Legislatura 19ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 183 del 24/04/2024

SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XIX LEGISLATURA ------

183a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO (*)

MERCOLEDÌ 24 APRILE 2024

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Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO,

indi del vice presidente CENTINAIO,

del vice presidente CASTELLONE

e del presidente LA RUSSA

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(*) Include l'ERRATA CORRIGE pubblicato nel Resoconto della seduta n. 211 del 24 luglio 2024
(N.B. Il testo in formato PDF non è stato modificato in quanto copia conforme all'originale)

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N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Civici d'Italia-Noi Moderati (UDC-Coraggio Italia-Noi con l'Italia-Italia al Centro)-MAIE: Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE; Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE: FI-BP-PPE; Fratelli d'Italia: FdI; Italia Viva-Il Centro-Renew Europe: IV-C-RE; Lega Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: LSP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista: PD-IDP; Per le Autonomie (SVP-PATT, Campobase): Aut (SVP-PATT, Cb); Misto: Misto; Misto-ALLEANZA VERDI E SINISTRA: Misto-AVS; Misto-Azione-Renew Europe: Misto-Az-RE.

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RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 10,05).

Si dia lettura del processo verbale.

PAGANELLA, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.

Discussione del documento:

(Doc. LVII, n. 2) Documento di economia e finanza 2024 (Relazione orale) (ore 10,09)

Approvazione della proposta di risoluzione n. 6

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del documento LVII, n. 2.

La relatrice, senatrice Ambrogio, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare la relatrice.

AMBROGIO, relatrice. Signora Presidente, il Documento di economia e finanza rappresenta il principale strumento del ciclo della programmazione economica e di finanza pubblica del Paese. L'articolo 7, comma 3, della legge di contabilità e finanza pubblica ne prevede la presentazione alle Camere entro il 10 aprile di ogni anno per le conseguenti deliberazioni parlamentari, mentre l'articolo 10 ne disciplina i contenuti, articolandoli in tre sezioni e una serie di allegati.

La prima sezione del DEF reca lo schema del Programma di stabilità, che contiene le informazioni richieste dai regolamenti dell'Unione europea e dal codice di condotta sull'attuazione del Piano di stabilità e crescita. La seconda sezione riporta l'analisi e le previsioni dei dati di finanza pubblica a legislazione vigente, nonché le previsioni a politiche invariate per i principali aggregati. La terza sezione, infine, espone il Programma nazionale di riforma. Dopo l'esame parlamentare, il Programma di stabilità e il Programma nazionale di riforma verranno inviati al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea entro il 30 aprile.

Il DEF 2024 presenta una struttura più sintetica rispetto ai precedenti Documenti di economia e finanza, in considerazione dell'attuale fase di transizione verso le nuove regole della governance economica europea e quindi della predisposizione di un quadro programmatico coerente con le nuove regole europee. Il Governo ha quindi annunciato che gli obiettivi di politica economica dei prossimi anni saranno definiti nel Piano strutturale di bilancio di medio periodo. L'Italia dovrà presentare entro il prossimo 20 settembre il nuovo Piano strutturale di bilancio di medio termine, tenendo conto della predisposizione, da parte della Commissione europea, di una traiettoria di riferimento dell'andamento dell'indice della spesa primaria netta. Il Governo si è limitato a illustrare nel DEF 2024 i contenuti e le informazioni di carattere essenziale sull'andamento tendenziale dei principali dati della finanza pubblica, con una stima delle politiche invariate per il prossimo triennio.

Per quanto riguarda il contesto macroeconomico italiano, il DEF 2024 espone l'analisi relativa all'anno 2023 e le previsioni tendenziali per il 2024 e per il triennio successivo. Le previsioni del quadro tendenziale incorporano gli effetti sull'economia delle azioni di politica economica e di politica fiscale messe in atto precedentemente alla presentazione del Documento stesso. Il quadro macroeconomico tendenziale è stato validato dall'Ufficio parlamentare del bilancio il 10 aprile di quest'anno.

Richiamando le stime ufficiali dell'Istat, il Documento evidenzia come il PIL nel 2023 sia cresciuto dello 0,9 per cento, un tasso di crescita in decelerazione rispetto al 2022, ma superiore a quello della media dell'area euro, che era +0,4 per cento. Il DEF sottolinea che il PIL reale è aumentato di 4,2 punti percentuali rispetto al livello pre-Covid registrato nel quarto trimestre del 2019.

Nel complesso, quindi, la crescita nel 2023 è stata trainata dalla domanda interna (4,6 punti percentuali), unitamente alla ripresa della domanda estera netta.

La crescita tendenziale del PIL per il 2024 è attesa all'1 per cento, con una marginale revisione al ribasso di 0,2 punti percentuali rispetto allo scenario programmatico della NADEF, che era pari a +1,2 per cento, legata - e questo lo si spiega nel DEF - ad una scelta prudenziale, dato l'elevato grado di incertezza che caratterizza il contesto internazionale e il protrarsi di tensioni geopolitiche. L'espansione del PIL per l'anno in corso sarebbe principalmente guidata, secondo il DEF, dall'incremento della domanda interna, sostenuta principalmente dal rientro dell'inflazione e da un allentamento graduale delle condizioni monetarie e del costo del credito.

Guardando all'intero periodo previsivo, si prospetta una crescita del PIL per il 2025 all'1,2 per cento, più sostenuta rispetto al 2024, ma al ribasso rispetto all'1,4 per cento previsto nella NADEF. Per i due anni successivi, la previsione di crescita è posta all'1,1 per cento per il 2026 e allo 0,9 per cento per il 2027. Il DEF sottolinea peraltro che sulle nuove previsioni di crescita, per motivi prudenziali, non è stato considerato appieno lo stimolo fornito dal PNRR e i suoi effetti espansivi dal lato dell'offerta e sulle stime di prodotto potenziale.

Venendo alle sezioni del DEF dedicate agli andamenti di finanza pubblica, i dati riferiti al 2023 attestano un indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni pari a 149,5 miliardi di euro, corrispondenti al 7,2 per cento del PIL. Per quanto attiene al confronto con le precedenti stime per il medesimo anno, si evidenzia che la NADEF 2023 aveva previsto, in termini di PIL, un indebitamento netto pari al 5,2 per cento su base tendenziale e al 5,3 per cento su base programmatica. Tale scostamento, pari a circa 40 miliardi di euro, con riferimento sia all'indebitamento netto sia al saldo primario, è attribuibile in larga misura all'andamento più elevato delle spese in conto capitale. A fronte infatti di un saldo corrente con segno positivo (+0,6 per cento del PIL) e migliore rispetto alle attese per circa 14,4 miliardi di euro, l'aumento dell'indebitamento netto rispetto alle previsioni è dovuto in particolare ai maggiori contributi agli investimenti per circa 47 miliardi di euro, voce che comprende i contributi riconosciuti nell'ambito della misura cosiddetta superbonus.

Per quanto attiene, invece, al confronto con l'esercizio precedente, il dato evidenzia un miglioramento rispetto all'anno 2022. La riduzione del deficit dal 2022 al 2023, pari a circa 18,5 miliardi di euro, è dovuta al miglioramento del saldo corrente di circa 35,7 miliardi rispetto all'anno precedente, in parte assorbito da un deterioramento del saldo tra spese e entrate in conto capitale per circa 17,2 miliardi di euro. Il miglioramento dell'indebitamento netto rispetto al 2022 si riflette anche in un saldo primario tra entrate e spese, al netto degli interessi passivi, che, migliorando di circa 14,2 miliardi di euro, inverte il suo segno, attestandosi su valori positivi.

Nel dettaglio, come evidenziato dal comunicato Istat di marzo, le entrate correnti hanno registrato un aumento del 5,8 per cento, attestandosi al 46,6 per cento del PIL. In particolare, le imposte dirette sono cresciute del 10,2 per cento, principalmente per l'aumento dell'Irpef e dell'Ires; sono in aumento anche le sostitutive sugli interessi e sui redditi da capitale e le ritenute sugli utili distribuiti dalle società.

A questo riguardo va sottolineato che, rispetto alle stime per l'anno 2023 contenute nella Nota tecnica illustrativa, i dati del DEF 2024 rilevano un aumento delle entrate tributarie di circa 15 miliardi. In particolare, le imposte dirette aumentano di 10.807 milioni di euro e le imposte indirette di 4.171 milioni, mentre sono sostanzialmente in linea con le previsioni le imposte in conto capitale: -14 milioni.

In proposito, il Documento precisa che, con riguardo ai singoli aggregati (bilancio dello Stato, poste correttive ed enti territoriali) e alle principali categorie economiche, presentano uno scostamento positivo rispetto a quanto previsto le voci classificate nel bilancio dello Stato (+6.716 milioni) ed enti territoriali (+1.273 milioni).

Le poste correttive che nettizzano le entrate tributarie sono risultate pari a -34.730 milioni, inferiori alle attese, determinando un effetto positivo di 6.975 milioni. Nel dettaglio a consuntivo, il miglioramento delle entrate del bilancio dello Stato è ascrivibile al maggior gettito registrato dalle imposte dirette per effetto, in particolare, dei maggiori introiti delle imposte versate in autoliquidazione Irpef ed Ires.

Lo scostamento positivo relativo alle voci delle poste correttive risulta ascrivibile, per 4,5 miliardi, alle maggiori entrate derivanti dalle attività di accertamento e controllo rispetto a quanto previsto. Un andamento crescente viene riscontrato anche rispetto alle entrate per contributi sociali, che hanno fatto registrare nel 2023 un incremento di circa il 3 per cento rispetto al 2022. Le imposte in conto capitale, risultate pari a 1.608 milioni nel 2023, registrano una riduzione di 99 milioni rispetto al 2022.

La pressione fiscale complessiva è risultata pari al 42,5 per cento, invariata rispetto all'anno precedente, per effetto, come precisato dall'Istat, di una crescita del PIL a prezzi correnti (+6,2 per cento), pari a quella delle entrate fiscali e contributive.

In conseguenza dei descritti andamenti, la pressione fiscale rimane sostanzialmente stabile durante tutto il periodo di previsione: 42,1 per cento nel 2024; 42,4 per cento nel 2025; 42,2 per cento nel 2026 e 42,3 per cento nel 2027. Le spese totali si assestano, nel 2023, a 1,146 miliardi, in aumento del 3,8 per cento rispetto al dato 2022.

La variazione complessiva è dovuta essenzialmente alla riduzione dell'incidenza sul PIL della spesa corrente primaria e della spesa per interessi. Tale riduzione risulta parzialmente compensata dall'incremento dell'incidenza della spesa in conto capitale, che passa dall'8,3 per cento del 2022 all'8,9 per cento del 2023.

Va precisato, riguardo a quanto detto, riportato dal documento, che il Ministro dell'economia e delle finanze, nell'audizione preliminare all'esame del presente documento, ha aggiornato, sulla base della consueta notifica di aprile dell'Istat, il dato sull'indebitamento netto del 2023, che risulta pari al 7,4 per cento del PIL, con un miglioramento di 1,2 punti percentuali rispetto al consuntivo del 2022.

Nel 2023, la spesa per prestazioni sociali in denaro è risultata pari a circa 424 milioni di euro, corrispondente al 20,4 del PIL, in diminuzione rispetto al rapporto registrato nel 2022. La voce di consuntivo per l'anno 2023 di altre uscite correnti registra una lieve diminuzione di sei milioni rispetto all'anno precedente, con un livello di spesa pari a 96 miliardi di euro.

La spesa in conto capitale nel 2023 è risultata pari, in valore assoluto, a 186 miliardi, con un incremento rispetto al 2022 del 14,8 per cento, pari in valore assoluto a 24 miliardi.

Per quanto attiene al quadro previsionale a legislazione vigente, il DEF espone l'andamento previsto dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni nel periodo 2024-2027, sulla base delle informazioni relative al consuntivo diffuse dall'Istat, del nuovo quadro macroeconomico rappresentato dalla sezione I del DEF medesimo e degli effetti finanziari associati ai provvedimenti legislativi approvati a tutto marzo 2024. Il DEF specifica, in aggiunta, che l'aggiornamento delle previsioni del conto della pubblica amministrazione include anche l'aggiornamento del profilo temporale delle spese finanziate da sovvenzioni a fondo perduto e prestiti nell'ambito del PNRR, alla luce delle modifiche al Piano, approvato dal Consiglio dell'8 dicembre 2023.

Il Documento di economia e finanza stima un andamento crescente delle entrate finali in valore assoluto per tutto il periodo di previsione, nel corso del quale l'aggregato passa da 1.011,6 miliardi nel 2024 a 1.094 miliardi nel 2027. Per quanto riguarda le spese in valore assoluto, i dati stimati per gli anni dal 2024 al 2027 sono pari a 1,105 miliardi. Rispetto all'esercizio precedente, l'aggregato mostra una riduzione nel 2024.

Le raccomandazioni specifiche per il 2024, approvate dall'Ecofin e dal Consiglio europeo nello scorso giugno, suggerivano agli Stati membri di impostare le programmazioni di bilancio di medio periodo in modo coerente con i criteri che avrebbero ispirato la riforma della governance finanziaria. Il Documento sottolinea come l'indicatore di riferimento per la sorveglianza di bilancio di quest'anno sia la spesa finanziata a livello nazionale, al netto delle spese per interessi, delle spese relative ai programmi dell'Unione interamente coperte dai trasferimenti provenienti dall'Unione europea, della componente ciclica della spesa per le indennità di disoccupazione, delle misure discrezionali sul lato delle entrate e delle misure una tantum e temporanee.

In base all'aggiornamento delle previsioni del DEF in esame nel 2024, l'andamento della spesa primaria netta e l'andamento del saldo di bilancio strutturale del quadro tendenziale possono ritenersi conformi alle raccomandazioni specifiche proposte dalla Commissione europea e approvate dall'Ecofin nel 2023 e poi dal Consiglio europeo nel giugno 2023. La tendenza al miglioramento dei saldi strutturali è confermata anche negli anni seguenti.

Per quanto riguarda il debito pubblico per il 2023, i primi dati ufficiali indicano che il rapporto debito-PIL è sceso, in calo di 3,2 punti percentuali rispetto all'anno precedente. Per quanto riguarda la dinamica del deficit e del debito pubblico in rapporto al PIL, il DEF evidenzia che i crediti d'imposta relativi agli incentivi edilizi, al pari degli altri incentivi fiscali, incidono sul fabbisogno di cassa e quindi sull'accumulazione di debito pubblico solo per la quota parte effettivamente utilizzata in ciascun anno. Nel DEF il Governo riporta una stima dell'impatto macroeconomico delle spese delle principali riforme previste dal PNRR che tiene conto della revisione del Piano approvato dal Consiglio dell'Unione europea a dicembre 2023. Inoltre, coerentemente con l'approccio adottato precedentemente, al fine di isolare unicamente l'impatto addizionale sull'economia, la valutazione è stata effettuata considerando tra tutte le risorse citate solo quelle che finanziano progetti che possono essere considerati aggiuntivi.

Nel DEF il Governo riporta anche un aggiornamento della stima dell'impatto macroeconomico delle principali riforme previste dal PNRR, in particolare quelle relative a istruzione, ricerca, politiche attive del mercato del lavoro, pubblica amministrazione, giustizia, concorrenza e appalti. Il Documento conferma l'elenco dei disegni di legge da qualificare come collegati definito dalla Nota di aggiornamento al DEF 2023.

Riguardo all'elenco in precedenza definito, si ricorda la previsione di un disegno di legge recante misure a sostegno delle politiche per il lavoro, di un disegno di legge recante interventi a favore delle politiche di contrasto alla povertà, di un disegno di legge recante interventi in materia di disciplina pensionistica, di un disegno di legge recante disposizioni in materia di giovani e servizio civile universale (delega al Governo per il riordino della materia) e di un disegno di legge recante disposizioni in materia di sviluppo della carriera dirigenziale e della valutazione della performance del personale dirigenziale e non dirigenziale delle pubbliche amministrazioni.

La Commissione bilancio mi ha conferito mandato a riferire favorevolmente all'Assemblea sul documento in esame. (Applausi).

Saluto a rappresentanze di studenti

PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti dell'Istituto tecnico commerciale «Ugo Bassi - Pietro Burgatti» di Cento, in provincia di Ferrara, e dell'Istituto di istruzione superiore «Galilei - Pacinotti» di Pisa, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).

Ripresa della discussione del documento LVII, n. 2 (ore 10,29)

PRESIDENTE. Le proposte di risoluzione dovranno essere presentate entro la conclusione della discussione.

Dichiaro aperta la discussione.

È iscritta a parlare la senatrice Lorenzin. Ne ha facoltà.

LORENZIN (PD-IDP). Signora Presidente, senatori e senatrici, oggi c'è poco spazio in questo dibattito - lo dico alla maggioranza - per le posizioni enfatiche a cui siamo stati abituati in questi ultimi diciotto mesi, in cui si veniva in Aula o si finiva sui giornali ad annunciare grandi progetti di riforma e di innovazione nella politica economica italiana. Purtroppo questo DEF ci disegna una prospettiva futura in cui la parola principale è incertezza, pertanto è una prospettiva incerta e poco trasparente.

Lo dico perché siamo di fronte a un Documento che non presenta il quadro programmatico, quindi non sapremo esattamente qual è l'indicazione del Governo e come si vogliono gestire le risorse pubbliche nei prossimi anni, né dal punto di vista della spesa corrente, né dal punto di vista degli investimenti. Ci troviamo anche in una navigazione al buio, perché i numeri su cui stiamo lavorando sono già stati superati dalla realtà dei fatti. Infatti, proprio mentre discutevamo del DEF, ci sono arrivati gli ultimi calcoli dell'Istituto di statistica, dai quali si scopre che il deficit del 2023 non è pari al 4,3 per cento del PIL, com'è scritto nel DEF del 2023, non è pari al 5,3 per cento, come previsto dalla NADEF di fine settembre, e non è nemmeno pari al 7,2 per cento indicato nel Documento che stiamo per approvare. Invece, ballano circa 4,649 miliardi e quindi la ruota si ferma al 7,4 per cento del PIL. Già soltanto per questo ci dovrebbe essere un'errata corrige nel Documento che stiamo approvando, perché si tratta di un inedito.

Ora, per chi non si trova a gestire spesso i documenti di economia e finanza, soprattutto quelli così importanti, potrebbero sembrare dati non così indicativi. In realtà questo ci dice che c'è una confusione generale, che non potrà altro che portarci a una manovra di bilancio che si preannuncia estremamente difficile (non solo quella di quest'anno, ma anche quelle dei prossimi anni).

La manovra parte, secondo i calcoli che ci sono stati forniti dall'UPB, con un'incognita di almeno 20 miliardi per coprire le spese temporanee previste nella scorsa legge di bilancio. Lo abbiamo detto anche l'anno scorso: mettere il taglio del cuneo fiscale e continuare a insistere su misure temporanee e non strutturali nella nostra organizzazione mette in pericolo non solo le risorse per i cittadini e i lavoratori, in questo caso, ma anche la programmazione e la visione rispetto alle politiche salariali e alle politiche di attrattività del lavoro nel nostro Paese.

In quei 20 miliardi c'è un po' di tutto: le risorse per le calamità naturali e le emergenze climatiche, per le pensioni e per il bonus mamma, nonché tutte le risorse che sono state inserite all'interno della legge di bilancio lo scorso anno, come un segno dell'investitura del Governo rispetto alla sua azione programmatica.

Non è un caso se ieri, nel Consiglio dei ministri, è stata stoppata la misura sulla tredicesima. Leo è dovuto tornare indietro su una misura importante che era stata annunciata dal Governo con grande enfasi. Vedremo che cosa accadrà sulla delega fiscale, perché il DEF, rispetto anche al nuovo Patto di stabilità, ci chiede almeno lo 0,5 per cento del PIL l'anno, a cui poi si devono aggiungere tutte le altre spese di cui stavamo dicendo.

Cosa significa ciò? E come si traduce nella vita dei cittadini? Lo ha detto l'altro giorno il ministro Giorgetti durante l'audizione sul DEF: il debito costa e tale costo sottrae risorse ad ambiti più importanti, come sanità e istruzione. Infatti, se andiamo a vedere la previsione di spesa per la sanità nei prossimi anni, abbiamo il 6,4 per cento nel 2024 (ma soltanto in virtù del trascinamento dei contratti, in quanto le risorse che avevamo messo da parte e che dovevano essere spese lo scorso anno verranno spese il prossimo), il 6,3 per cento nel 2025, il 6,3 per cento nel 2026 e il 6,2 per cento nel 2027.

Spesso ci dimentichiamo che un sistema sanitario è considerato sostenibile quando ha un minimo sotto il quale non può andare, che è pari che al 6,6 per cento. Sotto il 6,6 per cento non siamo andati neanche durante gli anni della più grande crisi che abbiamo attraversato in Italia, con i famosi tagli lineari. Questa cifra comporta una compressione ulteriore dei servizi sanitari e alla persona nelle Regioni italiane che, oltre a questo, hanno già i loro problemi cui far fronte. Vorrei ricordare a tutti che è stato rinviato ancora una volta, al prossimo anno, l'aggiornamento del nomenclatore tariffario, quindi dei LEA. È dal 2017 che portiamo avanti questo gioco, considerando che, come ho previsto io, per legge i LEA devono essere aggiornati ogni due anni.

Non ci sono scuse. O hai sbagliato a fare i conti e a scrivere il nomenclatore (e non posso immaginare che Agenas, la Ragioneria generale dello Stato e il Ministero della salute abbiano ancora una volta sbagliato a fare i conti), oppure non vuoi spendere queste risorse. C'è qualcosa che non torna. Questo taglio colpisce in questo momento le Regioni e quindi, se si vive in una Regione che si può permettere gli extra-LEA, si riesce ad avere accesso alla diagnostica e alle terapie (sempre di meno e con sempre meno aggiornamenti: ci sono molecole che non vengono più neanche presentate per l'accettazione in Italia, perché tanto si sa che non ritornano); gli altri, cioè la metà della popolazione che si trova in un altro contesto, continuano a non avere accesso a queste terapie.

Non a caso, però, nello stesso DEF e in tutte le audizioni svolte in questi giorni si dice una cosa: l'unico modo che abbiamo per attenuare questa crisi è crescere, far aumentare la nostra produttività e il PIL. L'elemento di leva per l'aumento del PIL segnato in questo DEF è il PNRR.

Ieri avevamo qui il ministro Fitto, il quale risponde sempre con una certa enfasi alle nostre osservazioni. Se la nostra vita politica, economica e sociale, da qui al 2027, è tenuta in piedi dalla nostra capacità di spendere 200 miliardi di euro (occasione che non avremo più) in investimenti per risolvere le diseguaglianze, ammodernare il nostro Paese e dargli una spinta economica rispetto ai numeri desolanti del bilancio dello Stato, allora credo che dovremmo avere in quest'Aula, quotidianamente, il ministro Giorgetti e il ministro Fitto per poter controllare e verificare come vengono impiegate queste risorse.

Dovrebbero esserne felici (Applausi), perché nella condizione di nuova crisi in cui ci stiamo avviando c'è bisogno di una chiamata di tutti noi ad una responsabilità condivisa delle azioni e degli strumenti che verranno messi in campo nei prossimi anni in Italia, per non dover poi piangere per le prossime due generazioni. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Mennuni. Ne ha facoltà.

*MENNUNI (FdI). Signor Presidente, ci apprestiamo a votare questo Documento di economia e finanza che, evidentemente, rispetto ad una situazione data di negoziato sulla governance molto complesso che si è articolato sin dai primi mesi dell'inizio di questa legislatura e che si sta per concludere, ovviamente fa riferimento a regole che sono in una fase di profonda trasformazione.

Ebbene, stiamo avendo degli indicatori positivi e rilevanti, come per esempio l'inattesa crescita dello 0,9 per cento che abbiamo riscontrato nonostante il 2023, a livello geopolitico, sia da considerarsi l'anno con il maggior numero di conflitti della storia dalla Seconda guerra mondiale ad oggi. Stiamo vivendo una fase complicatissima richiamata più volte durante le audizioni che abbiamo avuto modo di svolgere in seno alla Commissione bilancio con Confcommercio, Confindustria, sindacati e tutti gli organismi deputati a compartecipare, a commentare e a collaborare nella stesura di documenti così rilevanti. Questi richiamavano l'attenzione su quelle che possono essere, per esempio, anche le strozzature commerciali che adesso stiamo vivendo. Pensiamo allo Stretto di Suez, pensiamo al fatto che l'Italia si è posta alla guida dell'operazione di difesa Aspides nel Mar Rosso per consentire di far arrivare le merci all'Italia.

Quello che sto cercando di dire è che quelli che erano i tre pilastri dell'ordine multilaterale - l'apertura commerciale, la crescita economica e la stabilità geopolitica - in questa fase di Governo Meloni sono messi a dura prova. In questo contesto, ci siamo trovati anche ad affrontare il negoziato sulla governance europea. Qualcuno ricorderà che io ho ricoperto il ruolo, peraltro, di relatore in seno alla Commissione bilancio e in quella sede, insieme alla Commissione bilancio della Camera dei deputati, abbiamo dato degli indirizzi chiari al nostro Ministro e al nostro Governo per portare avanti questo difficile negoziato con l'Unione europea (capirete poi il senso dell'intervento).

Ebbene, rileggiamo cosa abbiamo votato unanimemente - centrodestra e centrosinistra - in quelle Commissioni. Abbiamo dato una serie di indirizzi chiari, quali ad esempio il fatto che fosse previsto che il Piano strutturale di bilancio a medio termine privilegiasse in modo riscontrabile ed eventualmente apportando trasparenti modifiche un approccio favorevole alla crescita economica, incentivando gli investimenti in modo da favorire la riduzione del rapporto debito-PIL attraverso politiche atte ad aumentare il denominatore. Abbiamo votato, sempre unanimemente, che in questo negoziato si trattasse affinché fossero conciliate le esigenze di una graduale e realistica riduzione del debito. Abbiamo altresì votato che forse - questo era un punto rilevante di quella risoluzione - sarebbe importante andare proprio a rivedere i trattati.

Allora i trattati devono essere rivisti, perché probabilmente i parametri di convergenza (che alcuni dei senatori qui in Aula conoscono forse meglio di noi) del 3 per cento e del 60 per cento, fissati nell'articolo 1 del protocollo n. 12, relativo alla procedura per disavanzi eccessivi, allegato all'articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, non sono raggiungibili. Si è scelto, per la fretta di modificare questo Patto di stabilità e crescita, di non modificare i trattati, che sicuramente è una procedura ben più complessa, ma semplicemente modificare le regole a legislazione data. Il risultato è stato l'approvazione di ieri che ha visto - questa volta sì - l'unanimità di fatto dei rappresentanti italiani, perché PD, Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia non hanno votato per quella governance.

Noi adesso possiamo discutere di questo Documento di economia e finanza, possiamo parlare del fatto che l'auspicio, la proiezione è l'uno per cento di crescita. Possiamo parlare di molti dei dati che sono riportati in questo Documento, ma io credo che la politica oggi abbia un imperativo categorico e io sono certa che tutti noi lo sappiamo, visto com'è andato il voto di ieri sul Patto di stabilità. Mi riferisco al fatto di rivedere a livello europeo le regole di questa governance, perché il tempo dell'austerità lo dobbiamo lasciare alle spalle (Applausi) e dobbiamo consentire una crescita delle Nazioni, una crescita di tutti, delle famiglie, di quel ceto medio che il Governo Meloni ha cercato, alle regole date, di sostenere in ogni modo: con il taglio del cuneo fiscale, con la riduzione delle tasse, con i sostegni alla maternità, visto che un altro dei grandi indicatori che ci viene consegnato dall'Istat è impietoso e vede l'Italia, insieme a tutta l'area euro, avere un tasso di natalità bassissimo. Dobbiamo lavorare per incrementarlo, perché le economie che vedono, come la prospettiva ci dice, nel 2050 un giovane a tre anziani non possono crescere. È anche per questo che ieri mi sono indignata in seno alla Commissione bilancio quando, invece di parlare del PNRR, invece di dissertare su quali potessero essere i moltiplicatori per cercare di rilanciare la nostra economia, sono stata tre ore ad ascoltare polemiche sterili sul se le associazioni pro-life debbano o non debbano entrare nei consultori.

Io credo che forse non ci rendiamo bene conto di quanto sia importante, serio e grave il tempo che stiamo attraversando. Se siamo riusciti ad avere una crescita del tasso di occupazione dei giovani, è stato grazie a sforzi straordinari compiuti da questo Governo, ma è stato anche e soprattutto grazie a qualcosa che contraddistingue e caratterizza l'Italia, cioè la robustezza che è stata dimostrata da quel popolo di piccole e medie imprese, di italiani risparmiatori, capaci di dimostrare sempre elasticità assoluta anche nei momenti duri come quelli che abbiamo dovuto attraversare in questi lunghi mesi e io direi negli ultimi anni.

La fiducia è assoluta ed è massima nei riguardi del Governo per il lavoro che continuerà a fare. Spero ardentemente che l'Esecutivo si batterà fino all'ultimo momento nel contesto europeo; sono cosciente che alcune votazioni fondamentali rispetto all'asset della governance saranno successive alle elezioni europee, che ci vedranno impegnati tutti in questa campagna elettorale e auspico fermamente che possa valere il bene comune italiano, come è accaduto ieri, che ha visto un'unità dei partiti politici molto diversi tra loro, per poter arrivare a rivedere questo assetto.

Infatti noi non vogliamo più un'Europa di lacci, lacciuoli e austerity, ma abbiamo bisogno di far crescere nuovamente l'Europa, l'Italia e il nostro popolo. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Sbrollini. Ne ha facoltà.

SBROLLINI (IV-C-RE). Signora Presidente, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, saluto il sottosegretario Freni e mi dispiace che in questo momento non ci sia anche il ministro Giorgetti, perché stiamo parlando del Documento più importante, il DEF, che anticipa quella che sarà la prossima legge di bilancio del Governo.

Quello che possiamo evidenziare subito da questo Documento è che non c'è alcuna visione programmatica del Paese, alcuna trasparenza, ma soltanto un Documento che va in direzione contraria rispetto alla fotografia che è stata ben spiegata - lo dicono i numeri, non lo dice il Gruppo di Italia Viva - dai dati Istat nelle scorse settimane: l'inflazione che continua a galoppare, gli stipendi che ovviamente non crescono, mentre crescono e aumentano le tasse. Soprattutto, il dato che ci dovrebbe invece preoccupare tutti, al di là del colore politico, perché parliamo soprattutto di welfare, di sanità e di sociale, è che ci sono più di 9 milioni di italiani che si sono indebitati per poter portare avanti le spese mediche necessarie alla cura delle proprie famiglie. (Applausi). Di questo oggi avremmo voluto parlare con il Governo, in maniera mai demagogica, ma soltanto sulla base dei dati.

Finiamola anche con la retorica dell'aumento delle risorse sulla sanità da parte di questo Governo, perché non c'è nessuna risorsa sull'unica cosa che dovevate fare immediatamente, cioè mettere risorse economiche per assumere nuovo personale medico (Applausi), infermieristico, nuovi operatori sociosanitari, perché quelle risorse in più che avete stanziato vanno soltanto a rinnovare i contratti in vigore del personale esistente e vanno a ripianare i debiti delle Regioni. A questo sono servite quelle risorse in più che ci sono per il Piano sanitario, perché altrimenti ci raccontiamo delle grandi bugie. Allora lo voglio dire qui, perché ne abbiamo parlato anche ieri, con l'intervento di Matteo Renzi e di altri colleghi in sede di esame del decreto sul PNRR, e vale per il DEF e vale purtroppo per tanti altri provvedimenti che affronteremo nelle prossime settimane: vogliamo sì o no invertire la rotta, cercando di stanziare risorse su due priorità, che sono la sanità e l'istruzione? (Applausi). Questi sono due elementi fondamentali per riscrivere le politiche di welfare.

Oggi non è così. Oggi investiamo il 6,1 per cento del PIL sulla sanità, contro una media europea dell'8 per cento; quindi vuol dire che è ancora sottofinanziato il sistema sanitario pubblico. I LEA - lo diceva la collega Lorenzin - non sono stati aggiornati e ancora una volta vi è un rinvio rispetto invece a nuove malattie rare, che non sono coperte dal sistema sanitario pubblico. Questi sono i temi che dovrebbero interessare non solo gli italiani, ma anche il Governo.

L'appello che è venuto da tutte le Regioni, governate sia dal centrodestra che dal centrosinistra, chiede la stessa cosa: un Documento chiaro e non va bene come il Governo oggi lo ha impostato. Allo stesso modo è arrivato nei giorni scorsi l'appello di molti scienziati che chiedono di investire nel sistema sanitario pubblico.

Ancora una volta, siccome il Gruppo di Italia Viva-Il Centro-Renew Europe di questo ha fatto una battaglia, la faremo anche in questa campagna per le elezioni europee e anche dopo il 9 giugno, quando avremo i nostri rappresentanti all'interno del nuovo Parlamento europeo. L'Italia dovrà prendere questi 37 miliardi del MES sanitario. Questi sono l'unica cosa importante, che riordinerà il nuovo sistema sanitario da tutti i punti di vista. Questo è quello che noi chiediamo a gran voce anche oggi.

Signor Presidente, se noi parliamo di quello che riguarda l'istruzione, di cosa vogliamo fare del diritto alla scuola, di come vogliamo ridurre le diseguaglianze sociali tra Nord, Centro e Sud, io devo segnalare che anche all'interno degli stessi territori vi sono queste enormi diseguaglianze. Anche tra le Province di una stessa regione e nelle Regioni più avanzate dal punto di vista delle cure sanitarie e dei servizi vi sono dei problemi.

Su questo noi abbiamo il dovere di intervenire e su questo non vi sarà mai un approccio ideologico da parte del nostro Gruppo, perché siamo profondamente convinti che serva una riforma del welfare. Quando troverete il tempo di parlare realmente dei problemi che riguardano gli italiani, ci troverete al vostro fianco, come abbiamo già fatto in passato. Altrimenti, ci dispiace, ma anche oggi dobbiamo registrare un dato totalmente negativo di un Documento che non è trasparente, che non ha una visione programmatica di quello che accadrà nei prossimi mesi. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Rosso. Ne ha facoltà.

ROSSO (FI-BP-PPE). Signor Presidente, il Documento al nostro esame oggi fotografa il quadro economico esistente e dimostra che, nonostante un momento geopolitico difficoltoso e una crisi energetica perdurante, l'Italia ha dimostrato la sua piena resilienza.

È una economia che ha anche reagito al mutare delle condizioni finanziarie, che vedono ancora i tassi della Banca centrale europea alti, per tenere sotto controllo l'inflazione. Lo stanno dimostrando i tassi reali dei prestiti e dei mutui, che, come i rendimenti dei titoli del Tesoro, sono già in calo, anticipando quello che sarà un prossimo taglio dei tassi della BCE.

È un sistema economico che va verso una politica energetica completamente ridisegnata, in direzione dell'approvvigionamento da fonti rinnovabili, quindi sempre più sostenibile. Eravamo troppo dipendenti dalle fonti fossili e i conflitti nel mondo ci hanno dato una scossa. Il nostro mercato energetico ci ha mostrato come si vada sempre più verso un'economia basata sull'energia green, anticipando, in alcuni casi, persino i target concordati con l'Unione europea.

Gli altri traguardi e obiettivi che si è dato questo Governo sono quelli del PNRR, la cui attuazione sta andando avanti decisa e che darà un contributo importante alla crescita del PIL. È anche aumentata la dotazione complessiva del Piano, che adesso è di 194,4 miliardi; ne rimangono da spendere ben 150 per quest'anno ed i prossimi anni di programmazione.

La riprogrammazione degli interventi serve a concludere il piano delle riforme, a superare i molti gap del Piano iniziale e a contribuire a un sistema economico più resiliente in molti settori della nostra economia.

Anche la pressione sui conti pubblici, a causa della cessione dei crediti dei bonus edilizi, ha contribuito a creare un nuovo modello di sostegno pubblico al settore delle costruzioni. Resteranno gli incentivi, ma su livelli sostenibili e mirati a smuovere soprattutto gli investimenti privati, incentivati da un sostegno più pubblico, più logico e calibrato nel tempo. Questo perché l'edilizia, che è un comparto fondamentale, accompagna anche la crescita di molti altri settori.

L'Italia sta facendo quello che prima non faceva: revisione della spesa, selezione degli incentivi agli investimenti e delle leve fiscali, un più puntuale utilizzo dei crediti d'imposta. Il Documento di economia e finanza, che non è affatto reticente, disegna questo percorso in oltre 850 pagine, ribadendo i risultati raggiunti a legislazione vigente, e al contempo ci mette di fronte alla possibilità di definire i numeri programmatici sulla base della nuova governance europea. Non è poca cosa sapere quale sarà il nuovo piano fiscale strutturale di medio termine, che sostituirà il Patto di stabilità e crescita europeo, e quali saranno i vincoli che ne deriveranno per la nostra economia. Il nuovo deficit del 2023 è stato proprio ieri riclassificato dall'Istat al 7,4 per cento del PIL, soprattutto a causa del superbonus.

Intanto prendiamo atto di un'economia che, a causa della pandemia, ha potuto usufruire di una sospensione dei parametri del vecchio Patto di stabilità e crescita europeo. Ma quella gestione a volte disinvolta ora non è più possibile. È necessario continuare con un'amministrazione misurata, che non significa austerità, ma consapevolezza che ogni euro speso vada a buon fine e non venga sprecato. Vanno tenuti sotto controllo gli effetti dei crediti d'imposta, ma ciò non significa privarsi di questo strumento che in molti casi ha avuto un effetto straordinario di stimolo alla crescita. Vorrei ricordare che uno dei sistemi per contrastare l'evasione fiscale è proprio il cosiddetto contrasto di interessi, cioè il cittadino chiede a chi gli fornisce una prestazione la fattura, che ora è anche elettronica (quindi controllabile fin dall'emissione), e l'azienda, ovvero il professionista che fornisce la prestazione, paga la sua parte di tasse. Anche i bonus edilizi sono nati con questa ratio: lo Stato concedeva il 36 per cento, poi il 42, poi il 50 per cento, di detrazioni fiscali in dieci anni sui lavori per ristrutturare casa e quindi i lavori edilizi facevano emergere un'economia e soprattutto tutelavano i lavoratori, perché lavoravano totalmente in regola.

L'anomalia è stata innanzitutto quella di mettere in campo percentuali troppo generose di detrazioni, come il superbonus 110, in questo modo perdendo il moltiplicatore del contributo pubblico all'investimento privato, che deve appunto partire dal cittadino privato contribuente. Poi fa perdere il controllo sul valore reale dell'investimento: in molti casi, anche dove non ci sono state truffe evidenti, si è arrivati a un valore di lavori del 110 per cento molto più alto rispetto al vero valore dei lavori reali. Altro errore è stato quello di consentire lo sconto in fattura, posto che pochissime imprese edilizie hanno una tale capienza fiscale per tutto l'anno da poter assorbire i crediti, e soprattutto la cessione multipla del credito, che ha fatto perdere completamente il controllo della situazione.

Il credito d'imposta deve tornare ad essere una leva fiscale per incentivare gli investimenti privati e per far emergere il nero. Nel settore dell'edilizia è fondamentale evitare quel sommerso che inevitabilmente genera anche lavoro nero, quindi minore sicurezza per i lavoratori.

Il Documento espone comunque un quadro a legislazione vigente con dati di tutto riguardo (specie rispetto agli altri Paesi europei), che presuppone numeri buoni sulla tenuta della nostra economia, una volta che verrà ultimata la programmazione per il triennio. Per questa ragione apprezziamo il lavoro finora svolto dal ministro Giorgetti; lavoro che verrà traslato nelle nuove regole europee del piano fiscale e strutturale di medio termine con basi solide. C'è la consapevolezza di avere numeri sotto controllo per proseguire sul solco già tracciato dalla legge di bilancio dello scorso dicembre, all'insegna del sostegno alle famiglie e ai lavoratori, della facilitazione a investire e a creare posti di lavoro, cioè fare quello che deve fare uno Stato: dettare regole chiare, semplificare l'iniziativa privata, anche incentivandola per raggiungere l'obiettivo di far crescere l'economia.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Monti. Ne ha facoltà.

MONTI (Misto). Grazie Presidente. Non parteciperò al voto sul DEF, dato che oggi non siamo chiamati a votare veramente sul DEF, ma a partecipare a un importante esercizio di sospensione, trattenendo il fiato, devo dire. Sospensione dovuta in parte ad alcuni elementi di incertezza del quadro istituzionale e politico europeo, che sono stati giustamente sottolineati. Ma la parte più insidiosa del clima di sospensione è - ahimè - made in Italy, fatta in casa, e ha due componenti: una componente generata nel passato e una componente che, temo, stiamo generando in questi mesi e in questi giorni, convinti di servire l'interesse del nostro Paese.

La componente generata nel passato è naturalmente il debito pubblico. Io non vedo sufficiente consapevolezza del problema del debito, né sufficiente volontà di affrontarlo, come temo, anzi sono certo, prima o poi sarà duramente necessario. Questo è un rilievo che muovo sì al Governo, ma forse ancora di più alle opposizioni, che, se andassimo a calcolare i millesimi di responsabilità nella generazione per esempio del superbonus (sarebbe un esercizio facile e utile anche pedagogicamente), con i due Governi precedenti a quello attuale, ai quali non partecipava il partito di maggioranza relativa dell'attuale maggioranza, hanno fatto ben al di là di quello che si pensava umanamente fattibile in termini di generazione del disavanzo.

Hanno fatto qualcosa di molto ardito anche sul piano equilibristico, perché in un Paese nel quale, come è noto (giusto o sbagliato), è mortale pronunciare la parola "imposta patrimoniale", tutti coloro che hanno votato per il superbonus hanno votato (spero per loro senza saperlo) per un'imposta patrimoniale sulla casa però al rovescio, cioè con il contribuente che paga un trasferimento di ricchezza ai proprietari di casa, i quali mediamente hanno una situazione di reddito e di ricchezza migliore di quella del contribuente. Questo ha determinato una grossa redistribuzione perversa del reddito, proprio sotto ogni profilo che si possa immaginare. Leggevo ieri un articolo che spiegava come, oltre alle conseguenze sulla finanza pubblica e oltre alle conseguenze di questa imposta patrimoniale al rovescio, si è statisticamente appurato che i benefici maggiori del superbonus sono andati alle rendite e al Nord, proprio come uno si aspetterebbe da un provvedimento nato con questa lungimirante concezione di giustizia sociale.

La seconda componente del disagio che io avverto, e che sinceramente spero ogni collega avverta e ogni Gruppo parlamentare senza eccezione avverta, perché credo che comincino ad avvertirla i nostri concittadini e che comincino a vergognarsene, è la condotta complessiva del nostro sistema Italia, di cui siamo giustamente orgogliosi (e qui ce lo diciamo, moltiplicando a vicenda il nostro orgoglio di essere italiani): stiamo mostrando una disconnessione totale e pazzesca fra le componenti del sistema Italia agli occhi dell'Europa. Come è stato già accennato, siamo l'unico Paese i cui eurodeputati, di maggioranza e di opposizione, si siano astenuti in blocco o abbiano votato contro le regole di bilancio.

Non ho scrupoli. So che molti di voi amano, magari come una forma di cilicio espiatorio, l'austerità, mentre a me non è mai piaciuta, tant'è vero che, intervenendo in Senato a dicembre, avevo suggerito alla Presidente del Consiglio, in vista di quel Consiglio europeo finale di dicembre, di considerare seriamente se non fosse il caso, da parte dell'Italia, di porre il veto a quell'accordo poco soddisfacente sulla nuova governance. È stato deciso di non porre il veto e adesso, se voi foste un cittadino di un altro Paese europeo che ama l'Italia come noi, che impressione avreste?

Qualche mese fa, trattandosi del MES, un Governo che sa benissimo che l'Esecutivo precedente si è impegnato su di esso, lo ha firmato e che occorre il processo di ratifica, si è rifiutato di avviare tale processo anche se gli sono stati porti su un vassoio strumenti di minimizzazione del rischio (tipo, si chieda la ratifica con la condizione che il Parlamento debba di nuovo pronunciarsi ove mai il Governo intendesse fare uso di quegli strumenti).

Pertanto, siamo disconnessi sul piano del MES. Adesso, signore e signori, siamo disconnessi sul piano del più importante strumento di governance europeo, al quale muovo molte critiche e avevo suggerito al Presidente del Consiglio di opporsi. Ma adesso cosa succederà? Quando il Presidente del Consiglio, che ha affermato, rispetto al punto di partenza, una - credo - forte complessivamente buona e coerente immagine in Europa, andrà alla seduta del Consiglio europeo che dovrà chiudere in bellezza questo pacchetto (che a me non piace) che cosa dirà o farà, aderendo, perché richiede l'unanimità, alla posizione di tutti i suoi colleghi, un torto agli europarlamentari del suo Paese, o alimenterà, ancora, una plateale immagine di inaffidabilità del nostro Paese?

Io vorrei che, anziché votare (per carità, dobbiamo farlo; io non lo farò, ma sono in una posizione fortunatamente particolare) un DEF che non è un DEF, ragionassimo un pochino di più su questa situazione in cui siamo messi e ci stiamo mettendo.

Concludo, Presidente, dicendo che quando il Governo italiano, il Parlamento italiano, autorevolissimi - e più d'uno - ex Presidenti del Consiglio italiano che scrivono rapporti per le autorità europee, parlano positivamente della necessità di creare un debito europeo, ma chi volete che creda a loro, al di là della loro autorevolezza personale? Da quale Paese vengono? Vengono dal Paese che noi rappresentiamo qui e nell'altra Camera e che è guidato da Palazzo Chigi. Cerchiamo di riflettere se l'Europa sia perversa, prevenuta contro gli italiani, o se noi non stiamo assumendo - anche adesso che abbiamo capito quanto importante sia l'Europa - dei comportamenti sciatti, controproduttivi e tutto sommato indegni. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Cantù. Ne ha facoltà.

CANTU' (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, colleghe e colleghi, è inutile che ricordi a tutti noi quanto sia importante la sanità, anche se i più se ne ricordano solo quando qualche evento avverso tocca da vicino.

Io me ne occupo quotidianamente e se dovessi dire di essere soddisfatta di cosa e di quanto prevede il Documento di economia e finanza dovrei essere menzognera. Ma vero è che dobbiamo essere pragmatici e il realismo ha sostanzialmente imposto di agire per far sì che venga a essere suonata la campanella della fine ricreazione a fronte del debito monstre tendente ai 3.000 miliardi.

Fortunatamente abbiamo un Governo responsabile e non c'è bisogno che gli venga ricordato che bisogna rientrare nei parametri. Abbiamo attraversato alcuni anni di risorse incrementali senza che si siano visti risultati concreti di correzione delle storture e delle inadeguatezze, che paiono immutabili, ma diciamo pure che gli anni difficili della pandemia sono una giustificazione almeno parziale. Con la pandemia, c'è stato anche un periodo di crisi energetica tale per cui alcuni costi sono andati fuori controllo sia per le aziende pubbliche e private, che per i fornitori di beni e servizi.

Superato il momento di picco e fermi ulteriori scenari di guerre, per reperire nuove risorse in sanità - e Dio solo sa quanto ce n'è bisogno - dovremmo cercare prima di individuare dove è possibile razionalizzare, perché per esempio, se è vero che da una parte vi sono nuove e più performanti soluzioni terapeutiche che inevitabilmente pongono un problema di risorse, altrettanto vero è che, dall'altra, dobbiamo tener conto di tutti quegli sprechi che ancora si annidano nei meandri del sistema, per esempio andando a verificare in tempo reale se le prestazioni richieste sono ancora nell'interesse di chi a suo tempo le ha prenotate, dato che quasi il 25 per cento non si presenta agli appuntamenti e questo è uno spreco che non porta vantaggio a nessuno e in caso contrario, scorrere le graduatorie. Altrettanto vero è che il nostro servizio sanitario è apparentemente uno dei meno costosi se paragonato in termini percentuali rispetto al PIL di altri Paesi a noi assimilabili, ma ancor più vero è che vi è una spesa out of pocket di cui non abbiamo piena contezza, a cui dovremmo sommare 11 miliardi di costo che vanno contabilizzati, sotto altra voce di spesa, in detrazioni fiscali che restituiscono prestazioni di assistenza complementari per meno della metà.

Io sono certa che il nostro Servizio sanitario nazionale sia uno dei migliori in senso assoluto, specie per la vocazione universalistica che gli è propria, ma che, come tutte le cose, anche le migliori, necessiti di qualche revisione dovuta alla storicizzazione di alcuni problemi e al ritardo nell'evoluzione della capacità di risposta ai nuovi bisogni. È per questo che mi sono permessa di richiamare più volte anche alla vostra attenzione l'importanza di intervenire con nuove direttrici di natura sia ordinamentale che settoriale, a cominciare dalla riorganizzazione dell'emergenza urgenza pre-ospedaliera ed ospedaliera, che, in combinato disposto con il riordino della medicina territoriale, andrebbe a disintasare i pronti soccorso degli ospedali, implementando modelli innovativi di presa in carico dei pazienti, secondo percorsi preventivo-diagnostico-terapeutici mirati e personalizzati.

Il contrasto delle inappropriatezze prescrittive, infatti, non può essere disgiunto dall'agire in prevenzione. Per questo sostengo che la prevenzione predittiva e proattiva sia il futuro della nostra sanità. Non è solo una mia affermazione, ma recenti studi ci ricordano che ogni euro investito in prevenzione genera quasi quattro euro di valore in termini di benefici individuali e collettivi.

Uno dei punti su cui vorrei richiamare la vostra attenzione è un altro investimento in prevenzione ed educazione sanitaria di lungo periodo, che ritengo molto importante, vale a dire che nelle scuole primarie e secondarie si abbia un medico di istituto che vada a individuare precocemente i problemi degli alunni; un medico reclutabile con strumenti selettivi, innovativi e attrattivi per i giovani medici. Mi rendo conto che possa sembrare un costo, ma vi assicuro si tratta di risparmio, sia pure non immediato. Si tratta di investire in un patto generazionale con docenti e famiglie, per avere nuove generazioni consapevoli di quanto sia importante la prevenzione. Loro stessi, che abbiano ad aver avuto prova della sua centralità, saranno degli adulti sani e degli anziani non solo longevi, ma in buona salute, con conseguenti risparmi in cura.

Conclusivamente ne discende che dovremmo immaginare di utilizzare risorse di altri capitoli di spesa nella prossima manovra di bilancio, da finalizzare per le priorità di prevenzione e protezione della salute individuale e collettiva, con meccanismi di valutazione e di controllo di tracciabilità degli impieghi e degli esiti, che ci vedano tutti trasversalmente impegnati in innovazione e cambiamento. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Trevisi. Ne ha facoltà.

TREVISI (M5S). Signora Presidente, questo sembra il DEF delle scuse, se andiamo a leggerlo: non si può aumentare la spesa e non si possono abbassare le tasse perché c'è il Patto di stabilità. L'unico Gruppo a votare contro il Patto di stabilità è stato il Movimento 5 Stelle. Eppure voi prima gridavate che la pacchia era finita in Europa: una volta che noi andremo al Governo, la pacchia sarà finita. Invece adesso avete supinamente accettato il Patto di stabilità.

Quasi tutte le colpe poi, sono del superbonus. Eppure in campagna elettorale eravate a favore dei bonus edilizi Salvini diceva di averli fatti lui - e dicevate che l'edilizia è un motore di sviluppo. Queste scuse, colleghi, io potevo anche accettarle se in campagna elettorale aveste detto qualcosa di diverso. Invece voi avete detto tutto e il contrario di tutto e oggi quelle misure che avete difeso urlavate contro l'Europa - sono completamente svanite.

Adesso è evidente che siete impacciati, perché dovrete sicuramente aumentare le tasse e fare dei tagli sulla sanità: siete in difficoltà e, quindi, adesso state cercando di tirare a campare fino alle elezioni europee.

Non so cosa vi inventerete per il prossimo bilancio: «mi è morto il gatto» o «mia nonna sta male». Non so quale sarà la prossima scusa. (Applausi).

Perché non siete credibili? Sembra che tutto sia colpa del superbonus. Ma, quando abbiamo governato noi ed è caduto il Governo Conte II, a febbraio 2021, pesava zero. La nostra legge, per come l'abbiamo scritta noi, nel dicembre 2021 pesava 16 miliardi da distribuire in cinque anni: questi sono i dati del superbonus gestito dal MoVimento 5 Stelle nel mese di dicembre 2021. Eravamo caduti undici mesi prima.

Perché non siete credibili? Dal mese di febbraio 2021 il superbonus viene gestito dal ministro Giorgetti: abbiamo dato una Ferrari a un conducente che ha iniziato a sbattere contro i muri. Ci sono state 40 modifiche sul superbonus, oltre 200 modifiche sui bonus edilizi da quando l'avete gestito voi. Allora, quello non è più il nostro superbonus, quello è il vostro superbonus. E non vi abbiamo mai sentito dire che dovesse essere modificato in modo strutturale, abbassando quella percentuale che era da pandemia del 110 per cento. Noi avevamo previsto un décalage, ma non l'abbiamo potuto fare perché non eravamo più al Governo.

Quindi, quel superbonus, che comunque ha avuto degli introiti, l'avete gestito voi dal febbraio del 2021 e dal dicembre del 2021, in cui pesava 16 miliardi, siamo arrivati al Governo Meloni che pesava 50 miliardi. Da quando siete insieme, inclusi Fratelli d'Italia, è arrivato da 50 miliardi a 120 miliardi: 70 miliardi sono vostri, li avete causati voi, li ha causati il ministro Giorgetti (Applausi).

Di quei 70 miliardi che sono andati soprattutto nelle tasche degli imprenditori padani, che oggi chiamate ladri e furbi, 22 miliardi sono andati in Lombardia, 11 miliardi in Veneto, 11 miliardi in Emilia-Romagna e 10 in Piemonte. Il superbonus è una manovra settentrionalista: ha arricchito gli imprenditori padani, quegli imprenditori che vi votavano (infatti, dal 34% del Papeete oggi siete passati all'8 per cento come Lega); quegli imprenditori padani - considerate che la mia Puglia ha preso solo 6 miliardi del superbonus e gran parte dei materiali veniva dal Nord - che si sono arricchiti grazie al superbonus e che oggi chiamate delinquenti e ladri.

Quindi, il superbonus è stata la più grossa manovra settentrionalista che ha capitalizzato e patrimonializzato le banche, ma di questo non parlate. Di quei soldi del superbonus che hanno arricchito il Nord Italia - tant'è vero che noi eravamo leader nel fotovoltaico, mentre oggi leader nel fotovoltaico in Italia è la Lombardia grazie al superbonus - all'imprenditore padano voi cosa andate a raccontare? Dite che non avete più soldi per l'edilizia, però poi dite che avete da buttare 17-18 miliardi sul Ponte sullo Stretto di Messina. (Applausi). Ecco perché l'imprenditore padano vi ha mandato a quel paese. Com'è che avete 18 miliardi per un ponte inutile? Sapete che gliene frega del Ponte sullo Stretto all'imprenditore veneto? Nulla. Ecco perché non esistete più, state scomparendo. E chi vi sta rubando i voti? Il vostro compagno di coalizione che dice di essere a favore del superbonus, ma Giorgetti glielo nega.

Voi avete questi due Ministri che sono i gemelli dell'autogol, Giorgetti e Salvini, che vi stanno distruggendo, e poi vanno i cacicchi di Forza Italia e Fratelli d'Italia a dire che è colpa loro. Capite che vi state facendo le scarpe da soli, distruggendo il vostro elettorato. Io sono uno di quelli vicini alle imprese, sono uno di quelli del MoVimento che parla con le imprese venete e lombarde e vi assicuro che l'imprenditore padano la Lega non la può più vedere per questo, perché state dando i soldi al Ponte sullo Stretto, di cui non frega niente a nessuno, e avete tolto i soldi che hanno arricchito il Nord, hanno capitalizzato le banche del Nord. Bravi, bravissimi, un'operazione vincente. (Applausi).

Quindi, i due gemelli dell'autogol, Salvini e Giorgetti, vi stanno facendo sparire e i sondaggi lo dicono. (Commenti).

PRESIDENTE. Senatore Trevisi, citando, parli con me.

TREVISI (M5S). Signor Presidente, va bene, parlo con lei.

Non potete prendervela con noi, perché quando eravate al Governo con noi eravate arrivati al 34 per cento. Quindi, se oggi siete all'8 per cento, è solo colpa delle vostre misure.

È vero che il superbonus è pesato, ma solo perché, a un certo punto, voi dovevate trasformarlo in una misura strutturale. Dovevate dire che il bonus 110 è stata una misura emergenziale, che ora andava fatto un décalage, che andava eliminato per le ville unifamiliari e diminuito all'80 o al 90 per cento.

Quando avete detto queste cose? È un anno e mezzo che governate e il superbonus, in questo anno e mezzo, è salito di 70 miliardi. Non vi ho proprio mai sentito parlare di un décalage. Perché, allora, il superbonus non è andato più bene? Perché Giorgetti ha scatenato il panico. Quindi, questo incremento esponenziale è causa di Giorgetti.

Lo spiega Confindustria. Vedendo che questa misura doveva essere tolta quanto prima, che non sarebbe stata più strutturale, che non era previsto un décalage, le aziende hanno iniziato a fare fattura, magari non completando i lavori o cercando di portare avanti i cantieri velocemente.

Questo non sarebbe successo se la misura fosse stata programmata nel tempo, se fosse stata strutturale. Se vi fosse stato un cosiddetto décalage, così com'era previsto dalla misura ideata dal MoVimento 5 Stelle, le imprese avrebbero investito nelle catene produttive, avrebbero visto una pianificazione a dieci o quindici anni ed il PIL sarebbe cresciuto ancora di più. Invece, ci dite che il superbonus ha causato debito. Andate, piuttosto, a leggere quanto riportato da "Il Sole 24 Ore". Nei Paesi dove non c'è stato il superbonus, il rapporto debito PIL è cresciuto di circa 20 punti (in USA, Gran Bretagna, Francia). Invece in Italia, col superbonus, è cresciuto di soli tre punti.

Quindi, dove non c'è stato il superbonus, in Paesi post pandemici come noi, il debito è aumentato. Perché in Italia, col superbonus, il debito è cresciuto meno degli altri Paesi? Evidentemente perché il superbonus ha generato un effetto positivo sul PIL e quindi il rapporto debito PIL ne ha tratto un beneficio.

Per questo, voi capite che tutto quello che avete detto, grazie ai media che ormai sono tutti nelle vostre mani, dai giornali alle televisioni, e parlano male di questa misura, sono solo bugie e gli imprenditori lo sanno. Voi potete prendere in giro qualche sprovveduto, ma il sistema produttivo italiano vi ha capito.

Quando parlo con gli imprenditori, questi sanno benissimo che il disastro l'ha combinato Giorgetti. Egli gestisce questa misura dal febbraio 2021 ad oggi: oltre tre anni e mezzo di superbonus gestito dalla Lega. Tutto quello che è successo è solo colpa vostra. Avevate una misura così ampia e forte da farci uscire dalla crisi pandemica, che dovevate semplicemente rendere strutturale: togliere l'aliquota del 110 per cento, abbassandola magari all'80 o al 90, lasciandola a 100 per le famiglie che non avevano capienza fiscale e al 60 o 70 per gli ISEE più alti. Dovevate fare questo, con una programmazione di dieci anni dai costi contenuti.

I 70 miliardi di deficit che avete generato voi da quando siete al Governo ad oggi, i 70 miliardi in più di peso del superbonus in più generati da voi, dal vostro panico, dalle vostre paure, dalle vostre bugie non ci sarebbero stati. Fatevi, dunque, un esame di coscienza. State portando il Paese alla deriva. State distruggendo la nostra economia e non ve ne state rendendo conto. (Vivaci commenti).

Questi sono dati. Si trovano sul sito ENEA. Alla data del primo giorno di Governo Meloni il superbonus pesava 50 miliardi e oggi ne pesa 120. In questi anni avete governato voi, non abbiamo governato noi. Il 70 per cento del superbonus è relativo al Governo Meloni. Il Governo Conte II è finito a gennaio 2021. È da tre anni e mezzo che governate il superbonus con Giorgetti e avete distrutto quella che era una Ferrari per l'economia. Perché l'avete distrutta? Perché non siete bravi a guidare. (Applausi).

Saluto a rappresentanze di studenti

PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti della Scuola media «Don Vincenzo Meo» di San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).

Saluto a nome dell'Assemblea un secondo gruppo di docenti e studenti dell'Istituto d'istruzione superiore «Galilei - Pacinotti» di Pisa, che stanno assistendo ai nostri lavori. Abbiamo già salutato precedentemente una loro rappresentanza e ovviamente li salutiamo nuovamente. (Applausi).

Ripresa della discussione del documento LVII, n. 2 (ore 11,33)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Pellegrino. Ne ha facoltà.

PELLEGRINO (FdI). Signor Presidente, onorevoli senatori, iniziamo subito a sgomberare il campo dalla critica più infondata che ho sentito nelle ultime settimane, e cioè che un Documento di finanza pubblica secondo molti ridotto all'osso non sarebbe degno di essere valutato in questo Parlamento. Tuttavia, all'esito di un negoziato complesso - non a caso non abbiamo votato - sulla proposta della Commissione europea in seno al Consiglio Ecofin, è stata convenuta una vera e propria riforma a livello di trilogo, e il Parlamento europeo ieri ha approvato definitivamente le nuove regole. Quindi, il primo passo della nuova governance del Patto consisterà nell'invio entro il 21 giugno, da parte della Commissione, di un percorso di riferimento per definire un profilo temporale di crescita massima dell'aggregato di spesa pubblica netta, in base al quale gli Stati membri dovranno costruire i medium-term fiscal structural plans, ossia i futuri piani strutturali nazionali di bilancio a medio termine. Perciò la scelta del Governo di presentare un DEF tendenziale denota, oltre che rispetto - ahimè - degli impegni presi con l'Europa, anche serietà e pragmatismo. Poiché troppe volte ho visto scarsissima memoria su questo, mi preme anche ricordare che non è la prima volta che il DEF ha solo le stime tendenziali: ci sono stati già ben quattro precedenti e anche in ambito europeo l'Italia non sarà l'unico Paese a presentare un Documento di finanza pubblica semplificato, proprio per la natura di transizione delle nuove regole, che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2025.

Per chi invece avesse perso anche la vista, riguardo a ciò che concerne il deficit, oltre al netto dell'impatto sui conti pubblici del 2023, causato dall'ulteriore aumento dei costi legati al superbonus, le tendenze delle principali grandezze sono in linea con quelle previste dallo scorso settembre nella NADEF. Il nuovo sistema di regole è maggiormente orientato alla sostenibilità del debito pubblico e alla valorizzazione di una programmazione di medio-lungo termine della finanza pubblica, e in particolare della spesa primaria e del relativo monitoraggio. Una valutazione attenta dell'entità dello sforzo fiscale che sarà richiesto con l'entrata in vigore del nuovo sistema ha portato il Governo a dare conto, in questo Documento, del fatto che gli andamenti programmatici futuri non potranno che essere individuati al più tardi entro il 20 settembre di quest'anno. Entro il 20 settembre perciò l'Italia dovrà presentare - e presenterà, state tranquilli - il nuovo piano strutturale di bilancio di medio termine, con un orizzonte quinquennale e un particolare riferimento all'andamento della spesa primaria netta.

Alla luce di queste considerazioni, è evidente che non era necessario definire nel DEF degli obiettivi diversi dalle grandezze di finanza pubblica che emergono dal profilo tendenziale a legislazione vigente, e che allo stesso tempo si è riportata una stima delle cosiddette politiche invariate per il prossimo triennio, all'interno delle quali sarà priorità rifinanziare il taglio del cuneo fiscale sul lavoro. Inoltre, questa maggioranza ha la volontà di continuare ad intervenire sul profilo del deficit, migliorandolo ulteriormente anche attraverso una revisione della disciplina dei crediti d'imposta, al fine di ricondurlo al di sotto del 3 per centro entro il 2026 e a non discostarsi dai valori della NADEF anche per gli anni 2025 e 2026.

Un forte impulso della crescita del PIL sarà sostenuto dal tanto criticato - lo abbiamo visto anche ieri - PNRR e da un graduale recupero del reddito reale delle famiglie, tenuto conto che l'azione del Governo per il 2024 è proseguita proprio in tale direzione. Il sostegno ai redditi dei lavoratori, avvenuto prevalentemente tramite la riduzione contributiva, ha consentito anche di moderare la spinta salariale, volta al recupero del potere di acquisto.

Concludo. Le numerose critiche che abbiamo sinora ascoltato, in realtà - lo sapete benissimo anche voi, ma lo sottolineiamo e lo ricordiamo - vanno addebitate alle scelte dei Governi precedenti, compreso il superbonus, questo sì con il rischio di farci piangere per tutta la prossima generazione. Finalmente c'è un Governo che basa la sua azione non sui soli sussidi, ma sulla crescita e sullo sviluppo. È finito il tempo dei numeri dati a caso, come proprio per il superbonus; così come è finito il tempo della gestione allegra delle casse pubbliche. Al modello passato della sinistra, fatto di sussidi a pioggia e redditi di cittadinanza, il Governo Meloni ha finalmente contrapposto il modello della responsabilità e dell'equità. È così che questa maggioranza affronta una fase difficilissima: investendo su famiglie, lavoratori e imprese. Grazie alle nostre misure, con la maggioranza di centrodestra siamo credibili e rispettati anche in Europa. Il Governo Meloni è stato capace di tenere alti lo standing internazionale e la capacità di crescita della Nazione. Il prossimo G7 giugno ne darà un'ulteriore dimostrazione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Dreosto. Ne ha facoltà.

DREOSTO (LSP-PSd'Az). Presidente, saluto il sottosegretario Freni. Cari colleghi, se si parla di conti pubblici, come non si può cominciare con l'angoscia causata dal disastro del superbonus? Come non rimarcare, proprio qui, le parole del ministro Giorgetti, quando ha detto che il superbonus si è mangiato un anno intero di incrementi della spesa sanitaria? Come non pensare poi che questa tragedia contabile graverà in maniera inesorabile sulle spalle degli italiani per i prossimi anni, se non addirittura per i prossimi decenni?

Giustamente sempre il ministro Giorgetti, intervenuto in Commissione bilancio, ha ricordato come il Governo ha dovuto tenere conto delle possibili ripercussioni del complesso contesto geopolitico internazionale, improntando le previsioni a un principio di cautela e di prudenza, come ho già sentito dire giustamente in quest'Aula. Si sono dovuti tenere in conto le guerre in corso, le tensioni in Medio Oriente, il conflitto in Ucraina, l'instabilità delle rotte commerciali marittime nel Mar Rosso e quant'altro.

Proprio considerando il quadro geopolitico in continuo mutamento e a seguito di un corretto ragionamento sulla strategicità degli investimenti in difesa, con il raggiungimento del 2 per cento del PIL per la difesa nostra e dei nostri alleati, ricordo come lo spreco del superbonus - ci tengo a sottolineare la parola "spreco" - valutato intorno ai 220 miliardi di euro (sottostimato, tra l'altro), sia equivalente al totale della spesa dei bilanci per la difesa - ma, attenzione - non del nostro Paese però, non dell'Italia. È equivalente ai bilanci della spesa per la difesa di tutti i Paesi europei messi assieme.

Non solo. Sempre per fare un paragone, il Fondo sanitario nazionale finanziato dallo Stato quest'anno vale 36 miliardi, contro - non mi stancherò mai di ripeterlo - gli oltre 220 miliardi del superbonus. Senza poi contare le migliaia di truffe e di irregolarità accertate ormai inequivocabilmente dall'Agenzia delle entrate. Bene, mi verrebbe da dire, ma invece è male.

Giusto per farci un'idea più chiara di cosa abbiamo davanti, in questo contesto particolarmente complicato, articolato e difficile, il DEF e le politiche del Governo cercano, nonostante tutto, di essere realiste, pragmatiche e concrete. Concordo anche sul fatto che il consolidamento della finanza pubblica rappresenta davvero una sfida, che dovremo affrontare assieme al Governo e al Parlamento in maniera assolutamente strategica e sinergica. La sfida è grande, ma riteniamo che l'aggiustamento sia assolutamente alla nostra portata.

Ricordo infine come, a proposito proprio di conti pubblici, mentre gli altri chiudevano gli occhi e facevano finta di nulla e di non vedere - o, peggio, come abbiamo sentito prima - lo volevano prorogare ancora per anni, come il MoVimento 5 Stelle - è stato proprio questo Governo, in cui la Lega è protagonista attraverso i suoi Ministri, Vice Ministri e Sottosegretari, ad aver denunciato la follia del superbonus, mettendo la parola fine a questo enorme spreco.

Questo, insieme alle politiche portate avanti, ci fa avere fiducia nell'Esecutivo e nella stagione della nostra economia, con l'auspicio che anche le situazioni contingenti negative possano finalmente terminare, dando ossigeno alla nostra economia, al nostro Paese e, soprattutto, alle tasche degli italiani, che tanto e troppo hanno sofferto a causa della grave crisi. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Tajani. Ne ha facoltà.

TAJANI (PD-IDP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, al contrario della collega, senatrice Pellegrino, io ritengo che la discussione che stiamo svolgendo oggi in Aula sia fortemente destituita di dignità dalla scelta operata dal Governo di presentare al Parlamento - e al Paese, di conseguenza - un DEF sostanzialmente politicamente muto rispetto agli impegni programmatici che un Esecutivo, nel pieno delle sue funzioni e a metà del suo mandato, dovrebbe indicare.

Un Governo che è finalmente politico - come la presidente Giorgia Meloni ama ricordare - avrebbe il dovere di indicare al Paese e al Parlamento quali sono gli indirizzi di politica economica e fiscale e gli interventi di politica industriale per la crescita che intende portare avanti.

Presidente, non ne faccio una questione formale di ottemperanza o meno alla legislazione vigente sulla finanza pubblica, tema che pure è stato sollevato da diversi colleghi anche lunedì sera, durante l'audizione del ministro Giorgetti a Montecitorio. Ne faccio una questione propriamente e squisitamente politica, perché crediamo che il compito e il dovere di un Governo sostenuto da una maggioranza solida siano quelli di tracciare una via non soltanto nella discussione parlamentare, ma anche nell'ambito del Paese e al di fuori di esso. (Applausi).

Il DEF è un documento che noi non soltanto votiamo per ottemperare a un obbligo, ma che presentiamo all'economia e agli investitori internazionali per indicare quali sono la strada e la strategia che il Paese intende adottare da qui ai prossimi mesi. Nulla di tutto ciò è possibile valutare in questo Documento che - come è noto - si limita a prendere atto dell'andamento dell'economia e delle finanze pubbliche registrato negli esercizi precedenti e a indicare un quadro tendenziale, a legislazione vigente, per gli esercizi futuri.

Quello che sappiamo, invece, ci preoccupa. Possiamo giudicare e valutare come le stime di crescita che il Governo ha indicato nel Documento siano poi state corrette al ribasso - ahimè - dai grandi osservatori e dalle autorità indipendenti, come Banca d'Italia ed Eurostat. A fronte di stime che il DEF individua tra l'1 e l'1,2 per cento per gli anni futuri, Banca d'Italia ed Eurostat prevedono una crescita che oscilla in una forchetta ben più ridotta, compresa tra lo 0,6 e lo 0,8 per cento.

Altra cosa rilevante e che non possiamo che giudicare con preoccupazione è il fatto che, in assenza degli investimenti dovuti al PNRR, la nostra economia sarebbe in stagnazione, se non addirittura in recessione, come indicato dai dati tendenziali del Documento. L'unico apporto alla crescita è quello del PNRR, su cui abbiamo discusso ieri. Troviamo l'azione del Governo non incisiva, né convincente nello spingere questo importante Piano.

D'altra parte, questa considerazione porta a evidenziare come le politiche per la crescita attuate nei diciotto mesi di Governo siano state del tutto insufficienti a generare qualche impatto significativo sulla traiettoria del nostro PIL.

E sono state insufficienti perché non ve ne sono state. Non abbiamo discusso in quest'Aula di alcun provvedimento che parlasse di investimenti, di politica industriale, di strategia a sostegno di campioni nazionali, delle grandi, delle medie e delle piccole imprese del nostro territorio.

Anche sulla finanza pubblica l'Istat ha costretto a rivedere al rialzo il deficit dal 7,2 al 7,4 per cento e, per quanto riguarda il debito pubblico in rapporto al PIL - come è noto - questo è previsto in crescita in ragione delle minori entrate dovute alle compensazioni d'imposta previste dai vari incentivi fiscali, tra cui ovviamente quelli per l'efficientamento energetico. L'andamento della spesa per il superbonus, che è indicato nel DEF come principale responsabile dell'aumento del debito, è in realtà un aumento di costi che è spalmato su ben quattro anni di vigenza di questo provvedimento; quattro anni dei quali quasi due sono stati gestiti dal Governo guidato da Giorgia Meloni e dal ministro dell'economia Giorgetti (Applausi). E quindi non può valere a giustificazione del Governo, che ha avuto tutto il tempo di provvedere con appositi provvedimenti, che pure abbiamo discusso e votato, ad aggiustare il tiro rispetto ad un provvedimento che ha visto sicuramente degli elementi positivi, anche di impatto sulla crescita del Paese, ma che andava - come diremo nella discussione delle prossime settimane - rivisto e riportato in una traiettoria in grado di essere compatibile con i parametri della finanza pubblica.

Quel che è ancora più grave dal punto di vista politico è che il Governo, oltre alla mancata previsione del quadro programmatico, omette di evidenziare la cornice entro la quale si muoverà la prossima legge di bilancio e non fornisce alcuna indicazione concreta né sulle misure di entrata e di spesa, né su quelle di uscita. La domanda che ci poniamo, quindi, non solo noi, ma tutti gli osservatori nazionali e internazionali, è dove troverà il Governo quei 20 miliardi necessari a sostenere le misure che abbiamo approvato in una legge di bilancio composta in gran parte da misure finanziate per un anno solo, a partire dalla delega fiscale.

Non si è mai vista, in questo Paese, una riforma fiscale che valesse per un solo anno e che avesse una copertura di un solo anno. Ma sono diverse le misure che hanno una copertura così ristretta, a partire da quella assai rilevante per i cittadini e di indubbia rilevanza politica che è la riduzione dell'abbattimento del cuneo fiscale. Nulla ci dice in proposito questo Documento e quindi oggi votiamo senza sapere come il Governo coprirà i circa 20 miliardi.

Quello che si capisce, invece, dalle stime tendenziali è una volontà di andare ad incidere sulla spesa, che significa riduzione degli investimenti nella sanità e nella previdenza e questo elemento ci preoccupa in particolar modo. Il DEF indica questa direzione nei servizi per i cittadini, che non soltanto significa una mancata offerta di accompagnamento e di sostegno soprattutto alle fasce più deboli della popolazione, ma che rappresenta anche un modo per contribuire ad erodere il potere d'acquisto dei cittadini. Quando un servizio come la sanità non viene offerto dallo Stato, significa che per curarsi è necessario rivolgersi alla sanità privata e non bastano 80 euro una tantum di mancetta nella tredicesima per compensare la spesa che si deve sostenere per una sanità dignitosa. (Applausi).

Veniamo così al nodo più rilevante, almeno per quello di cui mi occupo in Commissione finanze con tanti colleghi, ovvero l'attuazione della delega fiscale. Il Governo ha fatto della battaglia fiscale una bandiera di ordine politico.

Ho detto che non è chiaro come verrà sostenuta e finanziata la riduzione delle aliquote fiscali. Siamo in attesa di leggere il nuovo testo che ha tutto il sapore di un provvedimento last minute che precede le elezioni, la campagna elettorale. Sui giornali si è parlato di un provvedimento ancora una volta una tantum - promesso per tutti ma in realtà destinato a pochi - di aumento della tredicesima per circa 80 euro. Tutte queste misure frammentate, estemporanee e finanziate a singhiozzo non vanno però ad incidere sui veri problemi del nostro sistema fiscale; problemi che hanno a che fare con un dualismo esasperato tra chi paga l'IRPEF e chi accede a regimi separati e regimi cedolari, essendo in realtà documentato dai dati che chi paga l'IRPEF è una minoranza di contribuenti che sostiene la maggioranza delle entrate fiscali del Paese.

Dopo tutta questa propaganda, questa indicazione di rotta sbagliata sui temi fiscali, sapete, colleghi e colleghe, qual è la notizia che il DEF ci consegna? Tutti questi provvedimenti, annunciati come modalità di introdurre un fisco amico e di ridurre la pressione fiscale, in realtà - come denuncia il Documento che oggi ci apprestiamo a votare - non fanno altro che aumentare la pressione fiscale. Il DEF ci dice che nei prossimi anni la pressione fiscale aumenterà dello 0,3 per cento. Quindi domando a me stessa e ai colleghi esattamente che idea di Paese, che idea di patto fiscale che sostenga un patto sociale ci sta proponendo questo Governo. È un'idea un po' furbetta, un po' furbesca che promette tagli e riduzioni o sconti anche di sanzioni, ma che in realtà premia pochi e penalizza molti.

Io penso che in un momento così complesso, dal punto di vista degli equilibri europei e internazionali, avremmo avuto bisogno di un Documento più serio, che parlasse di futuro, di investimenti e di crescita e da italiana mi duole constatare che questo DEF non contiene nulla di tutto quello di cui il Paese ha bisogno. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Musolino. Ne ha facoltà.

MUSOLINO (IV-C-RE). Signora Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, il Documento di economia e finanza è uno dei tre strumenti di finanza pubblica sui quali si fonda la politica economica del Paese; è uno dei tre strumenti fondamentali, è quello che ci dice cosa vuole fare il Governo. (Commenti in Aula).

Signora Presidente, intanto stigmatizziamo l'assenza del ministro Giorgetti data l'importanza del Documento che stiamo discutendo. Il ministro Giorgetti non è presente, mentre il Sottosegretario era già qui, era già seduto e si era alzato; per carità, nessuno vuole impedire al Sottosegretario di spostarsi e poter parlare, ma è indubbio che il Documento di economia e finanza sia un atto così importante che avrebbe richiesto la presenza del Ministro. Non me ne voglia il sottosegretario Freni, non è una questione personale, ma credo che mai come in questa occasione e davanti a un DEF come quello che ci è stato presentato sarebbe stato necessario che il ministro Giorgetti ci mettesse quantomeno la faccia e venisse a discutere in Aula col Parlamento, cosa che purtroppo evidentemente ha scelto di non fare.

Dico questo perché quello che è stato presentato - come abbiamo detto più volte e nel dibattito d'Aula è già emerso e rischio di ripetermi - è un DEF tendenziale, non è accompagnato da un quadro programmatico, non ha un'indicazione di cifre, cioè è un atto quasi di fiducia, come lo ha prima definito anche il senatore Monti. Si tratta di una sospensione delle nostre attività che ci chiama a fare una manifestazione di fiducia, perché, non essendoci cifre, dobbiamo limitarci ad accettare o meno quello che ci viene narrato, raccontato.

Questo è grave, perché chiaramente il Parlamento si esprime sulla base dei numeri e di dati oggettivi che servono a valutare la fondatezza dell'idea che il Governo dà della propria programmazione economica. L'assenza dei numeri ci impedisce di fare questa valutazione in maniera compiuta, di avere un riscontro oggettivo di ciò che siamo chiamati a fare.

L'assenza dei numeri, a ben vedere, tradisce anche altro, ossia l'inconsistenza dell'azione di programmazione economica da parte del Governo: uso un'espressione forte, ma la uso perché è fondata. Non si può presentare un DEF promettendo che si faranno determinate misure di sostegno all'economia e poi non indicare dove si troveranno le risorse per sostenere tali misure. Mi riferisco chiaramente al cuneo fiscale; già nella precedente legge di bilancio era stata prevista l'introduzione del cuneo fiscale per un anno. Già questo ci aveva allarmato, perché non si può pensare di ridurre il cuneo fiscale con una misura che ha una durata temporanea di un anno, perché non ha impatto dal punto di vista strutturale, anzi determina anche da parte dei contribuenti un'incertezza su quelle che saranno le loro risorse. Adesso ci viene promesso che sarà rinnovata per un altro anno, così come le aliquote Irpef, che sono state ridotte con la precedente legge di bilancio e con quella vigente. Ci viene detto che anche questa misura sarà rinnovata per un altro anno, ma queste non sono misure che hanno un impatto strutturale, sono sempre temporanee.

L'assenza di una politica strutturale, dal punto di vista economico e finanziario, si traduce nei fatti in mancanza di fiducia da parte dei consumatori, da parte dei cittadini. Lo vediamo nella realtà, è inutile che stiamo qui a fare teoremi di finanza pubblica pensando di essere più bravi degli altri. La realtà dei fatti la vediamo nel carrello della spesa, perché quando i prezzi continuano ad aumentare, invariato il salario e aumentano anche le imposte indirette, che questo Governo ha aumentato, la conclusione è chiara: il cittadino si è impoverito. Qualsiasi stima, qualsiasi proiezione che viene fornita da questo Governo viene smentita dagli indici Istat: il carrello della spesa cresce, il salario rimane invariato. Ciò vuol dire che il costo della vita è aumentato e, a fronte di un costo della vita che aumenta, il Governo non ha risorse, non mette in piedi nessuna politica di programmazione strutturale (Applausi), non incide sul trend deficitario crescente.

Del resto, il DEF al nostro esame che cosa ci dice? Quali sono le risorse sulle quali il Governo punta per spingere l'economia per questo rilancio? Nessuna, se non il PNRR; questo PNRR è una sorta di coperta, infatti serve a coprire un po' tutto per questo Governo, tant'è vero che già si sa ed è allo studio la proroga delle scadenze del PNRR, perché, con la motivazione che non si riuscirà probabilmente a rispettare queste scadenze al 2026, si dice: non perdiamo l'occasione, non perdiamo le risorse del PNRR, proroghiamo le scadenze al 2028. Astrattamente, è un discorso anche sostenibile, ma nella sostanza tradisce una sostanziale incapacità da parte del Governo a reperire le risorse, sicché questa coperta cerchiamo di stirarla quanto più possibile e farla arrivare fino al 2028. Peccato, però, che più si allungano le scadenze del PNRR, più ovviamente il rapporto tra la risorsa PNRR e il PIL varia in senso negativo, perché, se invariate sono le risorse, ma devono durare più a lungo, chiaramente si vanno riducendo anno per anno. Allora, un DEF che non tiene conto di questo, che non ci dà risposte, che pensa di buttare sempre la questione sul superbonus, attaccandolo come se fosse l'unico male dell'economia nazionale, è veramente miope.

Tra le cose sulle quali ritengo che si debba veramente accendere i fari e chiedere al Governo di essere preciso e dare dati certi, vi è la raccolta straordinaria fatta con gli strumenti della rottamazione. La rottamazione è uno strumento che è stato accolto con grande favore dagli elettori e ben venga, anche perché il tasso degli interessi e delle sanzioni economiche in Italia è altissimo e davvero rende l'imposizione quasi insostenibile; questa è la motivazione per la quale c'è una evasione storica di altissimo livello. Ma se pensiamo di introdurre la rottamazione come strumento ordinario, con l'abbattimento e l'eliminazione delle sanzioni economiche, è chiaro che induciamo un ragionamento nel contribuente, per il quale nessuno più pagherà le tasse dell'anno corrente.

Tutto, infatti, sarà rinviato ad un momento successivo, quando ci sarà una rottamazione, questo mio debito verso lo Stato verrà ridotto e io potrò accedere ad altri benefici con i quali riuscirò a sostenere l'imposizione tributaria.

Questo ci porta a fare due considerazioni: la prima è che il ricorso alla rottamazione, in sé e per sé, è sempre uno strumento temporaneo, non strutturale e non serve a rilanciare l'economia. In secondo luogo, è il momento di pensare realmente a una riforma tributaria, a una riforma del sistema dei tributi, che certamente non può essere affrontata con una riduzione delle aliquote Irpef rinviata da un anno all'altro.

Quindi, questo DEF è uno strumento che non risponde veramente alle sue finalità. La discussione odierna non consente al Parlamento di esprimersi chiaramente. L'abbiamo detto già in occasione della discussione della legge di bilancio: la manovra presentata a dicembre del 2023 è carente. Serve una media di 18 miliardi di euro di risorse da reperire per sostenere effettivamente la manovra di bilancio.

Dove le reperirà il Governo? Quando le reperirà? Evidentemente dopo il DEF e dopo le elezioni europee. Su quali contribuenti effettivamente sarà posto l'aggravio maggiore? Queste sono le risposte che attendevamo da questo DEF e che non sono state fornite. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Pirro. Ne ha facoltà.

PIRRO (M5S). Signora Presidente, signori del Governo, colleghi, io vorrei avere dei giudizi meno caustici sul Documento di economia e finanza, ma mi pare evidente, dai numeri e dalla snellezza del provvedimento, che la maggioranza si sta solo nascondendo dietro questi pochi dati in vista delle prossime elezioni europee, per non ammettere che alle promesse fatte agli elettori mancano "solo" venti miliardi o poco meno: quelli che servirebbero per confermare il cuneo fiscale, la revisione delle aliquote Irpef e qualche altra promessa fatta qui e là nel corso degli ultimi mesi.

Questo è quello che è scritto nel DEF; anzi, questo è quello che non c'è scritto, ma che, ad uno sguardo attento, emerge chiaramente, come hanno evidenziato già anche altri colleghi prima di me. Cosa ricaviamo da questo Documento di economia e finanza? Che non avete una visione per il Paese e, se la avete, non è certo positiva per i cittadini italiani.

Dalle audizioni che sono state fatte nei giorni scorsi è emerso chiaramente che abbiamo tanti problemi. Il primo, di natura economica, è che c'è di nuovo una contrazione del credito alle imprese, lamentato da più parti. Le banche fanno extra profitti, li tengono caldamente in pancia e non erogano fondi all'economia reale; salvo, poi, alzare gli interessi sui depositi nei conti correnti dei deputati alla Camera, forse per ringraziare delle modifiche alla norma sugli extraprofitti. Chissà: a pensar male si fa peccato, ma...

Quindi, l'economia reale non la sosteniamo, di sicuro non con il credito. Abbiamo chiesto al Ministro cosa pensasse di fare per aiutare, ma la risposta non è pervenuta, quantomeno in audizione. Chissà se oggi il Governo ci dirà qualcosa di più. Spiace che il Ministro non sia presente, ma immagino e mi auguro sia alla Camera dei deputati. Ecco, il signor Sottosegretario me ne dà appunto conferma e lo ringrazio. Quest'anno guida la Camera per i provvedimenti economici, quindi è ovvio che il Ministro sia lì.

Ciò non toglie che, comunque, durante l'audizione in Commissione, noi eravamo presenti per porgli alcune domande, alle quali non sono state date risposte soddisfacenti. Ad esempio, l'allarme sulle condizioni del nostro Paese è arrivato, a mio avviso, forte e chiaro, dall'audizione dell'Istat, in un paragrafo, secondo me sottovalutato da molti, il cui focus era il benessere equo e sostenibile. Dico che si tratta di un allarme sottovalutato, perché quel paragrafo riporta dati relativi a ciò che sta succedendo alla realtà del nostro Paese e ai nostri concittadini. Quello che emerge è un ulteriore, aggiungo io, arretramento del potere d'acquisto delle retribuzioni.

Come infatti abbiamo detto tante volte, siamo fermi da trent'anni, anzi facciamo qualche passetto indietro, e nel 2023 passi avanti non ne abbiamo fatti: siamo ancora fermi. Si vede qualche barlume di speranza per il 2024 sui rinnovi dei contratti, ma, per stessa ammissione dei rappresentanti dell'Istat, per recuperare il potere d'acquisto perso dagli stipendi dei cittadini italiani - quello che dovrebbe essere il primo obiettivo del Governo, se pensasse ai cittadini e non a qualcun altro - ci vorranno molti anni, che non sono stati meglio quantificati. Chissà perché noi chiedevamo l'introduzione di un salario minimo; forse perché avevamo percepito che c'era qualche problema.

Non basta l'allarme presentato dall'Istat: vediamo che c'è un problema di conciliazione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro. Anche in quel caso con lo smart working - questo sconosciuto - si erano fatti dei passi avanti, ma naturalmente voi avete sbattuto la porta in faccia a centinaia di migliaia di lavoratori in difficoltà, impedendo la proroga di questo provvedimento e fregandovene delle famiglie ancora una volta. (Applausi). Vi riempite la bocca di maternità, natalità, sostegno, però nei fatti non fate niente, anzi cancellate anche le misure di chi aveva avuto un occhio più attento di voi per i cittadini.

Oltre a ciò, emerge ancora di più l'enorme divario rispetto agli altri Paesi europei sulla condizione femminile, ancora una volta nella conciliazione dei tempi lavoro-vita privata e - udite udite - sul benessere economico. Chissà perché abbiamo donne più formate e più istruite degli uomini, ma vengono peggio pagate. Poi si dice che non siamo in una società patriarcale; ma no, figuriamoci, ma dove mai? Ma che film avete visto? Noi lo abbiamo visto bene il film, voi invece ne volete raccontare un altro ai cittadini di questo Paese.

Un altro film che raccontate, un'altra fantasia è quella sui conti della sanità, perché l'allarme l'ha suonato, sempre in audizione, la Corte dei conti, che ha evidenziato come l'aumento fittizio, solo a numeri, del Fondo sanitario nazionale, in realtà non tiene il passo con l'aumento dell'inflazione. Capisco che siano concetti forse un po' complessi per chi guarda solo una cifra assoluta e non fa il paragone con il costo della vita - un difetto che abbiamo già evidenziato in questa maggioranza anche per quanto riguarda le retribuzioni - ma l'allarme sui conti della sanità è evidente, tant'è vero che, qui sì, il Ministro ha risposto e non si è nascosto, parlando limpidamente di razionalizzazione dell'offerta sanitaria. Traduco per chi magari non capisce bene che cosa voglia dire: vuol dire tagli; vuol dire che, invece di erogare i nuovi LEA, andiamo ancora a restringere, nelle idee del nostro Ministro dell'economia, le prestazioni ai cittadini. Non è un caso forse che l'aggiornamento dei nuovi LEA, che doveva entrare in vigore dal 1° aprile, è stato rimandato al 1° gennaio 2025. Tanto i cittadini aspettano quelle prestazioni solo dal 2017, quindi che sarà mai un altro anno di ritardo? Tanto già in 4 milioni hanno rinunciato alle cure; se ne aggiungiamo qualche altro milioncino che importa (Applausi), tanto a voi interessa solo far quadrare i conti, mentre della salute dei cittadini non ve ne frega niente.

Siete miopi anche per quanto riguarda i conti, perché tutto quello che investiamo in sanità ha un moltiplicatore quasi di due volte. Quindi, se noi aumentassimo gli investimenti in sanità, faremmo aumentare anche il PIL del nostro Paese. Voi, però, non siete proprio capaci di guardare alla crescita; siete solo capaci di tagliare e il primo taglio ce lo aspettiamo sulla sanità. D'altronde l'abbiamo già visto nel 2023, quando dicevate che stavate aumentando. Invece, a conti fatti, alla fine dell'anno nel 2023 per la salute dei cittadini italiani abbiamo speso meno nel 2022. Voi continuate a dire che non è vero che non state investendo abbastanza in sanità. Quando ammetterete che c'è un problema, forse tutti insieme troveremo il modo per risolverlo. Finché lo negate, state solo facendo del male al Paese e ai nostri cittadini. (Applausi).

Vengo al tema centrale di questa giornata di discussione, che è l'enorme spreco fatto con il superbonus in questo Paese. Mi dispiace anche per le parole che ho udito prima dal senatore Monti.

Certo, perché il superbonus ha fatto disastri: infatti ha fatto crescere il PIL del 13 per cento in due anni, assorbendo i problemi causati dalla pandemia e dandoci una spinta ulteriore, che ci ha fatto balzare ai primi posti per crescita in Europa. Cosa che non si era mai vista prima, perché con le politiche di austerity non siamo mai andati da nessuna parte, non abbiamo mai promosso la crescita del Paese e non abbiamo mai ridotto il debito pubblico; siamo solo arretrati. Invece con le nostre politiche abbiamo fatto dei balzi in avanti: 140 miliardi di entrate fiscali aggiuntive, a fronte di soli 41 miliardi di uscite per i crediti fiscali. E la cessione dei crediti, che tanto non piace al Ministro (perché chissà chi vuole favorire), era l'unica misura che aveva aiutato le fasce più deboli della popolazione, quelle che non hanno capienza fiscale, quelle che non hanno soldi in banca da poter spendere per certi investimenti. Raccontiamola nella realtà la storia e non come piace a voi.

Vado a concludere, Presidente. L'incapacità totale di questo Governo è evidente a tutti, anche a coloro che la scrivono chiaramente nel DEF, dove dicono che ci sarà una crescita striminzita del solo uno per cento, di cui il 90 per cento è frutto del PNRR. Quel PNRR che, se esiste, è solo merito del presidente Giuseppe Conte, del MoVimento 5 Stelle e della maggioranza che lo sosteneva in quel momento. (Applausi).

Ritengo che l'unico risultato certo conseguito da questo Governo e da questa maggioranza sia la conferma che l'Italia è un contraente inaffidabile per i suoi stessi concittadini, per l'Europa e per eventuali investitori stranieri. È conclamata la vostra incapacità di rilanciare la crescita e il vostro totale asservimento alle politiche di austerity, che favoriscono chissà chi, ma di sicuro non i cittadini italiani. Questo si evince chiaramente dalla vostra scommessa nascosta all'interno dei dati di questo DEF. (Richiami del Presidente). Mi avvio a concludere, Presidente. La non pagabilità dei crediti del superbonus è quello su cui scommettete. Siete incapaci persino di mettere a terra le risorse del PNRR e scommettete sulle mancate uscite che lasciano a carico di cittadini e imprese i costi della vostra inettitudine. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Testor. Ne ha facoltà.

TESTOR (LSP-PSd'Az). Presidente e colleghi, mi permetto innanzitutto di rivolgere un ringraziamento al ministro Giorgetti, che - come è già stato ricordato questa mattina - è alla Camera. Non è vero che non ci mette la faccia, come diceva prima la senatrice: purtroppo il dono dell'ubiquità ancora non gli è pervenuto. È bravo a far registrare i nostri bilanci, ma ha il dono dell'ubiquità ancora non ce l'ha. (Brusio. Richiami della Presidente).

PRESIDENTE. Non era per lei, senatrice; era per sollecitare una maggiore attenzione al suo intervento.

TESTOR (LSP-PSd'Az). Ringrazio il sottosegretario Freni, ma voglio anche ringraziare tutto il MEF per il lavoro svolto. Talvolta anche dire grazie è importante; non costa niente e credo che dia un ritorno importante a chi lavora per permettere a questa Assemblea e ai nostri cittadini di conoscere il lavoro certosino, che è stato fatto sicuramente da tutto il MEF.

Il periodo che stiamo attraversando - come è già stato ricordato - non è sicuramente facile ed è contraddistinto dalle incertezze. Chi non ammette questo è chiaramente in malafede, perché è evidente a tutti il periodo che stiamo vivendo, caratterizzato sia dalla situazione geopolitica che dagli strascichi che la pandemia Covid ha lasciato nel nostro Paese. Va ricordato che proprio nel periodo pandemico il Patto di stabilità è stato sospeso e che ci stiamo avviando verso un nuovo periodo, in cui entreranno in vigore le nuove regole della governance europea. Quest'anno, in via transitoria, il Programma di stabilità e il Programma nazionale di riforma saranno sostituiti dal Piano strutturale nazionale di bilancio a medio termine; esso dovrà essere presentato alle autorità europee entro il 20 settembre. Nel corso dell'estate avremo modo di valutare il quadro programmatico; quindi non è vero che è saltato il quadro programmatico, in quanto esso verrà discusso dopo che sarà stato aggiornato alle nuove regole europee.

L'anno 2023 è stato caratterizzato dalla situazione geopolitica che l'ha segnato.

La guerra tra Ucraina e Russia, le tensioni tra Israele e Palestina, gli attriti sul Mar Rosso, i forti incrementi dei prezzi energetici e delle materie prime, il carrello spesa, la forte inflazione e il forte costo del denaro hanno inciso fortemente sull'economia reale del Paese. La resilienza delle nostre aziende e le misure messe in campo da questo Governo hanno permesso di sostenere i consumi delle famiglie, soprattutto le fasce deboli.

Credo sia importante ricordare che, proprio nel corso del 2023, il taglio del cuneo fiscale previsto nella legge di bilancio è stato incrementato a maggio con un investimento pari a 10 miliardi di euro. Abbiamo consentito di mantenere il potere d'acquisto alle famiglie e alle fasce deboli, quelle che voi spesso dite di difendere, ma solo a parole. C'è voluto il Governo di centrodestra per sostenere le famiglie. (Applausi).

Il 2023 è stato anche caratterizzato da un aumento del tasso di occupazione rispetto al 2022, incrementato di 1,3 punti percentuali e portatosi al 61,5 per cento. Il tasso di disoccupazione si è attestato al 7,7 per cento, un dato migliore dello 0,4 per cento rispetto a quello dell'anno precedente. Anche il tasso di disoccupazione giovanile è migliorato di un punto percentuale. Questi elementi sono quelli che sosterranno il consumo nei prossimi mesi. Gli investimenti beneficeranno delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza e speriamo presto nell'allentamento della politica monetaria che, se non erro, dalle informazioni che abbiamo, dovrebbe avvenire nel mese di giugno. Noi lo auspichiamo perché ciò ha veramente messo in difficoltà tante famiglie e tante persone che hanno i mutui sulle spalle.

Un elemento che dobbiamo tenere in considerazione è l'elevato debito pubblico che, seppure alla fine del 2023 si è attestato al 137,3 per cento, è previsto in aumento al 137,8 per cento. Esso sconta evidentemente gli effetti del bonus edilizio. Ricordo in quest'Aula che questa misura è costata 219,5 miliardi, con un beneficio sugli immobili in percentuale irrisorio. Se non erro, sono tra il 3 e il 4 per cento gli immobili che hanno usufruito di questa misura. I costi e i benefici non vanno di pari passo.

L'obiettivo, che era quello di sostenere le fasce deboli e chi non poteva permettersi di fare l'efficientamento delle proprie abitazioni, non è stato raggiunto perché, come è stato ricordato negli interventi precedenti, si è andati a migliorare le seconde case e quelle di chi aveva la possibilità economica di fare l'efficientamento, creando una bolla economica in cui il costo delle materie prime e del lavoro è schizzato e la manodopera è venuta a mancare. Penso sia stato fatto un danno perfetto nei confronti dell'economia e della crescita italiana.

Presidente, credo che il Governo di centrodestra abbia ereditato una situazione non semplice da gestire, non solo per il delicato momento di tensioni geopolitiche che stiamo attraversando, ma anche per le misure scellerate messe in campo dai Governi precedenti (ringrazio il senatore Monti per aver ricordato alle opposizioni che hanno influito sulla situazione attuale) che gravano sui bilanci dello Stato e, di conseguenza, sui cittadini.

Ho già citato la misura del superbonus, che è un'eredità pesante, ma non vanno dimenticate nemmeno misure come il reddito di cittadinanza (che ha creato non occupazione, ma solo mancanza di manodopera all'interno delle nostre aziende) o i famosi banchi a rotelle, di cui ancora oggi non ho colto il senso. Si parlava di distanziamento e con le rotelle si è forse ottenuto il risultato contrario. Ricordo poi la misura del payback. Oggi abbiamo parlato tanto di sanità e ricordo che questa misura, che ha gravato e grava sui dispositivi medici, penalizzando quel settore d'eccellenza e di ricerca, ha creato ingenti costi. Adesso bisognerà vedere come risolvere questa situazione.

Certo che creare le patate bollenti e poi passarle in mano a un altro Governo e dirgli di trovare la soluzione mi pare, da parte dell'opposizione, un segnale di completa immaturità. (Applausi).

In conclusione, signor Presidente, le sfide che abbiamo davanti non sono facili, la linea che questo Governo ha assunto va nella direzione corretta e, nonostante tutte le difficoltà che incontriamo sul nostro percorso, dovute a fenomeni esterni o a scelte precedenti, non viene meno il sostegno che gli elettori hanno manifestato verso questa maggioranza. La Lega c'è e continua a lavorare perché il Paese sia forte e possa essere competitivo negli anni a venire nell'Europa che sarà. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Manca. Ne ha facoltà.

MANCA (PD-IDP). Signora Presidente, Sottosegretario, colleghi, esiste una profonda contraddizione tra un quadro macroeconomico certamente complesso, per non dire drammatico, nel quale le relazioni internazionali sono messe a dura prova da tensioni e conflitti insorti in molte aree del mondo (pensate che le Nazioni Unite individuano nel 2023 l'anno con il maggior numero di conflitti dopo la Seconda guerra mondiale) e la totale assenza di risposta da parte del Governo di fronte ad un quadro macroeconomico così rilevante, la mancanza di una bussola, di una visione, di una capacità di programmazione che oggi sarebbe ancora più importante, a fronte di un quadro macroeconomico così complesso. Invece, il nulla.

Non me ne voglia il Sottosegretario, ma un DEF presentato in questo modo in quest'Aula non ha precedenti, solo Governi dimissionari o che stavano per esaurire il proprio mandato non presentavano il documento programmatico. Siamo in presenza, dunque, di una discussione di basso profilo che a mio avviso rappresenta un fallimento da parte di questo Governo sulle politiche economiche e sociali, perché anche di fronte alla nuova governance europea è necessario rispondere con una visione economica, con un profilo programmatico, non con un rinvio che ha solo lo scopo di tirare a campare, di far passare le elezioni senza nessuno sguardo al futuro di questo Paese e dunque alle future generazioni. Questo è un vostro fallimento (Applausi). Lo dico perché purtroppo la frammentazione dell'economia globale dentro questi conflitti tra blocchi sempre più contrapposti espone a conseguenze importanti, difficili e perfino drammatiche anche l'Europa. Sappiamo tutti che c'è una stretta integrazione produttiva e finanziaria tra l'Europa e il resto del mondo. Sappiamo tutti che il nostro modello di sviluppo dipende dall'importazione di risorse naturali. Sappiamo tutti che senza una visione, nel tirare a campare, nel trovare i colpevoli, l'Europa rischia di indebolirsi.

Lo dico, Sottosegretario, pensando che mai come ora dalla nascita dell'Unione europea l'Italia rischia di essere più isolata e fragile, altro che più centrale, e assente nella costruzione di una nuova Europa. Senza politiche economiche e sociali, la nuova Europa non nasce. Mi rivolgo ai colleghi di Fratelli d'Italia: ricordatevi che siete al Governo e ai colleghi della Lega ricordo che hanno governato anche di fronte ad una fase difficile post-pandemica nella legislatura precedente e dunque non basterà la continua retorica del fare opposizione all'indietro. (Applausi). Oggi serve un futuro a questo Paese e i Governi sono chiamati ad indicare una rotta e dovreste anche essere nelle condizioni di mettere l'opposizione, dunque questo Parlamento, un'altra volta nella dimensione centrale che la Costituzione gli assegna. Ora, diciamocelo con grande franchezza: siamo in presenza di un Governo senza una bussola.

Questo DEF è il vostro fallimento e non viola solo una legge importante, approvata in questo Parlamento, cioè la legge di contabilità. Signora Presidente, normalmente (io credo che sia un principio da ristabilire) si può modificare una legge, ma finché non la si modifica o finché non si aprono le procedure per modificarla, la si rispetta. Sono regole costituzionali già previste nel nostro ordinamento, mentre in questo caso siamo in presenza di una violazione senza l'apertura di nessun confronto tra maggioranza e opposizione su uno dei terreni più importanti, che sono le regole contabili, le norme che regolano i saldi di finanza pubblica.

Io sono molto preoccupato della deriva che sta assumendo anche il Ministero dell'economia e delle finanze, perché di fronte a questo quadro così incerto vedo tentazioni tricefale, vedo una separazione di funzioni tra una responsabilità fiscale e un'altra responsabilità, quella della salvaguardia degli equilibri di bilancio dei conti pubblici, che è sempre più in difficoltà. Vedo chi sta indicando una presunta riforma fiscale epocale, che invece rappresenterà non solo il consolidamento in negativo dell'attuale assetto, ma io dico che rappresenterà per i prossimi anni anche un elemento di ulteriore incertezza sulle entrate, perché attraverso l'introduzione di condoni e di meccanismi fiscali che chiamate sotto falso nome, ma che in realtà incentiveranno nei prossimi anni più elusione e più evasione, state anche realizzando un carico fiscale insostenibile nei confronti di chi paga l'IRPEF. State anche producendo vantaggi fiscali per il lavoro autonomo. Ricordiamoci che per noi le partite IVA sono un elemento fondamentale in questo Paese: sono lavoro, innovazione, possibilità di intraprendere la strada del promuovere un'impresa, non c'è alcun dubbio. Tuttavia i parametri fiscali ormai lasciano il 47 per cento della pressione fiscale sul lavoro dipendente e su chi paga l'IRPEF, mentre abbiamo introdotto meccanismi del 15 per cento di tassazione piatta favorevole; l'Italia è il Paese in Europa con più lavoro autonomo, tre volte rispetto agli Stati Uniti. Dove vogliamo andare? Altro che riforma epocale; è una riforma che nei prossimi anni, purtroppo, indebolirà anche le buone e corrette politiche di riforma del sistema fiscale che avevamo introdotto, soprattutto nei confronti della digitalizzazione della riscossione, dell'informatizzazione della stessa, di una vera e importante lotta all'evasione fiscale che abbiamo costruito negli anni precedenti. State smantellando il sistema fiscale addirittura con l'ideologia del "meno tasse per tutti", quando sapete bene che tale retorica non è compatibile con l'attuale quadro di finanza pubblica.

Se aggiungo anche che si sta mettendo in discussione la neutralità, il ruolo importante della Ragioneria generale dello Stato, anche chi si ispira ad antiche visioni keynesiane dell'economia deve ricordarvi con grande franchezza che è importante, all'interno di una dinamica così delicata, la solidità del processo culturale e politico che il Ministero dell'economia e delle finanze e della Ragioneria dello Stato negli anni hanno sempre saputo salvaguardare. Questo, infatti, è il terreno della democrazia, non dell'uomo solo al comando, o, peggio ancora, di una situazione nella quale il Parlamento è costretto ad essere ai margini delle dinamiche di trasformazione e di riordino.

Diciamoci con grande forza e serenità tra di noi in quest'Aula che non c'è una proposta. L'unico documento presentato dall'Ufficio parlamentare di bilancio che simula quello che potrà accadere dentro la nuova governance europea rende l'Italia più sola, più debole in Europa, oggi anche meno credibile per quello che siete riusciti a rappresentare in Europa anche ieri. Infatti non dobbiamo mai dimenticare da dove veniamo: il Ministro dell'economia in quest'Aula ha detto con chiarezza che la mediazione costruita sul nuovo Patto di stabilità era stato un buon risultato.

Presidenza del vice presidente CENTINAIO (ore 12,34)

(Segue MANCA). È venuto in questa sede a promuovere l'accordo, quando tutti noi avevamo sempre ritenuto che fosse preferibile sostenere per intero, dentro alleanze europeiste e non nazionaliste, la proposta del commissario Gentiloni (Applausi), che era sicuramente più flessibile nelle relazioni, ovviamente anche con la gestione di uno dei pezzi più pregiati e difficili che abbiamo da difendere, che è la collocazione del nostro debito. Voi non siete preoccupati di un debito che cresce, ma ci sono i dati, i numeri. E non siete nemmeno preoccupati di un ritorno allo zero virgola della crescita, perché sappiamo tutti che in economia l'unico sentiero per una gestione ordinata del debito è una crescita economica.

Dovreste venire in quest'Aula con un'agenda delle riforme diversa da quella che state impostando; cambiatela in fretta. Ci fate discutere di autonomie differenziate e di premierato, quando occorrerebbe rivedere i rapporti tra Stato, Regioni ed enti locali, ispirandoci ad una cooperazione istituzionale e non ad una contrapposizione. State producendo le riforme che non servono, ovvero che servono solo a voi, per la gestione del potere, mentre non servono alle famiglie e alle imprese italiane per avere più servizi, più diritti, più equità e più giustizia sociale in questo Paese.

Portate la riforma della sanità in quest'Aula, se volete affrontare uno dei perni fondamentali dei diritti di cittadinanza, che si stanno già negando. Portate una riforma strutturale dei sistemi di istruzione e di formazione, perché il futuro di questo Paese passerà attraverso la formazione delle risorse umane. Portate in quest'Aula una riforma per garantire il salario minimo e per affrontare uno dei problemi più importanti che abbiamo di fronte: bassi salari e bassa produttività.

PRESIDENTE. La prego di concludere, senatore Manca.

MANCA (PD-IDP). Se non avete alcuna idea dello sviluppo economico, se non sostenete la transizione ambientale, digitale e sociale, che è l'unica leva fondamentale per salvaguardare una nuova manifattura e una nuova capacità produttiva, voi rischiate che non solo tutta l'Europa, ma anche l'Italia, diventi un mercato e non più un luogo produttivo per generare futuro e speranza per le giovani generazioni. Cambiate l'agenda delle riforme. (Applausi).

Saluto ad una rappresentanza di studenti

PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti del Liceo scientifico «Cavanis» di Possagno, in provincia di Treviso, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).

Su richiesta del Governo, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 12,35, è ripresa alle ore 12,39).

Ripresa della discussione del documento LVII, n. 2 (ore 12,39)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Gelmetti. Ne ha facoltà.

GELMETTI (FdI). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, oggi ci accingiamo ad analizzare ed esaminare l'ultima versione nel modello classico, che c'è sempre appartenuto, del Documento di economia e finanza. Ciò in quanto, come sapete, l'Unione europea lo sostituirà con il Piano fiscale-strutturale di medio termine e con il Rapporto di monitoraggio annuale.

Questo DEF, ovviamente, è stato disegnato anche guardando quali sono gli scenari internazionali che purtroppo colpiscono ogni giorno l'Europa, l'Italia ed i mercati. Sono scenari non del tutto gradevoli e favorevoli all'economia, anche se c'è da dire che l'economia mondiale e le condizioni finanziarie vedevano dei miglioramenti soprattutto rispetto alla vecchia NaDEF. La nostra economia, come giustamente ha ricordato il ministro Giorgetti, si è sempre distinta per un grado di resilienza a fronte dei continui shock che, purtroppo, subiamo costantemente negli ultimi anni. La crescita dell'occupazione, per fortuna, è in continua ascesa ed anche il dinamismo del PIL ha degli aspetti migliorativi.

Come dicevo, le tensioni internazionali, da ultimo soprattutto la crisi mediorientale, che è quella che forse ci preoccupa di più, per la fase delicata che purtroppo si crea nei rapporti tra Israele e Iran, rischiano veramente di determinare per il nostro Paese delle condizioni economiche difficili. Ciò soprattutto per quanto riguarda il sistema delle esportazioni e anche delle importazioni delle merci che arrivano e devono passare attraverso il canale di Suez.

Ciononostante, l'economia italiana sta dimostrando grande resilienza, sebbene questa instabilità politica sia continua e persistente. Il quadro macroeconomico, ovviamente, è debole e induce a prevedere margini di crescita, utilizzando spazi finanziari per ridurre il cuneo fiscale ed andando avanti con le riforme fiscali già annunciate e promesse dal Governo.

Banca d'Italia descrive positivamente gli andamenti macroeconomici delineati nel DEF, sostenendo che le stime del Governo non sono differenti dalle loro previsioni ed aggiungendo che, nel complesso, siano ricomprese nel ventaglio delle proiezioni dei principali previsori, collocandosi tra quelli più positivi.

Aggiungo poi che anche le stime dell'Istat confermano una crescita occupazionale, a febbraio, di altre 41.000 unità. Una crescita, quindi, dovuta all'aumento dei dipendenti permanenti, che sfiora i sedici milioni di unità. Allo stato attuale, il numero di occupati nella nostra Nazione equivale a 23.773.000 unità, superando di ben 351.000 unità il numero di occupati dello scorso anno, con un aumento dunque significativo.

Il tasso di occupazione è a livelli record (61.9 per cento) e rappresenta un altro tassello del mosaico vincente che il Governo Meloni sta dimostrando non solo nel Paese, ma anche e soprattutto in ambito internazionale. Questo non lo diciamo noi, poiché non sono le solite prese di posizione della nostra parte politica; sono dati, numeri che provengono da un organismo internazionale super partes quale l'OCSE, che fotografa gli ultimi anni degli indicatori economici del lavoro in Italia. Ebbene, l'OCSE conferma come l'Italia sia tra i Paesi che hanno segnato le performance migliori a fine 2023. L'agenzia Standard & Poor's conferma il nostro rating - e questo è positivo - nonostante lo scenario, come dicevo prima, particolarmente complicato.

Il «New York Times», come larga parte della stampa straniera, specie e soprattutto quella anglosassone, e nell'ultimo periodo devo dire anche «Le Figaro» (quindi anche la stampa francese) hanno espresso giudizi complessivi positivi nei riguardi del Governo italiano, in particolare nei confronti del presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni. La rivista statunitense «Time» loda la nostra Premier, sostenendo che quando la Premier, la prima donna italiana a diventare Presidente del Consiglio, è salita al potere nel 2022, molti osservatori nutrivano dei timori per l'impatto che avrebbe avuto sull'Italia, sull'Europa e sul mondo. Ma a due anni di distanza la presidente Meloni rimane popolare non solo in Italia, ma anche tra i leader occidentali, molti dei quali si sono rallegrati del suo fermo sostegno all'Ucraina e per la diplomazia in ambito internazionale, sicura e affidabile, che ha contraddistinto il suo operato.

Non dimentichiamoci poi dello spread, che mai è stato così basso come in questo periodo: il differenziale di rendimento fra titoli di Stato italiani e quelli tedeschi è ai minimi dal 2022, un merito certamente del Tesoro, che colloca i titoli di Stato, ma anche e soprattutto dell'azione del Governo, la cui serietà e il rigore dimostrati sono stati apprezzati dai mercati finanziari e dagli investitori internazionali. La particolare attenzione ai mercati internazionali rassicura la politica estera. Cito inoltre gli interventi di sostegno e di politica economica e sociale per fronteggiare, in particolare, l'emergenza energetica e la riforma fiscale, che ha profondamente ridisegnato l'intero sistema tributario, ammodernandolo come non accadeva da decenni e accrescendo la credibilità del Paese agli occhi degli investitori nazionali ed esteri. Questi sono solo alcuni temi relativi ai traguardi di cui siamo particolarmente orgogliosi, sebbene una sinistra catastrofista continui goffamente a disconoscerli.

Gli interventi normativi, come quelli che dicevo poc'anzi, introdotti a partire dall'inizio di questa legislatura, sono apprezzati dagli italiani e dai mercati finanziari, ed hanno un impatto sul tessuto socioeconomico italiano positivo e durevole. Soprattutto, essi sono fondati sul realismo, in un contesto internazionale che permane certamente complesso e preoccupante per tutti, non solo per la nostra Nazione.

Dopo l'attacco dell'Iran a Israele, i rischi di potenziali danni correlati relativamente al Mar Rosso rimangono elevati, anzi aumentano. Le conseguenze economiche per l'Italia, già di per sé gravi, dallo scorso gennaio rischiano infatti di essere davvero sfavorevoli e dannose, considerato che la crisi costa all'export italiano 95 milioni di euro al giorno, per un totale di 8,8 miliardi di euro di danni, a causa dell'impatto del calo di traffico di navi mercantili dall'Oceano Indiano al Mar Rosso, come dicevo prima. La guerra purtroppo ancora in corso tra la Russia e l'Ucraina e altre situazioni di conflitto che continuano a sorgere in diverse parti del mondo hanno inciso in maniera evidente nella programmazione degli aggregati macroeconomici e di finanza pubblica e, di conseguenza, nelle decisioni della politica economica del Governo, rivedendo le stime di crescita e gli investimenti.

Vi è poi un capitolo a parte che ha condizionato pesantemente il DEF per il 2024, quello relativo al superbonus. Sulle stime dei conti pubblici, come è noto, pesa l'impatto della zavorra del superbonus, arrivato al capolinea lo scorso 4 aprile, con lo stop deciso dal Governo con un decreto ad hoc, anche per la remissione in bonis. Al momento, il complesso dei bonus edilizi ha portato il deficit per il 2023 al 7,2 per cento, contro il 5,3 stimato nell'autunno scorso dall'Istat.

Senza la fiducia dei risparmiatori italiani e della comunità internazionale risulta difficile non solo immaginare un nuovo debito buono, ma anche la gestione del vecchio debito che abbiamo ereditato. È un'eredità pesantissima per i conti pubblici e quindi per tutti gli italiani, della cui realtà nei prossimi anni dovremo farci carico per pagare il debito pubblico in risalita (che rimane tuttavia sotto la soglia del 140 per cento), che è stato fatto grazie alle politiche assurde, scellerate e assistenzialiste dei Governi Conte, che hanno determinato un impatto devastante di 219 miliardi di euro causati dai bonus edilizi. Aggiungo che le comunicazioni piovute dall'Agenzia delle entrate per certificare gli sconti e le cessioni in fattura dei bonus edilizi del 2023 hanno creato un'altra onda in piena della spesa, con una trentina di miliardi aggiuntivi rispetto a quelli che già conoscevamo.

Vale la pena ricordare che lo scorso anno si è deciso di finanziare la manovra economica per il 2024 aumentando il deficit programmatico della NADEF di 0,7 punti rispetto al tendenziale della Nota di aggiornamento, proprio a causa degli effetti che il superbonus aveva determinato sui saldi di finanza pubblica. Pertanto il compito principale del Governo nell'elaborazione di questo DEF è stato giustamente - e aggiungo responsabilmente - quello di mettere un punto fermo ad una finanza pubblica sull'altalena a causa dei crediti di imposta, che hanno un impatto pesante sulla crescita, sull'indebitamento e sul deficit.

In questo contesto, il Documento di economia e finanza che ci accingiamo a votare risponde alle esigenze, comuni agli altri Paesi membri, di tenere conto della rivoluzione delle regole che l'Unione europea ci impone. Le previsioni programmatiche annesse di eventuali spese e/o correzioni arrivano con il Piano strutturale da presentare entro il 20 settembre, che rappresenterà la cornice della manovra 2025. Nel Documento economico la crescita del PIL a legislazione vigente è pari all'1 per cento per quest'anno e all'1,1 per cento per il prossimo; stime confortate anche da Confindustria.

Il sostegno ai redditi dei lavoratori, avvenuto prevalentemente, ma non solo, tramite la riduzione contributiva, ha consentito anche di moderare la spinta salariale...

PRESIDENTE. La prego di concludere, senatore Gelmetti.

GELMETTI (FdI). ...e il recupero del potere di acquisto delle famiglie.

Concludo dicendo che ci accingiamo a festeggiare, il prossimo 1° maggio, la festa dei lavoratori. Credo che in questo 1° maggio sia giusto anche ricordare quanto fatto dal Governo Meloni nei confronti della diminuzione del cuneo fiscale, perché questo i lavoratori italiani lo stanno sentendo nelle loro buste paga. L'obiettivo del Governo sarà sempre quello di ridurre le tasse, l'imposizione fiscale alle imprese e alle famiglie, perché così facendo l'economia tornerà a correre, come auspichiamo tutti. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Fregolent. Ne ha facoltà.

FREGOLENT (IV-C-RE). Signor Presidente, signor Sottosegretario, invece io sono molto felice che lei sia in Aula, un po' per l'affetto e l'amicizia che abbiamo (si può essere avversari politici, ma continuare a essere amici), ma soprattutto perché abbiamo fatto parte di uno stesso Governo. Io mi metto quindi nei suoi panni, anche perché lei ama come me la musica classica ed è persona di grande cultura, mi metto nei suoi panni elegantissimi quando, con il Governo Draghi, questo Paese aveva un PIL del 3,3 per cento nel 2021 e del 3,1 per cento nel 2022.

Dai banchi dell'opposizione, oggi attuale maggioranza, si diceva che quei numeri erano un mero rimbalzo perché avevamo avuto una pandemia più drammatica rispetto all'Europa e che non corrispondevano a una crescita economica vera, come succede nei momenti di grande crisi.

Oggi sentiamo invece dagli stessi banchi esaltare una crescita che, se va bene, sarà dello 0,8 per cento, mentre l'Istat sostiene che arriverà allo 0,3. Quando si governa bisogna essere esaltati da numeri che non sono esaltanti non solo perché non permettono di realizzare quel libro dei sogni della riduzione delle tasse che avete offerto agli italiani durante la campagna elettorale, ma perché non servono a risolvere i problemi esistenti in questo Paese.

Anzitutto, una crescita economica non soddisfacente impedisce di fare quegli investimenti che avrebbero dovuto essere realizzati dal PNRR e che in parte avete anche restituito all'Europa. Le categorie economiche sono quindi molto preoccupate. Ad esempio, una legge fondamentale per l'imprenditoria è la nuova Sabatini, che ogni anno sembra non essere rinnovata. Eppure da quella legge gli imprenditori che vogliono investire nel nostro Paese ricevono una linfa vitale.

Vogliamo parlare del mondo agricolo? Siamo passati dall'aver rimesso l'IRPEF agli agricoltori all'averla tolta in parte, ma soprattutto aver messo delle tasse, come quella sul diritto di superficie, che in audizione una categoria seria come Confagricoltura ha detto di sperare che venga superata, perché chi in passato ha rispettato la legge, si trova un balzello ingiusto.

Soprattutto, in un mondo che cambia velocemente e dove noi dobbiamo competere non soltanto col nostro vicino francese, austriaco e spagnolo, ma con il mondo intero, non investire risorse affinché la nostra industria e il nostro modo di fare impresa possano essere adeguatamente sviluppati è un male che facciamo a noi stessi. E invece pare che il Ministero che una volta si chiamava dello sviluppo economico e che adesso si chiama delle imprese e del made in Italy sia più preoccupato dal nome di un'auto, che non da come produrre quell'auto nel nostro Paese.

Da torinese posso dire noi abbiamo sempre una certa competizione con Milano, ma il gusto di vedere la parola Milano nell'Alfa Romeo non mi turbava. Forse mi turba molto di più la parola junior, perché mi sembra di vivere in un mondo non attuale e mi pare abbastanza bizzarro che, rispetto a un nome italiano, si sia preferito un nome anglofono da parte di chi diceva invece di voler togliere qualsiasi riferimento straniero nelle leggi italiane. Da torinese dico che la preoccupazione della città di Torino è se Stellantis, ex FCA, ex FIAT, continueranno a produrre nel nostro Paese, con che dimensioni e capacità.

Se leggo le dichiarazioni dei Ministri scopro, per esempio, che il ministro Pichetto Fratin ha deciso di far produrre reattori nucleari a Mirafiori. Avendo prodotto le mascherine durante la pandemia, che da servizi giornalistici sono apparse neanche troppo ben fatte, non vorrei che i reattori nucleari fatti da una fabbrica che in realtà dovrebbe fare automobili provocassero incidenti disastrosi.

Piuttosto di fantasia al potere, cerchiamo di capire come investire le risorse che il PNRR, per esempio, ha fornito per la transizione ecologica proprio in una realtà che non si è rassegnata a non avere quella fabbrica nella propria città. Non mi riferisco solo alla città di Torino, perché sappiamo che l'ex FIAT, oggi Stellantis, è in tutta Italia e ci sono lavoratori preoccupati. Il 1° maggio si va in piazza a dire: evviva, il Governo Meloni ha fatto tanto per i lavoratori. Ma, partendo dalle risposte date alle imprese e alla produzione in Italia, si riuscirebbe forse a dare più credibilità a questa frase e anche a questa festa.

Signor Sottosegretario, penso che il libro dei sogni sia una cosa molto bella, ma la realizzazione di questi sogni, in questo DEF, non c'è.

Eravamo pronti, lo scorso anno, a sentir dire: d'altronde non l'abbiamo scritto noi, siamo appena arrivati e quindi dovete lasciarci fare e darci un po' di tempo per governare, vedrete il prossimo anno cosa succederà. Ebbene, era questo l'anno in cui si doveva vedere che cosa sarebbe successo e non è successo assolutamente niente.

Concludo col dire che le preoccupazioni del mondo produttivo dovute alle incertezze della geopolitica, ma anche ad un'incertezza, ad una visione economica di questo Paese, creano un turbamento molto più forte di quanto forse le dichiarazioni di qualche presidente compiacente di qualche categoria dicano, perché quando si va nel cuore del Paese, questa difficoltà di visione viene percepita molto di più di quanto si possa credere. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Zambito. Ne ha facoltà.

ZAMBITO (PD-IDP). Signor Presidente, colleghe e colleghi, lo hanno detto molti miei colleghi prima di me, ma lo voglio sottolineare anch'io: questo DEF, che il Governo annuncia essere stato redatto in forma semplificata, in realtà è vuoto perché è vuota la vostra azione di Governo, che non ha una strategia per l'Italia. È vuoto perché è vuota la vostra impostazione, perché se da un lato le previsioni confermano un progressivo calo del rapporto fra spesa e PIL, non si possono escludere ulteriori tagli rigorosamente da fare, ovviamente, solo e soltanto dopo le elezioni europee e che oggi nascondete, anche perché basta guardare quanto sono risicati i margini per finanziare in deficit la prossima manovra. E allora, se sarà necessario, cosa andrà a tagliare il Governo? Noi temiamo che sarà tagliata ulteriormente la sanità. Dico ulteriormente, Presidente, perché a differenza di quanto si affanna a ripetere il Governo, e cioè di avere ottenuto il record di finanziamento della sanità, è vero il contrario. Lo dicono i numeri, leggiamone qualcuno, li hanno già letti alcuni miei colleghi, come la senatrice Lorenzin nel suo intervento. Nel bilancio consuntivo 2023, stime 2024 e triennio 2025-2027, la spesa sanitaria rispetto al PIL era al 6,3 per cento nel 2023, scenderà al 6,2 tra il 2025 e il 2027. Voi direte di non guardare la spesa rispetto al PIL, di parlare solo di valori assoluti. Bene, allora parliamo di quant'è la stata la spesa sanitaria nel 2023: 131 miliardi, 3,6 miliardi in meno rispetto al 2022.

Queste bugie, Presidente, stanno già diventando un boomerang. Pensate che non se ne accorgano, i cittadini italiani, che state smantellando il Servizio sanitario nazionale pubblico e universale? Basta andare al bar, incontrare le persone. Proprio ieri un mio vicino di casa mi ha raccontato che per operarsi di un'ernia avrebbe dovuto attendere un anno e mezzo e si è rivolto alla sanità privata; lui può permetterselo, ma chi non può sta rinunciando a curarsi. Lo sapete che nella stragrande maggioranza degli ospedali d'Italia a settembre finiscono le protesi di anca? Chi si rompe il femore dopo questa data deve aspettare a gennaio dell'anno successivo per operarsi. Queste cose i cittadini italiani le vedono e non credono alle vostre bugie, ma se non volete ascoltare il grido d'allarme che lanciamo noi da questi banchi e che lanciano i cittadini italiani, se li incontraste per strada, allora potreste ascoltare l'appello degli scienziati, dei medici, tra cui il premio Nobel Giorgio Parisi dello scorso 3 aprile. Questi eminenti cittadini partono dalla considerazione che dal 1978, data della sua fondazione, al 2019 in Italia il Servizio sanitario nazionale ha contribuito a produrre il più marcato incremento dell'aspettativa di vita: siamo passati da 73,8 anni a 83,6 anni tra i Paesi ad alto reddito.

I dati però dimostrano che il sistema è in crisi: arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle disuguaglianze regionali e sociali. Questo accade perché - dicono gli scienziati - i costi dell'evoluzione tecnologica, i radicali mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà della finanza pubblica hanno reso fortemente sottofinanziato il Servizio sanitario nazionale, al quale nel 2025 sarà destinato il 6,2 per cento del PIL, cioè meno di vent'anni fa.

Tuttavia, se, oltre a partiti di opposizione, non voleste ascoltare i cittadini e gli scienziati, allora potreste ascoltare il grido di allarme che qualche giorno fa ha lanciato monsignor Zuppi, che ha detto: non mettiamo in discussione una difesa della vita delle persone così attenta ed importante come la sanità pubblica; il nostro Servizio sanitario nazionale deve rimanere una garanzia fondamentale per tutti e di tutti. Lo ha dichiarato solo due giorni fa. Tuttavia, se non volete ascoltare neanche monsignor Zuppi, allora potreste ascoltare la Corte dei conti, che, in audizione sul DEF, ha certificato una condizione deficitaria per la sanità pubblica ed il fallimento delle politiche adottate. Secondo la Corte dei conti emerge un quadro di una situazione in decadimento del Servizio sanitario nazionale, che dovrebbe vedere maggiori finanziamenti. Aggiungo che servono risorse per il taglio delle liste di attesa, per l'assunzione degli operatori sanitari, per le reti di assistenza territoriale, giusto per fare qualche esempio.

Avviandomi a concludere il mio intervento, signor Presidente, se davvero le colleghe e i colleghi di maggioranza non volessero ascoltare i cittadini italiani, noi del Partito Democratico, gli scienziati, la Chiesa, la Corte dei conti, allora possono avventurarsi a dire che va tutto bene, ma saranno i cittadini italiani a tapparsi le orecchie e non credere più alle loro fanfare. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Magni. Ne ha facoltà.

MAGNI (Misto-AVS). Signor Presidente, signor Sottosegretario, comincio subito col dire che il presente Documento di economia e finanza è inadeguato alla fase che stiamo attraversando. Siamo consapevoli e sono consapevole, ad esempio, delle difficoltà e del rischio di incidere negativamente rispetto alla situazione generale data dalle guerre, dal rialzo dell'inflazione, eccetera. Tuttavia, il DEF in esame, per bocca anche del ministro Giorgetti, è prudente, anzi diremmo che è una indicazione restrittiva; addirittura noi diciamo che una scelta di questo tipo la fanno i Governi tecnici o i Governi dimissionari.

Mi viene un dubbio, però, perché ieri è successo un fatto significativo in Europa. Il ministro Giorgetti è venuto in audizione e ci ha spiegato che lui a nome del Governo aveva concordato sulla governance europea un accordo, che ovviamente era una mediazione, e ha sostenuto che era giusto farlo. La sua convinzione era che fosse corretto. Mentre per l'opposizione era chiaro che questa impostazione non andava bene, la domanda che pongo è alla maggioranza: se Lega e Fratelli d'Italia non hanno votato quell'accordo, allora dovrebbero votare contro il presente Documento di economia e finanzia, perché è redatto in funzione di un accordo stilato con le istituzioni di Bruxelles. Questo è il dato fondamentale, perché non dobbiamo aspettare la governance, è stata concordata.

Pertanto, o avete sfiduciato il ministro Giorgetti, allora rientriamo nel ragionamento di un Governo non tecnico ma dimissionario, oppure dovete spiegarmi come si deve fare.

Io sono d'accordo sul fatto che non dobbiamo accettare di ritornare all'austerità, però siete stati voi del Governo a fare un accordo che ha accettato l'impostazione maggioritaria che c'era a Bruxelles. Dovete assumervene la responsabilità.

D'altronde, l'unica cosa che fate in questo DEF è affidarvi alla questione di sostenere la domanda attraverso il cuneo fiscale e non c'è alcun intervento su questioni importanti come, ad esempio, la limitazione dei prezzi. La benzina ormai è oltre i 2 euro e non c'è niente riguardo a questo problema. Non c'è un sostegno al reddito, perché, aumentando l'inflazione, in mancanza di un recupero inflattivo i salari e le pensioni perdono potere d'acquisto. Non c'è uno strumento di coesione sociale, perché l'avete smantellato. Sulla questione del reddito di inclusione, lo sapete anche voi che l'assegno di inclusione non sta funzionando, non c'è il reddito di cittadinanza e, quindi, il contrasto alla povertà si affievolisce. I Comuni devono rispondere ai bisogni delle persone. Complessivamente, però, la condizione materiale delle persone che lavorano e dei pensionati, oltre a quelli disagiati, sta peggiorando.

In tutto questo non fate una cosa: andare a prendere i soldi là dove ci sono. Fate una manovra restrittiva, indicate una tendenza di bilancio molto restrittiva e - una cosa è chiara - non andate a prendere i soldi attraverso la tassazione delle rendite finanziarie e degli extraprofitti. Questo è il dato: è una scelta di classe che fate. In sostanza, siete molto neoliberisti su questo, ma ciò pone un problema, come dicevano altri colleghi: la questione della sanità. Non c'è dubbio ed è in questo DEF che le risorse per la sanità, in rapporto al PIL, diminuiscono di un ulteriore 0,3 per cento; in termini assoluti, ciò vuol dire 2,5 miliardi. C'è una diminuzione di fronte alla necessità, invece di andare incontro alla richiesta dei cittadini di avere più soldi per la sanità, per costruire le Case della salute, per intervenire sulle Case di comunità, per assumere personale. Anche sul contratto, prevedete solo l'indennità di vacanza contrattuale e non l'aumento contrattuale. Abbiamo parlato di eroi, di persone che hanno risposto in prima persona di fronte alla pandemia, però il contratto è scaduto, quello rinnovato è scaduto nel 2021 e adesso prevedete solo l'indennità di vacanza contrattuale.

Non c'è un piano di occupazione pubblica per rispondere all'elevato numero da una parte di pensionamenti, dall'altro per rafforzare e riqualificare il sistema pubblico. Questo è un dato fondamentale se vogliamo modernizzare questo Paese. Non esiste una politica industriale di fronte a una situazione in cui - come sapete - c'è un problema di competizione e le nostre aziende, in particolare i grandi settori, soprattutto manifatturieri, sono in difficoltà: dall'automobile all'elettrodomestico alla siderurgia, con tutte le difficoltà che ci sono. Lì ci sono migliaia e migliaia di lavoratori e lavoratrici, per non dire milioni, che hanno bisogno, da una parte, di essere sostenuti dal punto di vista produttivo, dall'altra di essere riqualificati, se si vuole affrontare il problema della transizione ecologica.

Al di là del continuare a sciacquarvi la bocca, c'è un peggioramento in materia pensionistica: si va verso la legge Fornero, anzi oltre; non si capisce dove si andranno a prendere i soldi per salvaguardare quota 103. Tutte queste cose sono concrete e sono i lavoratori e le lavoratrici in carne ed ossa che ne pagheremo le conseguenze.

In sostanza, quindi, si va in questa direzione. Che cosa voglio dire, dunque? Io voglio dire che siamo di fronte a una proposta che non ha una visione complessiva di che cosa bisognerebbe fare.

Eppure, noi abbiamo una situazione, da un certo punto di vista, unica, cioè la disponibilità economica dei soldi erogati dal PNRR. In sostanza, quella indicazione significa intervenire sulle disuguaglianze; disuguaglianze che ci sono, da un punto di vista produttivo e da un punto di vista sociale: il riequilibrio tra Nord e Sud, tra il centro e la periferia, tra le zone montane, le zone interne e le città. In sostanza, il progetto dov'è? Questo è il dato che manca. La critica che noi facciamo è una mancanza di visione complessiva da questo punto di vista.

In sostanza, voi non intervenite e continuate a non voler affrontare la questione delle retribuzioni. La questione del salario minimo è fondamentale. È necessario affrontare, da una parte, il problema del salario minimo, e, dall'altra, la questione della riduzione dell'orario di lavoro.

A fronte del fatto che verranno introdotte nuove tecnologie e di fronte all'innovazione, è necessaria una ridistribuzione complessiva; altrimenti, c'è solo qualcuno che guadagna e tutti gli altri che perdono e, allo stesso tempo, come ho già detto ieri, ovviamente c'è anche la paura di fronte al nuovo che dovrebbe avanzare.

In conclusione, servono risorse sostanziali. Da una parte, c'è il PNRR, ma dall'altra, per affrontare in modo strutturale le questioni del welfare, dei servizi e di incremento delle piante organiche servono risorse strutturali. In questo caso, bisogna andarle a prenderle dalla tassazione.

Invece, voi fate dei condoni e i furbi continuano a non pagare; anzi continuano ad aspettare a pagare, così saranno condonati. Quelli che percepiscono reddito fisso, invece, continuano a pagare sempre di più, tant'è che sono la massa rilevante che paga in questo Paese. Non si prendono i soldi dove ci sono, perché una scelta che voi avete fatto è di non tassare le grandi rendite, in mano a poche persone, e gli extra profitti.

Per questa ragione, io penso che la vostra sia proprio una visione totalmente differente dalla nostra, da un punto di vista logico, economico, finanziario e dell'impostazione della società. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Damiani. Ne ha facoltà.

DAMIANI (FI-BP-PPE). Signor Presidente, colleghi senatori e membri del Governo, sappiamo tutti bene che non possiamo eludere quello che sta accadendo a livello europeo in termini di riforme.

Quindi, nel solco di una programmazione, di un cambiamento, di nuove regole che si stanno scrivendo in seno all'Europa, noi non siamo un caso isolato. L'Italia, insieme a tutti gli altri Paesi europei, si allinea a queste nuove norme, a queste nuove regole, che entreranno in vigore nel prossimo 2025.

Già da oggi, però, è iniziato un percorso di aggiustamento ed anche di scrittura di nuovi documenti contabili. È in atto la riforma della governance europea, come è anche in atto il nuovo documento riguardante il Piano strutturale di bilancio di medio termine. Quindi, anche i documenti di economia e finanza vengono scritti in maniera differente e siamo in un momento di transizione.

Insieme ad altri dieci Paesi europei abbiamo scelto oggi di scrivere un cosiddetto DEF semplificato, che potremo tranquillamente riscrivere in corso d'opera. Nel momento in cui avremo dalla Commissione europea anche i nuovi indici, potremo riscriverlo a giugno stesso e comunque riapprovarlo anche a settembre.

Quindi, noi oggi ci siamo mantenuti in linea con quella prudenza e coerenza che, da sempre, questo Governo ha impresso ai documenti di economia e finanza. Abbiamo scritto quanto ci eravamo già detti anche nella NaDEF del 2023. Non abbiamo fatto nient'altro che mantenere e guardare quella che è oggi la fotografia economica reale del nostro Paese.

Come dicevo, a breve scriveremo dei nuovi documenti, che guarderanno anche ad un orizzonte temporale diverso e a una prospettiva diversa. Abbiamo appunto un medio termine, un orizzonte, che è quinquennale, cioè un orizzonte più di programma di legislatura.

Come dicevo, lo vedremo anche prossimamente.

Quindi vi è un nuovo sistema, anche di programmazione stessa della spesa, con un monitoraggio molto più attento e un controllo soprattutto della spesa primaria. Su questo solco - come dicevo - abbiamo scritto il DEF in esame e lo abbiamo ritagliato anche sui dati della NADEF, ma con un impegno a tornarci.

I numeri riportati nel Documento sono apprezzabili. Sappiamo bene che la crescita c'è, ma purtroppo quello che ci succede intorno, la situazione soprattutto geopolitica, incide molto oggi sull'incertezza del futuro. Quindi guardiamo oggi a questo tipo di prospettiva. Sappiamo tutti che la crescita del PIL è segnata, e c'è grazie anche all'impegno di cui abbiamo discusso ieri, quando abbiamo approvato il quarto decreto sul PNRR che vede risorse aggiuntive ed è coerente con i progetti da portare a termine e con gli investimenti che questo Paese ha deciso di fare, che influiscono enormemente sulla crescita stessa del PIL.

I dati dell'occupazione sono i migliori non so da quanti anni. Ecco perché mi meraviglio quando in quest'Aula sento tante volte riecheggiare le solite critiche, rivolte oggi a un Governo che sta lavorando in questo settore e che vede dei dati dell'occupazione migliorati rispetto a quelli degli ultimi anni. Soprattutto per quanto riguarda l'occupazione, mi sarei quindi aspettato, in particolare dalla sinistra più sindacalizzata e radicale, non dico dei complimenti ma almeno delle attestazioni positive.

L'inflazione, che - come abbiamo visto - ha mangiato i redditi dei nostri concittadini, in questo momento particolare finalmente scende e ciò porta anche un maggiore potere d'acquisto delle famiglie. Il deficit si attesta ai numeri che conosciamo (7,2 per cento) e pian piano andranno via quelle che sono le influenze del superbonus. È un discorso che è stato fatto in quest'Aula da parte di tutti e non è assolutamente uno specchietto per noi, in quanto i dati sui crediti arrivati sul superbonus sicuramente incidono e hanno inciso tantissimo sul discorso del deficit. Il debito pubblico è al 137 per cento e pian piano scenderà, perché il flusso di crediti giunti progressivamente andranno via.

Il Governo nel DEF scrive e mantiene gli impegni di legislatura: è questa la nostra prospettiva. Continuiamo a lavorare sulla riduzione della decontribuzione delle retribuzioni, proseguendo gli interventi sociali già previsti e che abbiamo messo in campo. L'impegno, che in particolar modo è una battaglia di Forza Italia, è sul cuneo fiscale e continueremo ad insistere, come abbiamo fatto in tutti questi anni. Il Governo si è impegnato in tal senso e gli interventi realizzati sono stati importantissimi per dare potere d'acquisto alle nostre famiglie.

Coerenza e prudenza: sono queste oggi le parole chiave di proiezione del DEF e soprattutto degli impegni del Governo in campo economico. Fino ad oggi, tutti i documenti approvati guardano a questa prospettiva. Gli scenari sono sicuramente oggi positivi, ma quello che ci accade intorno è ancora tutto imprevedibile. Un ringraziamento va oggi anche alle nostre imprese e ai nostri imprenditori, che hanno dimostrato, nonostante una pandemia e tutto quello che abbiamo passato in questo periodo, una grande resilienza. È oggi la forza del nostro Paese. Ecco perché dobbiamo essere al fianco dello sviluppo dell'economia e soprattutto dell'impresa.

Se guardiamo gli impegni enunciati nel DEF, restano intatti tutti quelli assunti nel settore della sanità, della trasformazione e della transizione ecologica ed energetica, con la costruzione di infrastrutture molto importanti; una strategia strutturale, per rendere strutturali le politiche importanti per la natalità, per le famiglie e per le donne in particolar modo; tutta una serie di impegni che questo Governo ha intenzione di portare avanti e che mantiene.

Poi c'è la battaglia delle battaglie. Siamo arrivati già a dieci decreti fiscali adottati su quella che è e resterà sempre la battaglia di Forza Italia e del presidente Silvio Berlusconi, e cioè la riforma del fisco. Su questo punto il Governo è andato spedito dal primo giorno e ad oggi i risultati ci danno ragione. Quindi continuiamo a mantenere fermo questo impegno; come dicevo, gli obiettivi già raggiunti sono i dieci decreti fiscali adottati.

Si prevede di rafforzare la coesione territoriale, anche grazie all'impegno, alle risorse e agli investimenti del PNRR e del Fondo complementare e ne abbiamo parlato ieri in quest'Aula. Per quanto riguarda Transizione 4.0, anche in questo caso proseguono gli investimenti per le imprese, la digitalizzazione, l'innovazione e la competitività. Ho già parlato prima del record che questo Governo ha raggiunto per quanto riguarda il numero degli occupati, che oggi vengono associati e implementati in particolar modo alle politiche attive in materia di lavoro, perché serve coinvolgere altri 3 milioni di persone, che devono appunto avere una formazione specifica per entrare nel mondo del lavoro. Quindi, al record di occupati dobbiamo aggiungere oggi, finalmente, la partenza di queste politiche attive, che coinvolgeranno circa 3 milioni di persone.

Un DEF ragionevole possiamo definirlo in questo caso, perché nell'ultimo anno e mezzo si sono buttate le basi per andare in questa direzione e avere una fotografia reale di quello che accade al Paese. Partendo da questi risultati, partendo da tutto quello che è stato fatto in questo anno e mezzo, partendo dagli obiettivi già raggiunti, il programma del Governo non cambia, nonostante in Europa siano in atto dei cambiamenti che noi guardiamo e seguiamo con interesse, insieme a tutti gli altri Paesi europei. Ecco perché noi condividiamo perfettamente oggi quello che andiamo ad approvare con questo Documento di economia e finanza e quindi condividiamo la linea imposta dal Governo. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Castellone. Ne ha facoltà.

CASTELLONE (M5S). Signor Presidente, signor Sottosegretario, colleghi, oggi ci troviamo ad assistere a un nuovo record negativo di questo Governo: la prima volta che un Governo con i pieni poteri - come vi piace definirvi - approva un DEF che è solo tendenziale. In genere questo succede per i Governi dimissionari. Voi invece siete nel pieno del vostro mandato e avete però scelto di nascondervi dietro le vostre bugie e di non dire ai cittadini cosa intendete fare nei prossimi anni. Non solo avete i poteri e i titoli per fare un DEF programmatico, ma avete anche il dovere di dire ai cittadini italiani cosa avete in programma per i prossimi anni, quali riforme e quali investimenti.

Invece avete deciso di non farlo e di continuare a parlare del passato, perché anche la discussione surreale di oggi, qui e alla Camera, è tutta basata sul superbonus, una misura che - vorrei ricordarlo - è stata gestita dal ministro Giorgetti anche nel Governo precedente. Sono tre anni che questo Ministro sta gestendo il superbonus e non mi sembra sia una novità. Se poi nemmeno riesce a classificare i crediti del superbonus, io forse una domanda me la farei. (Applausi).

Io vorrei però ringraziare il ministro Giorgetti, perché lunedì, in audizione in Commissione bilancio, ha ammesso candidamente dove intende puntare e dove stiamo andando. Il Ministro intende puntare sull'austerità, perché dire che il debito buono non deve diventare debito a tutti i costi vuol dire questo; vuol dire austerità, con tutti i suoi pilastri, con le privatizzazioni selvagge - lo abbiamo visto anche su asset strategici - con la precarizzazione del lavoro, con il lavoro povero, con i tagli alla spesa pubblica.

Mi vorrei soffermare soprattutto sui tagli alla sanità, per provare una volta per tutte a smascherare le continue bugie del Governo su questo tema.

Partiamo come sempre dai dati: anche in questo DEF, ci dicono che la spesa sanitaria in rapporto al PIL nel 2023 è precipitata al 6,3 per cento. Questi sono i dati che avete scritto voi, nero su bianco: non è l'opposizione a parlare del 6,3 per cento, tanto che "Il Sole 24 Ore" dice che si tratta del tasso di investimento più basso sulla sanità dal 2007. E, quindi, non è vero - come dice la presidente Meloni, anche in tv - che la spesa salirà al 6,9 per cento. Questa è la prima bugia (Applausi), ossia che la spesa sanitaria sul PIL scende.

La seconda bugia è sugli investimenti in termini assoluti, che vi appassionano tanto e sono la vostra ossessione: continuate a dire che invece in termini assoluti stiamo mettendo più risorse. Ma anche questa bugia viene smascherata in questo DEF, in cui c'è scritto che avete speso 131,6 miliardi nel 2022 e 131,1 miliardi nel 2023. Tra 2022 e 2023 quindi, anche in termini assoluti, la spesa è scesa: questi sono i numeri; se poi non sapete leggere quello che scrivete, è un vostro problema. (Applausi).

Prevedete un lieve rialzo nel 2024, spostando le risorse che non avete speso nel 2023, per fare il solito gioco delle tre carte a cui ci avete abituato. Del resto, hanno smentito le vostre ricostruzioni tutte le audizioni che sono state fatte, se perfino la Corte dei conti, nel rapporto che ha depositato alle Camere, ha detto che anche nel 2024 quel lieve incremento sulla spesa sanitaria totale non sarà sufficiente a coprire i costi dell'inflazione.

Ci sono poi i dati che vanno in parallelo rispetto ai tagli che state operando alla spesa pubblica, in particolare alla sanità: quelli dell'Istat ci dicono che nel 2023 le persone che hanno rinunciato alle cure - perché non possono permettersi la sanità privata e non possono attendere le liste d'attesa, che ormai sono lunghissime - sono passate da 4 a 4,5 milioni. Questa è la fotografia di un Paese che oggi si deve indebitare per accedere a un diritto. (Applausi). L'autonomia differenziata non farà che peggiorare questa situazione, se già oggi ci sono Regioni disagiate in cui la spesa pubblica è più bassa di 4.000 euro pro capite per i cittadini che ci vivono. Anche in sanità spendere di meno vuol dire fare meno prevenzione, meno controlli e meno visite specialistiche; dire a un cittadino - come rivelano i dati di Cittadinanzattiva - che deve aspettare due anni per una mammografia o mesi per una visita specialistica vuol dire fargli scoprire di avere un tumore quando ormai non si potrà più curare. Questi sono i dati ed è tutta colpa vostra. (Applausi. Commenti). Lo so, senatore Zaffini, è difficile accettare la verità, ma questo è.

Fare meno prevenzione e dire alle persone che devono rivolgersi al privato per curarsi o che le terapie per i bambini autistici, per esempio, partono solamente dopo essere stati in lista d'attesa per due o tre anni, in alcune Regioni, vuol dire di fatto condannare quei bambini a una vita con disabilità. E, quindi, state tradendo l'universalità, l'equità e la giustizia del nostro Servizio sanitario nazionale.

Poi ogni tanto provate a dare qualche ricetta e soluzione, che ascolto sempre con grande attenzione: per esempio, mi è capitato di sentirvi parlare delle vostre ricette per accorciare le liste d'attesa. Quali sono? Tenere aperti gli ambulatori degli ospedali il fine settimana o la sera. Mi chiedo allora se siamo attenti solo noi a quello che ci dicono tutte le associazioni di categoria in audizione o se ci siete anche voi in quelle aule di Commissione (Applausi). I medici ci hanno detto che più di sessanta ore a settimana, che sono i turni attuali, non riescono a fare, nemmeno se gli paghiamo gli straordinari dieci volte tanto, perché non possono lavorare di più.

Infatti quei soldi che avevate aggiunto per pagare di più gli straordinari ai medici sono inutilizzati e quindi, se quella è la vostra ricetta per ridurre le liste d'attesa, siamo proprio lontanissimi dalla soluzione del problema. (Applausi). Per ridurre le liste d'attesa ci sono due cose che dovete fare. La prima è assumere personale. Se non ve lo ricordate, c'è ancora quel blocco delle assunzioni di personale sanitario che è stato messo nel 2004 dal Governo Berlusconi (Applausi). È sempre la destra che taglia la spesa sanitaria, è sempre la destra che taglia la spesa sociale e, come l'avevate fatto nel 2004, lo state facendo adesso. Solo durante i Governi Conte abbiamo in parte sbloccato con il decreto cosiddetto Calabria le assunzioni del personale sanitario. La seconda ricetta per accorciare le liste d'attesa è spostare alcune delle prestazioni sul territorio. Ma anche questo evidentemente non l'avete capito se state tagliando 300 case di comunità e 100 ospedali di comunità nel PNRR. (Applausi).

Qual è la differenza tra noi e voi? La differenza la fanno i numeri e i fatti. Noi avevamo investito 13 miliardi di euro sulla sanità, più 16 miliardi previsti nel PNRR. Voi, passando dal 7 per cento del PIL in spesa sanitaria al 6,3, avete di fatto bruciato 14 miliardi di euro sulla sanità. Questi sono i dati. (Applausi). Per questo abbiamo depositato una legge che chiede di inserire l'investimento sanitario minimo al 7 per cento, per metterci in linea con gli altri Paesi europei. Ma noi sappiamo che i vostri tagli continueranno, non si fermeranno, perché i Governi di austerità questo fanno e, anziché vedere la protezione della salute come un investimento, lo vedono come un costo. Quello che dico, allora, è: abbiate il coraggio in Europa, dove si discute il Patto di stabilità, di chiedere non lo scorporo delle spese militari, ma quantomeno lo scorporo delle spese sulla prevenzione. (Applausi). La prevenzione, gli screening oncologici sono un investimento o sono un costo anche quelli?

Oggi leggevo i comunicati usciti dopo le dichiarazioni del Ministro alla Camera, che dice che in realtà in questo DEF c'è anche tutta la programmazione, basta saperla leggere, basta vedere quali sono stati gli investimenti sul lavoro. Forse, però, il Ministro non legge i dati del Ministero del lavoro che dice che il 10 per cento dei nuovi contratti che si stanno stipulando duran un giorno e solo l'uno per cento dei nuovi contratti supera l'anno. Quindi qual è il lavoro che state creando? Lavoro povero e lavoro precario. (Applausi).

Ha parlato anche di sacrificio. Certo è grande il sacrificio per i cittadini a cui state tagliando la spesa sanitaria, la spesa in istruzione. Certamente non c'è alcun sacrificio per le banche, per gli evasori fiscali a cui continuate a strizzare l'occhiolino, per le squadre di calcio a cui avete dilazionato il pagamento delle tasse. Di investimenti, invece, non c'è assolutamente traccia.

Presidente, come al solito, le spese di queste politiche scellerate le pagheranno i cittadini e le pagheranno soprattutto i cittadini più fragili. Noi siamo dalla loro parte e continueremo invece a sostenere che, soprattutto nei momenti di fragilità, vanno intanto aiutate le persone più fragili, più in difficoltà e a tutti auguro buona festa della Liberazione e viva l'Italia antifascista. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Garavaglia. Ne ha facoltà.

GARAVAGLIA (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli senatrici e senatori, cerchiamo di fare un po' d'ordine.

A cosa serve innanzitutto il DEF? Il DEF serve ad avere un quadro delle grandezze macroeconomiche e, sulla base di quello, poi predisporre la legge di bilancio. Ebbene, come va l'economia? Benino. Certo, potrebbe andare meglio, ma va anche meglio del previsto. Guardiamo qualche grandezza. Cominciamo dal PIL, che è la misura dell'economia.

Faremo l'uno per cento quest'anno, ma, al di là del dato, è importante il confronto con i nostri competitor europei.

Infatti, il modello flessibile dell'Italia va meglio di quelli della Francia e della Germania, strutturalmente motore economico dell'Europa. La Francia ha da tantissimi anni la bilancia commerciale in passivo e questo prima o poi diventa un problema; la Germania vede in crisi il suo modello tradizionale di sviluppo e di economia, che aveva alla base anche un vantaggio competitivo sul costo dell'energia e, quindi, deve rivedere strutturalmente il proprio modello economico; inoltre paga - come stiamo pagando in tutta Europa, ma la Germania in particolare - le scelte europee oggettivamente assurde nell'automotive per una transizione così veloce verso l'auto elettrica. Adesso forse si torna indietro, ma intanto il danno è fatto. Questo per il PIL.

L'inflazione è calata più velocemente del previsto e più che in altri Paesi europei; finalmente a giugno vedremo anche un calo dei tassi d'interesse. Negli Stati Uniti la Federal Reserve probabilmente già a giugno abbatterà i tassi e questo chiaramente farà sì che anche in Europa verranno tagliati.

Passando al lavoro, che è la vera misura di come va l'economia, il vero indicatore e anche il vero e principale obiettivo di politica economica, abbiamo raggiunto livelli record di occupazione. Questo è un dato oggettivo. La disoccupazione è calata; addirittura per il 2025 potremmo arrivare ad un tasso di disoccupazione del 7 per cento, se non anche inferiore. Sono numeri che non si vedevano da tantissimi anni.

Il debito chiaramente per l'Italia è un problema particolare - come sappiamo - ma è aumentata di molto la quota acquistata dagli italiani e questo è chiaramente un dato di stabilità. Le aste dei BOT vanno particolarmente bene. Abbiamo detto che i tassi d'interesse andranno a scendere. Quindi questa credibilità è premiata dai mercati, come dimostrano anche le agenzie di rating. Mi riferisco alla credibilità del Governo nel suo insieme e in particolare del ministro Giorgetti. (Applausi).

Insomma, l'economia tiene nonostante i venti di guerra e i molti altri problemi che conosciamo tutti. Questo è di certo merito degli imprenditori, perché l'economia la fanno le imprese e gli imprenditori, ma anche di scelte di politica economica. Vediamo allora quali sono state le principali scelte di politica economica che ha preso questo Governo, sostenute dalla Lega e dal ministro Giorgetti. Nella prima legge di bilancio del Governo Meloni, con un margine stretto e poche risorse, tutti i fondi sono stati usati per quella che all'epoca era l'emergenza: visti l'alta inflazione e il costo dell'energia, tutte le risorse sono state impiegate per tagliare le bollette e per venire incontro ai costi dell'energia, per sostenere famiglie e consumi, le imprese e la produzione. Tutte le risorse, sostanzialmente, sono state destinate a quello scopo.

La politica è scelta e spesso le scelte giuste sono anche politicamente costose. E questo in teoria, perché - a mio avviso - alla fine la serietà paga sempre; magari nel breve sono politicamente costose, ma nel medio e nel lungo termine la serietà paga. Ad esempio, quando il prezzo della benzina scese sotto i due euro, si è scelto di tagliare subito gli sconti fiscali. Politicamente è stato costoso, le opposizioni si sono lamentate, ma era giusto farlo, altrimenti si sarebbero sprecate inutilmente risorse scarse.

Nella seconda legge di bilancio, con margini stretti e poche risorse, sostanzialmente i fondi stanziati sono stati tutti utilizzati per abbattere il cuneo fiscale e, quindi, per sostenere i salari - è giusto così - in particolare i redditi bassi, per sostenere le famiglie con redditi bassi, con una misura mirata che quindi non andava in controtendenza con la stretta fiscale operata dalla Banca centrale europea, che alzava i tassi d'interesse per ridurre l'inflazione. È giusto così.

Poi la Lega ha sostenuto altre scelte di politica economica giuste, anche se politicamente costose, anche se - lo ribadisco - solo in teoria, perché alla fine è la serietà che paga, è la credibilità che paga. Così è stata fatta una stretta necessaria e giusta sul reddito di cittadinanza, con il risultato che è calata la disoccupazione ed è aumentata l'occupazione. Abbiamo il record di tasso di occupazione. Quindi, era giusto tagliare il reddito di cittadinanza.

Altro esempio: si è data una stretta e siamo alla fine della stagione folle dei bonus edilizi. Effetto: scende l'inflazione, ma è logico. Dato il peso del settore costruzioni sull'economia, la stretta sul superbonus inevitabilmente e fortunatamente accelera il calo dell'inflazione. Dell'impatto del superbonus si è già detto molto e non mi dilungo, non ripeto cose stranote. Sottolineo però un aspetto: spesso si parla di spending review, spesso si parla di razionalizzazione della miriade degli sconti fiscali (sono 226, a memoria, i crediti fiscali). Ebbene, il credito fiscale altro non è che una mancata entrata e quindi equivale a una spesa. Il credito fiscale è una spesa. Ebbene, quanto vale? Il superbonus - com'è stato detto - vale 220 miliardi; nel periodo, sono 25 miliardi l'anno. È una cifra imponente. La fine del 110 per cento è la madre di tutte le spending review: perché se vale 25 miliardi l'anno, chiudere il rubinetto vuol dire non spendere 25 miliardi l'anno. Per non parlare poi dell'effetto che questo ha sul deficit e sul debito. Fate solo un esercizio mentale: prendete le tabelline del DEF e rimettete da qui all'eternità il superbonus e aggiungete 25 miliardi in più all'anno. Andiamo a sbattere.

Chiudiamo però con una nota positiva sul debito, in particolare, che è la grandezza che più di tutte dobbiamo monitorare. Allora cito Einaudi, visto che parliamo di politica economica sana. Siamo nel 1920 e si parla di debito: cosa dice Einaudi? Lo Stato manterrà fede all'impegno assunto? Molti hanno paura che lo Stato non possa mantenere fede all'impegno assunto di pagare il 5 per cento sui prestiti di guerra e su quello ora bandito per la pace sociale. L'esperienza del passato dovrebbe in proposito essere ammonitrice. Einaudi allora fa un esempio, perché ricorda che nel 1866 il debito pubblico assorbiva la metà del bilancio e poi ricorda che nel biennio 1919-1920 il debito pubblico assorbiva il 33 per cento delle entrate. Oggi siamo al 4 per cento del PIL, il 7 per cento della spesa. Einaudi chiude così: le difficoltà finanziarie odierne, sebbene grandi, non ci devono dunque spaventare. Le supereremo, così come abbiamo vinto quelle maggiori del periodo eroico della formazione dell'Italia.

Con questa nota positiva, quindi, auguriamo buon lavoro al ministro Giorgetti, al sottosegretario Freni qui presente, al Governo tutto, con una banale constatazione. Alla fine la serietà paga, sempre. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Misiani. Ne ha facoltà.

MISIANI (PD-IDP). Signor Presidente, il Governo - lo hanno ricordato tanti colleghi e tante colleghe - ha presentato un DEF solo tendenziale, senza la parte programmatica. Il Governo ci racconta cioè come stanno andando le cose, come va l'economia, come vanno i conti pubblici, ma non ci dice nulla su cosa ha intenzione di fare per il futuro; non ci spiega come ha intenzione di impostare, almeno a grandi linee, la prossima manovra di bilancio.

Signor Presidente, il Governo politico non ha una politica economica. Questo è quello che emerge da questo DEF. Il Governo che ha l'ambizione di essere un Governo politico e di legislatura si sta comportando come un Governo balneare, come un Governo dimissionario, come un Governo che ha di fronte a sé un orizzonte temporale brevissimo.

Signor Presidente, mi lasci allora dire che un DEF così è una presa in giro nei confronti del Parlamento, una presa in giro nei confronti dell'Italia. Vi è una motivazione ufficiale, che ci è stata ripetuta in tutte le audizioni: c'è il nuovo Patto di stabilità e crescita; mancano alcuni documenti tecnici; non vi era la possibilità di costruire una parte programmatica coerente con le nuove regole.

Questa è una scusa che fa acqua da tutte le parti. E fa acqua da tutte le parti perché il Ministero dell'economia ha tutti i numeri, ha tutte le simulazioni ed è perfettamente in grado di costruire un quadro programmatico dell'economia, dei conti pubblici e di quello che sarà l'impatto della procedura di infrazione per disavanzo eccessivo che sarà aperta - come ha detto il ministro Giorgetti - a partire da giugno.

È una scusa che fa acqua da tutte le parti quella con cui il Governo ha motivato il DEF solo tendenziale, perché gran parte dei 27 Paesi dell'Unione presenterà documenti programmatici, anche se c'è il nuovo Patto di stabilità.

Signor Presidente, i veri motivi per cui il Governo ha presentato un documento solo tendenziale sono altri. I veri motivi sono che la situazione è difficile e che bisogna tenere coperte le carte, bisogna tirare a campare, bisogna scavallare le elezioni europee e amministrative.

È difficile la situazione macroeconomica, perché la crescita del 2024 - come vi avevamo detto già in autunno - è inferiore rispetto alle previsioni della NADEF, con stime che sono state abbassate, ma che sono più ottimiste rispetto a quello che dicono l'Ufficio parlamentare di bilancio, la Banca d'Italia, il Fondo monetario internazionale, la Confindustria. Scegliete voi: qualunque previsione è sempre inferiore rispetto a quello che il Governo scrive nel DEF.

La situazione macroeconomica è difficile perché la crescita nei prossimi tre anni, nel 2025, 2026 e 2027, è appesa al PNRR, la cui attuazione vale il 90 per cento della crescita tendenziale che avete scritto nel Documento di economia e finanza. Se lo attuiamo - come tutti speriamo - è possibile che quegli obiettivi vengano raggiunti; ma, se le cose non vanno, l'Italia si avvierà verso la stagnazione.

È difficile la situazione dei conti pubblici, signor Presidente, perché nel 2023 - come ci dicono i pochi numeri di questo DEF - il deficit è andato fuori controllo. Era previsto al 5,3 per cento a settembre; è salito al 7,2 nella prima stima; è arrivato al 7,4 per cento con la notifica a Eurostat di pochi giorni fa. Sono 48 miliardi di euro, non bruscolini; 48 miliardi di euro in più rispetto a quello che veniva previsto a settembre.

Pesa il superbonus? Certo che sì. A dicembre 2022 il costo era di 69 miliardi: siamo saliti a 100 miliardi a dicembre 2023 e a 122 miliardi a marzo del 2024. Anche qui, però, andrebbe spiegato che cosa non ha funzionato, perché questo è un Governo che è in carica da diciotto mesi, non da ieri. Ed è un Governo che, a febbraio del 2023, ha bloccato la cessione dei crediti del superbonus, raccontandoci che la situazione era stata riportata sotto controllo.

Da allora, mese dopo mese, i costi sono continuamente aumentati e voi vi siete svegliati solo poche settimane fa, quando i buoi erano già usciti dalla stalla. Allora dovete spiegarci e dovete spiegare al Paese che cosa non ha funzionato. Perché avete avuto 50 miliardi di euro di costi in più per il superbonus, quando ci avevate raccontato che avevate riportato sotto controllo la situazione?

Male il 2023 e, dal 2024 in avanti, la cattiva notizia è il debito pubblico, che prevedevate in lieve riduzione con la NADEF e invece torna a crescere, fino a sfiorare il 140 per cento nel 2026. Questo secondo i vostri numeri, perché, leggendo l'audizione dell'Ufficio parlamentare di bilancio, i rischi al ribasso, cioè i rischi che il debito cresca ancora di più, sono veramente importanti.

Il terzo elemento di difficoltà è il nuovo Patto di stabilità e crescita.

A tal proposito, signor Presidente, me lo lasci dire: la destra - Fratelli d'Italia, la Lega, Forza Italia - ha dato il meglio di sé. A dicembre la presidente Meloni e il ministro Giorgetti sono venuti in quest'Aula davanti a noi a dire che quello era un accordo soddisfacente, un buon compromesso. È stato detto: l'Italia ha portato a casa molto; certo non è il massimo che avremmo voluto, ma è un accordo soddisfacente. Non siete però riusciti a convincere nemmeno i vostri parlamentari europei (Applausi), che si sono astenuti sul nuovo Patto di stabilità che è stato approvato dal Governo all'Ecofin e al Consiglio europeo. Si sono astenuti perché si sono resi conto che quello non era un accordo così soddisfacente e che l'Italia non aveva portato a casa così tanto. In effetti, grazie al Patto di stabilità e crescita che avete subito - perché quello è un accordo franco-tedesco - il sentiero è diventato strettissimo.

Magari i conti rimarranno allineati a quelli della NADEF e al tendenziale del DEF, come ha auspicato il ministro Giorgetti, però bisognerà trovare lo stesso un sacco di soldi. C'è infatti una tabellina scarna che dice la ciccia di questo Documento di economia e finanza, ed è quello sulle politiche invariate, dove voi scrivete che è necessario trovare 19 miliardi nel 2025, 23 miliardi nel 2026, 25 miliardi nel 2027 - quindi un crescendo - solo per confermare quello che il ministro Giorgetti ha chiamato le cambiali - bontà sua - che sono state firmate sulla testa degli italiani quando avete fatto una legge di bilancio che ha finanziato solo per un anno il taglio del cuneo contributivo, solo per un anno la riforma Irpef, solo per un anno persino il taglietto del canone RAI. Quelle cambiali stanno venendo a scadenza e bisogna trovare un sacco di soldi. Non sapete come fare e naturalmente non scrivete come avete intenzione di recuperare quelle risorse. Vanno trovati i soldi per le politiche invariate, ma naturalmente vorrete fare qualcosa di nuovo con la legge di bilancio 2025 e 2027. Guardate che la sanità sta cascando a pezzi e c'è un tema previdenziale; ci sono le politiche per il lavoro, gli investimenti, le politiche industriali. È per questo che tenete le carte coperte: non sapete che pesci pigliare per la prossima manovra di bilancio (Applausi); perché non avete una strategia per rilanciare la crescita che sta tornando allo "zero virgola"; perché non sapete come affrontare i nodi sociali, con la povertà assoluta al massimo storico, con la precarietà e la povertà lavorativa che crescono, con la sanità pubblica che è in crisi profondissima. Non sapete che pesci pigliare perché avete promesso un fisco amico - prendo in prestito una felice espressione di un collega - ma state costruendo il fisco degli amici (Applausi), che mantiene i regimi di favore, che è sempre più indulgente e permissivo verso i soliti noti.

Non sapete che pesci pigliare, perché non sapete persino spendere i soldi che avete a disposizione. La presidente Meloni è venuta in quest'Aula a raccontarci che con la revisione del PNRR vengono stanziati oltre 6 miliardi di euro per le imprese (il piano Transizione 5.0). Siamo ad aprile e non ci sono i provvedimenti attuativi; quei soldi sono congelati, sono fermi; sono fermi gli 1,8 miliardi di crediti di imposta per la ZES. Non riuscite a spendere nemmeno i soldi che avete a disposizione per finanziare gli investimenti e la crescita. Allora tenete le carte coperte perché volete nascondere la verità agli italiani: non volete dire quali tasse sarete costretti ad aumentare; quali spese dovrete tagliare con la manovra in autunno. E non lo volete dire adesso, perché tra un mese e mezzo ci sono le elezioni europee. Bisogna andare a prendere i voti e naturalmente non si prendono i voti raccontando la reale condizione del Paese dopo diciotto mesi di Governo Meloni.

Questo è il quadro che emerge da un Documento che di fatto è una pagina bianca. È un quadro difficile, ma è un quadro in cui il Governo politico e di legislatura, il Governo che è nato con l'ambizione di cambiare l'Italia, ha deciso che è meglio rimanere in silenzio. Il vostro Governo ha rinunciato a governare e questa non è una buona notizia per l'Italia e per gli italiani. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Zaffini. Ne ha facoltà.

ZAFFINI (FdI). Signor Presidente, mi lasci iniziare questo mio breve intervento con un momento di tristezza, perché vedere colleghi di tutto rispetto intervenire in Aula su temi così fondamentali ed importanti e recitare il solito compitino, con un refrain che non li vede neanche cercare di trovare qualche aggettivo diverso o qualche sinonimo, mi sembra la solita pastetta, che non è ovviamente in nessun modo agganciata alla realtà dei fatti e che vede un mondo completamente diverso, per cui il processo alle intenzioni è la base del ragionamento e il fatto di fare i menagrami sulle spalle e alle spese dell'Italia e degli italiani è la sintesi degli interventi che ho ascoltato fino a qui, da illustri colleghi.

Ne è una prova il dibattito di ieri sul PNRR, basato su una semplice e banale constatazione, secondo cui sarà necessario ragionare con l'Europa, con la rinnovata forza di questo Governo di questo Paese, per chiederle di riconsiderare il termine del 2026, almeno per darci modo e tempo di mettere a terra i lavori avviati e gli investimenti effettuati. Ciò tiene conto di una realtà Paese che oggi "Il Sole 24 Ore" illustra molto bene e molto efficacemente, dicendo che in tre anni la spesa dell'Italia è rimasta a quota uno per cento sui fondi della programmazione europea. In tre anni, la programmazione 2021-2027 è stata tirata da questo Paese e dal suo sistema di burocrazia e di regole solo per l'uno per cento. Quindi dire che dobbiamo tentare di affrontare un discorso in sede europea che rimetta in discussione la scadenza del 2026 significa essere italiani, significa essere realisti, significa raccontare all'Europa la realtà del nostro Paese. (Applausi).

Oggi con il DEF è la stessa cosa. Non esistono i risultati di questo Governo sul versante dell'inflazione, la più bassa di tutti i Paesi europei? Non esistono i risultati di questo Governo sull'incremento di PIL che sta scritto nel DEF, il più alto di tutti i Paesi europei? Mi riferisco all'incremento programmato di PIL rispetto alla programmazione degli altri Paesi europei. Non esistono i risultati, perfettamente descritti dal collega Garavaglia, sul tasso di occupazione e sul tasso di disoccupazione, che sfiora il 7 per cento? E sì che voi avete avuto risultati straordinariamente più belli, per cui ve ne potete anche vantare. Non esiste lo spread, che era lo spauracchio di tutti i Governi fino a ieri e che oggi è in continuo ribasso? Il nostro debito pubblico viene appetito dalle agenzie di rating.

No, tutto questo non esiste. Esistono i processi alle intenzioni, il detto e non detto, che cosa nasconde l'affermazione o la virgola sull'affermazione del Ministro, che cosa è la vostra reale intenzione. Ma, scusate, colleghi, leggete le carte. Capisco che questo DEF è piuttosto corposo, però leggetelo. Vengo ad esempio a parlare della spesa sanitaria. La pagina 35 del DEF illustra il totale delle uscite correnti e disegna un percorso che parte nel 2022 con 131 miliardi e arriva al 2027 con 147 miliardi di euro, cioè sfiora i 150 miliardi di euro, cifra da tutti ritenuta come la cifra ideale di dotazione del nostro Fondo sanitario nazionale. Pagina 35 del DEF; leggetele le carte, perché poi non riuscite a commentare i numeri, se non le leggete. Nel quadriennio 2020-2023 si è registrato il seguente andamento della spesa sanitaria: nell'anno 2020 un valore assoluto pari a 122 miliardi, nell'anno 2021 un valore assoluto pari a 127 miliardi, nell'anno 2022 un valore assoluto pari a 131 miliardi e nell'anno 2023 un valore assoluto pari a 131 miliardi (gli stessi). Dove sta questo definanziamento? (Applausi).

Colleghi, parlate di dotazione del Fondo sanitario nazionale in rapporto al PIL, ma se la prima viene descritta come incrementale del 2 per cento circa e il secondo nello stesso periodo viene descritto come incrementale del 3,1 per cento, c'è bisogno di essere ingegneri informatici per capire che il rapporto tra PIL e spesa sanitaria non può che restare su quel livello, perché il PIL incrementa più della spesa sanitaria? (Applausi). Ci volete dire che è un problema del Governo che il PIL incrementa più della spesa sanitaria? Sinceramente non riesco a mettermi nei panni di chi è in grado di descrivere il quadro attuale con tale spregiudicatezza, come la collega Lorenzin, che ha fatto il Ministro in un glorioso periodo di questa Nazione, nel quale il Fondo sanitario nazionale è stato tagliato di 39 miliardi di euro. (Applausi).

Dove la trovate allora la faccia pervenire qui a raccontarci del vostro mondo ideale, come si fa a prendere voti e quello che si deve fare, quando avete sempre governato negli ultimi quindici anni senza aver mai vinto le elezioni - questo va detto, a futura memoria - e ci avete consegnato una situazione della sanità che è davanti agli occhi di tutti? La collega Castellone dice che bisogna assumere: ma chi assumiamo, se non ci sono né medici, né infermieri, né operatori sociosanitari, perché la programmazione che avete fatto prevedeva l'accesso alla facoltà di medicina per 6.000 posti, in qualche anno? Avete tenuto senza risorse i corsi di specializzazione, ai quali ha cominciato a mettere mano il Governo Draghi. Non abbiamo specialisti, non abbiamo medici. Cosa assumiamo? Volete prova di questo? Collega Boccia, glielo dimostro: gran parte delle Regioni non ha esaurito la capacità assunzionale prevista dai decreti Covid. (Commenti. Richiami del Presidente). Perché? Non ci sono i medici, perché avete fatto una programmazione privando il Paese delle necessarie professioni della sanità. È sotto gli occhi di tutti quello che ci avete lasciato. Ciò che desta in me veramente scalpore è con quale faccia venite a condannarci per le cose che avete fatto voi, dicendoci di fare quello che voi non avete fatto, e perché non facciamo le cose che ci dite che dobbiamo fare. Noi abbiamo vinto le elezioni e voi le avete perse: voi siete stati la malattia e gli italiani hanno scelto il centrodestra perché fosse la medicina; non possiamo pensare di dovervi ascoltare, specialmente quando fate analisi sconcertanti, lo sottolineo.

Mettiamoci allora in linea con i fatti: stiamo lavorando alacremente al rifinanziamento della sanità e stiamo ottenendo risultati importanti sul versante del lavoro, anche con una importante normativa in corso. Ricordo il finanziamento di un miliardo in più dei programmi di garanzia di occupabilità dei lavoratori (GOL), eccetera; non sto qui a dettagliare ulteriormente cifre, tanto poi le negate, quindi è inutile che vi dia ulteriori numeri, perché voi vi accontentate degli aggettivi, mentre cerco di parlare di numeri, ma è inutile con chi non li legge o non li vuole leggere (perché non voglio pensare che non li sappia leggere).

Detto questo, è evidente, collega Boccia, che potremmo anche mettere 147 miliardi - come li metteremo, perché è scritto in questo tanto famigerato DEF che ci arriveremo, quindi li metteremo questi danari - ma attenzione (Applausi): se non smettiamo di dare addosso al nostro sistema sanitario in questo modo, come fate costantemente ogni giorno, distruggeremo il rapporto di fiducia tra cittadino e sistema sanitario, nonché tra cittadino e Stato. (Applausi). Piegate alle logiche della contrapposizione politica l'interesse nazionale.

Lo fate quando parlate dei provvedimenti europei. Noi ieri ci siamo astenuti in Europa proprio perché volevamo di più e quel di più lo otterremo grazie a quell'astensione. Stiamo rifinanziando il Fondo sanitario nazionale, ma dobbiamo ridare fiducia al nostro sistema delle professioni, al nostro sistema dell'edilizia sanitaria; continuiamo a investire e rifinanziaremo l'articolo 20. Insomma, basta dare addosso alla salute in questo Paese, perché ci facciamo male tutti, perché, colleghi, sappiate che prima o poi, davanti a quel sistema sanitario, ci finiremo tutti, quindi vi state anche dando la zappa sui piedi. Potete fare le corna, ma così sarà. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.

Comunico che sono pervenute alla Presidenza le proposte di risoluzione nn. 1, presentata dalla senatrice Gelmini e da altri senatori, 2, presentata dal senatore Patuanelli e da altri senatori, 3, presentata dal senatore Borghi Enrico e da altri senatori, 4, presentata dal senatore Boccia e da altri senatori, 5, presentata dal senatore De Cristofaro e da altri senatori, e 6, presentata dai senatori Malan, Romeo, Gasparri e Biancofiore i cui testi sono in distribuzione.

Ha facoltà di parlare la relatrice.

AMBROGIO, relatrice. Signor Presidente, non intendo intervenire.

PRESIDENTE. Chiedo al sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, onorevole Freni, di indicare quale proposta di risoluzione intende accettare a nome del Governo.

FRENI, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo accetta la proposta di risoluzione n. 6.

PRESIDENTE. Poiché il Governo ha dichiarato di accettare la proposta di risoluzione n. 6, a firma dei senatori Malan, Romeo, Gasparri e Biancofiore, decorre da questo momento il termine di trenta minuti per la presentazione di eventuali emendamenti ad essa riferiti.

Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

FRENI, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, interverrò brevemente per replicare ai molti interventi sentiti questa mattina da esponenti dell'opposizione e citerò sporadicamente alcune frasi che ho appuntate. Non si tratta di non avere una politica economica, non si tratta di volersi comportare come un Governo balneare o di voler tenere le carte coperte, o addirittura di non sapere che pesci pigliare, ma si tratta di preferire (ma tornerò su questo punto) di evitare di scrivere sull'acqua un testo programmatico che non avrebbe una sua rispondenza. Non è un caso che il Governo, nell'accettare la proposta di risoluzione della maggioranza, ne abbia accettato l'impegno principale che risponde probabilmente anche a tutte le obiezioni che sono state fatte sino ad oggi, e cioè quello di presentare il quadro programmatico quando il piano fiscale strutturale di medio periodo sarà stato elaborato e lo consentirà. Noi possiamo continuare a ragionare con strumenti passati, cercando di costruire questa casa con una cassetta degli attrezzi che non è più attuale, ma sbaglieremmo a voler considerare questo DEF come quello dello scorso anno, a ragionare con gli stessi identici strumenti.

Vorrei dar conto di tutte le polemiche e le discussioni che ci sono state questa mattina sul tema dei bonus edilizi e, aggiungo, non solo del superbonus, ma del complesso dei bonus edilizi e del complesso nefasto della cessione del credito, che è cosa diversa e ulteriore rispetto al solo superbonus. A me piace immaginare la politica economica che un Governo deve portare avanti quotidianamente come una passeggiata in montagna. Chi passeggia in montagna sa bene che ci sono fattori ampiamente prevedibili: si può scegliere l'abbigliamento corretto, magari evitando di andare a passeggiare con le scarpe da città e mettere delle scarpe da montagna, ci si può vestire in modo corretto rispetto alla stagione, ci sono fattori moderatamente ponderabili, si può scegliere un percorso più o meno facile in ragione delle attitudini e ci sono poi dei fattori assolutamente imponderabili. Chi cammina in montagna sa che può avere le scarpe giuste, può avere l'abbigliamento giusto, può camminare sul sentiero corretto per la sua attitudine, ma che una nuvola può arrivare in qualsiasi momento e sbarrare la strada, che può venire un acquazzone in qualsiasi momento.

La politica economica è composta da tutti e tre questi elementi. Quando un Governo fa la politica economica di un Paese, amministra fattori prevedibili, fattori irragionevolmente ponderabili e fattori certamente imponderabili. Noi tutti ci siamo trovati di fronte - così rispondo anche alla senatrice Fregolent che mi aveva lanciato questo tema - a crisi congiunturali e a dinamiche macroeconomiche non ponderabili e non decise da nessun Governo nazionale. Di fronte a tali dinamiche (questa è la famosa nuvola che scende a ostruire il percorso), il Governo ha scelto una politica responsabile, che puntasse a preservare il potere d'acquisto dei redditi medio-bassi. Ha scelto questa politica, nonostante in questa nostra metaforica camminata in montagna non solo la strada fosse sbarrata da una nuvola, ma avesse anche cominciato a piovere e questa pioggia - secondo quanto esposto da Banca d'Italia, nell'audizione che ha depositato in Commissione questa mattina - vale l'8 per cento di PIL. Questa pioggia che vale l'8 per cento di PIL è la pioggia dei bonus fiscali, è la pioggia che ha drenato in tutto 219 miliardi al bilancio dello Stato. Onorevoli senatori, proviamo a parlare di numeri, come il senatore Zaffini ha lodevolmente provato a fare: 219 miliardi di bonus edilizi a fronte di 196 miliardi di PNRR. Parliamo di numeri, guardiamoli questi numeri.

Il Governo, di fronte a questa nuvola che ha sbarrato il passo, di fronte a questo acquazzone che si è trovato a dover fronteggiare (un acquazzone che, lo ripeto, vale l'8 per cento del PIL) ha scelto coerentemente, insieme all'Europa - così rispondo anche agli amici del Partito Democratico, da cui ho sentito più volte questa accusa, dicendo che non si può essere europeisti a corrente alternata - di non presentare un quadro programmatico. Tale scelta è stata concordata con la Commissione europea e questo non lo dice Federico Freni, che nulla conta ovviamente, ma la Commissione europea. Questa scelta è stata concordata per evitare, come detto, di scrivere i numeri sull'acqua, perché in assenza di un quadro programmatico, nell'ambito del Piano strutturale di medio periodo, oggi tali numeri non possono (non è che non vogliano, non possono) essere elaborati e sarebbero stati scritti sull'acqua.

È in quest'ottica che si è dato corso a una politica economica rispecchiata in un DEF certamente responsabile; una politica economica che, per tornare alla nostra passeggiata in montagna, deve consentirci non solo di passeggiare, ma anche di tornare a casa nonostante la pioggia, nonostante la nuvola, consapevoli di aver scelto - per restare in montagna - le scarpe giuste e consapevoli che non sarà certamente questa nuvola a impedirci di elaborare - uscendo di metafora - la politica economica più corretta, che è appunto quella contenuta, quanto al quadro tendenziale, nel DEF che oggi viene votato e, quanto al quadro programmatico, quella che, in ottemperanza alla risoluzione di maggioranza che il Governo ha appena accettato, sarà elaborata non appena il quadro di medio periodo lo consentirà. (Applausi).

PRESIDENTE. Passiamo quindi alla votazione.

LOMBARDO (Misto-Az-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LOMBARDO (Misto-Az-RE). Signor Presidente, signor Sottosegretario la discussione che noi abbiamo oggi sul DEF dovrebbe essere improntata ad alcuni criteri: la prudenza, il realismo e la serietà. Questo perché, come diceva il senatore Garavaglia, ciò serve per stabilire la credibilità di un Paese, la capacità per lo Stato di mantenere fede agli impegni presi.

Noi pensiamo che il DEF presentato oggi dal Governo non sia sbagliato ma sleale, perché è un documento incompleto, dove le cose taciute rispetto al futuro sono enormemente più rilevanti di quelle descritte rispetto al passato e al presente: è una delega in bianco.

L'assenza del quadro programmatico, in violazione delle norme di contabilità e finanza pubblica, è stata giustificata sulla base di precedenti del tutto diversi, cioè di scelte di governi dimissionari che non potevano, anzi non dovevano ipotecare le scelte delle politiche economiche dei futuri esecutivi. Non è mai stato fatto dai governi con i pieni poteri, come piace definirli ad autorevoli esponenti di questa maggioranza. Questa assenza è giustificata sulla base dell'incertezza delle regole del nuovo Patto di stabilità, nel momento in cui il DEF era stato predisposto; in realtà, le regole erano chiare e si sarebbero dovute seguire già prima.

A proposito del Patto di stabilità, citato da molti colleghi, è vero che tutti i partiti politici italiani, di maggioranza e opposizione, si sono astenuti o hanno votato contro il Patto di stabilità, ma c'è una differenza fondamentale ed è tra chi, per ragioni di politica interna, con una fuga preventiva dalla responsabilità sui conti, per chiari intenti elettorali, si è astenuto, e chi, come noi di Azione, ritiene che quel Patto di stabilità sia inadeguato rispetto a quella radicalità necessaria - riprendo un tema emerso da una richiesta di Mario Draghi - per aumentare la competitività, sostenere le spese in materia di difesa comune e fare gli investimenti necessari per fare davvero la transizione ecologica e quella digitale. La verità, allora, è che l'assenza del quadro programmatico nasconde i necessari correttivi sul fronte fiscale e sulla spesa necessaria a finanziarie le promesse che il Governo continua a fare. In vista delle elezioni europee ci dite quanto volete dare, ma dopo le elezioni europee presenterete il conto dei costi e direte agli italiani quanto e dove volete prendere.

Il Ministro dell'economia ha dichiarato di voler confermare le misure relative al taglio del cuneo fiscale e la riduzione delle aliquote IRPEF, che ammontano a un costo complessivo di circa 15 miliardi di euro per il 2025, ma non ha specificato con quali fondi, se intende rendere queste due misure strutturali e non ha chiarito quale dovrebbe essere la fonte del finanziamento strutturale. Forse una nuova clausola di salvaguardia IVA? Inoltre, ci sono 5 miliardi di misure previste solo per il 2024 che non sono state citate, tra cui più di un miliardo per il Mezzogiorno relativo alla ZES unica.

Lo scenario macroeconomico del DEF risulta essere più ottimistico rispetto alle previsioni di tutte le altre istituzioni: Banca d'Italia, Ufficio parlamentare di bilancio, Istat, Fondo monetario internazionale. Questo scostamento nelle previsioni è probabilmente dovuto al fatto che lo scenario illustrato nel DEF non tiene conto di alcuni fattori di rischio per la crescita. Per rientrare nella metafora del sottosegretario Freni, anche a me piace fare la passeggiata in montagna, io non credo che sia una nuvola a sbarrare la strada, ma credo che sia una tempesta a poter sbarrare la strada. La tempesta alla quale faccio riferimento è la tensione geopolitica per le guerre in Ucraina e Medio Oriente: questa sì che è una tempesta che può sbarrare la strada a chi vuole camminare in montagna.

Rispondo anche al senatore Zaffini. Noi le leggiamo le pagine, tra cui l'articolo 35 del DEF, ma non basta solo citare i dati, bisogna anche comprenderne il senso nel contesto, perché se lei mi cita un aumento della spesa in termini assoluti, ma non la compara al costo dell'inflazione, capirà bene che con quella spesa nel 2024 non ci compra neanche le cose che poteva comprare nel 2019. Ecco perché c'è il tema del rapporto rispetto alla spesa sanitaria e il deficit-PIL.

Ancora, voglio suggerire al Governo di non usare gli effetti nefasti del superbonus come alibi, ma come sprone per una maggiore e diversa responsabilità, perché il tema del crollo e della voragine nei conti pubblici si può fare sul superbonus per eccesso, ma si può fare anche sulla sanità per difetto.

Noi vi abbiamo chiesto alcune cose, quattro domande semplici all'atto della presentazione del DEF. Vi abbiamo chiesto, in primo luogo: come intendete finanziare le misure fiscali che dite di voler confermare per il 2025? Seconda domanda: per quali ragioni le previsioni macroeconomiche del DEF sono notevolmente più ottimistiche delle previsioni di tutti gli altri istituti? Possibile che tutti gli altri istituti si siano sbagliati e solo le vostre previsioni siano quelle giuste?

Terza domanda: vi abbiamo chiesto cosa intendete fare per triplicare la capacità di spesa della pubblica amministrazione necessaria per garantire la realizzazione degli investimenti del PNRR nei tempi previsti, visto che dovremo spendere ogni anno il triplo di quanto abbiamo speso fino ad oggi.

Quarta domanda: vi abbiamo chiesto se assumete un impegno per prevedere, a partire dalla legge di bilancio 2025, un graduale aumento della spesa sanitaria nel periodo di programmazione per portare il finanziamento a una quota pari all'8 per cento (non al 6, ma all'8 per cento) del PIL al termine del triennio, in linea con gli altri grandi Paesi.

Quello che è importante ed è necessario non è solo parlare di aumento della spesa, ma concepire e rendere tecnicamente realizzabili azioni concrete per riqualificare la spesa sanitaria; per riqualificare una spesa che consenta di liberare risorse per intervenire in prima battuta e con una certa urgenza sul costo del personale sanitario, sia in termini di aumento del numero dei professionisti, sia per adeguare l'inaccettabile condizione stipendiale.

Signor Presidente, queste sono le domande che, come Azione, abbiamo posto a nome dei cittadini al Governo. Queste domande non hanno ottenuto risposta ed è questo il motivo per il quale Azione voterà contro il DEF: perché noi deleghe in bianco a questo Governo non le firmiamo. (Applausi).

BIANCOFIORE (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BIANCOFIORE (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signor Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, la superficialità di certe critiche che abbiamo dovuto ascoltare nella discussione di oggi, che riflettono la dimensione surreale, rectius lunare, in cui le opposizioni paiono trovarsi ogniqualvolta c'è da esaminare un atto fondamentale del Governo, mi induce a voler chiarire alcuni punti fermi, che possiamo rintracciare anche nel Documento di economia e finanza al nostro esame.

Ai colleghi delle opposizioni mi corre l'obbligo di ricordare che il DEF non è una legge di bilancio, il DEF non deve trovare i soldi. Il DEF delinea un quadro economico, fa prospettive e tiene conto dell'andamento economico. La fotografia che ci ha fatto il ministro Giorgetti è quindi saggiamente cauta, perché il contesto economico che abbiamo di fronte lo conosciamo tutti o, forse, ancora non lo conosciamo affatto ed è quindi complicato fare previsioni.

Al momento, però, il contesto è quello di una crisi internazionale con una guerra, con le tensioni in Medio Oriente ed alle nostre porte in Ucraina; è quello in cui la BCE ha aumentato i tassi, quello in cui i costi delle materie prime e del petrolio sono schizzati alle stelle. In questa analisi cauta, giustamente cauta, noi abbiamo avuto comunque un incremento del PIL nazionale, nel 2023, dello 0,9 per cento: addirittura in aumento rispetto alla previsione della NaDEF 2023, che era +0,8 ed addirittura superiore a quella della media dell'area euro, che era +0,4. Questo significa che i consumi delle famiglie, per noi fari nella notte, nel 2023 sono cresciuti ad un ritmo significativo.

Ma vi è di più. La previsione tendenziale del tasso di crescita del PIL si attesta, per l'anno 2024, all'uno per cento, mentre si prospetta pari all'1,2 per cento nel 2025, all'1,1 e allo 0,9, rispettivamente, nei due anni successivi. Tale crescita sarà sostenuta, in particolare, dagli investimenti connessi al Piano nazionale di ripresa e resilienza e da un graduale recupero del reddito reale delle famiglie, tenuto conto che l'azione di Governo per il 2024 sta proseguendo in questa direzione.

Non lo diciamo noi, ma lo dice l'Istat, come certificano i dati alla mano nel DEF, se solo se aveste avuto la bontà di approfondire meglio le tabelle. Viene allora da domandarsi se questa opposizione sia la stessa del 2020, cioè quella che con i bonus edilizi, appunto, ha creato un sistema che ha portato ben 120 miliardi di euro di buco, di debiti fuori bilancio nei conti dello Stato, un numero che continua a crescere ed il cui saldo finale, purtroppo, vediamo salire, come ha detto poc'anzi il sottosegretario Freni, sopra i 210 miliardi. Una cifra monstre, addirittura superiore a quella degli investimenti del PNRR. Ce ne vogliamo rendere conto? Colleghi, questi miliardi di euro di debiti fuori bilancio ci ricordiamo bene a cosa sono serviti. Quando si fanno dei crediti d'imposta, le poste vanno messe a bilancio e noi lo abbiamo fatto in tanti provvedimenti. Abbiamo previsto ed appostato, ad esempio, miliardi di euro sul taglio delle bollette, sul credito d'imposta per le aziende e per gli aiuti alle famiglie. Tutte cose che sono scritte nero su bianco, i cui nomi ritornano.

Abbiamo previsto una spesa, abbiamo previsto un termine per quella spesa. Quando, invece, si lascia la libertà della trattativa privata, in altri termini si lascia a tutti la possibilità di creare debito per lo Stato senza i relativi controlli, perché qualcuno poi possa andare nelle piazze a dire che, gratuitamente, ci si può fare la casa a spese di Pantalone, ricordiamoci sempre che quei soldi non sono serviti a fare qualcosa di utile per la collettività, come un grande piano di investimento sulle periferie, ad esempio, ma soltanto ad ingrassare le file di alcuni.

Con quei soldi si è andati ad intervenire - udite udite - sul 2 per cento del patrimonio immobiliare italiano e, tanto per intenderci, noi tutti abbiamo pagato le seconde e le terze case in montagna o al mare ai ricchi, cioè a chi non ne aveva bisogno, con quasi 2.000 euro di debito a testa. Ve lo assicuro, perché anche un mio caro amico, che è miliardario, si è fatto la casa con 700 milioni che gli sono stati regalati dallo Stato. Tanto per essere chiari - lo dico a chi oggi fa finta di avere la memoria corta - con i soldi di tutti, anche di chi abita nelle periferie, abbiamo pagato magari la seconda o la terza casa di chi sta andando comodamente in ZTL, chi può permettersi il personal shopper a 300 euro al mese o magari l'armocromista. Ecco perché non accettiamo lezioni di economia da chi ha sfasciato letteralmente i conti pubblici, perché questo è quello che la sinistra, col portafogli a destra, e i Governi giallorossi ci hanno lasciato: un buco enorme, un debito pubblico pesantemente condizionato nei prossimi anni dai riflessi per la cassa del superbonus, per dirla con le parole del ministro Giorgetti.

Oggi però c'è un Governo che affronta con lucidità i temi macroeconomici in un momento difficile e incerto per il Paese. Questo DEF è un Documento serio che guarda alla realtà del nostro Paese e che permette anche agli operatori del settore di guardare con fiducia al futuro dell'Italia. Questo è un dato importantissimo e lo voglio ricordare, come pure voglio ricordare l'impegno che questo Governo e questa maggioranza si sono assunti, ossia ridurre progressivamente il deficit nel prossimo triennio. Dobbiamo e vogliamo lasciarci alle spalle l'impatto devastante dei vari bonus edilizi e assistenzialisti che drogano l'economia. Il messaggio che vogliamo dare agli italiani è, al contrario, che la stagione dei bonus a pioggia si è chiusa, è finita; che il percorso di riduzione del debito dovrà venire da una crescita economica che la politica di bilancio potrà favorire, ma solo attraverso una ricomposizione della spesa pubblica e dei prelievi fiscali, non con altro e soprattutto non con nuovo debito. Questo è quello che ci dice questo DEF, e lo dice in modo forte e chiaro.

Colleghi, statene certi, mentre voi starete ancora elaborando il lutto per il caro estinto, quel famoso "tutto gratis", noi staremo costruendo una nuova politica fiscale, tagliando il cuneo e riducendo la pressione fiscale sui cittadini e le imprese. Staremo costruendo, ad esempio, nuove politiche per la sanità pubblica, per la quale in termini assoluti nel DEF si prevede una spesa sanitaria di oltre 138,7 miliardi, cioè 7,6 miliardi in più rispetto al 2023. In altre parole, avremo il 6,4 per cento del PIL investito in sanità: un valore mai così alto. A differenza della vostra narrazione, questi sono numeri, ergo fatti.

Venendo invece al capitolo della produzione industriale e al mercato del lavoro, nel DEF leggiamo indicazioni molto favorevoli che derivano dal clima di fiducia dei consumatori e delle imprese. Non a caso, le politiche di questo Governo di centrodestra si sono concentrate nel dare un sostegno ai redditi dei lavoratori prevalentemente, ma anche riducendo la pressione contributiva, e questo ha consentito alle famiglie di recuperare il loro potere di acquisto dopo la fiammata inflazionistica. Questo avevamo promesso agli italiani, ossia dare solide certezze alle famiglie e una solida attuazione patrimoniale, perché i cittadini ci chiedono certezze, normalità, misure strutturali, programmatiche e di legislatura. Siamo orgogliosi per la fiducia che infatti continuano a darci ad ogni tornata elettorale.

Tutti gli indicatori oggi ci dicono infatti che siamo sulla giusta strada. Questo significa perseguire l'interesse nazionale e sono orgogliosa di far parte di questa maggioranza che si dimostra responsabile rispetto agli impegni assunti, senza scaricare gli oneri sulle future generazioni. Dopo anni di oppressione fiscale, questo Governo segna la discontinuità e, invece che mettere le mani nelle tasche dei cittadini, nella scia tracciata a suo tempo dal presidente Berlusconi fin dal 1994 ha il coraggio di impiegare le maggiori risorse in via prioritaria nel tagliare le tasse e dare sostegno al reddito e alla natalità. Quindi credo che il 1° maggio dovremmo tutti festeggiare per quello che sta facendo questo Governo per le fasce più deboli e per i lavoratori onesti.

Rinnoviamo quindi la nostra piena fiducia e ringraziamo il presidente Meloni, il ministro Giorgetti, il Sottosegretario qui presente e il Governo tutto per quello che stiamo facendo tutti insieme per questo nostro amato, ma bistrattato Paese. Questa è serietà, la serietà anche di questo Documento di economia e finanza. Il nostro voto, signor Presidente, è uguale al nostro orgoglio di aver detto sì e con convinzione al Governo Meloni e quindi è positivo. (Applausi).

PATTON (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATTON (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signor Presidente, Governo, colleghi e colleghe, partirei con la metafora del sottosegretario Freni, perché noi che proveniamo dalla montagna - il senatore Spagnolli anche dalle alte quote - sappiamo che nessuna nuvola ferma chi sa veramente andare in montagna.

Molto spesso chi sa andare in montagna va anche nelle bufere di neve, soprattutto se deve fare soccorso alpino nei confronti di quelli che sono sostanzialmente impreparati ad andare in montagna. Una valanga può bloccare il cammino, non certo una nuvoletta; dobbiamo, in ogni caso, saper tornare a casa anche dalla bufera e dalle difficoltà. Chi fa la guida sa bene che una spedizione deve saper mantenere la rotta e, soprattutto, conoscere la meta che si intende raggiungere. Poi credo che ci sia stato un lapsus della collega Biancofiore: doveva essere veramente una bella casa, se sono stati spesi 700 milioni di euro per ristrutturarla. (Commenti). Mi suggeriscono che si trattasse in realtà di 700.000 euro.

Presidente, sinceramente, venendo invece all'argomento di oggi, non ci convince l'argomentazione delle nuove regole europee rispetto alla mancata presentazione del quadro programmatico. Innanzitutto perché le linee generali del nuovo Patto di stabilità sono già state fissate e i Paesi, come l'Italia, in procedura di deficit eccessivo saranno vincolati a ridurre il deficit strutturale di mezzo punto di PIL l'anno. Poi è chiaro che in autunno avremo un quadro più definito delle regole e del complessivo contesto economico, ma per quello ci sarà sicuramente la Nota di aggiornamento. Ne consegue che la mancata presentazione del quadro programmatico rende lecite le congetture sull'intento del Governo di superare lo scoglio elettorale prima di dire agli italiani come stanno le cose, ossia che, siccome il Governo non può venir meno agli impegni di riduzione del debito, dovrà necessariamente tagliare servizi e prestazioni o aumentare le tasse.

I membri del Governo fanno professione di ottimismo, dicendo che il taglio del cuneo fiscale, le nuove aliquote IRPEF e tutte le altre misure introdotte con l'ultima legge di bilancio verranno confermate. Allora va da sé che l'agnello sacrificale sarà la sanità, saranno i servizi socio-assistenziali e saranno soprattutto le pensioni, con la cancellazione degli scivoli pensionistici, già fortemente ristretti con l'ultima legge di bilancio.

In questo ha ragione il ministro Giorgetti nel dire che i bonus edilizi hanno creato una voragine. Ma cosa ha fatto in concreto il Governo per bloccare questo dissanguamento delle finanze pubbliche? Il 40 per cento dei 220 miliardi sono maturati nel 2023, quando cioè questo Governo era già in carica da diversi mesi. E ancora, perché non si è avviato un negoziato in Europa per diluire gli oneri dei bonus su scadenze più lunghe, al fine di ridurre il rapporto debito-PIL già dal 2024, tagliare la spesa sugli interessi e spingere la crescita? In realtà, se si vuole fare un intervento serio sui bonus edilizi, non rimane altra strada che quella di semplificare le norme e le tipologie di bonus, riconducendole ad unità e definendo normativamente un profilo legislativo, amministrativo e fiscale che sia stabile per almeno dieci anni. Forse sarebbe meglio che rimanesse stabile anche per venti, perché è impossibile pensare ad un risanamento del patrimonio edilizio, finalizzato a contenere i costi di gestione per le famiglie e le persone, senza una stabilità delle norme e senza ovviamente dissanguare i conti pubblici.

I bonus edilizi quindi non possono diventare un alibi, perché le risorse si possono trovare; serve solo la volontà politica di contrastare l'evasione fiscale, la quale non si combatte solo attraverso l'Agenzia delle entrate, ma anche evitando messaggi su condoni e sanatorie, che generano l'idea di un generale allentamento del contrasto all'evasione e all'elusione fiscale.

Ma quel che più ci preoccupa, Presidente, è che nelle scelte di indirizzo economico mancano del tutto le politiche espansive, cioè quelle che danno impulso a una crescita che, come vediamo, è tornata ai livelli pre-pandemia, a quando l'Italia era sempre al di sotto della media europea.

L'economia è dentro una trasformazione storica, con l'intelligenza artificiale, i nuovi assetti geopolitici e la trasformazione di interi comparti produttivi nell'ottica della sostenibilità ambientale. Dove sono le misure e gli strumenti per aiutare il nostro sistema produttivo a essere competitivo rispetto a queste grandi sfide? Dove sono l'impegno per riformare lo Stato sociale, con la trasformazione del mercato del lavoro e la richiesta di nuove competenze, la riqualificazione dei vecchi lavoratori e la messa a terra di ammortizzatori sociali, per reggere l'onda d'urto di cambiamenti così profondi? Dov'è il lavoro per liberalizzare quei settori economici ancora viziati dalla presenza di interessi corporativi e di rendite di posizione che ne strozzano lo sviluppo? Dovremmo parlare di questo e non dell'istituzione della Giornata della meraviglia - pur con tutto il rispetto dovuto - o della promozione dei cammini come itinerari culturali. Dovremmo parlare più frequentemente della minaccia che per le nostre esportazioni costituisce quanto sta accadendo nel Mar Rosso e della perdita di importanza dei porti italiani a favore di quelli del Nord Europa, dell'aumento dei costi e delle ricadute inflattive. Dovremmo prestare più attenzione al tema delle materie prime critiche, sostenendo il lavoro di chi ne è alla ricerca e l'attività di riciclo e riutilizzo di quelle in disuso, con una forte economia circolare. Dovremmo cioè affrontare tutto quello che oggi è a monte e che costituisce il principale ostacolo alla nostra futura crescita e del modo con cui tutto questo possa tramutarsi in atti concreti, in misure già con la prossima legge di bilancio.

Qui invece si sceglie di non farlo e si rimanda la questione all'autunno. Se c'è un messaggio positivo, è soltanto nell'impegno a ridurre il debito. Ci preoccupa e molto la strada che già si intravede, che non è quella coraggiosa della crescita e della lotta all'evasione fiscale, ma quella bassa e poco utile dei tagli e delle nuove tasse. Se andassimo a vedere nella storia economica dell'Italia il periodo di maggior sviluppo del Paese, vedremmo che si tratta di quello in cui c'erano un basso rapporto tra PIL e debito pubblico e soprattutto un grande risparmio privato.

Per tutte queste ragioni, signor Presidente, il nostro Gruppo esprimerà un voto contrario al Documento di economia e finanza. (Applausi).

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, «Questa sera si recita a soggetto» è il titolo di una famosa opera teatrale scritta da Luigi Pirandello, andata in scena per la prima volta in questa città nel 1930. Pensi un po' all'ironia della storia, signor sottosegretario Freni: la compagnia che mise in scena per la prima volta quest'opera era di proprietà di un impresario che si chiamava Guido Salvini. Cosa diceva quest'opera teatrale? Indagava sull'autoritarismo del regista, speculava, approfondiva e interrogava il rapporto degli attori con il pubblico e soprattutto articolava una messa in scena senza un copione predeterminato, appunto a soggetto, inventando.

Ebbene, se volessimo traslare dal genio di Pirandello alla nostra realtà quotidiana, potremmo dire che in qualche misura si indaga, se non proprio sull'autoritarismo del regista di questo Governo, quantomeno sulla sua postura volitiva, sulla sua attività determinata, sulla postura presidenziale della Presidente del Consiglio, che non manca mai di rivendicare, anche come momento di cesura rispetto al passato, la capacità sua e di questo Governo di assumere finalmente decisioni precise, nette e chiare, nell'interesse supremo della Nazione, naturalmente.

Potremmo anche parlare del rapporto degli attori delle forze politiche con il pubblico, in una politica oramai ansiogena, sempre alla costante e continua ricerca di una permanente legittimazione in ogni suo passaggio, forse perché intimamente convinta di non essere all'altezza della curva storica chiamata ad attraversare e vivere.

Lo stiamo vedendo anche nel modo in cui verranno composte le liste elettorali delle prossime elezioni, uno sforzo di ricerca legittimante perché evidentemente si sente il bisogno di trovare qualcosa che non sia dentro di sé. Ma soprattutto, visto che parliamo di economia, è una messa in scena occasionale: non imparando a memoria le battute, gli autori le creano da sé e inventano, perché basterebbe leggere l'incipit della relazione che voi avete consegnato a questo Parlamento per chiuderla qui la discussione. Vi si scrive: «Gli obiettivi di politica economica dei prossimi anni saranno definiti nel Piano strutturale di bilancio di medio periodo entro il prossimo 20 settembre». La potremmo anche chiudere qui questa discussione, siete venuti a dirci nulla, forse perché nulla pensate. (Applausi). Ma nel frattempo, dovendo pur riempire il tempo e le carte, avete dato - paradosso per un Governo di destra che si richiama alla destra storica - ragione agli epigoni del 1968, cioè avete portato la fantasia al potere. Ci avete detto che la crescita il prossimo anno sarà l'1,2 per cento. Poi vi siete dimenticati di prendere il foglio del come, ma in questo forse Crozza vi potrà correre in aiuto. Ci avete detto che il deficit si ridurrà dal 2025, anche qui dimenticandovi di spiegare come questo sia possibile e poi avete detto che il rapporto deficit-PIL insidiato quest'anno dalla vicenda del superbonus, tornerà in condizioni ordinarie a seguire dal successivo anno rispetto al 2025. Insomma, la fantasia al potere.

Intanto, la realtà incede, arriva, è dietro l'angolo e voi la conoscete bene. La realtà drammatica è che l'anno prossimo questo Paese sfonderà il tetto psicologico dei 3.000 miliardi di debito pubblico, perché non avete fatto nulla per fermare questa dinamica. La realtà è che dall'anno prossimo serviranno 20 miliardi per prolungare le misure temporanee che avete introdotto all'interno delle misure approvate una tantum all'interno di questo Parlamento. La realtà è che è dietro l'angolo la procedura di deficit eccessivo che scatterà per l'Italia dopo le elezioni. Voi avete bisogno di scavallare le elezioni europee e per questo vi siete presentati qui con un foglio bianco e con un racconto inesistente. (Applausi).

Il principale epigono di questo racconto è stato un passante, perché se qualcuno, forse scendendo da quelle montagne a cui faceva riferimento nella sua irenica descrizione il sottosegretario Freni, ascoltasse il ministro Giorgetti, potrebbe definire il Ministro dell'economia e delle finanze nel nostro Paese un passante. Tralasciamo pure che il ministro Giorgetti per trentanove mesi su cinquantaquattro della scorsa legislatura non è stato proprio un passante, ma è stato nel Governo prima come Sottosegretario del Governo Conte 1 - quello del reddito di cittadinanza, sottosegretario Freni, non so se questo le dice qualcosa - e poi come Ministro dello sviluppo economico del Gabinetto Draghi. Insomma, il ministro Giorgetti, che adesso viene qui e ci racconta che la colpa è tutta di quelli che sono venuti prima, dovrebbe un po' fare pace con sé stesso: o era un avatar, oppure c'è qualcosa che non funziona più in questa dissociazione di chi ci viene a spiegare che la colpa è sempre di quelli di prima, che casualmente, contingentemente sono quelli di adesso, dicendoci molto del livello di deresponsabilizzazione della cifra di questa politica e di questa classe dirigente.

Nel 2023 Giorgetti il passante era Ministro dell'economia: è venuto in quest'Aula e ci ha detto che, per gli effetti deprecabili e deprecati del superbonus, eccetera, (superbonus prorogato da quel Governo di cui lui faceva parte), si sarebbe dovuto mettere mano alle casse per 13 miliardi aggiuntivi. Questo nel 2023. Quest'anno è venuto e ci ha detto che nel 2023 si è dovuto mettere mani alle casse per 64 miliardi. Scusate, ma visto che c'eravate solo voi nel 2023, chi li ha sbagliati questi conti e come mai adesso ci venite a raccontare questa storia? (Applausi). La verità è che, per la vostra responsabilità, stanno arrivando 18 miliardi di tasse. Se lo vogliamo dire in modo un po' più comprensibile, 100 euro al mese per ogni famiglia, perché è evidente che l'incrocio di tutti questi aspetti e il fatto che voi non ci state dicendo come interverrete produrrà un'operazione di questo genere, cioè un aumento di tasse, con buona pace di tutte le chiacchiere che avete fatto e che farete nelle prossime settimane.

Anche a questo proposito Giorgetti il passante ci è venuto a dire in Parlamento che il debito costa, che il debito non buono non va bene, perché lascia un'eredità alle future generazioni. Se ci fosse qui il presidente Monti avrebbe un sussulto davanti a quest'affermazione del ministro Giorgetti. Poi i senatori del suo partito ieri in quest'Aula sono venuti a spiegare che non esiste il debito, perché emettere debito è rimettere in circolo l'economia, anzi fa bene fare debito. Mettetevi d'accordo, perché quando un esponente di una forza politica dice in quest'Aula che è giusto fare debito, mentre il Ministro dell'economia, della stessa forza politica, afferma che il debito sta correndo eccessivamente e che bisogna recuperare politiche di austerità, ci trasmette esattamente quello che Kierkegaard descriveva con una bellissima frase che è la descrizione icastica di questo Governo: la nave è ormai in mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta, ma il menu del giorno. Per questo voteremo contro la proposta di risoluzione di maggioranza.

MAGNI (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAGNI (Misto-AVS). Signor Presidente, devo dire che, dopo aver ascoltato tutta la discussione generale, nella mia dichiarazione di voto sarò ancora più fermo nella mia convinzione che il fatto di non aver presentato dei numeri all'interno del DEF è una scelta non solo grave e irresponsabile, ma che di fatto vuol nascondere agli italiani prima delle elezioni (quindi è una scelta politica elettorale) la verità su come si intende rispondere, ad esempio, a una delle questioni sollevate anche nella discussione generale, perché se si vogliono mantenere il cuneo fiscale e la questione delle aliquote occorrono 19 miliardi di euro. Nel Documento, però, non è scritto dove si prendono. È vero che il DEF non è la manovra finanziaria, ma dà un'indicazione di tendenza rispetto a cosa si intende fare.

L'anno scorso il debito è stato finanziato con un ulteriore debito di 16 miliardi. Si va in quella direzione, come si fa? Continuate a sostenere anche in questa sede di farlo senza delineare una traiettoria, che è il compito poi del Documento di economia e finanza. Il Sottosegretario ha utilizzato la metafora dell'andare in montagna; il problema è che non bisogna solo spiegare la metafora, ma anche la traccia, cioè dove si vanno a prendere i soldi, anche perché voi avete detto e ripetuto di aver fatto un accordo con l'Europa, in sostanza quell'accordo che ieri i Gruppi parlamentari di maggioranza hanno rifiutato. Meno male che lo avete rifiutato, perché quella che avete accettato è una gabbia molto stretta, fatta per alcuni versi di lacrime e sangue, che gli italiani conoscono bene già dal passato.

Delle due l'una: non è che si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, perché non funziona. Bisogna che diciate chiaramente che volete metterlo in discussione, ma questo è un po' complicato, visto che tutti i partner a livello europeo e la stessa Presidente del Consiglio avevano stretto questo accordo a livello europeo. In sostanza, ci state volutamente nascondendo, con un Documento vuoto, come stanno i fatti.

Quindi, è inutile spiegare e leggere i dati, quelli li leggiamo tutti. Vorrei rispondere a qualcuno che ci ha spiegato prima che non capiamo bene come funzionano le cose, compreso il superbonus, perché non mi risulta che molti di voi stessero all'opposizione. Certo, la forza di maggioranza oggi era all'opposizione, ma molti altri stavano al Governo nelle scelte fatte sul reddito di cittadinanza, sul superbonus e molte altre. Adesso si accusa che questo produrrà un buco enorme, però dove siete stati fino a ieri? In più, come ebbi a dire in quest'Aula già alla fine del 2022 la toppa che stavate mettendo sul superbonus apriva una voragine, però mi avete detto che ero una Cassandra. Dopodiché in questo anno e mezzo abbiamo modificato cinque volte il superbonus, si è intervenuto cinque volte sulla questione senza risolvere il problema; anzi, tutte le volte peggiorando la situazione, perché tutti gli interventi fatti in termini parziali hanno fatto sì che si accelerasse la discussione. È il superbonus al 110 per cento o sono le facciate? Ho sentito sempre, nella discussione di questi giorni, ieri in particolare, parlare della questione delle facciate, anziché del superbonus.

La domanda a cui però non ho mai avuto risposta è quali sono i risparmi, perché la logica di quella impostazione era mettere in sicurezza le abitazioni e ridurre il consumo energetico. Parliamoci chiaro: dopo il lockdown i bonus hanno contribuito ad alzare il PIL di questo Paese e a produrre ricchezza. Oggi ci presentate una proposta che è molto al di sotto, perché l'unico momento di crescita è avvenuto dopo il lockdown, grazie anche a quegli interventi. Questo è il dato fondamentale. Non si può prendere solo un pezzetto delle questioni in campo per fare un ragionamento. Il problema è che voi state nascondendo questo indirizzo. Per questo vi ho posto la domanda e insisto su questo dato.

È ovvio che siamo in una situazione in cui rischiamo di perseguire un ragionamento "lacrime e sangue" sulla pelle dei lavoratori, perché anche qui svendete il fatto di intervenire sulle tredicesime, dando 80 euro una tantum, mentre vorrei sottolineare che il 1° maggio lo festeggerò mobilitandomi e partecipando a manifestazioni insieme ai lavoratori e alle lavoratrici, che sono in tutto 12 milioni: 7 milioni aspettano il rinnovo contrattuale ante 2023. I contratti scaduti sono 29, come ha detto il CNEL, non lo dico io; 6,9 milioni di lavoratori hanno un contratto scaduto e ad altri scadrà nel 2024, quindi la questione coinvolgerà 12 milioni di lavoratori. Io manifesterò con quei lavoratori per chiedere il rinnovo contrattuale.

Vorrei capire cosa facciamo tutti insieme, il Governo in particolare, per favorire il rinnovo di quei contratti, in particolare in modo equo, che non si rinnovano per la difficoltà della situazione. Cos'è che si favorisce in quell'indirizzo? Nello stesso tempo, la cosa che vorrei sottolineare è: dove si vanno a prendere i soldi?

Sostengo un altro elemento che ho già ripetuto più volte. Il problema è che bisognerebbe parlare, ad esempio, di chi paga maggiormente in questa situazione. Dovrebbe pagare - secondo quanto ci dice la Costituzione, nata dalla Resistenza e quindi antifascista - chi più possiede. Quindi chi più ha più deve pagare. Questo è un dato sancito dalla Costituzione antifascista, per cui domani molti si mobiliteranno nel Paese.

Occorre dare una risposta in questi termini, rispettando in sostanza questo principio. Per questa ragione bisogna tassare chi ha molti patrimoni, chi ha molte rendite e, nello stesso tempo, chi ha percepito gli extraprofitti. Ma questo voi non lo fate. Questo è il dato. Dovreste dire al Paese questo, laddove, in sostanza, farete pagare i soliti, cioè i lavoratori e le lavoratrici, i pensionati e le pensionate, che un giorno si arrabbieranno anche loro.

E se smettono di contribuire coloro che hanno un reddito fisso, questo sarà un problema grave per tutti. Quindi, evitiamo di continuare a discutere in modo astratto. Cerchiamo di dare tutti un contributo e di far sì che questo Paese abbia un'inversione di tendenza da un punto di vista della giustizia sociale e della giustizia fiscale. (Applausi).

GASPARRI (FI-BP-PPE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GASPARRI (FI-BP-PPE). Signor Presidente, il Documento di economia e finanza ci appare molto responsabile, con numeri veri. Prende atto perfino del fatto che il 2023 dovrà registrare un deficit di bilancio del 7,4 per cento invece del 5,3. Ciò anche a causa della politica del "gratuitamente", che ha portato a costi notevoli per alcune misure che, se potevano apparire virtuose all'inizio, poi, nella loro prosecuzione, si sono accompagnate a tante violazioni e a tante truffe. Oggi, i due punti di percentuale del deficit sono dovuti al superbonus.

Il Governo Meloni ha dovuto quindi avviare una politica responsabile, già dai primi suoi passi, e con diversi decreti economici ha cercato di rimettere la situazione sulla giusta carreggiata. L'utilizzo diligente ed efficiente della spesa pubblica deve ancora, però, fare i conti con la condotta disinvolta degli anni passati: quando il Patto di stabilità e crescita europea era sospeso e, un po' per le emergenze in corso e un po' per le scelte sbagliate, che pure ci sono state, la situazione si è in qualche maniera compromessa.

Questo Esecutivo e anche il Parlamento con il suo lavoro emendativo hanno cercato, in questo anno e mezzo circa, di mettere in campo misure concrete per il rilancio dell'economia: misure per la famiglia, misure per l'occupazione, misure per le imprese.

La decontribuzione, che dovrà proseguire anche nel prossimo anno con dieci miliardi, è una delle misure fondamentali. Anche sulla spesa sanitaria si fanno molte polemiche, ma la realtà è che questa spesa è passata, dai 131 miliardi nel 2023, ai 138,7 miliardi nel 2024, con programmazione di incremento ulteriore negli anni successivi, arrivando quasi a 148 miliardi nel 2027. Quindi, un impegno concreto per la salute.

Anche quelli che fanno le valutazioni in riferimento al prodotto interno lordo, cercano poi di dimenticare gli effetti di altre vicende, come il Covid-19 e altre, per il crollo di questo indicatore. Quindi, noi diciamo che, anche nella sanità, la spesa è significativa e importante. Poi, la sanità è un campo nel quale si deve continuare a lavorare col territorio e con le Regioni.

Quindi, c'è chi ha fatto della politica del "gratuitamente" e della irresponsabilità la propria scelta e chi invece cerca di dare un sostegno all'economia reale e all'occupazione.

Abbiamo anche affrontato il tema del PNRR. In questi giorni siamo tornati con altri provvedimenti. Le rate sono state pagate, il Piano è stato riscritto molto più puntualmente, con maggiori risorse: oltre 194 miliardi. C'è stata l'azione di un Governo che è venuto sempre in Parlamento a rispondere puntualmente, ad accompagnare i provvedimenti, ad esaurire le richieste dei parlamentari.

I piani precedenti, dei Governi Conte e Draghi, erano stati semplicemente respinti al mittente per inattendibilità: questa è la realtà della cronaca recente. (Applausi). Allora, colleghi, è chiaro che ci sono delle incognite.

Anche per quanto riguarda la polemica sul Patto di stabilità, trovo assolutamente logico che, di fronte a una nuova stagione che si apre in Europa (si voterà l'8 e il 9 giugno, ci sarà una nuova Commissione europea e ci sono dei temi aperti), la revisione del Patto forse è più giusto che la debbano affrontare la prossima Commissione e il prossimo Parlamento europeo. Riteniamo altresì che alcune direttive sulla transizione ecologica, sulla casa, sull'automobile, sui temi dell'agricoltura debbano essere riesaminate. Forza Italia farà il suo dovere, perché sta nel PPE, che sarà il gruppo politico più numeroso e più importante anche nella prossima legislatura e che potrà indicare, con il rispetto di tutti i grandi tecnici italiani ed europei di ogni Paese, il Presidente della Commissione europea, nell'alveo della politica e del PPE. Quindi è ovvio che in Europa, a fine legislatura, a fine mandato dalla Commissione, considerato che anche le vicende di queste ore hanno creato qualche discussione, si guardi più al futuro.

In conclusione, signor Presidente, noi vogliamo ricordare, al di là delle proposte di risoluzioni, del DEF e della provvisorietà di esami che saranno poi ripresi con la legge di stabilità e con situazioni più definite, che noi questi mesi e in questi anni registriamo: 700 miliardi di titoli di Stato in mani italiane; un record storico del BTP Valore; abbiamo lo spread a 134 punti, ossia molto al di sotto di epoche passate; è aumentato il tasso di fiducia dei consumatori; ci sono stati 523.000 posti di lavoro in più, quindi non l'assistenzialismo fallito del reddito di cittadinanza (Applausi), ma la creazione di posti di lavoro. Il lavoro è la prima emergenza, è la prima necessità di un Paese; non l'elemosina, la precarietà, l'inganno e lo sperpero, ma la creazione di lavoro, che è un concetto estraneo ad alcuni. Abbiamo il record di occupazione al 61,9 per cento a febbraio. L'inflazione è rientrata in termini accettabili al 2,8 per cento.

Il PIL vorremmo che crescesse di più, certamente, ma occorre tener conto della guerra e degli attacchi. Anche quelli che sventolano le bandiere della Palestina e di Hamas si ricordino che i fondamentalisti mettono in crisi i commerci internazionali. Quei droni degli Houthi che attaccano navi che portano merci stanno avvelenando l'economia mondiale (Applausi), non soltanto le vite delle persone. La libertà dei commerci è la premessa per la ricchezza delle Nazioni: questa è una concezione liberale, altro che i droni con le bombe dei fondamentalisti, che sono tutti collegati dall'Iran, agli Houthi dello Yemen e ad Hamas.

Credo che domani qualcuno si debba ricordare che si celebra la festa della liberazione dell'Italia e dell'Europa dal nazifascismo, non la festa di Hamas (Applausi), come qualcuno sembra di avere deciso in qualche università. Noi onoriamo quella festa e quella scadenza, e non prendiamo lezioni, perché sono altri che la stanno trasformando in un'altra cosa, con punte di antisemitismo che anche oggi nel servizio pubblico radiotelevisivo sono emerse. Voglio solidarizzare anche qui con la senatrice Mieli, che in un programma radio si è sentita chiedere: «ma lei è ebrea?». Che facciamo, mettiamo il cartello? Non si ammettono gli ebrei nelle trasmissioni di Radio 1? L'economia c'entra anche con questo, anche con le guerre e le tensioni internazionali.

Presidenza del vice presidente CASTELLONE (ore 15,05)

(Segue GASPARRI). Faccio parte di un movimento politico che ha avuto il più grande pacifista della storia, perché la pace l'hanno realizzata uomini come Berlusconi che parlavano con i cattivi del pianeta (Applausi), con i soggetti pericolosi, con i Gheddafi o con i Putin. Parlare di pace con i buoni è facile; portare al tavolo della pace i riottosi, quello è pacifismo, non aggredire i poliziotti in nome del pacifismo. (Applausi). Anche da questo punto di vista concludo l'intervento dicendo che oggi ringrazio il ministro Zangrillo e i Ministri che con lui in queste ore, precisamente alle 16, siederanno al Ministero della funzione pubblica con il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno e il Ministro della difesa, per aprire le trattative per il nuovo contratto per le Forze di polizia e le Forze armate (Applausi). Ciò grazie ai soldi che questo Governo ha messo nella legge di stabilità dello scorso anno (più di 1 miliardo) e che noi abbiamo anche contribuito ad integrare in Senato. Quel contratto i Governi precedenti non lo hanno rinnovato (Applausi), perché forse stanno dalla parte di chi aggredisce il popolo in divisa. Noi invece stiamo dalla parte di chi gli dà un contratto migliore e proprio oggi quelle trattative si aprono.

Voteremo pertanto a favore della proposta di risoluzione che abbiamo sottoscritto e del DEF, ma soprattutto di una politica economica che, visti i tempi che il mondo sta vivendo, è positiva, apprezzabile e crea occupazione. Ci auguriamo inoltre che con l'aiuto di un'Europa che sia madre dei suoi popoli e non matrigna, questa politica possa crescere a ritmi diversi. E ci auguriamo anche, se qualcuno smetterà di seminare odio e guerre nel pianeta, che si possa festeggiare davvero la liberazione non solo del passato, che ricordiamo, ma quella di oggi da guerre, conflitti e dal bisogno. La politica economica serve infatti a creare lavoro, occupazione, sviluppo e benessere. Per questo, voteremo convintamente a favore. (Applausi).

Saluto ad una rappresentanza di studenti

PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti dell'Istituto di istruzione superiore «Pietro Aldi» di Grosseto, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).

Ripresa della discussione del documento LVII, n. 2 (ore 15,08)

TURCO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TURCO (M5S). Signora Presidente, dopo diciotto mesi ci saremmo aspettati un atto di responsabilità del Governo nello scrivere questo secondo DEF. Oggi discutiamo infatti un Documento di economia e finanza in bianco, carente di informazioni, vuoto di contenuti, reticente nei suoi aspetti programmatici e nei suoi aspetti essenziali. Si rinvia tutto a settembre. La verità è che il Governo non ha avuto il coraggio, prima delle elezioni europee, di dire agli italiani che arriveranno tagli e tasse, per la disastrosa politica austeritaria che in questi diciotto mesi il Governo ha attuato. Si sta così occultando l'incapacità del Governo a programmare il futuro del Paese e questo DEF lo dimostra tutto. Non era mai successo, Presidente, che un Governo non dimissionario rinunciasse a programmare il futuro del Paese; eppure negli ultimi anni sono state tante le crisi che sono state affrontate. (Applausi).

Un grazie va anche rivolto al ministro Giorgetti, perché finalmente nelle audizioni ha detto qual è la politica economica del Governo, qual è la linea economica che il Governo intende seguire: è una politica austeritaria, in cui il superbonus non c'entra assolutamente nulla. È una politica austeritaria alla cui base c'è il neoliberismo, con la sua politica restrittiva, con una scarsa crescita, con il processo di privatizzazione che questo Governo ha già annunciato, così ambizioso, di alcuni asset strategici, con la precarizzazione del lavoro, con il lavoro povero, con uno Stato sociale ridotto ai minimi termini e con uno Stato che non c'è più.

Con questa politica austeritaria si stanno compromettendo le future generazioni, con il risultato di far ritornare il Paese nella trappola del debito, che abbiamo vissuto per decenni negli anni addietro. L'atteggiamento che pervade l'intero DEF è proprio quello dello studente impreparato, che di fronte alla cattedra dell'arcigno professore prende tempo, racconta che è tutto a posto e che mostrerà il quaderno con tutti i compiti fatti a settembre.

Però, Presidente, il rischio è che a settembre il Paese si troverà in seri guai, perché da una parte il Governo dovrà trovare circa 20 miliardi solo per confermare le misure adottate nell'ultima legge di bilancio, tra cui il cuneo fiscale e la riduzione delle aliquote fiscali, a cui si aggiungono però anche 13-14 miliardi per il rientro del deficit. Poi il Governo dovrà anche spiegare al Paese che ha già programmato una riduzione forte della spesa primaria 2024-2027 di circa 70 miliardi di euro, perché la spesa primaria passerà dal 47,2 per cento al 44 per cento del PIL (oltre tre punti percentuali). Nell'ambito dello scenario prefigurato nel DEF, noi ci chiediamo come farà il Governo a finanziare la riforma della non autosufficienza, i livelli essenziali nel sociale e nella sanità, così come l'autonomia finanziaria, la riforma fiscale, la flat tax, il superamento della legge Fornero e l'abolizione delle accise sulla benzina. Tutte ipotesi e tutte promesse al vento.

Anche in questo caso però, Presidente, il Governo Meloni ricorre ad un espediente: è sempre colpa di qualcun altro. In questo caso nelle audizioni abbiamo ascoltato il ministro Giorgetti parlare della congiuntura internazionale, delle nuove regole del Patto di stabilità e soprattutto del famigerato superbonus.

Io parto da quest'ultimo tema, il male di tutti i mali, bandiera del MoVimento 5 Stelle che noi difendiamo, anche se l'avremmo gestito diversamente da come è stato fatto, prima, dal Governo Draghi e, poi, da questo Governo per circa diciotto mesi. (Applausi). Noi abbiamo avuto l'intuizione e il merito di averlo introdotto, però in quei sei mesi di Governo Conte II noi eravamo in quei parametri prefissati. È stato prorogato nel corso del Governo Draghi, con il voto dell'attuale maggioranza, e poi anche modificato, nel febbraio 2023, dal Governo Meloni che non l'ha bloccato, non l'ha cancellato, ma ha posto delle restrizioni che hanno prodotto la corsa all'accaparramento. Questo è quello che è accaduto. Avete sbagliato inoltre le previsioni sul superbonus nel DEF 2023 perché avete previsto una spesa sul superbonus di circa 17 miliardi, che poi è schizzata per la mancanza del monitoraggio concomitante, che noi avevamo già proposto nel corso del Governo Draghi, ponendo un tetto, andando a revisionare le percentuali e anche i destinatari; proposte che il MoVimento 5 Stelle ha avanzato già nella scorsa legislatura, ma che non avete accolto.

Presidente, avete parlato di un buco di bilancio di 200 miliardi; buco che non c'è sia perché nessuna delle autorità istituzionali lo ha accertato, sia perché i mercati finanziari sono tranquilli; tant'è vero che lo spread è ai minimi storici. Si tratta quindi di illazioni. Però, Presidente, con riferimento a questo tema, parlate solo della parte del costo, perché siete ossessionati dal costo debito. Vorrei però ricordarvi che, a fronte di quel costo e del segno dare, c'è anche un segno avere che dimenticate sempre. Il segno avere della crescita record del PIL in tre anni, che supera il 13 per cento, delle entrate fiscali aumentate di 140 miliardi, dei posti di lavoro incrementati di oltre 900.000 unità, del debito pubblico che si è ridotto di oltre 17 punti grazie alla crescita record.

Secondo tema: il Patto di stabilità. Con riferimento all'impatto di tale misura sul DEF, il Governo ricorre alla scusa sempre equiparabile dello studente impreparato che dice che è inutile studiare adesso quando a settembre cambieranno i libri di testo. Tradotto: inutile fare adesso programmazione economico-finanziaria quando a settembre cambieranno le regole sul rientro del debito e del deficit. Il Patto di stabilità si preannuncia un patto dell'austerità; questo è quello che voi avete supinamente accettato e votato. Ricordo che la vostra astensione di ieri al Parlamento europeo equivale ad un voto positivo e noi siamo orgogliosi di essere stato ieri l'unico partito a votare contro quel patto scellerato. (Applausi). Il miglior accordo possibile: così è stato persino definito dalla Meloni e dal ministro Giorgetti. (Applausi). È stato però il miglior accordo possibile per le oligarchie finanziarie che stanno dietro ai vostri partiti. Questa è la santa verità. Si tratta di un patto scellerato di lacrime e sangue che costerà agli italiani oltre 13 miliardi l'anno.

In ultimo, Presidente, con riferimento al deficit del 7,4 per cento, un vero primato per il Governo Meloni in Europa, questo è il risultato che ha portato l'Italia a essere tra i primi in Europa.

Tre sono i motivi essenziali di quel 7,4 per cento che neanche avete avuto la capacità di prevedere: l'azzeramento della crescita (zero virgola), l'effetto panico per il decreto sul superbonus, che ha fatto correre all'accaparramento, e poi l'artificio contabile del ministro Giorgetti, che ha spinto Istat ed Eurostat a scaricare tutto il costo del superbonus nel periodo del 2021-2023.

In conclusione, signor Presidente, l'unica speranza che abbiamo è il PNRR, ma anche quello state distruggendo. Ormai non è più un piano di ripresa e resilienza, ma sta diventando sempre di più un piano di ritardi e rinvii (Applausi), con il 40 per cento di spesa realizzata sulle somme ricevute, pari a circa 40 miliardi. Sapete però quant'è la reale spesa realmente imputabile in questi diciotto mesi al Governo Meloni? Solo 8 miliardi, perché la restante parte l'abbiamo realizzata grazie al superbonus e Transizione 4.0.

Vi sono altri aspetti: innanzi tutto, manca nel DEF la politica industriale, nel momento in cui qui assistiamo ogni giorno alla desertificazione industriale del Paese, ma soprattutto del Mezzogiorno. Lo stabilimento ex Ilva è l'esempio emblematico del fallimento della politica industriale del Governo Meloni.

In ultimo Presidente, la questione salariale viene affrontata, sì, nel DEF e dal Governo, ma con molta moderazione - questa è l'espressione utilizzata all'interno del Documento di economia e finanza - e qui forse qualcuno dimentica che abbiamo i salari più bassi d'Europa, che sono fermi da oltre trent'anni e che abbiamo la questione dei salari poveri, quindi una vera e propria emergenza. Attenzione, però: c'è il tema dell'inflazione, ecco perché i salari non possono aumentare. Forse dimenticate che quella di oggi è un'inflazione da costi di approvvigionamento, ma soprattutto da profitti che non avete avuto il coraggio di tassare. (Applausi).

Questo Governo i compiti a casa non li ha ancora fatti, ma li ha rinviati: ha deciso di rinviarli e, quindi, si è autorimandato a settembre. In attesa di affrontare l'arcigno professore, oggi però è meritevole di una sonora bocciatura da parte del Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. Colleghi, stiamo dando tempo a tutti per concludere gli interventi, ma non ammetto che ci siano fischi in Aula come se stessimo in uno stadio. Vi prego.

BORGHI Claudio (LSP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORGHI Claudio (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, come sempre, avere i colleghi del Movimento 5 Stelle che fanno il loro intervento prima del mio mi fa dimenticare quello che volevo dire. Ho visto così, giusto per creatività, che abbiamo sdoganato il termine "austeritario", che sul dizionario non c'è: sarà un austero autoritario, suppongo, o una roba del genere. (Applausi).

Abbiamo poi scoperto che son diventati tutti antieuropeisti, dopo essere stati decisivi per votare la von der Leyen: va bene, basta saperlo. (Applausi).

Sul DEF, invece, sono quasi contento che non ci sia il programmatico, perché sapete che sono sempre stato contrario al Documento di economia e finanza, dal momento che consiste nel promettere qualcosa che succederà in futuro, indicando dati futuri, che poi dopo devono essere sempre costantemente corretti. Chiunque si sia cimentato in tale esercizio potrà confermarlo: qui abbiamo avuto illustri esponenti, economisti o presidenti, anche i più reputati, che hanno fatto DEF che si sono rivelati totalmente sbagliati, perché ovviamente ogni volta succede qualcosa. Meglio la NADEF, pertanto, che almeno nell'immediato delle scelte della legge di bilancio dice cosa si può fare. Il DEF è invece un esercizio sterile, ma non bisogna buttar via tutto, perché almeno ci dà l'opportunità di passare qualche minuto a parlare di economia. Se ve ne rendete conto, da un po' di anni a questa parte - direi che veleggiamo verso i quindici - qui di economia pratica si parla poco.

Il Parlamento è sempre più portato a passare del gran tempo in minuzie, ma le grandi manovre, quello per cui in teoria un Governo, un Parlamento, un periodo possono essere ricordati nella storia, ahimè non si fanno. Cerchiamo di capire velocemente perché, così almeno siamo tutti un po' più consapevoli.

Ci sono tre categorie di Stati. Ci sono quelli che non hanno niente, come ad esempio lo Zimbabwe, che purtroppo devono ricostruirsi da una situazione disastrosa e quindi quello devono fare, cioè devono cercare di rimettere pietra su pietra, di solito dopo guerre, carestie ed eventi di questo tipo. Ci sono poi i Paesi che dipendono da materie prime - sono così "fortunati" da avere petrolio, gas o altre risorse - e dipendono dal prezzo delle materie prime: se il gas o il petrolio scendono di prezzo, quei Paesi spesso e volentieri si trovano in difficoltà; mentre in periodi in cui internazionalmente il prezzo di quella materia prima va molto bene, ecco che il Paese ha una un periodo di prosperità, indipendentemente da cosa faccia il Governo. E allora cosa può fare il Governo di uno di quei Paesi? Può, ad esempio, cercare di ridurre la dipendenza dalle materie prime e fare una sua politica industriale, che è esattamente ciò che stiamo mettendo su un piatto d'argento alla Russia con le sanzioni. Quello era un Paese che aveva soltanto le materie prime di importazione e le sanzioni l'hanno costretta a fare la cosa giusta, vale a dire a farsi in casa i prodotti e non prenderli da noi. Per noi non è andata benissimo. Comunque basta sapere che le sanzioni le hanno fatto un favore. Ci sono, poi, i Paesi come l'Italia, che sono Paesi produttori. Quando un Paese è produttore di beni e servizi, possono succedere due cose, di solito: come ben sapete, l'economia ha diverse stagioni, ci sono i periodi in cui vanno bene e i periodi in cui le cose vanno meno bene; e, se c'è un periodo di congiuntura negativa, spetta di solito al Governo agire, ma normalmente in quel caso la valuta scende e allora, poiché il Paese in quel momento è in difficoltà, i prodotti diventano più convenienti e il Paese un po' si risolleva. È quello che succedeva in Italia prima dell'euro. Altrimenti, quando l'economia di un Paese va molto bene - come succedeva, per esempio, in certi momenti alla Germania - la sua moneta sale, i suoi prodotti diventano troppo costosi, ed ecco che la crescita diventa un po' più tranquilla. In questo momento, non possiamo avere la leva del cambio e allora cosa succede? Bisogna guardare il saldo commerciale e vedere se esportiamo di più di quello che importiamo o meno. In questo caso, noi siamo messi bene: il nostro saldo commerciale è positivo. Altri Paesi all'interno dell'Unione europea non sono messi bene, come la Francia, che in questo momento importa molto di più di quello che esporta, e ci sono Paesi che continuano a esportare tantissimo, come per esempio la Germania. Ebbene, un Paese che ha un surplus, può, ad esempio, investire di più. Quindi, nel nostro caso potremmo investire di più, perché non abbiamo problemi di saldo commerciale, ma non possiamo perché le regole europee ci dicono che non si poteva. Vengo così alle ragioni della nostra astensione. Ci asteniamo perché le regole europee sono meno aggressive rispetto a quelle che erano prima, ma sempre lì ritorniamo.

A quel punto che cosa ci rimane da fare? Se non abbiamo alcun tipo di leva in mano, come possiamo dire di cambiare o modificare qualcosa? Come possiamo fare quelle scelte di base che in teoria un Governo e un Parlamento dovrebbero fare? Non sono scelte stupide fra il niente e il benessere per tutti, ma sono delle scelte magari dolorose. La prima fra tutte dovrebbe essere se si preferisce l'inflazione o la disoccupazione. Queste sono scelte serie - come diceva il mio collega Garavaglia - che qui andrebbero fatte, ma in questo caso neanche possiamo fare quelle, tranne nei momenti in cui qualcosa scappa fra le righe. Arriviamo così alla questione del superbonus, che è stata forse la più dibattuta. Quando qualcosa scappa fra le righe, quando si riesce a fare un falso in bilancio, a quel punto si può scegliere come utilizzare questo falso in bilancio, cioè le cose che sono scappate dalle regole europee.

Tremonti lo fece, per esempio, mettendo 30 miliardi di debito pubblico sulle Ferrovie dello Stato, in modo tale da nascondere quelle somme al rapporto deficit-PIL guardato dall'Europa e con quei 30 miliardi fece l'Alta Velocità Milano-Roma, un'infrastruttura che ancora adesso serve a tutti. Io son sempre stato d'accordo nel ritenere che in periodi di difficoltà bisognava spendere. Tuttavia, se agli amici del Movimento 5 Stelle avessero detto, lasciando perdere tutto quello che è passato, che avevano 120 miliardi da utilizzare, secondo voi li avrebbero destinati a rifare le case del 3,4 per cento della popolazione senza guardare al reddito? (Applausi. Commenti in Aula). Di cosa parliamo? È stata fatta una scelta assurda e, soprattutto, era molto evidente che potesse avere questi effetti sui conti pubblici e ciò non è stato intercettato.

Il punto è che abbiamo un DEF che ci fa riflettere su cosa fare per il futuro. Teniamo presente che abbiamo sempre più vincoli mentre dobbiamo averne di meno. Per questo dico di fare attenzione al debito comune - ieri avevo iniziato e oggi lo confermo - per qualsiasi scopo, anche il più nobile. Debito comune significa che qui si deciderà sempre meno, e poi dopo non lamentiamoci se parliamo delle bagatelle invece dei destini del nostro Paese. Dall'altra parte, quando abbiamo da parte qualche soldo, dedichiamoci, se possibile, a buttarlo sull'occupazione, a cercare di far sì che migliori la produttività. Questo è in parte quello che sta facendo il Governo e il fatto che ci siano 600.000 occupati in più lo indica.

Ritengo pertanto che siamo nella direzione giusta, pur utilizzando delle cifre ridotte, e teniamo presente per il futuro che queste cifre piccole devono diventare più grandi. Pertanto, dal mio punto di vista, attenzione: più Italia, meno Unione europea. (Applausi).

BOCCIA (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOCCIA (PD-IDP). Signora Presidente, colleghi, nell'anno che ci porta alla terza manovra di bilancio del Governo Meloni ci saremmo aspettati un Documento di economia e finanza con una prospettiva politica e un indirizzo chiari, ma ad ascoltare i colleghi dei Gruppi di maggioranza ho la sensazione che questa speranza sia vana.

La mia preoccupazione non significa che ci aspettavamo che l'azione del Governo venisse sconfessata, non ci aspettavamo tanto. Ci aspettavamo, sottosegretario Freni, che un Parlamento, al quale nella seconda manovra di legislatura è stato vietato alla maggioranza di presentare gli emendamenti, avesse un sussulto di dignità davanti ad un DEF che non è un DEF, come ci ricordava il senatore Monti nel suo intervento. Ci saremmo aspettati, signora Presidente, che la si smettesse di fare opposizione all'indietro, come in una felice metafora ci ha ricordato il senatore Manca. Mai come in questo momento, per le sfide che abbiamo di fronte, avremmo avuto bisogno di condividere con la maggioranza le ricette sulla condizione del Paese. In quest'Aula - presidente Zaffini, presidente Gasparri - avevate detto che gli interventi fatti l'anno scorso dal Governo sarebbero stati tramutati in strutturali con il Documento di economia e finanza di quest'anno. Non solo avete rivisto tutte le previsioni dell'anno scorso in maniera peggiorativa. Ma vorrei ricordare a tutti noi che l'anno scorso il ministro Giorgetti aveva previsto un PIL in salita, che invece ha dovuto rivedere in discesa. Vorrei ricordare che aveva previsto un deficit più basso, che invece avete corretto in rialzo. Vorrei ricordarvi che aveva previsto un debito più basso, che abbiamo corretto in rialzo. Questi sono i risultati che avete ottenuto con un DEF programmatico, collega Borghi. Non oso immaginare che cosa accadrà quest'anno.

Veniamo al tendenziale: avete deciso di nascondere la verità al Parlamento, lo fate ininterrottamente da diciotto mesi (Applausi), perché il Parlamento non è rispettato da questo Governo, perché il Parlamento è sistematicamente calpestato da questo Governo. Vorrei ricordare al ministro Giorgetti - voglio ricordare soprattutto ai colleghi di maggioranza, che negli ultimi sei anni di vita di Governo ne ha trascorsi quattro anni e mezzo e, quando parlate di chi c'era ieri, chiedetevi prima che cosa vi dice il vostro Ministro dell'economia - che, se sul fronte macroeconomico presenta un PIL in crescita all'1,2 per cento e poi qui la Banca d'Italia, l'Ufficio parlamentare di bilancio, la Corte dei conti, l'Istat dicono a tutti noi che non cresceremo forse nemmeno della metà, il problema non è suo: il problema è degli italiani e delle italiane (Applausi). Il problema è della sanità pubblica, il problema è della scuola, il problema è di tutti quei lavoratori che lavorano. Sì, è vero che rientrano dentro la misurazione del tasso di occupazione, ma sono sotto la soglia di povertà, perché i salari non sono adeguati. Voi invece avete detto no al salario minimo.

Avremmo voluto discutere, sottosegretario Freni, delle diverse terapie e delle diverse ricette. Invece, ci sono le ricette dell'opposizione, che possono essere contestate o no, ma ci sono, e non c'è alcuna ricetta della maggioranza. Non vi è consentito proporre ricette e quando ci provate, come avevate tentato con il modello Achille Lauro 4.0 l'altro giorno, tornate subito indietro perché vi rendete conto che non avete nemmeno gli strumenti per costruire misure di spesa.

Vorrei dire una cosa molto chiara in quest'Aula, sottosegretario Freni; noi ce la siamo detta in Commissione, ma vorrei condividere con l'Aula la nostra preoccupazione. Non venga in mente alla maggioranza - lo dico al Presidente della Commissione bilancio - di modificare, in nome dell'Europa, che ha modificato il ciclo di bilancio, anche la legge di contabilità, che cambiammo nel 2016 dopo due anni di indagine conoscitiva, dopo due anni di confronto tra maggioranza e opposizione di allora e approvandola con l'80 per cento del voto parlamentare, l'altro 20 si era astenuto e nessun voto contrario. Voglio ricordarlo: è stata approvata con l'80 per cento del voto parlamentare. Non venga in mente a nessuno di cambiare la legge di contabilità per consentire al Ministero dell'economia di avere mani libere sulla spesa durante l'anno, per spostare risorse da un'amministrazione all'altra, perché sarebbe l'ultimo atto eversivo di un Governo che non rispetta le regole. (Applausi).

Ve lo diciamo oggi, perché i rumor sull'impossibilità di fare le cose perché non ci sono mani libere aumentano e si sommano ad un attacco vergognoso del Governo ad un tempio, che non dovrebbe mai essere profanato, ovviamente laico, che è la Ragioneria generale dello Stato. Non vi permettete di mettere le mani sulla Ragioneria generale dello Stato. (Applausi).

Gli alti funzionari dello Stato non hanno una maglietta politica, non appartengono né alla destra né alla sinistra. È diventato lo sport di moda per il Governo, non potendo scaricare la colpa sul Parlamento, dire che le cose non si possono fare perché ci sono dei burocrati nascosti, ma non è così: c'è la vostra incapacità di fare delle scelte. Il superbonus - il presidente Gasparri è impegnato nelle sue telefonate - è stato contabilizzato su quattro anni, dal 2020 al 2024. Nel 2022, secondo semestre, in tutto il 2023 e nel primo semestre del 2024 c'eravate voi. La legge dell'agosto scorso porta la firma di Giorgetti e Meloni (Applausi) e consente alle villette unifamiliari di avere il superbonus pieno. Potevate fermarla. Lo avete fatto? No. Assumetevene la responsabilità fino in fondo.

Veniamo alle procedure di infrazione, che vi appassionano tanto. Quando siete venuti in quest'Aula, ci avevate detto che la proposta iniziale del commissario Gentiloni non era adeguata e che avreste negoziato a Bruxelles condizioni migliorative. Io spero che il consulente non sia stato il senatore Claudio Borghi. Se il consulente è stato il senatore Borghi, allora, dal suo punto di vista, queste sono condizioni migliorative. Io penso che mai, nella sua vita, egli avrebbe immaginato che il suo sogno di avere un DEF senza numeri tendenziali sarebbe stato realizzato. Siete riusciti a farlo: il problema è che state facendo un disastro per il Paese.

Quando ci avete detto che avreste negoziato, abbiamo detto di non essere d'accordo, che lo contestavamo, ma di voler vedere dove sareste arrivati. Vorrei ricordarvi che siete arrivati nella condizione in cui, in nome del MES spostato, avete svenduto l'Italia ad un negoziato, che, inevitabilmente, è peggiorativo rispetto alla prima proposta del commissario Gentiloni, ma che ci obbliga, con grande senso di responsabilità, a dire con chiarezza che non siete affidabili.

L'impegno che avevate assunto lo avete smentito anche davanti al Parlamento europeo. Qualcuno dirà: ma vi siete astenuti anche voi. È vero: ci siamo astenuti, perché eravamo e siamo convinti che la proposta del Commissario agli affari economici fosse la stella polare dalla quale ripartire.

Voglio aggiungere una cosa per i colleghi dell'opposizione che rivendicano il voto contrario. Mi rivolgo ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, dicendo loro di fare attenzione, perché il voto contrario in Parlamento lo hanno dato i lepenisti del Fronte nazionale, formazione principale del nazionalismo francese; i tedeschi di un partito politico di estrema destra, AFD; lo hanno dato i fiamminghi del Belgio, che rivendicano l'indipendenza, lottano contro l'immigrazione e sono antiabortisti e contro le unioni omosessuali; lo hanno dato l'FPO austriaco, partito filo-Putin.

State attenti, colleghi dell'opposizione, perché utilizzando la scorciatoia della propaganda non si costruisce un'Europa migliore. Ve lo dico ricordandovi che cinque anni fa insieme abbiamo lavorato per far passare alcuni di voi dai cortei dei gilet gialli a votare David Sassoli e vogliamo ritornare lì l'anno prossimo, a costruire un'Europa comunitaria, un'Europa che smentisce la destra oggi al Governo; un'Europa che mette insieme la difesa, che mette insieme i salari e il welfare; che mette insieme, oltre alla bandiera ed alla moneta, i sogni dei popoli europei. È questa la scommessa che ci giocheremo tutti alle prossime elezioni europee.

Non si nasconda, senatore Borghi, con il partito più a destra di questo Emiciclo. Dovreste invertirvi, perché sono evidenti le posizioni che state assumendo in Europa e anche il voto dato in Europa.

Noi, signor Presidente, siamo consapevoli che siamo entrati in un rettilineo molto pericoloso, un rettilineo che sarà condizionato dalla modifica delle regole connesse al ciclo del bilancio in Europa che toccheranno le modifiche della legge di bilancio alla quale vogliamo partecipare. Abbiamo il diritto di dire la nostra e abbiamo il diritto anche di votare a favore, perché quelle regole garantiscono la Repubblica e la contabilità della Repubblica.

Quello che non possiamo consentirvi è che le bugie... (Il microfono si disattiva automaticamente).

Tali bugie, che sono state nascoste da un DEF tendenziale, possono essere riassunte nelle parole dette dal Ministro dell'economia in Commissione. Il ministro Giorgetti, colleghi, ha concluso il suo intervento dicendo che il debito costa e che questo costo sottrae risorse a cose più importanti, come sanità e istruzione.

Presidenza del presidente LA RUSSA (ore 15,44)

(Segue BOCCIA). Colleghi della maggioranza, non si chiamano cose sono diritti universali e non vi permetteremo di cancellarli. (Applausi).

LIRIS (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LIRIS (FdI). Signor Presidente, rivolgo un saluto al Governo. Mi permetterà, signor Presidente, di rivolgere il mio saluto e la mia solidarietà alla collega Ester Mieli (Applausi) per l'attacco ricevuto: questa mattina, durante un'intervista alla radio, un giornalista si è permesso di eccepire sulle origini culturali e religiose della nostra collega. Spesso succede che chi si imbatte in una donna non ne esca bene e ne esca malconcio, ma guai a sfidare una donna di Fratelli d'Italia. Quindi, grazie Ester (Applausi) per la capacità che hai avuto di saper rispondere.

Andando a parlare del DEF, vorrei in particolar modo rispondere alle accuse, che ormai sono diventate petulanti e che hanno contraddistinto audizioni, articoli di giornale ed interventi, sul fatto che il quadro tendenziale non sia programmatico. Per definizione, un quadro tendenziale non è un quadro programmatico. Le motivazioni sono state espresse e ripetute più volte, ma dovrebbe bastare il fatto che si stanno riscrivendo le regole della contabilità dell'Europa. Quindi, sarebbe ridicolo oggi applicare delle regole vecchie a un sistema nuovo che si va rinnovando. (Applausi). Il piano fiscale e strutturale di medio termine, che vede la scadenza del 20 settembre, farà luce su tutto quello che avete chiesto in quest'Aula e che avrà le giuste risposte. Badate bene, però: ci sarà una nuova Europa dopo l'8 e il 9 giugno e quella nuova Europa scriverà delle regole (Applausi) che sono nettamente meno penalizzanti nei confronti della Nazione Italia; quelle regole penalizzanti che vi hanno visto nel tempo abbassare costantemente la testa.

Andiamo un po' a qualche numero. Il PIL sarà al più 1 per cento nel 2024; 1,2 per cento nel 2025; 1,1 per cento nel 2026. Si tratta di un PIL sostenuto dal PNRR e dagli interventi fiscali. Ricordo poi il taglio del cuneo e il mantenimento delle aliquote. Lo diceva il collega Zaffini: stanziamento senza precedenti nelle prossime annualità per quanto riguarda la sanità. Ricordo inoltre la conservazione del taglio del cuneo e delle aliquote IRPEF. Parliamo di fatti, di numeri, non di propaganda, quella che ormai avete acquisito come modus operandi dopo che avete nel tempo condizionato pesantemente l'economia non soltanto con i vostri Governi, ma anche con quelli che sono seguiti.

Sul superbonus è stato detto di tutto, ma mi permetterete di dire che la schizofrenia e il modo stucchevole che ho potuto ascoltare in quest'Aula con cui la minoranza rappresenta la sua posizione mi hanno fatto veramente rabbrividire. Siamo passati da posizioni di esponenti della minoranza che hanno difeso e difendono strenuamente la misura del superbonus con orgoglio e con gioia rispetto ai risultati ottenuti, a coloro ormai che prendono le distanze rispetto a una misura che non vogliono più sentire appioppata nei loro confronti e avvicinata ad alcune bandierine partitiche; fino alla critica del presidente Monti. Presidente, si rende conto cosa accade quando si dà ragione al centrodestra o quando non si attacca il centrodestra? Si viene criticati e quindi è toccato anche a lei. (Applausi).

Abbiamo avuto la possibilità di verificare come il deficit, che era stato prospettato per il 2023 in un rapporto del 5,3 per cento, sia stato stimato al rialzo per un 7,2 per cento e aggiornato da Bankitalia e da Istat al 7,4 per cento. Questi sono numeri. Dopo che Bankitalia, Istat e Ufficio parlamentare di bilancio affermano alcune verità sul superbonus, certamente non possiamo più omettere di aprire una riflessione da questo punto di vista. E ve lo dice chi non è stato mai uno strenuo oppositore dell'idea del superbonus, ma dell'applicazione sì, perché le misure shock esistono, in particolar modo nei momenti di difficoltà economica. Ma prevedere delle misure a debito senza un tetto di spesa, così come è stato fatto con il superbonus, è criminale. (Applausi). È questo che stiamo pagando e che continueremo a pagare per i prossimi anni; tant'è vero che, quando finirà l'effetto del superbonus, verranno fuori i dati reali di un'economia che porta a un ribasso del debito pubblico e del deficit.

È finito il tempo del tutto gratis, è finito il tempo dell'assistenzialismo, è finito il tempo del reddito di cittadinanza, è finito il tempo della costruzione e ricostruzione gratuita su tutto. Ormai il libro dei sogni non c'è più: c'è un Governo che parla chiaro, che parla chiaro all'Europa e assume un livello di responsabilità che sta dando credibilità a tutti noi, a tutta quella Nazione che oggi aspetta un sussulto di orgoglio da parte di un Esecutivo che deve riscattare l'immagine negativa di un Paese che nel tempo non ha brillato in credibilità.

Si parlava prima di una nuvola - come diceva il sottosegretario Freni - e di difficoltà che hanno costellato e stanno costellando il nostro percorso: due guerre, il superbonus, il Patto di stabilità, la nuova regola di contabilità che l'Europa ci chiede. Noi abbiamo incontrato queste tempeste lungo il nostro percorso, ma Darwin diceva chiaro che è destinato a vincere non chi è più forte o più intelligente, ma chi ha la capacità di adeguarsi al cambiamento. Ebbene, noi abbiamo avuto e stiamo avendo la capacità di adeguarci a tutto quello che di negativo avete combinato voi e che sta succedendo nel mondo. Oggi c'è un Governo responsabile.

Mi avvio alla conclusione, caro Presidente. Noi non siamo quelli che si lamentano del vento, ma siamo quelli che aggiustano le vele, siamo quelli responsabili, siamo quelli che stanno lottando per un'Europa... (Brusio). Caro Presidente, se mi garantisce di poter concludere.

PRESIDENTE. Per favore, meno brusio. Prego, senatore Liris, ha ancora tempo.

LIRIS (FdI). Grazie, Presidente. Siamo quelli che stanno lottando per costruire un'Europa che detti delle regole meno penalizzanti per il sistema Italia. Gli italiani lo stanno capendo, lo hanno capito e continuano a darci fiducia. Lo hanno fatto in Regione Abruzzo e lo hanno fatto in Basilicata, con il rinnovo del Governo di centrodestra. (Applausi). Permettetemi un saluto e un ringraziamento al collega Rosa per la grande attività svolta. (Applausi).

Riconoscendo il lavoro svolto dal MEF, dal Sottosegretario, dagli uffici e da tutti coloro che si stanno barcamenando in questo momento di difficoltà e auspicando che con Giorgia Meloni l'8 e il 9 giugno in Europa andremo a scrivere regole nuove a beneficio di un territorio nazionale che non merita più di essere mortificato (Applausi), dichiaro il voto favorevole sulla risoluzione proposta e firmata dai Gruppi di maggioranza. (Applausi. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 6, presentata dai senatori Malan, Romeo, Gasparri e Biancofiore.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (Applausi). (v. Allegato B).

Risultano pertanto precluse le proposte di risoluzione nn. 1, 2, 3, 4 e 5.

Ricordo ai colleghi che si riunirà ora una breve Conferenza dei Capigruppo.

Presidenza del vice presidente CASTELLONE (ore 15,55)

Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno

POTENTI (LSP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. (Brusio).

Colleghi, per favore, riduciamo il brusio e se intendiamo lasciare l'Aula, facciamolo in silenzio in modo che il senatore Potenti possa parlare. Grazie.

POTENTI (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, vorrei con questo mio intervento esprimere apprezzamento per la decisione del sindaco di Montecatini Terme, Luca Baroncini, che con lungimiranza ha colto una grande occasione per rimediare a una polemica insorta attorno alla statua cosiddetta della donna che allatta. Si tratta di una statua che porta il nome «Dal latte materno veniamo» dell'artista Vera Omodeo. Questa statua doveva essere ospitata in un'area del Comune di Milano, precisamente in piazza Eleonora Duse, ma una commissione del Comune di Milano ha ritenuto che non fosse portatrice di valori condivisibili da tutti i cittadini.

Si tratta di una statua che tiene tra le proprie braccia un neonato e si pone nel gesto di allattare questo bambino. Il sindaco di Montecatini Terme, Luca Baroncini, insieme al Senato della Repubblica, che pare proprio il giorno 6 maggio, ospiterà questa realizzazione artistica, si pone nella scia di coloro che invece hanno deciso di riconoscere il segno della maternità in essa, senza rifiutare che questa visualizzazione della madre che allatta un bambino possa andare incontro alle critiche di qualcuno. Si tratta, come nella storia dell'arte, dell'immagine della maternità, che in qualche modo è impressa anche in opere artistiche di altissimo livello. Non si comprende quindi come possa essere nata questa polemica milanese, forse frutto dell'idea di qualche esperto che ha preso una improvvida decisione, mettendo in difficoltà anche l'amministrazione comunale.

Riteniamo invece che il gesto del Senato e anche quello del sindaco, che ha dichiarato di voler accogliere presso una piazza del Comune di Montecatini Terme questa statua, rappresentino una decisione saggia, con l'auspicio che possa essere veramente condivisa da tutti i cittadini e da tutte le cittadine. (Applausi).

PATTON (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATTON (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signor Presidente, è morto la notte scorsa a Trento don Vittorio Cristelli, uno dei preti più conosciuti e una delle voci libere e critiche della Diocesi di San Vigilio: aveva novantatré anni.

È stato un prete intransigente sui princìpi, disponibile al dialogo a tutto campo, magnanimo e misericordioso con i più deboli, ma è stato anche un giornalista con la schiena dritta e con la penna felice alla perenne ricerca della verità, perché - come diceva - ogni medaglia ha il suo rovescio e spesso ciò che sta dietro è più di quello che si vuol far vedere e credere.

Nato nel 1930, il 28 novembre, per più di vent'anni è stato il direttore del settimanale diocesano «Vita Trentina», presso il quale ha allevato una pattuglia di giornalisti che poi hanno frequentato altre chiese, sono approdati in altre parrocchie, dalla RAI all'Ansa, all'AGI, all'Alto Adige e all'ufficio stampa della Provincia, senza mai dimenticare le origini e gli insegnamenti del maestro.

Vittorio Cristelli ha varcato la soglia dell'infinito dopo una vita intensamente vissuta. Ha studiato filosofia all'Università di Padova, dove si è laureato nel 1965. Dal 1967 al 1989 è stato direttore del settimanale diocesano «Vita Trentina», mentre dal 1962 al 2005 ha svolto l'attività di docente alla Scuola di servizio sociale. È stato consigliere nazionale dell'ordine dei giornalisti e vice presidente del sindacato dei giornalisti.

Considerato una delle penne più brillanti del giornalismo trentino, don Cristelli ha sempre rivendicato quale caratteristica del giornalista il ruolo di cane da guardia nei confronti del potere politico, economico e sociale e il giornalismo come voce di chi non ha voce.

Ringrazio Alberto Folgheraiter, suo allievo, per il prezioso contributo a questo intervento di ricordo.

CAMUSSO (PD-IDP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAMUSSO (PD-IDP). Signora Presidente, colleghe e colleghi, oggi ci giunge la notizia che Toomaj Salehi, giovane rapper iraniano di trentatré anni, è stato condannato a morte.

È l'ennesima condanna del regime iraniano di ragazze e ragazzi che partecipano alla protesta nota anche da noi come «Donna, vita, libertà». Qual è la colpa di Toomaj? Aver scritto le parole di una canzone dopo l'assassinio di Mahsa Amini, nota come la ragazza che ha dato vita - e dato il via, anche - al grande movimento di liberazione delle donne iraniane.

Si parla poco della lotta delle donne iraniane, che continua dentro una repressione sempre più feroce. Il coinvolgimento della Repubblica dell'Iran nel conflitto mediorientale in realtà è stato l'alibi attraverso il quale il Governo ha dato una stretta alle misure di repressione del suo popolo e delle sue donne. (Applausi).

Non possiamo dimenticarci di loro, né delle donne iraniane, né di quei ragazzi che insieme a loro difendono questa battaglia.

Per questo, signor Presidente, tramite lei, vorrei chiedere al Governo innanzi tutto di fare una protesta effettiva per impedire che questa ennesima condanna si realizzi e che quindi il giovane Toomaj possa continuare a vivere (Applausi) e per continuare ad avere trasparenza nelle relazioni. Sappiamo bene che i rapporti con l'Iran sono importanti, ma credo che sia giusto domandarci insieme - e poi agire di conseguenza - quante vite valgono alcuni rapporti commerciali o magari i rapporti che ci sono tra Paesi. Ci dev'essere un momento in cui proviamo a dire che prima vengono i diritti e le libertà delle donne e dei ragazzi e poi gli altri interessi.

Per questo credo sia giusto chiedere al Governo di manifestare davvero un comportamento forte e deciso.

Sappiamo che non tutto cambia in poche ore, ma intanto salvare una vita sarebbe importante. (Applausi).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta in attesa dell'esito della Conferenza dei Capigruppo.

(La seduta, sospesa alle ore 16,03, è ripresa alle ore 16,04).

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. Comunico che la Conferenza dei Capigruppo ha deliberato una variazione del calendario dei lavori stabilendo che la seduta pubblica del Senato, già convocata per le ore 10 di martedì 30 aprile, sia convocata per le ore 13 della stessa data.

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di martedì 30 aprile 2024

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica martedì 30 aprile, alle ore 13, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 16,04).

Allegato A

DOCUMENTO

Documento di economia e finanza 2024 (Doc. LVII, n. 2)

PROPOSTE DI RISOLUZIONE AL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2024

(6-00093) n. 1 (24 aprile 2024)

Gelmini, Calenda, Lombardo, Versace.

Preclusa

Il Senato,

        premesso che:

           1) nel Documento di economia e finanza 2024 viene illustrato solamente il quadro macroeconomico tendenziale e non anche il quadro macroeconomico programmatico, in violazione di quanto previsto dall'articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di contabilità e finanza pubblica;

           2) il Governo ha giustificato questa scelta spiegando come, non essendo ancora ufficiali le regole del nuovo patto di stabilità, non sarebbe possibile presentare stime programmatiche;

           3) in realtà, è già noto che l'Italia sarà uno dei Paesi sottoposti alla procedura di infrazione a causa dell'alto livello di deficit, e i parametri di rientro da rispettare sono già noti;

           4) nel corso della conferenza stampa di presentazione del DEF, il ministro dell'economia Giancarlo Giorgetti ha illustrato non solo il quadro tendenziale presente nel Documento redatto dal Governo, ma anche diversi obiettivi programmatici che il Governo si è posto in vista della sessione di bilancio per il 2025;

           5) in particolare, il Ministro ha evidenziato la volontà di confermare le misure relative al taglio del cuneo fiscale e alla riduzione delle aliquote IRPEF, che ammontano a un costo complessivo di circa 15 miliardi di euro per il 2025;

           6) finanziare il taglio delle tasse in maniera temporanea e non strutturale innesca un meccanismo di ipoteca sulle future leggi di bilancio, per le quali sarà sempre necessario trovare almeno 15 miliardi di euro solamente per non far alzare il livello di tassazione corrente e mantenere lo status quo, senza migliorare la vita dei cittadini;

           7) allo stesso tempo, è stata ribadita la volontà del Governo di mantenere gli obiettivi di deficit del quadro tendenziale, escludendo la possibilità di ricorrere ad ulteriore debito pubblico per rifinanziare le misure in scadenza a fine anno, il che significa che per confermare queste misure sarà necessario alzare le tasse, diminuire le spese in altri settori o un mix delle due soluzioni, andando per forza di cose ad incidere in maniera negativa sui redditi e sui risparmi dei cittadini;

           8) complessivamente, il quadro a politiche invariate prevede un'ulteriore spesa per il 2025 pari a 19,9 miliardi di euro, da stanziare per la sola conferma di tutte le misure in vigore nel 2024;

           9) riguardo al quadro economico tendenziale, nello scenario illustrato dal Governo sono peggiorati quasi tutti gli indicatori macroeconomici rispetto alla NADEF 2023:

              a) la stima sul PIL è diminuita di 0,2 punti percentuali per il 2024 e 2025 e di 0,1 punti percentuali per il 2026;

              b) il rapporto deficit/PIL è maggiore di 0,1 punti percentuali per il 2025 e 2026;

              c) il rapporto debito/PIL prevede una traiettoria di crescita complessiva (da 137,8 per cento a 139,6 per cento) che prima era assente, con una stima inferiore alle previsioni per il 2024, ma superiore per il 2026;

              d) il debito pubblico supererà quota 3.000 miliardi di euro nel 2025;

           10) questo quadro, oltre a risultare peggiorativo rispetto alle stime di pochi mesi fa, risulta essere il più ottimistico rispetto alle previsioni di tutte le altre istituzioni: ad esempio, la Banca d'Italia, l'Ufficio parlamentare di bilancio, l'ISTAT e il Fondo monetario internazionale sono concordi nel ritenere che la crescita del PIL italiano sarà nei prossimi anni inferiore alle previsioni del Governo, con una crescita prevista per il 2024 di circa lo 0,7 per cento, ovvero quasi un terzo in meno rispetto alle stime presentate nel DEF;

           11) questo scostamento nelle previsioni è probabilmente dovuto al fatto che lo scenario illustrato nel DEF non tiene conto di alcuni fattori di rischio per la crescita, illustrati dall'UPB nella nota di validazione delle stime;

           12) in particolare, il DEF non tiene conto:

              a) delle tensioni geopolitiche dovute alle guerre in Ucraina e in Medio Oriente, le quali già hanno ripercussioni tangibili sul commercio internazionale e sulle quotazioni delle materie prime, e che potrebbero ulteriormente deteriorarsi nell'orizzonte di previsione del Documento stesso;

              b) della dinamica degli investimenti e del PNRR, dato che nel breve periodo è difficile prefigurare la tempistica e l'entità dei riflessi sull'economia delle modifiche al superbonus nel 2024, mentre nel medio termine potrebbero manifestarsi criticità sulla messa a terra del PNRR;

              c) dell'avversione al rischio dei mercati e delle politiche monetarie, dato che le prossime decisioni delle banche centrali potrebbero non rispecchiare le attese dei mercati; del rischio climatico e ambientale, che, oltre a influire sui prezzi dei beni alimentari e dell'energia, può danneggiare direttamente il tessuto produttivo e sociale, in caso di eventi estremi;

           13) nella NADEF 2023 si prevedeva una spesa sanitaria pari a 134,7 miliardi di euro per il 2023, mentre il DEF evidenzia come la spesa a consuntivo sia stata pari a 131,1 miliardi di euro, per una differenza complessiva di -3,6 miliardi di euro;

           14) questo valore è inferiore alla spesa sanitaria 2022, che aveva raggiunto la cifra di 131,6 miliardi di euro e quindi per la prima volta dal 2016 la spesa sanitaria in valori assoluti è inferiore all'anno precedente, circostanza che si è verificata solo quattro volte negli ultimi trenta anni;

           15) per gli anni successivi, nonostante siano previsti aumenti in valori assoluti, si stima che la spesa sanitaria in rapporto al PIL continuerà a scendere, fino ad arrivare al 6,2 per cento nel 2027, un valore inferiore a quello di vent'anni fa,

           16) la mancanza del quadro programmatico non consente di individuare le fonti di finanziamento per la principale opera infrastrutturale del Paese, il Ponte sullo Stretto, la cui spesa complessiva a carico dello Stato è quantificata in 9,312 miliardi di euro,

        impegna il Governo:

           1) a presentare, in via prioritaria, il quadro programmatico di finanza pubblica, in ottemperanza agli obblighi di legge;

           2) a chiarire quali misure dello scenario a politiche invariate si intendono confermare per il 2025 e con quali risorse si intenda finanziarle;

           3) a confermare le misure relative al taglio del cuneo fiscale e all'eliminazione di un'aliquota IRPEF solo nel caso in cui si trovino le risorse necessarie per renderle strutturali, al fine di evitare di innescare un meccanismo equivalente alle clausole di salvaguardia IVA;

           4) a rendere evidenza delle ragioni che rendono le previsioni macroeconomiche del DEF 2024 notevolmente più ottimistiche delle previsioni di tutti gli altri istituti;

           5) ad illustrare le misure che si intendono implementare per triplicare la capacità di spesa delle pubbliche amministrazioni, necessaria per garantire la messa a terra degli investimenti del PNRR nei tempi previsti e quindi evitare che si realizzi uno degli scenari di rischio evidenziati dall'UPB;

           6) a stilare un piano di adattamento al cambiamento climatico e ad assicurare il finanziamento di tutti gli interventi contro il dissesto idrogeologico stralciati dal PNRR;

           7) a garantire che il finanziamento del Servizio sanitario nazionale per il 2024 sia almeno pari a quanto previsto nel Documento di economia e finanza 2024, e non inferiore come, invece, avvenuto nel 2023;

           8) a prevedere nella legge di bilancio 2025 un graduale aumento della spesa sanitaria nel periodo di programmazione, per portare il finanziamento a una quota pari almeno all'8 per cento del PIL al termine del triennio, in linea con gli altri grandi Paesi europei;

           9) a chiarire quali saranno gli strumenti che il Governo metterà in pratica per garantire il finanziamento integrale del Ponte sullo Stretto fino al 2032 e l'eventuale riduzione dell'onere finanziario a suo carico.

(6-00094) n. 2 (24 aprile 2024)

Patuanelli, Pirro, Damante, Turco, Aloisio, Bevilacqua, Bilotti, Castellone, Castiello, Cataldi, Croatti, Di Girolamo, Barbara Floridia, Guidolin, Ettore Antonio Licheri, Sabrina Licheri, Lopreiato, Lorefice, Maiorino, Marton, Mazzella, Naturale, Nave, Pirondini, Scarpinato, Sironi, Trevisi.

Preclusa

Il Senato,

        premesso che:

            il Documento di economia e finanza 2024 (DEF), trasmesso all'attenzione delle Camere lo scorso 9 aprile, si presenta come un documento privo del profilo programmatico, limitandosi, per la prima volta, unicamente ai dati di bilancio tendenziali, in contraddizione con la stessa natura del documento la cui finalità è proprio quella di disegnare il quadro programmatico di finanza pubblica, attraverso le misure di entrata e di spesa che il Governo intende introdurre nei tre anni successivi;

            sebbene il Ministro dell'economia abbia sottolineato come la scelta di limitare il DEF 2024 al quadro tendenziale abbia dei precedenti, si osserva come essi siano circoscritti a Governi dimissionari che, in quanto tali, non avevano titolo a presentare programmi pluriennali, peraltro privi, questi ultimi, di alcun interesse nei confronti degli operatori economici e dell'opinione pubblica. Ben diverso è il caso dell'attuale Governo, che si trova nel pieno delle sue funzioni;

            né può essere accolta la tesi del Governo a giustificazione della natura "asciutta" del documento in considerazione della prossima presentazione del piano fiscale strutturale previsto dalle nuove regole di governance economica europea - del quale non sono ancora noti tutti i dettagli applicativi - se si tiene conto dei doveri informativi del Governo nei confronti del Parlamento, oltreché dell'opinione pubblica, nell'esposizione dei contenuti programmatici, in vigenza del quadro normativo nazionale sul processo di formazione del bilancio;

            anche la eccessiva colpevolizzazione della misura del bonus 110, come capro espiatorio della difficoltà di questo Governo di tracciare un quadro programmatico, appare assolutamente fuori luogo e per nulla convincente, posti sia gli effetti positivi che la misura ha avuto come volano dell'economia in un momento di grande difficoltà, come quello pandemico, sia l'attuale incertezza sulla contabilizzazione dei conseguenti crediti fiscali;

            è quindi la prima volta che un Governo non dimissionario rinuncia a chiarire al Parlamento e all'opinione pubblica quale, nelle sue intenzioni, dovrà essere il disavanzo pubblico (la differenza tra spesa pubblica ed entrate dello Stato) l'anno prossimo;

            il DEF 2024 approvato dal Consiglio dei ministri, infatti, consta del solo quadro di finanza pubblica cosiddetto tendenziale per il 2025, cioè il disavanzo previsto sotto l'ipotesi che, per il prossimo anno, il Governo non adotti alcuna nuova misura, ad esempio non rinnovi i tagli alle tasse del 2024;

            assunta, con riferimento alle analisi e alle previsioni economiche di tutti gli istituti di ricerca più autorevoli, una previsione attendibile sull'andamento dell'economia mondiale, europea e nazionale nell'anno in corso e in quelli immediatamente seguenti, il Governo si ferma a descrivere un quadro di finanza pubblica a legislazione vigente ovverosia con leggi di spesa e di entrata in vigore che restano esattamente quelle che sono anche nell'anno successivo (e nei seguenti);

            in una situazione economica e di finanza pubblica incerta e delicata e apparentemente inadeguata ad invertire la preoccupante tendenza al ritorno a stagioni segnate dalla stagnazione, dall'erosione degli stipendi a causa del caro vita e dalla riduzione delle prestazioni sociali effettive, il Governo Meloni nel DEF 2024 sceglie di non esprimersi sui suoi obiettivi programmatici, sulle sue riforme, sulle modificazioni alle leggi di entrata e di spesa in vigore e non compila la seconda caratteristica tabella del Documento, ossia il "Quadro di finanza pubblica programmatico", quello che corrisponde alle intenzioni del Governo e della sua maggioranza parlamentare;

            pertanto il DEF 2024 si limita a confermare il quadro tendenziale prospettato con la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanze (NADEF) 2023, ossia deficit al 4,3 per cento per cento al 2024, 3,7 per cento per cento al 2025, 3 per cento per cento al 2026, 2,2 per cento per cento al 2027;

            eppure gli obiettivi di deficit programmatici indicati nella NADEF contenevano nel 2024 tutta una serie di misure varate con la legge di bilancio approvata alla fine del 2023, ma finanziate solo per il 2024, per un ammontare di circa 20 miliardi di euro. Tra queste, per citarne alcune, il taglio del cuneo, l'accorpamento delle aliquote IRPEF, l'aiuto per le madri con due figli, la riduzione del canone Rai, le missioni all'estero. Negli anni successivi il deficit programmatico non conteneva queste misure, come non le contiene ovviamente il tendenziale a legislazione vigente del nuovo DEF 2024;

        considerato che:

            l'impercepibile tasso di crescita del PIL si attesta, per il 2024, all'1,0 per cento, mentre si prospetta pari all'1,2 per cento nel 2025, e all'1,1 e allo 0,9 per cento, rispettivamente nei due anni successivi;

            la previsione tendenziale di crescita del PIL in termini reali per il 2024 si attesta, pertanto, all'1,0 per cento, al ribasso rispetto allo scenario programmatico della NADEF (1,2 per cento) e anche queste previsioni rischiano di essere riviste e ridimensionate a settembre, come annunciato dallo stesso Ministro;

            i dati a consuntivo del 2023 mostrano un miglioramento del debito che scende dal 140,2 per cento della NADEF al 137,3 per cento dell'attuale DEF, ma la ragione di fondo parrebbe la maggiore crescita del PIL nominale, conseguente al ricalcolo fatto dall'ISTAT del deflatore del PIL: pertanto, mentre la NADEF prevedeva un debito sostanzialmente stabile nel 2024-2025, con una discesa a 139,6 nel 2026, il nuovo scenario tendenziale prevede un aumento del debito fino al 2026 (139,8), per poi iniziare a scendere;

            a distanza di sette mesi dalla NADEF, i principali dati macroeconomici volgono al negativo, le previsioni di crescita riviste al ribasso, mentre la disoccupazione appare in discesa, dato tuttavia legato alla crescita del lavoro precario, temporaneo, saltuario;

            secondo le stime provvisorie diffuse dall'ISTAT lo scorso 5 aprile, nel 2023 l'incidenza dell'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche rispetto al PIL si è attestata al 7,2 per cento, segnando un risultato superiore di 1,9 punti percentuali rispetto all'obiettivo programmatico fissato nella NADEF 2023. Il DEF 2024 però non tiene conto delle informazioni contenute nella Notifica dell'indebitamento netto e del debito delle amministrazioni pubbliche pubblicata lo scorso lunedì dall'ISTAT: in tale documento il disavanzo del 2023 è stato rivisto al rialzo dal 7,2 al 7,4 per cento del PIL e, corrispondentemente, il disavanzo primario è passato dal 3,4 al 3;

            il 16 aprile ultimo scorso , poi, il Fondo monetario internazionale (FMI), ribadendo la proiezione di crescita del PIL per l'Italia dello 0,7 per cento su quest'anno, in rallentamento dopo il +0,9 per cento del 2023, ha rivisto al ribasso per 0,4 punti percentuali la stima di crescita sul 2025, ora a sua volta indicata al +0,7 per cento. L'Italia, secondo queste stime, risulterebbe il Paese con il minor tasso di crescita economica tra le grandi economie dell'area euro nel 2025;

            colpisce il taglio dell'FMI per le stime sul PIL del prossimo anno. Se la crescita del 2024 viene confermata allo 0,7 per cento, quella del 2025 viene abbassata dal Fondo di quattro decimi dalla precedente dell'1,1 per cento. Rispetto al PIL immaginato dal Governo per il 2025 (+1,2 per cento) si è addirittura mezzo punto sotto;

            similmente molto distanti sono anche apparse le visioni sul debito. L'FMI lo colloca al 139,2 per cento del PIL per quest'anno e al 140,4 per cento il prossimo, fino addirittura a sfiorare il 145 per cento nel 2029. Il DEF 2024 riporta invece su una traiettoria più bassa: al 137,8 per cento e al 138,9 per cento nel 2024-2025, per iniziare a scendere dal 2027 senza mai sfondare quota 140 per cento. Una differenza di non poco conto;

            meno dirompente la forchetta sul deficit: il DEF lo posiziona al 4,3 per cento del PIL quest'anno e al 3,7 per cento il prossimo, mentre l'FMI lo prevede a 4,6 e 3,2 per cento. Se fosse come dicono gli economisti di Washington, l'Italia dovrebbe dunque prepararsi ad una correzione dei conti ben più corposa di quella immaginata, da definire dopo le elezioni europee di giugno e confermare in autunno;

            le cattive notizie internazionali - attacchi dei ribelli Houthi nel Mar Rosso, guerra in Medio Oriente e Ucraina - come nota l'FMI, non possono che incrinare le prospettive per l'Italia di agganciare nel 2025 la crescita media dell'Eurozona all'1,5 per cento ossia più del doppio della nostra;

            si aggiunga che la previsione macroeconomica tendenziale è stata validata dall'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) come previsto dalla legge, rendendo noto che la validazione è stata data «assumendo il graduale venire meno delle tensioni geopolitiche internazionali» oltre alla «piena e tempestiva realizzazione del PNRR»;

            similmente, nello stesso DEF, si afferma che eventuali tensioni persistenti per tutto il 2024 nel Mar Rosso potrebbero ridurre la crescita reale di quasi due decimali (-0,18);

            in tal senso, il documento in esame pare non opportunamente considerare l'incertezza ed il rischio che concernono il quadro economico soprattutto alla luce del drammatico contesto geopolitico dovuto al perdurare del conflitto russo-ucraino e, dall'autunno del 2023, dalla ripresa delle ostilità in Medio Oriente;

            il quadro di un'Italia bloccata è quindi concreto e mal si concilia con la terza legge di bilancio Meloni che, sulla carta, vorrebbe rinnovare per il 2025 bonus e tagli di tasse per 23 miliardi di euro circa;

        valutato che:

            il tema dell'aggiornamento e della revisione del quadro della governance economica europea rappresenta una questione centrale nel dibattito europeo e un tema decisivo di politica economica per il nostro Paese in quanto dall'approvazione di tale riforma è strettamente connessa e dipenderà la capacità di spesa e di investimento a livello nazionale ed europeo per i prossimi anni, pesantemente influenzata dalle crescenti tensioni e dai mutati scenari geo-politici internazionali;

            in ragione delle modifiche peggiorative, apportate nel corso dei negoziati che stanno portando a regole più severe sul deficit e a un controllo più restrittivo sulla spesa pubblica degli Stati membri, il Movimento 5 Stelle, in sede parlamentare europea, ha espresso voto contrario alla suddetta posizione negoziale, coerentemente con la posizione già assunta anche in sede nazionale;

            le elezioni europee si avvicinano, ma il percorso di riforma e di definizione delle nuove regole deve ancora perfezionarsi: con l'accordo politico provvisorio raggiunto tra i negoziatori del Consiglio e del Parlamento europeo il 10 febbraio ultimo scorso, è stato confermato l'impianto della riforma della governance, che rimane quello stabilito nell'accordo raggiunto dagli Stati membri nel Consiglio Ecofin dello scorso dicembre. L'accordo dovrà essere ora approvato dal Consiglio nella formazione Coreper e dalla Commissione per gli affari economici del Parlamento UE prima della votazione finale formale al Consiglio e al Parlamento;

            da ultimo, la ferma contrarietà del Movimento 5 Stelle a tale proposta di riforma, in coerenza con le precedenti votazioni, è stata ribadita con il voto del 23 aprile ultimo scorso in sede di ultima plenaria del Parlamento europeo prima delle elezioni, con la votazione finale della proposta di regolamento sul braccio preventivo del Patto di stabilità e con la procedura di consultazione sulle altre due proposte relative al regolamento sul braccio correttivo e alla direttiva sui quadri di bilancio nazionali;

            per tali ragioni non appaiono affatto convincenti le motivazioni fornite dal Ministro dell'economia e delle finanze legate alla riforma della governance economica europea, dal momento che allo stato attuale vige ancora l'articolo 10 della legge di contabilità nazionale (legge 31 dicembre 2009, n. 196), e pertanto Governo e Parlamento sono tenuti a rispettare i contenuti e le prescrizioni di programmazione economica che prevedono espressamente che il DEF contenga gli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico, nonché le previsioni di finanza di lungo periodo e gli interventi che si intendono adottare per garantire la sostenibilità;

            la scelta del Governo di presentare un DEF privo dei profili programmatici, senza indicazione dei tagli alla spesa e delle misure correttive richieste nell'ambito del rispetto dei parametri della rinnovata governance economica europea solleva numerosi dubbi sulla stabilità del piano e sulla sua fattibilità e lascia trasparire una preoccupante mancanza di trasparenza e di responsabilità da parte dell'Esecutivo;

            tale atteggiamento trae giustificazione politica dall'approssimarsi delle elezioni europee di giugno e dall'auspicio del Governo che il rinnovo della Commissione europea possa dimostrarsi più favorevole nei confronti del maggiore deficit italiano, rispetto a quello attualmente previsto e che valuti diversamente e con più favore i conti italiani;

            in questo contesto va inquadrata anche l'ipotesi di richiesta, avanzata dal ministro dell'economia Giorgetti, di una proroga della scadenza - prevista nel 2026 - del PNRR, alla luce delle difficoltà e dei ritardi di spesa finora registrati, ipotesi peraltro respinta dal commissario UE all'economia Gentiloni e dal vicepresidente della Commissione Dombrovskis, che hanno ribadito il 2026 qual data limite per la validità dello strumento;

        tenuto conto che:

            confermandosi coerente rispetto alle misure sin qui adottate, sanità, istruzione e il complesso di tutte le prestazioni sociali necessarie ad alleviare la povertà, non rappresentano per il Governo, anche nel DEF 2024, una priorità. Parallelamente, la caotica gestione della revisione del PNRR e il decreto conseguente hanno dimostrato una scarsa capacità - se non addirittura la precisa volontà - di non rilanciare gli investimenti nei territori e di non considerare l'emergenza climatica e ambientale un elemento verso cui orientare le politiche pubbliche di bilancio, facendole tornare ad un passato che non ha mai prodotto risultati soddisfacenti per i cittadini e col rischio stavolta di accompagnare gradualmente l'Italia verso una fase quasi pre-recessiva;

            la povertà in Italia è ormai un fenomeno strutturale visto che tocca quasi un residente su dieci, il 9,4 per cento della popolazione residente vive infatti, secondo l'ISTAT, in una condizione di povertà assoluta. In termini assoluti si contano in Italia più di cinque milioni di persone in stato di povertà assoluta;

            l'impennata dei prezzi che ha caratterizzato l'area dell'euro ha contribuito a ridurre drasticamente il potere d'acquisto dei lavoratori italiani. Si stima che negli ultimi due anni il salario reale dei lavoratori sia sceso in Europa di circa il 6 per cento. In Italia si riscontrano dati peggiori rispetto alla media continentale, facendo registrare un -7.5 per cento (dati OCSE 2023). Tale contrazione si è tradotta in un significativo peggioramento delle condizioni di vita di milioni di persone, spesso costrette a rinunciare anche a beni di prima necessità o a dover rinviare spese relative a servizi essenziali per la persona;

            particolarmente preoccupanti sono i dati relativi ai consumi alimentari delle famiglie, l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA, marzo 2024) informa che il carrello alimentare nel 2023, è costato agli italiani l'8,1 per cento in più rispetto al 2022 e che l'incremento della spesa nel 2023 resta il più alto degli ultimi anni. In termini assoluti, si tratta di un incremento di oltre 8,2 miliardi di euro. Risorse queste, che hanno profondamente inciso sul portafoglio delle famiglie, segnate da una spirale inflazionistica che l'attuale Governo non pare in grado di gestire con una programmazione pertinente e con strumenti adeguati;

            i costi di benzina e diesel riscontrati nelle ultime settimane, con il prezzo della benzina, nella modalità self-service, che ha toccato la media di 1,911 euro per litro, e quello del diesel, self service, 1,811 al litro (Quotidiano energia, aprile 2024), destano grande inquietudine, avendo raggiunto i livelli dello scorso ottobre;

            il comparto dei prezzi servizi ha segnato un'accelerazione nel 2023, con una crescita annua superiore al 4 per cento, rispetto al 3 per cento del 2022. A livello di singole componenti, spiccano i servizi ricreativi e alla persona, al 5,9 per cento dal 4,4 per cento del 2022, e quelli relativi all'abitazione, al 3,6 per cento dall'1,6 per cento del 2022 (DEF 2024);

            alla luce delle considerazioni sin qui esposte e dei dati forniti, pare quanto mai irrealistico il paventato graduale recupero del reddito reale delle famiglie che, sempre secondo le stime dell'Esecutivo, dovrebbe essere sostenuto dagli investimenti connessi al PNRR che, come già riportato, sconta lacune, ritardi e contraddizioni che rischiano di inficiarne completamente l'efficacia;

            lo stesso Governo, all'interno del Documento in esame, pur auspicando l'aumento del potere d'acquisto delle famiglie, con un impatto positivo sull'evoluzione dei consumi, ammette che nel 2024 il valore annuo della spesa delle famiglie «risentirà del calo registrato nell'ultimo trimestre del 2023, a causa di un effetto statistico di trascinamento negativo. La domanda interna, nel complesso, risulterebbe leggermente meno dinamica rispetto all'anno precedente»;

            a fronte di una situazione di tale gravità, e dell'immobilismo del Governo - che si limita a "fotografare" l'esistente senza approntare nuove e più incisive misure di rilancio dell'economia e dei consumi, di investimento nella crescita del sistema Paese -, l'introduzione del salario minimo legale costituirebbe un argine all'impoverimento dei lavoratori e allineerebbe l'Italia alla gran parte dei Paesi europei, restituendo garanzie minime, in termini economici ma anche di dignità delle persona, a milioni di lavoratori;

            la garanzia di una retribuzione dignitosa e adeguata per tutti i lavoratori favorirebbe senz'altro la realizzazione di un mercato del lavoro più inclusivo, equo e paritario, abbattendo le disuguaglianze, anche in termini di divario retributivo di genere (gender pay gap). Pertanto, resta incomprensibile, se non si ragiona in termini meramente ideologici, l'ostilità del Governo rispetto alle proposte di legge presentate in Parlamento negli scorsi mesi a favore di tale misura;

            la necessità di dotarsi di un salario minimo è avvalorata da recenti studi (INAPP 2023) che evidenziano quanto in Italia il problema della stagnazione dei salari sia centrale: tra il 1991 e il 2022 i salari italiani sono cresciuti dell'1 per cento a fronte di una media europea del 32,5 per cento;

            la recente direttiva europea 2022/2041, inoltre, indica l'esigenza di definire un salario minimo per legge laddove la contrattazione collettiva non garantisca almeno l'80 per cento dei lavoratori. Sebbene il nostro Paese presenti un tasso di copertura contrattuale superiore al livello minimo previsto dalla direttiva (circa il 95 per cento), in molti casi i CCNL prevedono soglie minime retributive inferiori ai 9 euro. L'innalzamento della retribuzione oraria minima a tale soglia, come prevista nella proposta del M5S, comporterebbe un incremento della retribuzione annuale per 3,6 milioni di persone, che beneficerebbero mediamente di un incremento medio annuale di circa 804 euro (ISTAT, luglio 2023);

            il salario minimo definito per legge non costituirebbe un salario sostituivo dei salari definiti dalla contrattazione collettiva, ma rappresenterebbe una soglia minima invalicabile al di sotto della quale le retribuzioni non possono scendere. Come autorevolmente affermato dagli esperti del settore (INAPP, gennaio 2024), i due sistemi - salario minimo e contrattazione collettiva - possono convivere e rafforzarsi a vicenda, stabilendo dei parametri oggettivi che abbiano il fine di tutelare tutti i lavoratori;

        preso atto che:

            rafforzare il reddito dei lavoratori italiani costituisce una priorità anche sul versante della tutela della loro salute. A tal proposito, la panoramica sulla spesa sanitaria delle famiglie italiane offertaci recentemente dal report GIMBE (aprile 2024) ci consegna un quadro allarmante. Le difficoltà economiche delle famiglie conducono alla limitazione delle spese per la salute e alla rinuncia alle cure. Tali fenomeni sono molto più frequenti nelle Regioni del Mezzogiorno, proprio quelle dove l'erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) è inadeguata: di conseguenza, l'insufficiente offerta pubblica di servizi sanitari associata alla minore capacità di spesa delle famiglie del Sud condiziona negativamente lo stato di salute e l'aspettativa di vita alla nascita;

            le diseguaglianze sociali nell'accesso alle cure e l'impossibilità di far fronte ai bisogni di salute con risorse proprie rischiano di compromettere la salute e la vita dei più poveri, in particolare nel Mezzogiorno, dove l'impatto sanitario, economico e sociale senza precedenti rischia di peggiorare ulteriormente con l'autonomia differenziata;

            tali criticità sono state ampiamente denunciate dal M5S nel corso dell'esame parlamentare dell'ultima legge di bilancio, con particolare riferimento: all'assenza o all'insufficienza degli incrementi delle risorse destinate ai Fondi ad hoc per le categorie deboli; alla mancanza di un indirizzo politico e di un progressivo rilancio del finanziamento del Servizio sanitario nazionale; alle grandi problematiche irrisolte, e non affrontate dal Governo, come quelle dei pronto soccorso o delle liste d'attesa, caratterizzate dalla carenza di personale, sempre più precario, e da gravissime criticità strutturali;

            il quadro appena descritto necessita di risposte immediate, occorrono stanziamenti ingenti, in termini finanziari e di progettualità. Il Governo continua a non esserne consapevole. Basti fare riferimento alle disposizioni in materia di sanità contenute nell'ultimo decreto legge "PNRR" (decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19), duramente criticato dalla Conferenza Stato - Regioni (seduta del 5 aprile 2024) che, oltre a evidenziare una modalità elaborativa di provvedimenti che trattano materie di competenza regionale, senza alcuna interlocuzione con la Conferenza medesima, contesta che gli interventi non più realizzabili con le risorse PNRR, pari a 1,2 miliardi di euro, siano finanziati dalle Regioni con risorse proprie ex "articolo 20 legge 11 marzo 1988, n. 67 - edilizia sanitaria" integrando il quadro economico dei progetti inseriti nei Contratti istituzionali di sviluppo (CIS) già sottoscritti, senza prevedere risorse aggiuntive;

            a tal fine la Conferenza Stato-Regioni ha evidenziato che le risorse ex articolo 20 sono destinate ad interventi di edilizia sanitaria che le Regioni hanno già programmato nell'ambito dei plafond per ciascuna disponibili, anche se non risultano ancora formalmente impegnate secondo le regole vigenti, e per le quali più volte è stata richiesta la semplificazione;

            dal documento in esame non si evince un programma idoneo a tutelare e salvaguardare il Servizio sanitario nazionale pubblico e universalistico attraverso un recupero integrale di tutte le risorse economiche necessarie, garantendo una sostenibilità economica effettiva ai livelli essenziali di assistenza;

            non si evince la volontà di superare la sperequazione esistente sul territorio nazionale, introducendo indicatori ambientali, socio-economici e culturali nonché l'indice di deprivazione economica che tenga conto delle carenze strutturali presenti nelle Regioni o nelle aree territoriali di ciascuna Regione che incidono sui costi delle prestazioni sanitarie;

            non si prospettano iniziative volte a rivisitare e aggiornare i Livelli essenziali di assistenza (LEA) che anzi sono rinviati nella loro effettiva adozione per effetto del rinvio della vigenza del nomenclatore tariffario;

            con riferimento alle misure a supporto della genitorialità si evince che il Governo «sta attuando ulteriori iniziative per rafforzare i servizi e il supporto della genitorialità, con una particolare attenzione alle famiglie più vulnerabili. A tale scopo, nel corso del 2024 verrà rafforzata la rete territoriale dei Centri per la famiglia, quali livello di governo locale delle istanze relative alla genitorialità, primo ascolto, indirizzamento e investimento sulle famiglie. La rete dei Centri sarà coinvolta anche nell'alfabetizzazione digitale e mediatica.», confermando in tal maniera la chiara volontà di depotenziare i consultori pubblici e laici per dare spazio ai cosiddetti Centri per la famiglia che oltre a non essere pubblici potrebbero non garantire la necessaria laicità e uniformità nel territorio nazionale;

        riscontrato che:

            in base all'indebitamento netto registrato dall'Italia lo scorso anno (7,2 per cento del PIL secondo le prime stime ISTAT), lo stesso ministro dell'economia e delle finanze Giorgetti, in relazione alla riforma della governance economica europea, ha definito come "scontata" - nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma delle procedure di programmazione economica e finanziaria e di bilancio - la prossima apertura di una procedura per disavanzo eccessivo (PDE) nei confronti dell'Italia, in base alle raccomandazioni della Commissione;

            in merito all'attuazione del PNRR, si esprime inoltre preoccupazione per il rischio, non trascurabile, che la revisione complessiva del Piano, che inserisce nuove spese nel Piano senza cancellare quelle già previste, ma "esternalizzandole" a carico del bilancio nazionale, generi un cospicuo aumento della spesa, salvo che l'impegno a mantenere la realizzazione delle spese originarie non vada inteso come meramente programmatico e privo di contenuto fattivo;

            con la pubblicazione della quarta Relazione al Parlamento sull'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), il Governo ha finalmente provveduto a fornire qualche aggiornamento sul fronte della spesa: le uscite effettuate finora si attesterebbero su circa 43 miliardi di euro a fronte dei 194,4 assegnati al nostro Paese;

            tuttavia il quadro risulta ancora incompleto. Allo stato attuale infatti sono disponibili dati aggiornati al 31 dicembre 2023. Informazioni che peraltro nella maggior parte dei casi non tengono conto della revisione del Piano, revisione che, nonostante il più recente decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, non pare porre rimedio a quanto testimoniato dall'Ufficio parlamentare di bilancio nella sua analisi dello scorso dicembre, per cui il 75 per cento dei progetti esecutivi risulta in ritardo, con le fasi di progettazione e assegnazione considerate le più critiche. In particolare, la relazione dell'UPB riscontra ritardi nella fase di assegnazione degli appalti soprattutto nel Mezzogiorno, così come dichiara che carenti sarebbero, sia dal punto di vista della esaustività sia della tempestività, i dati presenti nella piattaforma Regis, considerati altresì poco coerenti sia internamente (tra le varie sezioni della piattaforma) che esternamente (confrontando ad esempio le informazioni contenute in altre banche dati);

            come emerge pure dalla ricerca di Libera e Demos contenuta nel rapporto "Nebbia sul PNRR", manca un quadro di dati aggiornato dopo i cambiamenti apportati dal Governo al piano a dicembre del 2023, che aiuti a capire che cosa resta e quali interventi invece siano fuori ora. Ancora non esiste la piattaforma unica promessa, che raggruppi tutti i progetti in un unico luogo digitale, offrendo dati semplificati e fruibili in modo semplice. Resta poi una certa incoerenza tra i dati comunicati dagli enti locali (raccolti dal monitoraggio civico di Libera) e quelli istituzionali, mentre capita che i dati non coincidano e che non si riesca a ricostruire l'intera filiera, con rischi di opacità e addirittura di affari illegali;

            secondo la relazione annuale di EPPO, nel 2023, l'Italia è la maglia nera con 179 indagini fatte o in corso su frodi al PNRR, su un totale di 206. Numeri che confermano la nostra posizione negativa per quanto riguarda il totale dei fondi europei: nel 2023, su 1.927 indagini attive, 618 sono italiane, pari al 32 per cento. Su 618 indagini EPPO attive in Italia, 160 sono a dimensione transnazionale, per un totale di 256 persone rinviate a giudizio con il coinvolgimento di sette città (Bologna, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia). Il danno stimato è pari a 7,38 miliardi di euro rispetto al totale di oltre 19 miliardi, cifra che fa dell'Italia il Paese con il valore più alto in termini di danni al bilancio Ue. Sono 130 indagini di criminalità finanziaria, 42 di presunta corruzione e 76 di riciclaggio. Su 339 indagini collegate a frodi transfrontaliere in materia di IVA, 121 sono italiane e 112 in Germania, seguite a grandissima distanza da Portogallo (15) e Francia (13). Ma a pesare nel 2023 sono soprattutto le indagini relative al PNRR che rappresentano il 15 per cento dei casi di frode gestiti da EPPO e il 25 per cento dei danni;

        constatato che:

            il quadro economico presenta già segnali significativi di deterioramento come testimonia la prossima apertura di una procedura per disavanzo eccessivo nei confronti dell'Italia, in base alle raccomandazioni della Commissione;

            gli obiettivi di crescita, seppur rivisti al ribasso, appaiono per molti versi sovrastimati in uno scenario internazionale instabile e fragile che presenta incognite rilevanti per cui le prospettive potrebbero cambiare in un arco temporale breve;

            i rischi legati all'inflazione, soprattutto per la dinamica dei prezzi energetici, le criticità connesse all'attuazione del PNRR revisionato, e all'utilizzo integrale, tempestivo ed efficiente dei fondi, i fattori geopolitici e gli effetti del prolungamento della guerra in Ucraina, sono tutti elementi che richiederebbero una visione strategica diversa da quella che è stata finora messa in campo dal Governo e che sta mostrando progressivamente tutti i suoi limiti;

            è drammatico che tutto questo accada dopo una crescita boom del 2021(secondo ISTAT al +8,3 per cento) e una crescita sostenuta nel 2022 (+3,7 per cento), risultati frutto delle coraggiose politiche economiche espansive messe in campo dal Governo Conte II, orientate agli investimenti;

            è altrettanto drammatico constatare che questo crollo era ampiamente prevedibile, come denunciato dal M5S sin dalla prima legge di bilancio Meloni: il taglio smaccatamente - ed imprudentemente - ostentato e indiscriminato di reti di protezione sociale, che come il reddito di cittadinanza avevano anche un effetto sui consumi, e lo smantellamento o drastico ridimensionamento di misure di investimento come superbonus e transizione 4.0, senza la previsione di investimenti alternativi, non potevano che portare a questo repentino deterioramento del quadro economico;

            in tal senso, come già denunciato rispetto alla NADEF 2023 - cui oggi si guarda ancora stante il carattere "leggero" del DEF al nostro esame -, la vera tragedia contabile è la crescita zero, perché sia il deficit sia il debito si calcolano in rapporto al PIL e se quest'ultimo si ferma, il rapporto in futuro non può far altro che aumentare;

            così il netto deterioramento del quadro di finanza pubblica determinerà sul piano sociale maggiore vulnerabilità e sul piano economico minor crescita, poiché i consumi, l'industria, settori importanti come le costruzioni e gli stessi servizi registrano battute d'arresto che una eventuale nuova impennata dei prezzi energetici, nonostante il rallentamento dell'inflazione a livello globale, potrebbe ulteriormente aggravare;

            la volontà annunciata da parte dell'Esecutivo di voler ricavare denaro da tagli ad alcuni Ministeri non sembra in grado di poter mantenere le promesse elettoralistiche della maggioranza in una "fotografia" che già "programmaticamente" rinuncia all'aumento importante di spese essenziali, come quelle per la sanità pubblica e il lavoro stabile, non povero;

            inoltre, il diluvio di disegni di legge collegati alla manovra - cui, rispetto al precedente Documento programmatico ora si aggiunge un disegno di legge recante norme di principio in materia di intelligenza artificiale - di fatto continuerà - com'è stato per l'anno economico appena trascorso e con l'esame di importanti collegati ancora in corso: si pensi al cosiddetto collegato lavoro, ma anche l'autonomia differenziata - a privare la legge di bilancio di molti contenuti di merito, rinviando all'attuazione di deleghe future la definizione di importanti misure, in una situazione preoccupante di rallentamento globale dell'economia che i rischi ambientali e climatici, le tensioni sui prezzi dell'energia - con effetto diretto sui prezzi dei beni e quindi sui consumi - e gli sviluppi della guerra in Ucraina e in Medio Oriente potrebbero inasprire;

            in tutto questo il cambio di strategia che pare prendere piede in ambito fiscale, verso una maggiore irresponsabilità (si moltiplicano i casi di "condono") ed una minore solidarietà, e la mancanza programmatica di strategie volte a sostenere effettivamente i redditi e a rilanciare le politiche pubbliche nella scuola, nella sanità e nel lavoro - vale a dire nei settori che più incidono e preoccupano i cittadini - delineano un quadro in cui la messa in sicurezza sociale non appare una priorità del Governo attuale e che il DEF 2024 sostanzialmente conferma,

        impegna il Governo:

          1) con specifico riferimento all'iter negoziale in corso in merito all'approvazione della riforma delle regole di governance economica europea, ad intraprendere ogni iniziativa utile, in sede europea, finalizzata a rivedere e ad apportare le opportune modifiche all'accordo, al fine di includervi, tra i fattori da considerarsi rilevanti, anche le spese in investimenti strategici - tra i quali gli investimenti destinati all'istruzione, quelli in ambito di spesa sanitaria, gli investimenti green quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio - nonché esentare, dalla regola di spesa, gli investimenti finanziati dai prestiti del programma Next Generation EU che promuovono gli obiettivi a lungo termine dell'Unione europea, per prevenire politiche di austerità, preservare la qualità e il livello di spesa pubblica, evitare pesanti tagli allo Stato sociale e sostenere una crescita inclusiva e sostenibile di lungo termine;

          2) ad intraprendere altresì tutte le opportune iniziative volte ad adattare alla nuova architettura della politica di bilancio europea, nella prospettiva di una rinnovata governance UE ispirata ai criteri anzidetti, gli elementi di successo dell'esperienza del dispositivo di ripresa e resilienza, trasformando il programma NGEU in uno strumento permanente, da finanziare attraverso il bilancio europeo, con la conseguente istituzione di nuove fonti di entrate nella forma di risorse proprie dell'Unione europea e l'inclusione dell'emissione di debito comune europeo come strumento stabile, finalizzati a sostenere l'impegno comune per il rafforzamento degli investimenti nella produzione di «beni pubblici europei» che consentano di rispondere al meglio alle esigenze concordate a livello europeo, come salute, istruzione, ricerca, innovazione, sicurezza e transizione energetica, al fine di assicurare all'Unione europea un proprio spazio fiscale autonomo, capace di avviare una politica economica anti-ciclica;

          3) al fine di salvaguardare il Servizio sanitario nazionale,

              a) a garantire una sostenibilità economica effettiva ai Livelli essenziali di assistenza (LEA) e soddisfare in modo più efficace le esigenze di pianificazione e di organizzazione nel rispetto dei princìpi di equità, di solidarietà e di universalismo, a prevedere che l'incidenza della spesa sanitaria sul prodotto interno lordo (PIL) sia in linea con i Paesi del G7 e che non sia, comunque, inferiore alla media europea;

              b) a superare la sperequazione esistente sul territorio nazionale, introducendo indicatori ambientali, socio-economici e culturali nonché l'indice di deprivazione economica che tenga conto delle carenze strutturali presenti nelle Regioni o nelle aree territoriali di ciascuna Regione che incidono sui costi delle prestazioni sanitarie e sottraendo la salute da qualsiasi progetto volto a conferire ulteriori forme di autonomia alle realtà regionali;

              c) a desistere da ogni ulteriore rinvio nell'erogazione effettiva dei LEA conseguente alla mancata adozione del nomenclatore tariffario;

              d) a procedere ad un'azione strutturale di incremento delle risorse umane da destinare al funzionamento del Servizio sanitario nazionale, rimuovendo il tetto di spesa per le assunzioni a tempo indeterminato, finanziando ulteriormente i cicli di specializzazione;

              e) a potenziare l'organico dei consultori, assicurando la presenza di personale non obiettore di coscienza, anche al fine di garantire un accesso sicuro alle procedure per l'interruzione volontaria di gravidanza;

          4) a potenziare gli strumenti per i percorsi di vita indipendente delle persone con disabilità e non autosufficienti, dando piena attuazione alla legge delega in tema di disabilità; a valorizzare l'invecchiamento attivo; a garantire e potenziare le tutele per i caregiver e a prevedere misure volte al cosiddetto silver cohousing, al fine di creare condizioni di vita migliori per gli anziani;

          5) a rafforzare l'assegno unico, prima misura universalistica e progressiva a tutela e a sostegno della natalità, della genitorialità e delle famiglie, aumentando gli importi previsti, ampliando la platea dei beneficiari e rafforzando le clausole di salvaguardia; a introdurre una tassazione agevolata per il secondo percettore di reddito, al fine di incrementare il tasso di occupazione femminile; ad adottare misure dirette ad ampliare i congedi parentali, incrementandone il trattamento economico e la fruibilità da parte di entrambi i genitori; a rafforzare l'indennità di maternità; ad assicurare la realizzazione degli asili nido, come previsto dal PNRR, e il loro buon funzionamento attraverso un'adeguata dotazione di personale, con l'obiettivo di aumentare l'offerta di lavoro, dare impulso all'occupazione femminile, far emergere il lavoro nero e favorire il reinserimento nel mondo del lavoro dopo il congedo di maternità obbligatorio;

          6) ad adottare le iniziative necessarie a risolvere le numerose problematiche di carattere sociale, rafforzando le misure per affrontare la povertà alimentare e per ridurre il tasso di persone a rischio di povertà o esclusione sociale che resta ancora superiore alla media dell'Unione europea;

          7) a reperire adeguate risorse da destinare alla scuola pubblica e portare gli investimenti in istruzione, educazione e formazione al 5 per cento del PIL come il resto d'Europa, al fine di restituire peso e valore all'istruzione scolastica, per promuovere la formazione degli insegnanti, per valorizzare la professionalità docente e per sostenere l'innovazione didattica e organizzativa, nella consapevolezza che la scuola debba rappresentare uno dei più importanti fattori di crescita del Paese, garantendo il diritto allo studio e la garanzia di accesso per tutti e a tutti i livelli di istruzione;

          8) ad adottare le opportune iniziative volte a una graduale diminuzione delle spese per i sistemi di armamento, che insistono sul bilancio dello Stato, al fine di non distrarre le risorse finanziarie necessarie a sostenere il tessuto sociale ed economico del Paese e a garantirne la ripresa, tenuto conto della grave crisi economica in atto dovuta al caro energia e al caro carburanti, fattori che potrebbero inasprirsi a causa del fragile scenario internazionale interessato da due drammatici conflitti a rischio escalation;

          9) in materia di lavoro e politiche sociali:

              a) a dare piena e tempestiva attuazione, con la massima sollecitudine, ai principi e alle finalità della direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, così come agli indirizzi espressi dalla Corte di cassazione, introducendo anche nel nostro ordinamento il riconoscimento ai lavoratori e alle lavoratrici di ciascun settore economico di un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale, assicurando in ogni caso livelli retributivi in grado di garantire una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa, anche attraverso l'introduzione del salario minimo legale, corrispondente a un trattamento economico minimo orario non inferiore a 9 euro, aggiornato annualmente per tenere conto, in particolare, dell'aumento della produttività e dell'inflazione;

              b) per quanto di competenza e con il pieno coinvolgimento delle parti sociali, a definire una disciplina normativa di sostegno per la regolamentazione della rappresentanza e rappresentatività delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro che restituisca certezza nelle relazioni industriali e superi la proliferazione di sigle di comodo, così come la moltiplicazione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da organizzazioni che non hanno alcuna rappresentatività reale, in particolare valorizzando i contratti collettivi "leader", ossia quelli siglati dai soggetti comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale che presentino maggiore connessione, in senso qualitativo, all'attività produttiva del luogo di lavoro, nonché definendo specifici criteri atti a misurare il grado di rappresentatività sia delle organizzazioni sindacali che datoriali e tenendo in debita considerazione i criteri autoprodotti dall'ordinamento intersindacale negli accordi interconfederali stipulati dalle confederazioni maggiormente rappresentative;

              c) a ripristinare il reddito di cittadinanza, prevedendo il rafforzamento e la riorganizzazione delle politiche pubbliche volte a contrastare la povertà e l'esclusione sociale, potenziando la componente di servizi alla persona e l'attivazione di un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa per l'effettivo superamento della condizione di povertà;

              d) a favorire, per quanto di competenza, l'adozione di misure volte a promuovere la sperimentazione della riduzione dell'orario lavorativo a parità di salario;

              e) ad avviare un concreto e tempestivo confronto con le parti sociali realmente rappresentative, volto a definire una nuova strategia in materia di lavoro nel nostro Paese, anche attraverso la realizzazione di un piano straordinario pluriennale per il lavoro, che metta al centro la buona e stabile occupazione, il contrasto a ogni forma di precarietà e l'incremento della partecipazione al lavoro, con particolare riguardo alle donne e ai giovani, così come al Mezzogiorno e alle aree interne e coerente con la transizione e conversione ecologica;

              f) a rafforzare le politiche attive del lavoro, anche attraverso il potenziamento del fondo nuove competenze; a contrastare le crescenti disparità generazionali, di genere e territoriali, in particolare con interventi volti a favorire l'inserimento lavorativo dei giovani e delle donne; ad assicurare la lotta al lavoro sommerso; a contrastare il precariato, rafforzando gli incentivi volti a favorire le assunzioni a tempo indeterminato, nonché collegando strettamente le tipologie contrattuali a tempo determinato a specifiche causali; ad abolire gli stage extracurriculari in forma gratuita;

              g) a favorire l'evoluzione del sistema previdenziale mettendo al centro le donne, i giovani e chi svolge lavori gravosi, prevedendo l'aggiornamento e l'ampliamento della platea dei lavori usuranti, garantendo una prospettiva pensionistica sostenibile e dignitosa;

              h) a completare il sistema di tutele in favore dei lavoratori autonomi, avviato con l'introduzione dell'indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa, attraverso l'estensione delle misure già previste per i lavoratori dipendenti;

              i) ad adottare, in linea con le esperienze più avanzate in Europa, le opportune misure per assicurare l'estensione in termini di durata, nonché di copertura del congedo di paternità obbligatorio, prevedendo altresì che il congedo di maternità e il congedo di paternità godano di una copertura retributiva pari al 100 per cento, in modo da ridurre il disincentivo economico all'utilizzo dei congedi parentali per i padri;

              j) ad avviare un serio confronto con le parti sociali realmente rappresentative volto a definire una nuova strategia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro, da implementare annualmente favorendo il pieno coinvolgimento del Parlamento, assicurando, nelle more, l'adozione di immediate misure volte ad affrontare le principali criticità, quali l'equiparazione delle tutele disposte nella disciplina degli appalti pubblici anche agli appalti tra privati, nonché l'eliminazione degli appalti a cascata e delle gare al massimo ribasso;

              k) a riconsiderare ogni ipotesi di privatizzazione in atto di aziende controllate e/o partecipate dallo Stato, che, oltre a rappresentare la perdita di asset strategici per il Paese, spesso determinano, come accaduto in passato, fenomeni di precarizzazione del lavoro e riduzione dei livelli occupazionali;

              l) a ripristinare il lavoro agile quantomeno in favore dei lavoratori fragili per rendere pieno e garantito il diritto al lavoro;

          10) a stanziare adeguate risorse per fronteggiare il grave e diffuso disagio abitativo, attraverso la revisione e il rifinanziamento del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e del Fondo per la morosità incolpevole, nonché a prevedere misure di sostegno per far fronte alla maggiore spesa conseguente all'aumento dei tassi di interesse sui mutui in favore di coloro che versano in situazione di obiettiva difficoltà, e a incrementare l'offerta di alloggi a canone di locazione sociale mediante interventi di recupero e riqualificazione del patrimonio esistente nell'ambito di una adeguata programmazione nazionale pluriennale;

          11) a introdurre misure urgenti per consentire lo smaltimento dei crediti relativi a bonus edilizi ancora nella disponibilità di imprese e cittadini e il completamento dei lavori in essere, nonché ad attuare una programmazione pluriennale delle risorse finalizzata a sostenere un piano strategico strutturale degli incentivi edilizi, anche attraverso la revisione dei bonus esistenti e dello strumento della cessione del credito e dello sconto in fattura, in linea con il perseguimento degli obiettivi di cui alla direttiva cosiddetta Case Green, quantomeno per gli interventi a maggior impatto in termini di efficientamento energetico e riduzione delle emissioni di co2 nonché in favore dei cittadini a basso reddito e degli interventi edilizi a maggior indice di complessità, sia in termini di investimento che di determinazione dell'intervento (ad esempio edifici condominiali);

          12) a dare piena e rapida attuazione al PNRR, rispettando tutti gli obiettivi, le riforme da attuare e le scadenze temporali previste, recuperando la capacità di spesa per compensare i ritardi accumulati; a informare costantemente il Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR e sugli eventuali aggiornamenti dello stesso; a garantire la realizzazione delle opere messe a bando, anche prevedendo lo stanziamento di ulteriori risorse a copertura dei rincari dei prezzi dei materiali; a monitorare il rispetto della clausola del 40 per cento per gli investimenti del PNRR, procedendo, con l'urgenza richiesta dal caso, in ottemperanza all'articolo 2, comma 6-bis, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, alla pubblicazione della terza relazione istruttoria sul rispetto del vincolo di destinazione alle Regioni del Mezzogiorno di almeno il 40 per cento delle risorse territorialmente allocabili, al fine di verificare l'effettiva attuazione del predetto obiettivo in termini di riequilibrio territoriale e di rilancio del Sud come priorità trasversale a tutte le missioni del Piano e a scongiurare eventuali tagli ai progetti destinati alle Regioni meridionali conseguenti alla revisione del PNRR;

          13) al fine di incrementare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio e di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, connessi, in particolare, alle esigenze di contrasto della criminalità organizzata e del terrorismo internazionale: a finanziare e concludere le procedure per il reclutamento di tutte le unità di personale delle Forze dell'ordine di cui alla legge 30 dicembre 2018, n. 145, al decreto-legge del 30 dicembre 2019, n. 162, alla legge 30 dicembre 2020, n. 178, dall'articolo 17-bis, comma 2, lettera b), del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36; a provvedere all'assunzione di un contingente straordinario di 1.300 unità delle forze di Polizia, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, nei rispettivi ruoli inziali - 600 unità per la Polizia di Stato, 400 per l'Arma dei Carabinieri, 300 per il Corpo della Guardia di finanza - tramite scorrimento di graduatorie vigenti;

          14) a potenziare gli strumenti di contrasto alle mafie già esistenti, a salvaguardare e rafforzare il regime speciale di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, adeguando le 12 strutture detentive in modo da garantire realmente la separazione tra questi detenuti, al fine di impedire qualsiasi comunicazione sia all'interno dell'istituto che verso l'esterno; potenziare il GOM mettendolo in condizione di svolgere il proprio lavoro in sicurezza attraverso la copertura della pianta organica, la formazione e l'aggiornamento professionale, l'addestramento e l'equipaggiamento;

          15) a investire nella lotta alla corruzione, in particolare attraverso l'adozione di misure volte a garantire maggiore trasparenza e controllo dei fondi del PNRR; ad astenersi da ogni intervento anche normativo che possa tradursi di fatto in un allentamento dei presidi anticorruzione, nonché ad intraprendere tutte le necessarie iniziative, nelle opportune sedi istituzionali nazionali ed europee, volte ad una rapida approvazione della proposta di direttiva UE 2023/0135 (COD) in materia di lotta contro la corruzione, al fine di rafforzare ulteriormente i meccanismi per la prevenzione e lotta alla corruzione, ampliando l'ambito di azione rispetto al singolo Stato ed estendendolo a tutta l'Unione europea, nonché rivalutando altresì la normativa prevista nel decreto-legge n.162 del 2022 - convertito in legge n. 199 del 2022 - in modo da restituire giusta rilevanza al requisito della collaborazione con la giustizia e ricomprendere nuovamente nel novero dei reati ostativi (ex articolo 4-bis) anche quelli contro la pubblica amministrazione;

          16) a proseguire nella politica di contrasto alle agromafie ed ecomafie, tutelando il diritto alla salute attraverso un efficace sistema di repressione delle attività della criminalità organizzata e dei reati ambientali in generale;

          17) ad intervenire con gli investimenti necessari per prevenire e contrastare il fenomeno della violenza sulle donne attraverso la formazione specifica e l'aggiornamento del personale (forze dell'ordine, sanitari, magistrati, avvocati, servizi sociali) chiamato ad interagire con le donne vittime di violenza e l'attivazione di programmi di trattamento per gli uomini maltrattanti ed in generale per i sex offender nella fase di esecuzione della pena, al fine di combattere la recidiva, particolarmente elevata in relazione a questo genere di reati; in tale prospettiva andrebbero promosse ed estese le buone partiche già sperimentate, valorizzando le collaborazioni avviate con, ad esempio, l'ordine degli psicologi e egli enti territoriali, per l'esecuzione della pena dei sex offender. Inoltre, è imprescindibile, garantire la continuità dei finanziamenti alle attività e al funzionamento dei centri e delle reti antiviolenza territoriali;

          18) sotto il profilo dell'annunciata revisione delle circoscrizioni giudiziarie, a garantire il pieno diritto di accesso alla giustizia in tutto il territorio nazionale e risolvere le questioni più critiche relative a taluni uffici giudiziari, colmando le discrepanze esistenti tra i diversi territori;

          19) a potenziare l'organico del Corpo di polizia penitenziaria, al fine di rendere maggiormente efficienti gli istituti penitenziari e garantire migliori condizioni di lavoro al personale addetto alla sicurezza all'interno delle carceri; a prevedere risorse aggiuntive per l'assunzione straordinaria di personale nei ruoli di funzionario giuridico-pedagogico e di funzionario mediatore culturale, considerando altresì il ruolo fondamentale che questi ultimi rivestono all'interno dell'ordinamento ai fini del reinserimento in società dei ristretti; nonché ad assumere, con procedura concorsuale, nuovi magistrati per porre rimedio alla gravissima carenza di personale;

          20) con riferimento agli annunciati interventi per l'edilizia penitenziaria, anche minorile, nonché per gli edifici sede degli uffici deputati all'esecuzione penale esterna, investire maggiori risorse per la realizzazione di nuove strutture e la riqualificazione di strutture già esistenti, da progettare e realizzare con criteri innovativi che includano anche interventi di efficientamento energetico e antisismici, l'implementazione di strumenti e impianti tecnologici per la sicurezza, l'introduzione di impianti di videosorveglianza, di schermatura nonché impianti per il compostaggio di comunità, con individuazione e predisposizione di un sistema di poli detentivi di alto profilo tecnologico, in modo da rendere più efficace la funzione rieducativa della pena, la tutela del diritto alla salute, la preservazione dei legami tra genitori e figli, anche attraverso il ricorso alle più avanzate innovazioni tecnologiche, la distinzione tra diverse tipologie di detenuti, anche mediante l'adozione di appositi criteri architettonici;

          21) in riferimento ad interventi in materia di edilizia giudiziaria, a riqualificare e potenziare il patrimonio immobiliare dell'amministrazione della giustizia in chiave ecologica e digitale, che si tratti di area facilmente accessibile e dotata di servizi e ambienti da adibire a nidi per l'infanzia, nell'attuazione delle politiche volte alla conciliazione tra vita familiare e professionale, con ricadute positive in termini di incremento dell'occupazione femminile e di effettività della parità nell'accesso alle professioni caratterizzanti il comparto giustizia;

          22) ad incrementare le risorse destinate alle attività di intercettazione, astenendosi da qualsivoglia intervento - anche normativo - volto a restringerne l'utilizzo o da depotenziarne l'efficacia come strumento di ricerca della prova determinante per l'attività investigativa ed indispensabile per contrastare le forme più insidiose di criminalità organizzata e dei fatti di corruzione, i cui effetti finali ricadono sull'utente, ovvero il cittadino;

          23) ad adottare iniziative utili volte ad aumentare le risorse per le politiche di cooperazione allo sviluppo al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile globale in sintonia con l'Agenda 2030, con particolare attenzione all'efficacia degli aiuti e dello sviluppo, alla massima integrazione delle politiche e degli strumenti, nonché al coordinamento e alla collaborazione degli attori della cooperazione;

          24) a rafforzare le politiche per la riduzione dei divari territoriali, con particolare riferimento al Mezzogiorno, alle aree interne, ai territori montani e alle isole, nonché a prevedere, in favore degli enti territoriali, risorse dirette a contenere l'aumento dei prezzi dell'energia anche mediante l'utilizzo di flessibilità di bilancio, nonché a implementare il finanziamento per lo svolgimento delle funzioni fondamentali e servizi in favore dei cittadini;

          25) alla luce dei gravi nodi critici, tuttora irrisolti, che intridono l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma della Costituzione, come disposta dal Governo per il tramite del disegno di legge (C. 1665) cosiddetta autonomia differenziata, che accresce le sperequazioni socio-economiche tra territori anziché ridurle - e che, segnatamente, riguardano: oltre a questione di natura giuridica inerenti ai profili di legittimità che comunque saranno sottoposti in altra sede, anche problematiche sul piano finanziario e in ordine alla dinamica delle risorse regionali negli anni successivi all'approvazione delle Intese che il testo non risolve né prevede; come è stato evidenziato anche nel corso delle audizioni (UPB), l'assenza di valutazione delle conseguenze, per esempio in ordine alla revisione delle compartecipazioni sul raggiungimento degli obiettivi programmatici di livello nazionale e sul rispetto del quadro delle regole europee, in quanto l'autonomia differenziata potrebbe portare a configurazioni molto diverse fra loro e, dunque, ad uno scenario fortemente frammentato, con funzioni differenti e LEP differenti e peso finanziario differente - in proposito, si rileva quanto quest'ultimo nodo critico possa nuocere in ordine all'attrattività, già molto bassa, del Paese da parte degli investitori esteri - a non procedere oltre nell'esame del predetto disegno di legge;

          26) ad avviare un percorso di progressiva e sostanziale riduzione della pressione fiscale effettiva al fine di preservare il potere di acquisto delle famiglie, a partire dai redditi medio bassi, e la capacità di investimento per le imprese, nonché incentivare l'offerta di lavoro e la partecipazione al mercato del lavoro, con particolare riferimento ai giovani e alle donne, ai percettori di misure di sostegno al reddito, garantendo la piena ed effettiva progressività del sistema tributario e la tassazione dell'effettiva capacità contributiva espressa dal contribuente, perseguendo al contempo la massima repressione dei fenomeni di evasione fiscale e la stabilizzazione del gettito fiscale, anche attraverso la rinuncia a qualsivoglia forma di misure di sanatoria, ed al fine di consacrare la "lealtà e la liceità" a principi fondanti il sistema tributario e unici presupposti per l'accesso a misure di semplificazione e il riconoscimento di premialità;

          27) a perseguire e incrementare una politica fiscale volta a contenere gli effetti distorsivi conseguenti a eventi straordinari di carattere economico o emergenziale, tali da alterare significativamente l'equilibrio economico tra domanda e offerta ai danni del consumatore e a vantaggio degli operatori economici, soprattutto in termini di maggiore profitto, anche attraverso la previsione di forme di prelievo, a carattere solidaristico, sul margine di profitto inatteso e non connesso al rischio di impresa, destinando il maggior gettito conseguito a misure per il contenimento degli effetti negativi dell'aumento dei prezzi dei servizi offerti e a vantaggio del consumatore;

          28) ad incrementare adeguatamente i finanziamenti al fine di valorizzare economicamente tutto il personale di scuola, università e ricerca; a reperire le risorse necessarie per la piena attuazione del Piano nazionale per la promozione del sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita sino a sei anni; ad adottare misure di prevenzione e di contrasto dell'abbandono precoce dell'istruzione e della formazione; a procedere a contrastare l'eccessivo affollamento delle classi e la povertà educativa, diminuendo il numero degli alunni per classe e garantendo la formazione delle classi nei territori disagiati, montani, nelle piccole isole, nelle aree interne; a garantire il diritto allo studio scolastico e universitario, assicurando borse di studio e servizi per tutti gli idonei; ad adottare iniziative volte a valorizzare economicamente tutto il personale scolastico, mediante iniziative volte a reperire risorse adeguate e ad innalzare le retribuzioni, portandole al livello europeo; ad intervenire, con azioni forti e immediate, per sostenere le famiglie, in estrema difficoltà nell'acquisto dei libri e materiali scolastici e garantire il diritto allo studio in modo uniforme su tutto il territorio nazionale; a istituire il beneficio della dote educativa da destinare a tutte le alunne e alunni, studentesse e studenti del primo e secondo ciclo di istruzione, al fine di sostenere economicamente le famiglie durante tutto il percorso educativo dei figli e contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali; ad adottare misure volte a rivedere la disposizione approvata inerente il dimensionamento scolastico, abrogando la disciplina introdotta, anche alla luce dei rischi e delle criticità che potrebbero derivare dalla controversa riforma dell'autonomia differenziata da riconsiderare integralmente, con particolare riguardo al sistema di istruzione, che deve mantenere i caratteri di uniformità ed eguaglianza su tutto il territorio nazionale; a rafforzare i dottorati e la ricerca universitaria al fine di promuovere pari opportunità, riducendo le disparità regionali, rafforzando le tecnologie digitali e contrastando il divario di genere; ad intervenire affinché il problema della carenza degli alloggi universitari si possa risolvere prevalentemente e in modo strutturale implementando le residenze universitarie pubbliche al fine di garantire pienamente ed efficacemente il diritto allo studio universitario; a promuovere un'opera di sensibilizzazione sull'importanza sociale della cultura e del patrimonio culturale e a sostenere il ruolo trainante del patrimonio storico e artistico del nostro Paese e delle elevate professionalità presenti nei relativi settori;

          29) ad adottare interventi per la transizione ecologica e il contrasto alla crisi climatica, in linea con le misure decise nell'ambito del Green New Deal europeo, e a tal fine:

              a) a revisionare celermente i documenti programmatici in materia di energia e clima, quali il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC), la Strategia di lungo termine sulla riduzione dei gas ad effetto serra (LTS) e il Piano di adattamento climatico;

              b) a perseguire, senza indugi, il raggiungimento dei target di decarbonizzazione al 2030 e di neutralità climatica al 2050, attraverso il pieno superamento della dipendenza del Paese da importazioni di combustibili fossili e l'incremento degli investimenti nelle fonti rinnovabili, accelerando il recepimento nell'ordinamento nazionale delle direttive Red III e Case green allo scopo di introdurre adeguate misure per aumentare l'efficienza energetica e la sicurezza sismica degli edifici, prestando particolare attenzione alla riqualificazione degli edifici con prestazioni energetiche basse, ivi compresi gli edifici pubblici, in linea con gli indirizzi europei, anche attraverso la previsione di misure a carattere strutturale e finanziariamente sostenibili, e ad affrontare la questione dei crediti fiscali incagliati;

              c) ad adottare misure per promuovere la mobilità sostenibile e sostenere l'innovazione e la riconversione del settore dell'automotive;

              d) a orientare la strategia nazionale per l'indipendenza energetica verso un ulteriore potenziamento della produzione di energia da fonti rinnovabili, mediante un quadro regolatorio certo e appropriate misure di semplificazione procedurale, anche al fine di creare un sistema interconnesso e sempre più slegato dagli approvvigionamenti di fonti fossili all'interno di uno scenario che vede il ridursi della domanda gas nel prossimo futuro;

              e) a favorire la progressiva riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi e la tempestiva definizione di appositi indicatori per gli investimenti ecosostenibili, prevedendo adeguate misure compensative per le famiglie e le imprese più vulnerabili;

              f) a finanziare gli interventi di riqualificazione dei corpi idrici naturali e del reticolo minore e a istituire un fondo per la sostituzione e manutenzione degli acquedotti, rimodulando il fondo complementare del PNRR;

              g) a recepire le misure previste dalle strategie per la "Biodiversità 2030", "Farm to fork" e "Suolo" nell'ambito del Green New Deal UE e riprese dalla recente "Nature restoration law";

          30) ad adottare opportune iniziative volte:

              a) a individuare strategie ed obiettivi di implementazione dell'economia circolare mediante l'adozione di pratiche gestionali finalizzate alla riduzione della produzione di rifiuti, alla raccolta differenziata, alla tariffazione puntuale e alla promozione di filiere produttive volte al riuso, al riciclo, alla riparabilità e alla compostabilità, escludendo il ricorso a soluzioni impiantistiche basate sull'incenerimento dei rifiuti e allo smaltimento in discarica in quanto pratiche idonee a incidere negativamente sulla qualità dell'aria e dei suoli;

              b) al fine di rispondere alle sfide inerenti la salvaguardia del clima e la riduzione dell'inquinamento atmosferico, e in linea con quanto previsto dalla Country-specific Reccomandation CSR 3.6, a potenziare la mobilità sostenibile mediante l'elettrificazione del parco veicolare per il trasporto pubblico e privato e la relativa impiantistica di ricarica, anche indirizzando le politiche di mobilità urbana su un consistente spostamento dal trasporto privato motorizzato alle altre forme di mobilità (trasporto pubblico, sharing, bicicletta, mobilità leggera), nonché a rilanciare il settore della logistica cosiddetto green prevedendo un piano di evoluzione del sistema anche attraverso strumenti di governance dedicati all'incentivazione del trasporto intermodale - in considerazione di quanto già previsto con i contributi al trasporto combinato strada-mare (marebonus) e strada-rotaia (ferrobonus) -, alla digitalizzazione e all'automazione, per garantire la sostenibilità del settore e la sua compartecipazione agli obiettivi del Green New Deal europeo;

              c) a presentare alla Commissione, nei tempi previsti dal regolamento 2023/955 ovvero entro il 30 giugno 2025, il Piano sociale per il clima al fine di garantire alle famiglie e alle micro-imprese vulnerabili, nonché agli utenti vulnerabili dei trasporti l'accesso ai finanziamenti finalizzati a mitigare l'impatto dei cambiamenti necessari a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050;

              d) a chiarire la preoccupante situazione relativa al dossier riguardante il Ponte sullo Stretto di Messina, posto che nella legge di bilancio 2024 l'opera è stata quantificata con un indebitamento per lo Stato di 13 miliardi fino al 2032 e che nelle more dell'iter si era annunciata la riduzione dell'onere attraverso la partecipazione a bandi europei nonché attraverso finanziamenti di altri enti pubblici e privati di cui, tuttavia, non vi è alcuna specificazione nel documento in esame;

          31) a garantire che gli interventi previsti per fronteggiare il caro energia siano applicati per tutto il periodo che si renderà necessario, dando priorità alla protezione delle fasce più deboli e alle imprese più esposte al caro energia; a mettere in atto tutte le tempestive iniziative necessarie all'emanazione, da parte del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, del decreto ministeriale per la predisposizione della Strategia nazionale contro la povertà energetica, coordinando gli obiettivi indicativi periodici di quest'ultima con quelli indicati nella strategia nazionale di ristrutturazione a lungo termine, nonché con i futuri piani di riqualificazione edilizia; ad affiancare a tali interventi misure per sostenere i soggetti maggiormente colpiti dall'incremento dei prezzi di altri beni primari, a partire da quelli alimentari, che rischiano di colpire duramente le famiglie più povere e, in particolare, quelle i cui redditi nominali non variano al variare dell'inflazione; ad adottare interventi per sostenere le imprese dei settori maggiormente colpiti dagli effetti negativi dell'incremento dei prezzi e dei tassi d'interesse; a monitorare costantemente l'andamento della situazione del caro prezzi al fine di predisporre i necessari interventi;

          32) ad adottare iniziative volte a ristabilire con urgenza, nei rispettivi mercati del gas naturale e dell'energia elettrica, un equilibrio a favore dei consumatori per preservare i clienti finali da ulteriori abusi nonché a rendere più efficaci e funzionali le periodiche campagne di comunicazione istituzionale a carattere pubblicitario in relazione al definitivo superamento del regime di maggior tutela, anche fornendo, nell'ambito delle stesse, una panoramica di tutti gli strumenti e gli incentivi disponibili per la realizzazione di interventi rivolti alla decarbonizzazione e alla transizione ecologica, alla riduzione e all'efficientamento dei consumi di energia, alla produzione di energia rinnovabile, anche mediante configurazioni di autoconsumo individuale e collettivo e la costituzione di comunità energetiche rinnovabili;

          33) a sostenere e rilanciare gli investimenti pubblici e le politiche dell'innovazione per favorire la crescita economica, la digitalizzazione, l'industrializzazione equa, responsabile e sostenibile e la creazione di nuovi posti di lavoro; a sostenere le imprese riattivando il Piano transizione 4.0 rendendolo maggiormente fruibile dalle micro, piccole e medie imprese, rafforzando gli incentivi fiscali, con particolare riferimento a quelli per gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, formazione del personale, attuando e potenziando i progetti del PNRR a sostegno della ricerca e dell'innovazione, a partire dal potenziamento della ricerca di base e applicata, sostenendo i processi di innovazione e trasferimento tecnologico, sviluppando le politiche industriali per i settori di punta, nonché preservando in ogni caso, anche nell'ambito del nuovo Piano transizione 5.0 per gli investimenti finalizzati alla transizione ecologica ed energetica, il pieno automatismo degli incentivi e la più ampia diffusione tra le imprese;

          34) ad intraprendere le necessarie iniziative finalizzate ad assicurare all'interno della ZES unica adeguate risorse per la copertura nonché per la proroga - almeno su base triennale - della durata della concessione dei benefici fiscali del credito di imposta previsto a favore delle imprese del Mezzogiorno, al fine di permettere al tessuto imprenditoriale di programmare con maggiore certezza i propri investimenti;

          35) in relazione alla politica agricola, a garantire, anche alla luce delle recenti proteste degli agricoltori, sia in Europa che nel nostro Paese, maggiore attenzione al settore primario e maggiore sostegno nel percorso verso la transizione ecologica alla quale il comparto è chiamato, senza dover rinunciare alla propria reddittività, attraverso:

              a) interventi concreti volti ad incrementare le risorse destinate all'agricoltura a garanzia di un vero sostegno alle imprese;

              b) il potenziamento, non solo attraverso il recente stanziamento di risorse del PNRR, dei contratti di filiera mettendo in atto politiche volte a rafforzare il ruolo degli agricoltori all'interno della catena che va dal produttore al consumatore;

              c) l'attuazione di misure volte ad attuare politiche che valorizzino e potenzino il ruolo delle giovani generazioni e delle donne che decidono di investire in agricoltura poiché il ricambio generazionale è fondamentale sia per la competitività di lungo periodo della nostra agricoltura, sia per il percorso di transizione ecologica a cui il settore è chiamato;

              d) il rafforzamento del contrasto ad ogni forma di pratica commerciale sleale che tocca la filiera agroalimentare, sia per i canali classici che nelle vendite online, e allo stesso tempo attraverso il potenziamento del lavoro degli enti preposti sui costi di produzione dei prodotti agricoli tenendo conto del ciclo delle colture, della loro collocazione geografica, della destinazione finale dei prodotti, delle caratteristiche territoriali e organolettiche, delle tecniche di produzione medie ordinarie e del differente costo della manodopera negli areali produttivi, stimato sulla base dei dati forniti annualmente dai singoli Stati dell'Unione europea;

              e) il potenziamento della ricerca in agricoltura, che è uno strumento fondamentale poiché l'innovazione è un tassello imprescindibile per il settore e anch'essa è parte integrante del percorso verso la transizione ecologica agricola;

              f) l'incremento concreto delle politiche di sostegno agli interventi inerenti alla gestione del rischio, supportando in particolare quelli relativi alla prevenzione.

(6-00095) n. 3 (24 aprile 2024)

Enrico Borghi, Fregolent, Musolino, Paita, Renzi, Sbrollini, Scalfarotto.

Preclusa

Il Senato,

        premesso che:

            nella seduta dello scorso 9 aprile il Consiglio dei ministri ha approvato il Documento di economia e finanza 2024, il più importante documento programmatico di politica economica volto anche a illustrare gli intendimenti e le priorità del Governo in materia di finanza pubblica;

            il Governo ha ritenuto opportuno presentare solo il quadro macroeconomico tendenziale, in attesa della completa definizione del quadro delle regole fiscali europee, diventa quindi ancor più rilevante - nelle more della definizione del quadro macroeconomico programmatico - il ruolo del Parlamento nel vincolare il Governo a specifiche azioni di politica economica da formalizzare nel piano strutturale di bilancio a medio termine da presentare entro il prossimo 20 settembre;

            per il solo anno 2024 sono in vigore riduzioni fiscali e contributive per un valore pari a circa 19,6 miliardi di euro, che al momento non risultano confermate per gli anni seguenti: l'esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi inferiori a 35.000 euro annui, le misure di sostegno per gli investimenti nella Zona economica speciale (ZES) del Mezzogiorno, il finanziamento della "Nuova Sabatini" per il sostegno agli investimenti, la detassazione del welfare aziendale e dei premi di produttività, la riduzione dell'aliquota IRPEF dal 25 per cento al 23 per cento per i redditi compresi tra 15.001 e 28.000 euro, l'azzeramento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici dipendenti a tempo indeterminato con due figli fino ai dieci anni di età, la riduzione da 90 a 70 euro del canone Rai, la maggiorazione del costo ammesso in deduzione in caso di nuove assunzioni;

            la mancata proroga di tali misure comporterebbe l'incremento della pressione fiscale per circa un punto di PIL, con potenzialmente gravi ripercussioni sul potere di acquisto delle famiglie e delle imprese e sullo stesso andamento macroeconomico,

        impegna il Governo:

            a rendere strutturali le misure di riduzione fiscale e contributiva richiamate in premessa, evitando così un consistente aumento della pressione fiscale.

(6-00096) n. 4 (24 aprile 2024)

Boccia, Misiani, Manca, Lorenzin, Nicita, Bazoli, Mirabelli, Zambito, Irto, Basso, D'Elia, Zampa.

Preclusa

Il Senato,

        premesso che:

            il Documento di economia e finanza, tracciando una prospettiva di medio-lungo termine degli impegni, sul piano della politica economica e della programmazione finanziaria, e degli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall'Italia per il rispetto del Patto di stabilità e crescita, costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio;

            la legge n. 196 del 31 dicembre 2009 di contabilità e finanza pubblica prevede che il Governo trasmetta il DEF alle Camere entro il 10 aprile di ogni anno, affinché queste si esprimano sugli obiettivi e sulle strategie di politica economica in esso indicati per il triennio di riferimento;

            con il Documento di economia e finanza 2024, invece, il Governo si limita a illustrare i contenuti e le informazioni di carattere essenziale sull'andamento tendenziale dei principali dati della finanza pubblica e una stima delle politiche invariate per il prossimo triennio, rinviando la definizione degli obiettivi di politica economica, prevista dall'articolo 10, comma 2, lettera e) della citata legge n. 196 del 2009, al Piano strutturale di bilancio di medio periodo da presentare entro il prossimo 20 settembre;

            la motivazione addotta dal Governo, ossia l'attesa delle indicazioni della Commissione per la predisposizione di un Piano fiscale strutturale di medio termine conforme alle nuove regole, appare pretestuosa e non giustifica in alcun modo la mancata presentazione del quadro programmatico e delle linee generali della prossima manovra, non rispettando le disposizioni della legge di contabilità pubblica e, soprattutto, impedendo al Parlamento di esprimersi con una circostanziata deliberazione;

            gli unici casi di mancata presentazione del quadro programmatico sono riconducibili a Governi dimissionari che, correttamente, si erano limitati a esporre gli andamenti macroeconomici e di finanza pubblica rimettendo le scelte programmatiche al successivo Esecutivo: la scelta del Governo Meloni è, pertanto, senza precedenti, di estrema gravità, lesiva delle prerogative del Parlamento, opaca nei confronti dell'opinione pubblica, rivelatrice della mancanza di strategia su un orizzonte di pochi mesi, indice estremamente preoccupante in considerazione del fatto che con il nuovo Patto di stabilità occorrerà lavorare su un orizzonte di almeno quattro anni, e motivata unicamente dal tentativo di nascondere, in prossimità delle elezioni europee, gli esiti fallimentari dell'azione di politica economica e finanziaria, tra cui una crescita stimata per l'anno in corso all'1 per cento, in ribasso rispetto all'1,2 per cento della scorsa NADEF, ma più ottimistica dello 0,6 per cento (0,8 per cento se si esclude la correzione per le giornate lavorative) stimato dalla Banca d'Italia e dello 0,7 per cento previsto dal FMI, il più basso di tutti i Paesi G7;

            oltre alla mancata previsione del quadro programmatico, il Governo non intende affrontare nel Documento anche la cornice entro cui collocare la prossima legge di bilancio e non fornisce alcuna indicazione concreta sulle misure di entrata e di spesa che l'Esecutivo intenderà introdurre nei prossimi mesi;

            il Governo, in particolare, non esplicita alcuna decisione per quanto riguarda la sanità, la scuola, le politiche per il lavoro, gli investimenti, la politica industriale e gli enti locali, anch'essi interessati dalla declinazione nazionale delle nuove regole del Patto di stabilità e crescita;

            la seconda sezione del DEF riporta l'indicazione delle previsioni a politiche invariate per i principali aggregati del conto economico delle amministrazioni pubbliche, rinviando anche in questo caso a un momento successivo quali interventi effettivamente riterrà opportuno attuare;

            tuttavia, la stima fatta dal Governo di 19,9 miliardi di euro, 0,9 punti di PIL, necessari per finanziare le politiche invariate, unita all'esigenza di reperire le risorse necessarie per le manovre di rientro - non inferiori a 0,5 punti percentuali annui, al netto dell'attivazione di ulteriori clausole che potrebbero innalzarne l'impatto intorno all'1 per cento - conseguenti alla prossima apertura di una procedura d'infrazione per deficit eccessivo nei confronti del nostro Paese, desta estrema preoccupazione, perché rischia di essere conseguita attraverso una ulteriore compressione, come emerge dai contenuti in controluce del DEF 2024, dei consumi pubblici intermedi, dei contributi agli investimenti, della sanità e delle prestazioni sociali,

        impegna il Governo:

            a trasmettere con la massima urgenza, nel rispetto della normativa vigente e delle prerogative del Parlamento, una nuova versione del Documento di economia e finanza 2024 integrata con gli obiettivi programmatici relativi al PIL, all'indebitamento netto, al saldo di cassa e al debito delle PA, articolati per i sottosettori della PA, accompagnati dall'indicazione delle misure attraverso le quali raggiungere i citati obiettivi.

(6-00097) n.5 (24 aprile 2024)

De Cristofaro, Cucchi, Aurora Floridia, Magni.

Preclusa

Il Senato,

           in sede di esame del Documento di economia e finanza 2024 (Doc. LVII, n. 2) e dei relativi allegati,

        premesso che:

            il DEF2024 (Doc. LVII n. 2) si è presentato al consueto appuntamento con l'esame parlamentare in una veste inedita: asciutto, azzardatamente scarno, poco coraggioso, privo di quei dettagli indispensabili per delineare la traiettoria di finanza pubblica, con il solo quadro tendenziale, ovvero con la previsione degli effetti sul bilancio a politiche pubbliche invariate, rinviando la definizione degli obiettivi programmatici all'atto della presentazione del nuovo Piano strutturale nazionale di bilancio a medio termine, mettendo in tal modo a rischio la credibilità e la reputazione del Paese sul fronte dei mercati finanziari;

            in passato una tale decisione ha avuto precedenti esclusivamente in Governi dimissionari;

            l'atteggiamento che pervade ogni pagina del DEF 2024 suona, pertanto, come alibi: secondo il Governo, sarebbe prematuro adottare una programmazione economico-finanziaria mentre la nuova governance economica europea non è ancora operativa e senza conoscere l'impatto definitivo sui conti pubblici del superbonus 110 per cento che, secondo lo stesso Governo, aggravando il fabbisogno di cassa, peggiora il profilo del debito ed i parametri del sentiero di rientro che l'Europa chiederà all'Italia, rischiando così, e prima ancora di conoscere quell'esito elettorale che spera possa garantirgli migliori margini politici di negoziato, di mettere nero su bianco cifre che potrebbero inficiare l'efficacia della trattativa autunnale con l'Unione europea;

            il DEF 2024 viene pertanto meno al suo compito di delineare un quadro programmatico per i prossimi tre anni, limitandosi a confermare il quadro tendenziale prospettato con la Nota di aggiornamento al DEF 2023, che vede il deficit al 4,3 per cento nel 2024, al 3,7 per cento nel 2025, al 3 per cento nel 2026 e al 2,2 per cento nel 2027;

            il Governo, dunque, in base a quanto emerge dal DEF, all'interno del quale risalta la priorità data al consolidamento finanziario, sembrerebbe orientato ad adottare misure volte ad intervenire sul profilo del deficit al fine di ricondurlo, anche in vista del ritorno delle regole sul Patto di stabilità, al di sotto della soglia del 3 per cento entro il 2026. A tal proposito occorre ricordare che le nuove regole prevedono oltre al tetto del deficit al 3 per cento del PIL, l'applicazione del cosiddetto braccio correttivo, ossia l'attivazione di una procedura per eccessivo deficit, che obbliga il Paese interessato ad aggiustare il deficit in termini strutturali dello 0,5 per cento ogni anno, ma anche che nel calcolo non rientrerà la spesa per gli interessi sul debito fino al 2027;

            invero sul medio periodo resta l'incognita della reintroduzione della suddetta spesa per interessi a partire dal 2027 che, insieme ai parametri di finanza pubblica e senza prevedere ulteriori misure di detrazioni di spesa per investimenti, riproducono il rischio di un effetto restrittivo sulla spesa in un momento in cui, invece, l'Europa deve favorire investimento in capitali sulla tecnologia e sulla transizione verde;

            a rendere più incerta la situazione contribuiscono le affermazioni sull'intenzione dell'Esecutivo di mantenere anche nel 2025 alcuni provvedimenti del 2024, come gli sgravi fiscali e contributivi, che appaiono fortemente aleatori in assenza di un quadro programmatico e di specifiche coperture finanziarie; del resto la totale assenza di un quadro programmatico non declina l'esigenza di dover individuare misure efficaci a sostegno della prossima legge di bilancio;

            il testo, come del resto evidenziato dallo stesso Ufficio parlamentare di bilancio, non concorre a fornire rassicurazioni in merito alle crescenti preoccupazioni riguardanti le manchevoli ed inadeguate politiche, in primis la fallimentare gestione del PNRR e del famigerato superbonus 110 per cento, adottate negli ultimi due anni dal Governo per fronteggiare la stagnazione dell'economia italiana;

            nonostante i deboli segnali e le laconiche dichiarazioni in esso contenuti («Il peggioramento rispetto alle previsioni del settembre dell'anno scorso è completamente ascrivibile a fattori inattesi e di carattere non strutturale» - si legge), non si può trascurare che il quadro tendenziale dell'indebitamento sopra riportato è nella realtà un obiettivo che andrà comunque rispettato - pena un ulteriore appesantimento del disavanzo - attraverso l'adozione di politiche compensative impopolari di maggiori entrate e minori spese, che l'appuntamento con le prossime consultazioni elettorali sembra aver suggerito al Governo di procrastinare: un inaccettabile deficit di informazione nei confronti degli elettori che dovrebbero, invece, potersi recare alle urne consapevoli degli orientamenti del Governo nel breve futuro attraverso una sintesi della sua agenda e dei suoi possibili effetti;

            la scelta di non pubblicare il quadro programmatico comporta un altro danno reputazionale: il rischio, insomma, è dare l'impressione che il Governo non abbia un piano economico per i prossimi anni. Ad un aumento della sfiducia da parte degli investitori dovrebbe corrispondere un aumento del costo del debito pubblico, dato che si richiede un maggiore rendimento a fronte di un rischio percepito maggiore;

            anche sul fronte della crescita, il DEF 2024 appare irrealistico e sfrontatamente ottimistico, poiché questa è stimata in uno 0,9 per cento nel 2024 e all'1,5 nel 2025, previsioni indubbiamente al ribasso, ma che si discostano sensibilmente da quel 0,7 per cento previsto da autorevoli organismi come Commissione UE, OCSE, FMI o, in ultimo, da Bankitalia che, puntando su un incremento dello 0,6 per cento del PIL, ha previsto per il nostro Paese una crescita sostanzialmente dimezzata che avrebbe suggerito, alla stregua delle previsioni sul rapporto deficit/PIL, le medesime misure di tagli di spesa o di incremento della tassazione;

            il deficit, si legge nel Documento, arriverà all'8 per cento dopo il boom del 2023. Il debito pubblico si attesterà qualche decimale sotto al 140 per cento, complice il ricalcolo ISTAT molto favorevole che, nei primi di marzo, anche a causa dell'inflazione, lo aveva abbassato di quasi tre punti percentuali. In ogni caso questa percentuale non fuga il pericolo dell'avvio da parte della Commissione europea, essendo terminata a fine 2023 la sospensione del Patto di stabilità e crescita introdotta a seguito della pandemia e prorogata per via della crisi energetica, di una procedura per disavanzo eccessivo che imporrebbe una correzione dei conti dello 0,5 per cento annuo, ovvero 14 miliardi di euro di PIL;

            secondo alcuni autorevoli economisti, paradossalmente, la procedura di infrazione per deficit eccessivo potrebbe avvantaggiare il nostro Paese perché, se da un lato lo obbliga a ridurre dello 0,5 per cento l'indebitamento strutturale, dall'altro gli concede la possibilità di derogare all'impegno di tagliare subito il debito di un punto di PIL;

            secondo le tabelle allegate al DEF 2024, il debito pubblico nel nostro Paese toccherà, a partire dal 2025, la soglia psicologica dei 3.000 miliardi di euro: dai 2.981 miliardi di euro attesi per quest'anno il passivo totale della PA salirebbe a 3.110 miliardi di euro nel 2025, a 3.224 miliardi nel 2026 e a 3.306 miliardi nel 2027, anno in cui inizierebbe una traiettoria discendente del rapporto debito/PIL;

            d'altra parte, gli allarmi lanciati a più riprese dal ministro dell'economia Giancarlo Giorgetti sul superbonus, che avrebbe gonfiato a dismisura i conti pubblici, sembrano già rientrati. Inoltre, chiusa la stagione della detrazione al 110 per cento, il Governo punterebbe a sostenere il PIL con l'attuazione del PNRR e l'espansione della domanda sia interna che estera, complici il calo dell'inflazione (intorno all'1,6 per cento nel 2024, 1,9 per cento nel 2025 e 2026) e l'atteso allentamento della stretta monetaria della BCE che faciliterebbe l'accesso al credito da parte di famiglie ed imprese e ridurrebbe i costi di rifinanziamento del debito per lo Stato;

            con riferimento alle macroscopiche ed altalenanti valutazioni e/o supervalutazioni dell'impatto finanziario del cosiddetto superbonus 110 per cento si è assistito, nell'arco di un anno a ripetute e costanti revisioni al rialzo delle stime di costo della misura, che hanno generato inevitabilmente incertezza. Nel DEF 2023 il Governo stimava un impatto, in termini di costo, pari allo 0,7 per cento del PIL; successivamente, dopo solo sei mesi, nella NADEF 2023 la stima saliva all'1,8 per cento del PIL per attestarsi, dopo ulteriori sei mesi, nel DEF 2024 al 3,7 del PIL (circa 3,9 secondo dati relativi all'ammontare dei crediti d'imposta contabilizzati nel 2023 pubblicati dall'ISTAT) pari a circa 77 miliardi di euro. Soltanto qualche giorno dopo, il 4 aprile 2024, l'Agenzia delle entrate, sentita in Senato sul decreto-legge n. 39 del 2024, di quella spesa sul 2023 dava una stima diversa e ancora maggiore, pari a 84 miliardi di euro. E' legittimo chiedersi come sia stata possibile una sottostima della spesa pubblica per le erogazioni da superbonus di oltre cinque volte superiore a quanto il Governo con il DEF 2023 prevedeva sarebbe maturata nello stesso anno;

            sul fronte dei conti pubblici c'è attesa anche per la pubblicazione dei dati del 2023 da parte dell'Eurostat che potrebbe confermare o rivedere la stima ISTAT sul deficit al 7,2 per cento. A maggio arriverà invece l'outlook di primavera della Commissione UE con relativo commento sui singoli Paesi, Italia inclusa. Infine, entro giugno, ma il termine non è vincolante, è atteso il verdetto dell'Ufficio di statistica europeo sulla classificazione dei bonus edilizi del 2024, ovvero se vanno contabilizzati tutti nell'anno di sostenimento della spesa, come già accaduto per il 2023 o se possibile spalmarli su più anni. Ciò significa che, decadendo le deroghe ai vincoli di Maastricht, per il Governo sarebbe auspicabile la seconda opzione;

            nello scenario del DEF 2024 la spesa pubblica primaria è già data in caduta di 3,2 punti di PIL fra 2024 e 2027 (dal 47,2 per cento al 44 per cento), pari ad un taglio di 70 miliardi di euro. Secondo le previsioni, inoltre, la spesa per dipendenti pubblici si ridurrà di mezzo punto di PIL, circa 11-12 miliardi di euro e si confermerà la stretta sull'indicizzazione delle pensioni e quella dell'accesso al trattamento previdenziale;

            affinché il PNRR si trasformi in uno strumento di effettivo rilancio e rafforzamento della struttura economica italiana, capace di innescare le già richiamate necessarie "politiche di trasformazione radicale dei processi di produzione" servirebbe una vision e una programmazione cui il DEF e più in generale l'attuale Governo, esplicitamente rinunciano, prova ne è il mancato accenno alla necessità di programmare la messa a regime dei progetti PNRR, che potrebbero semplicemente morire alla conclusione, per mancanza di fondi ordinari con cui poi gestire e mantenere gli investimenti PNRR effettuati;

            alla luce dei suddetti dati è difficile credere che siano le nuove regole europee a frenare il Governo dal varare un DEF completo. Infatti c'è da precisare che la legge di bilancio 2024 contiene una serie di provvedimenti una tantum, cioè finanziati soltanto per quest'anno come taglio del cuneo fiscale per redditi fino a 35.000 euro (la cui mancata proroga nel 2025 determinerebbe una situazione di grave incertezza per 17 milioni di lavoratori che arriverebbero a perdere 100 euro al mese in busta paga), l'accorpamento dei due scaglioni inferiori dell'Irpef (appeso al gettito del concordato preventivo biennale per essere esteso al ceto medio), il differimento di alcune tasse, il taglio del costo del canone Rai, il credito d'imposta per le ZES del Mezzogiorno e il rifinanziamento della legge Sabatini per gli investimenti delle imprese, la detassazione del welfare aziendale ed i regimi, già edulcorati, noti come Opzione donna, Ape sociale e Quota 103;

            il DEF 2024 con i dati tendenziali, fissati in una forchetta tra il 4,3 per cento e il 4,7 per cento, elimina dal calcolo del deficit e del debito l'impatto di queste misure per il 2025 pari a 20-25 miliardi di euro, ovvero quasi un punto in più di deficit e debito e, poiché è improbabile che il Governo lasci cadere tutte le misure già varate nel 2024 per sostenere i conti, è prevedibile che il Governo sia già a caccia di un quantitativo simile di risorse. In più c'è una trattativa che si svilupperà dopo l'8 e il 9 giugno nell'ambito della quale, grazie da un nuovo sforamento dei vincoli di bilancio, il Governo potrà contare su maggiori risorse pari a 8-10 miliardi di euro da destinare con la legge di bilancio 2025 a copertura di misure per famiglie, natalità e spese indifferibili;

            in un sistema tributario caratterizzato, come quello italiano, da una progressività per scaglioni, la riduzione del numero delle aliquote, come quella operata dal decreto legislativo n. 216 del 30 dicembre 2023 (riforma Irpef), se non compensata da un allargamento degli scaglioni a più alta aliquota marginale e/o da un innalzamento di quest'ultima, si ha come effetto ineludibile quello di favorire maggiormente, in termini assoluti, i redditi più alti. Infatti i redditi più bassi sono già, di fatto, ampiamente al riparo dalla tassazione grazie al sistema delle detrazioni, pertanto l'onere del prelievo, per quanto complessivamente ridotto, viene caricato in misura relativamente maggiore sulle classi medie;

            sono ormai tante le categorie di reddito che sfuggono alla progressività del prelievo e godono di regimi agevolativi differenziati, di natura generalmente proporzionale, un fenomeno ulteriormente confermato e incoraggiato dall'intero impianto della legge di delega per la riforma del sistema fiscale, di cui il citato decreto legislativo n. 216 del 30 dicembre 2023 costituisce il primo tassello attuativo;

            dall'Irpef non possono, invece, fuggire lavoratori dipendenti e pensionati ai quali è riferibile l'83,5 per cento della sua base imponibile totale. Tale prevalenza in Irpef del reddito da lavoro dipendente e da pensione si deve al fatto che nel corso degli anni altre tipologie di reddito si sono giovate di una "sartoria tributaria", grazie alla quale numerose categorie di contribuenti sono state in grado di ritagliarsi - in varia misura, con varie giustificazioni e trasversale sostegno politico - un'opzione di uscita dalla progressività ed in molti casi anche dal prelievo Irpef regionale e comunale;

            nonostante l'Irpef sia oramai divenuta una imposta "speciale", cioè riferita largamente ai soli redditi di lavoro dipendente e pensione che ne costituiscono l'83,2 per cento della base imponibile, essa rappresenta comunque l'imposta di maggior peso del nostro ordinamento, l'unica cui è affidato il compito di realizzare, in modo evidentemente parziale e sicuramente insufficiente, il principio costituzionale della progressività del prelievo sancito all'articolo 53 della Costituzione;

            l'approccio al disegno complessivo del sistema tributario operato dalla recente riforma fiscale è fortemente conservativo e incapace di affrontare le profonde criticità del sistema in essere, in primis quella della generalizzata e diffusa erosione della base imponibile Irpef da parte di una molteplicità di regimi sostitutivi e/o forfetari. L'impianto della delega fiscale, infatti, conferma e allarga la frammentazione e la cedolarizzazione della tassazione dei redditi, che comporta, come prima conseguenza, un forte squilibrio nella tassazione fra categorie reddituali con violazione del principio di equità orizzontale per cui a parità di redditi si dovrebbe pagare la stessa imposta;

            parallelamente è stato abolito l'ACE (Aiuto alla crescita), ossia quella deduzione dal reddito d'impresa del rendimento figurativo del capitale proprio introdotta per premiare fiscalmente chi reinveste gli utili, ossia risorse proprie disponibili, in luogo del ricorso al capitale di debito: una misura che, nell'intento di incentivare la capitalizzazione delle imprese mediante una riduzione della imposizione sui redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio, aveva consentito alle imprese di realizzare una maggiore efficienza o di rafforzare l'apparato produttivo;

            l'Italia è un'economia ricca di patrimonio, ma che si concentra sempre di più nelle mani di pochi e i lasciti ereditari cristallizzano le posizioni di vantaggio relativo in chiave dinastica. I dati, infatti, suggeriscono, non solo che i patrimoni degli italiani, sono sempre più concentrati ma anche che cambia sempre di più la loro origine;

            secondo la Banca d'Italia e l'ISTAT, la ricchezza delle famiglie italiane netta, misurata come somma delle attività reali (abitazioni, terreni, ecc.) e delle attività finanziarie (depositi, titoli, azioni, ecc.) al netto delle passività finanziarie (prestiti a breve termine, a medio e lungo termine, ecc.), è cresciuta in misura esponenziale fino a raggiungere l'importo di 9.743 miliardi di euro, e di questo più del 50 per cento (ossia 5.246 miliardi di euro) è rappresentato dalla proprietà di abitazioni, mentre la ricchezza netta delle società non finanziarie è di 1.053 miliardi di euro, mentre quella finanziaria detenuta dalle famiglie e dalle società non finanziarie è di 4.943 miliardi di euro. Più precisamente, per quanto riguarda la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane, 1.360 miliardi di euro sono rappresentati da depositi, 314 milioni di euro da titoli, 1.038 miliardi di euro da azioni, 524 milioni di euro da quote di fondi comuni, 995 milioni di euro da riserve assicurative;

            negli ultimi decenni la suddetta crescita della ricchezza media italiana, oltre ad essere stata favorita da politiche fiscali che hanno consentito alle classi di reddito più alte di generare rendite, non si è distribuita omogeneamente nella popolazione, essendosi concentrata soprattutto nelle mani degli ultracinquantenni. Inoltre, negli ultimi anni la ricchezza si è trasferita dalla produzione alla finanza, avendo la dimensione speculativa acquisito maggiore importanza;

            c'è pertanto bisogno di misure incisive che riequilibrino l'accesso alle risorse finanziarie e riducano le disuguaglianze estreme di opportunità, affrontando al contempo anche la crisi generazionale che attanaglia il nostro Paese;

            anche il sindacato ha definito il DEF 2024 come un documento reticente che non fornisce alcuna indicazione programmatica né, tantomeno, alcun impegno per 17 milioni di lavoratori dipendenti per i quali nel 2025 l'inflazione continuerà ad incidere, comportando una decurtazione reale del salario netto di 100 euro al mese, senza la certezza di una riduzione strutturale del cuneo fiscale accompagnato dal meccanismo di fiscal drag, ma continuando a perseguire la strada di flat tax e condoni;

            mentre nell'Unione europea 22 Paesi su 27 hanno stabilito un salario minimo mensile, in Italia è stato approvato un impianto normativo di delega al Governo senza alcuna certezza sui tempi e sulla volontà di procedere verso l'obiettivo di garantire l'attuazione del diritto di ogni lavoratrice ed ogni lavoratore sancito dall'articolo 36 della Costituzione, di vedersi corrisposta una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa;

            il taglio del cuneo fiscale è stato fino a oggi finanziato in disavanzo, pertanto per essere messo a regime, oltre a dover correggere gli eventuali effetti distorsivi che la provvisorietà dell'attuale disciplina determina, occorre individuare ulteriori e stabili risorse finanziarie;

            sul fronte del lavoro pubblico nel DEF 2024 le previsioni in termini di cassa sono basate sulla mera ipotesi che nel 2024 verranno siglati i contratti afferenti al personale non dirigenziale del comparto funzioni centrali, del comparto funzioni locali, del comparto sanità, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, delle Forze armate e dei Corpi di polizia ad ordinamento civile e militare, mentre per tutti i restanti contratti si dovrà attendere il 2025;

            riguardo al rinnovo dei contratti pubblici 2022 - 2024, il DEF 2024 non prevede alcuna implementazione delle risorse che avrebbero dovuto fronteggiare la perdita di potere d'acquisto degli stipendi causata dall'impennata dell'inflazione e del costo della vita;

            nel corso del 2023 non si è verificata in Italia una crescita del PIL pari a quella dell'occupazione. In un contesto di modesta crescita, il numero degli occupati è aumentato fino a raggiungere quota 23.580.000, con un incremento anche della componente femminile, che non può ancora ritenersi soddisfacente e che, tuttavia, per la prima volta supera la quota di 10.000.000;

            se comparato a quello dei principali Paesi europei, il mercato del lavoro italiano presenta ancora rilevanti criticità, soprattutto con riferimento alla occupazione femminile e giovanile (tra le più basse in Europa con un divario nel 2023, rispettivamente di 13,7 e 16,2 punti percentuali rispetto alla media europea), ai tassi di lavoro sommerso (tra i più alti in Europa), alla occupazione della componente vulnerabile del mercato del lavoro e delle persone con disabilità in particolare;

            il tasso di occupazione resta, pertanto, una delle principali criticità del mercato del lavoro italiano. Rispetto alla media europea, con riferimento al IV trimestre del 2023, il tasso di occupazione risulta infatti inferiore di ben 8,5 punti percentuali, che diventano 12,7 in relazione alla componente femminile. Il tasso di occupazione calcolato nella media 2023 (ISTAT) è pari a 70,4 per la componente maschile e a 52,5 per quella femminile. Il divario è elevatissimo anche nel tasso di inattività, pari al 24 per cento per gli uomini e al 41,5 per cento per le donne. Altrettanto critico è l'andamento dei tassi di occupazione, se letti in una prospettiva territoriale, con un tasso di occupazione del 69,8 per cento nel Nord del Paese, del 66,1 per cento nel Centro Italia e del 48,6 per cento nel Mezzogiorno;

            nel complesso, la forza lavoro non utilizzata, ma potenzialmente impiegabile nel sistema produttivo, ammonta a circa 4 milioni di persone, considerando 1,9 milioni di disoccupati e 2,1 milioni di forze di lavoro potenziali (ISTAT, IV trimestre 2023, classe di età 15-74). Desta particolare attenzione l'elevato numero di italiani inattivi: 12,3 milioni nella fascia di persone in età di lavoro, pari al 33,1 per cento della popolazione di riferimento;

            per quanto riguarda i giovani e il mercato del lavoro, uno dei dati più significativi, spiegabile anche in ragione della contrazione della popolazione in età giovanile, è la riduzione del numero dei NEET (giovani fra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non frequentano una scuola o un percorso di formazione), passato da 1,5 milioni del IV trimestre del 2022 a 1,3 milioni al IV trimestre del 2023;

            rispetto all'occupazione giovanile permangono tuttavia rilevanti criticità legate alla durata troppo lunga della transizione dalla scuola al lavoro, all'uso improprio dei tirocini formativi e di orientamento extracurriculari, all'assenza di consolidati percorsi duali di formazione e lavoro, al basso utilizzo dell'apprendistato, alla elevata discontinuità lavorativa e alle forme di lavoro subordinato mascherate come autonomo;

            le recenti tragedie sul lavoro ci insegnano che la sua "qualità" non si limita ad una questione di competenze o di condizioni fisiche, ma include anche il tema fondamentale della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, l'equilibrio tra vita lavorativa e personale, la percezione di equità e rispetto e le opportunità di crescita e sviluppo professionale;

            riguardo alla previdenza, nonostante i proclami elettorali, neanche come ipotesi viene previsto il superamento della cosiddetta legge Fornero, né tantomeno la proroga di misure di anticipo pensionistico come "quota 103", Opzione donna, Ape sociale, dopo che queste ultime con l'ultima legge di bilancio sono state oggetto di forti limitazioni nell'accesso;

            nonostante le assunzioni di ispettori dell'Istituto nazionale del lavoro in numerose Regioni, si registra solo un ispettore ogni 39.000 imprese, mentre l'Unione europea ne indica uno ogni 10.000;

            l'emergenza pandemica ha evidenziato la condizione di forte criticità in cui versano il Servizio sanitario nazionale e il sistema socio-sanitario, determinatasi da una ininterrotta catena di mancate riorganizzazioni, di riforme incompiute, d'inadeguatezza dei finanziamenti, di taglio dei posti-letto, di adeguato potenziamento della sanità territoriale e delle cure intermedie, di riduzione del personale, frutto di una serie di politiche di austerity e di una cultura neoliberista incompatibili, per definizione, con un solido welfare e una sanità pubblica universalistica, che hanno nel tempo inciso negativamente sulla tenuta dei servizi territoriali e di prevenzione;

            riguardo al capitolo sanitario, per il quale le proiezioni aggiornate proposte «si connotano - si legge nel documento - per il requisito della prudenza», ossia «con una leggera revisione al ribasso rispetto alle previsioni di crescita presentate con la NADEF dello scorso settembre», il DEF 2024 certifica l'assenza di un cambio di rotta, confermando l'attuale trend d'indifferenza verso le condizioni critiche del Servizio sanitario nazionale, riportando per l'anno 2023 un rapporto spesa sanitaria/PIL del 6,3 per cento e, in termini assoluti, una spesa sanitaria di 131 miliardi di euro, ossia circa 3,6 miliardi di euro in meno rispetto a quanto previsto dalla NADEF 2023, che ne preventivava 134,7 miliardi. Rispetto al 2022, che vedeva una spesa sanitaria al 6,7 per cento, questa nel 2023 si è ridotta al 6,3 per cento del PIL e di 555 milioni in termini assoluti. Mentre con riferimento al 2024, il rapporto spesa sanitaria/PIL sale al 6,4 per cento rispetto al 6,3 per cento del 2023, la previsione di spesa sanitaria, in termini assoluti è di 138,7 miliardi di euro, ovvero 7,6 miliardi in più rispetto al 2023 (+5,8 per cento), un incremento di risorse solo nominale e non rappresentativo di un cambio di direzione, quanto esclusivamente il risultato dello spostamento al 2024 della spesa prevista nel 2023 per i rinnovi contrattuali 2019-2021, in parte per gli oneri correlati al personale sanitario dipendente per il triennio 2022-2024 e all'anticipo del rinnovo per il triennio 2025-2027, che non è sufficiente, inoltre, neanche a compensare gli effetti dell'inflazione. Una previsione, tra l'altro, poco comprensibile, visto che la legge di bilancio 2024 non ha affatto stanziato le risorse per entrambi i capitoli di spesa;

            ulteriori segnali di preoccupazione emergono se si guarda alle previsioni, in termini assoluti, per il triennio successivo (2025-2027) per il quale, secondo quanto riportato dal DEF 2024, si aggrava l'inadeguatezza dell'incidenza della spesa sanitaria sul PIL che dal 6,4 per cento del 2024, valore già molto basso, scenderà ulteriormente fino al 6,2 per cento per il 2027, manifestando una minore propensione del Governo a investire in sanità;

            sono dati che dimostrano che la vera emergenza è quella di adeguare il finanziamento del SSN agli standard dei Paesi europei avanzati. Come, infatti, recentemente rimarcato anche dalla Corte dei conti, è impietoso il raffronto della spesa sanitaria pubblica italiana con quella degli altri Paesi europei, rispetto ai quali il nostro Paese è il fanalino di coda, con gap sempre più difficili da colmare. La suddetta incidenza del 6,2 per cento sul PIL nel 2027 è di gran lunga inferiore a quello di Paesi come la Germania o la Francia, che hanno destinato al finanziamento della spesa sanitaria pubblica rispettivamente il 10,9 per cento e il 10,1 per cento del loro PIL. Per allineare l'Italia agli standard dei Paesi europei avanzati, al Servizio sanitario nazionale italiano occorre un'iniezione di almeno 35 miliardi di euro in più all'anno;

            considerato che la versione "light" del DEF 2024 non contiene indicazioni programmatiche, e che le suddette previsioni sul triennio 2025-2027 confermano il progressivo calo del rapporto spesa sanitaria/PIL, non si possono escludere ulteriori e preoccupanti riduzioni della spesa sanitaria visti i margini ridotti per finanziare, in deficit, la prossima legge di bilancio. In tal senso rimangono molto azzardate anche le stime assolute dei previsti incrementi pari a 6.4 miliardi di euro nel 2025 e di 9.1 miliardi di euro nel 2026, tenendo conto che il Fabbisogno sanitario nazionale fissato dalla legge di bilancio 2024 è pari a 135, 4 miliardi per il 2025 e a 135,6 miliardi di euro per il 2026;

            considerato che nel 2022 il gap della spesa sanitaria pro-capite con la media dei Paesi europei ha superato in totale i 47 miliardi di euro, il DEF 2024 non pone affatto le basi per ridurlo progressivamente: anzi il dato del rapporto spesa sanitaria/PIL che, si è visto, scenderà nel 2027 al 6,2 per cento, conferma che la pandemia non ha insegnato proprio nulla e che il perseverante definanziamento pubblico sarà destinato ad aumenterà la distanza con i paesi europei e compromettere ulteriormente, nel nostro Paese, il diritto costituzionale alla tutela della salute delle persone;

            in assenza di misure programmatiche all'interno del DEF 2024, non si comprende come il Governo intende affrontare l'abolizione del tetto di spesa per il personale sanitario o da destinare alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, tenuto conto che l'aggiornamento dei nomenclatori tariffari è stato rinviato, in accordo con le Regioni, al 1° gennaio 2025 per mancanza di fondi, posticipando ancora una volta l'esigibilità dei "nuovi" LEA, ben otto anni dopo la loro approvazione;

            persiste l'assenza di programmazione anche in relazione: alla necessità di aumentare la spesa sanitaria a fronte dell'invecchiamento della popolazione e del conseguente dovere del sistema pubblico di prendere in carico - attraverso la rete integrata dei servizi sociosanitari - la popolazione anziana, senza scaricare sulle famiglie i carichi di cura; alle difficoltà di reperimento di personale sanitario soprattutto per il settore dell'emergenza e urgenza, mentre continuano ad aumentare i casi di "fuga dal pubblico"; al drammatico problema delle liste d'attesa il cui monitoraggio, nonostante i piani predisposti dalle Regioni, presenta ancora rilevanti criticità e ritardi di attuazione che possono ingigantire il fenomeno della rinuncia alle cure;

            è necessario un nuovo progetto per i consultori familiari, che da anni subiscono un continuo depauperamento. Il modello assistenziale di cura alla donna deve essere sempre più indirizzato verso scelte consapevoli e autonome in tema di salute femminile riproduttiva e sessuale. In tale contesto va affrontata la piena attuazione della legge n. 194, anche attraverso normative che consentano solo a personale infermieristico e medico non obiettore di partecipare ai concorsi pubblici, così come è indispensabile che contraccezione, aborto, esami ed eco in gravidanza siano realmente a disposizione in forma gratuita nei consultori e che il personale sanitario tutto sia formato alla medicina di genere;

            un costante assillo della politica e di un Governo responsabile dovrebbe essere quello di garantire un'educazione di qualità, a partire dalla prima infanzia, per contrastare la dispersione scolastica;

            i primi anni di vita sono fondamentali per lo sviluppo del bambino, gli asili nido e la scuola dell'infanzia sono gli strumenti della formazione considerati ormai essenziali per contrastare il fenomeno della dispersione scolastica;

            in Italia sono meno del 30 per cento i bambini al di sotto dei tre anni che trovano collocazione nei servizi educativi specifici per la prima infanzia, con forti differenze territoriali e di condizione socio-economica;

            dai dati ministeriali emerge che il tempo pieno a quaranta ore è richiesto dal 48 per cento delle famiglie alla scuola primaria; il 31 per cento sceglie le ventisette ore settimanali, il 16 per cento fino a trenta ore, il 4,1 per cento fino a ventiquattro ore. La scelta (o disponibilità?) delle quaranta ore è molto più ampia al Centro-Nord rispetto al Sud. Ad esempio, le quaranta ore vengono scelte per il 67,5 per cento dalle famiglie del Lazio, per il 63,3 per cento in Toscana, per il 62,7 per cento in Emilia-Romagna, per il 62,6 per cento in Piemonte e per il 62,5 per cento dalla Liguria. Di contro, in Sicilia solo il 17,7 per cento riesce a far frequentare il tempo pieno a quaranta ore ai propri figli, con altre Regioni meridionali che, pur non toccando il numero siciliano, si mantengono generalmente più bassi rispetto alla media;

            l'Italia è penultima in Europa per numero di laureati: tra i 25 e i 34 anni circa 1,8 milioni, solo il 29,2 per cento, ha una laurea. Il confronto con gli altri Paesi UE ci deprime: in Germania sono il 37,1 per cento, in Francia e Spagna le percentuali superano il 50 per cento. L'intervento operato nel nostro Paese a partire dal 2017 con l'istituzione della no tax area, seppur nella direzione giusta, non può essere ritenuto sufficiente, considerato anche che secondo i dati MUR riferito all'anno accademico 2021/2022, il 62,5 per cento degli studenti universitari iscritti alle università statali paga le tasse e che queste nell'ultimo triennio sono aumentate mediamente del 7,7 per cento, portando il valore medio a 1.463 euro, al netto della tassa regionale sul diritto allo studio (156 euro);

            il tema degli alloggi ha avuto particolare risalto negli ultimi mesi per iniziativa degli studenti che, per protestare contro il caro alloggi, si sono accampati in tenda davanti ad alcune sedi universitarie. Partiamo con un dato che ci restituisce tutta l'importanza di questo tema: in Italia ci sono circa 1.800.000 studenti universitari e poco meno della metà sono studenti fuori sede;

            anche rispetto alle residenze per gli studenti registriamo un forte ritardo rispetto al contesto internazionale: l'attuale disponibilità per alloggi per studenti copre solo l'8 per cento degli studenti fuori sede. La risposta del Governo è stata finanziare, con ingenti fondi pubblici, residenze universitarie private, che riceveranno il pagamento di affitti a prezzi di mercato, con l'unico obbligo di destinare il 20 per cento dei posti letto al diritto allo studio, rinunciando a creare alloggi pubblici e duraturi;

            in Italia il 20 per cento dei giovani tra i 25 e i 34 anni non possiede un diploma di scuola superiore, contro una media del 14 per cento nei Paesi dell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e per lo sviluppo economico). È quanto emerge dal Rapporto "Education at a glance 2023" dell'OCSE, un'analisi dello stato dell'educazione che quest'anno approfondisce la formazione tecnica e professionale. Rimane preoccupante il dato sui NEET (Not in education, employment or training): il 16, 3 per cento dei giovani tra i 25 e i 29 anni in possesso di una qualifica di livello terziario non studia e non lavora, contro una media dei Paesi OCSE del 9,9 per cento, una percentuale che sale al 26,2 per cento se si considerano i giovani con un diploma di istruzione secondaria superiore a indirizzo tecnico professionale;

            l'Italia, a fronte di una media dei Paesi OCSE del 5,1 per cento del PIL dedicato all'istruzione, raggiunge solo il 4,2 per cento che, nella fattispecie, è così suddiviso: il 30 per cento per la scuola primaria, il 16 per cento per la secondaria di primo grado, il 30 per cento per la secondaria di secondo grado e il restante 24 per cento per l'università, i master e i dottorati. Si noti, per maggiore comprensione, che in Italia viene utilizzato quasi il 20 per cento in meno delle risorse della media degli altri Paesi, cosa che, sia rispetto agli obiettivi di formazione nazionale, sia rispetto alla competitività internazionale, costituisce realmente un punto di debolezza insormontabile;

            occorre, inoltre, intervenire sulla carenza di insegnanti che molti Paesi dell'OCSE stanno affrontando. A rendere meno attrattivo l'insegnamento ci sono i bassi salari: tra il 2015 e il 2022 gli stipendi degli insegnanti della scuola secondaria di secondo grado a indirizzo liceale sono diminuiti in circa la metà dei Paesi OCSE. In Italia, in particolare, si sono ridotti del 4 per cento. Altro dato sottolineato dal Rapporto è l'età media della classe docente italiana: il 60 per cento del personale docente della scuola secondaria di secondo grado ha cinquanta anni o più, mentre la media OCSE è del 40 per cento;

            secondo il servizio di monitoraggio Copernicus Climate Change Service (C3S) dell'UE, i dodici mesi che si sono conclusi con il mese di marzo sono stati anche il periodo di dodici mesi più caldo mai registrato sul pianeta e da aprile 2023 a marzo 2024 la temperatura media globale è stata di 1,58 gradi Celsius superiore alla media del periodo preindustriale 1850-1900. Siccità, bombe d'acqua, ondate di calore, scioglimenti dei ghiacciai, perdita di biodiversità sono tutti fenomeni connessi e correlati con la crisi climatica in atto, dovuta in massima parte all'innalzamento delle temperature del pianeta;

            il cambiamento climatico colpisce ovunque e si traduce in un impoverimento per tutti. Un recente studio dei ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research appena pubblicato sulla rivista "Nature" ha analizzato quaranta anni di dati climatici provenienti da 1.600 Regioni di tutto il mondo. I danni economici riscontrati sono il doppio rispetto a ogni precedente ricerca di questo tipo e ci dicono come i futuri danni sono stimati in trentotto mila miliardi l'anno, sei volte tanto quanto costerebbe limitare l'aumento delle temperature a 2 gradi rispetto all'era precedente l'industrializzazione di massa. Entro il 2050 il reddito medio dei cittadini italiani calerà del 15 per cento per colpa del riscaldamento globale;

            nel dicembre 2023, dopo un lungo iter durato sei anni, è stato finalmente approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC), in attuazione della strategia nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici del 2015, ma le 360 azioni indicate rischiano di rimanere sulla carta. Nonostante il PNACC abbia previsto, entro tre mesi dalla sua approvazione, l'istituzione dell'Osservatorio nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici, ancora non risulta sia stato nominato tale organismo, che ha tra le sue priorità il compito di individuare le priorità e monitorare l'efficacia delle 360 azioni indicate dal Piano;

            per attuare le azioni di mitigazione del rischio nei diversi ambiti e gli interventi mirati per fronteggiare fenomeni come desertificazione, siccità, dissesto idrogeologico e compromissione degli ecosistemi naturali, servono una mappatura delle risorse necessarie e un coordinamento tra i diversi piani di investimento e le diverse fonti di finanziamento a livello europeo, nazionale e regionale. Così come appare sempre più necessario dotarsi di un quadro generale che definisca politiche, azioni e risorse per far fronte alla crisi climatica in atto, fissando specifici obiettivi di medio e lungo periodo, attraverso una legge quadro sul clima e indicatori di bilancio che prevedano specifiche misure per la decarbonizzazione;

            per sostenere le famiglie fragili e le imprese che necessitano di sostegno per la riconversione del proprio processo produttivo nella fase della transizione verde si rende necessario l'istituzione di un fondo sociale per clima, per accompagnare il tessuto sociale ed economico del Paese nella crisi climatica. A tal fine è necessario ridurre progressivamente, fino al totale azzeramento, le spese fiscali dannose per l'ambiente (SAD), destinando le risorse per interventi di riqualificazione e produzione energetica da fonti rinnovabili, messa in sicurezza del territorio, rigenerazione urbana delle città con arresto del consumo di suolo, infrastrutture per il trasporto urbano pubblico e collettivo, sviluppo della filiera agricola sostenibile e per il mantenimento della qualità e fertilità del territorio;

            si dichiara di voler perseguire la transizione energetica che deve portare all'abbandono delle fonti fossili, mentre in realtà si prosegue tranquillamente con iniziative che continuano a mettere al centro le fonti energetiche climalteranti, la ripresa delle trivellazioni, la realizzazione dei rigassificatori, il famigerato Piano Mattei, che vuole fare dell'Italia l'hub europeo per il gas, promettendo trionfalisticamente di riuscire tra cinque anni a smistare al resto dei partner della UE sino 60 miliardi di metri cubi di gas e forse anche di più. L' Italia ha un solo modo per aumentare la propria indipendenza energetica: realizzare almeno 12 GW all'anno da nuovi impianti da fonti rinnovabili rispetto agli attuali 3GW per centrare l'obiettivo di soddisfare almeno il 42,5 per cento di domanda di energia da queste fonti entro il 2030, come prevede la nuova Direttiva REDIII sulle rinnovabili recentemente approvata dal Parlamento europeo;

            per ciò che riguarda l'aumento dei costi energetici che hanno spinto in alto l'inflazione, non sono stati neanche prorogati quei deboli interventi per contenere il caro bollette, che peraltro non erano stati in grado di incidere sul prezzo delle tariffe che ha continuato a crescere e in modo maggiore di tutti gli altri paesi europei. Il Governo, non solo non è stato in grado di colpire le maggiori società energetiche che hanno continuato a speculare sul costo dell'energia accumulando oltre 50 miliardi di extraprofitti, ma ha rinunciato ad incassare ben 8,8 miliardi di euro di gettito sulla tassa che il Governo Draghi aveva deciso di imporre, seppure con un modesto 25 per cento;

            nell'ambito del capitolo del DEF relativo alle linee programmatiche per lo sviluppo delle infrastrutture e del sistema dei trasporti e della logistica, tra le opere individuate come strategiche, prima fra tutte si continua a indicare il Ponte sullo Stretto di Messina, definita «non più rinviabile per l'Italia e per l'Europa nel suo complesso»;

            l'entusiasmo del Governo per quest'opera è tale che nel DEF si legge che: «Il Ponte sullo Stretto si caratterizza come un vero e proprio simbolo della mobilità del futuro»;

            giova ricordare che il costo complessivo dell'opera stimato dal Governo e indicato nel DEF è di 13,5 miliardi di euro. In realtà ai 13,5 miliardi vanno aggiunti circa 1,1 miliardi di euro per le opere complementari e di ottimizzazione alle connessioni ferroviarie, lato Sicilia e lato Calabria. Ricordiamo che è una stima cresciuta negli anni e destinata a crescere ulteriormente nel prossimo futuro;

            parliamo di risorse che potrebbero essere utilizzate per il superamento del gravissimo ritardo infrastrutturale trasportistico che caratterizza il Mezzogiorno e che comunque vengono prese in buona parte riducendo il fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC 2021-2027), compresa una quota di pertinenza delle Regioni Calabria e Sicilia. Vengono quindi distolte risorse decisive per i territori del Mezzogiorno per lo sviluppo e la riduzione degli squilibri di questi territori;

            per quanto riguarda il programma di interventi per la sicurezza stradale, il DEF ci ricorda che i dati di incidentalità registrati nell'anno 2022 hanno evidenziato una risalita dell'incidentalità in termini di numero di incidenti, morti e feriti in tutti gli ambiti stradali;

            in effetti, secondo i dati ACI-ISTAT, in Italia ci sono stati oltre 165.000 incidenti nel 2022, con oltre 3.000 morti. Inoltre, il tasso di mortalità stradale italiano è nettamente peggiore di quello medio europeo, rispettivamente pari a 5,4 e 4,6 morti ogni 100.000 abitanti;

            il DEF 2024 assegna nel breve periodo un ruolo centrale per il miglioramento della sicurezza stradale, alla «riforma organica del Codice della Strada e del relativo regolamento di esecuzione e attuazione», nonché alla revisione delle regole per la circolazione dei dispositivi di micromobilità elettrica.

            il disegno di legge del Governo, presentato a prima firma del ministro Salvini, approvato dalla Camera e ora all'esame del Senato, che dovrebbe tradurre in legge questi obiettivi, non consentirà di raggiungere alcun obiettivo di miglioramento della sicurezza delle nostre strade;

            si tratta di un disegno di legge che, infatti, si preoccupa principalmente di inasprire le pene per i comportamenti nocivi al volante (uso di alcool, droghe, cellulari ecc.), ma non prevede alcun aumento dei controlli. Inoltre si accentuano i poteri in capo al Ministero delle infrastrutture e trasporti, mentre i Comuni vedono compressa la propria autonomia nell'esercizio dei poteri di polizia stradale per l'accertamento delle violazioni mediante dispositivi di controllo elettronico;

            per quanto riguarda le norme sulla ciclabilità, c'è di fatto una potenziale riduzione della capacità tecnica e amministrativa dei Comuni in materia di progetti e appalti di infrastrutture ciclabili;

            nonostante l'eccesso di velocità sia la prima causa in assoluto di incidenti mortali, nonché la prima causa di morte per i giovani sotto i trent'anni, il Ministro delle infrastrutture e trasporti, anche con questo provvedimento si pone contro e mira a scoraggiare quei sindaci che hanno deciso di trasformare i propri comuni in "Città 30". Si rammenta che nei primi due mesi di "Città 30" sulle strade urbane di Bologna sono stati rilevati una riduzione del 17 per cento degli incidenti totali, rispetto allo stesso periodo del 2022, e il 19 per cento in meno di persone ferite;

            riguardo al capitolo che indica gli interventi in corso e programmati a favore dello sviluppo delle ciclovie nazionali, praticamente siamo di fronte a un quadro programmatico sostanzialmente inesistente;

            le norme approvate per la progettazione e la realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie turistiche sono del lontano 2015. Ulteriori risorse dedicate alle ciclovie turistiche provengono esclusivamente nell'ambito del PNRR;

            riguardo al programma di sviluppo dei sistemi di mobilità nelle aree urbane, il DEF precisa che lo «sviluppo e il potenziamento di sistemi di mobilità sostenibili ed efficaci nell'ambito delle aree urbane del Paese costituisce un obiettivo di primaria importanza nell'ambito delle strategie nazionali.»;

            l'obiettivo, condivisibile, di sviluppo del trasporto pubblico locale si scontra però con le poche iniziative e le poche risorse finora messe in campo e programmate dal Governo;

            giova ricordare quanto il ritardo infrastrutturale italiano rispetto ad altri Paesi europei sia enorme: le linee metropolitane si fermano a 254 chilometri totali, ben poco rispetto a Regno Unito (679 chilometri), Germania (656 chilometri) e Spagna (614 chilometri). I dati sulla mobilità e i numeri che caratterizzano i trasporti urbani ci dicono che ancora oggi solamente il 7,6 per cento dei cittadini si muove con il trasporto pubblico locale e il 4,7 per cento con bicicletta o mezzi di micro-mobilità;

            il settore dei trasporti, peraltro, è responsabile di oltre un quarto delle emissioni climalteranti nel nostro Paese ed è il primo settore per emissioni;

            nulla viene detto e programmato nel DEF 2024 per favorire i trasporti da e per le isole e garantire finalmente per tutti il diritto alla mobilità e assicurare la continuità territoriale marittima;

            il DEF 2024 latita anche rispetto agli scenari e agli obiettivi programmatici relativi al settore dell'agricoltura, eppure avrebbe dovuto contenere, perlomeno, le misure che il Governo intende mettere in campo per sostenere il comparto agricolo e le filiere produttive nei prossimi anni;

            sempre con riferimento al comparto agricolo, nel capitolo del Documento di economia e finanza relativo agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030, l'Italia, oltre a confermare un incremento del ricorso al lavoro irregolare in agricoltura, conferma un sostanziale ritardo anche nel settore dell'agricoltura sostenibile. Le quantità distribuite di fertilizzanti e prodotti fitosanitari rimangono ancora significative, con una rilevanza maggiore nel Nord del Paese;

            il DEF 2024 non prevede alcun collegato alla manovra di finanza pubblica, che riguarda il comparto agricolo. Non si fa altro che confermare quali collegati alla decisione di bilancio i disegni di legge già indicati nel precedente DEF 2023 e nella sua Nota di aggiornamento che, ricordiamo, per quanto riguarda il settore agricolo riguardavano: "misure per il sostegno, la promozione e la tutela delle produzioni agricole nazionali e delle relative filiere agroalimentari e del patrimonio forestale", e "misure in materia di consumo di suolo, ricomposizione fondiaria e riutilizzo terre pubbliche a fini agricoli", collegati che sono di fatto ancora lettera morta;

            il Governo sta inoltre sostenendo colpevolmente politiche in materia venatoria e di gestione della fauna selvatica che vanno in direzione diametralmente opposta a quanto prevede la normativa UE, tanto che la Commissione europea ha comunicato l'avvio di più procedure d'infrazione nei confronti del nostro Paese per le norme finora approvate e per quelle in via di approvazione in materia di caccia, e che sono in totale difformità con le Direttive europee Uccelli e Habitat e con il Regolamento europeo 2021/57;

            il contesto internazionale è sempre più drammaticamente caratterizzato da una estrema instabilità e da una escalation del confronto militare, contesto che si colloca nel venir meno di un approccio multilaterale alle relazioni internazionali e nella forzatura ideologica e materiale su un sistema polarizzato che penalizza il dialogo e delegittima i luoghi in cui questo dovrebbe avvenire. È quanto mai necessario lavorare per la rilegittimazione dei luoghi multilaterali dove poter ricercare soluzioni più avanzate e condivise ai conflitti in corso e garantire un'effettiva sicurezza globale;

            nel 2023 la spese militare mondiale ha raggiunto il massimo storico di 2.200 miliardi di dollari con un aumento del 9 per cento ed è già prevedibile un ulteriore aumento nel 2024,

        impegna il Governo:

          sul fronte della politica di bilancio

            1) ad adottare una diversa composizione della spesa pubblica con una quota crescente di investimenti rispetto alla spesa corrente, concentrandoli in alcuni settori cruciali per la produttività del sistema, quali la digitalizzazione, l'istruzione, la sanità e le infrastrutture;

            2) ad adottare un'azione di sostegno, anche attraverso la destinazione di ulteriori risorse finanziarie alle riforme istituzionali previste nel PNRR, quali quelle della giustizia, della concorrenza e del rafforzamento delle amministrazioni pubbliche;

            3) ad abbandonare il sentiero del ricorso a debito aggiuntivo con lo scopo di conseguire effetti congiunturali di breve periodo;

            4) a basare il percorso di aggiustamento fiscale che verrà negoziato con la Commissione europea sulla ricerca di maggiore crescita;

          sul fronte fiscale

            1) ad istituire un'imposta ordinaria sostitutiva unica e progressiva sui grandi patrimoni;

            2) ad accentuare la progressività dell'imposta personale sui redditi attraverso la previsione di ulteriori aliquote per gli scaglioni di reddito che superano i 100.000 euro annui e l'aggregazione e l'assoggettamento, ai fini della determinazione della sua base imponibile, di tutte le fonti reddito;

            3) ad armonizzare i regimi di tassazione del risparmio anche con riferimento alle basi imponibili ed al progressivo superamento della distinzione tra redditi da capitale e redditi diversi di natura finanziaria;

            4) a contrastare le condotte speculative a vantaggio della stabilità dei mercati finanziari e della tutela di risparmiatori ed imprese e ad introdurre una regolamentazione fiscale delle operazioni di trading speculativo di criptovalute;

            5) a provvedere, nell'ambito della riforma fiscale, al riordino delle cosiddette spese fiscali (tax expenditures), ferma restando la necessaria tutela, costituzionalmente garantita, dei contribuenti più deboli, della famiglia, della salute, dell'istruzione e della ricerca, del patrimonio artistico, nonché dell'ambiente e dell'innovazione tecnologica, anche prevedendo un limite di reddito al di sotto del quale il riordino non opera;

            6) a vietare, per il futuro, qualsiasi accordo di vantaggio fiscale preventivo tra fisco ed imprese multinazionali (cosiddetto tax ruling);

            7) a stabilire un livello minimo di imposizione fiscale effettiva della cosiddetta Global minimum tax domestica pari al 20 per cento;

          sul fronte occupazionale e previdenziale

            1) a definire una riforma del sistema previdenziale che metta al centro le donne, i giovani, i lavori gravosi e che garantisca una prospettiva pensionistica sostenibile e dignitosa;

            2) ad introdurre la flessibilità in uscita a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica;

            3) a riconoscere sul fronte previdenziale il lavoro di cura, il lavoro delle donne e le condizioni delle categorie più fragili;

            4) ad assumere le iniziative di competenza per l'aggiornamento e il conseguente allargamento della platea dei lavori usuranti;

            5) a riconoscere, individuando adeguate risorse finanziarie, a coloro con una carriera lavorativa discontinua o con forte incidenza di lavoro part-time o lavoro povero, una pensione contributiva di garanzia, collegata ed eventualmente graduata rispetto al numero di anni di lavoro e di contributi versati, valorizzando, ai fini previdenziali, anche i periodi di disoccupazione, di formazione e di basse retribuzioni, per assicurare a questi un assegno pensionistico dignitoso, anche attraverso il ricorso alla fiscalità generale;

            6) a garantire ai redditi da pensione la piena tutela del potere d'acquisto, anche attraverso il rafforzamento della quattordicesima mensilità;

            7) ad individuare adeguate risorse finanziarie che garantiscano la prosecuzione dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego, a partire dal recupero della perdita di potere d'acquisto, a causa dell'inflazione, dei relativi trattamenti retributivi;

            8) a confermare e rendere strutturale, dalla prossima legge di bilancio per l'anno 2025, il taglio del cosiddetto cuneo contributivo;

            9) ad individuare congrui finanziamenti per sostenere l'istituzione di un meccanismo di indicizzazione di salari e pensioni per adeguarli al costo della vita e tutelarli dall'aumento incontrollato dei prezzi;

            10) a definire un piano straordinario di assunzioni nel pubblico impiego, finalizzato al superamento del precariato e all'abuso dell'uso dei contratti a tempo determinato nella pubblica amministrazione;

            11) a prevedere un congruo rifinanziamento a carattere triennale di lotta contro il "caporalato", al fine di potenziare le attività di formazione per ispettori e mediatori culturali, task force multidisciplinari, attività di informazione;

            12) a definire un piano straordinario di assunzioni nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e negli enti locali, al fine di fornire un supporto in grado di portare a termine tutti i programmi recati dal PNRR;

            13) ad avviare con le parti sociali un percorso in tempi certi di definizione delle modalità per introdurre nel nostro ordinamento una disciplina sperimentale dell'organizzazione del lavoro che consenta, a chi lo richiede, di ridurre l'orario di lavoro giornaliero e settimanale, a parità di retribuzione, anche in via sperimentale, tenuto conto che questa consentirebbe di adeguare la disciplina dell'orario di lavoro e le modalità di esecuzione del rapporto stesso alle nuove dinamiche sociali ed economiche, nonché alle ricadute dirette e indirette dello sviluppo delle nuove tecnologie sulla produttività del lavoro, promuovendo al contempo occupazione e conciliazione dei tempi di vita e lavoro;

            14) ad assumere le necessarie iniziative di carattere normativo e finanziarie per garantire l'attuazione del diritto di ogni lavoratore e lavoratrice a una retribuzione proporzionata e sufficiente, come sancito dall'articolo 36 della Costituzione, attraverso la fissazione di un salario minimo orario lordo di 9 euro;

            15) a prevedere l'adozione di misure che assicurino, in ogni caso, il mantenimento dei diritti dei lavoratori, nonché garanzie occupazionali, nei casi di trasferimenti o cessioni di imprese o rami di esse;

            16) a dotare le pubbliche amministrazioni delle risorse necessarie per procedere alle assunzioni necessarie attraverso lo scorrimento delle graduatorie di concorsi pubblici, anche banditi da altre amministrazioni pubbliche, fino a completamento delle dotazioni organiche o delle assunzioni previste nell'ambito dei rispettivi Piani integrati per l'attività e l'organizzazione (PIAO);

            17) a prevedere risorse destinate al rafforzamento strutturale dei servizi di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro delle competenti aziende sanitarie locali e al sostegno di una programmazione pluriennale di assunzioni nei dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali, nonché presso tutti gli organi di controllo e vigilanza per la salute e sicurezza sul lavoro;

            18) ad individuare ulteriori risorse finalizzate all'assunzione a tempo indeterminato del personale ispettivo dell'Istituto nazionale del lavoro per ottemperare alla raccomandazione dell'Unione europea che indica la necessità di una dotazione ogni 10.000 imprese;

          sul fronte socio-sanitario

            1) ad aumentare nel prossimo triennio il fondo sanitario nazionale di 10 miliardi di euro;

            2) ad aumentare progressivamente la spesa sanitaria, con l'obiettivo di allinearla entro il 2030 alla media dei Paesi europei, al fine di garantire il rilancio delle politiche del personale sanitario, l'erogazione uniforme dei Livelli essenziali di assistenza e l'accesso equo alle innovazioni;

            3) ad individuare le risorse al fine dell'abolizione del tetto di spesa per il personale sanitario e per garantire le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale;

            4) a prevedere la copertura finanziaria per sostenere l'aggiornamento dei nomenclatori tariffari;

            5) a prevedere l'incremento delle risorse disponibili per il finanziamento e il potenziamento del SSN, incluse la domiciliarità e la medicina territoriale, rafforzando la governance dei distretti sanitari e promuovendo una rinnovata rete sanitaria territoriale attraverso modelli organizzativi integrati, nonché per superare le attuali carenze del sistema delle Residenze sanitarie assistenziali;

            6) ad individuare ulteriori risorse per il rinnovo del contratto di lavoro per il personale del comparto sanitario che partano dal presupposto di recuperare anche l'inflazione, nonché per concludere la reinternalizzazione dei lavoratori impegnati nei servizi esternalizzati e il definitivo superamento del precariato;

            7) a prevedere un piano straordinario di investimenti pubblici per l'ammodernamento strutturale edilizio e tecnologico della sanità pubblica senza operare i tagli ai quali abbiamo assistito con l'ultimo decreto-legge in materia di PNRR;

            8) a dare piena attuazione alla legge 22 maggio 1978, n. 194, individuando apposite risorse al fine di potenziare e riqualificare l'attività dei consultori familiari nel territorio nazionale, di assicurare la presenza di figure professionali non obiettrici di coscienza e in grado di garantire la necessaria multidisciplinarità e di potenziare la dotazione organica per la medicina di genere;

            9) a garantire le risorse necessarie per assicurare integralmente l'attuazione e la tempestiva realizzazione di tutti gli investimenti relativi ai seguenti programmi del PNRR: 1.1 «Case della Comunità» e 1.3 «Ospedali di Comunità», di cui alla Missione 6, Componente 1, del PNRR, e dell'investimento 1.2. «Verso un ospedale sicuro e sostenibile», di cui alla Missione 6, Componente 2, del PNRR, e degli interventi già posti a carico del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR.

          sul fronte della conoscenza

            1) a rendere obbligatorio il ciclo di istruzione, a partire dalla scuola dell'infanzia sino al compimento dei 18 anni di età;

            2) a ridurre il numero degli alunni in classe per garantire qualità della didattica, maggiore coinvolgimento e apprendimento da parte degli studenti, nonché piena integrazione dei ragazzi, soprattutto quelli con più disabilità;

            3) ad estendere il tempo pieno nelle scuole primarie, ma anche il tempo prolungato negli istituti di istruzione secondaria di primo e di secondo grado;

            4) a garantire l'accesso all'asilo nido e alla scuola dell'infanzia a tutte le bambine e a tutti i bambini all'interno del territorio nazionale, superando ogni forma di discriminazione sociale e territoriale;

            5) ad istituire delle zone di educazione prioritaria e solidale, dedicate alle aree più svantaggiate;

          sul fronte ambientale

            1) a dotarsi di un quadro generale che definisca politiche, azioni e risorse per far fronte alla crisi climatica in atto, fissando specifici obiettivi di medio e lungo periodo, attraverso una legge quadro sul clima e indicatori di bilancio che prevedano specifiche misure per la decarbonizzazione e ad attuare una mappatura delle risorse necessarie e un coordinamento tra i diversi piani di investimento e le diverse fonti di finanziamento a livello europeo, nazionale e regionale;

            2) ad istituire un Fondo sociale per clima per accompagnare nella fase della transizione verde il tessuto sociale ed economico del Paese nella crisi climatica e sostenere le famiglie fragili e le imprese che necessitano di sostegno per la riconversione del proprio processo produttivo;

            3) a ridurre progressivamente, fino al totale azzeramento, le spese fiscali dannose per l'ambiente (SAD), destinando le risorse per interventi di riqualificazione e produzione energetica da fonti rinnovabili, messa in sicurezza del territorio, rigenerazione urbana delle città con arresto del consumo di suolo, infrastrutture per il trasporto urbano pubblico e collettivo, sviluppo della filiera agricola sostenibile e per il mantenimento della qualità e fertilità del territorio;

          sul fronte della mobilità e dei trasporti

            1) a riconsiderare la realizzazione del progetto del Ponte sullo Stretto, i cui enormi costi di realizzazione dovrebbero essere meglio e più utilmente utilizzati, investendo sulla manutenzione delle infrastrutture trasportistiche e sull'ammodernamento della rete ferroviaria di molti di quei territori del Mezzogiorno che si trovano in una situazione di fortissimo ritardo infrastrutturale;

            2) a garantire le opportune iniziative normative e le risorse finanziarie anche a supporto delle amministrazioni locali, affinché la mobilità sostenibile, pubblica e condivisa, possa diventare la principale modalità di spostamento, al fine di realizzare uno spostamento significativo del traffico dalle auto private verso il sistema di trasporto pubblico;

            3) a incrementare le risorse a favore del trasporto pubblico locale e del trasporto merci, favorendo quello su ferro rispetto a quello su gomma e ad per accelerare il rinnovo della flotta degli autobus per il TPL e l'acquisto di mezzi elettrici e alimentati a idrogeno verde;

            4) a implementare le risorse e gli investimenti per la manutenzione, la messa in sicurezza e l'ammodernamento della rete ferroviaria, in particolare di quei territori più penalizzati, anche al fine di ridurre il forte squilibrio infrastrutturale che caratterizza diverse aree del nostro Paese;

            5) a garantire i collegamenti tra le aree a domanda debole o comunque poco servite dai servizi a mercato, anche rafforzando a tal fine il regime di obblighi di servizio pubblico;

            6) ad adottare tutte le iniziative, anche di intesa con gli enti territoriali, al fine di favorire i trasporti da e per le isole e garantire finalmente per tutti il diritto alla mobilità e assicurare la continuità territoriale marittima;

          sul fronte dell'agricoltura

            1) ad adottare quanto prima tutte le iniziative coerenti volte ad escludere l'avvio di procedure d'infrazione da parte della UE nei confronti del nostro Paese per le norme finora approvate e per quelle in via di approvazione in materia venatoria e di gestione della fauna selvatica, che sono in totale difformità con la normativa UE e le Direttive europee Uccelli e Habitat e con il Regolamento europeo 2021/57;

            2) a mettere in atto tutte le iniziative normative volte a contrastare l'incremento del ricorso al lavoro irregolare che caratterizza più di altri settori il comparto agricolo;

            3) a sostenere i piccoli agricoltori, anche rafforzando i sistemi alimentari locali e le buone pratiche agronomiche per la tutela delle risorse e la fertilità del suolo;

            4) a promuovere un'agricoltura e una zootecnia più sostenibili, anche per il superamento degli allevamenti intensivi secondo la strategia europea "Farm to fork", perseguendo gli obiettivi di riduzione dell'uso dei pesticidi di sintesi del 50 per cento, nonché destinando una sempre più maggiore quota della superficie agricola all'agricoltura biologica;

          sul fronte della difesa

            1) ad interrompere la cessione di mezzi e materiali d'armamento in favore delle autorità governative dell'Ucraina, concentrando le risorse sull'assistenza umanitaria e sulla ricostruzione anche attraverso l'aumento e il finanziamento dei progetti dei Corpi civili di pace;

            2) a promuovere all'interno delle istituzioni UE l'istituzione di un Corpo civile di pace europeo, che riunisca le competenze degli attori istituzionali e non istituzionali in materia di prevenzione dei conflitti, risoluzione e riconciliazione pacifica dei conflitti;

            3) a lavorare in ogni sede internazionale per arrivare con urgenza ad un cessate il fuoco immediato ed incondizionato a Gaza, per mettere fine alla catastrofe umanitaria in corso, per interrompere l'escalation militare nell'area, per la liberazione degli ostaggi e per la costruzione delle condizioni per avviare un processo di pace.

(6-00098) n. 6 (24 aprile 2024)

Malan, Romeo, Gasparri, Biancofiore.

Approvata

Il Senato,

        premesso che:

            il Documento di economia e finanza 2024 (DEF 2024), approvato dal Consiglio dei ministri nella seduta dello scorso 9 aprile, aggiorna le stime del quadro dei conti pubblici tendenziali a legislazione vigente per il triennio 2024-2026 ed estende l'orizzonte di previsione al 2027;

            il Documento è stato predisposto in coerenza con le indicazioni fornite dalla Commissione per la predisposizione dei Programmi di stabilità e di convergenza nel periodo di transizione tra le regole del Patto di stabilità e crescita attualmente vigenti e il nuovo quadro di governance in corso di adozione;

            infatti, le nuove regole che entreranno in vigore entro breve prevedono che gli Stati membri definiranno gli obiettivi di politica economica di medio periodo attraverso il Piano strutturale nazionale di bilancio a medio termine (Medium-term fìscal-structural plan) che, per l'anno in corso, dovrà essere presentato al più tardi entro il 20 settembre;

            è, quindi, all'interno del Piano citato che saranno definiti gli obiettivi macroeconomici e di finanza pubblica validi per i prossimi anni;

            alla luce di queste considerazioni, il DEF di quest'anno ha ad oggetto le grandezze di finanza pubblica che emergono dal profilo tendenziale a legislazione vigente e fornisce una stima degli oneri connessi alle politiche invariate per il prossimo triennio;

            il Documento chiarisce che il Governo adotterà iniziative normative volte a ricondurre i valori dell'indebitamento netto tendenziale negli anni 2025 e 2026 agli obiettivi programmatici fissati nella NADEF 2023 e già autorizzati con le risoluzioni di approvazione dei precedenti documenti di programmazione;

            il Documento sottolinea come l'economia italiana nel corso del 2023 abbia dimostrato una resilienza superiore alle attese. Nonostante un quadro macroeconomico connotato da instabilità politica, elevata inflazione e da un ciclo restrittivo di politica monetaria, il PIL ha registrato un incremento dello 0,9 per cento, in decelerazione rispetto al 2022 ma superiore alla media dell'area euro (+0,4 per cento);

            nel complesso, la crescita nel 2023 è stata trainata dalla domanda interna unitamente alla ripresa della domanda estera netta;

            l'attività economica ha ripreso a espandersi a ritmi moderati, intorno a due decimi di punto ogni trimestre e i più recenti segnali disponibili indicano un andamento simile per la prima parte del 2024; tuttavia non devono essere trascurati i rischi di natura geopolitica e ambientale, che restano assai elevati;

            proprio alla luce di tali considerazioni, la previsione tendenziale di crescita del PIL tiene conto di tali fattori d'incertezza e, in via prudenziale, è aggiornata per il 2024 all'1,0 per cento, lievemente al ribasso rispetto allo scenario programmatico della NADEF (1,2 per cento), mentre si prospetta all'1,2 e all'1,1 per cento, rispettivamente, per gli anni 2025 e 2026, un profilo lievemente più contenuto rispetto allo scenario programmatico della NADEF (che li poneva pari all'1,3 per cento per il 2025 e all'1,2 per cento per il 2026). Per il 2027, non considerato nell'orizzonte della NADEF, la crescita è posta allo 0,9 per cento;

            il Documento indica per i l 2023 un deficit pari al 7,2 per cento in termini di PIL, a fronte di un 5,3 per cento previsto con la NADEF 2023; il dato di consuntivo 2023 del deficit è stato rivisto dall'ISTAT al 7,4 per cento in occasione della pubblicazione dei dati di Notifica del 22 aprile. Lo scostamento rispetto alla previsione della NADEF 2023 trova spiegazione nelle maggiori spese legate al superbonus e, più in generale, a una più alta spesa in conto capitale rispetto a quanto atteso;

            al netto dell'impatto sui conti pubblici del 2023 causato dall'ulteriore aumento dei costi legati al superbonus, la previsione a legislazione vigente per il quadriennio 2024-2027 conferma, sostanzialmente, il progressivo rientro dell'indebitamento netto sul PIL lungo tutto l'orizzonte di previsione;

            la previsione per gli anni successivi stima un rapporto deficit/PIL pari al 4,3 per cento nel 2024 (in linea con le previsioni della NADEF 2023), al 3,7 per cento nel 2025 (di 0,1 punti percentuali in rialzo rispetto alle previsioni della NADEF 2023), al 3,0 per cento nel 2026 (a fronte del 2,9 per cento previsto dall'ultima NADEF) e al 2,2 per cento nel 2027 (anno non contemplato nell'orizzonte dalla NADEF 2023). Tale evoluzione corrisponde, in termini strutturali, all'8,0 per cento nel 2023, 4,8 per cento nel 2024, 4,3 per cento nel 2025, 3,7 per cento nel 2026 e 2,8 per cento nel 2027;

            nello scenario di previsione, il rapporto debito/PIL tenderà a risalire lievemente, passando dal 137,8 per cento nel 2024 al 139,8 per cento del 2026, per poi intraprendere un percorso di riduzione a partire dal 2027, anno in cui, secondo le stime aggiornate, si attesterà al 139,6 per cento;

            con riferimento all'indicatore della spesa primaria netta, che sarà considerato come indicatore operativo unico per la valutazione della politica fiscale e la sorveglianza di bilancio nella nuova governance, il Documento evidenzia che, per l'Italia, il tetto massimo di crescita della spesa primaria netta raccomandato dalle Istituzioni europee per il 2024 è pari all'1,3 per cento, coerente con un miglioramento del saldo di bilancio strutturale di 0,7 punti percentuali del PIL;

            i dati presentati nel Documento mostrano il rispetto delle indicazioni delle Autorità europee per il 2024 relativamente all'evoluzione della spesa primaria netta;

            le previsioni macroeconomiche tendenziali del Documento di economia e finanza (DEF) 2024 sono state validate dall'Ufficio parlamentare di bilancio;

            il Documento di economia e finanza, a completamento della manovra di bilancio 2025-2027, conferma quali collegati alla decisione di bilancio i disegni di legge già indicati nel precedente Documento programmatico e indica, altresì, quale disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2025 un disegno di legge recante norme di principio in materia di intelligenza artificiale,

        impegna il Governo a presentare quanto prima il quadro programmatico, nell'ambito del Piano fiscale e strutturale di medio periodo.

 

Allegato B

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Barachini, Bongiorno, Borghese, Borgonzoni, Butti, Calenda, Cantalamessa, Castelli, Cattaneo, De Poli, Durigon, Fazzolari, Garavaglia, Giacobbe, La Pietra, Menia, Mirabelli, Monti, Morelli, Ostellari, Petrenga, Rauti, Rojc, Rubbia, Segre, Sisto, Stefani, Terzi Di Sant'Agata e Unterberger.

.

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Borghi Claudio, Borghi Enrico, Ronzulli e Scarpinato, per attività del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica; Malpezzi e Paroli, per attività dell'Assemblea parlamentare della NATO; La Marca, per partecipare a incontri internazionali.

Insindacabilità, presentazione di relazioni su richieste di deliberazione

A nome della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, la senatrice Stefani ha presentato la relazione sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale pendente nei confronti del senatore Matteo Renzi dinanzi la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza (Doc. IV-quater, n. 3).

Disegni di legge, trasmissione dalla Camera dei deputati

Onn. Molinari Riccardo, Sasso Rossano, Latini Giorgia, Loizzo Simona, Miele Giovanna, Barabotti Andrea, Bof Gianangelo, Bruzzone Francesco, Caparvi Virginio, Cavandoli Laura, Cecchetti Fabrizio, Comaroli Silvana Andreina, Dara Andrea, Di Mattina Salvatore Marcello, Furgiuele Domenico, Giaccone Andrea, Marchetti Riccardo Augusto, Matone Simonetta, Morrone Jacopo, Nisini Tiziana, Pretto Erik Umberto, Zinzi Gianpiero, Zoffili Eugenio, Frassini Rebecca, Berruto Mauro

Disposizioni in materia di partecipazione popolare alla titolarità di azioni e quote delle società sportive (1120)

(presentato in data 24/04/2024)

C.836 approvato dalla Camera dei deputati.

Disegni di legge, annunzio di presentazione

Senatori Bergesio Giorgio Maria, Minasi Tilde, Potenti Manfredi, Germana' Antonino, Garavaglia Massimo, Cantu' Maria Cristina, Dreosto Marco, Murelli Elena, Pucciarelli Stefania

Disposizioni concernenti l'adozione di una disciplina temporanea per la sperimentazione dell'impiego di sistemi di intelligenza artificiale (1116)

(presentato in data 23/04/2024);

senatore Garavaglia Massimo

Modifica all'articolo 3 della legge 20 agosto 2019, n. 92, in materia di svolgimento di iniziative di educazione alimentare e stili di vita salutari e di diffusione della cultura alimentare e delle tradizioni gastronomiche italiane, nell'ambito dell'insegnamento scolastico dell'educazione civica (1117)

(presentato in data 23/04/2024);

senatori Verducci Francesco, Parrini Dario, Zambito Ylenia, Franceschelli Silvio, Casini Pier Ferdinando, D'Elia Cecilia, Malpezzi Simona Flavia, Valente Valeria, Sensi Filippo, Giacobbe Francesco, Rojc Tatjana, Irto Nicola, Losacco Alberto, Camusso Susanna Lina Giulia, Tajani Cristina, Furlan Annamaria, Delrio Graziano, Verini Walter, Fina Michele

Disposizioni per l'introduzione delle attività di lettura libera nel primo e nel secondo ciclo di istruzione (1118)

(presentato in data 23/04/2024);

senatore Gasparri Maurizio

Disposizioni concernenti il Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni (1119)

(presentato in data 24/04/2024).

Disegni di legge, presentazione del testo degli articoli

In data 24/04/2024 la 1ª Commissione permanente Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione ha presentato il testo degli articoli proposti dalla Commissione stessa, per il disegno di legge:

"Modifiche agli articoli 59, 88, 92 e 94 della Costituzione per l'elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, il rafforzamento della stabilità del Governo e l'abolizione della nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica" (935), con proposta di assorbimento del disegno di legge di iniziativa del Sen. Renzi Matteo ed altri "Disposizioni per l'introduzione dell'elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri in Costituzione" (830).

Corte costituzionale, trasmissione di sentenze. Deferimento

La Corte costituzionale ha trasmesso, a norma dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, le seguenti sentenze, che sono deferite, ai sensi dell'articolo 139, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni competenti per materia:

sentenza n. 60 del 5 marzo 2024, depositata il successivo 18 aprile 2024, con la quale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale), nel testo applicabile ratione temporis, nella parte in cui non prevede che non siano soggetti all'imposta municipale propria, per il periodo dell'anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all'autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli articoli 614, secondo comma, o 633 del codice penale o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale (Doc VII, n. 69) - alla 1a, alla 2a e alla 6a Commissione permanente.

sentenza n. 66 del 22 febbraio 2024, depositata il successivo 22 aprile 2024, con la quale dichiara:

1) l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 26, della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze), nella parte in cui stabilisce che la sentenza di rettificazione anagrafica di attribuzione di sesso determina lo scioglimento automatico dell'unione civile senza prevedere, laddove l'attore e l'altra parte dell'unione rappresentino personalmente e congiuntamente al giudice, fino all'udienza di precisazione delle conclusioni, l'intenzione di contrarre matrimonio, che il giudice disponga la sospensione degli effetti derivanti dallo scioglimento del vincolo fino alla celebrazione del matrimonio e comunque non oltre il termine di centottanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di rettificazione;

2) l'illegittimità costituzionale dell'articolo 70-octies, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), aggiunto dall'articolo 1, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 19 gennaio 2017, n. 5, recante «Adeguamento delle disposizioni dell'ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, nonché modificazioni ed integrazioni normative per la regolamentazione delle unioni civili, ai sensi dell'articolo 1, comma 28, lettera a) e c), della legge 20 maggio 2016, n. 76», nella parte in cui non prevede che l'ufficiale dello stato civile competente, ricevuta la comunicazione della sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso, proceda ad annotare, se disposta dal giudice, la sospensione degli effetti derivanti dallo scioglimento dell'unione civile fino alla celebrazione del matrimonio e comunque non oltre il termine di centottanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di rettificazione (Doc. VII, n. 70) - alla 1a , alla 2a e alla 10a Commissione permanente.

Corte costituzionale, trasmissione di sentenze su ricorsi per conflitto di attribuzione

Con ricorso depositato il 9 ottobre 2023 (iscritto al n. 4 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2023), la Camera dei deputati ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato in riferimento alle sentenze, rispettivamente, delle Sezioni Unite Civili, 12 maggio 2022, n. 15236, e della Sezione quinta, 31 maggio 2021, n. 4150, con la richiesta di dichiarare che non spettava ai predetti organi della giurisdizione comune giudicare della controversia in esame in materia di appalti, con conseguente annullamento di entrambe le sentenze. Esse avrebbero infatti affermato la giurisdizione del giudice amministrativo in luogo di quella dell'organo di autodichia della Camera, risultando pertanto lesive delle attribuzioni costituzionali riservate alla Camera.

Il conflitto è stato dichiarato ammissibile dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 179 del 2023.

Con sentenza 19 marzo 2024, n. 65, depositata in Cancelleria il successivo 19 aprile, la Corte costituzionale ha dichiarato che spettava alla Corte di Cassazione e al Consiglio di Stato affermare, con le sentenze indicate in epigrafe, la giurisdizione del giudice comune nella controversia da cui origina il presente conflitto.

Corte dei conti, trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti

Il Presidente della Sezione del controllo sugli Enti della Corte dei conti, con lettere in data 24 aprile 2024, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, ha trasmesso le determinazioni e le relative relazioni sulla gestione finanziaria:

di AMCO - Asset Management Company S.p.A., per l'esercizio 2022. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5ª e alla 10a Commissione permanente (Doc. XV, n. 222);

dei ventitré Enti Parco Nazionali, per l'esercizio 2022. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5ª e alla 8a Commissione permanente (Doc. XV, n. 223).

Interrogazioni, apposizione di nuove firme

Il senatore Fina ha aggiunto la propria firma all'interrogazione 3-01091 del senatore Crisanti ed altri.

Risposte scritte ad interrogazioni

(Pervenute dal 19 al 24 aprile 2024)

SOMMARIO DEL FASCICOLO N. 58

BERGESIO: sulla detenzione domiciliare per l'autore di un femminicidio (4-01111) (risp. NORDIO, ministro della giustizia)

GASPARRI: sull'inchiesta che coinvolge il gruppo Gedi (4-00937) (risp. NORDIO, ministro della giustizia)

GELMINI: sulle misure per garantire l'attività della fondazione "European brain research institute" (4-00925) (risp. BERNINI, ministro dell'università e della ricerca)

TERNULLO: sull'accreditamento dell'università di Goradze in Bosnia Erzegovina (4-01066) (risp. BERNINI, ministro dell'università e della ricerca)

Mozioni

VERDUCCI, FRANCESCHELLI, FURLAN, MARTELLA, TAJANI - Il Senato,

premesso che:

le tecnologie digitali e l'intelligenza artificiale generativa (AI), in rapida evoluzione, rappresentano uno dei fattori che in prospettiva saranno in grado di rivoluzionare l'economia mondiale e di migliorare l'efficienza in tutti i settori produttivi, a partire dai servizi, e, fattore non secondario, di cambiare profondamente in ogni luogo usi e costumi sociali;

a fronte degli enormi benefici che potranno derivare dall'affermazione di queste tecnologie, vi sono tuttavia enormi rischi legati ad una possibile accentuazione dei divari già esistenti a livello territoriale e all'interno della società, in particolare tra coloro che saranno in grado di accedere ed utilizzare le avanzate tecnologie e coloro che invece non potranno per varie ragioni accedervi;

questo scenario impone pertanto, già oggi, una riflessione su come affrontare e preparare al meglio ai profondi cambiamenti nel prossimo futuro e su come garantire che le attività del ciclo di vita dei sistemi di intelligenza artificiale siano pienamente coerenti con il rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali, della democrazia e dello Stato di diritto;

rilevato che:

le tecnologie digitali e i sistemi di intelligenza artificiale generativa possono essere progettati, sviluppati e utilizzati per offrire opportunità senza precedenti per promuovere la prosperità umana, il benessere individuale e sociale, lo sviluppo sostenibile, l'uguaglianza di genere e l'emancipazione di tutte le donne e i bambini, e per raggiungere altri importanti obiettivi sociali ed economici, migliorando il progresso e l'innovazione;

emerge, pertanto, in tutta evidenza la necessità di evitare che la progettazione, lo sviluppo e l'uso di questi sistemi possano essere indirizzati per finalità che contrastino con la dignità umana e l'autonomia individuale, ovvero per ostacolare di fatto la piena, equa ed effettiva partecipazione dei cittadini alla vita economica, sociale, culturale e politica, o per usi illegali;

in tale contesto preoccupano alcuni utilizzi in atto di tecnologie digitali e di sistemi di intelligenza artificiale generativa da parte di alcuni Stati a fini impropri e repressivi, spesso facendo leva su strumenti privati, in violazione del diritto internazionale dei diritti umani, anche attraverso pratiche di sorveglianza e censura arbitrarie o illegali che erodono la privacy e l'autonomia dei singoli cittadini;

considerato che:

i cambiamenti indotti dall'affermazione delle tecnologie digitali e dell'intelligenza artificiale generativa e i rischi connessi evidenziano la necessità che sia stabilito, in via prioritaria, un quadro giuridico certo e trasparente che definisca principi e regole generali comuni per la disciplina della progettazione, dello sviluppo, dell'uso e della dismissione dei sistemi di intelligenza artificiale generativa che possano tutelare in modo efficace i valori condivisi sfruttando i vantaggi per la promozione di tali valori favorendo l'innovazione responsabile;

appare fondamentale promuovere l'alfabetizzazione digitale, la conoscenza e la fiducia nella progettazione, nello sviluppo, nell'uso e nella dismissione dei sistemi di intelligenza artificiale e attivarsi a livello internazionale per migliorare la comprensione e la cooperazione internazionale sull'intelligenza artificiale generativa anche da parte di altre organizzazioni internazionali e sovranazionali e forum;

gli strumenti internazionali applicabili in materia di diritti umani, come la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, la Convenzione del Consiglio d'Europa per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali del 1950 e i relativi protocolli, il Patto internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici del 1966, il Patto internazionale delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali del 1966 e i relativi protocolli, la Carta sociale europea del 1961 e i relativi protocolli e la Carta europea riveduta del 1996, così come la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 1989 e il principio di uguaglianza e non discriminazione, compresa l'uguaglianza di genere e i diritti dei gruppi discriminati e degli individui in situazioni di vulnerabilità, devono essere difesi e rafforzati nel nostro Paese e nel resto del mondo, alla luce dei cambiamenti in atto;

per tali motivi, con l'obiettivo di conferire al Parlamento un ruolo centrale di indirizzo e governo dei nuovi processi generativi, appare giunto il momento di istituire in Senato un organismo ad hoc, che svolga funzioni di monitoraggio e attività di indirizzo sui temi della promozione e della tutela dei diritti fondamentali della persona a fronte della rapida affermazione in atto delle tecnologie digitali e dei sistemi di intelligenza artificiale generativa,

delibera di istituire una commissione straordinaria per lo studio e la valutazione dei sistemi di intelligenza artificiale, delle loro prospettive evolutive ed applicative, del loro impatto sulla vita economica, sociale, culturale e politica delle democrazie. La commissione è costituita da 25 componenti in ragione della consistenza dei Gruppi stessi. Elegge tra i suoi membri l'Ufficio di Presidenza composto dal Presidente, da due vice Presidenti e da due Segretari. Ha compiti di studio e osservazione del fenomeno, nonché funzione propositiva, di stimolo e di impulso nell'elaborazione e nell'attuazione delle proposte legislative. Promuove anche ogni altra iniziativa utile a livello nazionale, sovranazionale e internazionale. Per lo svolgimento di tali compiti può prendere contatto con istituzioni pubbliche e private, anche di altri Paesi e con organismi internazionali; la commissione può effettuare missioni in Italia o all'estero, in particolare presso Parlamenti stranieri anche, ove necessario, allo scopo di stabilire intese per la promozione dei diritti umani o per favorire altre forme di collaborazione. Per il raggiungimento di queste finalità essa, quando lo ritenga utile, può svolgere procedure informative, ai sensi degli articoli 46, 47, 48 e 48-bis del Regolamento; formulare proposte e relazioni all'Assemblea, ai sensi dell'articolo 50, comma 1, del Regolamento; votare risoluzioni alla conclusione dell'esame di affari assegnati, ai sensi dell'articolo 50, comma 2, del Regolamento; formulare pareri su disegni di legge e affari deferiti ad altre Commissioni, anche chiedendone la stampa in allegato al documento prodotto dalla Commissione competente, ai sensi dell'articolo 39, comma 4, del Regolamento.

(1-00095)

Interrogazioni

FURLAN, FRANCESCHELLI, PARRINI, ZAMBITO, BASSO, CAMUSSO, D'ELIA, DELRIO, FINA, GIORGIS, IRTO, LA MARCA, MALPEZZI, MANCA, MARTELLA, NICITA, RANDO, ROJC, ROSSOMANDO, TAJANI, VALENTE, VERDUCCI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali, dell'economia e delle finanze e delle imprese e del made in Italy. - Premesso che:

il 22 aprile 2024 è andata in onda, durante la trasmissione televisiva "Report", una lunga inchiesta sulle cave di marmo che si trovano nel comune di Carrara. Sono emerse dichiarazioni fuorionda dell'imprenditore Alberto Franchi, titolare di una concessione per gli scavi, che, discutendo di sicurezza sul lavoro, ha affermato che gli operai delle cave "si fanno male perché sono deficienti", ribadendo poi che gli incidenti sul lavoro degli ultimi 10 anni sarebbero "colpa" degli operai;

come rilevato dall'INAIL, tra il 2000 e il 2021 si sono verificati in Toscana ben 2.569 casi di infortuni sul lavoro, di cui 2.516 avvenuti durante lo svolgimento delle mansioni lavorative;

in Toscana, è proprio la provincia di Massa-Carrara a detenere il triste primato, con 1.826 incidenti, anche in virtù della maggiore rilevanza dell'attività estrattiva nella zona. Sebbene negli ultimi 10 anni si sia registrata una progressiva diminuzione degli infortuni, la cava continua a rappresentare un ambiente a rischio che richiederebbe standard di sicurezza elevati;

come noto, l'escavazione del marmo di Carrara rappresenta uno dei settori economici trainanti del territorio. Si rilevano, tuttavia, forti criticità legate al rispetto degli standard di sicurezza sul lavoro e all'impatto ambientale dell'attività estrattiva, oltre all'annosa questione delle concessioni;

il Comune di Carrara amministra gli agri marmiferi, ovvero gli appezzamenti di cava considerati pubblici, che vengono dati in concessione per un certo periodo di tempo a singoli privati o a soci. Tuttavia, tale procedura non si applica ai "beni estimati", una particolare categoria di cava sul cui regime giuridico pesa una controversia secolare: in virtù di un editto emanato nel 1751 da Maria Teresa Cybo-Malaspina, sovrana del Ducato di Carrara, infatti, questi agri marmiferi sono considerati proprietà privata e, in quanto tali, non sono sottoponibili a procedure concorsuali pubbliche;

i tentativi del Comune di Carrara e della Regione Toscana di normare la situazione nel corso degli anni non hanno prodotto alcun risultato, se non ricorsi e cause civili che hanno visto prevalere gli imprenditori che, a tutt'oggi, che ritengono di "possedere" il 30 per cento delle cave di Carrara senza pagare alcuna concessione, arrecando un danno di 4 milioni di euro all'anno alle casse del Comune;

recentemente, gli imprenditori che gestiscono il restante 70 per cento delle cave hanno firmato una convenzione con il Comune, a seguito di una legge regionale del 2015, che prevede gare pubbliche ogni 25 anni a decorrere dal 2042. Il giorno successivo alla firma, gli stessi imprenditori hanno avviato azioni legali per rivendicare il presunto diritto perpetuo menzionato nell'editto del 1751;

negli anni scorsi il Comune di Carrara e la Regione Toscana hanno chiesto un ennesimo parere. Ad esprimersi questa volta è stata l'università di Roma 3, che ha stabilito che i beni estimati appartengono al patrimonio indisponibile del Comune;

in merito alla controversia si è espressa nel 2016 anche la Corte costituzionale, rinviando al Parlamento la questione della natura privata o pubblica dei beni estimati;

sull'obiettivo di disciplinare l'attività estrattiva nell'ambito del distretto apuo-versiliese (alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2016 sulla questione di legittimità costituzionale dell'articolo 32, comma 2, della legge della Regione Toscana n. 35 del 2015) fu presentata una proposta di legge d'iniziativa del Consiglio regionale,

si chiede di sapere:

se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda adottare al fine di garantire la sicurezza sul lavoro per gli operatori delle cave di marmo di Carrara, nonché il contenimento dell'inquinamento derivante dalle attività di escavazione;

quali azioni si intenda altresì adottare, nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di garantire che i suddetti beni siano considerati a tutti gli effetti patrimonio indisponibile comunale, sottoposti a gara per concessioni temporanee.

(3-01093)

VERINI, BAZOLI, MIRABELLI, ROSSOMANDO - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:

al 31 marzo 2024 erano 61.049 le persone detenute, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti. Le donne erano 2.619, il 4,3 per cento dei presenti, e gli stranieri 19.108, il 31,3 per cento;

dalla fine del 2019 alla fine del 2020, a fronte delle misure deflattive adottate durante la pandemia, le presenze in carcere erano calate di 7.405 unità. Ma sono subito tornate a crescere con un aumento di 770 unità nel 2021, di 2.062 nel 2022 e di 3.970 nel 2023. Nell'ultimo anno la crescita delle presenze è stata in media di 331 unità al mese, un andamento che, se confermato anche nel 2024, porterebbe ad oltre le 65.000 presenze entro la fine dell'anno;

con l'aumento cresce anche il tasso di affollamento ufficiale, che raggiunge a livello nazionale il 119,3 per cento;

i tassi di affollamento più alti a livello regionale si continuano a registrare in Puglia (152,1 per cento), in Lombardia (143,9) e in Veneto (134,4). In Umbria si ferma al 115,1 per cento a cui corrispondono 1.548 detenuti a fronte di una capienza massima di 1.345 posti. A Perugia sono 421 i detenuti a fronte di 363 posti, a Terni 556 per 422 posti, a Spoleto 456 per 462 posti e a Orvieto 115 per 98 posti;

tra le soluzioni al sovraffollamento, secondo il XX rapporto dell'associazione "Antigone" dal titolo "Nodo alla gola", che si occupa delle condizioni della detenzione in Italia, presentato il 22 aprile 2024, non figura certamente l'edilizia penitenziaria. I tempi medi di costruzione di un carcere, nella storia recente, sono stati circa di 8-10 anni. Il costo medio di un carcere per 400 persone è di circa 30 milioni di euro. Ciò significa che oggi ci vorrebbero circa 40 nuove carceri, per un costo di un miliardo e 200 milioni di euro; a queste somme si dovrebbero aggiungere anche quelle, ingenti, per assumere almeno 300 poliziotti per ogni istituto, e quindi altre 12.000 unità di Polizia penitenziaria, oltre a tutte le altre figure professionali, ai servizi necessari per far funzionare gli istituti;

le cronache registrano un preoccupante incremento dei suicidi in carcere, che già alla data del 15 aprile 2024 ammontavano a 30, con una media dall'inizio dell'anno di uno ogni 3,5 giorni; al riguardo val la pena evidenziare come nel 2022 a fine anno si sono registrati ben 85 suicidi, il numero più alto mai registrato finora. Aumenta anche il numero di morti in carcere per cause diverse dal suicidio;

nell'ultimo anno sono 5 le persone che si sono tolte la vita nelle carceri dell'Umbria. nel rapporto di Antigone si evince che l'Umbria è la regione d'Italia in cui più volte si è applicato l'isolamento e in particolare questo avviene nel carcere di "Capanne", con una media di 117,91 provvedimenti di isolamento disciplinare applicati nel 2022 per ogni 100 detenuti; a seguire ci sono Orvieto (99,78) e Spoleto (40,57). Perugia è anche uno degli istituti con il più alto tasso di detenuti stranieri (59,6 per cento);

la carenza di personale è una delle criticità sistemiche che attanagliano gli istituti penitenziari, una carenza trasversale che riguarda tutti gli operatori penitenziari, dal personale amministrativo ai funzionari giuridico-pedagogici, sino ad arrivare ai direttori. Il rapporto tra detenuti e agenti attuale è pari ad 1,96 detenuti per ogni agente, a fronte di una previsione di 1,5. In Umbria il rapporto è pari a 2. L'affollamento e la carenza di personale determinano altresì mancanza di un'adeguata copertura di cure sanitarie, pochi fondi per la formazione e per il lavoro, anche in vista del reinserimento sociale;

a fronte delle difficilissime condizioni di vita di chi si trova in questi spazi ristretti e non adeguati, condannato o lavoratore che sia, si continua a introdurre nuovi reati e ad inasprire le pene per i reati già esistenti, una politica criminogena che porta ad un continuo sovraffollamento carcerario, senza personale sufficiente a gestire numeri elevatissimi, con un vistoso aggravamento delle condizioni di sanità e senza alcun investimento nella formazione, strumento indispensabile per la rieducazione;

in Umbria risultano essere sempre più frequenti episodi di violenza e di aggressione tra detenuti e tra questi ultimi e il personale della Polizia penitenziaria e nel territorio regionale non è presente alcuna residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza da destinare alla popolazione carceraria affetta da disturbi psichici; più complessivamente il sistema carcerario italiano non è dotato di un efficiente servizio psichiatrico con specialisti medici all'interno di ogni struttura penitenziaria a fronte dell'elevato numero di detenuti che presentano disturbi psichici,

si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda intraprendere per porre rimedio a questa drammatica situazione e, in particolare, per: a) ridurre il sovraffollamento che costituisce un serissimo ostacolo a un'esecuzione della pena conforme ai precetti costituzionali e capace di favorire il graduale reinserimento del detenuto nel tessuto sociale, prevenendo in tal modo i rischi di recidiva; b) rafforzare il personale di servizio nelle carceri italiane sia amministrativo che della Polizia penitenziaria e del trattamento, anche per assicurare a tutti gli operatori di svolgere il lavoro complesso e difficile che sono chiamati a svolgere; c) intervenire sulle strutture carcerarie, con interventi di manutenzione e ristrutturazione, al fine di renderle adeguate alle necessità, compresa l'esigenza di assicurare una piena ed effettiva tutela della salute dei detenuti a partire da quelli psicologicamente più fragili.

(3-01094)

NICITA, IRTO, ROJC, VALENTE, VERDUCCI, GIACOBBE, ZAMBITO, LA MARCA, DELRIO, LOSACCO, CAMUSSO, FURLAN, RANDO, BASSO - Ai Ministri per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, dell'economia e delle finanze e delle imprese e del made in Italy. - Premesso che:

il decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione, ha stabilito, a partire dal 1° gennaio 2024, l'istituzione della zona economica speciale per il Mezzogiorno, la "ZES unica", che comprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna;

per zona economica speciale si intende una zona delimitata del territorio dello Stato nella quale l'esercizio di attività economiche e imprenditoriali da parte delle aziende già operative e di quelle che si insedieranno può beneficiare di speciali condizioni in relazione agli investimenti e alle attività di sviluppo d'impresa;

le imprese che intendano avviare attività economiche, ovvero insediare attività industriali, produttive e logistiche all'interno della ZES unica, dovranno presentare l'istanza, allegando la documentazione e gli eventuali elaborati progettuali previsti dalle normative di settore, per consentire alle amministrazioni competenti la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa, finalizzata al rilascio di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all'esercizio del medesimo progetto;

l'articolo 16 del decreto-legge stabilisce che, per l'anno 2024 e fino al 2026, alle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali, destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise, ammissibili alla deroga prevista dall'articolo 107, paragrafo 3, lettera a), del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e nelle zone assistite della regione Abruzzo, ammissibili alla deroga prevista dall'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del Trattato, come individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027, viene concesso un contributo, sotto forma di credito d'imposta, nella misura massima consentita dalla medesima Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027 e nel limite massimo di spesa definito;

considerato che:

l'avvio dell'operatività della zona economica speciale unica necessita di un piano strategico attuativo e di un decreto ministeriale che definisca le modalità di accesso al nuovo credito d'imposta per gli investimenti, finanziato quest'ultimo con 1,8 miliardi di euro per il 2024, secondo quanto stabilito dalla legge di bilancio per il 2024;

entrambi i suddetti decreti risultano tra quelli "non adottati", come evidenziato nel monitoraggio dei provvedimenti attuativi consultabile sul sito del Dipartimento per il programma di Governo;

i decreti attuativi dovranno regolare le modalità di accesso al beneficio e i relativi controlli per garantire il rispetto del limite di spesa,

si chiede di sapere:

quali misure concrete, per quanto di competenza, i Ministri in indirizzo abbiano adottato o intendano adottare, e in che tempi, per garantire l'operatività effettiva della zona economica speciale per il Mezzogiorno;

quali siano le ragioni dei ritardi registrati per l'avvio dell'operatività della zona economica speciale unica e per l'adozione dei decreti attuativi per l'accesso al credito d'imposta per gli investimenti e come si intenda provvedere celermente per rispettare le tempistiche indicate nella legge 13 novembre 2023, n. 162.

(3-01095)

ALOISIO, MAZZELLA, BEVILACQUA, LOPREIATO, DAMANTE, DI GIROLAMO, LICHERI Sabrina, NATURALE - Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. - Premesso che:

ai sensi del terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno chiesto ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia;

nel dettaglio, il 28 febbraio 2018 il Governo Gentiloni ha approvato tre accordi preliminari con il Veneto (presidente Luca Zaia), la Lombardia (presidente Roberto Maroni) e l'Emilia-Romagna (presidente Stefano Bonaccini). Gli accordi furono firmati dal sottosegretario Gianclaudio Bressa. Sotto questo profilo, ci si domanda il motivo per cui un Governo che avrebbe dovuto occuparsi solo di ordinaria amministrazione abbia approvato degli accordi di tale rilevanza a soli 4 giorni dalle elezioni;

nella "Rivista economica del Mezzogiorno" (a. XXXII, 2018, n. 1-2, p. 40) il professor Adriano Giannola effettua un'analisi economica degli effetti prodotti dall'autonomia. Secondo il docente: "le Regioni che attueranno il federalismo differenziato vedranno incrementata nella situazione ex post la quota delle risorse erogata e gestita dalle loro Amministrazioni rispetto alle situazioni ex ante (+106 miliardi per la Lombardia, +41 miliardi per il Veneto e +43 miliardi per l'Emilia-Romagna), mentre si assisterà ad una diminuzione di pari importo delle risorse gestite direttamente dall'Amministrazione centrale";

le motivazioni poste alla base della maggiore richiesta di trasferimenti vertono sul fatto che le tre Regioni ritengono di detenere un residuo fiscale a loro favore, inattuato dall'attuale sistema, come si diceva poc'anzi. Come riportato dalla rivista, il residuo fiscale è la "differenza tra l'ammontare di risorse (sotto forma di imposte pagate dai cittadini) che lo Stato centrale riceve dai territori e l'entità della spesa pubblica che lo stesso eroga (sotto forma di servizi) a favore dei cittadini degli stessi territori". Tuttavia non sussisterebbero differenze tra i trasferimenti Stato-Regioni e le imposte pagate sul suolo regionale, giacché non v'è alcuna relazione tra imposte erariali e il luogo di residenza dei soggetti che le pagano;

in particolare, secondo il professor Giannola: "in uno Stato unitario non ci sono residui fiscali dal momento che il rapporto fiscale si svolge tra il cittadino e lo Stato e non con lo specifico territorio di residenza dei soggetti che pagano le imposte";

le imposte erariali pagate dai cittadini secondo il criterio della progressività sancito dall'articolo 53 della Costituzione hanno un rapporto col reddito prodotto (se si tratta di imposte dirette) o coi consumi (se si tratta di imposte indirette, come nel caso dell'IVA), ma non col territorio;

il disegno di legge (AC 1665), d'iniziativa del Ministro in indirizzo, in corso di esame presso la I Commissione permanente (Affari costituzionali) della Camera dei deputati, reca disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del provvedimento: "L'atto o gli atti di iniziativa di ciascuna Regione possono concernere una o più materie o ambiti di materie e le relative funzioni. Al fine di tutelare l'unità giuridica o economica, nonché di indirizzo rispetto a politiche pubbliche prioritarie, il Presidente del Consiglio dei ministri, anche su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie o dei Ministri competenti per materia, può limitare l'oggetto del negoziato ad alcune materie o ambiti di materie individuati dalla Regione nell'atto di iniziativa";

ai sensi dell'articolo 11, comma 1: "Gli atti di iniziativa delle Regioni già presentati al Governo, di cui sia stato avviato il confronto congiunto tra il Governo e la Regione interessata prima della data di entrata in vigore della presente legge, sono esaminati secondo quanto previsto dalle pertinenti disposizioni della presente legge";

considerato che:

si apprende da notizie di stampa della "promessa-diffida di Zaia di notificare a Giorgia Meloni la richiesta veneta di maggiore autonomia 'il giorno dopo' il voto finale sul ddl Calderoli" ("napoli.repubblica.it", 15 aprile 2024);

pertanto, attraverso la norma transitoria dell'art. 11, comma 1, potrebbero essere riprese le carte già preparate tra il 2018 e il 2019 con le tre Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Sotto questo profilo, come già puntualizzato sul citato articolo di stampa dal professore emerito di diritto costituzionale dell'università degli studi di Napoli "Federico II" Massimo Villone, "potrebbero essere riprese almeno per le 184 funzioni statali che un recente studio elenca come immediatamente trasferibili in quanto in materie non-Lep (non subordinate per il trasferimento alla determinazione di livelli essenziali delle prestazioni), con la possibile aggiunta di funzioni non-Lep",

si chiede di sapere:

nelle more dell'approvazione definitiva del provvedimento e stante l'esame in corso in Parlamento, quali e quante funzioni siano in concreto trasferibili;

quale sia l'orientamento verso possibili iniziative di coordinamento tra Regioni in chiave di macroregione, ai sensi dell'art. 117, comma ottavo, della Costituzione;

quali siano i limiti che si intende porre al negoziato con le Regioni per la tutela dell'unità giuridica ed economica e delle politiche prioritarie per il Paese.

(3-01096)

MAZZELLA, FLORIDIA Barbara, BEVILACQUA, NATURALE, SIRONI, MARTON, BILOTTI, DAMANTE, LOPREIATO, TURCO, CATALDI, CROATTI, NAVE, MAIORINO, DI GIROLAMO - Al Ministro della salute. - Premesso che:

il settore della genetica medica svolge e svolgerà sempre di più un ruolo cruciale nella medicina moderna. In particolare, grazie alla rapidità dell'evoluzione della disciplina, oggi il genetista medico è in grado di diagnosticare e trattare numerosi disturbi genetici, contribuendo a migliorare la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie;

la genetica medica risulta centrale nello sviluppo della medicina di precisione, aprendo la strada a importanti progressi nella ricerca scientifica per la prevenzione delle malattie. Ad oggi il servizio sanitario nazionale non permette al genetista medico di svolgere da raccordo specializzato in grado di coordinare l'assistenza e i servizi per i pazienti affetti da malattie genetiche in tutto il loro ciclo di vita, con una minore qualità della vita del paziente affetto da tali malattie e dell'intero nucleo familiare nonché un conseguente notevole aumento dei costi sanitari;

il settore della genetica umana negli ultimi anni ha subito una progressiva svalutazione all'interno del SSN. Infatti tale profilo ad elevata specializzazione tecnica e professionale, di fondamentale importanza per l'efficientamento e il contenimento dei costi per il SSN, non è presente nella commissione di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza né presso il Consiglio superiore di sanità;

l'inserimento di un genetista medico nei ruoli decisionali di attinenza per il settore consentirebbe una migliore e più efficace allocazione delle risorse dello Stato, tenendo in considerazione la rapidità dell'evoluzione della medicina genomica, con l'obiettivo di garantire sempre il più elevato livello qualitativo delle prestazioni erogate nell'interesse esclusivo del paziente affetto da malattia genetica e del suo percorso di cura;

l'approvazione del decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, del 23 giugno 2023, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 4 agosto 2023, che aggiorna le tariffe delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e dell'assistenza protesica, è responsabile di gravi criticità e rischi nei confronti della genetica medica, non consentendo ai sensi delle disposizioni ivi contenute un'effettiva e adeguata prevenzione e presa in carico dei pazienti affetti da patologie genetiche;

nel nuovo nomenclatore LEA non è stata prevista la possibilità di analizzare simultaneamente centinaia di geni potenzialmente responsabili della patologia genetica sospettata nel paziente, mentre sono presenti prestazioni che permettono l'analisi di uno o pochi geni alla volta. Tale impostazione diagnostica, oltre che datata rispetto l'evoluzione della disciplina, risulta essere eccessivamente dispendiosa per il SSN e causa di un notevole aumento di costi e tempi di refertazione e del conseguente rischio di non raggiungimento della diagnosi per il paziente;

nel nuovo tariffario, le prestazioni di genetica medica non sono più caratterizzate dalla sigla "R", che garantirebbe l'esclusività nell'erogazione delle prestazioni ai laboratori specialistici di genetica medica, come peraltro stabilito nella linee guida per le attività di genetica medica della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, mediante atto n. 2045 del 15 luglio 2004, per via della specificità della materia, costituendo pertanto una pericolosa minaccia per gli standard qualitativi della prestazione e una grave violazione del diritto alla giusta cura;

non sono stati inseriti nel nomenclatore LEA il test genetico preimpianto (PGT) e il test prenatale non invasivo (NIPT), precludendo alle coppie l'accesso a dei fondamentali strumenti diagnostici per l'individuazione precoce di gravi anomalie monogenetiche e cromosomiche, causa di malattie genetiche gravemente invalidanti o mortali,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo ritenga di intraprendere azioni volte alla valorizzazione del genetista medico presso il servizio sanitario nazionale e di inserire tale profilo professionale nella commissione di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e presso il Consiglio superiore di sanità;

se ritenga di intraprendere delle azioni volte all'inserimento nel nomenclatore LEA delle prestazioni di sequenziamento massivo eseguite in trio su paziente e genitori, al ripristino nel tariffario LEA della sigla "R" per le prestazioni di genetica medica, a provvedere all'inserimento nei LEA dei test NIPT e PGT, al fine di ottimizzare i costi per il SSN, ridurre i tempi di refertazione e arrivare a una definizione diagnostica in tempi rapidi, consentendo così ai cittadini l'accesso a importanti strumenti in grado di individuare gravi anomalie monogenetiche e cromosomiche e permettendo pertanto la rapida diagnosi di gravi patologie e il diritto al percorso di cura.

(3-01097)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

FLORIDIA Aurora, DE CRISTOFARO, CUCCHI, MAGNI - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Premesso che:

il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 dicembre 2020 ha previsto il reddito di libertà, che rappresenta una misura di sostegno economico per le donne vittime di violenza che vivono in condizioni di povertà, di disagio e di difficoltà rispetto al reinserimento nella società civile e al raggiungimento di una propria indipendenza economica;

la legge 24 novembre 2023, n. 168, recante "Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica", non ha purtroppo previsto risorse economiche né per il finanziamento dei corsi di aggiornamento e di formazione del personale specializzato nella rete antiviolenza, né per le assunzioni di nuovi operatori e professionisti;

la legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio per il 2024), al comma 187 dell'art. 1 ha previsto per la misura del reddito di libertà uno stanziamento economico di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 e di 6 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2027;

considerato che:

come si apprende da organi di stampa specializzata, le domande per la richiesta del reddito di libertà sono state inviate presso gli uffici dell'Istituto nazionale della previdenza sociale. L'INPS ha prontamente informato i soggetti beneficiari del blocco delle erogazioni dell'aiuto economico per le donne vittime di maltrattamenti, poiché "in attesa di una integrazione delle disponibilità finanziarie";

la relazione sugli indicatori di benessere equo e sostenibile, pubblicata ad aprile 2024 dal Ministero dell'economia e delle finanze, evidenzia gli impatti positivi sugli indicatori del "benessere economico" e sulle politiche sociali prodotti dal reddito di libertà per le donne vittime di violenza in condizione di fragilità;

nella provincia di Verona, dal 2021, le domande per ottenere il sussidio sono state complessivamente 94 e quelle liquidate 63. In Veneto per l'anno 2023, inoltre, non è ancora stato erogato nessuno reddito di libertà per donne maltrattate a causa di mancanza di fondi,

si chiede di sapere:

quali iniziative siano state adottate al fine di procedere speditamente all'erogazione del reddito di libertà, le cui richieste a oggi presentate sono state rigettate per mancanza di un'adeguata copertura finanziaria;

quali misure si ritenga opportuno porre in essere al fine di risolvere le criticità rappresentate dalla rete antiviolenza, che evidenzia la necessità di incrementare i fondi per la presa in carico delle donne e dei loro figli, per accompagnarle nei percorsi di autonomia abitativa e di inserimento lavorativo in ragione della sempre crescente domanda di reddito.

(4-01167)

FLORIDIA Aurora, DE CRISTOFARO, CUCCHI, MAGNI - Ai Ministri dell'università e della ricerca e dell'economia e delle finanze. - Premesso che:

il sistema di sostegno per il diritto allo studio in Italia svolge una funzione importante e, in conformità con quanto sancito dall'articolo 34 della Costituzione, consente alle studentesse e agli studenti universitari più meritevoli e in condizione economica svantaggiata la concessione di una borsa di studio;

una comparazione con altri Paesi europei, pubblicata a ottobre 2022 dal Ministero dell'economia e delle finanze, mostra che in Italia la percentuale dei beneficiari di borse di studio sugli iscritti è molto più bassa (circa il 13 per cento a fronte del 34 per cento in Francia), sia perché in Italia sono più stringenti i requisiti di eleggibilità (merito e condizione economica), sia per un problema del sottofinanziamento economico;

il nuovo PNRR prevede cospicui investimenti in borse di studio per gli studenti universitari meritevoli e vulnerabili economicamente, al fine di raggiungere 300.000 borsisti per l'anno accademico 2023/2024 e di 336.000 per l'anno 2024/2025;

considerato che:

come si apprende da organi di stampa specializzata, i ritardi nell'erogazione dei fondi e delle borse di studio sono tangibili e riguardano circa 23.000 studentesse e studenti, costretti alla precarietà e al rischio di dover abbandonare gli studi;

la situazione degli studenti idonei e non beneficiari rappresenta un motivo di forte disagio per gli studenti di tutto il territorio nazionale ai quali, seppur in regola con i criteri di merito e di condizione economica, viene di fatto negato un diritto costituzionalmente riconosciuto;

in Veneto la mancanza di fondi costituisce un enorme disagio per circa 5.000 studenti universitari, che pur avendo diritto all'erogazione delle borse di studio sono in attesa da più di un anno,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza del numero effettivo degli studenti risultati idonei e quali iniziative ritengano di intraprendere per colmare i ritardi accumulati per la copertura economica delle borse di studio;

se ritengano opportuno avviare un'indagine volta a stabilire il costo standard di mantenimento agli studi, relativo a diverse voci: materiale didattico, trasporto, ristorazione, alloggio e accesso alla cultura, al fine di determinare i fabbisogni standard che sono garanzia di equità dei servizi di accesso al diritto universitario.

(4-01168)

BIZZOTTO, PUCCIARELLI - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. - Premesso che:

in Venezuela, il regime di Maduro, universalmente denunciato come uno tra i più violenti e crudeli regimi al mondo, ha costretto nell'ultimo decennio circa 8 milioni di venezuelani alla fuga per fame, persecuzione e violenza dilaganti; il sistema coercitivo del regime mantiene in carcere quasi 300 detenuti politici e perseguita, con carcerazioni arbitrarie e altri provvedimenti restrittivi delle libertà fondamentali di ogni natura, decine di migliaia di individui dentro e fuori i confini del Venezuela (tra cui l'ultimo eclatante caso del tenente Ronald Ojeda, sequestrato e barbaramente ucciso da uno squadrone della morte agli ordini di Caracas in territorio cileno, secondo le investigazioni più accreditate in corso);

il 20 aprile 2019, il cittadino italo-venezuelano Hugo Enrique Marino Salas sarebbe stato prelevato al suo arrivo quel giorno all'aeroporto di Maiquetía da funzionari del controspionaggio militare del regime di Maduro (DGCIM), secondo quanto ricostruiscono i familiari di Marino che hanno avuto modo di parlare con lui poco prima dell'"arresto"; ad oggi, l'unica informazione nota è che Hugo Marino non risulta presente né nelle liste dei deceduti, né nel registro dei detenuti in Venezuela, registro quest'ultimo che non comprende tuttavia le strutture di detenzione di competenza del controspionaggio militare. Dal 20 aprile 2019, la madre di Hugo Marino, Beatrice Marino, chiede insistentemente di avere prove dell'esistenza in vita del figlio, senza ottenere alcuna risposta. Attualmente e ininterrottamente da 5 anni, Hugo Marino è desaparecido;

dal 19 marzo 2019, il cittadino italo-venezuelano Juan Carlos Marrufo Capozzi è detenuto dal controspionaggio militare, assieme alla moglie Maria Auxiliadora Delgado (cittadina ispano-venezuelana) per accuse arbitrarie e infondate di finanziamento al terrorismo; sconta attualmente una condanna a 30 anni di carcere emessa nel 2022, sulla base di un giudizio arbitrario, infondato e con prove fabbricate ad arte; fino al febbraio 2024 era detenuto in condizioni inumane e degradanti presso la struttura di reclusione del DGCIM denominata "Boleita", spesso denunciata a livello internazionale come centro di tortura, e dal 1° marzo è stato trasferito nel carcere "Rodeo I", una nuova struttura dove sono reclusi solo detenuti provenienti dai centri del DGCIM, per lo più detenuti militari. Juan Carlos Marrufo versa da anni in stato di salute molto precario ancor più a seguito della detenzione, e soffre di diverse patologie, anche croniche, che non vengono curate adeguatamente da quando è detenuto arbitrariamente dagli organismi di repressione del regime di Maduro; il suo è il primo caso di un cittadino (anche) italiano portato all'attenzione del procuratore generale presso la Corte penale internazionale (caso n. 78 nell'ambito della causa OTP-CR-198/13/001), come caso emblematico di vittima di repressione sistematica e di crimini contro l'umanità ai sensi dello Statuto di Roma. Il suo caso è stato inoltre oggetto di particolare attenzione da parte della missione internazionale indipendente di determinazione dei fatti sul Venezuela, che su mandato del Consiglio diritti umani dell'ONU, nell'ambito della relazione pubblicata il giorno 16 settembre 2021 (48a sessione del Consiglio), ha dedicato un intero paragrafo alle violazioni dei diritti umani di cui è vittima il cittadino italo-venezuelano Juan Carlos Marrufo Capozzi (assieme alla moglie Maria Auxiliadora); infine, il gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria del Consiglio diritti umani dell'ONU ha richiesto, a novembre 2021, specifiche misure a tutela dei diritti fondamentali del cittadino italo-venezuelano,

si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda intraprendere al fine di: a) ottenere informazioni sull'esistenza in vita e sulle condizioni di Hugo Marino, e chiederne, se in vita, l'immediato rilascio in libertà; b) assicurare la cessazione immediata dei trattamenti inumani e degradanti cui è sottoposto Juan Carlos Marrufo Capozzi e fornire, fornendo, al contempo, al detenuto e alla sua famiglia eventuale assistenza legale, economica e di altro tipo; c) ottenere l'immediata scarcerazione del cittadino italo-venezuelano.

(4-01169)

GASPARRI - Al Ministro dell'interno. - Premesso che, per quanto risulta all'interrogante:

scorrendo la lista dei "contributi" percepiti dai partiti tra il 2022 e il 2023 e resi pubblici in base alla legge 9 gennaio 2019, n. 3 (conosciuta anche come legge anticorruzione), sul sito "Parlamento.it", balza agli occhi il finanziamento record di un milione e 75.000 euro, diviso in due tranche (la prima di 800.000 euro, il 19 agosto 2022, e la seconda di 275.000 euro, il 6 ottobre 2023) ricevuto dall'associazione "Agenda" con sede a Roma, fondata all'ambientalista americana Jessica Shearer (che ha fatto parte dello staff di Barack Obama durante la vittoriosa campagna presidenziale del 2008) e da alcune esponenti del PD, tra cui la più giovane deputata della XIX Legislatura (cui sono state affidate le deleghe su due settori chiave, giovani e salute), e Caterina Cerroni, segretaria nazionale dei Giovani democratici;

dall'elenco delle erogazioni ai partiti politici iscritti nel registro nazionale, emerge che l'erogazione di due assegni a favore della suddetta associazione creata nel 2022 (come certificato dall'atto costitutivo firmato davanti ad un notaio di Civitavecchia il 13 luglio e registrato 5 giorni dopo) sia avvenuta da parte di una fondazione svedese, la "Demokrati pluralism Stiftelsen" ("Democracy & pluralism" in inglese), guidata dall'imprenditore Daniel Sachs, vice chair della "Open society", fondazione che fa capo al magnate George Soros. Secondo quanto riportato nell'elenco delle donazioni, la fondazione svedese ha finanziato l'associazione femminista "Agenda" nel 2022 e 2023 con oltre un milione di euro;

la fondazione Democracy & pluralism, che si trova nella piccola località marittima di Bastad, nel sud della Svezia, situata a quasi 600 chilometri da Stoccolma, è un'organizzazione indipendente creata nel 2021 dall'imprenditore Daniel Sachs, il quale, oltre ad aver dato vita a diverse associazioni filantropiche, siede anche nel board della Open society foundation di Soros, network di fondazioni ed ente attraverso il quale il banchiere ungherese naturalizzato statunitense ha finanziato per anni numerosi progetti della società civile in tutto il mondo, Italia compresa;

come si legge sul suo sito, obiettivo della Democracy & pluralism è "promuovere società libere e giuste e democrazie pluralistiche sostenendo le organizzazioni no profit in Europa che lavorano verso questo obiettivo comune";

evidentemente rispondeva ai suddetti requisiti l'associazione Agenda, che, sebbene costituita il 13 luglio 2022, come si evince dall'atto, dopo appena un mese di vita, il 19 agosto 2022, ha incassato già una prima ingente donazione da 800.000 euro da parte della Democracy & pluralism, alla quale seguì l'anno successivo un altro bonifico da 275.000 euro;

anche se i due versamenti risalgono uno al 2022 e l'altro 2023, le relative comunicazioni sono state trasmesse al Parlamento italiano soltanto il mese scorso, cioè il 27 marzo 2024;

interpellata dall'agenzia di stampa "Adnkronos" sulla maxi donazione a favore della no profit italiana, la fondazione svedese Democracy & pluralism ha precisato che "per una questione di policy, ci asteniamo dal commentare progetti specifici o beneficiari che ricevono il nostro sostegno";

per reperire informazioni utili sull'associazione Agenda (poco conosciuta in Italia, ma non tra alcuni addetti ai lavori ben informati) bisogna andare sul sito "agendanetwork.org", un portale esclusivamente in lingua inglese, dove nella sezione "trasparenza" è possibile scaricare l'atto costitutivo della no profit. Scorrendo il documento si trovano i nomi delle 4 fondatrici dell'associazione con sede legale a Roma, nella centralissima via Veneto, al numero 54b (accanto alla sede del Ministero del lavoro e delle politiche sociali). Oltre all'americana Jessica Shearer, che ricopre anche il ruolo di presidente del consiglio direttivo, figurano: Sofia Di Patrizi, attivista femminista divenuta nel 2023 portavoce metropolitana delle Donne democratiche di Genova; Caterina Cerroni, la più giovane candidata nelle liste PD in Italia alle scorse europee, oltre alla deputata dem già ricordata. La mission di questa associazione tutta al femminile è "spingere le donne promettenti e i leader politici sottorappresentati verso un maggiore potere - rendendo loro e le loro idee impossibili da respingere - in modo che possano fare più bene per le loro comunità";

nell'atto costitutivo di Agenda sono indicate le finalità dell'associazione, tra cui, in primis, quella di "rafforzare il potere politico delle donne e il loro ruolo al servizio della comunità, in quanto fondamenti di una società più giusta e sostenibile". In particolare, l'associazione opera con lo scopo di: "formare, assistere e mettere in rete donne impegnate nella giustizia sociale e ambientale e interessate a perseguire, o già titolari di, posizioni di leadership politica e pubblica; sviluppare e rendere disponibile la propria competenza e assistenza strategica al fine di promuovere il potere pubblico e politico delle donne, ad esempio attraverso attività di comunicazione, media digitali, raccolte fondi dal basso, e campagne tematiche". L'associazione, si legge nello statuto, può inoltre compiere "tutte quelle attività e operazioni, anche di natura commerciale, immobiliare, finanziaria e di vigilanza" utili al raggiungimento degli scopi e può anche "fornire servizi a terzi, nei limiti dell'oggetto sociale";

il nome di Jessica Shearer che, oltre ad aver lavorato con Barack Obama e Bernie Sanders, è la ceo di "Social changes", organizzazione vicina ai democratici USA che alle ultime elezioni politiche (come riportato dall'Adnkronos nel giugno 2023) avrebbe finanziato diversi esponenti della sinistra italiana;

risulta inoltre che l'Adnkronos abbia contattato le cofondatrici italiane dell'associazione Agenda, ma al momento non abbia ricevuto risposta;

sarebbe utile approfondire i legami ed i condizionamenti della sinistra italiana in riferimento a Soros e alle sue attività estese in tutto il mondo,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo, nell'ambito delle proprie competenze, sia a conoscenza di informazioni atte a chiarire se quanto esposto sia avvenuto nel rispetto delle procedure e della normativa vigenti.

(4-01170)

MAZZELLA, FLORIDIA Barbara, BEVILACQUA, NATURALE, SIRONI, MARTON, BILOTTI, DAMANTE, LOPREIATO, TURCO, CATALDI, CROATTI, NAVE, MAIORINO, DI GIROLAMO - Al Ministro della salute. - Premesso che:

le malattie rare sono un gruppo di patologie eterogenee (circa 10.000) definite tali per la loro bassa diffusione nella popolazione: colpiscono non oltre 5 persone ogni 10.000 abitanti nell'Unione europea;

nel dicembre 2021 è entrato in vigore il "testo unico sulle malattie rare", legge n. 175 del 2021, recante "Disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani", che indica, tra le sue finalità, il coordinamento e l'aggiornamento periodico dei livelli essenziali di assistenza e dell'elenco delle malattie rare;

l'elenco delle malattie rare esentate dalla partecipazione al costo è contenuto nell'allegato 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, recante "Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502", che definisce i nuovi LEA e sostituisce integralmente il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001;

il 19 aprile 2023, è stata raggiunta l'intesa in Stato-Regioni sul "decreto tariffe" che consente la piena efficacia dei LEA varati nel 2017, attraverso l'aggiornamento delle tariffe delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e dell'assistenza protesica che avrebbero dovuto entrare in vigore dal 1° aprile 2024;

dal sito del Ministero della salute si apprende che in data 31 marzo 24 il Ministro in indirizzo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ha firmato il decreto che provvede a differire dal 1° aprile 2024 al 1° gennaio 2025 l'entrata in vigore delle tariffe dell'assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, definite dal decreto 23 giugno 2023;

secondo quanto stabilito dal comma 4 dell'articolo 4 della legge n. 175 del 2021, per tutelare la salute delle persone con malattia rara, nelle more del perfezionamento della procedura di aggiornamento dei LEA, il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia, provvede, con proprio decreto, ad aggiornare l'elenco delle malattie rare individuate, sulla base della classificazione "orpha code" presente nel portale "Orphanet", dal centro nazionale per le malattie rare dell'Istituto superiore di sanità, nonché le prestazioni necessarie al trattamento delle malattie rare;

considerato che:

l'ultimo aggiornamento dell'elenco delle malattie rare risale ormai a più di 6 anni fa, un lungo periodo nel corso del quale, grazie ai progressi della scienza e della tecnologia, sono state scoperte e codificate nuove patologie, che non trovano però ancora spazio tra quelle indicate nei LEA;

la commissione LEA istituita presso il Ministero della salute dura in carica 3 anni. L'ultima si è insediata il 28 luglio 2020 ed ha concluso il proprio mandato il 28 luglio 2023, aprendo un periodo di vacanza della commissione e un successivo periodo necessario alla nuova commissione, dopo la nomina, per prendere atto e consapevolezza del lavoro precedentemente svolto;

nel contesto internazionale ed europeo, Orphanet fornisce standard per l'identificazione delle malattie rare, in particolare mediante la nomenclatura "orpha code", uno strumento imprescindibile e aggiornato che ha creato e mantiene la nomenclatura delle malattie rare con e senza diagnosi, che garantisce l'interoperabilità dei sistemi attraverso l'utilizzo di un linguaggio comune per medici, ricercatori e decisori politici di tutto il mondo (a titolo di esempio "orphacode" 616874: "malattie senza diagnosi dopo indagini approfondite"),

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda, considerato il lungo tempo trascorso dall'ultimo aggiornamento dell'elenco delle malattie rare e l'inevitabile ulteriore rallentamento del lavoro di aggiornamento dovuto alla scadenza della commissione LEA, in applicazione di quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 4 della legge n. 175 del 2021, emanare un proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'economia, con l'obiettivo di garantire l'effettivo riconoscimento delle malattie rare non ancora considerate ai fini dell'esenzione, tra cui le malattie rare senza diagnosi, dalla partecipazione al costo, nonché la concreta realizzazione della finalità di coordinamento e aggiornamento periodico dei livelli essenziali di assistenza e dell'elenco delle malattie rare, prevista dalla stessa legge.

(4-01171)

LISEI - Al Ministro della salute. - Premesso che:

secondo fonti di stampa, nelle scorse settimane, i carabinieri dei nuclei antisofisticazioni e sanità (NAS) hanno effettuato una serie di sequestri di tamponi, referti, provette e documentazione dell'azienda ospedaliero-universitaria di Parma;

la Procura di Parma avrebbe aperto un'inchiesta nei confronti dell'azienda ospedaliera in merito alla gestione di alcune fasi dell'emergenza COVID; in particolare, l'indagine riguarderebbe una vicenda risalente al 2020, quando la direzione generale avrebbe sospeso l'attività del laboratorio di microbiologia e virologia autorizzato ad effettuare le diagnosi molecolari previste dalla normativa di emergenza, affidandola ad un nuovo laboratorio di igiene e sanità pubblica, creato appositamente all'interno dell'università di Parma;

il laboratorio, non qualificabile come reparto diagnostico, in quanto esterno al servizio sanitario nazionale, sarebbe stato inserito dalla Regione Emilia-Romagna nell'elenco dei laboratori regionali autorizzati ad effettuare diagnosi molecolari previsti dalla circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della salute, nonostante le raccomandazioni ministeriali di affidare l'esecuzione dei test di COVID ai laboratori dei principali ospedali italiani (circolare n. 1997 del 22 gennaio 2020);

il laboratorio di igiene avrebbe lavorato in mancanza di una convenzione con l'azienda ospedaliera, sopravvenuta solo il 12 maggio 2021, ritardando così i responsi sui tamponi, ufficializzandoli con enorme ritardo e creando un fortissimo disagio al pronto soccorso;

considerato, inoltre, che la Regione avrebbe speso oltre 500.000 euro a settimana per finanziare l'attività del laboratorio di igiene,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti descritti e, in particolare, se la Regione Emilia-Romagna avesse ottenuto una deroga rispetto a quanto stabilito dalle circolari del Ministero della salute n. 1997 del 22 gennaio 2020 e n. 5443 del 22 febbraio 2020, e se fosse stata, dunque, autorizzata dal Ministero ad affidare al laboratorio di igiene e sanità pubblica dell'università di Parma il compito di eseguire diagnosi molecolari durante la fase pandemica.

(4-01172)

IANNONE - Ai Ministri dell'università e della ricerca e della salute. - Premesso che:

in attuazione dell'articolo 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419, il Governo ha emanato il decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, con il quale è stata disciplinata la collaborazione fra servizio sanitario nazionale e le università per il tramite delle aziende ospedaliero-universitarie, le cui forme organizzative sono state individuate, per un periodo transitorio di 4 anni dalla data di entrata in vigore del decreto, dall'articolo 2, comma 2, di quest'ultimo;

trascorso il termine transitorio, tanto le costituende aziende quanto quelle già esistenti si sarebbero dovute attenere ad un modello organizzativo unico, ad oggi ancora non contemplato, appositamente delineato dai provvedimenti legislativi dell'Esecutivo. Tuttavia, in attesa di questi, è intervenuto l'articolo 6, comma 13, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, il quale ha attribuito ai soggetti in esso individuati il compito di predisporre lo schema-tipo delle convenzioni al quale devono attenersi le università e le Regioni per regolare i rapporti in materia di attività sanitarie svolte per conto del SSN;

considerato che:

l'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo n. 517 del 1999 prevede che alla costituzione di aziende ospedaliero-universitarie si provveda, previa autorizzazione del Ministro dell'università e della ricerca di concerto con il Ministro della salute e sentita la Conferenza Stato-Regioni, attraverso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell'università;

la Regione Campania, in evidente violazione di quanto previsto, a seguito dell'entrata in vigore della legge regionale 29 dicembre 2022, n. 18, ha stabilito che, terminato il periodo transitorio di cui sopra, le aziende ospedaliero-universitarie della Regione avrebbero adottato un modello di costituzione aziendale unico derivante dalla stipulazione di specifici protocolli d'intesa tra il presidente della Regione e i rettori delle università;

visto che:

in Campania, tra le tre aziende ospedaliero-universitarie presenti, solamente la "San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona - scuola medica salernitana" è stata costituita nel rispetto della normativa nazionale (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2013, Gazzetta Ufficiale serie generale n. 55 del 6 marzo 2013), ma solo dopo l'annullamento per illegittimità, da parte del TAR Campania, degli iniziali atti amministrativi regionali di costituzione della stessa (sentenza n. 4425 del 2012);

sembrerebbe che il presidente Vincenzo De Luca abbia intenzione di ricorrere alla legge regionale n. 18 del 2022 per costituire nuove aziende ospedaliero-universitarie,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto esposto;

se e quali iniziative, per quanto di propria competenza, intendano porre in essere per rilevare il mancato rispetto, da parte della Regione Campania, della normativa concernente la costituzione delle aziende ospedaliero-universitarie ai fini del ripristino del primato della legge nazionale.

(4-01173)

MENIA - Al Ministro delle imprese e del made in Italy. - Premesso che:

sul sito istituzionale della RAI Radiotelevisione italiana S.p.A. è presente un avviso di concorso per la "selezione tecnici della produzione Trieste 2024", quale "iniziativa di selezione per titoli e prove finalizzata a individuare 3 risorse da inserire in azienda con contratto di apprendistato professionalizzante, ai sensi dell'art. 10 del CCL Rai per Quadri, Impiegati e Operai in qualità di Tecnico della produzione presso la sede Rai di Trieste";

la figura professionale ricercata dovrà assolvere numerose responsabilità di natura tecnica: a) è incaricato della realizzazione, installazione e manutenzione di tutti gli impianti e apparecchiature anche tecnologicamente innovativi (apparati di registrazione, ripresa e trasmissione in standard digitale, sistemi di governo informatizzati, apparati telematici di collegamento a reti e sistemi di reti, eccetera) nella disponibilità dell'azienda, della regolazione e dell'esercizio di apparati e apparecchiature tecniche e del montaggio di prodotti, operando direttamente alla realizzazione di produzioni radiotelevisive e ad ogni altro contributo telematico originale o derivato (ad esempio internet) e, collaborando, in fase di impostazione dei programmi, oltre che sulla scelta e sull'impiego dei mezzi, anche per gli aspetti artistici delle produzioni stesse; b) provvede all'esercizio tecnico della trasmissione, come responsabile della qualità tecnica del prodotto per la fase del processo produttivo di competenza svolgendo anche tutte le attività strumentali che si rendano necessarie sia in interno che in esterno; c) provvede a tutte le operazioni relative alla realizzazione e messa in onda di produzioni televisive non complesse e di produzioni radiofoniche e di ogni altro contributo telematico originale o derivato (ad esempio internet) ed effettua la messa a punto delle telecamere ed il loro posizionamento;

si osservano nell'avviso di concorso alcune disposizioni particolari: a) tra i titoli scolastici ammessi sono esclusi tutti i percorsi liceali con l'eccezione della maturità scientifica, il cui percorso di studi nulla ha a che vedere con la professionalità richiesta dal concorso per le future mansioni del candidato da selezionare; b) (evidenziato e sottolineato nell'avviso) "II Fase in presenza (...) - colloquio tecnico, colloquio conoscitivo-motivazionale e colloquio opzionale di valutazione della conoscenza della lingua slovena e/o friulana", che consisterà in un "colloquio opzionale di valutazione della conoscenza della lingua slovena e/o friulana (5 punti per ciascuna lingua), solo ed esclusivamente per i candidati che in fase di adesione all'iniziativa hanno dichiarato di possedere la conoscenza della lingua slovena e/o friulana. La valutazione della conoscenza della lingua slovena e/o friulana (non inferiore al livello B2 del QCER) darà diritto ad un punteggio aggiuntivo che si sommerà a quello ottenuto nelle altre prove della II Fase (colloquio tecnico e colloquio conoscitivo-motivazionale)";

non si comprendono le limitazioni sui titoli di studio e la disposizione sui punti premianti, cioè quali garanzie offre la maturità scientifica rispetto alle altre maturità liceali per i futuri compiti della persona selezionata e perché senza conoscenza della lingua slovena o friulana le mansioni da svolgere risulterebbero di minore qualità,

si chiede di sapere se non si ritenga opportuno intervenire, con azioni di propria competenza, per indurre l'azienda a correggere tempestivamente l'avviso pubblicato al fine di superare le criticità esposte per tutelare il diritto al lavoro di ogni cittadino e il principio costituzionale di eguaglianza delle persone.

(4-01174)

Interrogazioni, da svolgere in Commissione

A norma dell'articolo 147 del Regolamento, la seguente interrogazione sarà svolta presso la Commissione permanente:

10ª Commissione permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale):

3-01093 della senatrice Furlan ed altri, sulle cave di marmo di Carrara.