Legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-06286
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Atto n. 4-06286
Pubblicato il 16 novembre 2021, nella seduta n. 379
DE BONIS - Ai Ministri per il Sud e la coesione territoriale e dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
nel disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024, all'allegato 3 dell'articolo 94, recante "Disposizione in materia di liste di attesa Covid", alla Tabella B si evince che la regione che potrà beneficiare della fetta maggiore del fondo per l'abbattimento delle liste di attesa sarà la Lombardia con il 16,78 per cento, pari a 83,8 milioni, segue il Lazio con il 9,59 per cento e 47.9 milioni. L'Emilia-Romagna continuerà a ricevere più soldi della Puglia: 37,7 milioni contro 32,8; così come il Piemonte, che riceverà 36,8 milioni, e il Veneto con i suoi 40,9 milioni;
insomma, anche nella distribuzione dei Fondi anti COVID per il Sud oltre al danno anche la beffa, perché ancora una volta penalizzato dai criteri di ripartizione;
viene inoltre di fatto tradita l'indicazione dell'Unione europea per la distribuzione dei Fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), destinando al Sud solo il 33,41 per cento del fondo complessivo per abbattere le liste d'attesa COVID;
considerato che:
è un dato di fatto che le liste di attesa siano un problema che attanaglia principalmente il Sud, altrimenti ogni anno 150.000 meridionali non sarebbero costretti a cercare cure e assistenza negli ospedali di Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna o Toscana. Eppure, nel riparto dei 500 milioni stanziati dal Governo per l'abbattimento delle liste d'attesa COVID, neanche il 40 per cento è destinato al Sud;
le disparità territoriali sono di tutta evidenza e di questo passo il divario tra Nord e Sud non verrà mai colmato, anzi, nonostante le ingenti somme stanziate con il PNRR, non potrà che crescere;
tenuto conto che:
con il COVID le liste d'attesa si sono allungate su tutto il territorio nazionale, ma l'"esodo" dal Sud al Nord anche in periodo pre-pandemia è un fatto risaputo. Infatti, prima dell'emergenza sanitaria causata dal COVID, già era evidente una situazione di squilibrio, con 148.452 residenti in Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e Molise che nel 2019 si sono spostati verso le regioni del Nord per curarsi;
un dato choc (come riporta un articolo de "Il Quotidiano del Sud") che emerge dal "Rapporto annuale sull'attività di ricovero ospedaliero" dello stesso Ministero della salute sulla base del numero dei pazienti dimessi dagli ospedali. I "viaggi della speranza" sono figli anche delle liste di attesa e hanno un doppio risvolto negativo: causano disagi a chi deve allontanarsi di casa anche di 800-900 chilometri per tutelare la propria salute; arricchiscono le casse delle Regioni settentrionali e impoveriscono quelle del Meridione, finendo così per allargare la forbice della qualità assistenziale. Basti pensare che solamente alla Puglia, ogni anno, la mobilità passiva costa poco meno di 300 milioni;
tenuto, inoltre, conto che:
anche se al Sud arriverà, probabilmente, il 40 per cento delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ciò non basterà sicuramente a ridurre il divario con il Nord, in quanto la vera "manovra" andrebbe fatta in Conferenza delle Regioni nel riparto del fondo ordinario nazionale, perché se è vero che anche per la sanità la Puglia incasserà dal PNRR più soldi rispetto al Veneto e all'Emilia-Romagna; che la Calabria riceverà più fondi del Friuli-Venezia Giulia, Marche e Liguria; che la Campania, dopo la Lombardia, sarà la regione che otterrà la quota maggiore nel riparto degli otto miliardi, è anche vero che da 20 anni il Mezzogiorno riceve tantissimi miliardi in meno rispetto alle regioni del Nord nella suddivisione del fondo nazionale;
negli ultimi 10 anni la Lombardia ha visto aumentare la propria fetta dell'11,4 per cento, l'Emilia-Romagna del 9,9 per cento; 8,2 per cento in più per la Toscana. La Basilicata, invece, ha avuto un incremento percentuale molto più modesto (più 4,9 per cento); l'Abruzzo del 6,7 per cento; Calabria più 5,7 per cento; la Puglia e la Campania di circa l'8,1 per cento;
dal 2012 al 2017, nella ripartizione del fondo sanitario nazionale, sei regioni del Nord hanno aumentato la loro quota, in media, del 2,36 per cento; altrettante regioni del Sud, invece, già penalizzate perché beneficiarie di minori quote dal 2009 in poi, hanno visto crescere la loro parte solo dell'1,75 per cento;
in definitiva, dal 2012 al 2017, Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana hanno ricevuto dallo Stato 944 milioni in più rispetto ad Abruzzo, Puglia, Molise, Basilicata, Campania e Calabria. Altri indicatori confermano che, ogni anno, al Nord arrivano maggiori trasferimenti da Roma destinati alla sanità: dal 2017 al 2018, ad esempio, la Lombardia ha visto aumentare la sua quota del riparto del fondo sanitario dell'1,07 per cento, contro lo 0,75 per cento della Calabria, lo 0,42 per cento della Basilicata o lo 0,45 per cento del Molise. Lo stesso Veneto nel 2018, rispetto al 2017, ha ricevuto da Roma lo 0,87 per cento in più,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano del parere che i dati riportati nelle premesse non fanno altro che confermare il grande e grave divario che persiste tra il nord ed il meridione d'Italia;
se non ritengano che non sia stato dato ascolto alle indicazioni dell'Unione europea per la distribuzione dei Fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), destinando al Sud solo il 33,41 per cento del fondo complessivo per abbattere le liste d'attesa COVID;
quali iniziative intendano assumere perché vi sia una reale inversione di tendenza nell'assegnazione dei Fondi del PNRR e che l'auspicato cambiamento diventi finalmente strutturale, altrimenti le differenze non saranno mai colmate.