Legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-03601
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Atto n. 4-03601
Pubblicato il 4 giugno 2020, nella seduta n. 225
DE BONIS - Ai Ministri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. -
Premesso che:
il costo totale di una bolletta dell'energia elettrica, ma anche del gas, si compone sostanzialmente di 4 parti: 1) spesa per la materia energia o gas naturale. La sezione è prevalentemente costituita dalle voci "prezzo dell'energia" o "prezzo del gas" applicato ai consumi. E dentro questa sezione vi si trova la voce "prezzo di dispacciamento" che è relativa alle attività necessarie per mantenere la rete elettrica in costante equilibrio, ossia per far sì che l'elettricità consumata corrisponda esattamente a quella immessa prodotta dalle centrali; 2) spesa per il trasporto e la gestione del contatore. I costi indicati in questa sezione sono relativi al trasporto dell'energia dalle centrali alle case e includono anche le spese per la lettura e la manutenzione dei contatori; 3) spesa per oneri di sistema. Si tratta di una voce che copre tutte le spese che servono per mantenere in equilibrio il servizio elettrico o del gas;
fino al gennaio 2018, gli oneri generali di sistema per l'energia elettrica erano suddivisi in queste categorie: A2, lo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse; A3, gli incentivi alla produzione da fonti rinnovabili e assimilate; A4, le tariffe speciali per le Ferrovie dello Stato; A5, il finanziamento per ricerca e sviluppo; As, il finanziamento dei regimi tariffari speciali e degli oneri per il bonus elettrico; Ae, il finanziamento delle agevolazioni per le industrie manifatturiere ad alto consumo di energia; UC4, le compensazioni per le imprese elettriche minori; UC7, la promozione dell'efficienza energetica; MCT, le compensazioni territoriali agli enti locali con impianti nucleari; infine, Iva e accise che sono le imposte che devono sempre essere indicate sulle fatture;
in pratica, a fronte di esigui consumi che spesso si riscontrano in una bolletta, il costo totale della stessa risulta veramente alto, perché vengono addebitati al consumatore finale svariati e consistenti oneri. Tra questi, quelli più esosi riguardano voci come il prezzo per il dispacciamento, le spese di trasporto e la voce A3, nella quale vengono ricaricate le spese per la realizzazione e manutenzione delle infrastrutture energetiche e i costi per il capacity market;
considerato che:
il capacity market è un meccanismo che avrebbe dovuto mettere in campo diverse misure volte ad assicurare la sicurezza del sistema e l'approvvigionamento di energia elettrica, con risorse sempre disponibili ma, in realtà, definisce soprattutto una remunerazione dedicata per quegli impianti di generazione elettrica che si impegnano a mantenere e a mettere a disposizione del sistema della capacità, ma solo in caso di necessità. In altre parole viene pagata una sorta di reperibilità;
secondo le linee teoriche, presentate alla Commissione europea, si sarebbe dovuto trattare di un mercato potenzialmente aperto sia agli impianti alimentati a fonti fossili, impianti termoelettrici a gas, sia agli impianti a fonti rinnovabili, ma in realtà è riservato sostanzialmente alle termoelettriche del gas, che certamente non tengono conto del grave cambiamento climatico in atto;
infatti, il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 28 giugno 2019 prevede che al capacity market possono partecipare solo gli impianti termoelettrici, sia quelli esistenti che quelli nuovi. In questo modo con la remunerazione prevista si vanno a finanziare anche nuove centrali termoelettriche, in netta contraddizione con quelle che sono le indicazioni dell'Accordo di Parigi sul Clima e i contenuti del Clean Energy Package della Commissione europea, che chiedono una riduzione delle emissioni con lo sviluppo di impianti a fonti rinnovabili;
se si osservano le date dei provvedimenti, il citato decreto ministeriale 28 giugno 2019 è successivo al regolamento (UE) 2019/943 del Parlamento europeo e del Consiglio, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 5 giugno 2019, entrato però in vigore il 4 luglio 2019. Lo scopo principale del regolamento UE è quello di incentivare il capacity market a favore di imprese produttrici di energia da fonti rinnovabili. Ma con questa mossa (emanare il decreto ministeriale prima che entrasse in vigore il regolamento europeo) pare che il MISE abbia voluto favorire in un certo senso le lobbies del gas, visto che se lo avesse emanato dopo il 4 luglio sarebbe stato illegittimo. Si legge, infatti, sul sito del Ministero: "Era fondamentale l'approvazione del decreto sul Capacity Market entro il 4 luglio, data di entrata in vigore il Regolamento europeo sul mercato interno";
per capire di che cifre si sta parlando, basta vedere i rendiconti dell'azienda Terna sulle aste del capacity market: 1,3 miliardi per il 2022; 1,5 miliardi più il recupero di 300 milioni a valere sull'anno precedente per il 2023. In buona sostanza si tratta di 15 miliardi in 10 anni;
il tutto avviene con un meccanismo che lascia alquanto perplessi. Con la costruzione di un'infrastruttura di qualsiasi tipo (gasdotto, rigassificatore, non ha importanza) e con la motivazione della strategicità della stessa, vengono superate alcune normative e si chiede un finanziamento allo Stato che verrà erogato attraverso alcune banche oppure attraverso Cassa depositi e prestiti o SACE (il tutto con il benestare del Ministero dell'economia e delle finanze, che può dare più incarichi a propri dirigenti, come è accaduto per esempio con Filippo Giansante presso la Simest SpA, la SACE SpA; la Banca Europea per gli Investimenti e la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo);
con il prestito, quindi, si costruisce l'infrastruttura, che verrà remunerata non facendo trasportare gas bensì vendendo ad aziende produttrici di energia elettrica la disponibilità a trasportare il gas. E con questa remunerazione viene in parte restituito il prestito. In parte perché molto spesso si possono ricevere anche contributi a fondo perduto. A loro volta le aziende produttrici di energia, dal giacimento non comprano il gas, ma solo la disponibilità che gli venga fornito qualora "malauguratamente" dovesse servigli;
in questa maniera dalle tasche dei cittadini vengono carpiti 1,5 miliardi di euro all'anno dei quali, tolte la quota per la restituzione del prestito, la quota per il trasportatore e la quota per il proprietario del giacimento, il resto rimane alle aziende produttrici di energia, che tutto hanno fatto meno che produrre energia;
ecco spiegati gli oneri di rete, il prezzo di dispacciamento e quelle altre voci strane nella bolletta. Sono i cittadini italiani che pagano per un bene che non viene ceduto, ma viene tenuto da parte, a prescindere dalla volontà di ciascuno;
in realtà, a Tap, Snam, A2A, Enel, Tirreno Power, Sorgenia e ad altre aziende i cui nomi si possono leggere nei risultati delle aste Terna, non importa nulla di quanto costi il gas, oppure se il gas c'è nei giacimenti,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo intendano dare chiarimenti sulle fondate supposizioni descritte in premessa;
se non ritengano gravemente lesivo per ciascun cittadino italiano, oltre che ingiusto, addebitare oneri così consistenti, che, se eliminati, alleggerirebbero moltissimo le bollette di energia e di gas;
se e quali urgenti iniziative intendano intraprendere perché questi oneri vengano al più presto posti a carico delle stesse aziende erogatrici, che possono tranquillamente sopravvivere anche se rendono più equa la bolletta agli utenti, visto che a loro giungono, sovente, cospicui finanziamenti da parte dello Stato, anche a fondo perduto.