Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 138 del 25/07/2019
Azioni disponibili
SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVIII LEGISLATURA ------
138aSEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO STENOGRAFICO
GIOVEDÌ 25 LUGLIO 2019
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Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI,
indi del vice presidente TAVERNA,
del vice presidente ROSSOMANDO
e del vice presidente LA RUSSA
N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Forza Italia-Berlusconi Presidente: FI-BP; Fratelli d'Italia: FdI; Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: L-SP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico: PD; Per le Autonomie (SVP-PATT, UV): Aut (SVP-PATT, UV); Misto: Misto; Misto-Liberi e Uguali: Misto-LeU; Misto-MAIE: Misto-MAIE; Misto-Più Europa con Emma Bonino: Misto-PEcEB; Misto-PSI: Misto-PSI.
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RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,40).
Si dia lettura del processo verbale.
PUGLIA, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori
PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.
Discussione del documento:
(Doc. XVI, n. 2)Relazione della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari sulla questione del seggio non assegnato nella Regione Sicilia (ore 9,48)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del documento XVI, n. 2.
Ha facoltà di intervenire il relatore, senatore Urraro.
URRARO, relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, innanzitutto vorrei ringraziare i componenti della Giunta delle elezioni, gli Uffici per un caso particolarmente delicato, un unicum dal punto di vista giuridico perché era la prima applicazione delle legge elettorale in quel territorio.
Nella Regione Sicilia si è determinata la mancata assegnazione di un seggio, a causa dell'esaurimento dei candidati presentati dal MoVimento 5 Stelle nelle liste dei collegi plurinominali rispetto ai seggi assegnati alla lista MoVimento 5 Stelle nella Regione; nel contempo tutti i candidati appartenenti al MoVimento 5 Stelle sono stati eletti nei collegi uninominali della medesima Regione.
Dal verbale dell'ufficio elettorale regionale risulta, infatti, la non assegnazione per insufficienza di candidati per la lista MoVimento 5 Stelle di un seggio nel collegio plurinominale n. 2. Nello stesso verbale si svolgono alcune osservazioni: alla lista MoVimento 5 Stelle, in base al risultato elettorale, spettano quattro seggi nel collegio plurinominale Sicilia 2.
Sebbene la lista del MoVimento 5 Stelle rechi l'indicazione di quattro candidati, la candidata Nunzia Catalfo è stata altresì eletta nel collegio uninominale Sicilia e, ai sensi del combinato disposto degli articoli 17-bis, comma 3, del decreto legislativo n. 533 del 1993 e 85, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, il senatore eletto in un collegio uninominale e in uno o più collegi plurinominali si intende eletto nel collegio uninominale.
Ai sensi del combinato disposto dell'articolo 17-bis, comma 2, del citato decreto legislativo n. 533 del 1993 e dell'articolo 84 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, l'ufficio elettorale regionale rileva nello stesso verbale che, verificato l'esaurimento del numero dei candidati presentati dalla lista MoVimento 5 Stelle nel collegio plurinominale Sicilia 2 e la conseguente impossibilità di attribuire tutti i seggi alla stessa, si dovrebbe provvedere nell'ordine: ai sensi dell'articolo 84, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 ad assegnare il seggio alla lista degli altri collegi plurinominali della stessa Regione in cui la medesima lista abbia la maggior parte decimale del quoziente non utilizzata, procedendo secondo l'ordine decrescente.
L'ufficio elettorale osserva al riguardo che tale assegnazione non è praticabile nel caso di specie poiché la lista MoVimento 5 Stelle non ha candidati risultati non eletti nell'altro collegio plurinominale della Regione, il collegio Sicilia 1. In alternativa, ai sensi dell'articolo 84, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 si dovrebbe provvedere ad assegnare il seggio ad un candidato della medesima lista nei collegi uninominali non proclamato eletto, secondo la graduatoria di cui all'articolo 77. Ma - osserva lo stesso ufficio elettorale - tale assegnazione non è praticabile nel caso di specie poiché la lista MoVimento 5 Stelle non ha candidati risultati non eletti in alcuno dei collegi uninominali della Regione.
Ai sensi dell'articolo 84 del citato decreto si dovrebbe provvedere ad assegnare il seggio, nell'ambito del collegio plurinominale originario, alla lista facente parte della medesima coalizione della lista deficitaria che abbia la maggior parte decimale del quoziente non utilizzata, procedendo secondo l'ordine decrescente. Tuttavia, sempre secondo quanto rilevato nel verbale dell'ufficio elettorale, tale assegnazione non è praticabile nell'ipotesi in esame, poiché la lista MoVimento 5 Stelle non risulta far parte di alcuna coalizione.
L'Ufficio elettorale ha concluso quindi che nessuna delle operazioni previste dall'articolo 84 del citato decreto consente di pervenire all'assegnazione del seggio da attribuire alla lista deficitaria MoVimento 5 Stelle. Nemmeno l'applicazione del combinato disposto degli articoli 19 del decreto legislativo n. 533 del 1993 e 86, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 consente, ad avviso dello stesso Ufficio elettorale, all'assegnazione del seggio in questione, non rinvenendosi alcun candidato della lista MoVimento 5 Stelle non risultato eletto.
L'Ufficio elettorale ha poi valutato, per l'eventuale assegnazione del seggio vacante, la diversa opzione del ricorso al meccanismo di assegnazione contemplato dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 533 del 1993, il quale rinvia a sua volta all'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, nella parte in cui appare richiamare l'articolo 84 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361, la cui applicazione è invece espressamente esclusa dall'articolo 17-bis, comma 2, del decreto legislativo n. 533 del 1993.
Al riguardo, l'Ufficio elettorale rileva che dalla lettura della disciplina di cui agli articoli citati si evince, tuttavia, che il combinato disposto degli articoli è destinato ad applicarsi solo successivamente alla proclamazione compiuta dall'Ufficio elettorale regionale ai sensi dell'articolo 18 del citato decreto legislativo n. 533 del 1993, presupponendo che, all'esito del compimento di tutte le operazioni elettorali, il seggio rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta.
In ogni caso, l'ufficio elettorale regionale rileva che spetta alla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari la competenza esclusiva in relazione alla risoluzione delle controversie riguardanti l'assegnazione dei seggi rimasti vacanti.
Sulla questione della mancata assegnazione del seggio nella Regione Sicilia sono stati presentati alla Giunta quattro ricorsi. Sulla questione del seggio si è sviluppato un ampio ed approfondito dibattito in diverse sedute della Giunta nel corso del quale, nel pieno rispetto di tutte le valutazioni espresse dalle diverse forze politiche, si sono confrontate varie tesi allo scopo di individuare una soluzione ad un problema che investe direttamente, in una modalità inedita, la composizione del Senato.
Le determinazioni che la Giunta delle elezioni è stata chiamata ad assumere, nel rispetto delle prerogative attribuite dall'articolo 66 della Costituzione, hanno richiesto un difficile bilanciamento tra tre principi costituzionali distinti, ossia quello della salvaguardia del plenum del Senato (articolo 57, secondo comma), quello attinente alla elezione su base regionale dello stesso (articolo 57, primo comma), ed infine quello relativo al rispetto della volontà popolare, che costituisce un corollario del principio democratico di cui all'articolo 1 della Costituzione.
Si deve quindi dare atto preliminarmente che il confronto svoltosi nella Giunta è sempre stato contraddistinto dal massimo rispetto verso tutti gli orientamenti sul tema di merito ed è stato arricchito da argomentazioni ed analisi di indubbio valore tecnico-giuridico.
Nella seduta del 20 novembre 2018, al termine di questa prima fase di esame, nella veste di relatore ho ritenuto doveroso richiamare l'attenzione su alcuni principi basilari, dopo aver effettuato un approfondimento, con specifico riguardo alla questione dei seggi vacanti alla Camera dei deputati nella XIV legislatura, alle norme di riferimento sui candidati supplenti e al quadro storico delle norme dei sistemi elettorali riguardanti le assegnazioni di seggi vacanti ad altre liste.
In questa fase si è rilevato che il vigente sistema elettorale ha evidenziato una lacuna normativa. Al fine di colmare questo vuoto normativo e di evitare che un problema insolubile si trasformasse inesorabilmente in un problema di legittimità costituzionale della legge, è stato doveroso prospettare il ricorso agli strumenti a tal fine previsti dall'ordinamento e cioè, in primo luogo, all'interpretazione analogica, ai sensi del secondo comma dell'articolo 12 delle preleggi.
In questa prospettiva è stato quindi necessario chiedersi se nella legislazione elettorale non fossero rinvenibili disposizioni «che regolano casi simili o materie analoghe» e, in mancanza di queste, come il problema interpretativo potesse essere risolto «secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato», fermo restando il rispetto dei limiti all'interpretazione analogica fissati dall'articolo 14 delle preleggi (e quindi esclusa la rilevanza nel caso di specie del limite relativo alla materia penale, verificando se non si sia in presenza di disposizioni «che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi»).
A questo proposito si è rilevato che nella legislazione elettorale sono presenti alcune disposizioni che prevedono un meccanismo diretto a colmare eventuali vuoti nelle liste elettorali. Si tratta in particolare delle disposizioni di cui agli articoli 18-bis e 22 del Testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, ai quali rinvia il Testo unico delle leggi per l'elezione del Senato (si veda in generale l'articolo 27 di quest'ultimo e, in particolare, l'articolo 9). L'articolo 18-bis del Testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, al comma 3-bis dispone che in ogni collegio plurinominale ciascuna lista, all'atto della presentazione, è composta da un elenco di candidati presentati secondo un ordine numerico non inferiore a due e non superiore a quattro e che alla lista è allegato un elenco di quattro candidati supplenti, due di sesso maschile e due di sesso femminile.
L'articolo 22 prevede che ai candidati supplenti si faccia ricorso sia nel caso si determini un vuoto nella lista, per effetto della rinuncia da parte di un candidato, sia nel caso in cui tale vuoto si determini per effetto del mancato rispetto delle disposizioni che regolamentano la proporzione e l'alternanza di genere. È apparso quindi ragionevole, in questa fase, prospettare che la lacuna normativa, emersa nel momento in cui non è risultato possibile assegnare un seggio che al MoVimento 5 Stelle sarebbe spettato sulla base dei voti elettorali espressi, potesse essere colmata sulla base del disposto del citato secondo comma dell'articolo 12 delle preleggi, utilizzando le disposizioni di cui al citato articolo 22, con la conseguente proposta di attribuzione del seggio rimasto vacante al candidato supplente, appartenente alla lista MoVimento 5 Stelle, in possesso dei requisiti previsti dalla legge elettorale.
Com'era inevitabile, tale proposta ha alimentato ulteriormente la discussione, che ha visto confrontarsi i componenti della Giunta, in particolare nelle sedute del 27 novembre e dell'11 dicembre 2018. Nel corso del dibattito svoltosi nelle successive sedute sono emerse tesi relative all'assegnazione del seggio vacante, alternative rispetto alla proposta formulata. Trattandosi di una questione di una portata rilevante ed inedita per il Senato, si è ritenuto necessario riflettere su tutte le tesi così configurate, svolgendo ulteriori approfondimenti, che alla fine mi hanno indotto a riformulare la proposta inizialmente prospettata. In particolare, occorre ribadire che la salvaguardia del dovere civico dell'elettore, nel momento in cui esercita le prerogative previste dall'articolo 48 della Costituzione, è incomprimibile e la politica ha il dovere di fermarsi, anche solo quando vi è un ipotetico pericolo che esso possa essere lievemente affievolito.
Attenti studi e molteplici approfondimenti, unitamente all'ascolto delle posizioni delle legittime argomentazioni dei colleghi della Giunta, hanno quindi spinto il relatore a ragionare se la tesi del candidato cosiddetto supplente potesse rappresentare un voto consapevole, da parte di chi è chiamato ad assolvere ad un dovere civico, in rapporto alla conoscibilità del candidato.
La mancanza del sostegno dell'indicazione personale dei cittadini nei confronti di un soggetto non iscritto all'interno delle liste elettorali potrebbe ferire la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione, così come esplicitamente asserito nella sentenza n. 1 del 2014 della Corte costituzionale e, per tali motivi, si è deciso di soprassedere dalle conclusioni precedentemente esposte. Infatti, la previsione degli elenchi di candidati supplenti, seppure finalizzata a colmare eventuali lacune presenti nelle liste elettorali in sede di verifica della regolarità delle stesse, si svolge prima delle elezioni in tempo utile per consentire all'elettore di conoscere in anticipo i componenti effettivi delle liste presenti nel suo collegio. Dopo la pubblicazione delle liste elettorali, invece, gli elenchi di supplenti perdono ogni funzione e le persone che vi sono iscritte non prendono parte alle elezioni. Queste sono le ragioni che hanno condotto il relatore ad elaborare un'ulteriore proposta conclusiva rispetto a quella precedentemente illustrata.
La soluzione prospettata porterebbe all'assegnazione del seggio vacante a un candidato della lista del MoVimento 5 Stelle non eletto in altre circoscrizioni. Questa opzione sembra la più coerente con l'interpretazione letterale e sistematica della legge elettorale del Senato. Infatti, se da una parte l'articolo 17-bis del decreto legislativo n. 533 del 1993 fa rinvio ai criteri previsti dall'articolo 84 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, ad eccezione di quanto previsto dai commi 4, 6 e 7, dall'altra parte, l'articolo 19 ammette che i seggi siano assegnati anche secondo le modalità di cui all'articolo 84, comma 4. L'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo n. 533 del 1993 stabilisce infatti che nel caso in cui rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, un seggio in un collegio plurinominale, si applica l'articolo 86 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957. Quest'ultima disposizione, a sua volta, per il caso in cui una lista abbia già esaurito i propri candidati, rinvia alle modalità di cui all'articolo 84.
Per effetto del doppio rinvio operato dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 533 del 1993, all'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, e da questo all'articolo 84, sembra dunque riammessa l'applicazione dell'articolo 84, comma 4, all'elezione del Senato, nonostante l'esclusione disposta in prima battuta dal rinvio di cui all'articolo 17-bis. A questo riguardo, va chiarito innanzitutto che l'articolo 17-bis e l'articolo 19 non sono in contraddizione tra loro, avendo i due articoli finalità e ambiti di applicazione differenti. L'articolo 17-bis, infatti, individua i criteri in base ai quali procedere all'assegnazione dei seggi alle liste all'esito del riparto effettuato ai sensi dell'articolo 17. Esso dunque individua le modalità ordinarie attraverso cui devono essere assegnati i seggi.
L'articolo 19 rappresenta una norma di chiusura, finalizzata a evitare che un seggio rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta. A tal fine, essa individua alcuni criteri applicabili in via residuale, laddove non sia stato possibile assegnare tutti i seggi secondo le modalità previste dall'articolo 17-bis. Questa norma, dunque, realizza un bilanciamento tra i principi costituzionalmente garantiti dall'articolo 57 della nostra Carta, della formazione del plenum dell'Assemblea e dell'elezione dei Senatori che avviene «a base regionale». Tale bilanciamento si traduce, di fatto, in un'inversione dell'ordine dei criteri di attribuzione dei seggi; sicché, per le elezioni del Senato, il criterio previsto dall'articolo 84 trova applicazione soltanto in ultima istanza, quando, in base ai criteri di cui ai commi 2, 3 e 5, richiamati dall'articolo 17-bis, non sia possibile assegnare tutti i seggi all'interno della circoscrizione.
L'impossibilità di assegnare tutti i seggi, secondo le modalità ordinarie, attiva il rinvio normativo all'articolo 84 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, inteso come norma di chiusura, la cui applicazione appare dunque orientata all'esigenza di conseguire la completezza dell'organo e limitata a quanto necessario per ottenere tale risultato. Pertanto, stante il tenore letterale dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 533 del 1993, nel caso in esame, la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari dovrebbe giungere alla conclusione di applicare l'articolo 84 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 per l'assegnazione del seggio vacante, così come avvenuto.
In definitiva, dal combinato disposto degli articoli 17-bis e 19 del decreto legislativo n. 533 del 1993, risulta che, qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati in un collegio plurinominale e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi a essa spettanti in quel collegio, si procede secondo le seguenti modalità: in prima battuta, i seggi sono assegnati alla lista negli altri collegi plurinominali della stessa circoscrizione in cui essa abbia riportato i più alti resti, procedendo secondo l'ordine decrescente (articolo 84, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957); qualora all'esito di tali operazioni residuino ancora seggi da assegnare, questi sono attribuiti ai candidati della lista non eletti nei collegi uninominali del collegio plurinominale originario o, in mancanza, della circoscrizione (articolo 84, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957).
Nei casi in cui anche tali operazioni non consentano di assegnare tutti i seggi, questi sono attribuiti alla lista facente parte della medesima coalizione di quella deficitaria che abbia riportato i più alti resti nell'ambito del collegio plurinominale originario o, in mancanza, della circoscrizione; qualora al termine delle operazioni di cui ai punti precedenti residuino ancora seggi da assegnare alla lista, occorre individuare la circoscrizione in cui la lista abbia la maggior parte decimale del quoziente non utilizzata (articolo 84, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957).
Questo, in definitiva, è il criterio che si propone di adottare, poiché le altre possibilità indicate in precedenza non sono applicabili nel caso di specie, dato che la lista MoVimento 5 Stelle non ha candidati risultati non eletti nell'altro collegio plurinominale della Regione, il Collegio Sicilia 1, che la stessa lista non dispone nemmeno di candidati risultati non eletti nei collegi uninominali della Regione e che inoltre essa non risulta far parte di una coalizione. I seggi quindi sono assegnati alla lista nel collegio plurinominale di tale circoscrizione in cui la lista abbia la maggior parte decimale del quoziente non utilizzata, procedendo secondo l'ordine decrescente.
Qualora al termine di detta operazione residuino ancora seggi da assegnare alla lista, questi le sono attribuiti negli altri collegi plurinominali della stessa circoscrizione in cui la lista medesima abbia la maggior parte decimale del quoziente già utilizzata, procedendo secondo l'ordine decrescente.
Tale proposta conclusiva, esposta nella seduta della Giunta del 26 giugno 2019, è stata quindi approvata con 12 voti favorevoli e 10 contrari. Conseguentemente, s'intendono rigettati i ricorsi elettorali presentati dal candidato Bruno Alicata, dalla candidata Esterina Bonafede e dal candidato Antonino Scilla e si deve ritenere comunque infondato il ricorso elettorale presentato dal cittadino Mauro Lorenzo Mariotti, che ha prospettato erroneamente e senza alcuna valida motivazione una diversa circoscrizione regionale per l'attribuzione del seggio non assegnato nella Regione Sicilia. (Applausi dal Gruppo M5S).
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, senatore Malan.
MALAN, relatore di minoranza. Signor Presidente, potrei sintetizzare l'intero mio intervento - che sarà comunque breve - dicendo che in Sicilia il MoVimento 5 Stelle, in base alla legge, poteva presentare 17 candidati, ma ne ha presentati 16: è difficile quindi chiedere di avere 17 eletti, questa è la sintesi.
Andando più nel dettaglio, il MoVimento 5 Stelle, come dicevo, avrebbe potuto presentare 17 candidati, coprendo tutti i collegi uninominali, che poi ha vinto, coprendo con altri candidati le liste dei collegi plurinominali per l'attribuzione dei seggi in sede proporzionale. Ha però candidato una persona in entrambe le istanze, di conseguenza i candidati da 17 sono scesi a 16. Mi sembra che il discorso dovrebbe già essere concluso così: non si possono avere più eletti di quanti siano i candidati, perché le conseguenze sarebbero davvero stravaganti in altri tipi di elezioni di cui poi dirò qualcosa. Direi che questo è un principio di realtà che va addirittura al di là della legge, perché è una sorta di prelegge: è ovvio che non si possa avere un eletto che non si sia candidato.
Andando ai principi costituzionali, l'articolo 57, primo comma della Costituzione, dice che il Senato è eletto su base regionale: di conseguenza, chi si candida in Sicilia può essere eletto o no lì e chi si candida in Umbria può essere eletto o no lì, mi sembra abbastanza evidente. Fare eleggere il venticinquesimo senatore della Sicilia in Umbria è in palese contrasto con il primo comma dell'articolo 57 della Costituzione. Questo è però solo il primo profilo di palese incostituzionalità.
Il quarto comma dell'articolo 57 stabilisce con dettaglio e precisione come si attribuiscono i seggi a tutte le Regioni. Ci sono alcune Regioni, tra cui il Molise e la Valle d'Aosta con un numero stabilito di senatori, per le altre c'è un calcolo che prevede un minimo di sette senatori e per quanto riguarda le Regioni che stanno sopra il minimo, c'è un'attribuzione strettamente proporzionale al numero degli abitanti. Pensare ora che per una carenza di candidati - carenza voluta, notate bene - si vada a rompere questo equilibrio, mi sembra quasi più grave della rottura del principio del primo comma dell'articolo 57. Infatti, non si capisce come sia possibile sostenere che all'Umbria devono toccare otto senatori. L'Umbria è una Regione bellissima, che rappresenta molto per il nostro Paese, ciò non toglie che ha un numero di abitanti al quale la Costituzione prevede di assegnare sette senatori.
Mi piacerebbe capire come mai gli 882.000 abitanti dell'Umbria dovrebbero avere otto senatori, mentre gli abitanti dell'Abruzzo, che ammontano a 1.311.000, dovrebbero averne sette. Non solo non è sensato, ma è gravemente lesivo di quell'equilibrio della rappresentanza delle Regioni stabilito dalla Costituzione, non da un qualche comma aggiuntivo o un commentario della legge elettorale.
Creeremmo in tal modo non soltanto uno squilibrio per le Regioni Sicilia e Umbria, ma anche a livello nazionale. Ciò vale in particolare per la questione dell'Umbria; c'è poi la questione della Sicilia. Se la Costituzione assegna a tale Regione 25 seggi, essa deve averne 25. Visto che qualcuno, che pur all'esito del voto aveva avuto numeri tali che avrebbero consentito l'elezione di 17 senatori, ha presentato 16 candidati, non si può per questo penalizzare la Regione intera perché la rappresentanza del Senato è eletta su base regionale, come stabilito dall'articolo 57 della Costituzione.
L'unico principio che tenta di sorreggere il ragionamento per cui il venticinquesimo senatore della Sicilia è, in realtà, l'ottavo senatore che la Costituzione non assegna all'Umbria, è l'astratto riferimento all'articolo 1 della Costituzione, dove si dice che «la sovranità appartiene al popolo». L'articolo però non finisce lì, perché altrimenti avremmo un'enunciazione vaga e suscettibile di qualunque interpretazione, ma prosegue dicendo che «la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Altrimenti non sapremmo come applicarlo.
Il principio per cui pur essendoci 16 candidati, bisogna dare 17 eletti per rispettare la volontà del popolo, a costo di trovarli altrove, applicato ad altre elezioni avrebbe esiti non direi più paradossali, ma altrettanto paradossali perché già questo lo è.
Ho ascoltato l'ottimo relatore di cui ho apprezzato la pacatezza, la correttezza e la grande attenzione con cui ha studiato il problema. Egli ha detto però che non ci sono analogie in altre leggi elettorali. Non è vero che non ci sono. A livello regionale e comunale, visto che le Province sono state sottratte alla famosa sovranità del popolo, c'è la possibilità, specificamente esplicitata nelle rispettive leggi elettorali, di presentare un numero di candidati inferiore al totale dei consiglieri regionali o comunali da eleggere. È possibile e consentito, c'è comunque un minimo, ma può accadere che a quel partito e a quella lista spettino più seggi dei candidati che sono stati presentati.
Per esempio, se un partito in Piemonte presenta una lista incompleta, che non ha tutti i candidati al Consiglio regionale ai quali avrebbe diritto e poi ha un risultato talmente straordinario a livello di elezioni da aver diritto ad ancora più candidati, cosa facciamo? Visto che a una certa lista spettava un seggio in più in Piemonte, andiamo a trovargliene uno in Puglia? Andiamo a eleggere un consigliere regionale in più in Puglia, visto che in Piemonte non ha presentato abbastanza candidati?
La stessa cosa vale a livello dei Comuni, dove - sto parlando dei Comuni con più di 15.000 abitanti - si possono presentare delle liste incomplete. Anche in questo caso, può succedere che un partito ottenga un consenso tale da consentirgli un numero di eletti in Consiglio comunale superiore a quello dei candidati. Cosa facciamo? Prendiamo gli altri consiglieri in un altro Comune? Sarebbe la stessa identica cosa, altrettanto paradossale e non rispettosa della sovranità popolare.
Infatti, gli umbri che hanno espresso il proprio voto a favore del MoVimento 5 Stelle, hanno votato per i senatori dell'Umbria. La Costituzione vieta che gli umbri decidano chi viene eletto in Sicilia, così come vieta che in Sicilia venga candidato un signore che si è candidato in Umbria.
Siamo di fronte a una situazione che nessuno prevedeva, a cominciare dal MoVimento 5 Stelle, che non ha presentato un numero di candidati sufficiente. Bisogna prendere atto di questo.
Illustro la nostra tesi in merito a chi debba essere il venticinquesimo senatore della Sicilia. Posto che il MoVimento 5 Stelle ha esaurito i candidati e che non è in coalizione (pertanto non si possono reperire altri candidati tra i partiti alleati), il seggio restante deve essere assegnato al partito con il resto residuo maggiore che - lo direi a proposito di qualunque altro partito - guarda caso è Forza Italia. Se in Sicilia devono esserci 25 senatori - e la Costituzione questo prescrive - in mancanza di candidati del partito che ha avuto più voti, il seggio deve essere attribuito al partito con il più alto resto a cui non sono stati assegnati seggi.
Giunta per il Regolamento, convocazione
Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, convocazione
PRESIDENTE. Comunico che alle ore 10,30 sarà convocata la Giunta per il Regolamento e alle ore 10,45 la Conferenza dei Capigruppo.
Ripresa della discussione del documento XVI, n. 2 (ore 10,17)
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, senatore Grasso.
GRASSO, relatore di minoranza. Signor Presidente, colleghi, prima di tutto voglio esprimere ora, che ne ho l'occasione, le mie congratulazioni al MoVimento 5 Stelle per aver ottenuto, un anno e mezzo fa, un successo superiore anche alle loro aspettative e alle previsioni della stessa legge elettorale, dato che hanno presentato un numero di candidati inferiore a quello dei seggi; un consenso perso, però, con la stessa alta velocità (non uso un termine a caso) con cui è stato conquistato. Dalle vittorie di Pirro alle vittorie zero, per dirla con le vostre nuove espressioni, che danno un senso inedito sia alla grammatica, che all'aritmetica.
La questione di cui stiamo discutendo è molto semplice, nella sua descrizione. Avendo il MoVimento 5 Stelle usufruito, come previsto dalla legge, di pluricandidature nei seggi uninominali e plurinominali, si è verificato il caso che nel collegio del Senato Sicilia 2 uno dei quattro seggi assegnati (quello della collega Catalfo, eletta contemporaneamente nel collegio uninominale Sicilia 08) è rimasto non assegnato, perché tutti gli altri della lista sono diventati nostri stimati colleghi senatori.
Affronterò brevemente le prime due delle quattro soluzioni possibili, quelle che ritengo non essere percorribili per ragioni talmente evidenti che non meritano un particolare approfondimento.
La prima è quella di attingere all'elenco dei candidati supplenti della lista. È noto a tutti che il ruolo dei supplenti è finalizzato alla fase di verifica della regolarità della lista prima delle elezioni e in tempo utile per consentire all'elettore di conoscere in anticipo i componenti effettivi delle liste presenti nel suo collegio.
Dopo la pubblicazione delle liste elettorali, invece, gli elenchi di supplenti perdono ogni funzione e le persone che vi sono iscritte non possono essere elette, altrimenti andrebbe a cadere il collegamento fra eletti ed elettori.
La seconda soluzione prospettata, quella appena illustrata dal senatore Malan, mi pare altrettanto impercorribile. Essa consiste nell'assegnare il seggio a una lista diversa dal MoVimento 5 Stelle, ma ciò non mi sembra ammissibile, esistendo il principio democratico dell'articolo 1 della Costituzione e il principio di eguaglianza del voto dell'articolo 48, comma secondo, della Costituzione. È evidente che un simile metodo corrisponderebbe a una violazione della volontà degli elettori che avevano contribuito all'assegnazione del seggio alla lista deficitaria; e in questo campo non è ammessa alcuna analogia, come spesso si è pronunciata la Corte costituzionale.
La terza ipotesi, adottata a maggioranza dalla Giunta, è assegnare il seggio vacante a un candidato non eletto di una lista del MoVimento 5 Stelle di una circoscrizione diversa dalla Sicilia. Soluzione - come abbiamo detto - in palese ed evidente contrasto con il preciso e irrinunciabile dettato costituzionale dell'elezione del Senato a base regionale (articolo 57, comma primo, della Costituzione), nonché con l'interpretazione letterale e sistematica della legge elettorale del Senato. Ci sono due punti fermi nella Costituzione riguardo il Senato: la sua elezione a base regionale e il numero dei senatori, introdotto dalla legge costituzionale n. 2 del 1963. Occorre quindi stabilire se il raggiungimento della completezza del plenum di 315 senatori possa giustificare il sacrificio del requisito del mantenimento del collegamento tra il seggio da assegnare e la circoscrizione della Regione di provenienza (principio stabilito dal primo comma dell'articolo 57 della Costituzione).
Dato lo scarso tempo a disposizione e la difficoltà a seguire un ragionamento fatto di norme e rimandi incrociati, senza avere le norme davanti, rimando per i dettagli tecnici a quanto scritto, depositato e distribuito ai colleghi senatori nella mia relazione di minoranza. È sufficiente però sottolineare che le norme escludono alcune disposizioni valide per la Camera, ovvero la possibilità di attingere ad altre circoscrizioni, proprio in osservanza del limite dell'elezione a base regionale. Questo non ci può spingere a considerare valida per analogia quella norma di chiusura invocata nella relazione di maggioranza, prevista per la sola Camera dei deputati, nemmeno per effetto del doppio rinvio all'articolo 84, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957: un doppio salto mortale, che viola la norma costituzionale.
L'unica soluzione in linea con la Costituzione e con i precedenti di questa Assemblea è non assegnare il seggio per l'intera legislatura, senza che questo comporti alcun vulnus, perché il Senato può deliberare validamente anche con numeri inferiori al plenum dei 315, prescritto dall'articolo 57, comma secondo, della Costituzione. Del resto già in passato - ci sono diversi esempi citati nella mia relazione - le Giunte di Camera e Senato constatarono che questa era la soluzione quando era impossibile individuare, nella legge elettorale allora vigente, un criterio utile ad assegnare i seggi vacanti. Per questa ragione si decise in più occasioni di non assegnare uno o più seggi, tanto più che nella nostra ipotesi la diminuzione di un solo senatore da 315 a 314 non comporterebbe nemmeno uno spostamento nella maggioranza assoluta, che in ogni caso rimarrebbe fissata in 161, considerati anche i senatori a vita.
La legge elettorale vigente ha evidentemente delle falle e il Parlamento dovrà porvi rimedio. D'altronde si ricorderà che questa legge, il cosiddetto Rosatellum, ebbe un cammino non proprio ampiamente condiviso. Il Governo di allora vi pose la questione di fiducia, espropriando il Parlamento di una sua prerogativa e non consentendo in Senato nemmeno la discussione generale, scelta che, com'è noto, stigmatizzai fortemente da Presidente del Senato.
La scelta tra il principio dell'elezione regionale del Senato e il numero di 315 senatori, non può spingerci a correggere i risultati elettorali, atto che la Corte costituzionale (sentenza n. 44 del 1961) giudica «di innegabile gravità poiché porta ad assegnare alcuni seggi a persone diverse da quelle a cui sarebbero spettati» o addirittura, come in questo caso, a circoscrizioni assolutamente diverse. È stato detto dalla stessa Corte costituzionale che non è consentita in questa fattispecie alcuna applicazione delle norme in analogia. Pertanto, considerata l'impossibilità di individuare un criterio adeguatamente condiviso nel suo fondamento di diritto, tale cioè da risultare un principio generalmente incontrovertibile dal punto di vista ordinamentale, e rilevata la legittimità sotto il profilo costituzionale del dato di fatto che la composizione del Senato possa essere, com'è avvenuto, inferiore al plenum previsto dal citato articolo 57, secondo comma della Costituzione; preso atto, infine, che non sussistono le condizioni per assegnare il seggio del collegio plurinominale "Sicilia-02" ad un senatore eletto in altra circoscrizione diversa dalla Sicilia, l'unica soluzione alla mancata assegnazione del seggio siciliano consiste, appunto, nel non assegnarlo e quindi nel farlo rimanere vacante per il resto della XVIII Legislatura. Questa è la mia proposta, contenuta anche nell'ordine del giorno presentato cui faccio rifermento.
In conclusione, non può quest'Assemblea, per la volontà del MoVimento 5 Stelle di avere un senatore in più (loro che si vantano di "tagliare le poltrone") e con l'accondiscendenza della Lega - per il baratto continuo e quotidiano in quel suk in cui hanno trasformato il Governo - votare una decisione che va palesemente contro la Costituzione.
Già troppi sfregi alla democrazia avete consumato in questi mesi di Governo, già troppe volte, ora gli uni ora gli altri, avete chinato la testa e votato l'indifendibile e l'invotabile: risparmiate, ve lo chiedo da cittadino, da senatore, da ex Presidente di questa istituzione, la scelta degli eletti "à la carte" come fossimo al ristorante. I voti dei cittadini siciliani non possono andare a chi è stato candidato per il Senato in Umbria, lo dice la Costituzione. Sarebbe ridicolo, se non fosse gravissimo. (Applausi dal Gruppo Misto-LeU).
PRESIDENTE. Sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 10,29, è ripresa alle ore 11,30).
Presidenza del vice presidente TAVERNA
Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, senatore Cucca.
CUCCA, relatore di minoranza. Signor Presidente, signori colleghi, il caso del quale ci stiamo occupando, che riguarda la Regione Sicilia, è originato dall'ampio successo elettorale ottenuto dal MoVimento 5 Stelle nella Regione nelle elezioni del 4 marzo 2018. Di fatto, quel risultato così eclatante ha consentito di conseguire nell'isola all'incirca la metà dei voti e di conquistare circa due terzi dei seggi che erano in palio tra la Camera e il Senato. La presenza di liste plurinominali corte e la possibilità di pluricandidature, tuttavia, ha determinato l'incapienza delle liste di candidati del MoVimento 5 Stelle in Sicilia, che non avevano un numero di candidati sufficiente a coprire tutti i seggi che avrebbero potuto essere conseguiti per il risultato eclatante di cui ho testé parlato.
Alla Camera dei deputati, dove i seggi da assegnare fuori circoscrizione erano 3, la questione è stata di facile soluzione, perché il conteggio e l'assegnazione dei seggi vengono fatti a livello nazionale e di conseguenza, in applicazione dell'articolo 84, comma 4, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, si individua la circoscrizione in cui la lista abbia la maggior parte decimale del quoziente non utilizzata e si procede all'assegnazione dei seggi vacanti.
Al Senato, il ragionamento è totalmente differente, perché differenti sono la legge e le norme costituzionali che regolano l'elezione dei componenti del Senato stesso. Al Senato vi è ancora oggi un seggio non assegnabile al MoVimento 5 Stelle all'interno della Regione e tuttora vacante. Però la soluzione che è stata prospettata, simile a quella adottata per la Camera dei deputati, non può essere adottata per le seguenti ragioni.
L'articolo 57, primo comma, della Costituzione - questo è il principio cardine e il faro che deve guidare questo percorso - afferma che il Senato deve essere eletto su base regionale. Risulterebbe, quindi, incostituzionale una legge elettorale per il Senato che attribuisse i seggi conquistati da una lista in una circoscrizione regionale ai candidati della medesima lista presentatisi in una diversa Regione. Il principio costituzionale del Senato eletto su base regionale determina, infatti, l'identificazione della Regione come circoscrizione elettorale in cui i seggi a ciascuna assegnati, secondo i criteri di ripartizione specificamente previsti dai commi terzo e quarto del medesimo articolo 57 della Costituzione, devono essere nella medesima Regione interamente aggiudicati. Questo significa che non si può fare ricorso ad altre persone che siano state candidate in Regioni differenti.
Anche l'articolo 1 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, che disciplina il sistema elettorale del Senato, afferma che, coerentemente con il dettato costituzionale, «il Senato della Repubblica è eletto su base regionale». Ed esclusivamente su base regionale può essere eletto anche alla luce della nuova normativa. L'articolo 17-bis, comma 2, della legge elettorale del Senato esclude espressamente che possa applicarsi ai casi in cui una lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati in un collegio plurinominale per il Senato la disciplina prevista all'articolo 84, comma 4 della legge elettorale della Camera dei deputati (cioè l'articolo 17-bis esclude espressamente l'applicabilità al Senato del comma 4 dell'articolo 84 della legge elettorale della Camera dei deputati), che consentirebbe invece di attribuire i seggi non assegnati ai candidati della medesima lista in altre circoscrizioni regionali. Se si applicasse la regola vigente per la Camera, si determinerebbe l'assegnazione a un'altra Regione del seggio senatoriale spettante alla Regione Sicilia, violando in maniera manifesta la ripartizione dei seggi tra le diverse Regioni compiuta ai sensi dell'articolo 57, comma quarto, della Costituzione.
La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, a conclusione di una lunga istruttoria... (Brusio).
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Cucca. Posso chiedere all'Assemblea di moderare il brusio? Grazie.
CUCCA, relatore di minoranza. La ringrazio, signor Presidente.
La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, a conclusione di un'istruttoria estremamente lunga, durata nove mesi, ha deciso a maggioranza di proporre all'Assemblea l'aggiudicazione del seggio resosi vacante al Senato, per mancanza di candidati della lista del MoVimento 5 Stelle nel collegio plurinominale Sicilia 2, ad un candidato non eletto del MoVimento 5 Stelle in un'altra circoscrizione regionale.
Come circoscrizione "supplente" è stata individuata l'Umbria, in cui il suddetto candidato ha ottenuto la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata.
Per cercare di ovviare all'espresso divieto contenuto nell'articolo 17-bis della legge elettorale - di cui ho parlato in precedenza - di per sé insormontabile, la proposta approvata dalla Giunta fa leva sul successivo articolo 19, comma 2, del testo unico delle leggi per l'elezione del Senato, secondo cui «nel caso in cui rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, un seggio in un collegio plurinominale si applica l'articolo 86 del testo unico delle leggi recanti norme per la relazione della Camera dei deputati», il quale, a sua volta, per il caso in cui lista abbia già esaurito i propri candidati, rinvia alle modalità di cui agli articoli 84, commi 2, 3, 5 e (per l'appunto) 4.
Questa oserei dire spericolata e maldestra interpretazione della legge elettorale del Senato, frutto di un "doppio rinvio" (dall'articolo 19 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica all'articolo 86 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati e, da questo, al precedente articolo 84, comma 4), è manifestamente infondata. Essa si basa infatti sul presupposto che la legge elettorale del Senato contenga nel suo testo due norme in contraddizione l'una con l'altra: l'articolo 17-bis, che vieta il rinvio alla legge della Camera, e quindi l'assegnazione di seggi senatoriali in soprannumero in un'altra circoscrizione regionale, e l'articolo 19 che, rinviando per casi del tutto differenti ad un articolo della legge elettorale della Camera, che a sua volta rinvia a un altro articolo della medesima legge, permetterebbe l'assegnazione dei seggi in soprannumero in Sicilia ad un'altra circoscrizione regionale. Tale interpretazione è inoltre infondata anche perché il citato articolo 19, come ammette lo stesso relatore, ha finalità ed ambiti di applicazione differenti rispetto al precedente articolo 17-bis. Quest'ultimo, infatti, riguarda la fase iniziale dell'assegnazione dei seggi, mentre l'articolo 19 tratta della fase posteriore della vacanza del seggio già assegnato «per qualsiasi causa, anche sopravvenuta». È infondata, infine, anche perché l'interpretazione accolta dalla Giunta della legge elettorale del Senato, che condurrebbe alla fine ad attribuire in Umbria il seggio assegnato alla Sicilia, renderebbe la legge elettorale chiaramente incostituzionale per violazione del dettato di cui all'articolo 57 della Costituzione più volte da me, e da tutti i colleghi di minoranza intervenuti in precedenza, richiamato.
La soluzione prospettata dalla Giunta è illegittima per violazione del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica ed incostituzionale per la violazione del principio contenuto nell'articolo 57 della Costituzione per il quale «il Senato è eletto a base regionale». Non pare dubbio che il profilo di maggiore illegittimità della proposta approvata a maggioranza dalla Giunta sia proprio il suo evidente e radicale contrasto con l'articolo 57, primo comma, della Costituzione, profilo che non a caso tale proposta omette completamente di approfondire, quasi che essa lo abbia risolto ritenendo implicitamente - e illegittimamente - prevalente la disposizione legislativa - peraltro erroneamente interpretata, come ho detto in precedenza - su quella costituzionale. È evidente che si tratta di una fantasia giuridica.
L'articolo 57, primo comma, della Costituzione, invece, imponendo la base regionale per l'elezione del Senato, implica che il livello di aggiudicazione dei seggi sia solo e soltanto quello regionale, senza possibilità di traslazione dei seggi vacanti da una circoscrizione regionale ad un'altra, invece possibile e consentita dal testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati, che non incontra il limite posto dall'articolo 57, primo comma, della Costituzione riferito esclusivamente all'elezione del Senato.
Non a caso, del resto, nella storia repubblicana la legge elettorale del Senato non ha mai previsto, né si sono mai verificate, ipotesi di slittamento di seggi da una circoscrizione regionale ad un'altra.
Mi sia consentito, Presidente, di aggiungere un'ulteriore osservazione. La Giunta delle elezioni ha un compito estremamente gravoso, un compito per il quale, soprattutto quando valuta la validità delle elezioni, esercita evidentemente poteri molto ampi, anche di discrezionalità. Questo però non significa che la Giunta delle elezioni possa essere svincolata dalla legge e possa violare dei principi legislativi. Tutte le decisioni prese dalla Giunta, devono essere adottate nell'ambito della legalità piena, nel rispetto delle leggi vigenti in questa Nazione.
A maggior ragione, è indispensabile e doveroso che anche la Giunta delle elezioni si attenga, prima di tutto, all'osservanza della nostra Costituzione, che costituisce, comunque, il faro anche per l'applicazione delle altre leggi.
Ove ci fosse una norma palesemente incostituzionale - ma, di fatto, la legge vigente non lo è, perché l'esatta interpretazione anche della norma della legge elettorale vigente non consente comunque il ragionamento che è stato fatto nella relazione di maggioranza - a ben vedere non esisterebbe possibilità di applicarla. Invece, l'interpretazione che è stata fornita viola completamente, tanto la legge elettorale, che non indica il percorso che è stato seguito, quanto, soprattutto, le norme costituzionali. È evidente che non può essere approvata la relazione di maggioranza e che si dovrà di nuovo valutare la situazione che si è venuta a creare a seguito dell'esame della vicenda siciliana.
PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la questione sospensiva QS1.
Ha chiesto di intervenire la senatrice Ginetti per illustrarla. Ne ha facoltà.
GINETTI (PD). Signor Presidente, premesso che, con propria deliberazione, in data 26 giugno 2019, la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, riunita per discutere dell'attribuzione del seggio non assegnato nella circoscrizione Sicilia 2 per mancanza di candidati della lista aggiudicataria, ha deciso di proporre all'Assemblea del Senato, disattesa ogni diversa istanza, di deliberare l'attribuzione del seggio resosi vacante ad un candidato di quella stessa lista non eletto in un'altra circoscrizione regionale dove questa ha ottenuto la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata, la soluzione prospettata dalla Giunta concernente il seggio non assegnato in Sicilia non è il risultato di una decisione giuridicamente fondata, ma di una deliberazione assunta in forza della sola logica numerica della maggioranza politica del momento.
Ciò ha prodotto una soluzione che risulta palesemente illegittima, per violazione della attuale legge elettorale del Senato, ed incostituzionale per la violazione del principio contenuto nell'articolo 57 della Costituzione, che richiede che il Senato sia eletto a base regionale.
Considerato che la questione concerne la mancata assegnazione di un seggio in Sicilia al MoVimento 5 Stelle, i cui otto candidati dei due collegi plurinominali sono stati tutti proclamati eletti, tranne uno, la senatrice Catalfo, già eletta in uno dei collegi uninominali della medesima circoscrizione Sicilia, la decisione da parte del MoVimento 5 Stelle di avvalersi dell'istituto della pluricandidatura previsto dalla attuale legge elettorale ha determinato l'incapienza delle liste di candidati del MoVimento 5 Stelle in Sicilia che non avevano candidati sufficienti a coprire tutti seggi conseguiti.
Tenuto conto che l'ipotesi di una lista che abbia esaurito il numero dei candidati presentati in un collegio plurinominale, rendendo quindi possibile attribuire tutti i seggi a essa spettanti in quel collegio, è espressamente prevista dall'articolo 17-bis della legge elettorale del Senato (che esclude esplicitamente possa applicarsi a questi casi la disciplina prevista dalla legge elettorale della Camera dei deputati, che invece consente di attribuire i seggi non assegnati ai candidati della medesima lista in altre circoscrizioni) e che questa differente disciplina è una diretta applicazione del dettato dell'articolo 57, primo comma, della Costituzione, secondo il quale il Senato deve essere eletto su base regionale, risulterebbe manifestamente incostituzionale una legge elettorale per il Senato che attribuisse i seggi conquistati da una lista in una circoscrizione regionale ai candidati della medesima lista presentatesi in una diversa Regione. Il principio del Senato eletto a base regionale determina, infatti, l'identificazione della Regione come circoscrizione elettorale in cui i seggi a ciascuna di esse assegnati, secondo i criteri di ripartizione specificamente previsti dai commi 3 e 4 del medesimo articolo 57 della Costituzione, devono essere nella stessa Regione interamente aggiudicati.
Preso atto che, per cercare di ovviare all'espresso divieto contenuto nell'articolo 17-bis, comma 2, della legge elettorale, di per sé insormontabile, la proposta approvata della Giunta fa leva sul successivo articolo 19, comma 2, della legge elettorale del Senato, secondo cui «nel caso in cui rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, un seggio in un collegio plurinominale, si applica l'articolo 86 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati». Quest'ultima disposizione, a sua volta, per il caso in cui lista abbia già esaurito i propri candidati, rinvia alle modalità di cui agli articoli 84, commi 2, 3, 5 e (per l'appunto) 4. Questa spericolata e maldestra interpretazione della legge elettorale del Senato, frutto di un doppio rinvio, che riammetterebbe l'applicazione - formula ad oggi sconosciuta nel diritto pubblico italiano - di una norma esplicitamente esclusa dalla legge stessa è manifestamente infondata per le ragioni già illustrate.
Mi avvio a concludere, poi consegnerò il testo scritto della questione sospensiva.
Per le ragioni sopra esposte, noi riteniamo che non si sia mai vista nella storia repubblicana, nella vita del Senato né del Parlamento in generale, una violazione della Costituzione - nello specifico, l'articolo 57, comma 1 - per l'attribuzione di seggi vacanti in una circoscrizione regionale attribuendo il seggio sulla base di una lista di una Regione diversa.
Sosteniamo per questi motivi l'incostituzionalità della delibera della Giunta e quindi della relazione di maggioranza. (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, sulla questione sospensiva presentata si svolgerà una discussione nella quale potrà intervenire un rappresentante per Gruppo, per non più di dieci minuti.
DE PETRIS (Misto-LeU). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-LeU). Signor Presidente, la questione sospensiva appena illustrata è assolutamente fondata, perché la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari è assolutamente, e palesemente dal nostro punto di vista, incostituzionale. L'ipotesi che una lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati in un collegio plurinominale e che non sia possibile attribuire tutti i seggi a esso spettanti in quel collegio è prevista dall'articolo 17-bis della legge elettorale del Senato, la quale tuttavia esclude esplicitamente che possa applicarsi a questi casi la disciplina prevista dalla legge elettorale della Camera dei deputati. Il motivo è assolutamente chiaro, evidente e insormontabile: l'articolo 57 della Costituzione, primo comma, e poi anche il comma quarto che disciplina nei dettagli il modo in cui vengono attribuiti i seggi, afferma esplicitamente che il Senato è eletto a base regionale. Tanto è vero che in tutti questi anni - il senatore Calderoli ha un'esperienza in questo e forse sarebbe stato meglio che portasse la sua testimonianza - ogni volta che si è messa mano ad una nuova legge elettorale - e qualcuna ne abbiamo avuta - si è riproposta la questione del Senato. Questo è accaduto per quanto riguardava il Mattarellum, poi per il Porcellum e per l'Italicum (anche se quest'ultimo, per la verità, il problema non lo aveva, perché era prevista l'eliminazione del Senato e quindi aveva risolto il problema in quel modo) e poi ancora per il Rosatellum. Nella discussione molto partecipata su tutte le modifiche alla legge elettorale si è sempre ritenuto, giustamente, di non potere in alcun modo, neanche attraverso varie tecniche, superare quello che è previsto espressamente dalla nostra Costituzione. La motivazione stessa con cui la Giunta, a maggioranza, viene qui a proporci di assegnare questo seggio non sovrannumerario sulla base di una lista di un'altra Regione non ha altre basi se non appellarsi all'articolo 1 della nostra Costituzione. La violazione dell'articolo 57, ovviamente, non riguarda soltanto il primo comma, ma espressamente anche il comma 4 del medesimo articolo, che disciplina dettagliatamente anche la proporzionalità in ogni Regione tra i seggi da attribuire in base alla popolazione.
Quindi, con questa decisione della Giunta si verrebbe addirittura a creare un doppio problema, una doppia violazione, sia del primo comma che del quarto comma dell'articolo 57 della Costituzione. Da una parte, gli elettori siciliani sarebbero rappresentati non più da un eletto in Sicilia, ma addirittura da un eletto in Umbria; dall'altra, la violazione del quarto comma dell'articolo 57 si produrrebbe in virtù del fatto che ci sarebbe una sovrarappresentazione della Regione Umbria.
Torno a ripetere che l'applicazione delle modalità previste dall'articolo 86 della legge elettorale della Camera dei deputati incorrerebbe palesemente, così come visto, in una violazione costituzionale.
Si viene inoltre a creare un precedente al nostro avviso assolutamente pericoloso, che toglie ogni certezza alla proclamazione degli eletti stessi. Nel caso di specie, tra l'altro, ciò è accaduto non solo perché il MoVimento 5 Stelle ha ottenuto più voti di quelli che prevedeva, ma anche perché ha utilizzato (come anche altri) la tecnica della doppia candidatura, in un collegio uninominale e nel collegio plurinominale. Peraltro la legge prevede anche come sopperire quando è esaurito l'elenco dei candidati, ricorrendo a una lista associata in coalizione.
In conclusione, l'obiettivo di riuscire a realizzare il plenum dell'Assemblea del Senato non è sovraordinato alla nostra Costituzione, che è, da questo punto di vista, assolutamente irrinunciabile e non scavalcabile. Ricordo che ci sono altri precedenti che hanno fatto sì che non si completasse il plenum. Da questo punto di vista, quindi, i precedenti sono a favore della scelta di non completare il plenum, per essere rigidamente e coerentemente rispettosi dell'articolo 57 della Costituzione.
Per tutti questi motivi noi voteremo a favore della questione sospensiva QS1 per palese e manifesta incostituzionalità. (Applausi dai Gruppi Misto e PD).
ROSSOMANDO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROSSOMANDO (PD). Signor Presidente, colleghi, a questo punto della discussione le premesse sono note. C'è stato un numero di eletti inferiore, per sovrapposizione di candidature, ai seggi in astratto attribuibili e a maggioranza, e si propone una soluzione che noi riteniamo costituzionalmente illegittima. Vorrei sottolineare questo aspetto per evidenziare che il nostro ruolo di parlamentari in questa seduta di Assemblea del Senato, quindi non nelle Commissioni tecniche o nella Giunta per il Regolamento, è importantissimo: noi siamo individualmente chiamati a essere i custodi della Costituzione, indipendentemente da schieramenti o altro, prioritariamente rispetto a qualsiasi altra cosa.
Quali sono a questo punto i temi? La legge elettorale del Senato, con l'ormai noto articolo 17-bis, esclude esplicitamente che si possa applicare la disciplina prevista dalla legge elettorale della Camera dei deputati, che consente, in alcune situazioni, di attribuire i seggi non assegnati ai candidati della medesima lista in altre circoscrizioni.
C'è ora un'altra questione. C'è una logica che dobbiamo utilizzare. Visto che sono stati chiamati giustamente in causa dei termini giuridici quale l'istituto dell'interpretazione analogica, sottolineo che c'è un principio di chiusura e sovrastante quello cioè del «provvedimento abnorme», che non è ammesso. È una categoria giuridica ampiamente illustrata ed esplorata che serve a evitare delle forzature di sistema che poi influiscono non solo sul caso specifico. Qui saremmo esattamente nella fattispecie del provvedimento abnorme.
Ci sono delle questioni di principio che non possono essere oltrepassate: la diversa attribuzione tra regionale e nazionale, tra Camera e Senato è voluta. Il legislatore finora - addirittura, il legislatore costituzionale - ha voluto, fintanto che non si cambia la Costituzione, prevedere una diversa disciplina proprio attribuendo anche a questa un equilibrio nel bicameralismo perfetto (che spesso viene difeso, anche se poi non così tanto nei fatti). Il dettato dell'articolo 57 della Costituzione è assolutamente invalicabile. Quando si fa un'interpretazione giuridicamente analogica - maldestra nella sua accezione giuridica - superando l'articolo 17-bis del testo unico delle leggi per l'elezione del Senato, con il successivo articolo 19, comma 2, del medesimo testo, vorrei ricordare che le norme di chiusura servono non quando non si riesce a trovare una soluzione che ci piace, ma quando c'è una parte indeterminata perché comunque non ci può essere una non disciplina. Qui non siamo però in un caso di non disciplina: qui è disciplinato molto chiaramente il divieto di utilizzare - quando bisogna ancora assegnare i seggi e non quando sono già assegnati - i criteri previsti per l'attribuzione alla Camera. In base a cosa si fa prevalere l'articolo 19, che dichiaratamente serve per altre ipotesi, sull'articolo 17-bis, in contraddizione con un principio costituzionale dell'articolo 57, che è invalicabile? Per questo è abnorme la soluzione proposta. Tutte le interpretazioni possibili non possono andare in contrasto con la norma costituzionale, che è la norma che orienta qualsiasi interpretazione. Da questo punto di vista, il ragionamento è viziato da illogicità palese.
Riassumo i tre punti: innanzitutto non si può rinviare per casi differenti all'interpretazione analogica perché non c'è un vuoto normativo, ma un vuoto di soluzione attesa, che eventualmente per un caso concreto de iure condendo può essere presa in considerazione; l'articolo 19, come lo stesso relatore ha correttamente esposto, ha finalità e ambiti di applicazione assolutamente differenti perché è un momento successivo. È vero che, a volte, analogicamente si può utilizzare una norma indipendentemente dal fine per cui la norma è stata scritta, ma deve essere consentito dal testo della norma stessa e non quando c'è una contraddizione in termini e quando c'è la barriera dell'articolo 57 della Costituzione, che stabilisce che l'attribuzione è a base regionale e territoriale. I tre motivi sono pertanto: si tratta di casi differenti, invalicabile analogia e violazione dell'articolo 57 della Costituzione, che prevale sempre.
Un ulteriore punto riguarda la sovranità popolare, che guida qualsiasi interpretazione della legge elettorale e che non è un principio astratto che evochiamo quando non sappiamo più cosa dire: è un principio che la stessa Costituzione stabilisce debba essere applicato nelle forme e nei limiti da essa previsti. Pertanto la Costituzione fornisce una guida per la sovranità popolare «stabilendo che essa vada esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione». In questo caso c'è l'articolo 57, che è inscindibilmente legato alla sovranità popolare. In questo caso la sovranità popolare significa che c'è un principio territoriale regionale che non può assolutamente essere travolto e violato. Sono stati fatti degli esempi concreti anche dal collega Malan, il quale giustamente ci ha detto che in questo caso ci sarebbe una Regione che, con un principio del tutto casuale, vedrebbe addirittura accresciuto il numero degli eletti su base regionale. Qual è il criterio? Non può essere un criterio astratto.
In conclusione, l'introduzione di un simile premio di maggioranza e di un preliminare livello sovraregionale di assegnazione dei seggi non solo non è mai stato preso in considerazione, ma è stato sempre escluso dal legislatore nel tempo, quindi è una fattispecie contraria anche ai precedenti legislativi. Non a caso, la base regionale del Senato implica che il criterio di assegnazione dei seggi sia sempre e soltanto quello regionale, che in questo caso discende dall'applicazione della sovranità popolare, senza possibilità di traslazione dei seggi vacanti da una circoscrizione regionale all'altra. Non c'è alcun precedente analogo nella storia repubblicana.
Come dicevo in premessa, noi siamo i custodi del dettato costituzionale e non possiamo assolutamente travolgerlo. Se c'è un tema, il legislatore si applicherà ad esso, ma finora questa è la disciplina che ci siamo dati e che, tra l'altro, attiene a un impianto che va oltre, quello del bicameralismo perfetto, che fino ad oggi non è stato messo in discussione neanche da un voto popolare.
Ecco perché, signor Presidente, colleghi, non soltanto insistiamo, ma sosteniamo con grande forza e convinzione che il tema è talmente alto ed importante che deve essere riesaminato. Quindi la richiesta di sospensiva ha esattamente questo significato. Il tema deve essere riesaminato con tutte le attenzioni, perché stiamo introducendo surrettiziamente una modifica della Costituzione, e ciò non è possibile. (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 93, comma 5, del Regolamento, indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della questione sospensiva QS1, presentata dalla senatrice Ginetti e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Sui lavori del Senato
Commissioni permanenti, autorizzazione alla convocazione
PRESIDENTE. La Conferenza dei Capigruppo ha stabilito che nella seduta odierna si concluderà, entro le ore 15, la discussione del documento della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari relativo al seggio non assegnato nella Regione Sicilia.
Resta confermato, alle ore 15, il question time con i ministri Tria, Moavero Milanesi e Bonafede.
La prossima settimana, nella giornata di martedì 30 luglio, dalle ore 15 senza orario di chiusura, saranno discussi il disegno di legge di delegazione europea 2018 e connesse relazioni, nonché il disegno di legge sulla proroga dei termini del codice della nautica da diporto.
Mercoledì 31 luglio si concluderà la discussione, con votazione, dei documenti definiti dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari in tema di verifica dei poteri di Sicilia, Emilia-Romagna e Calabria, e sarà inoltre esaminato il disegno di legge sul distacco dei Comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio.
Nel corso della settimana, fino a giovedì 1° agosto, il calendario prevede inoltre l'esame dei seguenti provvedimenti: insegnamento scolastico dell'educazione civica; dalla sede redigente, valorizzazioni delle piccole produzioni alimentari di origine locale; dalla sede redigente, partecipazioni in società del settore lattiero-caseario; deleghe al Governo in materia di ordinamento sportivo; decreto-legge su disposizioni in materia di ordine e sicurezza pubblica, che sarà trasmesso dalla Camera dei deputati; in prima deliberazione del Senato, disegni di legge costituzionali già previsti dal precedente calendario; rendiconto e bilancio interno del Senato.
Nel corso della prossima settimana sarà nuovamente convocata la Conferenza dei Capigruppo per un'ulteriore valutazione del calendario anche alla luce dei lavori delle Commissioni sui provvedimenti previsti.
Le Commissioni sono autorizzate a convocarsi in orari non coincidenti con le sedute dell'Assemblea, in relazione ai rispettivi programmi dei lavori.
Programma dei lavori dell'Assemblea, integrazioni
PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, riunitasi oggi con la presenza dei Vice Presidenti del Senato e con l'intervento del rappresentante del Governo, ha adottato - ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento - le seguenti integrazioni al programma dei lavori del Senato per i mesi di luglio e agosto 2019:
- Disegno di legge n. 1416 - Modifica all'articolo 1, comma 5, della legge 7 ottobre 2015, n. 167, in materia di proroga del termine per l'adozione di disposizioni integrative e correttive concernenti la revisione e l'integrazione del codice della nautica da diporto (voto finale con la presenza del numero legale)
- Disegno di legge n. 728 - Norme per la valorizzazione delle piccole produzioni agroalimentari di origine locale (dalla sede redigente)
- Disegno di legge n. 1110 - Modifica all'articolo 4 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, concernente le partecipazioni in società operanti nel settore lattiero-caseario (approvato dalla Camera dei deputati) (dalla sede redigente)
- Documenti di bilancio
Calendario dei lavori dell'Assemblea, variazioni
PRESIDENTE. Nel corso della stessa riunione, la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari ha altresì adottato - ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento - modifiche e integrazioni al calendario corrente:
| Martedì | 30 | luglio | 15 | - Disegno di legge n. 944 - Legge di delegazione europea 2018 (approvato dalla Camera dei deputati) (voto finale con la presenza del numero legale) e connessi Doc. LXXXVI, n. 2, e LXXXVII, n. 2, recanti relazioni sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea
- Disegno di legge n. 1416 - Proroga termine codice nautica da diporto (voto finale con la presenza del numero legale)
- Seguito documenti definiti dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari in tema di verifica dei poteri (mercoledì 31)
- Disegno di legge n. 1144 e connessi - Distacco comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dalla regione Marche e aggregazione alla regione Emilia-Romagna (approvato dalla Camera dei deputati)
- Disegno di legge n. 1264 e connessi - Insegnamento scolastico dell'educazione civica (approvato dalla Camera dei deputati)
- Disegno di legge n. 728 - Valorizzazioni piccole produzioni alimentari di origine locale (dalla sede redigente)
- Disegno di legge n. 1110 - Partecipazioni in società del settore lattiero-caseario (approvato dalla Camera dei deputati) (dalla sede redigente)
- Disegno di legge n. 1372 - Deleghe al Governo in materia di ordinamento sportivo (approvato dalla Camera dei deputati) (collegato alla manovra di finanza pubblica) (voto finale con la presenza del numero legale)
- Disegno di legge n. … - Decreto-legge n. 53, Disposizioni in materia di ordine e sicurezza pubblica (ove approvato e trasmesso in tempo utile dalla Camera dei deputati) (scade il 13 agosto)
- Disegno di legge costituzionale n. 1089 - Disposizioni in materia di iniziativa legislativa popolare e di referendum (approvato dalla Camera dei deputati) (prima deliberazione del Senato) (ove concluso dalla Commissione)
- Disegno di legge costituzionale n. 1124 - Abrogazione delle disposizioni costituzionali relative al CNEL (prima deliberazione del Senato)
- Doc. VIII, nn. 3 e 4 - Rendiconto 2018 e progetto di bilancio interno 2019 del Senato |
| Mercoledì | 31 | " | 9,30 | |
| Giovedì | 1° | agosto | 9,30 |
Gli emendamenti ai disegni di legge n. 944 (Legge di delegazione europea 2018) e n. 1416 (Proroga termine codice nautica da diporto) dovranno essere presentati entro le ore 19 di giovedì 25 luglio.
I termini per la presentazione degli emendamenti ai disegni di legge n. 1264 e connessi (Insegnamento scolastico dell'educazione civica), al disegno di legge n. 1372 (Deleghe al Governo in materia di ordinamento sportivo), al disegno di legge n. ... (Decreto-legge n. 53, Disposizioni in materia di ordine e sicurezza pubblica) e al disegno di legge costituzionale n. 1089 (Disposizioni in materia di iniziativa legislativa popolare e di referendum) saranno stabiliti in relazione ai lavori delle Commissioni.
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 944
(Legge di delegazione europea 2018)
e dei connessi Doc. LXXXVI, n. 2, e Doc. LXXXVII, n. 2
(Relazioni programmatica e consuntiva
sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea)
(7 ore, escluse dichiarazioni di voto)
| Relatori | 1 h. |
|
| Governo |
| 30' |
| Votazioni |
| 30' |
| Gruppi 5 ore, di cui: |
|
|
| M5S | 1 h. | 11' |
| FI-BP |
| 50' |
| L-SP-PSd'Az |
| 49' |
| PD |
| 46' |
| FdI |
| 30' |
| Misto |
| 28' |
| Aut (SVP-PATT, UV) |
| 25' |
| Dissenzienti |
| 5' |
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 1372
(Deleghe al Governo in materia di ordinamento sportivo)
(7 ore, escluse dichiarazioni di voto)
| Relatori | 1 h. |
|
| Governo |
| 30' |
| Votazioni |
| 30' |
| Gruppi 5 ore, di cui: |
|
|
| M5S | 1 h. | 11' |
| FI-BP |
| 50' |
| L-SP-PSd'Az |
| 49' |
| PD |
| 46' |
| FdI |
| 30' |
| Misto |
| 28' |
| Aut (SVP-PATT, UV) |
| 25' |
| Dissenzienti |
| 5' |
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. ...
(Decreto-legge n. 53, Disposizioni in materia di ordine e sicurezza pubblica)
(7 ore, escluse dichiarazioni di voto)
| Relatori | 1 h. |
|
| Governo |
| 30' |
| Votazioni |
| 30' |
| Gruppi 5 ore, di cui: |
|
|
| M5S | 1 h. | 11' |
| FI-BP |
| 50' |
| L-SP-PSd'Az |
| 49' |
| PD |
| 46' |
| FdI |
| 30' |
| Misto |
| 28' |
| Aut (SVP-PATT, UV) |
| 25' |
| Dissenzienti |
| 5' |
PATUANELLI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PATUANELLI (M5S). Signor Presidente, intervengo molto rapidamente soltanto per comunicare che, non volendo interferire comunque con i lavori dell'Assemblea e con la discussione, abbiamo la necessità di una riunione di Gruppo e quindi non saremo presenti e ci allontaneremo dall'Aula. Non è una mancanza di rispetto, né per il tema, né per chi rimane: lo comunico anche per evitare speculazioni, che forse ieri sono state fatte, sul nostro comportamento. (Applausi dal Gruppo M5S e della senatrice Pirovano).
Ripresa della discussione del documento XVI, n. 2 (ore 12,06)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
È iscritto a parlare il senatore Giacobbe. Ne ha facoltà.
GIACOBBE (PD). Signor Presidente, come è stato rilevato in precedenza, le premesse in questo caso sono chiare, anche se vale la pena ricordare che, alle elezioni del 4 marzo 2018, il MoVimento 5 Stelle... (brusio), i cui senatori sono abbastanza rumorosi in questo momento...
PRESIDENTE. Anche se i colleghi si stanno allontanando dall'Aula con motivazioni valide, li prego di farlo in silenzio.
GIACOBBE (PD). Grazie, Signor Presidente. Dicevo che in Sicilia, la mia Regione, il MoVimento 5 Stelle ha conquistato circa i due terzi dei seggi in palio tra Camera dei deputati e Senato, ma le pluricandidature hanno determinato la vacanza di un seggio. Alla Camera dei deputati hanno potuto risolvere il problema riassegnando i seggi in soprannumero sul livello nazionale, non essendoci il vincolo, vigente al Senato, della base regionale, di cui all'articolo 57, primo comma, della Costituzione.
La Giunta oggi propone a maggioranza di assegnare il seggio vacante a un candidato non eletto del MoVimento 5 Stelle nella circoscrizione regionale dell'Umbria, in cui ha ottenuto la maggior parte decimale del quoziente non utilizzata. Signor Presidente, mi permetto di notare che ciò risulta inaccettabile, perché l'elettore siciliano oggi verrebbe ad essere rappresentato da un senatore che per primo aveva espresso la sua disponibilità a candidarsi in una Regione diversa da quella in cui verrebbe "catapultato" oggi. Ne segue che lo stesso senatore era fin dall'inizio intenzionato ad agire politicamente nell'interesse della propria Regione e non per una diversa.
Anche in questo caso credo ci sia una concezione nuova della politica attuata dal MoVimento 5 Stelle - sebbene possiamo dire che lo stesso Movimento cambia idea su tutto e tutti - in merito al principio della rappresentatività territoriale, come vediamo nel caso in esame. A parte questa quotidiana constatazione del camaleontismo del MoVimento 5 Stelle, penso ci siano delle questioni importantissime su cui riflettere, quali in primo luogo il ruolo della rappresentanza parlamentare, poi la mancanza di un senatore alla regione Sicilia e infine il rispetto e l'applicazione dell'articolo 57 della Costituzione. Occorre infine fare una considerazione sulle candidature plurime.
Ritengo che il problema fondamentale per la definizione di tale tema risieda nella definizione del ruolo della rappresentanza parlamentare e, in questo caso, nella mancanza di una relazione diretta tra gli eletti e i propri elettori. Spesso eleggiamo a rappresentare in Senato in una Regione persone che in quella Regione non hanno mai vissuto: si veda il caso del ministro Salvini in Calabria. Come fa una persona a rappresentare un territorio in cui non ha mai vissuto? Anche questa è una delle cause della mancanza di fiducia nella politica. Gli elettori non hanno un punto di riferimento preciso con cui confrontarsi e relazionarsi. Questo contatto invece è delegato ai partiti, che molto spesso vengono visti però come interlocutori lontani, forse anche aleatori. Se invece la politica, quella con la «P» maiuscola, incoraggiasse il rapporto diretto con gli elettori, allora oggi non saremmo qui a porci la domanda su come risolvere il problema della mancata elezione di un senatore in Sicilia. Il rapporto con gli elettori significa vivere sul luogo, partecipare in maniera attiva alla vita della società in cui si è eletti, mettersi al servizio non solo del Paese, in Parlamento, ma anche e soprattutto dei residenti nel territorio dove si è eletti.
Questo, signor Presidente, mi porta al secondo punto che ho indicato prima. Se il rappresentante in Parlamento fosse tenuto a mantenere il contatto diretto con i propri elettori non avrebbe alcun senso oggi dover decidere su un senatore candidato in Umbria, che magari non ha mai messo piede in Sicilia, e che in ogni caso, non vivendo in quel territorio, non ha alcuna idea delle tematiche, dei problemi e delle esigenze degli elettori siciliani.
Ma su questo ragionamento di buonsenso, per fortuna, prevale l'articolo 57 della Costituzione: mi sembra estremamente chiaro. L'articolo 57 afferma che il Senato deve essere eletto a base regionale. La Regione in questo caso è la Sicilia e, mi permetta di notare, signor Presidente, che l'Umbria è una bellissima Regione, forse quella dove andrei ad abitare se ritornassi a vivere in Italia, ma, fino a prova contraria, non fa parte della Sicilia; non è una Provincia siciliana.
Anche a livello personale, signor Presidente, la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari mi lascia tanto amaro in bocca. Io sono siciliano e mi permetta di dire che i Padri costituenti, nel formulare l'articolo 57, pensavano anche a me, ovvero al fatto che i siciliani devono avere la possibilità di votare i propri rappresentanti in Parlamento, in Senato; non possono e non devono delegare questo diritto a un'altra Regione.
Qualsiasi siano le interpretazioni legali che cercano di fare entrare dalla finestra quanto non si riesce a far entrare dalla porta, io da siciliano mi sento trattato come cittadino di serie B. Non mi è permesso di decidere i miei rappresentanti in Senato; sono costretto, da questa complessa interpretazione della legge proposta dalla Giunta, a vedere abdicare il mio diritto ad altra Regione. Sarei felice se altri parlamentari della mia Regione esprimessero le proprie idee al riguardo.
Ovviamente, se partiamo dal presupposto che i parlamentari non rappresentano i cittadini, la conclusione sarebbe diversa dalla mia; ma la Costituzione, che guida la vita civile del Paese, ci ricorda che i senatori spettanti alla Sicilia devono essere eletti in Sicilia. Qualsiasi altra conclusione non rispetta la Costituzione italiana; serve solo all'interesse di questo o quel partito; serve alle aspirazioni di questo o quel Ministro che, avendo un parlamentare in più, spera di poter estendere il proprio incarico nel tempo. Tuttavia, non rispetta la Costituzione e quindi non penso che in quest'Aula possiamo renderci complici di un tentativo di approvare un atto chiaramente anticostituzionale.
Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO (ore 12,14)
(Segue GIACOBBE). Inoltre, la Costituzione, nel determinare i principi della composizione del Senato, ha tenuto in considerazione equilibri e proporzioni fra varie Regioni che verrebbero meno se non si rispetta in pieno l'articolo 57 della medesima.
Infine, signor Presidente c'è la questione delle candidature plurime. Di chi è la colpa - se colpa si può definire - delle candidature plurime? Si potrebbe dire della legge; ma della legge dobbiamo accettare vantaggi e conseguenze. Se il vantaggio è che la legge permette flessibilità nell'applicazione di norme - in questo caso le candidature plurime - chi sceglie di percorrere quella strada dovrebbe poi accettarne le conseguenze: in questo caso, un senatore in meno. Per assurdo, se un candidato accettasse non solo una doppia candidatura, come in questo caso, ma magari tre o quattro candidature concorrenti nella stessa Regione, e il risultato delle elezioni fosse simile a quello del 2018, quanti senatori dovrebbero essere scelti da candidati in altre Regioni?
La situazione in Sicilia è stata causata dalle candidature multiple del MoVimento 5 Stelle. Se non è possibile aggiudicare un seggio poiché gli eletti risultano di più rispetto ai candidati disponibili, la conseguenza la dovrebbe subire chi ha deciso le candidature plurime, cioè il MoVimento 5 Stelle.
Per queste ragioni, signor Presidente, esprimo la mia preoccupazione per la questione su cui ci accingiamo a votare, anche se non sarà oggi. In quest'Aula penso che dobbiamo garantire il rispetto della Costituzione. In quest'Aula dobbiamo rispettare il popolo siciliano. Non possiamo permettere che a rappresentare la Sicilia sia una persona candidata in un'altra Regione; non possiamo votare una decisione in aperto contrasto con la nostra Costituzione. (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Ginetti. Ne ha facoltà.
GINETTI (PD). Signor Presidente, desidero sottolineare quanto la decisione presa dalla Giunta ci sembri assolutamente non condivisibile e palesemente incostituzionale. Nasce dal caso siciliano - come abbiamo già detto - e dal risultato elettorale conseguito dal Movimento 5 Stelle alle elezioni del 4 marzo 2018. E la causa è la presenza di liste plurinominali corte, che non hanno consentito l'assegnazione di un seggio, essendosi il MoVimento 5 Stelle avvalso della facoltà di indicare una stessa persona, la senatrice Catalfo, sia per il collegio uninominale che per le liste plurinominali, fatto che ha causato la non possibilità di assegnare un ulteriore seggio al MoVimento 5 Stelle.
La Giunta, con la sua relazione di maggioranza, ha ritenuto di proporre una soluzione che - dal nostro punto di vista - intanto è illegittima, in quanto in violazione della legge elettorale, e soprattutto incostituzionale, per violazione dell'articolo 57, primo comma, della Costituzione, che afferma appunto che il Senato dev'essere eletto su base territoriale regionale, facendola coincidere con la circoscrizione regionale e, quindi, tutti i candidati di una lista devono essere riferiti comunque al contesto territoriale in cui sono stati candidati.
Se si applicasse la regola vigente - com'è stato proposto per analogia - prevista dalla Camera, si determinerebbe l'assegnazione a un'altra Regione del seggio senatoriale spettante alla Regione Sicilia, com'è stato proposto, in violazione - in maniera evidente, quindi - della ripartizione dei seggi prevista ai sensi dell'articolo 57.
Non ci sembra si possa assolutamente applicare una tale interpretazione analogica della legge elettorale: in pratica, la Giunta delle elezioni e delle immunità, con una maggioranza e un voto solamente politico, ha deciso di proporre all'Assemblea una soluzione illegittima sotto il profilo giuridico per l'assegnazione del seggio vacante, attribuendolo a un candidato prelevato dalla lista delle candidature della Regione Umbria, secondo il criterio della maggior parte decimale del quoziente non utilizzata, secondo una parte di legge elettorale che non può riguardare l'attribuzione dei seggi al Senato; ciò quindi, è in evidente contrasto con il divieto contenuto nell'articolo 17-bis, comma 2, della legge elettorale; divieto insormontabile, dal nostro punto di vista, perché non può essere superato nemmeno dal successivo articolo 19, che peraltro si applica ed è stato previsto soltanto per la sopravvenuta vacatio di un seggio in un collegio plurinominale.
Alle osservazioni che sono state avanzate, vorrei aggiungerne un'altra che riguarda la non competenza della Giunta, la quale si è arrogata una facoltà che non le compete: in particolare, per giustificare tale infondata e illogica soluzione, si arroga il potere di operare un bilanciamento tra tre principi costituzionali distinti, che - a parere della Giunta stessa - nel caso di specie risulterebbero in contrasto l'uno con l'altro.
Siamo assolutamente convinti, però, che non spetti alla Giunta operare alcun bilanciamento tra le norme costituzionali, come stabilito dallo stesso articolo 19 del Regolamento del Senato, in quanto essa - secondo le norme dell'apposito Regolamento - deve procedere alla verifica dei titoli di ammissione dei senatori e delle cause sopraggiunte d'ineleggibilità e incompatibilità, ma non può arrivare alla valutazione di un bilanciamento di principi costituzionali. Le sue decisioni devono essere basate solamente su requisiti previsti dalla legge, e non su operazioni interpretative, volte peraltro a violare il divieto espressamente previsto sia dalla legge elettorale che dalla Costituzione per l'attribuzione di un seggio al Senato spettante alla Regione Sicilia a candidati non rieletti presentatisi in altre Regioni.
Per giustificare la proposta approvata dalla Giunta, il relatore si è richiamato al principio della sovranità popolare, richiamato dall'articolo 1 della nostra Costituzione, che imporrebbe di far eleggere comunque un candidato del MoVimento 5 Stelle presentatosi e non eletto in una Regione diversa dalla Sicilia. È bene ricordare che lo stesso articolo 1 della Costituzione italiana afferma che «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione», e quindi coerentemente con gli altri principi costituzionali che vengono in evidenza e, cioè, sia con il principio di territorialità, che esige che in Sicilia siano eletti i seggi previsti ad essi spettanti, sia con quello attinente all'elezione su base regionale per cui con i voti dei siciliani non possono essere eletti i candidati di altre circoscrizioni regionali. Il problema del seggio senatoriale vacante, dunque, riguarda gli elettori siciliani e non la suprema volontà popolare indebitamente richiamata dal relatore, che vorrebbe i voti utilizzati per eleggere un candidato in un'altra Regione, in palese violazione della Costituzione italiana.
Vorrei infine soffermarmi su un aspetto fondamentale. L'interpretazione data dalla maggioranza in Giunta della legge elettorale del Senato, per permettere di attribuire in Umbria il seggio assegnato alla Sicilia, renderebbe la legge elettorale chiaramente incostituzionale per violazione dell'articolo 57 della Costituzione, come è stato già ricordato.
Per tali ragioni il Partito Democratico considera la soluzione prospettata dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari assolutamente illegittima per violazione della legge elettorale e incostituzionale per violazione del principio contenuto nell'articolo 57 della Costituzione, che richiede che il Senato sia eletto su base regionale. L'articolo 57, comma 1, della Costituzione impone, infatti, la base regionale per l'elezione del Senato e implica che il livello di aggiudicazione dei seggi sia solo e soltanto quello regionale, senza alcuna possibilità di traslazione dei seggi vacanti da una circoscrizione regionale a un'altra. Non a caso, del resto, nella storia repubblicana la legge elettorale del Senato non ha mai previsto, né si sono mai verificate ipotesi di slittamento di seggi da una circoscrizione regionale ad un'altra.
Riteniamo pertanto che un voto politico palesemente in contrasto con la Costituzione, espresso in Assemblea, sia un precedente pericoloso e una minaccia per l'ordinamento democratico del Paese.
Presidenza del vice presidente LA RUSSA (ore 12,24)
(Segue GINETTI). Benché infatti la Giunta abbia il potere di risolvere queste situazioni e sia di propria competenza decidere sull'assegnazione dei seggi, ciò non può che essere fatto in piena legittimità e, quindi, nel rispetto delle norme elettorali e soprattutto della Costituzione. (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Errani. Ne ha facoltà.
ERRANI (Misto-LeU). Signor Presidente, devo affermare - come già detto dal senatore Malan nella sua relazione - che il tema è molto semplice. L'articolo 57 della Costituzione è assolutamente chiaro, sia al primo che al quarto comma.
L'interpretazione data, utilizzando una norma per la Camera dei deputati, è assolutamente inutilizzabile ed estranea. È chiaro che la situazione è molto complicata, ma scegliere la strada, quella più evidentemente incostituzionale, di arrivare all'indicazione di un nuovo senatore, è quanto di più sbagliato possiamo fare; peraltro, essa propone - come ho ascoltato durante l'illustrazione della relazione, che ho anche letto con attenzione - un certo tema.
Stiamo decidendo di aprire un precedente molto critico, perché consapevolmente l'Assemblea è chiamata a esprimersi su una scelta chiaramente e manifestatamente incostituzionale, senza che vi sia un margine di interpretazione - spero di essere inteso quando dico questo - che ci consenta di trovare una motivazione.
La relazione di minoranza del presidente Grasso è - da questo punto di vista - molto chiara. Tra le tre possibilità che noi abbiamo (assegnare il seggio a un altro partito; assegnare il seggio a un'altra Regione; non assegnare il seggio), la meno critica e frontale nei confronti del tema costituzionale di cui stiamo discutendo - non dico quella che risolve il problema - è certamente quella di prendere atto - come è stato fatto alla Camera dei deputati - avendo altre norme e un altro dettato costituzionale, di non assegnare il seggio, per una scelta originaria del MoVimento 5 Stelle.
Stiamo facendo questo dibattito tra un gruppo autorevolissimo, ma ristretto di senatori. A me, sinceramente, colpisce - lo dico anche alla Presidenza - che si arrivi fin qui. Capisco la necessità del MoVimento 5 Stelle di avere il seggio; lo posso capire da un punto di vista politico, ma poi c'è un limite.
Quella che sto ponendo non è una questione politica che attiene al MoVimento 5 Stelle o alla maggioranza: si tratta di una questione costituzionale. Ma ce la sentiamo davvero di aprire un siffatto precedente? Questo è il tema. Io penso che sia un errore grave e serio. Oggi siamo di fronte a questa discussione. Faremo una tale scelta? Domani potremo trovarci di fronte a un'altra discussione, al merito di un altro tema. Procederemo così, visto che abbiamo già fatto un frontale di questo tipo, con un articolo non interpretabile - insisto - della Costituzione?
Vorrei pensare e sperare che nell'Assemblea vi sia la possibilità di fare la distinzione che vi sto proponendo tra i legittimi interessi di una forza politica e un tema così significativo di carattere istituzionale e costituzionale. Non vedo altra possibilità, non si può sfuggire da tale questione, che è così chiara. Operando in questo modo, noi sappiamo che si fa una scelta che è del tutto, chiaramente e in modo limpido, incostituzionale. Si tratta di un precedente che - a nostro parere - sarebbe molto grave e che il Senato non dovrebbe consentire. (Applausi dai Gruppi Misto-LeU e PD).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore D'Alfonso. Ne ha facoltà.
D'ALFONSO (PD). Signor Presidente, mi trovo avvantaggiato nel parlare dopo i colleghi che hanno già illustrato, perché mi hanno dato elementi ulteriori per rendere dicibile la mia meraviglia e per superare poi alcune difficoltà che mai pensavo di poter trovare, rappresentando la mia Regione al Senato della Repubblica e arrivando a occuparmi anche della questione della quale si è detto, continuerò a dire e penso che diranno anche altri miei colleghi.
Noi stiamo parlando di quella che si chiama la rappresentatività parlamentare, che è di più, molto di più della rappresentanza. Come diceva un grande maestro di dottrina dello Stato, di dottrine politiche e di scienza della politica, Gianfranco Miglio, la rappresentatività parlamentare rende possibile la presenza degli assenti. Cito Gianfranco Miglio, che non è l'ultimo vice direttore de "l'Unità", ma è un fine dicitore, apprezzato elaboratore e pensatore, credo riconosciuto come tale da grande parte di chi ha vinto e anche da grande parte di chi oggi è assente. Se allora la questione è la rappresentatività parlamentare, come si può pensare di giocare con la serietà di questa garanzia costituzionale? È infatti un gioco quello che è andato in onda nei lavori difficili della speciale e dedicata Giunta; una Giunta che non è absolutus, ancorché vada cercando le soluzioni. Si ricercano le soluzioni, ma tenendo a mente che non si è absolutus, e cioè non si è sciolti dai vincoli che stanno dentro la vita dell'ordinamento. E il primo vincolo della vita dell'ordinamento è la Costituzione, con le garanzie che essa pone per fare in modo che non ci siano sorprese. Non si parte infatti con l'intenzione di sorprendere: si parte con l'intenzione di trovare soluzioni e poi si arriva nella caverna. Ma come è immaginabile che, in un momento come quello che stiamo vivendo - permettetemi - ad alto tasso di competizione regionalista, perché si ricercano le autonomie potenziate delle Regioni, si faccia da una parte meno uno e dall'altra parte più uno, come se si stesse giocando? È un gioco quello che va avanti.
Quando si parla di ordinamento, bisogna allora tenere da conto che la cultura del limite deve essere sempre forte e presente, perché oggi si fa questa forzatura per cercare una soluzione magari alla potenza di una forza politica e poi appresso, poiché si è rotto il sistema del limite e delle garanzie, ci sarà dell'altro. Ecco perché coloro che hanno parlato fino a adesso del mio Gruppo, ma anche altri senatori autorevoli, che io riconosco sempre tali, come il collega Errani, dovrebbero indurre alla riflessione, sapendo che non siamo collocati qui per provare a dire, ma siamo collocati qui per rappresentare e indurre alla condotta migliore possibile, prima e durante la decisione.
Abbiamo provato prima a facilitare la sospensiva, che dà luogo a un'interruzione riflessiva; adesso stiamo provando a parlarvi, usando le uniche disponibilità in democrazia, che sono le argomentazioni. Come dicevamo ieri anche in un altro sito di riunione, nel Gruppo del mio partito, in democrazia ci sono le parole e le argomentazioni, mentre prima della democrazia c'erano le spade per far valere e prevalere le posizioni di chi riteneva di avere ragione. Allora, dentro questa cornice, il comma 4 dell'articolo 57 della Costituzione non è un lampadario, che uno prende, toglie, accende o spegne; è un punto di certezza, rispettato il quale c'è il funzionamento dell'ordinamento.
Noi dobbiamo sapere che c'è già stato qualche precedente del genere, nella storia anche lontana della nostra vita parlamentare. Ho avuto tanto tempo negli anni passati per studiare, perché una battaglia politica che finì nella "giustiziarietta" mi ha portato a studiare tanto. Ho trovato un parlamentare, naturalmente della mia Regione, Giuseppe Andrea Angeloni di Roccaraso, il quale diceva, a chi lo voleva candidare in un altro territorio, che voleva essere senatore e parlamentare della sua Regione, perché lo specifico del suo mandato era nella sua Regione e nel suo territorio. Se fossimo in un'aula di filosofia diremmo la "cavallinità" del cavallo, la "parlamentarietà" del parlamentare è nel territorio, soprattutto per il Senato. Ecco perché non si può giocare, e io spero che l'esperienza rilevante presente in Commissione faccia in modo che si rifletta: aggiustare, fare una combine, non significa fare in modo che si rispetti l'interesse del Paese, l'interesse di funzionamento dell'ordinamento. Mai avrei immaginato di dover fare un intervento di questo tipo contro una dettatura normativa. Dico "dettatura" perché ciò che si è messo in campo è la volontà di una dettatura normativa che adatti a un bisogno del momento un assetto riferito alle norme principali.
Non so cosa ci sia oltre il "no". Vengo da una cultura contadina, quella della Majella, e quando le cose sono impossibili ci si affida alle preghiere. Quindi direi quasi una preghiera affinché ci si possa fermare. (Applausi dai Gruppi PD e Misto e del senatore Malan).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Caliendo. Ne ha facoltà.
CALIENDO (FI-BP). Signor Presidente, intervengo a proposito della questione siciliana e intervengo per un dovere costituzionale, in quanto vorrei ricordare a tutti che il 7 maggio ultimo scorso le sezioni unite della Corte di cassazione hanno affermato una verità che era stata già ribadita dalla Corte di cassazione e dalla Corte costituzionale, e cioè che nel sistema di autodichia delle due Camere vi è di una sorta di autodichia costituzionale in materia di verifica dei poteri che non può spettare in nessun caso ai giudici ordinari amministrativi. La funzione del giudice spetta all'Aula. Quindi, dobbiamo applicare le norme come farebbe un giudice. Violando questa norma, violiamo un principio costituzionale.
Che cosa dice la Costituzione? Andate a leggere i lavori dell'Assemblea costituente: non si sono volute fare due Camere che avessero lo stesso modello di rappresentatività, o di rappresentanza dei territori. La Camera dei deputati è eletta sul territorio nazionale. Le leggi che sono arrivate successivamente hanno applicato i principi costituzionali, per cui il Senato va eletto su base regionale, la Camera su base nazionale; quindi, le leggi che sono intervenute hanno avuto rispetto di questi principi costituzionali. Abbiamo avuto alcuni esempi di problemi.
Dobbiamo tener conto del fatto che non possiamo decidere su tali questioni in base all'incompetenza e alla non conoscenza dei precedenti. Non possiamo decidere in base alla ritenuta onnipotenza che deriva da essere risultati primi alle elezioni. E allora qual è la regola? Qualcuno di voi non lo ricorda, ma anni fa un partito - il PSIUP (Partito socialista italiano di unità proletaria) - prese 1,8 milioni di voti; ma, siccome per la Camera vigeva la regola secondo la quale si doveva aver conquistato un seggio per poter utilizzare il resto dei voti, non fu possibile che avesse un parlamentare. Al Senato, se fosse passata questa interpretazione, avrebbero avuto non uno ma forse sei o sette seggi, perché bastava addizionare - secondo la vostra opinione - i quozienti conquistati in tutte le Regioni dal momento che per il Senato non vigeva la stessa regola di dover eleggere almeno un senatore per poter partecipare.
La senatrice De Petris ha ricordato la vicenda successiva quando, con al Governo Forza Italia, si discuteva dell'introduzione in legge elettorale del premio di maggioranza. All'epoca, l'intervento di persuasione morale del presidente Ciampi portò a ben definire l'elezione del Senato a livello regionale e, quindi, il fatto che non potesse esserci un premio di maggioranza basato sull'elezione nazionale.
Andiamo ancora oltre. Oggi si dice che bisogna prendere il seggio e, dalla Sicilia, spostarlo in un'altra Regione. Ho letto le vostre relazioni. Quella del collega Malan - e non lo dico perché appartiene al mio Gruppo - ha posto in evidenza il rapporto tra l'articolo della Costituzione che prevede l'elezione regionale e l'articolo della Costituzione che prevede il rapporto tra popolazione ed eletti; rapporto che non può essere alterato da un'interpretazione.
Mi rivolgo al relatore per dirgli che non so quale sia il parere di un costituzionalista, ma questo costituzionalista ha dimenticato quali sono le regole minime dell'interpretazione. Non si può fare un'applicazione analogica in materia costituzionale. Non si può fare, in materia di Costituzione, un'interpretazione che prescinde dal dato costituzionale. È come se la legge che ha applicato quella norma costituzionale potesse essere interpretata diversamente dalla legge di attuazione del principio costituzionale. Se quella è legge di attuazione del principio costituzionale, qualsiasi costituzionalista, fosse anche il migliore cattedratico del Paese, sbaglia, commette un errore e, probabilmente, ha commentato la legge senza tener conto che era una legge di applicazione dei principi costituzionali. Solo in tal caso, infatti, può aver pensato alla possibilità di applicare al Senato una legge prevista per la Camera che risponde a principi diversi.
Qual è, allora, la regola che sta dietro a questa delibera del Senato? La forza dei numeri della maggioranza. Non c'è una norma che mi può soddisfare; non c'è un'interpretazione che abbia un minimo di coerenza. Io capisco tutto. Abituato, nelle camere di consiglio, a discutere, so che tutte le opinioni vanno rispettate. Ma l'opinione che prescinde dalle regole della Costituzione non viene presa nemmeno in considerazione in una camera di consiglio.
Vorrei capire. Ho tentato di leggere l'intera relazione. Ho tentato di cercare un appiglio che possa giustificare l'interpretazione che si propone, ma non ho trovato nulla. Non sono riuscito ancora a capire come si possa violare la legge.
Tenuto conto dell'ultimo arresto delle sezioni unite della Corte di Cassazione, mi sembrerebbe veramente grave il fatto che, anziché ringraziare, noi approfittiamo di una specificità che la Costituzione riconosce alle Camere. Noi siamo, infatti, gli unici poteri che hanno la possibilità di valutare la regolarità dell'elezione dei propri componenti. Relatore, nella passata legislatura il senatore Casson ha provato a sostenere che la Giunta delle elezioni fosse un organo paragiurisdizionale. Forse, le sezioni unite, proprio per quell'errore commesso dal Senato, hanno ritenuto giusto, in una sentenza che riguardava un conflitto di giurisdizione tra gli organi di autodichia e la magistratura ordinaria, precisare quali erano l'attività e la qualifica del Senato e delle Camere in quella in quella vicenda.
Non so, allora, con quale criterio ci ostiniamo a parlare di onestà o legalità, perché né l'onestà né la legalità possono essere più invocate dal MoVimento 5 Stelle, se ci propone addirittura, in ragione dell'arroganza della maggioranza, di violare la legge, di fare qualcosa che è contro i principi basilari del diritto. Lei, relatore, è laureato come me in giurisprudenza e sa benissimo che se uno studente, all'esame di diritto costituzionale, affermasse una tesi come quella del costituzionalista che avete invocato, verrebbe bocciato, perché non c'è possibilità di errore in materia costituzionale, né c'è possibilità di ricorso all'analogia. Ragionate, allora, e assumetevi la responsabilità di dire che siete la forza di maggioranza e voterete in questo modo perché il popolo italiano vi ha detto di fare quello che volete. In quel caso, probabilmente, la Corte di cassazione e la Corte costituzionale, riflettendo successivamente, potranno pensare se sia giusto mantenere quel sistema di autodichia quasi costituzionale delle Camere che non è mai stato posto in discussione. Ma, di fronte alla continua violazione delle norme che sorreggono quel principio, non vi è la possibilità di rispettare una Camera che fa strame dei principi costituzionali e di legalità. (Applausi dai Gruppi FI-BP e Misto e della senatrice Biti).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Garavini. Ne ha facoltà.
GARAVINI (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il dibattito che siamo chiamati ad affrontare oggi in quest'Aula ha del paradossale, se non dell'assurdo.
In sintesi, la maggioranza ci chiede di votare per salvare il senatore Salvini, spostandolo dalla Calabria al Lazio, assegnando nello stesso tempo un seggio nel collegio uninominale di Modena a un altro leghista - quello stesso seggio nel quale è stato eletto il nostro collega democratico Edoardo Patriarca - per arrivare poi, dulcis in fundo, a salvare anche i Cinque Stelle, assegnando loro un seggio che non spetta loro in Umbria.
Questa è la fotografia di quanto siamo chiamati a votare con il provvedimento in esame. In sostanza, ci troviamo di fronte a una maggioranza che si scambia i seggi come se si trattasse dell'album delle figurine Panini o, con altre parole, una maggioranza che calpesta le regole. I Cinque Stelle, abbandonata ogni ambizione di onestà - ormai sono solo i più anziani che si ricordano che l'onestà una volta era la bandiera che veniva sempre sventolata ai quattro venti dai Cinque Stelle - oggi decidono di infischiarsene dell'assegnazione dei seggi su base regionale, nonostante sia espressamente prevista dalla Costituzione, e regalano un seggio della Sicilia all'Umbria così, come se niente fosse, come se fosse di loro proprietà. Si potrebbe dire «Sua maestà il MoVimento 5 Stelle», con quella presunzione che si osserva spesso in quei partiti che sono sulla via del tramonto, tra l'altro senza il minimo senso del decoro. Trovo grave, Presidente, che non ci si degni neppure di seguire il dibattito in quest'Aula, convocando una riunione in contemporanea. (Applausi dal Gruppo PD).
Informiamo gli onorevoli colleghi che l'assegnazione dei seggi avviene in base a un preciso dettato costituzionale ed è dovere del Parlamento garantire il rispetto della Costituzione, come hanno già dichiarato anche i vari colleghi che mi hanno preceduta. Non è una scelta discrezionale, perché la nostra Costituzione non è la gentile concessione da parte della maggioranza di turno: la Costituzione è una cosa seria, è un insieme di regole che questa maggioranza non sta rispettando. È il popolo che è sovrano, non è la maggioranza al Governo a essere sovrana. Nessuna forza, neanche di Governo, è paragonabile al Re Sole.
L'articolo 57 della Costituzione dispone che il Senato sia eletto su base regionale: significa che sono gli elettori di un determinato territorio che esprimono i loro rappresentanti. Non ci si spartisce a tavolino chi viene eletto e dove. Appare quindi lapalissiano che quei seggi, che qui oggi si vogliono attribuire alla luce di un accordo spartitorio e non sulla base dei voti effettivamente conseguiti, non possono essere assegnati in questa modalità.
Solo che al MoVimento 5 Stelle questo non importa e alla Lega nemmeno. Questa maggioranza se ne infischia delle regole e così la componente giallo-verde della Giunta delle elezioni sta stabilendo che il seggio vacante in Sicilia verrà incassato in Umbria. Si tratta di una palese violazione della Costituzione.
Con questo voto quei 5 Stelle che si spacciavano per onesti pretendono di assegnare un seggio degli elettori siciliani agli elettori umbri; nel frattempo ne tolgono uno ai democratici emiliani per regalarlo a un leghista. Ma certo, una mano lava l'altra. D'altra parte, gli alleati di questa maggioranza vanno avanti da mesi a scambi di favori.
È lo stesso stile con il quale il ministro Salvini è stato sottratto dal giudizio di un legittimo processo; un ministro eletto in Calabria, che adesso si vuole fare decadere da senatore calabrese per diventare senatore nel Lazio, scalzando la sua coordinatrice ciociara, quella stessa coordinatrice che, a sua volta, è stata senatrice solo per qualche giorno, essendo subentrata alla collega Bonfrisco, diventata nel frattempo europarlamentare. Un traffico di posti così squallido non si è mai visto, neanche nei tempi più bui della Prima Repubblica.
Insomma, nella Lega ci si candida dappertutto, laddove vi sia un'elezione, prendendo ad esempio il segretario Salvini, che da sempre è candidato onnipresente, salvo poi eccellere per assenteismo, vuoi all'euro Parlamento, vuoi agli incontri dei ministri degli interni a livello europeo, vuoi al Viminale. (Applausi dal Gruppo PD).
Tutto questo avviene mentre, in parallelo, va avanti una riforma costituzionale che delegittima e depotenzia il Parlamento; tant'è che viene spontaneo chiedersi dove siano finiti tutti quelli che gridavano allo scandalo quando noi del PD, seguendo il modello delle principali democrazie occidentali, abolivamo il bicameralismo perfetto allo scopo di rendere il Parlamento più efficiente. Dove sono tutti quei signori adesso che, senza alcun efficientamento delle Camere, 5 Stelle e Lega mercanteggiano seggi come si trattasse di oggetti personali?
Già, è vero! Dimenticavo che in questa nuova edizione della Prima Repubblica - altro che Terza Repubblica! Altro che Governo del cambiamento - ogni cosa è concessa, basta solamente cambiarle nome. Ecco che i condoni diventano pace fiscale; l'attaccamento alla poltrona diventa mandato zero e l'inciucio diventa senso di responsabilità.
La verità purtroppo è che con questo voto i partiti che compongono la maggioranza rinsaldano la loro alleanza e umiliano quest'Assemblea e la Giunta per le elezioni e le immunità, che da strumento di garanzia viene trasformata in strumento di tornaconto politico di parte.
Insomma, signor Presidente, Lega e MoVimento 5 Stelle litigano ogni giorno, ma si accordano di notte; fanno finta di scontrarsi davanti alle telecamere, ma poi decidono sottobanco seggi e nomine nelle segrete stanze. Alla faccia della trasparenza! Alla faccia della volontà popolare! Alla faccia della tanto sbandierata quanto dimenticata onestà!
Questa è un'operazione squallida, signor Presidente, che non ha precedenti, della quale chi se ne rende artefice può soltanto vergognarsi. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Comincini, che non vedo ora presente in Aula: "è scappato". Considerata la difficoltà dell'argomento, lo capisco benissimo. (Commenti del senatore Grimani).
BITI (PD). Questi commenti se li poteva anche risparmiare.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rojc. Ne ha facoltà.
ROJC (PD). Signor Presidente, onorevoli senatori, in un momento in cui le due Camere del Parlamento italiano stanno di fatto limitando la rappresentatività dei cittadini di numerose Regioni d'Italia, con l'approvazione della legge sulla diminuzione del numero dei parlamentari - vulnus che tocca da vicino anche il Friuli-Venezia Giulia, e in particolare la possibilità della mia comunità, quella slovena, di vedersi rappresentata - la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari decide, a maggioranza, di proporre a quest'Assemblea uno scambio tra la circoscrizione Sicilia 2 e un'altra circoscrizione regionale per incapienza delle liste di candidati del MoVimento 5 Stelle.
La nostra Costituzione ancora prevede la rappresentatività a base regionale, come recita il più volte citato articolo 57 della Magna Carta della nostra Repubblica. Dunque, si tratta di una questione di principio. Evidentemente i nostri Padri costituenti hanno espresso chiaramente la necessità per un Paese democratico e moderno di vedere rappresentata in quest'Aula, patria dei nostri pensieri in cui ogni cosa ci ricorda i nostri doveri, come si legge su quella lapide alle spalle della Presidenza, tutta l'Italia per dare voce a tutti i cittadini che hanno il diritto di vedersi rappresentati.
Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO (ore 12,57)
(Segue ROJC). Perciò è non solo incostituzionale, ma anche drammaticamente immorale pensare di vagliare un provvedimento di questa portata e, cioè, di privare una parte dei cittadini della Regione Sicilia di vedersi rappresentati.
Quest'Assemblea non può certo esimersi dal rispettare la legge fondamentale che ci permette di dirci cittadini italiani. (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore La Russa. Ne ha facoltà.
LA RUSSA (FdI). Signor Presidente, mi permetto di intervenire per esprimere il mio convincimento su questa vicenda che rischia di essere grave perché, a mio avviso, comunque costituisce un vulnus della nostra Costituzione. Immaginare che il dettato costituzionale, in base al quale i senatori vengono eletti nell'ambito della Regione, venga piegato a seconda dei criteri della legge di attuazione mi sembra il vulnus più grave che si possa immaginare.
Capisco benissimo che anche lasciare il Parlamento (anche se è già capitato in un'altra occasione) con un numero inferiore al plenum, previsto sempre dalla Costituzione migliore, non sia certamente qualcosa da auspicare.
Mi spiace che sia andato via il collega Gasparri, ma il relatore c'è. L'ipotesi originariamente avanzata dal relatore era quella di utilizzare uno dei supplenti che, secondo la novella della legge elettorale, i partiti devono indicare obbligatoriamente, sia pure con una finalità assai diversa, come quella di riempire le liste ove ci fosse una rinuncia o un mancato bilanciamento tra i generi. Tuttavia, questa ipotesi, a mio avviso, esulando dalla normativa, costituisce la strada che crea meno problemi di incostituzionalità. Ed è il motivo per cui sono voluto intervenire, giacché si tratta di una circostanza che, forse, non è stata ben esaminata.
La norma vigente prevede che, nel caso di specie, se per esempio nell'altra circoscrizione della Sicilia fosse stato eletto un senatore del MoVimento 5 Stelle in meno, ovvero se in uno dei collegi uninominali avesse vinto il candidato di un altro partito, il candidato non eletto del MoVimento 5 Stelle avrebbe preso il posto mancante. Corretto, signor relatore?
Ebbene, il problema della riconoscibilità del candidato si porrebbe anche in questa ipotesi perché, secondo la legge, questi, in una Regione grande come la Sicilia, verrebbe eletto in un altro collegio, in un'altra circoscrizione. Potrebbe risultare eletto a Messina un candidato a Erice o a Trapani, dall'altro lato della Sicilia, una persona mai vista, mai sentita o conosciuta per gli elettori della Sicilia orientale.
Quindi è una finzione ritenere che il problema della riconoscibilità possa essere portato a base del rifiuto della tesi, originariamente proposta dal relatore, della conoscibilità del nome, del cognome, del curriculum del candidato. Formalmente è ineccepibile, ma è sostanzialmente priva di qualunque valore.
Certo, capisco che siamo ai limiti, anzi oltre la previsione della legge, ma in ogni caso, sia non accogliendo la tesi della regionalità, sia non consentendo il plenum, saremmo ben oltre la previsione costituzionale e della nostra stessa legge elettorale. Mi permetto pertanto di immaginare che si possa ancora adesso tornare a quella ipotesi, tenuto conto anche che la Presidenza della Repubblica se potesse, come avviene per le leggi, rinviarci il provvedimento, sicuramente lo farebbe. Così come sicuramente questa norma darà luogo a un ricorso di costituzionalità, da parte di chi ne possa avere interesse, chissà quando e chissà come.
In conclusione, stiamo parlando di una carenza, di un vuoto legislativo. Dobbiamo partire da questo presupposto: c'è un vuoto legislativo, una mancanza del Parlamento in quella che era la peggiore legge elettorale, che era stata studiata per non creare una maggioranza e in cui non era neanche stato pensato come coprire (nell'eventualità che poi si è verificata) tutti i posti assegnati alla Camera e al Senato.
Ciò premesso, trattandosi di un vuoto legislativo che va colmato, appena possibile, con una norma apposita, la soluzione prospettata dal relatore mi sembra decisamente l'unica possibile che non incide sulle norme costituzionali, ma che semmai travalica - ma ci può essere l'interpretazione che ho suggerito io - la correttezza relativa alla norma della legge elettorale.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione. Rinvio il seguito della discussione del documento in titolo ad altra seduta.
Sospendo i lavori fino alle ore 15.
(La seduta, sospesa alle ore 13,04, è ripresa alle ore 15,01).
Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento (ore 15,01)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (cosiddetto question time), ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento, alle quali risponderanno il Ministro della giustizia, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Invito gli oratori ad un rigoroso rispetto dei tempi, considerata la diretta televisiva in corso.
Il senatore Balboni ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-01065 sul sistema di affidamento dei minori, per tre minuti.
BALBONI (FdI). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, lo scandalo scoppiato nei giorni scorsi in provincia di Reggio Emilia, a Bibbiano, sul sistema illecito di affidamenti dei minori, strappati alle loro famiglie naturali attraverso falsificazioni di atti e altri escamotage, ha sconvolto profondamente l'opinione pubblica.
Dall'inchiesta «Angeli e Demoni» sta emergendo un quadro complessivo drammatico molto preoccupante, soprattutto se si considera che dietro a tale sistema si celerebbero un business illecito di diverse centinaia di migliaia di euro e - cosa ancora più grave, orrore nell'orrore - un discutibile movente ideologico di stampo LGBT.
Oltre alla gravità degli illeciti commessi dai soggetti a vario titolo coinvolti (psicologi, psicoterapeuti, operatori socio-sanitari, rappresentanti dei servizi sociali territoriali e amministratori locali), e all'orrore degli abusi - anche di natura psicofisica - commessi sui minori e sulle loro famiglie, ciò che colpisce, infatti, è il coinvolgimento diretto di Federica Anghinolfi, responsabile del servizio sociale integrato dell'Unione di Comuni della Val d'Enza. Secondo gli inquirenti, sarebbe lei, peraltro attivista LGBT e paladina della genitorialità gay e dell'affido alle coppie omosessuali, uno dei vertici determinanti del sistema emiliano dell'affidamento dei minori e addirittura emergerebbero, in alcuni casi, collegamenti stretti tra le affidatarie omosessuali e, appunto, le operatrici e dirigenti del servizio sociale.
La Anghinolfi ha infatti partecipato in passato a numerosi convegni sul tema, come quello dello scorso maggio 2018 a Mantova dal titolo «AffidarSI: uno sguardo accogliente verso l'affido LGBT», in cui peraltro sarebbero state presentate le esperienze e - si legge testualmente - le «buone pratiche di Comuni virtuosi che da tempo hanno avviato progettualità specifiche» al riguardo.
Tutto ciò premesso, si chiede di sapere quanti bambini oggi siano stati affidati a persone single e, tra queste, quante si dichiarino omosessuali e quanti bambini a coppie omosessuali e quali siano state le motivazioni che hanno portato a preferire tale scelta in alternativa a quella prioritariamente indicata dalla legge, affidamento a famiglie con minori, nonché quali ulteriori informazioni ritenga di poter fornire riguardo al paventato rischio della sussistenza di un movente ideologico LGBT dietro il complesso sistema degli affidi dei minori. (Applausi dal Gruppo FdI).
PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, onorevole Bonafede, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.
BONAFEDE, ministro della giustizia. Signor Presidente, voglio ribadire preliminarmente che la protezione dei bambini è in cima alla lista degli impegni del Governo.
Per questo motivo, come noto, ho immediatamente istituito una squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori, che ho deciso di presiedere personalmente e che si riunirà già mercoledì prossimo. Si tratta di una squadra composta da esperti di diversa professionalità, interni ed esterni al Ministero, che si occupano di minori. Tra i vari obiettivi della squadra sarà d'impatto immediato il monitoraggio capillare dell'andamento generale delle procedure di affido su tutto il territorio, nonché la costituzione di una banca dati integrata dedicata alle procedure di affido e adozione.
Aprire lo sguardo sulle procedure in questione, oggi segmentate tra competenze territoriali e centrali e i diversi Ministeri, favorirà un controllo serrato su ogni fase del procedimento di affido. Tra l'altro è già iniziata un'interlocuzione con gli altri Ministeri competenti, in particolare con il ministro Locatelli, per cercare di coordinarci tutti, al fine di raggiungere l'obiettivo della protezione dei bambini.
Dall'esito di tale controllo scaturirà la strategia d'intervento, anche normativo, che si renderà necessario. Il mio impegno è forte come il mio rispetto per l'attività che parallelamente sta compiendo la magistratura in ordine ai fatti in corso d'accertamento, sulla quale non bisogna creare chiaramente interferenze. Chi ha sbagliato paga e pagherà, ne sono certo.
Del pari, il Ministero da circa due settimane ha già attivato l'ispettorato che sta svolgendo l'istruttoria di sua competenza sulla vicenda cosiddetta Bibbiano. In questo momento, voglio però invitare tutte le forze politiche a viaggiare con unità di intenti su una problematica così importante. Riguardo alle banche dati, ho già chiarito che uno degli obiettivi del Ministero è averne una, che attualmente non c'è.
Riguardo all'idoneità genitoriale e agli affidamenti, queste valutazioni vengono fatte nel caso concreto dagli addetti ai lavori e dobbiamo fare in modo di avere sempre un occhio di controllo su tutto quanto accadde. Non ci sono dubbi sul fatto che la bigenitorialità debba sempre essere un criterio preferenziale, peraltro com'è già previsto dalla legge e dalle linee guida, circostanza tra l'altro citata dagli interroganti. Si tratta quindi di colmare la normativa, quando dev'essere colmata, ma nello stesso tempo anche di cercare di far applicare correttamente e vigilare sulla corretta applicazione delle leggi in materia di protezione dei bambini.
Detto questo, dev'essere chiaro a tutti che nel nostro Paese, nella nostra democrazia e con la nostra Costituzione non ci potrà mai essere spazio per una qualsiasi banca dati che possa addirittura monitorare i nostri cittadini o censirli per l'orientamento sessuale: credo che su questo possiamo considerarci tutti d'accordo. (Applausi dai Gruppi M5S e PD).
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Balboni, per due minuti.
BALBONI (FdI). Signor Ministro, la ringrazio della risposta, anche se in realtà non ha risposto alla mia domanda. Nessuno chiede di schedare o inserire in banca dati, ma di sapere se esista un pregiudizio ideologico a favore di genitori o affidatari gay nell'affidamento dei bambini.
A nostro avviso, un bambino ha diritto a una madre e a un padre: come lei ha ricordato, la legge prescrive che i bambini vadano affidati a famiglie con figli, dove ci sono un padre e una madre.
Siamo di fronte allo scandalo di bambini sottratti per far guadagnare case-famiglia: si parla di 200, 300 o 400 euro al giorno. Si sottraggono bambini a famiglie per motivi economici, quando con molto meno si potrebbero aiutare quelle famiglie a tenere, mantenere ed educare i propri figli nella protezione della famiglia, come vogliono la legge e la Costituzione.
Quanto emerge di scandaloso a Bibbiano è che i bambini venivano sottratti senza ragione alle famiglie con lo scopo di affidarli a persone gay per dimostrare che quello era un luogo migliore della famiglia tradizionale, dove crescevano. (Commenti dal Gruppo PD).
MALPEZZI (PD). Ma cosa stai dicendo? Vergogna!
BALBONI (FdI). Questo è il pregiudizio ideologico emerso dalle inchieste ed è su questo, caro Ministro, che noi la richiamiamo a vigilare. (Applausi dai Gruppi FdI, FI-BP e L-SP-PSd'Az).
PRESIDENTE. Il senatore Campari ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-01067 sull'IVA sui farmaci veterinari, per tre minuti.
CAMPARI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, premesso che i medici veterinari che, a seguito di visita medico-veterinaria, dispensano anche i farmaci di primo uso, al momento della fatturazione devono applicare l'IVA della propria prestazione al 22 per cento oltre a far pagare il prezzo del farmaco già ivato al 10 per cento e poi riapplicare la loro propria IVA al 22 per cento (cui si aggiunge un 2 per cento di cassa veterinaria), si rileva che questo comporta un aggravio di costi per il cliente proprietario di animale sottoposto a visita e cura veterinaria, il quale si vede costretto a pagare ulteriormente l'IVA sul farmaco dispensato dal medico veterinario al momento del pagamento della fattura.
Secondo il comma 3 dell'articolo 84 del decreto legislativo n. 193 del 2006, la cessione del farmaco veterinario è da ritenersi prestazione accessoria rispetto a quella professionale. In particolare, il carattere accessorio è definito dall'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (principio di accessorietà), che prevede che una prestazione accessoria ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, effettuati direttamente dal cedente o prestatore o per suo conto e a sue spese, non sono soggetti autonomamente all'imposta nei rapporti fra le parti dell'operazione principale. Se la cessione o prestazione principale è soggetta all'imposta, i corrispettivi delle cessioni o prestazioni accessorie imponibili concorrono a formare la base imponibile; quella accessoria, che è meno importante, perde la propria autonomia e viene assorbita nell'operazione principale e quindi non solo rientra nello stesso imponibile, ma attrae la stessa aliquota.
Se si espone in fattura il farmaco ceduto con un'aliquota diversa da quella delle prestazioni medico-veterinarie, attualmente al 22 per cento, si effettua una vera e propria attività commerciale di vendita del farmaco; attività riservata alle farmacie, e ora anche alle parafarmacie.
Quindi, in una fattura in cui il costo del farmaco è di gran lunga maggiore di quello della visita, perché i farmaci per animali sono molto costosi, ci si ritrova un aggravio di IVA non dovuta, e occorrerebbe tenere fuori dall'imponibile IVA il farmaco.
Si chiede di sapere se il Ministro non intenda assumere iniziative volte a consentire che il farmaco dispensato dai medici veterinari non sia considerata prestazione accessoria rispetto alla principale consistente nella visita medica, al fine di consentire al proprietario di non pagare, sul medicinale, la maggiorazione dell'IVA. In pratica i clienti si trovano a pagare l'IVA due volte e a sostenere costi che non sono dovuti. (Applausi dal Gruppo L-SP-PSd'Az).
PRESIDENTE. Il ministro dell'economia e delle finanze, professor Tria, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.
TRIA, ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, in relazione all'interrogazione in esame occorre preliminarmente osservare che sulla base del quadro normativo di riferimento, costituita dal codice comunitario dei medicinali veterinari, la vendita al dettaglio di medicinali veterinari è effettuata soltanto da farmacisti in farmacia, dietro presentazione di ricetta medico veterinaria, se prevista come obbligatoria.
Tale regola prevede delle eccezioni, ma non con riferimento al medico veterinario che quindi non può per legge vendere medicinali veterinari. Il medico veterinario nell'ambito della propria attività e qualora l'intervento professionale lo richieda, può consegnare all'allevatore o al proprietario degli animali le confezioni dei medicinali veterinari della propria scorta e da lui già utilizzate, allo scopo di iniziare la terapia in attesa che detto soggetto si procuri dietro presentazione della ricetta redatta dal medico veterinario, secondo le tipologie previste, altre confezioni prescritte per il proseguimento della terapia medesima.
Il suesposto quadro normativo evidenzia che, dal punto di vista dell'imposta sul valore aggiunto, la consegna di medicinali veterinari da parte del veterinario si configura come un'operazione accessoria alla prestazione principale. Infatti, tale consegna di medicinali veterinari non può che essere resa in conseguenza della prestazione eseguita dal medico veterinario e solo allo scopo di iniziare la terapia, peraltro solo relativamente a confezioni di medicinali veterinari della propria scorta e già utilizzate dal medico veterinario stesso per la realizzazione della prestazione professionale.
Pertanto trova applicazione alla cessione del medicinale veterinario la disciplina delle cessioni e prestazioni accessorie, secondo cui tali cessioni devono essere assoggettate alla medesima aliquota IVA prevista per la prestazione veterinaria, vale a dire il 22 per cento. In tal senso diversi pronunciamenti della Corte di giustizia dell'Unione europea hanno chiarito che una cessione di beni o una prestazione di servizi deve essere considerata accessoria ad un'operazione principale quando la stessa integra, completa e rende possibile l'operazione principale. L'accessorietà costituisce dunque una condizione di fatto che va valutata caso per caso, in base alle caratteristiche delle operazioni coinvolte. Tale condizione, laddove presente, consente l'applicazione alle operazioni accessorie della stessa disciplina IVA prevista per l'operazione principale.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Campari, per due minuti.
CAMPARI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro per la sua risposta. Si tratta di una questione di equità di trattamento, sia per i medici veterinari che anche per i possessori di animali, ai quali non è giusto applicare di fatto un'aliquota doppia sui medicinali somministrati durante la prestazione veterinaria. In questo caso ci riferiamo a scatole di medicinali che vengono aperte per somministrarle all'animale durante la prima cura e che poi vengono date al paziente. In tal senso auspichiamo che ci sia un chiarimento su tutti i veterinari, che si possa quindi andare nella direzione di scorporare le due cose, per far sì che non ci sia più un aggravio di questo tipo. Molti veterinari, infatti, non hanno medicinali già aperti, perché la scatola che utilizzano la danno direttamente al proprietario dell'animale e da ciò deriva l'impossibilità di avere scatole già utilizzate.
Noi ci auguriamo che si possa risolvere il problema, perché molto spesso i proprietari di animali sono proprio quelle persone che appartengono alle fasce più deboli, quelle con meno possibilità finanziarie, come gli anziani che li usano per compagnia, bambini o ragazzi con problemi che utilizzano la pet therapy. La ringrazio e speriamo che il problema venga presto risolto. (Applausi dal Gruppo L-SP-PSd'Az).
PRESIDENTE. Il senatore Pesco ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-01070 sulla posizione debitoria delle aziende sanitarie della Regione Lazio, per tre minuti.
PESCO (M5S). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, in merito alla Regione Lazio, alla struttura sanitaria regionale, la Corte dei conti ha rilevato che il conto consolidato sanità della Regione Lazio è l'unico in Italia che presenta un fondo di dotazione negativo pari a -994 milioni di euro al 31 dicembre 2017 e che la risoluzione di tale tematica sia stata richiesta già a partire dalle prime analisi dello stato patrimoniale del 2011. Inoltre, nel ribadire la rilevanza della questione e ricordando che il programma operativo 2016-2018 ne prevedeva la soluzione entro il 31 dicembre 2017, si prende atto delle dichiarazioni della struttura commissariale in merito al fatto che la conclusione dell'attività richiesta dovrebbe avvenire entro la fine del 2019. Laddove al termine di tale programma straordinario di verifiche residuasse una quota del fondo non coperta, dovrà essere attuato un intervento normativo regionale finalizzato alla copertura finanziaria del fondo per determinarne il totale azzeramento. Siamo a metà del 2019 e cosa sta facendo la Regione Lazio in proposito?
La Corte dei conti evidenzia inoltre come, relativamente al consuntivo 2017, gli interessi passivi pagati dal sistema sanitario regionale rappresentano il maggior valore assoluto a livello nazionale, pari al 30 per cento dello stesso, e il costo della medicina ambulatoriale è il secondo dato più elevato in Italia. Lo stato attuale della ricognizione del perimetro del fondo di dotazione, negativo per quasi un miliardo di euro, è tuttora allo stato iniziale, di conseguenza potrebbero prospettarsi criticità finanziarie future da un'uscita prematura della Regione Lazio dal commissariamento senza un preventivo quadro chiaro ed esaustivo sul passivo del fondo di dotazione.
Nel frattempo, i cittadini del Lazio continuano a subire una maggiorazione dell'addizionale regionale Irpef, mentre le imprese quella dell'IRAP per ripianare il disavanzo sanitario: in tre parole pagano più tasse.
Il commissario, nonché Presidente della Regione, dichiara che la ricostituzione del fondo di dotazione è garantita grazie alle coperture di un fondo rischi. Penso. Tuttavia, che tale aspetto meriti approfondimenti, visto che ad ora, non so lei, Ministro, noi non sappiamo a quanto ammonta attualmente il fondo rischi; quando è stato costituito e per quali rischi; per quale importo la Regione Lazio intende stornare tale fondo verso il fondo di dotazione
Detto questo, signor Ministro, cosa si intende fare con il commissariamento attualmente svolto dallo stesso Governatore della Regione Lazio contra legem, visto che la modifica della legge n. 190 del 2014 dice espressamente che chi ha incarichi istituzionali in Regione non può fare il commissario ad acta? (Applausi dal Gruppo M5S).
PRESIDENTE. Il ministro dell'economia e delle finanze, professor Tria, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata.
TRIA, ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, in riscontro alle segnalazioni dei senatori interroganti si evidenzia che, nell'ambito delle consuete attività di monitoraggio del Piano di rientro della Regione Lazio e di analisi dei conti sanitari, i competenti tavoli tecnici hanno segnalato, a partire dall'esame dello stato patrimoniale dell'anno 2011, la necessità di procedere ad una ricostruzione delle cause che hanno generato una valorizzazione negativa del fondo di dotazione consolidato regionale e ciò proprio al fine di provvedere alla risoluzione della criticità segnalata.
La stratificazione nel tempo di tali contabilizzazioni ha determinato la necessità di provvedere a definire una metodologia, anche con il supporto dell'advisor contabile, per analizzare le iscrizioni effettuate dalle singole aziende e definire il trattamento contabile più opportuno all'esito delle analisi.
Il percorso è peraltro definito all'interno del più generale Percorso attuativo per la certificabilità (PAC) dei bilanci, anch'esso oggetto di specifico adempimento monitorato dai competenti tavoli tecnici.
Si comunica, in proposito, che il prossimo 30 luglio è convocata una riunione dei tavoli tecnici di verifica dei conti di consuntivo 2018 della Regione Lazio, all'interno dei quali si inserisce, altresì, la valutazione del patrimonio netto consolidato, nell'ambito della più ampia attività di monitoraggio dello stato di attuazione del Piano di rientro regionale. Attendiamo dunque queste risultanze.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Pesco, per due minuti.
PESCO (M5S). Signor Ministro, la sua risposta ci rincuora, ma, allo stesso tempo, ci lascia l'interrogativo sull'opportunità o meno di far uscire dal commissariamento la sanità del Lazio, un commissariamento che attualmente - lo ripeto - è svolto contra legem, visto che la modifica alla legge n. 190 del 2014 prevede l'incompatibilità nello svolgere l'incarico di Governatore regionale e commissario governativo.
Abbiamo appreso da fonti stampa e dai report dei vari tavoli tecnici che la sanità nel Lazio è riuscita, almeno parrebbe, a migliorare su alcuni fronti: abbassamento della mortalità, riduzione del deficit, adeguamento dei livelli essenziali di assistenza. Siamo contenti, ottime notizie: speriamo siano fondate.
Tuttavia, signor Presidente, signor Ministro, la situazione resta ad ogni modo drammatica per via del fondo di dotazione che registra un ammanco da un miliardo ed è stato certificato che si tratta di oneri non pagati dall'amministrazione, di passività.
È d'uopo ricordare che il conto economico delle pubbliche amministrazioni, il cui saldo è quello valido ai fini europei, ricomprende tutte le amministrazioni pubbliche (Stato, Regioni, enti territoriali, previdenziali e così via). Il debito delle Regioni entra a far parte del debito pubblico complessivo. Se a fronte di questi debiti si dovesse ricorrere a strumenti finanziari con oneri a carico dello Stato - se si dovesse - come spesso succede in queste situazioni, ci troveremmo a risponderne direttamente.
Oltre a ciò, abbiamo anche una serie di cose della sanità laziale che ci lasciano molto perplessi e che ci preoccupano per i possibili risvolti finanziari, soprattutto sul corretto svolgimento del servizio sanitario regionale. Mi riferisco al gran numero di strutture ospedaliere chiuse, al crescere in modo dilagante delle strutture sanitarie private, alla vendita smisurata di immobili sanitari pubblici, alla continua e inarrestabile crescita delle liste d'attesa (la Regione Lazio si colloca agli ultimi posti della graduatoria nazionale), per non parlare della scarsità delle misure di prevenzione realmente attuate, del caos nei pronto soccorso, del continuo ricorso allo strumento delle esternalizzazioni (tra i servizi più importanti, penso, ad esempio, al servizio CUP), dell'assenza totale dei controlli, delle nomine politiche in cui un partito, in particolare, ha fatto scuola.
Detto questo, signor Ministro, pensiamo bene che in proposito occorra una sana e prudente riflessione prima di attuare scelte così determinanti per la salute e le tasche dei cittadini. (Applausi dal Gruppo M5S).
PRESIDENTE. Il senatore Giacobbe ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-01068 sul fondo per il piano Africa, per tre minuti.
GIACOBBE (PD). Signor Presidente, signor Ministro, come riportato da diversi organi di stampa, è stato assegnato ad Alessandro Amadori, consulente del vice presidente del Consiglio, Matteo Salvini, l'incarico di curare un dossier sul piano Africa, al quale sono stati destinati 500 milioni. In un'intervista è stato chiarito che non si tratterebbe di un piano Africa, quanto piuttosto di un fondo sovrano italiano per l'Africa.
La legge n. 125 del 2014 attribuisce la responsabilità politica della cooperazione allo sviluppo al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ed all'articolo 15 istituisce un Comitato interministeriale, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri e composto dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dal Vice Ministro della cooperazione allo sviluppo e da diversi ministri, con il compito di assicurare la programmazione ed il coordinamento di tutte le attività di cooperazione pubblica e la coerenza delle politiche nazionali con i fini della cooperazione allo sviluppo.
Il fondo sovrano, così come delineato da Alessandro Amadori, appare di difficile configurazione. Se si intende quale strumento generalista, per investire strutturalmente i soldi dei cittadini in progetti di sviluppo, lo strumento utilizzabile ai sensi della legge n. 125 del 2014 è l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS) con la Cassa depositi e prestiti nel ruolo di banca italiana per lo sviluppo.
Si verrebbe quindi a creare un doppione o un ulteriore attore, fuori dallo schema istituzionale di disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo. Una sorta di cooperazione del Ministero dell'interno, dunque, operante senza alcun passaggio presso il Comitato interministeriale previsto dalla legge n. 125 del 2014.
È per questo motivo, Ministro, che le chiediamo quali siano le sue valutazioni sui fatti esposti, se lei non ritenga che la creazione del fondo sovrano per l'Africa sia in aperto contrasto con le sue responsabilità politiche in materia di cooperazione allo sviluppo e quali iniziative necessarie e urgenti intenda intraprendere al fine di garantire il rispetto delle competenze ministeriali in una materia di così rilevante interesse, anche alla luce del ruolo dell'Italia nei processi di pacificazione e sviluppo in Libia, nel Corno d'Africa e in generale nell'area dei Paesi dell'Africa occidentale.
PRESIDENTE. Il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, professor Moavero Milanesi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.
MOAVERO MILANESI, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Signor Presidente, come ricordato dal sentore interrogante, la materia di cui stiamo parlando - cooperazione e sviluppo - è definita dalla legge n. 125 del 2014 che attribuisce al Ministero degli esteri e - non a caso - della cooperazione internazionale il compito di tirare le fila e di assicurare l'unitarietà e la coerenza nell'ambito delle deliberazioni assunte dall'apposito Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo che veniva ricordato.
A riguardo, ho conferito ampia delega al vice ministro Emanuela Del Re che opera coadiuvata dalla Direzione generale per la cooperazione e lo sviluppo del Ministero degli esteri e della cooperazione internazionale e dall'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. Nell'ambito delle attività di queste diverse entità e nell'ambito della struttura della filiera politica indicata, le strutture operano in proficua e costante cooperazione con altre amministrazioni. Eventuali proposte sono valutate, se del caso, al fine di verificarne la coerenza con la strategia disegnata - quindi c'è una supervisione costante di coerenza da parte del Ministero degli affari esteri e, quando appropriate, vengono indirizzate nell'ambito del Comitato interministeriale.
Dunque, in questo contesto, qualsiasi iniziativa, e in particolare le eventuali iniziative del professor Amadori al quale si riferisce il senatore interrogante, possono essere esaminate e formare oggetto di riflessione e, se del caso, sottoposte al Comitato interministeriale nell'ambito del quale verranno valutate nel merito e si daranno indicazioni per dare eventuali seguiti. Nulla di diverso da questa ordinaria filiera di normale amministrazione e interlocuzione fra amministrazioni dello Stato.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Alfieri, per due minuti.
ALFIERI (PD). Signor Ministro, nulla di personale, ma, di fatto, ella non ci ha risposto e ha riproposto la nostra interrogazione. (Applausi dal Gruppo PD).
Io capisco che il ministro Salvini sia inafferrabile. Ieri, abbiamo provato a fargli dire in qualche modo cosa facesse Savoini a Mosca con lui. Lo stesso presidente Conte ha detto di non aver avuto risposta. Quindi, immagino che anche per lei sia difficile capire come mai quei 500 milioni di euro vengano decisi all'infuori della programmazione di cui lei ricordava essere il titolare, in quanto responsabile delle politiche di cooperazione allo sviluppo (Applausi dal Gruppo PD). Così, però, non si può andare avanti, perché la cooperazione allo sviluppo è uno degli strumenti principali della politica estera: deve rimanere sotto il suo coordinamento e, al limite, sotto quello del Presidente del Consiglio dei ministri, che è titolare del Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo. Lo dico a livello italiano, perché è interesse nostro che si possa, in qualche modo, valorizzare la nostra politica estera al meglio. E lo dico anche a livello europeo, perché i 500 milioni del fondo Africa si inseriscono in una programmazione che anche l'Europa, sta facendo sull'Africa. Non è possibile che si faccia la cooperazione allo sviluppo del Ministero dell'interno.
Qui stiamo sovvertendo tutti le linee tradizionali della politica estera e anche della collaborazione tra i diversi Ministeri. Quindi non possiamo che dichiararci insoddisfatti della risposta. (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. Il senatore Aimi ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-01069 sulle politiche di contrasto dei flussi migratori irregolari, per tre minuti.
AIMI (FI-BP). Signor Presidente, onorevoli senatori, signor Ministro, che ringrazio per la sua presenza, l'Italia si trova in una situazione un po' particolare e da un certo punto di vista drammatica: da un lato, è prigioniera della sua geografia, con il Nord ricco e il Sud povero ed in mezzo al Mediterraneo; dall'altro, vi è un'utopia che si sta facendo strada, cioè che l'Italia, pur essendo in queste condizioni economiche, non delle migliori ricordiamolo, possa avere una funzione salvifica nei confronti dell'orbe terracqueo o, meglio ancora, della povertà di tutto l'orbe terracqueo.
Se vogliamo essere onesti anche sotto il profilo politico, dobbiamo evidenziare che dobbiamo dire grazie al Ministro dell'interno per avere bloccato o, comunque, rallentato l'immigrazione con la chiusura dei porti alle ONG. Ci rendiamo perfettamente conto, tuttavia, che gli sbarchi continuano perché ci sono quelli cosiddetti fantasma. Migliaia e migliaia di persone, di clandestini, continuano ad arrivare sulle coste italiane, principalmente sulle sponde della Sicilia, su quelle della Calabria ma anche quelle della Puglia, perché partono dalla Turchia e dalla Grecia.
I nostri confini sono poi vulnerabili. Ce lo ha dimostrato il "capitan Fracassa" delle motovedette, Carola Rackete, che è riuscita a sfondare i nostri confini quando, invece, il nostro compito, signor Ministro, dovrebbe essere proprio quello di proteggerli. Siamo inoltre in una situazione in cui, per la verità, più che delle persone che rischiano di annegare, stiamo aiutando dei trasbordati. Anche questo è un aspetto che noi dobbiamo prendere in attenta considerazione.
Quindi, qui abbiamo un punto essenziale: noi non possiamo essere i risolutori dei problemi dell'Africa. In particolare, ci sono 650 milioni di africani in condizione di povertà, molti dei quali puntano a venire qui in Italia; la Germania ce li rimanda sedati e se li sceglie, la Svizzera ce li rimanda legati, la Francia con il manganello e l'Olanda non ne vuol sentir parlare.
Nell'interrogazione, signor Ministro, io le ho chiesto quale sia lo stato dei fatti rispetto agli accordi con i Paesi dai quali partono questi clandestini e, ancora, come il Governo intenda affrontare il problema della crescita economica e infrastrutturale dell'Africa, ricordando quello che ha fatto la Cina. Avremo a disposizione il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile, quello della Commissione europea, la Banca europea degli investimenti, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, le casse europee facenti parti del long term investors club.
Da ultimo, le ho chiesto quali sono i rapporti diplomatici con il resto d'Europa in tema di immigrazione. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
PRESIDENTE. Il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, professor Moavero Milanesi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.
MOAVERO MILANESI, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Signor Presidente, la materia delle migrazioni è materia estremamente sensibile e delicata, soprattutto perché ci troviamo di fronte a un fenomeno di una magnitudo inusuale sia come numeri sia come impatto direi emotivo e operativo sulle varie realtà nazionali che vi hanno a che fare, sia quelle dei Paesi che vengono lasciati o attraversati, sia quelli di arrivo. Noi pensiamo come Governo che sia una questione, proprio in considerazione di questa magnitudo, di carattere eminentemente europeo, anche perché queste persone cercano, dai loro luoghi di partenza, di raggiungere l'Europa, non di raggiungere una costa italiana, spagnola o maltese, un'isola greca e quant'altro. Abbiamo portato più volte all'attenzione delle varie sedi europee questo punto di vista che - devo dire - da un lato è ampiamente condiviso, dall'altro non si traduce in decisioni operative sufficientemente valide o semplicemente sufficienti. In particolare, i trattati europei prevedono la possibilità di una politica delle migrazioni, ma la normativa europea adottata riguarda solo le procedure per il diritto d'asilo, che riguardano, però, un numero limitato di migranti. Noi abbiamo chiesto, in particolare, da ultimo al Consiglio affari esteri del 15 luglio scorso, raccogliendo intorno al tavolo svariati consensi che adesso vorremmo vedere tradursi in linee operative, quattro cose: la prima è che ci siano ingenti investimenti, come quelli cui lei faceva riferimento, nei Paesi di origine e di transito dei migranti, ma questo significa stanziare le somme necessarie nel bilancio dell'Unione europea, cosa che potrà essere fatta nel corso dell'attuale discussione che è in atto per gli anni dal 2021 al 2027; la seconda è che ci sia un vero contrasto alle reti dei trafficanti lungo tutta la linea; la terza è che si esamini la possibilità di anticipare in Paesi il più vicino possibile a quelli d'origine l'esame delle domande d'asilo, in maniera da poter poi far arrivare, se del caso, in Europa le persone che hanno diritto ad asilo o protezione internazionale attraverso dei cosiddetti corridoi umanitari, quindi farli viaggiare fuori dalle mani dei trafficanti; la quarta, proprio in riferimento agli accordi di rientro nei Paesi d'origine, i cosiddetti accordi di rimpatrio, che ci sia una negoziazione, un'esecuzione e un'assunzione degli oneri relativi sempre da parte dell'Unione europea.
C'è molta condivisione intorno a queste idee, aspettiamo di passare dalla condivisione politica ai fatti operativi e normativi.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Aimi, per due minuti.
AIMI (FI-BP). Signor Ministro, la ringrazio per la sua cortese risposta, che mi lascia - e credo di poter parlare anche a nome dei colleghi - parzialmente insoddisfatto. Noi crediamo che l'Europa, per la verità, non impedisca all'Italia di espellere i migranti. Voglio ricordare che nove su dieci di questi non sono nelle condizioni, sotto il profilo della legalità, di permanere sul nostro territorio. Il contratto che avevamo con la Lega e Fratelli d'Italia, con il centrodestra, prevedeva il fatto di espellere circa 600.000 migranti. Se continuiamo di questo passo, però, dovendo rimanere aderente ai numeri - e la matematica non è un'opinione - vedo che il vituperato Governo di sinistra con il ministro Minniti era arrivato all'espulsione di circa 18 immigrati irregolari ogni giorno, oggi siamo al numero di 13 e se dovessimo arrivare ai numeri che avevamo nel nostro progetto impiegheremmo centoventi anni; mi pare che questo tempo non sia a nostra disposizione e nemmeno degli altri. Abbiamo quindi qualche preoccupazione.
In merito all'accoglienza anche Papa Francesco ci esorta all'accoglienza, ma nei limiti - ovviamente dobbiamo anche ricordarlo - delle capacità reali ed effettive che uno Stato ha di accogliere. Il senatore Cangini qualche tempo fa, quando era direttore del «Quotidiano Nazionale», aveva fatto un'indagine e aveva evidenziato che più di un immigrato su tre non è disponibile ad integrarsi - questo è un problema grave - perché considera la legge religiosa assolutamente superiore a quella dello Stato. Quindi, noi dovremmo sceglierli, come fa la Germania, e, come diceva il cardinale Biffi, anche in sintonia culturale e valoriale.
Concludo con le parole di un altro Santo Padre, Papa Ratzinger, il quale diceva che esiste anche un altro diritto: quello a non emigrare.
Questi sono secondo noi i principi che dovremmo prendere in assoluta considerazione, perché l'Italia, come dicevo all'inizio, è in queste drammatiche condizioni sia sotto il profilo geografico sia per i problemi che abbiamo evidenziato di natura politica. Credo, quindi, che dovremmo andare in quella direzione e avere un progetto organico anche in tema di rimpatri, perché gli italiani vogliono vivere in condizioni - consentitemi di dirlo - anche di sicurezza. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
PRESIDENTE. Lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata (question time) all'ordine del giorno è così esaurito.
Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno
MAUTONE (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAUTONE (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio intervento riguarda la mancata attivazione del servizio di guardia medica turistica sull'isola di Ischia. Ben sappiamo il servizio di guardia medica turistica delle varie località è attivato durante il periodo estivo ed è rivolto ai cittadini non residenti temporaneamente domiciliati perché in vacanza. Esso fornisce prestazioni mediche ambulatoriali e domiciliari e prescrizioni di farmaci per terapie croniche o acute.
La mancata attivazione del servizio di guardia medica turistica sull'isola di Ischia costituisce un grave atto che viola il diritto alla salute dei turisti presenti sull'isola e, al tempo stesso, offre loro una pessima immagine di Ischia, rischiando di ridurre drasticamente l'attrattiva turistica dell'isola. Voglio ricordare che il servizio è utilizzato soprattutto da quelle fasce di turisti che notoriamente vi si recano per usufruire delle famose terme e che costituiscono lo zoccolo duro del turismo isolano. È necessaria una rapida risposta da parte delle istituzioni.
Tale situazione è la logica conseguenza del dimezzamento del numero dei medici utilizzati per lo svolgimento del servizio di guardia medica turistica, avvenuto con delibera n. 868 del 3 luglio 2019 del direttore generale dell'ASL Napoli 2 Nord, su indicazione dai vertici della Regione Campania. Pertanto, questa riduzione ha di fatto reso il lavoro, già gravoso, molto più stressante per i rimanenti medici incaricati. Questi ultimi hanno comunicato il 9 luglio, a mezzo PEC, ai sindaci e alle istituzioni regionali di non voler accettare l'incarico loro conferito. Questa situazione, di fatto, comporterebbe uno scadimento delle prestazioni erogate, un deterioramento dell'attività professionale e del rapporto medico-paziente, senza considerare il pericolo sia per l'utenza, che verrebbe costretta a code interminabili, sia per l'incolumità degli stessi operatori sanitari, visti i tristi episodi di aggressione continuamente riportati dalla cronaca.
È prioritario attivare il prima possibile l'indispensabile servizio della guardia medica turistica, per poter assicurare il diritto alla salute dei turisti isolani sancito dall'articolo 32 della Costituzione, per ristabilire il diritto dei medici alla sicurezza sul lavoro e per ridare forza alla vocazione turistica e alla cultura dell'accoglienza che da sempre caratterizza Ischia e i suoi abitanti. Senza i tempestivi e opportuni provvedimenti, un'importante fetta dell'economia ischitana ne pagherà le logiche conseguenze e la responsabilità sarà solo ed esclusivamente dei vertici regionali che gestiscono la sanità campana. (Applausi dal Gruppo M5S).
CASTALDI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTALDI (M5S). Signor Presidente, noi tutti riceviamo istanze di aiuto, richieste di dare voce a situazioni problematiche; è capitato anche a me, con una persona a me sconosciuta. Ho fatto attenzione ai fatti e voglio dare voce a questo cittadino, che per 72 grammi di marijuana è stato detenuto e poi portato agli arresti domiciliari. In quel periodo la moglie è stata ricoverata in ospedale ed egli ha presentato un'istanza per andare a trovarla ma non ha ottenuto alcuna risposta dal magistrato; nel frattempo la moglie è morta.
Le cose continuano a peggiorare per chi già subisce questi torti: lo scorso anno è venuta a mancare la madre. Lui ottiene un'istanza per andare il 4 o il 5 luglio ai funerali e per seguire tutto ciò che c'è da fare, ma lo vanno a prendere il 7 luglio. Il cittadino si chiama Salvatore Proietto ed era detenuto all'inizio nel carcere catanese Piazza Lanza. Non è l'unico, credo che di queste ingiustizie - questo è un simbolo - ne avvengano tante. Questi cittadini hanno bisogno di una voce (questa è una delle tante).
Farò in modo di fare chiarezza su quanto accaduto, ma mi auguro che tutta l'Assemblea si attivi per garantire che episodi di questo genere non si verifichino più. (Applausi dai Gruppi M5S e FI-BP).
FATTORI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FATTORI (M5S). Signor Presidente, oggi vorrei parlare di giornalisti di inchiesta. Chi fa giornalismo d'inchiesta mette a repentaglio la propria incolumità in nome dell'informazione. Non esiste convenienza in questi casi: esistono cronisti che credono nel proprio lavoro, spesso sottopagati e oggetto di angherie.
Quanto successo al giornalista Nello Trocchia è emblematico per tutta la categoria, anche per quelli meno noti, ma che per pochi euro vanno a caccia di verità scomode per tutti i potenti. Nel 2016 vi fu la risposta da parte del Ministro dell'interno della scorsa legislatura a un un'interrogazione che riguardava un'intimidazione mascherata da tentativo di furto ai danni del giornalista Trocchia. In quella sede vi fu la rassicurazione che, per tramite della prefettura di Napoli, sarebbero stati rinforzati i controlli a tutela del giornalista e della sua famiglia. Negli ultimi due anni, però, fatti analoghi hanno continuato a verificarsi nei pressi della sua abitazione sua e di quella dei suoi genitori, segnale evidente che non ci sia efficacia nei controlli a tutela. L'ultimo episodio è avvenuto tra il 16 e il 17 luglio nella sua casa di Napoli, che doveva essere vigilata - evidentemente non è stato così - e sono stati trafugati un pc con documenti relativi alle sue inchieste e un cellulare da pochi euro (il che ci fa capire che, in realtà, probabilmente non si trattava di furto). Se questa instabilità riguarda lui che è abbastanza famoso, figuriamoci cosa può avvenire per tutto quell'esercito di cronisti che vive nell'ombra, ma che rappresenta un vero e reale servizio pubblico per i cittadini, quando non anche per le procure che attingono dalle loro indagini per la lotta alla criminalità.
A tal proposito, ho depositato questa settimana l'interrogazione 4-02003, firmata trasversalmente da vari colleghi sia del MoVimento che di altre forze politiche, alla quale mi aspetto una pronta, tempestiva e rapidissima risposta dal Ministro dell'interno a tutela di questa categoria di persone che fanno informazione così importante per il nostro Paese. (Applausi dal Gruppo M5S).
PRESIDENTE. La Presidenza, come sempre, segnalerà le interrogazioni.
LANNUTTI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LANNUTTI (M5S). Signor Presidente, nel 1988 ebbi la ventura di partecipare alla fondazione di «Avvenimenti», un settimanale diretto da Claudio Fracassi, che con le sue inchieste sulla «Milano da bere», le verità nascoste dalla partitocrazia, i legami incestuosi tra politica e affari con la tangente eretta a sistema, fu antesignano di mani pulite.
Francesco Saverio Borrelli non era solo l'uomo del «resistere» contro lo sgretolamento e il naufragio della coscienza civica e del senso del diritto, ma anche colui che, sulle orme di Piero Calamandrei, era convinto che al magistrato spettasse il ruolo di «scudo della legalità», in cui ha sempre creduto e che ha perseguito con rigore in tutta la sua carriera. «Chiunque detiene un potere non accetta volentieri di essere sottoposto a giudizio. Per questo, è importante la sopravvivenza di una magistratura indipendente», disse quando venne attaccato per il suo ruolo di capo della procura di Milano nelle inchieste su Tangentopoli. E ancora: «Non è la magistratura che deve fare un passo indietro; è la politica che deve fare tre o quattro passi avanti. Senza prevaricarci, possibilmente senza legarci le mani».
Con la sua scomparsa, Borrelli lascia un grande vuoto nella magistratura italiana, reso ancor più evidente dai gravissimi e recenti scandali che hanno scosso il Consiglio superiore della magistratura, che si aggiunge a un profondo dolore per la perdita di chi per quasi mezzo secolo è stato uno dei protagonisti della storia giudiziaria - e non solo - del nostro Paese e che non si è risparmiato per difendere le toghe, i suoi pubblici ministeri, la loro indipendenza.
Borrelli, che ha incarnato l'essenza del magistrato, di chi si è messo a disposizione dello Stato e della collettività, facendo della ricerca della verità un vessillo, era anche un uomo di cultura. Sosteneva che bisognava prima di ogni cosa essere buoni cittadini, che l'istruzione e la conoscenza erano passi necessari per poter ambire allo status di buoni cittadini: «La giustizia vive in buona parte dell'ossigeno che proviene dalla collaborazione dei cittadini», affermò.
Borrelli era un uomo gentile, umile, pieno di compassione, quella che è stata perduta. Amava il bello, la musica, la libertà con un approccio laico alle cose del mondo e, perfino, a ciò che lo riguardava direttamente. Al termine della sua carriera arrivò a dire: «Chiedo scusa per il disastro seguito a Mani Pulite. Non valeva la pena buttare all'aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale».
Durante un'intervista rivelò: «Quando le parole sono importanti io sono solito ripeterle per tre volte». E così accadde. Era il 12 gennaio del 2002. Borrelli chiuse la sua relazione inaugurale dell'anno giudiziario dicendo: «Ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volontà generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo estremo baluardo della questione morale, è dovere della collettività resistere, resistere, resistere, come su una irrinunciabile linea del Piave». (Applausi dal Gruppo M5S e del senatore D'Alfonso).
Borrelli mancherà molto alla coscienza critica di un Paese ancora divorato dalla illegalità, ai primi posti per corruzione, tra gli ultimi per libertà di stampa. Nell'epoca immorale delle disuguaglianze sociali e della giustizia spesso ingiusta per la povera gente, sono onorato di ricordarlo in quest'Aula del Senato come magistrato e come uomo. (Applausi dal Gruppo M5S e del senatore D'Alfonso).
PRESIDENTE.Senatore Lannutti, grazie per questo ricordo.
D'ALFONSO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALFONSO (PD). Signor Presidente, volevo mettere in evidenza, attraverso questo ufficio e la sua persona, le priorità finanzianti infrastrutturali riguardanti la ferroviarizzazione abruzzese. Ci sono alcuni colleghi della mia Regione che stanno allo stesso modo battagliando argomentativamente per far valere queste priorità, che hanno uno specifico: addirittura hanno in pancia e sul tavolo le risorse finanziarie.
Serve attivare la progettazione da parte di RFI che, tra l'altro, ha al suo vertice uno dei più bravi manager non solo a livello nazionale: parlo dell'ingegner Gentile. La Pescara-Chieti dispone di 111 milioni di euro per il raddoppio ferroviario, che significa: velocità, sicurezza e comodità. La Sulmona-l'Aquila-Rieti-Terni dispone di 75 milioni di euro per la elettrificazione. La Pescara-Roma, come grande investimento infrastrutturale, ha in pancia come risorse di pronta cassa in contabilità pubblica 10 milioni di euro per la progettazione esecutiva e 1,566 miliardi di euro per il contratto di programma RFI-MIT.
Si tratta di fare una scelta, che alcuni colleghi sanno al pari mio, di due zone elettivamente sceglibili: la Pescara-Sulmona e la Avezzano-Roma. E poi abbiamo un'altra importante opera riferita al porto di Vasto: l'ultimo miglio ferroviario del porto di Vasto, che è l'unico porto a capienza industriale, dispone di 15 milioni di euro che devono essere progettati e cantierati. Da ultimo, il CIPE ci ha dato come Regione 10 milioni di euro per completare la ferroviarizzazione della Quadri-Castel di Sangro.
Il cardinale Martini parlava di immoralità rispetto alle opere pubbliche. Si è immorali quando un'opera pubblica si inizia e non si completa; quando un'opera pubblica si inizia, si completa e non si mette in esercizio; quando un'opera pubblica si inizia, si completa, si mette in esercizio e non si fa la manutenzione. Noi qui abbiamo le risorse, si tratta di fare le progettazioni esecutive e di controllare.
L'intervento di un rappresentante del popolo, che tra l'altro è condiviso anche da altri rappresentanti, serve a stabilire una prioritarizzazione: la politica ha un'anima, se coglie le priorità. (Applausi dai Gruppi PD e M5S).
MALAN (FI-BP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (FI-BP). Signor Presidente, sto depositano proprio in questi minuti un'interrogazione, che è di attualità e di urgenza nella sostanza, anche se magari non dal punto di vista delle dinamiche parlamentari. Diversi giornali hanno pubblicato, già ieri l'altro e poi oggi con ulteriori dettagli, la notizia secondo la quale è stato aperto il collegamento della linea aerea Mahan Air, tra Roma e Teheran, che si aggiunge a quello che già operava tra Milano Malpensa e Teheran: si tratta chiaramente di un fatto reale, perché basta consultare gli orari aeroportuali.
Questa compagnia, la Mahan Air, è stata accusata dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, fin dal 2011, di sostenere il terrorismo, di trasportare tecnologie proibite, tra cui anche tecnologia per armamenti nucleari e di trasportare truppe ed armi, sia in Siria sia in Libano, alle milizie filoiraniane Hezbollah, il cui capo ha pubblicamente dichiarato che tutte le loro migliaia di missili, che hanno in serbo per essere usate contro la popolazione civile israeliana, sono di provenienza iraniana. Pertanto, evidentemente, da qualche parte passano e secondo il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti passano proprio attraverso la Mahan Air, che è colpita dalle sanzioni degli Stati Uniti. Il Dipartimento del tesoro degli Stati Uniti ha infatti confermato che la collaborazione con alcuni soggetti, tra i quali Mahan Air, comporta il rischio di sanzioni per tutti coloro che vi collaborano e quale miglior collaborazione che non stabilire un collegamento stabile, in questo caso con il nostro Paese?
Credo che il Governo debba porsi seriamente il problema e pertanto ho rivolto un'interrogazione sia al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sia al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
PRESIDENTE.Senatore Malan, ci faremo portatori della sua istanza.
Atti e documenti, annunzio
PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Ordine del giorno
per la seduta di martedì 30 luglio 2019
PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica martedì 30 luglio, alle ore 15, con il seguente ordine del giorno:
La seduta è tolta (ore 15,58).
Allegato A
DOCUMENTO
Relazione della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari sulla questione del seggio non assegnato nella Regione Sicilia (Doc. XVI, n. 2)
PROPOSTA DI QUESTIONE SOSPENSIVA
Ginetti, Marcucci, Parrini, Bonifazi, Cucca, Rossomando, Malpezzi, Mirabelli, Stefano, Ferrari, Collina, Bini, Cirinnà, Valente
Respinta
Il Senato,
premesso che:
con propria deliberazione, in data 26 giugno 2019, la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, riunita per discutere dell'attribuzione del seggio non assegnato nella circoscrizione Sicilia 2 per mancanza di candidati della lista aggiudicataria, ha deciso di proporre all'Assemblea del Senato - disattesa ogni diversa istanza - di deliberare l'attribuzione del seggio resosi vacante, ad un candidato di quella stessa lista non eletto in un'altra circoscrizione regionale dove questa ha ottenuto la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata;
la soluzione prospettata dalla Giunta concernente il seggio non assegnato in Sicilia, non è il risultato di una decisione giuridicamente fondata, ma di una deliberazione assunta in forza della sola logica numerica della maggioranza e della convenienza politica del momento;
ciò ha prodotto una soluzione che risulta palesemente illegittima per violazione della attuale legge elettorale del Senato ed incostituzionale per la violazione del principio contenuto nell'articolo 57 della Costituzione che richiede che il Senato sia eletto a base regionale;
considerato che:
la questione concerne la mancata assegnazione di un seggio in Sicilia al Movimento 5 Stelle, i cui otto candidati dei due collegi plurinominali sono stati tutti proclamati eletti, tranne uno, la senatrice Catalfo, già eletta in uno dei collegi uninominali (n. 8 Catania) della medesima circoscrizione Sicilia;
la decisione da parte del Movimento 5 Stelle di avvalersi dell'istituto della pluricandidatura previsto dalla attuale legge elettorale ha determinato l'incapienza delle liste di candidati del M5S in Sicilia che non avevano candidati sufficienti a coprire tutti i seggi conseguiti;
tenuto conto che:
l'ipotesi di una lista che abbia esaurito il numero dei candidati presentati in un collegio plurinominale e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi a essa spettanti in quel collegio è espressamente prevista dall'articolo 17-bis della legge elettorale del Senato, che esclude esplicitamente possa applicarsi a questi casi la disciplina prevista dalla legge elettorale della Camera dei deputati, che invece consente di attribuire i seggi non assegnati ai candidati della medesima lista in altre circoscrizioni;
questa differente disciplina è una diretta applicazione del dettato dell'articolo 57, primo comma, della Costituzione, secondo il quale il Senato deve essere eletto su base regionale; pertanto risulterebbe manifestamente incostituzionale una legge elettorale per il Senato che attribuisse i seggi conquistati da una lista in una circoscrizione regionale ai candidati della medesima lista presentatisi in una diversa regione;
il principio del Senato eletto su base regionale determina infatti l'identificazione della regione come circoscrizione elettorale in cui i seggi a ciascuna di esse assegnati, secondo i criteri di ripartizione specificamente previsti dai commi 3 e 4 del medesimo articolo 57 della Costituzione, devono essere nella stessa regione interamente aggiudicati;
preso atto che:
per cercare di ovviare all'espresso divieto contenuto nell'articolo 17-bis, comma 2, della legge elettorale, di per sé insormontabile, la proposta approvata della Giunta fa leva sul successivo articolo 19, comma 2, della legge elettorale del Senato, secondo cui «nel caso in cui rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, un seggio in un collegio plurinominale si applica l'articolo 86 della legge elettorale della Camera dei deputati, il quale, a sua volta, per il caso in cui una lista abbia già esaurito i propri candidati, rinvia alle modalità di cui agli articoli 84, commi 2, 3, 5 e (per l'appunto) 4»;
questa spericolata e maldestra interpretazione della legge elettorale del Senato, frutto di un "doppio rinvio" (dall'articolo 19 del decreto legislativo Testo unico legge elettorale Senato all'articolo 86 Testo unico legge elettorale Camera dei deputati e da questo al precedente articolo 84.4), che secondo quanto si legge nella relazione "riammetterebbe l'applicazione" - formula ad oggi sconosciuta nel diritto pubblico italiano - di una norma esplicitamente esclusa dalla legge stessa, è manifestamente infondata per le seguenti ragioni:
1) perché si basa sul presupposto che la legge elettorale del Senato contenga nel suo testo due norme in contraddizione l'una con l'altra: l'articolo 17-bis che vieta il rinvio alla legge della Camera e quindi l'assegnazione di seggi senatoriali in soprannumero in un'altra circoscrizione regionale e l'articolo 19 che rinviando, per casi del tutto differenti, ad un articolo della legge elettorale della Camera, che a sua volta rinvia ad un altro articolo delle medesima legge, permetterebbe l'assegnazione dei seggi in soprannumero in Sicilia ad un'altra circoscrizione regionale;
2) perché il citato articolo 19, come ammette lo stesso relatore, ha finalità ed ambiti di applicazione differenti rispetto al precedente articolo 17-bis: quest'ultimo, infatti, riguarda la fase iniziale dell'assegnazione dei seggi, mentre l'articolo 19 tratta della fase posteriore della vacanza del seggio già assegnato "per qualsiasi causa, anche sopravvenuta";
3) perché l'interpretazione accolta dalla Giunta della legge elettorale del Senato per permettere di attribuire in un'altra regione del seggio assegnato alla Sicilia renderebbe la legge elettorale chiaramente incostituzionale per violazione dell'articolo 57 della Costituzione;
considerato che:
la Giunta, per giustificare tale infondata e illogica soluzione, si arroga il potere di operare un bilanciamento tra tre principi costituzionali distinti, che a parere della Giunta risulterebbero nel caso di specie in contrasto l'uno con l'altro;
tenuto conto che:
non spetta alla Giunta operare alcun bilanciamento tra le norme costituzionali. Come è stabilito dall'articolo 19 del Regolamento del Senato essa deve procedere alla verifica, secondo le norme dell'apposito Regolamento, dei titoli di ammissione dei senatori e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità; riferisce, se richiesta, al Senato sulle eventuali irregolarità delle operazioni elettorali che abbia riscontrato nel corso della verifica;
le sue decisioni devono essere basate sui requisiti previsti dalla legge e non su operazioni interpretative, tanto spericolate quanto maldestre, volte a violare il divieto espressamente previsto dalla legge elettorale e dalla Costituzione di attribuire un seggio al Senato spettante alla regione Sicilia a candidati non eletti presentatisi in altre regioni;
preso atto che:
per giustificare la proposta approvata dalla Giunta il relatore si richiama al principio della sovranità popolare (articolo 1 della Costituzione) che imporrebbe di far eleggere comunque un candidato del Movimento 5 Stelle presentatosi e non eletto in una regione diversa dalla Sicilia;
è bene ricordare che lo stesso articolo 1 della Costituzione italiana afferma che la sovranità è esercitata da popolo "nelle forme e nei limiti previsti in Costituzione" e quindi coerentemente con gli altri principi costituzionali che vengono in evidenza, e cioè sia con il principio di territorialità, che esige che in Sicilia siano eletti i seggi previsti e ad essa spettanti, sia con quello attinente all'elezione su base regionale, per cui non possono essere eletti, con i voti dei cittadini siciliani, candidati di altre circoscrizioni regionali;
il problema del seggio senatoriale vacante riguarda gli elettori siciliani e non "la suprema volontà popolare" indebitamente richiamata dal relatore, che vedrebbero i propri voti utilizzati per eleggere un candidato in un'altra regione in palese violazione della Costituzione italiana;
valutato che:
il riferimento alla base regionale del Senato ha impedito nel corso della storia repubblicana l'introduzione di un premio di maggioranza nazionale, in occasione sia della riforma della legge elettorale del 1953, sia della legge elettorale n. 270 del 2005 approvata dall'allora maggioranza di centrodestra: infatti l'introduzione di un simile premio, e quindi di un preliminare livello sopra-regionale di assegnazione dei seggi, avrebbe per sua natura alterato la coincidenza tra regione e circoscrizione elettorale e determinato una manifesta incostituzionalità della legge;
allo stesso modo, la base regionale del Senato implica che il livello di aggiudicazione dei seggi sia solo e soltanto quello regionale, senza possibilità di traslazione dei seggi vacanti da una circoscrizione regionale ad un'altra, non a caso invece possibile e consentita dalla legge elettorale della Camera che non incontra il limite posto dall'articolo 57, comma 1, della Costituzione;
nella storia repubblicana la legge elettorale del Senato non ha mai previsto, né si sono mai verificate ipotesi di slittamento o trasferimento di seggi da una circoscrizione regionale ad un'altra,
delibera, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, di sospendere la discussione del documento in titolo per l'illegittimità e la manifesta incostituzionalità dell'interpretazione della legge elettorale del Senato accolta dalla Giunta e per la grave violazione dell'articolo 57, primo comma, della Costituzione che, se approvato dall'Assemblea tale documento determinerebbe, e di rinviare la proposta all'esame della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, affinché sia nuovamente convocata, in modo di garantire una soluzione del caso nel pieno rispetto del dettato costituzionale.
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA, AI SENSI DELL'ARTICOLO 151-BIS DEL REGOLAMENTO
Interrogazione sul sistema di affidamento dei minori
(3-01065) (24 luglio 2019)
Balboni, Fazzolari, Bertacco, Rauti, Ciriani. - Al Ministro della giustizia -
Premesso che:
la normativa vigente prevede che "il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo" sia affidato "ad una famiglia, preferibilmente con figli minori" ovvero, in subordine, "ad una persona singola" in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno, e che, solo ove ciò non sia possibile, "è consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato" (articolo 2, commi 1 e 2, della legge 4 maggio 1983, n. 184);
tale ultima forma di affidamento, peraltro, è prevista come misura assolutamente temporanea, da superare mediante affido "ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia" (articolo 2, comma 4);
è del tutto evidente, dunque, che la ratio complessiva della disciplina, coerentemente con quanto previsto per l'adozione, sia quella di garantire il diritto effettivo del minore a crescere in una famiglia (come, peraltro, confermato dal titolo stesso della legge "Diritto del minore ad una famiglia"), e che si ricorra all'affido ad una persona single ovvero ad una comunità solo in via residuale e comunque in casi del tutto eccezionali e motivati (ad esempio in presenza di una persona legata al minore da vincoli di parentela o di amicizia);
a fronte di ciò, il fenomeno dell'affido familiare a persone single o a strutture comunitarie risulta, al contrario, in forte espansione soprattutto negli ultimi anni e nonostante la presenza di un elevato numero di famiglie disponibili all'affidamento e all'adozione;
considerato che:
lo scandalo scoppiato nei giorni scorsi in provincia di Reggio Emilia sul presunto sistema illecito di affidamenti dei minori, strappati alle loro famiglie naturali attraverso falsificazioni di atti e altri escamotage, ha sconvolto profondamente l'opinione pubblica;
dall'inchiesta "Angeli e demoni" sta emergendo un quadro complessivo drammatico assolutamente preoccupante, soprattutto se si considera che dietro a tale sistema si celerebbero un business illecito di diverse centinaia di migliaia di euro e (cosa più grave) un discutibile movente ideologico di stampo LGBT;
oltre alla gravità degli illeciti perpetrati dai soggetti a vario titolo coinvolti (psicologi, psicoterapeuti, operatori socio-sanitari, rappresentanti dei servizi sociali territoriali e amministratori locali) e all'orrore degli abusi (anche di natura psicofisica) commessi sui minori e sulle loro famiglie, ciò che colpisce, infatti, è il coinvolgimento diretto della responsabile del servizio sociale integrato dell'Unione di Comuni della val d'Enza; secondo gli inquirenti, sarebbe lei, peraltro attivista LGBT e paladina della "genitorialità gay" e dell'affido alle coppie omosessuali, uno dei vertici determinanti del sistema emiliano dell'affidamento dei minori e addirittura emergerebbero, in alcuni casi, "collegamenti stretti" tra le affidatarie (omosessuali) e, appunto, le operatrici e dirigenti del servizio sociale;
ella ha partecipato in passato a numerosi convegni sul tema, come quello del maggio 2018 a Mantova (dal titolo "AffidarSI: uno sguardo accogliente verso l'affido LGBT"), in cui peraltro sarebbero state presentate le esperienze e (si legge testualmente) le "buone pratiche di Comuni virtuosi che da tempo hanno avviato progettualità specifiche" al riguardo;
ritenuto che:
l'attuale sistema di affido dei minori presenta evidenti criticità e lacune, soprattutto se si considerano l'eccessiva discrezionalità attribuita ai servizi sociali, la sussistenza frequente di situazioni di "conflitto di interessi" in capo a molti operatori del settore e la mancanza di adeguati ed efficienti strumenti di controllo sull'affidabilità dei soggetti affidatari e sugli standard qualitativi e di servizio delle comunità ospitanti: tutti fattori che inevitabilmente compromettono l'obiettivo primario della tutela del benessere psicofisico dei bambini;
fermo restando che sarà compito della magistratura accertare gli eventuali illeciti e le responsabilità personali, è assolutamente prioritario fugare ogni sospetto circa presunte interferenze ideologiche nelle procedure di affidamento dei minori che, di fatto, si tradurrebbero nell'adozione di criteri che terrebbero conto dell'orientamento sessuale dell'affidatario, anche al fine di implementare quelle progettualità specifiche funzionali alla valorizzazione e allo sviluppo della "genitorialità gay",
si chiede di sapere quanti bambini ad oggi siano stati affidati a persone single (e, tra queste, quante si dichiarino omosessuali) e quanti bambini a coppie omosessuali e quali siano state le motivazioni che hanno portato a preferire tale scelta in alternativa a quella prioritariamente indicata dalla legge (affidamento a famiglie con figli), nonché quali ulteriori informazioni il Ministro in indirizzo ritenga di poter fornire riguardo al paventato rischio della sussistenza di un movente ideologico LGBT dietro il complesso sistema degli affidi dei minori, che finirebbe con il favorire pratiche di affidamento sulla base principalmente dell'orientamento sessuale dell'affidatario e non dell'interesse prevalente del minore che è quello di crescere in una famiglia regolarmente sposata.
Interrogazione sull'IVA sui farmaci veterinari
(3-01067) (24 luglio 2019)
Campari. - Al Ministro dell'economia e delle finanze -
Premesso che:
i medici veterinari che, a seguito di visita medico-veterinaria, dispensano anche i farmaci di primo uso, al momento della fatturazione devono applicare l'IVA della propria prestazione al 22 per cento oltre a far pagare il prezzo del farmaco già ivato al 10 per cento e poi riapplicare la loro propria IVA al 22 per cento (cui si aggiunge un 2 per cento di cassa veterinaria);
questo comporta un aggravio di costi per il cliente proprietario di animale sottoposto a visita e cura veterinaria, il quale si vede costretto a pagare ulteriormente l'IVA sul farmaco dispensato dal veterinario al momento del pagamento della fattura;
secondo il comma 3 dell'articolo 84 del decreto legislativo n. 193 del 2006, la cessione del farmaco veterinario è da ritenersi prestazione accessoria rispetto a quella professionale;
in particolare, il carattere accessorio è definito dall'art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (principio di accessorietà) che prevede che una prestazione accessoria ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, effettuati direttamente dal cedente o prestatore o per suo conto e a sue spese, non sono soggetti autonomamente all'imposta nei rapporti fra le parti dell'operazione principale. Se la cessione o prestazione principale è soggetta all'imposta, i corrispettivi delle cessioni o prestazioni accessorie imponibili concorrono a formare la base imponibile; quella accessoria, che è meno importante, perde la propria autonomia e viene assorbita nell'operazione principale e quindi non solo rientra nello stesso imponibile, ma attrae la stessa aliquota;
se si espone in fattura il farmaco ceduto con un'aliquota diversa da quella delle prestazioni medico-veterinarie, attualmente al 22 per cento, si effettua una vera e propria attività commerciale di vendita del farmaco, attività riservata alle farmacie, e ora anche alle parafarmacie (decreto legislativo n. 193 del 2006, art. 70);
quindi in una fattura in cui il costo del farmaco è di gran lunga maggiore di quello della visita (i farmaci per animali sono molto costosi), si ritrova un aggravio di IVA non dovuta, e occorrerebbe tenere fuori dall'imponibile IVA il farmaco,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non intenda assumere iniziative volte a consentire che il farmaco dispensato dai medici veterinari non sia considerata prestazione accessoria rispetto alla principale consistente nella visita medica, al fine di consentire al proprietario di non pagare, sul medicinale, la maggiorazione dell'IVA.
Interrogazione sulla posizione debitoria delle aziende sanitarie della Regione Lazio
(3-01070) (24 luglio 2019)
Pesco, Accoto, Dell'Olio, Gallicchio, Leone, Marco Pellegrini, Presutto. - Al Ministro dell'economia e delle finanze -
Premesso che:
ai fini del conseguimento degli obblighi comunitari di finanza pubblica con l'articolo 1, comma 291, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), il Parlamento ha disposto che "Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, (...) sono definiti i criteri e le modalità di certificazione dei bilanci delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, degli Istituti di ricovero e cura, degli istituti zooprofilattici sperimentali e delle aziende ospedaliere universitarie";
con sentenza n. 121 del 21 marzo 2007 la Corte costituzionale ha statuito il principio che l'obbligo della certificazione dei bilanci delle aziende sanitarie risponde all'esigenza "dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento della finanza pubblica";
con decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante "Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42", sono stati disciplinati in modo uniforme, e quindi valido per tutte le Regioni, l'implementazione e la tenuta della contabilità di tipo economico-patrimoniale, nonché l'obbligo di redazione del bilancio d'esercizio della gestione sanitaria accentrata e del bilancio sanitario consolidato regionale;
con il patto per la salute 2010-2012, si è disposto, all'articolo 11, che le Regioni e le Province autonome si impegnano ad avviare le procedure per perseguire la certificabilità dei bilanci, attraverso un percorso che dovrà garantire l'accertamento della qualità delle procedure amministrativo-contabili sottostanti alla corretta contabilizzazione dei fatti aziendali, nonché la qualità dei dati contabili;
con decreto del Ministro della salute 17 settembre 2012, recante disposizioni in materia di certificabilità dei bilanci degli enti del Servizio sanitario nazionale, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stati definiti i requisiti comuni dei percorsi attuativi della certificabilità e il termine massimo entro il quale essi dovranno essere completamente realizzati;
con decreto del Ministro della salute 1° marzo 2013, recante "Definizione dei percorsi attuativi della certificabilità", al fine di consentire alle Regioni e alle Province autonome di dare attuazione a quanto previsto dal citato decreto ministeriale 17 settembre 2012, ha definito "i percorsi attuativi della certificabilità. Requisiti comuni a tutte le regioni", nonché i "contenuti della relazione periodica di accompagnamento al PAC da predisporsi da parte della regione";
la Regione Lazio ha adottato con decreto del commissario ad acta n. 292 del 2 luglio 2013 i percorsi attuativi della certificabilità nonché la relazione di accompagnamento agli stessi percorsi PAC successivamente aggiornati: a) con decreto del commissario ad acta n. 59 del 12 febbraio 2015 secondo le raccomandazioni previste del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza nella riunione del 18 dicembre 2014; b) con decreto del commissario ad acta n. 311 dell'11 ottobre 2016 a seguito del processo di riorganizzazione di alcune aziende sanitarie del Lazio, avviando inoltre il progetto regionale di assistenza contabile finalizzato all'attuazione del PAC (progetto "SANPAC");
inoltre con il decreto del commissario ad acta n. 69 del 13 marzo 2018 la Regione Lazio ha istituito una specifica funzione di internal audit centralizzato, volta a garantire l'effettività dei controlli inseriti nelle procedure amministrativo-contabili adottate dalle aziende, mentre con il decreto n. 402 del 29 ottobre 2018 ha inserito delle ulteriori misure specifiche su quelle aree che hanno avuto maggiore impatto sulla quantificazione del fondo di dotazione a livello consolidato;
il 26 luglio 2018 si è tenuta presso il Ministero della salute una riunione congiunta del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, dove è stato fatto presente che la Regione Lazio è l'unica in Italia a presentare un fondo di dotazione negativo di circa un miliardo di euro (994,247 milioni euro in negativo) per il quale non sono note le motivazioni; per tale ragione con decreto del commissario ad acta n. 521 del 28 dicembre 2018 la Regione ha decretato l'obbligo da parte delle aziende sanitarie di effettuare, entro il termine di approvazione del bilancio di esercizio 2018, una valutazione straordinaria di esigibilità delle poste di credito e di sussistenza di quelle di debito iscritte nei propri stati patrimoniali, ivi compresi i fondi rischi a qualsiasi titolo iscritti, eseguita nell'ottica di garantire per ciascuna partita la sussistenza dei presupposti documentali dell'obbligazione, per il loro mantenimento nella contabilità aziendale;
in merito in data 13 febbraio 2019 i consiglieri regionali del M5S chiedevano, con l'interrogazione a risposta scritta n. 276, al commissario ad acta nonché presidente della Regione nonché segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, contezza delle ragioni per le quali il suddetto fondo di dotazione è negativo per quasi un miliardo di euro e del ritardato avvio della verifica approfondita della sua composizione, con il dettaglio, fornitore per fornitore, di ogni singola voce di debito o credito e di ogni posizione aperta o ceduta, di fatto non consentendo di sapere con certezza la percentuale e la quantità: a) dei debiti insussistenti o cancellabili, che potrebbero portare ad un notevole storno del debito accumulato con conseguente miglioramento del conto economico; b) dei crediti inesigibili, che potrebbero esporre la Regione ad una forte instabilità economico finanziaria;
a seguito del decreto n. 521 del 2018 le ASL competenti hanno provveduto alle valutazioni straordinarie di esigibilità delle poste di credito e di sussistenza di quelle di debito iscritte nei propri stati patrimoniali dal quale è emerso che il debito accertato del fondo di dotazione per l'anno 2017 è pari a 889.922.370,26 euro (delibere ASL Rm6 n. 479 del 30 maggio 2019; ASL Vt n. 1040 del 30 maggio 2019; ASL Rm4 n. 843 del 4 giugno 2019; ASL Rm3 n. 417 del 6 giugno 2019; ASL Rm5 n. 700 del 7 giugno 2019);
tale sorprendente saldo negativo rappresenta una rilevante criticità con riferimento all'effettiva chiusura di ogni partita di debito pregressa e l'assenza di notizie sui dettagli relativi alle partite debitorie o creditorie del fondo stesso pone incertezza sul piano di rientro dal disavanzo regionale,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto sopra;
quali iniziative intenda intraprendere per accertare, vista la perdurante inerzia del commissario ad acta, l'attendibilità delle voci contenute nei bilanci delle aziende sanitarie della Regione Lazio;
se non ritenga, se fosse accertata l'enorme massa debitoria, necessario un prolungamento della gestione commissariale.
Interrogazione sul fondo per il "piano Africa"
(3-01068) (24 luglio 2019)
Alfieri, Marcucci, Giacobbe, Pinotti, Renzi, Malpezzi, Mirabelli, Stefano, Collina, Ferrari, Bini, Cirinnà, Valente. - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale -
Premesso che:
come riportato da diversi organi di stampa, è stato assegnato ad Alessandro Amadori, consulente del vice presidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell'interno, Matteo Salvini, l'incarico di curare un dossier sul "piano Africa", al quale sono stati destinati 500 milioni di euro. Tutto "partirà", come affermato dallo stesso Amadori durante un'intervista a "Vitat", "nel 2020". Nell'intervista, inoltre, è stato chiarito che non si tratterebbe di un "piano Africa", "quanto piuttosto di un fondo sovrano italiano per l'Africa";
la legge 11 agosto 2014, n. 125, attribuisce la responsabilità politica della cooperazione allo sviluppo al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che ne stabilisce gli indirizzi e assicura l'unitarietà e il coordinamento di tutte le iniziative nazionali di cooperazione, nell'ambito delle deliberazioni assunte dal Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo (CICS);
la legge all'articolo 15 istituisce il citato Comitato interministeriale con il compito di assicurare la programmazione ed il coordinamento di tutte le attività di cooperazione pubblica, nonché la coerenza delle politiche nazionali con i fini della cooperazione allo sviluppo. Il CICS è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri ed è composto dal Ministro degli affari esteri, che ne è vice presidente, dal vice ministro della cooperazione allo sviluppo, cui il Ministro degli affari esteri può delegare le proprie funzioni, e dai Ministri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Il CICS verifica, inoltre, la coerenza delle politiche governative poste in essere e il coordinamento delle stesse con il documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo;
le somme assegnate al Ministero dell'interno destinate all'accoglienza dei rifugiati sono già contabilizzate come aiuto pubblico allo sviluppo e il rispetto delle disposizioni di cui alla legge n. 125 del 2014 esclude un diverso utilizzo di tali stanziamenti, anche in presenza di un loro mancato impegno;
considerato che:
il fondo sovrano, così come delineato da Alessandro Amadori, appare di difficile configurazione. Alcuni Paesi, in genere produttori di petrolio, usano questo mezzo per fare investimenti finanziari con i surplus fiscali oppure con le entrate in divisa estera, ricavate dalla vendita di materie prime. Tuttavia, non è questo il caso dell'Italia. Infatti, se si intende il fondo quale strumento generalista, per investire strutturalmente i soldi dei cittadini in progetti di sviluppo, come già evidenziato, lo strumento utilizzabile ai sensi della citata legge n. 125 del 2014 è l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS) con la Cassa depositi e prestiti nel ruolo di banca italiana per lo sviluppo;
come di tutta evidenza, con il fondo si verrebbe a creare un doppione o un ulteriore attore, fuori dallo schema istituzionale di disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo e, pertanto, privo di coordinamento e di coerenza con le altre politiche, con una regia diversa, meno expertise, nonché di minore impatto. A giudizio degli interroganti si tratterebbe di una sorta di "cooperazione del Ministero dell'interno", dunque, operante senza alcun passaggio presso il Comitato interministeriale, sede istituzionale di confronto dei diversi Ministri sulle diverse politiche internazionali del Governo,
si chiede di sapere:
quali siano le valutazioni del Ministro in indirizzo sui fatti esposti, anche alla luce delle disposizioni di cui alla legge n. 125 del 2014 che attribuiscono la responsabilità politica della cooperazione allo sviluppo al Ministro degli affari esteri e non già al Ministro dell'interno;
se non ritenga che la creazione del fondo sovrano per l'Africa sia in aperto contrasto con le sue responsabilità politiche in materia di cooperazione allo sviluppo e quali iniziative necessarie e urgenti intenda intraprendere al fine di garantire il rispetto del riparto delle competenze ministeriali in una materia di così rilevante interesse, anche alla luce del ruolo dell'Italia nei processi di pacificazione e sviluppo in Libia, nel Corno d'Africa e in generale nell'area dei Paesi dell'Africa occidentale.
Interrogazione sulle politiche di contrasto dei flussi migratori irregolari
(3-01069) (24 luglio 2019)
Bernini, Malan, Aimi, Craxi, Romani, Galliani, Gallone, Giammanco, Lonardo, Mallegni, Mangialavori, Moles, Rizzotti, Ronzulli, Pichetto Fratin, Vitali. - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale -
Premesso che:
la pressione migratoria, attraverso il Mediterraneo, sul confine sud dell'Unione europea, colpisce soprattutto l'Italia, che in questi anni ha rappresentato il luogo di primo approdo, con conseguenze di grande rilievo, sia in termini di impegno nelle operazioni di salvataggio, coordinate quasi sempre dalla Guardia costiera italiana, che di identificazione, registrazione e trattamento delle domande di asilo, sia nelle capacità di accoglienza;
la protezione delle frontiere esterne dell'Unione europea è un compito di fondamentale importanza per fronteggiare l'immigrazione clandestina e per gestire in modo efficace il fenomeno delle ondate migratorie, nonché per garantire la sicurezza interna;
il nodo del controllo delle frontiere marittime e del contrasto alle attività dei trafficanti di migranti è stato tra l'altro al centro del vertice di Parigi del 22 luglio 2019 al quale, pur avendone diritto, non ha partecipato il Ministro dell'interno, Matteo Salvini;
nelle scorse settimane, durante la difficile gestione delle operazioni relative ai 43 naufraghi della nave "Sea Watch 3", le spiagge siciliane sono state interessate dallo sbarco di gommoni e piccole imbarcazioni con a bordo centinaia di migranti;
nonostante il flusso migratorio sia maggiormente concentrato nei Paesi della costa nordafricana, come riportato da recenti e numerose fonti di stampa, nel corso dei primi mesi del 2019 si è assistito ad una consistente intensificazione del flusso migratorio irregolare, che, attraverso la rotta balcanica, ha raggiunto il confine nordorientale;
è necessario recuperare la coerenza delle decisioni con i principi di solidarietà e di corresponsabilizzazione che, in base alle disposizioni dei trattati, devono ispirare la politica europea in materia di immigrazione, asilo e accoglienza;
è strettamente connessa con la questione dei flussi di migranti che abbandonano l'Africa la crescita economica e lo sviluppo infrastrutturale del continente africano, che andrebbe supportata attraverso un consistente piano europeo di investimenti che coinvolga, oltre al Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile, la Commissione europea, la Banca europea degli investimenti, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, le casse europee facenti parte del "Long term investors club" e gli Stati membri, attraverso i propri fondi di investimento;
in questo quadro, la preoccupazione dei firmatari del presente atto di sindacato ispettivo si concentra sull'isolamento europeo che il nostro Paese sta vivendo in merito alla gestione del fenomeno migratorio, che andrebbe affrontato nel suo insieme mediante una politica diplomatica ferma e decisa, ma che dovrebbe muoversi inevitabilmente attraverso un coordinamento dei Paesi europei e delle agenzie per l'immigrazione, come Frontex, in stretto collegamento con altri organismi comunitari e dell'Unione europea responsabili in materia di sicurezza alle frontiere esterne, come EUROPOL, CEPOL (Accademia europea di Polizia), OLAF (Ufficio europeo di lotta antifrode), e di cooperazione nel settore delle dogane e dei controlli fitosanitari e veterinari, al fine di garantire la coerenza complessiva del sistema,
si chiede di sapere:
se esista, e quale sia, al di là dei proclami, la politica del Governo per un reale contrasto o gestione dei flussi migratori irregolari nel nostro Paese;
se il Ministro in indirizzo non ritenga che l'atteggiamento di isolamento assunto dal Governo italiano in merito al problema dell'immigrazione clandestina nei confronti degli altri partner europei possa pregiudicare, da un lato, le relazioni diplomatiche con i Paesi membri della UE, dall'altro, compromettere il necessario efficiente contrasto dei flussi migratori, che necessitano di un'inevitabile gestione macro politica del fenomeno .
Allegato B
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
Congedi e missioni
Sono in congedo i senatori: Alderisi, Barachini, Bogo Deledda, Borgonzoni, Bossi Umberto, Botto, Bressa, Candiani, Cattaneo, Cioffi, Crimi, De Poli, Leone, Merlo, Monti, Napolitano, Nugnes, Ortolani, Petrocelli, Ronzulli e Santangelo.
Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Laforgia, per attività di rappresentanza del Senato (dalle ore 10,45 alle ore 12,45); de Bertoldi, Durnwalder, Steger e Unterberger, per partecipare ad incontri istituzionali; Arrigoni, Castiello, Fazzone, Magorno e Urso, per attività del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.
Alla ripresa pomeridiana della seduta sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: De Bertoldi, Durnwalder, Steger e Unterberger, per partecipare ad incontri istituzionali.
Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, Ufficio di Presidenza
La Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere ha proceduto, in data 24 luglio 2019, all'elezione di un Vice Presidente.
È risultato eletto il senatore Pasquale Pepe.
Commissioni permanenti, presentazione di relazioni
A nome della 14a Commissione permanente, la senatrice Giannuzzi ha presentato la relazione concernente la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2018 e la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2019 (Doc. LXXXVII, n. 2 e Doc. LXXXVI, n. 2-A).
Disegni di legge, annunzio di presentazione
Senatori Bellanova Teresa, Rojc Tatjana
Abrogazione dell'articolo 10 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, in materia di modifiche alla disciplina degli incentivi per gli interventi di efficienza energetica e rischio sismico (1431)
(presentato in data 24/07/2019);
senatori Arrigoni Paolo, Briziarelli Luca, Bruzzone Francesco, Pazzaglini Giuliano, Romeo Massimiliano
Disposizioni in materia di cessazione della qualifica di rifiuto (1432)
(presentato in data 24/07/2019);
senatori Rauti Isabella, Ciriani Luca, La Russa Ignazio, Balboni Alberto, Bertacco Stefano, Calandrini Nicola, de Bertoldi Andrea, Fazzolari Giovanbattista, Garnero Santanche' Daniela, Iannone Antonio, La Pietra Patrizio Giacomo, Maffoni Gianpietro, Nastri Gaetano, Petrenga Giovanna, Ruspandini Massimo, Totaro Achille, Urso Adolfo, Zaffini Francesco
Norme in materia di indennità supplementare per il personale militare delle forze speciali dell'esercito "acquisitore obiettivi" e "ranger" (1433)
(presentato in data 24/07/2019);
senatori Rauti Isabella, Ciriani Luca, La Russa Ignazio, Balboni Alberto, Bertacco Stefano, Calandrini Nicola, de Bertoldi Andrea, Fazzolari Giovanbattista, Garnero Santanche' Daniela, Iannone Antonio, La Pietra Patrizio Giacomo, Maffoni Gianpietro, Nastri Gaetano, Petrenga Giovanna, Ruspandini Massimo, Totaro Achille, Urso Adolfo, Zaffini Francesco
Modifica all'articolo 9 della legge 23 marzo 1983, n. 78, in materia di indennità supplementare per gli incursori e gli operatori subacquei (1434)
(presentato in data 24/07/2019);
senatori Ferro Massimo, Bernini Anna Maria, Pichetto Fratin Gilberto, Damiani Dario, Fantetti Raffaele, Saccone Antonio, Aimi Enrico, Barboni Antonio, Battistoni Francesco, Berardi Roberto, Berutti Massimo Vittorio, Binetti Paola, Caliendo Giacomo, Cangini Andrea, Causin Andrea, Cesaro Luigi, Dal Mas Franco, De Siano Domenico, Floris Emilio, Galliani Adriano, Gallone Maria Alessandra, Giammanco Gabriella, Giro Francesco Maria, Lonardo Alessandrina, Mallegni Massimo, Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo, Masini Barbara, Minuto Anna Carmela, Modena Fiammetta, Moles Giuseppe, Pagano Nazario, Papatheu Urania Giulia Rosina, Paroli Adriano, Perosino Marco, Ronzulli Licia, Sciascia Salvatore, Serafini Giancarlo, Siclari Marco, Stabile Laura, Testor Elena, Tiraboschi Maria Virginia, Toffanin Roberta
Delega al Governo per la revisione del sistema fiscale (1435)
(presentato in data 25/07/2019);
senatori Nugnes Paola, La Mura Virginia, Mantero Matteo, Buccarella Maurizio, Martelli Carlo, De Bonis Saverio
Beni Comuni e modifica del contesto giuridico proprietario previsto dal codice civile (1436)
(presentato in data 24/07/2019).
Enti pubblici e di interesse pubblico, trasmissione di documenti. Deferimento
Il Presidente della Fondazione Ugo Bordoni, con lettera in data 18 luglio 2019, ha inviato, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, la relazione concernente l'attività svolta dalla Fondazione stessa nell'anno 2018.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 8a Commissione permanente (Doc. CVII, n. 2).
Petizioni, annunzio
Sono state presentate le seguenti petizioni deferite, ai sensi dell'articolo 140 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni permanenti, competenti per materia.
I signori Roberto Buizza, Erika Coppola, Susanna Corti, Filippo Giorgi, Rita Nogherotto, Francesca Raffaele, Graziano Giuliani, Emanuela Pichelli, Simone Abelli, Claudia Adamo, Mariagrazia Alabrese, Pier Paolo Alberoni, Stefano Alessandrini, Luigi Ambrosio, Lucio Andreani, Gabriele Antolini, Francesco Apadula, Cristina Lozej Archer, Nicola Armaroli, Vincenzo Artale, Gualtiero Badin, Marco Bagliani, Gordon Baldacci, Marina Baldi, Vincenzo Balzani, Luciano Bani, Carlo Barbante, Roberto Barbiero, Ugo Bardi, Simone Bastianoni, Alberto Bellini, Alessio Bellucci, Maria Carmen Beltrano, Livio Bernardini, Andrea Bigano, Marco Bindi, Marianna Biscarini, Francesco Boccanera, Paolo Bonasoni, Alessandra Bonoli, Roberta Boscolo, Alessio Bozzo, Erika Brattich, Nicola Bressi, Michele Brunetti, Giorgio Budillon, Barbara Bulgarelli, Carlo Buontempo, Andrea Buzzi, Carlo Cacciamani, Carlo Cafaro, Chiara Cagnazzo, Sandro Calmanti, Angelo Camerlenghi, Donata Canu, Domenico Capolongo, Luca Caporaso, Stefano Cappa, Giovanni Carrosio, Davide Cesari, Annalisa Cherchi, Domenico Cimini, Francesco Cioffi, Alessio Collalti, Simone Casadei, Giampietro Casasanta, Stefano Caserini, Sergio Castellari, Elsa Cattani, Federico Cazorzi, Paolo Ceccon, Alessandro Ceppi, florence Colleoni, Renato Colucci, Giovanni Comoretto, Andrea Corigliano, Ugo Cortesi, Roberto Coscarelli, Fabio Cresto Aleina, Alessandro Crise, Eloisa Cristiani, Gabriele Curci, Lorenzo Danieli, Paolo Davini, Enrico Ferrero, Elisa Palazzi, Silvia Trini Castelli, Andreas Maria Taddaus De Guttry, Maria De Nobili, Stefano Decesari, Alessandro Mario Sergio Delitala, Matteo Dell'Acqua, Alessandro Dell'Aquila, Claudio Della Volpe, Barbara Delmonte, Fabio Di Sante, Piero Di Carlo, Michele Emilio Massimo Di Francesco, Angelo Di Garbo, Paolo Di Girolamo, Luca Di Liberto, Daniele Izzo, Giovanni Dipierro, Michele Emdin, Alcide Di Sarra, Oxana Drofa, Federica Donda, Rossana Dragani, Maria Cristina Facchini, Paola Faggian, Sara Falsini, Maurizio Fantini, Maurizio Fermeglia, Laura Ferranti, Rossella Ferretti, Massimo Ferri, Laura Feudale, Furio Finocchiaro, Franco Flandoli, Marco Gaetani, Sandro Fuzzi, Daniele Fuà, Paolo Frontero, Stefano Galatolo, Flavio Galbiati, Valentina Gallina, Grazia Ghermandi, Anna Ghelli, Giacomo Alessandro Gerosa, Marino Gatto, Sabrina Gentile, Paolo Gambino, Gioia Ghezzi, Andrea Giuliacci, Lorenzo Giovannini, Gianrossano Giannini, Bernardo Gozzini, Giacomo Grassi, Federico Grazzini, Mario Grosso, Marco Grasso, Maurizio Iannuccilli, Doroteaciro Iovino, Andrea Piazza, Leopoldo Stefanutti, Claudia Pasquero, Sante Laviola, Marco Lazzeri, Tony Christian Landi, Francesco Laio, Valerio Lembo, Stefano Leonesi, Vincenzo Levizzani, Piero Lionello, Simone Lolli, Luca Lombroso, Cristian Lussana, Tiziano Maestri, Renata Giulia Lucchi, Valter Maggi, Ida Maiello, Michela Maione, Piero Malguzzi, Agostino Manzato, Angela Marinoni, Vittorio Marletto, Lorenzo Mari, Stefano Marmi, Gianluca Martelloni, Frank Silvio Marzano, Mario Lloyd Virgilio Martina, Stefano Martellos, Marco Mazzotti, Claudio Mazzoleni, Maurizio Maugeri, Guido Masiello, Giovanni Martucci, Paco Vasco Aldo Melià, Rizzi Rolando, Massimo Frezzotti, Luca Mercalli, Simone Morandini, Michele Merola, Mario Miglietta, Marco Minella, Fabio Monforti Ferrario, Giovanni Monegato, Andrea Montani, Tiziana Paccagnella, Giulia Panegrossi, Luca Panziera, Marta Pappalardo, Antonello Pasini, Massimo Pecci, Daniele Pernigotti, Valentina Pavan, Marcello Petitta, Elena Pettinelli, Lucia Piani, Anna Pirani, Giorgio Osti, Emilio Padoa Schioppa, Giorgio Roberti, Rudy Rossetto, Alberto Rotondi, Raffaele Salerno, Giuliana Rossi, Renzo Rosso, Paolo Ruggieri, Stefano Salon, Antonella Senese, Alessandra Sannella, Filomena Romano, Lorenzo Sangelantoni, Gianmaria Sannino, Antonio Scipioni, Stefano Serafin, Carmine Serio, Claudia Simolo, Anna Maria Siani, Rodolfo Soncini Sessa, Luisa Stellato, Michele Stortini, Vito Telesca, Filippo Terrasi, Silvia Terzago, Barbara Tomassetti, Andrea Tiengo, Stefano Tibaldi, Tommaso Tesi, Giorgio Vacchiano, Marco Verdecchia, Angelo Pietro Viola, Fabio Vanni, Margherita Venturi, Dario Zampieri, Gianluigi Zangari del Balzo, Gabriele Zanini, Giuseppe Zappa, Alberto Eugenio Ermenegildo Pirni, Sergio Pisani, Giovanni Pitari, Carlo Massimo Pozzi, Arturo Pucillo, Serena Proietti, Lorenzo Ramella Pralungo, Fabio Raicich, Mariangela Ravaioli, Roberto Ranzi, Elisabetta Ricciardelli, Angelo Riccio, Vincenzo Rizi, Giovanni Bacaro, Giovanna Grossi, Marco Reale, Andrea Roventini, Simone Libralato, Sandro Carniel, Andrea Castelletti e Gabriele Bollini chiedono interventi sui processi produttivi ed il trasporto, trasformando l'economia in modo da raggiungere il traguardo di "zero emissioni nette di gas serra" entro il 2050 (Petizione n. 392, assegnata alla 13a Commissione permanente);
la signora Maria Rosaria Monaco da Nodica (Pisa) chiede disposizioni volte a definire una nuova organizzazione del settore dell'intelligence militare (Petizione n. 393, assegnata alla 1a Commissione permanente);
il signor Fabio Donato da Castrovillari (Cosenza) chiede che venga privilegiata una gestione pubblica diretta degli Archivi storici e che sia fatto divieto a soggetti o Associazioni privati che gestiscono tali archivi in forza di una convenzione con Enti pubblici di produrre pubblicazioni protette da copyright relative a documenti e atti conservati presso gli stessi (Petizione n. 394, assegnata alla 7a Commissione permanente);
il signor Paolo Vandone da Spoleto (Perugia) chiede una riforma fiscale basata sul contrasto d'interessi e in particolare una revisione del processo di rilevazione degli "eventi fiscalmente interessanti" al fine di sollecitare il cittadino a favorire l'emersione dei reali volumi delle transazioni commerciali e dunque la loro tracciabilità (Petizione n. 395, assegnata alla 6a Commissione permanente).
Interrogazioni, apposizione di nuove firme
I senatori Verducci e Comincini hanno aggiunto la propria firma all'interrogazione 3-01075 del senatore Parrini ed altri.
Risposte scritte ad interrogazioni
(Pervenute dal 19 al 25 luglio 2019)
SOMMARIO DEL FASCICOLO N. 37
ASTORRE ed altri: su una deliberazione della Giunta comunale di Frascati per l'individuazione di un advisor (4-01655) (risp. SIBILIA, sottosegretario di Stato per l'interno)
CASINI ed altri: sulla detenzione del cittadino italo-venezuelano Juan Planchart (4-01839) (risp. MERLO, sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale)
DESSÌ, GRASSI: su una deliberazione della Giunta comunale di Frascati per l'individuazione di un advisor (4-01683) (risp. SIBILIA, sottosegretario di Stato per l'interno)
GIANNUZZI ed altri: sulla riqualificazione di alcuni luoghi di aggregazione culturale in tre quartieri di Napoli (4-01338) (risp. VACCA, sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali)
GRIMANI, GINETTI: sul riconoscimento del sistema locale del lavoro di Terni tra le aree industriali di crisi complessa (4-01544) (risp. CIOFFI, sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico)
Mozioni
FEDELI, MARCUCCI, BONINO, DE PETRIS, MALPEZZI, PITTELLA, GINETTI, ALFIERI, BOLDRINI, CUCCA, GARAVINI, GIACOBBE, NANNICINI, PATRIARCA, RAMPI - Il Senato,
premesso che:
a Ventotene, isola pontina e luogo di confino politico durante gli anni del fascismo, con la scrittura del "Manifesto" di Spinelli, Rossi e Colorni, nacque nel 1941 l'idea di un'Europa unita e pacificata. Un'Europa in cui tutti si sentissero uniti sotto una stessa bandiera, simbolo di valori e scelte condivise. Un'Europa capace di guardare criticamente alla sua storia presente e passata e di farsi baluardo di pace, cooperazione, accoglienza, democrazia, uguaglianza e solidarietà tra i popoli;
ripartendo dai principi ispiratori del "Manifesto di Ventotene", cominciando dalla lettura e dalla riflessione su quel testo e sull'esperienza delle guerre, delle dittature e della violenza da cui quelle parole di pace scaturivano, a tanti anni di distanza, e in un momento storico così difficile per il mondo intero, è necessario rilanciare proprio quel progetto di Europa. È necessario coltivare un nuovo cosmopolitismo che sia in grado di fare da argine alle paure, alle disuguaglianze, alle discriminazioni, alle violenze quotidiane, che sia lo strumento e la guida per dare una risposta alle grandi questioni del nostro tempo, dalla crisi ambientale, alle migrazioni, alla ricerca di un modello economico che produca benessere per i più, non solo per alcuni. È necessario costruire una cultura cosmopolita per risolvere problemi di carattere cosmopolita;
occorre mettere mano a profonde riforme dell'Unione europea, recuperando quello spirito sociale per cui era nata e che si è perso nel tempo per il predominio di una logica esclusivamente contabile; tali riforme non possono che avere come base la predisposizione di una cittadinanza europea da abbinarsi e integrarsi a quella italiana, proprio nell'accezione del Trattato di Roma; l'Italia, Paese fondatore, ha l'obbligo morale e la capacità politica e sociale di farsi promotrice di iniziative di formazione e sociali che possono diventare d'esempio per gli altri Paesi europei;
sotto la spinta e lo stimolo delle istituzioni, i protagonisti di questo progetto devono essere i giovani d'Europa affinché si facciano promotori di quel processo di integrazione e condivisione che ha nella conquista e nel mantenimento della libera circolazione il suo presupposto ineludibile e nell'acquisizione profonda della cittadinanza europea il suo obiettivo più alto. A loro bisogna parlare d'Europa in modo nuovo e, per la prima volta, a partire dalla scuola. È qui che un'educazione civica europea deve smettere di rappresentare un'opzione ma deve diventare una necessità culturale urgente. È qui, a scuola, che la cultura del dialogo deve attraversare trasversalmente tutte le discipline per educare al rispetto, alla conoscenza dell'altro, al superamento di stereotipi e pregiudizi;
premesso inoltre che, a Ventotene, nella scuola statale "Altiero Spinelli" ci sono già le aule, i banchi, le attrezzature multimediali, gli spazi per vivere la contemporaneità senza dimenticare la storia, ma mancano i ragazzi, dato che l'isola vive un drammatico spopolamento durante l'inverno; una "Scuola d'Europa" rappresenta l'occasione per far incontrare ragazze e ragazzi da tutta Europa per fare esperienza viva di cittadinanza; una specifica convenzione è già stata siglata tra l'associazione "La nuova Europa", fondatrice della Scuola d'Europa e il Comune di Ventotene, e l'iniziativa ha già ottenuto il patrocinio della rappresentanza in Italia della Commissione europea, del Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, della Regione Lazio e del Consiglio regionale del Lazio. Tale iniziativa ha peraltro già coinvolto nella sua fase sperimentale una trentina di scuole europee e circa 300 ragazzi tra i 16 e i 18 anni. La nuova Europa ha anche costituito con 15 scuole italiane una specifica rete di scopo per rafforzare il suo progetto di laboratori di cittadinanza;
considerato che l'esperienza dell'associazione La nuova Europa, fondatrice della Scuola d'Europa, va apprezzata ma integrata e rafforzata con un impegno di tutte le istituzioni e del più ampio arco parlamentare per la sua natura bipartisan; è interesse di tutte le forze politiche promuovere un ampio dibattito in Europa sulle riforme necessarie al rafforzamento delle istanze sociali nell'Unione e questo dibattito può partire proprio dalla scuola italiana e dal rinnovato studio dell'educazione civica, della Costituzione e dei Trattati, grazie a iniziative come la Scuola d'Europa a Ventotene,
impegna il Governo:
1) a mettere a disposizione risorse ad hoc e strumenti per realizzare il progetto della Scuola d'Europa come percorso innovativo di lunga durata e ad alto impatto sociale;
2) a riconoscere la Scuola di Ventotene come luogo di interesse pubblico e quindi a concorrere all'elaborazione di un curricolo di educazione civica europea che contempli le questioni fondamentali dell'Europa di oggi in chiave storica, politica, giuridica, scientifica, artistica e culturale, e che costituisca parte integrante del percorso formativo della scuola superiore attraverso un modello didattico fatto di lezioni frontali e di esperienze laboratoriali;
3) a sostenere, anche attraverso iniziative come la Scuola d'Europa, un percorso formativo e conoscitivo delle giovani generazioni verso una consapevole acquisizione di cittadinanza europea che abbia alla sua base lo studio della storia del '900 e dell'Europa unita.
(1-00150)
Interrogazioni
D'ARIENZO, VERDUCCI, PITTELLA, CUCCA, ASTORRE, ROJC, VALENTE, PATRIARCA, MARGIOTTA, GIACOBBE, FERRAZZI, D'ALFONSO, GARAVINI, GINETTI, MAGORNO, MALPEZZI, LAUS, SUDANO, BOLDRINI, IORI, STEFANO, BELLANOVA, MARINO, SBROLLINI, MANCA - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della difesa. - Premesso che:
l'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 de 1973, recante "Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato", prevede l'applicabilità dell'aliquota del 44 per cento per il calcolo della quota di pensione retributiva spettante al personale militare che avesse maturato almeno 15 anni e non più di 20 anni di servizio utile, ad eccezione dei graduati e dei militari di truppa non appartenenti al servizio continuativo;
l'articolo 44 stabilisce, per il calcolo della pensione spettante "al personale civile con l'anzianità di quindici anni di servizio effettivo", l'applicazione dell'aliquota del 35 per cento per il calcolo della quota di pensione retributiva spettante per chi avesse maturato almeno 15 anni e non più di 20 anni di servizio utile. La percentuale è aumentata di 1,80 per cento per ogni ulteriore anno di servizio utile fino a raggiungere il massimo dell'80 per cento;
le varie riforme pensionistiche intervenute successivamente non hanno modificato o abrogato il decreto del Presidente della Repubblica n. 1092;
l'INPDAP, fino al 31 dicembre 2011, quando è confluito nell'INPS, nel fornire istruzioni operative alle proprie strutture territoriali precisava che: "Il computo dell'aliquota di pensione spettante al personale militare è disciplinato dall'articolo 54 del Testo unico secondo cui la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno 15 anni e non più di 20 anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, aumentata di 1,80 per cento per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo";
l'INPS, invece, in sede di riconoscimento del trattamento pensionistico agli interessati, ritiene che la quota di pensione retributiva spettante al personale militare vada calcolata come per il personale civile e cioè applicando l'aliquota del 35 per cento e non quella del 44 per cento;
in particolare, ritiene che l'articolo 54 sarebbe riferibile alla sola fattispecie di cessazione dal servizio con "almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile" e non anche a quella di prosecuzione del servizio, dopo aver maturato quell'anzianità, ovvero non si applicherebbe al personale che abbia invece proseguito il servizio oltre il ventesimo anno;
considerato che:
la vicenda è stata oggetto più volte di decisioni delle sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti il cui esito è stato piuttosto difforme a parità di requisiti dei ricorrenti;
in ogni caso, in una sentenza favorevole al militare ricorrente, emessa dalla sezione della Corte dei conti della Regione Sardegna, assume importante rilievo che l'erronea interpretazione applicata dall'INPS, oltre a privare coloro che cessino con un massimo di 20 anni di servizio della percentuale maggiorata, inficia il riconoscimento che spetta al militare dell'aliquota dell'1,80 per cento per ogni anno di servizio oltre il ventesimo, come stabilito dal comma 2 dell'articolo 54;
l'interpretazione dell'INPS sta creando disorientamento ed in qualche caso un vero e proprio danno ai militari interessati;
considerato inoltre che:
va evidenziato e ribadito che l'articolo 44 non può trovare applicazione nei confronti del personale militare trattandosi di disposizione inserita nel titolo III ("Trattamento di quiescenza normale") del capo I ("Personale civile") del decreto del Presidente della Repubblica, e, quindi, dettata esclusivamente per il personale civile, sicché non si comprende su quali basi l'ente previdenziale ritenga di estenderne l'ambito applicativo al personale militare, cui, invece, fa espresso riferimento il successivo capo II, all'interno del quale è contenuto, per l'appunto, l'articolo 54. Tale rilievo appare già di per sé idoneo a palesare l'incongruenza del modus operandi dell'INPS;
l'articolo 1867, comma 2, del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, conferma la vigenza per il personale militare dell'art. 54 nonostante sia stato introdotto il sistema contributivo a partire dal 1996 ex legge n. 335 del 1995;
tenuto conto che:
con le sentenze n. 422 del 2018, n. 197 e n. 208 del 2019, la prima e la seconda sezione centrale di appello della Corte dei conti (le uniche decisioni finora registrate al secondo livello di giurisdizione contabile) hanno confermato che il beneficio va riconosciuto a favore dei militari;
nella sentenza n. 197/2019 assume fondamentale rilievo la parte in cui si legge: "non è corretto l'impianto argomentativo dell'INPS secondo cui l'aliquota del 44 per cento, sarebbe la risultante della somma di due componenti: il 35 per cento, derivante dall'applicazione dell'aliquota del 2,33 per cento no a 15 anni, ed il 9 per cento, derivante dall'applicazione dell'aliquota al 1,8 per cento per i successivi 5 anni. Sicché, dopo il ventesimo anno l'aliquota continuerebbe ad essere quella del 1,8 per cento sino al conseguimento dell'80 per cento, aliquota massima conseguibile. In realtà, per l'inequivoco tenore letterale della disposizione, il 44 per cento della base pensionabile spetta al militare che cessi avendo compiuto 15 anni. Le anzianità superiori contenute entro il limite del ventesimo anno di servizio utile sono sostanzialmente neutre ai fini pensionistici";
l'interpretazione dell'Istituto comprime e nega le aspettative economiche ed i diritti maturati dai militari così come riconosciuti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973,
si chiede di sapere:
quali azioni i Ministri in indirizzo intendano adoperare per riconoscere i diritti maturati dal punto di vista previdenziale dal personale militare;
se non ritengano opportuno impartire direttive chiarificatrici all'Istituto nazionale della previdenza sociale sulla base delle decisioni assunte nelle sentenze d'appello al fine di riconoscere al personale militare i benefici previsti dalla norma ingiustamente negati dall'Istituto medesimo.
(3-01076)
PAPATHEU - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che:
negli ultimi 10 anni lo Stato italiano risulta aver accumulato un fondo di 634 milioni di euro costituito da assegni circolari non incassati dai beneficiari, per dimenticanza o soprattutto per non conoscenza delle vigenti leggi. Questi assegni circolari, utilizzati ad esempio come cauzioni in aste poi non riscosse, o come depositi a garanzia di danni poi non incassati, hanno una scadenza e restano validi per tre anni, dopo di che escono dalla disponibilità dei titolari per confluire, a norma di legge, in un fondo dello Stato;
nel 60 per cento dei casi, tra l'altro, ordinante e beneficiario coincidono: ciò succede spesso, specie per ragioni di opportunità fiscale, come per abbassare il livello Isee o più semplicemente per far apparire meno consistente il proprio patrimonio nell'eventualità di riscossioni coatte. Più in generale succede che, sebbene i titolari o i loro parenti debbano essere avvertiti per legge da banche e intermediatori finanziari della scadenza imminente, questi si trincerino dietro la giustificazione dell'impossibilità burocratica di ricevere per esempio un certificato di morte oppure l'ultimo indirizzo di un beneficiario;
i 634 milioni di euro, infine, sono la quota di assegni di un tesoro più grande del valore di 2 miliardi euro, tutti rapporti "dormienti", costituito da conti correnti non movimentati per 10 anni, polizze vita non riscosse, e appunto assegni circolari non incassati. La Corte dei conti sulla questione ha rilevato che "sui rapporti potenzialmente dormienti è necessario dare vita, anche attraverso l'utilizzo dell'anagrafe tributaria, a una serie di action plan per rafforzare le attività di riscontro dei decessi e l'identificazione e ricerca dei beneficiari al fine di escludere l'ipotesi di 'dormienza'",
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo abbia attivato le opportune azioni di accertamento dell'ingente fondo transitato nella disponibilità di Stato e se siano state avviate le opportune azioni per l'utilizzo delle somme e quali esse siano.
(3-01077)
PAPATHEU - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che:
le pubbliche amministrazioni hanno un patrimonio stimato in 476 miliardi di euro, costituito in larga parte di immobili ma anche di altre voci quali terreni ed armamenti;
l'Agenzia del demanio ha avviato le procedure per la vendita 93 immobili ritenuti "importanti e di pregio" per un valore complessivo di 145 milioni di euro a base d'asta. Si tratta di tre bandi nazionali per case di Stato in vendita dislocate su tutto il territorio nazionale, da Nord a Sud, di immobili dei Ministeri della difesa e della giustizia, di ville di pregio, di conventi con affreschi, di palazzi storici, di loft sui navigli e di aree industriali e terreni edificabili. Il tutto rientra in un più ampio piano di dismissioni del demanio e che fa seguito ad ulteriori bandi regionali già in essere da gennaio 2019 per l'alienazione di beni di "minor valore";
i bandi prevedono vari termini di scadenza dell'offerta: uno più ravvicinato, il 15 ottobre 2019, relativo a 50 beni, un termine più lungo, fissato invece al 15 novembre, per 37 asset più impegnativi dal punto di vista progettuale, in modo da garantire agli interessati un tempo congruo per effettuare due diligence e definire progetti di sviluppo immobiliare. Il terzo bando, anch'esso con scadenza al 15 novembre, riguarda 6 beni per i quali è possibile presentare sia un'offerta unitaria per più lotti, sia offerte per singoli lotti;
a quanto risulta i tre bandi rientrano in un programma di cessione dei 420 beni inseriti nel piano straordinario di dismissione di immobili pubblici, che hanno un valore complessivo di 420 milioni e con questa iniziativa il Governo punta a realizzare almeno 1,2 miliardi di euro entro il 2021,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo non reputi opportuno, in considerazione degli immobili di pregio che si intende vendere ai privati, fornire una relazione alle Camere con elenco dettagliato degli immobili e delle valutazioni fatte per ciascuno ai fini della vendita e se esista un piano economico con le stime previsionali di introito per lo Stato dal piano delle alienazioni.
(3-01078)
PAPATHEU - Ai Ministri per il Sud e dell'economia e delle finanze. - Premesso che:
il Ministro per il Sud ha reso noto il 17 luglio 2019 di aver inviato, alle amministrazioni centrali, una lettera in previsione della nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, con la quale si ricorda loro che entro il 30 settembre dovrà giungere alla stessa amministrazione e al Ministero dell'economia e delle finanze, "una comunicazione di avvenuta ripartizione territoriale del volume complessivo annuale di stanziamenti, per ogni programma di spesa individuato nel Def";
in particolare si legge che "sugli stanziamenti ordinari in conto capitale, e su quelli che fanno riferimento al Fondo per il rilancio degli investimenti dello Stato e allo sviluppo del Paese", il ministro Lezzi ha comunicato che "deve essere rispettato il criterio del 34% da destinare al Sud, definito sulla base della distribuzione della popolazione sul territorio italiano, secondo cui il 34% degli abitanti vive nel Mezzogiorno". Al fine del riequilibrio territoriale del volume degli investimenti, pertanto, si ritiene che, in fase di programmazione economica, "tutti i ministeri tengano conto degli articoli di legge che prevedono una quota investimenti pubblici da destinare, nella misura del 34%, alle zone del Sud";
a tal proposito, ritenendo la percentuale del 34 per cento di investimenti per il Sud sia del tutto inadeguata e insufficiente per consentire una reale ripresa economica ed occupazionale nei territori; 4 su 5 delle regioni con il tasso di occupazione più basso in Europa si trovano nel Sud Italia con meno della metà delle persone tra i 20 e i 64 anni che hanno un lavoro a fronte del 73,1 per cento medio nella UE. La regione peggiore in graduatoria è la Mayotte francese (che si trova in Africa, vicino al Madacascar), seguita da Sicilia, Campania, Calabria e Puglia. Al Sud (dati Eurostat) si conta la più alta percentuale europea di neet, ovvero le persone che non lavorano e non sono inserite in un percorso di studio o di formazione. In tale quadro la Sicilia è risalita al 41,8 dopo due anni di calo, superando anche la regione francese della Guyane scesa al 39,2 per cento,
si chiede di sapere se siano state elaborate delle stime economiche relative allo sviluppo e alla crescita del Mezzogiorno a fronte dell'assegnazione di una quota del 34 per cento di investimenti.
(3-01079)
FLORIDIA, MORONESE, ACCOTO, ANASTASI, ANGRISANI, CAMPAGNA, CORRADO, D'ANGELO, DONNO, GRANATO, GIANNUZZI, LANNUTTI, LEONE, LOREFICE, PRESUTTO, TRENTACOSTE - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Premesso che a quanto risulta agli interroganti:
con decreto DVA- DEC - 2011 000042 del 14 febbraio 2011, integrato dal provvedimento di compatibilità ambientale DEC- 2011- 0000255 del 16 maggio 2011, la raffineria di Milazzo S.C. p.A. è autorizzata a svolgere l'attività di raffinazione per la produzione di combustibili, carburanti e materie prime per la petrolchimica;
l'ultimo riesame dell'autorizzazione integrata ambientale della raffineria di Milazzo si è concluso con il decreto ministeriale n. 172 dell'11 maggio 2018;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con nota prot. n. DVA/4204 del 20 febbraio 2019, avvia i procedimenti di riesame parziale delle AIA, affinché vengano adeguate al nuovo Piano regionale di tutela della qualità dell'aria approvato dalla Giunta regionale con DGR n. 268 del 18 luglio 2018, per tutti e tre gli impianti di raffinazione siciliani, in base all'art. 29-octies, comma 4, lettera d) del decreto legislativo n. 152 del 2006, fissando per la presentazione di tutta la documentazione necessaria per il riesame il termine ultimo del 30 aprile 2019;
la raffineria è stata interessata da diversi episodi particolarmente rilevanti, come l'incendio di notevoli dimensioni sviluppatosi nel settembre 2014, a causa di un serbatoio contenente idrocarburi ed al recente sversamento di idrocarburi del 7 marzo 2018;
la popolazione limitrofa alla raffineria di Milazzo, vive, quindi, con grande preoccupazione la presenza di tale impianto, del quale, oltre a sopportare gli impatti odorigeni dovuti all'elevata concentrazione di composti organici volatili, denuncia il continuo verificarsi di incendi e rilasci di idrocarburi sul territorio compreso il tratto di mare antistante l'impianto;
nel mese di giugno 2019 è stato presentato il quinto rapporto nazionale "SENTIERI" che, nella sezione "malformazioni", rileva come il "numero di nati da madri residenti nel sito di Milazzo nel periodo 2010- 2015 è stato di 2.235. Nel periodo in studio sono stati osservati complessivamente 117 casi di malformazioni congenite (MC), con una prevalenza di 523,5 per 10.000 nati, superiore alla prevalenza media regionale". In particolare, sono risultate "superiori al numero di casi attesi le MC del cuore, dei genitali e degli arti". Sempre nello stesso studio si può constatare come "Alcune patologie con evidenza a priori di associazione con esposizioni ambientali del sito mostrano eccessi che meritano di essere evidenziati, visti anche i risultati di studi precedenti. In particolare, gli eccessi osservati di patologie a carico dell'apparato respiratorio, riscontrati in massima parte nella popolazione femminile";
a parere degli interroganti all'interno della procedura di riesame conclusa e rilasciata con decreto ministeriale n. 172 dell'11 maggio 2018 potrebbero essere diversi i profili di illegittimità, in quanto pare sia stato omesso, e quindi non adeguatamente valutato durante l'analisi del PIC (piano istruttorio conclusivo), il regime vincolistico derivante dall'approvazione e dall'adozione del Piano paesaggistico ambito 9 della provincia di Messina, inoltre non sono state acquisite nel provvedimento finale, in particolare nell'ultima conferenza dei servizi, le prescrizioni dei sindaci previste dal comma 6 dell'art. 29-quater del decreto legislativo n. 152 del 2006,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo intenda, alla luce dei fatti in premessa, concludere entro la fine del 2019 il riesame in oggetto avviato il 20 febbraio 2019;
se intenda coinvolgere, al Tavolo del riesame tutte le autorità ed enti competenti puntualmente indicati all'art. 29-quater,comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, in particolare il Comitato tecnico regionale per la Sicilia e tutti gli altri enti competenti coinvolti, in modo tale da poter elaborare un atto univoco, che prenda in considerazione non solo tutte le prescrizioni finalizzate alla riduzione ed alla prevenzione integrata dell'inquinamento considerando anche tutti gli aspetti della sicurezza legati alla cosiddetta "SEVESO III" (decreto legislativo n. 105 del 2015);
se intenda attivarsi al fine di garantire la realizzazione in tempi certi della messa in sicurezza di tutti i serbatoi attraverso l'installazione dei doppi fondi e quant'altro indispensabile per evitare ulteriori possibili sversamenti di idrocarburi;
se intenda attivarsi per fissare, al termine del riesame, limiti quanto più restrittivi possibili per le emissioni in atmosfera, con particolare riferimento ai composti organici volatili.
(3-01080)
PUGLIA, VACCARO, DONNO, ANGRISANI, CROATTI, SILERI, TRENTACOSTE, GAUDIANO, LEONE, CASTELLONE, LANNUTTI, LICHERI, MORONESE, MATRISCIANO, PIRRO, GIANNUZZI - Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. - Premesso che:
"Slow Food" è una grande associazione internazionale no profit impegnata a ridare il giusto valore al cibo, nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistemi, grazie ai "saperi" di cui sono custodi territori e tradizioni locali. Ogni giorno Slow Food lavora in 150 Paesi per promuovere un'alimentazione buona, pulita e giusta per tutti. In particolare, l'associazione lavora in tutto il mondo per tutelare la biodiversità, costruire relazioni tra produttori e consumatori, migliorare la consapevolezza sul sistema che regola la produzione alimentare. L'obiettivo primario è quello di promuovere il "diritto alla terra" attraverso le tantissime iniziative che partono dalle "condotte Slow Food" (le associazioni locali) fino a progetti di portata internazionale;
la Coldiretti Campania, che non ha scopo di lucro, rappresenta a livello regionale le imprese agricole, i coltivatori diretti e i soggetti effettivamente operanti nel settore agricolo, agroalimentare e nell'ambito rurale. A livello locale, uno spazio di rilievo è dato al "paniere vesuviano" con cui si prefigge di salvaguardare la biodiversità agricola dell'area circostante il vulcano, unica per la ricchezza e l'alta qualità dei prodotti (Slow Food Vesuvio);
alle pendici del monte Somma originano, tra le altre, le mille varietà tipiche di albicocche. Le prime tracce della coltivazione dell'albicocco nel territorio vesuviano risalgono al IV secolo. Le "mele d'oro", ivi chiamate "crisommole", termine dialettale derivato dal greco, sono i frutti più coltivati nell'area vesuviana, dove la natura vulcanica del terreno e la ricchezza di minerali e di potassio favoriscono questa coltura conferendo ai frutti un sapore caratteristico. Ed ancora, con la denominazione di albicocca vesuviana si indica in realtà una dozzina di antiche varietà, la cui area di produzione coincide con il territorio di 18 comuni della provincia di Napoli. Si tratta di varietà diverse per dimensioni, intensità del profumo, levigatezza della buccia e sapore. L'albicocca vesuviana è un prodotto unico per il consumo diretto e fresco e per la produzione di marmellate, succhi, nettari e sciroppi, canditi ed essiccati. Per la ricchezza varietale, interamente autoctona, e per i sistemi di coltivazione ancora di tipo tradizionale, è stato richiesto per l'albicocca vesuviana il riconoscimento comunitario del marchio IGP;
considerato che:
la raccolta avviene tra giugno e luglio ed è manuale. Dopo il raccolto, le albicocche sono portate subito al mercato per poterle gustare al punto giusto di maturazione, nel momento in cui la loro qualità è migliore, oppure per trasformarle in confetture e pasticceria. Tuttavia, qualche giorno or sono, Slow Food Vesuvio, con conseguente protesta indetta da Coldiretti Campania, ha dato voce allo sconforto degli agricoltori delle vecchie varietà di albicocche del Vesuvio. Nello specifico, gli agricoltori del presidio potrebbero decidere di lasciare marcire il frutto del loro lavoro, al contempo fonte di reddito, sugli alberi. Ed invero, il settore agricolo è quello che maggiormente risente dei cambiamenti climatici e, come noto, gli eventi meteorologici straordinari registratisi nel 2019 hanno rallentato la crescita facendo arrivare a maturazione le albicocche vesuviane insieme alle varietà standard, tipiche di questo periodo;
le albicocche del presidio Slow Food sono varietà che, se fossero maturate a tempo debito, sarebbero state acquistate al giusto prezzo. Ad oggi, invece, gli eventi atmosferici avversi hanno comportato distorsioni lungo la filiera e importazioni massicce di prodotti ortofrutticoli stranieri;
come si apprende dalla comunità scientifica, le conseguenze dei cambiamenti climatici non si limitano solo alla sfera delle previsioni. Queste, infatti, sono reali e tangibili già da ora; gli eventi estremi, come siccità e inondazioni, non possono che comportare, e l'aumento dei prezzi dei cibi;
considerato inoltre che gli agricoltori devono essere sostenuti nella gestione delle conseguenze del maltempo, e non essere spinti a svendere il loro prodotto all'industria conserviera, pur dovendo sostenere anche il costo della raccolta, uno dei più importanti del processo produttivo. Occorre, infatti, conservare il patrimonio rappresentato da ogni genere ancora presente in natura. Per far ciò, è fondamentale fronteggiare la crisi climatica attraverso il cambiamento della cultura agricola e l'uscita da un modello che premia solo chi ha scelto le varietà più resistenti e produttive. Bisogna valorizzare e promuovere le risorse del territorio ovvero custodire le varietà storiche delle zone di appartenenza,
si chiede di sapere:
quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda intraprendere per favorire lo sviluppo locale, valorizzando le risorse territoriali disponibili e la qualità dei prodotti, e garantire alle imprese agricole opportunità di sviluppo in un quadro di piena integrazione dell'agricoltura con gli interessi economici e sociali del Paese;
se intenda promuovere i prodotti tipici e l'alimentazione made in Italy, come risorsa economica, ma anche come fondamentale espressione di identità.
(3-01081)
MALAN - Al Ministro dell'interno. - Premesso che a quanto risulta all'interrogante:
durante la puntata di "Chi l'ha visto", trasmessa su Rai 3 il 3 luglio 2019, è andato in onda un servizio giornalistico riguardante una bambina di pochissimi anni strappata ai propri genitori dai servizi sociali con il supporto attivo della Polizia di Stato;
dalle immagini e dal sonoro ripresi dall'impianto di sicurezza emergerebbero nel dettaglio le modalità con cui la bambina è stata prelevata attraverso una serie di inganni, sotterfugi e azioni da reparti speciali degni di un'azione anti terrorismo: alcune persone si presentano presso l'abitazione dove vive la bambina, che dalle immagini pare avere circa un anno, di certo non più di due, fingendo di essere ispettori dell'Ente nazionale protezione animali, di cui mostrano un tesserino falso, giustificando la loro presenza con una segnalazione in merito a un cane che abbaia; poliziotti con la pettorina attestano che i falsi ispettori dell'ENPA sono autentici ispettori; altre persone del commando staccano la corrente per impedire che le telecamere di sicurezza registrino ciò che sta per avvenire, peraltro inutilmente, perché evidentemente vi erano batterie d'emergenza; poi, approfittando della distrazione di madre e nonna impegnate a cercare i documenti di vaccinazione del cane, altre unità prelevano traumaticamente la bambina che sta dormendo; gli strilli di terrore della piccola, prelevata a forza da sconosciuti, attirano l'attenzione della madre che corre dietro a coloro che hanno preso sua figlia; nonostante la schiacciante superiorità numerica dei protagonisti dell'incursione, avvantaggiati dall'effetto sorpresa e dalla buona fede di chi sta in casa, l'uscita dall'edificio avviene in modo precipitoso e la persona che tiene in braccio la bambina incespica e rischia di cadere con tutte le gravi conseguenze che ciò può avere sulla bambina;
la sovraimpressione delle telecamere di sicurezza indica la data e l'ora in cui i fatti sarebbero avvenuti: mercoledì 3 aprile 2019, approssimativamente alle ore 9:10 del mattino;
dal girato del sistema di videosorveglianza si apprezzano ben 11 operatori in borghese e 2 poliziotti con giubbotto d'ordinanza;
dall'osservazione delle dinamiche dell'operazione, anche il personale in borghese si mostra addestrato, e quindi forse anch'esso appartenente al corpo della Polizia di Stato;
la decisione di sottrarre la bambina alla madre è evidentemente stata presa da altri e non dal personale ripreso, ma le modalità non possono che dipendere, almeno parzialmente, da chi è impegnato sul posto;
dal servizio televisivo emergerebbe che le ragioni addotte per la sottrazione della bambina, indipendentemente dalla loro fondatezza, non riguardano un pericolo immediato per la sua salute o incolumità;
come riporta il sito ufficiale, la Polizia di Stato è organizzata in uffici centrali e territoriali, dipendenti dal Ministero dell'interno;
vi è ampia convergenza tra gli esperti nel considerare la separazione dai genitori e particolarmente dalla madre un evento ad altissimo rischio di danno psicologico per un bambino, tanto più se in tenerissima età, tanto più se ciò avviene in modo traumatico,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo ritenga consone al ruolo della Polizia di Stato, alle buone pratiche e all'interesse della bambina in questione le modalità del suo prelievo;
se non sarebbe stato più opportuno un civile approccio alla madre della bambina per, quanto meno, tentare di evitare un atto così traumatico;
se non ritenga che la madre della bambina, una volta realizzato di essere stata palesemente ingannata da persone, che avrebbero anche mentito sulla loro qualità di persone autorizzate a richiederle documenti, e accortasi che la sua bambina le veniva sottratta con modalità che hanno tutto in comune con un sequestro di persona, ove avesse fatto uso di un'arma contro coloro che stavano mettendo in atto l'operazione, avrebbe avuto l'esimente della legittima difesa;
se, nell'episodio rappresentato, la Polizia di Stato sia stata chiamata ad agire da un magistrato o dai servizi sociali;
in quale modo, in circostanze analoghe, la Polizia di Stato venga coinvolta e chi prenda le decisioni sulle modalità di prelievo dei minori;
se abbia preso o intenda prendere provvedimenti nei confronti di coloro che hanno deciso o accettato le descritte modalità di prelievo, ove appartengano alla Polizia di Stato;
se intenda provvedere per evitare in futuro un simile impiego degli agenti della Polizia di Stato.
(3-01082)
MALAN - Ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e degli affari esteri e della cooperazione internazionale. - Premesso che:
martedì 23 luglio 2019 i quotidiani "La Stampa" e "Il Tirreno" hanno pubblicato la notizia che la compagnia aerea "Mahan Air" ha iniziato ad operare il volo tra Roma Fiumicino e Teheran "Imam Khomeini", che si aggiunge al collegamento bisettimanale Milano Malpensa-Teheran;
la compagnia Mahan Air è dal 2011 colpita da sanzioni da parte degli Usa perché accusata di una serie di atti pericolosi, quali trasporto di tecnologia proibita che il regime di Teheran si procaccia in giro per il mondo utilizzando schemi commerciali illeciti, quali armi, tecnologia missilistica e nucleare, e componenti per l'industria aeronautica; dal 2012 ha operato voli tra Teheran e Damasco, per consegnare equipaggiamento militare all'esercito siriano in seguito usate per schierare le truppe di miliziani afghani e pakistani addestrati dai Pasdaran; secondo il Dipartimento di Stato di Washington, Mahan Air ha anche provveduto alla consegna di armi, missili inclusi, alla milizia libanese filoiraniana; il comandante di Hezbollah ha pubblicamente affermato che tutte le decine di migliaia di missili in possesso della sua formazione e pronti ad essere usati contro la popolazione civile di Israele sono di provenienza iraniana;
lo stesso 23 luglio il Dipartimento del Tesoro degli Usa ha chiarito che coloro che collaborano con determinate linee aeree, tra le quali c'è Mahan Air, rischiano di essere colpite dalle sanzioni volte contro l'Iran,
si chiede di sapere:
perché siano stati autorizzati i voli di Mahan Air in Italia;
se il Governo intenda tornare sulla decisione per evitare i danni che comporterebbero le sanzioni da parte Usa.
(3-01083)
Interrogazioni con richiesta di risposta scritta
MORRA, CORRADO, CATALFO, FERRARA, MANTERO, DI GIROLAMO, ABATE, GRANATO - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Premesso che il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) è ente pubblico nazionale di ricerca con competenza scientifica generale, vigilato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. È dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa, patrimoniale e contabile. Attualmente, presidente del Cnr è il professor Massimo Inguscio e il direttore generale è il dottor Giambattista Brignone;
considerato che, per quanto risulta agli interroganti:
il consiglio di amministrazione del Cnr con deliberazione n. 87/2017 ha avviato l'iter burocratico destinato all'acquisto di un complesso immobiliare ubicato in via Franco Gorgone, nella zona industriale di Catania, della società Myrmex srl di proprietà del dottor Gian Luca Calvi, attuale commissario straordinario dell'ente pubblico di ricerca CREA;
l'acquisto era finalizzato ad allocarvi gli istituti Cnr dell'area catanese, già ubicati in due immobili in via Gaifami n. 9 e n. 18, locati da due società la cui proprietà è riconducibile direttamente o indirettamente al signor Mario Ciancio San Filippo che risulta rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa;
la scelta dell'immobile da acquisire è stata operata dal Cnr su indicazione di un'apposita "commissione di valutazione delle proposte di acquisto" nominata in data 8 novembre 2016 con provvedimento prot. n. 74446, composta da: professor ingegner Antonio Occhiuzzi (ordinario tecniche delle costruzioni dell'università "Partenope" di Napoli, direttore ITC del Cnr); architetto Riccardo Licari (dirigente II fascia area tecnica edilizia del politecnico di Milano); dottor Sebastiano Cavallaro (direttore ISN del Cnr); dottor Concetto Puglisi (responsabile UOS IPCB del Cnr); architetto Luca Landini (fund manager INVMIT SGR SpA);
alcuni ex dipendenti della Myrmex srl il 20 dicembre 2017 hanno segnalato, tra gli altri, al direttore generale del Cnr e alla Procura della Repubblica di Catania che Sebastiano Cavallaro, componente della commissione, sarebbe stato anche consulente della Myrmex srl per progetti PON. Sembrerebbe anche che la consulenza fornita sarebbe stata retribuita con il rilevante importo di 100.000 euro;
con successiva deliberazione n. 58 del 23 maggio 2018 il Cnr ha revocato l'iter volto all'acquisto dell'immobile della Myrmex srl e in conseguenza di ciò la società conveniva in giudizio il Cnr richiedendo i danni subiti dalla condotta violativa della buona fede e correttezza contrattuale e dall'illegittimità della revoca dell'acquisto o, comunque, un indennizzo per la revoca della procedura. Il tutto per circa 9.364.440 euro oltre a interessi e rivalutazione;
con nota del 14 giugno 2019 l'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) ha richiesto al Cnr informazioni in merito al presunto conflitto di interessi del dirigente Cnr nominato membro di una commissione di gara nella quale ha partecipato una società di cui il medesimo era consulente;
considerato inoltre che gli interroganti ritengono che il sistema della ricerca pubblica debba assicurare procedure di spesa di particolare rigore e correttezza tanto per il ruolo di volano che la ricerca pubblica svolge per la crescita economica e culturale del Paese, quanto per il fatto che la spesa in ricerca è un investimento dal quale non è sempre scontato ottenere un ritorno verificabile,
si chiede di sapere:
quali istruttorie il Cnr ponga in essere prima di assumere ogni decisione circa l'acquisto o la locazione di immobili;
quali siano state le fondate ragioni che a distanza di pochi mesi avrebbero indotto l'ente prima a deliberare l'acquisto di un immobile e, successivamente, a revocare tale decisione, esponendo l'ente stesso al rischio di un risarcimento danni, già richiesto con domanda giudiziale;
quali siano state le verifiche poste in essere dal dottor Giambattista Brignone, già responsabile della prevenzione corruzione e trasparenza nel dicembre 2017, a fronte della segnalazione da parte degli ex dipendenti della Myrmex srl di possibili incompatibilità all'interno della commissione di valutazione e quali le determinazioni assunte nei confronti del componente Cavallaro, anche in ragione del contenzioso instaurato dalla società Myrmex srl nei confronti del Cnr;
se il Ministro in indirizzo ritenga di disporre il commissariamento dell'ente, per come più volte richiesto dagli interroganti, in ragione dell'incapacità gestionale dell'attuale management del Cnr;
come intenda porre rimedio all'inarrestabile emorragia di risorse sperperate dal Cnr a causa delle numerose vicende di mala gestio, già oggetto di precedenti atti di sindacato ispettivo degli interroganti, nonché di quelle portate alla ribalta da servizi giornalistici di carattere nazionale.
(4-02018)
ROMANO, ANASTASI, LEONE, FERRARA, ORTIS, GALLICCHIO, CORRADO, TURCO, MORONESE, GIANNUZZI, PIARULLI, GAUDIANO, LANZI, MARINELLO, ANGRISANI, DONNO, MININNO, PRESUTTO, LOREFICE - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione. - Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:
l'art. 1, comma 93, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio per il 2018), pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2017, ha autorizzato l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, mediante i rispettivi regolamenti di amministrazione, a: lettera a) istituire posizioni organizzative per lo svolgimento di incarichi di elevata responsabilità, alta professionalità o particolare specializzazione, ivi compresa la responsabilità di uffici operativi di livello non dirigenziale, nei limiti del risparmio di spesa conseguente alla riduzione di posizioni dirigenziali; tale riduzione non rileva ai fini del calcolo del rapporto tra personale dirigenziale di livello generale e personale dirigenziale di livello non generale, di cui all'articolo 23-quinquies, comma 1, lettera a), numero 2), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135; lettera b) disciplinare il conferimento delle posizioni a funzionari con almeno 5 anni di esperienza nella terza area mediante una selezione interna che tiene conto delle conoscenze professionali, delle capacità tecniche e gestionali degli interessati e delle valutazioni dagli stessi conseguite negli anni precedenti; lettera c) attribuire ai titolari delle posizioni il potere di adottare atti e provvedimenti amministrativi, compresi gli atti che impegnano l'Agenzia verso l'esterno, i poteri di spesa e quelli di acquisizione delle entrate rientranti nella competenza dei propri uffici, di livello non dirigenziale, e la responsabilità dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di organizzazione delle risorse umane e strumentali e di controllo; lettera d) prevedere l'articolazione delle posizioni secondo diversi livelli di responsabilità, con conseguente graduazione della retribuzione di posizione e, in caso di valutazione positiva, l'attribuzione della retribuzione di risultato sulla base del livello di valutazione annuale riportata;
l'Agenzia delle entrate ha avviato le procedure d'interpello per il conferimento di posizioni organizzative presso gli uffici centrali con atto direttoriale n. 303288 del 14 novembre 2018 (aggiornato col n. 314907/2018 e rettificato col n. 322705/2018) e presso le direzioni regionali e provinciali, gli uffici del territorio, i centri di assistenza multincanale ed i centri operativi con atto direttoriale n. 526886 del 28 dicembre 2018;
al termine delle prove selettive previste sono state approvate con atto del direttore dell'Agenzia n. 148849 del 24 maggio 2019 e atto n. 156856 del 28 maggio 2019 le graduatorie relative agli uffici centrali e con atto del direttore n. 137981 del 17 maggio 2019 (rettificato con atti n. 143137 del 21 maggio 2019 e n. 169756 del 3 giugno 2019) le graduatorie per le direzioni regionali e provinciali, gli uffici provinciali del territorio, sezioni dei centri di assistenza multicanale e centri operativi;
ai funzionari risultati idonei alla procedura di interpello è stato un concesso un termine (23 maggio o 3 giugno a seconda della procedura) per esprimere, tra l'altro, un ordine di preferenza regionale indicando al massimo due regioni per cui concorrere;
le graduatorie pubblicate sulla intranet dell'Agenzia delle entrate, distinte per tipologia di incarico, sono state predisposte su base regionale;
con provvedimenti a firma del direttore sono stati individuati, sempre su base regionale, i vincitori delle posizioni messe ad interpello in funzione dei posti disponibili nella singola regione come individuati nella fase di riorganizzazione dell'Agenzia;
risulta: che non tutti i vincitori abbiano accettato l'incarico conferito e che sono circa 100 le posizioni ad elevata responsabilità su base nazionale tuttora sprovviste di un incaricato; che a seguito di incontro con le organizzazioni sindacali di categoria del 10 giugno 2019 è stato comunicato dal direttore dell'Agenzia che la copertura delle posizioni vacanti sarebbe stata effettuata in prima battuta con lo scorrimento delle graduatorie regionali degli idonei e, in seconda battuta, in caso di carenza di idonei rispetto ai posti da assegnare su base regionale, con lo scorrimento di una graduatoria nazionale appositamente predisposta,
si chiede di sapere:
se corrisponda al vero che l'Agenzia delle entrate, nella regione Piemonte, stia procedendo all'assegnazione degli incarichi da ricoprire superiori alla quarta fascia retributiva mediante l'attribuzione a funzionari già vincitori di un incarico di fascia inferiore anche distaccati in altre regioni (in quanto presenti in due distinte graduatorie regionali in funzione della preferenza espressa), non dando quindi seguito allo scorrimento della graduatoria degli idonei in Piemonte;
se tale modalità risulti applicata anche in altre regioni ed in casi analoghi e se sia intenzione dell'Agenzia delle entrate utilizzare tale criterio anche per la copertura delle posizioni ad elevata responsabilità disponibili nelle regioni con graduatoria esaurita (ad esempio in Calabria), per la quale bisognerà attingere ad una graduatoria nazionale.
(4-02019)
DE POLI - Ai Ministri della salute e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Premesso che:
al fine di acquisire ed introdurre in Italia la tecnologia di trasmissione 5G ("di quinta generazione"), che presenterebbe elevati profili di sviluppo nel settore delle telecomunicazioni ed una grande versatilità di impiego che spazia dall'agricoltura di precisione al turismo, dalla sanità alla sicurezza pubblica, attraverso l'utilizzo di reti ultra veloci, il Ministero dello sviluppo economico, nel marzo 2017, ha aperto la procedura di acquisizione di proposte progettuali per sperimentazioni pre commerciali. La procedura si è conclusa nell'ottobre 2018 con l'asta per l'assegnazione delle frequenze 5G che ha fruttato allo Stato circa 6 miliardi di euro e con l'avvio da parte degli aggiudicatari dei test sulle reti del 5G in tre macroaree e circa 120 città italiane che dovrebbero concludersi, come da piano di sperimentazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nel dicembre 2021;
parrebbe che l'intera procedura condotta dal Governo non sia stata supportata dai recenti studi scientifici sugli effetti prodotti dall'uso della tecnologia 5G sulla salute dell'uomo e sull'ambiente;
sembra che, al fine di ottenere un'adeguata diffusione della tecnologia 5G, i piani di Governo prevedano la copertura del 98 per cento del territorio nazionale da attuare anche attraverso l'installazione di nuove mini antenne a microonde millimetriche con il conseguente aumento di irradiazione di radiofrequenze, nonostante l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro classifichi queste ultime quali agenti "possibilmente cancerogeni" per l'uomo (categoria B);
tenuto conto che:
l'Associazione medici ambientali ha chiesto "una moratoria per le sperimentazioni 5G su tutto il territorio nazionale sino a quando non sarà stato adeguatamente pianificato un coinvolgimento attivo degli enti pubblici deputati al controllo ambientale e sanitario";
molteplici studi scientifici ammettono il nesso di concausa tra l'esposizione alle radiofrequenze e le patologie tumorali;
preso atto che molteplici amministratori regionali e comunali hanno presentato diverse mozioni in materia e alcuni sindaci, di cui due nella sola provincia di Padova ovvero il sindaco di Montegrotto Terme ed il sindaco di Tribano, invocando l'applicazione del principio di precauzione sancito dall'Unione europea a tutela del diritto costituzionale alla salute, hanno emesso ordinanze atte a sospendere le sperimentazioni della tecnologia 5G sui territori di loro competenza data la totale carenza di opportune informazioni che attestino il livello di rischio o la totale assenza di pericolo per la popolazione e per l'ambiente derivante dall'esposizione alle radiofrequenze del 5G,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo intendano promuovere opportuni studi volti a conoscere gli effetti ed il reale livello di rischio sulla salute degli esseri umani e sull'ambiente derivanti dall'esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza delle reti a tecnologia 5G;
se intendano, ciascuno per le proprie competenze, adottare iniziative volte a sospendere la sperimentazione pre commerciale della tecnologia 5G nel nostro Paese, in attesa di specifici approfondimenti epidemiologici a livello nazionale sugli effetti derivanti dall'esposizione alle radiofrequenze emesse da questa nuova tecnologia ed alla contestuale valutazione del rischio o esclusione di possibili danni all'uomo e all'ambiente.
(4-02020)
GASPARRI - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:
recentemente un poliziotto appartenente ad una pattuglia della squadra volante di Roma, le cosiddette Pantere, è stato aggredito e, pur riportando delle lesioni, è riuscito a fuggire agli aggressori;
la situazione delle pattuglie presenti su Roma appare ampiamente ridotta rispetto alle necessità, con 2 quadranti su 3 nei quali è suddivisa la città con soli 24 equipaggi;
le pattuglie, inoltre, vengono selezionate in base alle zone sotto attenzione per l'elevato tasso di denunce, lasciando scoperte altre, sicuramente non meno pericolose;
negli anni passati le autoradio romane erano di supporto alle Pantere, oggi invece sono rilegate a itinerari ristretti con l'obiettivo di prevenire un certo tipo e numero di reati. Questa scelta rende prevedibili gli spostamenti della pattuglia stessa, creando inevitabilmente zone senza il controllo del territorio e soprattutto impedisce alle volanti di ricevere l'ausilio necessario;
in questi ultimi 20 anni si è registrato un decremento di personale, mediamente di 20 uomini a nucleo, e ciò determina la perdita di una macchina per nucleo;
tali scelte hanno causato l'allontanamento di tutti i poliziotti esperti, e il subentro nelle volanti romane di agenti giovanissimi di servizio, totalmente inesperti e provenienti da altre città, che non hanno la piena percezione della realtà della capitale e delle zone problematiche,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto illustrato e quali iniziative intenda assumere per porre in essere rimedi efficaci per aumentare il numero delle volanti presenti a Roma e di conseguenza la sicurezza dei cittadini e l'incolumità degli operatori di polizia.
(4-02021)
ASTORRE, CIRINNA', PARENTE - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
la situazione della mobilità su ferro nella città di Roma versa in uno stato di grave sofferenza. Il problema è noto, ed è stato rappresentato in molti studi e lavori svolti da autorevoli esperti della materia, purtuttavia ancora non si è riusciti ad imprimere una svolta in termini infrastrutturali e gestionali in grado di garantire un servizio pubblico all'altezza di una delle più importanti capitali del mondo;
uno dei principali nodi, se non il principale, è rappresentato dalla stazione Termini. Uno snodo che raccoglie un flusso di circa 500.000 passeggeri al giorno, comprese decine di migliaia di pendolari che si recano a Roma per lavoro o per studio o che partono da Roma per gli stessi motivi;
considerato che:
la stazione Termini ha raggiunto un livello di saturazione che si riversa nella sua interezza sui passeggeri in termini di disagi, di cancellazione delle partenze, di inauditi ritardi. Ciò è reso ancora più problematico dall'aumentato volume dei treni ad alta velocità. Questo sono passati dagli oltre 700 treni previsti per il 2017 agli oltre 900 previsti per il 2019, in linea con l'andamento, a livello nazionale, della crescita del servizio offerto dall'alta velocità;
a risentire di tale livello di saturazione è anche il trasporto regionale, il quale ha subito un calo nella puntualità di quasi 2 punti percentuali, passando dal 59 per cento circa al 57 per cento circa;
la crescita dell'alta velocità non può non essere accompagnata da una fase di gestione e di interventi strutturali, anche in grado di contemplare le innovazioni tecnologiche applicate al trasporto, finalizzata a tenere insieme tutte le esigenze dell'utenza in uno snodo ferroviario tra i più grandi e importanti a livello nazionale,
si chiede di sapere:
se e come il Ministro in indirizzo intenda affrontare il problema dei disservizi legati alla mobilità su ferro;
se siano previsti interventi finalizzati a potenziare l'infrastruttura ferroviaria di Termini.
(4-02022)
BOTTO, ANGRISANI, MORONESE, MANTERO, LEONE, GAUDIANO, LANZI, CORRADO, LA MURA, MONTEVECCHI, LANNUTTI - Ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, della salute e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Premesso che:
lungomare Canepa è una via urbana su area demaniale marittima e perciò in concessione da diversi anni al Comune di Genova. La progettazione del nuovo nodo viabile genovese, conseguente alla dismissione delle aree Ilva, ha comportato la rimodulazione infrastrutturale del lungomare Canepa: da strada urbana a tre corsie è ad oggi in lavorazione (da agosto 2016) il completo rifacimento a 6 corsie e la contestuale riclassificazione a strada di tipo D;
nel luglio 2017 i cittadini hanno preso coscienza del fatto che gli intendimenti progettuali non corrispondevano all'idea di rilancio e riqualificazione loro promessa e hanno prodotto documentazione, studio e divulgazione circa le criticità del progetto, attività sfociata nella presentazione dei dati nell'assemblea pubblica del 23 marzo 2018 del comitato lungomare Canepa;
le criticità riscontrate dal comitato sono tre: l'inquinamento acustico e atmosferico generato dalla strada è stato sottovalutato e i riscontri, alcuni dei quali effettuati da Arpa Liguria, confermano che ad oggi la strada genera i livelli di inquinamento più alti di Genova; l'assenza di una fascia di rispetto tra strada e abitazioni acuisce esponenzialmente gli effetti degli inquinanti e ghettizza il quartiere squalificandolo a livello del bordo di una tangenziale, di fatto precludendo il secolare rapporto con il mare e il porto e l'auspicata vivibilità; la futura e pressoché totale impermeabilità della strada rispetto al quartiere minaccia di generare ancor più pesanti effetti sul tessuto economico e sociale di quanto già stia accadendo;
il comitato propose una limitata modifica del progetto chiedendo la traslazione della striscia pedonale lato porto in adiacenza agli edifici civili in modo tale da distanziare la sede stradale e di consentire l'installazione di un presidio infrastrutturale (galleria fonoassorbente) a tutela della salute e, infine, creare le condizioni per il rilancio economico dell'area, vista anche la vicinanza della "Lanterna", simbolo di Genova;
la variazione del progetto approvata nell'autunno 2018, a seguito della sollecitazione del comitato, si è limitata a depennare dal progetto un dettaglio esteticamente deturpante (un muro di contenimento a ridosso delle abitazioni) integrandone, tuttavia, uno nuovo ancor più deturpante sotto il profilo ambientale, ovvero il nuovo muro di confine portuale;
la gronda a mare di Genova, pur ancora incompleta, consente di raccordare il tracciato autostradale interrotto dal crollo del ponte Morandi, ospitando un traffico stradale che riunisce la componente autostradale a quella cittadina a pochi metri dalle case divenute di fatto inabitabili; infatti negli appartamenti prospicenti alla nuova strada risulta impossibile il riposo notturno e la frequentazione dei balconi e terrazzi è proibitiva visto l'inquinamento generato;
durante il periodo estivo gli abitanti sono obbligati a chiudere gli infissi per proteggersi dal rumore e dall'aria inquinata vedendo quindi una riduzione drastica di raffrescamento degli ambienti domestici. Questa situazione ha indotto la ASL3 genovese a distribuire condizionatori mobili alle famiglie appartenenti alle fasce più deboli;
il nodo stradale era stato appositamente pensato come naturale alternativa di raccordo autostradale tra i tratti terminali di A10, A7 e A12 e il crollo del ponte Morandi ha di fatto accelerato esponenzialmente il futuro viabile cui il nodo era destinato, come peraltro certificato da documentazione Autostrade per l'Italia SPEA, senza che si potessero più gradualmente ricercare soluzioni per mitigare l'effetto dell'inquinamento;
l'allora presidente ANAS rilasciò la seguente dichiarazione: "L'opera (...) è attesa da molto tempo ed è di fondamentale importanza per la viabilità cittadina e per il traffico portuale e, una volta realizzata, costituirà una sorta di tangenziale interna alla città di Genova, che collegherà fra loro i caselli autostradali di Genova-Ovest e Genova Aeroporto e, mediante la già esistente Viabilità Polcevera, il casello di Genova-Bolzaneto. In considerazione dell'importanza di questo intervento l'Anas, pur non intervenendo direttamente nell'esecuzione, ha voluto accelerare la realizzazione dell'opera facendosi carico degli oneri finanziari di propria competenza, e riservandosi il compito di vigilare sulla progettazione e sull'esecuzione dei lavori", come si legge sul sito "stradeanas" il 30 luglio 2008,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intendano adottare per ovviare ai problemi evidenziati;
se, nei limiti delle proprie attribuzioni, intendano agire per la tutela della salute, dell'ambiente e delle infrastrutture genovesi anche prevedendo la realizzazione di un'opportuna infrastruttura di protezione quale una galleria fonoassorbente ad abbattimento degli inquinanti, eventualmente addebitandone il costo al gestore autostradale che sta beneficiando del raccordo urbano e che continuerà a beneficiarne fino al completamento del nuovo ponte.
(4-02023)
BOTTICI, FLORIDIA, ACCOTO, MORRA, ANGRISANI, PIRRO, CASTELLONE, CORBETTA, LA MURA, DONNO, ROMANO, PESCO, LEONE, MORONESE, LANNUTTI, CASTALDI, TURCO, D'ANGELO, DESSI', PRESUTTO, COLTORTI, GIANNUZZI, LANZI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che:
i rapporti tra lo Stato italiano e la chiesa cattolica vennero disciplinati nel 1929 con la firma dei cosiddetti Patti lateranensi, siglati dal capo del Governo Mussolini e dal Segretario di Stato, cardinale Gasparri;
la sostanziale incompatibilità di numerose disposizioni dei Patti lateranensi con i principi fondamentali della Costituzione repubblicana comportò la necessità di una loro revisione e l'avvio di una lunga trattativa con la Santa Sede che nel 1984, sotto il Governo Craxi, approdò alla stipulazione di un nuovo accordo del 18 febbraio 1984 (reso esecutivo con la legge n. 121 del 1985) e di un successivo protocollo del 15 novembre 1984;
in particolare, per quanto riguarda i rapporti finanziari tra Stato italiano e Stato del Vaticano, l'articolo 7, comma 6, dell'accordo (legge n. 121 del 1985) prevedeva l'istituzione di una commissione paritetica Stato-chiesa con il compito di disciplinare tutta la materia degli enti e dei beni ecclesiastici e la revisione degli impegni finanziari dello Stato italiano;
le norme formulate dalla commissione paritetica vennero approvate dal citato protocollo del 15 novembre 1984, che fu ratificato dalla legge n. 206 del 1985, e vennero poi recepite nell'ordinamento italiano dalla legge n. 222 del 1985 che detta disposizioni sugli enti e sui beni ecclesiastici e per il sostentamento del clero;
considerato che:
l'articolo 46 della legge n. 222 del 1985 prevede la deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni in denaro fatte alla chiesa fino all'importo di 2 milioni di lire;
l'articolo 47 stabilisce la possibilità di destinare alla chiesa l'8 per mille dell'Irpef statuendo, altresì, che in caso di mancata scelta dei contribuenti vengono ripartite tra tutti i beneficiari anche le quote Irpef di coloro che non hanno esercitato l'opzione;
l'articolo 49 stabilisce che, al termine di ogni triennio successivo al 1989, un'apposita commissione paritetica, nominata dall'autorità governativa e dalla Conferenza episcopale italiana, procede alla revisione dell'importo deducibile di cui all'articolo 46 e alla valutazione del gettito della quota Irpef di cui all'articolo 47, al fine di predisporre eventuali modifiche;
considerato inoltre che:
il meccanismo di funzionamento dell'8 per mille (la ripartizione anche dell'Irpef di coloro che non hanno esercitato l'opzione, la scarsa trasparenza sulle erogazioni, le mancate verifiche sui fondi distribuiti alle confessioni religiose) è stato molte volte oggetto di severe critiche da parte della sezione centrale di controllo della Corte dei conti (deliberazione 23 ottobre 2014 n. 16/2014/G; deliberazione 26 ottobre 2015 n. 8/2015/G; deliberazione 23 dicembre 2016 n. 16/2016/G; deliberazione 29 ottobre 2018 n. 24/2018/G);
relativamente alla destinazione e gestione dell'8 per mille dell'Irpef, la Corte dei conti riporta: "Grazie al meccanismo di attribuzione delle risorse dell'8 per mille, i beneficiari ricevono più dalla quota non espressa che da quella optata, godendo di un notevole fattore moltiplicativo, essendo irrilevante la volontà di chi rifiuta il sistema o se ne disinteressa. (...) Su ciò non vi è adeguata informazione, benché coloro che non scelgono siano la maggioranza e si possa ragionevolmente essere indotti a ritenere che solo con un'operazione esplicita i fondi vengano assegnati. (...) I fondi destinati alle confessioni risultano ingenti, tali da non avere riscontro in altre realtà europee - avendo superato ampliamente il miliardo di euro all'anno - e sono gli unici che, nell'attuale contingenza di fortissima riduzione della spesa pubblica in campo, si sono notevolmente e costantemente incrementati. Già nel 1996, la Parte governativa della Commissione paritetica Italia-Cei incaricata delle verifiche triennali dichiarava che 'non si può disconoscere che la quota dell'8 per mille si sta avvicinando a valori, superati i quali, potrebbe rendersi opportuna una proposta di revisione. (...) detti valori, già oggi, risultano superiori a quei livelli di contribuzione che alla Chiesa cattolica pervenivano sulla base dell'antico sistema dei supplementi di congrua e dei contributi dell'edilizia di culto. Un loro ulteriore incremento potrebbe comportare, in sede della prossima verifica triennale, una revisione dell'aliquota dell'8 per mille'. Tuttavia, negli anni seguenti il tema non è stato più riproposto dalla Parte governativa, nonostante l'ulteriore, rilevante aumento delle risorse a disposizione delle confessioni", come si legge nella sintesi della relazione del 23 ottobre 2014 alla deliberazione n. 16/2014/G,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto;
a quanto ammonti l'importo erogato negli anni 2015, 2016, 2017, 2018 e 2019 a ciascun beneficiario dell'8 per mille specificando, per ciascuno degli anni, l'anno d'imposta a cui si riferisce l'erogazione, la parte dell'importo erogato derivante dall'esercizio diretto dell'opzione e la parte derivante dalla redistribuzione in base al meccanismo di ripartizione dell'articolo 47, comma 3, della legge n. 222 del 1985;
che cosa abbia stabilito, nelle occasioni in cui si è riunita, la commissione paritetica prevista dall'articolo 49 della legge n. 222 del 1985.
(4-02024)
DE BONIS - Ai Ministri della salute e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Premesso che:
il V Rapporto del "Progetto Sentieri", lo studio epidemiologico dell'Istituto Superiore di Sanità che analizza periodicamente lo stato di salute dei 45 siti inquinati di interesse nazionale (SIN) presenti in Italia, ha registrato un eccesso di mortalità e di incidenza tumorale per i comuni che si affacciano sulla zona industriale della Valbasento, in Basilicata, maggiormente produttiva e con la presenza di numerose infrastrutture; vi sono, infatti insediate industrie ad alto contenuto tecnologico ed è vocata al settore della chimica fine, della lavorazione delle materie plastiche e dell'energia;
l'aggiornamento 2019 di Sentieri ha esaminato, in particolare per il periodo 2006-2013, la mortalità, l'ospedalizzazione e ove possibile, l'incidenza oncologica e le malformazioni congenite nei comuni ricadenti nei SIN italiani. Come sottolineato in una nota stampa dell'I.S.S., il profilo di salute della popolazione "presenta alcune criticità, soprattutto nei siti dove non sono state effettuate opere di bonifica";
drammaticamente emblematico è, appunto, il caso del SIN Valbasento (che, com'è noto, comprende i Comuni di Pisticci, Ferrandina, Pomarico, Miglionico, Salandra e Grottole) che si sintetizza di seguito con i dati più allarmanti: «Nelle donne è possibile riscontrare eccessi per la mortalità generale, per patologie dell'apparato circolatorio; (…) si osserva un eccesso di tumore del polmone. (…) Negli uomini è riscontrabile un eccesso della mortalità per asma. (…) Si riscontra un eccesso dei ricoveri per il polmone nelle donne. I ricoverati per tumore maligno della pleura sono invece in eccesso negli uomini. (…) Negli uomini è inoltre da segnalare un aumento dell'incidenza, anche se con una incertezza della stima, del mesotelioma»;
per quanto riguarda la fascia pediatrico-giovanile, «Si evidenzia un eccesso per i tumori del linfoematopoietico in età 0-19 anni basato su 3 casi. (…) In questo sito si sono registrati 21 casi di tumori maligni nel complesso delle età considerate (0-29 anni), dei quali 6 in età pediatrica e solo 1 nel primo anno di vita. L'analisi dei dati dà quindi origine a stime di rischio per lo più incerte e che non consentono quindi di delineare un chiaro profilo di incidenza. Fa eccezione l'eccesso per i tumori maligni e non maligni del SNC [n.d.r.: sistema nervoso centrale] nel sottogruppo di età 0-24 anni, di circa 3 volte superiore all'atteso e riconducibile in particolare a tre casi diagnosticati in età 20-24 anni. (…) Un eccesso di giovani (20-29 anni) risulta essersi ricoverato per tutti i tumori. Altri eccessi di ricoverati riguardano patologie quali i tumori del SNC e del sistema linfoematopoietico incluse le leucemie in età pediatrica e 0-19 anni, e i linfomi tra i giovani»;
tra gli altri risultati d'interesse, «eccessi di incidenza si osservano negli uomini per i tumori dei tessuti molli e le leucemie mieloidi. Alcuni riscontri di eccesso dell'incidenza per tumori specifici sono coerenti con i risultati sulla mortalità e sui ricoveri, in particolare negli uomini il tumore del fegato e del rene; nelle donne il linfoma di Hodgkin»;
di fronte a questo quadro sanitario, rilevanti ed urgenti rimangono le questioni ambientali sul territorio, di cui la Regione Basilicata, principalmente, dovrebbe farsi carico, ma che, ad oggi, purtroppo, a causa di ritardi e di inadempienze non ha provveduto in maniera efficace;
le questioni insolute riguardano la mancata conclusione dell'iter per il riesame dell'AIA di Tecnoparco, che di fatto abilita l'azienda valbasentana a trattare in deroga quantità enormi di reflui industriali; l'autorizzazione da parte regionale alla modifica non sostanziale relativa alla "Piattaforma per il trattamento e lo smaltimento di rifiuti speciali" della ECOBAS, altra azienda pisticcese che tratta rifiuti pericolosi; la questione relativa alla messa in sicurezza della discarica "La Recisa" e all'impatto ambientale del Centro Oli e dei Pozzi Eni presenti a Pisticci,
si chiede di sapere:
se e quali iniziative i Ministri in indirizzo intendano intraprendere al fine di sollecitare la Regione Basilicata a dare seguito alle azioni intraprese, in quanto il diritto primario alla salute, le opportunità di nuovi insediamenti e il rilancio delle attività proprie del territorio (turismo e agricoltura) sono oramai incompatibili con la presenza ingombrante di un sito industriale così fortemente inquinato;
se il Ministro della salute non ritenga di dare il prima possibile attuazione alla legge 22 marzo 2019, n. 29, che ha istituito la Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza sanitari regionali. Le informazioni raccolte dai Registri dei tumori includono dati anagrafici e sanitari, essenziali per lo studio dei percorsi diagnostico-terapeutici, per la ricerca delle cause del cancro, per la valutazione dei trattamenti più efficaci, per la progettazione di interventi di prevenzione, per la programmazione delle spese sanitarie.
(4-02025)
FLORIS - Ai Ministri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali. - Premesso che:
la società terminalistica CICT Cagliari international container terminal, azienda partecipata al 92 per cento dal gruppo Contship Italia, principale terminal container del porto sardo, sta vivendo un momento di profonda crisi;
anche il 24 luglio 2019 i 210 lavoratori del porto, nei confronti dei quali è stata avviata una procedura di licenziamento, hanno marciato in via Roma e hanno effettuato un presidio davanti al Consiglio regionale;
le criticità non sarebbero limitate alla società che gestisce il terminal container, ma potrebbe riguardare anche le altre aziende che con essa operano;
complessivamente sarebbero a rischio circa 350 lavoratori, oltre a tutto l'indotto ad collegato;
principale operatore del terminal CICT, Hapag Lloyd, ha deciso di abbandonare lo scalo, facendo venire meno anche le aspettative di ripresa del traffico;
una delegazione delle segreterie nazionali di Cgil, Cisl e Uil avrebbe chiesto un incontro al Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte e al Ministro dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali;
nel frattempo i lavoratori che sono maggiormente coinvolti dalla crisi, perché perderebbero il posto di lavoro, hanno scritto un appello di cui si riportano stralci: "Siamo quasi a fine luglio e la fatidica data del 31 agosto 2019, giorno nel quale la società Porto Industriale Cagliari SpA (nota col marchio commerciale CICT ovvero Cagliari International container terminal) dovrà chiudere, si avvicina inesorabilmente. In questi ultimi mesi noi lavoratori (...) abbiamo assistito inermi ad un susseguirsi continuo di notizie, articoli, interviste. È mancata solo la voce che più serviva sentire, le parole che in tanti aspettavano con ansia (...) dalla direzione dell'azienda (e dalla capogruppo Contship) sono arrivate solo parole di circostanza: 'abbiate pazienza e fiducia, stiamo cercando nuovi clienti'. Leggiamo che la causa della crisi è da ricercarsi nel mercato e nei suoi cambiamenti, nelle alleanze tra clienti, ma soprattutto nell'inadeguatezza di Cagliari. Si parla infatti di spazi limitati e mancanza di moderne infrastrutture ferroviarie e stradali (...) Tangeri, nostro attuale concorrente nonché porto nel quale Contship ha investito enormi quantità di denaro negli ultimi 10 anni, è circondato da montagne e dal mare, si tratta a tutti gli effetti di un porto creato dal nulla, rubando terreno al mare e alle spiagge. Un porto nel quale si movimentano migliaia di container ogni giorno, centinaia di navi al mese e che evidentemente non ha altri spazi disponibili per un'eventuale espansione. Poi c'è Malta, un'isola come la Sardegna, nella quale vivono la metà degli abitanti residenti in Sardegna e dove ovviamente non è possibile avere collegamenti terrestri con un mercato di grandi dimensioni come quello nordeuropeo. Eppure a Malta si muovono oltre 3 milioni di container all'anno! Come è possibile? Semplicemente si tratta di container in transhipment, ossia merci che vengono scaricate da una nave e imbarcate su un'altra, lo stesso tipo di attività svolta principalmente a Cagliari. Però le notizie dicono che il transhipment è morto e che quindi a Cagliari non e possibile continuare a lavorare, qualcosa non torna (...) Le cause della crisi - si tratta soprattutto di una scelta aziendale - si è scelto di spostare i propri interessi altrove: soprattutto Tangeri ma anche, recentemente, l'isola di Cipro. In questi ultimi due anni l'azienda ha semplicemente tenuto Cagliari in uno stato di semi-attività esclusivamente per evitare che il subentro di un altro eventuale operatore concorrente potesse creare difficoltà allo sviluppo di Tangeri, e allo stesso tempo ha impiegato parte del personale di CICT per formare i 'colleghi' marocchini. La parte politica - anni di promesse mai mantenute che hanno provocato enormi ritardi nello sviluppo di un porto rimasto sempre lo stesso negli ultimi 15 anni",
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo voglia attivare un tavolo di crisi per affrontare tutte le tematiche esposte e quelle relative alla crisi del porto di Cagliari;
se abbia attivato o intenda attivare lo strumento della cassa integrazione, che al momento appare l'unico strumento utile per la salvaguardia dei posti di lavoro e la sopravvivenza di almeno 210 famiglie;
se al contempo non voglia valutare l'attivazione di ogni forma di incentivi al porto di Cagliari quali una zona franca o una ZES (zona economica speciale) e mettere in campo agevolazioni fiscali e dei costi portuali per i prossimi anni;
se non intenda valutare la cessione delle quote azionarie della Contship a un prezzo simbolico, attivandosi a ricercare un nuovo operatore disposto ad investire nel porto di Cagliari.
(4-02026)
MINUTO - Ai Ministri della difesa e delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
l'attività della Guardia costiera, negli ultimi anni ha registrato un progressivo ed evidente incremento e l'efficienza del corpo non ha subito cali, nonostante il personale non sia aumentato numericamente, ciò grazie all'impegno incondizionato di questi uomini in divisa;
da circa due anni la politica dell'impiego è diventata sempre più difficile da sostenere/sopportare da parte del personale. Ad esempio, al meglio del rendimento in un ente succede che si debba traslocare per nuove aree geografiche lontane;
tale situazione è particolarmente acuita al sud, in particolare in Puglia e Campania. Non solo l'efficienza dell'amministrazione può risentirne, ma soprattutto ne soffrono le famiglie che dopo 10/15 anni vedono trasferiti i militari a loro cari a diverse centinaia di chilometri;
da quanto si apprende sono avvenuti anche trasferimenti persino senza un preavviso. Ci sono militari con più di 50 anni di età che sono stati trasferiti e sono stati costretti a riorganizzare la vita familiare a pochi anni dalla pensione. Ciò comporta problemi familiari, oltre che di sostenibilità economica e di carenza logistica;
il Ministro della difesa, tra i suoi annunci, ha parlato di maggiori caserme al Sud;
probabilmente basterebbe dislocare nelle basi di Taranto e Napoli i grossi pattugliatori per far in modo che centinaia di pugliesi e campani possano ricongiungersi o restino con la propria famiglia. Altresì si potrebbe approfittare della grande base aerea di Grottaglie per portarvi un nucleo aereo della Guardia costiera;
nell'essere militari è intrinseca la disponibilità a imbarcarsi sulle navi per partire in missioni e in teatri operativi con i propri reparti. Per ciò che riguarda la Guardia costiera l'impiego è assimilabile a quello delle forze di Polizia e quindi impegnato sul territorio 24 ore su 24. Risulterebbe che anche ad indagini disposte ed avviate dalla Procura si siano registrati dei trasferimenti;
purtroppo dalla stampa si è avuta notizia di un caso limite consistente in un tentativo di suicidio di un militare della Guardia costiera, a causa di un trasferimento a circa 300 chilometri che, a suo giudizio, gli sconvolgeva la vita famigliare,
si chiede di sapere:
quanti siano i posti tabellari nella Regione Puglia e Campania divisi per ruoli (ufficiali, marescialli, sergenti, graduati e truppa);
quale sia il numero del personale, suddiviso anno per anno, in servizio nella Regione Puglia e Campania, che negli ultimi 5 anni è transitato all'impiego civile e quello di quanti usufruiscono del diritto della "legge 104/92", al quale forse avrebbero rinunciato per amore del proprio lavoro, se non ci fossero state minacce per la stabilità familiare;
se vi sia intenzione di dislocare nelle sedi di Taranto, Napoli o Salerno almeno un pattugliatore per compartimento, al fine di aumentare i posti e dare respiro al personale, anche in considerazione della posizione strategica di tali porti;
se vi sia la volontà di innalzare almeno un ufficio locale marittimo a ufficio circondariale nel compartimento, di Taranto, in considerazione che su 180 chilometri di costa non c'è neanche un "Circomare", evitando di lasciare, così come è oggi, sguarnita la zona S.A.R.;
se vi sia intenzione di aumentare il personale della Guardia costiera di tutti i ruoli, in considerazione che quello anziano spesso è costretto a reimpieghi già assolti in zone lontane dalla propria residenza per carenza di personale;
se vi sia la volontà, in considerazione che l'assetto territoriale è analogo alle forze di Polizia, di lasciare stabile il personale nella destinazione in cui si trova (ancor più se ha una età anagrafica oltre 50 anni), ed ad avvicinare chi ha le legittime aspettative, in sostituzione di chi va in congedo o di chi viene trasferito su domanda. Ciò ai fini della stabilità di rendimento di cui necessitano le attività di Polizia giudiziaria e marittima e della conoscenza del territorio;
se, in conclusione, non si vogliano adottare disposizioni per fare in modo che i trasferimenti in ambito militare siano regolati solo da precisi e puntuali criteri di oggettività, anche al fine di evitare o limitare contenziosi di qualsiasi tipo da parte di coloro che giudichino ingiusto un trasferimento o la permanenza nella sede assegnata.
(4-02027)
LANNUTTI, LEONE, CASTALDI, ROMANO, CAMPAGNA, DONNO, PRESUTTO, ENDRIZZI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze. - Premesso che:
la fondazione Enasarco è la cassa di previdenza degli agenti e rappresentanti di commercio e dei promotori finanziari (oggi denominati consulenti finanziari). Inoltre, svolge una funzione pubblicistica e costituzionalmente garantita, oltre a essere qualificata quale pubblica amministrazione;
la fondazione Enasarco provvede alla gestione dei contributi versati dai propri iscritti attraverso investimenti in strumenti finanziari mobiliari e immobiliari. E da quanto risulta dai bilanci della cassa, la fondazione ha investito, a partire dall'anno 2001, circa 500 milioni di euro nei fondi immobiliari gestiti da Sorgente sgr, oggi commissariata dalla Banca d'Italia in seguito a gravi irregolarità nella gestione;
considerato che a quanto risulta agli interroganti:
secondo quanto riportato in un articolo pubblicato da "Milano Finanza" il 29 aprile 2019, a firma di Anna Messia, sarebbe in atto un contenzioso tra la fondazione Enasarco e Sorgente sgr per il risarcimento dei danni subiti dalla Fondazione a causa della cattiva gestione amministrativa di Sorgente sgr, con grave danno nei confronti dei lavoratori iscritti alla fondazione Enasarco, il cui patrimonio dovrebbe essere valorizzato attraverso investimenti che siano in grado di offrire rendimenti idonei a garantire l'equilibrio previdenziale della cassa;
dai bilanci risulterebbe, invece, che la situazione patrimoniale dei fondi sarebbe gravata dai debiti e dai costi di gestione: in particolare il fondo "Michelangelo" risulterebbe avere in cassa solo 1.400 euro e debiti per oltre 20 milioni; mentre il fondo "Megas" avrebbe registrato minusvalenze sugli immobili pari a circa 6 milioni di euro;
risulterebbe, altresì, che Sorgente sgr abbia posto in essere una complessa operazione di interposizione di società finalizzata a svuotare i poteri di governance dei fondi partecipati da Enasarco rispetto agli investimenti immobiliari effettuati per loro conto e interesse da Sorgente sgr negli Usa e in Svizzera (relazione Deloitte del 16 novembre 2015 e pag. 5, lettera c), del provvedimento di Banca d'Italia del 18 dicembre 2018);
l'immobile di via del Tritone, a Roma, di proprietà del fondo "Megas" e oggi sede di Sorgente sgr, sarebbe stato affittato alla società Tiberia Srl del gruppo Sorgente con uno sconto del canone di quasi il 40 per cento. Operazione per di più successiva all'avvio del processo di sostituzione di Sorgente come gestore del fondo "Megas";
il provvedimento di commissariamento di Sorgente sgr disposto da Banca d'Italia farebbe riferimento a carenze nel processo di valutazione degli attivi e nell'attività di gestione dei fondi, che potrebbero configurare comportamenti penalmente rilevanti e procurare un danno al patrimonio di Enasarco, oltre che a tutti gli altri sottoscrittori dei fondi,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza della vicenda, e quali azioni intendano adottare;
se non vi siano gli estremi per l'azione di commissariamento a tutela del patrimonio della fondazione e degli interessi degli iscritti;
per quale motivo non sia stato ancora adottato il regolamento che avrebbe potuto rafforzare il sistema dei controlli interni e regolamentare al meglio la gestione del rischio e i conflitti di interessi.
(4-02028)
PESCO, LANNUTTI, MONTEVECCHI, PIRRO, LEONE, DONNO, PRESUTTO, ROMANO, ACCOTO, GIANNUZZI, GALLICCHIO, PELLEGRINI Marco, DI NICOLA, FENU, CRUCIOLI, GARRUTI, GIARRUSSO, RICCARDI, DELL'OLIO - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:
è nota, ormai da diversi anni, la vicenda della società Gesconet SCpA di Pierino Tulli, ritenuta responsabile di un'evasione storica da un miliardo e 700 milioni di euro, accertata da un'ispezione dell'Agenzia delle entrate del 2011, ove gli investigatori hanno ricostruito il meccanismo usato per evadere l'Iva: vinta la gara, la cooperativa "madre" subappaltava a consorzi che incaricavano altre società (denominate "operative"), le quali, a loro volta, cedevano a terze, in questo caso "cartiere" di fatture per operazioni inesistenti;
in sostanza il cliente pagava per i lavori effettuati ma l'appaltatrice non versava mai l'Iva. In teoria avrebbero dovuto farlo le società a cui andava il subappalto, in realtà l'importo era compensato artificiosamente con la produzione di fatture fasulle per spese mai avvenute;
la Guardia di finanza ha ricostruito i prelievi effettuati dai vari soggetti (detti "camminatori") per trasferire soldi nel Lussemburgo, a San Marino e in altri paradisi fiscali;
l'intera galassia di circa 250 società consortili e cooperative rappresenterebbe "un meccanismo ideato, pensato, costruito con la sola finalità dell'evasione fiscale" riconducibile a Tulli;
a quanto risulta agli interroganti, al termine del lungo percorso investigativo il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto di non adottare la misura cautelare del carcere proposta per alcuni degli indagati; di disporre un decreto di sequestro preventivo per un importo di 100 milioni di euro (anche per equivalente) nei confronti di 58 persone indagate per i reati di associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, riciclaggio e reati tributari; di emettere avviso di conclusione delle indagini per 36 soggetti; di rinviare a giudizio 9 indagati;
finalmente ha avuto inizio la fase dibattimentale in primo grado, ma nell'udienza del 1° luglio scorso presso la VI sezione penale del Tribunale di Roma è stato deciso un rinvio al 18 ottobre 2019;
nelle raccomandazioni europee del 5 giugno 2019 sul programma nazionale di riforma dell'Italia la Commissione europea rileva che "la repressione della corruzione resta tuttavia inefficace in Italia, soprattutto perché la durata dei procedimenti penali continua a essere eccessiva in mancanza della tanto necessaria riforma del processo penale, ivi incluso il sistema di appello per evitare abusi dei contenziosi. Inoltre, permangono lacune nel perseguimento di reati specifici, quali l'appropriazione indebita di denaro pubblico";
a causa del percorso giudiziario "rallentato" non si riesce a intravedere una fine per questo caso di sistematica e imponente sottrazione di imposte, con il rischio che per i reati contestati scatti la prescrizione;
gli interroganti vorrebbero fugare il dubbio che esistano motivi reali e concreti che starebbero determinando un così lento progredire dell'attività giudiziale, tale da ingenerare nell'opinione pubblica dubbi sull'esistenza di trattamenti di favore per le persone rinviate a giudizio per reati di così grave portata,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto descritto;
se ritenga opportuno attivare i propri poteri ispettivi al fine di verificare il buon funzionamento degli uffici del Tribunale;
quali misure di propria competenza intenda adottare affinché la vicenda processuale si concluda nel più breve tempo possibile e, comunque, entro i termini di prescrizione dei reati.
(4-02029)
RAUTI - Al Ministro della difesa. - Premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 213 del 12 settembre 2016, è stato pubblicato il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, recante "Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche";
l'articolo 8 del decreto legislativo n. 177 ha apportato modifiche al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in particolare nell'istituire il comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare è stato previsto che lo stesso comando "dipende funzionalmente dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali per le materie afferenti alla sicurezza e tutela agroalimentare e forestale";
l'articolo 11, rubricato "Disposizioni concernenti altre attività del Corpo forestale dello Stato", ha previsto che il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo esercitasse le attività relative alla rappresentanza e tutela degli interessi forestali nazionali in sede europea e internazionale e raccordo con le politiche forestali regionali, alla certificazione in materia di commercio internazionale e di detenzione di esemplari di fauna e di flora minacciati di estinzione, di cui all'articolo 8-quinquies, comma 3-quinquies, della legge 7 febbraio 1992, n. 150, tramite le unità specializzate dell'Arma dei Carabinieri; alla tenuta dell'elenco degli alberi monumentali e rilascio del parere di cui all'articolo 7, commi 2 e 4, della legge 14 gennaio 2013, n. 10 (comma 1);
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 luglio 2017, n. 143, concernente il "Regolamento recante adeguamento dell'organizzazione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, a norma dell'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177", ha previsto all'articolo 1, punto 1, lett. g), l'istituzione della Direzione generale delle foreste;
l'articolo 3 del decreto 21 luglio 2017 del Ministro delle politiche agricole, di concerto con i Ministri della difesa, dell'interno e dell'economia e delle finanze, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie generale n. 257 del 3 novembre 2017, recante "Trasferimento delle risorse, ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, recante la razionalizzazione delle funzioni di polizia, ai sensi della legge 7 agosto 2015, n. 124", prevede, al comma 2, che "Con protocollo d'intesa tra l'Arma dei carabinieri e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali verranno individuati, nell'ambito degli immobili in cui subentra l'Arma dei carabinieri e nei limiti delle disponibilità, gli spazi per il contingente di personale dell'ex Corpo forestale dello Stato assegnato al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ai sensi dell'art. 12, comma 1, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177";
il decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34, recante "Testo unico in materia di foreste e filiere forestali", individua una serie di finalità per la tutela del patrimonio forestale affidandone il coordinamento al Ministero delle politiche agricole;
il Ministero già, all'attualità, coopera con il comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei Carabinieri per diverse attività quali, ad esempio, la certificazione in ambito CITES, EUTR, FLEGT, lo scambio di dati in ambito di politica forestale, le istruttorie inerenti alle licenze dei giardini zoologici;
a quanto risulta all'interrogante, proprio al fine di potenziare una sinergia e sviluppare un piano di attività dirette al raggiungimento degli obiettivi istituzionali, nell'anno 2018 le strutture del Ministero hanno proposto al comando unità forestali, ambientali e agroalimentari di sottoscrivere un protocollo di intesa e cooperazione,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza del dialogo tra le due amministrazioni se non ritenga opportuno dare indicazioni ai vertici dell'Arma dei Carabinieri di sottoscrivere il protocollo di intesa citato per migliorare l'efficienza delle diverse attività da svolgere con il necessario coordinamento.
(4-02030)
VALENTE, MALPEZZI, CIRINNA', ALFIERI, BELLANOVA, BITI, BOLDRINI, COMINCINI, CUCCA, D'ARIENZO, FARAONE, FEDELI, FERRAZZI, GARAVINI, GIACOBBE, GINETTI, MAGORNO, MANCA, MARGIOTTA, MARINO, MISIANI, PARENTE, PARRINI, PINOTTI, PITTELLA, ROJC, ROSSOMANDO, SBROLLINI, SUDANO, TARICCO, VERDUCCI - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:
a quanto risulta agli interroganti in data 24 luglio 2019, nel Comune di Napoli, in via Acton, arteria centrale di grande passaggio, sarebbe stato affisso uno striscione all'ingresso della galleria, ben visibile a chiunque passasse, con la scritta "Parlateci Di Bibbiano", rivolta esplicitamente al Partito democratico;
l'iniziativa porterebbe la firma del partito politico Fratelli d'Italia, con il simbolo del partito ben riconoscibile e recante, peraltro, il nome del leader nazionale, affisso a fianco allo striscione più grande;
come riportato dagli organi di stampa locali, dai quotidiani on line, nonché come rivendicato dagli stessi responsabili, una delegazione di Fratelli d'Italia, composta tra gli altri dalla responsabile nazionale Sanità e da almeno un esponente eletto nel Consiglio comunale, avrebbe affisso lo striscione di prima mattina con l'obiettivo di associare strumentalmente il Partito democratico alla tragica vicenda che nel comune di Bibbiano ha visto coinvolte alcune onlus e operatori socio sanitari accusati di fatti particolarmente gravi, ma non già alcun esponente del Partito democratico,
si chiede di sapere:
come sia stato possibile che una tale iniziativa, non autorizzata e abusiva, si sia svolta in assoluta libertà senza alcun intervento tempestivo delle forze dell'ordine, nonostante l'orario mattutino e nonostante gli autori fossero esponenti politici ben riconoscibili;
per quale motivo siano trascorse diverse ore tra la denuncia del fatto e la rimozione dello striscione da parte degli agenti della Polizia;
se il Ministro in indirizzo, che in qualità di responsabile dell'ordine pubblico ha ritenuto di far rimuovere più volte alcuni striscioni affissi ai balconi di appartamenti privati soltanto perché esprimevano una contestazione, peraltro non ingiuriosa, rivolta nei suoi confronti in qualità di capo politico della Lega, non ritenga necessaria una maggiore vigilanza affinché non si ripetano episodi come quelli esposti premessa, ove all'affissione abusiva di striscioni si accompagnano allusioni e accuse false, prive di alcun riscontro e gravemente lesive dell'onorabilità di un partito politico e dei suoi esponenti.
(4-02031)
STABILE - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:
tra i molteplici compiti istituzionali relativi al soccorso pubblico, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco è stato affidato anche il soccorso tecnico urgente nelle acque interne e nel mare territoriale (decreto legislativo n. 139 del 1906) che va a coadiuvare il servizio SAR svolto dalla Guardia costiera e a completare il soccorso in mare garantito dallo Stato;
per svolgere tale attività, oltre ai mezzi minori dislocati in tutti i comandi costieri, il Corpo dei vigili del fuoco è in possesso di una flotta composta da 46 navi di dimensioni medio piccole (da 14 a 28 metri). Le caratteristiche di tali unità sono state individuate principalmente per l'antincendio e il soccorso tecnico, e sono delle ottime "piattaforme logistiche" di lavoro anche per i sommozzatori del Corpo e per ogni altro team operativo, che abbia bisogno di operare in mare. Esse sono dislocate nei 24 porti di massimo traffico sparsi sul territorio nazionale, in modo da riuscire a servire quasi tutta la costa italiana. Il personale assegnato a queste unità navali è inquadrato nella specialità nautica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ed è abilitato alla condotta e al comando delle suddette unità navali impiegate per il soccorso nelle acque territoriali italiane;
il personale imbarcato a bordo di queste unità è suddiviso nei ruoli di coperta e di macchina, indispensabili per assicurare l'operatività del mezzo navale. A seconda della categoria attribuita al nucleo, viene distribuito un organico che può essere di 24 unità (6 specialisti per turno) oppure 28 (7 specialisti per turno) e tale numero è strettamente connesso alla operatività dell'imbarcazione Vigili del fuoco assegnata;
tuttavia, proprio la cosiddetta "operatività" necessaria a garantire il soccorso, risulta essere oggetto di una gestione non all'altezza di quegli atti (ricadenti agli uffici preposti) che ne permettano la continuità del servizio. A titolo di esempio, una di queste basi operative è nel porto di Trieste, ove presso il distaccamento portuale del porto vecchio è inserito il nucleo nautico dei vigili del fuoco, cui sono assegnate due unità navali (una piccola/veloce, di 12 metri ed una stazzante di 28 metri/125 tonnellate di stazza). Il personale assegnato dal Dipartimento al nucleo nautico di Trieste, suddiviso a sua volta in 4 turni, dovrebbe contare un totale di 28 unità specialistiche (ed in prossimo futuro più 2 ispettori);
attualmente, però, sono ivi presenti soltanto 23 specialisti operativi e la notevole carenza è da attribuire anche allo spostamento di personale in altre sedi nazionali, spostamento conseguente agli ordinari passaggi di qualifica. A tal proposito va rilevato che la "qualifica" Vigili del fuoco nel settore specialistico nautico non va ad incidere sulle funzioni di bordo: ciò che conta sono le figure dello specialista di coperta e di macchine prescindendo dunque dalla qualifica di Vigili del fuoco. Lo spostamento fra sede e sede, a colmare i posti dei qualificati previsti in pianta organica, risulta quindi essere problematico per il servizio, in quanto al nucleo si destabilizza una situazione organica appena sufficiente, faticosamente raggiunta nel tempo;
il Conapo, sindacato autonomo dei Corpo dei vigili del fuoco, ha più volte richiamato l'attenzione sulle criticità di codesto settore speciale, sia da un punto di vista organizzativo, che specificatamente professionale. Il tutto proteso alla garanzia dell'efficienza di un servizio disposto, come visto, dalla normativa, nonché per la sicurezza di chi presta il soccorso, come pure per chi lo riceve,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e in caso affermativo quali provvedimenti intenda intraprendere e in quali tempi per ripristinare l'operatività dei nuclei nautici dei Vigili del fuoco presenti nei porti italiani e in particolare nel porto di Trieste, per garantire il del Corpo dei vigili del fuoco tecnico urgente nelle acquee territoriali;
se intenda, considerata la carenza di personale specializzato, attivare con urgenza dei corsi di formazione specifici per nuovi specialisti nautici;
se non ritenga di dover adottare un regolamento nautico per i Vigili del fuoco che garantisca dettagliatamente le competenze, la formazione professionale individuale e l'organizzazione generale, tale da non far ricadere il settore in situazioni di totale assenza dello specifico soccorso in mare.
(4-02032)
Interrogazioni, da svolgere in Commissione
A norma dell'articolo 147 del Regolamento, le seguenti interrogazioni saranno svolte presso le Commissioni permanenti:
1ª Commissione permanente (Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione):
3-01082 del senatore Malan, su un'operazione di sottrazione di minore alla famiglia da parte delle forze dell'ordine;
5ª Commissione permanente(Programmazione economica, bilancio):
3-01079 della senatrice Papatheu, sugli investimenti per lo sviluppo del Sud Italia;
6ª Commissione permanente (Finanze e tesoro):
3-01077 e 3-01078 della senatrice Papatheu, rispettivamente sul consistente fondo dei conti correnti dormienti e degli assegni non riscossi nella disponibilità dello Stato e sulle alienazioni di beni immobili dello Stato;
8ª Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni):
3-01083 del senatore Malan, sull'autorizzazione agli scali a Malpensa e Fiumicino della compagnia iraniana "Mahan Air";
9ª Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare):
3-01081 del senatore Puglia ed altri, sulla tutela del presidio "Slow Food" delle albicocche vesuviane;
11ª Commissione permanente (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale):
3-01076 del senatore D'Arienzo ed altri, sull'interpretazione dell'Inps relativamente alle aliquote di pensione spettanti al personale militare e civile dello Stato.
Avviso di rettifica
Nel Resoconto stenografico della 136a seduta pubblica del 23 luglio 2019, a pagina 90, sotto il titolo "Governo, trasmissione di atti e documenti", all'ultima riga del quinto capoverso, dopo le parole: "n. 232" aggiungere le seguenti: ", riferita all'anno 2018".