Legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02557
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Atto n. 3-02557
Pubblicato il 27 maggio 2021, nella seduta n. 332
CORRADO , ANGRISANI , GRANATO , LANNUTTI - Al Ministro della cultura. -
Premesso che:
la Corte costituzionale ha più volte ribadito che, secondo il "principio fondamentale posto dall'articolo 9 della Costituzione, la tutela dei beni culturali e del paesaggio costituisce un interesse costituzionale primario e assoluto";
la potestà legislativa dell'Assemblea regionale siciliana in materia di "tutela del paesaggio, conservazione delle antichità e delle opere artistiche, Musei, biblioteche, accademie", sancita dall'articolo 14 dello Statuto autonomistico, approvato con Regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 e convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, deve esercitarsi "nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato" e venne resa effettiva solo dopo l'emanazione dei decreti di attuazione nn. 635 e 637 del Presidente della Repubblica, il 30 agosto 1975;
i decreti trasferirono alla Regione Siciliana le biblioteche statali e le Soprintendenze tematiche "alle Antichità, ai monumenti e alle Gallerie", istituite dalla legge n. 823 del 1939, con le competenze istituzionali specialistiche derivanti dall'applicazione della normativa nazionale di tutela del patrimonio paesaggistico e culturale, oggi unificata nel decreto legislativo n. 42 del 2004;
l'ARS esercitò la potestà legislativa, nei limiti definiti dai decreti presidenziali, approvando la legge n. 80 del 1977, istituendo l'amministrazione regionale di tutela centrata sulle "Soprintendenze per i beni culturali e ambientali", con cui si volle sperimentare in Sicilia un sistema di tutela basato sulla unificazione delle competenze specialistiche su base territoriale. Per dare attuazione a questo modello organizzativo, la legge regionale n. 116 del 1980 ha istituito il "ruolo tecnico dei beni culturali", in modo che all'interno delle Soprintendenze uniche fosse garantita la multidisciplinarietà;
queste leggi di riforma intendevano realizzare un'idea pluridisciplinare di tutela contestuale del patrimonio culturale tramite un modello organizzativo fondato sulla compresenza negli istituti di tutela delle distinte competenze specializzate nel campo delle diverse tipologie di beni culturali: antropologi, archeologi, architetti, bibliotecari, naturalisti e storici dell'arte;
al personale altamente qualificato compresente negli istituti di tutela delle diverse tipologie di beni culturali (antropologi, archeologi, architetti, bibliotecari, naturalisti e storici dell'arte) veniva assegnata la responsabilità delle cinque differenti sezioni tecnico-scientifiche presenti in ciascuna Soprintendenza territoriale: ambientale, archeologica, architettonica, bibliografica, storico-artistica;
considerato che a quanto risulta agli interroganti:
oggi l'ordinamento disciplinare dei ruoli tecnici dei beni culturali non esiste più. Alla direzione delle aree disciplinari viene infatti regolarmente nominato personale privo dei titoli professionali richiesti dalla normativa regionale e nazionale. Lo stesso reclutamento, negli ultimi trent'anni, del personale tecnico-scientifico nel Dipartimento regionale dei beni culturali è avvenuto in questo modo;
negli anni Novanta del secolo scorso, in forza della legge regionale n. 11 del 1991, venne immesso, in sovrannumero, nei ruoli tecnici degli istituti siciliani di tutela, senza alcuna selezione, un enorme numero di diplomati e laureati, che erano stati assunti con contratti a tempo determinato presso il Genio Civile per espletare le pratiche della sanatoria edilizia, ai sensi della legge regionale n. 37 del 1985, che recepì la legge n. 47 del 1985;
questo organico di fatto dei beni culturali, sebbene soprannumerario, divenne di diritto a seguito della legge regionale n. 10 del 2000 di "riordino" della burocrazia regionale, che recepì in Sicilia la riforma Bassanini. Con questa "riforma" della burocrazia regionale, ope legis e senza alcuna selezione concorsuale conseguente ai fabbisogni dell'Amministrazione regionale, tutto il personale laureato della Regione Siciliana fu inquadrato in una terza fascia del ruolo unico della dirigenza e tutto il personale diplomato, dai ruoli di "assistente tecnico", fu promosso all'apice della carriera del comparto, nel ruolo di funzionario direttivo;
in definitiva tutto il personale della Regione Siciliana, del comparto come della dirigenza, ha perso un assetto dei ruoli che garantisca la corrispondenza (richiesta dai principi costituzionali) tra profili professionali, livelli retributivi, responsabilità e funzioni. Per il soprannumero del personale dirigenziale, inoltre, si è affermata la prassi di assegnare anche le postazioni di natura tecnica non dirigenziale, come le sezioni tecnico-scientifiche delle Soprintendenze, ai dirigenti del ruolo unico, a prescindere dai requisiti professionali richiesti dalle leggi regionali e nazionali;
così, la tutela dei beni archeologici e storico-artistici in Sicilia è oggi affidata quasi soltanto alla responsabilità di architetti, geologi o agronomi del ruolo unico della dirigenza, pur essendo in servizio da più di 15 anni 70 funzionari direttivi archeologi e storici dell'arte, assunti tramite il concorso per "dirigente tecnico del ruolo dei beni culturali", bandito nel 2000, ai sensi della legge regionale n. 116 del 1980;
allora, l'amministrazione regionale ha selezionato personale altamente qualificato, in possesso di titoli specialistici postlaurea nei diversi settori dei beni culturali, ma poi lo ha privato del profilo professionale e di adeguate mansioni e responsabilità di direzione all'interno dei propri organi tecnico-scientifici, impedendo che archeologi e storici dell'arte con oltre 15 anni di servizio possano dirigere gallerie d'arte, parchi e musei archeologici;
nell'ultimo decennio i governi regionali hanno moltiplicato a dismisura le strutture dell'Assessorato dei beni culturali e dell'identità siciliana: 14 mega servizi denominati "Parchi archeologici" dovrebbero gestire tutti i "luoghi della cultura" siciliani, per lo più senza adeguato personale tecnico scientifico. L'esecutivo regionale, infatti, ogni 3 anni nomina circa 200 dirigenti dei beni culturali attingendo da tutti i dipartimenti, senza alcun rispetto dei titoli richiesti dalle leggi regionali e nazionali (art. 9-bis del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio sui "professionisti dei beni culturali" e decreto ministeriale n. 244 del 2019);
si può concludere, perciò, affermando che, a giudizio degli interroganti, in Sicilia non sono più garantite le condizioni amministrative per assicurare l'esercizio efficace della tutela del patrimonio culturale prescritto dal dettato costituzionale: mancano sia la necessaria specificità degli istituti regionali dei beni culturali e del loro personale direttivo tecnico scientifico, sia l'autonomia dei suddetti dall'esecutivo;
i diversi governi regionali hanno inoltre ridotto oltremodo i trasferimenti economici ai capitoli di bilancio dell'Assessorato regionale dei beni culturali e dell'identità siciliana (dai 500 milioni di euro del 2009 ai soli 10 milioni degli ultimi anni), rendendo impossibile qualsiasi attività istituzionale di ricerca, restauro, manutenzione, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale della Nazione conservato nei territori siciliani. Quanto ai fondi strutturali europei del Programma 2014-2020, l'Assessorato ha dichiarato di recente di essere riuscito a impegnare solo 900.000 euro a fronte dei 65 milioni assegnati,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo, in considerazione delle gravi inadempienze della Regione Siciliana riguardo ai compiti costituzionali di tutela del patrimonio culturale delegati dallo Stato con i decreti presidenziali nn. 635 e 637 del 1975, non reputi necessario richiedere urgentemente al Governo che eserciti il potere sostitutivo previsto dall'articolo 120 della Costituzione, al fine di ripristinare l'assetto istituzionale legale degli organi regionali di tutela e per ovviare all'inadempienza dell'Italia rispetto agli obblighi assunti con la "Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico. La Valletta, 16 gennaio 1992", ratificata dal Parlamento italiano con la legge 19 aprile 2015, n. 57;
se non intenda ripristinare l'unitarietà giuridica del sistema di tutela su tutto il territorio italiano, in modo che il patrimonio culturale della Nazione conservato nei territori siciliani torni a godere della cura istituzionale, che solo Organi tecnico-scientifici di tutela autonomi dal potere esecutivo, dotati di personale con elevate competenze professionali specialistiche e di adeguati investimenti pubblici, possono assicurare, e per restituire la dignità del proprio ruolo pubblico ai professionisti dei beni culturali in servizio presso le Istituzioni di tutela siciliane.