Legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-06780

Atto n. 4-06780

Pubblicato il 23 marzo 2022, nella seduta n. 417

DE BONIS , PAPATHEU , BINETTI - Ai Ministri per il Sud e la coesione territoriale e per la pubblica amministrazione. -

Premesso che:

uno studio della Banca d'Italia, pubblicato nel mese di marzo 2022, analizza i cambiamenti nel personale degli enti territoriali del Mezzogiorno e del Centro-Nord nell'ultimo decennio;

secondo quanto viene riportato, la stringente normativa in materia di contenimento dei costi del personale e di limitazioni al turnover ha causato una forte contrazione del personale degli enti territoriali tra il 2008 (anno di massima espansione) e il 2019, più intensa nel Mezzogiorno. L'analisi mostra una convergenza tra le due macroaree in termini di dotazioni organiche e di costi; tuttavia permangono forti differenze territoriali in termini di anzianità del personale, titolo di studio, qualifiche professionali e tipologie contrattuali. Queste differenze sono principalmente dovute a un più basso turnover e a un forte ricorso alla stabilizzazione di lavoratori precari nel Mezzogiorno che hanno ritardato l'immissione di personale con titolo di studio e competenze più elevate;

la carenza di nuove competenze è stata anche determinata dal taglio delle spese di istruzione e formazione per i dipendenti pubblici che negli ultimi 10 anni si sono quasi dimezzate. Questi problemi si sono rivelati ancora più gravi negli enti territoriali (Comuni, Unioni di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, al netto del comparto sanitario) che nel 2019 rappresentavano circa il 15 per cento dei dipendenti pubblici complessivi;

dalla fine degli anni 2000 le politiche assunzionali degli enti territoriali hanno infatti risentito sia dei limiti diretti alla spesa per gli organici e al turnover dettati dalla normativa sul personale, sia di rilevanti vincoli alla loro azione di bilancio, imposti dapprima attraverso il patto di stabilità interno e, successivamente, dall'obbligo del conseguimento del pareggio di bilancio;

l'indebolimento della capacità amministrativa che ne è conseguito ha rappresentato un ostacolo al miglioramento dell'offerta dei servizi pubblici alla comunità, la cui qualità varia sensibilmente tra le diverse aree del Paese, con un significativo ritardo delle regioni del Mezzogiorno;

la conclusione cui giunge lo studio, che rappresenta sicuramente un dato allarmante, è che le competenze possedute dal personale negli enti del Mezzogiorno risultano oggi meno adeguate rispetto al resto del Paese per fronteggiare le sfide poste dal piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);

l'obiettivo di superamento dei divari territoriali viene declinato nel PNRR attraverso l'impegno a destinare alle Regioni del Mezzogiorno almeno il 40 per cento delle risorse allocabili territorialmente, quantificate nel piano stesso in circa 82 miliardi di euro. La normativa relativa alla governance, sempre del PNRR, disciplina anche i meccanismi di verifica del rispetto del vincolo di destinazione territoriale;

il capitale umano è dunque un fattore fondamentale e determinante per il consolidamento della ripresa degli investimenti pubblici e gli enti territoriali hanno un ruolo centrale nell'attuazione del programma di investimenti. La quota del 40 per cento dei finanziamenti totali destinata a progetti da realizzare attraverso le Regioni, i Comuni e gli enti di area vasta e la scarsa capacità progettuale ed amministrativa di tali enti, soprattutto nel Mezzogiorno, incide significativamente sull'attribuzione delle risorse e, di conseguenza, sui tempi di realizzazione delle opere;

nonostante il disegno di legge di conversione del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, abbia previsto 24.000 assunzioni finalizzate proprio a rafforzare le competenze ed il capitale umano nella pubblica amministrazione ha subito evidenziato una posizione di svantaggio per il Sud e le isole facendo emergere immediatamente le difficoltà delle amministrazioni meridionali nel partecipare proficuamente ai bandi del PNRR;

recenti articoli di stampa evidenziano che la quota del 40 per cento non è rispettata con lo stesso impegno da tutto il Governo e ben 7 ministeri sono al di sotto della soglia minima negli impegni del PNRR per il Mezzogiorno con un taglio complessivo di oltre 5 miliardi di euro rispetto al risultato;

come emerge dalla relazione istruttoria sul rispetto del vincolo di destinazione alle Regioni del Mezzogiorno, anche i Ministeri in linea con l'obiettivo generale hanno alcune falle. Ad esempio la salute (40,6 per cento complessivo) si ferma al 27,6 per cento nello "Sviluppo delle competenze tecniche-professionali, digitali e manageriali del personale del sistema sanitario", mentre per le infrastrutture (48,4 per cento complessivo) c'è il dato negativo delle flotte di bus con il Sud al 28 per cento. Sono due, poi, i Ministeri lontanissimi dall'obiettivo del 40 per cento: sviluppo economico e turismo; entrambi sono molto sotto persino del 34 per cento pari alla quota di popolazione meridionale, per cui in pratica investono per allargare il divario Nord-Sud;

importi di rilievo mancano anche per i Ministeri della transizione ecologica e del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dello sviluppo economico si ferma al 24,8 per cento soprattutto a causa dei bandi di Transizione 4.0, relativi al credito d'imposta, nati prima del PNRR ma attivi fino al 31 dicembre 2022 e, quindi, privi ancora oggi di qualsiasi orientamento territoriale; il tutto a danno delle imprese del Sud;

nella relazione istruttoria si evince che la soglia è rispettata in quanto la somma complessiva arriva a 86 miliardi di euro, pari al 40,8 per cento dei 211 miliardi con destinazione territoriale tra PNRR in senso stretto e fondo complementare ma, in realtà, degli 86 miliardi complessivamente attribuiti al Mezzogiorno, per 25 miliardi c'è effettivamente un progetto definito, ma per i restanti 61 miliardi c'è un'ipotesi di riparto, una stima o una proiezione sulla base dei risultati del passato;

dall'analisi dei 28 bandi (per 16,2 miliardi complessivi) emerge che solo in 7 casi c'è una regola che riassegna al Mezzogiorno eventuali somme non richieste, mentre negli altri 21 o c'è lo "scorrimento delle graduatorie indipendentemente dalla localizzazione territoriale degli interventi" oppure "non si è disposta alcuna modalità di salvaguardia" della quota Mezzogiorno sulle risorse non assegnate per carenza di domande ammissibili;

il tema di fondo, dunque, non è assegnare sic et simpliciter risorse al Mezzogiorno, ma far sì che le amministrazioni locali siano in grado di elaborare alla perfezione i progetti oppure, nel caso non abbiano le dovute capacità progettuali ed amministrative, che siano accompagnate nella definizione dei progetti o che ci sia un intervento sostitutivo da parte delle amministrazioni centrali al fine di non mettere a rischio uno dei principi più importanti voluti dall'Europa, la riduzione del divario territoriale,

si chiede di sapere:

se e quali misure i Ministri in indirizzo intendano adottare, ciascuno nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di sopperire alla debolezza strutturale delle aree deboli, soprattutto del Meridione d'Italia, che hanno risentito per molti anni sia dei limiti diretti alla spesa per gli organici e al turnover dettati dalla normativa sul personale, sia di rilevanti vincoli alla loro azione di bilancio, imposti dapprima attraverso il patto di stabilità interno e, successivamente, dall'obbligo del conseguimento del pareggio di bilancio, oltre che dal significativo taglio dei trasferimenti erariali;

se non ritengano che all'assoluta eccezionalità delle procedure previste dal PNRR debba corrispondere altrettanta straordinarietà, facendo in modo che le risorse vengano rimesse a disposizione dei medesimi territori attraverso nuove procedure che prevedano, in maniera stabile, un affiancamento di personale con capacità tecniche ed amministrative, ove necessario anche esternalizzando;

quali ulteriori misure intendano adottare per il futuro al fine di rimediare in maniera più incisiva al gap occupazionale tra il Nord e il Sud causato principalmente dai maggiori tagli di spesa e dalla conseguente riduzione del numero degli occupati, oltre che dal più frequente ricorso di forme contrattuali flessibili che hanno portato ad una maggiore presenza di lavoratori, anche con retribuzioni più basse, nelle regioni meridionali e nelle isole rispetto alle regioni del Centro-Nord.