle finanze si apprende come il dicastero, insieme con Retelit S.p.A. (controllata di Asterion industrial partners SGEIC S.A.), abbia presentato un'offerta a Telecom Italia S.p.A. per acquisire l'intero capitale di Sparkle: dalla nota si apprende come la proposta in esclusiva di acquisto, soggetta alle usuali pratiche di mercato, sia pari a 700 milioni di euro totali e valida fino al 15 ottobre 2024;
Asterion industrial partners è un fondo spagnolo che investe nel mercato medio delle infrastrutture europee: nel 2020 ha acquisito il 24,1 per cento del capitale sociale di Retelit, società della fibra italiana, per poi rilevarne successivamente la maggioranza;
è importante ricordare come Sparkle sia l'operatore globale del gruppo TIM, primo fornitore di servizi wholesale internazionali in Italia, secondo in Europa e ottavo nel mondo, con una rete proprietaria in fibra che si estende per circa 540.000 chilometri attraverso Europa, Africa, le Americhe e Asia;
data la strategicità di Sparkle per il nostro Paese, è fondamentale che il Ministro in indirizzo illustri quali sia il piano strategico dietro l'offerta avanzata per l'acquisto di Sparkle,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda chiarire quale sia il piano strategico dietro l'offerta presentata insieme a Asterion industrial partners per l'acquisto di Sparkle, per quale motivo si sia deciso di presentare l'offerta insieme a un fondo privato spagnolo e, nel caso di accettazione dell'offerta, quale sarebbe il ruolo affidato a Asterion industrial partners nella gestione di Sparkle, alla luce della fondamentale strategicità di quest'ultima.
(4-01493)
POTENTI - Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. - Premesso che:
nel pomeriggio e nella notte del 23 settembre 2024 la Toscana è stata flagellata dal maltempo, con frane e allagamenti che hanno colpito soprattutto la provincia di Livorno e di Pisa;
circa 219 millimetri di pioggia sono caduti tra le ore 14 e le ore 20 solo a San Vincenzo e nel comune di Castagneto Carducci (Livorno), con allagamenti e distruzione di alcuni vigneti dell'area DOC di Bolgheri;
infatti, la Coldiretti Livorno ha denunciato che "la quantità di acqua scesa in brevissimo tempo è stata tale da mandare in tilt il sistema del reticolo idrico minore provocandone il collasso. La furia dell'acqua mista al fango ha divelto anche alcune vigne";
il maltempo ha interessato l'area agricola vocata alla produzione del pregiato marchio DOC Bolgheri nei giorni della vendemmia e, a seguito della distruzione, pur limitata, di alcuni impianti, impedirà o diminuirà le raccolte delle future annate per alcune aziende;
queste calamità causano da tempo milioni di euro di danni alle coltivazioni e agli allevamenti in tutto il territorio italiano e la Toscana è tra le regioni più colpite,
si chiede di sapere:
quali informazioni il Ministro in indirizzo sia in grado di fornire rispetto ai danni subiti dai viticoltori colpiti dagli intensi fenomeni di pioggia verificatisi in Toscana;
quali sollecite iniziative intenda assumere al fine di rendere efficace e pienamente operativo il sistema dei risarcimenti per sostenere il comparto agricolo della provincia di Livorno e di Pisa in ragione dei danni subiti dal maltempo di questi giorni.
(4-01494)
MAGNI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e delle imprese e del made in Italy. - Premesso che:
nel territorio di Fabriano, in provincia di Ancona, si è aperta l'ennesima crisi occupazionale;
il gruppo Fedrigoni, proprietario delle ex Cartiere Miliani, con una compagine societaria costituita dai due fondi Bain Capital e BC Partners, ha infatti annunciato ai rappresentanti sindacali che, dal 1° gennaio 2025, Giano, società che si occupa del business dell'ufficio, cesserà ogni attività commerciale e produttiva, con la conseguenza immediata di 195 esuberi, tutti concentrati nei due stabilimenti di Fabriano e Rocchetta;
nel resto delle Marche, il gruppo ha altri tre siti produttivi, in particolare situati a Castelraimondo e Pioraco, nonché a Sassoferrato, che impiegano complessivamente 840 persone tra dipendenti e somministrati;
l'amministratore delegato, Marco Nespolo, avrebbe assicurato alle parti sociali l'intenzione di non lasciare le Marche: "Continueremo a investire sullo sviluppo dei nostri siti produttivi presenti sul territorio e nel brand Fabriano. Faremo tutto il necessario per mitigare l'impatto sulle nostre persone. Il confronto e collaborazione con tutte le parti sociali sarà fondamentale";
la società Giano è stata costituita da circa due anni e, quasi subito, è iniziata la ricerca di un partner per rilanciarne la competitività: "Abbiamo sondato tutti gli scenari possibili, fino a valutare la vendita dell'intero business Fabriano, nonostante sia per noi un asset strategico", ha anche affermato Nespolo, facendo riferimento al progetto "Michelangelo" che prevede, in particolare, la vendita tout court della società;
ha precisato, inoltre, che anche in riferimento a tale prospettiva, non hanno, purtroppo, individuato potenziali partner;
i sindacati SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL, UGL Carta e Stampa, inclusa la rappresentanza unitaria dell'area Marche, hanno immediatamente organizzato assemblee con i lavoratori a Rocchetta e Fabriano, il fermo degli impianti e l'immediata proclamazione dello stato di agitazione: "La procedura per il licenziamento collettivo di 195 addetti coinvolge non solo la produzione di carta per ufficio, ma anche i settori della manutenzione, della gestione dei materiali e delle spedizioni a Fabriano, nonché la cessazione del sito di Rocchetta", scrivono le parti sociali, annunciando di aver chiesto un tavolo di confronto;
ai lavoratori coinvolti dalla decisione del gruppo Fedrigoni è giunta la solidarietà dell'arcivescovo di Fabriano-Matelica, Francesco Massara, che conferma la propria disponibilità "per cooperare con l'azienda e le istituzioni, regionali e nazionali, in modo che siano salvaguardate le competenze e l'alta professionalità dei lavoratori e si garantiscano alle loro famiglie certezze sul futuro",
si chiede di sapere quali siano le valutazioni dei Ministri in indirizzo su quanto illustrato e, in particolare, se non ritengano di dover intervenire, per quanto di competenza, per dare seguito alla richiesta dei sindacati, convocando un tavolo di concertazione quanto prima, al fine di scongiurare l'ipotesi del licenziamento di più di 190 lavoratori.
(4-01495)
FREGOLENT, BORGHI Enrico, MUSOLINO, PAITA, SBROLLINI, SCALFAROTTO - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
da organi di stampa si apprende di un'indagine della Procura di Milano che ipotizza presunte tangenti sui lavori di manutenzione della rete stradale italiana, in particolare di Lombardia e Veneto, e che coinvolge funzionari ed ex funzionari di ANAS S.p.A.;
nel dettaglio, la Procura di Milano ha messo sotto la lente di ingrandimento un appalto da 388 milioni di euro per la "variante Tremezzina", il tratto di strada che costeggia il lago di Como, ipotizzando una presunta tangente pari a 846.000 euro, che sarebbe stata versata tra il 2018 e il 2021 a due dirigenti di ANAS dal consorzio Stabile SIS società consortile per l'appalto per i lavori sulla strada statale 340 "Regina", variante Tremezzina;
l'inchiesta della Procura di Milano ipotizza i reati di corruzione, turbativa d'asta e rivelazione di segreto d'ufficio, e sono state disposte perquisizioni, svolte dal nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Milano nelle sedi ANAS: attualmente sarebbero 9 gli indagati, tra cui due funzionari ANAS;
data l'importanza di queste opere viarie, e considerando che gli appalti riguardano lavori di manutenzione e ristrutturazione della rete stradale italiana, appare fondamentale che il Ministro in indirizzo ponga in essere tutte le verifiche necessarie affinché si certifichi che le opere appaltate non presentino rischi infrastrutturali e pericoli concreti per la loro agibilità,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti, se essi corrispondano al vero, e quali misure intenda adottare per verificare che i lavori di manutenzione siano stati compiuti con attenzione e nei modi corretti, al fine di scongiurare pericoli concreti.
(4-01496)
MURELLI - Al Ministro della salute. - Premesso che:
con determina del 12 giugno 2020, è stata adottata dall'Agenzia italiana del farmaco la nota n. 97, che ha introdotto delle misure in ordine alla prescrizione da parte degli specialisti e dei medici di medicina generale dei nuovi anticoagulanti orali ad azione diretta (NAO/DOAC: dabigatran, apixaban, edoxaban, rivaroxaban) e degli antagonisti della vitamina K (AVK: warfarin e acenocumarolo);
la nota è stata predisposta al fine di ridurre le liste d'attesa e di rendere possibile la prescrizione dei nuovi anticoagulanti orali NAO/DOAC per la fibrillazione atriale non valvolare non solo da parte del medico specialista, ma anche da parte del medico di medicina generale;
pertanto, attualmente il medico di medicina generale ha la facoltà di prendere in carico il trattamento anticoagulante con medicinali NAO/DOAC, anche nel caso di un paziente che sia stato in precedenza seguito da un medico specialista;
l'AIFA ha poi, con determina del 5 ottobre 2023, adottato la nota n. 101 per definire i criteri di prescrivibilità a carico del SSN degli anticoagulanti orali nel trattamento domiciliare della trombosi venosa profonda e dell'embolia polmonare e profilassi delle recidive di trombosi profonda nell'adulto e nella popolazione pediatrica e nella prevenzione primaria di episodi tromboembolici venosi in adulti sottoposti a chirurgia sostitutiva elettiva totale dell'anca o del ginocchio;
gli specialisti cui si riferirebbero le note n. 97 e n. 101 sarebbero da considerarsi solo quelli che svolgono la propria attività presso aziende sanitarie regionali o a direzione universitaria, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico o strutture accreditate presso il servizio sanitario regionale;
sulla base delle attuali considerazioni, dunque, gli specialisti privati non potrebbero erogare piani terapeutici e potrebbero solo limitarsi a suggerire la prescrizione al medico di medicina generale, che potrà confermarla e procedere al suo inserimento in regime SSN al fine della prescrizione del farmaco in regime di rimborsabilità SSN;
le stesse modalità di prescrizione sono previste per i farmaci per dislipidemia in pazienti intolleranti alle statine o che non raggiungano il livello desiderato di colesterolemia nonostante le statine (inibitori monoclonali anti PCSK9, inclisiran), per i farmaci per lo scompenso cardiaco (associazione di valsartan e sacubitril, glifozine, vericiguat, ivabradina), per i farmaci antianginosi (ranolazina), nonché per i farmaci antiaggreganti piastrinici (prasugrel e ticagrelor);
considerato che la possibilità di erogare piani terapeutici da parte di specialisti non ospedalieri consentirebbe di ridurre la necessità di utilizzo di prestazioni con SSN in ospedale, con alleggerimento delle liste di attesa, favorendo in tal modo i pazienti, evitando ultronee problematiche di ordine clinico e burocratico, garantendo un risparmio di tempo per i pazienti i quali hanno già eseguito una visita presso lo specialista e che con l'attuale sistema si trovano costretti a richiedere una visita medica con il SSN di natura identica a quella già effettuata con il medico in regime privato,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno, nell'ottica di migliorare l'assistenza dei pazienti fragili, assicurare la continuità terapeutica del trattamento, senza necessità di un ulteriore passaggio del paziente allo specialista del SSN nonché al fine di favorire la sburocratizzazione dei percorsi che minano l'aderenza alle terapie e la continuità delle cure, prevedere la possibilità di prescrizione diretta dei farmaci citati anche da parte degli specialisti non in regime di SSN.
(4-01497)
BORGHI Enrico - Al Ministro della cultura. - Premesso che:
l'Assemblea capitolina, il 27 settembre 2024, ha approvato, con 18 voti favorevoli su 19, la mozione urgente avanzata dai consiglieri capitolini di Italia Viva, Valerio Casini e Francesca Leoncini, sul ripristino del monumento in memoria di Alcide De Gasperi, che si trova in via delle Fornaci, a Roma;
l'opera, realizzata nel 2004 dall'artista Maria Dompè, versa infatti in condizioni indecorose a causa della mancata manutenzione, con gli impianti di irrigazione che non sono più funzionanti e con il piccolo prato che ricopre la struttura ormai completamente secco e abbandonato;
De Gasperi è stato uno dei padri fondatori della nostra Repubblica ed ha svolto, come Presidente del Consiglio dei ministri, un ruolo di primo piano per la ricostruzione del nostro Paese dopo la seconda guerra mondiale, risultando fondamentale altresì nell'integrazione post bellica dell'Europa; occorre quindi attivarsi al più presto per ripristinare il monumento dedicato allo statista e il decoro di tutta l'area, al fine di onorare la memoria di uno dei politici più influenti e fondamentale della nostra storia, rendendo così adeguato omaggio a uno dei padri della Repubblica,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della situazione di degrado e noncuranza in cui versa il monumento in memoria di Alcide De Gasperi, in via delle Fornaci a Roma, e quali misure urgenti intenda adottare al fine di consentirne un rapido ripristino.
(4-01498)
SBROLLINI - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:
la provincia di Vicenza conta 860.000 abitanti ed una diffusissima quantità di attività industriali, commerciali, artigianali e di imprese: il forte tessuto industriale che caratterizza il territorio vicentino negli ultimi anni è stato oggetto di infiltrazioni di attività malavitose, le quali meritano assoluta attenzione e controllo da parte delle autorità preposte;
per raggiungere un livello di controllo accettabile e prevenire eventuali attività malavitose sul territorio vicentino, è necessario aumentare l'organico del personale nelle sedi della Questura: a giugno 2024, con l'assegnazione di soli due agenti, di fronte a oltre 20 pensionamenti, anche sulla spinta di diversi interventi di parlamentari, il Governo aveva preso l'impegno di incrementare le assegnazioni;
in particolare la provincia di Vicenza avrebbe tutte le caratteristiche per avere una Questura di prima fascia, con dotazioni più importanti e un organico più numeroso di quelli attuali, la quale attualmente conto solo 197 poliziotti, di cui 13 dirigenti: tuttavia, le prospettive delineate per l'organico della Questura di Vicenza non sono ottimali, sebbene sarà assegnataria di nuovi agenti che, però, saranno aggregati temporaneamente agli uffici di Roma per il giubileo del 2025;
la sofferenza di personale nella Questura di Vicenza, come dimostrano i dati, è diventata ormai cronica e la situazione è destinata a peggiorare, considerando, altresì, come non si preveda nel prossimo futuro un turnover tra i dipendenti tale da assicurare un numero consono e adeguato di nuovi agenti,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della carenza di personale nella Questura di Vicenza e quali iniziative intenda adottare per affrontare il problema della stabilità dell'organico, incrementando in modo strutturale il personale.
(4-01499)
SBROLLINI, BORGHI Enrico, FREGOLENT, MUSOLINO, PAITA, RENZI, SCALFAROTTO - Ai Ministri per la famiglia, la natalità e le pari opportunità e del lavoro e delle politiche sociali. - Premesso che:
"4E-PARENT" è un progetto finanziato con fondi UE finalizzato al coinvolgimento paritario dei genitori nelle prime fasi dello sviluppo dei bambini;
la letteratura scientifica ha ormai dimostrato che la partecipazione paritaria dei genitori ha ricadute altamente positive per lo sviluppo cognitivo, sociale e affettivo, creando fin dall'inizio un forte legame tra l'infante e i genitori, migliorando la salute psicofisica della prole, e contribuendo alla parità fra uomini e donne e al contrasto alla violenza domestica;
4E-PARENT vede in Italia l'Istituto superiore di sanità come capofila del progetto, con la partecipazione di partner quali il Centro per la salute del bambino, l'associazione "Il cerchio degli uomini", l'agenzia di editoria scientifica Zadig, Deep Blue, la "Rete degli uomini maschile plurale", la rete per lo sviluppo delle bambine e dei bambini "International Step by step association" (ISSA), il comitato italiano per l'UNICEF, l'Associazione culturale pediatri e l'istituto Ricerca intervento salute;
da una recente analisi condotta nell'ambito del progetto su oltre 5.000 persone, è emerso chiaramente da parte dei neogenitori il desiderio di usufruire di un congedo paritetico ben retribuito, al fine di permettere a questi ultimi di godere delle prime fasi di vita dei figli. Questo miglioramento nella qualità della vita delle famiglie si sommerebbe a quanto menzionato in termini di salute psicofisica degli individui coinvolti, con un effetto moltiplicatore altamente positivo per l'intera società;
l'Italia ad oggi resta uno dei Paesi europei con maggiore divario tra uomini e donne rispetto al periodo di astensione retribuita dal lavoro. A farne le spese sul fronte dei congedi sono i padri, i quali non hanno modo di vivere l'esperienza della genitorialità al pari delle madri lavoratrici;
le donne rimangono invece danneggiate in termini di occupazione. Con tali premesse, infatti, la parità di genere nelle assunzioni rimane un obiettivo impossibile da raggiungere, soprattutto considerando che i datori di lavoro troveranno sempre più convenienza nell'assunzione di un uomo;
l'intero Paese risulta però danneggiato sul fronte demografico e, indirettamente, su quello previdenziale, considerando che, come evidenziato recentemente dall'ISTAT, i dati provvisori relativi ai primi 7 mesi del 2024 vedono amplificati gli effetti del calo demografico in corso. In questo lasso di tempo le nascite sono state circa 210.000, ossia oltre 4.000 in meno rispetto allo stesso periodo del 2023;
il disegno di legge di bilancio che le Camere dovranno approvare entro dicembre 2024 appare già blindato. Da recenti dichiarazioni degli esponenti del Governo, parrebbe che ogni euro verrà indirizzato alla riconferma delle politiche fiscali e contributive già previste per il 2024, lasciando ben poco margine per ulteriori politiche a sostegno delle famiglie italiane;
tale situazione contribuirebbe a perpetuare le storture e le ricadute negative che i padri e le lavoratrici italiane subiscono rispetto a quelli degli altri Stati UE: si ricorda che il congedo di maternità in Italia è di 16 settimane retribuite all'80 per cento, oltre le 14 raccomandate dalla UE, mentre il congedo per i padri è di 10 giorni retribuiti al 100 per cento,
si chiede di sapere se vi siano intendimenti in seno al Governo per migliorare il sostegno della genitorialità e se si intenda parificare la differenza sul fronte dei congedi di genitorialità, al fine di permettere una maggiore partecipazione da parte dei padri alle prime fasi di vita dei figli e una minore disparità in ambito lavorativo per le donne, con particolare riferimento sul piano assunzionale.
(4-01500)
PIRRO, SIRONI, LICHERI Ettore Antonio, MARTON - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che:
il comune di Bobbio Pellice (Torino), piccolo centro montano con una significativa vocazione turistica e un tessuto sociale composto in larga parte da residenti anziani e da numerosi turisti, è stato destinatario di un importante servizio bancario offerto dalla filiale di Intesa San Paolo, la cui presenza nella comunità ha rappresentato un punto di riferimento essenziale per l'accesso ai servizi bancari e per il sostegno alle attività economiche locali;
da alcuni anni, il servizio della filiale è stato progressivamente ridimensionato, fino alla comunicazione, da parte dell'istituto bancario, di chiusura entro la fine del 2024 e di cessazione del servizio bancomat dal prossimo 10 ottobre 2024, nonostante le reiterate richieste dell'amministrazione comunale e della cittadinanza di mantenere almeno questo servizio essenziale per la comunità;
la decisione, che comporterebbe la privazione di un servizio bancario fondamentale per la popolazione residente e per i turisti, rischia di aggravare ulteriormente le difficoltà delle aree interne e montane, già pesantemente colpite dal fenomeno dello spopolamento e dal depotenziamento dei servizi pubblici e privati, spesso essenziali e senza alternativa;
la mancanza di un presidio bancario in aree geografiche complesse come quelle montane riduce la possibilità per i cittadini di accedere a servizi finanziari di base, quali prelievi di contante, operazioni di pagamento e assistenza consulenziale;
considerato che:
la chiusura degli sportelli decentrati e montani non appare giustificata da ragioni economiche dovute ad un risparmio in termini di costi, visto che negli ultimi anni le maggiori banche italiane hanno dichiarato profitti per decine di miliardi di euro: nello specifico Intesa San Paolo ha dichiarato per il 2023 un risultato netto di 7,7 miliardi di euro, consentendo un dividendo per gli azionisti di 5,4 miliardi, il più alto d'Europa, prevedendo per il 2024-2025 di superare gli 8 miliardi ("group.intesasanpaolo.com");
secondo l'articolo 41 della Costituzione l'attività economica non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale e la presenza di filiali bancarie, o almeno di sportelli bancomat, nelle aree interne e montane rappresenta un elemento cruciale per la qualità della vita dei cittadini e per il mantenimento della coesione sociale e territoriale, in particolare nelle zone a rischio di spopolamento e con difficoltà di accesso ai servizi essenziali,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della situazione;
quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, affinché sia garantito il mantenimento e il potenziamento dei servizi bancari nelle aree interne, con particolare riferimento alle zone montane, al fine di evitare ulteriori disagi per la popolazione e di contrastare il processo di marginalizzazione economica e sociale;
se non ritenga opportuno promuovere, anche con il coinvolgimento dell'Associazione bancaria italiana, un tavolo di confronto tra le istituzioni, gli enti locali e le principali realtà bancarie operanti sul territorio, con l'obiettivo di assicurare una copertura uniforme e continuativa sul territorio dei servizi bancari fruibili da tutti i cittadini.
(4-01501)
POTENTI - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Premesso che:
nel pomeriggio e nella notte del 23 settembre 2024 violente piogge hanno duramente colpito la Toscana, provocando gravissimi danni anche in alcuni comuni in provincia di Livorno e Pisa, dove i sono crollati tre ponti e sono state chiuse strade, con tutti i problemi di circolazione conseguenti e dove i danni alle realtà agricole sono stati pesantissimi;
nel comune di Montecatini Val di Cecina la piena del torrente Sterza ha trascinato una donna e il suo nipotino di 5 mesi, tuttora disperso e oggetto di ricerche da parte di Prefettura e Vigili del fuoco;
il presidente della Regione Toscana ha dichiarato lo stato di emergenza regionale e contestualmente ha inviato al Governo la richiesta di stato emergenza nazionale per i comuni di San Vincenzo, Castagneto Carducci, Monteverdi marittimo, Montecatini Val di Cecina, Pomarance, Guardistallo, Sassetta;
si è recentemente tenuto l'incontro tra i rappresentanti dei Comuni colpiti e quelli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per censire i danni materiali arrecati alle infrastrutture viarie,
si chiede di sapere se e quali provvedimenti si intenda adottare per i territori colpiti e se tra questi sia ricompreso il riconoscimento di emergenza nazionale.
(4-01502)
LICHERI Sabrina, MARTON - Al Ministro della difesa. - Premesso che:
il decreto interministeriale 18 aprile 2002 stabilisce all'art. 1 che "il personale delle Forze armate e dell'Arma dei carabinieri giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o non da causa di servizio transita, a domanda, nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa", e al comma 5 dell'art. 2 che "il personale trasferito è inquadrato in soprannumero nella qualifica corrispondente al grado rivestito al momento del trasferimento, conservando l'anzianità assoluta riferita al predetto grado, l'anzianità complessivamente maturata e la posizione economica acquisita";
l'art. 930 del decreto legislativo n. 66 del 2010 (codice dell'ordinamento militare) stabilisce che "il personale delle Forze Armate giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o non da causa di servizio, transita nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della Difesa, secondo modalità e procedure definite con Decreto del Ministro della Difesa";
nel 2011 la Direzione Generale per il personale civile del Ministero aveva emesso una circolare che prevedeva, per tutte le forze armate e l'Arma dei Carabinieri senza alcuna distinzione, per la scelta della prima assegnazione la "regione in cui il militare era in servizio al momento in cui è stato giudicato inidoneo, salvo deroghe per fattispecie meritevoli di elevata tutela sociale";
lo stesso organo, attraverso la circolare applicativa del 25 luglio 2023, ha rivisto le modalità di definizione della procedura di transito del personale militare all'impiego civile per motivi sanitari;
da quest'ultima circolare emerge una palese disparità di trattamento dei criteri di scelta della prima assegnazione in base alla forza armata di appartenenza: per la Marina militare l'obiettivo prioritario è "ripianare le carenze organiche afferenti al profilo professionale assegnato al personale in transitato", rispetto al trasferimento di tale personale, per motivi sanitari, presso la sede dell'ultima assegnazione o limitrofa, indicato per le altre forze armate;
la circolare, al paragrafo 4, stabilisce inoltre che il militare non idoneo transitato a impiego civile ha l'obbligo di permanenza nella sede assegnata per almeno 5 anni, analogamente a quanto prescritto per i vincitori dei concorsi dal comma 5-bis dell'art. 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
successivamente alla circolare, lo Stato maggiore della Marina ha emesso una nota con la quale opera un distinguo tra il personale a seconda del profilo amministrativo o tecnico;
in Marina, negli ultimi mesi si sta assistendo ad assegnazioni fuori sede o regione;
i trasferimenti in un'area lontana dalla residenza o dall'ultima sede di lavoro dei soggetti operanti in Marina giudicati non idonei al servizio militare incondizionato, che saranno chiamati a rimanervi per ben 5 anni, sta influendo ulteriormente sulla loro salute, sul legame con i familiari, rischiando di provocare anche effetti negativi sul relativo rendimento professionale, a danno dell'efficienza del comparto ministeriale coinvolto;
tra questi, per motivi geografici, i soggetti provenienti dalla Sardegna stanno pagando il maggior disagio;
la parificazione con i vincitori di concorsi risulta, secondo gli interroganti, irragionevole e discriminatoria, e viola altresì le disposizioni contenute nell'art. 1 del decreto interministeriale 18 aprile 2002, considerando che il militare non più idoneo non è paragonabile a un militare di prima assegnazione neoassunto, avendo maturato capacità, esperienza e anzianità di servizio, né ne segue la ratio di tutelarne la salute;
la recente circolare non assicura il buon andamento né l'imparzialità della pubblica amministrazione ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, a seguito dei differenti criteri di scelta di prima assegnazione a seconda della forza armata di appartenenza o del profilo amministrativo o tecnico, dimenticando che il personale in transito è giudicato da apposita commissione medica che certifica i problemi di salute, tali da non rendere il soggetto idoneo al servizio militare, ed oggettive difficoltà sanitarie, logistiche e familiari legate a un trasferimento;
considerato infine che l'organizzazione sindacale FLP Difesa e altre sigle hanno emesso note (tra cui quella dello scorso 20 novembre indirizzata al gabinetto del Ministro e allo Stato maggiore di difesa e seguita da un'ulteriore missiva datata 20 giugno 2024) nelle quali vengono sottolineate le conseguenze negative dell'ultima circolare, nella quale peraltro non è fatta menzione dell'anzianità assoluta riferita al grado, secondo quanto previsto invece dal decreto 18 aprile 2002, che mira a garantire al personale che transita la valenza dell'esperienza maturata da militare sia ai fini del trattamento giuridico che di quello economico,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo intenda fornire motivazioni chiare sulle scelte contenute nella circolare del 25 luglio 2023, risultando non sufficiente l'esigenza di arginare "l'esodo" dei militari della Marina rispetto a esigenze contrapposte ben più serie e incisive sulla vita dei dipendenti e sul funzionamento di talune aree dell'apparato statale della difesa;
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere, al fine di abrogare l'obbligo di permanenza di 5 anni nella prima sede di assegnazione del militare transitato a impiego civile, prevedere criteri unitari di scelta di prima assegnazione per tutto il personale della difesa, utilizzando anche per la Marina il criterio dell'ultima sede o aree limitrofe, concedendo da subito la possibilità di mobilità presso la sede della precedente assegnazione o altra sede desiderata dall'interessato, a favore del personale su cui la circolare ha pesantemente gravato;
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere, al fine di superare la circolare menzionata, tenendo conto, tra i criteri di prima assegnazione, dello stato di salute, economico e familiare, dell'età e degli anni di servizio dell'interessato, e contemplando, nell'iter di formulazione e approvazione, la partecipazione dei sindacati e delle associazioni di carattere sindacale delle categorie professionali coinvolte.
(4-01503)
BILOTTI, MAIORINO, PIRRO - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:
in Italia, i braccialetti elettronici anti stalking sono stati introdotti come strumento di prevenzione e tutela delle vittime di violenza, in particolare di quelle sottoposte a misure di protezione ai sensi del "codice rosso";
come riportato in numerosi comunicati, tra cui quello dell'Unione sindacale militari interforze associati (USMIA) dei Carabinieri, tali dispositivi hanno dimostrato gravi criticità operative, con malfunzionamenti e falsi allarmi che sovraccaricano le centrali operative del 112, sottraendo risorse preziose al controllo del territorio e aumentando il rischio per le vittime e gli operatori delle forze dell'ordine;
il segretario generale di USMIA Carabinieri, Carmine Caforio, ha sottolineato l'inefficienza del sistema e ha più volte sollecitato interventi correttivi presso i Ministeri competenti e il comando generale dell'Arma, senza però ottenere soluzioni concrete;
il servizio giornalistico di "Le Iene", andato in onda recentemente, ha ulteriormente evidenziato i rischi connessi all'uso dei braccialetti elettronici anti stalking, confermando le preoccupazioni di lunga data di USMIA Carabinieri, con particolare riferimento ai numerosi falsi allarmi che compromettono l'efficacia delle operazioni di pronto intervento;
tali malfunzionamenti non solo mettono in pericolo le vittime, che continuano a vivere in uno stato di costante terrore, ma incidono gravemente sul benessere psicofisico degli operatori delle forze dell'ordine, esponendoli a un aumento di responsabilità anche penali, nonostante il loro impegno quotidiano;
considerato che:
le centrali operative spesso operano in condizioni di organico ridotto, con turni eccessivamente lunghi e personale demotivato a causa della frustrazione derivante dall'inefficacia dei dispositivi;
la mancata risoluzione di queste criticità non solo aumenta il rischio per le vittime e gli operatori, ma riduce significativamente la fiducia nelle istituzioni da parte dell'opinione pubblica,
si chiede di sapere:
quali azioni il Ministro in indirizzo intenda intraprendere, con urgenza, per risolvere le problematiche legate ai malfunzionamenti dei braccialetti elettronici anti stalking, in particolare in merito ai falsi allarmi e all'inefficienza del sistema segnalato da USMIA Carabinieri e dai servizi giornalistici;
se non ritenga opportuno disporre una verifica completa del sistema dei braccialetti elettronici, con particolare attenzione all'efficacia delle procedure di intervento e all'effettiva protezione delle vittime;
se intenda rafforzare gli organici delle centrali operative per garantire un miglior funzionamento e una risposta tempestiva alle emergenze, riducendo lo stress e il burnout del personale;
quali misure intenda adottare per garantire che i braccialetti elettronici funzionino correttamente, evitando che diventino strumenti controproducenti e pericolosi per la sicurezza delle persone coinvolte.
(4-01504)
IANNONE - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Premesso che, secondo quanto risulta all'interrogante:
il clima intimidatorio registrato presso l'università degli studi di Salerno causato da diverse pressioni da parte dei collettivi di sinistra a danno dei giovani di "Azione universitaria" desta particolare preoccupazione all'interno dell'istituto;
al quotidiano locale "Le Cronache", Italo Giuseppe Cirielli, consigliere comunale di Cava de' Tirreni, ha dichiarato: "Sono mesi oramai che i ragazzi di Azione Universitaria Salerno ricevono minacce, sia fisiche che verbali, da parte dei ragazzi dei Collettivi di Sinistra, nello specifico con particolare insistenza da parte dell'Associazione LINK"; ciò accadrebbe, secondo il consigliere nell'indifferenza del rettore, stigmatizzando come "Il clima che si respira ricorda i tempi bui degli anni di piombo che a cavallo fra gli anni '70 e '80 caratterizzarono drammaticamente la storia italiana";
la denunciata situazione di tensione, che potrebbe esplodere in una vera e propria escalation di violenza, sta creando un grave disagio agli studenti di Azione universitaria e sta compromettendo la loro attività di studio;
lo stesso Cirielli ha evidenziato anche lo sgombero di Azione universitaria, deciso dall'istituto universitario, dalla stanza che occupava presso l'ateneo, e ha chiesto al rettore che il medesimo trattamento venisse applicato a tutte le altre simili situazioni che esistono nell'ateneo, senza che alcun provvedimento venisse preso nei loro confronti;
tutte le istituzioni dovrebbero condannare qualunque atteggiamento di violenza e intimidazione, riportando l'università ad essere naturale luogo di dialogo e confronto,
si chiede di sapere:
di quali informazioni disponga il Ministro in indirizzo in merito ai fatti, utili a fare chiarezza sulla situazione denunciata e a garantire tutela per tutti gli studenti;
quali siano i parametri adottati dall'università di Salerno per assegnare gli spazi dell'ateneo alle associazioni studentesche.
(4-01505)
MAGNI, CAMUSSO - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e delle imprese e del made in Italy. - Premesso che:
da organi di stampa si apprende che l'azienda metalmeccanica Berco, in provincia di Ferrara, ha annunciato un percorso di riorganizzazione che prevede 550 esuberi (480 nello stabilimento di Copparo e 70 in quello di Castelfranco veneto) e la cancellazione della parte economica della contrattazione aziendale: un percorso della durata di tre mesi che l'azienda vorrebbe gestire assieme alle organizzazioni sindacali;
attualmente l'azienda conta 1.200 dipendenti nella sede di Copparo e, se quanto si legge corrisponde al vero, la situazione non è gestibile in tempi così brevi;
a parere degli interroganti, non sarebbe accettabile che questa riorganizzazione la debbano pagare i lavoratori come avviene per altre aziende nel medesimo territorio, come la Regal Rexnord Tollok di Masi Torello, che ha annunciato via PEC a 77 dipendenti che saranno licenziati, poiché lo stabilimento chiuderà e trasferirà la produzione in India e in Cina,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto descritto e se non vogliano approfondire la legittimità dei licenziamenti del personale messi in atto senza neanche provare a ridurre l'impatto sociale della propria decisione con ammortizzatori sociali o contratti di solidarietà;
se non ritengano di istituire un tavolo con le aziende e le organizzazioni sindacali, al fine di tutelare i lavoratori in una situazione economica molto precaria.
(4-01506)
ROJC, FURLAN, BASSO, LA MARCA, ZAMPA, NICITA, PARRINI, CAMUSSO, D'ELIA, ZAMBITO, FRANCESCHELLI, CRISANTI - Al Ministro della salute. - Premesso che:
il 31 luglio 2024 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 29 luglio 2024, n. 107, di conversione del decreto-legge 7 giugno 2024, n. 73, recante "Misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie";
secondo quanto previsto dal decreto-legge, si sarebbe dovuta assicurare in tempi rapidi la piena interoperabilità dei centri di prenotazione pubblici e privati; in tal modo sarebbe divenuto possibile garantire al cittadino tempi certi per le prestazioni mediante ricorso a intramoenia o privato anche attraverso i CUP;
sempre al fine di assicurare un più effettivo accesso alle prestazioni sanitarie, e in particolare alle visite specialistiche, l'articolo 4 del decreto-legge prevedeva inoltre che esse potessero svolgersi anche nel fine settimana;
allo stesso tempo (pur confermando la competenza regionale in materia di controllo sulle ASL) al Ministero della salute sono stati attribuiti poteri sostitutivi in caso di inadempienze;
l'attuazione di molte delle misure previste dal decreto-legge veniva demandata a provvedimenti attuativi, da adottare entro termini definiti; in relazione a 6 degli 11 decreti attuativi previsti dal decreto, il termine di adozione risulta scaduto, uno dei termini è in scadenza il 30 ottobre e per 4 non è previsto alcun termine;
il ritardo nell'attuazione del decreto-legge è stato ampiamente stigmatizzato dai sindacati e dagli esperti; come dichiarato dal segretario di ANAOO-ASSOMED, il maggiore sindacato dei medici ospedalieri, "questo è un decreto monco (...) si fanno le leggi per dimostrare di averle fatte, e poi non si fanno le norme per renderle operative"; allo stesso modo, il presidente della fondazione Gimbe ha osservato che "un numero così elevato di decreti attuativi - oltre ad essere in contrasto con il carattere di urgenza del provvedimento - solleva molte perplessità sui tempi di attuazione delle misure", aggiungendo che "la storia insegna che tra valutazioni tecniche, attriti politici e passaggi tra Camere e ministeri, dei decreti attuativi si perdono spesso le tracce, rendendo impossibile l'applicazione delle misure previste";
i ritardi si pongono peraltro in radicale contrasto con l'insistenza, più volte ribadita dal Governo, sul carattere risolutivo del decreto-legge, sol che si pensi che, già all'indomani della sua definitiva conversione in legge, il Ministro in indirizzo dichiarava che il decreto interveniva a garantire risposte concrete ai cittadini e maggiore efficienza al servizio sanitario nazionale e che "dopo anni di inerzia questo governo interviene in maniera strutturale con misure che affrontano tutti i fattori che hanno contribuito a un aumento intollerabile delle liste d'attesa", in particolare definendo chiaramente "regole e responsabilità";
recentemente, in data 4 ottobre 2024, nonostante l'evidenza dei ritardi, anche in carico allo Stato, il Ministro ha dichiarato che "le Regioni devono fare la loro parte, le liste d'attesa non possono essere chiuse", precisando che "è impensabile che non ci sia un'organizzazione in grado di trovare una visita specialistica con tempi di attesa di un anno" e sostenendo che "ognuno deve fare la sua parte perché saranno i cittadini a capire chi funziona e chi non funziona con tutte le conseguenze del caso",
si chiede di sapere quali azioni immediate intenda intraprendere il Ministro in indirizzo affinché le disposizioni recate dal decreto-legge possano trovare rapida attuazione, alleggerendo le liste d'attesa, assicurando l'efficienza del servizio sanitario nazionale e superando i disagi per l'utenza.
(4-01507)
Interrogazioni, già assegnate a Commissioni permanenti, da svolgere in Assemblea
L'interrogazione 3-00153, delle senatrici Fregolent e Paita, e l'interrogazione 3-00193, del senatore Cottarelli ed altri, precedentemente assegnate per lo svolgimento alla 1ª Commissione permanente (Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione), saranno svolte in Assemblea, in accoglimento della richiesta formulata in tal senso dagli interroganti.
L'interrogazione 3-00977, della senatrice Naturale ed altri, precedentemente assegnata per lo svolgimento alla 9ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare), sarà svolta in Assemblea, in accoglimento della richiesta formulata in tal senso dagli interroganti.
Interrogazioni, da svolgere in Commissione
A norma dell'articolo 147 del Regolamento, la seguente interrogazione sarà svolta presso la Commissione permanente:
8ª Commissione permanente(Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica):
3-01392 delle senatrici Bevilacqua e Di Girolamo, sulla costruzione di una nuova nave traghetto nel porto di Palermo.
Interrogazioni, ritiro
È stata ritirata l'interrogazione 4-01412 della senatrice Sbrollini e del senatore Scalfarotto.