Legislatura 19ª - Dossier n. 16

Senato della RepubblicaXIX LEGISLATURA
N. 16
Nota su atti dell'Unione europea

Servizio studi

ASAP, EDIRPA e il bando 2023 di EDF: le nuove iniziative per il rafforzamento dell’industria europea della difesa

Lo scorso 20 luglio (appena prima della pausa estiva) Parlamento europeo e Consiglio hanno approvato il regolamento a sostegno della produzione di munizioni (ASAP, nel suo acronimo inglese). Martedì 12 settembre, nella sua prima sessione dopo l’estate, il Parlamento europeo ha approvato il regolamento sullo strumento per il rafforzamento dell'industria europea della difesa mediante appalti comuni (EDIRPA). Il testo è quello concordato con il Consiglio, che lo approverà a sua volta nei prossimi giorni, facendolo entrare in vigore. Si tratta di due iniziative legate all’aggressione russa all’Ucraina, che mirano a sostenere l’industria europea della difesa e a rafforzare il ruolo dell’Unione nel settore (anche se in misura minore di quanto proposto dalla Commissione). Il regolamento ASAP (approvato in tempi record), ha lo scopo di aumentare le capacità produttive europee nel settore specifico delle munizioni e dei missili, per far fronte alle crescenti necessità delle forze armate di Kyiv, senza dover sguarnire eccessivamente gli arsenali nazionali. Il regolamento EDIRPA (che ha avuto una gestazione molto più lunga), intende invece incoraggiare l’acquisizione collaborativa da parte degli Stati membri per l’intera gamma dei prodotti per la difesa, dalle armi ai dispositivi medici. In questo caso sono previste norme di favore se gli appalti sono funzionali non solo alle necessità dell’Ucraina ma anche quelle della Moldova. ASAP ha un budget di 500 milioni di euro, in parte tratti dai fondi che erano già previsti per EDIRPA, cui rimangono 300 milioni (rispetto ai 500 milioni della proposta originaria della Commissione, e al miliardo di euro proposto dal Parlamento europeo). Entrambi gli strumenti hanno una durata limitata: si concluderanno rispettivamente il 30 giugno (ASAP) e il 31 dicembre del 2025 (EDIRPA). Sia l’uno che l’altro, infatti, dovrebbero essere sostituiti, a regime, dal più ambizioso Programma di investimenti per la difesa europea (EDIP), atteso da tempo, che la Commissione dovrebbe presentare a breve. Su un altro versante delle politiche UE di sostegno all’industria della difesa (precedente alla guerra all’Ucraina), a giugno la Commissione ha reso noti i 41 progetti selezionati nell’ambito del secondo Programma annuale del Fondo europeo per la Difesa (EDF). Aziende, università e istituti di ricerca italiani partecipano, con ruoli diversi, a 31 di questi progetti. Sempre a giugno è stato anche pubblicato il nuovo bando EDF, a valere sui finanziamenti per il 2023, per altri 1,2 miliardi euro, in 34 settori, che vanno dallo spazio al combattimento aereo, dal cyber al dominio sottomarino, dalla sanità militare all’intelligenza artificiale. Al bando, che scade il prossimo 22 novembre, possono partecipare consorzi di almeno tre soggetti diversi, di almeno tre Stati membri o associati.

Il regolamento a sostegno della produzione di munizioni (ASAP)

ASAP rappresenta la terza parte del piano di sostegno a Kyiv nel settore delle forniture di munizioni e missili, che era stato concordato dagli Stati nel Consiglio Ue del 20 marzo. L’obiettivo generale è quello di consentire agli Stati di continuare il trasferimento di materiali all’Ucraina, senza sguarnire eccessivamente gli arsenali nazionali.

Il primo punto (cosiddetto “track 1”) prevedeva la fornitura all’Ucraina delle munizioni già a disposizione degli Stati (scorte nazionali esistenti o ordini in consegna). L’impegno è stato poi formalizzato il 13 aprile, con lo stanziamento di 1 miliardo di euro (con fondi dello Strumento europeo per la Pace), per la finestra temporale fino al 31 maggio.

Il secondo punto (cosiddetto “track 2”) prevedeva misure di sostegno al procurement congiunto da parte degli Stati, per evitare strozzature di mercato e aumenti eccessivi dei prezzi (sul modello di quanto fatto per i vaccini per il covid-19). La misura, ratificata il 3 maggio, prevede un altro miliardo di fondi (sempre a valere sullo Strumento europeo per la pace), per acquisti condotti da consorzi di Stati, eventualmente con il sostegno dell’Agenzia europea della difesa, entro il 30 settembre di quest’anno.

Il regolamento ASAP (“track 3”) ha un orizzonte temporale un po’ più ampio (circa due anni) e intende sostenere le capacità produttive dell’industria europea.

I fondi stanziati (500 milioni di euro) possono finanziare progetti che hanno l’obiettivo di (art.8):

a)incrementare le capacità di produzione (per i prodotti finali, le materie prime o le loro componenti), attraverso l’ottimizzazione delle catene produttive esistenti, la messa in attività di nuove, l’acquisto di macchinari ecc.,

b)istituire partenariati industriali transfrontalieri per mettere in sicurezza le catene di approvigionamento di materie prime e componenti;

c)ricondizionare prodotti obsoleti per adattarli alle esigenze attuali;

d)formare e riqualificare il personale.

Nel provvedimento approvato (art.9), la quota di finanziamento UE è stata ridotta, su iniziativa del Parlamento europeo, rispetto alla proposta originaria. Il contributo è fissato al 35% per i prodotti finali (missili e munizioni) e al 40% per le componenti e le materie prime. La quota può arrivare al 50% se il progetto soddisfa una di queste condizioni: a) avvia una nuova cooperazione transfrontaliera; b) i partecipanti si impegnano a dare priorità agli ordini derivanti da appalti comuni o destinati all'Ucraina; c) i partecipanti sono in maggioranza piccole e medie imprese. Sono ammesse al finanziamento anche le azioni avviate prima dell’entrata in vigore del regolamento, purché avviate dopo il 20 marzo 2023 e non ancora concluse (art.7.2).

I criteri di valutazione per l’aggiudicazione dei fondi sono (art.11):

-l’aumento della capacità di produzione nell'Ue;

- la riduzione dei tempi di consegna (anche mediante meccanismi di ridefinizione delle priorità degli ordini);

- l’eliminazione delle strozzature nell'approvvigionamento e nella produzione;

- la cooperazione transfrontaliera, coinvolgendo anche le pmi.

Il provvedimento contiene una deroga alle norme vigenti sugli appalti (art.14). Uno Stato può infatti partecipare a contratti quadro già avviati da almeno altri due Stati, senza che debba bandire una nuova gara d’appalto (a patto che all’accordo originario possano accedere tutti gli operatori che soddisfano i requisiti iniziali, compresi quelli previsti dalle direttive UE di settore).

Nel “trilogo” che ha portato al testo definitivo, è stata invece cancellata (su iniziativa del Consiglio) la possibilità per gli Stati membri di avvalersi delle deroghe (previste dalla direttiva n. 88 del 2003), in materia di orario di lavoro, riposi e lavoro notturno, o di incoraggiare le imprese a farlo, per assicurare continuità ed aumento della produzione. Cancellate anche (sempre su richiesta del Consiglio) le deroghe alla normativa per trasferimento infra-Ue di munizioni e prodotti collegati (direttiva n.43 del 2009).

Per facilitare il finanziamento delle imprese della difesa, che tipicamente si scontra con una serie di difficoltà aggiuntive (ad esempio le preoccupazioni “etiche” di fondi e altri investitori istituzionali), il regolamento prevede la possibilità di istituire un apposito fondo di potenziamento (art.15). E’ stata invece cancellata, su richiesta del Consiglio, la possibilità (ben più allettante per le imprese) che i fondi ASAP finanzino direttamente progetti facilitare l’accesso al credito (compensando i costi aggiuntivi del denaro). Nel testo rimane poi l’auspicio (nelle premesse) di un ruolo più attivo nel settore della difesa della Banca europea per gli investimenti (che ora può finanziare solo produzioni “dual-use”).

Il regolamento prevede ancora la possibilità di utilizzare fondi per la ripresa e la resilienza (PNRR) per i progetti di rafforzamento delle capacità industriali nel settore in questione, ovviamente in caso di piani nazionali nuovi o modificati. Nel testo definitivo del regolamento, la formulazione (art. 6.3) è comunque più sfumata rispetto alla proposta originaria.

Il regolamento (art. 13) invita poi gli Stati membri ad accelerare tutte le procedure necessarie alla pianificazione, al rilascio delle autorizzazioni, alla costruzione e all'esercizio degli impianti di produzione di munizioni e missili.

Un tema piuttosto delicato è quello dei soggetti eligibili a presentare progetti per ottenere i finanziamenti ASAP (art.10). Mirando a rafforzare la base industriale europea, il provvedimento è ovviamente rivolto in via principale a sostenere le imprese, pubbliche o private, che – oltre ad essere situate nel territorio dell’Unione – siano controllate da Stati membri o da soggetti privati UE. Anche per il regolamento ASAP, come in passato per il Fondo europeo per la difesa, durante il negoziato tra gli Stati, si è posto il problema se ammettere o meno ai finanziamenti le aziende situate nel territorio UE (o dei Paesi associati) ma controllate da società extra-UE o da Stati terzi. Ancora una volta, rispetto all’ipotesi (appoggiata dalla Francia), di escludere o limitare al massimo la partecipazione di tali soggetti, è prevalsa una posizione più aperta (sostenuta anche dall’Italia). Le realtà industriali controllate da entità extra-Ue possono partecipare ai finanziamenti ASAP se forniscono “garanzie”, “approvate” dallo Stato di stabilimento (che ad esempio può prevedere strumenti come il “golden power”) che la loro presenza non contrasti con gli interessi di difesa e sicurezza dell’UE e con gli obiettivi del regolamento. Il controllo extra-UE, tra l’altro, non deve comportare ostacoli al raggiungimento dei risultati previsti e deve escludere l’accesso alle informazioni sensibili. Il destinatario dei fondi, poi – si legge al comma 6 – “si adopera in ogni modo per garantire che l’azione finanziata dallo strumento consenta la realizzazione di risultati per l’Ucraina”.

Si può ricordare che la proposta originaria di regolamento, accanto alle misure per il sostegno della produzione, prevedeva anche un secondo “pilastro”, che avrebbe attribuito alla Commissione poteri molto significativi (seppure da esercitare d’accordo con gli Stati) per intervenire nel mercato delle munizioni e dei missili. Nonostante il sostegno del Parlamento europeo, questo secondo pilastro, da subito osteggiato dalle aziende del settore, è stato però cancellato dal Consiglio: tra gli Stati è prevalsa nettamente la preoccupazione dei possibili effetti distorsivi sul mercato e dell’eccessivo ampliamento dei poteri della Commissione. La proposta iniziale prevedeva infatti che, sulla base delle attività della task force per le acquisizioni congiunte (già attiva per coordinare gli invii di materiali all’Ucraina), la Commissione avrebbe svolto una mappatura delle imprese del settore, per monitorare la loro capacità di produzione e le catene di approvvigionamento e valutarne “la capacità complessiva di rispondere all'evoluzione prevista della domanda di mercato”. Per consentire lo svolgimento di tale attività, la proposta di regolamento prevedeva la trasmissione, da parte delle aziende, di una serie di informazioni, molto dettagliate, su specifiche dei prodotti, capacità di produzione, calendari produttivi dei diversi stabilimenti, componenti, variazioni delle scorte ecc.. Sulla base di questa mappatura, la Commissione avrebbe individuato un elenco di “prodotti critici”, rispetto ai quali, in situazioni di necessità (ad esempio carenza di prodotti da inviare in Ucraina), e sempre in dialogo con gli Stati, avrebbe potuto stabilire “ordini prioritari”, imponendo all’impresa di eseguirli come prioritari, “a un prezzo equo e ragionevole”, anche rispetto ad ordini già accettati.

Lo strumento per il rafforzamento dell'industria europea della difesa mediante appalti comuni (EDIRPA)

Il regolamento, presentato dalla Commissione nel luglio del 2022, è volto a sostenere la collaborazione tra Stati membri nella fase del procurement, in modo da facilitare l’acquisto dei prodotti di armamento, per continuare il sostegno all’Ucraina, evitando di aggravare le carenze nelle riserve nazionali. La scarsità di prodotti, rispetto a una domanda sempre crescente, provoca inevitabilmente un aumento dei costi, innescando una competizione tra i Paesi Ue, destinata a sfavorire quelli dotati di minori risorse. EDIRPA intende quindi rispondere ad una situazione di emergenza, incoraggiando però meccanismi di collaborazione tra gli Stati che si auspica rimangano attivi e siano incrementati in futuro. Acquistare in comune favorisce infatti la standardizzazione dei prodotti, la riduzione dei costi e la maggiore interoperabilità degli strumenti militari nazionali: tutti obiettivi della difesa comune europea. Come evidenziato dall’ultimo rapporto CARD (Revisione annuale coordinata della difesa), pubblicato nel novembre del 2022, i programmi di acquisti in comune tra diversi partner Ue rappresentavano (nel 2021) solo il 18% degli acquisti totali, poco più della metà della soglia del 35% concordato tra gli Stati in sede PESCO. C’è da dire che il nuovo contesto provocato dall’aggressione russa all’Ucraina presenta, da questo punto di vista, sia opportunità che rischi. Da un lato, infatti, le crescenti tensioni geopolitiche hanno provocato in tutti i Paesi, seppure in maniera diseguale, un generale incremento dei fondi destinati alla difesa (e un’accresciuta sensibilità da parte delle opinioni pubbliche). Dall’altro, però, l’urgenza di colmare le lacune più critiche (sia nei propri arsenali che nei materiali da trasferire a Kyiv) rischia di spingere gli Stati membri (soprattutto quelli più vicini al fronte di guerra) a preferire l’acquisto di prodotti già disponibili da parte dei Paesi terzi (Stati Uniti in testa), rispetto allo sviluppo di collaborazioni industriali infra-UE, che necessariamente richiedono tempi più lunghi.

Il regolamento EDIRPA, che ha un budget di 300 milioni di euro, da impiegare entro il 31 dicembre 2025, intende sostenere consorzi composti da almeno tre Stati membri (o associati, cioè Norvegia, Islanda e Liechtenstein) che presentino nuovi progetti di appalti comuni o l’ampliamento di progetti già avviati. Il fondamento giuridico è l’art.173 del Trattato sul funzionamento dell’UE, che regola gli interventi per sostenere la competitività dell’industria europea. Si tratta della prima norma che prevede l’utilizzo di fondi del bilancio UE per sostenere iniziative di questo genere.

EDIRPA riprende in effetti il meccanismo di incentivo inaugurato con il cosiddetto “track 2” delle misure concordata dal Consiglio Ue dello scorso 20 marzo (di cui si è parlato in precedenza), ampliandone la portata sia dal punto di vista qualitativo (perché si applica a tutti i prodotti perla difesa) che dal punto di vista temporale. Quella misura, poi – come detto – era finanziata con fondi dello Strumento europeo per la pace (EPF), che è al di fuori del bilancio UE. Anche il Fondo europeo per la difesa (di cui si parla nel prossimo paragrafo) ammette la possibilità di chiedere finanziamenti per attività di procurement, ma solo di quello cosiddetto “pre-commerciale”, che riguarda cioè solo la fase di ricerca e sviluppo di servizi commerciali interni alle imprese, ma non la fase degli appalti e della fornitura al destinatario finale.

La questione se ammettere o meno ai finanziamenti le aziende situate nel territorio UE (o dei Paesi associati) ma controllate da società extra-UE o da Stati terzi è stata decisa in maniera analoga a quanto già visto per il regolamento ASAP. Queste realtà industriali possono partecipare agli appalti sostenuti da EDIRPA, se forniscono “garanzie”, “verificate” dallo Stato di stabilimento (anche con strumenti come il “golden power”) che la loro presenza non contrasti con gli interessi di difesa e sicurezza dell’UE e con gli obiettivi di EDIRPA. Il controllo extra-UE, tra l’altro, non deve comportare ostacoli al raggiungimento dei risultati previsti e deve escludere l’accesso alle informazioni sensibili relative all’appalto comune. Nell’appalto possono essere coinvolte anche infrastrutture e risorse situate al di fuori del territorio Ue (o dei Paesi associati), ma solo se i partecipanti non hanno “alternative disponibili” (e sempre con la garanzia dello Stato di stabilimento).

I contratti di appalto devono anche garantire che i prodotti coinvolti non sono soggetti a nessuna restrizione, diretta o indiretta, per l’uso da parte dei Paesi UE cui sono destinati. A questa previsione si può derogare, nei casi in cui l’industria europea non sia in grado, “in tempi adeguati”, di colmare “carenze urgenti e critiche” nelle riserve nazionali. La deroga si applica però solo ai prodotti che erano giù in uso, prima dello scoppio della guerra, nella maggioranza degli Stati partecipanti all’appalto comune. Gli Stati devono comunque impegnarsi a svolgere uno studio di fattibilità per la sostituzione di tali prodotti con prodotti “made in EU” . Il costo delle componenti “originate” nell’UE (o nei Paesi associati) non può comunque essere inferiore al 65% del valore stimato del prodotto finale. Su richiesta di Grecia e Cipro (con chiaro riferimento alla Turchia), i fondi non possono essere usati per acquistare componenti da Paesi che “non rispettano le relazioni di buon vicinato”.

I criteri per la concessione dei fondi sono:

  • il numero degli Stati coinvolti;
  • il valore previsto dell’appalto;
  • il contributo al rafforzamento dell’industria europea della difesa e al suo adattamento alle sfide attuali (compreso l’aumento della produzione, l’innovazione tecnologica e la messa in sicurezza delle catene di approvigionamento);
  • lo scopo di ripianamento delle scorte nazionali impiegate a sostegno dell’Ucraina;
  • il contributo al rafforzamento della cooperazione tra gli Stati e l’interoperabilità dei prodotti interessati;
  • la partecipazione di piccole e medie imprese;
  • lo stimolo alla cooperazione transfrontaliera tra fornitori e subfornitori.

Il finanziamento UE non può eccedere il 15 % del valore complessivo dell’appalto e ogni singolo appalto non può riceve più del 15% del budget complessivo di EDIRPA. Questo secondo tetto serve ad evitare che i fondi si concentrino troppo negli appalti più corposi, anche se, secondo i critici, rischia di disperdere le risorse e mettere a rischio gli obiettivi dello strumento. Entrambe le soglie salgono al 20% in presenza di una di queste condizioni: a) gli appalti servono ad acquisire materiali destinati anche solo in parte a Ucraina o Moldova, b) almeno il 15 % del valore stimato dell’appalto è destinato a piccole e medie imprese, anche come sub-fornitori.

In deroga alle regole UE, EDIRPA può finanziare anche procedure di appalto già avviate prima dell’entrata in vigore del regolamento, ma dopo il 24 febbraio 2022, purché siano ancora in corso. I dettagli tecnici e operativi di EDIRPA saranno stabiliti dalla Commissione nel programma di lavoro, che sarà approvato nella forma di un “atto di implementazione” e non di un “atto delegato”, come aveva chiesto il Parlamento europeo, che viene quindi escluso dalla sua approvazione.

Il Fondo europeo per la difesa: i progetti selezionati e i bandi 2023

Per quanto riguarda il Fondo europeo per la difesa (su cui vedi il box più avanti), lo scorso 26 giugno la Commissione europea ha annunciato i progetti selezionati a seguito del bando 2022. Si tratta di 41 progetti, per un valore complessivo di 832 milioni di euro di finanziamenti UE (rispetto agli 1,2 miliardi disponibili). Dei progetti vincitori, 25 riguardano il settore della (317 milioni) e 14 lo sviluppo delle capacità militari (514 milioni). Alle proposte selezionate partecipano complessivamente 550 soggetti giuridici provenienti da 26 Stati membri e dalla Norvegia. Le pmi rappresentano poco meno del 40% dei partecipanti, e riceveranno il 20% del finanziamento totale UE. L’Italia partecipa, con imprese, università e istituti di ricerca, a un gran numero di progetti (31 su 41). Solo in due di essi (entrambi progetti di ricerca) un’entità italiana ha il ruolo di coordinatore: TICHE, per l’individuazione automatizzata di esplosivi, coordinato da RINA Consulting Spa (con la partecipazione di altre realtà italiane, tra cui il CNR), per un finanziamento previsto di 5 milioni; e TIRESYAS, per tecnologie innovative per radar, coordinato da Leonardo (con altre imprese italiane e il Consorzio interuniversitario per le telecomunicazioni), per cira15 milioni.

Sempre a giugno, il giorno 22, sono stati pubblicati i nuovi programmi per il 2023, divisi in 7 bandi.

Nel settore della ricerca i bandi riguardano:

  • progetti di ricerca su vari temi, dalla protezione delle infrastrutture spaziali ai trasporti cargo di grandi dimensioni all’intelligenza artificiale;
  • progetti che coinvolgono start-up (con il meccanismo del cosiddetto “spin-in”) sui temi dei sistemi innovativi di propulsione, dei materiali innovativi per la difesa e dell’automazione dei test di penetrazione dei sistemi informatici;
  • progetti per le tecnologie cosiddette “di rottura” (disruptive technologies);
  • progetti delle piccole e medie imprese.

Nel settore dello sviluppo, il bando generale comprende 17 temi, dai droni alle comunicazioni laser; dai caccia di nuova generazione allo sminamento sottomarino. Anche per lo sviluppo è previsto un bando dedicato alle piccole e medie imprese.

Un bando specifico, del valore complessivo di 25 milioni di euro, riguarda lo studio delle tecnologie del linguaggio umano per applicazioni nel settore della difesa.

La scadenza per la presentazione delle domande è, per tutti i bandi, fissata al prossimo 22 novembre.

All’esito del primo bando EDF, nel luglio del 2022 la Commissione aveva selezionato 61 progetti, divisi tra ricerca (31 progetti, per 322 milioni) e sviluppo (30 progetti, per 845 milioni), per un valore complessivo di 1,2 miliardi. Il settore che ha ricevuto maggiori contributi è quello aeronautico (con quasi 190 milioni), seguito dai mezzi di combattimento terrestre (154,7 milioni) e dal settore marittimo (103,5 milioni). L’Italia è presente, con imprese, università e istituti di ricerca, in 33 progetti su 61. Quattro progetti vedono aziende italiane nel ruolo di coordinamento: EPC , collegato al programma Pesco della corvette europea di pattugliamento, coordinato da Naviris Italia, con la presenza anche di Fincantieri (contributo massimo previsto di 60 milioni di euro); NEUMANN, per nuovi sistemi di propulsione e tecnologie energetiche per aerei da combattimento, coordinato da Avio Aero, con la presenza di altre imprese italiane e delle università di Bari, Milano e Torino (contributo massimo di circa 49 milioni); ARTURO, tecnologie emergenti per i radar, coordinato da Leonardo, con la partecipazione, tra gli altri, dell'università di Pavia (circa 20 milioni) e NAUCRATES, che prevede microsatelliti per la sorveglianza spaziale (collegato al progetto Pesco sulla sorveglianza militare dello spazio), coordinato da On-air Consulting & Solutions, con altre imprese italiane (4 milioni).

Il Fondo europeo per la difesa

L’obiettivo generale del fondo, che rientra nel bilancio pluriennale Ue 2021-2027, è promuovere la competitività, l’efficienza e la capacità di innovazione della base industriale e tecnologica di difesa europea, contribuendo - si legge nel regolamento istitutivo - "all’autonomia strategica dell’Unione e alla sua libertà di azione". Per rendere più efficiente la spesa, il fondo intende sostenere prodotti e tecnologie europei, favorendo le economie di scale e la standardizzazione dei sistemi di difesa. I progetti devono coinvolgere almeno tre soggetti giuridici diversi (non controllati tra loro) di tre diversi Stati membri. Il Fondo copre potenzialmente tutto il ciclo industriale: dagli studi di fattibilità alla progettazione e sviluppo; dai collaudi alle certificazioni, fino alle tecnologie per rendere più efficiente il ciclo di vita dei prodotti. Il fondo è funzionale alla realizzazione delle priorità della politica estera e di difesa comune, anche se possono essere prese in considerazione priorità definiti in altri contesti, a cominciare dalla Nato, anche per “evitare inutili duplicazioni”, a condizione che non sia esclusa a priori la possibile partecipazione di tutti i paesi Ue (anche quelli non Nato). Il fondo è in linea di principio riservato alle imprese che sono stabilite in un paese dell'Unione o in un paese associato (cioè per ora Norvegia e Islanda, in attesa della definizione dei futuri rapporti col Regno unito) e non sono controllate da un paese terzo o da soggetti di paesi terzi. Il principio incontra però un’eccezione (peraltro molto sostenuta dall'Italia) che consente, a certe condizioni, la partecipazione di aziende stabilite nell'Ue ma controllate da paesi o entità terze. Queste industrie possono infatti essere ammesse ai finanziamenti, se la loro partecipazione sia "necessaria per raggiungere gli obiettivi dell'azione" e se questa partecipazione "non metta a rischio gli interessi di sicurezza dell'Unione e dei suoi Stati membri". Per assicurare la tutela di tali interessi, la partecipazione al progetto deve essere per così dire “garantita” dal Paese dove l'azienda è stabilita (anche attraverso strumenti come il golden power). Le autorità statali dovranno assicurare, in particolare: a) che il controllo sull'azienda non sarà esercitato in maniera tale da limitare la sua capacità di eseguire e completare l'azione; b) che i paesi e i soggetti terzi non potranno accedere a informazioni classificate o sensibili; c) che la proprietà dei risultati del progetto rimarrà nella disponibilità dei beneficiari, non sarà esportata senza autorizzazione e non sarà soggetta a restrizioni da parte dei paesi o soggetti terzi, anche per un certo periodo dopo la conclusione del progetto. Regole simili valgono anche per le infrastrutture, le attrezzature, i beni e le risorse da impiegare nello svolgimento del progetto (sempre che non vi siano alternative competitive intra-Ue). Per le attività di ricerca il progetto può essere finanziato anche al 100%.; per test, certificazioni e collaudi, la quota massima di finanziamento è l'80%, mentre per lo sviluppo di prototipi non si va oltre il 20% dei costi. La quota di finanziamento Ue aumenta se il progetto rientra nella cooperazione strutturata permanente (PESCO) o se coinvolga pmi o imprese a media capitalizzazione. Per essere selezionati i progetti devono essere fortemente sostenuti anche a livello nazionale, non solo dal punto di vista finanziario. Considerando che i programmi devono essere "sostenibili sul piano commerciale nel medio e lungo termine”, il processo di selezione tiene conto della disponibilità degli Stati membri ad acquistare il prodotto finale. Tale disponibilità diventa elemento essenziale per lo sviluppo di prototipi, per i test e le attività di qualificazione e certificazione dei prodotti. Una parte di fondi, tra il 4 e l'8 % è destinato a sostenere le cosiddette "tecnologie di rottura", attività a forte contenuto innovativo fornite anche al di fuori del sistema industriale, ad esempio da università e centri di ricerca. Sono escluse in via generale dai finanziamenti le armi letali autonome (quelle cioè che “non permettono un adeguato controllo umano sulle decisioni in materia di scelta e intervento nell’esecuzione di attacchi contro l’uomo”), con possibili eccezioni solo per i sistemi di allarme rapido e di contromisure a fini difensivi.

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13 settembre 2023

a cura di Federico Petrangeli

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