Legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-03347

Atto n. 4-03347

Pubblicato il 5 maggio 2020, nella seduta n. 213

DE BONIS , MARTELLI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della salute. -

Premesso che:

gli sviluppi della pandemia innescata dal Coronavirus (SARS-CoV-2 il cui genoma è simile al virus responsabile dell'epidemia della SARS - Sindrome Acuta Respiratoria Severa, la SARS-CoV-1) hanno indotto alcuni medici e ricercatori a prevedere, insieme al ricorso a farmaci come antivirali, antinfiammatori e anticorpi monoclonali, l'utilizzo del plasma dei pazienti guariti al fine di fornire ai malati gli anticorpi utili a contrastare l'infezione; una procedura, quest'ultima, escogitata da Emil von Behring, che per questa invenzione ha conseguito il premio Nobel per la medicina nel 1901;

la sieroterapia, l'impiego terapeutico di sieri di origine animale o umana, ricchi di anticorpi specifici e in grado di neutralizzare una tossina batterica, un veleno o un virus, è nata nel 1891 con il trattamento della difterite mediante iniezioni di siero equino reso iperimmune da piccole dosi di tossina difterica: l'inoculazione nel cavallo, in determinate condizioni, del germe o della tossina antigenica induceva la comparsa di anticorpi nel suo sangue, che poi veniva utilizzato per preparare il siero. Questo tipo di siero, detto eterologo perché ricavato da un'altra specie, è poi caduto in disuso per le reazioni allergiche cui esponeva (shock anafilattico, malattia da siero) ed è stato sostituito dalle immunoglobuline (g-globuline) purificate, di origine umana, impiegate in particolare contro le epatiti virali A e B e le malattie contagiose infantili (parotite, rosolia, varicella). Le immunoglobuline, polivalenti o specifiche, si ottengono per separazione dal plasma degli elementi figurati del sangue (plasmaferesi), in convalescenti o donatori immunizzati;

tra i primi centri ad avviarsi su questa strada figurano l'Azienda socio-sanitaria territoriale di Mantova e il Policlinico "San Matteo" di Pavia, centro, quest'ultimo, presso cui è già partito uno studio clinico per valutare l'efficacia terapeutica delle infusioni del cosiddetto "plasma iperimmune" negli individui colpiti da COVID-19 con gravi difficoltà respiratorie;

a livello globale, l'utilizzo del plasma ricco di anticorpi dei soggetti guariti è un'opzione perseguita anche dai medici americani e canadesi ed è stata precedentemente sperimentata in altre condizioni epidemiche, come spiega la dottoressa Giustina De Silvestro, direttore dell'U.O. Immunotrasfusionale presso il Dipartimento di Medicina Trasfusionale dell'azienda Ospedale Università di Padova, dove ha preso avvio un analogo protocollo di studio su cinquanta pazienti affetti da COVID-19. "La sieroprofilassi tramite somministrazione del plasma dei guariti non è una proposta nuova - spiega De Silvestro - infatti, vi siamo ricorsi molto di recente per il trattamento di pazienti con infezione in corso da West-Nile virus e, negli anni scorsi, è stata utilizzata anche nel trattamento di casi di Ebola e di pazienti colpiti da insufficienza respiratoria legata all'infezione da SARS-CoV-1, comparso nel Sud-Est Asiatico, e da MERS-CoV, diffusosi dall'area Medio-Orientale. Il plasma dei guariti è dunque una risorsa terapeutica con una lunga storia alle spalle, collaudata in svariate condizioni mediche e che adesso, con il medesimo raziocinio, i medici stanno provando a usare contro la malattia COVID-19;

quella che si basa su plasma iperimmune è una terapia immunomodulante, profondamente diversa da un vaccino, il quale determina una immunizzazione attiva, grazie alla quale stimola l'organismo che lo riceve a produrre anticorpi specifici contro una determinata malattia. Nel caso del plasma, invece, gli anticorpi sono già stati prodotti da un altro individuo e possono essere trasfusi nel malato che non ne abbia in quantità sufficiente da superare in maniera rapida la malattia. Si parla dunque di una immunizzazione passiva. Questo filone di ricerca, molto sfruttato anche in Cina, nel cuore della pandemia e addirittura negli Stati Uniti, dove la FDA ha autorizzato immediatamente l'uso e la sperimentazione di questa terapia, parte dal presupposto che il plasma iperimmune, o plasma dei convalescenti, contenga anticorpi capaci di difendere l'organismo dall'attacco del virus e che possano mantenere l'immunità così raggiunta;

si è conclusa la sperimentazione sull'utilizzo del plasma convalescente nei pazienti critici affetti da COVID-19. Lo studio, condotto congiuntamente al Policlinico "San Matteo" di Pavia a partire da marzo, ha visto il coinvolgimento di varie strutture dell'ospedale di Mantova: Immunoematologia e Medicina Trasfusionale, diretta da Massimo Franchini; Pneumologia, diretta da Giuseppe De Donno; Medicina di Laboratorio, diretta da Beatrice Caruso; Malattie Infettive, diretta da Salvatore Casari. Attualmente è in corso l'analisi dei dati raccolti dagli specialisti nell'ambito del progetto e la successiva pubblicazione. Al servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale del "Carlo Poma" di Mantova sta intanto procedendo a pieno regime la raccolta del plasma da pazienti guariti, con un ritmo di 6-7 prelievi al giorno;

con la sieroterapia in alcuni ospedali non si verificano più decessi per COVID-19 da un mese e il Coronavirus sparisce dopo un trattamento che va dalle 2 alle 48 ore, eliminando ogni traccia di sintomo. Sono circa 80 i pazienti dell'ospedale di Mantova curati con successo, tra loro anche una donna incinta, uscita dal COVID in poche ore. La terapia quindi funziona, ma nessuno lo sa. È stata inventata una terapia efficace e sicura ma, purtroppo, lo spazio avuto fino ad ora sui media e sulla TV pubblica è quasi inesistente;

considerato che:

da un articolo di stampa del 3 maggio 2020 l'interrogante ha appreso che il Presidente del Consiglio dei ministri sta per annunciare il contributo italiano di 140,5 milioni di euro all'alleanza internazionale contro il Coronavirus «World against Covid-19», nata sotto l'egida dell'ONU e dell'Organizzazione mondiale della sanità per sviluppare, produrre e distribuire cure e vaccini contro il virus. In poche ore la Commissione europea ha raccolto 7,4 miliardi di euro per trovare diagnosi, trattamenti e vaccini contro il Coronavirus. E quattro di questi arrivano dall'Unione europea e gli Stati membri. I fondi saranno destinati a enti di ricerca e organizzazioni sanitarie che operano soprattutto nei paesi in via di sviluppo e avrà come principale obiettivo quello di aiutare quei paesi che hanno sistemi sanitari troppo deboli per fronteggiare da soli l'emergenza sanitaria. Farà parte della squadra anche la fondazione filantropica guidata da Bill Gates. L'articolo ribadisce che "le attuali difficoltà economiche non permetteranno all'Italia di essere di manica larga e le cifre sono ancora da limare, ma dei 140,5 milioni di euro totali, 120 milioni dovrebbero andare a Gavi Alliance, l'associazione no profit creata dalla fondazione del miliardario statunitense per diffondere gratuitamente vaccini e cure nei paesi del terzo mondo";

tenuto conto che:

è davvero strano che di un fatto così straordinario per l'umanità si stia dando pochissima risonanza nei talk show televisivi e ci si ostini invece a rincorrere un costoso vaccino per un virus mutabile, senza peraltro considerare che i vaccini sono contaminati perché contengono una grande varietà di particelle solide e minuscoli accumuli di detriti. Si va dai composti di piombo, stronzio e zirconio dell'antimeningite a concentrazioni di tungsteno e alluminio nell'esavalente. E poi cerio, bismuto, silicio, oro, argento, fosforo, azoto sparsi fra l'anti papilloma e l'anti morbillo. Metalli, semi-metalli, leghe e tracce di mercurio;

tale scoperta risale al 2017 quando due scienziati di Modena, Stefano Montanari e Antonietta Gatti, grazie al loro microscopio elettronico, analizzarono 44 campioni di 30 vaccini e alcuni, come quello dell'influenza, erano presenti in più lotti dello stesso produttore. Raccolto, fotografato e misurato il contenuto, ne risultò pulito soltanto un vaccino per i gatti. Notarono, così che non si trattava di sostanze disciolte ma di nanoparticelle di varie dimensioni (da 100 nanometri a oltre 10 micron) e la quantità di particolato estraneo rilevata lasciò sconcertati i due ricercatori, soprattutto perché i materiali inorganici identificati non erano né biocompatibili né biodegradabili, ma bioresistenti (ovvero non venivano in alcun modo modificati/smaltiti dall'organismo),

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo intenda fornire delle spiegazioni circa la scarsa attenzione verso la terapia di derivazione plasmatica per il trattamento del COVID-19, visti gli ottimi risultati già ottenuti presso i presidi ospedalieri di Pavia e Mantova;

come mai il Governo abbia deciso di investire centinaia di milioni di euro, soldi dei contribuenti, con l'esperto di nanochip, Bill Gates in ricerche per soluzioni costose, oltre che dannose come i vaccini e ancora tutte al di là da venire, piuttosto che impegnare al momento tali risorse nella sieroterapia, che da moltissimo tempo dà risultati promettenti e che con il Coronavirus si sta rivelando efficace.