SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVIII LEGISLATURA ------
320a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO STENOGRAFICO (*)
MARTEDÌ 27 APRILE 2021
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Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI,
indi del vice presidente ROSSOMANDO
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(*) Include gli ERRATA CORRIGE pubblicati nei Resoconti delle sedute n. 324 del 6 maggio 2021 e n. 120 del 31 ottobre 2023
(N.B. Il testo in formato PDF non è stato modificato in quanto copia conforme all'originale)
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N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Forza Italia Berlusconi Presidente-UDC: FIBP-UDC; Fratelli d'Italia: FdI; Italia Viva-P.S.I.: IV-PSI; Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: L-SP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico: PD; Per le Autonomie (SVP-PATT, UV): Aut (SVP-PATT, UV); Misto: Misto; Misto-IDEA e CAMBIAMO: Misto-IeC; Misto-Liberi e Uguali: Misto-LeU; Misto-Movimento associativo italiani all'estero: Misto-MAIE; Misto-+Europa - Azione: Misto-+Eu-Az.
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RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 15,02).
Si dia lettura del processo verbale.
LAFORGIA segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 22 aprile.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori
PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.
Governo, composizione
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato la seguente lettera:
«Gentile Presidente,
informo la Signoria Vostra che con decreto del Presidente della Repubblica in data odierna, adottato su mia proposta, previa approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 10, comma 3, della legge 23 agosto l988, n. 400, della delega di funzioni conferite dal Ministro dell'economia e delle finanze, è stato attribuito il titolo di Vice Ministro al Sottosegretario di Stato presso il medesimo Dicastero on. Laura CASTELLI
F.to Mario Draghi».
Sui lavori del Senato
PRESIDENTE. La Conferenza dei Capigruppo, riunitasi giovedì 22 aprile, ha stabilito che nella seduta di domani avrà luogo la discussione congiunta delle mozioni nn. 341, 342 e 343 di sfiducia individuale nei confronti del Ministro della salute, a prima firma rispettivamente dei senatori Ciriani, Paragone e Crucioli. Per l'illustrazione di ogni singola mozione sono previsti cinque minuti. Ciascun Gruppo avrà a disposizione dieci minuti per la discussione congiunta e dieci minuti per le dichiarazioni di voto. Per la votazione delle mozioni saranno indette tre chiame.
Comunico, inoltre, che nella seduta di question time di giovedì 29 aprile, alle ore 15, è prevista la presenza dei Ministri degli affari esteri, del lavoro e delle politiche sociali.
Restano confermati gli altri argomenti già previsti dal calendario della settimana corrente.
Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista della trasmissione alla Commissione europea del Piano nazionale di ripresa e resilienza e conseguente discussione (ore 15,07)
Approvazione della proposta di risoluzione n. 1. Reiezione delle proposte di risoluzione nn. 2 e 3
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: «Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista della trasmissione alla Commissione europea del Piano nazionale di ripresa e resilienza».
Ha facoltà di parlare il presidente del Consiglio dei ministri, professor Draghi.
DRAGHI, presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli senatori, sbaglieremmo tutti a pensare che il Piano nazionale di ripresa e resilienza, pur nella sua storica importanza, sia solo un insieme di progetti tanto necessari quanto ambiziosi, un insieme di numeri, di obiettivi, di scadenze. Vi proporrei di leggerlo anche in un altro modo: metteteci dentro le vite degli italiani, le nostre ma soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno, le attese di chi più ha sofferto gli effetti devastanti della pandemia, le aspirazioni delle famiglie preoccupate per l'educazione e il futuro dei propri figli, le giuste rivendicazioni di chi un lavoro non ce l'ha o lo ha perso, le preoccupazioni di chi ha dovuto chiudere la propria attività per permettere a noi tutti di frenare il contagio, l'ansia dei territori svantaggiati di affrancarsi da disagi e povertà, la consapevolezza di ogni comunità che l'ambiente va tutelato e protetto.
Nell'insieme dei programmi che oggi presento alla vostra attenzione c'è però anche e soprattutto il destino del Paese, la misura di quello che sarà il suo ruolo nella comunità internazionale, la sua credibilità e la sua reputazione come fondatore dell'Unione europea e protagonista del mondo occidentale. Non è dunque solo una questione di reddito, lavoro, benessere ma anche di valori civili, di sentimenti della nostra comunità nazionale che nessun numero, nessuna tabella potranno mai rappresentare.
Dico questo perché sia chiaro che, nel realizzare i progetti, ritardi, inefficienze e miopi visioni di parte anteposte al bene comune peseranno direttamente sulle nostre vite (soprattutto su quelle dei cittadini più deboli e dei nostri figli e nipoti) e forse non vi sarà più tempo per porvi rimedio.
Nel presentare questo documento al quale è strettamente legato il nostro futuro, vorrei riprendere, specie all'indomani della celebrazione dell'anniversario della liberazione d'Italia, la testimonianza di uno dei Padri della nostra Repubblica. Scriveva Alcide De Gasperi nel 1943: «vero è che il funzionamento della democrazia economica esige disinteresse, come quello della democrazia politica suppone la virtù del carattere. L'opera di rinnovamento fallirà se in tutte le categorie e in tutti i centri non sorgeranno degli uomini» - diremmo oggi delle persone - «disinteressati, pronti a faticare e sacrificarsi per il bene comune». (Applausi). «A noi l'onere e l'onore di preparare nel modo migliore l'Italia di domani».
Prima di concentrarmi sulla descrizione del Piano, vorrei ringraziarvi per il prezioso lavoro di interlocuzione con istituzioni e parti sociali svolto dal Parlamento. La buona riuscita del Piano richiede uno sforzo corale delle diverse Istituzioni coinvolte e un dialogo aperto e costruttivo. Il Parlamento ha effettuato con rapidità - ne sono consapevole - un ingente lavoro di sintesi delle osservazioni e istanze di numerosi enti istituzionali, associazioni di categoria ed esperti, che ha contribuito alla fase finale di definizione del Piano. Tale lavoro di sintesi si è affiancato all'intensa collaborazione tra i diversi Ministeri a vario titolo coinvolti nella predisposizione del Piano. Si tratta di un lavoro che ha beneficiato grandemente dell'azione già svolta dal precedente Governo.
Ringrazio anche le Regioni, le Province e i Comuni, il cui ruolo - come sappiamo e vedremo - va ben oltre le consultazioni. Gli enti territoriali sono determinanti per l'attuazione e la riuscita del Piano.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha tre obiettivi principali. Il primo, con un orizzonte temporale ravvicinato, risiede nel riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica. La pandemia ci ha colpito più dei nostri vicini europei: abbiamo raggiunto il numero di quasi 120.000 morti per il Covid-19, a cui si aggiungono i tanti mai registrati; nel 2020 il PIL si è ridotto dell'8,9 per cento e l'occupazione del 2,8 per cento, ma il crollo delle ore lavorate è stato pari all'11 per cento e questo dà la misura della gravità della crisi. I giovani e le donne hanno sofferto un calo di occupazione molto superiore alla media, particolarmente nel caso dei giovani facenti parte della fascia di età compresa tra i quindici e i ventiquattro anni.
Le misure di sostegno all'occupazione e ai redditi dei lavoratori hanno notevolmente attutito l'impatto sociale della pandemia, che tuttavia si è sentito soprattutto tra le fasce più deboli della popolazione. Tra il 2005 e il 2019 (quindi fino al momento della pandemia) il numero di persone sotto la soglia di povertà assoluta è salito dal 3,3 al 7,7 per cento (veniamo quindi da una storia di crescente povertà assoluta) ed è poi aumentato fino a quasi il 9,5 per cento nel 2020. Ancora una volta, ad essere colpiti sono stati donne e giovani e, ancora una volta, soprattutto nel Mezzogiorno. Con una prospettiva più di medio e lungo termine, il Piano affronta alcune debolezze che affliggono la nostra economia e la nostra società da decenni: i perduranti divari territoriali, le disparità di genere, la debole crescita della produttività e il basso investimento in capitale umano e fisico. Infine, le risorse del Piano contribuiscono a dare impulso a una compiuta transizione ecologica.
Il Piano è articolato in progetti di investimento e riforme. L'accento sulle riforme è fondamentale. Queste, non solo consentono di dare efficacia e rapida attuazione gli stessi investimenti (senza queste riforme, dispero di spendere tutti questi soldi: insomma, è difficilissimo già ora), ma anche di superare le debolezze strutturali che hanno, per lungo tempo, rallentato la crescita e determinato livelli occupazionali insoddisfacenti, soprattutto per giovani e donne.
Le riforme e gli investimenti sono corredati da obiettivi quantitativi e traguardi intermedi e sono organizzati in sei missioni. I progetti di ciascuna missione mirano ad affrontare tre nodi strutturali del nostro Paese, che costituiscono gli obiettivi orizzontali dell'intero Piano. Si tratta di colmare le disparità regionali tra il Mezzogiorno e il Centro-Nord, le disuguaglianze di genere e i divari generazionali.
Le risorse fornite attraverso il dispositivo di ripresa e resilienza dell'Unione europea sono pari a 191 miliardi e mezzo. Il Governo ha deciso di stanziare ulteriori 30,6 miliardi per il finanziamento di un Piano nazionale complementare da affiancare al dispositivo europeo. Questo Piano complementare finanzia progetti coerenti con le strategie del PNRR, che tuttavia eccedevano il tetto di risorse ottenibili con dispositivo europeo. PNRR e Piano nazionale complementare sono stati disegnati in modo integrato. Anche i progetti del secondo, cioè del Piano complementare, avranno gli stessi strumenti attuativi.
Sono stati stanziati, inoltre, entro il 2032, ulteriori 26 miliardi da destinare alla realizzazione di opere specifiche. Queste includono la linea ferroviaria ad alta velocità Salerno-Reggio Calabria, che diventerà una vera alta velocità: quindi, non più lenta di quella esistente. Inoltre, vi sarà l'attraversamento di Vicenza, relativo alla linea ad alta velocità Milano-Venezia. È poi previsto il reintegro delle risorse del Fondo sviluppo e coesione utilizzate nell'ambito del dispositivo europeo per il potenziamento dei progetti ivi previsti per 15 miliardi e mezzo.
Nel complesso, insomma, potremo disporre di circa 248 miliardi di euro. A tali risorse, si aggiungono poi quelle rese disponibili dal programma React-EU, che, come previsto dalla normativa dell'Unione europea, vengono spese negli anni 2021-2023. Si tratta di altri fondi per ulteriori 13 miliardi. Se si tiene conto solo del Piano di resilienza e del fondo complementare, la quota dei progetti verdi è pari al 40 per cento del totale; quella dei progetti digitali è pari al 27 per cento. Il Piano destina 82 miliardi al Mezzogiorno, su 206 miliardi, per una quota dunque del 40 per cento circa. C'è una forte attenzione all'inclusione di genere e al sostegno per i giovani.
Questo Piano, se attuato bene, ha effetti significativi su tutte le principali variabili economiche. Nel 2026 il prodotto interno lordo sarà di circa 3,6 punti percentuali superiore rispetto a uno scenario di riferimento che non tiene conto dell'attuazione del Piano.
Ne beneficia anche l'occupazione, che sarà più elevata di 3,2 punti percentuali rispetto allo scenario di base nel triennio 2024-2026. Queste stime ipotizzano un'elevata efficienza degli investimenti pubblici effettuati, ma non quantificano l'ulteriore impulso che potrà derivare dalle riforme previste dal Piano e, per quanto riguarda l'occupazione femminile e giovanile, non tiene conto della clausola di condizionalità trasversale a tutto il Piano.
L'accelerazione della crescita può essere superiore a quanto riportato nel PNRR se riusciamo ad attuare riforme efficaci e mirate a migliorare la competitività della nostra economia.
Il governo del Piano è strutturato su diversi livelli. L'attuazione delle iniziative e delle riforme, nonché la gestione delle risorse finanziarie, sono responsabilità dei Ministeri e delle autorità locali, che sono chiamati a uno straordinario impegno in termini di organizzazione, programmazione e gestione. Le funzioni di monitoraggio, controllo, rendicontazione e i contatti con la Commissione europea sono affidati al Ministero dell'economia e delle finanze. È anche prevista una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio con il compito, tra l'altro, di interloquire con le amministrazioni responsabili in caso di riscontrate criticità nell'attuazione del Piano.
Voglio sottolineare l'importante ruolo svolto da Regioni ed enti locali nell'ambito di attuazione del Piano. Sono, infatti, responsabili della realizzazione di quasi 90 miliardi di investimento, circa il 40 per cento del totale, in particolare con riguardo alla transizione ecologica, all'inclusione, alla coesione sociale e alla salute.
La prima missione riguarda il tema della digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura. Nel complesso, le risorse destinate a questa missione sono quasi 50 miliardi, di cui 41 finanziati con il dispositivo europeo e 8,5 con il Piano complementare nazionale, pari al 27 per cento delle risorse totali del Piano. L'obiettivo principale è promuovere e sostenere la trasformazione digitale e l'innovazione del sistema produttivo del Paese. Abbiamo scelto di investire nella crescita dimensionale delle nostre imprese e in filiere ad alta tecnologia.
Una particolare attenzione va poi al turismo e alla cultura, ma facciamo un attimo un passo indietro rispetto a questi numeri e riflettiamo che è facile, quando si parla di digitale, parlare di fibra, di cloud, di 5G, di identità digitale, di telemedicina e delle molte altre tecnologie sulle quali proponiamo di investire. In realtà, dobbiamo chiederci per cosa la trasformazione digitale è essenziale per il nostro Paese.
Noi vogliamo che dal 2027 le nostre ragazze e ragazzi possano avere accesso alle migliori esperienze educative, ovunque esse siano in Italia. (Applausi). Vogliamo che i nostri imprenditori, piccoli e grandi, possano lanciare e far crescere le loro attività rapidamente ed efficientemente. Vogliamo permettere alle donne imprenditrici di realizzare i loro progetti; vogliamo che i lavoratori e le lavoratrici continuino ad acquisire le competenze per le professioni di oggi e di domani. Vogliamo che le persone più sole e vulnerabili possano essere assistite da operatori sanitari, dai volontari e dai loro familiari nel migliore e più tempestivo modo possibile. Vogliamo che le pubbliche amministrazioni e i loro servizi siano accessibili senza ostacoli, senza costi e senza inutile spreco di tempo. Vogliamo, insomma, accelerare l'adozione della tecnologia nel pubblico, nel privato e nelle famiglie per dare alla fine del quinquennio 2021-2026 eque opportunità a tutti, in particolare a giovani e donne e, soprattutto, a chi vive nei territori meno connessi. (Applausi).
Per il rilancio della cultura e del turismo, due settori chiave per l'Italia anche per il loro significato identitario, una prima linea di azione riguarda interventi di valorizzazione di siti storici e culturali, volti a migliorare la capacità attrattiva, la sicurezza e l'accessibilità dei luoghi. Gli interventi sono dedicati non solo ai cosiddetti grandi attrattori, ma anche alla tutela e alla valorizzazione dei siti minori. Si aggiungono misure per una riqualificazione ambientalmente sostenibile delle strutture e dei servizi turistici, che fanno leva anche sulle nuove tecnologie.
Il Piano non trascura il fatto che il rafforzamento della digitalizzazione e la spinta all'innovazione devono essere realizzati in maniera sinergica tra settori e aree di intervento.
Molte misure di cui dirò più avanti relativamente ad altre missioni, ad esempio relativamente a istruzione e ricerca o sanità, completano la strategia del Governo in questa area.
La seconda missione, denominata rivoluzione verde e transizione ecologica, si occupa dei grandi temi dell'agricoltura sostenibile, dell'economia circolare, della transizione energetica, della mobilità sostenibile, dell'efficienza energetica degli edifici, delle risorse idriche e dell'inquinamento. Essa è particolarmente importante per l'Italia perché - in parte per l'orografia, in parte per la delicatezza dei siti ambientali ma anche per gli abusi a cui è stata sottoposta - è maggiormente esposta a rischi climatici rispetto ad altri Paesi.
La missione migliora la sostenibilità del sistema economico e assicura una transizione equa e inclusiva verso una società a impatto ambientale pari a zero. La dotazione complessiva di questa missione è la più cospicua tra le sei proposte (quasi 70 miliardi, di cui 60 finanziati con il dispositivo europeo). Vi sono inoltre investimenti a supporto della transizione ecologica anche in altre missioni. Questa prevede misure per migliorare la gestione dei rifiuti e per l'economia circolare; rafforza le infrastrutture per la raccolta differenziata, ammoderna o sviluppa nuovi impianti di trattamento rifiuti.
Per raggiungere la progressiva decarbonizzazione sono previsti interventi per incrementare significativamente l'utilizzo di fonti di energia rinnovabili, per il rafforzamento delle reti e una mobilità più sostenibile. Vi è uno sforzo significativo per promuovere l'efficientamento energetico di edifici pubblici e privati.
Per il superbonus al 110 per cento sono previsti, tra PNRR e Fondo complementare, oltre 18 miliardi, le stesse risorse stanziate dal precedente Governo. Non c'è alcun taglio. La misura è finanziata fino alla fine del 2022, con estensione al giugno 2023 solo per le case popolari. È un provvedimento importante per il settore delle costruzioni e per l'ambiente.
Per il futuro, il Governo si impegna a inserire nel disegno di legge di bilancio per il 2022 una proroga dell'ecobonus per il 2023, tenendo conto dei dati relativi alla sua applicazione quest'anno, con riguardo agli effetti finanziari, alla natura degli interventi realizzati, al conseguimento degli obiettivi di risparmio energetico e di sicurezza degli edifici.
Inoltre, nella missione non sono stati trascurati i temi della sicurezza del territorio, con interventi di prevenzione e di ripristino a fronte di significativi rischi idrogeologici, della salvaguardia delle aree verdi e della biodiversità, e quelli relativi all'eliminazione dell'inquinamento delle acque e del terreno e alla disponibilità di risorse idriche.
La missione 3 dispone una serie di investimenti finalizzati allo sviluppo di una rete di infrastrutture di trasporto moderna, digitale, sostenibile e interconnessa. Per questa finalità sono allocati oltre 31 miliardi di euro. Gran parte delle risorse è destinata all'ammodernamento e al potenziamento della rete ferroviaria. Si prevede il completamento dei principali assi ferroviari ad alta velocità e ad alta capacità, per una spesa stimata in 13,2 miliardi di euro, l'integrazione tra questi e la rete ferroviaria regionale e la messa in sicurezza dell'intera rete. Vi sono poi interventi per la digitalizzazione del sistema della logistica, per migliorare la sicurezza di ponti e viadotti e misure per innalzare competitività, capacità e produttività dei porti italiani.
La missione 4, "Istruzione e ricerca", incide su fattori indispensabili per un'economia basata sulla conoscenza. Oltre ai loro risvolti benefici sulla crescita, tali fattori sono determinanti anche per l'inclusione e l'equità. I progetti proposti intendono rafforzare il sistema educativo lungo tutto il percorso di istruzione, sostenere la ricerca e favorire la sua integrazione con il sistema produttivo. Gli interventi principali riguardano il miglioramento qualitativo e l'ampliamento quantitativo dei servizi di istruzione, a partire dal rafforzamento dell'offerta di asili nido, scuole materne e servizi di educazione e cura per la prima infanzia, lo sviluppo e il rafforzamento dell'istruzione professionalizzante, i processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti, il potenziamento e l'ammodernamento delle infrastrutture scolastiche, ad esempio con il cablaggio interno di circa 40.000 edifici scolastici, la riforma e l'ampliamento dei dottorati, il rafforzamento della ricerca e la diffusione di modelli innovativi per la ricerca di base e applicata, condotta in sinergia tra università e imprese, il sostegno ai processi di innovazione e trasferimento tecnologico. A questa missione sono destinati quasi 32 miliardi di euro, di cui 1 finanziato con risorse nazionali, tramite il fondo complementare, e 31 con il dispositivo europeo.
La quinta missione è destinata alle politiche attive del lavoro e della formazione, all'inclusione sociale e alla coesione territoriale. I fondi destinati a questi obiettivi superano nel complesso i 22 miliardi di euro e ulteriori 7,3 miliardi di euro di interventi beneficeranno delle risorse del Fondo React-EU. Sono previsti investimenti in attività di formazione e riqualificazione dei lavoratori, si prevedono l'introduzione di una riforma organica integrata in materia di politiche attive e formazione, nonché misure specifiche per favorire l'occupazione giovanile. Sono introdotte misure a sostegno dell'imprenditorialità femminile e un sistema di certificazione della parità di genere, che accompagni e incentivi le imprese ad adottare politiche adeguate a ridurre il gap di genere. (Applausi).
Si è scelto poi di destinare importanti risorse alle infrastrutture sociali funzionali alla realizzazione di politiche a sostegno delle famiglie, dei minori, delle persone con gravi disabilità e degli anziani non autosufficienti. (Applausi). A queste si affiancano misure per la riqualificazione dei tessuti urbani più vulnerabili, in particolare le periferie e le aree interne del Paese, e interventi di potenziamento dell'edilizia residenziale pubblica e di housing temporaneo e sociale. Mi scuso di nuovo, ma sono le parole che sono entrate nei vari programmi.
La missione 6 riguarda la salute, un settore critico, che ha affrontato sfide di portata storica nell'ultimo anno. La pandemia da Covid-19 ha confermato il valore universale della salute, la sua natura di bene pubblico fondamentale e la rilevanza macroeconomica dei servizi sanitari pubblici. Le riforme e gli investimenti proposti con il Piano in quest'area hanno due obiettivi principali: rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio e modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario, al fine di garantire un equo accesso a cure efficaci.
La dotazione per questa missione è complessivamente di 18,5 miliardi, di cui 15,6 relativamente a finanziamenti del dispositivo europeo e 2,9 di risorse nazionali.
Particolare attenzione è stata dedicata in questa missione all'assistenza domiciliare. Il volume delle prestazioni in assistenza domiciliare aumenterà significativamente, fino a prendere in carico, entro il 2026, il 10 per cento di coloro che hanno un'età sopra i sessantacinque anni, in particolare con patologie croniche o non autosufficienti.
Il miglioramento delle prestazioni erogate sul territorio è perseguito attraverso il potenziamento e la creazione di strutture e presidi territoriali (come le case della comunità e gli ospedali di comunità), il rafforzamento dell'assistenza domiciliare, lo sviluppo della telemedicina e una più efficace integrazione con tutti i servizi socio-sanitari.
A queste misure si affiancano progetti per il rinnovamento e l'ammodernamento delle strutture tecnologiche e digitali esistenti; per il completamento e la diffusione del fascicolo sanitario elettronico; per una migliore capacità di erogazione e monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza.
Rilevanti risorse sono destinate, inoltre, alla ricerca scientifica, a favorire il trasferimento tecnologico, a rafforzare le competenze e il capitale umano del Servizio sanitario nazionale.
Nel più generale ambito socio-sanitario, si introduce un'importante riforma per la non autosufficienza, con l'obiettivo primario di offrire risposte ai problemi degli anziani. Questa misura affronta in maniera coordinata i diversi bisogni che scaturiscono dalle conseguenze dell'invecchiamento. Vogliamo che i nostri anziani possano essere messi in condizione di mantenere o riguadagnare la massima autonomia possibile, in un contesto il più possibile deistituzionalizzato. (Applausi). Dopo le sofferenze e le paure di questi mesi di pandemia, credo sia il minimo che possiamo fare.
Vediamo ora l'impatto del Piano su donne, giovani e Sud. Eliminare gli ostacoli che limitano la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è fondamentale per la ripresa del nostro Paese. Il Piano interviene sulle molteplici dimensioni del divario di genere e si inserisce nel percorso di riforma avviato con il Family Act (questo il nome della legge).
Il Governo intende lanciare entro il primo semestre 2021 la Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026. Il PNRR sviluppa le priorità di questa Strategia nazionale e le articola in un ampio programma: 4,6 miliardi sono destinati a costruire nuovi asili nido, scuole materne e servizi di educazione e cura per la prima infanzia; quasi un miliardo va a finanziare l'estensione del tempo pieno nelle scuole primarie per permettere alle famiglie - e alle madri, in particolare - di conciliare meglio la loro vita professionale e lavorativa. Il Piano prevede 400 milioni per favorire l'imprenditorialità femminile, e stanzia oltre un miliardo per la promozione delle competenze in ambito tecnico-scientifico, soprattutto per le studentesse. Infine, grazie all'azione di questo Parlamento, l'assegno unico diventerà lo strumento centrale e onnicomprensivo per il sostegno alle famiglie con figli, in sostituzione delle misure frammentarie fino ad oggi vigenti.
È una riforma che rappresenta un cambio di paradigma nelle politiche per la famiglia e a sostegno della natalità. Un Piano che guarda alle prossime generazioni deve infatti riconoscere la nostra realtà demografica. Siamo uno dei Paesi con la più bassa fecondità in Europa, meno di 1,3 figli per ciascuna donna contro quasi 1,6 della media europea.
Per mettere i nostri giovani nella condizione di formare una famiglia dobbiamo rispondere a tre loro richieste: un welfare adeguato, una casa e un lavoro sicuro. (Applausi).
Oltre al piano degli asili nido, di cui ho già parlato, i giovani beneficiano delle misure per le infrastrutture sociali e le case popolari. In un prossimo decreto-legge sono previste altre risorse per aiutare i giovani a contrarre un mutuo per acquistare una casa e in particolare, oltre ad agevolazioni fiscali significative, per ridurre l'anticipo grazie all'introduzione di una garanzia dello Stato. (Applausi).
Poco meno di 2 miliardi di euro (1,8 miliardi) vanno ad accrescere la competitività delle imprese turistiche, di cui una parte importante è destinata ad incentivare la creazione di nuove imprese per chi ha meno di trentacinque anni. Potenziamo il servizio civile universale per i giovani tra i diciotto e i ventotto anni, a cui destiniamo 650 milioni per il periodo 2021-2023. Si tratta di una forma di cittadinanza attiva che, allo stesso tempo, è uno strumento di formazione e un motore di inclusione e coesione sociale. I giovani possono orientarsi rispetto allo sviluppo della propria vita professionale e, allo stesso tempo, rendere un servizio nobile alla propria comunità e all'Italia.
Sempre per i giovani investiamo 600 milioni per rafforzare il sistema duale e rendere i sistemi di istruzione e formazione più in linea col mercato del lavoro. (Applausi). Questo intervento agevola l'occupazione giovanile e, allo stesso tempo, viene incontro alle esigenze delle imprese in termini di competenze. Tra le altre misure legate all'istruzione, ribadiamo la centralità dello sport nel percorso formativo dei ragazzi e delle ragazze. (Applausi. Commenti).
PRESIDENTE. Senatore La Russa, lei è un Vice Presidente, quindi la pregherei di tenere... (Applausi. Commenti). ...senatore, la invito a stare seduto. Non le ho dato la parola, stia seduto. Non si permetta. L'Aula la dirigo io. Per cortesia, l'Aula la dirigo io. Basta.
Prego, presidente Draghi, continui.
DRAGHI, presidente del Consiglio dei ministri. Eravamo arrivati allo sport. Il Piano dedica 1 miliardo alle strutture sportive per i giovani, in parte dedicato a nuove palestre e attrezzature sportive nelle scuole, in parte a rafforzare il ruolo dello sport come strumento di inclusione sociale e di contrasto alla marginalizzazione.
Più in generale, i giovani saranno tra i principali beneficiari di tutto il piano. Gli investimenti e le riforme sulla transizione ecologica creeranno principalmente occupazione giovanile. La creazione di opportunità per i giovani nel mondo del lavoro sarà anche l'effetto naturale degli interventi della digitalizzazione, che tra l'altro, come dicevo prima, consentiranno di completare la connettività tra le scuole.
Il Piano prevede inoltre una specifica attenzione per le persone con disabilità, nell'ambito degli interventi per ridurre i divari territoriali nella scuola secondaria di secondo grado. Gli interventi per la mobilità, il trasporto pubblico locale e le linee ferroviarie favoriscono il miglioramento e l'accessibilità di infrastrutture e servizi per tutti i cittadini. È previsto un investimento straordinario sulle infrastrutture sociali nonché sui servizi sociali e sanitari di comunità e domiciliari. Il miglioramento di questi servizi sanitari sul territorio favorisce un accesso realmente universale alla sanità pubblica. Si prevede, infine, di introdurre la legge quadro sulle disabilità per semplificare l'accesso ai servizi e i meccanismi di accertamento. Nel corso dell'attuazione del Piano, l'osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità monitorerà che le riforme proposte siano adeguatamente inclusive.
La crescita del Mezzogiorno rappresenta l'altro aspetto prioritario trasversale al Piano. Il potenziale del Sud in termini di sviluppo, competitività e occupazione è tanto ampio quanto è grande il suo divario dal resto del Paese. Non è una questione di campanili: se cresce il Sud, cresce l'Italia.
Più del 50 per cento del totale degli investimenti in infrastrutture - soprattutto l'Alta velocità ferroviaria e il sistema portuale - è diretto al Sud. Gli interventi su economia circolare, transizione ecologica, mobilità sostenibile e tutela del territorio e della risorsa idrica destinano al Mezzogiorno 23 miliardi. A questi investimenti si accompagnano la riforma delle Zone economiche speciali e un robusto finanziamento della loro dotazione infrastrutturale, pari ad oltre 600 milioni.
Stimiamo che l'incremento complessivo del prodotto interno lordo del Mezzogiorno negli anni 2021-2026 sarà pari a quasi 1,5 volte l'aumento del PIL nazionale. L'obiettivo è rendere il Mezzogiorno un luogo di attrazione di capitali privati e di imprese innovative.
Come dicevo, il PNRR non è soltanto un piano di investimenti, ma anche e soprattutto di riforme. La riforma della giustizia affronta i nodi strutturali del processo civile e penale. Nonostante i progressi degli ultimi anni, permangono ritardi eccessivi. In media sono necessari oltre 500 giorni per concludere un procedimento civile in primo grado, a fronte dei circa 200 in Germania.
Il Piano rivede l'organizzazione degli uffici giudiziari e crea l'ufficio del processo, una struttura a supporto del magistrato nella fase "conoscitiva" della causa. Nel campo della giustizia civile si semplifica il rito processuale in primo grado e in appello e si dà definitiva attuazione al processo telematico, come richiesto nei mesi scorsi dal Senato.
Il Governo intende ridurre l'inaccettabile arretrato presente nelle aule dei tribunali e creare i presupposti per evitare che se ne formi di nuovo. Questo è uno degli impegni più importanti ed espliciti che abbiamo preso verso l'Unione europea. L'obiettivo finale che ci proponiamo è ambizioso: ridurre i tempi dei processi del 40 per cento per il settore civile e almeno del 25 per cento per il penale. Tutti noi vogliamo un sistema giudiziario strutturalmente più efficiente. Tutti noi vogliamo elevare la qualità della risposta del sistema.
La seconda riforma di sistema riguarda la pubblica amministrazione, sulla cui capacità di rispondere in modo efficiente ed efficace incidono diversi fattori. Tra questi: la stratificazione normativa, la limitata e diseguale digitalizzazione, lo scarso investimento nel capitale umano dei dipendenti, l'assenza di ricambio generazionale e di aggiornamento delle competenze.
La riforma interviene su quattro ambiti principali: assunzioni e concorsi, mediante una razionalizzazione delle procedure di assunzione e una programmazione degli organici mirata a fornire servizi efficienti a imprese e cittadini; buona amministrazione, grazie a una semplificazione del quadro normativo e procedurale; rafforzamento delle competenze, tramite una revisione dei percorsi di carriera, la formazione continua del personale e lo sviluppo professionale; la digitalizzazione, con investimenti in tecnologia, la creazione di unità dedicate alla semplificazione dei processi e la riorganizzazione degli uffici.
Inoltre, entro maggio, presenteremo un decreto che interviene con misure di carattere prevalentemente strutturale volte a favorire l'attuazione del PNRR e del Piano complementare.
Oltre a importanti semplificazioni negli iter di attuazione e di valutazione degli investimenti in infrastrutture, si procede a una semplificazione delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni.
Il Piano vuole anche impegnare Governo e Parlamento a una continuativa e sistematica opera di abrogazione e modifica delle norme che frenano la concorrenza, creano rendite di posizione e incidono negativamente sul benessere dei cittadini. Questi principi sono essenziali per la buona riuscita del Piano. Dobbiamo impedire che i fondi che ci accingiamo a investire finiscano soltanto ai monopolisti.
A questo fine assume un ruolo cruciale la legge annuale sulla concorrenza, prevista nell'ordinamento nazionale dal 2009, ma realizzata solo una volta, nel 2017. Intendiamo varare norme volte ad agevolare l'attività di imprese in settori strategici, come le reti digitali e l'energia. Alcune di queste norme sono già individuate nel Piano, ad esempio il completamento degli obblighi di gara per i regimi concessori oppure la semplificazione delle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti. Il Governo si impegna a mitigare gli effetti negativi che alcune di queste misure potrebbero produrre, rafforzando i meccanismi di regolamentazione e la protezione sociale.
In conclusione, devo ringraziare questo Parlamento per l'impulso politico che anima tutto il Piano: l'attenzione a ambiente, giovani, donne, Mezzogiorno che informa ogni intervento è prima di tutto frutto della vostra azione. (Applausi).
Sono certo che riusciremo ad attuare questo Piano. Sono certo che l'onestà, l'intelligenza, il gusto del futuro prevarranno sulla corruzione, la stupidità e gli interessi costituiti. (Applausi).
Questa certezza non è sconsiderato ottimismo, ma fiducia negli italiani, nel mio popolo, nella nostra capacità di lavorare insieme quando l'emergenza ci chiama alla solidarietà, alla responsabilità.
È con la fiducia che questo appello allo spirito repubblicano verrà ascoltato e si tradurrà nella costruzione del nostro futuro che presento oggi questo Piano. (Applausi).
PRESIDENTE. Avverto che le proposte di risoluzione dovranno essere presentate entro la conclusione del dibattito.
Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
È iscritta a parlare la senatrice Cattaneo. Ne ha facoltà.
CATTANEO (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, Ministri, colleghi senatori, sono otto anni che partecipo ai lavori di questo Parlamento e mai come oggi mi trovo e ci troviamo a partecipare al voto su un provvedimento di così enorme rilievo per il futuro di questo Paese.
In quest'Aula lo scorso 31 marzo intervenni sulla relazione al Piano nazionale di ripresa e resilienza allora disponibile, frutto del lavoro del Governo Conte 2; una relazione che il Senato era prossimo a licenziare all'indirizzo del Governo da lei presieduto perché ne facesse tesoro in vista del testo che oggi ci presenta. In quell'intervento affrontai principalmente tre temi, relativi alle politiche della ricerca, apprezzando alcune iniziative e avvertendo il suo Governo della forte criticità di altre.
Voglio qui ripercorrere quei punti e quelle criticità alla luce del nuovo testo, perché quest'Assemblea possa continuare a tracciare un confronto aperto e pubblico.
Il primo aspetto sul quale voglio richiamare la sua attenzione riguarda le risorse per la ricerca. So bene che studiosi e ricercatori fuori di qui avrebbero desiderato vedere allocare molti più fondi alla ricerca e veder riconosciuto il necessario investimento soprattutto nella ricerca di base, quella libera dei tanti piccoli gruppi di ricerca e laboratori, degli studiosi ossessionati da una domanda, guidati da una visione, spinti dalla perseveranza, che vengono lasciati lavorare sulla loro capacità di trasformare la curiosità per un fatto in pezzi di conoscenza per tutti. Guardate che il nostro sviluppo nasce così, in questi piccoli laboratori e gruppi di cui è disseminato il Paese, nasce in quegli studiosi ossessionati. In poche parole nasce dalla ricerca di base, umanistica e scientifica, senza la quale nessuna nuova tecnologia può essere sviluppata e quindi nessun trasferimento tecnologico può essere possibile.
Da persona che ha sempre fatto del metodo scientifico la sua bussola, talvolta risulta difficile accettare che le decisioni che si prendono in queste Aule siano frutto di molti compromessi, invece di essere chiare, nette e univoche. È bene quindi ribadire che quelli previsti dal PNRR sono importanti piani di investimento in ricerca, ma straordinari. Io mi aspetto che il Paese che si prepara - usando le parole del presidente Draghi - ad un ammodernamento riconosca la necessità di avere come voce strutturale del bilancio dello Stato fondi specifici per la ricerca di base, per gli studi in tutti gli ambiti umanistici, artistici, scientifici (Applausi); una voce di bilancio di un ordine di grandezza mai visto in passato, allocata solo ed esclusivamente in maniera competitiva e trasparente, con importi e tempistiche certe. Chiediamo l'ordinario oltre allo straordinario.
Oggi le risorse che si è scelto di investire non sono in grado di compensare la deprivazione sofferta nell'ultimo ventennio dal settore, ma rappresentano senza dubbio una base importante del rilancio della ricerca italiana e attraverso la ricerca, attività per definizione più orientata al futuro, del rilancio economico, sociale e culturale del Paese, a partire dalle aree storicamente più svantaggiate. Mi riferisco anche alla sua dichiarazione di stamattina, presidente Draghi, per cui il 46 per cento dei fondi previsti per la missione istruzione e ricerca del PNRR andranno al Meridione. L'auspicio è che si inverta la tendenza degli ultimi vent'anni in cui il sottofinanziamento sistematico della ricerca pubblica ha fortemente limitato le potenzialità delle università, in particolare di quelle situate in territori svantaggiati del Paese, di esercitare il ruolo (che sarebbe loro proprio) di motore di sviluppo e di ascensore sociale. In quei territori il numero di studenti è diminuito in misura maggiore rispetto alla media nazionale e certamente questa diminuzione non è avvenuta in maniera uniforme tra le classi sociali.
Per questo al secondo punto del mio intervento si trovano le misure per i giovani. Ho apprezzato l'enfasi che il Piano pone sul dottorato di ricerca, un percorso che deve essere pieno di ricerca e studio. Con l'aumento di 3.600 dottorati arriva il segnale atteso da anni che si è compreso come una nuova e numericamente consistente generazione di giovani, uscita da questo percorso di alta formazione, possa fecondare, con la mentalità e l'approccio del ricercatore, tutti i settori della società. Servirà però una semplificazione rispetto agli attuali settori scientifico-disciplinari, che molto spesso diventano gabbie obsolete e inutili rispetto a una formazione interdisciplinare ormai indispensabile, dove però per interdisciplinarietà non si deve intendere nessuna rinuncia all'approfondimento delle materie affrontate.
Ho dubbi, invece, sulla misura che introduce ingenti risorse per i cosiddetti 5.000 dottorati innovativi che rispondono a fabbisogni delle imprese. Credo infatti semplicemente che queste non debbano essere conteggiate come risorse per la ricerca, in quanto esulano dall'ambito proprio della ricerca.
L'Europa ci chiede di investire sui giovani e, oltre ai dottorati, un investimento, almeno della stessa portata, dovrebbe essere rivolto a quell'importante Programma per i giovani ricercatori, previsto dal Piano, per il quale le risorse andrebbero almeno raddoppiate. Quelli per i giovani ricercatori sono infatti fondi per accendere nuovi laboratori di ricerca, nuovi gruppi guidati da giovani studiosi, che si saranno conquistati le risorse per studiare e ricercare almeno per i prossimi cinque anni. Liberi, autonomi, indipendenti.
Confido nel continuo impegno della ministra Maria Cristina Messa e del Ministero dell'università e della ricerca (MUR) sull'introduzione di regole che davvero orientino questo programma nella direzione giusta, quella dell'indipendenza dei giovani ricercatori. Sarebbe un fallimento drammatico se questo programma venisse piegato ad ingrossare le file di qualche cordata accademica o non accademica egemone.
Sarebbe però bellissimo - e ne approfitto per la presenza anche della Ministra per il Sud e la coesione territoriale - vedere qui, sul Programma per i giovani ricercatori, un rafforzamento e un ampliamento dello stesso, frutto dell'impegno in sede governativa anche della Ministra per prevedere due misure - che definirei speciali - di coesione e inclusione, dedicate ad aree svantaggiate. In particolare, azioni top-up che permettano un sostanziale incremento del finanziamento vinto dal giovane studioso, anche fino al 30-50 per cento, se il progetto viene realizzato in enti al Sud o in aree interne. Questo per incentivare i processi virtuosi di contrasto alle disuguaglianze geografiche, ma anche misure speciali di parità di genere e sostegno alla famiglia per consentire alla studiosa o allo studioso, che usufruisca di un congedo di genitorialità, di nominare un sostituto di fiducia che ne faccia le veci manageriali per l'intero periodo di assenza, garantendo continuità ai progetti.
Vengo ora al terzo e ultimo punto. Nel mio intervento dello scorso 31 marzo evidenziavo il rischio che i proposti sette centri di ricerca e i probabili 20 campioni territoriali di ricerca e sviluppo menzionati nella bozza del Piano, alcuni già individuati con nome e cognome, diventassero delle cattedrali nel deserto, nuovi feudi dorati, presumibilmente finanziati a cascata, senza valutazione, né misura del merito, come succede per alcuni enti anche ora, slegati dai territori e dal resto del mondo della ricerca.
Oggi vorrei congratularmi con il MUR per aver fatto muro contro questi tentativi perché con il Programma nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che oggi ci presenta si è scelto di voltare pagina e lo si è fatto nel miglior modo possibile e lo si è fatto - lo voglio riconoscere - fino all'ultimo correggendo versioni preparatorie che raccontavano ben altro e di ben peggio. Si è affermato cioè un solido principio, presidente Draghi, che le chiedo veramente di difendere in ogni sede, e poi lo si è declinato: la pietra angolare su cui edificare le misure di promozione della ricerca è l'aver individuato per tutte le misure promosse procedure di selezione su base competitiva.
Nel piano definitivo si parla ancora di centri di ricerca, campioni territoriali, ecosistemi dell'innovazione, ma è comunque esplicitato e ribadito in più occasioni un richiamo a quelle selezioni aperte e competitive per stabilire quali progetti potranno meglio valorizzare e far emergere le eccellenze della ricerca già esistenti in tutta Italia, spesso solamente sconosciute alla politica e ai cittadini.
Inoltre, per il coordinamento delle misure del MUR è prevista la creazione di un apposito supervisory board. Dalla bontà e dall'efficacia del lavoro di quest'organo dipende l'efficacia e l'effettività di tanta parte delle misure di cui oggi leggiamo. Sono fiduciosa che nell'implementare queste soluzioni si seguirà anche quanto più volte ribadito dalla ministra Messa, ovvero non mattoni, ma investire sulla messa a bando di grandi progetti di coordinamento, sui temi stabiliti o da stabilire, a cui in tanti concorreranno, realizzando cordate in competizione tra loro, con messa in rete di strutture, talenti, professionalità, conoscenze e competenze già presenti e diffuse in tutto il Paese. Penso all'intero ecosistema della ricerca, che annovera oltre 135 enti che già si occupano di ricerca nei vari settori.
Ebbene, il PNRR che oggi ci presenta - mi è chiaro - non fa eccezione al necessario compromesso politico tra esigenze diverse e risorse che, pur in una disponibilità mai vista prima, sono scarse quando confrontate con le più disparate aspettative. In questo senso, il vincolo esterno, il rapportarsi con un soggetto erogatore come la Commissione europea, che ha preteso e pretenderà specifici oneri di finalizzazione e competizione, trasparenza e rendicontazione degli interventi, è salutare.
La fiducia degli studiosi nelle politiche italiane per la scienza, presidente Draghi, è stata persa negli anni passati, dopo anni di assegnazioni di fondi senza competizioni, in nome di eccellenze mai verificate a progetti, a ricerche, a centri nati e imposti ope legis, senza nemmeno studiare e capire se fossero necessari, se quello fosse il miglior modo di studiare e di far ricerca. La fiducia, però, si può riconquistare proprio con il coinvolgimento di tutti, con procedure quanto più possibile aperte e trasparenti; seguirle, rispettarle e implementarle dove necessario sarebbe tanto semplice quanto rivoluzionario e porterebbe un effetto virtuoso di credibilità esterna nei confronti dell'Europa che investe sul nostro rilancio, oltre che interna da parte degli studiosi verso una politica che per anni non li ha ascoltati e ne ha ignorato le esigenze.
Lo sforzo a cui siamo chiamati è fare delle risorse... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).
Presidente, chiedo cortesemente di allegare il periodo finale del mio intervento.
PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza in tal senso.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Garavini. Ne ha facoltà.
GARAVINI (IV-PSI). Signor Presidente del Consiglio, ripartire, innovare, crescere: questo Piano nazionale di ripresa e resilienza ci mette nelle condizioni di farcela, ci offre strumenti per superare le difficoltà sanitarie ed economiche e per andare oltre, affinché la crisi provocata dal Covid possa diventare quell'opportunità di cui il Paese ha bisogno da tempo, un'occasione per creare un futuro di sviluppo e progresso e per superare tanti nodi irrisolti, dalla burocrazia alla scarsa produttività, dalla disoccupazione giovanile al dislivello tra Nord e Sud del Paese. Adesso ce la si può fare, perché grazie all'Europa disponiamo di ingenti risorse.
Noi componenti del Gruppo Italia Viva abbiamo fortemente voluto un cambio di passo rispetto all'Esecutivo precedente, perché ci rendevamo conto che stavamo andando troppo a rilento e che il Governo non riusciva a mettere in campo risposte adeguate né rispetto alla gravità della pandemia, né sul piano di spesa per gli anni a venire, dunque un piano che nella versione attuale segna invece una svolta.
È di buon auspicio il fatto che la sua presentazione coincida con le prime riaperture di questi giorni. Si tratta di un testo che non è più il copia-incolla di progetti datati, ma è una vera e propria visione strategica per il Paese, che ci mette nelle condizioni di essere all'altezza delle sfide del futuro. Il nuovo testo è in sintonia con le richieste che Italia Viva sta portando avanti da tempo. Innanzitutto la parte dedicata al piano infrastrutturale: sono oltre 25 i miliardi di euro previsti per potenziare l'Alta velocità, soprattutto al Sud, e per costruire reti intermodali di collegamento che coinvolgano anche le aree periferiche. Siamo convinti che massicci investimenti in infrastrutture pubbliche siano una boccata d'ossigeno a favore della ripresa economica. Connettere le aree rurali a quelle urbane, collegare più velocemente alcune zone ancora troppo isolate non è solo un atto di equità, ma è anche un modo pratico per spingere l'economia, anche grazie ad un forte intervento di digitalizzazione sulle reti ferroviarie, sulla catena logistica di trasferimento delle merci e sui sistemi portuali, tutte scelte molto opportune, perché non possiamo accettare che il futuro di tanti nostri territori venga impedito dal numero di rotaie che ancora oggi mancano. Anche perché trasferire il traffico dai mezzi su gomma a quelli su rotaia ha un'ulteriore implicazione, ossia limitare in modo consistente le emissioni di gas serra. Ciò, peraltro, vuol dire perseguire un altro degli importanti obiettivi che intendiamo raggiungere, ossia l'abbattimento del riscaldamento climatico.
Apprezziamo anche tutto il pacchetto relativo alla conciliazione tra vita familiare e carriera professionale e al sostegno alle pari opportunità e alla genitorialità. È positivo prevedere la creazione di oltre 220.000 nuovi posti di asilo nido e oltre 1.000 mense per scuole a tempo pieno, perché rappresentano una spinta all'occupazione femminile. Il lavoro femminile, se fosse pari a quello maschile, farebbe crescere il nostro prodotto interno lordo di 88 miliardi di euro.
Il tema delle pari opportunità ha a che fare con il progresso dell'intera società e questo PNRR ne tiene opportunamente conto, a partire dalla realizzazione del Family Act e dalla necessità di creare chance per i propri giovani. Ciò è positivo perché il compito della politica oggi non può essere stanziare risorse per l'assistenzialismo, dovendosi invece intervenire sulla formazione facendo sì che diventi sempre più d'eccellenza e che vi siano sufficienti posti di lavoro capaci di garantire la realizzazione personale dei giovani all'interno del proprio Paese, senza che siano costretti a dover andare altrove.
Bisogna poi cercare di far fare passi da gigante al nostro Paese in materia di connettività, nel tentativo di recuperare i ritardi accumulati e riuscire a non perdere la sfida di quell'economia dell'innovazione, destinata a segnare la ripresa post pandemia. Per questo, sono strategici gli investimenti dedicati al mondo del sapere, alla digitalizzazione, alla formazione e alla ricerca. Puntare oltre il 20 per cento delle risorse complessive su questi ambiti vuol dire favorire la crescita economica del Paese, anzitutto attraverso la modernizzazione della pubblica amministrazione, con l'obiettivo di renderla più competente, semplice, connessa, al servizio dei cittadini e in grado di evolvere al meglio. Allo stesso tempo, significa anche prevedere uno stanziamento ambizioso attraverso il quale modernizzare le industrie produttive e il mondo del turismo e della cultura.
Strategici sono anche gli investimenti nel campo della ricerca, a partire dall'ambito medico-sanitario. L'emergenza Covid ci ha dimostrato quanto sia urgente e proficuo investire in enti di ricerca, telemedicina e modernizzazione delle strutture ospedaliere. La pandemia ci ha soprattutto insegnato che stanziare risorse per la sanità non è un costo, ma un investimento di cui beneficia la stessa economia del Paese. Sarebbe pertanto senz'altro utile fare il possibile per aumentare ulteriormente il budget per la sanità e la ricerca.
Intanto salutiamo con favore l'aumento del numero di borse di studio per dottorandi e specializzandi, come pure il potenziamento della formazione duale e continua, perché sono tutte misure che mirano ad ampliare le competenze del capitale umano, che rappresenta la risorsa più importante nella civiltà della conoscenza.
Siamo orgogliosi che questo PNRR sia una vera rivoluzione verde, in quanto stanzia anzitutto decine di miliardi di euro per interventi contro il dissesto idrogeologico e per la tutela e la valorizzazione del territorio: tutti interventi che fanno sì che la svolta ecologica diventi uno straordinario motore di crescita e benessere. In sostanza, si tratta di una serie di misure che puntano al progresso economico e sociale del Paese.
Semplice, inclusiva e green: questa è l'Italia del futuro che possiamo realizzare con le risorse di questo Piano nazionale di ripresa e resilienza, il quale crea le basi per il domani e aiuta il Paese a risollevarsi e a costruire un'Italia dinamica che, con un colpo di reni, ci porti in un futuro digitale, ecologico e prospero; un'Italia, signor Presidente, in cui tutti possano avere di nuovo un'opportunità. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Drago. Ne ha facoltà.
DRAGO (FdI). Illustri Presidenti, gentili colleghi, rispetto al Governo Conte il corpus del PNRR è rimasto sostanzialmente invariato e ciò condizionerà e indebiterà gli italiani per quasi quarant'anni.
Nel PNRR il Parlamento ha avuto competenze residuali e viene citato una sola volta al suo interno. Noi di Fratelli d'Italia riteniamo che la collaborazione tra Governo e Parlamento sia fondamentale, ma, alla stregua del Governo precedente, non si rispetta lo spazio che spetterebbe alle forze politiche. Pertanto, si dovrebbe tornare al più presto ad un equilibrio democratico, dando voce al popolo. Siamo stati autorizzati dall'Europa, ma i rappresentanti del popolo non hanno avuto neanche il tempo per discuterne i contenuti appieno. Nessuno è a conoscenza delle ripercussioni che questo programma potrà avere sulle generazioni future.
Non si può più sbagliare. I fondi destinati al Sud devono essere investiti con cognizione di causa. Al Sud dobbiamo ridare dignità alle persone, ai docenti, alle famiglie, alla natalità che è sempre stata un punto di forza ma che negli anni, a causa della recessione economica, è andata via via peggiorando, soprattutto per le fasce più deboli.
Assistiamo all'implementazione di alcuni provvedimenti, per i quali, al contrario, si parte dall'arrivo anziché dall'inizio. Mi riferisco, in questo caso, alla scuola e al piano di reclutamento dei docenti. Questo è un momento unico per poter realizzare quello che da anni si dice all'interno della scuola: trasformare le cattedre di diritto in cattedre di fatto; le cattedre di fatto in cattedre di diritto; le cattedre in deroga in cattedre di diritto.
Ma veniamo al punto che riguarda in primis le donne, le nostre insegnanti, il mondo della scuola. Dove sono le pari opportunità tanto decantate dal PNRR e dal Governo di unità nazionale? In questo modo, tutta una serie di diritti garantiti oltre che a livello nazionale anche a quello europeo (come i diritti ad avere una famiglia, una equa retribuzione, una stabile dimora, nonché il diritto ad una integrità fisica), sono tutti posti a repentaglio nel perdurare di anni di servizio fuori sede; anni d'obbligo previsti per legge. In realtà, il servizio da loro prestato è stato ampiamente duplicato, triplicato, quadruplicato.
Se si continuerà su questa scia, dove andremo a finire? Forse si ritiene più utile assicurare la temerarietà della lite? Chi ne potrebbe trarre vantaggio? Oppure siamo già in campagna elettorale, per cui 10.000-12.000 docenti sono meno appetibili di 68.000 o di 500.000? Dal 2008 ad oggi, assistiamo ad un progressivo ridimensionamento dei diritti del lavoratore dipendente fuori sede e la situazione di pandemia ne ha aggravato gli effetti. Si deve agire ora, non domani.
Presidente Draghi, signori Ministri (mi rivolgevo ai ministri Orlando, Bianchi e Brunetta, ma nessuno dei tre è presente), gentili colleghi, si tratta di semplificare. Ulteriori ed evidenti criticità avrebbero sede nei metodi di lavorazione delle pratiche di pensionamento del personale docente. Il flusso di informazioni, che dovrebbe avvenire tra SIDI (il sistema informatizzato del MIUR) e l'Inps secondo un ordine di priorità e tenendo conto dell'effettiva disponibilità dei posti destinati alla mobilità, avviene non rispettando una cronologia logica e conseguenziale, tanto che l'Inps dovrebbe riuscire a comunicare al MIUR i dati riferiti ai pensionamenti del personale docente in anticipo rispetto alla scadenza della presentazione delle domande di mobilità e, conseguentemente, prima che il SIDI venga chiuso. Ciò permetterebbe ai docenti di venire a conoscenza in tempo utile dei posti realmente disponibili ai fini della mobilità. Ciò non avviene, in quanto le pratiche dei pensionamenti vanno lavorate successivamente alla presentazione delle domande in mobilità.
Dovremo ancora semplificare, ma questo Governo preferisce non occuparsi della questione. Come si potrà porre in essere questa riforma di importanza epocale se non vi è la minima attenzione a queste problematiche? Pertanto sembrerebbe che, rispetto al Governo Conte, nulla sia cambiato.
A tale scopo, sempre per garantire e assicurare le pari opportunità, non è stata presa in considerazione la costruzione delle mense scolastiche al Sud. A fornire un servizio alla famiglia, non sono solo gli asili nido. Le mense scolastiche permetterebbero tempo pieno a scuola, studio assistito, doposcuola didattico personalizzato, aumento dell'occupazione femminile, migliore organizzazione dei tempi lavoro famiglia.
Per quanto riguarda le infrastrutture, il ponte sullo Stretto è stato assolutamente dimenticato. Suggerirei un nome: Penelope. Penelope tesseva e disfaceva la tela, così come è stato per il ponte sullo Stretto. La tela tessuta era di 3.300 metri, ma il Governo Monti ha provveduto a disfare la tela. Adesso si potrebbe rimediare e si potrebbe nuovamente permettere questa tessitura definitiva. Quindi, il ponte sullo Stretto Penelope "s'ha da fare". (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Stefano. Ne ha facoltà.
STEFANO (PD). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, Governo, colleghe e colleghi, qualcuno diceva che l'ottimo è nemico del bene ed è ciò che continuo a ripetermi da qualche ora dopo aver letto l'ultima bozza del PNRR.
Signor Presidente, non c'è campanilismo, né interesse di parte o sguardo viziato in quanto mi accingo a dire. Il mio giudizio, infatti, nasce a valle di un confronto impegnativo, irrobustito dalle considerazioni emerse con l'audizione di oltre 300 soggetti che diversamente operano nel Paese. Ho voluto audire fortemente tali soggetti in Commissione nelle diverse fasi che hanno accompagnano la redazione di questo PNRR, considerato come un'opportunità, forse l'unica, per avviare un percorso di ripartenza che ci consenta di superare antiche fragilità che la pandemia ha messo in evidenza, ma anche nuove debolezze.
Ciò premesso, sono consapevole che sia un punto di caduta significativo leggere nero su bianco alla pagina 11 di questo documento che il 40 per cento circa delle risorse territorializzabili del Piano sono destinate al Mezzogiorno, "scollinando" così la percentuale del 34 per cento legata alla mera popolazione residente. Tuttavia, non credo basti perché i parametri adottati dall'UE per assegnarci il 25 per cento della dotazione complessiva, come è noto a tutti, erano e restano tre: popolazione residente, PIL pro capite e tasso di occupazione.
Su questi tre parametri il Sud, con le sue storiche criticità, purtroppo ha trainato in negativo il saldo della valutazione, facendoci assegnare questa quota così importante. Quella del 40 per cento non è, quindi, una vittoria, tantomeno un traguardo; è semmai l'incipit - per questo ringrazio sinceramente il ministro Carfagna - di una nuova e ritrovata consapevolezza nel dover procedere a una vera e propria inversione di rotta per rimettere il Sud in collegamento non solo con il Nord, ma con tutto il Vecchio continente.
Presidente, questo è il motivo per cui non è una vittoria e nemmeno un traguardo perché personalmente il problema lo riscontro nella difficoltà o, quasi, nell'impossibilità di veder declinato quell'impegno anche nelle successive 300 pagine, a partire proprio dalla missione che territorialmente è la più significativa, ossia quella delle infrastrutture. Ebbene, in questa missione all'Alta velocità per il Sud viene assegnata una dotazione finanziaria pari alla metà dei fondi destinati al Nord, con l'esclusione radicale, tra l'altro, della dorsale adriatica da questo acceleratore della crescita. Sapevo fin dall'inizio - e l'ho detto in tutte le salse in quest'Aula - che il concetto di cantierabilità stringente che l'Unione europea ci introduceva rischiava di tradursi per il Mezzogiorno in una sorta di beffa, ma evidentemente non è bastato.
Così come non basta, signor Presidente, che l'upgrade da PNRR per l'Alta velocità nel Mezzogiorno si traduca nei previsti 100 chilometri all'ora per la Palermo-Catania o, ancora, nelle tre ore necessarie per percorrere i 300 chilometri che separano Napoli e Taranto. A tanto ammonta quella distanza. Occorreranno tre ore per percorrere 300 chilometri.
Presidente, come vede, non è un fatto di campanile poiché i numeri sono elementi oggettivi e fanno emergere in maniera evidente come la dicitura relativa all'investimento 1.2, ossia - cito testualmente - «Linee ad alta velocità nel Nord che collegano all'Europa», sottolinei una distanza siderale e per questo forse incolmabile rispetto al Sud. Le cifre per la prima indicano uno stanziamento di 8,57 miliardi, mentre per il Sud di 4,64. Numeri, laddove è stato possibile rilevarli, che non possono non destare le preoccupazioni di un intero Mezzogiorno che guarda a questo passaggio come un'occasione storica: 550 sindaci ci hanno sottoposto un appello. (Applausi). Se, poi, a queste cifre aggiungiamo alcune piegature - mi passi il termine - allora la preoccupazione di essere all'altezza di questa responsabilità e delle aspettative rischia di cadere nella rassegnazione. Mi riferisco nello specifico all'investimento 1.6 a favore delle linee ferroviarie regionali, in particolare nel Mezzogiorno, salvo poi andare a pagina 212 e leggere, a valere sulla stessa dotazione, il finanziamento della linea canavesana, della ferrovia Torino-Ceres, della Sansepolcro-Terni: tratte che nessuno potrà mai convincermi appartengano a quel Sud Italia che continua a patire più di altri ritardi e deficit di infrastrutture e servizi. Allo stesso modo, nessuno potrà mai convincermi della bontà di una scelta - anche questa politica - confermata in questo Piano, come nel precedente, che nel quadro dei porti consegna solo a Genova e Trieste la centralità di investimenti robusti e strategici, discriminando il sistema portuale del Sud Italia, che invece dovrebbe vederci tutti insieme nell'investimento geostrategico che la piattaforma del triangolo Napoli-Taranto-Gioia Tauro naturalmente ci consegna, e consegna al Paese, non al Mezzogiorno. (Applausi).
E allora, sia ben chiaro, Presidente - e lo voglio ripetere ancora -: le mie non sono rivendicazioni di campanile, ma il richiamo a un dovere politico a cui tutti ci dobbiamo sentire impegnati, se vogliamo davvero "ricucire" un Paese piegato a metà.
Per stare a un altro esempio evidente, credo personalmente che l'alta velocità debba essere un diritto universale, al Sud come al Nord; che raggiungere Roma da Lecce debba avere lo stesso valore, quindi la stessa accessibilità, che farlo da Firenze o da Milano. Non è più tollerabile avere due Paesi in uno. (Applausi).
Per questo, Presidente, in questo luogo, con la responsabilità che sento nel continuare a sostenere questo Governo in passaggi significativi, ho il dovere di chiederle senza filtri un impegno chiaro ad aprire sin da ora un set di paracadute per il nostro Mezzogiorno. Lo ripeterò fino a rischiare di sembrare ossessivo: il requisito della cantierabilità non può essere l'alibi per tradire un impegno che anche l'Europa ci ha chiesto. (Applausi).
Un'altra grande preoccupazione mi assale: se l'individuazione degli investimenti per le infrastrutture è stata fortemente condizionata dal criterio dell'immediata cantierabilità, per cui i primi continueranno a essere primi, non vorrei che, in una logica perversa di premio a chi è più pronto, a chi è più attrezzato, a chi ha più organizzazione, anche le risorse destinate alle altre missioni e agli altri obiettivi strategici vengano assorbite - diciamo così - con maggiore rapidità e consistenza dalle amministrazioni più grandi e più attrezzate. Qui c'è tutto un tema che investe, ad esempio, le città intermedie, che sono un pezzo importante del Paese, che non possono restare in una sorta di limbo, strette tra le città metropolitane e le aree interne. La prova del nove l'avremo con il bando sugli asili nido: scade il 21 maggio senza che in esso sia stata indicata alcuna quota riservata al Sud, dove c'è la maggiore deficienza, presentando, anzi, modalità che, a mio avviso, favoriranno chi è più avanti, chi ha un'organizzazione amministrativa più strutturata. Ecco perché, allora, Presidente, le chiedo alcuni impegni, e vado a concludere.
Il primo è quello di riprogrammare da subito le risorse rivenienti dalla sostituzione del finanziamento delle opere infrastrutturali con i fondi di cui al PNRR secondo il rispetto del vincolo territoriale originario o quantomeno con la finalità di continuare a ridurre gli squilibri infrastrutturali tra le varie aree del Paese. Un esempio su tutti, la Napoli-Bari e quel finanziamento della Banca europea per gli investimenti (BEI) che deve essere conservato nella originaria destinazione. (Applausi).
Le chiedo ancora, signor Presidente, di inserire entro i prossimi tre mesi i progetti espunti dal Piano in ragione dei criteri di tempo e di cantierabilità, come l'estensione dell'Alta velocità lungo tutta la dorsale adriatica, nella programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione e nelle relative linee di finanziamento, nonché di rivedere nell'immediato il contratto di programma con RFI per la parte investimenti, per portare a sistema l'Alta velocità in tutto il Paese. Mi creda, signor Presidente del Consiglio: è un fatto di civiltà, oltre che di buon senso. Confido in lei e nel ministro Carfagna, nel quale ripongo grande stima, ma non smetterò mai di combattere questa battaglia. Lo devo alla mia terra e lo devo anche un po' ai miei figli. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Monti. Ne ha facoltà.
MONTI (Misto). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, se dovessi elencare i motivi per i quali apprezzo pienamente il PNRR da lei presentato, i quattro minuti a mia disposizione non basterebbero. Parlerò allora non del corpo del Piano, ma della sua anima, le riforme, su cui ha detto parole importanti.
Qualche giorno fa, con un piccolo gruppo di quindicenni, parlavo del PNRR e spiegavo loro che questo è un piano che l'Europa e l'Italia stanno facendo per loro. Uno di loro mi ha domandato: «Investimenti? Bene, capisco. Ma le riforme che c'entrano?». Mi sono spiegato così e non so se lei, signor Presidente, sarà d'accordo. In primo luogo, le riforme sono quelle riparazioni al motore dell'economia e della società italiane, necessarie per trasformare i soldi europei in crescita, in lavoro e in riduzione delle inequità e degli squilibri. In secondo luogo, se quelle riparazioni non saranno fatte, i soldi europei non arriveranno proprio. In terzo luogo, anche senza i soldi europei, in realtà quelle riforme andrebbero fatte, se vogliamo andare avanti come Paese.
Le riforme in Italia devono farle gli italiani e non c'è scorciatoia: il Governo, il Parlamento, i cittadini e le imprese. Ogni riforma però è scomoda, costa sacrifici a qualcuno, soprattutto quelle legate alla concorrenza e costa voti. Ci vuole una spinta. Non basta credere, se ci si crede, che il futuro sarà migliore per tutti - più crescita e più equità - una volta fatte le riforme, ma ci vuole una spinta. Essa può venire dall'interno, ovvero dalla lenta evoluzione della mentalità e della cultura politica, economica e civile o può venire dall'esterno, in particolare dall'Europa e dai mercati. L'Italia, se guardiamo indietro, di solito ha fatto riforme in connessione con l'Europa: nel 1996-1997 con un grosso miraggio, ovvero l'ingresso nell'euro, e nel 2011-2012 con una grossa pressione dell'Europa e dei mercati. Da qualche anno, mi riferisco comunque a prima della pandemia, l'Europa ha tenuto un atteggiamento accomodante nei controlli sulle finanze pubbliche dei Paesi e nella politica monetaria. In Europa, non solo in Italia, da qualche anno le riforme sono ferme, non si sono più fatte e sono iniziate le controriforme. Anche in quest'Aula, negli anni scorsi, ne siamo stati testimoni. Cioè rispetto a una moderna economia sociale di mercato si sono fatti passi indietro e oggi, anche sotto l'impatto della pandemia - ho quasi concluso, signora Presidente - ci si sta sempre di più rintanando nei concetti di Stato papà e di Europa mamma.
Signor Presidente del Consiglio,ha fatto, a mio avviso, molto bene a fare una distinzione tra i disavanzi e i debiti. Mi permetterei però di raccomandarle, visto che in questo momento dobbiamo evitare arretramenti nella mentalità e nella cultura e, se possibile, andare avanti... (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. Grazie, senatore Monti. Può consegnare il testo del suo intervento, affinché venga allegato al Resoconto della seduta odierna.
È iscritta a parlare la senatrice Tiraboschi. Ne ha facoltà.
TIRABOSCHI (FIBP-UDC). Signor Presidente, signori Ministri, onorevoli colleghi senatori, lei presidente Draghi ha appena detto che il Piano nazionale di ripresa e resilienza è solo una parte, certamente molto importante, di una più ampia e ambiziosa strategia per l'ammodernamento del nostro Paese, che sarà completo, se noi sapremo coniugare capacità progettuale e concretezza con l'immaginazione e la creatività. Io aggiungo che sarà completo, se sapremo anche restituire con generosità e senso di appartenenza alla comunità italiana quanto abbiamo tolto indebitamente a chi non aveva colpa, se non di essere nato in un periodo sfortunato.
Dovremmo in qualche modo favorire, senza una competizione forte che non aiuta, l'ibridazione tra Nord e Sud - sono due culture nettamente differenti - tra aree urbane e aree interne, tra competenze scientifiche e competenze artistiche e letterarie, tra giovani e meno giovani e - io dico anche - tra chi ha più meriti, perché con fatica e sacrifici è riuscito a conquistare competenze, magari non così specialistiche, e chi ha più competenze verticali e specialistiche, ma meno meriti, perché si è trovato in una condizione più favorevole ai nastri di partenza, appartenendo a famiglie sicuramente migliori da un punto di vista economico e culturale.
Insomma, signor Presidente, dobbiamo ricominciare a raccontare qualche storia di riscatto con grande orgoglio, quell'orgoglio italiano che ha fatto grande il nostro Paese, soprattutto se pensiamo al ventennio della grande crescita economica, quella dagli anni Cinquanta al 1973. Dico questo perché dobbiamo dare a molti quelle chance che non hanno più: mi riferisco a quelle persone che, senza magari avere alcuna voglia di abbandonare la loro terra di origine, si sono dovute trasferire dal Sud al Nord e in certi casi hanno dovuto lasciare addirittura l'Italia e andare all'estero.
Faccio una seconda osservazione veloce sulle misure volte a eliminare le restrizioni alla concorrenza per favorire la crescita economica e l'equità. Tutto quello che favorisce il gioco competitivo non può che essere accolto favorevolmente. Cosa ben diversa, però, presidente Draghi, è la declinazione di queste misure su altri settori, quelli che io considero un po' meno strategici, anche se sono molto importanti per il PIL del nostro Paese.
Sono strategici i porti, la logistica, l'energia, le reti digitali - questo sì - e non bisogna assolutamente impedire misure che favoriscano la concorrenza e che quindi vadano a togliere quegli abusi di posizioni dominanti. Tuttavia, su settori come il turismo e il commercio, per esempio, che sono stati profondamente colpiti da questa pandemia - ma, mi lasci dire, erano settori che non esprimevano il massimo del loro potenziale già prima della pandemia - secondo me va assolutamente fatta una riflessione, perché le tecnologie, la digitalizzazione e tutto quello che stiamo osservando imporranno una ristrutturazione profonda e, come lei dice, anche l'impostazione di filiere. Mi è piaciuto molto questo termine in luogo di quello di imprese, perché solo attraverso la creazione di filiere e quel cuscinetto che costituisce per le imprese che sono un po' più piccole l'ecosistema di protezione, noi riusciamo ad esprimere... (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. Senatrice, se lo ritiene, può consegnare il testo completo del suo intervento.
È iscritta a parlare la senatrice Faggi. Ne ha facoltà.
FAGGI (L-SP-PSd'Az). Pochi minuti di intervento, gentile presidente Draghi, che per me sono un onore e una possibilità più unica che rara.
La seguo da sempre perché chi, come lei, ha ricoperto ruoli istituzionali di grande importanza per meriti e fatiche personali ha una visione sicuramente più profonda e scevra dagli impoverimenti della semplice logica politica.
Citerò quattro sue dichiarazioni che sembrerebbero rilasciate recentemente, tanto sono attuali rispetto al contesto che stiamo purtroppo vivendo e che invece sono di dieci anni fa e testimoniano dolorosamente l'immobilismo che avvolge il Paese Italia. La prima dichiarazione è in un'intervista al «The Wall Street Journal» del 2012 nella quale dichiara che nel nostro impianto istituzionale i livelli di rapporto debito-PIL sono eccessivi. Non ci sono alternative al consolidamento fiscale, che non dobbiamo negare avere un effetto recessivo nel breve termine, ma in futuro, attraverso il cosiddetto canale della fiducia, la crescita economica verrà riattivata». E ancora: Una austerity buona è quando si riducono le tasse, e la spesa pubblica la si concentra sulle infrastrutture e sugli altri investimenti.
La seconda riguarda una lettera della BCE al Governo italiano nel 2011: «È necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali».
La terza dichiarazione è tra le Considerazioni finali da Governatore della Banca d'Italia del 2011: «L'Italia è indietro nella dotazione di infrastrutture rispetto agli altri principali Paesi europei, pur con una spesa pubblica che dagli anni Ottanta è stata maggiore in rapporto al PIL».
Anche l'ultima dichiarazione è contenuta nelle Considerazioni finali da Governatore della Banca d'Italia: «La scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro è un fattore cruciale di debolezza del sistema». E ancora: «Il tempo di cura della casa e della famiglia a carico delle donne resta in Italia molto maggiore che negli altri Paesi».
Signor Presidente del Consiglio, se hanno chiesto il suo autorevole aiuto per riuscire a tenere la barra dritta - come si suol dire dalle mie parti - di un'Italia alla deriva, mi sembra ora più che evidente. Questa Italia, signor Presidente, è ferma da tempo e necessita di tutto e di più; e lo strumento del PNRR può essere riconosciuto come un volano di ripresa e non solo di ulteriore indebitamento. Ma è bene ricordarci, in merito alle riforme ormai indispensabili per attivare il complesso sistema del PNRR, che il gioco della camera di compensazione delle diatribe politiche non deve assolutamente riaccendersi. Le riforme - e cito quelle che sono maggiormente attenzionate, ossia pubblica amministrazione, fisco, giustizia, procedura semplificata per i lavori pubblici - non devono trovarsi sui tavoli infiniti delle Commissioni, con plichi di emendamenti prioritari, ammissibili, supersegnalati, senza relazione tecnica, testo 2, testo 3, testo 4 e via dicendo.
Non deve certo venir meno il principio di condivisione con il Parlamento, un principio di democratica rappresentatività, ma in questo frangente di difficoltà sarebbe importante introdurre anche un approccio di metodologia legislativa più innovativa, più semplice e snella. Fare riforme con le stesse tempistiche a cui siamo abituati da decenni è ormai impensabile. Lo scatto di orgoglio, di autentica e convinta ripresa, a cui gli italiani vogliono credere fermamente, deve trovare in questo Parlamento e in questo Governo un alleato principe, un pilastro su cui poggiare con sicurezza le scelte che verranno operate. In difetto, si fermerebbe il processo di trasformazione richiestoci da più parti e da sempre rimandato. Un Paese come il nostro, allo stremo, non reggerebbe più. Le sue parole all'Europa di pochi giorni fa - garantisco io - risuonano nella mente di tutti noi: ci sta tutta la sua autorevole fermezza, ma anche la sua preoccupazione, a cui umilmente associo la mia personale di donna, di madre e anche di senatore del Gruppo Lega-Salvini Premier.
Vorrei citare un'altra sua frase, pronunciata al meeting di Rimini 2020: privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza. Questa è la vera sfida che non dobbiamo perdere. Abbiamo la forza, abbiamo gli strumenti, abbiamo il coraggio e quella straordinaria capacità di reinventarci anche dopo essere caduti; facciamo buon uso di queste preziose capacità e di questa occasione. Grazie per la sua attenzione. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Piarulli. Ne ha facoltà.
PIARULLI (M5S). Signor Presidente, illustri membri del Governo, colleghe e colleghi, con estremo interesse ho ascoltato le comunicazioni del presidente Draghi su un Piano - quello di cui discutiamo oggi - frutto anche dell'impegno del precedente governo Conte, grazie al quale l'Italia è la prima a beneficiare in valore assoluto - dobbiamo ricordarlo - dei fondi del programma Next Generation EU. Oggi, grazie a lei, dobbiamo concretizzare i nostri progetti per rilanciare l'Italia.
Il PNRR deve essere lo strumento attraverso il quale si riducono le disuguaglianze, la povertà e l'esclusione sociale, tutti fattori, purtroppo, che sono endemici nella nostra società. Deve essere lo strumento che permetterà al Paese di essere accompagnato in quel piano di riforme strutturali che aspettiamo da tempo. Più diritti ai giovani e a chi vive nei territori più svantaggiati del Paese.
A proposito del tema Sud, la percentuale del 40 per cento di risorse nel PNRR, che equivale a circa 83 miliardi destinati al Sud, è certamente un primo passo. Condivido il fatto che da questa cifra sia stato escluso, come lei ha detto, il React EU, uno strumento autonomo che assegna al Sud 8,4 miliardi, così come il Fondo sviluppo e coesione, che insieme non contribuiscono a determinare quel 40 per cento. Ma occorre fare di più.
Oggi 500 sindaci del Sud hanno richiesto perequazione. Desidero, da donna del Sud, un Sud connesso con il resto del Paese, che attragga investimenti, che valorizzi le bellezze del nostro territorio e dei nostri mari, prevedendo impianti di depurazione delle acque reflue. Vorrei un'intensificazione dei trasporti. Il Sud ha una serie di potenzialità: sfruttiamole e cogliamo questa opportunità, superiamo le differenze, coinvolgiamo tutti gli attori della società e provvediamo a questo rilancio.
Confido nella sua sensibilità per quanto riguarda la particolare attenzione rivolta alle donne e all'imprenditoria femminile, garantendo maggiori investimenti, ma anche maggiori servizi, proprio perché la donna non deve trovarsi di fronte alla scelta lavoro o famiglia.
Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, abbiamo sempre sentito parlare di svecchiamento della pubblica amministrazione. Le voglio ricordare che sono un direttore di carcere e l'ultimo concorso - lo ripeto a me stessa - è stato espletato nel 1997. Lei ha parlato di giovani, ma vedo che nella riforma Brunetta si parla ancora di preselezioni per titoli ed esperienza, ma questi giovani avranno la possibilità di lavorare? Riserviamo i titoli e l'esperienza a quei concorsi in cui siano richieste determinate competenze.
Poi parliamo di giustizia e della necessità di accelerare i processi, proprio perché l'Italia diventi più competitiva anche da un punto di vista economico e possa attrarre investitori europei. Va bene l'ufficio per il processo e il programma assunzionale e mi auguro, anche qua, di giovani. È giusto altresì implementare la magistratura ordinaria, proprio perché senza le risorse umane non si va da nessuna parte. Mi auguro che ci siano la digitalizzazione e l'innovazione attese, che, nella maniera più semplice, potranno essere realizzate dai giovani, che in questo modo riusciranno a rendere anche più semplice la vita ai cittadini.
Ho sentito parlare con molto entusiasmo del fascicolo elettronico, già previsto da alcune normative. Io mi auguro che possa essere esteso a tutti i settori, alle ASL e agli ospedali, in modo che la tutela della salute di ciascun individuo non sia soltanto qualcosa di aleatorio, ma possa diventare una questione concreta, tale per cui, in qualsiasi momento, utilizzando il fascicolo elettronico, si possa comprendere la situazione del paziente.
Sono anche molto contenta che abbia parlato di sport... (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. Grazie, senatrice. Può consegnare il testo del suo intervento affinché sia allegato agli atti.
È iscritta a parlare la senatrice Bonino. Ne ha facoltà.
BONINO (Misto-+Eu-Az). Signor Presidente, ringrazio il signor Presidente del Consiglio e i Ministri.
Caro collega Stefano, non voglio fare polemica con lei, né con gli altri colleghi, però, al di là di errori formali (che io condivido), bisogna pure che gli amministratori del Sud imparino a usare le risorse. (Applausi). Basta leggere la relazione della Corte dei conti del 2019. Utilizzare bene queste risorse sarà un impegno gigantesco e una delle carenze del Sud sta proprio nel non essere in grado di impiegare le risorse; lo dice la Corte dei conti, non lo dico io per sfizio polemico, che peraltro non ho.
Signor Presidente, dopo tanto parlare e tanto elogiare il potenziale del contributo femminile, mi sarei aspettata qualcosa in più. Mi auguro tre cose: in primo luogo, che la questione femminile sia parte integrante del Programma garanzia giovani, perché esistono anche "le" giovani, con il mutuo, la casa e tutto il resto; in secondo luogo, che le donne siano presenti anche nelle questioni che riguardano il Piano Sud 2030, dove la situazione è anche più drammatica da questo punto di vista; infine, che magari si possa intervenire ancora con il programma complementare.
Signor Presidente, c'è chi pretenderebbe soldi senza riforme e chi, invece, come me, pensa che le riforme sarebbero necessarie anche senza soldi, anche se non ci fossero, e da tanto, tanto tempo.
Infine, lei, signor Presidente del Consiglio, ha molto parlato di giustizia, sanità, attenzione ai disabili e sono molto contenta che la signora ministro Cartabia sia oggi qui con lei. Conoscete questo signore? (La senatrice Bonino mostra un'immagine). Oggi si è svolto ad Arezzo un processo che ha del grottesco.
PRESIDENTE. Mi scusi, senatrice, ma ha terminato il tempo.
BONINO (Misto-+Eu-Az). Manca ancora un minuto. Walter De Benedetto è affetto da artrite reumatoide; l'unica cosa che gli dà sollievo sono i cannabinoidi, che sono legali nel nostro Paese. Lui ha una ricetta, ma se ne può fare carta straccia, perché i cannabinoidi non ci sono. Noi ne produciamo troppo pochi e li importiamo dall'Olanda con il contagocce, quindi sottoponiamo "i Walter" del nostro Paese a una tortura inutile e inumana. Oggi è stato prosciolto, ma il suo amico che lo aiutava a coltivare è stato invece incolpato. Capisce la mobilitazione della polizia, giudici, avvocati, tutto l'ambaradan possibile e immaginabile per un processo grottesco. Poveraccio, non riesce neanche a muoversi e, per non urlare per il dolore, gli servono i cannabinoidi, che non ho trovato neanche io. (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. Mi dispiace molto, ma il tempo a sua disposizione è finito davvero.
È iscritta a parlare la senatrice Caligiuri. Ne ha facoltà.
CALIGIURI (FIBP-UDC). Signor Presidente, presidente del Consiglio Draghi, Ministri, colleghi, il tema di cui oggi discutiamo ha una rilevanza talmente tanto grande da rendere superfluo il sottolinearla; d'altra parte, però, probabilmente non sarà mai abbastanza, alla luce dello sforzo che nei prossimi anni si chiederà agli italiani per ripagare il debito.
Il Presidente del Consiglio ha ragione quando dice che questo Piano contiene le vite degli italiani, le nostre ma soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno; vi sono dentro i sentimenti della nostra comunità nazionale, che nessun numero o tabella potranno mai rappresentare. Purtroppo il nostro Paese era in sofferenza già da prima dell'epidemia, come emerge dai dati citati anche dal Presidente del Consiglio. Ora è il momento di riconoscere le potenzialità, di cogliere le opportunità legate alle evoluzioni nei diversi settori, soprattutto riguardo al mondo del digitale. Il Presidente del Consiglio ha affermato che la tecnologia è un modo per garantire a tutti eque opportunità ed è fondamentale adottarla sfruttandola al meglio ad ogni livello. La gestione e la elaborazione dei big data - solo per fare un esempio - sono uno degli strumenti necessari per affrontare qualsiasi evento e la pandemia, purtroppo, ce lo ha insegnato.
Mi ha fatto piacere leggere di Sud Italia tra le pagine del Piano. Il 40 per cento delle risorse è destinata alla riqualificazione e ripartenza delle Regioni del Sud. Il pilastro dell'inclusione sociale deve essere una vera e propria missione, dove impiegare tutte le nostre energie, volontà e visione politica. Ripartiamo, signor Presidente del Consiglio, ma con ben chiaro un concetto fondamentale: se vince il Sud, vince l'Italia intera. È un limite continuare a pensare alle Regioni del Mezzogiorno come a un problema da gestire. Il Sud è agricoltura, patrimonio storico-culturale, turismo, sostenibilità ambientale. Il Sud è negli occhi che trasmettono tenacia e nelle spalle larghe e forti delle tante donne e dei tanti uomini che non si arrendono. Il Sud, signor Presidente del Consiglio, è una risorsa da valorizzare e promuovere al meglio delle nostre capacità ed è questo il paradigma che dovremmo adottare. Dobbiamo invertire il trend per cui bisogna lasciare le Regioni del Mezzogiorno per trovare opportunità lavorative.
Il momento per cambiare paradigma d'azione è ora. Bisogna cercare di trattenere i giovani creando sviluppo. Occorre quindi investire in infrastrutture, collegamenti per persone e scambi di merci. A tal riguardo sono opere strategiche il completamento dell'autostrada A2 e l'estensione dell'Alta velocità Salerno-Reggio Calabria - già citata dai miei colleghi - i cui primi lotti sono inclusi nel PNRR. I cittadini si aspettano l'Alta velocità su tutta la linea Salerno-Reggio Calabria. Auspico quindi un'accelerazione sull'intera progettualità, perché è provato da numeri che dove passa l'Alta velocità si assiste a una fisiologica crescita del PIL. Signor Presidente del Consiglio, è il momento di unire l'Italia. Garantendo una velocizzazione dei trasporti, si renderebbe più semplice potenziare i comparti strategici, tra cui l'agricoltura. Dobbiamo mettere in campo azioni concrete, comprendere che la ripresa e la resilienza sono legate al denaro europeo.
Al fine di concretizzare la ripartenza è fondamentale difendere e tutelare i nostri comparti strategici. Penso al made in Italy, seriamente minacciato da sistemi come il nutri-score. Il PNRR è solo una delle tante opportunità che arriveranno nel prossimo futuro. Attenzione però: non abbiamo tempo, e ricordiamo che oggi, con le procedure vigenti, le opere infrastrutturali con un costo superiore a 100 milioni hanno un tempo di realizzazione di circa sedici anni; così facendo riusciremo a spendere solo il 48 per cento delle risorse del PNRR.
Alla luce di ciò le chiedo un percorso di sburocratizzazione, un vero e proprio snellimento. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Quarto. Ne ha facoltà.
QUARTO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi e Governo, il Piano di ripresa e resilienza, pensato per guarire le profonde ferite inferte dallo tsunami pandemico, è un programma integrato di interventi per migliorare il quadro socio-economico attuale, investendo in riforme strutturali e in un chiaro e puntuale progetto per il futuro. Ora occorrerà dargli un cuore vibrante, iniettare linfa vitale nei nodi nevralgici: salute, ambiente, cultura, solidarietà, sicurezza del territorio, giovani, donne e Sud. Ora dobbiamo attuarlo, valorizzando tutte le competenze scientifiche, tecniche e professionali del nostro Paese.
È anche il momento epocale di ripensare con coraggio allo sviluppo economico, transitando da obsoleti modelli dominati da un distorto concetto di PIL ad un futuro ecosostenibile. Bob Kennedy oltre mezzo secolo fa disse che «il PIL misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta». Penso sia giunto il momento di attuare un cambio di paradigma socio-economico e avviarci sulla strada del progresso autentico, garantendo ad ogni singolo italiano che gli investimenti per la ripresa e la resilienza, che ci accingiamo a realizzare, tenderanno alla qualità della vita, all'equità sociale intergenerazionale e all'ecosostenibilità. Penso alla necessità di ridare speranza ai giovani, ulteriormente ridotta con la pandemia; agevolare il lavoro femminile, falcidiato dalla crisi pandemica; garantire il diritto di tutti - sono compresi anche i nostri fratelli non ancora esistenti - a fruire di un ambiente bello e vivibile.
Nel Piano in esame, per ciò che concerne la tutela del territorio, sottolineo il recepimento delle osservazioni fatte dal Senato al precedente sia sulla necessità di creare un'efficiente governance per la transizione ecologica, sia sul sistema della conoscenza e tutela ambientale.
Molto pregevoli i nuovi investimenti previsti per il monitoraggio e la previsione degli effetti del cambiamento climatico, la rinaturalizzazione di aree del Po, la bonifica dei siti inquinati orfani, il ripristino e la tutela dei fondali e degli habitat marini, la digitalizzazione dei parchi naturali.
Devo però constatare che il parere del Senato sulla necessità di aumentare i finanziamenti per la prevenzione dei rischi naturali è stato disatteso; anzi, per il contrasto al dissesto idrogeologico c'è una decurtazione: saranno investiti solo 2,5 miliardi, l'equivalente dei danni attesi in un solo anno. Così facendo accumuleremo debito ambientale e tragedie. (Applausi). Ridurre, mitigare e prevenire gli elevati rischi naturali di un Paese geologicamente fragile non è un inutile fardello; 22 milioni di italiani vivono in aree ad elevato rischio sismico e 8 milioni sono esposti al rischio idrogeologico. Le ultime tre ricostruzioni post-sisma sono costate 40 miliardi, l'equivalente dell'adeguamento sismico di tutti gli edifici pubblici italiani. La ricostruzione costa dieci volte di più della prevenzione, oltre alle calamità sociali. Il dissesto idrogeologico causa in media danni per 2 miliardi e mezzo l'anno; prevenirlo costa cinque volte di meno ed evita catastrofi.
Auspico che in un futuro molto prossimo si possa sciogliere il nodo gordiano della sicurezza del territorio, fondamento per la tranquillità di un popolo e per lo sviluppo ecosostenibile e duraturo della Nazione.
Penso, in conclusione, che oramai occorra superare perfino il concetto di salvaguardia, tutela e custodia dell'ambiente. Dobbiamo volare verso il futuro, bonificando, rinaturalizzando e migliorando l'ambiente e il paesaggio. Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza dobbiamo spalancare le porte al futuro, rendendo la vita veramente degna di essere vissuta. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Lezzi. Ne ha facoltà.
LEZZI (Misto). Signor Presidente, la parte più interessante del Piano in esame è proprio nella premessa, che sembra scritta da qualcun altro, perché si parte dicendo che la pandemia ha colto il nostro Paese in una fase di fragilità economica e sociale, con un calo degli investimenti che ormai durava da decenni, come se le letterine arrivate da Bruxelles non fossero state firmate dal presidente Draghi e scritte dall'attuale ministro Franco; come se la cura Monti non ci fosse stata prescritta, perché non è stata voluta. È per questo che il nostro Paese è arrivato in una fase di così grave fragilità ad affrontare la pandemia. Ma l'anima di questo Piano dovrebbe essere proprio la riforma fiscale, che è quella chiave. Voi scrivete che è quella su cui poggia il rilancio del nostro Paese, ma vi sono dedicate soltanto alcune righe nel testo, perché di fatto non potete fare nulla e lo stesso presidente Draghi lo ha detto alla Camera: ci vorrebbe una forte volontà politica. Eppure, avrei voluto sapere se il disegno di legge delega partirà dalle intenzioni dell'espertissimo Brunetta o del competente Garavaglia, che avevano coperture per 270 miliardi per la flat tax o con la massimizzazione della progressività richiesta da lei. Sarebbe interessante che il Parlamento sapesse dove volete andare a tagliare, se le imposte dirette o indirette, o davvero pensate di farci credere che volete fare il contrasto all'evasione fiscale con Berlusconi, con un condannato per frode fiscale? Farebbe ridere, se non ci fosse da piangere.
Un'altra questione che voglio affrontare è quella del Sud, perché lei gongolante ha detto che avete destinato il 40 per cento delle risorse al Sud. Ebbene, sono poche e il Governo dei migliori avrebbe dovuto osservare i criteri dell'Unione europea, che dicono ben altro, ossia che, se fossero stati osservati quei criteri soltanto per il Nord, il nostro Paese avrebbe preso il 70 per cento in meno. È chiaro che la clausola del 34 per cento è ormai vecchia e obsoleta, è un criterio che non tiene più conto delle condizioni di vero e proprio degrado che sussistono al Sud. Basta che percorriate la Jonica e ancora ci volete rifilare la Napoli-Bari, che era già interamente finanziata, tra fondi nazionali e fondi europei. Vorrei capire se state sostituendo i fondi ancora una volta per il Sud, perché di questo si sta parlando. Avete già iniziato con l'agricoltura, scippando una parte di quote dei fondi europei.
Vorrei anche parlarvi dell'audacia che dovrebbe avere questo Governo, perché la grande opportunità dei fondi europei potrebbe risolvere la grande questione dell'ex Ilva. Abbiamo il grande Ministero della transizione ecologica, ma abbiamo un Ministro della sanità che non si occupa della salute di quel territorio; abbiamo un Ministro che già parla di compromessi. Voglio sapere quanti morti sono il rischio ragionato per mantenere ancora l'acciaieria; quanti malati oncologici pediatrici ancora sono il rischio ragionato per Taranto, che si trova a muoversi ancora in una bolla con l'impunità penale.
Queste sono le risposte che al Paese dovreste finalmente dare e non le lezioncine con l'excursus storico, che va dal 1950 al 1973, dimenticando che dopo sono arrivati i Berlusconi, i Craxi, i D'Alema e i Prodi e nella classe dirigente, caro presidente Draghi, di quegli anni in cui si sono diminuiti gli investimenti, c'era proprio lei. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Dal Mas. Ne ha facoltà.
DAL MAS (FIBP-UDC). Signor Presidente, vedo che in buona sostanza questo Paese rimane sempre lo stesso, non fa quel passo in avanti che dovrebbe fare ed è ancora fermo alla retorica giustizialista, della quale qualcuno non riesce a liberarsi. È questa la ragione per la quale negli ultimi giorni il Governo ha dovuto lavorare in modo non banale e rassicurare l'Europa sulle cosiddette riforme orizzontali o di contesto, di cui la giustizia è un punto centrale. Non a caso, siamo stati fermi tutti questi anni perché sulla giustizia non abbiamo potuto fare quelle riforme.
Dico questo perché la questione giustizia è diventata centrale in quanto siamo un Paese che spende più di tutti gli altri per il mantenimento dell'accusa e dove - secondo la relazione del Presidente della Corte di cassazione - il 50 per cento dei processi che arriva a dibattimento si risolve in proscioglimenti (addirittura il 70 per cento nel caso di decreto penale). Ci sono pertanto delle anomalie evidenti. È qui presente il Ministro della giustizia, che tra l'altro ringrazio anche per il bellissimo discorso che ha fatto domenica nella sua intervista alla stampa, citando il particolare momento che stiamo vivendo. Se non ora, quando faremo le riforme?
Con quanto detto prima volevo significare che questo Paese deve rimediare all'eccessiva lungaggine dei processi (otto anni per il processo civile e quattro anni per quello penale). Inoltre, la Commissione europea non ci ha chiesto ciò che invece avrebbe dovuto chiederci, ossia una Commissione d'inchiesta sull'uso politico della giustizia in questo Paese. (Applausi). Noi avremmo accettato di buon grado una tale proposta che l'Europa a buon diritto avrebbe potuto imporci.
Passo ora a un'altra questione prettamente locale, provenendo io dal Friuli- Venezia Giulia, una Regione a Statuto speciale del Nord-Est dell'Italia. Ho visto che il porto di Trieste è inserito nella centralità dello sviluppo della portualità (mi riferisco a Trieste e Genova e al rapporto tra Nord e Sud del Paese). C'è però un problema fondamentale. Se Cristo si è fermato a Eboli, nel caso dell'Alta velocità ferroviaria si è invece fermato a Bologna, perché da lì non va più avanti. (Applausi). Caro Presidente del Consiglio, mettiamoci in testa che questo è un problema centrale. Dobbiamo avvicinare quei territori. Mi rivolgo anche agli amici del Veneto, cui dico che l'autonomia speciale differenziata che giustamente stanno chiedendo può svolgersi non in contraddizione, ma in cooperazione con una Regione vicina e contermine come il Friuli-Venezia Giulia, che vivrà non solo di porto, ma anche della capacità di essere connessa con il resto d'Europa. I Paesi di Visegrád si stanno unificando nell'Alta velocità, mentre noi resteremo fuori. Attenti a questo... (Il Microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pellegrini Marco. Ne ha facoltà.
PELLEGRINI Marco (M5S). Signora Presidente, senatrici e senatori, signor Presidente del Consiglio, oggi è un giorno importantissimo per l'Italia perché discutiamo del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si tratta di uno strumento che potrà consentire al nostro Paese di uscire dalle secche di una crisi economica senza precedenti conseguente alla pandemia e potrà consentirci di ovviare a storture e lacune del nostro sistema che ci trasciniamo dietro da decenni.
Si tratta di un giorno importante e ci sarebbe molto piaciuto che a illustrare il PNRR fosse stato Giuseppe Conte, perché la nascita del Piano nazionale è ascrivibile a lui e alla maggioranza che lo ha sostenuto per tutto il 2020 e in cui ebbe un ruolo decisivo il MoVimento 5 Stelle.
Tutto nacque dalla lettera scritta da Conte il 25 marzo 2020, capace di riunire attorno a sé e all'Italia i Governi di altri 8 Paesi e di produrre uno sconvolgimento nelle politiche europee di austerity, che lei ben conosce, presidente Draghi. Nel marzo 2020 l'Europa pensava ancora di poter contrastare le drammatiche conseguenze della pandemia utilizzando MES o BEI. Colleghi, mi viene davvero da sorridere per non piangere ripensando a chi, in quest'Aula, spacciava per salvifico uno strumento miope e di fatto condannato come inefficace dalla storia delle recenti crisi finanziarie. (Applausi).
In quella lettera Conte e gli altri otto leader europei chiedevano più risorse finanziate da debito comune europeo. Da quel 25 marzo, si è innescato in Europa un dibattito che, a fine luglio 2020, ha finalmente portato alla nascita del recovery fund da 750 miliardi. Il Piano nazionale, quindi, è un risultato conseguito dal Governo Conte 2, confermato dall'attuale Esecutivo al 100 per cento nelle sue missioni e nella sua struttura. Altro che discontinuità; tra l'altro, non avrebbe potuto essere diversamente.
Il Piano e lo sforzo compiuto dal Governo Conte 2 per farlo digerire ai Paesi cosiddetti frugali andranno anche apprezzati per la loro eredità politica, culturale ed economica, perché non c'è dubbio che, ancora oggi, il cammino per il cambiamento dell'Unione europea sia tutt'altro che compiuto. È, però, parimenti indiscutibile che qualcosa di epocale e di irreversibile sia avvenuto: l'emissione di titoli di debito comune, la sospensione del Patto di stabilità, gli stimoli monetari espansivi della BCE sono una vera e propria rivoluzione.
Intorno a questi cambiamenti si sta sviluppando in Europa un dibattito che, giustamente, chiede di ampliare la carica di cambiamento che la pandemia si è portata dietro. Secondo me, se economisti come Blanchard e Pisani-Ferry proprio in questi giorni tornano a chiedere lo smantellamento di parametri anacronistici e senza alcuna base scientifica, come il 3 per cento del rapporto deficit-PIL o il 60 per cento del rapporto debito-Pil, se tutto questo sta avvenendo, vuol dire che noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo reso fertile il terreno del cambiamento e i suoi frutti germoglieranno e cresceranno sempre di più, perché queste idee cammineranno sulle nostre gambe. (Applausi).
Ci sarebbe molto piaciuto discutere e analizzare il Piano nazionale in tempi più congrui, pur rendendoci conto della vastità e della complessità dell'operazione. Per questo motivo, abbiamo chiesto e pretenderemo di essere costantemente informati dello stato di avanzamento dei progetti e del conseguimento degli obiettivi.
La responsabilità di questi tempi ristretti è ascrivibile alle spregiudicate operazioni politiche messe in essere dal mandatario Matteo Renzi e dalla crisi governativa da lui innescata. Diceva di voler a tutti i costi il MES e ora non serve più; diceva di voler più tempo per esaminare e scrivere il Piano nazionale e, invece, ha ottenuto il risultato contrario: davvero complimenti!
Io aggiungo che in questo Piano nazionale di ripresa e resilienza, il 40 per cento delle risorse territorializzabili è assegnato al Sud e questo è soltanto il primo passo di un cambio di paradigma davvero necessario. Quindi, noi ci auguriamo che questo 40 per cento quanto prima possa aumentare proprio per colmare quel gap che esiste tra Nord e Sud. Se riparte il Sud, riparte tutta l'Italia. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice La Mura. Ne ha facoltà.
LA MURA (Misto). Signor Presidente, lei ha detto che la missione 2, rivoluzione verde e transizione ecologica, è particolarmente importante, perché l'Italia è maggiormente esposta ai rischi climatici rispetto ad altri Paesi. Ha ragione, perché l'Italia è una penisola con 8500 chilometri di coste estremamente fragili e ha la più alta biodiversità europea, purtroppo compromessa, oltre ad un avanzato dissesto idrogeologico a causa di un ambiente naturale altamente antropizzato.
La risoluzione approvata dal Senato sulla precedente versione del Piano conteneva una serie di proposte a favore della biodiversità terrestre e marina, con un impegno stimato di circa 4 miliardi di euro, ovvero meno del 2 per cento del budget del recovery. Eppure, il Governo ha disatteso gli impegni assunti. Ce lo ricorda oggi anche la Lipu, che ha avviato un'interlocuzione con la Commissione europea per la parziale revisione del Piano, affinché si inserisca ciò che ha chiesto il Parlamento.
La nostra è una transizione non ecologica, ma piuttosto energetica o, meglio, il rafforzamento di uno status di lobby che fanno fatica a cambiare paradigma, come ci ha ricordato oggi ENI in audizione. Inoltre, il Piano finanzia la produzione di energia bruciando rifiuti agricoli e scarti alimentari, che sono risorse. Non si parla di agroecologia per la conservazione dei servizi ecosistemici del suolo agricolo o di sostenibilità della zootecnia. Al contrario, si sostiene lo sviluppo del biometano ottenuto da recupero energetico dei residui organici con un importo di 2 miliardi di euro: un debito che sarà spalmato sulle prossime generazioni insieme all'aumento della temperatura. Si finanzia la realizzazione di imponenti opere infrastrutturali, di comunicazione e trasporti, di energia, anche rinnovabile (sia in mare che a terra), senza una pianificazione, ma con un decreto semplificazione che depotenzierà la valutazione di impatto ambientale (VIA). Noi vogliamo il progresso, ma non vogliamo più investire il futuro dei nostri figli su un uso indiscriminato del territorio e su fonti energetiche che utilizzano ancora la combustione.
Nell'ultima versione del recovery c'è un'importante novità e di questa sono contenta. Il mare ha ora un suo spazio nel Piano con un investimento di 400 milioni di euro a favore della biodiversità marina, del ripristino degli ecosistemi degradati e della loro tutela su larga scala, preordinato - si spera - alla creazione anche di aree marine protette. Serve invertire la tendenza al degrado degli ecosistemi, potenziandone la resilienza ai cambiamenti climatici e favorendone il mantenimento e la sostenibilità di attività fondamentali non solo per le aree costiere, ma anche per le altre filiere produttive marine.
Sono contenta che si intenda, inoltre, potenziare il sistema della ricerca italiana sul mare, la dotazione di navi oceanografiche gestite dallo Stato attraverso un'Agenzia nazionale, ma in generale questo Piano disattende... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Giammanco. Ne ha facoltà.
GIAMMANCO (FIBP-UDC). Signor Presidente, presidente Draghi, membri del Governo, colleghi, fino a qualche mese fa ho temuto che l'opportunità rappresentata dal recovery andasse sprecata perché gestita con una visione di Paese che non condividevo, incentrata sull'assistenzialismo e sullo statalismo, che molti danni avrebbero potuto recare alla nostra economia.
Oggi sono decisamente più ottimista. Presidente Draghi, ho apprezzato la sua capacità di imporsi in Europa e la volontà di rendere il Paese più competitivo proiettandolo verso il futuro. All'interno di questo testo ci sono anche le proposte di Forza Italia, su cui ci siamo confrontati negli ultimi mesi di lavoro parlamentare. Abbiamo sempre creduto nella necessità di avviare una grande stagione di riforme per far ripartire il Paese. Semplificare le procedure per la realizzazione delle infrastrutture, svecchiare la pubblica amministrazione, dotarsi di un sistema della giustizia più veloce e giusto, riformare il fisco alleggerendo il carico su famiglie, lavoratori e imprese saranno il presupposto essenziale per godere a pieno dell'opportunità che ci offre l'Europa.
Tanti sono gli obiettivi del Piano, ma ve ne è uno che mi sta particolarmente a cuore, ovvero il rilancio del Sud. Gli investimenti messi in campo dovranno servire ad affermare un principio semplice, ma sacrosanto: ogni cittadino italiano deve avere le medesime possibilità, poter rivendicare gli stessi diritti e usufruire degli stessi servizi da Pantelleria a Bolzano.
Complessivamente il Sud potrà contare su una mole di risorse senza precedenti. Presidente, come ha detto anche lei, si porterà avanti un lavoro corale. Per cui, il confronto con le amministrazioni locali dovrà essere costante. Nel Meridione c'è davvero tanto da fare. Chi conosce a fondo le problematiche del territorio è fonte preziosa di suggerimenti. Ascoltare in modo attento le singole realtà potrà fare davvero la differenza.
Sarà importante impegnarsi, inoltre, affinché le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione possano finalmente trovare utilizzo tempestivo ed efficace. Solo in questo modo, infatti, la generica autorizzazione di spesa di somme ingenti a valere su questo fondo uscirà dalle secche dell'immobilismo e le risorse saranno immesse per davvero nell'economia. Fino ad allora questo Fondo sarà virtuale e non reale. Per il Sud possiamo - per esempio - da subito recuperare tanti progetti validi che sono stati accantonati e avere più coraggio e ambizione.
Abbiamo anche chiesto a gran voce che nel Piano rientrasse il ponte sullo Stretto. (Applausi). C'è stato detto che non era possibile inserirlo tra le opere realizzabili entro il 2026. Ne abbiamo preso atto, ma siamo convinti del contrario, anche perché il progetto è pronto da tempo e potrebbe partire immediatamente. Per questo temiamo che, in realtà, manchi la volontà di portarlo avanti. Lo consideriamo un errore perché abbiamo competenze, capacità e risorse per farlo. Pertanto, confidiamo che il progetto possa essere realizzato con il Fondo per lo sviluppo e la coesione. Il ponte sullo Stretto è un'opera strategica per l'Italia e per l'Europa, oltre al fatto che darebbe una risposta alla crisi di una Regione che rappresenta il Sud nel Sud. Presidente, mi riferisco alla Sicilia, dove chiediamo possa arrivare la vera Alta velocità, come dice lei.
Infine, lei sa bene che la prima tranche di aiuti dall'Europa non arriverà prima dell'estate; nel frattempo, serve agire subito per salvare tanti lavoratori onesti che, con il loro sacrificio, hanno contribuito a limitare la diffusione dei contagi.
Il virus non si propagherà più velocemente se i ristoranti chiuderanno un'ora più tardi; non sarà quell'ora a cambiare le cose. La nostra economia va sostenuta da... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore De Bonis. Ne ha facoltà.
DE BONIS (Misto). Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, Ministri, colleghe e colleghi, ho votato convintamente la fiducia a questo Governo e lei, signor Presidente, finora non ha tradito le aspettative, anche nella politica estera.
Oggi si gioca una partita vitale attorno alla suddivisione delle risorse del PNRR.
È verissimo che non si tratta di una questione di campanile, come ha detto lei: se si riprende il Sud, cresce tutto il Paese; è molto vero. Ma l'Europa ha stabilito alcuni criteri di riparto tra le varie Nazioni (PIL pro capite, popolazione e disoccupazione). Il Mezzogiorno, in base a quei criteri, ha fatto elevare notevolmente la quota dei fondi europei destinati all'Italia. Eppure, come lamentano le comunità che rappresentiamo, i criteri di ripartizione delle risorse adottati dall'Unione europea non corrispondono a quelli recepiti dall'Italia. In tal modo, il nostro Paese rischia di non colmare quel divario infrastrutturale e socio-economico che va avanti da troppo tempo. Anche nel Dopoguerra quasi tutti gli aiuti del Piano Marshall finirono nel triangolo industriale del Piemonte, della Lombardia e della Liguria, congelando ogni possibilità di sviluppo del Mezzogiorno, come evidenziato anche dall'illustre meridionalista Pasquale Saraceno.
Ciò che è accaduto con il Piano Marshall rischia di accadere di nuovo oggi con il PNRR. Dopo decenni di interventi, il ritardo nel Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord, in termini di PIL pro capite, è oggi maggiore rispetto agli anni Settanta. Le diseguaglianze e l'incidenza della povertà sono ampie, la dotazione infrastrutturale e la qualità dei servizi necessari pubblici sono insoddisfacenti. Basterebbe solo pensare alle ferrovie dello Stato e alla quantificazione economica dei costi netti del sistema per lo Stato e, per converso, alla condizione dei trasporti nazionali e locali del Sud. A Matera, città dalla quale provengo, capitale europea della cultura, i treni viaggiano ancora a scartamento ridotto; non c'è la ferrovia dello Stato, ma in compenso abbiamo la stazione.
Le risorse del recovery plan sono dunque l'ultima occasione per il Mezzogiorno, per vedere rimossi quei blocchi che il Paese si porta dietro da oltre un secolo e mezzo. Non è un caso che una rete di sindaci - riuniti nella sigla recovery Sud - ritiene che il Piano non sia rispettoso delle indicazioni comunitarie. Sulla base di questi criteri, la cifra che dovrebbe spettare al Mezzogiorno non è del 40 per cento, ma si aggira tra il 66 e il 68 per cento. Che non si tratti di calcoli avventati lo rileva anche la dichiarazione che ha fatto il ministro Carfagna.
La verità è che i vincoli territoriali suggeriti dalle commissioni, soprattutto sull'effetto di interdipendenza economica, non sono stati rispettati. È noto, infatti, che, per ogni 100 euro investiti al Sud, oltre 40 rimbalzano in termini di forniture nel resto del Paese: se dei 209 miliardi fossero destinati al Sud oltre 145 e 63 al Nord, attraverso l'effetto di interdipendenza economica, nel Mezzogiorno resterebbero 89 miliardi: il 42 sarebbe una percentuale... (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. La Presidenza la autorizza a consegnare la restante parte del suo intervento.
È iscritto a parlare il senatore Pillon. Ne ha facoltà.
PILLON (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente del Consiglio, desideravo da tempo poter interloquire con lei, e l'occasione odierna è quanto mai propizia.
L'Italia sta decidendo importanti investimenti per il suo futuro, ma d'altra parte è legittimo porsi le seguenti domande: per chi stiamo facendo tutto questo? Chi beneficerà di queste opere e di queste riforme? Per chi ci stiamo indebitando?
È notizia di questi giorni che, nel saldo tra nati e morti, abbiamo perso circa 400.000 abitanti: una città grande come Firenze. Come che sia, la tragica realtà dell'inverno demografico rischia di cancellare irreversibilmente il futuro del nostro Paese. A chi lasceremo tutto questo? A Paesi vicini, come ad esempio la Turchia, che vanta tassi di natalità più che doppi dei nostri? Parafrasando la famosa frase attribuita a Massimo D'Azeglio, dopo aver rifatto l'Italia, rischiamo di non avere più italiani a cui lasciarla.
Signor Presidente, mi perdoni se dico un'apparente banalità, ma la vita umana, a cui tutti teniamo e che è necessario appoggiare e sostenere per far ripartire la natalità, per crescere e svilupparsi nelle migliori condizioni ha necessità della famiglia. Ecco che, per aggredire seriamente il declino demografico e con esso il declino economico e sociale dell'Italia, è quanto mai necessario tornare a investire sulla famiglia. Ho usato il termine "investire" e non "spendere", perché ogni euro investito nella famiglia rende infinitamente, sia sul piano economico che su quello della crescita umana e sociale del Paese. L'assegno unico è un primo passo, ma non basta. Investiamo per la famiglia solo lo 0,9 per cento del PIL, mentre l'esperienza di Paesi vicini a noi ci dimostra che, per invertire il trend, è necessario investire almeno il 5 per cento del PIL. È necessario mettere coraggiosamente mano a riforme strutturali che garantiscano un humus in cui gli oltre 20 milioni di famiglie italiane e i quasi 10 milioni di giovani possano prosperare.
Le politiche familiari - come insegna il professor Pierpaolo Donati - devono essere soprattutto specifiche, distinte dalle pur utili politiche sociali e dalla lotta alla povertà, e mirate a promuovere il nucleo familiare e non i suoi singoli componenti. In questo senso, vanno bene le politiche di investimento, di cui alla missione 6 del PNRR, che testé ci ha illustrato, sia con riguardo alla maternità, sia con riguardo alla conciliazione dei tempi casa-lavoro, facendo attenzione tuttavia a non dimenticare che è necessario promuovere anche la paternità e garantire ai bambini una relazione equilibrata e corretta sia con la mamma, sia col papà. Signor Presidente, vanno bene gli asili nido, ma anche consentire più tempo con mamma e papà è assolutamente indispensabile.
Signor Presidente del Consiglio,vanno bene anche gli investimenti sulla casa familiare, che lei quest'oggi ha annunciato e siamo molto contenti di questo, perché così molte giovani coppie potranno coronare il loro sogno, radicandosi sul territorio e frenando la tentazione al nomadismo. C'è però un altro aspetto che sottoponiamo alla sua attenzione: l'equità fiscale. Parlo non di privilegi, signor Presidente, ma di semplice equità, perché è assurdo e contrario all'articolo 53 della Costituzione pagare tasse su redditi e spese destinate all'adempimento del dovere, costituzionalmente imposto ai genitori, di mantenere, istruire ed educare la prole. È auspicabile che si metta mano ad un'ulteriore incentivazione per tutte quelle piccole e medie imprese familiari che, col lavoro di mamma, papà, nonni e figli, fanno grande ogni giorno il nostro Paese.
Ci sono molte altre politiche familiari, signor Presidente, che vorremmo raccontarle e speriamo di poterlo fare presto, con un po' più di calma. Tuttavia, il problema della natalità non è solo una questione economica. Non è un mistero che la famiglia naturale, così come riconosciuta dalla Costituzione, sia sotto pesante attacco ideologico e sono poste all'esame anche di questa Assemblea leggi divisive e ideologiche, che vengono spinte ossessivamente in un momento in cui il Parlamento e il Paese avrebbero bisogno della massima unità e della massima coesione per superare questa emergenza. Modelli sociali para-familiari o, peggio, pseudo-familiari vengono proposti continuamente e in modo ossessivo alle giovani generazioni. Signor Presidente, tutto rischia di diventare famiglia e, conseguentemente, nulla più sarà famiglia. È chiaro che questo gigantesco esperimento di ingegneria sociale, molto caro ad alcune realtà italiane ed europee, è già in larga parte realizzato nei Paesi cosiddetti avanzati e i risultati sono là da vedere: l'individuo prende il posto della persona e la solitudine diventa la cifra demografica del tessuto sociale. In Svezia già oggi il 50 per cento degli abitanti vive da solo. Senza famiglia, le persone nascono, crescono, vivono e muoiono sole. Per questo, signor Presidente del Consiglio, per invertire il trend demografico, il trend sociale e, in definitiva, il trend culturale, è necessario restituire alle politiche familiari il posto che meritano nel bilancio pubblico, ma anche avere ben chiaro il paradigma culturale a cui vogliamo riferire la nostra azione. (Applausi).
Per fare tutto questo... (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Nugnes. Ne ha facoltà.
NUGNES (Misto-LeU). Non ci ha convinti, presidente Draghi. Non ci uniremo al coro che plaude all'evento epocale e storico di quest'Assemblea commissariata e dello scenario mediatico, colonizzato da corporazioni e oligarchie che limitano il dibattito e il pensiero discordante.
Fuori dalla bolla non siamo soli. Domenica, in piazza del Plebiscito, a Napoli, c'era il movimento dei 500 sindaci a protestare contro l'iniqua distribuzione dei fondi e ieri, a piazza Montecitorio, c'era la Società della cura: oltre 1.400 reti nazionali, organizzazioni, movimenti e i partiti della sinistra che protestavano.
Lei non rappresenta il nuovo, ma un sistema vecchio e superato dai fatti che non vuole cedere il passo. Lei rappresenta una restaurazione imposta, un modello del XVI secolo che non è adatto ad affrontare il futuro, che chiede invece giustizia sociale ed ecologica, fuori dalla crescita infinita in un mondo finito, fuori dalla competitività sfrenata e dal mito della privatizzazione dei servizi - le cui magnificenze lei celebra e rilancia ancora - che hanno mostrato i nervi scoperti del fallimento sin dalla crisi del 2008, qui da noi col crollo del ponte Morandi, con i suoi morti, e in tutto il mondo con questa pandemia. Eppure, non cambia passo, ma accelera.
Il PNRR lo conferma. La prima voce che pesa è quella dei soldi alle imprese per il 14 per cento e all'alta velocità per il 13 per cento, che valgono più di un quarto del Piano. Per la sanità territoriale si prevede in sei anni il 3,7 per cento; 1,69 miliardi sono per la qualità dell'aria (lo 0,9 per cento); 0,5 miliardi sono per la cosiddetta previsione del cambiamento climatico (lo 0,2 per cento). Briciole poi per la cultura, settore devastato dalla pandemia, con 1,1 miliardi, lo 0,6 per cento, per il patrimonio culturale e 0,16 miliardi, ossia niente, per l'industria culturale. Salta il salario minimo legale, che pure c'era.
Un Piano scritto da McKinsey su mandato di Confindustria Nord, dunque.
Per spianare la strada agli investimenti il Piano mette in campo le vecchie idee: liberare l'iniziativa economica dai controlli. Si limita ancora la responsabilità per danno erariale e si semplificano le verifiche antimafia fino al 2023, nonostante la bocciatura secca dell'Autorità nazionale anticorruzione e in proposito rimando a ciò che ha detto l'ex Presidente.
Concludo, signor Presidente. A Sud 500 sindaci in piazza, perché? A Sud doveva andare il 70 per cento dei fondi; si stima invece un ammontare del 40 per cento celebrato come una vittoria, mentre si tratta di una sottrazione di ben 60 miliardi.
L'Europa ha usato precisi criteri per destinare i fondi per la disparità territoriale; ha valutato l'inverso del PIL, la disoccupazione e la popolazione, e all'Italia sono state assegnate le risorse previste al fine di ridurre la disparità territoriale tra Nord e Sud dovuta alla cronica arretratezza economica e sociale delle otto Regioni meridionali. Non conta la sbandierata previsione di crescita attesa; il divario non verrà colmato dall'indice che al Sud si spera passi dal 22 al 24 per cento del PIL (Applausi) per una popolazione che rappresenta ben il 34... (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice L'Abbate. Ne ha facoltà.
L'ABBATE (M5S). Signor Presidente, colleghi senatori, membri del Governo, signor Presidente del Consiglio, il Piano nazionale di ripresa e resilienza contiene sì numeri, scadenze e progetti, ma è una strategia del futuro, che cambierà l'Italia: è la direzione in cui si registrerà il cambiamento e non possiamo sbagliare. Quando parlo di cambiamento, intendo quello vero, ossia quello che vedrà al primo posto i deboli e i bisogni dei cittadini. Ma questo avverrà? Dipende da noi. Avverrà quando le parole "sostenibilità", "transizione ecologica", "resilienza", "uguaglianza", "coesione territoriale", e concetti come "colmare il divario fra il Nord e il Sud", non saranno degli slogan, ma saranno sentiti e accompagnati da azioni chiare.
È una corsa contro il tempo - questo lo sappiamo - e riconosciamo il grande lavoro che è stato fatto; ricordiamo anche che è stato iniziato dal presidente Giuseppe Conte. Sì, è una corsa, ma il Parlamento vuole e deve esserci. Abbiamo lavorato sul Piano con una relazione che riportava molte osservazioni, ma devo dire con rammarico che molte proposte nel Piano non le abbiamo ritrovate, soprattutto quelle che riguardavano la tutela del nostro ecosistema, della biodiversità, della risorsa idrica. Voglio sperare che il Piano, che ha un carattere generale, in seguito abbia nei progetti delle linee chiare da poter seguire; progetti che - lo ripeto, anche come parlamentare - tuttora non abbiamo conosciuto.
È un piano tecnico a cui dobbiamo aggiungere un pezzo di cuore. Anche lei, presidente Draghi, all'inizio del suo discorso ha detto che in quel piano ci sono volti e vite umane. Ma non basta l'aumento del prodotto interno lordo, non basta aumentare l'occupazione; creare benessere è un'altra cosa: significa che il tutto deve viaggiare insieme alla cura dell'ecosistema, alla diminuzione dell'inquinamento, alla salute dei cittadini. In quel piano, al primo posto deve esserci la tutela della vita del pianeta; non è una cosa da prendere sottogamba. Il 37 per cento è la parte green: abbiamo fatto il compitino, ma a dire il vero mi aspetterei qualcosa di più di un compitino, perché non possiamo parlare di percentuali quando stiamo naufragando. Si doveva osare di più e non lo diciamo solo noi in Parlamento, ma ce l'hanno detto i nostri ragazzi nelle piazze tutti i venerdì.
Presidente Draghi, ho letto però con piacere un suo comunicato: il Governo si impegna a presentare una legge sul consumo del suolo. È una cosa importantissima. Il MoVimento 5 Stelle, nella Commissione ambiente, da un anno lavora per una legge sul consumo del suolo. Finalmente abbiamo incardinato un disegno di legge sulla rigenerazione urbana, che prevedrà una dotazione pari a 500 milioni di euro annui a decorrere dal 2021 fino al 2040: quindi un piano di circa 10 miliardi. Speriamo che questo provvedimento vada davanti; lo dico perché sono stati presentati 1.500 emendamenti da una forza politica. Dobbiamo ringraziare che non siano 250.000, come è successo in un altro caso, però voglio portare l'attenzione su questo: se non collaboriamo insieme su tutto ciò che facciamo in Parlamento, chiaramente con l'aiuto del Piano che oggi stiamo discutendo, come facciamo a dire che daremo veramente un futuro ai nostri figli?
Concludo richiamando anche l'impegno del Governo a varare delle misure di semplificazione per il superbonus; in realtà, non servono solo misure di semplificazione: bisogna finanziarle, e l'orizzonte del 2023 deve essere chiaro per poter continuare un lavoro ben iniziato. (Applausi). La bellezza del nostro Paese va tutelata perché è unico al mondo, come Venezia che ha la sua fragile laguna, come gli ulivi secolari in Puglia, come le nostre splendide coste (lungo le quali non bisogna estrarre il petrolio), come i nostri corsi d'acqua e il patrimonio culturale. Ma poi c'è un'altra bellezza importante, che è il sorriso su ogni volto che ora è coperto da quelli che sono stati i nostri errori: il Covid-19 è infatti un errore che deriva da un modello economico sbagliato e questa transizione è necessaria per un modello che sia economico ed ecologico, dal volto umano. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Magorno. Ne ha facoltà.
MAGORNO (IV-PSI). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori del Governo, colleghi senatori, il Piano nazionale di ripresa e resilienza penalizza ancora una volta il Sud, destinandogli solo il 40 per cento delle risorse. È vero, verranno finanziate opere pubbliche importanti e ci saranno interventi che certamente porteranno beneficio e sviluppi al Mezzogiorno. Ma, nonostante i grandi passi avanti fatti dall'attuale Governo rispetto a quello precedente e l'apprezzabile lavoro del ministro per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna, il Mezzogiorno continua a essere la parte più debole del Paese. Il recovery plan rappresenta l'ultima vera occasione di riscatto per il Mezzogiorno, che non pretende di più, ma reclama solo ciò che gli spetta secondo i criteri di distribuzione dei fondi indicati dall'Europa.
Da sindaco calabrese e da senatore della Repubblica, che porta in quest'Aula la voce degli amministratori e dei sindaci meridionali del recovery Sud, così come ho fatto in altre occasioni, proprio per tutelare fino in fondo i diritti di tutti i cittadini, non voterò il recovery plan, ma continuo ad avere fiducia, ritenendo che questa sia comunque una straordinaria opportunità data al Sud. Mi auguro che i fondi possano arrivare direttamente ai Comuni, perché i sindaci, soprattutto quelli del Sud, trovino il modo di non restituire i fondi, ma di spenderli per le loro comunità.
Concludo ringraziando il Gruppo a cui appartengo per il contributo che ha dato, attraverso i suoi Ministri e i suoi Sottosegretari. Li ringrazio e in questo momento per me non esistono colori politici, se non il verde, il bianco e il rosso della bandiera italiana e della fascia tricolore che indossano tutti i giorni i sindaci. Quel tricolore che racchiude in sé ed esprime gli ideali, i valori e i principi dell'unità, simbolo indiscusso dell'Unità di Italia, che da Nord a Sud ha il dovere di garantire pari dignità umana, sociale ed economica a tutti i cittadini italiani. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Balboni. Ne ha facoltà.
BALBONI (FdI). Signor Presidente, professor Draghi, il tema della giustizia è cruciale per la ripresa e lei ha fatto bene ad ampliare in modo significativo il relativo paragrafo nel suo Piano, rispetto alle due striminzite paginette della bozza iniziale.
I ritardi del sistema giudiziario costano all'Italia il 2,5 per cento del PIL, 130.000 posti di lavoro, 1.000 euro pro capite. Per questo le risorse dedicate alla giustizia dal recovery fund sono insufficienti, direi quasi irrisorie. Non c'è riforma delle regole processuali o sostanziali che possa funzionare senza risorse adeguate.
Serve un forte investimento sul piano organizzativo e sul piano del personale amministrativo, ma soprattutto dell'organico dei magistrati. Solo per fare un esempio estremo, chi pensa di risolvere i problemi mediante la formula del ricorso in luogo dell'atto di citazione per introdurre il giudizio o è un illuso, o non è mai stato in un'aula di tribunale.
Il mio tempo è poco e vado per flash: sul processo civile, va bene implementare l'ufficio per il processo, purché non diventi strumento per aggirare la funzione giurisdizionale del giudice. No all'istruzione delegata a chi non è giudice; no a far scrivere le sentenze da chi, pur membro dell'ufficio per il processo, non è un giudice. E ancora: no al giudice unico di appello; la collegialità è un valore e non possiamo dimenticarlo. Ancora: sì agli incentivi per gli strumenti di risoluzione delle controversie alternativi al processo (mediazione, negoziazione e arbitrato), ma no all'obbligatorietà; occorre salvaguardare il diritto di ogni cittadino ad un giudizio sui propri diritti.
Vado avanti: lei ha colpevolmente ignorato nel suo Piano la magistratura onoraria. L'ha totalmente ignorata. Sono i rider della giustizia italiana: lavorano con abnegazione e senso di sacrificio, senza alcuna tutela previdenziale e assistenziale e con un compenso a cottimo quasi ridicolo. Senza di loro la giustizia italiana collasserebbe. Bisogna riconoscere la loro grande professionalità, il loro senso dello Stato e vanno quindi stabilizzati sulla base della stessa legge che stabilizzò nel 1974 i vice pretori onorari.
Sul processo penale, spesso il processo è la vera pena che colpisce indifferentemente colpevoli e innocenti. Solo nel 2020, lo Stato ha dovuto spendere 46 milioni di euro per risarcire errori giudiziari e ingiusta detenzione. C'è un grave problema di abuso della carcerazione preventiva, che lei e il suo Governo dovete finalmente avere il coraggio di affrontare. Pensi che solo la cosiddetta legge Pinto costa allo Stato italiano quasi 200 milioni di euro all'anno: è una vergogna.
Inoltre, per quanto riguarda la prescrizione, la riforma Bonafede, che abolisce la prescrizione dopo la sentenza di primo grado persino per chi è stato assolto, va sospesa, professor Draghi, in attesa della riforma, invano promessa, dell'istituto, tanto annunciata ma mai attuata. No agli imputati a vita.
E, ancora, sull'ergastolo ostativo (mi ascolti, professore, per cortesia), è inutile che lei vanti nella sua relazione una legislazione all'avanguardia nella lotta alla criminalità organizzata, se poi si rimettono in libertà persino i mafiosi che sciolgono i bambini nell'acido. (Applausi).
Noi lanciamo una sfida: cambiamo la Costituzione, se è necessario, ma i criminali mafiosi devono rimanere in carcere, non devono essere messi in libertà.
Mi avvio alla conclusione. Lei dice che bisogna riformare il CSM; noi le diciamo: basta con la degenerazione correntizia e con il mercimonio delle più alte cariche della magistratura! Bisogna essere radicali, bisogna adottare il sistema del sorteggio temperato.
E, ancora, no alle porte girevoli tra magistratura e politica: il magistrato che si candida, eletto o meno che sia, non deve tornare a svolgere funzioni giurisdizionali. (Applausi).
E, ancora, occorre riformare la responsabilità civile dei magistrati. No a un privilegio medievale: in democrazia chi sbaglia paga.
Faccia questo, professor Draghi, e avrà noi al suo fianco. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Pinotti. Ne ha facoltà.
PINOTTI (PD). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, ho ascoltato con attenzione il suo discorso sul Piano nazionale di ripresa e resilienza e la ringrazio, perché ha premesso all'illustrazione degli obiettivi, dei progetti e delle risorse una visione, che è il filo rosso che unisce tutto lo svolgimento del Piano. Al centro c'è l'Italia, il suo futuro; al centro ci sono le persone che l'Italia abitano e, come lei ha detto, la vita degli italiani, dei giovani, delle donne, degli anziani, di chi ha dovuto tenere chiusa la propria attività per tutelare la salute di tutti e i territori svantaggiati.
Ci ha ricordato - e ne siamo tutti consapevoli - i gap strutturali del nostro Paese, in particolare la necessità imprescindibile di riformare la giustizia e la pubblica amministrazione. Pensiamo a quanto gli uffici di progetto dello Stato siano stati essenziali per la ripartenza e la ricostruzione nel dopoguerra. È quindi fondamentale, per dare supporto al tutto, innestare in fretta risorse fresche e qualificate negli uffici pubblici.
Ci ha ricordato le riforme. Colleghi, sulle riforme si parrà anche la nostra nobilitate, perché ci vuole lo sforzo di tutti, ma del Parlamento in primis, per fare le riforme necessarie, come ci ha ricordato in un intervento molto applaudito il senatore Zanda la scorsa settimana. Ruolo centrale del Parlamento, ma per farlo occorre - e qui la cito di nuovo - non avere «miopi visioni di parte anteposte al bene comune».
Signor Presidente, lei ha sottolineato le direttrici trasversali che innervano il Piano: la clausola di condizionalità su giovani e donne, come lei sa fortemente richiesta dal Partito Democratico, affinché tutte le misure abbiano delle ricadute su questo, e la scommessa sullo sviluppo del Sud per la crescita dell'Italia tutta. Non ci sono solo enumerazioni e statistiche nel suo discorso, ma il profilo di una comunità.
Ciò è risultato chiaramente anche dagli esempi che ha fatto per parlare della trasformazione digitale, perché tutti i ragazzi e le ragazze possano scegliere le migliori opportunità formative, perché con la telemedicina non solo gli anziani, ma chiunque ne abbia bisogno possa essere meglio assistito. A questo deve poi arrivare la trasformazione digitale. È proprio dalle persone che lei è partito ed è su queste che anche io desidero concentrare alcune sottolineature. I dati che ci ha riportato sulla povertà assoluta sono allarmanti: la crescita dal 2015 al 2019 dal 3,3 al 7,7 per cento, addirittura quasi il 10 per cento nel 2020, ne abbiamo tutti contezza. Abbiamo tutti davanti agli occhi le file nelle nostre città davanti alle mense delle parrocchie o davanti alle associazioni di volontariato che danno il pacco alimentare. Gli effetti di questo impoverimento anche sul ceto medio non scompariranno a breve.
Il soddisfacimento materiale è la prima risposta necessaria, ma non è sufficiente. La riduzione dei trasferimenti agli enti locali in passato aveva già indebolito le nostre reti sociali, la pandemia ha dato loro un colpo efferato. Per uscire da questa crisi, le infrastrutture sociali sono altrettanto importanti di quelle materiali (lei ne ha parlato). Occorre un sostegno progettato per non disperdere i punti nevralgici della cultura della solidarietà. Chi ha sofferto di più ha bisogno di aiuti materiali, ma non solo: la ricostruzione della socialità, il rafforzamento del volontariato e del terzo settore renderanno più forte la nostra comunità.
Un'altra sottolineatura riguarda il rafforzamento di tutto il percorso educativo. Agli asili nido sono destinati 4,6 miliardi, le stesse risorse che erano state pensate nel progetto del Governo precedente. Da alcuni anni per gli asili nido non si parla più giustamente di servizi sociali, ma di servizi educativi, perché questo sono. È una scelta importante che potrà essere implementata, non dimenticando che la carenza è soprattutto al Sud.
Signor Presidente del Consiglio, abbiamo esperienze molto importanti, competenze formidabili maturate negli anni nei nostri Comuni. Alcuni anni fa sono stata assessore alla scuola e ai servizi educativi a Genova e ho avuto l'occasione di visitare gli allora 34 asili nidi comunali. Ho ancora negli occhi la straordinarietà di quei servizi, le insegnanti dei nidi e delle scuole dell'infanzia. Così, infatti, volevano essere chiamate, perché dicevano che la dicitura «scuole materne» si riferisce al fatto che i bambini sono delle mamme, invece quelle erano scuole dell'infanzia perché i bambini li fanno le mamme e i papà. Facevano esperienze straordinarie: ho visto laboratori con artisti importanti far lavorare i bambini degli asili nido, ho visto laboratori musicali dove suonavano tutti gli strumenti del mondo. A Reggio Emilia c'è stata una scuola, per quanto riguarda l'educazione all'infanzia, che ha fatto da esempio nel mondo. I genitori non desiderano solo che i loro figli siano accuditi; ci tengono alla qualità del loro tempo negli anni più importanti della vita. Pertanto, insieme alle costruzioni pensiamo a questo progetto.
Quello sul servizio civile è un progetto a cui io credo molto. Quando ho avuto la responsabilità del Ministero della difesa a volte venivo fermata e mi si domandava perché non ripristinavamo la leva obbligatoria; io spiegavo che è antistorica rispetto a quello che oggi devono fare le Forze armate, ma sarei stata molto d'accordo ad un servizio civile obbligatorio, per i legami della nostra comunità e perché è un messaggio valoriale potente, fortissimo per i nostri giovani. Su questo ho presentato anche un disegno di legge. La proposta non è quella di un servizio civile obbligatorio, ma di implementare il servizio civile universale, che sarebbe già un segnale molto importante e sarà importante nella ripartenza.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, dicendo che con l'esperienza del Covid tutti ci siamo detti che non dobbiamo permettere che questa esperienza non ci cambi. Il Servizio sanitario nazionale è stato fondamentale per reagire ma ... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).
PRESIDENTE. Senatrice, può depositare il testo del suo intervento agli atti della seduta.
È iscritta a parlare la senatrice Lonardo. Ne ha facoltà.
LONARDO (Misto). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, Ministri, colleghi, l'Italia sceglie di violare i criteri UE per sottrarre dei soldi al Sud. Oggi stiamo per votare un documento importante; sarebbe dovuto essere un momento solenne, ma tale non è per quanto mi riguarda e, no, non può esserlo perché il Sud ancora una volta non è stato reso protagonista di quel protagonismo cui l'Europa l'aveva candidato. Vince l'Italia, se vince il Sud, si dice; ancora una volta non avverrà. Questo è il motivo per il quale ci sono state delle critiche e delle prese di posizione da parte dei presidenti di Regioni del Sud e di ben 500 sindaci che si sono riuniti in piazza per evidenziare lo strappo che ancora una volta è stato compiuto a danno del Meridione.
Nonostante le parole fatte giungere dal ministro Carfagna alla piazza, le perplessità restano tutte. La Ministra ha fatto riferimento alla Cassa per il Mezzogiorno, ai Fondi UE e al Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC). Voglio precisare che i fondi della vecchia Cassa per il Mezzogiorno ammontavano a 140 miliardi di euro e che i soldi del Fondo per lo sviluppo e la coesione, oltre che i Fondi strutturali 2021-2027 e React-EU sono già dovuti al Sud, a prescindere.
Non credo sia giusto presentare qualcosa che già è tuo di diritto come un regalo generosamente concesso. Sono sicura che la Ministra volesse evidenziare che finalmente, per una volta, i Fondi assegnati non saranno per buona parte dirottati al Centro Nord - spero - dopo più di venti anni di tale consolidata prassi, tanto regolare, quanto illegale.
Voglio anche ricordare che la spesa per la Cassa corrispondeva a circa il 5 per cento del PIL, pari alla cifra annua garantita dall'Italia ai Paesi del Terzo mondo, quando al Nord, nel contempo, gli investimenti pubblici ammontavano al 35 per cento del PIL.
Il vero punto della questione che ha indotto i 500 sindaci ad alzare la voce contro il piano è però che quanto si sta facendo passare per concessione straordinaria offerta al Mezzogiorno, assegnandogli il 40 per cento appena dei soldi di Next generation UE è in realtà un illegittimo dirottamento dei Fondi predisposti dall'Europa appositamente per il Sud Italia allo scopo di avvicinare le due parti del Paese.
L'Italia è stata la Nazione che ha beneficiato della fetta più cospicua dei fondi, il 28 per cento in più. Questo è avvenuto proprio a causa della difficile situazione del Mezzogiorno. Il Sud ha contribuito ad attivare ben 135 miliardi, dei 209 assegnati all'Italia dall'Unione europea. Pertanto al Sud sarebbe dovuto spettare il 65 per cento dei finanziamenti, ma così non è stato. L'Europa aveva dettato dei paletti molto precisi, che sono stati disattesi. C'è un aggravante se è vero che al Nord la pandemia ha mietuto tante più vite, al Sud ha portato tanta povertà.
Pertanto, rifacendomi alla lettera scritta il 7 ottobre 2009, dove l'Europa intimava all'Italia il taglio laddove non avesse rispettato quei paletti che erano stati ben messi, ci sarebbero stati dei tagli. Mi chiedo cosa succeda ora e chiedo al presidente Draghi di porre qualche punto in più a favore del Sud. (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. Sospendo la seduta per quarantacinque minuti per poter procedere alla sanificazione.
(La seduta, sospesa alle ore 18,03, è ripresa alle ore 18,50).
Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO
È iscritto a parlare il senatore Saccone. Ne ha facoltà.
SACCONE (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, ho ascoltato varie idee e tesi e vorrei evitare di ripetere alcuni concetti che sono stati esposti in questo dibattito. Pertanto, signor Presidente, ho cercato di sforzarmi di mettermi nei panni del cittadino comune, per capire cosa abbia recepito di questo Piano nazionale di ripresa resilienza.
Ebbene, io penso che il cittadino italiano abbia capito che, innanzitutto, l'Europa c'è, l'Europa ha cambiato passo, l'Europa, finalmente, si sta dimostrando solidale ed è un processo che è stato avviato con il quantitative easing, di cui è stato autore proprio il presidente Draghi. Questo processo di solidarietà si sta perfezionando, purtroppo, in questa fase di pandemia, ma finalmente abbiamo l'Europa che tutti immaginiamo e sogniamo.
Certamente, dobbiamo dire con molta chiarezza, signor Presidente, che indietro non si torna. Non si può tornare indietro. Dobbiamo, però, dire, con altrettanta chiarezza, che tutto ciò dipende solo da noi, dalla nostra serietà e dalla nostra affidabilità. Se noi cederemo al richiamo dell'istinto naturale della ricerca del consenso, difficilmente attueremo questo piano ambizioso. Se, invece, avremo come bussola gli interessi generali del Paese, siamo convinti che si potrà portare a compimento questo Piano.
L'altro elemento che rassicura il cittadino italiano è il fatto che i soldi ci sono, sotto varie forme: a fondo perduto, prestiti, fondi inimmaginabili. Tutto ciò lo rassicura, perché sa che non è più solo e, soprattutto, che può avere speranza: e senza speranza non può costruire il suo futuro.
Poi, ci sono i dubbi e le preoccupazioni dei cittadini italiani, che io ho voluto sintetizzare con una domanda: ma siamo in grado di spendere tutti questi soldi? Soprattutto, siamo in grado di spenderli bene? La risposta, che purtroppo non c'è in questo Piano, si chiama riforme. Le riforme sono state rinviate. Pertanto, ci sarà la possibilità per il Parlamento di entrare nel merito di queste riforme.
La vera sfida, però, saranno le riforme che attueranno il Piano nazionale. Lì si dimostrerà il coraggio di questa classe dirigente: se è una classe dirigente consapevole delle difficoltà del Paese oppure se è una classe dirigente tutta rinchiusa su se stessa.
Il cittadino italiano, presidente Draghi, è consapevole della Babele normativa che lo attanaglia da troppi anni. Peraltro, a questa Babele si aggiunge la Babele narcisista di scienziati che, negli ultimi tempi, hanno messo da parte la scienza e hanno esaltato l'influencer. È un cittadino italiano, mi permetto di dirlo, sconfortato dalla Babele delle competenze, dei conflitti di competenze tra le Regioni e lo Stato centrale. Il nostro compito è abbattere tutte queste "Babeli". Siamo consapevoli che non ci sono più scuse, che dipende solo ed esclusivamente da noi, da questa classe dirigente.
Presidente Draghi, il giorno dell'insediamento lei ha citato Schumpeter: sostituire parti vecchie con parti nuove. Le parti vecchie sono quelle obsolete, quelle che bloccano la libera iniziativa, quelle che non danno dignità alla persona. Noi auspichiamo, signor Presidente, che in questo Piano ci sia una vera e autentica transizione e non una associazione, perché transizione vuol dire mettere da parte le parti vecchie per costruire le parti nuove.
Presidente, come lei ben sa, questo è un Governo frutto della generosità e della responsabilità di tutte le forze politiche diverse tra loro. Ora, però, è necessario costituire un compromesso sulle riforme, che significa l'incontro nobile di idee diverse per il bene dell'Italia. Ha citato De Gasperi. Mi permetto di ricordare una sua frase prima della partenza per Cleveland: sono convinto che, in uno dei momenti più angosciosi e nonostante tutti i soliti disfattisti che girano intorno a noi, l'Italia dimostrerà di essere pronta e degna fra i Paesi liberi e civili.
Signor Presidente, questo è il nostro auspicio. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ripamonti. Ne ha facoltà.
RIPAMONTI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, Governo, confesso una reale emozione anche perché la sua autorevolezza e competenza mettono in soggezione. Non è il primo intervento che faccio in Aula, ma probabilmente il narcisismo di chi l'ha preceduta non mi suscitava nessuna soggezione. Signor Presidente, le porgo, quindi, i miei saluti.
Signor Presidente, citando il nostro capo dipartimento, l'onorevole Bitonci, il Piano funziona solo se si affrontano le riforme, a partire dal taglio della burocrazia, per esempio. Con 400 miliardi in meno di fatturato, un calo del PIL pari a circa il 9 per cento, la semplificazione e il taglio della burocrazia sono fondamentali per la ripresa. Signor Presidente, non è tollerabile una media di quindici anni di attesa per le opere sopra i 100 milioni di euro. (Applausi). Il modello Genova funziona: è stato dimostrato.
Ci sono anche soddisfazioni sul Piano. Apprezziamo l'impegno sulle riforme su fisco, giustizia e pubblica amministrazione. Signor Presidente, va benissimo quando parla di fiducia negli italiani. Noi abbiamo sempre riposto fiducia negli italiani, soprattutto quando parliamo di riaperture. Siamo d'accordo quando parla di rilancio del turismo e quando il ministro Garavaglia finalmente sblocca 350 milioni di euro per il settore tour operator, agenzie di viaggi e fiere. (Applausi).
Il coprifuoco alle ore 22 non è condivisibile. Credo che ormai sia chiaro a tutti. Il rischio che abbiamo corso - spero di poter parlare al passato - è quello che il 50 per cento delle tratte aeree dirette verso l'Italia con questo coprifuoco venga dirottato altrove per evidenti motivi. Dover andare a casa alle ore 22, mentre in altri Paesi puoi godere ancora dell'estate, non ci aiuta. Se la paura dell'assembramento post ore 22 per bar e ristoranti è un problema e dà preoccupazione, le do una notizia: signor Presidente, oggi ho fatto Genova-Roma in un aereo pieno e senza distanziamento. (Applausi). Alla proposta di qualcuno che vuole lanciare la moda di prendere il sole con la mascherina, rispondo provocatoriamente: facciamo jogging con la tuta da sci.
A proposito del superbonus, tutti chiedono una proroga al 2023. Al contempo, ci preoccupano non poco le condizionalità per arrivare a questa proroga. Signor Presidente, ha detto lei stesso che con il combinato disposto tra proroga con condizionalità e assenza delle semplificazioni, che abbiamo chiesto e fatto inserire nel recovery, si rischia il blocco del settore. Sulla semplificazione ci giochiamo l'efficacia di questa misura. Non ci piove. La messa a terra di questa misura passa attraverso la semplificazione e ovviamente nel 2023 rischiamo il blocco degli investimenti da questo punto di vista. (Applausi).
Signor Presidente, mi preme richiamare la sua attenzione su un tema a me caro, che abbiamo voluto inserire in modo trasversale. Non so se c'è il senatore Croatti - metto gli occhiali così lo vedo - che con me ha fatto una battaglia per le guide turistiche, che chiedono finalmente e per fortuna una riforma della loro situazione, anche perché sono, forse, coloro che hanno subito di più il momento difficile derivante da questa pandemia nel settore del turismo. Se vorrà cogliere questa sfida insieme al ministro Garavaglia, signor Presidente, noi ci saremo. Concludo perché il tempo non è molto.
Il recovery plan evidentemente non può essere la soluzione a tutti i problemi, soprattutto se non è accompagnato dalle riforme che tutti si aspettano. È però sicuramente una straordinaria opportunità.
Nella riforma che l'Europa ci chiede relativamente alla parità di genere, diritti sociali e sostenibilità, l'Europa e soprattutto lei, signor Presidente, difendeteci da quei Paesi che fanno concorrenza al nostro Continente, che queste regole non le rispettano. Fatelo e noi saremo con lei, whatever it takes, signor Presidente. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Turco. Ne ha facoltà.
TURCO (M5S). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, cari colleghi, il mio intervento sarà rivolto a fornire alcuni suggerimenti tecnici e costruttivi derivanti dall'esperienza governativa in tema di investimenti e dalla personale esperienza accademica in materia economica.
Il documento in esame conferma la visione strategica del Governo Conte 2; se ne discosta per importi diversamente aggregati e per una diversa distribuzione geografica degli investimenti.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, in continuità con quello approvato dal Governo Conte 2 - a cui è doveroso rivolgere un vivo ringraziamento - rappresenta un'opportunità irripetibile per promuovere investimenti pubblici, introdurre riforme, sostenere lo sviluppo e realizzare la questione sociale del Paese. Non possiamo, però, dimenticare, Presidente, che il nostro Paese ha ricevuto maggiori fondi europei per le condizioni di arretratezza socio-economica del Sud Italia, divenuta una delle aree più povere e sottosviluppate d'Europa. Per questo motivo, il Meridione d'Italia si attendeva maggiori investimenti rispetto a quelli previsti, se si fossero applicati gli stessi criteri seguiti dalla UE in sede di assegnazione delle risorse ai singoli Stati membri.
Altro che il 40 per cento dichiarato nel Piano: l'applicazione dei tre parametri (PIL medio pro capite, numero di abitanti e tasso di disoccupazione) avrebbero potuto garantire al Sud Italia il 65 per cento delle risorse stanziate. (Applausi).
L'applicazione di questi stessi criteri alle singole Regioni del Mezzogiorno, Presidente, avrebbe prodotto un risultato di questo tipo: Abruzzo 4,2 miliardi, Molise 1,4, Campania 43, Puglia 26,7, Basilicata 2,2, Calabria 16,8, Sicilia 41,1, Sardegna 8,9.
Signor Presidente, per l'ennesima volta il Sud è sacrificato per l'interesse più generale del Paese. Questo lo possiamo solo considerare un buon punto di partenza.
Per raggiungere gli obiettivi ambiziosi del Piano sono state confermate una serie di riforme: pubblica amministrazione, fisco, giustizia, semplificazione e concorrenza. Tuttavia, Presidente, ritengo necessario che si adottino anche altre riforme, come quella del conflitto di interessi, dell'abuso d'ufficio, la riforma sul sistema bancario (soprattutto del credito cooperativo), il contrasto alla corruzione, all'infiltrazione mafiosa, alla speculazione finanziaria distruttiva dell'economia reale, quest'ultima riforma da sostenere, possibilmente, a livello europeo e internazionale. Inoltre, sono state già citate le riforme sui livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e aggiungo anche la riforma strutturale del debito pubblico, che definisca le modalità di rientro del debito e promuova un piano di autofinanziamento interno, Presidente, volto a favorire politiche di bilancio espansive senza ricorrere necessariamente ai mercati finanziari, ampliando il principio di trasferibilità dei crediti fiscali anche ai crediti verso la pubblica amministrazione e prevedendo un istituto speciale di investimento che dovrà canalizzare in maniera fruttifera il risparmio degli italiani verso investimenti redditizi.
Tutti gli interventi riformatori, Presidente, dovranno comunque intrecciarsi e riguardare la difficile e complessa materia della politica degli investimenti per le opere pubbliche. In Italia, signor Presidente, il tempio medio per un'opera da oltre 100 miliardi di euro è di oltre quindici anni, contro i dieci anni di Germania e Francia. Consideriamo poi la capacità di spesa, soprattutto per le Regioni meridionali, con riferimento alle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2014-2020, di cui, a fronte di 68 miliardi di euro disponibili, siamo riusciti a programmare solo 48 miliardi di euro e ad avere, in sei anni, una spesa di soli 3 miliardi di euro. È quindi molto alto il pericolo di non raggiungere gli obiettivi e gli auspicati traguardi.
La nuova riforma in materia di appalti pubblici dovrà dare certezza al quadro normativo, ridurre le diverse fasi degli investimenti, introdurre nuovi strumenti gestionali di monitoraggio, risolvere l'annoso problema dei ricorsi e dei contenziosi, prevedere un certificato di qualità delle imprese affidatarie, che attesti la loro sostenibilità economico-finanziaria, onde scongiurare crisi aziendali in corso d'opera, rivedere i compiti del responsabile unico del procedimento (RUP) e, inoltre, introdurre una accountability verso i cittadini sullo stato di avanzamento delle opere pubbliche. Inoltre diventerebbe anche importante, per il Sud Italia, l'inserimento della cosiddetta clausola di inclusione economica.
Signor Presidente, voglio evidenziare alcune criticità, su cui ritengo che il Governo debba necessariamente impegnarsi ufficialmente in quest'Aula, sulle modalità certe di reintegro dell'anticipazione di 15,5 miliardi di euro per i fondi FSC, sulla realizzazione di centri di ricerca e stazioni di rifornimento di idrogeno anche nel Sud Italia, sul rafforzamento della spesa per l'ammodernamento delle linee ferroviarie interne al Meridione, con particolare riferimento alle infrastrutture di prossimità (in Aula sono state già citate le tratte Taranto-Bari e Taranto-Napoli: tre ore per 300 chilometri) e sulla possibilità, anche per il Sud, di intercettare i traffici marittimi intercontinentali.
Nella realizzazione della transizione energetica saranno poi importanti le decisioni sull'impianto siderurgico di Taranto, dove l'unica transizione ammissibile dovrà prevedere l'abbandono del carbone, non più sostenibile, sperimentando nuovi processi produttivi innovativi, la valutazione di impatto ambientale speciale (VIAS) e anche un accordo di programma, finalizzato a gestire le linee produttive destinate alla chiusura.
Signor Presidente, concludo ricordando che il successo del piano di ripresa può dipendere solo dalla crescita del Sud Italia. La pandemia ci lascia un Paese con maggiori disuguaglianze, che non possiamo ignorare. L'Europa ha condizionato l'erogazione dei fondi alla riduzione di tali disuguaglianze: non possiamo rischiare di perdere tali risorse. I fondi destinati al Sud sono ritenuti insufficienti e continueremo a sostenere la necessità di rivedere tali risorse per il Sud. Allo stesso tempo, sappiamo che oggi la partita più importante da vincere è quella di spendere queste risorse nel miglior modo possibile. (Applausi).
Chiedo, Presidente, di allegare il testo del mio intervento.
PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto e l'autorizza in tale senso.
È iscritta a parlare la senatrice Parente. Ne ha facoltà.
PARENTE (IV-PSI). Signor Presidente, colleghe e colleghi, quante volte in questi quattordici mesi di pandemia ci siamo detti: «Vediamo la luce in fondo al tunnel». Oggi, con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, non c'è solo una luce che intravediamo, ma una serie di lucine accese, che tutte insieme possono illuminare il destino del nostro Paese. Sono lucine accese anche dal lavoro di interlocuzione che il Parlamento ha compiuto, che dovrà continuare e che lei, signor presidente Draghi, opportunamente richiama. Sono lucine accese, che devono rimanere tali, anzi essere sempre più luminose, grazie all'attuazione concreta del PNRR. (Brusio).
PRESIDENTE. Mi scusi senatrice Parente.
Colleghi, il volume delle vostre conversazioni impedisce di ascoltare l'intervento della senatrice Parente e mi rivolgo soprattutto ad un lato dell'emiciclo, chiedendovi la cortesia di abbassare il tono della voce.
PARENTE (IV-PSI). Grazie, signor Presidente.
La crisi è sanitaria e da lì bisogna ripartire, per illuminare il nostro cammino, per rispetto dei nostri 120.000 morti: non dimentichiamo mai che siamo in debito con le loro famiglie e con il personale socio-sanitario, che ha lavorato e che in molti casi ancora lavora in condizioni pazzesche.
Le riforme che dobbiamo affrontare devono partire dai nodi strutturali non risolti del nostro sistema Paese, che forse è l'ultima occasione per sciogliere, ha ragione, presidente Draghi.
Mai più ospedali intasati, malati non Covid abbandonati, ritardi nelle cure domiciliari. Mai più differenze tra Regioni persino nella scelta delle priorità tra le persone da vaccinare - credo che abbiamo toccato il culmine - che, grazie al suo Governo, è stata definita e ordinata, vaccinando per primi gli anziani e i fragili, con il suo personale monito morale, oltre che con l'impegno del generale Figliuolo, a non scavalcare le priorità. Mai più far saltare il tracciamento del virus, non investire in ricerca, in intelligenza artificiale, in telemedicina e in cure personalizzate. Mai più le RSA come le abbiamo conosciute, pratiche burocratiche infinite e i nostri giovani medici specializzandi scoraggiati.
Una sanità dunque rinnovata tecnologicamente e, nello stesso tempo, umana rappresenta il migliore fattore di protezione per l'economia e per i riflessi sull'occupazione.
La sanità, con la giustizia e il lavoro, costituisce uno dei pilastri fondamentali dello Stato sociale. Bene, quindi, i 20 miliardi del PNRR da spendere per prevenzione, medicina territoriale, sanità digitale e assistenza domiciliare.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, lo spirito repubblicano che il Presidente del Consiglio giustamente evoca e che suscita in me commossa emozione deve annullare tutte le classi dirigenti, ma soprattutto la politica e la scienza, in un rilancio etico per il personale, per tutte le professioni, per i quadri amministrativi del nostro Paese.
Si avverte nel suo discorso, presidente Draghi, un destino diverso e luminoso del PNRR perché è teso a coinvolgere tutta la Nazione, per essere un tutt'uno con la cittadinanza. Una cittadinanza che tanto ha sofferto, anche prima dell'epidemia, per una sanità che non sempre è arrivata con efficacia alle porte delle persone, specialmente nei paesini più sperduti del nostro Paese. Cittadine e cittadini informati e coesi in una comunità nazionale lungimirante. Una cittadinanza che in questi quattordici mesi, per grandi numeri, ha dimostrato coraggio e sopportazione e di cui dobbiamo essere orgogliosi e del cui benessere e della cui dignità dobbiamo essere al contempo responsabili.
Quindi il PNRR non deve e non può essere un insieme slegato di progetti, cosa che lei ha giustamente sottolineato, ma deve avere una visione coraggiosa e fattiva, che non può più tollerare rendite di posizione: una volontà vera, dunque, per l'innovazione e la modernizzazione attraverso due percorsi, a mio avviso.
Innanzitutto, la realizzazione pratica di una medicina territoriale, inserita però in un progetto e in un modello di riforma nazionale, supportata da semplificazioni burocratiche e digitalizzazione, operazioni strettamente connesse tra di loro. Dobbiamo lanciare un grande piano di formazione dei professionisti socio-sanitari e del personale della pubblica amministrazione, con una strettissima sinergia socio-sanitaria. Senza il valore umano - lo abbiamo scoperto anche durante l'epidemia - non c'è riforma che tenga. Si rilanci il senso del lavoro in équipe, nella condivisione di progetti ambiziosi e concreti, per un continuum assistenziale senza buchi tra casa e ospedale e viceversa, con strutture intermedie realmente efficienti, concependo il medico di base come un primario territoriale insieme a gruppi multiprofessionali, in modo che nessuno possa sentirsi abbandonato in caso di bisogno.
In secondo luogo, gli incentivi alla ricerca sui vaccini, anticorpi monoclonali e tutta la filiera industriale della sanità siano organizzati subito, alla stessa stregua della difesa di un Paese. Bene la creazione di un centro di eccellenza per la sorveglianza continua e la prevenzione di altre epidemie. A questo proposito, raccolgo il richiamo di eccellenze del settore scientifico sul fenomeno montante della resistenza ai batteri e, quindi, dell'impegno su questo per prepararsi ad altre problematiche.
Concludo con la sensazione che il PNRR è uno sguardo già vivo e concreto, ma va confrontato da subito con l'attualità. La sanità come un grande investimento per la sicurezza e la cura della cittadinanza senza discriminazioni.
È molto probabile che il PNRR andrà sostenuto e protetto e avrà bisogno di ulteriori risorse. Italia Viva ha lanciato per questo un piano sanità 2030, con un grande itinerario di ascolto di operatori e territori.
Usciamo da un momento drammatico. Lei, signor Presidente del Consiglio, ha citato da De Gasperi, e a me piace ricordare l'onorevole Tina Anselmi, la madre del Servizio sanitario nazionale, che ricordava come negli anni Quaranta ci fosse la convinzione che il dialogo permette a un Paese di progredire. Anche se la frase che mi è rimasta nel cuore è: le conquiste non sono mai per sempre.
Interpretiamo questa fase storica, colleghe e colleghi, con immenso spirito di servizio e predisposizione a un dialogo continuo: condizioni che, esse sole, possono determinare il destino dell'Italia a partire dall'attuazione pratica del Piano nazionale. Esistono protagonisti che sono riusciti a passare alla storia perché ci hanno lasciato in eredità straordinarie conquiste. Siamo di fronte a un vero Dopoguerra e spetta a noi tutti, dal Palazzo alle piazze, riuscire a concentrare così grandi significati in fattive realizzazioni. Saremo giudicati e ricordati; meglio se avremo trasformato quello che appare come un sogno - del resto Shakespeare diceva che siamo fatti anche noi della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni - facendo dell'Italia, rispetto all'Europa, un modello di ricostruzione. Non un Paese indebitato, ma esempio di idee, progetti e innovazione. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Garnero Santanchè. Ne ha facoltà.
GARNERO SANTANCHE' (FdI). Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, a me onestamente sorge qualche dubbio su questo PNRR. Soprattutto mi sorge il dubbio che sia stata una trattativa tra lei e la Commissione europea: infatti, quando sento dire «garantisco io», mi viene il dubbio che forse l'Europa non si fida dell'Italia o non si fida degli italiani. A noi sembra impossibile che si possa esautorare questo Parlamento, che è l'unico luogo dove siedono i rappresentanti del popolo, e ci si nasconda dietro la data del 30 aprile. Sappiamo tutti che quella del 30 aprile non è una data perentoria e che qualche giorno in più si sarebbe potuto prendere se si avesse avuto a cuore il luogo deputato dove siedono i rappresentanti del popolo.
Ma mi viene anche il dubbio che forse le ragioni di questa fretta siano altre. Forse lei ha voluto comprimere i tempi, non ha voluto dare lo spazio a tutti noi per poter leggere le centinaia di pagine di un documento così corposo e importante. Forse perché lei teme più di tutto la sua maggioranza; magari ha pensato che la sua maggioranza avrebbe potuto dividersi. Noi questo sospetto ce l'abbiamo molto, molto forte.
C'è un altro motivo per il quale, secondo noi, lei, presidente Draghi, avrebbe dovuto avere più rispetto per il Parlamento. Quando doveva formarsi il suo Governo, Fratelli d'Italia chiedeva le elezioni, perché diceva: «Diamo, come è scritto nella nostra Costituzione, la parola al popolo italiano, che sicuramente anche in una fase così difficile saprà scegliere per il meglio». Ma ci veniva risposto di no: siamo una Repubblica parlamentare, quindi se il Presidente del Consiglio incaricato trova la maggioranza in Parlamento, si rispetta la Costituzione. Ebbene, presidente Draghi, lei è proprio il frutto: è seduto su quella sedia proprio perché c'è stata un'interpretazione sulla Repubblica parlamentare. Invece vediamo che per lei il Parlamento è qualcosa di fastidioso. Capiamo, è un rito che deve fare; oggi è venuto qui e ci ha letto la sua interpretazione, la sua visione di quella che deve essere l'Italia del futuro, ma ha rifiutato di dare il tempo a tutti noi di poter approfondire.
Noi abbiamo un ruolo anche più difficile, se mi consente, perché noi rappresentiamo l'opposizione in questo Parlamento, ed essere opposizione è un compito molto difficile che ci fa assumere ancora più responsabilità. Come potremmo dare il nostro voto come se firmassimo una cambiale in bianco? La realtà è che non possiamo in ventiquattro ore; per carità, qui siederanno tutte persone più perspicaci e più veloci di noi, che hanno saputo leggere molto bene e dettagliatamente tutte le pagine del suo PNRR. Per noi non è così. Però dobbiamo anche sfatare un altro mito, anche perché non bisogna dare tutte queste speranze agli italiani, dicendo che adesso arriveranno i soldi dell'Europa e del recovery fund e si metteranno a posto tutti gli enormi danni che ha provocato la pandemia alla nostra Nazione. Ebbene, non so se sarà proprio così, perché ad oggi il suo Governo, assieme al precedente, è riuscito a spendere quasi 200 miliardi.
Oggi noi stiamo parlando di 130 miliardi di debito, ma quei 200 miliardi sono stati spesi non male, malissimo, perché certamente non sono serviti a tenere in piedi l'economia, non sono serviti a salvaguardare i posti di lavoro e non sono serviti ad aiutare gli ultimi. Sono stati buttati nel cestino, perché voi avete speso quei 200 miliardi con una visione ideologica, che è quella di accontentare un po' tutti i partiti della maggioranza. E ci siamo trovati il bonus vacanze, che certo non mi sembra uno strumento per aiutare il turismo; ci siamo trovati i banchi a rotelle, che sono stati devastanti, perché vediamo come è messa la scuola ancora oggi, e non ci sembra certo che abbia aperto in sicurezza. Avete dato delle mance; noi li abbiamo chiamati non decreti sostegno e ristoro, ma elemosina. Lei si ricorderà bene che con l'ultimo assegno - e non tutti l'hanno ancora ricevuto - avete dato un sostegno partendo dai dati, con un contributo dall'1,7 al 5 per cento del fatturato perduto. Beh, ci vuole un bel coraggio a chiamarlo decreto sostegni.
Pertanto, il mito che si deve sfatare è proprio quello di non presentarsi agli italiani dicendo che adesso arrivano i soldi dell'Europa. Peraltro, molti di questi sono un debito che peserà sulle nostre future generazioni. Se ci permette, avremmo voluto avere il tempo per poterlo analizzare.
Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI(ore 19,23)
(Segue GARNERO SANTANCHÈ). Ma poi le vorrei fare un'altra domanda. Rispetto ai titoli che lei oggi ci ha elencato chi può dissentire? Siamo tutti d'accordo sui titoli, ma le faccio un paragone: quando ci capita di leggere articoli sui giornali, molto spesso il titolo cattura la nostra attenzione. Poi, ahimè, quando andiamo a leggere il contenuto dell'articolo, vediamo che è molto distante dal titolo del giornale. Qui è un po' la stessa cosa: chi non è d'accordo sulla riforma fiscale? Tutti siamo d'accordo che è necessaria una riforma fiscale; tutti siamo d'accordo che in questo Paese le tasse sono troppo alte, ma lei per questa riforma fiscale, Presidente, mi sembra si stia facendo tirare la giacchetta dal Partito di "più tasse", il Partito Democratico. Infatti, lei dice - e c'è scritto nel suo PNRR (mi auguro che sia suo e che non sia stato scritto dalla Commissione europea) - che bisognerà rivedere e rivalutare i valori catastali. Per noi questa si chiama patrimoniale mascherata con un vestito nuovo e diverso, ma sempre di aumentare le tasse si tratta. E le dico che è in buona compagnia, perché molti suoi predecessori si leccavano i baffi quando pensavano di poter mettere le mani - come poi hanno fatto - su coloro che sono proprietari di immobili. E non parliamo di quelli ricchi, Presidente, ma parliamo della maggioranza degli italiani che, dopo una vita di sacrifici e di sudore della fronte, è riuscito a comprarsi una casa. Quindi, capisce che il titolo può essere fuorviante.
Ma abbiamo un'altra preoccupazione. Abbiamo visto come la sua maggioranza si sia divisa su un'ora in più di coprifuoco, mentre lei sa che noi riteniamo che non fosse proprio nelle sue facoltà mettere il coprifuoco, perché crediamo che compito di un Governo sia quello di studiare i protocolli, i controlli e le sanzioni e non quello di continuare, dopo quattordici mesi, a limitare la libertà degli italiani.
E allora come farà, Presidente? Capisco che per tutti lei è "super Mario", ma come farà a realizzare le riforme con una maggioranza che giustamente e lecitamente è contrapposta sulla visione dell'Italia e della Nazione?
E allora quale sarà la sua riforma della giustizia? Quella del MoVimento 5 Stelle, che vuole tutti in galera, o quella di una parte dei partiti che sostengono la sua maggioranza, che chiede, come chiediamo noi, che anche il processo si velocizzi, visto che oggi non c'è mai fine al processo? Starà con chi vuole togliere il carcere ostativo o starà con quella parte della maggioranza che vuole la certezza della pena?
Sul fisco le ho già detto.
Ciò che ci preoccupa è che anche lei, in questo documento, ci dice che prima bisogna fare le riforme e poi gli investimenti. Presidente, capisco che non è avvezzo alla politica, ma alla storia dovrebbe esserlo. Basterebbe che lei studiasse ciò che è successo negli ultimi anni, quando molti soldi non si sono spesi perché andavano a infrangersi contro il muro della burocrazia. Lei si prende la responsabilità davanti agli italiani di fare in due anni... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Misiani. Ne ha facoltà.
MISIANI (PD). Signor Presidente, dopo più di quattordici mesi di incubo, credo che oggi sia una buona giornata, una giornata di speranza per tutti gli italiani. Il Next generation EU ci fa compiere un passo verso una Unione della solidarietà e della responsabilità; un'Unione che è più forte della somma delle parti, come ha detto il Presidente della Commissione europea il 28 novembre scorso, inaugurando l'anno accademico dell'università Bocconi.
Solidarietà e responsabilità sono le due parole chiave attorno a cui ruota tutto questo progetto. La pandemia ha portato a un salto in avanti dell'Unione europea, inimmaginabile fino a poco tempo fa. Il Next generation EU non è solo uno strumento di portata senza precedenti; esso è finanziato con titoli di debito comune, verrà ripagato in parte con imposte comunitarie e viene ripartito secondo criteri di solidarietà. Badate, non era scontato che l'Italia diventasse il primo beneficiario di questo programma. (Applausi).
Aver ottenuto questo risultato è una grande vittoria di chi, a Roma come a Bruxelles, ha sempre lavorato per l'Europa della solidarietà e della responsabilità. È invece una battuta d'arresto, anzi una sconfitta, di chi in Europa ha remato contro e in Italia sosteneva, anche in quest'Aula, che dall'Europa era meglio uscire; e oggi finalmente ha cambiato idea. (Applausi).
Signor Presidente, il Piano che oggi votiamo non è solo un atto di solidarietà; ci carica di responsabilità, perché quanto accadrà in Italia da oggi al 2026, ossia se noi saremo o meno in grado di utilizzare al meglio questa opportunità, sarà un elemento decisivo. Sarà decisivo per consolidare questa svolta politica. Sara decisivo per archiviare definitivamente la stagione dell'austerità. Sarà decisivo per rendere permanente il Next generation EU.
Non dimentichiamo che con questo programma noi prendiamo in prestito denaro dalle generazioni future. È innanzitutto per questo motivo che dobbiamo mettere a terra questi soldi nel migliore dei modi.
I progetti del Piano che oggi discutiamo possono cambiare il volto dell'Italia nei prossimi anni, perché i soldi per la digitalizzazione possono portare Internet ultraveloce dappertutto e questo cambierà il modo in cui funzioneranno i servizi pubblici, il modo in cui si studierà e si lavorerà.
I soldi per la transizione ecologica aumenteranno la produzione di energia pulita, ci aiuteranno a migliorare la rete idrica, la gestione dei rifiuti, il trasporto pubblico locale. Il superbonus, su cui questo Piano stanzia 14 miliardi di euro, aiuterà decine di migliaia di famiglie a risparmiare energia e farà ripartire l'edilizia. È positivo che il presidente Draghi si sia impegnato a prorogarlo al 2023.
I soldi per le infrastrutture porteranno finalmente l'Alta velocità anche nel Mezzogiorno e ci permetteranno di mettere in sicurezza ponti e viadotti. Noi potremo, con queste risorse, aumentare i posti negli asili nido, nelle scuole dell'infanzia, negli istituti tecnici superiori e potremo cablare 40.000 scuole. Finanzieremo progetti di formazione e di riqualificazione, aiuteremo l'imprenditoria femminile e cambieremo il sistema sanitario nazionale, perché quei quasi 19 miliardi del Piano ci aiuteranno a rafforzare la presenza sul territorio e a investire massicciamente in tecnologia e in digitalizzazione.
Signor Presidente del Consiglio, dietro tutti questi progetti è visibile quella nuova visione dell'economia di cui ha parlato oggi Giuliano Amato. È una visione in cui ci riconosciamo pienamente: un'economia sostenibile sul versante sociale e ambientale, in cui il capitalismo è nuovamente temperato da principi etici; un'economia in cui pubblico e privato tornano a integrarsi. Le riforme, come ha detto anche oggi, signor Presidente del Consiglio, sono una componente decisiva del Piano non solo per attuarlo, ma soprattutto per superare le debolezze strutturali che spiegano vent'anni di stagnazione del nostro Paese. Il programma di riforme e il cronoprogramma contenuti nel Piano sono sfidanti, sono molto ambiziosi (pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione, concorrenza, Fisco) e credo che ne siamo tutti consapevoli. Su queste tematiche i punti di partenza tra le forze che sostengono il Governo sono lontani e in qualche caso in passato sono stati anche contrapposti. Non è però una missione impossibile realizzare quelle riforme; le faremo se avremo la capacità politica di superare veti e di costruire punti d'incontro tra forze e interessi molto diversi (Applausi). Questa, infatti, è la forza del riformismo quando diventa azione politica. Faremo queste riforme se dimostreremo con i fatti che le dobbiamo fare non perché ce lo chiede l'Europa, ma perché quelle riforme convengono all'Italia e agli italiani.
Dobbiamo tuttavia tenere a mente una lezione, perché più volte in Italia abbiamo cercato di fare le riforme strutturali per modernizzare il nostro Paese. I cambiamenti non sono mai un pranzo di gala, devono essere accompagnati da misure sociali per aiutare chi perde dalle riforme. Il riformismo calato dall'alto sulla testa del popolo è sempre destinato alla sconfitta (Applausi). Per questo, signor presidente Draghi, serve un nuovo patto sociale, un patto per la ricostruzione tra le forze politiche, il Governo, le parti sociali. È per questo che serve un'assunzione di responsabilità politica che vincoli tutte queste forze di fronte al Paese.
Il lavoro deve essere al centro di questo patto per la ricostruzione, perché l'Italia impiegherà almeno due anni per recuperare quello che abbiamo perso nel 2020, quando quasi un milione di persone hanno già perso il lavoro; precari, autonomi, giovani, donne e altri lo perderanno nei prossimi mesi. In quest'anno di pandemia le disuguaglianze sono aumentate e si sono aperte nuove fratture sociali ed è a rischio la tenuta e la coesione del Paese. Per questo nel Piano è necessario dare priorità ai progetti che creano più lavoro, a partire da quello per i giovani e per le donne, attuando concretamente la condizionalità che il Partito Democratico ha fortemente chiesto e ottenuto di inserire nel Piano. Next generation EU deve servire per migliorare i servizi per l'impiego, per rafforzare le politiche attive del lavoro, per aiutare le imprese che sceglieranno di non licenziare, per incentivare chi nei prossimi anni creerà lavoro e avvierà nuove imprese ed è cruciale mettere in campo nuove politiche industriali.
Signor Presidente del Consiglio,il Piano che approveremo oggi va fatto vivere nel Paese. Prendiamo atto del fatto che il Governo ha sciolto positivamente i nodi della governance, però dobbiamo fare un passo in più, dobbiamo definire i percorsi più efficaci per coinvolgere nella fase di attuazione il Parlamento, gli enti territoriali, le parti sociali. È questo il senso della proposta di una Commissione bicamerale sul PNRR, è questo il senso della richiesta di creare i canali, affinché tutto il Paese partecipi all'attuazione del piano (Applausi).
Signor Presidente del Consiglio,la via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà. Sono le parole di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi che concludevano il Manifesto... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Romani. Ne ha facoltà.
ROMANI (Misto-IeC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, penso che quelli nelle Aule parlamentari siano stati due giorni faticosi. Mi permetta quindi di sollecitare la sua attenzione con dei numeri; anzi, meglio, con alcune incertezze che ci sono sui numeri delle risorse a disposizione.
A pagina 22 del Piano c'è una tabella che riassume tutte le risorse: 191,50 miliardi del PNRR, 13 miliardi del React-EU e 30,64 miliardi del Fondo complementare, quello che viaggia nell'arco degli anni. Il totale fa 235,14. Però, Presidente, nella sua relazione lei ha parlato di 15 miliardi del Fondo per lo sviluppo e la coesione, che sappiamo esistere, ma anche di altri 26 miliardi che sono altre risorse - cito le sue parole - stanziate entro il 2032, da destinare alla realizzazione di opere specifiche. Il totale di queste risorse fa 276 miliardi.
Capisco che sul PNRR dobbiamo scrivere le cose che riguardano direttamente il PNRR, però probabilmente se il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) fornisse una tabella onnicomprensiva che verifichi le cifre e faccia capire tutte le risorse che sono a disposizione potrebbe sicuramente aiutarci.
Il compito che attende tutte le forze politiche è quello della straordinaria opportunità economica e culturale di ridisegnare il volto dell'economia italiana, avviando una stagione di riforme strutturali e di politiche industriali, capaci quindi di costruire un ecosistema sostenibile, digitale e competitivo a livello europeo, ripensando anche il modello stesso di organizzazione territoriale attraverso la riqualificazione e la diffusione di servizi e infrastrutture, senza ovviamente dimenticare la specificità italiana.
Voglio però andare nel concreto con alcuni accenni specifici. Parto dalla digitalizzazione; ritengo che sia necessario superare la logica di aree bianche e aree grigie per adottare quella del diritto universale alla connessione - ribadisco il concetto: diritto universale alla connessione - coinvolgendo negli investimenti gli operatori che più guadagnano dalla diffusione capillare della Rete, dai fornitori di contenuti ai circuiti dei pagamenti digitali, ad esempio. Tra parentesi a pagina 100 del Piano, a piè pagina vi è una definizione delle aree e si fa dove c'è un minimo di confusione. Vengono citate le aree nere, che sono quelle dove noi sappiamo esistere più operatori, e sono definite a fallimento di mercato. Forse vale la pena di rileggere quella pagina perché mi sembra leggermente pasticciata.
La digitalizzazione ovviamente è un passaggio fondamentale che segue logicamente il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione.
Valorizzazione e inclusione del territorio nazionale non vuol dire solo promuovere itinerari turistici per borghi caratteristici, ma rendere quei borghi nuovamente abitabili, portando servizi, pubblica amministrazione, credito, sanità e infrastrutture materiali e immateriali, hub logistici, 5G, riqualificazione digitale degli uffici pubblici, stazioni di coworking, intercettando anche quel fenomeno che sta emergendo e che è stato definito deurbanizzazione.
Inoltre la specificità tutta italiana del tessuto delle piccole medie imprese e della loro organizzazione in distretti industriali va valorizzata, creando le condizioni logistiche per la loro formazione anche nelle aree del Paese più periferiche. È un tema che riguarda il Sud, le isole, ma soprattutto e anche le aree interne.
Dobbiamo investire in economia di prossimità, rendere tutto il territorio nazionale un luogo dove poter costruire il proprio futuro.
Un secondo argomento che vorrei toccare velocemente è la green economy. La stessa logica di sviluppo deve essere alla base della tradizione energetica ed ecologica; bene quindi l'investimento sulla filiera dell'idrogeno e dell'economia circolare, ma attenzione al tema della mobilità elettrica, in particolare per quanto riguarda la realizzazione e lo smaltimento delle batterie al litio. C'è qui un auspicio alla realizzazione di impianti di costruzione di batterie, ma lei sa, Presidente, che in una ridente località svedese, ma anche a Torino, nelle aree ex Olivetti sono in costruzione impianti enormi; a Torino vengono investiti circa 4 miliardi, con 4.000 lavoratori e con un indotto di 15.000. Quindi non ho ben capito perché l'auspicio sia di costruire quando ci sono già due grandissimi progetti che si stanno diffondendo in Europa.
Al di là però di questi progetti specifici, il tema non è tanto la produzione delle batterie, quanto l'approvvigionamento delle materie prime rare; litio, in primis. In questo senso sarebbe necessario un impulso maggiore per implementare la ricerca... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).
PRESIDENTE. Senatore Romani, può consegnare la restante parte dell'intervento affinché sia allegata agli atti.
È iscritta a parlare la senatrice Ronzulli. Ne ha facoltà.
RONZULLI (FIBP-UDC). Signor Presidente del Consiglio, il recovery plan rappresenta un'occasione importante, direi irripetibile per il rilancio del nostro Paese. La pandemia si è abbattuta con durezza sull'Italia colpendo soprattutto le componenti più fragili della società: donne e bambini. Il progetto di rilancio che con il PNRR stiamo delineando non poteva quindi - questo l'ho ripetuto in varie occasioni - prescindere da una particolare attenzione ai più fragili. Dobbiamo ripartire dalle famiglie e dai più piccoli, certamente il recovery prevede stanziamenti e risorse mai viste prima in favore di queste categorie, anche se confesso che avrei preferito un impianto un po' più organico. Mi spiego meglio: sarebbe stato bello vedere nero su bianco, fra le missioni del Piano, anche una specifica missione dedicata all'infanzia. Bambini e adolescenti sono il nostro futuro e ogni progetto per la ripresa e la rinascita dell'Italia deve necessariamente prevedere interventi in loro favore e in favore delle famiglie e delle coppie giovani. Ho apprezzato, signor Presidente, la chiarezza con la quale ha rappresentato la gravità della situazione demografica del nostro Paese: tanti morti a causa dell'epidemia, ma anche drammaticamente un crollo delle nascite. La peste bianca della denatalità ha trovato nella pandemia ulteriore linfa. È necessario rilanciare le nascite, molte coppie non fanno più figli, come lei ha ricordato, perché non riescono ad avere accesso ai mutui e quindi a comprare casa e a programmare il futuro.
Come Presidente della Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza, ma prima ancora come donna e come mamma, ho più volte ribadito l'esigenza di un piano di investimenti per la fascia 0-6 anni. L'obiettivo che l'Italia deve porsi è che le spese per l'infanzia in generale e quelle per la famiglia siano almeno pari alla media europea. Un impegno straordinario - è innegabile - serve soprattutto nelle Regioni del Mezzogiorno, dove questa percentuale di offerta dei posti negli asili nido oggi appare un miraggio. È inaccettabile che ci siano bambini di serie A e di serie B solo perché nati in Regioni d'Italia diverse. Non dimentichiamo, poi, che la carenza di servizi educativi per l'infanzia, unita all'iniqua ripartizione dei carichi di lavoro familiare, condiziona negativamente l'offerta di lavoro femminile e riduce il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro. In questa spirale, le donne madri si fanno carico di maggiori oneri e di maggiori responsabilità.
Non posso, quindi, che apprezzare la scelta di proseguire nel solco tracciato, da un lato con l'istituzione dell'assegno universale per i figli e dall'altro con il finanziamento di 4,6 miliardi di euro per asili nido e scuole per l'infanzia e relativi servizi di educazione e cura. Secondo le stime, attraverso il progetto dovremmo giungere alla creazione di circa 228.000 posti. Certo, 900 milioni di euro per investimenti volti ad assicurare l'estensione del tempo pieno e delle mense sono un po' pochi, ma comunque lo voglio vedere come un punto di partenza soprattutto per il Mezzogiorno, dove, come sappiamo, non solo i nidi, ma anche il tempo pieno scarseggiano. Questa è una misura fondamentale per garantire ai genitori e in particolare alle donne la possibilità di conciliare la vita familiare e quella lavorativa. A tal proposito, giudico positivamente anche la proposta del ministro dell'istruzione Bianchi, che ha annunciato lo stanziamento di 510 milioni per tenere aperte le scuole per far recuperare la socialità ai ragazzi anche nei mesi di giugno e di luglio.
Positivo è anche lo stanziamento di 3,9 miliardi per l'edilizia scolastica, risorse che devono tradursi non soltanto in importanti interventi strutturali e antisismici, ma anche in un più generale ammodernamento e in un'innovazione degli ambienti anche per superare le "classi pollaio".
Le conseguenze dell'epidemia hanno messo a dura prova la salute psichica dei più giovani. So bene che il Piano ha privilegiato investimenti più concreti, ma a volte bisogna buttare il cuore oltre l'ostacolo e pensare anche ai beni immateriali come appunto il benessere psicologico dei bambini e degli adolescenti. Va valutata, quindi, prossimamente l'opportunità di prevedere nella missione istruzione e ricerca l'inserimento sistematico e strutturale dello psicologo scolastico negli istituti di ogni ordine e grado.
Questo Piano parla di futuro e senza bambini non ci può essere futuro. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Salvini. Ne ha facoltà.
SALVINI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, presidente Draghi, grazie per l'attenzione che ci riserva, che non è da tutti e che non sempre i suoi predecessori hanno dimostrato nella stessa maniera.
Grazie anzitutto per l'autorevolezza che sta restituendo all'Italia. Qualcuno prima di lei aspettava consigli, se non ordini dalla signora Merkel. Il fatto che, come riportato sui giornali, lei abbia alzato il telefono con la presidente della Commissione europea chiedendo rispetto per l'Italia mi ha reso orgoglioso di essere parlamentare e cittadino di questo Paese. (Applausi). Essere in Europa, sì, ma da protagonisti, non da comparse pagatrici. Non siamo gli alunni un po' discoli da bacchettare e accontentare ogni tanto; siamo un Paese fondatore di quello che era un sogno e che vorremmo continuasse a essere tale e non già una gabbia o un vincolo da cui potersi e doversi liberare. (Applausi). Penso che anche i segnali e i simboli siano importanti.
I colleghi hanno ricordato tanti temi e io non amo ripeterli, né perdere e far perdere tempo. Presidente Draghi, la ringrazio per aver ricordato i dimenticati, non solo nei fatti, ma anche nel suo intervento. Tra i dimenticati ricordo i 5 milioni di italiane e italiani portatori di disabilità. Un Paese civile non può avere cittadini di serie B né a scuola, né sul lavoro. (Applausi). Sono stati rimessi al centro, con soldi veri (ho letto oltre 300 pagine del documento) pari a 6 miliardi di euro, donne e uomini speciali che meritano qualcosa in più e non qualcosa in meno. Mi riferisco all'abbattimento di barriere architettoniche nelle biblioteche, nei musei, nelle scuole, lungo le strade, nei palazzi, sui treni e sugli autobus, nonché a centinaia di milioni di euro investiti per offrire un lavoro vero a donne e uomini che non chiedono compassione, né elemosina e che si sentono una ricchezza per questo Paese. (Applausi). Sono contento che la disabilità, anche in questo piano ambizioso, non sia vissuta, a pagina 385, come una postilla obbligatoria da inserire perché diversamente non si può fare.
Abbiamo chiesto e ottenuto - la ringrazio anche per questo - un Ministero appositamente dedicato alle donne, agli uomini, ai giovani e agli anziani portatori di disabilità perché diventino portatori di ricchezza e saggezza. La destinazione di 6 miliardi di euro a favore di non vedenti, non udenti e disabili fisici e psichici significa che questo è un Paese che guarda davvero avanti. Per questo la ringrazio, Presidente, e vedremo di usare bene questi fondi. (Applausi).
Tra questi fondi, 300 milioni di euro (non ricordati sostanzialmente da nessuno, ma per me particolarmente importanti, ancorché si tratti - ripeto - di 300 milioni su 200 miliardi di euro) sono destinati al potenziamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. La lotta a mafia, camorra e 'ndrangheta non si fa nei convegni, ma in quest'Aula, convintamente, con i soldi e le leggi. (Applausi). Per quanto ci riguarda, ovunque ci sia un mafioso c'è guerra, perché non ci sono next generation, futuro, lavoro, bellezza e libertà se non ci si libera dal ricatto di mafia, camorra e 'ndrangheta. Il fatto che in questo piano di utilizzo dei fondi si sia trovato spazio anche per questa sacrosanta battaglia è motivo di orgoglio per me e per tutta l'Italia. (Applausi).
C'è poi un'altra sfida, signor Presidente del Consiglio, rappresentata dalla riforma della burocrazia. Questa catastrofe può essere un'occasione storica, però ci vorrà coraggio. In Italia i cantieri durano in media, dall'inizio alla fine, 815 giorni, ossia quasi un anno in più rispetto alla media europea. Siamo penultimi in Europa, davanti solo alla Grecia, per lunghezza, burocrazia e ritardi e penultimi anche per tempi di pagamento delle aziende che vincono un appalto. In quest'Assemblea ci sono colleghi che si riempiono la bocca della parola Europa, ma solo quando conviene loro. Io voglio far parte di un Governo e vivere in un Paese dove le aziende e le imprese vengono pagate a trenta giorni, così come previsto dalla direttiva europea, e non a novanta giorni. (Applausi). Non ci può essere l'Europa alla carta che va bene in alcuni casi e va male in altri. Quindi, noi invochiamo la direttiva europea sui ritardati pagamenti per dare ossigeno alle nostre imprese. E ricordiamo e invochiamo anche (e qui vedremo gli amici, i compagni d'avventura del Partito Democratico e del MoVimento 5 Stelle se le daranno il sostegno che noi oggi in quest'Aula le preannunciamo) l'azzeramento e la sospensione della normativa italiana sugli appalti, sostituita dalla ben più efficace ed efficiente normativa europea. (Applausi).
Azzeriamo il codice degli appalti italiano e utilizziamo la normativa europea. Viva l'Europa sui tempi di pagamento e sugli appalti veloci. Vediamo se dai banchi della sinistra ci sarà tutto questo euroentusiasmo anche quando si tratterà di tagliare alcuni artigli, alcune lunghezze e alcune autorizzazioni all'interno delle quali si nasconde la corruzione. Perché più lungo è il processo di un appalto, più facile è trovare un corrotto e un corruttore. Se velocizzeremo i tempi sul modello Genova, vedrete che ruberanno di meno e lavoreranno di più. Vedremo cosa ci dicono. (Applausi).
Concludo qui dicendo che la Lega c'è. Noi siamo alleati leali: purtroppo, dice qualcuno a sinistra. Noi abbiamo risposto all'appello del presidente Mattarella, mettendo prima l'Italia rispetto all'interesse di partito e se qualcuno pensa di buttarci fuori ha sbagliato a capire. Noi qua siamo e qua rimaniamo orgogliosi e convinti per aiutare il nostro Paese. (Applausi).
Presidente Draghi, noi ci fidiamo degli italiani e delle imprese. C'è stato un dibattito di giorni e di ore sulle riaperture e sul coprifuoco. La ringrazio perché chi stamattina ha potuto andare a bere un caffè seduto al bar l'ha fatto per una scelta di coraggio, per un rischio calcolato. Giustamente, nell'ultima settimana 4.000 italiani hanno lasciato i posti letto degli ospedali, 500 sono usciti dalle terapie intensive e 3 milioni di Italiani sono stati vaccinati. Fidiamoci degli italiani e fidiamoci delle imprese. (Applausi).
Io penso che il diritto alla salute, il diritto al lavoro e il diritto alla libertà possano e debbano convivere. Quindi, la ringrazio per questo Piano ambizioso, presidente Draghi. La ringrazio anche per aver superato ritardi accumulati da qualcuno che, per mesi, evidentemente ha sonnecchiato. Quindi, siamo arrivati meglio degli altri e prima degli altri. La invito a fidarsi di chi ha il coraggio di difendere le proprie idee, anche assumendo posizioni scomode, e di diffidare invece di chi dice sempre e solo sì, non per amor di Patria, ma per amor di poltrona. Grazie, Presidente, e viva l'Italia. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pesco. Ne ha facoltà.
PESCO (M5S). Signor Presidente, un ringraziamento particolare va a tutti coloro che hanno lavorato su questo Piano e che continueranno a lavorare per dargli una corretta definizione e soprattutto una rapida attuazione. Abbiamo bisogno, infatti, di fare in fretta, ma soprattutto, signor Presidente, di fare bene. È una cosa estremamente necessaria per il nostro Paese, per le future generazioni e per i nostri giovani. (Applausi).
Questo Piano, però, era una cosa impensabile fino a marzo 2020, nel senso che, per fortuna, abbiamo avuto il presidente del Consiglio Conte, che, grazie anche all'impegno di altri Stati membri, è riuscito a convincere l'Unione europea a impegnarsi e a indebitarsi per tutti i Paesi in difficoltà, come il nostro, con uno strumento comune. Questa era una cosa impensabile fino a marzo 2020. Ora c'è e questo anche grazie al lavoro che è stato fatto in precedenza.
Questo è, però, uno strumento particolare, molto ampio. Questa è la terza volta che lo vediamo in Parlamento: abbiamo visto le linee guida, abbiamo visto il Piano Conte, abbiamo visto presentato il Piano Draghi ed ora vediamo questa versione che io definirei quasi definitiva. Purtroppo, infatti, perché è così ampio ma non presenta quelli che sono i progetti esecutivi. Noi abbiamo bisogno di avere contezza delle cose precise che verranno fatte, ma soprattutto dei luoghi in cui verranno fatte e questo, purtroppo, ancora non c'è. Signor Presidente del Consiglio, su questo chiediamo un impegno del Governo a farci avere quanto prima il progetto completo con i dettagli perché qui abbiamo solo contezza delle missioni e delle componenti, ma sulle azioni singole abbiamo veramente poco. (Applausi).
Veniamo a una cosa particolare. Noi ci siamo sempre espressi nei confronti del Governo in modo ampio tramite delle risoluzioni, degli atti che impegnano il Governo e non siamo mai riusciti a esprimerci in modo diretto con delle cose da fare in modo condizionato perché non c'è ancora uno strumento utile, su un programma così ampio che durerà così tanti anni, per impegnare il Governo in modo puntuale e definitivo. Secondo me, ciò costituisce una lacuna dei nostri strumenti parlamentari.
Andiamo oltre perché sono sicuro che da qui all'esecuzione di questi lavori si dovrà ripassare dal Parlamento, almeno in sede di legge di bilancio. Qualcosa dovrà passare dal Parlamento perché dobbiamo avere contezza di ciò che verrà fatto e dobbiamo approvare soprattutto ciò che verrà fatto. Quindi, immagino che in un futuro non troppo lontano tutto passerà dal Parlamento in modo che ci sia un'approvazione definitiva e, soprattutto, la possibilità per il Parlamento di esprimersi con delle condizioni precise per il Governo. (Applausi).
Signor Presidente, veniamo ai temi. Nelle scorse "edizioni" mi sono espresso su tre temi fondamentali. L'ambiente è, purtroppo, la Cenerentola del Piano perché per l'ambiente dobbiamo fare molto. Purtroppo, in Italia abbiamo inquinato tanto nei decenni precedenti. Ora abbiamo bisogno di una vera rivoluzione e purtroppo, Presidente, mi scusi, non ci sono ancora elementi sufficienti per dire che questa transizione ci sarà. (Applausi). Purtroppo, è così perché in Italia abbiamo ancora moltissime zone inquinate non protette e sulle quali non c'è l'impegno a bonificare. Per fortuna, si parla di bonifiche e questo lo apprezzo, insieme a tutto il MoVimento 5 Stelle. Le risorse inserite non sono, però, assolutamente sufficienti.
Finalmente si parla di biodiversità e lo apprezziamo, ma le risorse inserite purtroppo non bastano. Si parla anche di ecosistema marino. Ben venga; era necessario scriverlo; l'altra volta abbiamo chiesto noi di inserirlo nelle linee guida sul progetto Conte. Ora c'è, ma le risorse non sono ancora abbastanza. Bisogna fare di più e spero - visto che ci sarà un fondo aggiuntivo - che buona parte di quelle risorse potranno essere usate per l'ambiente. Non possiamo più continuare, infatti, a piangere le morti delle persone che si sono ammalate di tumore perché vivevano in un'area inquinata. (Applausi). Presidente, su questo dobbiamo fare assolutamente di più.
Veniamo al capitolo della non autosufficienza. Presidente, veramente cerco di fidarmi perché nel Piano precedente sulla non autosufficienza vi era una parte che contava 3,3 miliardi. Ora sulla prima componente di quella missione siamo scesi a circa un miliardo, però c'è molto di più sulla qualità dell'abitare e sull'housing sociale. Ci sono circa 3 miliardi in più, però le persone che hanno bisogno veramente necessitano di servizi assistenziali, di qualcuno che li vada a trovare per farli stare bene e, quindi, non possiamo investire solo sul mattone. (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
Comunico all'Assemblea che sono state presentate le proposte di risoluzione n. 1, dai senatori Licheri, Romeo, Bernini, Malpezzi, De Petris, Faraone e Unterberger, n. 2, dal senatore Ciriani e da altri senatori, e n. 3, dalla senatrice Granato e da altri senatori, i cui testi sono in distribuzione.
Avverto che è in corso la diretta televisiva con la RAI.
Ha facoltà di intervenire il presidente del Consiglio dei ministri, professor Draghi.
DRAGHI, presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, la prima osservazione che mi viene da fare dopo aver ascoltato il dibattito è che oggi è un giorno positivo; non trattiamo qualcosa di cui dispiacersi. (Applausi). È positivo per l'Italia.
Voglio anche ricordare che questo Senato è stato protagonista nel disegno, attraverso le molte consultazioni fatte nei mesi scorsi, attraverso le osservazioni di cui abbiamo tenuto conto. Sarà protagonista nell'attuazione del Piano, quindi, credo che molte delle osservazioni fatte richiamino giustamente la scarsità dei tempi che c'è stata.
Ho ricordato in altre occasioni che il 30 aprile non è una data mediatica; è una data per avere subito i soldi. Se avessimo deciso di presentare il Piano il 10 maggio i soldi li avremmo avuti dopo, non so se a giugno o addirittura dopo l'estate. Quindi, ecco il motivo dei tempi molto stringenti. Tra l'altro, non ho mai detto «garantisco io»: non è il mio stile. (Applausi).
Al centro del Piano c'è l'Italia, con le sue straordinarie qualità che ci rendono orgogliosi e anche le sue ormai storiche fragilità, su cui credo che tutti siamo d'accordo. Occorre trovare ora il consenso per affrontarle e risolverle. Questo piano ci dà l'occasione per farlo.
Il Piano è certamente un disegno di un progetto - ci sono tanti numeri, c'è tanto denaro al suo interno - ma è anche un'occasione per farci riflettere sul fatto che dobbiamo lavorare insieme, e quando dico insieme non intendo soltanto qui dentro, ma insieme con il Governo, con gli enti locali, con tutto il popolo italiano.
Questo Piano presuppone e di fatto creerà cambiamenti; pensate soltanto alla mole degli investimenti: pensate che l'Italia resti la stessa dopo? No. I cambiamenti avranno effetti certamente economici ma anche sociali importanti, e si possono attuare soltanto se c'è accordo, se c'è volontà di successo, non di sconfitta. (Applausi).
Ciò che ci sta davanti è molto complesso: le riforme, l'impianto istituzionale, Ministeri, Regioni, Comuni, Province, e poi la vera e propria messa a terra, come si dice.
Dicevo stamattina che corruzione, stupidità, interessi costituiti continueranno a essere i nostri nemici e ribadisco che sono certo che saranno battuti (Applausi); ma c'è anche un altro nemico, ed è l'inerzia. Mi riferisco all'inerzia istituzionale che si è radicata nei nostri comportamenti anche per la stratificazione di norme che ha accompagnato gli ultimi trent'anni. (Applausi). Queste riforme ci aiuteranno a superarla e per questo sono così importanti.
Tornando ai tempi limitati di cui questa discussione ha potuto giovarsi, ci sarà il momento dell'attuazione. Ricordiamoci che le riforme saranno adottate con strumenti legislativi, disegni di legge, leggi delega, decreti-legge, nei cui procedimenti di adozione il Parlamento tutto avrà, come è ovvio, un ruolo determinante nella discussione e nella determinazione del contenuto. Quindi, ancora una volta la collaborazione tra il potere legislativo ed esecutivo è cruciale in questa prospettiva.
Siccome moltissimi interventi hanno riguardato il Sud, vorrei trattare questo punto in particolare. Facciamo prima un conto delle risorse destinate al Sud. La domanda è: sono poche le risorse destinate dal Piano? Questo conto ci fa vedere che non ci sono solo le risorse del Piano, ma il Mezzogiorno dispone di un complesso di risorse, provenienti da diverse fonti di finanziamento. Il PNRR e il fondo complementare destinano al Mezzogiorno circa 82 miliardi di euro su 206 miliardi di euro totali, delle risorse ripartibili su base territoriale; il 40 per cento. Forse a qualcuno il 40 per cento può sembrare poco. A queste risorse però si aggiungono quelle dello strumento React-EU, appositamente attivato dall'Unione europea per contrastare gli effetti della crisi pandemica. Su un totale di 13,5 miliardi di euro destinati all'Italia, al Mezzogiorno andranno 8,5 miliardi di euro, destinati in larga parte a realizzare iniziative nel settore delle politiche del lavoro e dell'inclusione sociale, della salute e della ricerca. Le aree del Mezzogiorno potranno inoltre beneficiare delle ingenti risorse stanziate dal bilancio dell'Unione europea per i fondi strutturali 2021-2027 e i fondi per lo sviluppo rurale e la pesca: unitamente alle corrispondenti risorse del cofinanziamento a carico del bilancio statale, al Mezzogiorno andranno circa 60 miliardi di euro, su 85 miliardi di euro. Queste risorse saranno destinate a realizzare interventi in molteplici settori: ricerca, innovazione, tecnologie digitali, sostegno dell'economia a basse emissioni di carbonio, gestione sostenibile delle risorse naturali, sistema delle imprese, occupazione, scuola, eccetera.
Le aree del Mezzogiorno potranno inoltre beneficiare, per la realizzazione dell'Alta velocità, la linea ferroviaria Salerno-Reggio Calabria, di ulteriori risorse, pari a 9,4 miliardi di euro, su un totale di 10,4 miliardi di euro. Si tratta delle risorse reperite con lo scostamento di bilancio approvato dal Parlamento nei giorni scorsi, saranno incluse nel prossimo decreto-legge sul Fondo complementare e saranno aggiuntive al fondo stesso. Ulteriori risorse provengono dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, con questa ripartizione: nella programmazione per il 2014-2020, sono previsti 24 miliardi di euro per il Sud, su un totale di circa 30, programmati e non ancora impegnati; nella programmazione per il 2021-2027, sono previsti 35 miliardi di euro al Sud, su un totale di 44 miliardi di euro, già assegnati e la restante parte sarà assegnata con legge nel 2022; c'è poi la ricostituzione delle risorse per il 2021-2027 utilizzate nel PNRR, per 12,4 miliardi di euro al Sud, su un totale di 15,5 miliardi di euro, su scostamento di bilancio approvato dal Parlamento nei giorni scorsi, che saranno incluse nel prossimo decreto-legge sul Fondo complementare.
Naturalmente sarà importante evitare che i programmi straordinari siano compensati da una riduzione della spesa ordinaria, ma detto questo, qual è la lezione che si trae? La prima lezione che si trae è che il Sud non è stato discriminato in questo afflusso di fondi. Si potrà far meglio, si potrà cercare di riparare a qualche mancanza in tutta questa congerie di sorgenti e di fondi, ma sostanzialmente l'impressione non è quella di una discriminazione colpevole.
La seconda lezione è che le risorse saranno sempre poche, se uno non le usa. Questo è il punto. (Applausi).
Per usarle, certamente le riforme aiuteranno, ma c'è veramente una storica inerzia che bisogna superare, che non è colpevole, ma è un'inerzia che si vede, soprattutto nella fase di progettazione. Quindi, anche su questo bisogna impegnarsi collettivamente e il Governo ha previsto nel PNRR la costituzione di gruppi di lavoro che possono essere di aiuto, in questa fase, naturalmente se graditi.
Vengo ad alcuni punti specifici, sempre sul Sud.
Per quanto riguarda i porti, il PNRR prevede una componente denominata intermodalità e logistica integrata, cui sono destinati 3,5 miliardi di euro. Oltre 1,2 miliardi, pari al 44 per cento del totale territorializzato, appaiono destinati ai principali porti del Mezzogiorno per interventi portuali propriamente detti e altri interventi per la resilienza delle strutture portuali contro il cambiamento climatico. Questi sono interventi fatti con risorse nuove e non attraverso la programmazione del Fondo di coesione e sviluppo.
Ci sono poi 630 milioni di interventi per le aree retroportuali e industriali comprese nelle zone economiche del Mezzogiorno, che andranno a incidere, tra l'altro, proprio sui principali nodi logistici e portuali del Sud: Napoli, Taranto e Gioia Tauro. Per Gioia Tauro è inoltre previsto nel contratto di programma il finanziamento per oltre 60 milioni di euro per il collegamento del porto alla rete regionale ferroviaria.
Sull'Alta velocità, ho detto prima dei 4,640 miliardi che copriranno i primi lotti funzionali di Napoli-Bari, Salerno-Reggio Calabria, Palermo-Messina-Catania e Roma-Pescara. Altri 4,9 miliardi circa sono previsti per le connessioni diagonali, come la Battipaglia-Taranto e per il potenziamento di linee e stazioni ferroviarie meridionali. È molto rilevante sottolineare che al Fondo complementare da 30 miliardi si aggiungono ulteriori 9,4 miliardi, risorse necessarie per i successivi tre lotti della Salerno-Reggio Calabria, come ho detto prima.
Sugli asili nido, il bando per l'assegnazione ai Comuni dei primi 700 milioni di euro per gli asili nido è stato indetto sulla base di una norma della scorsa legge di bilancio. I criteri di riparto di queste risorse riservano il 60 per cento del totale alle aree svantaggiate, in gran parte quelle del Mezzogiorno, delle zone periferiche delle grandi città e delle aree interne. Per i prossimi bandi sarà evidentemente necessario correggere gli eventuali elementi di debolezza che riscontreremo con questo bando. L'obiettivo - ricordiamo - è dotare l'intero Paese di un'infrastruttura sociale che renda possibile il raggiungimento dell'obiettivo europeo del 33 per cento di bambini coperti da un servizio essenziale per le famiglie e per l'occupazione femminile.
C'è stata poi una domanda sui criteri di assegnazione dei fondi recovery, la famosa cantierabilità come criterio di selezione. Sì, è vero che l'Italia ha ottenuto la quota più significativa di fondi europei proprio perché c'è un'ampiezza dei divari territoriali da colmare, ma è anche vero che l'Unione europea chiede di ridurre tali divari (territoriali, di genere, generazionali) con azioni effettive e riforme efficaci, e non con una mera ripartizione contabile delle risorse.
Il nostro obiettivo con il Piano è ridurre questi divari e le stime sulla crescita e l'occupazione che ho dato prima e che il Piano produrrà testimoniano la bontà di questa visione. Il PNRR però - ricordiamolo - ha un vincolo di utilizzo di cinque anni. Non è un alibi, è un dato di fatto; deve tener conto anche delle storiche difficoltà del Sud di assorbimento dei fondi pubblici. Quindi dobbiamo lavorare insieme anche su quel fronte.
Vengo ora ad altre osservazioni specifiche.
Parto dall'intervento della senatrice Cattaneo: sono d'accordo con tutto quello che ha detto e, quindi, non ho risposte specifiche, se non rimarcare che il suo invito di procedere all'assegnazione dei fondi attraverso procedure competitive è stato pienamente accolto, anche nella costituzione dei centri di ricerca. Non ci sono più numeri; si creano soltanto se si vincono i bandi.
Più fondi alla ricerca su base ordinaria: certamente, e su questo si tornerà nella prossima legge di bilancio.
Quanto al secondo punto, e cioè al fatto che c'è un nesso tra riforme e politiche economiche, politiche monetarie e fiscali, sono stato spesso rimproverato, avendo inaugurato una politica monetaria più espansiva, di aver rimosso gli stimoli per i Governi a fare le riforme. Questa è un'accusa che mi è stata spesso rivolta, perché si crede che le riforme si facciano solo strozzando i Paesi con gli alti tassi di interesse. Ma questo non è vero, poiché non c'è alcuna relazione tra riforme e tassi di interesse, tanto è vero che oggi facciamo le riforme e le faremo con i tassi pari a zero. Perché questo? C'è il PNRR che inaugura una diversa stagione di politica fiscale, di politica di bilancio a livello europeo. Si tratta di una scommessa che facciamo collettivamente in tutta Europa sulla capacità di spendere - ma soprattutto di spendere bene - questo denaro. Questa scommessa vede l'Italia in prima fila come il Paese che ha tirato di più su questo Fondo (forse la Spagna qualcosa di più). Quindi noi saremo in un certo senso responsabili del successo o della perdita di tale scommessa.
Una sconfitta su questo fronte è grave, prima di tutto perché i primi a pagarne il prezzo saremo noi. Ma è grave anche per il futuro dell'Europa, perché non ci sarà più possibilità di convincere gli altri europei a fare una politica fiscale comune, a mettere i soldi insieme. (Applausi). Voglio ricordare che mettere i soldi insieme e fare una politica fiscale comune tornano prima di tutto a nostro beneficio (Applausi), perché siamo uno dei Paesi più fragili dell'Unione europea.
Altre domande specifiche sono su connessione e connettività. Comincio dalla banda larga: il Governo intende stanziare 6,31 miliardi per le reti ultraveloci, la banda larga e il 5G; l'obiettivo del Governo è portare entro il 2026 reti a banda ultralarga ovunque, senza distinzioni territoriali ed economiche. A maggio - è prossimo - avviamo la mappatura dei piani di investimento previsti dai privati per identificare le aree del Paese che, senza interventi del Governo, resterebbero sfavorite. Per queste aree è previsto un contributo statale per assicurarci che non si creino nuovi divari digitali da qui al 2026. Vogliamo che si evitino duplicazioni di investimento, che gli operatori di mercato scelgano le tecnologie più adatte ad ogni zona, e che comunque la scelta dei cittadini e la concorrenza vengano tutelate. Grazie a questa nuova e completa infrastruttura intendiamo investire per ammodernare la nostra amministrazione, connettere tutte le scuole e gli ospedali, incentivare le imprese a investire e digitalizzarsi.
Ho richiamato più volte la semplificazione. La semplificazione delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni è un obiettivo essenziale per la riuscita del Piano e, più in generale, per il rilancio del settore delle costruzioni. In merito agli appalti, intendiamo riformare la disciplina nazionale sulla base delle tre direttive dell'Unione europea 2014/23, 2014/24 e 2014/25, per renderla più snella rispetto a quella vigente, anche sulla base di una comparazione con la normativa adottata in altri Stati membri dell'Unione europea. A tal fine, si interverrà con una legge delega da presentare entro l'anno corrente. Inoltre, intendiamo prorogare le semplificazioni adottate con il decreto-legge n. 76 del 2020 fino al 2023. A prescindere dal PNRR, la semplificazione normativa e amministrativa è un obiettivo cruciale per il Governo.
Il PNRR di per sé contiene molte misure per accelerare l'attuazione degli interventi. Le riforme previste nel Piano sono poi accompagnate da indicazioni sulle tempistiche: sarà approvato un altro decreto-legge a maggio con gli interventi urgenti di semplificazione, e questo lavoro proseguirà in maniera progressiva e costante fino al 2026.
Un punto direi marginale è sulla giustizia, su cui i senatori Dal Mas e Balboni hanno espresso punti di vista diversi: per il senatore Dal Mas spendiamo troppo, per il senatore Balboni spendiamo poco. Secondo me hanno quasi ragione entrambi. I numeri sono i seguenti: l'Italia ha 3,7 pm ogni 100.000 abitanti, la Francia ne ha 3; eppure la Germania ne ha 7, il Regno Unito ne ha 8,6 e la Spagna ne ha 5. Anche qui è importante investire, è importante spendere ed è importante anche aumentare gli organici, ma è importante farlo bene. Quindi, la qualità del capitale umano che si accumulerà nei prossimi mesi e anni è molto importante.
Sul ponte sullo Stretto di Messina non posso dirvi altro che c'è una relazione ormai pronta - credo sia stata terminata nei giorni scorsi - che sarà inviata dal Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili al Parlamento per la discussione.
Non ho altri punti particolari da affrontare. Probabilmente non sono riuscito a rispondere a tutte le domande, ma spero di aver risposto alla maggioranza di esse. (Applausi).
PRESIDENTE. Chiedo al sottosegretario Amendola di esprimere il parere sulle proposte di risoluzione presentate.
AMENDOLA, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, sulla risoluzione n. 1, a firma dei senatori Licheri, Romeo, Bernini, Malpezzi, De Petris, Faraone e Unterberger, esprimo parere favorevole. Sulla risoluzione n. 2, a firma del senatore Ciriani e altri senatori, esprimo parere contrario. Sulla risoluzione n. 3, a firma della senatrice Granato e altri senatori, esprimo parere contrario.
PRESIDENTE. Passiamo alle votazioni.
STEGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STEGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, presidente Draghi, questo è un giorno davvero importante per l'Italia. Oggi discutiamo del progetto che può davvero consentire al Paese di sciogliere nodi e ritardi che ne hanno strozzato la crescita e la competitività per più di vent'anni e tutto questo è possibile grazie all'Europa.
È il più grande Piano di aiuti dai tempi del Piano Marshall, che vede l'Italia come principale beneficiaria, perché ha posto criteri che fotografano fedelmente le fragilità economiche e sociali legate alla pandemia. Si è affermata cioè l'idea che davanti a una tempesta di così vaste proporzioni gli ordinari strumenti di gestione politica e monetaria sarebbero risultati inadeguati. Occorreva un salto in avanti, un cambio di schema di gioco, mandando in soffitta le regole e i dogmi che avevano caratterizzato negativamente la gestione dell'ultima crisi economica, perlomeno fino al momento in cui, sotto la sua guida, non ci fu quel vasto intervento per salvare l'euro e le economie nazionali. Con il Covid bisognava intervenire nell'economia reale, sospendendo il Patto di stabilità e dando ai Paesi la possibilità di fare nuovo debito. Allo stesso tempo occorreva uno slancio di visione, quello che ritroviamo nelle missioni indicate nel recovery plan, in grado di trasformare questa catastrofe umana, economica e sociale in un'opportunità per costruire società più giuste ed economie più solide.
Per questo, Presidente, la responsabilità è doppia. Abbiamo un debito morale nei confronti dell'Europa, per il fatto che da questo momento, attraverso il recovery fund, si può riaccendere il percorso per una sempre maggiore integrazione, attraverso un bilancio comune e la stabilizzazione di misure votate all'innovazione. Dobbiamo riuscirvi mettendo subito in campo quelle riforme che sono state indicate nel Piano. Servono interventi coraggiosi per spingere l'economia e far crescere i livelli occupazionali. Serve un grande patto tra tutti gli attori politici e istituzionali, le forze sociali, i corpi intermedi, gli attori economici, affinché il percorso delle riforme non sia viziato da rivendicazioni di parte, e affinché in esso tutti remino per centrare gli obiettivi.
Occorre una riforma della pubblica amministrazione per innalzare qualità e capacità di spesa, attraverso l'immissione di figure che, dal giorno stesso, sappiano cosa fare, nonché attraverso un progetto per una formazione che accompagni i dipendenti pubblici in ogni fase del loro percorso lavorativo.
Occorre una riforma del fisco, per stabilire un nuovo patto con i cittadini; un fisco finalmente chiaro nelle regole che, con il riordino delle varie misure, consenta davvero di alleggerire la pressione, in particolare sul costo del lavoro.
Occorre una riforma della giustizia civile, che ripristini la certezza del diritto e la giusta durata dei processi, che oggi fa perdere all'Italia un punto del PIL all'anno e rappresenta il principale freno per gli investitori stranieri.
Ma ci vuole anche una vera e propria campagna per l'occupazione, attraverso un sistema formativo che favorisca l'incontro tra domanda e offerta, puntando anche sugli istituti tecnici, sulle scuole professionali, su quel sistema duale che, almeno in Sudtirolo, è stato di grande importanza per i livelli di occupazione giovanile prima della pandemia (Applausi), rafforzando le strutture per l'infanzia e favorendo misure di conciliazione tra famiglia e lavoro. Il livello del tasso di occupazione, in effetti, è direttamente proporzionale al benessere di una società.
Signor Presidente, è una scelta giusta quella di lasciare alle Regioni, alle Province autonome e agli enti locali la responsabilità di quasi metà dei progetti, nel rapporto 60/40, che lei ieri e oggi ha sostenuto. È la scelta che dà maggiori garanzie di equilibrio e mette al riparo dai rischi di ingolfamento di una struttura troppo centralizzata e da quelli di sovraccarico per le amministrazioni locali.
In questo quadro è molto positivo il rafforzamento delle risorse per la ricerca, le politiche attive del lavoro, l'innovazione tecnologica, nonché il forte impegno per la cultura e il turismo, per la competitività dell'intero tessuto produttivo, per le infrastrutture strategiche, con la nomina, già nelle scorse settimane, dei commissari straordinari.
Apprezziamo altresì la volontà di non escludere quei progetti ritenuti indispensabili per l'ammodernamento del Paese, ma che non rientravano nella tipologia di progetti finanziabili con le risorse europee. Si tratta, Presidente, di un segnale politico importante, di chi non vuole limitarsi a sfruttare le risorse europee, ma intende inserirle in un ragionamento complessivo sul futuro del Paese.
Adesso, Presidente, viene la parte più difficile, ma anche più entusiasmante. Lei lo ha detto con quel linguaggio della franchezza che la contraddistingue e noi in questo saremo con lei, per semplificare le norme, per scrivere le riforme, per fare in modo che non un solo euro vada disperso. Lo dobbiamo fare e nel frattempo dobbiamo spingere al massimo la campagna vaccinale, per fare in modo che da qui possa passare un ulteriore allentamento delle misure restrittive, anche mettendo in campo strumenti, come quello che abbiamo avviato in Sudtirolo, che ci possano avvicinare sempre più alla normalità.
Oggi si scrive una pagina importante. Il Gruppo Per le Autonomie (SVP-PATT, UV) esprime il voto favorevole sul PNRR e le augura buon lavoro. (Applausi).
RENZI (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZI (IV-PSI). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio dei ministri, onorevoli colleghi, è stato il Piano nazionale di ripresa e resilienza a costituire il casus belli che ha portato alla crisi del Governo Conte e alla nascita del Governo guidato dal presidente Draghi.
L'onestà intellettuale vuole che oggi si dia una risposta alla seguente domanda: ne valeva la pena? È cambiato qualcosa? Io penso che, per chi ha letto il testo del 9 dicembre del precedente Governo e chi ha sentito l'intervento del presidente Draghi oggi, la risposta sia chiara. Molto è cambiato, ma non mi riferisco a singole aggiunte o modifiche; mi riferisco a una cosa che allora non c'era e che oggi c'è: un'anima, una direzione, una visione.
Questo elemento è evidente oggi nel dibattito mondiale, nel dibattito europeo e deve diventare oggetto di discussione tra di noi. Non è un fatto legato alla stampa internazionale: è un po' provinciale guardare la stampa internazionale e pensare che essa sia la depositaria della verità. Tuttavia, il sentimento che il futuro in Italia è tornato in buone mani è un elemento che c'è nel dibattito dei leader internazionali, sui mercati e nelle aspettative verso il nostro Paese.
Di fronte a questo elemento, signora Presidente, c'è un dato di fatto oggettivo: il recovery plan non è uno, ma son due. Voi vi chiederete com'è possibile che ciò avvenga. In realtà, accanto ai 200 miliardi che vengono in qualche misura incanalati dall'Europa - il presidente Draghi nella sua replica ha dato anche una lezione tecnica, oltre che politica, sul valore per il futuro di questo investimento - c'è una cifra più o meno analoga, di cui non si parla mai, che Banca d'Italia stima essere nei depositi e nei conti correnti del risparmio degli italiani (imprese e famiglie) che hanno iniziato a risparmiare dal primo giorno della pandemia. Si tratta di una cifra che viaggia tra i 170 e i 200 miliardi di euro. È come se le risorse fossero doppie: da un lato i 200 miliardi europei, ma dall'altro un recovery plan totalmente italiano bloccato dalla paura.
Recuperare parole di fiducia, signora Presidente, è dunque una priorità anche economica. Recuperare un clima di fiducia passa anche da gesti simbolici, come non litigare su un orario del coprifuoco, ma prendere atto che è fondamentale procedere con l'allargamento delle riaperture, perché questo porta a investire il denaro degli italiani ed attrarre i denari non soltanto delle aziende, ma anche dei turisti. Questo elemento è una pietra miliare nella storia del nostro Paese.
Dopodiché, signor Presidente del Consiglio, lei è appena arrivato in quest'Aula e non ha potuto gustare tutti i riferimenti a quante volte abbiamo scritto la storia in questa legislatura: una volta alla settimana nel corso dei tre anni precedenti qualche Ministro ha fatto un post dicendo che stava scrivendo la storia. Questo è valso sia col Governo Conte 1 che con il Governo Conte 2. Bastava stare applicati ai social e si trovava sempre qualche Ministro: il primo è stato un ex Ministro che ha detto che scriveva la storia perché stava trasferendo le competenze dell'unità sul dissesto idrogeologico e sull'edilizia scolastica ai rispettivi Ministeri; poi qualcuno ha scritto la storia affacciandosi da un terrazzino e abolendo la povertà con il reddito di cittadinanza; poi qualcuno ha scritto la storia con i provvedimenti più disparati.
Io penso che nessuno abbia scritto la storia in questi tre anni. È certo però che pochi la storia l'hanno studiata. Gli anni Venti del secolo scorso hanno preso avvio con una terribile pandemia, la spagnola, che ha fatto più morti - si spera - di quelli che farà alla fine il coronavirus, ma per la incapacità delle classi dirigenti si sono prodotti due elementi: la crisi delle traballanti democrazie dell'epoca e la depressione economica culminata nel 1929, alla fine di quel decennio degli anni Venti, in una delle più grandi tragedie della storia economica contemporanea e recente. Io vorrei che noi avessimo la consapevolezza che nessuno qui può scrivere la storia semplicemente perché fa un decreto o un piano, ma che c'è la consapevolezza di dover presentarsi all'appuntamento della storia con la consapevolezza di chi ha imparato dalle lezioni del passato.
In questo senso il Governo Draghi è un elemento di fiducia per il nostro Paese, ma deve anche cogliere i problemi che noi abbiamo, perché - attenzione - niente è scontato per nessuno. Pensate a cosa è successo in Unione europea negli ultimi dodici mesi. Nel 2020 ad aprile sembrava che l'Unione europea avesse colto il valore della ripartenza e che il Regno Unito con Boris Johnson, che allora era anche in un momento di difficoltà personale, non avesse capito praticamente niente. Invece cosa è accaduto dopo un anno? La campagna vaccinale ha visto il successo degli inglesi anche rispetto all'Unione europea e piange il cuore a me che sono europeista vedere come la campagna vaccinale sia diventata uno spot per coloro i quali sostengono la Brexit rispetto al mal funzionamento dell'Unione europea.
La storia cambia velocemente, e anche quella del nostro Paese. Se prendiamo il compasso e torniamo indietro, il 27 aprile del 2016, c'era un Governo - io ne so qualcosa - che sembrava destinato ad avere consenso per anni. Nell'aprile del 2017 il presidente del Consiglio Gentiloni sembrava destinato ad essere il punto di riferimento di un equilibrio di larghe intese per anni. Nell'aprile del 2018 sembrava che si dovesse fare un Governo guidato dall'onorevole Di Maio con il PD come sostegno. Nell'aprile del 2019 sembrava che il Governo Conte 1 non potesse fare a meno della leadership di Salvini. Nell'aprile del 2020 nessuno poteva toccare il Governo Conte 2. Nell'aprile del 2021 credo che vi sia una guida del Governo capace di cogliere il valore strategico di un progetto di lungo periodo e non di un orizzonte che divora i personaggi politici. (Applausi).
Questo perlomeno, signor Presidente, è l'augurio che io vorrei farle avviandomi alla conclusione. La storia ci ha dato la rilevante occasione di essere in grado di dire che l'Unione europea serve, che l'Italia ha un Governo che pensa alle future generazioni e non alle future elezioni, che finalmente possiamo andare sui giornali internazionali non perché abbiamo i banchi a rotelle nascosti nei magazzini che non servono o perché abbiamo i ventilatori cinesi malfunzionanti, ma garantiti degli amici degli amici. (Applausi). Abbiamo finalmente l'occasione di andare sui giornali di tutto il mondo come quelli che presiedono il G20 con una visione post pandemica; come quelli che hanno qualcosa da dire sull'Unione europea che verrà, anche adesso, ma a maggior ragione dopo che Angela Merkel lascerà, e in un momento di grande tensione per la Francia, che va verso una campagna elettorale difficile.
Siamo quelli che possono restituire entusiasmo e fiducia a condizione di provare, signor Presidente, a mettere in pratica le sue parole. Lei ha detto che l'onestà, l'intelligenza e il gusto del futuro prevarranno sulla corruzione, la stupidità e gli interessi costituiti. Siamo tutti d'accordo sull'onestà contro la corruzione; sull'intelligenza contro la stupidità, De Gaulle lo definiva vasto programma, ma è una sfida comunque affascinante e suggestiva; intelligenza artificiale o naturale che sia, siamo tutti con lei. La vera svolta che però - secondo me - arriva dalle parole del presidente Draghi è quella relativa al gusto del futuro contro gli interessi costituiti. Questa è la vera anima del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si dice - lo ha detto il Presidente - ai ragazzi che possono puntare a studiare nei luoghi migliori con i maestri migliori. Si dice alle imprese che non devono aver paura di sfidare il futuro, perché possono giocarsela contro la cultura della rendita. Si dice però anche alla politica che forse è arrivato il momento, per una volta, di avere un orizzonte più ampio, di pensare sul serio che il gusto del coraggio e del futuro sia più forte di chi in questi anni ha sempre pensato di poter andare avanti con la cultura della rendita e con la paura del domani.
In bocca al lupo, signor Presidente. Italia Viva annuncia il voto a favore. (Applausi).
CIRIANI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CIRIANI (FdI). Signor Presidente, presidente Draghi, colleghi, nonostante le sue giustificazioni, io credo che nessuno possa negare che stiamo discutendo e votando un Piano che il Parlamento non conosce. Lo conosce sicuramente il Governo; lo conoscono i capi delegazione dei partiti; lo conoscono sicuramente i burocrati zelanti di Bruxelles, ma non lo conosce il Parlamento della Repubblica italiana, che è costretto a votarlo a scatola chiusa secondo una procedura che credo non sia mai stata così avvilente per il suo status.
Diciamo questo, presidente Draghi, non per amore di polemica fine a se stessa e nemmeno per difendere il ruolo dell'opposizione. Lo diciamo per difendere il ruolo della politica, il ruolo del Parlamento, paradossalmente per difendere anche i colleghi di maggioranza, di cui immagino l'imbarazzo, dovendo votare qualcosa che non conoscono, che non hanno potuto nemmeno leggere. Qualche tempo fa si diceva che il Parlamento era una scatola di tonno da aprire. Il Parlamento è diventato un inutile soprammobile. Presidente Draghi, forse a lei interesserà poco o addirittura dispiacerà, ma il sottoscritto e i 20 senatori di Fratelli d'Italia che ho l'onore di rappresentare sono molto modestamente i rappresentanti del popolo italiano e lo sono perché hanno vinto libere elezioni in una competizione democratica. I miei colleghi ed io, però, dovremo dire che abbiamo votato un provvedimento che vale 220 o forse 250 miliardi, che indebita i nostri figli e i figli dei nostri figli, senza averlo potuto leggere, commentare, migliorare, emendare. E diremo a futura memoria che tutto questo è avvenuto con il silenzio di tutti, tranne che del Gruppo Fratelli d'Italia. (Applausi). Mi consenta, Presidente - e mi consenta anche il presidente Alberti Casellati - di dire che viviamo in una strana democrazia sospesa, in cui c'è una maggioranza talmente ampia che si sente in diritto non soltanto di limitare le libertà individuali, ma anche di alterare le regole elementari del gioco democratico e che considera la presenza di una forza di opposizione coerente come un fastidio e non invece per quello che è, ovvero una garanzia di libertà e di pluralismo.
Venendo al merito della discussione sul Piano nazionale di ripresa e di resilienza, certamente non vogliamo né sottovalutarlo né minimizzarlo, ne conosciamo l'ampiezza, la portata e l'importanza. La presidente Meloni, nei colloqui che abbiamo avuto, ha anche inviato dei documenti scritti e ha elencato quelle che sono per noi le priorità. Ma non possiamo non vedere - ad esempio - che mancano tutte le riforme che - lei mi insegna, presidente Draghi - devono accompagnare il Piano. Manca la riforma della giustizia, manca la riforma del fisco, manca la riforma della pubblica amministrazione e, senza delle riforme, questo Piano viaggia con il freno a mano tirato.
Dirò poi una cosa che sicuramente è molto contro corrente, ma credo che dobbiamo fare un bagno di realismo e di prudenza, perché ho sentito troppi voli pindarici. Il recovery plan è certamente una grande occasione per il nostro Paese, ma non è una bacchetta magica che in un colpo solo risolve tutti i problemi del Paese. Abbiamo a disposizione 220 miliardi, che sono diventati 250, che potremo utilizzare nell'arco di sei anni; probabilmente i primi effetti si dispiegheranno l'anno prossimo; abbiamo letto le stime di crescita che avete scritto nel DEF e le consideriamo - come tutte le stime di crescita macroeconomica scritte dai Governi - molto ottimistiche, e speriamo di sbagliare. Ma dobbiamo anche - per amore di verità - ricordare che, a fronte dei 220 miliardi in sei anni del recovery plan, in dodici mesi ne abbiamo già spesi 180 di scostamento di bilancio e i risultati, o meglio i non risultati sono sotto gli occhi di tutti, Presidente, compreso il fatto che buona parte di quelle risorse è ancora ferma ai Ministeri perché mancano i decreti attuativi. (Applausi). Prima di occuparci del recovery plan, allora, occupiamoci di usare le risorse che già abbiamo e che non riusciamo a spendere.
Lei, Presidente, ci ha spiegato che questo Piano deve servire a rinnovare, a cambiare, a modernizzare il Paese, tutte cose che noi condividiamo e che ci auguriamo possano accadere. Mi permetta, però, di dire anche un'altra cosa: prima di cambiare l'Italia, bisogna salvarla e, per salvarla, bisogna farla ripartire e, per farla ripartire, bisogna riaprirla, certamente in sicurezza, con le regole, ma bisogna riaprire. Altrimenti, presidente Draghi, sul terreno di un'economia e di una società distrutte, non funzioneranno nemmeno i miliardi del recovery plan.
Presidente Draghi, le do atto di aver ricordato che c'è un pezzo molto importante dell'Italia che ha subito restrizioni e sacrifici terribili e che semplicemente non ce la fa e non regge più. Siamo vicini a quel punto molto delicato e pericoloso in cui il dramma sociale e l'emergenza economica rischiano persino di travolgere l'allarme sanitario. A questo grande pezzo d'Italia è stato detto di pazientare, un mese dopo l'altro, perché sarebbe arrivata la svolta. A ottobre è stato detto di fare sacrifici per salvare il Natale e, poi, a Natale, sono stati chiesti altri sacrifici in attesa di gennaio, quando sarebbero arrivati i ristori. Ma poi non sono arrivati nemmeno i ristori. Si è detto che sarebbe arrivato il vaccino, ma non è arrivato nemmeno quello; quando poi è arrivato, è giunto in ritardo e con il contagocce.
È chiaro che non si può rimanere all'infinito senza il proprio lavoro, il proprio negozio e la propria occupazione, né risposte, rimborsi e vaccino: insomma, senza niente. (Applausi).
Presidente Draghi, la cosa più straordinaria, sempre in termini di realismo e pragmatismo, è che tutta questa gente alla fine non chiede rimborsi, o, meglio, li chiede perché sono utili e devono esserci. Non chiede il reddito di cittadinanza o di diventare navigator, nonostante il ministro Orlando: chiede la cosa più semplice e onesta del mondo, l'unica cosa che funziona davvero, ossia di tornare a lavorare. Infatti, è soltanto con il lavoro, dal più umile al più prestigioso, che si può contribuire non solo alla realizzazione di se stessi, della propria famiglia e della propria comunità, ma anche a ricostruire la speranza e la fiducia in questo Paese e una normalità possibile che è importante tanto quanto i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Presidente Draghi, il tempo è quasi finito. Non possiamo indicare le nostre priorità, perché il tempo è passato e non ci è stato consentito farlo. Avremmo indirizzato le risorse - lo dico brevemente - a favore dei non garantiti, di chi ha sofferto in silenzio e di chi crede ancora nel merito e nel talento; sicuramente non a beneficio di chi crede che il futuro si conquisti pescando il biglietto fortunato della lotteria degli scontrini, perché con questa mentalità il Paese non va davvero da nessuna parte.
Infine, siamo accusati di essere superficiali e populisti, ma cosa c'è di serio e lungimirante in un coprifuoco alle ore 22 che colpisce a morte il nostro turismo? Lascio a lei la risposta, presidente Draghi.
Nonostante tutto, i torti e gli errori, noi continueremo lungo la nostra strada, che è quella di un'opposizione senza sconti e pregiudizi. Noi non siamo quelli del tanto peggio, tanto meglio: siamo quelli del tricolore e continueremo sempre e comunque a tifare per l'Italia, perché almeno questa libertà di sicuro non ce la potrete togliere. (Applausi).
MALPEZZI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALPEZZI (PD). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, membri del Governo, ogni storia, come quella che stiamo vivendo oggi, ha un suo inizio. E, se oggi siamo qui a discutere dei 248 miliardi di euro complessivi che l'Europa mette a disposizione del nostro Paese, lo dobbiamo di sicuro al prezioso lavoro di negoziazione della nostra delegazione che il 21 luglio scorso, dopo giorni difficili di trattative, ha contribuito in modo decisivo alla nascita di questo strumento straordinario da 750 miliardi di euro per salvare i Paesi più colpiti dal Covid. Si tratta di uno strumento che segna un cambio di passo decisivo anche per l'Europa, diventata così davvero la casa di tutti. Il recovery, infatti, è una grande occasione per l'Italia, ma lo è anche per l'Europa. È un'opportunità unica che abbiamo per poter procedere davvero verso una positiva integrazione solidale, mettendo in campo una politica permanente di condivisione, che implica che i Paesi sappiano tenere il loro debito sotto controllo, rendendo però sostenibile, attraverso una crescita robusta, quello che loro sono. In questo modo, quel Patto di stabilità potrà essere trasformato in un vero patto di sostenibilità, in questo caso ambientale e sociale.
Presidente Draghi, io non ho problemi a dire che l'agenda che lei ha delineato è l'agenda dei democratici, perché è un'agenda europeista, che mette al centro le donne, i giovani, il capitale umano, l'ambiente, l'innovazione e le riforme per modernizzare il Paese. (Applausi).
Capisco che altre forze facciano più fatica a rivendicare questa affinità e questa visione comune. Sono, tra l'altro, quelle forze che sono state titubanti e anche molto contraddittorie nei confronti di questo Piano e che, per esempio, in Europa non lo hanno approvato. Questo anche perché, molto probabilmente, sono le forze vicine a Orban e al partito Fidesz, forze che in Europa pensano che aiutare i Paesi come il nostro sia un errore. Noi, invece, non abbiamo mai cambiato idea. Siamo per l'Europa e questa è l'Europa che vogliamo.
Con il PNRR si gioca la sfida del futuro e la politica che si intesta la sfida del futuro è la politica che ha il coraggio di non inseguire il consenso facile: del qui e ora e del risultato immediato. Insomma, è la politica che sa cogliere la sfida di questo tempo, che è il tempo della ricostruzione. Per rimettere in piedi il Paese e costruire opportunità, infatti, dal lavoro alla formazione, ci vuole tempo; un tempo più lungo di quello dettato dalle scadenze elettorali, che cercano, appunto, il facile consenso.
La differenza tra i populisti e i riformisti è tutta qui. I populisti mettono sempre in campo una visione dominata dall'ansia di dover cavalcare una paura, di dover piantare una bandierina; i riformisti non guardano solo all'emergenza, ma mettono in campo una visione più complessiva per dare risposte al futuro.
Signor Presidente, mi consenta di fare un appello alla responsabilità di tutte le forze politiche, affinché si possa parlare più di PNRR e meno delle raccolte di firme per contestare i provvedimenti approvati dal Governo di cui si fa parte. (Applausi).
Davvero non è possibile che si facciano battaglie su questioni che sono già risolte, perché sono risolte nella modalità in cui è scritta la norma e in ciò che è stato detto nella cabina di regia: si deciderà insieme, sulla base dei dati, secondo quello che lei, presidente Draghi, ha chiamato - e va bene per tutti - il rischio calcolato. Allora, le misure andranno di pari passo con quello che sarà il rischio, perché noi vogliamo aprire per non chiudere più. (Applausi).
Signor Presidente, l'orizzonte politico delle forze di Governo che hanno la responsabilità di guidare il Paese in questa fase non può essere ridotto alle prossime ventiquattro ore o ai sondaggi settimanali. Se il PNRR è la sfida per il futuro, è chiaro che abbiamo bisogno di avere uno sguardo più lungo. Il PNRR discute dei prossimi anni. Si tratta, però, dell'inizio di un percorso, che mette al centro un metodo e una traiettoria che dovrà essere applicata, da ora in poi, a tutte le misure economiche che anche questo Governo e questo Parlamento si troveranno ad affrontare.
Noi crediamo, infatti, che il futuro passi davvero, oltre che dalle transizioni ecologiche e digitali, da quelle tre priorità che abbiamo messo al centro: giovani, donne e Mezzogiorno. Un Paese non può crescere, infatti, se non è in grado di includere e di dare opportunità a tutti.
Signor Presidente, lo dico con orgoglio: il Partito Democratico ha chiesto con forza la clausola di condizionalità su tutti i progetti per promuovere occupazione di donne e giovani. Questo indica la volontà di costruire una società più forte ed equa, dove tutti possano partecipare e contribuire alla costruzione di crescita e benessere. Nei prossimi anni dovremo dare al Paese ancora più asili nido di quelli previsti dal Piano, più tempo pieno, più misure per la natalità, in un Paese che non fa più figli e dove le donne sono costrette, troppo spesso, a scegliere tra la maternità e il lavoro e dove i giovani sono precari e senza alcun sostegno per realizzare i loro progetti. Dovremo essere capaci di investire sul capitale umano, sulla creazione di posti di lavoro e sulle politiche attive per riuscire a stare dentro i cambiamenti, che sono imposti da questa transizione.
Presidente, ricordo un tema che a noi è particolarmente caro: i nostri ragazzi. Noi non sappiamo veramente cosa questa pandemia stia lasciando in loro. I dati ci dicono che hanno bisogno di sostegno, vicinanza e aiuto per prevenire un disagio psichico che si sta diffondendo. Abbiamo bisogno di intervenire presto. Anche questa è un'emergenza e il Governo deve farsene carico. Il Parlamento sarà al suo fianco rispetto a questo.
Un altro tema importante riguarda il fatto che le risorse devono essere spese bene. Presidente, lo ha detto anche lei nella sua replica. Per fare in modo che diventino una vera opportunità, queste riforme devono essere fatte bene con la centralità del Parlamento, che chiaramente sarà vigile e si intesterà questa grande fase di cambiamento. Noi faremo la nostra parte. Per il Partito Democratico la centralità e il ruolo del Parlamento in questa fase sono ancora più decisivi perché le riforme servono davvero a rimuovere gli ostacoli che hanno rallentato in questi anni la realizzazione degli investimenti.
Signor Presidente, anche le riforme vanno sottratte alle pressioni politico-elettorali. Serve un cambio di passo all'altezza della sfida in atto. Noi ci saremo; riteniamo il Next Generation un successo di chi, come noi, ha sempre creduto nell'Europa e siamo contenti che chi non ci credeva oggi abbia cambiato idea.
Il Governo è nato per portare l'Italia fuori dalla crisi. Ricordo bene l'applauso che questa Assemblea le ha riservato nel corso del suo discorso di insediamento quando ha detto che l'unità non era un'opzione, ma un dovere guidato da ciò che ci unisce tutti, l'amore per l'Italia. Sono trascorsi poco più di tre mesi da quel giorno, ma mi pare ci sia bisogno di ricordare a tutti noi presenti in quest'Aula l'impegno cui siamo stati chiamati, perché condividere una responsabilità non significa liberarsi le mani quando si vuole e quando fa più comodo; significa provare a superare le differenze per il bene del Paese insieme, perché nessuno si salva da solo. Lo dobbiamo ai nostri giovani. È questa la vera sfida.
Annuncio pertanto il voto favorevole del Gruppo PD alla risoluzione n. 1. (Applausi).
DE PETRIS (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-LeU). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, all'inizio della pandemia ci siamo ripetuti tante volte che niente sarebbe stato come prima e ci siamo anche ripetuti molte volte che niente doveva essere come prima, nel senso che la normalità era stato uno dei nostri problemi e dunque anche il semplice ritorno alla normalità era un problema.
La pandemia ha squadernato e ha approfondito ancora di più i grandi problemi del nostro Paese, la sua fragilità, le disuguaglianze e i problemi strutturali.
Signor Presidente, poco fa ha detto nella replica che l'Italia è al centro di questo Piano con la sua bellezza e le sue fragilità. Il nostro compito fondamentale è non tornare a quella normalità che è stata la causa di molti nostri problemi, ma cercare di fare un grande salto in avanti. Credo sia questa la missione, Presidente, che tutti noi ci dobbiamo assumere.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è un'occasione storica per l'Italia, un'occasione straordinaria. Qualcuno ha voluto giustamente ricordare che l'abbiamo conquistata e non è stato semplice. Non è stato semplice convincere l'Europa e aver fatto fare questo grande passo non solo per le risorse portate all'Italia, ma per il cambiamento che comunque si è innestato in Europa. È un'occasione che dobbiamo rivendicare con orgoglio, voluta non solo dalla delegazione, come ha detto la mia collega Malpezzi, ma anche con forza da questo Parlamento che ci ha creduto.
Tale occasione è certamente un grande passo in avanti, Presidente, e non la possiamo sprecare.
Lei ha parlato dell'Italia della bellezza e della fragilità: ecco che allora questo grande passo lo dobbiamo implementare, e implementarlo significa crederci fino in fondo.
Ci sono alcune questioni che sono state ripetute durante il dibattito: gli assi strategici, per me fondamentali, che si intrecciano strettamente. Sto parlando della transizione ecologica e dell'inclusione sociale, che vanno di pari passo perché intervenire sulle emergenze ambientali significa fare un grande lavoro per abbattere le disuguaglianze e lo svantaggio di tantissime persone.
Su questo fronte sono state stanziate risorse (quasi 70 miliardi sulla transizione ecologica), ma dobbiamo sapere che, al di là della pandemia, che è strettamente connessa alle emergenze ambientali - continuiamo a dimenticarlo sempre - per raggiungere gli obiettivi che l'Europa si è data, e quindi noi ci siamo dati, dobbiamo fare tutti insieme un grande sforzo per implementare le risorse, per raggiungere obiettivi fondamentali e centrali, per far sì che possano essere non solo valorizzate ma ulteriormente aumentate. Dobbiamo utilizzare tutte le altre risorse, quelle previste nella legge di bilancio e negli altri strumenti che avremo a disposizione, per muoverci su quella strada.
Non c'è un Piano e poi l'ordinaria amministrazione, Presidente. Tutto il nostro lavoro deve puntare a questo scopo.
Bisogna fare di più sulle rinnovabili altrimenti non ce la faremo a raggiungere quegli obiettivi. Bisogna fare di più per abbattere le emissioni. Lei ha parlato giustamente di riforma fiscale: dobbiamo usare anche la fiscalità ambientale, bisogna dirlo con forza, un altro strumento che dobbiamo mettere in campo; anche quella è una grandissima riforma.
Non c'è tempo da perdere, Presidente: ce lo ricordano i nostri ragazzi, ma ce lo ricordano i dati e soprattutto la fragilità del nostro territorio. Quindi, più rinnovabili, chiarezza sull'idrogeno e soprattutto sul dissesto idrogeologico, dove dobbiamo fare un grande lavoro, così come sulle bonifiche e sui siti inquinati. Dobbiamo capire che quella di fronte a noi è davvero una grande missione, e su questo dobbiamo misurare tutte le nostre esperienze e la nostra responsabilità.
Per non parlare del nostro capitale naturale: la bellezza che lei richiamava dell'Italia è la bellezza della nostra cultura, la bellezza dei nostri luoghi storici, la bellezza della nostra natura e biodiversità. Su questo dobbiamo investire perché da lì viene la possibilità di recuperare anche tutte le risorse naturali e l'inclusione sociale.
Quindi su questo non solo bisogna avere chiare le condizionalità, che devono essere trasversali, ma dobbiamo avere ben chiaro in mente come operiamo. Sì, forse bisogna aumentare i fondi da una parte o dall'altra, ma anche qui, signor Presidente, se la nostra missione è quella di intervenire per rimuovere le disuguaglianze di genere, territoriali e generazionali, dobbiamo mettere in coerenza tutti i nostri interventi.
Se lei, signor Presidente, mi sta a sentire, lo dico volentieri: il Parlamento non ha alcuna intenzione di abdicare al proprio ruolo, che è quello di indirizzare, monitorare, controllare e dare il proprio contributo. Le risoluzioni che sono state approvate sono oro prezioso, perché ci servono proprio per fare questo lavoro. Non tutte sono state ovviamente riprese e recuperate nel Piano presentato oggi, ma dobbiamo avere l'obbligo, tutti insieme, di implementare quel Piano e di recuperarle, non solo nel Fondo complementare, ma anche in tutti gli altri fondi straordinari, nei fondi ordinari e, ovviamente, negli altri fondi europei che ci sono per i progetti e anche nella legge di bilancio.
Sul Sud si è discusso molto, a proposito dei divari territoriali. Il Presidente del Consiglio, in sede di replica ci ha fatto un doveroso riassunto di tutte le risorse. Benissimo, ma sul Sud dobbiamo essere molto chiari. Ci sono opere che erano già state finanziate e che stavano già nel nostro piano investimenti: penso ad esempio alla Napoli-Bari, che è stata messa nel Piano. Quelle risorse però non possono essere utilizzate per altro. Faccio una proposta: non abbiamo bisogno soltanto dell'alta velocità, ma abbiamo bisogno di un grande bando europeo per acquistare i treni di qualità. Questo è certamente lavorare per il Sud, perché ciò è utile per far riprendere il Sud e per portare i turisti. Ci sono dei progetti che possiamo fare molto semplicemente, utilizzando le risorse. In questo senso, la riforma della pubblica amministrazione è fondamentale e centrale, perché è stata depauperata e il blocco del turnover l'ha privata di persone qualificate. Dobbiamo fare una grande riforma per immettere giovani professionalità, perché abbiamo bisogno di una grande capacità di progettazione.
Ci sono poi i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), che devono essere la nostra guida, per superare i divari territoriali e ovviamente anche tutti gli altri divari sociali. Abbiamo la possibilità di farcela e di lavorare insieme, con grande senso di responsabilità. Ciò non attiene solo al Governo, signor Presidente, non attiene solo al Parlamento, ma a tutto il Paese e alla sua classe dirigente. Sia noi che il Governo dobbiamo dialogare e coinvolgere, perché tutti si devono sentire corresponsabili di un progetto di rinascita per l'Italia. Per tutti questi motivi... (Il microfono si disattiva automaticamente. Applausi).
DAMIANI (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DAMIANI (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, rappresentanti del Governo, colleghi senatori, a distanza di poco più di un anno dalla tempesta sanitaria ed economica che ha travolto il nostro Paese e l'intero mondo, oggi siamo ad una svolta cruciale e determinante, per il presente e il futuro della nostra Nazione. La Nazione non è un concetto astratto, ma indica la somma e la sintesi di tutte le nostre vite, di tutte le nostre comunità e le nostre attività, di tutti coloro che hanno attraversato un momento storico veramente importante, dalla Seconda guerra mondiale ad oggi. Lo hanno fatto pagando davvero in termini anche di perdita di affetti, di lavoro, di reddito e di speranze. A tutti coloro che hanno resistito con pazienta e dignità abbiamo il dovere oggi di dare risposte (Applausi), di indicare l'orizzonte di serenità che meritano. Proprio come accadde quarant'anni fa dopo la Seconda guerra mondiale, oggi alla classe dirigente tocca tracciare la strada per uscire da questa crisi e dal dramma della pandemia, e portare finalmente il Paese «a riveder le stelle», per citare il sommo poeta, padre della nostra lingua e della coscienza nazionale, nel suo settecentesimo anniversario. (Applausi).
È un ruolo carico di grande responsabilità, quello delle istituzioni: non sarà solo un ruolo di ripresa, ma soprattutto di rinascita, perché è una vera e propria tragedia: 120.000 morti di Covid in Italia sono veramente tanti. Si tratta di un ruolo che dobbiamo dimostrare di meritare, come rappresentanti eletti dai cittadini, per dare voce alle loro istanze e tutelare i loro interessi in questo vero e proprio appuntamento con la storia.
L'anno 2020, come sappiamo tutti, ha stravolto la vita e la socialità di ognuno di noi. I dati economici sono drammatici e li conosciamo tutti; sono dei numeri, ma dietro alle attività chiuse, ai negozi chiusi e ai posti di lavori persi ci sono le vite vere delle persone, i progetti sui quali oggi purtroppo per tanti italiani è calato il buio. È uno scenario di guerra, apocalittico, tant'è che anche il nostro linguaggio è cambiato in questo periodo particolare, perché tutti noi abbiamo parlato di guerra.
Oggi siamo qui invece a parlare di dopoguerra e di speranze, perché quello che approviamo oggi è davvero il più grande Piano di rilancio della storia repubblicana. (Applausi). Qualche settimana fa, in un precedente intervento svolto sempre in quest'Aula, ho fatto un confronto tra quello che è oggi il Next generation EU, quindi il recovery fund, e quello che è stato negli anni passati, dopo la Seconda guerra mondiale, il Piano Marshall, ossia un grande piano di investimenti per far uscire dalla miseria della guerra - appunto - l'Europa. È un raffronto tutt'oggi assolutamente importante da fare, perché negli stessi numeri e nella stessa quantità economica possiamo assolutamente affermare che il recovery fund oggi ha una portata di investimenti maggiore anche dello stesso Piano Marshall. Soprattutto, c'è stato un cambio di passo: finalmente un debito che hanno mutualizzato tutti i Paesi europei; anche questa è stata una svolta importante.
Ecco perché oggi il documento che approviamo ha una portata storica molto, molto importante, unica e straordinaria, che può rappresentare veramente il volano, lo sviluppo, la rinascita, la ripresa per il nostro Paese, se utilizzato al meglio. L'opportunità che ci viene data oggi è quella delle riforme, che non sono più rinviabili nel nostro Paese (Applausi); le riforme che dobbiamo fare per le future generazioni, perché oggi stiamo trasferendo il debito alle future generazioni e quindi abbiamo necessità di trasferire il debito buono ad esse. Ecco perché attuare il piano delle riforme è molto importante.
È per questo che, in tutti questi mesi, come Gruppo parlamentare Forza Italia abbiamo lavorato alle proposte, e oggi finalmente tante di esse sono contenute nel Piano e in queste riforme. È importante il lavoro che abbiamo fatto tutti insieme. Tra le proposte che oggi sono capisaldi dei programmi politici di Forza Italia abbiamo la riforma della pubblica amministrazione. Presidente Draghi, lei ha parlato di inerzia nel suo intervento di replica: noi oggi dobbiamo sburocratizzare il Paese (Applausi), e lo dobbiamo fare con una riforma importante della pubblica amministrazione. Abbiamo poi la riforma della giustizia, che dovrà intervenire sull'eccessiva durata dei processi e puntare a ridurre il forte peso degli arretrati giudiziari. Servono inoltre degli interventi di revisione del quadro normativo e procedurale.
Vi è poi la riforma del fisco: anche se non è contenuta in questo Piano, è per noi una riforma importante per l'alleggerimento fiscale di famiglie e imprese. (Applausi). Quella del fisco è una battaglia che porteremo avanti in Parlamento.
Grazie, presidente Draghi, perché le nostre proposte sono state accolte, come quelle di proroga del superbonus 110 per cento al 2023, che è uno strumento oggi essenziale per rilanciare l'edilizia.
Grazie, presidente Draghi, per la proposta sui mutui agevolati al 100 per cento per l'acquisto della casa da parte dei giovani: anche questa è un'opportunità che noi abbiamo proposto per aiutare la famiglia e la natalità nel nostro Paese.
Per quanto riguarda altre questioni, come l'IMU e gli estimi catastali, vale il principio in quest'epoca in cui i soldi si danno e non si prendono; quindi, noi siamo contrari a qualsiasi aumento della pressione fiscale. (Applausi). Saremo i guardiani degli immobili dei nostri italiani e non permetteremo assolutamente alcun innalzamento delle tasse sulla casa per gli italiani.
Passiamo a quella che è stata una nostra battaglia, il capitolo Mezzogiorno, di cui si è tanto parlato nel dibattito in quest'Aula. Al Mezzogiorno d'Italia il Piano destina 82 miliardi su 206; oltre il 40 per cento dell'intero Piano, una somma anche superiore alla clausola che conosciamo del 34 per cento. La portata del Piano è importante ed è un'opportunità unica per il Mezzogiorno, anche in questo caso superiore alle possibilità che il Mezzogiorno ha avuto con la famosa Cassa del Mezzogiorno e con gli investimenti che tanto sono serviti - e tanto serviranno anche questi - a ridurre il gap non soltanto con il Nord, ma con il resto dell'Europa. Per il Mezzogiorno d'Italia è una proposta importante ed è soprattutto un momento per dimostrare finalmente le grandi capacità e qualità del nostro Paese. È una sfida, quella della ripresa economica, importante. La politica oggi si gioca veramente in quest'Aula, con questo piano, la sfida per il futuro e si gioca anche tutta la sua credibilità. Ecco perché siamo qui non soltanto a portare le nostre proposte, ma soprattutto a rivendicare il ruolo di centralità del Parlamento su questo Piano.
Per concludere, Presidente, vorrei rifarmi a uno spunto che mi viene offerto da una frase che lei ha pronunciato nel suo intervento in quest'Aula: «nell'insieme dei programmi che oggi presento alla vostra attenzione, c'è anche e soprattutto il destino del Paese». La parola "destino" sembra mettere paura, perché ci fa pensare all'oscuro e all'imprevedibile. Invece oggi abbiamo la necessità di prendere per mano e indirizzare il destino del nostro Paese. Con questo Piano lo possiamo fare assolutamente, indirizzando le scelte di oggi, non soltanto della politica nazionale, verso la migliore realizzazione del bene comune.
Vorrei chiudere con una citazione particolare. Proprio sul destino Nietzsche scriveva: «Il nostro destino esercita la sua influenza su di noi anche quando non ne abbiamo ancora appresa la natura: il nostro futuro detta le leggi del nostro oggi». (Applausi).
CANDIANI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CANDIANI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, signor presidente Draghi, colleghi, oggi ci accingiamo a quello che per qualcuno potrebbe essere definito un passaggio storico, ma che essenzialmente per tutti gli italiani è un passaggio di speranza, di sicurezza, di futuro.
Le dirò, Presidente, che il tono che lei ha usato, un po' dimesso, nella gestione e nella descrizione di questo passaggio del PNRR è molto apprezzabile, perché dobbiamo sempre ricordarci che ci troviamo di fronte non a una montagna di soldi da spendere, ma a una grande responsabilità nei confronti degli italiani. (Applausi).
Questa responsabilità ha bisogno di essere accompagnata da un approccio franco e pragmatico, convinto e determinato, umile ma autorevole. Questo è fondamentale affinché i risultati siano conseguenti.
Il sistema Italia - e lo sappiamo bene - non era ben messo già prima del Covid-19. Dobbiamo allora porci delle domande: perché siamo rimasti indietro? Cosa non ha funzionato? Quali regole non hanno funzionato? Quali soluzioni occorrono?
Presidente Draghi, negli anni passati abbiamo assistito a dibattiti quasi filosofici sulle riforme, che poi non sono approdati a nessun risultato, spesso e volentieri discutendo più sull'elenco dei problemi che sul perché si siano generati.
Noi dobbiamo essere consapevoli che, nel dramma di questa circostanza, oggi abbiamo una responsabilità e un'opportunità uniche: riformare il Paese e dare una prospettiva di sviluppo e di crescita alla prossima generazione; ma la crescita deve essere finanziata. Badiamo bene che le risorse che noi oggi ci accingiamo a spendere devono essere, poi, restituite; questo comporta una grande responsabilità.
Ricordiamoci inoltre che non c'è libertà se non nel lavoro. Con queste risorse dobbiamo creare lavoro per gli italiani, crescita e sviluppo. Solo così avremo dato alla prossima generazione non debiti da pagare, ma la certezza che, con il nostro lavoro di oggi, garantiremo loro il benessere futuro, come quello che abbiamo ricevuto dalle precedenti generazioni. (Applausi).
Presidente Draghi, queste circostanze ci richiamano al nostro dovere di sacrificio e di impegno per il futuro e per la prossima generazione. Bisogna, però, essere molto chiari: non ci sarà un'altra occasione per riformare il Paese, per riscrivere le regole, per recuperare le distanze interne all'Italia, che negli anni di sprechi non hanno saputo colmarsi. È il momento per togliere lacci e lacciuoli e ce lo siamo detti troppe volte: questo è il momento per farlo, non ci sono scuse per giustificare il mantenimento dello status quo. Se ci sono regole che devono essere cambiate, cambiamole.
Bisogna, però, stare molto attenti, come lo saremo noi (e chiediamo anche a lei di esserlo, Presidente), affinché le riforme non finiscano nelle mani di quegli apparati autoreferenziali che negli anni hanno spacciato per riforme la propria autoconservazione, producendo un corpo normativo troppo spesso asfissiante e soffocante per l'intero Paese.
Qualche settimana fa, tra le audizioni che abbiamo tenuto come Commissione 14a (sono state più di 300), ve ne è stata una in particolare che voglio ricordare, quella del professore Sabino Cassese. Mi sono trovato per l'ennesima volta d'accordo con lui e lui si è trovato d'accordo con le posizioni che esprimevo: in Italia occorre addirittura una legislazione negativa per alleggerire il corpo normativo, laddove lo stesso è diventato non più una garanzia di rispetto delle regole, come dovrebbe essere la burocrazia, ma un meccanismo che asfissia e non lascia sviluppare l'economia. Su questo deve agire in maniera determinata.
Noi siamo al Governo per essere determinati in queste riforme e questo ovviamente ci aspettiamo. Bisogna rivedere delle regole, magari quelle dell'autorizzazione preventiva? Andiamo da rivederle. Bisogna rivedere le regole autorizzatorie? Andiamo a rivederle. Non ci possono essere zone franche e non ci possono essere tabù quando si parla di riforme.
Signor Presidente, da qui occorre ripartire, ancora prima di parlare della quantità di risorse a disposizione. Su questo mi permetto una considerazione che rivolgo al Parlamento: in troppi interventi si è sentito parlare della quantità di risorse a disposizione e non del modo con cui le stesse devono essere spese, delle regole che devono essere alla base della spesa. (Applausi).
Sappiamo infatti che c'è un nodo nella capacità di utilizzo delle risorse, che non rende le stesse efficaci a tutte le latitudini del Paese. Su questo l'impegno del Governo deve essere massimo e determinato. Per il successo del Piano nazionale di ripresa e resilienza occorre essere determinati e concreti nel dare corso alle riforme necessarie a recuperare il gap, a partire dalle attività produttive.
Signor Presidente, in questi mesi gli italiani sono stati indotti ad avere fiducia rispetto al Piano: non possiamo permetterci di tradire questa fiducia. Dobbiamo dare agli italiani fiducia ed averla negli stessi, per rialzare il Paese. Le riforme necessarie le abbiamo chiamate per nome e cognome e abbiamo voluto che fossero inserite in maniera chiara e determinata anche nella proposta di risoluzione che tra poco ci accingeremo a votare: la riforma della pubblica amministrazione, volta a favorire la semplificazione e l'efficacia dell'azione amministrativa; la digitalizzazione dei servizi; gli investimenti in capitale umano e in ricambio generazionale; la riforma della giustizia, volta a garantire la riduzione dei tempi dei processi e a smaltire gli arretrati giudiziari, e la riforma del Fisco. Quest'ultima, pur non ricompresa nel PNRR, è parte integrante della strategia di Governo e vogliamo che sia attuata dalla A alla Z, per dire agli italiani che le risorse che stiamo dando loro non saranno poi costretti a restituirle con lacrime e sangue insieme alle tasse.
Signor Presidente del Consiglio,occorre sfruttare al massimo gli spazi di collaborazione tra il pubblico e il privato. Questo è un Paese che ha sempre sviluppato economie pubbliche, ma che fatica ad intraprendere economie di mercato; bisogna mettere in sinergia la capacità pubblica e quella privata affinché ci rialziamo tutti assieme, senza che una sia di ostacolo all'altra. È un Piano strategico per tutto il Paese. È un Piano nel quale sono scritti nero su bianco i principi di destinazione della spesa e degli investimenti, al Nord e al Sud, al termine dei quali vogliamo che finalmente possano essere colmate tutte le distanze che ancora esistono in Italia, non solo tra Nord e Sud, ma anche tra centro e periferia. Signor Presidente del Consiglio, se cresce il Sud, cresce tutta l'Italia; se non riparte il Nord, non riparte tutta l'Italia (Applausi).
Per ottenere questo occorre il nostro massimo impegno, lo ribadisco ancora; occorre rompere le incrostazioni burocratiche e spazzare via i reiterati esempi di incapacità di spesa che negli anni ci hanno regalato un infelice primato, quello di vedere l'Italia nella classifica dei Paesi che non hanno saputo spendere i fondi europei assegnati.
Inoltre occorre un controllo svolto in maniera seria, che non sia asfissiante ma senza che il piano possa in qualsiasi modo fallire gli obiettivi che ci siamo prefissi. Parafrasando quello che Cavour ebbe ad affermare rispetto alla Corte dei conti quando fu costituita, vogliamo un'azione di controllo e di monitoraggio forte e indipendente del Piano, che garantisca il Parlamento e gli italiani rispetto al successo e all'azione degli investimenti messi in campo, in maniera determinata.
Prima abbiamo raccolto anche qualche dichiarazione che cercava di provocarci, ma non ci facciamo caso, perché siamo al Governo per spirito di servizio nei confronti del Paese. Se qualcuno pensa di poterci provocare in questo senso, gli diciamo in maniera simpatica di stare sereni, al Governo ci siamo e ci restiamo per l'interesse degli italiani, non ci interessa altro! (Applausi).
A lei, signor presidente Draghi, invece diciamo di andare avanti con passo determinato, a partire dalle riforme. Indietro non si torna, ma non possiamo neppure permetterci di rimanere fermi nel dubbio su quello che va fatto. Siamo passati velocemente dal «ce lo chiede l'Europa» alla volontà di essere protagonisti e tenere ben saldamente in mano le redini del nostro futuro.
Su queste basi, signor Presidente, ci accingiamo a votare a favore della proposta di risoluzione n. 1 e ad augurarci che questo PNRR abbia il suo futuro e abbia la ripresa dell'Italia saldamente nelle nostre mani. (Applausi).
LICHERI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LICHERI (M5S). Signor Presidente, signor presidente del Consiglio Draghi, di questo Piano lei ha parlato come di: «un lavoro che ha grandemente beneficiato dell'azione già svolta dal precedente Governo». Sono parole, queste, che non possiamo non ascoltare con soddisfazione in un mondo come quello della politica, che spesso ignora il valore della riconoscenza, della gratitudine e del rispetto. Lei poi, personalmente, si è anche scusato per i tempi ristretti - li ha chiamati così - con i quali il PNRR è arrivato in Parlamento. Scuse non necessarie per chi come noi ha vissuto quella crisi di Governo del mese di gennaio che ancora oggi resta inspiegabile anche alla luce delle sue stesse parole. Sono scuse non necessarie per un ritardo che ha un padre, un nome e un cognome, un modo di intendere la politica come fatto personale, sopra un palcoscenico di cinismo e di vanità. (Applausi). Un tipo di politica, un modo di fare politica che ci auguriamo sia definitivamente tramontato.
Le sue parole di gratitudine ci fanno piacere, Presidente, perché dietro questo recovery plan c'è la storia recente del nostro Movimento, c'è la sfida accettata e vinta di Giuseppe Conte, che in quel lontano 25 marzo del 2020, come capofila di un gruppo di otto Governi, dentro il quale si trovavano anche la Francia e la Spagna, scrisse una lettera al commissario europeo chiedendo più risorse europee e un debito comune europeo per finanziare quelle risorse. (Applausi). Sembra tutto facile oggi, sembra tutto scontato, ma dentro questo PNRR oggi c'è una scommessa del Movimento in cui non credeva nessuno all'inizio. Una scommessa come tutte le scommesse del MoVimento 5 Stelle: difficili, difficilissime, quasi impossibili, se non per sognatori, concreti e generosi, che in questi mesi stanno portando avanti un processo globale per un'economia capace di prendersi cura della gente e del pianeta. (Applausi).
Questo è il MoVimento 5 Stelle e lei oggi, presidente Draghi, ha avuto in consegna, simbolica e virtuale, questo capitale di reputazione e di credibilità, che noi ci siamo guadagnati con il Governo precedente e che affonda le sue radici nel disinteresse e nel bene comune.
A proposito però di disinteresse e di bene comune siamo sempre stati molto chiari; noi siamo entrati in questo Governo, raccogliendo l'invito del Presidente della Repubblica per un duplice scopo. Primo, per difendere i soldi della rinascita degli italiani dagli artigli di alcune lobby e dagli appetiti delle note consorterie italiane. (Applausi). Secondo, per realizzare un grande piano europeo per una stagione nuova e diversa che porti verso uno sviluppo finalmente equo e solidale.
Da questo punto di vista, presidente Draghi, non tutto ci convince di questo Piano; non ci convincono le politiche del mare, non ci convincono le politiche sulla qualità dell'aria e sull'abbattimento delle polveri sottili, non ci convincono le deboli politiche verso la mobilità sostenibile, di cui parlava anche il nostro presidente Pesco, non ci convincono le politiche sulla transizione energetica delle nostre aziende e delle nostre industrie, ma soprattutto, dopo aver studiato il Piano, presidente Draghi, vorremmo sapere quanto toccherà al Sud. Lo so, è un tema molto dibattuto e noi non vogliamo salire sulla giostra o dentro il balletto dei numeri e delle cifre. Non andiamo nemmeno a vedere, Presidente, quante delle cifre elencate oggi sarebbero state destinate comunque al Sud anche senza la pandemia. (Applausi). Non andiamo a fare differenza. A noi importa, Presidente, che lei oggi abbia parlato di indifferibili riforme e di potenziate capacità di spesa. Vede, Presidente, lei ha detto che in questo recovery plan sono in gioco i valori sociali e la vita delle persone, una bella frase. Noi aggiungiamo che è in gioco soprattutto la vita dei cittadini più deboli, delle donne, dei giovani, di chi ha scelto coraggiosamente di continuare a vivere nel Mezzogiorno, di chi non è scappato dal Mezzogiorno. (Applausi). Riconosciamolo, allora, non come un fatto di divisione politica, ma riconosciamo apertamente il ruolo che il Mezzogiorno ha avuto nella determinazione delle quote di risorse europee che sono andate all'Italia. (Applausi).
Abbiamo molto apprezzato l'indicazione sulla essenzialità delle riforme e da questo punto di vista ci permettiamo di darle un'indicazione, Presidente: faccia attenzione ai bandi del recovery plan, perché laddove sarà assente una quota garantita al Mezzogiorno, i soldi finiranno dove ci sono maggiori capacità progettuali, cioè al Nord e sarà la fine di tutto. (Applausi). Sarà un treno perso per sempre, perché il Sud merita di più, diciamolo senza tono polemico, e perché il debito sia buono - per usare una sua terminologia - e la spesa sia produttiva, il debito buono e la spesa produttiva devono ricadere su imprese e cittadini del Sud, attraverso una quota garantita nei bandi e negli investimenti. (Applausi). Solo così il Sud potrà tornare a crescere e rilanciarsi, perché altrimenti dalle parole non riusciremo a passare ai fatti.
Infine, da un impegno che vogliamo che oggi lei prendesse sul Sud, passo ad un impegno che invece in queste ore lei si è preso in Aula: la proroga al 2023 del superbonus 110 per cento. (Applausi). Infatti, affinché questa misura possa sprigionare tutte le sue potenzialità, non si può prescindere dalla proroga al 2023. Glielo ha chiesto il Parlamento, glielo hanno chiesto le associazioni di categoria, i sindacati, ANCE, Confedilizia, gliel'ha chiesto e glielo sta chiedendo tutto il Paese e lei si è impegnato e per noi il suo impegno personale in quest'Aula resta agli atti e diventa legge. (Applausi). Il superbonus sta per una parte nel PNRR e per l'altra nelle leggi dello Stato.
Termino con questa considerazione: questo Governo ha abbracciato la svolta della transizione ecologica e su questo corrono continuamente segnali politici forti e chiari. La nostra proposta, già fatta alla Camera, è che si istituisca una Commissione bicamerale speciale per il recovery plan, perché il recovery plan sia un treno sul quale possano salire tutti, ma soprattutto possano salire i nostri figli, che non chiedono altro se non una certezza del domani. (Applausi).
FATTORI (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
FATTORI (Misto-LeU). Caro presidente Draghi, lei ha calato in Parlamento questo PNRR, lo ha imposto con una modalità tecnocratica vecchia e fallimentare. Le criticità rilevate sono tante, i soldi alle imprese e all'Alta velocità impegnano un quarto delle risorse, mentre alla sanità territoriale solo il 3,7 per cento, sette miliardi in sei anni.
La pandemia non ha insegnato nulla. Mi chiedo dove sono finiti coloro che invocavano il MES per la sanità e hanno fatto cadere un Governo per questo.
Il Piano archivia l'economia circolare, prevedendo ancora investimenti in energia da combustione, biogas e biometano, archiviando la valutazione di impatto ambientale. Questo è un piano non per la crescita sostenibile, ma di ammodernamento per lo sviluppo insostenibile.
Il Sud, ancora una volta, è umiliato e dimenticato, nonostante le indicazioni europee. Quanto alla scuola, vi è praticamente una riproposizione della pessima buona scuola, con scuole di serie A e scuole di serie B. Infatti, scegliere maestri migliori vorrà dire che a qualcuno arriveranno i maestri peggiori e quindi la disuguaglianza - e lo dico proprio ai campioni dell'uguaglianza sociale - verrà insegnata sui banchi delle scuole elementari.
Oltre alle poche risorse destinate alla ricerca di base, vi sono tante altre criticità che non abbiamo potuto approfondire perché lei, presidente Draghi, non ci ha consentito un dibattito. Abbiamo avuto il Piano ieri. Il 30 aprile questo Governo presenterà in Europa un Piano mai sottoposto al dibattito pubblico e - ripeto - trasmesso al Senato solo ieri.
Poteva essere la grande ultima occasione per una vera rinascita del nostro Paese, un cambio di paradigma; invece, di nuovo, come il suo Governo, si tratta della restaurazione di un sistema di lobbisti e interessi antichi, senza coraggio e visione. Presidente Draghi, fiumi di soldi per domani non basteranno se le idee restano quelle di ieri o addirittura di un secolo fa.
Annuncio pertanto il voto contrario alla proposta di risoluzione di maggioranza della componente Sinistra italiana e le segnalo anche, presidente Draghi, (lei magari lo ignora e fa finta di non vederlo) che esiste un'opposizione anche nella parte sinistra di questo emiciclo, mentre lei dialoga - evidentemente le piace di più - solo con l'opposizione a destra. (Applausi).
NUGNES (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
NUGNES (Misto-LeU). Signor Presidente, il Governo stima che gli investimenti previsti nel piano avranno un impatto significativo sulle principali variabili macroeconomiche nel 2026, anno di conclusione del piano.
Il prodotto interno lordo sarà di 3,6 punti percentuali più alto rispetto all'andamento tendenziale e l'occupazione sarà più alta di 3,2 punti percentuali; gli investimenti previsti nel Piano potranno inoltre apportare miglioramenti negli indicatori che misurano i divari regionali e l'occupazione femminile e giovanile; certamente - e ci mancherebbe che non fosse così - anche se nel 2020 abbiamo perso 8,9 punti percentuali.
Si tratta di un'iniezione di capitali mai vista nell'economia del Paese, pari a due piani Marshall della ricostruzione. Eppure nel 2026 non saremo neanche a metà del cammino per tornare alla situazione precedente. Quindi, noi stiamo faticosamente puntando a tornare indietro ed è questo lo sbaglio. Avremmo avuto la possibilità di imparare dagli errori e modificare il modello e la stiamo sprecando. La nostra meta è sola quella di tornare al day before la pandemia, senza comprendere la necessità di cambiare radicalmente il modello di sviluppo.
Presidente Draghi, c'è un'altra questione su cui voglio richiamare l'attenzione. Desidero leggere le parole esatte e le preoccupazioni espresse dal procuratore Cantone sui rischi del Recovery troppo spinto su semplificazioni e liberalizzazioni: i rischi che la criminalità possa approfittare sono enormi, perché sta passando l'idea che bisogna spendere senza porsi troppi problemi, considerando le regole come sempre di intralcio. La deregulation è la situazione che le mafie preferiscono perché possono mettere in campo le loro capacità di convincere, cioè l'intimidazione e la corruzione. Bisogna avere il coraggio di dirlo con chiarezza: il recovery è una grande occasione per il Paese, ma può diventare un rischio enorme e non può essere l'occasione che le mafie attendono per prendersi la loro rivincita contro le istituzioni.
La cosa che più mi preoccupa è la capacità delle nuove mafie di mimetizzarsi, non più con la coppola e la lupara, ma con la cravatta e la grisaglia. Una mafia che preoccupa meno anche un'opinione pubblica... (Il microfono si disattiva automaticamente).
LA MURA (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
LA MURA (Misto). Signor Presidente, nell'intervento in sede di discussione di poco fa avevo terminato il tempo. Volevo concludere spiegando perché voterò contro questo Piano. Aggiungo alcune osservazioni ancora. Avrei voluto dire che il Piano non è una risposta adeguata alla pandemia, che non si occupa in modo efficace delle cause che l'hanno generata, riconducibili al degrado dell'ambiente.
Faccio solo alcuni esempi. La semplificazione della VIA: si parla nel Piano di una profonda semplificazione. Dobbiamo intenderci. Tutti vogliamo raggiungere gli obiettivi di produzione di energia rinnovabile, ma a scapito di cosa? Della devastazione del nostro territorio? Lo trovo inaccettabile.
La VIA è un presidio che va migliorato, responsabilizzando le aziende e non eliminando passaggi procedimentali necessari. Secondo alcune stime riportate nel Piano (quindi leggo esattamente quello che dice il Piano), considerando l'attuale tasso di rilascio dei titoli autorizzativi per la costruzione ed esercizio di impianti di produzione di energia da fonte eolica, sarebbero necessari ventiquattro anni per raggiungere il target Paese; mentre, con riferimento al target del fotovoltaico, ci vorrebbero cento anni, senza la modifica dell'attuale quadro normativo sulla VIA.
E secondo voi la semplificazione dovrebbe essere sui tempi? Invece no! Questo potrebbe comportare un'accelerazione del consumo degli habitat terrestri e marini, tale da non consentire più la loro rigenerazione e, quindi, a discapito del capitale naturale. E questo voi lo sapete bene. Si stanziano risorse a favore del Po: va benissimo. E gli altri fiumi? Solo il 43 per cento dei corpi idrici italiani e solo il 20 per cento di quelli lacustri raggiunge lo stato di qualità buono. Perciò serve un programma nazionale di rinaturazione e manutenzione di fiumi, laghi, lagune e zone umide.
Sull'agrovoltaico, mi chiedo come sia possibile, in un Paese come il nostro, con un consumo di suolo altissimo e un settore agricolo che è un'eccellenza, decidere di destinare terreni agricoli alla produzione di energia rinnovabile. Così si sottrae terreno a cibo di qualità e si degradano i servizi ecosistemici del nostro straordinario suolo italiano. (Applausi).
Da ultimo, un altro aspetto che mi preoccupa molto è quello della abrogazione e revisione delle norme che alimentano la corruzione. Con la quantità di finanziamenti che arriveranno bisogna tenere alta l'attenzione e non introdurre semplificazioni normative in relazione... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).
PARAGONE (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
PARAGONE (Misto). Signor Presidente, quando ho negato la fiducia al Governo Draghi era proprio perché respingevo nettamente l'impianto culturale del suo Premier. Respingevo la sua formazione e la sua azione da perfetto banchiere centrale. la sua spietata bravura non si allinea con il dolore di una società che sta piangendo con dignità e a cui imporrete altre riforme sociali distruttive. L'Italia non sarà più la stessa, perché la state smontando delle sue caratteristiche virtuose.
Quando il Governatore dell'Italia chiede di mettere dentro il Piano di ripresa e di resilienza le vite degli italiani, dice il vero. Le vite degli italiani, i risparmi degli italiani, in cambio di prestiti avvelenati. State svendendo un'altra volta le piccole e medie imprese. Le vite degli italiani sono invisibili al suo freddo sguardo. Sono vite sospese tra bollette vergognosamente care e rate di mutuo da pagare con la paura di perdere la casa, il negozio, il capannone. Le vite degli italiani arrancano nella sfida generazionale tra genitori e figli per un contratto di lavoro vero, dove i diritti sono appesi a un filo.
Il presidente Draghi si pone come figura garante presso l'Europa perché il suo curriculum offre abbondanti garanzie mercatiste e neoliberiste. Glielo dissi già una volta: lei incarna quella cultura che ha sostituito le vite delle donne e degli uomini con i numeri, i diritti con gli equilibri contabili. Il suo mondo di riferimento non può intercettare le spaccature sociali, perché il suo campo visivo è finanziario e non politico; il recovery fund è un pessimo affare; è un tradimento. Il green è un imbroglio semantico, altro che ecosostenibilità! La vita degli italiani, che lei infila in questo piano, non ha pieni diritti; è piuttosto mera esistenza infilata in un mondo disegnato con il compasso dall'élite. Volete più mercato nell'energia e nelle concessioni autostradali? Ma non vi bastano i bidoni che avete venduto dal Britannia in avanti? Ai Benetton e agli altri soci di Atlantia darete adesso 400 milioni di ristori, in barba alle frustrazioni dei ristoratori e degli altri operatori economici al collasso, che per lei, però, sono aziende zombie.
L'ex capo di Vodafone, Colao, si è preso McKinsey per scrivere un'agenda digitale che progressivamente spingerà i lavoratori e i professionisti fuori dal mercato del lavoro e sarà il mondo dell'automazione e dell'algoritmo. Questo piano è la rete perfetta dopo impigliare le vite e il futuro degli italiani. Lei potrà garantire anche presso l'Europa, ma si metta nel taschino una pagina memorabile del romanzo «Furore»: «Le strade pullulavano di gente assettata di lavoro, pronta a tutto per il lavoro. E le grandi imprese e le banche stavano scavando la fossa con le loro stesse mani, ma non se ne rendevano conto. E la rabbia cominciò a fermentare». Non abusate della pazienza degli italiani; potreste pentirvene amaramente. (Applausi).
DESSI' (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
DESSI' (Misto). Signor Presidente, presidente Draghi, durante la lunga discussione di oggi sono state molte le critiche nei suoi confronti riguardo la ripartizione dei fondi fra Regioni del Nord e Regioni del Sud.
Nella sua replica, dopo un lungo passaggio dedicato a snocciolare i numeri e a cercare di smentire la narrazione fatta dai tanti Gruppi presenti, c'è stato un passaggio in cui lei, quasi en passant, rimproverava la classe dirigente delle Regioni del Sud per l'incapacità del passato e anche dell'immediato presente di saper gestire i fondi avuti a disposizione finora. È stata un'affermazione senza dubbio legittima, anche se, a mio avviso, leggermente populista oppure - se vogliamo - leghista alla vecchia maniera.
Presidente, ciò che mi ha fatto, però, sorridere amaramente è stato che, a seguito di questa affermazione, si sono levati una serie di applausi da una parte dell'emiciclo, soprattutto quello alla sua destra, e da tanti colleghi, che forse, avendo perso la memoria nell'immediato, hanno scordato che diverse Regioni del Sud italiano, a partire dall'Abruzzo, dal Molise, dalla Basilicata, dalla Calabria, dalla Sicilia e passando per la Sardegna, sono amministrate attualmente dal Centrodestra.
Presidente, lei ha una grandissima occasione. Visto che l'impegno che le viene chiesto dai Gruppi di maggioranza è di trasmettere il Piano nazionale di ripresa e resilienza alla Commissione europea, di assicurare il pieno svolgimento del Parlamento, nonché la leale collaborazione con le Regioni, le Province e gli enti locali, la pregherei di allegare al Piano anche una raccomandazione ai Presidenti di quelle Regioni ad agire meglio rispetto al passato e, quindi, a garantire ai cittadini di quelle Regioni e di quei Comuni il giusto riversamento del denaro dovuto.
Lei ha fatto anche un altro passaggio a proposito delle sovrapposizioni di norme avute nel passato. Anche in questo caso la sua è stata un'affermazione sacrosanta. Peccato non abbia fatto i conti con il fatto che gli applausi vengono sempre dai rappresentanti di quella parte dell'Assemblea che, occhio e croce, vedono una ventina di anni a testa di stazionamento in queste Aule. (Applausi). Quindi, dovrebbero anche loro, forse, ricordare che se c'è questa sovrapposizione, è perché loro stessi hanno elaborato e conseguentemente votato quelle norme.
Presidente, annuncio il mio voto di astensione, che non è completamente di opposizione in quanto vorrei che questi soldi, grazie alla collaborazione di tanti colleghi perbene, anche se non tutti, arrivassero finalmente ai cittadini italiani. (Applausi).
CRUCIOLI (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
CRUCIOLI (Misto). Presidente Draghi, il Piano che ci ha presentato è insufficiente o addirittura controproducente in materia ambientale. Prefigura il depotenziamento delle procedure di valutazione di impatto ambientale, si disinteressa sostanzialmente dell'economia circolare, non coglie l'occasione di un complessivo piano di bonifica e messa in sicurezza del territorio, stanzia pochi fondi per potenziare il trasporto pubblico e far diminuire lo smog nelle città.
Il suo Piano è poi pericoloso nelle prospettive di riforma: prevede assunzioni nella pubblica amministrazione senza concorsi, fa prevalere le consulenze e le task force, depotenzia i presidi anticorruzione e antimafia (Applausi); prefigura il ripristino della prescrizione - colleghi del MoVimento 5 Stelle, l'avete letto? - ante riforma Bonafede e il tentativo addirittura di condizionare l'indirizzo dell'azione penale; deresponsabilizza gli amministratori pubblici mediante scudi in caso di colpa grave.
Il Piano annuncia nuove privatizzazioni, meno controlli e un'ancora più marcata concorrenza; prevede aiuti alle imprese medio-grandi, ma si disinteressa dei piccoli produttori: degli artigiani, dei commercianti, dei lavoratori, dei disoccupati e non destina che pochissimi fondi alla ricerca e alla lotta alle disuguaglianze. È poi caratterizzato da genericità e mancanza di chiarezza.
Il Parlamento è stato preso in giro con il deposito di un Piano modificato ieri, a poche ore dalla presentazione alla Camera.
Presidente Draghi, lei sta eseguendo il compito che le hanno assegnato in Europa; sta gettando le basi infrastrutturali, economiche, normative e financo culturali favorevoli alle poche grandi imprese del Nord Italia a discapito di tutto il resto.
Siccome lei non ha avuto rispetto del Parlamento, io non ne avrò per lei e le dirò quel che tutti qui pensano ma non hanno il coraggio di dirle.
Presidente Draghi, il suo Piano è come la corazzata Potëmkin di fantozziana memoria (Applausi), e lei sta ipotecando il nostro futuro su mandato straniero.
L'Alternativa C'è non la perde d'occhio e resisterà a questo progetto. Per questo, a differenza di altre forze, che blaterano ma poi si allineano, voteremo contro la risoluzione di maggioranza e a favore di quella alternativa da noi depositata. (Applausi).
LANNUTTI (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
LANNUTTI (Misto). Signor Presidente, giorni fa, il «Financial Times», tra i più liberisti dei quotidiani europei, fautore del mercato senza regole e del primato della finanza sull'economia, classificando il crack Lehman Brothers e le cicliche crisi sistemica globali che hanno falcidiato milioni di posti di lavoro, la distruzione dei risparmi depositati o investiti in banca come incidenti della storia, non distinguendo la realtà dai luoghi comuni, ha appellato l'Italia come delinquente d'Europa, arrecando gravissima offesa all'Italia e agli italiani.
Per omaggiare lei che, da Presidente della BCE, ordinò la chiusura degli sportelli bancari causando indicibili privazioni, aumento della mortalità infantile e terribile sofferenza della popolazione più debole (vecchi, donne e bambini greci), il «Financial Times» si è permesso di marchiare l'Italia con l'epiteto di delinquente. Come riportato dal quotidiano nei titoli, l'Italia, che è sempre stata vista come il giovane delinquente d'Europa, è ora diventato il modello europeo, tra il disinteresse della politica e il masochismo dei partiti che hanno governato dal 2018 il Paese. Si aggiunge che Draghi presenterà il suo Piano all'Europa, fatto di riforme strutturali, considerate fondamentali e così via, e che l'Italia gestirà il suo più grande deficit di bilancio dall'inizio degli anni Novanta e per ora i mercati finanziari, preoccupati spesso per il debito pubblico, restano indifferenti, segno di fiducia nel nuovo Premier.
Tra luoghi comuni e mistificazione, omettete di ricordare che il duro negoziato per ottenere il recovery fund venne portato avanti dal Governo Conte, defenestrato da una congiura di Palazzo; che lo spread sui titoli di Stato, oggi attestato a 107, col precedente Governo era sceso sotto i 100 punti; la quotazione media di alcuni BTP decennali deprezzati tra i 10 e i 18 punti (ad esempio il BTP al tasso del 2,80).
Nei giochi di prestigio da mago Silvan, il Governo che rappresenta il modello europeo ha fatto sparire la versione del PNRR, come già ricordato, per non parlare del superbonus, formidabile strumento di ripresa dell'economia assieme ai crediti fiscali, che, invece di essere finanziato fino al 2023, è stato sostituito dalle solite promesse scritte sulla sabbia, dell'assenza del salario minimo e di quota 100, della consueta razzia dei fondi destinati al Sud e alla ricerca. Insomma, la propaganda sovrasta la realtà e la penuria di finanziamenti per il sociale.
Concludo, ricordando ai pavidi smemorati la massima di Don Abbondio, per cui se uno il coraggio non ce l'ha, non se lo può dare, e annuncio il mio voto di astensione. Grazie, signor Presidente, e buona fortuna.
PRESIDENTE. Prima di passare alle votazioni, avverto che, in linea con una prassi consolidata, le proposte di risoluzione saranno poste ai voti secondo l'ordine di presentazione.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 1, presentata dai senatori Licheri, Romeo, Bernini, Malpezzi, De Petris, Faraone e Unterberger.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 2, presentata dal senatore Ciriani e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Passiamo alla votazione della proposta di risoluzione n. 3.
CRUCIOLI (Misto). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CRUCIOLI (Misto). Signor Presidente, chiedo la votazione per parti separate della proposta di risoluzione n. 3, votando separatamente ciascun paragrafo.
PRESIDENTE. Senatore Crucioli, chiede la votazione per parti separate di ciascun paragrafo, sia della premessa che della parte dispositiva?
CRUCIOLI (Misto). Signor Presidente, solo limitatamente agli impegni.
PRESIDENTE. Essendo stata avanzata una richiesta di votazione per parti separate, chiedo all'Assemblea di pronunciarsi su questo punto.
Metto ai voti la richiesta di votazione per parti separate della proposta di risoluzione n. 3, avanzata dal senatore Crucioli.
Non è approvata.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 3, presentata dalla senatrice Granato e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Si è così concluso il dibattito sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
Atti e documenti, annunzio
PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Ordine del giorno
per la seduta di mercoledì 28 aprile 2021
PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, mercoledì 28 aprile, alle ore 9,30, con il seguente ordine del giorno:
La seduta è tolta (ore 22,05).
Allegato A
COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DELLA TRASMISSIONE ALLA COMMISSIONE EUROPEA DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA
PROPOSTE DI RISOLUZIONE NN. 1, 2 E 3
(6-00188) n. 1 (27 aprile 2021)
Licheri, Romeo, Bernini, Malpezzi, De Petris, Faraone, Unterberger.
Approvata
Il Senato,
premesso che:
la pandemia globale da Covid-19 ha generato una profonda crisi economica con un conseguente calo del prodotto interno lordo dell'8,9 per cento nel 2020 e sta producendo gravi effetti economici, sociali e sanitari eterogenei tra aree del Paese e che incidono, in particolare, sulle condizioni degli anziani, delle donne e dei giovani;
il Governo, in coerenza con gli indirizzi espressi dal Parlamento, dopo le misure di sostegno a famiglie e imprese già erogate all'inizio del 2021 e nel corso 2020, si accinge ad adottare nuovi provvedimenti che contribuiranno al riavvio della ripresa economica per mezzo di un ulteriore scostamento di bilancio di 40 miliardi di euro per l'anno 2021 (2,3 per cento del PIL) e di circa 6 miliardi di euro medi annui (0,3 per cento del PIL) per il periodo 2022-2033, autorizzato dal Parlamento il 22 aprile 2021;
l'Italia soffre di alcune debolezze strutturali rispetto agli altri Stati europei, richiamate anche nelle Raccomandazioni specifiche per il Paese 2019 e 2020 della Commissione, e segnatamente una crescita della produttività ristagnante, marcate diseguaglianze nella partecipazione alla vita economica di donne e giovani e con particolare riferimento ai consistenti divari territoriali e alle aree interne;
il Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020 ha concordato il Quadro finanziario pluriennale di 1.074,3 miliardi di euro, nonché il programma Next generation EU (NGEU) da 750 miliardi di euro, risorse ingenti da destinare al contrasto delle conseguenze economiche della crisi sanitaria da Covid-19. Questo dispositivo è finalizzato al sostegno di investimenti e riforme degli Stati membri che siano di impulso ad una rapida e duratura ripresa delle loro economie nazionali, con particolare attenzione alla transizione verde e digitale, incentivando altresì un modello di crescita e di sviluppo sostenibili;
considerato che:
il Regolamento (UE) n. 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021 istituisce il Dispositivo per la ripresa e la resilienza e che gli Stati membri che vogliano accedervi sono tenuti a consegnare il Programma nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) di norma entro il 30 aprile;
il Governo ha applicato l'articolo 18, paragrafo 3, del suddetto Regolamento secondo cui, eccezionalmente, il PNRR può essere trasmesso in un unico documento integrato insieme al Piano nazionale di riforma (PNR);
il PNRR intende raggiungere due obiettivi principali, nel rispetto delle priorità orizzontali definite relativamente a donne, giovani e Sud: favorire la ripresa economica in seguito alla crisi pandemica e affrontare le debolezze strutturali del Paese, fornendo al contempo gli strumenti necessari per affrontare le sfide della trasformazione digitale, del contrasto al cambiamento climatico e della coesione sociale indicate dalla Commissione, nell'ambito di un nuovo paradigma di transizione ecologica;
il 40 per cento delle risorse territorializzabili del Piano sono destinate al Mezzogiorno, al fine di garantire pari diritti a tutti i cittadini delle diverse aree del Paese attraverso la necessaria perequazione;
a questo scopo, il Piano si compone di sei missioni e sedici componenti per interventi complessivi pari a 191,5 miliardi a valere sul Dispositivo di ripresa e resilienza (RRF) e 30,04 miliardi a valere sul Fondo nazionale complementare (FNC);
le sei missioni sono così suddivise: Missione 1 - Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura, 40,7 miliardi a cui se ne aggiungono 8,5 a valere sul FNC; Missione 2 - Rivoluzione verde e transizione ecologica, 59,3 miliardi a cui se ne aggiungono 9,3 a valere sul FNC; Missione 3 - Infrastrutture per una mobilità sostenibile, 25,1 miliardi a cui se ne aggiungono 6,3 a valere sul FNC; Missione 4 - Istruzione e ricerca, 30,9 miliardi a cui si aggiunge 1 miliardo a valere sul FNC; Missione 5 - Inclusione e coesione, 19,8 miliardi a cui se ne aggiungono 2,6 a valere sul FNC e Missione 6 - Salute, 15,6 miliardi a cui se ne aggiungono 2,9 a valere sul FNC;
i successivi interventi normativi in materia economica si muoveranno in coerenza con la politica di investimento verso le transizioni ecologica e digitale e le finalità di alcuni progetti particolarmente qualificanti, come il superbonus al 110 per cento e la rigenerazione del patrimonio pubblico residenziale, nonché con le priorità orizzontali, con particolare riferimento alle misure in materia di occupazione femminile;
sono, inoltre, previste la riforma della pubblica amministrazione, volta a favorire la semplificazione e l'efficacia dell'attività amministrativa, la digitalizzazione dei servizi, gli investimenti in capitale umano e il ricambio generazionale, la riforma della giustizia, volta a garantire la riduzione dei tempi dei processi, e smaltire gli arretrati giudiziari, sei riforme abilitanti trasversali, riforme settoriali finalizzate alla piena realizzazione degli investimenti, nonché la riforma del fisco che, pur non ricompresa nel PNRR, è parte integrante della strategia di riforme del Governo;
le riforme previste dal PNRR troveranno una più puntuale definizione nei conseguenti atti legislativi;
il Governo adotterà un sistema di attuazione e monitoraggio, controllo, audit e verifica dell'attuazione che favorirà una pronta realizzazione degli interventi nel rispetto della trasparenza, dei controlli amministrativo-contabili e di legalità, anche al fine di evitare doppi finanziamenti dei medesimi interventi a valere sulle risorse Next generation EU, della politica di coesione europea per il periodo 2021-2027, nonché sulle risorse ordinarie del bilancio dello Stato e sul FNC, in coerenza con le indicazioni dell'Unione europea;
il Governo ha tenuto conto delle priorità di intervento e delle modalità di stesura del PNRR indicate dal Parlamento sia in occasione della presentazione delle linee guida del Governo per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza con l'approvazione della risoluzioni 6-00138 della Camera e 6-00134 del Senato il 13 ottobre 2020 sia con gli orientamenti sulla proposta di Piano nazionale di ripresa e di resilienza contenute nelle risoluzioni 6-00179 della Camera e n. 6-00181 del Senato approvate il 31 marzo 2021;
alla complessiva implementazione delle indicazioni espresse dal Parlamento attraverso le richiamate risoluzioni potrà provvedersi anche in successivi interventi normativi;
udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, le approva e
impegna il Governo:
a trasmettere il Piano nazionale di ripresa e resilienza alla Commissione europea;
ad assicurare il pieno coinvolgimento del Parlamento, nonché la leale collaborazione con le Regioni, le province autonome e gli enti locali nelle fasi successive del PNRR e la trasmissione della necessaria documentazione relativa al conseguimento dei traguardi e degli obiettivi intermedi contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, in modo da consentire al Parlamento di monitorare l'attuazione e l'impatto dei singoli interventi, il rispetto dei tempi e degli obblighi di risultato previsti dal regolamento (UE) 2021/241.
(6-00189) n. 2 (27 aprile 2021)
Ciriani, Rauti, Balboni, Barbaro, Calandrini, de Bertoldi, De Carlo, Drago, Fazzolari, Garnero Santanchè, Iannone, La Pietra, La Russa, Maffoni, Nastri, Petrenga, Ruspandini, Totaro, Urso, Zaffini.
Respinta
Il Senato,
udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista della trasmissione alla Commissione europea del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ai sensi dell'articolo 18 del Regolamento RRF (UE) 2021/241,
premesso che:
in data 15 gennaio 2021 l'allora presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte ha trasmesso al Parlamento la proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza;
sin dal momento del suo insediamento, avvenuto meno di un mese più tardi, il 13 febbraio, il nuovo Presidente del Consiglio ha ripetutamente dichiarato che il Piano proposto dal precedente premier sarebbe stato oggetto di sostanziali modifiche;
ciononostante l'iter dell'esame della proposta di PNRR in Parlamento è andato avanti con approfondimenti, dibattiti in Commissione e una cospicua attività conoscitiva, tutti riferiti a un testo che già si sapeva che sarebbe stato riformato;
lo scarso coinvolgimento delle Camere nella predisposizione e nell'attuazione del PNRR è uno dei motivi che hanno portato alla caduta del Governo Conte-bis;
lo scorso 31 marzo il Parlamento ha votato la risoluzione di maggioranza con la quale si approvava la Relazione della Commissione bilancio sulla bozza di PNRR e si impegnava il Governo a «redigere il Piano nazionale di ripresa e resilienza, nella sua versione definitiva, tenendo conto degli orientamenti contenuti nella predetta Relazione» e ad «assicurare il pieno coinvolgimento del Parlamento nelle fasi successive del PNRR»;
la più recente stesura del Piano è stata trasmessa al Parlamento appena un paio di giorni prima della sua definitiva approvazione per la trasmissione alla Commissione europea;
stando alla nota diffusa da Palazzo Chigi, con riferimento alla governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza, si «prevede una responsabilità diretta dei ministeri e delle amministrazioni locali per la realizzazione degli investimenti e delle riforme entro i tempi concordati, e per la gestione regolare, corretta ed efficace delle risorse. È previsto un ruolo significativo degli enti territoriali, a cui competono investimenti pari a oltre 87 miliardi di euro. Il Ministero dell'economia e delle finanze monitora e controlla il progresso nell'attuazione di riforme e investimenti e funge da unico punto di contatto con la Commissione europea»;
nessun riferimento è fatto, invece, al coinvolgimento del Parlamento in alcuna fase dell'attuazione del Piano;
gli atti parlamentari con i quali, nei mesi di settembre e ottobre dello scorso anno, sono state esaminate le linee guida per la definizione del PNRR prevedevano esplicitamente «attività conoscitive e di indirizzo attraverso le quali il Parlamento parteciperà all'elaborazione, da parte del Governo, del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e la presentazione al Parlamento della bozza di Piano per l'approvazione prima di presentarlo alla Commissione europea»;
nella risoluzione presentata dal Gruppo di Fratelli d'Italia lo scorso 31 marzo nel corso della discussione della relazione della 5aCommissione sulla proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza, si impegnava il Governo a «trasmettere al Parlamento il Piano definitivo prima che sia trasmesso all'Unione europea e al rispetto delle prerogative del Parlamento nelle fasi di esame e approvazione dei singoli stati di attuazione del Piano, nonché nella elaborazione di modalità procedurali che permettano la effettiva fruizione delle risorse nei tempi previsti», e a «enunciare con chiarezza quali riforme strutturali si intenda realizzare per "accompagnare" l'attuazione del Piano, e a riconoscere il ruolo preminente del Parlamento nell'adozione delle stesse»;
a entrambi questi impegni, come, in maniera ancora più plateale, a quello che invitava il Governo «a presentare al Parlamento la proposta di PNRR definitiva prima che sia trasmessa all'Unione europea come allegato al Documento di economia e finanza (DEF), o comunque in tempo congruo affinché possa essere esaminata nel merito», l'attuale maggioranza parlamentare sia nelle file parlamentari sia nella compagine di Governo ha opposto un netto rifiuto;
tale atteggiamento, ulteriormente rinforzato dalla mancanza di un vero esame parlamentare del testo definitivo, conferma ancora una volta l'esautorazione del Parlamento e l'assenza della benché minima forma di rispetto delle sue prerogative;
il voto che il Parlamento si appresta a esprimere sarà riferito alle comunicazioni rese dal Presidente del Consiglio e non sul contenuto del Piano,
impegna il Governo:
1) a sottoporre all'esame e al voto parlamentare tutti gli atti conseguenti alle comunicazioni rese e relativi alle fasi di esame e approvazione dei singoli stati di attuazione del Piano, nonché nella elaborazione di modalità procedurali che permettano la effettiva fruizione delle risorse nei tempi previsti;
2) a coinvolgere il Parlamento nella individuazione ed elaborazione delle riforme strutturali che dovranno garantire l'attuazione del Piano, evitando il ricorso a leggi delega.
(6-00190) n. 3 (27 aprile 2021)
Granato, Abate, Angrisani, Corrado, Crucioli, Lezzi, Morra.
Respinta
Il Senato,
udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista della trasmissione alla Commissione europea del Piano nazionale di ripresa e resilienza,
premesso che:
la crisi economica derivante dalla pandemia da Covid-19, che ha colpito il nostro Paese, è la più grave dal secondo dopoguerra. Nel 2020 il PIL italiano ai prezzi di mercato (PIL nominale) è stato pari a 1.651.595 milioni di euro correnti, con una caduta del 7,8 per cento rispetto al 2019. Il PIL reale, invece, è diminuito dell'8,9 per cento, il peggior decremento della storia repubblicana, tornando ai livelli del 1998. L'Istat ha registrato anche un aumento della pressione fiscale rispetto al PIL, passata dal 42,4 al 43,1 per cento ;
nella contrazione del PIL emerge in modo preponderante il crollo dei consumi delle famiglie (-10,7 per cento ), che ha causato una contrazione del 6,4 per cento. Un ribasso piuttosto importante è stato registrato anche nel settore degli investimenti fissi lordi (-9,1 per cento) e delle esportazioni (-13,8 per cento);
a causa della pandemia da Covid-19, il debito pubblico italiano ha raggiunto, nel 2020, quota 2.569.258 milioni ed è pari al 155,6 per cento del PIL, in aumento del 21 per cento rispetto al 2019, dove si attestava al 134,6 per cento; inoltre, a livello di contabilità statale, le entrate sono diminuite del 6,4 per cento, mentre le spese sono aumentate dell'8,6 per cento;
in risposta alla crisi generata dalla pandemia da Covid-19, il Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020 ha concordato di integrare le risorse del Quadro finanziario pluriennale (QFP) dell'Unione europea 2021-2027 (previste in 1.074,3 miliardi di euro a prezzi 2018) con i 750 miliardi di euro del programma Next generation EU (NGEU);
il più importante programma previsto nell'ambito di Next generation EU è il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and resilience facility) il quale ha l'obiettivo di sostenere gli investimenti, anche in vista della transizione verde e digitale, e le riforme degli Stati membri nell'ambito del semestre europeo al fine di agevolare una ripresa duratura, sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, migliorare la resilienza delle economie dell'UE e ridurre le divergenze economiche fra gli Stati membri;
obiettivo del Recovery fund è quindi la riduzione dei divari tra Paesi adottando interventi finalizzati a far sì che i singoli Stati membri possano rinnovarsi, ammodernarsi e svilupparsi attraverso una transizione ecologica e digitale in grado di porre il sistema produttivo e tutto il sistema Paese in condizione di acquisire le capacità necessarie per resistere ad un'eventuale nuova crisi pandemica, sociale o altra catastrofe economica o naturale;
la focalizzazione su grandi obiettivi strategici del Recovery plan, da raggiungere in tempi certi, dovrà mirare a far compiere all'intero Paese significativi progressi in termini di competitività e di produttività, creando le strutture materiali e sviluppando le capacità immateriali proprie di un moderno ed efficiente sistema Paese, al contempo rispettoso dell'ambiente, anche e soprattutto per le prossime generazioni, come il titolo di Next generation EU lascia chiaramente intendere;
considerato che:
la pandemia ha messo ulteriormente in luce i ritardi del nostro Paese in quasi tutti i settori chiave del sistema socio-economico;
il sistema formativo, in tutte le sue declinazioni, per troppi anni ha risentito della scarsa considerazione da parte della classe politica. Scuola e università dovrebbero interagire in modo complementare e sinergico e dovrebbero rispondere in modo efficace ai bisogni formativi emergenti dal tessuto sociale. Le significative difficoltà degli ultimi mesi sono da considerarsi il riflesso di azioni sbagliate e di una gestione troppo spesso approssimativa e distratta;
le ripetute flessioni congiunturali dell'occupazione hanno determinato un crollo dell'occupazione rispetto a febbraio 2020 (-4,1 per cento pari a -945.000 unità). La diminuzione - come riportato dagli ultimi dati Istat, coinvolge uomini e donne, dipendenti (-590.000) e autonomi (-355.000) di tutte le classi d'età. Il tasso di occupazione scende, in un anno, di 2,2 punti percentuali;
la gestione sanitaria, sia a livello nazionale che territoriale, ha mostrato forte debolezza e pesanti limiti. Troppe le differenze tra Regioni, tra le stesse e i territori, tra le aree urbane e le aree interne. Altri punti di forte allarme sono rappresentati dalla sconnessione tra servizi ospedalieri e servizi locali e dalla scarsa capacità di prevenzione;
il divario Nord-Sud continua ad essere la fotografia di un Paese a più velocità, ormai da decenni. La differenza nel PIL per abitante è di circa il 45 per cento. Una spaccatura che si traduce nel diverso livello di efficienza dei servizi, di opportunità di lavoro, di qualità della vita;
i settori delle infrastrutture e dei trasporti sono gravemente esposti alle conseguenze della crisi causata dalla pandemia, ma sono al contempo i settori che maggiormente possono contribuire alla ripresa e beneficiare di investimenti mirati anche con prospettive di lungo termine;
il piano attualmente presentato alle Camere non rispecchia le prescrizioni della Guidance to member States -Recovery and resilience plans - part 1, part 2 , in particolare:
1. non presenta a tutt'oggi informazioni statistiche: popolazione, istruzione, occupazione con dati rilevati Regione per Regione, che consentano di spiegare come si intenda realizzare l'obiettivo della coesione territoriale;
2. non mostra alcuna evidenza del rispetto del vincolo del 37 per cento delle risorse destinate ad investimenti green e 20 per cento ad investimenti nel digitale, come prevedono le linee guida UE;
3. manca di chiarezza nella definizione della strategia e dei provvedimenti rivolti alla prossima generazione di italiani;
4. difetta del richiesto collegamento delle misure con le raccomandazioni specifiche inviate agli Stati membri nel 2019 e 2020, le quali, nel caso dell'Italia, sono soprattutto misure di prevenzione antiriciclaggio, antifrode e anti corruzione, tanto più necessarie in presenza di un cospicuo flusso di denaro europeo. D'altro canto, si rileva come altre raccomandazioni specifiche non sarebbero affatto utili alla ripresa del Paese, al contrario la ostacolerebbero particolarmente in questo momento economico e sociale, nella parte in cui richiedono tagli al sistema pensionistico e tagli alla spesa pubblica;
5. manca di indicatori, milestones, target e baselines, previste dalla guida europea;
6. è generico nell'ipotesi che possa avvalersi dell'InvestEU, cosa inammissibile perché, in tal caso, la guida prevede si debba dichiarare esplicitamente nel Piano con tanto di dati ed elementi a corredo come espressamente richiesti dalla Guida;
7. non chiarisce, circa l'utilizzo dei Fondi sviluppo e coesione, che dovrebbe ammontare a 17 miliardi circa, il quantum detratto e a discapito di quali Regioni;
8. manca l'allocazione geografica delle risorse (si parla genericamente di Nord-Centro-Sud);
tale piano presenta inoltre i seguenti inconvenienti intrinseci:
1. denota una dimensione complessiva ed una sua diluizione temporale che lo rendono evidentemente insufficiente per la crisi in atto e per la risposta economica necessaria, come risulta dal paragone con lo stimolo fiscale a parità di PIL messo in atto da molte tra le maggiori economie sviluppate esterne alla zona euro, prima tra queste gli Stati Uniti;
2. molte linee d'intervento necessitano di riforme propedeutiche che ad oggi ancora non sono neanche state concepite e che a doverle realizzare sarebbe un Governo tecnico di "unità nazionale";
3. qualora non venissero rispettate le milestones europee, verrebbe interrotta l'erogazione del fondo e quindi si rischia di vedere interrotte le misure;
4. il nostro Paese ha già dimostrato di non eccellere nella capacità di utilizzo dei fondi della programmazione europea, che molto spesso ritornano al mittente,
impegna il Governo:
1) sul piano generale:
a) ad accedere alla componente sovvenzioni dello strumento, senza ricorso ai prestiti (o solo a una ridotta parte dei prestiti), finanziando la parte di programma eccedente le sovvenzioni tramite risorse reperite a livello nazionale sul mercato dei capitali, estremamente più rapide da ottenere, dal costo sostenibile anche in virtù delle presenti condizioni di mercato eccezionalmente favorevoli, nonché tramite l'utilizzo di non-moneta fiscale adeguatamente iniettata nell'economia secondo le necessità, ampliando e rendendo più strutturali le forme di circolazione di credito fiscale già esistenti;
b) a sostenere la struttura di fondo del settore produttivo italiano, caratterizzato dalla presenza di PMI, la cui specificità le rende eccellenze nel settore di appartenenza, e costituisce un fattore di resilienza grazie alla loro flessibilità e capacità di diversificazione; evitando che le risorse del NGEU vengano usate esclusivamente per promuovere la concentrazione economica e produttiva nei settori tech, green e digitale, che già presentano posizioni dominanti;
c) a favorire attraverso lo strumento di ripresa e resilienza una nuova "economia di Stato", non solo come presenza dello stesso come attore economico per compensare i gap distorsivi prodotti dal mercato, a svantaggio della piccola imprenditorialità, ma anche nel ruolo di promotore di forme di supporto al credito per sostenere le attività produttive nazionali (quali moratorie ed aiuti diretti);
d) a concentrare le risorse rideterminate in funzione della reale capacità di spesa nel limite cronologico previsto dal Recovery plan in poche linee d'intervento che soddisfino, altresì, gli obiettivi trasversali di coesione sociale e territoriale, parità di genere e pari opportunità, occupazione giovanile, transizione ecologica evitando interventi a pioggia non sostenibili per un Paese che negli ultimi venti anni ha ridotto ad un quarto il personale che opera nella pubblica amministrazione;
e) a procedere nel rafforzamento di misure nazionali volte a prevenire, individuare e correggere corruzione, frode e conflitti di interesse quando si utilizzano i fondi forniti nell'ambito del Dispositivo, comprese le disposizioni volte ad evitare il doppio finanziamento da altri programmi dell'Unione, coinvolgendo direttamente la Direzione nazionale antimafia sin dall'inizio del processo di ricostruzione del Paese attraverso specifici protocolli, riconoscendo il fondamentale apporto che la Direzione può offrire nel contrasto di ogni fenomeno di inquinamento mafioso dei progetti di sviluppo (indebita intercettazione dei flussi finanziari, sfruttamento delle risorse per riciclare proventi criminali, impiego dello strumento intimidatorio e corruttivo);
f) a garantire il pieno e costante coinvolgimento del Parlamento e assicurare il monitoraggio degli stati di avanzamento, degli impatti e delle analisi costi-benefici delle misure e dei progetti inseriti nel Piano;
g) ad affrontare in parallelo riforme e investimenti, puntando a misure di impatto duraturo in grado di rafforzare il potenziale di crescita e la creazione di occupazione;
h) a potenziare i sistemi informativi e gli strumenti di monitoraggio dello stato di avanzamento dei progetti previsti dal Piano al fine di agire tempestivamente qualora dovessero presentarsi situazioni di stallo;
2) sul settore infrastrutture e trasporti:
a) a rivedere le modalità di allocazione delle risorse tra le voci di spesa del settore mobilità e trasporti, al fine di assicurare coerenza tra l'ammontare delle risorse stanziate e la capacità di ciascuna voce di rispondere agli obiettivi nazionali e comunitari di riduzione delle emissioni inquinanti;
b) a riallocare le risorse destinate ai collegamenti ferroviari a lunga distanza ad alta velocità verso progetti con tempi di realizzazione più contenuti e impatti positivi già nell'orizzonte di Piano, che mirino all'accelerazione dell'elettrificazione del settore, all'attuazione dei Piani urbani della mobilità sostenibile, al potenziamento del TPL, delle infrastrutture per la mobilità ciclabile e pedonale e dell'intermodalità, del trasporto ferroviario metropolitano e regionale;
c) a destinare maggiori risorse per il trasporto pubblico locale sostenibile, in modo da poter implementare le reti tramviarie e metropolitane, potenziare il servizio di trasporto collettivo e condiviso, rinnovare il parco mezzi non alimentato da fonti fossili, sviluppare le reti ciclabili, gli interventi di moderazione del traffico e di sicurezza stradale;
d) a sostenere le misure e gli investimenti utili per la mobilità sostenibile contenute nei PUMS adottati e approvati;
e) a sostenere le misure e gli investimenti nel settore dell'autotrasporto affinché si realizzi la transizione dal diesel e dal gas verso l'elettrificazione, a vantaggio di ambiente, qualità dell'aria, vivibilità delle città e a supporto di una giusta transizione delle oltre 90.000 piccole e medie imprese operanti in Italia nell'ambito della logistica;
f) a sostenere lo sviluppo di una filiera industriale e catena del valore dell'elettrico nazionale che garantisca importanti ripercussioni in termini occupazionali e di crescita economica nel medio e lungo termine, fornendo una concreta opportunità all'Italia di uscire da un prolungato periodo di crisi industriale e allinearsi, colmando il gap, ai maggiori Stati europei;
g) a dare priorità di investimento allo sviluppo di una rete di infrastrutture di ricarica elettrica capillare, senza la quale gli investimenti già ridotti relativi alla mobilità elettrica risultano di breve respiro;
h) a prevedere risorse dedicate specificamente ad aumentare il parco autobus elettrici anche attraverso la possibilità di effettuare il retrofit elettrico su alcuni mezzi esistenti e a promuovere lo sviluppo di una filiera italiana dell'autobus elettrico;
i) a rimuovere dal PNRR tutte le spese per nuovi investimenti autostradali e potenziamenti della rete e a non farsi carico di manutenzioni, adeguamenti tecnologici ed elettrificazioni da effettuare sulla rete autostradale esistente che devono essere posti a carico delle concessionarie autostradali, secondo i rispettivi PEF, sia vigenti che da rivedere;
l) ad investire nella progressiva elettrificazione delle tratte marittime brevi (inferiori a 50 miglia) operanti nel nostro Paese e nello studio di soluzioni per decarbonizzare le tratte medie e lunghe;
m) ad implementare risorse anche per i porti commerciali minori italiani al fine del pieno sviluppo di tutte le aree del Paese;
n) ad adottare strumenti di sostegno alla ripresa del traffico aereo;
o) a modificare, in termini perequativi, l'attuale distribuzione tra Nord e Sud delle risorse riguardanti i collegamenti ferroviari ad alta velocità, favorendo con un importante rafforzamento i territori maggiormente sprovvisti di collegamenti ferroviari (il Sud e le isole);
p) a non utilizzare i fondi PNRR per finanziare il fallimentare ed inutile progetto del ponte sullo Stretto di Messina;
3) sul settore giustizia:
a) ad implementare pienamente la digitalizzazione operando, altresì, una semplificazione del sistema tra i diversi settori (civile, amministrativo, tributario e penale) prevedendo, se possibile, un unico metodo di processo telematico;
b) ad aumentare la produttività del settore civile (e penale) rendendo pienamente operante l'ufficio del processo, prevedendo che ad ogni magistrato corrisponda personale di cancelleria e "funzionari ausiliari del giudice", figure selezionate, mediante concorso per titoli e prova preselettiva, con contratto a tempo indeterminato, tra avvocati e magistrati onorari così da permettere la sostanziale eliminazione della magistratura onoraria precaria, gli attuali giudici di pace e i magistrati ausiliari in appello;
c) a diminuire l'afflusso delle cause tributarie in cassazione prevedendo la professionalizzazione dei magistrati tributari mediante la soppressione delle commissioni provinciali e regionali ed istituendo, in ogni tribunale e Corte d'appello, una sezione specializzata tributaria;
d) a migliorare il sistema carcerario prevedendo nuove carceri (e la ristrutturazione degli edifici esistenti) anche da un punto di vista tecnologico implementando la videosorveglianza, il controllo da remoto nonché la schermatura telefonica, almeno delle parti in detenzione;
e) al fine di incentivare i riti alternativi nel processo penale a non modificare la riforma della prescrizione entrata in vigore il 1° gennaio 2020;
f) a cancellare ogni ipotesi presente nel PNRR di potenziare il filtro di ammissibilità delle impugnazioni civili, opzione che tende a rendere più difficile la tutela dei diritti delle persone;
g) ad eliminare ogni ipotesi di inserire, come principio generale, il principio di sinteticità degli atti, strumento utilizzato spesso in Cassazione per declinare il diritto a vedersi discutere, in quel grado, la propria impugnazione;
4) sul settore istruzione, cultura, turismo e sport:
a) ad assicurare la titolarità pubblica negli interventi per l'accesso all'istruzione e riduzione dei divari territoriali, in particolare riguardo ad asili nido e servizi integrati, scuole dell'infanzia (3-6 anni) e sezioni "primavera", tramite anche la costituzione e potenziamento dei poli per l'infanzia statale;
b) ad evitare la frammentazione regionale dei processi di istruzione, in particolare riguardo all'istruzione professionalizzante e agli ITS, che non dovrebbero focalizzarsi sui bisogni contingenti delle imprese locali, ma proiettarsi verso tecniche e modalità produttive innovative di impatto globale, fornendo le competenze indispensabili di base, soprattutto tecnico-pratiche, in vista di una inevitabile formazione continua;
c) a riformare il sistema dei Centri di formazione professionale, di concerto al suo potenziamento, togliendone il controllo alle Regioni, che ne hanno esternalizzato i servizi, e ponendolo nuovamente sotto il controllo statale, attraverso una modifica dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione;
d) ad introdurre la figura dell'educatore e del pedagogista scolastico, da reclutare, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, tramite concorso pubblico, onde dotare le istituzioni scolastiche delle figure professionali maggiormente atte ad affrontare le crescenti difficoltà relazionali dell'intera comunità scolastica (docenti, personale ATA, famiglie e studenti) post Covid-19;
e) ad operare sulla selezione e sulla formazione degli insegnanti attraverso una strategia condivisa e co-progettata tra scuola, università e Ministero, consentendo di garantire che l'offerta formativa della scuola pubblica sia qualitativamente adeguata all'alto compito di piena realizzazione della personalità di ciascuna studentessa e di ciascuno studente e sia adeguata alle sfide di una società in continua evoluzione, nonché garanzia per tutti di mobilità sociale;
f) a predisporre e a realizzare un piano di investimenti strutturali finalizzati a garantire, in maniera necessariamente prioritaria rispetto agli istituti privati, la valorizzazione e il potenziamento degli enti pubblici di ricerca; in quest'ottica, nelle azioni previste dal Piano, a garantire un ruolo di prim'ordine al Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), in grado di mobilitare competenze e capacità scientifiche e tecnologiche multidisciplinari, oltre che un enorme patrimonio infrastrutturale e strumentale;
g) a prevedere, nell'ambito degli investimenti per turismo e cultura, l'assunzione pubblica di lavoratori specializzati nel settore, sia intervenendo a supporto di una classe lavoratrice che ha subito enormi danni dalla crisi pandemica, sia stabilendo criteri certi per individuare i livelli essenziali delle prestazioni che spettano ad ogni territorio, in termini di biblioteche, sostegno al patrimonio museale, al turismo sostenibile, artistico e culturale, alla cura dei contesti urbanizzati e al paesaggio, con relativi interventi di digitalizzazione del patrimonio materiale, di innovazione dei servizi e di sostegno al settore dello spettacolo dal vivo, integrato con la realtà del territorio;
h) ad incentivare significativamente la pratica sportiva da una parte e teatrale dall'altra in contesti periferici e marginali, la quale sconta l'inadeguatezza delle risorse finanziarie stanziate, sostenendo in primis le associazioni di volontariato che si occupano di ciò soprattutto nelle zone più povere e più criminalizzate, così da fornire ai giovani, attraverso lo sport e la cultura, un'alternativa ai pericolosi contatti con la malavita;
i) a garantire maggiori risorse e finanziamenti al sistema delle università statali, orientato a un'ottica perequativa e non premiale di distribuzione del Fondo di finanziamento ordinario, garantendo un livello medio-alto degli atenei diffuso sul territorio, evitando concentrazioni di risorse in poche università;
5) sul settore sanità:
a) a ridefinire i criteri di ripartizione del Fondo sanitario nazionale secondo un apposito "indice di occorrenza" locale tenendo all'uopo conto dei dati di morbilità e co-morbilità dei singoli territori regionali e dei relativi livelli di vulnerabilità sociale;
b) a superare la competenza esclusiva delle Regioni in merito all'autocertificazione dei dati trasmessi da parte delle Regioni al Ministero della salute relativa alla griglia di adempimento dei LEA col fine di azzerare in via definitiva disavanzi, debiti delle Regioni penalizzate dai criteri vigenti di ripartizione del Fondo sanitario nazionale;
c) ad implementare un sistema unico di fascicolo sanitario elettronico obbligando le Regioni a dotarsi di uno strumento unico, senza l'intermediazione di società informatiche private che mettono a grave rischio la privacy dei dati di morbilità dei cittadini italiani, così da centralizzare e mettere in sicurezza il flusso informatico inserendo tale implementazione in norme di rango primario;
d) a progettare un sistema informatico, collegato al Fascicolo sanitario elettronico, di digitalizzazione dell'intera rete ospedaliera, di assistenza primaria e terziaria, in collegamento con i medici di medicina generale e di pediatri di libera scelta in modo da incentivare un'epidemiologia capillare basata sugli standard dell'ICD-10 per il potenziamento della telemedicina, anche col fine di ridurre l'incidenza dei ricoveri ospedalieri e favorendo la presa in carico dei pazienti nei differenti territori italiani;
e) a rafforzare l'assistenza sanitaria territoriale e domiciliare, che tanto avrebbe potuto incidere positivamente nel corso della pandemia, introducendo figure obbligatorie come l'infermiere di base da affiancare al medico di base, oltre a un'estensione psico-sanitaria e socio-sanitaria della cura del paziente;
6) sul settore ambiente e agricoltura:
a) a considerare un maggiore apporto autenticamente "green" all'intero piano, come richiesto dall'Unione europea, concentrandosi sulle energie rinnovabili veramente sostenibili e diversificate, aggiungendo l'aggettivo "verde" nei richiami all'utilizzo dell'idrogeno, chiarendo che il nucleare è fuori discussione e che ogni progetto futuribile su tale tema dev'essere accordato a impegni sulle rinnovabili di nuova generazione;
b) a destinare risorse rilevanti per l'ammodernamento dell'infrastruttura idrica italiana al fine di evitare lo sperpero di risorse di un bene pubblico fondamentale come l'acqua;
c) ad eliminare ogni ipotesi di progetto del ponte sullo Stretto di Messina, sia per il danno ambientale sia perché il progetto andrebbe compiuto entro il 2026 e i controlli sarebbero derogati a causa della rapidità. Ugualmente la costruzione di stadi si presenta come un intervento infrastrutturale dannoso oltre che poco utile, piuttosto sarebbe utile dirottare tali fondi verso interventi infrastrutturali e di trasporti minori, volti a favorire i territori più disagiati su tale aspetto, specie al Sud e nelle aree interne;
d) a riconsiderare l'innalzamento dei limiti all'inquinamento elettromagnetico per lanciare il 5G, una tecnologia di sviluppo che va accordata con le necessarie salvaguardie della salute umana, in accordo certo alle più accurate e cautelative evidenze della ricerca riguardo ad ogni tecnologia sperimentale;
e) ad introdurre, per le imprese del comparto agricolo, della pesca e dell'acquacoltura, misure specifiche dirette a promuovere e a favorire l'innovazione tecnologica, il trasferimento di know-how dai centri di ricerca alle aziende, l'ammodernamento di macchinari e impianti con strumenti di incentivazione che permettano il pieno accesso delle imprese agricole ai medesimi sistemi;
f) ad introdurre misure volte a favorire, attraverso la combinazione di incentivi a fondo perduto e agevolazioni di carattere fiscale, il rinnovo del parco mezzi agricoli circolanti;
g) a prorogare sino a tutto il 2023 la misura del cosiddetto superbonus 110 per cento al fine di aumentare l'attività in un settore economico cruciale e migliorare le performance di efficienza del nostro patrimonio edilizio .
Allegato B
Integrazione all'intervento della senatrice Cattaneo nella discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri
Lo sforzo a cui siamo chiamati è fare delle risorse e le riforme dell'oggi la leva di sviluppo del domani, perché il macigno dell'enorme debito pubblico accumulato e di una economia stagnante sia scalabile da una società viva e attiva che investe, anche nello spirito, in un futuro di riscatto sociale ed economico.
Integrazione all'intervento del senatore Monti nella discussione sulle Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri
Signor Presidente del Consiglio, ha fatto a mio avviso molto bene a fare una distinzione tra i disavanzi e i debiti. Mi permetterei però di raccomandarle - visto che in questo momento dobbiamo evitare arretramenti nella mentalità e nella cultura e, se possibile, andare avanti - di usare con molta parsimonia la qualifica di «buono» con riferimento al disavanzo pubblico, salvo quello che chiaramente finanzia investimenti produttivi di crescita futura.
Un esempio. Se dà ristori o sostegni a chi ne ha bisogno in conseguenza di chiusure che esso stesso ha imposto, lo Stato fa una cosa socialmente buona e giusta. Ma basta questo per poter dire, come molti fanno, che se tale intervento è finanziato in disavanzo, allora il debito pubblico che viene creato è debito «buono»? A me non pare proprio. Così facendo, lo Stato impone agli italiani del futuro un atto di solidarietà verso alcuni italiani di oggi. Per essere davvero tale, l'atto di solidarietà compiuto oggi dallo Stato dovrebbe sostenere gli incolpevoli danneggiati, o almeno i meno abbienti tra loro, mediante imposte o contributi da prelevarsi oggi a carico di soggetti non danneggiati e più abbienti. Lo stesso FMI ha prospettato l'ipotesi di contributi di solidarietà o di temporanee imposizioni sul patrimonio, per sovvenire alle necessità di chi ha subito danni a causa delle chiusure. Ma la politica italiana, sempre generosa nell'offrire solidarietà a qualcuno, è sempre restia a farlo tassando qualcun altro. Trova più agevole acquisire la gratitudine dei sussidiati ed evitare l'impopolarità di maggiori tasse (o di una mano più dura nei confronti degli evasori, ai quali offre spesso vari tipi di condoni), mettendo gli oneri a carico degli italiani che verranno. E che, ovviamente, non votano.
Visto da Bruxelles, il sistema fiscale italiano presenta molti difetti, che la Commissione europea ha più volte segnalati ma che sono stati largamente ignorati dai successivi Governi. Auguriamoci, signor Presidente, che la nuova tipologia di vincoli europei - «finanziamenti strettamente condizionati alle riforme» - si riveli efficace.
Integrazione all'intervento del senatore De Bonis nella discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri
Su 209 miliardi, se fossero destinati al Mezzogiorno 145 miliardi (come suggerirebbero i criteri dell'Unione europea) e 63 miliardi al Centro-Nord, attraverso l'effetto di interdipendenza economica in realtà al Mezzogiorno resterebbero 89 miliardi (il 42,6 per cento sarebbe una percentuale reale), mentre 119 andrebbero nel resto del Paese (57,4 per cento).
Se invece destineremo al Mezzogiorno 83 miliardi (come suggerirebbero i criteri del Governo italiano secondo una percentuale solo nominale del 40 per cento) e 125 miliardi al Centro-Nord, attraverso l'effetto di interdipendenza economica in realtà al Mezzogiorno resterebbero 55 miliardi (il 26,6 per cento invece del 40 per cento) mentre 153 miliardi andrebbero nel resto del Paese (pari al 73,3 per cento). Approvando questo Piano, le risorse destinate al Mezzogiorno, di fatto, non risulterebbero sufficienti nemmeno a rispettare il 34 per cento, una soglia meramente funzionale a non aumentare il divario territoriale esistente. Con queste percentuali di distribuzione delle risorse, il divario continuerà a crescere (le tre tabelle che allego agli atti dell'Aula analizzano i criteri europei in chiave nazionale e gli effetti d'interdipendenza).
La verità è che il conteggio di dettaglio della quota Sud, richiesto dalla ministra Carfagna, è insufficiente. Non si sa per davvero quanto tocca al Sud! La verità è che nel PNRR 21,2 miliardi fanno riferimento ad una anticipazione del Fondo di sviluppo e coesione, e saranno dunque tolti per essere inseriti nel recovery, con il rischio di non essere più restituiti. Quindi non si configurano come addizionali al PNRR.
Inoltre, una quota pari a circa 103,6 miliardi, di fatto, è già inclusa nella normativa vigente, in quanto corrispondente, per 65,7 miliardi, a interventi già «in essere». Tuttavia, il Mezzogiorno non è la "palla al piede" dello sviluppo italiano!
Per fortuna ci sono anche casi di successo che dimostrano che la convergenza è un obiettivo possibile. Ad esempio, cinque filiere produttive agroalimentare, automotive, aerospazio, abbigliamento e moda e farmaceutico concentrano il 50 per cento di tutto il settore manifatturiero del Sud, generano 15 miliardi di valore aggiunto, 23 miliardi di export e occupano 269.000 persone, con oltre 95.000 imprese manifatturiere. Se il Mezzogiorno fosse uno Stato dell'Unione europea, sarebbe all'ottavo posto tra i Paesi con maggiore presenza industriale, mentre si collocherebbe al tredicesimo posto per valore complessivo del PIL, subito dopo l'Austria.
Presidente, come disse De Gasperi, la responsabilità dell'Italia, anche oggi, "...è la responsabilità di un Paese che si sente parte integrante dell'umanità, che sa che domani nulla potrà essere rinnovato nel mondo senza la collaborazione di un popolo come l'italiano e sa di poter contribuire a questo nuovo mondo con tutta la sua forza e con tutte le tradizioni della sua irradiante civiltà".
Tabelle allegate all'intervento del senatore De Bonis nella discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri
<LINK tipo="ALL" id="RESAULA_20231123-16130846.pdf">Tabelle</LINK>
Integrazione all'intervento della senatrice Lonardo nella discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri
Ora, a conti fatti, può sembrare una gran cosa presentare una cifra superiore (che, in realtà, è nettamente inferiore) a quella che fu erogata dalla Cassa per il mezzogiorno.
Ecco perché, signor Presidente, pur dandole atto del suo impegno, resto perplessa per quanto attiene agli investimenti ed alle risorse destinate al mezzogiorno d'Italia.
Al Sud, per esempio, l'impatto della pandemia sull'occupazione è stato maggiore di quello avutosi al Centro-Nord.
Infatti, dalla Rilevazione sulle forze di lavoro dell'Istat, al netto dei fattori stagionali, risulta che l'occupazione nel secondo trimestre del 2020 è calata rispetto al trimestre precedente dell'I,2 per cento al Settentrione, dell'1,1 per cento al Centro e del 4,4 per cento al Sud.
Con l'imperversare della pandemia è stato molto più difficile tutelare i lavoratori meridionali a causa della più alta precarietà e vulnerabilità del mercato del lavoro nel Mezzogiorno, caratterizzato nel complesso da una maggiore presenza di lavoratori temporanei, precari e intermittenti che, a differenza dei lavoratori tutelati, non hanno beneficiato delle integrazioni salariali e del blocco dei licenziamenti (estesi anche a settori e imprese non coperte).
Secondo la Svimez, i due terzi dei 470 mila posti di lavoro persi nei primi nove mesi del 2020 sono costituiti da contratti a termine non più rinnovati. Ciò ha quindi finito per divaricare ulteriormente il gap occupazionale esistente fra le due parti del Paese. Inoltre, per Bankitalia (L'economia delle regioni italiane - Dinamiche recenti e aspetti strutturali), se l'occupazione al Sud è risultata più colpita, è stato anche a causa della struttura produttiva del Mezzogiorno, caratterizzata in misura più elevata dalle attività che hanno maggiormente risentito degli effetti della pandemia, come ad esempio il turismo e il settore ricreativo; con una presenza, per giunta, nelle famiglie meridionali di una percentuale inferiore di occupati che hanno avuto la possibilità di avvalersi del lavoro a distanza.
In più, la Svimez, nel suo Rapporto 2020, scrive che "oltre a circa 2,2 milioni di lavoratori irregolari (1,2 milioni al Nord e 1 milione nel Mezzogiorno) [...], nei mesi dell'emergenza è possibile stimare circa 800 mila disoccupati in cerca di prima occupazione che per effetto della crisi avranno maggiori difficoltà di accesso al mercato del lavoro, concentrati prevalentemente nel Sud (500 mila a fronte di 300 mila nel Centro-Nord)"; e ciò con seri rischi per la tenuta sociale di diverse aree del Meridione, specialmente di quelle delle periferie dei grossi centri urbani in cui si ammassano le situazioni di maggior disagio.
Per quanto riguarda invece il PIL, la Svimez ha stimato che in Italia nel 2020 la pandemia ne ha determinato un calo pari al 9,6 per cento. La decrescita risulterebbe maggiore al Centro-Nord, misurando un -9,8 per cento, mentre al Sud sarebbe pari a --9,0 per cento. Sebbene, a riguardo, il margine d'incertezza dovuto al perdurare dell'emergenza renda non facile produrre delle stime a breve durata, la Svimez prevede una ripresa del PIL in Italia tra il 2021 e il 2022. Tuttavia, la ripresa riguarderà essenzialmente il Centro-Nord, presso il quale si stima una crescita del PIL pari al 5,3 per cento nel 2022. Per lo stesso anno al Sud si prevede invece una crescita di appena l'1,4 per cento. L'uscita dall'attuale crisi saluterebbe dunque il sopraggiungere di un nuovo e forte allargamento del divario esistente fra le due macroaree del Paese.
Pertanto, la vera spaccatura fra regioni che, in modo duraturo, minaccia di allargare ulteriormente e pesantemente la forbice Nord-Sud, risiede nella diversa capacità di ripresa propria delle varie regioni italiane, emersa per il 2021. Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, per esempio - pur reintegrando circa la metà soltanto delle perdite avute nel 2020 - presentano le più alte percentuali di ripresa del Paese, rispettivamente pari a +5,8 per cento, +5,3 per cento e +5,0 per cento. Ciò naturalmente è indicativo di strutture produttive regionali più avanzate e allacciate ai contesti economici esterni; tali cioè da porle in condizioni di ripartire con minore difficoltà. La rapidità di ripresa delle regioni meridionali risulta essere invece molto più lenta e pertanto troppo fiacca e inadeguata per recuperare il forte crollo subito.
Alla luce di tutto questo, l'uso dei fondi del Next Generation EU assume, dunque, un ruolo decisivo. Invero, qualora tali finanziamenti dovessero esser spesi esattamente secondo i criteri sanciti dall'Unione europea, si aprirebbe la prospettiva di una reale e seria risoluzione del gap esistente fra Mezzogiorno e resto del paese. Non solo: con questa sorta di odierno (e molto più generoso) Piano Marshall, avremmo dinanzi a noi la possibilità di dotare l'Italia di uno slancio senza precedenti. Non è un caso, dunque, che l'Unione europea e il Fondo Monetario Internazionale avvertano che l'Italia può ripartire solo da Sud.
L'aver fissato al 40 per cento la quota dei fondi del Next Generation EU da assegnare al Sud, contravvenendo ai criteri fissati dall'Unione europea, è stata da parte del Governo una scelta estremamente grave e pericolosa. Essa, nel legittimare un nuovo e più profondo aggravamento del divario Nord-Sud, va incontro al rischio pienamente configurabile e incombente che l'Italia si veda bocciare il proprio Piano di Ripresa e Resilienza, con conseguente ritiro dei fondi.
Ad avvisarci per "non dimenticare" la principale destinazione di tali fondi, era stato lo stesso presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen; nonché il Commissario dell'Unione europea per l'Economia, Paolo Gentiloni Silveri, con un tono d'urgenza mai adoperato prima, a dispetto del suo essere sempre così controllato: è evidente che essendo adesso di casa a Bruxelles ha il polso della situazione, conosce il vento che là tira e quanto sia concreto, quindi, il pericolo di possibili bocciature.
Qualche giorno fa il governatore della Regione Siciliana, Nello Musumeci, in conferenza stampa a Catania, dopo la decisione del Governo di non inserire la costruzione del Ponte sullo Stretto fra le opere da realizzare con i fondi del Next Generation EU ha affermato: "Ci dicano se le due Regioni [Sicilia e Calabria] sono ancora continente Europeo. Non ci offendiamo. Ma il Governo Draghi ci dica che vuole fare del Mezzogiorno, del bacino Afro-Asiatico. Se dobbiamo essere soltanto un contenitore per consumare prodotti che vengono dal Nord. Siamo stanchi di essere considerati colonia.
Anche il governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca, qualche mese fa, durante il Governo Conte, nel convocare una riunione straordinaria e senza precedenti con tutti i governatori delle Regioni del Mezzogiorno sulla questione del capovolgimento dei criteri europei per la distribuzione dei fondi Next Generation EU fra le varie parti del Paese, aveva parlato di "un vero e proprio furto in danno del Sud e delle sue Regioni".
Sorprende che tali voci e tali iniziative (inclusa naturalmente quella dei 500 sindaci del Sud), senza precedenti nella storia meridionale recente, stiano sorgendo al di là delle rispettive colorazioni politiche. Esse, in qualche modo, quasi paiono fare da eco alle parole proferite dall'Unione europea in una lettera di richiamo indirizzata all'Italia il 7 ottobre 2019, ove le veniva addirittura intimato il taglio dei fondi strutturali, qualora avesse persistito nell'ostinata e consueta sua prassi di sottrarre denaro al Sud in modo illegittimo.
Testo integrale dell'intervento del senatore Turco nella discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri
Signor Presidente del Consiglio, Signori Ministri, cari colleghi, il mio intervento, in considerazione del poco tempo disponibile, sarà rivolto a fornire alcuni suggerimenti tecnici e costruttivi, derivanti dall'esperienza governativa in tema di investimenti e dalla personale esperienza accademica in materia economica.
Presidente, oggi il Parlamento approva un documento che pur confermando la visione strategica del Governo Conte II, se ne discosta per importi e per diversa distribuzione geografica degli investimenti. Ciò senza che il Parlamento abbia potuto preventivamente discuterne e confrontarsi in maniera approfondita.
Il Piano Programma nazionale di ripresa e resilienza, in continuità con quello approvato e presentato al Parlamento il 12 gennaio dal Governo Conte II, a cui è doveroso rivolgere un vivo ringraziamento, rappresenta un'opportunità irripetibile per promuovere investimenti pubblici, introdurre riforme, sostenere lo sviluppo e realizzare la coesione sociale del Paese.
Grazie al Governo Conte II, l'Italia è risultata la prima beneficiaria sia dei Fondi per la ripresa e resilienza (RRF), con oltre 191 miliardi, di cui 68,9 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto e 122,6 miliardi a prestito; sia dei fondi per la Coesione territoriale (React-EU), con 13 miliardi di stanziamenti.
Il nostro Paese ha ricevuto più fondi europei per le condizioni di arretratezza socioeconomica in cui versa il Sud Italia, divenuta una delle aree più povere e sottosviluppate d'Europa. Proprio per questo motivo, il Meridione d'Italia si attendeva maggiori investimenti rispetto a quelli previsti oggi nel Piano. Infatti, se fossero stati applicati nel PNRR gli stessi criteri seguiti dall'Unione europea in sede di assegnazione delle risorse ai singoli Stati membri, la quota di investimenti spettanti al Sud Italia sarebbe stata sicuramente più considerevole.
Gli importi stanziati a livello europeo sono stati calcolati in maniera proporzionale rispetto alla popolazione e inversamente proporzionale rispetto al prodotto interno lordo (PIL) pro capite e al relativo tasso di disoccupazione di ciascuno Stato membro (Documento della Commissione europea recante "Com (2020) 408 Final" del 28/05/2020, pagina 8).
Tali criteri sono stati confermati dal Parlamento Europeo a febbraio 2021, dallo stesso Parlamento italiano con le risoluzioni di Camera e Senato del 13 ottobre 2020 poi, ribaditi da quasi tutte le Commissioni permanenti lo scorso mese di marzo 2021 (riferimento Relazione Commissioni riunite 5a e 6a del Senato - proposta di PNRR, 31 marzo 2021; Relazione della 5a Commissione Permanente della Camera dei deputati sulla proposta di PNRR, del 30 marzo 2021).
La scelta del Governo rischia di contraddire il dispositivo per la ripresa e la resilienza, di cui all'articolo 11 del Regolamento dell'Unione europea 2021/241, che determina i criteri di ripartizione delle risorse a fondo perduto e parametra l'assegnazione delle risorse al PIL medio pro capite del Paese beneficiario, al numero degli abitanti, al tasso di disoccupazione medio del periodo 2015/2019. Dall'applicazione di questi tre criteri alla realtà italiana, si giunge alla determinazione di una percentuale di risorse spettanti al Sud pari a oltre il 60 per cento, contro il dichiarato, e non ben definito, 40 per cento di risorse stanziate nel Piano.
La bassa crescita del Pil registrata negli ultimi venti anni, unitamente alla contrazione della produttività e degli investimenti pubblici e privati, che si sono dimostrati insufficienti a garantire i necessari processi di modernizzazione della pubblica amministrazione, delle infrastrutture e delle filiere produttive, impongono un'inversione di rotta, soprattutto a seguito della pandemia.
È il momento di fare scelte coraggiose e favorire nuovi paradigmi economico-produttivi attraverso il rafforzamento dell'innovazione tecnologica, la transizione energetica e la riduzione delle disparità infrastrutturali materiali (ad esempio per la mobilità di lungo e soprattutto breve raggio) e immateriali (quali reti digitali, istruzione, ricerca).
Gli obiettivi ultimi del Piano, sin dalla sua prima stesura, sono stati rivolti a favorire la crescita economica sostenibile e duratura, salvaguardando l'ambiente dai cambiamenti climatici, e colmare i divari territoriali del Paese, perseguendo principi di equità sociale.
Per raggiungere questi ambiziosi e complessi obiettivi, occorre rimuovere gli ostacoli che negli ultimi decenni hanno rallentato la crescita economica dell'Italia e accentuato le differenze sociali e territoriali.
Per rimuovere tali ostacoli e ridurre il gap strutturale dell'Italia con gli altri Paesi sono state confermate e meglio definite alcune riforme, come ad esempio quella della Pubblica amministrazione, del fisco, della giustizia (civile e penale), della semplificazione legislativa e della concorrenza antimonopolistica.
Per la buona riuscita del Piano però è necessario attuare anche altre riforme, quali, ad esempio, la riforma del conflitto d'interesse, dell'abuso d'ufficio, del sistema bancario (soprattutto del credito cooperativo), del contrasto alla corruzione, all'infiltrazione mafiosa e alla speculazione finanziaria distruttiva dell'economia reale. Quest'ultima riforma da sostenere a livello europeo e internazionale.
Tra gli altri interventi urgenti è necessario anche introdurre la riforma sulla definizione e sulle misure dei "livelli essenziali delle prestazioni (LEP)", allo stato disattesa nonostante i richiami della Corte costituzionale e le richieste contenute nelle relazioni di Camera e Senato. L'obiettivo di ridurre le disparità di genere, generazionali e territoriali - presenti nelle aree più deboli del Paese - è coerente con la complessiva impostazione comunitaria del programma Next Generation.
In questo quadro di riforme, diventa importante attuare anche una riforma strutturale del debito pubblico, volta a definire le modalità di rientro del debito, promuovere un "piano di autofinanziamento interno", volto a favorire politiche di bilancio espansive senza ricorrere ai mercati finanziari e prevedendo un istituto speciale d'investimento che dovrà canalizzare, in maniera fruttifera, il risparmio degli italiani verso investimenti redditizi.
Tutti gli interventi riformatori dovranno comunque intrecciarsi e riguardare la difficile e complessa materia della politica degli investimenti per le opere pubbliche, che da sempre ostacola la crescita del nostro Paese.
In Italia, i tempi medi di realizzazione di opere pubbliche di costo superiore ai 100 milioni di euro, è di oltre quindici anni, rispetto ai meno di dieci anni di Germania e Francia. Tali tempi medi poi si allungano ancora di più per molte Regioni meridionali, dove nell'ultima programmazione dei fondi FSC (2014-2020) siamo riusciti a programmare solo il 70 per cento dei fondi disponibili (48 miliardi su 68 miliardi disponibili) e a realizzare una spesa di soli 4,4 per cento (ovvero 3 miliardi su 68 miliardi disponibili). Oltre la metà del tempo complessivo di realizzazione di un'opera pubblica si perde nella burocrazia, concentrata soprattutto nelle cosiddette fasi di attraversamento dell'investimento, comprese tra l'inizio della progettazione e l'apertura del cantiere.
Sarà, quindi, dalla riduzione dei tempi di realizzazione delle opere pubbliche che dipenderà la buona riuscita del piano in discussione e il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Sul tema, le misure introdotte dal Governo Conte, prima con il decreto Sblocca cantieri e, poi, con il decreto Semplificazioni, hanno dato segnali importanti di accelerazione, ma oggi l'aggravarsi della crisi dovuta alla pandemia richiede ulteriori interventi straordinari e radicali.
La nuova riforma sulla politica degli investimenti dovrà: dare certezza al quadro normativo e regolamentare degli appalti; semplificare e ridurre le diversi fasi di attraversamento di realizzazione degli investimenti; introdurre nuovi strumenti gestionali e di monitoraggio; risolvere l'annoso problema dei ricorsi e contenziosi di gara; introdurre un certificato di qualità delle imprese affidatarie che attesti la loro sostenibilità economico-finanziaria, onde scongiurare crisi aziendali in corso d'opera (in Italia, prima della pandemia, il 30 per cento delle opere pubbliche veniva rallentato o si fermava per l'avvenuta crisi dell'impresa affidataria); rivedere compiti, competenze e responsabilità del Responsabile unico di progetto (Rup), che dovrà essere sempre più figura esperta in campo economico, organizzativo e manageriale; prevedere una maggiore informazione verso i cittadini sullo stato degli investimenti pubblici, attraverso gli open data e una specifica accountability,
Nel rispetto, poi, del quadro della disciplina nazionale e comunitaria in materia di contratti pubblici e concorrenza, nelle aree svantaggiate e di crisi industriale complessa occorre introdurre, nell'ambito delle procedure di affidamento di opere pubbliche, la cosiddetta "clausola di inclusione economica", prevedendo apposite misure incentivanti e premiali dell'imprenditoria territoriale e dei lavorati locali, volte a promuovere filiere corte o a chilometro zero; coinvolgere PMI e giovani professionisti locali; salvaguardare l'ambiente circostante, attraverso l'utilizzo di materiali riciclati, recuperati, riciclabili o a bassa produzione di C02; favorire l'assunzione di lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati, ai sensi del decreto ministeriale del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 17 ottobre 2017.
Altro aspetto importante nella politica degli investimenti, poco attenzionato dal Piano sono le ridotte risorse volte a favorire e attrarre investimenti privati, che soprattutto nel periodo 2008-2015 hanno subito una forte contrazione e hanno causato l'arretratezza e la conseguente crisi dell'assetto produttivo italiano, Nella fattispecie, occorre rivedere l'istituto giuridico del Partenariato pubblico privato (PPP) rivisitando il ruolo e le responsabilità tra Ente pubblico e privato.
Sulle macro aree d'investimento del Piano, oltre a segnalare la mancanza di informazioni di dettaglio (cronoprogramma, indicatori sullo stato di avanzamento, obiettivi qualitativi e quantitativi) dei singoli investimenti, mi limito ad evidenziare alcune criticità, che auspico il Governo voglia considerare, ovvero:
- la mancata definizione e certezza dei profili temporali e delle modalità specifiche di reintegro dell'anticipazione di 15,5 miliardi di fondi FSC 2021-2027, in modo da garantire che tali risorse siano aggiuntive e non sostitutive dei fondi di ripresa e resilienza, escludendo qualunque condizionalità del reintegro all'effettivo impiego delle risorse e al realizzarsi dell'atteso ritorno macroeconomico; le insufficienti risorse destinate al Sud Italia per la competitività delle imprese turistiche (non superiore al 35 per cento di quelle previste per l'intero comparto);
- la realizzazione di stazioni di rifornimento di idrogeno limitata alle "Regioni del Nord Italia fino alla Pianura Padana, contrariamente alla proposta del Governo Conte II che prevedeva investimenti pari al 50 per cento anche nel Mezzogiorno d'Italia; la soppressione del vincolo di destinare il 50 per cento delle spese ferroviarie all'ammodernamento della linea ferroviaria del Sud Italia;
- l'assenza di definizione e di misure in ordine al finanziamento dei LEP, nonostante i richiami della Corte costituzionale e delle richieste contenute nelle relazioni di Camera e Senato; le disattese prescrizioni del Parlamento di rendere il Meridione capace di intercettare i traffici intercontinentali, i quali saranno concentrati ancora una volta nel Nord del Paese; la scarsa propensione a praticare una ricerca diffusa e non di "élite" che sta provocando disparità di inclusione sociale e persino economiche all'interno delle diverse università del Paese.
Nel realizzare, infine, la transizione energetica importanti saranno le decisioni sull'impianto siderurgico di Taranto, dove l'unica transizione ammissibile dovrà prevedere l'abbandono del ciclo integrale a carbone, non più sostenibile; introdurre la produzione a forno elettrico; sperimentare nuovi processi produttivi innovativi (come, ad esempio, quelli a idrogeno); favorire, nel periodo di transizione, l'applicazione della valutazione integrata del danno ambientale e sanitario (VIIAS) e prevedere un accordo di programma, finalizzato a gestire le linee produttive destinate alla chiusura, la loro riconversione e la riqualificazione e rimpiego delle unità lavorative in esubero.
Concludo Presidente, ricordando che il successo del Piano di ripresa e resilienza riguarda l'Italia intera e che solo la risalita del Sud può far crescere tutto il Paese e non viceversa. La pandemia ci lascia un Paese con maggiori diseguaglianze economiche, sociali e culturali che non possiamo ignorare. L'Europa ha condizionato l'erogazione dei fondi alla riduzione di tali diseguaglianze di genere, generazionali e territoriali. Non possiamo rischiare di perderli. Non perdiamo questa grande occasione per unire l'Italia in un unico grande progetto di ripresa e resilienza e per creare un futuro migliore per le prossime generazioni.
Integrazione all'intervento del senatore Romani nella discussione sulle Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri
In questo senso, sarebbe necessario un impulso maggiore per implementare la ricerca sullo smaltimento e sul recupero dei componenti.
Concludo con un auspicio che è soprattutto una raccomandazione: la semplificazione sia strutturale.
Dobbiamo dare al Paese un sistema di regole e di procedure che consentano in modo rapido ed efficiente di realizzare, riconvertire e manutenere le infrastrutture e le opere pubbliche di cui si avrà bisogno nel corso del tempo. Su questo punto non possiamo ragionare solo in termini di emergenza, ma di riforma strutturale della burocrazia. Grazie per l'attenzione.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
Nel corso della seduta è pervenuta al banco della Presidenza la seguente comunicazione:
Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista della trasmissione alla Commissione europea del Piano nazionale di ripresa e resilienza:
sulla proposta di risoluzione n. 1, la senatrice Tiraboschi avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Congedi e missioni
Sono in congedo i senatori: Accoto, Alderisi, Auddino, Barachini, Barboni, Battistoni, Bellanova, Bini, Borgonzoni, Bossi Umberto, Botto, Campagna, Cario, Cattaneo, Centinaio, Cerno, Cirinna', De Poli, Di Marzio, Floridia, Galliani, Giacobbe, Iori, Iwobi, Maffoni, Mallegni, Mangialavori, Marin, Merlo, Messina Assunta Carmela, Moles, Monti, Napolitano, Nisini, Perosino, Petrocelli, Pichetto Fratin, Pucciarelli, Puglia, Ronzulli, Sciascia, Segre, Sileri, Sudano, Tosato e Vaccaro.
Sono considerati in missione, ai sensi dell'art. 108, comma 2, primo periodo, del Regolamento, i senatori: Biti ed Endrizzi.
Commissioni permanenti, variazioni nella composizione
La Presidente del Gruppo parlamentare Partito Democratico ha comunicato che la senatrice Bini, in quanto membro del Governo, è sostituita nella 12a Commissione permanente dal senatore Comincini.
Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, variazioni nella composizione
Il Presidente della Camera dei deputati, in data 23 aprile 2021, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza il deputato Roberto Rossini in sostituzione della deputata Vittoria Casa, dimissionaria, e la deputata Francesca Anna Ruggiero in sostituzione della deputata Anna Macina, entrata a far parte del Governo.
Il Presidente della Camera dei deputati ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza il deputato Paolo Lattanzio in sostituzione della deputata Patrizia Prestipino, dimissionaria.
Disegni di legge, annunzio di presentazione
Senatori La Pietra Patrizio Giacomo, De Carlo Luca
Istituzione dell'Agenzia autonoma per la promozione, lo sviluppo e la tutela dell'ippica nazionale e disposizioni per la riforma del settore ippico (2189)
(presentato in data 26/04/2021);
senatore Romano Iunio Valerio
Modifiche in materia di conciliazione e arbitrato in sede sindacale (2190)
(presentato in data 27/04/2021).
Indagini conoscitive, annunzio
Ai sensi dell'articolo 48, comma 7, del Regolamento, le Commissioni 3ª e 14ª sono state autorizzate, in data 13 aprile 2021, a svolgere, congiuntamente con le Commissioni III e XIV della Camera dei deputati, un'indagine conoscitiva sulla Conferenza sul futuro dell'Europa.
Affari assegnati
In data 23 aprile 2021 è stato deferito alla 9a Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare), ai sensi dell'articolo 34, comma 1, e per gli effetti dell'articolo 50, comma 2, del Regolamento, l'affare sulle problematiche inerenti ai danni causati all'agricoltura dalle recenti gelate (Atto n. 800).
Governo, trasmissione di atti e documenti
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 21 aprile 2021, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6-ter del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 553, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 652, la relazione - predisposta dal Ministero della giustizia per il I e il II semestre 2020 - sullo stato di attuazione del programma di costruzione e adattamento di stabilimenti di sicurezza destinati a consentire il trattamento differenziato dei detenuti e sulle disponibilità del personale necessario all'utilizzazione di tali stabilimenti.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 2a e alla 8a Commissione permanente (Atto n. 799).
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, in data 21 aprile 2021, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 25 febbraio 1999, n. 66, la relazione d'inchiesta sull'inconveniente grave occorso all'aeromobile Airbus A-320-216 marche EI-DTB, presso l'aeroporto di Milano Malpensa, in data 17 agosto 2017.
La predetta documentazione è deferita, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 8a Commissione permanente (Atto n. 801).
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 21 aprile 2021, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5 della legge 23 dicembre 2002, n. 279, la relazione triennale - riferita al triennio 2018-2020 - sullo stato di attuazione della citata legge, recante "Modifica degli articoli 4-bis e 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di trattamento penitenziario".
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 2a Commissione permanente (Doc. CXVII, n. 2).
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 7 aprile 2021, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5 della legge 9 luglio 1990, n. 185, la relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, riferita all'anno 2020.
La predetta relazione è deferita, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a, alla 3a, alla 4a, alla 6a e alla 10a Commissione permanente (Doc. LXVII, n. 4).
Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 23 aprile 2021, ha trasmesso la relazione concernente l'impatto finanziario derivante dagli atti e dalle procedure giurisdizionali e di precontenzioso con l'Unione europea, riferita al secondo semestre 2019, predisposta ai sensi dell'articolo 14, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, a tutte le Commissioni permanenti (Doc. LXXIII, n. 5).
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri per le politiche e gli affari europei, con lettera in data 22 aprile 2021, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, l'elenco delle procedure giurisdizionali e di precontenzioso con l'Unione europea, riferito al primo trimestre 2021.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, a tutte le Commissioni permanenti(Doc. LXXIII-bis, n. 13).
Corte costituzionale, deferimento di sentenze ai sensi dell'articolo 139, comma 2, del Regolamento
E' stata deferita alla 1a Commissione permanente (Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, Ordinamento Generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione), ai sensi dell'articolo 139, comma 2, del Regolamento, la sentenza della Corte costituzionale n. 48 del 24 febbraio 2021, depositata il successivo 26 marzo 2021 (Atto n. 802).
Regioni e province autonome, trasmissione di atti
Con lettera in data 26 aprile 2021, la Presidenza della Regione autonoma della Sardegna, in adempimento a quanto previsto dall'articolo 2, comma 5, della legge regionale 7 ottobre 2005, n. 13, e successive modificazioni, ha comunicato gli estremi del decreto del Presidente della Regione del 20 aprile 2021, n. 26, concernente lo scioglimento del Consiglio comunale di Serramanna e la nomina del dottor Antonio Giovanni Ghiani a Commissario straordinario per la gestione provvisoria del Comune.
Interrogazioni, apposizione di nuove firme
Il senatore Croatti e la senatrice Vanin hanno aggiunto la propria firma all'interrogazione 4-05148 della senatrice Matrisciano ed altri.
I senatori Croatti Donno, Di Girolamo, Gallicchio, Trentacoste, Pavanelli, Lanzi, Montevecchi, Giuseppe Pisani e Vanin hanno aggiunto la propria firma all'interrogazione 4-05325 del senatore Ferrara.
Mozioni
FERRARA, LANZI, CASTIELLO, AIROLA, DE LUCIA, EVANGELISTA, MAUTONE, TONINELLI, DI GIROLAMO, LOMUTI - Il Senato,
premesso che:
il disastro nucleare di Chernobyl, avvenuto il 26 aprile 1986, ha provocato una drammatica contaminazione da materiali radioattivi che ha colpito un territorio di 155.000 chilometri quadrati a cavallo di quelli che oggi sono Bielorussia, Federazione russa e Ucraina. Si stima che 8.400.000 persone siano state esposte alle radiazioni;
secondo il rapporto ufficiale, dei 600.000 "liquidatori" russi, responsabili della gestione emergenziale immediatamente dopo l'incidente, 31 sono stati esposti ad alti livelli. Più di 404.000 persone sono state evacuate e ricollocate, tuttavia circa 5 milioni di persone continuano a vivere nelle aree contaminate;
quasi 52.000 chilometri quadrati di aree agricole sono state contaminate da cesio 137 e stronzio 90, rendendo i terreni inutilizzabili e contaminando le falde acquifere;
stando a quanto riportato da un rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità del 2006, nel periodo 1990-2002, nei territori dei tre Stati sono stati diagnosticati più di 4.000 casi di cancro alla tiroide in bambini e adolescenti. Il rapporto conferma, inoltre, che è indubbio che l'aumento dei casi riscontrato sia connesso a quanto accaduto a Chernobyl, con una prevalenza, nel 90 per cento dei casi, di carcinoma papillare della tiroide;
in seguito alla tragedia di Chernobyl, l'Italia ha iniziato ad ospitare migliaia di minori provenienti dalla Bielorussia e dall'Ucraina per soggiorni di risanamento ed è il Paese che ne ha ospitati di più in Europa in questi anni: 400.000. In seguito, tale possibilità è stata estesa ai minori stranieri che versano in situazioni di difficoltà ed ha accolto giovani provenienti, soprattutto, da Bielorussia, Ucraina, Federazione russa e Bosnia;
lo scopo è dare a queste ragazze e ragazzi, prevalentemente di età compresa tra gli 8 e i 12 anni, la possibilità di allontanarsi dalle aree disagiate, di alleviare la pressione sociale e psicologica che la vita in tali luoghi genera e di nutrirsi di cibo e acqua sani. L'80 per cento dei giovani è stato accolto da alcune famiglie e il 20 per cento da istituti, nell'ambito di progetti di accoglienza temporanea non collegati ad alcun progetto di adozione;
la disciplina, nell'ordinamento italiano, dei programmi solidaristici di accoglienza temporanea di minori stranieri va individuata nell'articolo 33 del decreto legislativo n. 286 del 1998 e negli articoli 2, 8 e 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 535, n. 1999, i quali stabiliscono che i minori in situazioni di difficoltà possano essere accolti per un massimo di 120 giorni all'anno;
rilevato che:
in seguito all'aggravarsi dell'emergenza sanitaria causata dalla pandemia da COVID-19, le autorità bielorusse hanno trasmesso una nota, in data 27 febbraio 2020, con la quale hanno disposto unilateralmente la sospensione dei viaggi solidaristici "fino alla stabilizzazione della situazione epidemiologica";
il 15 giugno 2020 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, tramite il suo sito web, ha comunicato la sospensione temporanea dei programmi di accoglienza ed ha provveduto alla costituzione di un gruppo di lavoro interministeriale con il compito di vagliare, con cadenza mensile, la possibilità di riprendere i viaggi. In tutti gli incontri svolti nel corso del 2020 il gruppo ha convenuto, all'unanimità, sulla proroga della sospensione;
nell'ambito della risposta all'interrogazione 4-07366, presentata alla Camera dei deputati dall'on. Battilocchio, il sottosegretario di Stato pro tempore per il lavoro e le politiche sociali, Stanislao di Piazza, ha comunicato, a metà febbraio 2021, che il Ministero della salute ha elaborato il protocollo "Indicazioni operative per i programmi solidaristici di accoglienza di minori stranieri", in quel momento ancora in attesa di validazione da parte del comitato tecnico scientifico, da impiegare alla ripresa dei programmi;
considerato, altresì, che:
alcuni studi scientifici hanno dimostrato che i soggiorni terapeutici porterebbero a una riduzione significativa (compresa tra il 30 e l'80 per cento) delle particelle di cesio 137 presenti nell'organismo dei bambini nati, ancora oggi, sul territorio interessato dall'incidente di Chernobyl;
data la solidità e la profondità del legame instaurato negli anni tra le famiglie ospitanti e i bambini, la repentina sospensione e la lontananza prolungata potrebbero compromettere gli effetti benefici affettivi, psicologici e di salute che questi progetti hanno lo scopo di garantire,
impegna il Governo ad individuare adeguati protocolli sanitari e misure per prevenire il contagio da COVID-19, al fine di consentire una ripresa tempestiva dei programmi solidaristici nel nostro Paese per i "bambini di Chernobyl" provenienti da Ucraina e Bielorussia.
(1-00345)
BERNINI, GASPARRI, MALLEGNI, GALLONE, TOFFANIN, DAL MAS, MASINI, BERARDI, DAMIANI, FERRO, MODENA - Il Senato,
premesso che:
il decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto "rilancio"), all'articolo 119, ha introdotto il superbonus, ossia una detrazione pari al 110 per cento delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure di adeguamento antisismico sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici);
l'articolo 121 dà inoltre la possibilità di optare, in luogo della fruizione diretta della detrazione per interventi in materia edilizia ed energetica, per un contributo anticipato sotto forma di sconto dai fornitori dei beni o servizi (cosiddetto sconto in fattura) o, in alternativa, per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante;
la cessione del credito può essere disposta in favore: a) dei fornitori dei beni e dei servizi necessari alla realizzazione degli interventi; b) di altri soggetti (persone fisiche, anche esercenti attività di lavoro autonomo o d'impresa, società ed enti); c) di istituti di credito e intermediari finanziari;
l'articolo 1, commi 66-74, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio per il 2021), ha quindi disposto per i superbonus 110 per cento una proroga di soli 6 mesi, ossia sino al 30 giugno 2022 (per gli IACP sino al 31 dicembre dello stesso anno), con possibilità, per i condomini, di beneficiare di un'estensione fino al 31 dicembre 2022 (per gli IACP sino al 30 giugno 2023) qualora al 30 giugno 2022, sia stato realizzato almeno il 60 per cento dell'intervento di miglioramento. Il lieve maggior tempo concesso agli edifici condominiali o a quelli di edilizia residenziale pubblica è conseguente all'obiettiva necessità che detti interventi hanno bisogno di una tempistica più estesa per la progettazione e la successiva esecuzione di interventi complessi, che a stento rientrerebbero nei termini attualmente in vigore per le singole unità immobiliari;
il beneficio fiscale del 110 per cento, introdotto dal decreto-legge n. 34 del 2020, è certamente uno strumento potente e davvero indispensabile per poter finalmente accelerare sugli interventi per la rigenerazione, la messa in sicurezza e la riqualificazione anche energetica del patrimonio immobiliare del nostro Paese;
il superbonus rappresenta una grande opportunità per decarbonizzare le città, sostenere il settore edile, produrre posti di lavoro e accrescere il valore degli immobili. Ma è indispensabile risolvere prioritariamente i problemi legati alle complessità burocratiche e ad un orizzonte temporale legato alla sua vigenza davvero troppo breve;
dall'ultimo recente monitoraggio congiunto di ENEA e Ministero dello sviluppo economico, emerge che al 22 febbraio 2021, risultano poco meno di 4.400 interventi legati al superbonus, per un ammontare corrispondente di quasi 500 milioni di euro;
rispetto alla precedente pubblicazione dell'8 febbraio, dalla quale emergevano 2.960 interventi per un ammontare di 338,7 milioni di euro, si evidenzia che in sole due settimane si è registrato un eccezionale aumento di circa il 50 per cento sia in termini di numero che nell'importo. Dall'esame di questi dati ufficiali, si può stimare un ammontare annuo di almeno 3,6 miliardi di euro;
peraltro, occorre sottolineare che molto probabilmente l'importo annuale è notevolmente sottostimato. Va infatti ricordato che solitamente il mese di febbraio a cui si riferiscono i dati non rappresenta un mese di piena operatività dei lavori dei cantieri edili. Inoltre, i dati pubblicati dal monitoraggio prendono in considerazione interventi che abbiano uno stato di avanzamento dei lavori di almeno il 30 per cento. A ciò si aggiunga che la stima di 3,6 miliardi di euro non considera pienamente gli interventi su interi condomini, i quali, alla luce della loro complessità, scontano chiaramente maggiori difficoltà nella partenza dei lavori rispetto agli interventi che insistono su singole unità immobiliari. Ad oggi, infatti, solo l'8 per cento degli interventi attivati si riferisce ai condomini;
va sottolineato con forza che la procedura per beneficiare del superbonus presenta un elevato livello di criticità e di complessità, tanto che molte imprese si stanno organizzando per cercare collaborazioni con altri soggetti, in primo luogo studi professionali, ma anche con altre imprese del settore. La complessità non riguarda tanto gli aspetti tecnici quanto la normativa che regola tutto il superbonus 110 per cento. E questo è il motivo per cui ad oggi solo una piccola parte delle richieste di informazioni da parte dei cittadini si è trasformata in preventivi per lavori e soltanto una parte minoritaria delle imprese ha già avviato interventi agevolabili con il superbonus;
molti aspetti attuativi delle norme che regolamentano il superbonus sono ad avviso dei proponenti poco chiari e poco definiti nella loro portata, e questo sta imponendo l'emanazione di una gran quantità di "FAQ", circolari interpretative, guide e provvedimenti da parte dell'Agenzie delle entrate, volte a fornire chiarimenti e risposte alle imprese, agli operatori e ai tecnici che devono essere messi in condizione di avviare i cantieri. Questo fa sì che i termini di validità del superbonus, previsti dalla citata legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020) risultino obiettivamente troppo ridotti e rischiano di vanificare l'impatto positivo dello stesso beneficio fiscale;
recentemente il CESEF (Centro studi sull'economia e il management dell'efficienza energetica) ha presentato un rapporto nel quale, tra l'altro, si evidenziano alcuni limiti del superbonus 110 per cento, a cominciare dalla durata ridotta del provvedimento. Nonostante la proroga prevista dalla manovra, l'estensione è ritenuta troppo limitata, con il risultato che si privilegiano interventi più piccoli con iter burocratici meno complessi per non avere lavori incompleti allo scadere del provvedimento. A questo, si aggiungono gli eccessivi adempimenti burocratici per la realizzazione dell'intervento e per ottenere il beneficio fiscale che impattano negativamente sull'operatività del superbonus, e la complessità della normativa, sottoposta a continue modifiche che gli operatori devono inseguire per essere o rimanere aggiornati;
il 23 febbraio 2021, alla Camera dei deputati, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/02845-A/105 a prima firma dell'on. Mazzetti, che chiedeva il prolungamento almeno fino a tutto il 2023 del termine entro il quale effettuare le spese per interventi di efficienza energetica e di adeguamento antisismico sugli edifici per poter beneficiare della detrazione del 110 per cento, nonché la medesima proroga delle conseguenti norme per la cessione del credito di sconto in fattura;
la relazione della V Commissione permanente (Bilancio, tesoro e programmazione) della Camera dei deputati sulla proposta di piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) del 30 marzo 2021, sottolinea la richiesta de "l'estensione del cosiddetto superbonus 110 per cento all'intero anno 2023, indipendentemente dalla avvenuta realizzazione di percentuali di lavori nell'ultimo anno di vigenza dell'incentivo, anche al fine di moltiplicare gli effetti positivi in termini di risparmio energetico annuo generato dagli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio privato; si valuti altresì l'inserimento di tale incentivo in una strategia di riqualificazione degli edifici e di semplificazione per favorire l'accesso ad essa, in particolare sul versante della verifica preventiva della conformità urbanistica, degli interventi sugli edifici ubicati nei centri storici laddove la presenza di vincoli impedisce il miglioramento di almeno due classi energetiche e l'accelerazione dei tempi di recupero del credito nonché la sua estensione ad altre tipologie di immobili e l'opportunità di un'estensione delle platea dei beneficiari"»;
tra le osservazioni della relazione delle Commissioni 5ª e 14ª del Senato sulla proposta di PNRR del 31 marzo 2021, si legge: "prevedere l'estensione - operando al contempo una semplificazione delle procedure burocratiche - del cosiddetto superbonus 110 percento almeno fino al 30 giugno 2023, dall'attuale scadenza del 30 giugno 2022, nonché la possibilità di adottare un'estensione più consistente della misura, confermando la possibilità di cessione del credito, almeno pari a cinque anni, ovvero fino al 30 giugno 2027, così da garantire un utilizzo il più possibile diffuso della stessa e contribuire al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni, ai sensi degli accordi europei e internazionali; prevedere altresì l'estensione della platea dei beneficiari del superbonus anche a soggetti esercenti attività d'impresa, arti e professioni";
la medesima relazione evidenzia inoltre come "appare opportuno razionalizzare tutti gli altri bonus esistenti per le ristrutturazioni e per l'efficientamento energetico degli edifici sotto un'unica aliquota al 75 per cento, modificando l'articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, prevedendo anche per questi la durata della detrazione in cinque anni",
impegna il Governo:
1) a prevedere una proroga del superbonus 110 per cento almeno fino a dicembre 2023 con le adeguate risorse, in quanto è una misura che, per la sua complessità attuativa, impone un orizzonte temporale ben più ampio di quello finora previsto;
2) a prendere le opportune iniziative legislative, affinché la proroga venga prevista già nei prossimi provvedimenti d'urgenza e comunque ben prima della prossima legge di bilancio per il 2022;
3) a prevedere, e dare seguito a tutti i rilievi contenuti nelle due relazioni di Camera e Senato sulla proposta di PNRR, riportati in premessa, anche con riguardo alla necessità di una reale semplificazione delle norme e delle procedure che regolamentano la concessione del superbonus, laddove si registrano attualmente eccessivi e farraginosi adempimenti burocratici per la realizzazione dell'intervento e per ottenere il beneficio fiscale;
4) ad estendere la platea dei soggetti che possono fruire dell'ecobonus e del sismabonus al 110 per cento anche ai soggetti esercenti attività d'impresa, arti o professioni;
5) a tenere separato il beneficio fiscale del 110 per cento dagli altri gli altri bonus esistenti per le ristrutturazioni e per l'efficientamento energetico degli edifici per i quali la citata relazione delle Commissioni 5ª e 14ª del Senato ha rilevato l'opportunità di prevedere un'unica aliquota al 75 per cento, prevedendo anche per questi la durata della detrazione in 5 anni.
(1-00346)
ROMEO, CALDEROLI, PILLON, PELLEGRINI Emanuele, PEPE, URRARO, ALESSANDRINI, ARRIGONI, AUGUSSORI, BAGNAI, BERGESIO, BORGHESI, BOSSI Simone, BRIZIARELLI, BRUZZONE, CAMPARI, CANDIANI, CANDURA, CANTU', CASOLATI, CORTI, DE VECCHIS, DORIA, FAGGI, FERRERO, FREGOLENT, FUSCO, GRASSI, IWOBI, LUCIDI, LUNESU, MARIN, MARTI, MOLLAME, MONTANI, PAZZAGLINI, PERGREFFI, PIANASSO, PIROVANO, PISANI Pietro, PITTONI, PIZZOL, RICCARDI, RIPAMONTI, RIVOLTA, RUFA, SAPONARA, SAVIANE, SBRANA, SIRI, TESTOR, TOSATO, VESCOVI, ZULIANI - Il Senato,
premesso che:
il 19 aprile 2021 il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, è intervenuto in difesa del figlio Ciro, accusato, unitamente ad altri tre amici, di violenza sessuale consumata nell'estate 2019, postando sul suo blog un video dove ha sostenuto che non vi sarebbe stata alcuna violenza;
in particolare, a supporto dell'innocenza del figlio, Beppe Grillo ha accusato la vittima, asserendo che la denunzia sarebbe stata fatta con un ritardo di 8 giorni rispetto ai fatti e affermando che vi sarebbe un video girato la notte della presunta violenza, da cui si evincerebbe che la ragazza fosse consenziente;
il video di Beppe Grillo è stato stigmatizzato da tutte le forze politiche, ma l'onorevole Anna Macina, esponente del Movimento 5 Stelle e sottosegretario di Stato per la giustizia, ha difeso il leader del suo partito, definendo il video del blog lo "sfogo di un padre";
ha invitato a lasciare fuori la politica dalla vicenda, chiamandola tuttavia lei stessa in causa, laddove ha accusato esplicitamente la senatrice Giulia Bongiorno (avvocato di una vittima e senatrice della Lega) di avere utilizzato a fini politici la questione giudiziaria;
il mezzo di stampa che ha pubblicato l'intervista all'on. Anna Macina ha riportato in virgolettato le parole del sottosegretario, la quale ha sollevato il dubbio che il video di Ciro Grillo lo avesse visto anche il senatore Salvini, dal momento che in televisione lo stesso Salvini ha riferito di averne parlato con l'avvocato e senatrice Giulia Bongiorno; il sottosegretario Macina si è spinta fino a supporre in maniera deduttiva che il video agli atti del procedimento lo avesse visto lo stesso Salvini, valutando l'ipotesi come grave; il sottosegretario Macina ha altresì sostenuto che la senatrice Bongiorno abbia potuto utilizzare per fini politici una vicenda in cui non si capirebbe se la stessa Bongiorno parli da difensore (che ha quel video), o da senatrice che passa informazioni al suo capo di partito, di cui è anche il difensore;
prosegue nel virgolettato il sottosegretario Macina sostenendo di essere rimasta gelata nell'apprendere che l'avvocato Giulia Bongiorno intende portare il video di Beppe Grillo in Tribunale, supponendo che le affermazioni dell'avvocato potessero significare che il comportamento del padre ricadrà sul figlio, e chiedendosi infine se l'intento dell'avvocato fosse quello di fare il processo alla famiglia;
dunque, l'on. Anna Macina parte dalla certezza che il senatore Salvini avesse dichiarato di avere ricevuto dalla senatrice Bongiorno dettagli sulla vicenda giudiziaria;
senonché mai, in nessun momento, il senatore Salvini ha fatto questa dichiarazione e l'unico virgolettato che conteneva qualche riferimento in merito era generico ed è stato smentito dal quotidiano "Il Tempo";
in ogni caso, nemmeno in quel virgolettato falso vi era cenno ad informazioni riservate, a dettagli sul caso ed al video;
l'insinuazione del sottosegretario Macina che l'avvocato e senatrice Giulia Bongiorno abbia potuto rendere noti gli atti di un procedimento è gravissimo, insultante e indegno di un membro del Governo;
non c'è accusa più grande che si può muovere ad un avvocato dell'essere venuto meno ai suoi doveri di segretezza e riservatezza;
l'ipotesi di una strumentalizzazione politica è smentita dal riserbo assoluto tenuto dall'avvocato e senatrice Giulia Bongiorno, che non aveva mai nemmeno rivelato pubblicamente di essere difensore della persona offesa;
l'ipotesi di un'asserita manovra politica è smentita dal fatto che l'incarico è stato assunto dall'avvocato e senatrice Giulia Bongiorno un anno dopo la presentazione della denuncia-querela;
tutti gli esponenti politici, finanche quelli del Movimento 5 Stelle, sono intervenuti per stigmatizzare le parole dell'on. Macina, definite inaccettabili per un membro del Governo che, con il suo comportamento, ha violato gravemente i suoi doveri istituzionali;
attaccare l'avvocato difensore di una donna che denuncia una violenza subita quando è aperto il procedimento giudiziario è un'interferenza nel procedimento;
nella veste di sottosegretario, l'on. Macina è nella più flagrante delle violazioni dei codici comportamentali;
ancor più, muovere accuse gravi ad un avvocato sulla base dell'alterazione di un virgolettato falso è indice di totale inadeguatezza a ricoprire un incarico delicato come quello attualmente rivestito dall'on. Anna Macina;
è evidente che la sua permanenza nelle funzioni di sottosegretario di Stato per la giustizia leda il prestigio del Governo italiano, ma anche e soprattutto la dignità di tutte le donne che ogni giorno subiscono violenza e trovano il coraggio di denunciare;
il Governo dovrebbe evitare che una persona che lo rappresenta possa continuare ad esercitare le proprie funzioni di governo in un ruolo così delicato come quello della giustizia,
impegna il Governo ad avviare immediatamente le procedure di revoca della nomina dell'onorevole Anna Macina a sottosegretario di Stato per la giustizia.
(1-00347)
Interrogazioni
ORTIS, CASTALDI, ANGRISANI, GRANATO, ABATE, GIANNUZZI - Al Ministro della transizione ecologica. - Premesso che:
le politiche statali concernenti le energie rinnovabili stanno assumendo, già da diversi anni, un ruolo determinante nelle strategie di rilancio del Paese. Le tecnologie del settore, oltre a produrre, a basso costo, energia sostenibile, contribuiscono all'abbattimento delle emissioni di anidride carbonica, essendo perciò fondamentali per raggiungere gli obiettivi nazionali e comunitari di riduzione di gas serra rilasciati nell'atmosfera;
il fotovoltaico, in particolare, è in un momento di vigoroso rilancio: nello specifico, il decreto "milleproroghe 2020", con la promozione del consumo condiviso, ha implementato la possibilità per i cittadini di diventare, essi stessi, fornitori di energia;
anche grazie ai bonus edilizi promulgati in questi anni, sono inoltre in essere numerosi interventi legati a progetti di recupero e di efficientamento energetico del patrimonio edile;
non tutta Italia può però godere, ugualmente, di tali incentivi: i cittadini che dimorano nei centri storici dei borghi e delle città, a causa della loro struttura urbanistica, e dei vari vincoli, soprattutto paesaggistici, a cui sono soggetti tali aree, sono impossibilitati ad usufruire dei benefici di cui ai bonus ordinari e straordinari vigenti, per quel che concerne l'installazione di impianti fotovoltaici sulle coperture degli edifici lì situati. Si ricorda poi che nei centri storici sono presenti, oltre alle abitazioni civili, anche strutture ricettive, ed edifici scolastici, pubblici, storici e di culto;
nonostante si tratti di interventi di edilizia libera previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e soprattutto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017 (vedasi in particolare l'allegato A) occorre munirsi di autorizzazione paesaggistica da parte della soprintendenza;
rilevato inoltre che:
con sentenza n. 3969 del 9 giugno 2020, il Consiglio di Stato, sezione VI, ha chiarito come ci debba essere una motivazione "particolarmente stringente" perché le soprintendenze possano opporre un diniego di compatibilità paesaggistica alla realizzazione di un impianto fotovoltaico; specificando come questo abbia una "espressa qualificazione legale in termini di opera di pubblica utilità, soggetta fra l'altro a finanziamenti agevolati". Stando così le cose, quindi, l'esame dell'intervento non potrà ridursi "all'ordinaria contrapposizione interesse pubblico/interesse privato, che connota generalmente il tema della compatibilità paesaggistica negli ordinari interventi edilizi, ma impone una valutazione più analitica che si faccia carico di esaminare la complessità degli interessi coinvolti"; ciò anche in virtù del fatto che la produzione di energia elettrica da fonte solare "è essa stessa attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici";
la presenza di impianti sulla sommità degli edifici, pur innovando la tipologia e morfologia della copertura, non è più percepita come fattore di disturbo visivo, bensì come un'evoluzione dello stile costruttivo accettata dall'ordinamento e dalla sensibilità collettiva. In ogni caso, per rispondere a quanto prescritto dalle norme locali in materia di impatto visivo minimo, integrazione e salvaguardia dell'identità del contesto è possibile installare moduli integrati nell'edificio (come tegole e ceppi fotovoltaici), i quali permettono di sostituire la copertura esistente senza dover inserire strutture aggiuntive;
nei luoghi sottoposti a tutela paesaggistica sarebbe quindi possibile vincolare l'installazione di pannelli fotovoltaici all'utilizzo di specifiche tipologie di pannelli, da tempo sul mercato, con un impatto minimale sull'aspetto del tetto; preservando così l'integrità estetica dei nostri borghi e dei centri storici,
si chiede di sapere se sia intenzione del Ministro in indirizzo adottare provvedimenti chiari ed efficaci in merito all'installazione degli impianti fotovoltaici nei centri storici. Ciò al fine di consentire, da un lato, agli organi preposti al rilascio di autorizzazioni di aver un miglior supporto normativo e di indirizzo nel merito; dall'altro, ai residenti, di non rinunciare alle agevolazioni edili, in modo da agevolare la riqualificazione del patrimonio immobiliare, in luoghi dove il fotovoltaico svolge un ruolo determinante e sostanziale per l'abbattimento dei costi e delle emissioni.
(3-02458)
DE FALCO - Ai Ministri dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. - Premesso che:
con atto di sindacato ispettivo 3-02412 l'interrogante chiedeva al Governo se avesse contezza, ed in caso positivo che cosa intendesse fare, relativamente al fatto che un centinaio di piloti di Alitalia erano tenuti a terra a zero ore, mentre altri erano impiegati per oltre 40 ore settimanali, con evidente ed inaccettabile disparità di trattamento, oltre che con ingiustificato spreco di denaro pubblico, stante la necessità di corrispondere gli straordinari ai piloti sovrautilizzati;
risulta, inoltre, all'interrogante che Alitalia, oltre ad avere difficoltà a pagare regolarmente gli stipendi, avrebbe fatto scadere la recency a decine di piloti, non garantendo volontariamente i "tre decolli e tre atterraggi minimi e quindi obbligatori" nel corso dei 90 giorni consecutivi agli stessi;
a questa situazione si aggiunge un ulteriore fatto che a parere dell'interrogante è ancora più inspiegabile. In questi giorni, infatti, alcuni piloti di corto-medio raggio con sede di lavoro a Milano, che già volano anche fino a 40 ore settimanali sarebbero stati chiamati dall'ufficio turni di Alitalia di Roma per iniziare il servizio "come passeggeri" su un volo da Milano a Roma;
giunti a Roma i due piloti sarebbero stati alloggiati in un hotel, a spese di Alitalia, per effettuare in serata un solo volo "in servizio" Roma-Milano con atterraggio verso il tardo pomeriggio;
appare evidente all'interrogante che questo volo, come altri, avrebbe potuto essere assegnato a qualcuno di quei piloti che è tenuto a terra senza giustificato motivo, con, tra l'altro, un evidente risparmio per la compagnia aerea, che certo non ha motivo di sperperare il denaro pubblico che le è affidato, pagando alberghi e straordinari non necessari a piloti che non hanno alcuna necessità di mantenimento delle licenze e della recency,
si chiede di sapere se ai Ministri in indirizzo consti quanto esposto e in caso positivo che cosa intendano fare, ciascuno per le proprie competenze, per impedire che, come appare all'interrogante, Alitalia continui a sperperare denaro pubblico e ad attuare delle vere e proprie discriminazioni tra lavoratori di "serie A" e di "serie B", del tutto inaccettabili e totalmente ingiustificate.
(3-02459)
CROATTI, GALLICCHIO, FERRARA, GUIDOLIN, DONNO, LANNUTTI, PAVANELLI, ORTIS, TRENTACOSTE, LANZI, CORBETTA, NATURALE, ROMANO, PELLEGRINI Marco, MAUTONE, PUGLIA, SANTILLO, MARINELLO, PRESUTTO, RICCIARDI - Al Ministro dello sviluppo economico. - Premesso che:
un'indagine condotta dal centro studi della Confederazione nazionale artigiani (CNA) sulla ripresa del settore delle costruzioni, cui hanno partecipato imprese artigiane, micro e piccole imprese che operano nei comparti della installazione di impianti, dell'edilizia, dei serramenti, ha rivelato aumenti indiscriminati e inaccettabili nei prezzi dei materiali, delle materie prime e delle apparecchiature legate all'edilizia, che vanno dal 15 per cento fino ad arrivare al 70 per cento di rincaro;
è stato registrato un aumento sensibile del prezzo dell'acciaio del 130 per cento tra novembre 2020 e febbraio 2021; i metalli più 20,8 per cento, con punte che superano il più 50 per cento; i materiali termoisolanti più 16 per cento con punte che oscillano tra il più 25 per cento e il più 50 per cento; i materiali per gli impianti più 14,6 per cento, con punte che superano il più 25 per cento, e il legno più 14,3 per cento. Elevata anche la crescita per altri materiali, che oscilla tra il più 9,4 per cento di malte e collanti e il più 11,3 per cento dei laterizi, così come i ponteggi, il cui costo è passato dai 15 euro a 24 euro al metro quadrato;
l'introduzione del "superbonus 110 per cento" sta producendo un impatto positivo sul piano economico-occupazionale, facendo registrare negli ultimi due mesi un incremento degli interventi di ristrutturazione del 376 per cento, ma gli aumenti dei prezzi rischiano di vanificare l'efficacia del provvedimento, in quanto, facendo lievitare i costi, potrebbero porre un freno all'inizio di nuovi lavori ed impattare negativamente sulla ripresa del settore delle costruzioni;
l'aumento dei prezzi comporta anche una drastica riduzione della marginalità per le imprese non potendo esse adeguare alla crescita dei costi il controvalore dei contratti già sottoscritti, anche per l'obbligo di legge, che impone di dover giustificare i costi attraverso i prezzari regionali ufficiali,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda adottare provvedimenti per il monitoraggio e il controllo dell'andamento dei prezzi delle materie e dei materiali utilizzati nel campo dell'edilizia, al fine di evitare fenomeni speculativi e tutelare gli operatori del settore.
(3-02460)
BINETTI - Al Ministro della salute. - Premesso che:
in Italia le 7.372 strutture sanitarie residenziali socio-assistenziali ospitano oltre 350.000 persone, anziani e non (fonte: Ministero della salute, anno 2019 e annuario statistico del Servizio sanitario nazionale, anno 2017);
da oltre un anno, a causa delle restrizioni attuate per prevenire il contagio da COVID-19, è preclusa la possibilità di fare visita ai pazienti ricoverati all'interno delle strutture sanitarie assistenziali italiane e le uniche possibilità di contatto con loro avvengono attraverso "sale degli abbracci", ovattati da dei divisori in plexiglass, oppure attraverso videochiamate a distanza fatte grazie all'aiuto e all'umanità degli operatori in servizio presso le RSA;
tale distanza provoca una forte sofferenza psicologica, non solo ai familiari, parenti e caregiver, ma anche e soprattutto ai pazienti, anziani e fragili, costretti ad un isolamento forzato, con impatti negativi sul loro equilibrio fisico, oltre che psicologico;
gli incontri tra gli ospiti delle RSA e i loro familiari sono infatti parte integrante della terapia e, ora che la quasi totalità degli ospiti e degli operatori delle strutture in Italia sono stati vaccinati, sarebbe auspicabile definire in tempi rapidi una strategia di ripristino delle visite e degli incontri in presenza, attuando protocolli scientifici sicuri e omogenei in tutto il territorio nazionale;
ad oggi, nonostante la campagna vaccinale di ospiti e personale delle RSA sia in una fase avanzata e, come documentato dai numeri contenuti nell'ultimo "Report nazionale andamento temporale dell'epidemia di COVID-19, 5 ottobre 2020 -14 marzo 2021 dell'Istituto superiore di sanità", sia stato registrato un calo, sia dell'incidenza della malattia fra residenti e operatori, sia nel numero di residenti contagiati e posti in isolamento e sia, anche se in misura ancora minore, nel numero dei decessi, si sta assistendo a un preoccupante immobilismo istituzionale sul tema RSA, e non è stata assunta alcuna decisione relativa al ripristino delle visite in presenza;
occorrerebbe, inoltre, garantire piena attuazione al documento ministeriale "Disposizioni per l'accesso dei visitatori a strutture residenziali socio assistenziali, sociosanitarie e hospice e indicazioni per i nuovi ingressi nell'evenienza di assistiti positivi nella struttura", elaborato dalle Direzioni generali programmazione sanitaria e prevenzione del Ministero della salute il 30 novembre 2020;
il tema è particolarmente delicato, perché non riguarda solo gli anziani, ma più in generale tutta la popolazione fragile, giovane e adulta, con disabilità fisiche e psichiche, ricoverati nelle comunità, privati della vicinanza e dell'affetto dei loro cari, che costituisce la medicina più efficace per combattere la solitudine, l'abbandono e la malattia;
per dare soluzione a quanto esposto, riguardo alle RSA, a Monza, è nato e si è costituito il comitato ORSAN (Open RSA Now), presieduto da Dario Francolino, con l'obiettivo di consentire, al più presto e in sicurezza, le visite dei familiari e dei parenti all'interno delle RSA italiane, nella convinzione che autorizzare gli incontri in presenza possa portare effetti benefici sulla qualità della vita di ospiti, caregiver e personale sanitario,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga di prevedere misure volte a consentire in tempi brevi il ripristino delle visite in presenza dei familiari e parenti degli oltre 350.000 ospiti delle RSA italiane, secondo rigidi protocolli di sicurezza, omogenei su tutto il territorio nazionale.
(3-02461)
DE BERTOLDI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. - Premesso che:
la nomina avvenuta nel mese di febbraio 2021 di Giorgio Sorial (già deputato del Movimento 5 Stelle) a presidente della Società italiana per azioni per il traforo del monte Bianco (SITMB), avvenuta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, desta sconcerto e preoccupazione, in relazione sia all'assoluta incoerenza e del comportamento inaccettabile, ad avviso dell'interrogante, da lui dimostrato nel passato (considerato come l'ex collaboratore del Ministro degli affari esteri sia stato responsabile di atti forti di protesta addirittura all'interno della Camera dei deputati, contro la realizzazione della tratta ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, oltre che in altre vicende pubbliche dimostrative), nonché in merito alle competenze specifiche necessarie a svolgere un ruolo dirigenziale nella delicata gestione dell'infrastruttura del traforo, che dal suo curriculum vitae risultano palesemente inadeguate;
al riguardo, l'interrogante evidenzia come Sorial, nel corso degli anni passati, sia stato un accanito oppositore delle realizzazioni dei trafori, dei tunnel autostradali e alfiere no TAV (come confermano i numerosi articoli di stampa e video televisivi, in cui compare con bandiere dimostrative di opposizione alla realizzazione dell'opera infrastrutturale), insieme agli anarchici dell'estrema sinistra, dimostrando pertanto come, ad avviso dell'interrogante, la sua forza politica di appartenenza, sia contro ogni forma di modernizzazione delle infrastrutture del Paese e di progresso nel sistema dei trasporti,
si chiede di sapere:
quali valutazioni il Governo intenda esprimere con riferimento a quanto esposto;
quali siano stati i criteri utilizzati per la nomina di Sorial a presidente della SITMB, società controllata, oltre che dallo Stato, anche dalla famiglia Benetton, nei confronti della quale egli si è espresso nel passato in maniera fortemente critica;
quali siano i requisiti tecnici e professionali che hanno determinato la nomina di Sorial a capo della società, considerato che dal suo curriculum vitae non risulta alcuna significativa esperienza nell'ambito delle gestioni di aziende operanti nel settore della gestione in concessione di tratti autostradali;
quali siano i motivi per i quali il Governo non abbia adottato provvedimenti per una tale nomina, in maniera pubblica, attraverso un concorso o una selezione per titoli e curriculum vitae;
se non convenga infine che tale nomina evidentemente di parte, ad avviso dell'interrogante, sia da revocare per procedere successivamente attraverso lo svolgimento di forme più corrette ad evidenza pubblica.
(3-02462)
TOSATO, SAVIANE, VALLARDI, SAPONARA, PELLEGRINI Emanuele, ALESSANDRINI - Al Ministro della cultura. - Premesso che:
il decreto-legge che dispone la ripresa delle attività economiche e sociali (decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52) prevede la riapertura dei luoghi ove si svolgono gli spettacoli aperti al pubblico, limitandone la capienza al 50 per cento, e prevedendo però non più di mille spettatori nel caso di spettacoli all'aperto;
a queste norme di carattere generale sono previste deroghe sulla base delle peculiarità dei singoli luoghi di spettacolo, siano questi teatri, arene, stadi. Le deroghe nel 2020 sono state decise dalle singole Regioni, mentre quest'anno sarà l'organismo della Conferenza delle Regioni nel suo insieme a stabilirle e questo potrebbe determinare un rallentamento nei processi decisionali, generando incertezza nella programmazione degli eventi;
all'arena di Verona, ad esempio, il 5 giugno è in programma un importante evento di musica extra-lirica, che sarà trasmesso anche dall'emittente televisiva americana PBS, con più di 90 milioni di spettatori, mentre il 19 giugno è stata fissata la prima della stagione lirica con "Aida", diretta dal maestro Riccardo Muti. Per questi eventi è stata prevista una presenza regolata da un esteso protocollo messo a punto dal Comune, insieme a fondazione Arena e Arena di Verona. Un documento predisposto in accordo con i vertici del Ministero della cultura, che è già stato sottoposto al comitato tecnico scientifico e alla Regione e che prevede rigide regole per garantire la sicurezza di pubblico, artisti e maestranze;
sotto un altro aspetto, se mantenuto, il "coprifuoco" dalle ore 22.00 alle ore 5.00 avrà un impatto negativo sulla gestione della programmazione degli spettacoli, in uno spazio quale l'arena scaligera, dove bisogna contare su un certo numero di ore di buio per svolgere gli spettacoli e con una stagionalità limitata, visto che si tratta di un sito all'aperto, che non può posticipare il calendario degli spettacoli all'autunno o all'inverno,
si chiede di sapere:
per quale motivo la competenza a definire le deroghe sia stata affidata alla Conferenza delle Regioni e non sia stata lasciata piuttosto alle singole Regioni, più idonee a valutare le peculiarità dei siti di spettacolo presenti sul proprio territorio;
se il Ministro in indirizzo intenda farsi interprete presso gli organismi deputati alle decisioni in merito alle fasce orarie di movimento delle persone, al fine di evidenziare le esigenze particolari proprie degli eventi di spettacolo all'aperto e di definire orari più consoni alla loro programmazione.
(3-02463)
CALIGIURI - Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. - Premesso che:
il "nutriscore" è un sistema informativo, elaborato in Francia, che ha lo scopo di aiutare il consumatore a seguire abitudini alimentari più salutari tramite l'apposizione di un'etichetta sulla confezione del prodotto, indicante i singoli valori nutrizionali con un gradiente dal rosso al verde, a cui corrispondono le prime 5 lettere dell'alfabeto;
il Ministero della salute francese definisce il nutriscore uno strumento semplice, intuitivo e comprensibile per il consumatore, al fine di confrontare la qualità nutrizionale degli alimenti equiparabili e sostituibili tra loro;
durante l'audizione del 16 marzo 2021 presso la XIII Commissione permanente (Agricoltura) della Camera dei deputati, il Ministro in indirizzo ha definito quale "pericolo reale" per il made in Italy agroalimentare il sistema del nutriscore, respingendone l'uso;
l'etichettatura a semaforo prevista dal nutriscore penalizzerebbe ingiustamente l'85 per cento della produzione made in Italy a denominazione di origine DOP e IGP. Ad esempio, ove adottata, la Coca-Cola zero risulterebbe più salutare dell'olio d'oliva, del prosciutto e del parmigiano italiani, andando decisamente in controtendenza rispetto alla diffusa opinione del mondo scientifico, tra cui spicca l'opinione di Umberto Veronesi, secondo il quale la dieta mediterranea sarebbe efficace per la prevenzione di obesità, diabete, tumori e patologie cardiovascolari;
l'agroalimentare, negli anni, è diventato un settore di punta per l'export nazionale, arrivando a coprire, con un valore pari a 46,1 miliardi di euro nel 2020, oltre il 10 per cento dell'export totale di beni e servizi;
secondo i dati ISTAT, il 55 per cento delle esportazioni agroalimentari made in Italy è diretto verso l'Unione europea, dove i principali clienti risultano essere la Germania e la Francia, rispettivamente con 7,73 miliardi e 5,08 miliardi di euro di export;
Germania, Francia, Spagna, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, nel mese di febbraio, hanno dato vita al coordinamento "pro nutriscore", al fine di convincere l'istituzione europea ad adottare il sistema che, di fatto, penalizza i prodotti, eccellenze del made in Italy in quanto, al momento dell'acquisto, difficilmente il consumatore esegue un confronto tra elementi equiparabili e sostituibili tra loro, preferendo, piuttosto, prodotti che, ad esempio, hanno un costo inferiore;
attualmente, ai sensi del regolamento (UE) n. 1169/2011, l'adozione del nutriscore è lasciata all'iniziativa di ogni Stato membro ma, entro la fine del 2022, la Commissione europea presenterà una proposta di etichettatura nutrizionale obbligatoria,
si chiede di sapere:
come il Ministro in indirizzo intenda agire in sede europea al fine di tutelare le eccellenze agroalimentari italiane, rispondendo all'appello dei produttori delle più importanti DOP;
come si intenda promuovere il "nutrinform battery" come sistema idoneo per armonizzare il mercato europeo, alla luce della costituzione del coordinamento dei Paesi europei "pro nutriscore".
(3-02464)
BINETTI - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Premesso che, a quanto risulta all'interrogante:
il 20 luglio 2020, il consiglio di Dipartimento di scienze odonto-stomatologiche e maxillo-facciali dell'università di Roma "La Sapienza" ha chiamato come professore di prima fascia il professor G. P., nel settore scientifico disciplinare MED/28, settore concorsuale 06/F1;
l'università degli studi di Roma La Sapienza aveva indetto la procedura valutativa di chiamata per un posto di professore di ruolo di prima fascia presso il Dipartimento di scienze odonto-stomatologiche e maxillo-facciali con un bando del 17 gennaio 2020;
il 26 marzo 2020 era stata nominata la commissione, che, preso atto dell'elenco dei candidati che avevano presentato domanda per la partecipazione alla procedura, il 1° luglio 2020, ha effettuato la valutazione collegiale comparativa complessiva dei candidati;
all'esito della valutazione, il professor G. P. venne dichiarato vincitore della procedura e, il 15 luglio 2020 furono approvati gli atti della procedura;
ma un altro dei candidati, il professor L. T., in data 30 settembre 2020, ha fatto ricorso e ha chiesto l'annullamento, previa sospensione degli effetti che ne derivavano, degli atti della procedura;
L. T., a sostegno delle proprie ragioni, ha formulato le proprie critiche documentando l'invalidità del giudizio della commissione; ha parlato di violazione e falsa applicazione della legge n. 240 del 2010, di eccesso di potere, di manifesta ingiustizia;
in particolare, il presunto vincitore avrebbe presentato una falsa illustrazione dei suoi titoli: brevetti, progetti di ricerca, appartenenza a società scientifiche, a editorial board di riviste); titoli falsi e in quanto tali non meritevoli di alcuna valutazione da parte dei commissari;
inoltre, L. T. segnalava la violazione e falsa applicazione dell'art. 24 della legge n. 240 del 2010, dal momento che la commissione avrebbe individuato ulteriori criteri per la valutazione dei candidati rispetto a quelli previsti dal bando, tanto da alterare la par condicio tra i concorrenti;
dopo tutte le procedure di verifica del caso, il TAR ha recentemente accolto il ricorso del professor T. e l'università ha sospeso la procedura di chiamata del professor P.;
l'Avvocatura generale dello Stato, interpellata dall'università, si è limitata a depositare in atti una relazione della commissione di concorso del 22 ottobre 2020, in cui riferisce che "ai fini della stesura del profilo curriculare dei candidati, la Commissione si è basata su quanto dichiarato dai candidati nel curriculum e nelle dichiarazioni sostitutive, rese ai sensi del D.P.R. 445/2000; l'Avvocatura Generale dello Stato ha quindi consigliato la Sapienza di non fare prendere servizio al Prof. P. per evitare "di assumere decisioni che rischiano di essere travolte dalla sentenza del Tribunale";
il consiglio di amministrazione della Sapienza ha quindi sospeso in autotutela la presa di servizio come ordinario del professor P., perché ha verificato che erano stati dichiarati dei titoli falsi;
in precedenza gli stessi titoli falsi erano stati inseriti in un concorso da primario per l'unità operativa complessa di chirurgia orale, vinto dal professor P., cosa importante, perché il titolo di primario ha certamente rivestito un ruolo determinante nella vittoria dello stesso professor P. nel concorso da ordinario, per cui è scaturito il ricorso del professor T.,
si chiede di sapere:
quali misure il Ministro in indirizzo intenda assumere per garantire che le commissioni di valutazione dei concorsi universitari procedano nella loro valutazione, mantenendo fermi i criteri stabiliti a monte e noti a tutti i candidati;
se non ritenga utile e conveniente che almeno nei confronti di chi viene dichiarato vincitore si proceda ad una verifica dei titoli presentati, per lo meno di quelli principali su cui si fonda il giudizio di merito, per evitare palesi ingiustizie ai danni di candidati più onesti e competenti.
(3-02465)
RAMPI - Al Ministro dell'istruzione. - Premesso che:
l'articolo 405, comma 1, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, recante norme comuni ai concorsi per il reclutamento del personale docente, prevede che "il Ministro della pubblica istruzione, provvede, con proprio decreto, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, alla revisione periodica della tipologia delle classi di concorso per l'accesso ai ruoli del personale docente";
le tabelle allegate al decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 2016, n. 19, recante disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento, individuano le classi di concorso per la scuola secondaria di secondo grado, con i relativi titoli di accesso e indirizzi di studi;
il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 9 maggio 2017, n. 259, ha disposto la revisione e l'aggiornamento delle classi di concorso, di cui alle tabelle allegate al predetto decreto del Presidente della Repubblica;
la classe di concorso A-19 (filosofia e storia), secondo la normativa vigente, dà accesso esclusivamente all'insegnamento di storia e filosofia nel secondo biennio e quinto anno dei licei, non consentendo agli iscritti a tale classe di concorso di insegnare storia e geografia al primo biennio dei licei oppure storia negli istituti tecnici e professionali;
l'allegato A del decreto del Ministro dell'istruzione 20 aprile 2020, n. 201, recante disposizioni per i concorsi ordinari per il reclutamento del personale docente, prevede per la classe di concorso A-19 la "conoscenza approfondita" della storia antica e della storia dell'alto Medioevo, nonostante esse, secondo la ripartizione del piano degli studi dei licei di cui all'allegato E del predetto decreto n. 259 del 2017, ricadano tendenzialmente tra gli insegnamenti effettuati nel primo biennio, fermo restando il principio di autonomia didattica, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche;
la classe di concorso A-19 è accessibile a laureati magistrali che abbiano incluso nel proprio percorso di studi un maggior numero di crediti in discipline storiche rispetto a quanto richiesto dalle classi di concorso A-11 (discipline letterarie e latino), A-12 (discipline letterarie negli istituti di istruzione secondaria di II grado), A-13 (discipline letterarie, latino e greco), alle quali tuttavia viene riservato l'insegnamento di storia e geografia al primo biennio dei licei oppure storia negli istituti tecnici e professionali;
a quanto si apprende, nell'anno 2021 le convocazioni relative alla classe di concorso A-19 sono state irrisorie e un quantitativo ingente di iscritti alle graduatorie provinciali per le supplenze sotto tale rubrica si è ritrovato a lavorare nel sostegno;
premesso inoltre che i laureati magistrali in Scienze filosofiche possono accedere, tramite la classe di concorso A-19, con le dovute integrazioni di crediti, all'insegnamento della storia nel secondo biennio e quinto anno dei licei, ma non all'insegnamento della storia e geografia al primo biennio dei licei oppure della storia negli istituti tecnici e professionali, in quanto le classi di concorso A-11, A-12, A-13, A-19, A-21, A-22 e A-23 non sono accessibili a tali laureati magistrali;
considerato che l'insegnamento della filosofia è essenziale a formare il pensiero critico di cittadini consapevoli e, grazie all'apporto di discipline quali l'epistemologia e la storia del pensiero scientifico, può valorizzare ulteriormente l'insegnamento della storia in tutti gli istituti secondari di secondo grado,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno: a) ai fini di garantire l'accesso agli insegnamenti della storia a tutti i livelli ai laureati magistrali con un percorso più incentrato sulle discipline storiche e, limitatamente ai licei, garantire una maggiore continuità didattica e una più semplice gestione dell'organico da parte degli istituti scolastici, estendere gli indirizzi di studi accessibili tramite la classe di concorso A-19 ai licei e agli istituti tecnici e professionali; b) al fine di valorizzare le competenze acquisite dai laureati magistrali in Scienze filosofiche, garantire la possibilità a tali laureati magistrali di accedere, con le dovute integrazioni di crediti, alle stesse classi di concorso accessibili ai laureati magistrali in Scienze storiche; c) al fine di garantire l'allocazione ottimale dei candidati alle posizioni vacanti, qualora nelle graduatorie relative a una data classe di concorso non si trovino aspiranti alla stipula del contratto, consentire la selezione di candidati, dotati dei requisiti necessari, appartenenti a graduatorie relative a classi di concorso affini; d) al fine di dotare le nuove generazioni di tutti gli strumenti necessari per comprendere e vincere le sfide del mondo contemporaneo, promuovere un'integrazione dell'insegnamento della storia negli istituti tecnici e professionali con l'insegnamento della filosofia, a quadri orari vigenti e con votazione finale unica, adeguando di conseguenza le norme sulle classi di concorso.
(3-02466)
Interrogazioni con richiesta di risposta scritta
VANIN, CROATTI, MONTEVECCHI, PAVANELLI, TRENTACOSTE - Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. - Premesso che:
si apprende da notizie di stampa che l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) ha ritenuto illegittima la concessione sullo scalo crocieristico rilasciata nel 1997 senza gara dall'Autorità portuale di Venezia in favore di Venezia terminal passeggeri (VTP) ("La Nuova di Venezia e Mestre", 28 marzo 2021);
in particolare, l'ufficio di vigilanza dell'ANAC aveva avviato nel 2018 un'ispezione e nel febbraio 2021 ha inviato le sue conclusioni in merito all'illegittimità dell'operato compiuto dall'Autorità portuale, allontanando così la possibilità di una proroga di lungo termine della concessione in scadenza nel 2024, che era stata "chiesta esplicitamente dalla Regione, con il presidente Luca Zaia";
ad avviso dell'ANAC il comma 5 dell'articolo 23 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, recante "Riordino della legislazione in materia portuale", consente di assegnare direttamente i servizi, senza gara, se ci sono esuberi di personale e viene costituita una società a questo scopo con gli operatori portuali e la partecipazione minoritaria dell'Autorità portuale, ma "la Venezia Terminal Passeggeri, costituita ad hoc, è controllata con il 53% delle quote da Veneto Sviluppo (ora anche con la società delle compagnie di crociera), da Save al 22,18%, da Finpax la società degli operatori portuali (ora in pratica acquisita dalla società delle compagnie di crociera) con la stessa quota e dalla Camera di Commercio di Venezia e Rovigo per il 2,6%";
i soci di VTP, rileva l'anticorruzione, non sono quindi tutti riconducibili a imprese operanti nel porto (come chiede la legge per evitare la gara), perché ci sono anche la finanziaria regionale, la SAVE e la camera di commercio. Dunque l'Autorità portuale non avrebbe rispettato i requisiti della legge, assegnando direttamente i servizi crocieristici a VTP. La procedura dell'ANAC è ancora aperta;
l'Autorità portuale dichiara di aver provveduto ad inviare delle controdeduzioni con le quali avrebbe precisato che Veneto Sviluppo non sarebbe un istituto bancario, mentre SAVE sarebbe comunque una società "che opera in stretto contatto con i servizi portuali" per cui sarebbero state rispettate tutte le condizioni per l'assegnazione diretta del servizio a VTP "essendoci anche gli esuberi di personale indicati dalla legge";
considerato che:
nel mirino dell'anticorruzione ci sarebbe anche APV Investimenti, interamente partecipata dall'Autorità portuale, che gestisce direttamente, anche qui senza gara, diversi servizi concessi al porto, come le aree adibite a parcheggio, la realizzazione e gestione delle reti informatiche, fornendoli a pagamento agli utenti portuali; secondo l'ANAC tali servizi non potrebbero essere svolti da una società in house, mentre per il porto si tratterebbe di servizi strettamente connessi all'attività portuale;
sempre secondo ANAC, anche la quota dell'1 per cento dell'Autorità portuale in AVPS, società che controlla VTP, dovrebbe essere ceduta, perché non avrebbe ragione d'essere;
se l'ANAC non riterrà convincenti le argomentazioni dell'Autorità portuale, potrebbe interrompere direttamente la concessione di VTP, invitando il porto a indire una nuova gara per l'assegnazione dei servizi crocieristici oppure potrebbe attendere la scadenza naturale della concessione del 2024 per bandire poi la gara successivamente. Non vi è quindi spazio per alcuna proroga,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;
quali iniziative di propria competenza intenda intraprendere, al fine di porre in essere opportune verifiche e monitoraggi, volti ad assicurare che la legalità venga ripristinata;
se ritenga che la situazione possa avere impatti sulla recente decisione di spostare provvisoriamente lo scalo crocieristico a Marghera e le navi fuori dalla laguna.
(4-05351)
AIMI, BERNINI - Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. - Premesso che:
da diversi anni, e in tutte le sedi competenti, si parla dell'importanza di dotare il territorio della provincia di Parma di una fermata del treno ad alta velocità, nello specifico nella zona delle fiere, che ospita eventi di rilevanza internazionale;
una simile infrastruttura darebbe ampio respiro al tessuto economico e produttivo che, da tempo, invoca collegamenti moderni e competitivi. L'alta velocità determinerebbe infatti un decisivo salto di qualità nella strategicità del Nord Italia, in sinergia con la Mediopadana di Reggio Emilia;
l'ex Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, a luglio 2020 aveva peraltro già lasciato intendere l'intenzione di procedere, a seguito di un'interlocuzione con RFI, a uno studio di prefattibilità, che avrebbe dovuto vedere la luce nel giro di qualche mese;
il progetto dell'alta velocità, che ormai si ritiene davvero indispensabile, va pensato unitamente a un miglioramento complessivo delle infrastrutture viarie di collegamento, in particolare quelle di accesso alle fiere a partire dal casello autostradale. Risulta che il Comune di Parma abbia già realizzato uno studio preliminare, peraltro condiviso, sia con il Ministero che con la Regione Emilia-Romagna, volto a prevedere importanti miglioramenti per il decongestionamento del traffico, per un investimento complessivo di 6,2 milioni di euro,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo intenda avviare un'interlocuzione con Rete ferroviaria italiana per verificare se lo studio di prefattibilità sia effettivamente in corso o se lo si intenda realizzare in tempi rapidi in relazione alla progettazione di una linea dell'alta velocità a Parma;
se, pertanto, sia in programma la sottoscrizione di un protocollo di intesa tra Ministero, RFI e Regione, Provincia e Comune di Parma per la concretizzazione del progetto;
se siano previsti investimenti volti al miglioramento complessivo della rete infrastrutturale della provincia di Parma e, in caso affermativo, quali.
(4-05352)
FUSCO - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della transizione ecologica. - Premesso che:
con ordinanza del 20 aprile 2021 il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha firmato nuove disposizioni per il trattamento temporaneo di una quota dei rifiuti urbani prodotti da Roma capitale, "al fine di evitare l'interruzione del pubblico servizio di gestione dei rifiuti";
con tale atto la Regione proroga al 30 giugno 2021 la disposizione che consente di portare i rifiuti di Roma e di altre province del Lazio presso la discarica di Viterbo: si tratta di un volume di circa 200 tonnellate di rifiuti al giorno;
tale disposizione arriva nonostante le precedenti rassicurazioni del presidente Zingaretti di limitare al massimo il ricorso alla discarica di Viterbo per i rifiuti di altre province del Lazio e soprattutto senza preventivo confronto con i territori interessati;
nell'ordinanza si rileva che, "ad oggi Roma Capitale non si è ancora dotata della necessaria impiantistica di smaltimento per il fabbisogno necessario dalle esigenze di Roma Capitale", che valutato "il perdurare della mancata autosufficienza impiantistica in termini di trattamento e smaltimento dei rifiuti di Roma Capitale", nonché ritenuto necessario "assumere tutte le possibili iniziative atte a consentire la prosecuzione delle attività di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati, anche mediante ricorso a procedure straordinarie, sussistendo i presupposti di eccezionalità e di urgente necessità richiesti, per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti di cui all'art. 191 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152" (testo unico ambientale);
è evidente che la situazione delle discariche di Roma necessita di un approccio a lungo termine e una pianificazione in grado di rendere operativo un sistema di gestione dei rifiuti equilibrato, risolutivo e che assicuri autosufficienza e rispetto di ogni territorio, impedendo di mantenere una costante situazione di emergenza, che comporta pericolosi oltre che costosissimi trasferimenti di tonnellate di rifiuti in giro per l'Italia o per l'Europa;
con il suo operato, la Regione Lazio ha dimostrato, a giudizio dell'interrogante, l'incapacità di trovare una soluzione definitiva all'emergenza dei rifiuti e di creare un percorso partecipato e trasparente con i territori interessati,
si chiede di sapere se il Governo intenda intervenire urgentemente e in maniera decisa per risolvere l'annosa questione del trasferimento dei rifiuti da Roma e da altre province del Lazio presso la discarica di Viterbo, anche valutando concretamente l'ipotesi di un commissariamento regionale per la gestione dei rifiuti.
(4-05353)
RIPAMONTI, BRUZZONE - Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. - Premesso che:
dal 19 aprile 2021 notevoli disagi sulla rete viaria della provincia di Savona rendono difficili gli spostamenti e il normale corso della vita di cittadini e imprese;
l'ANAS ha posizionato un cantiere quotidiano sull'Aurelia, lungo il versante di capo Noli, con un senso unico alternato dalle ore 8 alle ore 18, tutti i giorni feriali, che porta all'istituzione di un senso unico alternato fino al 15 luglio, salvo imprevisti; il cantiere riprenderà il 15 settembre fino a Natale, con chiusure anche totali del tratto della strada statale, con riacquisto della viabilità la notte e nel fine settimana;
contemporaneamente, la chiusura per almeno 10 giorni dei caselli autostradali sulla A10, nella tratta tra Spotorno e Finale ligure, in orario notturno dalle ore 22 alle ore 5, porta un aumento sostanziale del traffico pesante sulle strade di competenza provinciale, ossia su strade secondarie che per conformazione e pavimentazione non hanno caratteristiche di sicurezza adatte ad ospitare tir e mezzi pesanti; si tratta di circa 300 mezzi pesanti ogni notte per senso di marcia, secondo i dati del traffico medio giornaliero forniti da Autostrade;
dall'ANAS fanno sapere che gli interventi di consolidamento della scarpata posta a monte dell'Aurelia, mediante la rimozione della vecchia rete esistente, la posa di nuova rete zincata e in alcuni tratti la posa in opera di nuove barriere paramassi ad alto assorbimento di energia, sono prioritari e indispensabili per garantire la sicurezza della circolazione stradale e l'incolumità pubblica;
tuttavia, l'accavallarsi dei due cantieri scatena le reazioni dei cittadini, degli amministratori e di tutto il comparto turistico, preoccupato dall'effetto "a catena" che i lavori concomitanti hanno su tutta la viabilità provinciale; gli amministratori criticano aspramente la decisione presa anni fa di non realizzare un tunnel, ritenendo che questo problema ci sarà per sempre;
l'unione provinciale albergatori ha parlato di "una nuova tegola sulla testa del turismo" e annunciato proteste "anche con modalità eclatanti"; si tratta di un periodo vitale per l'economia della zona che risente di un danno gravissimo per la categorie economiche, in particolare per tutta la filiera del turismo della riviera di ponente; i disagi per il contenimento dei contagi da COVID-19, hanno inferto un colpo durissimo alle imprese, soprattutto per gli albergatori, che ora, con il ritorno in zona gialla dal 26 aprile, intravedevano la possibilità di impostare una programmazione del lavoro per l'imminente stagione estiva; molte attività rischiano la chiusura definitiva per i problemi causati alla viabilità; gravi problemi si presentano anche per il raggiungimento in emergenza dell'ospedale di Savona;
gli amministratori locali chiedono una migliore programmazione e coordinamento tra i vari enti e società che gestiscono le arterie viarie della provincia di Savona e provvedimenti immediati per monitorare i cantieri e limitare i disagi per tutti i cittadini che utilizzano quotidianamente tali strade,
si chiede di sapere quali provvedimenti urgenti di propria competenza il Ministro in indirizzo intenda adottare per garantire una migliore programmazione dei lavori nella provincia di Savona da parte di ANAS e Autostrade e assicurare un monitoraggio continuo sulla viabilità anche secondaria utilizzata, allo scopo di salvaguardare la sicurezza della circolazione, limitare i problemi e i disagi di cittadini e imprese e sostenere il comparto turistico della zona nell'approssimarsi del periodo estivo.
(4-05354)
PILLON - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:
con sentenza n. 96 del 1981, la Corte costituzionale dichiarava l'illegittimità costituzionale del delitto di plagio (art. 603 del codice penale);
già allora una parte della dottrina penalistica e psichiatrica rilevava che la cancellazione dell'incriminazione avrebbe potuto determinare importanti lacune nella tutela penale della personalità morale dell'individuo;
nell'ultimo trentennio sono intervenuti profondi mutamenti sociali legati all'affermazione e all'espansione sul territorio nazionale di gruppi a carattere spirituale e pseudoreligioso, esoterico e occultistico, nonché di cosiddetti movimenti del potenziale umano e pseudoterapici;
già nella "48ª relazione - II semestre 2001" dei servizi di intelligence al Consiglio dei ministri si rilevava l'incremento dell'attività di proselitismo dei movimenti pseudoreligiosi e delle sette, anche attraverso la rete internet;
il Consiglio d'Europa già nel giugno 1999, con la raccomandazione n. 1412, sollecitava gli Stati membri a porre in essere precisi programmi di vigilanza e informazione preventiva, volti a contrastare il fenomeno settario;
nelle ultime legislature il Parlamento ha avviato indagini conoscitive e ha discusso diversi disegni di legge aventi ad oggetto i fenomeni criminosi legati all'abuso psicologico e alla manipolazione mentale, attuati da singoli o da gruppi, e consistenti nel porre uno o più soggetti in uno stato di soggezione continuativa, tale da escluderne o limitarne grandemente la libertà di autodeterminazione;
considerato che non si è ancora pervenuti all'approvazione di una legge specifica volta a sanzionare queste condotte,
si chiede di sapere quali misure, anche di carattere normativo, il Ministro in indirizzo intenda adottare per prevenire e contrastare quei fenomeni criminali che si concretizzano in atti di condizionamento della personalità altrui.
(4-05355)
FERRARA - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:
come estensivamente riportato da diversi quotidiani nazionali, tra cui "Domani", che da tempo segue la vicenda, l'operazione "Petrolmafie S.p.A.", inchiesta coordinata dalle direzioni distrettuali antimafia di Reggio Calabria, Catanzaro, Napoli e Roma e dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, ha portato alla luce l'alleanza di diverse organizzazioni mafiose, coinvolte nel traffico illecito di prodotti petroliferi;
membri della camorra e della 'ndrangheta e alcuni imprenditori sono indagati per le attività di commercializzazione illecita di carburanti e riciclaggio di denaro. A inizio aprile 2021 sono state arrestate 70 persone ed è in corso il sequestro di immobili, società e denaro per un valore di circa un miliardo di euro;
tra gli arrestati figura anche Antonio Moccia, uno dei capi dell'omonimo clan camorristico di Afragola e fratello dei boss Angelo e Luigi Moccia;
considerato che:
Antonio Moccia è già imputato in un processo per associazione mafiosa iniziato il 20 ottobre 2011 a seguito di un giudizio immediato avanzato dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli. Alcuni suoi affiliati sono stati condannati nel 2016, mentre la posizione di Moccia è stata separata e, dopo quasi 10 anni, il primo grado di giudizio deve ancora concludersi;
stando a quanto ricostruito dagli organi di stampa i continui rinvii deriverebbero da lungaggini burocratiche, vizi procedurali e diversi casi di incompatibilità dei giudici che, tuttavia, non sembrerebbero sufficienti a giustificare un ritardo di un decennio;
considerato infine che, a parere dell'interrogante:
desta particolare preoccupazione la circostanza che un processo di primo grado per un reato così grave come l'associazione mafiosa non giunga ancora a conclusione;
è auspicabile una tempestiva ripresa del processo e la sua prosecuzione senza ulteriori interruzioni,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto;
se non intenda valutare l'attivazione delle procedure ispettive e conoscitive di propria competenza al fine di verificare se sussistano condizioni di chiara terzietà e serenità di giudizio.
(4-05356)
SAPONARA, CAMPARI - Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. - Premesso che:
in esecuzione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 novembre 2019 ed in attuazione della seconda tranche del programma di "rientro strade", nell'aprile 2021 ha preso il via il trasferimento ad ANAS di circa 3.000 chilometri di strade, di cui 872 in Emilia-Romagna;
la strada provinciale 357, ora strada statale, che si snoda dall'innesto con la strada statale 9 presso Castelguelfo all'innesto con la strada statale 69 presso Fornovo di Taro, in provincia di Parma, rientra tra le tratte coinvolte nel passaggio e ritorna quindi di competenza ad ANAS S.p.A.;
la strada è interessata da elevati volumi di traffico di veicoli pesanti e articolati, e attraversa quattro diversi centri abitati, vale a dire i comuni di Noceto e Medesano, oltre alle due frazioni di quest'ultimo, di Felegara e Ramiola; ciò determina un fortissimo impatto ambientale con conseguenze sia sull'inquinamento acustico che sulla sicurezza, rendendo difficile e pericoloso anche l'attraversamento da una parte all'altra dei paesi interessati;
il traffico pesante si ripercuote sulla qualità della vita sia degli abitanti in generale che dei residenti negli edifici situati lungo l'arteria;
l'intensificarsi del traffico ha reso sempre più necessaria la ricerca di una soluzione al problema da parte dei Comuni interessati e, a tale scopo, nel comune di Noceto hanno recentemente preso il via i lavori per la costruzione di una tangenziale atta a mantenere il traffico fuori dal centro abitato; mentre da parte del Comune di Medesano risulta essere allo studio la fattibilità di una tangenziale;
considerato che con deliberazione di Giunta n. 13 del 21 gennaio 2021, il Comune di Noceto ha vietato il transito nel tratto di strada di competenza del Comune a tutti i veicoli che trasportano merci pericolose, così come elencate nella normativa "ADR", cioè nell'accordo europeo che regolamenta il trasporto di merci pericolose su strada,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quali siano i tempi previsti per il termine dei lavori della tangenziale di Noceto;
se sia informato sullo stato di avanzamento dello studio di fattibilità o progettazione della tangenziale di Medesano;
se sia stato informato da parte di ANAS dei problemi di traffico che interessano la strada, impattando notevolmente sugli abitati attraversati;
se siano allo studio da parte di ANAS eventuali soluzioni per superare tali criticità;
se, in attesa della realizzazione della tangenziale di Noceto e di Medesano, non ritenga opportuno adoperarsi per trovare una "soluzione ponte", andando eventualmente a stipulare una convenzione con la A15 per permettere il transito ai mezzi pesanti a prezzi agevolati.
(4-05357)
ORTIS, GRANATO, LANNUTTI, LA MURA, CRUCIOLI, GIANNUZZI, LEZZI, ANGRISANI, CORRADO, MININNO, CASTALDI, TRENTACOSTE - Ai Ministri delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e della transizione ecologica. - Premesso che:
ormai 20 anni fa, con la "legge obiettivo", aveva inizio la tormentata vicenda legislativa e burocratica relativa al raddoppio ferroviario della tratta adriatica Termoli-Lesina (province di Campobasso e Foggia); il progetto, ritenuto opera strategica di interesse nazionale, veniva infatti inserito nella citata legge n. 443 del 2001;
tre anni dopo, nel 2004, il progetto ricevette il parere negativo della commissione speciale VIA, seguito nel 2010 da analogo parere dell'allora Ministero per i beni e le attività culturali; solo nel 2013 la commissione VIA-VAS del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare espresse parere positivo, seppure con prescrizioni, circa la compatibilità ambientale dell'opera;
nel 2014 la Regione Molise approvò quindi il progetto, spostando però i binari dalla costa di Campomarino ("variante Molise", prescrizione n. 1 del 2014). In sede di approvazione del progetto preliminare da parte del CIPE, venne poi accolta, l'anno successivo, la richiesta della Regione di valutare gli impatti economici che la modifica avrebbe avuto sul progetto;
nel 2018, la Regione Molise (con deliberazione del Consiglio regionale n. 81 del 31 luglio), relativamente al progetto definitivo "linea Pescara-Bari - raddoppio linea ferroviaria - realizzazione barriere antirumore nella città di Termoli", respingeva la realizzazione delle barriere acustiche previste, sollecitando la ricerca di nuove soluzioni;
in occasione della conferenza dei servizi del 27 settembre 2019, il sindaco di Termoli evidenziava come l'abitato fosse già diviso in due dall'attuale linea ferroviaria e che l'eventuale adozione di barriere antirumore di notevole altezza, poste ai margini della linea ferroviaria o in stazione, avrebbe creato serie problematiche di natura paesaggistica, oltre che di unitarietà del tessuto urbano; tutto ciò, peraltro, in una città ad elevata vocazione turistica. Con successiva deliberazione della Giunta comunale (n. 280 del 25 novembre 2019), si dichiarava quindi che il progetto del raddoppio ferroviario potesse essere accolto solo nel caso in cui si fossero rispettate determinate condizioni ambientali e paesaggistiche, nel documento enumerate in dettaglio;
nel 2019 RFI presentò infine il progetto definitivo, elaborato sulla base della "variante Molise". L'anno dopo, la commissione VIA-VAS si espresse però negativamente sul piano, evidenziando la necessità di effettuare ulteriori approfondimenti per superare le carenze di analisi ambientale del progetto. Le richieste della commissione hanno riguardato soprattutto la variante del progetto definitivo del lotto 2-3 "Termoli-Ripalta", evidenziando la mancanza di chiarezza su "come verrà risolta la problematica delle barriere nella risistemazione del nodo di Termoli". RFI inviò quindi le integrazioni richieste, le quali vennero però poi giudicate anch'esse non sufficienti;
rilevato che:
in precedenza, col decreto-legge n. 32 del 2019 ("sblocca cantieri"), il "completamento raddoppio Pescara-Bari" era stato inserito tra "gli interventi infrastrutturali caratterizzati da un elevato grado di complessità progettuale, da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa, da complessità delle procedure tecnico-amministrative ovvero che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio-economico a livello nazionale, regionale o locale, per la cui realizzazione o il cui completamento si rende necessaria la nomina di uno o più Commissari straordinari". Il commissario per l'intervento venne quindi individuato nella figura del dottor Pagone, responsabile investimenti di RFI per il Sud Italia. Di fatto, come rilevato anche da un comitato cittadino e da consiglieri comunali termolesi, il progetto veniva commissariato, mentre la commissione VIA-VAS era ancora nella fase di valutazione del progetto. Inoltre, quale commissario straordinario veniva nominato un dirigente della RFI: ossia, dello stesso soggetto proponente l'opera;
successivamente, nel febbraio 2021 RFI forniva ulteriori chiarimenti al Ministero dell'ambiente, ribadendo, nella predisposizione di lunghe barriere antirumore, la soluzione ai rilievi posti dalla commissione in merito al nodo di Termoli;
considerato quindi che la realizzazione del progetto non può prescindere dalla soluzione delle problematiche che ineriscono alla città di Termoli e che, per quanto riguarda in particolare il centro cittadino termolese, là dove è ubicata la stazione ferroviaria, si concretizzano nell'impatto ambientale, acustico, urbano che avrà l'opera,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei protocolli d'intesa sottoscritti da RFI, Comune di Termoli e altri parti interessate, sia in merito alla questione della sistemazione del nodo ferroviario termolese sia a quello delle barriere;
se, nell'ambito delle proprie rispettive competenze, non ritengano urgente e doveroso avviare un tavolo tecnico di confronto tra gli attori istituzionali coinvolti, le associazioni e i comitati territoriali, al fine di individuare soluzioni condivise e alternative a quelle finora prospettate, in grado di garantire un efficiente assetto urbano e territoriale, la tutela dell'ambiente e della salute pubblica, nonché la salvaguardia della vocazione turistica della città di Termoli.
(4-05358)
LAFORGIA, DE PETRIS, ERRANI - Ai Ministri dell'interno, del lavoro e delle politiche sociali e delle politiche agricole alimentari e forestali. - Premesso che da organi di stampa si apprende dell'ennesimo episodio d'inseguimento con colpi d'arma da fuoco avvenuto nel foggiano, ovvero nel territorio di San Severo, a danno di un'auto di migranti, che sono rimasti feriti. L'evento, avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 aprile 2021, si aggiunge a quello avvenuto nei giorni scorsi, in cui, in località Torretta Antonacci, una banda di 4 persone aveva tentato il furto di gasolio da una cisterna del centro di accoglienza, minacciando alcuni migranti;
considerato che, qualora si dovesse verificare la veridicità dei fatti riportati, si tratterebbe di veri e propri attentati a danno di donne e uomini migranti;
ritenuto che, a parere degli interroganti, spesso le istituzioni non hanno favorito attività di assistenza e integrazione nei confronti della suddetta popolazione,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza della situazione;
quali misure intendano intraprendere per contrastare questi episodi di natura criminale e razzista, al fine di tutelare la sicurezza di uomini e donne che subiscono ingiustamente questi soprusi.
(4-05359)
LANNUTTI, CORRADO, MORONESE, ANGRISANI, GIANNUZZI - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico. - Premesso che:
stando ai dati più recenti disponibili, le spese annuali per il personale RAI (12.901 dipendenti, dato 2019) ammontano a 939 milioni di euro (mentre nel 2019 erano 911,8 milioni e nel 2016 erano addirittura 847.551.467). Il contratto giornalistico RAI è il più "blindato" d'Italia: il costo azienda medio annuo è di 200.000 euro per ciascuno dei 210 capiredattori, 140.000 euro per i 300 capiservizio, 70.000 euro per i neoassunti (dati 2018);
la RAI ha 13 canali nazionali, a cui si aggiungono RAI Italia (che è un gruppo di 4 canali televisivi distribuiti da RAI Com in America del nord, America del sud, Africa, Asia, Australia) e RAI World Premium, un canale televisivo anch'esso distribuito da RAI Com a livello mondiale. Grazie alle tre testate nazionali, realizza ogni giorno oltre 25 edizioni di telegiornale, mentre in Francia e in Germania le edizioni quotidiane sono 7, nel Regno Unito e in Spagna 6. All'offerta si aggiunge poi il canale "RaiNews 24", che trasmette notizie 24 ore al giorno;
ai sensi dell'art. 20, comma 2, del contratto di servizio 2018-2022 "La Rai è tenuta, altresì, ad adottare criteri tecnici ed economici di gestione idonei a consentire il raggiungimento di obiettivi di efficienza aziendale e di razionalizzazione del proprio assetto organizzativo. Nell'ottica di una gestione ispirata a criteri di efficienza, la Rai si impegna a potenziare, secondo criteri di economicità, la capacità dei propri centri di produzione e persegue altresì l'obiettivo di un adeguato ritorno sul capitale e sugli investimenti, tenendo conto anche delle condizioni del mercato di riferimento";
considerato che:
da recenti servizi giornalistici si apprende che nonostante gli sforzi degli ultimi anni per far quadrare i conti, in RAI esistono ancora direttori "senza incarico" o con incarichi modesti che percepiscono generose e ingiustificate retribuzioni, come spiegato in un articolo de "il Fatto Quotidiano", a firma di Gianluca Roselli, dal titolo significativo "Parcheggiati, trombati, defilati: i direttori di se stessi in casa Rai", uscito il 2 aprile 2021, argomento ripreso in un servizio andato in onda il 19 aprile su "Rai Scoglio 24", lo spazio dedicato alla televisione di Stato all'interno della trasmissione Mediaset "Striscia la notizia". Nell'articolo de "il Fatto Quotidiano", una fonte interna all'azienda avrebbe spiegato al giornalista che "i ruoli assegnati assomigliano a delle scatole vuote, create solo per giustificare un lauto stipendio oppure per pianificare progetti che però già si sa che non vedranno mai la luce". E vengono riportati anche i nomi di questi "beneficiati", come ad esempio quello di Francesco Pionati, il giornalista politico del TG1, che dopo essere stato eletto senatore nel 2006 e deputato nel 2008, nel 2013 è tornato in RAI percependo uno stipendio lordo annuo di 215.360 euro, "alle dirette dipendenze del direttore della TGR";
il giornalista cita Fabrizio Maffei (che percepisce 240.000 euro lordi all'anno) che, dopo esser stato nel 2015 alle "dirette dipendenze del direttore generale", dal 2016 risulta "membro della commissione preposta al progetto di mappatura del personale giornalistico". Poi secondo il quotidiano ci sarebbero i direttori di 2 canali "fantasma": Fabrizio Ferragni (218.589 euro lordi all'anno) che, dopo aver diretto il "canale istituzionale multipiattaforma" (canale nato nel 2019 benché fosse già attivo RAI Parlamento), ora guida il canale in lingua inglese (approvato nel piano industriale 2019-2021), che senza aver visto ancora la luce è già costato 2 milioni di euro, mentre a dirigere il canale istituzionale Multipiattaforma è andato "l'ex direttore del Gr Luca Mazzà" (240.000 euro lordi all'anno), che finora ha prodotto solo due documentari su "I palazzi del potere ai tempi del Covid: il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti";
il quotidiano si sofferma anche su altre tre posizioni. Quella della corrispondente Giovanna Botteri (211.666 euro lordi all'anno), che, dopo molti anni negli USA, è diventata corrispondente della sede RAI di Pechino, che ha lasciato nell'agosto 2020 (in Cina la televisione pubblica non ha ora nessuno) per candidarsi alla sede di Bruxelles, senza aver avuto finora fortuna. Altra posizione è quella di l'ex governatore presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo (232.886 euro lordi all'anno), rientrato nel luglio 2019 in RAI. Ora è alle dipendenze della direzione di RAI News24 e "ogni tanto lo si vede in video". Quella che assomiglia poi a una scatola vuota è la "direzione editoriale per l'offerta informativa", alla cui guida c'è l'ex direttrice del TG3, Giuseppina Paterniti (206.702 euro lordi all'anno), il cui compito è di coordinare la linea dell'informazione tra i telegiornali, compito arduo considerando che l'attività dei direttori di testata (regolata dall'articolo 2095 del codice civile) "è caratterizzata da autonomia e discrezionalità delle decisioni e dall'assenza di una vera e propria dipendenza gerarchica";
considerato, infine, che, per quanto risulta, nel 2019 la perdita netta finale registrata dalla RAI a livello di bilancio civilistico (RAI come società per azioni) è aumentata da 37,4 a 54,6 milioni, nonostante l'aumento degli incassi da canone televisivo. Mentre il bilancio RAI 2020 dovrebbe chiudere a 43 milioni di euro in negativo. A destare allarme ora è il meno deficit di 220 milioni previsto dal budget 2021. "Profondo rosso" dovuto in particolare alla crisi economica generata dalla pandemia: mancano all'appello i canoni speciali (sospesi per gli esercizi commerciali chiusi per il COVID) e una buona fetta della raccolta pubblicitaria. E le prospettive, con questa seconda ondata di COVID-19, non sono delle migliori. Una débâcle finanziaria aggrava dal fatto che entreranno a bilancio gran parte dei 137 milioni di euro messi a budget nel 2020 per i diritti televisivi dei grandi eventi sportivi, che saranno conteggiati quest'anno. Si parla di circa 70 milioni dovuti alla UEFA per gli europei di calcio. E poi ci sono circa 40 milioni da girare a Discovery per le olimpiadi di Tokyo,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti descritti;
se il Ministro dell'economia e delle finanze ritenga di dover intervenire, per quanto di competenza, per valutare la posizione dei dirigenti citati, soprattutto in un momento in cui lo stesso amministratore delegato della RAI, Fabrizio Salini, ha sottolineato la necessità di agire per mantenere in ordine i conti dell'azienda;
se il Ministro dello sviluppo economico, nell'ambito delle proprie attribuzioni relative al contratto di servizio, ritenga di dover intervenire per garantire, più in generale, una riduzione degli sprechi in modo tale che le risorse economiche di cui dispone la televisione di Stato, provenienti anche dal canone e dunque dai cittadini italiani, vengano utilizzate affinché la RAI ritorni ad essere la narratrice dei grandi eventi internazionali, sia sportivi sia culturali (i mondiali di calcio, coppe europee, ma anche la notte degli Oscar, ad esempio), e vero servizio pubblico, oltre a portare grande beneficio al suo stesso bilancio.
(4-05360)
AIMI - Ai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'interno. - Premesso che:
da autorevoli fonti si apprende che il libro "Prayer of a weary black woman", scritto dalla teologa protestante Chanequa Walker-Barnes, è diventato un best seller negli Stati Uniti. Uno dei capitoli di questo libro comincia con una preghiera: "Caro Dio, per favore, aiutami a odiare i bianchi? Almeno, voglio smetterla di preoccuparmi di loro, individualmente e collettivamente. Voglio smetterla di preoccuparmi delle loro anime fuorviate e razziste, smetterla di credere che possano essere migliori, che possano smettere di essere razzisti";
da molte settimane ormai si è accesa la polemica intorno a questo testo, che porta in sé un pericolosissimo messaggio di violenza e di odio, volto a criminalizzare i bianchi e la stessa cultura occidentale;
curatrice del volume è la scrittrice progressista Sarah Bessey, la quale ha difeso l'opera di Walker-Barnes. La stessa autrice ha dichiarato di non avere la minima intenzione di scusarsi;
il testo appare, dunque, come un'ulteriore testimonianza della "cancel culture", che sta dilagando negli Stati Uniti e sta degenerando in una vera e propria criminalizzazione dell'uomo bianco;
a parere dell'interrogante, occorrono iniziative tempestive, da porre in essere anche sul piano diplomatico e internazionale, che portino al ritiro dal commercio di tale testo;
in Italia, il decreto-legge del 26 aprile 1993, n. 122 ("legge Mancino", e successive modificazioni ed integrazioni), ha introdotto la pena della reclusione fino a tre anni, pena successivamente rivista con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro, per chi diffonde, in qualsiasi modo, idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi,
si chiede di sapere:
se si intenda intraprendere iniziative di competenza, anche sul piano diplomatico e internazionale, per far sì che il libro "Prayer of a weary black woman" sia ritirato dal commercio;
se si intenda avviare verifiche di competenza, al fine di impedire che il testo venga commercializzato nel nostro Paese, in particolare attraverso piattaforme on line operanti in Italia.
(4-05361)
GIROTTO, L'ABBATE, PIRRO - Ai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e della transizione ecologica. - Premesso che, a quanto risulta agli interroganti:
l'Autorità per la sicurezza nucleare (ASN) francese ha avviato, a dicembre 2020, una consultazione pubblica nazionale relativa al progetto di decisione di prolungare, previe modifiche e aggiornamenti, di altri 10 anni il funzionamento continuato dei reattori nucleari della compagnia Electricité de France (EDF);
un simile prolungamento determinerebbe il superamento del tempo di funzionamento oltre la quarta revisione periodica decennale, ovvero oltre il termine massimo di attività per il quale tali reattori sono stati progettati;
la riunione delle parti (MoP), tenutasi tra l'8 e l'11 dicembre 2020, della convenzione di Espoo del 25 febbraio 1991 sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, la cui ratifica per l'Italia è stata autorizzata dalla legge 3 novembre 1994, n. 640, ha adottato le linee guida sull'applicabilità della convenzione all'estensione del ciclo di vita delle centrali nucleari (linee guida LTE);
ai sensi delle linee guida LTE, il funzionamento delle centrali nucleari EDF, oltre i tempi previsti dalla quarta revisione, sembrerebbe ricadere nella definizione di estensione del ciclo di vita delle centrali e dovrebbe dunque essere accompagnato da un procedimento di VIA transfrontaliera ai sensi della convenzione di Espoo. Ciò nonostante, tale processo non risulta esser stato intrapreso dal Governo francese;
considerato che:
entro 200 chilometri di distanza dal confine con l'Italia risultano attive, in Francia, 16 centrali EDF, con potenze che vanno dagli 880 ai 1.335 megawatt elettrici, entrate in funzione tra il 1979 e il 1987;
data la progettazione di tali centrali risalenti a oltre 40 anni fa, i loro standard di sicurezza non risultano assolutamente adeguati e non rispettano quanto richiesto per la costruzione di nuove centrali: anche per questo, offrire il punto di vista dell'Italia e partecipare a una possibile VIA transfrontaliera risulta tanto più rilevante;
a gennaio 2021 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha inviato una nota al Ministero dell'ecologia francese, chiedendo di attivare una consultazione transfrontaliera o una VIA ai sensi della convenzione di Espoo,
si chiede di sapere se il Governo francese abbia risposto alla nota citata e, in caso contrario, se i Ministri in indirizzo intendano presentare una formale presa di posizione nei confronti del Governo francese e avviare le previste procedure di reclamo presso i competenti organi della convenzione di Espoo.
(4-05362)
LAUS, MARGIOTTA, CERNO, IORI, PITTELLA, ROSSOMANDO, MIRABELLI, FEDELI, PINOTTI, D'ARIENZO, BOLDRINI, ASTORRE, VERDUCCI, STEFANO, TARICCO, D'ALFONSO, MANCA, ALFIERI, BITI, MARCUCCI, ROJC - Al Ministro della salute. - Premesso che:
con la pandemia in corso una delle principali azioni di prevenzione a livello nazionale e regionale è l'imposizione di rimanere nelle proprie abitazioni, limitando gli spostamenti a comprovate esigenze lavorative o sanitarie, oltre alle urgenze, quali l'acquisto di beni di prima necessità;
le persone che non hanno una casa, i "senza dimora", non possono rispettare tali regole, sono costrette a vivere all'aperto in situazioni oggettivamente a rischio di contagio e non tutte trovano ricovero presso le strutture;
il numero dei senza dimora è aumentato notevolmente a seguito della pandemia, coinvolgendo categorie di persone che hanno subito gravi conseguenze economiche e sociali, che in molti casi non trovano posto presso i centri di accoglienza comunali;
gli operatori e i volontari che lavorano presso le strutture di accoglienza sono quotidianamente esposti a rischio di contagio, venendo a contatto con le persone che assistono;
considerato che:
con decreto ministeriale del 12 marzo 2021 il Ministro della salute ha adottato il "piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2", elaborato di concerto con il commissario straordinario per l'emergenza, l'Istituto superiore di sanità, AGENAS e AIFA; il piano, coerentemente con il piano strategico nazionale del Ministero della salute, fissa le linee operative per completare al più presto la campagna vaccinale;
nell'ambito del piano, i volontari socioassistenziali non sono equiparati al personale sociosanitario inserito nelle graduatorie delle categorie da vaccinare, o allo stesso personale universitario che lavora in smart working, pur svolgendo un'attività a diretto contatto con le persone,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo, in accordo con il commissario straordinario per l'emergenza, intenda inserire le persone senza dimora e chi opera nelle strutture di accoglienza nelle liste prioritarie per la vaccinazione;
se intenda avviare un coordinamento con ANCI per rafforzare, in tali ambiti, la richiesta di priorità nella vaccinazione per i senza dimora e per gli operatori delle strutture di accoglienza.
(4-05363)
DE POLI - Al Ministro della salute. - Premesso che:
ogni settimana in Italia nascono 4 neonati con fibrosi cistica, trasmessa da genitori entrambi portatori sani (uno su 30 persone, circa 2 milioni), che hanno una probabilità su 4 di avere un bambino malato;
l'aspettativa di vita media di un malato di fibrosi cistica attualmente supera di poco i 40 anni, al prezzo di una quotidianità scandita da pesanti terapie;
esiste un farmaco dell'azienda farmaceutica americana Vertex Pharmaceuticals, sperimentatrice e produttrice del "Trikafta", in Europa "Kaftrio", mirato a correggere le alterazioni della proteina CFTR prodotte dalla mutazione denominata "F508del", la più comune tra le mutazioni che causano la fibrosi cistica, collocato in Italia nell'apposita sezione denominata Classe C(nn), dedicata ai farmaci non ancora valutati ai fini della rimborsabilità, conformemente all'art. 12, comma 5, della legge 8 novembre 2012, n. 189, e può essere prescritto dai medici dei centri per la fibrosi cistica, solo secondo la modalità di "uso compassionevole";
è in corso una negoziazione tra l'azienda farmaceutica americana Vertex Pharmaceuticals e l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) per arrivare al rimborso del costo del farmaco da parte del Sistema sanitario nazionale, affinché la spesa non gravi sui malati,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non reputi necessario intervenire, per quanto di sua competenza, per accelerare l'iter delle commissioni dell'AIFA, dedicate alla valutazione di tutti gli aspetti del processo, affinché la copertura economica del farmaco (ad esempio il Trikafta, in Europa Kaftrio) sia a carico del Servizio sanitario nazionale a beneficio di quanti, ora, non possono curarsi per il suo costo elevato.
(4-05364)
D'ARIENZO, BITI, D'ALFONSO, STEFANO, FEDELI, IORI, ALFIERI, BOLDRINI, MISIANI, PITTELLA, LAUS, GIACOBBE, FERRAZZI, TARICCO, CIRINNA', ROJC, VALENTE, VERDUCCI, NANNICINI - Al Ministro per la pubblica amministrazione. -
(4-05365)
(Già 3-02320)
FREGOLENT, OSTELLARI, SAVIANE - Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. - Premesso che:
il MOSE è un complesso sistema composto da dighe mobili, paratie e cerniere sul fondale, finalizzato alla difesa della città di Venezia e della sua laguna dal fenomeno dell'acqua alta;
nonostante l'importanza strategica dell'opera, si apprende con preoccupazione di uno stato di semi abbandono dell'opera, che risulta essere, ancor prima del suo completamento, già in fase di degrado, a seguito di scarsa manutenzione;
risulta che anche le stazioni di rilevamento della qualità delle acque lagunari versino in condizioni preoccupanti, e che alcune risultino addirittura spente, sempre a causa di scarsa manutenzione, mettendo a rischio la rappresentatività dei dati ambientali significativi ai fini della protezione delle acque della laguna;
considerato che nell'ultima relazione della Corte dei conti risulta che il provveditorato alle opere pubbliche aveva espresso preoccupazione sullo stato del MOSE anche in merito alla qualità dei materiali usati per alcune parti,
si chiede di sapere come il Ministro in indirizzo intenda intervenire per fare chiarezza sulla questione relativa allo stato di manutenzione del MOSE, considerando in particolare la strategicità dell'opera per la protezione della laguna di Venezia.
(4-05366)
RIVOLTA - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Premesso che:
dopo il conseguimento della laurea in una università italiana, molti giovani decidono di conseguire ulteriori titoli di studio all'estero, spesso in prestigiose università di elevata e riconosciuta fama mondiale;
qualora un brillante laureato plurispecializzato all'estero intenda partecipare ad un pubblico concorso in Italia, deve ottenere il riconoscimento dei titoli ivi conseguiti. Questo comporta il dover affrontare una trafila burocratica infinita, con un'attesa dai 4 ai 6 mesi e una spesa tra i 400 e i 500 euro. Questo fatto scoraggia, il più delle volte, un giovane a fare domanda per un concorso, preferendo perciò di rimanere a svolgere la propria attività all'estero, con la conseguenza che l'Italia si priva dei talenti più brillanti con grave danno per la ricerca;
si parla molto della necessità di riformare la pubblica amministrazione, lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri ne ha parlato nel suo discorso di insediamento e il ministro Brunetta intende muoversi in questa linea, alleggerendo procedure ingessate da anni che frenano lo sviluppo del Paese, specie adesso che con l'utilizzo delle nuove tecnologie si potrebbero snellire e velocizzare enormemente molte procedure,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo intenda avviare un processo di semplificazione dell'iter per ottenere il riconoscimento dei titoli conseguiti all'estero, soprattutto quando si tratti di atenei internazionali la cui eccellenza è unanimemente riconosciuta in tutto il mondo, data la qualità della ricerca svolta;
se ritenga che per i titoli conseguiti presso università estere unanimemente riconosciute ad alti standard qualitativi non si possa prevedere un'equipollenza giuridica ai titoli italiani.
(4-05367)
LANNUTTI, BOTTO, ANGRISANI - Ai Ministri della giustizia e dell'interno. - Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:
la mattina di domenica 26 novembre 2017 il diciannovenne Federico Tedeschi viene trovato morto dalla sorella Ludovica nella sua camera da letto. Abitava con la famiglia nel quartiere Infernetto di Roma. Il medico del 118 che per primo è intervenuto ha dichiarato: "Per me è un sospetto ictus", mentre la mamma di Tedeschi ha dichiarato che i poliziotti intervenuti quella mattina avrebbero affermato che suo figlio "era morto di malore". Federico era un giovane che andava in palestra e quindi era sottoposto a visite mediche sportive, che ne hanno sempre accertato l'idoneità fisica a fare sport e la piena salute del suo cuore;
per la Procura di Roma Federico è morto per cause naturali: "Il decesso è stato causato da necrosi cardiaca su base ischemica con conseguente infarto acuto". Mentre per i medici legali incaricati dalla famiglia Tedeschi, il ragazzo sarebbe morto per "causa asfittica determinata anche da dinamiche di tipo violento", ovvero l'infarto sarebbe sopraggiunto, ma per mancanza di ossigeno. Tra i medici incaricati dalla famiglia Tedeschi c'è il professore Gaetano Thiene, ordinario di Anatomia Patologica presso l'Università degli Studi di Padova, considerato un luminare in questo campo. I genitori di Federico si sono opposti all'archiviazione, ma al secondo consulto, il medico incaricato dalla Procura ha confermato la morte naturale per infarto. E così il procedimento è stato definitivamente archiviato;
considerato che, sempre per quanto risulta:
il corpo è stato trovato a pancia in giù sul pavimento, rivolto verso l'armadio, con il sangue che usciva dalla bocca, un dente spaccato, le labbra tumefatte, "una pagnotta al posto della guancia destra" (descrizione della madre), ecchimosi sul volto e sul collo. Sul ritrovamento la madre ha dichiarato: "A me ha dato subito l'idea che avesse preso delle botte". Una dichiarazione simile a quella della nonna del ragazzo: "Ho pensato che gli avevano menato. Sembrava che avesse preso un pugno sulla guancia". Quando è stato rinvenuto il cadavere (al momento della morte il ragazzo era solo nell'abitazione) la porta di casa era spalancata, come la grata della cucina e la porta esterna del corridoio, mentre la porta della sua stanza era chiusa e a soqquadro. Una macchia di quello che sembra essere sangue era su un mobile dall'altra parte della casa, come pure vi erano delle evidenti impronte su uno specchio, come se il ragazzo avesse voluto respingere un eventuale aggressore. Per terra, vicino al cadavere, c'era una sciarpa, che il ragazzo non utilizzava da tempo. Le sue ciabatte erano sparite e il suo telefono, ritrovato sotto il cuscino, aveva le ultime chiamate cancellate. Nella camera dove è stato ritrovato il ragazzo la Polizia ha rilevato un'assenza totale di impronte;
la trasmissione Mediaset "Le Iene" ha rivelato in un servizio del 20 aprile 2021 che Tedeschi avrebbe avuto un alter ego (nome Valerio Nettiate) che usava per frequentare chat omosessuali su "Facebook", ipotesi avvalorata dal fatto che anche nei giorni successivi alla sua morte, il suo telefono ha continuato a ricevere messaggi di altri ragazzi che chiedevano incontri. Attraverso i messaggi del telefonino e di Facebook, la famiglia ha scoperto che Federico non si limitava a commenti o incontri amorosi con altri. Ma prediligeva probabilmente rapporti "master and slave", "padrone e schiavo", fatto anche "di atti violenti, di torture, di urine bevute o fatte su altri", racconta la mamma di Federico a "Le Iene". Oltre a foto intime, nel cellulare e nel profilo social vi erano video con ragazzi che subivano percosse, torture e dove si mostravano simulazioni di strangolamenti, al limite del soffocamento. Sono state trovate anche moltissime foto di ciabatte. Un particolare che ha attirato l'attenzione della famiglia, visto che dopo la morte, le ciabatte di Federico non sono state più trovate. Altro particolare "che ha insospettito la famiglia", quello presente in una conversazione con un tale Luca, che Federico aveva conosciuto probabilmente tre mesi prima di morire: questo Luca propone un incontro a casa di Federico perché libera di giorno. Ed è di giorno che Federico è morto nella propria abitazione;
considerato, infine, che a quanto risulta:
il sostituto procuratore non sarebbe mai stato in casa Tedeschi, così come la Polizia scientifica, tanto che la madre ha ritenuto di dover sigillare la stanza per farla analizzare all'ex generale dei carabinieri e comandante del RIS di Parma, Luciano Garofano. I tre medici anatomopatologi incaricati dalla famiglia Tedeschi sono stati concordi nel sostenere che si è trattato di morte per asfissia, quindi omicidio;
il generale Garofano il 6 aprile 2021 ha dichiarato a "Le Iene": "Fuori dalla stanza ci sono tracce sospette di sangue, tracce di ditate, tante cose che meritano di essere approfondite". Inoltre, su un mobiletto c'è un'evidente scheggiatura rivolta verso il basso. "Quella lesione sul mobile non è compatibile con il contatto della bocca", ha spiegato Garofano. Inoltre, "ci sono alcuni segni sulla porta della camera di Federico che per la madre non ci sono mai stati, una maglietta al rovescio per terra e alcune macchie nella stanza. Il pubblico ministero dice che è stata fatta attività di sopralluogo, ma lì come ha visto non è stato fatto alcun rilievo", ha concluso l'ex comandante del RIS;
"Lo hanno ammazzato di sicuro"; "Povero ragazzo"; "Se stai leggendo.... come fai a vivere con questo rimorso"; "Ci stai leggendo di sicuro...malato mentale"; "Potrò dire io c'ero" e tanti altri commenti sul profilo "Facebook" di Valerio Nettiate (ancora attivo), che era presumibilmente gestito da Federico Tedeschi, sono apparsi dopo le puntate de "Le Iene" di 2 settimane fa e del 20 aprile;
alla luce di quanto emerso nel servizio de "Le Iene", l'interrogante ritiene che sia stata condotta un'indagine molto superficiale sulla terribile morte di Federico Tedeschi, non essendosi ritenuto di dover ascoltare la madre del ragazzo, venuta a conoscenza di fatti importanti, riportati in premessa, che meritavano di essere quantomeno approfonditi,
si chiede di sapere:
se il Ministro dell'interno ritenga di dover deliberare un'ispezione al commissariato di Ostia per accertare il motivo del mancato intervento della Polizia scientifica e della mancata rilevazione da parte degli agenti delle impronte e delle macchie di sangue sparse per la casa;
se il Ministro della giustizia intenda esercitare i poteri ispettivi previsti dalla legge per verificare l'operato degli uffici giudiziari coinvolti;
se, alla luce delle puntate de "Le Iene" del 6 e 20 aprile 2021 e dei numerosi commenti apparsi sul social network Facebook, non si ritenga necessaria una riapertura delle indagini di polizia, alla luce dei numerosi indizi finora trascurati, anche affidando alla Polizia postale l'esame dei profili Facebook che hanno interloquito dopo i servizi televisivi citati.
(4-05368)
DE BONIS - Ai Ministri della cultura e dell'economia e delle finanze. - Premesso che:
la legge n. 534 del 1996 ha riordinato la disciplina riguardante i contributi statali ad enti culturali, disponendo una razionalizzazione delle diverse ipotesi di erogazione, a decorrere dal 1° gennaio 1997. In particolare, l'articolo 1, ai sensi del quale è stato trasmesso lo schema di decreto, ammette al contributo ordinario annuale dello Stato le istituzioni culturali che presentino domanda e siano incluse in apposita tabella, sottoposta a revisione ogni tre anni, emanata con decreto del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
i requisiti necessari per l'inclusione nella tabella sono individuati dall'articolo 2. In particolare, le istituzioni culturali interessate devono: essere istituite con legge dello Stato e svolgere compiti stabiliti da quest'ultima, oppure essere in possesso della personalità giuridica; non avere fine di lucro;
svolgere in modo continuativo attività di ricerca e di elaborazione culturale documentata e fruibile; disporre di un rilevante patrimonio documentario (bibliografico, archivistico, museale, cinematografico, audiovisivo), pubblicamente fruibile in forma continuativa; fornire servizi di rilevante ed accertato valore culturale, collegati all'attività di ricerca ed al patrimonio documentario;
sviluppare attività di catalogazione e applicazioni informatiche finalizzate alla costruzione di basi di dati rilevanti per le attività di programmazione dei Ministeri competenti nei settori dei beni culturali e della ricerca scientifica; operare sulla base di una programmazione almeno triennale; documentare l'attività svolta nel triennio precedente la richiesta di contributo e presentare i relativi conti consuntivi annuali approvati dagli organi statutari competenti; disporre di sede idonea ed attrezzature adeguate;
in base all'articolo 9, le risorse da destinare alle istituzioni culturali inserite nella tabella triennale sono definite annualmente dalla legge di bilancio. Le condizioni per l'ammissione ai contributi e gli adempimenti richiesti sono stati definiti, da ultimo, dalla circolare 28 febbraio 2017, n. 101, che ha aggiornato la circolare 4 febbraio 2002, n. 16;
considerato che:
sono 210 le istituzioni culturali che ricevono tutte un contributo ordinario annuale disposto con decreto del Ministro della cultura di concerto con il Ministro dell'economia. L'ultimo atto del Governo, del 16 aprile 2021, reca il n. 251 ed è stato trasmesso, come da prassi, in Parlamento per l'acquisizione dei pareri, prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale;
esso sembra rappresentare l'ennesimo torto che viene fatto al Mezzogiorno d'Italia e, in particolare, alla Basilicata, una delle poche regioni completamente assente dall'elenco allegato allo schema di decreto interministeriale, con il quale si è provveduto a ripartire un importo complessivo di 19.374.433 euro, riferito a ciascun anno del medesimo triennio. A differenza dei precedenti decreti di emanazione delle tabelle triennali, infatti, lo schema di decreto non specifica che tale importo si riferisce solo al corrente esercizio finanziario, mentre riporta l'espressione "contributo triennio 2021-2023", né prevede espressamente che l'importo stabilito potrà subire variazioni, per gli altri due anni del triennio, a seguito delle successive leggi di bilancio;
ancora una volta è il Nord a beneficiare di risorse, grazie, probabilmente, alla presenza di alcune forti lobby culturali che hanno consentito, negli anni, anche ad alcune ricche fondazioni di Toscana, Lombardia e Piemonte di acquisire un "tesoretto" che poteva servire, soprattutto nelle aree depresse del Sud, per "promuovere e svolgere in modo continuativo attività di ricerca e di elaborazione culturale";
l'articolo di stampa "La Nuova" del 24 aprile 2021 mette in evidenza le tre fondazioni culturali della Basilicata, intitolate a tre eminenti lucani della storia recente: Francesco Saverio Nitti, Emanuele Gianturco e Leonardo Sinisgalli, tutte impegnate a perseguire gli scopi previsti dalla legge n. 534 del 1996, ma mai inserite tra le 210 fondazioni riconosciute dallo Stato. Eppure la Toscana, da sola, assorbe le stesse risorse distribuite a tutto il Sud, comprese Sicilia e Sardegna;
tra le fondazioni finanziate si trovano quelle del "Corriere della Sera", della "Arnoldo e Alberto Mondadori", della "Giangiacomo Feltrinelli" e della "Adriano Olivetti": quasi 750.000 euro distribuiti tra tutte e quattro, ma nulla alle associazioni culturali della Basilicata. Poi ci sono le fondazioni "politiche", quelle intitolate agli uomini che hanno fatto la storia dei partiti italiani, quali Giorgio La Pira, i fratelli Rosselli e Alcide De Gasperi. E ancora Giacomo Matteotti, Antonio Gramsci, Pietro Nenni, Luigi Sturzo e Ugo La Malfa, Bettino Craxi e Giuseppe Tatarella;
nulla questio sulle fondazioni citate, ma l'interrogante ritiene che anche Francesco Saverio Nitti, protagonista del '900, ex presidente del Consiglio, più volte ministro, oltre che economista, saggista e, soprattutto, antifascista, avrebbe meritato di essere annoverato tra le fondazioni riconosciute dallo Stato italiano che, invece, pare abbia attenzionato solo "Magna Carta", oppure "Keats Shelley Memorial, Association Roma", e ancora "Horcynus Orca". Per non parlare della fondazione "Il Bisonte" per lo studio dell'arte grafica. Saranno sicuramente tutte istituzioni degne di sostegno, però se poi si pensa alla casa di Leonardo Sinisgalli, a Montemurro, trasformata in un bellissimo museo, visitata da migliaia di persone, meta di scolaresche e di studiosi da tutt'Italia, non si può fare a meno di autocommiserarsi per essere sempre gli ultimi della classe;
anche a Roma risulta ignorata la presenza ad Avigliano della fondazione Gianturco che, come prescrive l'articolo 2 della legge n. 534 del 1996, non ha fini di lucro. Essa dispone di un rilevante patrimonio bibliografico, archivistico e museale, organizza convegni, mostre e altre manifestazioni di valore scientifico e culturale;
ci si chiede che cosa manchi a tante altre istituzioni culturali per non essere incluse nella tabella per ricevere i contributi statali. Probabilmente sarà mancata loro la giusta "sponsorizzazione" da parte delle istituzioni locali o nazionali,
si chiede di sapere:
come mai le tante istituzioni culturali del Mezzogiorno d'Italia, soprattutto le fondazioni culturali lucane, non siano state incluse nell'apposita tabella delle istituzioni ammesse al contributo ordinario annuale dello Stato per il triennio 2021-2023;
quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda assumere perché ci sia il giusto e meritato riconoscimento da parte dello Stato per tutte quelle fondazioni culturali del Sud che rispondono ai requisiti previsti dalla legge n. 534 del 1996 e se intenda procedere ad una ricognizione delle fondazioni culturali lucane degne di essere riconosciute dallo Stato. La Basilicata non può essere l'unica esclusa, per una questione di dignità, oltre che di merito.
(4-05369)
Interrogazioni, da svolgere in Commissione
A norma dell'articolo 147 del Regolamento, le seguenti interrogazioni saranno svolte presso le Commissioni permanenti:
7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport):
3-02463 del senatore Tosato ed altri, sulle difficoltà legate alla programmazione degli spettacoli all'aperto nel rispetto delle disposizioni anti COVID;
3-02466 del senatore Rampi, sulla revisione periodica delle classi di concorso per l'accesso ai ruoli del personale docente;
10ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo):
3-02460 del senatore Croatti ed altri, sull'aumento dei prezzi dei materiali e delle materie prime per le imprese che operano nell'edilizia;
13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali):
3-02458 del senatore Ortis ed altri, sull'installazione degli impianti fotovoltaici nei centri storici.
Interrogazioni, ritiro
È stata ritirata l'interrogazione 3-02456 del senatore Ortis ed altri.