Atto n. 4-05154

Pubblicato il 24 marzo 2021, nella seduta n. 307

DE BONIS , BUCCARELLA - Al Ministro della giustizia. -

Premesso che:

le ultime sezioni unite della Cassazione n. 19597/2020 sulla mora usuraria ribadiscono che "La disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso";

nonostante la validità dell'assunto, successivamente nelle motivazioni della sentenza si legge che ciò che importa sia la rilevanza usuraria del tasso concretamente applicato al momento della mora effettiva (''rileva unicamente il tasso che di fatto sia stato richiesto ed applicato al debitore inadempiente"): a fronte della pattuizione ab origine di un tasso di interesse moratorio usurario, ove il tasso moratorio in concreto applicato sia, invece, sotto soglia, esso sarà dovuto, senza che possa farsi valere la sentenza di accertamento, che non ha considerato il tasso effettivamente applicato dopo l'inadempimento;

tale assunto, per quanto autorevole, non può essere condiviso. Esso difatti finisce per spostare la delibazione dell'usurarietà del tasso dal momento della pattuizione al momento dell'effettivo pagamento, in aperto contrasto con la chiarissima ratio legis per la quale ciò che rileva, ai fini usura, è il momento della pattuizione degli interessi oltre soglia "indipendentemente dal momento del loro pagamento'' (decreto-legge n. 394 del 2000): invero, seguendo la tesi sulla mora usuraria, l'effettivo pagamento diviene, in realtà, l'elemento dirimente per applicare gli apparati rimediali, sicché vi sarebbe uno stravolgimento anche della natura del reato di usura che, codificato dal legislatore come reato di pericolo, verrebbe ad essere trasformato in un reato di danno;

se si va oltre tale definizione, non sarebbe peregrino affermare che le sezioni unite abbiano negato rilevanza ai reati di pericolo in generale, poiché, se al pericolo non segue il danno, la condotta criminosa che ha esposto il bene protetto al pericolo non sarebbe perseguibile o sanzionabile;

per fare un esempio banale, si pensi alla minaccia di percuotere (pattuizione usuraria) qualcheduno: secondo tale tesi, se la percossa (pagamento) poi non seguirà la minaccia, questa non sarebbe perseguibile; lo stesso se, in luogo della percossa, vi sarà poi una carezza (tasso effettivo applicato entro soglia): è chiaro che una tale impostazione concettuale, se condivisa come principio di diritto, depenalizzerebbe i reati di pericolo, il che, naturalmente, non è neanche immaginabile;

deve dunque darsi senz'altro preferenza alle precedenti sentenze della Cassazione, sezioni unite, 19 ottobre 2017, n. 24675: "Sarebbe pertanto impossibile la qualificazione di un tasso come usurario senza fare applicazione dell'art. 644 cod. pen", "ai fini dell'applicazione" del quale, però, non si può fare a meno, perché così impone la norma di interpretazione autentica, di considerare "il momento in cui gli interessi sono convenuti, indipendentemente dal momento del loro pagamento": con tale ratio è senz'altro coerente una disciplina che dà rilievo essenziale al momento della pattuizione degli interessi, valorizzando in tal modo il profilo della volontà e dunque della responsabilità dell'agente;

quanto all'apparato rimediale sancito dall'art. 1815 del codice civile per il quale "Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi", atteso che le sezioni unite, 19 ottobre 2017, n. 24675, estensore De Chiara, hanno sancito che: "Una sanzione (che implica il divieto) dell'usura è contenuta, per l'esattezza, anche nell'art. 1815, secondo comma, cod. civ. - pure oggetto dell'interpretazione autentica di cui si discute - il quale però presuppone una nozione di interessi usurari definita altrove, ossia, di nuovo, nella norma penale integrata dal meccanismo previsto dalla legge n. 108. Sarebbe pertanto impossibile operare la qualificazione di un tasso come usurario senza fare applicazione dell'art. 644 cod. pen", affermando molto chiaramente che definizione e perimetro della nozione di interesse dell'art. 1815 del codice civile sono da rinvenirsi nell'art. 644 del codice penale (il quale, come noto, integrato con il meccanismo della legge n. 108 del 1996, non descrive un interesse nominale, ma il costo complessivo del credito, al netto di imposte e tasse, ovvero il TEG). Da tali autorevoli approdi si trae una perfetta specularità semantica e sistematica nella nozione di interesse tra i due articoli per cui, qualora sia il TEG pattuito ad essere debordante (e non il singolo tasso nominale), la conseguenza sanzionatoria ex art. 1815 del codice civile non può che essere la non debenza (non del singolo interesse nominale) di tutto ciò che rientra nel perimetro del TEG secondo, cioè, la nozione lata di interesse normata dall'art. 644 del codice penale;

infine, da ultimo, la sentenza della Cassazione civile, sezione III, 20 maggio 2020, n. 9237, presidente Armano, relatore Cricenti, ripete che "Il momento determinante, per la valutazione del superamento della soglia consentita, è proprio la pattuizione, a prescindere dalla effettiva corresponsione degli interessi; questi ultimi devono ritenersi in misura illegittima se sono pattuiti in quella misura, a prescindere dalla circostanza che il creditore li abbia effettivamente riscossi (art. 644 c.p.). Del resto le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che l'usura si determina al momento della pattuizione e che, ove questa sia nei limiti, ed il tasso diventi superiore (e dunque usuraio) per effetto di circostanze sopravvenute (c.d. usura sopravvenuta), non può ritenersi la nullità (Cass. 24675/2017), segno che quest'ultima si valuta al momento della convenzione, senza riguardo alla effettiva riscossione",

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non sia del parere che si possa affermare che la promessa usuraria sia l'impegno contrattualizzato di pagare all'intermediario promissario un costo complessivo (TEG) usurario, in ossequio al principio di onnicomprensività codificato dall'art. 644 del codice penale, per il quale "Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito", promessa che si connota come illecita ex se, a prescindere dall'effettivo futuro pagamento;

se non ritenga che la verifica vada effettuata con riferimento alle condizioni contrattuali e all'entità del credito erogato originariamente pattuite e debba consistere in un giudizio ex ante da collocarsi temporalmente al momento della pattuizione del contratto bancario, indipendentemente dall'effettiva corresponsione del costo, come la suprema Corte ha ormai a più riprese confermato avendo sempre ripetuto l'autosufficienza giuridica della condotta criminosa ex art. 644 del codice penale del "farsi promettere" (cioè senza necessità della successiva datio), in ordine alla capacità perfezionativa del reato e generativa dei legiferati effetti sanzionatori in sede civile (art. 1815 del codice civile) ed in sede penale (art. 644 del codice di procedura civile): si veda la sentenza della Cassazione penale, II sezione, 8 ottobre 2015, n. 40380: "quando la promessa del corrispettivo, in tutto o in parte, non viene mantenuta, il reato si perfeziona con la sola accettazione dell'obbligazione rimasta inadempiuta (v. Cass. sez. II, sent. n. 37693/2014 rv. 260782; sez. II, sent. n. 33871/2010 rv. 248132; sez. F, sent. n. 32362/2010 rv. 248142; sez. II, sent. n. 26553/2007 rv. 237169; sez. II, sent. n. 11837/2003 rv. 228381)";

ovvero, in estrema sintesi, se non ritenga, in caso di usurarietà pattizia del TEG promesso dal finanziato per ciascuno degli scenari potenzialmente verificabili ex contractu (quello fisiologico ovvero quelli previamente estintivi, quali estinzione anticipata o risoluzione per inadempimento) che al mutuante spetterà solo il capitale erogato, il tutto in conformità alla ratio legis della legge n. 108 del 1996 protesa all'inasprimento della sanzione a carico dell'usuraio, con la privazione tout court della remunerazione;

quali iniziative intenda intraprendere perché venga confermato il principio secondo cui il reato di usura risieda nel contratto stesso e si perfezioni con esso, indipendentemente dal fatto che successivamente vi sia o meno un'effettiva datio del costo usurario ed indipendentemente dal tasso che sia concretamente applicato.