Senato della RepubblicaXIX LEGISLATURA
N. 259
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori DE CRISTOFARO, CUCCHI, Aurora FLORIDIA e MAGNI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 26 OTTOBRE 2022

Abolizione del numero chiuso o programmato per l'immatricolazione all'università e assunzione di personale docente

Onorevoli Senatori. – Il processo di costante definanziamento dell'università italiana, il blocco del turn over, l'aumento progressivo delle tasse studentesche e il sistema del numero chiuso hanno drammaticamente compromesso la qualità della formazione universitaria e ridotto il numero di immatricolazioni e di persone laureate. Nonostante negli ultimi anni si sia registrato un progressivo aumento del numero dei diplomati, quello degli immatricolati è diminuito, rimarcando un trend ancora più preoccupante se si considera che il nostro Paese annovera un numero di laureati tra i più bassi d'Europa. Lo stesso accesso ai gradi superiori della formazione è un percorso ad ostacoli: dottorati senza borse, contratti a salario zero, corsi di formazione post-laurea spesso inutili e costosi, subalternità mortificante all'ordinariato. Cultura e conoscenza, invece, devono tornare ad essere cardini del futuro del Paese, sia perché sono in grado di creare cittadine e cittadini liberi e consapevoli, sia perché immettono intelligenza, innovazione e creatività nel nostro sistema. Sono necessari adeguati livelli di finanziamento ordinario del nostro sistema universitario, ma è allo stesso tempo urgente assicurare pari possibilità di accesso ai gradi più alti della formazione come prescritto dall'articolo 34 della Costituzione, con particolare attenzione nei confronti di coloro che provengono da situazioni di disagio economico. Anche per gli studenti non può valere un presunto argomento meritocratico che non tenga conto delle diverse condizioni di partenza e che attraverso meccanismi di limitazione degli accessi come il numero chiuso finisce con l'aggravare e moltiplicare le disparità. L'introduzione del numero chiuso o programmato era stata giustificata con la necessità di garantire a ogni studente la disponibilità di spazi, attrezzature e strumenti didattici sufficienti per un livello adeguato di formazione, nonché di evitare il sovraffollamento che, al contrario, abbasserebbe il livello della qualità degli studi. Un'ulteriore giustificazione risiedeva nell'opportunità di evitare il surplus di laureati in alcune facoltà e corsi di laurea con la conseguente difficoltà a trovare sbocchi lavorativi. In realtà i dati consegnano una situazione assai diversa: l'Italia conta solo il 20 percento dei laureati nella fascia di età 30-34 anni rispetto alla media europea del 32 percento, risultando così ben lontana dagli obiettivi fissati dall'Unione europea, che pongono al 40 per cento la soglia minima dei neolaureati da raggiungere nel prossimo decennio. Rispetto ai decenni precedenti, inoltre, si è verificato un drastico calo del numero dei laureati in Italia, dove il 40 percento lascia gli studi prima di conseguire la laurea; non solo, si registra il 12 per cento di matricole inattive, gli immatricolati che in un anno non sostengono alcun esame o non accumulano alcun credito. Inoltre, è cresciuta moltissimo l'emigrazione intellettuale: un fenomeno che ha provocato effetti disastrosi sul livello di dinamicità del sistema economico e produttivo del Paese, che avrebbe invece bisogno di un numero maggiore di intelligenze e di persone altamente qualificate. Alla luce di queste considerazioni appaiono davvero discutibili le motivazioni secondo le quali si dovrebbe ancora giustificare e mantenere in vita il sistema del numero chiuso o programmato. Il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 12 dicembre 2016, n. 987, ha riconfermato che i corsi di studio devono disporre di tre docenti universitari per ogni anno di corso purché non sia superata una determinata numerosità massima di studenti, oltre la quale è richiesto un incremento del numero di docenti; laddove il rapporto docenti/studenti non venga rispettato, il corso di studio non può essere accreditato dall'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario (ANVUR) e, se non rientra nei limiti previsti, deve essere chiuso. Ma lo stesso decreto ha anche ridotto la numerosità massima di studenti per i corsi di laurea triennale di area umanistico-sociale, portandola da 300 a 250: dunque se fino ad oggi per un corso di 300 studenti erano sufficienti 9 docenti, d'ora in avanti ne servirebbero 11. Tutto questo ha messo in crisi molti atenei, obbligati a scegliere tra due alternative: aumentare il numero di docenti o limitare il numero di studenti, introducendo il numero programmato. In molti casi la prima alternativa non viene neanche contemplata, per mancanza di risorse e di docenti; infatti dal 2008 ad oggi i docenti di ruolo nelle università italiane si sono ridotti complessivamente di quasi 14.000 unità, diminuzione solo in parte compensata dai nuovi ricercatori a tempo determinato, con un saldo negativo complessivo.
L'emergenza Coronavirus per esempio ha portato alla luce la difficoltà del Servizio sanitario nazionale nella risposta alle emergenze. Con terapie intensive piene e turni massacranti da parte degli operatori sanitari. Una carenza di personale sanitario che rischia di diventare strutturale. Un vero e proprio imbuto formativo che parte dal test di ammissione alla facoltà di medicina e culmina con le difficoltà nell'accesso alle specializzazioni.
La mancanza di personale docente, tuttavia, non può e non deve essere utilizzata come alibi per restringere ancora l'accesso all'istruzione universitaria. È lo stesso tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio, sezione III, ad enunciare tale principio nell'ordinanza n. 4478 del 31 agosto 2017, che ha accolto il ricorso di due studenti dell'università statale contro l'accesso limitato nelle facoltà umanistiche. L'ordinanza stabilisce infatti che l'introduzione del numero chiuso non può trovare giustificazione nella carenza del numero complessivo dei docenti; un meccanismo, quest'ultimo, previsto dagli attuali requisiti di accreditamento vigenti (decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 12 dicembre 2016, n. 987), che andranno modificati con l'obiettivo di assumere tutti i docenti necessari all'istruzione e alla formazione degli studenti e delle studentesse. Bisognerebbe allora tornare ad investire seriamente su formazione e ricerca, recuperando innanzitutto il miliardo di euro che in meno di dieci anni è stato sottratto al sistema universitario, per ridare speranza e futuro al Paese e per garantire ai giovani, qualunque sia la loro provenienza sociale e familiare, l'opportunità di studiare e di accedere ai livelli più alti della formazione. E contemporaneamente bisognerebbe provvedere ad un corposo rifinanziamento del sistema di diritto allo studio, che negli ultimi anni ha subito drastici tagli – i finanziamenti statali sono tornati ai livelli precedenti al 2001, mentre i finanziamenti regionali sono stati pesantemente decurtati a seguito della riduzione dei trasferimenti statali agli enti locali – e che oggi riesce a coprire non più del 10 per cento della popolazione studentesca. Occorre subito invertire la rotta della restrizione crescente degli spazi di accesso all'università, puntando invece ad una robusta riqualificazione del sistema e investendo risorse per un piano straordinario di assunzioni che consenta di aprire i corsi di studio e rendere universale l'accesso. L'università deve essere aperta a tutte e tutti, per innalzare il numero dei laureati, liberare le intelligenze, elevare il livello di formazione e reinventare nuove possibilità nel mondo del lavoro. Il presente disegno di legge, partendo dalla convinzione che l'accesso agli studi universitari debba essere pienamente libero, propone il superamento del test di ammissione. Inoltre all'articolo 2 viene prevista l'assunzione dei docenti necessari a coprire i nuovi fabbisogni derivanti dalle immatricolazioni conseguenti all'abolizione del numero chiuso, in modo da ridare prospettiva al sistema universitario e alla formazione dei cittadini e delle cittadine nel suo complesso.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Abolizione del numero chiuso e programmato)

1. Alla legge 2 agosto 1999, n. 264, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1, comma 1, le lettere a), b) ed e) sono abrogate;

b) all'articolo 2, il comma 1 è sostituito dal seguente:

« 1. Sono programmati dalle università gli accessi ai corsi o alle scuole di specializzazione individuati dai decreti attuativi delle disposizioni di cui all'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127 »;

c) all'articolo 3:

1) al comma 1, lettera a), le parole: « lettere a) e b), » sono soppresse;

2) al comma 1, lettera c), le parole: « lettera e), » sono soppresse;

3) al comma 2, alinea, le parole: « di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 » sono soppresse;

d) all'articolo 4, comma 1, le parole: « , lettere a) e b), » sono soppresse.

Art. 2.

(Rapporto tra docenti e studenti)

1. In ragione dell'aumentato fabbisogno derivante dall'incremento delle immatricolazioni, conseguente alle disposizioni di cui all'articolo 1 della presente legge, è attivato un piano straordinario di assunzioni di personale docente universitario, in deroga al sistema di accreditamento vigente previsto dal decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 12 dicembre 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 6 febbraio 2017.

2. Al piano di assunzioni di cui al comma 1 si provvede nei limiti delle risorse annualmente disponibili del fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all'articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

Art. 3.

(Valutazione dell'offerta potenziale di posti disponibili)

1. Prima dell'inizio di ogni anno accademico le università provvedono, sulla base di quanto disposto all'articolo 3, comma 2, della legge 2 agosto 1999, n. 264, come modificato dell'articolo 1 della presente legge, alla valutazione dell'offerta potenziale di posti disponibili delle proprie strutture didattiche.