Legislatura 19ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 264 del 21/01/2025

SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XIX LEGISLATURA ------

264a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MARTEDÌ 21 GENNAIO 2025

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Presidenza del presidente LA RUSSA,

indi del vice presidente ROSSOMANDO

N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Civici d'Italia-UDC-Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, Italia al Centro)-MAIE-Centro Popolare: Cd'I-UDC-NM (NcI, CI, IaC)-MAIE-CP; Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE: FI-BP-PPE; Fratelli d'Italia: FdI; Italia Viva-Il Centro-Renew Europe: IV-C-RE; Lega Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: LSP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista: PD-IDP; Per le Autonomie (SVP-PATT, Campobase): Aut (SVP-PATT, Cb); Misto: Misto; Misto-ALLEANZA VERDI E SINISTRA: Misto-AVS; Misto-Azione-Renew Europe: Misto-Az-RE.

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RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del presidente LA RUSSA

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,30).

Si dia lettura del processo verbale.

LOREFICE, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 16 gennaio.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.

Corte costituzionale, Presidenza

PRESIDENTE. Colleghi, ho una comunicazione importante, cui tengo particolarmente.

È pervenuta alla Presidenza la seguente lettera:

«Roma, 21 gennaio 2025

Illustre Presidente,

ho l'onore di comunicarLe, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 87 del 1953, che la Corte costituzionale, oggi riunita nella sua sede del Palazzo della Consulta, mi ha eletto Presidente.

Firmato: Giovanni Amoroso».

A nome mio personale e di tutta l'Assemblea, rivolgo al presidente Amoroso i più cordiali auguri di buon lavoro. (Applausi).

Comunicazioni del Ministro della difesa in materia di proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina e conseguente discussione (ore 16,34)

Approvazione della proposta di risoluzione n. 6

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: «Comunicazioni del Ministro della difesa in materia di proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina».

In conformità ai precedenti, la discussione sarà limitata alle sole dichiarazioni di voto, per un tempo di dieci minuti a Gruppo, con cinque minuti aggiuntivi per il Gruppo Misto.

Ha facoltà di parlare il ministro della difesa, signor Crosetto.

CROSETTO, ministro della difesa. Signor Presidente, onorevoli senatori, ringrazio per l'opportunità che mi concedete di fare il punto sul conflitto in Ucraina e sulle iniziative a sostegno del Paese, con un focus particolare sulla proroga al 31 dicembre 2025 dell'autorizzazione per la fornitura di aiuti, inclusi quelli militari, anche alla luce della mia recente visita a Kiev.

Ci approssimiamo ormai alla conclusione del terzo anno di conflitto e non emerge all'orizzonte una soluzione semplice o immediata. Negli ultimi mesi gli attacchi russi hanno registrato un incremento notevole per intensità e per portata, colpendo indiscriminatamente obiettivi militari e infrastrutture civili, in particolare quelle energetiche. Questa condotta evidenzia chiaramente l'intento di infliggere danni e sofferenze fisiche e morali alla popolazione ucraina, soprattutto alla parte civile. Da fonti delle Nazioni Unite emerge che oltre 12.300 civili sono stati uccisi da quando la Russia ha invaso l'Ucraina e che proprio nell'ultimo periodo del 2024 si è registrato un aumento delle vittime per effetto dell'uso intensivo di droni, missili a lunga gittata e fuoco di artiglieria.

Come detto, gli attacchi russi hanno danneggiato in modo rilevante le infrastrutture energetiche dell'Ucraina e anche quelle legate ai servizi idrici, di riscaldamento e di trasporto. La situazione nell'inverno ucraino risulta ancora più intollerabile per la popolazione civile e tale condotta brutale vede un crescente coinvolgimento degli inermi e dei più deboli in questa guerra. Non possiamo avere indecisioni nel condannare questa situazione - penso che questo unisca tutta l'Assemblea - e non possiamo consentire neanche che la nostra opinione pubblica si abitui a un conflitto, essendone distaccata e dimenticandone la gravità.

Finora, recependo le risoluzioni del Parlamento, la posizione della Difesa e del Governo è sempre stata chiara: riteniamo necessario continuare a fornire sostegno all'Ucraina al fine di creare finalmente le condizioni per un cessate il fuoco e aprire un confronto diplomatico necessario per raggiungere una pace giusta e duratura. È una posizione che non è solo un atto di giustizia verso un Paese aggredito, ma un'azione che serve a tutelare anche il nostro sistema di valori e la nostra sicurezza. Tra Roma e Kiev ci sono in linea d'aria 1.600 chilometri e circa 2.000 dal confine russo, una distanza che può essere coperta in poche ore di volo e in pochissimi minuti da un missile ipersonico. Il nostro sostegno all'Ucraina è quindi anche inevitabilmente un impegno a garantire la nostra sicurezza.

La situazione in campo, come sapete, è in continua evoluzione. Negli ultimi mesi la Russia ha intensificato notevolmente gli attacchi alle infrastrutture critiche sfruttando le cospicue riserve di munizionamento e sistemi di attacco che ha accumulato anche grazie all'aiuto dei Paesi che la sostengono in maniera esplicita. Si pensi agli attacchi del 17 novembre e del 13 dicembre, che hanno preso di mira le infrastrutture energetiche e comportato vittime tra la popolazione civile, o al recentissimo attacco del 14 gennaio a Leopoli, che è al confine con la Polonia, condotto con missili e droni.

Quelli descritti sono attacchi che hanno causato la morte di civili, con un aumento del 30 per cento rispetto all'anno precedente. L'iniziativa ormai è stabilmente in mano alle truppe russe, impegnate soprattutto nei settori orientali dell'Ucraina. Le forze di Mosca avrebbero sotto controllo circa 108.000 chilometri quadrati di territorio ucraino (solo per capirci, pari a tutta l'Italia settentrionale, il 18 per cento dell'Ucraina). Solo nel 2024 l'estensione dei territori conquistati è stata di circa 3.000 chilometri quadrati, con un ritmo più sostenuto rispetto all'anno precedente e con una linea di fronte attiva di combattimenti lunga 1.200 chilometri.

La Russia, sebbene abbia mancato gli obiettivi che si era inizialmente posta, continua senza rallentamenti nella sua azione militare, confermando che il tempo, i materiali, i mezzi e le vittime non sono fattori che influenzano le decisioni di Putin.

L'Ucraina, sostenuta dall'Occidente e anche da noi, combatte una guerra difficile e drammatica e si trova a fronteggiare sfide sistemiche, che rendono difficile sostenere il perdurare del conflitto. In difficoltà nella rigenerazione delle forze, Kiev è stata costretta a ridurre a tre mesi l'addestramento delle reclute prima dell'invio al fronte, con conseguenze drammatiche sull'efficacia della manovra e sulla difesa delle posizioni acquisite. Anche le nuove offensive ucraine degli scorsi giorni nel Kursk sembrano destinate a portare solo successi tattici, che non incidono sull'andamento del conflitto, per quanto potrebbero essere utili ai fini di futuri negoziati.

Questa breve descrizione della situazione in atto conferma, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la bontà della nostra scelta di continuare a sostenere l'Ucraina, in linea con gli impegni internazionali che ci siamo assunti in sede NATO e nell'ambito dell'Unione europea. Fin dall'inizio, fin dai primi giorni del conflitto, l'Italia si è impegnata in modo tangibile, partecipando a tutte le iniziative di sostegno dell'Ucraina.

Vorrei aprire una piccola riflessione personale, perché ho letto - come fa ognuno di noi - alcune dichiarazioni prima dell'intervento di oggi. Ormai sono due anni e mezzo che vengo a parlare di Ucraina (e non solo di questo) nelle Aule parlamentari e sono due anni e mezzo che, tutte le volte che lo sento, mi pongo il seguente interrogativo: potrebbero avere ragione quelli che ci dicono che la pace potrebbe essere raggiunta smettendo di aiutare l'Ucraina?

Ci sono stato recentemente. Se tutti smettessimo o se nessun Paese avesse aiutato l'Ucraina in questi anni, cosa sarebbe successo? Sarebbe successo che i 4.000 colpi di artiglieria che ogni giorno, da oltre 1.100 giorni, cadono sull'Ucraina sarebbero caduti sui loro bersagli. Sarebbe successo che le oltre 300 bombe di aereo che vengono sganciate ogni giorno sull'Ucraina avrebbero raggiunto i loro obiettivi. Sarebbe successo che le migliaia di droni armati (oltre 12.000) che vengono scagliati sull'Ucraina avrebbero raggiunto i loro obiettivi. Sì, significa che forse avremmo raggiunto la pace, perché non ci sarebbe più l'Ucraina, perché non ci sarebbero più le città dell'Ucraina, perché non ci sarebbero più persone vive in Ucraina. (Applausi). Sì, forse avremmo raggiunto la pace, quella che si trova anche nei cimiteri.

Abbiamo pensato invece che fosse giusto che loro si difendessero e che fosse giusto impedire che quelle bombe cadessero e colpissero le città e gli ospedali. Se non avessimo dato la possibilità di fermare qualcuna di quelle bombe e qualcuno di quei carri armati, sì, forse avremmo qualche soldato russo vivo in più e milioni di ucraini morti in più. Forse avremmo una Nazione completamente distrutta e avremmo dato ragione all'aggressore, che ha pensato che, essendo più grosso e più forte e avendo più armi, poteva conquistare una Nazione, occuparla e calpestare il diritto internazionale e qualunque regola che l'umanità si è data per un tentativo di convivenza civile, che è sempre più difficile.

Noi abbiamo detto di no: se c'è qualcuno più debole, non bisogna girarsi dall'altra parte per comodità, quando qualcuno più forte cerca di distruggerlo e di privarlo della libertà (Applausi) e della possibilità di vivere. Lo abbiamo detto e lo diciamo con grande difficoltà, nell'aiutare una Nazione a combattere. Non so se avete fatto caso a quello che ho letto: l'Ucraina è costretta a reclutare persone e a formarle per tre mesi perché deve rimpiazzare quelle che sono morte o si sono ferite al fronte. Chi si occupa di difesa o sa minimamente cosa significhi sa che formare le persone in tre mesi è, di per sé, drammatico. Sono costretti ad andare al fronte in questo modo per difendere la Nazione e lo fanno. Non possono commentare dai divani o da un'Aula parlamentare, lontana migliaia di chilometri, non possono stare lì a discernere su cosa sia giusto fare sulle armi e su quante o quali darne. No, devono difendersi e impedire a chi li sta attaccando di guadagnare terreno e poi ancora terreno, distruggendo ogni Nazione che attraversa.

Noi, in questi anni, abbiamo fatto questo, lo ha fatto l'Italia e non questo Governo. Il passaggio parlamentare di oggi è un ennesimo momento in cui noi facciamo questa riflessione; a nessuno di noi piace la guerra; non c'è nessuno in quest'Aula che non metterebbe la firma per far smettere questa guerra; non c'è una sola risoluzione parlamentare che non si auguri come punto di arrivo una tregua e un percorso di pace.

Abbiamo dato fin dall'inizio la nostra disponibilità a essere presenti con i contingenti di pace italiani, quando ci sarà la pace. Abbiamo dato fin dall'inizio la nostra disponibilità ad appoggiare in qualunque modo sia possibile il percorso di pace.

Siamo qua a ribadirlo. Il Governo, la maggioranza, l'opposizione, tutto il Parlamento e tutta l'Italia non vedono l'ora di appoggiare il percorso di pace. Io sono tra quelli che si augurano che qualunque cambiamento accada nel mondo, non ultimo il nuovo Presidente americano, sia un momento che possa innescare un percorso diverso e cambiare il corso degli eventi di una guerra drammatica che nessuno di noi vuole. Lo auspichiamo tutti, perché non penso ci sia qualcuno qua dentro che non sarebbe contento se un'azione riuscisse in qualche modo a fermare le bombe russe.

Sono quasi 1.100 giorni che aspetto un giorno nel quale le bombe russe non cadano sull'Ucraina. Tutti noi lo aspettiamo, perché quel giorno partirà la possibilità della pace e di costruire un percorso di ricostruzione.

Parliamo di un percorso che deve mettere in conto che 1.200 chilometri di confine sono pieni di mine, di fili spinati, di trincee e di manufatti in cemento: soltanto la bonifica di quel fronte di 1.200 chilometri richiederà decenni e la ferita che si è aperta adesso in Ucraina segnerà quei Paesi per i prossimi venti-trent'anni e quei popoli per le prossime generazioni.

Noi vogliamo arrivare lì. Vorrei che i nostri soldati specializzati potessero essere i primi a scendere in un campo per sminarlo. Siamo stati contenti l'altro giorno che 50 tonnellate di aiuti potessero partire verso Gaza: vorrei che le nostre persone e gli aiuti italiani potessero partire per ricostruire quelle zone, lo auspichiamo tutti.

Nel frattempo, però, noi abbiamo deciso di non stare a guardare, di non voltarci dall'altra parte. Quello che portiamo oggi in Parlamento è un modo per aiutare l'Ucraina a difendersi, non è un modo per aiutare la guerra a proseguire. Noi vogliamo che la guerra finisca domani mattina. Tutti lo vogliamo. Tutti ci auguriamo di poterlo fare, perché è una guerra che sta segnando le nostre economie, la nostra vita e il nostro futuro e lo ha già segnato. Ci è chiesto di discernere. Noi abbiamo l'obbligo di discernere. Abbiamo l'obbligo di vedere dove si trovano il bene, il male, il giusto e l'ingiusto. Possiamo anche vedere dove è comodo e dove non lo è. Qualcuno può preferire il ragionamento di comodità, ma qui c'è qualcosa che va al di là della comodità, del giusto e dell'ingiusto: il futuro delle nostre Nazioni.

L'altro giorno ho detto una cosa che ha scandalizzato alcune persone, ovvero che posso far finta di non vedere dei delinquenti che picchiano una ragazza, se non è mia figlia, ma magari la volta dopo tocca a mia figlia e, se quel giorno ho fatto finta di non vedere, mi pentirò amaramente. Oggi siamo qui in Parlamento, l'ho detto e lo ridico, spero, per l'ultima volta, così come spero di non doverla usare, mi auguro di non dover fare un ulteriore pacchetto, perché la guerra è finita e nessuno ne ha bisogno e mi auguro di non dover tornare in questo Parlamento a chiedere un'autorizzazione, perché significherebbe che questa guerra sta andando avanti e nessuno di noi vuole che vada avanti. Noi proseguiremo, come abbiamo fatto finora, l'impegno di aiutare l'Ucraina in ogni modo per arrivare alla pace. Nessuno di noi si sente in guerra con la Russia: ci sentiamo in guerra con la guerra (Applausi), ed è tutto un altro discorso.

Oggi sono qui per chiedere al Parlamento, al Senato, di continuare a fare quello che abbiamo fatto in questi due anni e mezzo: aiutare un popolo a difendersi perché, come il nostro, ha il diritto di difendere la propria libertà e la propria vita. (Applausi).

PRESIDENTE. Comunico all'Assemblea che sono state presentate le proposte di risoluzione n. 1, dal senatore Patuanelli e da altri senatori, n. 2, dal senatore De Cristofaro e da altri senatori, n. 3, dal senatore Borghi Enrico e da altri senatori, n. 4, dal senatore Boccia e da altri senatori, n. 5, dai senatori Calenda e Lombardo, e n. 6, dai senatori Craxi, Terzi di Sant'Agata, Pucciarelli, Petrenga, Barcaiuolo e da altri senatori.

I testi sono in distribuzione.

Ha chiesto di intervenire il Ministro della difesa, signor Crosetto. Ne ha facoltà.

CROSETTO, ministro della difesa. Signor Presidente, chiederei una breve sospensione, perché non ci sono ancora i testi di tutte le risoluzioni, i quali ci occorrono per preparare i pareri.

PRESIDENTE. Il parere si può esprimere anche dopo le dichiarazioni di voto, vuole farlo lo stesso prima delle dichiarazioni di voto?

CROSETTO, ministro della difesa. Va bene assolutamente anche dopo, signor Presidente.

PRESIDENTE. Quindi non c'è bisogno della sospensione?

CROSETTO, ministro della difesa. No, signor Presidente, mi organizzo mentre ascolto le dichiarazioni di voto.

PRESIDENTE. Posso andare avanti, allora?

CROSETTO, ministro della difesa. Sì, grazie signor Presidente.

PRESIDENTE. Il parere del Governo, quindi, sarà espresso dopo le dichiarazioni di voto sulle risoluzioni che ho appena elencato.

Passiamo alle votazioni.

LOMBARDO (Misto-Az-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, come sapete, per quindici minuti anziché dieci.

LOMBARDO (Misto-Az-RE). Signor Presidente, ringrazio il ministro Crosetto per l'intervento in Aula, che abbiamo sentito e abbiamo apprezzato, perché ha tenuto a ricordare qual è la posizione dell'Italia e del Governo e ha aggiunto anche il racconto di chi è stato recentemente in Ucraina e ha visto che cosa vuol dire, da tre anni ormai, una guerra dolorosa, con perdite ingenti fra la popolazione civile.

Non dobbiamo mai dimenticare che la guerra che ha avuto origine il 24 febbraio 2022 nasce da un crimine: dall'aggressione da parte della Russia e dalla flagrante violazione del diritto internazionale. Il nostro sostegno a questo decimo pacchetto di aiuti nei confronti dell'Ucraina è non solo un sostegno alla popolazione che resiste contro l'aggressione militare russa, ma è soprattutto un sostegno ai valori di libertà e di democrazia che il popolo ucraino rivendica non solo per la propria sovranità territoriale, ma anche a difesa e argine dei nostri valori occidentali.

Laddove, infatti, viene minacciata la forza della legge, esiste solo la legge della forza e se noi non capiamo che quelli in gioco oggi in Ucraina sono i nostri diritti, i nostri valori e le nostre libertà, ci perdiamo un pezzo importante, fondamentale, della discussione che qui in Parlamento va avanti da oltre due anni e mezzo.

È chiaro che tutti noi vorremmo che venisse raggiunta immediatamente la pace e che questo decimo pacchetto di aiuti fosse l'ultimo; tuttavia, quella che possiamo giudicare come una scelta moralmente inaccettabile sarebbe non solo quella di non rinnovare il nostro sostegno, ma di condizionare la partecipazione a un tavolo negoziale al fatto di non avere più un sostegno militare. Ciò sarebbe inaccettabile e non dovrebbe essere mai consentito; per tale ragione auspichiamo che questo possa essere l'ultimo dei pacchetti di aiuto militare all'Ucraina, ma dobbiamo stare molto attenti a che questo conflitto non si risolva nelle aspettative che la nuova Amministrazione Trump ha dichiarato, ossia in una questione di giorni, mentre, molto più probabilmente, avverrà in più tempo. Un accordo di pace che non garantisca la piena sovranità dell'Ucraina sarebbe non solo inadeguato, ma anche pericoloso, perché costituirebbe un precedente non solo per l'Ucraina, ma anche per altri Paesi che in questo momento vivono una situazione difficile al loro interno: penso alla Moldavia e alla Georgia.

Inoltre, signor Ministro, il nostro sostegno, come lei sa bene, non deve limitarsi solo a misure militari; dobbiamo promuovere un sostegno che sia anche politico. Io sono stato piuttosto scettico, quando si è parlato subito di riconoscere all'Ucraina lo status di Paese candidato all'Unione europea, non perché non pensi che quella debba essere la prospettiva, ma perché ho detto di prestare attenzione, perché quell'adesione sarà un percorso molto più lungo di come pensiamo che possa avvenire. Stiamo ingenerando un'aspettativa nei confronti di queste popolazioni che abbiamo il dovere di riconoscere e questa responsabilità ha a che fare con l'Europa.

Infatti, signor Ministro, non possiamo portare avanti una politica di allargamento che guarda all'adesione di questi Paesi (penso all'Ucraina, ma anche alla Moldavia e alla Georgia) secondo criteri di meritevolezza giuridica, altrimenti ci assumiamo la responsabilità di dire a questi Paesi che hanno lo status di candidati che li esponiamo al rischio di pesanti conflitti interni, perché le ingerenze straniere, in particolare russe, ovviamente si affacceranno anche a loro. Si tratta quindi di una responsabilità politica che abbiamo anche nei confronti dell'Europa di cambiare il modo di approcciare l'allargamento, che non può essere fatto business as usual, come lo facevamo negli anni Novanta, ma deve tenere conto dell'attuale conflitto geopolitico.

Da questo punto di vista, signor Ministro, dobbiamo avere anche la responsabilità di dire - e so che lei condivide ciò che sto per dire - che le spese militari che oggi sosteniamo a livello nazionale ed europeo forse non sono adeguate a quelle che sarebbero richieste, non perché vogliamo i conflitti, né perché vogliamo promuovere la guerra, ma perché serve un sistema di stabilizzazione internazionale e interno. Penso che questo debba avvenire a partire dal riconoscimento del ruolo che dobbiamo avere nell'Unione europea. Non possiamo pensare di poter fare i pontieri tra la nuova Amministrazione americana e l'Europa; noi, il nostro ruolo lo dobbiamo giocare dentro l'Unione europea.

Concludo il mio intervento dicendo che la nostra posizione è chiara. Voteremo a favore del sostegno militare all'Ucraina e ai valori che sono in gioco in quel campo: è un atto di responsabilità e di lotta per la libertà e per la giustizia, perché sono in discussione non solo i valori di quel popolo, ma i nostri valori.

Crediamo però che, a fianco al tema del sostegno militare, la presenza e un dibattito forte che trova un ruolo di avanguardia dell'Italia nella difesa comune europea siano essenziali, perché domani, quando si apriranno i negoziati per la pace, come tutti ci auguriamo, essa non venga disegnata solo dagli Stati Uniti, dalla Russia e dall'Ucraina, ma dentro quel tavolo ci sia forte la voce italiana e ci sia forte la voce dell'Unione europea. (Applausi).

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Lombardo, anche per il perfetto rispetto dei tempi.

SPAGNOLLI (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SPAGNOLLI (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signor Ministro, lei ha detto una frase importante: la pace si trova anche nei cimiteri, ma non è questa la pace che vogliamo. I russi insistono - l'ha detto sempre lei - a colpire infrastrutture, soprattutto energetiche, e ad uccidere civili, cioè svolgono un'attività bellica del tutto al di fuori di quelle che sono sempre state nel corso del tempo le regole, seppur terribili, che i partecipanti a una guerra si davano. È una tra le peggiori guerre che ci siano mai state nella storia dell'uomo, quindi non possiamo avere esitazioni, come dice lei, nel condannare questo agire, perché ciò significa tutelare i nostri valori, ma - come sempre ha detto lei - le forze russe ormai controllano un territorio grande un terzo dell'Italia, sotto la sovranità ucraina, e il tempo evidentemente gioca con Putin.

Lei ha detto anche che nessuno si sente in guerra con la Russia. Peccato però che sia la Russia che continua a dire di sentirsi in guerra con noi e questo anche è un aspetto di cui tener conto. Il collega Lombardo faceva presente - giustamente, secondo me - che l'adesione all'Europa dell'Ucraina e anche di altri Paesi ha bisogno di verifiche rispetto a una serie di presupposti necessari, per cui bisogna fare attenzione a non illuderli, però è chiaro che l'Ucraina deve arrivare al tavolo per la pace nelle migliori condizioni negoziali possibili e quelle possono essere garantite soltanto da coloro che la sostengono.

Questa guerra non è solo un'intollerabile violazione del diritto internazionale, ma è anche una questione che riguarda la sicurezza nostra e la sovranità dei Paesi dell'Europa sui propri territori. A Putin dev'essere chiaro, ma sarà difficile che lo sia, che i nostri Paesi, con i loro difetti, su certi principi sono intransigenti, non mollano e resistono nel tempo molto di più di quanto non resistano le autocrazie. Sono curioso di vedere se ce la faremo, ma questo dev'essere il nostro obiettivo.

Continuare a sostenere l'Ucraina significa mandare un messaggio anche alla nuova amministrazione americana: nessuna fine delle ostilità può essere fatta sulla pelle o contro la volontà degli ucraini. Dev'essere chiaro che l'Europa e l'Italia in testa non volteranno lo sguardo dall'altra parte rispetto ai sogni imperiali di Putin e ai suoi tentativi di rendere le democrazie liberali un figurante del ventunesimo secolo.

Ciò detto, però, signor Ministro, la fase nuova e inedita che stiamo attraversando passa dall'Ucraina, ma non si limita solo alla guerra in Ucraina. L'Europa - abbiamo ascoltato ieri Trump e ne abbiamo avuto la triste conferma - ha bisogno di un immediato scatto di reni sul piano militare, su quello della deterrenza e - come lei ha giustamente sottolineato - sulla costruzione di una propria autosufficienza strategica. Si concilia tutto questo con la volontà di affidare a Musk e non al progetto europeo le nostre comunicazioni militari e governative? Faccio la domanda. (Applausi).

Spero di sbagliarmi, ma ho la sensazione che la postura assunta dall'Italia con Trump, tra pacche sulle spalle e tentativi di costruire un canale privilegiato, non porterà fortuna. Quando gli interessi europei vanno toccati nel vivo, si creerà una forte tensione e la presidente Meloni dovrà decidere da che parte stare, nella speranza che nel frattempo non sia quella che rimane col cerino in mano.

Mai come in questa fase bisogna essere chiari e conseguenti. Bisogna ricordare alla NATO che se da un lato dobbiamo di certo mantenere gli impegni sul 2 per cento e oltre, dall'altro l'Italia primeggia per numero di uomini impegnati nelle missioni militari con risultati importanti tutte le volte che siamo al comando di quelle missioni, tanto che l'altro ieri l'ammiraglio Cavo Dragone è stato nominato Presidente del Comitato militare della NATO. Soprattutto, dobbiamo ricordare all'Europa che se unissimo in una difesa comune le spese militari dei nostri Paesi, saremmo dieci volte la Russia, sopra la Cina e secondi solo agli stati Uniti: di conseguenza, avremmo una certa forza, anche negoziale, per l'Ucraina.

Bisogna anche ricordare che sicurezza non è solo spese militari, ma è tutelare le nostre imprese e il nostro modello sociale e i nostri ordinamenti democratici, che hanno al centro i diritti delle persone e non immaginano le relazioni internazionali come un continuo esclusivo mostrare i muscoli.

L'Europa deve fare l'Europa. Deve sostenere l'Ucraina con la costruzione della propria autosufficienza strategica. Pertanto, confermo il voto favorevole del Gruppo Per le Autonomie. (Applausi).

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Signor Presidente, abbiamo ascoltato con grande attenzione le parole del Ministro, ma abbiamo avuto la sensazione, non sappiamo se per reticenza o per l'esigenza di trovare un nuovo allineamento temporale rispetto alla situazione che si sta verificando sul piano internazionale, che l'intervento del Ministro sia stato fatto come se cronologicamente inserito nel febbraio del 2022.

Noi siamo dell'opinione, naturalmente (ed è il motivo per il quale voteremo a favore del decreto), che le condizioni per le quali tre anni fa il Parlamento italiano ha confermato un supporto militare, logistico ed operativo alla resistenza del Governo e del popolo ucraino ancora persistano.

Siamo ancora nel pieno di un'aggressione da parte della Federazione Russa all'Ucraina, finalizzata ad impedire l'evoluzione in senso democratico di quel Paese e la sua integrazione sul piano europeo. Anzi, il Ministro oggi ci ha confermato che, paradossalmente, il solo evocare non meglio precisati tavoli o trattative di pace, che - uso le sue stesse parole - "non sono né semplici né immediati" (e quindi chi aveva venduto una soluzione nel giro di ventiquattr'ore ha venduto fumo), ha determinato una recrudescenza delle posizioni belliche nel teatro: si spara di più, si tirano più missili, si lanciano più droni e ci sono più morti, perché è evidente che l'intento è di giungere, quando si potrà avere un punto di caduta nel negoziato, ad avere più chilometri quadrati nel proprio portafoglio.

Pertanto, siamo sicuramente a favore di questo decreto, ma, onorevoli colleghi, il punto in questione sono le cose che il Ministro non ci ha detto. Certo, nessuno di noi ha la bacchetta magica e men che meno può averla e sarebbe pretenzioso l'avesse un Paese di media grandezza come l'Italia, ma un conto è disporre delle possibilità per far venire meno un evento bellico, altro è avere un'idea per contribuire in sede internazionale alla risoluzione del problema. (Applausi).

Questo noi non l'abbiamo sentito ed è il motivo per cui ci asterremo sulle comunicazioni del Ministro. Crediamo che sia indispensabile, a maggior ragione per il nuovo contesto internazionale dato dalla nuova presidenza degli Stati Uniti d'America, introdurre un'idea, un pensiero e una postura che non siano solo la rassegnata condiscendenza dell'inevitabile punto di caduta che noi sappiamo può trovare la chiave di questa soluzione.

Infatti, finché la Cina e gli stati Uniti non troveranno un loro punto di caduta su questo tema, rischiamo di dover assistere ancora a lungo ad un'operazione di questa natura sul piano bellico all'interno dell'Europa. Ma proprio perché siamo all'interno dell'Europa, noi, signor Ministro, non possiamo non dire che ruolo deve avere e che ruolo vogliamo che abbia l'Europa. Questo non l'abbiamo sentito dire.

Se sommiamo la spesa militare dei 27 Paesi dell'Unione europea, ci rendiamo conto che questi Paesi oggi spendono in armi e dotazioni militari quanto la Cina, mentre la Russia ha una spesa militare che è la metà. Il problema è che quelli sono Paesi unitari e compatti, con una linea gerarchica precisa, mente noi siamo 27 Paesi disarticolati fra loro. Quindi, non avendo una politica, non abbiamo un'efficienza e, non avendo un'efficienza, non siamo in grado neppure di essere presenti nel teatro.

Cari colleghi, possiamo davvero immaginare di invocare un progetto di pace senza richiamare l'esigenza di una disponibilità dell'Europa a una forza di interposizione in quel teatro?

Signor Ministro, un suo predecessore da noi rimpianto, Beniamino Andreatta, Ministro all'epoca della guerra in Bosnia, diceva che questo è un Paese che si accende quando si invoca la pace, ma che non vuole fare i conti con gli strumenti con i quali la pace si dovrebbe raggiungere. La sensazione è che noi siamo di nuovo tornati a una dimensione di quella natura.

È inutile che ci nascondiamo dietro un dito: quanto accaduto ieri al Campidoglio ci impone una riflessione da questo punto di vista, perché certamente gli Stati Uniti d'America sono per noi un alleato imprescindibile, e faremo di tutto affinché l'amicizia fra il nostro Paese e fra i Paesi dell'Occidente e gli Stati Uniti d'America permanga, si rafforzi e non crolli. Bisogna però avere la consapevolezza che siamo di fronte a un salto di qualità o di paradigma, o a una chiamata di responsabilizzazione.

Nella complessità del teatro, che lei ci ha ricordato avere 1.200 chilometri di attrito e, complessivamente, 3.000 chilometri di eventuale esigenza di interposizione -cioè due volte l'Italia, così ci capiamo - bisogna cominciare a fissare alcuni principi di fondo che vorremmo provare a enunciare in questa sede.

Anzitutto, evitiamo che ci sia la rincorsa a una sorta di nuovo Congresso di Vienna, nel quale qualcuno pretenziosamente immagina di ristabilire la geografia prescindendo dall'autodeterminazione dei popoli. (Applausi). Insomma, non ci può essere alcuna soluzione al di sopra della testa degli ucraini. Questo è il primo punto che - dal nostro osservatorio - deve essere preciso.

Passo alla seconda questione. Qualcuno parla di coreizzazione dell'Ucraina, che avrebbe una ripercussione pesante sull'Europa, perché significherebbe avere una situazione interna endemica che pesa sulla nostra sicurezza in maniera permanente. Tuttavia, se si congela - e lo dica, signor Ministro, nei tavoli - si congelano non solo il Donbass, ma anche Kursk. E poi si riprende la discussione. In caso contrario, ci troveremmo in una condizione in cui qualche stratega da tavolino sarebbe in grado di chiudere immediatamente la vicenda come se non fosse la più drammatica che siamo stati chiamati a vivere nel corso degli ultimi anni.

Dobbiamo dire una cosa molto semplice: l'Europa capisca rapidamente qual è il doppio messaggio che arriva dalla Russia che bombarda tutti i giorni l'Ucraina e che arriva dal Campidoglio. Non dimentichiamoci - noi non ce lo scordiamo - che, nel novembre dello scorso anno, l'attuale vice presidente Vance, quando prese la parola su questo tema, disse all'Europa di stare attenta a regolamentare le piattaforme social, perché loro potrebbero uscire dalla NATO.

C'è poi anche il fatto che mette sullo stesso piano questioni che meriterebbero un doveroso approfondimento. Introdurre un elemento di discussione di questa natura significa inevitabilmente che l'Europa deve fare un salto in avanti di qualità da questo punto di vista.

Chiudo, signor Presidente. Se ci approcciamo con le logiche dei singoli Stati a questi temi, temo che avremo di fronte un forte ridimensionamento. Devo al senatore Giorgio Tonini una frase, che credo sia suggello di questa nostra riflessione, di Jacques Maritain: «La democrazia è la fragile navicella sulla quale viaggiano le speranze temporali dell'umanità». Penso che abbiamo la responsabilità di non far venire meno queste speranze. (Applausi).

Saluto ad una rappresentanza di giovani del Comune di Folgaria

PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i giovani neodiciottenni del Comune di Folgaria, in provincia di Trento, accompagnati dal sindaco e dagli amministratori comunali, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).

Vi rivolgo un ringraziamento personale, perché circa cinquant'anni fa o poco meno venivo a sciare a Folgaria e me la ricordo come era allora. Non ci sono più tornato, ma c'è sempre tempo.

Ripresa della discussione sulle comunicazioni del Ministro della difesa (ore 17,15)

GELMINI (Cd'I-UDC-NM (NcI, CI, IaC)-MAIE-CP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GELMINI (Cd'I-UDC-NM (NcI, CI, IaC)-MAIE-CP). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, la discussione attorno alla decisione, non facile, di confermare o meno il supporto militare alla resistenza ucraina avviene in un contesto geopolitico in profondo mutamento: ieri l'insediamento di Trump, l'avvio della sua seconda Presidenza; domenica l'avvio di una fragile e difficile tregua in Medio Oriente.

Voglio partire proprio da questo secondo punto, da quello che è successo a Gaza, per provare a recuperare qualche insegnamento dalla storia. Come diceva prima il Ministro, infatti, nessuno di noi vuole la guerra, tutti ambiamo alla pace; però, al tempo stesso, abbiamo riscontrato, nell'arco della storia, che ci sono dei frangenti tragici, nei quali, per raggiungere la pace, bisogna prima difendersi, anche, e purtroppo, con l'utilizzo delle armi.

Guardiamo a quello che è successo a Gaza: dopo circa cinquecento giorni è stato possibile, da un lato, la sigla di una fragile tregua e, dall'altro, l'avvio della liberazione graduale di alcuni ostaggi. Tutto questo è stato possibile perché Israele ha scelto la linea della fermezza. Lo ha fatto provando a difendere il proprio popolo; lo ha fatto fiaccando la linea di comando di Hamas e di Hezbollah; lo ha fatto indebolendo il regime iraniano e concorrendo alla caduta di Assad in Siria. È chiaro che nessuno si compiace di quanto è accaduto e di come questo sia stato il frutto di uno scontro, con l'utilizzo delle armi, e non di un protagonismo della diplomazia. Eppure, questo fatto ci deve far riflettere rispetto alla necessità di confrontarci con la realtà quando guardiamo alla storia.

Il 27 gennaio celebreremo la Giornata della memoria. Anche in quel caso non possiamo dimenticare che sei milioni di morti ebrei sono il frutto dell'ignavia, della superficialità di coloro che in quella stagione non hanno saputo confrontarsi e contrastare le autocrazie di allora. Ancora, se guardiamo alla Guerra fredda, il rischio di escalation è stato evitato con il costo politico ed economico della deterrenza nucleare nei confronti dell'Unione Sovietica.

Proprio perché parliamo di storia, ricordo che il 24 gennaio saranno sessant'anni dalla morte di un altro gigante della storia, Winston Churchill. In quel caso la sconfitta del nazismo è stata legata alla resistenza straordinaria del popolo inglese. Tutti questi accadimenti ci dimostrano che ci sono dei momenti in cui non si può confondere la pace con la resa; occorre avere il coraggio di combattere ed è quello che l'Ucraina sta facendo nelle condizioni che ci ha rappresentato il Ministro, addirittura arruolando persone solo dopo tre mesi.

Credo che noi, con tutto il dolore per una scelta che non vorremmo compiere, non possiamo girarci dall'altra parte e non possiamo far mancare il nostro aiuto a questa piccola e straordinaria democrazia che da tantissimo tempo sta provando a confrontarsi e a reggere uno scontro con un nemico che è molto più potente e molto più armato di lei. Girarci dall'altra parte, far finta che oggi le armi non servano e non dare il nostro supporto all'Ucraina sarebbero un errore drammatico, anche perché non ci possiamo nascondere che in gioco non c'è solo lo scontro tra un'autocrazia e una democrazia, ma ci sono i nostri valori, la certezza del diritto, la violazione del diritto internazionale, la sovranità di una democrazia e anche i valori dell'Europa. Dobbiamo dirci con chiarezza che, se non fossimo arrivati al decimo pacchetto di sostegno all'Ucraina; se l'Occidente non avesse dato il proprio contributo; se le democrazie non avessero dato il loro supporto; se non ci fosse stato l'impegno dell'Italia, prima con il Governo Draghi e oggi con il Governo Meloni, l'Ucraina sarebbe già capitolata e questo sarebbe un fatto drammatico.

Il Presidente della Repubblica ha detto: «La pace grida la sua urgenza», ma ci ha anche detto che non può esserci pace sulla sopraffazione di un popolo. Noi oggi abbiamo dunque il dovere di esserci, sapendo che accanto all'utilizzo delle armi serve un cambio di passo in Europa, serve da parte dell'Europa il raggiungimento di quella difesa comune che De Gasperi chiedeva settant'anni fa e rispetto alla quale, purtroppo, è stato perso tempo prezioso. Oggi rendere coesi i singoli Paesi e costruire una difesa comune non solo è una necessità, ma è anche un'urgenza, perché la Russia che attacca l'Ucraina è la stessa Russia che condanna a morte Navalny; è la stessa Russia che porta in carcere persino i difensori di Navalny; è la Russia che crea un'alleanza pericolosa e minacciosa con l'Iran; è la stessa Russia che induce Paesi tradizionalmente neutrali, come la Svezia e la Finlandia, a chiedere la protezione della NATO.

Di fronte a tutto questo, noi dobbiamo fare la nostra parte, abbiamo la necessità di fare la nostra parte anche in Europa, ma dentro un'Alleanza atlantica che è una vocazione per l'Italia ed è in linea con i colori politici più diversi dei Governi che si sono succeduti. E dobbiamo dirci con franchezza che è anche una necessità: proprio perché non abbiamo una difesa comune, veramente qualcuno pensa che potremmo fare a meno della NATO? Ci vorrebbe l'8 per cento del PIL in spese per la difesa per poter fare a meno della NATO. Quindi, oggi può far piacere e credo che dovrebbe essere un punto di sollievo per tutti il fatto che questo Governo sta facendo la propria parte, sta dimostrando autorevolezza nel servire la causa ucraina e la causa dell'Europa e, al contempo, sta tessendo e rafforzando i rapporti di un'Alleanza atlantica dalla quale l'Italia e l'Europa non possono prescindere. Quindi, tocca a noi oggi esprimere un plauso anche all'ammiraglio Cavo Dragone per il ruolo che gli è stato riconosciuto all'interno della NATO.

È un ruolo importante per la difesa italiana, ma è anche un ruolo che viene riconosciuto all'impegno dell'Italia.

Oggi noi non possiamo avere dubbi. Credo che dobbiamo avere la consapevolezza che il nostro compito è duplice: da un lato, rafforzare l'Unione europea, la difesa comune e l'unità rispetto alla causa ucraina e, dall'altro lato, rafforzare le relazioni transatlantiche e votare senza se e senza ma a favore di questo pacchetto di aiuti per l'Ucraina.

Noi, come Noi Moderati, Centro Popolare, Civici d'Italia, MAIE e UDC, votiamo convintamente a favore di questo pacchetto. (Applausi).

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Signor Ministro, anche se non è esattamente al centro della discussione di oggi, vorrei iniziare lo stesso dicendo una cosa che apparentemente non c'entra. In questi giorni abbiamo tutti guardato a quanto accadeva in Medio Oriente con una qualche speranza, ma anche con la preoccupazione, purtroppo ogni ora più forte, che lo spiraglio aperto dalla tregua possa di nuovo cedere il passo alla guerra. Ma pure questa fragile tregua, che certamente non possiamo chiamare pace - basta vedere cosa sta accadendo in queste ore in Cisgiordania - è comunque il frutto di una trattativa, di una lunga trattativa, dalla quale però - e questo è uno dei problemi più seri - l'Europa è stata completamente assente.

Vede, Ministro, ho voluto evidenziare questo aspetto perché credo ci sia un tratto unificante, molto negativo, tra le due guerre che hanno segnato la scena degli ultimi anni. Il Medio Oriente, da una parte, e l'Ucraina, di cui stiamo parlando oggi, dall'altra parte, certificano purtroppo la drammatica irrilevanza dell'Unione europea e la sua rinuncia - mi verrebbe da dire - a svolgere un ruolo politico autonomo in grado di favorire soluzioni di pace. Penso che dovremmo chiederci perché siamo arrivati a questo punto. Perché l'Unione europea e tutti gli Stati membri appaiono come comparse, anche nelle crisi che ci toccano da vicino?

Certamente pesa - come è stato richiamato anche da altri colleghi - l'incapacità di muoversi con una vera e sostanziale unità. Ma è anche peggio, purtroppo. L'Europa è rimasta immobile perché ha abdicato del tutto al proprio ruolo, che era - io credo, noi crediamo - e non può che essere un ruolo di pace. Del resto, Ministro, l'Unione europea è un esperimento senza precedenti, è un soggetto politico che nasce esattamente nel nome della pace, con la missione fondativa di evitare nuove guerre. (Applausi).

L'Europa o è portatrice di pace o non è. Ma l'Europa purtroppo questa missione l'ha dimenticata e si è uniformata alla visione dettata da altri, secondo la quale in Ucraina solo una vittoria militare sul campo avrebbe garantito la vera pace. Ha ridotto ogni iniziativa diplomatica alla fornitura di un numero sempre crescente di armi. Ha considerato ogni dialogo, ogni tentativo di dialogo che non fosse basato sulla sconfitta della Russia, un vero e proprio sabotaggio. Io credo che questa visione strategica abbia non solo favorito la prosecuzione della guerra, ma abbia anche danneggiato la stessa Ucraina, creando le condizioni ambientali che hanno permesso la degenerazione della crisi di Gaza e quella mattanza maledetta dell'esercito israeliano dopo il crimine del 7 ottobre.

Cosa possono fare oggi l'Europa e l'Italia per tornare a marcare un qualche protagonismo? Cosa possono fare per allargare e non far chiudere quel piccolo spiraglio in Medio Oriente, per esempio, o per mettere fine alla guerra in Ucraina, che non solo è un immane massacro, ma è anche una gigantesca minaccia per tutti noi? Potrebbero provare - noi pensiamo - a recuperare l'autorevolezza perduta, abbandonando però la logica suicida secondo la quale la guerra porta alla pace. Non è mai stato così, non è mai stato vero che le armi sono uno strumento di pace.

È per questa ragione che noi, pur avendo condannato con la massima nettezza la gravissima aggressione di Putin, siamo stati fin dall'inizio e siamo ancora nettamente contrari all'invio delle armi all'Ucraina. Lo siamo perché questa narrazione bellicista non ci convince, perché pensiamo che invertire questa marcia verso l'abisso dovrebbe essere l'obiettivo prioritario delle nostre democrazie.

Pensiamo anche, Ministro, che questo è tanto più impellente anche a fronte della nuova amministrazione americana che ieri si è insediata a Washington. Trump assicura di voler fermare le guerre, ma poi revoca le sanzioni ai coloni israeliani, avanza pretese su Panama, sul Canada, addirittura sulla Groenlandia e, quindi, sull'Europa, incentrando - come ha fatto ieri - il suo ragionamento sulla supremazia e l'espansione territoriale degli Stati Uniti, smentendo peraltro - lasciatemelo dire - le singolari illusioni - definiamole così - di chi, anche in Italia, lo considerava un affidabile interlocutore, meno guerrafondaio dei suoi predecessori.

Ecco, in questo scenario così complesso, tutto si dovrebbe fare tranne che accodarsi al potere e al denaro dei nuovi sovrani, indebolendo ulteriormente l'Unione europea. Mi sembra invece questa la strada intrapresa dall'Italia. L'orizzonte che il nostro Paese sceglie non è il disarmo - come si dovrebbe - ma un gigantesco riarmo imposto - si dice - da un'esigenza di sicurezza. La realtà è però diversa: moltiplicare le armi non è la garanzia per la pace, ma è esattamente l'inverso, proprio come in quelle classiche profezie che si autoavverano. Anche da questo punto di vista dovremmo ascoltare con maggiore attenzione le lezioni della storia, per esempio quelle che ci arrivano direttamente dal 1914.

È dunque per questi tanti motivi che noi di Alleanza Verdi e Sinistra - lo dico con parole spero quanto più nette possibili - siamo assolutamente contrari all'ipotesi di portare al 5 per cento del PIL le spese militari (Applausi) o comunque ad aumentarle. Ci sembrano progetti folli e scellerati che peraltro, Ministro, impatteranno molto pesantemente sulla vita di una popolazione già stremata; progetti folli che verranno pagati con una sanità ancora più in ginocchio, con trasporti ancora meno efficienti, con l'ulteriore impoverimento di una popolazione già impoverita. È un disegno completamente sbagliato non solo per il suo costo sociale, ma anche perché porterà ad esiti opposti a quelli sbandierati, rendendo l'Italia e l'Europa un luogo ancora più insicuro e ancora più a rischio di guerra di quanto non lo siano già.

Evidentemente, Ministro, mi dispiace dirlo così, ma la sicurezza, che poi è quella che dovrebbe contare davvero, a voi non interessa e questo ci sembra davvero molto grave e molto sbagliato. (Applausi).

GASPARRI (FI-BP-PPE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GASPARRI (FI-BP-PPE). Signor Presidente, signor Ministro, rappresentanti del Governo, il sostegno di Forza Italia all'azione dell'Esecutivo è convinto e totale e vogliamo ringraziare il ministro Crosetto per avere anche in questa occasione, come nelle precedenti, fornito informazioni e spiegazioni. Questa vicenda è anche legata alle procedure che il Parlamento e il Governo hanno voluto scegliere, i cui dettagli sono stati comunicati di volta in volta ad organi parlamentari preposti a trattare con la necessaria riservatezza queste vicende, ma il dibattito politico si è sempre svolto nelle Aule parlamentari, come si sta facendo oggi sulle linee guida della nostra azione; così come ha fatto, parallelamente al ministro Crosetto, il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Tajani in tutte le vicende che vedono impegnato il nostro Governo.

Voglio cogliere l'occasione per dire che, oltre ad essere favorevoli a questo ulteriore provvedimento di sostegno all'Ucraina, noi siamo orgogliosi della politica estera che complessivamente il nostro Governo sta portando avanti. La politica militare e di difesa si integrano perfettamente con la politica estera. Siamo qui a parlare del sostegno all'Ucraina, siamo qui con toni diversi a parlare del ruolo italiano.

Voglio esprimere soddisfazione perché noi abbiamo oggi, ancora in questo momento, impegnato in tutto il mondo uno dei contingenti tra i più numerosi.

Non abbiamo una popolazione numerosa o una tradizione militare del secolo scorso e di questo come gli Stati Uniti, ma siamo impegnati come secondo protagonista sulla scena internazionale nell'Asia, nell'Africa, nel Medio Oriente. Siamo pronti a fare la nostra parte. Abbiamo fatto bene sin qui a non impiegare militari sul terreno in Ucraina, come qualcuno invocava - a volte la Francia ha fatto delle fughe in avanti - ma non c'erano le condizioni per questa opzione. Se la nuova stagione internazionale con cui si sta aprendo il 2025 prenderà corpo, siamo favorevoli a una interposizione, a una presenza di pace e di garanzia anche di militari italiani.

Voglio chiedere anche, con serenità, a tanti colleghi come si fa la politica di pace e di sicurezza se non si aiutano anche militarmente dei popoli che sono aggrediti. Potremmo fare tutte le discussioni del mondo sulla storia, parlare dell'aggressione, della presenza dei russi in Ucraina che è plurisecolare, dai tempi degli zar; per non parlare poi dei tempi di Stalin; poi l'Ucraina si integrò nell'Unione Sovietica, di cui non avvertiamo alcuna nostalgia, al punto che Krusciov, che comandava l'Unione Sovietica, era ucraino. Ma non possiamo riproporre quel modello, che si è frantumato - per fortuna - alla fine degli anni Ottanta, con il crollo del muro di Berlino e con la fine dell'URSS e dell'occupazione di Nazioni e di territori con storie e tradizioni.

Questa crisi e questa aggressione sono figlie della pulsione che i popoli russi hanno avuto verso l'Ucraina per ragioni forse anche ancestrali, perché prima di Mosca, Kiev ha avuto storia e tradizioni. Noi oggi difendiamo l'Ucraina, la sua storia e la sua libertà in un contesto di Europa allargata, con un'Unione europea che ha visto l'ingresso di nuovi Stati, con nuove presenze e oggi che c'è un'aggressione cosa facciamo? Mandiamo dei fax o delle e-mail? Capisco le ragioni di tutti, ma c'è chi si contraddice. Noi siamo europeisti, Forza Italia è uno dei pilastri del Partito Popolare Europeo e incide nelle vicende politiche europee, come è avvenuto anche in sede di composizione della Commissione europea, dando un sostegno importante all'Italia stessa, di cui siamo orgogliosi alfieri, con il ruolo di Fitto come Presidente e di Antonio Tajani come vice Presidente del Partito Popolare Europeo, che ha svolto un ruolo importante e qualche giorno fa era a Berlino per il Governo italiano. Il Partito Popolare avrà il suo congresso in primavera e noi saremo sostenitori di Weber e della sua politica. In questo, rientra anche la politica militare di difesa, cari colleghi. Si può dire che dobbiamo aiutare gli ucraini, ma che non dobbiamo usare le armi e non dobbiamo incrementare le spese per la difesa: e come la difendiamo la legalità internazionale? Vorrei che tutto si potesse risolvere con appelli, con perorazioni, con marce, con manifestazioni, ma non è così. Per tenere pieni i granai, dobbiamo tenere pieni anche gli arsenali. Qualcuno diceva di svuotare gli arsenali e di riempire i granai e chi potrebbe essere contrario a questa affermazione? Tutti siamo teoricamente a favore, ma per avere i granai, bisogna avere gli arsenali e non c'è solo l'Ucraina.

Noi siamo stati efficienti, con la missione nei caldi mari asiatici, per tutelare i traffici internazionali di Suez, perché gli Houthi sono armati dagli iraniani, come lo sono gli Hezbollah, come lo sono quelli di Hamas, per muovere un'aggressione che è rivolta a Israele, ma è rivolta a tutto il mondo libero occidentale. La nostra Marina si è distinta con l'operazione Aspides, che difende navi che trasportano prodotti, materie prime, grano per riempire anche i granai. Noi per aiutare gli ucraini - caro Ministro, lei lo sa - abbiamo svuotato un po' gli arsenali, perché dobbiamo anche essere in grado di difendere il nostro Paese. Non abbiamo svuotato solo i granai; abbiamo anche dato aiuti sicuramente umanitari e alimentari. La difesa, quindi, è essenziale, il richiamo della storia di questi mesi è stato drammatico quanto volete ma realistico, con l'attacco all'Ucraina e la necessità di difendere quel popolo. Per il Medio Oriente adesso ci sono barlumi di speranza, ma finché l'Iran, una potenza oscura e oscurantista, prepara armi nucleari per distruggere Israele e l'Occidente attraverso Israele e arma - come dicevo prima - i gruppi di fondamentalisti, noi non possiamo disarmare. Israele ha subito meno conseguenze dai bombardamenti che ha ricevuto perché ha l'Iron Dome, che è uno strumento di tecnologia avanzata militare, altrimenti sarebbero stati migliaia gli israeliani a morire colpiti dai vari popoli. Quindi la difesa serve: questo ci racconta la tragedia ucraina. Non so se le spese per la difesa potranno arrivare al 5 per cento, ma dovremo incrementarle. Chi non porta le proprie armi - ci insegnano antichi maestri della cultura italiana - è destinato a portare le armi altrui.

Vedremo anche la politica americana. Trump si è ripromesso grandi obiettivi di pace in Israele e Medio Oriente; l'amministrazione americana uscente e quella entrante hanno fatto a gara a determinare una tregua. Speriamo che duri, che funzioni. Vedremo che accadrà anche sullo scenario dell'Ucraina. Tutti ci auguriamo una pace realistica.

Ministro Crosetto, il Gruppo Forza Italia ha voluto che nella proposta di risoluzione ci fosse un richiamo allo spirito di Pratica di Mare: una pagina della storia lontana più di vent'anni fa in cui il presidente Berlusconi radunò l'Occidente e l'Oriente, l'America, la NATO, Bush, Putin per una politica di pace che oggi noi applaudiamo come ricordo, ma non c'è, perché poi Putin ha cambiato spartito. (Applausi). Noi, però, dobbiamo tornare prima o poi a quegli orizzonti. Noi siamo una forza politica di pace e non di pacifismo, che vuol dire rinunciare alla difesa dei popoli aggrediti. La pace, infatti, va costruita con la coesistenza dei popoli, con gli investimenti nella difesa e anche con la deterrenza: se l'Iran prepara le armi nucleari, facciamo un appello, una marcia della pace? Non so cosa accadrà. Se gli Houthi bloccano i commerci internazionali, la libertà dell'uso del Canale di Suez e costringono le merci a girare il periplo dell'Africa, cosa dobbiamo fare? Sì, prima si chiamano i diplomatici e si fanno degli incontri, ma poi arriva un momento in cui la difesa della legalità richiede anche dei rischi.

È questo, quindi, il senso della discussione odierna, dell'approvazione della proposta di risoluzione di oggi, del provvedimento successivo che illustreremo dopo nella discussione generale, quando la presidente della 3a Commissione Craxi ribadirà la nostra posizione sul decreto-legge conseguente.

C'è una linea di coerenza e ci auguriamo che l'Europa spenda in difesa per evitare moltiplicazioni di spese. A volte si parla della pubblica amministrazione, ma centralizzare gli acquisti anche nella difesa è importante. Nei giorni scorsi la società Leonardo ha fatto degli accordi con aziende estere - è importante - in tecnologie che possono consentire uno sviluppo comune. Noi chiediamo che si sottraggano le spese per la difesa dal calcolo del rapporto deficit-PIL: lo dice Forza Italia, lo dice Tajani, lo ha detto la presidente del Consiglio Meloni. Noi non possiamo riempire gli arsenali tagliando le pensioni - questo ci è abbastanza chiaro - e allora l'Europa deve decidere. Del resto, che l'Europa abbia deciso di fare dei debiti e di fare investimenti ce lo ha detto Mario Draghi, che quando era Presidente del Consiglio bocciava i nostri emendamenti da 10.000 euro, mentre ora ha proposto un piano di 800 miliardi di investimento. Io sono contento; signor Ministro, io ne ho proposto uno da 1.000 miliardi, arrotondiamo la cifra perché dobbiamo investire nei granai, nell'agricoltura, nell'ambiente, nel clima, nella rigenerazione urbana, nell'edilizia, nella scuola, nella sanità e anche nella difesa, perché senza la difesa non c'è la libertà e non c'è la democrazia.

Questa è la storia della Realpolitik, che oggi ridiscutiamo, perché la difesa è la premessa per esercitare i nostri diritti, per votare, per esprimere la nostra libertà, anche dal bisogno, libertà di produrre e lavorare. Il nostro voto, pertanto, non è solo a favore di una proposta di risoluzione, ma è a favore anche di una politica di cui il Governo, con la premier Meloni, con i ministri Crosetto e Tajani e con tutti gli altri, sta dimostrando protagonismo da Washington a Bruxelles, dal Medio Oriente all'Ucraina, senza subalternità, ma facendo la nostra parte, perché solo in questo modo potremo avere il diritto di essere protagonisti della storia. (Applausi).

MARTON (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTON (M5S). Signor Presidente, io procedo come se le nostre proposte di risoluzione fossero bocciate e l'unica ad avere l'approvazione sia quella di maggioranza. Immagino che sarà questo l'esito, perché sto facendo una dichiarazione di voto senza conoscere i pareri del Governo. Quindi, li presumo e vado sulla fiducia.

PRESIDENTE. Credo che il Governo si sia voluto riservare proprio per ascoltarla. Se lei lo convince, non credo sia tutto scritto.

MARTON (M5S). Allora vado fiducioso a convincere il Governo che approverà la nostra proposta di risoluzione.

Io ricomincio il mio intervento come ho fatto negli ultimi due anni tutte le volte che si è parlato di Ucraina e il ministro Crosetto è stato presente in Aula. Io e il Ministro e penso anche tutti i colleghi abbiamo lo stesso obiettivo, ma abbiamo un metodo e un modo per raggiungerlo completamente diversi: il Ministro intende perseguire l'aiuto all'Ucraina per via militare, io invece sostengo che continuare a inviare armi all'Ucraina sia deleterio, soprattutto e in primis proprio per l'Ucraina. E veniamo a motivare.

Io ho sentito colleghi denunciare il fatto che si debba arrivare a una negoziazione nel miglior modo possibile. Siamo sicuri che sia questo il miglior momento possibile per una tregua e per una negoziazione?

Io ricordo che il 29 marzo 2022 ci fu un incontro a Istanbul tra le delegazioni ucraine e la delegazione russa per la negoziazione di un accordo, proposto addirittura dall'Ucraina. Ricordo che da parte di Putin ci fu un'apertura, ma che gli inglesi sostennero che non ci si potesse fidare di Putin e che, quindi, quell'accordo fosse assolutamente da negare. Ricordo che sul tavolo, da una parte, c'era l'abbandono di Putin dei territori, visto che in quel momento avevamo una situazione di stallo, anche grazie al primo invio di armi dall'Europa e alla reazione immediata dell'Europa in quel momento. Quindi, Putin, non aspettandosi una reazione e una velocità di questo tipo anche dell'Europa, si trovò spiazzato.

Tra le richieste di Putin, l'obiettivo principale era la non appartenenza dell'Ucraina alla NATO; nessun diniego invece al fatto che l'Ucraina potesse aderire all'Europa. Queste erano le richieste di Putin. Ce n'era poi una capestro, che prevedeva il fatto che Putin potesse mettere il veto su un'eventuale nuova aggressione dell'Ucraina e su una eventuale difesa di tutti gli Stati europei. Io mi chiedo perché non si sia approfittato di quel momento; quali sono state le considerazioni politiche che hanno portato tutti gli Stati - e dico tutti - ad accodarsi a quella decisione - secondo me è stata sciagurata - di non sedersi e non proseguire quella strada.

Lei usa spesso figure retoriche per alterare la realtà e far sembrare più bello il suo discorso. Allora ne cito una: se c'è un'aggressione da parte di uno più forte ad uno più debole, non ci si può girare dall'altra parte. Chi può darle torto, Ministro? Però le dico anche che, se lei vede un aggressore e un aggredito, non va a portare un bastone all'aggredito, non va a dare un'arma all'aggredito; la prima cosa che cerca di fare è fermare l'aggressore; o lei in prima persona, o con l'unione di altri (Applausi). Quindi, Ministro, questa figura retorica la rimando al mittente. Non riesco ad accettarla.

Noi abbiamo in campo forze militari russe non dico illimitate, perché non lo sono, ma che sono sovrastanti numericamente quelle ucraine. Ricordo che c'è una regressione nella popolazione ucraina che l'ha portata negli ultimi quindici anni da 50 milioni a 31 milioni di abitanti. A questi vanno aggiunti gli sfollati di adesso e va calcolato che in quella popolazione vi è una popolazione attiva per combattere davvero molto ristretta. Quindi, le chiedo, Ministro, quanto potrà durare l'Ucraina in queste condizioni, anche se continuerete a mandare armi? Non ci saranno abbastanza uomini, Ministro. È ora di fermarsi immediatamente.

Ci facciamo scudo, Ministro, dei combattenti altrui. Noi stiamo dando la difesa della democrazia europea e italiana in mano agli ucraini che muoiono per noi. Io credo che una riflessione di questo tipo vada fatta. I morti credo siano un segreto, perché fonti citano tra i 400.000 e il milione di morti. Quale sarà il numero accettabile di morti prima di sedersi ai tavoli del negoziato e costringere Putin a fermarsi? Quale sarà? Voi mi direte: come si fa a costringere Putin? Intanto, le aperture Putin le ha già date più e più volte e ha messo, come dicevo prima, anche in discussione la sua permanenza nel territorio ucraino, fatta salva la Crimea, per la quale ha richiesto un periodo di dieci-quindici anni per rivedere le sue posizioni. È una guerra di logoramento, come dicevo. Quindi, che senso ha continuare questa posizione, che per tre anni non ha portato risultati?

Veniamo alla posizione politica dell'Europa. A me hanno sorpreso molto le dichiarazioni, sia di Putin che di Zelensky, sull'elezione del presidente Trump. Entrambi molto soddisfatti della elezione di quest'uomo: come se fosse il Salvatore, come se fosse quello che potrà finalmente mettere la parola fine al loro conflitto. È un po'come se tutti e due cercassero un interlocutore terzo e serio, che l'Europa non è e che fino adesso non è stata, per poter decidere di sedersi a un tavolo e stringere patti chiari.

Ma vi sembra normale che l'arbitro debba essere il neoeletto Presidente degli Stati Uniti, quando, fino adesso, gli stati Uniti hanno contribuito anche loro a fomentare questa guerra? Io lo trovo abbastanza imbarazzante.

Il diritto internazionale è stato calpestato. La Russia ha dimostrato che tutte le organizzazioni internazionali, così come sono, non funzionano e soprattutto non saranno più credibili. È bastato che una Nazione, una potenza nucleare, invadesse un'altra per dimostrare tutta la fragilità di quelle istituzioni, ONU in primis.

Allora io mi chiedo: nel momento in cui decidessimo di seguire la via di un'interposizione militare ONU, con che credibilità gli ucraini potranno accettare questa cosa? Con che credibilità l'ONU potrà affermarsi, visto anche quello che è successo in Israele, in cui addirittura uno Stato ha attaccato le postazioni ONU?

Noi a breve andremo a votare il decreto che autorizza lei, signor Ministro, a proseguire nella cessione delle armi e dopo farò una ulteriore dichiarazione di voto. Io, signor Ministro, credo che il suo compito, adesso, sia di sedersi in Europa e di pretendere un po'di interventismo in più in campo negoziale.

Signor Ministro, io mi aspetto che lei faccia la voce grossa, batta i pugni sul tavolo, come si diceva un tempo, come diceva qualche esponente della maggioranza un tempo, affinché si cambi direzione.

Io credo che i tempi siano maturi. Io credo che il contesto attuale, sebbene la Russia abbia continuato ad attaccare, sia il contesto migliore, perché non vedo la possibilità di migliorare con l'invio di nuove armi e non vedo una situazione militare possibile affinché l'Ucraina prevalga sulla Russia. Signor Ministro, le chiedo di attivarsi il più possibile, in Europa e in tutti i tavoli che lei avrà modo di calcare, per perorare questa posizione. (Applausi).

PUCCIARELLI (LSP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PUCCIARELLI (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi senatori, io vorrei chiedere una cosa al collega Marton. Se noi avessimo seguito il suo consiglio e, anziché dare la possibilità all'aggredito di difendersi, avessimo invece proprio fatto ciò che ha consigliato lei, quindi di aggredire l'aggressore, noi oggi avremmo invaso la Russia e, con noi, forse anche l'Europa. Quindi, oggi noi saremmo in guerra, se avessimo seguito il suo consiglio. Per fortuna che non la pensiamo esattamente come lei.

Colleghi, oggi ci troviamo in quest'Aula, a discutere ancora una volta di un conflitto che ha segnato profondamente le politiche del nostro Continente, oltre che ad avere conseguenze sul mondo intero.

La guerra in Ucraina è una tragedia per chi la vive direttamente, ma anche una prova, per tutti noi, dei nostri valori, delle nostre capacità politiche e della nostra determinazione a costruire un futuro di stabilità e sicurezza.

Devo fare una premessa importante: l'Italia ha risposto con grande serietà a questa crisi, dimostrando solidarietà concreta nei confronti del popolo ucraino. Abbiamo fornito assistenza umanitaria, kit di pronto soccorso; abbiamo accolto rifugiati e sostenuto economicamente il Paese aggredito. Inoltre, con grande senso di responsabilità, abbiamo partecipato al sostegno militare, in linea con la nostra appartenenza all'Alleanza atlantica.

Lo abbiamo fatto nonostante il bilancio della Difesa, in modo particolare nel settore Esercizio, abbia visto notevoli tagli da molto tempo, cercando di salvaguardare la sostenibilità della cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti in relazione ai fabbisogni delle singole Forze armate, stando attenti a garantire loro la possibilità di far fronte alle proprie esigenze funzionali.

Per noi questo impegno è stato ed è necessario e su questo non ci sono dubbi. Non possiamo restare indifferenti di fronte alla violazione della sovranità di un Paese indipendente e democratico.

Tuttavia, onorevoli colleghi, è nostro dovere riflettere anche su come trasformare progressivamente questo impegno in un percorso che veda l'Italia non solo come sostenitrice della resistenza, ma anche come promotrice di una pace possibile. Il nostro impegno deve evolversi. È arrivato il momento di guardare oltre il sostegno immediato e iniziare a immaginare il futuro dell'Ucraina e la sua posizione nel contesto internazionale, perché su questo si baserà la stabilità del sistema internazionale.

In questo contesto vorrei soffermarmi su un punto cruciale: il concetto di pace. In rapporto alla situazione Ucraina si è parlato spesso di una pace giusta: un'idea certamente importante, ma che rischia di restare irraggiungibile se non ancorata alla realtà. Secondo me, è arrivato il momento di iniziare a parlare anche di una pace realistica che tenga conto delle mutate condizioni internazionali. Questo non significa cedere alla prepotenza o rinunciare ai principi, ma riconoscere che la diplomazia non può prescindere dal realismo, dal compromesso e dalla consapevolezza dei limiti di ciò che è concretamente possibile.

Non possiamo altresì ignorare i segnali di cambiamento che ci giungono dagli Stati Uniti. La nuova amministrazione Trump ha espresso chiaramente l'intenzione di lavorare verso un cessate il fuoco e un congelamento del conflitto. Questo rappresenta un mutamento di prospettiva significativo che, come detto, non possiamo permetterci di ignorare. L'Europa deve saper cogliere questa opportunità e, soprattutto, prepararsi a essere parte attiva e propositiva in un processo che potrebbe finalmente aprire la strada alla fine delle ostilità.

L'Italia, da sempre ponte naturale tra Oriente e Occidente, ha una responsabilità particolare. La nostra storia ci insegna che il dialogo, anche nei momenti più difficili, è possibile. La nostra posizione geopolitica, il nostro rapporto speciale con gli Stati Uniti e il ruolo che abbiamo in Europa ci attribuiscono degli oneri che non possiamo eludere. Dobbiamo essere non solo sostenitori di iniziative altrui, ma anche promotori di proposte concrete che guardino al futuro dell'Ucraina e alla stabilità del nostro Continente.

Signor Presidente, mi consenta di congratularmi con l'ammiraglio Cavo Dragone. La sua elezione a Presidente del Comitato militare della NATO dà la misura della stima di cui gode da parte dei Capi di Stato maggiore dei Paesi alleati, ma è anche un riconoscimento del ruolo fondamentale che l'Italia ha nel consesso internazionale.

Signor Ministro, è fondamentale che il Governo continui a mantenere un dialogo costante con il Parlamento (direi che lo ha sempre fatto), non solo per aggiornarci sugli sviluppi militari, ma anche per condividere i passi in avanti verso possibili trattative. La trasparenza e la partecipazione istituzionale rafforzano la legittimità delle scelte, soprattutto quando si tratta di temi così complessi e delicati.

Questa guerra prolungata ci pone di fronte a un bivio: da un lato, il rischio di un'escalation che potrebbe avere conseguenze devastanti per tutti; dall'altro, la possibilità di percorrere con decisione la strada della diplomazia verso una soluzione negoziata che, per quanto imperfetta, sarebbe comunque un passo verso la pace. Allora, sì, che quello di oggi sarebbe l'ultimo pacchetto che andremmo a votare.

Ogni giorno che passa e ogni ulteriore sofferenza ci ricordano che non possiamo permetterci di restare fermi. La pace non è solamente un obiettivo morale, ma è anche una responsabilità concreta che dobbiamo assumerci con coraggio, realismo e determinazione.

Come Lega voteremo convintamente la proposta di risoluzione di maggioranza. L'impegno richiesto dalla stessa a proseguire e intensificare il ruolo di mediazione dell'Italia, spingendo l'Europa a lavorare per una tregua o ad un cessate il fuoco, rientra nelle stesse richieste che la Lega ha sempre fatto in ogni passaggio in Aula (Applausi) e che ci ha portati spesso ad essere sottoposti a critiche. Oggi mi verrebbe da dire: ve l'avevamo detto. (Applausi).

DELRIO (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DELRIO (PD-IDP). Signor Presidente, signor Ministro, i democratici italiani confermano il pieno appoggio alle sue comunicazioni. Un appoggio serio perché lei ha detto parole serie. Siamo molto in sintonia sulla politica estera; anzi, più che noi d'accordo con voi, direi che finalmente siete voi d'accordo con noi, perché questa politica estera è stata decisa quando c'era un Governo in cui era presente il Partito Democratico. Ricordo per esempio un po' di polemiche della presidente Meloni nel 2016, quando il Governo Renzi decise di dare un contributo al potenziamento del contingente NATO in Lettonia. Questo per dire che adesso facciamo finalmente le stesse analisi, e questo è uno dei motivi per cui siamo qui oggi a dire che non abbiamo dubbi nel continuare nel sostegno all'Ucraina. Non abbiamo nemmeno dubbi, signor Ministro, come lei ha detto benissimo, sul fatto che la pace non sia mai a buon mercato.

Non possiamo non cogliere l'estrema gravità e l'estrema eccezionalità di quello che è successo: c'è stata una violazione dei confini mai avvenuta dal 1945 ad oggi da parte di una potenza nucleare contro una Nazione sovrana; è un fatto, una violazione senza precedenti per il diritto internazionale, quindi meritava e merita una risposta adeguata. Noi sosteniamo il diritto dell'Ucraina alla sua autodifesa, il diritto del popolo ucraino di difendere le proprie città, le proprie famiglie e i propri beni. Sosteniamo il diritto alla difesa, non il diritto alla resa: questo deve essere molto chiaro (Applausi). Essere pacifisti non significa girarsi dall'altra parte.

Non dobbiamo però pensare che questo sia l'unico compito che abbiamo. Lei lo ha ricordato dicendo che dobbiamo avere delle speranze, e ha detto: spero che questa sia l'ultima volta che mandiamo armamenti. Il Presidente della Repubblica nel suo messaggio di fine anno ha detto che la speranza siamo noi. Il motivo per cui noi ci asterremo sulla proposta di risoluzione di maggioranza è perché pensiamo che non abbiamo interpretato a sufficienza questo ruolo di protagonismo che era richiesto da questo tornante della storia. È la prima volta che c'è una guerra così forte e così potente dentro l'Europa. È la prima volta che torniamo a confrontarci con un aumento delle spese militari senza precedenti. Distinguere tra aggressore e aggredito non significa avere confusione sul fatto che sia la politica e non le strategie militari ad avere il compito di costruire il nostro futuro, il futuro del benessere (Applausi); è la politica che deve avere il primato in questo momento.

In questa lista di dolore che lei ha elencato e, come sappiamo, di fronte alle crudeltà di bombardare i civili e così via, ci dobbiamo chiedere: come possiamo noi diventare una speranza, signor Ministro? Cosa può fare il Governo italiano? Lei si è chiesto che cosa sarebbe successo se non avessimo fornito aiuto all'Ucraina. Io sono d'accordo con lei, perché sarebbe accaduto quello che lei ha detto: avremmo perso una Nazione sovrana, avremmo avuto un Paese satellite della Russia di Putin, che, come è noto, ha un disegno metastorico e non solo un disegno politico-militare, poiché pensa di svolgere una funzione nel mondo di contrasto alla civiltà occidentale.

Ma, detto questo, io mi pongo un'altra domanda, signor Ministro: che cosa sarebbe successo? Il 22 giugno 2022 è partito un treno in cui c'erano il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, il cancelliere della Repubblica federale tedesca Scholz e il presidente della Repubblica francese Macron. È partito un treno ed è andato in Ucraina: su quel treno c'erano le speranze di vedere un'Europa unita, seria, forte, che giocasse un ruolo in un conflitto europeo. Ora io mi chiedo: la fotografia di quel treno il Governo italiano ce l'ha da qualche parte sul suo comodino? A noi pare che quella fotografia sia sbiadita, che questa iniziativa italiana per giocare un ruolo politico da parte dell'Europa sia sbiadita. Cosa sarebbe successo se avessimo avuto lì il coraggio di spostare l'orizzonte della storia, se avessimo avuto lì il coraggio di far capire al mondo che c'è bisogno di un'Europa unita, politica, federale, se questa guerra ci avesse chiamato invece a un salto di qualità politico?

A noi pare che il Governo su questo punto non sia stato all'altezza della risposta, perché è evidente che noi potremo giocare un ruolo solamente se risponderemo a qualche domanda, signor Ministro. La prima domanda è: riusciremo a dare una forza politica a questa Europa, cioè saremo disponibili, nei prossimi mesi e nei prossimi anni, a cedere sovranità su alcune materie? Saremo disponibili a proporre il superamento dell'unanimità, cioè di tutte le cose che rendono debole questa Europa e che ci mettono in condizione di sperare che sia il Presidente americano, con qualche sua affermazione, o che sia l'impero americano che governi su di noi, su noi poveri europei? Questo è il punto su cui avremmo voluto vedere qualcosa in questi due anni, non certo da parte sua (lei ha altri compiti), ma da parte della diplomazia, dei viaggi, del protagonismo internazionale. Noi avremmo voluto vedere questa affermazione: noi abbiamo la volontà politica di costruire un'Europa federale, che mette insieme il suo esercito e una politica estera, anche con un nucleo di cooperazione rafforzata, per non essere un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro, perché questo è quello che oggi è l'Italia. Altro che sovranità!

Noi oggi siamo esposti alle dichiarazioni di un Presidente degli Stati Uniti che ha orizzonti e preoccupazioni ben diversi da quelli della pace. E l'assordante silenzio della comunità europea non è frutto dei burocrati di Bruxelles, ma è frutto del fatto che gli Stati non sono disponibili a percorrere una cessione di sovranità e una via sovranazionale. Questa è la vera questione, su cui potevamo trovare un accordo ulteriore e su cui l'Italia poteva giocare un ruolo da protagonista e indicare delle rotte coraggiose di pace.

La pace non la si può costruire semplicemente così, con l'aspirazione al fatto che qualcun altro decida che è ora di finirla. Non è questo il punto. I nostri interessi europei sono stati largamente compromessi, a parte il prezzo enorme in termini di vittime. I nostri interessi europei sono stati largamente compromessi da questa guerra e più questa guerra continuerà, più noi avremo problemi e più saremo deboli. Io mi aspettavo che un Governo che orgogliosamente si propone come un Governo virile, capace di far sentire la sua forza nel mondo e in Europa, scegliesse l'unica via, che fu la via scelta peraltro da predecessori molto illustri, come Alcide De Gasperi, quando nel 1952 propose la comunità europea di difesa. Cos'era la comunità europea di difesa? Era la volontà di creare la patria europea, era la consapevolezza che la guerra si sarebbe allontanata dall'Europa solo se l'Europa avesse messo in comune l'esercito e la politica estera, non se ognuno avesse fatto fotografie per conto suo con quelli che comandano nel mondo.

Noi dobbiamo avere un'altra ambizione, ci pare. E ci pare che una maggioranza finalmente politica debba giocare con questa ambizione, giocare tutto il suo futuro e il futuro del nostro Paese su questa ambizione, perché tra poco tempo noi non saremo semplicemente sconfitti dalla storia, ma saremo vittime della storia che altri decidono, che altri Paesi decidono. Questo è il punto fondamentale, secondo noi, della debolezza della posizione.

Sì, bisognava aiutare un popolo sovrano a resistere, ma bisognava anche proporre e avere capacità di iniziativa diplomatica e di pace; un'iniziativa europea, incalzando le cancellerie europee affinché ci fosse convergenza su punti minimi e interessi comuni. Questo era difendere l'interesse nazionale dell'Italia e questo era difendere la sua tradizione di politica estera. Questo era il modo con cui, io credo, noi avremmo dovuto difendere la politica estera dell'Italia.

Insomma, a me pare che in un qualche modo, nonostante gli sforzi che noi riconosciamo per un equilibrio e un posizionamento serio dell'alleanza occidentale nella necessaria difesa dell'Ucraina, abbiamo perso un'occasione. Mi viene in mente un po', signor Ministro, quando Adamo fece il peccato originale, si nascose e Dio gli chiese dove fosse. Noi ci stiamo nascondendo dalla responsabilità che questo momento storico ci affida. La responsabilità per una pace duratura è nella costruzione di un'Europa politica e sovrana capace di stare con forza e decisione, con il suo esercito, con la sua politica estera (includendo anche quella verso Paesi come l'Ucraina, dando loro una speranza di pace e di democrazia) e con la sua dignità: di fronte agli altri imperi che vogliono dettare l'agenda anche al nostro povero Paese. (Applausi).

MENIA (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MENIA (FdI). Signor Presidente, colleghi senatori, signor Ministro, desidero iniziare ringraziandola perché, con la consueta chiarezza e genuinità, ha voluto ribadire la posizione italiana. Non lo dico perché è scontato perché la maggior forza di maggioranza, la stessa alla quale io appartengo, è la sua, ma perché in un corretto rapporto tra Governo e Parlamento anche quest'anno per la terza volta - e faccio mio il suo augurio che sia l'ultima - è venuto a sottolineare con chiarezza e genuinità le ragioni della posizione italiana.

Lei ha dato anche numeri, ha descritto quello che accade per chi segue queste cose, ma è giusto anche ripeterlo per chi ci ascolta; una volta ancora, in questo inverno, nel tragico e freddo inverno di quei Paesi, gli attacchi russi che potremmo definire terroristici, sono intensificati. Secondo le fonti, i civili morti sono 12.000. Ci sono voli di droni, utilizzo di missili e razzi a lungo raggio, il fronte di 108.000 chilometri quadrati su cui, di fatto, la Russia ha esteso il suo controllo, e i 1.200 chilometri di linea. Tutto questo motiva la posizione italiana che non potrebbe essere diversa. La posizione, cioè, di continuare ad aiutare l'Ucraina non soltanto con i mezzi militari, perché noi siamo stati ospitali con i loro profughi, siamo stati vicini a loro con le derrate alimentari, siamo stati e siamo vicini a loro però anche in questo, nel sostegno alla loro guerra di resistenza civile e di popolo.

Potrebbe sembrare ovvio, eppure non lo è. È il terzo anno di guerra. Il terzo anno in cui andiamo a ribadire le stesse cose. Sì, è vero, e perché dovremmo smettere?

PRESIDENTE. Senatore Nicita.

MENIA (FdI). Colleghi, chi anche oggi esprime obiezioni sulla nostra posizione, che invece è di una chiarezza esemplare, e poi difende principi e diritti che nessuno di noi può mettere in discussione, sostanzialmente ha utilizzato due argomenti dialettici. Il primo: le armi non sono mai strumento di pace. Il piccolo problema è che non esiste la pace disarmata. Il secondo è il dato numerico: si dice che i russi sono quattro volte gli ucraini. I russi, se non sbaglio, sono 144 milioni, gli ucraini sono 37 milioni e finiranno prima. Non mi pare che questa considerazione di stampo matematico abbia qualcosa a che fare con i diritti di libertà, democrazia, giustizia e rispetto che noi affermiamo. (Applausi).

Vedete, se noi non avessimo fatto quello che abbiamo fatto come europei e come occidentali, l'Ucraina non esisterebbe più, né come Paese sovrano, né come Paese libero, né con le sue frontiere. Ricordate come è cominciata questa guerra? Vi ricordate quando l'operazione militare speciale doveva essere una Blitzkrieg, doveva durare una settimana? Immaginavamo tutti che i carri armati russi sarebbero arrivati a Kiev in una settimana, sarebbero stati deposti il Governo e il Presidente, sarebbe stato instaurato immediatamente un altro Governo. Non è andata così: i più deboli hanno resistito. Sono di meno, sono meno armati, ma hanno la forza nel cuore, hanno la forza di chi difende la propria terra, di chi è più motivato, di chi ha più valore e noi li abbiamo difesi e abbiamo fatto bene a difenderli. Abbiamo difeso un principio che difenderemo ancora, che è un principio di libertà, di indipendenza, di sovranità.

Vorrei fare anche un altro genere di considerazione. Vedete come è strana, poi, questa guerra? Ci sono numeri che sono terribili. In questa guerra moderna c'è la propaganda di guerra ed esistono le fake news, per cui nessuno di noi sa quanti sono davvero i morti e i feriti. A sentire gli ucraini, sono almeno 800.000, a sentire i russi, sono 500.000. Comunque sia, un macello spaventoso. Questa, se ci pensate, è una guerra moderna da una parte, perché impiega i missili a lungo raggio, impiega gli aerei senza pilota, impiega le fake news, impiega la guerra ibrida, impiega i tradizionali mezzi di terra, mare e aria, ma anche i nuovi domini, il cyber, lo spazio, l'underwater, ma così ci metteremmo a parlare di questioni anche troppo militari. Dall'altra parte, è una guerra che assomiglia drammaticamente, per i numeri e anche per le modalità, alla Prima guerra mondiale. Io sono stato a Kiev, sono stato a Bucha e ho visto le trincee, gli uomini morti dentro bruciati e sono centinaia di migliaia che finiscono in quel modo. Ma avete visto, per esempio, quel video terribile che è circolato nelle scorse settimane, in cui si affrontano come nella Prima guerra a baionettate, sbudellandosi, un ucraino e un russo, anzi un siberiano, perché ha gli occhi dal taglio asiatico? Alla fine la guerra può avere anche, nonostante tutto, un principio di umanità, perché quando il russo vince e l'altro, agonizzante per terra, gli dice: "lasciami chiamare mia mamma, lasciami morire sulla mia terra, non toccarmi più", l'altro gli risponde: "sei stato un bravo soldato, hai combattuto da eroe". Oppure c'è quell'altro video, in cui viene fatto prigioniero il russo e le donne ucraine gli portano il tè e gli fanno chiamare la mamma, perché poi il soldato che muore o il soldato prigioniero chiamano la mamma. Guardate come anche nella tragedia e nella follia della guerra alla fine spunta l'umanità.

Che dirvi, ancora? Che dovremmo fare, allora? Perdere anche l'umanità e dire che scegliamo di ripiegare? Dobbiamo scappare? Dovremmo smettere, dovremmo interrompere i nostri aiuti, dovremmo lasciarli morire come è morto quel bravo soldato? No, dobbiamo mantenere i nostri impegni, dobbiamo difendere i nostri principi europei, occidentali e di libertà. Sì, perché vogliamo una pace giusta e la pace giusta non può mai essere una fuga, una ritirata o una disfatta.

Tutti ieri siamo stati a guardare fino a tarda notte Trump e ad ascoltare quello che diceva. Tra le tante cose su cui litigheremo, ce n'è una che mi è piaciuta in particolare, laddove diceva: "Io sono uno che vuole finire le guerre e non fare altre guerre" e questo è per davvero l'auspicio che credo tutti possiamo formulare. È anche successo qualcosa a Gaza negli stessi giorni che mi induce a sperare.

Spero che da questa resistenza e dal sostegno di tutto il mondo libero e civile si possa davvero attuare un cammino che vada verso una pace giusta, perché niente è immutabile. Trump ha detto, per esempio, all'Europa che deve cominciare a pensare a sé stessa, che dovrebbe intanto investire il 5 per cento del suo PIL, Paese per Paese, e cominciare a difendersi da sola. Forse anche questo fa bene all'Europa, perché è giusto che l'Europa cominci a ripensarsi come potenza. L'Europa stessa cominci a pensarsi e a ripensarsi come grande unità di uomini e di idee.

Se torno ad alcuni momenti di quando eravamo giovani - lo dico al Presidente del Senato - ricordo quando avevamo il muro di Berlino, l'Europa era divisa in due e tutti noi sognavamo l'Europa unita dall'Atlantico agli Urali e sognavamo un'Europa libera, forte, armata, giusta, che difendesse quei principi. Perché rinunciare a sognare questo? Io penso che anche oggi si possa sognare, le cose cambiano. Il senatore Gasparri ha ricordato i tempi di Pratica di Mare: sono passati vent'anni e le cose possono cambiare ancora. Io non voglio essere costretto a pensare che saremo condannati a un nuovo muro di Berlino. Tutti noi a scuola alla fine abbiamo letto «Guerra e pace», Tolstoj, Dostoevskij, «I fratelli Karamazov», oppure ci apre il cuore ascoltare «La grande porta di Kiev» di Mussorgskij. Anche questo mi induce a pensare e - perché no - a sognare che le cose possano cambiare e si possono cambiare quando si dà l'esempio. L'Europa deve dare l'esempio, dobbiamo continuare a dare l'esempio. E anche la Russia stessa un giorno, forse, si porrà di fronte al problema del grande errore che ha commesso, perché tra l'altro si sta condannando. Nonostante tutto, io vorrei tornare a pensare a una Russia europea come quella che ho studiato a scuola, perché penso che se anche loro si devono autocondannare a diventare la Bielorussia della Cina non abbiano fatto una grande scelta. (Applausi).

Forse, però, queste sono cose che vanno più in là e oltre quello che dovevamo dire. Vorrei quindi concludere il mio intervento, riaffermando ancora una volta la convinzione in quello che diciamo. Sosterremo, come è logico, ciò che ha detto il ministro Crosetto; sosterremo la proposta di risoluzione di maggioranza, continuando a fare la nostra parte e sperando che arrivi davvero il tempo di una pace giusta, perché, come ci insegnava Kipling, nulla può dirsi concluso se non è concluso con giustizia. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il ministro della difesa, signor Crosetto, per esprimere il parere sulle proposte di risoluzione presentate.

CROSETTO, ministro della difesa. Signor Presidente, sulla proposta di risoluzione n. 1 il parere è contrario sia sulle premesse che sugli impegni; sulla proposta di risoluzione n. 2 il parere è contrario sia sulle premesse che sugli impegni; sulla proposta di risoluzione n. 3 il parere è contrario sulle premesse e favorevole sugli impegni nn. 1, 3, 4 e 6. Il parere è favorevole sull'impegno n. 2 ove accolta una riformulazione tendente ad espungere le parole: «anche attraverso la nomina di un inviato speciale per la pace». Il parere è favorevole sull'impegno n. 5 ove accolta la seguente riformulazione: «a continuare una strategia di politica estera e di difesa coerente con la storica posizione dell'Italia». Il parere è favorevole sull'impegno n. 7, ove accolta la seguente riformulazione: «A continuare ad attivarsi nella programmazione». Il parere, invece, è contrario sugli impegni nn. 8 e 9.

Sulla proposta di risoluzione n. 4 il parere è contrario sulle premesse e favorevole sugli impegni; sulla proposta di risoluzione n. 5 il parere è contrario sulle premesse e favorevole sugli impegni. Sulla proposta di risoluzione n. 6 il parere è favorevole sulle premesse e sugli impegni.

In conclusione, ringrazio tutti i senatori per i loro interventi. Non c'è nessuno degli interventi che non mi sia appuntato, perché la presenza in Aula è utile al Governo anche per avere suggestioni e idee in più. Ringrazio quindi i senatori per questo dibattito e per il rispetto con cui lo hanno fatto. (Applausi).

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Crosetto anche per il modo, oltre che per i contenuti.

Il Ministro della difesa ha quindi accettato la proposta di risoluzione n. 6, presentata dai senatori Craxi, Terzi di Sant'Agata, Pucciarelli, Petrenga, Barcaiuolo e da altri senatori, e ha espresso parere contrario sulle proposte di risoluzione n. 1, presentata dal senatore Patuanelli e da altri, e n. 2, presentata dal senatore De Cristofaro e da altri senatori. Sulle altre ha espresso parere contrario sulle premesse e favorevole sugli impegni, previa riformulazione sulla proposta di risoluzione n. 3, presentata dal senatore Borghi Enrico e da altri senatori, nonché parere contrario sulle premesse e favorevole sugli impegni rispetto alle proposte di risoluzione n. 4, presentata dal senatore Boccia e da altri senatori, e n. 5, presentata dai senatori Calenda e Lombardo.

La Presidenza ha ricevuto conferma dai senatori Enrico Borghi, Boccia e Lombardo che non intendono accettare le proposte di riformulazione richieste dal Governo, quindi nessuna riformulazione per le proposte di risoluzione nn. 3, 4 e 5 è stata accolta.

Pertanto, ai sensi dell'articolo 105, comma 1, del Regolamento, sarà posta in votazione per prima la proposta di risoluzione n. 6, che, se approvata, precluderà le altre che sono in parte precluse, o assorbite. Non è la stessa identica cosa.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 6, presentata dai senatori Craxi, Terzi di Sant'Agata, Pucciarelli, Petrenga, Barcaiuolo e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Essendo stata approvata la proposta di risoluzione n. 6, risultano assorbite o precluse le proposte di risoluzione nn. 1, 2, 3, 4 e 5.

Si è così concluso il dibattito sulle comunicazioni del ministro della difesa, Guido Crosetto, che ringrazio ancora.

Discussione del disegno di legge:

(1335) Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina (Relazione orale)(ore 18,25)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1335.

Il relatore, senatore Menia, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.

Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO (ore 18,26)

MENIA, relatore. Signora Presidente, in logica linea di continuità con quanto abbiamo appena votato e affermato, sono a relazionare all'Assemblea sulla conversione in legge del decreto-legge del 27 dicembre, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore dell'Ucraina.

Esaminiamo velocemente l'articolato del decreto-legge in questione. Si tratta di soli due articoli e si tratta, per il nostro Paese, di continuare ad ottemperare agli impegni che abbiamo assunto nell'ambito delle Nazioni Unite, dell'Unione europea e dell'Alleanza atlantica per affrontare la gestione della crisi internazionale in atto in Ucraina.

L'articolo 1, quindi, è quello che dispone la proroga fino alla fine dell'anno, quindi fino al 31 dicembre del 2025, dell'autorizzazione alla cessione dei materiali militari di cui vi dicevo, questo nei termini già previsti dall'articolo 2-bis del decreto-legge n. 14 del febbraio 2022. L'autorizzazione è concessa previo atti di indirizzo delle Camere. Abbiamo appena sentito il Ministro e abbiamo tra l'altro ulteriormente indicato questa volontà.

Va detto che l'elenco dei mezzi e materiali degli equipaggiamenti militari oggetto della cessione, nonché le modalità di realizzazione della stessa, sono definiti con uno o più decreti del Ministro della difesa e vengono adottati di concerto con i Ministri degli affari esteri, della cooperazione internazionale e dell'economia e delle finanze. Il Ministro della difesa e il Ministro degli affari esteri, con cadenza almeno trimestrale, riferiscono alle Camere sull'evoluzione della situazione in atto (è quello che è appena accaduto), tenendo quindi costantemente informato il Parlamento in modo coordinato con gli altri Paesi europei e alleati, sempre al fine della cessione di apparati e strumenti militari.

Va detto, in particolare, come ricordato, che il 10 gennaio dello scorso anno, a conclusione delle comunicazioni rese dal Ministro difesa in materia di proroga dell'autorizzazione alla cessione degli stessi materiali all'Ucraina, la Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica approvarono specifici atti di indirizzo, rispettivamente le risoluzioni 6-00079 e 6-00067, che impegnavano il Governo: a continuare a sostenere, in linea con gli impegni assunti e con quanto sarebbe stato ulteriormente concordato in ambito NATO e Unione europea, nonché nei consessi internazionali di cui l'Italia fa parte, le autorità governative dell'Ucraina anche attraverso la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari; e a profondere - altro fatto che abbiamo sottolineato prima - tutti gli sforzi diplomatici in tutte le sedi, con l'obiettivo di porre fine al conflitto e alle sofferenze del popolo ucraino e giungere ad una pace giusta, duratura ed equilibrata, che ristabilisca la sicurezza e l'ordine mondiali nel rispetto del diritto internazionale.

Va precisato che in questi anni sono stati emanati dieci decreti del Ministro della difesa: i mezzi, i materiali e gli equipaggiamenti militari di cui si autorizza la cessione vengono elencati in un apposito allegato al decreto ministeriale, elaborato dallo Stato maggiore della difesa, che risulta classificato, com'è abbastanza evidente e logico.

La relazione tecnica del provvedimento ovviamente dispone che non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, tenendo conto che i materiali e i mezzi oggetto di cessione sono già nella disponibilità del Ministero della difesa. Va precisato anche che la cessione dei mezzi, dei materiali e degli armamenti avvengono a titolo non oneroso per la parte ricevente, ma, al pari di quelle realizzate dagli altri Stati membri, sono parzialmente rimborsate dall'Unione europea attraverso i fondi dello strumento europeo per la pace.

Si ricorda che il sostegno militare complessivo dell'Unione europea all'Ucraina, fornito attraverso lo strumento europeo per la pace e direttamente agli Stati membri, è stimato in circa 47,3 miliardi di euro.

Da ultimo, l'articolo 29-bis del decreto-legge n. 21 del 2022 ha novellato l'articolo 2-bis del già richiamato decreto-legge n. 14 del 2022, al fine di specificare che le somme in entrata, derivate dai decreti ministeriali che definiscono l'elenco dei mezzi di cui vi ho appena detto, devono essere riassegnate integralmente sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero della difesa.

Concludo augurandomi ancora una volta che quello corrente sia l'ultimo anno in cui questo accade. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Casini. Ne ha facoltà

CASINI (PD-IDP). Signor Presidente, questo dibattito si colloca con un nesso di funzionalità e di collegamento molto forte con il momento che abbiamo vissuto in precedenza, con l'intervento del ministro della difesa Crosetto e anche di tutti i Gruppi parlamentari.

A nome del Gruppo parlamentare Partito Democratico, intervengo dopo che ha parlato, pochi istanti fa, l'onorevole senatore Delrio. Mi colloco in una linea che, evidentemente, non può che essere di continuità con quanto detto dal collega, riassumendo i termini della questione in tre punti.

Il primo punto è: cosa facciamo con l'approvazione di questo decreto? Il secondo punto è: quali iniziative mettiamo in campo per la pace? Il terzo punto è: che cosa ci aspettiamo, come opposizione, che il Governo faccia oggi in Europa? Le tre questioni, colleghi, sono intimamente connesse e solo uno sprovveduto non capirebbe quello che oggi si sta verificando nel rapporto con la vicenda dell'Ucraina rispetto alle vicende che ieri abbiamo vissuto con l'insediamento di un nuovo Presidente degli stati Uniti d'America.

Partiamo da una premessa: l'Italia si è mossa su una linea di continuità, prima col Governo Draghi, poi col Governo Meloni. Il Partito Democratico è stato su una linea di assoluta coerenza, anche se ha cambiato i ruoli politici che nel frattempo ha esercitato. (Applausi). Infatti, si è trovato con il Governo Draghi a gestire il problema dalla maggioranza e, con il Governo Meloni, a farlo dall'opposizione. Come fanno le forze responsabili davanti a questioni connesse all'identità della politica con la p maiuscola, la posizione è stata di assoluta coerenza. Possono cambiare i nostri ruoli, ma non cambiano i nostri principi e i valori che difendiamo nella comunità internazionale.

Questi valori sono quelli della pari dignità degli Stati e dei principi costitutivi della Carta dell'ONU, in base ai quali i confini non sono cambiabili o negoziabili secondo atti di arroganza o sopraffazione di uno Stato su un altro. (Applausi). Abbiamo uno Stato, una potenza nucleare, tradizionalmente amico pur davanti a diversi regimi politici. Come Italia abbiamo mantenuto i rapporti addirittura quando c'era l'Unione Sovietica e abbiamo fatto bene perché, pur da posizioni antitetiche valorialmente come Paesi e pur in presenza di sistemi di alleanze competitivi e alternativi, abbiamo cercato di tenere aperti gli spazi di dialogo. Gli spazi di dialogo si sono sviluppati e sono stati respinti al mittente, umiliati da una decisione unilaterale della Russia di invadere l'Ucraina.

C'erano stati dei pregressi: l'aggressione nel Donbass e la Crimea. Colleghi, ce lo vogliamo dire tra di noi? Cerco sempre di non fare polemica, ma il fatto che alcuni esponenti politici, anche italiani, siano stati a fare pellegrinaggi in Crimea quando era illegalmente occupata secondo una condanna unanime, in particolare dell'Unione europea, non è stato banale, anzi è stato abbastanza grave (per me è stato molto grave). (Applausi).

C'era stata questa premessa e ci sono tanti segnali. Pensate a quello che succede all'opposizione bielorussa e ai georgiani. È da tre anni che c'è un conflitto e noi siamo chiamati ad assumerci la responsabilità di scegliere. Aiutare i russi? Fuori dalla possibilità per tutti coloro che siedono in quest'Aula. Fare finta di non vedere? Fuori dalla possibilità per le persone serie in quest'Aula. Aiutare coloro che ricevono un'aggressione ingiusta? Questo ha fatto l'Italia e con diverse maggioranze politiche; l'opposizione - in questo caso il Gruppo senatoriale Partito Democratico - lo ha fatto con coerenza, aiutando il sopraffatto a difendersi.

Prima il collega Delrio ha detto una cosa che a me è piaciuta molto e che vorrei riprendere. Ha pronunciato una frase molto significativa: noi proclamiamo il diritto dell'Ucraina all'autodifesa, non invochiamo il diritto alla resa. Qualcuno dice che non possiamo più sostenere chi è palesemente inferiore in questa contesa. È un principio di un cinismo straordinario e nemmeno i più cinici sul piano internazionale possono teorizzarlo (Applausi): dato che questi sono destinati a perdere, li lasciamo al loro destino? Se facessimo ciò, porremmo le premesse per un mondo governato dalla sopraffazione, che - non è l'argomento di oggi, per fortuna per me - qualche problema comincia ad averlo, da questo punto di vista. Infatti, certi esibizionismi imperialistici non depongono bene rispetto ai principi di un multilateralismo che noi abbiamo nel nostro dna di italiani e anche nella nostra Costituzione. (Applausi).

Gli ucraini non hanno dunque il diritto alla resa, ma il diritto alla difesa, che è una cosa diversa; noi li stiamo aiutando, questo decreto-legge li aiuta, bene ha fatto il Governo a presentarlo e noi siamo d'accordo.

Il secondo punto è la pace: noi vogliamo un'iniziativa di pace, molti dei nostri figli vanno in piazza con la bandiera della pace e chiedono la pace. Quando vedo ragazzi con questo dinamismo, questa effervescenza e questi valori così profondi dentro di sé, li rispetto profondamente. Come uomo politico, però, mi devo porre un'altra questione: come faccio a corrispondere al sentimento di questi ragazzi che vanno in piazza con la bandiera della pace? Come faccio a non prendere in giro questi ragazzi che vanno in piazza con la bandiera della pace? Devo porre le premesse perché si arrivi alla pace e anche quello che noi facciamo oggi è la premessa perché qualcuno non creda di aver già vinto la partita e di poter dettare una pace umiliante a chi in qualche modo si difende.

A questo punto c'è il passo successivo e conclusivo: come chiediamo credibilmente un'iniziativa di pace? Chi assume un'iniziativa di pace? Guardate, il tema è connesso all'Europa, a ciò che vogliamo essere, a ciò che siamo e a ciò che possiamo fare. L'Europa non deve reagire, ha detto oggi la Presidente del Parlamento europeo: deve agire. "Reagire" e "reazione" indicano già una cosa che uno fa difensivamente. No, noi dobbiamo agire: dobbiamo capire che, ad esempio sul piano della politica estera e della difesa, il destino del mondo è nelle nostre mani. Che bella era quella frase che disse Aldo Moro quando dichiarò: se potessimo saltare il nostro tempo - e mai come oggi potremmo dirlo noi - e andare a un domani. Oggi, però, è questo il tempo che ci è dato di vivere, e se noi in questo tempo vogliamo essere protagonisti nella difesa dei nostri valori, questa cosa è direttamente proporzionale alla capacità che abbiamo di radicare l'Europa.

Questa è anche la questione del Governo. Qui c'è il Ministro per i rapporti con il Parlamento, che con grande serietà e diligenza segue sempre i nostri lavori; c'è il Sottosegretario per la difesa e il Sottosegretario per gli affari esteri. Ebbene, il tema della presidente Meloni è anche per lei ineluttabilmente questo. Lei concorre, con il suo positivo rapporto verso la nuova amministrazione americana, a rafforzare una credibilità negoziale dell'Europa o in qualche modo spera di avere una corsia preferenziale rispetto a un rapporto con gli Stati Uniti? Se fosse la seconda cosa, sarebbe molto banale, molto piccola. Oggi il problema che il Governo italiano ha davanti - e che mi auguro anche il Parlamento italiano, nella maggioranza e nell'opposizione, abbiano di fronte - è quello finalmente di trarre spunto dalle difficoltà che stiamo vivendo per dare un colpo in avanti verso il futuro, verso un dinamismo europeo e la nostra capacità di prendere per mano il destino dei nostri popoli. La globalizzazione ci condanna alla subalternità, se non stiamo assieme; solo assieme possiamo essere qualcosa di significativo per i destini dell'umanità, altrimenti finiremo per essere inglobati non dico da qualche imperialismo straniero, ma da qualche multimiliardario straniero (Applausi) che oggi ha più forza dei nostri Stati nazionali per determinare il futuro.

Non credo che su questo ci debbano essere contrapposizioni aprioristiche tra di noi. Mi auguro che, come c'è un contributo positivo rispetto al decreto che voteremo, ci dev'essere, a mio parere, una convergenza di destini tra maggioranza e opposizione. Qui infatti non si tratta di difendere gli uni o gli altri, ma l'Italia, i nostri valori, come la concepiamo e quello che in questi anni abbiamo contribuito a determinare in Europa. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Borghi Claudio. Ne ha facoltà.

BORGHI Claudio (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, è sempre utile ascoltare le parole del presidente Casini e ancora più utile lo è in queste situazioni, in cui si parla di argomenti che credo nessuno in quest'Aula avrebbe mai voluto trattare, perché parlare di guerra penso sia quanto di più lontano rispetto ai valori occidentali si possa argomentare.

Le guerre terribili che abbiamo vissuto in passato ci hanno insegnato a rifuggire la guerra, ci hanno insegnato che non è mai la soluzione. Questo fatto che la guerra non è mai la soluzione è scritto nella nostra Costituzione. Mi sembra che i Costituenti siano stati assolutamente chiari quando hanno scelto questi termini così pregnanti: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». La ripudia: questo dovrebbe essere un insegnamento per tutti, perché una cosa è quello che fanno gli altri, e su quello la nostra Costituzione non ha potere, un'altra è quello che decidiamo di fare noi, e su questo la Costituzione invece dovrebbe guidarci.

Ho già detto in altra sede al ministro Crosetto cosa penso dell'invio di armi, in un modo estremamente corretto, che penso possa essere riconosciuto da tutti i membri del Copasir, che è un organismo paritario fra maggioranza e opposizione. Le spiegazioni e le illustrazioni del ministro Crosetto in quella sede sono sempre state di estrema linearità e di estrema trasparenza. Con la stessa franchezza, ovviamente, con cui lui ha presentato sempre ogni passo di questi aiuti successivi all'Ucraina, io ho sempre argomentato i miei dubbi, perché credo che, quando si parla di guerra, sia veramente pericoloso avere delle certezze. Nessuno ha la sfera di cristallo e può sapere cosa succederà in futuro; sappiamo però dalla storia, che è maestra di vita, che in passato alcune certezze hanno portato a disastri.

Certe scelte, nelle fasi antecedenti di conflitti locali, hanno portato a guerre mondiali. Noi dobbiamo essere molto prudenti e avere un minimo di dubbio. Vorrei citare le parole di quello che era considerato il migliore (che non era Togliatti, ma Draghi, in tempi recenti), che in un suo famoso discorso al Fondo monetario internazionale così disse (lo cito parola per parola): «Le sanzioni che abbiamo imposto a Mosca hanno avuto un effetto dirompente sulla macchina bellica russa, sulla sua economia. La Russia fatica a fabbricare da sola gli armamenti di cui ha bisogno, poiché trova difficile acquistare il materiale necessario a produrli. Il Fondo monetario internazionale prevede che l'economia russa si contragga quest'anno e il prossimo di circa il 10 per cento in totale, a fronte di una crescita intorno al 5 per cento ipotizzata prima della guerra. L'impatto delle misure è destinato a crescere col tempo, anche perché alcune di esse entreranno in vigore solo nei prossimi mesi. Con un'economia più debole, sarà più difficile per la Russia reagire alle sconfitte che si accumulano sul campo di battaglia».

Ecco, questo era Draghi. Vi sembra che ci abbia raccontato la verità? Vi sembra che dicesse cose che poi si sono avverate? Vi sembra che la sua posizione fosse corretta? Io non ho dubbi nel pensare che in quel momento egli fosse convinto di quello che stava dicendo, ma purtroppo il risultato non è stato quello. Quando, sin dai primi pacchetti di armi, il ministro Crosetto si presentava al Copasir, io mi chiedevo: ma se non funziona? L'argomento che è sempre stato presentato (ed è convincente) è che noi aiutiamo l'Ucraina, che questi aiuti all'Ucraina consentiranno a quel Paese di presentarsi a testa alta a un tavolo di pace, e che in tal modo la guerra si concluderà quindi con una pace giusta (per quanto possa essere giusta una pace, perché io non ne ho mai vista nessuna; ho sempre visto paci che di solito erano rappresentanza del vincitore del momento), tutti avremo fatto il nostro dovere e sarà meglio.

Mi chiedevo cosa avremmo fatto se non fossimo poi arrivati a questo tavolo di pace. Signori, qui siamo al terzo anno, al tavolo di pace non si è arrivati e nel mentre c'è stata una carneficina che continua a essere un costante stillicidio di morti. (Applausi). Io lo so che non dipende del tutto da noi, quello che diamo noi è un piccolo aiuto in un gioco più grande di noi. Nel nostro piccolo dobbiamo sempre cercare però di essere in una posizione sensata.

In questo momento l'argomento è che è arrivato Trump, che probabilmente, con la sua nuova autorevolezza, riuscirà a portare i due contendenti al tavolo di pace. Per tale motivo dobbiamo andare avanti a sostenere l'Ucraina, esattamente come abbiamo fatto e anche di più, così arriverà questo tavolo di pace, si avrà la pace giusta e il conflitto finirà. A tal proposito la nostra posizione è chiara; uno degli slogan con cui ci siamo presentati alle elezioni europee recava la scritta «Basta armi all'Ucraina». Quindi, in modo assolutamente fedele a una coalizione i cui partner di Governo, nel caso soprattutto di Fratelli d'Italia, hanno ottenuto più voti, noi portiamo avanti la nostra piccola voce, che magari tanto piccola non è, rimanendo sempre fedeli alla coalizione e appoggiando sempre tutto.

Anche in questo caso, per essere ancora fedeli alla coalizione, prendiamo per buona la narrazione che questo tipo di aiuti è l'ultimo che ci porterà alla pace giusta, perché Trump porterà Putin e Zelensky allo stesso tavolo e in qualche maniera si arriverà alla pace, quindi dobbiamo fare quest'ultimo sforzo per arrivare al tavolo. Benissimo, proprio perché speriamo anche noi che questa sia la parola fine, non abbiamo presentato nessuna risoluzione alternativa, nessun ordine del giorno o altre cose che normalmente cercavamo di fare perché è giusto che la nostra posizione volta a dire «Basta armi all'Ucraina», perché sono la risposta sbagliata per arrivare alla pace, venga portata avanti.

Se i sondaggi, che io non ascolto, dicono che il 50 per cento degli italiani è contrario a dare armi ulteriori all'Ucraina perché non è la soluzione giusta, noi che siamo dei rappresentanti dei cittadini pensiamo che qualcuno questa voce dovrà ben portarla avanti. Noi, in qualche maniera, siamo invece ancora fedeli a questa impostazione e diciamo che va bene e vogliamo sperare che questa sia veramente la parte finale. Tutti però dobbiamo porci un problema: e se non è così?

Io vorrei ricordare per chi leggeva le previsioni di Draghi che, da quando è iniziato il conflitto in Russia, il PIL della Russia è su del 5 per cento, quello dell'Ucraina è giù del 25 per cento. Tutto questo nonostante le sanzioni. Uno che guarda dall'esterno dice che le sanzioni hanno fatto bene alla Russia. Forse quello che magari ci si dice non è esattamente la verità, non è esattamente quello che succede. Manteniamo aperto uno spiraglio nella nostra mente per pensare che forse siamo sulla strada sbagliata, che forse se la pace fosse stata forzata - perché non è mai giusta - due anni fa, in questo momento l'Ucraina avrebbe più territori liberi dall'invasore rispetto a quelli che in questo momento ha.

Se per caso dobbiamo andare ancora verso una prosecuzione di questa guerra, cominciamo a pensare adesso cosa faremo. Dal mio punto di vista è piuttosto chiaro; non abbiamo presentato mozioni o altro, ma questo dev'essere l'ultimo provvedimento. Andare avanti sulla strada sbagliata non credo che sia utile a nessuno, in primis al popolo ucraino. L'unica visione che ci ha presentato il ministro Crosetto è: o il sostegno all'Ucraina in questa maniera, o la totale annichilazione del popolo ucraino. Mi spiace, ma è una forzatura che non credo corretta, altrimenti nel mondo non avrebbero dovuto esserci gli armistizi, compresi i nostri, perché le paci - giuste o sbagliate che siano - servono per porre fine al conflitto armato, non per annichilire chi si arrende.

Pertanto, in una maniera o nell'altra, noi speriamo che si riesca effettivamente ad arrivare al tavolo di pace definitivo e lo auguro a tutti noi in quest'Aula, perché sono convinto che non esistano destra o sinistra nel volere la pace. Io spero che sia così, ma dall'altra parte bisogna tenere presente che sono tre anni che stiamo andando in una direzione che ha portato solo più morti, mentre un momento di pace e la possibilità di chiudere una guerra assurda per i nostri tempi credo che avrebbe fatto bene in primis a tanti ucraini che adesso sarebbero vivi. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Mieli. Ne ha facoltà.

MIELI (FdI). Signor Presidente, membri del Governo, gentili colleghi, nel ringraziare il relatore, senatore Menia, per il lavoro in Commissione, faccio presente che l'Ucraina combatte per la libertà, per la sua, ma anche per la nostra.

Signor Presidente, dobbiamo essere chiari: questa non è una guerra tra Ucraina e Russia, ma l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. Nelle parole pronunciate oggi in quest'Aula dal ministro Crosetto, con cui egli ha fatto notare l'incremento di intensità degli attacchi russi che colpiscono obiettivi militari e infrastrutture civili, c'è tutta la verità di quello che la Russia sta portando avanti: un'invasione spregiudicata.

Dopo aver ascoltato il Ministro, che ci ha raccontato la sua missione, in cui ha visto da vicino quello che avviene in quella terra, vorrei però far notare a quest'Assemblea, Signor Presidente, quello che è accaduto in Commissione affari esteri e difesa, dove ci siamo ritrovati emendamenti presentati dai senatori Magni, De Cristofaro, Cucchi e Aurora Floridia, sottoscritti poi anche dai senatori del Gruppo MoVimento 5 Stelle, che hanno votato insieme. Sa che cosa chiedevano questi due emendamenti? La soppressione dei due articoli del disegno di legge, quindi per loro questo disegno di legge sarebbe nullo. Sì, avete capito bene: volevano la sospensione, nessuna autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina; proponevano, in parole povere, di girarsi dall'altra parte. (Applausi. Commenti). Noi, però - lo dico con orgoglio - siamo convinti di quello che stiamo facendo. Noi non ci giriamo dall'altra parte, perché non permettiamo che la legge del più forte abbia la meglio e che un aggressore possa cancellare l'identità, le tradizioni e la cultura di un popolo. (Applausi). Noi non vogliamo abituarci a queste aggressioni.

Signor Presidente, con quella proposta di emendamento volevano mandare questo disegno di legge al macero - vi ricorda qualcosa questa parola? - e buttarlo via così (ci siete abituati, siete professionisti in questo, come avete fatto, fatemelo dire, con i banchi a rotelle, con i soldi degli italiani). (Applausi. Commenti). Il tutto a carico degli italiani. Questo per dire, signor Presidente, che oggi noi siamo qui… (Commenti). Addirittura le offese, mi sembra un po' eccessivo, state calmi. Presidente!

PRESIDENTE. Colleghi! Senatrice, la prego di continuare.

MIELI (FdI). Però la prego anche di riprendere chi mi sta offendendo, la ringrazio.

PRESIDENTE. Sì, va bene. (Applausi).

MIELI (FdI). Oggi votiamo convintamente questo provvedimento e lo facciamo con la stessa consapevolezza di quando eravamo all'opposizione, perché Fratelli d'Italia con Giorgia Meloni ha una sola faccia e dice le stesse cose all'opposizione e al Governo di questa Nazione. Vede, Presidente, le guerre non piacciono a nessuno e chi in campagna elettorale ha messo nel simbolo la parola "pace" non può pensare di dare lezioni a nessuno, perché la libertà non è mai gratis e spesso si combatte non per odio, ma per amore della Patria. (Applausi).

Gli ucraini sono stati invasi e aggrediti e che cosa dovevano fare? Mandare un mazzo di fiori agli aggressori con un bel biglietto con scritto "peace and love"? No, chiedo. Oppure difendere la propria terra, portando avanti una battaglia di libertà anche per noi?

Noi siamo convinti di questo e lo facciamo con la consapevolezza che bisogna arrivare ad una pace giusta che non sia una resa, perché la resa sarebbe una vera e propria sconfitta anche per noi. (Applausi). Staremo vicini al popolo ucraino anche nella ricostruzione. Ricordo a tutti che la prossima conferenza si svolgerà in Italia e sarà una straordinaria occasione per rimarcare che siamo membri della NATO, con cui condividiamo la posizione che quella russa sia un'aggressione nei confronti dell'Ucraina.

Chi vuole costruire la pace deve farlo sulla base del rispetto per una pace giusta. Noi non crediamo ai cosiddetti pacifinti da salotto, quelli che pensano sempre di avere la soluzione in tasca e criticano qualsiasi cosa faccia questo Governo con al timone Giorgia Meloni (che poi, fatemelo dire, alle europee non vi andava bene nemmeno che si facesse chiamare Giorgia; comunque, questo la dice lunga). (Applausi). Per la sinistra non va bene che lei parli con i grandi della terra, ma fino a quando governavano loro e gli parlavano andava tutto bene, vero?

Credo proprio che esista un vademecum della sinistra, per cui le cose vanno bene solo e quando le fanno loro; quando, invece, a fare bene è una donna, la prima donna Presidente del Consiglio e di Fratelli d'Italia, non va bene; iniziano con i «ma anche» e con i «beh, sai, si poteva fare di più», fino a denigrare, anche gufando contro tutto quel lavoro che mette al primo posto la nostra Nazione, fino a ridire oggi che Giorgia Meloni obbedisce. Lo dite davvero? Siete così disperati da attaccare sul personale, perché non avete ricette da proporre a questa Nazione? Non avete ancora capito che il Presidente del Consiglio risponde solo agli italiani, perché per noi il popolo è sovrano, com'è scritto, d'altronde, nella Costituzione. (Applausi).

Se poi il signor Prodi, riferendosi alla presidente del Consiglio Meloni, dice che adorano Meloni perché Meloni obbedisce (e lo cito testualmente), vuol dire che stiamo dalla parte giusta, perché a dirlo è lui, che è diventato cintura nera di obbedienza con la svendita dell'IRI. (Applausi). Ancora oggi stesso è stato detto che Trump ha inviato quelli che obbediscono. Siete ossessionati. La politica estera è anche politica interna e probabilmente è per questo che l'Italia oggi, con Giorgia Meloni, è tornata ad essere protagonista.

Inoltre, signor Presidente, continuano nei salotti e sui media radical chic a dire: potevate farlo così, cosà o chi lo sa. Allora vi chiedo: potevate farlo quando occupavate le poltrone senza passare per le urne, no? (Applausi).

Signor Presidente, sono convinta che l'Italia si stia facendo rispettare e apprezzare perché questa posizione la tiene con orgoglio, con coerenza e responsabilità, sotto la guida di Giorgia Meloni. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Magni. Ne ha facoltà.

MAGNI (Misto-AVS). Signor Presidente, io non ho la presunzione di avere la soluzione in tasca o le verità, però non permetto neanche che chi non ha mai detto una parola sul genocidio in Palestina mi spieghi che si possono avere due pesi e due misure.

Vorrei sottolineare che nell'intervento del ministro Crosetto ho sentito davvero una relazione disarmante, preoccupata, e mi allarma il fatto che un Ministro venga a fare una relazione di quel tipo. La mia è un'interpretazione, però la sostanza è che la guerra è persa, devono addestrare chi combatte in tre mesi, con rischi molto alti, quindi, in sostanza, la situazione è molto preoccupante. Non ho sentito una parola, eppure è la decima volta che ci dite le stesse cose. Noi siamo coerenti, perché abbiamo detto dall'inizio che eravamo contrari e siamo stati sempre contrari all'invio delle armi, quindi non dovete darci nessuna lezione. Non so se interpretiamo una parte di quel popolo citato dal senatore Borghi Claudio, secondo cui in Italia una larghissima parte della popolazione è contraria all'invio delle armi e all'aumento degli armamenti, ma noi siamo una piccola parte che cerca di rappresentare quel popolo che ci ha dato anche i voti, visto che ognuno di voi ha sottolineato questo dato.

Perché dico che è disarmante? Perché per la decima volta dice la stessa cosa e non ci spiega qual è la situazione. Allora, anche qui il senatore Borghi ha detto una cosa: pensavamo di incrinare la forza della Russia attraverso le sanzioni economiche, che invece non hanno funzionato, perché il mondo non è solo l'Occidente, è un po' più largo e probabilmente vi sono stati altri fattori che sono intervenuti su questo terreno.

Altra cosa: se uno pensa di costruire un tavolo, vuol dire che bisogna fare una trattativa con chi ha invaso l'Ucraina e che ha la responsabilità di aver aperto quel conflitto. Certamente ce l'ha la Russia la responsabilità, questo problema non l'abbiamo mai omesso, anzi l'abbiamo evidenziato in tutte le salse, però il dato è che la pace si fa in due, l'armistizio si fa in due. Questo ci spiega quello che è successo - lo dico molto sottovoce - in questi giorni: chi è colpevole del 7 ottobre e ha fatto quello che ha fatto e chi ha commesso altro dopo (crimini di guerra a sua volta), stanno facendo una trattativa. La trattativa si fa in due. Non avete mai fatto questo e non avete mai detto questa parola, ma se vogliamo finire la guerra, qualcuno una trattativa dovrà pur farla e con qualcuno bisognerà pur discutere.

Quindi, è una bestemmia dire che, se vogliamo fermare i bombardamenti e la guerra, bisogna fare una trattativa a un tavolo? Questo è il dato: si fa non per consegnare l'Ucraina alla Russia, ma per affrontare, ad esempio, quello che non si è affrontato probabilmente negli anni precedenti e andare in questa direzione. A un tavolo, però, bisogna avere un'idea, oppure si spera che arrivi qualcuno dal cielo e risolva i problemi? Certamente un fatto è avvenuto: l'Italia, all'interno dell'Europa, non ha favorito i tavoli di pace che ha cercato di mettere in campo il Santo Padre. Questo non è stato fatto, anzi si è bloccata la trattativa che era in corso. Proprio qui al Senato abbiamo svolto un'iniziativa con Avvocatura in missione e in quella occasione il cardinale Parolin ha detto che c'era stato qualche giorno prima un tavolo a Ginevra, a cui però non era stato invitato un soggetto contraente. Ci ha detto: come si fa a trovare un livello di pace se cerchi di non coinvolgere chi ti sta aggredendo?

Avrei preferito che vi fosse almeno qualche riflessione in questa direzione, perché quella della guerra è una cosa sbagliata. Allora lo dovete dire: se pensiamo di vincere sul campo, non dovete dire che mandate solo gli equipaggiamenti militari, bisogna rimboccarsi le maniche. Dite che questo serve a noi di fronte al fatto che - guardate com'è la situazione in Russia e in Ucraina - ci sono centinaia di migliaia di giovani che disertano. Perché disertano? Perché pensano che la guerra non risolva il problema e perché lo stato della situazione è terrificante, quindi il rischio è quello di andare a morire al fronte. Questa è la cosa che noi vogliamo dagli ucraini? O forse dobbiamo dargli un tavolo in cui vi è la speranza di pace, quindi un tavolo di mediazione e di armistizio, per andare in questa direzione, che permetterebbe loro probabilmente anche di avere un morale diverso. Questo è lo stato dell'arte. Basta andare a vedere sui siti internazionali. Questo avviene sia in Ucraina, sia in Russia: io dico che i giovani fanno bene a disertare, perché non vedono una soluzione.

Quindi, quando finirà questa guerra ci sarà un disastro enorme, perché migliaia di giovani sono morti già in questa guerra. Queste sono le domande che ci dobbiamo porre. Io non ho la soluzione, ma l'unica cosa certa che so è che, continuando a inviare le armi, le armi richiedono solo di essere utilizzate, contro qualcuno e contro qualcosa.

Questo è l'errore di impostazione che viene fatto dal Governo, dalla maggioranza e da tutti quelli che sostengono che la situazione si risolve in questo modo. Noi, nel nostro piccolo, ma con la voce molto chiara, abbiamo sempre detto che questa non è la strada che porterà alla pace. Per questa ragione, in sostanza, bisogna costruire una unità.

Tutti richiamiamo, giustamente, il ruolo dell'Europa. Però, anche in questo caso, l'Europa ha dimostrato la sua irrilevanza, perché ognuno ha cercato di decidere da sé: ognuno per sé e - come si usava dire - Dio per tutti. Però, in questo caso, ognuno per sé ha portato al fatto che non abbiamo dato il contributo che doveva essere fornito all'Ucraina. Questo è il dato. Ognuno ha cercato di fare una politica nazionale in quella direzione, ma non mi pare che il risultato che è sotto gli occhi di tutti sia fino a oggi disarmante.

Per questa ragione, noi abbiamo sempre sostenuto la nostra posizione ed è per questo che abbiamo proposto due emendamenti soppressivi, perché in coerenza con quello che abbiamo sostenuto, dall'inizio di questa guerra e anche prima. Noi siamo contro l'aumento delle armi e contro l'invio delle armi, perché - come abbiamo sempre detto - le armi chiamano armi e quindi guerre. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rojc. Ne ha facoltà.

ROJC (PD-IDP). Signora Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, oggi ragioniamo della guerra in Ucraina da una prospettiva totalmente diversa da quanto abbiamo fatto negli scorsi tre anni. Prendiamo atto che da ieri il mondo è cambiato radicalmente.

Ci confrontiamo con la realtà di una leadership statunitense, di cui penso in breve si chiariranno i dettagli operativi che più ci riguardano da vicino, ma che ha già dimostrato di avere la volontà e i mezzi per modificare profondamente i rapporti con gli altri attori globali.

Non possiamo fare a meno di esprimere un preoccupato stupore per il linguaggio utilizzato ieri all'Inauguration day dal nuovo Presidente degli Stati Uniti: aggressivo, rivendicativo, minaccioso; per non dire dell'esibizione del suo principale sponsor politico e finanziario che, personalmente, mi ha provocato un senso di vertigine e irrealtà, pensando a cosa avveniva nel cuore di quella che ho sempre considerato una grande democrazia occidentale.

Non voglio credere, finché posso, che quello incarnato da Elon Musk sia il volto autentico dell'America, quella che ha mandato i suoi figli a morire per liberare l'Europa dal nazifascismo, dall'orrore delle discriminazioni e del razzismo; o l'America del ponte aereo per Berlino: scelte fatte da chi sapeva che ogni regime fondato sulla chiusura e sull'intolleranza del diverso, sull'esaltazione nazionalista e sull'avversione per lo straniero, inevitabilmente proietta all'esterno questa volontà di potenza.

Ripeto che non voglio dubitare della forza di una democrazia viva da duecento anni, che si è evoluta fino a diventare riferimento di libertà e di opportunità, ma la furia che abbiamo visto sollevarsi nelle parole d'ordine e poi nei decreti esecutivi presidenziali, per quanto da parecchio annunciata, ci riguarda da vicino. Non ci riguarda in astratto, ma in ogni ambito delle scelte che da ora in poi faremo, perché gli equilibri noti non si sono soltanto spostati, ma stanno venendo sovvertiti.

La logica egemonica che indirizza il nuovo corso punterà a depotenziare gli organismi considerati concorrenti rispetto all'interesse primario degli Stati Uniti. La minaccia di imporre ai due Paesi confinanti con gli Stati Uniti - Messico e Canada - dazi del 25 per cento a partire dal 1° febbraio è l'antipasto di una cura che - temo - verrà somministrata anche all'Europa. Illuso chi pensa che ci saranno vie privilegiate per l'Italia, perché le economie dei maggiori Paesi sono talmente interdipendenti da condizionarsi a vicenda, a prescindere dal colore del Cancelliere tedesco o di chi siede all'Eliseo.

Vale lo stesso - e ancora di più - per la difesa che possiamo aspettarci sarà una leva potente per il Governo USA, che potrà usare per condizionare la politica europea. È significativo che, nel discorso inaugurale di ieri, non abbiamo potuto ascoltare neanche una parola sulla guerra che da tre anni sta devastando l'Ucraina nel cuore della vecchia Europa. (Applausi). Questa postura è drammaticamente sbagliata e non si addice davvero a chi vuole proporsi come leader pacificatore. Già debolissima appare la tregua in Medioriente, nonostante Trump se ne sia preso il merito. Temo fortemente, cari colleghi, che le parole pronunciate ieri dal presidente Macron, ovvero che la guerra in Ucraina non finirà domani, né dopodomani, siano terribilmente vere. Allora tocca a noi, perché non nascondiamoci che il futuro dell'Europa come soggetto e progetto è legato a filo doppio al destino dell'Ucraina.

Chi vorrebbe passare alla storia come colui che ha messo tutti d'accordo e ha fatto tacere i cannoni, al momento non ha dato segnali chiari di come intende porsi di fronte all'aggressione russa.

Dunque, siamo seri e guardiamo con schiena dritta in faccia la realtà perché con questo scenario dobbiamo fare i conti. Quella in Ucraina non è una guerra regionale, non ha nulla di locale: è un attacco intensificato, di ora in ora, che colpisce strutture e obiettivi civili, rendendo le città spettrali e irriconoscibili. È una guerra che investe un continente di cui non possiamo accettare la stanchezza. Da millecento giorni, ormai, la popolazione ucraina subisce un'aggressione feroce da parte della Russia di Putin.

Non ci stancheremo mai di denunciare questa scellerata aggressione e, per converso, di consentire all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e proteggere la sua popolazione dall'aggressione militare ingiustificata e ingiustificabile della Federazione Russa, nel solco di quanto stabilito dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, alla luce di un'aggressione che viola palesemente il diritto internazionale di cui si è continuato a fare strame in tutti questi mesi.

Vero: l'Unione europea ha già adottato 15 pacchetti di sanzioni volte a minare la capacità della Russia di portare avanti questa guerra di aggressione. Eppure, noi siamo stanchi per le distruzioni continue e quotidiane e per le troppe morti che ogni giorno questo conflitto ci consegna.

Per questo, crediamo giusto, oggi, garantire al popolo ucraino aiuti umanitari e strumenti di difesa per proteggere il proprio territorio, che è territorio europeo. Dobbiamo - e lo ripeto - consentire all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e proteggere la sua popolazione dall'aggressione militare russa. Intanto, non smetteremo mai di insistere, con la chiara e testarda richiesta di un cessate il fuoco, di mettere fine alle stragi, alle violenze e alle sofferenze di milioni di civili inermi. Non saremo mai stanchi di pronunciare la parola pace.

Tuttavia, per arrivare alla pace è indispensabile che l'Europa eserciti un protagonismo che finora è mancato. L'Europa ha il dovere di individuare spiragli e di agire per sbloccare quella situazione di stallo. È il compito che le assegna la storia, tanto più in questo frangente di stravolgimento dell'ordine mondiale.

Noi del Partito Democratico non smetteremo mai di chiedere di far tacere le armi e l'aggressione per consentire l'avvio di un negoziato per giungere a una pace giusta e sicura, rispettosa della verità. La verità è dove sono chiari e indiscutibili che ci sono un aggressore e un aggredito, uno Stato invaso e costretto a difendersi e uno che ha invaso; non un conflitto tra due Stati e nemmeno una guerra per procura, oggi neanche una pedina di scambio tra potenze nucleari.

Come è stato possibile - lo chiedo ai rappresentanti del Governo - che dopo 1.100 giorni di guerra non ci sia ancora stata un'azione diplomatica autonoma dell'Europa volta a isolare Putin, che conta ancora purtroppo un vasto consenso internazionale, nonostante l'invasione criminale dell'Ucraina? Come è possibile che, dopo 1.100 giorni di guerra, non si sia ancora riusciti a far cessare il fuoco in quella terra martoriata? Signor Ministro, signor Sottosegretario, cosa sta facendo l'Italia? Che ruolo vuole giocare il nostro Paese per arrivare a un cessate il fuoco e all'avvio di un processo di pace? Ho sentito tante parole in questi anni da parte vostra, soprattutto da parte della presidente Meloni, che però non hanno avuto come conseguenza fatti concreti, nemmeno una parola spesa per convincere il filorusso Orbán ad accettare l'ipotesi dell'Ucraina nell'Unione europea.

Noi volevamo impegnare il Governo a scuotersi, ad agire in modo incisivo e decisivo per mettere in campo tutte le iniziative utili al perseguimento di una pace giusta e sicura. Non possiamo più continuare a vedere distruzione e morti nel cuore della nostra Europa. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Barcaiuolo. Ne ha facoltà.

BARCAIUOLO (FdI). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, ho sentito il dibattito in questa discussione generale e ho ascoltato sulla stessa linea il dibattito sulle comunicazioni del Ministro, che hanno portato al voto di una risoluzione che già vincola quest'Assemblea ad andare nella direzione di continuità che questa Nazione ha avuto fin dal febbraio 2022. Dopodiché, visto che siamo in un'Aula parlamentare, credo sia giusto e legittimo confrontarci anche rispetto a posizioni diverse, provando a fare dei ragionamenti. Credo ci sia da parte di alcuni un po' una memoria corta nel ricostruire quello che è accaduto negli ultimi tre anni in quel territorio ai confini dell'Europa. C'è stata un'invasione militare di uno Stato sovrano e, quindi, con la più palese infrazione del diritto internazionale e che - come è stato giustamente detto da qualcuno - non ha precedenti in questo continente dalla fine della Seconda guerra mondiale.

In casi analoghi fuori dall'Europa negli ultimi decenni, a un'azione di quel tipo c'è sempre stata una reazione anche militare delle Nazioni Unite. Perché ciò non è accaduto in questo caso? La Federazione Russa è membro permanente del Consiglio di sicurezza dell'ONU in virtù di equilibri di ottant'anni fa - forse questa dovrebbe essere una riflessione che dovremmo fare tutti rispetto all'Organizzazione delle Nazioni Unite - e perché la Federazione Russa - come è noto - è una potenza nucleare. Altrimenti ci sarebbe stata una reazione diversa non da parte dell'Italia, non da parte dell'Europa, ma da parte della comunità internazionale tutta.

Io accetto chi pone il quesito rispetto al fatto che continuare a dare armi può accelerare una soluzione di pace, che evidentemente è ciò a cui tutti noi tendiamo e che tutti noi auspichiamo. Però non ho mai sentito quale possa essere alternativa. Chi continua a invocare processi e azioni diplomatiche - secondo me - mente sapendo di mentire: processi e azioni diplomatiche ci sono da tre anni ed evidentemente non agiscono alla luce del sole (Applausi), non agiscono nei salotti televisivi, non agiscono nemmeno per agenzie di stampa e nemmeno attraverso discorsi di insediamento presidenziali. È evidente che è interesse anche nostro, anche europeo e anche occidentale, che quel conflitto possa arrivare a termine.

Al presidente Casini, signor Presidente, che invocava la coerenza del Partito Democratico rispetto allo scenario maggioranza e opposizione, per carità, nulla quaestio. Anche noi di Fratelli d'Italia, quando potevamo speculare elettoralmente su quel dissenso, che sì c'è - lo riconosciamo - all'opposizione, invece, in maniera coerente rispetto a quella che era la visione nostra, coerente rispetto a quei valori che non possono mai essere oggetto di negoziazione, di riflessione o, peggio ancora, di speculazione politica, votammo - anzi, fu votata addirittura in un Parlamento in cui eravamo l'unica forza di opposizione - la proposta di risoluzione sulla politica estera, trascinando dietro tutto il Parlamento, un fatto che resta nella storia parlamentare di questa Nazione. (Applausi).

Poi, in coerenza, ricordo che eravamo l'unica coalizione che aveva un programma elettorale alle scorse elezioni politiche del settembre 2022, mentre qualcuno, non nella versione campo largo, ma neanche nella versione campo stretto è riuscito a fare un programma elettorale, e abbiamo sentito qual è la posizione dei colleghi di AVS su questo tema. (Applausi). Il primo punto del programma elettorale del centrodestra era proprio la collocazione europea, euroatlantica e di sostegno all'Ucraina rispetto a quella che doveva essere la politica estera del nostro futuro e auspicabile Governo.

Cosa accadrà con questo nuovo invio di aiuti? Sono d'accordo sul fatto che non saranno gli aiuti italiani a spostare più o meno gli equilibri, ma saranno gli aiuti italiani a spostare più o meno gli equilibri dell'Italia all'interno dei contesti sovranazionali. Allora, o si sceglie di stare dalla parte della legalità, del diritto internazionale e della libertà, o si fanno scelte che nella migliore delle ipotesi sono grigie e nella peggiore biechi calcoli elettorali che non possono dare futuro a una Nazione degna, come l'Italia vuole e può essere.

Quale può essere la soluzione? Non sta neanche a noi dirlo, perché io non so se sarà giusto o sbagliato che, in un'auspicabile e vicina pace, l'Ucraina debba essere mutilata territorialmente. Credo che siano i cittadini ucraini a dover scegliere questo, perché la loro libertà viene prima di qualsiasi altra cosa. Io non so se sia giusto o meno che l'Ucraina faccia parte non tanto dell'Unione europea, su cui oggettivamente c'è una comunione di intenti abbastanza chiara, ma un domani della NATO: credo che sia la libertà dei cittadini ucraini a poterlo decidere.

Chi mina queste scelte mina la libertà di un popolo libero e dimentica che, pochi giorni dopo l'invasione russa dell'Ucraina, la narrazione assolutamente trasversale e univoca rispetto a quello che stava accadendo diceva che quel tipo di invasione avrebbe rovesciato l'Ucraina, rendendola una nuova Bielorussia in circa quindici giorni, e qualcuno parlava di un mese. Il presidente Zelensky può stare simpatico o meno -questo è legittimo - si possono condividere o meno alcuni suoi toni - e questo è altresì legittimo - si possono perfino criticare le sue scelte stilistiche dal punto di vista dell'abbigliamento, ed è altresì legittimo. Ma, quando qualcuno gli offrì un passaggio per scappare, perché considerava l'Ucraina già caduta, lui disse "rimango qui a difendere il mio popolo". Questo è un fatto storico. (Applausi).

Noi dobbiamo interrogarci anche su cosa racconteranno i libri di storia tra quaranta, cinquanta, settanta o cento anni, rispetto a un'Italia che, al contrario di quello che ha fatto nel suo recente passato, non si volta dall'altra parte, ma rimane in piedi, coerente e verticale, rispetto a una scelta di libertà. E questa scelta di libertà credo che vada perpetuata e difesa, anche oggi, anche con questo decreto-legge.

Il Ministro è stato chiaro e ha enunciato anche dei numeri crudi rispetto alle morti, alle bombe e ai razzi che giornalmente cadono su quei territori, rispetto a quei territori occupati da mine, a cui serviranno decenni per essere bonificati. Questo è tutto il terrore della guerra contro la quale evidentemente siamo tutti schierati. In un bilanciamento di interessi vale però più voltarsi dall'altra parte o cercare di mantenere quell'equilibrio che possa portare alla trattativa, senatore Magni? Per fare una trattativa è evidente che bisogna essere almeno in due a sedersi a un tavolo e, se uno dei due è travolto, non ha la forza di sedersi al tavolo, non arriva a mettere le mani sul tavolo, non può sedersi su quella sedia che contorna il tavolo.

Questa è stata la scelta che ha fatto non l'Italia, ma l'Europa che da questo punto di vista non è stata disunita, come qualcuno ha raccontato. È la scelta che ha fatto l'Occidente.

Io auspico che il ministro Crosetto abbia ragione e che questo sia l'ultimo decreto di invio di armi che dobbiamo votare, per quanto mi riguarda convintamente.

Riconosco poi che oggi, al contrario di altre volte, non c'è stata una narrazione falsa rispetto anche alle spese. Anche questo invio di armi non costa nulla al bilancio dello Stato. Noi inviamo strumenti già nella nostra disponibilità e su questo gradirei che ci fosse una maggiore coerenza e amore per la verità anche nel distinguo di posizioni. Così però spesso non è stato.

Ricordo che questo decreto-legge altro non è che la fotocopia del provvedimento di febbraio 2022, che andava esattamente nella stessa direzione, anche se c'era un altro Governo e la forza di maggioranza relativa di quel Governo era il MoVimento 5 Stelle, che oggi magicamente sul suo stesso testo nega quello che aveva di fatto scritto come forza di maggioranza relativa. Noi invece in maniera coerente lo votammo allora e lo votiamo oggi, auspicando che le condizioni geopolitiche possano far sì che si possa arrivare a quella trattativa. Se però si arriverà presto ad essa, come auspicato, sarà solo perché entrambi i contendenti - e non solo il più forte e non solo l'aggressore - sono rimasti in piedi. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Il relatore non intende intervenire in sede di replica.

Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

PEREGO DI CREMNAGO, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, a volte dimentichiamo su quali ceneri sia costruito il nostro Paese, quale sacrificio abbia portato l'Italia a essere un Paese democratico. Ricorre domani l'anniversario dello sbarco di Anzio, nel quale 8.000 giovani americani persero la vita in nome di quei valori di libertà e democrazia che sono a fondamento del nostro Paese. È questa la posta in gioco oggi ancora una volta. Certo, il dubbio deve alimentare ogni scelta del Governo rispetto a una materia così complessa e con 1.000 sfaccettature. Senatore Magni, lei ha detto che il mondo non è solo l'Occidente. Sì, ma noi siamo l'Occidente e credo che abbiamo il dovere morale di difendere i nostri valori e la democrazia. È quello che stiamo facendo ancora una volta sostenendo l'Ucraina.

Basterebbe poco per porre fine al conflitto. Basterebbe che la Federazione Russa la smettesse di attaccare ogni giorno le infrastrutture civili e le case e di uccidere la popolazione civile ucraina. Questo basterebbe e sarebbe anche il senso di un segnale attraverso un cessate il fuoco per cui la Federazione Russa sarebbe pronta a negoziare una pace.

Se noi oggi decidessimo di non mandare più armi all'Ucraina, credo non sfugga a nessuno che la situazione sarebbe completamente diversa, visto che l'agenda di Putin è quella di rovesciare completamente il Governo ucraino, quella di invadere fino alla capitale Kiev, così come ha provato a fare due anni fa all'inizio del conflitto. Basta vedere la storia.

Se è vero - e concludo - che nella nostra Costituzione c'è scritto che l'Italia ripudia la guerra e c'è anche scritto, all'articolo 52, che è sacro dovere del cittadino difendere la Patria, penso che difendere la Patria oggi in senso più alto sia anche difendere la Patria degli ucraini, un popolo amico, un popolo che ha sacrificato tanti giovani in nome della pace e della libertà. (Applausi).

PRESIDENTE. Comunico che è pervenuto alla Presidenza - ed è in distribuzione - il parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti, che verrà pubblicato in allegato al Resoconto della seduta odierna.

Passiamo all'esame dell'articolo 1 del disegno di legge.

Procediamo all'esame degli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge, che invito i presentatori ad illustrare.

MARTON (M5S). Signor Presidente, intervengo per illustrare l'emendamento 1.6, perché l'ho già fatto in Commissione e vorrei che anche l'Assemblea ne conoscesse il contenuto.

Ritengo che, nel momento in cui stiamo per affrontare un nuovo invio di armi in Ucraina, sia un diritto-dovere delle Commissioni competenti difesa di Camera e Senato - non solo del Copasir - conoscere il contenuto di quell'invio di armi. Non si tratta di togliere prerogative ai colleghi del Copasir. Anzi, la richiesta è esattamente nel senso contrario, ovvero si chiede il deposito da parte del Governo al Copasir dell'elenco degli armamenti e la possibilità di prendere visione del documento, presso il Copasir, da parte dei commissari delle competenti Commissioni di Camera e Senato, mantenendo il principio della segretezza. Credo sia un dovere di tutti noi membri delle Commissioni difesa sapere cosa stiamo andando a dare all'Ucraina e quale sia la situazione, anche nell'ottica di poter eventualmente dire due parole quando andiamo a riacquistare quelle armi. (Applausi).

Ho sentito il senatore Barcaiuolo dire, prima, che fortunatamente questa volta nella discussione non è stato tirato in ballo il discorso del costo delle armi. Al senatore Barcaiuolo vorrei dire che è vero che l'Europa ci ridà indietro una parte, ma il Fondo europeo per la difesa (EDF) lo alimentiamo noi per il 12,5 per cento; quindi, da una parte mettiamo i soldi in quel fondo, dall'altra l'Europa ce ne ridà una piccola quota. Pertanto, dire che non spendiamo soldi in armamenti non mi sembra correttissimo e non mi sembra neanche preciso. (Applausi).

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

MENIA, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti. Nel merito, rispetto ai due emendamenti soppressivi la motivazione è in re; mentre per quanto riguarda gli altri, sono tutti orientati sostanzialmente a porre condizioni ulteriori o comunque a rallentare procedure.

PEREGO DI CREMNAGO, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.1, presentato dal senatore Magni e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della prima parte dell'emendamento 1.2, presentato dal senatore Marton e da altri senatori, fino alle parole «ciascuna cessione».

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Risultano pertanto preclusi la restante parte e gli emendamenti da 1.3 a 1.7.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.6, presentato dal senatore Marton e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 2.1, presentato dal senatore Magni e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Passiamo alla votazione finale.

DREOSTO (LSP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DREOSTO (LSP-PSd'Az). Signora Presidente, la questione che oggi affrontiamo riguarda non solo il sostegno immediato all'Ucraina, ma una riflessione più profonda su quale ruolo l'Italia, il nostro Paese, possa e debba giocare nel panorama geopolitico internazionale in questo momento storico particolarmente complesso.

L'Ucraina non è soltanto un campo di battaglia, è il fronte di uno scontro tra due visioni diverse del mondo: da un lato quella autoritaria e aggressiva della Federazione Russa… (Brusio).

PRESIDENTE. Colleghi, l'argomento è anche di rilievo, io veramente vi chiedo di consentire all'Assemblea di seguire gli interventi, in particolare quello del senatore Dreosto.

DREOSTO (LSP-PSd'Az). L'Ucraina non è soltanto un campo di battaglia, ma è il fronte di uno scontro tra due visioni assolutamente diverse del mondo: da un lato quella autoritaria e aggressiva della Russia, dall'altro quella che difende la libertà e la sovranità nazionale e anche - dico io - l'equilibrio internazionale. Il nostro sostegno a Kiev, dunque, non è e non deve essere solo un atto di solidarietà, ma un investimento nella sicurezza dell'Europa, ma anche nel ruolo internazionale dell'Italia; un ruolo che - lo vorrei davvero sottolineare - negli ultimi anni ha visto un nuovo protagonismo, spesso sottovalutato anche dai nostri detrattori. La capacità di questo Governo di posizionare l'Italia al centro delle decisioni strategiche, sia in ambito NATO che europeo, è un fatto che nessuno può ignorare. La sinistra, che spesso ci ha accusato di provincialismo, deve infatti prendere atto del fatto che oggi l'Italia è considerata un partner credibile, attivo e rispettato. Alla faccia, evidentemente, di chi diceva che l'Italia, se vinceranno le destre, sarà isolata.

Sulla guerra russo-ucraina molto si è detto, ma vorrei partire da un ragionamento estremamente semplice: dobbiamo essere consapevoli che la guerra non può durare in eterno. È necessario portare sullo stesso tavolo negoziale i due belligeranti, ricordandoci che sono davvero poche le guerre che sono finite con una resa incondizionata. Le sofferenze umane, la distruzione economica, la destabilizzazione che derivano da un conflitto prolungato sono alla lunga insostenibili.

In questo contesto è importante sottolineare un tema che ritengo centrale: il ritorno di Donald Trump e il suo concetto di deterrenza attraverso la forza potrebbero aprire nuovi spiragli interessanti per nuove trattative diplomatiche e per un piano di pace utile per costringere le parti (lo ripeto: costringere le parti) a sedersi finalmente a un tavolo delle trattative. È una dinamica che l'Italia deve assolutamente monitorare con attenzione, sfruttando ogni possibilità per contribuire alla costruzione di quello che è un dialogo concreto.

Riteniamo allora che, in un momento in cui sembrano davvero emergere degli spiragli verso possibili trattative, sia fondamentale che il nostro Paese continui a garantire il proprio sostegno a Kiev. Proprio ora la conferma degli aiuti assume un valore evidentemente strategico per permettere all'Ucraina di affrontare l'auspicato tavolo delle trattative in una posizione non di sottomissione nei confronti dell'aggressore; una condizione fondamentale, quindi, per raggiungere una pace giusta, equa, ma soprattutto - auspichiamo - duratura.

Non possiamo tuttavia pensare che la strada verso la pace sia semplice e senza ostacoli. Al riguardo desidero citare le parole del nuovo presidente del Comitato militare della NATO, l'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, a cui vanno ancora una volta i nostri complimenti per la nomina, che ha recentemente dichiarato che la pace e la sicurezza non sono gratis, ma la guerra ha dei costi immensamente superiori.

Questa affermazione racchiude una verità fondamentale, ma permettere alla guerra di continuare senza freni, lasciando che un'aggressione rimanga impunita, avrebbe davvero un costo immensamente più alto dal punto di vista economico, sociale, ma soprattutto dal punto di vista umano. Allo stesso tempo, però, dobbiamo essere estremamente consapevoli che il sostegno militare non può essere l'unica risposta. È allora indispensabile lavorare su più fronti: continuare ad aiutare l'Ucraina a difendersi, ma parallelamente creare le condizioni per il cessate il fuoco e infine, evidentemente, un'auspicata pace negoziata. Qui ritengo che l'Italia debba giocare un ruolo cruciale e la nostra esperienza diplomatica, la nostra posizione geografica, la nostra storica capacità di dialogo con tutte le parti ci rendono sicuramente un attore ideale per favorire la costruzione di questo percorso negoziale, soprattutto credibile.

Vorrei poi soffermarmi su un altro aspetto che riguarda la guerra in corso. Un altro tema che non possiamo ignorare è quello della sicurezza delle nostre infrastrutture strategiche, in particolare nel settore della cybersicurezza. Infatti, i recenti attacchi informatici attribuiti proprio a gruppi russi, come quello che ha colpito nella mia Regione il porto di Trieste, dimostrano che la guerra non si combatte solo sul campo, ma anche nei nostri sistemi digitali, nelle nostre reti energetiche, nei porti e negli aeroporti. Proteggere allora le nostre infrastrutture non è solo una questione di sicurezza nazionale, ma una parte essenziale della nostra resilienza strategica.

Questa guerra ibrida non è solo militare in senso stretto, ma coinvolge anche diversi settori cruciali della nostra industria. Sostenere l'Ucraina e proteggere le nostre infrastrutture strategiche è fondamentale, ma altrettanto importante è proteggere le nostre imprese. Per citare allora il nostro capogruppo Massimiliano Romeo è indispensabile dare armi anche alle nostre imprese per competere alla pari con quelli che sono evidentemente i concorrenti globali. Non possiamo permetterci di lasciare indietro nessuno, tanto meno chi fa il PIL del nostro Paese: questo non possiamo davvero accettarlo. (Applausi).

Pertanto - è stato detto - ancora una volta siamo chiamati, non senza profonde e attente riflessioni, a dare il nostro sostegno militare all'Ucraina. Quindi, annuncio il voto favorevole del nostro Gruppo a questo decreto, ma voglio ricordare che la sfida contro le autocrazie si combatte anche sul piano economico: difendere i nostri settori industriali strategici significa mettere in campo una visione chiara. Serve una strategia sulle materie prime, oggi fortemente concentrate in mano cinese, e un abbassamento strutturale dei costi dell'energia per dare respiro ai nostri imprenditori che tanti sacrifici in questi anni hanno già fatto. Tutto questo evidentemente non è un'opzione, ma è una necessità per proteggere il nostro interesse nazionale e garantire all'Italia, al nostro Paese, di restare competitivo e soprattutto sovrano.

Il sostegno all'Ucraina è un tassello importante, ma non dobbiamo mai perdere di vista il quadro generale. L'Italia deve tornare ad essere artefice del proprio futuro. Difendere i nostri interessi nazionali significa rafforzare la nostra economia, proteggere le nostre infrastrutture strategiche, garantire la sicurezza energetica e valorizzare le nostre imprese nei mercati globali. Dobbiamo essere vigili, forti e uniti, perché in un mondo sempre più competitivo e instabile la difesa della nostra sovranità economica e politica è la vera battaglia per il futuro del nostro Paese. (Applausi).

SPAGNOLLI (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SPAGNOLLI (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signora Presidente, sulle ragioni per cui rispetto a questo decreto-legge il mio Gruppo voterà a favore mi sono già espresso nella precedente dichiarazione di voto che faceva riferimento alle risoluzioni, ma ora volevo fare una riflessione più ampia sul fatto che l'uomo è stato in guerra per tutta l'era della sua esistenza.

Da quando esiste, l'uomo ha fatto guerre e sono sempre state guerre estremamente sanguinose. Ci sono state battaglie con decine di migliaia di morti. Ancora nell'antichità, quando Alessandro Magno sconfigge a Gaugamela, presso l'attuale città di Mosul in Iraq, ci furono più di 50.000 morti. A Canne, Annibale distrusse l'esercito romano con 60.000 morti. Al Metauro, il Salinatore si prese la rivincita e distrusse l'esercito cartaginese con 30.000 morti.

Ma c'era una sorta di codice d'onore a quel tempo, che poi è continuato a esistere per tutto il Medioevo, se pensiamo che, nella battaglia di Arsuf, più o meno nel 1191 dopo Cristo, battaglia della terza crociata, quando venne ucciso il cavallo di Riccardo Cuor di leone, il Saladino stesso, che era il comandante dell'esercito arabo, con Riccardo capo dell'esercito crociato, mandò suoi emissari con un cavallo nuovo per re Riccardo. Si facevano anche queste cose in guerra.

Poi ci fu l'avvento delle armi pesanti. A Waterloo, dove si cominciarono a usare i cannoni in maniera estremamente seria, ci furono più di 60.000 morti, tanto che poi a Solferino, come tutti sappiamo, una battaglia che in fondo di morti ne ebbe di meno - non erano più di 15.000 in tutto - lo svizzero Henri Dunant inventò la Croce Rossa, cioè creò quell'entità per cui, per accordo e convenzione internazionale i membri della Croce Rossa potevano recarsi sui campi di battaglia a raccogliere i feriti e a curarli senza temere di essere colpiti. Tutto questo era la guerra fino a settanta anni fa. Nella Seconda guerra mondiale salta tutto, perché, con i sistemi bellici che si erano creati, vengono coinvolte le città, vengono coinvolti i civili. E allora a Stalingrado ci furono un milione e mezzo di morti, compresi tanti civili. Ora abbiamo assistito, in questi ultimi anni, ad una ulteriore evoluzione. Non sono più i civili che muoiono perché si trovano nel posto sbagliato, dove combattono i militari. No, ci sono Paesi che attaccano deliberatamente e distruggono deliberatamente edifici dove si trovano civili. Abbiamo visto ospedali bombardati; abbiamo visto scuole bombardate in Ucraina, ovviamente senza nessun preavviso; abbiamo visto missili partire su Israele, che avrebbero colpito qualsiasi cosa trovavano, se non fossero stati intercettati prima dalla contro artiglieria.

Vi è stato, quindi, in quest'ultimo periodo un crollo anche di quei valori minimi che una volta c'erano in guerra. Questo è proprio del tutto inaccettabile. Noi, non solo non vogliamo la guerra, ma, se proprio guerra deve essere, che almeno ci sia rispetto per quelli che con la guerra non c'entrano niente, cioè i civili. Così non è stato a Gaza, così non è stato a Kiev, né in nessuna altra, purtroppo, delle circa sessanta guerre che si stanno combattendo in questo momento nel mondo.

È questa, in fondo, la ragione fondamentale per cui noi dobbiamo tornare a perseguire la pace, perché non è più accettabile che, in nome della guerra, si massacrino un sacco di persone che con la guerra non c'entrano nulla. Questo non è nei nostri valori di democrazie occidentali. Questo, probabilmente, rientra tra i disvalori presenti nella mentalità di altri popoli, perché mi sento di dire che non siamo tutti uguali nel mondo. Sicuramente, se i russi bombardano ospedali, probabilmente a loro non dispiace più di tanto, ma a noi sì.

Questi valori noi vogliamo continuare a portare avanti. Non saremo più in grado di diffondere le democrazie occidentali come era il sogno dei nostri governanti negli anni Cinquanta, che ci credettero davvero e ci provarono. Si è visto che non ha funzionato, però, se non diffonderemo le democrazie, il valore di tutela della vita, il valore di assicurare ai bambini la possibilità di avere un futuro è un qualcosa in cui dobbiamo credere.

Questa è la ragione per cui al tavolo delle trattative con la Russia l'Ucraina deve arrivare con una certa forza. Non si va ad un tavolo delle trattative animati da buoni propositi e senza armi. Le armi bisogna averle. Come dicevano i romani: si vis pacem, para bellum. Spiace dover tirare fuori questo motto ancora adesso, ma visto che nelle guerre si ammazzano quelli che non c'entrano nulla, beh, vivaddio, cerchiamo di fare in modo che non ci siano più e continuiamo a sostenere l'Ucraina in modo che, finalmente, questa carneficina abbia fine.

Questa è la ragione per cui il mio Gruppo voterà a favore del provvedimento. (Applausi).

PRESIDENTE. Come da intese intercorse, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno

BORGHI Claudio (LSP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORGHI Claudio (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, il mio è uno di quegli interventi che veramente non si vorrebbero mai fare.

Oggi è venuto a mancare Luca Beatrice, un critico d'arte controcorrente che aveva scelto il modo più difficile per svolgere la sua missione, ossia non curarsi del flusso normale, del conformismo e di quello che andava bene per tutti e per i grandi nomi. Egli andava a cercare l'arte e la bellezza ovunque esse fossero e chiunque le proponesse, avendo molto coraggio.

A sessantadue anni lascia quattro figli. È stato curatore di una Biennale di Venezia ed era l'attuale presidente della Quadriennale di Roma. La sua è stata una carriera costellata di successo dovuto al coraggio, prima di tutto.

Era mio amico e, da appassionato d'arte, mi aveva insegnato molto. Una delle cose che ha più valore in questo nostro viaggio nella vita è trovare persone che ti insegnano. Trovare persone che ti insegnano, quando noi normalmente siamo sempre quasi tutti convinti di sapere tutto e avere forse più cose da spiegare agli altri, che da imparare, è un tesoro raro.

Luca Beatrice era riuscito a farmi amare l'arte degli anni Novanta, che io non capivo. Eppure, con la sua cultura e la sua capacità di individuare la poesia nei colori e nelle figure, anche quelle non ovvie da comprendere in prima istanza, mi ha fatto conoscere artisti fantastici come Marco Cingolani, Pusole e Kaufmann, artisti che rischiavano di essere dimenticati.

Egli aveva la missione di andare a cercare il bello ovunque fosse e sono convinto che riuscirà a trovarlo anche in paradiso in questo momento. (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, Luca Beatrice era torinese e con lui ho condiviso la frequentazione scolastica al Liceo «Massimo D'Azeglio». Ricordo benissimo, sin dai primi passi, la figura di Luca e quanto fosse un libero pensatore, non privo di spunti sempre arguti e polemici.

Ci uniamo al cordoglio alla sua famiglia.

FREGOLENT (IV-C-RE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FREGOLENT (IV-C-RE). Signor Presidente, ringrazio il senatore Claudio Borghi per il ricordo di un intellettuale libero come Luca Beatrice, che è stato anche presidente del Circolo dei lettori.

I torinesi sono strani; non sono così popolari nel mondo, ma poi quando diventano importanti sembrano quasi volerlo fare di nascosto. C'è una canzone di Venditti in cui si dice che Torino non parla tanto perché sa troppe cose. Forse i torinesi sono un po' così.

Luca Beatrice ha fatto tantissime cose per l'arte, forse avendo meno palcoscenico di molti altri suoi colleghi che, probabilmente, hanno più arte di spendere se stessi. Ci ha lasciato un ricordo bellissimo nella nostra città e ha svolto bene il ruolo di presidente del Circolo dei lettori. Non è mai facile fare bene il presidente del Circolo dei lettori perché abbiamo anche il Salone Internazionale del Libro e da sempre c'è un conflitto tra i due enti. Egli invece lo ha saputo fare con grande intelligenza e capacità di tessere rapporti, che non è mai banale.

Proprio in questi giorni a Torino, con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, stava mettendo in campo una mostra itinerante molto interessante.

Ci mancherà e mancherà a questo Paese che non ha mai troppi figli che si occupano di cultura. Ci uniamo al dolore degli amici e della famiglia per una mancanza così prematura e improvvisa. Ci mancherà tantissimo. (Applausi).

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. Comunico che, nella seduta di domani, alle ore 15,30, avrà luogo un'informativa del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sulla situazione della rete ferroviaria nazionale.

I Gruppi potranno intervenire per cinque minuti.

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di mercoledì 22 gennaio 2025

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, mercoledì 22 gennaio, alle ore 10, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 20,01).

Allegato A

COMUNICAZIONI DEL MINISTRO DELLA DIFESA IN MATERIA DI PROROGA DELL'AUTORIZZAZIONE ALLA CESSIONE DI MEZZI, MATERIALI ED EQUIPAGGIAMENTI MILITARI IN FAVORE DELLE AUTORITÀ GOVERNATIVE DELL'UCRAINA

PROPOSTE DI RISOLUZIONE NN. 1, 2, 3, 4, 5 E 6

(6-00124) n. 1 (21 gennaio 2025)

Patuanelli, Marton, Maiorino, Di Girolamo, Nave, Pirro, Ettore Antonio Licheri.

Preclusa

Il Senato,

            udite le comunicazioni del Ministro della difesa ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200;

        premesso che:

            il decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200, recante «Disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina», in corso di esame al Senato, dispone all'articolo 1 la proroga fino al 31 dicembre 2025, previo atto di indirizzo delle Camere, per l'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina; il decreto-legge n. 200 del 2024 rappresenta la terza proroga della misura descritta;

            l'articolo 2-bis del decreto-legge n. 14 del 2022 ha autorizzato, previo atto di indirizzo delle Camere, la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative ucraine, in deroga alla legge 9 luglio 1990, n. 185, e agli articoli 310 e 311 del Codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 e alle connesse disposizioni attuative, che disciplinano la cessione di materiali di armamento e di materiali non di armamento;

            in attuazione del citato articolo 2-bis, ad oggi, sono stati emanati dieci decreti interministeriali contenenti allegati, considerati "documenti classificati" e illustrati dal Governo in seno al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir);

            la proroga prevista dall'articolo 1 del decreto-legge n. 200 del 2024, dunque, rappresenta la base giuridica necessaria all'ulteriore autorizzazione di cessioni di armamenti alle autorità ucraine;

            preme sottolineare che la succitata legge n. 185 del 1990 prevede alcune fattispecie di divieto relative all'esportazione e all'importazione di materiali di armamento, nonché i requisiti imprescindibili per operare nel settore, disciplinandone nel dettaglio le modalità e le fasi autorizzative;

            in particolare, essa vieta l'autorizzazione ad effettuare le movimentazioni di prodotti per la difesa quando queste contrastino con il principio della Costituzione italiana, che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, di cui all'articolo 11;

            tuttavia, per garantire il diritto alla legittima difesa dell'Ucraina ai sensi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, è stata prevista una deroga a tale fondamentale disposizione di garanzia, considerata l'asimmetria delle forze schierate in campo nella fase iniziale del conflitto;

        considerato che:

            l'aggressione della Federazione Russa nei confronti dell'Ucraina si protrae da quasi tre anni e nel frattempo si è trasformata in una guerra di logoramento che va avanti in una totale assenza di interventi diplomatici al fine di giungere a una soluzione di pace; in tal modo gli interventi a sostegno dell'Ucraina si sono cristallizzati in un mero e continuo invio di armamenti;

            preoccupa la posizione oltranzista dell'Unione europea che sembrerebbe relegare a un ruolo meramente residuale l'azione diplomatica per arrivare a una conclusione delle ostilità; tale posizione è confermata dall'approvazione di una risoluzione del Parlamento europeo, il 28 novembre 2024, con il voto compattamente contrario del Movimento 5 Stelle, in cui viene ribadito - accogliendo con favore la decisione del presidente Joe Biden di consentire a Kiev l'uso di sistemi missilistici su obiettivi militari all'interno del territorio russo - l'impegno militare - anche attraverso la fornitura di aerei e missili a lungo raggio (tra cui missili Taurus e moderni sistemi di difesa aerea, tra cui i Patriot e i Samp/T da parte degli Stati membri dell'UE) - e finanziario con lo 0,25 per cento del PIL, pari a circa 5 miliardi di euro per l'Italia, a favore dell'Ucraina;

            risulta di primaria importanza avviare un concreto piano di pace europeo per l'Ucraina, mai seriamente intrapreso, che preveda uno stop immediato degli attacchi russi e un contemporaneo stop alle forniture di armi occidentali a Kiev, nonché il successivo avvio di un tavolo negoziale permanente in cui le parti, con la mediazione attiva di ONU e UE, lavorino al raggiungimento di un compromesso sulle reciproche garanzie di sicurezza e sul futuro status dei territori occupati;

            alla luce di quanto su esposto,

        impegna il Governo:

                1) a interrompere immediatamente la fornitura di materiali d'armamento alle autorità governative ucraine, ferme restando le misure destinate agli aiuti umanitari;

                2) a relazionare alle Camere i dettagli in merito alle spese sostenute per le cessioni di forniture militari, in particolare con riguardo:

                     a) alla specifica della natura delle somme in entrata, a titolo di rimborso a valere sullo strumento europeo per la pace (European Peace Facility - EPF), derivanti dai decreti interministeriali che definiscono l'elenco dei mezzi, dei materiali e degli equipaggiamenti militari oggetto di cessione all'Ucraina, riassegnate integralmente sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero della difesa;

                     b) alle spese di trasporto del materiale oggetto di cessione a titolo gratuito alle autorità dell'Ucraina, indicando le risorse a legislazione vigente con le quali si provvede a tali spese al fine di confermarne la piena sostenibilità;

                     c) alla eventuale necessità di reintegro delle scorte dei materiali d'armamento e dei relativi costi da sostenere, nel rispetto del principio di trasparenza e del controllo parlamentare;

                3) a voler interpretare l'articolo 1 del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200, nel senso che il Governo comunica preventivamente alle Aule parlamentari in merito a ciascuna autorizzazione relativa all'invio di armi, anche con riferimento al loro potenziale offensivo, procedendo alla declassificazione degli allegati contenenti la lista di armamenti inviati ed eventualmente da inviare e l'eventuale autorizzazione al loro utilizzo in territorio russo, al fine di garantire un ampio coinvolgimento delle Camere in merito;

                4) a ottemperare regolarmente all'obbligo di riferire alle Camere, con cadenza almeno trimestrale, sull'evoluzione della situazione bellica in atto, disposto dal comma 3, dell'articolo 2-bis, del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito con modificazioni dalla legge 5 aprile 2022, n. 28;

                5) a non dare seguito all'invito della risoluzione del Parlamento europeo del 28 novembre 2024, di revocare le restrizioni all'uso dei sistemi d'arma occidentali forniti all'Ucraina contro obiettivi militari sul territorio russo;

                6) a farsi promotore di azioni di moral suasion nei confronti degli altri Stati membri dell'Unione affinché non raccolgano l'invito della suddetta risoluzione del Parlamento europeo circa l'uso da parte dell'Ucraina delle armi fornite dai Paesi occidentali in territorio russo, al fine di scongiurare la preoccupante deriva bellicista delineatasi nell'agenda europea;

                7) a imprimere una concreta svolta per profondere il massimo ed efficace sforzo sul piano diplomatico, in sinergia con gli altri Stati membri, per l'immediata cessazione delle operazioni belliche in territorio ucraino e l'avvio, con iniziative multilaterali o bilaterali, di negoziati utili a una de-escalation militare, per il raggiungimento di una soluzione politica giusta, equilibrata, duratura, adoperandosi da subito per una conferenza di pace da tenersi sotto l'egida delle Nazioni Unite, portando il nostro Paese finalmente a farsi capofila di un percorso di soluzione negoziale del conflitto che non lo impegni in ulteriori forniture di materiali di armamento, per il raggiungimento di una soluzione politica in linea con i principi del diritto internazionale;

                8) ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, volte a una graduale diminuzione delle spese per i sistemi di armamento, che insistono sul bilancio dello Stato, al fine di non distrarre le risorse finanziarie necessarie a sostenere il tessuto sociale ed economico del Paese per garantirne la ripresa e la futura crescita;

                9) a sostenere il costante invio di aiuti umanitari per la popolazione ucraina, nonché il rafforzamento delle misure di accoglienza adottate per le persone in fuga dalla crisi bellica, con particolare attenzione alle esigenze dei soggetti minori, anche al fine di assicurare la tutela dei diritti loro riconosciuti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e alle esigenze dei soggetti più fragili, tra cui donne, anziani e disabili;

                10) ad adottare misure di carattere normativo volte ad introdurre una imposta straordinaria sui cosiddetti extraprofitti netti conseguiti dalle aziende del settore dell'industria della difesa, a seguito del mutato contesto geopolitico internazionale aggravato dal protrarsi del conflitto in Ucraina.

(6-00125) n. 2 (21 gennaio 2025)

De Cristofaro, Cucchi, Aurora Floridia, Magni.

Preclusa

Il Senato,

            udite le comunicazioni del Ministro della difesa ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200;

        premesso che:

            1. il decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200 recante "Disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina", la cui legge di conversione è all'esame del Senato, dispone all'articolo 1 la proroga fino al 31 dicembre 2025, previo atto di indirizzo delle Camere, dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina, di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, nei termini e con le modalità ivi stabilite;

            2. l'articolo 2-bis, del decreto-legge n. 14 del 2022 ha autorizzato, previo atto di indirizzo delle Camere, la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative ucraine, in deroga alla legge 9 luglio 1990, n. 185, e agli articoli 310 e 311 del Codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 e alle connesse disposizioni attuative, che disciplinano la cessione di materiali di armamento;

            3. l'autorizzazione alla cessione, originariamente prevista fino al 31 dicembre 2022, è stata già prorogata, da ultimo, fino al 31 dicembre 2024, dal decreto-legge n. 200 del 2023 (convertito dalla legge n. 12 del 13 febbraio 2024);

            4. il 18 dicembre 2024 il Ministro della difesa è stato audito dal Copasir in riferimento ai contenuti del decimo decreto contenente aiuti militari a Kiev. Anche questa volta, a differenza di altri Paesi, l'elenco è stato secretato "in quanto documento classificato";

            5. la fornitura di equipaggiamento militare all'Ucraina era stata considerata come uno strumento volto a determinare migliori condizioni negoziali: è grave la mancanza di iniziativa, di partecipazione e collaborazione del nostro Paese e dell'Unione europea a qualsiasi percorso negoziale e l'assenza di sforzi volti ad individuare condizioni concrete e realistiche in cui tale negoziato possa aver luogo;

            6. anche l'amministrazione americana uscente pochi giorni fa ha approvato un nuovo pacchetto di aiuti militari. L'obiettivo, concordato con il Gruppo di contatto Ramstein, che riunisce - sotto il coordinamento americano - gli oltre 54 Paesi che sostengono Kiev, è non far guadagnare ulteriori territori alla Russia in vista della possibile apertura di un tavolo delle trattative a seguito dell'insediamento di Trump;

            7. il continuo invio di sistemi di arma si è rivelato inefficace per arrivare a una soluzione di pace o quantomeno per abbassare il livello del conflitto. Servirebbe invece un vero percorso per un cessate il fuoco e un successivo negoziato;

            8. nonostante non sia possibile accertare il numero delle vittime militari, la Russia non fornisce dati e quelli forniti dagli Ucraini sono considerati largamente sottostimasti, centinaia di migliaia sono i deceduti e centinaia di migliaia sono i feriti;

            9. il numero di disertori che si rifiutano di combattere la guerra sia nell'esercito ucraino che in quello russo è in costante aumento ed è necessario fornire la massima tutela a chiunque decida di sottrarsi alla partecipazione al conflitto;

            10. il protrarsi del conflitto in Ucraina sta aumentando il carico di morte, distruzione e sofferenza per le popolazioni civili;

            11. secondo un'analisi pubblicata da Save the Children il 20 novembre 2024, in occasione della giornata mondiale dell'infanzia, da febbraio 2022 ad agosto 2024 ben 516.000 sono i bambini nati in Ucraina dall'inizio della guerra. Sono bambini che vivono in prima linea ogni giorno, esposti ai bombardamenti e ai pericoli fisici ed emotivi che questi comportano. I bambini nati in guerra non dispongono delle cure sanitarie adeguate di cui hanno diritto: mancanza di acqua potabile, supporto nutrizionale (compresa l'interruzione dell'allattamento al seno) e delle cure della prima infanzia;

            12. secondo i dati ACLED (Armed conflict location and event data), dal 24 febbraio 2022 in Ucraina ci sono stati più di 1.000 attacchi contro i civili. Le città sul fronte sono ormai ridotte in macerie e gli allarmi aerei che avvertono l'arrivo di un bombardamento possono ancora suonare più volte al giorno in tutto il Paese, avvertendo i civili della continua minaccia che incombe su di loro. Solo nell'ottobre 2024, la capitale Kiev è stata attaccata 20 volte e nell'ultimo mese l'Ucraina è sotto una pesante campagna di bombardamenti contro le reti energetiche ed infrastrutturali;

            13. gli ultimi dati verificati dalle Nazioni Unite e pubblicati nel report dell'HRMMU (Missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite in Ucraina), rivelano che almeno 2.064 civili sono stati uccisi e 9.089 feriti nel 2024. I numeri sono in aumento rispetto al 2023, quando 1.971 persone sono state uccise e 6.626 ferite, un aumento dovuto in gran parte al maggiore uso di bombe a volo planato da parte della Russia;

            14. secondo un rapporto diffuso l'8 novembre scorso da Eurostat, l'ufficio europeo di statistica, vi sono 4,2 milioni di cittadini fuggiti dall'Ucraina rifugiatisi in Paesi della UE con lo status di protezione temporanea. Quasi il 27 per cento di loro è in Germania (1.129.335), il 23,3 per cento in Polonia (979.835). L' Italia ospita 166.785 persone accolte con questo status. Il 45 per cento dei beneficiari di protezione sono donne, i bambini il 32,3 per cento, gli uomini il 22,7 per cento del totale;

            15. ad ottobre 2024 il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) ha rilasciato un rapporto allarmante, rivelando che la popolazione ucraina è diminuita di circa 10 milioni di persone dal 2014, l'anno d'inizio del conflitto nel Donbass e della occupazione russa della Crimea. Questa riduzione è stata accentuata dalla guerra in corso tra Russia e Ucraina, iniziata nel 2022, che ha portato a una ulteriore perdita di 8 milioni di abitanti nel solo periodo di conflitto;

            16. il Parlamento europeo ha invitato gli Stati membri dell'Unione europea ad aumentare il sostegno a Kiev e a rimuovere le restrizioni sull'uso delle armi fornite contro obiettivi militari in territorio russo, in modo da consentire all'Ucraina di utilizzarle per condurre azioni militari sul territorio russo, con il rischio di un'ulteriore escalation del conflitto che potrebbe derivare dall'uso di armi e missili statunitensi, britannici ed europei per attaccare obiettivi in Russia, che potrebbe portare a un confronto diretto tra l'UE, la NATO e la Russia. Come peraltro già dimostra l'atteggiamento della Russia, considerando che la rimozione delle restrizioni sull'uso delle armi contro obiettivi in territorio russo ha determinato attacchi verso le infrastrutture e i centri abitati ucraini, aumentando le privazioni e le sofferenze dei civili;

            17. ogni guerra moderna è iniziata con l'idea che sarebbe stata breve, ma per quasi tutte purtroppo così non è andata. La guerra si autoalimenta. L'assenza della ricerca di una soluzione politica rischia di indebolire lo stesso Governo ucraino, ora che Donald Trump, che ha già dichiarato che ridurrà gli aiuti a Kiev, si è insediato alla Casa bianca;

            18. le forze russe, intanto, continuano ad avanzare nella regione di Donetsk. Come confermano numerosi istituti di analisi militare, la Russia occupa poco più del 18 per cento dell'Ucraina, comprese la Crimea e le aree di Donetsk e Luhansk che aveva preso prima del 2022. Le unità ucraine sono ampiamente in inferiorità numerica a Est;

            19. continuare a ritenere che una delle due parti possa vincere sul terreno del conflitto alimenta la corsa agli armamenti e fa sì che gli sforzi siano tutti concentrati sull'approvvigionamento militare anziché sulla ricerca di una soluzione politica; il protrarsi del conflitto in Ucraina, nell'assenza di concrete iniziative diplomatiche, è una delle cause che alimenta l'insicurezza e l'instabilità globale;

            20. in questo quadro, un'ulteriore proroga della fornitura di mezzi e materiali di armamento all'esercito ucraino appare una scelta inopportuna e che rischia di indebolire quella auspicabile posizione di supporto negoziale e diplomatico che l'Italia e l'Unione europea nel suo complesso dovrebbero e potrebbero avere;

            21. la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) ha stanziato un importo record di quasi 2,4 miliardi di euro per l'Ucraina nel 2024, dopo i 2,1 miliardi di euro del 2023. Durante la Conferenza sulla ripresa dell'Ucraina 2024, tenutasi a Berlino, si è evidenziato che la Banca europea per gli investimenti nel giugno 2024 quantificava i fondi necessari per la ricostruzione in 1.000 miliardi, tra capitali pubblici e privati. Il 10 e 11 luglio 2025 l'Italia ospiterà a Roma la Conferenza sulla ripresa dell'Ucraina. È essenziale concentrare tutti gli sforzi sulla ricostruzione e sulla rinascita socioeconomica dell'Ucraina piuttosto che sull'invio di nuove armi;

            22. l'Unione europea deve assumere l'onere di una grande iniziativa diplomatica convocando una conferenza multilaterale per la pace e la sicurezza. Infatti l'articolo 21 del Trattato sull'Unione europea definisce il compito di promuovere "soluzioni multilaterali ai problemi comuni, in particolare nell'ambito delle Nazioni Unite", indicando anche l'obiettivo di "preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite, nonché ai principi dell'Atto finale di Helsinki";

            23. in assenza di quella difesa comune tanto auspicata a Ventotene, uno sforzo nella costruzione della pace, anche attraverso l'istituzione di un Corpo civile di pace europeo, potrebbe contribuire a rafforzare un'Europa politica sempre più debole e frammentata,

        impegna il Governo:

            1. a interrompere la cessione di mezzi e materiali d'armamento in favore delle autorità governative dell'Ucraina, sollevando in sede di Consiglio europeo la necessità di interrompere anche il ricorso all'European peace facility a questo fine, concentrando le risorse sull'assistenza umanitaria e sulla ricostruzione dei territori colpiti dal conflitto, anche attraverso il finanziamento dei progetti dei corpi civili di pace;

            2. ad opporsi ad ogni ipotesi di rimozione delle restrizioni sull'uso delle armi donate dai Paesi dell'UE al Governo ucraino;

            3. a promuovere in sede UE e in ogni consesso internazionale un'azione politica e diplomatica che raggiunga l'obiettivo di un immediato cessate il fuoco tra Russia e Ucraina e che costruisca le basi per l'avvio di un processo di pace in un contesto multilaterale in evoluzione, di cui l'Italia e l'Unione europea siano protagonisti, per la risoluzione del conflitto su un terreno non militare;

            4. a coinvolgere le Camere sugli sviluppi della guerra in Ucraina, secondo le modalità di cui al comma 3, dell'articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14 e a trasmettere al Parlamento una informazione trasparente e completa delle forniture militari cedute in favore delle autorità governative dell'Ucraina, come peraltro avviene in molti Paesi dell'Unione europea in cui le informazioni su mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore dell'Ucraina sono rese pubbliche;

            5. a promuovere all'interno delle istituzioni dell'Unione europea l'istituzione di un Corpo civile di pace europeo, che riunisca le competenze degli attori istituzionali e non istituzionali in materia di prevenzione dei conflitti, risoluzione e riconciliazione pacifica dei conflitti;

            6. a rafforzare il sostegno umanitario della popolazione ucraina in loco, nonché a implementare le misure di accoglienza adottate dalle persone in fuga dalla guerra, con particolare attenzione ai soggetti minori;

            7. ad adoperarsi nelle sedi europee e internazionali opportune in favore dei cittadini russi critici verso il Governo e verso la guerra, che hanno subito procedimenti giudiziari arbitrari, lunghe pene detentive, aggressioni violente e altre forme di ritorsione.

(6-00126) n. 3 (21 gennaio 2025)

Enrico Borghi, Renzi, Scalfarotto, Paita, Fregolent, Musolino, Sbrollini.

Preclusa

Il Senato,

        premesso che:

            l'aggressione perpetrata dalla Russia contro l'Ucraina costituisce una grave violazione dei principi fondamentali dell'ordine internazionale, in particolare quelli riguardanti il divieto di uso della forza, il rispetto dell'indipendenza, della sovranità e dell'integrità territoriale degli Stati, riconosciuti dalle leggi e dalle convenzioni internazionali;

            con l'attacco dell'Ucraina, la Russia ha messo a rischio la sicurezza del continente e del globo, destabilizzando le relazioni internazionali e mettendo a repentaglio la stabilità e la pace globale;

            il diritto fondamentale dell'Ucraina a difendersi va tutelato e sostenuto, con l'obiettivo di ristabilire la pace e il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti internazionali;

            in coerenza con questi valori, l'Unione europea ha condannato più volte l'aggressione russa e l'intensificazione degli attacchi contro i civili e le infrastrutture ucraine, confermando il sostegno politico, economico e militare da parte dei Paesi dell'UE per quasi 124 miliardi di euro complessivi;

            il Governo italiano, durante la guida del presidente Draghi, ha immediatamente espresso una netta condanna dell'aggressione russa nei confronti dell'Ucraina, evidenziando un impegno irremovibile verso la solidarietà con il popolo e le istituzioni ucraine ed ha operato in stretta collaborazione con gli alleati europei e della NATO per fronteggiare con prontezza e determinazione sia la crisi militare sia quella umanitaria derivante dall'aggressione;

            gli Stati Uniti d'America, durante l'amministrazione del presidente Joe Biden, si sono fortemente spesi per la causa ucraina deliberando, a più riprese, ingenti pacchetti di aiuti militari, economici e umanitari, dimostrando un coerente e incisivo impegno nella difesa della sovranità nazionale e nella condanna dell'aggressione russa. Tale approccio deciso ha rafforzato l'unità degli alleati della NATO e dell'Unione europea, consolidando una linea comune di opposizione alla Russia;

            l'intensificarsi del conflitto in Ucraina ha portato a catastrofiche conseguenze umanitarie. Secondo i dati dell'ONU più di 12.000 civili sono stati uccisi dall'inizio della guerra. Tale numero include vittime di attacchi diretti su infrastrutture civili, con un recente aumento a causa dell'uso di droni da combattimento;

            il presidente eletto statunitense Trump ha dichiarato la volontà di rivedere l'impegno americano nel sostegno all'Ucraina, muovendo forti critiche sull'entità degli aiuti militari e finanziari forniti a Kiev e sostenendo la necessità di un maggiore contributo europeo e, dunque, italiano;

            tra le intenzioni dichiarate dal presidente eletto, inoltre, vi sarebbe anche quella di avviare negoziati diretti con la Russia per giungere rapidamente a una soluzione del conflitto. Tale approccio ha suscitato interrogativi sulle possibili concessioni che potrebbero essere richieste a Kiev e ai suoi alleati occidentali;

            nei soli mesi di ottobre, novembre e dicembre del 2024 l'offensiva russa ha portato alla conquista, rispettivamente, di 610 chilometri quadrati, 725 chilometri quadrati e 465 chilometri quadrati;

            uno studio indipendente statunitense ha messo in luce come nell'oblast di Kursk e in Ucraina, nel corso del 2024, l'esercito russo ha conquistato oltre 4.000 chilometri quadrati di territori (circa sette volte di più di quelli conquistati nel 2023);

            il conflitto risulta tutt'altro che in una fase di stallo e anche durante i primi giorni dell'anno si sono continuati a registrare attacchi russi. Basti pensare che Kiev ha inaugurato il primo giorno del 2025 subendo un attacco effettuato con 111 droni che hanno colpito anche il distretto di Pechersk, dove è sito il palazzo della presidenza Ucraina;

            la Russia ha ripreso a colpire infrastrutture critiche del settore energetico in diverse regioni dell'Ucraina, incluse aree vicine ai confini con la Polonia, come la regione occidentale di Leopoli. Con l'impiego di una quarantina di missili e oltre 70 droni, l'obiettivo principale sembra essere il settore energetico, includendo impianti del gas e strutture che supportano il normale funzionamento della vita civile, in un contesto aggravato dal pieno inverno;

            l'Italia si è impegnata a fornire sin dallo scoppio del conflitto il proprio supporto affinché siano rispettati il diritto internazionale, l'integrità territoriale ucraina, il principio della sicurezza nucleare, il rilascio dei prigionieri di guerra, l'accesso sicuro ai porti del Mar Nero e del Mar d'Azov anche e, soprattutto, a beneficio della sicurezza alimentare a livello globale;

            la pace richiede il contributo diplomatico di tutti, in particolare delle potenze globali: come ribadito dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, globali sono le responsabilità e le conseguenze dell'aggressione alla legalità internazionale compiuta dalla Federazione Russa;

            in tale contesto, il conflitto richiederà la pronta elaborazione e attivazione di un piano organico di intervento per la ricostruzione o rigenerazione delle infrastrutture strategiche, di ospedali e scuole, nonché il rilancio dei poli produttivi e delle attività economiche, quali pilastri fondamentali per garantire la ripresa e lo sviluppo economico nonché garantire la piena libertà di autodeterminazione del popolo offeso attraverso la creazione di opportunità economiche concrete e la fruizione dei servizi essenziali;

            i conflitti in corso mettono altresì in luce la crescente importanza della difesa delle infrastrutture critiche e, tra queste, la centralità della rete cibernetica quale elemento di tutela dell'indipendenza dei Paesi;

            un sistema di intelligence coordinato ed efficace non solo è fondamentale per monitorare e contrastare sul nascere eventuali azioni belliche ma anche per tutelare il Paese dai cosiddetti attacchi ibridi che spesso usano la leva della disinformazione per destabilizzare dall'interno il tessuto sociale delle nazioni;

            per il nostro Paese, considerata la centralità geografica nell'area mediterranea, risulta fondamentale mantenere un impegno proattivo nella difesa delle infrastrutture strategiche, quali i cavi sottomarini, affermando una crescente centralità per la resilienza delle infrastrutture digitali a tutela della sicurezza nazionale ed europea;

            se anche le nuove dinamiche internazionali e i cambiamenti in corso nella politica americana portano forte incertezza circa la continuità del sostegno all'Ucraina, l'impegno dell'Italia deve rimanere costante e fermo nell'affermare i principi del diritto internazionale e la tutela dell'integrità territoriale e della sovranità ucraina,

       impegna il Governo:

                1) ad operare attivamente per la cessazione immediata delle ostilità, vagliando attraverso ogni canale diplomatico e internazionale la possibilità di accedere ai negoziati per un cessate il fuoco duraturo nonché monitorare l'osservanza di tale eventuale accordo;

                2) a garantire all'Ucraina, anche attraverso la nomina di un inviato speciale per la pace, ogni supporto politico, economico, umanitario, diplomatico, al fine di ripristinare la stabilità e la sicurezza della regione e del continente;

                3) ad affermare il supporto logistico e di approvvigionamenti all'esercito ucraino attraverso la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari all'Ucraina;

                4) a intensificare gli sforzi per fornire assistenza diretta alla popolazione civile colpita dal conflitto, espandendo i programmi di aiuto umanitario per includere cibo, alloggio, cure mediche e supporto psicologico, particolarmente durante i mesi invernali e in aree prossime alla linea del fronte;

                5) ad adottare una strategia di politica estera e di difesa certa, univoca e coerente con la storica posizione dell'Italia;

                6) a consolidare e rafforzare il sostegno all'azione dell'Unione europea e della NATO rispetto alla crisi ucraina, garantendo ogni sostegno utile alla sicurezza e alla stabilità del vecchio continente, perseguendo una strategia di normalizzazione delle tensioni geopolitiche nel preminente interesse dei civili e del Paese;

                7) ad attivarsi tempestivamente nella programmazione degli aiuti - in particolare sul fronte energetico - e della ricostruzione post-bellica dell'Ucraina, con particolare riferimento alle infrastrutture strategiche;

                8) ad adottare le misure idonee per potenziare il coordinamento tra le diverse articolazioni del sistema di intelligence al fine di prevenire e fronteggiare le minacce cibernetiche e le attività di disinformazione ostile;

                9) a sollecitare l'avvio dell'esame del disegno di legge che prevede la «Istituzione dell'Agenzia sulla disinformazione e la sicurezza cognitiva», al fine di dotare l'ordinamento di strumenti adeguati e competenze all'altezza delle sfide poste dai nuovi scenari globali.

(6-00127) n. 4 (21 gennaio 2025)

Boccia, Alfieri, Mirabelli, Nicita, Lorenzin, Zambito, Basso, D'Elia, Zampa, Delrio, Casini, La Marca.

Preclusa

Il Senato,

        premesso che:

            è ribadita la ferma condanna dell'aggressione russa all'Ucraina e il pieno sostegno dell'Unione europea, per tutto il tempo necessario, al diritto naturale di autotutela dell'Ucraina, in linea con l'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite e con il diritto internazionale, per la sua indipendenza, sovranità e integrità territoriale;

            anche l'Unione europea ha costantemente ribadito la ferma condanna dell'aggressione russa e ha riaffermato la propria determinazione a sostenere la difesa, così come la ripresa e la ricostruzione dell'Ucraina, anche nel contesto del processo di allargamento, ed in tale segno è stato elaborato lo Strumento europeo per l'Ucraina, il cui importo complessivo è pari a 50 miliardi di euro per il periodo 2024-2027 per tutti i tipi di sostegno; inoltre, il 21 maggio 2024 il Consiglio ha adottato nuove norme che garantiscono la possibilità di utilizzare le entrate generate dalle attività russe bloccate per contribuire all'autotutela e alla ricostruzione dell'Ucraina;

            l'Unione europea ha già adottato quindici pacchetti di sanzioni europee - mentre un sedicesimo è attualmente in fase di studio - volte a minare la capacità della Russia di portare avanti la sua guerra di aggressione illegale;

            la guerra voluta dalla Russia ha provocato e continua a provocare ingenti perdite umane, sofferenze, distruzioni, nonché consistenti flussi di profughi e una grave emergenza umanitaria: secondo le Nazioni Unite, i recenti attacchi russi alle infrastrutture civili critiche hanno privato decine di migliaia di ucraini dei servizi essenziali e oltre 14,6 milioni di persone, pari a circa il 40 per cento della popolazione ucraina, hanno avuto bisogno di aiuti umanitari nel 2024; la Russia ha di fatto danneggiato o distrutto fino all'80 per cento delle infrastrutture energetiche del Paese, creando di fatto un grave aggravamento della crisi umanitaria durante i mesi invernali e tali attacchi sistematici costituiscono crimini di guerra, ai sensi del diritto internazionale;

        considerando che:

            il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha annunciato che bisogna fare di tutto per porre fine alla guerra nel 2025 attraverso la via diplomatica, ma partendo da un'Ucraina forte;

            sebbene l'Unione europea si sia profusa sin dall'inizio del conflitto per garantire, in un quadro multilaterale, sostegno e solidarietà alla popolazione e alle istituzioni ucraine, gli sforzi compiuti fin qui per la costruzione di una soluzione di pace appaiono ancora insufficienti;

            crediamo convintamente che sia giunto il tempo di un rilancio deciso delle iniziative diplomatiche, di un protagonismo dell'UE che, soprattutto alla luce dell'avvicendamento dell'amministrazione americana, faccia valere il proprio peso nello scacchiere internazionale per il perseguimento di una pace giusta e sicura, nonché per ribadire la difesa dei principi del diritto internazionale;

        considerando che:

            le cessioni di mezzi, materiali e armamenti avvengono a titolo non oneroso per il Governo ucraino ma, al pari di quelle realizzate dagli altri Stati membri, sono parzialmente rimborsate dall'Unione europea attraverso i fondi dello Strumento europeo per la pace (European Peace Facility);

            l'UE e i suoi Stati membri, insieme ai partner internazionali e agli alleati della NATO, continuano a fornire sostegno militare all'Ucraina per assisterla nell'esercizio del suo legittimo diritto all'autodifesa contro la guerra di aggressione della Russia, conformemente all'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite;

            la Russia ha notevolmente aumentato la propria spesa e la propria produzione militare nel 2024 e conta sul sostegno militare di diversi Paesi, principalmente l'Iran, la Corea del Nord, che ha inviato un nutrito contingente di truppe;

            il Parlamento europeo, in data 19 settembre, ha approvato la risoluzione 2024/2799 (RSP) in cui, oltre a riconfermare il sostegno al popolo ucraino, si chiede all'Unione europea di mettere in campo uno sforzo diplomatico per conseguire il più ampio consenso internazionale ad una iniziativa volta ad individuare una soluzione pacifica alla guerra, che deve basarsi sul pieno rispetto dell'indipendenza, della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina, sui principi del diritto internazionale, sull'assunzione di responsabilità per il crimine di aggressione e i crimini di guerra commessi dalla Russia, sui risarcimenti e su altri pagamenti russi per gli ingenti danni causati in Ucraina;

            il Parlamento italiano si è adoperato sin dallo scoppio della guerra, anche nel quadro della cooperazione europea ed internazionale, per assicurare sostegno e solidarietà al popolo ucraino e alle sue istituzioni, attivando, con le modalità più rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie a fornire assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, anche militare, votando a larghissima maggioranza le risoluzioni in materia, a partire dalla risoluzione 6-00207 del 1° marzo 2022 e approvando il decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, nella quale, grazie all'iniziativa del Partito Democratico, è stata introdotta la previsione che obbliga i Ministri della difesa e degli affari esteri e della cooperazione internazionale a riferire alle Camere, con cadenza trimestrale, sull'evoluzione della situazione in atto,

        impegna il Governo:

            a sostenere il ruolo dell'Italia nel percorso diplomatico per un rinnovato, incisivo e decisivo impegno diplomatico e politico dell'Unione europea, in collaborazione con gli alleati, per mettere in campo tutte le iniziative utili al perseguimento di una pace giusta e sicura, anche favorendo le basi per lo svolgimento del secondo vertice per la pace, non lasciando ad altri attori le sorti del nostro continente;

            a sostenere, altresì, la ripresa e la ricostruzione dell'Ucraina, nonché il suo ammodernamento e le opportune riforme nel contesto del processo di adesione all'Unione europea;

            a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessarie, anche al fine di assicurare quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, confermando gli impegni assunti dall'Italia nel quadro dell'azione multilaterale, a partire dall'Unione europea e dall'Alleanza Atlantica, rispetto alla grave, inammissibile ed ingiustificata aggressione russa dell'Ucraina;

            ad adoperarsi in ogni sede internazionale per l'immediato cessate il fuoco e il ritiro di tutte le forze militari russe che illegittimamente occupano il suolo ucraino, ripristinando il rispetto della piena sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina;

            a proseguire l'azione fattiva e costante già svolta dall'Italia per il sostegno della popolazione ucraina in patria, nonché a implementare le misure di accoglienza adottate per le persone in fuga dalla crisi bellica, con particolare attenzione alle esigenze dei soggetti minori;

            ad adoperarsi in sede europea e internazionale per promuovere azioni di solidarietà nei confronti dei cittadini russi perseguitati, arrestati o costretti a fuggire dal Paese per aver protestato contro il regime e contro la guerra.

(6-00128) n. 5 (21 gennaio 2025)

Calenda, Lombardo.

Preclusa

Il Senato della Repubblica,

        premesso che:

            con il "decimo pacchetto" di invio di materiali ed equipaggiamenti militari all'Ucraina, su cui il Ministro della difesa ha riferito il 18 dicembre scorso al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, e che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23 dicembre, il Governo italiano ha confermato il proprio sostegno alla difesa dell'Ucraina dall'aggressione su vasta scala da parte della Federazione Russa;

            secondo i dati più recenti del Kiel Institute, dall'inizio del 2022 al 31 ottobre del 2024 l'Italia, considerando il valore degli aiuti militari in rapporto al PIL, era il venticinquesimo contributore dell'Ucraina e si trovava in una posizione analoga anche rispetto agli aiuti umanitari (ventitreesimo) e finanziari (ventiduesimo);

            sul destino dell'Ucraina incombe la decisione della nuova amministrazione statunitense che, in base alle posizioni rese note dal presidente Trump, prima e dopo la sua elezione, dovrebbe interrompere il sostegno alla difesa militare dell'Ucraina per favorire in questo modo un accordo di pace con la Federazione Russa, che peraltro, come è noto, non si accontenterebbe neppure di una tregua lungo la linea di demarcazione rappresentata dai territori finora occupati;

            l'abbandono dell'Ucraina alla mercé delle truppe di Mosca ovvero un accordo su un piano di pace estorto alle autorità di Kiev, attraverso la minaccia dell'interruzione di qualunque aiuto militare e finanziario, rappresenterebbe da parte dei Paesi europei una scelta moralmente vergognosa e strategicamente autolesionistica perché renderebbe più probabili le provocazioni e gli attacchi militari russi all'interno dei confini orientali dell'UE;

            l'impunità e il premio accordato alla Russia per l'aggressione dell'Ucraina costituirebbe un incentivo all'espansionismo politico-strategico di Mosca e rappresenterebbe un ulteriore fattore di destabilizzazione dell'ordine internazionale;

            peraltro un appeasement con la Russia non sarebbe neppure motivato dalla sua obiettiva e non arginabile supremazia militare, visto che dopo più di mille giorni di guerra la Russia continua a trovarsi in una situazione di grave impasse militare e l'indebolimento della sua posizione è ulteriormente dimostrato dalla sconfitta subita in Siria;

            dopo la prima fase dell'offensiva la Russia era arrivata a occupare quasi il 27 per cento dell'Ucraina, un'estensione pari a quella dell'Italia; al momento, dopo la controffensiva ucraina, questa percentuale è scesa al 18 per cento, un'estensione pari a quella del Portogallo;

            un accordo di pace che non salvaguardasse la libertà, la sicurezza e la piena sovranità politico-territoriale dell'Ucraina, in un quadro di garanzie internazionali certe ed esigibili, comporterebbe in realtà una cronicizzazione del conflitto, vista l'indisponibilità degli ucraini a subire una dominazione russa e l'impossibilità da parte della Russia o di un eventuale Governo ucraino collaborazionista con Mosca di controllare l'intero territorio ucraino;

            un accordo tra Russia e Ucraina non può replicare lo schema del cosiddetto Memorandum di Budapest, sottoscritto nella capitale ungherese da USA, Russia, Regno Unito e Ucraina nel 1994, con cui lo Stato ucraino indipendente da soli tre anni ricevette la garanzia internazionale della libertà politica e integrità territoriale in cambio della consegna del proprio arsenale nucleare alla Russia; quanto fosse puramente formale quella garanzia si scoprì nel 2014, quando la Russia occupò il Donbas e annesse la Crimea senza che per l'Ucraina scattasse alcuna salvaguardia di sicurezza;

            in ogni caso, qualunque tregua o sospensione delle ostilità che non comporti il ripristino della legalità internazionale esigerà la prosecuzione di un approccio finalizzato a isolare politicamente ed economicamente la Russia per deteriorarne il potenziale bellico;

            le operazioni di guerra ibrida condotte ai danni della Georgia, della Moldavia e della Romania hanno semplicemente confermato, se mai ve ne fosse stato bisogno, l'aggressività della Russia e la sua volontà di alterare con la corruzione o con la violenza i processi democratici dei Paesi membri dell'UE o candidati a diventarlo,

        impegna il Governo:

            a continuare a sostenere la difesa della libertà e della sovranità dell'Ucraina entro i confini riconosciuti dal diritto internazionale;

            a rafforzare, attraverso la prosecuzione degli aiuti militari, finanziari e umanitari, l'effettivo potere negoziale dell'Ucraina nelle trattative finalizzate a un'eventuale tregua del conflitto, finora peraltro escluse da parte della Federazione Russa;

            a promuovere la rapida adesione dell'Ucraina all'UE come condizione essenziale per favorirne la stabilizzazione politica ed economica e la ricostruzione materiale;

            a sostenere in sede UE e NATO e presso tutti i Paesi alleati dell'Italia, a partire dagli Stati Uniti, che qualunque accordo riguardante l'Ucraina non può essere realizzato contro le decisioni delle autorità e la volontà della popolazione del Paese e non può essere estorto con la minaccia dell'abbandono degli ucraini all'aggressione militare russa;

            a proseguire nel sostegno alle sanzioni alla Russia e a sollecitare gli Stati membri dell'UE ad adottare misure efficaci per impedirne l'aggiramento da parte delle imprese europee, attraverso il monitoraggio e il blocco delle riesportazioni di beni critici importati da Paesi terzi;

            a consolidare le misure restrittive per rispondere alle azioni di guerra ibrida da parte di entità legate alla Federazione Russa, relative al sistema informativo, ai processi elettorali e al funzionamento delle istituzioni democratiche, nonché alla compromissione dei servizi d'interesse pubblico e delle infrastrutture critiche.

(6-00129) n. 6 (21 gennaio 2025)

Craxi, Terzi Di Sant'Agata, Pucciarelli, Petrenga, Barcaiuolo, Ronzulli, Galliani, Rosso, Lotito, Damiani, Trevisi, Ternullo, Silvestro, Paroli.

Approvata

Il Senato,

            udite le comunicazioni del ministro della difesa Guido Crosetto, rese ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200, recante «Disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina»;

        premesso che:

            lo scorso 10 gennaio 2024 il Parlamento ha impegnato il Governo a continuare a sostenere, coerentemente con quanto concordato in ambito NATO e Unione europea, nonché nei consessi internazionali di cui l'Italia fa parte, le autorità governative dell'Ucraina anche attraverso la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari, così come stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge 21 dicembre 2023, n. 200, che consentano all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione;

            dopo quasi tre anni di conflitto gli attacchi russi continuano a intensificarsi su obiettivi militari e civili, distruggendo le infrastrutture critiche del Paese, energetiche, idriche, sanitarie e dei trasporti, arrecando sofferenze enormi e inaccettabili alla popolazione civile, restituendo agli occhi del mondo intero una Nazione devastata da una guerra di aggressione contro il diritto internazionale e i principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite, martoriata da un numero imponente di vittime civili ed erosa nel proprio tessuto sociale dal quantitativo imponente di profughi in fuga dalla propria vita;

            il supporto alla Federazione Russa proveniente da altri Paesi e il dispiegamento di personale militare della Corea del Nord al fianco delle truppe regolari russe, oltre a far presagire tensioni in altre regioni del mondo e rischi per l'apertura di nuovi teatri di conflitto, configurano un sostegno politico a un'azione compiuta contro l'indipendenza, la sovranità e l'integrità territoriale di una Nazione, minando i principi alla base della pace e della sicurezza internazionali;

            il sostegno all'Ucraina è stato ampio e condiviso in ambito NATO ed europeo, anche attraverso nuove forme di cooperazione fra alleati quali le coalizioni di capacità, di cui l'Italia è parte, incentrate su specifici settori e determinati obiettivi, portando con sé anche un eccezionale dispiegamento di risorse, consapevoli che questa guerra in Europa rappresenta un'aggressione ai nostri valori, alla nostra sicurezza, al nostro modo di concepire i rapporti fra le Nazioni;

            in più di mille giorni di conflitto, attraverso la misura di assistenza all'Ucraina nel quadro dello Strumento europeo per la pace, i Paesi europei hanno sostenuto lo sforzo degli ucraini attraverso forniture e attrezzature militari, ma anche equipaggiamenti, kit di pronto soccorso e carburante;

            nel corso del 2024 al sostegno militare e umanitario, già consolidato, l'Unione europea ha affiancato lo Strumento per l'Ucraina per il periodo dal 2024 al 2027, stanziando un ammontare massimo di 50 miliardi di euro fra sovvenzioni e prestiti, con l'obiettivo di sostenere la stabilità macro-finanziaria, promuovere la ripresa e sostenere le riforme, ricostruendo le infrastrutture danneggiate dalla guerra, rafforzando la sicurezza contro le minacce ibride, potenziando le istituzioni democratiche, favorendo lo sviluppo locale quali investimenti nel futuro dell'Ucraina e segnali tangibili di una prospettiva di pace e sicurezza per il popolo ucraino;

            sono inoltre in campo diverse misure per consentire l'utilizzo delle entrate straordinarie derivanti dagli asset russi bloccati dall'inizio del conflitto, adottando esclusivamente misure che non costituiscano precedenti per scoraggiare in prospettiva lo spostamento di asset verso l'Europa da parte di altri Paesi del mondo, per finanziare la ripresa industriale dell'Ucraina favorendo la cooperazione fra industrie ucraine ed europee, soprattutto attraverso partenariati pubblico-privati;

            su iniziativa del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i leader del G7 hanno ribadito il proprio sostegno a Kiev per tutto il tempo necessario;

            con i decreti-legge nn. 14 e 185 del 2022 e n. 200 del 2023, l'Italia, attraverso il Governo, e con la condivisione del Parlamento, ha sostenuto l'Ucraina, anche militarmente, attraverso dieci cessioni di materiali, mezzi ed equipaggiamenti militari con scopi difensivi e per i quali non si prevede l'uso al di fuori dei confini ucraini internazionalmente riconosciuti;

            è proseguito, in linea con il mandato del Parlamento sulle missioni internazionali, il contributo dell'Italia al rafforzamento della capacità militare delle Forze armate ucraine, nel quadro della missione EUMAM, attraverso attività di formazione specializzata e addestramento, incrementando in tal modo l'efficacia del sostegno militare realizzato attraverso le cessioni;

            il decreto-legge n. 200 del 2024, attualmente all'esame del Senato della Repubblica per la conversione in legge, prevede la proroga fino al 31 dicembre 2025 dell'autorizzazione, previo atto di indirizzo delle Camere, alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative ucraine, nei termini e con le modalità previste dall'articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito con modificazioni dalla legge 5 aprile 2022, n. 28;

            proseguire nel sostegno all'Ucraina rappresenta una priorità e la condizione fondamentale per l'avvio di un processo che possa portare a una pace giusta e aderente al diritto internazionale,

        impegna il Governo:

            1) a continuare a sostenere, in linea con gli impegni assunti e con quanto sarà ulteriormente concordato in ambito NATO e Unione europea, nonché nei consessi internazionali di cui l'Italia fa parte, le autorità governative dell'Ucraina anche attraverso la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari, così come stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200;

            2) a proseguire il ruolo di mediazione dell'Italia, lavorando per una tregua o un cessate il fuoco in Ucraina, che è la strada obbligata per avviare una trattativa di pace riproponendo lo stile di Pratica di Mare, quello del dialogo e della ricerca della pace duratura, creando le condizioni per l'avvio di una conferenza di pace analoga a quella che si è svolta in Svizzera il 15 e il 16 giugno 2024, con la più ampia partecipazione possibile dei maggiori attori internazionali;

            3) a proseguire nel contributo alle iniziative di ricostruzione e sviluppo, nonché di assistenza alla stabilità macro-economica dell'Ucraina, intraprese a livello europeo e nell'ambito delle alleanze internazionali di cui l'Italia fa parte, anche in vista della Conferenza internazionale della ripresa dell'Ucraina che si terrà a Roma il 10-11 luglio 2025;

            4) a continuare a garantire un supporto concreto al popolo ucraino, anche aderendo a iniziative di assistenza umanitaria internazionali;

            5) a perseguire ogni possibilità di cooperazione industriale per soddisfare le esigenze immediate dell'Ucraina, rilanciandone al contempo l'economia devastata dalla guerra e creando efficaci e duraturi legami in termini di catene di approvvigionamento europee e tecnologie avanzate.

________________

N.B. Le proposte di risoluzione si intendono precluse per le parti non assorbite.

DISEGNO DI LEGGE

Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina (1335)

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE

Art. 1.

1. È convertito in legge il decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

ARTICOLO 1 DEL DECRETO-LEGGE

Articolo 1.

(Proroga di termini in materia di cessioni di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari)

1. È prorogata, fino al 31 dicembre 2025, previo atto di indirizzo delle Camere, l'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina, di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, nei termini e con le modalità ivi stabilite.

2. All'attuazione del presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse previste a legislazione vigente.

EMENDAMENTI

1.1

Magni, De Cristofaro, Cucchi, Aurora Floridia

Respinto

Sopprimere l'articolo.

1.2

Marton, Ettore Antonio Licheri

Respinta la parte evidenziata in neretto; preclusa la restante parte

Dopo il comma 1, inserire i seguenti:

          «1-bis. Ai fini di ogni singola autorizzazione di cui al comma 1 concernente l'invio di armi, il Governo rende preventive comunicazioni alle Camere, che si esprimono mediante la votazione di uno specifico atto di indirizzo per ciascuna cessione.

          1-ter. All'elenco dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari, di cui all'articolo 2-bis, comma 2, del decreto legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 42 della legge 3 agosto 2007, n. 124.

          1-quater. L'elenco di cui al comma 1-ter è pubblicato integralmente, unitamente ai decreti del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dell'economia e delle finanze».

1.3

Marton, Ettore Antonio Licheri

Precluso

Dopo il comma 1, inserire i seguenti:

          «1-bis. Ai fini di ogni singola autorizzazione di cui al comma 1 concernente l'invio di armi, il Governo rende preventive comunicazioni alle Camere, che si esprimono mediante la votazione di uno specifico atto di indirizzo per ciascuna cessione.

          1-ter. L'elenco dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari, di cui al comma 2 dell'articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, è consultabile presso la sede del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ai componenti delle commissioni parlamentari competenti per materia che ne facciano richiesta.».

1.4

Marton, Ettore Antonio Licheri

Precluso

Dopo il comma 1, inserire i seguenti:

          «1-bis. Ai fini di ogni singola autorizzazione di cui al comma 1 concernente l'invio di armi, il Governo rende preventive comunicazioni alle Camere, che si esprimono mediante la votazione di uno specifico atto di indirizzo per ciascuna cessione.

          1-ter. L'elenco dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari, di cui al comma 2 dell'articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, è consultabile presso la sede del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ai membri delle Camere che ne facciano richiesta.».

1.5

Marton, Ettore Antonio Licheri

Precluso

Dopo il comma 1, inserire i seguenti:

          «1-bis. Ai fini di ogni singola autorizzazione di cui al comma 1 concernente l'invio di armi, il Governo rende preventive comunicazioni alle Camere, che si esprimono mediante la votazione di uno specifico atto di indirizzo per ciascuna cessione.

          1-ter. L'elenco dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari, di cui al comma 2 dell'articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, è trasmesso alle commissioni parlamentari competenti per materia.».

1.7

Marton, Ettore Antonio Licheri

Precluso

Dopo il comma 1, inserire il seguente:

          «1-bis. Ai fini di ogni singola autorizzazione di cui al comma 1 concernente l'invio di armi, il Governo rende preventive comunicazioni alle Camere, che si esprimono mediante la votazione di uno specifico atto di indirizzo per ciascuna cessione.».

1.6

Marton, Ettore Antonio Licheri

Respinto

Dopo il comma 1, inserire il seguente:

          «1-bis. L'elenco dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari, di cui al comma 2 dell'articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, è consultabile presso la sede del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ai componenti delle commissioni parlamentari competenti per materia che ne facciano richiesta.».

ARTICOLO 2 DEL DECRETO-LEGGE

Articolo 2.

(Entrata in vigore)

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

EMENDAMENTO

2.1

Magni, De Cristofaro, Cucchi, Aurora Floridia

Respinto

Sopprimere l'articolo.

 

 

 

Allegato B

Parere espresso dalla 5ª Commissione permanente sul testo del disegno di legge n. 1335 e sui relativi emendamenti

La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati il disegno di legge in titolo e i relativi emendamenti trasmessi dall'Assemblea, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Alfieri, Barachini, Bongiorno, Borgonzoni, Butti, Calenda, Camusso, Castelli, Cattaneo, De Poli, Durigon, Fazzolari, Garavaglia, Giacobbe, La Pietra, Meloni, Mirabelli, Monti, Morelli, Musolino, Nastri, Ostellari, Rauti, Renzi, Rubbia, Segre, Sisto e Stefani.

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Borghi Claudio, Borghi Enrico, Mieli, Ronzulli e Scarpinato, per attività del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica;

Losacco, Malpezzi e Paroli, per attività dell'Assemblea parlamentare della NATO.

Commissioni permanenti, approvazione di documenti

La 6a Commissione permanente (Finanze e tesoro), nella seduta del 15 gennaio 2025, ha approvato, ai sensi dell'articolo 50, comma 3, del Regolamento, una risoluzione a conclusione dell'esame della proposta di risoluzione n. 7-00016 sul funzionamento del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (Doc. XXIV, n. 22).

Il predetto documento è inviato al Ministro dell'economia e delle finanze e al Ministro delle imprese e del made in Italy.

Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, variazioni nella composizione

Il Presidente del Senato della Repubblica, in data 17 gennaio 2025, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro il senatore Silvio Franceschelli in sostituzione della senatrice Ylenia Zambito, dimissionaria.

Disegni di legge, annunzio di presentazione

Senatore Damiani Dario

Modifiche all'articolo 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, in materia di detrazioni fiscali per spese finalizzate all'adozione di misure antisismiche, al fine di favorire gli interventi di miglioramento e adeguamento sismico degli immobili, compresi quelli a destinazione produttiva o commerciale (1354)

(presentato in data 16/01/2025);

senatore Cantalamessa Gianluca

Disposizioni per la tutela delle situazioni di fragilità sociale nell'ambito dell'attività di demolizione e abbattimento di immobili residenziali abusivi (1355)

(presentato in data 20/01/2025).

Disegni di legge, assegnazione

In sede redigente

1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione

Gov. Meloni-I: Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa Alberti Casellati Maria Elisabetta

Abrogazione di atti normativi prerepubblicani relativi al periodo dal 1861 al 1946 (1314)

previ pareri delle Commissioni 5ª Commissione permanente Programmazione economica, bilancio, Commissione parlamentare questioni regionali

C.1168 approvato in testo unificato dalla Camera dei deputati (T.U. con C.1318, C.1371, C.1452, C.1572)

(assegnato in data 17/01/2025).

In sede referente

1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione

Gov. Meloni-I: Presidente del Consiglio dei ministri Meloni Giorgia, Ministro della giustizia Nordio Carlo

Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare (1353)

previ pareri delle Commissioni 2ª Commissione permanente Giustizia

C.1917 approvato dalla Camera dei deputati (assorbe C.23, C.434, C.806, C.824)

(assegnato in data 20/01/2025).

Governo, trasmissione di atti e documenti

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 17 gennaio 2025, ha inviato, ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni e integrazioni, le comunicazioni concernenti il conferimento o la revoca dei seguenti incarichi:

- al dottor Alessandro Fiore, il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze;

- alla dottoressa Barbara Luisi, la revoca di incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze.

Tali comunicazioni sono depositate presso il Servizio dell'Assemblea, a disposizione degli onorevoli senatori.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera in data 16 gennaio 2025, ha inviato, ai sensi dell'articolo 15, comma 2-ter, del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, la relazione sullo stato di attuazione dei contratti di programma stipulati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con la società Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., aggiornata al 31 dicembre 2023.

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 8a Commissione permanente (Doc. CXCIX-bis, n. 3).

Con lettere in data 20 gennaio 2025, il Ministero dell'interno, in adempimento a quanto previsto dall'articolo 141, comma 6, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ha comunicato gli estremi dei decreti del Presidente della Repubblica concernenti lo scioglimento dei consigli comunali di Borso del Grappa (Treviso), Casavatore (Napoli), Cascinette d'Ivrea (Torino) e Cetraro (Cosenza).

Corte dei conti, trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti

Il Presidente della Sezione del controllo sugli Enti della Corte dei conti, con lettera in data 17 gennaio 2025, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, ha trasmesso la determinazione e la relativa relazione sulla gestione finanziaria dell'Ente di Previdenza e Assistenza Pluricategoriale (EPAP), per l'esercizio 2022.

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 10a Commissione permanente (Doc. XV, n. 339).

Corte dei conti, trasmissione di documentazione. Deferimento

Il Presidente della Corte dei conti, con lettera in data 16 gennaio 2025, ha inviato la relazione, approvata dalla Sezione delle autonomie della Corte stessa con deliberazione n. 1/SEZAUT/2025/FRG, sui controlli interni degli Enti locali, riferita agli anni 2021-2023.

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a e alla 5a Commissione permanente (Atto n. 639).

Il Presidente della Sezione di controllo per gli affari europei e internazionali della Corte dei conti, con lettera in data 15 gennaio 2025, ha inviato la deliberazione n. 2/2025 del 9 gennaio 2025, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione di follow up della deliberazione n. 9/2021, "Audit sulla gestione degli interventi nei casi di inquinamento improvviso nel Mar Adriatico".

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 4a, alla 5a e alla 8a Commissione permanente (Atto n. 640).

Il Presidente della Sezione di controllo per gli affari europei e internazionali della Corte dei conti, con lettera in data 16 gennaio 2025, ha inviato la deliberazione n. 3/2025, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente "Procedure d'infrazione con sanzioni pecuniarie a carico dell'Italia".

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 2a, alla 4a e alla 5a Commissione permanente (Atto n. 641).

Il Presidente della Corte dei conti ha inviato, ai sensi dell'articolo 17, comma 9, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la relazione, approvata dalla Corte stessa a Sezioni riunite con delibera n. 60/SSRRCO/RQ/2024, sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativamente alle leggi pubblicate nel quadrimestre maggio-agosto 2024.

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 5a Commissione permanente (Doc. XLVIII, n. 7).

Mozioni

CALENDA, LOMBARDO, PATTON, SPAGNOLLI, CASINI - Il Senato,

premesso che:

i prezzi medi dell'energia elettrica in borsa in Italia nel 2024 sono stati i più alti dell'Unione europea: il doppio della Francia, il 70 per cento in più della Spagna e il 30 per cento in più della Germania;

al prezzo di borsa dell'energia si aggiungono in bolletta altri oneri, tanto maggiori quanto maggiore è il peso delle fonti intermittenti nel mix elettrico;

l'Italia non è solo il Paese della UE in cui l'energia elettrica costa più cara, ma è anche quello che ne importa di più, 52 terawattora, pari al 17 per cento del fabbisogno e quasi il doppio della Germania, che è il secondo importatore della UE;

il prezzo dell'energia elettrica incide sui bilanci delle famiglie e delle imprese in modo determinante e, per la natura del mercato elettrico e per il ruolo che vi svolge il gas, è particolarmente sensibile anche all'instabilità del contesto geopolitico;

tutto ciò impone, nel medio-lungo periodo, una sfida relativa alla composizione del mix elettrico nazionale, ma esige nell'immediato misure volte a contenere il costo della bolletta elettrica per le imprese, che costituisce uno dei fattori più gravi di deindustrializzazione e perdita di competitività economica;

la misura più utile, nell'immediato, è rappresentata dal disaccoppiamento del prezzo dell'energia elettrica da fonti rinnovabili da quello di borsa, che nel 2024 in Italia è stato fissato dal gas per il 65 per cento delle ore;

le quotazioni del prezzo del gas attese per il 2025 sono tra 45 e 50 euro a megawattora; mentre il prezzo dei diritti di emissione (ETS) dovrebbe attestarsi intorno a 75-80 euro per tonnellata di anidride carbonica; il risultato è che l'energia elettrica prodotta a gas nel 2025 dovrebbe costare intorno a 135 euro per megawattora (due volte e mezza il prezzo medio 2011-2020, pari a 57 euro a megawattora);

il disaccoppiamento può essere realizzato senza necessariamente creare due mercati paralleli, secondo lo schema stabilito durante il Governo Draghi con l'art. 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 (detto "sostegni ter"), che introduceva un meccanismo di remunerazione a due vie per tutti gli impianti rinnovabili di taglia superiore a 20 chilowatt;

in base a detto meccanismo veniva fissato un "prezzo equo" di riferimento per le diverse zone di mercato, la cui media era dell'ordine di 57 euro a megawattora; gli operatori cedevano l'elettricità in borsa al prezzo di mercato, ma dovevano trasferire al GSE quanto incassato in più rispetto al prezzo equo; con le risorse così ricavate il GSE ristorava i consumatori per gli ingenti esborsi dovuti al prezzo del gas, che aveva raggiunto livelli mai visti (sino a 300 euro per megawattora). Gli effetti di questa misura sono cessati a giugno 2023;

con riferimento alla produzione 2024, l'energia elettrica cui applicare il prezzo equo ammonta a circa 100 terawattora; indicizzando per l'inflazione il prezzo equo definito nel 2022, il valore medio sarebbe pari a circa 64 euro per megawattora(anziché 57) e la misura assicurerebbe una riserva presso il GSE, data dalla differenza tra il prezzo di mercato, stimato a 135 euro per megawattora, e prezzo equo, pari a circa 7 miliardi di euro; al GSE andrebbe consentito di cedere l'energia prelevata al prezzo equo attraverso contratti pluriennali di lungo periodo, in modo che ne possano beneficiare consumatori industriali energivori o comunque penalizzati dal caro energia, come ad esempio il settore automotive;

il principio del prezzo equo dovrebbe essere reintrodotto in via stabile e potrebbe essere accompagnato da un incremento della quota delle entrate delle aste ETS destinata alle imprese energivore e da una liberalizzazione delle installazioni di impianti fotovoltaici su coperture per autoconsumo,

impegna il Governo a predisporre le modifiche normative finalizzate:

a) a reintrodurre e stabilizzare il meccanismo di cui all'articolo art. 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, fissando un "prezzo equo" per ogni zona di mercato, pari a quello indicato dal suddetto decreto, indicizzato per l'inflazione e potenziare il ruolo del GSE consentendogli di cedere l'energia prelevata al prezzo equo attraverso contratti pluriennali di lungo periodo;

b) a vincolare al prezzo equo di cui alla lettera a) il rinnovo delle concessioni idroelettriche e geotermiche;

c) ad incrementare la quota di entrate dalle aste ETS, destinata alle imprese energivore soggette a carbon leakage, oggi pari a 600 milioni di euro all'anno a fronte di entrate totali di circa 3,5 miliardi di euro all'anno;

d) a liberalizzare le installazioni di impianti fotovoltaici su coperture per autoconsumo.

(1-00117)

DE CRISTOFARO, CUCCHI, FLORIDIA Aurora, MAGNI, CAMUSSO - Il Senato,

premesso che:

con il dichiarato intento di dare attuazione al disposto del terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, come riformulato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, il 23 marzo 2023 il Governo ha presentato al Senato il disegno di legge AS 615, recante "Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione" (disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, ai sensi dell'articolo 126-bis del Regolamento), approvato dal Senato in data 23 gennaio 2024;

il medesimo testo, assunta la numerazione AC 1665, è stato approvato definitivamente dalla Camera dei deputati in data 19 giugno 2024, firmato dal Presidente della Repubblica e divenuto legge n. 86 del 2024, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 28 giugno 2024, entrata in vigore il 13 luglio 2024;

l'Esecutivo ha impostato l'attuazione del regionalismo differenziato su due distinti piani: il primo concernente il procedimento di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) riguardanti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, e il secondo relativo alla presentazione al Parlamento di un disegno di legge per l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione;

all'art. 3 la legge delega il Governo a adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore, uno o più decreti legislativi per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nelle materie previste dalla Carta costituzionale riformata nel 2001, tra cui i diritti sociali. La norma di delega demanda ai decreti attuativi, inoltre, la determinazione delle procedure e delle modalità operative per il monitoraggio dell'effettiva garanzia in ciascuna Regione dell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni. La stessa disposizione prevede, altresì, che i LEP, tra cui quelli in campo sociale (LEPS), siano periodicamente aggiornati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sui cui relativi schemi sono acquisiti i pareri della Conferenza unificata, nonché delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Nelle more dell'entrata in vigore di questi decreti legislativi, si prevede che continuino ad applicarsi, ai fini della determinazione dei LEP nelle materie suscettibili di autonomia differenziata, le disposizioni previste dalla legge di bilancio per il 2023 (articolo 1, commi da 791 a 801-bis). A tal proposito, per la concreta determinazione dei LEP, la legge di bilancio per il 2023 ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una cabina di regia, presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri e costituita dai Ministri coinvolti nel percorso di realizzazione di tali livelli per i profili di competenza, dai Ministri competenti nelle materie volta per volta chiamate in causa, dai presidenti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, dell'Unione delle Province italiane e dell'Associazione nazionale dei Comuni italiani. A supporto della stessa, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2023 ha istituito il Comitato tecnico scientifico con funzioni istruttorie per l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (detto CLEP), incaricato di fornire supporto alla cabina di regia per le esigenze di studio e approfondimento tecnico delle questioni relative all'attività volta alla determinazione dei LEP;

in precedenza, il 28 febbraio 2018, sono stati sottoscritti con le tre Regioni (Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna) che avevano avviato il percorso per il riconoscimento delle forme di autonomia, tre distinti accordi preliminari che hanno individuato i principi generali, la metodologia e un primo elenco di materie in vista della definizione dell'intesa; in seguito tutte e tre le Regioni con le quali erano state stipulate le cosiddette preintese hanno manifestato al Governo l'intenzione di ampliare il novero delle materie da trasferire: nel dettaglio è stata richiesta la devoluzione rispettivamente di 20, 23 e 16 materie tra quelle indicate nell'art. 117 della Costituzione, tutte di interesse anche nazionale;

da anni sul tema dell'autonomia differenziata si svolge un ampio dibattito, intensificatosi in seguito alla presentazione del disegno di legge al Parlamento. In particolare, prese di posizione di netta contrarietà sono state espresse da realtà sociali, sindacati, associazioni di base nonché da numerose Regioni ed enti locali attraverso atti di indirizzo e di impegno al Governo, a testimonianza dello stato d'allarme e di preoccupazione presente in larga parte della società italiana per le ricadute pregiudizievoli che il disegno di legge governativo presentato, se approvato, rischia oggi di innescare sull'uniformità dei diritti, sull'unità giuridica ed economica della Repubblica, sulla coesione sociale del Paese;

le maggiori criticità riguardano in primo luogo il ruolo del Parlamento, come delineato dal disegno di legge in esame in 1a Commissione, che viene esautorato di fatto e ridotto a mero organo di ratifica delle intese raggiunte tra Governo e Regioni; la mancata gradualità nei tempi e nei contenuti del processo di differenziazione, la mancata delimitazione del perimetro di funzioni differenziabili nell'ambito del novero delle materie incluse fra quelle di cui sarebbe consentito trasferire poteri e risorse alle Regioni richiedenti: tra tutte, in particolare, a destare perplessità sono l'istruzione, la sanità, la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, la protezione civile, la tutela e la sicurezza sul lavoro;

inoltre, in relazione ai profili finanziari, pur avendo genericamente preordinato alla determinazione dei LEP la sottoscrizione delle intese, il disegno di legge sceglie di adottare il criterio della spesa storica: l'articolo 8 in particolare impone l'invarianza finanziaria per il finanziamento dei LEP. Questo significa in sostanza sancire la cristallizzazione delle differenze fra Regioni: sono le stesse relazioni del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri e dell'Ufficio parlamentare di bilancio a evidenziare, insieme a un lungo elenco di criticità, il conflitto tra le richieste di Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna e il rispetto dei principi di eguaglianza, perequazione e solidarietà nazionale sanciti dal nuovo Titolo V della Costituzione;

con riferimento specifico alle Regioni del Mezzogiorno, a questo quadro, si aggiungono i rischi di un congelamento dei divari di spesa pro capite già presenti e di un indebolimento delle politiche nazionali tese alla rimozione dei divari infrastrutturali e di offerta dei servizi;

il 4 luglio 2024, il Comitato per l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni istituito come organo di supporto per accompagnare la riforma ha ricevuto le dimissioni di 4 componenti: con una lettera pubblica indirizzata al Ministro per gli affari regionali e le autonomie e al presidente del comitato Sabino Cassese, gli ex presidenti della Corte costituzionale Giuliano Amato e Franco Gallo, l'ex presidente del Consiglio di Stato Alessandro Pajno e l'ex Ministro per la funzione pubblica Franco Bassanini hanno deciso di dimettersi a causa della persistenza di criticità che comprometterebbero l'esito stesso dei lavori del comitato: la ragione principale della loro decisione sarebbe da ricercare in una contraddizione insita nel meccanismo individuato per garantire la predeterminazione di tutti i LEP relativi all'esercizio di diritti civili e sociali: essendo le risorse disponibili definite dai vincoli di bilancio, è evidente che la determinazione dei LEP richiederà una valutazione complessiva di ciò che il Paese è effettivamente in grado di finanziare, valutazione che non può essere fatta materia per materia, perché ci si troverebbe alla fine nella condizione di non poter finanziare i LEP necessari ad assicurare l'esercizio dei diritti civili e sociali nelle materie lasciate per ultime; inoltre non viene condiviso il ricorso al criterio della spesa storica, che riflette e cristallizza le disuguaglianze territoriali nel godimento dei diritti fondamentali che l'art. 117 della Costituzione mira a superare; in ultimo, si ritengono criticabili le modalità di devoluzione al sottogruppo istituito per l'individuazione dei LEP nelle materie non ricomprese nel perimetro dell'art. 116 della Costituzione: come per gli altri LEP, il risultato sarà di fare una mera opera di ricognizione di quelli già rinvenibili a legislazione vigente; sarebbe stato invece utile, a parere dei componenti dimissionari, proporre alla cabina di regia e, tramite questa, inevitabilmente alla valutazione del Parlamento con riserva di legge, i nuovi LEP necessari per assicurare effettivamente il superamento delle disuguaglianze territoriali nell'esercizio dei diritti civili e sociali: vi sono infatti materie nelle quali il legislatore non ha mai proceduto a determinare i LEP e molte altre nelle quali questa determinazione è stata finora solo parziale;

diversi illustri costituzionalisti auditi nel corso dell'esame del disegno di legge AS 615 hanno sollevato rilievi di incostituzionalità sul provvedimento, che rischia di consolidare le differenze territoriali esistenti se non di aggravarle ulteriormente, privando peraltro il Parlamento del ruolo previsto dall'articolo 117, secondo comma, della Costituzione (competenza legislativa esclusiva) e delle competenze in materia di allocazione delle risorse necessarie per garantire i diritti dei LEP in tutta l'Italia in modo uniforme; espone potenzialmente il Paese a gravi rischi, innanzitutto di tenuta sociale e finanziaria, anche per gli anni successivi, mettendone a rischio lo sviluppo unitario e potendo aggravare in maniera insostenibile il debito pubblico;

il 26 settembre 2024 sono state presentate 1.300.000 firme che chiedono il referendum abrogativo. Su di esso si pronuncerà nelle prossime ore nuovamente la Corte costituzionale;

in seguito all'entrata in vigore del provvedimento, le Regioni Puglia, Toscana, Campania e la Regione autonoma Sardegna hanno impugnato, con ricorsi iscritti, rispettivamente, ai numeri 28, 29, 31 e 30 del registro ricorsi 2024, la legge n. 86 del 2024 nella sua totalità e anche con riferimento a specifiche disposizioni innanzi alla Corte costituzionale;

con sentenza n. 194 del 14 novembre 2024, depositata il 3 dicembre 2024, pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 4 dicembre 2024, n. 49, la Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell'intera legge sull'autonomia differenziata delle Regioni ordinarie, ma ha considerato invece illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo, che per ampiezza e rilevanza di fatto smantellano l'intero impianto legislativo;

secondo il collegio, l'art. 116, terzo comma, della Costituzione (che disciplina l'attribuzione alle Regioni ordinarie di forme e condizioni particolari di autonomia) deve essere interpretato nel contesto della forma di Stato italiana. Essa riconosce, insieme al ruolo fondamentale delle Regioni e alla possibilità che esse ottengano forme particolari di autonomia, i principi dell'unità della Repubblica, della solidarietà tra le Regioni, dell'eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, dell'equilibrio di bilancio. I giudici ritengono che la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, in attuazione dell'art. 116, terzo comma, non debba corrispondere all'esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma debba avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione. A tal fine, è il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e Regioni. In questo quadro, l'autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l'efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini;

la Corte, nell'esaminare i ricorsi delle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, le difese del Presidente del Consiglio dei ministri e gli atti di intervento ad opponendum delle Regioni Lombardia, Piemonte e Veneto, ha ravvisato l'incostituzionalità dei seguenti profili della legge:

a) la possibilità che l'intesa tra lo Stato e la Regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola Regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà;

b) il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento;

c) la previsione che sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri a determinare l'aggiornamento dei LEP;

d) il ricorso alla procedura prevista dalla legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023) per la determinazione dei LEP con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sino all'entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge per definire i LEP;

e) la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l'andamento dello stesso gettito; in base a tale previsione, potrebbero essere premiate proprio le Regioni inefficienti, che, dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all'esercizio delle funzioni trasferite, non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni;

f) la facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le Regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica;

g) l'estensione della legge n. 86 del 2024, e dunque dell'art. 116, terzo comma, della Costituzione alle Regioni a statuto speciale, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali;

la Corte ha inoltre interpretato in modo costituzionalmente orientato altre previsioni della legge:

i) l'iniziativa legislativa relativa alla legge di differenziazione non va intesa come riservata unicamente al Governo;

ii) la legge di differenziazione non è di mera approvazione dell'intesa ("prendere o lasciare"), ma implica il potere di emendamento delle Camere; in tal caso l'intesa potrà essere eventualmente rinegoziata;

iii) la limitazione della necessità di predeterminare i LEP ad alcune materie (distinzione tra "materie LEP" e "materie non LEP") va intesa nel senso che, se il legislatore qualifica una materia come "non LEP", i relativi trasferimenti non potranno riguardare funzioni che attengono a prestazioni concernenti i diritti civili e sociali;

iv) l'individuazione, tramite compartecipazioni al gettito di tributi erariali, delle risorse destinate alle funzioni trasferite dovrà avvenire non sulla base della spesa storica, bensì prendendo a riferimento costi e fabbisogni standard e criteri di efficienza, liberando risorse da mantenere in capo allo Stato per la copertura delle spese che, nonostante la devoluzione, restano comunque a carico dello stesso;

v) la clausola di invarianza finanziaria richiede, oltre a quanto precisato al punto precedente, che, al momento della conclusione dell'intesa e dell'individuazione delle relative risorse, si tenga conto del quadro generale della finanza pubblica, degli andamenti del ciclo economico, del rispetto degli obblighi eurounitari;

ha concluso inoltre la Corte costituzionale sottolineando che spetta al Parlamento, nell'esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall'accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge;

considerato che:

in questo contesto, a fronte dei gravi rilievi di illegittimità riscontrati dalla Corte costituzionale nel testo di legge approvato, dell'ampiezza della declaratoria che colpisce tutti i più importanti punti del provvedimento, tanto da smantellarne di fatto l'impianto, si ritiene che la legge sia divenuta sostanzialmente inapplicabile. Di conseguenza, avviare le negoziazioni tra le Regioni e lo Stato per l'eventuale trasferimento di competenze sarebbe oggi gravemente illegittimo e irrispettoso delle prerogative della Corte costituzionale;

l'approvazione di intese sulla base di una legge dichiarata in grandissima parte illegittima dalla Corte costituzionale rappresenterebbe poi un gravissimo precedente, in grado di mettere in discussione la stessa tenuti dei principi fondanti la democrazia parlamentare;

produrrebbe inoltre risultati contrari a numerosi fondamentali principi costituzionali: prima di tutto la cristallizzazione delle differenze esistenti fra i territori, in aperto ed evidente contrasto con quanto stabilito dall'articolo 5 della Costituzione, laddove è stabilito che la Repubblica è "una e indivisibile"; la violazione dell'articolo 3 della Costituzione, che prescrive il principio di eguaglianza e che impone allo Stato il compito fondamentale di "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese";

le intese illegittime consentirebbero alle Regioni più ricche di trattenere più poteri e risorse per garantire i loro cittadini, mentre i territori più fragili, segnatamente quelli del Mezzogiorno e delle aree periferiche o interne e insulari, avrebbero maggiori difficoltà per riassorbire le diseguaglianze e raggiungere i livelli di sviluppo e di benessere sociale della parte del Paese più ricca;

si accrescerebbero quindi le diseguaglianze e divari territoriali potenzialmente irreversibili, si aprirebbe la strada alle diseguaglianze nei diritti fondamentali su base territoriale, unico discrimine sarebbe la residenza delle persone;

in questo senso, l'unità nazionale non può prescindere dai compiti che i successivi articoli 2, 3, 4 della Costituzione assegnano alla Repubblica: la garanzia dei diritti inviolabili e l'assolvimento dei doveri inderogabili di solidarietà, la rimozione degli ostacoli all'eguaglianza sostanziale di tutti i cittadini. In evidente contraddizione con il testo costituzionale, la legge n. 86 del 2024 prevede un novero di materie delegabili che esorbita dai confini segnati dai principi costituzionali menzionati: la sanità, la scuola, l'università e la ricerca, i beni culturali, l'ambiente e gli ecosistemi, l'organizzazione della giustizia di pace, le politiche attive del lavoro, i trasporti, porti e aeroporti, protezione civile, il governo del territorio, il trattamento dei rifiuti, la produzione, il trasporto e la distribuzione di energia, il sostegno alle attività produttive, la riorganizzazione degli enti locali, e altro;

è quindi evidente come il passaggio alle Regioni finirebbe per tradursi in un inevitabile aggravamento del divario sociale e territoriale, con una lesione diretta dei principi di eguaglianza, solidarietà e democrazia sostanziale,

impegna il Governo ad interrompere senza indugio ogni interlocuzione o negoziato in corso con le Regioni interessate e a non intraprenderne di nuovi, e ad attuare una moratoria delle intese in atto, valutandone comunque gli eventuali effetti applicativi, fino alla compiuta definizione di ogni procedimento attinente alla legittimità della legge n. 86 del 2024 e alla sua eventuale riscrittura ad opera del Parlamento in conformità con la sentenza della Corte costituzionale n. 194 del 14 novembre 2024.

(1-00118)

BOCCIA, MANCA, TAJANI, IRTO, FRANCESCHELLI, LORENZIN, MISIANI, NICITA, BASSO, FINA, MARTELLA, GIACOBBE - Il Senato,

premesso che:

a partire dal mese di gennaio 2025 è previsto un diffuso aumento di tariffe, imposte, tributi e dei prezzi su diversi beni e servizi essenziali, che andranno ad incidere in misura consistente sui bilanci delle famiglie italiane e ad incrementare ulteriormente la pressione fiscale posta a carico dei contribuenti;

sulle buste paga dei lavoratori graverà nei prossimi mesi l'incremento della pressione fiscale locale in conseguenza delle misure introdotte nella legge di bilancio per il 2025, che richiedono agli enti territoriali di adeguare le proprie addizionali sull'IRPEF per mantenere almeno in equilibrio i propri bilanci e per garantire il mantenimento dei servizi in favore dei cittadini residenti nel proprio territorio. In aggiunta, numerosi enti locali, anche in ragione degli ulteriori pesanti tagli subiti in legge di bilancio, hanno già adeguato o si apprestano ad adeguare gli importi dovuti dai cittadini per la TARI;

ad aggravare la situazione di famiglie e imprese concorrono poi diversi aumenti dei prezzi sul fronte dei servizi essenziali, a partire dalle tariffe per l'acqua e per le bollette elettriche e del gas;

per l'anno 2025, secondo quanto emerge dai dati dell'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, gli enti di governo di ambito hanno già provveduto ad approvare consistenti incrementi delle loro tariffe per il servizio idrico per usi civili, che in alcuni ambiti territoriali oltrepassano il 15 per cento rispetto all'anno precedente;

l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente ha annunciato che nel primo trimestre del 2025 è previsto l'aumento della tariffa dell'energia elettrica del 18,2 per cento per circa 3,4 milioni di clienti vulnerabili, ossia per gli anziani sopra i 75 anni, per i disabili, per i percettori di bonus sociale e altre categorie deboli rimasti nel servizio di maggior tutela e che non sono passati al mercato libero. Nel primo trimestre 2025, infatti, il prezzo dell'energia elettrica sarà di 31,28 centesimi di euro per chilowattora a causa degli aumenti di spesa per l'acquisto di energia elettrica e dei costi di dispacciamento. Gravano, poi, sui clienti già nel libero mercato gli eccessivi costi di commercializzazione dell'energia elettrica aggiuntivi al PUN, che portano ad un incremento delle bollette elettriche a livelli insostenibili;

anche il mercato del gas è destinato ad essere ancora molto volatile nei prossimi mesi, quando la domanda salirà per effetto del riempimento degli stoccaggi e dopo i rincari del gas previsti, dovuti principalmente ad una tempesta perfetta che unisce il blocco dei flussi dall'Ucraina, l'interruzione di un impianto di GNL in Norvegia e le temperature più rigide rispetto alla media stagionale. Una tendenza che si segnala in aumento anche per i clienti vulnerabili, come testimoniano i dati recenti dell'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, che segnalano un aumento del 2,5 per cento a dicembre 2024. L'Autorità ha evidenziato come le quotazioni all'ingrosso della materia siano in aumento rispetto a quelle registrate a novembre e il prezzo per i clienti vulnerabili abbia raggiunto i 47,5919 euro a megawattora;

dal 1° gennaio 2025 è scattato un aumento dei pedaggi dell'1,8 per cento su 2.800 chilometri della rete autostradale di competenza di Autostrade per l'Italia e lungo la rete gestita dalla Società concessionaria Salerno-Pompei-Napoli;

le tariffe RC auto continuano a crescere, con ricadute negative in particolare per i guidatori virtuosi. Secondo i più recenti dati, a dicembre 2024, per assicurare un veicolo a quattro ruote in Italia occorrevano, in media, 643,95 euro, vale a dire il 6,19 per cento in più rispetto a dodici mesi prima e nuovi consistenti aumenti sono previsti per l'anno 2025;

sul fronte dei beni di prima necessità, sono previsti significativi incrementi anche dei prezzi dei prodotti alimentari (2,2 per cento in più a dicembre 2024), a partire dai cereali e derivati. Dopo i fortissimi aumenti registrati nel 2023, anche il 2024 ha registrato un significativo incremento che si protrarrà nel 2025, anche in ragione dell'alta domanda globale di riso, grano e mais e soprattutto per i crescenti rischi legati alle condizioni climatiche avverse, che continueranno a influenzare la produzione agricola. Il costo di latte e formaggi potrebbe aumentare ulteriormente a causa della riduzione delle mandrie in alcune regioni europee. Il prezzo delle carni, specialmente quella rossa, si appresta a subire un rialzo legato a costi di produzione più elevati e una crescente domanda nei mercati asiatici. Il prezzo dell'olio extravergine d'oliva, con la siccità che ha colpito pesantemente i Paesi produttori come Italia e Spagna e le basse rese di prodotto finale, continua a salire con un trend in crescita anche per i prossimi mesi;

il caro affitti, in particolare nei maggiori centri urbani e a vocazione turistica, sta diventando una vera e propria emergenza nazionale. Già nel corso del 2024, si è registrato un aumento del prezzo degli affitti generalizzato in tutta Italia, stimato in 10,6 per cento in più con punte ancora più elevate in città come Milano e Roma ed ulteriori incrementi sono attesi nel 2025. Un milione e mezzo di nuclei familiari vive una condizione di disagio abitativo acuto o grave, cioè fatica a pagare l'affitto o le rate del mutuo; almeno 400.000 sono registrati nelle liste di attesa per un alloggio popolare nei Comuni. Ad essere colpiti sono soprattutto famiglie numerose, lavoratori precari, giovani studenti. A determinare l'aumento dei prezzi degli affitti concorre la sempre più diffusa carenza di immobili destinati alla locazione a fini residenziali di lunga durata e l'esponenziale crescita di alloggi destinati alle locazioni brevi per finalità turistiche;

nel 2025 è previsto anche un aumento delle spese scolastiche relative a mense e libri del 3,66 per cento;

dopo alcuni mesi caratterizzati da oscillazioni modeste dei prezzi di listino dei carburanti alla pompa, negli ultimi giorni si assiste ad una nuova fase di consistente incremento dei prezzi dei carburanti, a livelli preoccupanti per imprese e famiglie;

secondo la recente rilevazione di "Quotidiano Energia", alla data del 16 gennaio il prezzo medio in self service della benzina ammonta a 1,824 euro al litro, mentre per il diesel ammonta a 1,731 euro al litro. Sulla rete autostradale, la benzina in self service raggiunge la media di 1,916 euro al litro, mentre per il diesel raggiunge la media di 1,834 euro al litro. In modalità servito, il prezzo medio della benzina supera 1,962 euro al litro, mentre il diesel raggiunge 1,869 euro al litro, mentre sulle tratte autostradali il prezzo medio della benzina è di 2,177 euro al litro e del diesel di 2,102. Su alcune tratte autostradali, si segnalano distributori che hanno già superato la soglia dei 2,4 euro al litro per il rifornimento di benzina;

il dato relativo al costo medio dei carburanti, in assenza di un'inversione della situazione in atto, è destinato a salire ulteriormente nelle prossime settimane;

i recenti aumenti del prezzo di diesel e benzina sono legati a una serie di fattori complessi, tra cui giocano un ruolo importante le tensioni internazionali e le fluttuazioni del mercato. Sul fronte internazionale, il perdurare delle tensioni geopolitiche connesse ai teatri di guerra ancora aperti in Ucraina e in Medio Oriente contribuisce, insieme all'andamento delle quotazioni del petrolio sui mercati internazionali, a mantenere alto il livello medio dei prezzi degli idrocarburi. A queste si aggiunge la diminuzione del traffico nel canale di Suez, con diverse petroliere costrette a deviare verso il capo di Buona Speranza;

una consistente spinta all'incremento dei prezzi dei carburanti viene anche dalle politiche messe in atto dal Governo. L'annuncio nel "piano strutturale di bilancio di medio termine Italia 2025-2029" del riallineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina, nell'ambito del riordino delle spese fiscali, a cui ha fatto seguito l'annuncio nei giorni scorsi del graduale aumento di un punto percentuale delle aliquote di accisa sul diesel, per recuperare maggiori risorse fino a complessivi 600 milioni di euro nei prossimi anni da destinare alla copertura finanziaria del rinnovo dei contratti nel settore trasporto, è da molti considerato uno dei fattori determinanti del recente incremento dei prezzi dei carburanti alla pompa. In tale contesto, colpisce la distanza tra gli annunci di azzeramento delle accise sui carburanti in campagna elettorale e i risultati concreti che il Governo si accinge a produrre. L'Italia si posiziona tra i Paesi con il carico fiscale più elevato sui prezzi dei carburanti e, in ragione di tali interventi, rischia di peggiorare ulteriormente la situazione a discapito di famiglie ed imprese;

il decreto-legge n. 5 del 2023, adottato nel 2024 dal Governo come misura urgente per contenere in via risolutiva l'incremento dei prezzi dei carburanti alla pompa, non ha prodotto i risultati attesi per i limiti di contenuto e per la scarsa efficacia delle norme introdotte a fronte dell'andamento dei prezzi in aumento, a partire dall'inefficace obbligo per gli esercenti di attività di vendita al pubblico di carburante per autotrazione di esporre in modo evidente i cartelloni con i prezzi medi giornalieri di riferimento;

nel frattempo nessuna misura è stata adottata per fronteggiare i rincari in atto, con il rischio concreto che si innesti un effetto domino con rincari a cascata su altri beni di consumo, in primis sui prodotti agroalimentari;

considerato che:

l'ISTAT in data 7 gennaio 2025 ha pubblicato la statistica flash sui prezzi al consumo, evidenziando che nel mese di dicembre 2024 l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento dell'1,3 per cento su base annua;

in tale contesto, i maggiori incrementi rispetto all'anno precedente per divisione di spesa hanno riguardato, fra gli altri, l'istruzione, con una variazione media del 2,9 per cento, i prodotti alimentari (2,4 per cento in più), i servizi sanitari e spese per la salute (1,5 per cento in più), l'abbigliamento (1,2 per cento in più); in termini tendenziali, l'indice NIC dei prezzi al consumo per tipologia di prodotto ha fatto registrare, fra gli altri, un incremento su base annua (dicembre 2024 su dicembre 2023) del 12,7 per cento dei beni energetici regolamentati, del 2,3 per cento dei beni alimentari non lavorati, del 3,6 per cento dei servizi di trasporto, del 2,5 per cento dei servizi relativi all'abitazione;

i dati del conto trimestrale dei settori istituzionali pubblicato da ISTAT, del 3 gennaio 2025, evidenziano che la propensione al risparmio delle famiglie diminuisce congiunturalmente dello 0,8 per cento, in gran parte per compensare la perdita di potere d'acquisto. I consumi delle famiglie crescono a ritmo ancora troppo lento e proprio il calo della propensione al risparmio rispetto al trimestre precedente è dovuto agli effetti dell'onda lunga dei rincari che spinge gli italiani a utilizzare i risparmi per mantenere i consumi inalterati. Nel 2025 è atteso un aggravio generale, su base annua, di oltre mille euro a famiglia, con una pressione fiscale al 40,5 per cento, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente;

la manovra economica da poco varata non ha tenuto conto dei suddetti andamenti dei prezzi e non ha previsto misure o iniziative incisive per contrastare il caro prezzi e per sostenere le famiglie,

impegna il Governo:

1) ad escludere, nell'ambito del riordino delle spese fiscali, il riallineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina, al fine di neutralizzare ogni possibile impatto degli aumenti sull'autotrasporto, sul trasporto pubblico, sui lavori pubblici e sul comparto agricolo;

2) ad adottare, con urgenza, tutte le misure necessarie per contenere ed invertire il trend di incremento di tariffe, pedaggi e tributi, nonché dei prezzi su diversi beni e servizi essenziali, al fine di salvaguardare i bilanci delle famiglie italiane e delle imprese ed evitare nei prossimi mesi la caduta dei consumi;

3) ad attivarsi affinché, in accordo con le rispettive autorità di riferimento di ciascun settore, siano predisposti specifici interventi finalizzati a correggere tutti i fattori che concorrono all'incremento ingiustificato di aumenti dei prezzi, a partire dalle tariffe per l'acqua e per le bollette elettriche e del gas;

4) ad adottare appositi interventi finalizzati ad evitare il previsto aumento, a partire dal 1° gennaio 2025, della tariffa dell'energia elettrica del 18,2 per cento per circa 3,4 milioni di clienti domestici vulnerabili, ossia per gli anziani over 75, per i disabili, per i percettori di bonus sociale e altre categorie deboli rimasti nel servizio di maggior tutela e che non sono passati al mercato libero; in tale contesto a prevedere che l'acquirente unico possa svolgere attività di vendita di energia elettrica nei confronti dei clienti vulnerabili a prezzi calmierati; a dare seguito alla riforma degli oneri di sistema su beni energetici eliminando voci obsolete e spostandone altre sulla fiscalità generale;

5) ad adottare misure di sostegno in favore delle imprese manifatturiere, già gravate da 22 mesi consecutivi di riduzione della produzione, e delle imprese del settore agricolo a fronte dell'incremento dei costi di approvvigionamento di carburanti, energia elettrica e gas, a partire dalla riduzione degli oneri di sistema e dal riconoscimento di un contributo straordinario, sottoforma di credito d'imposta, in favore delle imprese, ivi comprese quelle agricole;

6) ad adottare misure urgenti al fine di calmierare ed invertire il trend in aumento dei prezzi dei carburanti e per evitare che gli effetti negativi di tali incrementi si riflettano sugli altri beni di consumo, a partire dai prodotti agroalimentari. In tale ambito, ad adottare misure condivise con la filiera della distribuzione dei carburanti e le associazioni di rappresentanza degli esercenti l'attività di vendita al pubblico di carburanti per automazione, finalizzate alla riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti; ad attivarsi per garantire almeno nei confronti delle imprese una riduzione delle accise sui carburanti, in misura tale da compensare l'incremento dei costi di rifornimento di carburanti alla pompa sostenuti nell'esercizio della propria attività;

7) a prevedere misure urgenti volte ad invertire il trend di incremento dei prezzi sui generi alimentari e di largo consumo, a partire dai prodotti agroalimentari maggiormente esposti agli incrementi quali cereali e derivati, riso, grano e mais, latte e formaggi, carni, olio ed ortaggi; in tale ambito a rafforzare le misure volte a garantire una maggiore remunerazione per le imprese del settore agricolo a fronte del gap esistente tra prezzi loro riconosciuti e quelli di vendita ai consumatori.

(1-00119)

CATTANEO, UNTERBERGER, SPAGNOLLI, DURNWALDER, PATTON - Il Senato,

premesso che:

l'Italia, con 99 ricercatori ogni 100.000 abitanti, è al quartultimo posto in Europa e ben al di sotto della media europea, pari a circa 143;

la ricerca pubblica e privata e lo sviluppo in Italia beneficiano di un finanziamento che è pari al 1,47 per cento del PIL, percentuale che ci colloca nel ranking dei Paesi OCSE al 15º posto;

il personale impiegato in Italia nel settore della ricerca, rapportato a mille unità di forza lavoro, è di 13,5 unità, di cui 6 unità sono ricercatori: in sostanza, ogni mille lavoratori, solo 6 sono quindi ricercatori puri, mentre gli altri sono personale di supporto alla ricerca;

l'Italia contribuisce al finanziamento europeo alla ricerca per il 12,3 per cento e soltanto l'8,8 per cento rientra attraverso la vincita di progetti ai bandi europei competitivi. Al contrario, Paesi come i Paesi Bassi, che contribuiscono per il 4 per cento, riescono a vincere finanziamenti per l'8,8 per cento, quindi i Paesi Bassi spendono uno e ne "recuperano" 2,13, mentre in Italia rientra solo lo 0,71 per cento di quello che si investe come Paese;

i fondi annuali per il finanziamento ordinario delle università (FFO) e degli enti pubblici di ricerca in Italia coprono esclusivamente i costi strutturali e di personale, pertanto la ricerca di tali enti non gode di un budget certo e stabilito a priori, ma sono i ricercatori che partecipano a bandi competitivi (nazionali e internazionali) a reperire i fondi necessari alle loro ricerche;

ad esempio, un progetto di ricerca in ambito biomedico può necessitare, in media, di 150-200.000 euro all'anno (incluso il costo del personale) e richiede da tre a sei anni di investimento continuativo;

il finanziamento diffuso per la ricerca pubblica di base, in ambito umanistico e scientifico, del Paese è affidato dal 2007 ai bandi per i PRIN (progetti di rilevante interesse nazionale), emanati dal Ministero dell'università (fino al 2020 MIUR) e finanziati tramite le risorse del "fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST)";

dal 2007 ad oggi, i bandi PRIN hanno avuto un andamento discontinuo, sia riguardo alle scadenze, sia riguardo agli importi stanziati: a titolo esemplificativo, negli anni 2013, 2014, 2016, 2018, 2019 e 2021, non vi sono stati bandi e, in alcuni anni, il totale delle risorse disponibili per tutti gli ambiti disciplinari ammontava, ad esempio, a 100 milioni nel 2010, 39 milioni nel 2012, 92 milioni nel 2015;

gli ultimi bandi per i PRIN emanati dal Ministero risalgono al febbraio 2022 (somma stanziata pari a 749 milioni di euro) e al novembre 2022 (bando finanziato con i fondi PNRR per una somma pari a 420 milioni);

il Ministero dell'università, in data 4 ottobre 2024, ha comunicato agli uffici ricerca delle università italiane di aver deliberato il cosiddetto "scorrimento" delle graduatorie finali delle proposte approvate nell'ambito del bando PRIN 2022 (con l'avviso n. 1401 del 18 settembre 2024 e con il decreto dirigenziale n. 17430 del 20 settembre 2024), una procedura che ha permesso quindi il recupero di progetti di ricerca risultati esclusi dal finanziamento 30 mesi prima;

la dotazione finanziaria per tale "scorrimento", per un totale di 67.555.098,50 euro (di cui 526.652,96 euro destinati alle attività di valutazione e monitoraggio), è data dalla somma di 50.000.000 euro provenienti dal "finanziamento aggiuntivo FIRST-PRIN" nell'anno 2023, previsto dal decreto ministeriale n. 164 del 28 febbraio 2019 di riparto delle somme assegnate dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e 17.555.098,50 euro previsti dal decreto ministeriale n. 452 dell'8 maggio 2023 di ripartizione delle risorse FIRST per l'anno finanziario 2023 per interventi di supporto alla ricerca fondamentale nell'ambito degli atenei e degli enti pubblici di ricerca afferenti al Ministero;

tuttavia, trascorsi 30 mesi dalla presentazione, i progetti risultati idonei non vincitori del bando PRIN 2022 hanno un'altissima probabilità di essere divenuti obsoleti o di aver trovato altri canali di finanziamento, configurando anche il rischio di un doppio finanziamento, mentre, a causa di questa decisione, a nuovi progetti e nuovi ricercatori è stato precluso l'accesso competitivo alle risorse pubbliche;

per il 2025 non sono attualmente previsti bandi PRIN, il che si traduce nell'impossibilità per i ricercatori di progettare e competere per il prosieguo delle ricerche già in corso, causando quindi l'interruzione di queste ultime;

nel 2021, è stato istituito il FIS (fondo italiano per la scienza), per promuovere lo sviluppo della ricerca fondamentale, con il proposito dichiarato di emulare e seguire le modalità consolidate a livello europeo sul modello del finanziamento alla ricerca dello European research council (ERC);

la dotazione iniziale del bando FIS 1, emanato nel 2021, è stata di 50 milioni di euro e quella del bando FIS 2, pubblicato nel 2023 e riferito alle due annualità 2022 e 2023, è stata (come da decreto direttoriale del Ministero n. 1236 del 1° agosto 2023) di 338 milioni di euro;

i bandi ERC hanno tempistiche annuali "a data fissa" di apertura e chiusura, con le valutazioni che procedono per fasi di cui i candidati vengono informati con un scadenzario (timeframe) pubblicato sul sito ERC all'apertura della call, e che si concludono entro tempistiche note e certe: ad esempio, chi partecipa ai bandi "Synergy grant" sa che la procedura annuale sarà scandita secondo queste tempistiche: i) sottomissione progetto a novembre, ii) a marzo esito della prima valutazione, iii) a luglio esito secondo step di valutazione, iv) seconda settimana di settembre, eventuale, valutazione finale con colloquio in presenza a Bruxelles, v) entro metà ottobre esito finale;

diversamente, i bandi FIS, che vorrebbero emulare i bandi dell'ERC, non prevedono date certe per la pubblicazione dei risultati delle valutazioni. Ad esempio, sono trascorsi 18 mesi per il bando FIS 1 e 11-13 mesi (a seconda del settore) per il bando FIS 2 dalla chiusura dell'applicazione: queste tempistiche fanno sì che nel frattempo i progetti possano risultare superati e obsoleti;

nel novembre 2024, i ricercatori in attesa da quasi un anno della pubblicazione dei risultati del bando FIS 2 si sono trovati di fronte all'apertura del bando FIS 3 e alla possibilità di partecipare, senza sapere se, nel frattempo, avessero vinto il FIS 2 o se avrebbero avuto l'esito del FIS 2 prima della scadenza per la sottomissione al bando FIS 3, dovendo dunque prepararsi ad investire tempo, fatica, ore di lavoro nella predisposizione di un progetto che, nel caso fossero poi risultati vincitori del FIS 2, sarebbe risultato decaduto;

le valutazioni dei progetti FIS non hanno nulla a che vedere con le procedure di valutazione ERC, bensì si riducono a una sola riga, se non addirittura a una sola parola o al solo numero di punteggio per il progetto e al solo numero di punteggio per il curriculum, senza alcun tipo di commento, impedendo così al ricercatore interessato di comprendere le criticità del suo progetto ed eventualmente risolverle. Si tratta di una procedura in antitesi con quanto avviene con l'ERC, che assicura invece a ciascuno valutazioni approfondite ed elaborate, poiché ogni progetto viene scrutinato da 5-10 valutatori, ognuno dei quali elabora valutazioni nell'ordine di 1-3 pagine. In altre parole l'ERC riconosce al ricercatore il diritto di conoscere le ragioni per le quali il suo progetto è stato scartato (o approvato) così da poterlo migliorare: è infatti onere del soggetto finanziatore rendere noti i motivi delle approvazioni o delle bocciature nell'ambito di procedure che assegnano risorse pubbliche;

il tasso di successo dei bandi FIS, a titolo di esempio, nella classifica "Advanced" delle macroaree LS (life sciences) e PE (physics and engineering), è appena, rispettivamente, del 2,21 per cento (7 progetti finanziati su 316 presentati) e del 2,94 per cento (6 progetti finanziati su 204 presentati), e un tasso di successo così basso, dando luogo ad un nefasto "effetto lotteria" nella percezione della comunità scientifica interessata, rende anche amministrativamente irragionevole e oltremodo dispendioso il grande investimento di tempo e risorse pubbliche per la partecipazione di centinaia di studiosi e la messa in campo delle deboli procedure di valutazione oggi in uso;

in Italia, ad oggi, non esiste una fonte certa di finanziamento della ricerca competitiva, né bandi per il 2025 su cui i ricercatori del Paese possano fare affidamento, questo nonostante la certezza temporale dei bandi e la stabilità di finanziamento siano elementi essenziali ad ogni politica per la ricerca di una nazione ad economia avanzata;

le procedure di valutazione descritte risultano estremamente disomogenee e, spesso, poco comprensibili ai destinatari di tali valutazioni, rendendo il Paese poco affidabile agli occhi della comunità scientifica nazionale e internazionale, incentivando la fuga di tanti giovani promettenti formati negli atenei italiani e scoraggiando l'ingresso di giovani talenti dall'estero;

la paralisi e l'inadeguatezza delle valutazioni sulle tante linee di finanziamento messe in campo dal Ministero dell'università è indice di un sistema ingolfato, improvvisato, costantemente sottodimensionato rispetto alle funzioni che dovrebbe assolvere con efficienza e puntualità, e di un'incapacità di attenzione strutturale alla ricerca che va al di là dei singoli governi;

la Strategia italiana in materia di ricerca fondamentale, elaborata nel 2022 dal tavolo tecnico del Ministero, istituito dall'allora ministra Cristina Messa, concludeva che fosse necessario aumentare la spesa totale per i progetti di rilevante interesse nazionale (PRIN), distribuendola costantemente nel tempo e che "per raggiungere una percentuale di successo del 25-30%, indispensabile per mantenere attiva la rete di ricerca nazionale, sarebbe necessaria una spesa totale di circa 2,8 miliardi nell'arco di 5 anni";

altresì, i componenti del tavolo tecnico, nella Strategia per la ricerca fondamentale citata, concludevano essere "indispensabile realizzare procedure con cadenze regolari accompagnate da valutazioni rigorose e limitando gli adempimenti burocratici" e "auspicabile la creazione di una struttura dedicata con personale specializzato che garantisca, oltre a una adeguata gestione dei processi e alla valutazione ex-ante dei progetti, una puntuale valutazione ex-post dei risultati ad oggi mancante";

tale struttura in tutti i Paesi dello spazio comune europeo (Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria, Belgio, Portogallo, Grecia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania, Croazia, Serbia, Bulgaria, Romania, Norvegia, Regno Unito, Svizzera, Turchia) assume la forma di una "agenzia nazionale per la ricerca", e l'Italia è l'unica, oltre a Lussemburgo, Malta e Montenegro, a non esserne dotata;

in un Paese a noi comparabile per dimensioni e ordinamento, quale la Francia, l'Agence nationale de la recherche (ANR), istituita nel 2005 con una dotazione iniziale di 350 milioni di euro, nel 2023 ha gestito un budget totale di 1,2 miliardi di euro, di cui 758 milioni destinati al finanziamento diffuso di 1.640 progetti (comprendenti l'intero panorama disciplinare in ambito umanistico e scientifico con la sola eccezione della tematica su HIV finanziato attraverso altro ente e canale) con un tasso di successo complessivo del 24,3 per cento, e il resto allocato su bandi specifici per il potenziamento della partecipazione dei ricercatori e degli enti pubblici di ricerca francesi ai bandi europei;

senza la capacità di gestione di risorse, bandi e valutazioni simile almeno alla ANR francese, non vi è alcuna possibilità che il Paese possa aumentare la propria competitività e attrattività nel settore della ricerca pubblica mondiale, in quanto privo di solidi programmi nazionali attraverso i quali crescere la competenza e la competizione degli studiosi italiani;

nell'audizione del 22 novembre 2022, dinanzi alle Commissioni cultura riunite di Camera e Senato sulle linee programmatiche del Dicastero dell'università, la ministra Bernini ha richiamato la citata Strategia italiana in materia di ricerca fondamentale come segue: "Serve programmare per tempo 'l'uscita dal PNRR' e trovare spazio nel bilancio ordinario per dare continuità a politiche di investimento sul capitale umano. È una logica ben illustrata dal 'Tavolo tecnico per la Strategia italiana in tema di ricerca fondamentale', che mostra l'aumento delle risorse complessive, grazie al PNRR, insieme all'esigenza di un'attenzione stabile e strutturale";

la ministra Bernini, commentando le prospettive della ricerca post PNRR, nel suo intervento al simposio su "Ricerca pubblica e il futuro dell'Italia. Stato presente e sviluppi di lungo periodo", organizzato il 4 luglio 2023 presso l'Accademia dei Lincei, ha osservato che i 9 miliardi di euro ricevuti col PNRR da spendersi in un quinquiennio, in assenza di una programmazione pluriennale di spesa, sono da considerarsi "doping", e ha specificato la necessità di una programmazione di lungo periodo "che si basi su una analisi multifattoriale e di integrazione dei diversi stakeholder del sistema ricerca - istituti di ricerca, imprese, istituzioni, Università etc. - con l'obiettivo di stabilizzare il valore di Ricerca e sviluppo allo 0,70 - 0,75 per cento del Pil, a partire dal 2027 e nonostante la fine dei finanziamenti del PNRR";

la legge 30 dicembre 2024, n. 207 (legge di bilancio per il 2025), ha previsto all'articolo 1, commi 579-580, nello stato di previsione del Ministero dell'università, l'istituzione di un fondo da 150 milioni di euro all'anno per il 2027 e il 2028, finalizzato al cofinanziamento dei centri di ricerca nazionali e dei partenariati estesi nati con il PNRR, nonché delle iniziative di ricerca in ambito sanitario e assistenziale del piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC);

il cofinanziamento è condizionato al rispetto degli obiettivi stabiliti dai seguenti indicatori chiave di prestazione: a) affidabilità, intesa come la capacità di coordinare e realizzare progetti complessi secondo la tempistica e le modalità definite in fase di presentazione, b) impatto economico e sostenibilità, intesa come la capacità di attrarre risorse dall'esterno, per rendere sostenibile, almeno in termini di cofinanziamento, l'attività anche al termine del periodo di attuazione del PNRR, c) impatto sulla società, intesa come la capacità di avere impatto sulla comunità scientifica e sulle comunità socio-economiche di riferimento, anche mediante nuove forme organizzative e il coinvolgimento di attori pubblici e privati oltre quelli iniziali, d) impatto sulle politiche di riferimento, intesa come la capacità di fornire indicazioni, attraverso la redazione di libri bianchi o l'elaborazione di proposte di politiche da adottare nei rispettivi ambiti, finalizzate al superamento delle criticità, tenuto conto della sostenibilità politica delle stesse, e) impatto sulle strutture comuni (building capacity), intesa come la capacità di creare infrastrutture e laboratori ovvero servizi per la ricerca applicata in modalità partecipata, anche in sinergia con le imprese, nonché di creare valore mediante l'innovazione e la proprietà intellettuale;

si prevede che tali obiettivi saranno definiti (attraverso specifici indicatori di prestazione) dal Ministero dell'università in uno specifico decreto ministeriale che, di fatto, determinerà in concreto il futuro, ancorché temporaneo, dei 5 centri nazionali e dei 14 partenariati estesi individuati e finanziati col PNRR;

i 5 centri nazionali, selezionati nel giugno 2022 su 5 proposte presentate sono: 1) National centre for HPC, big data and quantum computing, con sede hub a Casalecchio di Reno (Bologna) e un finanziamento concesso di 319.938.979,26 euro; 2) National research centre for agricultural technologies (Agritech), con sede hub a Napoli e un finanziamento concesso di 320.070.095,5 euro; 3) Sustainable mobility center (Centro nazionale per la mobilità sostenibile, CNMS), con sede hub a Milano e un finanziamento di 319.922.088,03 euro; 4) National biodiversity future center (NBFC), con sede hub a Palermo e un finanziamento di 320.026.665,79 euro; 5) National center for gene therapy and drugs based on RNA technology, con sede hub Padova e un finanziamento di 320.036.606,03 euro;

il 3 agosto 2022, il Ministero ha selezionato i 14 grandi partenariati estesi (su 24 candidature arrivate);

fin dal marzo 2021, nell'articolo de "la Repubblica" intitolato "No all'oligarchia della ricerca", a firma della presente prima proponente, si segnalava in riferimento al PNRR come "tra le cose da non fare con le risorse in arrivo dall'Europa c'è la creazione di 'oligarchie della conoscenza' o nuovi centri privilegiati, in nome di una filosofia elitaria, 'estrattiva' e non 'inclusiva', della ricerca con il rischio concreto che si radichi una visione della ricerca che accentra risorse, usa i fondi pubblici per intestarsi competenze e idee sviluppate altrove, si autoproclama eccellente, rifuggendo ogni competizione ad armi pari. Una visione lontana dal metodo della scienza oltre che dai valori della nostra Costituzione";

nello stesso articolo, si sottolineava come "i nuovi enti andrebbero ad aggiungersi a un sistema pubblico della ricerca che può contare (tra Università, Ospedali di ricerca (IRCCS), Enti pubblici di ricerca vigilati dai Ministeri, ndr) su ben 135 soggetti che già perseguono l'obiettivo di creare nuove conoscenze utili alla crescita di individui, imprese e territori" e si esprimeva la preoccupazione che "anche qualora questa infornata di nuovi enti fosse originata da analogie con modelli esteri (ad esempio il Fraunhofer tedesco), non si può seriamente auspicare che la politica indirizzi il futuro della nostra ricerca in questa direzione senza un'analisi di ciò che già esiste, senza solidi argomenti circa necessità, previsione di produttività e sostenibilità anche post-2026, reale trasferibilità di governance e procedure";

i rischi paventati nel 2021 potrebbero concretizzarsi brutalmente oggi, qualora il decreto che adotterà il Ministero in forza dell'articolo 1, comma 580, della legge di bilancio n. 207 del 2024, finisse per consentire la distribuzione delle risorse del fondo "post PNRR" a tutti i soggetti esistenti, anziché porre centri nazionali e partenariati estesi in una condizione di valutazione stringente che, rispetto ai risultati indicati, veda sia soggetti meritevoli della prosecuzione del finanziamento ed altri soccombenti;

diversamente, specialmente in assenza di altri bandi pubblici programmati recanti risorse di libero accesso su base competitiva ai tutti i ricercatori del Paese, si favorirebbe un canale di finanziamento ad una rete previlegiata di ricercatori a scapito di altri, senza alcuna significatività scientifica acclarata;

le criticità della ricerca pubblica italiana, sommatesi nel tempo, necessitano di una pluralità di interventi che non possono non declinarsi a partire dall'adozione tempestiva, da parte di un Governo, di qualsiasi orientamento politico, che voglia concretamente accrescere la competitività del Paese, di tutte le politiche necessarie a sanare l'anomalia italiana in tema di programmazione, gestione, erogazione di risorse pubbliche messe a bando, di valutazione, programmazione e pianificazione pluriennale della spesa, da anni note agli operatori del settore e in tanta parte ricapitolate e riassunte nel documento citato, elaborato dal tavolo tecnico per la Strategia italiana in tema di ricerca fondamentale. Il documento rimane un punto di riferimento, specie in ordine alla quantificazione reale delle risorse necessarie al sistema della ricerca pubblica italiana per sopravvivere e non vanificare totalmente la straordinarietà delle risorse del PNRR,

impegna il Governo:

1) a disporre che il fondo FIRST sia stabilmente finanziato, senza soluzione di continuità, affinché possano essere previsti annualmente bandi PRIN non inferiori a 350 milioni di euro, secondo tempistiche certe e note per tempo e garantendo trasparenza e accuratezza di valutazione dei progetti e in ordine all'erogazione delle risorse;

2) a far sì che gli indicatori chiave di prestazione, che saranno individuati dal decreto ministeriale che adotterà il Ministero, ai sensi dell'articolo 1, comma 580, della legge di bilancio n. 207 del 2024, siano rigorosi e oggettivi, al fine di consentire una selezione reale di quei centri nazionali e di quei Pprtenariati che, in questi anni, meglio abbiano utilizzato e valorizzato le risorse ricevute, con una reale prospettiva di sostenibilità propria;

3) a istituire, presso il Ministero della università e della ricerca, una commissione di esperti di chiara fama nell'ambito delle politiche della ricerca che, entro 3 mesi dalla sua istituzione, elabori una proposta operativa per la creazione della struttura (auspicata nella Strategia per la ricerca fondamentale) che mimi o funga da "agenzia della ricerca" dedicata a gestire le procedure di valutazione (terze e indipendenti sia dall'accademia italiana, sia dal decisore politico) nell'ambito delle numerose linee di finanziamento della ricerca pubblica italiana, facendo tesoro dei modelli organizzativi e operativi diffusi da tempo in pressoché tutti gli Stati europei.

(1-00120)

PAROLI, GASPARRI, ROSSO, ZANETTIN, SILVESTRO, DAMIANI, TERNULLO, TREVISI - Il Senato,

premesso che:

secondo le ultime rilevazioni di Terna, nel 2024 i consumi elettrici italiani sono aumentati del 2,2 per cento rispetto al 2023. Lo scorso anno le fonti rinnovabili hanno registrato il dato più alto di sempre di copertura della domanda, pari al 41,2 per cento (rispetto al 37,1 per cento del 2023). Il valore è in aumento grazie al contributo positivo, in particolare, della produzione idroelettrica e fotovoltaica;

pertanto, la produzione di energia idroelettrica rappresenta una delle più importanti fonti di energia rinnovabile e programmabile, e svolge un ruolo strategico per garantire l'indipendenza e la sicurezza energetica nazionale;

l'Italia presenta una durata massima delle concessioni idroelettriche (40 anni) tra le più basse d'Europa e in alcuni Stati (Finlandia, Regno Unito, Norvegia, Svezia) le concessioni hanno durata illimitata;

l'Italia, inoltre, è uno dei pochi Paesi europei ad aver fatto ricorso a meccanismi di gara per le assegnazioni e i rinnovi delle concessioni, operando in un contesto europeo di non reciprocità, laddove altri Stati hanno prolungato la durata delle concessioni ovvero si sono opposti all'apertura del mercato in considerazione del fatto che l'acqua è una risorsa limitata e, pertanto, non soggetta alla direttiva sulla liberalizzazione del mercato elettrico;

considerato che:

nello svolgimento delle prime gare, oltre a numerosi e articolati ricorsi proposti da diversi soggetti per oggettive criticità delle discipline di gara, si è manifestato il forte interesse di operatori europei ed extraeuropei, con il rischio elevato che l'Italia possa perdere un asset strategico per la competitività industriale e tecnologica del Paese;

è fondamentale garantire una ripartenza degli investimenti per la manutenzione e l'ammodernamento delle centrali idroelettriche, con evidenti ricadute benefiche in termini non solo di produzione energetica, ma anche di tutela del territorio;

è evidente, pertanto, l'esigenza di introdurre dei meccanismi di prolungamento delle concessioni atti a favorire gli investimenti, attraverso la valorizzazione delle concessioni in essere; infatti, all'avvicinarsi della data di scadenza delle concessioni idroelettriche, di solito i titolari si limitano agli investimenti conservativi; al contrario, una rideterminazione della durata delle concessioni garantirebbe un dispiegamento notevole di investimenti per interventi di manutenzione straordinaria, al fine di incrementare la capacità produttiva e di stoccaggio, oltre a una maggiore efficienza delle infrastrutture e una migliore conservazione dei volumi di invaso;

l'aumento della produzione idroelettrica connessa ai nuovi investimenti consentirebbe di incrementare la copertura del fabbisogno energetico con fonti rinnovabili, ridurre le emissioni inquinanti e accrescere l'indipendenza energetica del Paese,

impegna il Governo ad avviare in Europa tutte le opportune interlocuzioni al fine di tutelare la filiera italiana dell'idroelettrico, anche attraverso la possibilità di una rimodulazione delle concessioni in essere a fronte di piani di investimento che garantirebbero importanti ricadute positive sia in chiave energetica che ambientale per il nostro Paese, eliminando in tal modo le asimmetrie normative di gestione degli asset energetici tra i diversi Stati membri.

(1-00121)

PATUANELLI, MAIORINO, DI GIROLAMO, NAVE, PIRRO, ALOISIO, BEVILACQUA, BILOTTI, CASTELLONE, CATALDI, CROATTI, DAMANTE, FLORIDIA Barbara, GAUDIANO, GUIDOLIN, LICHERI Ettore Antonio, LICHERI Sabrina, LOPREIATO, LOREFICE, MARTON, MAZZELLA, NATURALE, PIRONDINI, SCARPINATO, SIRONI, TURCO - Il Senato,

premesso che, con decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 2022, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, la senatrice Daniela Garnero Santanchè è stata nominata Ministro del turismo e, sulla base dell'articolo 93 della Costituzione e ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, prima di assumere le funzioni, ha prestato giuramento di fedeltà alla Repubblica, impegnandosi ad osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e ad "esercitare le funzioni nell'interesse esclusivo della nazione";

considerato che:

il turismo, settore chiave per l'economia e per l'immagine dell'Italia nel mondo, non può continuare ad essere affidato ad una persona che ormai da troppo tempo risulta citata a vario titolo in vicende di carattere civile, fallimentare, fiscale o, potenzialmente, persino di rilievo penale, vicende che si stanno accumulando in modo preoccupante ed i cui sviluppi nel tempo stanno arrecando notevoli danni all'immagine del Paese, come dimostra, da ultimo, la notizia di stampa circa il suo rinvio a giudizio per irregolarità nel bilancio della Visibilia, una delle società del gruppo da lei fondato e dal quale ha successivamente dismesso le cariche;

a partire dall'autunno 2022, infatti, la ministra Santanchè è stata oggetto di numerose inchieste giornalistiche e della magistratura riguardanti svariate e complesse situazioni delle società a lei riconducibili. In ragione dell'emergere progressivo di tali vicende, la Ministra è stata chiamata a riferire in Senato nella seduta del 5 luglio 2023, che ha avuto luogo dopo reiterate richieste da parte delle opposizioni e forti pressioni della sua stessa maggioranza. Già in quella sede i parziali chiarimenti resi dalla Ministra sono apparsi insufficienti a fugare i dubbi sull'opportunità della sua permanenza al Governo e sono stati successivamente smentiti sia dalle verifiche svolte dai giornalisti autori delle inchieste sia, oggi con tutta evidenza, dalle indagini svolte dalla magistratura;

il susseguirsi di notizie circa l'apertura di nuove indagini ha indotto il gruppo Movimento 5 Stelle a presentare una mozione di sfiducia individuale sia al Senato (1-00062) che alla Camera dei deputati (1-00164), discusse e respinte rispettivamente il 26 luglio 2023 e il 4 aprile 2024. L'evolversi delle vicende, culminate nel rinvio a giudizio, non ha tuttavia indotto la Ministra ad una riflessione sulla propria situazione istituzionale;

nell'ambito della discussione della mozione, svolta in Senato il 26 luglio 2023, la Ministra, più che rispondere esaustivamente nel merito, aveva preferito dedicare buona parte del tempo ad accusare la testata giornalistica che per prima ha riportato la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati. Ha inoltre aggiungo la sua "difficoltà a comprendere come si possa promuovere sulla base di elementi di un'inchiesta pseudo-giornalistica, una mozione di sfiducia individuale che non ha come oggetto il mio operato da Ministro della Repubblica, o l'eventuale violazione di obblighi costituzionali o di legge nell'attività posta in essere dal mio Dicastero e che, soprattutto, ha per oggetto dei fatti che, se verranno evidenziati, sono antecedenti al mio giuramento da Ministro";

occorre evidentemente ribadire come a nulla rilevi il fatto che le indagini e le vicende riguardanti la Ministra non riguardino le sue funzioni ministeriali. Ciò non solo perché le mozioni di sfiducia sono atti politici e non sono limitabili ai soli casi di reati ministeriali, come i precedenti attestano, quanto piuttosto perché a detta di molti commentatori è parso emergere un modello imprenditoriale incline a considerare le regole del mercato e quelle relative ai diritti sindacali e previdenziali come orpelli o impacci;

rilevato che:

è di pochi giorni fa la notizia, diffusa dalla stampa, del rinvio a giudizio per irregolarità contabili nell'ambito della gestione del bilancio delle società del gruppo Visibilia, in cui la Ministra ha ricoperto cariche fino al 2021: si tratterebbe del primo procedimento che arriva ad una svolta di tipo processuale nella lista di filoni di indagine che hanno interessato la Ministra. Ella risulterebbe ancora indagata per truffa aggravata all'INPS per presunte irregolarità nella percezione di fondi per la cassa integrazione in deroga COVID-19 e per l'ipotesi di bancarotta nel fallimento di Ki group. A ciò va aggiunto un provvedimento del tribunale fallimentare di Milano che ha disposto la liquidazione giudiziale per Bioera, di cui è stata presidente fino al 2021;

già nel luglio 2023 appariva insostenibile che la Ministra eludesse le richieste di chiarimenti in Parlamento affermando il piano esclusivamente giornalistico dei fatti contestati. Ad oggi qualsiasi atto diverso dalle dimissioni risulterebbe ancor più illogico alla luce del rinvio a giudizio e di quanto emerso circa i vari procedimenti giudiziari, di natura e gravità delle più varie, di cui si è resa protagonista. Appare assolutamente inopportuno che un Ministro in carica debba dividere il proprio tempo tra il dicastero cui è preposto e le aule processuali per un tempo indefinito;

si è di fronte ad un insieme di condotte che, a prescindere da ogni rilievo penale, appaiono sempre più incompatibili con il mantenimento del compito di Ministro della Repubblica, tanto più nel momento in cui si vanta un ruolo attivo nell'imprenditoria del Paese e si riveste una funzione pubblica così rilevante per il tessuto produttivo. Ferme restando le eventuali responsabilità personali che verranno accertate nelle sedi opportune, la credibilità della ministra Santanchè appare fortemente compromessa e le ultime notizie pongono un ulteriore pregiudizio sulla sua idoneità a continuare a svolgere serenamente le delicate funzioni alle quali è chiamata;

l'articolo 54, secondo comma, della Costituzione recita solennemente che "I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge". Tale disposizione individua una sorta di "dovere di fedeltà qualificata" gravante sui pubblici ufficiali, rispetto a quella prevista al primo comma per la generalità dei cittadini. Una fedeltà poi ulteriormente rafforzata dall'obbligo di prestare giuramento, che non è però esteso a tutti coloro cui sono affidate funzioni pubbliche ma sussiste solo nei casi espressamente previsti dalla legge. Si tratta di giuramento avente natura promissoria, cioè di una promessa per il futuro mediante la quale il giurante, con un'apposita dichiarazione unilaterale di volontà espressa mediante un'apposita formula rituale, si impegna a vincolare il proprio comportamento al rispetto dei doveri derivanti dalla Costituzione e dalle leggi. Il giuramento, soprattutto in relazione ai titolari di organi politici e costituzionali, introdurrebbe un vincolo ulteriore e diverso dall'obbligo di osservanza della Costituzione e delle leggi e comunque dai richiamati doveri di disciplina ed onore; tale vincolo concernerebbe il rispetto di quelle regole di correttezza costituzionale che opererebbe proprio nella sfera morale;

la situazione soggettiva della Ministra del turismo, alla luce della pluralità dei fatti emersi, esporrebbe il sistema Paese a situazioni perniciose derivanti dai rischi di un'inopportuna commistione di interessi pubblici e privati, finendo col danneggiare il settore al quale ella è stata preposta, alla luce del fatto che la Ministra non ha sinora ritenuto di mostrare la sensibilità politica di lasciare l'incarico volontariamente. È a questo punto imprescindibile che l'immagine del nostro Paese e le sue istituzioni siano salvaguardate, nel loro prestigio e nella loro dignità, oltre che nella loro piena funzionalità, anche attraverso il doveroso principio di "onorabilità" per coloro cui sono affidate funzioni pubbliche. Ne consegue, se dovesse persistere l'incauta decisione di lasciare esposto il Ministero del turismo alle imprevedibili evoluzioni delle vicende personali in cui è coinvolta la persona che lo occupa, la responsabilità politica anche del Presidente del Consiglio dei ministri, che, ai sensi dell'articolo 95 della Costituzione, dirige la politica generale del Governo;

visto l'articolo 94 della Costituzione e visto l'articolo 161 del Regolamento del Senato della Repubblica,

esprime la propria sfiducia alla Ministra del turismo, senatrice Daniela Garnero Santanchè, e la impegna a rassegnare le proprie dimissioni.

(1-00122)

Interrogazioni

ZAFFINI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che:

la riforma della struttura territoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha previsto, in Umbria, la riduzione dei tre uffici dirigenziali ad oggi operanti in un unico ufficio dogane accise e monopoli, con conseguente accentramento delle funzioni e delle attività presso la direzione interregionale di Firenze, ivi trasferendo il rilascio delle autorizzazioni che, storicamente e per importanza strategica, hanno sempre qualificato il ruolo dei servizi doganali per l'economia territoriale in materia di dogane, accise e giochi;

una tale riduzione del presidio di prossimità verso l'utenza e verso il tessuto economico e imprenditoriale del territorio danneggia gravemente la regione umbra, ledendo anche l'efficacia dell'azione di garanzia di legalità e di contrasto agli illeciti;

considerato che:

in Umbria hanno sede ben 15 società qualificate come "operatore economico autorizzato" (AEO), alcune delle quali quotate alla borsa di Milano, ben 111 luoghi autorizzati presso i quali i funzionari possono sdoganare velocemente le merci a chilometro zero, registrando un traffico import-export pari, nel 2023, a oltre 1,6 miliardi di euro dichiarati presso gli uffici doganali di Perugia e Terni;

presso l'aeroporto internazionale "San Francesco di Assisi", unico punto di confine nazionale nella regione, l'ufficio doganale di riferimento ha fronteggiato il notevole incremento di traffico, passato da 369.222 transiti del 2022 a 532.474 del 2023, con riscontri positivi nel contrasto al trasporto di merci contraffatte in favore del made in Italy, procedendo al sequestro di prodotti agroalimentari potenzialmente dannosi per la salute pubblica, di sigarette e tabacco sfuso di contrabbando, di sostanze stupefacenti e di denaro oltre soglia;

la riorganizzazione, considerato il prevedibile incremento di movimentazione che l'aeroporto registrerà con l'anno giubilare, comporterà un'inevitabile riduzione dei servizi per l'utenza nonché di efficacia dell'azione di presidio della legalità;

gli uffici di Perugia e Terni hanno provveduto ad accertare oltre 45,6 milioni di euro di versamenti all'erario, erogando rimborsi per oltre 32 milioni di euro in favore di autotrasportatori, famiglie residenti in zone montane e degli altri soggetti destinatari a fronte di oltre 5.000 dichiarazioni, e gestito anche 1.080 licenze per tabacchi e prodotti da inalazione, tre depositi fiscali e le relative autorizzazioni;

nella regione sono, inoltre, presenti 2 sale bingo, oltre 70 sale videolottery e circa 3.000 slot machine per un totale di circa 5.000 apparecchi da gioco e oltre 100 punti scommesse;

in Umbria, solo nell'ultimo triennio, è stata realizzata una piastra logistica nell'alto Tevere e programmata con i fondi PNRR la realizzazione del raccordo ferroviario per il raggiungimento della piastra logistica di Terni-Narni, un'infrastruttura in grado di assolvere a funzioni di retroporto di Civitavecchia: situazione, questa, di grande interesse per il settore produttivo atteso che l'export umbro si attesta a 5,5 miliardi di euro con uno sfruttabile stimato in 4,3 miliardi di euro, di cui 3,2 verso mercati avanzati e 1,1 verso quegli emergenti;

tale ultimo intervento, insieme ad altre opere tese a limitare i fattori di isolamento della regione "cuore verde d'Italia", si inserisce a vantaggio di quelle imprese che ricadono nel cratere del sisma 2016-2017 e nella fascia olivata Assisi-Spoleto, tra le principali attività del settore agroalimentare, candidata a patrimonio UNESCO;

considerato, altresì, che:

appaiono dunque discutibili le scelte assunte dalla direzione generale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli che declassa e depotenzia il proprio assetto in Umbria;

sarebbe opportuno valutare adeguatamente l'importanza a livello nazionale delle strutture industriali situate nelle due province: a Terni si trova infatti una delle acciaierie più importanti d'Europa, a Perugia si trovano industrie del settore aeronautico, meccanotecnico, tessile, della filiera olearia e una distilleria;

il nuovo assetto organizzativo avrebbe ripercussioni sul positivo trend che ha visto le imprese umbre espletare le pratiche doganali direttamente in regione, decongestionando così porti e aeroporti nazionali, come dimostra il flusso delle dichiarazioni doganali passate da circa 23.000 del 2019 a oltre 32.000 nel 2023,

si chiede di sapere quale sia il parere del Ministro in indirizzo in merito ai fatti esposti e quali iniziative intenda adottare in merito alle decisioni assunte dai vertici dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, che determineranno un evidente depotenziamento degli uffici dogane e monopoli dell'Umbria.

(3-01614)

(già 4-01741)

GASPARRI, DAMIANI, DE ROSA, FAZZONE, GALLIANI, LOTITO, PAROLI, OCCHIUTO, RONZULLI, ROSSO, SILVESTRO, TERNULLO, TREVISI, ZANETTIN - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:

nel corso delle manifestazioni svoltesi a Roma, a Torino e a Bologna giovedì 9 e sabato 11 gennaio 2025, per chiedere giustizia per Ramy Elgaml (il diciannovenne egiziano del quartiere Corvetto di Milano, morto lo scorso 24 novembre in scooter durante un inseguimento con i carabinieri nel capoluogo lombardo), almeno 100 giovani hanno assalito la polizia con bombe carta, fumogeni e lanci di bottiglie. Durante gli scontri sono stati feriti 9 agenti a Roma, 5 a Torino e 10 a Bologna;

di particolare gravità è stato l'assalto contro il reparto mobile nella zona San Lorenzo a Roma, nel corso del quale i manifestanti hanno rovesciato alcuni cassonetti e campane per la raccolta del vetro e sono avanzati verso le forze dell'ordine lanciando fumogeni e bombe carta, una delle quali è esplosa sul volto di un poliziotto, causandone il ferimento, mentre a Bologna si sono registrati tafferugli nei pressi degli uffici della comunità ebraica, con atti vandalici e minacce contro la sinagoga;

tali ennesimi, deprecabili episodi di disordine sono ben distanti dal diritto di libertà di manifestare, l'esercizio del quale non può e non deve giustificare atti di violenza, aggressioni, devastazioni e resistenza alle forze dell'ordine, chiamate a svolgere il proprio dovere per tutelare e garantire la sicurezza dei cittadini e dei luoghi;

in molti casi vengono posti in atto da parte dei manifestanti veri e propri atti che, oltre a mettere a rischio l'incolumità degli agenti, rappresentano un evidente attacco alle istituzioni democratiche e appare evidente che una rete di sedicenti antagonisti alimenta questi scontri di piazza;

sia il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che il suo consigliere per la sicurezza, Franco Gabrielli, sono stati smentiti, nei loro precipitosi giudizi sull'inseguimento da parte della pattuglia dell'Arma, dalla Procura di Milano che ha definito regolare l'azione dei carabinieri in servizio, che non avrebbero violato alcuna procedura prevista;

nel 2024 in Italia si sono svolte più di 12.000 manifestazioni di piazza, in 322 casi si sono registrate delle criticità e si sono avuti complessivamente 273 feriti tra gli appartenenti alle forze dell'ordine;

è quindi necessario condannare con fermezza ogni episodio di violenza e fare in modo che le forze di polizia possano operare a tutela della libertà di manifestazione, ma garantendo l'ordine pubblico, in condizioni di sicurezza, legittimati da tutte le istituzioni a svolgere il proprio importante e fondamentale lavoro,

si chiede di sapere:

se siano stati individuati tutti i responsabili dei disordini verificatisi delle manifestazioni citate e quali provvedimenti si stiano adottando nei loro confronti;

in considerazione del reiterarsi e dell'aumento di episodi di violenza e di delinquenza che si verificano nel corso di manifestazioni, se e quali iniziative urgenti il Ministro in indirizzo intenda intraprendere;

quali misure intenda adottare per garantire il pieno rispetto e l'incolumità delle forze dell'ordine e dei cittadini e al fine di evitare con fermezza che simili episodi abbiano ancora a verificarsi nel corso di manifestazioni analoghe e, con riferimento ai fatti di Bologna, anche nel rispetto delle sensibilità e dei diritti altrui, compresi i simboli religiosi.

(3-01615)

LOREFICE - Al Ministro delle imprese e del made in Italy. - Premesso che:

dalla joint venture tra ENEL e Sharp nasceva nel 2010, nella cosiddetta "Etna Valley", la 3Sun Gigafactory di Catania, destinata a diventare il fiore all'occhiello per quanto attiene alla produzione di pannelli fotovoltaici in Europa con obiettivi ambiziosi in termini di produzione e occupazione;

nel periodo 2011-2015, la fabbrica ha beneficiato di ingenti finanziamenti europei, pari a 27 milioni di Fondi europei di sviluppo regionale (FESR) per l'installazione di un impianto per la produzione di celle fotovoltaiche a film sottile utilizzando la tecnologia multi-giunzione;

dal 2015 ENEL ha rilevato il 100 per cento delle quote della fabbrica;

nel 2019 inizia la produzione in serie dei pannelli bifacciali a eterogiunzione (HJT);

nell'aprile 2022 ENEL Green Power e la Commissione europea firmano un accordo di finanziamento agevolato a fondo perduto, nell'ambito del primo bando del Fondo europeo per l'innovazione per progetti su larga scala che, a dire di ENEL Green Power, avrebbe dovuto "contribuire alla realizzazione della Gigafactory per la produzione di moduli fotovoltaici innovativi, sostenibili e ad alte prestazioni presso la fabbrica 3Sun". Ancora, sempre secondo ENEL, la fabbrica avrebbe avuto un aumento della produzione di 15 volte fino ad arrivare a 3GW all'anno, con positive ricadute occupazionali interne e nell'indotto con la creazione di 1.000 posti di lavoro entro la fine del 2024;

a dispetto di quanto annunciato da ENEL, pochi sono stati i pannelli prodotti dalla fabbrica, mentre molte sono state le inaugurazioni o le "sfilate" di esponenti politici presso la stessa: il 6 febbraio 2023, il ministro Urso inaugurava, per la quarta volta, la fabbrica a seguito dell'annunciato inizio della produzione industriale dei pannelli bifacciali con un ritardo di un anno; il 3 febbraio 2024, il Presidente del Consiglio dei ministri si recava in visita alla fabbrica in occasione dell'aggiudicazione di un corposo finanziamento della Banca europea per gli investimenti di 560 milioni di euro, cui vanno aggiunti 89,5 milioni di euro di fondi PNRR relativi alla Missione M2C2 Investimento 5.1 "Rinnovabili e batterie" - sub-investimento 5.1.1 "Tecnologia PV"; il 12 febbraio 2024 il ministro Urso si recava nuovamente in visita presso lo stabilimento insieme al Presidente della Regione Renato Schifani;

ad oggi, tuttavia, a quanto risulta all'interrogante, la produzione procede a rilento e le stesse celle, che avrebbero dovuto essere prodotte in Italia, sono in realtà di importazione, con grave nocumento non solo per l'economia locale, ma per quella italiana ed europea;

lo sviluppo di una filiera italiana in un settore fondamentale come quello della produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica rappresenta una priorità strategica per sottrarsi alla dipendenza dalla produzione cinese di pannelli in un settore chiave nel presente e, soprattutto, in ottica futura,

si chiede di sapere:

se al Ministro in indirizzo risulti quale sia il piano industriale per la 3Sun Gigafactory di Catania, anche in considerazione dei cospicui finanziamenti italiani ed europei ricevuti e quali impegni, sia in termini di produzione che occupazionali, siano stati rispettati e quali no fino a oggi;

se il Ministro non ritenga opportuno farsi promotore di un vero rilancio della fabbrica in questione;

se, a seguito di un atteggiamento ondivago tenuto nel corso degli anni da parte di ENEL riguardo al futuro di 3Sun, non ritenga opportuno avviare un'interlocuzione con l'azienda per capire quali siano le reali intenzioni circa lo stabilimento.

(3-01616)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

GASPARRI - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:

nel 2024 è stato pubblicato il libro "L'altra verità" i cui autori sono il generale dell'Arma dei Carabinieri Mario Mori e il colonnello Giuseppe De Donno, entrambi impegnati (il primo in qualità di comandante del raggruppamento operativo speciale e il secondo membro di spicco del ROS) in prima linea nella lotta alla mafia nei primi anni '90 e divenuti noti nell'ambito del processo sulla presunta "trattativa Stato-mafia", concluso con la loro completa e definitiva assoluzione;

nella pubblicazione gli autori offrono, con estrema nitidezza, una ricostruzione dei terribili fatti di mafia e dell'uccisione nel 1992 dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, muovendo dalla data del 1° ottobre 1992, data in cui l'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, in rapporti con Totò Riina e Bernardo Provenzano e più volte arrestato e già condannato in primo grado per associazione di tipo mafioso, consegnò al colonnello Mori e al capitano De Donno un libro dal titolo "Le mafie" (del quale sono riportati ampi stralci), ed evidenziando che i magistrati ai quali il testo fu consegnato non considerarono Ciancimino un testimone affidabile e non sostennero il tentativo di Mori e De Donno di avviare una reale collaborazione con la giustizia;

gli autori ripercorrono in modo dettagliato ed esaustivo tutto ciò che hanno vissuto, raccontando fatti, incontri, situazioni compromettenti e personaggi sui quali non è mai stata fatta piena luce, ed evidenziano come l'ex sindaco fosse a conoscenza di molti aspetti del sistema "mafia-appalti", facendone parte, per difendere il quale probabilmente furono uccisi i giudici Falcone e Borsellino;

il libro, oltre a riportare alla luce aspetti inquietanti della lotta alla mafia, demolisce le accuse di trattativa tra Stato e mafia ai danni dei due autori che anche la sentenza della Corte di cassazione del 2023 ha smentito definitivamente;

nella pubblicazione sono riportati, a giudizio dell'interrogante, altri gravi fatti, atteso quanto segue;

alle pagine 219-221 è scritto che: "Nel periodo compreso tra le due stragi Falcone e Borsellino, e precisamente il 19 giugno 1992, venne fatto circolare un documento anonimo costituito da otto pagine dattiloscritte, indirizzate a un gran numero di personalità di livello istituzionale, a magistrati, ad autorità di polizia giudiziaria, a organi di stampa. Il nucleo operativo dei carabinieri di Palermo lo protocollò in quella data. (...) Questo testo dattiloscritto cominciava così: 'Questa lettera, quasi un cahier de doléance, è indirizzata a tutti coloro che possono, secondo il nostro giudizio, svolgere un'azione positiva per scoprire finalmente tante tristi verità, per fare giustizia e per salvare infine questo Paese dalla barbarie verso cui sprofonda ormai precipitosamente. Essi sono: (...)'", cui segue lungo elenco; "tra i nomi dei destinatari spiccano, ovviamente, quelli dei massimi vertici istituzionali, dei massimi vertici giudiziari, delle principali personalità della magistratura di Palermo, dei direttori dei principali organi di stampa e di televisione";

alla pagina 233 si legge che: "Per la diffusione ottenuta e per la notorietà dei fatti e delle persone coinvolte lo scritto anonimo ebbe una vasta eco nazionale e passò alle cronache con la definizione di 'Corvo 2' (...) Il documento del 1992 diede luogo a una complessa vicenda investigativa, delegata, il 1° luglio 1992, con foglio n. 358/92 R.A., dal Procuratore della Repubblica di Palermo, dottor Pietro Giammanco, al raggruppamento operativo speciale dei carabinieri e al servizio centrale operativo della polizia di Stato";

alle pagine 238 e 239 si legge che: "Finché fu possibile indagare, alcuni dei risultati ottenuti rivelarono che l'anonimo aveva accesso a informazioni importanti e indirizzava i suoi sospetti in una direzione che non poteva essere trascurata. Inoltre, il suo testo ribadiva a più riprese che l'iniziativa investigativa del ROS, divenuta celebre come dossier mafia-appalti, si muoveva nell'ambito e al livello in cui poteva davvero essere smascherata la 'vera mafia'. Nelle pagine precedenti abbiamo riportato sia il contenuto dello scritto sia l'esito delle indagini (...), che dimostrano, ancora una volta, inequivocabilmente come il filone investigativo generato dall'intuizione del colonnello Mori fosse corretta. Si è correttamente segnalato che, per quanto a conoscenza di Mori e De Donno, il fascicolo processuale venne archiviato e rientrò nell'oblio pubblico. Ma le risultanze delle indagini, viziate dalla conoscenza degli indagati di essere sottoposti a controllo (...) comunque evidenziarono un reticolo di connessioni e conoscenze che sostanzialmente offrivano una concreta attendibilità del famoso anonimo. (...) Tuttavia, sorgono domande spontanee a cui il passar del tempo non ha saputo dare risposte: - Poteva essere fatto di più per conoscere il mittente dell'anonimo? - La gestione del fascicolo fu impeccabile? - Perché a una complessa attività investigativa che poteva coinvolgere innumerevoli persone fu preferito un solo filone d'indagine? - Perché non si approfittò per rileggere le risultanze di diverse investigazioni in una logica unitaria, complessiva, strategicamente valida per il contrasto a Cosa nostra? - Il procuratore Giammanco avvisò davvero gli indagati? E se sì, questo che significato ebbe?";

numerosi passaggi testé riportati sono, ad avviso dell'interrogante, inquietanti e, all'epoca dei fatti, furono lesivi del prestigio dei due autorevoli esponenti dell'Arma dei Carabinieri, Mori e De Donno, che, nonostante le ingiuste accuse subite, hanno continuato a profondere con fermezza ogni sforzo per far luce sulla vicenda dei rapporti tra Stato e mafia, tanto che le sentenze hanno dimostrato le ragioni del generale Mori e dei suoi collaboratori;

come più volte evidenziano i due autori, i fatti e le circostanze che nel testo emergono prepotentemente, a partire dal citato dattiloscritto (pubblicato nel volume) di Vito Ciancimino, avrebbero dovuto per lo meno essere esaminate; il fatto che ciò non sia accaduto ha contribuito a delineare ipotesi in qualche misura convergenti con quelle che, seppur per vie completamente diverse, erano state elaborate da Giovanni Falcone e cioè l'esistenza di qualcos'altro rispetto alla mafia criminale propriamente detta;

il 10 febbraio 1993, la Commissione parlamentare antimafia ascoltò il capitano De Donno; il testo dell'audizione trascritto riporta in neretto le parti indicate come riservate da De Donno, e quindi per anni coperte da omissis perché si trattava di aspetti dell'indagine che dovevano ancora essere approfonditi;

alle pagine 254 e seguenti si legge che nel corso dell'audizione De Donno spiegò "quello che aveva scoperto sul sistema degli appalti, confermando che (...) i 'mafiosi' di Cosa nostra partecipavano certamente alla spartizione della torta, visto che, sul territorio, avevano un loro peso, e quindi ricevevano una percentuale sugli affari, ma questa parte non era la più cospicua, perché ben altro era il 'comitato d'affari' su cui si trattava di indagare a fondo";

nelle conclusioni del libro, gli autori sottolineano come ancora oggi, a distanza di 30 anni, non siano chiare le ragioni per le quali "Vito Ciancimino non fosse stato 'usato' per comprendere e contrastare il fenomeno dell'illecito negli appalti pubblici, individuando anche gli strumenti operativi per stroncarlo",

si chiede di sapere:

alla luce delle delicate vicende riportate nel libro e al fine di non rendere vano l'accurato lavoro trentennale dei due esponenti del ROS, quali iniziative di propria specifica competenza il Ministro in indirizzo intenda assumere per proseguire sul percorso da loro avviato, e portare a compimento indagini e verifiche volte a creare le condizioni affinché sia ristabilita la verità in sede giudiziaria;

quali iniziative intenda adottare per verificare anche l'eventuale sussistenza di responsabilità negli uffici giudiziari, a ogni livello, derivanti da quanto riportato nel libro.

(4-01743)

BORGHI Enrico, FREGOLENT - Al Ministro della salute. - Premesso che:

nei giorni scorsi è stata pubblicata la relazione al bilancio di previsione dell'ASL della città di Torino, che ha certificato al 2025 un passivo stimato di 162,1 milioni di euro, in termini assoluti, il disavanzo più alto fra quelli contenuti nei bilanci approvati dall'ASL e dagli ospedali piemontesi tra la fine di novembre ad oggi: si segnala, infatti, come l'ASL di Novara abbia certificato un passivo di 72,8 milioni di euro, l'ASL Cuneo 1 un passivo di 71,9 milioni di euro, l'ASL Torino 3 di 62,7 milioni di euro e infine il drammatico dato, viste le proporzioni, dell'ASL del Verbano-Cusio-Ossola con 63,4 milioni di euro di disavanzo;

osservando la situazione a livello regionale, i dati finanziari della sanità piemontese appaiono drammatici, registrando un passivo di poco meno 702 milioni di euro (un anno fa, il disavanzo era intorno ai 600 milioni di euro) per le 14 aziende che hanno deliberato e pubblicato i documenti contabili, dati ancora incompleti, considerando come importanti strutture (come ASL Torino 5, Alessandria, Novara ospedale, Cuneo 2) non hanno ancora reso pubblici i propri bilanci, presupponendo, quindi, come il disavanzo sia destinato a salire;

a fronte dei suddetti dati finanziari, si deve inevitabilmente ricordare come l'articolo 2, comma 77, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, stabilisca che le Regioni italiane che presentano un disavanzo sanitario strutturale superiore al 5 per cento del finanziamento ordinario e delle entrate proprie sanitarie sono tenute a presentare un Piano di rientro (PdR) della durata massima di tre anni: attualmente, per la Regione Piemonte, il 5 per cento dei finanziamenti equivale a 475 milioni di euro, cifra inferiore in modo consistente agli attuali 700 milioni di euro di disavanzo, il che fa riemergere, inevitabilmente, il ricordo del commissariamento avvenuto nella Regione Piemonte tra il 2010 e il 2017, il quale comportò scelte drastiche come il blocco del turnover, imponenti tagli ai servizi, un congelamento finanziario e il trasferimento della potestà decisionale a livello ministeriale;

la drammatica situazione della sanità piemontese è nota da anni e gli ultimi dati sulla situazione finanziaria suggellano in modo inequivocabile come le scelte a livello regionale negli ultimi anni siano state del tutto errate, prive di qualsiasi criterio di buona amministrazione e interesse pubblico, abbracciando scelte populiste come il rifiuto alla costruzione, nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola, di un nuovo ed unico ospedale in sostituzione dell'ospedale plurisede attuale diviso in due plessi (Verbania e Domodossola distanti 40 chilometri tra loro), che si sta rivelando un fallimento nonostante l'abnegazione dei sanitari, decisioni che stanno dirottando la sanità piemontese verso il reale rischio di un nuovo commissariamento: appare quindi necessario e logicamente inevitabile, visti i dati finanziari, un intervento del Ministero in indirizzo con l'urgente obiettivo di fornire strumenti e soluzioni, affinché la sanità piemontese non venga nuovamente commissariata, al fine di evitare drastici tagli ai servizi come già accaduto in passato,

si chiede di sapere quali misure urgenti il Ministro in indirizzo intenda adottare affinché siano promosse soluzioni che possano consentire alla Regione Piemonte di evitare il commissariamento in materia sanitaria e allo stesso tempo si possa stabilire un piano pluriennale con la stessa Regione, che vada nella direzione di rafforzare e strutturare al meglio la gestione sanitaria.

(4-01744)

MAGNI - Ai Ministri per la protezione civile e le politiche del mare e delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:

nelle giornate del 16 e 17 gennaio 2025 eventi metereologici estremi avvenuti nel libero consorzio comunale di Siracusa hanno causato ingenti danni ad oggi non ancora quantificati nella loro totalità;

tali eventi hanno provocato allagamenti, frane e danni significativi alle infrastrutture pubbliche e private, alla viabilità, con ripercussioni sulla sicurezza dei cittadini e sull'economia locale;

a Sortino il forte vento ha sradicato alberi, abbattuto muri e recinzioni, divelto insegne pubblicitarie di esercizi commerciali e ha strappato cinque pesanti coperture dai tetti di alcune abitazioni, che nella caduta hanno danneggiato automobili e abitazioni limitrofe;

nella stessa città di Sortino, in via Alighieri, sono dovuti intervenire i Vigili del fuoco di Catania per liberare la strada e mettere in sicurezza i residenti;

simili eventi si sono verificati in altri comuni della provincia come Ferla, Buccheri, Francofonte ed Augusta;

ad Avola il maltempo ha provocato danni ingenti, generando nel primo pomeriggio anche una tromba d'aria, che ha investito e divelto il tetto di alcune abitazioni e danneggiato altre;

a Noto il forte vento ha creato notevoli disagi, in particolare a Lido di Noto, dove ha danneggiato le strutture di diverse imprese e iniziative commerciali;

ai danni alle strutture pubbliche e private e alle abitazioni occorre aggiungere anche quelli ai parchi pubblici e alle strutture ricreative;

nella città di Siracusa si registrano danni alla viabilità, strade allagate e manto stradale divelto, alberi caduti e strutture scolastiche danneggiate;

a Portopalo sono state interdette alla circolazione alcune strade e non si conosce ancora l'ammontare dei danni alle flotte e alle strutture dei pescatori;

sono stati registrati centinaia di interventi di emergenza da parte dei soccorritori, dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine, dei volontari di Protezione Civile e dei responsabili delle reti elettriche;

ritenuto che:

è necessario un intervento immediato da parte delle istituzioni competenti per asseverare i danni e prevedere misure di ripristino e di assistenza per le popolazioni e gli insediamenti produttivi colpiti;

è fondamentale garantire la sicurezza delle infrastrutture scolastiche, di trasporto e delle abitazioni attraverso un'azione immediata e puntuale circa le criticità emerse, nonché il potenziamento delle reti di drenaggio e della manutenzione preventiva;

è opportuno determinare una puntuale programmazione degli interventi assumendo, con la collaborazione degli enti locali interessati, un piano d'azione efficace,

si chiede di sapere quali misure i Ministri in indirizzo intendano adottare per far fronte all'emergenza maltempo nel libero consorzio comunale di Siracusa, se sia prevista l'attivazione di un piano straordinario per la valutazione e la riparazione dei danni infrastrutturali nella zona e quali fondi verranno destinati per sostenere le popolazioni colpite e per prevenire futuri eventi simili.

(4-01745)

PIRONDINI - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. - Premesso che, durante la conferenza stampa del 14 gennaio 2025, svoltasi al termine dell'incontro tra il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, e il Ministro degli esteri israeliano, Gideon Sa'ar, sono state discusse tematiche relative al supporto umanitario nella striscia di Gaza;

considerato che:

"Music for peace", organizzazione umanitaria italiana, ha dichiarato la propria piena disponibilità a intervenire con un'operazione di emergenza a sostegno della popolazione civile della striscia di Gaza;

tale disponibilità è stata più volte comunicata alle istituzioni competenti, senza ricevere riscontri adeguati, nonostante l'esperienza pluriennale dell'organizzazione, che opera direttamente in loco dal 2009;

nel mese di aprile 2024, Music for peace ha consegnato 40 tonnellate di aiuti alimentari nella striscia di Gaza, nonostante le difficoltà incontrate a causa delle restrizioni egiziane;

gli aiuti umanitari raccolti da Music for peace rispettano i più alti standard richiesti dalle normative internazionali, incluse quelle previste dal coordinatore delle attività governative nei territori (COGAT), e sono frutto del contributo solidale di centinaia di migliaia di cittadini italiani;

la mancata autorizzazione al trasporto e alla distribuzione degli aiuti umanitari rischia di compromettere un'azione fondamentale per la tutela della popolazione civile;

le convenzioni di Ginevra del 1949 e i protocolli aggiuntivi del 1977 sanciscono l'obbligo delle parti in conflitto di garantire il passaggio rapido e senza ostacoli degli aiuti umanitari;

la risoluzione n. 46/182 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sottolinea il principio di umanità, che pone la protezione della vita e della dignità umana al centro delle operazioni di soccorso;

considerato inoltre che:

durante la suddetta conferenza stampa, il Ministro degli affari esteri ha garantito di proseguire il piano di aiuti umanitari per la striscia di Gaza;

Music for peace ha manifestato la volontà di collaborare pienamente con le istituzioni italiane per garantire la distribuzione degli aiuti umanitari, operando direttamente sul campo e assicurando un controllo rigoroso della distribuzione fino alla destinazione finale,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza delle richieste presentate da Music for peace e delle difficoltà da questa incontrate nel ricevere le necessarie autorizzazioni per l'intervento umanitario nella striscia di Gaza;

quali azioni siano state intraprese per facilitare il passaggio degli aiuti umanitari italiani verso la striscia, nel rispetto delle normative internazionali e dei principi umanitari;

se intenda coinvolgere attivamente organizzazioni come Music for peace, che hanno dimostrato competenza e capacità operativa, nel piano di aiuti umanitari destinati alla popolazione civile;

quali ulteriori iniziative siano previste per garantire il rispetto delle convenzioni internazionali in materia di aiuti umanitari e per rafforzare l'impegno dell'Italia nel sostegno alla popolazione civile colpita dal conflitto nella striscia di Gaza.

(4-01746)

FLORIDIA Aurora - Ai Ministri dell'interno e degli affari esteri e della cooperazione internazionale. - Premesso che:

in Israele, la legislazione prevede l'obbligo di prestare servizio militare per tutti i cittadini, maschi e femmine, e coloro che si rifiutano, per ragioni di coscienza o di altro tipo, possono essere considerati renitenti alla leva;

gli obiettori di coscienza all'esercito israeliano che si rifiutano di prestare servizio militare rischiano persecuzioni e detenzioni, il che può configurarsi come una violazione dei loro diritti fondamentali;

la convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, all'articolo 1A, riconosce il diritto all'asilo per chiunque sia perseguitato per motivi di opinione politica o appartenenza a gruppi sociali particolari, potendo includere obiettori e disertori militari che rifiutano il servizio per ragioni di coscienza;

il patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) adottato dall'ONU nel 1966 ed in vigore dal 1976 e accolto in Italia con legge n. 881 del 1977, riconosce il diritto all'obiezione di coscienza al servizio militare che è inerente al diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione, garantito dall'articolo 18, inderogabile anche in un momento di emergenza pubblica, come stabilito dall'articolo 4;

l'Italia, in qualità di Stato firmatario della convenzione e del patto, ha l'obbligo di garantire protezione e assistenza ai richiedenti asilo che temono persecuzioni nel loro Paese d'origine, come anche disposto dal decreto legislativo n. 251 del 2007, in attuazione delle direttive europee,

si chiede di sapere:

quali iniziative intendano adottare i Ministri in indirizzo per garantire che gli obiettori o disertori israeliani, che abbandonino il proprio Paese per rifiutare il servizio militare obbligatorio per motivi di coscienza, anche per non essere complici della politica di violenza verso i palestinesi, possano ottenere adeguata protezione internazionale in Italia, in linea con le normative nazionali e internazionali in materia di diritti umani;

se non si ritenga opportuno adottare un provvedimento ad hoc, come il nostro Paese fece per gli obiettori e disertori delle Repubbliche dell'ex Jugoslavia, con la legge n. 390 del 1992, articolo 2, comma 2-bis, per accogliere le richieste di asilo di tali individui tenendo conto delle particolari ragioni di coscienza e delle possibili persecuzioni nei loro confronti;

quali azioni di coordinamento siano previste tra le autorità italiane e le organizzazioni internazionali per assicurare una protezione efficace a questi richiedenti asilo.

(4-01747)

MAGNI - Al Ministro della salute. - Premesso che:

a distanza di quasi 50 anni dalla legge che li ha istituiti, i consultori familiari costituiscono uno straordinario e unico strumento di esperienze e competenze per tutelare e promuovere la salute;

in data 23 aprile 2024, il Parlamento ha approvato definitivamente la legge n. 56 di conversione del decreto-legge n. 19 del 2024 che, all'articolo 44-quinquies, contiene una disposizione recante norme in materia di servizi consultoriali;

mentre l'articolo 2 della legge n. 194 del 1978 già prevedeva che "I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita", il citato articolo 44-quinquies della legge n. 56 stabilisce che "Le regioni organizzano i servizi consultoriali nell'ambito della missione 6, componente 1, del PNRR e possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità";

le differenze tra norme sono evidenti: per la legge n. 194 spetta al consultorio, e dunque alle figure professionali che compongono l'équipe multidisciplinare, la valutazione e la scelta di avvalersi o meno della collaborazione di associazioni di volontariato, specificando chiaramente che la collaborazione è finalizzata ad aiutare nelle maternità difficili "dopo la nascita"; nella norma approvata nel 2024, invece, sono le Regioni a decidere tale eventuale coinvolgimento, con una scelta centralizzata, snaturando i compiti e le competenze dei consultori, con la chiara finalità ideologica di promuovere e favorire la presenza delle associazioni antiabortiste nei consultori con l'inevitabile conseguenza di condizionare la libertà di autodeterminazione delle donne rispetto alla maternità, come già accaduto in consultori di alcuni territori in riferimento ad associazioni quali il movimento "Pro vita";

il sito del Ministero della salute, ad aprile 2023, riportava la presenza di 2.128 consultori sull'intero territorio nazionale, con un rapporto medio di un consultorio ogni 27.655 abitanti;

rispetto a tale rapporto, la Lombardia si colloca al quart'ultimo posto, preceduta in negativo solamente dal Molise, dalla Campania e dalla provincia autonoma di Trento;

in particolare, infatti, nel territorio lombardo risultano attualmente attive 170 sedi di consultori pubblici e 89 sedi di consultori privati accreditati e contrattualizzati: i consultori pubblici rappresentano il 65,7 per cento delle strutture (65,4 nel 2021), i consultori privati il 34,3 per cento (34,6 nel 2021);

l'articolo 3, comma 4, del decreto-legge n. 509 del 1995 determina il rapporto fra consultori ed abitanti nella misura di uno a 20.000, rapporto confermato anche nel decreto ministeriale 23 maggio 2022;

in Lombardia sono presenti 259 consultori pubblici e privati e accreditati, a fronte di una popolazione (dati ISTAT Geodemo del 1° gennaio 2023) di 9.950.742 abitanti: il rapporto è, dunque, di un consultorio ogni 38.319 abitanti; se, peraltro, si considerano i soli 170 consultori pubblici, il rapporto diviene di un consultorio ogni 58.533 abitanti, dato che secondo i regolamenti regionali non può non risultare inaccettabile;

i dati risultano particolarmente negativi, poi, per quanto attiene al numero medio di abitanti per consultorio pubblico, dato che la maggior parte dei consultori privati, avendo carattere confessionale, non svolge le funzioni previste dalla legge n. 194 (la disciplina regionale per l'accreditamento glielo consente);

nel 2022, la quota di ginecologi obiettori di coscienza sul territorio nazionale risultava essere pari al 60,5 per cento, e con notevoli differenze tra le Regioni: le percentuali più alte di ginecologi obiettori di coscienza si rilevavano in Molise (90,9) e Sicilia (81,5); le percentuali più basse in Valle d'Aosta (25) e nella provincia autonoma di Trento (31,8);

sul fronte dell'aborto farmacologico, utilizzato nel 48,3 per cento degli interventi, ci sarebbero forti squilibri a livello regionale, che si evidenziano anche nell'alta percentuale dei ginecologi obiettori di coscienza e, se nella relazione sulla legge n. 194 del Ministero più recente (del 2023, con dati del 2021) si legge che "eventuali problematiche nell'offerta del servizio IVG potrebbero essere riconducibili all'organizzazione del servizio stesso, e non alla numerosità del personale obiettore", i dati regionali descrivono situazioni particolari nelle quali la percentuale di ginecologi obiettori supera il 70 per cento, come nel caso delle Marche, e arriva addirittura all'85 per cento, come in Sicilia, rendendo inefficiente lo stesso servizio offerto dalle strutture, che invece proprio per legge dovrebbe sempre e comunque essere garantito a tutte le donne,

si chiede di sapere:

quali siano le valutazioni del Ministro in indirizzo su quanto riportato e le iniziative di competenza che intenda assumere per la completa attuazione della legge n. 194 del 1978, in particolare affinché sia garantita l'istituzione di un consultorio ogni 20.000 abitanti sia in Lombardia, sia sul territorio nazionale, nonché una presenza adeguata di personale formato e di medici non obiettori, allo scopo di garantire l'effettiva praticabilità dell'interruzione volontaria di gravidanza in tutte le strutture ospedaliere;

quali siano i tempi per la pubblicazione della nuova relazione al Parlamento sull'attuazione della legge n. 194 del 1978, anche e con particolare attenzione rispetto all'effettiva accessibilità all'aborto farmacologico sul territorio nazionale per le donne che debbano procedere alla volontaria interruzione della gravidanza;

di quali informazioni sia in possesso circa il numero dei consultori sul territorio nazionale, ed in quali regioni, che, ai sensi della normativa vigente, garantiscono l'erogazione del farmaco mifepristone per l'aborto farmacologico.

(4-01748)

CUCCHI - Al Ministro della salute. - Premesso che:

da notizie di stampa si apprende delle problematiche in cui è incorsa C.S., donna affetta da distrofia rara, in quanto il verbale di invalidità che la riguarda è risalente all'anno 1992 e non le consente di accedere ad alcune agevolazioni fiscali come quelle relative ad acquisti di ausili telefonici, perché tali agevolazioni sono entrate in vigore nel 2012 (decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5) e i relativi codici sono stati quindi predisposti successivamente a tale data;

l'INPS, cui la donna si è rivolta, le ha comunicato che non esiste una procedura che permetta di aggiornare il suo verbale di invalidità con i codici ad esso successivi, e che l'unica modalità per accedere alle agevolazioni successive al verbale di invalidità sarebbe quindi presentare una nuova istanza di invalidità o eventualmente richiedere un aggravamento;

la disabilità da cui è affetta C.S. riguarda una patologia inguaribile e irreversibile in relazione alla quale non sono previsti ulteriori accertamenti. La donna ha deciso comunque di intraprendere la strada dell'aggravamento;

a tal fine, come da protocollo, tramite e-mail indirizzata agli uffici della AUSL competente, è stata inviata tutta la documentazione riguardante visite, esami e ricoveri. Dopo qualche mese C.S. è stata convocata per una visita con l'espressa richiesta di portare con sé tutta la documentazione cartacea, già inviata via e-mail;

da prassi, in questi casi, l'appuntamento previsto per visita consiste esclusivamente nella consegna della documentazione già inoltrata via e-mail;

considerato che:

persiste in ogni ambito sanitario una crescente e cronica carenza di personale medico e le liste di attesa per accedere al sistema sanitario nazionale pubblico sono in ogni settore e ambito territoriale infinite, al punto da pregiudicare in molti casi lo stesso diritto alla salute;

come C.S., sono migliaia le persone affette da una disabilità grave e irreversibile per le quali recarsi presso gli uffici fisici delle strutture sanitarie comporta un aggravio non indifferente, posto che spesso sono impossibilitate agli spostamenti senza l'ausilio di un caregiver;

nello specifico, per evitare onerosi spostamenti quando non giustificati dalla reale necessità di visite mediche che comportino l'esame obiettivo corporeo, si potrebbero utilizzare gli strumenti della telemedicina: in questo modo si velocizzerebbero anche le visite per chi invece ha una disabilità che può evolvere e che necessita di aggiornare la propria posizione,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno introdurre procedimenti semplificati per le pratiche di aggiornamento e aggravamento delle disabilità, compreso l'impiego, laddove possibile, della telemedicina, evitando alle persone disabili spostamenti onerosi e complicati per raggiungere le strutture sanitarie in cui hanno sede le commissioni preposte.

(4-01749)

Interrogazioni, già assegnate a Commissioni permanenti, da svolgere in Assemblea

L'interrogazione 3-01060 della senatrice Pucciarelli, precedentemente assegnata per lo svolgimento alla 8ª Commissione permanente (Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica), l'interrogazione 3-01122 della senatrice Ambrogio, precedentemente assegnata per lo svolgimento alla 2ª Commissione permanente (Giustizia) e l'interrogazione 3-01586 della senatrice Naturale ed altri, precedentemente assegnata per lo svolgimento alla 9ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare), saranno svolte in Assemblea, in accoglimento delle richieste formulate in tal senso dagli interroganti.

Interrogazioni, da svolgere in Commissione

A norma dell'articolo 147 del Regolamento, la seguente interrogazione sarà svolta presso la Commissione permanente:

9ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare):

3-01616 del senatore Lorefice, sul piano industriale dell'azienda 3Sun Gigafactory, produttrice di pannelli fotovoltaici.

Avviso di rettifica

Nel Resoconto stenografico della 240a seduta pubblica del 7 novembre 2024, a pagina 51, sotto il titolo "Governo, trasmissione di atti e documenti", alla terza riga del terzo capoverso, sostituire le parole: "Fondo unico per lo spettacolo" con le seguenti: "Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo".

Nel Resoconto stenografico della 243ª seduta pubblica del 20 novembre 2024, a pagina 435, alla quinta riga, eliminare il seguente periodo: «Conseguentemente inserire nelle caselle relative a tutte le votazioni del senatore un asterisco che richiami la seguente nota da pubblicare in calce alla medesima pagina: "(*) Il senatore Gasparri è in congedo, e non dunque assente come figura dal prospetto della votazione."».