Legislatura 19ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 191 del 21/05/2024

SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XIX LEGISLATURA ------

191a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO (*)

MARTEDÌ 21 MAGGIO 2024

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Presidenza del presidente LA RUSSA,

indi del vice presidente CASTELLONE

e del vice presidente ROSSOMANDO

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(*) Include l'ERRATA CORRIGE pubblicato nel Resoconto della seduta n. 196 dell'11 giugno 2024
(N.B. Il testo in formato PDF non è stato modificato in quanto copia conforme all'originale)

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N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Civici d'Italia-Noi Moderati (UDC-Coraggio Italia-Noi con l'Italia-Italia al Centro)-MAIE: Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE; Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE: FI-BP-PPE; Fratelli d'Italia: FdI; Italia Viva-Il Centro-Renew Europe: IV-C-RE; Lega Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: LSP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista: PD-IDP; Per le Autonomie (SVP-PATT, Campobase): Aut (SVP-PATT, Cb); Misto: Misto; Misto-ALLEANZA VERDI E SINISTRA: Misto-AVS; Misto-Azione-Renew Europe: Misto-Az-RE.

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RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del presidente LA RUSSA

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 15,02).

Si dia lettura del processo verbale.

STEFANI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 16 maggio.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.

Saluto al Segretario Generale del Senato uscente

PRESIDENTE. Colleghi, come già sapete, nella giornata del 14 maggio la dottoressa Elisabetta Serafin è stata nominata... (Applausi). Non mi avete dato il tempo di finire la frase che avete fatto l'applauso al nome, il che è più significativo di qualsiasi parola potessi pronunciare. Vuol dire che non c'è bisogno di ricordare quello che la dottoressa Serafin ha fatto per il Senato, per l'equilibrio, l'autorevolezza e la gentilezza con cui ha svolto questo delicatissimo incarico, che ricopre, se non mi sbaglio, dal febbraio del 2011 e che ha ritenuto di lasciare quando si avvicinava la scadenza, anche per rispondere a una prestigiosa chiamata quale quella di presidente della Saipem, una delle aziende italiane più importanti.

Le ho chiesto io di essere oggi qui con noi, perché voi possiate salutarla con l'applauso che avete voluto già tributarle. Io l'ho conosciuta bene, come potete immaginare, ma come me l'hanno conosciuta diversi Presidenti che mi hanno preceduto, a partire dal presidente Pera che è qui presente in Aula, passando per la dottoressa, senatrice, presidente e ministro Alberti Casellati; tutti le hanno riconosciuto la capacità di unire alla competenza l'equilibrio, che è la cosa più difficile che ci possa essere e che si possa trovare. Anche il presidente Monti l'ha avuta come interlocutrice al Senato, sotto il suo Governo intendo dire; Monti non l'hanno fatto Presidente del Senato, ma finché c'è vita c'è speranza.

Alla dottoressa Serafin vanno i migliori auguri di buon lavoro di tutto il Senato, di tutti i senatori e mio personale. (Applausi).

Visto che diversi Senatori hanno chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori, concederò tre minuti ciascuno.

PATUANELLI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATUANELLI (M5S). Signor Presidente, ho chiesto di intervenire a proposito del saluto che lei ha appena fatto, perché credo sia giusto che ciascuno di noi che ha lavorato con la dottoressa Serafin possa manifestarle la grande riconoscenza per aver sempre lavorato a tutela dell'Amministrazione di cui ha fatto parte per tanto tempo, che credo porterà nel cuore anche in questo suo nuovo prestigiosissimo incarico. (Applausi). Alle parole che lei, signor Presidente, ha usato, parlando di competenza, capacità, mediazione, desidero aggiungere la grandissima intelligenza e la grandissima umanità. In tutti i momenti anche complicati che abbiamo affrontato in questi anni, la dottoressa Serafin ha saputo sempre avere come unico obiettivo la tutela dell'Amministrazione e il bene pubblico nel suo più alto significato. Rinnovo pertanto gli auguri di buon lavoro e di ringraziamento a nome mio personale e del Gruppo che mi onoro di rappresentare in quest'Aula. (Applausi).

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Signor Presidente, mi associo alle parole appena pronunciate dal presidente Patuanelli.

Preannuncio sin d'ora che le chiederò poi la parola per un intervento politico.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Signor Presidente, intanto vorrei ringraziarla per aver avuto questo gesto di cortesia nei confronti della dottoressa Serafin. Desidero anch'io esprimere, a nome personale e del Gruppo Italia Viva-Il Centro-Renew Europe, il nostro ringraziamento, il nostro apprezzamento e i migliori auguri per l'importante incarico che è stata chiamata ad assolvere alla dottoressa Elisabetta Serafin, che vogliamo davvero ringraziare sia per il tratto con il quale ha voluto svolgere la sua importante attività e la sua significativa funzione, sia per il modo con cui ha assicurato un'assoluta e totale imparzialità e una capacità anche di supporto, non banale e non ordinaria, ai lavori che siamo chiamati ad assolvere e alle funzioni che il popolo ci ha assegnato.

Più in generale, signor Presidente, credo che questo gesto corale di applauso vada certamente alla persona, ma lo vorrei anche interpretare come un gesto di apprezzamento nei confronti della funzione (Applausi), perché chi assolve tale funzione, unitamente alle altre funzioni di apicalità e di struttura, rappresenta un'intelaiatura essenziale, fondamentale, indispensabile per l'assolvimento e per l'equilibrio della nostra democrazia. In questi tempi in cui con troppa faciloneria si tende a generalizzare, un apprezzamento di questa natura credo abbia un valore doppio. (Applausi).

MALAN (FdI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAN (FdI). Signor Presidente, mi associo a quanto hanno dichiarato i colleghi esprimendo riconoscenza alla dottoressa Elisabetta Serafin per il modo in cui ha svolto il suo delicatissimo ruolo in questi anni. Credo sia importante per tutti, sia quando si è in maggioranza sia quando si è all'opposizione, sapere che nei funzionari del Senato, a cominciare dal suo vertice, il Segretario Generale, c'è chi dà tranquillità a tutti: si sa che le regole vengono osservate, le procedure attuate correttamente anche con capacità e con senso di umanità, oltre che con la grandissima preparazione professionale che tutti abbiamo apprezzato. Questo vale pertanto non soltanto per il vertice, ma per tutti coloro che svolgono questo delicato compito ogni giorno senza risparmio. (Applausi).

BIANCOFIORE (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BIANCOFIORE (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signor Presidente, ovviamente mi associo alle parole dei colleghi che mi hanno preceduto. Io sono neofita del Senato e quindi, purtroppo, ho potuto usufruire poco della capacità, della competenza, della grazia, del rispetto per le istituzioni che ha sempre apportato a quest'Aula la dottoressa Serafin, la cui fama, comunque, la precedeva anche nei tanti anni che io ho trascorso alla Camera.

Devo dire che la saluto con un po' di magone, perché ho potuto apprezzarla tanto in questo anno e mezzo, da quando, appunto, sono qui al Senato. Anche a nome, ovviamente, del senatore Questore, che lei invece conosce da tantissimi anni, e a nome di tutto il mio Gruppo, le faccio i miei migliori auguri.

È una persona che, appunto, ho imparato ad apprezzare. Credo che le sue doti straordinarie, anche di prima donna assurta ad un ruolo così importante all'interno delle istituzioni, l'accompagneranno anche, ovviamente, in questa sua nuova professionalità, in questa sua nuova mansione.

È lei che ha aperto il varco - come pure il Presidente del Senato che l'ha preceduta, il nostro ministro Alberti Casellati - alle donne nelle istituzioni e ai loro vertici. Poi, l'ha seguita, ovviamente, il premier Meloni, della quale andiamo tutti orgogliosissimi.

Ora, ovviamente, il turno passa al dottor Toniato, che ringraziamo per quanto porterà avanti, anche in nome di quello che ha fatto appunto la dottoressa Serafin, e con lo stesso garbo, lo stesso rispetto per le istituzioni e, soprattutto, la grande competenza che abbiamo già potuto ammirare.

ROMEO (LSP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROMEO (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, da parte nostra, come Lega, penso non basterebbe neanche un intervento di venti minuti, come consentito dal Regolamento ai Capigruppo, per poter esprimere tutta la nostra riconoscenza nei confronti della dottoressa Serafin per tutto il lavoro svolto.

Non è, però, una questione che riguarda solo l'istituzione Senato. Infatti, indubbiamente, noi sentiamo parlare spesso di questa magica parola, terzietà, a livello di istituzioni. Io sono arrivato in Senato nel 2018 e, per l'esperienza che ho avuto da Capogruppo, la dottoressa Serafin è stata sempre un esempio di terzietà, dimostrando sempre disponibilità nei confronti di tutti i Gruppi e capacità di fare in modo che l'Aula potesse essere condotta nel migliore dei modi.

Sempre anche con questa sensibilità particolare, per far sì che tutte le strutture, tutti i funzionari del Senato, si trovassero a loro agio. Poi, tutte le strutture hanno sempre dei problemi, ed è normale che sia così, ma bisogna veramente riconoscere un grande merito a tutto il lavoro che ha svolto.

Faccio poi, anche a livello personale, un'osservazione alla quale tenevo in particolare, che penso valga anche per il collega Stefano Patuanelli. Nel 2018, appena diventati Capigruppo durante il Governo gialloverde, ovviamente da neofiti, senza conoscere bene tutti i Regolamenti (almeno vale per me, ma sono sicuro che valga anche per lui) abbiamo trovato nella dottoressa Serafin un punto di riferimento, che c'è stato di grande aiuto, per capire i meccanismi e per capire anche la postura che un Capogruppo e un senatore devono tenere all'interno di quest'Aula.

Con questo, le facciamo tanti auguri per questo suo nuovo incarico. Siamo sicuri, vista la sua professionalità, che lo svolgerà nel miglior modo possibile. Facciamo tanti auguri anche al segretario generale Federico Toniato, che è cresciuto insieme alla dottoressa Serafin e sicuramente ne ha appreso le qualità. Siamo certi che possa essere un Segretario Generale in grado di dare continuità a questo bell'esempio di istituzione che è il Senato della Repubblica. (Applausi).

GASPARRI (FI-BP-PPE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GASPARRI (FI-BP-PPE). Signor Presidente, la ringrazio per aver voluto svolgere questo suo intervento, che poi, ovviamente, non poteva non suscitare, da parte dei Gruppi, analoghi sentimenti e valutazioni, per unirci ad essi molto rapidamente, come deve essere nel costume dell'Aula e come la dottoressa Serafin per prima suggerirebbe, secondo la sua attenta attività di custode e interprete delle regole del Parlamento.

Questi attimi di apprezzamento e di stima sono rivolti al futuro che la dottoressa Serafin avrà, in un incarico importante in una società importante, di quelle che rendono l'Italia protagonista sui mercati internazionali, ma anche per ringraziarla di tutta l'attività che ha svolto, non solo da Segretario Generale. In precedenti legislature, anche non da senatore, ma da membro del Governo, ho potuto apprezzare la pazienza e la costanza con cui, non ancora Segretario Generale, dirigeva e coordinava i servizi dell'Aula.

Ci sono persone alle quali estendo l'apprezzamento e la stima rivolti alla dottoressa Serafin; mi riferisco al dottor Toniato, che ha assunto l'incarico in una successione naturale dovuta all'esperienza e al lavoro svolto, e a tutti i Vice Segretari che sono stati designati. Vedo il dottor Sassoli che consente un regolare funzionamento dei lavori dell'Assemblea con una grande maestria. Si tratta di persone che fanno funzionare il Senato, il Parlamento, la democrazia e la Repubblica che, nonostante gli insulti alle istituzioni, costituiscono il fondamento e il baluardo della democrazia e della libertà. Grazie alla dottoressa Serafin e a chi oggi continua questa opera perché aiuta a far funzionare gli organi come il Senato, che sono il baluardo della democrazia e della libertà. Vi ringrazio e auguro buon lavoro alla dottoressa Serafin. (Applausi).

BOCCIA (PD-IDP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Quello del senatore Boccia è l'ultimo intervento e si aggancia anche alla sua richiesta di intervenire sull'ordine dei lavori, a prescindere dalla sorpresa che vi ho fatto di invitare la dottoressa Serafin. Ne ha facoltà.

BOCCIA (PD-IDP). Signor Presidente, diciamo che mi interromperò e metterò un punto per non rovinare il saluto alla dottoressa Elisabetta Serafin, che voglio ringraziare davvero di cuore a nome di tutto il Gruppo Partito Democratico.

La dottoressa Serafin è stata una Segretaria Generale che ha accompagnato in momenti importanti l'Assemblea del Senato, facendolo con grande dedizione, passione e, quando serviva, discrezione. Penso di parlare interpretando anche le valutazioni postume dei miei predecessori. Ricordo che quando la dottoressa Serafin fu indicata e votata, quella votazione non avvenne all'unanimità. Presidente, posso dire che - quattordici anni dopo, a nome del Gruppo di oggi Partito Democratico, interpretando anche il pensiero dei miei colleghi di allora, con alcuni dei quali ci sentiamo ancora - la dottoressa Serafin ha dimostrato di essere terza, imparziale e di mettere al centro della sua azione l'interesse di Palazzo Madama. È quello che auguriamo sempre ai prestatori d'opera e ai civil servant, come lo sono tutti i lavoratori del Senato e di tutti gli altri organi costituzionali.

Mi permetterà, Presidente, di farle un in bocca al lupo di cuore, perché quarant'anni di vita qui dentro non sono una parte della vita, ma la vita nella sua interezza, certamente quella professionale. Non sappiamo e lei non saprà mai come sarebbe stata la sua se avesse scelto Banca d'Italia. Dalla sua biografia emerge infatti che ha avuto un bivio nella vita tra la Banca d'Italia e il Senato. Ha scelto il Senato; sicuramente la sua vita è stata un po' più movimentata, di là sarebbe stata forse un po' più regolare e meno dentro alcune dinamiche che poi hanno fatto la storia della Repubblica. In bocca al lupo di cuore, dottoressa Serafin.

PRESIDENTE. Magari avremmo avuto la prima Governatrice della Banca d'Italia, chi lo sa?

BOCCIA (PD-IDP). Chi lo sa? Non lo sapremo mai. Certamente il suo lavoro in Senato entra dentro la storia dei Segretari Generali del Senato, dopo il dottor Malaschini, il dottor Nocilla e tutti gli altri che l'hanno preceduta. Io penso che sia stata una guida sicura e certa per chi oggi ha preso il suo posto, il dottor Toniato, al quale rivolgo come Gruppo Partito Democratico gli auguri di buon lavoro.

Grazie ancora, dottoressa Serafin. (Applausi).

Per la convocazione della Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari

BOCCIA (PD-IDP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOCCIA (PD-IDP). Signor Presidente, ho voluto evitare che il saluto alla dottoressa Serafin fosse "sporcato" leggermente dall'intervento che mi accingo a svolgere.

Come avevamo previsto e non perché i Presidenti dei Gruppi di opposizione si cimentino in operazioni di chiromanzia, siamo arrivati al bivio finale, ministra Casellati.

Oggi è previsto da calendario il completamento della discussione generale e ci aspettiamo dalle sue repliche un contributo costruttivo, che speriamo apra al confronto in maniera un po' più marcata rispetto a quello che è avvenuto durante il lungo lavoro in Commissione. Abbiamo però la necessità, signor Presidente, di chiederle una Conferenza dei Capigruppo, perché è evidente che, guardando gli emendamenti presentati, non possiamo non notare che anche per l'Assemblea la maggioranza non c'è. La maggioranza ha deciso di non presentare emendamenti. Avevo creduto alle parole del presidente Gasparri quando ci siamo scontrati più volte in questi passaggi non semplici, che ci hanno portato al completamento della discussione generale, ma è accaduto in Aula esattamente quello che era accaduto in Commissione: la maggioranza, signor Presidente, non c'è. Poiché questo disegno di legge è di natura governativa e abbiamo più volte invitato i colleghi della maggioranza in questi mesi a lavorare insieme per evitare danni alla nostra Costituzione, per evitare che fratture insanabili poi non possano essere ricomposte, non aver trovato nemmeno un emendamento di tutti i Gruppi di maggioranza ci fa prevedere una non semplice navigazione nella fase successiva alla discussione generale.

Per queste ragioni, signor Presidente, per evitare che i toni diventino diversi e si passi a scontri parlamentari, pur legittimi, penso che sia molto opportuno capire dove stiamo andando, perché non abbiamo in questo momento un quadro chiaro, e capire perché la maggioranza ha deciso anche di disertare il confronto politico in Aula, non presentando nessun emendamento. In questa condotta noi leggiamo una volontà netta, chiara e dura del Governo di andare avanti a testa bassa, che era quello che avevamo chiesto non avvenisse.

Vi abbiamo chiesto più volte - lo diranno anche i colleghi che interverranno in discussione generale - di fermarvi, perché la disponibilità delle opposizioni al confronto nel merito c'è tutta. Alla vigilia dell'ultimo scorcio di discussione generale, sento il dovere di chiederglielo, signor Presidente, e poi, ovviamente, di affrontare i nodi legati a come proseguiranno i nostri lavori in una Conferenza dei Capigruppo che penso sia anche abbastanza urgente.

PRESIDENTE. La ringrazio. Siccome mi ha chiesto una riunione dei Capigruppo, anche se per la verità abbiamo già votato anche il calendario dei lavori della settimana, mi permetto di dire che in quella sede svolgeremo gli altri interventi, altrimenti è inutile. O mi chiedete una riunione della Conferenza dei Capigruppo oppure fate un altro giro di interventi, ma chiedere entrambi mi sembra ultroneo.

Per una informativa urgente del Governo
sullo sciame sismico registrato ai Campi Flegrei

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Se mi chiede un minuto per intervenire su un altro argomento, glielo do volentieri.

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Sì, certo, signor Presidente.

PRESIDENTE. Allora ha ragione lei. Ovviamente ha sempre ragione, anche se detto da me suona male.

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Signor Presidente, lei sa a chi si dà la ragione, quindi eviti.

Capisco che forse interessa poco, ma la prego di ascoltare cosa sto per dirle. Ho chiesto la parola per chiedere un'informativa urgente del Governo su un evento che si è verificato ieri sera, forse un po' più importante di ciò di cui ci occupiamo normalmente, cioè un terremoto che sta riguardando alcune decine di migliaia di persone. Le chiedo, per favore, di ascoltare quello che sto per dire e vorrei chiedere un'informativa urgente. C'è una situazione - lei lo starà leggendo - che è quella che è: la terra che trema in maniera molto significativa, purtroppo, da molte settimane a questa parte. Siccome capita che oltre a tremare la terra tremano pure le popolazioni, mi sembrerebbe il caso che l'Assemblea del Senato - naturalmente anche quella della Camera, ma quello lo decideranno loro - si potesse, nel corso delle prossime ore, occupare di questo, perché c'è una situazione obiettivamente di grande tensione e di grande preoccupazione su un territorio peraltro molto popolato e quindi le chiedevo la parola esclusivamente per questo.

PRESIDENTE. Per questo la ringrazio e trasferisco la sua richiesta al Governo, che credo abbia le stesse preoccupazioni, per un evento naturale a cui dobbiamo cercare di rispondere evitando tutte le conseguenze che si possono evitare, cioè quelle evitabili.

Seguito della discussione dei disegni di legge costituzionale:

(935) Modifiche agli articoli 59, 88, 92 e 94 della Costituzione per l'elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, il rafforzamento della stabilità del Governo e l'abolizione della nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica

(830) RENZI ed altri. - Disposizioni per l'introduzione dell'elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri in Costituzione

(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (ore 15,30)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge costituzionale nn. 935 e 830.

Ricordo che nella seduta del 15 maggio è proseguita la discussione generale, che - lo dico subito - è ampia tanto quanto hanno chiesto tutte le forze politiche che - lo ricordo - hanno comunque presentato oltre 3.000 emendamenti.

È iscritta a parlare la senatrice Rossomando. Prima che prenda la parola, vorrei rinnovare il cordoglio di tutto il Senato per il lutto del suo caro papà, che ci ha fatto sentire ancora più vicini alla nostra Vice Presidente. (Applausi). Ne ha facoltà.

ROSSOMANDO (PD-IDP). Signor Presidente, la ringrazio per la partecipazione sua, di tutta l'Assemblea del Senato e anche della ministra Alberti Casellati, che sicuramente ha reso questo momento meno gravoso per me e la mia famiglia.

Entrando nell'argomento, ci sono stati moltissimi interventi dell'opposizione e in particolar modo del mio Gruppo; aggiungerò alcune parole, alcune considerazioni, anche se il campo è stato già molto arato.

Si è denunciato lo scambio che è avvenuto nella maggioranza sulle tre riforme di autonomia differenziata, premierato e giustizia; tuttavia vorrei dire che non c'è solo l'obiezione su quanto sia censurabile nel metodo questo tipo di approccio, che tradisce perlomeno la noncuranza con cui si approccia un argomento delicato come quello delle riforme sull'assetto istituzionale. A parte il metodo, questi tre interventi vanno visti insieme, perché ciò che conta è il combinato disposto, ovvero il risultato di queste tre riforme, che vanno valutate complessivamente e che comportano un vero e proprio scardinamento di tutta l'architettura della nostra Costituzione. Qui interviene un primo punto della discussione, anche pubblica, che ancora è in atto: non si tratta di contrapporre un cosiddetto conservatorismo costituzionale a un approccio di innovazione, di riforme. È stato detto che non è che non si può toccare la Costituzione. Io vorrei dire una cosa con grande convinzione, cioè sgombrare il campo da un equivoco di fondo; poi confrontiamoci, ovviamente, però diciamo con estrema chiarezza che non si vogliono fare delle riforme della Costituzione, ma si vuole riscrivere la Costituzione, si vuole riscrivere la storia che ha condotto alla scrittura di questa Carta costituzionale e lo si capisce molto chiaramente nella lettura di queste tre riforme insieme. L'architettura della nostra Costituzione si basa su alcuni principi, alcuni dei quali sono l'equilibrio e la dialettica, il pluralismo che è stato menzionato, cioè la dialettica tra i poteri dello Stato. E questo è un punto che viene messo in discussione e travolto dalle riforme che vi apprestate ad approvare. Si basa anche su una democrazia partecipativa, sul pluralismo e sulla rappresentanza. Tutto questo, cioè la dialettica tra i poteri dello Stato, viene sostituita dal cosiddetto Premier pigliatutto, nel senso che il Presidente del Consiglio è un capo regolatore di ogni cosa; un capo affidatario. Alla dialettica parlamentare e alla dialettica tra i poteri dello Stato che sono alla base delle democrazie liberali viene sostituito un capo affidatario, con un'unica occasione di incontro con la volontà popolare, che è il voto (l'unico voto che potranno esprimere i cittadini, votando direttamente il Presidente del Consiglio).

Certo allora che si poteva riformare e non mancavano ovviamente modelli a cui ispirarsi, perché di soluzioni ne abbiamo offerte noi delle opposizioni (valga per tutte il modello tedesco, con il rafforzamento delle competenze del Parlamento in seduta comune). Quei modelli e quelle proposte non mettevano in discussione la dialettica tra i poteri dello Stato, né l'equilibrio e il ruolo del Parlamento.

L'altra questione su cui bisogna sgombrare il campo è che c'è una domanda a cui vengono date risposte sbagliate, non so se intenzionalmente o meno. La domanda di stabilità non sta nell'accentramento dei poteri in una sola persona, nella mortificazione del Parlamento e nella disarticolazione dell'equilibrio tra i poteri, perché un altro principio che viene attaccato è quello della rappresentanza: non aver sancito chiaramente quale sarà la soglia minima per il premio di maggioranza, infatti, com'è stato ribadito più volte, comporterà una serie di conseguenze che scaturiscono da un unico fatto concreto, ossia che se non ci sarà questa determinata soglia minima accadrà che una minoranza potrà eleggere il Presidente del Consiglio, che quindi potrebbe essere rappresentante di una minoranza, con tutta una serie di conseguenze.

Vorrei poi fare un cenno all'autonomia differenziata: oltre a tutti i problemi già evidenziati per le enormi sperequazioni che cresceranno nel Paese, avremo i poteri accentrati, da un lato, sul piano nazionale, nella Presidenza del Consiglio, e, dall'altro, nei Presidenti di Regione, che avranno ventitré ulteriori materie che, con tale assetto, finirebbero esclusivamente nelle loro mani.

Ora, a prescindere dalle questioni giudiziarie, credo che le cronache di questi ultimi mesi dovrebbero farci molto riflettere su questo. Vi sono quindi un'integrale riscrittura dei poteri dello Stato e dei loro rapporti e una concezione verticistica del potere unita al mito del capo pigliatutto, che sarà in grado di controllare - grazie all'investitura popolare e al controllo sulla sua maggioranza - ripeto, sulla sua maggioranza - gli altri poteri dello Stato, per arrivare fino al Presidente della Repubblica, che - vorrei ricordarlo ancora una volta - ha un ruolo sempre super partes, di mediatore tra i poteri dello Stato e di garante ultimo della Costituzione e dell'unità nazionale.

Anche qui, le cronache politiche internazionali ci suggeriscono che proprio questo tipo di figura del Presidente della Repubblica, così come in Italia, è quello che più garantisce anche una convivenza pacifica e una ricomposizione dei conflitti in senso alto e in senso politico, perché, laddove chi ha tutti questi poteri è rappresentante di una sola parte, vediamo che i conflitti non si compongono, con una serie di crisi gravi del sistema.

Nella vostra riforma, il Presidente della Repubblica, sia nella fase della sua elezione, quanto nello svolgimento del mandato, inevitabilmente sarebbe fortemente condizionato dal Presidente del Consiglio e dalla sua maggioranza.

E ancora, veniamo poi ai contrappesi. Entro un certo arco di tempo, ovviamente, a questo punto avremo un Presidente della Repubblica politicamente omogeneo alla maggioranza di Governo e la nomina di ben dieci giudici costituzionali, che sono una questione importantissima nel controllo tra i poteri e nell'equilibrio, potrebbe avvenire nell'orbita politica e culturale della sola maggioranza parlamentare.

Presidenza del vice presidente CASTELLONE (ore 15,40)

(Segue ROSSOMANDO). E ancora, tra le vostre proposte per la riforma della giustizia, a parte la questione in sé della separazione delle carriere è compresa la previsione di aumentare fino al 50 per cento la componente dei membri laici di nomina parlamentare del CSM; quindi chiaramente, di nuovo, la maggioranza politica sarebbe sovra-rappresentata in un organismo che rappresenta un punto di equilibrio. Per non parlare del progetto di far diventare il CSM un organo assolutamente burocratico.

Insomma, stiamo parlando di queste tre riforme, che sono in realtà - come dicevo - una riscrittura della Costituzione. È di fatto un progetto accentratore e autoritario. Qui non interessa assolutamente discutere di richiami al passato o alle ideologie del passato. I fatti parlano, sono chiari e inequivocabili. Abbiamo fatto delle proposte e non una di tali proposte ha trovato non dico l'accoglimento, ma neanche la vostra attenzione. Proprio sul piano dei pesi e contrappesi, abbiamo proposto di innalzare i quorum per eleggere i Presidenti delle Camere e gli organismi di garanzia e abbiamo avanzato proposte sul rafforzamento del Parlamento in seduta comune.

Per concludere su questi punti - come dicevo - io non so se questo risultato, che è assolutamente inequivoco e inequivocabile, sia stato voluto sin dall'inizio e corrisponda a una visione, che in realtà è teorizzata anche in altre parti d'Europa, di superamento delle democrazie liberali. Sta di fatto che il risultato sarà questo. Allora io chiedo a quanti in questa maggioranza si appellano spesso all'idea di libertà e ai principi liberali: ma davvero vi riconoscete in questa riforma? (Applausi). Ma davvero vi sentite legati, quando si tratta di cose così importanti, al vincolo di maggioranza? Davvero non ritenete di dare un contributo costruttivo? Davvero non ritenete di dover alzare la voce in un momento così importante? Noi possiamo garantire (Richiami del Presidente) - ho concluso, Presidente - che noi la voce la alzeremo, la alziamo e soprattutto ci teniamo a tutelare tutti quei cittadini senza potere, che proprio in uno Stato democratico e liberale confidano e di esso hanno necessità e bisogno. (Applausi).

Saluto ad una rappresentanza di studenti

PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti dell'Istituto comprensivo «Francesco Domenico Guerrazzi» di Cecina, in provincia di Livorno, che stanno assistendo ai nostri lavori. Benvenuti in Aula. (Applausi).

Ripresa della discussione dei disegni di legge costituzionale
nn.
935 e 830 (ore 15,42)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Monti. Ne ha facoltà.

MONTI (Misto). Signora Presidente, signora Ministra, colleghe e colleghi, quando la presidente del Consiglio Meloni si è presentata in quest'Aula per chiedere la fiducia del Senato, io mi astenni e precisai che avrei avuto un animo aperto, con riserva di valutare provvedimento per provvedimento. A questo criterio mi sono attenuto e a questo criterio mi atterrò anche oggi. Anzi, in questa materia credo che l'animo particolarmente aperto sia particolarmente necessario.

Io condivido due obiettivi fondamentali di questa riforma: una maggiore governabilità e una maggiore stabilità dei Governi, due obiettivi ovviamente collegati. Ma sono contrario alla proposta che ci viene presentata, perché credo che sia controproducente rispetto agli obiettivi stessi che si propone e che condivido.

A mio parere questa riforma ridurrebbe la governabilità dell'Italia, anziché accrescerla, e fallirebbe proprio nel suo obiettivo centrale. Renderebbe praticamente e direi volutamente impossibili i Governi di larga collaborazione, di unità nazionale. Ci sarà pure una ragione se il Parlamento, non sondaggi di opinione o la stampa dei poteri forti, che forse una volta c'erano, hanno approvato con le più elevate percentuali di fiducia la nascita di tre Governi di unità nazionale: uno presieduto dal sottoscritto, con l'88 per cento dei voti del Parlamento, per fronteggiare la crisi finanziaria; uno da Giulio Andreotti, che nessuno potrà pensare come Premier tecnico, onorevoli colleghi, ma presidente di un Governo di unità nazionale con la fiducia dell'85 per cento del Parlamento dopo il rapimento di Aldo Moro nel 1978; il terzo presieduto da Mario Draghi poco tempo fa, con la fiducia dell'83 per cento del Parlamento, per debellare il Covid e programmare l'impiego dei fondi europei; tre gravi crisi molto diverse (la tipologia delle crisi può includerne anche altre), un eminente politico e due non politici chiamati a guidare il Paese con larghissime coalizioni.

Che cosa avrebbe fatto in quei momenti un Premier eletto da una maggioranza di parte e quindi legittimato a governare con la parte sconfitta alle elezioni, tendenzialmente vocata a fare opposizione? Con un Presidente della Repubblica che non potrebbe neppure esortare a fare uno sforzo di unità e con un Premier che magari, essendo venuto meno il Premier vittorioso alle elezioni, è entrato in carica sotto il vincolo di rispettare il programma di governo presentato alle elezioni dal Premier venuto meno, programma forse di due o tre anni prima, di valore ormai archeologico? Si può proporre una tale Costituzione in una fase storica che potrebbe vedere l'Europa e l'Italia in guerra tra qualche mese? L'Europa e l'Italia di nuovo in una grave crisi finanziaria, speriamo un po' più in là, e forse l'Italia in condizioni di lotta sociale nelle strade e nelle piazze, se continuerà la caduta senza speranza del salario reale?

Ecco, proporrei di guardare avanti e vorrei anche rivolgermi a coloro che hanno certamente più sensibilità politica di me (magari potranno riconoscermi una certa esperienza nell'aver provato situazioni nelle quali nessuno dei presenti e pochissimi italiani dall'inizio della storia della Repubblica si sono trovati). Mi rivolgo ai politici, per i quali ho un grande rispetto, e a quanti ritengono che il premierato riavvicinerebbe i cittadini alla politica. Io temo che questo sia un drammatico errore di prospettiva. Oggi - lo dico con dolore - la politica, i politici, non solo in Italia, riscuotono poco rispetto, tanto sospetto e molta diffidenza.

In questa riforma i nostri concittadini vedranno il tentativo corporativo di chiudere ogni piccolo varco che permetterebbe, ove necessario, alla società civile di dare un suo contributo alla soluzione dei problemi del Paese. Devo dire con una punta autobiografica che, quando mi sono presentato davanti alle Camere per chiedere la fiducia, in una situazione esposta ad alto rischio di fallimento per il Paese, avevo due soli elementi di conforto oltre alla fiducia del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: l'aver avuto l'88 per cento del Parlamento a sostegno di questa ipotesi di Governo e ancora di più il fatto che tutti sapessero che non mi ero certo candidato io per fare questo compito. Sarebbe stato enormemente presuntuoso. Non so con quale coraggio un candidato Premier diventerà tale sapendo che possono capitare queste sfide, e i cittadini naturalmente avranno il diritto di pensare che quella persona si ritiene la migliore in Italia in grado di far fronte ai problemi del Paese. Stiamo attenti a che quello che magari viene pensato per avvicinare, non venga invece visto negativamente dai cittadini, i quali possono dire: tengono chiuse le corporazioni, grandi o piccole, dai tassisti ai concessionari balneari, e adesso vogliono chiudere anche la politica in una corporazione?

Inoltre, non è più l'epoca dell'uomo solo al comando, e lo si vede nelle aziende e in politica. Lo si vede dal fatto che il nostro eminente concittadino europeo Macron, amato o detestato da molti, ma che certamente ha un'autorevolezza molto maggiore di quella che potevamo avere nel 2011 noi poveri chiamati dell'ultimo momento per risolvere una situazione, che ha impiegato sei anni per fare una riforma delle pensioni, pur con l'autorevolezza del Presidente della Repubblica francese, ed ha avuto spargimento di sangue nelle strade. Ebbene, non sono più i tempi che hanno entusiasmato molti di noi, quelli che ricordo anch'io quando ero studente, ossia quelli della Repubblica presidenziale americana e della Repubblica presidenziale francese. Oggi abbiamo un sistema molto più duttile e vogliamo mandarlo al macero?

Concludo, signora Presidente. La maggioranza vittoriosa del 2022 ha valorizzato il concetto di Nazione. Proprio perché ho grande rispetto per questo concetto e soprattutto per la realtà della nostra Nazione, l'Italia, assisto con dolore e con preoccupazione all'opera in corso, che sembrerebbe meticolosa, di una graduale frammentazione di fatto della Nazione in ogni dimensione possibile: la geografia istituzionale, con l'autonomia differenziata; la frammentazione sociale, con un sistema fiscale che prende ai meno abbienti per dare ai più abbienti, fondato com'è su regressività e condoni; e adesso, come risultato di questa eventuale riforma, la frammentazione politica, che cristallizzerebbe la divisione e non la cooperazione, il reciproco disprezzo e non la disponibilità a collaborare, sino al voler rendere impossibile il lavorare insieme anche in momenti di possibile grave emergenza per la nostra Nazione. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Fina. Ne ha facoltà.

*FINA (PD-IDP). Signora Presidente, sono reduce da una brutta polmonite - e questo non è di grande interesse per l'Assemblea - però ci tenevo ad essere qui oggi, perché a me pare che chi svolge una funzione parlamentare e ha l'onore di svolgerla in questa legislatura può mancare a qualche dibattito ma non a quello probabilmente più importante e più delicato, ossia quello che stiamo svolgendo. Ecco perché ho poco compreso per quale motivo alcuni colleghi, componenti della maggioranza che non hanno avuto impedimenti di salute, abbiano rinunciato a parlare. Certo, mi si dirà che è la politica: dobbiamo bruciare i tempi; abbiamo bisogno di usare questo argomento forte in una imminente e importante campagna elettorale. Quale dimostrazione più chiara e lampante della strumentalizzazione? Se si fa di una discussione così delicata, così importante - almeno su questo siamo d'accordo, è delicata - perché incide profondamente negli assetti costituzionali, se la si usa come un qualunque argomento di battaglia politica, allora siamo nel pieno della strumentalizzazione. Probabilmente il ragionamento è stato questo: il Governo, il primo Governo a guida di una leader politica di destra, non accompagnato e sdoganato, come è stato il presidente Fini dall'esperienza di Berlusconi, ma in prima persona, facendo molta difficoltà sul terreno economico e sociale, prova a portare a casa, per il proprio popolo, per la propria gente, altri "ossi".

Per la Lega, quella che è stata definita purtroppo, felicemente o infelicemente, secessione dei ricchi. Poi, una riforma della giustizia che è finalmente, per alcuni, una mordacchia ai giudici. Infine, per quello che Piero Ignazi ha definito, efficacemente, il "polo escluso", la possibilità di mettere una firma alla Costituzione, di riscriverne una parte.

Una Costituzione che è stata vissuta, per alcuni, anche come uno schiaffo in faccia, perché partorita dalle grandi forze democratiche di centro e di sinistra che hanno portato questo Paese fuori dal fascismo.

Signora Presidente, io questo lo considero, innanzitutto, un grave errore politico. Questa maggioranza, in questa esperienza di Governo, avrebbe dovuto fare l'esatto contrario: sfidare chi oggi è all'opposizione e si è anche misurato col Governo proprio sul terreno delle politiche sociali, sulla vita materiale delle persone; fare una legge sul salario minimo e magari poi rinfacciarci che la si è fatta durante questa legislatura e non in precedenza; fare una grande operazione sulla sanità pubblica, che possa rispondere ai bisogni dei cittadini e farli sentire meno soli, ad esempio quando debbono rinunciare alle cure.

Ancora, fare un avanzamento sulla base dei diritti, soprattutto dei diritti delle donne e delle giovani generazioni. Poi, sì, contemporaneamente, sfidare le forze politiche tutte a preparare una legislatura costituente; quello sì avrebbe messo in difficoltà, nell'uno e nell'altro caso, chi oggi svolge una funzione di opposizione.

Questo avrebbe richiesto, ovviamente, innanzitutto uno spirito costituente o almeno uno spirito riformista. A me piace ricordare i lavori dell'Assemblea costituente, perché lì il dibattito sulla figura del Presidente del Consiglio, quindi sull'articolo 95, fu articolato e dialettico. Se ne occupò innanzitutto la sottocommissione sui problemi costituzionali, concentrando in particolare il dibattito sull'analisi comparata con gli altri sistemi costituzionali europei e internazionali.

Questa Commissione fu il luogo di dibattito tra giganti del costituzionalismo, come Tosato e Mortati, da una parte, Terracini e La Rocca, dall'altra: i primi convinti che fosse necessario riservare al Capo del Governo un ruolo costituzionale autonomo, capace di imprimere all'esecutivo una direzione univoca, per evitare il rischio di avere, citando Mortati: «non un Governo ma il caos, ildiscredito degli organi statali e la dissoluzione dello Stato stesso.

I secondi, invece, erano maggiormente persuasi per una soluzione collegiale. Come è noto e, io direi, per fortuna, fu preferita quest'ultima opzione, affidando al Presidente del Consiglio un ruolo di primus inter pares: una scelta netta e anche piuttosto peculiare nel panorama del diritto pubblico comparato; figlia, certamente, anche della traumatica esperienza fascista e di un certo senso di sfiducia riservato al potere esecutivo, che solo pochi anni prima era stato lo strumento per la distruzione della nazione e la disgregazione della comunità nazionale.

Ma non fu solo questo il motivo, la ragione di fondo di un'opzione costituzionale di questa portata: valorizzare la collegialità del Governo, custodire il valore del massimo equilibrio tra i poteri dello Stato, affidare in ultima istanza al Presidente della Repubblica il ruolo di garanzia: ciò rende la nostra Costituzione il capolavoro politico istituzionale riconosciuto e ammirato nel mondo.

Un'ispirazione ideale, politica e giuridica che deve continuare a guidarci, ancora oggi e ancor più di fronte al progetto di riforma che siamo chiamati a discutere, che sarà un nuovo unicum. Io non so se gli attuali neo costituenti siano più alti d'ingegno dei Padri costituenti, se siano più capaci, se abbiano intuito meglio. Poi, qualora malauguratamente, dovesse questa riforma diventare un fatto, magari diventerà l'esempio nel mondo. Però, ci consentirete di diffidare di questa possibilità, perché è un progetto di riforma, il vostro, che di quella virtuosa custodia dell'equilibrio dei poteri non si preoccupa, stravolgendo assetti e confini dell'architettura istituzionale. L'onorevole Terracini metteva in guardia i colleghi dal pericolo che l'eccessivo rafforzamento della figura del Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe finito per autorizzare quest'ultimo: «a fare la politica di un partito della coalizione, anziché quella della coalizione nel suo complesso», nonché «dalla circostanza di dare eccessivi poteri ad uomini che avrebbero potuto non meritarlo».

Sul secondo pericolo preferisco non esprimermi, sebbene abbia una chiara opinione sul fatto che questo Governo e chi lo guida non meritino affatto un potere tanto indefinito.

Sul primo punto, invece, ritengo sia opportuno fermarsi perché rappresenta il cuore stesso delle criticità del progetto che ci viene presentato. D'altronde il premierato nasce esattamente per questa ragione: un riassetto del potere esecutivo completamente affidato alla figura del Premier, che è anche leader del partito di maggioranza relativa e dunque detentore assoluto della guida del Governo e della supremazia del Parlamento.

Davanti a tutto questo è incredibile notare come, quasi ottant'anni prima, i Padri costituenti avessero previsto, come testimoniano le dichiarazioni appena citate, il rischio di degenerazione che è all'ordine del giorno del nostro dibattito pubblico e dei lavori parlamentari odierni. Una degenerazione evidente e innegabile che passa per lo svuotamento del ruolo del Parlamento e per la mortificazione delle funzioni di garanzia in capo al Presidente della Repubblica, custode dell'unità nazionale e della tenuta democratica del Paese. Se questa riforma vedrà la luce, ci ritroveremo catapultati in un sistema costituzionale senza termine di paragone possibile tra quelli internazionali. Un caso unico di concentrazione del potere nelle sole mani del Premier che, unito al progetto di autonomia differenziata in discussione, determinerà uno stravolgimento del sistema Paese per come lo abbiamo conosciuto in settanta anni di storia, come spiegato prima ma benissimo dalla senatrice Rossomando.

La nostra contrarietà netta e senza appello rispetto a tutto questo è già stata ampiamente espressa nei mesi che abbiamo alle spalle. Lo abbiamo fatto e continueremo a farlo e lo faremo non perché siamo pregiudizialmente contrari ad un confronto sulle riforme persino di rango costituzionale, pur non ritenendole - voglio sottolineare - la necessità prioritaria del Paese, il quale invece ha bisogno di inverare ancora molte indicazioni della Carta costituzionale che sono rimaste solo sulla carta. Su questo abbiamo tutti e tutte bisogno invece di insistere e di lavorare. Ecco, dovremmo preoccuparci dell'inveramento dei principi costituzionali, rendendone effettivi l'applicazione e il rispetto.

Abbiamo fatto delle proposte anche sul merito dell'idea di riorganizzazione dei poteri dello Stato, dal sistema tedesco a una nuova legge sui partiti, su cui non torno. Quella che il Governo e la maggioranza ci propone, ignorando ogni proposta e ogni tentativo di confronto, è invece un'avventura, una sperimentazione unica al mondo, un ircocervo istituzionale. Quest'Aula ha ascoltato le parole sagge e autorevolissime della senatrice Liliana Segre che voglio ricordare: «Anche le tribù della preistoria avevano un capo, ma solo le democrazie costituzionali hanno separazione dei poteri, controlli e bilanciamenti, cioè gli argini per evitare di ricadere in quelle autocrazie contro le quali tutte le Costituzioni sono nate». Possiamo dire con forza che l'Italia non ha bisogno di una "capocrazia", come nel titolo del felice libro di Michele Ainis, ma soprattutto non vuole sprofondare nella preistoria della cultura giuridica, politica e costituzionale alla quale questa riforma pericolosa ci condurrebbe.

E allora voglio concludere non facendo un appello a tornare sui vostri passi e ragionare insieme perché capisco cadrebbe nel vuoto. È evidente che ci troveremo nel Paese, probabilmente in una disfida referendaria. Voglio dare però un consiglio, non richiesto sicuramente. La destra italiana ha tutto il diritto a procedere verso un cammino di rilegittimazione. Per altro verso, la sinistra politica italiana, in modo imparagonabile, per carità, dopo il crollo del muro di Berlino, ha dovuto compiere un cammino molto lungo. E allora il mio consiglio, Presidente, emerge da alcune carte che sono conservate in Senato, patrimonio dell'archivio del Senato della Repubblica. Mi riferisco al materiale relativo alla Fondazione del Movimento Sociale Italiano del 1946, che contiene molte cose interessanti a partire da una lettera ad Alcide De Gasperi. C'è scritto come nasce quel partito, perché si chiama Movimento Sociale Italiano e qual è il rapporto con la Repubblica sociale italiana, perché si è scelto il simbolo della fiamma e qual è il rapporto tra questo simbolo e Benito Mussolini. Volete togliere ogni sospetto? Volete cominciare davvero un processo di legittimazione?

Togliete dal simbolo di Fratelli d'Italia la fiamma (Applausi. Commenti), perché altrimenti, invece che togliere ogni sospetto, lascerete ogni speranza, sarete sempre quelli che vengono da lì e tornerete presto ai margini. (Applausi. Commenti).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pera. Ne ha facoltà.

PERA (FdI). Signor Presidente, con il suo permesso e con un po' di pazienza da parte dei colleghi, vorrei raccontare una storia agghiacciante, ma a lieto fine. C'era una volta e c'è ancora in Europa un Paese che quando era una nostra provincia si chiamava Britannia, capitale Londinium. Un Paese che ha un regime istituzionale decisamente incredibile, se non fosse vero. In quel Paese si vota mediamente una volta ogni cinque anni e si elegge un capo, un vero capo, perché quell'eletto, che in quel Paese si chiama Prime Minister, si trascina con sé il Governo, il Gabinetto, la maggioranza e il Parlamento. In capo a lui sono tutti i poteri. Può sciogliere il Parlamento senza chiedere il permesso al Presidente della Repubblica, che lì si chiama King o Queen, può cambiare i Ministri quando egli decida che non servono più al loro scopo e se per caso nascesse qualche conflitto istituzionale, come spesso accade nei Paesi democratici, in quel Paese non c'è nemmeno una vera e propria Corte costituzionale, anzi, per non farsi mancare niente, non c'è nemmeno una Costituzione scritta. Aggiungo che quel capo eletto ha i cordoni del bilancio che si fa consegnare dal Ministro delle finanze in una celebre, consunta valigetta in marocchino rosso la quale lui, Presidente del Consiglio, o meglio Prime Minister, presenta al Parlamento, il quale non ha nemmeno la possibilità di emendare. La regola è guardare ma non toccare. C'è di peggio: a questo capo, tramite un organismo ad hoc, fanno riferimento i pubblici ministeri, i quali, neanche a dirlo, sono separati dai giudici e non hanno la obbligatorietà dell'azione penale. Mamma mia, altro che tribù preistorica. Un capo che ha tutti questi poteri contemporaneamente, altro che legge Acerbo, altro che capocrazia. (Applausi). Altro che - questa è un'espressione che ho raccolto in questo dibattito - ignoranza da studente del primo anno di giurisprudenza. Quel Prime Minister ha così tanti poteri che il Re non ha neppure il potere della moral suasion. Il Primo Ministro gli scrive un discorso, il Re si presenta in Parlamento, lo legge, e ha soltanto la capacità e la volontà - è questo l'unico potere che gli rimane - di dire: «My Government», come se fosse il suo Governo o ne avesse fatto parte o avesse scelto lui qualche cosa, invece niente, è uno spettatore. Ho detto che si trattava di una storia terribile, la storia di un tiranno, la storia di una tribù preistorica, ma ha un lieto fine, perché quei britannici, grazie a una rivoluzione nel 1688, si inventarono questo sistema. Si inventarono i partiti politici, costrinsero il Re nei limiti dei poteri del Parlamento e si vaccinarono per secoli. Si vaccinarono contro l'assolutismo, contro il giacobinismo, contro Napoleone che esportava il giacobinismo con le baionette; si vaccinarono contro il comunismo, contro il fascismo, contro il nazismo e vinsero dandoci, assieme ai loro giovani allievi americani, la nostra libertà. (Applausi). Ecco la storia di un capo tribù preistorico.

La ricordo per dire, cari colleghi, che il premierato non è il regime della tribù, ma è una forma di democrazia come altre e la Britannia è lì che lo testimonia. Ho raccontato la storia anche per dire che sono molto stupito dalla opposizione, in particolare di sinistra, che viene fatta al presente disegno di legge, perché è un'opposizione pregiudiziale. Il Partito Democratico, in particolare, dimentica la sua storia recente, perché ha presentato alcuni disegni di legge sul premierato, a partire dal progetto di Cesare Salvi. (Applausi). Il Partito Democratico dimentica anche la storia della Francia, della riforma De Gaulle, la quale fu all'inizio censurata più volte per anni come autoritaria, se non fascista, salvo poi scoprire che era cosa buona e giusta e fonte di salvezza il giorno in cui un socialista nel 1981 si inventò un campo largo e vinse le elezioni. (Applausi). Il Partito Democratico si dimentica anche della storia e della Costituzione tedesca, che pure richiama il modello del premierato, perché quando si arriva al nodo del modello del cancellierato, che oggi il Partito Democratico propone, il nodo, il perno, cioè il potere di scioglimento in capo al cancelliere, il Partito Democratico lo salta a piè pari: il modello tedesco è un modello mezzo tedesco. Sarà perché il tedesco è una lingua difficile, ma fino là non ci sono arrivati. (Applausi).

Agli amici dei 5 Stelle, con i quali ho con simpatia interloquito tante volte durante i mesi del lavoro nella Commissione affari costituzionali, vorrei dire che io li capisco e vengo loro incontro. Il Parlamento è schiacciato dal Governo con tutti quei marchingegni che conosciamo, non da questa legislatura: li conosciamo da venti o trent'anni, lasciatevelo dire da uno che ha purtroppo tanti anni. È schiacciato, però sempre con molta simpatia vi vorrei chiedere, cari amici, se andava meglio quando si potevano sospendere le libertà costituzionali con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri all'ora dei telegiornali della sera? (Applausi).

Oggi noi siamo orgogliosi di celebrare i settantasei anni della nostra Costituzione, ma ecco un caso unico al mondo: noi festeggiamo i settantasei anni della nascita della Costituzione e, al tempo stesso festeggiamo i settantasette anni e quattro mesi di tentativi di modificarla. Conoscete la storia, ogni tanto l'avete citata: i tentativi di modificare la Costituzione furono iniziati ben prima che la Costituzione entrasse in vigore, nel 1948, perché i Padri costituenti temevano proprio la deriva assemblearista, il controllo dei partiti, i poteri forti e così via. Tentativi di riforma erano stati fatti in numero enorme; Antonio Malaschini lo scorso anno ha pubblicato uno studio in cui mette tutti in fila questi tentativi di riforma e li commenta.

A questo proposito, siccome ho nominato un ex Segretario Generale, ne approfitto per fare i miei auguri e congratulazioni al nuovo Segretario Generale. (Applausi).

Dal 1981 (tentativo Spadolini) al 2016 (tentativo Renzi) passano trentacinque anni: vi ricordo i tentativi di modifica della Costituzione su questo punto dei poteri del Presidente del Consiglio e del Governo, che passano attraverso i nomi di Speroni, De Mita, Maccanico, D'Alema, Berlusconi, Napolitano e Letta (ce n'è qualcuno di sinistra in questo elenco, vero?). (Applausi). Tutti questi tentativi avevano sempre lo stesso obiettivo: rafforzare l'Esecutivo e consentire la stabilità. Non era mai successo che, in questo tentativo di rafforzamento dell'Esecutivo, qualcuno obiettasse che andavamo verso l'uomo brutto, nero e cattivo, la tribù.

Obiezione: questo testo del Governo però è difettoso. Lasciatemelo dire con onestà, al meglio di me: se l'obiezione è tecnica e non è pretestuosa o pregiudiziale, sono disposto a discuterne e ad accoglierla, perché effettivamente problemi in questo testo ancora attualmente ce ne sono. Del resto, chi per primo disse e sollevò queste obiezioni sul testo fu il Presidente del Senato, in primo luogo, e il presidente della Commissione affari costituzionali, senatore Balboni, in secondo luogo, poi altri. Di cambiamenti e modifiche ne sono stati fatti in Commissione, a dimostrazione che forse la maggioranza stava silenziosa, ma lavorava. Ora, ci risiamo: se dovessi riconoscere le incongruenze del testo, direi che ce ne sono. Ad esempio, è pleonastico il voto di fiducia dopo le elezioni del Primo Ministro: se il popolo l'ha eletto oggi, domani non è necessario che raccolga la fiducia dal Parlamento. Dico anche che altre incongruenze ci sono e riguardano, ad esempio, la mancanza o l'aggiunta di contrappesi, che potrebbero essere maggiori. Vi è la mancanza dello Statuto dell'opposizione, che peraltro non lo vuole, perché aveva votato contro, e così via, ce ne sono altre.

Se però dovessi racchiudere le mie riserve e le mie obiezioni su questo testo, direi che c'è un punto che è importante: il testo di riforma dice che il Presidente del Consiglio - che non si chiama ancora Primo Ministro, ahimè, e questo lo sarebbe davvero - è eletto direttamente dal popolo, ma non specifica bene come viene eletto. Molte cose sono rimandate a una legge elettorale: con molta onestà, franchezza, critica e autocritica, vi dico che non tutto si può fare mediante una legge elettorale, senza una previsione costituzionale che le dia un sostegno.

Cosa accade con il voto estero? Può farlo la legge elettorale? Cosa accade in caso di discrasia tra il voto della Camera e quello del Senato? Si può fare con la sola legge elettorale? Cosa accade se i poli elettorali politici invece di due sono tre? Cosa si fa con il premio di maggioranza: a quale soglia lo fermiamo?

Ecco che sono dubitoso che tutto questo si possa fare con la sola legge elettorale e avrei preferito che si fosse lavorato di più sul testo della Costituzione.

Mi auguro naturalmente che il Governo e il Ministro, che ha già mostrato più volte volontà di correzione, nonché il presidente della Commissione affari costituzionali, senatore Balboni, colleghi autorevoli, prendano atto di queste obiezioni - che non sono solo mie, amici e colleghi, ma sono di tante persone in buona fede, che studiano il testo e non hanno altro scopo se non quello di produrne uno efficiente - ne prendano nota e possano modificarlo. Però questo vuol dire che dobbiamo lavorare ancora un po'. Vuol dire cioè, che il testo non è chiuso. Ci sarà la possibilità di emendarlo in quest'Aula? Me lo augurerei. Temo di no, purtroppo, lo confesso. Me lo augurerei. Ci sarà la possibilità di modificare nell'iter successivo il disegno di legge? Bisognerà che ci sia, perché altrimenti il testo rischia seri problemi di costituzionalità.

Noi, cari amici, dobbiamo fare una buona riforma, ormai è indilazionabile. Non dobbiamo avere paura dei problemi che ci sono: meglio affrontarli. Dobbiamo soltanto avere paura della nostra paura, e cioè di evocare il rischio e le tenebre del capo della tribù preistorica. Siccome dobbiamo fare questa riforma, se dobbiamo, allora possiamo. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Guidi. Ne ha facoltà.

GUIDI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Presidente, colleghe e colleghi, carissimo Ministro, dopo un intervento come quello del senatore Pera, è difficile intervenire. (Brusio).

PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Guidi. Colleghi, vi prego di non disturbare il senatore Guidi, che sta parlando.

GUIDI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Cerco di rilevare due modalità di espressione, senza mettere l'uno contro l'altro. Io odio il calcio balilla della politica: ci si fa male e basta; l'intervento sereno, colto e credo in parte anche critico del senatore Pera e l'intervento astioso, un pochettino pessimistico, del senatore Monti, campione mondiale di non essere mai stato eletto, ma di aver avuto garanzie per tutta la vita per quello che avrebbe fatto. Beato lui, dico io, o forse sfortunatamente questo per noi.

Vede, Presidente, questo provvedimento legislativo nasce in un momento particolare di disaffezione della gente a partecipare al voto; un periodo tragico, anche per come è stato gestito, della pandemia. Ma soprattutto avviene in quest'Aula, dove noto, essendo anziano - anzi, meglio, vecchio - di esperienza, che l'opposizione nelle parole, ma anche nella comunicazione non verbale, ha vinto il campionato mondiale di acredine, di sospettosità, di doppiopesismo, di evocazione di tragedie orribili, partendo da un punto per me estremamente negativo: la sfiducia totale nel popolo. Ma come? Il popolo italiano, con tutti i difettucci, è meraviglioso. Ha saputo ricomporsi dopo la guerra. Ha saputo ricomporre, almeno in parte, riscrivendo in parte la storia, le ferite, anche tra fratelli, di tanti anni. Ha saputo reagire a Tangentopoli. Ha saputo reagire alla messa al confine di un Premier forte ed importante. Ha saputo reagire al terrorismo; in epoche recenti, alla pandemia e a tanti malgoverni. Ha reagito con dignità, qualche volta con contraddizione, ma sempre in maniera encomiabile. È un popolo buono, è un popolo che vuole la pace, non solo contro le guerre degli altri, ma anche nelle guerre locali, quelle della delinquenza organizzata, alle quali stiamo reagendo.

Allora perché proporre un'immagine di tragedia, quando si vogliono non chiudere, ma aprire le porte all'innovazione, partendo da un punto fondamentale: la fiducia nel voto del popolo? Come si fa a dire che il popolo ci porterà allo scatafascio? Ma che pensate della gente, quella gente che lavora, quella gente che spera nel lavoro, quella gente che ha reagito alla pandemia, quella gente che ha reagito - cari colleghi - a troppi ordini dall'alto di Presidenti del Consiglio non votati, con provvedimenti liberticidi? Stiamo scherzando o stiamo cercando di evocare una realtà difficilmente accettabile e contenibile?

Noi vogliamo dare fiducia alla gente, che deve essere responsabile di quello che vota. Dobbiamo dare fiducia al futuro Premier, che, assumendo con enorme responsabilità il potere di decidere in parte in una democrazia reale, non può non sentirsi coinvolto in maniera fondamentale nella sua coscienza e nei suoi atti. Abbiamo un popolo che deve essere più responsabilizzato - e così sarà - e un Premier, che, confortato dalle elezioni del popolo, potrà lavorare meglio. Basta: non si evoca nessuna tragedia, nessuna azione muscolare dal Presidente della Repubblica e dal Capo del Governo. Ma stiamo scherzando? Di che cosa stiamo parlando? Vogliamo sfiduciare la gente? Questa gente, se posso dirlo, rappresenta nicchie estremamente significative; questa gente ha prodotto l'integrazione scolastica delle persone con disabilità, la chiusura degli ospedali psichiatrici e ha reagito senza panico, ma con molta sofferenza, alla pandemia che ci ha portato a essere un po' tutti, in maniera assolutamente ingiustificabile, prigionieri di noi stessi. Eppure siamo andati avanti a testa alta - ripeto - con qualche contraddizione, perché siamo italiani. Siamo contemporaneamente uniti da alcuni ideali, da alcune idee e dalla storia e divisi da un po' di diversità, che però ci fa bene, se la accettiamo come valore e non come peso.

Della diversità italiana e tra gli italiani io sono orgoglioso (Applausi), essendo - se mi permettete, volente o nolente - rappresentante, anche se ne avrei fatto a meno, di una diversità fisica e spero né morale né mentale, anche se un po' "pazzerellone", come psichiatra di vecchio stile, non posso non essere. Il senatore Balboni mi guarda e pensa: "Sì, un po' matto sei". Detto da lui, che stimo tanto, mi fa piacere. (Applausi).

Ripeto, colleghi: non scherziamo con cose sacre laicamente. Apriamo le porte al nuovo, perché così chiede la storia, così chiede la società civile oggi. La paura o, peggio, il ricatto di vedere il male solo negli altri e il bene solo in noi ci ha fatto male troppe volte. Questo doppiopesismo, sì, è pericoloso per la democrazia: la delegittimazione delle idee degli altri.

Signora Presidente, con molta umiltà, sono molto felice di partecipare positivamente al voto per il premierato, anche perché ne condivido i modi, partecipati per lungo periodo, e ne concepisco positivamente i contenuti. Credo che non ci sia nulla di più democratico di avere democrazia nella fiducia delle persone e di chi sanno consapevolmente, dignitosamente, liberamente eleggere, alla faccia di chi ha paura delle novità indispensabili per un Paese meraviglioso come il nostro.

La ringrazio, signora Presidente, e viva la vita, che è anche scommettere sul futuro sapendo che sta nelle buone mani delle persone. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Spagnolli. Ne ha facoltà.

SPAGNOLLI (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signor Presidente, signor Ministro, sono un iscritto al Partito Democratico, sono stato eletto da una coalizione ampia di centrosinistra, appartengo al Gruppo Autonomie e non mi faccio dire da nessuno che sono astiosamente contrario al premierato. Io sono del tutto favorevole a modifiche sostanziali nel nostro sistema elettorale e, quindi, anche alla elezione diretta del Presidente del Consiglio, ma non posso non sposare la tesi espressa qui dal presidente Monti, ossia che non è con questa legge che noi facciamo il miglior servizio alla nostra democrazia.

Al presidente Pera, con tutta la simpatia che nutro per lui, ricordo però che in Inghilterra gli eletti in Parlamento sono rappresentanti dei rispettivi collegi elettorali, non della Nazione in senso lato come prevede la nostra Costituzione. E ricordo che in Inghilterra, quando un Ministro viene accusato di aver commesso il seppur minimo reato, si dimette immediatamente, cosa che qui da noi non succede. (Applausi).

Signora Presidente, uno dei mantra ripetuti fino allo sfinimento dai componenti dell'attuale maggioranza è il seguente: noi le promesse elettorali le manteniamo. La promessa fatta era di eleggere direttamente il Presidente della Repubblica oppure il Presidente del Consiglio per rendere più stabile il quadro politico e governare meglio il Paese. Quindi l'obiettivo dichiarato è la stabilizzazione del quadro politico. Prima di decidere come mantenere questa promessa, sarebbe opportuno riflettere sul perché si è arrivati alla situazione attuale. Ricordiamo tutti quello che è successo nel nostro Paese dopo il superamento del Mattarellum, che era un sistema elettorale attorno al quale era nata la Seconda Repubblica, e non aveva solo il merito di promuovere il rapporto tra eletto e territorio attraverso i collegi uninominali, ma aveva anche alla base un forte fondamento maggioritario che spingeva i partiti a organizzarsi su una logica bipolare.

Il Porcellum e l'Italicum, oltre al mostro delle liste chiuse, hanno invece favorito la frammentazione dell'offerta politica, senza prevedere alcun meccanismo correttivo in grado di garantire a chi vinceva le elezioni una maggioranza per poter governare. E da qui nascono tutti i problemi dell'oggi: il fatto che i cittadini non scelgono gli eletti, le maggioranze mutevoli, i Governi ballerini e i Premier non in linea con la volontà popolare.

Finché i meccanismi elettorali hanno favorito stabilità e alternanza, il sistema, con tutti i suoi limiti, ha funzionato. Quando, però, le regole sono diventate pasticciate, il sistema si è inceppato. E poteva incepparsi anche due anni fa, quando siamo stati eletti noi. Andate a rileggere le proiezioni sui seggi del Senato. Se le opposizioni non si fossero spezzate in tre tronconi, bastava un accordo tra centrosinistra e terzo polo, per non dire tra centrosinistra e MoVimento 5 Stelle, e in quest'Aula la destra non avrebbe avuto la maggioranza.

Io speravo che la Presidente del Consiglio, consapevole di tutto questo, di avere goduto di un contesto particolarmente favorevole, ne tenesse conto nell'attuare l'impegno programmatico, assunto dalla sua parte politica, di rendere più governabile il Paese. Ripeto, infatti, che di questo si sta parlando: di rendere più governabile il Paese. Come farlo, modificando la Costituzione, rivedendo le leggi in essere o tutte e due, ne è la conseguenza.

Certo, la suggestione di cambiare la Costituzione è stimolante e probabilmente è foriera di un maggior consenso di parte. Ma è davvero la cosa migliore per l'Italia e per chi ci vive? La Costituzione fu scritta con il contributo di tutte le forze politiche elette, il 2 giugno 1946, nell'Assemblea costituente. Non avrebbe avuto più senso, nel solco di quell'esperienza, un patto con le minoranze per scrivere una legge elettorale in grado di coniugare governabilità e rappresentanza? E poi un intervento minimo, tra Costituzione e Regolamenti parlamentari, per imprimere al sistema elementi di stabilità, con l'introduzione, per esempio, della sfiducia costruttiva?

Invece, si è scelta una strada completamente diversa, con un intervento tanto invasivo quanto semplicistico - mi si consenta di dirlo - sul cuore della Costituzione. Non basta dire che questo faceva parte del programma elettorale. Lo ha spiegato bene il senatore Franceschini: la maggioranza ha tutto il diritto di avanzare questa proposta, ma, quando si interviene sulla Costituzione, non si può non mediare con le opposizioni.

Conosco l'obiezione: in Commissione avete pazientemente ascoltato le nostre proposte. Peccato, però, che non ne abbiate accolta una. Allora, questo non è ascoltare: è sentire, che vuol dire fingere di ascoltare.

Trovo poi, piuttosto volgare e di comodo insinuare che, con questa riforma, la sinistra, per andare al Governo, dovrà vincere le elezioni. I Governi che si sono succeduti in questi anni sono legati al fatto che nessuna coalizione aveva i numeri in Parlamento e, da qui, tutti sono andati al Governo: la Lega, che nel 2018 di certo non aveva vinto le elezioni, rompendo, tra l'altro, il vincolo di coalizione; la stessa Forza Italia, che ha sostenuto sia il Governo tecnico di Mario Monti, che quello di Mario Draghi, che la nascita del Governo di larghe intese con Enrico Letta.

La sensazione, signor Presidente, è che in realtà si cerchi una rivalsa storica rispetto al fatto che il Movimento Sociale Italiano non contribuì all'Assemblea costituente, al netto dei tentativi di chi, anche in quest'Aula, vorrebbe riscrivere la storia, inserendo Almirante, Romualdi e Michelini tra i Padri costituenti. Come a dire: ora che siamo in maggioranza, la cambiamo noi la vostra Costituzione nata sulle ceneri della Resistenza, notoriamente poco gradita da questa parte politica, dalla vostra; la Costituzione, quindi, come uno scalpo, per riscattare una storia di presunta esclusione di alcuni dirigenti e di una parte di certo non maggioritaria dell'attuale elettorato di centrodestra.

Lo scalpo sta proprio nel colpire i pesi e i contrappesi del nostro sistema elettorale e le ragioni storiche che ne sono alla base, che sono però le ragioni che l'hanno reso impermeabile, finora, a qualsiasi torsione autoritaria. Da qui una riforma che rende il Presidente del Consiglio, da primus inter pares di un organo esecutivo, dominus assoluto del sistema, sulla scorta di una legittimazione che passa non più dal Parlamento, ma da un atto plebiscitario. Va bene, ma forte di un sistema che, nei fatti, introduce il vincolo di mandato per i parlamentari. Il Presidente del Consiglio avrà un potere di interdizione assoluto circa l'elezione dei Presidenti di Camera e Senato, del Presidente della Repubblica, dei giudici costituzionali e dei membri laici del CSM.

Il quorum deliberativo dei tre quinti potrebbe essere raggiunto anche senza confronti complessivi con l'opposizione, grazie all'aggiunta, con legge, di pochi parlamentari della maggioranza e del Governo. Sono tutte questioni sollevate da diversi costituzionalisti in questi mesi, che però non hanno convinto la maggioranza proponente a integrare la norma con elementi di bilanciamento.

E per non farsi mancare nulla non si è voluto rinunciare all'impronta populista, cancellando i senatori a vita, senza pensare al ruolo che questi senatori di nomina presidenziale hanno avuto nella storia del Parlamento, del contributo che hanno portato e che continuano a portare su questioni di scienza, di memoria storica e sul valore delle istituzioni.

Quel che è peggio, Presidente, è che questa riforma toglie alla nostra democrazia uno degli elementi di maggior pregio, ossia la capacità delle istituzioni di reggere e assorbire qualsiasi crisi. Certo, questa capacità è stato spesso mal usata e ha dato vita a fenomeni di trasformismo che occorreva sradicare; ma, per farlo, si è cucita una camicia di forza che ossifica le istituzioni introducendo regole inutilizzabili davanti a crisi o minacce.

Ognuno ha la sua idea sugli accadimenti della storia repubblicana, ma cosa sarebbe successo con queste nuove regole tutte le volte che il Paese è andato in crisi e ha avuto bisogno di stringersi attorno ai valori dell'unità e della solidarietà nazionale? Con questo premierato l'interruttore di sicurezza sarebbe stato e sarà in futuro una nuova campagna elettorale che, anziché unire, dividerà ancora di più il Paese. La verità, Presidente, è che con questa riforma il popolo non decide nulla, ma ha la possibilità di indicare ogni cinque anni chi dovrà decidere al suo posto. Il potere è concentrato in una sola persona scelta dalla maggioranza di coloro che votano. I precedenti del passato inquietano.

Questo provvedimento è l'apoteosi del modo di questa destra di fare politica con la p minuscola, quella che fa l'interesse proprio e dei "propri amici" e non della comunità nazionale nel suo insieme. È inevitabile che, per vincere le elezioni, si faccia propaganda; ma, quando poi si governa, continuare a fare propaganda crea danni enormi non solo al Paese, ma soprattutto alla nostra democrazia, perché passa l'idea che essere "amici" di chi governa conviene.

Credete davvero che gli italiani non si renderanno conto che questa non è una riforma, ma è l'ennesima bandiera propagandistica da agitare in vista delle elezioni europee? È un obiettivo miope, signori, e di breve periodo, anziché lungimirante quale dovrebbe essere una Costituzione.

Noi a questo disegno non ci stiamo perché il prezzo da pagare, non per il Governo o le opposizioni, ma per la nostra democrazia rischia di essere altissimo. Siamo in una fase storica nella quale le democrazie sono sotto attacco. E lo sono anche in Europa dove assistiamo alla nascita delle "democrature", cioè a sistemi democratici nella forma, ma autoritari negli aspetti sostanziali. Che l'Italia possa mettersi sulla scia di tutto questo è un rischio che non possiamo assolutamente permetterci. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Borghi Enrico, il quale nel corso del suo intervento illustrerà anche gli ordini del giorno G1 e G2. Ne ha facoltà.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Signora Presidente, signora Ministra, onorevoli colleghi, senatori, noi siamo preoccupati del tono e del taglio con cui questo dibattito si sta sviluppando. E assistiamo con una certa qual preoccupazione al fatto che da destra e da sinistra si stia approcciando a un percorso così elevato, significativo e pesante per una democrazia quale la riforma della Costituzione, con toni che vanno a metà strada fra la ricerca spasmodica di legittimazione, da un lato, e la crociata, dall'altro.

Come non definire altrimenti un dibattito nel quale la nostra Presidente del Consiglio ha definito questo lavoro che ci accingiamo a compiere, anzi, che stiamo già compiendo, la madre di tutte le battaglie, rievocando - non so quanto consapevolmente - una frase il cui copyright è di un dittatore iracheno che la coniò nel momento in cui doveva lanciare una guerra. E credo che le metafore belliche dovrebbero, soprattutto di questi tempi, essere utilizzate con grande parsimonia, attenzione e cautela.

Questa presunta riforma che sarebbe la madre di tutte le battaglie o di tutte le riforme, che dir si voglia, non fa altro che tradire un'ansia di legittimazione da parte di una Premier che in sé probabilmente ha la consapevolezza di essere stata, sì, legittimata dal voto degli italiani e dal consenso del Parlamento, ma al tempo stesso di essere stata legittimata da una maggioranza relativa degli italiani o, se preferite, da una minoranza superiore ad altre minoranze. E ciò avviene tenuto conto del fatto che le elezioni del settembre del 2022 hanno visto la singolare circostanza per la quale le attuali opposizioni al Governo Meloni si sono presentate divise fra loro, ma la somma dei loro rispettivi consensi è stata superiore rispetto a quelli raccolti dalla coalizione guidata dalla premier Giorgia Meloni, la quale, evidentemente sente dentro di sé un'ansia da legittimazione che la spinge già oggi a commettere un primo errore politico significativo. Mi riferisco cioè a quello di chiudere la discussione, il dibattito, il confronto e rimandare già al referendum, come una sorta di lavacro finale di legittimazione totale, l'intero percorso. In questo senso, le parole del senatore Pera sono state una sorta di messa in mora di questa riforma; un avviso ai naviganti per chi ha la consapevolezza di udire cosa ha significato tra le righe, ma neanche troppo, una personalità così autorevole: l'obiettivo muscolare al quale si vuole far sottendere questa impostazione è intimamente errato.

A questo, però, corrisponde un secondo errore e cioè il fatto che, a fronte di un errore di impostazione muscolare da parte della destra, corrisponde un errore di impostazione da parte dell'opposizione - o meglio di buona parte di essa - che sceglie da subito i toni della crociata, immaginando di sfidare la maggioranza non tanto sul piano dei contenuti riformisti, quanto invece sul piano della contrapposizione dialettica in maniera alternativa, a prescindere dai contenuti di merito.

Ebbene, crediamo che il Paese, e quindi conseguentemente il Parlamento, si debba sottrarre a questo spettacolo e questo lo pensiamo, signora Presidente, perché abbiamo l'ambizione di poter rappresentare all'interno di queste Aule quella vocazione riformista che è sempre esistita nel nostro Paese, che nei passaggi fondamentali ha saputo dare voce anche ad alcuni momenti significativi e rischia di essere compressa, negletta o silenziata di fronte al doppio spettacolo muscolare cui facevo riferimento in precedenza. Tra l'altro, che all'interno del mondo composito - repubblicano, progressista - del centrosinistra esistano diverse vocazioni non è scoperta di oggi e non è neppure scoperta solo del nostro Paese.

Voglio riprendere un dibattito che è stato citato prima, che credo sia interessante, perché la storia è sempre maestra di vita e chi non la studia non sa da dove arriviamo e di conseguenza, con grande difficoltà può immaginare di portarci verso l'avvenire. Mi riferisco al dibattito che avvenne in Francia all'indomani della grande crisi che quel Paese visse a seguito della crisi di Algeria, una crisi che consentì a quel Paese di dotarsi di istituzioni che regolano il meccanismo repubblicano. Noi, signora Presidente, abbiamo vissuto un parallelo come quello della crisi di Algeria a cavallo dell'inizio degli anni Novanta. E siamo ancora qui a discutere adesso su come dobbiamo ammodernare le istituzioni, su come dobbiamo riformare il sistema, su come bisogna essere all'altezza di corrispondere ad una lettura in cui il popolo si senta rappresentato dalle istituzioni. Ebbene, in Francia, nel 1956 e negli anni seguenti, ci fu un bel dibattito che contrappose - da un lato - François Mitterrand, che guidava quella che noi oggi potremmo definire la sinistra radicale, e - dall'altro lato - Maurice Duverger, che guidava un percorso di sinistra riformista e che arriverà addirittura ad essere europarlamentare nel 1989 eletto nelle liste del Partito Comunista Italiano (per dire la composizione di una realtà molto composita dal punto di vista della dialettica). Duverger nel 1956, contrapponendosi a Mitterrand, che supportava la tesi della proporzionale pura che aveva determinato la crisi della Quarta Repubblica, sosteneva l'introduzione dell'elezione del Primo Ministro e arrivò a dare il proprio consenso al sistema semipresidenziale come surrogato rispetto all'idea del premierato. Qual era la tesi? Tra la confusione e l'ordine democratico, è sempre meglio l'ordine democratico. Io credo che questi elementi dovrebbero dirci qualcosa. Come dovrebbe dirci qualcosa una rapida carrellata delle esperienze che ci sono state sul tema specifico dell'elezione diretta del Primo Ministro in quel mondo riformista a cui facevo riferimento in precedenza.

All'inizio degli anni Novanta, in corrispondenza di quella crisi, davanti all'assurdità delle forze politiche dell'epoca, le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (ACLI) lanciarono una campagna nella società civile per rilegittimare e superare la crisi, per una migliore qualità della democrazia. Per iniziativa di un senatore dell'epoca, il senatore De Matteo, venne presentato un disegno di legge per l'elezione diretta del Primo Ministro. E questo lo fecero le ACLI. Ma noi vorremmo anche legarci in maniera ancora più intima e strutturale nel nostro percorso alla tesi n. 1 dell'Ulivo, che è stata forse la pagina più significativa, la più alta, più preziosa del riformismo italiano, che al proprio incipit parlava del Governo del Primo Ministro e proponeva l'indicazione del candidato Premier da parte del corpo elettorale, introducendo nel proprio programma una convenzione costituzionale per giungere allo scioglimento del Parlamento e all'indizione di nuove elezioni in caso di cambiamenti di maggioranza. Peraltro, questi temi vennero ripresi, uno per tutti, da Mario Segni e da un composito e articolato gruppo di parlamentari repubblicani, liberali, democristiani dell'epoca, presentando il 22 luglio 1993 un disegno di legge costituzionale per l'elezione diretta del Primo Ministro e del Presidente della Regione. Peraltro, questo tema fu esattamente al centro dei lavori della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali presieduta dal presidente D'Alema. Nei giorni scorsi l'ex diessino Cesare Salvi ha ricordato, in un articolo pubblicato sul quotidiano «Il Foglio», che il premierato lo proposero loro.

Signora Presidente, questo è un Paese curioso, nel quale, quando qualcosa viene presentato dal presidente D'Alema, diventa improvvisamente sacro ed intangibile, come il Talmud o come le tavole del Sinai; quando viene proposto da qualcuno che non va a genio al presidente D'Alema e ai suoi epigoni, diventa improvvisamente un'eresia della quale non si può neppure più parlare.

Eppure noi vorremmo proseguire in questo solco, magari riprendendo anche quanto inserito nella proposta di legge costituzionale dell'allora deputato Franco Monaco - prima che venisse affetto da una particolare sindrome di antirenzismo - che aveva proposto, nel gennaio del 2003, scartando il semipresidenzialismo e il cancellierato, la necessità di introdurre il modello del premierato e la scelta fondamentale, cioè quella di consentire agli elettori l'elezione contestuale del Presidente del Consiglio dei ministri e della sua maggioranza. Mi verrebbe da dire che noi staremmo sulla logica del Franco Monaco del 2003 e meno sulle sue più successive conversioni sulla via di Damasco.

Il punto è quindi che, ribadita l'esigenza di affrontare in maniera laica, riformatrice, di merito la nostra discussione, tutto questo dibattito rischia di essere inficiato da un punto qualificante, che è anche il contenuto degli ordini del giorno G1 e G2, che mi appresto ad illustrare, che dal nostro punto di vista diventano la cartina al tornasole rispetto alla qualità di questo lavoro e anche alla volontà reale della maggioranza, la quale è stata sfidata in diversi interventi rispetto alla buonafede dietro la quale si teme che non esista invece una reale volontà riformatrice. All'interno di questi nostri ordini del giorno chiediamo che l'esame finale della riforma costituzionale sia subordinato all'esame e all'approvazione della nuova legge elettorale.

Ora la maggioranza, se ha davvero a cuore la bontà del processo riformatore, ha l'occasione per dimostrare su questi ordini del giorno che è possibile trovare una strada che non sia la contrapposizione muscolare o, peggio ancora, l'utilizzo della riforma della Costituzione per la finalità di una raccolta di facile consenso. Perché diciamo questo? Dobbiamo ricostruire la dimensione identitaria della nostra Repubblica, che Scoppola aveva definito la Repubblica dei partiti e che vedeva e ha visto per tutta la cosiddetta Prima Repubblica un piano trascendente, che subordinava e in qualche misura scavalcava anche le Aule parlamentari rispetto al luogo della decisione (oggi si direbbe della sovranità e dell'esercizio della democrazia). Qual era questo luogo trascendente? Erano le sedi dei partiti di Governo e del principale partito dell'opposizione. Oggi discutiamo a lungo del ruolo e della natura del Presidente della Repubblica: ci siamo già scordati che nel 1978 il presidente della Repubblica Leone diede le dimissioni semplicemente perché una delegazione di partiti si presentò al Quirinale e gli disse che la direzione della DC, il comitato centrale del Partito Comunista e la direzione del Partito Socialista avevano deciso che se ne doveva andare a casa? E quel Presidente della Repubblica se ne andò a casa senza neppure convocare una discussione parlamentare nella quale si entrasse nel merito della questione. Ecco, quella era la natura della Prima Repubblica, nel bene e nel male, che è stata travolta, cambiata, modificata e strutturalmente rivista all'indomani della crisi del 1992-1994, ma che non ci ha posto nella discussione per poter costruire un meccanismo equilibrato all'indomani di quella crisi. La legge elettorale che fu introdotta allora - con il sistema maggioritario - imponeva inevitabilmente una rivisitazione del sistema del bicameralismo perfetto, che non accadde; imponeva naturalmente l'introduzione dello Statuto delle opposizioni, che non venne fatto; imponeva un'armonizzazione del nostro sistema rispetto a quella modifica, connaturata con l'elemento strutturale.

Ora ci troviamo di fronte a una novità ulteriore: questa riforma propone sostanzialmente di introdurre nella Carta costituzionale l'elemento maggioritario. In origine era addirittura sancito con il 55 per cento dei seggi assegnati; ora, dopo una discussione in sede di Commissione, si è stabilito di togliere una cifra, ma si è stabilito di sancire il meccanismo del premio.

È inevitabile quindi che ci siano due elementi che devono precedere questa discussione: il primo è che tipo di legge elettorale ci vogliamo dare e il secondo è la rottura del meccanismo del bicameralismo perfetto. Diversamente - lo voglio ribadire una volta di più alla signora Ministra e lo dico ai colleghi - ci state presentando una proposta che apparentemente andrebbe a rafforzare la governabilità, ma che in realtà costruisce una ragnatela per qualsiasi Premier che dovesse essere eletto. Egli verrebbe, infatti, imprigionato dal meccanismo del bicameralismo perfetto e dalla logica del cosiddetto diritto di fronda, avendo mantenuto al proprio interno il meccanismo sulla base del quale un secondo Premier può sostituire in corso d'opera e con voto parlamentare quello eletto direttamente dai cittadini. Non ci vuole molto a capire cosa accadrebbe, quindi, quando un Premier venisse disarcionato da un suo Vice (perché questo potrebbe essere): stiamo vedendo qualcosa anche nelle ultime ore, con queste tentazioni, se solo dovessimo citare la polemica stucchevole tra un Vice Premier che ha proposto di reintrodurre la leva obbligatoria, un altro Vice Premier che invece ha detto che non se ne parla, perché non ci sono i soldi, e il Ministro della difesa, che ha detto che assolutamente non bisogna farlo. (Applausi).

Ecco, immaginiamoci se questo stile dovesse essere applicato alla nuova riforma costituzionale, con un Vice Premier che farebbe campagna elettorale per sé in Parlamento, assicurando che non scatterebbero le prerogative dello scioglimento, nel caso di una sostituzione in corso d'opera.

Capite perché è indispensabile che ci sia un percorso di questa natura?

E poi, naturalmente, la questione che rimanda alla legge elettorale rimanda all'esigenza, cari colleghi, di ridefinire il ruolo, la natura, la funzione del sistema dei partiti nel nostro Paese. Se non componiamo questo mosaico contestualmente con gli altri tasselli, oltre alla vicenda del premierato, rischiamo di fare un vestito strappato, una situazione monca. Se non affrontiamo finalmente e fino in fondo la natura dell'applicazione dell'articolo 49 della nostra Costituzione, per dire che cosa sono oggi i partiti, come si fa il processo nella formazione della politica e della partecipazione dei cittadini all'interno di questo tipo di strumenti, che tipo di democrazia interna essi hanno, che tipo di statuti devono avere per corrispondere effettivamente ai contenuti della nostra Costituzione, se non affrontiamo questo nodo, continuiamo a permanere nell'equivoco di fondo, anche con riferimento alle polemiche di questi giorni sul finanziamento pubblico e sulla possibile reintroduzione del finanziamento dei partiti. Se non definiamo la natura dei partiti e continuiamo a rispondere in termini emergenziali, continueremo a rimanere all'interno di questo limbo infinito della transizione italiana.

Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO (ore 17)

(Segue BORGHI Enrico). La seconda questione è quella a cui facevo riferimento in precedenza: abbiamo già presentato un emendamento per chiedere la rottura del bicameralismo perfetto. Lo diciamo in particolare alla maggioranza. Se volete perseguire davvero e coerentemente la questione dell'autonomia differenziata (lasciamo stare il merito e stiamo alla questione funzionale), se davvero credete all'autonomia differenziata, serve in maniera essenziale una Camera che presidi il meccanismo legislativo dell'autonomia differenziata. (Applausi). Non possiamo avere un sistema in cui le due Camere fanno lo stesso mestiere per i poteri residuali dello Stato e poi l'equilibrio fra i Governatori e il Premier eletto è affidato a una dinamica vertenziale tra il Primo Ministro e il Governatore di turno. Non è così che si realizza una democrazia compiuta; quindi è inevitabile che si affronti e che si vada lungo questo percorso sulle questioni di armonizzazione.

Il nostro ordine del giorno - mi avvio alla conclusione, signora Presidente - va esattamente nella direzione che ho cercato di descrivere. C'è una bella frase di Mahler, che ci ispira e sulla quale vorremmo cercare di convincere gli altri colleghi. Una frase secondo la quale la tradizione non è il culto delle ceneri, ma è la custodia del fuoco. Se sostituiamo alla parola "tradizione" la parola "riformista", ci sentiremo tutti a casa; ma, se noi sostituissimo alla parola "tradizione" la parola "democrazia", noi vorremmo che ci sentissimo tutti davvero qui dentro a casa. (Applausi).

Saluto ad una rappresentanza di studenti

PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti del Liceo scientifico «Galileo Galilei» di Macerata, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).

Ripresa della discussione dei disegni di legge costituzionale
nn.
935 e 830 (ore 17,02)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Magni. Ne ha facoltà.

MAGNI (Misto-AVS). Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono mesi che sentiamo parlare, in questo Parlamento e in quest'Aula, di autonomia differenziata e di istituzione del premierato, per affrontare e dare una soluzione all'instabilità politica. Ora, io vorrei che le parole che diciamo abbiano un senso e che tra di noi ci capiamo. Ci rinfacciate tutti i giorni che questo è un Governo politico e dite all'opposizione "fatevene una ragione, durerà per cinque anni". Quindi non c'è nessuna instabilità politica. Volete cambiare la Costituzione e volete introdurre, da una parte, l'autonomia differenziata e, dall'altra, il premierato per indebolire il Parlamento e il Capo dello Stato. Questo è chiaro. Dopodiché si possono fare tanti marchingegni e si può discutere di mille cose; però quello che voi proponete e che state facendo è esattamente questo. Intanto si tratta di una proposta che non c'è in nessun altro Paese al mondo, sia dal punto di vista dell'autonomia differenziata, che da quello del premierato; non c'è in nessun Paese e voi la volete realizzare. Dall'altro lato, è chiaro che i poteri del Capo dello Stato diminuirebbero e i poteri del Parlamento verrebbero calpestati. Questo è il dato fondamentale: verrebbero calpestati, perché di fatto si avrebbe un Parlamento trascinato dal Premier.

Se avessimo dedicato il tempo che stiamo dedicando a questa discussione alle emergenze del Paese, forse avremmo aumentato tutti insieme - sto parlando in termini generali - la nostra credibilità dinanzi ai cittadini; sarebbe aumentata se avessimo affrontato con la stessa determinazione e lo stesso tempo la questione della crisi energetica, della crisi climatica o del precariato, il fatto che i lavoratori non arrivano più alla fine del mese; non lo dico io, ma lo dicono i dati dell'Istat, che sono formali e precisi. Le nuove generazioni non vedono un grande futuro rispetto alle cose che stiamo facendo e questo produrrà - sì - degli effetti devastanti, se non affrontiamo questi temi in termini molto determinati e urgenti.

Questa discussione sul premierato non dà alcuna risposta a questi temi. Che, risposta dà alla questione ambientale o alla questione climatica, che vediamo tutti i giorni? Che risposta dà alla crisi economica delle persone? Si dice che sono aumentati gli occupati: vero dal punto di vista numerico, però sono diminuite le ore lavorate, è diminuito il reddito dei lavoratori e delle lavoratrici, i giovani fanno fatica a trovare un posto di lavoro e ad avere una prospettiva per il futuro. Questo è il dato fondamentale. Credo che dovremmo discutere di questo. Non è che non si possono cambiare anche le forme istituzionali. Vorrei sottolineare un dato: in passato si è sbagliato, ma noi potremmo dire che siamo sempre stati contrari alla modifica del Titolo V ed eravamo contrari anche alla proposta di Renzi, che poi venne bocciata nel referendum confermativo. Perché? C'è un dato: tutte queste proposte sono state proposte di parte, imposte dalla maggioranza all'opposizione e hanno avuto tutte una fine ingloriosa. Questo è il dato. Anche con la proposta del Governo D'Alema, che fu approvata, non abbiamo risolto i problemi di questo Paese; anzi, è sotto gli occhi di tutti che cos'è diventata la sanità nel momento in cui è stata regionalizzata. Siamo di fronte al fatto che le persone fanno fatica a curarsi, fanno fatica a trovare una soluzione rispetto ai loro problemi.

Quindi, avrei capito come fare una discussione insieme per capire dove si è sbagliato, che cosa introdurre e come correggere. Questo è il dato fondamentale. Però qui c'è un rovesciamento della Costituzione del 1948, nata dalla lotta partigiana e antifascista. Intanto, impariamo una lezione da questa esperienza: i nostri Padri costituenti, che avevano visioni diverse del mondo e impostazioni diverse, avevano anche lottato in modo contrapposto, hanno costruito una proposta che era condivisa da tutti. Questo è il dato fondamentale: era una Carta costituzionale condivisa, perché la democrazia è una fatica, costruire democrazia vuol dire cercare di ascoltare, capire, includere e non imporre. Questo è il messaggio che ci viene dalla lotta antifascista e dalla Costituzione nata nel 1948 dai nostri Padri costituenti. Noi dovremmo cercare di capire questo e invece che cosa facciamo? Pensiamo di introdurre un meccanismo che a me richiama - lo dico con franchezza, perché non mi piace girarci intorno - gli anni Venti, quando qualcuno, un grande potere accentrato, ha ridotto, mortificato e annullato le Assemblee elettive. Questo è il dato fondamentale e questo è ciò che è avvenuto in Italia; altro che le chiacchiere che si fanno a proposito di chi fa cosa e di quello che fanno gli altri. È la storia d'Italia che bisogna affrontare, e questa ci dimostra che quando le Assemblee elettive sono state mortificate, è stata messa in discussione la democrazia e quindi la libertà dei cittadini, del popolo italiano. Pertanto bisogna invertire questa tendenza.

Vi chiedo davvero: pensate che aumentiamo la partecipazione dei cittadini se neghiamo il ruolo, ad esempio, delle forze sociali, che sono gli elementi che stanno nella società e che dovrebbero partecipare? Pensiamo che ridurre i partiti a macchine elettorali risolverà questo problema? Penso di no, perché sempre meno gente va a votare. Perché questo accade? Perché quello che dicono, che pensano e che vivono viene poco ascoltato, anzi non viene rappresentato. A me è chiaro cosa siano la maggioranza e l'opposizione. L'ho detto sempre e continuo a ripeterlo: sono per avere Governi politici; ma il campo di calcio in cui si fa la partita, che si può vincere o perdere, è fatto a misura e non viene modificato. Non potete cambiare le regole solo perché adesso pensate che in questo caso è meglio l'uomo o la donna sola al comando.

Quando si parla di bicameralismo o monocameralismo, il dato vero è che se i parlamentari sono eletti per trascinamento del premio che viene dato al Premier o alla Premier, non c'è dubbio che saranno legati a quello che succede. Qual era la mia contestazione nei confronti di coloro che si chiedevano a cosa servisse l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori? Quando ho iniziato a lavorare in fabbrica non c'era tale Statuto, quindi si aveva paura perché si poteva essere licenziati ad nutum, perché sostanzialmente non vi era un diritto. Nel momento in cui la Costituzione è entrata in fabbrica, avevo il diritto di essere una persona e di essere giudicato in quanto tale. Quindi c'è una differenza: se vengo eletto perché è il Premier che trascina ed è tutto nelle sue mani, a questo punto sarà molto difficile che io faccia una discussione critica nei suoi confronti: questo è il dato fondamentale.

Per questa ragione credo che la democrazia e la Costituzione non si possano stravolgere. Insisto, c'è la necessità di pensare - questa è la discussione da fare - a come avvicinare i cittadini e le cittadine alla politica; se loro non partecipano alla politica, comunque quest'ultima fa delle scelte che ricadono su di loro, quindi è necessario ricostruire una rappresentanza che sia la più proporzionale possibile, in modo che tutti si sentano rappresentati. Ovviamente le maggioranze hanno il diritto di governare e di poterlo fare, quindi si può introdurre la sfiducia costruttiva, come abbiamo detto, ma non le alchimie di palazzo: queste non ci appartengono e non ci apparterranno, né prima né adesso né dopo. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Maiorino. Ne ha facoltà.

MAIORINO (M5S). Signor Presidente, mi si conceda in apertura di questo mio intervento una piccola digressione per rispondere con altrettanta simpatia al presidente Pera. Colgo l'occasione anche per ringraziarlo per il lavoro svolto in Commissione e per aver ravvivato con i suoi interventi in discussione, anche con le sue proposte formulate per iscritto, una Commissione affari costituzionali che da parte della maggioranza altrimenti sarebbe stata veramente da elettroencefalogramma piatto. D'altra parte, anche oggi i banchi vuoti della maggioranza, che purtroppo non sono inquadrati (perché viene inquadrata l'oratrice), dimostrano davvero l'assenza totale e il disinteresse della stessa maggioranza per una proposta di riforma costituzionale potenzialmente deflagrante. (Applausi). Quindi grazie, presidente Pera, però devo sottolineare che i parallelismi non sono il suo forte. Mi permetta di dirlo, perché ha paragonato la democrazia italiana e il sistema italiano, che è un sistema giovanissimo, con un sistema, quello della Gran Bretagna, che invece è probabilmente il più antico del mondo.

Già nel 1215 la Gran Bretagna si diede la Magna Charta Libertatum, che limitava i poteri del sovrano. Nel 1600 cominciano a nascere i primi partiti politici; nel 1649 per primi tagliano la testa al Re. Tutti ricordano i francesi, ma gli inglesi tagliano, loro per primi, la testa al povero re Carlo I Stuart. Quindi, la democrazia italiana non è paragonabile in alcun modo alla democrazia della Gran Bretagna. Questo è un primo parallelismo.

L'altro parallelismo che lei sbaglia è quando paragona i DPCM usati dal presidente Conte in piena pandemia, per arginare un'emergenza sanitaria di livello globale, che non si era mai affrontata prima, con i DPCM che invece voi utilizzate in legge di bilancio per definire i LEP, i livelli essenziali di prestazioni nell'autonomia differenziata, che non è un'emergenza.

Quindi, vi arrogate un diritto e un potere, quello sì strabordante, utilizzando in maniera distorta uno strumento che va usato cum grano salis, come lo usò il presidente Conte in piena pandemia. (Applausi).

Mi dispiace dover fare questo appunto, però ho trovato una caduta di stile in questo paragone. D'altra parte, lo stile non è esattamente ciò che caratterizza questa maggioranza. I greci la chiamavano hybris. In termini moderni, mutuati dalla psicanalisi, si chiama, invece, delirio di onnipotenza. È quella tentazione a cui nessun uomo, oggi, sa resistere; purtroppo, sembra che possiamo aggiungere: neanche alcune donne. È la sensazione, quando la fortuna e il successo arridono loro, di sentirsi così forti e così fortunati da cedere alla tentazione di dare l'assalto al cielo.

Lo abbiamo visto, d'altra parte, già accadere in precedenza, con il conferenziere d'Arabia, con l'incantatore di cammelli, Matteo "Mehmet" Renzi, quando, reduce del suo 40 per cento alle europee del 2014, tenta anche lui l'assalto al cielo e propone la sua riforma costituzionale, facendo l'all in e dicendo di giocarsi il tutto per tutto. Dopo gli italiani scopriranno che, naturalmente, bluffava e rimaneva abbarbicato alla mensa della politica, ma tentò anche lui l'assalto al cielo. Come sempre capita a chi è preda di hybris, cadde miseramente, per non rialzarsi mai più; e dall'idea di fare il "Sindaco d'Italia", passare a fare il sindaco di Riad è stato un attimo. (Applausi).

Voi, però, dai precedenti storici, che avrebbero dovuto insegnarvi qualcosa, non avete invece imparato nulla e vi siete fatti guidare proprio dalla hybris, dal delirio di onnipotenza, seguendo cioè per questa riforma costituzionale gli appetiti e gli interessi dei singoli partiti; anzi, gli appetiti e gli interessi dei singoli leader di partito, anziché farvi guidare da quello che è il supremo interesse della nazione. Avete così dimostrato, appunto, di non aver imparato e avete generato un mostro informe: un sistema né presidenziale, né parlamentare, né zuppa, né pan bagnato, che non esiste in nessun altro luogo del mondo.

L'aspetto divertente, in tutto questo, è che avete tentato anche di accollare la generazione di questo mostro a noi delle opposizioni. Andate ripetendo che, sì, è vero che nel programma elettorale noi avevamo promesso agli elettori il presidenzialismo; però poi, parlando con le opposizioni, abbiamo optato su questo premierato bifido, alla matriciana.

Invece, no: la responsabilità è tutta vostra. Infatti, se voi pensate che promettere agli elettori il presidenzialismo e presentargli il premierato sia la stessa cosa, è perché non avete alcuna opinione del vostro elettorato e perché ritenete che non capiscano la differenza.

Gli fate il gioco delle tre carte e pensate che non se ne accorgano. Allora noi decliniamo qualunque responsabilità in questo obbrobrio che voi avete sottoposto alle Camere che rappresenta l'ennesimo tradimento delle vostre promesse. Ricordo d'altra parte le balle sulla rimozione delle accise, sul blocco navale, sulle pensioni minime a mille euro e sulla tassa sugli extraprofitti che vi siete rimangiati. Giorgia Meloni, quando era all'opposizione, diceva di voler abolire le Regioni; ora che è al Governo e potrebbe farlo, invece ingoia l'autonomia differenziata di Calderoli, pur di rimanere al potere. (Applausi). Queste sono le vostre promesse e le vostre falsità. Purtroppo quindi una bugia in più o una in meno poco cambia perché questo è come tenete in conto i vostri stessi elettori, che sono quelli che state ingannando.

Questa modifica costituzionale è fondata su tre elementi principali: arroganza, falsità e negligente sciatteria. Naturalmente questi tre elementi sono tenuti insieme dal filo conduttore della volontà di riscrivere la storia dal secondo Dopoguerra ad oggi.

Cominciamo dall'ultimo elemento, la sciatteria. La furia ideologica con cui avete impugnato una materia tanto delicata come quella della modifica costituzionale, che trasforma il nostro ordinamento istituzionale, si denota già nella forma in cui avete redatto il testo sottoposto alla Commissione. Non sia d'offesa a nessuno, ma il linguaggio utilizzato è più simile al linguaggio di un ufficiale del catasto, è certo lontanissimo dal linguaggio chiaro e perfetto che i nostri Padri e Madri costituenti utilizzarono nello scrivere la Costituzione. Già questo, di per sé, è uno sfregio alla Costituzione. Non lo dico io perché ricordo che il professor De Siervo, già Presidente emerito della Corte costituzionale, ha scritto nero su bianco, nelle memorie lasciate alla Commissione, che la qualità tecnica di alcune parti dell'originale proposta governativa appariva sconcertante. Qualità tecnica sconcertante.

Poiché però la forma è strettamente collegata alla sostanza, vediamo come vi eravate presentati in Commissione. Innanzitutto - ops - non c'era un tetto al numero dei mandati che il Presidente eletto poteva svolgere. In effetti è una dimenticanza da poco quando si va a normare l'elezione di una carica monocratica così importante. Vi era sfuggito? Non ci sconvolgiamo per questo perché c'è di peggio. Nella prima versione del testo che avete sottoposto alla Commissione avevate addirittura quantificato il premio di maggioranza, con un 55 per cento tondo tondo, scritto direttamente in Costituzione. Quando studiosi e osservatori trasversalmente, sia di destra che di sinistra, hanno mostrato perplessità, allora siete arrossiti e avete presentato i famosi quattro emendamenti del Governo. È comparso così un tetto al numero dei mandati; due, però due e mezzo perché è sempre meglio lasciarsi una scappatoia libera. Avete tolto inoltre il 55 per cento, ma lasciato il premio di maggioranza in Costituzione. Il premio di maggioranza in Costituzione è l'aspetto più grave di questa riforma, è il pugnale conficcato nel cuore della Costituzione.

Questo comunque avremo modo di dirlo più avanti. Adesso invece occupiamoci dell'altra sciatteria che avevate messo nel testo iniziale. Questa è bellissima; avete annunciato infatti urbi et orbi che uno degli obiettivi principali di questa riforma è quello di impedire i ribaltoni. E cosa avete fatto? Non solo con il vostro testo avete autorizzato il ribaltone, ma l'avete costituzionalizzato. Nel testo originale, infatti, voi avete scritto che in caso di cessazione della carica, il Presidente della Repubblica può conferire l'incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare candidato in collegamento al Presidente eletto. Cioè sotto lo scranno del Presidente del Consiglio eletto avete piazzato una bella botola per farlo cadere e passare lo scettro direttamente al secondo in lista. Ma avreste fatto prima a scrivere che doveva incaricare direttamente Matteo Salvini, perché è chiaro che quella era una norma ad personam: forse una manina leghista nottetempo vi aveva inserito quel passaggio? Un pasticcio inverecondo, non si sa.

Passiamo ora al testo attuale, quello che stiamo qui esaminando e che quindi ha passato il vaglio della Commissione dopo essere stato emendato dal Governo. Questa è la cosa più parossistica e tragicomica che c'è in questo testo. Dopo che vi abbiamo fatto notare questo piccolo dettaglio della botola, infatti, siete corsi ai ripari e abbiamo pensato che forse ci avevate pensato meglio e avevate fatto le cose per bene. Macché, peggio di prima, al punto che oggi è arrivato in Aula un testo in cui si dice che il Presidente della Repubblica può rinnovare l'incarico al Presidente del Consiglio morto. Ci siete arrivati fino all'Aula con un testo del genere, con una simile sciatteria, che davvero sembra un testo scritto dietro le quinte di «Zelig» anziché dentro le Aule di un Ministero. (Applausi). State mettendo mano alla Costituzione, perbacco, un po' di serietà.

Le falsità sono il secondo pilastro che sostiene questa riforma. Ce ne sono almeno quattro macroscopiche, poi ce ne sono altre minori che vedremo se avremo il tempo di illustrare. La prima di quelle macroscopiche è che questa riforma risponde alla necessità di rafforzare la governabilità, la seconda è che questa riforma contrasta i ribaltoni, la terza è che con questa riforma sono i cittadini a scegliere chi li governa (con il sotto-corollario che ciò gioverà alla partecipazione alle urne), ed infine la quarta, che è già diventata un grande classico e che si candida a diventare il tormentone dell'estate, ovvero che non vengono toccati i poteri del Presidente della Repubblica. Va bene, andiamo a vedere una per una perché sono delle falsità.

Parlando della governabilità, secondo la vostra vulgata sarebbe la Costituzione, con i suoi lacci e lacciuoli e con le sue cose cervellotiche che non capite, ad impedire la governabilità. Due balle al prezzo di una, perché non c'è alcun problema di governabilità e perché la Costituzione non c'entra un fico secco. Il Governo Meloni, infatti, detiene il record dei decreti-legge. In diciannove mesi ne avete emanati 61, a partire, come sempre ricordiamo, dal ridicolo decreto-legge in materia di rave party che, come si sa, è la peggiore piaga italiana, e avete posto 51 questioni di fiducia. Questo significa che il Governo Meloni viaggia ad una media di oltre tre decreti-legge al mese e quasi altrettante fiducie al mese. Chi è che sta impedendo al Governo Meloni di governare? Il Governo governa, eccome, piuttosto schiaccia il Parlamento sovrano con la sua iperproduzione normativa. A chi ci ascolta dico di fare attenzione: non schiaccia noi dell'opposizione, ma schiaccia proprio la sua stessa maggioranza parlamentare, ridotta a fare la claque, ad essere una schiera di pigia bottoni plaudenti e inutili, come dimostrano anche in questa occasione in cui non hanno presentato neanche un emendamento sulla riforma costituzionale. (Applausi). Interpretate il vostro ruolo con un minimo di dignità. Se c'è un potere che ha bisogno di essere rafforzato, è quello del Parlamento, vera sede di rappresentanza del popolo e non il Governo o il Primo Ministro. Ve lo ha ricordato anche la senatrice Segre nel suo intervento della settimana scorsa, quando ha voluto stigmatizzare questa mistificazione e ha affermato: «Mi colpisce il fatto che oggi, di fronte alla palese mortificazione del potere legislativo, si proponga invece di riformare la Carta per rafforzare il già debordante potere esecutivo». È falso che il Governo non riesce a governare. E una balla è smontata. Passiamo alla seconda. Giorgia Meloni ripete ossessivamente di essere contraria ai ribaltoni e ai Governi tecnici e noi non potremmo essere più d'accordo. Del ribaltone che avete piazzato all'interno del testo della Costituzione già ho detto e quindi non mi ripeto. Ma c'è di più, perché anche qui mentite sapendo di mentire. Infatti, cari colleghi e care colleghe, i ribaltoni si contrastano - magari ditelo anche a Giorgia - non accogliendo tra le proprie fila i voltagabbana degli altri Gruppi. (Applausi). In questo modo si disincentiva questo malcostume tutto italiano contro cui noi del Movimento 5 Stelle ci siamo sempre battuti e siamo sempre stati solo vittime, mai artefici: noi non abbiamo mai accolto nelle nostre fila un transfuga, invece tutti quanti voi non solo accogliete a braccia aperte voltagabbana, ma li andate anche a cercare, fate scouting - anche questo gli italiani lo sanno e se lo ricordano molto bene - addirittura promuovendo compravendite di senatori, come accadde sotto il Governo Berlusconi, con il noto scandalo del senatore De Gregorio e Valter Lavitola. Voi e i vostri alleati, che si sono dimostrati disposti anche a pagare milioni per cambiare i rapporti delle maggioranze, oggi volete passare da moralizzatori della politica? Avete preso gli italiani per stupidi, perché non c'è bisogno di cambiare la Costituzione per moralizzare la politica; sarebbe sufficiente averla una morale e agire di conseguenza. E un'altra balla è stata smontata.

Vediamo un'ulteriore falsità, la più sottile, la più invisibile e quindi la più insidiosa. Voi dite, con un bello slogan confezionato apposta per ingannare la buona fede delle persone: decidi tu chi ti governa. Bello, è uno slogan efficace. Io vi chiedo chi è che fa le leggi, perché di fatto già adesso le fa il Governo, anche se dovrebbe farle il Parlamento. Abbiamo detto che avete varato 61 decreti-legge, il che non lascia materialmente tempo al Parlamento di legiferare, anche se gli fosse concesso, perché è sempre impegnato a convertire i decreti-legge. Chi li emana i decreti-legge? I Ministri. Allora, di fatto, oggi stanno già legiferando persone mai elette, perché Piantedosi, il Ministro dell'interno, non è stato eletto da nessuno, Abodi, Ministro per lo sport e i giovani, non lo ha eletto nessuno; Valditara, Ministro dell'istruzione e del merito (qualunque cosa ciò significhi), Sangiuliano, il Ministro della cultura che premia libri che non legge, e Schillaci, Ministro della salute, chi li ha eletti? Nessuno, eppure sono loro che fanno le leggi per gli italiani. Questa è quindi un'altra balla che andate raccontando. (Applausi).

Vediamo, dunque, in quale incubo vorreste trascinare l'Italia. Gli italiani e le italiane, secondo il vostro disegno, sono chiamati ogni cinque anni a votare e votano un Presidente del Consiglio che si trascina dietro un Parlamento servo, cui può staccare la spina in qualunque momento, appena un parlamentare abbia un'obiezione; il Presidente del Consiglio, inoltre, si circonda di un Consiglio dei ministri fatto di amici suoi mai eletti da nessuno e che fanno le leggi. Alla faccia di dare più potere agli elettori! Mentite sapendo di mentire, perché voi state dando più potere a voi stessi, non agli elettori. E poco importa, come sarà davvero, come Giorgia Meloni va sbandierando in ogni dove, la legge elettorale, che ancora nessuno conosce e che tenete ben nascosta nel cilindro, per cui in questa sede stiamo ragionando di mezzo quadro, perché l'altra metà non ci è dato sapere come verrà composta. Poco importa se davvero metterete le preferenze nella legge elettorale, perché comunque saranno tutti burattini nelle mani del Presidente del Consiglio eletto, saranno tutti intercambiabili, tutti asserviti, perché nessun parlamentare vorrà che il Presidente del Consiglio stacchi la spina. Pertanto non cambia assolutamente nulla e non ci sarà nessuno che potrà impedire al Presidente del Consiglio di sciogliere le Camere per ragioni assolutamente imperscrutabili. Non ci sarà nessun controllo.

Arriviamo così al nodo della questione, all'inconfessabile cuore nero di questa riforma, il completo capovolgimento dei poteri. Quando l'Assemblea discuterà la nuova Costituzione, i banchi del Governo dovranno essere vuoti e, del pari, il Governo deve rimanere estraneo alla formulazione del progetto, se si vuole che quest'ultimo scaturisca dalla libera determinazione dell'Assemblea sovrana. Così scriveva Pietro Calamandrei, uno dei Padri costituenti, cioè uno che la Costituzione l'ha scritta. Certo, a leggere queste parole oggi viene quasi da sorridere di tenerezza, perché, pensate, chi ha scritto la Costituzione immaginava non solo che ogni modifica dovesse nascere dall'Assemblea sovrana - noi, voi, noi - ma addirittura che il Governo non ci dovesse essere. E invece voi che cosa avete fatto per questa riforma costituzionale? La ministra Casellati, chiusa nel suo Ministero, ha confezionato un bel testo, che oggi il Parlamento è chiamato a ratificare. Ve lo ripeto: il fatto che non abbiate presentato emendamenti certifica la servitù a cui avete condannato il Parlamento rispetto al Governo, perché già vi comportate così e il premierato ancora non è stato approvato. (Applausi).

Tale e tanto è lo spregio che avete per il Parlamento e per l'intero ordinamento dei poteri disposto dalla Costituzione repubblicana, che volete istituire un Parlamento completamente asservito al Capo del Governo, che detiene il potere di vita e di morte sulle Camere. Il Capo del Governo può cioè sciogliere le Camere come e quando meglio crede e questo lo fate vendendo agli italiani, nella vostra propaganda mistificatoria, il concetto di governabilità. Qui è la menzogna più grave: spacciate per una maggiore libertà dell'elettorato una modifica che assoggetterà il potere agli umori di una sola persona. È qui la pericolosità di questo disegno ed è qui la svolta autoritaria che caparbiamente vi ostinate invece a negare. È il contrario del diritto a partecipare, del diritto a contare e del diritto a essere rappresentati che voi sbandierate.

Questa menzogna ne regge poi un'altra, molto interessante, ossia che l'elezione diretta del Premier farà anche da viatico contro l'astensionismo. Anche qui abbiamo due balle al prezzo di una, perché è facile constatare come nelle istituzioni e negli enti locali, dove già esiste l'elezione diretta del sindaco o del Presidente di Regione, ciò non abbia la minima influenza sulla partecipazione al voto. Questa infatti volete sapere come si fa ad incentivare? Vogliamo provare? La partecipazione al voto si favorisce con i comportamenti specchiati, che siano da esempio, contrastando la corruzione e candidando persone che non solo siano oneste, ma appaiano oneste. E invece voi chi candidate? Vittorio Sgarbi, indagato per riciclaggio d'opere d'arte. Difendete Santanchè, Ministra inquisita per truffa allo Stato. Vi arroccate tutti intorno a Toti, che pretende di governare una Regione dagli arresti domiciliari. Così pensate di incentivare la partecipazione al voto? (Applausi).

E poi smantellate i presidi anticorruzione, cancellate gli strumenti d'indagine e mettete il bavaglio alla stampa e alla magistratura, verso la quale conducete una campagna diffamatoria e che volete addirittura sottoporre a perizia psichiatrica.

La partecipazione alle urne si favorisce infondendo fiducia nelle persone verso la politica. Voi fate l'esatto contrario, perché vi va bene che vadano in pochi a votare: solo così vincete le elezioni. (Applausi).

Infine, arriviamo al tormentone: non tocchiamo i poteri del Presidente della Repubblica. Da tutto quello che ho detto finora è evidente che il Presidente della Repubblica perde il potere di scioglimento delle Camere, così come quello di incaricare il nuovo Presidente del Consiglio eletto o di incaricarne un altro in caso di crisi. Voi sterilizzate la funzione del Presidente della Repubblica, lo pensionate da arbitro, lo declassate a spettatore e avete anche il coraggio di continuare a ripetere che però non toccate i suoi poteri. Ci vuole davvero una bella faccia tosta per ripetere questa falsità.

State stravolgendo la Costituzione dalle fondamenta e vi ostinate invece a parlare di intervento chirurgico non invasivo. Ora, se davvero volessimo paragonarla ad un'operazione chirurgica, uso le parole di Nicola Grasso, professore di diritto costituzionale, dovremmo pensare a un intervento che sostituisce contemporaneamente i maggiori organi vitali, come il cuore, il cervello e i polmoni, con qualcosa di sicuramente incompatibile con l'assetto preesistente, che porterà alla sicura morte del paziente, ossia la nostra Costituzione repubblicana e i suoi principi e valori, che sono tenuti in piedi proprio dall'equilibrio dei poteri, che viene stravolto in questa riforma.

Arriviamo alla fine di questo mio intervento. Avevo detto che questa riforma è fondata su tre pilastri: sciatteria (l'abbiamo vista), falsità e ora è il momento dell'arroganza. Vi leggo un brevissimo brano. La prima applicazione del premio di maggioranza in Italia (nella forma del jackpot system) si ebbe nel 1923, con l'approvazione della legge Acerbo (quella che aprì le porte alla dittatura fascista), che prevedeva l'assegnazione dei due terzi dei seggi della Camera dei deputati alla lista che avesse superato il 25 per cento dei voti. Nel secondo Dopoguerra, dopo un ritorno al sistema proporzionale, si reintrodusse il premio di maggioranza nel 1953, con la cosiddetta "legge truffa", in cui si prevedeva l'attribuzione di un premio in quota variabile alla coalizione che avesse preso la maggioranza assoluta dei voti validi. Non venne mai applicata, perché nessuna coalizione superò la metà dei voti, e fu abrogata. Nel 2005 è il turno della legge Calderoli, il noto Porcellum, di reintrodurre il premio di maggioranza in quota variabile. La legge Calderoli prevedeva l'assegnazione del premio alla singola lista o alla coalizione più votata, indipendentemente dal risultato elettorale. La Corte costituzionale l'ha ritenuta incostituzionale. La legge successiva è del 2015 e prevedeva anch'essa l'attribuzione di un premio di maggioranza a chi avesse superato il 40 per cento dei voti. Anche quest'ultima è stata dichiarata incostituzionale.

Non vi ho letto un trattato di costituzionalismo, vi ho letto una pagina di Wikipedia. Neanche quella avete aperto per scrivere la riforma della Costituzione! (Applausi). Nemmeno su Wikipedia avete guardato, perché altrimenti avreste saputo che tutti i precedenti storici nel nostro Paese di introdurre un premio di maggioranza o hanno aperto le porte alla dittatura oppure sono stati bocciati dalla Corte costituzionale, perché incostituzionali. (Applausi).

Voi avete fatto peggio di Acerbo e del Porcellum messi insieme, perché almeno quelle erano leggi elettorali, che comunque sono leggi ordinarie. Voi lo mettete addirittura in Costituzione, ipotecando il futuro di questo Paese con un atto di imperio e di tracotanza senza pari, che gli italiani non vi consentiranno.

Vado alla conclusione, perché, nonostante il tempo a mia disposizione fosse tanto, ci sarebbe da parlare del combinato disposto di questa follia con l'anarchia differenziata, un mix esplosivo che, mentre sovverte i poteri, spacca il Paese. Veramente uno scenario da incubo, che non soltanto noi, ma gli italiani vi impediranno di attuare.

Visto che è stata citata nuovamente in Aula poc'anzi, voglio rendere omaggio anche io alla senatrice a vita Liliana Segre, che, nonostante l'età, la settimana scorsa ha voluto essere presente e portare il suo contributo in quest'Aula. Con lo stile pacato che la contraddistingue, non ha però taciuto il suo grido di allarme e ha definito questa riforma una scelta avventurosa, aggiungendo che non tutto può essere sacrificato in nome dello slogan "scegliete voi il Capo del Governo". Anche le tribù della preistoria avevano un capo, ma solo le democrazie costituzionali hanno separazione dei poteri, controlli e bilanciamenti, cioè gli argini per evitare di cadere in quelle autocrazie contro le quali le costituzioni sono nate.

Ebbene, quello che Liliana Segre non ha potuto dirvi, perché compresa nella sua eleganza, ve lo dico io. Voi imitate le tribù della preistoria, perché è nelle grotte che siete rimasti ed è lì che volete trascinare nuovamente l'Italia. (Applausi). Volete rendere l'Italia un Paese di cavernicoli, mai gli italiani avveduti ve lo impediranno. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Tosato. Ne ha facoltà.

TOSATO (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, inizio il mio intervento affermando sin da subito che condivido pienamente l'obiettivo di questa riforma. Per me, posso dire per noi, l'obiettivo principale di questa riforma è la stabilità del Governo. Stabilità che c'è in questa legislatura, è vero, ma non perché sia la regola, bensì perché è un'eccezione. Lo sa bene chi si è trovato a svolgere il ruolo di parlamentare nelle ultime legislature, la XVII e la XVIII, in cui si sono susseguiti tutta una serie di Governi e di maggioranze che non sono emersi grazie a un voto chiaro, convinto e maggioritario degli elettori, ma per la necessità di formare dei Governi parlamentari. Ricordo che nella XVII legislatura il Partito Democratico e Forza Italia sono stati costretti a governare insieme, sostenendo Enrico Letta, che la legislatura poi è andata avanti, perché a fronte della sfiducia di Forza Italia e della sua uscita dal Governo, una sua parte, il Nuovo Centrodestra, ha deciso, senza rispettare il mandato elettorale, di sostenere un Presidente del Consiglio del Partito Democratico, Matteo Renzi; poi c'è stato il Governo Gentiloni. A seguire, anche nella legislatura successiva, la XVIII, abbiamo avuto tre Governi, formati da forze politiche che alle elezioni erano contrapposte e che sono state costrette, a causa di questo sistema imperfetto, a mettersi insieme pur di dare un Governo al Paese. Lo sappiamo tutti: il primo Governo Conte, sostenuto da Lega e 5 Stelle, il secondo da PD e 5 Stelle e poi il terzo, il Governo Draghi, in cui si sono unite gran parte delle forze politiche di quella legislatura.

Quindi, è evidente a tutti che esiste un problema di stabilità ed omogeneità delle forze politiche che hanno governato negli ultimi anni, a cui deve essere trovato un rimedio, una soluzione. Noi siamo convinti che fosse nostro dovere intervenire in questa legislatura per proporre una soluzione. C'è chi nel corso del dibattito ha fatto gli elogi del sistema tedesco, o del sistema anglosassone; io credo che non dobbiamo innamorarci di un sistema o di un altro, ma dobbiamo individuare le singole soluzioni che possono migliorare il modello italiano, la Costituzione italiana (Applausi).

Per raggiungere questo obiettivo, a nostro avviso, il sistema migliore che questa riforma introduce in modo chiaro e inequivocabile è l'utilizzo del premio di maggioranza. Il premio di maggioranza è l'unico strumento che permetterà di avere Governi di legislatura, Governi stabili, Governi che possono avere il tempo in cinque anni di portare avanti il proprio programma e che verranno giudicati alla fine della legislatura dagli elettori e quindi confermati o bocciati con l'elezione di una coalizione diversa rispetto a quella che ha appena governato. Questo è il modello dell'alternanza in cui noi crediamo e solo introducendo il premio di maggioranza in Costituzione ed evitando le contestazioni della Corte costituzionale alle leggi che sono state via via approvate si può trovare una soluzione.

Il problema è chiaro, come abbiamo detto. La soluzione, secondo noi, principale è questa: il premio di maggioranza. Poi è ovvio che ci si può dividere successivamente sulle modalità con cui assegnare il premio di maggioranza. C'è un bivio sostanziale: il premio di maggioranza può essere assegnato ad una pluralità grazie al consenso di un singolo, il leader, o l'indicazione del Premier può essere determinata grazie al premio di maggioranza assegnato ad una pluralità rappresentata dagli eletti di una coalizione che è risultata la più votata alle elezioni. Da una parte si premia, come modello per assegnare il premio di maggioranza, l'omogeneità della coalizione e il programma presentato agli elettori, dall'altra si premiano invece il carisma e le qualità del leader che rappresenta la coalizione. Sono tutti e due modelli legittimi e ognuno di noi può avere la preferenza per uno o l'altro di questi modelli. Una cosa è certa: entrambi garantiscono governabilità, stabilità e finalmente un'azione di governo chiara agli occhi degli elettori, che è il requisito fondamentale per poter giudicare l'operato di una maggioranza di Governo, senza che le forze politiche possano rimpallarsi responsabilità a seconda delle composizioni dei Governi che si succedono in una stessa legislatura.

Credo che un esempio del fatto che le cose non funzionano e che non possono andare avanti in questo modo lo abbiamo sotto gli occhi. Tutti noi dovremmo capire che quanto è avvenuto rispetto al superbonus 110 per cento è accaduto perché nella scorsa legislatura abbiamo avuto la seguente situazione: un Governo l'ha approvato (ricordo che era composto dal PD e dal MoVimento 5 Stelle), e nel Governo successivo, ossia il Governo Draghi, il Partito Democratico e il MoVimento 5 Stelle facevano parte della maggioranza che non ha portato avanti in modo efficace quella misura. Ricordiamo tutti le parole di Draghi nelle Aule parlamentari con cui aveva sempre condannato l'introduzione di quel modello che avrebbe creato enormi problemi ai conti pubblici. È evidente che una misura ha bisogno di tempo per evidenziare i propri punti di forza e le proprie carenze, ed è solo la legislatura che può dimostrare questa alternativa tra le due considerazioni.

Signora Presidente, di fronte al bivio se lasciare le cose come stanno o approvare un modello di premierato per migliorare la situazione attuale, noi crediamo che la scelta sia obbligata, perché il Paese non può continuare ad avere Governi instabili, non può aver continuare ad avere maggioranze instabili e cambi di casacca. Grazie al lavoro del ministro Casellati e della maggioranza che ha trovato una unità di intenti all'interno della Commissione (dove il confronto in realtà c'è stato ed è stato anche molto approfondito), attraverso questa riforma possiamo dire che verranno raggiunti degli obiettivi importanti. In definitiva diciamo sì al premio di maggioranza, sì al Governo di legislatura, sì alla stabilità dell'azione di Governo, sì alla democrazia dell'alternanza: questi sono valori in cui crediamo e sono pienamente inseriti all'interno di questa riforma che trova una maggioranza unita nel portarla avanti fino all'approvazione. (Applausi).

Saluto ad una rappresentanza di studenti

PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti della facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli studi di Milano, che stanno assistendo ai nostri lavori, senz'altro con particolare competenza. (Applausi).

Ripresa della discussione dei disegni di legge costituzionale
nn.
935 e 830 (ore 17,52)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Alfieri. Ne ha facoltà.

ALFIERI (PD-IDP). Signora Presidente, la presenza del Governo continua è sicuramente un segnale positivo di attenzione e di ascolto, e parto da qui per dire che quando ci si avvicina a una riforma così delicata, una riforma istituzionale che pone il tema di cambiare, di fatto, la forma di governo del nostro Paese, la forma di governo parlamentare, si dovrebbe farlo con prudenza ed equilibrio, ben sapendo che, quando si tocca la Costituzione, la si tocca interpretando lo spirito dei tempi, non con la testa rivolta al passato. Oggi, quando noi andiamo a legiferare costituzionalmente, dobbiamo tenere presente la sfida che viene posta alle democrazie liberali, perché se la politica ha l'ambizione di guidare i processi di cambiamento e di accompagnarli, deve avere ben chiaro il contesto.

Oggi noi affrontiamo una sfida senza precedenti rispetto a regimi autoritari che, rispetto al passato, sono riusciti a coniugarsi con sistemi di economia di mercato più o meno funzionanti, quindi l'accusa rispetto alle democrazie liberali è che non c'è solo quel modello ad essere resiliente all'interno della sfida della competizione internazionale. Noi invochiamo la difesa e la tutela delle democrazie liberali, ma non lo dobbiamo fare solo quando dobbiamo giustamente chiedere ai Paesi europei, agli Stati Uniti e ai partner internazionali di unirsi nell'affrontare l'aggressione russa. Lo dobbiamo fare anche quando in gioco ci sono i principi e i valori fondamentali scolpiti nelle nostre Costituzioni, ivi compreso uno dei principi cardine, nel solco del quale sono state costruite le nostre Istituzioni, cioè quello dell'equilibrio e della separazione dei poteri.

Nel 1748 in «Lo spirito delle leggi», Montesquieu lo diceva chiaramente, quando scriveva che, affinché non si possa abusare del potere, occorre che il potere arresti il potere. Io parto da lì. Questa riforma garantisce l'equilibrio e la separazione dei poteri, perché la garantisce il presidenzialismo. Il presidenzialismo la garantisce. Noi non lo condividiamo e abbiamo anche spiegato perché. Lo hanno fatto molto bene soprattutto i senatori Giorgis e Parrini nelle Commissioni competenti, anche perché negli Stati Uniti c'è un Presidente fortissimo, con dei poteri ben definiti, ma un Congresso altrettanto forte che, quando vuole impedire al Presidente di far passare delle leggi, arriva fino allo shutdown: non si pagano, cioè, gli stipendi e le pensioni.

Arrivano fino a quel punto; quindi, lì c'è un sistema di pesi e contrappesi e di separazione dei poteri, che rischia di non esserci con l'elezione diretta del Presidente del Consiglio, per quel combinato disposto scellerato della previsione di una legge elettorale con premio di maggioranza. Lo strascico, con cui il Presidente del Consiglio eletto direttamente dal popolo si porterebbe tutti i parlamentari, schiaccia il legislativo sull'esecutivo, financo ad arrivare a toccare la previsione dei quorum di garanzia che, nel momento in cui si ha una maggioranza di quel genere, incide sulla scelta dei membri del CSM, incide sulla scelta dei membri della Corte costituzionale.

Quella separazione dei poteri, che è parte integrante, fondamentale, delle democrazie liberali, a tutela della quale tutti noi ci riempiamo la bocca giustamente, rischierebbe di essere messa in chiara difficoltà. Questo è uno dei punti fondamentali ed è un motivo per cui nessuna democrazia liberale ha mai adottato un sistema di elezione diretta del Presidente del Consiglio.

Il rischio è questo: manca il rispetto della separazione dei poteri, manca l'equilibrio dei poteri. Perché, nel momento in cui si ha una legittimazione diversa nelle elezioni dei vertici, dei due Presidenti, con il Presidente del Consiglio eletto dal popolo e, dall'altra parte, un Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento, si ha una fonte di legittimazione diversa.

E poiché la storia si incarica di richiamarci ai precedenti, noi abbiamo assistito a come, in quel passaggio del 2019, addirittura si arrivò a invocare l'impeachment del presidente Mattarella, perché si era osato dire che questi non poteva esprimere la valutazione su un Ministro che gli era stato proposto; figuriamoci davanti a una diversa legittimazione tra Presidente del Consiglio eletto con una forte legittimazione popolare ed invece un Presidente da Repubblica eletto dal Parlamento: a quel punto, il primo si sentirebbe unto del Signore, forte della volontà popolare e prevaricante dei poteri scritti nella Costituzione, che rischiano di non essere rispettati.

Questo è un rischio evidente e umilia il Parlamento. Quella sarebbe davvero l'emergenza da trattare. Tornerò fra poco sulle prerogative del Parlamento, che a quel punto verrebbero schiacciate per i motivi che dicevo prima e per il fatto di non affrontare le vere emergenze. L'abuso della decretazione di urgenza è una di queste insieme al fatto che, ormai, i disegni di legge parlamentare sono stati messi su una corsia secondaria.

Da questo punto di vista, penso che una riflessione vada fatta. Ho ascoltato quanto ha detto il presidente Pera sulla fase politica che noi viviamo e sui relativi profondi cambiamenti. Presidente Pera, mi rivolgo a lei attraverso la Presidenza: noi non dobbiamo stare con la testa rivolta al passato, perché ogni fase politica, ogni epoca, ha un suo sistema.

Oggi il mondo sta cambiando a velocità impressionante, con la globalizzazione che ha cambiato la competizione, con i conflitti identitari dovuti alla crescita dei flussi migratori, con la transizione ecologica digitale e società sempre più polarizzate.

Davvero pensiamo di poter paragonare il 2024 alla fine degli anni Novanta, quando il mondo è cambiato? (Applausi).

È evidente che questi sono i tempi che ci è dato di vivere e ogni fase politica richiede sistemi istituzionali resilienti e capaci di rispondere a quelle sfide. Oggi i territori sono in competizione fra loro per attrarre investimenti, turisti, risorse. Non c'è più l'ombrello dello Stato nazione; vi è la complessità della governance per tenere insieme autonomie locali e Stati nazionali.

L'Europa richiede presidenti garanti e arbitri e noi vogliamo tenerci un Presidente e non solo perché si chiama Sergio Mattarella (anche perché si chiama Sergio Mattarella, che ha dimostrato di avere grande equilibrio) (Applausi). Abbiamo bisogno di una figura di garante della Costituzione e di arbitro, in cui si riconosca la maggior parte del corpo elettorale e dei cittadini, che sia altresì garante della coesione nazionale. Noi affronteremo fasi complicate e difficili con la transizione ecologica e digitale che non sarà un pranzo di gala. Avere un Presidente che ci tenga insieme, ricoprendo quel ruolo di arbitro e garante, è un valore che noi vogliamo tutelare.

Questa è la parte critica. La parte relativa alle proposte e al metodo noi l'abbiamo presentata. Come sa il presidente del nostro Gruppo, Francesco Boccia, insieme alla nostra segretaria, quando abbiamo incontrato la Presidente del Consiglio, alla presenza anche della Ministra delle riforme, noi siamo stati molto chiari. Ce ne dovete dare atto. Fin dal primo momento, abbiamo detto in maniera molto chiara che avevamo una linea rossa: no all'elezione diretta del Presidente della Repubblica, no all'elezione diretta del Presidente del Consiglio. Siamo stati leali, chiari e trasparenti, ma allo stesso tempo abbiamo presentato le nostre proposte e abbiamo detto che sul tema dell'elezione diretta del Presidente del Consiglio non avremmo fatto riduzione del danno, non ci saremmo piegati a negoziare, a portare a casa un emendamento.

Come abbiamo detto fin dal principio, noi siamo disposti a ragionare sull'efficacia dell'azione di Governo, sulla stabilità degli Esecutivi e sul rafforzamento delle prerogative del Parlamento, che oggi è la vera emergenza. Ve lo vogliamo dire in maniera molto chiara e molto netta: fermate lo scambio fra autonomia differenziata e premierato e noi ci sediamo al tavolo un secondo dopo. (Applausi). Ci sediamo per parlare del modello che ha garantito stabilità ed efficacia del Governo in maniera senza eguali a livello continentale, quello tedesco. I numeri parlano chiaro: in Italia, 31 Presidenti del Consiglio, 68 Governi, 9 cancellieri, 24 Governi. Molto più del modello britannico, dove abbiamo visto, solo nell'ultima legislatura, avvicendarsi almeno tre Premier diversi. Il modello tedesco prevede nomina e revoca e la sfiducia costruttiva. Qualcuno dice che è stata utilizzata una sola volta. È chiaro che è stata utilizzata una sola volta perché ha funzionato come deterrente e ha garantito la stabilità di quei Governi. Ripartiamo da lì, poi discutiamo se adottare il modello tedesco fino in fondo. Noi siamo disponibili a discutere di tutto se voi vi fermate e tornate al tavolo di discussione. Ricordo che dopo quell'incontro non abbiamo più avuto neanche risposta sui temi che abbiamo portato, sulla sfiducia costruttiva, sul voto con provvedimenti a data certa e su un ragionamento serio. Le democrazie liberali si reggono anche sulla qualità della nostra democrazia e sui partiti. Riguardo la riforma dell'articolo 49 della Costituzione e i partiti, siete o non siete d'accordo con l'idea di inserire regole trasparenti? Una democrazia funziona se ci sono partiti sani con regole trasparenti che sappiano scegliere la propria classe dirigente.

Sono questi i temi su cui noi ci siamo: sfiducia costruttiva, nomina e revoca, Parlamento in seduta congiunta, innalzamento dei quorum di garanzia, capacità di superare le liste bloccate e far scegliere davvero i cittadini. Il messaggio infatti del "decidi tu" è un messaggio sottile e insidioso, che può essere anche affascinante, ma dura pochi secondi e nei cinque anni successivi c'è poi il "decido io". Noi non ci stiamo al decido io, da solo.

Presidenza del vice presidente CASTELLONE (ore 18)

(Segue ALFIERI). Noi vorremmo che la forma di governo parlamentare, il Presidente della Repubblica e il suo ruolo di garanzia vengano mantenuti. (Applausi). È questo il motivo per cui non ci rassegneremo e faremo una battaglia parlamentare fino in fondo per difendere i principi scolpiti nella nostra Costituzione e salvaguardare un equilibrio che i nostri Padri fondatori hanno voluto e che noi vogliamo conservare, proiettandoci verso il futuro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Malan. Ne ha facoltà.

MALAN (FdI). Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione i numerosi interventi della opposizione, anche quelli del MoVimento 5 Stelle, di cui purtroppo non abbiamo nessun esponente in Aula al momento, anzi no, ce ne sono due. (Commenti).

Poco fa noi eravamo solo dieci e hanno detto che non c'era nessuno. Per carità, ciascuno ha i suoi impegni, può valere anche all'inverso. Comunque, ho tratto innanzitutto una buona notizia dal complesso degli interventi dell'opposizione, perché la maggior parte di essi dicevano che questa riforma, alla quale sono evidentemente contrari, serve per dare maggiori poteri a Giorgia Meloni e all'attuale Governo. Siccome ovviamente questa riforma entrerà in vigore con le prossime elezioni, vuol dire che i colleghi dell'opposizione sono sicuri che vinceremo di nuovo noi. (Applausi. Commenti). Questa, secondo me, è una buona notizia naturalmente per noi, perché in una competizione elettorale si cerca di vincere, ma per l'Italia, perché potremmo continuare non soltanto fino al 2027, ma anche in seguito con il Governo che ha dato risultati già in questo primo anno e mezzo, nonostante la situazione estremamente difficile a livello internazionale e nonostante l'enorme peso economico costituito da colpi di genio come il superbonus e altri che peseranno ancora per anni per decine di miliardi sui nostri bilanci.

Tengo, quindi, a precisare che questa riforma non riguarda il Governo Meloni, perché il Governo Meloni è attualmente in carica grazie al voto che i cittadini italiani ci hanno dato e grazie alla compattezza della coalizione. (Applausi. Commenti). Non riguarda questo Governo, quindi, ma riguarda i prossimi Governi, e a meno che voi riteniate che abbiamo già vinto noi, potrebbe anche riguardare i vostri Governi, che potrebbero anch'essi avere una maggiore stabilità. Il senatore Alfieri, intervenuto poco fa, ha ricordato i numeri, ma da questi numeri poi bisogna trarre delle conseguenze. Se negli ultimi quarant'anni, nei quarant'anni precedenti l'inizio dell'attuale Governo, l'Italia ha avuto 28 Governi diversi, la Germania 12 e il Regno Unito 16, c'è una bella differenza e forse dovremmo chiederci se per cambiare e migliorare sotto questo aspetto dovremmo lasciare tutto com'è oppure se non si dovrebbe tentare di fare qualche riforma.

Ricordo che tutti gli articoli della Costituzione sono importanti, sono il frutto di un grande lavoro, sono il frutto di un passaggio dalla dittatura alla democrazia, ma lo è anche l'articolo 138, che è quello che prevede il cambiamento a determinate condizioni, cambiamento che peraltro hanno tentato di fare anche i Governi di centrosinistra. Sento dire che con questa riforma una maggioranza che potrebbe non aver ottenuto la maggioranza dei voti dai cittadini potrebbe - pensate un po' - avere la maggioranza alla Camera e al Senato, potrebbe - orrore, orrore - eleggere un Presidente della Repubblica che appartiene a quella maggioranza. È una cosa terribile agli occhi di chi preferisce invece stare al Governo senza vincere e avere sempre la garanzia che in qualche modo ci si aggiusta per restare al Governo e controllare ampie fette di potere. (Applausi).

Se poi a dire questo è chi ha votato la riforma, che poi è stata bocciata dal referendum, conosciuta come Renzi-Boschi, che modificava 53 articoli della Costituzione, mi dico che il problema non è il contenuto della riforma, ma chi la sta facendo. Se la fa il centrosinistra, va benissimo modificare 53 articoli, va benissimo approvare una legge elettorale che avrebbe portato alla maggioranza nell'unica Camera vera, perché il Senato sarebbe stata una sorta di dopolavoro per consiglieri regionali e sindaci; se lo stesso avviene attraverso una riforma proposta dal centrodestra, allora non va bene, è uno scandalo, c'è la Costituzione, è un pericolo per la democrazia e così via. Mi sono detto che forse molto è cambiato, che sono già passati diversi anni, bene o male, da quando questa riforma è stata votata, ma ho guardato una per una le schede dei colleghi del Partito Democratico e ho visto che 22 su 37 avevano votato a favore di quella riforma. Solo negli ultimi sette o otto anni hanno maturato questa idea che una legge che ottiene esattamente gli stessi risultati che si proponeva la legge che hanno votato loro sarebbe un pericolo per la democrazia. (Applausi). Non ho visto segni di pentimento, nessuno ha detto che aveva sbagliato all'epoca. Non lo so, si vede che il processo è stato molto intimo e nessuno ne ha avuto notizia. Quanto poi alle leggi maggioritarie, ricordo che non ci sono solo quelle col premio di maggioranza, e che anche i collegi uninominali o la prevalenza di collegi uninominali hanno degli ampi effetti maggioritari. La legge che ha governato le elezioni dal 1994 al 2001 ha fatto sì che nel 1994 ci fosse il primo Governo Berlusconi, che però aveva preso il 42,6 per cento dei voti; due anni dopo andò al Governo Romano Prodi, con la sua coalizione, con il 43,4 per cento dei voti. Anche all'epoca era un obbrobrio? Mi permetto di ricordare che quella legge si chiamava Mattarellum e il nome suggerisce chi l'ha proposta. (Applausi). Allora, se le leggi con effetti maggioritari sono un obbrobrio per la democrazia (cosa che io non credo), allora questo è uno di quei famosi attacchi alla figura istituzionale che tutti rispettiamo e che dunque non ci sogneremmo di attaccare; tuttavia, certo che se si dice che si dà la maggioranza a chi non ha una maggioranza nell'elettorato, allora c'è un implicito attacco.

Poi ho sentito parlare di Parlamento al guinzaglio, di parlamentari burattini e così via. Si dice questo perché, per far cadere il Presidente del Consiglio eletto, bisognerebbe sfiduciarlo e, di conseguenza, avere l'alta probabilità (in alcuni casi la certezza, su scelta del Presidente del Consiglio sfiduciato) di andare alle elezioni. Ricordo che nella storia della nostra Repubblica questo è successo molte volte: nel 1979, nel 1983, nel 1976, nel 1987, nel 1996, nel 2008, nel 2013 e nel 2022. Il Parlamento non diede la maggioranza al Governo al quale avrebbe potuto darla, ben sapendo che si sarebbe andati alle elezioni. Pertanto il Parlamento non è servo del Governo per il fatto che se cade il Governo si va alle elezioni; il Parlamento ha avuto e ha la sua autonomia ed ha il potere (anche con questa riforma non cambierebbe nulla rispetto a tutti i numerosi casi che ho citato) di cambiare Governo, di togliergli la fiducia e di andare alle elezioni, anziché cambiare pasticci, o Governi di unità nazionale che notoriamente sono salvifici più che altro per definizione. Ad esempio, infatti, il penultimo Governo tecnico ha aumentato di molto il debito pubblico e ha mortificato l'economia italiana, rendendola preda di varie operazioni finanziarie internazionali.

C'è un altro aspetto che vorrei sottolineare. Il presidente Monti ha detto che non saranno più possibili Governi di unità nazionale. Non è vero, perché se c'è un'emergenza, nulla vieta di avere unità nazionale come succede praticamente in tutte le altre democrazie, se c'è il momento in cui bisogna stringersi a coorte. Ci si stringe intorno a chi è stato designato dai cittadini. (Applausi). Non è obbligatorio avere dei banchieri, dei tecnici, persone non elette da nessuno, non è obbligatorio e in democrazia dovrebbe essere veramente una ipotesi da escludere, anche se è successo e noi lo rispettiamo. Naturalmente era tutto fatto nel rispetto della Costituzione, invece il rispetto del volere dei cittadini è un'altra cosa.

Concludo il mio intervento con un ultimo elemento. Si evocano pericoli per la democrazia e le dittature del secolo scorso, naturalmente non quelle comuniste, perché, come ci insegna la senatrice Maiorino, di quello che succede all'estero non ci interessa niente. Il presidente Pera ha dato una lezione su come funziona la più antica democrazia del mondo, ma quello non c'entra perché avevano il re, gli hanno tagliato la testa; noi non abbiamo tagliato la testa al re, dunque non possiamo fare paragoni e dunque cade anche la questione di dire che altrove non c'è l'elezione diretta del Presidente del Consiglio. Ebbene, nel 1921 ci furono le elezioni parlamentari in Italia e furono elezioni regolari; i deputati di Benito Mussolini furono eletti nella misura del 6,5 per cento e questa non mi sembra una misura sufficiente per vincere le elezioni presidenziali. Se ci fosse stata l'elezione diretta del Presidente del Consiglio, non mi pare che Mussolini sarebbe potuto diventare Presidente del Consiglio. Lo divenne con meccanismi che per l'appunto hanno consentito al Capo dello Stato di fare scelte sue, valutando le opportunità e magari facendo un Governo che poteva essere visto come di salvezza nazionale. (Proteste. Richiami del Presidente). Volete dirmi...

PRESIDENTE. Presidente Malan, vada avanti.

MALAN (FdI). Invito i colleghi che stanno rumoreggiando a controllare: nel 1921 i deputati di Benito Mussolini erano il 6,5 per cento, perché i voti erano quelli (mica perché aveva preso il 90 per cento dei voti e poi ha deciso di prendere solo quelli). Ricordo anche che in Germania il partito nazionalsocialista arrivò al potere senza aver superato neppure il 38 per cento dei voti (fintanto che non è stata instaurata la dittatura, naturalmente; dopo, si arrivò al 90 o al 100 per cento; mi verrebbe da dire al 110 per cento, ma quella è un'altra cosa). Ricordo che alle elezioni presidenziali, quando i tedeschi scelsero chi doveva essere il Presidente con voto diretto (e il cancelliere non era scelto con voto diretto), Hitler fu battuto da Hindenburg 49 a 30 nel primo turno e 53 a 36 nel secondo turno. Non dite pertanto che il pericolo dell'elezione diretta è quello, perché mi sembra che con l'elezione diretta i due più celebri dittatori del secolo scorso - a parte le dittature comuniste - non sarebbero stati eletti. Dopodiché, ciascuno la vede a modo proprio; quello che però è certo è che, al di là dei meccanismi, occorre il rispetto della Costituzione, che va rispettata sempre, anche quando c'è un'emergenza, perché da nessuna parte in essa c'è scritto che i diritti dei cittadini sono tali a meno che non ci siano emergenze; altrimenti una emergenza si troverebbe sempre.

Noi a questo ci atteniamo e riteniamo che con la riforma che proponiamo ci sia una maggiore garanzia per i cittadini e del rispetto dei diritti costituzionali, che sono sacri e non vanno toccati neppure quando ci sono le emergenze. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il relatore.

BALBONI, relatore. Signor Presidente, cari colleghi, ho ascoltato con attenzione gli oltre settanta interventi delle opposizioni e devo dire che mi sono sembrati sostanzialmente tutti uguali, ripetitivi sempre degli stessi argomenti e delle stesse obiezioni, al netto ovviamente, caro Presidente, degli insulti, che hanno abbondato, ma che - come sempre - qualificano chi li fa e non chi li riceve. (Applausi).

Partiamo dalle obiezioni sul metodo: le riforme si fanno tutti insieme, ci hanno ammonito i colleghi dell'opposizione. Giusto: peccato che quando noi li esortavano in questo senso, ad esempio in occasione della riforma del Titolo V della Costituzione, i colleghi che oggi ci esortano a fare le riforme tutti insieme ci ricordavano che esiste l'articolo 138 della Costituzione. Colleghi, ma è stato abrogato l'articolo 138 della Costituzione dal 2001 a oggi? A sentire voi, sembrerebbe di sì. O è stato abrogato dopo la riforma Boschi-Renzi, altra occasione nella quale l'articolo 138 della Costituzione ve lo siete scordato?

I Padri costituenti non hanno scritto anche l'articolo 138 della Costituzione, per caso? E ai sensi dell'articolo 138 della Costituzione, non sarà alla fine il popolo a decidere con un suo voto sovrano se questa riforma riceve il consenso del corpo elettorale oppure no? Non si chiama democrazia? O non avete fiducia nel popolo italiano? È una domanda legittima.

Poi, sempre sul metodo avete detto che non abbiamo accolto le nostre proposte e le nostre osservazioni. Non è così, perché le audizioni che si sono tenute in Commissione affari costituzionali ci hanno consentito di migliorare sensibilmente questo testo. È stato inserito il limite ai mandati ed è stato tolto un premio troppo rigido del 55 per cento determinato in Costituzione. È stato poi risolto un problema che tantissimi costituzionalisti e anche molti colleghi dell'opposizione avevano sollevato: così come era scritta la norma inizialmente, si rischiava il paradosso di un secondo Premier che contasse più del primo. Leggendo l'emendamento che abbiamo approvato in Commissione, scoprirete che non è più così: qualsiasi sia la causa della crisi che si dovesse determinare, sarà sempre il Premier eletto ad avere l'ultima parola. Quindi, credo che invece abbiamo ascoltato.

Cos'è, colleghi, che non potevamo ascoltare? Non potevamo ascoltare una minoranza che pretendeva di avere il potere di veto sulla maggioranza. Questo è stato l'atteggiamento delle opposizioni. Quando in Commissione viene il senatore Alfieri, responsabile delle riforme per il Partito Democratico, e ci dice che, fino a quando noi manterremo l'elezione diretta del Premier, non saranno disposti a collaborare e a contribuire a migliorare il testo, perché deve essere soltanto cestinato, è chiaro che non ci lasciavate altra scelta. Vi do una notizia, cari colleghi: il disegno di legge si intitola elezione diretta del Premier. Se uno non vuole discutere dell'elezione diretta del Premier, è chiaro che non c'è più nulla di cui discutere. (Applausi).

E lo avete dimostrato, con decine e decine, centinaia di interventi ripetitivi all'ossessione sempre degli stessi argomenti, con 2.600 emendamenti in Commissione, con 3.000 e oltre emendamenti oggi presentati in Aula. Sono legittimi, siamo in democrazia, ci sono i Regolamenti parlamentari. Ripeto che sono legittimi, ma non potete adesso lamentare il fatto che, a fronte di questo vostro atteggiamento pregiudizialmente avverso e assolutamente ostruzionistico, la maggioranza eserciti la prerogativa che la democrazia le consegna. Si chiama democrazia, colleghi: l'opposizione fa l'ostruzionismo, la maggioranza fa la maggioranza. Non potete risentirvi di una mancanza di dialogo che voi per primi avete solennemente annunciato di rifiutare.

Seconda obiezione: dite che questa riforma indebolisce il Parlamento, perché il Parlamento verrebbe eletto a strascico del Premier. Sbagliato. La legge elettorale prevede un premio di maggioranza, che sarà al massimo del 15 per cento, perché sotto il 40 per cento non scatterebbe il premio di maggioranza e oltre il 55 per cento nessuno ha mai immaginato di andare. Sarebbe in teoria del 15 per cento, ma in realtà sarà molto meno, perché - come a nessuno può sfuggire - questa riforma avrà un effetto bipolarizzante del sistema: ci saranno due coalizioni che, se vorranno competere, dovranno tendere a comprendere ben più del 40 per cento, non soltanto in caso di vittoria, ma anche in caso di sconfitta. Ci avviciniamo cioè, finalmente, a quel bipolarismo compiuto e a quella democrazia dell'alternanza che - a mio modesto parere e a parere di tutto il centrodestra - è l'unica vera forma di democrazia compiuta.

Ma c'è di più: cari colleghi, vi siete accorti che in realtà oggi il Parlamento è deciso da una manciata di persone? Vi siete accorti che voi siete stati tutti eletti con le liste bloccate? Sapete chi scrive le liste bloccate? Le scrivono i leader dei partiti. Ma, fino a quando le liste bloccate le scrivono i leader dei vostri partiti - chissà perché - non vi scandalizzate del fatto che il Parlamento già oggi e già da un pezzo è eletto per trascinamento dei leader dei partiti. Sono i leader che decidono.

L'Italicum lo avete votato voi. Il Rosatellum l'ha votato il PD, che oggi si lamenta del sistema elettorale che prevedrà un premio di maggioranza per il Premier eletto e si scandalizza, anche se abbiamo annunciato che introdurremo le preferenze. Per cui sarà certamente molto meno a strascico o per trascinamento di quanto sia stato questo e il precedente Parlamento, tanto più che - come sapete - col Rosatellum anche i collegi uninominali sono uninominali per modo di dire, perché non c'è modo di votare un candidato diverso dal partito. Il partito votato trascina automaticamente il voto anche sul candidato dell'uninominale.

Qualcuno ha detto che con questa legge ci può essere un sistema per cui, con il 25 per cento dei voti, si prende la maggioranza assoluta dei seggi: sbagliato, cari colleghi; quello era l'Italicum, dove era previsto un ballottaggio tra liste, per cui una lista, che andava al ballottaggio con il 55 per cento, si poteva prendere il 55 per cento dei seggi. Quel sistema l'avevate scritto voi. Non c'era un problema di democrazia con l'Italicum, cari colleghi? C'è adesso il problema di democrazia? (Applausi).

Un altro argomento è che vengono indeboliti i poteri del Presidente della Repubblica: sbagliato. Il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica - il ruolo come lo hanno pensato e voluto i Costituenti - con questa riforma viene enfatizzato, non viene mortificato. Con questa riforma viene enfatizzato il ruolo di arbitro del Presidente della Repubblica, di garante dell'unità nazionale e di custode della Costituzione. Il Presidente della Repubblica continuerà a presiedere il Consiglio superiore della magistratura; continuerà a presiedere il Consiglio supremo di difesa; continuerà a nominare i cinque giudici della Corte costituzionale, anche grazie a un emendamento del presidente Pera che ha chiarito che quell'atto non è soggetto a controfirma; continuerà a inviare i messaggi alle Camere; continuerà a respingere i progetti di legge del Governo manifestamente incostituzionali e continuerà a promulgare le leggi con la possibilità di rifiutare la firma. Questi sono i ruoli di garanzia e di custode della Costituzione, che non solo il Presidente della Repubblica mantiene, ma che vengono anche ulteriormente valorizzati.

Tra l'altro, vi segnalo che, grazie a un emendamento del Governo, il Presidente della Repubblica non soltanto nominerà i Ministri, ma li potrà anche revocare e, quindi, è un potere in più. Certo, il Presidente della Repubblica non nominerà più i senatori a vita. Pensate un po', cari colleghi: il centrodestra si ritrova nella stessa identica posizione in cui si trovò il Partito Comunista Italiano in sede di Costituente, quando votò contro la norma che riguardava la nomina dei senatori a vita, perché - pensate un po' - riteneva che in Parlamento, in una democrazia, ci si venga solo su mandato del popolo sovrano. (Applausi). Siamo d'accordo su questo principio sancito in Costituente dal Partito Comunista, mentre voi ritenete che, seppur soltanto in numero limitato, in Parlamento ci si possa venire anche non su mandato del corpo elettorale. Eppure, paradossalmente, saremmo noi gli antidemocratici e gli autoritari. Va bene, ne prendiamo atto.

A parte questo limitato caso, i poteri del Presidente della Repubblica restano gli stessi. Certo, non potrà più svolgere quel ruolo di supplenza che ha svolto in determinati momenti di crisi del sistema, quando il sistema non è stato all'altezza del compito ed ha costretto il Presidente della Repubblica, espandendo i suoi poteri all'estremo - a fisarmonica come dicono i costituzionalisti - a supplire alle carenze della politica e del Parlamento. E questo non succederà più per una ragione semplice: con l'elezione diretta non ce ne sarà più bisogno, poiché risolviamo a monte i problemi creati dalla instabilità politica cronica del nostro sistema. Colleghi, l'instabilità non è soltanto un vulnus per la democrazia ma - come hanno dimostrato molti studi - è anche un vulnus per l'economia, se è vero come è vero che l'instabilità politica soltanto dal 2012 al 2022 è costata agli italiani qualcosa come 200 miliardi di euro (dieci finanziarie) solo di maggiori interessi sul debito pubblico.

Ho quasi concluso, Presidente. Si dice che un Premier eletto direttamente dai cittadini è più legittimato di un Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento. Oibò, ma la legittimazione in una Repubblica democratica non viene dalla Costituzione? E la Costituzione non legittima ugualmente il Premier eletto dal popolo e il Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento? La legittimazione risiede nella Costituzione per l'uno e risiede nella Costituzione per l'altro. Certo, se vogliamo valorizzare il ruolo di arbitro super partes del Presidente della Repubblica, dobbiamo anche accettare il fatto che debba essere eletto con un sistema che ne valorizzi il ruolo di unità, non certo il ruolo divisivo che esprime un capo della maggioranza, di qualsiasi maggioranza, nel momento in cui viene eletto direttamente.

La democrazia diretta alla sinistra non piace, non piace più; una volta le piaceva, ma adesso non più. Quindi ho sentito parlare di svolta autoritaria e di plebiscitarismo, e in tantissimi interventi ho sentito parlare di fascismo, ma non mi ha meravigliato. Sapete perché, colleghi? Faccio politica da un po' di tempo e regolarmente, ogniqualvolta il mio interlocutore si è trovato in difficoltà e non ha avuto più argomenti, ha tirato fuori il fascismo. (Applausi). Se il fascismo come arma dialettica non esistesse, la dovreste inventare. Qualcuno, anzi molti, siccome il fascismo non era sufficiente, hanno tirato fuori anche il Movimento Sociale Italiano. Allora, colleghi, vi invito a fare una ricerca storica, visto che qualcuno ha citato le ricerche storiche. Andate a studiarvi chi era Stanis Ruinas. (Applausi). C'è un bellissimo libro di Paolo Buchignani e si intitola «Fascisti rossi». Andate a studiare i rapporti del fascista di sinistra, Stanis Ruinas, aderente e militante della Repubblica Sociale Italiana, negli anni 1945 e seguenti, con Palmiro Togliatti e con Botteghe Oscure, per portare una quota importante di fascisti repubblicani della RSI dentro il Partito Comunista Italiano. Quelli andavano bene. Fate una bella ricerca su Stanis Ruinas e scoprirete chi erano i fascisti in camicia rossa. La storia o la studiate tutta o la lasciate perdere. (Applausi).

Parliamo del futuro. Parliamo di come migliorare le nostre istituzioni. Parliamo della nostra Costituzione, che è certamente la più bella del mondo, che certamente tutti noi sottoscriviamo dalla prima all'ultima parola, comprese le disposizioni transitorie finali, ma parliamo del futuro. È questo, infatti, che interessa agli italiani. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ALBERTI CASELLATI, ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa. Signor Presidente, vorrei ringraziare il relatore, senatore Balboni, per l'accorto e paziente lavoro degli ultimi mesi, e tutti i senatori, che ho ascoltato con attenzione e interesse, intervenuti qui oggi nel dibattito sulla riforma costituzionale; una riforma che ho affrontato muovendo da una ricognizione oggettiva e non ideologica dei problemi che affliggono la forma di governo.

In via preliminare, sento davvero il dovere di rispondere alla critica di non aver cercato fino in fondo il confronto con le minoranze sui contenuti della riforma; una critica che trovo francamente ingenerosa, alla luce dei numerosi incontri che ho personalmente tenuto con tutte le forze politiche nei mesi che hanno preceduto la formalizzazione del disegno di legge governativo.

In quelle occasioni, tutti i rappresentanti delle forze politiche di opposizione hanno chiesto di non perseguire la strada di una riforma in senso presidenziale, un mutamento che era stato ritenuto troppo radicale e che avrebbe messo a repentaglio la funzione di garanzia e terzietà del Capo dello Stato. Da molti dei partiti di opposizione è emersa la richiesta di aderire, piuttosto, alla soluzione del rafforzamento della figura del Presidente del Consiglio dei ministri.

Nonostante il nostro programma prevedesse l'opzione presidenziale, ho preso atto di queste sollecitazioni e ho orientato la proposta del Governo in questa direzione. Allo stesso modo, il confronto è proseguito in Commissione, dove sono stati accolti numerosi suggerimenti, anche provenienti dalle opposizioni. A fronte di questi fatti, semplici e conclamati, sentirsi accusati oggi, senatori Parrini e Giorgis, di aver rifiutato in maniera aprioristica il confronto lascia davvero stupefatti.

Di converso, le dichiarazioni plurime delle opposizioni dall'inizio dell'esame del testo di riforma sono state sempre inconciliabili con uno spirito costruttivo: il testo inemendabile; siamo contrari su tutto; non accettiamo l'elezione diretta; la presentazione di 2.600 emendamenti in Commissione e più di 3.000 emendamenti in Aula; nessuna proposta alternativa. Sono circostanze che si commentano da sole.

Sono stati alzati muri ideologici, per di più contraddittori. Il Partito Democratico, che si è opposto al premierato per una presunta diminuzione dei poteri del Capo dello Stato, ha poi fatto accenno al modello tedesco del cancellierato, che riduce il suo ruolo ad un esercizio meramente notarile. Il MoVimento 5 Stelle, che ha predicato il valore imprescindibile della consultazione popolare per dare risposte su ogni tema, si è opposto poi al diritto fondamentale dei cittadini di scegliere il proprio Premier.

Si è sostituita la mancanza di argomentazioni giuridiche con slogan del tipo "Barattellum tra riforma costituzionale e autonomia differenziata", fingendo di dimenticare che entrambe le riforme fanno parte del nostro programma elettorale. Fatta questa premessa, la nostra storia istituzionale ci restituisce numeri impietosi. In settantasei anni ci sono stati 68 Governi, con la durata media di quattordici mesi.

La riforma approdata in quest'Aula non è quella del e per il centrodestra: è una riforma per l'Italia. (Applausi). E se dite - come avete detto ripetutamente - che il nostro tentativo è inutile perché tanto i cittadini la bocceranno al referendum e che stiamo lavorando oggi solo per piantare bandierine e fare propaganda elettorale in vista delle elezioni europee, vuol dire che state riconoscendo direttamente che la nostra riforma costituzionale risponde alle richieste e agli interessi dei cittadini elettori. Siamo allora sulla strada giusta. È una riforma per l'Italia, che intende dare risposte a quelli che tutti - dico tutti - hanno avvertito come la zavorra più pesante per il nostro sistema istituzionale: la mancanza di stabilità degli Esecutivi e la mancanza di continuità di un indirizzo politico.

Già i Padri costituenti ne ebbero piena consapevolezza ed essa si tradusse nel famoso ordine del giorno Perassi, che restò però inattuato. Da qui i limiti e le degenerazioni dell'odierno parlamentarismo, dimostrati da quarant'anni di tentativi, da destra e da sinistra, di modificare la forma di governo. Da qui l'epiteto di malato d'Europa, affibbiato all'Italia dal giornale «The Economist», per la perenne instabilità dei Governi, per l'alta frammentazione dei partiti, per il trasformismo parlamentare, per la costante supplenza del Capo dello Stato e per il ricorso ai Governi tecnici.

Una delle cause dell'instabilità dei Governi è stata la fragilità dei poteri di direzione politica del Presidente del Consiglio. Questa riforma ne rafforza il ruolo, dotandolo di una robusta legittimazione politica che deriva dall'elezione diretta. Avete criticato la scelta di far eleggere il Presidente del Consiglio dal popolo perché comporterebbe il rischio di una deriva autoritaria, la lacerazione del tessuto costituzionale e la rottura dell'ordine repubblicano; il tutto aggravato dalla crisi dei partiti. Non la pensava così Cesare Salvi, esponente del Partito Democratico, che osservava come l'elezione diretta non potesse dar luogo a degenerazioni plebiscitarie o a pericoli per la tenuta democratica del sistema istituzionale; così come la legittimazione popolare - sosteneva sempre Salvi - era idonea a sollecitare la rivitalizzazione dei partiti. Non la pensavano così neppure i senatori del Partito Democratico Parrini e Ceccanti, che presentarono due disegni di legge nella legislatura del 2018 - quindi ieri - sull'elezione diretta del Presidente della Repubblica. Del resto, non potrebbe essere altrimenti. Con questa riforma, infatti, finalmente la Costituzione si riconcilia con il principio di sovranità popolare, perché affida agli elettori la scelta non solo dei loro rappresentanti in Parlamento, ma anche di chi li governerà.

Mi potete spiegare perché i cittadini non devono sapere e devono essere tenuti all'oscuro di chi li governerà? Il voto è la prima e la più alta forma di partecipazione alla vita democratica (Applausi), e il disallineamento tra voto degli elettori e guida del Governo è una delle cause della disaffezione politica che ha portato a un galoppante e preoccupante astensionismo dalle urne elettorali.

Noi non ci rassegniamo a considerare i cittadini figli di un Dio minore, perché siamo convinti che il popolo non abbia bisogno di un costante tutoraggio, come se fosse un bambino mai cresciuto. Siamo convinti che i cittadini debbano tornare a esercitare il potere di scelta del proprio Governo senza alcun timore di tiranni o di Cesari che sono consegnati per sempre a una storia che nessuno - dico nessuno - vuol far tornare e che non tornerà mai.

Ritenete davvero che si preservi la pienezza del dibattito democratico e del pluralismo, senatori Giorgis e Camusso, con l'abilità nel giocare l'eterno gioco dell'intrigo, il gioco del ribaltone, dei Governi tecnici? Ritenete che possa perpetrarsi ciò che è accaduto specialmente negli ultimi dieci anni e particolarmente nella scorsa legislatura, dove maggioranza e opposizione, anziché presentarsi come due schieramenti chiaramente contrapposti, hanno finito per porsi come due vasi comunicanti alla faccia della responsabilità politica nei confronti degli elettori? Se questa è la vostra proposta, la risposta che diamo attraverso la riforma è un netto no, perché il voto popolare è il faro che deve orientare la dinamica democratica, che non può e non deve risolversi in una delega in bianco consegnata al Parlamento.

Avete obiettato che questo modello di premierato sarebbe estraneo alla cultura costituzionale e sarebbe senza precedenti a livello comparato se si esclude l'esperienza israeliana. Non è così: la scelta di eleggere il Presidente del Consiglio non è un fiore spuntato nel deserto, un'innovazione incompatibile con la nostra storia repubblicana. La prospettò in seno all'Assemblea costituente Costantino Mortati, uno dei più autorevoli costituzionalisti del Novecento, protagonista assoluto del dibattito sulla forma di governo, e la difese con forza Augusto Barbera, oggi Presidente della Corte costituzionale.

Non c'è dubbio che il disegno di legge costituzionale abbia un suo tratto di originalità ed è per questo che ho più volte parlato di un premierato all'italiana. La forma di governo - come dicono insigni costituzionalisti - deve essere come un vestito che va adattato al nostro corpo sociale, un modello italiano e, quindi, più vicino alla sensibilità del nostro Paese. Ma mi chiedo e vi chiedo perché avete paura di una novità.

Non hanno avuto paura i francesi con il semipresidenzialismo, modello oggi diffuso ma anch'esso completamente inedito - come è stato detto in quest'Aula più volte - circondato da un vasto scetticismo quando fu introdotto nella Costituzione francese della Quinta Repubblica. I 12 Stati europei che vi fanno riferimento non lo hanno adottato tout-court, ma lo hanno applicato alle proprie esigenze economiche, politiche e sociali in un diverso equilibrio di pesi e contrappesi tra poteri del Capo dello Stato e poteri del Presidente del Consiglio. Anche gli Stati Uniti e la Germania hanno inventato, rispettivamente, la forma costituzionale del presidenzialismo e del cancellierato, non senza preoccupazioni, non senza critiche. Non vedo, quindi, alcun problema nel fatto che l'attuale progetto di riforma sia un unicum e che l'unica forma ad esso assimilabile sia quella sperimentata in Israele. Il modello israeliano ha fallito perché è mancato il collegamento tra elezione popolare del Premier e garanzia di una maggioranza di sostegno al Governo, che è invece il tratto qualificante del disegno di legge che oggi stiamo esaminando.

Avete criticato la riforma accostando la figura del Presidente del Consiglio eletto all'immagine di un leader solitario al comando, usando espressioni colorite come capocrazia, autocrazia elettiva e simili, che mi appaiono più adatte a uno slogan che a un punto di vista basato su argomenti giuridici. La conseguenza sarebbe quella di un Parlamento svilito, condannato ad essere piegato alla volontà del Premier, con parlamentari ridotti ad un'adunanza di militanti obbedienti e diligenti.

A sostegno dell'assunto di un Presidente del Consiglio eletto come una sorta di asso pigliatutto, la cara amica senatrice Segre fa riferimento alla legge Acerbo del 1923, che prevedeva l'attribuzione dei due terzi alla lista che avesse superato il 25 per cento dei voti validi. Ma chi si è mai sognato di scrivere una legge di questo tipo? Nella riforma si fa riferimento a un premio di maggioranza legato al principio di rappresentatività e - come è emerso nel dibattito in Commissione - non ho mai ipotizzato una soglia inferiore al 40 per cento, in sintonia con la giurisprudenza costituzionale. Non ci sarà neppure un'elezione a strascico, come piace raccontare a vari senatori: le elezioni dei due organi, Parlamento e Presidente del Consiglio, sono contestuali; le coalizioni proporranno agli elettori un programma di Governo ed un leader e liste di parlamentari. Ed è su questo pacchetto di idee e di rappresentanti che gli elettori si pronunceranno, facendo emergere dal voto un chiaro indirizzo per la legislatura. Il cantiere della legge elettorale si aprirà - come ho già detto - dopo l'approvazione in prima lettura, con l'auspicio di una maggiore fortuna nella collaborazione con le forze di opposizione.

L'elezione diretta del Premier è quella più in armonia con i poteri del Parlamento, perché attiene alla responsabilità politica. Il Premier risponde al Parlamento, sottoponendosi ai suoi poteri di controllo, fino alla rimozione da parte del Parlamento stesso; è vincolato agli indirizzi e alle risoluzioni del Parlamento; risponde meglio alle domande dei cittadini di eleggere il Governo. Sono parole non mie, ma dell'attuale presidente della Corte costituzionale, professor Augusto Barbera, che attribuisce al Parlamento un ruolo centrale, perché il Presidente del Consiglio può restare in carica per l'intera legislatura solo ed esclusivamente se gode del consenso del suo partito prima di tutto e degli altri partiti della maggioranza. Il Parlamento - come acutamente osserva la senatrice Musolino - ha quindi il potere politicamente più rilevante e significativo, che è quello di dare e revocare la fiducia e, quindi, di fare e di disfare il Governo, oltre che la possibilità di rendere difficile al Premier l'attuazione del programma per la quale si è assunto la responsabilità davanti ai cittadini.

Avete parlato di ricatto del Presidente del Consiglio, che terrebbe i parlamentari al guinzaglio in condizioni di subalternità. Mi rifiuto di pensare che questa critica sottintenda l'idea distorta di una politica politicante, dove i parlamentari eletti sarebbero costretti ad accettare tutto per mantenere la propria sedia, pur di non andare a casa. È un pensiero che respingo con forza, perché è uno schiaffo alla dignità personale e istituzionale di chi svolge un ruolo nel segno di un servizio alla comunità e non per interessi personali. (Applausi).

Non mi difetta l'attenzione per la difesa delle prerogative di queste Aule parlamentari. La crisi del parlamentarismo non comincia con questa legislatura e non può essere imputata a questa riforma. È una crisi che affonda le radici in problemi risalenti, cui hanno contribuito tutte le forze politiche che si sono succedute alla maggioranza negli ultimi anni. Mi è chiaro che in una Repubblica parlamentare come la nostra arginare la marginalizzazione del potere legislativo sia necessario, lasciando all'autonomia e all'autodeterminazione delle Camere la modifica stringente dei Regolamenti.

È avvilente poi continuare ad ascoltare la stanca litania secondo la quale la riforma mortificherebbe la figura del Capo dello Stato. Alla base di questa critica c'è un profondo fraintendimento, che riguarda il ruolo dei due Presidenti della Repubblica e del Consiglio, che si muovono su due piani diversi e non sovrapponibili nell'assetto costituzionale.

Il Presidente della Repubblica ha poteri di garanzia dei valori costituzionali e di rappresentanza dell'unità nazionale. La sua neutralità e la sua autorevolezza derivano dal fatto di non essere parte, ma di attingere la sua legittimazione dai valori della Costituzione. Le sue prerogative non sono state toccate, anzi, si sono aggiunti alla nomina anche la revoca dei Ministri e il potere solitario di firmare atti importanti che, nell'attuale sistema, condivideva con il Governo.

Il Presidente del Consiglio ha invece poteri di indirizzo politico. Certo, la riforma limita le occasioni in cui lo Stato dello Stato - come ha osservato il professor Cassese - è costretto a dilatare la fisarmonica dei suoi poteri, come accadeva finora ogniqualvolta il sistema parlamentare andava in crisi. Io per prima riconosco i molti meriti dei nostri Presidenti della Repubblica nel gestire con sapienza fasi critiche del nostro sistema politico. Il nostro compito è però evitare - come ricordava il presidente Napolitano - che quei momenti critici si ripetano. Ed è per questo che la riforma introduce per la prima volta un'articolata regolamentazione di tutte le crisi di Governo, disciplinando la responsabilità di fronteggiare le varie tensioni. E lo si deve fare proprio per salvaguardare l'autorevolezza del Capo dello Stato e metterlo al riparo dalle contingenze del Governo e dell'agone politico.

È stato evocato anche il rischio che il premio di maggioranza possa implicare una sorta di cattura degli organi di garanzia. È falso e fuorviante: la Costituzione già richiede maggioranze qualificate per l'elezione tanto dei componenti laici del Consiglio superiore della magistratura quanto dei giudici della Corte costituzionale di elezione parlamentare, maggioranze qualificate che superano il perimetro delle maggioranze politiche anche in presenza di una maggioranza parlamentare supportata da un premio.

Quanto al quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica, tutti desideriamo garantire che sia scelto in base al più ampio consenso possibile. L'emendamento accolto in Commissione che prolunga al sesto scrutinio l'applicazione della maggioranza qualificata dei due terzi manifesta proprio l'obiettivo di promuovere logiche di dialogo e di condivisione nella selezione del Capo dello Stato.

Avete detto che la riforma costituzionale serve non all'Italia, ma a distrarre l'attenzione dei cittadini dai tanti problemi che affliggono la nostra comunità. Io credo che tale affermazione sia grave e anche pericolosa: questo non è un dibattito filosofico ridotto a un'astratta contrapposizione dialettica, ma è una riforma su un tema che investe il Paese reale.

Vi rendete conto che l'instabilità ha minato la nostra credibilità, perché è difficile costruire rapporti internazionali, se cambiano continuamente i nostri rappresentanti e, quindi, il nostro indirizzo politico? Dalla stabilità dipendono la possibilità di fare impresa, la crescita economica, la fiducia dei mercati, la capacità di uno sguardo lungo verso il futuro, la pianificazione della vita delle persone e delle famiglie. (Applausi).

Presidenza del presidente LA RUSSA (ore 19)

(Segue ALBERTI CASELLATI, ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa). Nessuna riforma di quelle di cui avete parlato, che sono anche nostre priorità (sanità, fisco, scuola, infrastrutture), andrà a buon fine se cambiano continuamente le regole del gioco. L'instabilità è costata, negli ultimi dieci anni, 240 miliardi di euro di interessi sul debito pubblico (Commenti), una cifra superiore all'intero ammontare del PNRR. Sono denari, tanti, sottratti alle tasche degli italiani. Sono denari sottratti all'occupazione, sono denari sottratti agli investimenti. Questo è uno dei significati più profondi della riforma istituzionale. (Commenti).

PRESIDENTE. Senatore De Cristofaro!

ALBERTI CASELLATI, ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa. In conclusione, la riforma di cui discutiamo consolida la nostra democrazia, garantendo la stabilità delle istituzioni e rivitalizzando la dialettica politica e la rappresentatività degli organi costituzionali. Essa riavvicinerà l'Italia alle grandi democrazie europee, nelle quali le istituzioni di governo ricevono dal corpo elettorale una legittimazione di indirizzo per la sua azione nel corso della legislatura, per poi sottoporre la valutazione del proprio operato nuovamente al corpo elettorale al termine della legislatura. Tutto ciò senza intaccare le prerogative del Parlamento di legiferare, controllare e correggere quotidianamente l'indirizzo politico del Governo, né la potestà del Capo dello Stato di esercitare i propri poteri di controllo e di garanzia dell'azione di Governo, né ancora la potestà della Corte costituzionale di cassare le leggi illegittime e arbitrare i conflitti tra organi costituzionali, né l'indipendenza della magistratura dalla politica, né, infine, i poteri di controllo spettanti alle istituzioni e alle corti europee, che hanno elaborato standard pregnanti e vincolanti di rispetto dei principi della rule of law.

L'Italia si avvia dunque a divenire una democrazia efficiente e di indirizzo, presidiata da solide garanzie costituzionali. È ciò che i cittadini chiedono da molti anni ed è questo il momento di realizzarlo. (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie, senatrice Ministro. La ringrazio per il suo intervento molto chiaro.

GIORGIS (PD-IDP).Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIS (PD-IDP). Signor Presidente, colleghi senatori, colleghe senatrici, erano anni, molti anni, che non si sentivano in quest'Aula parole di tanta demagogia qualunquista e antiparlamentare. (Applausi). Però è questo lo spirito del tempo, lo sappiamo, ed è anche lo spirito che anima questo Governo e parte significativa della maggioranza che lo sostiene.

Voglio però prendere sul serio le considerazioni di chi, senza cedere all'antiparlamentarismo, pur essendo parlamentare, e senza cedere al qualunquismo, pur avendo responsabilità di governo, è entrato nel merito e ha suggerito di fermarsi e di affrontare questioni che sono rimaste aperte e che è molto difficile immaginare possano trovare soluzione nella legge ordinaria.

È emerso in Commissione - lo sanno i colleghi della Commissione - ed è emerso in questa Aula, durante la discussione generale, come i molti cittadini italiani che risiedono in un Paese estero, e che magari non hanno mai vissuto neanche una giornata della loro vita in Italia, crescano continuamente e possano diventare determinanti per l'elezione del Presidente del Consiglio... (Commenti).

PRESIDENTE. Senatore Menia!

GIORGIS (PD-IDP). ...e che ci sia nel nostro Paese un paradosso che contraddice in maniera evidente il principio di democraticità. Il paradosso consiste nello scarto sempre più significativo tra coloro che sono sottoposti alla legge, coloro che sono sottoposti all'indirizzo politico che i nostri organi costituzionali definiscono e coloro che possono partecipare alla determinazione dello stesso indirizzo politico e delle stesse leggi.

Uno dei profili essenziali del principio democratico, infatti, è quello di fare in modo che tutti possano concorrere a determinare le leggi a cui poi sono sottoposti. Noi invece ci troviamo in una curiosa situazione, in cui cresce il numero di coloro che non sono sottoposti alla nostra legge, perché non vivono in Italia e non hanno mai vissuto in Italia, e al tempo stesso cresce il numero di coloro che stabilmente vivono in Italia, lavorano e costruiscono legami, ma che, non potendo diventare cittadini, non hanno l'esercizio del diritto di voto. Insomma, noi siamo un Paese che vede ogni giorno aumentare questa forbice tra chi può eleggere i nostri organi e così, in qualche misura, concorrere a determinare l'indirizzo politico, e chi è sottoposto all'indirizzo politico e alle leggi. È un problema molto serio che il presidente Pera ci ha ricordato in quest'ultima giornata, sollecitando il Governo e la maggioranza ad affrontarlo e soprattutto ad affrontarlo in maniera seria, cosa che, a Costituzione vigente e a riforma approvata in Commissione, non è possibile fare, perché nessuna legge ordinaria sarà in grado, da sola, di risolvere questa questione.

Altro aspetto sul quale abbiamo cercato con serietà e con il massimo rigore possibile di argomentare è quello relativo al rapporto - che come abbiamo sentito adesso, secondo la Ministra, sarebbe del tutto risolto - tra garanzia del premio di maggioranza e garanzia del principio di rappresentatività. La riforma che avete scritto prevede che il Presidente del Consiglio eletto porti con sé una maggioranza parlamentare. Questo l'avete scritto in Costituzione; non avete voluto ascoltare le nostre perplessità e le critiche che hanno avanzato tutti coloro che abbiamo audito sull'impossibilità di tenere insieme la garanzia della maggioranza e la rappresentatività del Parlamento. Adesso ci venite a dire, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, che questo premio non scatterà sempre, ma se non scatta sempre state già ipotizzando una palese violazione della riforma costituzionale che avete voi stessi scritto. Allora, forse un po' più di fiducia nel Parlamento, un po' più di fiducia nell'argomentazione, un po' più di umiltà nel rispondere alle critiche e alle obiezioni che sono state sollevate consentirebbe a tutti noi di fare un migliore servizio al Paese.

Per queste ragioni, Presidente, le chiedo di non procedere all'esame degli articoli, anche perché i comizi li avete fatti, avete replicato parlando ai vostri possibili elettori. Adesso il comizio è stato fatto, facciamo in modo che questo Parlamento continui a svolgere quella che è la sua funzione e quelli che dovrebbero essere i suoi compiti. Rimandiamo la trattazione e la discussione sugli emendamenti a dopo le elezioni, sperando che ci sia un atteggiamento un po' più costruttivo e un po' più cooperativo da parte della maggioranza. (Applausi).

PRESIDENTE. Vi prego: comizi o di tutti o di nessuno.

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Signor Presidente, ho chiesto di intervenire per dichiarare il voto favorevole mio e del mio Gruppo alla proposta che ha avanzato adesso il senatore Giorgis di non passaggio all'esame degli articoli. Devo dire che le due obiezioni che ha posto adesso il senatore Giorgis mi sembrerebbero, francamente, già di per sé largamente sufficienti per fermare questa discussione adesso. I due nodi posti non hanno avuto risposte e mi dispiace doverlo dire al presidente Balboni, che sa che ho apprezzato anche il lavoro fatto in Commissione, e alla ministra Casellati. C'è poco da discutere. Due obiezioni serissime sono state poste adesso dal senatore Giorgis. La prima è quella che riguarda l'incrocio tra premio di maggioranza e rappresentatività (chiamiamolo così); la seconda è la questione gigantesca degli italiani all'estero. Con tutto il rispetto per gli italiani all'estero, è davvero incredibile pensare di poter eleggere il Presidente del Consiglio con un voto così preponderante che accade fuori dai confini nazionali, per di più purtroppo un voto che spesso avviene con modalità anche opache, come ben sappiamo e come è stato riconosciuto mille volte. Trovo davvero incredibile che, dinanzi a queste due obiezioni così circoscritte, si faccia finta di nulla e si rimandi alla legge elettorale, che peraltro non conosciamo. Questa è un'altra cosa che considero molto grave: il fatto di arrivare in prima lettura ancora al buio con la legge elettorale mi pare anch'esso un vulnus davvero incredibile. (Applausi).

Credo anche - e mi dispiace dirlo - che siano rimaste assolutamente inevase tutte le domande poste in questa lunga discussione generale, in particolare dalle senatrici e dai senatori dell'opposizione. Non è stata detta - mi dispiace dirlo anche in questo caso - nemmeno una parola sul tema di fondo che è stato sollevato, cioè sul rischio reale che venga messo in discussione l'equilibrio dei poteri. Soprattutto, trovo davvero incredibile che si continui a dire, come se fosse un disco rotto, una cosa negata nell'evidenza da questa riforma che proponete: come fate davvero a sostenere che non sono toccate le prerogative del Capo dello Stato, quando perlomeno su due questioni gigantesche (Applausi), la formazione del Governo e lo scioglimento delle Camere, che sono due tra i principali poteri che la Costituzione attribuisce al Capo dello Stato, si cerca invece una strada che stravolge questo elemento costituzionale, attorno al quale peraltro si è definito l'equilibrio istituzionale di tutti questi decenni?

A me pare che i nodi che sono stati posti siano tutti irrisolti, ma voi scegliete di andare avanti. L'abbiamo detto tante volte anche in Commissione: lo capiamo, ci sono le elezioni europee, vi interessa la propaganda, dovete portare a casa magari qualche voto sull'emendamento per alzare la bandierina; ma davvero non veniteci a dire che questa che state proponendo è una riforma condivisa.

Signora Ministra, come si fa a dire che lei ha incontrato le forze di opposizione? Non possiamo prenderci in giro. Prendere in giro noi che siamo seduti qui è una cosa, ma non può prendere in giro 55 milioni di italiani. Siete partiti da una proposta che era quella del presidenzialismo; le forze politiche che avete incontrato su quella proposta del presidenzialismo vi hanno detto che non andava bene, perché in questa fase storica non andava bene l'elezione diretta. Cosa avete fatto allora? Avete proposto una ipotesi di riforma, il premierato, che incredibilmente è ancora peggiore del presidenzialismo da cui eravate partiti, perché non prevede nemmeno quei contrappesi democratici che esistono in tutti i Paesi in cui appunto c'è il presidenzialismo. Trovo davvero incredibile che questa scelta, questa forzatura così evidente, venga proposta come una mediazione. È la ragione per cui ho detto che dinanzi a tanta protervia non c'è altra strada che quella che abbiamo scelto noi, che oggi si chiama ostruzionismo parlamentare e domani si chiamerà referendum confermativo. È stata fatta la scelta evidente da parte delle forze di maggioranza di non cercare nessun terreno possibile di confronto, anche quando da parte delle opposizioni un terreno di confronto è stato offerto ed era esattamente quello di ragionare attorno alla sfiducia costruttiva, ad elementi che potessero incidere sulla stabilità ma anche sulla rappresentanza; l'altra grande questione di cui sembra davvero che voi non vi occupiate. Non ho sentito una parola, infatti, nemmeno una anche in questa replica, su quelli che sono i grandi nodi della democrazia con la quale ci confrontiamo oggi. Nemmeno una parola sul fatto che mezzo Paese non va più a votare. Ma vi siete accorti che metà del Paese non va a votare nemmeno quando si vota l'elezione diretta del Presidente della Regione? Oppure non vi siete accorti che c'è un astensionismo gigantesco, che coinvolge ormai mezzo Paese? E voi cosa fate dinanzi a questi nodi democratici così giganteschi, che davvero colpiscono le democrazie contemporanee in un modo così clamoroso? Cercate la strada semplice della scorciatoia.

Fareste bene anche a guardare cosa sta accadendo, in questi mesi e in questi anni, anche nei Paesi dove esiste il presidenzialismo, anche con il sistema dei contrappesi. Andate a vedere come si sta lacerando una grande democrazia quale era quella degli Stati Uniti d'America, dove, per l'appunto, gli elettorati dei due diversi candidati pensano: uno, che il candidato dell'altro schieramento sia, sostanzialmente, se non incapace di intendere e di volere, ma quasi; mentre l'altro elettorato pensa che l'altro candidato sia un eversore.

Capite bene cosa significa? Ma lo capite cosa significa, in una fase storica come questa, con democrazie lacerate, espostissime a rischi di torsione antidemocratica, cosa significa insistere su un tema come quello dell'elezione diretta al tempo della crisi dei partiti e dei corpi intermedi? Ma come fate a non capire che questo è un tema gigantesco? Come si fa a citare Mortati, che parlava del premierato quando esistevano i partiti di massa, che coinvolgevano milioni di persone e che erano loro l'anticorpo e il contrappeso? Ma come si fa a non vedere la differenza gigantesca tra mondi? (Applausi).

Basta, ma veramente basta con la propaganda! Basta con la propaganda! Si farebbe meglio a dire: questa è la nostra bandierina ideologica, che ci serve per parlare ai nostri elettori, che dobbiamo motivare ad andare a votare alle elezioni europee; poi, magari, il 10 giugno ne parliamo in un altro modo. Fareste molto più bella figura.

Per tutte queste ragioni, io condivido la proposta del senatore Giorgis di non passaggio all'esame degli articoli. (Applausi).

PATUANELLI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATUANELLI (M5S). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, le ragioni di contrarietà al provvedimento in discussione le ha illustrate nel suo lungo intervento la senatrice Maiorino. Io non aggiungo altro, se non che il non passaggio agli articoli sia anche a tutela di una maggioranza che dice che sta rispettando il proprio programma elettorale. Allora, o adeguate la norma o adeguate il programma, perché dicono due cose molto diverse.

Per questi motivi, sosteniamo la proposta del senatore Giorgis e voteremo favorevolmente al non passaggio all'esame degli articoli.

PRESIDENTE. Sia il senatore De Cristofaro che il senatore Patuanelli sostengono la proposta del senatore Giorgis. La Presidenza, però, ha bisogno di capire dal senatore Giorgis qual sia la proposta. (Commenti).

La proposta è di non passare all'esame degli articoli, ma, alla fine del suo intervento, egli ha fatto riferimento al rinvio dell'esame a dopo le elezioni europee. Senatore Giorgis, lei capisce che sono due cose completamente diverse. Il non passaggio all'esame degli articoli vuol dire che il provvedimento viene annullato: è come se non ci fosse. Il rinvio, invece, è una fattispecie diversa.

Le chiedo, dunque, cortesemente, di precisare alla Presidenza qual è la natura della richiesta, che non è per nulla chiara. Visto che si pretende chiarezza, è giusto darla.

GIORGIS (PD-IDP). Signor Presidente, è giusto e la ringrazio.

Ai sensi dell'articolo 96 del nostro Regolamento, chiedo di non passare all'esame degli articoli.

PRESIDENTE. Ciò significa che, ove approvata, il provvedimento verrà annullato, ed anche tutto il lavoro fatto in Commissione. È bene che ciascuno sappia.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di non passare all'esame degli articoli, avanzata dal senatore Giorgis.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, convocazione

PRESIDENTE. Informo che è convocata la Conferenza dei Capigruppo.

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di mercoledì 22 maggio 2024

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, mercoledì 22 maggio, alle ore 10, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 19,20).

Allegato B

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Barachini, Bongiorno, Borgonzoni, Butti, Calenda, Castelli, Cattaneo, Crisanti, De Poli, Durigon, Fazzolari, Fina, Franceschelli, Garavaglia, Germana', Giacobbe, La Pietra, Marti, Mirabelli, Monti, Morelli, Nastri, Nicita, Ostellari, Paita, Rauti, Renzi, Ronzulli, Rubbia, Sbrollini, Segre, Sisto, Ternullo, Testor e Unterberger.

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Licheri Ettore Antonio, per attività dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa; Bilotti e Campione, per attività dell'Assemblea parlamentare dell'OSCE.

Commissioni permanenti, approvazione di documenti

La 3a Commissione permanente (Affari esteri e difesa), nella seduta del 14 maggio 2024, ha approvato, ai sensi dell'articolo 50, comma 2, del Regolamento, una risoluzione a conclusione dell'esame dell'affare assegnato sulla Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita all'anno 2023, anche al fine della relativa proroga per l'anno 2024, deliberata dal Consiglio dei ministri il 26 febbraio 2024 (Doc. XXIV, n. 19).

Il predetto documento è inviato al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

Disegni di legge, annunzio di presentazione

Senatrice Cosenza Giulia

Albo nazionale delle imprese storiche familiari italiane del turismo e marchio delle imprese storiche familiari italiane (1144)

(presentato in data 16/05/2024);

senatore De Carlo Luca

Modifiche alla legge 29 dicembre 2022, n. 197, in materia di riduzione degli sprechi di cibo (1145)

(presentato in data 16/05/2024);

Presidente del Consiglio dei ministri

Ministro della giustizia

Disposizioni e delega al Governo in materia di intelligenza artificiale (1146)

(presentato in data 20/05/2024).

Disegni di legge, assegnazione

In sede redigente

1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione

Sen. Borghi Enrico

Disposizioni in materia di riconoscimento del sistema delle associazioni pro loco italiane (439)

previ pareri delle Commissioni 5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio, 7ª Commissione permanente Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport, 10ª Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale, Commissione parlamentare questioni regionali

(assegnato in data 21/05/2024);

8ª Commissione permanente Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica

Dep. Foti Tommaso ed altri

Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dagli enti del Terzo settore per le loro attività (1134)

previ pareri delle Commissioni 1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione, 5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio, 10ª Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale, Commissione parlamentare questioni regionali

C.1018 approvato dalla Camera dei deputati

(assegnato in data 21/05/2024);

7ª (Cultura, istruzione) e 10ª (Sanità e lavoro)

Sen. Marti Roberto

Modifiche all'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, in materia di inclusione scolastica (1141)

previ pareri delle Commissioni 1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione, 5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio, Commissione parlamentare questioni regionali

(assegnato in data 21/05/2024).

In sede referente

1ª (Aff. costituzionali) e 2ª (Giustizia)

Gov. Meloni-I: Presidente del Consiglio dei ministri Meloni Giorgia, Ministro della giustizia Nordio Carlo

Disposizioni in materia di rafforzamento della cybersicurezza nazionale e di reati informatici (1143)

previ pareri delle Commissioni 3ª Commissione permanente Affari esteri e difesa, 4ª Commissione permanente Politiche dell'Unione europea, 5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio, 6ª Commissione permanente Finanze e tesoro, 7ª Commissione permanente Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport, 8ª Commissione permanente Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica, 9ª Commissione permanente Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare, 10ª Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale, Commissione parlamentare questioni regionali

C.1717 approvato dalla Camera dei deputati

(assegnato in data 20/05/2024).

Disegni di legge, presentazione del testo degli articoli

In data 17/05/2024 la 7ª Commissione permanente Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport ha presentato il testo degli articoli approvati in sede redigente dalla Commissione stessa, per il disegno di legge: "Istituzione del Museo del Ricordo in Roma" (1021)

(presentato in data 09/02/2024)

Affari assegnati

In data 20 maggio 2024, è stato deferito alla 9a Commissione permanente (Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare), ai sensi dell'articolo 34, comma 1, e per gli effetti dell'articolo 50, comma 2, del Regolamento, l'affare sull'artigianato di alta gamma. (Atto n. 478).

Camera dei deputati, trasmissione di documenti

Il Presidente della Camera dei deputati, con lettera in data 14 maggio 2024, ha trasmesso il documento concernente la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al controllo degli investimenti esteri nell'Unione, che abroga il regolamento (UE) 2019/452 del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2024) 23 final), approvato, nella seduta del 24 aprile 2024, dalla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) della Camera dei deputati, nell'ambito della verifica di sussidiarietà di cui all'articolo 6 del Protocollo n. 2 allegato al Trattato di Lisbona (Doc. XVIII-bis, n. 35) (Atto n. 477).

Detto documento è depositato presso il Servizio dell'Assemblea a disposizione degli Onorevoli senatori.

Governo, trasmissione di atti e documenti

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 14 maggio 2024, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 8-ter, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, che è stata autorizzata, in relazione a un intervento da realizzare tramite un contributo assegnato per l'anno 2021 in sede di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF, una variazione senza oneri aggiuntivi in ordine al progetto "Spirulina il cibo del futuro - Sostegno nutrizionale per i bambini malnutriti e le persone più fragili, in Congo, provincia di Kinshasa".

La predetta comunicazione è trasmessa alla 3a, alla 5a e alla 9a Commissione permanente.

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 14 maggio 2024, ha inviato la comunicazione concernente la proposta di nomina del professor Andrea Biondi alla carica di Avvocato generale presso la Corte di giustizia dell'Unione europea.

La predetta documentazione è deferita, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 4a Commissione permanente (Atto n. 479).

La Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 17 maggio 2024, ha inviato, ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, l'estratto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 maggio 2024, recante l'esercizio di poteri speciali, con prescrizioni, in relazione all'operazione notificata dalle società Cogne Acciai Speciali S.p.a., Mannesmann Stainless Tubes GmbH e Salzgitter Mannesmann Stainless Tubes Italia S.r.l., relativa all'acquisizione da parte di Cogne Acciai Speciali S.p.a. dell'intero capitale sociale di Mannesmann Stainless Tubes GmbH e delle sue controllate, fra le quali Salzgitter Mannesmann Stainless Tubes Italia S.r.l.

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a, alla 8a e alla 9a Commissione permanente (Atto n. 480).

Il Ministero dell'università e della ricerca, con lettera in data 17 maggio 2024, ha inviato, ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, la comunicazione concernente la nomina della professoressa Francesca Bozzano a componente del Consiglio di amministrazione dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) (n. 44).

Tale comunicazione è deferita, per competenza, alla 7a Commissione permanente.

Il Ministro della giustizia, con lettera in data 15 maggio 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19 della legge 30 giugno 2009, n. 85, la relazione - per la parte di sua competenza - sull'attività della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la medesima banca dati, relativa all'anno 2023.

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, primo comma, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a e alla 2a Commissione permanente (Doc. CLXI, n. 2).

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 17 maggio 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la relazione concernente l'attività e le deliberazioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), riferita all'anno 2023.

La predetta documentazione è deferita, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 5a Commissione permanente (Doc. CLXXVI, n. 2).

Con lettere in data 15 maggio 2024, il Ministero dell'interno, in adempimento a quanto previsto dall'articolo 141, comma 6 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ha comunicato gli estremi del decreto del Presidente della Repubblica concernente lo scioglimento dei consigli comunali di Carapelle (Foggia), Castellanza (Varese), Ortona (Chieti).

Governo, trasmissione di atti e documenti dell'Unione europea di particolare rilevanza ai sensi dell'articolo 6, comma 1, della legge n. 234 del 2012. Deferimento

Ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, sono deferiti alle sottoindicate Commissioni permanenti i seguenti documenti dell'Unione europea, trasmessi dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in base all'articolo 6, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234:

- Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo concernente l'applicazione e l'attuazione della direttiva (UE) 2018/957 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 giugno 2018, recante modifica della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (COM(2024) 320 final), alla 10a Commissione permanente e, per il parere, alla 4a Commissione permanente;

- Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla valutazione degli strumenti di finanziamento esterno dell'Unione europea per i quadri finanziari pluriennali 2014-2020 e 2021-2027 (COM(2024) 208 final), alla 5a Commissione permanente e, per il parere, alla 4a Commissione permanente.

Corte costituzionale, trasmissione di sentenze. Deferimento

La Corte costituzionale ha trasmesso, a norma dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, le seguenti sentenze, che sono deferite, ai sensi dell'articolo 139, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni competenti per materia:

sentenza n. 90 del 10 aprile 2024, depositata il successivo 20 maggio 2024, con la quale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 (Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), nella parte in cui non limita l'obbligo restitutorio dell'anticipazione della Nuova assicurazione sociale per l'impiego (NASpI) nella misura corrispondente alla durata del periodo di lavoro subordinato, quando il lavoratore non possa proseguire, per causa sopravvenuta a lui non imputabile, l'attività di impresa per la quale l'anticipazione gli è stata erogata (Doc. VII, n. 76) - alla 1a, alla 2a e alla 10a Commissione permanente;

sentenza n. 91 del 16 aprile 2024, depositata il successivo 20 maggio 2024, con la quale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 600-ter, primo comma, numero 1), del codice penale, nella parte in cui non prevede, per il reato di produzione di materiale pornografico mediante l'utilizzazione di minori di anni diciotto, che nei casi di minore gravità la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente i due terzi (Doc. VII, n. 77) - alla 1a e alla 2a Commissione permanente.

Corte dei conti, trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti

Il Presidente della Sezione del controllo sugli Enti della Corte dei conti, con lettera in data 17 maggio 2024, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, ha trasmesso la determinazione e la relativa relazione sulla gestione finanziaria di ENI S.p.A., per l'esercizio 2022.

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5ª e alla 9a Commissione permanente (Doc. XV, n. 237).

Enti pubblici e di interesse pubblico, trasmissione di atti. Deferimento

La Banca d'Italia, in data 17 maggio 2024, ha inviato, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, della legge 29 luglio 2003, n. 229, la relazione di analisi di impatto della regolamentazione (AIR) concernente "Attivazione della riserva di capitale a fronte del rischio sistemico" (n. 8).

Il predetto documento è trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 6a Commissione permanente.

Interrogazioni

SCALFAROTTO - Al Ministro della difesa. - Premesso che:

lo scorso 22 aprile Beatrice Belcuore, allieva di 25 anni della Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri di Firenze, è morta suicida all'interno della scuola, tra lo sgomento degli altri allievi, che sono stati i primi a dare l'allarme;

in data 15 maggio 2024 i genitori hanno scritto una lettera al sindacato Unarma denunciando i fatti e le vicende che hanno causato continuo stress psicofisico alla figlia all'interno della Scuola, descrivendo l'ambiente come estremamente rigido e totalitario. Nella lettera si lamenta che la figlia era costantemente insofferente al sottostare di regole poco funzionali e prive di una finalità formativa, che interessavano ogni ambito della propria vita: dal divieto di chiudere le porte delle camere, al controllo del modo di vestire in libera uscita, fino ad ordini irragionevoli come il veto di utilizzare i beauty case in bagno. Inoltre la giovane allieva riferiva ai genitori che agli studenti che conseguivano un esame con una votazione bassa non era consentito trascorrere la notte fuori dalla caserma;

tra le vicende di vessazione e angherie che Beatrice Belcuore ha dovuto subire all'interno della Scuola, la famiglia ha segnalato altresì un episodio avvenuto nell'ottobre 2023, quando il padre, anch'egli carabiniere, ebbe una discussione coi superiori della Scuola, dopo che la figlia era stata costretta a presentarsi all'adunata alle 6.15 del mattino nonostante avesse il COVID e pesanti sintomi influenzali;

sulla Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri di Firenze erano già emerse nei mesi scorsi segnalazioni di abusi e sopraffazione da parte dei superiori agli allievi: in due esposti alla magistratura militare e civile presentati dal sindacato dei carabinieri Unarma, sono stati denunciati presunti "abusi e violazioni", che sarebbero avvenuti all'interno della Scuola, al punto da spingere circa sessanta allievi a rinunciare al percorso formativo professionale. I presunti episodi di soprusi denunciati, fortemente incompatibili con un ambiente salubre e formativo, appaiono profondamenti lesivi della libertà e della privacy degli studenti, come il controllo costante dei messaggi whatsapp, la perquisizione delle valigie e oggetti personali e prove fisiche punitive del tutto inutili e immotivate;

le violenze denunciate dalla famiglia di Beatrice Belcuore, che potrebbero aver portato al tragico suicidio, sono profondamente inaccettabili e dolorose. Le strutture finalizzate alla formazione di giovani agenti dell'Arma dei carabinieri dovrebbero essere luoghi di sicurezza e di esemplare rispetto dei diritti costituzionali, invece di diventare teatri di presunti episodi di violenza e persecuzioni tali da arrecare agli studenti sofferenze indicibili e ingiustificate,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda adottare per assicurare il ricorso a tutti i mezzi di accertamento, al fine di fare chiarezza sulla tragica morte di Beatrice Belcuore;

se, alla luce del tragico avvenimento descritto in premessa e dei suddetti esposti presentati dal sindacato dei carabinieri Unarma, non intenda disporre l'invio di un'ispezione alla Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri di Firenze, al fine di fugare ogni incertezza circa la gestione degli studenti all'interno della Scuola e di verificare se vi sono stati episodi di violenza e soprusi nei confronti degli allievi, come denunciati dagli esposti, del tutto incompatibili con i valori sanciti nella nostra Costituzione.

(3-01153)

BAZOLI, MIRABELLI, ROSSOMANDO, VERINI - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:

la situazione delle carceri italiane è sempre più grave;

secondo quanto evidenziato dall'ultimo "Rapporto Antigone" al 31 marzo 2024 le persone detenute erano 61.049 (2.619 donne, pari al 4,3 per cento, 19.198 stranieri, pari al 31,3 per cento), a fronte di una capienza ufficiale di un massimo di 51.178 posti;

i tassi di affollamento a livello regionale raggiungono il massimo in Puglia (152,1 per cento). Seguono la Lombardia (143,9 per cento) ed il Veneto (144,4 per cento);

questi dati fanno comprendere quanto sia tragica la vita nelle carceri italiane, come si evidenzia anche dal terribile numero di suicidi, che al 15 aprile 2024 erano già pari a trenta persone;

in questo quadro allarmante, desta particolare preoccupazione la situazione del penitenziario "Nerio Fischioni" di Canton Mombello (Brescia);

durante l'iniziativa nazionale sull'emergenza carceraria organizzata dal Partito Democratico, il primo firmatario del presente atto, assieme all'onorevole Girelli, ha visitato il predetto istituto penale, dove ha riscontrato un sovraffollamento intollerabile;

infatti, attualmente sono detenute 385 persone, mentre la capienza ordinaria è fissata in 189, anche se viene considerato "tollerabile" un limite di 291 persone. Tra i detenuti risultano esserci 220 tossicodipendenti e 150 con problemi di natura psichiatrica;

le condizioni di vita di queste persone che sono in custodia dello Stato appaiono palesemente inidonee a garantire una minima condizione di dignità, in palese contrasto con il dettato costituzionale di cui all'articolo 27;

gli interroganti hanno potuto vedere come alcuni detenuti siano costretti a vivere in minuscole celle, con letti a castello a tre piani e con un bagno alla turca che funge anche da cucinotto;

la situazione dei detenuti si riflette inevitabilmente sulle condizioni di vita e lavoro degli agenti di custodia e degli altri responsabili del carcere, che si trovano ogni giorno ad affrontare situazioni tragiche, anche per la scarsità di personale attualmente a disposizione della struttura, con anche gravi conseguenze per quel che riguarda la sanità penitenziaria;

inoltre, desta preoccupazione il continuo aumento della popolazione carceraria, che si sta riavvicinando ai numeri che portarono alla condanna dell'Italia da parte della CEDU con la nota sentenza Torrigiani;

la situazione è evidentemente peggiorata dalla linea adottata dal Governo Meloni, che non fa altro che aumentare reati e pene detentive, con effetti che non sono quelli di una maggiore sicurezza, ma di condizioni di detenzione sempre peggiori che rendono facilmente prevedibile la reiterazione dei reati da parte di molti di coloro che sono entrati in carcere magari per un piccolo reato;

in merito all'istituto penitenziario bresciano appare inaccettabile l'idea che sembra farsi avanti nel Governo di creare un nuovo padiglione a Verziano, senza però la necessaria chiusura della struttura di Mombello, evidentemente irrecuperabile,

si chiede di sapere:

quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda intraprendere per affrontare in tempi rapidi il gravissimo problema del sovraffollamento carcerario e per favorire il reinserimento dei detenuti nella società e quali iniziative intenda, altresì, intraprendere per rafforzare il personale presente nelle carceri, integrandone anche il trattamento economico;

se non ritenga opportuno destinare i 50 milioni di euro previsti per il nuovo carcere di Verziano alla costruzione, invece, di un padiglione sufficiente ad ospitare tutti i detenuti del "Nerio Fischioni", in modo da condurre in tempi rapidi alla dismissione definitiva di questa struttura, consentendo in tal modo alla nuova struttura di conservare le attrezzature e le aree idonee a garantire un trattamento coerente con le finalità rieducative della pena.

(3-01155)

D'ELIA, CAMUSSO, CRISANTI, GIACOBBE, ROJC, TAJANI, VALENTE, VERDUCCI, ZAMBITO - Al Ministro della salute. - Premesso che:

l'articolo 15 della legge 22 maggio 1978, n. 194, prevede che le regioni, d'intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovano l'aggiornamento del personale sanitario "sull'uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza";

tuttavia, a quindici anni dalla possibilità di ricorrere, nel nostro Paese, alla procedura farmacologica per l'interruzione volontaria della gravidanza (IVG), questa non è ancora pienamente accessibile a tutte le donne;

il 12 agosto 2020, il Ministero della salute ha diffuso la circolare sull'aggiornamento delle Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine, passate al vaglio del Consiglio Superiore di Sanità, che il 4 agosto ha espresso parere favorevole al ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico con le seguenti modalità: fino a 63 giorni pari a 9 settimane compiute di età gestazionale e presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all'ospedale ed autorizzate dalla Regione, nonché consultori, oppure day hospital;

come sottolineato nella suddetta circolare del 12 agosto 2020: "Successivamente al parere del Consiglio superiore di sanità, è stata emanata la Determina n. 865 del 12 agosto 2020 dell'Agenzia Italiana del Farmaco "Modifica delle modalità di impiego del Medicinale Mifegyne a base di mifepristone (RU486) " nella quale vengono superate le precedenti limitazioni (…). Con la nuova Determina AIFA, risulta annullato il vincolo relativo all'utilizzo del farmaco Mifegyne in regime di ricovero dal momento dell'assunzione del farmaco fino alla conclusione del percorso assistenziale";

secondo le citate Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine, la procedura farmacologica prevede che per il 1° giorno "l'accesso ambulatoriale/ ricovero in day hospital" che si conclude con l'"invio a domicilio della paziente dopo 30 minuti dalla somministrazione del mifepristone" e per il 2° giorno "La donna è a domicilio. Si raccomanda alla donna di contattare il servizio cui si è rivolta (consultoriale o ospedaliero) in caso di necessità";

il 4 agosto 2020, il Consiglio superiore di sanità aveva evidenziato come: "Nel Nostro Paese il ricorso all'aborto farmacologico varia molto da Regione a Regione sia per quanto riguarda il numero di interventi che per il numero di strutture che lo effettuano (Ministero della Salute, 2019). Valori percentuali e più elevati si osservano nell'Italia Settentrionale in particolare4 in Piemonte (44,1 % di tutte le IVG nel 2018), Liguria (38%), Emilia Romagna (36,9), Toscana (29,3%) e Puglia (27,8). Queste percentuali aumentano se si considerano solo le IVG effettuate entro 7 settimane di gestazione (epoca gestazionale massima in cui si raccomanda, ad oggi, di usare questa metodica in Italia), con un intervento su sue fatto con tale metodica; dalla raccolta dati ad hoc effettuata nel 2010/2011 si era rilevato che, sebbene la gran parte delle Regioni e delle strutture avessero adottato come regime di ricovero quello ordinario con l'ospedalizzazione, molte donne (76%) hanno richiesto la dimissione volontaria dopo la somministrazione di mifepristone o prima dell'espulsione completa del prodotto abortivo, con successivi ritorni in ospedale per il completamento della procedura (Ministero della sSalute, 2019). Comunque nel 95% dei casi queste donne sono tornate al controllo nella stessa struttura. Inoltre nel 96,9%dei casi non vi era stata nessuna complicazione immediata e la necessità di ricorrere per terminare l'intervento isterosuzione o per revisione della cavità uterina si era presentata nel 5,3%dei casi. Anche al controllo post dimissione nel 92,9 % dei casi non era stata riscontrata nessuna complicanza (Ministero della Salute, 2019). Questi dati sono simili a quanto rilevato in altri Paesi e a quelli riportati in letteratura e sembrano confermare la sicurezza di questo metodo (Ministero della Salute, 2019)";

ed ancora: "(…) il mifepristone può essere somministrato, sia in Consultorio che nell'Ambulatorio ospedaliero dedicato al momento del primo accesso. (…) Dopo la somministrazione di mifepristone la donna può essere rinviata a casa";

ciò nonostante, nella maggior parte delle regioni le suddette modalità non sono consentite;

ciò contrasta non solo con il principio dell'appropriatezza delle prestazioni sanitarie secondo il quale, come riportato dall'allegato 2C del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 - Definizione dei livelli essenziali di assistenza, sono "inappropriati i casi di ricovero ordinario o in day hospital che le strutture sanitarie possono trattare in un diverso setting assistenziale con identico beneficio per il paziente e con minore impiego di risorse", ma soprattutto con il diritto delle donne a poter ricorrere a una procedura riconosciuta e disciplinata dall'ordinamento,

si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, affinché le Regioni garantiscano l'attuazione di quanto previsto dalle Linee di indirizzo del Ministero della salute sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine.

(3-01156)

CASTIELLO - Al Ministro della cultura. - Premesso che:

la certosa di San Lorenzo di Padula è sita nel Vallo di Diano, area interna della provincia di Salerno, il cui sistema economico si fonda, oltre che sull'attività primaria manifatturiera, su quella turistico-culturale;

la certosa di San Lorenzo è il più grande monumento certosino d'Europa;

l'accesso ai visitatori è interdetto il martedì di ogni settimana per i turni di riposo del personale; tale chiusura è fonte di accese polemiche da parte degli operatori turistici che, con l'inizio della primavera, la ritengono inaccettabile, considerato l'aumento delle gite scolastiche e l'incremento dell'afflusso turistico in genere che si registra, come è noto, proprio in questa stagione; la mancata apertura della certosa anche il martedì provoca la perdita di una preziosa opportunità per il settore turistico; è degli scorsi giorni la notizia, diffusa da organi di stampa, dell'arrivo di tre pullman ognuno con 54 turisti a bordo che, giunti di martedì, hanno dovuto invertire la marcia per la chiusura del monumento;

il tentativo di estendere l'apertura della certosa a tutti i giorni della settimana si trascina da tempo senza ricevere risposte concrete da parte del Ministero della cultura; l'accoglimento di tale richiesta risponderebbe all'interesse generale di migliorare l'offerta turistica in funzione dello sviluppo economico del territorio che, in quanto area interna, deve essere oggetto di particolare attenzione,

si chiede di conoscere se il Ministro in indirizzo sia al corrente della situazione e quali misure intenda adottare affinché l'accesso dei visitatori alla certosa di San Lorenzo possa aver luogo tutti i giorni della settimana.

(3-01157)

TURCO - Ai Ministri delle imprese e del made in Italy, del lavoro e delle politiche sociali, dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:

Leonardo S.p.A., presente in Puglia con tre divisioni, aerostrutture tra Grottaglie (Taranto) e Foggia, elicotteri a Brindisi ed elettronica per la Difesa a Taranto, è una società pubblica italiana che occupa circa 3.000 dipendenti, pari all'84 per cento del totale della forza lavoro impiegata nella manifattura ad alta tecnologia della regione;

all'interno di Leonardo, nell'attuale situazione di riorganizzazione industriale rispetto alle attività civili del trasporto aereo, stanno provocando particolari problemi le difficoltà di consegna dei prodotti già finiti nella Divisione aerostrutture, con ricadute complesse per lo stabilimento di Grottaglie, che rendono meno positivi i risultati economici;

il 12 marzo 2024 il Gruppo Leonardo ha presentato il piano industriale prospettando una situazione positiva dal punto di vista economico e finanziario, una crescita generalizzata degli indicatori economici ed occupazionali in tutte le divisioni, con la sola esclusione di quella aerostrutture;

il sito di Grottaglie risulterà interessato da un ridimensionamento delle attività produttive, con conseguente rischio per il futuro lavorativo degli oltre 1.500 occupati sia diretti che dell'indotto;

considerato che:

la committente principale Boeing sta vivendo un nuovo periodo di difficoltà, che ricade inevitabilmente a livello produttivo in particolar modo sullo stabilimento di Grottaglie, a rischio di fermata a causa del rallentamento della produzione, con conseguente accumulo di oltre 40 fusoliere, prodotte, stoccate e non ancora ritirate dalla stessa Boeing;

per Grottaglie l'obiettivo prioritario da raggiungere resta il superamento della mono committenza legata al Boeing 787, attraverso la diversificazione della produzione, anche nell'interesse delle tante aziende dell'indotto che gioverebbero dell'avvio di nuove attività;

mentre altri siti vedono una ripresa, Grottaglie registra il quinto anno di crisi indotta dal ridotto sfruttamento della capacità produttiva che ha costretto l'impresa a mandare in trasferta circa duecento lavoratori;

lo stesso amministratore delegato di Leonardo, l'8 maggio 2024, nel corso dell'Osservatorio strategico con i sindacati, ha dichiarato che è probabile uno slittamento del punto di pareggio economico a dopo il 2025 a causa di possibili riduzioni delle commesse dell'aeromobile 787 provenienti dalla Boeing, da tempo in difficoltà, la cui frenata potrebbe determinare un impatto negativo per Leonardo e per il bilancio di aerostrutture;

da parte della società, secondo quanto riferito dai sindacati, non c'è stata neanche la volontà di discutere delle criticità dello stabilimento di Grottaglie, che impatterà inevitabilmente sui volumi produttivi e di conseguenza sulla gestione organizzativa delle attività;

ritenuto che:

vi è la necessità di una diversificazione dei prodotti e dei committenti, attraverso l'identificazione di nuove commesse e prospettive industriali strutturali e definitive, che possano in questo modo liberare dal gioco della mono committenza il sito di Grottaglie;

è fondamentale avere un quadro generale più chiaro dal punto di vista industriale, occupazionale e degli investimenti opportuni, così da non essere in balia di scelte di altri soggetti industriali che con la loro politica possano mettere a repentaglio la tenuta economica e industriale della Divisione aerostrutture e di conseguenza del gruppo Leonardo;

la situazione potrebbe diventare ancora più drammatica per i lavoratori dell'indotto, già provati dal massiccio utilizzo degli ammortizzatori sociali (CIGO/CIGS) negli anni di fase pandemica, che rischiano, quindi, di vivere un periodo di totale incertezza e instabilità lavorativa,

si chiede di sapere:

se sia nelle intenzioni dei Ministri in indirizzo pronunciarsi, per quanto di competenza, sulle prospettive industriali che si delineano per il futuro delle aerostrutture in Italia e, in particolare, per il sito di Grottaglie;

se si intenda valutare la possibilità di rivedere l'organizzazione delle divisioni di Leonardo al fine di migliorare la situazione delle aerostrutture, come quella dello stabilimento di Grottaglie, che rischia di continuare a versare in una situazione di crisi irreversibile;

quali iniziative, in favore delle aerostrutture, si intenda intraprendere a salvaguardia dei livelli di occupazione diretta e dell'indotto, al fine di rilanciare il sito di Grottaglie.

(3-01158)

D'ELIA, MALPEZZI, RANDO, VERDUCCI, ALFIERI, BAZOLI, CAMUSSO, FRANCESCHELLI, FURLAN, MARTELLA, NICITA, ROJC, TAJANI, ZAMBITO - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Premesso che:

il 28 aprile 2024 la trasmissione "Report" ha mandato in onda un servizio intitolato "Il pezzo di Carta", dal quale è emersa una rappresentazione preoccupante del sistema delle "università telematiche";

in particolare, il servizio ha posto in evidenza le pratiche poco trasparenti messe in atto da molte università telematiche allo scopo di facilitare il conseguimento della laurea da parte degli iscritti, facendo sorgere così più di un dubbio sulla qualità dei titoli di studio rilasciati;

come emerso dall'inchiesta, il materiale didattico da studiare è estremamente ridotto e circoscritto alle mere nozioni di base, a totale discapito della qualità dell'insegnamento. Gli esami seguono la configurazione del "quiz a risposta multipla" e sono preceduti da sessioni di "simulazione d'esame" dove lo studente può imparare a memoria le risposte che dovrà dare all'esame;

secondo quanto è emerso, l'atteggiamento delle commissioni d'esame è estremamente indulgente e incline a promuovere il candidato con il minimo dei voti, seppur impreparato;

sulle tesi di laurea non vigerebbe alcun controllo per cui per la maggior parte gli elaborati non sarebbero originali, ma frutto di "copia e incolla" di testi acquistabili in rete, così come le risposte d'esame sarebbero acquistabili, a costi esigui, sulle piattaforme di messaggistica istantanea come "Whatsapp" e "Telegram";

l'articolo 1, comma 721, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, stabilisce che l'attività di formazione universitaria, anche quando posta in essere da enti privati, è considerata "esercizio di funzioni statali" e pertanto non può e non deve seguire le logiche di una società commerciale, mentre appare evidente come per la maggior parte le università telematiche italiane agirebbero, a tutti gli effetti, come imprese orientate al profitto, i cui utili non sono reinvestiti nelle attività universitarie al fine di migliorare la qualità dell'offerta formativa, ma ridistribuiti sotto forma di dividendi ai soci e alle loro partecipate;

in assenza di una maggiore regolamentazione, l'avvento dilagante delle università telematiche, figlie di modello di istruzione improntato sull'immediatezza, dove la qualità dell'insegnamento è subordinata alla logica del profitto e il percorso di studio assume una valenza unicamente utilitaristica, rischiano di assestare un colpo fatale ad un sistema di istruzione pubblica già duramente provato da anni di tagli e precarietà;

considerato che:

il 17 aprile 2024, ha ottenuto risposta al Senato un'interrogazione a risposta immediata sullo stato di adeguamento delle università telematiche agli standard previsti in materia di qualità della didattica;

in sede di replica all'interrogante, prima firmataria dell'interrogazione 3-01082, la Ministra in indirizzo ha affermato che "le università telematiche non sono un pezzo di mondo universitario che si muove in un far west di assenza di regole e controlli. I percorsi di studio delle università telematiche sono decisamente controllati e accreditati dal Ministero che mi onoro di rappresentare e soprattutto soggetti, come le altre università, come le università in presenza, alla valutazione dell'ANVUR, che è l'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca";

a quanto pare, non è così e le preoccupazioni riguardo alle criticità denunciate lo scorso mese sono sempre attuali e, purtroppo, "la qualità dell'offerta formativa" delle università telematiche di cui parlava la Ministra in replica è ben lungi dall'essere garantita,

si chiede di sapere:

quali azioni la Ministra in indirizzo intenda intraprendere, al fine di assicurare una più rigorosa ed efficace regolamentazione a tutela di un'offerta formativa di qualità in relazione al sistema universitario legato ai corsi telematici e agli atenei for profit;

quale sia, in particolare, lo stato di adeguamento delle università telematiche agli standard previsti in materia di qualità della didattica e quali siano i criteri di valutazione e le misure da assumere o assunte per assicurare tale adeguamento.

(3-01159)

TREVISI, NATURALE, LICHERI Sabrina, DI GIROLAMO - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e per la pubblica amministrazione. - Premesso che:

secondo l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2023, in vigore dal 14 luglio 2023, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29 giugno 2023, che ha modificato il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici stabilendo nuove regole a riguardo dell'uso di dispositivi e servizi elettronici, la posta elettronica istituzionale vale come documento amministrativo del dipendente che è, dunque, responsabile del contenuto delle e-mail. Il decreto presidenziale n. 81 del 2023 aggiunge al precedente decreto del Presidente della Repubblica n. 62 del 2013, l'articolo 11-bis, rubricato «utilizzo delle tecnologie informatiche», occupandosi del servizio di posta elettronica. In particolare, il comma 3 dell'articolo citato attribuisce al dipendente pubblico la responsabilità del contenuto dei messaggi inviati con il servizio di posta elettronica;

considerato che, a quanto risulta agli interroganti:

la USB (Unione sindacale di base) pubblico impiego-INPS ha da mesi paventato delle irregolarità, attenzionate con un comunicato diramato anche attraverso il proprio sito internet, rispetto ai comportamenti dei vertici dell'ente della sede INPS di Lodi;

in particolare, la USB della sede INPS di Lodi in data 16 febbraio 2024 chiedeva un incontro al dott. Pece in occasione dell'assemblea convocata per il giorno 21 febbraio 2024. In data 20 febbraio 2024 il dott. Pece rispondeva alla USB di sede dalla casella di posta istituzionale con una mail che inviava per conoscenza a tutto il personale della sede e al direttore regionale, dott. Elio Rivezzi. Il direttore dell'INPS di Lodi nella mail non si limitava a rispondere alla richiesta d'incontro avanzata dalla USB, ma utilizzava lo strumento di comunicazione istituzionale per accusare la USB di volere per i propri delegati una valutazione individuale massima, riguardo al sistema di misurazione e valutazione della performance, riferendosi nello specifico ai quattro delegati RSU eletti nella lista della USB, venendo così meno anche agli obblighi di riservatezza nei confronti dei singoli lavoratori;

la mail inviata dal direttore di Lodi a tutto il personale di sede e al direttore regionale finisce per essere uno strumento di delegittimazione della USB, accusata di non meglio precisati "iniqui atti di violenza morale", o di utilizzare "il frusto canone della violenza verbale e morale che cerca di generare argomenti; canone degno al limite di un trivio, ma non di una Sede INPS". Non è ben chiaro a cosa si riferisca il direttore di Lodi con tali accuse, se non a tre volantini della USB pubblicati successivamente alla consegna delle schede intermedie di valutazione del 2023 avvenuta a novembre dello stesso anno;

i toni dei volantini della USB sono di critica nei confronti dell'operato del direttore della sede, ma rientrano in quella dialettica, a volte aspra, che caratterizza le relazioni sindacali, mentre il dott. Pece utilizzerebbe la posta elettronica istituzionale nella richiamata occasione a fini personali, per delegittimare la USB agli occhi dei lavoratori con argomentazioni non veritiere, arrivando anche a lanciare non troppo velate minacce ai lavoratori che osano contestare il sistema di valutazione;

la stessa USB, in seguito all'accaduto, in data 1° marzo 2024 inviava alla dirigente dell'Ufficio procedimenti disciplinari e della responsabilità amministrativa dell'INPS, e, per conoscenza, al direttore generale dell'INPS, una PEC, con la quale si segnalava l'utilizzo improprio della posta elettronica istituzionale da parte del direttore della sede INPS di Lodi, ai fini della valutazione dell'apertura di un procedimento disciplinare;

la nota di segnalazione della USB all'Ufficio Disciplina dell'INPS e, per conoscenza, al direttore generale, si concludeva con un richiamo circostanziato alle sanzioni previste dal regolamento di disciplina per il personale dell'INPS con qualifica dirigenziale e alla norma di legge riguardante l'obbligo all'imparzialità della valutazione da parte del dirigente;

in data 11 marzo 2024, con nuova mail certificata, la USB inviava alla dirigente dell'Ufficio procedimenti disciplinari e della responsabilità amministrativa dell'INPS e, per conoscenza, al direttore generale un'integrazione rispetto alla problematica già comunicata con la segnalazione inviata il 1° marzo;

infine, con PEC, inviata al direttore generale INPS, e alla dirigente dell'Ufficio procedimenti disciplinari e della responsabilità amministrativa, la USB in data 25 marzo 2024 segnalava l'inerzia del direttore regionale INPS della Lombardia, il quale, pur a conoscenza dei contenuti della mail del direttore di Lodi fin dal 20 febbraio 2024, in quanto destinatario per conoscenza della mail, non aveva ritenuto di aprire alcun procedimento disciplinare nei suoi confronti. L'art. 11, comma 1, lettera d) del Regolamento di disciplina per il personale dell'INPS con qualifica dirigenziale, prevede la sanzione del licenziamento con preavviso in caso di mancato esercizio o decadenza dell'azione disciplinare;

nella stessa mail del 25 marzo 2024 la USB sottolineava che l'art. 16 del più volte citato Regolamento di disciplina stabilisce che l'azione disciplinare nei confronti dei dirigenti generali debba essere attivata dal direttore generale, mentre quella nei confronti dei dirigenti di seconda fascia sia responsabilità del dirigente dell'Ufficio procedimenti disciplinari. Pertanto, in caso di inerzia nei confronti delle infrazioni commesse dal direttore della sede di Lodi e dal direttore regionale INPS della Lombardia sono chiamati a risponderne rispettivamente la dirigente dell'Ufficio Disciplina e il direttore generale. Nel frattempo, il direttore generale dell'INPS, in data 15 aprile 2024 ha rassegnato le dimissioni per passare al Ministero del lavoro ed è stato nominato direttore generale facente funzioni dell'INPS il dott. Antonio Pone;

considerato infine che ad oggi, a quanto risulta agli interroganti, la USB non ha avuto riscontri in merito alle segnalazioni inviate e si ritiene ragionevolmente che non sia stato attivato alcun procedimento disciplinare nei confronti del direttore di Lodi, e del direttore regionale Lombardia,

si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intendano adottare, per quanto di loro competenza, qualora si accertassero gravi violazioni.

(3-01160)

SIRONI, LICHERI Sabrina - Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. - Premesso che:

secondo quanto riportato il 12 maggio 2024 dalla testata "unionesarda.it" nelle scorse settimane sono arrivati nel porto di Cagliari venti container da 36 tonnellate, ciascuno contenente scarti di lavorazione dell'acciaieria Arvedi di Cremona;

si sarebbe dovuto trattare di normali polveri industriali destinate allo stabilimento Portovesme S.r.l. del gruppo Glencore International, che è attualmente l'unico produttore di zinco e piombo in Italia;

durante il trasporto il presidio radiometrico ha segnalato un'anomalia in un primo container, che è comunque arrivato a Portovesme, frazione del comune di Portoscuso (Sud Sardegna), rilevando la presenza di sostanze radioattive e attivando le procedure di sicurezza per il sospetto che l'intero carico dei venti container potesse essere contaminato da sostanze radioattive come il Cesio 137;

a seguito dell'intervento dei tecnici dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Sardegna (ARPAS) e del Nucleo N.B.C.R. (Nucleare-Biologico-Chimico-Radiologico) dei Vigili del fuoco, è emerso che ben otto container su venti risulterebbero contaminati da sostanze radioattive;

in base a quanto riportato dalla testata on line si tratterebbe di Cesio 137, un vero e proprio pericolo biologico-radioattivo a medio termine, dato che la sua "potenzialità" è di circa 30 anni. Una sostanza dagli effetti devastanti che si concentra nei muscoli e che comporta un aumento del rischio di incidenza del letale cancro del pancreas;

a quanto risulta alle interroganti non sarebbe il primo caso di rifiuti radioattivi giunti in Sardegna in assenza di adeguati controlli prima dell'invio,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

se, ed eventualmente in che modo e con quali tempi, intenda attivarsi, anche di concerto con le Regioni e gli Enti locali, al fine di incrementare e migliorare l'efficacia e l'efficienza dei controlli relativi ai livelli di radioattività dei rifiuti, onde evitare rischi per la sicurezza nel trasporto, nonché problemi di gestione per il territorio di destinazione.

(3-01161)

Interrogazioni orali con carattere d'urgenza ai sensi dell'articolo 151 del Regolamento

BAZOLI, MARTELLA, BASSO, CRISANTI, CAMUSSO, D'ELIA, FURLAN, LA MARCA, MALPEZZI, MANCA, MISIANI, PARRINI, RANDO, ROJC, SENSI, TAJANI, VERDUCCI, VERINI - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:

l'8 aprile 2024, nel Comune di Maserà di Padova, è stata presentata dai consiglieri comunali di minoranza una mozione per conferire la cittadinanza onoraria a Giacomo Matteotti e, contestualmente, per chiedere di ritirare quella concessa a Mussolini il 18 maggio 1924;

il Sindaco del Comune, Gabriele Volponi, ha motivato il suo rifiuto rispetto ad entrambe le richieste, affermando che non sta lui riscrivere la storia, cancellando una decisione presa cento anni fa dagli amministratori suoi concittadini, e l'impossibilità procedurale di attribuire la cittadinanza post mortem;

come evidenziato in una lettera aperta inviata al Sindaco dallo storico Mimmo Franzinelli: «Per cambiare o non cambiare la storia bisogna anzitutto conoscerla, e rispettarla. Le cittadinanze onorarie concesse nel maggio 1924 da 6.694 Comuni italiani al duce furono il risultato delle direttive e delle pressioni impartite dal Governo Mussolini a prefetti e rete periferica del PNF per lanciare il culto della personalità del "Capo", con colossale operazione propagandistica»;

a riprova di quanto evidenziato da Franzinelli basti pensare al fatto che molte città abbiano provveduto a revocare tale onorificenza: prime fra tutte, dopo la ritirata tedesca, le città di Napoli e di Matera;

considerato che:

a seguito delle imbarazzanti dichiarazioni del Sindaco, è stata prontamente organizzata dal Gruppo consiliare Comunità e territori e dall'ANPI di Maserà-Albignasego-Casalserugo la presentazione del libro di Mimmo Franzinelli "Matteotti e Mussolini. Vite parallele dal socialismo al delitto politico", richiedendo a tal scopo la disponibilità del salone della Casa delle Associazioni per il 21 maggio;

con una lettera inviata in data 9 maggio il Sindaco ha negato la disponibilità della sala con due ordini di motivazioni, nello specifico il fatto che nella medesima serata fosse presente nel territorio comunale un evento organizzato già nei primi giorni di aprile e che: "Come indicato da autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e dal Comitato Regionale per le comunicazioni è vietato lo svolgimento di attività che possano fornire contenuti informativi non neutrali";

in particolare, la seconda motivazione appare, come di tutta evidenza, un vero e proprio veto nei confronti di un'iniziativa culturale già presentata in numerose città e programmata in diverse altre senza che mai le diverse amministrazioni locali abbiano posto alcun divieto;

lo storico e l'ANPI hanno quindi deciso di presentare il libro in piazza a Maserà il 21 maggio, facendo richiesta di occupazione di suolo pubblico;

rilevato, inoltre, che:

la legge 10 luglio 2023, n. 92 celebra la figura di Giacomo Matteotti nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte, promuovendo e valorizzando la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero in ambito nazionale e internazionale nel quadro delle finalità di salvaguardia e promozione del patrimonio culturale, storico e letterario della Repubblica;

non si capisce dunque perché un'iniziativa che si inserisce a pieno titolo nell'ambito delle iniziative indicate dalla predetta legge n. 92 del 2023 debba essere intesa come "attività dai contenuti informativi non neutrali",

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali siano le sue valutazioni in merito;

quali iniziative necessarie e urgenti intenda intraprendere al fine di garantire il rispetto delle celebrazioni, di cui alla citata legge n. 92 del 2023, oltre che il rispetto del dettato costituzionale di cui all'articolo 21 in materia di libertà di manifestazione del pensiero, che appare palesemente compromesso dal divieto imposto del Sindaco del Comune di Maserà di Padova.

(3-01154)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

MALPEZZI, ALFIERI, BAZOLI, MIRABELLI, MISIANI, TAJANI, BASSO, CAMUSSO, CRISANTI, D'ELIA, FURLAN, LA MARCA, MANCA, MARTELLA, PARRINI, RANDO, ROJC, SENSI, ZAMBITO - Ai Ministri per la protezione civile e le politiche del mare e dell'ambiente e della sicurezza energetica. - Premesso che:

tra il 1980 e il 2022, secondo gli ultimi dati di uno studio CENSIS-Confcooperative, i cambiamenti climatici hanno provocato danni in Italia per 111 miliardi: 57,1 miliardi di euro per alluvioni, 30,6 miliardi per ondate di calore, 15,2 miliardi di euro per le precipitazioni, 8,2 miliardi per siccità, incendi boschivi e ondate di freddo;

si tratta di cifre che crescono esponenzialmente con il passare degli anni: si tratta di 42,8 miliardi solo dal 2017 al 2022, mentre nel 2022 17 miliardi di euro (lo 0,9 del PIL);

secondo le ultime indagini salgono a 94 su 100 i comuni italiani a rischio dissesto idrogeologico ed erosione costiera nel 2021, in tutto 7.423. Un aumento che si riflette sia sulle aree potenzialmente soggette a frane (aumento del 4 per cento sul 2017), sia su quelle esposte ad alluvioni (incremento del 19 per cento). Se il pericolo riguarda quasi l'intera penisola, sono in aumento anche le zone di massimo rischio. In tutto, sono 8 milioni gli italiani che vivono su territori particolarmente vulnerabili;

in questo contesto va segnalato come il Governo Meloni abbia praticamente dimezzato i fondi disponibili per il contrasto al dissesto idrogeologico. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza originariamente prevedeva infatti 2,49 miliardi di euro su questa misura (missione 2, componente 4, investimento 2.1), mentre il nuovo PNRR cancella 1,287 miliardi di euro. Tali scelte appaiono agli interroganti devastanti alla luce dei continui episodi di maltempo che stanno colpendo il Paese;

ultima in ordine di tempo, l'alluvione che il 15 maggio scorso ha colpito Milano, i comuni limitrofi e gran parte della Lombardia, provocando conseguenze devastanti sul territorio con precipitazioni che non si registravano da oltre 170 anni;

le intense piogge che hanno interessato la regione hanno causato esondazioni dei fiumi Lambro, Seveso e Sillaro, determinando gravi disagi per la popolazione residente e danni ingenti alle infrastrutture, con centri abitati isolati, famiglie sfollate e strade inagibili;

alcuni comuni colpiti dalle alluvioni hanno già annunciato la richiesta dello stato di calamità naturale;

il fatto che l'attuale situazione di emergenza sia stata già vissuta in Lombardia negli ultimi anni e in particolare la scorsa estate quando si sono verificati numerosi eventi estremi, mette in evidenza l'urgenza di adottare politiche e interventi mirati per prevenire e gestire in modo efficace il rischio idrogeologico e di destinare a questo scopo maggiori risorse, al fine di garantire la sicurezza e il benessere delle comunità colpite da eventi climatici estremi,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda avviare una verifica accurata dei danni causati dall'alluvione in Lombardia e valutare l'adozione di misure straordinarie per le comunità colpite, al fine di garantire assistenza immediata alle persone evacuate e sostegno alle imprese locali, che hanno subito perdite economiche.

(4-01217)

BORGHI Claudio - Ai Ministri dell'ambiente e della sicurezza energetica e delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:

il 18 febbraio 2021 presso il palazzo dei Congressi di Ravenna, è stato presentato il progetto "Agnes" (Adriatic green network of energy sources) da parte dell'omonima società Agnes srl, come primo progetto al mondo che combina idrogeno e fotovoltaico nonché uno dei "più grandi parchi eolici del Mediterraneo" da realizzare al largo di Ravenna;

l'11 febbraio 2023 è stata presentata al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ai sensi dell'art. 23 del testo unico ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006) l'istanza per l'avvio del procedimento di VIA del progetto denominato "Hub energetico 'Agnes Romagna 1&2'" nel comune di Ravenna;

il progetto, che prevede investimenti per oltre un miliardo di euro, consiste in un parco eolico offshore da 520 megawatt affiancato da un impianto fotovoltaico galleggiante da 100 megawatt e da elettrolizzatori per la produzione di 4.000 tonnellate all'anno di idrogeno, per un sistema che a pieno regime sarà in grado di produrre elettricità per oltre 500.000 famiglie;

secondo quanto dichiarato dall'amministratore unico di Agnes, si tratta di un progetto molto complesso, la cui definizione è durata oltre 3 anni, che prevede la costruzione di 2 parchi eolici offshore per un totale di 65 turbine, integrati con un impianto solare fotovoltaico galleggiante di 100 megawatt; inoltre, il progetto prevede la produzione di idrogeno verde mediante l'elettrolisi dell'acqua di mare, utilizzando esclusivamente energia rinnovabile prodotta dalle turbine eoliche e dall'impianto fotovoltaico, grazie a 50 megawatt di capacità di immagazzinamento con accumulatori al litio;

da informazioni riportate a mezzo stampa, all'interrogante risulta che siano emersi dubbi in merito al rilascio della concessione demaniale in tempi precoci rispetto all'iter procedurale per l'approvazione del progetto e senza una procedura di gara;

Agnes è una società creata a Ravenna solo nel 2019 con lo scopo principale di sviluppare impianti energetici innovativi nell'Adriatico pur non avendo un know how particolarmente avanzato;

considerato che, per quanto risulta all'interrogante:

il progetto è stato dagli inizi supportato dal sindaco di Ravenna e dal presidente della Regione Emilia-Romagna, e quest'ultimo ha commentato che "ci sono tutte le condizioni perché l'hub di Ravenna diventi un'operazione strategica per l'Emilia-Romagna e per il Paese intero";

a fronte del valore stimato per il progetto di circa 1.8 miliardi di euro, risulta che, ad inizio 2023, il capitale sociale della Agnes fosse circa 10.000 euro, elemento che rende evidente la necessità di ricevere ulteriori finanziamenti esterni, come anche dichiarato dallo stesso amministratore unico della società;

ad inizio 2023 la società ha deliberato un deciso aumento di capitale, grazie anche all'intervento di F2I SGR S.p.A., importante gestore italiano di fondi infrastrutturali che vanta tra i propri soci anche Cassa depositi e prestiti;

il sindaco di Ravenna, in qualità di presidente dell'Unione delle Province italiane, è anche membro della gestione separata di Cassa depositi e prestiti;

nel corso della puntata del 6 marzo 2024, la trasmissione "Fuori dal Coro" ha presentato un servizio sul progetto Agnes nel corso del quale un esponente del gruppo consiliare "La Pigna-Città-Forese-Lidi" ha espresso dubbi e perplessità sul progetto annunciando di aver presentato un esposto sulla vicenda al procuratore della Repubblica di Ravenna e ad ANAC,

si chiede per sapere se i Ministri in indirizzo possano fornire i chiarimenti e le rassicurazioni necessari in merito alla correttezza procedurale seguita dalla società Agnes in relazione all'omonimo progetto, in particolare riguardo al rispetto delle norme europee in materia di concessioni, alla tutela dei cittadini dal potenziale rischio derivante dalla vicinanza della stazione di stoccaggio di idrogeno alla città e a località turistiche, all'adeguatezza del know how della società e alla sua mancanza di adeguati mezzi finanziari, anche in considerazione degli esposti presentati alla Procura e ad ANAC.

(4-01218)

DE CRISTOFARO - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:

l'interrogante ha appreso da notizie di stampa che il cittadino algerino Seif Bensouibat, rifugiato politico in Italia dal 6 dicembre 2013, educatore apprezzato da numerosi anni del liceo francese "Chateaubriand" di Roma, laico, incensurato e privo di carichi pendenti, il 16 maggio 2024, a seguito dell'ingresso nella sua abitazione di numerosi agenti di polizia, ha ricevuto la notifica di un provvedimento di revoca dello status di rifugiato, in cui era stabilita la sua espulsione dal territorio nazionale in quanto ritenuto persona pericolosa per la sicurezza dello Stato italiano, con conseguente disposto trattenimento in un centra di permanenza per il rimpatrio;

quanto accaduto deve ricondursi all'episodio, già segnalato dalla stampa e da atto di sindacato ispettivo a firma dello stesso interrogante del mese di gennaio 2024 (4-00983), che ha condotto all'apertura di un procedimento disciplinare nei confronti dell'uomo da parte del liceo datore di lavoro;

in particolare, a seguito della visione quotidiana dei filmati provenienti dalla striscia di Gaza, scioccato per il numero di civili inermi uccisi dalle bombe israeliane e dalle tragiche immagini dei bambini mutilati, egli ha scritto alcuni post rabbiosi, carichi di risentimento per la potenza coloniale israeliana e noi confronti dei suoi alleati Paesi occidentali. I post sono stati pubblicati su una chat chiusa alla quale partecipavano suoi amici e colleghi, mai su "Facebook" o su altri social network o siti internet;

in conseguenza di tali esternazioni, giunte a conoscenza dell'istituto francese e prontamente da questo comunicate alla Digos, l'uomo è stato dapprima sottoposto a perquisizione domiciliare alla ricerca di armi ed esplosivi, e successivamente, a distanza di pochi giorni, convocato in Questura e informato dell'avvio a suo carico di un'indagine penale e del procedimento di revoca dello status di rifugiato, con relativa convocazione innanzi alla commissione territoriale per il 1° febbraio;

dopo oltre tre mesi in totale libertà, nel corso dei quali ha proseguito a svolgere le sue ordinarie mansioni, tranne quella lavorativa (essendo stato nel frattempo licenziato dal liceo francese in esito al citato procedimento disciplinare), nella giornata del 16 maggio, in seguito alla notifica del provvedimento di revoca è stato condotto da una squadra di agenti verso l'ufficio immigrazione di via Patini per essere poi tradotto al CPR di Ponte Galeria a Roma;

il provvedimento motiva la pericolosità dell'uomo connettendo il contenuto dei post al terrorismo religioso di matrice jihadista, e in particolare con il fenomeno dei "lupi solitari", evidentemente ritenendo che i moti di sdegno, anche scomposti, urlati e rabbiosi per quanto avviene in terra palestinese possano essere direttamente ricondotti all'ISIS e alla propaganda religiosa;

da ulteriori notizie di stampa si è appreso della pronta liberazione dell'uomo, avvenuta lunedì 20 maggio allorquando i giudici non hanno convalidato l'ordinanza di trattenimento a carico dell'educatore,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga il provvedimento di revoca del tutto abnorme rispetto ai fatti contestati;

se non ritenga che il provvedimento di revoca sia stato emesso in violazione del diritto fondamentale alla libertà di manifestazione del pensiero dell'uomo;

come intenda adoperarsi per garantire per ogni persona presente sul territorio nazionale il rispetto dei diritti fondamentali.

(4-01219)

IANNONE - Al Ministro dell'interno. - Premesso che, per quanto risulta all'interrogante:

nelle ultime tre elezioni amministrative del Comune di Torraca (Salerno) è stato nominato quale presidente dell'unico seggio il dottor Domenico Abbadessa;

è noto lo schieramento di parte del presidente designato, il quale ha ricoperto per diversi anni incarichi di collaborazione continuativa presso l'ufficio tributi del Comune su incarico dell'attuale amministrazione;

Domenico Abbadessa è fratello di Antonio Pompeo Abbadessa in passato candidato alla carica di sindaco nello schieramento avverso a quello in competizione con l'amministrazione uscente;

il presidente di seggio designato ha sempre palesato la sua faziosità affiggendo manifesti pubblici a sua firma dove esaminava l'esito del precedente voto amministrativo criticando apertamente l'operato dell'attuale minoranza;

i consiglieri di opposizione hanno denunciato alla Corte d'appello di Salerno questa criticità allo scopo di garantire un sereno e imparziale svolgimento del voto;

i consiglieri di minoranza hanno chiesto un intervento urgente da parte del Ministero dell'interno al fine di garantire la serenità e l'imparzialità del voto presso il Comune di Torraca,

si chiede di sapere:

quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda intraprendere al fine di svolgere un approfondimento riguardo a quanto denunciato dalla minoranza consiliare;

se non ritenga che quanto descritto possa gettare un'ombra sull'immagine di imparzialità che i componenti del seggio elettorale devono dare a tutti i cittadini.

(4-01220)

GASPARRI - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:

si è appreso, a causa di quello che all'interrogante appare un accanimento persecutorio, che il generale Mori, benemerito della lotta alla criminalità, sarebbe indagato dalla Procura di Firenze per le stragi del 1993;

è utile evidenziare che si tratta della stessa Procura che ha accusato Berlusconi e Dell'Utri per gli stessi fatti, con decisioni che all'interrogante sono apparse stupefacenti;

ad avviso dell'interrogante il generale Mori paga ancora oggi le conseguenze di aver arrestato Totò Riina, di avere stroncato la mafia e tanti altri fenomeni criminali,

si chiede di sapere quale sia l'opinione del Ministro in indirizzo dinanzi a una tale scelta.

(4-01221)

POTENTI - Al Ministro della salute. - Premesso che:

da notizie di stampa si apprende che la signora A.P. di 31 anni, residente a Cecina (Livorno), affetta da una malattia neurodegenerativa chiamata atassia spinocerebellare, malattia molto rara per la quale non vi è una cura, ha segnalato la non corretta presa in carico della sua persona da parte dell'azienda ospedaliera di Cecina;

in particolare, la signora P. lamenta di non riuscire a ricevere un adeguato percorso riabilitativo poiché, nonostante le indicazioni mediche ricevute dall'ambulatorio di neurogenetica clinica di Pisa e dal centro diagnostico di Milano, che hanno indicato come percorso di cura adeguato quello di prestazioni di fisioterapia per almeno tre volte a settimana, l'azienda sanitaria di Cecina le garantirebbe una sola seduta al mese, sostenendo che una tale assiduità nei trattamenti fisioterapici non sia necessaria nel suo caso di specie, in quanto comunque non ci sarebbero gli estremi di un pieno recupero;

invero, secondo la ASL Toscana nord ovest questa indicazione scaturirebbe dal fatto che la paziente sarebbe seguita nelle attività riabilitative attraverso un progetto individuale di presa in carico formulato sulla base dei suoi specifici bisogni personali e questa sarebbe la prassi che viene adottata in tutti i casi di pazienti che presentano questo tipo di patologia;

considerato che:

lo Stato, le Regioni, le aziende sanitari ed i Comuni, nei rispettivi ambiti di competenza, devono collaborare tra di loro, con l'obiettivo di assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi su tutto il territorio nazionale e livelli delle prestazioni sanitarie appropriate per tutti i cittadini;

il servizio sanitario nazionale è un sistema di strutture e servizi che hanno lo scopo di garantire a tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza, l'accesso universale all'erogazione delle prestazioni sanitarie, in attuazione dell'art. 32 della Costituzione,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno individuare delle idonee soluzioni finalizzate alla piena presa in carico dei pazienti affetti da tali patologie neurodegenerative, anche al fine di garantire l'erogazione gratuita dei servizi di fisioterapie a loro favore.

(4-01222)

MAGNI - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Premesso che:

le lavoratrici e i lavoratori della Biancoforno di Fornacette, azienda di dolci del comune di Calcinaia (Pisa), sono in stato di agitazione per il riconoscimento dei diritti più elementari, in quanto perché l'azienda sembrerebbe non rispettare il contratto nazionale di lavoro di categoria e la normativa vigente;

infatti, come denunciato dalle lavoratrici e dai lavoratori, nonché dalla FLAI CGIL, infatti, nella fabbrica i turni di lavoro vengono resi noti solo all'ultimo momento, durante il pomeriggio per il giorno successivo, tramite messaggi, attraverso i quali viene comunicato l'orario di inizio, ma non quello di fine turno, fino al paradosso che, per la conclusione dell'orario di lavoro, i lavoratori devono chiedere e ottenere un permesso;

alla Biancoforno, sostanzialmente, l'orario giornaliero di lavoro termina quando finisce la produzione, ed i permessi delle maestranze vengono gestiti in modo unilaterale da parte dell'azienda;

ormai da anni, infatti, la Biancoforno gestisce il programma produttivo attingendo per la copertura delle presenze al monte ore di ferie e permessi individuali del lavoratore, senza neanche preoccuparsi di chiedere l'autorizzazione agli interessati, con la conseguenza che i lavoratori vengono obbligatoriamente tenuti a riposo e si ritrovano anche debitori nei confronti dell'azienda, con un contatore delle ore in negativo;

nessuno spazio viene concesso per tenere le assemblee sindacali in azienda e chiunque provi a rivendicare i propri diritti è sistematicamente accusato di ostilità da parte della dirigenza;

la proprietà si era inizialmente mostrata disponibile ad avviare un dialogo con la FLAI CGIL, salvo poi presentare una querela per diffamazione nei confronti della segretaria provinciale di Pisa, Cesarina Merola, facendo registrare un ulteriore grave arretramento nel percorso di confronto tra sindacato e azienda;

all'ultimo presidio organizzato dalla FLAI davanti i cancelli dello stabilimento, numerosi lavoratori e lavoratrici hanno denunciato l'assenza di diritti che si vive alla Biancoforno, un'azienda peraltro rilevante in Toscana, che impiega direttamente 174 lavoratori a tempo indeterminato e 120 lavoratori interinali, che arrivano ad oltre 300 con l'indotto. Alcuni di questi prestano la propria attività quali dipendenti di cooperative che operano all'interno della stessa Biancoforno;

ad avviso dell'interrogante non appare tollerabile che vi siano aziende che non garantiscono la certezza dei tempi di lavoro, impedendo ai dipendenti la possibilità di organizzare la propria vita, e che utilizzino per la copertura delle ore lavorative le ferie ed i permessi dei propri dipendenti,

si chiede di sapere quali siano le iniziative urgenti che il Ministro in indirizzo intende intraprendere, anche di carattere ispettivo, per far luce su quanto denunciato dall'organizzazione FLAI CGIL circa il mancato rispetto di norme contrattuali e in materia di lavoro da parte dell'azienda Biancoforno nei confronti dei propri dipendenti.

(4-01223)

SBROLLINI - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Premesso che:

nei bandi di concorso per l'accesso al pubblico impiego viene spesso previsto il requisito della laurea ai fini della partecipazione, elencando le diverse classi di laurea prese in considerazione;

la classe di laurea L-37, in scienze sociali per la cooperazione, lo sviluppo e la pace, viene costantemente esclusa dai concorsi pubblici, che invece ammettono classi di laurea del tutto analoghe, come la L-36, in scienze politiche e delle relazioni internazionali;

il corso di laurea in scienze sociali per la cooperazione, lo sviluppo e la pace (L-37), così come quello in scienze politiche e delle relazioni internazionali (L-36), comprende lo studio di materie legate alle scienze sociali, all'economia, alla politica, alla storia, al diritto pubblico e al diritto internazionale, nonché l'apprendimento di un minimo di due lingue straniere al fine di poter operare a stretto contatto con contesti internazionali;

considerata la sostanziale identità tra i percorsi di laurea L-37 e L-36, non si comprende la ratio per la quale la laurea in scienze sociali per la cooperazione, lo sviluppo e la pace sia costantemente esclusa dal novero dei requisiti dei titoli di accesso per la partecipazione ai concorsi pubblici, mentre il conseguimento del titolo di laurea in scienze politiche e delle relazioni internazionali consente l'accesso ai concorsi;

appaiono di difficile comprensione, di fatto, le ragioni per le quali il titolo di laurea in scienze sociali per la cooperazione, lo sviluppo e la pace non venga preso in considerazione ai fini dell'accesso ai concorsi pubblici, nonostante il carattere approfondito e trasversale delle materie trattate e la loro naturale strumentalità rispetto alla quasi totalità delle politiche pubbliche,

si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda assumere per garantire l'inclusione della laurea L-37 nel novero dei titoli di laurea che consentono la partecipazione ai concorsi di accesso al pubblico impiego e per consentirne, quantomeno, l'inclusione laddove negli stessi requisiti venga contemplata la classe di laurea L-36.

(4-01224)

Interrogazioni, da svolgere in Commissione

A norma dell'articolo 147 del Regolamento, le seguenti interrogazioni saranno svolte presso le Commissioni permanenti:

7ª Commissione permanente(Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport):

3-01157 del senatore Castiello, sull'apertura della certosa di San Lorenzo di Padula (Salerno) tutti i giorni della settimana;

3-01159 della senatrice D'Elia ed altri, sulla qualità dell'offerta formativa delle università telematiche;

9ª Commissione permanente(Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare):

3-01158 del senatore Turco, sulle prospettive industriali del sito di Grottaglie (Taranto) di Leonardo S.p.A.;

10ª Commissione permanente(Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale):

3-01156 della senatrice D'Elia ed altri, sulla diffusione della pratica dell'interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine nelle regioni.

Avviso di rettifica

Nel Resoconto stenografico della 177a seduta pubblica del 10 aprile 2024, a pagina 132, sotto il titolo: "Governo, trasmissione di atti", al secondo capoverso, sostituire le parole: "8a Commissione permanente" con le seguenti: "7a Commissione permanente".