Legislatura 19ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 128 del 22/11/2023
Azioni disponibili
RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza del vice presidente GASPARRI
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 10,06).
Si dia lettura del processo verbale.
LOREFICE, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori
PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.
Deliberazione sulla costituzione in giudizio del Senato della Repubblica per resistere in un conflitto di attribuzione (ore 10,10)
Discussione e approvazione delle conclusioni della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la deliberazione per la costituzione in giudizio del Senato della Repubblica per resistere in un conflitto di attribuzione.
Con ricorso depositato il 27 febbraio 2023, il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Roma ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 9 marzo 2022 (Documento IV n. 10 - XVIII legislatura), con la quale è stata rigettata la richiesta avanzata dal tribunale ricorrente, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge 20 giugno 2003 n. 140, di autorizzazione all'utilizzo nei confronti dell'onorevole Armando Siri, senatore all'epoca dei fatti, di intercettazioni compiute dalla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario di Palermo e confluite successivamente in un procedimento penale pendente presso il tribunale di Roma.
Il ricorso è stato dichiarato ammissibile dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 191 del 20 settembre 2023, depositata in cancelleria il successivo 17 ottobre. Tale ordinanza è stata notificata al Senato il 26 ottobre 2023.
Nella seduta del 14 novembre 2023 la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari ha espresso all'unanimità parere favorevole alla costituzione in giudizio del Senato dinanzi alla Corte costituzionale per resistere nel citato conflitto di attribuzione.
Chiedo al presidente della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, senatore Franceschini, se intende intervenire.
FRANCESCHINI (PD-IDP). Signor Presidente, la sua introduzione è stata molto esaustiva.
Vorrei soltanto aggiungere che l'oggetto di questo conflitto di attribuzione è stato deliberato il 9 marzo 2022 (quindi nella precedente legislatura) dall'Assemblea del Senato, che ha negato l'autorizzazione, motivandola «per la incerta ed implausibile configurazione del requisito della necessità» relativamente alle intercettazioni del 15 maggio 2018, mentre per le telefonate successive a tale data esso è stato determinato dalla mancanza del «requisito della fortuità e occasionalità».
Quindi il merito è già stato discusso in quest'Aula e, secondo una prassi consolidata, la Giunta, come lei ha anticipato, ha deciso all'unanimità che, al di là delle discussioni che ci furono fisiologicamente sul merito nella passata legislatura, in questo caso si tratta di difendere le prerogative del Senato e quindi di esprimere parere favorevole rispetto alla costituzione in giudizio davanti alla Corte costituzionale.
PRESIDENTE. Poiché nessuno chiede di intervenire, passiamo alla votazione delle conclusioni della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari.
In attesa che decorra il termine di venti minuti dall'inizio della seduta di cui all'articolo 119 del Regolamento, sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 10,13, è ripresa alle ore 10,33).
La seduta è ripresa.
Ricordiamo che precedentemente abbiamo illustrato i contenuti del conflitto di attribuzione che riguarda il Senato che ha deciso di resistere in giudizio davanti alla Corte costituzionale per una vicenda che aveva visto in passato decisioni della Giunta delle immunità parlamentari relative all'allora senatore Siri. La Giunta, presieduta dal senatore Franceschini, il quale lo ha ricordato poco fa, ha deciso all'unanimità, in una seduta che si è tenuta pochi giorni fa, di chiedere all'Assemblea di costituirsi in giudizio per la discussione che poi avverrà davanti alla Corte costituzionale.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo delle conclusioni della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari in senso favorevole alla costituzione in giudizio del Senato della Repubblica dinanzi alla Corte costituzionale per resistere nel predetto conflitto di attribuzione sollevato dal giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Roma.
(Segue la votazione).
Il Senato approva.
La Presidenza si intende pertanto autorizzata a conferire mandato, per la costituzione e la rappresentanza in giudizio del Senato, ad uno o più avvocati del libero Foro.
Saluto ad una rappresentanza di giovani imprenditori della FederlegnoArredo
PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i giovani imprenditori della FederlegnoArredo, che stanno assistendo ai nostri lavori (Applausi) e che ringraziamo anche per la loro attività industriale.
Discussione dei disegni di legge:
(923) Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica (Approvato dalla Camera dei deputati)
(92) VALENTE ed altri. - Modifiche al codice di procedura penale, al codice penale e ulteriori disposizioni in materia di contrasto alla violenza domestica e di genere
(327) GELMINI ed altri. - Disposizioni per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica
(754) CAMPIONE ed altri. - Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e disposizioni per il contrasto alla violenza domestica
(Relazione orale) (ore 10,36)
Approvazione del disegno di legge n. 923
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge nn. 923, già approvato dalla Camera dei deputati, 92, 327 e 754.
La relatrice, senatrice Campione, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.
Pertanto, ha facoltà di parlare la relatrice per illustrare questo disegno di legge su un tema che, come sapete, è di grande rilevanza e a cui, immagino, il Senato dedicherà l'attenzione che merita.
CAMPIONE, relatrice. Signor Presidente, prima di passare all'illustrazione del disegno di legge, desidero iniziare rivolgendo un ringraziamento a tutte le forze politiche che siedono in Senato, perché posso dire che veramente abbiamo lavorato insieme su questo tema sin dal primo giorno della legislatura con grande dedizione e questo per me è veramente importantissimo. (Applausi).
Il disegno di legge n. 923, di iniziativa governativa, e approvato ieri senza modifiche all'unanimità dalla Commissione giustizia nel testo trasmesso dalla Camera dei deputati reca disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica. La deroga approvata dalla Conferenza dei Capigruppo ai sensi dell'articolo 126, comma 12, del Regolamento con riguardo ai provvedimenti in materia di violenza contro le donne dimostra quanto il tema, anche alla luce dei tristi e frequenti episodi di cronaca, sia per tutte le forze politiche di priorità assoluta. Anche nel dibattito svoltosi ieri in Commissione giustizia, tutti i Commissari hanno ribadito all'unanimità l'assoluta urgenza che il Parlamento approvi il prima possibile il disegno di legge, che rappresenta una prima risposta alla drammatica escalation di femminicidi alla quale stiamo assistendo.
Nel dettaglio, il disegno di legge si compone di diciannove articoli diretti, da un lato, a rafforzare la protezione delle vittime di violenza attraverso misure di prevenzione, il potenziamento delle misure cautelari e l'anticipazione della soglia della tutela penale, dall'altro, ad assicurare la certezza dei tempi dei procedimenti che hanno ad oggetto reati di violenza di genere o domestica.
L'articolo 1 estende l'ambito di applicazione non solo della disciplina dell'ammonimento del questore, sia d'ufficio sia su richiesta della persona offesa, ma anche degli obblighi informativi alle vittime di violenza da parte delle Forze dell'ordine, dei presidi sanitari e delle istituzioni pubbliche.
L'articolo 2 apporta alcune modifiche al codice antimafia e misure di prevenzione, da un lato, estendendo l'applicabilità da parte dell'autorità giudiziaria delle misure di prevenzione personali attualmente applicabili ai soggetti indiziati dei delitti di atti persecutori e di maltrattamenti contro familiari e conviventi anche ai soggetti indiziati di alcuni gravi reati che ricorrono nell'ambito dei fenomeni della violenza di genere e della violenza domestica e, dall'altro, intervenendo sulla misura della sorveglianza speciale.
L'articolo 3 assicura priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi, anche relativi ai reati di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di costrizione o induzione al matrimonio, di lesioni personali aggravate, di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, di interruzione di gravidanza non consensuale, di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti e di stato di incapacità procurato mediante violenza, laddove ricorrano le circostanze aggravanti ad effetto speciale e quindi il colpevole abbia agito con il fine di far commettere un reato, ovvero la persona resa incapace commetta in tale stato un fatto previsto dalla legge come delitto.
L'articolo 4 prevede che, con riguardo ai processi relativi ai delitti di violenza di genere e domestica, sia assicurata priorità anche alla richiesta di misura cautelare personale e alla decisione sulla stessa.
L'articolo 5 reca misure volte a favorire la specializzazione degli uffici requirenti in materia di violenza di genere e domestica, prevedendo che nel caso di delega l'individuazione del sostituto procuratore debba avvenire specificatamente sempre per la cura degli affari in materia di violenza di genere e domestica.
L'articolo 6 prevede iniziative formative in materia di violenza contro le donne e violenza domestica. In particolare, si prevede la predisposizione, da parte dell'autorità politica delegata per le pari opportunità, di apposite linee guida nazionali al fine di orientare un'adeguata e omogenea formazione degli operatori che a diverso titolo entrano in contatto con le donne vittime di violenza. Si prevede altresì che nelle linee programmatiche che il Ministero della giustizia annualmente propone alla Scuola superiore della magistratura siano inserite specifiche iniziative formative in materia di violenza contro le donne e violenza domestica.
L'articolo 7 interviene sul procedimento di applicazione delle misure cautelari nei procedimenti relativi a delitti di violenza domestica e di genere, prevedendo, attraverso l'inserimento nel codice di rito del nuovo articolo 362-bis del codice di procedura penale, che il pm debba richiedere l'applicazione della misura entro trenta giorni dall'iscrizione della persona nel registro delle notizie di reato e che il giudice debba pronunciarsi sulla richiesta nei venti giorni dal deposito dell'istanza cautelare presso la cancelleria.
L'articolo 8 modifica l'articolo 127 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di comunicazione delle notizie di reato al procuratore generale, imponendo al procuratore generale presso la corte d'appello l'obbligo di acquisire trimestralmente dalle procure della Repubblica del distretto i dati sul rispetto dei termini relativi ai procedimenti di cui al nuovo articolo 362-bis del codice di procedura penale, e di inviare al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno semestrale.
L'articolo 9 innalza la pena prevista relativa alla violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e al divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa e ne estende la disciplina penalistica anche alla violazione degli ordini di protezione emessi dal giudice in sede civile.
L'articolo 10 introduce nel codice di procedura penale il nuovo articolo 382-bis, al fine di consentire l'arresto in flagranza differita nei casi di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di maltrattamenti contro familiari e conviventi, nonché di atti persecutori.
L'articolo 11 aggiunge cinque ulteriori commi, dal comma 2-bis al comma 2-sexies, all'articolo 384-bis del codice di procedura penale, il quale disciplina la misura precautelare dell'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare. Si prevede in particolare che, fermo quanto disposto in tema di fermo dell'indiziato, anche fuori dai casi di flagranza, il pubblico ministero dispone, con decreto motivato, l'allontanamento urgente dalla casa familiare, con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti della persona gravemente indiziata di una serie di delitti di violenza, di genere e domestica, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate, ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l'integrità fisica della persona offesa e non sia possibile per la situazione di urgenza attendere il provvedimento del giudice.
Entro quarantott'ore dall'esecuzione del decreto con il quale è stato disposto l'allontanamento urgente, il pubblico ministero ne richiede la convalida al giudice per le indagini preliminari competente in relazione al luogo nel quale il provvedimento di allontanamento d'urgenza è stato eseguito. Il giudice per le indagini preliminari deve fissare entro le successive quarantott'ore l'udienza di convalida dandone avviso senza ritardo al pubblico ministero e al difensore.
L'articolo 12 interviene in materia di misure cautelari e in particolare di prescrizione del braccialetto elettronico, fra le altre, imponendo alla polizia giudiziaria il previo accertamento della fattibilità tecnica dell'utilizzo dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo, ove il giudice ne abbia prescritto l'applicazione congiuntamente alla misura degli arresti domiciliari, e prevedendo l'applicazione della misura cautelare in carcere nel caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli strumenti tecnici di controllo disposti con la misura degli arresti domiciliari, ovvero con le misure coercitive di cui agli articoli 282-bis o 282-ter.
L'articolo 13 introduce alcune deroghe alla disciplina vigente in materia di criteri di scelta e di condizioni di applicabilità delle misure cautelari coercitive, nonché modifiche alla normativa in tema di conversione dell'arresto in flagranza e del fermo in misura coercitiva.
L'articolo 14 interviene in materia di informazioni da rendere alla persona offesa dal reato, estendendo l'obbligatorietà dell'immediata comunicazione alle vittime di violenza domestica o di genere a tutti i provvedimenti deliberati inerenti all'autore del reato, sia esso imputato in stato di custodia cautelare, condannato o internato.
L'articolo 15 reca modifiche al regime della concessione della sospensione condizionale della pena prevista dal quinto comma dell'articolo 165 del codice penale, disponendo che, ai fini della sospensione condizionale della pena, non è sufficiente la mera partecipazione, con cadenza almeno bisettimanale, ai percorsi di recupero, ma occorre che tali percorsi siano superati con esito favorevole. L'accertamento della partecipazione e del superamento del percorso, così come la valutazione del medesimo, è demandato al giudice. Il provvedimento che determina il venir meno delle misure cautelari precedentemente disposte a seguito della sospensione condizionale della pena deve essere immediatamente comunicato all'autorità di pubblica sicurezza affinché valuti se richiedere l'applicazione di una misura di prevenzione.
L'articolo 16 modifica la disciplina relativa alla domanda di indennizzo per le vittime di crimini internazionali violenti, di cui all'articolo 13 della legge n. 122 del 2016.
L'articolo 17 introduce e disciplina la possibilità di corrispondere in favore della vittima di taluni reati, oppure degli aventi diritto in caso di morte della vittima, una provvisionale, ossia una somma di denaro liquidata dal giudice come anticipo sull'importo integrale che le spetterà in via definitiva. La somma è corrisposta su richiesta alle vittime o agli aventi diritto che vengano a trovarsi in stato di bisogno in conseguenza dei reati medesimi. La disposizione fa riferimento ai delitti di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima o deformazione dell'aspetto mediante lesioni permanenti al viso commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.
L'articolo 18 dispone che, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, il Ministro della giustizia e l'autorità politica delegata per le pari opportunità adottino un decreto interministeriale che disciplini le modalità per il riconoscimento e l'accreditamento degli enti e delle associazioni abilitate ad effettuare corsi di recupero degli autori di reati di violenza sulle donne e di violenza domestica. Il Ministro della giustizia e l'autorità politica delegata per le pari opportunità devono inoltre provvedere all'emanazione di linee guida per l'attività di tali enti e associazioni.
Infine, l'articolo 19 reca la clausola di invarianza finanziaria, in virtù della quale dall'attuazione del provvedimento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Voglio infine rivolgere un ringraziamento al Presidente della Commissione giustizia, senatrice Giulia Bongiorno, e a tutti i senatori, ancora una volta, della Commissione giustizia, per aver consentito, in tempi così rapidi, a un provvedimento tanto importante di arrivare all'esame dell'Assemblea, dove spero il dibattito possa rappresentare, davanti al Paese, la manifestazione di unità della politica tutta nell'obiettivo comune di contrastare la violenza di genere, di proteggere le donne che ne sono vittime e di promuovere, anche attraverso specifici percorsi educativi, un rafforzamento degli strumenti culturali per la prevenzione di ogni forma di sopruso e sopraffazione nei confronti delle donne. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.
È iscritta a parlare la senatrice Murelli. Ne ha facoltà.
MURELLI (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, colleghi senatori e senatrici, signor Ministro, la donna, solo perché è donna, deve sempre dimostrare di più. Il tema della violenza di genere non è emergenziale, ma è un fenomeno endemico, perché se nel nostro Paese una donna ogni tre giorni viene uccisa e se nel nostro Paese già solo nel 2023 siamo a 105 femminicidi, purtroppo parliamo di un fenomeno endemico.
Sono 285 gli omicidi registrati tra il 1° gennaio e il 12 novembre 2023. Semplifichiamo: una donna ogni tre giorni. Una domanda però ce la dobbiamo fare, a fronte di questi impressionanti numeri: cosa c'è di sbagliato nella nostra società? Come possiamo rimediare al più presto? Alcune cose sono state fatte, partendo dal codice rosso, su proposta della Lega e della senatrice Giulia Bongiorno, che supporta le donne che vogliono fare denuncia nel loro percorso.
Tuttavia, questo non è bastato, perché si sono messi di mezzo i giudici, che chiedevano che i tre giorni di intervento fossero perentori e ordinatori. Ma secondo voi, una donna che prende coraggio e decide di fare una denuncia, può aspettare che un giudice interpreti la legge? La Lega, sempre in prima linea a tutela delle donne che subiscono violenza e grazie quindi alla sempre attenta Giulia Bongiorno, ha portato all'approvazione, in quest'Aula e alla Camera, del disegno di legge per velocizzare i tempi di presa in carico della donna abusata.
Il provvedimento approvato imprime infatti un'accelerazione al percorso davanti al giudice, già previsto dal codice rosso, per le donne ritenute in grave pericolo e, grazie a questo provvedimento, si rafforzano le garanzie di ricevere una risposta in tempi perentori. Se la donna in pericolo non potrà essere ascoltata entro i tre giorni previsti dal codice rosso, l'assegnazione del fascicolo che la riguarda potrà essere revocata e assegnata ad un magistrato che possa intervenire subito.
La tempestività è garanzia di più tutela della vittima, ma serve anche a imprimere maggiore fiducia e coraggio nel denunciare gli abusi. Purtroppo, però, questo non basta. Le violenze sono troppe: domestiche, sul lavoro, sotto forma di mobbing o stalking, violenze sessuali o violenze verbali.
Ecco allora che, a fronte di questo, ci accingiamo ad approvare in quest'Aula il disegno di legge in esame, per sistemare i punti che non sono precisi e chiari, che lasciano aperte interpretazioni che purtroppo scagionano il colpevole o non gli danno una pena adeguata o prevedono tempi troppo lunghi.
Il disegno di legge era stato pensato ancora prima delle più recenti tragedie, l'ultima delle quali per mano di un ragazzo di ventidue anni, uno studente universitario, che quindi non corrisponde al modello del marito padrone, con problemi di droga, di alcol, economici o psicologici. Questi sono rafforzamenti dei provvedimenti che ci vengono dall'esperienza nel fronteggiare il fenomeno e dal confronto con le Forze dell'ordine, con gli operatori sanitari, con gli stessi magistrati, con i centri antiviolenza e con le analisi fatte anche dalla Commissione di inchiesta sul fenomeno del femminicidio, ascoltando le vittime.
Sono tutte norme che vogliono velocizzare le valutazioni preventive sui rischi che corrono le potenziali vittime di femminicidio e di reati di violenza contro le donne o in ambito domestico, rendere più efficaci le azioni di protezione preventiva, rafforzare le misure contro la reiterazione dei reati in danno delle donne e la recidiva, migliorare la tutela della complessità delle vittime di violenza e stabilire tempi certi.
Ad esempio, si vanno a potenziare tutte le misure punitive legate alla violazione di quelle cautelari. Vi è poi anche l'arresto in cosiddetta flagranza differita, sulla base di strumenti informatici come il controllo delle chat.
Bene anche la modifica della cosiddetta giustizia riparatoria, un tema molto delicato perché il principio fondamentale è che al soggetto che si è macchiato di atti di violenza non basterà dimostrare di partecipare a un percorso rieducativo, ma dovrà dimostrare di aver fatto un percorso e superato traguardi prima di poter essere giudicato titolare di una qualche forma di riparazione.
Tuttavia, nessuna legge avrà valenza se non sarà attuata in modo preciso, per cui ritengo che la formazione degli operatori, inclusi anche giudici e magistrati, sia determinante. Una donna vittima di violenza deve essere affiancata fin da subito da una rete multidisciplinare di esperti che le diano supporto e coraggio, ma soprattutto sicurezza. Ecco perché è importante non solo il supporto alle case-famiglia, ma la rinascita sociale della donna stessa, portandola verso l'indipendenza economica. L'aspetto economico, secondo me, è una parte chiave; ecco perché ho presentato il disegno di legge n. 763 di cui chiedo la calendarizzazione in Commissione finanze, cui è stato assegnato, perché nel nostro Paese tre donne su dieci non sono titolari di conto corrente e quattro donne su dieci dipendono economicamente dal marito.
L'articolo 1, commi 910 e 911 della legge di bilancio 2018 ha introdotto delle importanti modifiche e ha vietato di pagare lo stipendio direttamente in contanti al lavoratore. Il lavoratore deve fornire un Iban che però non è detto che sia del lavoratore stesso. La conseguenza di questo è che la disposizione, così come è strutturata, non consente di constatare alcuni fenomeni inquadrabili nel loro complesso nel cosiddetto gender gap finanziario, espressione con cui ci si riferisce ad atti o attività che tendono a privare la vittima, solitamente di sesso femminile, della propria indipendenza economica e della partecipazione alla gestione delle finanze domestiche e familiari.
Le donne non soltanto lavorano mediamente meno degli uomini, il che non consente loro di essere autonome dal punto di vista economico e finanziario, ma anche se hanno un'attività professionale non sempre sono messe nelle condizioni di gestire il loro reddito. Si stima infatti che il 30 per cento delle donne non abbia un proprio conto corrente, mentre in alcuni casi, ancorché lavoratrici e titolari di reddito proprio, hanno un conto corrente cointestato col marito o il compagno, il che si traduce talvolta nella totale assenza di autonomia finanziaria.
Un altro punto importante emerso proprio in questi giorni è quello per cui i ministri Valditara, Sangiuliano e Roccella saranno in Senato questa mattina alle 11 per una conferenza stampa in cui verranno illustrate le loro proposte per l'educazione al rispetto della donna che deve essere fatta nelle scuole fin da subito, fin da piccoli. Deve essere un'educazione alla non oggettivizzazione, alla lotta allo stereotipo, per far capire ai bambini che non c'è alcuna possibilità di considerare una donna come un oggetto. Tutte le persone sono uguali e ognuna merita rispetto e libertà, ma non è una questione di maschilismo o femminismo. Bisogna imparare a conoscere sé stessi e gli altri, le relazioni umane, come si gestiscono le emozioni e quindi il rispetto della persona e della vita altrui.
Infine, non dobbiamo dimenticarci dei bambini, degli orfani di femminicidio. Non ci sono stime ufficiali. In gergo vengono definiti orfani speciali, perché la perdita di uno dei genitori è avvenuta per mano di un coniuge, ma sono doppiamente orfani perché la perdita della madre per mano del padre significa anche che l'altro genitore non ha più contatti con i bambini e questi, divenuti maggiorenni e consapevoli dell'accaduto, quasi sempre non vogliono più vederlo.
Oltre all'uccisione del genitore, c'è poi anche la violenza assistita, fisica, psicologica, sessuale, indicando che numerosi sono i fattori e i campanelli di allarme che è urgente riuscire a cogliere come predittivi della violenza. Ecco perché la prevenzione è importante, ma soprattutto la formazione di chi può aiutare questi bambini e queste donne prima che le violenze e le tragedie avvengano.
Non da ultimo, non dimentichiamo altre forme di violenza subite dalle donne con disabilità. Ecco perché, appunto, la Lega ha presentato un ordine del giorno per impegnare il Governo in azioni formative dei centri per disabili e caregiver, oltre all'inasprimento delle pene, perché secondo gli ultimi dati Istat, le donne con disabilità che subiscono violenza sono pari a circa il 36 per cento. Sono vittime delle stesse forme di violenza che colpiscono le altre donne, ma con conseguenze amplificate in ragione della loro vulnerabilità, del loro isolamento, della loro limitata capacità magari di comunicare, di chiedere aiuto, di essere credute. Molto spesso è lo stesso partner, il caregiver o l'operatore sanitario che abusa violenza contro di lei. Quindi è importante anche aiutare e tener conto delle donne con disabilità nei nostri atti legislativi.
Signor Presidente, vorrei concludere il mio intervento leggendo una poesia che tante donne, da ore, ormai condividono, per intero o solo alcune frasi, di bacheca in bacheca, di chat in chat, di schermata in schermata. La poesia è quella di Cristina Torres-Cáceres. Se domani non rispondo alle tue telefonate, mamma. Se non ti dico che torno per cena. Se domani, mammina, vedi che il taxi non arriva. Può darsi che io sia avvolta nelle lenzuola di un albergo, su una strada, o in un sacco nero. Può darsi cha sia in una valigia o abbandonata su una spiaggia. Non spaventarti, mamma, se vedi che mi hanno pugnalata. Non urlare se vedi che mi hanno trascinata. Mammina, non piangere se ti dicono che mi hanno impalata. Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato, che erano i miei vestiti, che era l'alcol nel mio sangue. Ti diranno che è stato per l'orario, perché ero da sola. Che quello psicopatico del mio ex aveva dei motivi, che lo avevo tradito, che ero una puttana. Ti diranno che ho vissuto, mamma, che mi ero permessa di volare troppo in alto in un mondo senz'aria. Ti giuro, mamma, che sono morta combattendo. Ti giuro, cara mamma, che ho urlato davvero forte mentre volavo. Si ricorderà di me, mamma, saprà che sarò stata io a rovinarlo, perché mi riconoscerà nel volto di tutte quelle che gli urleranno contro il mio nome. Perché so, mamma, che tu non ti arrenderai. Però, per quanto tu possa volerlo fare, non imbrigliare mia sorella. Non rinchiudere le mie cugine, non vietare niente alle tue nipoti. Non è colpa loro, mamma, così come non è stata nemmeno colpa mia. Sono loro, saranno sempre loro. Lotta per le loro ali, visto che le mie me le hanno tagliate. Lotta perché siano libere e possano volare più in alto di me. Combatti perché possano urlare più forte di me. Perché possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho fatto io. Mammina, non piangere sulle mie ceneri. Se domani sono io, mamma, se domani non torno, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l'ultima. (Applausi). Questa poesia è stata scritta nel 2017. Da allora troppe donne sono rimaste solo un nome, un articolo di cronaca, un ricordo, come Giulia Cecchettin, l'altro giorno, Giulia Tramontano, mesi fa, o Elisa Pomarelli, per esempio. Io sono di Piacenza ed Elisa è stata uccisa nelle stesse condizioni di Giulia. Non si può più fare un minuto di silenzio ma bisogna agire.
Grazie a tutti voi, colleghi, perché su un disegno di legge così importante c'è sempre l'unanimità e questi temi cerchiamo di affrontarli insieme. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Malpezzi. Ne ha facoltà.
MALPEZZI (PD-IDP). Signor Presidente, la relatrice del provvedimento, che ringrazio, ha ricordato come tutti noi abbiamo provato a lavorare insieme. E - lo dico con un piccolo rammarico - avremmo voluto e desiderato poter incominciare l'esame di questo disegno di legge dal Senato, perché in Commissione erano già stati presentati provvedimenti sulla materia. Poi, si sa, l'organizzazione dei lavori purtroppo non sempre tiene conto di lavori seri già iniziati in un ramo del Parlamento ed è andata così. Chiaramente ringraziamo i colleghi della Camera per il lavoro che hanno svolto e per aver raggiunto l'unanimità su un provvedimento che aveva, però, le sue origini e le sue radici in un altro testo addirittura precedente, della scorsa legislatura. È anche bello che ci sia una sorta di continuità, perché dobbiamo ricordarci tutti, Presidente (lo dico a lei e, per suo tramite, ai colleghi), che non siamo all'anno zero.
La collega Murelli ha detto che non siamo di fronte a un'emergenza, ma, ormai, a un fatto endemico, perché purtroppo dobbiamo fare i conti, un giorno sì e l'altro pure, con episodi di violenza che vedono le donne vittime. Se un fatto è endemico chiaramente servono misure che possano essere strutturali. Ma non siamo all'anno zero, lo ripeto, perché questo ci dovrebbe servire anche come metodo di lavoro, da unire a quello che abbiamo già intrapreso, ossia provare ad arrivare ai risultati all'unanimità.
Non siamo all'anno zero, perché nel 2013 l'Italia è stata fortunatamente - questo lo dovremmo rivendicare tutti, colleghe e colleghi - tra i primissimi Paesi a ratificare con forza la Convenzione di Istanbul, che rappresenta uno dei primi grandi e forti segnali nella lotta contro i femminicidi. La Convenzione di Istanbul è importantissima e siamo partiti da lì per mettere in atto tutta una serie di misure in quel disegno di legge delle cosiddette tre P: la punizione, importantissima, che questo disegno di legge amplia, perché mette in atto una serie di altre misure; la protezione delle donne, con misure che questo disegno di legge implementa; poi c'è la terza P, che è la prevenzione. Su quest'ultimo aspetto consentitemi di soffermarmi, perché vorrei ricordare che fortunatamente non siamo all'anno zero e insieme potremmo raggiungere risultati più efficaci. Non siamo all'anno zero, perché nel 2017 sono state tracciate delle linee guida dal Ministero dell'università e della ricerca, quando era ministra Valeria Fedeli. Non lo dico per un dato di rivendicazione di un colore politico, perché - lo ribadisco - credo nel fatto che si debba lavorare insieme. Però Valeria Fedeli quelle linee guida aveva provato a scriverle insieme e so che esse oggi sono un punto di partenza non sufficiente perché serve altro, ma ricordiamoci che è un tassello: lo abbiamo messo e, migliorando quell'approccio, possiamo offrire alle nostre scuole strumenti migliori.
Spero che il ministro Valditara, che in contemporanea a questo nostro dibattito sta facendo una presentazione in una delle sale a fianco all'Aula, tenga conto che c'è un lavoro già fatto, perché quelle linee guida sono state reinterpretate da un lavoro, sempre all'unanimità, che la Commissione femminicidio della scorsa legislatura ha portato a casa: un'analisi per dire quali potevano essere i limiti, perché quelle linee guida non sono state applicate ovunque e forse, appunto, serve implementarle e lavorare meglio. Perché non sono state applicate ovunque? Perché le scuole spesso non hanno avuto gli strumenti, non sono state messe nella condizione di poterle applicare, perché servono risorse, percorsi strutturali, personale veramente formato.
Non ho paura, allora, a dire che tutte le leggi possono essere riviste, migliorate e implementate, perché è così: si sperimenta, si capisce che cosa non ha funzionato e si lavora per farlo funzionare meglio. Mi dispiace quando invece, magari, ci si vuole intestare una battaglia e non si tiene conto che appunto non si è all'anno zero e allora forse quel patrimonio di lavoro viene dimenticato. Ma se terminano le legislature non terminano anche gli spiriti con cui i parlamentari di quelle legislature, anche all'unanimità, hanno lavorato per portare a casa dei provvedimenti.
Ho apprezzato nell'intervento della collega Murelli - e spero di sentirla anche negli interventi successivi - una visione sul futuro, nel dire che abbiamo raggiunto delle tappe, ma che la strada è ancora lunga. Penso che ciascuno dei Gruppi che sono rappresentati qui in Parlamento abbiano dei disegni di legge su quella materia, diversificati: abbiamo sentito di un disegno di legge in Commissione finanze, ce ne sono altri in Commissione giustizia e in Commissione cultura e istruzione; penso che tutte le forze politiche vogliano lavorare insieme su questi provvedimenti.
In conclusione, questo è l'appello che faccio: se diciamo queste cose - e lo dico alla collega Murelli e alla collega Campione, relatrice - dobbiamo essere conseguenti e dobbiamo essere tutti uniti nel chiedere che venga data una road map dei lavori che possono essere incardinati e vengano stanziate le risorse. Ripeto che non è una questione di appartenenza politica, ma questi temi ci riguardano tutti, perché serve il cambiamento della società. Non dobbiamo aver paura - lo dico al Governo qui presente - di chiedere impegni che siano certi. Non dobbiamo aver paura che il Governo ci dica di no rispetto a delle prospettive future.
Perché anche nel primo intervento della collega Murelli, che è della Lega, nel mio e in quelli che si succederanno, ci saranno richieste su provvedimenti da svolgere nel corso dei prossimi mesi, per i quali non possiamo accettare la dicitura di ordini del giorno con il «valutare l'opportunità di».
Governo, noi vi chiediamo, non solo come Partito Democratico, ma come forze politiche di questo Parlamento, uno sforzo in più. Non più le dizioni: «valutiamo l'opportunità di» negli ordini del giorno; diciamo piuttosto che abbiamo il coraggio di essere conseguenti rispetto alle cose che chiediamo, poiché siamo tutti uniti nel chiederle. Il Governo ci dia una mano nel portare a casa questi risultati. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Pellegrino. Ne ha facoltà.
PELLEGRINO (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, tra tre giorni ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, voluta dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999, per sensibilizzare sugli atti efferati compiuti - e parlo da donna - sul nostro corpo e sulla nostra dignità. Per come è impostata, la ricorrenza si muove nell'ottica di sollecitare la riflessione, la cittadinanza attiva e l'operato delle istituzioni nella direzione della tutela dei diritti umani contro ogni violenza. Essa infatti segna l'inizio di sedici giorni di attivismo, che si chiudono il 10 dicembre con la Giornata mondiale dei diritti umani, passando per il Women human rights defender day, celebrato il 29 novembre, per la Giornata mondiale contro l'AIDS, il 1° dicembre, e per il ricordo del massacro del Politecnico di Montreal, avvenuto il 6 dicembre 1989, con 14 vittime, tutte donne.
Il colore identificativo della giornata e della campagna scelto dalle Nazioni Unite è l'arancione. Come spiega proprio UN Women, la struttura ONU dedicata al gender equality e all'empowerment femminile, l'arancione, essendo un colore brillante e ottimista, rappresenta l'idea e anche l'auspicio di un futuro libero dalla violenza contro donne e ragazze. I dati delle Nazioni Unite parlano chiaro e ci dicono che nell'arco della propria vita una donna su tre ha subìto abusi o violenza fisica o psicologica o economica o tutto ciò. È dunque un'esigenza indifferibile per tutti i Governi lavorare con gli strumenti a disposizione per porre rimedio a questo problema in maniera sistemica e adeguata.
Il Governo Meloni si è subito mostrato proattivo, ad esempio rifinanziando i centri antiviolenza, ma anche rifinanziando e rimpolpando il reddito di libertà e riconfermando il microcredito di libertà, con il quale diamo alle vittime un sussidio a fondo perduto utile a rispondere ad esigenze personali e familiari, come l'acquisto di una casa, la formazione scolastica dei figli o la stessa formazione per la donna, o per consentirle di avviare o recuperare un'attività di impresa. Questo rappresenta un buon input per permettere alla vittima di instradarsi verso l'autonomia economica, che è fondamentale quanto quella emotiva per riprendere in mano le redini della propria vita e crearsi la prospettiva di un futuro meno incerto e vacillante.
Lo stesso Governo non si è fatto trovare impreparato neanche nei confronti del doveroso approccio normativo ed oggi, non sull'onda emotiva del caso di Giulia Cecchettin, ma grazie ad un lavoro di sintesi portato avanti nell'arco di questo primo anno alla guida della Nazione, anche coinvolgendo le opposizioni, giunge in Senato questa proposta di legge.
Con questo testo oggi andiamo a fare tesoro, ad esempio, dei punti fallaci del codice rosso e di molto altro, agendo in maggior conto sulla prevenzione. Introduciamo, con ottimo lavoro di sinergia con le opposizioni, ad esempio una provvisionale a titolo di ristoro anticipato, superando quindi l'attuale limite di dover attendere la sentenza di condanna. Rafforziamo l'uso del braccialetto elettronico, prima discrezionale. Consentiamo che il giudice imponga l'applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari.
Estendiamo l'informativa alla vittima - era doveroso - di tutte le notizie inerenti alle misure cautelari disposte per l'autore del reato. Per quanto riguarda l'arresto in flagranza differita, ad esempio, sfruttiamo i mezzi 2.0 (le chat di WhatsApp, la condivisione di una posizione geografica) per identificare in modo inequivocabile l'autore dell'atto persecutorio o del maltrattamento.
Per stessa proposta del ministro Valditara in primis, ci occupiamo di inserire tra le attività di prevenzione l'educazione relazionale nelle scuole. Tutte questioni che ci hanno visto uniti nell'affrontare questo testo, ma che ad un certo punto, avendo dovuto raggiungere un approccio unitario e condiviso, hanno purtroppo rivelato qualche minimo, ma capzioso distinguo proprio nel campo dell'educazione scolastica sulle relazioni.
Oggi parliamo di violenza sulle donne, che spesso e volentieri è violenza domestica e di coppia; una violenza nelle relazioni, frutto di una dinamica collaudata e perciò persino, purtroppo, prevedibile, una relazione fra vittima e carnefice all'interno di un rapporto di coppia malato, con segnali inequivocabili e riconoscibili, tutti con la stessa escalation e troppe volte con lo stesso atroce finale.
È per questo che si deve parlare di educazione al rispetto tra uomo e donna, di educazione a gestire rapporti sani tra i sessi e non di altro. Intingere la violenza sulle donne di questioni come l'educazione sessuale in tenera età e magari l'invito ad esplorare altri piani non è pertinente.
In conclusione, Presidente, ci sono stati nel corso di queste settimane degli attacchi che ci hanno fatto molto riflettere. Vorrei evidenziarne uno in particolare perché ha colpito il nostro Presidente del Consiglio, una donna che ha vissuto tutta la vita con mamma, nonna e sorella, senza alcun riferimento maschile, senza alcun appoggio e supporto da parte del padre. Pretendere di definire che Giorgia Meloni è frutto di un percorso patriarcale è una falsità. (Applausi). È però al contempo una violenza sulle donne. Mi auguro che in futuro sia la sinistra, sia i giornalisti che fanno ad essa riferimento siano più sinceri e non continuino a perpetrare questi atti di violenza verbale su una persona che è diventata, con le sue capacità, essendo semplicemente se stessa, un punto di riferimento per tutte le donne.
Rimaniamo uniti sull'approvazione di questo testo, perché oggi è il momento di tingere di arancione anche l'Italia. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Pucciarelli. Ne ha facoltà.
PUCCIARELLI (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli colleghi senatori, Governo, un articolo de «Il Sole 24 Ore» di ieri sottolineava il fatto che negli ultimi anni in Italia è diminuito il numero degli omicidi, ma non quello dei femminicidi. Nel 2004 gli omicidi sono stati 711 a fronte di 72 femminicidi; nel 2021 gli omicidi sono calati a quota 303, mentre i femminicidi sono rimasti stabili a quota 70.
Questi dati dovrebbero farci interrogare su cosa abbiamo sbagliato o su cosa non abbiamo fatto. Da quanto emerge da rilevazioni Istat relativamente agli anni 2021 e 2022, sappiamo che prima di iniziare il percorso di uscita dalla violenza, il 40 per cento delle donne chiede aiuto ai parenti, il 30 per cento alle Forze dell'ordine e quasi il 20 per cento ha fatto ricorso al pronto soccorso. È quest'ultimo il luogo in cui è possibile intercettare la vittima di violenza. Gli accessi nel 2022 sono stati 14.448, con un aumento del 13 per cento rispetto al 2021.
Una notizia di pochi minuti fa dà rilievo al fatto che, proprio a seguito dell'omicidio di Giulia, negli ultimi due giorni, dopo il suo crudele assassinio, sono raddoppiate le richieste di aiuto al numero anti violenza e stalking 1522.
Le richieste di aiuto provengono anche dalle madri preoccupate per le proprie figlie.
Oggi ci ritroviamo alla vigilia del 25 novembre a piangere l'ennesima vittima, uccisa da chi diceva di amarla. Cari colleghi, credo che voler liquidare il femminicidio come fenomeno causato da una cultura patriarcale ancora molto presente non aiuti a comprenderne realmente le cause. Significa non voler analizzare il fenomeno nella sua globalità e sinceramente lo trovo offensivo per quegli uomini che rispettano le donne, quel tipo di uomini in Italia, grazie a Dio, sono la maggioranza. Occorre anche in questo caso essere responsabili nel non creare un odio nei confronti del genere maschile, reo in quanto tale. Trovare le cause che scatenano questa violenza è un compito arduo ma necessario se vogliamo realmente arrivare a un "non una di meno". La scuola sicuramente potrà essere di supporto alla formazione dei ragazzi, al rispetto dell'altro, la scuola può essere una sentinella su quei comportamenti che possono far scattare un campanello d'allarme, ma non può sostituirsi alla famiglia. Famiglia che di base è il nucleo della società. Il suo compito è quello di educare, dando l'esempio al dialogo, all'ascolto, al rispetto, ai diritti, ma anche ai doveri, un luogo in cui potersi sempre rifugiare. Un lavoro sinergico tra scuola e famiglia potrà sicuramente aiutare i ragazzi in una maturazione interiore ed affettiva, li potrà aiutare nel riuscire a superare le difficoltà che incontreranno lungo il loro percorso, sapendo che avranno comunque una famiglia su cui contare. Questo è un lavoro da fare sui giovani, ma occorre pensare ad interventi mirati agli uomini violenti, prendendo coscienza che la violenza all'interno della coppia è un fenomeno diffuso che riguarda tutte le classi socioculturali e senza distinzioni di età. Con il codice rosso, grazie alla Lega e alla senatrice Bongiorno, si è cercato di mettere in sicurezza la donna che denuncia una violenza riservando una corsia preferenziale per l'avvio del procedimento, maggiormente definita nella tempistica con il codice rosso rafforzato, sono stati introdotti nuovi reati, è stato previsto l'inasprimento di alcune pene. Proprio tra le nuove tipologie di reato abbiamo quello di lesioni permanenti al viso e non più tardi di ieri abbiamo visto l'episodio in cui l'ex, già arrestato in precedenza per stalking, ha spruzzato acido sul viso della ragazza ed è solo per fortuna che non le ha causato gravi danni. Oggi questa persona rischia da otto a quattordici anni di reclusione.
Occorre però lavorare sulle donne, facendo sentire loro che non sono sole, facendo loro riconoscere i segnali iniziali di una relazione che avrà la violenza come elemento futuro, con episodi che andranno crescendo in numero ed intensità, alternati alla richiesta di perdono, per poi ripartire da capo in una sorta di gioco dell'oca mortale. Il controllo e l'isolamento fanno parte di questo schema, con gli scatti d'ira, le violenze, le umiliazioni e gli abusi. Provare paura, sentirsi intrappolate, senza via d'uscita, immerse in un profondo isolamento rende difficoltosa la decisione di uscire da questo girone infernale. Non è facile capire come mai troppe donne non hanno riconosciuto in tempo quello che era un amore malato, come mai non hanno chiuso quel rapporto già dalle prime avvisaglie, come mai restino legate a persone che hanno comportamenti malsani. La spiegazione del perché a volte ha così difficile interrompere una relazione violenta l'ho trovata ben rappresentata in uno dei tanti articoli letti in questi giorni sulla violenza nei confronti delle donne, in cui viene citata la teoria della rana bollita del filosofo americano Chomsky sul concetto di accettazione passiva. Immaginate un pentolone pieno d'acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana: il fuoco è acceso sotto la pentola, l'acqua si riscalda piano piano, presto diventa tiepida e la rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale, l'acqua adesso è calda un po' più di quanto la rana non apprezzi, si stanca un po', tuttavia non si spaventa. L'acqua adesso è davvero troppo calda e la rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire, allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora fino al momento in cui finisce semplicemente morta bollita.
Ebbene, se l'acqua del pentolone fosse stata già bollente, la rana non vi sarebbe entrata.
Oggi abbiamo quindi la responsabilità di aiutare le donne ad uscire da una spirale di violenza; occorre aiutarle a riconoscere i segni di un amore malato; occorre aiutarle ad essere indipendenti economicamente, a poter contare nel tempestivo supporto delle istituzioni e non farle sentire sole e senza speranza. Lo dobbiamo fare come società, lo dobbiamo fare come donne e uomini assieme e lo dobbiamo fare a partire proprio anche dal lavoro di quest'Assemblea. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rossomando. Ne ha facoltà.
ROSSOMANDO (PD-IDP). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, ci troviamo oggi a discutere un importante provvedimento di legge, ma la discussione di questi giorni ci porta a chiederci, come è stato fatto anche negli interventi che mi hanno preceduto, a che punto siamo, dove siamo. È venuto spontaneo anche riflettere su alcuni snodi cruciali. Abbiamo compiuto alcuni passi importanti, come il riconoscere questi fatti di violenza come reati gravi contro la persona e non contro la morale, sono state introdotte importanti innovazioni legislative, soprattutto però ci sono stati alcuni momenti discriminanti: ancora ieri la Rai, la televisione pubblica, ha trasmesso un'importante fiction su uno spartiacque importante, il delitto del Circeo. In quel caso fu importante scoprire che non si trattava di fatti che rientravano in qualche esagerazione; portare in un processo questi fatti, con la costituzione di parte civile in un certo tipo di processo, il fatto di lottare contro gli stereotipi anche nel processo fu uno spartiacque importante per tutti, per il Paese. In quel caso punire, non concedendo le attenuanti, ebbe un grande significato.
Oggi nel disegno di legge in esame parliamo di protezione e anche da questo punto di vista abbiamo fatto dei passi: proteggere le potenziali vittime prima che arrivi un processo che ovviamente accerti la verità su un fatto gravissimo che si è verificato.
Si parla poi della prevenzione, che sembra un po' come buttare la palla in tribuna. È un termine vago rispetto al quale c'è spesso un arretramento, si fa un passo di lato. Questo perché in fondo, se riflettiamo, la prevenzione ci coinvolge tutte e tutti molto di più. Non è una delega allo Stato a individuare i responsabili e colpire, come nella punizione e nella protezione. La prevenzione ci obbliga a metterci in discussione, perché vuol dire cambiare, innanzitutto analizzare cosa non va nel nostro modo di convivere e di vivere, nei modelli culturali. Si parla di patriarcato, di modelli culturali ancora in vigore, dove c'è comunque il dominio di alcuni su altre.
Innanzitutto mi chiedo se bastano le donne per combattere questo fenomeno. Ebbene, la risposta è che non bastano. Viene messo in discussione l'essere stesso della donna, la sua libertà e la sua autonomia, infatti l'atto omicidiario è un atto di annullamento. Qualcuno ha detto - e io lo condivido - che questo essere, questa libertà, questa autonomia hanno un potenziale eversivo per l'ordine costituito.
Non vi sembrerà azzardato se, con un balzo, mi collego a quello che è successo e che succede in Iran, dove è la violenza di Stato che annulla e attacca giovani donne che vogliono affermare semplicemente il fatto di esistere, la loro libertà e la loro autonomia; e questo è eversivo per l'ordine costituito ed è insopportabile. Allora capiamo quanto ci sia in gioco, quanto molto ancora dobbiamo fare e come non si tratti di una questione che riguarda le donne, ma di una questione che riguarda innanzitutto gli uomini e che ci riguarda. Quindi si tratta di mettere in discussione molte, molte cose.
Le donne sono molto cambiate in questi anni; sicuramente sono cambiate ancora da quel processo del Circeo che si è celebrato. La domanda è: gli uomini sono cambiati? Io credo che siano cambiati, ma dobbiamo capire se sempre in meglio o se invece questo cambiamento delle donne non sia stato corrisposto, e se anzi non si sia evidenziata una fragilità. Il dibattito pubblico in questi giorni ha visto anche scendere in campo una difesa d'ufficio del genere maschile, e questo credo che non faccia giustizia dell'importanza della discussione. Credo che la riflessione collettiva sia molto importante anche in un contrasto ampio, perché qualcosa la dobbiamo cambiare e dobbiamo assolutamente farlo.
Signor Presidente, mi sto avviando a concludere e le chiedo trenta secondi di tempo in più. Voglio sempre avere un atteggiamento illuminista basato sull'ottimismo della ragione. Vedo che ci sono una serie di termini trasversali anche agli schieramenti politici e che mi danno qualche speranza. Ho preso degli appunti. Innanzitutto vedo che è passato il concetto che non si tratta di un'emergenza: bene. Vedo che è passato il concetto che stiamo parlando di un fatto anche molto culturale; l'ho sentito negli interventi e l'ho letto: questo è un grande passo in avanti, perché fino a poco tempo fa la cifra dominante era quella di chiedere più reati, di alzare le pene, più misure. Ho sentito parlare anche di altri provvedimenti molto ultimativi - che non cito - che rimuovono completamente il fatto che si tratti di cosa si ha in testa e non in altre parti del corpo. Ho sentito discutere anche del fatto che è importante l'autonomia economica delle donne, quindi l'autonomia di reddito, perché anche attraverso quello passa una sottomissione e un'umiliazione: molto, molto bene.
Colleghe e colleghi, abbiamo bisogno di proseguire su questa strada e non possiamo più accontentarci della trasversalità delle donne. Abbiamo bisogno di un coinvolgimento pieno per cambiare i modelli culturali della nostra comunità, per cambiare tutto, perché un pezzo non ci basta, così come non ci basta l'altra metà del cielo. Abbiamo l'ambizione di cambiare tutto e pensiamo di poterlo fare, ma pensiamo anche che non ce la possiamo fare se non c'è anche l'altra metà del cielo. Quindi è il momento della responsabilità e del coinvolgimento.
Concludo sottolineando tre o quattro punti concreti oltre all'approvazione di questo disegno di legge. Dobbiamo approvare molto velocemente la legge sulle molestie sui luoghi di lavoro; dobbiamo avere i decreti attuativi della legge e sulle statistiche sulle violenze contro le donne; dobbiamo avere un piano di educazione sentimentale a partire dalla scuola, ma anche la scuola non basta; dobbiamo avere più risorse per la formazione di tutti gli operatori in questo settore. Se cominciamo a condividere in questa sede - perché queste sono le nostre prerogative - i punti citati, sicuramente avremo fatto un grande passo in avanti. (Applausi).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Vorrei salutare i docenti e gli studenti del Liceo scientifico delle scienze umane «Maior» di Pescara, che stanno seguendo i nostri lavori. Benvenuti. (Applausi).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 923, 92, 327 e 754 (ore 11,35)
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Fallucchi. Ne ha facoltà.
FALLUCCHI (FdI). Signor Presidente, il senso e l'importanza del passaggio legislativo di oggi si percepiscono nei volti sgomenti di tutti noi rispetto agli ultimi atroci fatti di cronaca. La verità è che per nessuno di noi in quest'Aula si tratta di semplici fatti di cronaca.
L'ultimo devastante femminicidio ha portato via Giulia, una ragazza giovanissima, che davanti a sé aveva un futuro brillante, un futuro che le è stato negato, che le è stato strappato via con violenza inaudita e per puro egoismo. La scomparsa di Giulia lascia un dolore insopportabile alla sua famiglia, ai suoi amici e a tutti noi; un dolore che persisterà decisamente a lungo e al quale si aggiungerà altro dolore, man mano che emergeranno nuovi dettagli, mentre la giustizia farà il suo corso; un dolore che lascia inermi molti di noi, per i quali poteva essere una figlia, una sorella o un'amica; un dolore che ha lasciato sgomenti tutti quanti hanno seguito la vicenda dalla sua scomparsa e che, banalmente, fanno fatica ad accettare che a Giulia sia stato strappato via prima il sorriso e poi il domani.
Il suo assassino è un coetaneo, un ragazzo teoricamente insospettabile, cresciuto in una famiglia normale, con una vita apparentemente normale, in un contesto sociale normale. Quello che ha fatto alla sua ex fidanzata è indescrivibile e atroce, il che dà il polso di quanto, in realtà, di normale non ci sia proprio nulla in questa vicenda, né nei tanti, troppi casi di abusi e violenza di genere che quotidianamente riempiono le pagine dei giornali.
È una mancanza di normalità di fronte alla quale non ci si può consentire il lusso di abituarsi e che, al contrario, impone una reazione netta, forte, efficace. Non ci si può rassegnare dinanzi a un uomo che diventa orco. Bisogna invece reagire con decisione e consapevolezza. E proprio la consapevolezza è qualcosa su cui è fondamentale lavorare su un duplice fronte: da un lato, mettendo le donne in condizione di poter riconoscere tempestivamente quei campanelli d'allarme che talvolta si fa fatica a individuare senza gli strumenti giusti.
A tal proposito devo dire che ho molto apprezzato l'idea del ministro Nordio circa la pubblicazione di opuscoli che possano aiutare a individuare quei segnali che rappresentano una situazione di pericolo, anche se non apparente o immediatamente evidente.
Dall'altro lato, questa è senza dubbio la sfida più grande che siamo chiamati ad affrontare. Una consapevolezza deve essere inculcata negli uomini, più o meno giovani che siano: la consapevolezza che le donne vanno tutelate e non maltrattate, difese e non offese, e che l'amore, benché viscerale, non si manifesta attraverso la violenza, di qualsiasi tipo, neanche psicologica.
Bisogna inculcare la consapevolezza che una relazione è condivisione, non possessività; che un partner da amare e che a sua volta ci ama è un dono della vita, non una proprietà privata di cui poter disporre a proprio piacimento. Il silenzio assordante del dolore e il rumore angosciante dei mass media che ci hanno raccontato l'ennesimo disastro di questa società, in cui gli uomini uccidono le donne, ci impongono di agire tutti e di agire subito.
Sono certa che per tutti noi oggi non esiste colore politico e che il disegno di legge Roccella rappresenta per tutti un passo avanti, verso quella necessaria rivoluzione culturale che dobbiamo mettere in campo, impegnandoci non solo come parlamentari, come Ministri, come attivisti politici, ma anche e innanzitutto in quanto persone.
Per lavorare sul fronte formativo e culturale, il ruolo delle istituzioni è senza dubbio fondamentale, a partire da scuola e famiglia, le principali agenzie educative per i più giovani. Ma questa rivoluzione, come ogni rivoluzione, ha bisogno di persone che trasformino sconcerto, dolore, rabbia e sgomento in volontà di reagire per cambiare le cose. Altrimenti, ci può essere solamente rassegnazione. Ma come dicevo, anche le istituzioni sono chiamate a fare la propria parte, perché, nonostante le leggi da sole - com'è evidente - non siano sufficienti ad arginare e a prevenire violenza di genere e femminicidi, restano comunque un tassello indispensabile.
Ciò rende tanto più importante il fatto che oggi il Senato - immagino all'unanimità come accaduto alla Camera - esaminerà e voterà un provvedimento che si pone l'ambizioso obiettivo di provare a prevenire ogni forma di abuso, di intercettare qualsiasi forma di violenza prima che si manifesti, di aiutare le donne a uscire da relazioni tossiche e allarmanti per la loro sicurezza.
La violenza degli uomini sulle donne è una piaga sociale, un fenomeno pubblico, non privato, di cui le istituzioni devono farsi carico. Bisogna continuare a spronare le donne vittime di violenza a denunciare. Dobbiamo partire ridando a tutte le donne del nostro Paese fiducia verso le istituzioni. Ci deve essere fiducia nelle istituzioni e nella giustizia.
I dati sono gravi. Troppo spesso e troppe donne vengono uccise, troppo spesso e troppe donne vengono aggredite psicologicamente, umiliate e costrette. Questi dati devono essere utili a fornirci elementi su cui lavorare ed elaborare tutele per queste donne, le linee guida per gli operatori del settore. Questi dati di incremento non possono semplicisticamente tradursi in immagini plastiche del dolore, del terrore, del senso di impotenza, della solitudine e della rassegnazione che costellano la spirale costante di violenza che si registra nel nostro Paese.
Vero è che, dalla ratifica della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, l'Italia ha fatto passi da gigante, un lavoro nato nelle precedenti legislature per l'improrogabile necessità di contrastare un crimine incompatibile con il progresso e l'evoluzione culturale dei nostri giorni.
Questa legge migliora, per certi versi, il codice rosso, la cui entrata in vigore è stata opportuna e necessaria, come lo è stata la legge n. 134 del 2021, che ha previsto l'estensione delle tutele per le vittime di violenza domestica e di genere, e la legge n. 53 del 2022, che ha potenziato la raccolta dei dati statistici sulla violenza attraverso il necessario coordinamento di tutti i protagonisti delle istituzioni. Il codice rosso, però, con tutte le nuove disposizioni normative, ha avuto bisogno di essere testato, corretto e migliorato sul campo.
La strada è ancora lunga e certamente da solo questo provvedimento non basterà, ma è comunque il modo migliore di muoversi e ancora una volta lanciare un segnale chiaro e preciso a chi ha fatto della violenza la propria unica forma di linguaggio. Questa è la battaglia di tutti noi: arginiamo questo fenomeno, rendiamo la nostra società migliore, facciamo capire a quegli uomini che nessuna donna può essere sottomessa, nessuna donna è di proprietà. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Valente. Ne ha facoltà.
VALENTE (PD-IDP). Signor Presidente, ci divide da questa destra tanto, tantissimo. Ci divide soprattutto un'idea di società e, se dovessi dire, forse ci divide ancora più di ogni altra cosa il ruolo della donna in questa società. Eppure, nonostante questo, abbiamo scelto di lavorare insieme, come stiamo facendo in queste ore, per confermare anche in questa sede il voto unanime che abbiamo espresso alla Camera sul provvedimento al nostro esame. Lo abbiamo fatto, certo, riconoscendo innanzitutto che con umiltà - cosa non sempre scontata - questo Governo si è messo nel solco di un lavoro già avviato dalle conclusioni della precedente Commissione parlamentare d'inchiesta su questi temi e dal precedente Governo. Il disegno di legge al nostro esame nasce evidentemente dentro quel solco e ne ricalca sostanzialmente i tratti più qualificanti.
Lo abbiamo fatto anche perché - secondo noi - nel riscrivere questo disegno di legge con una curvatura eccessivamente securitaria e punitiva, vi erano state delle storture che sono state poi prontamente recuperate nel dibattito parlamentare alla Camera, grazie anche all'intervento delle parlamentari delle forze di opposizione. In modo particolare ringrazio il lavoro preziosissimo delle parlamentari del mio Gruppo, del Partito Democratico. Il provvedimento è quindi stato cambiato accogliendo alcune nostre proposte.
Lo facciamo sicuramente per questo, ma lo facciamo - lo voglio dire con chiarezza - perché il meglio è nemico del bene e perché, grazie a questo provvedimento, qualche cosa in più in termini di protezione alle donne che subiscono violenza in questo Paese sarà sicuramente assicurato.
Vi è stato fatto poco riferimento fino a questo momento, ma qualche cosa, anche solo in termini di titoli, lo voglio dire: viene rafforzato l'ammonimento. vengono rafforzate le misure di prevenzione, viene semplificata la procedura per il braccialetto elettronico, la definizione nella priorità nei ruoli d'udienza; vengono rafforzate e semplificate le procedure per adottare le misure cautelari; la specializzazione dei procuratori e degli uffici giudiziari viene scritta nero su bianco; vengono stabiliti i tempi per adottare le misure cautelari. E soprattutto viene resa finalmente reato la violazione degli ordini di protezione, seppure in sede civile e quindi si amplia lo spettro della possibilità di intervento penale, che sicuramente è un fatto significativo se pensiamo alle violenze che si subiscono nel corso di una separazione, soprattutto quando la donna - come dirò dopo - si afferma in un percorso di autonomia e di libertà da una relazione tossica. Addirittura riusciamo finalmente a prevedere la famosa misura dell'arresto in flagranza differita (richiesta più volte) e vengono rafforzate le misure per il corso per gli uomini maltrattanti, e cioè finalmente viene recepita una indicazione chiara che veniva dalla precedente Commissione parlamentare d'inchiesta. Il percorso, e soprattutto i benefici collegati alla sua frequentazione, vengono vincolati alla valutazione di un esito favorevole.
Ho detto solo dei titoli, per evidenziare che si rafforza il sistema giudiziario che il nostro impianto normativo mette a disposizione per proteggere le donne in una fase nella quale siamo ancora nelle condizioni di intervenire.
Tuttavia, cosa ci lascia perplessi e, soprattutto, cosa crediamo si debba ancora fare, cosa abbiamo, tutti noi, l'onere e il compito di fare? Pensiamo alle tante donne ammazzate. Io - l'ho ripetuto più volte - non dirò mai i numeri, perché non ne disponiamo di certi, e anche perché mancano i decreti attuativi di una legge che pure abbiamo votato all'unanimità; legge di cui rivendichiamo invece l'urgenza e l'utilità, per contare non solo le morti, ma anche e soprattutto, ancor prima, i numeri elevati di violenze e di quei cosiddetti reati spia che ci consentirebbero di intervenire in tempo utile per evitare le morti.
Mancano i decreti attuativi, ma soprattutto anche questo provvedimento rischia di non farci fare alcun concreto passo in avanti se tutti quanti noi non siamo consapevoli che le norme, anche le migliori, anche quelle che oggi speriamo - e lavoreremo per questo - si approvino all'unanimità, camminano sulle gambe degli uomini e delle donne che sono chiamati a interpretarle e applicarle. Occorre allora specializzazione e formazione di chi è impegnato a interpretare, ad applicare. (Applausi).
Voi in questo provvedimento scrivete "specializzazione", ma poi, a un certo punto, quando proviamo a dire che la specializzazione non si fa a costo zero, arriviamo al solito articolo finale: è l'ennesimo provvedimento a invarianza finanziaria. Anche la specializzazione degli uffici giudiziari - e abbiamo sentito il grido dei nostri uffici giudiziari - non si fa se non si stanziano più soldi, ma anche più risorse umane. Ci vogliono investimenti, ci vuole coraggio, ci vuole coerenza, altrimenti anche queste rischiano di essere norme bandiera. Non ci spiegheremmo altrimenti come mai dal 1981, in cui esisteva il delitto d'onore, a oggi, che arriviamo a parlare di misure di prevenzione che limitano la libertà personale di un soggetto addirittura prima dell'accertamento della sua responsabilità, le donne continuano a subire tutte le atroci forme di violenza. (Applausi).
Interroghiamoci, allora, tutti quanti insieme. Non bastano le norme; serve specializzazione, ma soprattutto serve un cambio di passo nella cultura, perché anche la specializzazione di un operatore non basterà. Quando pregiudizi e stereotipi albergano nell'animo di ciascuno di noi, nelle aule giudiziarie quelle donne non saranno credute, il comportamento degli uomini sarà minimizzato, non si farà un'attenta valutazione del rischio, non si stabiliranno misure cautelari, non si metterà il braccialetto elettronico. (Applausi).
È questa la sfida: non ci stancheremo mai di dirlo. Bene, allora, la rivoluzione culturale: le ho sentite, finalmente, queste parole, le abbiamo sentite tutti, anche dai banchi della destra. Bene, ci siamo. Ma come facciamo la rivoluzione culturale? Consentitemelo: non la faremo sicuramente col progetto del ministro Valditara, se i consulenti del ministro Valditara sono quelli di cui abbiamo letto in questi giorni. (Applausi).
Ci preoccupa. Attenzione: siamo pronti a votare a favore, ma non avalleremo mai un progetto che porta nelle scuole diseducazione per i nostri ragazzi. Le violenze sono agite dagli uomini nei confronti delle donne, non dalle donne nei confronti degli uomini: non sono uguali, non possono essere uguali. Attenzione e questo non è possibile. (Applausi).
Parliamo pertanto di operatori specializzati, ma anche di formazione e abbattimento di stereotipi e pregiudizi. Ha ragione la mia collega Rossomando: il tema è ricostruire modelli di relazione, perché la violenza è sperequazione di potere, è una dinamica di relazione sbagliata. Sono gli uomini che non accettano l'autonomia e la libertà delle donne. Tutti gli uomini ancora non accettano l'autonomia e la libertà delle donne ed è questa mentalità che noi dobbiamo provare a destrutturare e ricostruire.
Le donne - come è stato scritto oggi in qualche articolo di stampa - sono quelle che hanno compiuto la più grande rivoluzione del Novecento; sono coloro grazie alle quali il patriarcato è stato superato formalmente; ma nei fatti di patriarcato parliamo tutte le volte che un uomo, un qualunque uomo, si gira dall'altra parte di fronte a una promozione negata a una donna perché ha scelto di prendersi cura dei propri figli, tutte le volte che un uomo si gira dall'altra parte di fronte a una battuta sessista.
Non so se gli uomini di quest'Assemblea oggi faranno un flash mob, rispondendo a un appello del presidente La Russa. Ma voglio dire una cosa: abbiamo bisogno che tutti gli uomini, non solo quelli che commettono violenza, dicano chiaramente: è anche colpa mia; io mi sono girato dall'altra parte tutte le volte che di fronte a me accadeva in qualche modo la consacrazione di questa sperequazione di potere, pensando che non fosse mia responsabilità.
È responsabilità di tutti gli uomini, di quelli che commettono violenza e di quelli che la violenza l'hanno vista, ma si sono girati dall'altra parte, sostanzialmente diventando complici di un sistema che facciamo fatica a scalfire, perché - come sempre - quando è una questione di relazioni di potere, il potere si fa fatica a lasciarlo. E gli uomini di questo Paese non fanno ancora un passo indietro.
Io sono contraria a qualsiasi forma di spettacolarizzazione - e credo che di quest'ultimo omicidio si sia fatta un'eccessiva spettacolarizzazione - ma voglio dire una cosa sola, simbolica e importante: Giulia si stava per laureare ed era sicuramente un passaggio importante per l'affermazione del suo spazio di autonomia e di libertà. È quello il passaggio che vorrei sottolineare. Gli uomini devono imparare un altro modo di stare al mondo e di stare dentro la relazione. Quindi, bene le scuole, bene l'impegno di tutte le agenzie educative, ma attenzione a chi mandiamo dentro le scuole, attenzione a chi affidiamo questo compito.
Abbiamo un grandissimo, straordinario patrimonio di competenze e di specializzazione, e sono le operatrici dei centri antiviolenza: lo hanno fatto per anni, hanno accolto le donne, le hanno aiutate e sanno di cosa parlano quando parlano di violenza maschile contro le donne. Attingiamo lì, e chiediamo a quelle operatrici che hanno fatto un lavoro egregio per tanti anni da sole, senza tante forme di sostegno, di venire nelle scuole a insegnare ai nostri ragazzi. Parleranno un linguaggio di verità, renderanno giustizia alle donne che non ci sono più, ma soprattutto ci aiuteranno a costruire generazioni, a debellare stereotipi e pregiudizi e a fare davvero quella rivoluzione culturale che tutti quanti oggi insieme invochiamo. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare la senatrice Mennuni. Ne ha facoltà.
MENNUNI (FdI). Signor Presidente, il sorriso di Giulia si è spento. È un sorriso che si è spento nel fiore degli anni, così come se ne sono spenti tanti di sorrisi nel fiore degli anni, nel mondo e anche in Italia.
Le descrizioni di quel ragazzo, il fidanzato, il fatto che egli vivesse con sofferenza la circostanza che lei si dovesse laureare qualche giorno prima di lui, la sua possessività sono tutti elementi che indubbiamente ci devono indurre a riflettere. L'essere umano - l'uomo, la donna - si evolve, studia, lavora e giammai deve accadere che soltanto perché, solitamente, la donna è il soggetto più debole, questa debba essere soverchiata fisicamente fino, a volte, alla sua uccisione. Purtroppo in Italia sono 120 i casi finora dall'inizio dell'anno.
È dunque bene che, come dai tempi della Convenzione di Istanbul (che è stata richiamata più volte in quest'Aula), oggi sia partito un grande percorso per cercare di mettere in difesa e tutelare la donna. Ricordo la legge sullo stalking durante il Governo Berlusconi. Ricordo la legge contro la violenza sulle donne, anche questa durante il Governo Berlusconi. Oggi, con questo importantissimo disegno di legge, stiamo andando ad approfondire e inasprire alcune pene nei casi di recidiva, a ridurre i termini per mettere maggiormente in protezione la donna e anticipare la soglia di difesa della stessa. È vero che la donna non può attendere tra la denuncia e l'intervento dello Stato giorni, mesi, anni in cui è praticamente abbandonata. Vi è sicuramente un pilastro giuridico e credo che questo disegno di legge vada veramente nella direzione di sostenere e aiutare le donne italiane vittime di violenza.
Vi è un pilastro culturale sul quale dobbiamo lavorare e dobbiamo lavorare molto. Io sono figlia, ad esempio, di una famiglia in cui, oltre al papà e alla mamma, vi erano tre fratelli maschi. Ricordo che - come succede sempre tra bambini, a cinque o sei anni - accadeva che tra di noi ci fossero delle baruffe e ci si menasse.
Allora il mio papà interveniva con forza nei riguardi dei miei fratelli e diceva loro che la donna non si tocca neanche con un fiore. (Applausi).
Oggi la famiglia è più disgregata, oggi a volte il papà a casa non c'è e allora è lì che io credo sia importante fare un grande lavoro culturale interistituzionale. Nelle scuole? Sì. Negli ambiti dei dibattiti? Sì. È stato bellissimo, per esempio, il dibattito acceso che si è consumato in quest'Aula in merito al decreto Caivano, rispetto a quell'articolo 13 tanto dibattuto, per cercare di tutelare i nostri giovani, i nostri ragazzi, che sono così esposti oggi, come non lo eravamo noi, ai social e ai contenuti violenti e sessisti. È stato bello vedere che vi fosse una compartecipazione trasversale rispetto all'esigenza di implementare il parental control e di proteggere quei ragazzi, che oggi e troppo spesso sono soli, anche perché vi è una sofferenza dell'istituzione familiare, che era e deve tornare a essere la cellula cardine della società. (Applausi).
Vengo da una famiglia che aveva una nonna inglese, e quindi ricordo in casa il dibattito in merito a quel diritto che abbiamo acquisito. Quanti senatori donne ci sono qui? In Inghilterra fu Emmeline Pankhurst la prima donna che partì con azioni concrete per chiedere il diritto di voto attivo e passivo per le donne. Lei diceva: noi non siamo law breaker, noi vogliamo diventare, perché lo possiamo fare, law maker. (Applausi). Questo deve essere lo spirito giusto, non un femminismo separatista. Noi crediamo che il separatismo non porti a nulla di positivo. Crediamo invece in uno spirito comunitario, che debba aiutare il bambino a non vedere un esempio cattivo, ma debba essere invece sostenuto e supportato dalle varie istituzioni.
Il grande dibattito sulla scuola è un dibattito interessante. Sicuramente si può fare del lavoro nelle scuole; sicuramente bisogna proseguire con un grande lavoro interistituzionale. Si è parlato della violenza economica, che spesso è il primo elemento in nuce dal quale poi può scaturire la violenza fisica. Il numero 1522, che deve essere implementato - e questo Governo lo sta facendo - i centri antiviolenza, che debbono operare, sono tutti elementi sicuramente importantissimi. Ma non bisogna mascherare a livello scolastico l'educazione sessuale, andando invece ad indurre i bambini piccoli nell'analisi di quello che è il genere percepito, che dovrebbe essere altro rispetto alla sessualità. (Applausi). Questo non è il bene del bambino e non credo vada neanche nella direzione della tutela e della salvaguardia di noi donne.
Vi ringrazio, perché so che anche su questo provvedimento vi è stato un dibattito acceso. Mi sembra che tutto sommato si converga sulle medesime posizioni. Dovremo continuare questa buona battaglia, tesa non a svilire la figura della donna, ma a rievocarne le grandi capacità di donna lavoratrice, sì, e di donna soprattutto madre, per dare autentica forza a quello che è l'effettivo archetipo della donna, che è indistruttibile e deve ritornare a essere tale. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Renzi. Ne ha facoltà.
RENZI (IV-C-RE). Signor Presidente del Senato, membri del Governo, onorevoli colleghi, ringrazio le colleghe e i colleghi del Gruppo per avermi dato l'opportunità di aggiungere la mia voce. I recenti fatti di cronaca hanno colpito moltissimo soprattutto le giovani generazioni e fa impressione vedere il minuto di rumore che tante scuole hanno scelto di dedicare alla vicenda di Giulia Cecchettin. Sono affezionato all'idea del minuto di silenzio di fronte alle tragedie, di un momento di preghiera. Ma riconosco che nel minuto di rumore c'è una voglia di non accettare la logica della violenza e di provare a dare un segnale di reazione soprattutto da parte di chi, nato dopo il 2000, si trova a vivere in prima persona questi terribili fatti, questo terribile femminicidio.
Eppure, c'è una contraddizione in termini perché, per noi parlamentari, non è opportuno né il minuto di rumore né il minuto di silenzio: servirebbe un minuto di riflessione, un minuto che diventa un'ora, una settimana, un anno. Servirebbe legiferare non sulla base dell'ennesimo fatto di cronaca.
Mi ha colpito stamattina arrivando in Senato un messaggio che ho ricevuto, al quale ho risposto che sì, avrei parlato per il disegno di legge sulla vicenda di Giulia. Questo disegno di legge non nasce però dalla vicenda di Giulia Cecchettin: nasce - se così si può dire - dalla vicenda di Giulia Tramontano, ancora una volta, un femminicidio terribile e atroce. Non è possibile immaginare un femminicidio che non sia terribile atroce. Come tutti, ho seguito le vicende di cronaca e mi ha colpito qualche immagine di Giulia Cecchettin, l'immagine con la sua mamma, ad esempio. Mi ha colpito un audio che è stato pubblicato in cui lei dice alla zia che sarebbe tornata a trovarli qualche giorno dopo. È un audio in cui si sente una voce così delicata e contemporaneamente una donna così forte, che era pronta a laurearsi, aveva terminato il proprio percorso di studi, aveva tutta la vita davanti e aveva il diritto di viverla senza che chi diceva di amarla la uccidesse nel modo con il quale l'ha uccisa.
È un paradosso che si leggano storie diverse, legate però da un unico fattore: la violenza contro la donna. Giulia Tramontano è stata uccisa da un uomo che diceva di amarla, che la odiava e che ha ucciso non soltanto Giulia, ma anche il bambino che aveva in grembo, cercando di avvelenarli con il veleno per topi.
Questo ci fa pensare che noi non stiamo legiferando sulla base di una singola emergenza perché c'è Giulia Cecchettin, c'è Giulia Tramontano, c'è un incredibile numero di Giulie nella storia di questo nostro Paese, più di cento persone sono morte nel modo più indescrivibile e assurdo.
Avverto il bisogno di unire con voi i punti di un ragionamento che sia un po' meno emotivo. Tutti noi siamo molto colpiti. Io ho dei figli, il primo dei quali nato nel 2001, ha ventidue anni. Sono colpito, da padre. Da qualche giorno continuo a pensare ai padri di questa storia, al signor Gino, il padre di Giulia: una figura talmente drammaticamente bella e moralmente enorme in una tragedia come quella che ha vissuto, che sembra ricordare quasi una figura della tragedia greca, ma è una realtà italiana e non una tragedia greca. È un simbolo di nobiltà straordinario quest'uomo, questo padre, questa figura costretta a convivere con il dolore della scomparsa della moglie, prima, e poi della tragedia, più atroce, della figlia.
Penso però che noi abbiamo il dovere di andare oltre le emozioni. Provo allora a offrire tre pensieri che metto a disposizione, sapendo che non saranno condivisi forse al 100 per cento. Noi oggi votiamo tutti insieme, ma è giusto anche non condividere alcune cose.
Il primo: l'eco costante dell'importanza della scuola. Signori, questo Parlamento si è diviso quando si è portata l'educazione affettiva nelle scuole, perché c'è già una legge che lo prevede. È la cosiddetta legge della buona scuola. A destra ci avete detto che stavamo portando il gender, e non era vero; a sinistra ci avete detto che stavamo mortificando gli insegnanti, e non era vero. Nessuno parla del fatto che si sta discutendo da una settimana di una legge che già c'è.
Il punto vero è che io che quella legge l'ho voluta vi dico che non basta caricare la scuola di una responsabilità che non è soltanto della scuola. Oggi Paolo Crepet, ma in passato altri psichiatri, esperti della salute mentale, esperti dell'adolescenza, hanno richiamato la nostra attenzione sul fatto che l'educazione affettiva non deve essere delegata semplicemente alla scuola. Se la scuola deve fare qualcosa, è recuperare il gusto e la bellezza di leggere delle pagine di letteratura che sono state cancellate o diventate semplicemente un fatto burocratico. Per combattere il senso di vuoto, la crisi di questa generazione, per comprendere che l'amore non può essere possesso, forse vale la pena riscoprire il V Canto dell'Inferno e rileggerlo in una dimensione diversa. Forse vale la pena ripartire da Saffo fino ai poeti della contemporaneità. Forse vale la pena capire che «I promessi sposi» non sono quel romanzino che va a finir bene, come qualcuno vuole continuare a dire. Se vogliamo essere seri, noi senatrici e senatori, e non continuare con un dibattito che rischia di essere semplicemente copiato da Twitter, dove ciascuno dice la sua, dobbiamo avere il coraggio di andare in profondità e capire che quello che serve oggi è tentare di affrontare quel male di vivere di cui un collega senatore che è stato seduto in questi banchi - perché di questo si parlava, a proposito di quel premio Nobel per la letteratura - parlava, dicendo «spesso il male di vivere ho incontrato». C'è una dimensione profonda che non sarà il bonus psicologo (giusto), che non sarà l'educazione affettiva (giusta), che è il grande tema della nuova generazione che deve essere educata alla bellezza della vita e alla difficoltà di comprendere che l'amore non potrà mai essere troppo. (Applausi). L'amore non ha limiti se non quello della violenza. Ancora oggi leggiamo sui giornali di una donna "uccisa per troppo amore", ma non è mai troppo amore quello che porta a uccidere, bensì è la negazione dell'amore, è la violenza, è l'odio. E, se noi non siamo in grado di stabilire un limite con i nostri ragazzi parlando con loro e guardandoli negli occhi, siamo tutti sconfitti, possiamo fare i dibattiti da bar dello sport come gli altri. L'educazione affettiva passi dalla letteratura, passi dalla capacità di ridare un ruolo alla scuola e smettiamola con il rinfacciarci gli uni agli altri le dichiarazioni.
Anche oggi, in quest'Aula, la collega Valente esprimeva un concetto che non condivido fino in fondo, ovvero che ogni uomo deve sentirsi responsabile. Io non credo a questo, ma questa frase l'ha detta per primo il Ministro degli affari esteri il giorno dell'annuncio del ritrovamento del cadavere. È stato il Ministro degli affari esteri a dire: «Vi chiedo scusa in quanto uomo». Io penso che non dobbiamo chiedere scusa in quanto uomini, ma che dobbiamo essere, come uomini, capaci di considerare questo come un nostro problema, e il nostro problema è affrontarlo insieme alle donne. Questa idea che siccome c'è un killer, tutti gli uomini sono colpevoli o responsabili - per utilizzare una sottile distinzione che è stata espressa in questi giorni - non mi convince e ho il dovere di dirlo. Penso che sia uomo quel padre, quel signor Gino che ci sta dando una lezione straordinaria in queste ore e penso a quel bambino, Emanuele, di undici anni, che ha scritto in un bigliettino: «Prometto di non essere come Filippo». Ci sono centinaia di migliaia di casi di persone che combattono contro il femminicidio, tra uomini e donne, che non possono essere sottaciuti. Ecco perché non condivido che - come si sta facendo in parte della sinistra - si dia la responsabilità a tutti gli uomini. Ma voglio dire alla destra, che attacca sui giornali di opinion leader collegati alla destra, che la stessa cosa l'ha detta il Ministro degli affari esteri di questo Governo.
Infine, sulla cultura patriarcale, signor Presidente, non condivido tante delle riflessioni che sono state fatte. La cultura patriarcale in questo Paese è senz'altro una cultura che ha segnato la storia. Oggi tendo a credere con Massimo Recalcati che il vero dramma della nostra stagione sia l'eclissi del padre. C'è bisogno di una capacità di fare i conti con la mancanza dell'autorevolezza, del saper dire no, del saper confrontarsi e condividere, che naturalmente non riguarda il caso specifico, ma riguarda tutti noi. L'eclissi del padre, su cui Recalcati - e non solo - ha scritto, rappresenta un elemento di riflessione per ciascuno di noi - questo sì - che in questa vicenda non è stato toccato, perché bisogna dare la colpa semplicemente al patriarcato. È evidente che ogni violenza contro le donne è una violenza che va combattuta senza se e senza ma. Ma è altrettanto evidente che abbiamo bisogno di fare uno sforzo un po' meno banale di quello che è stato fatto.
Signor Presidente, ho l'immagine di Giulia con le braccia intorno al collo della sua mamma; è un'immagine che tutti noi abbiamo visto e che credo ci abbia commosso per tanti motivi, anche per il fatto che la sua mamma se n'è andata un anno fa. Mi piace pensare che da qualche parte, per chi come noi è credente, ci sia questo abbraccio in questo momento. Tuttavia, per noi che siamo impegnati non semplicemente ad affidarci alle preghiere e ai buoni sentimenti, ma a lottare su questa terra, in questo Parlamento, in questa realtà, contro ogni tipo di violenza, il mio è un appello: votiamo insieme, va bene, ma facciamo uno sforzo per ascoltare gli uni le ragioni degli altri. La cosa peggiore che potrebbe accaderci dopo questi fatti di cronaca è dividerci in modo ideologico e non affrontare la vera grande questione, che è quella educativa, che ci riguarda tutti, nessuno escluso. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Verini. Ne ha facoltà.
VERINI (PD-IDP). Signor Presidente, dentro l'angoscia della tragedia che ha strappato Giulia alla vita, alla sua famiglia, ma direi a tutti noi, ci sono stati e ci sono anche aspetti di straordinaria maturità civile e umana e di delicatezza. Le cose dette dal babbo di Giulia, straziato dal dolore, non sono state parole di odio o di vendetta e anche quelle dei familiari di Filippo, con la loro diversa, annichilita angoscia, meritano rispetto. Poi c'è Elena, la sorella, che nel suo strazio ha saputo trovare la forza per dirci che l'ennesima barbarie subita da una donna, da sua sorella, non è frutto di mostruosità, cioè di qualcosa di estraneo alla nostra società, alla sua vita di relazione. No: lei ha parlato di connessioni con una società intrisa di patriarcato, che non ha niente a che vedere, nella sua accezione negativa, con l'autorevolezza delle figure paterne, e ha parlato di cultura dello stupro, quella che legittima ogni comportamento. Ha poi citato aspetti di naturale quotidianità: il possesso, il controllo maschile. Si dice che non tutti gli uomini sono così. Sì, ma sono sempre gli uomini ad avere questi comportamenti. E ha aggiunto: nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia. Il femminicidio, infatti, non è un omicidio passionale, ma è un omicidio di potere.
Tantissime donne in questi giorni hanno gridato per l'ennesima volta parole come queste, ma anche molti uomini hanno detto cose simili: Francesco Piccolo, il cui articolo andrebbe letto nelle scuole; Antonio Polito, Michele Serra. Penso anche ad articoli usciti su «Il Foglio», su «Avvenire» e su tanti altri giornali. Penso soprattutto a migliaia di ragazzi, di maschi che, con migliaia di ragazze, hanno dato vita a fiaccolate, manifestazioni e assemblee. Hanno fatto non un minuto di silenzio, ma un minuto di rumore e quindi di speranza, perché c'è bisogno di questo, di realismo e coraggio. Sì, realismo: siamo in salita, ci sarà un motivo. Se in questo Paese - come ci ha ricordato lo straordinario film di Paola Cortellesi - le donne hanno potuto votare solo nel 1946. Ci sarà una ragione se l'abolizione del delitto d'onore è stata votata solo nel 1981, come l'abolizione del matrimonio riparatore, e se la riforma del diritto di famiglia è stata votata nel 1975 e il divorzio nel 1972, confermato dal referendum nel 1974. Sarebbe bello vedere quanto è costato e ricordare il sacrificio, l'impegno di tante donne in questo Parlamento e nel Paese per dette conquiste. Troppo lungo sarebbe l'elenco, e voglio citare due nomi. Il primo è quello di Franca Viola, che nel 1967 si ribellò alle logiche patriarcali e mafiose del matrimonio riparatore; l'altro nome è quello di Nilde Iotti e mi limito soltanto al nome. Questo era il coraggio del quale c'è bisogno anche oggi.
La legge che approveremo è importante, perché rafforza tutele e misure cautelari - è stato detto da tanti interventi che mi hanno preceduto - semplifica le procedure per l'applicazione dei braccialetti elettronici, sperando che ci siano a sufficienza; rafforza la misura della distanza minima. Su altri aspetti, anche di tutele di sicurezza, ci sono ancora limiti che abbiamo provato a correggere: penso al tema della formazione degli operatori della sicurezza e della magistratura.
La legge però è importante e perciò ringrazio persone - ne ho citate del passato - che in Parlamento negli anni si sono battute su questi temi con fatica e determinazione, e i risultati che raggiungiamo, anche se in salita, sono anche il frutto di tale lavoro.
Permettetemi di fare quattro nomi. Il primo è quello di una persona che ha presieduto due legislature fa la Commissione giustizia della Camera, Donatella Ferranti. Penso all'attuale presidente della Commissione giustizia del Senato, Giulia Bongiorno. Penso alla Commissione sul femminicidio della scorsa legislatura, guidata con passione e capacità dalla senatrice Valeria Valente. Voglio anche ricordare l'impegno parlamentare e oggi fuori dal Parlamento di una persona come Lucia Annibali (Applausi) che ha saputo e sa rappresentare un esempio di forza, di coraggio e di determinazione.
Questo ci fa dire che non ci dev'essere solo un domani, ma anche un oggi; e oggi significa colmare i grandi vuoti della legge: educazione affettiva e sessuale e cultura del rispetto e di relazione di genere, coinvolgendo tutti i soggetti della comunità educante, dalle famiglie alle scuole di ogni ordine e grado, alla comunicazione. Inoltre, sono questioni collegate anche le pari opportunità, la parità di genere nella vita, nelle professioni e nel lavoro, la parità di salario e tante altre cose che possano rendere finalmente davvero civile la nostra società, perché paritaria. Dobbiamo lavorarci presto e dobbiamo farlo insieme, con date precise e impegni precisi. L'appartenenza o no - lo vorrei dire veramente senza polemiche, perché quella polemica non è stata il massimo della vita e lo vorrei dire con sincerità alla presidente Meloni - ai valori della società patriarcale non è determinata dall'essere una famiglia di sole donne o di soli uomini. (Applausi). No, è determinata dalle scelte che chi governa o chi sta in Parlamento compie ogni giorno con coerenza e coraggio per superare una società ancora terribilmente oppressa da questi disvalori che stanno alla base delle discriminazioni, dell'oppressione, del possesso e della violenza degli uomini contro le donne. (Applausi).
PRESIDENTE. Colleghi, credo che si terrà a breve la Conferenza dei Capigruppo, ma la seduta proseguirà, perché si deve arrivare al voto entro una determinata ora, su richiesta di alcuni Gruppi che hanno riunioni dei loro organi politici.
Vorrei invece pregare la senatrice Rossomando di assumere la Presidenza, perché ieri sera sono stato eletto all'unanimità Presidente del Gruppo parlamentare di Forza Italia, quindi ovviamente lascio la Vice Presidenza del Senato, ringraziando tutti i colleghi (Applausi) per la disponibilità con cui hanno aiutato il mio lavoro e tutti gli Uffici. Spero di aver rispettato i diritti e le facoltà di tutti e garantito l'ordinato svolgimento dei lavori.
Buon proseguimento di lavoro, ci vedremo in Aula.
Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO (ore 12,19)
È iscritta a parlare la senatrice Mieli. Ne ha facoltà.
MIELI (FdI). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, relatrice Campione, oggi mettiamo un altro tassello contro la violenza sulle femmine. I fatti di cronaca dei giorni scorsi credo abbiano coinvolto e sconvolto ognuno di noi. Quello che è successo a Giulia è qualcosa di inqualificabile, indicibile, orribile ed atroce. Giulia poteva essere nostra figlia, nostra sorella, nostra nipote, ma anche la nostra vicina di casa.
Ricordo il messaggio della loro ultima conversazione, che con tanto amore il papà ha mostrato: «Spero di non averti svegliato. Sono andata a prendere l'autobus per andare a fare colazione con i miei amici. Ti voglio bene». Scriveva così Giulia al papà Gino su WhatsApp. E poi, a quel «Ti voglio bene», il padre aveva risposto con un «Grazie amore. Anch'io, tanto». Tutti abbiamo sperato di rivederla, quella ragazza di appena ventidue anni, ed invece è stata brutalmente uccisa. Provo un dolore infinito nel vedere le sue fotografie sorridenti e, insieme alla tristezza, una grande rabbia.
A Giulia è stata atrocemente rubata la vita da un maschio. L'amore vero non uccide. L'amore vero non fa mai del male. Questo, ovviamente, non è amore. Non poteva essere amore quello di un maschio che la riduce a non respirare più. Per quei maschi - che chiamo così perché alcuni mostri compiono stupri quando non sono ancora diventati uomini, ma pensano di esserlo - per quei maschi, dicevo, troppo spesso la femmina è un oggetto da possedere.
È una scia di violenza che continua da anni, con numeri addirittura più drammatici di quelli del passato. Il femminicidio è il gesto finale della violenza sulle femmine. È la forma estrema della violenza più brutale. È più evidente, quella fisica, che ha molti possibili modi di esercitarsi, dalle minacce alla persecuzione e dai maltrattamenti agli stupri e all'omicidio.
I dati delle Nazioni Unite parlano chiaro e ci dicono che, nell'arco della vita, una donna su tre ha subito abusi e violenza fisica o psicologica. Donne, ragazze e bambine continuano a essere, in molte aree del mondo, anche in situazioni di conflitto armato e di emergenza, vittime di discriminazioni, violenze, abusi e sfruttamento. Gli stupri di guerra sono un'arma vera e propria, che riduce le donne a territorio da possedere. Abbiamo visto le atroci immagini delle donne violentate dai terroristi di Hamas lo scorso 7 ottobre: scene delle ragazze stuprate, martoriate o uccise.
Su questo è necessario un impegno di tutta la comunità internazionale. Le battaglie contro i matrimoni forzati e le mutilazioni genitali hanno visto da sempre l'Italia in prima linea. Nessuna cultura può definirsi tale, se contempla la violenza sulle femmine. Dobbiamo sostenere il desiderio di libertà in alcune Nazioni come l'Afghanistan e l'Iran, dove le donne stanno portando avanti una battaglia, con coraggio e determinazione, per rivendicare il proprio ruolo nella società.
Anche qui in Italia il quadro impone la massima attenzione. Con questo provvedimento abbiamo ritenuto di far prevalere ciò che unisce rispetto a ciò che divide, con la consapevolezza, signor Presidente, che, mentre oggi parliamo, da qualche parte in Italia ci sono donne vittime di violenza. Questo lavoro di sintesi ha messo alla propria base il confronto e non il conflitto.
Tutte le donne vittime di violenza devono sapere che non sono sole e che le istituzioni ci sono, al loro fianco, non solo per accogliere la denuncia della violenza subita, ma per proteggerle, con i loro figli, e creare condizioni di sicurezza e di opportunità tali per cui si sentano accompagnate e protette. Sta a noi il compito di usare tutti gli strumenti a disposizione per tutelare la loro salute, la loro integrità fisica e psicologica e la loro libertà.
Questo è un provvedimento importante, che compie passi in avanti per la sicurezza delle donne: la custodia cautelare; il rafforzamento dell'ammonimento; il braccialetto elettronico; tempi stringenti per la valutazione del rischio da parte della magistratura e per la conseguente eventuale applicazione delle misure preventive e cautelari; ancora, regole per favorire la specializzazione sul campo dei magistrati e la formazione degli operatori che, a diverso titolo, entrano in contatto con le vittime; allontanamento d'urgenza dalle case di famiglia, anche al di fuori dei casi di flagranza.
Una cosa è certa: non arretreremo di un millimetro. Saremo al fianco delle femmine, nella consapevolezza che, anche se domani dovessimo arrivare a un solo caso, non avremmo ancora vinto questa battaglia di civiltà. (Applausi).
Signor Presidente, poco fa la senatrice Valente, che non vedo ora in Aula, ha parlato delle molte cose che ci dividono e ha voluto ribadire le distanze da questa maggioranza, forse perché la segretaria del suo partito, il 26 ottobre alla Camera, era assente a tutte le settanta votazioni che hanno riguardato il provvedimento, compreso il voto finale. (Applausi). Allora ve lo dico in latino: acta, non verba. Quando dovete esserci, non ci siete. Un bel tacere non fu mai scritto. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Guidi. Ne ha facoltà. (Brusio).
Colleghi, vi chiedo di tacere o di abbassare la voce. Si può sempre uscire dall'Aula, se non si intende ascoltare.
Prego, senatore Guidi.
GUIDI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signora Presidente, non c'è bisogno che tutti ascoltino: anche questa è violenza, ci mancherebbe.
Io ho ascoltato, non da oggi, il dibattito, molto maturo, rispetto alle violenze al mondo femminile. Non riesco però, come ha detto Matteo Renzi, del quale condivido parte dei contenuti espressi, ad essere estraneo a quello che devo dire oggi. Non ci sto. Credo che sia giusto partire da noi, da me, dall'«io», non per fare psicoterapia o per forzare un applauso un pochino strappato da sentimenti così complessi, ma perché nel mio caso non credo di non poter parlare di quanto mi vergogni di essere me, maschio. Mi vergogno perché vivo due sentimenti, uno dei quali è la voglia di affermarmi come persona e come uomo, con grande fatica, perché sembra che la persona con disabilità sia quasi un marziano di Flaiano, venuto chissà da dove e chissà dove andrà. Quindi, da una parte, sin da piccolino ho cercato di essere persona e quindi uomo, ma, dall'altra, quanti ricatti ho fatto - volutamente o inconsciamente - alle donne che hanno transitato, per fortuna, nella mia vita. Mia madre ha dovuto rinunciare a una parte della sua femminilità per aiutarmi, ma sempre sotto il ricatto fatto da me di provocare in lei pena, sofferenza e preoccupazione per il futuro. Poi magari ci sono riuscito, ma a quale prezzo mia madre ha pagato il mio tentativo, più o meno riuscito, di essere normale? Ma non è violenza anche questa, quella di un figlio con disabilità che pretende dalla madre un atteggiamento più attento, facendola così rinunciare a tante cose? Così con le donne successive: con gli amori, nelle amicizie o sul lavoro, quante volte, più o meno coscientemente, ho ricattato col mio essere disabile e anche di successo? Quanto ho fatto pagare queste donne meravigliose? Io mi vergogno profondamente di quello che ho fatto, di quello che sto facendo anche adesso alle persone che amo e di quello che farò nel breve percorso futuro della mia vita.
Non è la tua coscienza. È la presa di coscienza, in quest'Aula sacra, che non c'è maschio che non possa non vergognarsi, più o meno profondamente, di quello che ha fatto, di quello che fa e di quello che farà. Per me è più difficile ancora, perché molti gesti emozionali mi fanno vivere e mi permettono di dire: «Cappero, ma io esisto, io ci sono, io sono anche un soggetto che può amare ed essere amato». Ma quanto, del mio essere con disabilità, per il mio carattere un po' - qualcuno potrebbe dire tanto - narcisista ricatta anche chi amo?
Senza fare psicoterapie e senza affermare sensi di colpa che durano un giorno, per poi ricominciare come prima, dico allora di essere profondamente colpito da troppe persone (maschi, soprattutto, ma anche femmine, in certi casi) che si dichiarano fuori, che si sentono dalla parte della ragione, sempre. Io non sto affatto dalla parte della ragione, ma sono orgoglioso di partecipare a un provvedimento legislativo condiviso, che ci fa fare un piccolo passo in avanti. Se leva un po' di dolore alle donne, se leva un po' di incertezza, io ci sto. Qualsiasi cosa si possa fare per ridurre l'immenso e incommensurabile dolore del mondo femminile, adesso, in questo momento, io, con il mio senso di colpa, con il mio dubbio di dover andare avanti o no, io dico che ci sto.
Certo, però, alcune cose vanno dette. Questo provvedimento aiuta, ma quante altre cose - e subito - vanno fatte, nella scuola, nella famiglia e non? È possibile insegnare sentimenti a scuola? Sì, anche con dei tecnici, soprattutto, giustamente, quelli che nei centri antiviolenza hanno vissuto esperienze dirette. In questo ci sto anch'io, a raccontare quanto è bello donare amore e non possedere amore. (Applausi).
Così per la sessualità. La scuola in questo momento deve partecipare subito a progetti più ampi. Ma la storia - cacchio! - non può essere vissuta solo al maschile: una successione di guerre, di vincitori e vinti e di morti; in generale, il maschio, la persona che vince, è quella che ha fatto più morti, che ha condiviso più stupri e che ha fatto vivere più violenze. La storia va riscritta anche al femminile: altrimenti, da una parte, diciamo qualcosa di positivo hic et nunc e poi insegniamo l'obbrobrio che solo le guerre sono la storia e che la storia è fatta di guerre. Ma scherziamo?
Così la scienza. La scienza sembra quasi tutta al maschile. La mia amica, dolcissima, Levi Montalcini, diceva che bisogna raccontare il contributo immenso delle donne alla scienza e non come cavie, ma come scienziate e come attrici del percorso di creazione del futuro.
Mi avvio a concludere, signora Presidente: credo che non possiamo fermarci, ma questa legge è un passetto in avanti, che - lo ripeto - anche io condivido. Bisogna però creare nuove sfide immense, senza creare contrapposizioni, che ricordano la guerra, tra vincitori e vinti, femmine e maschi contro, e bisogna farlo insieme. La crisi e il dolore del maschio procurano torture, procurano una vita impossibile per troppe donne. Bisogna interpretare la realtà di oggi, dolorosa e incerta, che ci rende spesso incapaci di programmare il futuro. Nell'incertezza c'è violenza, soprattutto maschile. Abbiamo bisogno di enfatizzare gli esempi positivi delle donne di oggi, delle donne scienziate, delle terapiste e delle persone che ogni giorno, spesso malpagate, vivono una vita di successi, perché spesso andare avanti nella vita è già un successo.
Mi permetto di dire una cosa, fortemente politica: se abbiamo bisogno di esempi vincenti nelle donne, possibile che per la prima volta abbiamo un Presidente del Consiglio donna e quasi sembra che abbia fatto dispetto a troppa gente? (Applausi). Ma non dà coraggio a milioni di donne sapere che, per la prima volta, c'è un Presidente del Consiglio donna? E cazzo, ma come si fa a negare la realtà?
PRESIDENTE. Senatore Guidi, naturalmente vale anche per lei: i termini che usiamo in Aula non sono quelli che possiamo usare al bar. Questo vale per tutti, naturalmente.
GUIDI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Se posso permettermi, e concludo...
PRESIDENTE. No: su questa interiezione che ha usato, chiudiamola qui; va bene?
GUIDI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Se posso permettermi, Presidente, ho usato provocatoriamente un simbolo fallico.
PRESIDENTE. Senatore Guidi, per lei, come per tutti i senatori e le senatrici di quest'Assemblea, la terminologia della lingua italiana, per provocare, anche sotto il profilo del simbolo fallico, offre una possibilità tendente all'infinito, quindi la mia censura rimane e non si sposta di un millimetro. Adesso la prego di concludere, perché siamo due minuti oltre il tempo che le era stato destinato.
GUIDI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Sono completamente d'accordo e ci mancherebbe altro. Ho ottenuto il risultato che volevo e chiedo scusa. (Applausi).
Mi permetto di dire che mai come oggi, accanto al procedere nei percorsi politici, bisogna parlare anche di noi, perché questa estraneità - che ci porta a pensare: gli altri fanno male le cose, mentre io sono al di là delle cose - non fa bene a nessuno. Grazie dello spazio e spero che si vada avanti positivamente. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Cucchi. Ne ha facoltà.
CUCCHI (Misto-AVS). Signora Presidente, è con emozione che prendo la parola oggi e lo faccio avendo a fianco la Vice Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio. Quelli appena trascorsi, signora Presidente, sappiamo che sono stati giorni davvero molto pesanti, segnati da un fatto gravissimo di violenza, l'ennesimo femminicidio, il centocinquesimo di quest'anno, che ha travolto l'opinione pubblica e ha scatenato un dibattito dai toni anche molto accesi. È un dibattito che prosegue e questo è un bene, almeno credo.
Ho molto riflettuto sui motivi di un così diffuso coinvolgimento, signora Presidente. In Italia, come tutte e tutti sappiamo, viene commesso un femminicidio ogni tre giorni ed è una enormità. Eppure, queste notizie finiscono spesso, in fretta, in fondo alle pagine di cronaca nera. Questa volta mi è parso che sia successo qualcosa di diverso e non penso sia solo perché è accaduto a ridosso di una ricorrenza importante come il 25 novembre. Sono giunta alla conclusione che il femminicidio di Giulia Cecchettin ci abbia scossi così tanto perché smonta completamente il luogo comune secondo il quale le vittime di femminicidio in qualche modo hanno una responsabilità.
C'è voluto il femminicidio di Giulia per dimostrare che le donne vengono uccise indipendentemente dall'età, dalla città in cui vivono, dalla professione, dalla profondità della scollatura o dalla lunghezza della gonna che indossano, da quanto bevono o non bevono. Le donne vengono uccise di giorno, da ragazzi apparentemente per bene, che a volte hanno anche la faccia pulita, da bravo ragazzo. A Giulia è stato strappato via in modo brutale il futuro.
Questo femminicidio, più di altri, ci ha mostrato l'impellenza e l'assoluta necessità di intervenire sull'educazione sessuale e affettiva dei giovani. C'è un estremo bisogno, Presidente, di educazione al consenso e alla gestione delle emozioni. Se davvero vogliamo cambiare il sistema culturale patriarcale che rappresenta l'humus nel quale i femminicidi avvengono, dobbiamo assumerci la responsabilità di intervenire subito per contrastare tutte le forme di violenza più lievi, quelle più diffuse e in grandissima parte sommerse, che non provocano la morte della donna, ma le impediscono di essere libera; libera di decidere per sé. Mi riferisco, Presidente, alla violenza psicologica e a quella economica, per esempio.
Se davvero vogliamo il cambiamento, dobbiamo intervenire non solo e non tanto approntando un sistema sanzionatorio adeguato - lo sappiamo - e un processo veloce ed efficace. Se davvero vogliamo il cambiamento, dobbiamo investire importanti risorse e introdurre l'educazione sesso-affettiva nelle scuole, come insegnamento aggiuntivo svolto da insegnanti che abbiano le adeguate competenze specifiche: questo lo ritengo fondamentale. Dobbiamo rendere certi e puntuali i finanziamenti ai centri antiviolenza, semplificando l'iter di assegnazione delle risorse, che sono ancora troppo diversi da Regione a Regione, per esempio. I fondi sono pochi e vengono assegnati sempre con ritardo.
Dobbiamo smontare i luoghi comuni, gli stereotipi che rinchiudono i generi in scatole di regole e imbrigliano la libertà di essere ciò che si desidera. Parte essenziale del cambiamento è la valorizzazione del fondamentale contributo che le donne hanno dato alla civilizzazione della società, all'avanzamento del diritto e dei diritti e al miglioramento delle condizioni di vita della società. Fornire un altro modo di guardare alle donne è il primo, indispensabile passo per eliminare gli stereotipi negativi. Nella società attuale gli stereotipi maschili e femminili invadono il quotidiano, nell'ambito sia privato sia pubblico. Se in alcuni casi nell'ambito privato viene svilito il ruolo della donna ed esasperato quello dell'uomo, la scuola ha il dovere di fornire gli strumenti per una lettura paritaria del genere. Se il sistema mediatico fornisce una rappresentazione basata solo sulla mercificazione del corpo femminile, la scuola ha il dovere di ristabilire un equilibrio dell'immagine della donna. È indispensabile educare le nuove generazioni - lo sappiamo - al rispetto reciproco delle opinioni e delle condotte diverse dalle proprie, per ottenere in concreto il risultato di prevenire la violenza mediante la formazione, strumento fondamentale. Dobbiamo insegnare ai giovani e alle giovani l'importanza del consenso e di accettare un "no". Solo un "sì" è un "sì".
Presidente, questo disegno di legge fornisce strumenti processuali utili, anche a parere degli operatori del processo, e noi ne diamo un giudizio complessivamente positivo, ma c'è ancora tanto, tantissimo da fare. L'auspicio è che questa legislatura faccia veri passi in avanti, non solo nel sanzionare adeguatamente i reati nei quali spesso si sostanzia la violenza, ma anche nell'azione di prevenzione della violenza. Per far questo è indispensabile cambiare il modello culturale patriarcale che ancora impera in questo Paese; non esiste nessun'altra strada.
Mi permetta di chiudere, Presidente, rivolgendo un saluto a tutte le studentesse e a tutti gli studenti che ieri, durante il minuto di silenzio, hanno invece scelto di gridare la loro rabbia. E un ringraziamento in particolare a Elena Cecchettin, che con le sue parole lucide e consapevoli, in questo suo forte momento di dolore, è stata fonte di ispirazione per tante e tanti di noi, raccontando con le parole giuste la violenza alle donne, senza mistificazioni o scuse. (Applausi).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti del Liceo scientifico sportivo «Alessandro Volta» di Colle di Val d'Elsa, in provincia di Siena, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 923, 92, 327 e 754 (ore 12,45)
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Ternullo. Ne ha facoltà.
TERNULLO (FI-BP-PPE). Signor Presidente, gentili colleghi, Governo, non è la prima volta che il Parlamento affronta il tema della violenza sulle donne, lo ha fatto diverse volte e lo ha già fatto anche quest'anno. Abbiamo infatti approvato la legge n. 122 del 2023, che interviene sulla procedura da seguire nei procedimenti per delitti di violenza domestica e di genere.
Il pubblico ministero ha ora l'obbligo di assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato entro tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato. Si tratta di una norma che fa un altro passo avanti, ma non è risolutiva. Il disegno di legge oggi in Aula è stato esaminato a lungo in Commissione giustizia della Camera e contiene, come tutti abbiamo detto, tante norme e strumenti che incrementano ulteriormente la tutela per le donne.
L'urgenza di approvarlo al più presto ci viene ora dall'ultimo delitto orribile, quello di Giulia, ad opera di colui che era stato il suo ragazzo: lei, una ragazza modello, bella, allegra, studiosa e bravissima, tanto che stava per laurearsi in ingegneria (come già preannunciato dal nostro ministro Bernini, avrà una laurea postuma honoris causa) (Applausi); una ragazza seria, tosta, ma pur sempre una ragazza, ancora molto giovane per avere strumenti per comprendere fino in fondo chi si trovasse davanti.
Lui, sì, era considerato anche lui un bravo ragazzo, fino a quando si è scoperto che nascondeva in sé un autentico mostro, che non solo ha agito d'impulso, ma ha premeditato una vendetta verso la persona che sosteneva di amare, dichiarando oltretutto di non poter riuscire a vivere senza di lei.
Mi chiedo: il delitto di Giulia si sarebbe potuto evitare, se fossero state in vigore le norme che ci accingiamo ad approvare oggi? Purtroppo la risposta è no. È vero: le norme che ora approviamo ci consentiranno sicuramente di fare un ulteriore passo in avanti nel contrasto ad altri casi di violenza sulle donne, ma - lo dico davvero - bisogna trovare nuove disposizioni, consentendo magari al questore di ammonire un soggetto che potrebbe molestare o fare qualcosa di peggio, anche su segnalazione di un amico oppure del parente di una presunta vittima. Serve un atto amministrativo, che può funzionare su un ragazzo, quindi su una famiglia considerata normale, per bene, al fine di spaventarlo e reinserirlo nella comunità e nella normalità.
Nel caso di Giulia, solo sua sorella ci ha detto di essersi accorta che non era un bravo ragazzo e ha parlato di quelle che lei, diversamente da Giulia, considerava molestie. Come già detto, sicuramente le norme inserite in questo disegno di legge serviranno a contrastare la violenza sulle donne e la violenza domestica, ma dobbiamo continuare in questa direzione facendo una riflessione.
Mi collego qui a quanto detto dalla collega Mennuni di Fratelli d'Italia. Una riflessione che deve partire da ogni famiglia è quella sull'educazione che bisogna dare ai propri figli, ricordandosi di far sempre mancare loro qualcosa. È vero, il mestiere di un genitore è veramente difficile, ma dobbiamo farlo. Se mancherà loro qualcosa, saranno in grado di guadagnarsela da soli. Non è solo una considerazione relativa al cosiddetto patriarcato, ma all'educazione dell'intera famiglia che coinvolge noi madri che abbiamo un ruolo fondamentale sull'educazione dei nostri figli maschi.
Possiamo poi seguire anche con l'educazione che deve dare la scuola, che può avere un ruolo importante nei limiti delle ore dedicate all'educazione civica. Un altro ruolo importante può averlo lo sport, che insegna soprattutto a saper perdere, oltre che a guadagnarsi la vittoria. Dico questo perché perdere una gara, così come perdere un affetto, una relazione con una donna, non è la fine del mondo.
Accogliamo quindi certamente con favore le tante norme importanti di questo disegno di legge voluto dal ministro Roccella, ma sono convinta che il lavoro da fare sia ancora tanto e lo faremo. Lo dico da membro della Commissione sul femminicidio, che mi onoro di rappresentare, nella quale lavoriamo costantemente attraverso molteplici audizioni e da lì accogliamo contributi e iniziative utili alla comprensione del tema per arrivare a debellare il fenomeno dell'uccisione delle donne, uccise solo per il fatto di essere tali. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Lopreiato. Ne ha facoltà.
LOPREIATO (M5S). Signor Presidente, colleghi e colleghe, invito la scolaresca che assiste ai nostri lavori a prestare particolare attenzione a quello che si sta dicendo oggi in quest'Aula.
Ricordo a tutti quanto detto l'8 marzo, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Occorre un impegno ulteriore delle istituzioni, della comunità civile, delle donne e degli uomini, insieme, per rimuovere ostacoli, confutare pregiudizi, operando con azioni concrete, contrastando con forza le inaccettabili violenze e i femminicidi, che sono crimini gravissimi da sanzionare con il massimo di severità».
Ebbene, colleghi, devo dire che, grazie a un percorso virtuoso di interventi legislativi e a un lavoro parlamentare trasversale, si è giunti a un assetto normativo - come abbiamo detto più volte in quest'Aula - volto ad anticipare la tutela delle vittime di violenza, a velocizzare l'adozione di provvedimenti a tutela delle donne e a individuare nuove forme di reato. Abbiamo parlato quindi di codice rosso e codice rosso rafforzato e oggi stiamo parlando di questo nuovo disegno di legge. Anzi, sul punto devo dire che il MoVimento 5 Stelle ha cercato anche di accelerarlo ulteriormente, proponendo di discuterlo anche in sede deliberante, cosa che avrebbe evitato l'ulteriore passaggio in Aula.
Una cosa è certa, Presidente: si continuerà a lavorare perché sono i fatti di cronaca e i numeri a reclamare un nostro ulteriore sforzo. In Italia, infatti, si sono verificati 285 omicidi quest'anno esono 102 le vittime donne (Giulia Cecchettini è la centotreesima), di cui 82 uccise in ambito familiare-affettivo. Di queste, 53 hanno trovato la morte per mano del partner o di un ex partner e non c'è Regione italiana immune a questa piaga sociale: è un dramma nazionale che non conosce confini geografici, né barriere sociali.
L'altro giorno, Presidente, ho avuto il piacere di essere invitata ad intervenire a un evento nella mia città, Napoli, che aveva ad oggetto, per l'appunto, la lotta contro la violenza sulle donne. In quell'occasione, ho ascoltato con estrema attenzione quanto riferitomi dall'assessore alle pari opportunità, Emanuela Ferrante, che nella mia città sta facendo un lavoro impeccabile e ho avuto il piacere di confrontarmi con la coordinatrice dei centri antiviolenza e con la responsabile del centro Dafne e mi hanno fornito una serie di dati che ho qui davanti a me e che ho consultato in maniera veramente molto attenta. Orbene, giusto per estrapolare i dati più importanti, in soli dieci mesi, da gennaio a ottobre, soltanto a Napoli, ci sono state 571 segnalazioni. L'unico dato in qualche modo rincuorante è che 270 persone hanno fatto un accesso spontaneo ai centri antiviolenza e quindi hanno denunciato spontaneamente la violenza. Il 45 per cento delle donne vittime non è occupato, nel 34 per cento dei casi l'aggressore è un ex partner non convivente, il 44 per cento delle donne, però, non ha poi sporto denuncia. Ai centri antiviolenza al 100 per cento si rivolgono per essere informate, per essere ascoltate, per una consulenza psicologica o per l'assistenza in un percorso di sostegno. Ho citato questi numeri e queste informazioni per riflettere e per sottolineare l'importanza dei centri antiviolenza.
Su questo, però, devo fare una critica, perché, come evidenziato anche in Commissione, nel disegno di legge di bilancio in merito non c'è nulla: si parla soltanto di 6 milioni di euro per il cosiddetto reddito di libertà, che è di un importo veramente esiguo: praticamente parliamo di 400 euro elargiti per un massimo di dodici mesi una tantum. Trovo che sia un importo estremamente contenuto. Per questo anche in quel caso noi del Movimento non potevamo non attivarci con una corposa attività emendativa, affinché venissero riconosciuti sia un'indipendenza economica alle donne vittime di violenza sia un dovuto rifinanziamento dei centri antiviolenza e delle case di rifugio. (Applausi).
Tanto doverosamente precisato, ritornando al disegno legge in esame, che riguarda le vittime di violenza, io sono stanca di parlare di vittime, perché quando si parla in questi termini significa che qualcosa è già stato consumato, quindi c'è necessità di realizzare ulteriori interventi. Non c'è bisogno delle solite frasi di circostanza, che sono veramente insopportabili quando si parla di violenza sulle donne; penso a un intervento, come abbiamo detto più volte in quest'Aula, sul piano della cultura, dell'educazione; penso a uno sforzo collettivo concreto per porre fine a una realtà che non può più essere ignorata.
Non serve solo prevedere un sistema sanzionatorio più afflittivo, non serve solo anticipare il momento di tutela della vittima; bisogna iniziare dalle radici, dalla base. È lì che bisogna iniziare, è inutile girarci intorno. Quando c'è un'incapacità delle famiglie, per motivi che possono essere lavorativi o sociali, è lo Stato che deve garantire in primis una giusta educazione erogata da soggetti qualificati. Al riguardo il MoVimento 5 Stelle ha presentato, unitamente all'opposizione, un ordine del giorno che prevede l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale, modulata sia nel primo che nel secondo ciclo di istruzione. L'insegnamento sarà trasversale e verrà effettuato in collaborazione con le famiglie e con il supporto tecnico di psicologi, psicoterapeuti e sessuologi esperti.
C'è, infatti, un tema che ancora appare difficile da affrontare a scuola, quello dell'educazione affettiva e sessuale; una questione fondamentale e delicata, ma circondata spesso da numerosi tabù, di cui è intrisa la nostra realtà. La sessualità è parte integrante dell'essere umano e della sua identità; essendo inscindibile dall'educazione generale della persona, deve essere affrontata, oltre che dalla famiglia, anche dalla scuola, in quanto fa parte della sua missione educativa. L'educazione sessuale non prevede solo l'insegnamento degli aspetti cognitivi legati più strettamente alla sessualità biologica, ossia del sapere, ma deve considerare anche l'aspetto relazionale ed emotivo della sessualità, ossia del saper essere in rapporto con gli altri, il rispetto di sé e dell'altro, la capacità di sentire le proprie emozioni e di gestirle. Tutto ciò nella scuola, perché spesso nei contesti familiari, anche difficili e fragili, parlare di sessualità è un tabù, quindi le risposte vengono cercate altrove, ad esempio sul web, sulla Rete, dove c'è il pericolo di pornografia, con tutti gli effetti distorsivi che ne conseguono.
Presidenza del presidente LA RUSSA (ore 12,58)
(Segue LOPREIATO). Io vado spesso a scuola e sono gli stessi insegnanti a dirci che già a dieci o undici anni di età i bambini accedono ai siti porno e lì scoprono il sesso, poi condividono immagini e video con gli altri. Quei ragazzi e quelle ragazze che arrivano all'adolescenza bombardati da falsi messaggi, incapaci di costruire una relazione vera, di gestire un rifiuto, di gestire e di controllare la rabbia, li rendiamo analfabeti emotivi. Non si possono più chiudere gli occhi di fronte a questo. La violenza sulle donne è un fenomeno criminale, sì, ma soprattutto (e tristemente devo dire) è un fenomeno culturale. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Potenti. Ne ha facoltà.
POTENTI (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, ringrazio Elena, Simona, Cinzia, Stefania, Anna, Valeria, Lavinia, Ester, Daniela, Ilaria, Daniela, Ada, Cecilia, Elena: sono i nomi delle colleghe che sono intervenute e che interverranno nella discussione generale di questo provvedimento. Le voglio citare per nome perché così sono elencate anche nel ruolino che ci arriva degli iscritti a parlare e, diversamente dagli uomini, sono citate anche con il nome. Questo credo sia anche un piccolo atteggiamento di sensibilità verso le colleghe intervenute in discussione.
Come abbiamo più volte sostenuto quando trattiamo la legislazione in materia di violenza di genere, mettiamo le mani su un laboratorio normativo che è in continuo aggiornamento, purtroppo stimolato dalla gravissima serie di eventi che quotidianamente siamo costretti a leggere sugli organi di informazione. Questo laboratorio si alimenta peraltro con il contributo, raccolto anche in queste ore attraverso degli ordini del giorno, di ulteriori sensibilità sul tema che sono sicuro si riverseranno all'interno dei futuri provvedimenti normativi.
Ma non finisce qui perché, grazie anche all'aiuto di associazioni di volontari, oggi pomeriggio il Senato ospiterà un evento sull'indipendenza economica, che la collega senatrice, presidente della Commissione giustizia, Giulia Bongiorno, ospiterà e presiederà. Domani avrà luogo un altro evento, che riguarderà le donne custodi e le donne combattenti, dove saremo impegnati con la collega Tilde Minasi. E così sui nostri territori, dove ad esempio tornerò questo fine settimana, dove vi sarà una tre giorni a Massa che vedrà l'impegno davvero unico di forze di polizia, questore e scuole riunite tutte per tre giorni in un evento, "Il ventaglio dell'imperfezione", che svilupperà e aggiornerà studenti delle scuole su strumenti e azioni nei confronti della lotta contro la violenza di genere, la violenza sulle donne e la violenza domestica.
Questo è un passaggio epocale, che il nostro Paese ha già affrontato in materia di terrorismo e lotta alla mafia. Il frutto di questa lotta e di questa guerra che l'Italia non ha mai ripudiato - anzi, oggi intraprendiamo formalmente una nuova battaglia di questa lunga guerra contro la violenza di genere - ha generato un elevato disvalore che è stato acquisito dalla popolazione, che oggi ripugna come elemento culturale proprio qualunque azione, qualunque velleità di organizzazioni criminali che, come ricordavo prima, sono state oggetto di una grande riforma legislativa nel corso degli anni scorsi.
Naturalmente in questa guerra dobbiamo sacrificare anche alcuni principi, alcune libertà, come quella della presunzione di innocenza e la libertà personale, perché purtroppo - lo abbiamo visto in questi giorni - il mostro è in prima pagina, e alimenta una copiosa pubblicistica, tirature, audience, una moderna esigenza di soddisfare le più che motivate aspettative di giustizia della gente. Tanta gente, soprattutto tanti giovani che in queste ore e in questi giorni stanno riempiendo le piazze per manifestare la propria adesione a una guerra senza quartiere che dobbiamo dichiarare contro questo tipo di comportamenti. La grande partecipazione ci dimostra che non si tratta di un problema generalizzato; è un problema che il legislatore deve affrontare con riferimento a una responsabilità penale che è personale, quindi riguarda soggetti specifici, ma che purtroppo colpisce tutto un mondo: anzitutto le vittime della violenza che, ahimè, anche qualora non soccombano sotto il maglio di gesti assolutamente deprecabili e inqualificabili, purtroppo hanno bisogno di assistenza. Hanno bisogno di assistenza anche gli orfani, i figli di quelle coppie vittime della violenza, perché l'autore, quando non è stato anche lui vittima di se stesso, è recluso e lascerà quei ragazzi - fortuna loro se avranno dei parenti sani che riusciranno a crescerli - soli con il problema di doversi adattare.
Il problema di dover accettare anche le conseguenze del disadattamento sociale di persone che, purtroppo, vittime di violenza, troveranno sempre difficoltà a reinserirsi nella normalità e magari sperare, qualora l'età glielo consenta, unitamente al fatto di rimanere in vita, di poter magari ricreare una famiglia.
Noi, purtroppo, dobbiamo fare anche i conti con una ridotta percentuale di reati che nulla ha a che vedere con riferimenti patriarcali, anzi tutt'altro. In questa guerra, lo Stato deve riporre attenzione a una stortura di genere, che affligge l'orientamento della naturale forza maschile verso uno scopo innaturale, che non ha più un sano indirizzo valoriale nel lavoro, nella famiglia, nella protezione del nucleo familiare, ma sembra piegata ad uno schema consumista: voglio, consumo, uso e distruggo.
È un condizionamento mediatico, capace purtroppo di stroncare ogni relazione, attraverso messaggi di omologazione massiva, per cui, se non sei al top, sei fuori; oppure, come si dice in quei giochi televisivi dove devi indovinare il pacco vincente, la tua avventura finisce qui.
No, cari signori, l'avventura delle vittime della violenza non finisce qui e noi dobbiamo trovare la forza di far andare avanti queste persone, di farle continuare a sfidare la vita ed investire su se stesse. E se non vogliamo, appunto, che quei disadattati costino alla società, dobbiamo far sì che gli autori di tali reati rientrino in qualche modo a far parte di quell'ordinato equilibrio sociale che, altrimenti, li vedrebbe come un costo a carico della società. È un impegno che costituzionalmente, ahimè, ci dobbiamo sobbarcare, per far sì che anche queste figure possano in qualche modo tornare a una quasi normalità e non diventare un costo per tutti.
Parlavo di quelli che sono gli obiettivi di questo testo, che noi condividiamo, perché rafforzano strumenti esistenti, come l'ammonimento del questore. È un momento prodromico, che può consentire, grazie all'esperienza delle nostre migliaia di appartenenti alle Forze dell'ordine, di vedere applicati, ad esempio, dei percorsi trattamentali in fase preliminare al compimento di altri atti, magari ben più gravi, che sono comportamenti spia.
Ebbene, molti questori, grazie al protocollo Zeus, stanno verificando quale sia l'efficacia di un intervento preventivo su comportamenti magari non ancora con qualifica di rilevanza penale. Grazie a queste azioni, abbiamo visto crollare, sui soggetti che si sono volontariamente sottoposti a questi periodi di trattamento, la recidiva.
Quindi, dobbiamo spingere anche verso la prevenzione, che non può non toccare la scuola e non può non toccare la famiglia. Certamente al di fuori di una serie di pregiudizi o di deviazioni, anche ideologiche, che spesso e volentieri, anche in queste ore, abbiamo sentito dalla voce di esperti, che poi forse troppo esperti non sono, è fondamentale che queste realtà, come la scuola e la famiglia, vengano seguite da professionalità in grado di garantire una sana capacità di indirizzo e una altrettanto efficace capacità di intercettare comportamenti che potrebbero, ahimè, sfociare in futuro anche in ben peggiori conseguenze.
E poi occorre lavorare su tutti quegli elementi che costituivano, all'interno della nostra società, dei grandi momenti di verifica delle capacità attitudinali di ognuno di noi. Penso alla leva militare, che oggi magari dovremmo chiamare in un'altra maniera, per costruire un impegno civico che veda i ragazzi, in qualche modo, forzare il proprio spirito e la propria capacità di adattamento, per fare qualcosa per la comunità. Ovviamente, non posso non pensare anche all'aspetto religioso di quei tanti parroci, di quelle tante figure ecclesiali che hanno dato, come abbiamo visto anche durante i lavori sul decreto Caivano, un fortissimo contributo alla lotta al disagio.
Pertanto, come anticiperà poi l'intervento in dichiarazione di voto, la Lega non può che essere a favore di questo ulteriore tassello della grande guerra contro la violenza di genere. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice D'Elia. Ne ha facoltà.
D'ELIA (PD-IDP). Signor Presidente, colleghe e colleghi, noi oggi discutiamo un disegno di legge a cui molto responsabilmente abbiamo guardato, lavorando sul merito delle questioni, pensando alle donne che concretamente nella loro vita conoscono la violenza, a come aiutarle, a come fare seriamente quella che si chiama prevenzione secondaria.
Questo disegno di legge si ispira anche a un lavoro fatto da noi nella passata legislatura, alla relazione della Commissione femminicidio presieduta dalla senatrice Valente. Quindi discutiamo un testo che oggettivamente è condiviso e che abbiamo cercato di migliorare con il lavoro alla Camera, come è stato ricordato anche nel dibattito di stamattina, impedendo alcune cose che erano particolarmente odiose, come l'ammonimento nei casi di violenza sessuale, così come ci avevano chiesto le associazioni dei centri antiviolenza nelle audizioni svolte alla Camera.
Abbiamo sempre detto, però, e continuiamo a dirlo, che le riforme non si fanno a costo zero, che non ci sono risorse sulla formazione degli operatori e delle operatrici, tema che abbiamo imposto anche nell'articolato, ma che non ha avuto risposte sul piano dei finanziamenti e che auspichiamo di poter toccare ancora nel prosieguo della discussione.
Nell'articolo 6 del disegno di legge al nostro esame per la prima volta parliamo di una formazione specifica della magistratura ed è un passo in avanti. Sappiamo però che c'è una grandissima questione di cultura, anche di chi ha a che fare con queste norme e le deve applicare per evitare quella che viene chiamata vittimizzazione secondaria, per evitare la sottovalutazione della violenza, per evitare la sottovalutazione del rischio. Anche in questi giorni abbiamo letto nelle statistiche che in occasione dell'avvicinarsi del 25 novembre ci vengono fornite, che siamo ancora un Paese fortemente segnato da stereotipi. L'Istat addirittura stamattina parlava del 48,7 per cento delle italiane e degli italiani. Abbiamo sentito narrazioni tossiche, fatemelo dire, per cui il fatto che ci siano uomini che ammazzano le donne sarebbe colpa delle madri che non hanno saputo educare, oppure che sia colpa delle donne che non riescono a denunciare il fatto che ci sia tanta violenza. Ancora una volta è sempre e comunque colpa delle donne.
Abbiamo posto anche per questo, anche discutendo di questo provvedimento, un tema più generale che la maggioranza non ha voluto affrontare in questo testo. La cultura, la necessità del cambiamento culturale e di lavorare sulla prevenzione primaria. La gran parte delle risorse noi le mettiamo ancora troppo sulla punizione e soprattutto la gran parte delle norme che abbiamo previsto intervengono su questo e non sulla prevenzione. Uno studio di Action Aid ci dice che solo il 12 per cento delle risorse che complessivamente mettiamo sulla violenza va in questo settore.
Con questo disegno di legge, quindi, facciamo una cosa importante: interveniamo per migliorare le misure, ma a violenza avvenuta; continuiamo a muoverci nell'ambito del sistema penale e bisogna farlo per salvare le donne che denunciano, ma non basta. Tutto ci dice che in un Paese dove muore una donna per mano di un uomo ogni tre giorni, noi dobbiamo affrontare il tema della cultura patriarcale che produce violenza, perché questi uomini non sanno convivere con la libertà delle donne. Lasciatemi dire ciò con buona pace del signor Alessandro Amadori, coordinatore dei consulenti del ministro Valditara (Applausi), che parla di donne causa delle violenze e di esistenza di ginnarche. Non è per amore di polemica, ma non si può avere un negazionista, uno per il quale il patriarcato non esiste e la violenza non ha un tratto di genere a coordinare questi progetti. Nega esattamente quel tratto strutturale di cui ci parla la Convenzione di Istanbul. Come negare che l'uomo è andato sulla luna. Non possiamo, così come non possiamo accontentarci di un progetto extracurricolare. Questo lo chiede il Paese. Risuonano altre domande e altre parole.
Il femminicidio di Giulia Cecchettin, che si aggiunge a una lunga lista (come purtroppo dobbiamo ricordare ogni volta), ha scosso le coscienze come non mai, aprendo uno squarcio proprio sul dato culturale, sull'insopportabilità di questa contabilità a cui nessuna pena esemplare potrà dare risposta, se non si affronta ciò che la produce. Una ragazza ha trovato le parole per dirlo, Elena, la sorella di Giulia: i mostri non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. Ha parlato di controllo, di possessività, di cat calling. Non tutti gli uomini, ma sempre uomini; e ha richiamato alla responsabilità. E qui lo voglio dire, Presidente, tramite lei anche al senatore Renzi, che intervenendo prima ha detto di non condividere. Ma in questo caso la responsabilità è nel senso di impegnarsi, di avere a cura, di parole che chiamano alla responsabilità ognuno e ogni giorno. Se vedi un amico che; non è colpevolezza, ma è fare, agire per sconfiggere la violenza, agire in quanto uomini. Il femminicidio - sono sempre parole della ragazza - non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un'educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l'amore non è possesso.
Ieri nelle scuole italiane sono risuonate le parole di ragazze e ragazzi contro la violenza, parole che raccoglievano il messaggio di Elena Cecchettin, che ha trasformato un dolore privato in una questione politica, perché la violenza maschile contro le donne è una questione politica, come ci mostra il bellissimo film di Cortellesi, nel suo finale eccezionale da questo punto di vista. Se non la trattiamo così, facendola uscire dalla cronaca nera, non abbiamo capito nulla; e penso che i ragazzi e le ragazze l'abbiano capito. Io non so se, come sostiene la scrittrice Chiara Valerio, Elena Cecchettin sia una moderna Antigone. Ma noi siamo chiamati come Parlamento a fare norme, quando i decreti ce lo consentono; e credo sia tempo, attraverso le norme, di dare... (Il microfono si disattiva automaticamente).
Ho concluso, Presidente. In ogni ordine e grado della scuola, senza paura di parlare di sessualità e affettività, credo sia tempo di dare forza attraverso le norme alle cose che le scuole in parte già fanno, ma che sono troppo legate alla sensibilità. Sostenere la comunità educante: è questo che anche ieri i ragazzi hanno chiesto, con chiarezza.
PRESIDENTE. Si avvii a concludere, grazie.
D'ELIA (PD-IDP). La politica deve andare oltre: cultura non è solo scuola, ma è anche scuola. È la nostra convivenza a cui dobbiamo parlare, questa attenzione a questa responsabilità che Elena Cecchettin ci chiede. È la società tutta che deve dire "ora basta", ogni giorno. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Leonardi. Ne ha facoltà.
LEONARDI (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, prevenzione, protezione e certezza della pena sono i cardini del disegno di legge contro la violenza che ci apprestiamo ad approvare oggi in via definitiva. Un disegno di legge che rafforza le norme antiviolenza, soprattutto sul fronte della prevenzione, consapevoli che il fattore tempo è una variabile essenziale e che un intervento tempestivo può fare la differenza per riuscire a salvare la vita di una donna.
Abbiamo rafforzato l'istituto dell'ammonimento del questore, estendendolo ai cosiddetti reati spia, atti subdoli, a volte violenti, come lesioni, percosse, ma anche minacce, che troppo spesso ormai rappresentano il preludio di un percorso di violenza in ambito relazionale e familiare e di una possibile escalation che va tempestivamente attenzionata e fermata. Abbiamo previsto che i processi in materia di violenza contro le donne abbiano uno svolgimento rapido, ampliando le fattispecie per le quali si assicura la priorità e stabilendo un termine massimo di venti giorni perché il pubblico ministero valuti la necessità di applicare misure cautelari nei confronti del maltrattante.
Con l'approvazione di questo disegno di legge, misure previste dal codice antimafia, come la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, l'obbligo di dimora o quello di mantenere una distanza non inferiore ai 500 metri, potranno essere utilizzate a tutela delle donne che trovano il coraggio di denunciare.
Per proteggerle abbiamo previsto anche l'arresto in flagranza differita sulla base di documentazione video fotografica e il rafforzamento delle misure cautelari in carcere e del braccialetto elettronico, insieme all'immediata comunicazione alla vittima di violenza di tutte quelle notizie sulle misure cautelari.
Se un maltrattante viene scarcerato, se un aguzzino si sottrae alla giustizia, la donna che ha denunciato deve essere avvisata subito perché non si ritrovi poi quell'aguzzino sotto casa o dietro la porta, pronto a compiere l'estremo evento sulla donna che ha avuto il coraggio e la forza di denunciarlo.
Nel disegno di legge al nostro esame è prevista anche una provvisionale a titolo di ristoro anticipato per le vittime, che altrimenti avrebbero dovuto attendere l'acquisizione della sentenza di condanna.
Un altro aspetto qualificante del provvedimento è quello che riguarda l'adeguata formazione degli operatori che a vario titolo entrano in contatto con le donne vittime di violenza, attraverso la predisposizione di linee guida nazionali per avere su tutto il territorio un approccio condiviso. Quanto è importante che chi trova il coraggio di chiedere aiuto trovi poi ad accoglierlo persone capaci di comprendere la complessità di quel percorso o leggere anche quei segnali, là dove una donna non riesce a chiedere aiuto e superare quella barriera? Penso ai pronto soccorso, alle realtà sociali, alle quali una donna si rivolge magari per altro, nascondendo invece la volontà di denunciare e soprattutto di chiedere aiuto.
L'atto che approviamo oggi è un grande passo avanti contro la violenza sulle donne con un obiettivo unitario, anche se mi dispiace a volte non sentir parlare di un percorso da fare insieme, ma vedere la voglia di dividersi e di fare distinguo o utilizzare anche un provvedimento che poi sarà approvato all'unanimità per attaccare questo Governo.
È un provvedimento che mira a migliorare la tutela complessiva delle vittime di violenza attraverso una protezione immediata e la valutazione preventiva dei rischi della donna che subisce, soprattutto quando vuole denunciare. Vi è poi il rafforzamento delle misure contro la reiterazione di quei reati che fortunatamente la donna ha trovato il coraggio di denunciare.
Voglio ringraziare il presidente del Consiglio Meloni, tutti i Ministri coinvolti in un lavoro corale e le Commissioni parlamentari per il lavoro che è stato svolto per portare celermente in approvazione questo pacchetto di norme, che intervengono laddove si sono rilevate le maggiori criticità di intervento nel nostro sistema normativo che ormai si sta rodando e si sta arricchendo di dati per correggere e migliorare questa macchina.
Al nostro Governo va riconosciuto di aver intrapreso fin dal primo insediamento iniziative concrete per contrastare questo odioso fenomeno, che continua a presentare ogni anno un conto elevatissimo in termini di vittime e che sappiamo, nelle tante sfaccettature in cui si esercita la violenza, da quella fisica a quella psicologica, fino a quella economica, rappresentano ancora purtroppo la punta di un iceberg rispetto a chi invece per paura non riesce ancora a denunciare.
Un passo importante è stato percorso anche in tema di risorse economiche stanziate. Diciamo sempre che per fare le cose servono le risorse, rivendichiamo allora che i fondi per i centri antiviolenza sono stati quasi raddoppiati (Applausi), passando in maniera strutturale dai 35 milioni, previsti in precedenza, ai 55 milioni di euro, previsti ora.
Insieme alle misure concrete, al lavoro sulle leggi e sulla formazione, dobbiamo lavorare anche ad un cambiamento culturale nella lotta contro la violenza di genere, partendo soprattutto dalle nuove generazioni, dai giovani di oggi che saranno gli uomini e le donne di domani. Serve partire proprio dalla presa di coscienza di questo problema anche all'interno delle scuole, favorendo un dialogo diretto fra i ragazzi e portando l'esperienza delle vittime per coltivare l'empatia e far crescere la consapevolezza.
In questa società, basata sul consumo e sul possesso, dobbiamo aiutare i nostri ragazzi a capire che una donna, una ragazza, non è un oggetto da possedere, che le delusioni e i dolori fanno parte della vita e dobbiamo viverli, ma mai pensare di risolverli cancellando la persona che ci ha detto un no. (Applausi).
Da quanto emerge dalle casistiche denunciate, sappiamo che questo è un fenomeno che permea trasversalmente la nostra società: non si salva nessuno, né per fascia di età, né per stato sociale, né per status economico. Per questo è proprio dai giovani che dobbiamo partire. È proprio sul fenomeno della dipendenza economica, che porta molte donne a non denunciare per paura di non sapere domani cosa fare o dove andare, senza una casa in cui portare i propri figli, che la Commissione bicamerale d'inchiesta sul femminicidio e sulle altre forme di violenza ha iniziato la prima indagine conoscitiva.
Molte cose ci sarebbero ancora da dire e certamente continueremo a porre in essere azioni concrete per contrastare questo odioso fenomeno e proteggere ogni donna che vive una situazione di pericolo. In questi giorni, non riesco a togliermi dalla mente il sorriso tenero di Giulia Cecchettin, un sorriso pulito, solare, che tanto stride invece con la violenza e l'orrore che ha dovuto subire. Come in un domino della memoria, mi appare quell'abbraccio al suo pancione di Giulia Tramontano o la fascia rossa fra i capelli ad incorniciare il volto nel selfie che si è fatta Saman Abbas: istantanee di vita rubate all'affetto dei propri cari e al proprio futuro da chi avrebbe dovuto amarle e proteggerle. È per loro e per tutte le donne che continueremo questo percorso e lo faremo insieme per Giulia. Utilizzerò, in conclusione, proprio le parole del padre di Giulia, di un uomo, che ha detto: «L'amore vero non urla, non picchia, non uccide». (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.
Sui lavori del Senato
PRESIDENTE. Colleghi, la Conferenza dei Capigruppo si è riunita, grazie alla disponibilità di tutti i Presidenti dei Gruppi, durante i lavori dell'Assemblea, perché abbiamo ritenuto di non limitare in alcun modo la lunga discussione generale su questo provvedimento e ringrazio i senatori che, sia pure alternandosi, hanno seguito i lavori.
Comunico, pertanto, che la Conferenza dei Capigruppo ha approvato modifiche e integrazioni al calendario corrente e il nuovo calendario dei lavori fino al 12 dicembre.
Nella seduta di domani, alle ore 12, si terrà la votazione a scrutinio segreto mediante schede per l'elezione di un Vice Presidente, attese le dimissioni del vice presidente Gasparri. Alle ore 15 resta confermato il Premier question time, con la presenza dell'onorevole Giorgia Meloni.
La prossima settimana, con sedute senza orario di chiusura, da mercoledì 29 novembre, alle ore 16,30 - martedì e mercoledì mattina si riuniscono solo le Commissioni che hanno bisogno di lavorare, in quanto avrebbero dovuto riunirsi in realtà di più questa settimana, ma poi abbiamo dovuto fare aggiunte ai lavori di Assemblea, per cui lasciamo loro lo spazio - e fino a venerdì 1° dicembre compreso, se necessario, saranno discussi i seguenti argomenti: ratifiche di accordi internazionali (mercoledì); dalla sede redigente, la dichiarazione di monumento nazionale del Teatro Olimpico di Vicenza; il decreto-legge in materia di immigrazione e sicurezza, attualmente all'esame della Camera dei deputati, ma che confidiamo sia pronto e arrivi per quel momento.
Mercoledì 29 novembre, alle ore 9,30, è convocato il Parlamento in seduta comune per l'elezione di un giudice della Corte costituzionale. Voteranno per primi gli onorevoli senatori.
La settimana seguente, con sedute dal 5 al 7 dicembre (Sant'Ambrogio), saranno discussi il decreto-legge per la prevenzione del rischio sismico nei Campi Flegrei, attualmente all'esame della Camera dei deputati, nonché il decreto-legge recante misure in materia economica e fiscale.
Prevediamo che la discussione del disegno di legge di bilancio dello Stato possa avere inizio nella giornata di martedì 12 dicembre.
La Conferenza dei Capigruppo tornerà a riunirsi martedì 5 dicembre per stabilire il prosieguo dei lavori.
Programma dei lavori dell'Assemblea, integrazioni
PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, riunitasi oggi, con la presenza dei Vice Presidenti del Senato e con l'intervento del rappresentante del Governo, ha adottato - ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento - la seguente integrazione al programma dei lavori del Senato per i mesi di novembre e dicembre 2023:
- Disegno di legge n. 821 - Dichiarazione di monumento nazionale del Teatro Olimpico di Vicenza (dalla sede redigente)
Calendario dei lavori dell'Assemblea
PRESIDENTE. Nel corso della stessa riunione, la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari ha altresì adottato - ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento - modifiche e integrazioni al calendario corrente e il calendario dei lavori dell'Assemblea fino al 12 dicembre:
| Giovedì | 23 | novembre | h. 12 | - Votazione per l'elezione di un Vice Presidente (votazione a scrutinio segreto mediante schede)
- Interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento, al Presidente del Consiglio dei ministri (ore 15) |
| Mercoledì | 29 | novembre | h. 16,30 | - Ratifiche di accordi internazionali
- Disegno di legge n. 821 - Dichiarazione di monumento nazionale del Teatro Olimpico di Vicenza (dalla sede redigente)
- Disegno di legge n. … - Decreto-legge n. 133, Immigrazione e sicurezza (ove approvato dalla Camera dei deputati) (scade il 4 dicembre) |
| Giovedì | 30 | " | h. 10 | |
| Venerdì | 1° | dicembre | h. 10 (se necessaria) |
Mercoledì 29 novembre, alle ore 9,30, è convocato il Parlamento in seduta comune per l'elezione di un giudice della Corte costituzionale. Voteranno per primi gli onorevoli senatori.
Il termine di presentazione degli emendamenti al disegno di legge n. … (Decreto-legge n. 133, Immigrazione e sicurezza) sarà stabilito in relazione ai lavori della Commissione.
| Martedì | 5 | dicembre | h. 16,30 | - Disegno di legge n. … - Decreto-legge n. 140, Prevenzione del rischio sismico nei Campi Flegrei (ove approvato dalla Camera dei deputati) (scade l'11 dicembre)
- Disegno di legge n. 912 - Decreto-legge n. 145, Misure in materia economica e fiscale (scade il 17 dicembre) |
| Mercoledì | 6 | " | h. 10 | |
| Giovedì | 7 | " | h. 10 |
I termini di presentazione degli emendamenti ai disegni di legge n. … (Decreto-legge n. 140, Prevenzione del rischio sismico nei Campi Flegrei) e n. 912 (Decreto-legge n. 145, Misure in materia economica e fiscale) saranno stabiliti in relazione ai lavori delle Commissioni.
| Martedì | 12 | dicembre | h. 16,30 | - Disegno di legge n. 926 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026 (voto finale con la presenza del numero legale) |
Il termine di presentazione degli emendamenti al disegno di legge n. 926 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026) sarà stabilito in relazione ai lavori della Commissione.
Il calendario sarà integrato con la votazione per l'elezione di un senatore Segretario.
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. ...
(Decreto-legge n. 133, Immigrazione e sicurezza)
(Gruppi 3 ore, escluse dichiarazioni di voto)
| FdI |
| 38' |
| PD-IDP |
| 26' |
| L-SP-PSd'AZ |
| 23' |
| M5S |
| 22' |
| FI-BP-PPE |
| 18' |
| Misto |
| 15' |
| IV-C-RE |
| 13' |
| Aut (SVP-PATT, Cb) |
| 13' |
| Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE |
| 13' |
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. ...
(Decreto-legge n. 140, Prevenzione del rischio sismico nei Campi Flegrei)
(Gruppi 3 ore, escluse dichiarazioni di voto)
| FdI |
| 38' |
| PD-IDP |
| 26' |
| L-SP-PSd'AZ |
| 23' |
| M5S |
| 22' |
| FI-BP-PPE |
| 18' |
| Misto |
| 15' |
| IV-C-RE |
| 13' |
| Aut (SVP-PATT, Cb) |
| 13' |
| Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE |
| 13' |
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 912
(Decreto-legge n. 145, Misure in materia economica e fiscale)
(Gruppi 4 ore, escluse dichiarazioni di voto)
| FdI |
| 50' |
| PD-IDP |
| 35' |
| L-SP-PSd'AZ |
| 30' |
| M5S |
| 30' |
| FI-BP-PPE |
| 24' |
| Misto |
| 20' |
| IV-C-RE |
| 17' |
| Aut (SVP-PATT, Cb) |
| 17' |
| Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE |
| 17' |
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 926
(Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024
e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026)
(30 ore, escluse dichiarazioni di voto)
| Relatori di maggioranza | 3 h |
|
| Relatori di minoranza | 1 h |
|
| Governo | 3 h |
|
| Votazioni | 5 h |
|
| Gruppi 18 ore, di cui: |
|
|
| FdI | 3 h | 46' |
| PD-IDP | 2 h | 37' |
| L-SP-PSd'AZ | 2 h | 16' |
| M5S | 2 h | 14' |
| FI-BP-PPE | 1 h | 47' |
| Misto | 1 h | 29' |
| IV-C-RE | 1 h | 18' |
| Aut (SVP-PATT, Cb) | 1 h | 16' |
| Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE | 1 h | 16' |
BOCCIA (PD-IDP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOCCIA (PD-IDP). Signor Presidente, chiedo una sospensione dei lavori di dieci minuti solo per mettere a posto i dettagli sugli ordini del giorno sui quali - come è noto - con i Gruppi stiamo lavorando e collaborando.
PRESIDENTE. Senatore, sa che abbiamo addirittura riunito la Conferenza dei Capigruppo senza sospendere i lavori dell'Assemblea. Naturalmente non ho intenzione di non accogliere la sua richiesta, ma la prego di tener presente che fra dieci minuti ricominciamo.
Sospendo la seduta per dieci minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 13,31, è ripresa alle ore 13,43).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 923, 92, 327 e 754 (ore 13,43)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la relatrice.
CAMPIONE, relatrice. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il dibattito che si è svolto questa mattina ha dimostrato ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, quanto i senatori si siano dedicati, con dedizione, competenza e - lasciatemelo dire - anche con passione, al tema in esame. Ognuno lo ha fatto con la sua competenza, la sua sensibilità e la sua cultura politica. Ma questa diversità - a mio parere - non è un ostacolo; anzi, credo sia una ricchezza di strumenti che potrà portarci a raggiungere più efficacemente quello che è un obiettivo comune.
Ho ascoltato con attenzione gli interventi dei colleghi.
È stata messa in evidenza l'importanza della specializzazione degli operatori del diritto, dell'introduzione dell'educazione al rispetto nelle scuole, la necessità di riflettere sull'aumento delle fasi di violenza contro le donne. Solo stati sottolineati l'importanza della violenza economica, il ruolo fondamentale dei centri antiviolenza e delle case rifugio e anche la complessità del fenomeno, che non conosce età né collocazione geografica e neanche sociale.
Tutto questo ci trova tutti concordi e non potrebbe essere diversamente. È vero: le nostre culture politiche sono diverse e ci portano a fare analisi diverse del fenomeno, ma siamo tutti uniti dalla determinazione di sconfiggere questa piaga.
Il mio auspicio è che qui oggi, in quest'Aula, noi possiamo puntare su ciò che ci accomuna. Poi, dovremo certamente confrontarci sulle differenze; anzi, dobbiamo farlo, perché di questo tema si deve parlare di più. La discussione e l'esame del problema devono entrare nei gangli della nostra società, devono diventare patrimonio comune. Ma questo disegno di legge, oggi, qui rappresenta indiscutibilmente un grande passo avanti per tutti noi. Uniamoci su questo. Le grandi rivoluzioni si fanno a piccoli passi e noi siamo certamente in cammino. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la rappresentante del Governo.
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Signor Presidente, quella di oggi è una bella pagina che abbiamo scritto insieme. Io ringrazio tutti quelli che hanno contribuito a scriverla, in uno spirito di condivisione e di leale collaborazione, a partire dai ministri Nordio e Piantedosi, che hanno firmato, insieme a me, il disegno di legge del Governo, e poi le relatrici e gli altri componenti del Governo che hanno seguito il provvedimento, i Presidenti e i membri delle Commissioni parlamentari coinvolte alla Camera e qui al Senato.
Ho già detto, dopo il voto alla Camera, che aver visto, fin dal primo voto sugli articoli della legge, tutte le luci verdi che si accendevano è stata una vera emozione. È un'emozione perché questa legge introduce misure che possono fare, in tanti casi, la differenza fra la vita e la morte. Averla votata tutti insieme testimonia che, sulla lotta contro la violenza sulle donne e contro i femminicidi, c'è davvero una volontà politica condivisa, che supera le divisioni e le diverse appartenenze.
È una legge, questa, che si pone nel solco del codice rosso, cioè della necessaria urgenza con cui vanno colti i segnali di rischio, gli atteggiamenti aggressivi, le minacce, le persecuzioni, per interrompere il ciclo della violenza, per proteggere la donna che ha la forza di denunciare, che si ribella al ruolo di vittima. Lo abbiamo detto più volte: si tratta di norme che intervengono sulla prevenzione più che sulla repressione, per facilitare il ricorso alle misure cautelari, per rafforzarle per assicurare tempi certi e brevi da parte della magistratura. Sappiamo che tutto questo e la rapidità nella valutazione del rischio e nell'assunzione di misure di tutela adeguate possono davvero salvare vite; non tutte, certamente.
Non avrebbero potuto salvare Giulia Cecchettin, per esempio, né altre donne che non sospettavano la violenza che covava nel cuore dell'uomo che sosteneva di amarle e che non avevano avuto segnali di rischio da parte di quelli che la sorella di Giulia ha definito "bravi ragazzi". Certo, è necessario intervenire su molti altri fronti. Vogliamo produrre un cambiamento culturale, se vogliamo spezzare quella che, non una femminista, ma un grande Pontefice ha definito il giogo della dominazione di un sesso sull'altro.
Promuovere e stimolare un cambiamento culturale è un'impresa impegnativa e per riuscirci dobbiamo andare avanti con il metodo che abbiamo seguito oggi su questa legge; un metodo di condivisione, di confronto aperto, ma anche di riflessione seria, di elaborazione attenta. Questo disegno di legge, infatti, è nato non da un'impostazione ideologica, ma da una verifica puntuale dei fatti, da un esame dei risultati prodotti dalla normativa precedente, dalle smagliature che abbiamo toccato con mano nell'applicazione delle misure già messe in campo.
Abbiamo tenuto conto delle proposte, delle idee e delle valutazioni di chi su questo tema aveva maturato un'esperienza, così come delle importanti conclusioni raggiunte nella passata legislatura dalla Commissione femminicidio. Insomma, siamo partiti da idee suffragate da numeri e fatti e così dobbiamo continuare a fare.
Sappiamo tutti che una legge, anche la migliore, non basta, che serve un'azione vasta e tenace di educazione e formazione. Lo abbiamo detto fin dall'inizio, dalla stessa conferenza stampa in cui abbiamo presentato il disegno di legge mesi fa, annunciando che lo avremmo accompagnato con una campagna di sensibilizzazione contro la violenza, in particolare nelle scuole. Non a caso oggi, con i Ministri dell'istruzione e della cultura abbiamo presentato i progetti che a suo tempo abbiamo annunciato.
Ma, se vogliamo intervenire con efficacia, in particolare con nuove leggi, dobbiamo verificare che le azioni che vogliamo mettere in campo siano le più adeguate e abbiano dato buoni risultati laddove sono state già applicate, che siano appunto idee suffragate da numeri e fatti (per esempio per quanto riguarda l'educazione e la formazione nelle scuole). Dobbiamo vagliare quello che è stato fatto altrove e quali misure si sono rivelate davvero buone pratiche. In questo compito potrebbe aiutarci la nuova Commissione bicamerale contro il femminicidio che già sta lavorando con impegno ed elaborando nuove proposte.
Il voto di oggi, dunque, in questa legislatura è solo un primo passo, ma è davvero un passo importante che testimonia e raccoglie l'impegno di tutti per fermare quella catena di sofferenza e di morte che non possiamo più tollerare. Quindi ancora un ringraziamento a tutti. (Applausi).
PRESIDENTE. Comunico che sono pervenuti alla Presidenza - e sono in distribuzione - i pareri espressi dalla 5a Commissione permanente e dal Comitato per la legislazione sul disegno di legge in esame, che verranno pubblicati in allegato al Resoconto della seduta odierna.
Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge n. 923, nel testo approvato dalla Camera dei deputati.
Procediamo all'esame dell'articolo 1, sul quale sono stati presentati ordini del giorno che si intendono illustrati e su cui invito la relatrice e la rappresentante del Governo a pronunziarsi.
CAMPIONE, relatrice. Signor Presidente, sull'ordine del giorno G1.1 (testo 2) il parere è ostativo sulle premesse e sull'ultimo capoverso.
PRESIDENTE. Non ho capito bene. L'ultimo capoverso qual è? Da quello che ha detto sembra che il parere sia ostativo su tutto l'ordine del giorno.
Le chiedo di chiarire su quali parti dell'ordine del giorno il parere è favorevole, sempre se su qualcosa è favorevole perché non è obbligatorio. (Brusio).
CAMPIONE, relatrice. (Il microfono si disattiva) ...favorevole. Il parere è altresì contrario sulle premesse e sull'ultimo capoverso.
PRESIDENTE. Sospendo la seduta per due minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 13,54, è ripresa alle ore 13,56).
Invito la rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli ordini del giorno in esame.
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Signor Presidente, sull'ordine del giorno G1.1 (testo 2) esprimo parere contrario sull'ultimo capoverso delle premesse, da «ebbene, alla data odierna» fino a «violenza domestica». Esprimo invece parere favorevole sull'impegno.
PRESIDENTE. Cioè l'ultimo capoverso prima dell'impegno, che è il penultimo capoverso. Corretto?
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Corretto.
PRESIDENTE. Quindi chiede ai presentatori di eliminare l'ultimo capoverso per avere il parere favorevole, altrimenti il parere è contrario. È corretto?
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. È corretto.
Esprimo parere favorevole sull'ordine del giorno G1.2 (testo 2), se l'impegno viene riformulato come segue: «a promuovere, per quanto di propria competenza, la calendarizzazione dei disegni di legge che intervengono sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e la violenza domestica a completamento della normativa vigente in tempi rapidi».
Sull'ordine del giorno G1.3 esprimo parere contrario sulle premesse e parere favorevole sull'impegno, con la seguente riformulazione: «ad adoperarsi per porre in essere tutte le misure necessarie per contrastare efficacemente i fenomeni di violenza attraverso le politiche attive già delineate dalla Convenzione di Istanbul, potenziando ulteriormente lo stanziamento di finanziamenti diretti al sostegno e al potenziamento dei centri antiviolenza e case rifugio e alla tutela delle vittime di violenza di genere previsti dal decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, anche mediante l'adozione di opportune iniziative volte a promuovere la semplificazione dell'iter di assegnazione delle risorse, al fine di ridurre i ritardi nella distribuzione di esse».
PRESIDENTE. Quindi, si cambia l'impegno con queste parole. E la premessa?
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. La premessa va bene e, quindi su di essa vi è il parere favorevole.
PRESIDENTE. In realtà, mi sembrava che alla premessa avesse detto parere contrario.
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Sì, ha ragione, alle premesse il parere è contrario.
PRESIDENTE. Allora, è contrario sulla premessa, ma, votandolo separatamente, favorevole all'impegno, purché modificato come dice lei. Andiamo al G1.4.
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Per quanto riguarda l'ordine del giorno G1.4, non abbiamo problemi sulla premessa. Esprimo parere favorevole, con la seguente riformulazione dell'impegno: «a valutare l'opportunità di prevedere per il caso di violenza sessuale di gruppo aggravata un ulteriore inasprimento della pena».
Esprimo parere favorevole sull'ordine del giorno G1.5 con la seguente riformulazione dell'impegno: «a valutare l'opportunità di assumere le opportune iniziative, anche di carattere normativo, oltre che in termini di organizzazione degli uffici preposti, al fine di risolvere le problematiche di cui in premessa, con particolare riferimento alla necessità di prevedere protocolli di presa in carico di minori che hanno perso un genitore e l'altro è detenuto o entrambi, nonché di rafforzare la comunicazione e l'informazione delle vittime in merito alle opportunità contenute nella legge n. 4 del 2018».
PRESIDENTE. La premessa andava bene?
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Sì, Presidente.
Esprimo poi parere favorevole sull'ordine del giorno G1.6 con la seguente riformulazione dell'impegno: «a valutare l'opportunità di prevedere normativamente che la mancata partecipazione ai percorsi di recupero da parte del soggetto ammonito ovvero la valutazione negativa riportata all'esito degli stessi, sia comunicata al questore ai fini della valutazione della pericolosità sociale dell'interessato, per l'applicazione di una misura di prevenzione più adeguata e maggiormente rispondente alla tutela della persona offesa, come la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza».
Esprimo parere favorevole sull'ordine del giorno G1.7 con la riformulazione dell'impegno volta ad inserire «a valutare l'opportunità di» all'inizio e l'eliminazione del quarto capoverso dell'impegno di cui do lettura: «introdurre nel codice penale una disposizione che configuri la violenza sulle donne con disabilità come fattispecie autonoma di reato».
PRESIDENTE. Il senatore Bazoli fa cenno di accettare la riformulazione dell'ordine del giorno G1.1 (testo 2).
Senatore Verini, accetta la riformulazione dell'ordine del giorno G1.2 (testo 2)? Senatore, intervenga cercando di dare risposta al quesito.
VERINI (PD-IDP). Signor Presidente, accetto la riformulazione dell'ordine del giorno G1.2 (testo 2). Detto questo, però, nel dizionario dei sinonimi e contrari, sinonimi di breve sono corto, sintetico, telegrafico, stringato, spedito e rapido; i contrari sono lungo e interminabile. L'ordine del giorno voleva semplicemente autovincolarci a fare presto. Accetto la riformulazione, prendendola però come impegno di tutti noi a fare in tempi brevi. (Applausi).
PRESIDENTE. Breve vuol dire breve, non c'era bisogno di una particolare spiegazione, fino a lì ci arriviamo tutti. Breve è l'opposto di lungo.
Il parere del Governo sull'ordine del giorno G1.3 è contrario sulle premesse, ma favorevole con la nuova riformulazione. La senatrice Cucchi, accetta la riformulazione?
CUCCHI (Misto-AVS). Sì, Presidente.
SIRONI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIRONI (M5S). Signor Presidente, intervengo perché vorrei aggiungere la mia firma all'ordine del giorno G1.3 (testo 2).
PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto.
SIRONI (M5S). Vorrei anche richiamare nell'intervento svolto in discussione generale dalla collega Lopreiato l'importanza dell'aumento del finanziamento per le case rifugio.
PRESIDENTE. La ringrazio, non è questo il momento.
Senatrice Stefani accetta la riformulazione dell'ordine del giorno G1.4?
STEFANI (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, accettiamo tutte le riformulazioni proposte dal Governo.
PRESIDENTE. Quindi anche le riformulazioni sugli ordini del giorno G1.5, G1.6 e G1.7: tutte le modifiche proposte dal Ministro sono accolte.
Possiamo quindi procedere alla votazione di questi ordini del giorno, se insistete, ma essendoci accordo su tutto, credo che un applauso corale sia meglio di tante votazioni. (Applausi). È molto bello, grazie.
Essendo stati accolti dal Governo, gli ordini del giorno G1.1 (testo 3), G1.2 (testo 3), G1.3 (testo 2), G1.4 (testo 2), G1.5 (testo 2), G1.6 (testo 2) e G1.7 (testo 2) non verranno posti ai voti.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 1.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Passiamo all'esame dell'articolo 2, sul quale è stato presentato un ordine del giorno che si intende illustrato e sul quale invito la relatrice e la rappresentante del Governo a pronunziarsi.
CAMPIONE, relatrice. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del Governo. (Commenti).
PRESIDENTE. La relatrice ha detto che si rimette al parere del Governo, l'ha detto prima. Stiamo praticamente invertendo i ruoli, ma davvero lo avete scoperto adesso? È un modo per evitare che vi siano pareri diversi e per favorire un voto unanime. Credo che questo sia l'intento della relatrice.
CAMPIONE, relatrice. Certamente.
PRESIDENTE.Spiego a chi pensa di convincermi di non averlo capito che c'è un problema del Governo che chiede la riformulazione per arrivare a un voto favorevole comune. Questi dati non sono stati trasmessi in modo sufficientemente tempestivo alla relatrice, perché vengono formulati man mano, quindi non è un problema della relatrice, ma c'è il tema di non allungare i tempi facendo il passaggio parola per parola. (Applausi). Bisogna capirle, le cose. Invito la rappresentante del Governo a pronunziarsi sull'ordine del giorno G2.1.
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Signor Presidente, tutti qui sanno che sugli ordini del giorno c'è stata incertezza e discussione fino all'ultimo minuto proprio per arrivare alla maggior condivisione possibile, quindi si prega di essere tutti comprensivi.
PRESIDENTE. La prego, signor Ministro, di esprimere il parere senza preamboli.
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Si invita a ritirare l'ordine del giorno G2.1, altrimenti il parere del Governo è contrario.
PRESIDENTE. Senatrice Lopreiato, accoglie l'invito al ritiro da parte della rappresentante del Governo o insiste per la votazione?
LOPREIATO (M5S). Lo ritiro, signor Presidente.
PRESIDENTE. La ringrazio, senatrice. Apprezzo molto il suo senso di responsabilità.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 2.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 3.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 4.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Passiamo all'esame dell'articolo 5, sul quale è stato presentato un ordine del giorno che si intende illustrato e su cui invito la relatrice e la rappresentante del Governo a pronunziarsi.
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Signor Presidente, il parere del Governo è favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: «A valutare l'opportunità, anche attraverso il coinvolgimento del Consiglio superiore della magistratura, di porre in essere ogni strumento necessario per sensibilizzare le procure, affinché, avendo come obiettivo quello di dare seguito in modo puntuale e tempestivo agli adempimenti necessari, sia destinato, in ottica di specializzazione dei processi in materia di violenza contro le donne e di violenza domestica, un numero adeguato di sostituti in effettivo servizio presso l'ufficio di procura.».
PRESIDENTE. Senatrice Ambrogio, accoglie la riformulazione proposta?
AMBROGIO (FdI). Signor Presidente, la accetto.
PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G5.1 (testo 2) non verrà posto ai voti.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 5.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Passiamo all'esame dell'articolo 6, sul quale sono stati presentati ordini del giorno che si intendono illustrati e su cui invito la relatrice e la rappresentante del Governo a pronunziarsi.
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Signor Presidente, sull'ordine del giorno G6.1 (testo 2) il parere è favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: «a valutare l'opportunità di inserire nei curricoli scolastici, con il pieno coinvolgimento dei genitori, l'educazione al rispetto fra uomo e donna in tutti i cicli scolastici, anche attraverso una formazione emotivo-sentimentale che renda gli studenti più consapevoli delle proprie emozioni e delle proprie azioni, al fine di creare le condizioni per rapporti umani, sentimentali e relazionali più sani ed equilibrati, anche attraverso l'ausilio di docenti qualificati.».
CAMPIONE, relatrice. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del rappresentante del Governo.
PRESIDENTE. Senatore Malan, accoglie la proposta?
MALAN (FdI). Signor Presidente, la accetto.
PRESIDENTE. Sull'ordine del giorno G6.100 (testo 2) procediamo nel modo seguente: il Governo illustra le proposte di modifica, poi la relatrice esprime il suo parere e poi il Governo esprime il proprio, così anche la forma è salva.
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Signor Presidente, la riformulazione è la stessa di quella proposta per l'ordine del giorno precedente.
CAMPIONE, relatrice. Per me il parere è favorevole se riformulato, come indicato nell'ordine del giorno.
PRESIDENTE. Senatore Bazoli, accetta la riformulazione proposta?
BAZOLI (PD-IDP). Signor Presidente, non la accetto.
MALAN (FdI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (FdI). Signor Presidente, vorrei chiedere la votazione dell'ordine del giorno a mia prima firma.
PRESIDENTE. Facciamo una cosa: raccogliamo i pareri della relatrice e della rappresentante del Governo su tutti gli ordini del giorno e poi passiamo alle votazioni. (Commenti). Così si fa di solito. Senatrice Pirro, non si agiti.
Invito quindi la relatrice e la rappresentante del Governo a pronunziarsi sull'ordine del giorno G6.3.
CAMPIONE, relatrice. Signor Presidente, il parere su tale ordine del giorno è favorevole se riformulato secondo le indicazioni del rappresentante del Governo.
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Signor Presidente, il parere è favorevole se l'ordine del giorno è riformulato come segue: «a proseguire, nell'ambito delle sue proprie prerogative, nei necessari interventi volti a garantire un'apposita azione di formazione, di aggiornamento e di qualificazione, con natura continua e permanente, del personale che può entrare in contatto con le vittime - polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, personale socio-sanitario, insegnanti e polizia municipale».
PRESIDENTE. Senatore Bazoli, accoglie la riformulazione esposta dal Governo?
BAZOLI (PD-IDP). Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Invito la relatrice e la rappresentante del Governo a pronunziarsi sull'ordine del giorno G6.4.
CAMPIONE, relatrice. Signor Presidente, il parere su tale ordine del giorno è favorevole se riformulato come indicato nell'ordine del giorno G6.1 del senatore Malan.
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello della relatrice.
PRESIDENTE. Senatrice Maiorino, accetta la proposta di riformulazione?
MAIORINO (M5S). No, signor Presidente.
PRESIDENTE. Invito la relatrice e la rappresentante del Governo a pronunziarsi sull'ordine del giorno G6.5.
CAMPIONE, relatrice. Signor Presidente, il parere su tale ordine del giorno è favorevole se riformulato come indicato nell'ordine del giorno G6.1 del senatore Malan.
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello della relatrice.
PRESIDENTE. Senatrice Cucchi, accoglie la proposta di riformulazione?
CUCCHI (Misto-AVS). Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Invito la relatrice e la rappresentante del Governo a pronunziarsi sull'ordine del giorno G6.6.
CAMPIONE, relatrice. Signor Presidente, sull'ordine del giorno G6.6, esprimo parere favorevole, subordinato alla seguente riformulazione dell'impegno: «a valutare l'opportunità di investire adeguate risorse per contrastare il fenomeno del femminicidio, finalizzate a finanziare i centri antiviolenza e a garantire un adeguato supporto legale e psicologico alle donne, a promuovere iniziative per una cultura contro la violenza di genere».
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Signor Presidente, esprimo parere conforme alla relatrice.
PRESIDENTE. Chiedo alla senatrice Cucchi se accetta la riformulazione dell'ordine del giorno G6.6.
CUCCHI (Misto-AVS). Sì, signor Presidente, la accetto.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno G6.1 (testo 3).
ROMEO (LSP-PSd'Az). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROMEO (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, su questo ordine del giorno, visto che ci sono altri ordini del giorno, su cui il Governo ha dato parere favorevole, che si richiamano a questo nostro ordine del giorno, se l'opposizione insiste nel votare i propri ordini del giorno, allora noi possiamo anche votare il nostro. (Commenti).
PRESIDENTE. Senatore Romeo, il problema è molto semplice: che lo votiamo o non lo votiamo, quando l'ordine del giorno è accolto, è accolto. Porlo in votazione non dà qualcosa in più. Cosa poteva avvenire? Che i proponenti degli altri ordini del giorno accettassero la riformulazione. Per cui, voteremo quelli per cui è stata accettata la riformulazione, quindi anche il suo, in un'unica votazione, se diventano identici, anche nelle premesse. Dove le premesse sono diverse, li voteremo singolarmente.
DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Signor Presidente, volevo solo dire che c'è stato un errore di comunicazione. In realtà, la riformulazione proposta dell'ordine del giorno G6.5, a firma della senatrice Cucchi e poi anche mia e di altri, noi non la accettiamo. Chiedo scusa, ma è stato un errore. In ogni caso, signor Presidente, ne annunciamo il ritiro.
PRESIDENTE. Non so se sia stato un errore o un ripensamento, ma la Presidenza prende atto del ritiro dell'ordine del giorno G6.5.
ROSSOMANDO (PD-IDP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROSSOMANDO (PD-IDP). Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori. Ovviamente, si può avere elasticità, anche perché siamo in un clima che cerchiamo di condividere, però, se vogliamo essere onesti su cosa abbiamo fatto finora, abbiamo fatto una procedura che poi, in corso d'opera, abbiamo cambiato.
Abbiamo cioè seguito una procedura tale per cui, se la riformulazione di un ordine del giorno viene accolta, non lo si pone in votazione, perché si ritiene che l'accoglimento sostituisca la votazione. Quanto all'ordine del giorno successivo, ne può essere accolta o no la riformulazione, ma il proponente, legittimamente, può decidere di insistere per la votazione o no.
Detto questo, altrettanto legittimamente nella dialettica d'Aula, evidentemente c'è stato un ripensamento della maggioranza su questo punto, nel non aver voluto insistere per la votazione di un ordine del giorno accolto. In corso d'opera, lei ha detto che allora li voteremo tutti alla fine, ma stiamo procedendo diversamente.
Questo è esattamente quello che è successo. Quindi, di fatto, dal punto di vista della procedura quell'ordine del giorno è stato superato e non poteva più essere messo in votazione.
PRESIDENTE. In realtà, lei sa benissimo che una cosa è accogliere la proposta di riformulazione, una cosa è dare risposta alla precisa domanda, che in quel caso non è stata formulata, se si intende insistere per la votazione o no. C'è la registrazione, io non ho posto questa domanda, però non mi pare che sia dirimente. Siamo andati oltre, siamo passati agli ordini del giorno successivi. (Commenti).
Senatore Romeo, ho capito: lei insiste per la votazione, va bene. Colleghi, ho appena accettato una riformulazione del parere da parte del Gruppo Misto. Mi pare che non ci sia niente di male. Insiste per la votazione? Non c'è chiarezza se lo abbiamo già votato (secondo me no, non vedo la differenza), ma se il senatore Romeo mi chiede di metterlo in votazione alla fine, lo facciamo, anche perché non gli è mai stato chiesto se insisteva per la votazione o no. È chiaro? Non è mai stato chiesto. (Commenti).
MAIORINO (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAIORINO (M5S). Signor Presidente, visto che siamo in tema di rettifica, ritiro l'ordine del giorno G6.4.
PRESIDENTE. Prendo doverosamente atto di tutte le rettifiche e adesso vediamo se le ricordo tutte.
SIRONI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIRONI (M5S). Signor Presidente, vorrei semplicemente fare presente a lei e a quest'Assemblea che in una seduta precedente c'era un mio ordine del giorno (o emendamento, adesso non ricordo) del quale ho accettato la riformulazione. Non mi è stata fatta la fatidica domanda. Quando sono iniziate le votazioni si è passati al mio, ho chiesto di votarlo e mi è stato risposto (se non ricordo male era proprio lei) che avrei dovuto dirlo prima ed è andata liscia così.
PRESIDENTE. Forse non ero io, però: ricorda male.
SIRONI (M5S). In ogni caso, stabiliamo quali sono le regole di quest'Aula, perché non si possono fare due pesi e due misure. La regola dev'essere, come lei ben sa da collega avvocato, univoca. (Applausi).
PRESIDENTE. Certo, ma la norma è che bisogna chiederlo. Se l'altra volta non è stato chiesto, è stato un errore.
PAITA (IV-C-RE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAITA (IV-C-RE). Signor Presidente, colleghi, vi chiedo una cortesia a titolo personale. Ci rendiamo conto dello spettacolo che stiamo dando tutti assieme? (Applausi).
Se qualcuno ci osserva in questo momento, vede ripicche, impuntature e piccole osservazioni, ma noi dobbiamo dare fuori di qui una risposta compatta, seria e sobria. Per favore, auspico un po' di dignità da parte di tutti quanti. Ve lo chiedo per cortesia, perché sono in forte imbarazzo come donna e come rappresentante delle istituzioni di fronte allo spettacolo che stiamo tenendo. (Applausi).
PRESIDENTE. La ringrazio, senatrice Paita, i nostri cuori sono aperti al suo appello.
Lo dico in forma definitiva: la norma è che si danno i pareri, si parla delle modifiche proposte dal Governo e i proponenti, al termine di ogni ordine del giorno o alla fine, possono dare la loro adesione o no, poi, alla fine di tutti i pareri - questa è la procedura - si votano tutti gli ordini del giorno. Non si votano uno a uno. Ricordo bene quindi che questa è la formula che abbiamo usato anche oggi, mi pare. Non c'è nessuna modifica.
Abbiamo concluso i pareri all'articolo 6, quindi anche per il criterio uniforme di lavoro di oggi (stiamo accettando i ripensamenti, le modifiche e quant'altro), credo che non ci sia niente di male se passo a votare tutti gli ordini del giorno, così come sono stati presentati, salvo che siano stati ritirati.
Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno G6.1 (testo 3).
SCALFAROTTO (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCALFAROTTO (IV-C-RE). Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto favorevole del Gruppo di Italia Viva - Il Centro - Renew sull'ordine del giorno G6.1 (testo 3) e anche - così intervengo una sola volta - sull'ordine del giorno successivo. È ovvio che avremmo preferito l'accoglimento di quello che abbiamo firmato, perché ci sembra più completo.
PRESIDENTE. Ovvio, giusto.
SCALFAROTTO (IV-C-RE). Grazie. Ci sembra più completo e ci sembra che dica le cose che c'è bisogno di fare. Siamo uno dei pochissimi Paesi dell'Unione europea che, per esempio, non ha l'insegnamento dell'educazione sessuale nelle scuole. Dire nel 2023, in Italia, che va introdotta l'educazione sessuale nelle scuole è una cosa di sano buon senso, non è niente di rivoluzionario ed è in linea con quello che succede in tutta Europa. Voglio stigmatizzare il fatto che nell'altra Camera un esponente della maggioranza abbia sostanzialmente aggredito una deputata, una collega del MoVimento 5 Stelle, su questo tema. È buon senso non è una porcheria, come ha detto l'onorevole Sasso.
Dopodiché, pur preferendo una dizione che dice di portare nelle scuole l'educazione al rispetto, l'educazione sentimentale, l'educazione emotiva e anche l'educazione sessuale, dobbiamo dire che l'ordine del giorno proposto dal Governo è un ordine del giorno che non dice granché, signor Presidente, ma che porta una novità, che noi non ci sentiamo di rigettare aprioristicamente. La destra italiana, che si è sempre detta contraria all'educazione sentimentale, forse a causa della tragedia della povera Giulia Cecchettin, oggi presenta con un ordine del giorno che introduce una significativa novità, che noi consideriamo una vittoria politica di queste opposizioni. Finalmente abbiamo convinto la destra italiana ad ammettere che nelle scuole ci vuole l'educazione sentimentale e l'educazione affettiva. (Applausi).
Avete paura della parola "sessuale"? Fa niente; sappiamo che nell'emotività e nell'affettività dei nostri ragazzi, essendo umani, c'entra anche la sessualità. Pertanto, se il Governo si darà da fare, bene. Abbiamo qualche dubbio e qualche perplessità. Temo che l'impegno del Governo poi nella sua implementazione sarà largamente insoddisfacente, come è insoddisfacente il piano presentato dal ministro Valditara; quindi sono sicuro che, pur votando oggi a favore dell'ordine del giorno, poi ci divideremo in modo molto serio e molto netto sul modo in cui il Governo attuerà l'impegno che prende oggi. Però va riconosciuta la novità. Credo che sia importante dare al Paese un senso di unità e di dignità e quindi prendere atto del fatto che la maggioranza ci porta questo fatto nuovo ciò in un momento nel quale l'intero Paese è sensibile e allarmato da un fenomeno che ormai - ahinoi - è diventato strutturale, ma che certo, nel caso di Giulia, ha colpito l'immaginazione e la sensibilità di tutti noi.
Proprio in questo spirito, pur preferendo la nostra dizione (lo sottolineo), pur sfidando il Governo a portare avanti un piano che sia di questo secolo e non di quello scorso, pur prevedendo che ci divideremo moltissimo nell'implementazione di questo impegno, riconosciamo che il Governo lo sta assumendo e che peraltro, accogliendo l'ordine del giorno del collega Verini, si sta impegnando a promuovere la calendarizzazione dei disegni di legge che intervengono in materia e quindi - diciamolo chiaramente al Paese - a venire in Aula quanto prima. Quindi questo piano non dovrà essere realizzato con un decreto ministeriale nelle segrete stanze del Governo, della ministra Roccella o del ministro Valditara, ma dovrà essere discusso in queste Aule, in una dialettica parlamentare. Sappiamo dall'esperienza albanese che questo Governo, quando può evitare il Parlamento, cerca di farlo; ma fortunatamente, grazie a queste opposizioni, non ci riesce. Ancora una volta vi aspettiamo qui in Aula, signora ministra Roccella, a portarci un piano scolastico per tutti i cicli di studio, che ricomprenda l'educazione sentimentale ed emotiva e il rispetto, con il coinvolgimento dei genitori e con il coinvolgimento di personale qualificato e specializzato ciò per fornire la giusta formazione ai nostri ragazzi, per mettere un tassello non soltanto securitario, come fa questo Governo, ma anche di crescita e di educazione.
PRESIDENTE. Le ricordo che anche i decreti-legge per la conversione, comunque arrivano in Aula.
GELMINI (Misto-Az-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GELMINI (Misto-Az-RE). Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere le parole del collega Scalfarotto. Anche noi condividiamo la necessità di andare oltre le contrapposizioni e lavorare tutti insieme nella stessa direzione. Riteniamo importante che venga coinvolto il Parlamento e che si debba tornare qui a discutere di educazione all'affettività.
Dobbiamo comunque avere fiducia nella scuola perché è giusto che il Parlamento intervenga e dia le linee di indirizzo. Non illudiamoci che la nostra proposta sia quella migliore. Può darsi che dalle scuole autonomamente vengano spunti e suggerimenti di contenuto e di metodo migliori del nostro ordine del giorno. Questo è un percorso e francamente il voto favorevole credo sia di buon senso.
MAIORINO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAIORINO (M5S). Signor Presidente, intervengo per annunciare e spiegare il voto d'astensione del mio Gruppo sull'ordine del giorno G6.1. Noi ci troviamo a votare questo disegno di legge in un clima emotivamente molto provato. Questa legge nasce come coda "al primo codice rosso" per rimediare a delle falle nel sistema di protezione delle donne che sono state ritrovate proprio dopo l'approvazione del codice stesso. A seguito però di quanto accaduto, a seguito del barbaro omicidio di Giulia Cecchettin, il clima naturalmente è cambiato. L'intero Paese chiede un cambiamento culturale. (Applausi). È l'intero Paese che chiede che si agisca finalmente sul piano culturale, come noi facciamo da anni.
Apprezziamo - lo dico sinceramente alla ministra Roccella - lo sforzo che è stato fatto perché è un traguardo storico che oggi la destra parli di parità di genere, parli di un approccio culturale e che addirittura abbia messo nero su bianco la necessità di introdurre una forma di educazione all'affettività, sebbene le linee guida presentate oggi dal ministro Valditara ci lasciano completamente scontenti. È quindi bene che si parlamentarizzi la materia perché in quelle linee guida vanno inseriti dei contenuti.
Quello che oggi ci chiede il Paese, quello che oggi ci chiedono i ragazzi e le ragazze è coraggio. In questo ordine del giorno il coraggio non c'è. Se noi vogliamo affrontare davvero la questione unitamente, chiedo alla maggioranza di votare anche il nostro ordine del giorno, quello successivo, in cui si chiede un intervento strutturale e finanziato che preveda l'educazione emotiva a partire dalle scuole elementari, affiancata anche ad un'educazione sessuale a partire dalle scuole medie. Dimostriamo ai ragazzi e alle ragazze che facciamo sul serio. Se voi voterete favorevolmente il nostro ordine del giorno, noi voteremo favorevolmente anche il vostro. In caso diverso il mio Gruppo è costretto ad astenersi.
PRESIDENTE. Se ho capito bene, è una dichiarazione di astensione dal voto, altrimenti non capisco a cosa serve la dichiarazione di voto se è "aperta".
D'ELIA (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ELIA (PD-IDP). Signor Presidente, anche io volevo fare una dichiarazione di voto di astensione del Gruppo Partito Democratico. Penso che sia molto importante che noi, in sede di discussione di un provvedimento che riguardava le misure di prevenzione secondarie, siamo riusciti ad aprire una discussione seria sulla necessità di introdurre nelle scuole l'educazione affettiva.
Vedo dei passi avanti in questa discussione, che è anche unitaria. Penso però che sul punto sia necessaria chiarezza. Era questo il senso dell'ordine del giorno da noi presentato. Vogliamo infatti un'educazione in tutti i cicli scolastici. Vogliamo dare carattere strutturale a quanto la scuola sta facendo. Per tali ragioni accogliamo con grande piacere il fatto che si sia convenuti su un ordine del giorno, che impegna le forze politiche in Parlamento a discutere in tempi brevi nel merito di quello che vogliamo ad affrontare anche le questioni che ci dividono sul tema, sapendo che dobbiamo dare una risposta al Paese e agli studenti che in questi giorni ce lo chiedono. Per tale ragione noi ci asterremo dal voto. (Applausi).
DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Signor Presidente, mi riconosco molto nelle cose che sono state dette adesso dalle senatrici Maiorino e D'Elia e quindi dichiaro anche da parte del Gruppo Misto l'astensione per le stesse ragioni.
Come poi dirò in dichiarazione di voto, quando avrò più tempo per parlarne, faccio parte di una formazione politica e di un Gruppo parlamentare che nel 2013, dieci anni fa, ha presentato una proposta di legge per l'educazione sentimentale. Davvero mi chiedo se fosse stata approvata dieci anni fa, quante cose avremmo risparmiato. (Applausi).
PRESIDENTE. E chi lo sa?
Mi sembra che il dibattito stia convenendo sulla necessità di approfondire questo tema, cosa sulla quale mi pare tutti potrebbero essere d'accordo.
MALAN (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (FdI). Signor Presidente, noi non abbiamo presentato questo ordine del giorno al traino di nessuno, semmai il centrodestra ha qualcosa da insegnare. (Applausi. Commenti). Siamo stati noi che abbiamo introdotto, per esempio, il reato di stalking, siamo noi che abbiamo portato la prima donna alla Presidenza del Consiglio, siamo noi che siamo andati avanti su tante cose. (Applausi). Qui abbiamo il ministro Roccella e il vice ministro Isabella Rauti, che ha condotto per anni lotte di questo tipo, per cui non siamo al traino di nessuno su questi temi.
Voglio sottolineare quello che c'è in questo ordine del giorno, che chiede il pieno coinvolgimento dei genitori: noi non siamo per le lezioni di educazione a cose strane fatte dalle drag queen nelle scuole, in rappresentanza di circoli intitolati a personaggi quantomeno imbarazzanti. (Applausi. Commenti). Questo è il nostro ordine del giorno, questo è quello che voteremo. (Applausi. Commenti).
PRESIDENTE. Senatrice Pirro, il senatore Malan ha espresso un'opinione che lei non condivide, ma è un'opinione e toccava a lui parlare. (Commenti).
Vi prego di rientrare nella logica di questo provvedimento - senatrice Pirro, la richiamo all'ordine adesso - che vi prego di ricordare si è consentito di anticipare, perché si era in una fase in cui la clausola di invarianza richiedeva una deroga, con l'assenso unanime di tutti i Gruppi. Tutti i Gruppi, all'unanimità, hanno deciso, anche in considerazione dell'avvicinarsi della data del 25 novembre, di porre il disegno di legge all'attenzione dell'Assemblea, con uno sforzo comune. Non ci sono necessariamente priorità rispetto alle varie posizioni; ci possono essere posizioni non coincidenti, tant'è che si arriva all'astensione o al voto favorevole, senza primogeniture. Ebbene, forse non c'era neanche bisogno che lo ricordassi.
ROMEO (LSP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Senatore Romeo, forse non c'è neanche bisogno che lei intervenga, ma se lo ritiene le devo dare la parola. La prossima volta me la chieda prima del mio "pistolotto", se tale è.
ROMEO (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, intervengo molto velocemente semplicemente per dire che questa tematica è così complessa che forse un esame di coscienza, da parte di tutti noi, ci dovrebbe portare a pensare che nessuno ha in tasca la soluzione giusta. (Applausi). Bisognerebbe forse imparare ad ascoltare un po' di più e a cercare di capire tutti insieme quali sono le misure che si possono portare a casa, perché dopo tanti anni di chiacchiere la gente, purtroppo, assiste ancora oggi a troppi femminicidi. L'espressione giusta che bisognerebbe utilizzare in questi casi - e che noi abbiamo raccolto nel primo concetto dell'ordine del giorno - è "educazione al rispetto", perché quando si ha rispetto, lo si ha verso tutto: c'è il rispetto verso la donna, verso le idee degli altri, verso l'orientamento sessuale, verso la posizione politica. È il rispetto che oggi, purtroppo, nella nostra società manca a tantissimi livelli. (Applausi).
L'obiettivo è quindi semplicemente quello di insegnare ai nostri ragazzi a rispettare l'altro o l'altra, a prescindere da tutto. Se riportassimo questo al centro dell'attenzione, probabilmente faremmo un passo in avanti: non solo la scuola, ma anche la famiglia, i genitori, tutte le istituzioni devono fare il proprio lavoro.
Quello che non ci piace - e magari il collega Malan voleva accennare a questo - è portare, con il discorso del contrasto alla violenza sulle donne che è sacrosanto e va insegnato nelle scuole, delle ideologie che nulla hanno a che vedere con questo punto. (Applausi). Lasciamo fuori le ideologie; lavoriamo a educare al rispetto delle persone e avremo fatto dei passi decisamente in avanti. (Applausi).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'ordine del giorno G6.1 (testo 3), presentato dal senatore Malan e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'ordine del giorno G6.100 (testo 2), presentato dal senatore Bazoli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
L'ordine del giorno G6.2 è stato ritirato.
Senatore Bazoli, accoglie le modifiche proposte all'ordine del giorno G6.3?
BAZOLI (PD-IDP). Signor Presidente, le accolgo.
PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G6.3 (testo 2) non verrà posto ai voti.
Chiedo alle senatrici Maiorino e Cucchi di confermare il ritiro, rispettivamente, degli ordini del giorno G6.4 e G6.5.
MAIORINO (M5S). Signor Presidente, l'ordine del giorno G6.4 è ritirato.
CUCCHI (Misto-AVS). Signor Presidente, l'ordine del giorno G6.5 è ritirato.
PRESIDENTE. Gli ordini del giorno G6.4 e G6.5 sono stati ritirati.
Senatrice Cucchi, accoglie la riformulazione proposta all'ordine del giorno G6.6?
CUCCHI (Misto-AVS). Signor Presidente, la accolgo.
PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G6.6 (testo 2) non verrà posto ai voti.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 6.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 7.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 8.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 9.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 10.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 11.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 12.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 13.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Passiamo all'esame dell'articolo 14, sul quale sono stati presentati ordini del giorno che si intendono illustrati e su cui invito la relatrice e la rappresentante del Governo a pronunziarsi.
CAMPIONE, relatrice. Signor Presidente, invito al ritiro dell'ordine del giorno G14.1, altrimenti il parere è contrario. Esprimo parere favorevole sull'ordine del giorno G14.2 se viene accolta la seguente riformulazione del dispositivo: «a valutare l'opportunità di intervenire, per garantire l'anonimato e occultare informazioni relative alla residenza delle donne vittime di violenza, nei confronti dell'autore o presunto tale, laddove si proceda per i reati di violenza di genere o domestica».
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Signor Presidente, il Governo è conforme alla posizione del relatore.
PRESIDENTE. Senatrice Lopreiato, accoglie l'invito al ritiro dell'ordine del giorno G14.1?
LOPREIATO (M5S). Signor Presidente, lo ritiro.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno G14.1 è ritirato.
Senatrice Lopreiato, accetta la proposta di riformulazione dell'ordine del giorno G14.2?
LOPREIATO (M5S). Signor Presidente, accetto la riformulazione e non insisto per la votazione.
PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G14.2 (testo 2) non verrà posto ai voti.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 14.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 15.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 16.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Passiamo all'esame dell'articolo 17, sul quale è stato presentato un ordine del giorno che si intende illustrato e su cui invito la relatrice e la rappresentante del Governo a pronunziarsi.
CAMPIONE, relatrice. Signor Presidente, esprimo parere favorevole sull'ordine del giorno G17.1 se viene accolta la seguente riformulazione del dispositivo: «a valutare l'opportunità di introdurre uno strumento che consente al pubblico ministero di chiedere il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili dell'imputato, a garanzia del risarcimento dei danni subiti dalle vittime, in tutte le ipotesi di reato contemplate dall'articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale».
ROCCELLA, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Signor Presidente, il Governo si esprime conformemente alla posizione del relatore.
PRESIDENTE. Senatrice Lopreiato, accetta la proposta di riformulazione dell'ordine del giorno G17.1?
LOPREIATO (M5S). Sì, signor Presidente, e non insisto per la votazione.
PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G17.1 (testo 2) non verrà posto ai voti.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 17.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 18.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 19.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Prima di procedere agli interventi in dichiarazione di voto, volevo ricordare a tutti che domani pomeriggio, nella sala Koch del Senato, verrà proiettato l'ultimo film della signora Cortellesi, che ne è anche regista. Se non sbaglio, saranno presenti il produttore e altri membri della produzione. Chi vuole, potrà intervenire. La proiezione avrà luogo immediatamente dopo il Premier question time.
Passiamo alla votazione finale.
GELMINI (Misto-Az-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Presidenza del vice presidente CENTINAIO (ore 14,57)
GELMINI (Misto-Az-RE). Signor Presidente, a pochi giorni dalla Giornata internazionale contro la violenza delle donne, siamo state scossi da accadimenti che mai avremmo voluto vedere e che rappresentano qualcosa di una gravità enorme, un qualcosa che ha scosso l'Italia. Mi riferisco all'uccisione brutale di Giulia Cecchettin, una ragazza che poteva essere la figlia di ciascuno di noi: era una ragazza che si affacciava alla vita, che era vicina a conseguire la laurea e che, invece, è morta brutalmente per mano di chi diceva di amarla. Ma non voglio dimenticare nemmeno la morte di Rita Talamelli, assassinata invece dal marito.
Purtroppo, questi femminicidi sono, anche dal punto di vista numerico, particolarmente inquietanti, perché siamo arrivati a 106 donne uccise nell'arco dell'anno. E l'Italia è, purtroppo, al quinto posto in Europa tra i Paesi con il maggior numero di donne uccise.
Noi oggi ci troviamo di fronte ad una duplice emergenza: da un lato, molte donne, il 70 per cento delle donne violentate e vittime di violenza, non trovano il tempo, il coraggio o le condizioni per poter denunciare la violenza subita; dall'altro lato, quel 30 per cento di donne, che invece denunciano, non sempre sono, anzi spesso non sono adeguatamente tutelate dallo Stato.
Io dirò subito che il voto di Azione, rispetto al disegno di legge Roccella, sarà un voto favorevole, perché condividiamo molti dei punti di questo provvedimento, che pure riteniamo perfettibile e ulteriormente migliorabile. Il rafforzamento dell'utilizzo del braccialetto elettronico, l'allargamento e l'estensione delle misure cautelari, l'arresto in flagranza differito, la procedibilità d'ufficio, la formazione degli operatori sono però punti sicuramente positivi. Noi abbiamo il dovere di agire e di farlo in fretta. E lo facciamo orgogliosamente, in maniera trasversale, perché molte volte, in queste difficili giornate, la politica è stata chiamata alla trasversalità, ad andare oltre gli steccati le divisioni.
In realtà l'avevamo già fatto con riferimento al "codice rosso", all'approvazione dei reati di sexting, di revenge porn e di stalking, quest'ultimo introdotto da Mara Carfagna. Una trasversalità c'è sempre stata, quindi noi la confermiamo anche oggi e non perché non vediamo i limiti di questo provvedimento. Infatti non possiamo non constatare che si è perso colpevolmente del tempo, perché la stragrande maggioranza delle misure contenute in questo disegno di legge erano già state previste da un provvedimento analogo del Governo precedente. Bastava approvarlo e probabilmente oggi avremmo già una legge operativa. Non solo: credo che questo provvedimento debba essere monitorato nella sua attuazione.
Ad ogni modo, nel provvedimento presentato dalla ministra Roccella siamo riusciti anche ad inserire alcune nostre proposte: quindi il nostro voto sarà favorevole. Certo mi riferisco in particolare alla vigilanza dinamica, che è una misura che ho fortemente voluto e che so che è stata anche fortemente osteggiata; vorrei però ricordare in queste giornate il caso di Erba, della ventitreenne che è stata colpita con acido al volto da parte del fidanzato, che era già stato denunciato e che era in una condizione di divieto di avvicinamento. Ebbene, quel divieto di avvicinamento è stato violato: per fortuna due operai hanno salvato la malcapitata ragazza che ha rischiato, ancora una volta, di morire e che comunque si trova in ospedale con delle lesioni da acido.
Mi domando, allora, quanto siano efficaci queste misure, perché - quando una persona, come nel caso del fidanzato di questa ventitreenne, aveva già dimostrato un carattere violento, era già stato denunciato, era già stato in carcere e semplicemente, di fronte all'ennesima violenza ci si limita ad emettere un provvedimento di divieto di avvicinamento - io penso che ciò che si sta facendo non sia assolutamente sufficiente per tutelare la vita di questa persona. (Applausi).
Forse è allora il caso di valutare la vigilanza dinamica, perché è meglio conculcare la libertà di una donna che rischia di morire, piuttosto che assistere all'ennesima violenza. Quindi meno male che la vigilanza dinamica è contemplata all'interno di questo provvedimento. Poi, ripeto, lo valuteremo e ne andrà monitorata l'efficacia: però è sicuramente un passo in avanti.
Certo l'omicidio brutale di Giulia, come è stato sottolineato prima, ci fa apprendere il senso del limite anche delle sanzioni penali. Per questo oggi fa ingresso in quest'Aula la consapevolezza che le sanzioni penali sono indispensabili, devono essere perfezionate, ma sicuramente non sono sufficienti. Abbiamo dunque orgogliosamente votato a favore di tutti gli ordini del giorno che vanno nella direzione di affermare un'esigenza culturale, come ha chiesto la sorella di Giulia, relativa all'educazione sentimentale, all'educazione all'affettività e anche all'educazione sessuale (Applausi). Su questo sicuramente dobbiamo dare il nostro contributo alle scuole ma, come ho detto prima, prendendo atto di una fragilità delle famiglie, che non fa venir meno il dovere delle stesse di esserci su questo punto. Che cos'altro possiamo fare se non chiedere ad una istituzione come la scuola, che ogni volta, di fronte ad un'emergenza, viene chiamata a fare la propria parte, di intervenire? Quindi il fatto che si introduca nella scuola l'educazione all'affettività penso sia un passo in avanti.
Quello che mi sento però di suggerire è che tutto ciò non diventi un adempimento burocratico. Anche qui: introdurre all'interno dell'educazione alla cittadinanza l'ennesima ora, dedicata ad un'esigenza specifica, penso non sia la strada giusta. Molti anni fa, quando con Mara Carfagna eravamo al Governo avevamo introdotto la settimana contro la violenza di genere.
Io mi auguro che su questo punto la politica abbia anche la consapevolezza dei propri limiti e, quindi, che passi da quest'Aula un messaggio: la lotta alla violenza di genere non può essere solo appannaggio della politica. È una battaglia che riguarda tutti i cittadini e le cittadine, rispetto ai quali nessuno di noi può delegare.
PRESIDENTE. La prego di concludere, senatrice Gelmini.
GELMINI (Misto-Az-RE). Ciascuno deve sentirsi in prima linea nel combattere questa battaglia. E soprattutto, Presidente, nel confermare il voto favorevole, dobbiamo sapere che l'approvazione del disegno di legge Roccella non è un punto d'arrivo, ma è ancora una volta un punto di partenza. Ho la sensazione che la sfida sia molto lontano dall'essere vinta. Quindi, non abbassiamo la guardia, non affidiamoci solo alle norme penali, monitoriamo l'andamento dell'educazione all'affettività nelle scuole e diamoci ancora da fare. Le 106 donne morte nell'arco di un anno danno davvero il segno di quanto sia pervasivo il fenomeno e di come debba essere combattuto. (Applausi).
BIANCOFIORE (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BIANCOFIORE (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signor Presidente, colleghi senatori, non c'è un solo posto in Italia dove una donna può sentirsi sicura. Sono parole di Elena Cecchettin, sorella di Giulia, barbaramente uccisa, cancellata dal suo ex ragazzo, che diceva di amarla e invece voleva solo possederla, sopraffarla; Giulia, che abbiamo adottato un po' tutti in questi giorni, in un dolore questo sì collettivo, figlia d'Italia come tutte le donne uccise quotidianamente senza che si riesca ad essere lì quell'attimo prima, fondamentale. Quella di Elena non è l'esagerazione di una ragazza, trafitta dal dolore dell'assassinio di una sorella. Quando dice che nessun posto è sicuro, si tratta non solo di uno spazio fisico, ma anche di uno etico, morale e intellettuale. Quella di Elena è la pura verità, che tutti, donne e uomini, anche qui dentro, dobbiamo metabolizzare. Noi dettiamo le regole del gioco di un'intera società e, se non ci crediamo noi, se non capiamo noi davvero l'importanza di sviscerare certi argomenti, come possiamo pensare che diventino comportamenti corretti, adottati da una comunità intera?
Non siamo credibili e partiamo già sconfitti quando qui si offre il posto nella Commissione femminicidio a un collega uomo e ci si vede rispondere con sghignazzamenti, sorrisini deridenti, darsi di gomito con altri sodali, quasi fosse una vergogna, fosse un'onta far parte della Commissione bicamerale di inchiesta sui femminicidi: quasi fosse una cosa da femminucce isteriche o pazze, come spesso dicono gli uomini di noi, che devono immediatamente cambiare questo linguaggio. Tutti sappiamo che i femminicidi non sono un problema delle donne. Vi è una carenza educativa nell'uomo, ha ammesso Luciano Garofalo, ex comandante del RIS dei Carabinieri: quello dei femminicidi e delle violenze è un problema fortemente connotato all'educazione di noi uomini. Sono ancora troppi quelli che non sanno accettare la libertà e l'indipendenza delle donne.
Dopo questa giornata, dopo il varo di questa legge, mi auguro che siano molti i colleghi che vogliano offrirsi a sostituire le colleghe in Commissione femminicidio. Sarebbe un grande gesto, affinché tutto quello che diremo oggi, in questa coincidenza di circostanze significative, non risulti una grande ipocrisia, pronta a svanire non appena l'emozione per la morte di Giulia si diraderà. Il mio posto è a disposizione. Ovviamente ringrazio quei colleghi, davvero pochi, che hanno scelto di far parte della Commissione. È il coraggio di certi uomini, degli uomini migliori, che serve alla politica e alla società per andare al cuore del problema e debellarlo.
Per un momento vorrei che tutti ci focalizzassimo dolorosamente e in silenzio sulle vittime, che vengono ovviamente compiante, sperando che la prossima non sia una nostra amica, figlia, nipote, parente, ma della quale non si capisce credo fino in fondo - e non si interiorizza - il terrore, l'orrore, il panico, la paura, il dolore, la solitudine provate prima del sopraggiungere della morte. Mettiamoci un secondo, per un secondo solo, nei panni di Giulia: io ho il terrore. Tutto è iniziato la maggior parte delle volte, forse non questa, con un tono della voce alterato, con urla abnormi, isteriche, immotivate, con un controllo ossessivo, con occhi che si dilatano di odio, con bocche ferali spalancate, con l'invasione del proprio spazio fisico, per sopraffare, per opprimere, per dimostrare la supremazia fisica del maschio alfa, che viceversa, comportandosi così, è un irrisolto che avrebbe bisogno di un percorso psicoterapeutico.
Personalmente mi fa tremare e mi lascia sgomenta e ammutolita pensare alla sofferenza di queste vittime. Sono preoccupata per il cinismo che ci attanaglia, per una società nella quale sono venuti evidentemente meno tutti i valori collante di una società sana, forse anche per la decadenza dei valori religiosi alla base delle nostre radici cristiane; forse perché i dieci comandamenti che ereditavamo dall'ora di religione a scuola, tra i quali non uccidere, i nostri giovani non sanno neppure cosa siano; forse per la decadenza dell'autorevolezza della scuola e delle famiglie - è già stato detto - spesso distratte o disinteressate.
Noi boomer ricorderemo la canzone di Luca Carboni sull'uso della droga, nota tra i giovani negli anni Ottanta, che diceva «i professori non chiedevano mai se eravamo felici», «Silvia aspetta debbo parlarti». Vale anche per la generazione Z, giovani in cerca di ascolto: ieri come oggi, che non lo trovano.
Siamo anestetizzati a questa violenza, al bullismo dei video e delle fiction, dei porno che ci rimandano un'idea distorta della vita, dell'amore e della morte. Non possiamo cancellare le minacce, non possiamo estirpare la violenza e il male dalla società: ma almeno educhiamo l'anima ai sentimenti! Torniamo al garbo, alla galanteria di sostanza, alla delicatezza, che non è stoltezza come spesso si fa credere a quegli uomini che la praticano.
Non resteremo in silenzio per Giulia e per le altre, ma distruggeremo tutto: urlano i giovani in queste ore, turbati dall'omicidio di quella bambina, appena cresciuta, strappata alla vita. Non servono però le parole, anche se in queste ore trafiggono le coscienze. Servono fatti concreti; già quello che votiamo oggi - diciamocelo - è superato dalla realtà del "Filippo bravo ragazzo".
Servono i Daspo? Sì, sui divertimenti, sugli usi e costumi dei responsabilizzanti dell'era moderna. Serve educazione alle relazioni, come promesso dal Governo; diffondere la conoscenza del numero 1522 e inventare startup di garanzia di sicurezza per le donne. Serve soprattutto incalzare ed educare le donne a non rinunciare a denunciare. Serve cogliere quegli aspetti che gli psichiatri evoluti chiamano le red flag, i segnali spia di quella furia feroce, di quella rabbia barbara, che sta lì dentro da anni, dalla nascita, come dice Emma Dante, solo sopita come un vulcano pronto a eruttare.
Sogno un mondo in cui gli uomini non usano violenza sulle donne e le donne non perdonano gli uomini che usano violenza su di loro. "Piccola stella, ora sarai insieme alla tua mamma": sono le parole lasciate sotto casa di Giulia. Davanti a tanto dolore e tanta commozione, la politica deve fare un balzo indietro; guai a colpevolizzare una parte o l'altra, maggioranza e opposizione. Il sistema Paese deve dare un segnale, un esempio di grande unità e maturità: in caso contrario, a vincere sarà il prossimo assassino, il prossimo bruto, il prossimo impunito, che trova la falla nel muro, il pertugio dove continuare a picchiare, umiliare, deludere, urlare e, poi, affondare la lama, parafrasando le parole del padre di Giulia.
Ha ragione però chi sostiene che questa violenza esercitata sulle donne è dovuta a una struttura ideologica di matrice non solo patriarcale, ma spesso anche matriarcale. Diciamo la verità: anche noi donne abbiamo delle colpe, perché è vero che le mamme spesso riservano al figlio maschio un'altra educazione, un altro permissivismo. Non ammetterlo sarebbe un altro festival dell'ipocrisia. In Italia l'educazione la trasmette la madre, talvolta per troppa assenza dei padri e del loro ruolo, forse perché figlie di quelle madri che hanno subito la subordinazione - come vedremo domani nel film della Cortellesi - annientate nella propria soggettività sul piano psicologico, simbolico, economico e sociale, in qualche modo schiave dell'uomo che portava il pane in famiglia al quale tutto era permesso e dovuto.
I retaggi atavici e ancestrali sul ruolo dell'uomo e della donna sono duri da estirpare: serve davvero un massiccio, instancabile e costante lavoro culturale ed educativo, non solo circoscritto agli uomini.
Lasciatemi aggiungere che spesso anche le donne lanciano pietre e giudizi superflui, volti a favorire uomini senza scrupoli. Penso ad esempio agli attacchi nei confronti del nostro premier donna Giorgia Meloni da quelle giornaliste politiche che si permettono persino di coinvolgere una bimba di sette anni nella diatriba politica, per colpirne la mamma. Anche questa è violenza, colleghi, che donne verso le donne non dovrebbero mai commettere.
Con un magone in gola riprenderò la coda del mio discorso dell'anno scorso, esattamente di un anno fa in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne e sui femminicidi e del varo della Commissione bicamerale di inchiesta. Facciamo in modo - come ho detto l'anno scorso - che il funesto countdown quotidiano l'anno prossimo abbia invertito la marcia. In quel momento eravamo ad 88 femminicidi compiuti in ambito familiare, oggi siamo a 107; numeri shock del fallimento non del Governo di turno, ma di un'intera società, dello Stato, come ha ammesso oggi il ministro Nordio, nel suo insieme. Un boomerang verso la mia maggioranza? No, un'operazione di verità che chi ha coscienza deve fare. I dati peggiori degli altri Paesi e dei precedenti Governi sono un esercizio superfluo: non ci gratificano e non scusano nessuno, maggioranza o opposizione che sia.
La violenza sulle donne è un tumore pieno di metastasi di tutta la società. Il mio appello va agli uomini, che sono padri, fratelli e mariti, che con molta probabilità riescono molto meglio di noi a parlare agli altri uomini, cresciuti magari con gli stessi cliché culturali, ma che da questi sono riusciti ad affrancarsi. L'intento non è mai stato quello di schierarsi nei confronti del genere femminile per andare contro quello maschile. Non è mia volontà classificare gli uomini come irrispettosi e crudeli per natura, un male da combattere a priori.
Mi preme dire che dobbiamo guardare sempre l'altra faccia della medaglia, che in questo caso sono gli uomini: e sono spesso amanti affidabili e protettivi; anche loro possono essere vittime in questa società, come lo è il papà di Giulia, che non trova più il cuore dopo la morte della moglie e l'uccisione della figlia.
La Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne ha l'ultimo volto di Giulia, che non è più l'ultima. Io invoco gli uomini: devono essere loro a ribellarsi anche contro se stessi - come scriveva un giornalista qualche giorno fa - battere un colpo, interrogarsi, muoversi, e non perché portino colpe in assoluto, ma perché sono gli unici che si fanno ascoltare dai loro simili. Uscite dalla solidarietà pelosa, amici uomini, ed entrate nella lotta: né sopra né sotto di noi, ma al fianco, come all'origine del mondo, la donna costola dell'uomo per chi crede.
Con questo, annuncio il voto favorevole del Gruppo Civici d'Italia - Noi Moderati (UDC - Coraggio Italia - Noi con l'Italia - Italia al Centro) - MAIE. (Applausi).
PATTON (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PATTON (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signor Presidente, colleghe, colleghi, rappresentanti del Governo, sono giorni davvero particolari: da un lato, l'enorme successo del film di Paola Cortellesi, che è diventato un vero e proprio fatto sociale, a testimonianza di una accresciuta sensibilità sui temi della violenza e dei diritti delle donne. Dall'altro lato, però, i numeri, che nella loro crudezza fotografano un fenomeno che non indietreggia di un millimetro: più di 100 donne ammazzate da inizio anno, di cui più della metà per mano del partner o di ex partner. Voglio qui ricordare una di quelle donne, Deborah Saltori, uccisa dall'ex marito il 22 febbraio 2021 nelle campagne di un sobborgo di Trento. E questo fino a Giulia Cecchettin, uccisa da un uomo che non aveva accettato di essere stato lasciato, che le aveva chiesto di rallentare gli studi, che le ha tolto la vita nella sera in cui era andata a comprare le scarpe per la sua seduta di laurea; una uccisione che non nasce in un contesto di miseria familiare o sociale e che ci dimostra, ancora una volta, che la violenza contro le donne non è legata a condizioni culturali o di censo.
Ma la morte di Giulia Cecchettin colpisce più di altre proprio per il dato simbolico: la libertà e l'emancipazione della donna risultano insopportabili e Giulia è vittima non in quanto debole, ma in quanto desiderosa di affermare sé stessa e la propria libertà.
Presidente, noi oggi votiamo allora un provvedimento che ha il merito di intervenire sulle lacune emerse in questi anni, rafforzando i sistemi di prevenzione, di protezione delle vittime, di formazione degli operatori sanitari e di Polizia; un provvedimento importante soprattutto nella parte connessa alle misure di protezione, perché uno Stato, che non è in grado di tutelare una persona che ha chiesto aiuto, è uno Stato che ha fallito nella sua missione primaria. È tuttavia un provvedimento monco, perché privo delle risorse per lo sviluppo delle misure. Personalmente mi aspettavo - e ci aspettavamo come Gruppo - che il Governo, dopo la morte di Giulia, avrebbe dato un segnale proprio su questo fronte, arrivando a finanziare le misure.
Lo stesso vale per l'educazione sentimentale nelle scuole: bene che se ne parli, ma anche qui servono risorse. Non può essere lasciato tutto alla buona volontà degli insegnanti. Nelle scuole devono andare a parlare le vittime di violenza, le Forze di polizia e i giudici e ci devono andare gli psicologi, ai quali affidare il compito di educare al fallimento. L'omicidio di Giulia lascia intravedere anche questo aspetto: generazioni allevate all'ideologia del successo, all'idea che ogni cosa è un diritto; generazioni che vivono ogni negazione, sconfitta o privazione come una intollerabile aggressione alla loro fragile identità. Un ruolo importante nell'insegnare i valori della sconfitta e del rifiuto che tanto servono in una società come la nostra, terrorizzata dal fallimento e ossessionata dal consenso, può giocarlo lo sport. E poi bisogna intervenire sui programmi scolastici, portando lo sguardo di genere in tutte le discipline.
Ad esempio, nelle lezioni di diritto bisogna raccontare che fino al 1981 una donna che tradiva poteva essere uccisa dal marito con conseguenze penali lievissime, e in quelle di scienze che, se tutti i nomi sono al maschile, è perché le donne un tempo non potevano studiare.
Desideriamo altresì ricordare che nel non lontano 1976 il procuratore della Repubblica di Trento ordinava il sequestro, su tutto il territorio nazionale, della enciclopedia della vita sessuale di Mondadori, rinviando a giudizio il sindaco, due bibliotecari della biblioteca comunale di Cembra e il funzionario che aveva disposto l'acquisto. Bisognerà arrivare fino al 1980 perché ci fosse il dissequestro dell'opera.
Anche in questo caso, però, non dobbiamo commettere un errore pensando che, investendo la scuola di questi compiti, si risolva tutto. Il femminicidio è la manifestazione più violenta ed estrema di un maschilismo, che è alla base dell'organizzazione delle nostre società. Lo vediamo: nel mondo del lavoro, nello squilibrio nei salari a parità di mansioni, nel mancato accesso delle donne ai ruoli apicali (quando da anni il numero delle laureate supera quello dei laureati); nella mancanza di politiche per equilibrare il ruolo dei padri nei compiti di cura e gestione familiare; nella fuoriuscita dal mercato del lavoro di molte donne dopo la nascita di un figlio. Oggi le donne con un conto corrente intestato solo a proprio nome sono appena il 58 per cento e questo dato la dice lunga sui numerosi tetti di cristallo da abbattere, per una vera parità.
Occorre allora un impegno a 360 gradi: occorre cioè un dispositivo complesso che tenga assieme il contrasto alla violenza con l'impegno per l'emancipazione economica, quello per l'accesso alle cariche apicali con quello per la crescita di generazioni sane dal punto di vista della gestione delle relazioni.
È con questi auspici che annuncio, pertanto, il voto favorevole del Gruppo per le Autonomie al provvedimento in esame. (Applausi).
SBROLLINI (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SBROLLINI (IV-C-RE). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, non voglio fare polemica, ma forse sarebbe stata opportuna la presenza, oltre che del ministro Ciriani, anche della ministra Roccella.
Vorrei dire subito in apertura, dopo i tanti interventi e la lunga discussione di questa mattina, che oggi è certamente importante addivenire a un voto all'unanimità per approvare il provvedimento in esame, che è rilevante e che - come è stato più volte detto - va a rafforzare il "codice rosso", e quindi a segnare importanti novità dal punto di vista della restrizione di alcuni provvedimenti necessari proprio in ambito di prevenzione.
Accanto a questo, però - come ha detto anche questa mattina il senatore Renzi - è necessario fare davvero una politica di prevenzione a tutto campo. Ciò significa che il femminicidio, la violenza di genere, non è un'emergenza, ma è una piaga sociale. (Applausi). È importante questo anche nel linguaggio e nelle parole che noi utilizzeremo oggi, quando andremo ad approvare all'unanimità il disegno di legge in esame. Possiamo scrivere tutte le migliori leggi possibili, ma non è sufficiente: dobbiamo davvero fare un salto di qualità, adottando politiche culturali e sociali nuove. Quando il 25 novembre, tra qualche giorno, in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne, parleremo non più di contrasto alla violenza, ma di eliminazione della violenza di genere, allora in quel momento avremo fatto davvero quel salto culturale per portare il nostro Paese a essere davvero moderno e civile.
Oggi, sull'onda emotiva che ha sconvolto ognuno di noi per quello che è accaduto a Giulia Cecchettin, pensiamo anche a tutte le donne che ogni giorno subiscono violenza, abusi, maltrattamenti! Purtroppo c'è un bollettino che continua a cambiare in peggio ogni giorno. C'è un dato che ogni giorno ci colpisce di più: oltre al numero enorme di donne che vengono uccise, maltrattate e abusate, c'è un 87 per cento di donne che vengono uccise in un contesto familiare o cosiddetto amico. Questa è un'altra riflessione che dobbiamo fare, quando affrontiamo con grande delicatezza questo tema.
Anche da alcune parole e da alcuni interventi che ho sentito qui, emerge un'immagine stereotipata di una famiglia tradizionale che purtroppo non esiste o esiste in parte. Dobbiamo anche essere in grado noi, che siamo prima di tutto legislatori, di adottare delle politiche nuove da questo punto di vista. Non basta la repressione, che è necessaria, perché certamente dobbiamo scrivere delle regole certe e fissare pene certe: vanno puniti in maniera esemplare coloro che commettono reati atroci. Ma il tema è: quale insegnamento vogliamo dare oggi ai nostri figli e alle nostre figlie? Abbiamo parlato di un fenomeno sociale che investe qualsiasi contesto culturale, sociale, anagrafico e geografico; non c'è un profilo del carnefice. Quindi, anche questo è un salto di qualità di cui dobbiamo tenere conto. E lo vediamo anche purtroppo nelle violenze, fino ad arrivare ai femminicidi che si sono compiuti in questi giorni, di cui può essere autore anche colui che apparentemente sembra un bravo ragazzo, una persona normale.
Allora, con la stessa dignità con cui anche Gino, il papà di Giulia, ha voluto lanciare dei messaggi in questi giorni, dobbiamo essere pronti come parlamentari ad accogliere quelle parole nel senso giusto. Ecco perché vogliamo promuovere certamente delle buone politiche, prima di tutto insegnando ai nostri ragazzi un'educazione diversa, improntata ai sentimenti, alle emozioni, all'affettività, al rispetto. Ma lo potremo fare se prima di tutto ci sarà una società più giusta, altrimenti è il fallimento della società stessa.
Una società più giusta significa che dobbiamo raggiungere quell'equilibrio paritario tra donne e uomini che oggi ancora non c'è. (Applausi). C'è uno squilibrio, prima di tutto salariale e di autonomia delle donne, soprattutto nei luoghi apicali. È uno dei motivi per cui ancora tante donne non denunciano: non c'è l'emancipazione economica. Ecco perché noi, come Italia Viva, ci siamo battuti con un emendamento specifico sul reddito di libertà. È una cosa importante: dobbiamo mettere le donne nelle condizioni di essere libere, di essere alla pari con gli uomini, altrimenti questa è una società che ha fallito in partenza. È il messaggio che oggi mi sento di dare anche da quest'Aula così importante e autorevole.
Mi rivolgo al Governo: cerchiamo davvero di fare delle leggi che certamente poi vanno applicate correttamente, ma che vadano prima di tutto adeguatamente sostenute economicamente. Proprio perché non è un'emergenza, abbiamo il compito di costituire dei fondi strutturali, significa aiutare le donne - ecco anche la prevenzione: ciò - prima, durante e dopo. C'è tutto un percorso che dobbiamo seguire per evitare che le donne vengano colpevolizzate e da vittime diventino loro stesse colpevoli, e quindi doppiamente vittime; donne che magari vengono uccise, maltrattate e hanno dei figli e questi sono gli orfani di femminicidio, di cui non si parla abbastanza.
Anche in questo caso non possono essere risorse, che chiediamo in ogni finanziaria. Ci vogliono dei fondi strutturali, per aiutare i figli di donne che non ci sono più e che hanno magari padri in carcere. Quindi, dobbiamo fare una politica diversa da quella di cui abbiamo parlato, anche nell'ambito di alcuni interventi di questa mattina.
Al Governo voglio dire prima di tutto che è evidente che siamo di fronte a un dramma, a una guerra. Lo abbiamo detto perché è una guerra quando ogni tre giorni viene uccisa una donna. Ma alla guerra si risponde con un'azione unitaria, con un nuovo patto educativo, culturale e sociale tra le istituzioni, le famiglie e la scuola, dove ognuno si deve sentire responsabile nel proprio ruolo, perché ognuno di noi è parte della società, ognuno con il proprio ruolo.
Questa è la consapevolezza che noi dobbiamo trasmettere. Servono messaggi e valori positivi, ma servono anche testimonianze positive. Di fronte a tanta violenza, che vediamo nella vita quotidiana e anche in un uso improprio dei social da parte di bambini troppo piccoli, o in un utilizzo sbagliato di alcuni messaggi che diamo, anche attraverso i media, come politica dobbiamo essere impegnati e responsabili più di quanto lo siamo oggi.
Signor Presidente, è evidente che Italia Viva-Il Centro-Renew Europe voterà a favore di questa legge. Ma, per scrivere una pagina nuova e celebrare degnamente quel 25 novembre che arriverà tra qualche giorno, noi dobbiamo compiere, tutti insieme, il nuovo passaggio epocale e culturale. Segnare una pagina nuova significa fermare, una volta per tutte, le violenze e scrivere un nuovo patto tra donne e uomini, iniziando dall'educazione dei più piccoli, dove i figli maschi forse vanno educati in maniera diversa.
E ciò non significa colpevolizzare tutti gli uomini o tutte le donne. Significa, però, sottoscrivere un nuovo patto tra donne e uomini, iniziando dai più piccoli. Questo significa fare politiche serie, politiche di prevenzione, politiche attente alle persone. (Applausi).
Presidenza del vice presidente CASTELLONE (ore 15,33)
DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Signor Presidente, annuncio subito che noi voteremo a favore di questo disegno di legge. Abbiamo, come anche gli altri Gruppi, rinunciato a presentare emendamenti. Abbiamo semplicemente presentato qualche ordine del giorno, perché pensiamo che questo provvedimento comunque migliori il sistema processuale penale, intervenendo - in maniera a nostro avviso condivisibile - nella primissima fase conseguente alla denuncia.
Io, però, anche alla luce del dibattito che c'è stato poco fa, durante l'illustrazione degli ordini del giorno, vorrei aggiungere qualche considerazione. Noi crediamo che la violenza contro le donne non si risolva inasprendo le pene oppure rendendo agile, veloce ed efficiente il processo. Dico esattamente ciò che penso: nessuna pena, purtroppo, fermerà gli uomini violenti. In questo modo, si interverrà prontamente soltanto dopo il fatto di violenza denunciato, nel migliore dei casi impedendo violenze ulteriori e assicurando la giusta punizione del colpevole. Ma è chiaro che, se invece l'intento è bloccare la scia dei morti e la scia della violenza, allora è indispensabile intervenire con un'azione più ampia, un'azione che possa contrastare sin dal nascere ogni discriminazione di genere; un'azione - per dirla con altre parole - che provi a cambiare radicalmente, addirittura a sovvertire, l'intero sistema culturale.
I recenti drammatici avvenimenti, che hanno ovviamente suscitato nel Paese una grande emozione, dimostrano, ancora una volta, che intervenire a fatto avvenuto, punendo il colpevole, non è sufficiente. Anche per questo il mio Gruppo, nuovamente in questa legislatura, ha presentato una proposta di legge per introdurre l'educazione sessuale, affettiva ed emotiva a scuola.
L'ho ricordato anche prima, quando abbiamo discusso gli ordini del giorno Presidente, ma vorrei ribadirlo: non è la prima volta che questa proposta di legge viene presentata. Oltre dieci anni fa alla Camera, a metà del 2013, il Gruppo di Sinistra Ecologia e Libertà, all'epoca, con prima firma dell'onorevole Costantino, presentò esattamente la stessa proposta di legge, ma purtroppo a quella giusta e sacrosanta iniziativa non fu data alcuna risposta. Già all'epoca si faceva riferimento al fatto che molte scuole, usufruendo dell'autonomia scolastica, avevano avviato progetti didattici incentrati oltre che sull'educazione sessuale, anche sulla scoperta - c'era scritto così - e sulla consapevolezza del proprio corpo, nonché sull'educazione sentimentale degli studenti. Quella proposta di legge chiedeva di far diventare quegli esempi, legati per l'appunto all'autonomia scolastica, un vero e proprio modello nazionale.
Purtroppo va oggi ricordato che non solo non fu sufficientemente presa in considerazione, ma ci fu un vero e proprio fronte contrario, all'epoca guidato dalle destre, che chiedeva al massimo delle linee guida. Non chiedeva invece che fossero immaginate delle attività curriculari e quindi - come si capisce bene - il ritardo è dovuto anche e soprattutto a tutto questo ritardo, ritardo che c'era all'epoca e che però, purtroppo, continua ad esserci ancora oggi.
Io ho visto - come immagino tutte le colleghe e i colleghi - la direttiva del ministro Valditara e ho sentito le cose che sono state dette stamattina. Devo dire che la trovo molto deludente. È molto poco. Si parla di attività extracurriculari su base volontaria. Non c'è un reale coinvolgimento della componente studentesca. Si fa riferimento alle famiglie e si chiede il consenso dei genitori. Peraltro io mi chiedo: pensate che tutte le famiglie diano il consenso o che invece possano esistere casi - come peraltro ci ricorda anche la cronaca degli ultimi mesi - di famiglie che possono addirittura ostacolare un'eventuale percorso di emancipazione di un giovane o di una giovane? Insomma, vedo pochi passi avanti rispetto alle linee guida della vecchia legge che fu chiamata "buona scuola", che io considero insufficienti, e mi sembra da questo punto di vista davvero una occasione perduta. Peraltro, è un'occasione perduta che dà l'immagine di un Paese bloccato, proprio come se le lotte per l'emancipazione, che pure in un'altra stagione avevano attraversato le strade e le piazze d'Italia e avevano anche prodotto significativi miglioramenti della legislazione, fossero state completamente dimenticate.
Ora vedremo, dopo l'approvazione degli ordini del giorno di stamattina, se veramente si farà qualche passo avanti. Devo dire che conservo diversi elementi di scetticismo. Mi auguro naturalmente che il Governo venga in Aula a discutere degli eventuali passi avanti, oppure se si torna all'antico adagio, secondo il quale un ordine del giorno non si nega a nessuno e, quindi, abbiamo fatto questa cosa ma non ci saranno passi avanti significativi.
Ovviamente è giusto ricordare che il nostro Paese, già dieci anni fa, fu tra i primi a ratificare la Convenzione di Istanbul, ma questa cosa dimostra quanto ancora grande sia il ritardo di oggi. Io credo che sia invece del tutto indispensabile stanziare i fondi: per introdurre l'insegnamento specifico a scuola; per superare i ruoli di genere; per la crescita educativa, culturale, emotiva delle generazioni più giovani; per fermare sul nascere il germe della violenza e della sopraffazione. Credo che serva molto più questo a immaginare, per l'appunto, dei percorsi virtuosi che non il semplice aumento delle pene. Le pene esemplari non determineranno - io credo - alcun tipo di reale cambiamento.
Per provare invece a scardinare il sistema patriarcale, perché a questo sistema va dato un nome preciso, bisogna fare di più, bisogna fare molto di più. Ecco, mi chiedo davvero - lo dicevo anche alcuni minuti fa - quanti di questi casi drammatici si sarebbero evitati se si fosse introdotta un'educazione affettiva volta al rispetto, alla cura e alla parità di genere. Sarebbe per l'appunto molto importante che le forze politiche si prendessero la responsabilità di un atto concreto in questa direzione.
Gli uomini violenti, Presidente, sono il frutto di una cultura malata in cui siamo tutti immersi, sono il frutto del patriarcato, e del maschilismo: è nostro compito superare tutto questo, ma, se il cambiamento tarda così tanto ad attuarsi, è anche perché dalla stessa politica purtroppo arrivano segnali ambigui e contrastanti, che non vanno nella giusta direzione. Se anche fra di noi, in quest'Aula, chi riveste le cariche più alte ha bisogno di nascondersi dietro i pronomi maschili, allora evidentemente vuol dire che il patriarcato pesa. Se l'espressione "una brava donna di casa" è ancora considerata un complimento, anche quando si riferisce a una brillante ventiduenne che sta per laurearsi in ingegneria biomedica, anche in questo caso è il patriarcato a parlare. Se ragazzi giovanissimi reagiscono con violenza inaudita alla legittima decisione di andare via e di chiudere una relazione - e se vengono travolti dalla frustrazione al punto tale da annientare la stessa esistenza di chi sono convinti di amare - è perché considerano normale la prevaricazione, in un sistema culturale che impone anche a loro un ruolo e che li imbriglia in uno stereotipo. Anche in questo caso, è il patriarcato a parlare.
Presidente, ritengo che sarebbe allora molto utile e importante se quest'Assemblea potesse discutere anche di questo, oltre che dei provvedimenti che intervengono sul codice penale. Naturalmente quello di oggi è un passo e per questo voteremo a favore, con l'auspicio però che questo sia soltanto un capitolo di un'attività parlamentare decisa a sconfiggere la violenza contro le donne in tutte le sue forme. (Applausi).
RONZULLI (FI-BP-PPE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RONZULLI (FI-BP-PPE). Signor Presidente, il provvedimento che stiamo discutendo in quest'Aula rafforza il perimetro normativo, allargando la rete di protezione per le donne vittime di violenza, ed è un ottimo segnale politico e istituzionale che diamo al Paese dopo l'ennesima atroce notizia di femminicidio.
Il nostro Governo è intervenuto con rapidità ed efficacia per innalzare ancora di più gli argini di protezione con il disegno di legge che oggi ci accingiamo ad approvare. Abbiamo inasprito ulteriormente le pene, rafforzato la prevenzione, posto limitazioni ancora più ferree nei confronti degli uomini prevaricatori, attraverso l'istituto dell'ammonimento, del braccialetto elettronico e della distanza minima di avvicinamento: abbiamo fornito ai magistrati gli strumenti affinché ci sia meno discrezionalità possibile.
Ovviamente sappiamo tutti che non è abbastanza; non parlo in termini legislativi o parlamentari, ma parlo in termini culturali. La grande sfida che donne e uomini insieme devono saper affrontare riguarda una questione sociale: educare i nostri bambini, maschi e femmine indistintamente, a qualcosa che oggi sembra difficile, se non impossibile da raggiungere: saper amare. La questione educativa ed educazionale è una questione emotiva; educare i bambini a rispettarsi, educare una ragazza non accettare una relazione tossica, educare un ragazzo a non esercitare il possesso e la violenza significa educare le nuove generazioni a saper amare.
Che cosa significa saper amare? Significa saper accettare un rifiuto, significa dare gli strumenti a un ragazzo per voler comprendere che un amore può essere non corrisposto e che un "no" va accettato, che l'ego non ne viene sminuito. Significa spiegare alle ragazze che c'è vita, c'è realizzazione, c'è l'appagamento nell'indipendenza da un uomo, perché l'amore non è sopraffazione, ma è condivisione. Questo percorso, questa rivoluzione culturale che dobbiamo affrontare, è una rivoluzione che parte nelle scuole e nelle famiglie, attraverso l'esempio e l'ascolto.
Io ho una figlia di tredici anni, che si affaccia al mondo delle relazioni (i primi amori, le prime "cotte"), e cerco ogni giorno di spiegare a Vittoria che, se una cosa non la fa stare bene, qualsiasi cosa, anche un'amicizia con la compagna di banco, se qualcuno non la rende felice, significa che quella cosa non è giusta per lei.
Qui non si tratta di famiglia patriarcale o matriarcale, ma di essere presenti nella vita dei nostri figli e attenti ai segnali che ci inviano ogni giorno, di non sottovalutare le loro emozioni. Tante volte - diciamocelo - siamo anche noi le prime a voler sminuire il loro primo amore, la prima emozione, a non voler vedere i segnali, a non renderci conto che forse proprio lì, nelle prime emozioni, si annida il pericolo di prendere una strada sbagliata. È proprio lì che risiede la radice del percorso evolutivo, formativo, emozionale e culturale sul quale i nostri ragazzi gettano le basi del loro futuro esistenziale.
Educare ad amare, educare al rispetto ed educare all'ascolto è il primo grande obiettivo rivoluzionario che dobbiamo raggiungere. In questo senso, mi sento di plaudire la proposta rispetto all'educazione sentimentale nelle scuole per aiutare i ragazzi a gestire le relazioni. Mi chiedo però e mi interrogo se sia giusto farlo alle superiori: forse è troppo tardi, perché a quattrodici-quindici anni le relazioni sono già chiuse nel perimetro di quelle relazioni precedenti, non sono più scardinabili e quindi forse bisogna interrogarsi nel pensare di intervenire prima, magari già nella scuola media, se non addirittura nell'ultimo anno della scuola primaria.
Dispiace vedere che anche davanti all'ennesima tragedia, come quella di Giulia e di tante altre, ci sia chi continua a strumentalizzare visioni politiche diverse, dando responsabilità culturali che ovviamente non hanno ragione di esistere. Le responsabilità risiedono in una condizione relazionale che dobbiamo provare a scardinare e che, da madre di figlia di adolescente, mi preoccupa fortemente; la paura di rimanere soli, la paura di essere rifiutati, la paura di essere meno della propria compagna o della propria fidanzata. Ci sono donne che vengono uccise due volte: la prima per mano di chi professa amore e dispensa coltellate e colpi di pistola, la seconda per mano di chi quei colpi di pistola trova sempre modo di giustificare, andando a scandagliare nella psiche dell'assassino o, ma, peggio ancora, nei comportamenti della vittima. Pensiamo quindi a cosa dobbiamo raccontare ai genitori di Giulia, di Carol, di Erica e di tante altre vittime innocenti, se sul banco degli imputati ci finiscono non solo gli assassini, ma anche i presunti comportamenti delle vittime. Quante volte abbiamo sentito e letto frasi che dicevano che lei era provocante, aveva la minigonna, una scollatura troppo bassa, i jeans troppo attillati, aveva atteggiamenti che hanno fatto equivocare sulla sua disponibilità o no. Quante volte la gelosia viene usata come un'attenuante. Non è un'attenuante, semmai un'aggravante. Quante sentenze sono suonate come una beffa per chi piangeva quelle morti. (Applausi).
E allora il nostro impegno deve dare coraggio, il coraggio di denunciare. Ricordiamo il numero antiviolenza: 1522. Dobbiamo assicurare le case protette per nascondersi dagli aguzzini e un sostegno economico per non sentirsi legate al proprio uomo sotto il ricatto di non potersi sostenere da sole o con i loro bambini. Questo dobbiamo fare.
In conclusione, voglio ricordare il caso di Giulia Tramontano, che il 27 maggio scorso è stata uccisa con 37 coltellate dal fidanzato Alessandro Impagnatiello. Era incinta al settimo mese, come ricordiamo tutti. All'omicida non è stato contestato il reato di duplice omicidio, ma l'omicidio di Giulia e l'interruzione di gravidanza non consensuale. Una cosa gravissima, avvenuta credo anche a causa del nostro ordinamento che non prevede questa circostanza. Una lacuna alla quale vogliamo porre rimedio con un disegno di legge che per questi casi preveda il duplice omicidio.
L'auspicio e l'impegno che stiamo mettendo in campo è di fare ogni cosa in nostro potere, sia dal punto di vista normativo sia dal punto di vista culturale, per far sentire ogni donna al sicuro, mai sola e libera. Alle ragazze dico: amatevi e fatevi amare, non abbiate paura di pretendere una vita felice. Ragazzi, rispettate e prendetevi cura di chi avete al vostro fianco, perché solo così sarete davvero uomini. Colleghi, prendiamoci la responsabilità di entrare nelle scuole e nelle case, con messaggi privi di retorica, ma carichi di realismo. Il provvedimento di oggi è già ovviamente un primo passo in questo senso, perché la violenza contro le donne è una piaga che riguarda tutti e che tutti insieme dobbiamo combattere. È una battaglia che dobbiamo affrontare ogni giorno dell'anno e non soltanto dopo ogni brutale fatto di sangue o in questa settimana così importante. Lo dobbiamo fare per dire no alla violenza sulle donne, per unire lo sbaffo rosso sul viso, le scarpe rosse e le panchine rosse, perché il rosso non sia più il colore del sangue, ma rappresenti il simbolo della reazione e della rinascita.
Per questo motivo, ovviamente, annuncio il voto favorevole di Forza Italia. Mi permetta, Signor Presidente, di usare soltanto alcuni secondi per ringraziare il mio Gruppo, Forza Italia, perché non mi ha mai fatto mancare collaborazione, sostegno e affetto. (Applausi).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti dell'Istituto di istruzione superiore «Francesco Selmi» di Modena, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 923, 92, 327 e 754 (ore 15,51)
MAIORINO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAIORINO (M5S). Signor Presidente, era già abbastanza provante per me parlare oggi in Aula su questo argomento, sapendo che ci sono anche delle studentesse e degli studenti che ci guardano mentre discutiamo dell'approvazione di questa legge di contrasto alla violenza sulle donne.
Questo certamente aumenta il mio senso di responsabilità e la mia emozione, perché quest'oggi in Aula, in realtà, più che parlare del contenuto della legge in esame si è parlato molto di loro. Si è parlato molto delle scuole, si è parlato molto di ciò che l'educazione dovrebbe fare e di che tipo di società e di messaggio vogliamo provare a lanciare.
Si è discusso di questo, perché purtroppo in cuor nostro sapevamo qual era stata la fine di Giulia Cecchettin, ma in quella settimana, in quei dieci giorni di attesa, credo che nessuno di noi abbia avuto il coraggio di dirlo per una sorta di pudore scaramantico, per non far avverare quella maledetta profezia, che poi si autoavvera ma lo sapevamo tutte e tutti.
Quell'evento ha cambiato il corso anche di questa discussione, ma vorrei che quell'evento cambiasse tutto, che da quella presa di posizione fortissima e così piena di dignità che ha avuto la famiglia di Giulia Cecchettin anche noi, anche la politica, potessimo davvero cambiare tutto. (Applausi).
Cosa ci chiedono i ragazzi e le ragazze quando dicono «Distruggiamo tutto»? Attenzione a non fraintendere, a non banalizzare e a non pensare che si riferiscano a tumulti o a distruzioni di ordine materiale. Parlano di sovvertire il paradigma su cui ancora la nostra società è fondata e di farlo con coraggio fin dalle fondamenta.
Uniti noi stiamo votando questo disegno di legge e come MoVimento 5 Stelle ne siamo orgogliosi. Questo provvedimento è in fondo il seguito e la seconda parte del "codice rosso", che fu approvato nel 2019, certamente su spinta - vanno riconosciuti i meriti a ciascuno: questo significa unità - dell'allora ministra Bongiorno, ma con il grande sforzo e la caparbietà del ministro della giustizia Bonafede che volle, fortissimamente volle, che quel provvedimento venisse aperto al Parlamento. (Applausi). Grazie a quella forza di volontà il Parlamento aggiunse a quanto previsto dal decreto-legge iniziale, cioè di dare una corsia preferenziale alle denunce delle donne vittime di violenza - correttissimo - previsioni rispetto a lacune assolutamente inconcepibili del nostro ordinamento. Abbiamo potuto aggiungere lo sfiguramento del volto con gli attacchi con l'acido, il matrimonio forzato e la violenza assistita. Abbiamo aggiunto reati che purtroppo il nostro codice non prevedeva e oggi abbiamo messo la giustizia in grado di avere gli strumenti per poterli fronteggiare. Proprio grazie all'approvazione del "codice rosso" di allora abbiamo potuto identificare le falle del sistema; infatti, in seguito all'approvazione del "codice rosso", sono aumentate le denunce delle donne, che si fidano delle istituzioni, denunciano, ma poi le istituzioni non le prendono in carico come dovrebbero e purtroppo succede un'altra volta quello che non dovrebbe accadere.
Il provvedimento in esame interviene su questo e va a porre rimedi alle falle che sono state identificate grazie al primo "codice rosso". Tuttavia, oggi in realtà nessuno ha parlato e sta parlando del contenuto di questo provvedimento, su cui siamo tutti d'accordo (e va benissimo); oggi si sta parlando per la prima volta (e lo trovo un traguardo enorme per tutte e tutti) della necessità di educare. Considerate che sono una delle più forti sostenitrici del fatto che nelle scuole vadano inseriti in maniera strutturale percorsi di educazione affettiva ed emotiva - che dir si voglia - affiancata all'educazione sessuale, sana e corretta. (Applausi).
Tuttavia, ciò che le ragazze e i ragazzi ci stanno chiedendo va ancora oltre questo. Se pensiamo di aver risolto il problema, una volta riusciti a fare questo, allora il problema non sarà risolto. Chiedo quindi a tutte e a tutti di fare un ulteriore passo avanti. Alcuni cenni sono stati fatti, ma non in maniera tanto esplicita. Oggi sui giornali è un fiorire di articoli che sfaccettano il tema da varie prospettive e punti di vista; ce n'è uno che mi ha colpito particolarmente, a firma di un uomo che racconta la giornata tipo degli uomini e dei padri, e so che in quest'Aula c'è grande sensibilità rispetto al ruolo dei padri. Ve lo riassumo, senza leggerlo: sostanzialmente dice ciò che sappiamo tutto e tutti, cioè che l'educazione dei figli oggi è ancora demandata alle madri. Attenzione, però, non solo per un fatto culturale: è la legge che la demanda alle madri, perché è la legge a prevedere che gli uomini siano a casa dodici giorni una volta che sono diventati padri e tutto il resto, invece, è sulle spalle delle donne. Se oggi abbiamo compreso che l'antidoto contro la violenza sulle donne è la parità di genere, allora uniamoci per estendere il congedo parentale, per dare ai padri un ruolo centrale nella crescita, nell'educazione e nell'accudimento. (Applausi). È così che si combatte lo stereotipo della donna che accudisce e dell'uomo che dovrebbe essere un'autorità, ma poi non c'è a casa. È così che si contrasta la violenza sulle donne.
Questa è una battaglia che possiamo fare insieme. C'è n'è un'altra che sembra minore, ma questo è veramente un residuo di primitivismo. Prima ho sentito che negli interventi precedenti si citava il diritto di famiglia, che è stato modificato nel 1975, quando i coniugi hanno assunto pari dignità. C'è un residuo di primitivismo in questo: il cognome materno. Perché le donne non possono trasmettere il cognome materno? Anche questo è quello che alcuni chiamano patriarcato. Non lo volete chiamare patriarcato, ma è comunque disparità di genere. Allora anche su questo uniamoci. Direte che è una battaglia minore, ma i simboli sono importanti; i simboli hanno una valenza estremamente culturale per gli esseri umani.
C'è poi un'altra questione di cui siamo particolarmente orgogliosi e che è sempre stata trattata in maniera superficiale. Come MoVimento 5 Stelle, ci siamo orgogliosamente battuti perché venissero sostenuti, anche economicamente, e venisse anche resa nota l'esistenza dei centri per uomini maltrattanti. In questo disegno di legge, si prevedono finalmente linee guida in proposito. Che cosa si fa trattando gli uomini autori di violenza? Non si fa loro un favore, non si aiutano i maltrattanti, ma si aiutano le donne a non tornare ad essere di nuovo vittime di quegli stessi uomini maltrattanti (Applausi). Oltretutto si fa un lavoro culturale enorme sugli uomini per contrastare gli stereotipi di genere, che ingabbiano anche loro. Si dice agli uomini: apriti, parla delle tue difficoltà, parla dei disagi; se non vivi bene in una relazione, se non sai gestire le tue emozioni, puoi rivolgerti a esperti che ti potranno guidare. Questo significa fare prevenzione e non intervenire a posteriori, quando ormai la violenza più forte purtroppo si è già manifestata ed ha agito.
Sull'educazione un passaggio devo farlo. Sull'introduzione dell'educazione ho detto che apprezziamo molto i passi avanti che sono stati fatti, ma questo non è sufficiente. Solo fino a poco tempo fa, gli stessi che finalmente oggi parlano della necessità di arrivare a un'autentica parità di genere rigettavano e ripudiavano il termine femminicidio: il femminicidio è soltanto l'omicidio di una donna, quindi perché dovremmo chiamarlo in un altro modo? Se da una parte apprezziamo i passi avanti che sono stati fatti, dall'altra consentiteci di essere scettici. La nostra astensione significa comunque un'apertura di credito. Consentiteci di essere scettici, se da quella stessa parte - non voglio fare nomi e cognomi - qualcuno parla di madri disturbate, nel senso che le madri di chi agisce con violenza sarebbero persone disturbate. Qualcuno parla di donne cattive. Qualcun altro addirittura dà della satanista alla sorella della vittima di femminicidio. Quindi noi un minimo di scetticismo, su questo e sull'educazione, ci permettiamo di averlo.
Voglio concludere con un appello alla Premier, alla Prima ministra, perché voglio credere che non si identifichi con la cultura del patriarcato. Allora, può dimostrarlo e può dare un messaggio potentissimo proprio ai ragazzi e alle ragazze che ci guardano in questo momento: faccia un controcomunicato, un comunicato opposto a quello che ha fatto immediatamente dopo il suo insediamento e chieda di essere chiamata "la Presidente". Dimostri di essere orgogliosa di appartenere al genere femminile (Applausi) e così contribuirà all'empowerment delle ragazze.
Mi aspetto che questa stessa unità che oggi abbiamo avuto su misure che comunque influiscono e hanno a che fare semplicemente con le procedure penali e di giustizia, possa esserci davvero, come ci chiedono i ragazzi e le ragazze, a livello culturale. Uniamoci anche per tutti questi altri passi avanti che il nostro Paese ha bisogno di fare. (Applausi).
STEFANI (LSP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STEFANI (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, i recenti fatti hanno veramente turbato e commosso forse un po' tutti ed hanno alimentato un dibattito che, in realtà, è da anni che si sta svolgendo. Qualcuno ha detto che non siamo al punto zero sul tema del femminicidio. Non siamo, purtroppo, al punto zero, perché si stanno susseguendo ancora casi terribili, che hanno alimentato anche discussioni nella società civile, le cui varie argomentazioni hanno cercato forse anche di individuare dei colpevoli, magari nella famiglia, nella scuola, negli amici o forse anche nella politica e nelle norme.
Non possiamo non interrogarci sulle trasformazioni sociali che stanno avvenendo, forse anche dei fenomeni sociali che sta avvenendo. Mi spiego meglio, proprio a partire dal caso recentissimo di Giulia Cecchettin, della bellissima Giulia, con quello che le è accaduto. Stiamo parlando di un contesto sociale, quello in cui queste famiglie vivono, percepito come normale, il classico Veneto quasi benestante. Stiamo parlando di un ambito che non ha nulla a che fare con periferie abbandonate o con situazioni di disagio sociale e familiare, di povertà o di mancanza di scolarizzazione. Occorre quindi porsi anche la domanda del perché accada questo, in questo tipo di contesti.
Per certi versi, ci poniamo anche la domanda su quale possa essere, in questi casi, la valenza, eventualmente deterrente, dell'aggravamento di una pena. Chi agisce in quel momento sta a pensare a quale potrebbe essere la conseguenza o a quanti saranno gli anni di carcere?
Per certi versi, questo disegno di legge dà delle risposte, perché si inserisce in un percorso che è nato con la ratifica della Convenzione di Istanbul, ha stabilito anche dei principi e si è consolidato con l'ottimo "codice rosso", che è diventato proprio un fondamento, un asse portante del tema, e delle norme che riguardano i casi di violenza domestica. In tal senso, siamo ancora veramente a ringraziare la senatrice Giulia Bongiorno, attuale Presidente della Commissione giustizia, all'epoca Ministro, per avere seguito, coltivato e fortemente voluto questa norma. (Applausi).
Ma quali sono la valenza e l'importanza di questo disegno di legge, l'importanza di questo disegno di legge? Innanzitutto, esso nasce da un dibattito maturo, ma agisce su due direttrici fondamentali. Una è l'anticipazione della tutela, perché pensare soltanto alla parte repressiva, come dicevamo prima, forse non ha l'efficacia della deterrenza. Stiamo guardando al momento ancora precedente. In questa ottica, si pongono tutto il rafforzamento della fase dell'ammonimento, così come tutto il potenziamento delle misure di prevenzione, che vanno dalla sorveglianza speciale fino all'utilizzo del braccialetto elettronico. E qui occorre fare un ragionamento sulle modalità cosiddette di controllo elettronico.
Anche in questo caso, del braccialetto elettronico va verificata la fattibilità tecnica, come dice anche il test. Questo perché, se il braccialetto elettronico non funziona, rischiamo una trappola, come aveva detto la presidente Bongiorno nel corso di una seduta della nostra Commissione. E la trappola è ciò che di peggio possa accadere a una donna che magari confida nel poter sapere dov'è il suo eventuale aggressore o il molestatore.
Sulla direttrice dell'anticipazione della tutela, abbiamo utilizzato anche l'ipotesi dell'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare. Questi sono meccanismi che funzionano sulla base di alcune spie. L'importante è saper individuare le spie, i segnali, che non nascono solo dalla persona che vede il comportamento del proprio coniuge, del proprio compagno, dell'ex coniuge, dell'ex compagno, di un amico particolarmente affezionato oppure di qualcuno che magari ha atteggiamenti che già si interpretano come leggermente persecutori. Tali spie non sono solo nella persona, ma anche in chi le sta attorno. Noi viviamo in una società che deve avere la capacità di usare i propri anticorpi e saper vedere oltre. Non bisogna chiudersi nei propri contesti sociali, nelle proprie famiglie e nelle proprie stanze, ma guardare anche quello che accade attorno.
L'altra direttrice fondamentale del provvedimento è relativa alla celerità e alla certezza dei tempi che è alla base del "codice rosso". Ricordiamo bene, infatti, che nel "codice rosso" siano previste norme fra le quali quella importantissima che impone i famosi tre giorni - per il procuratore - per intraprendere iniziative a fronte di una denuncia che viene posta dalla persona offesa che intende, che presume o che espone di essere vittima di violenza. Tra l'altro recentemente abbiamo approvato anche un disegno di legge molto importante, sempre a prima firma della presidente Bongiorno, proprio nel senso addirittura di chiedere un'avocazione quasi delle indagini nel caso in cui non si rispettino questi tre giorni.
Comunque, per quanto riguarda la celerità e la certezza dei tempi, c'è bisogno di rispondere con immediatezza e non per niente in questo disegno di legge è prevista una trattazione spedita degli affari proprio nella fase cautelare. È prevista addirittura una priorità, nel caso in cui cominci il processo, dell'iscrizione nei ruoli di udienza e nella trattazione degli stessi processi. Ci sono dei termini per l'adozione delle misure cautelari affinché non restino delle sacche e in quei tempi morti, purtroppo, accada l'irreparabile.
Accanto a queste due direttrici, vi sono altri importantissimi interventi che vertono sull'iniziativa formativa degli operatori che vengono in contatto con le persone vittime di violenza, perché la persona vittima di violenza ha subito, magari ha vissuto, dei contesti dove si è adattata a certi sistemi. Io ricordo un tristissimo caso durante l'esercizio della mia attività professionale di una donna tranquillissima, madre di famiglia, serena, che stava anche bene, che però mi ha rivelato, alzandosi la maglia, quante botte aveva preso, quante percosse aveva preso. Il marito era insospettabile e anche lei. Eppure in quel contesto si erano realizzati dei profondi maltrattamenti e non aveva il coraggio, aveva vergogna di parlare di quello che era accaduto, delle cose che aveva subito per anni.
Le iniziative formative riguarderanno coloro che vengono a contatto con queste persone, perché bisogna dare anche il coraggio di agire e soprattutto fornire informazioni sulle risorse, le opportunità e i mezzi di salvezza.
Abbiamo previsto comunque un appesantimento delle sanzioni, a partire dall'innalzamento delle pene per la violazione degli ordini di protezione che vengono emessi dal giudice civile: l'allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento sono dei rimedi a tutela della persona, ma - se non vengono monitorati e se non sono previste pesanti sanzioni in caso di violazione - è come se non esistessero. Abbiamo previsto poi l'arresto, addirittura in flagranza differita, nel caso in cui venga individuato l'aggressore, magari attraverso dei mezzi video o fotografie.
Quello che dicevamo prima, comunque, è che questo importantissimo disegno di legge nasce proprio su un percorso che probabilmente non è ancora finito. Di certo una riflessione deve essere fatta anche sulla popolazione dei giovani che vediamo crescere e nascere: ciò perché quando le violenze accadono fra giovani ci inquietano maggiormente e ci domandiamo che cosa è accaduto e che cosa è stato sbagliato.
Di certo vi è una problematica diffusa relativa all'incapacità della gestione della frustrazione, dell'interpretazione dei propri fallimenti o di quelli che vengono letti come fallimenti: ma magari sono soltanto dei piccoli passaggi di una vita. Manca una corretta rappresentazione della realtà, al di fuori dei video e dei telefoni, in un mondo che magari non si capisce e nel quale magari si teme di non avere più nulla e quando svanisce quel poco che ti sembra sia per te, ti sembra che si distrugga tutto.
Possiamo però fare un appello a tutte le donne, alle ragazze che ci seguono. Nell'ultima settimana sono aumentate le chiamate al numero d'emergenza, al 1522, da parte delle famiglie che magari hanno delle preoccupazioni. Quello che vogliamo dire a queste donne è di essere sì prudenti, perché la prudenza è una virtù, non è viltà. Bisogna però ricordare loro che devono essere forti, che devono essere coraggiose, che non si devono vergognare di chiedere aiuto, di parlare, di raccontare, di sentirsi parte della società. E noi dobbiamo essere al loro fianco, non dobbiamo far sentire mai nessuno solo.
Per questa ragione il Gruppo della Lega voterà convintamente a favore di questo provvedimento. (Applausi).
SENSI (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SENSI (PD-IDP). Signor Presidente, Ministra, onorevole senatrici e senatori, non è mai facile prendere la parola in quest'Aula, figurarsi oggi, in questa occasione e in questo momento. Già soltanto il fatto di prendere la parola - quando forse solo il silenzio restituirebbe un senso a ciò che senso non riesce ad avere, la morte di Giulia Cecchettin oggi e di altre 105 donne uccise da uomini finora solo in Italia, solo in questo 2023 - dicevo già solo il fatto di prendere la parola, sebbene qui, in Parlamento, risuona come un insopportabile stridore, come una mancanza di rispetto (quasi l'ennesima), come un rumore. No, non quello delle piazze, Presidente, dei coetanei di Giulia Cecchettin (lo ricordava Cecilia D'Elia stamattina): occorre sostituire con il suono della vita l'ingessata cerimonia del silenzio, non accettare che si resti muti, indifferenti, rassegnati. Ma qui è il rumore di una politica che parla sempre troppo, di tutto, ma non di ciò che è essenziale, che copre troppo spesso, con la sua chiacchiera autoriferita, un crescente vuoto di ascolto, di significato, di autorevolezza, di azione.
Sembra quasi che le uniche parole possibili e consentite in questo frangente siano soltanto quelle della famiglia di Giulia Cecchettin, quelle austere e dolorose del padre, quelle fiammeggianti di Elena, la sorella, perfino quelle drammatiche del padre di lui, di sofferenza e di vergogna. Be a beautiful cupcake in a world full of muffin, scriveva Giulia Cecchettin sotto una sua foto, con quel suo sorriso timido; un bellissimo cupcake in un mondo pieno di muffin. Eppure parliamo: parlo io qui che ne ho meno titolo di tutte, delle mie straordinarie colleghe, del mio Gruppo, della Commissione femminicidio. Ne parliamo tutti, un Paese intero, scosso, attonito, impietrito. Parlano le donne, indomite, stanche; stavolta parlano perfino gli uomini, richiesti di trovare voce per dire, per condannare, certo, per assumersi una responsabilità. Questa è cosa più difficile e gravosa, se possibile (se ne parlava stamattina), dell'addossarsi una colpa, in un dibattito pubblico che oscilla tra il dovere della responsabilità individuale e l'urgenza di quella collettiva, di genere.
Anche se facciamo di tutto per non vederla, esiste, colleghi, una continuità fra gli elementi strutturali abituali della violenza di genere e l'estremo del femminicidio, perché in fondo è questa continuità che molti fra noi negano, mettendosi al sicuro. Io ho ucciso? No, ma uno di noi uomini, di noi maschi lo ha fatto. Io ho stuprato? No, ma uno di noi uomini, di noi maschi lo ha fatto. Io ho molestato, aggredito? No, ma è uno di noi uomini che lo ha fatto. Io ho umiliato, Presidente? Sì, l'ho fatto. E quanti di noi l'hanno fatto e lo fanno ogni giorno? Io ho silenziato? Sì. Io ho diminuito? Sì. Io ho dato per inteso? Sì. (Applausi). Fatto quelle battute, usato quel linguaggio, escluso, spiegato non richiesto? Sì, Presidente, l'ho fatto, a volte di proposito, a volte, peggio, senza pensarci, senza neanche accorgermene. Come è maschile questa sfilza di "io", che non sa mai farsi "me"; come è già violento questo mio linguaggio.
Non mi interessa venire qui a segnalare l'impostura di una virtù, a cercare querulo un'approvazione per continuare poi a togliere spazio e dimensione, ruolo e respiro alle donne, alla piena soggettività delle donne (ne parlava Anna Rossomando). Non è ciò che ci interessa in gioco qui, Presidente, ma ciò che ci riguarda, ciò che non possiamo più tacere, i conti che dobbiamo cominciare a fare con la nostra identità e la sua crisi, che - lo vediamo - pagano le donne, spesso con la vita, sempre nella vita. Siamo diventati una mafia noi maschi, Presidente? Lo siamo sempre stati? Siamo padri e figli, fratelli e complici di una prevaricazione, di un abuso eretto a sistema, di un danno che si perpetua e vive di noi e in noi? La domanda giusta non è se lo abbiamo fatto, se uno o tanti di noi abbiano ucciso, violentato, aggredito, umiliato, offeso, diminuito, reificato, insultato, minacciato, spiato, controllato, sequestrato una donna: perché lo abbiamo fatto. La domanda giusta non può essere neanche se lo faremo di nuovo, se accadrà di nuovo, perché sappiamo tutti che accadrà e che lo faremo di nuovo. La domanda giusta che ognuno di noi - parlo degli uomini, dei maschi - si dovrebbe porre oggi è: perché può accadere? Perché posso farlo? Sono fatto così? È il desiderio? È il possesso che esercito? La fisicità? È la mancata formazione? È un'educazione sbagliata? È la famiglia, il branco, il clan? È la cultura patriarcale? Schemi e strutture, anche economiche e di potere, che ci guidano e alle quali non facciamo eccezione, nessuno di noi? È una malattia? È una tara, un baco nelle relazioni tra uomo e donna? Il punto è questo, Presidente: perché può accadere? Perché accade?
Colleghi, in quest'Aula a noi è chiesto non di dare la risposta a questo interrogativo smisurato; in questo caso forse sarebbe davvero opportuno tacere, di fronte a questo abisso.
Da noi qui, come parlamentari, si pretende invece di ricevere strumenti, insufficienti certo, ma che possano diffondere una consapevolezza più matura, evitare violenze, proteggere libertà, salvare delle vite. Una società che si fonda sul dare libertà, deve poi saperla proteggere. Per questo abbiamo il diritto e le leggi che regolano l'incontro e lo scontro di queste libertà, che limitano l'abuso, lo riducono, cercano di neutralizzarlo. Anche se siamo sempre daccapo, non siamo sempre daccapo, come ricordava la senatrice Malpezzi. Dobbiamo saperlo, avere fiducia e crederci. Questo è lo Stato di diritto e non di polizia. Sapevamo tutto, certo che sapevamo e su questo siamo e saremo giudicati, per quello che non abbiamo fatto, che non abbiamo saputo fare, per ciò che avremmo dovuto fare, che potevamo fare e non abbiamo fatto.
In questa settimana, segnata dall'assassinio di Giulia Cecchettin, sappiamo tutti che non sarebbe ammesso qui niente altro che un sì corale, sollecito e convinto, alla legge che discutiamo e che ha già ricevuto il via libera unanime alla Camera. Non sarebbe comprensibile niente altro e - aggiungo - non sarebbe giusto. Sappiamo tutti, certo che lo sappiamo che questo provvedimento interviene soltanto su un ambito importante, quello della cosiddetta prevenzione secondaria. Molti passi avanti sono stati fatti alla Camera affinché non solo si raggiungesse quell'unità che oggi ribadiamo grazie a un confronto utile tra maggioranza e forze di opposizione, ma anche che si evitasse qualche inciampo. A questo serve il lavoro parlamentare, a migliorare le proposte, ad irrobustirle e farle camminare nella vita delle persone; non ad esibire, invece, i colori delle nostre gualdrappe su una questione che dei nostri colori non ha certo bisogno.
Certo, noi del Partito Democratico avremmo preferito che il tema dell'educazione, della prevenzione primaria, divenuto così centrale nel dibattito pubblico che questo caso ha suscitato nel Paese con una forza che ha pochi precedenti, venisse raccolto e, in qualche modo, recepito già dentro questo provvedimento. Sulle statistiche, sulle risorse e soprattutto sull'impegno solenne a venire in questa Aula a discutere insieme su quello che in questo provvedimento ancora manca (Applausi) - e ringrazio per questo il senatore Verini e il lavoro paziente del senatore Bazoli - noi ci siamo stati, ci siamo e insisteremo ancora e ancora. Ciò non per dividerci o per contarci, colleghi, ma perché a contare sia l'aspettativa delle persone e delle donne e perché questo Parlamento non si riveli incapace di ascoltare, di aiutare e di essere utile con soluzioni perfettibili, come perfettibile è la democrazia, il suo scacco e il suo tentativo.
La legge che approviamo oggi non è la risposta alla violenza sulle donne, nessuno si illuda, ma una risposta, manchevole, provvisoria, fragile e possibile.
Colleghi, le differenze fra noi sono spesso radicali, irriducibili e nette. Ognuno di noi pensa che sia sacrosanto così, che ci siano storie, valori, culture inassimilabili o che questa diversità sia una ricchezza per la nostra democrazia: il suo fondaco.
Anche sulla violenza contro le donne e sul femminicidio possiamo proporre soluzioni differenti e alternative. Possiamo pensare, sbagliando, che la repressione sia la risposta della destra e che la formazione sia appannaggio della sinistra: ma su questo, se non è insieme, se non serve, non è.
Possiamo sventolare i nostri stendardi, rivendicare l'impianto di questa legge (Applausi), debitrice del lavoro prezioso svolto dalla Commissione guidata dalla senatrice Valeria Valente nella scorsa legislatura. Auguri alla nuova presidente Martina Semenzato. Possiamo far valere gli ordini del giorno, lucidare gli ottoni del lessico, dichiarare accigliati davanti alle telecamere; potrei digrignare su Valditara e il suo consulente, su Sasso, sui singhiozzi procedurali di questa mattina. Ci sono però poi storie come quella di Giulia Cecchettin che azzerano qualsiasi palinsesto (Applausi), che ci spingono davanti a uno specchio e ci chiedono uno sforzo di verità e di dignità, imponendolo a questo Parlamento.
Penso ad esempio che l'invito alla collaborazione - che leader come Giorgia Meloni o Elly Schlein - hanno, a più riprese, formulato su questo tema, oggi da ultimo, e con effetti che tutti apprezziamo - non sia più solo possibile, ma doveroso, necessario e urgente in questa legislatura. Anzi dico, con Schlein e Meloni, a tutti i leader delle forze che sono in questo Parlamento che sarebbe bello se il segno di questa legislatura non fossero lo stravolgimento costituzionale delle riforme istituzionali o l'Italia alla rovescia dell'autonomia differenziata, ma un percorso comune sulla violenza contro le donne, su una sanità più efficiente (Applausi), sulla questione della salute mentale, sul lavoro più dignitoso, su una crescita più sostenibile, su un territorio ricucito, su città più sicure, sul diritto allo studio e alla casa, su carceri senza bambini dentro (Applausi), su meno e non più armi nelle case degli italiani.
Abbiamo uno strumento, Presidente, una Commissione bicamerale che può essere il luogo per un confronto, che sarà anche aspro, ma sempre e solo per costruire condizioni migliori per le donne, per la loro libertà e per i loro diritti. Uno dei primi diritti - diceva nella sua ultima intervista Angela Bottari - è il diritto a vivere la propria vita. Usiamolo questo strumento, il Parlamento. Rischiamo, facciamolo vivere di questa sfida.
È con questa attesa, con questa speranza, dunque, signor Presidente, che annuncio il voto favorevole del Partito Democratico. Facciamone buon uso, più cupcake, meno muffin. (Applausi).
DE PRIAMO (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PRIAMO (FdI). Signor Presidente, mi permetta innanzitutto di ringraziare il Capogruppo e il Gruppo intero per la responsabilità che mi è stata data di svolgere una dichiarazione di voto su un tema per noi estremamente importante. In particolar modo, voglio ringraziare la relatrice Campione, tutte le colleghe senatrici che sono intervenute, i colleghi della Commissione giustizia che hanno lavorato su questo tema e sul provvedimento che oggi andiamo ad approvare. Credo che non sia casuale la scelta di Fratelli d'Italia di affidare a un uomo la dichiarazione di voto su un disegno di legge che riguarda il tema del femminicidio, la violenza di uomini nei confronti di donne. Pensiamo, infatti, che questa sia una battaglia dalla quale gli uomini non si possono e non si devono chiamare fuori. Ricordo che già alcuni mesi fa a questo proposito il presidente del Senato La Russa aveva lanciato un appello, secondo noi molto significativo, affinché vi fosse una mobilitazione di uomini per denunciare la vergogna del femminicidio, di omicidi, aggressioni, violenza fisica o morale ai danni della donna, che sono una piaga in Italia, così come purtroppo in ogni parte del pianeta. Spiace notare che in una discussione ampia, sincera, appassionata, che è durata più di sei ore - anche l'intervento del collega Sensi che mi ha preceduto, così come tanti altri interventi, rende onore a questa passione e a questo impegno - ci sia stato chi lascerà alle cronache di questa giornata una foto un po' squallidamente fatta agli scranni vuoti (Applausi), magari pensando di fare un danno al Governo e non sapendo di farlo invece alla credibilità delle istituzioni tutte e quindi a tutti i cittadini e le cittadine che oggi aspettano da noi risposte, tra l'altro astenendosi incomprensibilmente su ordini del giorno unitari. (Applausi).
Questo provvedimento arriva alla sua approvazione in giorni significativi: non faccio riferimento alla ricorrenza imminente della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne, ma a quello che è accaduto in questi giorni. Infatti, a fronte di una drammatica contabilità che vede più di cento donne uccise ogni anno, in questi giorni è accaduto qualcosa che per certi versi ci ha ricordato la reazione che il popolo italiano ha spesso avuto. Arriva il momento, in tante circostanze, in cui il nostro popolo dice "ora basta". È successo, ad esempio, per la lotta contro la mafia: anni e anni di stragi mafiose, fino alle stragi di Capaci e di via D'Amelio e alla capacità di reazione di quei giorni. È accaduto allora e auspichiamo che possa accadere anche oggi, quando tutto il nostro popolo per diversi giorni ha sperato in un diverso finale per la vicenda di Giulia Cecchettin, ha sperato che l'epilogo della sua storia fosse diverso da quello drammatico cui abbiamo assistito e che per tanti anni si è ripetuto.
Forse quello che è accaduto può far scattare un meccanismo emotivo nel sentimento popolare della nostra gente, delle istituzioni, degli studenti, dei giovani, di tutti affinché nell'opinione pubblica si dica una volta per tutte basta violenza contro le donne, basta sopraffazione. (Applausi). È arrivato il tempo di affermare ovunque la cultura del rispetto, l'etica della gentilezza e di isolare una visione malata e tossica delle relazioni, una visione che ha tante sfaccettature, che va studiata, approfondita e che, a nostro avviso, non si può liquidare unicamente con la critica anche un po' datata della società patriarcale.
Certo, c'è anche quello, ma secondo noi a questo proposito dobbiamo prendere atto del fatto che Paesi più avanzati dal punto di vista della riduzione del gender gap, come molti di quelli scandinavi, hanno dati peggiori e più allarmanti dei nostri. Allora evidentemente c'è dell'altro; in questa dinamica c'è tutto il nostro tempo, c'è la società odierna. Questa vicenda è figlia delle contraddizioni della nostra società, anche dell'incapacità di alcuni di noi uomini di gestire le proprie frustrazioni, talvolta dell'incapacità o dell'assenza della famiglia nell'insegnare ai figli ad accettare anche la sconfitta, il fallimento, e ad imparare ad alzarsi in piedi e a riprendere il proprio cammino senza fare del male a nessuno. (Applausi).
In un simile scenario, certo che dobbiamo fare di più e sempre meglio la nostra parte e oggi lo facciamo con un provvedimento che si pone nel solco della legislazione che è stata ricordata in tanti interventi. Mi riferisco intanto a quella a suo tempo portata avanti dal governo Berlusconi, a quella portata avanti con la legislazione sul "codice rosso" che, pur dall'opposizione, Fratelli d'Italia approvò, perché è giusto che su provvedimenti come questo si cerchi ciò che unisce piuttosto che ciò che divide.
Presidenza del presidente LA RUSSA (ore 16,33)
(Segue DE PRIAMO). Sul provvedimento in esame è stato fatto un grande lavoro da tutto il Governo, ma in particolare dalla ministra Roccella, alla quale esprimiamo stima e solidarietà, a proposito di tolleranza e di violenza (anche quella morale), per alcuni ingiusti attacchi subiti in relazione alle sue idee e i suoi valori. In questo testo trova spazio il tema della prevenzione, molto citato anche nella discussione di oggi. Vorrei ricordare il rafforzamento dell'ammonimento, che viene esteso anche ai cosiddetti reati spia; viene introdotto l'obbligo per il tribunale di imporre il divieto di avvicinamento e l'obbligo di distanza; viene ampliato l'uso del braccialetto elettronico; si prevede l'anticipo dei tempi per la valutazione del rischio; vi è, come è stato ricordato, la possibilità dell'arresto in flagranza differita; è prevista la formazione dei magistrati sul tema e l'obbligo per le procure di avere un responsabile su questo tipo di reati in ogni procura; vi è anche l'ampliamento dei reati di violenza a quelli commessi in presenza di minori; vi è l'anticipo della provvisionale di ristoro e ancora condizioni più stringenti nelle misure cautelari. Si tratta, quindi, di norme che potranno salvare vite e delle quali siamo orgogliosi.
Fratelli d'Italia, infatti, è da sempre in prima linea. Oggi la senatrice Maiorino ha detto che è storia il fatto che la destra oggi accetti la parità di genere. La informiamo sommessamente che la storia l'abbiamo già scritta, candidando per suoi meriti e facendo eleggere Presidente del Consiglio la prima donna nella storia repubblicana. (Applausi).Al di là di questo, Fratelli d'Italia è stata, con la presidente del consiglio Giorgia Meloni, prima firmataria nel 2013 di una proposta di legge sulla ratifica della Convenzione di Istanbul; Fratelli d'Italia ha dalla sua fondazione un dipartimento sulle vittime della violenza. Oggi si è parlato anche a pochi metri da qui - alla presenza del Ministro dell'istruzione e del merito, della Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità e del Ministro della cultura - del protocollo che è stato firmato in tema di educazione, dell'impegno a portare avanti questo tema anche nelle scuole. Al riguardo cito la collega Valente, che ha richiamato a fare attenzione a chi mandiamo dentro le scuole: è un tema serio, perché è importante che questo tipo di lavoro sia fatto da chi ha le competenze e il giusto discernimento. Pertanto, anche con qualche premessa diversa, firmiamo e sottoscriviamo il suo appello: attenzione a chi mandiamo dentro le scuole.
Il provvedimento in esame mette al centro dei principi che si collegano a questa discussione: prevenzione, protezione, certezza della pena. Non si tratta, però, di un unicum in un deserto di azioni; al contrario, si inserisce in un lavoro straordinario fatto in questo anno, che ha visto il Governo Meloni portare i fondi per i centri antiviolenza e le case rifugio da 35 a 55 milioni anche con la prossima legge di bilancio; sono stati stanziati 9 milioni per il sostegno alle donne vittima di violenza e sul reddito di libertà e per rafforzare in modo capillare la campagna di diffusione del numero antiviolenza 1522; infine, sono state messe in campo, in questo caso a tutela dei minori, le norme sul parental control presenti nel cosiddetto decreto-legge Caivano.
Insomma, colleghi, si tratta di un lavoro importante per sostenere le donne vittime di violenza, alle quali deve essere garantita una rete di protezione tale da consentire loro di coltivare la fiducia in se stesse, di affidarsi al proprio istinto e di rendersi libere, allontanando gli uomini - ai quali va tutto il nostro disprezzo - che non le rispettano e che possano fare loro del male o anche solo pensare di farlo. (Applausi).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del disegno di legge n. 923, nel suo complesso.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi).
Ringrazio tutti i colleghi.
Risultano pertanto assorbiti i disegni di legge nn. 92, 327 e 754.
Comunicazione del Presidente, ai sensi dell'articolo 126-bis, comma 2-bis, del Regolamento, in ordine al disegno di legge:
(924) Istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale e revisione della disciplina in materia di valutazione del comportamento delle studentesse e degli studenti (Collegato alla manovra finanziaria)(ore 16,36)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca comunicazione del Presidente, ai sensi dell'articolo 126-bis, comma 2-bis, del Regolamento, in ordine al disegno di legge n. 924 recante: «Istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale e revisione della disciplina in materia di valutazione del comportamento delle studentesse e degli studenti», collegato alla manovra di finanza pubblica.
Invito il senatore Segretario a dare lettura del parere reso - sentito il Governo - dalla 5a Commissione permanente, ai sensi dell'articolo 126-bis, comma 2-bis, del Regolamento, in ordine al predetto disegno di legge.
LOREFICE, segretario. «La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 126-bis, comma 2-bis, del Regolamento, sentito il rappresentante del Governo, rileva che la Nota di aggiornamento al DEF 2023, come approvata con risoluzione nella seduta dell'Assemblea dell'11 ottobre 2023, ha dichiarato collegato, a completamento della manovra di bilancio, fra gli altri, un disegno di legge recante "Istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale".
Ai fini del parere al Presidente del Senato sul provvedimento in titolo, si rileva preliminarmente che il termine per la presentazione dei provvedimenti collegati è stato rispettato, dal momento che il disegno di legge è stato comunicato alla Presidenza il 27 ottobre scorso.
Per quanto riguarda il requisito della rispondenza agli obiettivi programmatici e alla corretta qualifica come "collegato", si rileva che il disegno di legge in esame risulta composto di due Capi.
Il Capo I reca la rubrica "Filiera formativa tecnologico-professionale" ed è composto di due articoli: l'articolo 1 inserisce nel decreto-legge n. 144 del 2022 una nuova disposizione, che istituisce la filiera formativa tecnologico-professionale, con una previsione che si ricollega, come risulta dalla relazione illustrativa, alla riforma degli istituti tecnici e professionali prevista dal PNRR (M4C1-R.1.1, 5-10). L'articolo 2 istituisce, presso il Ministero dell'istruzione e del merito, una struttura di missione di livello dirigenziale generale, con l'obiettivo di raccordare la filiera formativa tecnologico-professionale, le istituzioni scolastiche e il Ministero dell'istruzione e di promuovere sinergie tra la suddetta filiera e il settore imprenditoriale, industriale e scientifico-tecnologico.
Il Capo II, recante il titolo "Valutazione del comportamento delle studentesse e degli studenti", è composto del solo articolo 3, che reca una revisione della disciplina in materia di valutazione del comportamento delle studentesse e degli studenti. La disposizione, in particolare, al comma 1 modifica il decreto legislativo n. 62 del 2017, in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato; il comma 2 dispone una modifica alla legge n. 92 del 2019, in materia di insegnamento scolastico dell'educazione civica; il comma 3 rimette a uno o più regolamenti la revisione del decreto del Presidente della Repubblica n. 249 del 1988, recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria, e del decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2009, recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni, e il comma 4 stabilisce i relativi principi per la revisione.
In relazione a quanto stabilito dall'articolo 126-bis, comma 2-bis, del Regolamento, il disegno di legge in esame risulta corrispondente a quello indicato nella NADEF 2023, ad eccezione del Capo II (articolo 3).
PRESIDENTE. Tenuto conto del parere espresso dalla 5a Commissione permanente, esaminato il disegno di legge collegato n. 924, ai sensi dell'articolo 126-bis, comma 2-bis, del Regolamento, preso atto della posizione del Governo, comunico che il testo del provvedimento in questione non contiene disposizioni estranee al proprio oggetto come definito dalla legislazione vigente e risulta corrispondente a quello indicato nella NADEF 2023, ad eccezione del Capo II (articolo 3).
Dispongo pertanto lo stralcio della predetta disposizione che andrà a costituire un autonomo disegno di legge n. 924-bis: «Revisione della disciplina in materia di valutazione del comportamento delle studentesse e degli studenti». Conseguentemente, il titolo del disegno di legge n. 924, risulta così modificato: «Istituzione della filiera formativa, tecnologico-professionale».
Atti e documenti, annunzio
PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Ordine del giorno
per la seduta di giovedì 23 novembre 2023
PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, giovedì 23 novembre, alle ore 12, con il seguente ordine del giorno:
La seduta è tolta (ore 16,43).