Legislatura 19ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 065 del 04/05/2023

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente GASPARRI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 10,02).

Si dia lettura del processo verbale.

STEFANI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interrogazioni (ore 10,04)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni.

Sarà svolta per prima l'interrogazione 3-00177 su un caso di ingiusta detenzione derivante dall'utilizzo di intercettazioni.

Il rappresentante del Governo ha facoltà di rispondere a tale interrogazione.

SISTO, vice ministro della giustizia. Signor Presidente, ringrazio innanzitutto l'interrogante. L'interrogazione parlamentare in oggetto si riferisce alla vicenda giudiziaria conclusasi con l'assoluzione in via definitiva di Marco Sorbara, ex assessore comunale e consigliere regionale della Valle d'Aosta, per i delitti per cui era stato originariamente tratto in arresto il 22 gennaio 2019, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare, condannato in primo grado, assolto in grado di appello, evidenziato che il rilievo fondamentale per l'assoluzione - secondo l'interrogante - avrebbe avuto la ricostruzione integrale delle intercettazioni effettuate dagli inquirenti che sarebbero state invece - cito testualmente - «depurate di elementi a suo favore, attraverso un loro utilizzo arbitrario ed artato». Quindi, indicato che numerosi risulterebbero i casi in cui la custodia cautelare è derivata da un utilizzo artificioso e da un errore nell'interpretazione e nell'utilizzo delle trascrizione delle intercettazioni, si avanzano quesiti in ordine alla conoscenza di quanto esposto e quali iniziative si vogliano adottare per scongiurare e prevenire l'utilizzo artificioso e arbitrario delle intercettazioni e uniformare il loro utilizzo ad estrema cautela, nonché per prevedere l'applicazione della custodia cautelare quale soluzione di ultima istanza del sistema processuale penale a presidio del principio costituzionale della presunzione di innocenza, come risulta ancora dall'interrogazione.

Quanto alla vicenda giudiziaria evocata, per completezza va riferito che il procuratore generale presso la corte di appello di Torino ha osservato che, dalla lettura integrale delle motivazioni del provvedimento, emergerebbe come l'assoluzione non sia in alcun modo derivata dall'emersione di particolari contenuti delle intercettazioni giammai sottaciute alla difesa. Il procuratore generale cita pagine della sentenza di appello per suffragare questa affermazione. Anche la procura della Repubblica presso il tribunale ha evidenziato come l'assoluzione pronunciata dalla corte di appello sia stata pronunciata all'esito della globale riconsiderazione di tutto il materiale probatorio presente nel fascicolo processuale, senza dare alcun precipuo e decisivo rilievo ad alcuni specifici contenuti captativi piuttosto che ad altri, e che la sentenza di inammissibilità del ricorso, pronunciata dalla Corte di cassazione il 23 gennaio 2023, è ancora in attesa di deposito della motivazione; cosicché non è lecito comprendere su quali basi siano state tratte diverse conclusioni. Questi sono il contesto motivazionale e lo stato dell'arte della vicenda giudiziaria.

Precisato quanto sopra, merita rammentare che la disciplina delle intercettazioni è stata oggetto di recenti rivisitazioni a partire dalla cosiddetta riforma Orlando, la legge n. 103 del 2017, che aveva delegato il Governo a modificare l'impianto normativo delle intercettazioni di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, più significativamente modificato dal decreto-legge n. 161 del 2019, come convertito nella legge n. 7 del 2020.

La riforma, applicabile ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020, ha introdotto diverse disposizioni volte a disciplinare in modo rigoroso tanto la fase di esecuzione delle intercettazioni quanto quella dell'ascolto e della trascrizione del contraddittorio delle parti. Peculiari disposizioni concernono la fase in cui i risultati delle intercettazioni devono secondo peculiari modalità essere riversati agli atti del procedimento - articolo 269, comma 1, e 89-bis, comma 1, il primo del codice di procedura penale, il secondo delle disposizioni di attuazione - che prevedono che tutto il materiale attinente alle intercettazioni sia documentale che fonica confluisca in un server archivio digitale collocato all'interno dei locali della procura, tenuto sotto la direzione della sorveglianza del procuratore della Repubblica che ha richiesto ed eseguito le intercettazioni; di guisa che la successiva consultazione delle intercettazioni potrebbe venire esclusivamente attraverso l'archivio, ove le intercettazioni rimangono conservate fino alla pronuncia di una sentenza non più soggetta a impugnazione. Inoltre gli interessati, quando la documentazione non è più necessaria per il procedimento, possono chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza, al giudice che ha autorizzato e convalidato l'intercettazione (capoverso dell'articolo 269 del codice di procedura penale); richiesta sulla quale il giudice deciderà in camera di consiglio con contraddittorio tra le parti interessate.

Viene specificamente disciplinata anche la fase della selezione dei colloqui rilevanti che avviene nella fase delle indagini preliminari innanzi al giudice, una volta che il pubblico ministero abbia dato avviso di deposito delle intercettazioni ai difensori della facoltà di esaminare gli atti, ascoltare le registrazioni o prendere cognizione dei flussi telematici, accedendo all'archivio, entro il termine fissato dal pubblico ministero e prorogabile dal giudice. Scaduto il termine del giudice, il giudice del contraddittorio e delle parti provvederà, ai sensi dell'articolo 268, comma 6, del codice di procedura penale; ognuna delle parti indicherà le intercettazioni ritenute rilevanti e il giudice disporrà l'acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazione informatica o telematica che non appaiono irrilevanti.

La riforma ha poi inciso anche sull'articolo 291 del codice di diritto penale concernente il procedimento applicativo delle misure cautelari; il nuovo comma 1 prevede, infatti, che la richiesta ove sia fondata anche sulle intercettazioni debba essere accompagnata dai verbali di cui all'articolo 268, comma 2, limitatamente alle comunicazioni e conversazioni rilevanti e comunque conferiti nell'archivio di cui all'articolo 269. Successivamente all'esecuzione della misura cautelare, il difensore dell'indagato avrà diritto di esaminare e di estrarre copia dei verbali delle comunicazioni di conversazioni intercettate utilizzate e della richiesta della relativa documentazione, nonché di trasporre su supporto idoneo alla riproduzione dei dati le relative registrazioni. Alla fine dell'indagine, potrà accedere al digitale, per la consultazione di fonie e atti non utilizzati per la richiesta.

Dunque, secondo le diverse scansioni temporali ordinate dalla legge, i difensori degli indagati dispongono di strumenti per accedere al contenuto delle intercettazioni, per verificare la corrispondenza delle fonie alle trascrizioni; individuare, acquisire e trascrivere ulteriori conversazioni diverse da quelle ritenute rilevanti dal pubblico ministero, in ipotesi utili in prospettiva difensiva. Ciò ovviamente ha immediati riflessi in sede dibattimentale, ove le intercettazioni vengono utilizzate quali fonti di prova, previa trascrizione mediante perizia. Sia il pubblico ministero che i difensori degli imputati hanno la facoltà di chiedere - come noto - la trascrizione delle intercettazioni ritenute utili e rilevanti e di partecipare tramite i propri consulenti alle operazioni di trascrizione condotte dal perito, evidenziare eventuali discrasie e prospettare letture o interpretazioni alternative di cui il perito deve dare atto a verbale. Ulteriori approfondimenti sono registrati all'esame del perito e dei consulenti tecnici sul punto.

Quanto alla questione concernente la custodia cautelare, pure sollevata dall'interrogazione, si osserva che, nel sistema delineato dal codice processuale penale, la custodia cautelare in carcere già oggi costituisce extrema ratio. È sufficiente richiamare sul punto la disciplina degli articoli 272 e seguenti, improntati a principi fondamentali di proporzionalità e adeguatezza delle misure, e in particolare l'articolo 275, comma 3, come modificato dalla legge n. 47 del 2015, che espressamente stabilisce che la custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto se le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate.

Così sintetizzato l'attuale assetto normativo, sia in tema di misure cautelari, sia in tema di intercettazioni, rispetto alla normativa attualmente vigente, come più volte riferito in altre sedi, va rammentato che è certa l'intenzione di adottare le opportune iniziative normative in materia di misure cautelari e personali, atte a garantire il principio di presunzione di non colpevolezza, di cui all'articolo 27 della Costituzione, rafforzando così il controllo giurisdizionale sulle medesime. Invero è intenzione dell'Esecutivo riaffermare nel modo più efficace il garantismo del diritto penale, inteso come conformità alla Costituzione, nella simmetrica formulazione del diritto romano, sanctius est impunitum relinqui facinus nocentis quam innocentem damnare. Si intende, cioè, realizzare la tutela della presunzione di innocenza della persona, assicurandone la dignità e l'onore durante le indagini e il processo.

Analogamente è ben presente l'intenzione di intervenire sulla disciplina delle intercettazioni, tema oggetto di studio nell'ambito del tavolo costituito presso il gabinetto, di recente riunitosi, con particolare, ma non esclusivo riguardo ai costi delle stesse. Qui c'è in atto una riflessione più ampia sul tema delle intercettazioni, soprattutto con riferimento ai diritti dei terzi nell'ambito della eventuale attività captativa. Naturalmente, corre l'obbligo di ribadire che non ci si riferisce in alcun modo ai reati di grave allarme sociale, ossia quelli di mafia e terrorismo, nonché a quelli che sono satellite di questi fenomeni perniciosi. Per quanto riguarda i reati di mafia e terrorismo, la disciplina resterà ovviamente inalterata. Per gli altri reati, la direzione in cui intende muoversi il Governo è quella di limitare l'utilizzo dei captatori informatici, che determina un rilevantissimo vulnus alla segretezza delle comunicazioni; di ridurre i costi delle intercettazioni attraverso l'omogeneizzazione delle parcelle e delle tariffe, che possono essere richieste dalle aziende dalle quali queste prestazioni vengono effettuate, soprattutto in prospettiva di assegnare a ogni ufficio giudiziario un budget che non possa essere superato annualmente nella gestione di questa forma di indagine, che altrimenti sfugge economicamente a ogni forma di controllo. Sono dichiarazioni, tra l'altro, già rese ampiamente dal ministro Nordio e note all'Assemblea.

Allo stato, per i reati contro la pubblica amministrazione è consentita l'attivazione del captatore informatico anche nei luoghi indicati nell'articolo 614 del codice penale, senza che vi sia fondato motivo di ritenere che in quei luoghi si stia svolgendo l'attività criminosa, purché il giudice indichi espressamente le ragioni che ne giustificano l'utilizzo anche in quei luoghi. Ancora, è ben necessario monitorare e vigilare sulla corretta applicazione della normativa, che ha riformato la disciplina delle intercettazioni, attività che dovrà portare a un perfezionamento dell'impianto normativo esistente, volto ad assicurare in maniera compiuta la riservatezza delle conversazioni e comunicazioni oggetto di intercettazione. Occorre, infatti, al di là dell'impianto sanzionatorio, elaborare un sistema che limiti preventivamente, il più possibile, la diffusione delle intercettazioni, soprattutto se irrilevanti, a tutela in via prioritaria del cittadino, in particolare se non coinvolto nell'attività investigativa, ma anche della segretezza delle investigazioni stesse, a volte irrimediabilmente minate da una precoce, illegittima e ossessiva discovery.

In sostanza, appare necessario prevenire più che sanzionare, senza escludere però che vi possano essere anche dei profilli sanzionatori. È infatti netto il giudizio di totale censura della pubblicazione degli atti di un procedimento penale e segnatamente della captazione di conversazioni e comunicazioni, in particolare allorquando le stesse concernono soggetti estranei alle investigazioni, in violazione dei divieti stabiliti dall'articolo 114 del codice di procedura penale: una sorta di consuetudo contra legem. Occorre evitare che le intercettazioni giudiziarie che coinvolgono persone non imputate né indagate finiscano sulla stampa e delegittimino e offendano cittadini che non sono minimamente coinvolti nelle indagini. Il contrasto a questa forma di abuso delle intercettazioni, che fa finire sui giornali conversazioni che riguardano persone assolutamente estranee alle indagini, è un punto fermo - direi fermissimo - del programma di Governo.

SCALFAROTTO (Az-IV-RE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCALFAROTTO (Az-IV-RE). Signor Presidente, ringrazio il vice ministro Sisto. Oggi è il 4 maggio 2023. Ci avviciniamo a larghe falcate verso il 17 giugno 2023, che sarà il giorno del quarantesimo anniversario dell'arresto di Enzo Tortora: una macchia che il Paese porta ancora sulla propria pelle e coscienza. Chi ha più di quarant'anni, chi ha l'età per ricordare quella notte e le terribili condizioni nelle quali Enzo Tortora fu arrestato e messo alla gogna davanti all'intero Paese non ha dimenticato. Così come non ha dimenticato la sua ingiusta detenzione; non ha dimenticato la severa, severissima condanna in primo grado e soprattutto non ha dimenticato la fragilità e la debolezza degli argomenti dell'accusa.

Riguardare quella storia oggi, a posteriori, ci fa chiedere come sia potuto accadere; come sia potuto accadere che, in un Paese civile, una persona specchiata, la cui condotta era nota agli amici per essere quella di una persona noiosa, che andava a dormire lasciando gli ospiti a cena (se non andavano via abbastanza presto), venisse messa al centro di uno scandalo umanitario, prima ancora che giuridico, come quello di Tortora.

Passati quarant'anni, però, le cose non cambiano, perché oggi ci occupiamo di un caso, un caso tra tanti, quello di Marco Sorbara, che, prima di essere consigliere comunale di Aosta e consigliere regionale della Valle d'Aosta, ha fatto 909 giorni di custodia cautelare, 214 dei quali in cella e 45 in isolamento, per vedersi poi alla fine assolto. È chiaro che noi abbiamo un problema, signor Vice Ministro. Tutti siamo pronti a dire che è meglio avere un colpevole fuori che un innocente in galera, ma in realtà predichiamo bene e razzoliamo malissimo. Purtroppo di innocenti in galera ne abbiamo, nonostante il fatto che abbiamo avuto anche un Ministro della giustizia, l'indimenticato ministro Bonafede, che disse in televisione che gli innocenti non vanno in prigione. Invece noi sappiamo che negli ultimi trent'anni abbiamo avuto circa 30.000 casi di ingiusta detenzione; nello stesso periodo abbiamo avuto più di 200 casi di errori giudiziari accertati. Quindi, abbiamo avuto 30.000 innocenti che sono finiti dietro le sbarre senza ragione e 214 che sono stati addirittura condannati senza ragione, nonostante il fatto che tutti noi diciamo che sia meglio avere un colpevole fuori che un innocente dentro. Di innocenti dentro ne vanno ancora troppi.

Allora dobbiamo porci il problema e ricordarci che quel principio di presunzione di innocenza, che è scolpito nel marmo della nostra Costituzione, ancora di fatto, forse, non appare attraente e convincente all'opinione pubblica. Quello che succede e sta succedendo anche in questi primi mesi di legislatura è che poi la Commissione giustizia, nella quale spesso ci incontriamo, si occupa principalmente di diritto penale; non facciamo quasi nient'altro. E cosa fa? Produce nuovi reati. Dall'inizio della legislatura abbiamo avuto il reato dei rave, poi l'omicidio navale e adesso il reato universale, quello del globo terracqueo, della Presidente del Consiglio. Stiamo discutendo di nuovi reati sull'imbrattamento dei monumenti e sulla tutela degli anziani: tutte cose giustissime, tutte cose che creano allarme sociale, ma tutte cose che cerchiamo di risolvere con un uso distorto del diritto penale e con strumenti, come le intercettazioni, che poi vengono spesso pubblicate e moltiplicano così l'effetto gogna. Abbiamo un vero problema di civiltà giuridica e di ricondurre ai principi costituzionali la nostra democrazia.

Controllare tutti, intercettare tutti, mettere un video - come pensava George Orwell in «1984» - che ci controlla, eliminerebbe la delinquenza, ma eliminerebbe anche la libertà. Signor Vice Ministro, credo che dobbiamo creare le condizioni con cui si diminuisce certamente il tasso di delinquenza, ma si preserva in modo inderogabile la libertà e la dignità di tutti i cittadini.

PRESIDENTE. Segue l'interrogazione 3-00210 con carattere d'urgenza, ai sensi dell'articolo 151 del Regolamento, sulla situazione delle carceri in Umbria.

Il rappresentante del Governo ha facoltà di rispondere a tale interrogazione.

SISTO, vice ministro della giustizia. Signor Presidente, con riferimento alla specifica domanda sulle criticità in ordine alle carenze di organico, nonché di sovraffollamento e di aumento di eventi critici negli istituti penitenziari umbri, con conseguenziali ricadute in tema di sicurezza e negli ambienti lavorativi, nonché sulla concreta opera di rieducazione dei condannati, e con riferimento altresì ai quesiti avanzati sempre dall'interrogante sulle iniziative che per queste ragioni si intendono assumere, non intendo ovviamente sottrarmi alla specifica richiesta e cercherò di offrire anche le ragioni statistico-numeriche del perché determinati provvedimenti siano stati assunti.

Come ribadito in altre occasioni, in tema di organici va evidenziato che il Ministero, a mezzo del preposto DAP, pone forte attenzione alle esigenze di garantire un'efficace turnover del personale, risultando indubbie le criticità evidenziate derivanti da organici ridotti o comunque fortemente limitati. Com'è noto, la riduzione complessiva degli organici operata dalla cosiddetta legge Madia, rivista altresì da successivi interventi normativi, ha rimodulato al ribasso la dotazione complessiva del Corpo della polizia penitenziaria, su cui andrà evidentemente reimpostata una politica di implementazione.

Sul punto giova evidenziare che, allo stato, a fronte di un organico totale di 42.150 unità, come da ultimo incremento della dotazione organica di 1.000 unità del ruolo di agenti-assistenti di cui alla legge n. 197 del 2022, il personale del Corpo di polizia penitenziaria amministrato ammonta a 36.126 unità.

Ancora, a fini di razionalizzazione ed efficienza nonché di adeguamento agli interventi legislativi di medio tempo intervenuti, è in via di predisposizione il nuovo decreto ministeriale che andrà a sostituire il decreto ministeriale del 2 ottobre 2017, per la redistribuzione della dotazione organica del Corpo. Nella elaborazione del nuovo decreto ministeriale si è tenuto conto delle sopravvenute esigenze prospettate dalle varie articolazioni del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità.

Con riferimento agli organici inerenti i quattro istituti penitenziari umbri (Perugia, Terni, Orvieto e Spoleto), si evidenziano relative carenze di personale impiegato, peraltro comuni a quella risentita da tutti gli istituti del Paese.

Quanto al carcere di Perugia, il personale presente è pari attualmente a 210 unità, inferiore di 38 unità rispetto alla dotazione organica prevista in numero di 248 unità. L'analisi dei dati rileva che l'unica carenza organica si ha nel ruolo degli ispettori (-4) e dei sovrintendenti (-24). Di contro, il ruolo degli agenti-assistenti risulta in esubero di 7 unità.

Nel carcere di Terni il personale presente è pari attualmente a 203 unità, inferiore di 38 unità rispetto alla dotazione organica prevista in numero di 241. Le carenze maggiori si riscontrano nel ruolo dei funzionari (-1), degli ispettori (-4), dei sovrintendenti (-25). Di contro, il ruolo degli agenti è in esubero di 17 unità.

Ad Orvieto il personale presente è pari a 50 unità, inferiore di 11 unità rispetto alla dotazione organica di 61. Le carenze maggiori si rilevano nl ruolo degli ispettori (-3), dei sovrintendenti (-2), degli agenti-assistenti (-4).

Infine, a Spoleto il personale presente è pari attualmente a 243 unità, inferiore di 38 unità rispetto alla dotazione organica di 281. Le carezze maggiori si rilevano nel ruolo dei funzionari (-2), degli ispettori (-1), dei sovrintendenti (-4), degli agenti-assistenti (-19).

Quanto alla carenza del ruolo degli ispettori, si comunica che il 16 novembre si è concluso il settimo corso per comprensivi 691 posti e che presso gli istituti sopracitati l'organico è stato incrementato di 5 unità a Perugia, 8 a Terni, 1 a Orvieto, 2 a Spoleto.

Si rammenta che è in essere un ulteriore concorso pubblico per 411 posti, al cui esito si terrà nella massima considerazione la situazione di relativa carenza di personale dei penitenziari umbri mediante l'assegnazione di un adeguato numero di unità del ruolo.

Per quanto riguarda il ruolo dei sovrintendenti, si evidenzia il concorso interno, per titoli, a complessivi 583 posti quanto alle carceri umbre, al cui esito (compreso il relativo corso di formazione), è stata prevista l'assegnazione rispettivamente di 9 unità a Perugia, 12 a Terni, una ad Orvieto.

In ordine al ruolo agenti-assistenti, nel corso dell'anno 2022, in occasione della mobilità ordinaria collegata alle assegnazioni degli agenti del 179° e 180° corso, si sono registrati, rispettivamente, i seguenti incrementi organici: 6 a Perugia, 6 a Terni, 5 a Orvieto e 6 a Spoleto.

Inoltre, con riferimento alla carenza di personale del ruolo dei funzionari, si rappresenta che è stato bandito il concorso pubblico per 120 posti di allievo commissario della carriera dei funzionari del Corpo, al cui esito si provvederà alla distribuzione delle risorse sul territorio nazionale, in ragione delle vacanze organiche previste.

Presso i quattro istituti di pena della Regione Umbria, alla data del 22 febbraio 2023 (data della ultima comunicazione), sono presenti un totale di 1.417 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare pari a complessivi 1.342 posti, rilevandosi un indice percentuale medio di affollamento pari al 109,08 per cento, al di sotto di quello di molti altri distretti del territorio nazionale.

Merita, peraltro, richiamare la progettualità avviata per la realizzazione del nuovo padiglione da 80 posti presso la casa circondariale Capanne di Perugia, nonché i lavori di adeguamento degli impianti elettrici e termici del reparto isolamento e transito della casa di reclusione di Orvieto, che renderà nuovamente disponibili le cinque stanze attualmente chiuse per lavori, la cui riattivazione consentirà di poter disporre di tutti i 97 posti che definiscono la capienza regolamentare dell'istituto.

Passando agli eventi critici, quanto ai casi di aggressione al personale del Corpo e ai suicidi, elementi che incidono sulla sicurezza interna e salubrità degli ambienti lavorativi, i dati relativi all'arco temporale 1° gennaio 2022-19 febbraio 2023, evidenziano che: quanto al carcere di Perugia, le aggressioni fisiche in danno del personale della Polizia penitenziaria risultano, nel biennio, rispettivamente in numero di 14 e 10; 30 e 12 invece gli atti di aggressione tra detenuti; nel carcere di Orvieto, invece, i casi rilevati sono, rispettivamente pari a 7 (anno 2022), zero nel 2023, quindi 35 e 5; quanto al carcere di Orvieto, i casi rilevati sono 1 e zero, quindi 2 ed 1; infine, 7 e 5, quindi 19 e 3, i casi rilevati nel carcere di Spoleto.

In particolare, con riferimento al suicidio di un detenuto occorso presso la casa circondariale di Terni, si evidenzia che in data 28 gennaio 2023 veniva rinvenuto il detenuto G.F. all'interno del bagno esanime. Risultano attivate le manovre rianimatorie e cardiorespiratorie a cura del sanitario presente e richiesto l'intervento del servizio sanitario del 118, purtroppo senza successo. Naturalmente venivano effettuate le comunicazioni di rito e poi trasportata la salma presso l'obitorio dell'ospedale di Terni a disposizione dell'autorità giudiziaria.

Per quanto attiene, invece, agli eventi critici verificatesi presso la casa circondariale di Perugia, gli stessi sono ascrivibili ai detenuti B.Y. e A.A. In particolare, in data 13 febbraio 2023 il detenuto B.Y. veniva inviato in infermeria, perché lamentava dolore ai denti. L'infermiera comunicava al detenuto che lo specialista, già impegnato con altre detenute, l'avrebbe chiamato solo nel caso in cui avesse terminato in anticipo con queste; il ristretto, tuttavia, andava in escandescenza, iniziando a urlare; per cui il personale addetto alla infermeria ivi presente interveniva al fine di impedire che il detenuto entrasse nell'ambulatorio, assicurando così la sicurezza dell'infermiera e del materiale ivi custodito.

Il detenuto, a quel punto, afferrava l'agente per la mano destra, graffiandolo, per poi sferrargli una testata in pieno volto, provocandogli un'escoriazione al labbro destro. L'agente vittima dell'aggressione, visitato dal medico di turno, riportava una prognosi di cinque giorni. Il detenuto veniva deferito all'autorità giudiziaria competente e, in data 21 febbraio 2023, ne veniva richiesto il trasferimento per motivi di ordine e sicurezza e poi, il 10 marzo 2023, trasferito presso la casa circondariale di Livorno.

In data 13 febbraio 2023 invece, il detenuto A.A. appiccava il fuoco nel corridoio della sezione, utilizzando il materasso precedentemente tagliato in pezzi e posto all'interno dei sacchi della spazzatura, cospargendolo d'olio. Solo dopo una lunga opera di persuasione, il detenuto veniva condotto presso il piano terra, al fine di impedire che lo stesso entrasse nell'ufficio del coordinatore di sorveglianza dove l'infermiera somministrava ad altro detenuto l'ossigeno a seguito delle problematiche di respirazione che si erano determinate dall'ingestione del fumo; l'ispettrice, tuttavia, veniva colpita alla mano sinistra e al fianco e ingiuriata dal detenuto che cercava di introdursi nell'ufficio. Per i fatti accaduti, la direzione deferiva il ristretto all'autorità giudiziaria competente.

Quanto sopra riferito, merita evidenziare le più recenti iniziative adottate ed atte a fronteggiare il fenomeno delle aggressioni. Si richiama l'adozione della circolare DAP del 10 ottobre 2018, proprio stilata per i casi di trasferimenti dei detenuti per motivi di sicurezza, nella quale viene evidenziato che le relative richieste dovranno riguardare quei soggetti responsabili di aggressioni consumate o tentate nei confronti del personale dell'amministrazione penitenziaria, del personale medico o infermieristico o di volontariato; le aggressioni consumate o tentate nei confronti di altri detenuti; i danneggiamenti dei beni dell'amministrazione e qualsiasi altro evento di violenza.

Il provvedimento decisorio dovrà essere adottato dai provveditorati regionali, i quali disporranno il trasferimento del detenuto presso altro istituto del distretto.

Inoltre, nei casi da considerarsi più gravi, la direzione generale dei detenuti e del trattamento, acquisiti tutti gli elementi informativi più utili, potrà provvedere, anche su richiesta del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, al trasferimento del detenuto o dei detenuti interessati dall'evento critico, disponendone l'assegnazione presso altro istituto extradistrettuale.

Invero, ben sussistono altresì direttive volte alla prevenzione delle condotte aggressive poste in essere dai detenuti. In tema si evidenzia la circolare DAP del 26 maggio 2015, con cui è stata data disposizione ai provveditorati regionali di individuare alcune sezioni ove allocare quei detenuti non ancora pronti per il regime aperto, o incompatibili con lo stesso, in osservanza di quanto previsto dall'articolo 32 del regolamento di esecuzione penitenziaria (DPR n. 230 del 2000), ove si prevede, infatti, che i detenuti e gli internati che abbiano un comportamento tale da richiedere particolari cautele, anche per la tutela dei compagni da possibili aggressioni o sopraffazioni, siano assegnati ad appositi istituti o sezioni ove sia più agevole adottare le suddette cautele.

Naturalmente, l'individuazione di tali sezioni non risponde a una logica di isolamento o punizione, bensì a un'idonea attività trattamentale che miri ad agevolare, per i soggetti che vi sono assegnati, il ritorno al regime comune aperto e, nel contempo, a salvaguardare detto regime da attività negative di prevaricazioni e violenza. È comunque previsto che l'allocazione presso tali sezioni venga verificata dalle direzioni periodicamente, con cadenza semestrale, al fine di appurare la permanenza delle ragioni della separazione dei soggetti che vi sono assegnati dalla restante popolazione detenuta.

Ancora, con la recente circolare del 22 luglio 2020, rubricata «Aggressioni al personale-linee di intervento», viene evidenziata la necessità, ai fini di un ridimensionamento della portata del fenomeno delle aggressioni, di ricorrere a un approccio integrato che tenga conto sia delle esigenze di prevenzione sia delle conseguenze che scaturiscono dalla consumazione degli eventi di aggressione.

A fronte degli episodi di aggressione indirizzati contro il personale in servizio, pronta ed efficace deve essere l'azione della polizia penitenziaria per la prevenzione di tali tipi di condotte; incisiva, dopo l'avvenuta individuazione dei responsabili delle infrazioni, la procedura disciplinare; puntuale l'attuazione delle direttive sui trasferimenti per ragioni di ordine e sicurezza.

Sarà fondamentale evitare che nella popolazione ristretta possa diffondersi la percezione di un clima di impunità, con conseguenze negative sulla garanzia dell'ordine e della disciplina.

La redazione del rapporto disciplinare da parte di chi consuma direttamente o viene a conoscenza che un'infrazione è stata commessa è atto obbligatorio e non discrezionale e deve essere effettuata in modo tale che il citato rapporto risulti completo e chiaro con una puntuale descrizione dei fatti oggettiva, priva di qualsiasi valutazione di carattere personale. Inoltre, con circolare del 31 marzo 2021 si è proceduto ulteriormente a sensibilizzare i provveditori regionali, i direttori degli istituti penitenziari e i comandanti di reparto - ciascuno nell'ambito di rispettiva competenza - al fine di assicurare la più stretta e scrupolosa osservanza della citata circolare del 22 luglio 2020 e, con essa, l'assunzione di tutte le necessarie iniziative a tutela dell'ordine e della sicurezza all'interno degli istituti penitenziari.

Infine, proprio in ragione dei numerosi eventi critici, anche di particolare gravità, all'interno degli istituti, concretizzatisi in atti di violenza nei confronti di appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria e operatori appartenenti ad altri ruoli, il DAP, con ordine di servizio del 10 agosto 2022, n. 1389, ha disposto l'istituzione del gruppo di analisi permanente sulle aggressioni, con il precipuo compito di analizzare quotidianamente, in tempi rapidi, i dati relativi ai fatti di specie e condurre un'istruttoria completa su ogni vicenda, anche attraverso il contatto per le vie brevi con le articolazioni territoriali coinvolte.

Relativamente alle iniziative volte alla tutela della salute delle persone detenute, si evidenzia che la Conferenza unificata Stato-Regioni, in data 22 gennaio 2015, ha approvato l'accordo concernente le linee guida in materia di modalità di erogazione dell'assistenza sanitaria negli istituti penitenziari per adulti; implementazione delle reti sanitarie regionali e nazionali, che, all'articolo 2, comma 3, fa riferimento agli interventi necessari volti a garantire la cura e la promozione della salute mentale con le risorse, anche esterne, della ASL e della Regione di residenza.

Tra gli obiettivi che l'amministrazione penitenziaria deve prefissarsi risulta avere grande rilievo quello di predisporre, congiuntamente all'amministrazione sanitaria, strategie di presa in carico dei detenuti con patologia mentale che comprendono la definizione dei ruoli e delle modalità per affrontare le allarmanti emergenze che tali patologie comportano nel penitenziario.

Le aziende sanitarie elaborano con le direzioni penitenziarie protocolli operativi, volti a definire le modalità di collaborazione tra gli operatori sanitari e gli operatori penitenziari per l'individuazione precoce del disagio dei detenuti e la riduzione del rischio di suicidio e di autolesionismo in ambiente penitenziario, secondo quanto previsto nell'accordo sancito dalla Conferenza unificata del 19 gennaio 2012.

Ancora, la Conferenza unificata Stato-Regioni ha sancito, il 13 ottobre 2011, l'accordo, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 281 del 1997, sul documento recante «Integrazione agli indirizzi di carattere prioritario sugli interventi negli Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e nelle Case di cura e custodia (CCC) di cui all'Allegato C al DPCM 1° aprile 2008».

Tale accordo prevede l'attivazione in alcuni istituti penitenziari di apposite sezioni con prevalente attività sanitaria psichiatrica denominate articolazioni per la tutela della salute mentale (ATSM), dedicate all'esecuzione dei provvedimenti emessi dalle autorità giudiziarie.

Le ATSM sono gestite sotto il profilo sanitario dal servizio sanitario regionale e sono destinate all'accoglienza delle persone ristrette in carcere affette da patologie di natura psichiatrica accertata o da verificare, a cui vengono offerte cure e assistenza per alleviarne lo stato patologico.

Nelle articolazioni sono assegnati i detenuti condannati a pena diminuita ai sensi dell'articolo 111 del DPR n. 230 del 2000 e i detenuti sottoposti all'accertamento dell'infermità psichica ai sensi dell'articolo 112 del medesimo decreto.

All'interno del provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per l'Umbria e la Toscana sono presenti sezioni ATSM presso la casa circondariale Sollicciano di Firenze, la casa circondariale di Livorno e la casa di reclusione di Spoleto.

Diversamente, le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) sono strutture sanitarie di accoglienza dove sono assegnati i soggetti per cui l'autorità giudiziaria competente abbia disposto l'applicazione della misura di sicurezza della casa di cura e custodia e del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario.

Ai sensi dell'articolo 3-ter, comma 6, del decreto-legge n. 211 del 2011, convertito in legge n. 9 del 2012, la responsabilità istituzionale e finanziaria per la realizzazione e riconversione delle REMS ricade sulle Regioni e le Province autonome; nella Regione Toscana sono attive le REMS di Empoli e Volterra.

VERINI (PD-IDP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VERINI (PD-IDP). Signor Presidente, il ritmo accelerato con cui, per ragioni di tempo, il vice ministro Sisto ha fornito risposta all'interrogazione non ha consentito di cogliere la qualità e la quantità di informazioni che sono state fornite.

PRESIDENTE. Colgo l'occasione per ringraziare il Vice Ministro per l'ampiezza delle risposte che - come lei sa - verranno anche pubblicate e divulgate e, quindi, potranno essere oggetto di ulteriori approfondimenti.

VERINI (PD-IDP). Signor Presidente, di questo do atto al Vice Ministro e lo ringrazio.

Tuttavia, signor Vice Ministro, il senso della nostra interrogazione era legato non solo all'esigenza di avere informazioni che sostanzialmente erano già in nostro possesso, riferite soprattutto ad alcune criticità che la sua risposta ha confermato. Aggiungo che il dispositivo su cui lei ha fornito tutte le informazioni era riferito alla situazione specifica delle carceri umbre e, tuttavia, la prima parte dell'interrogazione inquadrava la situazione degli istituti di Perugia, Terni, Spoleto e Orvieto in una realtà complessiva di criticità delle carceri e del sistema penitenziario italiano.

Dividerò quindi la mia replica al suo intervento in due parti. In primo luogo, come parlamentare umbro, non posso dichiararmi soddisfatto della risposta, perché i dati e le previsioni che lei ha fornito non garantiscono di poter dare delle risposte adeguate. Aggiungo, per onestà intellettuale e correttezza politica, che questi problemi non nascono da questo Governo. Lei ha fatto parte di altre compagini governative con altre maggioranze e conosce bene la difficoltà di dare risposte. Tuttavia - mi sia consentito dirlo - da quando questo Governo è entrato in carica, su questo tema ci sono stati segnali assolutamente contraddittori, che hanno ricadute anche nelle carceri della Regione da cui provengo, e cioè quella umbra. In Umbria ci sono situazioni delicatissime. Lei poneva il tema delle REMS, di competenza regionale. Ebbene, i detenuti psichiatrici nella nostra Regione sono quasi 350 su una popolazione carceraria di 1.417. Riconosco che le REMS dovevano essere fatte anche prima, con la competenza delle Regioni, e prima ha governato anche la parte politica che io sostenevo. Ma adesso la Regione Umbria è guidata da una maggioranza allineata a quella del Governo nazionale da quattro anni e non c'è neanche nell'anticamera l'idea di dare delle risposte in tal senso.

Vedo, poi, che vi state affannando, come maggioranza, a riporre un altro tema su cui sarebbe interessante davvero discutere per vedere come ha funzionato, legato al ripristino delle sedi giudiziarie più piccole. Per quale motivo non si ripensa, invece, a scelte probabilmente sbagliate che, alla prova dei fatti, non hanno fornito risultati, come quella degli accorpamenti dei provveditorati? Oppure, perché non si mette mano davvero alla copertura? Credo che siano 80 i direttori a scavalco degli istituti penitenziari. Non è possibile che ci siano istituti penitenziari importanti di media-alta sicurezza, oltre che case circondariali, che non hanno un proprio direttore. Date queste risposte e accelerate anche sul tema del sovraffollamento.

Concludo, signor Presidente, inquadrando il tema più generale e le ricadute ovviamente anche sulle carceri umbre.

Voi del Governo vi siete rifiutati di prorogare la possibilità che detenuti semiliberi, i quali da due anni per il Covid non tornavano a dormire in carcere, potessero continuare a stare fuori: quelle persone erano già in semilibertà, le avete costrette a tornare, aggravando il sovraffollamento.

Ieri il garante dei diritti dei detenuti del Lazio Anastasia ha raccontato una storia significativa della direttrice del carcere di Velletri, la quale, a normativa vigente, ha tuttavia consentito ai detenuti di fare una telefonata di dieci minuti al giorno ai familiari; così avevano fatto a Padova, a Sollicciano e a Trieste, ma lo avevano fatto i direttori, spontaneamente. Perché non chiedete al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) di adeguare e andare oltre le normative rigide, visto che ciò ha funzionato, ha creato meno tensioni, ha consentito di parlare con i familiari?

Infine, è opportuno che le carceri siano luoghi di formazione, di socializzazione, dove la pena, una volta che è definita, deve essere certa (non c'è dubbio). Tuttavia, secondo la Costituzione, secondo il buonsenso, il carcere deve essere un momento di recupero e reinserimento e di questo non se ne parla. La vostra idea è quella di una caratterizzazione: ipotizzate reati per mettere in galera le persone, da quel ridicolo provvedimento sui rave alle proposte di legge che vogliono colpire ancora una volta i piccoli spacciatori che lo fanno perché sono tossicodipendenti. Ci vogliono ben altre risposte: formazione, scuola, socializzazione, recupero. Occorre investire in carceri umane, nelle quali si sconta una pena quando si deve andare in carcere, quando non è possibile la pena alternativa; tuttavia, investire in formazione e recupero significa anche investire nella sicurezza dei cittadini, perché un detenuto che esce rieducato poi non torna a delinquere, come dicono tutte le statistiche. Pensateci davvero. Noi su questo terreno vorremmo collaborare, ma finora abbiamo trovato sordità. (Applausi).

PRESIDENTE. Segue l'interrogazione 3-00204 sui limiti di concentrazione di idrocarburi nei residui di asfalto ai fini dello smaltimento.

Il rappresentante del Governo ha facoltà di rispondere a tale interrogazione.

BARBARO, sottosegretario di Stato per l'ambiente e la sicurezza energetica. Signor Presidente, riguardo alle questioni poste si specifica quanto segue. Le membrane bituminose vengono periodicamente rimosse per il rifacimento dei tetti o per i processi di demolizione a causa del loro invecchiamento; il rifiuto ottenuto viene classificato con codice EER170302 (miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 170301). Tale rifiuto, sottoposto a importanti operazioni di trattamento mediante triturazione e selezione, può essere agevolmente riciclato nel conglomerato bituminoso per uso stradale, in quanto costituito da componenti perfettamente compatibili con la miscela d'asfalto.

L'associazione di categoria Strade italiane e bitumi ha rappresentato a questo Ministero che l'attuale versione del cosiddetto decreto end of waste inerti, ovvero il decreto ministeriale n. 152 del 2022, richiamato dall'onorevole interrogante, non consente di recuperare il rifiuto in questione. Secondo quanto indicato, gli aggregati prodotti con miscele bituminose nelle percentuali ammesse dalle norme tecniche non sarebbero conformi alle limitazioni di concentrazione espresse nella tabella 2 dell'allegato 1 del suddetto decreto ministeriale. La stessa associazione di settore ha sottolineato anche come una quota consistente di conglomerato bituminoso demolito andrebbe conseguentemente smaltita in discarica, rilevando così l'evidente contrasto con i principi dell'economia circolare.

Al riguardo è da segnalare che questo Ministero sta provvedendo alla revisione del decreto ministeriale n. 152 del 2022 anche alla luce della valutazione delle osservazioni formulate. Difatti, ai sensi dell'articolo 7 dello stesso decreto ministeriale, è previsto che entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore, il Ministero valuti l'opportunità di rivedere dei criteri di classificazione. A tal fine si tiene conto, ove necessario, delle evidenze emerse in fase applicativa una volta acquisiti i dati di monitoraggio relativi all'attuazione delle disposizioni contemplate.

Sempre in riferimento all'articolo 7 del decreto, pertanto, sono già state convocate due riunioni, segnatamente svoltesi il 30 gennaio e il 15 febbraio 2023.

Alle due riunioni sono intervenute le parti interessate, al fine di acquisire le loro osservazioni e di provvedere alla eventuale revisione del decreto in tempi brevi. Prossimamente verrà convocata una ulteriore riunione per condividere le proposte di revisione con le parti interessate.

Il testo sarà in seguito sottoposto a un nuovo iter procedimentale, per l'acquisizione di tutti i pareri e alla fase di stand still. Si anticipa, ad ogni buon conto, parte del contenuto della bozza in discussione nelle riunioni citate. La revisione che si sta effettuando comporterebbe anche le modifiche della tabella 2, parametri da ricercare e valore limite dell'allegato 1. Tale tabella 2 modificata conterrebbe sia la colonna A che la colonna B della tabella 1 dell'allegato 5 del codice dell'ambiente.

L'obiettivo è, pertanto, considerare i molteplici utilizzi degli aggregati recuperati in edilizia, nonché la necessità di assicurare valori, limiti e concentrazioni diversificati e meno stringenti, consentendo al contempo il recupero di ingenti quantitativi di rifiuti da costruzione e demolizione, attesa l'importanza di reimmettere flussi di materia nei processi produttivi.

Saluto ad una rappresentanza di studenti

PRESIDENTE. Saluto, a nome dell'Assemblea, i docenti e gli studenti dell'Università degli studi di Napoli «Parthenope», che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi). Spiego loro che questa è una seduta di sole interrogazioni, quindi sono presenti gli interroganti e coloro che rispondono; non ci sono votazioni che coinvolgono l'intera Assemblea.

Ripresa dello svolgimento di interrogazioni (ore 10,47)

POTENTI (LSP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

POTENTI (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, mi associo ai saluti agli studenti che sono oggi qui con noi. La risposta del Governo è assolutamente soddisfacente, anche in merito a quelle che potevano essere le preoccupazioni sulla tabella di marcia che le opere finanziate attraverso il PNRR avrebbero potuto subire in senso negativo per lo stallo che avrebbe potuto manifestarsi proprio per le criticità derivanti dal decreto end of waste.

I materiali che saranno necessari per portare a termine le numerosissime opere che dovremo cantierare e che sono già in corso di realizzazione in questi mesi impongono di ottimizzare, per qualunque tipo di soluzione, materiali che purtroppo sono sempre più carenti nel nostro Paese.

Quello dei cosiddetti rifiuti inerti, che fanno parte della categoria aggregati recuperati, volgarmente detti bitumi, che possono essere recuperati dalla demolizione di quelle pavimentazioni stradali, che quotidianamente sono sottoposte a un naturale consumo e che sono necessariamente da ricostruire, ammontano a 14 milioni di tonnellate all'anno. Con queste quantità, possiamo dare delle grandi risposte se, appunto, consentiamo alle aziende specializzate, che lavorano in questo settore, il recupero del cosiddetto fresato.

Così facendo, se la direzione è quella appena anticipata dal Sottosegretario, potremmo rivedere la concentrazione massima di sostanze legate agli idrocarburi contenute in questi materiali che vengono recuperati e potremo determinare un grande risparmio nell'utilizzo di nuove materie prime, soprattutto di idrocarburi che sono indispensabili (come il petrolio per fare l'asfalto) e di conglomerati.

Quindi, il materiale demolito, secondo le intenzioni, potrebbe essere riutilizzato più facilmente proprio grazie alla modifica che si auspica verrà in qualche modo portata a termine. Questo rappresenterà un grande vantaggio per l'economia, ma soprattutto per i prezzi. Sappiamo bene, infatti, che in questo momento a livello mondiale è in corso una destabilizzazione, legata anche al triste fenomeno della guerra in Ucraina. Molti soggetti stanno rubando a spese di Paesi, quali quelli europei, che per sfortuna loro non sono dotati di risorse e materie prime indispensabili e che vedono ricadere sui cittadini, sulle imprese e sulla pubblica amministrazione, le conseguenze di questo rincaro.

Quindi, il decreto end of waste ottimizzato è una soluzione per la quale noi nutriamo grande speranza, anche per il settore delle infrastrutture stradali e per quello degli asfalti.

PRESIDENTE. Segue l'interrogazione 3-00297 sul rispetto della parità di genere nell'ambito del PNRR e del nuovo codice dei contratti pubblici.

Il rappresentante del Governo ha facoltà di rispondere a tale interrogazione.

BARBARO, sottosegretario di Stato per l'ambiente e la sicurezza energetica. Signor Presidente, la senatrice D'Elia evidenzia come il PNRR fissi tre priorità trasversali - donne, giovani e differenze territoriali - e preveda l'impegno affinché l'intero meccanismo di recovery possa determinare un impatto significativo sull'occupazione femminile.

L'interrogante richiama quanto previsto dal decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, per il quale le stazioni appaltanti sono tenute a prevedere nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, come requisiti necessari e come ulteriori requisiti premiali dell'offerta, criteri orientati a promuovere l'imprenditoria giovanile, la parità di genere e l'assunzione dei giovani fino a trentasei anni, prevedendo altresì misure premiali o penali in caso di ottemperanza o inadempienza.

Nel ricordare quanto disposto dall'articolo 47, comma 8, in ordine all'adozione di linee guida per la definizione delle modalità e dei criteri applicativi delle misure per le pari opportunità e l'inclusione lavorativa nei contratti pubblici relativi al PNRR e al PNC, a giudizio dell'interrogante, le stesse non sarebbero state ancora adottate e ciò in virtù di un asserito orientamento del Governo alla delega permanente all'applicazione della clausola di condizionalità per infondati timori e presunti rischi di complicazioni delle procedure o incremento dei costi dei progetti. Atteggiamento che, a dire dell'interrogante, troverebbe ulteriore conferma nel contenuto del codice dei contratti pubblici.

Da tali premesse discendono i quesiti ai quali è doveroso dare compiuto riscontro. Voglio innanzitutto rassicurare circa la tempistica delle linee guida che risultano essere state già adottate con decreto delle autorità politiche delegate alle pari opportunità e alle politiche giovanili, di concerto con gli altri Ministri competenti per materia il 7 dicembre 2021. Il relativo decreto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 309 del 30 dicembre 2021, definisce le modalità e i criteri applicativi delle misure previste dall'articolo 47 del citato decreto-legge n. 77 del 2021, con l'indicazione di clausole contrattuali e misure premiali volte all'incentivazione e alla tutela delle pari opportunità generazionali e di genere, nonché all'inclusione lavorativa delle persone con disabilità, oltre a disciplinare le modalità di attivazione delle deroghe.

In merito, l'ANAC, rilevata la necessità di dare attuazione alle citate linee guida, tenuto conto anche dell'esigenza di semplificazione e razionalizzazione degli obblighi posti a carico dell'amministrazione e di digitalizzazione dei processi, ha provveduto con la delibera 122 del 16 marzo 2022, all'individuazione dei dati e delle informazioni che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a fornire alla banca dati nazionali dei contratti pubblici al fine di monitorare l'adozione dei requisiti e dei criteri premiali per le pari opportunità generazionali e di genere nonché per l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità.

Con riferimento alla richiesta di garantire la massima trasparenza sui dati relativi all'attuazione del PNRR, faccio inoltre presente che le aziende, anche di piccole dimensioni, con almeno 15 dipendenti, partecipanti alle gare di appalto o affidatarie dei contratti, hanno l'obbligo, ai sensi dei commi 2, 3 e 3-bis del citato articolo 47, di consegnare alla stazione appaltante una relazione sulla situazione del personale maschile e femminile, nonché sull'adempimento degli obblighi sull'inserimento lavorativo dei disabili.

La relazione di genere è trasmessa anche alle rappresentanze sindacali e aziendali e ai consiglieri regionali di parità. Le suddette relazioni sono pubblicate anche sul sito del committente, nella sezione amministrazione trasparente, e comunicate alla Presidenza del Consiglio ovvero ai Ministeri e alle autorità delegati per le pari opportunità e la famiglia e per le politiche giovanili e il servizio civile universale.

In merito poi al monitoraggio degli obiettivi di riduzione dei divari di genere previsti dal PNRR, si segnala che la direzione generale del Ministero del lavoro ha stipulato con l'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP) a dicembre 2022 un accordo di programma per l'analisi, il monitoraggio e il sostegno alla governance delle politiche pubbliche sui temi della partecipazione al mercato del lavoro in ottica di genere, della promozione della parità retributiva e delle pari opportunità sui luoghi di lavoro.

Tra le attività oggetto della convenzione, vi è l'analisi della ricaduta del PNRR sui rapporti di lavoro, volta a evidenziarne l'impatto in termini di quantità e qualità occupazionale in ottica di genere, attraverso il tracciamento delle nuove assunzioni imputabili ai fondi PNRR, all'interno del sistema SISCO del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Anche con riferimento al quesito sul nuovo codice degli appalti, rassicuro gli interroganti, giacché le nuove disposizioni rafforzano significativamente le misure di favore sulla parità di genere e sull'occupazione femminile, non solo preservando in sede di aggiudicazione i valori premiali per le politiche aziendali che ne assicurino il rispetto, ma anche introducendo specifiche clausole sociali e puntuali impegni nell'esecuzione del rapporto contrattuale, divenendo il rispetto della parità di genere un obbligo puntuale per l'operatore economico, verificabile con la produzione di specifica certificazione come mezzo di prova. Il nuovo codice intende così aumentare i presidi sostanziali atti a conseguire l'effettiva parità di genere, semplificando il procedimento di aggiudicazione degli appalti, grazie alla possibilità per le imprese di attestare, anche a mezzo di autocertificazione, il possesso dei requisiti richiesti per ottenere la certificazione sulla parità di genere, ai sensi dell'articolo 46-bis del codice sulle pari opportunità. Ciò preservando il potere delle stazioni appaltanti di verificare l'autocertificazione con ogni adeguato mezzo. Il nuovo codice rende poi strutturale la disciplina di particolare favore finora riferita solo agli appalti PNRR, con riguardo agli appalti riservati. Ciò unitamente al potenziamento del valore della certificazione, grazie alla cumulabilità ora concessa in sede di riduzione della garanzia fideiussoria.

D'ELIA (PD-IDP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D'ELIA (PD-IDP). Signor Presidente, ringrazio il signor Sottosegretario per la risposta. Voglio però sottolineare che quello che volevamo sottoporre all'attenzione del Governo con l'interrogazione - di cui sono la prima firmataria, ma che è firmata da vari senatori del Partito Democratico, a sottolineare l'importanza che per noi ha questo tema, e che è indirizzata alla Presidenza del Consiglio dei ministri e a vari Ministri del Governo - è il senso della posta in gioco, per il Paese, rispetto agli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. La posta in gioco è infatti quella di superare il divario enorme rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea in termini di occupazione femminile.

C'è stato, attorno a quel piano, un grande dibattito pubblico, su questo e sulla possibilità, attraverso quel piano, di superare i divari che bloccano lo sviluppo del Paese, tant'è vero che sono state individuate tre trasversalità. Ora, rispetto alla domanda di fondo su come vengono applicate le norme del piano, in particolare sulle trasversalità che riguardano le donne e i giovani - l'altra riguarda il Mezzogiorno, ma le cose sono molto legate - la risposta che viene data in questa sede, mi consenta, è quantomeno burocratica. Possono infatti essere state fatte le linee guida, ma il tema è se la clausola è effettivamente applicata.

Vorrei ricordare cosa siamo noi oggi. L'obiettivo, oltretutto, del tasso di occupazione femminile al 60 per cento, che ci equiparerebbe agli altri Paesi europei, è un obiettivo che il nostro Paese si era dato con Lisbona e lo avremmo dovuto raggiungere tredici anni fa. Ora non solo siamo al 51,1 per cento e non al 60 per cento, ma nel Mezzogiorno scendiamo al 34,4 per cento: sono dati Istat del 2022. Siamo ultimi nella fascia cruciale, quella tra i venticinque e i quarantanove anni. Quindi non è possibile non aggredirla come una grande questione, tant'è vero che l'abbiamo affidata non solo alla clausola. Quando dico «noi», intendo il Paese, perché il Piano nazionale di ripresa e resilienza è dell'Italia, non di qualche partito. Ebbene l'abbiamo affidata non solo alla clausola, ma all'investimento sui nidi, sui servizi, sulle infrastrutture e al potenziamento della presenza delle donne nelle materie STEM.

Questo divario non è accettabile in un Paese del G7, secondo per manifatture e terzo per PIL nell'Unione europea. Questa è la cosa che non torna, la grande ingiustizia, ed è anche quello che frena, secondo me, lo sviluppo di questo Paese. Qual era la difficoltà del PNRR? È che si tratta di un investimento infrastrutturale che investe in modo significativo in settori nei quali c'è poca occupazione femminile. Per questo c'è la clausola, perché il 79,8 per cento delle risorse va in settori caratterizzati prevalentemente da lavoratori uomini.

La clausola però - ci dicono i dati - non viene applicata nel 69 per cento dei bandi pubblicati ad oggi. Allora, possono essere state fatte o meno le linee guida, ma che cosa facciamo di fronte a questo? Come interveniamo rispetto al fatto che una condizionalità che ci siamo dati non viene rispettata nei bandi che interessano il Piano nazionale di ripresa e resilienza? E non si può solo rispondere che in edilizia ci sono poche donne, perché ci sono molti modi per impiegare le donne anche in quel settore e per far crescere l'occupazione.

Per quanto riguarda il codice degli appalti, è grazie a una battaglia che come Partito Democratico abbiamo fatto, e che ci ha visto protagonisti, che esso contiene il rispetto delle premialità. Però anche questo aspetto è molto debole e rimangono delle criticità. Le aziende che decidono di usufruire della premialità possono anche autocertificarsi e fare a meno dell'intervento degli enti preposti; questo mette a rischio di pink washing, come si dice quando si fa una piccola verniciatura di rosa, ma poi l'occupazione a cui si guarda è quella maschile. Inoltre i subappalti e gli affidamenti diretti, quello che voi avete previsto in questo codice degli appalti, mettono seriamente in discussione la possibilità di applicare queste clausole.

La ringrazio comunque per la risposta, signor Sottosegretario, ma io sono fortemente insoddisfatta e credo che questo Paese abbia un enorme problema da affrontare. È un'occasione che non può perdere con il Piano nazionale di ripresa e resilienza. (Applausi).

PRESIDENTE. Segue l'interrogazione 3-00397 sulla demolizione degli impianti in disuso dell'acciaieria ex Lucchini di Piombino (Livorno) in condizioni di sicurezza ambientale.

Il rappresentante del Governo ha facoltà di rispondere a tale interrogazione.

BARBARO, sottosegretario di Stato per l'ambiente e la sicurezza energetica. Signor Presidente, con riferimento alla questione posta dall'interrogante, si rappresenta quando segue. Innanzitutto è opportuno rappresentare preliminarmente che la dismissione e lo smantellamento degli impianti cessati ha ricevuto autorizzazione con provvedimento di autorizzazione integrata ambientale del 18 aprile 2013. Inoltre, con l'accordo di programma del 2018, sottoscritto, ai sensi dell'articolo 252-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, tra il Ministero dell'ambiente, il Ministero dello sviluppo economico, la Regione Toscana, l'Agenzia del demanio, l'Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno settentrionale, la Provincia di Livorno, il Comune di Piombino, Aferpi SpA, Piombino logistiche SpA e JSW Steel Italy Srl, la parte derivata si impegna e predisporre e a trasmettere alla Regione Toscana o all'ente competente, ai sensi dell'articolo 7, comma 4-ter, del medesimo decreto, le linee guida del piano previsto dalla prescrizione 84 del paragrafo 9.13, di cui al parere istruttorio conclusivo della commissione istruttoria IPPC, allegato alla suddetta autorizzazione AIA.

Si rappresenta altresì che l'accordo in parola inoltre, all'articolo 8, comma 4, prevede che - cito testualmente - la Regione Toscana si impegni ad attivare uno specifico gruppo di lavoro, costituito da un pool di tecnici, finalizzato all'analisi dei piani operativi di cui al comma 4 per il rilascio delle specifiche autorizzazioni eventualmente necessarie. Le verifiche e i controlli relativi all'attuazione dell'attività di dismissione restano pertanto in capo alle amministrazioni ordinariamente competenti.

Ciò premesso, attraverso le dovute interlocuzioni con gli enti preposti, si rappresenta ulteriormente che, a partire dallo scorso luglio 2022, ARPAT segue costantemente l'attività di demolizione di JSW Steel Italy Piombino SpA, mediante sopralluoghi programmati eseguiti anche sulla base dei programmi settimanali che l'azienda invia puntualmente all'ente.

Successivamente al sopralluogo del 25 gennaio scorso, a seguito di alcune segnalazioni pervenute all'Agenzia, è stata richiesta la sospensione delle attività di demolizione del filtro a calce, sia per vie brevi che con nota scritta, in quanto la presenza delle polveri depositate all'esterno dello stabilimento costituiva una evidente prova dell'inadeguatezza delle misure adottate per la demolizione dell'impianto filtro a calce. Il giorno seguente la ditta Demiced ha comunicato la sospensione della demolizione del filtro, fatto poi successivamente constatato da ARPAT al 31 gennaio.

Nei giorni seguenti, la ditta Demiced ha sottoposto all'ARPAT ulteriori misure di mitigazione relative alle attività di demolizione dell'impianto filtro a calce per l'abbattimento delle polveri, le quali sono state attentamente valutate e ritenute idonee con ulteriori prescrizioni. Difatti, secondo quanto stabilito nell'ambito dell'attività condotta nello specifico gruppo di lavoro sopra menzionato, la stessa ARPAT ha messo in rilievo, nella valutazione delle ulteriori misure proposte, la necessità che la società valuti attentamente le possibili problematiche specifiche di ogni impianto oggetto di demolizione in relazione alle polveri diffuse, adottando contestualmente azioni di mitigazione diverse e comunque consone.

Per quanto concerne pertanto le nuove misure proposte, l'Agenzia regionale ha espresso parere favorevole alla ripresa delle operazioni di demolizione, a condizione che siano interrotte nel caso di condizioni metereologiche tali per cui si determinino emissioni di polvere all'esterno del perimetro industriale, oltre a raccomandare la società incaricata di comunicare puntualmente gli orari di esecuzione delle diverse fasi ancora previste. Pertanto, alla ripresa delle operazioni di demolizione nelle condizioni appena illustrate, l'ARPAT ha effettuato due sopralluoghi nel mese di febbraio, non evidenziando criticità.

Ulteriormente, il monitoraggio effettuato il successivo 2 marzo dal settore specifico dell'ARPAT non ha fatto rilevare nell'area campionata in prossimità della cokeria e dell'altoforno presenze di fibre riconducibili ai materiali contenenti amianto censiti in questi settori.

Atteso il ristretto perimetro di diretta competenza di questo Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica nelle operazioni di demolizione di strutture e impianti in disuso siti nell'area industriale dell'acciaieria ex Lucchini, lo stesso reitererà le necessarie interlocuzioni con gli enti preposti al fine di monitorare il buon andamento delle verifiche e i controlli relativi all'attuazione dell'attività di dismissione.

POTENTI (LSP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

POTENTI (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, ringrazio il rappresentante del Governo per questa risposta e per l'attenzione che ha voluto dedicare al caso delle demolizioni all'interno dello stabilimento-acciaieria conosciuto col nome di ex Lucchini e attualmente di proprietà della società JSW Steel Italy. Si tratta di una vicenda che ha destato molte preoccupazioni all'interno della comunità piombinese e anche tra le organizzazioni sindacali - devo dire la verità - che si sono attivate con grande solerzia, facendo anche delle segnalazioni alle autorità sanitarie preposte. Da queste ci risulta informalmente che ci sia addirittura stato un cambio del responsabile della sicurezza nella direzione dei lavori di queste opere in corso e che si sia introdotto anche un sistema di innaffiamento per prevenire la volatilità dei materiali che sono risultati depositati in molte parti delle vicine strade adiacenti alle strutture interessate dalla demolizione.

È da segnalare che si tratta di una realtà prossima e confinante con le abitazioni di Piombino.

Aggiungo una nota che proprio in queste ore circoscrive e precisa meglio qual è lo stato della situazione. Nelle scorse ore il ministro Urso personalmente, rispondendo ad una interrogazione alla Camera, si è soffermato sulla più generale situazione della vita anche industriale di questo importantissimo polo siderurgico, che per l'Italia è strategico. Purtroppo, per una serie di vicende che lo stesso Ministro ha voluto ricordare, siamo oggi di fronte ad uno stallo che dura ormai da dieci anni. Il Ministro ha coraggiosamente posto l'attenzione sulla inadeguata contrattazione che seguì.

Parliamo del 2018: eravamo prossimi alla campagna elettorale del marzo di quell'anno, allorché l'allora Governo uscente volle, in tutte le maniere, concludere un accordo con la società acquirente, prescindendo da una serie di cautele che avrebbero permesso - e qui parlo proprio del futuro del piano industriale - di vedere garantito anche il rispetto di investimenti per far ripartire questo grande stabilimento, che ad oggi sono stati disattesi.

Sono vicende che, purtroppo, si susseguono, anche un po' per la sfortuna dei soggetti che si avvicinano a questo grande stabilimento. Vorrei solo ricordare, giusto per memoria, il primo caso che vide l'imprenditore Khaled al Habahbeh, signore che ci viene descritto dalla stampa come di origini giordane, con un passaporto americano e purtroppo con un passato giudiziario non troppo chiaro, evidentemente fallire i suoi tentativi di investire su Piombino.

È seguito poi l'imprenditore Issad Rebrab, un altro soggetto con il quale Piombino e la comunità hanno purtroppo dovuto fare i conti, verificando le totali incapacità gestionali di una realtà industriale quale quella dell'acciaieria; un sogno che l'imprenditore aveva di buttarsi nell'ambito dell'acciaio, naufragato anche qui di fronte a casi giudiziari internazionali, addirittura attenzionati anche dall'FBI. Questo è quanto riporta una numerosa serie di notizie stampa.

Quindi, ad oggi, quello che il Governo, anche con questa precisa attenzione sul fronte ambientale, potrà dimostrare di essere capace di fare, è quello che lei oggi ed anche il ministro Urso avete anticipato, cioè che d'ora in poi qualunque accordo di programma nuovo vincolerà i soggetti proprietari, che si vedranno puntualmente tenuti a rispettare tutta una serie di tabelle di marcia per gli investimenti, per garantire la tutela dell'ambiente e per garantire le bonifiche e le demolizioni per le aree che in futuro potranno essere rimesse all'uso collettivo. (Applausi).

PRESIDENTE. Segue l'interrogazione 3-00216 sull'allargamento e messa in sicurezza della strada statale 650 Trignina.

Il rappresentante del Governo ha facoltà di rispondere a tale interrogazione.

FERRANTE, sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, onorevoli senatori, in merito al quesito posto, la società ANAS ha rappresentato quanto segue.

La strada statale 650 di Fondo Valle Trigno registra, sia nel tratto abruzzese che nel tratto molisano, valori di traffico giornaliero medio superiori ai 12.000 veicoli, con un considerevole traffico pesante dovuto anche alla presenza di importanti aree commerciali ed industriali che gravitano intorno a tale arteria. Proprio per la sua importanza strategica in termini di transiti e di territori serviti, negli anni sono stati programmati ed attivati numerosi interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria.

In particolare, sul tratto abruzzese sono stati investiti circa 23 milioni di euro, di cui 12 milioni per interventi di manutenzione su ponti e viadotti e per adeguamento e miglioramento del corpo stradale e delle aree di pertinenza; 7 milioni per il ripristino della pavimentazione stradale, 2 milioni per barriere di sicurezza e segnaletica verticale, nonché 2 milioni per l'illuminazione di tutti gli svincoli in ingresso ed in uscita. Quanto al tratto molisano, sono stati investiti circa 14,5 milioni di euro, così ripartiti: 7,5 milioni per interventi su opere d'arte, 5,5 milioni per il ripristino della pavimentazione stradale, 1,5 milioni per impianti in galleria e per il consolidamento del corpo stradale.

Come evidenziato dagli onorevoli interroganti, la capacità trasportistica dell'arteria viaria, sia per la tipologia di traffico che per il numero di veicoli che la transitano, potrebbe essere potenziata con un eventuale raddoppio della carreggiata, anche per stralci funzionali, dando priorità ai tratti stradali soggetti ai maggiori flussi di traffico.

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha già avviato un dialogo costruttivo con gli amministratori locali dell'Abruzzo e del Molise, anche attraverso incontri presso la sede del Ministero, per fare il punto della situazione sulle infrastrutture e sui collegamenti dei territori, per l'innalzamento dei livelli di sicurezza, compreso il miglioramento degli impianti di illuminazione degli svincoli lungo l'itinerario stradale della Trignina.

Quanto al raddoppio delle dimensioni della strada statale 650, assicuro che il MIT valuterà con la massima attenzione eventuali istanze in tal senso da parte degli enti territoriali, al fine di un possibile inserimento dell'opera nel prossimo piano pluriennale MIT-ANAS.

SIGISMONDI (FdI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIGISMONDI (FdI). Sottosegretario Ferrante, anzitutto desidero ringraziarla a nome mio, del senatore Della Porta, che ha sottoscritto con me l'interrogazione, e del senatore abruzzese Liris: esprimiamo la nostra soddisfazione per le notizie che ci ha voluto fornire in riferimento alla strada statale 650 di Fondo Valle Trigno, detta Trignina.

La volontà di intervenire da subito sulla messa in sicurezza dei punti critici della statale, unitamente alla disponibilità a valutare il raddoppio della strada, rappresentano sicuramente segnali molto importanti per le popolazioni dell'Abruzzo e del Molise.

Parliamo di una strada pericolosa, con tante criticità che, purtroppo, negli anni, ha provocato molti incidenti e molte vittime.

La fondovalle Trignina, costruita negli anni Ottanta al confine tra l'Abruzzo e il Molise, è stata realizzata con una corsia per ogni senso di marcia ed era stata inizialmente pensata per un traffico prettamente locale. Nel corso degli anni, la statale 650 ha visto notevolmente incrementato il suo traffico. La strada oggi è quotidianamente percorsa dai residenti dell'entroterra che si recano a lavorare sulla costa, da studenti e da mezzi pesanti.

La Trignina è da ritenersi infatti un'arteria strategica per il traffico merci - come anche lei ha voluto quest'oggi sottolineare - rappresentando una validissima connessione tra la dorsale adriatica e quella tirrenica. Un flusso di traffico destinato nel tempo ad aumentare, considerando che il porto di Vasto e quello di Termoli sono recentemente diventati porti a valenza nazionale, grazie anche all'interessamento del presidente della Regione Abruzzo Marsilio e del presidente del Molise Toma.

Qualche mese fa, durante riunioni che si sono svolte nei territori interessati dal tracciato e che hanno visto la partecipazione del prefetto di Chieti, dei sindaci, dei rappresentanti istituzionali di zona e dei tecnici dell'ANAS - riunioni finalizzate ad affrontare criticità e difficoltà della statale e gli interventi da mettere in campo - è emerso che, nonostante si discuta del raddoppio della strada da quasi vent'anni, ad oggi non esiste neanche uno studio di fattibilità tecnica ed economica.

La risposta del Governo quest'oggi rappresenta un primo e notevole cambio di marcia rispetto al passato. Intervenire sulla Trignina vuol dire intervenire ed investire sulla sicurezza dei cittadini, sullo sviluppo economico dei territori; vuol dire contrastare lo spopolamento delle aree interne.

Grazie, quindi, Sottosegretario, per la risposta e per le attenzioni che il Governo ha voluto riservare - per il tramite della nostra interrogazione - alle popolazioni dell'Abruzzo e del Molise. (Applausi).

PRESIDENTE. Lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno è così esaurito.

Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento del question time.

(La seduta, sospesa alle ore 11,18, è ripresa alle ore 15).

Presidenza del vice presidente CASTELLONE

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento (ore 15)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (cosiddetto question time), ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento, alle quali risponderanno il Ministro dell'interno e il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.

Invito gli oratori ad un rigoroso rispetto dei tempi, considerata la diretta televisiva in corso.

Il senatore De Poli ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-00406 sulle autorizzazioni per le manifestazioni promosse dalle pro loco e dagli enti del terzo settore, per tre minuti.

DE POLI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signor Presidente, colleghi, sottopongo oggi all'attenzione del ministro Matteo Piantedosi, che ringrazio per la sua disponibilità a essere qui con noi, un quesito che riguarda molto da vicino la vita delle nostre comunità nei nostri territori. Mi riferisco alle attività connesse a manifestazioni, fiere, spettacoli e sagre dal vivo promosse dalle pro loco e, più in generale, dagli enti del terzo settore e del volontariato. Il mondo dell'associazionismo esprime davvero quello che è il nostro territorio: le associazioni e gli enti del terzo settore sono gli occhi, ma direi soprattutto l'anima e il cuore delle nostre meravigliose comunità.

Il decreto legislativo n. 117 del 2017, infatti, stabilisce che le pro loco e gli enti aderenti alla rete associativa dell'Unione nazionale pro loco d'Italia (UNPLI) in particolare sono preposti alla valorizzazione delle tradizioni locali e del territorio. All'interno delle 6.200 associazioni pro loco operano 600.000 volontari, che ogni giorno dedicano il proprio tempo e le proprie energie per gli altri e per tutti i cittadini. In Italia, secondo l'ultimo censimento Istat, operano oltre 363.000 enti del terzo settore, che è un motore importante e un grande pilastro portante delle nostre comunità.

Come noto, nel decreto-legge milleproroghe sono state prorogate al 31 dicembre 2023 le semplificazioni per la realizzazione di spettacoli dal vivo, già disposte dal decreto-legge semplificazione, convertito nella legge n. 120 del 2020.

Chiedo al Ministro di sapere come il Governo intenda intervenire per dare operatività e tempestività alle norme di semplificazione previste dalla legge n. 14 del 2023 e soprattutto se non ritenga opportuno valutare, prima della fine del 2023, un intervento normativo migliorativo per tutelare questi mondi del terzo settore, del volontariato e delle pro loco che, come dicevo all'inizio, ogni giorno operano promuovendo attività connesse a manifestazioni, fiere, sagre e spettacoli dal vivo, con l'obiettivo di valorizzare i nostri territori.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, prefetto Piantedosi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

PIANTEDOSI, ministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli senatori, con riguardo alla realizzazione di spettacoli dal vivo, l'onorevole interrogante richiama la vigente normativa di semplificazione ed in particolare quella dettata dall'articolo 38-bis del decreto-legge n. 76 del 2020, che, in regime di proroga fino al 31 dicembre di quest'anno, come ha ricordato, prevede modalità semplificate per la realizzazione di determinati tipi di spettacolo dal vivo e chiede al Governo iniziative, anche mediante eventuali interventi normativi, per migliorare ulteriormente il quadro regolatorio della materia.

In proposito occorre ricordare che la disposizione a cui l'onorevole interrogante fa riferimento è stata emanata nel particolare contesto dell'emergenza del Covid-19, che aveva imposto severe misure di contenimento delle manifestazioni pubbliche per ragioni di salute pubblica. Attraverso la semplificazione degli adempimenti amministrativi connessi all'organizzazione di eventi aperti al pubblico si intendeva alleggerire il peso degli oneri organizzativi ed in tal modo far fronte alle ricadute economiche negative risentite dal settore dell'industria ricreativo-culturale durante la pandemia. Ovviamente si tratta di norme di immediata operatività, che non richiedono pertanto ulteriori provvedimenti normativi di attuazione, ma la vigenza della norma in questione, da ultimo con il cosiddetto milleproroghe, è stata prolungata, come accennato, fino alla fine dell'anno in corso.

Il ritorno alla normalità sotto il profilo della salute pubblica rende oggi possibile una valutazione più articolata delle delicate problematiche sottese all'organizzazione di eventi aperti al pubblico, infatti la relativa disciplina non può prescindere dalla realizzazione di un bilanciamento sostenibile tra l'esigenza di semplificazione amministrativa - visto anche l'esito positivo dell'applicazione della legge, che indubbiamente favorisce le iniziative economiche - e le necessarie ed altrettanto importanti valutazioni relative alla pubblica incolumità e alla sicurezza dei cittadini.

Pertanto, in tale contesto, il Ministero dell'interno non mancherà di effettuare gli approfondimenti necessari, anche sulla scorta delle esperienze - anche positive - maturate durante la vigenza della normativa transitoria in questione sia sul piano dei possibili strumenti di intervento sia su quello dei contenuti che la delicata materia in questione richiede, coniugando tutti gli interessi che entrano in gioco in tali circostanze.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore De Poli, per due minuti.

DE POLI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signor Presidente, ringrazio il Ministro che ha colto l'attenzione verso decine di migliaia, se non milioni, di volontari che fanno parte della nostra rete associativa nazionale, dalle pro loco agli enti del terzo settore a tutto il grande mondo del volontariato, che, come abbiamo visto, durante il periodo della pandemia hanno dato veramente il sorriso, l'attenzione e il cuore nello stare vicino a moltissime persone, anche nei momenti di difficoltà e di solitudine.

Quindi, credo sia opportuno trovare ed applicare soluzioni, anche di semplificazione amministrativa e di intervento, per le manifestazioni territoriali, dando poi un supporto strategico anche ai nostri sindaci e ai nostri Comuni, che tante volte si trovano nella difficoltà di dover concedere la possibilità di fare queste manifestazioni, con una normativa nazionale che tante volte, chiaramente, diventa restrittiva.

Rispetto a questa parte di semplificazione e di sburocratizzazione, anche durante il Covid-19, adesso possiamo intervenire con una legislazione e attenzioni particolari, proprio per far sì che questo mondo non venga lasciato da parte, ma venga preso in considerazione come fattore strategico, importante e fondamentale della nostra Italia e, di conseguenza, di tutti i nostri territori.

PRESIDENTE. Il senatore De Cristofaro ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-00399 sulle iniziative volte allo scioglimento delle organizzazioni di ispirazione neofascista, per tre minuti.

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Signor Presidente, signor Ministro, la Costituzione della Repubblica, come risposta agli orrori del ventennio fascista, venne costruita con un impianto dichiaratamente antifascista. La XII disposizione transitoria e finale vieta infatti esplicitamente la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.

Questo principio di carattere generale è stato successivamente richiamato da numerose disposizioni dell'ordinamento italiano, come la legge Scelba del 1952 e la legge Mancino del 1993. Il 25 ottobre del 2018 anche il Parlamento europeo ha approvato uno specifico orientamento in merito, attraverso una propria risoluzione. Questo documento, riconoscendo nell'impunità di cui godono alcuni gruppi una delle principali ragioni dell'aumento delle azioni violenze da parte degli stessi gruppi, ha richiesto all'Unione europea e agli altri Stati membri di garantire che fossero effettivamente bandite le organizzazioni, i gruppi e i partiti neonazisti e neofascisti di qualunque tipo.

Nonostante questo, nel nostro Paese numerosi gruppi di estrema destra, organizzati in partiti e movimenti politici dichiaratamente fascisti, hanno libertà di manovra e di azione. Lo dimostrano recenti e meno recenti episodi eclatanti, come l'assalto e la devastazione alla sede della CGIL a Roma, che tutti ricordiamo, il 9 ottobre del 2021, o l'ultimo episodio, recentissimo, in cui circa mille persone hanno sfilato a Milano, all'indomani della festa della Liberazione, con il braccio teso inneggiando al fascismo.

Durante la scorsa legislatura, sono stati approvati in entrambi i rami del Parlamento ordini del giorno e mozioni con i quali si è impegnato il Governo ad applicare le disposizioni costituzionali, intervenendo per sciogliere organizzazioni e partiti di chiara matrice fascista. Nonostante gli impegni assunti, però, nulla è stato fatto.

Signor Ministro, chiedo di sapere se lei non ritenga opportuno intraprendere iniziative dirette e concrete per dare attuazione agli impegni assunti dal precedente Governo e applicare le disposizioni costituzionali e di legge vigenti, al fine di rispettare il carattere antifascista della nostra Costituzione, intervenendo per l'appunto per sciogliere le organizzazioni fasciste attive nel Paese.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, prefetto Piantedosi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

PIANTEDOSI, ministro dell'interno. Signor Presidente, come noto, il quadro normativo vigente, invocato dall'interrogante, prevede diversi procedimenti dissolutivi, ciascuno dei quali caratterizzato da specifici presupposti e procedure.

In particolare, la cosiddetta legge Scelba, la legge n. 645 del 1952, concerne esclusivamente la ricostituzione del disciolto partito fascista e, sotto il profilo procedurale, richiede che il suo presupposto applicativo, ossia l'avvenuta riorganizzazione del partito fascista, sia previamente accertato con sentenza solo a seguito della quale il Ministro dell'interno, sentito il Consiglio dei ministri, ordina lo scioglimento e la confisca dei beni dell'associazione, del movimento o del gruppo.

La stessa legge, ma soltanto in casi straordinari di necessità ed urgenza, demanda al Governo l'adozione di un decreto-legge con il quale sono disposti lo scioglimento e la confisca dei beni. Si tratta di una decisione di natura prettamente politica, che investe il Governo nella sua collegialità e che, per la sua attuazione, prevede il ricorso ad un atto normativo di livello primario.

In questo contesto, ricordo anche che la cosiddetta legge Mancino, legge n. 205 del 1993, reca disposizioni per la sospensione cautelativa e lo scioglimento di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi la cui attività favorisca la commissione di una serie di reati, tra i quali la violenza per motivi razziali, l'odio razziale e il genocidio. Tale legge prevede che, ove con sentenza irrevocabile, sia accertato che l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi abbia favorito la commissione di taluno dei predetti reati, il Ministro dell'interno, previa deliberazione - anche in questo caso - del Consiglio dei ministri, ordini con decreto lo scioglimento dell'organizzazione e la confisca dei beni.

Ritengo che questa pur breve illustrazione evidenzi come lo scioglimento di organizzazioni di carattere eversivo sia una questione di estrema complessità giuridica, come del resto fa capire anche la limitata casistica applicativa. Ancora più chiaramente lo conferma la decisione assunta dal Governo allora in carica, a seguito del gravissimo assalto alla sede nazionale della CGIL nell'autunno del 2021, di non procedere allo scioglimento mediante decreto-legge, pur in presenza delle mozioni approvate nella scorsa legislatura dai due rami del Parlamento.

In proposito, ricordo che il giudizio di primo grado si è concluso con la condanna di alcuni soggetti per i reati loro ascritti in ordine ai gravi episodi di danneggiamento e devastazione della sede nazionale della CGIL; preciso che le forze di polizia impegnate sul territorio nazionale segnalano puntualmente all'autorità giudiziaria ogni condotta penalmente rilevante che sia in contrasto con la normativa citata e la direzione centrale della polizia di prevenzione del Dipartimento della pubblica sicurezza svolge una costante attività d'impulso, analisi e coordinamento per la prevenzione del contrasto di illeciti riconducibili a ogni forma di estremismo politico.

Assicuro che il Governo dedica la massima attenzione alla piena consapevolezza della necessità di tutelare i valori costituzionali e l'ordinamento democratico. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore De Cristofaro, per due minuti.

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Signor Presidente, ringrazio il Ministro per il suo intervento, ma, con sincerità, devo dire di non essere per nulla soddisfatto della risposta. Credo peraltro che la necessità e l'urgenza ci siano tutte, ci siano eccome. Credo anzi che, nella migliore delle ipotesi, ci sia da parte del Governo una grave sottovalutazione del fenomeno, anzi la devo dire così: il silenzio assordante del suo Governo su molti episodi che ci sono stati anche in queste ultime settimane e in questi mesi, francamente, mi e ci inquieta molto.

Le ricordo che questo è il Paese in cui ci sono giornalisti minacciati da gruppi di estrema destra, come Paolo Berizzi, tanto per dirne uno, che vive sotto scorta. È il Paese in cui ci sono state anche recentemente irruzioni come quella compiuta in provincia di Varese dalla comunità militante dei dodici raggi, che ha addirittura interrotto le celebrazioni ufficiali del 25 aprile. È un Paese nel quale le manifestazioni neofasciste, con i saluti romani, non sono certamente sporadiche. Abbiamo addirittura assistito a vere e proprie aggressioni, come quella che c'è stata davanti a un liceo di Firenze di cui lungamente si è discusso.

Ho davvero la netta impressione che questi gruppi purtroppo possano sentirsi più liberi di prima di esternare il proprio credo violento e razzista proprio perché percepiscono un clima cambiato e perché, in qualche maniera, si sentono sdoganati, se anche il dibattito pubblico rimuove i capisaldi attorno ai quali è costruito l'impianto della nostra Costituzione repubblicana.

È per questo che non sono soddisfatto della risposta e per queste ragioni ritengo invece che servirebbe un'azione di contrasto molto più incisiva. Da questo punto di vista, mi ritengo assolutamente non soddisfatto della sua risposta. (Applausi).

Saluto ad una rappresentanza di studenti

PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea gli studenti del corso di diritto parlamentare dell'Università degli studi di Milano, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).

Ripresa dello svolgimento di interrogazioni a risposta immediata,
ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento
(ore 15,15)

PRESIDENTE. La senatrice Gelmini ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-00398 sulle misure per incrementare la sicurezza nelle stazioni ferroviarie, per tre minuti.

GELMINI (Az-IV-RE). Signor ministro Piantedosi, insieme alla collega Fregolent vorremmo interrogarla sulle condizioni di profonda insicurezza in cui versano le stazioni ferroviarie italiane. D'altronde, basta scorrere le pagine di cronaca dei giornali nazionali e locali per rendersi conto di quanti siano i casi di aggressione, furti, risse, rapine, ma anche violenze e violenze sessuali, a danno di tante donne. Tutto questo avviene purtroppo regolarmente ed è qualcosa a cui non ci possiamo assolutamente rassegnare o abituare.

Basta pensare a quanto è accaduto a Milano il 27 aprile, quando una donna è stata aggredita e violentata nei giardini di piazza Duca d'Aosta, ma è capitato ad una studentessa nel tratto Milano-Bergamo ed è capitato a Roma. Insomma, sono episodi che si susseguono ormai con tragica regolarità, nonostante le azioni messe in campo. Signor Ministro, ricordo la direttiva che ha inviato ai prefetti, per monitorare e sorvegliare l'andamento dell'ordine pubblico nelle stazioni. Ricordo le misure sperimentali coordinate dalle Forze dell'ordine, che ringrazio per le azioni che svolgono, ma credo che le misure e gli strumenti messi in campo, ad oggi non siano assolutamente sufficienti. C'è un problema di sicurezza, ma anche di decoro. Trovo inaccettabile che i viaggiatori e i pendolari, che magari per ragioni di lavoro sono costretti a prendere un treno, vedano in qualche modo conculcata la propria incolumità.

Quindi, la domanda che le rivolgiamo è: cosa intende fare il Governo, che ha fatto della sicurezza una bandiera e un punto fermo del proprio programma, per restituire ai cittadini italiani, ma anche ai turisti che visitano il bel Paese, l'immagine di un Paese sicuro e a misura di persona?

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, prefetto Piantedosi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

PIANTEDOSI, ministro dell'interno. Signor Presidente, confermo alla senatrice interrogante che la sicurezza delle città, in particolare delle aree urbane limitrofe alle stazioni ferroviarie, costituisce una priorità per il Governo. Preciso immediatamente che, per quanto riguarda gli episodi citati da lei, grazie alle iniziative di rafforzamento della sicurezza presso le stazioni, intraprese dal nostro Governo e che lei ha citato, la quasi totalità degli autori e dei responsabili di tali episodi è stata individuata e assicurata alla giustizia nel giro di poche ore.

Si tratta di episodi gravi, che hanno indubbiamente generato un allarme sociale, tuttavia i dati statistici della delittuosità relativa alle nostre città restituiscono un livello di sicurezza dei contesti urbani italiani superiore a quello registrato nella maggior parte delle analoghe realtà europee e nordamericane. Sin dal mio insediamento, quindi ben prima degli episodi citati nell'interrogazione, nella piena consapevolezza dell'importanza della questione, ho immediatamente avviato l'iniziativa del forum delle aree metropolitane. Da quel momento stiamo lavorando d'intesa con i sindaci di Roma, Milano e Napoli al rafforzamento della presenza delle forze di polizia nei luoghi pubblici ad alta concentrazione di persone, come le stazioni ferroviarie. Con gli stessi sindaci ho concordato una direttiva per allargare i controlli nelle aree limitrofe ed inserire stabilmente il rafforzato dispositivo di sicurezza nei piani di controllo coordinato del territorio. Solo per darle un'idea della portata delle operazioni ad alto impatto nelle tre città in questione, dal 10 gennaio al 3 maggio scorso sono stati impiegati oltre 15.000 operatori delle Forze di polizia, 1.300 unità della polizia municipale ed oltre 1.500 addetti di altri enti coinvolti nei controlli.

La strategia, l'impegno e gli obiettivi proposti rispetto alle tre città più grandi li stiamo già estendendo anche ad altre aree metropolitane. In tal senso abbiamo avviato azioni specifiche a Firenze, Venezia, Bologna e Torino. Ieri sono stato a Palermo, stamattina ho presieduto un comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica a Roma. E presto ritornerò a Milano e andrò a Bari, Genova e Cagliari, per condividere queste linee di azione con le istituzioni locali. Si tratta di iniziative che si collocano nell'ambito di una più ampia strategia di sicurezza integrata, intesa al più efficiente impiego di uomini e mezzi e diretta a migliorare la vivibilità dei nostri centri urbani - come ha detto anche lei - con particolare riguardo alle aree pubbliche ad elevata frequentazione, come innanzitutto le stazioni ferroviarie, per le quali sono allo studio, insieme agli altri Ministeri interessati, progettualità specifiche per incrementare ulteriormente le capacità di controllo del sistema di sicurezza dedicato.

Credo che la strada che abbiamo tracciato e che stiamo percorrendo insieme ai sindaci sia quella giusta. Stiamo sostenendo i sindaci anche dal punto di vista finanziario, per realizzare queste politiche di superamento del degrado e di piena valorizzazione delle risorse disponibili, mettendole a fattor comune per migliorare la sicurezza e la vivibilità delle nostre città. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica la senatrice Fregolent, per due minuti.

FREGOLENT (Az-IV-RE). Signor Ministro, la ringrazio per la sua risposta, anche se, come dire, ci aspettavamo di più. Lo dico per un motivo. Lei sottolinea che le nostre città sono più sicure di altre; bisogna, però, considerare il percepito, signor Ministro, e il percepito evidentemente non è questo. E non perché i cittadini italiani non sono grati alla sorte di vivere in Italia, ma perché hanno vissuto sulla propria pelle e sulla propria esperienza, transitando nelle nostre stazioni, eventi delittuosi. Lo hanno vissuto dei turisti, il che non è un bel passaporto per il nostro turismo, e lo hanno vissuto le persone che si devono spostare per lavoro.

Non so se lei abbia mai viaggiato e preso un treno, ad esempio, dalla stazione Termini alle cinque del mattino. Io ogni tanto lo devo fare e devo dire la verità: non mi vergogno di chiedere al tassista di turno se mi può accompagnare fin dentro la stazione, perché oggettivamente, anche se vivo da sola da trent'anni, quello che vedo mi fa molta paura. E sono una persona adulta abituata a vivere da sola; immagino cosa provano i turisti, che vogliono recarsi in altre città d'Italia, nel vedere il bivacco ivi presente, nel vedere e nel percepire persone che oggettivamente hanno delle difficoltà. Lì c'è spaccio di droga e c'è criminalità organizzata. Quando è avvenuto l'ultimo evento delittuoso a Milano, è bastato che delle telecamere girassero per fare delle domande perché gli operatori e i giornalisti fossero aggrediti dagli spacciatori, dal momento che disturbavano la loro attività.

Ora, io lo dico così. Se non è questo il momento di mettere l'Esercito, quando? L'Esercito probabilmente aiuterebbe a dare quel presidio di sicurezza, esattamente come è avvenuto quando ci sono stati gli attentati in Europa. Allora abbiamo adottato una misura di sicurezza consistente nello schierare appunto l'Esercito per garantire maggiore sicurezza nei posti più sensibili. Questi sono diventati posti sensibili. Gli operatori degli alberghi e dei ristoranti della zona Esquilino dicono che non fanno più venire le donne a lavorare di sera per tutelare la loro incolumità. Ieri abbiamo approvato un adeguamento del codice rosso per rendere le donne libere. Signor Ministro, io voglio che le donne siano libere anche di lavorare di sera in questo Paese, perché si sentono tutelate dallo Stato e non devono essere lasciate a casa dai datori di lavoro per evitare che succeda loro qualcosa di brutto. (Applausi).

PRESIDENTE. La senatrice Maiorino ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-00402 sulla sicurezza nei quartieri che ospitano stazioni ferroviarie, per tre minuti.

MAIORINO (M5S). Signor Ministro, la mia interrogazione verte sostanzialmente sullo stesso tema. La sicurezza e la percezione della sicurezza nelle nostre stazioni, soprattutto delle grandi città di Roma e Milano, e la crescente preoccupazione da parte dei cittadini sono un tema veramente importante. La preoccupazione è crescente e progressiva. I cittadini abbandonano progressivamente questi quartieri, che spesso sono centrali, come capita appunto nelle grandi città, per l'estrema difficoltà che hanno di viverli. Le pagine di cronaca - come è stato ricordato - sono piene purtroppo di aggressioni e di eventi malavitosi e descrivono un quadro estremamente grave circa la sicurezza all'interno e nelle immediate prossimità delle stazioni ferroviarie di tutto il Paese. I gravi episodi di aggressione e rapina avvenuti negli ultimi giorni sono solo l'ultimo campanello di allarme, in un contesto urbano sempre più delicato e sempre più degradato. Le stazioni di Roma Termini e Milano Centrale sono crocevia della vita degli abitanti di queste città, fondamentali anche per i pendolari e per i turisti che ne usufruiscono, e sono due tra i principali nodi ferroviari italiani per servizi e per transiti, ma le loro condizioni risultano ogni giorno più critiche e mettono costantemente a rischio i cittadini.

Considerato che appare quanto mai necessaria l'intensificazione dell'attività di presidio e controllo da parte delle Forze dell'ordine, per evitare che all'insicurezza si aggiunga il degrado del territorio e della città, anche la recente direttiva ministeriale rivolta ad alcuni prefetti al fine di rafforzare la vigilanza nell'area esterna e negli scali ferroviari, per quanto abbia l'obiettivo di contenere la percezione di insicurezza della popolazione, non rappresenta certo una misura strutturale che eviti nel concreto le situazioni di rischio.

Si chiede quindi di sapere quali ulteriori iniziative il Ministero intenda adottare; se e quali risorse impegnare allo scopo di garantire la sicurezza dei cittadini e delle cittadine con provvedimenti concreti e strutturali al fine di estendere l'attività di controllo ai quartieri anche prossimi alle stazioni ferroviarie perché tornino ad essere pienamente vivibili. (Applausi).

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, prefetto Piantedosi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

PIANTEDOSI, ministro dell'interno. Signor Presidente, come ho già detto nella precedente risposta, fin dal mio insediamento ho dedicato una particolare attenzione alla sicurezza nelle stazioni ferroviarie. A proposito, voglio precisare che già a Roma e Milano c'è la presenza dei militari dell'Esercito nel presidio di vigilanza. Le operazioni ad alto impatto decise nell'ambito di questa strategia stanno contribuendo ad incrementare il controllo dei luoghi pubblici ad elevata concentrazione di persone, come le stazioni, le aree urbane della cosiddetta movida, le piazze di spaccio delle più grandi città metropolitane, come comprovato dall'avvenuta individuazione dei responsabili che in queste settimane hanno suscitato allarme sociale.

Come ricordava anche la senatrice interrogante, tra le altre iniziative assunte, ho adottato una specifica direttiva ai prefetti con l'obiettivo di rafforzare ulteriormente i piani di controllo del territorio, con particolare riguardo proprio alle aree esterne delle stazioni ferroviarie, invitandoli al contempo a valutare nuove più incisive misure di prevenzione in tutte le aree cittadine nelle quali una presenza visibile e rafforzata delle Forze di polizia possa contribuire a ridurre la percezione di insicurezza dei cittadini, restituendo alla legalità e alla fruizione della comunità tutti gli spazi pubblici.

Il nostro obiettivo è continuare ad aumentare la presenza delle Forze di polizia nei luoghi che presentano maggiori criticità, incluse le strutture ospedaliere e le aree commerciali. Questa impostazione, infatti, produce ricadute positive sia sul piano della prevenzione sia su quello della repressione, dato che nei casi in cui siano stati consumati dei reati il presidio costante e rafforzato delle Forze di polizia ha consentito, come più volte detto, di individuare in tempi brevi i colpevoli e di assicurarli alla giustizia.

Stiamo proseguendo con le iniziative di rafforzamento degli organici delle forze di polizia, come testimoniano le disposizioni contenute nel recente decreto-legge n. 44 del 2023, ora in conversione proprio presso questo ramo del Parlamento, dando attuazione agli importanti stanziamenti assicurati con la legge di bilancio di quest'anno. Parliamo di oltre 2.000 unità tra incrementi di organico ed assunzioni straordinarie.

Sono tuttavia consapevole che il lavoro delle Forze di polizia è fondamentale, ma non basta. Occorre quindi agire per combattere il degrado e la crescente emarginazione sociale che alimentano fenomeni di illegalità e insicurezza. È evidente che i problemi dell'insicurezza, del degrado, del disagio, della marginalità sociale sono strettamente legati tra loro e, pertanto, ritengo essenziale la costante interlocuzione e la leale collaborazione con i sindaci, che non devono essere lasciati soli e vanno sostenuti anche sul versante delle loro specifiche attribuzioni in materia di servizi sociali e di interventi di riqualificazione urbana.

Informo che per Roma, Milano e Napoli abbiamo messo in campo una specifica contribuzione a valere su fondi del Ministero dell'interno per sostenere le amministrazioni comunali nelle iniziative dirette a contrastare gravi forme di marginalità sociale. Questa è la direzione che, come dicevo all'inizio, ho voluto imprimere al rapporto con i primi cittadini, ed è sempre in questa direzione che stiamo orientando anche la destinazione di importanti risorse, non solo nel rispetto degli obiettivi del PNRR, ma anche attingendo al Fondo di sicurezza urbana e al Fondo unico di giustizia, con l'obiettivo di conseguire risultati concreti, positivi e duraturi. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica la senatrice Maiorino, per due minuti.

MAIORINO (M5S). Signor Ministro, la ringrazio per la risposta però devo dire, da donna e da romana, che non mi soddisfa perché i fatti la smentiscono. La smentiscono le persone reali, quelle che vivono davvero le nostre città e le nostre stazioni e la smentiscono attraverso i dati. Non so se ha visto un recente sondaggio che è stato promosso da DonnexStrada, un'associazione che si occupa specificamente della sicurezza di noi donne nella città. Ebbene, in base a questo sondaggio, a cui hanno risposto migliaia di persone reali, il 91 per cento di noi donne non si sente sicura in una stazione, l'86 per cento non si sente sicura sul treno, il 99 per cento non si sente sicura nemmeno nei pressi della stazione.

Ci provi lei, signor Ministro, a vivere costantemente nell'insicurezza e nella paura. Nemmeno su questo, nemmeno sul cavallo di battaglia delle destre, la sicurezza nelle nostre città, siete stati in grado di dare delle risposte concrete. Se invece di perdere tempo a varare inutili decreti su rave party, a inseguire nel globo terracqueo gli scafisti o a perseguitare le famiglie che non vi piacciono perché composte da genitori dello stesso sesso, vi concentraste sui problemi reali del Paese, se smetteste di dare pacche sulle spalle alle Forze dell'ordine e metteste veramente risorse concrete in quel comparto (ricordo che in legge di bilancio, visto che lei ne ha parlato, avete tolto risorse, per esempio al comparto della polizia penitenziaria), forse anche noi donne potremmo sentirci più sicure nelle nostre città e riappropriarci anche dei luoghi e dei trasporti pubblici, concederci il lusso di utilizzare i trasporti pubblici.

Signor Ministro, meno propaganda e più concretezza. (Applausi).

PRESIDENTE. Il senatore Giorgis ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-00405 sulla riorganizzazione del sistema di accoglienza dei migranti, per tre minuti.

GIORGIS (PD-IDP). Signor Ministro, noi siamo ancora in attesa di sapere come lei e il suo Governo pensiate di dare seguito alle parole pronunciate all'indomani della tragedia di Cutro e come pensiate, dunque, di garantire protezione a chi fugge, ad esempio dalla Siria, dall'Afghanistan o dagli altri Paesi attraversati da guerra e carestie; in quale modo pensiate di provare a rimuovere le cause di viaggi pericolosi e in condizioni inumane e degradanti. Naturalmente vorremmo sapere come pensiate di valorizzare l'impatto positivo che l'immigrazione può avere sul nostro sistema economico e sociale, se adeguatamente governata.

Nell'attesa di una risposta e di una più seria e lungimirante politica di immigrazione, che non si limiti ad aumentare l'irregolarità e il contenzioso, come fa il decreto-legge che avete approvato, oggi, anche alla luce del confronto avviato tra Governo e Conferenza delle Regioni lo scorso 27 aprile e degli impegni che il Governo in tale sede ha assunto per rispondere alle molte e serie criticità dell'attuale situazione, le chiediamo innanzitutto di sapere: in quali tempi il Governo provvederà all'istituzione di un tavolo di coordinamento permanente tra Stato e Regioni per condividere informazioni e attività necessarie a realizzare adeguate forme di accoglienza?

Quali misure il Governo intende adottare al fine di realizzare un'equa distribuzione dei migranti sul territorio nazionale in un'ottica di leale collaborazione, comune responsabilità e piena trasparenza, come previsto dall'accordo tra Stato, Regioni ed enti locali del 2014, riconfermato nel 2016?

Le chiediamo inoltre di sapere quali misure intenda adottare per garantire l'effettiva realizzazione di un moderno sistema di accoglienza diffusa, adeguando, di conseguenza, i contenuti economici dei capitolati di gara per i posti nei centri di accoglienza straordinaria (CAS) e la dotazione dei posti nel sistema accoglienza integrazione (SAI), anziché procedere all'allestimento di inefficaci e dispendiosi grandi centri di accoglienza e di altrettanto inefficaci e di dubbia legittimità costituzionale centri di permanenza per il rimpatrio (CPR).

Infine, signor Ministro, le chiediamo di sapere quali misure intenda adottare per rafforzare il sostegno economico ai Comuni per l'assistenza ai minori non accompagnati, la cui distribuzione nel territorio deve essere comunque riconsiderata in termini di equità, sostenibilità e soprattutto efficacia dei servizi di accoglienza, formazione e, quindi, integrazione.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, prefetto Piantedosi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

PIANTEDOSI, ministro dell'interno. Signora Presidente, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, deliberato dal Governo lo scorso 27 aprile, ho incontrato con il Ministro per la protezione civile e il Commissario per l'emergenza i Presidenti delle Giunte regionali in sede di Conferenza delle Regioni per un primo confronto sugli strumenti derogatori consentiti dall'ordinanza di protezione civile ai fini della gestione dei flussi migratori.

Informo che, dopo le 16 Regioni e Province autonome che hanno firmato l'intesa, anche la Regione Campania e la Valle d'Aosta hanno comunicato la loro adesione, con la conseguente estensione nei rispettivi territori delle disposizioni dell'ordinanza e dei poteri commissariali.

Nel citato incontro è stato condiviso un approccio orientato a un'accoglienza il più possibile capillare sul territorio nazionale, in grado di meglio contenere l'impatto dei flussi sui territori. Si tratta di un modello che, anche nelle mie precedenti esperienze professionali - ci tengo a dirlo - ho sempre inteso valorizzare, avendo personalmente curato la chiusura di grandi centri a cui fa riferimento l'interrogante, a partire da quello di Mineo a Catania, di Cona a Venezia e di Castelnuovo di Porto, solo per fare degli esempi. Segnalo peraltro che anche oggi tale modello costituisce l'ordinaria modalità di organizzazione delle strutture della rete del sistema di accoglienza e integrazione e dei centri straordinari di accoglienza dedicati ai richiedenti protezione internazionale.

Alla data odierna, infatti, i posti in strutture che sono sotto le 50 unità rappresentano il 70 per cento del totale dei centri di prima accoglienza; quindi, non so dove siano questi grandi centri!

Proprio in un'ottica di ulteriore implementazione di un sistema capillare, in grado di attenuare l'impatto dell'accoglienza sui territori, stiamo rivedendo il vigente capitolato ministeriale per razionalizzare i servizi previsti, adeguandone i relativi costi.

In questo quadro ritengo essenziale mantenere sempre aperto il confronto con le Regioni, che potrà realizzarsi in sede di tavolo tecnico per il coordinamento permanente con i rappresentanti regionali, allargato alla partecipazione del commissario delegato all'emergenza.

Per quanto riguarda i minori stranieri non accompagnati, lo stesso commissario e la protezione civile stanno lavorando al fine di incrementare i posti dedicati ai minori, con il necessario coinvolgimento dei sindaci, come prevede la legislazione in materia.

Sono tutte iniziative rivolte a gestire in modo ordinato e sostenibile la presenza dei migranti sul territorio nazionale nell'interesse dei cittadini e delle loro comunità, senza per questo rinunciare in alcun modo all'obiettivo di ridurre il più possibile le partenze dirette in Italia.

Sul piano internazionale, centrale in questo preciso momento storico, è il nostro rapporto bilaterale con la Tunisia. È questa un'azione che impegna l'intero Governo e che vede in prima fila il mio Ministero, l'essenziale apporto del ministro Tajani e il ruolo guida del presidente Meloni. Ho avviato da subito un proficuo dialogo che il nuovo Ministro dell'interno tunisino che incontrerò a breve (già forse la prossima settimana) per mettere in campo azioni condivise per ridurre la pressione migratoria da quel Paese. Domani si riunirà il gruppo di lavoro italo-tunisino per la lotta all'immigrazione irregolare. L'impegno bilaterale si salda con la nostra azione a livello europeo, e in tale ottica abbiamo contribuito al buon esito della missione svolta dal commissario per gli affari interni Johansson a Tunisi, lo scorso 27 aprile, proprio per facilitare il dialogo tra il Paese africano e l'Europa.

Pertanto - lo ripeto ancora una volta - l'obiettivo prioritario del Governo resta quello di ridurre i flussi in entrata e su questo continueremo ad operare con determinazione, al fine di contrastare l'immigrazione irregolare e il traffico di esseri umani facendo valere in tutte le sedi le legittime posizioni dell'Italia. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Giorgis, per due minuti.

GIORGIS (PD-IDP). Signor Ministro, la ringrazio, ma devo dichiarare la mia insoddisfazione per la risposta. Voglio sperare, però, che le azioni del Governo per affrontare le criticità che le abbiamo esposto - che nell'interlocuzione con le Regioni si è impegnato ad affrontare - siano più precise ed efficaci delle parole pronunciate in quest'Aula.

Poco fa, seguendo i lavori della Camera, ho provato invece soddisfazione per la scelta del Governo di accogliere un ordine del giorno e impegnarsi a correggere un aspetto particolarmente irragionevole del cosiddetto decreto-legge Cutro - che segnalammo nei giorni scorsi in Commissione e poi in Aula - relativo al diritto alla tutela giurisdizionale che è stato incomprensibilmente limitato.

In realtà, è una soddisfazione che lascia l'amaro in bocca, signor Ministro, e dimostra tutta l'inadeguatezza del Governo, perché bisognava correggere il decreto-legge qui, al Senato, ascoltando le nostre considerazioni e quelle degli esperti che abbiamo audito. Infatti, adesso, per garantire il pieno ed effettivo esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale agli stranieri che chiedono protezione, occorrerà adottare una nuova norma di legge. Insomma, la maggioranza che sostiene il suo Governo sta per convertire in legge un decreto-legge della cui irragionevolezza è, almeno in parte, consapevole.

Poter dire «ve lo avevamo detto» non è una grande consolazione, se pensiamo alle persone che dovranno attendere un nuovo provvedimento per poter esercitare i propri diritti. (Applausi).

PRESIDENTE. Il senatore Zanettin ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-00400 sulla disciplina della filiera del pane e della pasta per contrastare fenomeni speculativi, per tre minuti.

ZANETTIN (FI-BP-PPE). Ministro Lollobrigida, oggi parliamo di grano duro, che, come credo sia noto a tutti in quest'Aula, è un prodotto di eccellenza della nostra agricoltura ed è il principale ingrediente che viene utilizzato soprattutto per la produzione della pasta, che è un'altra delle nostre eccellenze alimentari.

Stiamo registrando sul mercato un fenomeno molto strano: chiunque acquisti la pasta in un supermercato sa che il prezzo del prodotto finale è lievitato in modo stratosferico negli ultimi anni. Viceversa, il prezzo del grano duro prodotto dai nostri agricoltori è crollato per effetto di tutta una serie di mutazioni del mercato, talvolta anche inspiegabili: ha avuto una crescita impetuosa all'indomani del conflitto ucraino, ma in questo momento invece il prezzo è molto basso e preoccupa il nostro comparto agricolo. Dai dati in nostro possesso, sappiamo che nell'ultimo decennio circa il 20 per cento dei campi posti a cultura di grano duro sono andati perduti come produzione interna e questo ha indebolito il nostro settore agricolo, sul quale il centrodestra ha molto puntato sia in campagna elettorale, sia per DNA culturale, perché evidentemente sono anche i nostri elettori. È un comparto del quale abbiamo parlato non da oggi e non nell'ultima campagna elettorale, ma da decenni. In questo settore aveva funzionato la Commissione unica nazionale (CUN), che era riuscita per qualche tempo a trovare un punto di equilibrio fra i prezzi e il mercato, ma questa Commissione ha cessato di operare nell'ottobre del 2022 ed è stata sostituita dalle borse merci che invece, per struttura, non hanno una forza tale da alterare questi meccanismi di mercato.

La domanda che a nome del Gruppo Forza Italia mi sento di porle è quindi che cosa state pensando di fare come Governo per ovviare a questo crollo dei prezzi e aiutare la nostra agricoltura nazionale e se pensate di ripristinare la Commissione unica nazionale che pare essere uno degli strumenti per trovare una calmierazione o meglio un punto di equilibrio in alto rispetto al prezzo di mercato di questo prodotto così strategico per il nostro Paese.

PRESIDENTE. Il ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, onorevole Lollobrigida, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

LOLLOBRIGIDA, ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Ringrazio il Gruppo Forza Italia per avermi posto il quesito testé illustrato, in quanto tratta un tema di particolare rilevanza, connesso a produzioni strategiche che lo sono ancor di più in un momento come quello congiunturale che stiamo attraversando, nel quale la sicurezza alimentare si erge ad argomento di discussione.

Le oscillazioni del prezzo del grano, però, come lei sa e come ha avuto modo di ricordare già nell'interrogazione stessa, senatore Zanettin, risentono delle ciclicità che ormai gravano sul comparto. Proprio per questo, per esaminare a fondo quali possano essere le ragioni, abbiamo convocato il 12 aprile scorso il tavolo del grano duro, nel quale abbiamo coinvolto tutti i soggetti che hanno titolo a poter ragionare insieme alla politica di questo tema si tratta dei nostri produttori, ma anche dei molitori, degli stoccatori, dei pastai, fino ad arrivare alla grande distribuzione che lei richiamava, certificando uno dei passaggi finali di questa filiera che è la nostra ottima pasta. Insomma, abbiamo ragionato con l'intera filiera avendo delle prospettive non sempre coincidenti su quali possano essere le soluzioni. Credo però che il tavolo del grano duro sia un momento di confronto e come tutti i momenti di confronto possa permetterci non solo di comprendere, ma anche di provare ad arrivare a delle soluzioni concrete. Le organizzazioni agricole hanno posto la loro oggettiva preoccupazione anche per quel processo, che lei richiamava, di una crescita molto importante fino a qualche mese fa e poi di una caduta che dobbiamo verificare se sia oggetto di speculazione, perché quello è il primo degli elementi che dobbiamo contrastare. In tale contesto, abbiamo analizzato i dati forniti dall'ISMEA ed è stato affrontato il problema che lei richiama di ricostituzione di una commissione sperimentale per il grano duro, il cui progetto si è concluso, come lei richiamava, nel 2022. Il nostro intento è riattivare quanto prima la commissione, non escludendo di procedere alla costituzione della Commissione unica nazionale, magari correggendo alcune criticità che sono emerse proprio nell'applicazione di questo modello.

Riguardo al registro di carico e scarico telematico, il cosiddetto Granaio Italia, ricordo che la fase sperimentale è stata recentemente prorogata dal decreto milleproroghe al 31 dicembre 2024, nel corso del quale l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari non applicherà le sanzioni pecuniarie.

Preciso che Granaio Italia risale a prima del conflitto russo-ucraino, a seguito del quale la Commissione europea ha adottato un nuovo quadro normativo che in parte si sovrappone alle competenze delle normative precedenti, ed è stato recepito con decreto ministeriale l'8 agosto 2022. Poiché il nuovo adempimento si sovrappone a quello di Granaio Italia, stiamo verificando la possibilità di unificare i due provvedimenti per renderli più semplici, cercando di eliminare oneri burocratici che spesso sono a carico dei produttori e delle imprese stesse.

Per evitare ogni possibile speculazione, settimanalmente il Ministero monitora le quotazioni del grano attraverso le rilevazioni effettuate dalla camera di commercio e le informazioni vengono trasmesse, attraverso il sistema informatico, ai competenti servizi e all'Unione europea.

Con riferimento alla dinamica dei prezzi rilevo che la trasformazione delle materie prime richiede, nell'ambito dei numerosi e poliedrici processi produttivi, l'impiego di fattori produttivi che hanno avuto un incremento dei prezzi a volte a tre cifre; sappiamo che questo problema va affrontato in sede europea e che rileva anche nell'ambito di quella che noi chiamiamo sovranità alimentare, cioè nel cercare di evitare che eventi contingenti gravi come le guerre possano modificare le nostre scelte di produzione e anche di consumo a causa, per esempio, della crescita dei prezzi.

Resta un fatto fondamentale: sulle vicende legate al grano dobbiamo applicare un sistema di ricerca più avanzato; dobbiamo ricominciare a studiare metodi che permettano di abbattere le criticità legate a queste produzioni aumentando il quantitativo, diminuendo i costi di produzione e cercando eventualmente di ripetere quelle cose che in Italia sono state fatte all'inizio del secolo scorso. Quest'anno ricorre una ricerca del 1913, applicata dallo scienziato Nazareno Strampelli, che riuscì, a parità di consumo del suolo, a raddoppiare la produzione di grano semplicemente attraverso la genomica. Dobbiamo investire sulla ricerca, quello che non si è fatto in questi anni, indebolendo il sistema agricolo europeo e italiano. L'Italia era all'avanguardia in questi processi e crediamo possa tornare ad esserlo utilizzando le grandi menti e le grandi potenzialità che risiedono nelle nostre università e nei nostri centri di ricerca e che noi dobbiamo proteggere, anche pagandole in modo adeguato e mettendo quindi al servizio dei nostri agricoltori un sistema più efficace ed efficiente, per valorizzare il loro lavoro, per realizzare grandi grani come la varietà senatore Cappelli o altre che nella storia hanno contraddistinto la qualità italiana. Penso a un aumento del valore che metta anche in condizione di reggere a logiche di mercato globalizzate, delle quali spesso veniamo ad essere oggetto negativo in fasi congiunturali come questa da lei richiamata. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Zanettin, per due minuti.

ZANETTIN (FI-BP-PPE). Signor Presidente, ringrazio il Ministro delle parole che ha pronunciato, perché nel suo dire abbiamo colto la grande sensibilità che il Governo attribuisce al settore dell'agricoltura, in particolare alla produzione del grano duro. Sono state preannunciate delle iniziative che noi condividiamo totalmente e da parte del Ministro è stata anche riproposta l'idea di proseguire con la Commissione unica nazionale. Certamente rimane una necessità e, signor Ministro, credo che noi dobbiamo lavorare molto su quella discrasia che troviamo comunque inaccettabile fra il prezzo pagato ai nostri agricoltori e quello che come consumatori troviamo nei banchi del supermercato. Su questo bisogna stare tutti molto attenti perché, come diceva, c'è molta speculazione e a pagare sono sempre i più deboli della filiera, in particolare i nostri produttori, e secondo noi questo è del tutto inaccettabile.

Mi dichiaro comunque soddisfatto della risposta.

PRESIDENTE. Il senatore Bergesio ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-00401 sul fondo mutualistico nazionale per l'agricoltura contro i rischi da cambiamenti climatici, per tre minuti.

BERGESIO (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, signor Ministro, il tema che vogliamo trattare con questa interrogazione è legato agli eventi meteorologici di carattere catastrofale, che negli ultimi anni stanno colpendo il nostro Paese e soprattutto l'agricoltura.

A questo proposito, vorremmo prima di tutto esprimere la solidarietà di quest'Aula alle popolazioni della Regione Emilia-Romagna, colpite dalle drammatiche piogge di questi giorni, che hanno generato un drammatico stato di emergenza dovuto alla calamità naturale, e in particolare alle famiglie delle vittime. Un grazie di cuore a tutti i volontari, alla Protezione civile, alle Forze dell'ordine, al personale sanitario, ai sindaci, agli amministratori impegnati in loco a sostegno della popolazione (Applausi).

Il cambiamento climatico in atto, stando ad una recente indagine, è da molti percepito, signor Ministro, come un'emergenza reale e grave, da contrastare il prima possibile. Questo è ancor più vero se guardiamo al comparto agricolo, che, a causa dei cambiamenti climatici di natura sempre più spesso catastrofale, negli ultimi dieci anni, come lei sa, ha perso circa 14 miliardi di euro. Queste le ultime stime, quelle più vicine a noi, del 2022: in produzione di mais, causa siccità, meno 22 per cento; frumento duro, meno 10 per cento; olio di oliva, meno 27 per cento; pomodori, meno 10 per cento. Questo per fare una panoramica un po' su tutte le tipologie di prodotti.

Nella scorsa programmazione PAC, però, è emersa una carenza di risorse per il pagamento delle compensazione a favore degli agricoltori per i danni subiti nell'anno 2022. Le polizze assicurative, che normalmente, in copertura Fondo solidarietà nazionale, sono al 70 per cento, sono state coperte solo al 30 per cento al 30 gennaio. Il resto, gli agricoltori hanno dovuto anticiparlo e non si sa ancora quando tutto questo verrà loro trasferito.

Con la legge di bilancio 2021 abbiamo istituito il fondo mutualistico Agricat. Il fondo, in vigore dal 1° gennaio 2023, coinvolge le 700.000 aziende agricole per la copertura dei rischi catastrofali da gelo, brina, alluvione e siccità: 350 milioni di euro l'anno.

Signor Ministro, noi chiediamo semplicemente dei chiarimenti sulla situazione dell'anno 2022. Vorremmo sapere quando verranno definitivamente pagate, tramite Agea, queste aziende agricole e, dall'altra parte, sapere a che punto siamo col fondo Agricat, se esso rappresenta una garanzia per le aziende contro il rischio, soprattutto perché le produzioni stanno per iniziare.

PRESIDENTE. Il ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, onorevole Lollobrigida, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

LOLLOBRIGIDA, ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Senatore Bergesio, lei mi pone sempre quesiti molto puntuali e molto rilevanti. In questo caso, sono ancor più puntuali per le ragioni che lei ha descritto nell'incipit, ricordando le criticità di queste ore.

Il contrasto alle conseguenze negative delle catastrofi naturali sul comparto agroalimentare italiano e il sostegno alle aziende colpite sono al centro della nostra attività del Ministero, per quanto ovviamente di competenza. Quanto agli eventi catastrofali che si sono verificati nel 2022, la risposta del Governo è stata e continua ad essere il più rapida ed efficace possibile. Dal mio insediamento ho firmato 24 decreti di declaratoria di eccezionali avversità atmosferiche, grazie ai quali ho consentito alle Regioni interessate di accedere alle risorse messe a disposizione dal Fondo di solidarietà nazionale.

Il 2 maggio 2023 ho firmato il decreto di declaratoria del riconoscimento del carattere di eccezionalità dell'alluvione che ha colpito la Regione Marche tra il 15 e il 16 settembre 2022, che permette, anche in questo caso, l'accesso alle risorse del Fondo di solidarietà nazionale.

Per i prossimi anni tali eventi, purtroppo, come ricordava, sempre più frequenti e devastanti, dovranno essere gestiti mediante gli strumenti assicurativi. In questa ottica, un ruolo centrale assume il fondo mutualistico nazionale agricolo contro le avversità catastrofiche (Agricat), previsto quale strumento principale di assicurazione dal rischio dal Piano strategico della politica agricola comune del 2023-2027, concordato con le Regioni con un meccanismo che sapete essere nuovo ed applicato per la prima volta in questo quinquennio.

Sono in corso di adozione gli atti che consentiranno di definire il quadro normativo per la operatività del fondo. In particolare il 5 aprile 2023 è stato approvato il regolamento del fondo; il giorno seguente è stata adottata la prima circolare esplicativa, rivolta alle imprese che abbiano subito danni da eventi catastrofali, contenente tutte le disposizioni operative per la presentazione della domanda di accesso alle compensazioni del fondo stesso.

Infatti, entro la prossima settimana è previsto il rilascio dell'applicativo nel Sistema informativo agricolo nazionale, che consentirà agli agricoltori di inserire la denuncia di danno direttamente nel sistema informativo, velocizzando così le procedure. Ad ogni modo, il fondo mutualistico nazionale Agricat copre gli eventi catastrofali già a partire dal 1° gennaio 2023. Nei mesi passati, Ismea ha già provveduto a raccogliere le segnalazioni degli agricoltori che hanno subito danni in seguito agli eventi catastrofali.

A breve, saranno organizzati i primi sopralluoghi campionari nelle aree interessate dagli eventi catastrofali per verificare gli eventuali danni alle produzioni. Posso dunque rispondere alla sua domanda dicendo che il fondo Agricat si può considerare già operativo.

A completamento del discorso fin qui svolto, ricordo che il fondo risponde nei limiti della propria disponibilità, ossia quei 350 milioni che non sono certo saranno in grado di coprire l'evolversi costante di questi eventi. Bisognerà comunque riflettere attentamente su quali siano le concause che peggiorano gli eventi eccezionali, purtroppo a causa spesso di scelte strategiche che hanno impedito di manutenere il territorio, considerando l'uomo soggetto importante e garante - non nemico -dell'ambiente, come qualche volta è stato tentato di dimostrare.

È necessario attendere la fine della campagna agraria per raccogliere tutti i fabbisogni derivanti dalle segnalazioni che perverranno nel corso dell'anno. Nel frattempo si procederà alla costituzione della dotazione del fondo mediante il prelievo del 3 per cento sui pagamenti diretti e la successiva integrazione con i fondi FESR.

Concludo precisando che, trattandosi di un fondo di mutualizzazione, la cui portata, come ho ricordato, è estesa a 700.000 aziende agricole, operativo su tutto il territorio nazionale per tutte le produzioni assicurabili, lo sforzo messo in atto quest'anno è imponente e getta le basi per una svolta nella cultura di gestione del rischio per la nostra imprenditoria agricola.

Colgo l'occasione per rinnovare oggi la solidarietà che lei richiamava alle popolazioni dell'Emilia-Romagna; già ieri, essendo presente alla Fiera di Rimini Macfrut, ho avuto la fortuna di incontrare tutte le rappresentanze del mondo degli agricoltori; abbiamo già iniziato a confrontarci attivamente sulle soluzioni adottabili dall'intero Parlamento, spero sicuramente per quota parte, e dal nostro Ministero, per alleviare non solo i devastanti effetti economici, ma anche quelli psicologici che derivano dalla distruzione del lavoro delle aziende, che spesso legano i nostri agricoltori ai loro territori ben più del dato economico e che io credo vadano compensate con particolare attivismo.

Ho avuto la fortuna ieri di visitare direttamente i luoghi, trovando tanta gente speranzosa di trovare in tutti noi, in tutta la politica, un attore con il quale confrontarsi sulle soluzioni attuali, ma soprattutto su una criticità che forse rilevano e che, nel tempo, dev'essere modificata: la poca attenzione al mondo dell'agricoltura come centrale nella manutenzione del territorio, dell'alveo dei fiumi e delle aree interne che spesso, poco curate, producono a valle gli effetti devastanti che rileviamo, aggravando le conseguenze degli eventi derivanti dal cambiamento climatico. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Bergesio, per due minuti.

BERGESIO (LSP-PSd'Az). Ringrazio il signor Ministro. Siamo soddisfatti per il modo in cui sta portando avanti la soluzione di questa problematica così importante. Il rischio in agricoltura è infatti un tema che è stato affrontato poche volte con pragmatismo e determinazione. Visto che c'è questa opportunità, questa grande ricerca di dare supporto e sostegno agli agricoltori, credo sia un momento importante.

Ricordo che le nostre aziende agricole soffrono di liquidità. Purtroppo l'aumento dei tassi di interessi sui mutui, che sono passati dal 2,5-3 per cento al 6-7 per cento, è un aspetto molto importante, che genera difficoltà e anche molta preoccupazione tra gli agricoltori.

Lei è stato molto chiaro. Riteniamo molto positivo il fatto che il fondo Agricat sia già attivo. Credo allora che siamo in grado di dare risposte coerenti con le problematiche del settore, partendo dai grandi temi, ma anche dalla piccola quotidianità, a difesa proprio dell'agricoltore affinché sia veramente il custode dell'ambiente del territorio. Ritengo che in tal modo daremo un futuro e una speranza soprattutto alle giovani generazioni, al cui interno tanti si stanno impegnando in questo settore. (Applausi).

PRESIDENTE. Il senatore Silvestroni ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-00404 sulle conclusioni del G7 dell'agricoltura tenutosi recentemente in Giappone, per tre minuti.

SILVESTRONI (FdI). Signor Presidente, onorevole Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il 22 e il 23 aprile si sono riuniti in Giappone, a Miyazaki, i Ministri dell'agricoltura di Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti ovvero il gruppo dei sette Paesi più industrializzati del mondo. Il documento diffuso al termine del G7 dell'agricoltura riporta gli obiettivi stabiliti, che mirano essenzialmente ad ottenere un'agricoltura e sistemi alimentari più produttivi, resistenti e sostenibili.

Il G7 di Miyazaki rappresenta una solida base per garantire un equilibrio nei rapporti internazionali, come ha dichiarato il Ministro, interrogato alla conclusione del vertice, accennando all'onore e alla responsabilità di cui sarà investita l'Italia nel guidare la prossima edizione, nel 2024.

Quindi si chiede di sapere quali siano gli intendimenti del Ministro in relazione alle conclusioni del G7 dell'agricoltura appena svolto e quali gli obiettivi prefissati in vista dell'edizione del 2024, che si terrà in Italia.

PRESIDENTE. Il ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, onorevole Lollobrigida, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

LOLLOBRIGIDA, ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Signor Presidente, ringrazio il senatore Silvestroni per aver ricordato che l'Italia ha avuto un ruolo e ne avrà uno ancora più rilevante il prossimo anno rispetto a un tema di carattere generale, ovvero la sicurezza alimentare, nell'ambito del G7, che riunisce le Nazioni industrializzate più importanti di un'area specifica del pianeta (che comprende il Giappone, il Canada, il Regno Unito, la Germania, gli Stati Uniti e la Francia).

Nell'incontro di Miyazaki, una straordinaria città del sud del Giappone, erano presenti anche il segretario generale della Food and agricolture organization (FAO), l'International fund for agricultural development (IFAD) e il World trade organization (WTO). Si tratta di un tavolo che mette in condizioni di trattare un argomento strategico, quello principale di questo tempo per varie ragioni, alcune congiunturali (le ricordavo prima, con riferimento alla guerra di aggressione della Russia all'Ucraina), altre di carattere prospettico (rispetto all'incremento demografico che il pianeta sta vivendo). Si tratta e si ragiona insieme: si deve ragionare insieme e questo l'Italia ha chiesto al tavolo, trovando riscontro sia nei tavoli multilaterali, sia in quelli bilaterali che abbiamo ottenuto con le singole Nazioni, per capire come si deve evolvere il dato che riguarda le produzioni alimentari.

Siamo di fronte a un bivio e dobbiamo scegliere se lavorare sul principio del cibo per tutti o del cibo di qualità per tutti. Noi propendiamo per la seconda strada, per un cibo che sia interclassista e non basato su dinamiche che potrebbero farne prevedere in futuro uno standardizzato per i poveri e uno di qualità per i più ricchi. È una lettura alla quale non vogliamo andare incontro e che abbiamo puntualmente sottolineato anche ai nostri colleghi, ritenendo questo uno dei ruoli che l'Italia dovrà e potrà intraprendere come guida per il cibo di qualità del pianeta.

Queste sono le indicazioni su un tema di tale natura. Abbiamo invitato gli altri colleghi a ragionare sul contrasto a un modello che standardizza e che scollega il territorio e il lavoro dalle produzioni. Una tipicità italiana è quella di mantenerlo invece ancorato a questi fattori, producendo qualità e benessere. Si tratta di un benessere che vogliamo esportare, come abbiamo ricordato.

Abbiamo sottolineato, insieme agli altri Stati, la necessità di rimettere l'agricoltura al centro soprattutto della formazione giovanile. Il ministro giapponese Nomura ci ha mostrato una scuola di agraria, con giovani entusiasti. Abbiamo ragionato di tecnologia e di ricerca, perché oggi l'agricoltura non è, come dice qualcuno ogni tanto, sfruttamento e zappa, ma tecnologia, ricerca e approfondimento. È un modello nobile, intorno al quale si sviluppa la promozione di un'attività che nelle altre Nazioni - come è e dovrà essere anche nella nostra - e in molti studi agrari viene esaltata proprio dall'impegno dei ragazzi che trovano tanto lavoro, ben pagato e di qualità, grazie a questo mondo.

Abbiamo avuto poi modo di confrontarci in incontri bilaterali, anche entrando in questioni che riguardano i nostri produttori. In Giappone ad esempio era ed è ancora bloccata, per quota parte, l'importazione di carni suine italiane e ci siamo relazionati con il Ministero, riuscendo a fare importanti passi avanti per riaprire immediatamente la commercializzazione di questi prodotti. Ringrazio anche l'attivismo dell'ambasciatore italiano in Giappone, Benedetti: ciò avviene perché a volte c'è molta confusione. Vengono ad esempio bloccate le carni suine italiane, senza tener conto che, se si tiene aperta la commercializzazione per le altre Nazioni europee, con il libero mercato non si possono prevenire alcune patologie e dunque questo meccanismo diventa limitatamente efficace. Soprattutto la ricerca scientifica italiana ha testimoniato che, per esempio sui prosciutti e sui trasformati delle carni suine, non c'è più alcun rischio rispetto a vicende come quella della peste suina africana (PSA).

Abbiamo ragionato insieme al Ministro canadese sull'applicazione del Comprehensive economic and trade agreement (CETA), valutando gli elementi positivi e alcune questioni che possono essere migliorate in prospettiva, perché è questo il nostro compito.

Insieme al vice ministro Harrison del Regno Unito abbiamo preparato l'incontro che poi abbiamo svolto incontrando la collega Thérèse Coffey nel Regno Unito proprio in questi giorni; abbiamo portato le nostre imprese nell'area condizionata dall'evento Brexit, sul quale non entriamo, che apre per noi potenzialità di mercato che abbiamo voluto "riempire" con l'offerta dei nostri imprenditori, che hanno potuto presentare ai buyer britannici i nostri eccezionali prodotti.

Abbiamo avuto modo di sottolineare quanto è importante garantire i marchi e le tipicità anche con un sistema normativo omogeneo, che protegga, sì, le nostre imprese danneggiate dall'Italian sounding, ma anche coloro che fruiscono dei prodotti che acquistano. Se un cittadino statunitense o tedesco compra un prodotto che si richiama all'italianità, ma poi ne mangia uno che non ha nulla di nostro, in termini sia di produzione sia di trasformazione, viene truffato; anche per conto loro vorremmo sottolineare quanto tutto ciò sia importante.

Un altro tema strategico (prima veniva richiamato il fenomeno dell'immigrazione, nelle interrogazioni al collega Piantedosi) è costituito dall'impegno che l'Italia ha chiesto. C'è un'area del mondo costituita da tutti gli Stati e da tutte le Nazioni in via di sviluppo, che spesso hanno possibilità e potenzialità enormi. Solo in Africa il terreno arabile è il 65 per cento di quello disponibile nel Pianeta, ma ciò non corrisponde a quanto invece raccolgono e soprattutto al valore aggiunto che hanno i loro prodotti, che spesso partono da lì a valore bassissimo, vengono trasformati nei Paesi occidentali e, in una logica di mercato, si impennano in termini di prezzi, ma nella filiera le Nazioni africane non ricevono granché. In quell'occasione, ma anche ieri a Macfrut, nell'incontro con i Ministri del Burundi, dell'Uganda, della Tanzania e del Congo, abbiamo ragionato di questo: come le Nazioni occidentali possono aiutare - e io credo sia un dovere - queste Nazioni a sviluppare un'agricoltura che sia in grado di produrre e vendere nei mercati, avendo un livello e un valore aggiunto più alto per i loro prodotti e quindi facendo crescere le loro ricchezze. Io credo che questa potrà essere una delle soluzioni perché le persone non siano costrette a emigrare, ma eventualmente scelgano di farlo e non perché spinte dalla fame.

Su questo tema torneremo proprio qui a Roma. Ringrazio il collega Antonio Tajani, il quale, come Ministro degli esteri, è riuscito a ottenere che si svolga a luglio a Roma, nella sede della FAO, la conferenza internazionale sulla sicurezza alimentare. Sarà lì che le Nazioni più forti in termini economici dovranno impegnarsi, a nostro avviso, a sostenere con progetti più mirati lo sviluppo delle Nazioni più deboli, per dare loro la possibilità di avere una crescita economica omogenea.

In ultimo, la ricerca della sostenibilità ambientale è una priorità, che va però affiancata alla sostenibilità economica e produttiva, perché questi due elementi non viaggino in maniera disomogenea e producano sempre equità sociale e quindi sostenibilità sociale, oltre che ambientale, che va perseguita non in termini ideologici, ma attraverso la ricerca, altro elemento sul quale tutte le Nazioni presenti hanno avuto modo di convergere in un'azione comune, anche con interscambio di informazioni e disponibilità reciproca di nuove tecnologie innovative. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Silvestroni, per due minuti.

SILVESTRONI (FdI). La ringrazio, onorevole Ministro, per la sua risposta, della quale io e i colleghi interroganti siamo senz'altro soddisfatti. Le conclusioni del G7 agricoltura di Miyazaki incarnano un'azione politica a cui lei, Ministro, ha già dato ampiamente attuazione. Penso al diritto dei cittadini di essere informati sui prodotti alimentari che intendono consumare, da lei riconosciuto e valorizzato con i decreti di obbligo di etichettatura per i prodotti a base di insetti e con la proroga del regime di trasparenza dell'indicazione della materia prima dei prodotti alimentari.

È poi dovere di ogni Nazione, come peraltro indicato nelle conclusioni del G7, garantire ai cittadini un'alimentazione sicura, sana e di qualità; impegno certamente già rispettato con il divieto di importazione e commercializzazione del cibo sintetico, a tutela della salute dei cittadini e con misure quali il Fondo per la sovranità alimentare, che mira invece a garantire approvvigionamenti e filiere alimentari sicure per la nostra Nazione.

Inoltre, il ruolo dei giovani nell'agricoltura, centrale nelle conclusioni del G7, è stato fortemente riconosciuto dalla sua azione con iniziative quali sgravi fiscali per i giovani agricoltori o, ancora, le agevolazioni per l'accesso al credito, che hanno visto recentemente raddoppiate le risorse economiche a disposizione.

Anche lo sviluppo di un'agricoltura sempre più avanzata e tecnologica, dunque più sostenibile, signor Ministro, è già stato ampiamente realizzato con il Fondo per l'innovazione in agricoltura, istituito nella recente legge di bilancio proprio per ammodernare le nostre produzioni.

Signor Ministro, il suo lavoro ha conferito lustro e prestigio alla nostra Nazione, restituendo all'agricoltura la dignità e la centralità che merita e richiede da tempo. Non abbiamo dubbi che saprà essere all'altezza delle sfide future e del G7 del 2024 a guida italiana, impegni in cui ci vedrà sempre al suo fianco e a quello del Governo Meloni. (Applausi).

PRESIDENTE. Lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata (question time) all'ordine del giorno è così esaurito.

Assemblea parlamentare dell'OSCE,
composizione e convocazione della Delegazione parlamentare italiana

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato della Repubblica ha chiamato a far parte della Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'OSCE i senatori: Alessandro Alfieri, Renato Ancorotti, Susanna Donatella Campione, Gianluca Cantalamessa, Giuseppe De Cristofaro e Stefano Patuanelli.

Il Presidente della Camera dei deputati ha chiamato a far parte della medesima delegazione i deputati: Vincenzo Amendola, Fabrizio Comba, Mauro Del Barba, Emanuele Loperfido, Federica Onori, Catia Polidori ed Eugenio Zoffili.

D'intesa con il Presidente della Camera, la Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'OSCE è convocata per martedì 9 maggio 2023, alle ore 14, presso la Camera dei deputati, Palazzo del Seminario, IV piano, Auletta delle Delegazioni, per procedere alla propria costituzione.

Assemblea parlamentare della NATO,
composizione e convocazione della Delegazione parlamentare italiana

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare NATO i senatori: Michele Barcaiuolo, Stefano Borghesi, Maria Domenica Castellone, Giuseppe De Cristofaro, Alberto Losacco, Simona Flavia Malpezzi, Paolo Marcheschi, Fausto Orsomarso e Adriano Paroli.

Il Presidente della Camera dei deputati ha chiamato a far parte della stessa Delegazione i deputati: Giangiacomo Calovini, Luciano Cantone, Nicola Carè, Lorenzo Cesa, Andrea Crippa, Paolo Formentini, Andrea Giorgio Orsini, Matteo Richetti e Giulio Tremonti.

D'intesa con il Presidente della Camera, la Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare della NATO è convocata per martedì 9 maggio 2023, alle ore 15, presso la Camera dei deputati, Palazzo del Seminario, IV piano, Auletta delle Delegazioni, per procedere alla propria costituzione.

Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno

CROATTI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CROATTI (M5S). Signor Presidente, da tredici anni Julian Assange ha perso la libertà. Se estradato negli Stati Uniti, rischia di finire i propri giorni in un carcere americano di massima sicurezza. Certamente tutti in quest'Aula conoscono la vicenda, che incrocia aspetti dirimenti che riguardano le democrazie occidentali. Un giornalista che scopre informazioni di pubblico interesse e smaschera terribili menzogne, crimini di guerra e torture finisce prigioniero, mentre sui responsabili in questo momento nessuno sta intraprendendo un percorso per approfondire quello che Assange ha denunciato.

Si impartisce una lezione esemplare ad Assange, che deve suonare come un monito e una minaccia verso tutti coloro che in futuro vorranno affrontare percorsi del genere. Come si definisce questo atteggiamento? Ciascuno di noi, colleghi, può dargli il nome che ritiene, ma di fronte a questa mostruosa ingiustizia molte sono state le campagne che hanno richiesto la scarcerazione di Assange.

Vorrei cogliere l'occasione oggi per citare una campagna in particolare, appena uscita in queste ore: quella del «Fatto Quotidiano», che chiama proprio noi parlamentari in causa in questo momento. Questa campagna si chiama «Liberiamo Julian Assange: le istituzioni italiane rompano il silenzio». Prendo allora la parola in quest'Aula per aderire a tale campagna e dire che non tutti hanno intenzione di restare in silenzio su questa vicenda. Sono centinaia i parlamentari delle democrazie di tutto il mondo, delle grandi democrazie (Gran Bretagna, Germania, Brasile e Stati Uniti), che hanno chiesto all'amministrazione Biden di chiudere questo caso e sono certo che con me adesso tanti altri parlamentari usciranno con lo stesso appello: chiediamo che Julian Assange sia scarcerato immediatamente e che il caso contro di lui e la sua organizzazione sia archiviato. Vogliamo Assange libero. (Applausi).

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di martedì 9 maggio 2023

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica martedì 9 maggio, alle ore 11, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 16,17).