Legislatura 19ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 308 del 27/05/2025
Azioni disponibili
SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XIX LEGISLATURA ------
308a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO STENOGRAFICO
MARTEDÌ 27 MAGGIO 2025
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Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO
N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Civici d'Italia-UDC-Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, Italia al Centro)-MAIE-Centro Popolare: Cd'I-UDC-NM (NcI, CI, IaC)-MAIE-CP; Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE: FI-BP-PPE; Fratelli d'Italia: FdI; Italia Viva-Il Centro-Renew Europe: IV-C-RE; Lega Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: LSP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista: PD-IDP; Per le Autonomie (SVP-PATT, Campobase): Aut (SVP-PATT, Cb); Misto: Misto; Misto-ALLEANZA VERDI E SINISTRA: Misto-AVS; Misto-Azione-Renew Europe: Misto-Az-RE.
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RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,43).
Si dia lettura del processo verbale.
VALENTE, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 22 maggio.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Discussione e approvazione, in prima deliberazione, del disegno di legge costituzionale:
(1279) CONSIGLIO REGIONALE DEL FRIULI-VENEZIA GIULIA. - Modifiche alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia (Approvato dalla Camera dei deputati) (Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale) (ore 16,46)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge costituzionale n. 1279, già approvato dalla Camera dei deputati.
La relatrice, senatrice Pirovano, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.
Pertanto, ha facoltà di parlare la relatrice.
PIROVANO, relatrice. Signora Presidente, vorrei innanzitutto ringraziare i colleghi della 1a Commissione per il lavoro svolto. Ringrazio il qui presente ministro Roberto Calderoli, che ha sempre partecipato ai lavori, seguendo con assiduità anche quelli svoltisi alla Camera, e i colleghi della Camera perché hanno fatto degli importanti interventi e apportato migliorie al testo del disegno di legge costituzionale d'iniziativa del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia.
Si modifica lo Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia. Il Senato ha lavorato su questo provvedimento, sono stati presentati emendamenti sia in Commissione che in Aula, senza però modificarlo rispetto al testo inoltrato dalla Camera dei deputati. Approvato dalla Camera, esso consta di dieci articoli che introducono modifiche alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante lo Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia.
La finalità principale è di reintrodurre nello Statuto regionale la previsione di ente di area vasta, titolare di funzioni amministrative proprie, con organi ad elezione diretta accanto a Comuni o Città metropolitane e alla Regione. La disciplina è demandata alla legge regionale.
In particolare l'articolo 1, che è stato introdotto dalla Camera, modifica l'articolo 5 dello Statuto che individua le materie in cui la Regione esercita una potestà legislativa concorrente. In particolare, al numero 18) dell'articolo 5 della citata legge costituzionale le parole «edilizia popolare» sono sostituite dalle seguenti: «edilizia residenziale pubblica».
L'articolo 2 modifica l'articolo 7 dello Statuto per aggiungere la possibilità di istituire nuovi enti di area vasta e di modificare la loro circoscrizione e denominazione, d'intesa con le popolazioni interessate.
L'articolo 3, sempre introdotto dalla Camera, sostituisce l'articolo 8, stabilendo che la Regione esercita funzioni di programmazione nonché funzioni amministrative nelle materie in cui ha potestà legislativa, a norma degli articoli 4 e 5.
L'articolo 4 modifica l'articolo 11 dello Statuto, affermando che gli enti di area vasta sono titolari di funzioni amministrative proprie individuate con legge regionale e di quelle conferite con legge regionale. La disposizione riprende quanto previsto dall'articolo 118, secondo comma, della Costituzione, in base al quale le Province, con i Comuni e le Città metropolitane, sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale.
L'articolo 5, sempre introdotto dall'altro ramo del Parlamento, modifica l'articolo 12, sostituendo il quarto comma e abrogando il quinto comma. Con la modifica proposta si stabilisce che la legge su forma di governo e sistema elettorale regionale possa essere sottoposta a referendum regionale confermativo, secondo la disciplina prevista da apposita legge regionale. Pertanto, sono abrogati gli attuali quorum e i tempi previsti dallo Statuto. I presupposti, oltre che le modalità di svolgimento del referendum regionale sulla legge in questione, sono interamente rimessi alla legislazione regionale.
L'articolo 6 interviene sull'articolo 13 e stabilisce che il Consiglio regionale si componga di un numero fisso di 49 consiglieri, in luogo dell'attuale previsione, in base alla quale il numero è determinato in base alla popolazione.
L'articolo 7 interviene sull'articolo 54, reintroducendo la possibilità per la Regione di assegnare agli enti di area vasta una quota delle entrate regionali.
L'articolo 8 sostituisce l'articolo 59, che definisce l'ordinamento degli enti locali. Il testo vigente è stato infatti modificato dalla riforma del 2016 e la proposta inserisce nella definizione di enti locali anche gli enti di area vasta a elezione diretta e introduce la previsione per la quale spetta alla legge regionale disciplinare la prima istituzione, le circoscrizioni, le funzioni, la forma di governo e le modalità di elezione degli organi di area vasta.
L'articolo 9 sopprime alcune norme dello Stato che risultano superate in attuazione della clausola di maggior favore, di cui all'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, di riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione. Si ricorda che tale clausola prevede, per le parti in cui sono stabilite forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite, che le previsioni di cui alla medesima legge costituzionale si applichino anche alle Regioni a Statuto speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano, sino all'adeguamento dei rispettivi statuti.
Infine, l'articolo 10 prevede che agli enti di area vasta si applichino le norme di attuazione statutaria previste per gli enti locali.
PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate alcune questioni pregiudiziali.
Ha chiesto di intervenire il senatore Parrini per illustrare la questione pregiudiziale QP1. Ne ha facoltà.
PARRINI (PD-IDP). Signora Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, noi diamo un giudizio estremamente negativo del provvedimento in esame e, pertanto, abbiamo proposto questa richiesta di non prosieguo dell'esame del provvedimento stesso, per le ragioni che andrò a spiegare e che credo siano molto pesanti e convincenti.
Serve una premessa generale. La questione principale in gioco nella discussione di questo provvedimento è un'idea che abbiamo visto al centro del dibattito politico anche negli ultimi giorni: il rapporto tra la legge, la Costituzione e le smanie e le liti di potere che sono in corso all'interno della maggioranza. Mi riferisco alla discussione che ha riguardato il tema del terzo mandato, dopo che il Consiglio dei ministri, con grande scorno di un partito della maggioranza (la Lega), ha deciso di impugnare la legge della Provincia autonoma di Trento che prevedeva la possibilità di terzo mandato consecutivo per il Presidente della Regione, in totale contrasto con la legge nazionale n. 165 del 2004, che invece prevede per i Presidenti della Regione la possibilità di massimo due mandati consecutivi.
Vi chiederete qual è la relazione tra questo dibattito e la discussione sulla reintroduzione di Province chiamate in un altro modo nella Regione Friuli-Venezia Giulia. La relazione c'è ed è estremamente stretta: la volontà di Regioni governate dal centrodestra di non rispettare la legge e le sentenze della Corte costituzionale. Non rispettare la legge nazionale: c'è una legge nazionale che si può criticare o condividere, ma c'è e prevede che non ci sia l'elezione diretta per le Province, e non può essere superata da una decisione arbitraria di una Regione perché questa è a Statuto speciale. Questo diritto della specialità regionale a superare le leggi nazionali di principio non esiste, lo ha inventato il centrodestra, e la realtà ha dimostrato essere sbagliato, anche il Consiglio dei ministri lo ha considerato sbagliato e la Corte costituzionale più volte ha detto che non sussiste. Quindi, come non si può decidere contro la legge nazionale di fare i propri comodi in una Regione a Statuto speciale sulla durata dei mandati presidenziali, così non si può decidere di fare i propri comodi, con la scusa della specialità regionale, per quanto riguarda la reintroduzione dell'elezione diretta delle Province. Se si vuole l'elezione diretta delle Province, la strada maestra è quella di modificare la legge nazionale: cosa che la maggioranza ha tentato di fare negli ultimi sedici mesi, ma che non è riuscita a fare perché ovviamente ogni scelta ha un costo e questa costa un miliardo. Ci sono profonde divisioni nella maggioranza se valga la pena o meno trovare un miliardo per reintrodurre l'elezione diretta delle Province, per cui il provvedimento è stato insabbiato dal partito più grande della maggioranza a danno del partito più piccolo della maggioranza.
Non si può sfuggire a questo nodo, non si possono fare pasticci. Nel caso particolare del Friuli-Venezia Giulia, si prevede di reintrodurre l'elezione diretta di enti di area vasta, cioè Province intermedie tra i Comuni e le Regioni, per distribuire qualche prebenda, per ragioni di potere, perché c'è da dare un contentino a qualcuno. Si ignora però la sentenza n. 168 del 2018 della Corte costituzionale che, pronunciandosi su un'analoga iniziativa di un'altra Regione a Statuto speciale, la Sicilia, che aveva fatto lo stesso identico tentativo, stabilisce che non si può fare perché una legge nazionale rappresenta un vincolo per tutte le Regioni e per tutte le Province autonome di questo Paese.
La storia che l'attuale maggioranza si fa beffe della giurisprudenza costituzionale e delle leggi nazionali vigenti suscita grande preoccupazione e grande inquietudine. Peraltro, non si fa l'interesse dei cittadini del Friuli-Venezia Giulia, perché ovviamente non si stabiliscono le risorse che debbono conseguire dalle funzioni che devono essere date, se si reintroduce l'elezione diretta di enti analoghi alle Province. Si fa una scelta totalmente vaga e di potere, che non guarda all'interesse delle comunità, che sarebbe ben altro: magari dare più risorse ai Comuni per funzioni essenziali, fare politiche formative di maggiore spessore, fare politiche sociali e sanitarie più adeguate.
Infine - ed è l'ultima ragione forte per la quale invito davvero l'Assemblea a decidere di non proseguire nell'esame di questo provvedimento - si tenta un colpo di mano rischioso. Oggi è previsto che il referendum confermativo di una modifica dello Statuto sia svolto sulla base di regole che sono parzialmente - ma in maniera molto chiara - definite nello Statuto stesso, cioè la possibilità di una quota di cittadini o di consiglieri regionali di contrastare una legge sbagliata del Consiglio regionale è una possibilità che ha una tutela statutaria. Per motivi che nessuno nella maggioranza ha osato spiegare in Commissione, ma che sono facilmente intuibili, uno degli elementi della modifica proposta dal Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia è di depotenziare la tutela del referendum confermativo, eliminando ogni riferimento nello Statuto e dicendo che a regolarlo penserà una legge regionale ordinaria.
È evidente, allora, che o non si vuole dare la parola al popolo o si vuole creare il maggior numero possibile di ostacoli affinché il popolo non si pronunci su una legge che è soltanto di potere, di prebende e di incarichi e che non guarda agli interessi dei cittadini del Friuli-Venezia Giulia. Entrambe queste ipotesi sono estremamente allarmanti.
Mi pare di aver enunciato motivi sufficientemente validi per perorare la nostra richiesta che non si proceda nell'esame di un provvedimento che segnerebbe davvero una pagina molto brutta nella storia del Parlamento, soprattutto per il consapevole calpestamento di una sentenza della Corte costituzionale che, sui punti che ho richiamato, è chiarissima. Se non avete rispetto della minoranza - e anche nella recente seduta della Giunta per il Regolamento abbiamo avuto esempi di come la maggioranza non abbia alcun rispetto dei diritti della minoranza - abbiate almeno rispetto per la giurisprudenza della Corte costituzionale. (Applausi).
PRESIDENTE. Colleghi, consentitemi di formulare, a nome dell'Assemblea, i migliori auguri alla senatrice Tatiana Rojc, che è appena convolata a nozze. (Applausi).
Ha chiesto di intervenire il senatore Patuanelli per illustrare la questione pregiudiziale QP2. Ne ha facoltà.
PATUANELLI (M5S). Signora Presidente, anche il MoVimento 5 Stelle ha presentato una questione pregiudiziale. Sarò molto breve, perché non voglio ripetere tutti i concetti che il senatore Parrini ha illustrato poco prima di me.
Vorrei soltanto sottolineare che la Corte costituzionale ha ribadito più volte, nelle sue sentenze, che l'intervento di riordino di Province e Città metropolitane di cui alla legge n. 56 del 2014 rientra tra le materie di competenza esclusivamente statale, come la legge elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, ex articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione. Le sentenze sono la n. 32 del 2017, la n. 159 e la n. 202 del 2016. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 168 del 2017, ha dichiarato l'incostituzionalità - lo richiamava anche il senatore Parrini - della legge della Regione Sicilia n. 17 del 2017, nella parte in cui reintroduceva proprio l'elezione diretta degli enti di area vasta, nonché nella residua parte in cui si prevedeva un numero di componenti del consiglio del libero consorzio comunale e del Consiglio metropolitano superiore alle soglie stabilite dalla normativa nazionale. In questo caso, addirittura, la modifica dello Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia impone un numero fisso di consiglieri regionali, a prescindere dal corpo elettorale della Regione Friuli-Venezia Giulia.
Ne consegue, quindi, che tutti gli interventi delle Regioni a Statuto speciale volte a superare il quadro normativo nazionale sugli organi di area vasta e il modello di elezione indiretta sono costituzionalmente irragionevoli, se intervengono frammentariamente, senza attendere l'intervento del legislatore nazionale. E questo è quanto fa il disegno di legge di modifica dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia al nostro esame.
Tutto ciò premesso, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, chiediamo di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1279. (Applausi).
PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, sulle questioni pregiudiziali presentate si svolgerà un'unica discussione, nella quale potrà intervenire un rappresentante per Gruppo, per non più di dieci minuti.
DREOSTO (LSP-PSd'Az). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DREOSTO (LSP-PSd'Az). Signora Presidente, mi esprimo contro la questione pregiudiziale.
È chiaro che le posizioni emerse nella discussione evidenziano un aspetto prettamente strumentale da parte delle opposizioni nell'avere ancora delle ingerenze in un'autonomia riconosciuta dalla Costituzione alle Regioni a Statuto speciale. (Applausi).
Voglio dire una cosa anche se mi dispiace, perché l'intervento è stato fatto da un collega del Friuli-Venezia Giulia, il senatore Patuanelli, che vive la straordinaria qualità ed eccellenza della nostra Regione grazie all'autonomia speciale. Ricordo che in Friuli-Venezia Giulia le Province sono state tolte dallo Statuto attraverso una legge costituzionale votata dal Parlamento. Pertanto, non possono esserci due pesi e due misure: con una legge si possono togliere, mentre con questa la Corte costituzionale sembrerebbe non consentirci di poterle reintrodurre.
Per questo motivo, Signora Presidente, sono contrario alla questione pregiudiziale. (Applausi).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. A nome dell'Assemblea, saluto studenti e docenti del Master in «Tecniche di redazione degli atti normativi e amministrativi» dell'Università degli studi di Teramo, realizzato in collaborazione con il Senato della Repubblica. Si occupano della materia su cui siamo impegnati quotidianamente. (Applausi).
Ripresa della discussione del disegno di legge costituzionale n. 1279 (ore 17,05)
PRESIDENTE. Metto ai voti la questione pregiudiziale presentata, con diverse motivazioni, dal senatore Boccia e da altri senatori (QP1) e dal senatore Patuanelli (QP2).
Non è approvata.
Dichiaro aperta la discussione generale.
È iscritta a parlare la senatrice Gaudiano. Ne ha facoltà.
GAUDIANO (M5S). Signora Presidente, signore senatrici e signori senatori, vorrei esordire ricordando le parole di Alcide De Gasperi, che nell'immediato Dopoguerra, in un'Italia da ricostruire, affermava che l'autonomia non è un privilegio, ma una necessità per garantire l'unità nella diversità. (Applausi).
È con questo spirito che furono istituite le Regioni a Statuto speciale, tra cui il Friuli-Venezia Giulia. E con questo stesso spirito dovremmo oggi valutare ogni proposta di modifica al suo Statuto.
Il disegno di legge costituzionale n. 1279, di cui oggi ci troviamo a discutere, interviene in modo sostanziale sullo Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia. Nel farlo rimette in discussione scelte istituzionali fondamentali avviate con la riforma Delrio, i cui principi sono stati recepiti in Friuli-Venezia Giulia nel 2016. Quella riforma aveva come obiettivo la semplificazione del sistema delle autonomie locali e ha profondamente trasformato il ruolo e le funzioni delle Province: da enti autonomi eletti direttamente dai cittadini, le Province sono diventate enti di secondo livello, con organi eletti dai sindaci e dai consiglieri comunali. Molte delle loro funzioni sono state trasferite poi a Regioni e Comuni. La scelta, dopo un lungo confronto, era stata dettata dalla necessità di semplificare il sistema amministrativo e ridurre i costi della politica.
Oggi la maggioranza decide di rivedere radicalmente questo assetto organizzativo, reintroducendo un livello intermedio di governo senza alcuna visione coerente e condivisa. La riforma introduce le cosiddette aree vaste al posto delle Province, con organi eletti direttamente dai cittadini, ma non spiega cosa dovranno fare, quali funzioni avranno e con quali fondi potranno operare, né come si rapporteranno con i Comuni e le Regioni. Tutto viene rimandato a una legge regionale futura, ma intanto si creano nuovi enti con nuove elezioni e quindi nuovi costi, senza sapere a cosa serviranno davvero.
In sostanza, si mettono in piedi strutture vuote, senza contenuti, né direzione. Non c'è un progetto chiaro, non c'è innovazione, solo tanta confusione e ambiguità istituzionale.
A tutto questo si aggiunge un elemento di metodo. Si procede con un provvedimento isolato e intempestivo, mentre al Senato è in corso l'esame di una riforma nazionale organica delle Province. Il rischio, che appare evidente, è proprio quello di generare ulteriore confusione istituzionale, frammentando la normativa senza una reale necessità. Si sarebbe potuto attendere l'esito della riforma nazionale prima di modificare i singoli statuti speciali, ma questo avrebbe significato aprire un confronto con le forze politiche di opposizione, con la società civile e con le autonomie locali. Invece, le riforme calate dall'alto piacciono molto a questa maggioranza e il metodo scelto è tutt'altro che democratico. Ancora una volta manca totalmente un dibattito pubblico, ampio e informato, che sarebbe stato quantomeno auspicabile, considerando che le modifiche toccano gli organi istituzionali di una Regione a statuto speciale.
Preoccupante è anche la parte del testo che affida alla sola legge regionale la regolazione del referendum confermativo sulla legge elettorale e sulla forma di governo, eliminando così i quorum e i limiti attualmente previsti dallo Statuto. Si apre così una porta pericolosa, che può condurre a modifiche elettorali fatte su misura da chi governa, senza contrappesi e senza garanzie. Noi sappiamo bene che, quando si smantellano i limiti democratici, è sempre più facile arrivare agli abusi.
Questa riforma, Presidente, modifica anche il numero dei consiglieri regionali, scollegandolo dalla popolazione residente del Friuli-Venezia Giulia, come invece previsto dallo Statuto che si intende modificare. Se questa norma sarà approvata, si avranno ben 49 membri fissi del Consiglio regionale, anche se la popolazione dovesse diminuire o aumentare; non sarà più garantita alcuna proporzionalità e si abbandonerà quel sano principio democratico che tiene conto dei mutamenti demografici e garantisce la rappresentanza. Il tutto comporterà nuovi costi ingiustificati, solo per garantire qualche poltrona sicura.
Ci chiediamo, allora, a chi serva davvero questa riforma: ai cittadini oppure a qualche politico alla ricerca di nuove cariche? Per il MoVimento 5 Stelle la risposta è chiara: questa riforma riporta indietro di dieci anni, ignorando i veri bisogni della Regione e dei singoli abitanti.
Presidente, concludo con le parole di Luigi Einaudi: le leggi, come le istituzioni, devono essere fatte per il popolo, non per chi governa. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Alfieri. Ne ha facoltà.
ALFIERI (PD-IDP). Signora Presidente, noi, come Gruppo Partito Democratico, come abbiamo detto in più occasioni, abbiamo grande rispetto per l'autonomia dei territori e in particolare per gli statuti di autonomia, che trovano la loro ragione in motivazioni di ordine storico e geografico. Ne abbiamo dibattuto più volte e abbiamo avuto occasione di parlarne anche recentemente nella 1a Commissione, con i nostri commissari.
Ha detto bene prima il collega senatore Parrini che ha ricostruito, nella presentazione della nostra questione pregiudiziale, le motivazioni per cui sono state fatte delle forzature da parte della destra, probabilmente per motivi politici (ci torneremo alla fine dell'intervento). È evidente che l'autonomia, che ha ragioni storiche e geografiche, ha dei limiti, che sono scolpiti nella nostra Costituzione e non possono essere forzati politicamente.
Non a caso - e fortunatamente - nell'equilibrio dei poteri c'è una Corte costituzionale che ha detto chiaramente, in due passaggi, nella sentenza n. 168 del 2018 e nella sentenza n. 240 del 2021, che, quando è in discussione una legge di riforma organica, questa deve essere tenuta in considerazione e non si può legiferare, anche in un contesto di autonomia e di statuto autonomo, contro questa legge; anzi, come afferma la sentenza n. 168 del 2018 (si parlava di Sicilia in quel caso), prima si riforma la disciplina statale e poi si può intervenire anche a livello di singola Regione.
E successivamente è intervenuta affermando che, nel momento in cui si decide per l'elezione diretta, contestualmente la decisione è subordinata alla definizione della legge elettorale. Siete quindi oggettivamente in presenza di una forzatura e questo dal punto di vista costituzionale l'abbiamo già detto e lo ha detto bene il collega Parrini.
Poi ci sono delle valutazioni di carattere politico e tecnico. È un tema che abbiamo posto più volte, anche nel confronto col ministro Calderoli, sulla riforma delle Province più in generale. Noi in questa sede riproponiamo i dubbi, le preoccupazioni e le critiche che abbiamo posto in generale sulla riforma delle Province. Non può essere solo una riforma di facciata in cui rimettiamo l'elezione diretta delle Province senza prevedere con serietà risorse nel bilancio, una discussione sul personale e sulle competenze, altrimenti è solo una questione di potere per rimettere le Giunte e costruire posizioni per i Presidenti di Provincia. Penso che questo non serva in termini di riforma organica.
Quindi, la nostra posizione è molto netta e chiara. Rischiamo di creare una legislazione à la carte: ogni Regione in maniera diversa. Questo è il motivo per cui abbiamo chiesto - e lo facciamo come Gruppo Partito Democratico, ma i nostri sindaci e Presidenti di Provincia lo stanno facendo in sede di Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI) e in sede di Unione delle Province d'Italia - che questo tema fosse affrontato all'interno della riforma del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, dove sono tante le questioni da affrontare. Se non le affrontiamo noi, prima o poi le affronterà la Corte costituzionale, a partire dal tema dei terzi mandati, su cui c'è ormai una legislazione completamente differente sotto i 5.000 abitanti, tra i 5.000 e i 15.000 e sopra i 15.000 abitanti. Possiamo andare avanti così, con questa Italia arlecchino in cui ti sposti e hai regole diverse a seconda delle classi demografiche dei Comuni, oppure con regole diverse territorio per territorio. È il motivo per cui noi abbiamo fatto una battaglia molto dura, finora vinta, ma siamo sempre vigili sul tema dell'autonomia differenziata.
Abbiamo quindi bisogno di fare un discorso organico e non ci possono essere fughe in avanti. Vale per i terzi mandati e vale anche per la questione della riforma delle Province e sull'elezione diretta, a cui non siamo contrari per principio, ma siamo contrari sul metodo, perché se volete fare una riforma seria, noi pensiamo che debba essere dentro la riforma del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, ma qualora voi trovaste le risorse e ci fosse la disponibilità a ragionare sulle competenze, anche in qualche modo contribuendo al lavoro che è stato avviato in 1a Commissione.
Per ora, risorse non ne abbiamo viste; anzi, in controtendenza, ricordo - e l'hanno messo in evidenza molti dei colleghi senatori del Partito Democratico - in bilancio avete fatto il contrario: avete tolto 170 milioni alle Province sul tema delle strade. (Applausi). Lo sanno i piccoli Comuni, che sono quelli che più hanno bisogno di queste risorse.
Allora ritroviamo un po' di coerenza, ma non vorremmo che questa fretta e questa velocità con cui voi volete andare avanti in Friuli-Venezia Giulia per tornare all'elezione diretta senza parlare di personale, di competenze e di risorse, sia finalizzata a trovare una quadra, visto che state litigando. Avete litigato in Consiglio dei ministri con toni senza precedenti; è stato dato un bello schiaffo alla Lega dal Consiglio dei ministri nel momento in cui è stata impugnata la legge del Friuli-Venezia Giulia sul terzo mandato e in cambio portate a casa qualche posto di potere. Penso che non se lo meritino gli italiani, ma soprattutto i cittadini del Friuli-Venezia Giulia. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.
La relatrice non intende intervenire in sede di replica.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
CALDEROLI, ministro per gli affari regionali e le autonomie. Signora Presidente, in termini molto rapidi, ho colto nell'intervento del presidente Alfieri il discorso della velocità. Se dopo due anni e mezzo di legislatura siamo alla seconda lettura in Parlamento di una legge anche di portata limitata rispetto a una revisione normale, prima ad arrivare alla quarta, mi chiedo quando arriveranno le vere riforme complessive di tutti gli statuti, come faremo a farle. Direi che di acqua sotto i ponti ne è passata abbastanza.
Riferimenti al terzo mandato, mi spiace, ma qui non ce ne sono.
Poi uno avrà letto anche i giornali, ma qui di terzo mandato proprio non se ne parla. Viene sempre fatto un riferimento alla legge Delrio, la n. 56 del 2014, alla quale, in sede di Corte costituzionale, è stata attribuita la qualifica di grande riforma, come tale applicabile anche alle Regioni a Statuto speciale.
Vi è però una differenza: la legge Delrio ha già un'autolimitazione rispetto alle Regioni alle quali si applica. La si applica in tutte le Regioni, compreso il Friuli-Venezia Giulia, la Sicilia, la Sardegna, nelle Provincie autonome di Trento e Bolzano e in Val d'Aosta. Quindi, quelle erano già state eliminate.
Perché la Corte costituzionale ha potuto intervenire sulla legge della Regione Sicilia che interveniva rispetto alla ricreazione delle Province con l'elezione diretta? Perché lo facevano con una legge regionale ordinaria. In questo caso noi stiamo facendo una legge costituzionale e, mi spiace, ma nella gerarchia delle fonti la legge costituzionale sta sopra la legge Delrio. (Applausi).
Lo dico portandomi anche avanti in questa interpretazione e dando a voi ragione: non si possono toccare le Province né tantomeno reintrodurle, perché nel 2014 la legge Delrio ha detto che le Province prevedono l'elezione indiretta. Mi si spiega, dunque, come ha fatto la presidente Serracchiani, nel 2016, dopo la legge Delrio, ad abolirle, quando erano previste dalla Delrio? (Applausi).
Io non trovo una risposta. Quindi, mi dispiace, ma le riforme non sono costituzionali o belle se al Governo della Regione c'è la sinistra e se a sinistra è anche il Governo del Paese. Quando, invece, al Governo della Regione e alla guida del Paese vi è il centrodestra, tutto diventa incostituzionale. Ce ne faremo una ragione, ma la matematica degli anni non fa torto a nessuno. (Applausi).
PRESIDENTE. Comunico che è pervenuto alla Presidenza - ed è in distribuzione - il parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti, che verrà pubblicato in allegato al Resoconto della seduta odierna.
Passiamo all'esame degli articoli, nel testo approvato dalla Camera dei deputati.
Metto ai voti l'articolo 1.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 2, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito la relatrice e il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
PIROVANO, relatrice. Signora Presidente, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti.
CALDEROLI, ministro per gli affari regionali e le autonomie. Signora Presidente, esprimo parere conforme alla relatrice.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1.
Verifica del numero legale
BASSO (PD-IDP). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione del disegno di legge costituzionale n. 1279
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.1, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.2, presentato dal senatore De Cristofaro e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 2.3, presentato dal senatore De Cristofaro e da altri senatori, fino alle parole: «delle Province».
Non è approvata.
Risultano pertanto preclusi la restante parte e l'emendamento 2.4.
Metto ai voti l'emendamento 2.5, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.6, presentato dalla senatrice Rojc.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 2.
È approvato.
Metto ai voti l'articolo 3.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'emendamento 3.0.1 volto ad inserire un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 3, che si intende illustrato e sui cui invito la relatrice e il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
PIROVANO, relatrice. Signora Presidente, esprimo parere contrario.
CALDEROLI, ministro per gli affari regionali e le autonomie. Signora Presidente, il parere del Governo è conforme a quello della relatrice.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.0.1, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 4, su cui sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito la relatrice e il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
PIROVANO, relatrice. Signora Presidente, esprimo parere contrario.
CALDEROLI, ministro per gli affari regionali e le autonomie. Signora Presidente, il parere del Governo è conforme a quello della relatrice.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 4.1, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 4.2, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 4.3, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 4.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 5, sul quale è stato presentato un emendamento che si intende illustrato e su cui invito la relatrice e il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
PIROVANO, relatrice. Signora Presidente, esprimo parere contrario.
CALDEROLI, ministro per gli affari regionali e le autonomie. Signora Presidente, esprimo parere conforme a quello della relatrice.
PRESIDENTE. Non essendo stati presentati sull'articolo 5 altri emendamenti oltre quello soppressivo 5.1, presentato dalla senatrice Rojc, metto ai voti il mantenimento dell'articolo stesso.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 6, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito la relatrice e il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
PIROVANO, relatrice. Signora Presidente, esprimo parere contrario.
CALDEROLI, ministro per gli affari regionali e le autonomie. Signora Presidente, esprimo parere conforme a quello della relatrice.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 6.1, presentato dalla senatrice Rojc.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 6.
È approvato.
Metto ai voti l'emendamento 6.0.1, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 7, sul quale è stato presentato un emendamento che si intende illustrato e su cui invito la relatrice e il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
PIROVANO, relatrice. Signora Presidente, esprimo parere contrario.
CALDEROLI, ministro per gli affari regionali e le autonomie. Signora Presidente, esprimo parere conforme a quello della relatrice.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 7.1, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 7.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 8, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito la relatrice e il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
PIROVANO, relatrice. Signora Presidente, esprimo parere contrario.
CALDEROLI, ministro per gli affari regionali e le autonomie. Signora Presidente, esprimo parere conforme a quello della relatrice.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 8.1, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 8.2, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 8.3, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 8.4, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 8.5, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 8.6, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori, fino alle parole: «, la forma di governo».
Non è approvata.
Risultano pertanto preclusi la restante parte e l'emendamento 8.7.
Metto ai voti l'emendamento 8.8, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 8.
È approvato.
Metto ai voti l'emendamento 8.0.1, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 9, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito la relatrice e il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
PIROVANO, relatrice. Signora Presidente, esprimo parere contrario su entrambi gli emendamenti.
CALDEROLI, ministro per gli affari regionali e le autonomie. Signora Presidente, esprimo parere conforme a quello della relatrice.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 9.1, presentato dal senatore De Cristofaro e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.2, presentato dal senatore De Cristofaro e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 9.
È approvato.
Metto ai voti l'articolo 10.
È approvato.
Passiamo alla votazione finale.
MUSOLINO (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MUSOLINO (IV-C-RE). Signora Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, il presente provvedimento prevede una riforma costituzionale di modifica dello Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia; modifica che può essere operata soltanto con una riforma costituzionale, come prevede la nostra Costituzione. Questo testo segue pertanto un iter di riforma che è conforme al dettato costituzionale. Da questo punto di vista non c'è dubbio che sia questo lo strumento attraverso il quale si possono introdurre delle modifiche nello statuto di una Regione a Statuto speciale. Il tema, però, al di là della forma e del procedimento che si sta seguendo, è complesso, ma soprattutto si articola su due livelli rispetto ai quali ci sarebbe piaciuto che ci fosse stato un dibattito un po' più articolato, o meglio che ci fosse stata una maggiore chiarezza sulle ragioni per le quali si propongono queste modifiche.
La prima modifica sostanziale è quella di reintrodurre gli enti di area vasta (il secondo livello di governo), che, con la soppressione delle Province per effetto della cosiddetta legge Delrio, sono stati soppressi ed eliminati non dal punto di vista costituzionale, ma nella loro funzione e presenza sul territorio, sia come enti di secondo livello, sia dal punto di vista della possibilità per i cittadini di eleggerne direttamente i rappresentanti, quindi il Consiglio provinciale e il Presidente della Provincia. Questa riforma, che nasceva in una logica di razionalizzazione ed efficientamento della pubblica amministrazione, della gestione anche delle risorse locali e del decentramento, è finita per diventare una riforma monca, come sappiamo tutti, e a maggior ragione lo posso dire io da siciliana, perché analogo destino e analoga difficoltà la viviamo anche in Sicilia.
Trascorsi oltre dieci anni dalla riforma, devo dire che necessariamente un ripensamento sulle Province va fatto, per cui condivido la necessità di farlo. Poi, sul come ci si arrivi o su quale forma si pensi di privilegiare, quello è un altro discorso, ma possiamo anche dire che rientra direttamente nel dibattito politico, che è quello che qui è mancato. Nel senso che, se la legge è sicuramente corretta - e non potrebbe che essere così - dal punto di vista formale e del suo iter procedurale, i temi inerenti al perché si intenda introdurre gli enti di area vasta, al procedere all'elezione diretta dei componenti degli organi rappresentativi, alle modalità per la loro elezione e al tipo di legge elettorale che verrà poi approvata dalla Regione, avrebbero dovuto far parte di un dibattito politico un po' più nutrito e non passare in sordina tra la Commissione e l'Assemblea, dando in sostanza a intendere che ci sono sicuramente contrapposizioni all'interno della coalizione della maggioranza e che queste comunque è come se fossero qualcosa di non detto, di sopito, che alla fine evidentemente ha condizionato anche il dibattito parlamentare, spegnendolo e soffocandolo.
Se la riforma prevede l'introduzione di questi enti di area vasta, certamente andava specificato già nello Statuto come essi dovevano essere rappresentati, quali funzioni dovevano essere loro attribuite, ma nel dettaglio, e anche il loro funzionamento. La previsione dell'elezione diretta degli organi rappresentativi degli enti di area vasta sicuramente colma quello che è stato avvertito nel tempo come un deficit democratico, glielo dico con molta onestà e lo dico da siciliana. Anche la Sicilia ha tentato più volte - l'ha ricordato anche il Ministro - di fare una modifica per reintrodurre le Province, ma, come ha detto saggiamente e correttamente il ministro Calderoli, la Regione siciliana ha errato sostanzialmente nella forma, cercando di farlo con una legge regionale e ovviamente è andata incontro alla pronuncia negativa da parte della Corte costituzionale, che ha rammentato il rango di legge costituzionale equiparato agli Statuti delle Regioni a Statuto speciale e che quindi questa è l'unica forma per poter procedere alla loro revisione.
Da un certo punto di vista, quindi, devo dire che apprezzo questo iter, perché comunque dà conto di una sensibilità verso il territorio e verso la Regione del Friuli-Venezia Giulia, che rivendica la possibilità di avere nuovamente gli enti di area vasta e di eleggerli direttamente. E questo è - ripeto - un contenuto prettamente politico svolto nell'esercizio democratico di una legge che deve fare il suo iter.
Avrei preferito se ci fosse stato un dibattito più argomentato e più articolato, ma non c'è dubbio che sul diritto delle popolazioni delle Regioni a Statuto speciale di modificare i loro Statuti si debba anche, come legislatore nazionale, non dico fare un passo indietro, ma certamente accettare che c'è un'autonomia e anche l'esercizio della stessa va apprezzato, come fanno le disposizioni finali che sopprimono gli organi di controllo regionale e statale che ancora erano vigenti o quantomeno comparivano nel testo dello Statuto originario e che invece, per esempio nella Regione siciliana, erano stati già soppressi, proprio in nome del rispetto dell'autonomia.
L'altro aspetto che resta in sottotraccia in questo disegno di legge costituzionale è relativo alla riforma della legge elettorale regionale, che viene rimessa sostanzialmente a un successivo passaggio che sarà soltanto regionale; con quella legge si stabilirà come eleggere poi l'organo di rappresentanza dell'ente di area vasta e si definiranno anche - nulla si dice in contrario - le norme, eventualmente, per l'elezione del Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia e del Consiglio regionale. Lì ovviamente il pensiero che viene in mente a tutte le opposizioni, ma anche agli osservatori politici, è che in fondo questo provvedimento, sotto l'egida della reintroduzione degli enti di area vasta, in verità poi punti a fare una modifica della legge elettorale per consentire anche la possibilità di un terzo mandato per le elezioni del Presidente della Regione. Il Ministro ci ha detto che non c'è scritto assolutamente nulla del genere nel testo delle riforme. Lo condivido, non vi è scritto assolutamente niente, tuttavia, come si suol dire, dove la legge non vuole lo dice, dove la legge lo accetta tace. Nel momento in cui non c'è un divieto espresso, significa che nulla osterebbe a un tentativo in tal senso, come del resto è stato già tentato, determinando la decisione da parte del Consiglio dei ministri di impugnare la legge per il terzo mandato (circostanza che, come sappiamo tutti, ha causato una frattura nella coalizione di centrodestra).
Signora Presidente, fermo restando che le determinazioni relative alle modifiche dello Statuto, del territorio, degli abitanti, dei politici e dei rappresentanti elettivi del Friuli-Venezia Giulia sono certamente da rispettare nella forma in cui le stesse si autodeterminano e si propongono poi all'organismo democratico per la loro approvazione, c'è però una opacità di fondo di questa riforma, degli obiettivi effettivi e delle modalità con cui si vogliono raggiungere che non ci convince.
In particolare, il problema della soppressione delle Province, del mancato completamento della riforma e della necessità avvertita in tutte le Regioni (o quantomeno in quelle a Statuto speciale e soprattutto, posso dirlo con cognizione di causa, in Sicilia) di ripristinare l'elezione diretta avrebbe consigliato, a mio avviso, di attendere che si facesse un progetto di riforma che riguardasse tutte le Province e le Regioni a Statuto speciale volto a uniformare la disciplina. Ricordo che la cosiddetta riforma Delrio aveva introdotto una disciplina uguale per tutto il territorio nazionale, salvo le deroghe citate dal Ministro. Allo stesso modo, si sarebbe potuto aspettare di fare una riforma di senso compiuto.
Questi sono un po' il senso e il sapore del passo in avanti, forse anche un po' più lungo della gamba. È in ragione delle incertezze, dell'opacità e forse anche dell'intempestività con cui viene fatto che non riteniamo di poter esprimere un voto favorevole, ma neanche contrario per il rispetto della volontà degli abitanti del Friuli-Venezia Giulia.
In conclusione, preannuncio il nostro voto di astensione.
BIANCOFIORE (Cd'I-UDC-NM (NcI, CI, IaC)-MAIE-CP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BIANCOFIORE (Cd'I-UDC-NM (NcI, CI, IaC)-MAIE-CP). Signora Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, desidero dire in premessa che il disegno di legge costituzionale in esame, nell'introdurre alcune modifiche allo Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, fa una cosa estremamente rilevante: rimette in mano al cittadino elettore, così come dovrebbe sempre essere in democrazia, il potere di decisione. Il provvedimento, infatti, dedica il cuore della riforma statutaria alla revisione complessiva degli enti di area vasta, che diventano così nuovamente titolari di funzioni amministrative proprie e soprattutto con organi ad elezione diretta.
In altri termini, questo provvedimento - possiamo dirlo - fa da apripista a una sostanziale revisione di quella scellerata riforma degli enti locali, medaglietta del Governo Renzi, che privava di rappresentanza e operatività enti territoriali che si sono dimostrati fondamentali per la vita e la sicurezza della comunità. Se è vero, come è vero, che da allora nessuno, ma proprio nessuno, ha mosso un dito per potenziare il principio di rappresentanza democratica negli enti di area vasta, non possiamo che accogliere come fatto assolutamente positivo l'iniziativa - o, meglio, il coraggio - di un Governo regionale (quello del Friuli-Venezia Giulia, guidato dal presidente e amico Fedriga e da una Giunta di centrodestra) di infrangere quel totem che, nell'immaginario politico di certa opposizione, pare siano diventate in passato le Province.
L'intervento normativo, è bene sottolinearlo, si colloca pienamente nel solco dell'indirizzo politico del Governo Meloni e di questa maggioranza, in virtù del mandato ricevuto dagli italiani. Non a caso, proprio qui in Senato è partito l'iter per l'approvazione del disegno di legge, che reintroduce l'elezione diretta del Presidente della Provincia e dei consiglieri provinciali e delega il Governo a riordinare il sistema delle Province.
Chi ci ascolta da casa è bene che sia informato. Il Friuli-Venezia Giulia è l'unica Regione in Italia che, dopo la riforma Delrio, non ha Province di primo, né di secondo livello. Per questa situazione, io direi quasi psicodrammatica, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha portato avanti questa importante proposta di modifica dello Statuto che reintroduce enti territoriali vicini ai cittadini perché la loro abolizione, di fatto, ha creato un deficit organizzativo e anche di sicurezza, soprattutto nei servizi predisposti per i cittadini. Questo è stato, lasciatemi dire, un grave - gravissimo - errore di sottovalutazione da parte del Governo Renzi.
Non solo perché stiamo parlando di una Regione a statuto autonomo e - diciamolo pure - a volte chi ne parla lo fa a sproposito, senza conoscere veramente la realtà e la delicata architettura politico-istituzionale delle autonomie speciali, come chi vi è nato come me. D'altronde, Matteo Renzi nel suo libro «Fuori!», a pagina 41, scriveva: mi tatuo in fronte che cancellerò le Regioni a statuto speciale; poi ne è diventato il miglior amico.
Qui stiamo parlando di una Regione a statuto speciale i cui principi incidono in ambiti delicati e attuali, vivi tra la gente, sentiti e vissuti sulla pelle, come la cultura e le lingue minoritarie, culture che convivono dopo un lungo iter che ha portato all'attuale convivenza pacifica. Vi è, però, un aspetto ancora più attuale ed è quello della globalizzazione del mercato economico di queste aree del nostro Paese, anche attraverso le euroregioni che abbiamo formato all'epoca, con i Governi Berlusconi e, al tempo stesso con un rafforzamento di tipo istituzionale. Non dico nulla che l'Unione europea, per certi versi, non abbia già affermato.
Ricordo allora un principio, forse anche più di uno, contenuto nella Carta approvata dal Consiglio d'Europa nel 1985, recepita dall'Italia nel 1989, cioè che l'autonomia locale deve essere esercitata dai Consigli e dalle assemblee costituite da membri eletti a suffragio libero, segreto, paritario, diretto e universale e in grado di disporre organi esecutivi responsabili nei loro confronti. Se pensiamo a tutti questi elementi come l'autonomia, la sussidiarietà e anche il principio di elettività, non si può non sostenere convintamente questo disegno di legge costituzionale, se si è sinceri, ovviamente. È importante, però, anche - e qui mi rivolgo ai Presidenti delle Regioni autonome, signor Ministro - che il potere decentrato non sia un nuovo accentramento nelle mani delle Regioni, senza poi passare le deleghe effettive alle Province ripristinate, o ai Comuni, secondo le loro stesse richieste, e secondo il principio di sussidiarietà.
Proviamo dunque tutti, stimati colleghi, a fare per un attimo uno sforzo, a svestire i panni della propria bottega e a guardare in faccia la realtà delle cose e dire che magari sì, è vero, forse ci siamo sbagliati in passato. Vedete, non si può far finta di non sapere che i vostri stessi sindaci - mi rivolgo a chi siede dall'altra parte dell'emiciclo - sono stanchi di supplire a inefficienze di livello superiore, perché quello che è accaduto è proprio questo: c'è un deficit organizzativo e oggi ci sono dei sindaci che, oltre a fare i sindaci, fanno gli amministratori di area vasta, ma fanno anche l'anagrafe, fanno il protocollo, fanno manutenzione e tanto altro e non trovano nemmeno i segretari comunali. Noi vogliamo ringraziare questi sindaci per il lavoro che si sobbarcano e a questo grido di aiuto dobbiamo e vogliamo dare una risposta.
Mi aspettavo anche che si ammettesse che qualcosa non era andato come doveva, ma la vostra questione pregiudiziale poc'anzi presentata sottolinea, ancora una volta, che evidentemente non è stato capito quello che avete fatto. Questa è la differenza, appunto, tra noi e il centrosinistra: noi le idee le riammoderniamo e cerchiamo di migliorare, correggendo anche quello che talvolta, lavorando, si può sbagliare. A sinistra, invece, si resta ancorati agli errori del passato. Abbiamo sentito parlare del tema dei risparmi per giustificare l'abolizione delle Province. Ebbene, è la solita foglia di fico dietro cui nascondersi e magari nascondere i limiti di una riforma evidentemente monca. Questo perché serviva dare in pasto ad un populismo sempre più aggressivo e imperante in quegli anni, superandolo, o alla becera propaganda antisistema le tanto sbandierate battaglie contro la casta, anche se oggi quegli stessi paiono rinnegarle, compreso il taglio dei parlamentari, com'è noto.
L'abolizione - vado alle conclusioni, Presidente - ha snellito forse il sistema? Nossignore: si sono dimostrate, al contrario, inefficienti, scollegate dal territorio e dalle esigenze reali dei cittadini e hanno aumentato la spesa pubblica. Questo perché l'eliminazione non è nata da una sorta di disegno istituzionale, ma da una politica di furore ideologico e forcaiolo che ha portato all'abolizione delle Province del Friuli-Venezia Giulia e anche altre, come scalpo a Roma. Questo è stato l'iter di quanto vissuto dai cittadini del Friuli-Venezia Giulia.
Questa, colleghi, è l'amara, ma triste realtà: la scelta alquanto discutibile di cancellare un ente rappresentativo della comunità locale, fortemente sentito dalla popolazione, con l'obiettivo di spingere alla costituzione delle Città metropolitane - oggi possiamo affermarlo con concretezza - è stata un fallimento. Per questo oggi non ci sottraiamo al nostro dovere di dare ascolto a tutte le istanze, quelle dei cittadini del Friuli, quelle dei loro primi cittadini, quelle dei lavoratori del comparto regionale che da tempo, troppo tempo, chiedono un ritorno a un sistema più partecipativo, trasparente ed efficiente.
Signora Presidente, annuncio che il Gruppo Civici d'Italia-UDC-Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, Italia al Centro)-MAIE-Centro Popolare voterà convintamente a favore del provvedimento, perché da commissari liquidatori delle Province possiamo evidentemente tornare a vestire, invece, i panni che i cittadini ci hanno affidato nelle urne, quelli di legislatori.
Vogliamo che, così facendo, le Province ritornino presto, molto presto, la casa dei Comuni, perché quando i legislatori vanno nel senso del rispetto delle autonomie, nel senso anche dell'efficienza degli enti pubblici, io credo che si stia facendo un buon servizio ai cittadini. Questa è la strada giusta. Questo è il nostro intento. Grazie, dunque, signor Ministro, per quello che avete fatto. (Applausi).
MAGNI (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAGNI (Misto-AVS). Signora Presidente, onorevoli colleghi, l'esame del provvedimento che stiamo affrontando, di modifica dello Statuto del Friuli Venezia Giulia in merito all'assetto delle Province, pone una discussione concreta relativamente al fatto che questo ragionamento sulle Province presenta forti criticità. Cercherò di spiegare quali esse siano.
Vi è da tempo una discussione, con disegni di legge presentati da quasi tutti i partiti, ferma in Commissione affari costituzionali. La prima critica riguarda il fatto che, per istituire le Province, ci vorrebbe sostanzialmente un miliardo di euro. Vorrei sottolineare, però, che il miliardo di euro andrebbe trovato ugualmente. Il problema è che alcune funzioni delle Province, quali le scuole, le strade, il decoro, la manutenzione, gli interventi per mettere in sicurezza sia gli stabili delle scuole che le strade, sono necessarie e servono.
Quindi, questa è una foglia di fico. Nel momento in cui si pensa di ricostruire le Province, bisogna dare loro delle funzioni che in realtà già hanno. Alle Province che ci sono, infatti, l'unica cosa che è stata tolta è il voto dei cittadini. In sostanza, le Province hanno delle funzioni e trovare i soldi per loro è compito di questo Parlamento. Non si può dire, infatti, che non si interviene sulla modifica statutaria della legge Delrio, nella sua complessità, perché ci vogliono i soldi: ma quei soldi, lo sottolineo, sono necessari, perché gli istituti scolastici e le strade hanno bisogno comunque di manutenzione, di interventi antisismici, di decoro e quant'altro. Quindi, il Parlamento si deve assumere l'impegno di andare in questa direzione.
L'altro problema riguarda l'intervento sul merito. Anche in questo caso, facciamo un'operazione di verità. La legge Delrio è già cambiata, perché vorrei ricordare che tale legge proponeva, ad esempio, che il Presidente della Provincia non venisse retribuito. Questo era scritto nella legge Delrio. Oggi è retribuito: il Presidente ha una retribuzione. La legge Delrio non prevedeva la Giunta della Provincia: oggi è prevista la costituzione della Giunta. L'unica cosa che manca è l'elezione diretta da parte dei cittadini, perché c'è l'elezione di secondo livello. Sono solo i consiglieri e i sindaci che votano, per di più disgiuntamente: ogni quattro anni il Presidente, ogni due anni il Consiglio, con dei pastrocchi senza fine. Quindi, noi siamo tenuti a intervenire su questo, indipendentemente dalla valutazione in questa occasione.
Noi sottolineiamo, però, la necessità di dare organicità al progetto. Io mi sono occupato della situazione nelle Province della mia piccola Regione, che si chiama Lombardia, e vi garantisco che c'è di tutto di tutto e di più. Non si capisce quali sono le maggioranze e quali le opposizioni, anche se sono state presentate liste contrapposte. Quindi, questo è lo stato dell'arte: abbiamo un ente che sostanzialmente è limitato nello svolgimento dei suoi compiti, perché gli mancano le professionalità.
Ovviamente, per ripristinare le Province bisogna ricostruire le professionalità e bisogna mettere a pari le questioni economiche, perché intanto le persone sono andate via.
Questa è la situazione che abbiamo di fronte. Vorrei quindi sottolineare che, ad esempio, sarebbe bene chiamarle con il loro nome: Province. La questione delle aree così definite vaste, come proposto ad esempio per il Friuli-Venezia Giulia, è una foglia di fico perché sostanzialmente sono le Province che c'erano prima. Se voi andate dai cittadini friulani vi dicono la Provincia di Gorizia, quella di Udine, di Trieste e di Pordenone. La definizione «aree vaste» in sé non vuol dire nulla.
Facciamo così finta di nulla, da una parte, per far passare una cosa e, dall'altra, per non affrontare il problema che invece dobbiamo affrontare ora. Noi pensiamo invece che sia necessario affrontare il nodo della questione: l'elezione diretta da parte dei cittadini. È necessario altresì affrontare una volta per tutte la questione delle aree metropolitane. Anche questo è un problema. Noi abbiamo di fronte un assetto istituzionale nei territori che presenta una serie di sfaccettature. Non ci si può nascondere dietro i soldi; ho spiegato prima che da questo punto di vista le risorse andrebbero stanziate.
È per queste ragioni che abbiamo deciso di astenerci dal voto sul provvedimento. Crediamo nel voto diretto da parte dei cittadini e pensiamo che si debba fare meglio, riprendendo in mano la questione che non può essere affrontata solo per una Regione. Tutto questo anche perché - parliamoci chiaro - la Corte costituzionale ha già avuto modo di esprimersi in modo contrario. Cercare di cambiare una legge senza abrogare la norma ci pare ovviamente impossibile ed è anche un po' ipocrita nascondersi dietro problemi veri.
Impariamo allora a mettere le cose sul tavolo così come sono, cercando di dare risposte che i cittadini chiedono in maniera chiara. Anch'io, ad esempio, come cittadino lecchese, vorrei sapere perché in un posto si possono eleggere i propri rappresentanti e in un altro no. Io vorrei continuare ad eleggere i miei. (Applausi).
ZANETTIN (FI-BP-PPE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANETTIN (FI-BP-PPE). Signora Presidente, ministro Calderoli, il disegno di legge costituzionale, d'iniziativa del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, ci arriva dopo essere stato già approvato dalla Camera dei deputati, che ha apportato modifiche concordate con la Regione stessa.
Si tratta di un testo importante perché, come già sottolineato da molti degli oratori che mi hanno preceduto, reca modifiche allo Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, contenuto a sua volta nella legge costituzionale n. 1 del 1963. Lo scopo principale di questo intervento normativo è quello di reintrodurre nello Statuto gli enti di area vasta dopo che la riforma delle Province li aveva soppressi. Questi, infatti, saranno enti titolari di proprie funzioni amministrative, avranno organi di governo eletti direttamente e formati con il consenso delle popolazioni interessate. Essi si uniranno quindi ai Comuni, alle Città metropolitane e alla stessa Regione.
Una volta istituiti gli enti di area vasta, il loro funzionamento verrà disciplinato da una legge regionale e quindi sarà una legge regionale ad individuarne le funzioni amministrative, cioè concretamente i temi e le materie di cui dovranno occuparsi questi enti di area vasta. Agli enti verranno assegnate apposite entrate regionali che saranno adeguate alle funzioni loro attribuite, come avviene già oggi per i Comuni.
La Camera durante l'esame ha provveduto anche ad apportare alcune modifiche di carattere normativo allo statuto del Friuli-Venezia Giulia, ritenute necessarie da un punto di vista anche formale, prevedendo, ad esempio, tra le materie in cui la Regione esercita una potestà legislativa concorrente, la sostituzione delle parole «edilizia popolare» con «edilizia residenziale pubblica», definizione che si dà oggi alle case di proprietà pubblica.
Vengono altresì modificati istituti di democrazia diretta, come la legge elettorale regionale e il referendum popolare consultivo, la cui definizione viene ora rimessa alla disciplina regionale e non a specifici quorum o disposizioni attualmente previsti dallo Statuto. In questo modo le leggi su forma di governo e sistema elettorale regionale potranno essere sottoposte a referendum regionale confermativo, ma secondo le norme previste da opportuna legge regionale.
Viene inoltre fissato in 49 il numero dei consiglieri regionali, mentre oggi tale numero è determinato in base alla popolazione. Saranno i cittadini, le loro scelte, le loro esigenze al centro delle decisioni politiche degli eletti in Consiglio regionale. Sono state inoltre soppresse le norme dello Statuto che risultano superate di fatto, in attuazione della clausola di maggior favore, cioè di maggiore autonomia, introdotta dalla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001. Da ultimo, vengono introdotte disposizioni di coordinamento che prevedono che agli enti di area vasta si applichino, in quanto compatibili, le norme di attuazione statutaria già previste per gli enti locali.
Siamo in presenza di una serie di modifiche che hanno visto ampia condivisione alla Camera dei deputati, per una Regione autonoma il cui statuto tiene conto della pluralità delle culture e delle lingue presenti, che continuano a convivere armoniosamente in un territorio la cui diversità e i cui confini hanno segnato la storia d'Italia. Rafforzare le istituzioni e l'autonomia di una Regione che vede ai propri confini Paesi in forte crescita economica, pur all'interno dell'Unione europea, significa aiutarla a competere meglio.
Peraltro, i nuovi enti immaginati da questa nuova disciplina costituzionale potranno fare ricorso agli appositi fondi europei o ai gruppi europei di cooperazione territoriale, che sono stati creati nell'Unione europea proprio per favorire la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale. Si potranno in questo modo sia attuare i progetti comuni che migliorare il coordinamento della pianificazione territoriale. Si potrà così dare una più puntuale attuazione del principio di coesione, che è uno dei valori fondanti dell'Unione europea. Restiamo convinti che le riforme fatte in passato solo per risparmiare e senza considerare le peculiarità dei territori siano risultate sbagliate e abbiano lasciato scoperte competenze, funzioni e presidio territoriale.
Quello in esame è un disegno di legge costituzionale che sancisce una migliore democrazia, con enti che avranno una distribuzione di competenze e di risorse più congeniali ai territori, nel pieno rispetto dell'autonomia già sancita dalla nostra Costituzione. Non solo il Friuli-Venezia Giulia, ma tutte le Regioni dovrebbero avere questo principio (funzioni legislative, ma programmatiche) e lasciare le funzioni amministrative agli enti più prossimi ai cittadini, il che significa efficienza degli enti locali. Per tutte queste ragioni, annuncio il voto convintamente favorevole dei senatori di Forza Italia a questo provvedimento. (Applausi).
CATALDI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CATALDI (M5S). Signora Presidente, questo provvedimento - lo dico con estrema franchezza - è una presa in giro per i cittadini, è una finzione semantica, perché voi state riesumando le vecchie Province, ma non avete il coraggio di dirlo e quindi evitate accuratamente, in tutto il testo del provvedimento, di usare questa parola. Non parlate di Province, ma usate il termine vago «enti di area vasta». Ma cosa sono questi enti di area vasta? Noi ci eravamo posti il dubbio e lo abbiamo chiesto agli auditi che sono venuti in Commissione, i quali ci hanno detto che, per la loro architettura e per il loro funzionamento, queste sono le vecchie Province. E allora, visto che avete i numeri e che siete la maggioranza, se volete riesumare le Province, potete farlo, ma dovete essere chiari: ditelo chiaramente, non prendete in giro i cittadini. (Applausi).
Inoltre, dovreste anche avere l'onestà istituzionale di dire ai cittadini a cosa servono, dato che non c'è una pressione dal basso, non sono i cittadini che ve lo stanno chiedendo. Dovete dire a cosa servono e soprattutto a chi servono.
Signora Presidente, non ci può sfuggire il fatto che la Regione Friuli-Venezia Giulia ha poco più di un milione di abitanti, oltretutto con una popolazione che sta diminuendo. Che bisogno c'è di creare un ente intermedio tra Regioni e Comuni, quando oltretutto ci sono già le Unioni territoriali intercomunali, che sono state create nel 2014? Non volete farle funzionare e quindi fate una controriforma, che creerà sicuramente un periodo intermedio di grandi disservizi e non porterà nessun vantaggio ai cittadini. Quali vantaggi avranno? Ci saranno maggiori costi, nuove strutture e nuove poltrone. Quello è il vero vantaggio: è una riforma che non serve ai cittadini, ma viene fatta dalla politica per i politici.
Vorrei anche aggiungere che tutto questo viene fatto in un momento in cui la Regione sta attraversando un delicato periodo di decremento demografico. Le informazioni di quest'anno ci dicono che c'è un calo della popolazione, che la popolazione è sempre più anziana, che ci sono pochi giovani, che c'è un calo delle nascite e che è in atto uno spopolamento delle aree interne.
Allora la politica cosa dovrebbe fare in questi casi? Dovrebbe occuparsi di contrastare lo spopolamento. Invece che cosa fate? Blindate le poltrone, perché avete anche avuto il coraggio di mettere un numero fisso di consiglieri regionali quando adesso c'è una proporzionalità, per cui se diminuisce la popolazione diminuisce anche il numero dei consiglieri regionali. Invece avete blindato il numero e non c'è più la proporzionalità perché volete salvare le poltrone, non la popolazione. (Applausi).
Non vi fermate qui, perché la vostra attenzione per i cittadini è palese. Avete anche indebolito il controllo dei cittadini sulla legge elettorale, sulle leggi che trattano le forme di governo. Perché lo fate? Perché andate a togliere dallo Statuto le regole sul referendum confermativo? E che cosa fate? Stabilite che sarà la legge regionale a decidere se, come e quando i cittadini potranno dire la loro sulla legge elettorale. Fate questo perché volete spostare la decisione dalle piazze alla segreteria del partito di maggioranza. Signora Presidente, questo è un arretramento democratico e significa fare un attacco alla democrazia partecipativa. La democrazia rappresentativa non può esistere se non c'è anche una democrazia partecipativa: ce lo dice anche l'Europa.
Signora Presidente, vado a concludere. Noi del MoVimento 5 Stelle siamo innanzitutto per la trasparenza delle istituzioni e siamo contrari a quei giochi di parole e a quei sotterfugi per non far vedere cosa si sta facendo. Noi del MoVimento 5 Stelle siamo per le riforme fatte a favore dei cittadini, non per la politica e per le poltrone. Noi del MoVimento 5 Stelle siamo per rafforzare la democrazia partecipativa e non per indebolirla. Per tutte queste ragioni, voteremo contro questo provvedimento. (Applausi).
DREOSTO (LSP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DREOSTO (LSP-PSd'Az). Signora Presidente, onorevoli colleghi, intervengo quest'oggi per esprimere il mio pieno sostegno all'approvazione da parte del Senato della norma statutaria che reintroduce le Province in Friuli-Venezia Giulia. Lo faccio con convinzione e anche con un grande senso di responsabilità verso i cittadini della mia Regione, che per troppo tempo hanno subito le conseguenze di una scelta sbagliata, imposta dall'alto, figlia di una visione ideologica e scollegata dalla realtà amministrativa dei territori. Il Friuli-Venezia Giulia è stato - lo voglio ricordare, ma è già stato detto - l'unica Regione in Italia in cui una norma fortemente voluta dalla sinistra, con l'allora presidente Debora Serracchiani, ha portato alla totale cancellazione delle Province: un'operazione condotta con superficialità, senza ascoltare né i Comuni, né i territori, né le comunità locali.
La riforma delle Unioni territoriali intercomunali (UTI) avrebbe dovuto sostituire le Province, ma si è dimostrata un vero e proprio fallimento. (Applausi). Diciotto UTI realizzate e imposte ai territori senza alcun processo partecipativo. Una riforma che non è mai decollata davvero, perché poi, tra l'altro, gran parte dei Comuni non ha accettato l'impianto della norma e addirittura ha rifiutato di aderirvi. È nato poi - questo lo dobbiamo dire, perché è vergognoso - un contenzioso che di fatto ha paralizzato l'azione amministrativa e ha costretto la Regione non ricordo per quante volte a tentare di fare delle modifiche legislative, tra l'altro del tutto inutili, per correggere un errore di fondo.
La verità in realtà è molto, molto semplice. Le Province in Friuli-Venezia Giulia avevano e avranno - questo lo auspichiamo - un ruolo strategico fondamentale per l'amministrazione di area vasta; erano l'ente intermedio tra i Comuni e la Regione, capace di garantire servizi efficienti, coordinamento territoriale, risposte concrete su temi cruciali come la viabilità, l'edilizia scolastica, la manutenzione del patrimonio pubblico, la pianificazione territoriale. La loro eliminazione ha avuto effetti drammatici. La Regione si è trovata a dover affrontare e gestire funzioni amministrative che non le spettavano per natura e per struttura, sottraendo tra l'altro risorse ed energie alla sua funzione naturale legislativa, di programmazione e di indirizzo.
I disservizi, poi, si sono moltiplicati: scuole senza interlocutori chiari, strade dimenticate, progetti bloccati, cittadini disorientati. Tutto questo mentre i Comuni si sono, a loro volta, trovati senza un vero e proprio supporto da parte di un ente intermedio che fosse in grado di affrontare quelle che erano e che sono ancora oggi le sfide sovracomunali.
Con il ritorno, fortunatamente, in Friuli-Venezia Giulia del centrodestra e con l'affermarsi di quello che io voglio definire buonsenso istituzionale, abbiamo riavviato un percorso di ricostruzione, un lavoro serio, lungo e - lo dico con franchezza - anche molto complesso, perché toccare lo Statuto di una Regione autonoma significa intraprendere un iter costituzionale particolarmente articolato. Ciò è stato reso possibile grazie, tra l'altro, al lavoro di una grande squadra; si è trattato di un percorso portato avanti con determinazione dalla Lega, a partire dagli amministratori locali, passando per il Consiglio regionale, che ringrazio, fino alla squadra parlamentare. Un lavoro silenzioso, costante, spesso lontano dai riflettori, che ha richiesto pazienza e soprattutto capacità di sintesi. Non sono mancate, evidentemente, difficoltà né tentativi di frenare o diluire, complicandolo, l'iter, ma alla fine ha prevalso la volontà di rimediare a quello che è stato un errore che ha evidentemente messo in difficoltà territori e cittadini. È un passaggio decisivo per ridare al Friuli-Venezia Giulia un assetto che noi definiamo istituzionale coerente, funzionale e rispettoso del principio di sussidiarietà; principio che troppo spesso, purtroppo, qualcuno vuole o vorrebbe dimenticare.
Desidero ringraziare sinceramente - lo faccio qui con grande piacere - il ministro Roberto Calderoli per il suo impegno e la sua dedizione in questa e in altre riforme costituzionali. (Applausi), il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo per il supporto costante, il presidente della Commissione affari costituzionali, senatore Balboni, per la gestione attenta e puntuale dell'iter in Commissione, ma soprattutto permettetemi di ringraziare la collega senatrice Pirovano, relatrice determinata e competente di questo che per noi è un provvedimento importantissimo per il futuro della nostra Regione e del nostro territorio, ma mi auguro anche per l'Italia intera. (Applausi).
Il lavoro, evidentemente, non si ferma qui. Come sapete, trattandosi di una modifica statutaria di rango costituzionale, sarà necessario completare questo iter con i successivi passaggi alla Camera e al Senato in seconda deliberazione. Confidiamo però che l'iter possa proseguire con rapidità e soprattutto con la serietà che ha contraddistinto il lavoro fin qui svolto.
Concludo con una riflessione politica: ciò che è accaduto in Friuli-Venezia Giulia non è stato un semplice errore amministrativo, ma è stato un esperimento ideologico calato dall'alto, che ha dimostrato quanto possa essere pericoloso scollegarsi dalla realtà e dai territori. Oggi quel modello fallimentare e fortemente voluto dall'allora presidente della Regione Debora Serracchiani - ma ricordo che Debora Serracchiani rispondeva, con il progetto laboratorio Friuli, all'allora presidente del Consiglio Matteo Renzi, che voleva imporci come una cavia modello per un sistema centralista e inefficace - si chiude con un atto concreto di riparazione istituzionale. Con esso affermiamo anche una visione diversa, fondata sull'ascolto, sulla sussidiarietà e sulla responsabilità amministrativa, ma non di meno - lo dico a tutti i colleghi - con la forte convinzione di voler difendere la nostra autonomia e la nostra specialità, che, ricordo, sono prerogative costituzionali. (Applausi).
La Lega, quindi, ha saputo farsi carico di questa battaglia con coerenza, con determinazione, interpretando con serietà il mandato che ha ricevuto dai cittadini. Il ritorno alla Provincia, allora, non è solo una vittoria del Friuli-Venezia Giulia, ma è un segnale chiaro, che dimostra che quando la politica lavora in sintonia con i territori, le risposte arrivano giuste, arrivano bene. (Applausi).
ROJC (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROJC (PD-IDP). Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, si sta per votare una riforma dello Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia che presenta numerosi punti critici e proverò a elencarli.
Punto primo: la soppressione delle Province nel Friuli-Venezia Giulia va contestualizzata nel progetto di riforme dello Stato e dell'ordinamento di quasi dieci anni fa.
L'applicazione della legge Delrio si deve quindi intendere come volontà di riformare il Paese in modo serio, con provvedimenti ordinamentali il cui fine ultimo sarebbe stato quello di modernizzare l'Italia.
La Regione Friuli-Venezia Giulia conta oggi poco più di 1,1 milioni di abitanti. La prima domanda è dunque la seguente: abbiamo davvero bisogno di tre organi elettivi o sarebbe più razionale e utile ripensare l'organizzazione sotto la regia della Regione, certo, e in stretta collaborazione con i Comuni, che sono 219, alcuni dei quali davvero di dimensioni molto ridotte, ma sentiti come identificativi dei singoli territori?
I territori presentano delle specificità assai differenziate e comprendono aree montane. Per esempio la nostra è perlopiù una montagna sempre più spopolata che ha bisogno di particolare attenzione alla manutenzione e al monitoraggio del territorio e, quindi, di collaborazioni tra singole amministrazioni comunali.
Alcuni Comuni sono aree metropolitane, mentre altri sono insediamenti costieri sottoposti a grandi flussi turistici durante la stagione balneare. Poi ci sono i Comuni di confine con le Repubbliche di Austria e Slovenia che, grazie ai progetti europei dei Gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT) (si pensi al ruolo e alle iniziative del GECT di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba) o Interreg, hanno avviato assai proficue collaborazioni e servizi transfrontalieri, segno tangibile dei benefici derivanti dalla comune appartenenza all'Unione europea.
Ci sono anche Comuni dalla spiccata vocazione industriale, come quelli del Pordenonese, le aree pedemontane: tutti con esigenze specifiche e con le necessità di progettualità, guida e coordinamento integrati a livello regionale. All'incrocio tra i due corridoi europei che attraversano il Friuli-Venezia Giulia, il sistema portuale del Mare Adriatico orientale, con Trieste e Monfalcone, è uno snodo strategico per l'Italia, i Balcani occidentali, il Centro-Nord Europa e l'intera Regione Friuli-Venezia Giulia.
Colgo l'occasione per rinnovare l'invito al Governo a mantenere il suo formale impegno e applicare finalmente i Trattati internazionali che sanciscono per Trieste lo status di porto franco internazionale, estremamente importante in questo momento storico per tutto il sistema produttivo regionale.
La frammentazione è da troppo tempo un fattore di rallentamento della modernizzazione e dello sviluppo. Non sarà la reintroduzione delle Province a far funzionare meglio questa realtà. Servono connessioni organizzative e condivisioni di servizi tra aree similari e non già quattro Province che hanno peculiarità e necessità diversissime sul proprio territorio, che non riescono a gestire, creando doppioni o lasciando aree intere senza sostegno di alcun tipo.
Passo al secondo punto, che rilevo per il senatore Dreosto. L'abolizione delle Province è stata votata all'unanimità, senza voti contrari (Applausi), dopo un percorso di riforme avviato nel 2013 e concluso nel 2016. Non ci furono voti contrari, anche a seguito di un confronto molto approfondito tra le varie realtà che costituiscono il tessuto storico di una Regione a statuto speciale come il Friuli-Venezia Giulia, che ha coinvolto non soltanto le forze politiche, ma realtà e comunità locali.
Ci si chiede se, dopo neanche dieci anni e nessuna elaborazione del sistema di governo degli enti locali, questo voltafaccia sia giustificato, o sia strumentale. Certo, per la specialità regionale è una resa.
Passo al punto tre. Per modificare le regole si poteva discuterne in maniera diversa, senza riaprire lo Statuto e metter mano a una riforma costituzionale. Creare connessioni è necessario, come ho detto, ma a deciderle devono essere il territorio e le amministrazioni comunali, secondo le proprie esigenze. (Applausi). La Giunta Fedriga sa bene quanto si possa fare, ma non lo ha voluto fare. Perché non si è preoccupata di dare sostegno alle amministrazioni locali, prive di adeguato personale tecnico per i progetti finanziati dai fondi del PNRR?
Lo abbiamo chiesto a gran voce e questa non è questione di Province, ma di Governo, visto che la mancanza di personale specifico negli uffici tecnici e di segretari comunali è un problema che affligge tutto il Paese.
Punto quattro: parliamo di specialità e di autonomia. Il Friuli-Venezia Giulia ha avuto la sua specialità anche grazie alla presenza storica della minoranza slovena autoctona e al giusto riconoscimento delle minoranze linguistiche, friulana e germanofona. Il dubbio che mi sfiora è di natura squisitamente politica e riguarda l'indebolimento di questa specialità, il cui esito sarebbe la riduzione progressiva del rilievo delle minoranze in un quadro di normalizzazione. Non posso evitare di riferirmi al fastidio con cui ancora oggi certe forze politiche di maggioranza guardano agli sloveni e tornare alle Province come erano e dove erano non porta nulla alla tutela e alla valorizzazione delle minoranze.
Parliamo anche di costi: il personale delle ex Province è stato assorbito perlopiù dagli uffici regionali. Ripristinando le Province come organi elettivi, si porrà il problema di nuove necessità di personale per i nuovi uffici che si dovranno ripristinare, dato che sarà molto improbabile un ri-trasferimento dalla Regione alla Provincia dei dipendenti trasferiti a suo tempo e questo a prescindere dalle garanzie contrattuali. I costi saranno enormi e il reperimento del personale affatto scontato. Le urgenze dei cittadini e il conseguente impiego di risorse sono altro rispetto alla ricostruzione di enti dai compiti ancora oscuri e dai confini territoriali già contestati.
Solo per dire della sanità, il ministro Ciriani ha colto il pretesto della sua criticità in Friuli-Venezia Giulia per aprire la crisi politica che ha messo in discussione la Giunta Fedriga. Sanità territoriale, personale medico e infermieristico, liste d'attesa e privatizzazione incalzante, anche dei pronto soccorso, sono alcuni titoli di una situazione che non migliora. La partita che si sta giocando sulla testa dei cittadini del Friuli-Venezia Giulia è assurda. Il vento in poppa a Fratelli d'Italia permette al ministro Ciriani di delegittimare l'operato del governatore Fedriga in difficoltà, anche a causa dell'incertezza sul terzo mandato evidentemente. Qualcuno potrebbe parlare di una Wille zur Macht, di una sete di potere, non di buon governo, senza nessuna remora, nessun rispetto per i sindaci e le giunte dei 219 Comuni (Applausi) che lavorano in situazioni difficili per garantire servizi ai propri concittadini e di quanto la Regione si balocca con riforme inutili.
Il mio e il nostro invito è di ripensarci: in Friuli-Venezia Giulia serve una riforma vera del sistema degli enti locali. Abbiamo l'occasione per fare un passo importante proprio utilizzando la nostra specialità senza forzarla a scopi di immediato rendimento di posizione. Ci sono proposte avanzate da alcuni auditi alla Commissione affari costituzionali, che non prevedono di riaprire lo Statuto speciale della Regione autonoma del Friuli-Venezia Giulia, mantenendo quella specificità che è garanzia per tutti. Lo dico - mi sia permesso - come rappresentante di tutti e anche come unica senatrice della minoranza slovena: già solo l'ipotesi di modificare i confini di una rinata Provincia di Gorizia potrebbe costituire un precedente pericoloso: significa spostare anche alcuni Comuni bilingui dal Triestino, vorrebbe dire voler imporre l'idea che gli sloveni, i villici alloglotti, com'erano definiti durante il ventennio, andrebbero comunque relegati ai margini di Trieste, ad esempio, città multietnica quando serve, ma nella quale certe destre farebbero volentieri a meno della presenza storica slovena, che risale ormai ad almeno 15 secoli fa. (Applausi).
Il nostro voto sarà contrario per il merito e per il metodo per evitare che sorgano più problemi e disfunzioni di quelli che il centrodestra in Friuli-Venezia Giulia sostiene di voler correggere. La Giunta Fedriga ci ripensi, è ancora in tempo. (Applausi).
TUBETTI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TUBETTI (FdI). Signora Presidente, onorevoli colleghi, mi è balzato agli occhi il titolo di ieri del quotidiano «Il Sole 24 Ore», che poneva al primo posto la Provincia di Gorizia per qualità della vita. La notizia, per quanto gratificante per chi, come la sottoscritta, vive proprio in quel lembo di terra descritta nelle liriche di Ungaretti, è sicuramente anacronistica. È anacronistica nella parte in cui richiama quella suddivisione territoriale che in Friuli-Venezia Giulia - e solo in Friuli-Venezia Giulia - è sparita da quel dì. Non siamo fieri di questo triste primato: essere l'unica Regione d'Italia ad aver abolito le Province non ci rende orgogliosi. Quella scelta, come tante altre di quel periodo, fu una decisione scriteriata, calata dall'alto, senza un ragionamento che non fosse quello di rincorrere la vanagloria e l'ambizione sfrenata di una come lei: sì, proprio quella.
Solo una come lei poteva compiere quell'abominio. Solo una come lei, incurante delle conseguenze e senza una visione d'insieme, poteva mortificare un assetto di governo territoriale che non solo aveva una logica, ma soprattutto rappresentava, per le competenze attribuite, il giusto collante tra i Comuni, soprattutto quelli di piccole dimensioni di cui parlavamo prima, con il Governo regionale e quello centrale; un presidio indispensabile per garantire una continuità territoriale e una attenzione su materie e competenze così delicate come i plessi scolastici, il trasporto pubblico locale, la gestione dei rifiuti, la pianificazione territoriale, le politiche giovanili e tanto altro. Parliamo di territori, di cittadini, di persone, tutti argomenti ormai scomparsi dall'agenda dei partiti di sinistra, che noi, in Friuli-Venezia Giulia, in quel sinistro interregno Serracchiani, durato - per fortuna - solo una legislatura, saggiammo per primi.
Solo una come lei, in cinque anni, seppe bissare le gesta di un altro straniero, il re degli unni, e depennare una storia che ebbe inizio nel 1859, quando, ancora prima che il 17 marzo 1861 re Vittorio Emanuele II firmasse il decreto che sanciva la nascita del Regno d'Italia, erano già state istituite le prime 59 Province italiane, grazie al regio decreto n. 3702 del 1859, emanato dall'allora Ministro dell'interno del Regno di Sardegna.
Nel 2016 - come ben noto - il Governo non aveva fatto i conti con la volontà popolare e l'esito del referendum del 4 dicembre, che rottamava i rottamatori, rendeva di fatto incompleta la riforma del 2014, generando una situazione di incertezza che tutt'oggi permane.
Tuttavia, ben prima del referendum, il 28 luglio 2016 veniva approvata la legge costituzionale n. 1, che mortificava lo Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, sopprimendo del tutto il livello di governo delle Province e delineando un assetto istituzionale contemplante solo due livelli di governo: la Regione e i Comuni.
Partiti con l'intento di risultare i primi della classe, dopo la débâcle del referendum si diventava gli unici ad aver insistito con una manovra che, tra i risultati, poteva annoverare esclusivamente, con l'istituzione delle Unioni territoriali intercomunali (UTI), aumenti di costi e rallentamento dei servizi. Solo l'abolizione delle UTI e l'iniziativa degli Enti di decentramento regionale (EDR) ci hanno portato a migliorare la situazione.
Questa, dunque, la scaturigine del provvedimento oggi in esame, proposto dal Consiglio del Friuli-Venezia Giulia per correggere i maldestri errori del passato e riordinare con maggior consapevolezza e competenza l'organizzazione degli enti sul territorio regionale. (Applausi).
È lo stesso Consiglio regionale a motivare la proposta, evidenziando, nella relazione illustrativa, la palese necessità di mantenere un livello di decentramento delle funzioni territoriali, al fine di creare un sistema coordinato di politiche regionali e nazionale, creando articolazioni subregionali.
Ancora una volta - va sottolineato - è la maggioranza di centrodestra ad ascoltare le esigenze del territorio, nell'ottica dell'amichevole e fruttifera cooperazione tra amministrazione centrale ed autonomie locali, che fin dall'inizio ha caratterizzato il nostro operato, ne supporta e ne condivide le rilevanti istanze.
Considerando la lettera del testo, risulta centrale naturalmente la reintroduzione, nello Statuto regionale, della previsione di enti di area vasta titolari di funzioni amministrative proprie e con organi ad elezione diretta accanto a Comuni o Città metropolitane e alla Regione.
Questi enti potranno tornare a ricoprire quella delicata funzione di coordinamento in relazione a tutti quei numerosi ambiti di competenza che né la Regione né i Comuni erano in grado di gestire efficacemente ed efficientemente.
Il provvedimento propone anche una modifica alla disciplina prevista dallo Statuto relativa all'obbligo di referendum regionale per l'approvazione della legge regionale deputata a determinare la forma di governo e il sistema elettorale regionale. Tale obbligo referendario attualmente sussiste se, a seguito dell'approvazione del Consiglio regionale entro tre mesi dalla pubblicazione della legge, un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti del Consiglio regionale ne faccia richiesta. Le modifiche approvate, invece, segnano un cambiamento rilevante. La legge sulla forma di governo e sul sistema elettorale regionale può essere sottoposta a referendum confermativo nelle modalità e nei termini che saranno poi previsti da una legge regionale apposita. È una misura che snellisce le procedure nell'ottica anche di maggiore stabilità politica ed efficientamento economico.
Il disegno di legge costituzionale, all'articolo 6, intende intervenire anche con l'introduzione di un numero fisso di consiglieri regionali in luogo della previsione attualmente vigente, secondo cui il numero dei consiglieri è commisurato alla popolazione residente nel territorio regionale. Ciò parificherà la Regione Friuli-Venezia Giulia a quasi tutte le altre Regioni italiane, nello statuto delle quali tale disposizione è già prevista e soprattutto eliminerà il rischio che, alla luce delle variazioni demografiche, il numero di rappresentanti in Consiglio regionale subisca malinterpretazioni.
L'articolo 9, infine, mira a rimuovere le disposizioni statutarie che, a seguito della legge costituzionale n. 3 del 2001, che ha riformato il Titolo V della Parte II della Costituzione, risultano oggi superflue e obsolete per l'abrogazione implicita. Potevate farlo voi prima.
Nel complesso, il disegno di legge costituzionale proposto dal Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia si pone l'obiettivo di rivalorizzare le specificità di un territorio che ha una storia di vita vissuta, di esperienze fatte, di necessità diverse, di discussioni lunghe secoli, a partire dal nome Friuli-Venezia Giulia, ed è frutto del sangue dei nostri popoli, come ben diceva Tiziano Tessitori, illustrando le sue modifiche all'emendamento dell'illustre Fausto Pecorari: con questa denominazione a me pare siano salvaguardate anche le ragioni di natura patriottica e sentimentale, perché quando noi, nell'indicare questa nuova Regione dello Stato italiano, diciamo Venezia Giulia, ciascuno avverte e sente come questo nome abbia, dal punto di vista nazionale, quel significato che è nell'animo di tutti gli italiani. (Applausi).
Torniamo a oggi. Saper chiedere scusa e rimediare agli errori fatti è un atto di grande coraggio e di grande intelligenza: due qualità che difettano nel patrimonio di una come lei, ma in generale di tutti coloro che fanno della propaganda il loro faro. Che poi non è così vero che una come lei non cambia idea: nel settembre del 2014, l'allora vice segretario del PD e Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia così si esprimeva a proposito del Jobs Act: la posizione del PD è decisa dalla Direzione. Per come conosco io Renzi, credo che non accetterà diritti di veto da parte di nessuno e che il piano del Governo darà più tutele ai lavoratori e più semplicità agli imprenditori. Negli ultimi anni - aggiunge - il numero di disoccupati è raddoppiato, noi del PD non possiamo stare alla finestra e fare finta di niente. Nel metodo, la ditta ha le sue regole che funzionano allo stesso modo, indipendentemente da chi è in maggioranza. Quando eravamo in minoranza, le abbiamo accettate; siamo certi che adesso la minoranza farà altrettanto per il bene del Paese.
Renzi non è più nel PD. Lei, grazie a Dio e grazie ai cittadini della mia Regione, non è più Presidente del Friuli-Venezia Giulia e le sue posizioni sul Jobs Act sono radicalmente cambiate, tanto da promuovere l'abolizione del quesito referendario promosso da lei stessa e dal suo partito. Onorevole Serracchiani, ci guardi; per una volta siamo d'accordo con lei. Quando eravamo in minoranza abbiamo dovuto accettare le sue… (Commenti).
PRESIDENTE. Senatrice, come lei sa…
TUBETTI (FdI). Mi rivolgo a lei.
PRESIDENTE. Si rivolga a me e rimaniamo nella critica politica e non ovviamente nella critica personale.
Non l'ho interrotta finora e non mi costringa a farlo.
Colleghi, la Presidenza è già intervenuta. Prego, prosegua.
TUBETTI (FdI). Per una volta siamo d'accordo con lei: quando eravamo in minoranza, abbiamo dovuto accettare le sue pur nefaste riforme. Siamo certi che oggi la minoranza farà altrettanto per il bene dell'Italia.
Alla luce di questo, a nome del Gruppo Fratelli d'Italia, che mi onoro di rappresentare, annuncio il nostro voto favorevole. Avanti così. (Applausi).
PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento, indíco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del disegno di legge costituzionale, nel suo complesso.
(Segue la votazione).
Il Senato approva in prima deliberazione. (v. Allegato B).
Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno
CROATTI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CROATTI (M5S). Signora Presidente, nei giorni scorsi un emendamento del Governo al milleproroghe ha tagliato del 70 per cento in due anni le risorse destinate alla sicurezza e alla manutenzione delle strade provinciali in Italia. Se volessimo dare un nome evocativo a questo provvedimento del Governo, lo chiameremmo «Attentato alla sicurezza della vita dei cittadini». Soltanto nel biennio 2025-2026 la sforbiciata sarà di 385 milioni su 1,5 miliardi che erano già stati stanziati.
Qualcuno dirà: quante sono le strade provinciali in Italia? Sono poche. Le do dei dati, signora Presidente. Oggi le Province e le Città metropolitane gestiscono circa 130.000 chilometri di strade. E tanto verrà tagliato, una parte in ogni Regione. Faccio l'esempio della mia Regione, l'Emilia-Romagna: ci sono 9.100 chilometri di strade provinciali su 11.400, cioè l'80 per cento dei chilometri è di competenza provinciale. Una scure di tagli di 38,5 milioni su 55 nel biennio 2025-2026. (Applausi).
È una sforbiciata delirante, voluta dal ministro Salvini proprio per finanziare quel folle progetto del Ponte sullo Stretto. Grazie a lui, Province e Città metropolitane dovranno farsi bastare un terzo dei finanziamenti per asfaltare, per tappare buche, per fare i lavori su ponti, viadotti e gallerie nel nostro Paese. Siamo tutti al corrente di quanto non potranno farcela i nostri Comuni; le ripercussioni arriveranno dirette sulla vita dei cittadini. Un appello arriva dai sindaci del territorio: basta tagli ai Comuni in questa direzione. (Applausi).
Purtroppo, signora Presidente, le chiedo qualche secondo in più, perché la situazione è intollerabile, in particolare in Regioni come l'Emilia-Romagna.
Stiamo facendo ancora i conti con i danni causati dall'alluvione del 2023. Per colpa di questi tagli, molti interventi strategici, anche futuri, avranno delle ripercussioni. Per questo accusiamo direttamente chi continua a tradire le popolazioni dell'alluvione avendo fatto promesse elettorali che parlavano di stanziamenti per ristori del cento per cento e chi anni fa raccontava che sarebbe bastato un clic per far arrivare 1.000 euro. Ci sono cittadini che non hanno ancora avuto dei ristori sul nostro territorio. (Applausi).
Questo caso è emblematico di un modo di agire della politica nel nostro Paese. L'interesse comune viene messo sotto agli stanziamenti per lobby e potenti. C'è un chiaro scollegamento rispetto ai bisogni dei cittadini e alle nostre priorità: continuiamo a mandare montagne di soldi per le armi e per il Ponte sullo Stretto di Messina, ma dall'altra parte sulla sanità e sulla sicurezza dei territori continuiamo a fare tagli. (Applausi).
Atti e documenti, annunzio
PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Ordine del giorno
per la seduta di mercoledì 28 maggio 2025
PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, mercoledì 28 maggio, alle ore 10, con il seguente ordine del giorno:
La seduta è tolta (ore 18,47).
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Modifiche alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia (1279)
PROPOSTE DI QUESTIONE PREGIUDIZIALE
QP1
Boccia, Parrini, Giorgis, Meloni, Valente, Rojc
Respinta (*)
Il Senato,
in sede di esame del disegno di legge costituzionale "Modifiche alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia";
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede la reintroduzione nello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia della previsione di enti di area vasta, titolari di funzioni amministrative proprie e con organi ad elezione diretta, la cui disciplina è demandata alla legge regionale;
riguardo a questa novella, che aggiunge, tra gli ambiti di potestà legislativa regionale, l'istituzione di nuovi enti di area vasta e la modificazione della loro circoscrizione e denominazione, anche dalle audizioni sono emerse molte criticità in quanto la stessa si pone in contrasto con quanto previsto dalla giurisprudenza costituzionale, con particolare riferimento alle sentenze n. 168 del 2018 e n. 240 del 2021, con le quali si è stabilito che anche la Regione a statuto speciale, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare alla legge statale, in questo caso la legge 7 aprile 2014, n. 56 (cosiddetta "legge Delrio"), in quanto legge di grande riforma;
in particolare, la sentenza n. 168 del 2018 ha dichiarato illegittima la legge della Regione siciliana n. 17 del 2017, che aveva reintrodotto l'elezione diretta degli organi dell'ente di area vasta, precisando che, per introdurre tale norma, sarebbe stato necessario modificare prima la disciplina statale, mentre la sentenza n. 240 del 2021 ha stabilito che "l'elezione diretta è comunque subordinata all'approvazione di una legge statale (ovvero anche regionale, nel caso della Sicilia) che disciplini il relativo sistema elettorale, che tuttavia non è ancora intervenuta.";
al contrario, il presente disegno di legge consente alla regione Friuli-Venezia Giulia di poter reintrodurre enti assimilabili alle province, partendo dal discutibile presupposto che la natura speciale dello Statuto consenta di derogare alla legislazione nazionale, concretizzando così un principio pericoloso e disgregante, artatamente costruito per configurare un potere di deroga tout court della disciplina nazionale;
sarebbe stato invece più coerente e rispettoso dello spirito della Costituzione e delle leggi sulla materia presentare un disegno di legge organico per modificare la legge 2 luglio 2004, n. 165, recante
disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione, delineando una cornice entro la quale, successivamente, gli organismi regionali potessero assumere le rispettive determinazioni;
considerato che:
il disegno di legge in esame prevede anche la modifica della disciplina del referendum confermativo sulla legge su forma di governo e sistema elettorale regionale, che viene interamente rimessa ad una legge regionale ad hoc, mentre al momento è parzialmente definita nello Statuto;
attualmente, il quarto comma dell'articolo 12 dello Statuto stabilisce che la legge regionale deputata a determinare la forma di governo e il sistema elettorale regionale, approvata dal Consiglio regionale con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, sia sottoposta a referendum regionale qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della regione o un quinto dei componenti del Consiglio regionale. In tale evenienza, la legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Il quinto comma della medesima disposizione aggiunge che se la legge di cui trattasi sia stata approvata a maggioranza dei due terzi dei componenti il Consiglio regionale, si fa luogo a referendum soltanto se, entro tre mesi dalla sua pubblicazione, la richiesta risulti sottoscritta da un trentesimo degli aventi diritto al voto per l'elezione del Consiglio regionale;
l'articolo 5 del disegno di legge, nel demandare ad una successiva legge regionale la disciplina del referendum regionale, si pone in aperto contrasto con la legislazione costituzionale del 2001, che aveva invece "ancorato" tale disciplina direttamente all'articolo 138 della Costituzione (addirittura prevedendo un elemento rafforzativo, ossia quello di procedere al referendum anche in presenza di un'approvazione con il quorum dei due terzi, a patto che lo richieda un trentesimo del corpo elettorale);
questa norma quindi rappresenta un vero e proprio vulnus al principio del pluralismo nella regione Friuli-Venezia Giulia poiché abrogando la norma che prevede che leggi ordinamentali e leggi elettorali siano sottoposte a un meccanismo di referendum confermativo senza quorum e sostituendola con la disciplina referendaria che prevede il meccanismo del quorum, favorisce ancora di più il fenomeno dell'astensionismo, configurandosi come uno strumento inibitore della volontà popolare;
considerato infine che:
il disegno di legge costituzionale in esame lungi dal tutelare, come dimostrato, l'autonomia e la specialità della Regione Friuli-Venezia Giulia, compie la gravissima forzatura di piegare l'architettura istituzionale a evidenti logiche di potere,
delibera, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1279.
________________
(*) Sulle proposte di questione pregiudiziale presentate è stata effettuata, ai sensi dell'articolo 93, comma 5, del Regolamento, un'unica votazione.
QP2
Respinta (*)
Il Senato,
in sede di esame del disegno di legge A.S. 1279 recante "Modifiche alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia";
premesso che:
la proposta di legge costituzionale di iniziativa del consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia introduce alcune modifiche allo statuto speciale della regione autonoma, adottato nel 1963. L'oggetto principale delle modifiche proposte riguarda sostanzialmente la reintroduzione nello statuto regionale della previsione di enti di area vasta, non meglio individuati, che dovrebbero ricalcare le vecchie province, titolari di funzioni amministrative proprie e con organi di elezione diretta, accanto ai comuni, alle città metropolitane e alle regioni;
oltre a ciò, la proposta di legge in esame prevede l'introduzione di un numero fisso di consiglieri regionali in luogo di quanto attualmente previsto dallo statuto, per cui il numero dei consiglieri è commisurato alla popolazione residente nel territorio regionale;
l'intervento di modifica dello statuto risulta essere disomogeneo rispetto al quadro normativo nazionale, sebbene nella sua autonomia, e totalmente antitetico rispetto alla precedente modifica dello statuto della regione Friuli-Venezia Giulia, per cui solo nella XVII legislatura si venivano a contemplare quali enti la Regione, i comuni e le città metropolitane;
ricordiamo che in Senato sono in corso di esame in 1a Commissione una serie di disegni di legge che mirano a reintrodurre l'elezione diretta degli organi collegiali e del vertice apicale di province e città metropolitane e sarebbe stato opportuno attendere da parte delle realtà regionali a statuto speciali la definizione di un nuovo quadro normativo nazionale in materia di enti di area vasta;
l'attuale quadro normativo nazionale di cui alla legge n. 56 del 2014 delinea un "modello di governo di secondo grado", funzionale all'obiettivo di semplificazione dell'ordinamento degli enti territoriali, nel quadro di una ridisegnata della geografia istituzionale, e contestualmente rispondono ad un fisiologico fine di risparmio dei costi connessi all'elezione diretta;
la giurisprudenza costituzionale ha ribadito più volte che l'intervento di riordino di Province e Città metropolitane, di cui alla citata legge n. 56 del 2014, rientra nella competenza esclusiva statale nella materia «legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane», ex art. 117, secondo comma, lettera p), Cost. (sentenze n. 32 del 2017, n. 202 e n. 159 del 2016);
la Corte Costituzionale con la sentenza n. 168 del 2017 ha dichiarato l'incostituzionalità della legge della Regione Sicilia n. 17 del 2017 nella parte in cui si reintroduceva l'elezione diretta degli enti di area vasta, nonché nella residua parte in cui si prevedeva un numero di componenti del Consiglio del libero Consorzio comunale e del Consiglio metropolitano superiore alle soglie stabilite dalla normativa nazionale che fissano i componenti degli organi consiliari in rapporto alla popolazione insistente sul relativo territorio;
ne consegue che gli interventi delle Regioni a statuto speciale volte e a superare il quadro normativo nazionale sugli organi di area vasta e il modello di elezione indiretta, sono costituzionalmente irragionevoli se intervengono frammentariamente senza attendere l'intervento del legislatore nazionale,
tutto ciò premesso delibera, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1279.
________________
(*) Sulle proposte di questione pregiudiziale presentate è stata effettuata, ai sensi dell'articolo 93, comma 5, del Regolamento, un'unica votazione.
ARTICOLI 1 E 2 NEL TESTO APPROVATO IN PRIMA DELIBERAZIONE DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Art. 1.
Approvato
(Modifica all'articolo 5 della legge costituzionale n. 1 del 1963)
1. Al numero 18) dell'articolo 5 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, le parole: « edilizia popolare » sono sostituite dalle seguenti: « edilizia residenziale pubblica ».
Art. 2.
Approvato
(Modifica all'articolo 7 della legge costituzionale n. 1 del 1963)
1. Dopo il numero 3) dell'articolo 7 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, è aggiunto il seguente:
« 3-bis) all'istituzione di nuovi enti di area vasta e alla modificazione della loro circoscrizione e denominazione, intese le popolazioni interessate ».
EMENDAMENTI
2.1
Respinto
Al comma 1, apportare le seguenti modificazioni:
a) al comma, premettere il seguente: «01. Al numero 3) dell'articolo 7 della legge costituzionale n. 1 del 1963, le parole: ", anche in forma di Città metropolitane," sono soppresse»;
b) al capoverso numero 3-bis):
1) sopprimere la parola: «nuovi»;
2) sostituire le parole: «e alla modificazione» con le seguenti: «, anche in forma di Città metropolitane, e alla definizione».
2.2
Respinto
Al comma 1, premettere il seguente:
«01. Al numero 3) dell'articolo 7 della legge costituzionale n. 1, del 1963, sono aggiunte, in fine, le parole: "anche attraverso il ricorso all'istituto del referendum se richiesto"».
2.3
Le parole da: «» a: «» respinte; seconda parte preclusa
Al comma 1, capoverso numero «3-bis)», sostituire le parole: «di nuovi enti di area vasta» con le seguenti: «delle Province».
Conseguentemente, sopprimere gli articoli 4, 7, 8 e 10.
2.4
Precluso
Al comma 1, capoverso numero «3-bis)», sostituire le parole: «di nuovi enti di area vasta» con le seguenti: «delle Province».
Conseguentemente:
- sostituire l'articolo 4 con il seguente:
«Art. 4
(Modifiche alla legge costituzionale n. 1 del 1963)
1. Alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 10 è sostituito dal seguente:
"Art. 10
1. Lo Stato può, con legge, delegare alla Regione, alle Province ed ai Comuni l'esercizio di proprie funzioni amministrative.
2. Le Amministrazioni statali centrali, per l'esercizio nella Regione di funzioni di loro competenza, possono avvalersi degli uffici della amministrazione regionale, previa intesa tra i Ministri competenti ed il Presidente della Regione.
3. Nei casi previsti dai precedenti commi, l'onere delle relative spese farà carico allo Stato.".
b) l'articolo 11 è sostituito dal seguente:
"Art. 11
1. La Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Province e ai Comuni, ai loro consorzi e agli altri enti locali, o avvalendosi dei loro uffici.
2. I provvedimenti adottati nelle materie delegate sono soggetti al controllo stabilito nell'articolo 58.
3. Le spese sostenute dalle Province, dai Comuni e da altri enti per le funzioni delegate sono a carico della Regione.".
c) all'articolo 51, il primo comma è sostituito dal seguente:
"Le entrate della Regione sono anche costituite dai redditi del suo patrimonio o da tributi propri che essa ha la facoltà di istituire con legge regionale, in armonia col sistema tributario dello Stato, delle Province e dei Comuni".
d) l'articolo 54 è sostituito dal seguente:
"Art. 54
1. Allo scopo di adeguare le finanze delle Province e dei Comuni al raggiungimento delle finalità e all'esercizio delle funzioni stabilite dalle leggi, il Consiglio regionale può assegnare ad essi annualmente una quota delle entrate della Regione.".
e) l'articolo 59 è sostituito dal seguente:
"Art. 59
1. Le Province e i Comuni della Regione sono Enti autonomi e hanno ordinamenti e funzioni stabilite dalle leggi dello Stato e della Regione.
2. Le Province e i Comuni sono anche circoscrizioni di decentramento regionale.
3. Con legge regionale possono essere istituiti, nell'ambito delle circoscrizioni provinciali, circondari per il decentramento di funzioni amministrative.".
f) al comma 1 dell'articolo 62 il numero 2) è sostituito dal seguente:
"2) vigila sull'esercizio da parte della Regione, delle Province e dei Comuni delle funzioni delegate dallo Stato, e comunica eventuali rilievi ai Capi delle rispettive Amministrazioni;".
g) all'articolo 66 , il terzo comma è sostituito dal seguente:
"La Regione e la Provincia decentreranno in detto circondario i loro uffici"».
- sopprimere gli articoli 7, 8 e 10.
2.5
Respinto
Al comma 1, capoverso numero 3-bis), apportare le seguenti modificazioni:
a) sopprimere la parola: «nuovi»;
b) sostituire la parola: «modificazione» con la seguente: «definizione».
2.6
Respinto
Al comma 1, capoverso «3-bis», aggiungere, in fine, le seguenti parole: «ferma la natura di enti di secondo grado».
ARTICOLO 3 NEL TESTO APPROVATO IN PRIMA DELIBERAZIONE DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Art. 3.
Approvato
(Modifica dell'articolo 8 della legge costituzionale n. 1 del 1963)
1. L'articolo 8 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, è sostituito dal seguente:
« Art. 8. - 1. La Regione esercita funzioni di programmazione nonché funzioni amministrative nelle materie in cui ha potestà legislativa a norma degli articoli 4 e 5, in conformità ai princìpi della Costituzione e del presente Statuto ».
EMENDAMENTO
3.0.1
Respinto
Dopo l'articolo inserire il seguente:
«Art. 3-bis.
(Modifica all'articolo 10 della legge costituzionale n. 1 del 1963)
1. Al primo comma, dell'articolo 10 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, le parole: ", anche nella forma della Città metropolitana," sono soppresse.».
ARTICOLO 4 NEL TESTO APPROVATO IN PRIMA DELIBERAZIONE DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Art. 4.
Approvato
(Modifica all'articolo 11 della legge costituzionale n. 1 del 1963)
1. Al comma 1 dell'articolo 11 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: « Gli enti di area vasta sono titolari di funzioni amministrative proprie, individuate con legge regionale, e di quelle conferite con legge regionale ».
EMENDAMENTI
4.1
Respinto
Sostituire il comma 1 con il seguente:
«1. Al comma 1 dell'articolo 11 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, le parole: "I Comuni, anche nella forma di Città metropolitane, sono titolari" sono sostituite dalle seguenti: "I Comuni e, anche nella forma di Città metropolitane, gli enti di area vasta sono titolari"».
4.2
Respinto
Sostituire il comma 1 con il seguente:
«1. Al comma 1 dell'articolo 11 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: ", anche in forma di Città metropolitane" sono soppresse;
b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Gli enti di area vasta, anche nella forma di Città metropolitane, sono enti titolari di funzioni amministrative proprie, individuate con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.".».
4.3
Respinto
Al comma 1, sostituire le parole: «legge regionale, e di quelle conferite con legge regionale» con le seguenti: «legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze».
ARTICOLO 5 NEL TESTO APPROVATO IN PRIMA DELIBERAZIONE DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Art. 5.
Approvato
(Modifiche all'articolo 12 della legge costituzionale n. 1 del 1963)
1. All'articolo 12 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il quarto comma è sostituito dal seguente:
« La legge regionale di cui al secondo comma può essere sottoposta a referendum regionale secondo la disciplina prevista da apposita legge regionale »;
b) il quinto comma è abrogato.
EMENDAMENTO
5.1
Non posto in votazione (*)
Sopprimere l'articolo.
________________
(*) Approvato il mantenimento dell'articolo.
ARTICOLO 6 NEL TESTO APPROVATO IN PRIMA DELIBERAZIONE DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Art. 6.
Approvato
(Modifica all'articolo 13 della legge costituzionale n. 1 del 1963)
1. Il comma 2 dell'articolo 13 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, è sostituito dal seguente:
« 2. Il Consiglio regionale è composto da quarantanove consiglieri ».
EMENDAMENTI
6.1
Respinto
Al comma 1, al capoverso «2», sostituire la parola: «quarantanove» con la seguente: «quarantuno».
6.0.1
Respinto
Dopo l'articolo inserire il seguente:
«Art. 6-bis.
(Modifica all'articolo 51 della legge costituzionale n. 1 del 1963)
1. All'articolo 51, primo comma, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, le parole: "anche nella forma di Città metropolitane" sono soppresse.».
ARTICOLO 7 NEL TESTO APPROVATO IN PRIMA DELIBERAZIONE DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Art. 7.
Approvato
(Modifica all'articolo 54 della legge costituzionale n. 1 del 1963)
1. All'articolo 54 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, dopo le parole: « anche nella forma di Città metropolitane, » sono inserite le seguenti: « e degli enti di area vasta ».
EMENDAMENTO
7.1
Respinto
Sostituire il comma 1 con il seguente:
«1. All'articolo 54 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, le parole: "le finanze dei Comuni, anche nella forma di Città metropolitane," sono sostituite dalle seguenti: "le finanze dei Comuni e, anche nella forma di Città metropolitane, degli enti di area vasta".».
ARTICOLO 8 NEL TESTO APPROVATO IN PRIMA DELIBERAZIONE DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Art. 8.
Approvato
(Modifiche all'articolo 59 della legge costituzionale n. 1 del 1963)
1. All'articolo 59 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo le parole: « anche nella forma di Città metropolitane, » sono inserite le seguenti: « e su enti di area vasta a elezione diretta, »;
b) dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
« 1-bis. La legge regionale disciplina la prima istituzione, le circoscrizioni e, anche con modalità differenziate, le funzioni, la forma di governo e le modalità di elezione degli organi degli enti di area vasta ».
EMENDAMENTI
8.1
Respinto
Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:
«a) al comma 1, le parole: «sui Comuni, anche nella forma di Città metropolitane» sono sostituite dalle seguenti: «sui Comuni e, anche nella forma di Città metropolitane, sugli enti di area vasta, secondo i principi di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56».
8.2
Respinto
Al comma 1, lettera a), sopprimere le parole: "a elezione diretta".
8.3
Respinto
Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: «a elezione diretta» con le seguenti: «secondo i princìpi di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56.».
8.4
Respinto
Al comma 1, lettera b), capoverso «1-bis», sostituire le parole da: «la prima istituzione» fino alla fine del capoverso con le seguenti: «l'istituzione, le circoscrizioni e le funzioni degli enti di area vasta, in ragione delle specificità dei territori secondo i principi di differenziazione e adeguatezza».
8.5
Respinto
Al comma 1, lettera b), capoverso «1-bis», sopprimere le parole: «, anche con modalità differenziate,».
8.6
Le parole da: «» a: «» respinte; seconda parte preclusa
Al comma 1, lettera b), capoverso «1-bis», sopprimere le parole: «, la forma di governo e le modalità di elezione degli organi».
8.7
Precluso
Al comma 1, lettera b), capoverso «1-bis», sopprimere le parole: «, la forma di governo».
8.8
Respinto
Al comma 1, lettera b), capoverso «1-bis», sostituire le parole: «la forma di governo e le modalità di elezione degli organi» con le seguenti: «e la forma di governo».
8.0.1
Respinto
Dopo l'articolo inserire il seguente:
«Art. 8-bis.
(Modifica all'articolo 62 della legge costituzionale n. 1 del 1963)
1. All'articolo 62, primo comma, numero 2), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, le parole: «, anche nella forma di Città metropolitane,» sono soppresse.».
ARTICOLO 9 NEL TESTO APPROVATO IN PRIMA DELIBERAZIONE DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Art. 9.
Approvato
(Abrogazioni)
1. Sono abrogate le seguenti disposizioni della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1:
a) il numero 4) dell'articolo 5;
b) gli articoli 29, 30 e 60.
EMENDAMENTI
9.1
Respinto
Al comma 1, sopprimere la lettera a).
Conseguentemente, al medesimo comma, lettera b) sostituire le parole: «, 30 e 60» con le seguenti: «e 30.».
ARTICOLO 10 NEL TESTO APPROVATO IN PRIMA DELIBERAZIONE DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Art. 10.
Approvato
(Disposizioni finali)
1. Agli enti di area vasta di cui all'articolo 59 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, come modificato dall'articolo 8 della presente legge costituzionale, si applicano, in quanto compatibili, le norme di attuazione statutaria previste per gli enti locali.
________________
N.B. Il Senato approva in prima deliberazione il disegno di legge nel suo complesso.
Allegato B
Parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul testo del disegno di legge n. 1279 e sui relativi emendamenti
La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo e i relativi emendamenti, trasmessi dall'Assemblea, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
Congedi e missioni
Sono in congedo i senatori: Barachini, Bongiorno, Borgonzoni, Butti, Calenda, Camusso, Castelli, Cattaneo, De Poli, Durigon, Fazzolari, Galliani, Garavaglia, Guidi, Iannone, Irto, La Pietra, Leonardi, Lisei, Marti, Meloni, Mirabelli, Monti, Morelli, Nastri, Occhiuto, Orsomarso, Ostellari, Paita, Rauti, Renzi, Rubbia, Sbrollini, Segre, Sisto e Ternullo.
Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Borghi Claudio, Borghi Enrico, Mieli, Ronzulli e Scarpinato, per attività del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica; Barcaiuolo, Borghesi, Losacco, Malpezzi, Marcheschi e Paroli, per attività dell'Assemblea parlamentare della NATO; Giacobbe e Scalfarotto, per partecipare a un incontro internazionale.
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, trasmissione di documenti
Il Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, in data 21 maggio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettere dd), della legge 2 marzo 2023, n. 22, il documento "Il maxiprocesso di Palermo. Ordinanza-Sentenza dell'8 novembre 1985", approvato dalla Commissione nella seduta del 20 maggio 2025 (Doc. XXIII, n. 9).
Disegni di legge, annunzio di presentazione
Senatori Turco Mario, Pirro Elisa
Disposizioni per l'ammissione degli atleti con difetti del metabolismo e intolleranze alimentari nelle Forze armate e di polizia (1498)
(presentato in data 22/05/2025);
senatori Marti Roberto, Bergesio Giorgio Maria, Bizzotto Mara, Borghi Claudio, Cantalamessa Gianluca, Cantu' Maria Cristina, Stefani Erika
Disposizioni per la promozione e la valorizzazione delle Città delle Grotte d'Italia (1499)
(presentato in data 23/05/2025);
senatrice Minasi Tilde
Delega al Governo per la promozione e la valorizzazione di piccoli comuni d'Italia (1500)
(presentato in data 23/05/2025);
senatore Marti Roberto
Riforma del settore cinematografico e audiovisivo per lo sviluppo culturale italiano e interventi per la promozione e valorizzazione della sua filiera economica e occupazionale (1501)
(presentato in data 27/05/2025);
senatrice Stefani Erika
Modifiche al codice di procedura civile in materia di oralità del rito civile ordinario di cognizione (1502)
(presentato in data 27/05/2025).
Governo, richieste di parere per nomine in enti pubblici. Deferimento
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera del 19 maggio 2025, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14 - la proposta di nomina dell'avvocato Davide Gariglio a presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno settentrionale (n. 84).
Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, la proposta di nomina è stata deferita - in data 23 maggio 2025 - alla 8ª Commissione permanente, che esprimerà il parere entro 20 giorni dall'assegnazione.
Il Ministro per lo sport e i giovani, con lettera del 22 maggio 2025, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 13-bis, comma 6, del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36 - le proposte di nomina del consigliere Massimiliano Atelli a presidente della Commissione indipendente per la verifica dell'equilibrio economico e finanziario delle società sportive professionistiche (n. 85), nonché della professoressa Ariela Caglio (n. 86), del professor Alessandro Zavaglia (n. 87), della professoressa Francesca Di Donato (n. 88) e del professor Giuseppe Marini (n. 89) a componenti della medesima Commissione.
Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, le proposte di nomina sono deferite alla 7ª Commissione permanente, che esprimerà il parere entro 30 giorni dall'assegnazione, nel caso di cui al quinto periodo del comma 6 dell'articolo 13-bis del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, ed eventualmente ulteriori 20 giorni, nel caso di cui al sesto periodo del predetto comma 6.
Governo, trasmissione di atti e documenti
La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 23 e 27 maggio 2025, ha inviato, ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni e integrazioni, le comunicazioni concernenti il conferimento dei seguenti incarichi:
- al dottor Tullio Lavosi, il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze;
- alla dottoressa Maria Benedetta Francesconi, il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale nell'ambito del Ministero delle imprese e del made in Italy.
Tali comunicazioni sono depositate presso il Servizio dell'Assemblea, a disposizione degli onorevoli senatori.
Il Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, con lettera in data 22 maggio 2025, ha inviato, ai sensi dell'articolo 12, comma 10, del decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 dicembre 2022, n. 204, la relazione sullo stato di attuazione del Piano del mare, aggiornata al 20 maggio 2025.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 8a e alla 9a Commissione permanente (Doc. CCXXVII, n. 3).
Il Ministro della giustizia, con lettera in data 22 maggio 2025, ha inviato, ai sensi dell'articolo 79, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, la relazione sullo stato dell'esecuzione delle pene pecuniarie, riferita all'anno 2024.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 2a Commissione permanente (Doc. CCXXXI, n. 2).
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 20 maggio 2025, ha inviato, ai fini dell'attuazione dell'articolo 1, comma 313, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, la relazione sui risultati raggiunti nell'attuazione dei progetti Normattiva e x-leges e sulle loro prospettive di sviluppo, aggiornata al 30 aprile 2025 (Atto n. 787).
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla Commissione per la semplificazione.
Corte dei conti, trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti
Il Presidente della Sezione del controllo sugli Enti della Corte dei conti, con lettere in data 23 maggio 2025, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, ha trasmesso le determinazioni e le relative relazioni sulla gestione finanziaria:
di SACE S.p.A. - Servizi Assicurativi del Commercio Estero, per l'esercizio 2023. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5ª e alla 9a Commissione permanente (Doc. XV, n. 384);
dell'Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza della Professione Infermieristica (ENPAPI), per l'esercizio 2022. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5ª e alla 10a Commissione permanente (Doc. XV, n. 385).
Mozioni
CAMUSSO, D'ELIA, SENSI, ALFIERI, DELRIO, LA MARCA, RANDO, TAJANI, ROJC, FRANCESCHELLI, ROSSOMANDO, VERINI, LORENZIN, ZAMPA - Il Senato,
premesso che:
la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali costituisce un principio cardine della politica estera italiana, come sancito dalla Costituzione e dagli obblighi derivanti dai trattati internazionali;
l'Egitto rappresenta un partner strategico per l'Italia e per l'Unione europea, con obiettivi comuni di stabilità e prosperità nel Mediterraneo e nel Medio Oriente e la cooperazione centrata sulla difesa dei diritti umani ha contribuito a promuovere un maggior dialogo e un coinvolgimento attivo della società civile;
dal 2013, con l'ascesa al potere di Abdel Fattah Al-Sisi, si è verificato un deterioramento progressivo della situazione dei diritti umani, delle libertà fondamentali e dello stato di diritto in Egitto, documentate e ripetutamente denunciate da organizzazioni internazionali per i diritti umani, dalle Nazioni Unite e dall'Unione europea, nonché da organizzazioni della società civile;
in occasione della quarta Revisione Periodica Universale (UPR) dell'Egitto, svoltasi il 28 gennaio 2025, 137 Stati membri delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazioni serie per il continuo deterioramento della situazione dei diritti umani in Egitto e hanno sollecitato le autorità egiziane a intraprendere misure concrete per porre fine alle violazioni, incluse la sospensione delle esecuzioni e l'abolizione della pena di morte, il rafforzamento degli sforzi per prevenire la tortura e il trattamento inumano, la ratifica della Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone contro le scomparse forzate, e la creazione di un organismo indipendente per indagare sulle sparizioni forzate;
la Strategia nazionale sui diritti umani (SNDU) lanciata nel 2021 dall'Egitto con l'obiettivo di migliorare la situazione dei diritti umani e creare un ambiente politico più inclusivo, seguita dall' istituzione nell'aprile 2022 del Comitato presidenziale per la grazia, dedicato all'esame di casi di prigionieri detenuti in violazione degli standard internazionali in materia di diritti umani, è stata fortemente criticata da organizzazioni internazionali e regionali per i diritti umani, tra cui Amnesty International, Human Rights Watch e il Cairo Institute for Human Rights Studies, perché rappresentante un quadro fuorviante della situazione; la Strategia e il Comitato non hanno portato a progressi concreti, come descritto nelle Revisioni Periodiche Universali del Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite e i rapporti annuali delle organizzazioni internazionali evidenziano l'assenza di cambiamenti sostanziali, il mancato intervento del Comitato per la grazia su gravi violazioni, sia passate che in corso, e un continuo deterioramento della situazione dei diritti umani in Egitto;
il Parlamento europeo ha adottato nel corso della IX Legislatura quattro risoluzioni d'urgenza riguardo alla situazione dei diritti umani in Egitto, rilevando la continua e crescente repressione da parte delle autorità statali e delle forze di sicurezza in Egitto di qualsiasi forma di dissenso e dei difensori dei diritti umani, incluso operatori sanitari, giornalisti, membri dell'opposizione, accademici, avvocati, sindacalisti, studenti, manifestanti, blogger, attivisti per i diritti delle donne e per l'uguaglianza di genere, delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali, delle organizzazioni della società civile e delle minoranze, con gravi ripercussioni sulle libertà fondamentali, in particolare la libertà di espressione, sia on line che offline, di associazione e di riunione, il pluralismo politico, il diritto alla partecipazione agli affari pubblici e lo stato di diritto;
il caso di Alaa Abd El-Fattah, noto attivista egiziano e simbolo della rivoluzione del 2011, ripetutamente incarcerato con accuse politiche e detenuto in condizione inumane, la detenzione arbitraria, tra il 7 febbraio 2020 e l'8 dicembre 2021, di Patrick Zaki, attivista e ricercatore egiziano, incarcerato per oltre due anni con accuse pretestuose e rilasciato solo dopo una vasta mobilitazione internazionale, ha dimostrato nuovamente le gravi carenze del sistema giudiziario egiziano e il suo utilizzo repressivo contro attivisti e dissidenti sono solo alcune delle testimonianze dell'accanimento del regime contro il dissenso politico e la libertà di espressione;
la tragica vicenda di Giulio Regeni, il ricercatore italiano sequestrato, torturato e ucciso in Egitto nel 2016, rimane una ferita aperta per l'Italia e per la comunità internazionale e la continua mancanza di collaborazione da parte delle autorità egiziane nelle indagini sul caso rappresenta un'ulteriore conferma delle gravi violazioni dello stato di diritto nel Paese;
considerato che:
le risoluzioni del Parlamento europeo votate in questi anni esortano tanto le istituzioni europee quanto gli Stati membri a dare priorità, nell'ambito delle relazioni diplomatiche e nelle negoziazioni di nuovi partenariati con l'Egitto, alle questioni legate ai diritti umani e alle libertà fondamentali nel Paese e alla necessità di miglioramenti tangibili, inclusa la liberazione dei difensori dei diritti umani e dei giornalisti detenuti arbitrariamente;
a seguito della mozione presentata da senatori del PD in merito alla concessione della cittadinanza italiana a Patrick Zaki e altre iniziative per la sua liberazione, nel 2021 il Senato ha approvato un ordine del giorno che impegnava l'allora governo Draghi ad attivarsi a livello europeo per la tutela dei diritti umani in Egitto, sollecitando iniziative anche nel contesto del G7, con particolare attenzione ai casi di repressione di attivisti politici e difensori dei diritti umani;
il 7 maggio 2024 i Ministeri degli affari esteri, dell'interno e della giustizia hanno emanato un decreto che aggiorna ed amplia l'elenco dei Paesi di origine sicuri per i richiedenti protezione internazionale, includendo l'Egitto; l'inserimento dell'Egitto nella lista dei "Paesi sicuri" solleva serie preoccupazioni rispetto alle violazioni dei diritti umani e alla protezione di rifugiati e richiedenti asilo;
il 17 aprile 2025, la Commissione europea ha proposto l'introduzione di una lista comune dell'UE dei "Paesi di origine sicuri", includendo l'Egitto tra i sette Stati candidati. Tale proposta, parte dell'attuazione anticipata del Patto su migrazione e asilo, ha sollevato serie preoccupazioni tra le organizzazioni per i diritti umani ivi incluso l'osservatorio "EuroMed rights", poiché rischia di compromettere il diritto d'asilo per i cittadini egiziani in fuga dalla repressione, ignorando le gravi e documentate violazioni dei diritti fondamentali nel Paese in contraddizione rispetto alle denunce internazionali e alle raccomandazioni delle Nazioni Unite e del Parlamento europeo;
la recente approvazione della prima legge sull'asilo in Egitto, ratificata il 16 dicembre 2024, ha suscitato gravi preoccupazioni tra organizzazioni per i diritti umani e attori della società civile, visto il conferimento alle autorità egiziane di poteri eccessivamente ampi per revocare lo status di rifugiato e deportare richiedenti asilo su basi vaghe e discrezionali, mettendo a rischio così il principio di non-refoulement e violando gli standard internazionali di protezione dei rifugiati. Tale legge, inoltre, è stata adottata nel contesto del rafforzamento della cooperazione tra l'Unione europea e l'Egitto nell'ambito della gestione delle migrazioni, inclusi il rafforzamento della sicurezza delle frontiere, e misure per scoraggiare l'immigrazione irregolare;
l'Egitto è stato inserito nella lista dei nove Paesi identificati come beneficiari dei primi progetti pilota nello Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di adozione del Piano strategico Italia-Africa: Piano Mattei; lo Schema di decreto evidenzia principalmente la volontà del Governo di rafforzare le relazioni economiche e commerciali tra l'Italia e vari Paesi del continente africano attraverso investimenti e cooperazione settoriale e non stabilisce meccanismi di trasparenza e governance per garantire che gli investimenti rispettino i diritti umani e non diventino strumenti di influenza economica senza reali benefici per le popolazioni locali; allo stesso modo, l'approccio del Governo italiano alla cooperazione internazionale presentato nel Documento triennale di programmazione della politica di cooperazione allo sviluppo 2024-2026, pone una forte enfasi sugli investimenti finanziari e sul coinvolgimento del settore privato, con il rischio di subordinare la cooperazione agli interessi strategici nazionali piuttosto che alla solidarietà internazionale;
nell'ambito del rafforzamento del partenariato strategico e globale tra l'Unione europea e l'Egitto, formalizzato il 17 marzo 2024, sono stati stanziati complessivamente 7,4 miliardi di euro per il periodo 2024-2027. Di questi, 600 milioni di euro sono destinati a sovvenzioni, con 200 milioni specificamente allocati per la gestione delle migrazioni, inclusi il rafforzamento della sicurezza delle frontiere, la formazione di manodopera qualificata e misure per favorire la migrazione legale e scoraggiare quella irregolare;
considerato, inoltre, che:
la società civile e le organizzazioni internazionali che operano in Egitto hanno ripetutamente sottolineato l'importanza che i partner commerciali dell'Egitto, Italia inclusa, assumano una posizione chiara in favore del rispetto dei diritti umani e delle norme democratiche, evidenziando la necessità di subordinare l'erogazione di qualsiasi forma di sostegno finanziario, diretto o indiretto, a standard chiari, pubblici e misurabili di trasparenza e rispetto dei diritti umani;
lo sviluppo sostenibile non è riducibile alla sola crescita economica, ma deve necessariamente includere il rispetto per i diritti umani, la democrazia e la giustizia sociale, così come indicato dai principi cardine del diritto internazionale e dal diritto dell'Unione europea, per cui l'Italia ha il dovere di assicurarsi che la cooperazione con Paesi terzi, incluso l'Egitto, e i finanziamenti a ciò destinati siano vincolati a progressi concreti in materia di diritti umani e libertà fondamentali;
ignorare le violazioni dei diritti umani e la repressione politica in Egitto significherebbe accettare uno sviluppo economico insostenibile, che rafforza le disuguaglianze e contribuisce a stabilizzare regimi autoritari, mentre l'adozione di clausole di condizionalità legate ai diritti umani negli accordi commerciali e di cooperazione, come già applicato in altri contesti internazionali, costituirebbe un segnale chiaro e concreto dell'impegno italiano per uno sviluppo davvero sostenibile, che rispetti anche la dignità e le libertà delle persone;
gli strumenti e gli investimenti dell'Italia nella cooperazione allo sviluppo, compreso il cosiddetto "Piano Mattei" e gli accordi commerciali ad esso collegati rappresentano per l'Italia una leva diplomatica importante per incentivare miglioramenti nei diritti umani e nella governance democratica in Egitto, pertanto, la cooperazione tra l'Italia e l'Egitto, non può prescindere da un chiaro impegno al rispetto dei diritti umani, delle libertà democratiche e dello stato di diritto,
impegna il Governo:
1) a rafforzare l'impegno dell'Italia nell'ambito delle istituzioni internazionali, come l'Unione europea e le Nazioni Unite, per monitorare e denunciare le violazioni dei diritti umani in Egitto e fare pressioni sulle autorità egiziane, affinché accettino e implementino le raccomandazioni del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, con particolare riguardo ai casi di repressione nei confronti degli attivisti politici e dei difensori dei diritti umani, l'abolizione della pena di morte, l'adozione di una moratoria sulle esecuzioni e il miglioramento delle condizioni di detenzione;
2) ad adoperarsi in sede bilaterale, nonché in tutte le sedi internazionali, affinché il Governo egiziano collabori finalmente con le autorità giudiziarie italiane, consentendo così di poter svolgere il procedimento penale che vede imputati i quattro ufficiali egiziani e giungere finalmente ad una verità processuale che renda giustizia a Giulio Regeni, alla sua famiglia oltre che ad un intero Paese;
3) a concretizzare gli strumenti di cooperazione e gli accordi commerciali ad essi collegati come strumento di diplomazia responsabile, vincolando il rafforzamento delle relazioni e della cooperazione bilaterale con l'Egitto a progressi significativi nella tutela dei diritti umani e nel rispetto delle libertà democratiche, richiedendo impegni concreti e verificabili per orientare la cooperazione economica e commerciale verso progressi tangibili nelle riforme democratiche, nel rispetto dello stato di diritto e dei diritti umani, integrando tali obiettivi in tutte le discussioni e gli accordi;
4) a destinare prioritariamente i fondi previsti per le politiche della cooperazione allo sviluppo al supporto degli attori democratici e della società civile egiziana, con particolare attenzione per le organizzazioni impegnate nella promozione dei diritti umani e a progetti volti al rafforzamento della società civile, al fine di sostenere quegli attori democratici che possono contribuire al miglioramento dei diritti umani e della governance nei Paesi partner e a garantire che gli investimenti italiani in Egitto rispettino criteri di trasparenza, accountability e sostenibilità sociale, evitando il rischio che la cooperazione si trasformi in uno strumento di mero interesse economico;
5) a dotarsi di meccanismi di monitoraggio e valutazione periodica delle condizioni dei diritti umani e della situazione democratica in Egitto, coinvolgendo organizzazioni indipendenti e associazioni locali, al fine di verificare il rispetto degli impegni assunti e a predisporre, in caso di violazioni significative e documentate dei diritti umani, meccanismi per la sospensione o revisione degli accordi in essere, promuovendo al contempo un dialogo costruttivo con le autorità egiziane per incoraggiare miglioramenti concreti;
6) a riferire periodicamente al Parlamento sui progressi ottenuti in materia di diritti umani nelle relazioni tra Italia ed Egitto e sulle azioni intraprese per garantire il rispetto delle libertà fondamentali nel quadro della cooperazione internazionale;
7) a condannare le continue detenzioni arbitrarie dei difensori dei diritti umani, dei giornalisti e degli attivisti, e a porre la liberazione dei soggetti detenuti arbitrariamente come elemento prioritario nei futuri incontri di alto livello tra i due Paesi, sollecitando il Governo egiziano a rilasciare immediatamente e senza condizioni i detenuti politici e gli attivisti imprigionati per il loro impegno nella difesa dei diritti umani; e a sostenere iniziative per la protezione di attivisti, giornalisti, oppositori politici e minoranze in Egitto, attraverso programmi di assistenza legale e protezione internazionale;
8) a garantire che la cooperazione in ambiti di interesse comune, quali la gestione dei flussi migratori o la lotta al terrorismo, non comprometta la pressione diplomatica per il rispetto dei diritti umani e per la responsabilità in caso di abusi;
9) a rivedere l'inserimento dell'Egitto nella lista dei Paesi sicuri, in linea con le raccomandazioni delle principali organizzazioni internazionali, garantendo che le valutazioni sulla sicurezza dei Paesi terzi siano fondate su criteri oggettivi e non dettate da mere considerazioni di convenienza politica e a promuovere, in tutte le sedi competenti, un approccio alla politica migratoria che non tradisca i principi fondamentali del diritto internazionale e degli obblighi umanitari dell'Italia e dell'Unione europea;
10) a valutare con estrema attenzione l'attuazione del Partenariato strategico UE-Egitto in materia di migrazione, in particolare alla luce della nuova normativa egiziana sull'asilo, assicurandosi che i fondi europei destinati alla gestione migratoria non contribuiscano a violazioni dei diritti umani, e a promuovere, nelle opportune sedi europee e internazionali, un riesame delle condizioni di cooperazione con l'Egitto affinché siano pienamente rispettati gli obblighi derivanti dalla Convenzione di Ginevra del 1951 e dal diritto internazionale;
11) a collaborare con i partner dell'Unione europea per favorire un approccio condiviso nelle relazioni con l'Egitto, che risponda alla necessità di una cooperazione bilaterale, ma non deroghi dal rispetto dei diritti umani; e a promuovere e supportare iniziative congiunte, insieme ai partner internazionali, per sollecitare l'Egitto a rispettare i suoi obblighi in materia di diritti umani e a cessare le repressioni contro esponenti della società civile, i giornalisti e le opposizioni politiche.
(1-00149)
TURCO, BEVILACQUA, BILOTTI, CROATTI, DI GIROLAMO, GAUDIANO, LICHERI Sabrina, LOREFICE, LOPREIATO, NATURALE, NAVE - Il Senato,
premesso che:
i pensionati rappresentano una componente fondamentale della nostra società, avendo contribuito con il proprio lavoro alla crescita economica, sociale e culturale del Paese;
negli ultimi anni, a causa dell'inflazione elevata e del "caro vita", il potere d'acquisto dei pensionati ha subito un drastico ridimensionamento, mettendo a rischio la loro sicurezza economica e la loro qualità di vita;
secondo i dati ISTAT, al 1° gennaio 2024 in Italia vi erano oltre 16 milioni di pensionati, di cui più del 42 per cento percepisce una pensione inferiore a 1.000 euro al mese;
negli ultimi tre anni, l'inflazione cumulata ha superato il 17 per cento, con una perdita media stimata del potere d'acquisto pari a circa 2.800 euro annui per i pensionati con redditi medio-bassi;
il caro vita ha colpito in particolare i beni di prima necessità: nel solo 2024, i prezzi di alimentari e utenze domestiche sono cresciuti in media del 7,2 per cento (dati ISTAT), con un impatto devastante sui bilanci familiari degli anziani;
a partire da giugno 2025, l'INPS procederà al recupero di somme fino a 200 euro al mese, riferite a bonus (anti inflazione e bollette) erogati nel 2022, ritenuti successivamente "non spettanti". Tale operazione colpirà decine di migliaia di pensionati, molti dei quali inconsapevoli della presunta irregolarità e impossibilitati a sostenere nuovi esborsi;
questa scelta, seppur formalmente motivata da esigenze contabili, appare profondamente iniqua e inopportuna, colpendo cittadini fragili in una fase di particolare difficoltà economica;
la rivalutazione delle pensioni prevista per il 2025, fissata allo 0,8 per cento, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del dicembre 2024, risulta ampiamente inadeguata rispetto all'inflazione effettiva, stimata dall'ISTAT al 5,1 per cento nel 2024;
l'applicazione del meccanismo di rivalutazione "a fasce" anziché "per scaglioni", introdotto dal Governo con la legge di bilancio per il 2024, ha causato tagli significativi anche alle pensioni comprese tra 1.500 e 2.200 euro netti, con una perdita annua di circa 400-600 euro;
l'Italia presenta una delle pressioni fiscali più alte in Europa sui redditi da pensione: secondo uno studio OCSE 2023, un pensionato medio italiano versa in media il 20,2 per cento del proprio reddito in tasse dirette, contro una media UE del 12,7 per cento;
considerato che:
in un contesto di crisi economica persistente, è compito delle istituzioni proteggere i soggetti più vulnerabili, evitando di adottare misure che peggiorino ulteriormente la loro condizione;
la Costituzione, all'articolo 38, riconosce il diritto dei cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere a ricevere mezzi adeguati alle loro esigenze di vita;
è urgente e necessario un cambio di rotta che restituisca dignità e sicurezza economica ai pensionati italiani,
impegna il Governo:
1) a sospendere immediatamente le trattenute operate dall'INPS per il recupero dei bonus percepiti nel 2022 dai pensionati prevedendo una sanatoria o comunque un meccanismo più equo di verifica e rateizzazione, tutelando i pensionati a basso reddito;
2) ad adottare una rivalutazione piena e proporzionale delle pensioni, basata sull'effettivo incremento del costo della vita, anche attraverso l'adozione di un meccanismo per scaglioni che garantisca maggiore progressività e giustizia redistributiva;
3) ad introdurre misure urgenti per la riduzione della pressione fiscale sui redditi da pensione, a partire dalle fasce più basse, favorendo la piena detassazione almeno fino a 1.000 euro netti mensili;
4) ad elaborare un piano di riforma strutturale del sistema pensionistico, finalizzato a garantire stabilità, equità, sostenibilità e dignità, da attuare anche attraverso la revisione della "legge Fornero", il riconoscimento dei lavori gravosi e usuranti, e l'introduzione di strumenti di pensione anticipata per le categorie fragili;
5) a promuovere un tavolo permanente di confronto con le associazioni dei pensionati, i sindacati e gli enti previdenziali, per monitorare l'impatto sociale delle misure adottate e correggere tempestivamente eventuali effetti regressivi.
(1-00150)
Interrogazioni
RANDO, ALFIERI, BASSO, CAMUSSO, D'ELIA, DELRIO, GIACOBBE, LA MARCA, MANCA, MARTELLA, NICITA, ROJC, ROSSOMANDO, SENSI, VALENTE, VERDUCCI, VERINI - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
con nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (dipartimento per le infrastrutture e le reti di trasporto, direzione generale per le strade e la sicurezza delle infrastrutture) del 16 maggio 2025 è stata comunicata alle Province e alle Città metropolitane, UPI e ANCI una ulteriore decurtazione delle risorse assegnate per la manutenzione straordinaria della viabilità con il decreto n. 101 del 2022;
ai tagli stabiliti dalla legge 30 dicembre 2024, n. 207 (legge di bilancio per il 2025) per 20 milioni per l'anno 2025, 15 milioni per l'anno 2026, e 275 milioni per l'anno 2029, si aggiunge l'ulteriore riduzione di risorse pari a 175 milioni per gli anni 2025 e 2026 stabilita con il decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2025, n. 15;
lo stanziamento di 275 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034 disposto dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205, «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020» viene ridotto complessivamente di 195 milioni per il 2025, 190 milioni per il 2026 e 275 milioni per il 2029;
dai territori è scattato immediato l'allarme per le conseguenze di questi tagli ad investimenti per la messa in sicurezza e l'efficientamento delle strade, in particolare per la prosecuzione dei lavori di cantieri concordati con il Ministero finalizzati a garantire gli unici collegamenti nelle vallate delle aree interne, già colpite, in alcuni casi, da noti eventi alluvionali e calamitosi;
per le province della regione Emilia-Romagna vengono meno dal 50 al 70 per cento delle risorse originariamente stanziate. Nella provincia di Modena, a titolo di esempio, si assiste ad un taglio complessivo di 9.4 milioni di euro. Nel 2025 e nel 2026 su 7,2 milioni di euro destinati alle strade del Modenese se ne tagliano cinque, con una riduzione del 70 percento rispetto a quanto previsto, mentre complessivamente, da qui al 2028, passeremo da 18 milioni a poco più di otto e mezzo,
si chiede di sapere come il Ministro in indirizzo intenda assicurare un adeguato finanziamento della manutenzione straordinaria delle strade provinciali e delle città metropolitane, funzionale a garantire la sicurezza stradale e la piena fruibilità delle stesse da parte dei cittadini.
(3-01925)
BOCCIA, ALFIERI, MANCA, BAZOLI, MIRABELLI, LORENZIN, NICITA, ZAMBITO, IRTO, BASSO, D'ELIA, ZAMPA, CAMUSSO, CASINI, CRISANTI, DELRIO, FINA, FRANCESCHELLI, FRANCESCHINI, GIACOBBE, GIORGIS, LA MARCA, LOSACCO, MALPEZZI, MARTELLA, MELONI, MISIANI, PARRINI, RANDO, ROJC, ROSSOMANDO, SENSI, TAJANI, VALENTE, VERDUCCI, VERINI - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
il comma 1076 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017), varata dal Governo Gentiloni, come modificato dai successivi governi di centro sinistra, ha previsto lo stanziamento di 275 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034 per finanziare i programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di Province e Città metropolitane;
diversamente, i commi 539-540 della legge di bilancio per il 2025, varata dal Governo Meloni, prevedono tagli, per un importo complessivo di 1,39 miliardi di euro relativamente al periodo 2029-2036, delle spese previste per il finanziamento di interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della viabilità stradale di competenza di regioni, province e città metropolitane;
in aggiunta a tali tagli, in relazione al medesimo programma, si sono sommati quelli previsti dal decreto-legge n. 202 del 2024 (cosiddetto milleproroghe), che ha disposto una riduzione di ulteriori 175 milioni per il 2025 e di 175 milioni per il 2026;
si tratta di una cifra complessiva di oltre 1,7 miliardi, tolti alla messa in sicurezza e manutenzione straordinaria delle strade;
come denunciato dall'UPI, solo per il biennio 2025-2026 il taglio ammonta al 70 per cento delle risorse assegnate e ciò comporterà inevitabilmente un impatto significativo sui lavori già programmati e sullo stato manutentivo delle strade, alcune delle quali sono al limite della sostenibilità in termini di sicurezza;
il rischio concreto è che, venendo a mancare risorse fondamentali per la manutenzione straordinaria, vi sia la necessità di limitare la circolazione stradale, pregiudicando i servizi ai cittadini e il diritto alla libera circolazione;
la medesima legge di bilancio che ha effettuato tali brutali tagli lineari per la manutenzione delle strade ha invece previsto un ulteriore stanziamento, di circa 2 miliardi di euro per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, facendo così lievitare il costo di un'opera a giudizio degli interroganti inutile, costosa e pericolosa a oltre 13 miliardi di euro,
si chiede di sapere:
come il Ministro in indirizzo intenda assicurare che i tagli di cui in premessa non pregiudichino la realizzazione di interventi già programmati a legislazione vigente a valere sull'autorizzazione di spesa oggetto di riduzione;
come intenda garantire, più in generale, un adeguato finanziamento della manutenzione straordinaria delle strade provinciali e delle Città metropolitane e quali altre finalità abbia ritenuto più urgenti e importanti finanziare con le risorse ricavate dai tagli di cui in premessa.
(3-01926)
BASSO, ZAMPA, LA MARCA, RANDO, ROJC, ZAMBITO, CAMUSSO, GIACOBBE, MANCA, MALPEZZI, NICITA, TAJANI, ALFIERI, IRTO - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell'economia e delle finanze, dell'interno e della cultura. - Premesso che:
nell'ecosistema digitale contemporaneo, l'identità on line rappresenta un'estensione diretta dell'identità personale e professionale, ed è sempre più oggetto di usi impropri, abusi e manipolazioni da parte di soggetti che operano con finalità fraudolente;
tra le pratiche più insidiose si annovera la cosiddetta "domain hijacking" o riappropriazione fraudolenta di domini web precedentemente legittimi, attraverso i quali è possibile sfruttare la notorietà di una persona fisica o giuridica per fini illeciti, truffaldini o ingannevoli;
è il caso che ha recentemente coinvolto Bruno Tognolini, autore, poeta e narratore di riconosciuta fama nel panorama italiano della letteratura per l'infanzia, la cui opera ha contribuito in modo significativo alla cultura, all'educazione e alla creatività delle nuove generazioni;
il dominio "www.brunotognolini.com", da lui utilizzato per oltre un decennio per diffondere materiali originali e informare il pubblico su eventi, pubblicazioni e attività culturali, è scaduto nel mese di ottobre 2024 ed è stato successivamente registrato da soggetti terzi, verosimilmente operanti all'estero;
da una perizia tecnica forense emerge che il dominio è attualmente ospitato da servizi ad alta incidenza di attività fraudolente (Cloudflare/Hawkhost) e registrato presso un provider con sede in Cina ("Porkbun.com");
il sito attualmente collegato al dominio presenta contenuti fittizi, strutturati come recensioni o articoli sull'autore, che ne utilizzano abusivamente il nome, l'immagine e riferimenti alle sue opere per indirizzare gli utenti verso piattaforme di gioco d'azzardo on line, con potenziali rischi sia in termini di diffusione di malware sia di indirizzo di minori all'azzardo e ovviamente con danno reputazionale per Bruno Tognolini;
tale manipolazione dell'identità digitale, oltre a costituire una violazione del diritto d'autore e un atto di diffamazione, mina la credibilità e la reputazione pubblica di un autore associato tradizionalmente a contenuti educativi, culturali e per l'infanzia, con implicazioni etiche e sociali particolarmente gravi;
la vicenda evidenzia una grave lacuna nella protezione giuridica dei domini legati a nomi e cognomi noti, anche nel caso di scadenza, e segnala l'urgenza di strumenti più efficaci per tutelare la reputazione digitale, l'integrità professionale e la sicurezza degli utenti, soprattutto quando le violazioni coinvolgono figure pubbliche o materiali destinati ai minori,
si chiede di sapere:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se abbia avviato accertamenti, per quanto di rispettiva competenza, su questa vicenda e sulla diffusione in generale di contenuti fraudolenti tramite domini abusivamente registrati a nome di personalità pubbliche italiane;
se non ritenga urgente attivarsi, per quanto di rispettiva competenza, affinché la Polizia postale e delle comunicazioni possa intervenire tempestivamente su questo episodio e in generale nei casi di usurpazione d'identità digitale e tutela della reputazione on line;
quali iniziative normative siano state adottate o si intenda adottare per rafforzare gli strumenti a tutela dell'identità digitale dei cittadini, anche prevedendo forme di protezione proattiva per domini contenenti nomi e cognomi noti o associati a personalità pubbliche;
se non si ritenga necessario attivarsi in sede internazionale e con le autorità ICANN, affinché siano rafforzate le regole di trasparenza e controllo sull'acquisto di domini scaduti, soprattutto quando legati a soggetti noti e contenenti materiali protetti da copyright;
se si intenda promuovere, anche in collaborazione con il Garante per la protezione dei dati personali e AGCOM, una campagna di sensibilizzazione e prevenzione sul rischio di usurpazione digitale e di utilizzo fraudolento di nomi a dominio.
(3-01927)
GASPARRI, DAMIANI, DE ROSA, FAZZONE, GALLIANI, LOTITO, OCCHIUTO, PAROLI, RONZULLI, ROSSO, SILVESTRO, TERNULLO, TREVISI, ZANETTIN - Al Ministro per le disabilità. - Premesso che:
il 30 aprile 2025 il Ministro in indirizzo ha informato il Consiglio dei ministri che il comitato tecnico scientifico dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità ha predisposto una prima bozza di proposta del piano di azione triennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità;
il piano ha l'obiettivo di organizzare una strategia migliore e condivisa per l'accessibilità universale e la valorizzazione delle potenzialità di ogni persona;
la bozza di piano è articolata in 7 linee di intervento: accessibilità universale; salute e benessere; inclusione lavorativa; istruzione, università e formazione; progetto di vita; sicurezza inclusiva e cooperazione internazionale e sistemi di monitoraggio delle politiche a favore delle persone con disabilità e del terzo piano d'azione;
permangono, in capo alle famiglie, agli enti del terzo settore, al volontariato, concrete preoccupazioni per l'andamento della sperimentazione della riforma nelle province, ove si sta svolgendo la concreta attuazione del progetto di vita indipendente e per l'inclusione lavorativa,
si chiede di sapere:
quali siano le risorse effettivamente in campo per il piano triennale e in particolare per l'inclusione lavorativa e il progetto di vita e quali le azioni concrete per attuarlo, anche in considerazione dell'andamento della sperimentazione in atto nelle province;
come si intenda potenziare anche l'attività del Garante dei diritti delle persone con disabilità.
(3-01928)
MALPEZZI - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e dell'istruzione e del merito. - Premesso che:
molti docenti che hanno svolto supplenze, soprattutto brevi e saltuarie, sono senza stipendio da mesi;
il sistema prevede una modalità di pagamento degli stipendi mediante l'immissione dei dati contrattuali da parte delle singole scuole nel sistema informatico centralizzato, lasciando che sia direttamente il Ministero dell'economia e delle finanze a pagare quelli relativi ai rispettivi supplenti d'istituto;
è un sistema, dunque, che non garantisce la regolarità della corresponsione delle liquidazioni mensili a causa dei farraginosi iter autorizzativi e di controllo da parte del Ministero dell'economia, del costante ritardo nel trasferire le risorse sui capitoli di bilancio delle scuole e della mancata e stringente interlocuzione con la piattaforma "NoiPA";
appare evidente come il ritardo nei pagamenti sia da addebitare interamente all'amministrazione centrale;
sono numerose le denunce, le segnalazioni e i solleciti al Ministero competente volti a risolvere questa grave situazione di insolvenza da parte dell'amministrazione centrale nei confronti dei lavoratori precari della scuola e a garantire la regolarità nel pagamento degli stipendi;
a ciò si aggiungano le gravose incombenze che devono affrontare le segreterie delle scuole, che sono sempre più in affanno nella gestione di molti importanti capitoli di spesa, anche in ragione delle esigenze connesse all'attuazione del PNRR;
in data 11 luglio 2023, con atto 3-00566, era stato chiesto quali fossero le ragioni dei mancati pagamenti dei docenti precari nei mesi di aprile, maggio e giugno ma i Ministeri competenti non hanno fornito alcuna risposta;
non si riesce a comprendere quali siano le difficoltà organizzative che impediscono il regolare pagamento di coloro che, con impegno e dedizione, lavorano tutti i giorni affrontando anche spese ingenti legate agli spostamenti e agli affitti,
si chiede di sapere:
quali iniziative urgenti i Ministri in indirizzo intendano intraprendere per pagare gli stipendi dovuti al personale supplente delle scuole che attende la remunerazione talora anche da molti mesi;
se non ritengano di intervenire, con tutte le opportune iniziative, per cambiare un sistema che non garantisce la regolarità della corresponsione delle liquidazioni mensili e se il Ministro dell'istruzione e del merito non intenda adottare iniziative di competenza per potenziare il personale delle segreterie scolastiche.
(3-01929)
(già 4-00908)
Interrogazioni con richiesta di risposta scritta
BORGHI Enrico - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
la legge di bilancio per il 2017 (legge 27 dicembre 2017, n. 205) ha previsto un finanziamento stabile pari a 275 milioni di euro annui, dal 2025 al 2034, destinato alle province italiane per la manutenzione straordinaria della rete stradale provinciale;
con l'ultima legge di bilancio, legge 30 dicembre 2024, n. 207, tali risorse sono state significativamente ridotte, con tagli pari a 20 milioni di euro per il 2025, 15 milioni per il 2026 e 275 milioni per il 2027;
a seguito di tali riduzioni, l'Unione Province d'Italia ha segnalato tagli complessivi del 70 per cento per il biennio 2025-2026 uniforme per tutte le province piemontesi, compresa la città metropolitana di Torino: in particolare la provincia del Verbano-Cusio-Ossola sarà soggetta a un taglio pari a 1 milione di euro per il 2025 e 1 milione di euro per il 2026, la quale, inoltre, aveva già in corso gli appalti per l'esecuzione dei lavori finanziati dai fondi oggetto dei tagli, circostanza che rende ancor più critica la situazione;
inoltre secondo quanto si apprende dagli organi di stampa, tali risorse sarebbero state dirottate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per finanziare la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina;
la rete stradale provinciale rappresenta un'infrastruttura fondamentale per il collegamento e lo sviluppo dei territori, in particolare nelle aree interne e nei piccoli comuni, il quale tuttavia versa da anni in condizioni critiche per mancanza di investimenti strutturali: non è ammissibile che il Governo decida di tagliare in modo strutturale i fondi destinati alle province italiane per la manutenzione straordinaria della rete stradale provinciale, senza i quali si rischia di mettere in serio pericolo i cittadini che viaggiano quotidianamente sulle suddette strade,
si chiede di sapere:
quali siano le motivazioni che hanno portato a una così drastica riduzione dei fondi originariamente previsti per la manutenzione straordinaria della rete stradale provinciale e quali misure urgenti intenda adottare il Ministro in indirizzo per ripristinare i finanziamenti necessari alla manutenzione delle strade provinciali, garantendo adeguati livelli di sicurezza e funzionalità delle infrastrutture locali;
se sia a conoscenza della difficile situazione che i tagli suddetti arrecheranno alla provincia del Verbano-Cusio-Ossola, la quale aveva già attivato gli appalti per l'esecuzione dei lavori finanziati dai fondi tagliati e quali misure intenda adottare al fine di evitare che i suddetti lavori siano bloccati;
se corrisponda al vero che le risorse sottratte siano state destinate al finanziamento del progetto del ponte sullo Stretto di Messina.
(4-02128)
BORGHI Enrico - Al Ministro della difesa. - Premesso che:
organi di stampa riportano come nelle acque europee operi la cosiddetta "flotta fantasma" russa, ossia circa 500 petroliere che battono bandiera di Paesi stranieri e che navigano al di fuori di ogni regola internazionale e comunitaria;
sempre come riportano organi di stampa, alcune di queste navi compiono veri e propri atti di sabotaggio, tanto che una di esse è stata sequestrata in Finlandia dopo aver tranciato di netto cavi sottomarini strategici:
altre flotte, invece, si occupano della vendita illegale di petrolio russo, restando fuori dalle acque territoriali e vendendo greggio a prezzi stracciati (indicativamente, come riportano organi di stampa, a 50 dollari al barile): i soldi ricavati dalla vendita del petrolio, fuori da ogni tracciamento, pare finiscano direttamente nelle casse del Governo di Mosca, creando un flusso di denaro che inevitabilmente rischia di essere destinato al finanziamento dell'invasione militare russa in Ucraina;
pertanto è necessario che il Ministro in indirizzo si attivi al fine di verificare se anche all'interno delle acque nazionali si verifichi la presenza della cosiddetta "flotta fantasma" russa, affinché si possa in primo luogo tutelare la sicurezza nazionale da eventuali attacchi di sabotaggio, come avvenuto in Finlandia, nonché per accertarsi che non venga compiuta nessuna azione commerciale illegale volta a finanziare il Governo russo,
si chiede di sapere quali misure il Ministro in indirizzo intenda adottare al fine di verificare se anche all'interno delle acque nazionali vi sia la presenza della cosiddetta "flotta fantasma" russa e quale azione intenda adottare per tutelare la sicurezza nazionale da eventuali attacchi di sabotaggio, come quelli avvenuto in Finlandia, nonché per accertarsi che non venga compiuta alcuna azione commerciale illegale volta a finanziare il Governo russo.
(4-02129)
CUCCHI, DE CRISTOFARO, MAGNI, VALENTE - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:
da organi di stampa si apprende della nomina di Filippo Ferri a questore di Monza, ovvero la massima autorità di pubblica sicurezza in città, responsabile e coordinatore di tutte le forze di polizia impiegate in servizi atti a garantire l'ordine e la sicurezza pubblica, nonché in servizi di prevenzione e difesa da atti eversivi;
Filippo Ferri è noto per essere stato capo della squadra mobile de La Spezia, in servizio a Genova con il compito di gestire l'ordine pubblico durante il G8 del luglio 2001, e risultato poi «coinvolto nei fatti dal principio» perché, quella sera, era tra i «pattuglioni» che in teoria avrebbero dovuto trovare e arrestare i black bloc, la frangia di manifestanti ritenuta responsabile dei tafferugli di quelle giornate. Ferri arrivò alla scuola Diaz «addirittura in tempo per vedere il cancello prima che venisse chiuso dagli occupanti» nell'estremo tentativo di non far entrare polizia e carabinieri. È lui poi che in un secondo momento, insieme ad altri due colleghi, si incaricò di redigere il verbale degli arresti, durante una delle pagine più buie della storia italiana e dell'onorabilità delle forze dell'ordine;
a seguito del processo sui fatti di Genova, nel 2012 Ferri è stato condannato in via definitiva a 3 anni e 8 mesi per falso aggravato con la pena accessoria dell'interdizione per 5 anni dai pubblici uffici per aver falsificato le prove dell'assalto alla scuola Diaz, quell'assalto che è definito come "macelleria messicana" dallo stesso vicequestore Fournier;
dalla sentenza si apprende che «è al dottor Ferri che vanno sostanzialmente riferiti il momento decisionale e l'elaborazione tecnico-giuridica relativi alla scelta di contestare agli occupanti il reato di associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio», oltre che ovviamente la decisione di procedere agli arresti sulla base delle perquisizioni effettuate. Come si è scoperto grazie alle indagini e ai processi, le prove per arrestare le persone che risiedevano alla Diaz sono state portate sul posto proprio dalle squadre a capo di Ferri. È la storia delle presunte due bottiglie molotov, in realtà sequestrate nel pomeriggio, e degli attrezzi da lavoro provenienti da un cantiere vicino;
nella motivazione della sentenza i giudici della Corte di cassazione scrivono: "Per l'odiosità del comportamento di chi, in posizione di comando a diversi livelli come i funzionari, una volta preso atto che l'esito della perquisizione si era risolto nell'ingiustificabile massacro dei residenti nella scuola, invece di isolare ed emarginare i violenti denunciandoli (…) avevano scelto di persistere negli arresti creando una serie di false circostanze, funzionali a sostenere così gravi accuse da giustificare un arresto di massa, formulate peraltro in modo logico e coerente, tanto da indurre i pubblici ministeri a chiedere, e ottenere seppure in parte, la convalida degli arresti";
com'é noto, i gravissimi fatti di Genova si svolsero la notte del 21 luglio 2001, quando i reparti mobili della polizia di Stato fecero irruzione all'interno del complesso del liceo Pertini di Genova, ex scuola Diaz. L'istituto era adibito a centro stampa del "Genova Social Forum", e quella notte dava un tetto a centinaia di cittadini che avevano appena preso parte alle manifestazioni contro il G8. Quella notte i manifestanti, a mani alzate, furono pestati dagli agenti. In 61 finirono in ospedale, tre dei quali in prognosi riservata e uno in coma. Per coprire gli abusi e giustificare l'irruzione, la polizia si impegnò a produrre diverse prove false. Tra le più smaccate due bombe molotov che vennero introdotte nella scuola dagli stessi agenti per incolpare i manifestanti di essere armati, e la giacca auto-lacerata da un agente di polizia nel tentativo di inscenare un falso accoltellamento. La verità è che i manifestanti erano del tutto disarmati. Ferri venne condannato proprio per la formulazione delle false accuse e delle false prove;
considerato che:
restando ferma e incontrovertibile la finalità rieducativa della pena di cui all'articolo 27 Costituzione, e il diritto del condannato ad essere reintegrato nella società una volta espiata la propria pena, a parere degli interroganti quanto accaduto nella scuola Diaz a Genova nel luglio 2021 resta una ferita aperta per il Paese e la condotta dei condannati appartenenti alle forze dell'ordine un grave disonore per le forze di polizia e per lo Stato;
quanto accaduto ha portato l'Italia a essere condannata dalla Corte di Strasburgo per le torture inflitte alla Scuola Diaz;
in pochi giorni dalla notizia della nomina di Ferri a questore, i cittadini della provincia di Monza e Brianza si sono mobilitati in una raccolta firme per chiedere al Ministro in indirizzo di rivalutare la sua decisione e di trovare un altro questore per il loro territorio. La petizione ha raccolto già molte adesioni,
si chiede di sapere:
quali siano le motivazioni alla base della decisione del Ministero di affidare la responsabilità della sicurezza pubblica di una città a chi ha disonorato la divisa e la funzione pubblica;
se il Ministro in indirizzo non ritenga che la nomina di Ferri a questore di Monza significhi legittimare una cultura dell'impunità e che vanifichi anni di battaglie per verità e giustizia sul G8 di Genova del 2001;
se non ritenga che, in alternativa a Ferri, fosse possibile reperire candidati che vantassero esperienze e competenze più adeguate all'importanza e alla natura della funzione di questore.
(4-02130)
POTENTI - Ai Ministri della salute e dell'università e della ricerca. - Premesso che:
nel nostro Paese, nel 2022 il numero di animali utilizzato per scopi scientifici è stato di 420.506 esemplari;
un dato in calo in considerazione dei rallentamenti dei progetti dovuti al lockdown a fronte della pandemia da COVID-19;
questo dato tiene in considerazione anche gli animali usati per la creazione e il mantenimento di linee geneticamente modificate (GM), che l'UE analizza in modo differenziato;
tra le varie tipologie di animali, si segnala che il numero di primati usati in Italia nel 2022 è stato pari a 266 esemplari di Macaco cinomologo, 16 esemplari di Uistitì o tamarini e 10 esemplari di Macaco cinomologo;
in un articolo di stampa del 22 gennaio 2025 del quotidiano "la Repubblica" e ripreso poi successivamente da altre testate giornalistiche, si riporta che presso l'Università di Ferrara, sarebbero presenti cinque esemplari di scimmie, custodite in una stanza del Dipartimento di Fisiologia da ben 10 anni e che non sono utilizzati per alcuna sperimentazione. A fronte di ciò, quattro accademici sarebbero stati indagati per maltrattamenti;
da altro quotidiano locale, "la nuova Ferrara" in un articolo del 19 gennaio 2025 si evidenzia che nessuno di questi esemplari sarebbe coinvolto da ormai dieci anni in progetti di ricerca ed è sul loro stato di detenzione che l'indagine si concentra. Questo perché, non essendo usati per la sperimentazione, che costituirebbe una chiara causa scriminante, non sarebbe giustificata la loro detenzione in cattività e dovrebbero essere invero custoditi nel rispetto della loro natura e, possibilmente, nel loro habitat naturale,
si chiede di sapere, alla luce delle osservazioni in premessa, se i Ministri in indirizzo non ritengano opportuno ed urgente predisporre le opportune misure per l'accertamento delle condizioni di tali animali, affinché sia assicurato il rispetto dei loro diritti fondamentali in ordine al divieto di maltrattamenti.
(4-02131)
LOMBARDO - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
il 30 maggio 2025 scadranno i termini per la presentazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di istanze nell'ambito del decreto 21 ottobre 2022 recante l'adozione delle "linee guida operative per la valutazione degli investimenti - settore trasporto rapido di massa";
il "Metromare", a differenza di quanto farebbe intendere il nome, è un'infrastruttura di trasporto su gomma situata, con corsia dedicata, tra due muri di cemento armato e inaugurata nel 2019;
la prima tratta, tra le stazioni ferroviarie di Rimini e Riccione, è stata realizzata con un costo di 92 milioni di euro, cioè di oltre 8,3 milioni di euro al chilometro, oltre ad elevati costi ambientali;
ai fini del finanziamento CIPE, il progetto stimava per tale tratta un afflusso annuo di circa 4 milioni di passeggeri. Tale dato è estremamente distante dalla realtà dei fatti: nel 2022 e 2023 i passeggeri sono risultati essere inferiori a 700.000, con i Comuni della provincia di Rimini chiamati a partecipare al mantenimento con contributi consortili di oltre 1,7 milioni di euro annui, siccome la bigliettazione contribuisce per appena un terzo;
lo scorso marzo il Ministero ha finanziato la seconda tratta tra la stazione e la fiera di Rimini, con un costo totale di 60 milioni di euro per una tratta di appena 4,2 chilometri: 14 milioni di euro al chilometro, quasi il doppio della prima, con una stima annua di 6,5 milioni di passeggeri, chiaramente ancora tutta da verificare e, probabilmente, irrealistica;
i Comuni di Riccione, Misano Adriatico e Cattolica hanno richiesto al Ministero un finanziamento di 104 milioni di euro per una terza tratta tra Riccione e Cattolica (lunghezza di 7,1 chilometri) per un costo chilometrico che rasenta i 15 milioni di euro e una stima di 3 milioni di passeggeri;
considerando la compresenza della linea ferroviaria, evidentemente preferita dall'utenza, gli alti costi sostenuti dal bilancio dello Stato e dalle amministrazioni comunali, oltre al fatto che le tre tratte non sarebbero unite da un unico mezzo di trasporto su gomma ma da tre diversi mezzi, a ben vedere non si comprende quali motivazioni di efficienza e corretto uso del denaro pubblico abbiano portato a tali ingenti investimenti;
si segnala, peraltro, come in zona sia invece presente l'aeroporto di Rimini, per il quale il biennio 2025-2026 sarà cruciale per l'espansione di voli e rotte, dopo aver registrato un aumento del traffico passeggeri di quasi il 15 per cento dal 2023 al 2024, con un tasso di riempimento dei voli vicino al 90 per cento, e di nuovo un aumento annuo del 17 per cento nei primi mesi del 2025. I numeri assoluti sono ancora ben lontani dal record dell'ultimo quarto di secolo pari a 920.000 passeggeri registrato nel 2011, dunque un serio piano di investimento per rendere sempre più funzionale questo scalo aereo al fine di portare di anno in anno sempre più turisti in riviera rappresenterebbe uno scenario ideale per tutto il bacino di riferimento,
si chiede di sapere, nella consapevolezza di voler dotare il Paese di un sistema di trasporto pubblico moderno ed efficiente, se il Ministro in indirizzo non ritenga di rivedere quantomeno il progetto relativo alla terza tratta del Metromare, e di destinare tali risorse verso progetti maggiormente efficaci per il territorio e le sue infrastrutture, come ad esempio il vicino aeroporto di Rimini, nel rispetto degli orientamenti della Commissione europea in materia di aiuti di Stato.
(4-02132)
DE CRISTOFARO, CUCCHI, MAGNI - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:
da notizie di stampa si apprende che "Potere al Popolo", partito di sinistra che da molti anni partecipa alle elezioni politiche ed amministrative, per 10 mesi sarebbe stato infiltrato e spiato dalla Polizia;
nel dettaglio, il fatto sarebbe avvenuto a Napoli, l'agente sotto copertura sarebbe un giovane di 21 anni proveniente dalla Puglia, uscito dalla Scuola di polizia nel 2023, si sarebbe presentato agli attivisti di Potere al Popolo a Napoli come studente fuori sede e avrebbe iniziato a partecipare assiduamente alle attività di partito, dal blocco degli sfratti, alle lotte studentesche e anche a diversi incontri nazionali;
dopo dieci mesi, si sarebbe verificato un episodio che avrebbe insospettito i militanti di Potere al Popolo, consistente in uno strano incontro avvenuto dentro un ristorante napoletano lo scorso 1° maggio. Dopo una semplice ricerca online, non sui suoi profili che erano stati opportunamente "ripuliti" di qualsiasi informazione che collegasse la persona alla Polizia, sarebbero stati trovati non solo il risultato del concorso in Polizia che l'uomo ha vinto, ma anche le foto del giuramento e diverse foto di gruppo in divisa con altri colleghi;
una volta scoperto, il presunto agente sotto copertura non avrebbe battuto ciglio, allontanandosi ed augurando "buona giornata" agli attivisti di Potere al Popolo;
da quanto emerso, sembrerebbe che la presa di incarico sarebbe avvenuta due mesi dopo il giuramento, a quanto riportato dai documenti del Ministero dell'interno reperiti online;
considerato che:
solo pochi mesi fa, la pubblicazione dell'inchiesta della testata giornalistica "Fanpage" dal titolo "Gioventù Meloniana" svelava come tra i giovani di FDI fossero ancora attualissimi saluti romani, cori razzisti e nei giorni successivi la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni dichiarò che "infiltrarsi nelle riunioni dei partiti politici è un metodo da regime";
il caso di un'inchiesta giornalistica diretta ad accertare quanto accada all'interno delle formazioni politiche appare con ogni evidenza, a parere degli interroganti, coperto dal diritto di cronaca che come è noto è un diritto fondamentale, riconosciuto dalla Costituzione italiana (articolo 21) e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (art. 10). Questo diritto si esercita nell'ambito dell'informazione e della comunicazione, e prevede la possibilità di pubblicare notizie, fatti, eventi, anche di carattere pubblico, che possano destare l'interesse del pubblico. Ben diverso il caso in cui l'infiltrazione in un'organizzazione democratica come un partito politico venga disposta e svolta da parte di apparati dello Stato. In questo caso si sarebbe innanzi ad una vicenda inquietante, al tentativo di controllare il dissenso politico, a metodi tipici di regimi autocratici che confliggono con numerosi principi costituzionali, dalla libertà di esercizio politico, alla libertà di manifestazione del pensiero, tutti posti a fondamenta di ogni Stato democratico e di diritto,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;
nel caso in cui i fatti corrispondano al vero, quali siano le motivazioni di tale operazione, chi l'abbia decisa, pianificata, ordinata e con quali finalità.
(4-02133)
PIRRO, LOPREIATO, BILOTTI, MARTON, LICHERI Ettore Antonio, DI GIROLAMO - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:
in data 9 maggio 2025, si è svolta davanti all'istituto penale minorile "Ferrante Aporti" di Torino, da parte del personale di Polizia penitenziaria, una protesta (sit-in), per denunciare le condizioni di grave disagio nelle quali operano gli agenti impiegati presso la struttura carceraria;
nel corso della manifestazione, indetta dall'Organizzazione sindacale autonoma Polizia penitenziaria, sono state denunciate diverse criticità gestionali e organizzative, tra le quali l'impiego di due agenti in stato di gravidanza in mansioni incompatibili con la loro condizione, nello specifico: la prima è stata assegnata al servizio di portineria, servizio operativo che prevede cinturone e arma; la seconda, oltre alla portineria, avrebbe partecipato anche a traduzioni di detenuti, entrambi i servizi in evidente contrasto con le normative a tutela della salute delle lavoratrici. I fatti possono essere accertati tramite i fogli di servizio e l'ascolto del personale coinvolto, e i vertici dell'istituto a quanto pare erano informati;
inoltre l'OSAPP lamenta: 1) traduzioni di detenuti su strada per tratte fino a 1.400 chilometri, effettuate senza le necessarie soste intermedie, in violazione delle normative vigenti in materia di salute, sicurezza e incolumità del personale, e in spregio del modello organizzativo previsto per le traduzioni, che impone pianificazione, soste intermedie e turnazione del personale; 2) un presunto caso di discriminazione nei confronti di un'ispettrice, la cui valutazione effettuata mediante rapporto informativo sarebbe stata declassata dopo la fruizione del congedo di maternità, nonostante avesse ricoperto per 5 anni l'incarico di comandante; 3) la procedura, anche in presenza di documentazione clinica già sufficiente, del rinvio al medico competente di personale sottoposto a intervento chirurgico non per valutarne l'idoneità al rientro in servizio, ma per ottenere un nullaosta a recarsi nel Paese d'origine durante la convalescenza per motivi familiari; 4) erogazione di buoni pasto a personale non avente diritto in quanto non ha effettuato la prevista pausa di almeno 30 minuti né l'ha recuperata, con possibile danno erariale e in violazione delle disposizioni vigenti, nonostante la chiarezza della normativa e l'inerzia dei vertici dell'istituto che ne hanno sottoscritto l'attribuzione, senza le opportune verifiche;
il sindacato sottolinea, altresì, che l'abbassamento del rapporto informativo e il mancato innalzamento di altri rapporti riguarderebbe anche numeroso personale maschile e femminile le cui valutazioni dipendono da fattori non di merito ma, da parte della dirigenza, puramente discrezionali;
considerato che:
l'istituto versa spesso in condizioni di sovraffollamento, ed è arrivato ad ospitare fino a 56 detenuti a fronte di una capienza massima di 46 posti; risulta inoltre che alcuni minori abbiano dormito spesso in condizioni non accettabili, sul pavimento o su brandine da spiaggia. Tale situazione è sfociata in una rivolta il 1° agosto 2024 che ha portato ad un tentativo di evasione di massa, tentativo impedito da quattro valorosi agenti (3 agenti e un ispettore) che, a rischio della propria incolumità erano intervenuti e, per questo, invece di ricevere un encomio, erano stati colpiti da procedimento disciplinare che è tuttora in corso;
si consideri che durante la rivolta erano in servizio solo 9 poliziotti, di cui 6 avevano appena 20 giorni di servizio;
quanto rappresentato evidenzia, a parere degli interroganti, una gestione gravemente carente sul piano del rispetto dei diritti del personale e della legalità amministrativa, oltre a delineare un possibile clima di discriminazione sistemica nei confronti delle donne in servizio, che richiede una rigorosa verifica da parte dell'amministrazione centrale,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda intraprendere per accertare e risolvere le criticità descritte, in particolare riguardo alle presunte assegnazioni a mansioni incompatibili con lo stato di gravidanza che lo stesso servizio di vigilanza sull'igiene e la sicurezza dell'amministrazione della giustizia avrebbe accertato;
quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di verificare la presenza di atteggiamenti discriminatori, ostili o misogini nei confronti del personale femminile e, nel caso, quali misure correttive intenda adottare.
(4-02134)
Interrogazioni, già assegnate a Commissioni permanenti, da svolgere in Assemblea
L'interrogazione 3-00566 della senatrice Malpezzi ed altri, precedentemente assegnata per lo svolgimento alla 7ª Commissione permanente (Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport), sarà svolta in Assemblea, in accoglimento della richiesta formulata in tal senso dall'interrogante.
Avviso di rettifica
Nel Resoconto stenografico della 290a seduta pubblica del 2 aprile 2025, a pagina 49, alla quinta riga del quinto capoverso, sostituire le parole: "relativa all'anno 2024", con le seguenti: "aggiornata al 30 settembre 2024".
Nel Resoconto stenografico della 295a seduta pubblica del 15 aprile 2025, a pagina 217, alla quarta riga del terzo capoverso, sostituire le parole: "aggiornata al 31 marzo 2025", con le seguenti: "nell'anno 2024".