Legislatura 19ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 298 del 24/04/2025
Azioni disponibili
SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XIX LEGISLATURA ------
298a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO STENOGRAFICO
GIOVEDÌ 24 APRILE 2025
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Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO,
indi del vice presidente CASTELLONE
e del presidente LA RUSSA
N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Civici d'Italia-UDC-Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, Italia al Centro)-MAIE-Centro Popolare: Cd'I-UDC-NM (NcI, CI, IaC)-MAIE-CP; Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE: FI-BP-PPE; Fratelli d'Italia: FdI; Italia Viva-Il Centro-Renew Europe: IV-C-RE; Lega Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: LSP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista: PD-IDP; Per le Autonomie (SVP-PATT, Campobase): Aut (SVP-PATT, Cb); Misto: Misto; Misto-ALLEANZA VERDI E SINISTRA: Misto-AVS; Misto-Azione-Renew Europe: Misto-Az-RE.
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RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 10,16).
Si dia lettura del processo verbale.
PAGANELLA, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori
PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.
Disegni di legge, annunzio di presentazione
PRESIDENTE. Comunico che in data 23 aprile 2025 è stato presentato il seguente disegno di legge:
dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro dell'economia e delle finanze
«Conversione in legge del decreto-legge 23 aprile 2025, n. 55, recante disposizioni urgenti in materia di acconti IRPEF dovuti per l'anno 2025» (1467).
Seguito della discussione del documento:
(Doc. CCXL, n. 1) Documento di finanza pubblica 2025 (Relazione orale) (ore 10,21)
Approvazione della proposta di risoluzione n. 6
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del documento CCXL, n. 1.
Ricordo che nella seduta di ieri il relatore ha svolto la relazione orale e ha avuto inizio la discussione.
È iscritta a parlare la senatrice Damante. Ne ha facoltà.
DAMANTE (M5S). Signora Presidente, ieri in quest'Aula ho sentito di tutto e di più, a partire dalle parole che poi sono state anche quelle del ministro Giorgetti in audizione: prudenza, affidabilità, trasparenza, responsabilità, risultati solidi nonostante il contesto, qualità della spesa, cautela, prudenza. Dall'altra parte, invece, ho sentito, anche da colleghi della maggioranza, frasi tutt'altro che votate a questo significato. Ho sentito cifre e parole mirabolanti, misure mirabolanti. Si è parlato di interventi a sostegno di famiglie e imprese, di crescita, di investimenti. Evidentemente si parlava di un altro Paese, oppure i miei colleghi della maggioranza vivono in un mondo parallelo.
Presidente, colleghi, è da 25 mesi consecutivi che c'è un calo della produzione industriale, che è al tracollo e credo ve ne siate accorti; dopo due anni e mezzo di Governo forse qualche domanda ve la dovreste porre. Crescono solo il lavoro povero e precario e l'inflazione, mentre il carrello della spesa degli italiani è vuoto e le bollette sono alle stelle, nonostante gli interventi tardivi e con scarse risorse, come l'atto che abbiamo approvato ieri. Le imprese hanno un futuro incerto, tra dazi e scenari geopolitici globali.
Per quanto riguarda la sanità, sappiamo quanti italiani non si curano più proprio per la mancanza di risorse e perché le liste d'attesa sono davvero lunghe. Questo Governo, invece di pensare a eventuali scostamenti di bilancio proprio per investimenti in sanità, ricerca, innovazione, sviluppo industriale e istruzione e anziché dedicarsi all'attuazione del PNRR, cosa fa? Pensa e si preoccupa di investire 10 miliardi in armamenti e gas americano: 10 miliardi di spesa improduttiva, come hanno detto Banca d'Italia e Istat e come dicono tutti. (Applausi).
Ancora sento parlare di superbonus dai colleghi della maggioranza (mi pare l'abbia detto ieri il senatore Garavaglia, cui mi rivolgo per suo tramite, signor Presidente): ma come potete parlare di superbonus? State spendendo 10 miliardi di spesa improduttiva per gas naturale liquefatto (GNL) americano e armamenti e avete anche il coraggio di parlare di superbonus? (Applausi).
Parliamo ora dell'attuazione del PNRR, che è ferma. Ieri avete parlato di cifre come il 35,6 per cento, di 194 miliardi. Avete detto che siamo al 52 per cento delle rate che abbiamo avuto dall'Unione europea, ma diciamolo chiaramente: abbiamo speso sì e no 64 miliardi di euro, mancano 14 mesi alla chiusura del PNRR e ci sono ancora 130 miliardi di euro da spendere. (Applausi). Non è solo un problema di qualità della spesa. Senza quegli investimenti vengono meno i dati finanziari che abbiamo indicato proprio nel Documento di finanza pubblica (DFP). Se vogliamo garantire i dati economici e finanziari inseriti nel DPF, come avvertono l'Ufficio parlamentare di bilancio e la Corte dei conti, dobbiamo garantire la messa a terra degli investimenti, cioè spendere quelle risorse; altrimenti le prospettive, in termini di tenuta dei conti pubblici, non saranno rosee. Eppure, le inefficienze sono sotto gli occhi di tutti. Ve ne elenco qualcuna.
RePowerEU: 11,2 miliardi e la spesa è pari a zero.
Transizione 5.0, tema sul quale abbiamo svolto anche un question time: sì e no abbiamo speso 500.000 euro, ma allora bastava copiare Transizione 4.0 e ci saremmo tolti anche questo problema.
E che dire degli studentati? Inizialmente, degli interventi del PNRR dovevano beneficiare 60.000 studenti, ma con la rimodulazione dell'allora ministro Fitto nel 2023 la platea è stata ridotta a 23.000 e ancora non abbiamo raggiunto l'obiettivo.
Che dire degli asili nido? Nonostante quello che dice il senatore Garavaglia sul gioco della domanda e dell'offerta - al Sud ci sono più bambini e non ci sono asili nido e quindi non è proprio così automatico - io direi che, quando parliamo di asili nido, dovremmo parlare di spesa pubblica e di servizio pubblico, quindi il gioco della domanda e dell'offerta non ci sta. (Applausi). Ecco perché l'avevamo previsto nel PNRR. Nonostante abbiamo rimodulato, operando un taglio a quella misura, abbiamo spesso solo il 25,2 per cento dei 3,24 miliardi.
C'è un altro dato molto preoccupante che è emerso dall'analisi della Corte dei conti negli ultimi giorni: sono praticamente fermi al Sud i lavori per la realizzazione di 45.000 chilometri di reti idriche per ridurre le perdite d'acqua. Ieri, però, abbiamo sentito dire dalla senatrice Nocco che, grazie al PNRR, c'è crescita nel nostro Paese. Ebbene, per suo tramite, signor Presidente, vorrei dire alla senatrice Nocco, che forse ha poca memoria, che è grazie a Giuseppe Conte che abbiamo il PNRR (Applausi), che Fratelli d'Italia non l'ha voluto quel PNRR e ha votato contro in Italia e si è astenuta in Europa. Un merito ce l'ha però Fratelli d'Italia: il fallimento del PNRR. Se oggi il PNRR è al palo, è proprio merito del Governo Meloni, è la medaglia al petto di questo Esecutivo.
Dunque, riepiloghiamo: non abbiamo Transizione 5.0, non abbiamo RePowerEU, non abbiamo asili nido, non abbiamo i beneficiari degli studentati, non abbiamo le reti idriche al Sud per la siccità e per le perdite idriche, ma abbiamo il Ponte sullo Stretto che adesso da opera civile è diventata un'opera strategica militare. Come mai la NATO non ci ha pensato prima e ci pensa adesso, che è diventata un'opera strategica? (Applausi). Al Sud non abbiamo rete idrica e non abbiamo bisogno dell'acqua: abbiamo bisogno del Ponte che è opera strategica. Non abbiamo ferrovie, non abbiamo strade, non abbiamo autostrade, non abbiamo tutti i trasporti connessi e collegati, ma avremo un'opera strategica: il Ponte sullo Stretto. Ieri l'ho detto anche in Commissione: vedremo passare carri armati e armamenti, ma - come diceva bene una collega - probabilmente quel ponte non lo vedremo mai, ma abbiamo speso risorse.
Vorrei quindi ribadire a quest'Assemblea e a questa maggioranza, proprio per la discussione quasi decontestualizzata che ho sentito ieri, che proprio sull'attuazione del PNRR e sulle opere necessarie per la crescita di questo Paese, il Governo dovrebbe fare una riflessione. Dopo due anni e mezzo, credo che gli italiani se lo meritino. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Manca. Ne ha facoltà.
MANCA (PD-IDP). Signor Presidente, signori Sottosegretari, colleghi, presento innanzitutto una questione di metodo. Noi riteniamo che il Governo abbia scelto una strada tecnica del tutto illegittima sul piano istituzionale, perché non ha un'idea dello sviluppo di questo Paese e non ha un'idea dello sviluppo industriale e della coesione sociale.
In poche parole, non sa dove andare, per cui agisce in maniera arbitraria, con una risoluzione della maggioranza in Commissione bilancio. A me non risulta, signor Presidente, che una direttiva europea sia nelle condizioni di modificare la legislazione vigente che riguarda il Parlamento sulle norme più importanti di contabilità. Non è la direttiva europea, infatti, che può modificare l'avvio del ciclo di bilancio previsto, a legislazione vigente, dalle regole di contabilità.
Questo per me è un precedente molto rilevante, innanzitutto perché il Parlamento dovrebbe affrontare con maggior determinazione il riordino delle leggi di contabilità. Le regole vanno rispettate: sono elementi fondamentali che determinano anche la credibilità del ruolo del Parlamento nella definizione delle politiche economiche di questo Paese.
Signor Presidente, non siamo all'interno di una situazione ordinaria. Siamo in un contesto di straordinaria amministrazione, perché siamo probabilmente in presenza della terza crisi globale del nuovo millennio. Quella del 2008 e quella causata dalla pandemia hanno trovato nell'Europa una risposta vera. Si può essere d'accordo o meno, ma non possiamo certamente negare che la crisi finanziaria del 2008 e ancora di più la crisi pandemica abbiano trovato nell'Europa risposte forti, rapide e immediate.
Mi riferisco prima di tutto al Patto di stabilità, che fu introdotto per affrontare la crisi finanziaria e ristabilire un equilibrio dei conti pubblici. Mi riferisco a Next generation EU, che fu adottato per rilanciare l'Europa. Mi riferisco alla scelta che abbiamo compiuto di acquisire vaccini in maniera unitaria anche senza che la materia sanitaria fosse delegata alla Commissione europea. Ciò è a dimostrazione che, quando si vuole, si può investire nell'Europa.
Noi stiamo facendo invece una riflessione neutra. È un Documento di finanza pubblica che non cita alcuna strategia, nemmeno come l'Europa dovrebbe affrontare questa crisi. (Applausi).
Si può essere d'accordo o meno, ma non si può negare a questo Parlamento una riflessione sullo sviluppo economico del nostro Paese e su come dobbiamo aggredire la terza crisi globale, perché, di fatto, stiamo parlando di questo. La scelta dell'amministrazione Trump di avviare la battaglia commerciale sui dazi può determinare implicazioni rilevanti, come sta già facendo, anche sugli equilibri militari.
Dunque, signor Presidente, non possiamo non sapere come il Governo italiano intenda muoversi nella dimensione europea. Capisco le vostre contraddizioni interne. Probabilmente qui non siamo in presenza di una maggioranza che oggi possa esprimersi né sul documento di Letta sulla legge sui capitali né sulle proposte di Draghi sul futuro della competitività europea.
Abbiamo più volte ricercato un confronto per capire come il Governo italiano intenda muoversi nella dimensione europea. Qui ci si è fermati a una corsa tra gli Stati, a chi si reca per primo a baciare le pantofole di Trump senza alcuna strategia europea e senza alcun investimento sullo sviluppo economico.
Negare al Parlamento questa discussione non è un qualcosa contro le opposizioni, ma è un qualcosa che di fatto - come avviene sempre - indebolisce le funzioni fondamentali di questo Parlamento, che invece, dentro una crisi globale di queste dimensioni, dovrebbe essere permanentemente riunito ad affrontare lo sviluppo economico e la crescita. Dovrebbe affrontare i temi e non astenersi dal farlo, perché questa maggioranza non dispone di alcuna proposta unitaria. Ecco perché avete scelto di affidarvi alla Ragioneria dello Stato anziché alla politica (Applausi); ecco perché avete scelto un documento tecnico anziché una discussione vera sul piano economico.
I colleghi di maggioranza che ho ascoltato, a cominciare dal presidente Garavaglia, illuminano le doti del Ministro dell'economia, creano le condizioni per affrontare tutto appoggiandosi agli obiettivi dell'avanzo primario e del rating.
Lo dico, Presidente, con grande equilibrio: anche noi riteniamo un fatto positivo che nella finanza pubblica si lavori a un obiettivo di medio termine che fa riferimento all'avanzo primario, però è inaccettabile che non se ne valutino in Parlamento le conseguenze. Cercherò di farvi capire in pochi minuti, con grande efficienza e trasparenza tra di noi, perché non dovevate scegliere il rating e l'avanzo primario a scapito del pilastro pubblico. Con la legge di bilancio non avevate bisogno di questo Documento di finanza pubblica. Con la legge di bilancio avete tolto lo 0,6 per cento di investimenti nella pubblica amministrazione tra Ministeri, Regioni e Comuni (Applausi).
C'è un gigantesco taglio al pilastro pubblico. C'è un gigantesco tradimento delle vostre promesse elettorali sulle pensioni, perché avete congelato il pilastro della previdenza. Altro che più pensioni per tutti! Voi avete peggiorato la legge Fornero, vincendo le elezioni contro la Fornero sui sistemi previdenziali. Voi, colleghi di maggioranza, state tradendo il vostro programma di mandato e lo fate sulla propaganda dell'efficienza, senza tener conto dello sgretolamento dei diritti fondamentali di cittadinanza: mi riferisco alla salute, all'istruzione e al welfare, perché questo è l'obiettivo che raggiungete sull'avanzo primario. Lo fate a scapito dei diritti di cittadinanza, e lo fate ampliando le disuguaglianze, alimentando nuove povertà, nuove solitudini e tradendo i punti cardine della nostra Costituzione.
Fino a prova contraria, non c'è scritto nella Costituzione che si può curare chi ha le condizioni economiche per farlo: nella nostra Costituzione c'è scritto che il diritto alla salute è universale e noi stiamo andando nella direzione opposta, che è quella invece della sanità delle assicurazioni. Se questo è il prezzo che dobbiamo pagare per raggiungere l'avanzo primario, penso che l'avanzo primario avrebbe dovuto essere un obiettivo di medio termine e non un obiettivo della legge di bilancio del 2026 dentro una crisi. È possibile discutere di tutto questo in quest'Aula, nell'interesse generale del Paese?
C'è un altro grande tradimento, Presidente: noi abbiamo indicato in questo Documento lo 0,6 per cento che non abbiamo sulla crescita, premesso che il Fondo monetario l'ha già calcolata allo 0,4, e dovremmo anche confrontarci su come mai l'Italia cresce dello zero virgola e la Spagna al due virgola: significa che c'è chi ha una politica industriale, una proposta sugli investimenti e una risposta chiara su come uscire dalla crisi e che questo Governo invece non ha alcuna visione e alcuna proposta per uscire dalla crisi. (Applausi). Questa è la differenza che determina la crescita allo zero virgola e l'aumento delle disuguaglianze.
Chi sta pagando il conto per mantenere il rapporto deficit-PIL per il rating? Lo stanno pagando i lavoratori dipendenti, lo avete caricato tutto sul lavoro dipendente. Con le vostre flat tax si riduce la base imponibile e il lavoro dipendente, dentro l'inflazione, con il fiscal drag, il drenaggio fiscale, sta riconsegnando al bilancio dello Stato quello 0,6 di crescita che avete sbagliato nelle previsioni: sono 25 miliardi.
Durante le audizioni, ho provato a chiedere al Ministro, insieme a tutti i colleghi, se è interesse del Governo aprire una riflessione sulla restituzione del potere d'acquisto ai salari e sulla necessità di scaricare il peso fiscale dal lavoro. Altrimenti, senza un lavoro strategico sul recupero di produttività e sull'aumento dei salari, mi dovete spiegare come si fa a raggiungere l'obiettivo di aumento dei consumi interni che avete indicato come risposta per uscire dalla crisi. Non ci sarà alcun incremento dei consumi interni, se non mettiamo mano ai fattori della produttività, se non aumentiamo i salari e se non cominciamo a riconoscere che state producendo lavoro povero, precario e a basso reddito, che non è nelle condizioni di alimentare i consumi.
Da questa crisi, Presidente, si esce in un modo solo: il Governo dovrebbe avere la dignità di fermarsi e aprire un confronto vero, non per dividere il sindacato, ma per unirlo, chiamando le associazioni economiche a un nuovo patto sociale. Se invece andate avanti sulla vostra strada dell'efficienza e del rating, vi state dimenticando delle famiglie e delle imprese italiane e rischiate di truffarle. (Applausi).
La conseguenza è semplice, Presidente: rischiate di parcheggiare questo Paese in recessione e non ce lo possiamo permettere. Ecco perché - lo dico come l'ultima considerazione - dalle crisi globali si esce con più Europa, non con meno Europa. È sempre stato così, ma non ho trovato alcuna indicazione in un documento di programmazione economica su quale dovrebbe essere il ruolo dell'Europa dopo Next generation EU; anzi, mi viene non un dubbio, ma una certezza: avete negato la programmazione per il 2028 perché non sapete cosa fare né in Europa, né in Italia per sostenere la competitività. È chiaro allora che, con la produzione industriale che cala, le disuguaglianze che aumentano, salari poveri e un lavoro precario, questo Paese va in recessione e corre un gravissimo rischio di conflitto sociale e di aumento delle disuguaglianze, della solitudine e dell'indifferenza, come quella che vi attraversa e colpisce anche questo Governo.
Noi riteniamo questo Documento privo di visione, dannoso per il nostro Paese e senza alcuna prospettiva per le giovani generazioni e, quando si mangia il futuro, lo si fa a danno di un Paese che ha bisogno invece di investire nelle risorse umane e nei fattori della ricerca e della competitività. Non c'è uno straccio di politica industriale che possa farci intravedere che l'obiettivo è la buona e piena occupazione. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Mennuni. Ne ha facoltà.
MENNUNI (FdI). Signor Presidente, il dibattito di ieri e di oggi mi è sembrato piuttosto surreale. Mi ha stupito molto sentire alcune dichiarazioni da parte di senatori dell'opposizione, quasi come se non fossero stati con noi nella 5a Commissione bilancio mentre redigevamo la nostra risoluzione per spingere il nostro Governo in quel difficilissimo negoziato con la Commissione europea, per cercare di strappare le migliori condizioni possibili per la nostra Italia, che indubbiamente ha un debito pubblico molto, molto pesante sulle proprie spalle, con spazi di manovra indubbiamente più ridotti rispetto ad altre Nazioni. È ancor più surreale se penso che gli autorevoli esponenti, per esempio economisti, che hanno parlato dagli scranni dell'opposizione, sanno da quanto tempo viviamo con il peso soffocante di quei 90 miliardi di euro di interessi per il debito pubblico, che tutto divorano (Applausi): divorano ogni iniziativa, anche la più nobile, per la sanità e per rimettere a posto le nostre scuole, ma queste sono le regole. La scelta è: siamo o non siamo in Europa? Le regole date sono quelle che conosciamo.
È ancor più surreale questo dibattito, se pensiamo che dati importanti, come i rapporti dell'OCSE, ci dicono che la pressione inflattiva purtroppo sta ricominciando a galoppare non solo in Italia, signori, ma nel mondo. L'ultimo report del Global Trade Update ci dice che purtroppo negli ultimi trimestri il commercio globale sta cominciando a rallentare.
Cosa ha messo in campo quindi il Governo in questa situazione globale così complicata? Politiche serie, prudenti e attente per rilanciare ciò che poteva essere rilanciato, ad esempio la domanda interna, che - come avrete visto dal vostro fine studio di questo Documento programmatico di finanza - ha avuto una crescita dello 0,6 per cento, che ha aiutato a mantenere quella solidità che ci consente di avere una crescita del PIL.
Il dato del +1,3 per cento dei redditi delle famiglie è frutto non del caso in una condizione come quella che stiamo attraversando, ma di politiche scientifiche che sono state compiute. (Applausi). Ad esempio - come ci avete chiesto voi - abbiamo reso strutturale il taglio del cuneo fiscale nella scorsa manovra di bilancio; abbiamo sostenuto la crescita dell'occupazione e adottato politiche per incentivare le aziende con il cosiddetto bonus più assumi meno paghi, ossia regole fiscali per favorire l'incremento dell'occupazione. Siamo così arrivati a più 577.000 occupati all'anno da quando c'è il Governo Meloni. (Applausi). È il tasso di occupazione più alto di sempre, femminile e giovanile: questo aiuta a sostenere la domanda interna.
Secondo me, ci si dovrebbe concentrare sul dibattito e non limitarsi a lanciare strali di disperazione. È vero che viviamo in un'epoca complessa e difficile e il Governo cerca metodi per bilanciare investimenti e tenuta della spesa (e, ringraziando il cielo, li trova). Il rapporto tra deficit e PIL è al 3,4 per cento. Non è in miglioramento? Sì, lo è. Il rapporto tra debito e PIL è al 136,6 per cento, con una traiettoria discendente anche nei prossimi anni.
Quanto al PNRR, immagino che molti di voi, essendo stati amministratori locali, conoscano le difficoltà di mettere a terra i progetti. Ebbene, con la tempistica europea molto rapida che ci è stata richiesta, noi siamo riusciti a spendere e mettere in circolazione 66 miliardi del PNRR per sostenere la domanda interna e prevedremo un riorientamento dei fondi per sostenere l'impresa.
Qui c'è un ragionamento più profondo da fare. Come sosteniamo l'impresa? A me è dispiaciuto non sentir parlare di questo tema dagli scranni dell'opposizione. Ragioniamoci insieme. La globalizzazione ha portato problemi e distorsioni. Senatori, possiamo ascoltare tutti i rapporti del mondo, ma la competitività dell'Europa purtroppo è stata danneggiata dalle politiche economiche svolte. Volete sapere perché? Il free trade non è equo; l'Occidente ha politiche di sostegno del lavoro e della persona che altre aree del globo non hanno. (Applausi). Adesso dobbiamo affrontare una grande, epocale e storica rivoluzione economica, ossia passare dal free trade al fair trade, cioè a un'economia e a un commercio equi.
Vi chiedo: Trump ha torto? Ha ragione? Chi siamo noi per dirlo? Lo vedremo, la storia ce lo dirà. Bene ha fatto il Presidente del Consiglio dei ministri, con quel suo piglio decisionista e veloce, a recarsi subito negli Stati Uniti d'America per cercare di apporre la sua azione non solo in quanto Presidente del Consiglio italiano e in rappresentanza dell'Unione europea, ma - come lei stessa ha dichiarato - «to make West great again».
L'Occidente, piaccia o meno, ha un'unica radice che scavalca gli oceani, quella greco-romana, che ci porta a preservare la nostra cultura, quella dell'attenzione alla persona e all'essere umano. (Applausi).
Vorrei quindi fare un riferimento all'intervento che ieri Giorgia Meloni ha svolto in commemorazione del Santo Padre: ha citato un elemento che le è stato indicato dal Papa ed era in merito all'algoretica, ossia che i limiti agli algoritmi non devono prevaricare i confini dell'etica. L'ho molto apprezzato, perché in un'epoca in cui stiamo parlando di web tax e global tax, indubbiamente il tema della competitività di certe aree della Terra rispetto ad altre dev'essere attenzionato dagli economisti. Non possiamo però non ricordare anche che non si può fare una buona economia con una cattiva etica.
Ho quindi apprezzato molto, per esempio, che tanti senatori qui dentro hanno voluto firmare un disegno di legge bipartisan per tutelare i minori nell'era della digitalizzazione. Internet è una grande scoperta, ma non è nata a misura di bambino, ed è interessante vedere - non so se tutti lo sapete - che negli Stati Uniti molti Stati stanno compiendo battaglie acri a livello giuridico e giudiziario per tutelare i loro minori, la libertà intellettuale e la libera formazione delle menti rispetto all'algoritmo. Penso alla California, che ha approvato una legge importante per la tutela dei minori a livello digitale; penso a Utah, Florida, Georgia, New York, Ohio, Tennessee, Texas e Arkansas. Sappiamo che in tutto il mondo si stanno portando avanti azioni per questo. Considero quindi importante che l'Italia riesca ad approvare presto quella legge, perché a questo punto è in ballo la tutela non dei minori italiani, ma dei minori della Terra, se anche l'Australia, il Regno Unito, la Norvegia, la Francia e la Germania stanno portando avanti leggi di questo genere.
Sempre per tornare quindi al nostro Documento di finanza pubblica e all'etica che dev'essere trasposta nell'economia, mi sento di avanzare una richiesta al nostro Presidente del Consiglio, che sta svolgendo un lavoro complesso, con i mari in tempesta (e sono certa che quantomeno i colleghi del mio Gruppo condividano la mia richiesta): continuare con le riforme della giustizia, che portano a semplificare, e con quelle della pubblica amministrazione; continuare a sostenere le famiglie e il tasso di natalità, perché una Nazione che non fa figli non è destinata a crescere; proseguire con le premialità per il personale della pubblica amministrazione, affinché sia sempre più efficiente ed efficientata; tenere alto il potere d'acquisto dei lavoratori italiani, con la contrattazione collettiva, per dare più soldi in busta paga; proseguire insomma con i mari in tempesta, come dicevamo, a tenere saldo il timone della nostra nave Italia verso il futuro e con coraggio. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.
Comunico che sono pervenute alla Presidenza e sono in distribuzione le proposte di risoluzione nn. 1, presentata dai senatori Calenda e Lombardo, 2, presentata dal senatore Patuanelli e da altri senatori, 3, presentata dal senatore De Cristofaro e da altri senatori, 4, presentata dal senatore Boccia e da altri senatori, 5, presentata dalla senatrice Paita e da altri senatori, 6, presentata dai senatori Malan, Romeo, Gasparri e Biancofiore.
BOCCIA (PD-IDP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOCCIA (PD-IDP). Signor Presidente, ho chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori prima dell'intervento del relatore e del Governo perché, come Gruppo Partito Democratico, ci auguriamo che il Presidente della Commissione bilancio, una volta per tutte, possa informare il Parlamento su quella che - dovesse passare quello che la maggioranza chiama Documento di finanza pubblica (DFP), ma che per la legge in vigore resta il DEF, il Documento di economia e finanza, in quanto non ci risulta che sia mai stata modificata la legge di contabilità - riteniamo una vera e propria ferita inferta alla dignità del Parlamento - lo dico al presidente Calandrini - quindi anche alla sua dignità e alla dignità della maggioranza.
Signora Presidente, come sa, perché ha partecipato a quasi tutte le Conferenze dei Capigruppo dell'ultimo anno, le opposizioni unite hanno più volte chiesto alla maggioranza di farsi carico di presentare una legge di modifica del nostro sistema contabile che un anno fa doveva semplicemente essere conseguente alla modifica del ciclo di bilancio, avvenuta attraverso un regolamento (lo ricordo a tutti noi e al presidente Calandrini). Non è possibile che una risoluzione votata a maggioranza nelle Commissioni bilancio superi la legge ordinaria tuttora vigente, lo dico ai rappresentanti del Governo: non è possibile, state compiendo un misfatto; state facendo approvare al Parlamento un Documento di finanza pubblica che non esiste nella nostra normativa contabile, semplicemente perché ve lo ha chiesto il Governo e avete obbedito, indipendentemente dal quadro contabile. Presidente Calandrini, lei si è impegnato più volte a fare quella modifica contabile e, se oggi ci dice che la faremo, ci sta dando la stessa risposta che ci dà da un anno a questa parte. È lei il nostro garante, come Presidente della Commissione bilancio, è lei che dovrebbe tutelare tutti noi.
Colleghe e colleghi, lo dico semplicemente perché nel provvedimento che stiamo approvando non c'è più il triennio: è da quarant'anni che la legge di contabilità pubblica prevede la programmazione triennale, dal Governo Craxi. Per la verità, sarebbero cinquanta, se andassimo alla legge n. 468 del 1978, ma restiamo al 1988. È da quarant'anni che abbiamo la programmazione triennale, presidente Malan, presidente Romeo e presidente Gasparri. Per la prima volta non avremo la programmazione triennale. All'improvviso il triennio, per loro, è 2025, 2026 e 2027. No, il triennio è 2026, 2027 e 2028. Noi obbediamo al Governo (anzi, noi no e ve lo ribadiamo oggi con il nostro fermo no, ma questo Parlamento è supino al Governo): avete deciso di obbedire al Ministero dell'economia e delle finanze; poco male, se il Ministro ci avesse messo la faccia e fosse qui oggi, ma non c'è. Unitariamente, con la firma di tutti i senatori e le senatrici dell'opposizione, signora Presidente, avevamo chiesto di calendarizzare almeno una mozione subito dopo questo scempio, ma purtroppo non è stata calendarizzata.
Dunque, non c'è programmazione triennale e non ci sono più i dati programmatici. Lo voglio dire agli altri Gruppi di opposizione: non sappiamo dove e come tagliano. Il collega Manca lo ha ricordato nel suo intervento: non sappiamo dove taglieranno. Soprattutto, le politiche invariate vengono stabilizzate; non si capisce quali siano le politiche invariate, ma vengono stabilizzate.
Questo è il quadro generale. Colleghi della maggioranza, avete deciso che il Parlamento non discute, non conosce e non decide, ma subisce?
Questo è il Parlamento che vi piace? Questo è il Parlamento del premierato che verrà? Beh, noi siamo contrari e ci batteremo fino all'ultimo giorno di questa legislatura per fermare tale deriva.
Signora Presidente, lo ribadiamo in quest'Aula: questo Documento di finanza pubblica è illegittimo. La maggioranza, se dovesse andare avanti, se ne assumerà completamente la responsabilità. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore.
CALANDRINI, relatore. Signor Presidente, certamente intendo replicare, perché è un momento importante e particolare. Come dicevo ieri, questo è il primo Documento di finanza pubblica, dopo l'uscita di scena del DEF, che discutiamo in modo anche serrato, con un confronto vero nelle Aule del Parlamento. E questo la dice lunga sul lavoro che si sta facendo non da oggi, ma da molto tempo, anche in un altro contesto, quello del gruppo di lavoro che abbiamo voluto fortemente, insieme a tutti i Gruppi parlamentari, dando dignità all'iniziativa parlamentare per quanto riguarda le modifiche di cui il senatore Boccia parlava prima del mio intervento. Poi entrerò nel tema del gruppo di lavoro e dirò alcune cose.
Ho ascoltato gli interventi in religioso silenzio, com'è giusto che sia, sia ieri pomeriggio sia questa mattina, e ho preso tutta una serie di appunti legati ai singoli interventi svolti dai colleghi parlamentari in quest'Aula. Voglio partire dagli aspetti più tecnici e poi entrerò nella fase più politica, se me lo consentiranno i senatori, replicando a tutta una serie non dico di inesattezze (perché forse è esagerato), ma di considerazioni fatte dai singoli colleghi.
Senatore Boccia, le attività che stiamo svolgendo in Parlamento in questi giorni - senatore Manca, lei lo sa bene quanto me - si stanno svolgendo in 27 Stati europei. Quello che stiamo facendo oggi in questo Parlamento lo si sta facendo in 27 Stati europei. Perché glielo dico? Perché l'articolo 7 della legge n. 196 del 2009 a cui lei fa riferimento (legge di contabilità e finanza pubblica) prevede che il Governo entro il 10 aprile di ogni anno presenti alle Camere il DEF, che è strutturato in tre sezioni: programma di stabilità e crescita, analisi e tendenze di finanza pubblica e programma nazionale di riforme. Questo è l'articolo 10.
Per quanto riguarda il contenuto della prima e della terza sezione (quindi non della seconda), gli articoli 9 e 10 della legge di contabilità rinviano a quanto stabilito dai regolamenti dell'Unione europea - senatore Boccia, ascolti - che devono ritenersi superati a seguito dell'approvazione della riforma della governance europea dello scorso anno. Piaccia o non piaccia è così, senatore Boccia.
In particolare il programma di stabilità, che è la prima sezione del DEF, era disciplinato dal Regolamento del Consiglio dell'Unione europea n. 1466 del 1997, che è stato abrogato dall'articolo 37 del Regolamento dell'Unione europea e del Consiglio n. 1263 del 2024 a cui facevo riferimento. Il programma nazionale delle riforme, che invece è la terza sezione del DEF, introdotto nel 2010 dal precedente Patto di stabilità, viene assorbito, nell'ambito della nuova disciplina del semestre europeo prevista dal Regolamento UE 2024/1263 a cui facevo riferimento prima, dalla relazione annuale sui progressi compiuti, che contiene, tra l'altro, una serie di informazioni riguardanti sia le riforme sia gli investimenti.
Ricordo, prima a me stesso e poi a voi, che i regolamenti dell'Unione europea, ai sensi del comma 2 dell'articolo 288 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), sono direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri e pertanto immediatamente applicabili nel nostro Stato membro. Dunque, secondo la giurisprudenza sia della Corte di giustizia dell'Unione europea, sia della Corte costituzionale, la normativa interna è inapplicabile ed incompatibile, pertanto va disapplicata. Ecco il motivo per cui stiamo approvando questo Documento di finanza pubblica. Dobbiamo anche sottolineare che la funzione programmatoria svolta in precedenza dal DEF è oggi sostanzialmente svolta, come sapete, dal Piano strutturale di bilancio, che ha una visione di lungo periodo, che va dai quattro ai cinque anni (nel nostro caso addirittura è di sette) e contiene gli impegni dello Stato membro in materia di bilancio, riforme e investimenti. Questo Piano strutturale di bilancio è disciplinato dalla nuova normativa europea recata dal citato Regolamento UE 2024/1263. Il Piano strutturale di bilancio dell'Italia, come sapete, è stato approvato il 9 ottobre 2024 con risoluzioni sia del Senato sia della Camera dei deputati.
Un altro elemento importante è che una volta definito questo piano pluriennale, quindi il Piano strutturale di bilancio, la nuova governance economica europea prevede una relazione annuale sui progressi compiuti da inviare ogni anno nella sessione primaverile; tale relazione è un documento retrospettivo e reca una rendicontazione che analizza per l'anno precedente il rispetto degli impegni assunti attraverso il Piano, anche includendo elementi di natura prospettica, così com'è stato fatto da parte del Governo e di questo Parlamento. Invece la programmazione relativa alla manovra di bilancio non si fa in questo momento (siamo ancora ad aprile), ma dopo l'estate, con il documento autunnale destinato a sostituire la famosa Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (NADEF), che evidentemente non ci sarà più.
Per quanto riguarda invece, senatore Boccia, il suo riferimento al gruppo di lavoro che stiamo portando avanti, mi sembra che ci sia una sintonia importante fra tutti i Gruppi parlamentari, che stanno lavorando alacremente per poter definire i due disegni di legge che modificano queste due norme regolamentari, e che il lavoro si stia facendo all'unanimità, condividendo ogni singolo passaggio. Penso quindi che si possa chiudere tranquillamente qui questa polemica legata alla legittimità o meno degli atti che sono stati presentati.
Tornando a noi, vorrei riprendere tutto quanto detto negli interventi svolti dai colleghi sia ieri nel pomeriggio sia questa mattina. Quasi tutti i colleghi dell'opposizione partono da un assunto, un incipit o una cornice chiara (poi ognuno si diletta a valutare i singoli aspetti, a seconda della propria sensibilità): fondamentalmente si dice che in Italia c'è un'economia stagnante, perché si parte dall'assunto - giusto e vero - che il PIL 2025 si riduce dall'1,2 allo 0,6 per cento. Questo è il dato da cui ognuno di voi parte, parlando di un sistema italiano che non funziona e di un'economia stagnante, che cresce lentamente, ma non si dice tutto ciò che avviene nel quadro di solidità strutturale di questo bilancio, in cui non accade ciò che è accaduto invece nei 10 anni precedenti, ai quali poi farò qualche riferimento, perché ricordiamo sempre, anche rispetto a tutto ciò che ha detto il senatore Manca sui diritti fondamentali della cittadinanza, che questo Governo è in carica da poco più di due anni e in questo nostro Paese la fragilità economica e finanziaria è stata una costante e una specificità, tant'è che siamo sempre stati il fanalino di coda dell'Unione europea. Questo ricordiamocelo sempre, perché è molto importante. Oggi quindi, piaccia o non piaccia, non è più così. Perfino la Francia ha una crescita più debole di quella italiana, che è già debole.
Quando faccio riferimento a un quadro di solidità strutturale, come quello cui ho appena accennato, mi riferisco in particolare a numeri e indicatori molto importanti, riprendendo quello che ha detto la senatrice Castellone ieri quando è intervenuta, la quale pure nel suo incipit ha detto che c'è poco da girare intorno a questo Documento di finanza pubblica, perché i numeri parlano e, secondo lei, quelli di questo Documento sono impietosi.
Senatrice Castellone, vorrei anch'io partire da quell'assunto cui faceva riferimento lei, che sono i numeri di questo Documento di finanza pubblica, numeri che nessuno può contestare. Faccio riferimento a tre indicatori molto importanti. Il primo è l'occupazione, che continua a salire e sta sfidando anche la riduzione del PIL in Italia, perché, a fronte di un PIL che si riduce, l'occupazione cresce, con un numero di persone impiegate che a febbraio di quest'anno ha toccato il suo massimo storico.
L'altro indicatore molto importante sono i saldi di finanza pubblica, che vanno meglio di quanto si prevedeva cinque mesi fa. I progressi che abbiamo compiuto nel 2024 sono superiori a quelli che si erano immaginati. Questo vale sia per i saldi, sia per il debito, sia per la variabile introdotta nella nuova governance europea, cioè la spesa netta, e non solo l'avanzo primario a cui faceva riferimento il senatore Manca. Questo anche se oggi torniamo in avanzo primario, dopo che per sei lunghi anni non accadeva più, anche perché la spesa netta è diminuita del 2,1 anziché dell'1,9 per cento.
L'andamento dello spread testimonia quello di cui sto parlando, cioè la solidità strutturale del nostro Paese. Lo spread italiano si sta comportando alla stregua di quello spagnolo e di quello francese. Poi tornerò su questo tema della stabilità politica e su quanto ci è costata, negli anni precedenti, la sua mancanza, per tornare ai Governi Letta, Gentiloni, Conte I, Conte II e Draghi. Poi vedremo quanto è costata la mancanza di stabilità. Diciamo quindi che non c'è un'anomalia italiana, di questo nostro Paese, com'è avvenuto nel passato.
Vogliamo parlare degli spazi aggiuntivi che si stanno creando sui saldi di finanza pubblica rispetto alla riduzione sostanziale dello spread? Lo dico al senatore Nicita, che ieri parlava dei costi importanti che genera l'incertezza che questo Governo ha messo in campo. Voglio ricordare al senatore Nicita quanti spazi aggiuntivi sta creando la riduzione sostanziale dello spread.
Questo non lo dice il senatore Calandrini, ma l'Ufficio parlamentare di bilancio. Nel biennio 2025-2026 avremo un risparmio di 11 miliardi rispetto a quanto previsto nel DEF 2024, che diventano 21 se consideriamo anche il 2027. Questo, come dicevo prima, lo dice l'Ufficio parlamentare di bilancio e ciò dimostra che, quando un Governo è serio, credibile e stabile, questi sono i risparmi cui si può fare riferimento. Sono risorse in più, che in questo caso possiamo destinare alla sanità, alla scuola e ancora ad un'eventuale riduzione delle aliquote Irpef. Questo sì che si può fare, grazie ai risparmi legati a quello che sta rappresentando questo Governo.
Ecco perché penso che sia giusto fare opposizione e che sia giusto e legittimo che ognuno dica ciò che pensa, ma questa opposizione va fatta al Governo e non al sistema Paese. Sapete perché dico questo? Perché non riconoscere a questo Governo di aver fatto una politica economica che la senatrice Damante definiva con ironia una politica economica attenta, prudente e - io aggiungerei - disciplinata significa che nessuno di voi si è reso conto - o fa finta di non rendersene conto - di quello che è accaduto e sta accadendo nel resto dell'Europa.
Vogliamo parlare della grande Francia, che non è riuscita ad approvare la legge di bilancio e del Parlamento francese, del Senato e dell'Assemblea nazionale che hanno dovuto autorizzare con una legge l'entrata in vigore dell'esercizio provvisorio? Vogliamo parlare del fatto che la Spagna, dopo due anni, non riesce ad approvare un bilancio dello Stato? Noi vediamo quello che accade in Italia, ma non guardiamo al di là del nostro naso, quello che accade al di fuori dei nostri confini nazionali.
Una politica economica attenta, prudente e disciplinata rappresenta per questo Paese un tema di grande credibilità e reputazione a livello internazionale e se questo non viene riconosciuto da parte delle opposizioni non fa male al Governo, ma nuoce al nostro Paese. Questo mettetevelo bene in testa, perché è un fatto importantissimo in tempi come quelli che stiamo vivendo oggi e in queste ore di totale incertezza rispetto al quadro geopolitico internazionale, legata in particolare a quello che potrebbe accadere in questi 90 giorni. Ricordiamoci quello che può accadere in questi 90 giorni in cui c'è la sospensione dei dazi. Avere una finanza pubblica stabile e un Governo che non rincorre nessuno si rivela un grande investimento e un grande successo per il nostro Paese: questo dovremmo riconoscerlo tutti insieme, ognuno con una propria visione, all'interno di questo Parlamento.
Se qualcuno dovesse avere ancora dei dubbi rispetto a quello che stiamo dicendo su questo tema, in relazione al Documento in esame, dovrebbe andare a vedere il giudizio dei mercati, che ci dicono che la credibilità di questo Governo oggi è molto alta. Su questo vorrei fare un'ulteriore riflessione, dicendo anche che la stabilità di questo Governo ci ha portato un grandissimo vantaggio. Prima facevo riferimento ai Governi che ci hanno preceduto: i Governi Renzi, Letta, Gentiloni (2013-2018) e tra il 2018-2022 i Governi Conte I, Conte II, e Draghi. Sapete cosa dicono alcuni studi, tra l'altro di fondazioni molto importanti che operano da molti anni in Italia e hanno fatto valutazioni empiriche? Durante i Governi che si sono succeduti in quei 10 anni, per quella mancanza di stabilità, sono state bruciate risorse pubbliche importanti e leggi di bilancio, una dopo l'altra. Oggi invece, grazie a questo Governo, che è il quinto più longevo della storia repubblicana italiana, viene dimostrato, attraverso le agenzie pubbliche e non attraverso il confronto politico, quello che stiamo risparmiando di interessi sul debito pubblico. Questo è quello che dovremmo sentir dire in quest'Aula per dare credibilità al Paese, affinché tutti insieme possiamo superare questa fase, che è una delle più critiche della storia repubblicana. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, al quale chiedo di indicare quale proposta di risoluzione intende accettare a nome del Governo.
ALBANO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signora Presidente, accetto la proposta di risoluzione n. 6, presentata dalla maggioranza.
Onorevoli senatori, mi sembra importante oggi procedere a una replica rispetto al Documento di finanza pubblica che è sottoposto al suo primo esame da parte delle Camere. Sappiamo che è stato presentato il 10 aprile e che dev'essere depositato entro il 30 aprile presso le autorità europee. È un Documento che ha uno scopo ben preciso: nella prima delle due sezioni si riportano le informazioni richieste dalla Commissione per la verifica degli impegni che sono stati presi nel Piano strutturale di bilancio di medio termine; nella seconda sezione si forniscono le informazioni sugli andamenti tendenziali a legislazione vigente, espressi sia in termini di cassa, sia in termini di competenza. La sezione riporta anche un'indicazione delle risorse necessarie a finanziare le politiche in essere che il Governo intende confermare nella prossima legge di bilancio. Vediamo qui confermati e identificati il perimetro e l'entità delle risorse che non vengono considerate nei tendenziali.
Desidero sottolineare che la trasmissione al Parlamento è stata tempestiva e ha consentito di valutare la situazione economica e finanziaria, con tutto il tempo necessario per rispettare la scadenza e affrontare un dibattito.
La questione che mi preme sottolineare, in risposta anche alla denuncia di presunta illegittimità del Documento, è che, in attesa della riforma della legge di contabilità nazionale, il Documento di finanza pubblica è assolutamente coerente con il quadro derivante dall'entrata in vigore dei nuovi regolamenti europei in materia di Patto di stabilità (il braccio preventivo e il braccio consuntivo), che sono produttivi di effetti diretti nell'ordinamento nazionale e hanno di fatto reso inapplicabili alcune specifiche disposizioni della legge n. 196 del 2009.
Allo stesso tempo, questo Documento è particolarmente ricco, più ricco di quanto previsto dai suddetti regolamenti, nel pieno rispetto, come dicevo prima, delle prerogative parlamentari e della disciplina nazionale, coerente con il quadro euro unitario.
È vero, com'è stato sottolineato, che il PIL reale nel nostro Paese è cresciuto dello 0,6, quota leggermente inferiore all'1 per cento, ma dobbiamo evidenziare alcune questioni che sono state in parte evidenziate anche in quest'Aula. Da un lato, gli investimenti in macchinari, attrezzature e soprattutto mezzi di trasporto hanno subito gli effetti di una politica monetaria ancora restrittiva, che è cambiata con gradualità solo a metà anno. Dall'altro, l'espansione degli investimenti in costruzione (particolarmente la componente non residenziale del Piano nazionale di ripresa e resilienza) ha guadagnato più slancio e il rallentamento del comparto abitativo è stato fisiologico, ma non ha mostrato la caduta che era stata paventata.
Ancora, il saldo della bilancia commerciale è migliorato, raggiungendo quasi 55 miliardi di euro (sono 21 miliardi in più rispetto al 2023). L'avanzo commerciale ha raggiunto il massimo storico di 104,3 miliardi di euro. Come sappiamo, i consumi privati hanno fornito un sostegno alla crescita. I redditi delle famiglie sono aumentati in termini reali dell'1,3 per cento e questo è dovuto all'evoluzione positiva del mercato del lavoro, che è stata sottolineata. L'aumento del tasso di occupazione a fine anno ha raggiunto un nuovo picco.
Il contesto globale è incerto e l'incertezza ha suggerito una cautela. Pertanto, la previsione di crescita del PIL è stata rivista allo 0,6 per cento, ma i consumi delle famiglie, favoriti dal buon andamento del mercato del lavoro e dal recupero del potere d'acquisto, che c'è stato, crescerebbero d'ora in poi di un tasso leggermente superiore a quello del PIL.
I dati consuntivi per il 2024 hanno mostrato un deficit al 3,4 per cento del PIL, segnando un miglioramento più marcato rispetto a quello stimato. Il risultato più favorevole rispetto alle stime è ascrivibile a una dinamica delle entrate più positiva rispetto alle attese, per gli introiti dal comparto finanziario e per l'ampliamento della base imponibile conseguente al positivo andamento delle retribuzioni e del mercato del lavoro. Le entrate hanno dunque mostrato un andamento molto favorevole anche in termini di cassa ed esercitato un contributo particolarmente positivo sul fabbisogno.
L'aggiornamento delle previsioni di finanza pubblica confermano il profilo del deficit previsto dal Piano. In particolare, il deficit del 2025 è ancora previsto al 3,3 per cento del PIL, ma le previsioni, rispetto al rapporto tra debito e PIL, indicano un livello leggermente più favorevole rispetto a quello indicato dal Piano. In particolare, le previsioni indicano un lieve aumento del rapporto tra debito e PIL nel 2026, ma a partire dal 2027 si attende una ripresa del percorso discendente, favorito dal ridimensionamento delle compensazioni legate alla fruizione dei crediti d'imposta. Anche in questo caso sono confermate le tendenze previste nel Piano.
Nell'anno in corso la spesa netta è prevista crescere in linea con il tasso raccomandato dal Consiglio europeo, intorno all'1,3 per cento.
Il Documento illustra le azioni intraprese in un'ottica prospettica diversa da quella che ho sentito illustrare in quest'Aula poc'anzi. Vediamo quali sono le riforme e gli investimenti avviati.
Va evidenziato che il Governo ha agito in ambito fiscale attraverso il riordino del sistema delle detrazioni fiscali (che è stato già posto in essere) e la riduzione strutturale del cuneo fiscale.
Per l'ambiente imprenditoriale il documento evidenzia diversi interventi già attuati: l'approvazione della legge annuale sulla concorrenza, la legge di riordino del sistema di incentivi alle imprese, il disegno sulle piccole e medie imprese.
Quanto alla pubblica amministrazione, sono state avviate le iniziative previste nell'ambito del PNRR per il miglioramento delle procedure di reclutamento, la semplificazione, l'accesso ai servizi pubblici e la valorizzazione del capitale umano della pubblica amministrazione.
Con riferimento ai servizi per la prima infanzia, le azioni sono finalizzate a incrementare l'offerta dei centri per la prima infanzia rispetto a quanto già previsto dal PNRR. Va sottolineato l'ulteriore rafforzamento delle misure per la natalità e le famiglie con il bonus nuove nascite, l'aumento dell'assegno unico universale e l'esonero contributivo per le lavoratrici madri, ora reso strutturale.
Inoltre, da una disamina del Documento emergono i progressi realizzati nella programmazione e gestione della spesa pubblica con riferimento alla razionalizzazione delle imprese con partecipazioni pubbliche e una maggiore efficienza e responsabilizzazione nella gestione delle risorse pubbliche.
Infine, ci sono i progressi compiuti anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza per il potenziamento infrastrutturale. Il documento evidenzia anche gli investimenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale diretti a migliorare l'assistenza specialistica e ridurre le liste d'attesa, aumentando anche le risorse per il finanziamento dello stesso.
Dal documento emergono molteplici profili riferiti al notevole miglioramento della finanza pubblica nel 2024 e anche in chiave prospettica, che evidenziano come la nostra nazione abbia assunto una condotta improntata al pieno rispetto degli impegni assunti con il Piano strutturale di bilancio di medio termine. Come si sono accorti tutti, è una condotta particolarmente apprezzata dalle istituzioni europee e dai mercati finanziari, attraverso una riduzione del premio di rischio dei titoli del debito pubblico italiano. Anche le principali agenzie di rating se ne sono accorte nel corso dell'ultimo anno e hanno preso atto del cambiamento strutturale della finanza pubblica, rivedendo in senso migliorativo le loro valutazioni. (Applausi).
PRESIDENTE. La Presidenza prende atto dell'accettazione da parte del Governo della proposta di risoluzione n. 6, a firma dei senatori Malan, Romeo, Gasparri e Biancofiore.
Decorre pertanto da questo momento il termine di trenta minuti per la presentazione di eventuali emendamenti ad essa riferiti.
Passiamo quindi alla votazione.
CALENDA (Misto-Az-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALENDA (Misto-Az-RE). Signora Presidente, vorrei iniziare il mio intervento dicendo che questo Documento, ovviamente, è totalmente insussistente, cioè non è attuale, prevede una crescita inutile, ma l'intervento del Governo è stato talmente straziante (ma proprio straziante) che lo considero - per usare un'espressione che ha usato la senatrice Mennuni, signora Presidente - self explaining, perché ci piace molto usare l'inglese.
È del tutto evidente che questo documento non esiste, però desidero riconoscere alcune cose, come le abbiamo riconosciute. Ho sentito dire prima che non si riconoscono: io riconosco una disciplina sull'austerità straordinaria e voglio riconoscerla al Governo, al Ministro e alla maggioranza, però ci dovete spiegare perché per 10 dieci anni ci avete detto che avreste sovvertito l'Unione europea e tutte le istituzioni internazionali e che dell'austerità non ve ne importava niente, altrimenti questo diventa un dibattito da bar. La verità la conoscete voi come la conosciamo noi: il problema oggi non è riconoscervi il fatto che voi avete tenuto i conti in ordine, perché lo avete fatto, e non è neanche quello di riconoscervi che avete tolto misure che noi (e non solo noi) consideriamo disastrose, come il superbonus. Il punto è che in questo documento non c'è un'idea di Paese, proprio neanche una, neanche sbagliata. Questo è il problema.
Vorrei peraltro capire cosa c'entrano le radici romane e greche con il Documento di finanza pubblica e non riesco neanche a capire bene cosa c'entri Bergoglio, ma ormai c'entra dappertutto, va bene così. Vorrei capire una cosa, però: nonostante abbiamo il Presidente del Consiglio migliore non dell'Italia, ma dell'universo e del multiverso, capace di risolvere qualunque situazione con decisionismo, cosa volete fare per il fatto che stiamo andando in recessione? Una roba di destra, di sinistra, di estrema destra, ma una cosa. Per esempio, vi riconosco il superbonus, il 3 per cento, quello che volete; posso chiedervi se c'è uno di voi capace di dire che al Ministero delle imprese e del made in Italy c'è un signore che ha fatto un provvedimento che non è disastroso, ma apocalittico, perché tiene bloccati 6,3 miliardi senza che nessuno li usi? C'è una persona capace di dire questo? Qualcuno mi può spiegare un intervento sull'energia in cui per le imprese non avete fatto nulla, mentre oggi siete pronti a rinnovare le concessioni idroelettriche, che hanno un payback (sempre per usare l'inglese), cioè guadagnano 20 euro a megawattora e vendono a 150 euro per megawattora? Qual è il criterio, visto che ci avete fatto due orecchie così con le rendite finanziarie e con i poteri forti? Come succede? Sarà forse perché danno un sacco di soldi alle Regioni del Nord?
In questo Parlamento si può allora discutere invece delle procedure, il terzo anno di previsioni? Quale terzo anno? Noi siamo già in recessione, lo sapete perfettamente, basta che parliate con gli imprenditori che pure siedono nelle vostre fila. Possiamo discutere di cosa fare? Possiamo pensare, per esempio, che ci sarà bisogno di un sistema di garanzie sulla catena di fornitura dell'automotive, altrimenti perdiamo 40.000 posti di lavoro, se va bene? Possiamo ragionare sul fatto che le previsioni sulla cassa integrazione sono totalmente irrealistiche? Possiamo di nuovo fare un provvedimento che, per esempio, canalizzi il prezzo, come fa la Francia (è terrificante, perché la Francia ci fa sempre orrore), per cui se si rinnovano le concessioni idroelettriche, si porta quel 20 per cento fuori borsa e lo si dà alle imprese a un prezzo calmierato, per cui coloro che producono l'idroelettrico guadagnano solo il 100 per cento? Si può fare? È comunista? È fascista? Non lo capisco, altrimenti in queste Aule facciamo dibattiti totalmente astratti su cose su cui invece ci vorrebbe un confronto.
Alla Presidente del Consiglio, a cui abbiamo riconosciuto persino l'incontro con Trump, che secondo noi poteva andare molto peggio, abbiamo detto che vogliamo aprire un tavolo di emergenza nazionale, in cui si parli di quattro questioni serie. Non c'è stata risposta, perché voi siete molto più bravi, siete molto più bravi di tutti e non potete dire per un secondo di sederci per cercare di risolvere questo problema insieme.
Questo è il problema, non ce n'è un altro; non c'è il fatto di non riconoscere quello che è stato fatto di buono, perché non appartiene almeno a questa cultura. Davvero pensate che il problema sia la globalizzazione? Guardate che il mondo sta andando in recessione perché Trump mette i dazi: vi è chiaro questo principio? Pensate davvero che i dazi per un Paese esportatore siano un fatto salvifico o positivo? C'è qualcosa che ritenete possa aiutare le imprese italiane? Se non è così, cosa volete fare? Cosa succede? In che modo cercherete di cambiare questo fatto? Io penso che tutto questo dovrebbe essere oggetto di dibattito, ma non si può. Perché? Perché lì dentro ci sono le vostre contraddizioni. C'è il fatto di dover dire, per esempio, che oggi abbiamo bisogno di più trade e dunque si deve fare l'accordo con il Mercosur e con l'India. C'è il fatto di dover dire che abbiamo bisogno di più Europa, ma poi al senatore Claudio Borghi prende un infarto. Lo sapete voi, perché ogni giorno dite che ci vogliono più risorse. C'è un momento in cui la drammaticità della situazione, che è già drammatica perché siamo già in recessione, imporrebbe un minimo di serietà. Poi un giorno parliamo delle radici cristiane e romane, in un'altra sede, non quando parliamo del bilancio. (Applausi).
PATTON (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PATTON (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signor Presidente, Governo, colleghe e colleghi, il Documento di finanza pubblica 2025 si colloca in un contesto economico che definire incerto è un eufemismo. I dazi trumpiani rischiano di terremotare l'economia mondiale, riscrivendo alleanze, mercati e relazioni commerciali. In questo quadro, la scelta del Governo di mantenere un'impostazione improntata alla prudenza è giusta e comprensibile. Il percorso di rientro del deficit, con l'indebitamento netto che dovrebbe scendere sotto il 3 per cento nel 2026, e la riduzione graduale del rapporto debito-PIL confermano un orientamento alla stabilità dei conti. Anche la spesa netta che si mantiene entro i limiti richiesti dall'Unione europea è un segnale di disciplina. Su questi aspetti va dato atto al Governo di aver rispettato gli equilibri di finanza pubblica.
Tuttavia questo non basta, perché un Documento che parla di finanza pubblica, per essere davvero utile, deve anche indicare una direzione di marcia, e questa direzione oggi non c'è: il Governo ha scelto di non presentare un quadro programmatico; in sostanza, ci consegna una fotografia dell'esistente, ma non ci dice quali scelte intende compiere per rafforzare la crescita, la produttività e l'occupazione.
Nel corso delle audizioni, l'Ufficio parlamentare di bilancio ha sollevato una questione importante: le stime di crescita del Governo sono ottimistiche; il PIL previsto allo 0,6 per cento per il 2025 non trova riscontro nelle previsioni indipendenti, da ultimo quella del Fondo monetario internazionale, che si fermano più spesso allo 0,4-0,5 per cento. Questo differenziale non è banale, perché incide sulla valutazione della sostenibilità del percorso di bilancio. Se la crescita reale sarà più debole, serviranno necessariamente misure correttive. Proprio sulla crescita, il DFP mostra ancora una volta un grave limite di visione strategica. La dinamica della produzione industriale si è rivelata debole e frammentata: l'Istat evidenzia una contrazione dello 0,9 per cento a febbraio, dopo un momentaneo rimbalzo. Anche la fiducia delle famiglie è in discesa e i consumi rallentano.
Di fronte a questa fragilità ci chiediamo: dove sono le scelte coraggiose per evitare che il Paese scivoli nella stagnazione? Il Documento si limita a ribadire gli impegni del PNRR, ma non propone una strategia aggiuntiva. Serve molto di più: una politica industriale ambiziosa, un piano per la competitività, investimenti decisi su innovazione, green economy, digitalizzazione e filiere strategiche.
Il ceto medio, che dovrebbe essere il motore della ripresa, è del tutto assente da questo documento: nessuna misura per restituire potere d'acquisto, alleggerire il peso fiscale sul lavoro o sostenere i consumi interni. E ancora, troppa burocrazia e poca semplificazione: solo 14 righe dedicate al tema di un Paese bloccato da regole e procedure. È un errore strategico.
In conclusione, Presidente, questo documento tiene in ordine i conti, ma non costruisce un futuro. Non basta la prudenza, se manca la visione. Il rischio è quello di un'Italia inchiodata, un Paese fermo, senza slancio e senza innovazione, capace di fare amministrazione, ma non di fare politica, e questo mentre il mondo si trasforma: la rivoluzione dell'intelligenza artificiale, la ridefinizione delle relazioni commerciali globali e l'accelerazione tecnologica stanno già cambiando le regole del gioco. Anzi, le regole del gioco sono già cambiate e le decidono altrove. Le posizioni acquisite non esistono più. Servono capacità e coraggio per navigare in mare aperto, tutte qualità di cui purtroppo in questo Documento di finanza pubblica non vi è traccia. (Applausi).
RENZI (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZI (IV-C-RE). Signora Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, è capitato a tutti, credo, di fare un'esperienza di acquisto online. Capita, quando si fa l'acquisto online, di vedere un oggetto ed effettuare l'acquisto, che poi quando arriva a casa è tutta un'altra cosa. Sui social fioriscono i meme su cosa si ordina su Internet e cosa invece arriva a casa. Il DEF o DFP (chiamatelo come volete, per me va bene anche "Genoveffo") è un documento che dimostra che l'Italia agli occhi del Governo e della maggioranza è una cosa totalmente diversa dalla realtà. Una cosa è come la vedi su Internet, nei documenti che vengono oggi sbandierati dal Sottosegretario e dal resto del Governo, una cosa è com'è nella realtà dei fatti.
Guardate i numeri: state dicendo che c'è una crescita straordinaria. Meloni, nel gennaio 2024, dice che saremo il primo Paese per crescita in Europa. La Spagna cresce quattro volte più di noi, calcisticamente finisce quattro a uno per loro. E la definiamo una vittoria? Abbiamo finalmente una grande crescita: nel 2024 è pari all'1,2, a ottobre all'1, oggi viene dimezzata dall'1,2 allo 0,6 (secondo il Fondo monetario internazionale è allo 0,4). Non riusciamo ad aumentare gli stipendi, non aumentiamo le pensioni, però nel frattempo dimezziamo (lascia o dimezza) le previsioni della crescita.
Comunque lo vogliate definire, questo documento contiene elementi che dovrebbero farvi riflettere: il debito pubblico, tra il 2024 e il 2023, cresce rispetto al PIL. Questa è una cosa enorme: siamo passati dal 134 al 135 per cento di debito pubblico sul PIL. Cresce la pressione fiscale: quando ero Presidente del Consiglio, ricordo che sotto Palazzo Chigi c'era la Meloni che urlava (perché già allora, pur essendo più giovane, aveva una voce soave e suadente come quella che ha oggi) di voler mettere un tetto in Costituzione alla crescita della pressione fiscale. Diceva che in Costituzione dobbiamo indicare una cifra: il 40 per cento. Allora eravamo al 41, oggi siamo al 43 (eravamo al 42 lo scorso anno); eppure, la nostra Presidente del Consiglio rilascia interviste surreali in cui spiega che la crescita della pressione fiscale è un fatto positivo, perché sta aumentando il lavoro. (Applausi).
Come lo ordini su Internet, come ti arriva a casa, in una cornice nella quale nessuno evidenzia il fatto che la vostra crescita allo 0,6 per cento (che il Fondo monetario internazionale stima allo 0,4) è comunque aiutata dal PNRR. Se non ci fosse nemmeno il PNRR, saremmo in territorio negativo da quel dì. Le decine di miliardi di euro investiti nel PNRR fanno PIL. Qual è allora il dramma?
Il dramma è che da 25 mesi la produzione industriale di questo Paese è in terreno negativo. (Applausi). Sono 25 mesi che c'è il segno meno davanti, lo capiamo che questo è un disastro per la nostra economia? Perché nessuno ne parla? Si dice che la colpa è del quadro geopolitico, ma forse la colpa è del fatto che non riusciamo a sbloccare Transizione 5.0 con qualche miliardo bloccato, o forse del fatto che Confindustria - non la CGIL, non la CISL, non la UIL, non la sinistra, non il partito marxista-leninista, ma la Confindustria, con il presidente Orsini, che tutto si può dire tranne che sia un avversario di questo Governo - vi ha presentato un documento in cui ha elencato 80 misure di snellimento burocratico e voi riuscite a complicare, con il ministro Urso, anche misure come Industria 4.0, che funzionavano. (Applausi).
Questa è la realtà dei fatti. Il ministro Giorgetti e la Presidente del Consiglio non sono in Aula perché questo non è un documento importante, del resto stiamo solo parlando della situazione economica delle famiglie del ceto medio, che volete che sia? Il ministro Giorgetti ha fatto una prestazione, dal punto di vista di macroeconomia, peggiore di quella del suo Southampton, che quest'anno partiva per andare in Europa League ed è retrocesso nella serie B inglese. È la stessa identica cosa che sta accadendo al nostro Governo. Mi si dirà: ma tu non sei onesto intellettualmente, se non parti dal presupposto che ci sono i dazi e cambia il clima. È vero, le grandi banche d'affari internazionali come JP Morgan o Goldman Sachs definivano - o, meglio, ipotizzavano - una possibile recessione in America nel novembre 2024 con una probabilità del 3 per cento. Dicevano cioè che al 97 per cento non ci sarebbe stata recessione, ma c'era una possibilità del 3 per cento che ci sarebbe stata. Ebbene, sono bastati sei mesi del sovranista alla Casa bianca e le possibilità di arrivare alla recessione secondo gli americani, in America, sono cresciute dal 3 al 62 per cento, cioè loro danno per scontato - ormai già la immaginano - che arriverà una recessione negli Stati Uniti, legata innanzitutto al real estate, a picchiare duro sulle famiglie. Perché questo? Ne vogliamo parlare o facciamo finta di niente? È il caso? È la sfortuna?
Onorevoli colleghi, la recessione è figlia delle scelte sovraniste e populiste del Presidente degli Stati Uniti che ci avete elogiato nei due mesi appena trascorsi come fosse il premio Nobel dell'economia, il salvatore del mondo. (Applausi). È quello che sta portando l'America alla recessione e sta attaccando il made in Italy. Avete creato il liceo del made in Italy - per me, il liceo del made in Italy è il liceo classico, ma questa è una mia valutazione personale (Applausi) - e poi, quando arriva la prima vera, grande aggressione al made in Italy la fanno i vostri, perché siete stati voi a dire che Trump avrebbe cambiato il mondo. (Applausi). Avete un Vice Presidente del Consiglio dei ministri che si è vestito per una settimana con la stessa cravatta e con la stessa camicia che aveva Trump per dire quanto ne fosse innamorato. Sono i vostri che hanno detto che Trump avrebbe salvato il mondo e poi siete anche voi, perché diciamolo nel corso del dibattito in Senato, diamo valore al Senato: la presidente Meloni, quando era leader dell'opposizione, ha detto che avrebbe nazionalizzato le infrastrutture. Onorevoli colleghi della maggioranza, non solo non avete nazionalizzato, ma avete dato a un importante fondo americano la rete Telecom. Avete dato…(Commenti). No, no, la rete no, Borghi, al di là della tua maleducazione, che non era in discussione, noi qui dentro eravamo convinti che tu fossi competente. Non è la rete che era dei francesi, era la Telecom che era dei francesi e l'ha presa Poste. (Applausi). Ti faccio lo spiegone: la rete è andata a KKR con un decreto emanato dal Ministero dell'economia e il KKR è un fondo americano, che non hai ancora imparato a conoscere. (Applausi). Finalmente, qualcuno che dica in quest'Aula: Borghi, studia un pochino e impara le cose prima di aprire bocca e darle fiato. (Commenti).
Secondo punto: avevate detto che eravate contro le privatizzazioni. Avete venduto anche Telecom Sparkle, che è il canale di sicurezza legato da sempre all'interesse nazionale: pure Telecom Sparkle vi siete venduti! (Applausi).
Come se non bastasse, voi, che parlavate contro l'utilizzo pubblico del potere nella gestione del credito, avete fatto uno scandalo che si chiama golden power su Unicredit e nessuno ha il coraggio di dirlo. Il golden power su una banca italiana è uno scandalo senza precedenti! A me non interessa capire chi prenderà il controllo di Generali, di BPM, di Monte dei Paschi o di Unicredit: non mi interessa, lascio spazio al mercato; che però il Governo della Repubblica utilizzi di venerdì santo il golden power su Unicredit e in questo Paese nessuno dica niente è uno scandalo assoluto! (Applausi).
Molte altre sarebbero le considerazioni da fare su questo DFP: continuate a buttare i soldi in Albania per riportare un venditore di rose a casa in Bangladesh, spendendo decine di migliaia di euro e non c'è una lira (un euro, un centesimo o un dollaro) sul recupero o sull'attrazione dei talenti, dato che i nostri cervelli che se ne sono andati vi hanno visto cambiare la legge per non riportarli a casa. (Applausi).
È inutile che parliamo di intelligenza artificiale quando questo documento è un tributo alla stupidità naturale. È inutile parlare di quantum computing quando non siete stati in condizione di avere una strategia sull'innovazione. E lasciatevi dire che è inutile parlare di spese sulla difesa quando vi impegnate con gli americani a dare i soldi della difesa oltreoceano e non investite sulle collaborazioni e sulle sinergie con l'Europa.
La vera sfida, infatti, è che dopo Trump persino i sovranisti devono capire che la globalizzazione è ciò che serve a un Paese che fa export. Persino voi dovreste capire che è il momento di mettersi alla guida per cambiare l'Europa e renderla credibile. Non è il momento di continuare a fare i populisti e scoprire che, alla fine, i dazi ammazzano il made in Italy e le nostre famiglie del ceto medio. (Applausi).
SALVITTI (Cd'I-UDC-NM (NcI, CI, IaC)-MAIE-CP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SALVITTI (Cd'I-UDC-NM (NcI, CI, IaC)-MAIE-CP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Documento di finanza pubblica rappresenta un passaggio fondamentale di rendicontazione e verifica degli impegni assunti con il piano industriale di bilancio.
Il Governo Meloni ha impostato il nuovo DFP con responsabilità, tenendo ben presente la nuova cornice europea di programmazione pluriennale. Il DFP relativo al 2025, il primo dopo la riforma del Patto di stabilità e crescita, indica la traiettoria della spesa, quella della crescita e quella del rientro nel debito.
Le misure indicate dall'Esecutivo puntano a rafforzare ancora il contrasto all'evasione fiscale, nell'ottica di un rapporto costruttivo tra Stato e contribuente, per sostenere la politica industriale, incentivando l'occupazione femminile e rendendo strutturale il taglio del cuneo fiscale. Le analisi sulla tendenza della finanza pubblica dimostrano che il debito ed il rapporto deficit-PIL continueranno a scendere, pure in una situazione internazionale assolutamente incerta e complessa. Sarebbe sciocco e irresponsabile non tenerne conto, senza valutare che l'andamento del Prodotto interno lordo potrebbe risentirne.
In un momento storico come questo, di grande incertezza dal punto di vista internazionale, il fatto che l'oro abbia oltrepassato per la prima volta nella storia la soglia di 3.500 dollari l'oncia è l'esempio più lampante dell'incertezza che domina i mercati globali, alimentata da fattori geopolitici e da un'escalation protezionistica che rischia di frenare l'economia. (Commenti del senatore Claudio Borghi).
PRESIDENTE. Senatore Claudio Borghi, tra poco avrà uno spazio tutto suo, quindi lasci intervenire il senatore Salvitti.
SALVITTI (Cd'I-UDC-NM (NcI, CI, IaC)-MAIE-CP). Grazie, signor Presidente. Il Fondo monetario internazionale non è l'unico a dire che il PIL globale rallenterà.
È quindi un fenomeno che non riguarda solo l'Italia, come qualche autorevole esponente dell'opposizione si affanna a voler far credere. Lo stesso varrà nell'Eurozona, eppure noto con incredulità che nessuno dei colleghi ha sottolineato che in questa classifica il fanalino di coda è la Germania.
Mentre il debito pubblico globale salirà, quello dell'Italia continuerà la sua decrescita. Eppure in questo caos, di cui certamente tutti noi avremmo fatto volentieri a meno, c'è una notizia: mentre da un lato emerge una generale crisi di fiducia, dall'altro i mercati e le agenzie di rating premiano l'Italia. Oltre agli spread ai minimi da tempo, oltre alle aste dei BTP che registrano sistematicamente una richiesta superiore all'offerta, i mercati apprezzano gli sforzi di consolidamento.
L'Italia, pur pagando il costo del superbonus - lo dico senza alcuna polemica - cioè quasi 40 miliardi l'anno e con un effetto moltiplicatore praticamente pari a zero, ha ridotto il deficit di circa 80 miliardi, dimezzando il rapporto con il PIL: questa è la più grande manovra di redistribuzione mai fatta nel dopoguerra in Italia. (Applausi).
In un momento storico nel quale il mondo - non il mare - è in burrasca, perché si stanno ridefinendo gli equilibri a livello internazionale da un punto di vista economico-finanziario, noi non possiamo che stare in coperta e rinunciare a uscire fuori sul ponte, affacciarci e dire che con un decreto aboliamo la povertà, come avveniva qualche tempo fa. Dobbiamo solidificare le fondamenta del nostro Stato e tutto quello che ci viene riconosciuto a livello internazionale in questo momento è solo ed esclusivamente ricchezza che possiamo portare nel nostro Paese. Immaginate veramente che i grandi investitori internazionali decidano di investire migliaia di miliardi sull'Italia, sui BTP italiani, senza avere un un'effettiva certezza di ritorno da un punto di vista economico rispetto a quello che vanno ad investire? Loro pensano solo ed esclusivamente a quello, non a cosa faranno con i loro soldi, perché faranno nuovi investimenti. Non hanno una visione del sociale o di quello che deve fare uno Stato, ma pensano esclusivamente al guadagno e se dicono che vogliono venire a investire in Italia è perché riconoscono una certa solidità da questo punto di vista.
In un momento come questo bisogna essere solidi e riconoscibili a livello internazionale, perché anche le grandi potenze in un momento di ridefinizione si appoggiano ad una boa, ad un'ancora, e l'Italia in questo momento, grazie al lavoro straordinario che la nostra Presidente del Consiglio sta facendo dal punto di vista diplomatico, è diventata un punto di riferimento a livello internazionale (Applausi), pur rappresentando lo 0,5 per cento delle terre emerse del mondo e avendo una riconoscibilità a livello internazionale del suo brand grazie al fatto di avere l'enorme, straordinaria ricchezza del made in Italy.
Pensate che andare ad investire - sì, è vero - con il piano Mattei (sembra che tutti ci prendano in giro, perché lo citiamo ogni volta) effettivamente non sia una ricchezza che riportiamo nel nostro territorio, in Italia? Pensate veramente che non potremmo in futuro diventare un hub energetico dell'Europa, proprio in virtù del rapporto che potremmo avere con l'Africa? Oggi, non qualche tempo fa, Bankitalia dice questo: Il piano Mattei dell'Italia per l'Africa mira a promuovere lo sviluppo e a ridurre la povertà attraverso progetti di investimento concreti, insieme a un rinnovato rapporto con i Paesi africani, basato sulla cooperazione, interessi condivisi e vantaggi reciproci. (Applausi).
Questo piano genera quindi ricchezza anche per il nostro Paese, al di là della visione globalizzante relativa a dove si sta indirizzando il mondo adesso. Voi veramente pensate che tutto l'impegno che viene messo a livello internazionale non porti risultati positivi per l'economia nazionale?
Questo è il grande risultato dell'incontro che ha avuto il presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il Presidente degli Stati Uniti. Spersonalizziamo: Trump è il Presidente degli Stati Uniti. Il fatto stesso che il nostro Presidente del Consiglio riesca ad avere un riconoscimento così alto all'interno della Casa Bianca, come forse nessun altro politico straniero ha avuto, significa un'enorme ricchezza per il nostro Paese, al di là di quello che si possa pensare di Trump. Non ho la competenza, la capacità e nemmeno la voglia di giudicare il lavoro di Trump, che fa il suo lavoro e lo fa per gli Stati Uniti, e non a caso - è un dato ufficiale di ieri - gli investimenti negli Stati Uniti sono cresciuti di 1.300 miliardi in due mesi. Dico solamente questo sulle politiche attuate da colui che molti reputano un folle.
Per continuare con il nostro discorso, tutti questi investimenti hanno un senso, perché portano ricchezza al nostro territorio, ma noi, in un momento di burrasca come questo, dobbiamo avere la capacità di solidificare i nostri conti. Abbiamo avuto la capacità di farlo in questi due anni e continueremo su questa linea.
Ieri ho apprezzato alcuni degli interventi che sono stati fatti, in particolar modo quello del senatore Lombardo, che ha una visione: creare un mix energetico tale da rendere l'Italia indipendente sotto questo profilo; quello è un tassello fondamentale per la crescita del nostro Paese e lo si deve fare attraverso una politica industriale forte, che possa generare una crescita dell'industria nel nostro Paese.
Voglio solo mettere in evidenza un dato, perché tutto, al di là delle emozioni che si creano attraverso gli interventi, si interpreta attraverso i numeri. Sapete di quanto è cresciuta la politica industriale in Italia dal 1992 ad oggi? Dello 0,01. Adesso siamo in un periodo che viene definito di stagnazione, quando effettivamente il 2020 ha registrato un calo del 43 per cento della politica industriale nel nostro territorio. E adesso, di punto in bianco, vi rendete conto che ci sono delle cose che non vanno? È vero, c'è stato un rimbalzo dell'80 per cento l'anno successivo, ma venivamo dal Covid, da una depressione industriale generata da una pandemia a livello internazionale e mondiale.
Noi siamo disponibili, con autorevolezza, a parlare e confrontarci con tutti per sviluppare sul territorio nazionale un'economia forte e importante, con indirizzi ben precisi e concreti, ma lo facciamo esclusivamente con le forze che hanno la capacità di mettersi sedute accettando i numeri reali. Abbiamo ascoltato interventi da parte di tanti senatori, compreso il senatore Renzi, che ha fatto riferimento al presunto disastro di questo Governo, quando durante il suo, senza guerra e senza null'altro, vi erano una disoccupazione all'11 per cento e una crescita pari a zero e, anzi, andava in giro a dire: venite a investire in Italia, perché qui i redditi sono bassi!
Solo per questo, vi dico che il nostro Gruppo esprimerà un voto favorevole sul documento in esame. (Applausi).
MAGNI (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAGNI (Misto-AVS). Signora Presidente, ho ascoltato con molta attenzione gli interventi di oggi, ma anche quelli di ieri. Devo dire francamente che, sentendo le accuse della maggioranza all'opposizione, penso di non ritrovarmi in alcuni interventi. Guardando a ciò che succede nella realtà, nel nostro Paese le cose non stanno così, non foss'altro perché lo stesso Documento di finanza pubblica prevede la riduzione - il dimezzamento - della crescita dall'1,2 all0 0,6 per cento e le stime sono addirittura dello 0,4 per cento. Significherà qualcosa, se si dice che la crescita si dimezza? Vuol dire che le cose non funzionano. Perché?
Non c'è dubbio che siamo di fronte a una situazione in cui, se è pur vero che aumenta nominalmente l'occupazione, le ore lavorate sono diminuite.
Questo è un dato accertato e confermato anche ieri. Ci sono un aumento di occupazione e una diminuzione delle ore lavorate. Bisogna interrogarsi su questa cosa. C'è un aumento dell'inflazione, quindi una perdita del potere d'acquisto: nominalmente cresce e sostanzialmente diminuisce perché, da una parte, c'è l'inflazione e, dall'altra, l'aumento dei prezzi delle bollette. Questo è un altro dato.
Ci sono un aumento a dismisura del ricorso alla cassa integrazione e un continuo calo di produzione industriale (25 mesi). Nonostante in qualche realtà si sia trovato un accordo per affrontare temporaneamente le contrazioni di mercato (penso all'accordo fatto alla Beko), si parla pur sempre di chiudere lo stabilimento di Siena (350 dipendenti) e di ridimensionare e ridurre l'organico a Cassinetta di 1.000 persone nel giro di alcuni mesi. Questo dato vale per la Beko, ma anche per la Berco. Sono problemi concreti. Cosa rispondiamo a questi lavoratori e lavoratrici? Diciamo loro che va tutto bene? Se l'attività produttiva cala continuamente, bisogna porsi il problema.
La cosa davvero allarmante è che nel documento che presentate non vi sono prospettiva, né visione sull'indirizzo da assumere. Abbiamo sempre detto che non è il Governo a costruire le imprese e fare l'imprenditore, ma deve dare un indirizzo dal punto di vista economico e degli investimenti, lanciando un messaggio ai lavoratori e anche alle imprese.
Penso alla crisi dell'automotive. Noi dipendiamo molto dall'estero perché siamo esportatori e quindi la questione dei dazi, su cui ritornerò, incide molto sull'economia, in particolare tedesca. Come si risolve? Rallentando, quindi frenando l'innovazione in questo settore, o affrontando il tema (cosa che non abbiamo fatto finora)? Si tratta di una scelta politica. La vostra è quella di ridurre e quindi attenuare, ma così rischiamo di essere fuori mercato oggi e anche domani. Questo è il dato fondamentale. Si può discutere e ci si può confrontare su questa cosa; non voglio avere ragione al 100 per cento, ma questo è un problema concreto e non un'invenzione. Su questo non c'è nulla.
Se vogliamo affrontare in termini seri la crisi dell'automobile, dobbiamo cominciare a porci anche il problema del contenimento delle emissioni nell'atmosfera e la questione del clima. Bisogna sviluppare, ad esempio, il servizio pubblico. C'è qualcosa sul servizio pubblico, sulle metropolitane leggere? C'è qualcosa che va in questa direzione? No, non c'è. Qual è la politica?
Voi criticate il superbonus, misura certamente discutibile, ma almeno c'era un indirizzo e ha fatto crescere il PIL in quel periodo, fuori dalla pandemia. Atteniamoci ai fatti concreti; la polemica si può sempre fare, ma - lo ripeto - atteniamoci ai fatti concreti. Ha aumentato l'occupazione di 900.000 posti, anche questo bisogna dirlo. In questo documento c'è il nulla, ecco ciò che traspare.
Vi è poi un'altra cosa discutibile e che contesto. Ognuno ha la sua visione, ma bisogna considerare che il nuovo padrone del mondo, cioè il Presidente degli Stati Uniti, dice che le politiche di coesione e il welfare state tipici della nostra Europa occidentale sono il suo avversario, tanto che dice che siamo dei parassiti e che bisogna colpire l'Unione europea.
Noi pensiamo di contrastare questo pensiero dicendo che non è vero e discutiamo da soli? Io credo che quando un avversario, in questo caso dal punto vista economico, afferma che bisogna combattere l'Unione europea e quello che ha rappresentato, bisogna rafforzarla e superare le burocrazie che ci sono state, ma non saltare questo passaggio, facendo finta di andare da soli, perché in tal caso saremmo stritolati. Magari sono eccessivo, nessuno può dirlo, però normalmente succede così ovunque. Se l'Unione europea viene considerata l'avversario, noi la rimuoviamo, diciamo che non è vero e andiamo dall'altra parte. Questo però non è il modo di costruire un ragionamento di carattere politico.
In più, non solo si fa questo, ma addirittura c'è un impegno a comprare il gas a costi superiori e ad aumentare la spesa in armamenti. Secondo voi, se per evitare i dazi le aziende italiane portano una parte della loro produzione negli Stati Uniti, la nostra economia ne avrà un beneficio o una perdita? Io penso che ne avrà una perdita.
Concludo il mio intervento chiedendomi cosa ci sia nel documento in discussione rispetto a tutto ciò. Peraltro, per com'è scritto, non è un Governo che ha fiducia nei giovani, anzi è contro i giovani, perché non si accorge che circa 900.000 persone vanno all'estero e solo un terzo (adesso anche meno) rientra nel nostro Paese. Vi era, ad esempio, un impegno ad affrontare il problema dei costi delle abitazioni, ma non è stato fatto. L'occupazione cresce soprattutto tra gli ultracinquantenni, non tra i cittadini che hanno venti o trent'anni. Potrei quindi dire, con uno slogan, che questo è un Governo contro i giovani, non per i giovani. Il nostro è un Paese in cui i giovani devono cercare occupazione da un'altra parte, devono fare le proprie esperienze all'estero e lo fanno, perché così possono continuare a fare il lavoro per cui hanno studiato e hanno remunerazioni maggiori che nel nostro Paese.
Su tutto questo non c'è nulla ed è per questo che un Paese come il nostro va in recessione, perché la recessione c'è già e, come hanno detto altri, se non ci fosse il PNRR saremmo già fortemente in recessione. La mia è una valutazione politica troppo drammatica? Non ci convincete citando solo la credibilità testimoniata dai rating, però capisco che in questi momenti bisogna avere il coraggio di investire, di individuare dove andare e non continuare a pensare, come dice il ministro Giorgetti, che basta la prudenza. Il problema è che la prudenza serve, se però si ha la capacità di avere uno slancio in avanti, rischiare e dare un messaggio su dove si vuole andare. In questo caso percepiamo un'agonia che rischia di portarci fortemente in recessione e di renderci subalterni a un padrone a cui non voglio sottostare, perché non ci può essere un uomo solo al comando non del Paese in cui è stato eletto, ma addirittura del mondo. Questo dovrebbe essere un impegno di tutti e non bisognerebbe lisciare il pelo a questo signore.
DAMIANI (FI-BP-PPE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DAMIANI (FI-BP-PPE). Signor Presidente, colleghi senatori, rappresentanti del Governo, fino a qualche settimana fa, come molti di noi che abbiamo espresso perplessità in quest'Aula sul Documento di finanza pubblica, ero confuso anche io, perché fino a poco tempo fa abbiamo sempre parlato di Documento di economia e finanza (DEF), ma molti dimenticano che nel recente passato, qualche mese fa, abbiamo approvato uno strumento nuovo, dettato dalla nuova governance europea, che è il piano strutturale di bilancio. Oggi è quindi cambiato il sistema di approvazione di documenti economici in quest'Aula e in questo Parlamento, dettati appunto dalla nuova governance europea.
Come ad ottobre le opposizioni esprimevano tutte le perplessità su questi documenti economici nuovi e sul piano strutturale di bilancio, ho sentito anche oggi come in questi giorni e in queste settimane, nelle Commissioni e in quest'Aula, parlare di un documento illegittimo che quest'Assemblea approva. I documenti che approviamo in quest'Aula sono tutti legittimi e lo è anche il Documento di finanza pubblica, che è diverso rispetto all'impostazione precedente del DEF, perché quello di finanza pubblica è un documento di aggiornamento, non è più un documento programmatico come lo era il DEF, che dettava già le linee della prossima manovra finanziaria, che in questo caso invece vedremo nelle prossime settimane, più a ridosso della manovra finanziaria stessa. Oggi quindi l'impostazione dei documenti è cambiata, dobbiamo anche adeguarci a queste novità e lo stiamo facendo con l'approvazione del Documento di finanza pubblica.
Mi si consenta di fare riferimento a qualche intervento che c'è stato negli ultimi giorni, ieri e anche oggi, signor Presidente (lo faccio in apertura e poi andrò sui dati economici che sono importanti, perché dobbiamo ricordarli sempre anche in quest'Aula). Da parte delle opposizioni c'è stato un sentire comune riguardo alla mancanza di una strategia e di una visione del Paese. Ho sentito dire dal senatore Calenda che manca un'idea di Paese in Italia. Purtroppo ho sentito anche profezie di catastrofi per il nostro Paese, e mi dispiace. In passato ho ricoperto ruoli all'opposizione, ma non ho mai augurato una catastrofe al mio Paese: ho sempre tifato per il mio Paese (Applausi) e mi sono sempre confrontato, anche come opposizione, con la maggioranza sui problemi del Paese. Ripeto di non aver mai parlato di catastrofe, mentre in quest'Aula ho sentito anche queste parole catastrofiche.
È stato fatto anche un riferimento sportivo, sempre dal senatore Renzi poc'anzi, nel confronto con la Spagna. Ebbene, anche io voglio rifarmi a questo riferimento: sarà anche vero che la Spagna, in un momento particolare, in una partita giocata in casa tra con l'Italia vince quattro a uno, come il senatore Renzi ha detto; ma sono convinto e sicuro che in una partita di ritorno l'Italia batte la Spagna quattro a zero, perché la crescita della Spagna oggi - quindi il senatore Renzi deve studiare meglio le carte - è dovuta esclusivamente a un aumento indiscriminato ed esponenziale della spesa pubblica per acquisto di beni e servizi interni del Paese. Noi oggi stiamo attuando invece una politica economica diversa, che è di riduzione e di rientro della spesa pubblica. Ecco perché dico che si giocano partite di andata e di ritorno ed è sicuro che l'Italia la partita con la Spagna la vince, in una competizione interna europea.
Mi dispiace poi che Renzi torni sempre sul luogo del delitto e parli di reti, quando vorrei ricordare a questo Parlamento che è stato proprio lui a crearne una, Open Fiber, che è stata un fallimento e una distruzione di risorse pubbliche del nostro Paese. (Applausi). Invitiamo quindi il senatore Renzi a fare discorsi un po' più costruttivi.
Vorrei tornare ai contenuti del Documento di finanza pubblica per entrare meglio nel dettaglio e citare i dati economici che vi sono scritti, soprattutto il principale che ognuno di noi legge, ossia quello dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Il Documento di finanza pubblica, come dicevo, fa un aggiornamento rispetto ai dati del piano strutturale di bilancio. Guardiamo i più importanti, in particolare quello che riguarda la spesa netta aggregata, che nel piano strutturale di bilancio era prevista in diminuzione dell'1,9 per cento. Oggi, con il Documento, ne abbiamo invece una che diminuisce maggiormente.
Abbiamo quindi un risultato migliore del 2,1 per cento e questo è un dato cui la Commissione europea guarda con grande attenzione, per non parlare degli altri due dati importanti, che vengono sempre monitorati dal Patto di stabilità e crescita: il rapporto deficit-PIL e il rapporto debito-PIL. Il rapporto deficit-PIL era previsto al 3,8 per cento e invece si è fermato al 3,4, mentre il rapporto debito-PIL era previsto al 135,8 per cento e invece si è fermato al 135,3.
Dopodiché sappiamo tutti che nel nostro Paese sono in corso riforme importanti, che stiamo portando avanti e attuando, dalla riforma della giustizia a quella del fisco e della tassazione, a quella sulle imprese e sulla concorrenza, per aumentare la competitività, a quella della ricerca e dello sviluppo, a quella della pubblica amministrazione e a quella della spesa pubblica. Si tratta di riforme che hanno il loro arco temporale necessario, che nei prossimi quattro o sette anni continueremo a portare avanti, perché hanno bisogno di un respiro temporale sicuramente più lungo.
Nonostante questo, nel Documento mettiamo anche in conto i prossimi importanti impegni di riforma: l'intelligenza artificiale, la semplificazione e la digitalizzazione, il testo unico degli enti locali. Nelle sfide che affronteremo con le prossime manovre finanziarie toccheremo anche i temi delle pensioni e del contrasto alla povertà. Nell'ultima manovra finanziaria due terzi delle risorse sono stati destinati ai redditi medio-bassi del nostro Paese. Come abbiamo già detto, faremo anche le riforme sulla pubblica amministrazione e sugli enti locali. Come Forza Italia abbiamo voluto un punto importante per lo sviluppo del nostro Paese, che passa attraverso la rigenerazione urbana, e l'abbiamo scritto nel Documento che oggi ci accingiamo ad approvare.
Passiamo ad esaminare i dati che sono stati annunciati in quest'Aula. Il PIL, certo, non cresce, e questo è un dato che riscontriamo anche noi, ma non possiamo dire che il Paese oggi sia in recessione o vada indietro. Non cresce, ma forse cresce di più rispetto a qualche altro Paese europeo, quindi diciamo che in previsione, in quelli che mi auguro possano essere anni migliori (il 2027 e il 2028), possiamo sicuramente incrementare la crescita del PIL.
Si è parlato tanto di spesa sanitaria, però ci sono i dati che parlano chiaro. La spesa sanitaria non soltanto è stata confermata, ma sale dai circa 137 miliardi di due anni fa a quasi 142 miliardi di euro; c'è quindi stato un aumento della spesa sanitaria, che sale dall'11 all'11,9 per cento rispetto alla spesa complessiva dello Stato. Sulla sanità, che - ricordiamolo bene - grava anche molto sulle Regioni, lo Stato oggi sta mettendo molti più soldi; il Governo sta mettendo molti più soldi sulla sanità.
Per quanto riguarda il PNRR, sono in fase avanzata ed esecutiva circa 100 miliardi di euro di progetti; circa il 33 per cento di questi è già arrivato a conclusione, nonostante in sede europea stiamo discutendo di una riprogrammazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Sulle entrate fiscali abbiamo senza dubbio dati positivi, perché sono aumentate, anche grazie a una dinamica del mercato del lavoro. Qui arriviamo ai dati del mercato del lavoro, che sono eloquenti, in particolare per quanto riguarda la crescita dell'occupazione nel nostro Paese. Anche la spesa sociale è aumentata negli ultimi anni.
Come abbiamo detto tutti, sicuramente il nostro obiettivo di lungo periodo è la riduzione delle tasse e della pressione fiscale, che è un obiettivo non solo di questa legislatura, che ci siamo posti e sul quale continueremo a lavorare. Di sicuro oggi possiamo dire che la pressione fiscale non è scesa, ma non è neanche salita, come qualcuno purtroppo dice in maniera sbagliata.
Un'altra questione molto importante è relativa alla credibilità che oggi ha l'Italia nei contesti internazionali, che è stata certificata da un'agenzia di rating importante (Standard and Poor's), che ha dichiarato che l'Italia è un Paese solido, grazie alle politiche economiche messe in campo in questi tre anni dal nostro Governo di centrodestra.
Arriviamo anche alle conclusioni. Signor Presidente, avrei da dire tante altre cose, ma avremo modo e occasione di farlo in altri momenti.
Le conclusioni sono che questo Documento di finanza pubblica rispetta sicuramente il percorso del Governo, un percorso di legislatura importante. Parlano chiaro i dati economici, come lo spread più basso degli ultimi tempi. Purtroppo, i progressi che il nostro Paese ha fatto in questi anni, rivelati da questi dati, incontrano uno scenario internazionale difficile come quello odierno. Qualche mese fa, quando abbiamo approvato il Piano strutturale di bilancio - parliamo dell'ottobre dello scorso anno - sicuramente nessuno di noi immaginava quello che sarebbe accaduto oggi, con una politica protezionistica degli Stati Uniti. È quindi cambiato in pochi mesi anche il modo di approcciare rispetto ad altre situazioni di politica internazionale, tanto che fare oggi una previsione di lungo termine è un po' difficile, e non ci riuscirebbe nessuno. Continuiamo pertanto su questa strada di prudenza, di rispetto dei conti pubblici e delle regole europee.
Annuncio, per queste ragioni, il voto favorevole dei senatori del Gruppo Forza Italia. (Applausi).
PIRRO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIRRO (M5S). Signor Presidente, ascoltando i colleghi della maggioranza, sembra di vivere nel mondo delle fiabe e d'altronde il ministro Giorgetti vive nello stesso mondo di fantasia, visto che ieri, in una nota ufficiale, parlava di speranza nel lieto fine. E invece noi qui siamo a fare i conti con la realtà e discutiamo un Documento di finanza pubblica che è la perfetta fotografia di questo Governo: senza coraggio, senza visione, profondamente ingiusto e - oserei dire - che denota incompetenza. (Commenti).
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.
PIRRO (M5S). Potremmo definirlo un Documento di finanza pubblica senza bussola, senza una direzione o meglio una direzione la vediamo perfettamente tracciata, ed è quella che ci porta nel burrone della recessione, dovuta all'unico faro che illumina questo Governo, che è quello di essere codardo con i più deboli e più vulnerabili e compiacente con i potenti di turno. Lo vediamo anche dalla sedia vuota quest'oggi del Ministro dell'economia e delle finanze che, mentre siamo qui, intenti a discutere uno dei provvedimenti più importanti per il suo Ministero, è assente, non pervenuto. È in viaggio per Washington, forse a prendere ordini da quei potenti che tanto gli piacciono. Ieri ha incontrato i membri italiani del Fondo monetario internazionale e ripeto la sua affermazione: vediamo tempi bui, ma speriamo in un lieto fine. Ebbene, il lieto fine noi non lo vediamo e non lo vede neanche il Fondo monetario internazionale, che poco prima aveva sentenziato, in merito alla nostra amministrazione, al nostro Governo e alle spese che vogliamo fare in termini di difesa, che abbiamo solo due vie da percorrere. Quindi, non avete tante possibilità: o alziamo le tasse, ma la pressione fiscale - checché ne dica il collega Damiani, che non sa leggere quello che gli viene sottoposto - nel nostro Paese è aumentata, e quindi non credo che potremmo reggere ulteriori aumenti; oppure bisogna tagliare la spesa e, se vogliamo investire in difesa e in armi, che cosa tagliamo della spesa pubblica? Tagliamo l'istruzione, la sanità, gli investimenti nell'innovazione, nella ricerca e nella nostra università. (Applausi). Ecco che cosa si profila all'orizzonte.
Intanto, noi siamo qui a discutere e a parlare con la sedia del Ministro vuota, come vuoto è questo Documento di finanza pubblica che avete scritto solo con la matita dell'austerity e con la paura di ammettere la verità. C'è una sola cosa scritta chiaramente in questo Documento di finanza pubblica e voi che governate il Paese dovete assumervi la responsabilità di ammetterlo chiaramente: il Paese nei prossimi tre anni crescerà dello zero virgola - e quella crescita è solo merito del PNRR, altrimenti saremmo già in recessione - e il nostro debito pubblico continuerà ad aumentare.
Siate onesti, per una volta, e ammettete che è l'unica cosa che siete stati capaci di scrivere in questo Documento. A sentire voi, invece, il Ministro e tutti i membri della maggioranza, tutta la vostra pavidità o prudenza - come l'avete definita voi - sono sempre colpa di qualcun altro.
Scaricate le colpe su chi c'era prima o sui cattivoni dell'Europa che ci hanno imposto il Patto di stabilità e non è mai colpa vostra. Eppure, il Patto di stabilità l'avete firmato voi con l'Europa. (Applausi).
Siete andati poi a non contrattare per ottenere condizioni migliori. Non avete contrattato perché avete trattato l'economia del nostro Paese, i cittadini italiani, come merce di scambio per poter ottenere di non approvare la ratifica del MES, quella non approvazione che avevate promesso ai vostri elettori, in particolare a quelli della Lega. Avete barattato 12 miliardi di tagli delle spese tolti dalle spalle dei cittadini italiani con l'unica promessa elettorale che avete mantenuto: non ratificare il MES. Ci abbiamo proprio guadagnato: complimenti a tutti! (Applausi).
L'unica cosa che avete ottenuto dall'Europa, che il ministro Crosetto, il nostro Ministro con l'elmetto, ha rivendicato strenuamente come una sua vittoria, è stata quella di scorporare le spese per la difesa: scorporo fittizio, visto che il Fondo monetario internazionale ci ha appena ricordato che, per farlo, dobbiamo comunque tagliare la spesa.
Che cosa avreste potuto chiedere al posto di questo? Lo scorporo di una spesa, quella sì, produttiva e di rilancio, per investimenti nella nostra sanità e in prevenzione. (Applausi).
Adesso vi comportate come quelli che cercano di mettere la toppa al buco che gli si è aperto sotto i piedi. Anche due giorni fa, il Presidente del Consiglio, in occasione della Giornata di tutela della salute della donna, ha detto che dobbiamo investire negli screening mammografici. Anche stavolta, però, come nel caso dello scorporo delle spese per la sanità, vi accorgete degli errori solo dopo.
Fate mere dichiarazioni d'intenti, come quella inserita nella vostra risoluzione per investire in screening, ma poi, nei fatti, quando avete l'occasione di intervenire veramente, come la settimana scorsa, quando abbiamo presentato l'emendamento per allargare lo screening per il tumore al seno delle donne, avete fatto marcia indietro. I soldi, quelli importanti, non li avete messi. È sempre così: vi tirate indietro davanti alla realtà. (Applausi).
Altro che Italia che cambia passo. Con questo Governo l'Italia è destinata a rimanere ferma al palo, impantanata in politiche vecchie e fallimentari, per cui si spendono soldi in armi e si chiudono gli occhi sulle liste d'attesa della sanità, sulla fuga dei nostri giovani, sul Sud che è abbandonato e sulle imprese lasciate sole, anche quelle che dovevano essere i vostri interlocutori privilegiati.
Avete cancellato Transizione 4.0, che funzionava alla perfezione, per sostituirla con una fallimentare Transizione 5.0, un meccanismo farraginoso, che infatti non vede richieste. Oltre sei i miliardi messi sul piatto, ma in realtà poco più di 600 milioni impegnati realmente. Sono poi messi a terra realmente, nel tessuto industriale del nostro Paese, poco più di 20 milioni: ma non vi vergognate? Come fate a dire che volete lasciar fare chi vuole fare, quando non lasciate fare niente a nessuno? Non sapete fare niente, siete un disastro.
Un disastro, sì, com'è stata disastrosa la visita oltreoceano del presidente Meloni a Trump, che doveva essere la riscossa dell'Europa, con il presidente Meloni quale portavoce dell'Unione europea per ridiscutere dei dazi. Prima ancora che Meloni mettesse piede sul suolo americano, Trump aveva già dichiarato che non aveva alcuna intenzione di discutere di dazi e rivedere le sue politiche. (Applausi).
Avete perso prima ancora di iniziare una partita che, tra l'altro, tutti sapevano che non potevate neanche giocare, perché la questione dei dazi è un tema europeo e solo l'Europa poteva andare a discuterlo, ma voi avete fatto finta, perché fingere vi riesce benissimo.
Cosa siete andati a promettere, invece? Dieci miliardi di spesa in armi, che spenderemo per le imprese americane, perché - lo hanno detto tutti, anche la von der Leyen - in questo momento le imprese europee non sono in grado di rispondere a questo aumento di richiesta. Avete promesso 10 miliardi di investimenti delle nostre imprese, quelle che non saranno ancora morte dopo tutti i vostri interventi, e avete promesso di acquistare gas dagli Stati Uniti. Lo avete detto alle imprese italiane che acquistare gas dagli Stati Uniti vuol dire che pagheranno le bollette ancora più care? (Applausi). È questa la verità. L'unico modo per pagare di meno le bollette è investire in energia pulita e rinnovabile, quindi far scendere la quota di energia prodotta tramite gas, e voi non volete fare niente su questo tema.
State promettendo il nucleare come se fosse pronto domani mattina, ma ci vogliono sette anni per i primi prototipi. Il nucleare di quarta generazione non esiste; ci vogliono quindici anni prima che sia realmente realizzabile con vendite commerciali. Pensate che le nostre imprese possano resistere a quindici anni di costi dell'energia come quelli attuali? Siete venditori di fumo. (Applausi).
Non trovate i soldi per niente, se non per le spese militari; non per i lavoratori italiani, che sono con gli stipendi al palo; non per i giovani, che avete tradito e fate scappare all'estero, perché qui non c'è crescita, non c'è innovazione e non c'è futuro; non per rispondere ai bisogni di salute dei cittadini italiani, con una sanità pubblica al palo, con il minimo storico di dipendenti pubblici nella sanità, che erano ai massimi quando abbiamo governato noi e che adesso scappano, perché non aumentate loro gli stipendi e li sottoponete a ritmi di lavoro esagerati.
Noi del MoVimento 5 Stelle non accettiamo questo copione. Non ci rassegniamo a un'Italia che taglia sulla sanità e sull'istruzione, non investe nella salute dei propri cittadini e rischia di lasciar morire quel PNRR che è l'unico motivo per cui non siamo in recessione e che noi e il presidente Conte abbiamo portato in Italia. (Applausi).
Vado a concludere, Presidente: se questo è il futuro che ci propone la destra, allora - lo diciamo chiaramente - non lo vogliamo, a nome delle future generazioni e dei cittadini che ogni giorno fanno i conti con caro bollette e caro mutui, stipendi da fame e ospedali al collasso, mentre voi giocate al risiko delle armi. (Applausi).
BORGHI Claudio (LSP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BORGHI Claudio (LSP-PSd'Az). Signora Presidente, mi scusi per le intemperanze precedenti, ma viene sempre difficile aspettare il proprio turno quando si sentono cose molto strane da parte dei colleghi. Poi, c'è sempre il solito dubbio se impiegare il proprio tempo, che è sempre poco, per dire quello che si voleva dire o per correggere le cose strane che si sono sentite affermare prima.
Ho appena sentito dire dalla senatrice Pirro che ci vogliono le energie rinnovabili. Mi auguro quindi che corra fuori da quest'Aula e vada a telefonare alla governatrice Todde, che stranamente al momento non si è ancora dimessa, che è lì che sta presidiando i porti per evitare che si facciano le pale eoliche (Applausi), perché dice che altrimenti le si invade il terreno. (Applausi). È curioso.
Allo stesso modo, sento il collega Renzi accusare il Governo di aver venduto Sparkle, quando adesso - non so, forse il mio collega omonimo gli ha dato il foglio sbagliato o qualcosa del genere - Sparkle è stata venduta dalla TIM e sta per essere acquisita dal Ministero dell'economia e delle finanze. (Applausi). Quindi, o il MEF nel frattempo è diventato straniero, oppure presumibilmente è lo Stato che sta prendendo questa infrastruttura strategica con un veicolo di cui è maggioranza.
Altra cosa ovviamente - vale un po' per tutti - è il continuo ricorrere al PNRR, descritto come una questione salvifica. L'ho già detto altre volte e lo diciamo ancora una volta, tanto la prossima volta saremo ancora lì a parlare dei soldi regalati del PNRR. Due sono le cose.
Il PNRR sono soldi per la gran parte a prestito e, per la parte non a prestito, vanno restituiti con il bilancio europeo, di cui noi siamo contribuenti netti. Per cui, in ogni caso, stiamo parlando di prestiti. Altra cosa che mi sembra che la gente non capisca è che il PNRR non sono spese aggiuntive che ci sono consentite. Se noi facciamo una spesa con il PNRR, va nel deficit; noi siamo limitati sul deficit, non siamo limitati sul tipo di spesa. Per cui, se io faccio una rotonda, un museo o qualsiasi altra cosa su cui bisogna correre a mettere un cartello per dire che viene fatta con i fondi dell'Europa - sono quelli che abbiamo preso a prestito - va nel conto del deficit. Se avessimo emesso titoli di Stato per fare quella stessa cosa, sarebbe stato esattamente uguale, ma con meno vincoli, e forse avremmo fatto più investimenti, non di meno. Il PNRR funziona così, non è un regalo; poi, potete dire quello che volete e raccontare ogni volta la storia che Giuseppe Conte ci ha regalato la pioggia di miliardi, ma non è così: ci ha regalato una pioggia di debiti privilegiati, che oltretutto dobbiamo pagare a tassi che - secondo me - sono superiori al necessario per un debito privilegiato. (Applausi).
Ricordiamo che quel debito dev'essere onorato prima di quello pubblico, quindi il debito del PNRR, come privilegio creditizio, va sopra a quello dei risparmiatori italiani. Immaginate che affarone!
Parliamo ora del punto di cui dobbiamo discutere adesso, vale a dire il Documento di finanza pubblica. Tanti anni fa, il mio primo intervento importante in Aula - mi sembra ieri, ma mi sono reso conto che stiamo andando per gli otto anni - guarda caso era proprio sul DEF. Me lo ricordo come fosse adesso, perché capirete che il primo discorso che si fa in un'Aula parlamentare è importante. Dissi una cosa che all'epoca fece un po' scalpore, ossia che era del tutto inutile. Dopo otto anni abbiamo la precisa conferma che stiamo facendo un esercizio. Sì, ce lo chiede l'Europa, come tante altre sciocchezze, ma è del tutto inutile. Ve lo dimostro con i numeri, con i numeri di uno che non sbagliava mai: Mario Draghi, il migliore, "LVI", scritto con la "V" al posto della "U". Ecco, lui, quello che non sbagliava mai, nel suo ultimo DEF (che ci ha lasciato in eredità prima di tornare a fare il nonno o il suggeritore di politiche sballate) indicava una previsione (e la faceva lui) per il 2024 (ci hanno ricordato che la programmazione era triennale, ma stiamo parlando non più di previsioni, bensì di una cosa che si è già conclusa, pertanto possiamo già fare il consuntivo) un rapporto debito-PIL pari al 143,4 per cento. Poiché ora quel rapporto è 135, questo significa che il signor Draghi in quel DEF, per il quale all'epoca si sprecarono lunghe discussioni e parole in queste auguste Aule, ha sbagliato di 170 miliardi di euro. In questo momento stiamo meglio di quanto prevedeva Draghi. Strano, perché non dovrebbe sbagliare mai, e invece ha sbagliato e stiamo meglio di 170 miliardi di euro per quello che riguarda il rapporto tra debito e PIL rispetto alla previsione di quel DEF.
Un'altra delle previsioni era che questo Governo avrebbe fatto disastri, sfaceli e avrebbe scassato tutto. Bene: sono 170 miliardi in meno nel rapporto debito-PIL. Lo spread era a 250 quando se n'è andato Draghi e adesso è a 110. Significa, grosso modo, su un debito pubblico di 3.000 miliardi, circa 30 miliardi in meno di costo per gli interessi.
Aggiungo altre cose semplicemente per ricordarci certe idee che ci dipingono sempre come straccioni e come il Paese ultimo della fila, che ha sempre e solo problemi.
Colleghi, vi parlo senza accampare alcun diritto o merito su spostamenti di mercato su cui non abbiamo peso, in questo caso. Prima che qualcuno scriva sciocchezze sul giornale, anticipo che, anche se avessi la possibilità di farlo, non avrei intenzione, né idea di vendere alcunché delle nostre riserve auree. Rilevo però che, da quando il Governo è entrato in carica - e ripeto che non è merito suo, ma lo dico semplicemente per renderci conto che non siamo quegli straccioni che sembra - il prezzo dell'oro è passato da 50 a 100 euro al grammo e l'Italia - forse qualcuno non lo ricorda - ha la terza riserva aurea del mondo, accumulata nel periodo del Dopoguerra, quando c'era la liretta ed era un Paese che evidentemente non aveva ancora avuto la fortuna di entrare nella "Unionona europeona". Abbiamo accumulato la terza riserva aurea del mondo.
Ricordo che soltanto l'aumento di questo valore significa un valore in più per il popolo italiano - quindi non per il Governo o altri - di 125 miliardi. Il valore delle nostre riserve è salito di 125 miliardi. Poi, per carità - lo ripeto - non è merito di nessuno, ma ogni tanto ricordiamocelo, quando qualcuno ci dipinge come un Paese di straccioni e tra gli ultimi. Diciamo che i nostri nonni e i nostri padri sono stati molto previdenti.
Siamo stati anche previdenti a non cedere alle tentazioni del solito sfascista. Ricordate chi voleva vendere le riserve auree, quando l'oro costava 15 e non 50 o 100 euro? Si chiamava Romano Prodi. (Applausi). Ricordiamo queste cose. Era lui che diceva che non serviva a niente e bisognava fare come il suo amico Zapatero, ossia vendere le riserve d'oro. In questo caso, non aver ascoltato il signor Prodi - altro che tirata di capelli - ci ha fatto guadagnare 200 miliardi. Meno male che non gli abbiamo dato ascolto! Peccato però che purtroppo gli abbiamo dato ascolto in troppe altre cose.
Aggiungo altri dettagli. Il conto è sempre positivo per altre cose. In questo momento abbiamo un saldo commerciale di 55 miliardi: questo saldo positivo non è una meraviglia in sé, ma ci indica che abbiamo margine di manovra.
Il fatto di avere 55 miliardi di saldo commerciale positivo, vale a dire di denaro che ci entra ogni anno dall'eccesso di esportazioni rispetto alle importazioni, significa che abbiamo la possibilità di far crescere il nostro mercato interno. Dovrebbe quindi essere una cosa che mette d'accordo tutti far sì che il Patto di stabilità, che è stato congegnato in un momento in cui questo tipo di turbolenza non c'era, sia corretto velocemente. Noi così avremmo la possibilità di investire molto di più, quindi di migliorare la domanda interna, facendo crescere gli stipendi, i salari e le possibilità di investire. Abbiamo i soldi, abbiamo la possibilità: mi auguro che in Europa si sveglino e capiscano che il Patto di stabilità va riformato. Dovremmo avere modo e possibilità per investire di più e abbiamo tutti i numeri per farlo.
Per una volta, quindi, siamo messi bene. Per una volta stiamo andando a una velocità più bassa rispetto a quella che ci consentirebbe il nostro motore così come l'abbiamo creato, ma siamo fermi per le consuete regole europee che arrivano sempre molto tardi. Mi auguro che tali regole vengano cambiate in fretta e che questo DFP, su cui ovviamente esprimeremo un voto favorevole, segni la strada per un futuro ancora migliore rispetto allo scenario attuale. (Applausi).
Presidenza del vice presidente CASTELLONE (ore 12,50)
MISIANI (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MISIANI (PD-IDP). Signora Presidente, colleghi, noi voteremo contro questo Documento di finanza pubblica, pensate un po'. Voteremo contro, perché è un documento fantasma, un documento fuorilegge. Non c'è una norma che preveda questo testo, che è un documento tecnico senza indicazioni politiche. Voteremo contro perché è un documento totalmente inutile, pensate un po'. (Applausi).
Voi dichiarate di essere un Governo politico; ebbene, il Governo più politico degli ultimi anni ha presentato un documento tecnico, che non dice nulla sulle intenzioni di questo Esecutivo nella fase più difficile per l'economia internazionale da molti anni a questa parte. La Premier che tutto decide ha messo la testa sotto la sabbia, si è data, è scomparsa dai radar. Nella fase di crisi dei dazi non sappiamo cosa il Governo voglia fare per la politica economica e sociale di questo Paese.
Stiamo vivendo un momento delicatissimo - come hanno ricordato tanti colleghi - in parte per fattori preesistenti (le crisi geopolitiche, l'instabilità finanziaria, le materie prime), in parte per le scelte politiche della nuova amministrazione americana. La guerra commerciale che ha scatenato il presidente Trump non è soltanto la più aggressiva dal 1930 - ricordate la Grande depressione - ma è la più stupida della storia, con dazi calcolati con criteri fuori dal mondo, annunciati dai social e ritirati dopo poche ore, e una sospensione che ci lascia tutti appesi al modo in cui il presidente Trump si sveglia la mattina. Non è pensabile gestire la prima economia del mondo con questa politica.
Abbiamo non soltanto dazi, ma anche attacchi alla Banca centrale americana. Abbiamo sospetti di manipolazione dei mercati azionari a favore degli amici degli amici e addirittura proposte strampalate di consolidamento del debito pubblico americano. Questa è quindi una politica suicida, signora Presidente, che sta incrinando la fiducia verso gli Stati Uniti, che erano il riferimento politico economico a livello mondiale, e ci sta trascinando tutti nella recessione che gli osservatori prevedono per gli Stati Uniti. Non è un caso se il dollaro si sta svalutando, se le quotazioni dell'oro sono ai massimi, se i mercati stanno perdendo fiducia in quello che rappresenta l'economia americana.
Tutti noi abbiamo sentito la presidente del Consiglio Meloni, nell'incontro con il presidente Trump, proclamare: «let's make the West great again», facciamo nuovamente grande l'Occidente. La verità è un'altra: le politiche della destra americana, dei vostri amici dalla destra americana, stanno affossando i capisaldi dell'Occidente (Applausi), le istituzioni democratiche, le alleanze internazionali, il libero scambio e il ruolo del dollaro come valuta di riferimento per l'economia globale.
La globalizzazione non è stata un pranzo di gala e l'ordine economico internazionale andava profondamente riformato per renderlo più giusto e più sostenibile. Nessuno sottovaluta le conseguenze sociali degli ultimi trent'anni, ma distruggere l'ordine economico internazionale non ci farà di nuovo grandi: accelererà il declino dell'Occidente e sposterà il baricentro dell'economia mondiale verso altre economie e altri sistemi. I vostri amici della destra americana stanno consegnando mezzo mondo nelle braccia della Cina. Altro che Occidente nuovamente grande! (Applausi).
La politica della destra sovranista sta colpendo in pieno la nostra economia, perché l'Italia è un Paese che vive di esportazioni, di manifattura, di catene globali del valore. Gli Stati Uniti sono il secondo cliente commerciale e noi abbiamo un enorme avanzo commerciale con gli Stati Uniti, di cui non penso - come dice il senatore Claudio Borghi - che dobbiamo vergognarci e chiedere scusa. Quel surplus, infatti, è il frutto dell'ingegno dei nostri imprenditori (Applausi), che vanno a vendere i prodotti che si realizzano in questo Paese e ci riescono; andrebbero sostenuti e non presi in giro, come ha fatto questo Governo. Ebbene, rischiamo di perdere miliardi di euro e decine di migliaia di posti di lavoro, perché queste sono le conseguenze che sta producendo la politica della destra che voi di fatto state avallando.
Non ci possiamo permettere di rimanere fermi in questa situazione, eppure il Governo Meloni è arrivato totalmente impreparato. Si sapeva da mesi che l'amministrazione americana avrebbe imposto i dazi, era scritto nel programma con cui Trump ha vinto le elezioni a novembre. Trump si è insediato a gennaio, ma siete arrivati al 2 aprile totalmente impreparati, perché avete sottovalutato i rischi e minimizzato le conseguenze. Addirittura un Vice Premier di questo Governo si è spinto a dire che i dazi sono un'opportunità per le nostre aziende. Andatelo a raccontare agli imprenditori (Applausi) e ai lavoratori quanto quei dazi sono un'opportunità per le nostre aziende.
Siete fuori dal mondo. Vi siete accorti della mala parata, avete scelto di far finta di fare qualcosa e avete presentato alle imprese e a Confindustria un fantomatico piano di sostegno da 25 miliardi. È un piano finto, basato su una riallocazione delle risorse del PNRR e del Fondo di coesione che era già in atto. È qualcosa di simile ai carri armati di Mussolini, signor Presidente. Vi ricordate la storia? Venivano spostati da una base all'altra, ma erano sempre gli stessi, perché dovevamo dimostrare ai nemici dell'Italia che avevamo un esercito molto più forte di quello che era in realtà. Ecco, il vostro piano è come i carri armati di Mussolini. (Applausi). Non c'è una risorsa aggiuntiva, non c'è uno straccio di documento, non c'è un'idea di come sostenere un'economia che sta andando in recessione. Il DFP - o come diavolo si chiama - che stiamo discutendo oggi è esattamente la stessa cosa: è un documento vuoto, una semplice fotografia dell'esistente, che potrebbe scrivere la Ragioneria generale dello Stato e trasmetterla alla Commissione bilancio, perché è un documento senza politica, proprio nella fase in cui abbiamo più bisogno di un indirizzo politico.
Non c'è un piano, non c'è una strategia, non c'è nulla che faccia intravedere che cosa il Governo voglia fare per la politica economica e sociale. Eppure il quadro è peggiorato, è cambiato radicalmente da quando avete presentato il piano strutturale di bilancio. La crescita si è fermata, il PIL nel 2024 è andato a poco più della metà di quello che era previsto e anche le vostre previsioni dimezzano la crescita nel 2025. La produzione industriale è in calo da venticinque mesi ininterrotti. Il Paese si sta deindustrializzato con la vostra inerzia di fronte ai vostri occhi. Vi vantate che migliora il rating finanziario, ma sta peggiorando quello sociale. Lo dicono i vostri numeri: peggiora la povertà, peggiora la disuguaglianza di reddito e peggiora la condizione concreta di milioni di persone che vivono con salari che hanno perso potere d'acquisto rispetto a qualche anno fa. Tutto questo non accade per il destino cinico e baro o solo per la situazione internazionale, ma perché avete sbagliato i tempi e le priorità della vostra impostazione politica.
Il PNRR, di cui hanno parlato tanti colleghi, è un po' l'emblema dei fallimenti di questo Governo. Continuate a dire che tutto va bene, ma non è vero e lo dicono i vostri numeri, perché abbiamo speso 64 miliardi di euro su 194 complessivi; in tre anni è stata spesa la metà di quello che dovremmo spendere in un anno e mezzo. E i 130 miliardi che mancano sono in prevalenza sovvenzioni, senatore Borghi; rischiamo di perdere decine di miliardi di contributi a fondo perduto, che aiuterebbero l'economia di questo Paese. (Applausi). Se c'è un emblema di questi fallimenti, è Transizione 5.0: 6,3 miliardi stanziati e 700 milioni spesi, soldi che sarebbero utilissimi all'industria in crisi e che sono rimasti congelati per la vostra incapacità.
Vi vantate di aver migliorato il deficit: noi siamo contenti se migliorano i conti pubblici, ma vi dimenticate di qualche dettaglio; il deficit migliora per lo stop al superbonus, ma anche perché la pressione fiscale è arrivata al livello più alto dal 2020 (Applausi), con un Governo che ha fatto una riforma che avrebbe dovuto ridurla. Quel numero (42,6 per cento) è l'emblema del fallimento della vostra riforma fiscale. Migliora il deficit perché aumenta il fiscal drag, perché i contratti vengono rinnovati, ma gli aumenti sono mangiati dal sistema fiscale, che è caricato quasi tutto su lavoratori dipendenti e pensionati. Questa è la realtà con cui dobbiamo e dovete fare i conti.
In questo documento manca tutto: una politica industriale seria, un piano per la transizione ecologica e una strategia per il lavoro, per i giovani, per le imprese. Certo, una cosa il Governo la sta facendo: ha fatto quell'obbrobrio giuridico della golden power su un'operazione pubblica di scambio tra una banca italiana e un'altra banca italiana (Applausi), una cosa mai vista, da parte di un Governo che sta entrando a gamba tesa in operazioni che dovrebbero essere lasciate al mercato.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Questo Paese avrebbe bisogno di risposte concrete, non di narrazioni a uso e consumo dei media, di pacche sulle spalle e di complimenti con un'amministrazione americana che sta affossando l'economia mondiale. Purtroppo abbiamo un Governo che non sa dove andare e, siccome non lo sa, non ha scritto nulla in questo Documento di finanza pubblica. Ha fatto un compitino, ma l'Italia non ha bisogno di un compitino, ha bisogno di una visione e di una strategia. Nel DFP non c'è nulla di tutto questo ed è per questo che noi voteremo contro. (Applausi).
LIRIS (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LIRIS (FdI). Signor Presidente, apprendendo con molta sorpresa il voto contrario del collega Misiani; con la stessa sorpresa comunico il voto favorevole del Gruppo Fratelli d'Italia (Applausi), convintamente consapevole di un documento che esprime la visione di questo nuovo Governo: è un documento austero, come qualcuno dice; è un documento responsabile e sobrio, che ha dato e contribuisce a dare credibilità ad un Governo e a un Premier che oggi, quando siede ai tavoli internazionali, ha la credibilità dell'unico Paese non in recessione rispetto a tutta l'Europa.
Non devo certamente essere io l'avvocato del ministro Giorgetti, che è venuto in audizione e ha parlato di un contesto caratterizzato da due guerre militari e da una guerra economica, quella dei dazi, da una transizione energetica abbastanza difficile da gestire (non credo sia colpa del Governo Meloni) e da un rallentamento economico generalizzato. Questo è il contesto all'interno del quale ci si muove e non ci si muove soltanto l'Italia, ma l'intera Europa, con grossa difficoltà, caro collega Misiani.
Per mezzo del Presidente glielo comunico: non era così sorpresa l'Italia - era un po' sorpreso tutto il mondo - di quello che è accaduto quando Trump ha comunicato la sua decisione sui dazi, facendo probabilmente la politica che aveva sostenuto di fare a vantaggio degli Stati Uniti e quando quell'Europa che doveva essere un po' risolutrice di tutti i problemi non era così pronta. Mi meraviglia che proprio i colleghi del PD, anche loro preparati, come i senatori Misiani, Manca e Boccia, che è il loro Capogruppo - la visione politica mi aspettavo fosse questa - oggi diventino antieuropeisti, ma ne immaginiamo il motivo: nel momento in cui l'Europa non è coerente rispetto agli indirizzi del Partito Democratico o comunque il Partito Democratico non è allineato con gli stessi indirizzi, ma è il Governo Meloni a ottemperare a un'indicazione di regolamento europeo, si parla di illegittimità. Mi meraviglio di problemi e di situazioni che vengono enfatizzati con questa disinvoltura, parlando di illegittimità con parole molto forti in quest'Aula. Ringrazio il relatore e Presidente della Commissione, che ha spiegato in maniera molto tecnica cosa significhi non portare a casa un documento illegittimo, che è quello che stiamo facendo. (Applausi).
Si parla anche di numeri, come ci è stato chiesto, e lo ha fatto anche lei, signor Presidente, quando è intervenuta nella discussione in veste di senatrice, sostenendo che i numeri non sono derogabili, né equivocabili. Ebbene, come fate a non leggere gli stessi numeri che leggiamo noi nella misura in cui siamo gli unici ad avere un PIL positivo (+0,6), che abbiamo rivisto al ribasso alla luce di quel contesto difficile, con un deficit del 3,4 - sono felice di essere stupito da tale cifra - quando le previsioni del DEF erano del 4,3 e poi nel Piano strutturale di bilancio del 3,8, con una previsione del 2,8 nel 2026 e del 2,3 nel 2028, quindi sempre più al ribasso rispetto alle indicazioni? Il potere d'acquisto è a +1,3, anche grazie al carrello tricolore - lo dico alla presenza del ministro Urso - e a una misura strutturale che abbiamo reso tale come l'abbattimento del taglio del cuneo fiscale. (Applausi).
Le agenzie di rating, la solidità del sistema bancario, il record per quanto riguarda il tasso di occupazione, il record al ribasso per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, l'avanzo primario che tutti sanno essere un indice positivo (che oggi qui apprendiamo, da voi dell'opposizione, che diventa un indice negativo dell'economia), lo spread che adesso non conta più per quanto vi riguarda: con tutti gli indicatori macroeconomici favorevoli, voi parlate chiaramente di un sistema devastante e devastato del Governo Meloni, quando siamo di fronte a un sistema economico che oggi fa acqua da tutte le parti in Europa e nel mondo e invece in Italia tiene e tiene bene. (Applausi).
Nel momento in cui, con molta difficoltà, andate a giustificare tutto questo con il fatto che alcuni indici positivi sono dovuti ancora al rimbalzo del superbonus o del PNRR, state soltanto avvalorando la tesi di dati macroeconomici favorevoli sui quali oggi richiamiamo attenzione e senso di responsabilità. Oggi viene criticato un Presidente che va in America, alla Casa bianca, corregge l'interprete, detta le regole a Trump invitandolo in Italia e fungendo da ponte con l'Europa, un'Europa che non è capace oggi di interloquire con Trump, perché rifiuta di andare a interloquire con lui. Ebbene, oggi l'unico Premier, l'unico leader europeo capace di fare questo è Giorgia Meloni (Applausi) e viene criticata per questo, oltre al fatto che si deve giustificare perché ha avuto un rapporto privilegiato nei confronti del Papa. Guardate bene: un Premier che parla con il Papa. Da allora, mi continuo a meravigliare di alcune dichiarazioni di persone avvedute, come alcuni consiglieri che stanno con me in Commissione bilancio. Tra l'altro, la Commissione bilancio è stata anche accusata di poco lavoro.
Signor Presidente, tramite lei mi rivolgo al presidente Calandrini per dirgli che bisogna anche giustificarsi per le tre, quattro o cinque sedute a settimana in cui il presidente Boccia ci accusa di non lavorare sul Documento, come pure sul nuovo Regolamento europeo. Ci stiamo lavorando tutti insieme e stiamo facendo un grande lavoro. (Vivaci commenti). Fatemi parlare, per cortesia! (Applausi).
Vi siete lamentati del fatto che non c'è una visione triennale. Chiunque abbia masticato minimamente il bilancio, dopo che abbiamo fatto un piano strutturale di bilancio quinquennale a ottobre e una legge di bilancio a dicembre, non so cosa ci si potesse aspettare oggi, ad aprile, da una visione triennale.
Sicuramente non avete la cognizione di quello che state dicendo, se non per fare una mera opposizione o magari per la volontà, questa sì, comune all'attuale minoranza quando era maggioranza, di scrivere libri dei sogni, con dati gonfiati, non attinenti alla realtà e non giustificati dai numeri reali. Gli indicatori macroeconomici sono assolutamente tutti favorevoli, dunque.
E poi voi non volete essere chiamati gufi: anzi, vi arrabbiate quando vi chiamiamo gufi. Quando in quest'Aula si fa riferimento al PNRR e alla clausola di salvaguardia, alla possibilità di defalcare le spese militari dal deficit invocando la clausola di salvaguardia rispetto al PNRR e alla capacità che oggi l'Europa ha di modificare alcuni patti sul PNRR (e ciò per l'Italia, grazie al ministro Fitto), cosa fa qualcuno di voi anche in quest'Aula? Dice che non ci salverà il ministro Fitto.
Anche qui, non volete essere chiamati gufi ma, nella misura in cui non volete essere chiamati così, state sperando che l'Italia vada in recessione. State sperando che l'Italia subisca i contraccolpi del PNRR e di un debito che certamente può produrre PIL, ma con un prestito di miliardi che dovremo poi restituire. (Proteste).
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego, lasciate proseguire il senatore Liris.
LIRIS (FdI). Signor Presidente, abbiamo ascoltato tante stupidaggini dette dalla minoranza; colleghi, ora fateci dire le cose vere!
Nella misura in cui, mediante una rappresentanza in Europa assolutamente autorevole, andiamo a modificare le regole sbagliate, scritte da voi, voi addirittura sperate che non riusciamo nell'impresa. Allora, con la forza e con l'orgoglio di riconoscere il magnifico lavoro di un Governo che sta tenendo testa nonostante le difficili condizioni geopolitiche ed internazionali, le guerre economiche e militari, una transizione energetica che voi avete voluto in questa maniera, cui non vi siete opposti, ebbene, con l'orgoglio di far parte di una maggioranza riconosciuta come credibile in tutto il mondo, dichiaro il voto favorevole di Fratelli d'Italia. (Applausi).
PRESIDENTE. Comunico che sulla proposta di risoluzione n. 6, accettata dal Governo, è stato presentato un emendamento, il cui testo è in distribuzione, che invito i presentatori ad illustrare.
PATUANELLI (M5S). Signor Presidente, membri del Governo, colleghi, intervengo per illustrare l'emendamento 6.1. Trattandosi di una proposta emendativa del mio Gruppo, ovviamente il nostro sarà un voto favorevole, ma desidero chiarire alcuni passaggi dell'intervento che mi ha preceduto, quello del senatore Liris, con cui spesso in Commissione bilancio ci confrontiamo.
Credo che non ci sia nessun senatore delle opposizioni che si auguri il male del nostro Paese. (Applausi). Noi ci auguriamo il bene del nostro Paese e ci auguriamo un Governo che sappia cogliere le opportunità che questo Paese meraviglioso ci offre.
Lo spirito con cui abbiamo presentato l'emendamento in discorso è esattamente questo, perché che chiede di utilizzare le risorse non utilizzate di Transizione 5.0 per ridare linfa a quello che invece ha funzionato, il 4.0, che non ha un colore politico (Applausi), perché può intestarselo il senatore Calenda, può intestarselo l'ex presidente Renzi, possiamo intestarcelo tutti. Abbiamo fatto grandi modifiche, passando dagli ammortamenti ai crediti d'imposta: credevamo che fosse la strada giusta; era un provvedimento autorizzato dall'Europa che in qualche modo non si è voluto proseguire. Non mi interessa entrare nel merito del motivo per cui Transizione 5.0 non ha funzionato, se è una responsabilità del Governo, del Parlamento o dell'Europa, però è un dato di fatto che quel provvedimento non ha funzionato. Allora, usiamo quelle risorse per fare ciò che serve alle imprese italiane, che da 25 mesi consecutivi hanno un calo della produzione industriale. Credo che anche questo sia un dato oggettivo, come i tanti detti.
Sui dati si possono fare poi tutte le ricostruzioni che vogliamo: l'occupazione è oggettivo che è a livelli record, ma è un dato oggettivo che è a livelli record anche la richiesta di cassa integrazione e che i salari non stanno crescendo. Anzi, in pochi anni, gli italiani hanno perso il 10 per cento del loro potere d'acquisto: anche questo è un dato oggettivo, che va visto assieme al dato occupazionale.
Allora porsi domande su come risolvere questo problema credo sia centrale nel Parlamento. Non chiediamo di fare quello che diciamo noi, ma quantomeno di aprire gli occhi e vedere che è un Paese in grande difficoltà, perché a me sembra che voi questa cosa ancora non l'abbiate capita. (Applausi).
PRESIDENTE. Invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunziarsi sull'emendamento in esame.
CALANDRINI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sull'emendamento 6.1.
ALBANO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 6.1, presentato dal senatore Patuanelli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 6, presentata dai senatori Malan, Romeo, Gasparri e Biancofiore.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Risultano pertanto precluse le proposte di risoluzione nn. 1, 2, 3, 4 e 5.
Disegni di legge, trasmissione dalla Camera dei deputati
PRESIDENTE. Comunico che è stato trasmesso dalla Camera dei deputati il seguente disegno di legge:
«Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionamento delle pubbliche amministrazioni» (1468).
Sospendo la seduta fino alle ore 14.
(La seduta, sospesa alle ore 13,16, è ripresa alle ore 14,12).
Presidenza del presidente LA RUSSA (ore 14,12)
Sull'80° anniversario della Liberazione
PRESIDENTE. Come sapete, oggi, per richiesta di alcuni ma con la condivisione di tutti i Gruppi parlamentari, innoviamo aprendo l'Aula del Senato a un'ufficiale celebrazione del 25 aprile, ed io lo faccio molto volentieri. Fra poco darò la parola a ciascun rappresentante per Gruppo, che potrà intervenire, ma non voglio esimermi dall'esprimere io stesso una parola di memoria, di apprezzamento, di ricordo, soprattutto di celebrazione di questa data. Domani, infatti, come sapete, ricorre l'80° anniversario della Liberazione dell'Italia dall'occupazione nazista e dalla sconfitta del fascismo. È una giornata importante, nel solco degli ideali di democrazia, dialogo, comprensione e rispetto reciproco, che sono scolpiti nella Costituzione e che sono il cardine della nostra comunità nazionale. E proprio l'adesione alla prima parte della Costituzione, dove i valori in positivo sono non solo ben delineati e scolpiti, ma condivisi senza reticenze da tutti coloro, nessuno escluso, che siedono in quest'Aula e che - ne sono convinto - sono ormai nel cuore di tutti gli italiani è il miglior modo per ricordare e celebrare una data che vorrei fosse sempre più condivisa da tutti, e non una data… (Commenti).
Poi dovrete stare in piedi mentre parlano anche tutti gli altri. (Commenti). Io non mi sono permesso di stare in piedi per questo, ma se preferite… (Commenti). Come preferisce, ma non è una celebrazione di una persona scomparsa. È una celebrazione che guarda all'oggi, a ieri e al futuro.
Dopo ciascuno di voi potrà parlare e se vorrà… (Commenti). Mi pare che questa polemica sia veramente e completamente fuori luogo. Però, visto che anche a questo si potrebbe dare un'interpretazione strumentale, faccio quello che secondo me non è esatto, cioè tenervi in piedi mentre parlo di questo. Accorcio allora il mio intervento.
Quello che posso dirvi, visto che c'era un riferimento anche alla mia postura, è che non è da oggi il convincimento mio personale, ma anche della parte politica da cui provengo, di rispetto e di piena adesione ai valori della Costituzione e, quindi, di rispetto della data che vide il ritorno della libertà.
Leggo una parte di un documento che è stato importante nella mia vita, scritto a Fiuggi con grande sincerità e grande passione, dove senza reticenze affermavamo che l'antifascismo fu il momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato. Aggiungevamo che era altrettanto giusto speculare e chiedere a tutti di riconoscere che l'antifascismo non è un valore a sé stante e fondante e che la promozione dell'antifascismo, eccetera eccetera. Ma quello che conta è che la sincerità, la profondità che deve unirci nel ricordare questa data è tale da poter essere momento di unione e non momento di divisione.
Quando per la prima volta ho parlato da Presidente del Senato, esattamente da questa postazione, ho detto che la mia massima ambizione è fare andare ancora più avanti, come tentò di fare il presidente Berlusconi nel famoso intervento di Onna, che richiamo integralmente. Come tentò di fare il presidente Violante nel suo intervento, che richiamo integralmente e di cui avevo previsto di leggere dei brani, ma ne faccio a meno. In quella occasione, in maniera molto più modesta, ho auspicato che si andasse nella direzione di un comune riconoscimento dei valori che nascono dalla sconfitta del fascismo e dalla liberazione dall'occupazione nazista e che trovano nella Costituzione la massima espressione.
Oggi sono passati ottant'anni. È un tempo breve rispetto all'eternità, ma lunghissimo rispetto alla storia degli uomini e delle nazioni. Forse è un tempo sufficiente perché si guardi con sempre maggiore condivisione e mai con strumentalizzazione a quello che fu uno dei momenti fondanti dell'antica storia d'Italia, del nostro popolo, della nostra Nazione. L'ottantesimo anniversario della Liberazione lo celebriamo oggi insieme, spero davvero tutti con volontà e spirito unitario. (Applausi).
MONTI (Misto). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MONTI (Misto). Signor Presidente, onorevoli colleghi, senza saperlo mi muovo in continuità con le sue parole, che hanno guardato al passato cercando di realizzare uno spirito unitario. A me sembra che lo spirito unitario sia ancor più necessario se guardiamo al futuro della liberazione e della libertà. Oggi la sobrietà si impone nel celebrare la Liberazione, secondo me, non perché sia stata richiesta dall'alto, ma perché nelle nostre coscienze quest'anno, per la prima volta, prevale una profonda preoccupazione se guardiamo al futuro.
Sobrietà, quindi, ma con un grido di allarme. Ottant'anni fa e negli ottanta anni passati da allora, abbiamo sviluppato tutti, nel nostro Paese e credo in tutta Europa, una grandissima riconoscenza verso quel Paese che più di ogni altro ha contribuito, con il grande sacrificio dei suoi uomini - senza dimenticare l'essenziale apporto delle forze della Resistenza in Italia - a liberare l'Italia e l'Europa dal nazifascismo. Gli Stati Uniti, negli ottant'anni successivi, sono stati un punto di difesa e di riferimento assolutamente fondamentale per tutti noi, nell'alternanza anche a largo raggio delle posizioni politiche tra Presidenti democratici e repubblicani, molto conservatori e molto progressisti.
Per la prima volta, gli Stati Uniti da qualche mese creano rilevanti preoccupazioni non per le scelte politiche che compiono, perché non credo che la scelta dei dazi, per quanto preoccupante da altri punti di vista, possa essere vista come un vulnus alle democrazie liberali, ma per i molti comportamenti sia sul piano interno, sia sul piano della prepotenza nei rapporti internazionali che sono un segnale che credo dovrebbe preoccupare tutti noi grandemente.
A me piacerebbe, riecheggiando quello che il Primo Ministro del Canada diceva qualche settimana fa, che dall'Italia prendesse il via, senza strutture e senza orpelli, la formazione di quella che chiamerei una lega delle democrazie liberali, perché ci sono molti Paesi che non fanno parte dell'Unione europea come il Canada, il Regno Unito, l'Australia, la Nuova Zelanda, che si sentono sperduti di fronte ai comportamenti attuali, che speriamo siano reversibili, dell'amministrazione americana. Noi dobbiamo fare di tutto perché, con l'Europa, quella parte del mondo che si riconosce ancora nella democrazia liberale - lei ha appena sottolineato, signor Presidente, i valori della nostra Costituzione, noi ci siamo in pieno e vogliamo restare nella democrazia liberale - abbia anche un filo di dialogo e di unione per far fronte a questa difficoltà. (Applausi).
PRESIDENTE. Trattandosi del presidente Monti, credo che nessuno abbia nulla in contrario se ho un po' prolungato il tempo a sua disposizione.
UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signor Presidente, colleghe e colleghi, era il 24 aprile del 1921, esattamente 104 anni fa, si chiamava Franz Innerhofer, era un maestro elementare. Quel giorno a Bolzano c'era una manifestazione di folklore sudtirolese; i fascisti arrivarono in 300 con mazze, bastoni e armi e lo uccisero a pistolettate. Stava soltanto difendendo i suoi alunni.
Julius Perathoner era l'ultimo sindaco di lingua tedesca di Bolzano, nel 1922 gli squadristi occuparono la città e minacciarono di incendiare il Comune se non si fosse dimesso. La sua colpa era di aver difeso la scuola di lingua tedesca che i fascisti volevano trasformare in uno strumento di imposizione linguistica. I Carabinieri e l'Esercito rimasero a guardare. Mancavano quattro settimane alla marcia su Roma.
Quando si parla dei crimini del fascismo, c'è una storia che non tutti conoscono ed è quella della mia terra, il Sud Tirolo. Il Ventennio fu un periodo orribile di persecuzioni contro i cittadini di lingua tedesca e ladina.
L'insegnamento del tedesco venne proibito. Non lo si poteva parlare né in pubblico né in casa. Migliaia di cognomi vennero cambiati, così come i nomi delle città: Innichen divenne San Candido, Sterzing divenne Vipiteno. Perfino i cimiteri furono privati dei loro segni tirolesi.
Per difendere e tramandare la nostra lingua e cultura, nacquero le katakombenschulen, le scuole clandestine nelle cantine e nei fienili. Insegnanti e genitori rischiavano multe pesantissime, il carcere o l'esilio: come mia nonna, Berta Deutsch, e come Angela Nikoletti, arrestata a 22 anni per avere insegnato il tedesco ai bambini. Morì tre anni dopo, consumata dalla malattia contratta in carcere.
Poi arrivò il 1939. Mussolini, con il sostegno di Hitler, impose il Patto delle opzioni: o abbandonare la propria lingua e cultura o restare e rinunciare alla propria identità. Una scelta lacerante, che divise famiglie e comunità. Non so se tutto questo rientri nell'idea di sobrietà del ministro Musumeci. So, però, che per noi il fascismo non è stata una opinione tra le altre, ma una minaccia esistenziale.
È stato il tentativo di cancellare un popolo, fallito solo grazie alla resistenza civile di uomini e donne come il canonico Michael Gamper, Josef Noldin, Maria Nicolussi e di chi, nel 1945, fondò la Südtiroler Volkspartei per difendere i diritti negati. (Applausi).
Quella del Sudtirolo è una storia che parla chiaramente di cosa sia stato il fascismo: intolleranza, oppressione, persecuzione. Un'ideologia che ha trasformato il potere nel piacere di infliggere morte e annientare identità diverse. Ma oggi, quella stessa terra che il fascismo voleva snaturare è un esempio di autonomia, convivenza e tutela delle minoranze. Non per grazia ricevuta, ma per una lunga battaglia civile.
Per questo, gli 80 anni del 25 aprile meritano tutta la nostra attenzione. Il 25 aprile non è solo memoria, ma è anche un monito. Ciò che siamo è perché uomini e donne dell'antifascismo hanno combattuto. Ciò che saremo dipenderà dalle battaglie che faremo noi per la libertà, la giustizia, la democrazia. E allora buona festa della Liberazione a tutti voi. (Applausi).
PAITA (IV-C-RE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAITA (IV-C-RE). Signor Presidente, ho chiesto personalmente, a nome di Italia Viva, di celebrare in quest'Aula l'ottantesimo anniversario della liberazione dell'Italia dal nazifascismo. Mi era sembrata incredibile l'idea che non si facesse. E sono grata a tutti i colleghi e ai Gruppi che hanno sostenuto la nostra proposta: tutti.
Il 25 aprile del 1945 segna la riconquista della libertà dopo il ventennio della dittatura fascista e dell'occupazione nazifascista. Segna la fine della guerra e la pace riconquistata. Segna la nascita della nostra democrazia nella Resistenza, con la sua Costituzione, in cui affonda le proprie radici.
Il 25 aprile, quindi, è una data fondante della storia dell'Italia repubblicana e democratica. Fu lo sbocco di un vero e proprio moto di popolo: comunisti, cattolici, liberali impegnati nella Resistenza. Militari che rifiutarono di arruolarsi nelle brigate nere. Le donne e gli uomini che, per le ragioni più diverse, rischiarono la vita per nascondere un ebreo, per aiutare un militare alleato, per sostenere chi combatteva in montagna o nelle città. Così come non possiamo mancare di ricordare il generoso ed eroico sacrificio dei soldati americani ed inglesi ed è altrettanto doveroso ricordare l'impresa della brigata ebraica. (Applausi).
È però alle donne che voglio dedicare una menzione speciale. Recentemente, ho avuto l'onore di partecipare alla celebrazione del 25 aprile nella fabbrica Leonardo. La storica Benedetta Tobagi ha ricordato il ruolo delle donne, dapprima negli scioperi che vanno dal marzo del 1943 alla primavera del 1945. In molti casi, sono state le donne a sfidare i capi fascisti ed a rischiare la loro vita durante la Resistenza per i diritti e per le libertà. (Applausi).
Allo stesso modo, non posso non ricordare le parole di Tina Anselmi, che in un'intervista storica disse: nella nostra incoscienza abbiamo accettato una sfida, abbiamo vissuto un'esperienza drammatica in un momento in cui era necessario schierarsi e decidere da che parte si stava. Siamo stati per certi versi fortunati, perché la storia ci aveva costretto a decidere, guardando la verità in faccia.
Il 25 aprile, come ha più volte ricordato il presidente della Repubblica Mattarella, è una data che ci ricorda la lotta per la libertà e la democrazia e ci invita a continuare a difenderle. Ecco, a ottant'anni da quel 25 aprile del 1945 viviamo un tornante della storia in cui di nuovo siamo chiamati a difendere le nostre democrazie da un attacco senza precedenti dalla fine della Seconda guerra mondiale. C'è una vecchia citazione di Albert Camus, che dice: «Quando una democrazia è malata, il fascismo si presenta al suo capezzale, ma non certo per sincerarsi delle sue condizioni».
Sia ben chiaro, oggi a minacciarci non è il fascismo, ma un modello di democrazia limitata e in crisi, rimpicciolita, a tratti illiberale, perché attacca il liberalismo nel suo complesso e in ognuna delle proprie libertà; un universo ideologico che trova i suoi migliori alleati nelle autocrazie, che perseguono un chiaro disegno di attacco alle nostre democrazie. La storia oggi, come ottant'anni fa, ci pone di fronte ad una scelta: lottare per la riscossa delle democrazie liberali, o essere in qualche modo complici della loro capitolazione ed è una scelta di campo che non ammette furbizie, scorciatoie o ambiguità.
Il 25 aprile ci obbliga a distinguere i torti dalle ragioni, gli aggrediti dagli aggressori. Questa notte abbiamo appreso la notizia dell'ennesimo attacco brutale a Kiev da parte della Russia di Putin ed è l'ennesima dimostrazione che il mondo libero e l'Occidente devono lottare per una pace davvero giusta. (Applausi). Viviamo in un'epoca di cambiamento radicale per l'Occidente: vi è il rischio del disimpegno americano e dei dazi, il rischio del disimpegno nel ruolo dell'Europa e l'aggressività di Putin, la crisi mediorientale. Abbiamo una serie di ragioni che ci invitano a rafforzare il ruolo dell'Europa. Il 25 aprile per noi non è un rituale, ma è l'occasione per guardare a ciò che ci attende e per trasmettere alle nuove generazioni il più profondo senso di libertà e un'idea di Stati uniti d'Europa, che è la stessa idea scritta nel Manifesto di Ventotene (Applausi). Il resto è propaganda e mistificazione storica.
Non so se ho detto parole sobrie, so che ho pronunciato parole libere. So che chi rappresenta le istituzioni dovrebbe avere sempre il coraggio di celebrare i momenti unificanti e di patrimonio collettivo. Non ho mai gridato al pericolo fascista in questi anni, perché il pericolo reale è che si faccia appello alla sobrietà per arrivare all'oblio. Grazie e buon 25 aprile. (Applausi).
BIANCOFIORE (Cd'I-UDC-NM (NcI, CI, IaC)-MAIE-CP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BIANCOFIORE (Cd'I-UDC-NM (NcI, CI, IaC)-MAIE-CP). Signor Presidente, vorrei riprendere le sue parole per dire che quest'ottantesimo anniversario, come tutte le feste della Liberazione, dovrebbe essere una giornata di unità nazionale, una giornata nella quale ovviamente tutti ci rivediamo, perché la libertà è stata conquistata con il sangue e il sacrificio di molti, non soltanto dei partigiani, non soltanto della Resistenza, ma dei militari, di tanta gente, uomini e donne semplici, persone normali.
Voglio portarvi un caso personale, del quale nessuno sa, ma che risiede nel mio cuore: mio zio, dal quale prendo il nome, era di una famiglia di destra (non faccio fatica a dirlo) ed era uno di quei ragazzi periti nel 1943 nella battaglia di Montelungo, passato da un giorno all'altro dal fare parte, come tutti i ragazzi, non soltanto quelli di destra, dell'esercito italiano, al fianco delle truppe nazifasciste, all'essere invece al fianco delle truppe americane nell'alleanza. La mia famiglia ha pagato un tributo di sangue molto forte, perché un ragazzo è morto a ventidue anni in guerra, nella battaglia di Montelungo.
Con questo voglio invitarvi a considerare che la partecipazione al 25 aprile non può essere di parte. Vorrei che per una volta veramente dicessimo basta alla strumentalizzazione politica di questa giornata (Applausi), perché questa è una giornata che veramente appartiene a tutti i cittadini italiani e che nella quale si celebrano - come ha detto benissimo il presidente La Russa - i valori della Costituzione, alla quale aderiamo tutti noi che sediamo in quest'Aula, così come tutti i partiti politici che fanno parte dell'arco parlamentare italiano.
Basta veramente, anche per quelle guerre che sono state citate, rivangare costantemente quello che è successo. Parliamo di periodi in cui c'era una dittatura: c'era in Italia, in Spagna, praticamente in tutta Europa. C'era soprattutto la dittatura nazista, ma c'era anche la dittatura comunista (non dimentichiamocelo, perché faremmo un torto alla storia). Basta rivangare periodi difficilissimi per tutti, perché tutto il popolo italiano ha sofferto: chi era di estrazione di destra e chi di sinistra. (Applausi).
Rivediamoci invece, come ha ben detto il presidente La Russa, citando il presidente Berlusconi, il famoso discorso di Onna in cui fece appello a tutte le forze politiche italiane e a tutte le forze anche partigiane, affinché questa fosse una giornata di unità nazionale. Sarebbe veramente bello se riuscissimo a superare e finalmente a non strumentalizzare una giornata come questa per fini politici, perché è vergognoso.
Pensiamo, proprio in queste giornate che dovrebbero essere di sobrietà, a quello che diceva Papa Francesco, ossia di non dimenticare mai di andare a dormire senza fare la pace. Facciamo, per una volta, la pace in questo Paese definitivamente. (Applausi).
MAGNI (Misto-AVS). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAGNI (Misto-AVS). Signor Presidente, siamo qui oggi a ricordare l'80° anniversario della liberazione dal nazifascismo.
Non si può però non dire, con tutta sobrietà, che ci fu chi combatté dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata. Partigiani, partigiane e gli antifascisti furono ovviamente quelli dalla parte giusta ed è grazie a loro che abbiamo potuto riscattare la dignità del nostro Paese e scrivere la Costituzione che ha garantito a tutti noi, per adesso, 80 anni di libertà.
Quella Costituzione, fondata sull'antifascismo e sulla lotta partigiana, sancisce all'articolo 1 che l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. L'articolo 2 sancisce che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità. Ai sensi dell'articolo 3, tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. L'articolo 4 sancisce che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ai sensi dell'articolo 11, l'Italia ripudia la guerra.
C'è una domanda che mi faccio e vi faccio, senza polemica, in merito a questo spirito della Costituzione, che ha permesso pluralismo e partecipazione nel nostro Paese. Io sono preoccupato, in questo momento, per quanto avviene nel mondo, in cui le guerre sono diffuse, i sovranismi stanno prendendo piede e stanno avanzando posizioni contrarie alla coesione sociale, al riconoscimento delle differenze e delle libertà individuali e collettive delle persone. Questo è ciò che vorrei sottolineare.
È per questo che concludo con una citazione di Arrigo Boldrini: abbiamo combattuto assieme per riconquistare la libertà per tutti, per chi c'era e per chi non c'era e anche per chi era contro. Queste sono le parole di disse Arrigo Boldrini, comandante partigiano e Presidente dell'ANPI dal 1947 al 2006. Mi sento di battermi continuamente e di portare avanti sempre quest'affermazione fatta da Arrigo Boldrini a nome di tutti i partigiani e le partigiane. (Applausi).
GASPARRI (FI-BP-PPE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GASPARRI (FI-BP-PPE). Signor Presidente, il Gruppo Forza Italia partecipa con spirito sincero a questa celebrazione che è stata voluta dalla Presidenza e da tutti i Gruppi, con lo stesso spirito con cui ieri abbiamo detto che ringraziavamo le Presidenze, senza alimentare polemiche o distinzioni.
Non vi è dubbio che in Italia c'è un prima e un dopo: il 25 aprile 1945 segna non solo il ritorno alla democrazia, ma direi proprio l'avvento della democrazia.
Infatti, la democrazia così come era esercitata prima della dittatura fascista non prevedeva il suffragio universale, il voto delle donne né una serie di diritti che dopo quella data e con il referendum per la scelta tra la Repubblica e la monarchia, con l'elezione dell'Assemblea costituente, con l'entrata in vigore della Costituzione e con le elezioni del 1948 dava al Paese una pienezza di diritti che nella fase più antica non c'erano. Non si tratta, quindi, di un ritorno, ma proprio dell'avvento di una democrazia più piena, alla quale lavoriamo sempre, perché la Costituzione è stata oggetto di riflessioni e di dibattito, anche in questa legislatura, con l'intento, spesso, casomai non condiviso da tutti, di rendere ancora più ampi gli spazi della democrazia e della libertà dei cittadini. È quindi evidente che quella data segna uno spartiacque.
È stato citato da molti, ma il Gruppo di Forza Italia non può non fare delle citazioni puntuali, quello che il presidente Berlusconi il 25 aprile 2009 disse ad Onna, ricordando che il nostro Paese ha un debito inestinguibile verso quei tanti giovani che sacrificarono la vita, che diedero un contributo decisivo a riscattare l'onore della Patria, per rispettare la fedeltà a un giuramento, ma che restituirono quell'indispensabile valore che è la libertà. Berlusconi, nel ricordare i giovani italiani che si sacrificarono in quella tragica stagione, ricordò anche il debito di gratitudine che abbiamo verso tutti gli altri ragazzi americani, inglesi, francesi, polacchi e di tanti Paesi alleati, molti dei quali caddero in Italia e che sono sepolti nei tanti cimiteri di guerra che costellano il nostro Paese. Peraltro, giorni fa proprio in Parlamento, che sta vivendo giornate storiche anche con la presenza di re Carlo III, sono stati ricordati quei momenti e quei protagonisti. Senza il sacrificio di questi italiani e di tanti altri, come diceva Berlusconi, il futuro del nostro Paese non sarebbe stato quello che è stato e con rispetto dobbiamo ricordare, come diceva il presidente Berlusconi, tutti i caduti, anche quelli che hanno combattuto dalla parte sbagliata, sacrificando in buona fede la propria vita e i propri ideali.
La Resistenza è uno dei valori fondanti della nostra Nazione, disse Berlusconi, un ritorno alla tradizione di libertà e la libertà è un diritto che viene prima delle leggi e dello Stato, perché è un diritto naturale che ci appartiene in quanto esseri umani. Una Nazione libera, tuttavia, non ha bisogno di miti; come per il Risorgimento, occorre ricordare anche le pagine oscure della guerra civile e altri momenti drammatici.
In quel momento quel discorso creò un clima nel Paese che tutti ricordiamo. Il presidente La Russa ha poi ricordato altri momenti di dibattito nelle formazioni politiche che vivevano passaggi di transizione non banali ma sinceri, così come ha ricordato l'intervento che credo fosse del 1996 del presidente Violante, il quale, pur riconoscendo con nettezza chi aveva ragione e chi aveva torto in quella guerra, cercava di dare un contributo a un processo di pacificazione che resta un obiettivo complesso e difficile nella vita del nostro Paese. Questo anche perché il dibattito c'è stato in tutta Europa e io ho ricordato il discorso del presidente Berlusconi del 2009, così come ciascuno può ricordare altri momenti, ma ho reso omaggio ai lavori dell'Assemblea costituente e a tutte le vicende che hanno portato la democrazia in Italia. Ricordo anche che il Parlamento europeo il 19 settembre 2019 approvò una risoluzione molto importante, che non fu approvata proprio all'unanimità, ma a larga maggioranza, che condannava i regimi nazisti e comunisti, i loro omicidi di massa e la storia tragica del Novecento. Noi sappiamo chi aveva ragione e chi aveva torto nella guerra che ha diviso l'Europa e l'Italia, però sappiamo che anche altri avevano torto nel mondo e che quindi non tutti avessero ragione. Ritengo pertanto che anche quel dibattito del Parlamento europeo del 2019 va ricompreso nella difesa dei valori della libertà e della democrazia, che sono stati conculcati, come diceva lei, e negati dal fascismo, che sono stati negati dal nazismo fino all'orrore dell'Olocausto, ma che anche altre culture totalitarie hanno negato. Quindi la festa della libertà deve essere la festa della libertà contro ogni dittatura e contro ogni totalitarismo. Con questo spirito sincero riteniamo che quella del 25 aprile sia la festa della libertà e della democrazia, per tutti gli italiani. (Applausi).
MAIORINO (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAIORINO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, è l'80° anniversario della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo. Ottant'anni sono tanti e pochissime e pochissimi sono ormai i superstiti, i testimoni oculari di quel dramma che fu la Seconda guerra mondiale e l'oppressione nazifascista. Celebrare il 25 aprile non è però una formalità da sbrigare, non lo è mai stata e certamente oggi lo è meno che mai: è la festa fondativa della nostra Repubblica, è la radice stessa della nostra Costituzione, ma soprattutto è il ricordo del giorno «fatidico» - così lo definisce il presidente Mattarella - in cui l'Italia scelse, riscattando l'onore perduto, da quale parte della storia stare: dalla parte della libertà contro l'oppressione, dalla parte della democrazia contro la dittatura, dalla parte della dignità umana contro la sopraffazione da parte di chi si sente superiore. Queste sono scelte attualissime.
Celebrare il 25 aprile è rendere onore alla carne e al sangue di coloro che hanno sperimentato sulla propria pelle e sulle proprie esistenze la follia di un perverso ideale che dapprima ha infettato i cuori e le menti e poi ha armato le mani degli uomini, come un'inevitabile conseguenza. Un ideale perverso che ha spinto a pensare di poter inquadrare le persone in giuste e sbagliate, in degne e indegne di vivere, ed esaltava la forza fisica e la guerra come valori e giustificazioni per le proprie angherie.
Non può esserci equidistanza nel celebrare il 25 aprile tra chi combatté da una parte e chi combatté dall'altra, perché significherebbe negarne la natura stessa, che consiste proprio nel ripudio di quel perverso ideale che porta il nome di fascismo. Va detto con forza in quest'Aula, tempio della democrazia, che celebrare il 25 aprile non richiede inviti alla sobrietà, perché non è in contraddizione con il lutto per la scomparsa di un grande Papa e un grande uomo; significa, anzi, abbracciarne ed esaltarne gli insegnamenti. Vorremmo veramente che il 25 aprile fosse la festa di tutti gli italiani e tutte le italiane, perché senza la Resistenza, senza i partigiani, senza gli uomini e le donne che hanno rischiato e perso la propria vita, oggi non saremmo qui in un Parlamento libero, eletti come rappresentanti del popolo.
Oggi più che mai sentiamo che celebrare l'80° anniversario della Liberazione non è vuoto rituale, non è polverosa memoria. Onorevoli colleghe e colleghi, la Resistenza e la Liberazione vivono oggi in chi non finge per convenienza di non sapere che oggi gli Stati Uniti, proprio quel Paese che fu così determinante per la vittoria e la sconfitta del nazifascismo, sono governati da quello stesso uomo che fu fautore e promotore dell'assalto alle istituzioni democratiche il 6 gennaio 2021 (Applausi), ai cui autori ha infatti immediatamente concesso la grazia, appena divenuto Presidente. La Resistenza si incarna in chi denuncia e si oppone a una crescente repressione del dissenso e della libertà di espressione e manifestazione nei Paesi cuori dell'Occidente. La Liberazione vive nelle marce e nelle lotte dei nostri concittadini e concittadine gay, lesbiche, trans, contro cui odio e discriminazione stanno crescendo ovunque e vengono addirittura istituzionalizzati nelle Costituzioni. La Resistenza vive sulle labbra di chi ha il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, di chi sa che chi stermina a migliaia civili inermi e invade le loro terre è un criminale di guerra e come tale deve essere giudicato dal Tribunale internazionale dell'Aja. (Applausi). Liberazione e Resistenza vivono nel disperato coraggio dei giovani che manifestano contro la catastrofe climatica e la devastazione del pianeta portate avanti in nome del profitto, e in cambio ricevono persecuzione e carcere. La Resistenza è anche quella delle donne e degli uomini al loro fianco impegnati per una vera parità tra i generi e che non accettano che il diritto all'autodeterminazione, quindi anche all'aborto, venga messo in discussione, eroso e criminalizzato.
PRESIDENTE. Concluda.
MAIORINO (M5S). Celebrare il 25 aprile significa non considerare povertà e disagio come una colpa, ma piuttosto prodigarsi per alleviarli. Liberazione è consapevolezza che scappare da guerre e persecuzioni non significa essere criminali.
Soprattutto, celebrare il 25 aprile significa avere stampato a fuoco sul proprio cuore quell'articolo della nostra Costituzione che forse più di ogni altro è stato scritto con il sangue dei martiri di quella tragedia: «L'Italia ripudia la guerra (…) come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». L'Italia ripudia… (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. La ringrazio. (Commenti). È terminato il tempo, ha avuto un minuto in più. Se ha bisogno proprio di aggiungere qualcosa, le diamo qualche secondo. Ha avuto un minuto in più degli altri. Prego.
MAIORINO (M5S). La resistenza non è finita. Questo ottantesimo anniversario non è soltanto un traguardo, è un bivio. Sta a noi decidere se onorarlo, andando avanti nel solco di ciò che la storia ci ha già insegnato, o tradirlo, condannandoci a ripetere gli stessi errori. Viva il 25 aprile, viva la Repubblica antifascista! (Applausi).
ROMEO (LSP-PSd'Az). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROMEO (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, innanzitutto grazie per averci dato l'opportunità di celebrare qui in Aula l'ottantesimo anniversario della festa della Liberazione. Accogliamo quello che è stato il suo invito affinché questa diventi la festa di tutti, come ha ampiamente detto anche il nostro segretario Matteo Salvini. Ma, perché questo avvenga, è necessario a nostro giudizio fare un breve excursus storico, senza ovviamente fare alcuna operazione di revisionismo.
La Resistenza italiana fu l'insieme di movimenti politici e militari che in Italia si opposero al nazifascismo, nell'ambito della guerra di liberazione italiana. Il movimento della Resistenza fu caratterizzato in Italia dall'impegno unitario di molteplici e talora opposti orientamenti politici: comunisti, azionisti, monarchici, socialisti, democristiani, liberali, repubblicani, anarchici, in maggioranza riuniti nel Comitato di liberazione nazionale. Ricordiamo in principal modo Pietro Nenni del partito socialista, Giorgio Amendola del partito comunista, Ugo la Malfa del partito d'azione, Alcide de Gasperi della democrazia cristiana, Meucci Ruini della democrazia del lavoro, Alessandro Casati dei liberali.
Le varie formazioni partigiane vestivano in modo disparato e utilizzavano fazzoletti colorati di riconoscimento: rossi per le formazioni garibaldine, verdi nei reparti di giustizia e libertà, azzurri nei gruppi autonomi. Quindi, come dicevo, senza fare il revisionista e raccontando la storia com'è andata, appare chiaro che non c'erano solo i partigiani rossi, come qualcuno vuole far credere, che nella Resistenza probabilmente non videro solo la lotta contro i nazisti e coloro che avevano aderito alla Repubblica sociale italiana, ma anche l'occasione per realizzare la rivoluzione, quella già tentata alla fine della Prima guerra mondiale. Si batterono anche i partigiani bianchi, ovvero quelli di ispirazione cattolico-popolare, che Enrico Mattei, anch'egli partigiano cattolico, quantificava in 80.000 su quasi 200.000 partecipanti alla Resistenza.
Lo stesso Émile Chanoux, ispiratore della dichiarazione di Chivasso del 19 dicembre 1943, una gemma del pensiero autonomista concepita in funzione antitotalitaria, punto di riferimento da sempre della Lega (Applausi), fu capo della resistenza in Val d'Aosta e autonomista cattolico. Le nostre radici sono qui, a testimonianza del fatto che per noi un sistema federale, repubblicano, a base regionale e cantonale è l'unica garanzia contro un ritorno alla dittatura, che oggi è la dittatura del pensiero unico.
Ci fu anche la Resistenza di ispirazione conservatrice, monarchica e liberale; erano i cosiddetti partigiani azzurri, spesso esponenti del Regio esercito che avevano deciso di continuare a combattere contro l'occupazione tedesca.
La Resistenza non fu fatta solo dai partigiani, ma anche dai civili, dalle donne, dagli ebrei, dai carabinieri, dai militari che combatterono accanto agli alleati, dagli internati militari in Germania che preferirono restare nei lager piuttosto che andare a Salò. Ed è davvero vergognoso che oggi, anzi non oggi, ma da sempre durante le manifestazioni del 25 aprile la brigata ebraica divenga oggetto di bersagliamento da parte di chi della storia non ha capito niente, forse perché non l'ha mai studiata. (Applausi).
Lo stesso presidente Mattarella ha ricordato che la qualifica di resistenti va estesa non solo ai partigiani, ma anche ai militari che rifiutarono di arruolarsi nelle brigate nere e a tutte le donne e gli uomini che per le ragioni più diverse rischiarono la vita per nascondere un ebreo, per aiutare un militare alleato o per sostenere chi combatteva in montagna o nelle città.
Mi avvio a concludere dicendo che per queste ragioni sarebbe più opportuno e veritiero parlare di "resistenze" durante la celebrazione del 25 aprile, proprio per ridare giusta visibilità e dignità a un vasto mondo, ideologicamente lontano da quello social-comunista, che però si è schierato contro il fascismo in difesa di tutte le libertà. Solo così potremo parlare del 25 aprile come patrimonio di tutto il Paese, come auspicato dal presidente Mattarella. (Applausi).
PRESIDENTE. La ringrazio anche per il perfetto rispetto dei tempi.
ROSSOMANDO (PD-IDP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROSSOMANDO (PD-IDP). Signor Presidente, colleghi e colleghe, siamo qui in Parlamento, nell'Aula del Senato, per celebrare con solennità - sì, con solennità, lo voglio ripetere - il 25 aprile, la Festa della libertà conquistata con la Resistenza, qui in Parlamento, perché il nostro Parlamento repubblicano e costituzionale ha radici ben piantate nella lotta di liberazione (Applausi), che ha dato il segno alla democrazia parlamentare che ci è stata consegnata, scegliendo di essere liberi e non di essere liberati. Alle 8 del mattino del 25 aprile del 1945 da Milano la radio del Comitato di liberazione nazionale dell'Alta Italia proclamò l'insurrezione generale nazionale di tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti.
Resistenza, liberazione e Costituzione hanno scritto le regole democratiche e l'architettura istituzionale repubblicana: pluralismo nelle istituzioni e nella società, equilibrio e separazione tra i poteri dello Stato, limiti al potere esecutivo per non diventare una democratura, un sistema di pesi e contrappesi, il ruolo della Corte costituzionale, gli organismi di controllo come la Corte dei conti, ad esempio, indipendenza e autonomia della magistratura, perché tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge a difesa dei senza potere di fronte a qualsiasi potere, centralità del Parlamento, perché il popolo è fatto di cittadini e non di sudditi.
Tutto questo, con la Costituzione, costituisce la civiltà della convivenza, in cui giganteggia la parola pace, contro tutte le guerre, dal Medio Oriente all'Ucraina fino a quelle dimenticate come quella nel Sudan, che vale per tutti. L'articolo 11 della Costituzione, oltre a ripudiare la guerra come mezzo di risoluzione dei contrasti, dice che ci vuole un ordinamento sovranazionale che assicuri pace e giustizia tra le Nazioni e che bisogna promuovere e favorire le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo, rispettandone le decisioni. Princìpi come quello dell'unità nazionale, che non può fare a meno della coesione, condanna ai nazionalismi di ieri, di oggi e di domani, che hanno prodotto guerre e disastri per le popolazioni: tutto questo è stato pensato e immaginato mentre si moriva sulle montagne, così come è stato dal confino dell'isola di Ventotene che si è immaginato ed è nata l'idea di una nuova Europa unita, solidale, politica. E noi oggi guardiamo a quel progetto, perché abbiamo la necessità di politiche comuni di sostegno all'economia, al lavoro, alla sicurezza comune.
Sono molto d'accordo con il presidente Romeo e qualche nome lo aggiungo anch'io, perché sono un patrimonio pubblico e collettivo la Resistenza e la lotta per la liberazione. (Applausi). È questo che noi vogliamo ed è per questo che siamo in quest'Aula del Senato. Uomini e donne di diversa provenienza sociale, culturale, operai, contadini, studenti, intellettuali, borghesi delle libere professioni, di diversa provenienza anche geografica.
Voglio ricordare, per tutti, Pompeo Colajanni, che dalla Sicilia venne a combattere nelle terre del Piemonte. (Applausi).
E ricordo diverse formazioni. Giustizia e Libertà (Applausi): Ferruccio Parri, Emilio Lussu, Silvio Trentin, Duccio Galimberti. Le Fiamme Verdi dei cattolici e della Democrazia Cristiana: Giacomo Perlasca, don Domenico Orlandini, Enrico Mattei, Tina Anselmi, Giovanni Marcora. Le Brigate Matteotti: (Applausi) Sandro Pertini ed Eugenio Colorni. Le Brigate Autonome e i militari: Raffaele Cadorna, il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, martire delle Fosse Ardeatine. (Applausi. Molti senatori si levano in piedi).
Infine, ricordo le donne. 70.000 le partecipanti ai gruppi in difesa della donna, 35.000 le partigiane combattenti, 4.600 arrestate, torturate, condannate e 2.750, deportate in Germania. Oltre a queste, ricordo i nomi più famosi. Voglio ricordare Lina Merlin, socialista, instancabile oppositrice del fascismo che le costò il confino in Sardegna.
Lina Merlin ha pronunciato il primo discorso di una donna in Parlamento. Lo ha fatto qui al Senato ed è stato un discorso commovente, in difesa dei contadini del Veneto che avevano scioperato contro i proprietari agrari e avevano lasciato sul terreno un giovane contadino agrario. (Applausi).
Teresa Mattei, la più giovane eletta. Chicchi per i partigiani, eletta deputata a 25 anni e tre mesi. Teresa Noce, che fece tantissimo e fu anche internata in un campo di concentramento. Poi, naturalmente Nilde Iotti, Tina Anselmi e tante altre.
Signor Presidente, è per tutto questo ed anche per questo che il 25 aprile, la Resistenza e la Liberazione, sono un patrimonio pubblico, che costituisce la nostra identità collettiva; appunto: non di parte, ma dalla parte giusta della storia. E non c'è storia senza verità e non c'è verità senza giustizia.
Un sistema di valori che, con la Liberazione, il 25 aprile riscattò e rinnovò il concetto di Patria. Quella Patria di cui parlavano nelle lettere scritte poco prima di essere giustiziati quei partigiani poco più che diciottenni. Scrivevano, in quegli ultimi istanti, di amori che non avrebbero mai vissuto, ma scrivevano anche di pace, giustizia e libertà. Ed è per questo che Bella Ciao è cantata e conosciuta in tutto il mondo, simbolo universale di Resistenza contro ogni tipo di oppressione. (Applausi).
SPERANZON (FdI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SPERANZON (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, si commemora il 25 aprile come il giorno in cui la nostra Patria ha imboccato la via della democrazia, certamente, e della libertà e dello Stato di diritto. Dovrebbe, però, essere anche la data della pacificazione nazionale. (Applausi).
La storia è complessa e la verità non si difende semplificandola. Il fascismo fu una dittatura, che calpestò le libertà, represse il dissenso, perseguitò gli ebrei, annientò ogni forma di pluralismo. Fu una forma di autoritarismo che merita la nostra condanna senza ambiguità.
Se però davvero vogliamo onorare la memoria, dobbiamo avere il coraggio di superare la logica del conflitto e abbracciare quella della comprensione e della riconciliazione. Lo disse con parole lucide, coraggiose e profonde Luciano Violante nel suo discorso di insediamento alla Presidenza della Camera in quel maggio del 1996, in cui disse: bisogna sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificati, i motivi per cui migliaia di ragazzi e soprattutto ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò. Questo aiuterebbe a cogliere la complessità del nostro Paese e a costruire la liberazione come valore di tutti gli italiani. (Applausi).
Molti partigiani, uomini e donne straordinari, hanno lottato per un'Italia libera, pluralista, democratica, fondata sul rispetto delle libertà individuali. A loro va la nostra eterna gratitudine. Non possiamo, però, ignorare che, nella fase finale della guerra e talvolta anche nei mesi successivi, certi gruppi partigiani si resero responsabili di violenze orribili contro persone che non erano colpevoli di alcunché, ma vennero colpite per la loro fede, per le loro idee o per la loro classe sociale.
I buoni non furono solo da una parte e i cattivi non furono solo dall'altra. Allora, nell'ottantesimo anniversario della liberazione, voglio ricordare tre figure simbolo della libertà conquistata, che potrebbero essere donate come esempio agli italiani di oggi e a quelli di domani. Vi è il beato Teresio Olivelli, alpino e partigiano cattolico, fondatore del giornale clandestino e ribelle (Applausi), che sfidò il fascismo con il coraggio della parola e della fede e venne assassinato in un campo di concentramento, mentre cercava di proteggere un altro prigioniero. Illuminante è la sua frase in cui afferma che la vera vittoria è restare umani, anche quando il mondo ci chiede di odiare.
Altra immensa figura è quella del carabiniere Salvo D'Acquisto (Applausi), che a soli ventidue anni, in risposta a una rappresaglia scatenata da un presunto attacco partigiano, si accusò per salvare 22 civili e venne fucilato dai nazisti; lo fece in silenzio, con la dignità di chi sceglie il bene fino in fondo, senza proclami. Il suo sacrificio è un altare civile su cui si fonda il senso più alto della parola Patria.
Poi, voglio ricordare Rolando Rivi (Applausi), seminarista di quattordici anni, rapito, torturato e ucciso nel 1945 da un gruppo di partigiani comunisti. Era poco più di un bambino, vestito con il suo abito talare, testimone della fede in un tempo di odio.
Fu proprio Papa Francesco, a cui va il mio ricordo commosso, che nel 2013 ha voluto beatificare Rolando, riconoscendone il martirio in odio alla fede, colpevole per i suoi sicari di aver donato la propria vita a Cristo. (Applausi).
Allora oggi si invoca legittimamente la pace nelle piazze, tante piazze si riempiono di bandiere che invocano la pace, ma non la necessità di pacificare eventi accaduti ottant'anni fa, quando il fascismo è morto, insieme all'orrore della Seconda guerra mondiale.
Altro aspetto che va detto con chiarezza è che se oggi viviamo in una democrazia è perché qui sono sbarcati gli americani e non i sovietici (Applausi), aprendo la strada a una scelta occidentale dell'Italia. (Applausi). Per questo ha grande valore simbolico e politico quanto detto dal presidente Meloni qualche giorno fa al presidente Trump: il legame atlantico nato dopo la guerra è imprescindibile, che alla Casa bianca siedano presidenti repubblicani o democratici. (Applausi). Rafforzare l'Occidente vuol dire difenderne la libertà, il pluralismo, i diritti umani.
Signor Presidente, per concludere, ecco perché è antistorico scendere in piazza, magari il 25 aprile, parlare di libertà e allo stesso tempo manifestare contro la NATO, l'Alleanza atlantica che dal 1949 ha permesso di difendere la nostra sicurezza nazionale. (Applausi). La sinistra votò contro, allora, l'adesione al Patto atlantico, perché era filosovietica e spiace che ancora oggi ci sia chi è rimasto fedele a quell'idea.
Concludo, Presidente, sottolineando che il 25 aprile dovrebbe essere la festa degli italiani che amano la propria Patria, una data in cui possiamo dire che la Repubblica è di tutti, una data che non serve a dividere, ma ad unire; una data che non deve più essere usata per regolare i conti con il passato, ma per costruire insieme il futuro, per difendere tutti insieme le libertà conquistate, non cedendo alle scorciatoie ideologiche e, soprattutto, condannando tutte le forme di autoritarismo e totalitarismo, tutte le forme di odio e di violenza. (Applausi). È il giorno in cui possiamo e dobbiamo invocare la pace di ieri per rendere credibile e possibile la pace di oggi. (Applausi).
Solo così il 25 aprile potrà essere non solo memoria, ma speranza e futuro, una giornata di liberazione, anzi una giornata di libertà. Viva l'Italia. (Applausi).
PRESIDENTE. (Il Presidente e l'Assemblea si levano in piedi). Adesso sì che vi invito, come immaginavo sin dall'inizio, a rimanere in piedi, in maniera concorde, per celebrare il 25 aprile di 80 anni fa, per ricordare insieme tutti i caduti di quella terribile fase della nostra storia, sommando a loro il ricordo dei caduti di tutte le guerre, anche di quelle drammaticamente ancora in corso, perché il nostro sia un inno alla speranza di pace e di concordia che questo 25 aprile spero sappia esprimere con grande forza.
Colleghi, vi invito a un momento di raccoglimento. (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio). (Applausi).
Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno
GUIDI (Cd'I-UDC-NM (NcI, CI, IaC)-MAIE-CP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GUIDI (Cd'I-UDC-NM (NcI, CI, IaC)-MAIE-CP). Signor Presidente, colleghe e colleghi, ho molto imbarazzo a intervenire perché oso dire che faccio ancora una forma di resistenza al pietismo, a chi mi concede una libertà vigilata, a chi non mi perdona di essere disabile anche se "di successo".
Vedete, amici e amiche, troppa gente si trincera dietro la sicurezza del: io sì che stavo dalla parte del giusto. Ma chi è dalla parte del giusto? Io sicuramente no. Ho le stimmate, il segno dell'esclusione che è nato quando sono nato io, guarda caso nel 1945. Sono nato morto e forse da allora non mi sono ripreso mai del tutto, perché il pregiudizio, il concedermi una parte e non la vita ancora continua anche in Senato. E lo dico a De Carlo che mi ha torturato sul cicalino, dando segno che si può sorridere, anche per la disabilità si può scherzare.
Colleghe e colleghi, non voglio sentirmi in alcun modo migliore, anzi certamente peggiore, e sfrutterò forse anche la mia disabilità, ma vi dico con tanta umiltà che c'è un pericolo enorme che io ho vissuto tante volte e forse - vi chiedo perdono - continuo a vivere, quello di sentirmi, perché ho delle stimmate di diversità e sofferenza, dalla parte della ragione.
Presidenza del vice presidente CASTELLONE (ore 15,12)
(Segue GUIDI). Il modo peggiore per celebrare sobriamente il 25 aprile è quello di sentirsi migliori degli altri. Io non mi sento né peggiore, né migliore, mi sento a modo mio una persona. Perdonatemi di questo, ho l'arroganza di sentirmi persona. (Applausi).
PRESIDENTE. La ringrazio senatore Guidi anche per la sua testimonianza.
MAZZELLA (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAZZELLA (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, come cittadino di Torre Annunziata, prima ancora che come parlamentare della Repubblica, mi preme raccontarvi la storia di Luigi Guadagno, un giovane torrese che a soli 18 anni si trova imprigionato in un letto di ospedale in stato vegetativo, vittima di un incidente che ha stravolto la sua vita e quella della sua famiglia.
Luigi è un ragazzo come tanti, con sogni, speranze e desideri di vivere, amare e viaggiare, ma in una sola notte tutto questo è stato improvvisamente spezzato: un'auto lo ha travolto e da allora il suo volto e i suoi occhi rimangono muti testimoni di un dolore silenzioso e incolmabile. Il suo stato ancora in coma vigile ci dice però che c'è ancora speranza, una possibilità di aiutarlo e riprendere in mano la propria vita.
Questa speranza è fatta di cure adeguate, solidarietà, umanità. Per questo, il cognato di Luigi ha deciso di lanciare una raccolta fondi sulla piattaforma GoFundMe, con l'obiettivo di raggiungere almeno 40.000 euro, che è una prima tappa per garantire a Luigi le cure di cui ha bisogno in una clinica in Austria. Le spese complessive saranno di 100.000 euro e noi non possiamo restare indifferenti di fronte a questa richiesta di aiuto. La nostra funzione qui in Parlamento è anche quella di sensibilizzare l'opinione pubblica, di far conoscere questa storia e di invitare tutti i cittadini a fare la propria parte, perché non sono solo le istituzioni a dover intervenire nei momenti di crisi, ma lo è anche la società nel suo insieme: ciascuno di noi, con piccoli gesti di solidarietà messi insieme, può fare la differenza. Ogni euro raccolto rappresenta una speranza, un passo avanti verso la possibilità di rivedere Luigi sorridere di nuovo, ritornare a vivere con dignità e gioia. La solidarietà non è solo un gesto di generosità, ma un atto di umanità, un messaggio potente che dice che nessuno deve rimanere indietro. È un invito a tutti noi a riflettere sul valore della vita e sulla responsabilità di prenderci cura gli uni degli altri.
Vi chiedo, pertanto, di informarvi, di approfondire questa vicenda, di non lasciarci sopraffare dall'indifferenza e vi invito a condividere questa iniziativa con amici, parenti e conoscenti, a parlarne alle vostre comunità, sui social, ovunque possa arrivare il nostro messaggio di speranza, perché ogni testimonianza di solidarietà, ogni contributo, anche il più piccolo, può diventare un grande aiuto per Luigi e per tante altre persone che si trovano in situazioni di difficoltà. La vita di Luigi, la sua speranza di tornare a sorridere, dipende anche da noi e io credo fermamente che insieme possiamo fare la differenza. (Applausi).
SENSI (PD-IDP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SENSI (PD-IDP). Signora Presidente, ricorre proprio oggi il centodecimo anniversario del genocidio armeno, pagina fosca e negletta di un Novecento che non ci abbandona, come dimostrano ancora questa notte le stragi a Kiev. Slava Ukraini!
Nel 1915 un pianificato sterminio portò alla strage, da parte dell'impero ottomano (ancora gli imperi, sempre gli imperi) di un milione e mezzo di armeni deportati, massacrati, violentati, crocifissi, lasciati morire nelle marce della morte lungo il deserto come polvere della storia. Alla loro memoria dobbiamo ancora oggi uno sforzo di verità, tuttora negata, la cui mancanza pesa sulla disgraziata situazione di tutta quell'area, piagata oggi da morte e aggressioni e dove tuttavia resiste testarda un'aspirazione alla pace, fioca luce della quale non dobbiamo disperare nella oscurità di questi anni. Basti pensare alle centinaia di migliaia di armeni costretti a lasciare, poco più di anno fa l'Artsakh, esodo di una Bibbia di dolore che dobbiamo saper leggere, riconoscere e dire, ricordare, guardare dentro l'abisso che spalanca.
Verità e giustizia sono le parole che di solito balbettiamo di fronte alla umana disumanità di questa violenza smisurata della volontà di un popolo di annichilirne un altro, perché non ne resti traccia, ombra, ricordo.
Per questo oggi sentiamo il dovere storico e collettivo di commemorare il genocidio armeno e fare più vivo ciò che non muore, l'aspirazione a un impossibile mai più, un sentimento profondo di silenziosa e complice vergogna, il disagio di un silenzio che rompiamo in questa sede solenne, dove tutti insieme, signora Presidente, qualche settimana fa, maggioranza e opposizione, abbiamo saputo fare un passo avanti per la pace tra Armenia e Azerbaigian, perché i diritti umani sappiano custodirsi come umani doveri di ognuno di noi, verso ognuno di noi. Aylevs yerbek', mai più. (Applausi).
SCALFAROTTO (IV-C-RE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCALFAROTTO (IV-C-RE). Signora Presidente, intervengo soltanto pochi minuti per sottolineare un aspetto di questa giornata, nella quale si ricorda il genocidio armeno, ma è la giornata che cade nell'inizio di quel genocidio che fu segnato dal rapimento, dall'arresto e dalla decapitazione degli intellettuali armeni. Quindi il genocidio degli armeni cominciò eliminando la testa, le idee, la letteratura, lo studio, la lingua di quelle persone. Questo è ciò che caratterizza appunto un genocidio: l'idea di cancellare dalla faccia della terra quel particolare popolo.
Signora Presidente, mi perdoni l'accostamento, ma è un po' quello che a Mosca si pensa dell'Ucraina: che l'Ucraina non abbia una lingua, che l'Ucraina non abbia una cultura, che l'Ucraina non abbia nessuna ragione di esistere, che l'Ucraina è parte di qualcosa di più grande e che quindi la sua spinta identitaria debba essere soppressa, perché non deve più esistere quel popolo.
Sono certo che il giorno in cui l'Occidente abbandonasse l'Ucraina al suo destino accadrebbe che le prime persone a essere portate via sarebbero gli intellettuali, gli scrittori, i poeti, le persone che suonano e cantano in quella lingua, che portano gioia e creano cultura perché chi odia ha come primo obiettivo proprio la cultura e l'identità della persona odiata.
Quindi, nel ricordare il genocidio armeno, che va ricordato e va riconosciuto perché ancora purtroppo in molte parti del mondo questo non accade, penso che dobbiamo appunto sottolineare questo aspetto. Ha ragione il collega Sensi quando dice che dobbiamo essere attivi anche per fare in modo che intorno all'Armenia e nella regione la pace prevalga, perché il rischio è che parti di quella popolazione, come è successo, siano spostate e costrette a muoversi. Allora davvero penso che sia il momento di ricordare il genocidio nella sua complessità, ma di ricordare come cominciò, perché è da lì, sempre da lì, che comincia il desiderio di annientamento di un popolo e di un Paese attraverso la sua cultura e la sua anima. (Applausi).
Atti e documenti, annunzio
PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Ordine del giorno
per la seduta di martedì 6 maggio 2025
PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica martedì 6 maggio, alle ore 16,30, con il seguente ordine del giorno:
La seduta è tolta (ore 15,22).
Allegato A
DOCUMENTO
Documento di finanza pubblica 2025 (Doc. CCXL, n. 1)
PROPOSTE DI RISOLUZIONE NN. 1, 2, 3, 4, 5 E 6
(6-00146) n. 1 (24 aprile 2025)
Preclusa
Il Senato,
premesso che:
1) il Documento di finanza pubblica (DFP) in oggetto, a differenza del precedente Documento di economia e finanza, non contiene le stime macroeconomiche né nello scenario a politiche invariate, né nello scenario programmatico, eliminando di fatto i principali contenuti utili a conoscere la visione politica dell'attuale Governo per i prossimi tre anni;
2) in diverse audizioni è stata sottolineata la mancanza di questi contenuti e di ulteriori elementi di dettaglio utili ad analizzare le scelte di politica economica del Governo: ad esempio la Corte dei conti ha evidenziato la mancanza non solo dello sviluppo programmatico, ma anche di un dettaglio informativo determinante su diversi capitoli della politica finanziaria di breve e medio periodo, essendo limitate le indicazioni sulla composizione della spesa per settori, non essendo presenti indicazioni adeguate sulle modifiche su cui si sta lavorando per il ridisegno del PNRR e mancando indicazioni sulle scelte che ci si propone di assumere sul fronte della spesa per il settore della difesa, mentre l'Ufficio parlamentare di bilancio ha rilevato come le informazioni in merito ai fattori sottostanti la previsione tendenziale di finanza pubblica non siano complete, dato che gli elementi che determinano il quadro previsivo del conto economico delle amministrazioni pubbliche sono discussi solo a livello aggregato, senza fornire dettagli rilevanti per una valutazione approfondita delle dinamiche previste, ed essendo fornite ancora meno informazioni in merito alle previsioni per il 2028;
3) sono presenti, tuttavia, alcuni dati relativi alle politiche in essere che il Governo intende confermare, uno scenario inedito e differente dai precedenti scenari a politiche invariate e programmatico, in quanto include solamente le politiche attualmente in vigore che il Governo ha l'intenzione politica di voler prorogare anche per gli anni successivi, illustrando uno scenario ibrido tra i due precedentemente illustrati nel DEF, in quanto non include né tutte le politiche attualmente in vigore, né tutte le politiche che il Governo intende adottare;
4) il Governo quantifica la spesa necessaria per finanziare queste misure in un importo pari a 1,3 miliardi di euro nel 2026 e 2,4 miliardi di euro nel 2027, senza però indicare quali siano le misure specifiche che si intende confermare;
5) nel corso della conferenza stampa di presentazione del DFP tenutasi in seguito all'approvazione dello stesso in Consiglio dei ministri e, di nuovo, durante l'audizione in Commissione, il ministro Giorgetti ha dichiarato che, secondo la contabilizzazione NATO, la spesa per la difesa raggiungerà il 2 per cento del PIL già nel 2025, in linea con gli impegni assunti nel 2014 e ribaditi nel 2016 con il cosiddetto Defence investment pledge (DIP);
6) secondo i dati riportati nel Documento programmatico pluriennale della difesa 2024-2026, presentato dal ministro Crosetto alle Camere il 12 settembre 2024, la spesa italiana per la difesa, secondo la contabilizzazione Eurostat, era pari all'1,37 per cento del PIL nel 2024, quota destinata a scendere nel 2025 all'1,31 per cento del PIL per poi diminuire ancora nel 2026 all'1,26 per cento del PIL;
7) anche secondo l'ultimo report NATO, e quindi secondo questi diversi criteri di contabilizzazione, nel 2024 la spesa in difesa dell'Italia era pari all'1,5 per cento del PIL, un dato più alto di quello riportato nel documento italiano, grazie al fatto che nel conteggio NATO sono incluse un numero maggiori di voci, come ad esempio la spesa per le pensioni del personale della difesa, che per i criteri Eurostat è invece contabilizzata nella spesa per protezione sociale;
8) nonostante le affermazioni del Ministro, nel DFP non sono presenti nuove informazioni che inducano a ritenere che nel 2025 la spesa per la difesa possa raggiungere il 2 per cento del PIL, anche solo secondo i criteri di contabilizzazione NATO;
9) il prossimo giugno si terrà un nuovo vertice NATO, dove tra gli argomenti all'ordine del giorno ci sarà senz'altro la discussione su un possibile innalzamento della quota di spese per la difesa in percentuale del PIL che i Paesi alleati devono garantire, anche in considerazione delle ultime dichiarazioni del segretario generale della NATO Mark Rutte, il quale ha avvertito che si dovrà spendere sostanzialmente di più del 3 per cento per colmare le lacune di capacità e raggiungere gli obiettivi dei piani di difesa;
10) nelle conclusioni della riunione straordinaria dello scorso 6 marzo, il Consiglio europeo ha preso favorevolmente atto della proposta della Commissione relativa a un nuovo strumento dell'UE - denominato SAFE (Security action for europe) - finalizzato a fornire agli Stati membri prestiti sostenuti dal bilancio dell'UE per un importo fino a 150 miliardi per finanziare un aumento delle spese nel settore della difesa;
11) per quanto riguarda la spesa sanitaria, il DFP conferma quanto già previsto dal Governo nella precedente sessione di bilancio, ovvero la scelta di non aumentare le risorse destinate a questo settore per i prossimi tre anni;
12) si prevede, infatti, che la spesa sanitaria rimanga costantemente pari al 6,4 per cento del PIL, stanziando solamente le risorse necessarie ad evitare una diminuzione della spesa reale, senza garantire ulteriori investimenti in un settore che versa in condizioni particolarmente critiche, tra liste di attesa sempre più lunghe, pronti soccorso al collasso, personale sanitario in fuga verso il settore privato - o l'estero - e cittadini costretti alternativamente ad indebitarsi per curarsi oppure a rinunciare alle cure a causa delle ristrettezze economiche;
13) secondo i dati aggiornati sulla tax compliance, nel 2021 sono stati incassati 9,7 miliardi di euro in più rispetto all'anno precedente, di cui 6,5 miliardi di euro dovuti a maggiori entrate dell'IVA e 3,2 miliardi di euro grazie a maggiori entrate di IRPEF e IRES;
14) rispetto a quanto ipotizzato nelle previsioni tendenziali formulate nel Piano strutturale di bilancio di medio termine, si sono registrate maggiori entrate per 2,2 miliardi di euro rispetto a quanto stimato: in particolare 2,9 miliardi di euro in più dall'IRES, 0,6 miliardi di euro in più dall'IVA e, al contempo, 1,3 miliardi di euro in meno dall'IRPEF;
15) con il decreto-legge n. 19 del 2 marzo 2024 è stato introdotto il piano 'Transizione 5.0', per sostenere il processo di transizione digitale ed energetica, una misura che prevede crediti di imposta finanziati con 6,3 miliardi del piano REPowerEU e ripartiti nel biennio 2024-2025;
16) secondo i dati riportati nel DFP, al 5 marzo 2025 erano state prenotate risorse per soli 500 milioni di euro, mentre rimangono circa 5,7 miliardi da concedere entro il secondo trimestre 2026;
17) per giustificare i fallimentari risultati di questa misura fin qui ottenuti, il ministro Giorgetti ha sostenuto in audizione che l'alto grado di burocratizzazione di questa misura sia stato imposto dall'Europa, assicurando di essere già al lavoro per rendere più facile l'utilizzo di questo strumento da parte del sistema imprese,
impegna il Governo:
1) a riferire al Parlamento le stime macroeconomiche nello scenario a politiche invariate e nello scenario programmatico, per chiarire il programma politico dell'Esecutivo per il prossimo triennio anche in vista della prossima sessione di bilancio;
2) ad accorpare la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, da inviare al Parlamento entro il 27 settembre, al Documento programmatico di bilancio, integrandola con lo scenario a politiche invariate e con lo scenario programmatico, nonché con tutti gli elementi utili a garantire un maggior un dettaglio informativo sui diversi capitoli della politica finanziaria di breve e medio periodo, quali la composizione della spesa per settori, elementi e indicazioni adeguate sulle modifiche su cui si sta lavorando per il ridisegno del PNRR, indicazioni sulle scelte che ci si propone di assumere sul fronte della spesa per il settore della difesa e informazioni in merito alle previsioni per il 2028;
3) ad illustrare quali sono le politiche in essere che il Governo intende confermare e che richiedono uno stanziamento pari a 1,3 miliardi di euro nel 2026 e 2,4 miliardi di euro nel 2027, evidenziando allo stesso tempo quali sono, al contrario, le misure attualmente in vigore che non si intende confermare negli anni seguenti;
4) a chiarire in che modo ritiene di poter raggiungere l'obiettivo NATO di spesa per la difesa pari almeno al 2 per cento nel PIL già quest'anno, indicando quali sono le nuove spese che si intende finanziare e quali sono le spese che, invece, verranno semplicemente contabilizzate sotto una voce diversa per consentire di tenerne conto nel calcolo finale;
5) ad accedere agli strumenti finanziari predisposti dall'Unione europea per il potenziamento delle spese per la difesa, nel caso in cui non si raggiunga la quota del 2 per cento del PIL o qualora in seguito al prossimo vertice NATO venga stabilita di comune accordo un obiettivo più alto, al fine di rispettare gli impegni internazionali;
6) a partecipare attivamente al percorso di costruzione di un sistema di difesa europeo e di progressiva integrazione politica, industriale e militare tra gli Stati membri, favorendo il ripristino di un rapporto sempre più stretto con il Regno Unito;
7) a riferire se, nello scenario programmatico, intende considerare un aumento reale della spesa sanitaria nei prossimi tre anni, e, in caso affermativo, quantificando l'aumento previsto in termini di punti percentuali sul PIL;
8) ad impiegare le maggiori entrate fiscali derivanti dall'IRES e dall'IVA per diminuire queste due specifiche imposte, quantificando i benefici che si prevede di poter garantire a imprese e cittadini;
9) ad illustrare le motivazioni che non hanno consentito di raggiungere gli obiettivi previsti dal Piano strutturale di bilancio di medio termine per quanto riguarda il miglioramento della tax compliance sull'IRPEF e quali strumenti ulteriori di contrasto all'evasione fiscale per questa specifica imposta si intendono adottare;
10) a semplificare le procedure di richiesta del credito d'imposta previsto dal Piano Transizione 5.0, riducendo i passaggi autorizzativi attraverso l'eliminazione di duplicazioni burocratiche e l'introduzione di strumenti digitali per l'autocertificazione delle imprese, garantendo comunque un adeguato controllo ex post, per rendere il beneficio quanto più automatico possibile, sul modello di Industria 4.0.
(6-00147) n. 2 (24 aprile 2025)
Preclusa
Il Senato,
premesso che:
con il Documento di finanza pubblica 2025 (DFP), approvato lo scorso 9 aprile dal Consiglio dei ministri e trasmesso alla Presidenza il 10 aprile (DOC. CCXL N.1 e ALLEGATI), il Governo, tenuto conto di quanto indicato nel Piano strutturale di medio termine 2025-2029 (Piano), presentato lo scorso 27 settembre 2024, aggiorna parte delle previsioni in esso contenute alla luce del mutato contesto economico e geopolitico internazionale;
il Governo rileva anzitutto che nel 2024 la crescita reale del PIL in media d'anno si è attestata allo 0,7 per cento, tre decimi di punto al di sotto della previsione contenuta nel Piano;
quanto agli anni successivi, pone in evidenza come, a partire dal secondo trimestre dell'anno in corso, l'andamento dell'economia italiana potrebbe risentire degli annunci riguardanti i dazi imposti dagli Stati Uniti e dell'elevato grado di incertezza circa l'evoluzione delle politiche tariffarie a livello globale. Per tale motivo adotta stime prudenziali per quanto riguarda l'andamento del PIL nei prossimi trimestri. In sostanza, la crescita reale del 2025 viene rivista al ribasso di sei decimi di punto e di tre decimi di punto per quello successivo, rispettivamente allo 0,6 per cento e allo 0,8 per cento, così come vengono altresì analizzati scenari di rischio al ribasso;
vengono confermati invece gli obiettivi di spesa netta e di riduzione di deficit e debito enunciati nel Piano;
è utile ricordare che il presente DFP è frutto della riforma delle regole della governance economica europea, realizzata a seguito dell'entrata in vigore del regolamento (UE) 2024/1263 del Parlamento europeo e del Consiglio, del regolamento (UE) 2024/1264 del Consiglio e della direttiva (UE) 2024/1265 del Consiglio del 29 aprile 2024, che ha modificato l'impostazione della programmazione economica degli Stati membri dell'Unione europea e gli strumenti da utilizzare;
a tal fine il Gruppo di lavoro (GdL) parlamentare finalizzato a predisporre i disegni di legge di modifica delle leggi n. 196 del 2009 e n. 243 del 2012 ha predisposto le risoluzioni che, tramite l'approvazione delle Commissioni bilancio di Senato e Camera, hanno autorizzato il Governo, nelle more della definizione del nuovo quadro normativo di contabilità e finanza pubblica, a presentare il Documento in oggetto;
le risoluzioni sono state approvate a maggioranza, senza il consenso delle opposizioni, poiché il Governo non ha recepito le richieste, sostenute dal Gruppo M5S, volte a inserire nel DPF un numero di informazioni e dettagli previsionali non inferiori a quelli attualmente previsti nel DEF;
in particolare, sarebbe stato necessario che il documento contenesse previsioni programmatiche per un orizzonte temporale quanto più esteso possibile, almeno fino al 2028 e che riguardasse anche le politiche invariate; tale impostazione avrebbe consentito di acquisire un quadro maggiormente trasparente rispetto agli indirizzi economici del nostro Paese e agli strumenti utilizzati per realizzarli;
il DFP contiene, invece, le sole stime tendenziali senza nulla chiarire in merito ad eventuali interventi correttivi per rilanciare la crescita o i consumi e in generale le politiche future che il Governo intende adottare, anche in considerazione della prevista riduzione della crescita e del mutato contesto economico e geopolitico;
su questo punto occorre preliminarmente sottolineare che l'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), nella nota di validazione del Quadro macroeconomico tendenziale (QMT), ha evidenziato i rischi delle previsioni inserite nel DFP, soprattutto con riguardo ai grandi margini di incertezza relativi, tra gli altri, alle guerre commerciali, ai conflitti e ai piani di riarmo, alla dinamica degli investimenti e del PNRR e alla volatilità dei mercati e delle politiche monetarie;
in generale, il Governo pone in rilievo l'incertezza delle prospettive economiche in considerazione della maggiore complessità in confronto al periodo di elaborazione del Piano. Si rimarca, in particolare, la necessità di "dover rispondere" alle nuove esigenze legate alla sicurezza e alla difesa e al mutamento della politica estera e commerciale della maggiore economia del mondo, auspicando un utilizzo innovativo del bilancio dell'UE a sostegno degli investimenti per la sicurezza e la difesa;
basti pensare che, con riferimento al "più rilevante tema di politica economica, con importanti impatti potenziali sulla finanza pubblica dei prossimi anni" (così viene classificato nel DFP) ovvero il rafforzamento della capacità di difesa europea in considerazione del mutato contesto geopolitico, il Governo si limita a precisare che "sta attualmente valutando" la possibilità di richiedere l'attivazione della clausola di salvaguardia nazionale a tale scopo, facoltà riconosciuta ai singoli Stati dalla Commissione europea nell'ambito del Piano Defence Readiness 2030 e da comunicare alla Commissione possibilmente entro il prossimo 30 aprile;
fatto sta che, in uno scenario più che mai in evoluzione, può oggi affermarsi con certezza che, a distanza di soli pochi mesi dalla definizione del Piano, le "due ipotesi" su cui esso poggiava possono considerarsi ampiamente superate;
va ricordato che, per quanto attiene alle principali variabili macroeconomiche, la prospettiva complessiva del Piano si è basata sulla piena e tempestiva realizzazione dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e sull'assenza di un deterioramento del contesto internazionale;
riguardo all'attuazione del PNRR, a parte le ulteriori modifiche presentate dall'Italia in data 10 ottobre 2024 (due settimane dopo la presentazione del Piano), dalla consultazione della banca dati ReGiS emerge come i dati che riguardano il nostro Paese, aggiornati al 31 dicembre 2024, siano oltremodo preoccupanti: dei 120 miliardi di euro già incassati dall'Unione europea ne risultano essere stati spesi appena 62,2, pari a solo il 32 per cento dei 194 miliardi complessivi ottenuti grazie all'operato del Governo Conte. Ma il dato più allarmante è quello riferito al drastico rallentamento della spesa negli ultimi mesi: dalla fine di settembre 2024 a gennaio 2025, sono stati messi a terra solo 5 miliardi di euro in quattro mesi, un ritmo assolutamente insufficiente a garantire la spesa di tutti i fondi previsti per raggiungere gli obiettivi prefissati entro giugno 2026;
il completamento del PNRR richiede ancora la realizzazione di 284 traguardi e obiettivi previsti nei prossimi tre semestri, di cui 177 da conseguire nell'ultimo semestre che avrà scadenza il 30 giugno 2026; secondo le valutazioni economiche effettuate dall'Osservatorio Recovery Plan, ipotizzando un andamento costante del regime di spesa, sarebbero infatti 94 i miliardi di euro di spesa a rischio;
il trend negativo è confermato anche dall'ultima Relazione semestrale della Corte dei conti al Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR pubblicata il 9 dicembre 2024, in cui si evidenzia come l'avanzamento finanziario, seppur in linea con le scadenze concordate, continui a segnalare - come peraltro già messo in luce in occasione di precedenti relazioni - scostamenti significativi rispetto al cronoprogramma: al 30 settembre 2024 il livello della spesa si era attestato sui 57,7 miliardi di euro, il 30 per cento delle risorse e circa il 66 per cento di quelle che erano programmate entro il 2024;
quanto al contesto internazionale, a seguito della presentazione del Piano, esso risulta profondamente alterato, in conseguenza delle crescenti tensioni e dei mutati scenari geopolitici internazionali;
sul piano geopolitico, infatti, le tensioni hanno anzitutto aperto la strada alla corsa al riarmo. Già nella raccomandazione del 21 gennaio 2025 in merito al Piano, il Consiglio aveva rilevato come le tensioni geopolitiche potevano essere "fonte di pressioni sulle spese per la difesa". In effetti, le conclusioni del successivo Consiglio europeo del 20 e 21 marzo 2025 hanno confermato la pericolosa quanto concreta svolta militarista dell'Europa, preannunciata nel Libro Bianco della Difesa europea e anticipata nella raccomandazione del 21 gennaio, ribattezzando il Piano di riarmo europeo «Rearm Europe» in «ReArm Europe Plan/Readiness 2030», intendendo sottolineare la capacità di prontezza e risposta militare, in totale contrasto con i principi e i valori comuni dell'Unione europea, ossia libertà, democrazia, uguaglianza e Stato di diritto, promozione della pace e della stabilità;
il Piano, declinato in cinque punti, vale 800 miliardi di euro e segna un deciso cambio di rotta dell'Unione a favore di una vera e propria militarizzazione dell'Unione europea, come a più riprese denunciato dal Gruppo parlamentare «Movimento 5 Stelle», in cui le priorità politiche su temi centrali quali la transizione verde e digitale, la sanità, l'istruzione e la green economy cedono il passo al rafforzamento della capacità di produzione di armi e munizioni;
in particolare, il piano dell'Unione europea prevede un aumento esponenziale della spesa per la sicurezza e la difesa dell'Europa, declinata nel senso di un rafforzamento della capacità militare, attraverso l'istituzione di un nuovo strumento finanziario basato su prestiti agli Stati membri garantiti dal bilancio dell'Unione europea, per l'acquisto, tra l'altro, di sistemi di difesa aerea e missilistica, artiglieria, missili e munizioni, droni e sistemi anti-drone, nonché investimenti in infrastrutture critiche e protezione dello spazio, mobilità militare, cyber, intelligenza artificiale e guerra elettronica;
gli Stati membri avrebbero inoltre la possibilità di innalzare la propria spesa militare a livello nazionale tramite l'attivazione della clausola di salvaguardia nazionale del Patto di stabilità e crescita (PSC), ipotesi che - consentendo lo scorporo degli investimenti per la difesa dal calcolo deficit/PIL - libererebbe, nelle intenzioni della Presidente della Commissione europea, complessivamente 650 miliardi di euro in un periodo di quattro anni, da aggiungersi ai 150 miliardi del nuovo strumento di prestiti per la difesa sostenuti dal bilancio dell'Unione europea;
come messo in rilievo anche nel DFP, il piano di riarmo rischia di avere forti ripercussioni sull'Italia e soprattutto sulla programmazione economica, dal momento che gli spazi di indebitamento a disposizione degli Stati membri verrebbero così occupati dalle spese per il riarmo, a svantaggio dello stato sociale e dei servizi alla persona, con evidenti disparità a seconda delle disponibilità di bilancio, creando un progetto di investimento industriale non organico, che potrebbe falsare la concorrenza interna, minando i principi stessi del mercato comune, in luogo di una sana e ordinata competizione intra-UE;
alle tragiche "guerre sul campo" e alla corsa agli armamenti si è aggiunta, a livello internazionale, una "guerra commerciale" con l'introduzione di nuove politiche protezionistiche e l'applicazione di dazi commerciali, una linea fortemente voluta dall'amministrazione Trump, entrata in carica il 20 gennaio 2025;
come rilevato nella nota sull'andamento dell'economia italiana diffusa da Istat lo scorso 20 marzo 2025, il contesto degli scambi commerciali internazionali è attualmente caratterizzato da significativi rischi al ribasso, tra cui spiccano gli attriti commerciali internazionali e la potenziale escalation delle tensioni geopolitiche, fattori che potrebbero ostacolare le catene globali di distribuzione e approvvigionamento. L'incremento di politiche industriali "introverse" e orientamenti protezionistici, in particolare da parte degli Stati Uniti, rappresentano ulteriori elementi di incertezza per la crescita del commercio nel breve e medio termine. In tale scenario l'Italia si distingue per una significativa esposizione dei propri scambi commerciali al di fuori dell'Unione europea, con oltre il 48 per cento del valore totale dell'export indirizzato verso mercati extra-UE nel 2024, una quota superiore a quella di importanti partner europei come Germania, Francia e Spagna. Gli Stati Uniti, in particolare, rappresentano un mercato cruciale per l'export italiano, assorbendo nel 2024 oltre il 10 per cento delle vendite totali all'estero del nostro Paese e più di un quinto delle vendite destinate ai mercati extra-europei, evidenziando una rilevante interdipendenza commerciale che rende l'Italia particolarmente sensibile alle dinamiche e alle politiche commerciali statunitensi;
le indagini del centro studi di Confindustria mettono in luce una notevole concentrazione delle esportazioni italiane dirette verso gli Stati Uniti in comparti di primaria importanza come le bevande, il settore automobilistico, altri mezzi di trasporto e l'industria farmaceutica. Tale specificità settoriale rende questi ambiti particolarmente vulnerabili all'introduzione di nuove imposizioni tariffarie;
le proiezioni elaborate da Svimez indicano, nell'eventualità di applicazione di dazi pari al 20 per cento, perdite considerevoli per settori strategici dell'export nazionale, con l'agroalimentare, il comparto farmaceutico e l'industria chimica che potrebbero subire una flessione compresa tra il 13,5 per cento e il 16,4 per cento. Particolarmente preoccupante è la stima fornita da Coldiretti, che quantifica in 6 milioni di euro al giorno i potenziali costi per il solo comparto vinicolo italiano;
gli Stati Uniti, infatti, sono il primo mercato di destinazione per i vini italiani, tanto che lo scorso anno ha raggiunto i 2 miliardi di euro, assorbendo oltre 3,5 milioni di ettolitri di vino; ma più in generale, è fondamentale considerare che nel 2024 l'export agroalimentare italiano negli Stati Uniti ha toccato una cifra pari a 7,8 miliardi di euro e, come rilevato dalle associazioni di categoria, una tassazione del 20 per cento sulle esportazioni potrebbe costare ai consumatori fino a 2 miliardi di euro in più;
oltre al vino saranno colpiti in maniera particolare i settori di eccellenza dell'olio extravergine di oliva e dei formaggi che costituiscono un'importante fetta della domanda di beni alimentari italiani oltreoceano. Basti pensare che il primo mercato estero per il parmigiano reggiano è proprio quello statunitense;
i possibili effetti avversi di una simile presa di posizione si sostanzierebbero, non solo in un drastico calo degli acquisti da parte dei consumatori americani, ma anche in una dilagante diffusione delle imitazioni e del fenomeno dell'italian sounding, arrecando un gravissimo danno alle imprese italiane e agli stessi consumatori;
le ripercussioni delle nuove tariffe statunitensi si prospettano eterogenee a livello territoriale. Sebbene Liguria, Campania, Molise e Basilicata identifichino gli Stati Uniti come principale mercato di sbocco, in termini di volumi assoluti di vendite oltreoceano spiccano Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana (dati Istat 2023). La CGIA di Mestre segnala come le Regioni meridionali, in particolare Sardegna, Molise e Sicilia, risulterebbero le più esposte al rischio a causa di una minore diversificazione del loro export, con la potenziale conseguenza di esacerbare le preesistenti difficoltà economiche e sociali di tali aree;
le stime complessive sull'impatto economico per l'Italia oscillano tra i 4 e i 7 miliardi di euro, con la concreta possibilità di perdita di posti di lavoro e una significativa contrazione delle esportazioni in uno scenario di dazi generalizzati;
a deteriorare ulteriormente il quadro economico descritto contribuisce anche il nuovo aumento dei prezzi dell'energia. L'aumento delle tariffe energetiche sta gravando nuovamente e in modo significativo su famiglie e imprese, peggiorando ulteriormente una situazione economica già segnata da un generale incremento del costo della vita. L'ennesimo aumento del costo delle bollette, infatti, si inserisce in un contesto economico già caratterizzato da un generale incremento dei prezzi di beni e servizi essenziali: il caro vita, i tassi d'interesse sui mutui ancora elevati, sebbene in riduzione, e l'inflazione riducono il potere d'acquisto delle famiglie, mettendo in difficoltà soprattutto quelle a basso reddito e i pensionati;
peraltro, sul piano fiscale la pressione sui contribuenti non migliora: secondo i dati diffusi da Istat, nel 2024 la pressione fiscale complessiva (ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al PIL) è risultata pari al 42,6 per cento, in aumento rispetto all'anno precedente (41,4 per cento), per effetto di una crescita delle entrate fiscali e contributive (+5,7 per cento) superiore a quella del PIL a prezzi correnti (+2,9 per cento);
stando all'ultimo Rapporto sulla politica di bilancio - 2024 elaborato dall'UPB, attraverso un'analisi basata su un modello di micro-simulazione, l'inflazione ha completamente neutralizzato il beneficio fiscale del 3 per cento precedentemente garantito ai lavoratori dipendenti nell'ultimo decennio grazie alla decontribuzione e al taglio del cuneo fiscale. Tale vantaggio è stato interamente assorbito dall'effetto del fiscal drag (che rappresenta una quota significativa di Irpef aggiuntiva pagata da dipendenti e pensionati senza un proporzionale incremento del reddito), il quale ha eroso i redditi disponibili del 3,6 per cento;
il provvedimento da ultimo adottato dal Governo per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie, attraverso il cosiddetto decreto 'bollette', si limita a prevedere il riconoscimento nel 2025 di un contributo di 200 euro per il pagamento delle forniture di energia elettrica dei clienti domestici con ISEE fino a 25.000 euro, che si potrà cumulare con la misura del bonus sociale elettrico già esistente. Una misura di sostegno molto contenuta, anche a causa dell'esiguità delle risorse finanziare rese disponibili (peraltro a carico della collettività) e sorretta in futuro da fantasiose applicazioni delle regole di finanza pubblica, come nel caso del reimpiego del cosiddetto extra gettito IVA di dubbia compatibilità con la disciplina di cui all'articolo 17, comma 1-bis, della legge n. 196 del 2009 e alla regolamentazione europea;
a livello di produzione industriale lo stesso anno 2024 si è chiuso con una diminuzione della produzione industriale del 3,5 per cento. Secondo i dati Istat, il PIL ai prezzi di mercato è stato pari a 2.192.182 milioni di euro correnti, con un aumento del 2,9 per cento rispetto all'anno precedente. In volume il PIL è cresciuto dello 0,7 per cento, smentendo dunque le dichiarazioni del ministro Giorgetti che, solo in autunno, aveva dichiarato realistico l'obiettivo dell'1 per cento del PIL per il 2024;
le analisi condotte da certificati centri studi prevedono che con lo scenario più avverso di un'escalation protezionistica il rallentamento possa spingersi fino al +0,2 per cento, ben al di sotto degli obiettivi fissati dal Governo;
le difficoltà dell'industria stanno avendo ripercussioni anche sul mercato del lavoro, con un aumento della cassa integrazione e una possibile riduzione delle nuove assunzioni nel settore manifatturiero;
lo stesso Ministro dell'economia e delle finanze ha recentemente ammesso la necessità di sospendere il Patto di stabilità e di adottare una nuova programmazione;
ritenuto altresì che:
va ribadita con fermezza la netta contrarietà agli insufficienti obiettivi di riforma proposti dal Governo nel Piano, anche alla luce delle misure attuative realizzate nella manovra di bilancio e negli ultimi provvedimenti d'urgenza;
in dettaglio, si rileva quanto segue:
sul piano fiscale:
nell'ambito della riforma Irpef, l'ingannevolezza delle misure realizzate è manifesta;
l'assorbimento nella disciplina Irpef della decontribuzione temporanea ha comportato una riduzione del netto in busta paga per alcune fasce di contribuenti, in particolar modo per i contribuenti con reddito tra gli 8.500 e i 9.000 euro, per i quali l'effetto in busta paga si sostanzia in una decurtazione della retribuzione netta di circa 100 euro mensili (pari al trattamento integrativo Irpef introdotto dal Governo Conte);
altra significativa distorsione deriva dai criteri di determinazione degli acconti dovuti per i periodi d'imposta 2024 e 2025, che generano acconti d'imposta maggiori rispetto a quelli effettivamente dovuti;
secondo l'analisi sulle misure condotta dall'Ufficio parlamentare di bilancio, la riforma IRPEF aumenta le già ampie differenze nel trattamento fiscale delle diverse categorie di contribuenti (dipendenti, pensionati e autonomi) e produce un'architettura fiscale complessa e difficilmente intellegibile per i suoi destinatari;
le misure introdotte anche all'esito della definitiva conversione del decreto-legge n. 155 del 2024 producono effetti negativi anche per le imprese e il mondo delle partite IVA;
analizzando il complesso degli interventi di cui alla manovra di bilancio 2025 e del decreto-legge n. 155 del 2024, convertito con modificazioni dalla legge n. 189 del 2024, l'UPB sottolinea come nel solo 2025 imprese e professionisti vedranno incrementare il proprio carico fiscale di 4,5 miliardi di euro, migliorando il saldo in tutti gli anni del triennio 2025-2027 rispetto allo scenario a legislazione vigente, per effetto di interventi sia sulle entrate sia sulle spese;
a legislazione vigente il 2025 sarà anche l'anno in cui termineranno importanti leve fiscali, quali Transizione 4.0, l'accesso ai crediti d'imposta per l'attività di innovazione tecnologica (sia nella versione base, sia nella versione maggiorata per tecnologie 4.0 e per la transizione energetica) e quelle di design e ideazione estetica, nonché Decontribuzione Sud, misure che favoriscono le imprese nazionali attraverso la previsione di un insieme di misure organiche e complementari in grado di sostenere gli investimenti e lo sviluppo tecnologico del tessuto imprenditoriale italiano, caratterizzato in prevalenza da realtà produttive piccole e medie;
le già menzionate misure, come confermano i dati dell'Osservatorio MECSPE, hanno avuto un impatto significativo sulla crescita delle aziende sotto il profilo della trasformazione digitale (31 per cento), della ricerca e sviluppo (14 per cento), della formazione (26 per cento) e della sostenibilità (14 per cento), consentendo un miglioramento della produttività aziendale (44 per cento), della strumentazione tecnologica (35 per cento) e delle condizioni di lavoro generali (25 per cento);
va inoltre considerato il fallimento del piano Transizione 5.0, di fatto mai partito e che nelle ultime settimane ha visto decretata la sua fine a seguito delle dichiarazioni del nuovo Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, Tommaso Foti, che ha certificato l'inefficacia della misura e annunciato che parte delle risorse del piano verranno riprogrammate in modo diverso rispetto a quanto previsto. Si tratta di circa la metà dei fondi attualmente riconducibili al piano per un ammontare di circa 3 miliardi di euro;
la legge di bilancio 2025, da ultimo approvata, prevede poco o nulla in materia di investimenti capaci di consentire alle imprese di avere un orizzonte programmatico, limitandosi a concentrare le scarse risorse disponibili sulla realizzazione di specifici progetti infrastrutturali, primo fra tutti il Ponte sullo Stretto di Messina, e solo residuali misure di sostegno agli investimenti di portata generale;
l'attuale Governo non è andato oltre le solite dichiarazioni generali, prevedendo generiche «misure di sostegno alle micro e piccole imprese nel rinnovamento dei loro processi produttivi», anche per favorire la diffusione delle tecnologie avanzate. Intenti che, de facto, non hanno visto concreta realizzazione. Prova ne è il già menzionato calo della produzione industriale, quale segno evidente dell'assenza di politiche industriali capaci di dare respiro e rilancio alle imprese tramite investimenti urgenti per modernizzazione, la transizione ecologica e digitale dei processi produttivi e un piano nazionale che sappia valorizzare i settori strategici produttivi attraverso cui le piccole e medie imprese possono guadagnare competitività sui mercati internazionali;
le transizioni digitale ed ecologica costituiscono dei driver di sviluppo che impattano su una molteplicità di interessi generali, i quali richiedono una visione d'insieme per il sistema industriale italiano, fatto di imprese anche piccole e medie (PMI). Ciò implica, non solo «programmare» l'innovazione, ma anche fare scelte mirate e consapevoli rispetto a dinamiche che toccano la società e l'ambiente nel loro complesso e che esigono una nuova governance nazionale basata su un efficace coordinamento, suscettibile di consentire il dialogo tra i diversi livelli di governo del territorio nelle sedi istituzionali deputate e, al contempo, una sintesi dei diversi interessi;
in merito alle politiche per il lavoro e l'occupazione:
il PNRR attualmente ci consegna uno dei dati più sensibili: le riforme delle politiche attive del mercato del lavoro hanno raggiunto, a oggi, solo il 43 per cento dei traguardi e obiettivi prefissati. Si tratta della percentuale più bassa di tutti gli interventi PNRR. Ciò significa che il cronoprogramma prevede un numero proporzionalmente molto elevato (57 per cento) di obiettivi e traguardi da raggiungere negli anni finali del Piano, con tutte le incognite e i dubbi che possono giustificatamente sorgere rispetto al successo di tali strategiche misure;
il Governo rivendica una crescita degli occupati, ma sottovaluta un dato preoccupante: la produttività del lavoro è in calo (-1,6 per cento). Un'economia che crea lavoro, ma che non genera valore, è un'economia ferma. Il calo della produttività è il segno di un modello basato su lavoro povero e instabile. Appare fondamentale evidenziare che il tasso di partecipazione delle donne è fermo al 57,6 per cento, tra i più bassi in Europa. Le donne pagano il prezzo più alto della precarietà, della mancanza di servizi e della scarsità di politiche realmente incentivanti;
a queste considerazioni deve aggiungersi il fatto che il programma Garanzia per l'occupabilità dei lavoratori (GOL) - il cui obiettivo è qualificare 2,7 milioni di persone entro il 2026 - ha finora avuto un impatto inferiore alle aspettative, contribuendo solo marginalmente alla riduzione della disoccupazione e all'incremento delle competenze professionali;
è del tutto assente una visione politica finalizzata ad assicurare un lavoro stabile, giustamente retribuito, che permetta di costruire un progetto di vita. Il Documento di finanza pubblica ignora colpevolmente la distanza crescente tra domanda e offerta di lavoro. Non è previsto nessun piano serio per l'orientamento professionale nelle scuole e nelle università, né alcun tipo di riqualificazione dei lavoratori in settori in trasformazione e sarebbe stato utile apprezzare il rafforzamento dell'apprendistato duale;
un altro tema di grande rilievo è costituito dalla necessità di introdurre il salario minimo nel nostro Paese. Attualmente circa tre milioni di lavoratrici e lavoratori percepiscono salari inferiori a tale soglia, configurando una situazione di diffusa povertà lavorativa e disuguaglianza retributiva che non può essere ulteriormente ignorata. L'introduzione del salario minimo rappresenta una misura essenziale per contrastare il lavoro povero, garantire dignità salariale e promuovere un'economia più equa;
per comprendere il reale stato del mercato del lavoro italiano è necessario seguire l'andamento della Cassa integrazione guadagni (CIG), che continua a rappresentare un indicatore sensibile dello stato di salute del mercato del lavoro. Nonostante la narrazione ottimistica sull'occupazione, i dati più recenti mostrano un aumento significativo delle ore autorizzate rispetto al periodo pre-pandemico, in particolare nei comparti industriali e manifatturieri. L'uso reiterato e passivo dell'ammortizzatore, in mancanza di reali strategie di riconversione produttiva o di riqualificazione dei lavoratori rischia di diventare strumento di congelamento dell'occupazione, più che di tutela transitoria; invece, dovrebbe essere integrata in un quadro coerente con le politiche attive, con percorsi personalizzati di formazione e reinserimento lavorativo. La mancata riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, più volte annunciata, rappresenta l'ennesima promessa disattesa da parte del Governo;
si rileva inoltre con preoccupazione il progressivo indebolimento delle tutele per i lavoratori, come dimostrano alcune recenti modifiche normative introdotte con il cosiddetto Collegato Lavoro. Tra queste si segnala il rischio di un ritorno alle pratiche delle «dimissioni in bianco», che minano gravemente i diritti fondamentali delle lavoratrici e dei lavoratori, specialmente in contesti di maggiore vulnerabilità;
riguardo alle politiche per l'ambiente:
l'obiettivo della transizione ecologica viene fortemente ridimensionato nel Documento, così come gli obiettivi di decarbonizzazione e di raggiungimento della neutralità climatica e della sicurezza energetica, per i quali si punta prevalentemente su tecnologie improntate a modelli produttivi inadeguati - come la cattura, l'utilizzo e lo stoccaggio della CO2 - o inadatti a garantire il rispetto degli obiettivi assunti a livello europeo ed internazionale, come il ricorso all'energia nucleare;
il quadro delle misure indicate nel DFP non sembra coerente con le indicazioni del Consiglio dell'Unione europea in merito all'esigenza di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, soprattutto alla luce dell'implementazione degli approvvigionamenti di gas naturale;
la stessa attuazione del Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC) appare in ritardo rispetto agli obiettivi fissati, come evidenziato nello stesso Documento di finanza pubblica e confermato da un'analisi della piattaforma di monitoraggio del Piano, nella quale peraltro si registra il mancato aggiornamento del dato sulle emissioni di gas climalteranti nette, fermo all'anno 2022;
giova sottolineare che la finestra temporale per il raggiungimento degli obiettivi dell'Accordo di Parigi è sempre più stretta e che sono necessarie azioni più incisive e che bisogna impegnarsi per ottenere riduzioni delle emissioni significativamente maggiori rispetto a quelle previste dagli attuali impegni e la quasi totale assenza di riferimenti ai cambiamenti climatici nel DFP costituisce un forte elemento di preoccupazione sulla consapevolezza del Governo degli scenari che ci attendono;
in merito alla coesione territoriale:
nonostante il vincolo di destinazione di almeno il 40 per cento delle risorse complessive a favore dei territori del Mezzogiorno previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza - che si aggiunge alle soglie del 37 per cento delle risorse per interventi per la transizione ecologica e del 25 per cento per la transizione digitale - preoccupano i divari fra i territori a livello di macroaree e fra le Regioni del Mezzogiorno che continuano a sussistere: la riduzione delle disuguaglianze territoriali è infatti un elemento essenziale, non solo dei fondi strutturali e di investimento europei, ma anche del Next generation EU e, quindi, dei Piani nazionali di ripresa e resilienza;
oltre ai ritardi nel PNRR, destano preoccupazione le frequenti modifiche che hanno portato al definanziamento di diverse misure. Il Governo sembra intenzionato a richiedere un'ulteriore revisione alla Commissione europea, la quinta in due anni, con il rischio di posticipare o ridurre gli obiettivi, impattando anche sugli investimenti per il Mezzogiorno;
le modifiche finora hanno spostato la spesa verso la fine del Piano, generando incertezza e rallentando l'attuazione dei progetti, anche a causa di problemi con la piattaforma ReGiS. Contrariamente all'andamento nazionale, i Comuni, soprattutto quelli del Sud (da dove proviene il 54 per cento dei progetti comunali), stanno contribuendo significativamente al rispetto della quota del 40 per cento degli investimenti per il Mezzogiorno;
tuttavia, preoccupano la certezza e la puntualità dei pagamenti ai Comuni e le difficoltà nel monitorare la spesa per il Sud. Nonostante il vincolo del 40 per cento per il Mezzogiorno e le quote per la transizione ecologica e digitale, permangono divari territoriali tra macroaree e Regioni del Sud, mettendo a rischio l'obiettivo di coesione territoriale del PNRR;
ai certificati ritardi nell'attuazione del PNRR si aggiungono le preoccupazioni legate all'annunciata intenzione del Governo di destinare parte delle risorse dei fondi di coesione non spesi per finanziare obiettivi inconciliabili con le finalità originarie di inclusione economica, sociale e territoriale di tali risorse, rischiando di aggravare ulteriormente il divario Nord-Sud, con inevitabili ricadute sui bilanci delle Regioni destinatarie dei suddetti finanziamenti, oltre all'impossibilità per le stesse di realizzare le opere individuate quali necessarie per l'inclusione sociale e la coesione economica e occupazionale;
la coesione rappresenta un pilastro costitutivo dell'Unione europea e il principio di "non nuocere" alla coesione - come ribadito anche in sede di Consiglio europeo - dovrebbe essere alla base di tutte le politiche e le iniziative dell'Unione europea, con un approccio coerente di rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale unionale, attualmente messo a rischio proprio dalla proposta contenuta nel Piano Defence Readiness 2030 e dall'auspicata maggiore flessibilità nell'utilizzo dei fondi di coesione che si traduce nella possibilità di dirottamento dei fondi verso le spese relative alla difesa, senza mantenere l'originaria distribuzione delle risorse;
in riferimento al potenziamento del SSN:
nel DFP si dà conto del completamento degli investimenti del PNRR per rafforzare le cure primarie, velocizzare le prestazioni e migliorare l'assistenza territoriale e da esso emerge come vi sia un rilevante ritardo nell'attuazione delle misure: a dicembre 2024 su 612 Centrali operative territoriali ne sono state sono state attivate 230; su 1028 interventi per le Case della comunità solo 44 risultano collaudati; su 310 interventi relativi agli Ospedali della comunità solo 14 risultano collaudati;
viene evidenziata l'attuazione di diversi obiettivi intermedi del PNRR, tra i quali, ad esempio, il potenziamento dell'assistenza domiciliare; tuttavia, a riguardo i dati dimostrano che la limitata crescita riguarda solo l'assistenza di breve durata e con scarsa frequenza degli accessi, per gestire esigenze di bassa complessità di tipo episodico (ad esempio per i prelievi) o per fare sanità d'iniziativa; sugli interventi più intensivi, continuativi e multidisciplinari la risposta è ancora estremamente debole; non risulta che sia stata risolta la carenza di un servizio domiciliare pensato per la presa in carico della non autosufficienza e per la disabilità, anche in ragione della mancata attuazione, tanto della delega sulla disabilità quanto di quella sulle persone anziane;
quanto al personale sanitario, non si fa altro che registrare e confermare che l'incremento del personale sanitario si è avuto solo ed esclusivamente dal 2020 al 2022, grazie agli interventi posti in essere dai Governi precedenti: dai dati risulta infatti che, dopo aver attraversato un periodo di contrazione annuale tra il 2009 e il 2020, il contingente del personale sanitario è tornato a crescere, fino a tornare, nel 2022, ai livelli del 2009. Dal 2019 al 2022, si è registrato un aumento di circa 32.000 unità di personale (pari al 5,0 per cento); in questo periodo, la variazione più significativa in valore assoluto riguarda il personale infermieristico, che è aumentato di oltre 15.000 unità, pari al 6,0 per cento;
tuttavia, negli anni 2023 e 2024, con il Governo attualmente in carica, il personale medico e sanitario torna a decrescere e, nonostante il Documento all'esame evidenzi, rispetto al personale a tempo indeterminato e dirigente per categoria, nel 2022, la rilevante componente di ultrasessantenni ( il 25,0 per cento dei medici e dirigenti delle professioni sanitarie; il 20,0 per cento dei professionisti con ruolo tecnico), non si evince una programmazione assunzionale idonea a far fronte a tali criticità;
piuttosto gli interventi presenti e futuri si caratterizzano per sovraccaricare ripetutamente il personale sanitario con esigui incrementi delle indennità per alcune attività professionali e una tassazione agevolata per i compensi per il lavoro straordinario dei dipendenti di aziende ed enti del SSN;
quanto alla riduzione delle liste di attesa e altre misure per assicurare un'assistenza specialistica ambulatoriale e ospedaliera tempestiva e di qualità, il provvedimento all'esame rivendica il cosiddetto decreto liste di attesa, sostanzialmente ancora inattuato, e la cui inefficacia è stata constatata dallo stesso Ministro della salute, che ha avuto modo di rimproverare alle Regioni diffuse inadempienze; a riguardo il Documento rileva l'avvio a fine marzo 2025 della piattaforma nazionale Liste di attesa, prevista nell'ambito del PNRR, avvio che tuttavia non risulta essere effettivo;
le diseguaglianze sociali nell'accesso alle cure e l'impossibilità di far fronte ai bisogni di salute rischiano di compromettere la salute e la vita dei soggetti più fragili, come ampiamente rilevato anche nel corso dell'esame parlamentare dell'ultima legge di bilancio, con particolare riferimento all'assenza o all'insufficienza degli incrementi delle risorse destinate alla salute delle persone;
non si rileva, dunque, un indirizzo politico di un progressivo rilancio del finanziamento del Servizio sanitario nazionale; permangono le grandi problematiche irrisolte e non affrontate dal Governo ovvero affrontate inadeguatamente, come quelle dei pronto soccorso o delle liste d'attesa, caratterizzate da gravissime criticità strutturali e dalle carenze di personale e dall'ostinazione a voler mantenere il personale in una condizione di perdurante precarietà;
con particolare riferimento al settore giustizia:
si rileva come nel Piano il Governo abbia dichiarato di voler continuare nello sforzo avviato con il PNRR, da un lato, potenziando gli investimenti nell'edilizia giudiziaria, i cui interventi dovrebbero essere estesi, in particolare, al settore penitenziario, in vista di un miglioramento delle condizioni delle carceri, della riduzione del tasso di affollamento e dell'efficientamento economico; dall'altro, attuando le riforme in materia di giustizia civile;
tuttavia, le politiche messe in atto fino ad ora dimostrano un interesse del Governo in carica e della maggioranza che lo sostiene rispetto ad obiettivi ben lontani da quelli dichiarati, se non addirittura in contrasto con gli stessi, come comprovato anche dai più recenti interventi normativi, che sembrano ispirati esclusivamente da logiche repressive e securitarie;
in particolare, sebbene nel Piano il Governo abbia dichiarato di aver rafforzato l'impegno nella riforma del processo civile, prevedendo la prosecuzione e il potenziamento degli obiettivi del PNRR dopo il 2026, basti ricordare come invece la stessa legge di bilancio approvata lo scorso dicembre difetti di adeguate risorse volte ad incidere in concreto sulla lentezza dei processi: si ricordi che ciò impedisce ineludibilmente la piena attuazione del principio della ragionevole durata del processo, di cui all'articolo 111 della Costituzione, posto che appare evidente come il vero e unico antidoto alla lentezza dei processi sia costituito dall'incremento delle risorse umane, per rafforzare l'organico della magistratura e consentire di smaltire l'annoso problema dell'arretrato degli uffici giudiziari. Una parte non indifferente della progettualità richiesta per lo smaltimento dell'arretrato negli uffici ed il contenimento in termini fisiologici della durata media dei procedimenti passa per la disponibilità di adeguate risorse umane; ciò incide altresì sulla capacità del nostro Paese di attrarre gli investimenti stranieri;
preliminarmente desta preoccupazione la grave carenza del personale della magistratura ordinaria, dei giudici di pace, che rischia di paralizzare la giustizia di prossimità, alla luce dei nuovi dati forniti dall'OCF a novembre 2024, secondo cui i giudici di Pace in funzione giudicante in servizio sono il 33 per cento di quelli previsti dalla pianta organica, mentre negli uffici con pianta organica superiore alle 50 unità i giudici in servizio sono solo il 20,8 per cento, come quella di Torino dove solo 7 dei 139 magistrati in pianta organica sono attivi. Si riscontrano altresì difetti e interruzioni di servizio nella piattaforma telematica, carenze nella connessione Internet, ritardi nella gestione delle cause civili di oltre quattro mesi, depositi di sentenze in cronico ritardo e carenza del personale amministrativo della giustizia. Siamo, infatti, di fronte ad una situazione di scopertura dell'organico magistratuale senza precedenti: circa 1.500 unità su 10.900.
sotto altro profilo si stigmatizza come, contrariamente a quanto dichiarato nel Piano, - che si limita a richiamare l'impegno del Governo rispetto alla riorganizzazione delle strutture amministrative, alla pianificazione dei posti di servizio, alla razionalizzazione del personale negli istituti penitenziari e all'adeguamento degli impianti di videosorveglianza, nonché all'efficientamento energetico e al miglioramento tecnologico delle strutture penitenziarie tramite interventi di riqualificazione strutturale del patrimonio edilizio penitenziario e partenariato pubblico-privato per ridurre i costi di fornitura - nulla di concreto e risolutivo sia stato ancora disposto per fronteggiare il gravissimo dilagare dei suicidi negli istituti penitenziari: nonostante l'approvazione del decreto carceri sia avvenuta nello scorso agosto 2024, è innegabile che il nostro Paese stia attraversando una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalle critiche condizioni delle strutture e dal sovraffollamento degli istituti penitenziari, con un drammatico record di 85 suicidi registrato nel 2024 e 22 solo nel 2025 ed una popolazione carceraria progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti;
nonostante l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani sia ancora cresciuto esponenzialmente, con una capienza regolamentare di 48.000 posti, da quanto emerge dallo stato di previsione del Ministero della giustizia allegato alla legge di bilancio (Tabella n. 5) approvato dal Governo, il programma Amministrazione penitenziaria presenta uno stanziamento per il 2025 di 3.408,8 milioni. La manovra finanziaria ha, quindi, inciso su questo programma con un decremento della dotazione di 50,9 milioni, derivante per 32,1 milioni da definanziamenti di spesa e per 18,8 milioni dagli effetti finanziari determinati dalla Sezione I del disegno di legge di bilancio. Tale decremento si concentra soprattutto nell'azione "Realizzazione di nuove infrastrutture, potenziamento e ristrutturazione nell'ambito dell'edilizia carceraria". Si segnala inoltre che l'azione "Accoglienza, trattamento penitenziario e politiche di reinserimento delle persone sottoposte a misure giudiziarie" è interessata da un definanziamento di 2,8 milioni nell'ambito della Sezione II;
del pari non sono state destinate adeguate risorse per far fronte alla situazione del personale di Polizia penitenziaria, che presenta gravissime carenze, cui occorre fare fronte con investimenti massivi, considerando altresì le gravi ripercussioni da ciò derivanti, sia in termini di condizioni di impiego dei lavoratori e di situazioni di stress correlato, che in termini di sicurezza all'interno degli istituti penitenziari;
riguardo al settore dei trasporti:
alcuni cantieri inseriti nell'elenco delle opere del PNRR, alla luce dell'aumento dei prezzi dei materiali da costruzione, specie dell'acciaio, hanno registrato in taluni casi un aumento esponenziale dei costi, il che, in assenza di efficaci politiche compensative, ha reso più difficile, non solo la conclusione di quelle iniziate, ma anche l'avvio delle gare per nuove opere;
le nuove politiche protezionistiche e l'applicazione di dazi commerciali avranno un impatto determinante sulle merci, come rilevato recentemente da Conftrasporto, che ha lanciato recentemente l'allarme sul fronte della logistica, del trasporto delle merci via mare e delle ricadute che i dazi possono avere sui porti italiani. Un dato che i tecnici di Conftrasporto ricavano sulla base dell'elaborazione dei numeri che riguardano l'export verso gli USA è che il 60 per cento (in valore) e il 90 per cento in volumi dei circa 65 miliardi di export verso gli USA si muove via mare;
Svimez stima un effetto diretto sui dazi pari a circa 6 miliardi di euro, con conseguente riduzione di merce trasportata, solo via mare, per oltre 3,5 miliardi di euro e una decina di porti commerciali esposti a rilevanti danni economici;
è necessario che il Governo riveda gli assunti fin qui delineati e, in particolare, sostenga le amministrazioni qualora i cantieri in essere, con particolare riguardo alle infrastrutture di trasporto, abbiano dei costi maggiorati a causa dell'aumento del costo dei materiali, valutando una necessaria ed urgente redistribuzione dei fondi PNRR al fine di completare le opere nel tempo richiesto senza alcuna distrazione di fondi per politiche belliciste;
fondamentale risulta inoltre, nell'attesa di valutare le azioni del Governo americano in tema di dazi commerciali, pianificare per tempo una politica di sostegno alla filiera logistica, alla portualità italiana e a tutto il suo indotto, ad oggi non nota;
alla luce della crisi in atto si ritiene urgente interrompere immediatamente l'iter per la progettazione del Ponte sullo Stretto di Messina, nonché lo sperpero di ulteriori fondi - stanziati con l'ultima legge di bilancio - per il completamento degli interventi relativi al nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione, impegnando invece maggiori risorse a sostegno di un sempre più efficace ed efficiente trasporto pubblico locale, stabilizzando anche la misura del cosiddetto bonus trasporti che, in un'epoca di stagflazione, rappresenta un sostegno diretto alle famiglie e ai lavoratori;
è altresì necessario rivedere le politiche introdotte nell'ultima legge di bilancio sull'aumento delle tasse di imbarco per voli extra-UE, considerata la rilevanza del trasporto aereo per l'economia italiana e per l'impatto diretto con il turismo che ad oggi rappresenta una risorsa certa ed insostituibile;
sarebbe invece auspicabile continuare a investire nel Green New Deal, quale volano della politica economica, scongiurando che la guerra commerciale in corso rappresenti una giustificazione per affossare ideologicamente le politiche di sostenibilità sociale e ambientale con particolare riguardo al settore dei trasporti urbani e alla qualità dell'aria;
quanto al settore dell'istruzione e dell'educazione:
nel DFP, come nei provvedimenti sino ad ora approvati da questo Governo (quali la filiera formativa tecnico-professionale, il liceo del made in Italy e la riforma del voto in condotta) e in quelli annunciati (come le nuove indicazioni nazionali per la scuola dell'infanzia e del primo ciclo di formazione) emerge chiaramente l'esigenza, non solo di subordinare i desideri educativi delle giovani generazioni ai bisogni contingenti provenienti esclusivamente dal mondo produttivo, ma anche quella di reinterpretare le funzioni dell'intero sistema scolastico in chiave ideologica, condizionandone le finalità educative senza un reale coinvolgimento della comunità scolastica e ricorrendo ad espedienti che minano il diritto di espressione, favorendo, altresì, politiche di spesa indirizzate verso il settore privato, a discapito del sistema pubblico d'istruzione. Inoltre, si specifica come una delle politiche chiave del PNRR in materia di istruzione e formazione - la realizzazione del piano asili nido e scuole dell'infanzia - sia fortemente in ritardo rispetto a quanto indicato dal cronoprogramma, con una spesa effettiva del 25,2 per cento rispetto al totale delle risorse stanziate, già fortemente ridimensionate nella revisione dell'8 dicembre 2023: un'incertezza che permane e che mette a serio rischio il conseguimento dell'obiettivo, sia in termini quantitativi, sia temporali;
quanto al settore dell'università e della ricerca, le politiche evidenziate nel Documento, come la riforma del sistema di reclutamento e organizzazione dell'università, vanno nella direzione opposta a quella auspicata: nonostante la necessità di investimenti, infatti, il sistema universitario statale ha subito una drastica riduzione di finanziamenti, con tagli significativi al Fondo di finanziamento ordinario in un quadro europeo che colloca l'Italia tra gli ultimi posti in termini di percentuale di laureati sugli occupati. A ciò si aggiungono riforme come quella del pre-ruolo, che introduce ulteriori figure precarie e ridimensiona il più tutelante contratto di ricerca, e quella del sistema di accesso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria e medicina veterinaria, che creerà ulteriori barriere d'ingresso e peggiorerà la qualità formativa a causa, ancora una volta, dell'assenza di risorse. L'assenza di investimenti in settori cruciali per lo sviluppo del Paese si riflette anche nella mancanza di politiche attive rivolte ai giovani e nelle difficoltà a garantire loro il diritto allo studio, come dimostrato dal rischio concreto di non riuscire a raggiungere il target (rimodulato) dei 60.000 nuovi posti letto per studenti universitari fuori sede entro il 2026, con la drammatica conseguenza che, in un Paese con la popolazione sempre più vecchia e un bassissimo tasso di fecondità (1,18 nel 2024), l'emigrazione dei giovani in cerca di una qualità della vita migliore continua ad aumentare: nell'ultimo anno, secondo il rapporto Istat, sono 113.000 i giovani espatriati, di cui 93.410 tra i diciotto e i trentanove anni e quasi ventimila sotto i diciassette anni;
il settore della cultura, nonostante lo straordinario patrimonio artistico presente sul nostro territorio, continua a rimanere assente dalle priorità politiche dell'Esecutivo. Il recente provvedimento approvato, al di là delle finalità altisonanti, rischia di rimanere lettera morta, se non accompagnato da uno sforzo in termini economici e finanziari, così come la salvaguardia dei beni culturali e patrimoniali non può esistere senza la tutela delle professionalità e dei lavoratori che ogni giorno contribuiscono a valorizzare il nostro immenso patrimonio culturale. Tuttavia, la programmazione del Governo non prevede politiche di superamento del precariato ed investimenti, come l'attuazione della riforma del codice dello spettacolo che sta lasciando interi settori senza risorse, tra i quali il mondo della danza, dei corpi di ballo e quello del cinema, quest'ultimo fortemente destabilizzato anche dal blocco del tax credit, né politiche di rafforzamento delle industrie culturali e creative, le quali continuano a produrre valore aggiunto ed occupazione, nonostante la loro assenza tra le priorità dell'Esecutivo;
a ciò si aggiungono le disposizioni approvate della recente legge di bilancio, le quali, per il settore della conoscenza, hanno destinato tagli e riduzioni del personale, sia nel mondo dell'università e della ricerca, sia nel settore della scuola, che vedrà nel successivo anno scolastico per i docenti e in quello dopo per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, una riduzione del contingente rispettivamente di 5.660 e di 2.174 unità;
in merito alla riforma P.A.:
con particolare riguardo alla riduzione dei costi burocratici e del divario rispetto alla frontiera efficiente indicata nel DFP, esso si rivela un assunto apodittico che non appare sostenuto da dati e risultati concreti, anche da parte degli utenti, né confortato dalla conoscenza in ordine alle rilevazioni dell'eventuale monitoraggio svolto;
in ordine al rafforzamento della capacità amministrativa e del ricambio generazionale delle pubbliche amministrazioni, non poche norme adottate o non adottate dal Governo in carica - l'accensione di contratti a tempo determinato di durata anche superiore ai trentasei mesi in deroga alla disciplina vigente (quest'ultima, oltre ad alimentare il precariato, ci espone ad infrazioni in sede europea), la deroga al divieto di incarichi dirigenziali a lavoratori pubblici in quiescenza, la possibilità di ridurre ad una sola prova scritta le procedure di reclutamento, l'assenza di misure di riqualificazione dei profili professionali, le innumerevoli mini-procedure concorsuali autorizzate in spregio allo scorrimento di graduatorie vigenti, per effetto di una recente interpretazione autentica adottata con decreto-legge - appaiono aggravare le annose criticità in cui versano le pubbliche amministrazioni, né appaiono soddisfare i principi di efficacia, efficienza ed economicità;
il paragrafo dedicato alla pubblica amministrazione è declinato anche in questa occasione al pari dell'omologo documento dell'anno passato, al futuro, su ciò che sarà adottato e approntato, che corrisponde esattamente a ciò che avrebbe dovuto essere già fatto da tempo, in particolare con riguardo agli investimenti e alle riforme attuative del PNRR;
il DFP non menziona azioni specifiche, né interventi di programmazione e ottimizzazione delle politiche nazionali per il prossimo triennio a sostegno e in attuazione dei tre obiettivi trasversali del PNRR, la parità generazionale, la parità di genere e la coesione territoriale, quest'ultima posta vieppiù a rischio dalla ventilata sottrazione di fondi;
risalta l'assenza di disposizioni che possano favorire l'emancipazione e l'autonomia dei giovani; le norme vantate dal Governo in carica a decorrere dall'avvio del mandato sono esclusivamente proroghe, in alcuni casi monche - qual è il caso dei mutui per la prima casa acquistata da giovani under 36, privati dell'esenzione dalle relative imposte - di misure adottate dai Governi immediatamente precedenti;
la crisi demografica dovrebbe rappresentare una delle principali fonti di preoccupazione per i Governi a causa del suo impatto sulla sostenibilità delle finanze pubbliche e sul finanziamento del sistema di welfare. Ciò vale per tutti i Paesi avanzati, ma, in particolare, per le condizioni economico-finanziarie in cui versa il nostro Paese - debito pubblico sconfortante, in particolare nel medio/lungo periodo, crescita debole, spesa per investimenti in forte calo, spesa in aumento - a fronte di una tendenza demografica non solo allarmante, ma, considerando i dati menzionati, la peggiore tra i principali Paesi UE;
il DFP - al pari delle politiche finora adottate o previste per il futuro dal Governo in carica - non assume la sostenibilità del grave impatto economico e sociale dell'inverno demografico in cui versa il nostro Paese, incastrato nel combinato disposto della scarsità di nascite e dell'espatrio di cittadini italiani, soprattutto giovani, alla ricerca di opportunità e condizioni migliori, soprattutto in termini di impiego, che rischia di arrestare le possibilità di crescita del Paese in assenza di contromisure verso un declino irreversibile;
in relazione al settore agricolo ed agroalimentare:
oltre alla necessaria difesa del comparto dovuta alla recente introduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti, l'obiettivo del prossimo futuro è quello del raggiungimento di produzioni sostenibili economicamente, socialmente e ambientalmente, che non compromettano però la redditività degli agricoltori. Ciò sarà possibile solo attraverso politiche che accompagnino l'agricoltore e il produttore attraverso questa complessa, ma certamente realizzabile transizione ecologica: dall'investimento nelle agricolture di precisione e nelle nuove tecnologie applicate all'agricoltura, al potenziamento delle misure di gestione del rischio, alla valorizzazione di giovani generazioni e donne che si avvicinano al mondo agricolo;
ritenuto altresì che:
complessivamente i nuovi parametri di base contenuti nel Patto - in cui sono rimaste immutate le soglie di riferimento del 3 per cento nel rapporto deficit/PIL e del 60 per cento nel rapporto debito/PIL - rischiano di spingere non solo l'Italia, ma l'intera Unione, in recessione, dal momento che comporteranno pesanti conseguenze sulla riduzione degli investimenti;
in ragione delle modifiche, ritenute peggiorative, apportate nel corso dei negoziati alla proposta di riforma che hanno dato seguito a regole più severe sul deficit e a un controllo più restrittivo sulla spesa pubblica degli Stati membri, il Movimento 5 Stelle, in sede parlamentare, a livello nazionale ed europeo, si è sempre espresso, coerentemente con gli indirizzi politici a più riprese manifestati, in maniera contraria alla suddetta proposta di riforma. La ferma contrarietà del Movimento 5 Stelle alla riforma è stata ribadita con il voto del 23 aprile 2024 in sede di ultima plenaria del Parlamento europeo prima delle elezioni europee, unica forza politica italiana ad essersi espressa contro nella votazione finale della proposta di regolamento sul «braccio preventivo» del Patto di Stabilità e sulle altre due proposte relative al regolamento sul «braccio correttivo» e alla direttiva sui quadri di bilancio nazionali;
anche alla luce del grave peggioramento del contesto macroeconomico internazionale, si ravvisa la necessità di rinegoziare l'accordo al fine, da una parte, di evitare nuovi vincoli e tagli agli investimenti per l'Italia e, dall'altra, di includervi, tra i fattori da considerarsi rilevanti, anche le spese in investimenti strategici, tra i quali gli investimenti destinati all'istruzione, quelli in ambito di spesa sanitaria, gli investimenti green, quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio;
è necessario prevenire politiche di austerità, preservare la qualità e il livello di spesa pubblica, evitare pesanti tagli allo stato sociale e sostenere una crescita inclusiva e sostenibile di medio e lungo termine;
alla luce di tutto quanto superiormente esposto,
impegna il Governo:
1) in materia di rinnovata governance economica europea:
a) ad intraprendere ogni iniziativa utile, in sede europea, finalizzata a rinegoziare l'accordo, al fine, da una parte, di evitare nuovi vincoli e tagli agli investimenti per l'Italia e, dall'altra, di includervi, tra i fattori da considerarsi rilevanti, anche le spese in investimenti strategici, tra i quali gli investimenti destinati all'istruzione, quelli in ambito di spesa sanitaria, gli investimenti green, quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio;
b) a promuovere nelle sedi opportune percorsi di rientro dal debito realistici che tengano conto delle specificità degli Stati membri e del loro quadro macroeconomico complessivo, opponendosi a qualsiasi meccanismo che implichi una ristrutturazione automatica del debito pubblico, a sostegno di un quadro di bilancio più favorevole alla crescita economica, finalizzata a rendere le norme sul debito più semplici, più applicabili e concepite per sostenere le priorità politiche per la doppia transizione verde e digitale, con adeguati investimenti pubblici e privati;
c) ad intraprendere inoltre tutte le opportune iniziative volte ad adattare alla nuova architettura della politica di bilancio europea, nella prospettiva di una rinnovata governance UE ispirata ai criteri anzidetti, gli elementi di successo dell'esperienza del dispositivo di ripresa e resilienza, trasformando il programma NGEU in uno strumento permanente, da finanziare attraverso il bilancio europeo;
d) in attesa della revisione del codice di condotta sull'attuazione del Patto di stabilità e crescita e sulla riforma della normativa di contabilità e finanza pubblica, volta a modificare le disposizioni della legge 24 dicembre 2012, n. 243, e della legge 31 dicembre 2009, n. 196, a preservare e garantire, sotto il profilo qualitativo e quantitativo e ai fini delle conseguenti deliberazioni parlamentari, i contenuti informativi attualmente previsti per il Documento di economia e finanza e per la Nota di aggiornamento al medesimo Documento, ai sensi dell'articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196;
2) in materia di difesa:
a) a non proseguire nel sostegno del Piano di riarmo europeo «ReArm Europe/Readiness 2030»;
b) al fine di recuperare i valori fondanti dell'Unione europea, a sostenere nelle opportune sedi europee la sostituzione integrale del ReArm Europe/Readiness 2030 con un piano di rilancio e sostegno agli investimenti che promuovano la competitività, gli obiettivi a lungo termine e le priorità politiche dell'Unione europea, quali spesa sanitaria, sostegno alle filiere produttive e industriali, incentivi all'occupazione, istruzione, investimenti green e beni pubblici europei, per rendere l'economia dell'Unione più equa, competitiva, sicura e sostenibile;
c) ad opporsi altresì, in tutte le competenti sedi istituzionali nazionali ed europee, alla possibilità di reindirizzare i fondi della politica di coesione verso le spese relative alla difesa, distogliendo tali fondi dalla finalità del rafforzamento della coesione economico e sociale, in quanto pilastro fondamentale su cui poggia la programmazione e il contenuto dell'intero Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ha tra i suoi obiettivi proprio il riequilibrio territoriale e il rilancio del Sud, come priorità trasversale a tutte le missioni del Piano;
c-bis) a difendere in tutte le sedi istituzionali, nazionali ed europee, la necessità di rispettare il principio trasversale di "non nuocere" alla coesione, affinché nessuna azione o politica intrapresa a livello nazionale ed europeo sia di ostacolo al processo di convergenza o contribuisca ad aumentare le disparità regionali, assicurando altresì, in un'ottica di sinergia e complementarietà, il rispetto dei principi fondamentali della coesione in termini di partenariato, governance multilivello e programmazione dei finanziamenti;
d) ad adottare urgentemente le opportune iniziative, anche di carattere normativo, volte a una graduale diminuzione delle spese per i sistemi di armamento, che insistono sul bilancio dello Stato, al fine di non distrarre ingenti risorse che potrebbero contribuire al sostegno di misure di carattere sociale;
3) in materia di dazi commerciali:
a) a realizzare, al fine della tutela del mercato unico e dell'economia europea, tutte le necessarie tempestive iniziative affinché l'Europa dia una risposta efficace e proporzionata all'apposizione di dazi da parte degli Stati Uniti, esplorando al contempo l'apertura dell'Italia a nuovi mercati in direzione di una maggiore diversificazione degli scambi commerciali;
b) a valutare, in maniera particolare, le conseguenze dei dazi sul settore agroalimentare italiano e soprattutto sulle più importanti eccellenze del made in Italy, non sottovalutando la portata di questa "tassa", ma al contrario cercando la strada migliore per garantire concreto sostegno ai comparti, anche attraverso l'istituzione di fondi dedicati, nonché ponendo in essere azioni volte a scongiurare i rischi di imitazione e contraffazione dei prodotti ai quali l'introduzione dei dazi potrebbe esporre maggiormente il settore agroalimentare;
4) in materia di attuazione del PNRR:
a) ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, al fine di garantire l'integrale, tempestivo ed efficiente utilizzo da parte dell'Italia dei fondi europei del programma Next generation EU, come previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e dal Piano nazionale complementare in tempi celeri e rispettosi del cronoprogramma, in particolare assicurando prioritariamente il raggiungimento di obiettivi trasversali, come la sostenibilità economica, sociale e ambientale degli interventi, incluso il rispetto delle clausole in materia di pari opportunità e inclusione lavorativa dei giovani e delle donne, nonché la relativa attuazione nell'ambito delle transizioni digitali e green e del riparto bilanciato delle risorse con la destinazione minima del 40 per cento delle stesse al Sud;
b) a informare costantemente il Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR e sugli eventuali aggiornamenti dello stesso, sostenendo anche, a tal fine e nelle opportune sedi istituzionali, l'iniziativa parlamentare inerente all'istituzione di una commissione per l'indirizzo, la vigilanza e il controllo dell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR;
c) a procedere con l'urgenza prevista dal caso, in ottemperanza all'articolo 2, comma 6-bis del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, alla pubblicazione della Quarta relazione istruttoria sul rispetto del vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno di almeno il 40 per cento delle risorse territorialmente allocabili, al fine di verificare l'effettiva attuazione del predetto obiettivo in termini di riequilibrio territoriale e di rilancio del Sud come priorità trasversale a tutte le missioni del Piano e a scongiurare eventuali tagli ai progetti destinati alle Regioni meridionali conseguenti alla revisione del PNRR;
5) in materia di salute e politiche sociali:
a) a delineare un programma idoneo a tutelare e salvaguardare il Servizio sanitario nazionale pubblico e universalistico attraverso un recupero integrale di tutte le risorse economiche necessarie, garantendo una sostenibilità economica effettiva ai livelli essenziali di assistenza e soddisfacendo in modo più efficace le esigenze di pianificazione e di organizzazione nel rispetto dei principi di equità, di solidarietà e di universalismo, anche prevedendo che l'incidenza della spesa sanitaria sul prodotto interno lordo (PIL) sia in linea con i Paesi del G7 e che non sia, comunque, inferiore alla media europea;
b) a superare la sperequazione esistente sul territorio nazionale, introducendo indicatori ambientali, socioeconomici e culturali nonché l'indice di deprivazione economica che tenga conto delle carenze strutturali presenti nelle Regioni o nelle aree territoriali di ciascuna Regione che incidono sui costi delle prestazioni sanitarie e sottraendo la salute da qualsiasi progetto volto a conferire ulteriori forme di autonomia alle realtà regionali;
c) ad assicurare un'azione strutturale di incremento delle risorse da destinare al funzionamento del Servizio sanitario nazionale, sia in termini di risorse finanziarie che professionali, con particolare riferimento agli investimenti necessari per il personale sanitario- anche programmando e ridefinendo percorsi formativi in relazione ai fabbisogni futuri di professionalità mediche e sanitarie e ai fabbisogni di assistenza alla popolazione - rimuovendone il tetto di spesa per le assunzioni a tempo indeterminato, al finanziamento dei cicli di specializzazione, della domiciliarità, della medicina territoriale, al rafforzamento della governance dei distretti sociosanitari nonché al potenziamento dell'organico dei consultori, assicurando la presenza di personale non obiettore di coscienza, anche al fine di garantire un accesso sicuro alle procedure per l'interruzione volontaria di gravidanza;
d) a provvedere al potenziamento del SSN e al completamento degli investimenti del PNRR per rafforzare le cure primarie, velocizzare le prestazioni e migliorare l'assistenza territoriale, assicurando che le risorse destinate nell'ambito del PNRR non siano distratte o sottratte in alcun modo e in particolare non siano trasferite per finalità di riarmo;
e) a dare continuità alla tendenza di crescita del personale medico e sanitario registrata dagli anni dal 2020 al 2022, assicurando un piano assunzionale che sia efficacie anche nell'affrontare la rilevante questione della crescente componente di ultrasessantenni nel SSN, desistendo da interventi che finiscono per sovraccaricare ripetutamente il personale sanitario in servizio;
f) a rivedere il piano per la riduzione delle liste di attesa, per assicurare un'assistenza specialistica ambulatoriale e ospedaliera tempestiva e di qualità, contemplando più efficaci interventi, anche penalizzanti, per le Regioni e per le strutture sanitarie che non assicurano il corretto equilibrio dell'attività istituzionale e dell'attività intramoenia e che non garantiscono la trasparenza e l'unicità dei sistemi di prenotazione;
g) a provvedere ad un effettivo potenziamento dell'assistenza domiciliare per gli interventi più intensivi, continuativi e multidisciplinari, risolvendo la carenza del servizio domiciliare rivolto alla presa in carico della non autosufficienza e della disabilità, dando sollecita attuazione, tanto della delega sulla disabilità quanto di quella sulle persone anziane e potenziando le tutele per i caregiver;
h) a riordinare gli strumenti per la sanità integrativa e i fondi sanitari con l'unico obiettivo di salvaguardare la sanità pubblica e i presidi sociali pubblici, assicurando che la sanità integrativa e i fondi sanitari intervengano solo ed esclusivamente sulle prestazioni sanitarie e sociali non incluse nei LEA o nei LEP, assicurando in ogni caso trasparenza, risoluzione di ogni conflitto d'interesse nella gestione di fondi e polizze sanitarie ed eliminando ogni forma di beneficio fiscale a soluzioni che, anche indirettamente (ad esempio banche e assicurazioni), comportino lucri o speculazione;
i) a rafforzare l'assegno unico, prima misura universalistica e progressiva a tutela e a sostegno delle famiglie, aumentando gli importi previsti, ampliando la platea dei beneficiari e rafforzando le clausole di salvaguardia;
j) a introdurre una tassazione agevolata per il secondo percettore di reddito, al fine di incrementare il tasso di occupazione femminile; ad adottare misure dirette ad ampliare i congedi parentali, incrementandone il trattamento economico e la fruibilità da parte di entrambi i genitori; a rafforzare l'indennità di maternità e di paternità, rendendo gli istituti paritari e remunerati al 100 per cento;
k) ad assicurare la realizzazione degli asili nido, come previsto dal PNRR, e il loro buon funzionamento attraverso un'adeguata dotazione di personale, con l'obiettivo di aumentare l'offerta di lavoro, dare impulso all'occupazione femminile, far emergere il lavoro nero e favorire il reinserimento nel mondo del lavoro dopo il congedo di maternità obbligatorio;
l) ad adottare le iniziative necessarie a risolvere le numerose problematiche di carattere sociale, rafforzando le misure per affrontare la povertà alimentare e per ridurre il tasso di persone a rischio di povertà o esclusione sociale che resta ancora superiore alla media dell'Unione europea;
6) in materia di istruzione e cultura:
a) a reperire adeguate risorse da destinare all'incremento dei finanziamenti dei settori pubblici dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di portare gli investimenti in istruzione, educazione e formazione al 5 per cento del PIL come nel resto dei Paesi OCSE e di rimettere al centro delle politiche di spesa due ambiti fondamentali per lo sviluppo e la crescita del nostro Paese;
b) a rivedere interamente le politiche di riduzione del personale e le disposizioni concernenti i tagli lineari dei contingenti delle professionalità della scuola, dell'università e della cultura, reperendo, altresì, le risorse economiche necessarie per incrementare i salari dei lavoratori di tutti i settori della conoscenza e per stabilizzare il personale precario operante nei medesimi settori;
c) ad attuare urgentemente la riforma del codice dello spettacolo, reperendo le risorse necessarie da destinare ai vari settori coinvolti, con particolare riferimento al mondo della danza e dei corpi di ballo, afflitti dal precariato, e al settore del cinema, paralizzato dal blocco del tax credit e sottoposto a continui definanziamenti;
d) ad adottare politiche di investimento e rafforzamento delle industrie culturali e creative, al fine di potenziare uno dei settori economici che produce maggior valore aggiunto ed occupazione per la crescita e lo sviluppo del Paese;
e) ad adottare tutte le iniziative necessarie volte a velocizzare l'attuazione degli obiettivi della Missione 4 "Istruzione e Ricerca" del PNRR, al fine di scongiurare le ipotesi di rimodulazioni di obiettivi e possibili definanziamenti, con particolare riguardo alla realizzazione di nuove residenze universitarie, sempre più fondamentali nel contrasto all'aumento del costo degli affitti per gli studenti fuori sede, anche incrementando adeguatamente il fondo affitti studenti universitari, nonché alla realizzazione di nuovi posti negli asili nido e nelle scuole per l'infanzia;
f) ad adottare urgentemente politiche rivolte alle giovani generazioni, garantendo incentivi adeguati all'accesso alla pratica sportiva, alla cultura, all'istruzione e alla formazione, al fine di invertire la tendenza dei giovani ad espatriare alla ricerca di un futuro migliore;
g) a intervenire urgentemente per sostenere le famiglie in difficoltà a causa dell'inflazione e del caro energia nell'acquisto di libri e materiali scolastici, approvando il prima possibile la proposta di legge concernente l'istituzione di una dote educativa da destinare a tutte le alunne e alunni, studentesse e studenti del primo e del secondo ciclo di istruzione, nonché, al fine di garantire il diritto allo studio in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, combattere la povertà educativa e garantire un'istruzione di qualità, ad adottare misure volte a contrastare l'eccessivo affollamento delle classi e a rivedere le disposizioni concernenti il dimensionamento scolastico e le nuove indicazioni nazionali per la scuola dell'infanzia e del primo ciclo di formazione, garantendo, altresì, un reale coinvolgimento delle comunità di settore nell'attuazione di tali politiche, senza ricorrere a stratagemmi finalizzati a reprimere il dissenso;
7) in materia di lavoro:
a) a ripristinare il Reddito di cittadinanza, prevedendo il rafforzamento e la riorganizzazione delle politiche pubbliche volte a contrastare la povertà e l'esclusione sociale, potenziando la componente di servizi alla persona e l'attivazione di un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa per l'effettivo superamento della condizione di povertà;
b) a dare piena e tempestiva attuazione, con la massima sollecitudine, ai principi e alle finalità della direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, così come agli indirizzi espressi dalla Corte di cassazione, introducendo anche nel nostro ordinamento il riconoscimento ai lavoratori e alle lavoratrici di ciascun settore economico di un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale, assicurando in ogni caso livelli retributivi in grado di garantire una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa, anche attraverso l'introduzione del salario minimo legale, corrispondente a un trattamento economico minimo orario non inferiore a 9 euro, aggiornato annualmente per tenere conto, in particolare, dell'aumento della produttività e dell'inflazione;
c) per quanto di competenza e con il pieno coinvolgimento delle parti sociali, a definire una disciplina normativa di sostegno per la regolamentazione della rappresentanza e rappresentatività delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro che restituisca certezza nelle relazioni industriali e superi la proliferazione di sigle di comodo, così come la moltiplicazione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da organizzazioni che non hanno alcuna rappresentatività reale, in particolare valorizzando i contratti collettivi leader, ossia quelli siglati dai soggetti comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale che presentino maggiore connessione, in senso qualitativo, all'attività produttiva del luogo di lavoro, nonché definendo specifici criteri atti a misurare il grado di rappresentatività, sia delle organizzazioni sindacali che datoriali e tenendo in debita considerazione i criteri autoprodotti dall'ordinamento intersindacale negli accordi interconfederali stipulati dalle confederazioni maggiormente rappresentative;
d) a favorire, per quanto di competenza, l'adozione di misure volte a promuovere la sperimentazione della riduzione dell'orario lavorativo a parità di salario;
e) ad avviare un concreto e tempestivo confronto con le parti sociali realmente rappresentative, volto a definire una nuova strategia in materia di lavoro nel nostro Paese, anche attraverso la realizzazione di un piano straordinario pluriennale per il lavoro, che metta al centro la buona e stabile occupazione, il contrasto a ogni forma di precarietà e l'incremento della partecipazione al lavoro, con particolare riguardo alle donne e ai giovani, così come al Mezzogiorno e alle aree interne e coerente con la transizione e conversione ecologica;
f) a rafforzare le politiche attive del lavoro, anche attraverso il potenziamento del fondo nuove competenze; a contrastare le crescenti disparità generazionali, di genere e territoriali, in particolare con interventi volti a favorire l'inserimento lavorativo dei giovani e delle donne; ad assicurare la lotta al lavoro sommerso; a contrastare il precariato, rafforzando gli incentivi volti a favorire le assunzioni a tempo indeterminato, nonché collegando strettamente le tipologie contrattuali a tempo determinato a specifiche causali; ad abolire gli stage extracurriculari in forma gratuita;
g) a favorire l'evoluzione del sistema previdenziale mettendo al centro le donne, i giovani e chi svolge lavori gravosi, prevedendo l'aggiornamento e l'ampliamento della platea dei lavori usuranti, garantendo una prospettiva pensionistica sostenibile e dignitosa;
h) al fine di contrastare gli effetti negativi delle tensioni inflazionistiche, nel pieno ed effettivo rispetto del principio costituzionale di adeguatezza dei trattamenti previdenziali, ad adottare altresì le necessarie iniziative volte ad aumentare le pensioni minime, anche attraverso la riduzione delle imposte sulle pensioni più basse;
i) a completare il sistema di tutele in favore dei lavoratori autonomi, avviato con l'introduzione dell'indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa, attraverso l'estensione delle misure già previste per i lavoratori dipendenti;
j) ad adottare, in linea con le esperienze più avanzate in Europa, le opportune misure per assicurare l'estensione in termini di durata, nonché di copertura del congedo di paternità obbligatorio, prevedendo altresì che il congedo di maternità e il congedo di paternità godano di una copertura retributiva pari al 100 per cento, in modo da ridurre il disincentivo economico all'utilizzo dei congedi parentali per i padri;
k) ad avviare un serio confronto con le parti sociali realmente rappresentative volto a definire una nuova strategia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro, da implementare annualmente favorendo il pieno coinvolgimento del Parlamento, assicurando, nelle more, l'adozione di immediate misure volte ad affrontare le principali criticità, quali l'equiparazione delle tutele disposte nella disciplina degli appalti pubblici anche agli appalti tra privati, nonché l'eliminazione degli appalti a cascata e delle gare al massimo ribasso;
l) a riconsiderare ogni ipotesi di privatizzazione in atto di aziende controllate e/o partecipate dallo Stato che, oltre a rappresentare la perdita di asset strategici per il Paese, spesso determinano, come accaduto in passato, fenomeni di precarizzazione del lavoro e riduzione dei livelli occupazionali;
m) a ripristinare il lavoro agile quantomeno in favore dei lavoratori fragili per rendere pieno e garantito il diritto al lavoro;
8) in materia di politiche abitative:
a) a stanziare adeguate risorse per fronteggiare il grave e diffuso disagio abitativo, attraverso la revisione e il rifinanziamento del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e del Fondo per la morosità incolpevole, nonché a prevedere misure di sostegno per far fronte alla maggiore spesa conseguente all'aumento dei tassi di interesse sui mutui in favore di coloro che versano in situazione di obiettiva difficoltà, e a incrementare l'offerta di alloggi a canone di locazione sociale mediante interventi di recupero e riqualificazione del patrimonio esistente nell'ambito di una adeguata programmazione nazionale pluriennale;
9) in materia di rafforzamento della sicurezza e controllo del territorio:
a) ad incrementare le risorse economiche sotto il profilo contrattuale e stipendiale del comparto sicurezza, nonché a potenziare i presidi di sicurezza e i servizi di prevenzione e di controllo del territorio;
b) a istituire un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'interno volto a sostenere iniziative in materia di sicurezza urbana da parte dei Comuni, con particolare riguardo alle assunzioni di ulteriore personale di Polizia municipale, prescindendo dagli equilibri di bilancio e dal cosiddetto valore soglia, al potenziamento delle sale operative, nonché all'installazione e al potenziamento dei sistemi di videosorveglianza;
10) in materia di giustizia:
a) a potenziare gli strumenti di contrasto alle mafie già esistenti, a salvaguardare e rafforzare il regime speciale di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario;
b) a investire nella lotta alla corruzione, in particolare attraverso l'adozione di misure volte a garantire maggiore trasparenza e controllo dei fondi del PNRR; a ripristinare le fattispecie penali che costituiscono capisaldi nella lotta alla corruzione, tra cui l'abuso d'ufficio e il traffico di influenze illecite, nonché ad intraprendere tutte le necessarie iniziative, nelle opportune sedi istituzionali nazionali ed europee, volte ad una rapida approvazione della proposta di direttiva UE 2023/0135 (COD) in materia di lotta contro la corruzione;
c) a proseguire nella politica di contrasto alle agromafie ed ecomafie, tutelando il diritto alla salute attraverso un efficace sistema di repressione delle attività della criminalità organizzata e dei reati ambientali in generale;
d) ad intervenire con gli investimenti necessari per prevenire e contrastare il fenomeno della violenza sulle donne anche garantendo la continuità dei finanziamenti alle attività e al funzionamento dei centri e delle reti antiviolenza territoriali;
e) a potenziare l'organico del Corpo di Polizia penitenziaria, al fine di ovviare alla grave scopertura di organico, così da rendere maggiormente efficienti gli istituti penitenziari e garantire migliori condizioni di lavoro al personale addetto alla sicurezza all'interno delle carceri; a prevedere risorse aggiuntive per l'assunzione straordinaria di personale nei ruoli di funzionario giuridico-pedagogico e di funzionario mediatore culturale, considerando altresì il ruolo fondamentale che questi ultimi rivestono all'interno dell'ordinamento ai fini del reinserimento in società dei ristretti;
f) ad assumere iniziative specifiche per contrastare il grave sovraffollamento carcerario, inclusa la realizzazione delle case di comunità di reinserimento sociale, ponendo un freno al dilagante e preoccupante fenomeno dei suicidi dei detenuti, anche attraverso la promozione e il sostegno di tutte le attività trattamentali, con particolare riguardo alla prosecuzione del finanziamento del Fondo per il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari, nonché percorsi formativi e culturali che favoriscano l'acquisizione di nuove competenze nell'ambito dei diversi mestieri;
g) a stanziare ulteriori risorse per consentire l'ampliamento della pianta organica della magistratura ordinaria di 1000 unità, al fine di avvicinare il rapporto magistrati-cittadini, dagli attuali 11 ogni 100.000 abitanti, alla media europea di 22;
h) in riferimento ad interventi in materia di edilizia giudiziaria, a riqualificare e potenziare il patrimonio immobiliare dell'amministrazione della giustizia in chiave ecologica e digitale, che si tratti di area facilmente accessibile e dotata di servizi e ambienti da adibire a nidi per l'infanzia, nell'attuazione delle politiche volte alla conciliazione tra vita familiare e professionale, con ricadute positive in termini di incremento dell'occupazione femminile e di effettività della parità nell'accesso alle professioni caratterizzanti il comparto giustizia;
i) a incrementare le risorse destinate alle attività di intercettazione, nonché nel rispetto delle prerogative parlamentari, ad astenersi da qualsivoglia intervento - anche normativo - volto a restringerne l'utilizzo o depotenziarne l'efficacia come strumento di ricerca della prova determinante per l'attività investigativa ed indispensabile per contrastare le forme più insidiose di criminalità organizzata e dei fatti di corruzione, i cui effetti finali ricadono sull'utente, ovvero il cittadino;
l) a investire adeguate risorse per rendere effettiva la transizione al digitale sia della giustizia penale - considerando che il processo penale telematico, entrato ufficialmente in vigore il 1º gennaio 2025, avrebbe dovuto rappresentare una svolta epocale per il sistema giudiziario italiano ed invece già dai primi giorni di operatività ha causato la paralisi di molti tribunali - sia del giudice di pace, alla luce soprattutto del gravissimo arretrato che non si riesce a smaltire a causa della scopertura dell'organico;
11) in materia di coesione territoriale, cooperazione e sviluppo:
a) a rafforzare le politiche per la riduzione dei divari territoriali, con particolare riferimento al Mezzogiorno, alle aree interne, ai territori montani e alle isole, nonché a prevedere, in favore degli enti territoriali, risorse dirette a contenere l'aumento dei prezzi dell'energia anche mediante l'utilizzo di flessibilità di bilancio, nonché a implementare il finanziamento per lo svolgimento delle funzioni fondamentali e dei servizi in favore dei cittadini;
b) a garantire il rispetto del vincolo di destinazione alle Regioni del Mezzogiorno di almeno il 40 per cento delle risorse territorialmente allocabili del PNRR nonché il vincolo di concentrazione delle risorse nelle Regioni del Mezzogiorno previsto dal Fondo di sviluppo e coesione, al fine di mantenere l'obiettivo di riequilibrio territoriale quale elemento qualificante del Piano e consentire, nell'ottica dell'obiettivo della coesione territoriale, il pieno superamento delle disuguaglianze e dei divari territoriali a livello di macroaree e fra le Regioni del Mezzogiorno;
12) in materia fiscale:
a) ad avviare una riduzione significativa e progressiva delle tasse per famiglie (soprattutto quelle a reddito medio-basso) e imprese, incentivando lavoro e partecipazione (giovani, donne, percettori di sostegno), garantendo la progressività del sistema tributario e la tassazione in base alla reale capacità contributiva;
b) a intensificare la lotta all'evasione fiscale, stabilizzare il gettito (rinunciando a sanatorie) e basare il sistema tributario sui principi di "lealtà e liceità" come prerequisiti per semplificazioni e benefici;
c) a razionalizzare i regimi fiscali alternativi, armonizzando deduzioni e detrazioni per diverse categorie di contribuenti, al fine di eliminare disparità di trattamento e garantire maggiore equità del sistema impositivo;
d) a introdurre modalità alternative per usufruire delle agevolazioni fiscali (a partire da detrazioni e deduzioni per spese essenziali, soprattutto pagate elettronicamente), come rimborsi diretti o crediti in busta paga, per semplificare e rendere più chiara la percezione del beneficio fiscale;
e) a introdurre meccanismi per compensare e redistribuire le maggiori entrate derivanti da consumi, capitale (speculazioni, eventi eccezionali) o dalla lotta all'evasione (inclusi i "giganti del web" e l'elusione internazionale), destinando tali maggiori entrate prioritariamente al contenimento degli effetti negativi sul potere d'acquisto delle famiglie;
13) in materia di trasporti:
a) a sostenere un robusto programma di incentivazione all'uso del trasporto pubblico, nonché a sostenere l'attraversamento dinamico dello Stretto di Messina, migliorando la viabilità sulle due sponde e investendo sul naviglio, definanziando contestualmente il progetto di attraversamento stabile per mezzo del ponte, posto che nella legge di bilancio 2024 l'opera è stata quantificata con un indebitamento per lo Stato di 13 miliardi fino al 2032 e che nelle more dell'iter si era annunciata la riduzione dell'onere attraverso la partecipazione a bandi europei, nonché attraverso finanziamenti di altri enti pubblici e privati di cui, tuttavia, non si ha ancora certezza;
b) a sostenere le amministrazioni qualora i cantieri in essere, con particolare riguardo alle infrastrutture di trasporto, abbiano dei costi maggiorati a causa dell'aumento del costo dei materiali, valutando una necessaria ed urgente redistribuzione dei fondi PNRR al fine di completare le opere nel tempo richiesto;
c) a scongiurare che, nell'attesa di valutare le azioni del Governo americano in tema di dazi commerciali, non si pianifichi per tempo una politica di sostegno alla filiera logistica, alla portualità italiana e a tutto il suo indotto;
d) alla luce della crisi in atto, a interrompere l'iter per la progettazione del Ponte sullo Stretto di Messina, lo sperpero delle risorse dei fondi di sviluppo e coesione destinati alla Calabria, nonché gli ulteriori fondi stanziati con l'ultima legge di bilancio per il completamento degli interventi relativi al nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione, dando priorità allo sviluppo dell'alta velocità calabrese e all'elettrificazione dell'intera tratta ferroviaria jonica, nonché impegnando maggiori risorse a sostegno di un sempre più efficace ed efficiente trasporto pubblico locale, stabilizzando anche la misura del cosiddetto bonus trasporti, che in un'epoca di stagflazione rappresenta un sostegno diretto alle famiglie e ai lavoratori;
e) a rivedere le politiche introdotte in legge di bilancio sull'aumento delle tasse di imbarco per voli extra UE, considerata la rilevanza del trasporto aereo per l'economia italiana e per l'impatto diretto con il turismo che ad oggi rappresenta una risorsa certa ed insostituibile;
14) in materia di Green New Deal e transizione ecologica:
a) a corredare i principali documenti di programmazione economica, come il Piano strutturale di bilancio, con adeguate valutazioni di impatto delle misure rispetto agli obiettivi clima ed energia in un quadro temporale pluriennale;
b) a rafforzare le politiche e le misure per la transizione ecologica, il contrasto alla crisi climatica ed il raggiungimento degli obiettivi di clima ed energia, in linea con le misure decise nell'ambito del Green New Deal europeo;
c) a perseguire, senza indugi, il raggiungimento dei target di decarbonizzazione al 2030 e di neutralità climatica al 2050, attraverso il pieno superamento della dipendenza del Paese da importazioni di combustibili fossili e l'incremento degli investimenti nelle fonti rinnovabili, accelerando il recepimento nell'ordinamento nazionale delle direttive Red III e Case green, allo scopo di introdurre adeguate misure per aumentare l'efficienza energetica e la sicurezza sismica degli edifici, prestando particolare attenzione alla riqualificazione degli edifici con prestazioni energetiche basse, ivi compresi gli edifici pubblici, in linea con gli indirizzi europei, anche attraverso la previsione di misure a carattere strutturale e finanziariamente sostenibili;
d) a orientare la strategia nazionale per l'indipendenza energetica verso un ulteriore potenziamento della produzione di energia da fonti rinnovabili, anche mediante la definizione, in tempi certi, di un percorso finalizzato allo sviluppo e alla costruzione di filiere strategiche ed innovative in questo settore, nonché alla creazione di un sistema interconnesso e sempre più slegato dagli approvvigionamenti di fonti fossili, anziché verso il ricorso a tecnologie, come quella della cattura, l'utilizzo e lo stoccaggio della CO2 (CCS) e del nucleare che, come noto, presentano notevoli limiti e richiedono ancora un'attenta valutazione dei potenziali effetti ambientali ed economici, oltre a presupporre, ai fini dell'equilibrio economico e finanziario, ricadute dirette sulle bollette di cittadini ed imprese;
e) a garantire la messa in sicurezza, la completa bonifica e il ripristino ambientale di tutti i siti temporanei e delle strutture del territorio nazionale dove sono attualmente collocati i rifiuti radioattivi e ad adottare adeguate misure volte a dare soluzione al problema del deposito unico dei rifiuti radioattivi a media e alta attività, attivando specifiche procedure di consultazione pubblica e coinvolgimento dei territori;
f) ad adottare misure volte a sviluppare una fiscalità favorevole alla transizione verso la decarbonizzazione del sistema economico e industriale, che persegua in modo efficace la progressiva eliminazione dei sussidi dannosi all'ambiente e la tempestiva definizione di appositi indicatori per gli investimenti ecosostenibili, destinando le relative risorse all'incentivazione di processi produttivi e di consumo con minore impatto ambientale, nonché all'adozione di misure compensative per le famiglie e le imprese più vulnerabili;
g) ad adottare idonee misure per promuovere iniziative di concreto sostegno alla risoluzione delle varie crisi aziendali afferenti al settore automobilistico nazionale;
h) a finanziare gli interventi di riqualificazione dei corpi idrici naturali e del reticolo minore e a istituire un fondo per la sostituzione e manutenzione degli acquedotti, rimodulando il fondo complementare del PNRR;
i) a recepire le misure previste dalle strategie per la Biodiversità 2030, Firm farm to fork e Suolo nell'ambito del Green New Deal UE e riprese dalla recente Nature restoration law;
j) a individuare strategie ed obiettivi di implementazione dell'economia circolare mediante l'adozione di pratiche gestionali finalizzate alla riduzione della produzione di rifiuti, alla raccolta differenziata, alla tariffazione puntuale e alla promozione di filiere produttive volte al riuso, al riciclo, alla riparabilità e alla compostabilità, escludendo il ricorso a soluzioni impiantistiche basate sull'incenerimento dei rifiuti e allo smaltimento in discarica in quanto pratiche idonee a incidere negativamente sulla qualità dell'aria e dei suoli;
k) al fine di rispondere alle sfide inerenti la salvaguardia del clima e la riduzione dell'inquinamento atmosferico e in linea con quanto previsto dalla Country-specific Recommendation CSR 3.6, a potenziare la mobilità sostenibile mediante l'elettrificazione del parco veicolare per il trasporto pubblico e privato e la relativa impiantistica di ricarica, anche indirizzando le politiche di mobilità urbana su un consistente spostamento dal trasporto privato motorizzato alle altre forme di mobilità (trasporto pubblico, sharing, bicicletta, mobilità leggera), nonché a rilanciare il settore della logistica cosiddetto green, prevedendo un Piano di evoluzione del sistema anche attraverso strumenti di governance dedicati all'incentivazione del trasporto intermodale - in considerazione di quanto già previsto con i contributi al trasporto combinato strada-mare (marebonus) e strada-rotaia (ferrobonus) - alla digitalizzazione e all'automazione, per garantire la sostenibilità del settore e la sua compartecipazione agli obiettivi del Green New Deal europeo;
l) a dare tempestiva attuazione alla strategia nazionale per la biodiversità in linea con gli obiettivi di ripristino degli ecosistemi danneggiati e con gli impegni internazionali dell'Unione europea in materia di clima e di biodiversità e a stanziare ulteriori risorse da destinare all'attuazione delle misure di ripristino della natura, quali la rinaturalizzazione, il reimpianto di alberi e il rinverdimento dei contesti urbani ed extraurbani;
15) in materia di energia:
a) a presentare alla Commissione, nei tempi previsti dal regolamento 2023/955 ovvero entro il 30 giugno 2025, il Piano sociale per il clima, al fine di garantire alle famiglie e alle micro-imprese vulnerabili, nonché agli utenti vulnerabili dei trasporti l'accesso ai finanziamenti finalizzati a mitigare l'impatto dell'inclusione nel sistema ETS2 dei settori degli edifici e del trasporto stradale; ad utilizzare, coerentemente con le finalità e le condizionalità stabilite dal regolamento (UE) 2023/955, le risorse del Piano per interventi strutturali e di lungo periodo capaci di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili ed aumentare la resilienza dei predetti soggetti;
b) ad adottare con urgenza, nel primo provvedimento utile, opportune iniziative normative volte ad introdurre idonee misure correttive al Fondo nazionale per l'efficienza energetica di cui all'articolo 15, comma 1, del decreto legislativo 4 luglio 2014 n. 102, in linea con le deliberazioni n. 26/2023/CCC e n. 14/2025/CCC della Corte dei conti, al fine di rimuovere le criticità da quest'ultima evidenziate e necessarie al concreto funzionamento del Fondo medesimo;
c) allo scopo di rendere lo strumento del Conto termico maggiormente efficace in termini di efficientamento del patrimonio edilizio privato e pubblico e di contenimento della povertà energetica, ad adottare le opportune iniziative volte ad includere tra i beneficiari della misura anche gli alloggi di edilizia residenziale pubblica; ad estendere gli incentivi per la PA anche agli interventi di miglioramento sismico, dilazionando i tempi di realizzazione degli interventi e incrementando i relativi massimali di spesa;
d) nell'ambito del processo di semplificazione e potenziamento del sistema dei certificati bianchi, a prevedere che una percentuale obbligatoria minima dell'obiettivo annuale di risparmio energetico cui sono obbligati i distributori di energia elettrica e di gas naturale sia destinata e vincolata, in via prioritaria, alla realizzazione di misure e interventi a beneficio delle famiglie vulnerabili, delle famiglie a basso reddito, delle famiglie che vivono in alloggi sociali e delle famiglie in condizione di povertà energetica;
e) ad esentare dall'imposta sul reddito delle persone fisiche i contributi alla spesa percepiti per l'efficientamento energetico delle abitazioni delle persone in condizioni di povertà energetica, dei clienti vulnerabili, delle persone appartenenti a famiglie a basso reddito e delle persone che vivono negli alloggi di edilizia residenziale pubblica e sociale;
f) ad adottare iniziative volte a ristabilire con urgenza, nei rispettivi mercati del gas naturale e dell'energia elettrica, un equilibrio a favore dei consumatori per preservare i clienti finali da ulteriori abusi; ad intraprendere idonee iniziative normative volte a contrastare, in modo nuovo e più incisivo, il fenomeno del telemarketing e del teleselling aggressivo, anche valutando di inserire tali fenomeni nel novero delle cosiddette pratiche sempre aggressive, e quindi vietate, di cui all'articolo 26 del codice di consumo, considerati i risultati non completamente soddisfacenti prodotti dal registro pubblico delle opposizioni, nonché a rendere più efficaci e funzionali le periodiche campagne di comunicazione istituzionale a carattere pubblicitario in relazione agli strumenti e gli incentivi disponibili per la realizzazione di interventi rivolti alla decarbonizzazione e alla transizione ecologica, alla riduzione e all'efficientamento dei consumi di energia, alla produzione di energia rinnovabile, anche mediante configurazioni di autoconsumo individuale e collettivo e la costituzione di comunità energetiche rinnovabili;
16) in materia di crescita economica, digitalizzazione e innovazione:
a) a sostenere e rilanciare gli investimenti pubblici e le politiche dell'innovazione per favorire la crescita economica, la digitalizzazione, l'industrializzazione equa, responsabile e sostenibile e la creazione di nuovi posti di lavoro; ad adottare con urgenza le necessarie iniziative affinché i fondi non impegnati a valere sulla misura piano transizione 5.0 siano resi disponibili, in via immediata e senza ulteriori difficoltà, per il rifinanziamento del Piano transizione 4.0, al fine di incentivare gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, formazione del personale, a partire dal potenziamento della ricerca di base e applicata, preservando in ogni caso, con particolare riferimento agli investimenti finalizzati alla transizione ecologica ed energetica, il pieno automatismo degli incentivi e la più ampia diffusione tra le imprese;
b) ad intraprendere tutte le necessarie iniziative finalizzate ad assicurare all'interno della ZES unica adeguate risorse per la copertura, nonché per la proroga - almeno su base triennale - della durata della concessione dei benefici fiscali del credito di imposta previsto a favore delle imprese del Mezzogiorno, così come un quadro regolamentare stabile e certo nel tempo, al fine di permettere al tessuto imprenditoriale di programmare con maggiore certezza i propri investimenti;
17) in relazione alla politica agricola:
a) a garantire maggiore attenzione al settore primario e maggiore sostegno nel percorso verso la transizione ecologica e la sostenibilità alla quale il comparto è chiamato, senza dover rinunciare alla propria redditività, attraverso:
1) interventi concreti volti a incrementare le risorse destinate all'agricoltura a garanzia di un vero sostegno alle imprese;
2) il potenziamento dei contratti di filiera, mettendo in atto politiche volte a rafforzare il ruolo degli agricoltori all'interno della catena che va dal produttore al consumatore;
3) l'attuazione di misure volte a realizzare politiche che valorizzino e potenzino il ruolo delle giovani generazioni e delle donne che decidono di investire in agricoltura poiché il ricambio generazionale è fondamentale sia per la competitività di lungo periodo della nostra agricoltura, sia per il percorso di transizione ecologica e sostenibilità a cui il settore è chiamato;
4) il rafforzamento del contrasto ad ogni forma di pratica commerciale sleale che tocca la filiera agroalimentare, sia per i canali classici che nelle vendite online;
5) uno studio, attraverso il potenziamento del lavoro degli enti preposti, sui costi di produzione dei prodotti agricoli tenendo conto del ciclo delle colture, della loro collocazione geografica, della destinazione finale dei prodotti, delle caratteristiche territoriali e organolettiche, delle tecniche di produzione medie ordinarie e del differente costo della manodopera negli areali produttivi, stimato sulla base dei dati forniti annualmente dai singoli Stati dell'Unione europea;
6) il potenziamento della ricerca in agricoltura, che è uno strumento fondamentale poiché l'innovazione è un tassello imprescindibile per il settore e anch'essa è parte integrante del percorso verso la transizione ecologica agricola;
7) il sostegno alla sperimentazione delle nuove tecnologie applicabili all'agricoltura, affinché attraverso l'innovazione tecnologica si possano aumentare e valorizzare le produzioni in maniera sempre più sostenibile;
8) l'incremento concreto delle politiche di sostegno per gli interventi inerenti alla gestione del rischio, supportando in particolare quelli relativi alla prevenzione;
18) nell'ambito delle decisioni strategiche in tutti i settori, in particolare dell'occupazione, della salute e dell'inclusione sociale, a valutarne gli effetti sui giovani, promuovendo il principio di equità generazionale e introducendo strumenti di valutazione dell'impatto generato sulle giovani generazioni dalle politiche pubbliche; a prevedere un adeguato sistema previdenziale e di protezione sociale per i giovani lavoratori.
(6-00148) n. 3 (24 aprile 2025)
Preclusa
Il Senato,
premesso che:
per definizione il Documento di finanza pubblica (DFP) dovrebbe indicare le modalità e le tempistiche attraverso le quali il Governo intende conseguire il risanamento strutturale dei conti pubblici e perseguire gli obiettivi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale, energia e sostenibilità ambientale definiti nell'ambito dell'Unione europea: insomma un documento che ha acquisito col tempo un ruolo centrale nel bilancio dello Stato dovendo evidenziare in maniera dettagliata la direzione politico-economica che il Paese intende imboccare per un certo periodo di tempo;
tuttavia, nonostante il ruolo chiave nella definizione ed esposizione delle linee guida di politica economica del Paese, il DFP 2025 si presenta per il secondo anno consecutivo in una veste "minimalista", come una fotografia statica del passato, come un documento scarno, poco coraggioso, del tutto aleatorio e, soprattutto, privo di una visione chiara per il collocamento dell'Italia nel nuovo assetto geopolitico e commerciale che va delineandosi e di quei dettagli indispensabili per delineare la traiettoria di finanza pubblica, con il solo quadro tendenziale, e che non rappresenta la strategia politica su come il Governo intenda affrontare le emergenze del Paese e quali obiettivi perseguire in termini di sviluppo e benessere sociale, predisponendo gli strumenti finanziari per raggiungerli e verificando a consuntivo gli eventuali scostamenti;
il sistema dei vincoli europei ha inoltre relegato il Parlamento ad un ruolo marginale avendone gradualmente eroso il potere di controllo democratico, se si considera che le decisioni di finanza pubblica sono oggi concertate tra il Governo e le istituzioni UE nel semestre europeo, in un sistema che, essendo sfociato in un maggiore coinvolgimento del livello europeo nella programmazione come metodo di governo dei conti pubblici e come strumento di governance ha condotto alla sincronizzazione delle attività istituzionali ed economiche dei Paesi membri e all'unificazione delle tempistiche nelle valutazioni in materia di politica economica e di bilancio;
sotto il profilo metodologico il minimalismo si manifesta anche riguardo all'orizzonte temporale di riferimento essendo principalmente incentrato sulla rendicontazione dei progressi compiuti negli ultimi sei mesi dal Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029 presentato al Parlamento nell'autunno 2024;
nel quadro dipinto dal Governo con il DFP 2025, ove regnano il buon andamento del mercato del lavoro, una minore disoccupazione, nuove politiche per la famiglia, finanziamenti da 500 milioni di euro per favorire la transizione energetica e tecnologica delle aziende, redditi da lavoro dipendente in lieve aumento, mancano risposte strutturali per limitare l'impennata dei prezzi e sostenere i redditi da lavoro e pensione e tutti quegli interventi necessari per sostenere la coesione sociale attraverso le politiche per l'inclusione, a partire dal contrasto alla povertà, e il sostegno ai presidi di cittadinanza, come sanità, istruzione e non autosufficienza;
invero, a parte il catastrofico scenario determinato da un contesto internazionale caratterizzato prima dall'emergenza della pandemia e poi dalla guerra in Ucraina, che vede ridimensionate - e di molto - le previsioni di crescita del PIL, stimate a 0,6 per cento per il 2025 e 0,8 per cento per il biennio 2026-2027, dimezzando così il valore pari all'1,2 per cento previsto dal Piano strutturale di bilancio dello scorso autunno, il rapporto deficit-PIL, stimato a 3,3 per cento nel 2025, 2,8 per cento nel 2026 e 2,6 per cento nel 2027, e in lieve calo il debito pubblico in rapporto al PIL che si manterrà a 136,6 per cento nel 2025, 137,6 per cento nel biennio 2026-2027, con il DFP 2025 il Governo, pur certificando nel quadro tendenziale una situazione economica molto grave, sembra irresponsabilmente non voler tenere in adeguata considerazione il deterioramento del quadro internazionale e l'impatto sulla programmazione economica di alcuni avvenimenti recenti, primi fra tutti la guerra commerciale scatenata con l'introduzione dei dazi dall'amministrazione americana e il piano di riarmo europeo annunciato dalla presidente della Commissione europea, che potrebbero ridurre ulteriormente il PIL, con il rischio che l'Italia precipiti in una vera e propria recessione;
tale atteggiamento del Governo, che non è scevro dal generare perplessità anche nelle istituzioni che vigilano sulla politica economica del Governo, come ad esempio l'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) e la Corte dei conti, unito alla parziale opacità e reticenza del DFP 2025, suggeriscono di affidarsi ad altri osservatori istituzionali per delineare, con più realismo, l'attuale contesto economico-sociale italiano;
con lettera di validazione del 7 aprile scorso l'UPB, istituzionalmente chiamato a una valutazione indipendente delle previsioni macroeconomiche contenute nei documenti programmatici del Governo, al fine di limitare un eventuale eccessivo ottimismo delle previsioni, ha esplicitamente espresso le sue riserve sul DPF 2025 stante l'incertezza straordinariamente elevata che caratterizza le previsioni in esso contenute, a causa delle forti e continue tensioni geopolitiche. L'UPB inoltre precisa che le previsioni riportate nel documento sono comunque validate in quanto il quadro macroeconomico tendenziale per l'economia italiana del MEF è ricompreso in un intervallo accettabile (ossia due anni anziché tre e quindi più attendibile), per quanto attiene alle principali variabili macroeconomiche, anche se subordinate alla piena e tempestiva realizzazione sia dei progetti del PNRR che delle ipotesi del MEF sul contesto internazionale. In ogni caso le stime di tutti i previsori del panel UPB sono sovrapponibili e realizzate sulla base delle stesse ipotesi sulle variabili esogene internazionali adottate nell'esposizione dal MEF;
ciononostante lo stesso UPB precisa che, essendo il contesto internazionale attualmente perturbato da alcune variabili esogene, come la politica protezionistica americana, i conflitti internazionali e l'annunzio da parte della Germania di nuovi piani infrastrutturali e di riarmo, che potrebbero avere un impatto significativo anche sull'economia italiana, al momento non ragionevolmente quantificabile, i rischi delle previsioni per i prossimi anni sono fortemente orientati al ribasso. Infatti rispetto al profilo di crescita del PIL delineato per il 2025 dal MEF esso appare accettabile, sebbene nei trimestri successivi al primo sia soggetto a rischi al ribasso. L'UPB poi avverte che vi sono degli scostamenti tra la sua previsione sul PIL e quella del MEF rispetto all'anno 2027 essendo l'intervallo del panel molto ampio a causa dell'incertezza sugli effetti del venire meno dello stimolo esercitato dal programma Next generation EU (NGEU) per la realizzazione dei progetti predisposti con il PNRR;
tra le altre variabili esogene che possono influenzare il quadro previsionale rappresentato dal Governo vi sono, inoltre, la volatilità dei mercati e le politiche monetarie. Infatti in seguito all'annuncio del 2 aprile di forti dazi da parte degli Stati Uniti i prezzi degli attivi finanziari sono repentinamente diminuiti e il dollaro si è fortemente deprezzato, una situazione che rende i mercati molto volatili, per via della forte incertezza globale e delle tensioni geopolitiche, che incidono anche sulle decisioni delle banche centrali, il cui orientamento di politica monetaria sta diventando più cauto;
invero il Governo sta sottovalutando l'impatto dell'offensiva che la politica protezionistica degli Stati Uniti può sferrare nei confronti della nostra economia che con effetto domino può pervadere tutti i settori, probabilmente pensando di poter sfruttare il vantaggio offertogli dalla momentanea moratoria di Trump. Si tratta per Trump dell'estremo tentativo di rimediare ad una devastante crisi debitoria determinatasi negli anni passati da un globalismo senza regole (dumping) che ha generato enormi squilibri commerciali oggi ben visibili nel debito record degli Stati uniti verso il resto del mondo;
secondo l'UPB un'altra variabile esogena è rappresentata dal rischio climatico e ambientale. La tendenza al riscaldamento globale, infatti, aumenta gli eventi meteorologici estremi che sospingono i prezzi, prevalentemente degli alimentari e dell'energia, e danneggiano il tessuto produttivo. L'aumento della probabilità e dell'intensità di tali eventi spingerebbe, di conseguenza, Governi e operatori privati a destinare risorse alla gestione e prevenzione delle emergenze, riducendo i margini di manovra per politiche economiche espansive;
la Corte dei conti rileva che per una puntuale disamina del quadro offerto manca nel documento non solo lo sviluppo programmatico, ma anche (e soprattutto) un dettaglio informativo determinante su diversi capitoli della politica finanziaria di breve e medio periodo, ritenendo, in particolare, "limitate" le indicazioni sulla composizione della spesa per settori, sulle modifiche al PNRR e sulla spesa per il settore della difesa, insomma tutte assenze che rendono difficile valutare la tenuta del quadro complessivo e la sua coerenza con le priorità dell'azione di Governo;
l'economia italiana, pur recuperando i livelli pre-pandemici sta esaurendo la sua spinta espansiva indebolendo anche le attività industriali. Infatti secondo l'ISTAT l'industria italiana è in caduta libera e continua a sprofondare, mettendo a segno lo scorso mese di febbraio il 25° calo annuo consecutivo: uno scenario fosco, che peraltro non sconta ancora l'impatto dei dazi americani, ma che testimonia la totale assenza di una politica industriale (quando non fallimentare) nel nostro Paese. A febbraio 2025 la produzione industriale è diminuita dello 0,9 per cento rispetto al mese precedente, e su base annua scende del 2,7 per cento, certificando la lunga fase di flessione innescatasi a partire dal febbraio 2023. Secondo l'istituto di statistica la dinamica è negativa per tutti i settori industriali, ad eccezione di quelli della fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+19,4 per cento), dell'industria di legno, carta e stampa (+3,4 per cento) e delle industrie di alimentari, bevande e tabacco (+1,6 per cento);
tra i settori nei quali si registra un calo le perfomance peggiori sono quelli dell'automotive con una flessione del 14,1 per cento, del tessile (abbigliamento, pelli e accessori) con una flessione del 12,9 per cento e della raffinazione di prodotti petroliferi con una flessione del 12 per cento;
l'Italia, che tipicamente è un Paese a vocazione manifatturiera e orientato all'export, ha scontato un rallentamento nella crescita economica già a partire dalla seconda metà del 2024. La debolezza del settore manifatturiero è imputabile a più fattori, tra cui il costo dell'energia, la crisi dell'industria automobilistica, la flessione della produzione industriale in Germania e la caduta della domanda interna cinese. Inoltre, l'economia italiana, come il resto del mondo, ha vissuto la riconfigurazione dell'economia e dei modelli di specializzazione produttiva per effetto della concorrenza internazionale; in questo contesto non è possibile l'inversione di rotta e si dovrà rafforzare la competitività e la resilienza del Paese, migliorando le condizioni di contesto in cui le imprese operano e aprendo nuove opportunità per le esportazioni e gli investimenti internazionali;
ai suddetti impietosi valori il MIMIT ha risposto riducendo drasticamente i fondi per l'automotive, (settore più penalizzato non per colpa, come sostiene, della transizione ecologica) ed avanzando alla UE la richiesta di sospendere le regole del Green Deal, in cambio di una riconversione del settore in produzione militare, mostrando, senza pudore, miopia e subalternità alle lobby dell'industria bellica;
tali dati mostrano che quello che si sta ormai stratificando nel Paese è un lento e inesorabile cambio del paradigma produttivo: quelli che solo alcuni anni fa erano i settori di punta del nostro sistema industriale stanno via via diventando "residuali", lasciando il campo a settori a ridotto valore aggiunto o, come nel caso del settore della fornitura di energia elettrica, unico in costante crescita, dove la competizione non si gioca su innovazione e manifattura, ma sui servizi;
con un'altra rilevazione l'ISTAT certifica che la povertà assoluta nel Paese è cresciuta e che almeno il 23,1 per cento della popolazione si trova in almeno una delle tre seguenti condizioni: a rischio di povertà, in grave deprivazione materiale e sociale oppure a bassa intensità di lavoro;
è sempre l'ISTAT a rilevare che nel primo trimestre del 2025 la pressione fiscale è cresciuta ancora, e non a scapito delle grandi ricchezze ma di lavoratori dipendenti e pensionati, avendo superato la soglia del 50,6 per cento;
secondo, invece, la Banca d'Italia l'inflazione al consumo si manterrà su valori intorno all'1,5 per cento nel biennio 2025-2026, per salire al 2,0 per cento nel 2027, valori che potrebbero subire, specie nel breve termine, pressioni al rialzo derivanti da un aumento ritorsivo dei dazi da parte della UE, ma anche e soprattutto per l'aumento dei prezzi dei beni energetici che esclude possa rientrare del tutto nel breve termine;
secondo l'ultimo "Rapporto della politica di bilancio - 2024" curato dall'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), che riporta un'analisi condotta con il modello di micro-simulazione, l'inflazione ha cancellato del tutto il vantaggio fiscale pari al 3 per cento che era stato assicurato ai lavoratori dipendenti negli ultimi dieci anni dai sopra riportati provvedimenti e completamente annullato dall'effetto del fiscal drag, (che per lavoratori dipendenti e pensionati costituisce una quota non indifferente di IRPEF pagata in più senza un corrispondente aumento del reddito), che ha ridotto i redditi disponibili del 3,6 per cento. Per fare qualche esempio: rispetto al 2014 oggi un lavoratore dipendente con un reddito annuale pari a 20.000 euro versa 319 euro in più di IRPEF all'anno, mentre un lavoratore con un reddito pari a 100.000 euro ne versa 1.020, cosa che dimostra la minore incisività del fiscal drag, in termini percentuali, man mano che il livello di reddito aumenta;
sempre secondo l'UPB, alle suddette modifiche della struttura dell'imposta personale si è affiancata una progressiva erosione della base imponibile dell'imposta, che ha ridotto l'equità del prelievo e la sua capacità redistributiva, tutti effetti riconducibili, soprattutto, alla successiva decisione del Governo di adottare, al fine di compensare i redditi bassi dagli effetti del fiscal drag, misure di decontribuzione a soglia (e non a scaglioni), come nel caso del cuneo fiscale introdotto con il decreto-legge n. 48 del 2023, scelta che, andando ad alterare il profilo delle aliquote marginali, ha comportato una distorsione per i redditi "a cavallo" delle due soglie di reddito oltre le quali si abbassa o viene meno lo sgravio contributivo, contribuendo, così, a complicare e rendere più iniquo il sistema fiscale nel suo complesso;
il fiscal drag, fenomeno strettamente connesso soprattutto alla fiammata inflazionistica degli ultimi anni, è un serio problema per chi versa un'imposta progressiva (come lavoratori dipendenti e pensionati). Infatti, utilizzando i dati del MEF sulle dichiarazioni fiscali suddivise per classi di reddito, si può calcolare che il fiscal drag nel 2022, anno nel quale vi è stata una sensibile variazione percentuale dei prezzi rispetto al 2021, è stato pari al 9 per cento, con un corrispondente maggior gettito erariale pari a circa 14 miliardi di euro, dei quali 9 da contribuenti con lavoro dipendente prevalente e 3,9 dai pensionati;
il DFP 2025 è in grado di anticiparci che nonostante sia stata appena approvata una manovra di circa 30 miliardi, già se ne certifica una perdita cumulata - rispetto alle previsioni - nel prossimo biennio di oltre 31 miliardi di PIL nominale;
si tratta del primo impatto sulla finanza pubblica italiana della nuova governance economica europea, da cui è derivato un Piano strutturale di bilancio che ha imposto all'Italia un lungo ciclo di "austerità selettiva" sia se considera chi la sta subendo, in primis lavoratori e pensionati, già duramente colpiti da un'inflazione da profitti che ha raggiunto il 18,6 per cento nel solo quadriennio 2021-2024, sia se considerano i settori più colpiti dai tagli decisi per rientrare nei i nuovi parametri europei, come pubblico impiego, istruzione, sanità, Regioni ed enti locali;
l'unico settore che, non solo non subirà alcuna austerità, ma che vedrà - in base a quanto previsto in legge di bilancio - un incremento delle risorse senza precedenti è la spesa per la difesa, con circa 35 miliardi di euro aggiuntivi da qui al 2039, un approccio che rischia di acuirsi alla luce del piano "Rearm europe - Readiness 2030", che prevede la possibilità per i Paesi membri di richiedere l'attivazione della clausola di salvaguardia nazionale del Patto di stabilità, per indebitarsi oltre i vincoli vigenti, al fine di finanziare spese aggiuntive per la difesa fino al 1,5 per cento del PIL per 4 anni;
sul fronte difesa il DFP 2025 mostra una vera è propria corsa al riarmo e alla conversione dell'economia italiana in un'economia di guerra. In esso si legge che saranno proprio gli investimenti per la difesa, insieme a quelli del PNRR, ad essere il motore del nuovo incremento degli investimenti pubblici, previsti nel triennio 2025-2027 in crescita del 16 per cento (+12,3 miliardi circa, poiché passerebbero dai 77,2 miliardi investiti nel 2014 agli 89,5 miliardi previsti nel 2027). A tali investimenti il documento affida il ruolo di parte integrante e componente fondamentale della domanda interna chiamata a riparare il dimezzamento (che si è visto essere pari allo 0,6 per cento nel 2025 e 0,8 per cento nel biennio 2026-2027) della percentuale di crescita legato all'incertezza del commercio internazionale;
tra le pieghe del documento trova spazio anche un nuovo calendario di dismissioni degli asset pubblici con l'orizzonte per il prossimo biennio di riuscire ad incassare circa 17 miliardi di euro, anche se il grosso dell'operazione è spostato al 2027. Il Governo così conferma, nel vano tentativo di contenere la dinamica del debito pubblico, la sua pericolosa volontà di proseguire il progressivo smantellamento dei suoi asset più strategici a tutto vantaggio dei fondi esteri;
entrando nel dettaglio, il DFP 2025 sembra ignorare completamente i problemi strutturali del nostro mercato del lavoro e la qualità dell'occupazione, limitandosi a celebrare l'aumento numerico degli occupati, senza specificare che l'84 per cento dei nuovi contratti è di natura precaria, spesso part-time involontario e concentrato tra over 50 e settori a basso salario;
non c'è evidenza nella realtà del lusinghiero risultato evidenziato nel DFP 2025 sullo stato di avanzamento del Piano nazionale giovani, donne e lavoro, di Garanzia occupabilità lavoratori, del Piano nuove competenze transizioni, del Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso e delle Misure di contrasto al caporalato in agricoltura, tra l'altro con affermazioni confliggenti con le decisioni assunte nel favorire azioni di compliance e alleggerimento di sanzioni e controlli alle imprese, nel completo svilimento del confronto tra le parti sociali che i piani citati prevederebbero. Di contro, anche i provvedimenti più recenti si caratterizzano per la durezza verso le persone che lavorano o cambiano lavoro: norme punitive e colpevolizzanti come l'inasprimento dei requisiti di accesso alla Naspi o l'introduzione di nuove fattispecie di dimissioni;
sul fronte del lavoro pubblico, in sintesi, si prevedono i rinnovi ma senza risorse ed inoltre la stagione contrattuale appena conclusasi non fa i conti con l'impennata dell'inflazione. È pertanto necessario a partire dalla prossima legge di bilancio prevedere risorse adeguate a finanziare il rinnovo dei contratti per il triennio 2022-2024 dei settori pubblici;
il quadro delineato dal DFP 2025 rispetto al sistema sanitario e socio-assistenziale sembra ancora condannarlo a doversi misurare con la sostenibilità a lungo termine e con numerose sfide: dalla necessità di un equilibrio tra spesa e PIL, alla gestione dell'invecchiamento della popolazione, passando per il rafforzamento della sanità territoriale;
secondo il DFP 2025 la spesa sanitaria sarebbe destinata a crescere dai 138,3 miliardi di euro del 2024 ai 151,6 miliardi nel 2027, con una proiezione in aumento anche per il 2028. In termini di incidenza sul PIL, il rapporto, che si attesterebbe al 6,4 per cento (con un risibile aumento dello 0,1 per cento) per l'intero periodo 2025-2028, è pressoché invariato e stabile rispetto al triennio precedente. In realtà quello che può apparire un lusinghiero trend di crescita è, nei fatti, soltanto illusorio, essendo in buona parte attribuibile a un mero spostamento di risorse indirizzate, nel dettaglio, principalmente verso il rinnovo dei contratti del personale sanitario ancora al palo, la digitalizzazione e il potenziamento dell'assistenza territoriale, tutti ambiti peraltro già compresi nel perimetro del PNRR;
la suddetta sostanziale invarianza di risorse avvalora l'assenza di una visione nuova che valorizzi il territorio e la prossimità, e di un piano organico di riforma della sanità di base, insomma di un cambio di rotta da parte del Governo che sembra sottovalutare le critiche "condizioni di salute" in cui versa il nostro Servizio sanitario nazionale, i cui princìpi fondamentali di universalità, uguaglianza ed equità sono stati traditi, con conseguenze che condizionano la vita delle persone, dai lunghissimi tempi di attesa all'affollamento inaccettabile dei pronto soccorso, dalle diseguaglianze regionali e locali nell'offerta di prestazioni sanitarie, dalla migrazione sanitaria dal Sud al Nord, dall'aumento della spesa privata, dall'impoverimento delle famiglie e dalla rinuncia alle cure, tutti esiti di una trascuratezza ed un disimpegno da parte del Governo, confermati anche dai ritardi di attuazione dei numerosi progetti del PNRR riferibile alla Missione 6 (Salute), dei quali a tutt'oggi risultano completati e collaudati solo l'1,8 per cento del totale;
in alcune zone del Paese il nostro sistema sanitario è affetto anche da "desertificazione sanitaria", ossia quella assenza o rarefazione in rapporto alla popolazione residente di operatori sanitari che determina una concreta e crescente incapacità di quest'ultima di accedere in maniera tempestiva e adeguata ai servizi sanitari. Inoltre tutte le professioni sanitarie vivono una crisi profonda, fatta di carichi di lavoro insostenibili, retribuzioni non adeguate alla complessità e responsabilità del ruolo, mancanza del riconoscimento professionale e di valorizzazione e prospettive di carriera;
per concludere, se da un lato i numeri macroeconomici sembrano mostrare una flebile tenuta del settore sanitario, dall'altro il settore sanitario continua ad apparire sottofinanziato ed a viaggiare su una traiettoria che secondo molti osservatori non è più sostenibile sul lungo periodo: l'approccio riportato nel documento governativo non affronta le criticità di fondo, a partire dalla marginalizzazione della medicina generale e dal sovraccarico cronico dei medici di famiglia. È pertanto oramai ineludibile intervenire partendo dal capitale umano e dalla fiducia nei professionisti che ogni giorno reggono la prima linea della sanità pubblica, se non si vuole assistere al progressivo indebolimento di un sistema sanitario incapace di garantire quell'equità e quella capillarità che lo hanno storicamente caratterizzato;
cattive notizie anche per il capitolo previdenziale per il quale non si intravede, neppure all'orizzonte, alcun tentativo di mitigazione della riforma Fornero. Secondo il DFP 2025, infatti, la spesa per le prestazioni sociali (pensioni, sussidi e ammortizzatori sociali) sarebbe, destinata a lievitare in modo sostenuto, passando dai 446 miliardi di euro nel 2024 ai 484,6 miliardi di euro nel 2027, mantenendo un'incidenza sul PIL pari a circa il 20,4 per cento e rendendo eccessivamente ristretti gli spazi per le tanto attese nuove misure sui pensionamenti anticipati;
il DFP 2025 fa inoltre notare come nel quinquennio 2019-2023 si sia registrato un accesso al pensionamento a livelli superiori a quelli del periodo precedente la riforma Fornero di fine 2011, perché al fisiologico incremento degli accessi dovuto alla maturazione dei requisiti previsti e ai progressivi effetti della transizione demografica si sono sommati gli effetti derivanti da agevolazioni e ampliamenti delle possibilità di accesso al pensionamento anticipato in discontinuità rispetto al processo di riforma implementato nei decenni precedenti (come Quota 100, successivamente sostituita da Quota 102 e 103). Queste considerazioni confermerebbero che i tempi della nuova riforma delle pensioni sembrano allungarsi, e, quindi, anche quelli per l'eventuale introduzione della cosiddetta "Quota 41 contributiva";
questa dinamica strutturale che rifletterebbe gli effetti della transizione demografica, con l'aumento della popolazione anziana e l'uscita dal lavoro di numerose coorti nate nel boom demografico del dopoguerra, se non bloccata rischia di rendere ancora più fragile, compromettendolo, il già precario equilibrio del welfare italiano;
la scuola in Italia è attraversata da profonde diseguaglianze nell'offerta dei servizi educativi, che compromettono i percorsi di crescita di bambini, bambine e adolescenti, soprattutto nelle Regioni del Sud e delle Isole, dove si continuano a registrare, nonostante i miglioramenti, livelli di dispersione scolastica tra i più alti in Europa;
ad oggi, poco più di un bambino su due della scuola statale primaria ha accesso alla mensa (55,2 per cento) e solo il 10,5 per cento nella secondaria di I grado, con profonde differenze territoriali. Se nelle regioni del Centro e del Nord si concentrano le Province con oltre il 50 per cento di accesso al servizio da parte degli alunni della scuola primaria e secondaria di I grado - con punte del 70 per cento e oltre a Biella e Monza e Brianza, fino al 91,3 per cento della Provincia autonoma di Trento - gran parte delle province del Sud sono sotto la media nazionale (che è del 36,9 per cento, considerando sia scuole primarie che secondarie di I grado);
la mensa scolastica è fondamentale per garantire a studentesse e studenti, soprattutto quelli in condizioni di maggior bisogno, il consumo di almeno un pasto sano ed equilibrato al giorno. È, inoltre, un servizio essenziale nell'ottica di incentivare l'estensione del tempo pieno e quindi di potenziare l'offerta formativa, con benefici sia per i ragazzi, sia per le famiglie con effetti positivi in particolare per l'occupazione femminile. Eppure solo due alunni della scuola primaria su cinque beneficiano del tempo pieno - con le percentuali più basse in Molise (9,4 per cento), Sicilia (11,1 per cento) e Puglia (18,4 per cento), le più alte nel Lazio (58,4 per cento), in Toscana (55,5 per cento) e in Lombardia (55,1 per cento) - e solo poco più di un quarto delle scuole (il 28,1 per cento delle classi della primaria e secondaria di I grado) offrono il tempo prolungato;
secondo l'anagrafe del Ministero dell'università e della ricerca i professori ordinari sono 17.957, i professori associati 28.665, i ricercatori a tempo indeterminato 4.158, i ricercatori a tempo determinato in tenure track (Rtt) 2.225, i ricercatori a tempo determinato di tipo B 4.701, i ricercatori a tempo determinato di tipo A 7.527, gli assegnisti di ricerca 24.352. Quindi i precari puri (ricercatori a tempo determinato di tipo A e assegnisti di ricerca) sono 31.869, ma a questi vanno aggiunti quasi 2.000 ricercatori a tempo determinato di tipo A scaduti negli ultimi sei mesi inquadrati nel Programma operativo nazionale (PON) e nel Programma nazionale per la ricerca (PNR). Inoltre, ci sono 40.000 dottorandi, personale in formazione, al quale è sostanzialmente riconosciuta una borsa di studio con una qualifica simile all'apprendistato;
non va meglio negli enti di ricerca, dove ci sono circa 6.000 precari su 25.000 addetti. Una situazione che si è determinata anche grazie al contributo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che, pur avendo reso disponibili tante risorse, lo ha fatto esclusivamente per rapporti a termine. Rapporti che, se non interverrà il Governo, finiranno nel 2026, «espellendo» dalla ricerca un grande contingente di lavoratori e lavoratrici. Vanno, inoltre, considerati i recenti tagli al fondo di finanziamento ordinario dell'università e le norme sul turnover che impongono di ricalcolare al 75 per cento la spesa per il personale di ruolo uscito l'anno precedente: in questo quadro circa 2/3 degli attuali ricercatori precari e i 40.000 dottorandi rischiano di essere lasciati senza alcuna prospettiva di carriera;
la continuità di numerose attività didattiche e di ricerca, anche nelle università pubbliche, è sostanzialmente garantita da personale qualificato impiegato con contratti precari e bassi salari. Questo sistema porta a disperdere in modo irrazionale gli investimenti in ricerca, perché determina l'espulsione di fatto dei ricercatori verso Paesi dove la ricerca è meglio finanziata e dove questo lavoro è ben tutelato e pagato oppure la brusca interruzione dei loro percorsi professionali;
sotto altro aspetto è mancata al Governo una visione che metta al centro il problema del diritto allo studio. In Italia, infatti, studiano fuori sede quasi 900.000 studenti, dei quali solo il 5 per cento per cento riesce a trovare ospitalità presso strutture pubbliche, essendo solo 46.193 i posti letto disponibili sul territorio nazionale, con una forte disomogeneità tra Nord e Sud (Lombardia 8.621 posti, Emilia-Romagna 4.232, Abruzzo 243, Campania 1.041);
negli ultimi anni il mercato degli affitti ha registrato un incremento vertiginoso: secondo Immobiliare.it, nel 2024 i canoni di affitto per una camera singola sono aumentati del 7 per cento rispetto al 2023 e il costo medio di una singola è passato dai 335 euro del 2021 agli attuali 461 euro al mese. Per tale ragione obiettivo dichiarato della Missione 4 del PNRR (Istruzione e ricerca) è la creazione di 60.000 nuovi posti letto entro giugno 2026;
il Piano nazionale di ripresa e resilienza avrebbe potuto rappresentare un'occasione per investire in modo strutturale sulle residenze universitarie pubbliche, garantendo alloggi accessibili anche agli studenti provenienti da fasce di reddito medio-basse, ma il Governo ha scelto di privilegiare gli investitori privati, indirizzando con i bandi una parte significativa delle risorse verso strutture private, favorendo così la speculazione a discapito dei bisogni degli studenti;
inoltre è maturato un clamoroso ritardo: 11.623 sono i posti letto ad oggi confermati dai decreti pubblicati dal Ministero dell'università e della ricerca, il quale ne dichiara però 23.000. In ogni caso si è molto lontani dall'obiettivo dei 60.000 e per giunta con una distribuzione non omogenea sul territorio nazionale: sembrerebbe che importanti città universitarie come Chieti, Genova, Urbino, Lecce, Taranto, Sassari, Firenze e Perugia, solo per fare alcuni esempi, siano totalmente prive di interventi;
per soli dodici anni i privati dovranno garantire una quota minima di posti letto a tariffe calmierate, poi potranno affittare gli alloggi a prezzi di mercato. A peggiorare la situazione, le tariffe applicabili risultano in alcuni casi addirittura superiori ai prezzi medi del mercato (circa 620 euro per una singola e 445 per una doppia);
secondo il rapporto "The European state of the climate 2024", pubblicato recentemente dal servizio europeo Copernicus insieme all'Organizzazione metereologica mondiale (WMO) l'Europa è il continente che si riscalda più in fretta e nel 2024 ha vissuto l'anno più caldo mai registrato, con gravi impatti del meteo estremo e dei cambiamenti climatici, i cui effetti si sono manifestati con violente tempeste e inondazioni abbattutesi su aree abitate da 413.000 persone, provocando 335 decessi e con ondate di siccità che hanno causato forti carenze idriche e impatti sulle produzioni agricole e la biodiversità;
il cambiamento climatico colpisce ovunque e si traduce in un impoverimento per tutti. Il recente rapporto Climate risk index 2025 dell'organizzazione ambientalista Germanwatch, basato sui dati dell'International disaster database e su quelli socio-economici del Fondo monetario internazionale, conferma che il cambiamento climatico è una realtà che colpisce duramente diversi Paesi del mondo. Il Rapporto rivela che nel trentennio 1993-2022, oltre 765.000 persone nel mondo sono morte a causa di eventi meteorologici estremi e le perdite economiche globali hanno superato i 4,2 mila miliardi di dollari, con l'Italia Paese europeo più colpito, con oltre 38.000 morti, principalmente a causa delle ondate di calore, e danni economici stimati in circa 60 miliardi di dollari;
misure di adattamento come la gestione sostenibile del territorio, la protezione delle aree costiere e la creazione di infrastrutture resilienti sono essenziali per affrontare le conseguenze del cambiamento climatico e parallelamente agire rapidamente per la mitigazione e la drastica riduzione delle emissioni di gas serra, investendo nelle energie rinnovabili e abbandonando progressivamente i combustibili fossili;
nel dicembre 2023, dopo un lungo iter durato sei anni, è stato finalmente approvato il Piano nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC), in attuazione della strategia nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici del 2015, ma le 360 azioni indicate rischiano di rimanere sulla carta. Nonostante il PNACC abbia previsto, entro tre mesi dalla sua approvazione, l'istituzione dell'Osservatorio nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici, ancora non risulta sia stato nominato tale organismo, che ha tra le sue priorità il compito di individuare le priorità e monitorare l'efficacia delle 360 azioni indicate dal Piano;
per attuare le azioni di mitigazione del rischio nei diversi ambiti e gli interventi mirati per fronteggiare fenomeni come desertificazione, siccità, dissesto idrogeologico e compromissione degli ecosistemi naturali, serve una mappatura delle risorse necessarie e un coordinamento tra i diversi piani di investimento, ma anche con una serie di fondi nazionali ed europei, ai quali si possono aggiungere programmi regionali e locali. Così come appare sempre più necessario dotarsi di un quadro generale che definisca politiche, azioni e risorse per far fronte alla crisi climatica in atto, fissando specifici obiettivi di medio e lungo periodo, attraverso una legge quadro sul clima e indicatori di bilancio che prevedano specifiche misure per la decarbonizzazione;
per sostenere famiglie ed imprese considerate vulnerabili nell'accesso ai servizi energetici e ai trasporti nel processo di transizione socialmente equo verso la neutralità climatica la Commissione europea ha istituito il Fondo sociale per il clima che mette a disposizione 65 miliardi di euro per il periodo 2026-2032, con un importo differenziato tra i vari Stati membri. L'Italia potrà beneficiare per una quota di circa 7 miliardi, ai quali deve aggiungersi il 25 per cento di cofinanziamento nazionale;
si rende necessario ridurre progressivamente, fino al totale azzeramento, le spese fiscali dannose per l'ambiente (SAD) destinando le risorse per interventi di riqualificazione e produzione energetica da fonti rinnovabili, messa in sicurezza del territorio, rigenerazione urbana delle città con arresto del consumo di suolo, infrastrutture per il trasporto urbano pubblico e collettivo, sviluppo della filiera agricola sostenibile e per il mantenimento della qualità e fertilità del territorio;
mentre si dichiara di voler perseguire la transizione energetica che deve portare all'abbandono delle fonti fossili, in realtà si prosegue con iniziative che continuano a mettere al centro le fonti energetiche climalteranti, con la ripresa delle trivellazioni, l'importazione di gas liquefatto e la realizzazione dei rigassificatori, il famigerato Piano Mattei che vuole far l'Italia l'hub europeo per il gas, promettendo trionfalisticamente di riuscire tra cinque anni a smistare al resto dei partner della Unione europea sino 60 miliardi di metri cubi di gas e forse anche di più;
considerata la variabilità dei prezzi del gas e l'incertezza che ancora emerge dal quadro internazionale, la migliore strategia di abbassamento dei prezzi dell'energia elettrica per l'Italia dovrebbe essere quella di accelerare sulla transizione energetica e raggiungere il prima possibile un elevato livello di penetrazione delle rinnovabili. Questo permetterebbe di stabilizzare i prezzi al ribasso, riducendo drasticamente la volatilità dei prezzi causata dalla dipendenza dal gas, consentendo anche di raggiungere una maggiore indipendenza energetica;
l'Italia ha un solo modo per diminuire il costo dell'energia e aumentare la propria indipendenza energetica: raggiungere l'obiettivo di soddisfare almeno il 42,5 per cento di domanda di energia da FER entro il 2030, come prevede la Direttiva RED III sulle rinnovabili prevedendo l'istallazione di almeno 12GW annui di nuovi impianti a fonte rinnovabile;
nell'ambito delle Strategie per le infrastrutture, la mobilità e la logistica del DEF 2025, l'opera di attraversamento stabile delle Stretto di Messina (Ponte sullo Stretto) rappresenta, secondo il Governo, un'opera strategica anche a livello di politiche di coesione nazionali, in quanto capace di ridurre il divario fra il Centro-Nord e il Sud e il ritardo nello sviluppo economico e produttivo delle Regioni meno favorite;
con l'articolo 1, comma 528, della legge 30 dicembre 2024, n. 207 (legge di bilancio 2025) è stata modificata l'autorizzazione di spesa per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina prevista dai commi 272 e 273 della legge di bilancio 2024, elevando il totale della previsione di spesa oltre i 15 miliardi e operando al contempo una riduzione complessiva di 2,35 miliardi di euro della spesa a carico del bilancio dello Stato e un aumento della quota a carico del FSC per 3,88 miliardi di euro;
parliamo di risorse che potrebbero essere utilizzate per il superamento del gravissimo ritardo infrastrutturale trasportistico che caratterizza il Mezzogiorno, e che comunque vengono prese in buona parte riducendo il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC 2021 -2027), compresa una quota di pertinenza delle Regioni Calabria e Sicilia. Vengono in realtà distolte risorse decisive per i territori del Mezzogiorno per lo sviluppo e la riduzione degli squilibri di questi territori;
nell'ambito della filiera della mobilità sostenibile, anche il settore dell'automotive e la sua riconversione rivestono ovviamente un ruolo centrale e strategico. La filiera automotive italiana si posiziona nei segmenti a più elevato valore aggiunto grazie non solo alle eccellenze nella produzione di autoveicoli di alta gamma e di autoveicoli commerciali, ma anche in virtù delle specializzazioni produttive che caratterizzano in particolare i distretti della componentistica;
il mercato italiano delle auto elettriche tuttavia continua a calare, mentre in Europa cresce; nel 2022 le immatricolazioni di auto elettriche in Italia sono scese del 27,1 per cento (quota di mercato al 3,7 per cento), mentre in tutti gli altri grandi Paesi europei hanno registrato una robusta crescita: in Germania +32,3 per cento, nel Regno Unito +40,1 per cento, in Francia +25,3 per cento, in Spagna +30,6 per cento;
il suddetto trend si pone in contrasto con gli obiettivi previsti dagli impegni nazionali e comunitari, ostacolando in modo determinante la crescita del comparto, la transizione ecologica e lo sviluppo stesso del mercato dei veicoli elettrici;
nel corso della precedente legislatura, per contrastare la crisi indotta dalla pandemia e sostenere la produzione e l'occupazione del settore, sono state stanziate molte risorse: quelle del PNRR (800 milioni di euro di dotazioni finanziarie, distribuite per finanziare due linee di contratti di sviluppo, di cui 500 milioni per la realizzazione della filiera nazionale delle batterie e 300 milioni destinati a investimenti finalizzati alla realizzazione di una filiera nazionale di bus elettrici, la dotazione del Fondo IPCEI che finanzia progetti di batterie e progetti di sviluppo della filiera dell'idrogeno) e quelle stanziate col Fondo automotive, 8,7 miliardi della legge 34 del 2022 che costituiscono insieme un pacchetto di 11-12 miliardi di euro per il settore dell'auto disponibili fino alla fine del decennio per favorire la riconversione, ricerca e sviluppo del settore automotive, fondi sensibilmente e drasticamente ridotti con la legge di bilancio per il 2025;
le novità introdotte nel contesto normativo europeo, l'evoluzione tecnologica nella propulsione elettrica, delle batterie di ricarica e dei circuiti, e le nuove esigenze di mobilità dei cittadini, pertanto, impongono alle grandi aziende automobilistiche l'avvio immediato di un processo di ulteriore profonda trasformazione del loro assetto produttivo e della filiera di distribuzione e, di conseguenza, una politica industriale finora assente nell'azione di Governo, proprio in un contesto in cui questa fase di trasformazione, se ben supportata, potrebbe rappresentare una opportunità di ritornare a crescere in considerazione del fatto che l'approssimarsi della scadenza del 2035 richiede certezza, stabilità e programmazione da parte del decisore politico, come richiesto da tutti gli attori della filiera;
una politica industriale che non contrasta il ritardo e, anzi, in qualche modo lo incentiva rischia, nel corso dei prossimi anni, di aggravare la situazione, mentre sarebbe necessario farsi promotori di un piano per la gestione a livello europeo della transizione ecologica con strumenti comuni e sviluppare strumenti di sostegno finalizzati a favorire l'acquisto di vetture a basse emissioni dal lato della domanda e a sviluppare la filiera dell'elettrico dal lato dell'offerta, attraendo grandi investimenti (dalla produzione dei veicoli a quella dei componenti) e nuovi produttori, e comunque vincolando l'erogazione di risorse pubbliche all'assunzione di precisi impegni da parte dei produttori esistenti e futuri, con una radicale inversione dell'azione del Governo, sino ad oggi debole e ambigua;
il contesto internazionale è sempre più drammaticamente caratterizzato da una estrema instabilità e da una escalation del confronto militare. Il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti sta già influenzando in maniera significativa il panorama globale della cooperazione internazionale e dell'aiuto umanitario, mettendo alla prova la resilienza di istituzioni e programmi multilaterali. Con una serie di ordini, il nuovo corso della politica estera americana promette di seguire la filosofia «America First», puntando a rinegoziare impegni internazionali e a ridefinire il ruolo degli USA nelle organizzazioni globali;
la pace e la sicurezza non si ottengono promuovendo una politica di scontro e di guerra, aumentando le spese militari, la militarizzazione dell'UE e la sua trasformazione in un blocco militare, ma piuttosto attraverso la diplomazia, il dialogo e la soluzione politica dei conflitti e la costruzione di una sicurezza collettiva, nel rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale;
nel 2025 abbiamo registrato un aumento delle spese militari (allocate nel Ministero della difesa, nel Ministero dell'economia e delle finanze e nel Ministero delle imprese e del Made in Italy) di oltre il 12 per cento nel 2025, con ben 40 miliardi di euro per acquisto e costruzione di sistemi d'arma in tre anni, dal 2025 al 2027. Per il 2025 la spesa militare è di 32 miliardi, di cui 13 solo per le armi;
la guerra in Ucraina ha provocato centinaia di migliaia di vittime da entrambe le parti e gli analisti militari hanno sempre considerato improbabile una soluzione militare al conflitto. La fornitura di equipaggiamento militare era stata considerata come uno strumento volto a determinare migliori condizioni negoziali per l'Ucraina, ma con estremo disappunto bisogna constatare che le iniziative diplomatiche per porre fine alla guerra sono state vistosamente assenti e la mancanza di iniziativa, di partecipazione e collaborazione dell'Italia e dell'Unione a qualsiasi percorso negoziale e l'assenza di sforzi volti ad individuare condizioni concrete e realistiche in cui tale negoziato possa aver luogo hanno creato una condizione peggiore per il popolo ucraino;
il 4 marzo 2025 la Presidente della Commissione europea ha annunciato il Piano ReARM Europe-Readiness 2030, poi delineato in dettaglio nel Joint white paper for european defence readiness 2030 del 19 marzo 2025, finalizzato a rafforzare le capacità difensive dell'Unione europea attraverso rilevanti investimenti nel settore della difesa. Questo piano non può essere definito o connesso alla difesa europea: esso consiste, al contrario, in un enorme piano di riarmo nazionale senza che questo comporti alcun passo in avanti in termine di integrazione europea;
il suddetto Piano prevede, tra l'altro, l'attivazione della clausola di salvaguardia, per cui gli Stati membri possono aumentare, rispetto al livello del 2021, la spesa per la difesa fino a un massimo di 1,5 punti percentuali di PIL oltre il limite della spesa netta stabilito nel Piano strutturale di bilancio. A tal proposito l'UPB ha spiegato nel corso della sua audizione come l'aumento delle spese militari, anche attivando la clausola di salvaguardia, avrebbe un effetto regressivo sulla finanza pubblica producendo un aumento del debito maggiore all'aumento del PIL con un moltiplicatore economico medio stimato allo 0,5 per cento e non al 3 per cento come sostenuto in più occasioni dal Ministro della difesa, ed ha concluso sostenendo che l'aumento delle spese militari comporterà necessariamente l'esigenza di tagliare la spesa pubblica nelle prossime manovre;
l'Europa spende già 730 miliardi di dollari per la difesa, il 58 per cento in più rispetto alla Russia. Il problema non è la quantità di risorse destinate agli eserciti, ma l'assenza di una politica estera comune e di una strategia di difesa unificata;
quanto premesso evidenzia l'urgenza di cambiare rotta recuperando risorse da profitti ed extra-profitti, rendite e grandi patrimoni, evasione fiscale e contributiva, ed imprimendo una maggiore progressività al sistema fiscale; rafforzando il welfare pubblico e universalistico e finanziando investimenti e politiche industriali in grado di affrontare la transizione digitale, energetica ed ecologica; rilanciando il nostro sistema produttivo; evitando qualsiasi delocalizzazione oltre l'Oceano Atlantico. Una rotta consentita anche dalla nuova governance economica europea come alternativa ai tagli alla spesa pubblica, ma che il Governo si è ben guardato dall'imboccare,
impegna il Governo:
sul fronte economico-fiscale:
1) ad avviare una nuova forma di gestione delle relazioni internazionali in ambito finanziario e monetario che comporti controlli sulla libertà di movimento di capitali e merci nei confronti di quegli Stati che praticando politiche di concorrenza mirate al ribasso sui salari, sulle tasse, sui diritti sociali, sulle condizioni di lavoro e sui regimi di tutela ambientale e sanitaria accumulano forti squilibri commerciali verso gli altri Paesi;
2) a sterilizzare, a decorrere dall'anno 2025, l'effetto del fiscal drag che si determina a carico dei lavoratori a seguito dell'applicazione delle vigenti disposizioni normative sul taglio del cuneo contributivo, attraverso un meccanismo automatico di recupero del drenaggio fiscale basato sull'indicizzazione dei limiti degli scaglioni e delle detrazioni d'imposta loro spettanti;
3) a valutare l'opportunità di individuare congrue risorse finanziarie al fine di restituire la quota indebitamente pagata fino ad oggi dai lavoratori per effetto del fiscal drag determinatosi a seguito dell'applicazione della normativa sul taglio del cuneo contributivo;
4) ad istituire un'imposta ordinaria sostitutiva unica e progressiva sui grandi patrimoni;
5) a contrastare le condotte speculative a vantaggio della stabilità dei mercati finanziari e della tutela di risparmiatori ed imprese, e ad introdurre una regolamentazione fiscale delle operazioni di trading speculativo di criptovalute;
6) a provvedere, nell'ambito della riforma fiscale, al riordino delle cosiddette spese fiscali (tax expenditures) ferma restando la necessaria tutela, costituzionalmente garantita, dei contribuenti più deboli, della famiglia, della salute, dell'istruzione e della ricerca, del patrimonio artistico nonché dell'ambiente e dell'innovazione tecnologica, anche prevedendo un limite di reddito al di sotto del quale il riordino non opera;
7) a vietare, per il futuro, qualsiasi accordo di vantaggio fiscale preventivo tra fisco ed imprese multinazionali (cosiddetto tax ruling);
8) a stabilire un livello minimo di imposizione fiscale effettiva della cosiddetta Global minimum tax domestica pari al 20 per cento;
sul fronte della salute:
1) ad incrementare nel prossimo triennio la spesa sanitaria ad un livello in rapporto al PIL non inferiore al 7 per cento al fine di allinearla entro il 2030 alla media dei Paesi europei e di garantire: congrui rinnovi contrattuali per il personale sanitario; un piano straordinario di assunzioni; l'ampliamento e l'erogazione uniforme dei LEA; l'accesso equo alle innovazioni; l'abolizione del tetto di spesa per il personale sanitario; le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale;
2) a prevedere l'incremento delle risorse disponibili per il finanziamento e il potenziamento del SSN incluse la domiciliarità e la medicina territoriale, al fine di rafforzare la governance dei distretti sanitari e promuovere una rinnovata rete sanitaria territoriale attraverso modelli organizzativi integrati, nonché superare le attuali carenze del sistema delle Residenze sanitarie assistenziali evitando che i costi di queste ricadano sulle famiglie sia per quanto riguarda le spese per cure sanitarie che socio sanitarie;
3) ad adottare una riforma organica per il riordino delle professioni sanitarie improntato allo sviluppo delle competenze e al rafforzamento di condizioni di lavoro più attrattive;
4) ad adottare provvedimenti normativi finalizzati al riconoscimento e alla valorizzazione delle competenze professionali con percorsi di carriera più flessibili e meritocratici;
5) a stanziare le risorse necessarie alla piena attuazione alla legge 22 maggio 1978, n. 194 al fine di potenziare e riqualificare l'attività dei consultori familiari nel territorio nazionale, di assicurare la presenza di figure professionali non obiettrici di coscienza e in grado di garantire la necessaria multidisciplinarità, di potenziare la dotazione organica per la medicina di genere;
6) a garantire le risorse necessarie per assicurare integralmente l'attuazione e la tempestiva realizzazione, nonché la piena operatività di tutti gli investimenti relativi ai seguenti programmi del PNRR: 1.1 «Case della Comunità» e 1.3 «Ospedali di Comunità», di cui alla Missione 6, Componente 1, del PNRR, e dell'investimento 1.2. «Verso un ospedale sicuro e sostenibile», di cui alla Missione 6, Componente 2, del PNRR, e di tutti gli interventi già posti a carico del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR;
sul fronte della previdenza:
1) a definire una riforma del sistema previdenziale che metta al centro le donne, i giovani, i lavori gravosi e che garantisca una prospettiva pensionistica sostenibile e dignitosa, anche introducendo la flessibilità in uscita a partire dai 62 anni di età o 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica, riconoscendo sul fronte previdenziale il lavoro di cura, il lavoro delle donne e le condizioni delle categorie più fragili;
2) a riconoscere, individuando adeguate risorse finanziarie, a coloro con una carriera lavorativa discontinua o con forte incidenza di lavoro part-time o lavoro povero, una pensione contributiva di garanzia, collegata ed eventualmente graduata rispetto al numero di anni di lavoro e di contributi versati, valorizzando, ai fini previdenziali, anche i periodi di disoccupazione, di formazione e di basse retribuzioni, per assicurare a questi un assegno pensionistico dignitoso, anche attraverso il ricorso alla fiscalità generale;
3) a garantire ai redditi da pensione la piena tutela del potere d'acquisto, anche attraverso il rafforzamento della quattordicesima mensilità;
4) ad individuare congrui finanziamenti per sostenere l'istituzione di un meccanismo di indicizzazione di salari e pensioni per adeguarli al costo della vita e tutelarli dall'aumento incontrollato dei prezzi;
sul fronte del lavoro:
1) ad individuare adeguate risorse finanziarie che garantiscano la prosecuzione dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego e il recupero della perdita di potere d'acquisto, a causa dell'inflazione, dei relativi trattamenti retributivi;
2) ad individuare congrui finanziamenti per sostenere l'istituzione di un meccanismo di indicizzazione di salari e pensioni per adeguarli al costo della vita e tutelarli dall'aumento incontrollato dei prezzi;
3) a definire un piano straordinario di assunzioni nel pubblico impiego, finalizzato al superamento del precariato e all'abuso dell'uso dei contratti a tempo determinato nella pubblica amministrazione e in particolare nell'ambito del servizio sanitario nazionale;
4) a prevedere un congruo rifinanziamento a carattere triennale di lotta contro il «caporalato», al fine di potenziare le attività di formazione per ispettori e mediatori culturali, task force multidisciplinari, attività di informazione;
5) ad adottare misure normative sulla rappresentanza e sul salario minimo per rafforzare la contrattazione collettiva e per contrastare la precarietà, il lavoro nero e sommerso;
6) ad avviare con le parti sociali un percorso in tempi certi di definizione delle modalità per introdurre nel nostro ordinamento, una disciplina sperimentale dell'organizzazione del lavoro che consenta, a chi lo richiede, di ridurre l'orario di lavoro giornaliero e settimanale, a parità di retribuzione, anche in via sperimentale, tenuto conto che questa consentirebbe di adeguare la disciplina dell'orario di lavoro e le modalità di esecuzione del rapporto stesso alle nuove dinamiche sociali ed economiche nonché alle ricadute dirette e indirette dello sviluppo delle nuove tecnologie sulla produttività del lavoro, promuovendo al contempo occupazione e conciliazione dei tempi di vita e lavoro;
sul fronte della conoscenza:
1) a rendere obbligatorio il ciclo di istruzione, a partire dalla scuola dell'infanzia sino al compimento dei 18 anni di età;
2) a ridurre il numero degli alunni in classe per garantire qualità della didattica, maggiore coinvolgimento e apprendimento da parte degli studenti, nonché piena integrazione dei ragazzi, soprattutto quelli con più disabilità;
3) ad estendere il tempo pieno nelle scuole primarie, ma anche il tempo prolungato negli istituti di istruzione secondaria di primo e secondo grado;
4) a garantire l'accesso all'asilo nido e alla scuola dell'infanzia a tutte le bambine e a tutti i bambini all'interno del territorio nazionale, superando ogni forma di discriminazione sociale e territoriale;
5) a finanziare un piano di reclutamento straordinario di Ricercatori in Tenure Track, RTT;
6) a finanziare la stabilizzazione dei 6.000 precari in scadenza presso i diversi enti di ricerca italiana;
7) a orientare maggiori risorse verso la realizzazione di residenze universitarie pubbliche, individuando quelle necessarie a facilitare la partecipazione degli enti locali o adoperandosi nelle opportune sedi europee affinché ne sia autorizzato lo spostamento verso gli enti regionali per il diritto allo studio, valutando, inoltre, l'istituzione di un soggetto pubblico nazionale che coordini gli interventi al fine di risolvere il problema del caro affitti nelle città universitarie;
sul fronte ambientale:
1) a dotarsi di un quadro generale che definisca politiche, azioni e risorse per far fronte alla crisi climatica in atto, fissando specifici obiettivi di medio e lungo periodo, attraverso una legge quadro sul clima e indicatori di bilancio che prevedano specifiche misure per la decarbonizzazione;
2) a dare immediata operatività al PNACC attraverso il rafforzamento della governance per l'individuazione delle azioni di adattamento nei diversi settori, con la definizione delle priorità e dei soggetti interessati attuando una mappatura delle risorse necessarie e un coordinamento tra i diversi piani di investimento e i fondi a livello europeo, nazionale e regionale;
3) ad adottare entro giugno 2025 il Piano sociale per il clima finalizzato a una transizione socialmente equa verso la neutralità climatica, delineando misure ed investimenti che intervengano in modo strutturale sulle condizioni di vulnerabilità di cittadini ed imprese nel processo di riduzione della dipendenza dai combustibili fossili, nel quadro degli obiettivi climatici della UE;
4) a ridurre progressivamente, fino al totale azzeramento, le spese fiscali dannose per l'ambiente (SAD) destinando le risorse per interventi di riqualificazione e produzione energetica da fonti rinnovabili, messa in sicurezza del territorio, rigenerazione urbana delle città con arresto del consumo di suolo, infrastrutture per il trasporto urbano pubblico e collettivo, sviluppo della filiera agricola sostenibile e per il mantenimento della qualità e fertilità del territorio;
sul fronte della mobilità e dei trasporti:
1) a riconsiderare la realizzazione del progetto del Ponte sullo Stretto, i cui enormi costi di realizzazione dovrebbero essere meglio e più utilmente utilizzati investendo sulla manutenzione delle infrastrutture trasportistiche e sull'ammodernamento della rete ferroviaria di molti quei territori del Mezzogiorno che si trovano in una situazione di fortissimo ritardo infrastrutturale;
2) a garantire le opportune iniziative normative e le risorse finanziarie anche a supporto delle amministrazioni locali, affinché la mobilità sostenibile, pubblica e condivisa, possa diventare la principale modalità di spostamento, al fine di realizzare uno spostamento significativo del traffico dalle auto private verso il sistema di trasporto pubblico;
3) a incrementare le risorse a favore del trasporto pubblico locale e del trasporto merci favorendo quello su ferro rispetto a quello su gomma, e per accelerare il rinnovo della flotta degli autobus per il TPL e l'acquisto di mezzi elettrici e alimentati a idrogeno verde;
4) a implementare le risorse e gli investimenti per la manutenzione, la messa in sicurezza e l'ammodernamento della rete ferroviaria in particolare di quei territori più penalizzati, anche al fine di ridurre il forte squilibrio infrastrutturale che caratterizza diverse aree del nostro Paese;
5) a garantire i collegamenti tra le aree a domanda debole o comunque poco servite dai servizi a mercato, anche rafforzando a tal fine il regime di obblighi di servizio pubblico;
6) ad adottare tutte le iniziative, anche di intesa con gli enti territoriali, al fine di favorire i trasporti da e per le isole e garantire finalmente per tutti il diritto alla mobilità, e assicurare la continuità territoriale marittima;
sul fronte delle politiche industriali:
1) ad attivarsi nelle sedi istituzionali europee per sostenere e valorizzare il ruolo strategico della filiera dell'automotive, affinché l'intero settore sia adeguatamente supportato nei prossimi anni, con politiche, strumenti e risorse aggiuntive per la riconversione delle imprese e la riqualificazione dei lavoratori (sul modello del programma Sure) rispetto a quelle finora stanziate, rivalutando i criteri di assegnazione degli stanziamenti tra i diversi Paesi comunitari rispetto a quanto avvenuto negli ultimi anni;
2) a mettere in atto tutte le iniziative volte a incentivare e favorire il passaggio dalla produzione dell'auto endotermica alla produzione sul territorio nazionale dei veicoli elettrici attraverso l'adeguato sostegno agli investimenti in ricerca e sviluppo (anche aumentando la copertura dedicata nella ricerca e sviluppo di prodotto e processo) e produzioni in grado di garantire l'occupazione, nell'ambito delle politiche di rilancio dell'industria dell'automotive, a favorire le aziende che garantiscono produzione e piena e buona occupazione, escludendo dall'accesso alle risorse pubbliche chi delocalizza;
3) ad adottare iniziative di competenza per favorire il rapido superamento delle situazioni di crisi industriale emerse nel corso degli ultimi mesi nella filiera dell'automotive, in particolare nel settore della componentistica, al fine di evitare licenziamenti di addetti e la delocalizzazione di importanti aziende operanti nel settore e ad affrontare, per tempo, con adeguati strumenti e risorse, le situazioni di potenziale crisi che stanno per emergere e che rischiano di avere pesanti ricadute occupazionali nei territori coinvolti, in particolare nella filiera della componentistica tradizionale;
4) a sostenere e proporre un piano industriale di rilancio della produzione di autovetture elettriche che, unitamente ai necessari investimenti in ricerca e sviluppo, sostenga anche l'intera filiera della componentistica, promuovendo, insieme alle Regioni interessate, iniziative di formazione per le lavoratrici e i lavoratori dell'automotive affinché possano acquisire le competenze necessarie alla transizione ecologica utilizzando a tale scopo anche parte del fondo automotive costituito dal decreto-legge n. 17 del 2022 e prevedendo altresì che tutti gli incentivi e le risorse pubbliche utilizzate devono essere condizionati agli impegni e agli obbiettivi che Stellantis deve garantire in termini di prospettive industriali e tenuta occupazionale in tutti gli stabilimenti;
sul fronte della difesa:
1) ad interrompere la cessione di mezzi e materiali d'armamento in favore delle autorità governative dell'Ucraina, concentrando le risorse sull'assistenza umanitaria e sulla ricostruzione anche attraverso l'aumento e il finanziamento dei Progetti dei Corpi civili di pace;
2) a promuovere all'interno delle istituzioni UE l'istituzione di un Corpo civile di pace europeo, che riunisca le competenze degli attori istituzionali e non istituzionali in materia di prevenzione dei conflitti, risoluzione e riconciliazione pacifica dei conflitti lavorando in ogni sede internazionale per arrivare con urgenza ad un cessate il fuoco immediato ed incondizionato a Gaza.
(6-00149) n. 4 (24 aprile 2025)
Boccia, Misiani, Manca, Lorenzin, Nicita, Bazoli, Mirabelli, Zambito, Irto, Basso, D'Elia, Zampa, Rossomando.
Preclusa
Il Senato,
in sede di esame del Documento di finanza pubblica 2025,
premesso che:
lo scenario macroeconomico e finanziario internazionale vive uno stato di profonda incertezza. Le politiche commerciali altalenanti adottate dalla nuova amministrazione Trump, con l'introduzione dei dazi e la successiva sospensione in vista di trattative bilaterali con i diversi Paesi - ivi compresi quelli dell'UE - sta generando effetti negativi sulle prospettive della crescita economica mondiale e una estrema volatilità dei mercati finanziari, accrescendo ulteriormente i rischi economici e sociali già presenti nei mesi precedenti a causa del rallentamento della crescita economica;
a fronte di questo preoccupante scenario, per di più aggravato dal perdurare della guerra d'invasione dell'Ucraina e della situazione nella striscia di Gaza e dalla crescente instabilità dei mercati, l'Italia rischia di essere un attore debole e senza visione, soprattutto di fronte a una UE che si è data obiettivi ambiziosi pur in assenza di strumenti comuni. Proprio quando ci sarebbe maggior bisogno di comprendere le intenzioni del Governo per fronteggiare le conseguenze economiche e sociali della situazione che si è venuta a determinare nel contesto internazionale, l'Esecutivo si limita a presentare un documento "tecnico", senza quadro programmatico, senza indicazioni sull'impatto dei dazi né sulle spese per la difesa e privo di contenuti e di prospettive di politica economica a sostegno dei cittadini e del nostro sistema economico;
il DFP 2025 - il primo redatto a seguito dell'entrata in vigore della nuova governance europea - è pertanto un Documento di corto respiro e privo di fondamentali contenuti. La presentazione del Documento di finanza pubblica senza l'indicazione degli obiettivi programmatici e l'articolazione della manovra necessaria per il loro conseguimento si pone in contrasto con la normativa esistente, mai modificata e sempre rispettata in passato per questa tipologia di Documento, salvo alcuni sporadici casi avvenuti soltanto in presenza di Governi dimissionari che non avevano titolo a presentare programmi pluriennali. In questo caso il Governo è nel pieno delle proprie funzioni e la presentazione di un DFP con tali caratteristiche, palesemente contra legem, evidenzia la mancanza di una visione di politica economica e l'intento di sottrarre al Parlamento e al dibattito pubblico tutte le informazioni necessarie per conoscere la direzione di marcia che il Paese dovrà affrontare nei prossimi mesi;
considerato che:
la prima sezione del DFP 2025, contenente la Relazione annuale sui progressi compiuti nel 2024, si limita a descrivere i progressi macroeconomici e di finanza pubblica compiuti nel 2024 e ad illustrare gli andamenti tendenziali a legislazione vigente per i prossimi anni con un orizzonte che non va oltre il 2027, limitandosi a fornire informazioni frammentarie e disorganiche per il 2028;
sul fronte macroeconomico il Governo certifica il dimezzamento del PIL tendenziale rispetto alle previsioni formulate appena sei mesi fa con il PSBMT 2025-2029, determinato dall'indebolimento della domanda estera (-3 per cento di export) e dalla decelerazione dei consumi delle famiglie (da 1,4 per cento all'1 per cento), un quadro che pure incorpora solo parzialmente le ipotesi di rallentamento globale dell'economia. Anche per gli anni successivi, le previsioni macroeconomiche a legislazione vigente presentano sostanziali differenze rispetto al PSBMT di settembre scorso. Secondo le previsioni del Governo, nel 2026 il PIL è ora atteso aumentare dello 0,8 per cento, con una revisione al ribasso di 0,3 punti percentuali rispetto al PSBMT, mantenendosi sullo stesso livello anche nel 2027 e nel 2028;
in tale contesto, l'apporto alla crescita tendenziale del PIL, per tutto l'arco previsionale preso in considerazione dal Documento, poggia ottimisticamente sul positivo andamento della sola domanda interna (in crescita dello 0,9 per cento nel 2025, 1 per cento nel 2026 e 0,7 per cento nel 2027), mentre le esportazioni nette sono previste contribuire negativamente nel 2025 (-0,3) e nel 2026 (-0,2);
nonostante l'andamento al ribasso del PIL, il Governo conferma di fatto il profilo di finanza pubblica previsto nel PSBMT 2025-2029, stimando una tenuta del deficit, del debito pubblico e dell'avanzo primario. Il quadro delineato, secondo le stime ottimistiche del Governo, resterebbe robusto anche in caso di peggioramento economico e tale da garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche nel medio periodo;
sui dati di finanza pubblica incidono in modo determinante, oltre alla discesa della spesa in conto capitale e in particolare del superbonus, la notevole crescita delle entrate tributarie e contributive, tanto che la pressione fiscale - passata dal 41,4 per cento del 2023 al 42,6 per cento del 2024 - è prevista ulteriormente salire al 42,7 per cento nel 2025, per poi attestarsi al 42,5 per cento nel 2026 e al 42,6 per cento nel 2027;
il risanamento dei conti pubblici, alla luce di tali dati, poggia in larga parte sul combinato disposto dell'imposizione sul lavoro dipendente e del fenomeno del fiscal drag. Salgono i contributi sociali (+3 per cento) e cresce l'Irpef per effetto della progressività (+ 6 per cento), mentre secondo la Banca d'Italia a giugno 2024 le retribuzioni contrattuali in termini reali rimanevano comunque in media inferiori dell'8 per cento circa rispetto ai livelli del 2021. Il potere di acquisto nel corso degli ultimi anni è stato eroso dall'andamento dell'inflazione, ben superiore agli incrementi salariali riconosciuti con i rinnovi contrattuali. Tra il 2022 e il 2025 il drenaggio fiscale ha sottratto 25 miliardi di euro ai lavoratori dipendenti e ai pensionati, senza che la riforma fiscale abbia posto rimedio o contribuito a diminuire tale impatto e vanificando di fatto i possibili effetti della riduzione del cuneo fiscale;
anche le imprese contribuiscono in buona misura al risanamento dei conti pubblici. Nella voce entrate discrezionali una quota consistente di gettito è recuperata in gran parte dall'abolizione dell'ACE (4 miliardi) e dall'introduzione delle misure sulle imposte anticipate-DTA (Banche);
l'inerzia del Governo si scontrerà inevitabilmente nei prossimi mesi con un forte problema di natura sociale, determinato dai bassi salari e dalle prospettive della crescita economica che virano verso un deciso peggioramento;
anche i dati del mercato del lavoro sono preoccupanti: per quanto evidenzino la prosecuzione di un andamento positivo del numero degli occupati e del tasso di occupazione totale, si tratta di aumenti in larga parte concentrati in settori a bassa produttività e caratterizzati dal peso prevalente dell'aumento dell'occupazione nella fascia di età medio-alta, come conseguenza delle continue misure che hanno di fatto cancellato ogni forma di flessibilità pensionistica;
il Governo prosegue con una strategia di precarizzazione del mercato del lavoro, dapprima con la reintroduzione dei voucher lavoro, poi con la liberalizzazione dei contratti a tempo determinato e poi della somministrazione, misure che colpiranno soprattutto i giovani e le donne, contribuendo a rendere sempre più incerto il futuro di tanti lavoratori, precarizzandone, non solo la condizione economica, ma anche quella esistenziale;
anche in materia fiscale il Governo si limita sostanzialmente a rivendicare il completamento della riforma, una riforma che ha peggiorato, invece che contrastare, tutte le principali iniquità e inefficienze. L'imposta sul reddito personale - fra cui la previsione di regimi speciali accompagnata alla progressiva erosione della base imponibile e l'andamento erratico del prelievo in ragione di un andamento irrazionale delle aliquote marginali effettive - non ha previsto una seria riforma del catasto e ha introdotto ulteriori strumenti di definizione agevolata che minano la compliance, determinando una perdita di fiducia da parte dei contribuenti onesti e producono distorsioni della concorrenza tra imprese; il ricorso alla politica delle rottamazioni e, con essa, il via libera a ogni tipo di evasione fiscale, così come la costruzione di un sistema che sottrae componenti di reddito dalla base imponibile, risulta totalmente iniquo e inaccettabile per una società che si voglia coesa e riduce le risorse necessarie a garantire un welfare universale, cioè sanità, istruzione e assistenza per tutti i cittadini;
la spesa sanitaria è prevista al 6,4 per cento PIL fino al 2028, una percentuale superiore a quella del PSBMT esclusivamente a causa della revisione al ribasso del tasso di crescita, ma che resta ancora una volta inferiore, sia rispetto agli altri Paesi europei che alle raccomandazioni dell'OCSE. Al tempo stesso il finanziamento sanitario nazionale, che deve garantire i LEA e a cui concorre lo Stato, calerà fino a scendere nel 2027 sotto il 6 per cento. Alla differenza dovranno fare fronte le Regioni con risorse proprie o andando in disavanzo e questo mentre il Servizio sanitario nazionale versa in una crisi profonda e strutturale, che non può essere affrontata con risposte tampone e di propaganda a fronte di liste d'attesa sempre più lunghe, a 4,5 milioni di italiani che rinunciano alle cure perché non possono permettersi di rivolgersi al privato, a oltre 40 miliardi di euro di spesa out of pocket, a una crescente diseguaglianza territoriale con un significativo aumento della mobilità sanitaria tra Nord e Sud, a una carenza di cronica di personale medico, sanitario e sociosanitario;
per quanto riguarda le misure di supporto economico alle famiglie, nel DFP si rivendica un potenziamento dell'assegno unico universale, ma il suo aumento è dovuto all'inflazione e non a precise scelte di Governo; per quanto riguarda il potenziamento della rete di protezione e inclusione sociale e misure di contrasto alla povertà, a fronte di un aumento delle persone, sia in povertà relativa che assoluta, l'assegno di inclusione, nonostante le dichiarazioni del Governo, si conferma una misura fallimentare poiché ha raggiunto meno della metà delle famiglie in povertà pari al 46,7 per cento; per quanto riguarda le persone con disabilità, nel DFP non c'è traccia di una politica organica come non c'è nessun riferimento ai caregiver o a politiche in favore degli anziani mancando, in definitiva, una visione di una nuova politica di welfare universalistica e di comunità che non si limiti ad assistere, bensì a costruire, percorsi di emancipazione e di autonomia con l'aiuto anche del terzo settore al fine di dare risposte alle nuove esigenze;
il quadro delineato dal Documento di finanza pubblica si basa anche sulla piena attuazione del PNRR, in linea con il cronoprogramma stabilito, mentre da mesi si susseguono notizie e dichiarazioni contrastanti sull'attuazione del PNRR da parte del Governo che, da un lato ventila l'ipotesi di una proroga e, dall'altro, quella di una sua nuova revisione, in ogni caso confermando tutti i ritardi, le difficoltà e l'incapacità di realizzazione del Piano a poco più di un anno dal termine ultimo;
da ultimo, il Governo ha manifestato l'intenzione di utilizzare le risorse derivanti dalla rimodulazione del PNRR, per un ammontare di 14 miliardi di euro, nonché le risorse derivanti dalla riprogrammazione dei Fondi di coesione europei, per un ammontare di 11 miliardi di euro, per misure di sostegno all'economia in risposta ai dazi imposti dagli Stati Uniti;
le ipotesi di revisione comportano una sottrazione di risorse destinate a misure fondamentali per la crescita economica italiana, che rischia di impattare significativamente sulle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica;
valutato che:
l'argomento per cui il quadro programmatico non sarebbe necessario perché con il PSBMT è stata definita la traiettoria per sette anni è insostenibile, dal momento che, se la spesa netta è vincolata, non lo è la combinazione tra entrate, spesa primaria e interessi, che offrono margini ampi per manovre di politica economica;
al Parlamento è impedito di esercitare appieno la funzione di indirizzo e controllo, non solo perché manca il quadro programmatico, ma anche perché le informazioni contenute nel Documento sono del tutto insufficienti e frammentarie, non solo con riguardo alle previsioni della legge 31 dicembre 2009, n. 196, di contabilità e finanza pubblica, ma persino rispetto alla risoluzione approvata nelle Commissioni bilancio della Camera e del Senato: non sono riportati gli elementi numerici volti a sostenere quanto rappresentato in modo esclusivamente qualitativo in merito all'esercizio finanziario 2028; non è presente la nota metodologica in cui dovrebbero essere esposti analiticamente i criteri di formulazione delle previsioni tendenziali; non vengono fornite informazioni di dettaglio sulle misure considerate nello scenario a politiche invariate, rendendo impossibile verificare come sia stato calcolato l'impatto di tali misure sull'indebitamento netto e sulla base di quali considerazioni sia stato escluso il predetto impatto sulla crescita della spesa netta; sono limitate le indicazioni sulla composizione della spesa per settori; sono del tutto inadeguati gli elementi e le indicazioni sulle modifiche su cui si sta lavorando per il ridisegno del PNRR; è fortemente carente il corredo informativo sulle condizioni che consentono il rispetto degli obiettivi posti in termini di spesa nazionale netta; manca una chiara indicazione delle voci escluse e delle ipotesi alla base delle entrate discrezionali e la quantificazione dei loro effetti; la lettura della traiettoria non è agevole già per il 2025 e risulta ancora più ardua per gli anni successivi;
l'insufficienza delle informazioni del DFP è stata sollevata da tutti i soggetti auditi, dalla Banca d'Italia alla Corte dei conti, all'UPB, che hanno auspicato che le future edizioni dei Documenti di finanza pubblica contengano approfondimenti maggiori, indipendentemente da quanto strettamente richiesto dalla normativa comunitaria e riprendano la loro natura di avvio del ciclo di programmazione nel primo semestre dell'anno con un orizzonte esteso almeno al triennio successivo, rafforzando l'orientamento di medio termine della programmazione di bilancio;
è altrettanto grave la mancanza di dettagli sugli orientamenti relativi alle scelte che il Governo si propone di assumere sul fronte della spesa per il settore della difesa - su cui il Governo si contraddice, minimizza e assume atteggiamenti dilatori tanto che, stando alle dichiarazioni del ministro Giorgetti in audizione, sembrerebbe intenzionato a posticipare l'eventuale richiesta di attivazione della clausola nazionale Defence Readiness 2030 successivamente al vertice NATO di giugno, mentre la Commissione chiede che tale decisione sia assunta entro il 30 aprile -, ai 25 miliardi di euro ancora non spesi tra PNRR e Fondi di coesione, che si ipotizza di utilizzare per compensare le imprese colpite dai dazi americani, a una delle questioni più delicate, l'adeguamento automatico dell'età pensionabile alla speranza di vita, una misura che da sola vale 4 miliardi di euro, dal momento che il Documento formula solo previsioni che scontano gli effetti delle misure contenute negli interventi di riforma già adottati, soprattutto quella del Governo Berlusconi del 2010, che ha aumentato l'età pensionabile e i requisiti per la pensione anticipata senza vincolo di età, un meccanismo di aggancio all'aspettativa di vita che penalizza due volte chi lavora, spostando in avanti l'età pensionabile e riducendo l'importo della pensione attraverso il coefficiente di trasformazione per il calcolo della misura della pensione stessa;
se si vuole perseguire una traiettoria di stabilità senza comprimere la crescita, non basta la disciplina di bilancio, serve una strategia; non è sufficiente il rispetto dei limiti europei, sono necessarie scelte di politica economica: decidere di finanziare la riduzione dell'indebitamento con l'incremento della pressione fiscale sui lavoratori o il ritorno all'adeguamento automatico delle pensioni sono scelte politiche che vanno dichiarate e discusse in Parlamento,
impegna il Governo:
a presentare alle Camere una nuova versione del DFP, contenente il quadro programmatico, l'aggiornamento delle tabelle al fine di includere l'anno 2028, le informazioni di dettaglio sulle misure considerate nello scenario a politiche invariate, la chiara indicazione delle voci escluse e delle ipotesi alla base delle entrate discrezionali e la quantificazione dei loro effetti e tutti gli approfondimenti necessari, indipendentemente da quanto strettamente richiesto dalla normativa comunitaria, a restituire al Documento la natura di avvio del ciclo di programmazione, in continuità con quanto avvenuto a partire dal 1988, rafforzando l'orientamento di medio termine della programmazione di bilancio;
a sostenere il negoziato in corso tra l'UE e l'amministrazione Trump finalizzato alla risoluzione del conflitto commerciale conseguente all'introduzione dei dazi sulle merci europee negli Stati Uniti e, in caso di esito negativo, a sostenere tutte le contromisure individuate dall'Unione europea, ivi incluse quelle relative ai servizi e ai diritti di proprietà intellettuale delle Big Tech, rilanciando anche l'iniziativa multilaterale per l'introduzione della global minimum tax;
a sostenere in ambito UE le iniziative finalizzate a mobilitare le risorse necessarie al rilancio della competitività e della coesione europea e a contrastare i rischi di disoccupazione in emergenza, con un grande piano di investimenti comuni finalizzato alla realizzazione della piena autonomia strategica, sull'esempio del Next Generation EU e con un piano orientato ad aiutare a proteggere i posti di lavoro e i lavoratori che risentono della crisi dei dazi, sull'esempio del SURE, capaci di mobilitare complessivamente un ammontare maggiore di risorse;
a favorire la stipula di accordi di partenariato tra l'Unione europea e altri Paesi o aree, finalizzati a ridurre le barriere tariffarie esistenti, a favorire l'apertura di nuovi mercati e a rafforzare gli scambi commerciali e l'export delle merci europee, garantendo vantaggi alle nostre imprese e ai cittadini e la tutela dei prodotti UE e del made in Italy; ad accelerare la ratifica dell'Accordo Mercosur, al fine di aumentare gli scambi commerciali tra l'UE e il Mercosur, prevedendo adeguate tutele e compensazioni per i settori economici più esposti;
a favorire il completamento del mercato unico europeo, rimuovendo la frammentazione e i persistenti ostacoli al fine di recuperare competitività, produttività e livelli di reddito dell'Unione europea, di garantire il benessere dei cittadini e il mantenimento del modello sociale europeo, mediante un maggior coordinamento delle politiche industriali, commerciali e fiscali e la riduzione del divario di innovazione nei settori trainanti; a favorire altresì il completamento del mercato unico dei capitali senza barriere interne e con un sistema comune di regole e vigilanza e completare l'Unione bancaria;
a sostenere le iniziative in ambito UE finalizzate alla realizzazione degli obiettivi del Green Deal europeo;
a predisporre un piano di interventi da destinare al sostegno dei settori produttivi maggiormente esposti agli effetti dell'introduzione dei dazi e del conseguente rallentamento del commercio internazionale, in scia con quanto già fatto da altri Paesi UE, a partire dalla Spagna, che preveda misure per favorire accesso al credito per le imprese, la previsione di ammortizzatori sociali, interventi per il sostegno all'internazionalizzazione e per evitare le delocalizzazioni, nonché per la riduzione del costo dell'energia e per il rilancio degli investimenti;
a rilanciare la politica industriale, a partire da misure indirizzate a favorire l'innovazione tecnologica e la conversione ecologica dell'industria manifatturiera e la riqualificazione delle lavoratrici e dei lavoratori; all'adozione di interventi per la transizione ecologica e il contrasto della crisi climatica, in linea con le misure del New Green Deal europeo; a riorientare le risorse non utilizzate del Piano transizione 5.0, relative al biennio 2024-2025, al sostegno degli investimenti per la transizione digitale ed energetica delle imprese effettuati nelle annualità successive, semplificando le regole procedurali per la fruizione degli incentivi;
a predisporre misure per migliorare realmente la condizione economica di milioni di lavoratori che non possono contare su salari dignitosi, come l'introduzione del salario minimo e ridurre la precarietà, rafforzando i diritti e la condizione economica dei lavoratori e una norma che riconosca la reale rappresentatività delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro e la conseguente estensione erga omnes dei contratti stipulati dalle medesime organizzazioni;
a mantenere un livello elevato di investimenti pubblici e privati, attuando pienamente e rapidamente il PNRR, rispettando tutti gli obiettivi, le riforme da attuare e le scadenze temporali previste, recuperando la capacità di spesa per compensare i ritardi accumulati e provvedendo a compensare in tempi brevi i Comuni che hanno anticipato i finanziamenti necessari alla realizzazione dei progetti;
a sostenere e rilanciare gli investimenti pubblici - con particolare riferimento a quelli per gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione - e privati, sostenendo i processi di innovazione, trasferimento tecnologico e decarbonizzazione dell'economia;
a chiarire se intenda modificare nuovamente il PNRR e ad informare tempestivamente le Camere, con particolare riferimento alle misure del Piano oggetto di modifica, portando in ogni caso a termine, senza rimodulazioni o stralci, tutte le misure legate alle priorità trasversali, rappresentate da giovani, parità di genere, Mezzogiorno e riequilibrio territoriale, e i progetti relativi alle politiche abitative, alle politiche per il lavoro, al potenziamento dell'offerta dei servizi di istruzione, alla transizione verde e alla rigenerazione urbana;
a eliminare definitivamente i meccanismi di incremento progressivo dei requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso ai trattamenti pensionistici, inaccettabile sul piano politico, soprattutto per i lavoratori più giovani, dal momento che il trattamento pensionistico calcolato con il sistema contributivo corrisponde integralmente al montante dei contributi versati dal lavoratore, moltiplicato per il coefficiente determinato dal dato anagrafico, in ragione dell'aspettativa di vita media, e sconta quindi già gli effetti dell'allungamento dell'aspettativa di vita;
a incrementare il livello della spesa sanitaria al fine di raggiungere nell'orizzonte temporale del Piano una percentuale sul PIL non inferiore al 7,5 per cento, allineandola alla media dell'Unione europea, ad abolire gradualmente il tetto di spesa per il personale sanitario e destinare congrue risorse per l'incremento delle retribuzioni di tutte le professioni sanitarie, a ridurre gli attuali divari territoriali nell'offerta dei servizi e delle prestazioni e le interminabili liste d'attesa che costringono i cittadini a ricorrere al privato, se non addirittura a rinunciare alle cure;
a prevedere misure di tipo universale volte a contrastare la povertà relativa e quella assoluta e a favorire la presa in carico dei nuclei familiari più fragili, con particolare riferimento a quelli in cui sono presenti minori, anziani e persone con disabilità; a incrementare le risorse destinate al finanziamento dell'assegno unico universale, riassorbendo in questa misura anche misure temporanee come l'assegno nuovi nati, a disciplinare la figura del caregiver e rafforzare i servizi socioassistenziali di prossimità;
in materia di istruzione, università, ricerca e cultura, ad assicurare livelli di spesa rispetto al PIL in linea con la media UE, in particolare: a) recuperando i tagli all'organico decisi nell'ultima legge di bilancio; b) incrementando i finanziamenti per il rinnovo del contratto di lavoro; c) aumentando gli investimenti nel settore zero-sei anni; d) adottando misure di prevenzione dell'abbandono precoce dell'istruzione e della formazione; e) riducendo il numero degli alunni per classe ed evitando la chiusura delle scuole nelle aree interne e montane; f) garantendo il diritto allo studio scolastico e universitario; g) adeguando la dotazione finanziaria del FFO a partire dal recupero dei tagli del fondo registrati nell'ultimo anno e rivedendo il blocco del turn over; h) avviando un piano pluriennale di contenimento del precariato, favorendo il progressivo accesso a ruolo, in coerenza con le indicazioni della Carta europea dei ricercatori; i) individuando misure per garantire l'innalzamento dell'obbligo di istruzione; l) rafforzando i dottorati e la ricerca universitaria; m) promuovendo un'opera di sensibilizzazione sull'importanza sociale della cultura e del patrimonio culturale, sostenendo il ruolo trainante del patrimonio storico e artistico del nostro Paese e delle elevate professionalità presenti nei relativi settori, favorendo investimenti pluriennali a sostegno del piano Olivetti;
a collocare l'Italia da protagonista nella costruzione di una vera difesa comune europea e non a sostegno di un riarmo degli eserciti nazionali privo di coordinamento, esprimendo la chiara volontà politica di andare avanti nel percorso di realizzazione di un'unione della difesa, anche partendo da forme di cooperazione rafforzata o integrazione differenziata tra Stati membri;
a promuovere, nel corso del negoziato che si aprirà dopo la presentazione del Libro bianco sulla difesa europea e i suoi strumenti, tutti gli elementi che puntano a una governance democratica chiara del settore, agli investimenti comuni necessari per realizzare l'autonomia strategica e colmare i deficit alla sicurezza europea, al coordinamento e all'integrazione delle capacità industriali europee e dei comandi militari, all'interoperabilità dei sistemi di difesa verso un esercito comune europeo; a promuovere, pertanto, una radicale revisione del piano di riarmo proposto dalla presidente Von der Leyen, sulla base delle critiche e delle proposte avanzate in premessa, al fine di assicurare investimenti comuni effettivi non a detrimento delle priorità sociali di sviluppo e coesione e di condizionare tutte le spese e gli strumenti europei alla pianificazione, allo sviluppo, all'acquisizione e alla gestione di capacità comuni per realizzare un'unione della difesa;
a ribadire la ferma contrarietà all'utilizzo dei Fondi di coesione europei per il finanziamento e l'aumento delle spese militari;
a realizzare una vera riforma fiscale fondata sul recupero della base imponibile, necessaria ad assicurare l'equità orizzontale, riducendo drasticamente i regimi sostitutivi e il rispetto del principio costituzionale della progressività; a evitare di fare ricorso a nuove forme di condono, pur se denominate definizioni agevolate, pace fiscale, sanatoria, che si pongono in netto contrasto rispetto all'esigenza di colmare l'attuale tax gap e a rafforzare le politiche finalizzate alla riduzione del tax gap; a rivedere i valori catastali al fine di riflettere i reali valori di mercato migliorando, a parità di gettito, l'equità dell'imposizione sugli immobili; a perseguire riforme orientate al conseguimento di obiettivi di equità sociale e miglioramento della competitività del sistema produttivo e sostenibilità ambientale; a rafforzare il capitale umano e tecnologico e il coordinamento tra gli organi di controllo.
(6-00150) n. 5 (24 aprile 2025)
Paita, Renzi, Enrico Borghi, Fregolent, Furlan, Musolino, Sbrollini, Scalfarotto.
Preclusa
Il Senato,
premesso che:
nella seduta dello scorso 9 aprile il Consiglio dei ministri ha approvato il Documento di finanza pubblica 2025, il più importante documento programmatico di politica economica volto anche a illustrare gli interventi e le priorità individuate dal Governo in materia di finanza pubblica;
ai sensi degli articoli 7 e 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Governo è tenuto a presentare alle Camere, entro il 10 aprile di ogni anno, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, il DFP, che costituisce il documento di riferimento per la programmazione economica e finanziaria nazionale;
la prima e la terza sezione del DFP recano, rispettivamente, lo schema del Programma di stabilità, per la definizione degli obiettivi programmatici per l'anno di riferimento e il triennio successivo, e lo schema del Programma nazionale di riforma, per l'indicazione delle riforme da realizzare per il raggiungimento degli obiettivi di crescita, occupazione e competitività;
il Programma di stabilità e il Programma nazionale di riforma costituiscono i documenti programmatici di riferimento nell'ambito della previgente disciplina della governance economica europea e, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, sono presentati al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea entro il 30 aprile di ogni anno e comunque nei termini e con le modalità previsti dal Codice di condotta sull'attuazione del Patto di stabilità e crescita;
nondimeno, il Governo, anche quest'anno, ha ritenuto opportuno presentare solo il quadro macroeconomico tendenziale, rendicontando i progressi fatti nell'attuazione del Piano strutturale di bilancio 2025-2029, nonostante il completamento della riforma del quadro regolatorio della governance economica europea si sia avuto il 30 aprile dello scorso anno, con la pubblicazione di tre atti legislativi: il regolamento (UE) 1263/2024 (cosiddetto "braccio preventivo"), il regolamento (UE) 1264/2024 (cosiddetto "braccio correttivo") e la direttiva (UE) 2024/1265;
obiettivo della suddetta riforma è quello di adottare una programmazione di medio-lungo periodo per conseguire finanze pubbliche sane e sostenibili; affrontare le sfide della transizione ecologica e digitale, della sicurezza energetica, del pilastro europeo dei diritti sociali, della difesa dell'UE; consentire un maggiore margine per le politiche fiscali anticicliche;
in assenza di un quadro programmatico, diventa fondamentale riconoscere il ruolo del Parlamento nel vincolare il Governo a specifiche azioni di politica economica, non potendosi ritenere sufficiente un rinvio implicito al Piano strutturale di bilancio a medio termine del 27 settembre 2024, soprattutto alla luce di un quadro geopolitico ed economico profondamente mutato;
secondo il PSB, infatti, l'Italia nel 2025 e 2026 si sarebbe concentrata sul conseguire la piena attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma nonostante la revisione del PNRR dello scorso 4 marzo, sul piano degli investimenti il 20 per cento dei progetti risulta in ritardo, con un livello di attuazione della spesa complessiva inferiore al 36 per cento (e pari a circa il 20 per cento per le opere infrastrutturali): secondo il Governo, delle risorse stanziate per la Missione 7 "Repower EU" è stato speso l'1,45 per cento, della Missione 6 "Salute" il 18 per cento, della Missione 5 "Inclusione e coesione" il 18,6 per cento, della Missione 4 "Istruzione e ricerca" il 33,9 per cento, della Missione 3 "Infrastrutture per una mobilità sostenibile" e Missione 2 "Rivoluzione verde e transizione ecologica" il 38,7 per cento e, infine, della Missione 1 "Digitalizzazione" il 52,2 per cento;
tra gli altri obiettivi indicati dal Governo nel PSB dello scorso anno è riportato, tra gli altri, il rafforzamento delle PMI, l'internazionalizzazione delle imprese e misure per la competitività, politiche di conciliazione lavoro-famiglia, potenziamento del sistema sanitario, attuazione dell'autonomia differenziata, piano Mattei, investimenti nel sistema idrico, infrastrutture digitali, prolungamento dell'età lavorativa e potenziamento delle infrastrutture energetiche;
nell'Appendice VI al PSB di medio termine 2025-2029 il Governo ha dettagliato le principali riforme e investimenti volti ad aumentare il potenziale di crescita e resilienza che l'Italia si impegna ad adottare al fine di giustificare una proroga del periodo di aggiustamento di bilancio da 4 a 7 anni (articolo 14 del Regolamento UE 1263/2024), indicando le seguenti aree interessate: giustizia, tassazione, ambiente imprenditoriale, PA, servizi di cura per la prima infanzia, spesa pubblica e razionalizzazione delle imprese a partecipazione pubblica;
tali generici ambiti di intervento non offrono rassicurazioni circa le prospettive concrete delle politiche economiche del Paese, ingenerando incertezza tra operatori economici, finanziari e famiglie;
dette incertezze risultano fortemente aggravate dalla prospettiva di una guerra commerciale globale, nonché dell'imposizione di dazi statunitensi sui prodotti italiani ed europei, posto che le esportazioni italiane verso gli USA valgono circa il 3 per cento del PIL;
il tasso di crescita del PIL reale per l'anno 2025 risulta dimezzato (0,6 per cento, contro l'1,2 per cento stimato dal PSB), così come l'anno 2024 si è concluso con una crescita dello 0,7 per cento, contro l'1 per cento stimato dal PSB nonostante l'impatto positivo del PNRR, dati peraltro ben inferiori al tasso di crescita di altri Stati europei a parità di condizioni esogene, come ad esempio la Spagna, che avrà quest'anno una crescita del PIL del 2,5 per cento;
secondo alcune previsioni, le prospettive di crescita si attesterebbero su livelli ampiamente inferiori alle stime governative, con riduzioni che vanno dal -0,2 al -0,4 per cento nel 2025 e del -0,4/-06 per cento per il 2026;
il rapporto debito/PIL, già in aumento nel 2024 sul 2023, é previsto cresca ancora nel 2025 sino al 136,6 per cento e arrivi nel 2026 al 136,6 per cento;
in questo scenario di forte recessione le politiche del Governo si sono contraddistinte per un innalzamento delle spese dei singoli Ministeri e della Presidenza del Consiglio con riguardo alle consulenze e agli uffici di diretta collaborazione (cresciuti in misura esponenziale), ma al contempo applicando ampi tagli alla spesa pubblica dei Ministeri, riducendo cosi i servizi ai cittadini in particolare per sanità e welfare, per un valore di circa 2,8 miliardi di euro negli anni 2023 e 2024, di 2,3 miliardi di euro per il solo anno 2025 e di 900 milioni di euro dall'anno 2026, nonché di un contributo alla finanza pubblica ulteriore da parte degli enti territoriali pari a 570 milioni di euro nel 2025 che ha comportato aumento della tassazione locale o riduzione dei servizi sul territorio a scapito dei cittadini, circa 1.6 miliardi di euro annui per ciascuno degli anni 2026-2028 e 2,5 miliardi di euro per l'anno 2029 (per complessivi 7.8 miliardi di euro in cinque anni) cui ha fatto eco un paradossale aumento della pressione fiscale dell'1,2 per cento, dal 41,4 al 42,6 per cento in un solo anno;
il nostro Paese - a seguito del Piano per l'economia sociale approvato dalla Commissione europea nel 2021 e della Raccomandazione del Consiglio del 2023 - è chiamato altresì ad implementare il piano d'azione nazionale per l'economia sociale entro i 18 mesi successivi all'adozione della Raccomandazione, al fine di rafforzare la risposta a bisogni sociali crescenti e sviluppare modelli di sviluppo resilienti;
lo scarso quadro informativo offerto dal Governo, la definizione di priorità di intervento del tutto generiche, nonché il perseguimento di una politica economica del tutto paradossale, in cui si rinuncia alla politica industriale per aumentare la pressione fiscale, scoraggiare gli investimenti e al contempo ridurre la spesa sociale, il taglio di risorse agli enti locali, impongono di definire un piano di interventi preciso, condiviso col Parlamento e in grado di offrire prospettive di crescita al sistema-Paese, competitività e operatività alle imprese, oltre che salvaguardare concretamente il potere di acquisto e il benessere delle famiglie,
impegna il Governo:
1) a trasmettere alle Camere un DFP che tenga in debita considerazione le incognite derivanti dalle prospettive di una guerra commerciale e dell'imposizione di dazi statunitensi su prodotti italiani ed europei, nonché del nuovo piano di riarmo europeo annunciato nell'ambito dell'Unione europea;
2) ad adottare iniziative volte a ridurre la pressione fiscale anche solo al fine di condurla verso il valore medio dell'eurozona, nonché a scongiurare che gli ingenti tagli alla spesa pubblica operati dal governo pregiudichino servizi essenziali per la popolazione;
3) a definire in maniera dettagliata e aggiornata il quadro programmatico di politica economica del Paese e a trasmettere alle Camere ogni informazione utile in merito, avviando un percorso di elaborazione di un piano di interventi condiviso che preveda, oltre a misure di immediata attuazione, provvedimenti volti a garantire, nel medio-lungo periodo, l'incremento della produttività e dell'internazionalizzazione delle imprese anche attraverso forme di incentivazione di super/iper-ammortamento, il rafforzamento e la diversificazione delle filiere, ad implementare il piano per l'economia sociale, l'incentivazione del rientro in Italia del capitale umano di competenze oggi all'estero (cosiddetti cervelli in fuga), nonché la sburocratizzazione dei processi amministrativi ad ogni livello di governo;
4) ad accelerare, anche alla luce del carattere fondamentale delle relative risorse ai sensi del PSB, l'attuazione del PNRR e l'implementazione degli investimenti, aumentando la capacità di spesa dei soggetti attuatori e garantendo la consegna delle opere infrastrutturali nei tempi previsti, senza ulteriori ritardi o rinvii;
5) ad adottare ogni iniziativa utile a calmierare i costi dell'energia e a rivedere il decoupling del prezzo del gas e dell'energia elettrica per contrastare l'aumento delle tariffe, incrementare il mix delle fonti energetiche anche in un'ottica di ridurre il peso del costo dell'energia per imprese e famiglie;
6) ad adottare misure volte ad aumentare le risorse destinate all'istruzione, alla formazione professionale e all'inserimento lavorativo dei giovani, anche sostenendo la formazione continua e il salario di ingresso, nonche' approvare misure che escludano stage professionali gratuiti e lo sfruttamento del lavoro giovanile al fine di disincentivare la perdita di capitale umano;
7) ad aumentare le risorse destinate al servizio sanitario nazionale al fine di ridurre le liste di attesa e garantire in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale la prestazione degli stessi servizi ai cittadini e destinare risorse aggiuntive per la revisione degli stipendi del personale medico e sanitario (attualmente tra i più bassi in Europa).
(6-00151) n. 6 (24 aprile 2025)
Malan, Romeo, Gasparri, Biancofiore.
Approvata
Il Senato,
premesso che:
in coerenza con le nuove regole di governance economica dell'UE e con le risoluzioni approvate dalle Camere, il 10 aprile il Governo ha trasmesso, in luogo del Documento di economia e finanza e nelle more dell'adeguamento della disciplina contabile nazionale alla normativa euro-unitaria in materia, il Documento di finanza pubblica 2025 (DFP 2025) articolato in due sezioni tra loro integrate;
la prima sezione del DFP 2025 riporta lo schema di relazione annuale sui progressi compiuti di cui all'articolo 21 del regolamento (UE) 2024/1263 del Parlamento europeo e del Consiglio, nonché alla comunicazione della Commissione europea C/2024/3975 del 21 giugno 2024;
la seconda sezione del DFP 2025 riporta i contenuti di cui all'articolo 10, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non inclusi nello schema della relazione annuale sui progressi compiuti;
la presentazione del DFP 2025 avviene in una fase che continua a essere caratterizzata da un contesto globale incerto e nel quale, ai conflitti in atto in Ucraina e in Medio Oriente, si aggiungono le tensioni commerciali conseguenti alle decisioni di politica economica e commerciale degli Stati Uniti;
in tale contesto, le stime di crescita del PIL italiano sono state riviste, prudentemente, nei primi anni al ribasso rispetto a quelle contenute nel Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029 (Piano) dello scorso autunno;
in particolare, per l'anno in corso la crescita reale del PIL è stimata allo 0,6 per cento mentre, nel triennio 2026-2028, si attende una crescita reale dello 0,8 per cento in media annua;
le previsioni macroeconomiche tendenziali del DFP 2025 sono state validate dall'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) con nota del 7 aprile 2025, al termine delle interlocuzioni previste dal Protocollo d'intesa tra l'UPB e il Ministero dell'economia e delle finanze;
il quadro di finanza pubblica tendenziale illustrato nel DFP 2025 mostra il sensibile miglioramento realizzato in base ai dati di consuntivo del 2024 e conferma sostanzialmente gli obiettivi per il periodo successivo indicati nel Piano dello scorso autunno;
il rapporto deficit/PIL si è attestato, nel 2024, al 3,4 per cento, in miglioramento sia rispetto al valore previsto nel Piano, sia alle precedenti stime formulate lo scorso anno. L'aggiornamento delle previsioni, per l'anno in corso e il successivo biennio, conferma il profilo di deficit previsto dal Piano. In particolare, il deficit del 2025 è ancora previsto al 3,3 per cento del PIL mentre, per quanto riguarda il 2026, si mantiene la stima del 2,8 per cento, coerente con l'obiettivo di uscire dalla procedura per disavanzi eccessivi. Il miglioramento è atteso proseguire anche nel biennio successivo, quando si prevede un deficit del 2,6 per cento nel 2027 e del 2,3 per cento nel 2028;
il rapporto debito/PIL, che nel 2024 ha fatto registrare un livello del 135,3 per cento, mostra nel triennio 2025-2027 un andamento leggermente più favorevole rispetto alle previsioni del Piano dello scorso autunno, passando dal 136,6 per cento nel 2025, al 137,6 per cento nel 2026 e al 137,4 nel 2027, a partire dal quale si attende la ripresa di un percorso discendente che dovrebbe portare a un livello del 136,4 per cento già nel 2028;
l'indicatore della spesa netta mostra un andamento conforme con il percorso indicato nel Piano e previsto nelle raccomandazioni del Consiglio; il consuntivo relativo al 2024 ha mostrato una crescita dell'indicatore pari al -2,1 per cento, evidenziando una riduzione maggiore di quanto indicato nel Piano (-1,9 per cento), mentre per l'anno in corso si prevede un tasso di crescita intorno all'1,3 per cento. Gli andamenti a legislazione vigente per gli anni successivi mostrano che, allo stato, il tasso di crescita dell'aggregato di spesa netta è confermato per il 2026, mentre risulta più basso (di circa 0,1 punti percentuali) nel 2027 e nel 2028 rispetto a quanto indicato nel Piano;
il monitoraggio delle riforme e degli investimenti previsti nel Piano illustra i progressi realizzati, fornendo elementi che mostrano un quadro nel complesso positivo, in particolare nelle aree relative all'estensione del periodo di aggiustamento;
una particolare attenzione va rivolta ai costi sanitari per la prevenzione per migliorare lo stato di salute della popolazione, ed in particolare l'immunizzazione e lo screening che sono da considerarsi prioritari per la resilienza sociale ed economica,
impegna il Governo:
1) a rispettare il percorso di spesa netta programmatica indicata nel Piano e previsto nelle raccomandazioni del Consiglio dello scorso mese di gennaio 2025;
2) a perseguire l'implementazione delle riforme e degli investimenti indicati nel Piano, e in particolare gli investimenti degli enti locali in progetti di rigenerazione urbana, volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale;
3) a valutare di adottare misure di sostegno per la prevenzione sanitaria per migliorare lo stato di salute della popolazione ed in particolare l'immunizzazione e lo screening.
EMENDAMENTO ALLA PROPOSTA DI RISOLUZIONE N. 6
6.1
Respinto
Dopo l'impegno n. 3) aggiungere il seguente:
3-bis) a sostenere e rilanciare gli investimenti pubblici e le politiche dell'innovazione per favorire la crescita economica, la digitalizzazione, l'industrializzazione equa, responsabile e sostenibile e la creazione di nuovi posti di lavoro; ad adottare con urgenza le necessarie iniziative affinché i fondi non impegnati a valere sulla misura "Piano Transizione 5.0" siano resi disponibili, in via immediata e senza ulteriori difficoltà, per il rifinanziamento del Piano Transizione 4.0 al fine di incentivare gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, formazione del personale, a partire dal potenziamento della ricerca di base e applicata, preservando in ogni caso, con particolare riferimento agli investimenti finalizzati alla transizione ecologica ed energetica, il pieno automatismo degli incentivi e la più ampia diffusione tra le imprese.
Allegato B
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
Congedi e missioni
Sono in congedo i senatori: Alfieri, Barachini, Bongiorno, Borgonzoni, Butti, Calenda, Castelli, Cattaneo, Crisanti, De Poli, De Rosa, Durigon, Fazzolari, Fazzone, Galliani, Garavaglia, Germana', Giacobbe, Iannone, Irto, La Pietra, Marti, Meloni, Mirabelli, Monti, Morelli, Nastri, Occhiuto, Orsomarso, Ostellari, Petrenga, Rauti, Rosso, Rubbia, Sallemi, Segre, Silvestro, Sisler, Sisto, Spagnolli, Ternullo, Terzi Di Sant'Agata e Zaffini.
Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Craxi, per attività della 3ª Commissione permanente; Barcaiuolo, Malpezzi e Paroli, per attività dell'Assemblea parlamentare della NATO; Zampa, per attività dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.
Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità "Il Forteto", Variazione nella composizione
Il Presidente della Camera dei deputati ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità "Il Forteto" il deputato Fabrizio Benzoni in sostituzione della deputata Federica Onori, dimissionaria.
Disegni di legge, trasmissione dalla Camera dei deputati
Presidente del Consiglio dei ministri
Ministro per la pubblica amministrazione
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni (1468)
(presentato in data 24/04/2025)
C.2308 approvato dalla Camera dei deputati.
Disegni di legge, annunzio di presentazione
Presidente del Consiglio dei ministri
Ministro dell'economia e delle finanze
Conversione in legge del decreto-legge 23 aprile 2025, n. 55, recante disposizioni urgenti in materia di acconti IRPEF dovuti per l'anno 2025 (1467)
(presentato in data 23/04/2025);
Presidente del Consiglio dei ministri
Modifica della legge 5 ottobre 1993, n. 409, di approvazione della modifica dell'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e la Tavola Valdese, in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione (1469)
(presentato in data 24/04/2025);
senatori Borghi Enrico, Renzi Matteo, Paita Raffaella, Scalfarotto Ivan, Fregolent Silvia, Musolino Dafne, Sbrollini Daniela
Ratifica ed esecuzione degli Accordi per la Comunità europea di difesa (1470)
(presentato in data 20/02/2025).
Disegni di legge, assegnazione
In sede redigente
1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione
Sen. Malan Lucio ed altri
Modifiche all'articolo 14 del decreto-legge 13 agosto 2011, n.138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.148, in materia di adeguamento del numero di consiglieri e assessori regionali (1452)
previ pareri delle Commissioni 5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio, Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 24/04/2025);
6ª Commissione permanente Finanze e tesoro
Sen. Calandrini Nicola
Modifica al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, in materia di responsabilità dei revisori legali e dei componenti del collegio sindacale ai giudizi pendenti (1426)
previ pareri delle Commissioni 1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione, 2ª Commissione permanente Giustizia, 5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio
(assegnato in data 24/04/2025);
10ª Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale
Sen. Losacco Alberto, Sen. Lorenzin Beatrice
Disposizioni in materia di accertamenti diagnostici neonatali per la prevenzione e la cura di patologie rare di origine genetica a esordio precoce (1409)
previ pareri delle Commissioni 1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione, 5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio, Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 24/04/2025);
10ª Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale
Sen. Romeo Massimiliano
Disposizioni in ordine alla gestione delle risorse finanziarie in materia sanitaria (1442)
previ pareri delle Commissioni 1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione, 5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio, Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 24/04/2025).
In sede referente
6ª Commissione permanente Finanze e tesoro
Gov. Meloni-I: Presidente del Consiglio dei ministri Meloni Giorgia, Ministro dell'economia e delle finanze Giorgetti Giancarlo
Conversione in legge del decreto-legge 23 aprile 2025, n. 55, recante disposizioni urgenti in materia di acconti IRPEF dovuti per l'anno 2025 (1467)
previ pareri delle Commissioni 1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione, 5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio, Comitato per la legislazione
(assegnato in data 24/04/2025);
1ª (Aff. costituzionali) e 10ª (Sanità e lavoro)
Gov. Meloni-I: Presidente del Consiglio dei ministri Meloni Giorgia, Ministro per la pubblica amministrazione Zangrillo Paolo ed altri
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni (1468)
previ pareri delle Commissioni 2ª Commissione permanente Giustizia, 3ª Commissione permanente Affari esteri e difesa, 4ª Commissione permanente Politiche dell'Unione europea, 5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio, 6ª Commissione permanente Finanze e tesoro, 7ª Commissione permanente Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport, 8ª Commissione permanente Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica, 9ª Commissione permanente Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare, Commissione parlamentare questioni regionali, Comitato per la legislazione
C.2308 approvato dalla Camera dei deputati
(assegnato in data 24/04/2025).
Corte costituzionale, trasmissione di sentenze. Deferimento
La Corte costituzionale ha trasmesso, a norma dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la seguente sentenza, che è deferita, ai sensi dell'articolo 139, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni competenti per materia:
sentenza n. 55 del 24 marzo 2025, depositata il successivo 22 aprile 2025, con la quale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 34, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui prevede che la condanna per il delitto ex articolo 572, secondo comma, del codice penale, commesso, in presenza o a danno di minori, con abuso della responsabilità genitoriale, comporta la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale, anziché la possibilità per il giudice di disporla (Doc. VII, n. 121), alla 1a e alla 2a Commissione permanente;
sentenza n. 56 del 24 marzo 2025, depositata il successivo 22 aprile 2025, con la quale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 69, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui stabilisce il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'articolo 625-bis del codice penale sulla recidiva reiterata prevista dall'articolo 99, quarto comma, del codice penale (Doc. VII, n. 122), alla 1a e alla 2a Commissione permanente.
Corte dei conti, trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti
Il Presidente della Sezione del controllo sugli Enti della Corte dei conti, con lettere in data 23 aprile 2025, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, ha trasmesso le determinazioni e le relative relazioni sulla gestione finanziaria:
dell'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP), per l'esercizio 2022. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5ª e alla 10a Commissione permanente (Doc. XV, n. 369);
della Società Giubileo 2025 S.p.A., per l'esercizio 2023. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5ª e alla 8a Commissione permanente (Doc. XV, n. 370);
dell'Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste - Area Science Park, per l'esercizio 2023. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5ª e alla 7a Commissione permanente (Doc. XV, n. 371);
dell'Ente Nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi Associazione di Promozione Sociale (ENS A.P.S.), per l'esercizio 2022. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 1ª e alla 5a Commissione permanente (Doc. XV, n. 372).
Corte dei conti, trasmissione di documentazione. Deferimento
La Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 22 aprile 2025, ha inviato, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 42/2025/G, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione "Infrastrutture e digitalizzazione: Piano Carceri".
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 2a, alla 5a e alla 8a Commissione permanente (Atto n. 766).
Regioni e province autonome, trasmissione di relazioni. Deferimento
Il Difensore civico regionale della Lombardia, con lettera in data 16 aprile 2025, ha inviato, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, la relazione sull'attività svolta nell'anno 2024.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a Commissione permanente (Doc. CXXVIII, n. 13).
Risposte scritte ad interrogazioni
(Pervenute dal 17 al 24 aprile 2025)
SOMMARIO DEL FASCICOLO N. 96
CUCCHI, SCALFAROTTO: sulla vicenda giudiziaria di Matteo Falcinelli arrestato negli Stati Uniti a febbraio 2024 (4-01754) (risp. SILLI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale)
SBROLLINI: su una nuova procedura concorsuale per docenti dopo il "concorso PNRR" del 2023 (4-01663) (risp. VALDITARA, ministro dell'istruzione e del merito)
Interrogazioni
ROSSOMANDO, GIORGIS, BAZOLI, MIRABELLI, VERINI, MALPEZZI, CAMUSSO, RANDO, ZAMPA, FRANCESCHINI, ROJC, ZAMBITO, IRTO, GIACOBBE, MANCA, SENSI, VALENTE, MISIANI, ALFIERI - Al Ministro della giustizia. - Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:
il 22 aprile 2025 il Consiglio comunale di Asti ha eletto, a scrutinio segreto, il nuovo garante dei detenuti della casa circondariale di Quarto d'Asti, nomina resasi necessaria a seguito delle dimissioni, per motivi personali, di Paola Ferlauto: in questo delicato ruolo è stata eletta Stefania Sterpetti, dirigente medica della ASL astigiana;
Sterpetti è stata eletta con 14 voti, mentre 12 voti ha ricevuto Domenico Massaro, da anni impegnato sulle questioni delle condizioni carcerarie e del trattamento dei detenuti, 2 voti a Luca Tomatis e 2 schede bianche;
la nomina della dottoressa Sterpetti sta sollevando numerose e vibrate polemiche a causa delle numerose esternazioni sui social network della neoeletta garante, riprese da alcuni organi di stampa che hanno riportato, tra l'altro, un post dedicato alle opere di Mussolini e uno inneggiante alla pena di morte in riferimento proprio ad una persona detenuta;
in particolare, in un post del 9 settembre 2020, riportato da "La Stampa" del 23 aprile, Sterpetti, in riferimento ad un detenuto che ha iniziato uno sciopero della fame, scrive: "Visto che non c'è la pena di morte… chissà…fosse la volta buona che si toglie di mezzo da solo". In altri post, ora cancellati dal suo profilo "Facebook" ma riportati dalla stampa e nelle dichiarazioni di alcuni consiglieri di opposizione, si racconta di insulti a rappresentanti politici avversari ("mongolino", "demente") o di immigrati paragonati a "ciarpame". La neoeletta garante avrebbe anche dichiarato che preferisce "essere considerata razzista";
desta quindi grande preoccupazione l'attribuzione di un ruolo così delicato come quello di garante dei detenuti a una persona che non ha nel suo curriculum alcuna esperienza del mondo carcerario e che, da quello che emerge da notizie di stampa, è fortemente orientata a livello ideologico con idee e preconcetti che, se confermati, confliggono con le funzioni di tutela e vigilanza per le quali è stata eletta,
si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda predisporre per verificare la situazione segnalata dai consiglieri comunali e dagli organi di informazione, prendendo eventuali iniziative nell'ambito delle sue competenze, di fronte all'attribuzione di un ruolo di garanzia ad una persona che, per quanto ha pubblicamente esternato, appare completamente inadeguata a svolgere il delicato compito di garante delle persone private della libertà.
(3-01847)
PARRINI, GIORGIS, ROJC, NICITA, ROSSOMANDO, ZAMBITO, IRTO, VERINI, VALENTE, CAMUSSO, BAZOLI, MISIANI, ALFIERI - Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. - Premesso che:
il Consiglio dei ministri ha recentemente deliberato l'impugnazione, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, della legge regionale della Campania che consente al presidente uscente della Giunta regionale di ricandidarsi per un terzo mandato consecutivo, in deroga al limite previsto dalla legislazione statale;
in data 9 aprile 2025, il Consiglio della Provincia autonoma di Trento ha approvato il disegno di legge n. 52/XVII, recante la modifica alla normativa vigente in materia di elezione del presidente della Provincia autonoma, nella parte in cui eleva da due a tre il numero massimo di mandati consecutivi esercitabili;
considerato che:
la Corte costituzionale, con recente sentenza, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della suddetta legge della Regione Campania, rilevando il contrasto con i principi fondamentali contenuti nella legge statale n. 165 del 2004 e, in particolare, con l'articolo 2, comma 1, lettera f), che prevede l'introduzione di limiti alla rieleggibilità dei presidenti delle Giunte regionali;
nella medesima pronuncia, la Corte ha affermato che la fissazione di un tetto massimo di mandati consecutivi per i titolari di organi esecutivi regionali costituisce attuazione di principi fondamentali in materia di sistema elettorale e trova fondamento anche nell'articolo 122, primo comma, della Costituzione, che impone alle Regioni il rispetto dei principi stabiliti dalla legge della Repubblica;
con sentenza n. 60 del 2023, la Corte ha già dichiarato l'illegittimità costituzionale di disposizioni regionali, nella fattispecie sarde, che prevedevano deroghe ai limiti di mandato dei sindaci, riconducendo i suddetti limiti a principi generali dell'ordinamento, in quanto strumentali a garantire il buon andamento, l'imparzialità e la periodica rinnovabilità delle cariche pubbliche (articoli 3, 51 e 97 della Costituzione);
in coerenza con tale indirizzo giurisprudenziale, il divieto di un terzo mandato consecutivo per i presidenti delle Giunte regionali e degli organi esecutivi delle autonomie speciali deve ritenersi principio generale dell'ordinamento e non eludibile neppure da parte delle autonomie,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo, in raccordo con il Governo, intenda attivare le prerogative di cui all'articolo 127 della Costituzione, mediante l'adozione di apposita deliberazione del Consiglio dei ministri, volta a promuovere questione di legittimità costituzionale della legge approvata dal Consiglio della Provincia autonoma di Trento, in considerazione della sua sostanziale identità contenutistica rispetto alla legge regionale campana recentemente impugnata e dichiarata costituzionalmente illegittima;
nell'ipotesi in cui non si ritenga opportuno procedere in tal senso, quali siano le motivazioni sottese a tale decisione, anche con riferimento al principio di uniformità nell'applicazione dei limiti alla rieleggibilità delle cariche monocratiche sul territorio nazionale, nonché al rispetto delle competenze legislative tra Stato e autonomie speciali.
(3-01848)
PARRINI, ZAMBITO, FRANCESCHELLI - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. - Premesso che:
il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha annunciato il 23 aprile 2025 la chiusura di numerose ambasciate e consolati in Europa, tra cui il Consolato generale di Firenze;
la chiusura del Consolato rappresenterebbe una perdita significativa per la città di Firenze e per l'intera regione Toscana, sia in termini di servizi consolari per i cittadini americani, sia in termini di relazioni culturali ed economiche tra Italia e Stati Uniti;
il Consolato americano di Firenze riveste infatti un'importanza significativa sotto molteplici aspetti. La sua presenza a Firenze, città simbolo di cultura e storia italiana con una forte attrattiva per i cittadini americani, genera benefici tangibili e intangibili, che vanno ben oltre la semplice erogazione di servizi consolari;
il Consolato è un punto di riferimento essenziale per i numerosi cittadini americani che risiedono in Toscana per motivi di lavoro, studio, o personali, così come per i turisti che visitano annualmente la regione. Fornisce una gamma vitale di servizi consolari, tra cui l'assistenza in caso di emergenza, rilascio e rinnovo passaporti, servizi notarili, informazioni e orientamento. La chiusura del Consolato costringerebbe quindi i cittadini americani a recarsi a Roma o in altre sedi consolari, con un notevole dispendio di tempo e risorse, e potenziali disagi in situazioni di urgenza;
considerato che:
il Consolato riveste inoltre ruolo attivo nel promuovere lo scambio culturale tra Italia e Stati Uniti. Questo si è concretizzato attraverso l'organizzazione di eventi culturali, supporto a programmi di scambio accademico, collaborazione con le istituzioni locali. La chiusura del Consolato indebolirebbe quindi il dialogo culturale e limiterebbe le opportunità di collaborazione futura;
la presenza del Consolato a Firenze ha anche un impatto economico indiretto, ma significativo. Nel 2024, il turismo statunitense in Toscana ha mostrato una crescita notevole, con un aumento del 7,4 per cento delle presenze nordamericane rispetto al 2023, e del 31,5 per cento rispetto al 2019 con una spesa media giornaliera di un turista americano stimata sui 209,4 euro. Se un Consolato attivo può rassicurare i turisti americani promuovendo le visite, la sua chiusura al contrario potrebbe trasmettere un segnale di minore attenzione verso la regione, con possibili ripercussioni negative sui flussi;
la presenza di un Consolato americano in una città di prestigio storico, artistico e culturale come Firenze riveste inoltre anche un notevole valore simbolico: rappresenta infatti un segno tangibile dell'impegno degli Stati Uniti nei confronti dell'Italia e del suo patrimonio culturale. La chiusura potrebbe essere interpretata come una diminuzione di tale impegno, in un momento storico in cui le relazioni transatlantiche rivestono un'importanza cruciale per affrontare sfide globali condivise,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia stato informato ufficialmente delle ragioni che hanno portato alla decisione del Segretario di Stato americano Marco Rubio;
quali iniziative di propria competenza intenda intraprendere per scongiurare la chiusura del Consolato americano di Firenze;
quali siano le possibili conseguenze della chiusura del Consolato sulle relazioni bilaterali tra Italia e Stati Uniti, in particolare in ambito culturale ed economico;
se il Ministro intenda avviare un dialogo con le autorità americane per rafforzare la presenza consolare degli Stati Uniti in Italia e garantire la continuità dei servizi consolari per i cittadini americani.
(3-01849)
Interrogazioni con richiesta di risposta scritta
SCALFAROTTO - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:
organi di stampa riportano come la nuova garante dei detenuti di Asti, Stefania Sterpetti, sui propri profili social avrebbe pubblicato un post in cui augura la morte a Cesare Battisti, attualmente in carcere ("visto che non c'è la pena di morte, fosse la volta buona che si toglie di mezzo da solo"), nonché un post inneggiante a Benito Mussolini;
subito dopo essere stata contattata dagli organi di stampa, Stefania Sterpetti, eletta garante nei giorni scorsi dal Consiglio comunale di Asti con 14 voti a favore su 30 consiglieri presenti, pare abbia eliminato i post sui social network, sostenendo come alcuni suoi post personali siano stati estrapolati dal contesto e strumentalizzati a scopo politico;
pare che Stefania Sterpetti, da come risulta dagli organi di stampa, non abbia alcuna esperienza nel mondo carcerario e la sua nomina a un incarico così rilevante e sensibile, in un periodo di estrema fragilità per il sistema carcerario italiano, pare essere dettata da mera appartenenza politica all'attuale maggioranza di governo, come si può altresì evincere dalla difesa compiuta nei suoi confronti da alcuni esponenti della maggioranza, che da conclamate esperienze professionali e competenze;
inoltre le sue parole pronunciate tramite i canali social risultano inconciliabili con la funzione del garante dei detenuti: non è accettabile infatti che una figura che riveste tale incarico inneggi al suicidio dei carcerati, considerato come il garante dei detenuti sia chiamato a promuovere azioni che tutelino i diritti e la dignità delle persone in carcere, alla luce, inoltre, del tragico tasso estremamente elevato di suicidi all'interno del sistema penitenziario;
è necessario che il Ministro in indirizzo chiarisca quali siano le competenze professionali maturate da Stefania Sterpetti che le hanno consentito di essere eletta garante dei detenuti di Asti nonché se le ritenga consone all'incarico a lei affidato; inoltre, date le parole scritte via social network da Stefania Sterpetti, del tutto in contrasto con il ruolo affidatole, risulta necessario che il Ministro solleciti la revoca dell'incarico, affinché possa essere eletta una figura professionale adeguata al ruolo,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo non intenda esporre quali siano le competenze professionali maturate da Stefania Sterpetti che le hanno consentito di essere eletta garante dei detenuti di Asti e se ritenga tali esperienze consone all'incarico a lei affidato;
quali misure, all'interno delle proprie competenze, intenda adottare al fine di sollecitare la revoca dell'incarico di garante dei detenuti di Asti a Stefania Sterpetti, considerate le sue dichiarazioni via social del tutto in contrasto con i compiti che è chiamata a svolgere.
(4-02040)
CATALDI - Ai Ministri dell'ambiente e della sicurezza energetica e della salute. - Premesso che:
secondo quanto riportato da "Cronache Picene" in data 24 aprile 2025, a seguito dei campionamenti effettuati dall'Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche l'8 aprile 2025 presso la foce del fiume Tronto, sono stati rilevati valori anomali e significativamente elevati di batteri fecali (Escherichia coli pari a 3.800 ufc/100 ml e Enterococchi pari a 1.300 ufc/100 ml), nettamente superiori ai limiti previsti dalla normativa vigente (rispettivamente 500 e 200 ufc/100 ml);
i successivi campionamenti, effettuati due giorni dopo, hanno rilevato il rientro nei limiti di legge, ma il fenomeno sembra comunque riconducibile a sversamenti anomali in concomitanza con eventi meteorologici intensi;
la zona della foce del Tronto è soggetta a criticità ambientali ricorrenti, tanto che ogni anno viene emessa un'ordinanza sindacale, che vieta la balneazione in un tratto di 170 metri a nord della foce;
la presenza di elevati livelli di batteri fecali può costituire un rischio per la salute pubblica e un grave danno ambientale, incidendo anche negativamente sull'economia turistica del territorio,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti;
quali iniziative di competenza intendano assumere per accertare le cause degli sversamenti che hanno determinato la contaminazione da batteri fecali presso la foce del fiume Tronto;
se non si ritenga necessario avviare un monitoraggio straordinario e continuativo della qualità delle acque marine in prossimità della foce del Tronto, estendendolo anche ai bacini idrografici affluenti;
quali misure i Ministri intendano adottare per prevenire, in via strutturale, il verificarsi di simili fenomeni, anche attraverso il potenziamento delle infrastrutture fognarie e di depurazione nei Comuni interessati, al fine di assicurare il rispetto delle norme in materia di igiene pubblica;
se siano previste forme di sostegno o indennizzo per le attività economiche danneggiate dagli effetti dell'inquinamento marino nella zona in questione.
(4-02041)
MAZZELLA, GUIDOLIN, DI GIROLAMO, CATALDI, PIRONDINI, MARTON, LOPREIATO, BEVILACQUA, GAUDIANO, ALOISIO, CASTELLONE - Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. - Premesso che:
la legge n. 60 del 2022 reca "Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare (legge "Salva Mare")";
tale legge prevede una serie di nuove definizioni e procedure atte a garantire la "diffusione di modelli comportamentali virtuosi volti alla prevenzione dell'abbandono dei rifiuti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune e alla corretta gestione dei rifiuti medesimi" (art.1, comma 1);
nello specifico, la legge prevede: raccolta di rifiuti in mare, raccolta di rifiuti galleggianti nei fiumi, impianti di desalinalizzazione, campagne di pulizia, campagne di sensibilizzazione, educazione ambientale nelle scuole e tavolo interministeriale di consultazione permanente;
il provvedimento, per dispiegare gli effetti prefissati, necessita di più decreti attuativi;
l'articolo 6 della legge "Salva Mare" prevede lo stanziamento di una somma di quasi 6 milioni di euro, ripartiti in tre annualità (2024, 2025, 2026), da destinare ai sette distretti idrografici italiani per la raccolta dei rifiuti galleggianti dai fiumi. Al riguardo, è stato adottato dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica - Direzione Generale Uso sostenibile del suolo e delle risorse idriche il decreto direttoriale n. 525 del 13 dicembre 2023. Trattasi, al momento, dell'unico decreto attuativo emanato della legge "Salva Mare";
il suddetto decreto all'art. 4 prevede che le Autorità di bacino distrettuali inviino al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, entro il mese di settembre di ogni anno, una relazione annuale sullo stato di attuazione degli interventi in cui siano riportati gli avanzamenti della spesa effettiva sostenuta e delle opere realizzate, nonché delle attività previste nel programma;
il decreto, inoltre, all'art. 5, comma 1, prevede che "In caso di mancato avanzamento annuale (…) sull'impiego delle risorse economiche e sull'attuazione degli interventi e attività previste nel programma (…) pari ad almeno il 70 per cento delle risorse stanziate per ogni annualità, l'erogazione delle risorse economiche delle annualità successive è revocata (…)";
considerato che:
"Marevivo" è una fondazione ambientalista - ETS riconosciuta dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, con più di 35 anni di esperienza nella tutela del mare e delle sue risorse;
Marevivo si è battuta a lungo per l'adozione della legge "Salva Mare", fondamentale per la tutela dell'ambiente;
secondo Marevivo, i fiumi italiani sono diventati corsie privilegiate di tonnellate di rifiuti che confluiscono direttamente nel mare e gli interventi previsti dalla legge "Salva Mare" per arginare il problema rimangono in stand by, in attesa di bandi mai emanati;
la sola regione che vira in direzione opposta per la raccolta dei rifiuti dai fiumi è la Sicilia, la cui Autorità di bacino distrettuale si sta adoperando per concretizzare le opportunità offerte dalla legge "Salva Mare";
la legge "Salva Mare" non ha ancora trovato attuazione nel Lazio, dove sia il Tevere che l'Aniene sono in attesa degli sbarramenti previsti. Di recente, oltretutto, è stata rimossa la barriera "acchiappa-rifiuti" installata sull'Aniene dalla Regione Lazio nell'ambito di un altro piano regionale e, in attesa dell'avvio della nuova procedura di appalto, anche questo esempio virtuoso, che negli anni ha consentito di raccogliere tonnellate di rifiuti, è venuto a mancare in un momento stagionale critico che risente dell'effetto dei cambiamenti climatici ed esaspera normali fenomeni temporaleschi trasformandoli in eventi estremi;
secondo l'associazione ambientalista "Legambiente", ogni anno 626 milioni di rifiuti (pari a 3.382 tonnellate) entrano tramite i fiumi nei mari che lambiscono l'Europa con danni alla biodiversità, al turismo e alla sicurezza. L'Italia risulta essere tra i Paesi più inquinanti;
secondo il report "The Mediterranean: Mare Plasticum" dell'Unione internazionale per la conservazione della Natura (IUCN), nel bacino mediterraneo si trova oltre un milione di tonnellate di plastica. L'Italia figura tra i Paesi che contribuiscono maggiormente a questo fenomeno, con l'11,3 per cento dell'apporto di macro-rifiuti dai fiumi. Seconda solo alla Turchia, che contribuisce per il 16,8 per cento,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e come intenda risolvere le citate criticità;
quale sia lo stato dell'arte circa l'emanazione dei decreti attuativi previsti dalla legge n. 60 del 2022 "Salva Mare" e le relative tempistiche;
come intenda garantire gli interventi previsti dalla legge "Salva Mare", a tutela del recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare.
(4-02042)
MAZZELLA, GUIDOLIN, DI GIROLAMO, CATALDI, PIRONDINI, MARTON, LOPREIATO, BEVILACQUA, GAUDIANO, ALOISIO, CASTELLONE - Al Ministro della salute. - Premesso che:
il centro nazionale sangue (CNS) è un centro nazionale del Ministero della salute che opera presso l'Istituto superiore di sanità. Svolge funzioni di coordinamento e controllo tecnico-scientifico del sistema trasfusionale nazionale nelle materie disciplinate dalla legge n. 219 del 2005 e dai decreti di trasposizione delle direttive europee;
è stato istituito con decreto del Ministro della salute 26 aprile 2007 ed ha iniziato il mandato il 1° agosto 2007;
la federazione United Onlus, costituitasi nel 2012, ha come missione quella di rappresentare unitaria le organizzazioni locali e regionali a tutela dei pazienti affetti da talassemia, drepanocitosi e anemie rare;
la talassemia è una malattia genetica del sangue che influisce sulla produzione di emoglobina, la proteina che trasporta l'ossigeno nei globuli rossi. Le persone affette possono soffrire di anemia, affaticamento e ingrossamento della milza. La diagnosi avviene tramite analisi del sangue e test genetici. Il trattamento varia da trasfusioni regolari a terapie chelanti per gestire l'eccesso di ferro, fino al trapianto di midollo osseo nei casi più gravi. Negli ultimi anni, ci sono stati progressi nella ricerca su terapie geniche che potrebbero offrire nuove speranze per i pazienti;
le anemie rare sono un gruppo di disordini ematologici caratterizzati da una riduzione dei globuli rossi o della loro capacità di trasportare ossigeno, ma sono meno comuni rispetto alle forme più note. Queste condizioni possono derivare da difetti genetici, malattie autoimmuni o altre cause sottostanti. La diagnosi di queste anemie richiede esami specifici, come test genetici e analisi del sangue approfondite. Il trattamento dipende dalla causa e può includere trasfusioni, terapie immunosoppressive o trapianti di midollo osseo;
la drepanocitosi, nota anche come anemia falciforme, è una malattia genetica del sangue caratterizzata dalla produzione di emoglobina anomala. Questa condizione porta alla formazione di globuli rossi a forma di falce, che possono ostruire i vasi sanguigni, causando dolore e complicazioni. I sintomi principali includono crisi dolorose, anemia cronica, ingrossamento della milza e maggiore suscettibilità alle infezioni. Il trattamento comprende la gestione del dolore, trasfusioni e farmaci come l'idrossiurea, che può ridurre la frequenza delle crisi. Sono in fase di studio nuove terapie geniche promettenti;
come si evince dalla letteratura scientifica, per il 45 per cento le esigenze dovute alle trasfusioni sono dovute da talassemia e anemie e altre emoglobinopatie di cui United Onlus è rappresentante per i pazienti;
la federazione si prefigge di garantire assistenza globale ai pazienti e alle loro famiglie, tutelando i loro diritti alla salute, all'accesso alle cure, alla parità sociale e alle opportunità di lavoro;
in Italia, il sistema trasfusionale gioca un ruolo cruciale nella gestione delle terapie per i pazienti affetti da queste patologie ematologiche, e la continua necessità di trasfusioni di sangue rende fondamentale una collaborazione efficace tra le istituzioni e le associazioni di pazienti;
negli ultimi anni si è assistito ad un incremento dell'età dei donatori di sangue e ad una diminuzione dei donatori giovani, cosa che ha sollevato preoccupazioni sulla sostenibilità del sistema trasfusionale;
si ritiene che United Onlus, grazie alla sua rappresentanza unitaria e alla collaborazione con numerose associazioni di pazienti, potrebbe apportare un contributo significativo al comitato direttivo del centro nazionale sangue, favorendo una maggiore inclusione delle esigenze dei pazienti affetti da talassemia, drepanocitosi e anemie rare,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo non ritenga di intervenire sull'art. 12, comma 2, della legge n. 219 del 2005 per modificare la composizione del comitato direttivo del centro nazionale sangue includendo una rappresentanza delle associazioni dei pazienti maggiormente interessati dalle donazioni di sangue e derivati, al fine di favorire una maggiore inclusione delle esigenze dei pazienti stessi;
come intenda garantire una rappresentanza adeguata delle esigenze dei pazienti affetti da patologie ematologiche all'interno delle decisioni del comitato direttivo.
(4-02043)
MAZZELLA, GUIDOLIN, DI GIROLAMO, CATALDI, PIRONDINI, MARTON, LOPREIATO, BEVILACQUA, GAUDIANO, ALOISIO, CASTELLONE - Al Ministro della salute. - Premesso che:
un trauma chiuso all'addome può essere causato da un impatto violento, come una botta, un calcio, una caduta o un incidente automobilistico. In particolare le contusioni addominali gravi possono influenzare la prognosi quoad vitam mentre le lesioni contusive possono causare ematomi in un organo solido o nella parete di un viscere cavo;
le procedure diagnostiche che si prospettano a seguito di un trauma addominale chiuso, risultano essere le seguenti: 1) ecografia addome FAST (Focused Assessment Sonography for Trauma), esame di primo livello immediato, sempre disponibile, non invasivo, eseguibile a letto del paziente in Pronto soccorso; esame complementare ma non alternativo a TC/DPL/LPT; esame utile nel follow-up dei pazienti trattati conservativamente; 2) TC total body, considerato attualmente gold standard nella valutazione paziente con trauma emodinamicamente stabile, sconsigliato in pazienti emodinamicamente instabili, perché time consuming (trasporto, tempi tecnici di esecuzione); 3) DPL (Lavaggio Peritoneale Diagnostico), attualmente fortemente raccomandato dalle linee guida ATLS nei pazienti emodinamicamente instabili (rapida, accurata nella diagnosi di emoperitoneo 98 per cento e lesioni visceri cavi 97 per cento); 4) laparoscopia che può avere un ruolo diagnostico in pazienti selezionati con trauma penetrante emodinamicamente stabili (riduzione LPT non necessarie da 61 per cento a 0 per cento), non è indicata nei traumi chiusi e può essere associata ad interventi terapeutici in caso di lesioni minori; 5) laparotomia, fortemente indicata nei casi di pazienti emodinamicamente instabili o con segni di peritonismo o in presenza di ferite penetranti da arma da fuoco; 6) angiografia, esame complementare ed invasivo da riservare a pazienti emodinamicamente stabili. Trattasi di un esame dinamico che può fornire informazioni utili ad individuare un sanguinamento attivo, identificarne e trattarlo mediante embolizzazione; 7) scintigrafia HIDA (Scintigrafia epato-biliare sequenziale), esame di secondo livello da riservare a pazienti selezionati ed emodinamicamente stabili utile nei soggetti con sospetto leak biliare (presenza di raccolte intra addominali alla TC ed ecografia);
considerato che:
nel mese di aprile 2025, secondo quanto riportato da "Fanpage.it", uno studente di 24 anni, cadendo dal monopattino mentre stava tornando a casa, veniva soccorso e accompagnato al pronto soccorso di Cassino (Frosinone), dove i medici lo sottoponevano ad una TAC al cranio;
il ragazzo, poche ore dopo, moriva per una grave emorragia interna causata dalla rottura di milza e reni, fattispecie non ravvisata dai medici, stando a quanto denuncia la famiglia del ragazzo. Sulla vicenda, la Procura di Cassino ha aperto un'indagine e l'ipotesi più accreditata sarebbe quella di omicidio colposo;
sul caso, il Ministero della salute ha attivato la procedura della richiesta di relazione alla Regione Lazio per l'invio degli ispettori ministeriali;
gli interroganti ritengono che non siano stati rispettati tutti i protocolli sanitari del caso, e lo studente avrebbe potuto salvarsi se fosse stato operato subito;
gli interroganti ritengono sia necessario, a seguito di qualsiasi impatto violento, applicare obbligatoriamente le procedure diagnostiche afferenti ad un trauma chiuso. Inoltre, urge che venga adottato un protocollo uguale su tutto il territorio nazionale,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo condivida l'opportunità di definire un protocollo che imponga di adottare, su tutto il territorio nazionale, le procedure diagnostiche afferenti ad un trauma chiuso a seguito di qualsiasi impatto violento.
(4-02044)
DE POLI - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
gli autovelox rappresentano uno strumento essenziale per il controllo elettronico della velocità sulle strade e per migliorare il rispetto dei limiti da parte dei conducenti;
se, da un lato, l'accertamento delle violazioni concorre a realizzare l'obiettivo primario della tutela della sicurezza stradale e delle persone, dall'altro, deve avvenire in modo da tutelare l'affidamento dei privati nel legittimo esercizio del potere pubblico e nell'operato dell'amministrazione secondo i canoni di correttezza e buona fede;
la disciplina di rango legislativo in materia di violazioni del codice della strada, sotto questo aspetto invariata anche a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 177 del 2024, prevede che gli apparecchi per la rilevazione automatica della velocità possano offrire prova dell'eventuale violazione se debitamente omologati;
la valutazione circa l'idoneità della strumentazione impiegata per le rilevazioni della velocità ai fini dell'accertamento delle violazioni riveste importanza centrale nella definizione del vasto contenzioso originato dalle sanzioni. Così, la nota decisione della seconda sezione civile della Corte di cassazione n. 10505 del 2024 ha assunto a fondamento l'ontologica diversità tra omologazione e approvazione, nonché tra i rispettivi procedimenti, facendo emergere la necessità di un intervento regolatore al riguardo;
in questa direzione, il tavolo tecnico istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dell'interno, il Ministero delle imprese e del made in Italy e l'ANCI è pervenuto all'adozione di uno schema di decreto recante la disciplina delle procedure di omologazione delle apparecchiature e dei mezzi tecnici per l'accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità ai sensi dell'art. 142 del codice della strada, notificato al sistema di informazione sulle regolamentazioni tecniche (TRIS) della Commissione europea il 21 marzo 2025;
l'iter di approvazione del provvedimento, tuttavia, è stato sospeso per la necessità di ulteriori approfondimenti e accertamenti tecnici finalizzati a un preventivo censimento dei dispositivi in uso, anche in considerazione della decisione della quinta sezione penale della Corte di cassazione n. 10365 del 2025, che ha ribadito la non equivalenza tra approvazione e omologazione delle apparecchiature per il rilevamento della velocità e posto in dubbio il fondamento dell'attività di accertamento sotto profili diversi da quelli precedentemente indagati;
considerato che, nelle more della ricognizione dei dispositivi e delle conseguenti determinazioni, molti Comuni sono indotti a un atteggiamento di cautela in merito allo svolgimento delle attività di controllo del rispetto dei limiti di velocità sulle strade,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno chiarire le fasi e i tempi necessari per lo svolgimento delle attività di ricognizione dei dispositivi in uso e la ripresa dell'iter di approvazione del decreto recante la disciplina delle procedure di omologazione;
quali ulteriori iniziative intenda promuovere per garantire la prosecuzione delle attività di controllo sulle strade, nel delicato quadro di incertezza attuale.
(4-02045)