Legislatura 19ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 214 del 01/08/2024

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente CENTINAIO

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,02).

Si dia lettura del processo verbale.

SBROLLINI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.

Discussione del disegno di legge:

(1183) Conversione in legge del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, recante misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia (Relazione orale)(ore 9,10)

Discussione e approvazione della questione di fiducia

Approvazione, con modificazioni, con il seguente titolo: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, recante misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1183.

Il relatore, senatore Rastrelli, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.

RASTRELLI, relatore. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, il decreto-legge n. 92 del 2024, recante misure urgenti in materia penitenziaria, giunge oggi all'esame dell'Assemblea dopo un proficuo esame svolto dalla Commissione giustizia; un esame che, oltre ad alcune modifiche al testo dell'originario decreto-legge, si è concretizzato nell'introduzione di sette ulteriori disposizioni. Il testo del provvedimento, così come licenziato dalla Commissione, consta adesso di 22 articoli, ripartiti in quattro capi.

Un ruolo centrale nel provvedimento rivestono le norme dei primi due capi del decreto-legge, che intervengono sul sistema carcerario, anche con l'obiettivo di far fronte alla drammatica situazione di sovraffollamento degli istituti penitenziari. In linea con questa finalità si collocano anche le modifiche apportate al provvedimento d'urgenza dalla Commissione giustizia nel corso dell'esame in sede referente.

Un primo nucleo di misure mira a fronteggiare la situazione di significativa carenza degli organici del personale dell'amministrazione penitenziaria, che influisce evidentemente sui livelli di sicurezza, di operatività, di efficienza delle carceri e - quel che più conta - di tutela dei diritti all'interno degli istituti penitenziari. A tal fine vengono potenziati gli organici della Polizia penitenziaria, attraverso l'assunzione di mille agenti e l'incremento della dotazione organica del personale dirigenziale penitenziario di 20 unità. Sono poi semplificate le procedure di reclutamento, favorendo lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi già banditi; ancora, viene abbreviata la durata del corso propedeutico alla nomina ad agente di Polizia penitenziaria, evidentemente al fine di velocizzarne l'immissione in servizio.

Nel solco tracciato dal decreto-legge originario, la Commissione ha peraltro ritenuto di introdurre ulteriori misure in materia di personale. È stato così previsto, in primo luogo, l'aumento di un'ulteriore unità di dirigente generale penitenziario della dotazione organica del personale dirigenziale penitenziario. Si è poi ritenuto, al fine di compensare carichi e responsabilità organizzative e gestionali del personale in servizio presso gli istituti penitenziari, anche minorili, di prevedere in loro favore indennità economiche aggiuntive.

In ultimo, al fine di assicurare una più piena tutela del diritto alla salute delle persone recluse, di fatto pregiudicato dalla carenza di medici nelle carceri, la Commissione ha introdotto specifiche misure in materia di sanità penitenziaria, con la possibilità di avviare procedure concorsuali per l'assunzione di medici, con destinazione specifica allo svolgimento di prestazioni sanitarie presso gli istituti penitenziari.

Un secondo gruppo di interventi riguarda il tema più generale dell'esecuzione penale: oltre a modifiche al procedimento per l'applicazione delle misure alternative alla detenzione, al fine di favorirne l'accesso, si interviene sulla disciplina del procedimento di applicazione della liberazione anticipata, anche in questo caso al fine di semplificare il procedimento di riconoscimento del beneficio. Il decreto-legge, in particolare, modifica integralmente l'articolo 69-bis dell'ordinamento penitenziario, che reca per l'appunto la disciplina del procedimento in materia di liberazione anticipata. La nuova disposizione prevede tre modalità attraverso le quali il magistrato di sorveglianza provvede all'effettiva concessione delle detrazioni indicate nell'ordine di esecuzione, sempre previo accertamento della sussistenza del presupposto applicativo del beneficio, vale a dire la partecipazione all'opera di rieducazione.

Tra le disposizioni oggetto di intervento da parte del decreto-legge si segnala, ancora, l'articolo 54 dell'ordinamento penitenziario. Nel corso dell'esame in sede referente, anche alla luce dei rilievi formulati nell'ambito del ciclo di audizioni informali che la Commissione ha svolto per l'istruttoria legislativa, si è ritenuto di ripristinare l'obbligo di comunicazione del provvedimento, anche relativamente alla concessione del beneficio.

In virtù di ulteriori modifiche apportate sempre nel corso dell'esame da parte della Commissione, è stata poi introdotta una disciplina specifica in materia di detenzione domiciliare, applicabile ai condannati ultrasettantenni e a coloro che si trovino agli arresti domiciliari per gravissimi motivi di salute.

Sempre nell'ambito degli interventi in materia di esecuzione penale, si inserisce poi l'istituzione di un elenco delle strutture residenziali idonee all'accoglienza e al reinserimento sociale di tutti coloro che abbiano i requisiti per accedere alle misure penali di comunità. La Commissione ha ritenuto peraltro di prevedere uno specifico stanziamento di 5 milioni di euro, a decorrere proprio da quest'anno, per l'ampliamento delle opportunità di accesso dei detenuti tossicodipendenti alle strutture sanitarie pubbliche o private accreditate. Segnalo peraltro che, con l'accoglimento di un ordine del giorno, il Governo si è impegnato a verificare quali misure amministrative debbano essere assunte per consentire un maggiore ricorso alle misure alternative alla detenzione carceraria per le persone tossicodipendenti, favorendone una quanto più precoce possibile presa in carico e un adeguato percorso riabilitativo che permetta di attenuare il tasso di recidiva.

Ancora, in seguito a modifica approvata in Commissione, è stata prevista la possibilità per il condannato, qualora non sia in grado di offrire valide occasioni di reinserimento esterno tramite attività di lavoro, autonoma o dipendente, di essere ammesso in sostituzione a idoneo servizio di volontariato senza remunerazione.

Un terzo filone di interventi riguarda la condizione e il trattamento carcerario. In linea con le indicazioni della giurisprudenza costituzionale, è stato aumentato il numero dei colloqui telefonici mensili da quattro a sei, con la possibilità da parte del direttore dell'istituto di autorizzarne ulteriori. Abbiamo poi esplicitato il divieto, che nei fatti era già previsto, per i detenuti sottoposti al regime del carcere duro, ai sensi dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, di essere ammessi ai programmi di giustizia riparativa. Anche su questo punto, un'approvazione dell'ordine del giorno impegna il Governo a escludere dai programmi di giustizia riparativa tutti i detenuti per reati gravi e ad alto allarme sociale, tra cui quelli di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario.

Ancora, grazie all'attività emendativa svolta in Commissione è stata aggiunta un'ulteriore linea di intervento, che mira a fronteggiare direttamente - ed è chiaramente un primo passo qualificante - il problema del sovraffollamento carcerario, aumentando la capienza delle strutture detentive.

È stata quindi prevista la nomina di un commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria, al quale peraltro spetterà l'obbligo di redigere un programma dettagliato di tutti gli interventi da realizzare.

Il decreto-legge reca ancora ulteriori interventi in materia di giustizia, sul piano del diritto penale sostanziale, introducendo il reato di indebita destinazione di denaro o cose mobili, con il quale viene punito il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, avendo per ragione del proprio ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o altra cosa mobile, li destini a uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuino margini di discrezionalità e che intenzionalmente procuri a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale.

Ancora, nel corso dell'esame in sede referente sono state inserite specifiche disposizioni in materia di squadre investigative comuni, collegandole alla recente estensione delle attribuzioni del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ai delitti in materia di sicurezza cibernetica.

Il decreto-legge infine, signor Presidente, oltre a prevedere limiti alla sequestrabilità e pignorabilità di depositi di denaro, titoli e ogni altro bene presso la Banca d'Italia riferibili a Stati esteri, differisce di un ulteriore anno la data di entrata in vigore e di efficacia delle disposizioni in materia di costituzione del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie. Questo differimento è evidentemente collegato alla necessità di non pregiudicare in alcun modo il raggiungimento degli obiettivi di smaltimento e abbattimento del contenzioso civile.

Si tratta quindi di un provvedimento necessario, urgente ed equilibrato, che vuole finalmente sostituire a interventi emergenziali un approccio strutturale.

In questi termini, signor Presidente, i relatori formulano un'espressa richiesta di allegare la versione integrale della relazione al Resoconto della seduta odierna. (Applausi).

PRESIDENTE. La Presidenza la autorizza in tal senso.

Comunico che è stata presentata la questione pregiudiziale QP1.

Ha chiesto di intervenire la senatrice Rossomando per illustrarla. Ne ha facoltà.

ROSSOMANDO (PD-IDP). Signor Presidente, signor Vice Ministro, colleghi, tutte le volte che ci troviamo a discutere di pregiudiziali per gli ormai numerosi decreti-legge (ne abbiamo perso il conto), a cui spesso si aggiunge anche la posizione della fiducia, ritualmente richiamiamo il fatto che viene esautorato il Parlamento. Qui però ci sono alcune questioni che più puntualmente vale la pena sottolineare.

Innanzitutto vi è il fatto che con questo decreto si va a incidere direttamente su norme che riguardano i diritti fondamentali delle persone e sicuramente si incide sul corretto assetto dei rapporti tra Parlamento e Governo, perché, per un verso, stiamo di nuovo esautorando la riserva di legge delle Camere sulla loro funzione legislativa e sul fatto che le deroghe dovrebbero essere straordinarie e, per un altro, si vanno a disciplinare materie che hanno una particolare rilevanza sul piano dei diritti fondamentali.

Qui c'è un'altra sottolineatura che è opportuno fare in tempi di premierato, in cui ci si richiama continuamente alla retorica del popolo e del voto popolare che va rispettato ed enfatizzato. La Corte costituzionale ha stigmatizzato esattamente questa procedura, perché allontana l'adozione delle norme primarie dall'organo il cui potere deriva direttamente dal popolo, che al momento sarebbe ancora il Parlamento e non il Governo. (Applausi).

Al momento è ancora questo, soprattutto quando si incide sui diritti fondamentali.

L'aspetto più interessante però è che stiamo discutendo di un decreto-legge vuoto, che non ha alcun contenuto che prenda in considerazione l'urgenza più grave e cioè il sovraffollamento da cui derivano condizioni inumane, i drammatici suicidi che ormai costellano le cronache giornaliere e le tensioni nelle carceri. Abbiamo un provvedimento vuoto che non si fa assolutamente carico dell'urgenza e non individua misure urgenti né nelle finalità, né nelle modalità della sua applicazione.

Due esempi valgono per tutti. È stato sbandierato l'aumento delle telefonate da quattro - attenzione - a sei, di cui parleremo in discussione generale. Per l'applicazione di questo aumento bisognerà aspettare sei mesi dall'entrata in vigore del decreto-legge, quando si avrà il regolamento previsto dal decreto medesimo. Se c'era un caso in cui si poteva intervenire direttamente con legge, era esattamente questo. Per non parlare delle case di comunità per la cui realizzazione, finanziamento e quant'altro bisognerà aspettare moltissimo. La situazione di emergenza non viene quindi minimamente esaminata e di essa non ci si fa carico, tutto ciò con norme che, quando ci sono - ricordo che stiamo parlando di un guscio vuoto - non entrano in vigore, perché non solo non affrontano l'urgenza, ma hanno tempi lunghissimi, quindi vi è una contraddizione in termini senza precedenti.

Sul peculato per distrazione, mi limiterò semplicemente a dire che stiamo parlando di un intervento, come richiamato nella relazione, che dovrebbe intervenire su una riforma che risale al 1990. Sono passati trentaquattro anni e c'è un'urgenza straordinaria di intervenire soltanto adesso. Sul merito di questo aspetto specifico discuteremo in altra sede nel corso della mattinata.

Vorrei fare poche ultime osservazioni che hanno a che vedere con l'atteggiamento che hanno avuto maggioranza e Governo nei confronti delle opposizioni. C'è stato un diniego assoluto nei confronti di tutti gli emendamenti delle opposizioni, a significare che non si vuole neanche discutere. Il sottotitolo è che non possiamo neanche discutere.

Ci chiediamo perché ciò non sia possibile. Non ci sono le risorse, che vengono impiegate per altre materie e per altre questioni di cui non c'è urgenza? Ad esempio, ieri abbiamo discusso di fiscalità ed è emersa chiaramente una procedura di condoni neanche tanto sottotraccia. Le risorse vanno a finire nei condoni? Non possiamo discutere perché non procura un consenso facile, anzi, implica la grande responsabilità per la politica di guardare in faccia le difficoltà e gli argomenti scomodi, cercando di spiegare e interloquire con le persone a cui si chiede il voto, assumendosi delle responsabilità. Chi esercita un ruolo politico e istituzionale ha il compito di assumersi queste responsabilità, altrimenti - attenzione! - non ci sono i partiti e le istituzioni, ma c'è la "politica". Tutte le volte che si dice che è "la politica" che deve risolvere non è mai in termini positivi, ma in senso sicuramente non elogiativo e dispregiativo.

Di fronte a questioni così urgenti e importanti, che riguardano principi scolpiti nella Costituzione, il primo dei quali su questa materia è il fatto che la pena dev'essere scontata con umanità nelle nostre carceri, riabilitante e rieducativa e deve restituire persone e cittadini alla comunità, abbiamo il dovere di essere non "la politica", ma rappresentanti del popolo e dei cittadini che sanno assumersi le responsabilità e affrontare i problemi. (Applausi).

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, sulla questione pregiudiziale presentata si svolgerà una discussione, nella quale potrà intervenire un rappresentante per Gruppo, per non più di dieci minuti.

MUSOLINO (IV-C-RE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MUSOLINO (IV-C-RE). Signor Presidente, esiste sicuramente in un'emergenza Italia, una fra le tante, che però è davvero innegabile: la situazione delle carceri e la condizione dei detenuti. Dalla data della sentenza cosiddetta Torreggiani, quando la Corte di giustizia europea ha condannato l'Italia per il trattamento considerato inumano, in violazione della dignità dell'uomo detenuto, l'Italia ha fatto ben poco per migliorare la condizione dei detenuti e ben poco continua a fare. Questo decreto-legge, infatti, non risponde alle necessità che evidentemente la condizione carceraria esprime e neanche ai requisiti per i quali la Costituzione ammette il ricorso alla decretazione d'urgenza. Non c'era tema - com'è stato la settimana scorsa sulle liste d'attesa per la sanità - che più di questo avrebbe richiesto una decretazione d'urgenza, perché la situazione è davvero insostenibile e richiede un intervento immediato, con una legiferazione, appunto, d'urgenza. Per fare una decretazione d'urgenza occorre però che il provvedimento risponda alle esigenze che nascono dalla situazione emergenziale. (Brusio). Capisco che i miei colleghi della Lega non siano interessati, signor Presidente, ma le chiedo se si può fare calare un po' il brusio.

PRESIDENTE. Senatrice, è un problema di tutti, non solamente suo. Lo dico più volte, ma sono inascoltato. Le chiedo di proseguire.

MUSOLINO (IV-C-RE). Signor Presidente, non ho mai pensato che "mal comune, mezzo gaudio" fosse una formula vincente nella vita: questo soltanto per dichiararle il mio pensiero, per quel che vale. (Applausi).

Comunque sia, anche il disinteresse nel dibattito esprime una posizione sostanziale, alla fine, quella che questa maggioranza continua ad assumere, addirittura sul dibattito sulla questione pregiudiziale. È un atteggiamento quasi di insofferenza, per cui ci si dedica al chiacchiericcio (che non è edificante: lo vorrei ricordare per chiunque ci ascolti e ci veda in questo momento).

Se si vuole incidere sul tema dell'emergenza delle carceri necessariamente bisogna ricorrere alla decretazione d'urgenza, perché ci sono un 120 per cento di persone detenute in più rispetto alla capienza, un dato allarmante anche sulla carcerazione preventiva (perché persone ancora in attesa di giudizio sono già detenute) e una situazione mai vista prima per quanto riguarda le carceri minorili (con una detenzione minorile che, dopo i provvedimenti di questa maggioranza e il decreto Caivano, è arrivata al record assoluto). Se si fosse preso atto delle condizioni di fatto, allora sì, forse questa avrebbe potuto essere la prima volta in cui il Governo era legittimato a ricorrere alla decretazione d'urgenza. Questa volta però, com'è stato anche la settimana scorsa per le liste d'attesa, alla fine è arrivato un testo che non ha nessuno dei requisiti previsti per ricorrere alla decretazione d'urgenza. Sfuggono alla lettura e all'esame di questo testo i requisiti per i quali si dovrebbe ricorrere a un decreto-legge: per ottenere l'aumento dei colloqui telefonici da quattro a sei al mese, non occorre un decreto-legge, che non serve a migliorare la condizione delle carceri e certamente non tutela la dignità della vita dei detenuti. (Applausi).

Anche il procedimento quasi automatizzato per il quale il giudice di sorveglianza deve fare automaticamente il calcolo e applicare poi la misura della carcerazione preventiva, applicato in questo modo, nonostante quanto emerso dalle audizioni svolte in Commissione, è uno strumento inefficace, che aggrava semplicemente la macchina giudiziaria, perché non tiene conto del vero, grande problema dei giudici di sorveglianza, cioè la carenza di personale. (Applausi).

Vogliamo fare un decreto-legge? Assumiamo, facciamo i concorsi, mettiamo i giudici di sorveglianza e implementiamo il personale.

Che dire anche dell'aumento degli agenti di Polizia penitenziaria? Si è sbandierata la cifra di mille unità con un decreto-legge per assumere mille nuovi agenti penitenziari. Bene: mi sarei aspettata allora che fossero assunti nell'arco di tre o sei mesi massimo, invece ci vorranno almeno due anni prima che effettivamente questi agenti prendano servizio. Per assumerli in due anni sarebbe stato sufficiente indire regolari concorsi, che invece continuano a non essere indetti.

In questo caso, dunque, mancano davvero le forme per dire che questo è un decreto-legge. La pregiudiziale non è sul tema, perché sul tema siamo d'accordo; sul fatto che sia necessario l'intervento sul sistema carcerario per assicurare la dignità delle persone detenute siamo d'accordo. Siamo così d'accordo, signor Presidente, che alla Camera abbiamo un nostro disegno di legge a firma dell'onorevole Giachetti (Applausi), che stentatamente viene portato avanti e la maggioranza tenta di paralizzare, tanto che, arrivati al dibattito in Aula alla Camera, improvvisamente il ministro Nordio si è ricordato che c'era l'emergenza carceri e ha partorito questo decreto-legge. Con tale provvedimento sostanzialmente sappiamo che fra due anni verranno assunti mille agenti. Si parla di colloqui telefonici: il mondo corre e la tecnologia c'è dappertutto, ma non negli istituti penitenziari, dove continuiamo a dire che si fanno i colloqui telefonici e non si ammettono invece in videocall - e non si capisce il perché - che potrebbero anche alleviare lo stato di sofferenza del detenuto. (Applausi).

C'è poi anche un'altra misura, la ricognizione degli istituti per l'accoglimento e il reinserimento. Anche in questo caso però, tra ricognizione, formazione di elenco e ammissione delle domande da parte dei nuovi istituti, ci vorrà più di un anno prima che tale misura divenga effettivamente definitiva. Un decreto-legge avrebbe semplicemente dovuto prendere atto che in questo momento la gran parte della popolazione carceraria è composta da persone che sono state condannate per delitti riguardanti la droga. Basterebbe separare queste due categorie e prevedere percorsi di recupero e reinserimento sociale a favore delle persone che hanno il problema del consumo di stupefacenti.

Un altro problema che questo decreto-legge non affronta neanche di striscio è relativo ai detenuti che hanno problemi psichiatrici e dovrebbero essere accolti in strutture idonee e non all'interno delle carceri comuni, dove non hanno neanche la possibilità di accesso alle cure.

Ecco le ragioni di questa pregiudiziale. C'è un'emergenza carceri? Sì. Questo è lo strumento adatto? No. (Applausi). Non lo è, perché non risponde alla necessità della decretazione d'urgenza; non lo è, perché aggrava ulteriormente l'amministrazione della giustizia e i tribunali di sorveglianza di un procedimento automatizzato che non ha nulla di automatizzato. Basterebbe aver frequentato almeno una volta nella vita le carceri, come operatore di diritto, educatore o assistente sociale, per conoscere le gravi inefficienze del sistema e la difficoltà molto spesso di reperire la documentazione di un detenuto da un istituto carcerario a un altro, di talché molto spesso le istanze si perdono nelle segreterie delle varie strutture. Si va quindi anche in contrasto con le disposizioni della Costituzione che impongono allo Stato che l'amministrazione funzioni con la massima efficienza.

Alle ragioni di questa pregiudiziale si unisce l'atteggiamento della maggioranza, che continua a confermare la totale disaffezione al confronto, al dialogo e ad uno scambio che possa essere proficuo anche con le forze dell'opposizione e che chiude al confronto anche in Commissione, rifiuta qualsiasi emendamento e anche di ascoltare i pareri espressi nelle audizioni dai magistrati di sorveglianza, ma impone un testo che non risolve nulla.

Per queste ragioni, abbiamo sottoscritto la pregiudiziale in discorso e chiediamo che non si passi all'esame del testo. (Applausi).

MAGNI (Misto-AVS). Domando di parlare. (Brusio).

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Nel frattempo, chiedo ai colleghi, per favore, se possono realmente abbassare il tono di voce, perché quello che dicono i senatori che intervengono è quasi incomprensibile.

MAGNI (Misto-AVS). Signor Presidente, onorevoli colleghi, ovviamente noi sosteniamo convintamente la questione pregiudiziale QP1 per una semplice ragione. I colleghi rilevano che continuiamo a presentare questioni pregiudiziali, ma il problema è che le producono loro con decreti-legge vuoti privi di disposizioni d'urgenza, che calpestano quanto previsto dalla Costituzione. Dovrebbero utilizzare meno i decreti-legge, essere più disponibili a discutere di merito e forse allora affronteremmo i temi in termini diversi e daremmo qualche risposta.

Come dicevo, quello in esame è un decreto-legge sostanzialmente vuoto, perché, parliamoci chiaro, l'urgenza vera è l'aumento dei suicidi all'interno delle carceri. La domanda da porsi è perché avvengono. Si verificano perché c'è sovraffollamento, perché molto spesso i detenuti rimangono in carcere per molti mesi, se non addirittura anni, senza giudizio e perché vivono in una condizione difficilissima. È capitato non solo a me, ma credo a tutti quelli che vanno nelle carceri: l'ultima volta che sono andato, non è stato molto tempo fa, c'erano 424 detenuti in un carcere da 240 posti. Non c'era solo sovraffollamento: com'è stato detto prima, c'erano situazioni molto difficili dal punto di vista psichiatrico, e nella sezione trans una persona stava affrontando un percorso, per cui la situazione era davvero difficile.

Vi chiedo di provare a fare una discussione vera sui problemi concreti che si verificano. Non abbiamo la soluzione in tasca per risolverli, però quelli sono i problemi. Viene detto che si aumenterà il personale, ma parliamo davvero col personale, con i medici che sono in carcere? Addirittura in un istituto detentivo con 440 persone c'era un medico. Ve lo chiedo: discutiamo?

Forse bisogna porre il problema della depenalizzazione, mentre voi aumentate i reati; bisognerebbe ridurli, depenalizzare e utilizzare le pene alternative, come prevede la Costituzione. Il carcere dovrebbe essere utilizzato per delinquenti pericolosi, mentre bisognerebbe mettere tutti gli altri in condizioni di riparare, perché in sostanza il nostro compito è quello di mettere una persona nelle condizioni di rientrare nella società. Invece, normalmente vanno in carcere e diventano delinquenti: aumenta la delinquenza, questo è il dato. È inutile girarci intorno: se andiamo lì, vediamo cosa succede e come viene distribuito. Non bisogna poi incolpare Tizio, Caio o Sempronio; in quel caso, il problema vero è che lo Stato così non funziona.

Discutiamo di questo, non di inventare reati. Addirittura inventate reati contro coloro che manifestano socialmente o ambientalmente; facciamo diventare le persone dei criminali, cioè molto spesso, quando una persona va in carcere per la prima volta, senza essere un delinquente, lo diventa e questo mette in discussione quanto prevede la Costituzione; invece, dovremmo essere in grado di recuperare la persona a una vita sociale. Allora non è possibile che una persona viva nell'ozio ventiquattr'ore su ventiquattro, per trecentosessantacinque giorni l'anno, perché anche questi sono aspetti fondamentali; forse, quindi, c'è bisogno di ragionare e discutere alcuni progetti interessanti, di vedere come si finanziano e come si sperimentano, ad esempio, sulla giustizia riparativa, con le persone che vengono inserite nel sociale e riprendono un rapporto guidato con la società e quindi la propria condizione umana migliora.

Queste sono le discussioni da fare e queste sono le emergenze da discutere, non in modo emergenziale, ma in modo molto pacato, sapendo che il problema è complesso. Questo è il dato: voi, invece, fate esattamente il contrario. Lo dico con una battuta, ma non si può essere manettari continuamente.

Il problema è che chi sbaglia deve pagare, ma anche come ricostruiamo ciò in un Paese civile. Se andiamo nelle carceri, da lì vediamo di non essere un Paese civile. Da lì è dimostrato che non siamo un Paese civile, quindi questa è una questione, ed è dimostrato, allo stesso tempo, che la situazione carceraria sta continuamente peggiorando.

Si discute di depenalizzazione per ridurre tale popolazione. Anche qui, sembra che diciamo una bestemmia, però noi abbiamo sempre sostenuto tale punto. Se andiamo nelle carceri, quanti sono quelli che sono incarcerati per piccoli reati, ad esempio per possesso di piccole dosi di marijuana? Allora depenalizziamo e legalizziamo, in alcuni casi, perché, per affrontare il problema, bisogna trattare seriamente questi dati.

Queste sono le emergenze da affrontare e i problemi che abbiamo di fronte. Non serve continuare ad aumentare le difficoltà e, addirittura, come ho detto prima, se delle persone giustamente manifestano, metterle in galera o aumentare il Daspo nelle città, pensando che basti mettere in prigione delle persone.

Affrontare questo tema significa, sostanzialmente, affrontare il rapporto degli ultimi con la società e le modalità di inserimento di queste persone, senza transigere assolutamente invece con quelli che sono veri delinquenti, che vanno perseguiti e anche isolati fino in fondo. Francamente, però, non è accettabile che continuiate a fare decreti-legge su decreti-legge, che alla fine non risolvono assolutamente il problema.

Per questa ragione, come ho detto prima, sosteniamo questa questione pregiudiziale, sulla base del fatto che voi calpestate continuamente un elemento costituzionale, ossia l'utilizzo con parsimonia e attenzione dello strumento della decretazione d'urgenza. Invece, voi la utilizzate tutti i giorni. Noi siamo costretti tutti i giorni a discutere su decretazioni d'urgenza, anziché svolgere il ruolo del Parlamento, che è quello che siamo chiamati a fare, perché dovremmo essere qui a discutere. Io ho esposto dei problemi e può darsi che abbia detto delle cazzate, scusate il termine. Oggettivamente, si può affermare che le cose che ho detto siano discutibilissime, però vorrei confrontarmi con altre proposte su come affrontare questo tema. In sostanza, invece, c'è solo la decretazione.

Per questa ragione noi voteremo a favore della questione pregiudiziale.

PRESIDENTE. Ricordo che dobbiamo utilizzare un linguaggio consono all'Aula parlamentare.

È iscritto a parlare il senatore Zanettin. Ne ha facoltà.

ZANETTIN (FI-BP-PPE). Signor Presidente, francamente, fra tante questioni pregiudiziali costituzionali che sono state discusse in quest'Aula, quella in esame mi pare oggettivamente tra le più deboli e inconsistenti sotto il profilo giuridico costituzionale.

Se c'è un tema di grandissima attualità e di straordinaria urgenza che ci interpella tutti, che passa attraverso i talk show televisivi o nei dibattiti fra gli addetti ai lavori, è proprio il tema delle carceri e la situazione drammatica in cui si trovano oggi le carceri.

È stato ricordato il numero abnorme di suicidi. Siamo arrivati, mi pare, a sessanta; esattamente nello stesso periodo dell'anno scorso erano quaranta: quindi vi è stato un incremento del 50 per cento. A fronte di questa drammatica urgenza, cosa fa il Governo? Vara un decreto-legge. Mi sembra la cosa più lineare che si possa fare dal punto di vista costituzionale.

Che cosa contiene questo decreto-legge?

Non contiene acqua fresca o dichiarazioni di principio, ma assunzioni straordinarie in tutti i settori del personale addetto alle carceri.

In particolare, voglio sottolinearne uno. Per la prima volta nella storia di questo Paese viene saturato il ruolo dei mediatori culturali. Sappiamo che oggi il 30 per cento della popolazione carceraria è composta da stranieri. Ricorrere, attraverso la decretazione d'urgenza, a un'assunzione straordinaria che consente di eliminare tutti i vuoti di organico per quanto riguarda questo fondamentale settore di soggetti che interloquiscono con le fasce deboli e fragili presenti nelle nostre carceri è un'assoluta urgenza.

Parliamo dell'assunzione di 1.000 agenti di Polizia penitenziaria. Conosciamo la drammatica situazione che subiscono i nostri agenti di Polizia penitenziaria, oggetto di aggressioni e con carichi di lavoro stressanti. Gli stessi agenti di Polizia penitenziaria sono interessati dai fenomeni suicidari: ben sei si sono suicidati dall'inizio dell'anno. Ricordiamo che, tra tutte le Forze di polizia, è il corpo con il numero di suicidi percentualmente più elevato, a fronte di una situazione lavorativa di stress e sacrificio.

È stato ricordato l'aumento del numero delle telefonate consentite ai detenuti per interagire con i propri familiari e affetti. La solitudine è infatti uno, fra i tanti motivi, che porta all'aumento dei suicidi, come ci è stato segnalato da tutti gli addetti ai lavori.

Aggiungo che, attraverso una serie di emendamenti presentati dal sottoscritto e da Forza Italia, è nostra volontà incidere sensibilmente sul sovraffollamento carcerario. Come ricordato poc'anzi dal relatore, senatore Rastrelli, abbiamo introdotto una serie di norme sull'affidamento in prova al servizio sociale, che viene agevolato, soprattutto con riferimento alla possibilità per i detenuti tossicodipendenti di espiare la pena presso le comunità terapeutiche. Con un fondo straordinario di cinque milioni di euro, introdotto proprio con questo decreto-legge, si prevede di sostenere i costi delle comunità terapeutiche. Siamo inoltre intervenuti sulla detenzione domiciliare a favore soprattutto delle fasce di detenuti più deboli (ultrasettantenni e malati gravissimi).

Colleghi, sostenere che questo decreto-legge è incostituzionale perché interviene e viola i princìpi di necessità e urgenza mi pare francamente un argomento molto debole. Non userò il linguaggio colorito del senatore Magni per descriverne il contenuto, ma credo che sul piano strettamente giuridico e costituzionale siamo di fronte a un fuor d'opera che dovrà essere respinto. In questo senso, invito la maggioranza a respingerlo in modo netto e severo. (Applausi).

PATUANELLI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATUANELLI (M5S). Signor Presidente, se non ho capito male, il senatore Zanettin, per suo tramite, ci ha spiegato che la valutazione sulla decretazione d'urgenza (quindi sulla sussistenza del requisito di indifferibilità e urgenza) si basa sull'attualità dell'argomento che tratta e non sul contenuto.

Questa mi sembra un'innovazione costituzionale incredibile. Basta leggere il contenuto del decreto, laddove prevede che le assunzioni di 500 unità partiranno nel 2025 e altre 500 nel 2026, per comprendere che, per quanto il tema sia di stretta attualità e urgenza, esso lo affronta rimandando a sicuramente più di sessanta giorni. (Applausi).

Non c'è una misura nel decreto che da oggi - anzi, dal 4 luglio - sia immediatamente operativa: la struttura commissariale dev'essere costituita; ci sono poi il decreto attuativo sul numero di telefonate e le assunzioni dal 2025 e 2026. Inoltre, gli articoli 9, 10, 11 e 12 nulla c'entrano con la questione delle carceri e la loro urgenza e la loro indifferibilità, anche in quel caso, andrebbero del tutto valutate.

Credo quindi che questa sia una pregiudiziale di costituzionalità tra le più sensate e strutturate che le opposizioni abbiano presentato in questi anni. (Applausi).

Ripeto che affrontate con la decretazione d'urgenza qualcosa che poteva essere affrontato magari non con un disegno di legge di iniziativa parlamentare (perché mi rendo conto che l'iniziativa legislativa del Parlamento sia molto complicata), ma anche con un disegno di legge di iniziativa governativa, che avrebbe potuto avere una corsia preferenziale nelle Commissioni, pur consentendo un dibattito più strutturato, più ampio e più serio. Si tratta di una questione che - è vero - è un'emergenza, perché c'è un incremento del numero dei suicidi in carcere che non può non preoccuparci, ma sappiamo perfettamente che le condizioni di vita nelle nostre carceri sono in costante degrado e deterioramento ed è una situazione che si sta sviluppando da tanti anni.

So già quale sarà la risposta della maggioranza da questo punto di vista e la anticipo: cosa avete fatto voi in vent'anni che avete governato? Intanto una prima informazione: il Governo Meloni, al seicentoquarantanovesimo giorno, è il nono Governo più duraturo della storia della Repubblica italiana su 68 Governi. (Applausi). I primi due più duraturi, peraltro, sono il Berlusconi II e il Berlusconi IV, che non mi sembra siano Governi di centrosinistra, sempre restando negli ultimi vent'anni. È facile quindi rinfacciarsi da una parte all'altra le responsabilità di alcuni dei problemi di questo Paese, che si protraggono da tanti anni. La realtà è che i problemi complessi hanno necessità di soluzioni complesse, di analisi e di approfondimento, che non sono possibili con la decretazione d'urgenza.

È facile fare il titolo con la decretazione d'urgenza. È facile dire alla stampa: abbiamo risolto il problema delle carceri, abbiamo risolto il problema di Caivano, abbiamo risolto il problema di Cutro e abbiamo risolto il problema dei rave, con provvedimenti che peraltro riempiono le carceri, invece di contribuire a svuotarle. È un po' più difficile governare il Paese, e ve ne state accorgendo. (Applausi).

VERINI (PD-IDP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VERINI (PD-IDP). Signor Presidente, la senatrice Rossomando ha già illustrato le ragioni serie che hanno portato le opposizioni a presentare la questione pregiudiziale e non ripeto gli argomenti che ha usato. Una ragione, però, dev'essere ricordata. Sono stati dichiarati inammissibili alcuni emendamenti delle opposizioni, anche nostri, che riguardavano palesemente il trattamento dei detenuti in carcere; avrebbero potuto essere bocciati nel merito, ma dichiarare inammissibili quegli emendamenti, che riguardavano la materia carceraria, e aver inserito in questo provvedimento un punto del tutto estraneo, come il reinserimento del peculato per distrazione, la dice lunga sull'improvvisazione e la furbizia di questa maggioranza.

Signor Presidente, c'è un punto che a mio avviso rende molto chiaro perché questo provvedimento sia viziato da incostituzionalità. L'articolo principale di riferimento per questa materia sta scritto nella Costituzione ed è l'articolo 27, che, come in molti sapete meglio di me, prescrive: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Bene, questo provvedimento ignora totalmente tale sacro principio costituzionale.

L'articolo 27 aggiunge: «Non è ammessa la pena di morte». Io so bene che voi e noi non vogliamo la pena di morte, ma che cosa sono, di fatto, se non una pena di morte indiretta, i 61 suicidi che sono avvenuti in questi giorni, in queste settimane e in questo periodo nelle carceri italiane? (Applausi).

Noi critichiamo davvero questo provvedimento, allora, perché è ovvio che è un tema che ha requisiti di necessità e di urgenza - eccome se ha questi requisiti - ma allora non si fa un decreto-legge improvvisato, nel quale si inseriscono anche argomenti che non c'entrano niente, un decreto nel quale ci sono punti che entreranno in vigore - se entreranno in vigore - fra mesi e anni, a partire dai 900 e poco più agenti di polizia penitenziaria di cui ci sarebbe bisogno adesso e che invece entreranno in servizio nel 2025 e nel 2026. (Applausi).

Ma quale necessità e urgenza ha il contenuto di questo decreto-legge? Ce l'ha il tema carceri, ma non questo provvedimento che - com'è stato ricordato da chi è intervenuto - è un guscio vuoto. Devo essere sincero, non riusciamo neanche a comprendere i motivi, perché che ci sia un'emergenza carceri non ve l'abbiamo detto noi delle opposizioni, noi del Partito Democratico, ma ve lo hanno detto non solo nelle audizioni, ma nel dibattito quotidiano, i garanti delle carceri, i magistrati di sorveglianza, le Camere penali, associazioni come Antigone, associazioni di volontariato nelle carceri, i direttori delle carceri. L'altro ieri i Garanti regionali hanno dovuto rivolgersi direttamente al DAP e al ministro Nordio per chiedere che cosa stessero facendo per queste cose.

Lo dico senza polemica, perché per chi è stato nelle carceri e le frequenta, anche da parlamentare, veramente piange il cuore vedere insensibilità, sottovalutazioni e nessun intervento concreto, mentre accadono quelle cose. Andate a Rieti, andate al Regina Coeli, andate a Brescia, dove quella lettera dei detenuti ha provocato anche le parole del presidente Mattarella; andate a Terni, andate a Biella; insomma andate in qualsiasi carcere italiano dove una situazione drammatica di sovraffollamento e di mancanza di spazi provoca un inferno, che è uno dei motivi che porta alle violenze, alle rivolte, alle proteste e porta anche ai suicidi. Andate nelle carceri. Ci vada davvero - lo diciamo anche qui, anche se abbiamo fatto polemica - anche il Garante nazionale, che deve essere il garante dei detenuti e non del Governo (Applausi), perché altrimenti si capovolge il senso e la funzione di quell'ufficio.

Insomma, che altro deve succedere oltre il numero di suicidi? Che altro deve succedere per arrivare da 48.000 - capienza delle carceri italiane - a 61.500, numero dei detenuti effettivamente presenti nelle carceri italiane in spazi ristrettissimi? Pensate: i nuovi giunti, così si chiamano quelli che entrano in carcere, magari in custodia cautelare (e ce ne sono ancora troppi), o magari per scontare da subito la pena, in alcune carceri, compresi alcuni istituti romani, sono stati sistemati in queste ore e in questi giorni negli spazi destinati alla socialità, perché non c'è più spazio in celle che dovrebbero ospitare uno o due detenuti, ma che adesso vedono perfino, in alcune carceri, tre o quattro detenuti, violando ogni principio di umanità e anche le disposizioni e perfino le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), che hanno sanzionato in passato l'Italia.

Signor Presidente, mi avvio a chiudere: voglio dire - e lo dico a tutti - che investire e rispettare l'articolo 27 della Costituzione, che questo decreto-legge viola palesemente, significa non solo investire in umanità e nella funzione di recupero e reinserimento sociale della pena, o anche della messa alla prova o della pena alternativa; la pena deve essere certa evidentemente, ma deve essere rieducativa. Ciò significa anche investire in sicurezza, perché una persona che ha sbagliato, sconta una pena e esce dal carcere formato, con un mestiere in mano, socializzato, non torna a delinquere (Applausi). Investire in carceri umane vuol dire investire nella sicurezza della società italiana

Allora perché, per chiudere, avete pronunciato, Governo e maggioranza, 235 no a 235 emendamenti delle opposizioni? Noi avevamo offerto un terreno di dialogo, eravamo disposti a ragionare, a cercare di riempire di contenuti questo decreto-legge, anche con provvedimenti di buonsenso semplici.

Avete detto 235 no: è una gravissima responsabilità, politica e morale, quella che vi siete presi chiudendovi in questo modo. Avete detto no a misure urgenti per la Polizia penitenziaria, che vive in una situazione anch'essa drammatica, a più formazione per la stessa Polizia penitenziaria, e ce n'è bisogno. Avete detto no a più risorse per il lavoro, la formazione, la socializzazione, a risorse per figure multidisciplinari (psicologi, mediatori culturali). Avete detto no a più telefonate per le videochiamate con i familiari; avete detto no all'affettività in carcere, affettività anche intima, con le compagne e i compagni, con le mogli e i mariti. Avete detto no a misure che riguardano più ore di apertura delle celle e più videosorveglianza; ne sa qualcosa l'ex sottosegretario Giorgis, che, quando stava alla giustizia, lavorò per un piano serio di potenziamento della videosorveglianza e della vigilanza dinamica nelle sezioni.

Ma del resto avevate detto no anche ai nostri emendamenti volti a prorogare quella misura, che non era solo deflattiva, ma era di buonsenso, per i semiliberi che durante il Covid andavano a lavorare e che decidemmo tutti insieme di non far tornare a dormire. Bene, dopo due anni di proroga di quell'esperimento e senza nessuna revoca da parte dei magistrati di sorveglianza, avete bocciato, con la finanziaria e il milleproroghe, anche quella cosa. Questi no sono coerenti.

Insomma, noi capiremmo, avremmo capito se il vostro provvedimento avesse avuto dei contenuti; ma il vostro era appunto un guscio vuoto. Lo dico anche ad alcuni esponenti della maggioranza, a Forza Italia. Ho ascoltato il senatore Zanettin e credo che i suoi toni siano sinceri; ma Forza Italia in questo decreto-legge, al di là dei proclami garantisti di apertura, ha perfezionato il detto "gettare il sasso e nascondere la mano". No, voi avete gettato il sasso, nascosto la mano e ritirato il sasso; questa è una furbizia politica di cui portate la responsabilità.

Ho finito, Presidente. Per questi motivi noi voteremo a favore della pregiudiziale, per problemi di merito e di metodo, ma soprattutto perché le carceri non siano più in questo Paese, che è un Paese civile e democratico, una discarica sociale, ma siano un'occasione di pena e di recupero di persone che hanno sbagliato. Si tratta di persone che devono avere diritto a una seconda chance. (Applausi).

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 93, comma 5, del Regolamento, indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della questione pregiudiziale QP1, presentata dal senatore Boccia e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Sulla scomparsa di Nicolò Lipari e di Salvatore Sciascia

CASINI (PD-IDP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASINI (PD-IDP). Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione, nell'Aula del Senato della Repubblica, sul fatto che nella giornata di ieri è mancato il senatore professor Nicolò Lipari, che è stato non solo senatore della Democrazia Cristiana nella IX e nella X legislatura, un collega stretto e un collaboratore di Roberto Ruffilli e di Scoppola, che già con lui militarono nel Gruppo parlamentare della Democrazia Cristiana. Ma è stato anche, per lungo tempo, docente insigne di diritto privato all'Università La Sapienza.

È stato una tra le espressioni migliori del cattolicesimo democratico e credo che meriti iniziative appropriate da parte del Senato. Per lui il diritto non era disposizione, ma norma. Il diritto non era assolutamente cronaca, ma storia. Il diritto non era solo giustizia, ma era soprattutto un elemento di sostanzialità e di essenzialità. La sua fede è stata testimoniata dalla sua vita e credo che oggi noi, come Senato della Repubblica, dovremmo dedicare un attimo di raccoglimento alla memoria di questo uomo che ha onorato le istituzioni delle università italiane e del Senato della Repubblica. (Applausi).

GASPARRI (FI-BP-PPE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GASPARRI (FI-BP-PPE). Signor Presidente, cogliendo l'occasione del ricordo del professor Lipari, che anch'io ho conosciuto come docente che si è occupato di tante tematiche importanti, volevo ricordare all'Aula che è mancato in questi giorni anche un nostro collega di passate legislature, il senatore Salvatore Sciascia, che è stato parlamentare in tre legislature con Forza Italia e il Popolo della libertà. Era esperto in materia finanziaria e fiscale, uomo legatissimo al presidente Berlusconi, esponente di primo piano dall'attività di Forza Italia, impegnato nel mondo imprenditoriale con funzioni di punta. Mi sembrava corretto e avevamo chiesto di poterlo ricordare in Assemblea perché Salvatore Sciascia lo meritava.

Colgo l'occasione, unendosi il nostro Gruppo al cordoglio per la scomparsa del professor Lipari, per ricordare con altrettanto spirito di commozione e di memoria Salvatore Sciascia, valoroso parlamentare di Forza Italia. (Applausi).

PRESIDENTE. La Presidenza si associa al cordoglio in ricordo dei senatori Lipari e Sciascia e invita l'Assemblea ad osservare un minuto di raccoglimento. (Il Presidente e l'Assemblea si levano in piedi e osservano un minuto di raccoglimento). (Applausi).

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1183 (ore 10,12)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Lombardo. Ne ha facoltà.

LOMBARDO (Misto-Az-RE). Signor Presidente, noi ci siamo astenuti dal voto sulla questione pregiudiziale per il semplice motivo che nell'abuso della decretazione d'urgenza che questo Governo continua a fare non ci sarebbero stati casi migliori di questo sull'emergenza della popolazione carceraria per avere un decreto-legge. Il punto è che nel merito del provvedimento le risposte che vengono date non offrono alcuna misura concretamente correttiva alle condizioni indecorose in cui sono detenute oltre 61.000 persone tra condannati in via definitiva e in attesa di giudizio, circa un terzo del totale.

Uso la parola "indecorose" perché è quella che ha utilizzato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per definire le condizioni delle carceri italiane.

Le minime modifiche introdotte in materia di detenzione domiciliare per le persone più anziane e di affidamento in prova anche nelle strutture del volontariato non avranno alcun effetto deflattivo della popolazione detenuta. D'altra parte, a proposito del sovraffollamento, c'è uno strano relativismo da parte del Governo; non si nega un dato eclatante, ma lo si ridimensiona, sostenendo che non è il peggiore della storia carceraria italiana e che l'aumento dei suicidi e degli atti di autolesionismo è solo correlato, ma non determinato dalle condizioni di detenzione. Intanto vale la pena ricordare che due anni fa, nel giugno del 2022, i detenuti in Italia erano 55.000 e oggi sono più di 61.000.

Quindi, sono aumentati di oltre il 10 per cento in due anni. Per forza: avete introdotto reati e aumenti di pena demagogici, con effetti pesanti sulla carcerazione e avete ostacolato l'accesso a misure alternative alla detenzione. (Applausi).

La persistenza di condizioni invivibili e l'assenza di fiducia circa la possibilità di un cambiamento gettano moltissimi detenuti in condizioni di disperazione. Il tasso di sovraffollamento medio è del 30 per cento superiore ai posti disponibili, ma in almeno un quarto delle carceri - sto citando i dati dell'ufficio del Garante nazionale - è superiore al 150 per cento e in una ventina di carceri è compreso tra il 170 e il 225 per cento. A ieri, 31 luglio, erano morte in carcere 61 persone e una in un centro di identificazione ed espulsione, molte di più di quante se ne fossero suicidate nella stessa data negli ultimi trent'anni. Non ci sono mai state tante morti - naturali o meno - nelle carceri italiane e continuare a fingere che questo non dipenda dalla situazione carceraria è umanamente cinico e politicamente irresponsabile.

Peraltro, il tasso di suicidio è più alto nella popolazione carceraria in attesa di giudizio. Il 39 per cento del totale dei detenuti suicidi tra il 1° gennaio e il 31 luglio 2024 era in attesa del primo giudizio. La verità è che il carcere non è solo una tragedia umana, ma è un'emergenza sociale ed è una responsabilità politica. La galera è una risposta facile e remunerativa per la demagogia politica a una domanda di sicurezza e di protezione, la quale però non viene affatto assicurata da alti livelli di carcerazione, che sono invece un fattore di grave cronicizzazione delle tendenze criminali. Non vi è un solo dato empirico che non confermi che il tasso di recidiva dei detenuti in esecuzione penale esterna è nettamente inferiore a quello di chi sconta la pena in regime detentivo.

E allora qual è la strada, se questa è l'analisi, per investire sulla sicurezza, visto che è un tema che sta a cuore tanto a voi quanto a noi? Se vogliamo investire sulla sicurezza - ed è quello che avreste dovuto fare in questo decreto - avreste dovuto assumere giudici di sorveglianza. (Applausi). Avreste dovuto realizzare interventi di edilizia carceraria, non solo nominare un commissario straordinario, non solo citare i trenta interventi, di cui sei con il PNRR, la cui scadenza è nel 2026. Avreste dovuto rimodulare la sanzione penale potenziando le misure alternative alla detenzione. Sareste dovuti intervenire sul lavoro come fattore di riduzione della recidiva e di reinserimento sociale; il lavoro è il passaporto per la libertà dei detenuti e non c'è una sola parola di questo all'interno del decreto-legge. La situazione indecorosa nella quale vive chi è in una situazione di detenzione carceraria incide sulla disperazione, ma la paura più grande, a volte, per chi sta in carcere è quello che lo aspetta fuori, è lo stigma sociale, è l'assenza di posizione dentro il mondo, è la rassegnazione che vive e alberga rispetto a ciò che c'è fuori dal carcere. C'è, allora, un modo di investire sulla sicurezza e la via ce la indica l'articolo 27 della Costituzione: quella è la via maestra che dovremmo seguire.

Consentitemi di dire, visto che molti avranno sicuramente letto e si saranno soffermati sulla situazione dei bambini che vivono in carcere e hanno imparato solo poche parole, che questa sarebbe stata l'occasione per eliminare quell'inutile crudeltà dei bambini in carcere, perché che i figli paghino per le colpe dei genitori è una barbarie di cui io mi vergogno come cittadino italiano. (Applausi).

Per questi altri motivi, visto che non sono contenute misure correttive o deflattive che possano risolvere davvero il tema dell'emergenza carceraria, ma usate l'occasione del decreto-legge per dire di affrontare un problema senza risolverlo, noi voteremo contro questo provvedimento che non risponde a un'emergenza grave, a una piaga sociale vera del nostro Paese e non produrrà risultati se non quello di consentire di esibire per l'ennesima volta un impegno contro il crimine che non corrisponde alla realtà, ma purtroppo è solo propaganda. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice D'Elia. Ne ha facoltà.

D'ELIA (PD-IDP). Signor Presidente, colleghe e colleghi, capita forse anche a voi ogni tanto, in questo lavoro di rappresentanza, di non trovare le parole per dire quello che accade, di fronte ad esempio a delle morti che avremmo potuto prevenire: penso ai femminicidi e alle morti sul lavoro. Di fronte ai suicidi, cioè a una morte scelta, lo sgomento e il dolore sono ancora più terribili, e in questi giorni in cui il bilancio dei suicidi in carcere, che - come è stato qui ricordato - non riguarda solo i detenuti ma anche chi lavora nel carcere, è terribile e continuo. Ogni storia è una storia a sé, ogni persona è una persona irriducibile, ogni suicidio quindi è un caso a sé, ma l'insieme ci dice qualcosa su un sistema che non funziona.

Allora, di fronte a questa che davvero è un'emergenza, mi sono chiesta come sarebbe intervenuto un decreto che si intitola: «misure urgenti in materia penitenziaria». Se non ora, quando? Se non di questo, di cosa deve parlare un decreto così denominato? Invece di questo non c'è traccia, del sovraffollamento non c'è traccia, della sofferenza non c'è traccia.

Mi è capitato, in sostituzione del collega Mirabelli che sicuramente ci sta seguendo, di partecipare alla seduta della Commissione giustizia con l'espressione dei pareri: 250 no a tutti i tentativi delle opposizioni di dare senso a questo decreto-legge rispetto a quello che la società ci chiede; chi lavora nel carcere, le famiglie dei detenuti, i detenuti, gli operatori, il volontariato che cosa ci chiedono? C'è stata una chiusura totale. Forse dovevo immaginare che non si riesce a uscire dalla ritualità del dibattito politico neanche in questo caso. Lo dovevo immaginare l'8 marzo 2023, quando noi proponevamo di nuovo la proposta di legge del deputato Siani della scorsa legislatura, per far uscire davvero tutti i bambini dal carcere. Cosa c'è di più terribile che l'infanzia, il simbolo dell'innocenza, sia dietro le sbarre? (Applausi). L'innocenza assoluta, come la chiama Manconi. Ebbene, avete stravolto quella proposta di legge, l'avete snaturata al punto che abbiamo dovuto ritirarla. Quindi siamo qui ancora a discutere di bambini in carcere nell'emergenza di cui parliamo.

Altri senatori del mio Gruppo interverranno nella discussione generale in corso. Voglio parlare soprattutto di questo: come consentiamo alle detenute madri di vivere in case protette? Come le finanziamo? Come davvero le organizziamo? Nessuno propone l'impunità precostituita per una madre che delinque, ma lo sforzo sì, per trovare soluzioni alternative nel rispetto del supremo interesse del minore a mantenere un contatto con la madre. Questo è l'articolo 27 della Costituzione: non ci possono essere trattamenti contrari al senso di umanità. Dobbiamo tutelare la salute psicofisica dei bambini e delle bambine. Ci sono solo due case protette, una a Milano e l'altra a Roma, la Casa di Leda, che si chiama così per Leda Colombini, una donna che è stata veramente una pioniera (Applausi), una protagonista di tante battaglie per il lavoro, assessore al sociale che poi ha dedicato la sua vita ai figli e alle figlie dei detenuti e che ha fondato l'Associazione A Roma Insieme, l'associazione che porta fuori dal carcere i figli e le figlie dei detenuti. I numeri dei bambini in carcere sono scesi con il Covid, ma siamo ancora a 26 bambini e 23 mamme. È una questione enorme. C'è un appello dell'UNICEF che ci chiede una soluzione condivisa; c'è un appello di Siani, Maurizio Di Giovanni e di altri intellettuali.

Bisogna aver visto, diceva Calamandrei, e i Costituenti scrissero quell'articolo perché conoscevano il carcere e la sua disumanità. Noi parlamentari possiamo e dobbiamo - è un atto politico - visitare il carcere perché il carcere non è un mondo a parte.

Con i colleghi Verini e Cuperlo sono stata di nuovo (perché ci eravamo stati per la festa della mamma) al nido di Rebibbia, a conoscere Giacomo, che a due anni sa dire «apri» e «chiudi», queste sono le prime parole che ha imparato. Sono passati dieci giorni da quella denuncia, ma Giacomo è ancora a Rebibbia e con lui altri bambini sono in carcere. (Applausi).

Il decreto-legge in esame non fa nulla. Si prevede un aumento risibile delle telefonate, eppure il ministro Nordio, dopo due suicidi di donne detenute a Torino, aveva detto che avrebbero aumentato le telefonate; si è trattato di un aumento risibile, che comunque non è neanche da subito effettivo. Si parla di 1.000 poliziotti penitenziari, però non c'è quasi nulla sui deficit degli assistenti sociali, degli operatori dell'area trattamentale, su quello che servirebbe. Oggi c'è un'intervista della direttrice di Regina Coeli, carcere che pure ho visitato, che è veramente un estremo rappresentativo delle condizioni delle carceri italiane.

Il tema è che siamo in una condizione di sovraffollamento enorme, per il quale siamo già stati condannati e quei famosi tre metri quadri, che dovrebbero liberi dal mobilio e che i detenuti devono avere, in realtà non ci sono. Questa è una condizione di grandissima sofferenza che è stata rappresentata anche in tutte le audizioni e nelle prese di posizione.

Questa maggioranza è sorda a questo grido di dolore che si sta alzando in questo momento nel Paese. Noi non possiamo consentirlo. Mettetevi una mano sulla coscienza. Fate veramente la cosa giusta: diminuire la popolazione carceraria. Io ho presentato un disegno di legge sul numero chiuso, ma ce ne sono altri e in materia c'è la liberazione anticipata. Bisogna fare scelte radicali, intanto per diminuire la popolazione carceraria, e poi bisogna cambiare politiche, perché negli ultimi due anni, coi vostri reati inutili, avete aumentato del 10 per cento la popolazione carceraria e questo è il risultato. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bilotti. Ne ha facoltà.

BILOTTI (M5S). Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, oggi in quest'Aula ci troviamo a discutere della situazione delle carceri in Italia. La domanda che mi faccio, come cittadina di questo Paese, come avvocata penalista che ha avuto la possibilità di conoscere in modo diretto le complesse dinamiche del mondo della giustizia, come parlamentare che ha partecipato in diverse occasioni all'approfondimento e alla discussione nel merito delle riforme proposte, è la seguente: stiamo camminando insieme, passo dopo passo, verso un Paese moderno, attraverso la costruzione di un sistema carcerario che rispetti la nostra Costituzione? Purtroppo, signor Presidente, devo ammettere che la risposta che mi suscita una forte amarezza è un secco no.

Vorrei però condividere con voi, e soprattutto con chi ci ascolta fuori da quest'Aula, le ragioni che mi portano ad affermare una verità così dura e soprattutto in modo così tranciante. Alla base delle occasioni perse dalla politica per dare risposte concrete ai problemi delle carceri, c'è un approccio disastroso che attraversa tutti i temi che affrontiamo ed è la mancanza di coraggio. Infatti, signor Presidente, la maggior parte delle scelte fatte dal Governo sono il frutto della mediazione tra ciò che si dovrebbe fare e ciò che conviene fare. (Applausi). Le mancate risposte ai detenuti di questo Paese sono il frutto di scelte consapevoli di chi preferisce amputare, castrare, depotenziare sempre e comunque le soluzioni necessarie in nome del consenso.

Provo a spiegarmi meglio. Guidare un Paese vuol dire fare delle scelte che sono necessarie a risolvere i problemi e queste scelte, purtroppo o per fortuna, molto spesso non sono popolari.

Oggi i leader inseguono il consenso, accarezzando le anime dei propri elettori. Oggi si preferisce comprendere, attraverso i sondaggi, come lusingare gli italiani, ricercando azioni che facciano ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Oggi cavalcare le più basse pulsioni dell'elettorato è più facile che traghettare culturalmente l'Italia verso soluzioni reali. (Applausi).

Ebbene, signor Presidente, in questo contesto, in concreto continuiamo a rimanere incastrati nei "vorrei, ma non posso". Ed ecco che le dichiarazioni destabilizzanti di qualche leader sovrastano le cose che realmente accadono in quest'Aula, restituendo all'esterno la percezione di essere al sicuro. Devono marcire in galera: così qualcuno urla in TV su fatti di attualità particolarmente cruenti, salvo poi andare a baciare la pantofola agli amici che scontano pene per aver svenduto pezzi dello Stato o creato disastri economici, mandando migliaia di cittadini sul lastrico. (Applausi).

Vendeva la morte per le strade, ora è in carcere e buttiamo la chiave: così qualcuno dice alla radio, salvo poi cercare di comprendere le differenti dinamiche che si nascondono dietro il disagio di chi spesso consuma in prima persona sostanze stupefacenti. Castrazione chimica subito: qualcuno scrive sui giornali, salvo poi rappresentare, con le proprie esternazioni quotidiane il seme di quella subcultura con cui si giustificano i peggiori atti di violenza.

Ne potrei fare tanti di esempi, signor Presidente: atteggiamenti irresponsabili di chi dovrebbe condividere una visione, ma preferisce destabilizzare il Paese con campagne mediatiche, utili solo a generare paura nella popolazione quando si è all'opposizione e a fingersi opposizione quando si è al Governo.

Signor Presidente, non mi appellerò più all'orgoglio e al coraggio dei parlamentari di questo Paese, perché, in questa fase di decadenza culturale, alcuni dei miei colleghi hanno preferito regalare i propri poteri al padrone di turno. Non mi illudo che ci saranno migliorie nella gestione della detenzione carceraria, perché per me questo provvedimento è una minestra riscaldata, che soffoca i diritti di chi dovrebbe saldare il suo conto con la giustizia e reintegrarsi grazie al lavoro di uno Stato intelligente.

Se l'obiettivo di questo Governo fosse risolvere i problemi delle carceri, si farebbero misure semplici, come le assunzioni della polizia penitenziaria che, nonostante le roboanti dichiarazioni del ministro Nordio, in questo decreto-legge si riducono ad un numero irrisorio, anche rispetto a quanto è stato chiesto dagli stessi sindacati. Si procederebbe al rafforzamento degli organici e alla professionalizzazione delle figure che si occupano di valutare la premialità in fase rieducativa, sia all'interno che all'esterno delle carceri. Anche in questo caso, il Governo fa tanti proclami, ma i numeri rimangono estremamente bassi. Si incrementerebbe il numero delle piccole strutture intermedie, che hanno già dimostrato la loro grande efficacia in tema di reinserimento sociale e di abbassamento del tasso di recidiva.

La misura prevista dal decreto è poi una brutta copia della nostra proposta di case di comunità per l'inserimento sociale, con la differenza che è una misura meno incisiva, che sono previsti meno fondi a sostegno e soprattutto che quei fondi sono destinati a strutture private invece che pubbliche: il che rischia di rappresentare un possibile primo tassello della pericolosissima privatizzazione delle pene.

Ma è inutile, signor Presidente, entrare nel merito. Queste cose sono scritte nella pietra, ma soprattutto erano scritte negli emendamenti che avevamo presentato e che voi avete deciso di ignorare. Questo Governo preferisce annacquare le proposte ovvie e continuare a soffiare sul fuoco per alimentare la paura degli italiani. Nell'era della comunicazione digitale, ciò che funziona pesa più di ciò che è giusto. E vedere il politico di turno seduto al tavolo con qualche cittadino che affronta problemi reali, vale più della totale assenza di soluzioni nelle sedi istituzionali.

Presidente, la rinascita di questo Paese parte dalla volontà di affrontare con serietà, i disagi e le fragilità delle persone e non ghettizzando il male sui media per fingere che i problemi non esistano. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Malpezzi. Ne ha facoltà.

MALPEZZI (PD-IDP). Signor Presidente, in questi pochi minuti vorrei porre l'attenzione su uno dei tanti aspetti preoccupanti, per noi ancor più allarmante, con riferimento alle carceri. Mi riferisco alla condizione dei ragazzi che si trovano negli Istituti penali per i minorenni (IPM).

Alcune cose sono già state dette e io vorrei leggere a tutti noi presenti in quest'Aula i numeri di questo periodo, che potrebbero sembrare un'anomalia, ma non lo sono se pensiamo alle misure che avete assunto negli ultimi dodici mesi con il cosiddetto decreto Caivano, che ha fatto aumentare in modo vertiginoso la presenza di minori negli Istituti penali per i minorenni. Ve li leggo perché dimostrano come le politiche, quando sono sbagliate (e noi purtroppo ve lo avevamo detto e avremmo voluto svolgere a quel tempo un'altra discussione ed essere ascoltati), portano a risultati allarmanti e preoccupanti per tutta la nostra società.

Sono oltre dieci anni che non si raggiungevano cifre di presenze così alte negli IPM. Questa denuncia è stata fatta anche lo scorso 20 giugno dall'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza davanti a tutti i parlamentari. Carla Garlatti ha presentato a Montecitorio la sua relazione annuale al Parlamento e raccontato come, a fronte di reati che non sono stati modificati negli ultimi dieci anni, il numero dei ragazzi minori oggi in carcere è molto più alto degli ultimi periodi. Gli ingressi negli Istituti penali per i minorenni sono in netto aumento: sono stati 835 nel 2021; 1.143 nel 2023 e solo nei primi mesi del 2024 ci sono stati 500 ragazzi in più. Questo è accaduto non solo perché avete creato nuovi reati, ma anche perché sono ragazzi che si trovano sotto misura di custodia cautelare e voi avete detto che devono rimanere lì.

Mi chiedo con quale faccia - scusatemi, ma è proprio il caso di dirlo - voi ritenete che tenere i ragazzi in quelle condizioni sia una cosa giusta. Se l'articolo 27 della Costituzione stabilisce che il tempo della pena deve essere il tempo della rieducazione, come possiamo pensare che ragazzi in quelle condizioni possano essere aiutati a rieducarsi (io dico addirittura a essere educati, più che rieducati)? Questi ragazzi li avete visti? Siete andati a vedere qual è la loro storia? Quali sono gli ambienti da cui provengono? Che tipo di educazione hanno ricevuto? Che cosa hanno visto negli anni della loro vita? Che cosa hanno conosciuto?

Lo diceva prima la collega Cecilia D'Elia: ognuno si porta dietro una storia e questi sono ragazzi di sedici e diciassette anni nati forse nelle culle sbagliate. Sono nati in luoghi che si trovano ai margini della nostra società o di altri mondi.

Magari hanno già conosciuto l'attraversamento di un deserto e sanno cosa significa arrivare qui attraverso un barcone, perché la sofferenza che avevano nelle loro terre era sicuramente maggiore e oggi si trovano qui. Cosa possono aver conosciuto? Noi pensiamo che oggi serva un personale messo nella condizione di formarsi e in questo decreto-legge voi addirittura diminuite la possibilità delle guardie penitenziarie di formarsi, non le aiutate a essere ulteriormente preparate in situazioni che sono estremamente delicate (Applausi), ma non costruite neppure un percorso che possa rendere quei luoghi veramente capaci di educare, di far conoscere il bello, perché gli educatori non ci sono e non aumentano. Non avete pensato a un modello educativo che possa essere valido al di fuori delle carceri, per far conoscere a quei ragazzi un mondo che loro non hanno ancora intercettato e non l'hanno intercettato per una questione di destino.

Noi non possiamo pensare che il futuro di tante giovani generazioni sia assegnato solo alla casualità del luogo di nascita, al contesto sociale in cui si cresce, alle fragilità che si incontrano. Se questo Governo, invece di parlare di pene, non inizia a parlare, una volta per tutte, anche di prevenzione e di un tessuto sociale nel quale voler... (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MALPEZZI (PD-IDP). Ho finito. Questo sarà un Governo che fallirà proprio sulle generazioni che disegneranno il futuro di questo Paese. Io un esame di coscienza me lo farei. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Sallemi. Ne ha facoltà.

SALLEMI (FdI). Signor Presidente, come purtroppo tutti sappiamo, esiste in Italia una questione di profonda criticità strutturale del nostro sistema penitenziario. Una condizione di crisi organica, più volte segnalata anche dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha generato sonore e gravi condanne nei confronti della nostra Nazione. Un vulnus, quello delle carceri, che ha visto nel tempo susseguirsi timidi tentativi di riforme, con esiti parziali rispetto agli obiettivi immaginati; interventi più o meno emergenziali, volti a tamponare, soltanto a tratti, le condizioni di sovraffollamento grave delle strutture.

Le forze politiche di opposizione che oggi puntano il dito contro questo Governo sono le stesse forze che, nella maggior parte dei casi, hanno governato la Nazione per anni e anni, senza porre in essere alcuna forma migliorativa della vita dei detenuti. È singolare, Presidente, come si tenti costantemente financo di mistificare la realtà, nel maldestro tentativo di far stare quattordici anni in diciotto mesi. Monti, Letta, Renzi, Gentiloni Silveri, Conte, Draghi: questi i Presidenti del Consiglio degli ultimi quindici anni. Ci siete tutti, colleghi dell'opposizione, nel calderone di chi poteva fare e non ha fatto. (Applausi).

E oggi avete anche l'ardire di abbandonare i lavori della Commissione, accusando la maggioranza di atti, letteralmente, vergognosi e brutali (questi sono stati i termini, Presidente), solamente perché la maggioranza non ha accolto i vostri emendamenti. Avete avuto quattordici anni di tempo. Ora saremo noi, in diciotto mesi, ad assumerci la responsabilità di cambiare qualcosa. (Applausi).

Per suo tramite, Presidente, mi rivolgo al collega Scalfarotto. Mi sono personalmente recato nelle carceri della Sicilia sud-orientale; le ho visitate e ho trovato problemi comuni: il sovraffollamento, la carenza di personale e le strutture obsolete. Ma ho anche trovato un personale attento: educatori, volontari, direttori delle carceri. Ho anche visto, però, la stanchezza negli occhi di molti, troppi agenti della Polizia penitenziaria, lasciati per troppo tempo soli, ai quali questo Governo sta tentando di dare dignità. Per essere chiari, Presidente, non avevano neanche la misura di dotazione di sicurezza per poter garantire il loro lavoro, ferma da vent'anni. L'abbiamo riportata noi, questa dotazione di sicurezza. (Applausi).

Il sovraffollamento è certamente il male più grande che occorre contrastare e questo Governo e questa maggioranza hanno messo in campo diversi strumenti. In Italia, stando al dato aggiornato al 30 giugno, ci sono 61.480 persone sottoposte a custodia, a fronte di 51.234 posti totali previsti dalle strutture.

Il numero esorbitante di detenuti e le conseguenti condizioni di vita di essi rientrano tra le cause dei suicidi in cella, che sappiamo essere un numero elevatissimo, indice di un malessere diffuso, che pur nella necessità di differenziare le situazioni personali, tutte diverse, lascia chi si occupa di carceri di fronte ad un senso condiviso di scoramento. Ogni suicidio è una sconfitta per lo Stato e non possiamo continuare a sgranare questo rosario di morte, che colpisce purtroppo sia i detenuti, sia il personale della Polizia penitenziaria.

In tale contesto, il decreto-legge che oggi esaminiamo si muove nell'ambito di due precisi filoni di azione: allargare e snellire le procedure per il ricorso alle forme alternative al carcere; potenziare gli organici della Polizia penitenziaria. Richiamando le parole del ministro della giustizia, Carlo Nordio, il provvedimento non va nella direzione dell'amnistia, che non abbiamo mai ritenuto l'unica risposta dell'emergenza carceraria, seppur certamente quella più facile e comoda, ma va nella direzione dell'umanizzazione carceraria. Si tratta evidentemente di un primo passo urgente in un'estate che per chi vive le carceri si presenta in termini ancora più difficili del solito, ma bisogna essere onesti nell'affermare che c'è una voragine da colmare tra gli interventi necessari e i problemi aperti.

Entrando nel merito del provvedimento, le misure principali riguardano la previsione di incrementare in maniera significativa le assunzioni del Corpo di polizia penitenziaria, mille unità che si aggiungono a quelle già aumentate dal decreto Nordio, nonché tra i dirigenti penitenziari, e ancora lo scorrimento di graduatorie per vice commissari e vice ispettori di Polizia penitenziaria. Sempre per esigenze di accelerazione nell'arrivo sul campo di nuovi agenti, è stata prevista un'accelerazione nella formazione degli agenti stessi. In questo modo si limiteranno i tanti turni di lavoro, davvero estenuanti, e i sacrifici personali che vanno ben al di là dell'ordinario, soprattutto in contesti in cui il sovraffollamento e le condizioni delle strutture saturano di una tensione quotidianamente difficile.

Una particolare centralità hanno gli interventi in materia di liberazione anticipata. In particolare, il decreto-legge prevede che il pubblico ministero indichi espressamente, nell'ordine di esecuzione della pena da espiare, tutte le detrazioni previste dalla norma sulla liberazione anticipata, al fine di rendere immediatamente percepibile al detenuto il termine finale della pena, in caso di ottenimento di tutte le detrazioni, o la pena che sarebbe invece da espiare senza le detrazioni. Nello stesso ordine di esecuzione, deve essere dato avviso al condannato che le detrazioni non saranno concesse in caso di mancata partecipazione all'opera di rieducazione. Sarà il magistrato di sorveglianza ad accertare d'ufficio la sussistenza dei presupposti necessari alla concessione dei benefici.

Per chi è in carcere viene aumentato il numero dei colloqui telefonici mensili da quattro a sei, con la possibilità da parte del direttore di autorizzarne di più, soprattutto per ridurre l'isolamento di coloro che hanno i familiari lontani. Sono esclusi ovviamente i detenuti colpevoli di reati ostativi.

Sul piano delle modifiche al codice penale è prevista l'introduzione del reato di indebita destinazione di denaro e cose mobili: la fattispecie riguarda i pubblici ufficiali che, avendo a disposizione i beni altrui in ragione del loro ufficio, li destinano a scopi diversi da quelli stabiliti dalla legge, ricavandone un ingiusto vantaggio patrimoniale per sé e per gli altri. È una norma che tende a bilanciare gli effetti dell'abolizione dell'abuso d'ufficio. In questa direzione vanno anche i primi accordi siglati con i Paesi esteri per fare scontare la pena ai detenuti stranieri nelle loro Nazioni di origine, come l'accordo, appunto, tra Italia e Romania.

Abbiamo più volte rinnovato il nostro dolore per i tristi fenomeni dei suicidi in carcere. Per il disagio minorile abbiamo cercato di porvi riparo, non in una logica di depenalizzazione, nella quale non crediamo, ma di rispetto del principio di garanzia. È un fenomeno che non possiamo risolvere con la demagogia, ma con azioni concrete di lunga gittata, perché il carcere deve rieducare. Quindi, abbiamo tutti, sia la maggioranza che l'opposizione, una grande responsabilità per avviare un cammino propositivo verso quello che si può e si deve fare. Le misure messe in campo dal Governo intendono dare avvio a questo iter e vedono il nostro convinto sostegno, ma vi prego, ognuno faccia, soprattutto dall'altra parte dell'emiciclo, un proprio esame di coscienza. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Guidi. Ne ha facoltà.

GUIDI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Buongiorno, grazie Presidente, grazie colleghe e colleghi, membri del Governo, pensando a cosa posso dire e devo dire per testimoniare l'interesse sull'argomento, mi viene in mente, da vecchio ma mai domo psichiatra, anzi neuropsichiatra, che forse il carcere peggiore, quello che non ti permette sollievo, è quello che abbiamo dentro di noi, nella depressione, nell'ansia, nella sofferenza di sentirsi soli anche in una realtà affollata quantitativamente, ma sempre meno qualitativamente, anche in questa Aula, perché mai - faccio politica forse errando, qualche volta o spesso - ho sentito tanti pregiudizi, tanta - lasciatemelo dire, colleghe e colleghi - maleducazione.

L'arte della politica, anche in questa Camera alta, è anche teatralità, nel parlare e nel gestire, ma non ho mai visto tanti guitti, che disprezzo. Io vi rispetto tutti, per essere rispettato un pochino. Noi siamo sempre più descritti come brutti e cattivi, non si capisce perché. E, chissà perché, chi ha avuto tanti momenti per poter risolvere le realtà critiche, sembra un'Alice nata non ieri, oggi. Ma dove stavate quando tanti bambini languivano nelle carceri? E non solo nelle carceri, ma anche nei luoghi dove dovrebbero essere sereni, negli asili nido, nelle scuole materne, nei centri di riabilitazione, magari per persone autistiche, dove si è sentito dire, da tecnici del Centro Italia (dove si pensa che ci sia più cultura), che, le persone autistiche che subiscono violenze non possono capirle perché sono diverse. L'avete accettato supinamente.

Io, che mi metto in discussione non giorno per giorno, ma secondo per secondo, non accetto lezioni da chi va nel carcere come nel Club Mediterranée, quando io nel carcere ci lavoro da più di cinquant'anni, sempre rispettando anche le persone "peggiori", rispettando persino il padre che violenta i figli, perché sempre la storia personale e il diritto di esistere sono superiori al mio giudizio, quello medico e quello umano.

Ragazzi, non siamo sulla buona strada. Non si può utilizzare un provvedimento ottimo, con un Ministro ottimo, che ha il coraggio di mettere mano a un pianeta di difficoltà create da persone che precedentemente hanno avuto tutto il potere per cambiare, facendo le pulci alla realtà. Scoprite oggi che il bambino soffre in carcere? Ma siamo tutti un po' fuori. Io penso che la pandemia abbia creato qualche gravità aggiunta nella minoranza, senza offese. Lo dicevo ieri a un leader del PD: io non sopporto la maleducazione, partendo da me.

Però, mannaggia, quello che ho sentito in questi giorni mi fa pensare che forse ho sbagliato pianeta, perché con la maleducazione, con la maldicenza, con il mettere il dito nell'occhio dell'avversario, visto come un nemico, facciamo schifo!

Allora io dico, nel rispetto totale di chiunque, non utilizziamo questo provvedimento per dire quanto siamo sbagliati, ma cerchiamo di migliorarlo, di farlo applicare nel modo migliore, perché ci sono molte realtà positive che dovevano essere valorizzate anche dall'opposizione in quello spirito costruttivo che tutti dicono di voler usare e nessuno della minoranza usa. Non voglio fare il grillo parlante, anche perché essendo un collezionista di Pinocchio, di pinocchiate e un neuropsichiatra, so che questo grillo parlante fa una brutta fine. Credetemi, non usiamo argomenti serissimi e dolorosi, dove si tenta di porre almeno in parte rimedio, solo come grimaldello per delegittimare come nemico e non come avversario la maggioranza.

Sono molto preoccupato perché, senza che nessuno si offenda, vedo delle iniziali malattie della percezione della realtà. Quando si vedono solo i difetti, spessissimo inventati di chi non la pensa come noi, siamo messi male. Il provvedimento è buono, ottimo, può essere migliorato non tanto dai parlamentari, ma da chi applica nella realtà difficilissima del carcere la quotidianità, fatta di minuti, di secondi, di ore, di giorni, di secoli, che non finiscono mai, di sofferenza. Non cerchiamo di far uscire dal carcere il detenuto non applicando la pena o facendo finta di essere più buoni degli altri, ma cerchiamo di elaborare strategie di intervento dove il direttore, gli operatori e gli psicologi del carcere possano far vedere la bellezza di quello che accade dentro e quello che accade fuori, in una realtà di ricostruzione della personalità, che non passa per il buonismo, ma per la serietà degli interventi, tra i quali ho visto tantissimi esempi positivi e qualche esempio negativo. Sorvegliare e punire non serve. È necessario dare esempi di un carcere che si supera, cominciando, come ho iniziato io in questo mio piccolo intervento, a superare il carcere che è dentro di noi, il pregiudizio, la sopraffazione, la violenza. Non vince il buonismo, vince la serietà che spesso diventa anche buona. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Cucchi. Ne ha facoltà.

CUCCHI (Misto-AVS). Signor Presidente, colleghi, cercherò di riassumere in poco tempo le tantissime cose che ci sarebbero da dire. Inizio dicendo che, come ho già sottolineato in Commissione giustizia, è evidente e sacrosanto che ciascuno di noi debba rispondere alle esigenze e alle richieste del proprio elettorato. Direi però, colleghi, che siamo tutti d'accordo sul fatto che esistono temi sui quali non devono esistere colori o bandiere e che uno di essi sia sicuramente quello che riguarda i diritti umani.

Voglio essere molto chiara sul fatto che io non contesto tanto quello che contiene questo decreto-legge, quanto quello che avrebbe dovuto contenere e invece non contiene. Il 4 luglio, quando la presidente Bongiorno ha annunciato in Commissione giustizia l'inizio dei lavori su quello che doveva essere il decreto svuota carceri, la sottoscritta si era illusa che sarebbe stata possibile una collaborazione tra tutti i membri della Commissione per tirar fuori un lavoro sicuramente importante.

Si è parlato tanto, in questi mesi e soprattutto in questi ultimi giorni, dell'emergenza carceri, se ne parla ormai anche nei telegiornali quasi ogni sera. Si parla del sovraffollamento che ha raggiunto numeri da record, di suicidi che la dicono lunga su come si vive in quei luoghi e si dovrebbe parlare anche, per esempio, dei detenuti affetti da malattie psichiatriche che dovrebbero trovarsi in situazioni ben diverse, nelle quali potrebbero essere curati e invece si trovano a vivere in luoghi e in condizioni che sono di fatto terribili.

Veniamo rapidamente ai contenuti di questo decreto e parliamo di nuove assunzioni. Sono assolutamente d'accordo che se da un lato c'è il tema del sovraffollamento, dall'altro c'è un altro tema enorme che va affrontato, che è quello del sottodimensionamento del personale sia per quanto riguarda gli agenti, sia per quanto riguarda tutti gli altri operatori, perché ricordiamo che ci sono delle figure estremamente importanti nelle carceri che andrebbero incrementate, ma quando sento parlare di assunzioni mi piacerebbe sentir parlare anche, anziché di diminuzione, di aumento del periodo di formazione degli agenti di Polizia penitenziaria (Applausi), perché tutti noi che visitiamo le carceri ci rendiamo conto di quanto gli agenti si trovino in difficoltà ad affrontare situazioni estremamente drammatiche, a volte veramente difficili anche da descrivere. Mentre si vuol far passare nell'immaginario collettivo il concetto che qui è una guerra degli uni contro gli altri, da questa parte siamo tutti consapevoli che il problema che dobbiamo affrontare con estrema urgenza riguarda sia i detenuti, sia coloro che in carcere sono costretti a vivere tutti i giorni e a lavorare non essendo messi nelle condizioni di poterlo fare.

Per la prima volta questo Governo emana un decreto-legge in una materia nella quale sarebbe necessario un intervento straordinariamente urgente, infatti è fuori di dubbio che la situazione in cui versano le nostre carceri non sia degna di un Paese civile; peccato, però, che questo decreto, nato come svuota carceri, abbia poi svelato il suo intento esclusivamente punitivo.

Voglio dire che, anche volendo ragionare nella maniera più egoistica possibile, cominciamo a raccontare alle persone che i detenuti, a meno che non si suicidino tutti, come sta avvenendo, prima o poi dovranno ritornare nella nostra società e nelle condizioni in cui versano oggi le nostre carceri, cominciamo a raccontare che il detenuto non potrà tornare nella nostra società in condizioni migliori di come vi è entrato e questo ce lo racconta anche l'altissimo tasso di recidiva che nel nostro Paese direi è da record. Insomma, ci sarebbe veramente da riflette e da parlare a lungo su questo tema, ma quello che sconforta è che con voi, cari colleghi, sembra sempre di parlare a vuoto. Vi invito a mettervi una mano sulla coscienza, come qualcuno ha chiesto a noi, e cerchiamo di mettere i diritti delle persone per una volta al di sopra di tutto. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Lopreiato. Ne ha facoltà.

LOPREIATO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, il Senato si trova impegnato a convertire l'ennesimo decreto-legge. Soltanto negli ultimi due mesi il Governo ha approvato 15 decreti, raggiungendo la sbalorditiva quota di 71 da inizio anno. Se vogliamo citare le statistiche, parliamo di un ritmo medio di presentazione alla Camera di 3,34 decreti al mese. Ricordo che il Governo Draghi e il Governo Conte 2, che ha dovuto affrontare il periodo della pandemia, si attestano a 3,07, il Governo Conte 1 addirittura a 1,69 e il Governo Letta a 2,51.

Per quanto riguarda la rispondenza ai requisiti di straordinarietà ed urgenza, in genere i decreti emanati dal presente Governo ne sono assolutamente sprovvisti. La questione carceraria sicuramente rientrava in tali crismi, ma per quanto poco previsto dal decreto possiamo con certezza affermare che in questo caso, pur essendoci i presupposti per un intervento necessario ed urgente da parte del Governo, la maggioranza è certamente riuscita a fallire l'obiettivo, trattandosi purtroppo di un provvedimento che si è rivelato - l'abbiamo detto più volte in quest'Aula - veramente una scatola vuota.

Atteso il fatto che il presente decreto non affronta in maniera adeguata i problemi derivanti dal mondo carcerario, forse la ragione giustificatrice dell'urgenza può essere circoscritta al monito che il Capo dello Stato e la stessa Bruxelles hanno imposto alla maggioranza, in ragione della deprecabile abolizione del delitto di abuso di ufficio e il conseguente quasi salvataggio in corner dato dalla previsione del peculato per distrazione. A ragione di ciò, giova segnalare che l'abrogazione del delitto di abuso di ufficio è avvenuta per mezzo di un disegno di legge di iniziativa governativa, precisamente da parte dell'ormai leggendario - possiamo dirlo - Nordio, mentre la parziale correzione di rotta attraverso il peculato per distrazione ha avuto luogo con decreto-legge. Ormai si legifera solo in via d'urgenza per mezzo di decreti-legge e, quando questi vengono trasmessi al Parlamento, quest'ultimo è estromesso dalla propria attività.

L'iter di conversione è stato a dir poco convulso, eccessivamente breve e devo dire quanto mai scorretto: questo l'ho più volte detto anche in Commissione. Per chiarire questo bisogna fare però un passo indietro: indicazione dei soggetti da audire senza aver preso contezza del testo; scadenza del termine per la presentazione degli emendamenti a discussione generale neanche iniziata e ad appena tre ore dall'annuncio in Assemblea del provvedimento; presentazione di quattordici emendamenti dei relatori e del Governo che hanno stravolto l'impostazione originaria del decreto; termine di presentazione dei subemendamenti agli emendamenti del relatore e del Governo comunicato il venerdì notte con scadenza prevista per il lunedì mattina e addirittura di una notte per quello relativo al commissario straordinario; ritiro di tre emendamenti su quattro dei relatori, tra cui uno di ripristino degli ospedali psichiatrici, senza la concessione di una proroga del termine per subemendare in considerazione del tempo ormai perso ad essi dedicato. In merito a questi ultimi, siamo stati assolutamente certi del fatto che non sia stata una strategia da parte della maggioranza, volta a far perdere tempo alle opposizioni per subemendare, ma ci sono ben altre motivazioni.

Vorrei precisare, per riallacciarmi al fatto che ormai il Parlamento si è trasformato in un mero passacarte, che i relatori del provvedimento sono la presidente della Commissione Bongiorno e il segretario Rastrelli di Fratelli d'Italia.

Un'ulteriore considerazione sull'andamento dei lavori riguarda la presenza del Governo. La presenza del Governo in Commissione è un elemento imprescindibile ed essenziale. Il ruolo dei rappresentanti del Governo non dovrebbe esaurirsi solamente nel concordare con i relatori sul parere contrario da fornire agli emendamenti dell'opposizione. Posso estendere questo ragionamento anche a quanto accade alla Camera. Leggere i resoconti di Commissione del Senato e della Camera è desolante, veramente un pianto. La scena è sempre la medesima: l'opposizione chiede chiarimenti sul significato delle disposizioni in via di introduzione ed il Sottosegretario presente in seduta senza distinzioni, o il Vice Ministro - io ho chiesto ovunque chiarimenti in merito all'articolo 11 - non risponde ad alcuna richiesta e si limita a ricordare il sempreverde parere contrario, ripetuto e reiterato ma senza mai chiarimenti. È accaduto da ultimo durante la discussione del disegno di legge sicurezza, della cosiddetta proposta di legge Giachetti e del decreto-legge carceri, ma potrei citare davvero numerosi esempi.

Torno al tema delle carceri, che coinvolge la sensibilità di tutte le forze politiche (questo è indubbio). Su di esso è necessario svolgere un reale ed effettivo dibattito. Il sovraffollamento carcerario è al 130 per cento come media nazionale e vi sono stati 61 suicidi da inizio anno. Poi vi stupite per l'abbandono dei lavori in Commissione? (Applausi). C'è da stupirsi? Il reale motivo è dato proprio dalla gravità della situazione e dalla impossibilità di porvi rimedio in ragione del mandato parlamentare, che arriva dai voti di milioni di elettori che sul tema delle carceri la pensano in maniera differente da voi.

Come pensate di intervenire sul sistema carcerario se, da un lato, non fate altro che creare nuove condotte delittuose o inasprire quelle attualmente vigenti sempre e solo nei confronti della generalità dei cittadini, mentre, dall'altro, create continuamente degli escamotage volti a salvaguardare la casta dai delitti dei colletti bianchi? (Applausi). Come pensate di intervenire solo attraverso la predisposizione di norme totalmente spostate sul lato securitario, a totale detrimento dell'aspetto rieducativo e riabilitativo che deve avere la pena?

Alla Camera state introducendo un delitto che prevede che, se un detenuto rimane seduto sul proprio letto, rifiutandosi di obbedire ad un ordine, può essere condannato ad ulteriori otto anni di carcere. Ricordo a tutti che Gandhi, con la resistenza passiva improntata alla non violenza, è riuscito a cambiare il corso della storia. Con questa disposizione riuscireste ad incarcerare perfino lui. (Applausi).

Il decreto-legge in conversione contiene solo previsioni volte alla sicurezza, tant'è che avevate inteso denominarlo carcere sicuro. L'aspetto securitario è l'unico che importa, anche se il tasso suicidario è allarmante, tuttavia i suicidi non si arresteranno con due telefonate di più al mese, come è previsto dal decreto-legge. Servono assunzioni: ben vengano quelle nella Polizia penitenziaria, peccato però che siano poche e spalmate fino alla fine del 2026. Ne servono svariate migliaia. Su questo abbiamo sentito anche i sindacati, che parlavano di numeri dagli 11.000 ai 18.000. Ascoltate, quindi, i sindacati sul punto. Tuttavia, le assunzioni da sole non bastano: servono psicologi, mediatori culturali, interpreti, rieducatori; serve investire nel lavoro, nello sport. I detenuti si suicidano o all'inizio della pena o - fattore ancora più allarmante - quando si apprestano all'uscita e lo fanno perché la società li spaventa, perché non sono pronti, perché non sono rieducati.

Se il carcere rappresenta l'extrema ratio per gli adulti, per i minori il discorso vale ancora di più. Il sistema carcerario minorile italiano ha da sempre rappresentato il fiore all'occhiello del nostro Paese, ma è bastato il cosiddetto decreto-legge Caivano per distruggerlo. Al 30 aprile 2024 erano 571 i ragazzi e le ragazze reclusi negli istituti penali per minorenni, un numero superiore del 30 per cento rispetto al 2023, a fronte di un numero di reati commessi che è rimasto stabile. In sette strutture su diciassette c'è un numero di presenze superiore alla capienza regolamentare; nei primi quattro mesi del 2024 c'è stata una crescita di 76 unità, per un tasso di oltre il 15 per cento. Dal 1988 non si erano mai registrati numeri così alti. La modifica della normativa relativa alla custodia cautelare e al piccolo spaccio ha comportato il 79,3 per cento degli ingressi in carcere. Il carcere, vissuto anche per un solo giorno, può inevitabilmente compromettere per sempre la vita di un ragazzo.

C'è da aprire una profonda riflessione sul ruolo delle Camere. Ci troviamo in una situazione in cui il Parlamento è stato totalmente estromesso dal suo ruolo. Non si riesce ad eleggere un giudice della Corte costituzionale perché la maggioranza, presa da una logica a pacchetto, non riesce a sbrogliare il bandolo della matassa. Più del 90 per cento delle leggi approvate sono decreti-legge o disegni di legge di iniziativa governativa e, in sede di conversione, le modifiche che apporta il Parlamento sono marginalissime, se non inesistenti. Cosa accadrà se, malauguratamente, sarà approvata la riforma del premierato? In quel caso si rivendicherà la bontà di legiferare solo per mezzo di decreti-legge, visto che il Premier sarà indicato direttamente dai cittadini. I parlamentari rappresentano la Nazione, il Governo no.

Siamo molto preoccupati dalla deriva che sta prendendo questa maggioranza.

Non abusate dello strumento della decretazione d'urgenza, perché state annichilendo l'unico organo democraticamente eletto. Vi ricorderemo ad ogni provvedimento il pericoloso crinale sul quale state procedendo con il vostro Governo. State umiliando il Paese, un Paese che si sta ribellando. Devo fare i miei personali complimenti a coloro i quali hanno firmato il referendum sull'autonomia differenziata. Abbiamo raggiunto le 500.000 firme in soli dieci giorni. (Applausi).

Quindi, mi rivolgo al Governo per dirgli che prima o poi, ne siamo certi, pagherete il conto. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Potenti. Ne ha facoltà.

POTENTI (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, prenderò spunto, per il suo tramite, dalle parole pronunciate dalla collega Lopreiato. Essendo io uomo nato in località marittima, per me la deriva è quell'accessorio che nelle imbarcazioni serve a tenere la barca in stabilità e in rotta. È quello che questo Governo sta facendo.

Diciotto mesi sono effettivamente pochi, ma non sono pochi per individuare con precisa chiarezza quello che è il trend di una linea politica che abbiamo sicuramente messo in moto. Il primo punto è il tema delle assunzioni. Questo Governo, anche in base ai dati relativi agli ultimi mesi, può assolutamente rivendicare il risultato, dell'assunzione di educatori, funzionari contabili e dirigenti penitenziari.

Posso passare ai numeri della Polizia penitenziaria, che da soli testimoniano quale attenzione questo Governo abbia dedicato al tema delle assunzioni. Quando questo Governo è arrivato, erano circa 37.100 gli uomini e le donne della Polizia penitenziaria. Oggi siamo arrivati a 39.771. Da ottobre 2022 sono state immesse 1.852 unità di ruolo sovrintendenti; da ottobre 2022, complessivamente 3.333 unità immesse e tante sono in corso di formazione, attraverso vari percorsi. È stato inoltre bandito un altro concorso per 2.568 unità. Per come stiamo operando, per tutte quelle che sono le funzioni esistenti, porteremo nuovamente le strutture carcerarie ad avere una pianta organica piena.

Il problema della capienza delle strutture è ben noto. Guai però a sollevare, come si sta facendo da una ben precisa parte politica, errate rappresentazioni o finalità errate delle norme. Quindi, mi sento di chiarire: nessuno sconto di pena. Non perché noi siamo cattivi, ma perché c'è l'esigenza di rappresentare, anche nella mente di colui che purtroppo si trova a scontare una pena, la convinzione che dobbiamo uscire dal carcere attraverso un percorso socio rieducativo. Il percorso deve essere portato a termine e abbiamo assolutamente comprovata la triste realtà del fatto che, quando non impari nulla nel corso della detenzione ed esci, il soggetto è incline a reiterare fatti di reato.

Quindi, non ci sentiamo assolutamente intimoriti, né tantomeno sottomessi a quelle che sono le accuse della minoranza rispetto a una posizione che ci sentiamo di tenere, perché convinti dai numeri, convinti dai risultati, che i nostri servizi socio rieducativi funzionano dentro e funzionano fuori dalle carceri.

Purtroppo, è una realtà acclarata che dentro le carceri vi sono delle situazioni di sovraffollamento, che stiamo cercando di risolvere e che purtroppo pregiudicano le funzioni trattamentali.

Passiamo dunque al tema delle strutture, visto che il noto problema della vetustà di tali strutture, parte, come dicevano alcuni colleghi prima di me, dal passato. Mi sembra ormai un fatto storico che, negli anni Settanta e Ottanta, questo Paese ha vissuto quello che è stato denominato come il ben noto scandalo carceri d'oro. In quel momento storico i nostri padri avevano delle disponibilità economiche ben maggiori di quelle di oggi. Si parla di 3.300 miliardi di lire, corrispondenti più o meno a 1,7 miliardi di euro di oggi. Quei politici avevano probabilmente deciso di investirli in maniera non troppo legale e - non per nulla - in quegli anni e nei successivi, alla fine degli anni Ottanta, nasce un movimento come la Lega che, in maniera irreprensibile, ha voluto denunciare quei grandissimi sperperi di denaro pubblico che sono diventati, purtroppo, una macchia indelebile per le future generazioni.

I 166 milioni di euro che oggi andiamo a sbloccare, grazie al Governo di centrodestra, al ministro Salvini, al ministro Nordio, ai Sottosegretari e al Vice Ministro della giustizia, sono un primo passo, attraverso l'istituzione di un commissario straordinario, per andare a cantierare entro breve e a spendere con diligenza e puntualità, con un unico cruccio. Dallo studio di alcuni dati è emerso che, purtroppo, il costo del mattone è oggi molto più caro rispetto ai tempi dello scandalo delle carceri d'oro. E ciò anche perché probabilmente alcune misure, come i bonus edilizi, hanno consentito che le materie prime volassero a prezzi indicibili che, neppure quando si rubava ai tempi delle carceri d'oro, avevano mai raggiunto, benché gonfiati da tangenti e da tanti altri fatti illeciti ormai acclarati.

Quindi, dobbiamo fare i conti con poche risorse e con il poco tempo che abbiamo per spenderli, e abbiamo infatti nominato un commissario straordinario. Inoltre, dobbiamo purtroppo fare i conti con il rincaro dei materiali, che è un fatto oggettivo che purtroppo limita e vincola la spesa della somma determinata.

Non neghiamo il fatto che ci siano, purtroppo, anche delle situazioni assolutamente incresciose non degne di un Paese civile, per le quali l'Italia ha ricevuto numerose condanne che siamo tenuti a risolvere. Siamo convinti che il momento della recidiva sia un insuccesso per qualunque scopo trattamentale e, se riusciamo a risolverlo, risolveremo il problema della sicurezza nel nostro Paese, attraverso una reale riabilitazione dei detenuti che non andranno a delinquere. Attraverso attività di lavoro e formazione saremo in grado di riportarli lecitamente all'interno della nostra comunità a lavorare e - magari - a risarcire il danno prodotto attraverso l'attività illecita. E ne saremo orgogliosi perché quei cittadini non torneranno a essere un costo per la comunità. Si tratta di un costo che, in maniera molto difficoltosa, stiamo cercando di affrontare a testa alta, con una linea politica finalmente precisa che condividiamo nel centrodestra, con delle sensibilità magari a volte distinte, ma che rispettiamo perché nella diversità riusciamo poi a costruire un valore aggiunto.

Ministro Nordio, vice ministro Sisto, sottosegretari Delmastro Delle Vedove e Ostellari, andate avanti convintamente, avrete il nostro appoggio sempre e comunque. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rossomando. Ne ha facoltà.

ROSSOMANDO (PD-IDP). Signor Presidente, mi sia consentita una breve puntualizzazione sull'introduzione del peculato per distrazione, per poi entrare nel merito dell'argomento di cui si dovrebbe occupare il decreto-legge in esame.

L'introduzione del peculato per distrazione, che era stato abolito nel 1990, è veramente una perla. Lo è come metodo - come avevo già anticipato nell'illustrazione della questione pregiudiziale - si introduce con decreto-legge un reato penale e lo si fa per rimediare all'abolizione dell'abuso d'ufficio quando ancora la discussione sull'abolizione dell'abuso d'ufficio era in corso. Quindi, è un vero e proprio emendamento che il Governo fa a sé stesso e non lo fa nella discussione propria - dove, tra l'altro, tutti i parlamentari di maggioranza e opposizione avrebbero potuto interloquire su come migliorare, piuttosto che abolire la norma - ma con riferimento a un decreto-legge che tratta tutt'altro.

Come si evince chiaramente dai passi della relazione, ovviamente il motivo non è l'urgenza di intervenire, dopo ben trentaquattro anni dal 1990. Il motivo vero è che, a dispetto delle roboanti dichiarazioni all'Unione europea del ministro Nordio, sul fatto che vi fossero ben 17 norme o cartucce - non ricordo quale termine militaresco è stato usato - a presidio contro i reati della corruzione, diciamo che la cartucciera è risultata vuota o comunque bagnata. E si è dovuti correre immediatamente ai ripari, col pericolo di un'infrazione, perché una direttiva europea impegna, proprio dal punto di vista della normativa internazionale, a stare in asse. Tanto è vero che il reato di peculato per distrazione è stato inserito subito prima dell'articolo 322-bis del codice penale, che era stato introdotto in quest'ottica di normativa internazionale, e ha sostituito in tutto l'abuso d'ufficio.

Credo che dovreste avvisare i sindaci, che non so se hanno smesso di brindare con lo spumante che li aveva invitati a usare il ministro Nordio. (Applausi). Non so se siano ancora lì che stanno brindando, ma in ogni caso avvisateli, perché questa norma toccherà soltanto loro e continuerà a lasciare impunite le condotte di chi trucca i concorsi, dei magistrati che fanno abusi, dei rappresentanti delle Forze dell'ordine che, senza passaggio di alcuna utilità, non commettono reato ad oggi, con l'abolizione dell'abuso d'ufficio. Invece, i poveri sindaci ci rimangono di nuovo con tutti e due i piedi impigliati.

Resta poi inspiegabile la ragione per cui sono stati respinti al mittente tutti gli emendamenti dell'opposizione per estraneità di materia, quando viene introdotto il peculato per distrazione in un decreto-legge che dovrebbe - e sottolineo dovrebbe - occuparsi di carcere.

Veniamo ora all'argomento davvero drammatico. Ad oggi siamo a 61 suicidi di persone detenute, se non vado errando, e di sei agenti di Polizia penitenziaria. Le cause: sovraffollamento, carenza di organici, fragilità psicologica, strutture fatiscenti. Proteste per le condizioni inumane si susseguono. Abbiamo visto fotografie di topi, scarafaggi e siamo a conoscenza delle temperature.

A questo punto, sento l'obbligo di chiedervi di smetterla di dirci che avete ereditato una situazione. Vi dico io cosa avete ereditato. "Avreste" ereditato le norme che, durante l'emergenza Covid, avevamo adottato per alleggerire le condizioni, con i diciotto mesi di detenzione domiciliare e con i semi liberi, che voi non avete voluto prorogare. (Applausi).

Avete ereditato le norme della riforma Cartabia sul penale. Oggi, da quella riforma in poi, si può sostituire la pena detentiva in carcere con quattro anni di detenzione domiciliare sostitutiva. L'abbiamo messo negli emendamenti, ma non avete voluto accogliere neanche questo. Oggi, mentre si giudica il fatto, si possono dare quattro anni di detenzione domiciliare; mentre, se si è già in fase di esecuzione della pena, non si può.

Poi c'era ovviamente tutto il lavoro della Commissione Ruotolo, che avreste potuto prendere accettando l'eredità; era anche consentita un'accettazione con beneficio d'inventario, prevista dal diritto successorio.

A legislazione invariata, si poteva utilizzare la tecnologia oggi a disposizione per alleggerire, in senso umanitario, le condizioni del carcere.

C'era poi il lavoro degli stati generali sull'esecuzione penale, realizzato dal ministro Orlando, che era a disposizione di tutti e che è stato bloccato all'inizio della scorsa legislatura. Quindi, se parliamo di che cosa avete ereditato, voi avreste già ereditato tutto questo e non avete accettato l'eredità.

C'era anche la legge Siani - mai più bambini in carcere - e l'avete affossata.

Vorrei leggere - molto brevemente, perché è stato a disposizione della Commissione giustizia come documento - un brano della lettera che hanno inviato i detenuti del carcere di Brescia. «Le nostre riflessioni. Fa caldo, il sudore scivola sulla pelle e si appiccica con i vestiti addosso, sono madido e si sono ormai impregnati lenzuola e materasso, anch'essi di sudore come i miei panni e le nostre membra. Si boccheggia, in cella, e l'acqua che ci trasciniamo dietro, dopo la tanto sofferta e agognata doccia, evaporando riempie d'umidità l'angusto luogo. L'aria satura d'umidità, sudore, miasmi, la puoi tagliare con un coltello, in verità, farlo è impossibile, i coltelli sono di plastica riciclata, e si rompono anche solo a guardarli. Devo andare in bagno, ma è occupato, altri 15 sono in fila davanti a me. Un anziano di circa settantaquattro anni ha il mio stesso problema, purtroppo per lui, e per noi, non fa in tempo a dire che gli occorre con urgenza il bagno. Ha una scarica di dissenteria, mentre dimenandosi cerca di alzarsi a fatica dalla branda con il materasso vecchissimo in gomma piuma. In un attimo, lenzuola e materasso s'impregnano di liquame e urina, lui non sa come comportarsi, indifeso, imbarazzato, umiliato, impietrito, attonito.

Piange, un uomo di settantaquattro anni, i capelli radi e canuti, piange e si scusa, geme, si lamenta, impreca, bestemmia, chiede a Dio di morire. La sua colpa è quella d'aver commesso un grave reato: bancarotta fraudolenta. I suoi carnefici sono fuori, si sono approfittati di lui, di un vecchio che a stento sa leggere e scrivere. L'hanno circuito, e lui è qui, in questo piccolo inferno, devastato nel corpo nella mente e nell'anima, ma in fondo questo non è un nostro problema. Il nostro problema sono gli odori. Il problema è suo, infatti, uno della cella si sta alzando irritato, gridando qualcosa d'incomprensibile nella sua lingua».

Allora, a quest'uomo e a quelle persone voi state proponendo carceri nuove, che forse si faranno tra tre anni; una procedura sulla liberazione anticipata che sarà più farraginosa (ovviamente non accettate nessuna diminuzione dei giorni) e che un detenuto impiegherà almeno due o tre anni, mentre sconta la pena, per conoscerla, perché verrà applicata a valle della pena che sta scontando; non saprà niente durante la pena, se potrà avere o no la liberazione anticipata. Prevedete forse un agente in più per carcere nell'istituto di questo signore, di cui abbiamo appena letto le tristi condizioni, ma solo nel 2025 o nel 2026. Poi si potranno avere due telefonate in più al mese, che si aggiungono alle quattro, anziché una al giorno come vi abbiamo proposto noi e che si applicano in quasi tutti gli istituti stranieri.

Poi, vi è un'idea assolutamente astratta di una casa in comunità, che non si sa come sarà finanziata e di cui non si conoscono gli elenchi. Ma, se per caso il detenuto oserà esprimere una protesta e si rifiuterà di entrare in cella nelle condizioni che ho appena descritto, rischia la pena da un minimo di tre a otto anni, perché è quanto si sta discutendo fino alle 4 del mattino, con un'urgenza incredibile, alla Camera, mentre noi stiamo discutendo questo.

Mi avvio alla conclusione, Presidente: 130 per cento è l'indice di sovraffollamento nazionale, in alcuni casi superiamo il 150 per cento; 7.000 e oltre persone devono scontare la pena in meno di un anno e sono attualmente detenute 21.000 persone, con residuo pena da zero a tre anni. Quindi, stiamo parlando di quasi 30.000 persone. A fronte di questa emergenza avete introdotto nuove fattispecie di reato e il mitico decreto Caivano, che ha aumentato già da subito la presenza dei minorenni in carcere.

Come stavo dicendo, le pochissime norme che prevedete non entrano in vigore immediatamente: sicuramente da un minimo di sei mesi a un anno o due anni. Assolutamente insufficiente è l'assunzione delle 1.000 unità spalmate, come abbiamo detto; nulla sull'esecuzione penale esterna, dove stanno boccheggiando e sono quelli che servono per applicare le misure alternative; nessuna misura alternativa. Intervenite sulla liberazione anticipata, aggravandone il percorso - l'hanno detto tutti, dimostrandolo con dati alla mano - e sbagliando completamente l'approccio. Per alleggerire, la situazione e incoraggiare anche un percorso di recupero, devi poter dire che ogni sei mesi, se si comporta bene un detenuto, c'è un miglioramento. Non gli devi dire che astrattamente, prima di finire la pena, gli verranno scontati tutti i giorni di liberazione anticipata.

Ancora: avete fatto un sacco di pasticci anche sulle telefonate, perché avete addirittura abrogato un pezzo di norma più favorevole, ma questo è un tecnicismo, giusto per citarlo.

In conclusione, Presidente - proprio trenta secondi - rubo una citazione al professor Giostra, che a sua volta citava una frase del celebre film «Fuga da Alcatraz», pronunciata dal direttore, che diceva: «Noi non creiamo buoni cittadini, però creiamo dei buoni detenuti, perché Alcatraz è stata fatta per tenere tutte le uova marce in un paniere solo e io sono stato scelto appositamente per garantire che non fuoriesca la puzza da questo paniere». Ma l'odore qui sta arrivando molto forte e aggiungo - sempre prendendo a prestito le parole del professor Giostra - che la sicurezza sociale non è il divieto di abbassare qualsiasi ponte levatoio tra carcere e società nel corso dell'espiazione della pena, perché la cosa principale non è quando si esce, ma come si esce dal carcere e come si è quando si fa rientro nella società.

Di questo voi non soltanto non vi state occupando e non vi volete occupare, ma a questo avete detto no e su questo sarete responsabili. Non avete avuto neanche l'intelligenza di cercare di condividere con l'opposizione, almeno provando a discutere qualche emendamento. La responsabilità, davvero, è sempre e ancora vostra e non c'è eredità che tenga. Da oggi in poi la responsabilità è vostra. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Sensi. Ne ha facoltà.

SENSI (PD-IDP). Signor Presidente, Sottosegretario, Ministro, colleghe e colleghi, io non so se la responsabilità sia colpa o pentimento, quanto monoteismo. Forse la responsabilità è colpa e pentimento, senza l'alibi di una dinamica del prima e del dopo. Forse ci si può pentire di ciò che non si è commesso, anzi solo di ciò che non si è commesso.

Parliamo di carceri oggi, Presidente, di suicidi, di spazi invivibili, di salute mentale, di salvezza, di umanità, che poi alla fine, colleghi, è l'unica cosa che ci resta, l'ultima che siamo e che dovremmo essere: umani, esseri umani. In un incontro recente, una persona molto impegnata sul fronte delle carceri mi ha detto: "Sono entrato la prima volta in prigione pensando di trovare i criminali, ho trovato invece i poveri".

Presidente, io mi sento responsabile di fronte a quello che sta accadendo nelle nostre carceri, a quello che continua inesorabilmente ad accadere, e penso che lo siamo tutti qui dentro. Lo dobbiamo essere tutti quanti, perché quest'Aula e il mandato che ci ha aperto quelle porte ci costringono, ci reclamano, ci chiamano, ci obbligano. Siamo tutti i responsabili, qui dentro, di quello che succede nelle nostre carceri, nessuno escluso. Lo dico al Sottosegretario e al Ministro, lo dico alla presidente Bongiorno e al senatore Rastrelli, a ognuno di noi qui dentro, della maggioranza e dell'opposizione: nessuno è esente o assolto da questa responsabilità verso la nostra umanità. Non possiamo più, colleghi, farci bastare i tweet dolenti, le soluzioni che non sciolgono, come questo provvedimento, la conta dei morti, il duello ideologico. Non è più possibile.

Certo che sento - lo diceva prima la senatrice Rossomando - il puzzo illusorio dei mai più: mai più femminicidi, mai più morti sul lavoro, mai più suicidi nelle carceri. Ma noi qui abbiamo un potere, che ci vincola e ci stringe, e una responsabilità in più; e non possiamo permetterci di non esercitarla, di non sentirla, di non agirla, qui, ora.

Nel 1949, Presidente, Piero Calamandrei pensò di dedicare un numero della rivista «Il Ponte» al tema delle carceri, il «cimitero dei vivi» nelle parole di Turati in Parlamento, nel marzo 1904. Calamandrei non aveva avuto l'onore dell'esperienza in carcere. Scrive così: l'onore. Erano gli anni del Dopoguerra, mai come ora - ricordava Calamandrei - è stata presente nella nostra vita parlamentare la cupa esperienza dolorante della prigionia vissuta. Solo nel Senato - prosegue - siedono diverse decine di senatori di diritto che hanno scontato più di cinque anni di reclusione per condanna del tribunale speciale. Questo il richiamo, il monito che Calamandrei affida alle pagine de «Il Ponte» invitando - scusi, Presidente, il tempo, i quattro minuti, lo so - a parlare da quelle colonne uomini come Vittorio Foa, Carlo Levi, Riccardo Bauer, Altiero Spinelli, Massimo Mila, Gian Carlo Pajetta, Augusto Monti, Leone Ginzburg. Bisogna vedere, bisogna esserci stati per rendersene conto. Scrive vedere, Presidente, con un punto esclamativo: vedere! Questo è il punto essenziale.

Scriveva Foa: «L'architettura delle carceri, con quell'accavallarsi di muraglie lisce e respingenti, non serve solo a segregare i delinquenti dal mondo esterno, ma è fatta in modo da scoraggiare qualsiasi interessamento morale del pubblico a quel che succede dentro, è fatta in modo da placare, nel disinteressamento totale, le coscienze eventualmente turbate.

Lo so, dopo la mia liberazione, sono passato molte volte sotto le mura di una prigione» - Foa è stato anni in carcere - «e non mi sono mai sognato di rivolgere un pensiero ai reclusi, né mai ho tentato (pur avendone la possibilità e forse anche il dovere morale) di visitare qualche stabilimento. Le carceri costituiscono un mondo a parte, viviamo in letizia ed infischiamoci di quello che succede là dentro».

Vedete, dunque, questo ci chiedono le persone dentro quelle celle inabitabili: essere visti, ci dicono che ci sono anche loro e non limitarci a guardare, di vedere. Questa è oggi qui la nostra responsabilità perché noi qui possiamo fare, dobbiamo fare e stiamo scegliendo che non intendiamo vedere, che non intendiamo ricambiare quello sguardo e che, al contrario del brocardo terenziano, riteniamo estraneo ciò che è umano e che intendiamo tenerlo lontano da noi, a noi straniero.

Di questo Presidente, ognuno di noi oggi qui porta una responsabilità assillante, muta, personale, definitiva, non assolta. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Rapani. Ne ha facoltà.

RAPANI (FdI). Signor Presidente, colleghi, Governo, anche questa volta abbiamo iniziato con una questione pregiudiziale, diventata ormai consuetudine e abitudine. Dalle questioni pregiudiziali che vengono poste per non trattare l'argomento viene fuori che in realtà dimostrate voi stessi di fare discorsi ideologici, di parlare per partito preso, ma soprattutto di non conoscere gli argomenti. Nel momento infatti in cui venite a dire che questo provvedimento è vuoto di contenuto significa che in realtà non conoscete quello che è realmente il contenuto (Applausi). È di qui a breve ne andremo a parlare.

Cosa diversa invece sono stati gli interventi. Abbiamo sentito parlare di sovraffollamento, di suicidi e di malati psichiatrici. Mi sarei aspettato di entrare nel merito dei vari argomenti e che in qualche modo uscisse fuori anche qualche proposta. Invece no: sentiamo addirittura parlare o meglio far riferimento a una dichiarazione del Presidente della Repubblica quando dice che è una situazione indecente. Probabilmente fino a settembre del 2022 tutte le strutture carcerarie erano degli hotel a 5 stelle; guarda caso, da quel momento in poi sono diventate tutte strutture fatiscenti. (Applausi). Non mi sembra però assolutamente così.

Si è parlato di sovraffollamento, di tossicodipendenza, di psichiatrici, ma non si è parlato di stranieri e di ingiusta detenzione. Quando parliamo delle varie categorie, forse sarebbe opportuno parlare delle percentuali. Sappiamo che gli stranieri equivalgono al 31 per cento della popolazione carceraria? Allora fa bene il Governo a preoccuparsi di andare a stipulare degli accordi con le altre Nazioni, perché gli stranieri devono andare a scontare la pena nei loro Paesi (Applausi) e non possono gravare sulle casse del nostro Stato.

La percentuale dei malati psichiatrici è purtroppo pari al 12 per cento. Chi mi ha preceduto in una battuta ironica ha detto che dopo magari diremo cosa abbiamo fatto nei venti anni. No, io non ve lo dico perché sarebbe troppo facile. Non avete fatto assolutamente niente, ragion per cui nel settembre del 2022 siete stati sonoramente bocciati dagli elettori nel momento in cui siamo andati al voto. Forse quello che avete fatto è stato creare qualche danno. Se oggi infatti c'è una popolazione del 12 per cento di malati psichiatrici all'interno delle strutture carcerarie, mi viene spontaneo chiedervi perché avete soppresso gli ospedali giudiziari. Perché? È una risposta che forse in qualche modo potreste dare. Potreste dire di avere riconvertito e istituito le REMS. Tali strutture forse sono insufficienti e allora bene ha fatto questo decreto a prevedere le residenze per la rieducazione e il reinserimento a fini sociali.

Non ho sentito parlare dell'ingiusta detenzione: quasi 1.000 solo i casi all'anno per ingiusta detenzione, addirittura con errori giudiziari che hanno un aggravio di costi sulle casse dello Stato. Pare che ci siano circa sette errori giudiziari all'anno che ci costano circa 2.700.000 euro.

Probabilmente nel prossimo futuro, quando andremo a toccare altri argomenti, ci dovremo preoccupare. Quando penso all'ingiusta detenzione, mi viene in mente il pescatore dell'omonima canzone di Pierangelo Bertoli, che tira il pesce nella rete. Effettivamente, purtroppo, quando si parla degli arresti, addirittura si parla di retate, e forse perché a qualcuno piace diventare noto per le retate che compie, inserendo al loro interno gente innocente che poi il tribunale della libertà scarcera perché addirittura non trova neanche i nominativi nei fascicoli.

Quando poi parliamo dei suicidi, ci dovremmo anche chiedere perché essi avvengono. Ho avuto un amico che purtroppo non c'è più, che era sindaco di un paesino ed è incappato in una retata e per quindici giorni è stato in carcere, finché il tribunale della libertà poi non l'ha scarcerato. Mi ha detto che non mangiava e non dormiva, ma tutto il giorno pensava a come fare per potersi suicidare, e poi purtroppo è morto di infarto. Di questo ci dovremmo preoccupare: del perché avvengono i suicidi. I malati psichiatrici probabilmente sono i più deboli e forse dovremmo intervenire su di loro; forse serve più personale medico, ed è questo che prevede il Governo. Forse mancano gli psicologi, così come mancano gli psichiatri.

Io, a differenza di altri, ritengo che a distanza di venti mesi abbiamo il dovere di dire cosa abbiamo fatto e ne abbiamo di cose da dire. Dal momento in cui si è insediato questo Governo, Ministri, vice Ministri, Sottosegretari, con i parlamentari dei vari territori sono andati in giro per le strutture carcerarie a rendersi conto del loro stato, e non certamente a portare solidarietà a chi aveva deciso di fare una dieta con lo sciopero della fame, assolutamente no. (Applausi).

In quel momento abbiamo parlato con direttori e comandanti delle carceri lì dove c'erano e sono stati assunti degli impegni. Uno tra tutti, vi è l'impegno che entro dicembre del 2023 ogni struttura carceraria avrebbe avuto un direttore di carcere e così è stato; che entro marzo del 2024 ogni struttura avrebbe avuto un comandante e così è stato. C'era carenza nel personale. Ma, se oggi si dice che nel decreto sono previste 1.000 assunzioni, e si omette di dire che ci riferiamo a quelle straordinarie, perché quelle ordinarie sono di gran lunga superiori, è giusto rinfrescarvi la memoria e in qualche modo ricordarvi che, dal 182° corso, è stato fatto lo scorrimento delle graduatorie e sono stati assunti 244 agenti che sono già in servizio. A seguito del 183° corso, che è terminato, sono state assunte 1.702 persone, per un complessivo numero di 1.946. Sono stati banditi altri concorsi che partiranno a settembre e prevedono l'assunzione di 2.568 agenti, per arrivare nel 2025 a un'assunzione complessiva di 5.900 agenti. Questo significa governare, questo significa affrontare i temi e i problemi.

Ho sentito parlare una collega di sei suicidi nell'ambito degli agenti, ma sei sono solo quelli del 2024, perché purtroppo dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2023 sono 26 gli agenti che si sono suicidati. E perché? Probabilmente sono sottodimensionati, proprio perché lavorano in condizioni disumane e allora, oltre a preoccuparci dei detenuti, forse sarebbe il caso di preoccuparci anche degli agenti, e questo Governo sta prestando pari attenzione sia agli uni che agli altri.

Certo, se per decreto svuota carceri intendete un liberi tutti, probabilmente noi non la pensiamo allo stesso modo. Se qualcuno è detenuto, molto probabilmente è perché ha commesso qualche reato. E, se voi pensate che bisogna premiare chi ha commesso i reati, allora li premiamo, ed è previsto nel decreto. Li premiamo se durante la loro detenzione hanno un atteggiamento e un comportamento che dimostrino effettivamente che si stanno rieducando per poter essere reinseriti nella società. Condivido quando si dice che sarebbe opportuno in qualche modo occuparli con il lavoro per il reinserimento. Ho avuto il piacere di visitare la casa di reclusione a Rossano e invito anche voi a farlo se avete tempo, così potreste approfittarne anche per fare turismo e visitare il museo in cui è conservato il Codex Purpureus, che è patrimonio dell'UNESCO.

In quella struttura ci sono corsi universitari, corsi didattici a tutti i livelli; c'è il teatro e ci sono addirittura laboratori artigianali, una falegnameria e un laboratorio di ceramica, purtroppo non utilizzati. Allora sapete cosa stiamo facendo? In collaborazione con il Sottosegretario stiamo cercando di fare delle convenzioni, perché è giusto che la falegnameria venga utilizzata dal Ministero competente e anche dagli altri Ministeri almeno per fare delle commissioni ed arredare i propri uffici, le proprie strutture e anche quelle carcerarie. Così facendo, si mette in attività quella struttura e c'è la possibilità di far lavorare qualche carcerato, tenerlo impegnato, insegnargli un lavoro e prepararlo poi, nel momento in cui finisce di scontare la pena, al successivo inserimento nella società. Questa è la differenza tra noi e voi: voi non avete niente da raccontare perché purtroppo non avete fatto niente; noi invece in venti mesi abbiamo e avremo tanto da raccontare, perché questo è quello che abbiamo fatto e nei nostri programmi c'è tanto altro.

Non so chi ricorda la fase di insediamento di questo Governo nel momento in cui i Ministri sono venuti ad esporci il loro programma di Governo. Il nostro Ministro della giustizia in quel momento ebbe a dire che è così facile entrare in carcere, ma è altrettanto difficile uscirne. Noi di questo dobbiamo cercare di occuparci: dobbiamo evitare che si entri con facilità, perché quello è sovraffollamento e aumenta la popolazione dei detenuti. Una volta che riusciremo a portare a compimento il programma - lo faremo da qui a poco, perché in soli venti mesi questo è ciò che siamo riusciti a fare, naturalmente per questioni temporali, perché le idee, i programmi e la voglia di fare ci sono - allora sicuramente avremo dato un contributo alla soluzione del problema.

Sento parlare di edilizia carceraria. Mai come questa volta si è fatto qualcosa: 36 milioni destinati a 25 istituti; non 36 milioni stanziati, ma 36 milioni di progetti specifici ed approvati per 25 istituti. Ricordo inoltre i 166 milioni del PNRR e - è di ieri la notizia - 28 milioni di euro così suddivisi: 19 milioni a San Vito al Tagliamento, 1,3 milioni a Tolmezzo, 3 milioni a Rovigo, 5 milioni tra Civitavecchia e Viterbo. Se non è operatività questa, vi chiedo di dirci qual è l'operatività.

Abbiate pazienza. Continuate ad ascoltarci, continuate ad ammirarci e probabilmente riuscirete ad imparare qualcosa per il prossimo futuro. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Ha facoltà di parlare la relatrice.

BONGIORNO, relatrice. Signor Presidente, voglio premettere che io non faccio parte di coloro che, ascoltando la discussione generale, prendono una posizione dura contro l'opposizione. Non ho difficoltà a dire che moltissime delle cose che sono state dette dal senatore Sensi mi sono piaciute e le condivido.

Altre cose che sono state dette sono, però, totalmente erronee e fuorvianti; in particolare mi riferisco a chi ha sostenuto che in qualche modo ci sarebbe stata una violazione di regolamenti. Prego chi critica di documentarsi. Esistono degli articoli: l'articolo 77 della Costituzione e il 78 del Regolamento. È stato detto dai banchi dei 5 Stelle che ci sarebbe stato un annuncio il 16 luglio, mentre io, come Presidente della Commissione, intanto stavo già lavorando. Come mai la presidente Bongiorno lavorava senza l'annuncio? Giuridicamente, prima di fare una citazione del genere, vi siete posti il tema di che cos'è l'annuncio? L'annuncio non ha alcun valore. Ecco quali sono le date: il 4 luglio è stato emanato il provvedimento; il 5 luglio è stato annunciato alla Camera, come previsto dalla Costituzione; il 5 luglio è stato presentato al Senato ed è questa la data cardine che ha fatto sì che venisse trasmesso alla mia Commissione e che la mia Commissione, com'era doveroso, lo incardinasse esattamente il 9. L'abbiamo ritenuto urgente? Questo Presidente l'ha ritenuto urgente? Sì. Abbiamo violato qualcosa? No. È stato annunciato il 16? Sì, è annotato nel Resoconto come annunciato, ma è una cosa che era stata già incardinata. Quindi, chi cita il 16 luglio o fa una citazione totalmente infondata, o vuole creare confusione. Ed è questa la parte dell'opposizione che io contesto.

Detto questo, in qualche modo l'opposizione è stata limitata? Vediamo cosa abbiamo fatto in Commissione. Ci sono state audizioni: cosa ha fatto questo Presidente nel decidere? Sono stati chiamati 24 esperti: ho preso 20 esperti della maggioranza e quattro dell'opposizione? No. Allora, visto che dicono che c'è stata una compressione, forse ne avrò presi dodici della maggioranza e dodici dell'opposizione? No: ne ho presi 14 dell'opposizione e solo dieci della maggioranza. È stato dato ampio spazio agli esperti della Commissione e al dibattito; dopodiché, altra cosa che ovviamente non può dipendere né dalla Presidenza né dalla maggioranza, c'è stata una scelta di lasciare i lavori.

Il decreto-legge in discussione è stato lavorato in modo proficuo e celere. C'è la possibilità di criticare la celerità quando si parla di carceri? Io faccio l'avvocato penalista e ho la certezza che, mentre per noi una giornata dura ventiquattro ore, per un detenuto - credetemi - una giornata dura duecentoquaranta ore. E, visto che una giornata dura duecentoquaranta ore, la celerità e l'urgenza che ci state contestando, in realtà sono strettamente collegate e giustificate al fatto che, se c'è una cosa che un detenuto non può fare, questa è attendere. I detenuti non possono attendere: chi è detenuto - state attenti - è privato di una cosa bellissima che è la libertà; però deve essere privato solo di quella. Non può avere uno zainetto con sofferenze in più che dipendono dal fatto che noi in Commissione magari potevamo dare un'altra settimana. No, non la do quella settimana in più. Se c'è la possibilità di avere un pacchetto di norme migliorative - perché non sono risolutive - io non do una settimana in più, ne do una in meno, perché per un detenuto una giornata è fatta di duecentoquaranta ore. Quindi, sono orgogliosa se per caso ho dato qualche ora in meno. Non è tollerabile che chi vive in una situazione di sofferenza debba sentire in quest'Aula chiedere perché abbiamo fretta. Abbiamo un'enorme fretta.

È chiaro che siamo all'inizio dei provvedimenti e che nessuno venga a sostenere, né dall'opposizione né dalla maggioranza, che abbiamo risolto: siamo all'inizio di una serie di misure utili. C'è qualcuno che può dire che c'è qualcosa di inutile? Sono utilissime, sono efficaci; ci vorrà del tempo, è vero, ma allora non le facevamo perché ci vuole tempo prima che entrino in vigore? Invece abbiamo anticipato al massimo.

Infine, qualcuno ha detto che, quando è arrivata l'idea del decreto-legge in esame, eravamo tutti felici, perché dicevamo che finalmente era arrivato lo svuota carceri, e poi però li abbiamo delusi. Su questo, però, voglio essere chiara: non illudetevi, perché svuota carceri significa far uscire qualcuno dal carcere senza motivazione e, se c'è un processo regolare, con sentenza definitiva - a differenza delle misure cautelari, per le quali la penso diversamente - è giusto che ci sia una pena adeguata. Io faccio parte di quelli che pensano che la pena debba essere scontata. (Applausi). Io faccio parte di quelli che contestano che si debba marcire in carcere, ma svuota carceri non ne vogliamo. Questo non era uno svuota carceri e, quindi, non possiamo avervi dato un'illusione. Dico con chiarezza che, se consumi un reato, hai un processo regolare e sconti la pena. Per svuotare le carceri, si deve assolutamente affrontare il tema in maniera diversa, perché noi non lo vogliamo svuotare. Vogliamo delle condizioni diverse. Vogliamo aprire a possibili misure diverse. Ma, quando si svuotano immotivatamente le carceri, lo si fa per pochissimo tempo, perché chi esce poi rientra e normalmente, quando esce, consuma delitti più efferati.

Pertanto, ci saranno non provvedimenti svuota carceri, ma dei miglioramenti. (Applausi).

Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO (ore 11,59)

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo non intende intervenire in sede di replica.

Invito la senatrice Segretaria a dare lettura del parere espresso dalla 5ª Commissione permanente sul disegno di legge in esame.

SBROLLINI, segretario. «La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo, a rettifica del parere reso nella seduta pomeridiana del 31 luglio 2024, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo condizionato, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, alla sostituzione, all'articolo 14, comma 1, delle parole: "articoli 1, 2 e 8," con le seguenti: "articoli 1, 2, 2-bis, 2-ter, 4-bis, 6-bis e 8,"».

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il ministro per i rapporti con il Parlamento, senatore Ciriani. Ne ha facoltà.

CIRIANI, ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevoli senatori, a nome del Governo, autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti né articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 1183, di conversione del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, nel testo proposto dalla Commissione, comprensivo della condizione formulata dalla Commissione bilancio ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

PRESIDENTE. La Presidenza prende atto della posizione della questione di fiducia sull'approvazione del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 92, nel testo proposto dalla Commissione, con le modifiche richieste nel parere espresso dalla 5a Commissione.

Come stabilito dalla Conferenza dei Capigruppo, non ci sarà la discussione sulla questione di fiducia e si procederà direttamente alle dichiarazioni di voto e alla successiva chiama.

Passiamo dunque alla votazione dell'articolo unico del disegno di legge n. 1183, di conversione in legge del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, nel testo proposto dalla Commissione, sull'approvazione del quale il Governo ha posto la questione di fiducia.

GELMINI (Misto-Az-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GELMINI (Misto-Az-RE). Signor Presidente, anche io, come il collega Sensi, ancorché all'opposizione, avverto la corresponsabilità per le condizioni disumane in cui versano i detenuti, anche detenuti in via di giudizio, nelle carceri italiane. Ormai le cronache giornaliere ci restituiscono un'immagine indecorosa delle condizioni di detenzione di tanti cittadini.

Proprio perché conosciamo, essendo stato evocato in quest'Aula più volte, il numero delle persone che si sono tolte la vita, sessantuno, all'interno delle carceri italiane, così come le condizioni igieniche e sanitarie ma anche le difficoltà per la polizia penitenziaria nello svolgere il proprio servizio, noi ci saremmo aspettati, da parte della maggioranza, un atteggiamento diverso, una diversa consapevolezza, a partire da un esame più aperto degli emendamenti che l'opposizione in Commissione giustizia ha presentato.

Soprattutto, ci saremmo aspettati misure concrete per rispondere all'emergenza del sovraffollamento. Noi, come ha sottolineato il collega Lombardo, non abbiamo votato a favore della pregiudiziale, perché riteniamo che le condizioni di necessità e urgenza ci siano tutte. Ma, per esserci queste condizioni, sarebbero indispensabili misure forti contro il sovraffollamento. Le misure contenute in questo provvedimento sono in parte condivisibili. Certo che servono più agenti, e mille agenti in più sono meglio che niente. Certo che occorre snellire la burocrazia carceraria per rendere più tempestivo l'accesso ai benefici per chi ne ha diritto. Certo che occorre individuare percorsi diversificati per i tossicodipendenti.

Colleghi, vi sono, però, delle domande, che noi ci siamo poste, rispetto alle quali non abbiamo trovato risposta. In particolare, cosa introduce concretamente questo decreto per risolvere il problema del sovraffollamento e fermare la piaga dei suicidi? Cosa si fa per rendere decorose le condizioni dei detenuti?

Ancora, rispetto all'articolo 27 della nostra Costituzione, che prevede al terzo comma che le pene non possano consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato, questo provvedimento fa poco o nulla. Non a caso, il collega Lombardo, ancora una volta, ha citato le parole del presidente Mattarella, che ha definito questa condizione indecorosa per un Paese civile qual è e deve essere l'Italia.

Non abbiamo difficoltà ad ammettere che non è una colpa solo vostra. Siamo intellettualmente onesti e sappiamo che anche altri Governi e altre maggioranze poco o nulla hanno fatto su questa materia. Voglio citare le parole pronunciate nel 2013 da Giorgio Napolitano, che avvertì la necessità di indirizzare un messaggio alle Camere, denunciando l'inderogabile necessità di porre fine all'emergenza carceri. Non si può non ricordare la sentenza Torreggiani. Oggi, purtroppo, l'Italia è di nuovo su quella china e, proseguendo di questo passo, sarà difficile invertire il trend ed evitare una nuova condanna da parte della CEDU.

Vorrei ricordare che nell'invivibile situazione delle nostre carceri non si trovano solo conclamati delinquenti. Un terzo dei detenuti è in attesa di giudizio e dovrei anche ricordarvi che il garantismo in un Paese civile non può fermarsi dinanzi alle porte di un carcere. (Applausi). Dell'articolo 27 della Costituzione non si può ricordare solo il comma 2, che stabilisce che nessuno è colpevole fino a condanna definitiva, in quanto bisogna applicare anche il comma 3, che impone umanità e rieducazione.

Per evitare le recidive è certamente importante la presenza della formazione e del lavoro, ma le condizioni delle carceri italiane non sono come quelle di Bollate. In molti casi la formazione e il lavoro non sono possibili perché non ci sono gli spazi.

Trasversalmente, con la Fondazione Severino, Ethicarei e tante associazioni del terzo settore, abbiamo promosso degli incontri per favorire la costruzione di condizioni vivibili all'interno delle carceri italiani e favorire la presenza delle imprese. Infatti, il lavoro non può derivare solo dal pubblico, ma anche il mondo delle imprese deve essere disponibile a dare un contributo perché il lavoro possa dare dignità, un senso e una speranza rispetto alla detenzione. Sappiamo che l'illegalità provoca emergenze e l'emergenza costruisce e produce illegalità. Con il 130 per cento (in alcuni casi, come a San Vittore, con il 200 per cento) di sovraffollamento non esiste legalità.

Eppure, di fronte a questa situazione, il disegno di legge Giachetti, che anche noi abbiamo presentato in Senato sotto forma di emendamenti, non lo avete preso minimamente in considerazione. Lasciatemi dire che questo è un errore perché, venendo alle parole della presidente Bongiorno, nessuno di noi vuole l'indulto, l'amnistia o lo svuotacarceri, ma semplicemente occorre creare le condizioni perché la semplice riduzione di una parte della pena di chi ha già pagato, e a lungo, i propri errori in carcere, condizionata alla buona condotta, si concretizzi. E invece tutto questo non è stato possibile perché quel provvedimento non è stato preso in considerazione.

Di fronte a tutto questo, vi chiediamo di rinunciare alla demagogia e di scegliere l'interesse generale della società, non solo di chi è detenuto, e di evitare una nuova condanna dell'Italia da parte della CEDU. Con questo decreto-legge avete purtroppo perso un'occasione e, per questo motivo, il nostro non può essere che un voto contrario. (Applausi).

BIANCOFIORE (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BIANCOFIORE (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge voluto dal ministro Nordio e dal Governo Meloni è senza mezzi termini una battaglia di civiltà e lo è soprattutto perché si pone in attuazione di alcuni principi costituzionali a oggi inattuati.

Come avrebbe detto un grande Padre costituente, Pietro Calamandrei, la Costituzione non è una macchina che, una volta messa in moto, va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova, bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile.

Oggi il nostro Governo ha inteso fornire il combustibile per rendere attuale la Costituzione e cercare di fornire tutela ad alcune vittime della mala giustizia; vittime in due diverse accezioni: quella di coloro che sono sottoposti a misure restrittive della libertà personale, come il carcere, e quelle che vivono in condizioni non dignitose.

Ma vittime sono anche coloro che sono al centro di processi mediatici, di condanne giornalistiche, di spettacolarizzazione della giustizia. Una battaglia, questa (e lo voglio ricordare proprio in quest'Aula) che è stata protagonista di quella ingiustizia di cui è stato vittima e pioniere, tra i primi, proprio il presidente Silvio Berlusconi.

Ci volevano dunque un Governo serio e un Ministro come il ministro Nordio, che ha dimostrato finora di potere e sapere volare alto, con una conoscenza approfondita della vita quotidiana negli uffici giudiziari e nelle carceri italiane, per poter realmente cambiare lo stato delle cose e, soprattutto, imprimere una svolta alle condizioni del sistema carcerario italiano.

Non a caso questo provvedimento è stato ribattezzato "carcere sicuro", per rendere l'idea di poter coniugare due aspetti, quello dell'umanizzazione della pena con quello della certezza della pena, all'interno di un provvedimento che si inserisce in un perimetro più ampio del sistema giustizia e che vogliamo continuare a disegnare. Parlo di una giustizia che vogliamo cambiare, perché in futuro si possano evitare, come anticipavo, la spettacolarizzazione e l'ingiusta carcerazione preventiva, si possano evitare i processi mediatici e i processi sulla carta stampata, capaci solo di sovvertire le garanzie costituzionali, ovvero, in altre parole, di mettere le certezze non dimostrate di un'accusa, in nome del popolo italiano, al di sopra della stessa sovranità democratica.

Proprio come plasticamente sta dimostrando il caso che ha coinvolto un Presidente di Regione democraticamente eletto e libero in queste ore, paradossalmente; un epilogo che non profuma certamente di vittoria della magistratura, bensì di sconfitta della democrazia, fondata sulla separazione dei poteri. Vedete, colleghi, l'inchiesta giudiziaria che ha preventivamente decapitato la Regione Liguria pone dei seri, serissimi interrogativi su tutto ciò che è stato fatto in nome della giustizia, che pare abbia già anticipato il proprio verdetto, con una sentenza già scritta ancor prima di iniziare il processo, in nome e per conto di quel giustizialismo manettaro, che professa la pratica del sospetto che è già giudizio, contro ogni principio democratico.

No, Presidente, questa non è la nostra giustizia e non dovrebbe essere neanche la vostra. La nostra giustizia è imperniata su temi centrali: presunzione d'innocenza, tanto per cominciare, diritto di difesa, ragionevolezza e proporzionalità delle pene, contrasto all'abuso della carcerazione preventiva, delle intercettazioni telefoniche e dei trojan, nonché all'uso strumentale dell'obbligatorietà dell'azione penale; e, ancora, maggiore velocità dei processi e quindi maggiore giustizia per i cittadini e le imprese, anche per attirare nuovi capitali; potenziamento del sistema carcerario e del Corpo di polizia penitenziaria.

Questa per noi è la via maestra, l'unica strada per approdare sulle rive di quel garantismo giuridico che, non certo noi, ma i nostri Padri costituenti hanno voluto indicare come la pietra angolare della Costituzione più bella del mondo.

Ricordo che la nostra maggioranza di centrodestra ha avuto un mandato chiaro e inequivocabile dagli elettori. Ecco, noi vogliamo dar loro tutti gli strumenti per poter recuperare fiducia nel sistema giustizia. Ci chiediamo infatti se oggi sia possibile averne quando, per tornare al caso Liguria, apprendiamo da fonti di stampa che, guarda caso, un ex parlamentare del Partito Democratico, nonché ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, assurge oggi al soglio di presidente del consiglio di amministrazione della holding di chi è indagato nella stessa inchiesta che ha coinvolto il presidente Toti. Come diceva Andreotti, a pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso ci si indovina. Chissà che ora, grazie a questo perfetto punto d'incontro tra magistratura e PD, non possa cominciare così il vero processo e chissà, magari, anche il ritorno delle garanzie costituzionali per i principali indagati.

Signor Presidente, per tornare al decreto-legge al nostro esame, siamo decisamente affranti dal pesante fardello di dolore dei suicidi in carcere. Condividiamo perfettamente il giudizio espresso recentemente dal presidente Mattarella dopo la lettera pervenuta dai detenuti del carcere di Brescia, ma ci siamo impegnati proprio per cercare di semplificare le procedure, accelerare i tempi della burocrazia nel carcere, umanizzare gli istituti, garantendo anche l'alternatività della pena in comunità.

Questo provvedimento, infatti, vuole essere una prima risposta dell'Esecutivo Meloni alla situazione di emergenza degli istituti penitenziari sovraffollati e segnati nel 2024 dalle drammatiche cifre dei suicidi in questi primi sette mesi, mai così alte. Non possiamo permetterci che questo numero aumenti. Il nostro obiettivo, infatti, è stato quello di intervenire sul sovraffollamento e contiamo che gli interventi del Governo possano certamente aiutare in tal senso.

In queste condizioni, non certo facili, il nostro pensiero e il nostro ringraziamento non possono che andare agli uomini e alle donne che indossano la divisa della Polizia penitenziaria. Sappiamo quanto importante sia il loro contributo. Per questo, all'interno del provvedimento al nostro esame, abbiamo previsto l'assunzione straordinaria di un contingente di mille unità di agenti del Corpo di polizia penitenziaria e anche assunzioni straordinarie dei dirigenti penitenziari.

Colleghi, le soluzioni del sovraffollamento non possono essere certo gli svuotacarceri che qualcuno ha applicato in passato. Il sovraffollamento dipende anche dal fatto che molte persone sono in custodia cautelare preventiva, entrano ed escono dal carcere attraverso il sistema delle porte girevoli, tra l'altro anche in periodi estremamente brevi, impiegando una serie di risorse umane, finanziarie e logistiche che provocano il sovraffollamento carcerario. A questo vulnus abbiamo provato a rimediare già affrontando la riforma di alcune norme sulla custodia cautelare in carcere. Parlo di umanizzazione carceraria.

Per quanto riguarda il lavoro, anche questo è un nostro obiettivo fondamentale. Noi cerchiamo di portarlo non soltanto all'interno delle carceri, attraverso l'educazione lavorativa del detenuto, ma anche all'esterno, nel senso di trovare un lavoro a chi un domani verrà liberato e potrà così smarcarsi dal marchio di Caino, potendo dedicarsi ad un lavoro dignitoso e decoroso che elimini o riduca di gran lunga la possibilità di recidiva. Le statistiche, infatti, ci dicono che quando una persona esce dal carcere non trova lavoro e torna per strada, prima o dopo ritorna a delinquere e ritorna ad aumentare il problema del sovraffollamento carcerario. Se invece viene educato al lavoro e riesce a trovarlo una volta liberato, questo rischio non viene eliminato, ma viene di gran lunga ridotto. Pensiamo, ad esempio, che al centro di questo provvedimento c'è l'istituzione di un albo di comunità per accogliere alcune tipologie di reclusi, come quelli con un residuo di pena basso, oppure i tossicodipendenti e quelli condannati per determinati reati, i quali potranno scontare così la parte finale della loro condanna.

È un passo molto importante che ci porta decisamente avanti nel reinserimento sociale ed è un rimedio al sovraffollamento carcerario, trattandosi comunque di un giudizio di competenza, non certo del Governo, perché rimane sempre il magistrato di sorveglianza a decidere sullo stato di libertà del detenuto.

Proprio sul tema della liberazione anticipata abbiamo sentito levarsi dalle opposizioni un grido di scandalo. Stiano pure tranquilli; come dicevo, questo non è uno svuotacarceri, non vi sono indulgenze gratuite, non è certo l'amnistia di Togliatti, ma un modo per rendere più certa la procedura attraverso cui la liberazione anticipata è posta in esecuzione. All'incertezza della pena e dei tempi del giudizio, che elimina di fatto l'effetto dissuasivo del reato, noi replichiamo con una certezza: rendere chiaro il percorso e i diritti del detenuto nel caso in cui tenga una condotta adeguata durante la misura carceraria. Cosa assolutamente molto importante, grazie agli accordi con gli Stati esteri di provenienza per il trasferimento dei detenuti stranieri nelle carceri dei loro Paesi, avremmo dai 5.000 ai 10.000 detenuti che potrebbero essere trasferiti sui 20.000 stranieri in tutto in carcere.

Abbiamo fortemente condiviso con il Governo questa battaglia di civiltà, perché, vedete, colleghi, talvolta anche in quest'Aula mi è sembrato di vedere più tutelato Caino che Abele e alla gente questo non piace. Tantissimi crimini efferati non avrebbero infatti riempito le pagine di cronaca nera, se, al contrario, decine e decine di balordi in attesa di giudizio fossero stati mandati a processo e a scontare la pena nel loro Paese. È il caso della povera Iris, uccisa l'anno scorso nel parco Nikolajevka nella mia Rovereto, a calci e pugni da un extracomunitario clandestino che doveva scontare la pena nel proprio Paese.

Sorprende allora che a parlare e a contestare i mali atavici della giustizia sia esattamente chi proprio quella giustizia l'ha amministrata per decenni. Abbiamo infatti sentito molte accuse da parte di alcuni esponenti dell'opposizione, ma sinceramente la morale da parte di chi oggi è all'opposizione, ma quando era al Governo ha liberato i boss mafiosi in regime di 41-bis con la scusa del contagio da Covid, non l'accettiamo proprio.

Molto è stato fatto e molto ancora c'è da fare, Presidente, ma siamo convinti che la profonda conoscenza degli uffici giudiziari, delle leggi e del mondo della giustizia da parte del ministro Nordio, dei Sottosegretari e dei Vice ministri permetterà alla nostra azione di spiccare un volo sempre più decisamente alto.

Noi senatori del Gruppo Civici d'Italia-Noi Moderati (UDC- Coraggio Italia-Noi con l'Italia, Italia al Centro)-MAIE con coerenza continueremo a rifuggire ogni rigurgito di populismo penale e di giustizialismo, appoggiando invece ogni tentativo di far spiccare alla giustizia quel volo degno della storia autenticamente liberale e garantista della nostra Costituzione. Ecco perché voteremo sì a questo provvedimento. (Applausi).

SCALFAROTTO (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCALFAROTTO (IV-C-RE). Signora Presidente, 61 morti, 61 persone che deliberatamente hanno deciso di togliersi la vita. A oggi, che è il 1° agosto, sono praticamente nove esseri umani al mese, che nelle mani dello Stato hanno deliberatamente deciso che morire era meglio della situazione nella quale si trovavano. Questo è un tributo di sangue, una scia di morti che un Paese civile non può accettare. (Applausi). Non può accettare, signora Presidente, in nessuna circostanza.

È per questo che in questo caso, forse per la prima volta dall'inizio della legislatura, un decreto-legge era non necessario, ma indispensabile, perché le condizioni di necessità e urgenza, di straordinaria necessità e urgenza sono evidenti e c'era da fare una sola cosa, signora Presidente, signor Sottosegretario: c'era da prendere una misura deflattiva dei numeri delle persone che sono detenute. Basta. Era l'unica cosa da fare. (Applausi).

E, guardate, non bisogna dire «ah, c'è sovraffollamento, è colpa dei Governi precedenti», innanzitutto perché, dopo due anni di Governo, bisogna cominciare, colleghi della maggioranza, ad assumersi le proprie responsabilità. (Applausi). Vi siete fatti votare dicendo: «Risolveremo i problemi». Se continuate, a metà della legislatura, a dire che non avete risolto i problemi che avete ereditato, la domanda è: che vi siete fatti votare a fare? Che vi hanno votato a fare i cittadini? (Applausi).

Allora cominciate a risolvere le questioni che dovete gestire. E in questo momento dovevate gestire il sovraffollamento. Come? Diminuendolo, diminuendolo subito, come è stato fatto nel 2013, dopo la sentenza Torreggiani. Se c'è un problema, si fa un decreto-legge e si risolve quel problema subito. E come lo si doveva fare? Utilizzando un meccanismo già previsto dal nostro ordinamento: la liberazione anticipata. È così semplice. Perché la liberazione anticipata è qualcosa che già esiste, che già conosciamo e che si trattava solo di applicare con un quantum diverso. L'ordinamento già conosce quel fenomeno e stabilisce che un detenuto che ha aderito ad attività trattamentali ha diritto a uno sconto di pena di quarantacinque giorni per ogni semestre scontato; se i giorni da quarantacinque diventano sessanta, è solo una questione legata al quantum. Allora, o ci dite che siete contrari al principio e lo abrogate, oppure non dovete avere problemi ad applicarlo un po' diversamente, se questo risolve il problema di quella scia di sangue insostenibile che ci stiamo portando collettivamente sulla coscienza.

E non mi si venga a dire, come ha fatto il sottosegretario Delmastro Delle Vedove: noi non prendiamo decisioni che tocchino il principio della tassatività della pena, perché la pena che scontano i nostri detenuti non è quella prevista dal codice penale. Il codice penale dice che si è condannati alla perdita della libertà personale; non c'è scritto da nessuna parte che i detenuti sono condannati alla perdita della dignità, perché questo è il problema. (Applausi). Qui non c'è tassatività della pena; la pena è molto più ampia di quella prevista dalla legge, sennò non si conterebbero a migliaia i risarcimenti che dobbiamo pagare proprio perché le situazioni carcerarie sono inumane e degradanti.

Né si può fare come ha fatto il collega Zanettin - lo ricordo tramite lei, signora Presidente - il quale ha detto: noi non vogliamo automatismi. Ma qui non ci sono automatismi, perché il giudice di sorveglianza deve verificare, caso per caso, se quel detenuto particolare sia o meno nelle condizioni di godere della liberazione anticipata e quindi se abbia aderito a quelle attività trattamentali. Dove sta l'automatismo? Il giudice di sorveglianza dovrà valutare volta per volta.

Ora, se non si fa questo, non c'è nient'altro da dire. Bisogna per forza votare contro questo decreto-legge, per il semplice motivo che non risponde alle esigenze a cui doveva rispondere (esigenze drammatiche). Quando la presidente Bongiorno - sempre per il suo tramite, signora presidente Rossomando - dice che noi dobbiamo fare in fretta in Parlamento, perché i detenuti non possono aspettare, mi viene da dire: guardi che i detenuti non possono aspettare neanche dei decreti-legge che non prendono provvedimenti e che non risolvono i problemi dei detenuti, perché noi questo stiamo facendo. (Applausi).

Nel momento in cui andiamo a fare un decreto-legge che stabilisce di assumere personale nel 2024, nel 2025 e nel 2026, mi viene da chiedere dove stanno la necessità e l'urgenza. E soprattutto mi viene da dire qual è l'impatto nelle situazioni di oggi, quelle che il Presidente della Repubblica, leggendo una lettera che arriva dal carcere di Brescia, chiama situazioni angoscianti. Abbiamo la prerogativa di entrare in quegli istituti di pena e chi di noi lo ha fatto sa in che condizioni vivono i detenuti. Noi qui parliamo di persone che non hanno tre metri quadrati di spazio per vivere e lo diciamo il giorno 1° agosto, mentre le strade di Roma, fuori da questo Palazzo, sono infuocate. Immaginate che cosa significhi vivere in meno di tre metri quadrati (Applausi), quando una direttiva europea che disciplina come noi dobbiamo allevare i suini, stabilisce che i suini adulti abbiano diritto almeno a un metro quadro di spazio, con tutto il rispetto naturalmente per i suini e per l'industria agroalimentare. Questa è la situazione.

Potrei parlare a lungo dell'intero decreto-legge, ma vorrei dire giusto alcune cose.

Il provvedimento è talmente un pannicello caldo che mentre la Corte costituzionale - e non un pericoloso rivoluzionario - nel gennaio di quest'anno ci ha detto che i nostri detenuti dovrebbero avere diritto all'affettività e alla sessualità, il Governo concede che le telefonate passino da quattro a sei. Di qua c'è la sessualità e l'affettività e qui c'è il Governo che davanti a una sentenza della Corte costituzionale, dice che invece che quattro telefonate al mese, se ne possono fare sei. Cosa impedisce di concedere un numero illimitato di telefonate? Il telefono non è più attaccato al muro, come un tempo. Oggi i telefoni sono una cosa facile da utilizzare.

Allora quando parliamo della Polizia penitenziaria, dovremmo ricordarci che la prima cosa che possiamo fare per aiutarla, è quella di diminuire le persone a cui devono dare cura. Ci sono carceri sovraffollate con una media del 130 per cento e carceri che superano il doppio della capienza; pensiamo alle carceri di San Vittore, di Brescia e di Foggia. Credete che ciò non sia un peso per la Polizia penitenziaria? Una Polizia penitenziaria che volete assumere, riducendone però il tempo della formazione. Che attività legislativa è? Non mi soffermo sul reato introdotto per decreto, che è un mio cavallo di battaglia, perché anche in questo decreto-legge - per far capire qual è l'apprezzamento della libertà da parte di questa maggioranza - si introduce ancora una volta per decreto-legge un reato scritto con i piedi perché è lo stesso Governo a emendare il decreto-legge con il quale ha introdotto un reato nottetempo, riunendo il Consiglio dei ministri e incidendo sullo status libertatis dei cittadini, con un provvedimento che crea un reato nuovo che poi lo stesso Governo si accorge di aver scritto male. E grazie, se non ci sono audizioni, se non c'è discussione, se sfornate reati così continuamente. Non si venga a dire che il problema del sovraffollamento viene da prima perché il 7 per cento in più di carcerati è dovuto al fatto che fate più reati e più pene, che nonostante i proclami del Ministro, noi lavoriamo in Commissione giustizia per approvare continuamente nuovi reati e nuove pene. Potrei fare un lungo elenco.

E allora, in conclusione, la ragione per la quale voteremo contro questo ignobile decreto-legge, fatto di ignavia, un decreto con cui ci si lava le mani della vita di quelle persone, è una motivazione, Presidente, non soltanto politica, ma morale. Perché la responsabilità morale davanti a questo scempio di non far nulla - è quello che questo Parlamento sta facendo - è una responsabilità morale che noi non accettiamo e a cui non accettiamo di essere associati. (Applausi).

CUCCHI (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CUCCHI (Misto-AVS). Matteo Concetti, Stefano Voltolina, Alam Jahangir, Fabrizio Pullano, Mohmoud Ghoulam, Andrea Napolitano, Bruno Pompeo, Luciano Gilardi, Antonio Giuffrida, Jeton Bislimi, Ivano Lucera, Ahmed Adel Elsayed, Michele Scarlata, Sasha Alexander, Carmine S., Amiso Hawaray, Parwinder Singh, uomo albanese di 46 anni (nome sconosciuto), Rocco Tammone, Matteo Lacorte, Mario Francesco Provenzano, uomo marocchino di 45 anni (nome sconosciuto), Ciro Picariello, Tinti Jordan, Patrick Guarnieri, Andrea Pojioca, Amin Taib, Alica Siposova, Alvaro Fabrizio Nuñez Sanchez, ragazzo nigeriano di 26 anni (nome sconosciuto), uomo italiano di 52 anni (nome sconosciuto), Massimiliano Pinna, Karim Abderrahim, Aniello De Marino, Ahmed Fathy Ehaddad, Nazim Mordjane, Yu Yang, Giuseppe Pilade, Santo Perez, Maria Assunta Pulito, George Corceovei, Mustafà A., Mohamed Ishaq Khan, Domenico Amato, uomo italiano di 38 anni (nome sconosciuto), Alin Vasili Ciobotariu, uomo italiano di 43 anni (nome sconosciuto), Giuseppe Santolieri, Alì Soufiane, Francesco Fiandaca, Mailon D'Auria, uomo egiziano di 47 anni (nome sconosciuto), uomo italiano di 55 anni (nome sconosciuto), Giuseppe Spolzino, uomo italiano di 35 anni (nome sconosciuto), Fedi Ben Sassi, Yousef Hamga, Vincenzo Urbisaglia, uomo italiano di 36 anni (nome sconosciuto), Fabrizio Mazzaggio, Fabiano Visentini, uomo straniero di 45 anni (nome sconosciuto), Alessandro Patrizio Girardi, Lulzim Musta, Giuseppe Pietralito, Ismaele Iebbiati, uomo di 61 anni, morto a Rieti pochi giorni fa.

Questi, signor Presidente, colleghi, sono i nomi dei 67 morti per suicidio dall'inizio dell'anno tra detenuti ed agenti. Anno, il 2024, che passerà alla storia per il record di suicidi. Questa, signor Presidente, la ragione per cui Alleanza Verdi e Sinistra voterà convintamente no a questo decreto-legge. (Prolungati applausi).

ZANETTIN (FI-BP-PPE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANETTIN (FI-BP-PPE). Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, il pianeta carcere vive, nel nostro Paese, una crisi che ha radici antiche, ma che negli ultimi anni è indubbiamente esplosa. Il decreto-legge in esame affronta e cerca di risolvere proprio queste problematiche sempre più urgenti con significativi interventi in diversi settori. Il sovraffollamento degli istituti di pena non è certamente una novità nel nostro Paese, che ha più volte subito richiami dall'Europa per le condizioni inumane e degradanti dei suoi istituti di pena, ma soprattutto dopo la pandemia problemi atavici si sono acuiti. È esploso, in particolare, il fenomeno dei suicidi in carcere che, come abbiamo già ricordato, non riguarda solo i detenuti, ma anche gli agenti di custodia costretti a turni massacranti in un contesto di stress e di violenze.

Il Governo e il ministro Nordio sono consapevoli della gravità della situazione e con il decreto in esame hanno varato misure che non hanno precedenti: assunzioni straordinarie di direttori di carcere, di agenti di custodia, in particolare di mediatori culturali che raggiungono per la prima volta nella storia il pieno organico. Si deve dare atto che quello operato dal Governo è uno sforzo straordinario che non potrà non avere un impatto significativo nel miglioramento della situazione carceraria del Paese.

In questa dichiarazione di voto voglio però soffermarmi in particolare sul forte contributo che Forza Italia, che è un partito ispirato ai valori cristiani e dell'umanesimo liberale, ha dato al miglioramento del testo. Questa mattina, il senatore Verini nel suo intervento ha detto che noi di Forza Italia abbiamo gettato il sasso, poi abbiamo nascosto la mano e addirittura ritirato il sasso. Non è proprio così, collega. Siamo invece fieri ed orgogliosi di aver presentato emendamenti in chiave strettamente garantista con la finalità di attenuare il sovraffollamento carcerario e risolvere piccoli e grandi problemi nell'applicazione delle misure alternative al carcere.

Andrò ad esporre cosa abbiamo ottenuto. Abbiamo ottenuto che i detenuti ultrasettantenni e con patologie gravissime possano rimanere agli arresti domiciliari dopo la pronuncia della sentenza definitiva, nel passaggio dalla carcerazione preventiva all'esecuzione della pena. Verrà quindi in futuro evitato ad esempio - ma sono fatti concreti e fenomeni sperimentati nella pratica quotidiana - lo scandalo di malati oncologici posti agli arresti domiciliari in sede di carcerazione preventiva, tradotti in carcere invece quando viene pronunciata la sentenza definitiva di condanna, per essere poi magari ricollocati successivamente ai domiciliari solo a seguito della pronuncia del magistrato di sorveglianza.

Con l'approvazione di un altro nostro emendamento sarà possibile inoltre allargare le maglie dell'affidamento in prova al servizio sociale, consentendo a chi ne fa domanda di essere ammesso anche ad un servizio di volontariato o a un lavoro di pubblica utilità anziché solo al lavoro privato. Sottolineiamo inoltre che, con il combinato disposto tra l'ordine del giorno a prima firma del nostro capogruppo, senatore Gasparri, e l'emendamento del Governo che ne ha garantito la copertura finanziaria fino a concorrenza di cinque milioni, verrà consentito ai detenuti tossicodipendenti di espiare le proprie pene detentive nelle comunità terapeutiche più adatte alle loro esigenze. Si potranno ottenere così un alleggerimento del sovraffollamento carcerario e maggiori opportunità rieducative per tale categoria di detenuti.

Abbiamo così risolto tutti i problemi del carcere? Certamente no, non ci illudiamo, però certamente capiremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi se miglioramenti ci sono stati e cosa potremmo fare ulteriormente.

Proprio per comprendere meglio quanto sta accadendo nei penitenziari italiani, Forza Italia ha lanciato, sotto la guida del proprio segretario Antonio Tajani, un'iniziativa nazionale chiamata "Estate in carcere", nella quale nostri senatori, deputati, consiglieri regionali e sindaci visiteranno i penitenziari in tutto il territorio nazionale incontrando direttori, agenti di custodia, personale e detenuti. Da questo monitoraggio emergeranno probabilmente spunti per eventuali ulteriori interventi normativi che avranno l'intento di migliorare la condizione carceraria di detenuti e agenti di custodia. Di sicuro, quindi, l'impegno di Forza Italia per l'umanizzazione delle pene e il rispetto dei principi costituzionali non si esaurisce con il voto di questo decreto-legge.

Con queste premesse, annuncio il voto favorevole di Forza Italia al testo in esame. Un particolare ringraziamento mi sento di rivolgerlo al vice ministro Sisto, che ci ha sempre sostenuto e supportato nei lavori in Commissione, e anche ai due valenti e illustri relatori, la presidente Bongiorno e il senatore Rastrelli. (Applausi).

SCARPINATO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCARPINATO (M5S). Signor Presidente, la questione carceraria nel nostro Paese costituisce un'emergenza cronica che si ripropone ciclicamente nel tempo negli stessi termini. Se esaminiamo le rassegne stampa sull'emergenza carceraria che portò all'indulto del 2006 e quelle sull'emergenza carceraria del 2013 conseguente alla sentenza Torreggiani, sembra di leggere le stesse cronache di questi giorni, le stesse percentuali di sovraffollamento, le stesse denunce di condizioni di degrado e di invivibilità delle carceri, le stesse sconcertanti carenza di personale, gli stessi appelli del Papa, le stesse misure tampone, gli stessi solenni impegni sistematicamente disattesi di risolvere il problema per il futuro. (Brusio).

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

SCARPINATO (M5S). Persino il dramma dei suicidi in carcere è divenuto nel tempo un'emergenza cronica.

Il 21 gennaio 2020 il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti, costituito nell'ambito del Consiglio d'Europa, segnalò la necessità di affrontare con urgenza il tema della prevenzione dei suicidi in carcere, fenomeno in costante crescita, che già nel 2018 aveva raggiunto le 63 unità, a cui si sommavano 9.000 episodi di autolesionismo. Il Comitato osservò che nel 2016 il Ministro della giustizia aveva emanato una direttiva che prevedeva un piano nazionale di intervento per la prevenzione dei suicidi in carcere; piano che tuttavia era rimasto inattuato per mancanza di investimenti e di risorse. Il tempo passa, i provvedimenti tampone si susseguono, ma il carcere resta incivile e degradante. Gli impegni assunti restano privi di attuazione e tutto rimane come prima, sino alla successiva scontata emergenza.

Come si spiega questa cronica irredimibilità della questione carceraria? La risposta non la troverete nella rassegna stampa o nei saggi dei giuristi e degli esperti; la risposta, rimossa dalla coscienza collettiva del Paese, si trova nelle statistiche del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia sulla composizione sociale della popolazione detenuta in carcere per espiazione di pena. Quelle statistiche attestano che la percentuale dei colletti bianchi in espiazione in carcere, perché condannati con sentenza definitiva, è statisticamente così irrisoria che in alcuni anni non viene neppure quotata: nel 2014, su 60.000 detenuti, i condannati per reati di corruzione e reati economici erano soltanto 86 in totale.

Molto significativa è la comparazione statistica con altri Paesi europei, per comprendere il funzionamento in concreto del sistema penitenziario italiano. Da una ricerca condotta all'Università di Losanna risulta che nel 2013 i condannati in carcere per reati di corruzione, economici e fiscali in Italia costituivano soltanto lo 0,4 per cento, a fronte di una media europea del 4,1 per cento, superiore più di dieci volte. In particolare, risultava che nel 2013 in Italia i colletti bianchi in carcere erano 156, mentre in Germania erano 8.601. Questi dati statistici attestano il carattere classista del sistema penitenziario italiano e spiegano l'irredimibilità della questione carceraria in Italia. (Applausi).

Il vasto e variegato mondo dei ceti superiori ha risolto da tempo efficacemente il problema del carcere, escludendolo per gli appartenenti a tali classi sociali e riservandolo soltanto ai ceti inferiori. Questo risultato è stato ottenuto mediante accorte e selettive ingegnerie normative, che per mancanza di tempo non posso analizzare. Mi limito a pochi e fugaci accenni: nel 2006, nonostante la situazione carceraria fosse sul punto di esplodere a causa del sovraffollamento determinato da una popolazione carceraria costituita quasi esclusivamente dalla criminalità comune, l'indulto fu emanato dopo una lunga e laboriosa contrattazione politica, solo a condizione che venisse esteso anche ai condannati per reati di corruzione, economici e persino per il reato di scambio elettorale politico-mafioso: poche decine di imputati eccellenti che non erano in carcere, ma rischiavano di finirci. All'uscita dal carcere di Palermo, un detenuto scarcerato a seguito dell'indulto dichiarò ai giornalisti: siamo grati ai grandi ladri di Stato, perché solo grazie a loro anche ai piccoli ladri di strada come me è stata data la possibilità di evitare il carcere. (Applausi). A volte il popolo riesce a dire con parole semplici verità che gli intellettuali si guardano bene dall'esternare.

All'indulto del 2006 fece seguito una poderosa e sistematica riscrittura in chiave classista del sistema penale, che prevedeva un trattamento differenziato secondo la tipologia degli autori di reato: niente carcere per reati di corruzione, economici, fiscali, societari. Tale risultato fu ottenuto tramite la depenalizzazione di alcuni reati, la diminuzione delle pene, la riforma della prescrizione, l'allargamento dei benefici penitenziari introdotto ad hoc per salvare dal carcere i pochi condannati eccellenti che, nonostante tutto, non erano riusciti a evitare le condanne. Cito, come esempio emblematico di questo modo di legiferare, la modifica dell'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario, che escluse la detenzione carceraria per gli ultrasettantenni, purché non dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza. Norma introdotta in fretta e in furia con la legge ex Cirielli, per evitare a Cesare Previti di espiare in carcere una condanna per corruzione a sei anni di reclusione: norma passata alla storia, appunto, come la salva Previti.

Negli stessi anni, venivano emanate una serie di norme che aumentavano le pene per reati della criminalità comune, che imponevano automatici aumenti di pena nella misura non inferiore a un terzo per i casi di recidiva, che vietavano ai giudici sia di determinare la pena, valutando in concreto la gravità del reato e la personalità del reo, sia di effettuare un bilanciamento tra aggravanti e attenuanti.

Le pene per i furti aggravati furono elevate da quattro a dieci anni: furono introdotte aggravanti persino per lo status sociale del reo, come le aggravanti per reati comuni se commessi da immigrati irregolari. Fu grazie a queste politiche criminali classiste che le carceri ritornarono a riempirsi, come al solito, solo di esponenti della criminalità comune, di immigrati e di tossici: quindi, ridotte a discariche sociali, abbandonate allo stato di degrado e in vivibilità di sempre.

Questo sino a quando, nel 2013, la sentenza Torreggiani espose l'Italia al rischio di una procedura di infrazione, per evitare la quale si fece ricorso alla soluzione tampone all'italiana per sfollare le carceri. Con il decreto-legge n. 146 del 2013 si sfollarono le carceri, elevando a settantacinque giorni lo sconto annuo di pena per la liberazione anticipata, spacciando una misura puramente deflattiva, last minute, come una scarcerazione dovuta all'accertato e positivo completamento di un processo di rieducazione e riabilitazione sociale di tutti i beneficiati.

Spenti i riflettori dei media, lentamente tutto è tornato come prima. Eccoci arrivati, dopo questa telegrafica carrellata, all'attualità, che altro non è che una triste riedizione del passato, con l'aggravante di una maggioranza di Governo che, sin dall'inizio della legislatura, si è attivamente ed incessantemente impegnata a portare alle estreme conseguenze il carattere classista del sistema penale italiano, riattivando il metodo del doppio binario, già sperimentato ai tempi dei Governi Berlusconi. Da una parte si aboliscono, si ridimensionano e si riducono le pene per i reati dei colletti bianchi; dall'altra, si introducono nuove figure di reato, si elevano le pene per i reati della gente comune e delle fasce popolari.

L'inizio di questa legislatura è stata inaugurata dalla maggioranza di Governo con l'introduzione del reato di rave party e con l'abolizione della norma, introdotta dalla legge anticorruzione del 2019, che, per i condannati per gravi reati di corruzione, subordinava l'accesso ai benefici penitenziari alla collaborazione con la giustizia. La norma è stata abolita anche nei casi di condannati per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione.

La stessa maggioranza, però, ha tenuto in vita questa norma, che vieta l'accesso ai benefici penitenziari in assenza di collaborazione, per i condannati per il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico dei tabacchi: tipico esempio di legislazione classista. (Applausi).

Dopo questo incipit, è stata una lunga galoppata, mai interrotta, per perfezionare un sistema penale che garantisce l'impunità ai ceti superiori e riempie le carceri solo di autori di reato appartenenti alle fasce popolari, con il risultato di elevare a circa 4.000 il numero annuo degli ingressi in carcere e di rendere sovraffollate persino le carceri minorili. Dopo aver abolito il reato di abuso d'ufficio ed aver ridimensionato il reato di traffico di influenze, ora si è colta l'occasione, con il decreto-legge sulle carceri, di amputare anche il reato di peculato per distrazione.

La pena è stata ridotta da quattro a tre anni e sono state depenalizzate tutta una serie di condotte che prima erano sanzionate penalmente, come ad esempio il peculato per distrazione che riguarda gli immobili, la destinazione di operai e maestranze comunali al restauro di abitazione privata, quali le villette di sindaci, l'utilizzo delle macchine d'ufficio per fine personale, come imporre all'autista di portare il gatto dal veterinario: tutto depenalizzato. In questo tripudio di legislazione classista - e concludo, Presidente - si colloca anche il combinato disposto del decreto-legge sulle carceri e del pacchetto sicurezza in discussione alla Camera dei deputati. Nel decreto carcere, come hanno ampiamente spiegato gli altri colleghi senatori, prevale una logica di gestione securitaria delle carceri: nessuna soluzione immediata per il sovraffollamento e pannicelli caldi e le solite promesse di interventi per il futuro.

Contemporaneamente, con il pacchetto sicurezza si lancia un messaggio intimidatorio ai detenuti che osano protestare in modo pacifico per le condizioni degradanti e inumane nelle quali sono costretti a vivere. Il pacchetto sicurezza prevede, infatti, l'introduzione nel codice penale di due nuove fattispecie di rivolta, applicabili ai fatti commessi negli istituti penitenziari e nei centri di trattenimento dei migranti, nei quali si qualifica come rivolta anche la resistenza passiva e il rifiuto di obbedire agli ordini impartiti, come per esempio il rifiuto di fare rientro nelle celle. Per questi atti di resistenza passiva il Governo prevede otto anni di galera. (Applausi).

PRESIDENTE. Devo invitarla a concludere, senatore.

SCARPINATO (M5S). Ordine e disciplina solo per gli ultimi e i penultimi; libertà di arricchirsi a spese della comunità e di abusare del loro potere per i signori dei ceti superiori. Questo, in estrema sintesi, il codice culturale di questa maggioranza, che, in un delirio di autoreferenzialità, ha rifiutato in blocco tutte le proposte emendative dell'opposizione. Una politica arrogante e politicamente insipiente. Il pianeta carcere è un vulcano destinato prima o poi ad esplodere. E quando questo accadrà il Governo sarà l'unico responsabile dinanzi al Paese, dimostrando ancora una volta la propria inadeguatezza a gestire la complessità della realtà.

Per questi motivi, il MoVimento 5 Stelle non voterà la fiducia. (Applausi).

STEFANI (LSP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STEFANI (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, la ringrazio di avermi dato la parola per poter dire qualche verità, accanto alle espressioni fino ad adesso enunciate, che a volte non trovano riscontro nei testi e nemmeno negli obiettivi del Governo.

Innanzitutto togliamo un primo equivoco. Questo decreto-legge non nasce per trovare una soluzione definitiva al fenomeno dei suicidi in carcere. Il suicidio è un fatto gravissimo, devastante; ma è un fatto complesso ed è un fatto personale. Ogni suicidio ha una sua storia. Ciò che penso e che pensiamo noi è che maggioranza e opposizione non debbano mai utilizzare le morti come propaganda politica. (Applausi).

Questo è un decreto-legge che si inserisce tra quelli che, auspichiamo, saranno ulteriori provvedimenti per intervenire su un sistema complesso come quello carcerario. Gli interventi sul sistema carcerario non si fanno con una norma puntuale, come magari avrebbe voluto l'opposizione, perché è impossibile. Non basta il comma di una legge per intervenire in un processo così, perché necessita sicuramente di un'analisi lunga, continua, articolata, che richiede tempo.

Questo provvedimento è intervenuto su vari punti. Non stiamo qui ad enunciarli, visto che sono stati già chiaramente ed esaurientemente esposti dai relatori, che veramente ringraziamo; ringraziamo la presidente Bongiorno e ringraziamo il senatore Rastrelli per il grande lavoro che è stato fatto. (Applausi).

Ma dobbiamo risolvere anche un altro equivoco. Non sono certo le scarcerazioni, i premi, le riduzioni di pena, l'ampliamento delle pene alternative al carcere a risolvere i temi del sistema carcerario e di certo non risolvono il tema dei suicidi.

Ricordiamo che nella XVII legislatura, a seguito della sentenza Torreggiani, c'è stato un insieme di provvedimenti cosiddetti svuotacarceri. Ma alla fine che cos'hanno risolto? I numeri raggiunti nel 2013-2014 sono ormai stati nuovamente raggiunti già oggi. Nel 2017 ci sono stati 52 suicidi, nel 2018 sono stati 61 ed erano all'esito di iniziative governative non certo del centrodestra, battuto dal centrosinistra. (Applausi).

Ma le liberazioni e i benefici non hanno né risolto l'affollamento, né il tema dei suicidi, ma hanno lasciato un senso di incertezza della pena e la percezione che in Italia chi delinque può non essere punito (Applausi).

La riduzione della pena, i benefici e la liberazione anticipata non risolvono quello che è il vero problema che riguarda le condizioni delle carceri, l'edilizia carceraria e il modo in cui vengono effettuati realmente i trattamenti per la rieducazione. Non per trovare delle scuse, ma qui paghiamo l'inerzia di anni e non possiamo risolvere in sei mesi o un anno ciò che non è stato fatto in decenni. Vedendo che nel provvedimento è stato inserito il Commissario per l'edilizia carceraria, non si può non riconoscere il buon lavoro cominciato con questo Governo, anche grazie all'assidua attività del sottosegretario Ostellari, per far sì che il carcere sia - come deve essere - una pena che va espiata e che deve essere tesa alla rieducazione. La condanna al carcere ti priva della libertà, ma non ti priva della dignità.

Noi abbiamo cominciato a fare questo lavoro, nonostante l'insistenza da parte delle opposizioni, anche perché riteniamo che non basta lasciare che le persone possano espiare la pena fuori dal carcere, perché bisogna ricordare che se si scontano anche solo sei mesi di galera, invece che sei anni, in condizioni inaccettabili, non hai risolto il problema. Noi questo lavoro lo stiamo facendo, questo Governo lo sta facendo. Dobbiamo assolutamente togliere gli alibi alle scarcerazioni e a provvedimenti troppo generosi da parte dei tribunali di sorveglianza, assumendo che le carceri non siano un luogo dove espiare correttamente la pena.

Questa è l'iniziativa di questo Governo, che condividiamo. Questa è la posizione della Lega, che continuerà a confermare la fiducia in questo Governo, finché porterà avanti questi temi, i progetti del nostro Gruppo, del nostro territorio e dei nostri cittadini. (Applausi).

BAZOLI (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BAZOLI (PD-IDP). Signora Presidente, questo era un decreto-legge atteso e noi eravamo tra coloro che consideravano giustificate le ragioni di urgenza - lo dico alla presidente Bongiorno - che presidiavano un decreto sul tema carcere e condividevamo queste ragioni di urgenza perché il tema dell'emergenza nelle carceri è testimoniato dai freddi e inequivocabili numeri.

Da quando c'è questo Governo, lo sottolineo, in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 48.000 posti. Da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni. Sono 21 in più dell'anno peggiore della serie ad oggi. Siamo destinati a superare ogni record di questa angosciante classifica.

Poi ci sono anche i sei agenti di Polizia penitenziaria che si sono suicidati. Sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria. I nostri detenuti si trovano in una situazione straziante, «Condizioni angosciose agli occhi di chiunque abbia sensibilità e coscienza. Indecorose per un Paese civile qual è, e deve essere, l'Italia» (Applausi).

Ho usato le parole del presidente Mattarella, le parole esatte pronunciate dopo aver letto una lettera dei detenuti del carcere di Brescia-Canton Mombello, carcere che io conosco bene, uno dei peggiori d'Italia, dove oltre 350 detenuti sono ammassati in celle progettate e realizzate a fine Ottocento per ospitarne un massimo di 180, in una struttura fatiscente, con spazi comuni e di socializzazione ridotti al minimo. Una situazione francamente intollerabile, che vanifica quasi completamente la finalità rieducativa della pena, rischiando anzi di incentivare, di incattivire persone che, ai sensi dell'articolo 27 della Costituzione, dovrebbero essere restituite alla società migliori di come sono entrate, con buona pace della tanto sbandierata sicurezza.

Questa è la condizione in cui ci troviamo e per questo tutto il mondo che vive la realtà penitenziaria (non solo i detenuti) attendeva un provvedimento urgente che affrontasse questa angosciosa emergenza. È arrivato un decreto, anzi direi un decretino, nel quale nemmeno era citato il problema del sovraffollamento; non c'era una sola parola e ovviamente, di conseguenza, non c'era neanche una soluzione. Un decreto tardivo e talmente scarno, inutile e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di correre ai ripari, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però - ahimè, ahinoi - migliorarne significativamente l'efficacia.

Ora, noi siamo convinti - e lo abbiamo detto in Commissione - che su un tema come questo, la condizione dei nostri detenuti, che riguarda la dignità delle persone, che riguarda gli ultimi degli ultimi, che riguarda in fondo la misura della civiltà di un Paese (come ci ha ricordato il presidente Mattarella e come un filosofo qualche secolo fa diceva), occorra fare lo sforzo di mettere da parte le contrapposizioni politiche per trovare soluzioni condivise. Abbiamo offerto la nostra collaborazione alla maggioranza, provando a proporre un ventaglio di ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, spesso appassionati e pressanti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati che abbiamo audito in Commissione.

Abbiamo proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi. Abbiamo proposto un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti. Misura, questa, suggerita perfino dal Garante nazionale dei detenuti, che è una figura certamente non ostile all'attuale maggioranza.

Abbiamo proposto, con tante e varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione. Abbiamo proposto un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare. Insomma, abbiamo provato a partecipare in modo costruttivo e aperto a una discussione finalizzata a trovare le soluzioni a un problema straziante e angoscioso, ma ci avete sbattuto la porta in faccia: 225 emendamenti e 225 no, con quell'arroganza tipica di chi ha paura del confronto e di chi forse spera così nascondere anche le proprie divisioni. (Applausi). Avete sprezzantemente rigettato la nostra mano tesa e vi siete approvati da soli questo provvedimento, che è palesemente inadeguato ad affrontare la grave emergenza, perché si tratta di misure che al più produrranno effetto tra qualche anno. Ma l'emergenza è qui e ora, non tra qualche anno.

Che senso ha approvare misure che consentiranno l'incremento degli agenti di polizia penitenziaria al 2026? Che senso ha approvare una misura che riguarda un commissario all'edilizia penitenziaria, quando sappiamo che le carceri non verranno costruite prima di tre, quattro o cinque anni? L'emergenza è oggi e non basta a questo scopo neanche ciò che è rimasto degli emendamenti di Forza Italia. Lo dico al collega Zanettin, che era partito lancia in resta con tanti emendamenti con finalità garantista sull'esigenza di affrontare l'emergenza in modo coraggioso. Quegli emendamenti però poi li ha ritirati e sono rimaste due striminzite modifiche, una piccola foglia di fico che avrà un impatto limitatissimo sulla popolazione carceraria. D'altro canto, cari colleghi, come diceva Don Abbondio, il coraggio se uno non ce l'ha, mica se lo può dare. (Applausi). E forse - lo dico ai colleghi di Forza Italia - a fare un giro nelle carceri era meglio andarci prima del provvedimento e non dopo. Richiamo anch'io lo scritto di Calamandrei, citato prima dal senatore Sensi, sulle condizioni delle carceri nel 1949, che si intitolava «Bisogna aver visto!». Nel vostro caso bisognava aver visto. L'unica cosa che siete riusciti a dire come maggioranza per l'ennesima volta con questa sorta di disco rotto è che se le carceri sono in questa condizione, è colpa dell'opposizione, è colpa nostra.

Non voglio entrare in un dibattito sul rimpallo delle responsabilità, perché è francamente mortificante anzitutto per coloro che guardano con speranza a questo provvedimento. (Applausi).

Vi dico solo che è ora di finirla con le scuse, state governando da due anni e se non siete capaci di risolvere i problemi di questo Paese, piantatela di fare le vittime, alzate bandiera bianca e lasciate la guida a chi qualche idea ce l'ha. (Commenti).

PRESIDENTE. Colleghi, l'ultimo intervento è della maggioranza, c'è possibilità di replicare. Lasciamo proseguire perciò il collega Bazoli.

BAZOLI (PD-IDP). Se posso parlare senza essere interrotto, vorrei concludere.

Concludo dicendo che noi ci auguriamo sinceramente che gli effetti di questo provvedimento vadano al di là di ogni previsione e di ogni ragionevole aspettativa. Lo speriamo nell'interesse dei detenuti, della Polizia penitenziaria, dei magistrati di sorveglianza e dei volontari che ogni giorno entrano nelle nostre carceri. Spes contra spem, come si dice. Sia chiaro però che non vi faremo sconti, saremo sempre qui e non ci stancheremo mai su questo tema di chiedervi conto, richiamandovi alle vostre responsabilità morali e politiche. (Applausi).

BERRINO (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERRINO (FdI). Signor Presidente, colleghi, Governo, in effetti il disco rotto a me che vengo dalla città della musica non piace molto. (Applausi). Diciamo che è un disco senza fine. È chiaro infatti che l'atteggiamento che molta parte della minoranza ha avuto già dai lavori in Commissione e ancora durante questo dibattito in Aula, ha un solo obiettivo volto a coprire le responsabilità di chi nell'ottobre 2022 ci ha fatto ereditare un sistema che produce ancora oggi questi effetti.

Il Governo Meloni non ha chiuso alcun carcere, non ha licenziato alcun agente di Polizia penitenziaria, non ha ristretto alcuna cella, non ha chiuso alcun servizio. (Applausi). Il Governo Meloni non può essere additato, come è stato troppo spesso sottolineato nel dibattito anche sui giornali, come responsabile dei suicidi in carcere.

Non c'è responsabilità politica, ma si è cercato di accelerare e di ripetere più volte che la situazione delle carceri, così com'è, produce un numero enorme di suicidi. Noi siamo consapevoli che il sistema debba essere migliorato, se non riformato, e questo, che è il primo di una serie di interventi del Governo, anche modificati poi in Commissione, va in quel senso, ossia nel senso di porre rimedio all'operato di quei Governi che negli ultimi dieci anni hanno fatto progressivamente diminuire il numero di chi è impiegato all'interno delle carceri (direttori, comandanti, agenti, psicologi, medici, formatori, mediatori). Va, con il commissario ad hoc, nel senso di aumentare il numero dei posti disponibili nelle carceri e di costruire nuove carceri, cosa che non è stata fatta negli ultimi venti, forse trent'anni, dall'epoca in cui - ne parlava prima il senatore Potenti - ci furono gli scandali delle carceri d'oro. Noi lo facciamo perché abbiamo in mente che per far vivere meglio la popolazione carceraria ci vuole un numero superiore di carceri, con servizi migliori, con condizioni di vita migliori e con un numero di agenti e di personale che sappia controllare meglio chi in carcere ci finisce, così che anche chi lavora nelle carceri abbia meno stress dovuto ai numeri. Bisogna cercare di eliminare, laddove è possibile, i suicidi, che però sappiamo, sulla base di studi fatti non certo dalla politica, ma da chi scientificamente si occupa del problema, avvengono tendenzialmente nei primi giorni o nelle prime settimane di vita in carcere, quindi la liberazione anticipata e il sovraffollamento nulla hanno a che vedere con questo, perché la liberazione anticipata spetta a chi ha già la condanna passata in giudicato e quindi non andrebbe certamente a influire su chi è in carcere in attesa di processo. Con le nuove assunzioni si andrebbe anche ad influire sulla tranquillità di chi in carcere lavora e che spesso deve subire turni massacranti perché chi c'era prima non ha pensato che ci fosse la necessità di aumentare il numero dei lavoratori per garantire più sicurezza e più controllo a chi sta in cella, ma anche più sicurezza e una condizione migliore a chi lavora in carcere.

Quasi tutta la minoranza, signora Presidente, ha parlato di sovrannumero dei carcerati all'interno delle nostre strutture, dimenticando però che ci sono due parametri su cui calcolare se le nostri carceri sono veramente come avete raccontato o meno. Una norma italiana del 1975 prevede che nei nostri istituti di detenzione per ogni posto letto singolo, quindi per ogni cella singola, si debbano avere nove metri quadrati e cinque metri quadrati in più per ogni detenuto. La famosa sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) prevede tre metri quadrati per ogni detenuto e quindi quel 130 per cento di sovrannumero di detenuti nelle carceri che avete sbandierato è riferito alla nostra disciplina interna, che prevede il triplo dei metri quadrati che l'Europa ci dice che dovremmo avere. Secondo i parametri del CEDU, solo due carceri in Italia sono in sovrannumero di detenuti, lo dico perché bisogna raccontarle con correttezza le cose. Questo non vuol dire che non dobbiamo intervenire, dobbiamo intervenire ma dobbiamo anche sapere su cosa dobbiamo intervenire e dobbiamo intervenire perché lo reputiamo giusto e non su una polemica che è basata su dati che spesso o non si conoscono o non vengono detti. Così come penso che sia corretto raccontare anche a chi sta in carcere… (Brusìo).

PRESIDENTE. Colleghi, insomma.

BERRINO (FdI). Penso che sia corretto raccontare anche a chi sta in carcere che la storia che in questo decreto non c'è nulla per migliorare… (Brusìo). Presidente, io capisco, ma…

PRESIDENTE. Senatore Berrino, la interrompo solo un momento.

Colleghi, stiamo concludendo un provvedimento comunque importante. Dalla mia posizione ho la visuale di tutti coloro che in questo momento stanno esagerando con il brusìo. Non costringetemi a richiamarvi uno per uno.

Prego, senatore Berrino, continui.

BERRINO (FdI). Bisogna raccontare la verità a chi è in carcere e che si aspetta dalla politica misure che migliorino, anche se di poco, la propria vita. Noi non possiamo pensare di raccontare a chi è in carcere che questo Governo, nella sua leggerezza o insensibilità, permetterà come gratitudine magna due telefonate in più al mese ai detenuti, perché non è così. C'è scritto nella norma, ma peccato che chi la critica probabilmente o non l'ha letta o non la racconta bene. (Applausi). Allora la leggo io. All'articolo 6 c'è scritto: «a) all'articolo 39, incremento del numero dei colloqui telefonici settimanali e mensili equiparando la relativa disciplina a quella di cui all'articolo 37». Quindi la norma dice che passeranno da quattro a sei per tutti, senza nessuna deroga. Però dice anche: «b) all'articolo 61, comma 2, lettera a), secondo periodo, inserimento del riferimento all'articolo 39». Ciò vuol dire che, per quanto riguarda i colloqui, il direttore potrà concederli illimitatamente; sia per i colloqui normali che per i colloqui telefonici, il detenuto potrà chiederne quanti ne vorrà e ne potrà ottenere dal direttore secondo le modalità che ogni carcere si potrà permettere. Non possiamo infatti pensare che in un carcere tutti i detenuti siano contemporaneamente al telefono o a fare le videochiamate. Quindi, non è vero che ci limitiamo a sei telefonate al giorno; non è vero, non l'avete letto. L'unica giustificazione è che voi non avete letto come noi andiamo a modificare la norma. (Applausi).

Allo stesso modo è scorrettissimo - Presidente, lo dico ai colleghi che mi hanno preceduto - dire che il sovraffollamento di 10.000 detenuti rispetto a quelli che abbiamo trovato nel 2022 sia colpa della politica perché ha fatto norme per cui si va in galera. O non si conoscono i tempi della giustizia oppure si fa propaganda su cose false. Voi ditemi - e non perché le norme non siano applicate - quante persone sono in galera per i rave? Rave non se ne sono più fatti, ma in galera non ci è andato nessuno. (Applausi). Ditemi per quanti dei nuovi reati che abbiamo creato le persone sono già in galera. Penso siano pochissime.

Quello che voi non raccontate è che, se ci sono 10.000 detenuti in più, non è perché il Governo Meloni, la premier Meloni o il ministro Nordio abbiano fatto degli ordini di carcerazione collettiva per chissà chi, come succede in Venezuela. Ci sono 10.000 detenuti in più perché, da una parte, le Forze dell'ordine e, dall'altra, la magistratura hanno arrestato chi non rispetta la legge, e lo hanno fatto (Applausi) per tutelare chi invece la legge la rispetta e ritiene che uno Stato debba certamente dare condizioni normali a chi in carcere sta, ma anche garantire giustizia alle vittime di chi i reati li compie.

Questo è solo un piccolo riassunto di quello che nel decreto-legge è contenuto, ma soprattutto della filosofia che c'è a monte del provvedimento. È per questo che il Gruppo Fratelli d'Italia voterà convintamente, avendo cercato anche di intervenire ad esempio sulla giustizia riparativa, escludendo l'articolo 41-bis da coloro che possono ottenere questi benefici e avendo presentato un ordine del giorno, che è stato accolto, su uno studio che faremo, che farà il Governo su nostro invito, su tutte quelle categorie di reati a cui la giustizia riparativa non si può applicare, sempre con il principio che anche le vittime hanno diritto a godere della giustizia dello Stato. (Applausi).

PRESIDENTE. Procediamo dunque alla votazione.

Votazione nominale con appello

PRESIDENTE. Indìco la votazione dell'articolo unico del disegno di legge n. 1183, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, nel testo proposto dalla Commissione, sull'approvazione del quale il Governo ha posto la questione di fiducia.

Ricordo che ai sensi dell'articolo 94, secondo comma, della Costituzione e i sensi dell'articolo 161, comma 1, del Regolamento, la votazione sulla questione di fiducia avrà luogo mediante votazione nominale con appello.

Ciascun senatore chiamato dal senatore Segretario - in questo caso senatrice Segretaria - dovrà esprimere il proprio voto passando innanzi al banco della Presidenza.

I senatori favorevoli alla fiducia risponderanno sì; i senatori contrari risponderanno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Estraggo ora a sorte il nome del senatore dal quale avrà inizio l'appello nominale.

(È estratto a sorte il nome del senatore Zullo).

Invito la senatrice Segretaria a procedere all'appello, iniziando dal senatore Zullo.

(La senatrice Segretaria Ternullo fa l'appello).

Dichiaro chiusa la votazione.

Proclamo il risultato della votazione nominale con appello dell'articolo unico del disegno di legge n. 1183, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, nel testo proposto dalla Commissione, sull'approvazione del quale il Governo ha posto la questione di fiducia:

Senatori presenti

179

Senatori votanti

178

Maggioranza

89

Favorevoli

104

Contrari

73

Astenuti

1

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Risultano pertanto preclusi tutti gli emendamenti e gli ordini del giorno riferiti al testo del decreto-legge n. 92.

Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno

ZAMPA (PD-IDP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZAMPA (PD-IDP). Signor Presidente, l'intervento che intendo svolgere riguarda i tragici fatti del 2 agosto che - come tutti sapete - sono avvenuti quarantaquattro anni fa.

«Sappiamo la verità e abbiamo le prove», questa è la frase che l'Associazione dei familiari delle vittime ha scelto per la celebrazione del quarantaquattresimo anniversario della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980: ottantacinque le vittime, duecento i feriti. A Bologna, il 2 agosto di quarantaquattro anni fa, alle ore 10,25 si è consumata una strage di matrice neofascista, la più grave strage di vittime civili inermi, il più grave attentato alla vita democratica del Paese dal Dopoguerra.

Ci sono volute quindici sentenze e quarantaquattro anni di impegno, e oggi a nessuno è concesso chiedere se sia valsa la pena processare persone già defunte per fatti compiuti quarantaquattro anni fa. La verità non ha date di scadenza. La verità porta con sé un valore non solo simbolico, ma anche tangibile, poiché quella stessa verità diventa patrimonio della coscienza collettiva di un intero Paese; entra a far parte della memoria storica della Nazione; viene consegnata alle nuove generazioni; si erige come autentico monumento ai caduti e diventa un monito affinché luce sia fatta sulle stragi che hanno insanguinato il nostro Paese nel periodo che viene definito della strategia della tensione, cominciato con la bomba di Piazza Fontana il 12 dicembre 1969.

A Bologna andò in scena un vero attentato di matrice fascista. Un'enorme quantità di evidenze storiche e di sentenze è in grado di documentarne le responsabilità nella saldatura tra apparati deviati dello Stato, terrorismo neofascista e consorterie massoniche. Fu una strage inserita nella strategia della tensione adottata da neofascisti, Servizi segreti e politici: questo ha detto ieri il presidente dell'associazione familiari delle vittime Paolo Bolognesi. A tutti loro va il nostro più profondo ringraziamento per l'impegno svolto in tanti anni.

Sappiamo la verità e abbiamo le prove: questa frase racchiude il significato più autentico di questi quarantaquattro anni alla ricerca della verità e delle prove che indicano non solo gli esecutori, ma anche i mandanti della strage del 2 agosto. Le ultime sentenze d'appello - l'ultima emessa l'8 luglio scorso - hanno confermato le condanne all'ergastolo dell'ex NAR Gilberto Cavallini e dell'ex di Avanguardia Nazionale Paolo Bellini. All'attentato parteciparono non solo i NAR Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini (condannati in via definitiva), ma anche tutte le formazioni dell'estrema destra dell'epoca, finanziate dai soldi distratti dal Banco Ambrosiano da Licio Gelli e Umberto Ortolani, e coperte dai Servizi segreti deviati, con il contributo del capo dell'Ufficio affari riservati del Viminale Federico Umberto d'Amato e del giornalista Mario Tedeschi. Queste sentenze e il costante impegno dei familiari della società civile affinché tutta la verità venisse a galla rappresentano la testimonianza di quanto sia vitale per la democrazia eliminare ogni possibile connessione, ogni opacità, equivocità, incertezza o connivenza tra un movimentismo di destra dichiaratamente fascista e istituzioni; legami che dagli anni Ottanta ad oggi riemergono periodicamente e su cui il Paese chiede una parola di definitiva rottura.

A nome di tutti i familiari delle vittime e di tutti i cittadini di Bologna, chiedo: è in grado questo Governo di commemorare quella strage definendola - mi rivolgo alla signora presidente del Consiglio Giorgia Meloni - con il suo proprio aggettivo? Dopo quindici sentenze e quarantaquattro anni di indagini, è in grado il Governo di accettare e di dire chiaramente che fu una strage di matrice neofascista e non un generico attentato terroristico, ma un'azione che si inseriva in una precisa strategia di potere? Noi non accetteremo mai una definizione diversa di quella strage, che non sia limpida e chiara e che non dica che fu di matrice fascista. Dica domani il ministro Piantedosi, che sarà a Bologna a rappresentare il Governo, una chiara parola in tal senso.

Sappiamo la verità e abbiamo le prove: questa frase racchiude il significato più autentico di questi quarantaquattro anni, alla ricerca della verità e delle prove, che indicano anche i mandanti della strage del 2 agosto. Venga il Governo a Bologna a dirci che riconosce e ha accettato la verità e che, in memoria delle vittime del 2 agosto, si impegna a contrastare ogni gruppo e movimento politico che si ispiri ai disvalori del fascismo, e che lo farà agendo sul piano sia culturale che politico.

Dica il Governo che non accetterete pulsioni sotterranee di soggetti presenti nell'universo dell'estrema destra. A noi pare che non vi sia un altro modo per onorare le 85 vittime della strage e ricordare i 200 feriti. Non vi è un altro modo per onorare lo Stato, al cui servizio tutti noi e tutte le istituzioni sono chiamate. (Prolungati applausi).

PRESIDENTE. Senatrice Zampa, possiamo dire con l'Assemblea che sappiamo ed è bene sapere, non semplicemente ricordare.

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di lunedì 5 agosto 2024

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica lunedì 5 agosto, alle ore 16, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 13,56).