Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 462 del 06/09/2022

SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVIII LEGISLATURA ------

462a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO (*)

MARTEDÌ 6 SETTEMBRE 2022

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Presidenza del vice presidente TAVERNA,

indi del vice presidente CALDEROLI

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(*) Include gli ERRATA CORRIGE pubblicati nei Resoconti delle sedute n. 463 del 7 settembre 2022 e n. 465 del 20 settembre 2022
(N.B. Il testo in formato PDF non è stato modificato in quanto copia conforme all'originale)

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N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Forza Italia Berlusconi Presidente-UDC: FIBP-UDC; Fratelli d'Italia: FdI; Insieme per il futuro-Centro Democratico: Ipf-CD; Italia Viva-P.S.I.: IV-PSI; Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: L-SP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico: PD; Per le Autonomie (SVP-PATT, UV): Aut (SVP-PATT, UV); Uniti per la Costituzione-C.A.L. (Costituzione, Ambiente, Lavoro)-Alternativa-P.C.-Ancora Italia-Progetto SMART-I.d.V.: UpC-CAL-Alt-PC-AI-Pr.SMART-IdV; Misto: Misto; Misto-ITALIA AL CENTRO (IDEA-CAMBIAMO!, EUROPEISTI, NOI DI CENTRO (Noi Campani)): Misto-IaC (I-C-EU-NdC (NC)); Misto-Italexit per l'Italia-Partito Valore Umano: Misto-IpI-PVU; Misto-Liberi e Uguali-Ecosolidali: Misto-LeU-Eco; Misto-MAIE-Coraggio Italia: Misto-MAIE-CI; Misto-+Europa - Azione: Misto-+Eu-Az; Misto-ManifestA, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione comunista-Sinistra europea: Misto-Man.A PaP PRc-Se.

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RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente TAVERNA

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,32).

Si dia lettura del processo verbale.

DURNWALDER, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 10 agosto.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il presidente della 5a Commissione permanente, senatore Pesco, per riferire sui lavori delle Commissioni riunite 5a e 6a in merito al disegno di legge n. 2685. Ne ha facoltà.

PESCO (M5S). Signor Presidente, è stato richiesto un periodo di tempo sufficientemente breve per approfondimenti istruttori su alcuni emendamenti che - si spera - verranno apprezzati non solo dai parlamentari, ma anche dal Governo. Per questo motivo abbiamo dovuto aggiornare le sedute delle Commissioni riunite 5a e 6a a domani mattina alle ore 9.

PRESIDENTE. Dovrei ora sospendere la seduta fino al termine della Conferenza dei Capigruppo, ma vorrei anticipare lo svolgimento degli interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno.

Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno

CANDIANI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CANDIANI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, il mio intervento di fine seduta è anche di fine mandato.

Ho il desiderio di rivolgere un ringraziamento alla struttura del Senato, che è di grande esperienza e molto professionale in tutte le sue dimensioni, dalle Commissioni all'Assemblea, dimostrando una capacità che è giusto che conosca anche il Paese. Infatti, spesso e volentieri l'attività del Senato viene descritta come quasi secondaria rispetto a quella della Camera dei deputati, oppure si parla di un Parlamento che si limita a ratificare o composto di due Camere che fanno le stesse cose. Nel nostro Paese vige un bicameralismo paritario che si fonda su una differenza tra Camera dei deputati e Senato.

Occorrerebbe prendere esempio dall'attività svolta dal Senato, vista la sua capacità di lavorare in maniera compiuta e sempre molto minuziosa nelle Commissioni. Ciò è reso possibile dalla struttura estremamente professionale e capace, diretta con grande capacità e sapienza dal segretario generale dottoressa Serafin, cui rivolgo i migliori complimenti, e dal segretario generale aggiunto dottor Toniato.

Rivolgo altresì un ringraziamento a tutti gli assistenti parlamentari che si sono sempre dimostrati all'altezza del compito che l'Istituzione richiede. (Applausi).

Buon lavoro a chi subentrerà nella carica. (Applausi).

PRESIDENTE. Senatore Candiani, mi unisco ai suoi ringraziamenti rivolti a tutta la struttura del Senato, che è stata per me una compagna di avventure incredibili. Tutta l'intera Amministrazione ha i miei ringraziamenti.

LANNUTTI (UpC-CAL-Alt-PC-AI-Pr.SMART-IdV). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LANNUTTI (UpC-CAL-Alt-PC-AI-Pr.SMART-IdV). Signora Presidente, mi associo anche io alla gratitudine espressa dal senatore Candiani per l'egregio lavoro svolto dalle strutture del Senato, dalla Segretaria Generale fino all'ultimo assistente parlamentare.

Signor Presidente, mi consenta però di fare un breve intervento sulla drammatica crisi energetica generata dal conflitto tra Russia e Ucraina, con l'impennata del prezzo del gas e dell'elettricità che ha visto decuplicare i costi delle bollette per famiglie e imprese, ora letteralmente alla canna del gas. A ciò si aggiungono le ripercussioni economiche dell'inflazione, arrivata a sfondare l'8,4 per cento, l'aumento del costo della vita e la paventata chiusura di floride attività imprenditoriali che potrebbe portare a un razionamento dell'energia, con la previsione di un inverno al gelo.

L'ottusità delle classi politiche che si sono succedute negli ultimi decenni e dei relativi Esecutivi che hanno governato l'Italia ha impedito nel Paese del sole di sfruttare l'energia alternativa alle fonti fossili, come la sterminata, inesauribile e gratuita potenza dell'energia solare e delle tecnologie fotovoltaiche, in grado di soddisfare in tutto o in parte l'approvvigionamento energetico per famiglie e imprese, nel caso di specie delle vetrate panoramiche a risparmio energetico. Ci sono degli studi, anche della Commissione europea, sui risparmi che si possono ottenere.

Nel nostro Paese vi sono eccellenze, spesso sconosciute, orgoglio del made in Italy, come le vetrate panoramiche Vepa, innestate con piccole celle fotovoltaiche che rendono le abitazioni gestibili dal punto di vista energetico. Siamo ancora pochi in Europa a produrre vetrate di questo tipo, ha spiegato Vito Chirenti, titolare di un'impresa con sede nel Salento, in un'intervista apparsa il 31 maggio scorso su «La Gazzetta del Mezzogiorno».

Signora Presidente, concludo perché il tempo a mia disposizione sta terminando. Sono stati presentati più volte degli emendamenti, che potrebbero produrre risparmi compresi tra i 10 e i 15 miliardi di euro, sulle vetrate panoramiche che hanno il brevetto del Ministero dello sviluppo economico. Mi auguro che il Governo non faccia orecchie da mercante e che l'emendamento presentato da me e da altri senatori possa essere approvato così da risolvere la drammatica crisi energetica che attanaglia il Paese.

Signora Presidente, concludo ringraziando molto lei e la Sottosegretaria del Governo. (Applausi).

AIROLA (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AIROLA (M5S). Signora Presidente, la mia è la denuncia di un fatto che, se confermato, è gravissimo e che lascio evidentemente a chi verrà dopo di noi o alle prossime attività del Copasir, se ci saranno.

Leggo su «Africa ExPress», un sito solitamente ben informato, diretto dal corrispondente Massimo Alberizzi, che l'Italia sta addestrando in Sudan una milizia paramilitare, le Forze di supporto rapido (RSF), incaricate di frenare il flusso di migranti verso l'Europa. È scritto su questo sito che il 3 agosto una delegazione italiana guidata dalla nostra intelligence ha visitato Khartum e ha incontrato il capo del gruppo paramilitare, il generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemmetti.

In questo momento in Sudan si alterna una squadra di dodici militari italiani - così pare - e non mi sembra che il Parlamento ne sia stato informato. Il gruppo paramilitare di cui si parla è formato in gran parte da ex janjaweed, famigerati terroristi arabi, soprannominati i diavoli a cavallo, famosi perché in Darfur attaccavano i villaggi africani, ammazzavano uomini, stupravano donne e rapivano bambini. Forse il Governo del nostro Paese dovrebbe spiegarci perché a lottare contro il terrorismo ci si appoggi a un gruppo notoriamente terrorista, accusato di esecuzioni sommarie e violenze su civili. Hemmetti, ben conosciuto per essere stato mandante di massacri, ha ammesso davanti a funzionari dell'Unione Africana la sua corresponsabilità, all'inizio degli anni Duemila, in massacri e stupri nel Darfur meridionale.

Il 12 gennaio Hemmetti e il suo braccio destro, Muhammad Abdul Halim, hanno ricevuto per due volte un'altra delegazione italiana, guidata da un dirigente del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), agenzia che dipende dalla Presidenza del Consiglio, il colonnello Antonio Colella con quattro uomini fidatissimi e una donna apparentemente rappresentante di una ONG, giunti a Karthum per pianificare l'addestramento di quei tagliagole.

Ebbene, dopo il ritorno in Italia, il comandate delle RSF ha presentato una lista di richieste comprendenti attrezzatura per l'assistenza tecnica da parte del nostro Governo e supporto strategico, cioè istruttori per addestramento e armi. Queste sono le richieste del gruppo di tagliagole che noi dovremmo in teoria - pare, ma vorrei una conferma - finanziare, tra l'altro anche in un tandem con la Wagner, anch'essa impegnata nel training della RSF.

Potremmo far risalire tutto a un finanziamento già deliberato dall'Unione europea e dalla direttiva del 2017, che prevedeva che 46 milioni venissero devoluti ad aiuti umanitari, mentre la restante somma era destinata allo sviluppo. È lecito supporre che una parte di quei fondi sia stata utilizzata proprio ora - alla faccia dello sviluppo - per pagare i costi di addestramento di criminali.

Ci aspettiamo delle risposte, oggi o domani.

Concludo ringraziando tutti! (Applausi).

CORBETTA (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBETTA (M5S). Signor Presidente, da quarantacinque anni Leonard Peltier, nativo americano attivista per i diritti umani, è ingiustamente detenuto in carcere negli Stati Uniti d'America per scontare una condanna a due ergastoli. Chiediamo al Governo italiano di far sentire la propria voce affinché il Presidente degli Stati Uniti d'America, con un gesto di grazia, ponga fine a questa ingiustizia e restituisca la libertà a Leonard Peltier.

Attivista del movimento indiano americano, Peltier è l'unica persona condannata per l'incidente alla riserva indiana di Pine Ridge negli anni Settanta, dove persero la vita due agenti speciali dell'FBI. Da sempre proclamatosi innocente, ha proseguito la sua opera di attivista dal carcere. Nel corso degli anni sono emersi numerosi e gravi elementi che hanno dimostrato in maniera del tutto evidente che Peltier fu condannato ingiustamente sulla base di prove e testimonianze false. Sì, avete capito bene: quarantacinque anni di carcere a causa di prove e testimonianze false. Addirittura, uno degli avvocati dell'accusa, nel processo che portò alla condanna, si è impegnato pubblicamente per la grazia, rivolgendosi prima al presidente Obama e ora nuovamente al presidente Biden.

Il caso Peltier è ormai noto in tutto il mondo ed è diventato il simbolo dell'oppressione dei popoli indigeni. Per lui si sono levati gli appelli di innumerevoli personalità, tra cui Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta. Da oltre vent'anni il Parlamento europeo si è espresso con due risoluzioni per chiedere agli Stati Uniti la sua liberazione. Poco prima della sua scomparsa, il presidente del Parlamento europeo, il compianto David Sassoli, è tornato sul caso chiedendo a sua volta alle autorità statunitensi di concedere la grazia a Peltier.

Mi chiedo cosa provi una persona dopo aver passato ingiustamente quarantacinque anni in carcere. Non so se ci avete mai pensato, se fosse capitato a voi o a un vostro caro di subire un'ingiustizia così grave.

Presidente, colleghe e colleghi, è ora che anche l'Italia faccia sentire la sua voce. È ora che il Governo italiano, nel rispetto dei principi sanciti dalla Costituzione, chieda alle autorità degli Stati Uniti di rendere la libertà a quest'uomo, ingiustamente perseguitato per aver difeso i diritti del suo popolo. (Applausi).

RAMPI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAMPI (PD). Signora Presidente, signori colleghi, intervengo per spendere in quest'Aula qualche parola in ricordo di Michail Gorbaciov, che è scomparso la scorsa settimana. Io credo che siamo stati di fronte a una delle grandi figure del Novecento, a un uomo, l'ultimo presidente del Presidium del Soviet supremo, che ha cercato davvero di cambiare la storia del suo Paese e la storia dell'Europa. Di Gorbaciov si ricordano tante cose, ma forse la più bella e la più importante da ricordare è un discorso storico, nel luglio del 1989, tanto all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, dove Gorbaciov declinava quella che chiamò la casa comune europea. Delle parole, dei progetti e degli impegni di quel discorso, del lavoro iniziato con la glasnost e con la perestrojka qualche anno prima non tutto fu realizzato.

Oggi la figura di Gorbaciov è vista in maniera molto controversa. Molti dicono che è poco amato e disconosciuto nel suo Paese. Io credo che il dato di fatto sia che il suo lavoro ha cambiato la storia dell'Europa; ha cambiato la vita di migliaia di persone, nei Paesi che oggi fanno parte dell'Unione europea. Ha cercato di disegnare una storia diversa per la Russia. Oggi noi vediamo quali conseguenze ha portato il disinvestimento del mondo occidentale nei confronti del progetto riformatore di Michail Gorbaciov. Noi oggi potremmo avere una condizione diversa dei popoli russi, più corrispondente ai bisogni di quel Paese, di quelle persone, di quelle donne e di quegli uomini da cui non ci dobbiamo sentire distanti.

La lezione di Gorbaciov e anche gli ultimi anni spesi con la sua fondazione, in particolare sulle questioni climatiche e ambientali, ci dimostrano che la politica può essere lungimirante e può avere visione. Non sempre la lungimiranza e la visione pagano e forse quello che dovremmo imparare da questa lezione è che dovremmo avere più capacità di investire sui processi complessi, di lunga durata e di lungo passo, invece che pensare di prendere scorciatoie che poi si ritorcono innanzitutto contro le persone e molto spesso contro l'insieme dei processi politici.

Mi sembrava giusto che questo Senato lo potesse ricordare. (Applausi).

PRESIDENTE. Colleghi, sospendo la seduta, che riprenderà al termine della Conferenza dei Capigruppo, convocata alle ore 19.

(La seduta, sospesa alle ore 16,47, è ripresa alle ore 20,08).

Presidenza del vice presidente CALDEROLI

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. La Conferenza dei Capigruppo ha stabilito che nella seduta di domani, con inizio alle ore 14,30, sarà discusso, fino alla sua conclusione, il decreto-legge aiuti-bis.

Per la discussione generale del provvedimento sono stati ripartiti un'ora e sedici minuti in base a specifiche richieste dei Gruppi. La seduta non prevede orario di chiusura.

In apertura di seduta saranno commemorate le figure del senatore Ghedini e del giornalista Piero Angela.

Calendario dei lavori dell'Assemblea

PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari con la presenza dei Vice Presidenti del Senato e con l'intervento del rappresentante del Governo, ha adottato - ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento - il calendario dei lavori del 7 settembre:

Mercoledì

7

settembre

h. 14,30

- Disegno di legge n. 2685 - Decreto-legge n. 115, Aiuti-bis

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 2685
(Decreto-legge n. 115, Aiuti-bis)

(escluse dichiarazioni di voto)

M5S

10'

L-SP-PSd'Az

5'

FIBP-UDC

10'

Misto

15'

PD

7'

FdI

5'

IV-PSI

5'

UpC-CAL-Alt-PC-AI-Pr.SMART-IdV

21'

Ipf-CD

5'

Aut (SVP-PATT, UV)

-

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di mercoledì 7 settembre 2022

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, mercoledì 7 settembre, alle ore 14,30, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 20,09).

Allegato B

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Accoto, Barachini, Battistoni, Bellanova, Bini, Bonifazi, Borgonzoni, Cattaneo, Centinaio, Cerno, Cucca, De Poli, De Vecchis, Di Marzio, Errani, Ferrara, Floridia, Garavini, Ginetti, Licheri, Merlo, Messina Assunta Carmela, Moles, Monti, Napolitano, Nisini, Ortis, Pichetto Fratin, Pucciarelli, Renzi, Ronzulli, Segre e Sileri.

.

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Arrigoni, Castiello, Fazzone, Magorno e Urso, per attività del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica; Vattuone, per attività della 4ª Commissione permanente.

Gruppi parlamentari, variazioni nella composizione

I senatori Luigi Cesaro e Domenico De Siano, con lettere del 30 agosto 2022, hanno comunicato di cessare di far parte del Gruppo parlamentare Forza Italia Berlusconi Presidente - UDC e di aderire al Gruppo Misto.

Governo, trasmissione di atti per il parere. Deferimento

Il Ministro della difesa, con lettere del 10 agosto 2022, ha trasmesso, per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 536, comma 3, lettera b), del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66:

lo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale di A/R n. SMD 13/2022, denominato «Mid Life Update (MCO/MLU) EH-101», relativo al mantenimento delle condizioni operative - Allineamento di configurazione e sostegno tecnico-logistico per gli elicotteri EH-101 in dotazione alla Marina militare (n. 416);

lo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale di A/R n. SMD 17/2022, denominato «Rinnovamento SHORAD GRIFO su missile CAMM-ER», relativo all'acquisizione di sistemi di difesa aerea a corto/medio raggio GRIFO per l'Esercito italiano (417);

lo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale di A/R n. SMD 19/2022, denominato «MCO/MLU Classe DORIA», relativo al mantenimento delle capacità operative - Mid Life Update dei cacciatorpediniere della Classe Doria (418);

lo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale di A/R n. SMD 21/2022, denominato «Ammodernamento del carro ARIETE» (419).

Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, gli schemi di decreto sono stati deferiti - in data 11 agosto 2022 - alla 4ª Commissione permanente, che esprimerà i pareri entro 40 giorni dall'assegnazione. La 5ª Commissione potrà formulare le proprie osservazioni alla 4ª Commissione in tempo utile rispetto al predetto termine.

Il Ministro della difesa, con lettera del 10 agosto 2022, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 306, comma 2, del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 - lo schema di decreto ministeriale concernente il piano di gestione del patrimonio abitativo della Difesa (420).

Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, lo schema di decreto è stato deferito, in data 11 agosto 2022, alla 4ª Commissione permanente, per esprimere il parere entro 20 giorni dall'assegnazione.

Il Ministro della difesa, con lettere del 1° settembre 2022, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 536, comma 3, lettera b), del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 - gli schemi di decreto ministeriale di approvazione dei seguenti programmi pluriennali di A/R (Ammodernamento e Rinnovamento):

SMD 10/2022, denominato "Nuova Scuola Elicotteri Viterbo - Segmento operativo costituito dal "segmento volo" Light Utility Helicopter (LUH) - Elicottero Multiruolo per la Difesa, relativo all'acquisizione di nuovi elicotteri leggeri in sostituzione delle flotte legacy e la realizzazione del "segmento di terra" denominato Ground Based Training System (GBTS) per la formazione dei piloti dell'Aeronautica militare, delle Forze Armate e dei Corpi dello Stato (n. 421);

SMD 11/2022, denominato "GLORIA - Global RPAS Insertion Architecture", relativo all'acquisizione di un sistema di simulazione geofederato utile a supportare l'integrazione di Remotely Piloted Aircraft Systems (RPAS) negli spazi aerei nazionali (n. 422);

SMD 14/2022, denominato "Nuove Unità Anfibie", relativo all'acquisizione di nr. 3 nuove Unità anfibie, inclusi il munizionamento, il sostegno tecnico-logistico decennale e gli adeguamenti infrastrutturali necessari (n. 423);

SMD 18/2022, denominato "SDR-EVO", relativo all'evoluzione delle Piattaforme Nazionali per le telecomunicazioni evolute di tipo Software Defined Radio (n. 424);

SMD 20/2022, denominato "Sistema Satellitare Ottico di III Generazione", relativo al suo sviluppo, realizzazione e lancio (n. 425);

SMD 22/2022, denominato "Sistema d'arma controcarro a corta gittata per le unità operative dello Strumento Militare Terrestre", relativo all'acquisizione e al sostegno di sistemi controcarro a corta gittata e del relativo munizionamento (n. 426);

SMD 23/2022, denominato "High Altitude Platform Systems" (n. 427);

SMD 25/2022, denominato "Aeromobili a Pilotaggio Remoto (APR)", relativo al potenziamento delle capacità di sorveglianza, esplorazione ed acquisizione informativa delle varie componenti dell'Esercito italiano (n. 428);

SMD 26/2022, denominato "Brigata di Manovra Multi-Dominio (BMMD)", relativo al potenziamento della capacità Intelligence, Surveillance, Reconnaissance (ISR) dell'Esercito italiano (n. 429);

SMD 27/2022, relativo al rinnovamento della "famiglia di sistemi d'arma della componente pesante" (Armored Infantry Combat System - AICS) dell'Esercito italiano (n. 430).

Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, gli schemi di decreto sono deferiti alla 4ª Commissione permanente, che esprimerà i pareri entro 40 giorni dall'assegnazione. La 5ª Commissione potrà formulare le proprie osservazioni alla 4ª Commissione in tempo utile rispetto al predetto termine.

Governo, trasmissione di atti e documenti

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 12, 19, 26 e 29 agosto e 1° e 5 settembre 2022, ha inviato, ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni e integrazioni, le comunicazioni concernenti il conferimento o la revoca dei seguenti incarichi:

all'ingegner Tommaso Colabufo, il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;

alla dottoressa Luisa D'Arcano, il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze;

al dottor Giampiero Riccardi, il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze;

al dottor Carmine di Nuzzo, il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze;

al dottor Stefano Lorusso, il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero della salute;

al dottor Francesco Cottone, la revoca dell'incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero della giustizia;

al dottor Ugo Della Marta, il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero della salute;

al dottor Giuseppe Pierro, il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero dell'istruzione;

al dottor Giuseppe Parise, il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze;

al dottor Massimiliano Nardocci, il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero dell'istruzione.

Con lettere in data 8 agosto 2022, il Ministero dell'interno, in adempimento a quanto previsto dall'articolo 141, comma 6, del decreto legislativo 8 agosto 2000, n. 267, ha comunicato gli estremi dei decreti del Presidente della Repubblica concernenti lo scioglimento dei consigli comunali di Omegna (Verbano Cusio Ossola), Tricarico (Matera), Terracina (Latina), Nervesa della Battaglia (Treviso), Castelletto Molina (Asti).

Il Ministero dell'istruzione, con lettera in data 16 agosto 2022, ha inviato - ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213 - le comunicazioni concernenti:

la revoca di nomina della dottoressa Cristina Grieco a componente del Consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE) (n. 59);

la nomina della dottoressa Cristina Grieco a Presidente dell'Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (INDIRE) (n. 60).

Tali comunicazioni sono trasmesse, per competenza, alla 7a Commissione permanente.

Il Ministero dell'università e della ricerca ha inviato - ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213 - le comunicazioni concernenti:

la nomina del dottor Silvestro Greco a componente del Consiglio di Amministrazione della Stazione Zoologica "Anton Dohrn" (n. 61);

la nomina del dottor Vito Fernicola a componente del Consiglio di Amministrazione dell'Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRIM) (n. 62);

la conferma, fino alla nomina del nuovo presidente, del professor Roberto Danovaro a Presidente della Stazione zoologica "Anton Dohrn" (n. 63);

la nomina del dottor Bruno Berni a componente del Consiglio di Amministrazione dell'Istituto Italiano di Studi Germanici (IISG) (n. 64).

Tali comunicazioni sono trasmesse, per competenza, alla 7a Commissione permanente.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 28 luglio 2022, ha inviato, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 19 novembre 2004, n. 277, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 2005, n. 4, la relazione sulle attività svolte dalla Fondazione Ordine mauriziano, riferita all'anno 2021.

Il predetto documento è trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 7a Commissione permanente (Atto n. 1287).

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettera in data 1° agosto 2022, ha inviato, ai sensi dell'articolo 13, comma 7-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, la prima relazione sull'attività svolta dall'Ispettorato nazionale del lavoro in materia di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare, riferita all'anno 2021.

Il predetto documento è trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 11a Commissione permanente (Doc. CCLXVIII, n. 1).

Autorità nazionale anticorruzione, trasmissione di atti. Deferimento

Il Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, con lettera dell'8 agosto 2022, ha inviato, ai sensi dell'articolo 213, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, l'atto di segnalazione n. 3 del 27 luglio 2022 - approvato dal Consiglio dell'Autorità con delibera n. 370 - concernente l'articolo80, comma 5, lettere c, c-bis, c-ter e c-quater del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

Il predetto documento è trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a, alla 2a, alla 8a Commissione permanente (Atto n. 1286).

Corte dei conti, trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti

Il Presidente della Sezione del controllo sugli Enti della Corte dei conti, con lettere in data 10 agosto e 2 settembre 2022, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, ha trasmesso le determinazioni e le relative relazioni sulla gestione finanziaria:

delle Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. (FS S.p.A.), per l'esercizio 2020. Il predetto documento è trasmesso, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 8a Commissione permanente (Doc. XV, n. 612);

della Società Generale d'Informatica S.p.A. (SOGEI S.p.A.), per l'esercizio 2020. Il predetto documento è trasmesso, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 6a Commissione permanente (Doc. XV, n. 613).

Interrogazioni, apposizione di nuove firme

La senatrice Nugnes ha aggiunto la propria firma all'interrogazione 4-07365 della senatrice Giannuzzi ed altri.

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

MALLEGNI - Al Ministro della salute. - Premesso che:

recentemente l'interrogante ha rilevato e segnalato la situazione di degrado del vecchio ospedale di Massa, già dismesso da qualche anno e in stato di totale abbandono, sul retro del quale è ancora collocato il macchinario della risonanza magnetica ad alto campo;

il predetto macchinario, in stato di accensione permanente per poter funzionare ma tuttavia inutilizzata, genera un forte rumore;

da quantificazioni emerse negli anni scorsi, risulterebbe che l'azienda sanitaria garantisca fornitura elettrica e manutenzione per circa 30.000 euro al mese;

dal 2016 si attende il trasferimento del macchinario della risonanza a Carrara, dove ancora deve essere costruito uno spazio idoneo per la sua collocazione;

nel 2019 l'interrogante è intervenuto per chiedere lo spostamento della risonanza, al NOA o all'ospedale di Carrara;

il macchinario è stato acquistato diversi anni fa ed è costato circa 1,5 milioni di euro;

ciò che desta maggior sconcerto è la gestione del tutto inoculata da parte dell'ASL che, nonostante sia a conoscenza delle lunghissime liste d'attesa per poter accedere alle prestazioni di diagnostica per immagini, non è in grado o non ritiene di individuare soluzioni alternative, come ad esempio il trasferimento presso il NOA o presso l'ospedale di Carrara;

la situazione descritta implica per i pazienti la necessità di recarsi fuori provincia, con i notevoli costi e disagi che ne derivano soprattutto per le persone anziane, per i disabili e per i pazienti a rischio o costretti a sottoporsi a controlli periodici,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo ritenga di adottare misure tempestive e di individuare ogni soluzione utile per rendere funzionale alla comunità l'utilizzo della risonanza magnetica di Massa.

(4-07369)

CASTIELLO - Al Ministro della transizione ecologica. - Premesso che:

si rende indispensabile nell'attuale contingenza attivare impianti fotovoltaici ed eolici per affrontare la grave crisi energetica e quindi occorre un'opera di sostanziale, effettiva semplificazione delle procedure;

l'attuale disciplina è farraginosa, ostativa e dissuasiva;

il portale per iniziare una procedura di connessione in rete di fornitura attiva è il portale di "e-distribuzione". Per accedere a tale portale e potersi registrare, occorre compilare l'apposito stampato ed inviarlo con raccomandata RR, unitamente alla domanda corredata da carta d'identità. Già l'uso della raccomandata postale RR è decisamente antiquato e procura una prima perdita di tempo per l'interessato, nonché lo espone a costi, evitabili utilizzando il sistema PEC;

la richiesta di sopralluogo implica l'inserimento di numerosi dati quali: POD, FG, particella e sub particella catastale, Comune nel quale è insediato l'impianto, via e numero civico, potenza FV, potenza inverter ed altro. Ha luogo, quindi, una prima verifica di congruità con i propri archivi. Ma gli archivi toponomastici di e-distribuzione sono alquanto obsoleti nella nomenclatura delle strade, che con il tempo hanno cambiato nome, ma, indipendentemente da tale anacronismo, di prassi gli operatori di e-distribuzione formulano parere negativo. La relativa comunicazione è tutt'altro che solerte, pervenendo all'interessato dopo diversi giorni;

nonostante che e-distribuzione oltre 20 anni fa diede corso ad un programma di censimento delle forniture e delle linee elettriche denominato, all'epoca SIGRAF, essendo possibile con la sola denominazione del POD identificare il cliente e sapere che potenza contrattuale passiva ha impegnato e dove si trova la fornitura geolocalizzata, e-distribuzione richiede planimetria catastale estratta dal portale dell'Agenzia delle Entrate "Sister", di data non superiore a 6 mesi;

ulteriori complicazioni burocratiche nascono quando l'interessato, una volta ricevuto il preventivo e pagato il contributo dovuto, deve sobbarcarsi ulteriori adempimenti documentando l'inizio della procedura autorizzativa, la fine di essa, la conclusione delle opere necessarie. I documenti vengono richiesti uno alla volta, a distanza di diversi giorni l'uno dall'altro. Inoltre, adempiuti gli oneri del sopralluogo, l'interessato ha l'onere di attivare la pratica "GAUDI TERNA" e validarla sperando che si accoppi con il preventivo di e-distribuzione;

sull'interessato ricade inoltre l'onere della compilazione del regolamento di esercizio che di per sé richiede una miriade di dati tecnici, al fine di ottenere l'autorizzazione alla rimessa in rete dell'energia prodotta;

conseguita l'autorizzazione di rimessione in rete da parte di e-distribuzione e di Terna occorre attivare un rapporto contrattuale con il GSE (Gestore Servizi Energetici), l'unico autorizzato a poter ritirare l'energia rimessa nella rete da parte dell'impianto produttivo. Il che richiede un ulteriore incombente e cioè la registrazione presso il portale del GSE e la registrazione ed immissione di documenti necessari per la stipula del contratto con il GSE medesimo;

mancano i collegamenti tra le varie piattaforme (e-distribuzione, GSE, Terna) al fine di un allineamento dei dati di archivio;

la necessaria semplificazione potrebbe essere conseguita riunendo la piattaforma di Terna e del GSE con quella di e-distribuzione, evitando una ridondante ripetuta immissione dei documenti richiesti e risparmiando all'interessato una perdita considerevole di tempo,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia al corrente di questa incresciosa e dissuasiva complessità procedurale e quali iniziative urgenti intenda adottare per rimuovere i lacci e lacciuoli che, come si è visto, rendono farraginose le procedure stesse dissuadendo gli interessati del tutto inopportunamente in un momento di crisi, come questo, nel quale occorre favorire convintamente la produzione di energia da fonti rinnovabili.

(4-07370)

MARCUCCI - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico. - Premesso che:

con la circolare n. 5/E del 2016, l'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti per la corretta individuazione dei criteri che, in generale, rilevano ai fini dell'ammissibilità al credito d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, di cui all'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, come modificato dal comma 35 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità del 2015);

in particolare l'Agenzia delle entrate conferma che le indicazioni fornite dal Ministero per lo sviluppo economico nella circolare n. 46586 del 16 aprile 2009, in occasione della precedente disciplina agevolativa introdotta per il triennio 2007-2009 dall'articolo 1, commi 280-284, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, (legge finanziaria del 2007) possono considerarsi valide anche agli effetti della disciplina agevolativa in vigore dal 2014;

il Ministero dello sviluppo economico con "FAQ" 10 ottobre 2017, aveva ripreso quanto specificato nella citata circolare n. 46586 del 2009, considerando ammissibili al credito le attività riconducibili alla a) "ricerca ed ideazione estetica" e alla b) "realizzazione dei prototipi" del settore tessile e moda e degli altri settori creativi esemplificati (ceramica, occhiali, gioielleria) quali attività dirette alla realizzazione di un prodotto nuovo o migliorato, al quale collegare l'agevolazione che premia lo sforzo innovativo dell'imprenditore;

con risoluzione n. 41 del 26 luglio 2022, l'Agenzia delle entrate, richiamando anche la risoluzione n. 40/E del 2 aprile 2019, ha stabilito che nel campo di applicazione del credito d'imposta non rientrano automaticamente tutte le attività che l'impresa intraprende nel suo processo di innovazione, ma esclusivamente quelle che si caratterizzano per la presenza di reali contenuti di ricerca e sviluppo secondo i criteri di classificazione e qualificazione, chiarendo che sarebbero ammissibili solo le attività che "si rendano necessarie per il superamento di un problema o di un'incertezza scientifica o tecnologica" con esclusione delle attività che, pur dando luogo a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa, derivino essenzialmente dall'effettuazione di investimenti volti all'introduzione da parte della stessa di tecnologie e conoscenze già note e diffuse nell'ambito del settore di appartenenza come il caso delle attività attinenti al design e all'ideazione estetica;

la medesima risoluzione ricorda inoltre che la nuova disciplina del credito d'imposta, introdotta dall'art. 1, commi 198 e ss., della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020), ha ampliato la tipologia delle attività ammissibili al beneficio anche alle attività di design e ideazione estetica, nell'ambito delle quali, tenendo presente il carattere di misura generale del credito d'imposta, potrebbero in linea di principio rientrare, pur sempre verificandosi il requisito della novità e della significatività (e della "non ripetitività") alcune attività di carattere creativo;

il provvedimento dell'Amministrazione finanziaria dello scorso luglio, rischia di penalizzare in maniera retroattiva le imprese che hanno effettuato investimenti in attività finalizzate alla modifica dell'estetica dei prodotti e al lancio di nuove tendenze di moda, conformandosi, sulla base del legittimo affidamento, a quanto in precedenza indicato dall'Agenzia nella circolare del 2016,

si chiede di sapere come i Ministri in indirizzo intendano garantire il principio di legittimo affidamento sulla base del quale le imprese hanno effettuato investimenti in attività di ricerca e sviluppo nel periodo dal 2015 al 2019, conformandosi alle circolari emanate dall'Agenzia delle entrate e dal Ministero dello sviluppo economico in applicazione dell'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, come modificato dal comma 35 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

(4-07371)

BARBONI, BERNINI Anna Maria, AIMI - Al Ministro della salute. - Premesso che:

la fibrosi cistica (FC), quale malattia genetica ereditaria, richiede una terapia estremamente complessa e continuativa, affidata a centri specializzati di riferimento a livello regionale. Le cure e il trapianto hanno fortemente migliorato le aspettative di vita, e la patologia attualmente ha perso il suo carattere prevalente di malattia dei bambini, con decorso inevitabilmente grave e mortale, per diventare una malattia cronica dell'età adulta;

nella maggior parte dei casi la FC viene diagnosticata subito dopo la nascita, attraverso lo screening di base delle malattie genetiche e viene identificata, prima con il test della tripsina e subito dopo confermata con il test del sudore, di vitale importanza per la diagnosi della malattia, poiché identifica la quantità di sale presente nel sudore;

il test del sudore si può effettuare solo utilizzando il dispositivo "MACRODUCT" e si articola in tre fasi: nella prima si induce la sudorazione nel bambino attraverso la Ionoforesi Pilocarpinica, nella seconda si raccoglie il sudore e infine si misura il cloro presente nel sudore, che risulta elevato nei soggetti affetti da fibrosi cistica. Per indurre la sudorazione è necessario utilizzare dei dischetti "PILAGEL", contenenti la Pilocarpina;

per quanto risulta agli interroganti dal mese di febbraio 2022 la ditta importatrice, esclusivista in Italia, riferisce di avere difficoltà ad importare il dispositivo dagli Stati Uniti, necessario per effettuare il test della sudorazione e al contempo certificare questi prodotti, rispetto a quanto previsto dalla regolamentazione medica (MDR), in base alla legge n. 745 del 2017;

il ritardo prolungato di questi mesi ha lasciato alcuni centri di prevenzione completamente sprovvisti, tra cui l'ospedale "Bufalini" di Cesena, centro di riferimento regionale, a cui afferisce tutta la popolazione romagnola, sammarinese e parte di quella marchigiana. La mancanza del dispositivo necessario impedisce, innanzitutto, la possibilità di effettuare diagnosi e quindi prevenzione, e allo stesso tempo per i pazienti che attualmente stanno effettuando terapie di cure con i nuovi farmaci "Kaftrio" e "Trikafta", unici farmaci efficaci per affrontare la sintomatologia della malattia, non consente di inviare ad AIFA i report, in base ai quali la stessa AIFA decide se il paziente abbia diritto ad avere la somministrazione di farmaci molto costosi e per i quali è previsto il riconoscimento solo se si registrano effettivi miglioramenti di salute,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della situazione di blocco venutasi a creare e quali azioni intenda assumere per consentire l'arrivo in Italia del dispositivo indispensabile per la prevenzione della fibrosi cistica. Azioni tempestive devono essere attivate affinché possa essere garantito il diritto alla salute e il miglioramento della qualità della vita e delle cure per tutte le persone affette da tale patologia.

(4-07372)

GARAVINI Laura - Ai Ministri dell'istruzione, dell'economia e delle finanze e degli affari esteri e della cooperazione internazionale. - Premesso che:

il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, nell'ambito delle politiche di diffusione della lingua e della cultura italiana all'estero, gestisce e finanzia l'attività di un contingente di 674 unità di personale scolastico con contratto a tempo indeterminato, collocati fuori ruolo a prestare servizio all'estero per periodi previsti, oggi, dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 64;

detto personale scolastico, seppur in servizio all'estero, mantiene il diritto a percepire l'intero stipendio metropolitano (art. 29 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 64). Tuttavia, una parte delle Ragionerie territoriali dello Stato (RTS), nel momento in cui questo personale assume servizio all'estero, inizia a trattenere dallo stipendio metropolitano l'indennità integrativa speciale (IIS) per tutto il periodo di servizio all'estero;

il personale scolastico ha quindi fatto ricorso al giudice del lavoro, a proprie spese, per vedersi riconosciuto il diritto a percepire anche la IIS indebitamente trattenuta, dando vita ad un contenzioso che dura da dodici anni tra personale in servizio all'estero e il Ministero dell'istruzione, e che ha sempre visto il personale scolastico vincere i ricorsi;

rilevato che:

la prima sentenza favorevole al personale scolastico che riconosce il diritto a percepire la IIS risale al 2010 (sentenza n. 4386 del 10 marzo 2010 il del Tribunale di Roma, sezione lavoro). Da allora il personale scolastico destinato a prestare servizio all'estero ha prodotto numerosi ricorsi, che hanno sempre visto soccombere il Ministero dell'istruzione, condannato a restituire le somme illegittimamente trattenute, ma anche a pagare le spese legali e gli interessi maturati;

numerose sono anche le sentenze della Corte d'appello e della Corte di cassazione, tra queste si ricorda: la sentenza n. 17134 del 2013 e la sentenza n. 26617 del 18 ottobre 2019 e le ordinanze della Corte di cassazione n. 28935 dell'8 novembre 2019 Corte di cassazione, sez. Lavoro Civile, e l'ordinanza n. 28941 dell'8 novembre 2019, che riconoscono il diritto del personale scolastico in servizio all'estero a percepire la IIS;

tali sentenze hanno determinato un quadro giurisprudenziale che avrebbe dovuto indurre il Ministero dell'istruzione e il Ministero dell'economia e delle finanze a dare indicazioni alle RTS di non trattenere più la IIS dallo stipendio metropolitano del personale scolastico in servizio all'estero, per fermare questo inutile spreco di risorse pubbliche e private;

considerato, inoltre, che:

di recente la Ragioneria territoriale dello Stato di Palermo ha inviato un provvedimento ad alcuni docenti che hanno recentemente concluso il secondo mandato di servizio all'estero e ai quali non era stata trattenuta la IIS. Con tale provvedimento, la RTS di Palermo sosteneva l'indebita percezione dell'IIS da parte dei suddetti docenti, i quali avrebbero così maturato un debito erariale di alcune decine di migliaia di euro. La RTS ha quindi provveduto a recuperare tale debito mediante trattenute dallo stipendio dei docenti;

agli stessi, durante il primo mandato svolto all'estero, era stata trattenuta la IIS e conseguentemente questi avevano presentato e vinto il ricorso, ricevendo il riconoscimento dell'ISS e degli interessi legali. I suddetti hanno quindi fatto presente, in presenza o con comunicazioni via PEC, ai funzionari delle RTS, il paradosso di essere sottoposti nuovamente, a distanza di pochi anni, a questo procedimento illegittimo, definito come tale da diversi giudici;

ritenuto, infine, che non tutte le Ragionerie territoriali dello Stato provvedono a trattenere la IIS del personale in servizio all'estero, generando confusione, e ci si domanda come sia possibile che alcune Ragionerie territoriali dello Stato non tengano in considerazione i ricorsi e le sentenze, ormai passate in giudicato, che riconoscono il diritto al personale scolastico all'estero di a percepire la IIS,

si chiede di sapere, alla luce del quadro giurisprudenziale ormai affermatosi negli anni, se e quando il Ministro dell'istruzione e il Ministro dell'economia e delle finanze, intendano porre fine alla vicenda descritta in premessa.

(4-07373)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che:

com'è noto, l'Italia ha aderito ai Principi della Conferenza di Washington applicabili alle opere d'arte confiscate dai nazisti emanati in relazione alla «Washington Conference on Holocaust-Era Assets», tenutasi il 3 dicembre 1998, alla stregua dei quali: «I. Le opere d'arte confiscate dal regime nazista e non restituite successivamente dovrebbero essere identificate. II. I dati e gli archivi rilevanti dovrebbero essere accessibili ai ricercatori, in conformità alle direttive del Consiglio internazionale degli archivi. III. Risorse e personale dovrebbero essere messi a disposizione per facilitare l'identificazione delle opere d'arte confiscate dal regime nazista e non restituite successivamente…XI. Le nazioni vanno sollecitate a elaborare processi nazionali che consentano di attuare questi principi, soprattutto se sono legati a meccanismi alternativi per risolvere questioni riguardanti il diritto di proprietà»;

com'è altrettanto noto, l'Italia ha partecipato al Forum di Vilnius sui beni culturali trafugati durante il periodo dell'Olocausto (3-5 ottobre 2000), all'esito del quale i Paesi e gli Enti internazionali non governativi partecipanti hanno approvato una «Dichiarazione» che, facendo anche riferimento ai Principi della Conferenza di Washington, ha chiesto a tutti i Governi di: «compiere ogni sforzo ragionevole al fine di pervenire alla restituzione, ai proprietari originari o ai loro eredi, dei beni culturali sottratti durante l'epoca dell'Olocausto…adottare tutti i provvedimenti adeguati per attuare i principi della Conferenza di Washington sulle opere d'arte confiscate dai nazisti …fornire tutte le informazioni necessarie ad ottenere tale restituzione…mantenere o costituire in ciascun Paese un ufficio centrale di riferimento e di richiesta di informazioni su beni culturali trafugati, su archivi e su richiesta dì restituzione/risarcimento»;

anche il Parlamento europeo (viste anche le proprie precedenti risoluzioni del 14 dicembre 1995 sulla restituzione alla comunità ebraica dei beni depredati e del 16 luglio 1998 sulla restituzione dei beni appartenenti alle vittime dell'Olocausto) ha approvato, il 17 gennaio 2019, una risoluzione sulle domande di restituzione transfrontaliere delle opere d'arte e dei beni culturali saccheggiati durante conflitti armati e guerre, con la quale, fra l'altro, sono stati formulati i seguenti inviti e raccomandazioni: «… occorra ovviamente adoperarsi per stilare un elenco completo di tutti i beni culturali, compresi quelli di proprietà di ebrei, che sono stati saccheggiati dai nazisti e dai loro alleati, dalla data del loro saccheggio ad oggi; …al fine di consentire un'adeguata ricerca della provenienza, sia necessario procedere alla creazione di un archivio documentale o di un registro delle transazioni quanto più dettagliato possibile;… al fine di superare gli ostacoli giuridici esistenti, a considerare l'istituzione di uno specifico meccanismo di risoluzione delle controversie per trattare i casi di domande di restituzione di opere d'arte e beni culturali saccheggiati, come ad esempio una forma ibrida di arbitrato e mediazione; … i termini di prescrizione spesso mettono in difficoltà le parti ricorrenti nelle questioni riguardanti le restituzioni; invita la Commissione a valutare la questione e a trovare il giusto equilibrio per quanto riguarda i termini di prescrizione applicabili alle domande di restituzione delle opere d'arte trafugate, comprese quelle saccheggiate dai nazisti, tenendo in considerazione la tutela degli interessi delle vittime di razzia e furto come pure degli interessi del mercato; ritiene che la legge statunitense sul recupero delle opere d'arte espropriate durante l'Olocausto potrebbe fungere da esempio; … considerare l'adozione di misure legislative atte a rafforzare il sistema giuridico per le domande di restituzione transfrontaliere delle opere d'arte e dei beni culturali saccheggiati durante conflitti armati e guerre sulla base degli strumenti del diritto internazionale privato»;

considerato che:

nonostante l'Italia abbia preso parte ad ognuno degli eventi rammentati, e si sia quindi impegnata a dare attuazione alle prescrizioni, voti o raccomandazioni ivi deliberati, un Convegno internazionale svoltosi presso l'Università Cattolica di Milano il 5 e 6 maggio 2021, «Questo è stato: arte, memoria, riparazione. L'accidentato cammino di attuazione dei Principi di Washington in Europa», avendo messo a confronto le situazioni di Italia, Svizzera, Germania, ossia di tre fra i Paesi maggiormente coinvolti nel traffico di beni culturali durante il periodo bellico, ha dovuto constatare la sostanziale inerzia dell'Italia sul piano dell'attuazione dei principi sottoscritti;

significativa, in tal senso, la testimonianza riportata il 3 maggio 2021 sulla stampa nazionale: «…dal punto di vista dell'azione istituzionale e legislativa il nostro paese è ancora molto indietro... A differenza che in Germania, Austria, Olanda, Francia e Regno Unito, non esistono linee guida strutturate e organismi incaricati di investigare sistematicamente sulla provenienza delle opere… Solo nel luglio 2020 è stato finalmente costituito, presso il Comitato per il recupero e la restituzione dei beni culturali del MiBAC, un tavolo di lavoro per lo studio e la ricerca sui beni culturali sottratti in Italia agli ebrei tra il 1938 e il 1945, composto da sette membri incaricati di «svolgere attività di ricognizione, ricerca e individuazione dei beni culturali sottratti alla comunità ebraica e ai singoli cittadini ebrei nel periodo delle persecuzioni razziali» e aventi facoltà di consultare esperti esterni, ma senza dotazione di fondi.» (si veda "Arte, memoria, riparazione. L'accidentato cammino dei Principi di Washington" su "ilsole24ore.com");

lo stesso forte ritardo da parte dell'Italia è emerso nel successivo convegno internazionale del 25 marzo 2022, tenutosi presso l'Ateneo Veneto, con il significativo titolo «Why are we still looking for looted art in Italy?» (Perché siamo ancora alla ricerca dell'arte espropriata in Italia?). L'iniziativa ha avuto lo specifico intento di accrescere la consapevolezza dei ritardi e delle inadempienze su questo tema e di segnalare l'urgente necessità di accurate ricerche sulla provenienza delle collezioni d'arte italiane e l'adozione di opportune soluzioni normative in linea con i Principi di Washington del 1998 (si veda "Nazi-Looted Art in Italy" su "lootedart.com"),

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga giunto il momento di dare un segnale di resipiscenza rispetto alla politica finora perseguita, che agli interroganti appare del tutto evanescente, in materia di recupero delle opere d'arte sottratte da fascisti e nazisti non solo alla popolazione italiana di origine ebraica, ma anche alle istituzioni italiane, pubbliche e private, anche grazie all'applicazione di disposizioni arbitrarie e gravemente lesive dei diritti inviolabili dell'uomo e dei principi di uguaglianza e pari dignità sociale delle persone, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione opinioni politiche e condizioni personali e sociali;

se non ritenga di impegnarsi, mediante azioni concrete, a dare attuazione agli impegni dall'Italia sottoscritti in ambito internazionale, dismettendo la prassi, a giudizio degli interroganti vanesia ed autoreferenziale, che soprattutto in questi ultimi anni ha contraddistinto l'azione ministeriale, e dando innanzitutto vita ad un'apposita struttura commissariale, con competenze tecnico-giuridiche, in grado di affrontare e risolvere i numerosi e spesso ardui problemi che insorgono, sia nella fase di ricerca dei beni sottratti da fascisti e nazisti, sia nella fase di attuazione di puntuali azioni di recupero, quindi elaborando specifiche disposizioni normative che consentano di predisporre elenchi il più possibile completi di tutti i beni culturali (compresi quelli di proprietà di ebrei) che sono stati saccheggiati dai fascisti e dai nazisti loro alleati, dalla data del loro saccheggio ad oggi; di creare un archivio documentale o un registro delle transazioni quanto più dettagliato possibile; di adeguare i termini di prescrizione applicabili alle domande di restituzione delle opere d'arte trafugate e saccheggiate da fascisti e nazisti; di adottare misure atte a rafforzare il sistema giuridico per le domande di restituzione transfrontaliere delle opere d'arte e dei beni culturali saccheggiati.

(4-07374)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che:

risulta agli interroganti che l'Altes Museum di Berlino esponga nelle proprie vetrine, tra gli altri, 21 vasi apuli del IV secolo a.C. (tra cui spiccano due crateri a mascheroni attribuiti al Pittore di Dario accanto ad altri di artisti della sua cerchia), asseritamente provenienti da un'unica sepoltura prestigiosa, scavata e depredata da ignoti "tombaroli";

la tesi secondo la quale il direttore del museo tedesco Wolf Heilmayer avrebbe acquistato i reperti per tre milioni di marchi, nel 1984, a Basilea, da una famiglia svizzera che ne era in possesso fin dal XIX secolo avendoli comprati in Campania, fu confermata dal direttore del Museo di Ginevra Jacques Chamay e dalla restauratrice e collezionista di buccheri, nonché funzionaria del porto franco, Fiorella Cottier Angeli, che dichiarò anche di essere intervenuta sul vasellame rinvenendo tracce di restauri molto risalenti. La testimonianza dei due non poteva, però, non destare perplessità, anche a causa del notorio coinvolgimento di entrambi in vicende poco chiare legate al mercato internazionale dell'arte e della collaborazione della Cottier con Giacomo Medici (si veda "Petrolio 2018 - Sulle tracce di Giacomo Medici, il blitz dei carabinieri a Ginevra" su "RaiPlay" e "Vasi apuli a figure rosse: mistero risolto ma questione ancora tutta da dirimere" su "arte.icrewplay.com");

considerato che:

4 dei 21 vasi "di Berlino" erano stati riconosciuti dagli archeologi Maurizio Pellegrini e Daniela Rizzo, collaboratori del compianto PM della Procura di Roma Paolo Giorgio Ferri, tra le decine di foto istantanee del ben noto archivio sequestrato all'antiquario romano al porto franco di Ginevra nel 1995, immortalati, i due crateri, ancora in frammenti, cioè prima di essere sottoposti a restauro (si veda "Una Tomba principesca" "journalchc.com"). Nel merito, le immagini dei crateri erano comprese tra i 20 scatti potenziali di una stessa confezione di polaroid "300 Istant Film", tutti con uguale numero di serie: ne impegnavano 13, mentre 6 spettavano all'ormai celebre sostegno per mensa rituale (trapezoforo) e al bacile, entrambi in marmo policromo, restituiti all'Italia nel 2010 dal "J.P. Getty Museum", che li aveva acquistati da Maurice Tempelsman, e oggetto di un analogo atto di sindacato ispettivo degli interroganti (3-03478 del 20 luglio 2022);

se ne desume che, fotografati in rapida successione, vasi e marmi provenissero dal medesimo contesto: la presunta "tomba dei marmi" di Ascoli Satriano (Foggia) dove, come illustrato nell'interrogazione citata, la recente esecuzione di scavi archeologici estensivi in località Giarnera Piccola ha tuttavia escluso definitivamente l'esistenza, in quel sito, dell'ambiente ipogeo descritto nel 2002 ai Carabinieri per la Tutela del patrimonio culturale dall'asserito scopritore;

a conforto della suddetta ipotesi, che tuttavia rimane tale, in un documento riservato dell'ottobre 1985 rintracciato dal "Los Angeles Times" nel 2006, l'allora direttore del Getty Museum, Arthur Hougthon, riferiva di avere appreso dal mediatore italiano che costui aveva venduto il bacile a Robert Hecht, i grifoni e la statua di Apollo a Robin Symes (che in seguito avrebbe acquistato dal "collega" anche il primo marmo, per poi rivenderli tutti e 3 a Tempelsman), ma anche che trapezoforo e bacile provenivano dalla stessa tomba situata "non lontano da Taranto" e che il medesimo contesto aveva restituito pure "un discreto numero di vasi del Pittore di Dario";

hanno lo stesso numero di serie (diverso da quello dei reperti già descritti) anche un altro vaso apulo in frammenti non ancora rintracciato e un terzo cratere del Pittore di Dario con scene tratte dall'Iliade che è stato invece riconosciuto prima in una pubblicazione a cura di Chamay e Cottier, poi esposto al TEFAF di New York nel 2016 come proprietà della Phoenix Ancient Art dei fratelli Aboutaam. Entrambi i manufatti farebbero parte di quel lotto di vasi di altissimo pregio venduti ai principali musei statunitensi tra il 1984 e il 1991 dai "soliti" trafficanti internazionali Hecht e Symes e progressivamente restituiti all'Italia dagli "incauti" acquirenti;

valutato che per ottenere la restituzione dei 21 vasi apuli dal museo berlinese, le Procure di Foggia e di Roma hanno emesso ciascuna un certificato europeo di confisca (l'ultimo a gennaio 2022), dopo che altrettante rogatorie internazionali (nel 2003 e 2018), che già chiedevano il sequestro dei reperti, non erano andate a buon fine. L'iniziativa condotta da ultimo attraverso la Direzione generale Affari internazionali e cooperazione giudiziaria del Ministero della giustizia sembrerebbe invece poter avere esito fausto, sia pure, a quel che si legge in filigrana nelle dichiarazioni del vicedirettore M. Maischberger, accettando i compromessi e le condizioni-capestro già sperimentate, in circostanze analoghe, con gli statunitensi (si veda "Così un ladro d'arte è riuscito a sfuggire alla legge, la storia di Giacomo Medici" "lastampa.it"),

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo possa riferire qual è lo stato delle interlocuzioni con l'Altes Museum in vista dell'auspicata restituzione all'Italia dei 21 vasi apuli che l'istituto ormai ammette essere di provenienza furtiva e non acquistati in perfetta buona fede;

se non ritenga opportuno programmare fin d'ora quella serie di indagini diagnostiche che, una volta ottenuta la restituzione, possano consentire di verificare se all'interno dei 21 vasi (gran parte sono forme chiuse) residuino incrostazioni che attestino la deposizione e la plurisecolare permanenza di quei manufatti nello stesso contesto di seppellimento, anche per creare una banca dati alla quale riferirsi per accertare l'eventuale pertinenza di altri reperti alla stessa tomba.

(4-07375)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che l'11 agosto 2022 un articolo del "Los Angeles Times" a firma di Deborah Vankin datava a settembre 2022 l'atteso rientro in Italia del gruppo scultoreo in terracotta del IV secolo a.C. noto come "Orfeo e le Sirene", scavato ed esportato illecitamente dall'Italia, ma che il "J.P. Getty Museum", che da oltre quarant'anni lo espone nella Getty Villa di Malibù (Los Angeles, USA), finora rifiutava di cedere, benché sollecitato fin dal 2006, asserendo di averlo comprato ignorandone l'origine furtiva e mettendo in dubbio la fondatezza della rivendicazione italiana. "Persuaso" dalle argomentazioni di Matthew Bogdanos, responsabile della Antiquities Trafficking Unit della Procura distrettuale di Manhattan, il Getty, ora, si appresterebbe alla restituzione (si veda "Getty to return illegally excavated Orpheus sculptures, some great antiquities, to Italy" su "latimes.com");

considerato che:

il problema della blanda rivendicazione e perciò del mancato recupero all'Italia delle tre sculture era stato oggetto di una interrogazione al ministro Franceschini il 20 novembre 2019 (3-01243), a prima firma della sen. Corrado, ma sottoscritta anche da altri 45 senatori, svolta poi in 7ª Commissione permanente il 5 agosto 2020. In quella circostanza la Sottosegretaria aveva ammesso che le informazioni a disposizione del Comitato per il recupero e la restituzione dei beni culturali "sostanziano l'appartenenza al patrimonio culturale italiano di questo e di molti altri beni", ma aggiunto che, avendo avviato l'istruttoria per il recupero di altri quattro beni (3 reperti archeologici e un dipinto del XIX secolo) anteriormente a quella di "Orfeo e le Sirene", il Comitato aveva ritenuto "di procedere alle rivendicazioni in modo progressivo al fine di onorare i principi di leale e reciproca collaborazione ai quali gli accordi bi- e multi-laterali si ispirano";

del resto, neppure la contesa per il cosiddetto Atleta vittorioso o di Fano attribuito a Lisippo, tuttora detenuto presso il Getty Museum, nonostante la confisca di fine 2018, è bastata a modificare l'atteggiamento accondiscendente del Ministero della cultura italiano nei confronti di quell'istituto museale privato che, nonostante l'adesione formale ai cardini dell'etica museale, ha ancora molto da farsi "perdonare" (si veda "Il Getty Museum restituisce all'Italia un gruppo di statue illegalmente esportate" su "ilgiornaledellarte.com");

che i principi evocati dalla Sottosegretaria nell'estate 2020 abbiano valore solo per gli italiani è dimostrato dal fatto che, due anni dopo, né i 4 beni ai quali il Ministero asseriva di dover dare precedenza, né il gruppo scultoreo di "Orfeo e le Sirene" sono stati ancora restituiti, salvo esserlo a breve, ma per un atto di forza;

nonostante le dichiarazioni del direttore del Getty, Timothy Potts e del Ministro in indirizzo, infatti, che per ragioni diverse hanno subito espresso compiacimento per il rientro in Italia delle tre statue fittili (parte della stampa italiana, anzi, ha finto che tutto sia iniziato con una dichiarazione del Ministro: si veda "Orfeo e le Sirene, le sculture contese tornano in Italia: erano al Getty di Los Angeles. «Rubate a Taranto in uno scavo illegale»" su "ilmattino.it"), e degli altri 4 beni oggetto di trattativa tuttora in California, il 12 agosto è emerso che quella di "Orfeo e le Sirene" non sarà una cessione spontanea, ma il risultato di un sequestro ai danni del museo statunitense, disposto dalla Procura newyorchese ad aprile 2022, frutto di una lunga inchiesta penale congiunta (Italia-USA) nei confronti del "solito" giro internazionale di trafficanti, compreso il tarantino Raffaele Monticelli (si veda "Raffaele Monticelli's connection to Bank Leu A.G. and to the Getty Villa's "Seated Musician and Sirens" AKA Orpheus and the Sirens" su "art-crime.blogspot.com" e "Sequestrato al Getty torna in Italia Orfeo e le Sirene" su "ilsole24ore.com");

dall'area di Taranto, appunto, proverrebbero le tre sculture di dimensioni quasi naturali del giovane cantore che si accompagnava con la cetra (identificato con Orfeo benché nessun dato oggettivo possa dimostrarlo) e delle due Sirene che il petroliere J.P. Getty comprò, teste il suo diario, nella primavera del 1976 da Bank Leu A.G. per 550.000 dollari, su suggerimento del curatore del dipartimento antichità del museo Jiri Frel (1973-1986), dopo che i reperti avevano lasciato l'Italia per la Svizzera;

della loro presenza sul mercato clandestino italiano facevano fede da anni le fotografie istantanee che documentano il presunto Orfeo tra gli altri oggetti in attesa o in corso di restauro prima dell'immissione sul mercato antiquario illegale, molti dei quali trafugati in Puglia: le polaroid della serie sequestrata dai Carabinieri TPC al Porto Franco di Ginevra nel 1995 e mostrate nella puntata della trasmissione RAI "Petrolio - Ladri di Bellezza" dell'8 dicembre 2018 (disponibile sulla piattaforma Raiplay) ma anche quelle riconducibili a G. Becchina;

valutato che:

il rientro in Italia del gruppo di "Orfeo e le Sirene", destinato all'esposizione definitiva a Taranto, consentirà anche di eseguire ulteriori indagini diagnostiche sugli impasti, la scialbatura e le tracce di colore, nonché sulle eventuali incrostazioni terrose o calcaree superstiti all'interno delle tre figure, che il Getty Museum non aveva interesse a condurre (o almeno a divulgare) dopo avere dichiarato accertata, anni fa, l'autenticità dei reperti (si veda "Orfeo e le Sirene torna finalmente in Italia: dal Getty di Los Angeles al Marta di Taranto. Ma non è l'unica opera in attesa di rimpatrio dagli Usa" su "ilfattoquotidiano.it"). Nonostante i pareri a sostegno espressi da autorevoli esperti, che le considerano autentiche pur essendo prive di confronti, le tre sculture non hanno mancato di suscitare qualche perplessità, anche a causa dello stato di conservazione assai diseguale del seggio di Orfeo, ricostruito da numerosi frammenti e lacunoso in più punti, rispetto al mitico citaredo e alle sirene, pressoché intatti (soprattutto sulle facce anteriori);

nella migliore delle ipotesi le suddette analisi permetteranno non solo di circoscrivere l'area geografica delle manifatture che realizzarono le statue, ma anche di verificare che il contesto di giacitura fosse il medesimo per tutte e tre, rendendolo peraltro confrontabile con quelli di altri reperti di cui si ignora il sito di rinvenimento perché saccheggiati dai tombaroli,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non intenda promuovere da subito, in vista del ritorno in Italia del gruppo scultoreo magnogreco detto "Orfeo e le Sirene", quella serie di indagini diagnostiche consentite dalle attuali tecnologie per acquisire dati sulla realizzazione delle opere, ma anche sulle tracce eventuali della loro giacitura plurisecolare nel contesto dal quale i "tombaroli" lo avrebbero estratto (si suppone una tomba), anche allo scopo di inserirli in una banca informatica utile al confronto con analoghe informazioni, da acquisire anch'esse, su altri reperti trafugati dallo stesso ambito territoriale;

quando, al netto della discutibile sequenza di priorità contenuta nella propria agenda, il Ministero della cultura riterrà di intervenire nei confronti del "J.P. Getty Museum", finalmente con la necessaria determinazione, per ottenere la restituzione all'Italia dell'Atleta vittorioso o Atleta di Fano.

(4-07376)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che risulta agli interroganti che la mostra "Botticelli and Renaissance Florence: Masterworks from the Uffizi", in programma al Minneapolis Institute of Art (MIA) dal 15 ottobre 2022 all'8 gennaio 2023, è annunciata come organizzata dalle Gallerie degli Uffizi. Le curatrici, però, Rachel McGarry, responsabile del settore arte europea del MIA, e la storica dell'arte Cecilia Frosinini, funzionaria in quiescenza dell'Opificio delle Pietre Dure (OPD) e membro del Comitato scientifico delle Gallerie degli Uffizi, non sono dipendenti delle Gallerie (si veda "Major Works from Uffizi Galleries in Florence to Travel to Minneapolis Institute of Art" "new.artsmia.org"). Dal gruppo curatoriale sono invece sorprendentemente esclusi i funzionari storici dell'arte responsabili della pittura del Tre e del Quattrocento e della statuaria antica degli Uffizi;

considerato che:

il trasferimento in Minnesota (USA) di un numero considerevole di capolavori della pittura rinascimentale (ben 45), 10 dei quali spettano al solo Sandro Botticelli, altri a Filippo e Filippino Lippi, ad Antonio e Piero del Pollaiolo, a Domenico del Ghirlandaio, al Perugino e a Lorenzo di Credi, nonché di alcune sculture romane (repubblicane e imperiali) prestate allo stesso istituto museale che ignora l'istanza della magistratura italiana, avanzata mediante decreto di confisca del 18 gennaio 2022 e richiesta di assistenza giudiziaria internazionale, di restituzione della copia in marmo da Stabiae (oggi Castellammare di Stabia) del Doriforo di Policleto trafugata dall'Italia negli anni '70 del Novecento e acquistata dal MIA nel 1986, oggetto di un atto di sindacato ispettivo degli odierni interroganti già l'8 ottobre 2020 (n. 3-01961), non poteva che suscitare malcontento e critiche;

per il recupero del Doriforo è stata finanche attivata una petizione su "change.org", che ha raccolto diverse migliaia di firme (si veda "Il Doriforo al Minneapolis institute of art a che punto siamo" "journalchc.com"), senza per questo scalfire i programmi del direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, in forza al MIA fino al 2015, benché le 45 opere d'arte in partenza configurino un mega-prestito a senso unico che nel comunicato del museo statunitense lo stesso Schmidt presenta come forma di collaborazione per "raccontare i momenti più straordinari dell'arte rinascimentale";

non esplicita, il direttore, come un simile "favore" possa essere stato ricambiato dal MIA, sempre che non si tratti di un gentile omaggio ai suoi precedenti datori di lavoro: una iniziativa a carattere unilaterale e straordinario, tanto più che nel 2021 il Comitato scientifico delle Gallerie degli Uffizi non è stato convocato, dunque non ha potuto verificare e approvare (o meno), come gli spetta, le politiche direttoriali "di prestito e di pianificazione delle mostre", salvo includere la Frosinini tra i curatori di "Botticelli and Renaissance Florence: Masterworks from the Uffizi" (si veda "Uffizi, monarchia assoluta del sovrano Eike Schmidt" su "emergenzacultura.org"). Saremmo di fronte, cioè, ad una sorta di offerta speciale al MIA da parte di quel "centro commerciale" che, ad opinione degli interroganti, sono diventate le Gallerie degli Uffizi sotto la gestione Schmidt;

ci mette forse sulla strada giusta un recente articolo pubblicato su "Finestre sull'Arte" che dà notizia di nuovi esami di laboratorio eseguiti su tutti i dipinti destinati alla mostra (con le inevitabili "nuove scoperte" da divulgare a tempo debito), esami di cui si tace la fonte di finanziamento, rendendo così impossibile sapere se il MIA abbia contribuito, ma che sembrano avere coinvolto l'Opificio e non le Gallerie degli Uffizi (si veda "45 opere degli Uffizi partono per Minneapolis, il museo che conserva il discusso Doriforo di Stabiae" su "finestresullarte.info"), posto che la convenzione firmata tra l'ODP e il museo, e rinnovata nel 2019, regola anche i finanziamenti delle campagne diagnostiche e dei restauri;

valutato che una tempestiva excusatio non petita della decisione potenzialmente imbarazzante del direttore degli Uffizi, capace di riverberarsi anche sul titolare del dicastero, è venuta dal sindaco di Firenze, Dario Nardella, il quale, in nome delle sue origini napoletane (Torre del Greco), in una intervista a "la Repubblica" del 10 agosto 2022 si è offerto come "facilitatore" per risolvere la controversia internazionale: dichiarando in premessa di non condannare la trasferta dei capolavori "fiorentini", si è detto convinto che la notoria "generosità" degli italiani nei confronti dei musei statunitensi consentirebbe alla nostra diplomazia, con la sua personale collaborazione e quella della città, se Franceschini volesse, di chiedere al MIA di farci il favore di rispettare le regole internazionali e restituire la statua (si veda "Uffizi in mostra negli Usa, nello stesso museo del Doriforo di Stabiae sottratto all'Italia. Nardella: "Firenze in campo per riaverlo" su "napoli.repubblica.it"),

si chiede di sapere:

chi abbia autorizzato e a quale scopo l'accorpamento tecnico, di fatto, dell'Opificio delle Pietre Dure alle Gallerie degli Uffizi, per di più gestito in modo da esautorare completamente i profili interni a tutto vantaggio di quelli dell'OPD;

se la campagna diagnostica alla quale sarebbero stati sottoposti i dipinti delle Gallerie degli Uffizi destinati dal direttore al prestito transatlantico abbia effettivamente coinvolto tutte le opere, se sia stata svolta dall'Opificio delle Pietre Dure e se sia stata finanziata dal MIA, o da chi altri, per quale importo e in quali termini;

se il Ministro in indirizzo non ritenga di sottoporre il trasferimento a Minneapolis dei 45 capolavori degli Uffizi agli organi tecnici che gli sono di supporto in tema di belle arti al fine di verificare, dal momento che il Comitato scientifico di quell'Istituto è stato scavalcato dall'ennesima decisione solipsistica del direttore, se sussista ancora l'opportunità di un prestito siffatto, nel momento in cui la mancata restituzione del Doriforo di Stabiae da parte del MIA dimostra che proprio l'essere stati, teste Nardella, sempre "aperti e generosi con gli Stati Uniti e con i musei americani", è interpretato dagli istituti museali statunitensi (tutti privati) come indice di un'atavica debolezza da sfruttare a proprio vantaggio;

se condivida la necessità di porre limiti alla pratica del "prestito facile", giustificata con la mera assunzione, da parte del beneficiato, dell'onere delle spese di trasporto e di qualche intervento di restauro o di analisi diagnostica la cui urgenza o opportunità sono spesso opinabili.

(4-07377)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che ai primi di luglio 2022, nei pressi di Prato, nel bellissimo complesso "Il Mulino" (ormai di proprietà pubblica), ben restaurato e con Torre del XII secolo che ospita i laboratori di diagnostica e restauro della Soprintendenza ABAP per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato, ma s'intenderebbe adibire a museo del territorio, è stata inaugurata una mostra di reperti provenienti da scavi condotti non nell'area medesima di Gonfienti, dove la scoperta dell'abitato etrusco e l'avvio della costruzione dello "Interporto della Toscana Centrale", i cui capannoni oggi circondano Villa Niccolini furono contestuali, ma dal sito, coevo, di La Rotta di Figline Valdarno (Firenze);

considerato che:

i contenuti dell'esposizione hanno stupito non poco gli abitanti di Prato. I ritrovamenti dell'insediamento arcaico di Gonfienti (VII-V secolo a.C.), esteso su ben 17 ettari e oggetto, dal 1996 al 2007 e di nuovo dal 2012, di scavi stratigrafici estensivi finanziati con risorse statali ed europee, ma non ancora aperto al pubblico (preceduto a breve distanza da un insediamento della metà del II millennio a.C. e seguito da una frequentazione di epoca romana che hanno lasciato tracce anch'essi), ne sono infatti rimasti esclusi e, pur restaurati nella suddetta Torre, sono invece esposti, da poco e limitatamente ad una selezione, nella Rocca Strozzi di Campi Bisenzio (Firenze);

vi sono stati trasferiti nella prospettiva che lì possa sorgere, in futuro (ma teste il Comune esiste già a tutti gli effetti "www.museogonfienti.it"), quel Museo archeologico di Gonfienti che il buon senso vorrebbe vedere, invece, proprio al Mulino, per assicurare la contiguità dell'auspicato parco archeologico con l'antiquarium deputato ad esporre le vestigia mobili ivi rinvenute, come accade ad esempio a Marzabotto (Bologna);

valutato che:

il 2 agosto 2022 su "la Nazione", il professore pratese Giuseppe Centauro, docente di restauro all'università di Firenze, interpretava quanto accaduto come un errore storico e utilizzava, al riguardo, una espressione molto forte, parlandone come del "sacco di Gonfienti" (si veda "Reperti etruschi al nuovo museo di Campi "Errore storico. Per noi il Sacco di Gonfienti"" su "www.lanazione.it");

le Amministrazioni comunale e statale non sembrano invece provare alcun imbarazzo per la situazione, ed anzi si sono impegnate a programmare visite guidate da luglio a settembre (curate da Coopculture) e una rassegna regionale con varie iniziative culturali anche al Mulino, denominata "Le notti dell'Archeologia", per poi inaugurarvi una "nuova esposizione a tema archeologico" il 24-25 settembre prossimi in occasione delle "Giornate Europee del patrimonio" (si veda "Notte con gli etruschi al Mulino di Gonfienti" su "www.lanazione.it"),

si chiede di sapere quale sia la ratio delle politiche di "turismo archeologico" in atto, da parte della Soprintendenza ABAP per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato come degli enti locali, per cui gli sforzi di asserito recupero delle radici etrusche di Prato debbono avvenire esponendo al Mulino, che è adiacente all'area archeologica di Gonfienti, non una ricca campionatura dei reperti restituiti da quell'importante insediamento etrusco arcaico, accompagnati da un esaustivo apparato didattico utile a contestualizzarli, ma da altri, coevi, mentre i materiali archeologici di Gonfienti sono destinati alla ex tinaia della Rocca Strozzi di Campi Bisenzio e al suo allestimento che sembra sacrificare ogni altra esigenza alle categorie, nell'ordine, del "suggestivo" e del didattico.

(4-07378)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che:

la restituzione all'Italia, annunciata in pompa magna il 3 febbraio 2018, a ridosso della conclusione del secondo incarico di Dario Franceschini al Collegio Romano, di un cratere a calice decorato a figure rosse, pestano (350-340 a.C.), da parte dello "Speed Art Museum" di Louisville (Kentucky, U.S.A.) (si veda "Art of ancient cultures" "speedmuseum.org"), è stata decisa, teste il comunicato stampa ministeriale (si veda "Accordo Mibact-Speed Art Museum di Louisville: ritorna in Italia antico cratere a figure rosse Franceschini: "Presto restituito al territorio di Paestum"" su "beniculturali.it"), dopo che nel 2015 Christos Tsirogiannis, allora assistente ricercatore all'Università di Glasgow, esaminando le fotografie di un noto sequestro ai danni di un mercante d'arte italiano eseguito nel 1995 al Porto Franco di Ginevra su ordine della Procura di Roma, ha riconosciuto in uno scatto il reperto, ancora sporco di terra (il comunicato lo definisce infelicemente "incrostato di sporcizia") e ridotto in frammenti;

ciò contraddiceva la provenance fornita al museo statunitense dal famigerato mercante di antichità Robin Symes, che asseriva di averlo acquistato nel 1990 da un collezionista francese, e avrebbe indotto lo Speed Art Museum a contattare Roma, per poi proporre volontariamente la restituzione del vaso, che sarebbe avvenuta nell'ambito di un accordo pluriennale stretto con il Ministero italiano;

dell'effettivo rientro e della prevista esposizione a Paestum del cratere, sul quale campeggia Dioniso a banchetto e intento a giocare al cottabo, fa fede, in rete, un'unica fonte, non ufficiale e di dubbia attendibilità (si veda "Cratere con Dioniso che gioca al cottabo" su "sitiarcheologiciditalia.it"), per non dire che nelle vetrine dell'antiquarium pestano quel magnifico vaso nessuno l'ha visto. Nulla è più trapelato pubblicamente, inoltre, circa i contenuti e le conseguenze dell'asserito accordo del Ministero della cultura con il museo di Louisville, ammesso sia stato davvero firmato;

considerato che:

come racconta in un articolo del 9 dicembre 2020 Maurizio Pellegrini (si veda su "La-collezione "Varez Fisa" di Madrid" "journalchc.com"), insieme alla collega Daniela Rizzo, consulente del compianto pubblico ministero Paolo G. Ferri nelle indagini sulle antichità e sui documenti sequestrati nel 1995, qualche anno fa i due archeologi riconobbero a Madrid diversi reperti presenti anch'essi nelle polaroid, stampe e negativi del sequestro ginevrino, finiti in una collezione che il Museo archeologico Nazionale aveva acquistato nel 1999, per 12 milioni di euro, da un uomo d'affari di Barcellona, José Luis Vàrez Fisa (1928-2014), proprietario di circa 200 reperti archeologici e di molti dipinti di grande valore, alcuni dei quali donati al Prado nel 2013 (si veda "Museo del Prado: José Luis Varez Fisa dona la collezione di 12 opere di antichi maestri" su "st.ilsole24ore.com"). In particolare, all'inizio identificarono 2 anfore a figure nere e soprattutto un cratere a campana nello stile di Gnathia "ripuliti" mediante il passaggio in asta presso Sotheby's rispettivamente nel 1988, nel 1989 e nel 1990;

in seguito, Pellegrini e Rizzo riconobbero anche altri vasi: una oinochoe etrusco-corinzia da Cerveteri, un'anfora a figure nere di grandi dimensioni, una lekythos e un cratere a colonnette, un cratere a calice e due a campana tutti a figure rosse, un'anfora italica orientalizzante presente anche tra le fotografie dell'altrettanto cospicuo sequestro di Basilea del 2001. Di un'ulteriore anfora a figure nere, con quadriga, nota dalle polaroid di Ginevra, si è trovata una foto anche nel sequestro effettuato nell'isola greca di Schinoussa ai danni di quello stesso R. Symes che, come riferito, cedette il cratere pestano allo Speed Art Museum di Louisville. Un'altra decina di pezzi della collezione lasciano supporre agli specialisti un'origine analoga a quella dei vasi citati;

gli approfondimenti eseguiti sul nucleo di manufatti sinteticamente descritti, sulla relativa documentazione fotografica e sugli appunti di vendita hanno dunque dimostrato che la collezione di antichità Vàrez Fisa includeva almeno una quindicina di reperti provenienti dal mercato dei trafficanti internazionali di opere d'arte, legati fra loro, con le case d'asta e i musei compiacenti da molteplici intrecci, tutti soggetti per i quali l'Italia era e rimane una "riserva di caccia" privilegiata;

valutato che di quanto appurato da Pellegrini e Rizzo, che non solo resero edotta la Direzione generale competente del Ministero della cultura fin dal 2006, ma suggerirono una missione informale a Madrid per consultare la documentazione consegnata dal collezionista al Museo a garanzia della liceità della compravendita, senza che la proposta avesse un seguito, è stata data pubblicità per la prima volta da Fabio Isman in un articolo del luglio 2010 su "Il Giornale dell'Arte", tradotto anche in spagnolo. José María Luzón Nogué, direttore dell'istituto madrileno prima dell'acquisizione della collezione Vàrez Fisa, interpellato, si limitò a dichiarare che non c'erano stati contatti con il Ministero italiano, mentre il responsabile dell'allestimento del 2014, Andrés Carretero Pérez, direttore dal 2010, ha dichiarato ad una ricercatrice su "American Journal of Archaeology" che gli uffici legali del competente ministero spagnolo stavano ancora analizzando il caso,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo possa spiegare, come auspicato da Maurizio Pellegrini nell'articolo del 2020 sulla collezione Vàrez Fisa, la differenza di comportamento tra il misconosciuto Speed Art Museum di Louisville, che, informato dell'origine furtiva di un suo vaso italiota da uno studioso greco operante nel Regno Unito, si sarebbe subito offerto di restituire il reperto all'Italia, e il prestigioso Museo Archeologico Nazionale di Madrid che, sommerso ormai da più anni da prove oggettive sull'origine furtiva di una quindicina di pezzi della collezione Vàrez Fisa e da dubbi su un'altra decina, ha invece ostentato indifferenza e poi avviato con studiata lentezza accertamenti il cui esito (sempre che siano terminati) non è stato reso pubblico;

quando sia rientrato in Italia dagli Stati Uniti il cratere di cui a febbraio 2018 era stata strombazzata l'imminente restituzione da parte del museo di Louisville ed esposizione nell'Antiquarium di Paestum, sempre che sia rientrato, o per quale ragione, dopo 4 anni, il viaggio del Ministro in indirizzo verso l'Europa non sia ancora avvenuto, e quando sia stato firmato l'accordo pluriennale con quel museo (e cosa esso preveda), sempre che sia stato firmato, o per quale ragione l'intenzione dichiarata non si sia ancora tradotta in realtà;

quali iniziative, posto che la Spagna ha ratificato nel 1986 la Convenzione UNESCO del 1970, il Ministero abbia messo in atto, e con quali risultati, dal 2006 in qua, per ottenere dal Museo Archeologico Nazionale di Madrid la restituzione dei vasi della collezione Vàrez Fisa per i quali sono stati accertati lo scavo clandestino e l'illecita esportazione dall'Italia.

(4-07379)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che:

il "Tesoro di Canoscio" è così chiamato perché i 25 manufatti in argento che compongono questo raffinato servizio da tavola custodito a Città di Castello (Perugia) furono messi in luce fortuitamente, il 12 luglio 1935, nella frazione (già pieve) di quel Comune che porta tale nome. Dopo quattro giorni, i Carabinieri effettuarono il sequestro della maggior parte degli oggetti che, quando l'aratro intercettò e ruppe il grande piatto (missorium) sovrapposto a mo' di coperchio, erano stati estratti dal "pozzetto" sottostante: almeno 6 piatti di varî formati, 2 colini, 4 pissidi (di cui 2 con coperchio), 1 catino, 1 cucchiaio del tipo a ligula e 9 cucchiai del tipo a cochlear;

i proprietari del tesoro, che è datato a fine V-VI secolo d.C. e si suppone occultato nel VII, sarebbero tali Eliano e Felicita, presunti sposi i cui nomi sono incisi su un piatto, mentre l'iscrizione leggibile sul missorium usato come coperchio allude ai doni di Dio e sant'Agapito, il che ha suggerito al primo editore, il sacerdote Enrico Giovagnoli (1876-1944), insieme ai molti simboli religiosi presenti e al metallo pregiato, un uso diverso da quello domestico oggi, invece, accreditato;

considerato che:

risolta nel 1940 la controversia legale circa la proprietà del tesoro, attribuita allo Stato, nel 1949 la custodia dei 25 manufatti sequestrati, creduti eminentemente liturgico-cristiani, è stata assegnata (anche per l'insistenza del Vescovo Cipriani) alla Diocesi di Città di Castello, che li conserva nel Museo del Capitolo del Duomo, realizzato appositamente nel 1940 (si veda "www.museiecclesiastici.it/castello/"), insieme alla base di un altro piatto e a minuti frammenti di quello danneggiato all'atto del rinvenimento. Il tesoro, che così composto sfiora i 16 chilogrammi, doveva però essere più cospicuo (come suggerisce anche l'assenza di patene e calici);

oltre ad un cucchiaio custodito fin dall'inizio nel santuario della Madonna del Transito di Canoscio, altri sei pezzi, evidentemente sfuggiti anch'essi al sequestro, mancano tuttora all'appello benché, com'è noto dal 2015 grazie alla presentazione, nel museo tifernate, del libro di Marco Aimone "Il Tesoro di Canoscio" (Roma 2015) e di una mostra storico-documentaria sul ritrovamento, siano stati rintracciati in quattro diversi musei tedeschi;

nel merito, il Bode Museum di Berlino, ha appurato Corrado Rosini, dal 1992 possiede un cucchiaio e un piatto con i nomi di Eliano e Felicita, comprati sul mercato antiquario, mentre l'Aimone ha accertato che le Antike Sammlungen di Monaco di Baviera conservino 1 piatto, il Römisch-Germanisches Zentralmuseum di Magonza 2 cucchiai e il Römisch-Germanisches Museum di Colonia 1 terzo cucchiaio. (si veda "Il tesoro di Canoscio (Perugia)" su "romanoimpero.com" e "Mostra: Alcuni Pezzi Sono In Germania - Svelato il tesoro di Canoscio" su "valtiberinaonline.it");

considerato inoltre che:

si è appreso di recente, in relazione agli sforzi della diplomazia culturale italiana per ottenerne la restituzione, che i sei argenti "tedeschi" furono acquistati a Roma, il 22 maggio 1941, direttamente da Adolf Hitler, tramite il suo intermediario Hans Posse, curatore della collezione privata che il dittatore tedesco voleva creare, e con la mediazione del principe Filippo d'Assia. Alla fine della guerra, come tutti gli oggetti d'arte appartenuti a Hitler, anch'essi furono confiscati dalle Forze Alleate di occupazione ma, mentre ciò che era stato acquisito con la violenza o illegalmente fu restituito ai legittimi proprietari, la custodia degli acquisti apparentemente legali passò, invece, nel 1949, al governo della Repubblica Federale Tedesca (si veda "Le opere acquistate illegalmente o rubate che l'Italia chiede indietro" su "lettera43.it"),

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo possa riferire a quale stadio siano le trattative con i quattro musei tedeschi presso i quali si trovano i sei argenti del Tesoro di Canoscio finiti in Germania, ma per i quali era stata aperta una istruttoria nel 2019, per poi veder calare su di essa il silenzio, e che si spera possano al più presto essere ricongiunti al nucleo principale nel Museo di Città di Castello.

(4-07380)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che:

risulta agli interroganti che siano finiti in Serbia gli otto dipinti di grande qualità, dei secoli XIV-XVI, già nella collezione Contini-Bonacossi, acquistati nel 1941-42 a Firenze dal mercante Walter Hofer per conto di Hermann Goering e fatti uscire dall'Italia nel 1943, caricandoli su uno dei treni speciali diretti a Berlino in vista dell'allestimento, a Linz (Austria), di un grande museo alimentato anche dagli acquisti forzati e dalle razzie ai danni degli ebrei che avvenivano in gran parte dell'Europa (si veda "La Serbia tiene in ostaggio otto capolavori italiani trafugati da Hitler" su "ilsole24ore.com" e "15 importanti opere d'arte che si trovano all'estero e che l'Italia gradirebbe tornassero indietro" su "finestresullarte.info");

si tratta della "Madonna col Bambino" di Paolo Veneziano, la "Madonna col Bambino" di Spinello Aretino, un trittico di Paolo di Giovanni Fei con "Madonna col Bambino in trono", una "Adorazione del Bambino con angeli e santi" di scuola ferrarese del Quattrocento, il "San Rocco" e il "San Sebastiano" di Vittore Carpaccio, il "Ritratto di Cristiana di Danimarca" di Tiziano, la "Madonna con Bambino e senatore" del Tintoretto;

pare che dopo la guerra le otto opere d'arte fossero confluite, con migliaia di altre in attesa di restituzione ai legittimi proprietari, nel Collecting point allestito dagli alleati a Monaco di Baviera, da dove il croato Ante Topic Mimara, personaggio dall'identità e dal contegno molto ambigui, asserito rappresentante del Governo della Jugoslavia, come tale dotato di passaporto diplomatico, avrebbe prelevato gli otto dipinti nel 1949 con altre 158 opere, tutte reclamate senza titolo (ma identificate fra quelle non ancora attribuite dai cosiddetti Monuments men, grazie alla complicità di una storica dell'arte tedesca che lavorava lì e poi sarebbe diventata sua moglie) e li avrebbe fatti sparire prima che il plenipotenziario italiano Rodolfo Siviero avesse modo di richiederli sulla base del documento del 31 luglio 1947 che ne disponeva la restituzione (si veda "I quadri del nazista Goering, la guerra legale dei pm italiani: "A Belgrado 8 capolavori italiani scippati dal vice di Hitler"" su "ilfattoquotidiano.it");

considerato che in aggiunta alla Dichiarazione di Londra del 1943 sottoscritta dagli alleati, tesa ad annullare le compravendite di beni (anche culturali) avvenute nei territori occupati dalle truppe dell'asse, la legge della Repubblica Italiana n. 77 del 1955 ha acquisito al patrimonio dello Stato "le opere di interesse artistico, storico e bibliografico, che nel periodo dal 1° gennaio 1936 all'8 maggio 1945 furono trasferite in proprietà e a qualsiasi titolo allo Stato germanico, a personalità politiche del regime nazista o a sudditi germanici e delle quali il Governo italiano ha ottenuto la restituzione da parte del Governo militare alleato in Germania". Ai sensi di detta legge, retroattiva, il Governo jugoslavo fu più volte richiesto da quello italiano (e anche dal Dipartimento di Stato degli U.S.A., nel 1950 e 1956) di restituire gli otto dipinti ricordati, trattenuti dal Mimara fino al 1988 in collezione privata e poi passati al Museo nazionale di Serbia, a Belgrado, istanza sempre respinta;

considerato inoltre che:

a valle di un'indagine partita nel 2014, dopo la mostra "Da Carpaccio a Canaletto. Tesori d'arte italiana nel Museo nazionale di Belgrado" (Bologna, 28 novembre 2014-13 febbraio 2015), con l'ipotesi di reato di violazione dell'art. 648-ter del Codice penale, in base alla quale nel 2015 aveva chiesto il sequestro preventivo dei dipinti, negato da Belgrado a distanza di oltre un anno con motivazioni giuridicamente infondate, la Procura di Bologna emise, a settembre 2017, una nuova rogatoria internazionale, ma con una diversa motivazione: contestandone, cioè, l'illecita esportazione ai sensi della legge n. 1089 del 1939. Anche il Ministero degli affari esteri si disse allora impegnato nella trattativa con la Serbia (si veda "Farnesina in campo e confisca per gli otto capolavori in Serbia" su "st.ilsole24ore.com");

a fine 2018, le tre esperte d'arte italiane mandate a processo per avere organizzato la mostra del 2014 sono state assolte, ma il GUP ha disposto la confisca degli otto quadri (si veda "Farnesina in campo e confisca per gli otto capolavori in Serbia" su "rainews.it");

valutato che a gennaio 2020, i media riferivano di trattative del Ministero della cultura italiano svolte durante il 2019 e ancora in corso ("Le opere acquistate illegalmente o rubate che l'Italia chiede indietro" su "lettera43.it"), dopodiché sul caso sembra essere nuovamente calato il silenzio, senza che sia giunto a soluzione,

si chiede di sapere a che punto si trovi e quali ostacoli incontri tuttora la trattativa che impegna l'autorità giudiziaria e la diplomazia culturale italiane per il rientro da Belgrado degli otto capolavori d'arte esportati illegalmente dai nazisti nel 1943.

(4-07381)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Ai Ministri della cultura e dell'istruzione. - Premesso che in un recente atto di sindacato ispettivo firmato dell'odierna prima interrogante (4-07350) si contestava al ministro Franceschini l'indirizzo politico che consente al neo-direttore del "Museo delle civiltà", Andrea Viliani, cavalcando in modo spregiudicato l'afflato internazionale alla decolonizzazione (che già negli anni '70 aveva indotto alla chiusura del Museo Coloniale, nato nel 1923), di guidare a mo' di "pifferaio di Hamelin" il viaggio degli allestimenti storici degli altri quattro Istituti accorpati dal 2017 nel MUCIV verso l'accantonamento, tra due ali di plaudenti operatori dell'informazione, per fare posto al contemporaneo e ai suoi guru, nonostante che il "Codice Urbani" tuttora non contempli le opere con meno di settant'anni tra i beni culturali e la loro presenza in quei musei, soprattutto a discapito dei relativi contenuti, non abbia tecnicamente ragion d'essere;

considerato che:

come ha stigmatizzato il 14 febbraio 2022 il professore Tomaso Montanari in un articolo su "Il Fatto Quotidiano" (si veda "Il museo del nazi-fascismo e il ministro Franceschini" su "ilfattoquotidiano.it"), in contraddizione con quanto sopra, il Ministero di Franceschini riconosce e dal 2020 annovera tra i luoghi della cultura italiani censiti sul suo portale web quel "Museo sacrario del Reggimento Giovani Fascisti - Africa settentrionale 1940/1943" che fu aperto a Ponti sul Mincio (Mantova) nel 1962 grazie al lascito ai reduci della battaglia di Bir el Gobi (3-5 dicembre 1941) della cascina "Piccola Caprera" e dei terreni circostanti da parte del comandante del I Battaglione: Fulvio Balisti (1890-1959) (si veda "Museo sacrario reggimento "Giovani Fascisti" Africa settentrionale 1940/1943" su "beniculturali.it");

alla voce "Descrizione", il museo si rivela articolato in tre sale e dotato, nel piazzale esterno, di una "erta del ricordo" che "raccoglie i cippi dei reparti dimenticati, primo fra tutti quello delle nostre fedeli truppe Coloniali e quelle della Repubblica Sociale Italiana". La scheda, pubblicata dal Ministero il 14 aprile 2020 e aggiornata da ultimo il 4 agosto successivo, non è firmata e la voce "Responsabile" risulta vuota. Sono segnalati i contatti telefonico e di posta elettronica del museo, che apre le sue porte solo su richiesta, nonché il link del sito web "Piccola Caprera", che include il calendario delle iniziative organizzate da e nella struttura, spesso teatro di raduni nazionali e internazionali di ex combattenti, nonché (fama est) solido punto di riferimento per fascisti e neofascisti;

si tace, sul sito del Ministero, il fatto che nell'immobile ha sede, dal 1995, in quanto beneficiaria del lascito del Balisti e organizzata in società cooperativa a responsabilità limitata per poterlo gestire, l'Associazione nazionale volontari "Bir el Gobi (Bersaglieri d'Africa)", costituita a Firenze nel 1952, alla quale il Ministero della difesa negò la partecipazione al primo pellegrinaggio ad El Alamein, nel 1954, e che per prima, nel 1956, partecipò al raduno dell'Africa Korps (si veda "www.antico.toscana.it/pcaprera.html"). Nel 1962, peraltro, con atto autorizzato l'anno precedente dal Comune, le salme di Balisti e della moglie furono traslate alla "Piccola Caprera", definita "un'oasi di italianità aperta a tutti", diventando il fulcro del cimitero dei volontari-reduci di quella battaglia, con associato monumento alle truppe coloniali;

il portale turistico del Comune di Ponte sul Mincio si premura invece di informare che l'istituto pubblicizzato come Museo Reggimentale "La Piccola Caprera", altrimenti definito "Museo reggimentale Rgt. Vol. GG.FF.", è stato riconosciuto dall'Assessorato regionale alla Trasparenza e Cultura con atto dell'8 novembre 1999 e che "risponde anche ai contenuti della definizione di Museo che l'ICOM ha dato";

"Sacrario Militare e Museo tematico sulla Campagna (1940/1943) dell'Africa Settentrionale durante la II Guerra Mondiale" è poi la definizione presente sul sito del Fondo Ambiente Italiano (FAI) in relazione alla partecipazione all'edizione 2020 del censimento "I luoghi del cuore" (si veda "https://fondoambiente.it/luoghi/museo-reggimentale-piccola-caprera");

considerato inoltre che:

nel 2022 il premio letterario denominato Concorso Piccola Caprera "L'amor di patria", rivolto ad adulti e studenti, dedicato a Fulvio Balisti e giunto alla quattordicesima edizione, si è visto confermare il patrocinio della Regione del Veneto (che ha dal 2018) e di alcuni comuni veneti e lombardi (si veda "Bando di concorso" su "www.amordipatria.eu"). Nel 2018, quando tra i patrocinatori comparve anche Sabaudia (Latina), la partecipazione non informata di studenti dell'Istituto comprensivo "Luisa Levi" di Mantova, in verità non nuovo ad iniziative opinabili, produsse una interrogazione parlamentare tuttora senza risposta (Atto Camera 4-01071): si veda "Tema su "amor patrio", interrogazione di Fratoianni (LeU)" su "orizzontescuola.it";

l'auspicio degli amministratori di Verona, che ha concesso il patrocinio al concorso dal 2018 al 2020, di stimolare nei più giovani "il senso di appartenenza alla Nazione", è stato contestato anch'esso duramente da Tomaso Montanari nell'articolo già ricordato, mettendolo in relazione con "la retorica dell'estrema destra relativa al Giorno del Ricordo (una solennità civile che i neofascisti rivendicano come propria, strumentalizzando senza alcun ritegno le vittime delle foibe che dicono di voler onorare)", retorica che il Ministro dell'istruzione non condanna, deplora Montanari, preferendo barcamenarsi tra le opposte spinte ideologiche senza scontentare nessuno, invece di assumere una posizione coerente con il dettato costituzionale;

nei confronti di quest'ultimo si sono mostrati insofferenti anche quanti, indispettiti dalle posizioni e dalle iniziative del Rettore dell'Università per stranieri di Siena sul Giorno del Ricordo, ne hanno chiesto la sospensione dall'insegnamento (si veda "Foibe, Montanari critica il Giorno del Ricordo: scoppia la polemica" su "corriere.it"), mentre altri, a Siena stessa, raccoglievano firme per ottenere le sue dimissioni (si veda "Una raccolta firme per le dimissioni del Rettore dell'UNIstrasi Montanari" su "gazzettadisiena.it"),

si chiede di sapere:

se il Ministro della cultura possa spiegare a che titolo il Museo di Ponti sul Mincio figuri sul portale istituzionale, dal 2020, tra i "luoghi della cultura" italiani, e se abbia ricevuto finanziamenti pubblici;

come possa conciliarsi quella esplicita ratifica dell'interesse pubblico del museo mantovano non solo con i valori antifascisti cui si ispira la Repubblica, ma anche con l'indirizzo esplicitamente e orgogliosamente decoloniale dato al MUCIV dal suo dicastero;

se il Ministro dell'istruzione non ritenga di sollecitare i dirigenti scolastici a vigilare con più attenzione sull'identità dei soggetti esterni che avanzano proposte di partecipazione degli studenti alle iniziative da loro promosse, in modo da evitare di accreditare sia i sodalizi che non fanno mistero della propria distanza ideologica dai principi costituzionali, sia quelli che optano per una studiata ambiguità.

(4-07382)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che a Roma, in Piazza di Spagna, il palazzo eretto a partire dal 1620, affidato prima a Gianlorenzo Bernini (al quale si deve la facciata principale) e nel 1644 a Francesco Borromini, che fu la prima sede del Pontificio Collegio Urbano per l'istruzione dei missionari e della Congregatio de Propaganda Fide, fondata da papa Gregorio XV nel 1622, ribattezzata "Congregazione per la evangelizzazione dei popoli" nel 1967 e soppressa il 5 giugno 2022 a favore del "Dicastero per l'evangelizzazione", gode della extraterritorialità e della esenzione da espropriazione e tributi riconosciute agli immobili della Santa Sede dai Patti Lateranensi dell' 11 febbraio 1929. L'art. 16, in particolare, statuisce che detti immobili: "non hanno bisogno di autorizzazioni o consensi da parte di autorità governative, provinciali o comunali italiane, le quali possono all'uopo fare sicuro assegnamento sulle nobili tradizioni artistiche che vanta la Chiesa Cattolica";

considerato che:

il 13 agosto, sulle pagine romane del "Corriere della Sera", Ilaria Sacchettoni è tornata ad occuparsi di un tema caro al suo giornale: a novembre 2016, infatti, Flavia Fiorentino aveva sollevato il caso del palazzo di "Propaganda Fide" che, a lavori edili interrotti o completati, manteneva in opera, sull'angolo tra la piazza e Via di Propaganda, un ponteggio avvolgente di altezza superiore a quella dell'edificio stesso, utilizzato (dal primo piano alla base del tetto) per la pubblicità di un superalcolico, stampata su telo pittorico (si veda "La pubblicità sulla facciata extraterritoriale al posto del Bernini " su "roma.corriere.it");

la medesima facciata era stata al centro dello scandalo che nel 2010 vide indagati dalla Procura di Perugia il Prefetto della "Congregazione" in carica dal 2006, cardinale Crescenzio Sepe (2006-2010), e l'ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi per un "restauro fantasma", avviato nell'autunno del 2003 e mai concluso, pur avendo beneficiato, nel 2005, di un finanziamento statale da 2,5 milioni di euro (secondo altre fonti il doppio) accordato dal Ministero dei Beni Culturali tramite ARCUS S.p.A., contributo che la Corte dei conti tacciò di incongruità insieme ad altri destinati a progetti religiosi. Finirono sotto la lente dell'Autorità giudiziaria anche le ristrutturazioni di immobili di "Propaganda Fide" curate negli anni 2001-2005 da Diego Anemone, il cui uomo di fiducia Angelo Zampolini era stato il progettista dell'intervento sul palazzo di Piazza di Spagna (si veda "Il cardinale Sepe e il restauro fantasma" su "corriere.it"; "Nella gestione passata e presente della società di Mibac e Infrastrutture, un'attenzione molto particolare ai beni culturali del Vaticano e molte regalie clientelari." su "eddyburg.it/");

come nel 2016, teste l'articolo della Sacchettoni, che dà voce alle rimostranze dei commercianti, da circa tre anni lo stesso angolo della tormentata facciata del palazzo di "Propaganda Fide" è ingabbiato da un ponteggio. Di un cantiere di restauro e di operai al lavoro che ne giustifichino la presenza non vi sarebbe traccia, finora, dietro la mega-pubblicità di dispositivi tecnologici alla quale fa da supporto, benché il cartello di cantiere indichi come data di conclusione delle attività il 14 marzo 2022 (si veda "Propaganda Fide, il palazzo (senza lavori) con cartellone pubblicitario" su "roma.corriere.it");

per quanto concerne la situazione lamentata nel 2016, sul portale di "Urban Vision S.p.a.", la cui mission è "supportare le istituzioni pubbliche e i privati nel reperimento delle risorse destinate alla rinascita e valorizzazione dei tesori dell'arte, della cultura e del patrimonio architettonico nazionale attraverso sistemi innovativi di comunicazione Outdoor" (si veda "https://www.urbanvision.it/it/chi-siamo"), "Il Palazzo Propaganda Fide" figura tra i "Restauri sponsorizzati" senza dati cronologici ma le fotografie associate sembrano anteriori alla pandemia da COVID-19;

oggi, mentre "Urban Vision" esegue il restauro di un altro edificio di Piazza di Spagna, di cui omette nome e proprietà ma poco distante dal palazzo di "Propaganda Fide" (si veda "Piazza di Spagna" su "www.urbanvision.it"), il concessionario è "Flag International S.r.l.", che sul suo portale scrive: "Intervento di restauro conservativo della Facciata e intervento di manutenzione ordinaria della copertura del Palazzo di Propaganda Fide", e "The Wall" si è occupata dell'illuminazione (si veda "thewallmedia.it"). Contattata dalla Sacchettoni, "Flag International" asserisce che i lavori sarebbero in corso dentro l'edificio e pare riguardino la Cappella dei Re Magi di Borromini;

considerato inoltre che:

l'appetibilità di spazi pubblicitari in luoghi privilegiati come l'angolo P.zza di Spagna-Via di Propaganda è palese e i diritti di commercializzazione a scopo pubblicitario delle pareti del palazzo dell'ex "Propaganda Fide" presuppongono un contratto a molti zeri che farebbe gola a chiunque. Non si capisce, però, da chi "Flag International" abbia ottenuto la concessione del diritto d'uso del ponteggio e dunque chi sia a riscuotere il dovizioso canone. Non da Roma Capitale, che giustifica con l'extraterritorialità del Vaticano il proprio immobilismo, millantando di non avere voce in capitolo, nonostante la crescente collaborazione con quello (si veda "Italia e Vaticano firmano un protocollo per la tutela del Centro Storico di Roma" su "farodiroma.it") e gli obblighi comuni dettati dall'UNESCO. Non dalla Santa Sede, poiché il presidente dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica ha negato che, pur mirando l'APSA a mettere a reddito quel patrimonio, il Vaticano si presti ad "operazioni finanziarie che servano a incassare pubblicità", memore delle critiche suscitate dal restauro del Palazzo della Cancelleria;

anche di quello si era occupata "Urban Vision", sia come co-finanziatore del restauro sia come responsabile della raccolta di fondi privati "tramite l'esposizione pubblicitaria sulle facciate del palazzo", fondi "destinati a coprire gran parte del costo del restauro", in nome del mecenatismo culturale e di quel "connubio tra enti laici e religiosi finalizzato alla tutela del patrimonio artistico e architettonico nazionale" che Urban Vision esalta senza esplicitare a quale nazione faccia riferimento (si veda "Palazzo della Cancelleria. Taccuino del cantiere di restauro" su "urbanvision.it");

valutato che Piazza di Spagna è vincolata ai sensi dell'art. 10, comma 4, del decreto legislativo n. 42 del 2004, ragione per cui una ingiustificata alterazione dell'aspetto esteriore della piazza, come quella causata da un ponteggio permanente non richiesto da lavori alle facciate, contrasta con l'art. 16 del Concordato: se l'affidamento al senso estetico del Vaticano si rivela mal riposto, l'accordo bilaterale deve essere messo in discussione, nell'interesse dei cittadini, sempre che la responsabilità sia della Santa Sede,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo possa confermare quanto si evince indirettamente dall'articolo di Ilaria Sacchettoni, ovvero che, a proposito del "ponteggio pubblicitario" del Palazzo della ex "Propaganda Fide" in Piazza di Spagna, la questione resti in capo allo Stato, e perciò precisare quale ruolo abbiano gli Uffici ministeriali nel restauro previsto all'esterno, ma non in corso e se il ponteggio in opera sia in qualsiasi modo riconducibile al Ministero, anche in considerazione della delicatezza della posizione del dicastero quando i diritti d'uso dei ponteggi installati su edifici storici vengano concessi ad una società, "Urban Vision", che ha tra i soci fondatori anche l'imprenditore Gianluca De Marchi.

(4-07383)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che:

un articolo di Carmine Gazzanni su "Lettera 43" del 25 gennaio 2020, intitolato "Le opere acquistate illegalmente o rubate che l'Italia chiede indietro", nel dare conto di una ventina di procedimenti di restituzione che, giovandosi della direttiva di cooperazione amministrativa fra i Paesi UE, avevano impegnato il Ministero della cultura nel corso del 2019, tra i dossier aperti menziona anche quello relativo ad un affresco "oggi esposto nel Museo cristiano e bizantino di Atene", che descrive con il seguente virgolettato: "raffigurante San Bartolomeo sottratto da una chiesa rupestre di Teano (Caserta)" (si veda "Le opere acquistate illegalmente o rubate che l'Italia chiede indietro" su "lettera43.it");

se si esclude l'articolo citato, la notizia non sembra avere avuto alcuna eco, neppure sulla stampa locale o presso le associazioni culturali del territorio, tant'è che anche in rete l'intervento più recente resta quello, fondamentale, dell'archeologo Roberto Meneghini sul n. 11 dell'annata 2017 della rivista "Il Sidicino", curata dalla "Associazione Archemperto - Teano";

considerato che:

in realtà, il lacerto di affresco in questione, corrispondente alla testa e a parte del busto dell'apostolo, proveniva dalla omonima località posta a circa 2 chilometri da Teano (la romana Teanum Sidicinum) in direzione Sud-Ovest, ed era stato rimosso malamente con una motosega, da ignoti, poco tempo dopo il sopralluogo compiuto nei primi anni '80 dalla Soprintendente archeologica della Campania, Giuliana Tocco, con l'architetto Alfredo Balasco;

la motosega aveva danneggiando non la parete di una grotta, però, ma una monumentale tomba a pianta centrale di prima età imperiale riutilizzata per secoli come luogo di culto cristiano e fulcro, verosimilmente, di una più vasta area sepolcrale esterna afferente forse ad un vicus o ad un abitato medioevale. Il san Bartolomeo benedicente, identificato da una iscrizione e databile a fine XI-inizio XII secolo, vi occupava una lunetta posta sull'accesso, preceduto da un corridoio voltato a botte, dell'ampia camera ipogea a pianta quadrata del presunto mausoleo;

secondo quanto riferito nell'articolo del Meneghini, la segnalazione ai Carabinieri per la Tutela del patrimonio culturale del suo articolo (corredato da una fotografia a colori dell'affresco scattata nel 1974), contestuale alla consegna del pezzo alla redazione de "Il Sidicino", consentì al maresciallo Antoci di riconoscere nella pittura rubata uno dei 995 reperti sequestrati dalla polizia greca nel 2009 alla sorella di Christos Michailidis, per trent'anni socio del mercante d'arte inglese Robin Symes, nell'isola di Schinoussa (si veda "17.000 reperti archeologici scoperti a Londra per un valore di 165 milioni di euro" su "archeoblog.net"), e assegnati al museo ateniese specializzato in beni artistici medievali;

lo stesso era accaduto per altri due santi, dalla grotta affrescata delle Fornelle di Calvi Risorta (l'antica Cales) (si veda "L'originaria destinazione della Grotta delle Fornelle di Calvi Vecchia" su "angelomartino.it"), ovvero la cappella funeraria dei conti Pandolfo e Gualferrata (prima metà del XI secolo), rientrati in Italia nel marzo 2009 e dati in consegna al Museo del Territorio presso la Reggia di Caserta, perché la loro provenienza era già stata accertata (si veda "La Grecia restituisce due affreschi rubati nella grotta di Calvi" su "pupia.tv"), mentre quella del san Bartolomeo risultava ignota e l'evenienza di un furto avvenuto nella Grecia stessa appariva plausibile;

valutato che:

la triste vicenda dell'asportazione, nel 1982, di alcuni affreschi della Grotta dei Santi di Pignataro Maggiore (Caserta), anch'essa dunque in territorio di Cales, raffiguranti Simone apostolo, Barbara e Cosma, nonché la Vergine orante, e di altri 13 della citata Grotta delle Fornelle (si veda "Grotta delle Fornelle: Tutti gli affreschi bizantini strappati dalla parete con il motosega" su "deanotizie.it"), di cui solo 2 rientrati dalla Grecia nel 2009, come riferito, mentre 3 sono stati ritrovati di recente a Pompei e restaurati a Napoli (si veda "Gli affreschi della grotta dei "santi e delle formelle": una triste sorte per l'Agro caleno" su "caleno24ore.it"; "https://www.unisob.na.it/ateneo/restauro/attivita8_architettura_restauro.pdf"), è ben lontana dall'essere risolta, poiché mancano ancora all'appello molte figure, mentre la sorte di quelle restituite resta tormentata;

a maggio 2021, infatti, l'ipotesi di affidamento degli affreschi recuperati alla Cattedrale di Calvi Risorta, autorizzato dalla Soprintendenza e auspicato dalla popolazione anche come segno di rivalsa nei confronti della criminalità locale, coinvolta nei furti, è stata annullata dall'annuncio di imminenti lavori edili nell'edificio di culto, a fini di manutenzione, suscitando le ire dei cittadini, restii ad accettare il trasferimento delle pitture a Sessa Aurunca (si veda "Opere religiose sottratte dalla camorra, braccio di ferro tra Curia e parrocchiani" su "casertace.net"),

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo possa riferire quale sia lo stadio delle trattative intavolate con la Grecia nel 2019 per la restituzione dell'affresco da Teano raffigurante San Bartolomeo;

se possa fornire un quadro puntuale delle conoscenze ad oggi disponibili circa la sorte degli affreschi medievali rubati in passato nel territorio caleno, quando le grotte dei Santi e delle Fornelle non erano state ancora vincolate né sorvegliate.

(4-07384)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che:

alla fine di aprile del 2014, l'archeologo Maurizio Pellegrini, storico collaboratore (con la collega Daniela Rizzo) del Pubblico Ministero della Procura di Roma Paolo G. Ferri nelle indagini sulle migliaia di reperti sequestrati in Svizzera, nel 1995 e 2001, ai due maggiori mercanti italiani di antichità, coinvolti in qualità di intermediari nei traffici internazionali di reperti archeologici scavati illegalmente (si veda "traffickingculture.org/encyclopedia/case-studies/organigram"), confermava alla Guardia di finanza di Roma la presenza, al Louvre, ricavandola da fonti aperte, di alcuni manufatti eccezionali immortalati negli album fotografici trovati presso uno dei trafficanti;

si tratta di un cratere a calice-psykter di fabbrica attica decorato a figure nere da un pittore della cerchia di Antimenes con temi dionisiaci, databile al 525-500 a.C. e di un cratere a campana di produzione italiota dipinto a figure rosse dal pittore di Issione (tema epico), risalente al 330 a.C. e forse proveniente da Capua, nonché di una coppia di appliques in terracotta policroma ascrivibili a botteghe canosine, ricomposte ma pressoché complete e sagomate a mo' di Nereidi (300-275 a.C.), recanti l'una l'elmo e l'altra lo scudo di Achille;

considerato che:

risulta agli interroganti che il Louvre, che in passato li esponeva al pubblico in 3 diverse sale del proprio percorso espositivo, abbia acquistato quei reperti in Svizzera, rispettivamente nel 1988 (n° MNE 938), nel 1985 (inv. CA7124) e nel 1982 (inv. CA6823 e CA6824), dal mercante d'arte castelvetranese Gianfranco Becchina, per decenni figura di primo piano, come ricettatore, dell'ambiente degli scavi clandestini sia in Sicilia, pare per conto della mafia trapanese (tant'è che, denunciato fin dal 1979 per detenzione di materiale archeologico, già nel 1992 era stato indagato anche per concorso in associazione mafiosa) (si veda "Dia sequestra beni per milioni a mercante d'arte: dietro l'attività ci sarebbe il boss Messina Denaro" su "rainews.it"), sia in tutto il sud Italia, e protagonista dei mercati internazionali riforniti da quei traffici (si veda "Mafia e traffici illeciti di opere d'arte, sequestrati i beni di Gianfranco Becchina" e "Petrolio - Risaliamo la piramide: chi è Gianfranco Becchina" su "ilgiornaledellarte.com"; "raiplay.it");

dal Becchina, nel 1980 il Louvre aveva acquistato innanzi tutto una pelike attica a figure rosse di Eutimide (515-510 a.C.), trovata nell'Italia centrale ed entrata nel 1861 nella Collezione Campana, vaso che, come i 2 crateri, di recente è stato tolto dall'esposizione senza spiegazioni. La rimozione è avvenuta dopo che il Louvre, interpellato sui due crateri dagli autori di un reportage pubblicato su "Avenue de l'Europe" il 17 ottobre 2018, pur ammettendo di non poter mostrare alcun permesso di esportazione, rispose piccato: "Ad oggi non ci sono stati forniti dati che attestino che questi oggetti provengano da scavi illegali";

considerato inoltre che:

dal ricchissimo archivio cartaceo e fotografico della galleria d'arte "Palladion Antike Kunst", sequestrato ai coniugi Becchina a Basilea nel 2001 (si veda "https://www.tagesanzeiger.ch/der-fluch-der-tombaroli-909657321956"), si ricavano conferme della compravendita dei 4 reperti in esame ed ulteriori dati conoscitivi. Il cratere-psykter, offerto al museo francese a dicembre del 1987, ricomposto ma completo, era dato come proveniente da una collezione svizzera, senza ulteriori dettagli, mentre di quello a figure rosse con la strage dei Proci ad opera di Ulisse, anch'esso restaurato, si ipotizzava un'origine campana, senza tuttavia dettagliarne la provenance. Le Nereidi, infine, offerte al museo nell'ottobre 1981 dopo una visita della curatrice e vendute a gennaio 1982, si asseriva provenissero da una collezione privata svizzera (siglata K.H.) formata anteriormente alla seconda guerra mondiale;

le indagini sull'archivio hanno dimostrato che dietro la sigla K.H., ricorrente nelle vendite della "Palladion Antike Kunst" a grandi musei di tutto il mondo, si nascondeva la collezione privata "fantasma" di tale Karl Haug: il titolare dell'hotel di Basilea dove negli anni '70 lavorava Ursula Becchina. D'accordo con la coppia di galleristi, ove richiesto, Haug confermava l'esistenza e la cronologia della raccolta. Uno dei più celebri tra i vasi rientrati in Italia dall'estero, la hydria etrusca a figure nere del Pittore di Micali con i pirati tirreni trasformati in delfini (510-500 a.C.), restituita nel 2014 (si veda "https://www.museoetru.it/etru-a-casa-vulci/hydria-dei-pirati-tirreni"), e della quale anche l'archivio di Giacomo Medici conservava 2 polaroid, era stata alienata al Museum of Art di Toledo (Ohio, U.S.A.) nel 1982 proprio asserendo che provenisse dalla collazione di Karl Haug;

valutato che:

la pressoché totale assenza, nella documentazione della "Palladion Antike Kunst", di informazioni atte a comprovare la provenienza lecita dei due crateri e della coppia di appliques, insieme ad alcune immagini dell'archivio Becchina, forte di ben 17.000 scatti, che sembrano mostrare gli oggetti descritti anteriormente alla esecuzione degli interventi di pulitura che hanno conferito loro l'aspetto odierno, autorizzano a dubitare che detti reperti fossero sul mercato antiquario da lungo tempo;

significative appaiono anche la peculiarità morfologica del cratere attico, che ne faceva un unicum sorprendentemente sfuggito agli specialisti, e la precisazione, circa l'allora parimenti inedito cratere a campana, che la galleria svizzera lo offrisse al Louvre prima che a qualunque altro potenziale acquirente stimando la scena della strage dei Proci, per originalità, complessità e qualità disegnativa (peraltro stridente con la modestia del lato B), ispirata ad una perduta megalografia attribuibile a qualche famoso autore magnogreco di pitture murali. Anche le Nereidi, del resto, oltre a distinguersi per lo stato eccezionale di conservazione, mancavano e mancano tuttora di confronti. Tutto ciò contraddice la scusante della buona fede invocata dal Louvre per l'acquisto, sia pure avvenuto in anni in cui il ruolo del Becchina nel commercio internazionale di antichità non era ancora emerso,

si chiede di sapere se siano stati o meno rivendicati, e se sì perché finora senza successo, i 4 reperti archeologici che il Louvre acquistò negli anni '80 dalla galleria "Palladion Antike Kunst" dei Becchina, nonostante che le scarse o nulle informazioni sui precedenti passaggi di proprietà dovessero suggerire prudenza e suscitare dubbi circa la liceità della loro provenienza, invece di metterli a tacere, quei dubbi, in forza del fatto che la Francia non aveva ancora ratificato la Convenzione Unesco di Parigi del 1970, come avrebbe fatto solo a gennaio del 1997.

(4-07385)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che:

il 15 giugno 2022 la Procura di Lecce ha respinto l'opposizione all'archiviazione (datata 21 settembre 2021) dell'esposto contro ignoti presentato ad agosto 2020 dal dottor Luigi Tondo, già funzionario del Ministero della cultura, per i fatti legati alla riqualificazione dell'area della ex Caserma "Oronzo Massa" del capoluogo salentino, allocata per circa un secolo nel soppresso convento francescano di S. Maria del Tempio (sorto nel '400, intorno alla chiesa preesistente, forse sul possedimento confiscato ai Templari ad inizio '300), dunque in pieno centro storico, a pochi passi dal Castello di Carlo V. Un esposto del Tondo sugli stessi fatti era stato iscritto "a modello 45" e archiviato nel 2019;

iscritta questa volta la denuncia "a modello 44" e svolte le indagini del caso, il giudice ha respinto la contestazione circa la presa in carico da parte del Comune della esecuzione degli scavi archeologici impostigli dalla Soprintendenza in qualità di proprietario dell'area, scavi affidati dall'Ente alla ditta De Nuzzo & C. Concessionaria del piazzale in vista della realizzazione di un centro commerciale (con ampio parcheggio su 3 piani interrati) sulla base di una operazione di project financing, la ditta è stata infatti risarcita, mediante sgravi per 2 milioni di euro sugli oneri di urbanizzazione dovuti per le future edificazioni, per essersi accollata temporaneamente l'onere degli scavi in capo al Comune;

più in generale, nell'escludere le ipotesi di abuso d'ufficio (anche alla luce della recente modifica all'art. 323 del Codice penale) e di rifiuto indebito di atti richiesti, il giudice ha giustificato con la discrezionalità delle scelte delle pubbliche amministrazioni le politiche comunali di recupero della superficie pari a circa 600 metri quadri risultante dall'abbattimento rasoterra, nel 1971, della ex caserma, superficie asfaltata e denominata Piazza Tito Schipa, adibita a parcheggio e mercato rionale. Si è fatto forte, in tal senso, anche della constatazione che la Soprintendenza, dopo avere assentito il progetto (nella primavera del 2012) prescrivendo lo smontaggio delle strutture superstiti del convento proprio a causa delle demolizioni di quarant'anni prima, ha esercitato la sorveglianza e la direzione scientifica delle attività di scavo svolte dall'Ente senza mai lamentare irregolarità né contestarne le decisioni;

considerato che:

la verità giudiziaria sembra avere dimostrato infondate le rimostranze del dottor Tondo e ciò potrebbe persino far sospettare che l'accanimento con cui è ricorso, lui solo e più di una volta, come extrema ratio, alla Procura, fosse ingiustificato. Tanto più che le indagini sul terreno e lo studio dei reperti si sono svolti sotto l'egida dell'Università del Salento. Il contegno del Ministero della cultura nella lunga parabola della rifunzionalizzazione dell'area della ex Caserma Massa non può che apparire a giudizio degli interroganti censurabile, però, agli occhi dei tecnici del settore, e perciò anche del Tondo, innanzi tutto per la costante quanto spregiudicata mancanza di onestà intellettuale, che ha certamente condizionato anche l'interpretazione di taluni fatti da parte dagli inquirenti;

a mo' di esempio si segnala come a pagina 2 della corposa nota del 5 settembre 2021 concernente le indagini svolte dal Corpo di Polizia Provinciale di Lecce in qualità di Polizia giudiziaria, nota alla quale ha fatto seguito la richiesta di archiviazione, si legge: "In occasione della visita in loco della Commissione Cultura Senato tenutasi in data 09/07/2018 la soprintendente arch. Maria Piccarreta ha richiamato espressamente la nota n. 6401 del 23/05/2012 e il parere n. 5790 del 27/05/2016 a firma del soprintendente Dott. Luigi La Rocca, si è pertanto congiuntamente condiviso e stabilito di proseguire nel rispetto di quanto nello stesso parere riportato, con la rimozione archeologica delle strutture conventuali e il completamento degli interventi di scavo";

in realtà, il sopralluogo fu condotto dalla sola senatrice Margherita Corrado, della 7a Commissione permanente, la quale, lungi dal condividere e mancando della facoltà di stabilire congiuntamente di proseguire nel rispetto del parere del 2016, nel proprio comunicato stampa del 13 luglio 2018, sottoscritto anche dal senatore Iunio Romano e pubblicato solo dopo che il Comune aveva diffuso una nota fuorviante, prendeva invece le distanze dalle scelte dell'Ente, peraltro contestate da un Comitato civico fin dal 2014 (si veda "https://www.fondazioneterradotranto.it/tag/caserma-massa/");

la parlamentare stigmatizzava anche l'accondiscendenza acritica dimostrata dagli uffici statali di tutela nell'ultimo biennio (dopo che l'ondivago contegno degli anni 2012-2016 aveva contribuito a far degenerare la situazione), ribadendo l'interesse non solo culturale dell'area per la comunità locale a dispetto delle demolizioni e qualificando il progetto come "una sconfitta per tutti". Esprimeva poi preoccupazione per i resti della chiesa di S. Maria del Tempio: il solo lembo dell'area archeologica destinato scampare agli sventramenti previsti ma "minacciato" da ipotesi di musealizzazione inadeguate e da un'errata tempistica di esecuzione dei restauri (si veda "M. Corrado - I. Romano (M5S Senato) su Lecce - ex caserma Massa" su "archivio.politicamentecorretto.com" e "lecceprima.it");

pesava, sul giudizio della senatrice, oltre alle sollecitazioni dei cittadini e alla diretta visione del cantiere e degli atti, anche la dura valutazione che l'archeologa pugliese Paola Tagliente aveva pubblicato in un articolo del 2017, significativamente affidato alla rivista scientifica "Archeomafie" (anno IX, n. 9, pp. 41-76), intitolato "Tutela archeologica e pianificazione urbanistica: il caso giudiziario di piazza Tito Schipa a Lecce". Poiché all'origine del caso leccese sta una grave inadempienza del Comune nella fase di progettazione, la vicenda della ex Caserma Massa vi è proposta come paradigmatica di un malcostume diffuso quando gli enti locali ricorrono ad operazioni di project financing: favorire oltre misura il privato, anche a danno dell'interesse dei cittadini,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga di sollecitare la Direzione generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio a chiedere al Comitato tecnico-scientifico per l'archeologia una consulenza, in extremis, circa l'operazione di smontaggio dei resti del complesso conventuale di S. Maria del Tempio a Lecce, di fatto assimilabile ad una demolizione, per valutare se tale decisione sia davvero tecnicamente fondata e priva di alternative o non avvantaggi oltre misura ed esclusivamente il privato, sgomberandogli il campo da ogni traccia di preesistenza;

se, forte della serenità derivante della conclusione favorevole della vicenda giudiziaria inerente alla cosiddetta riqualificazione dell'area dell'ex Caserma Massa, non ritenga opportuno sollecitare agli uffici del Ministero una seria riflessione sull'accaduto, affinché la lezione che si ricava da casi come questo, in cui gli organi periferici e centrali, chiamati a gestire situazioni complesse dove enti locali e soggetti privati attentano, di fatto, al principio costituzionale della tutela che il dicastero è chiamato a realizzare, si dimostrano incapaci di assolvere ai propri compiti, non vada perduta a vantaggio di un progressivo raffinamento, invece, della capacità del personale tecnico ministeriale di dissimulare, se contestato dai cittadini, le verità giudiziarie.

(4-07386)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che il 29 luglio 2022, l'architetto Annalisa Di Mase, in qualità di responsabile unico del procedimento della centrale di committenza (Invitalia), ha pubblicato il Disciplinare di gara della "Procedura per l'affidamento dei servizi tecnici propedeutici alla realizzazione dei lavori di riqualificazione e valorizzazione dei percorsi storici e della ex galleria di Velia finalizzati a migliorare l'accessibilità, l'attrattività, la tutela e la fruizione - Parco Archeologico di Paestum e Velia.", con scadenza della presentazione delle domande di partecipazione fissata al 13 settembre 2022. RUP per l'Ente aderente, ovvero per il "Parco Archeologico di Paestum e Velia" (PAEVE), è il funzionario archeologo Francesco U. Scelza (si veda "ingate.invitalia.it");

considerato che:

a maggio 2021, il Codacons Cilento chiedeva al Ministero della cultura l'accesso agli atti sul progetto da 7.660.000 euro ammesso a finanziamento con riserva, in gennaio, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a seguito di una manifestazione d'interesse prevista dal Programma di Azione e Coesione (PAC) "Infrastrutture e Reti" 2014-2020, Asse C "Accessibilità turistica", progetto che tra l'altro intende musealizzare la galleria ferroviaria cosiddetta borbonica di Ascea (Salerno), passante sotto l'acropoli di Elea-Velia. A quella data il "Comitato Civico l'Essere per Elea-Velia" aveva già tentato la via diplomatica, mediante interlocuzioni con l'ex direttore del PAEVE, Gabriel Zuchtriegel, senza risultati apprezzabili;

agli occhi delle associazioni no profit del territorio si profilava all'orizzonte un nuovo pericolo per il Parco, finora difeso dalla speculazione edilizia grazie alla legge regionale n. 5 dell'8 febbraio 2005, purtroppo aggirata e infranta, invece, in assenza del piano di attuazione per l'inadempienza del Comune di Ascea e della Regione Campania, fuori dal suo perimetro, in tutta l'area circostante (si veda "Elea: da Parmenide al Resort" su "doppiozero.com"). Se l'aspirazione della comunità cilentana a dotarsi di un museo nazionale è infatti legittima e condivisibile, oltre che risalente, certe esperienze "infelici" vissute nel PAEVE durante la gestione Zuchtriegel inducevano e inducono tuttora a dubitare che l'iniziativa che si contesta risponda realmente alle esigenze dei cittadini e, soprattutto, a temere che possa compromettere irreversibilmente il delicatissimo equilibrio dei luoghi;

è lampante, infatti, che trasformare in uno spazio espositivo visitabile la galleria "borbonica", per età anch'essa un bene storico (l'art. 4 del Disciplinare indica come obiettivo farne un "museo multimediale e centro ricerche"), richiederebbe interventi molto invasivi sia sul manufatto sia sul banco di roccia soprastante, spesso oltre 50 metri, con un'alterazione sensibile del contesto, interventi che, oltre a vanificare gli sforzi finanziari già sostenuti per adibirla a deposito, la assoggetterebbe ad una ulteriore forzatura funzionale;

preoccupava particolarmente, inoltre, la previsione progettuale che, per servire il tunnel-museo e raccordarlo all'acropoli, si debba costruire un "sistema di collegamento verticale", ovvero un ascensore. In tale prospettiva, anche i lavori di scavo archeologico dei mesi successivi, per un importo di 300.000 euro, previsti proprio sul declivio tra l'imbocco del tunnel e la sommità dell'acropoli, lavori peraltro aggiudicati alla ditta Co.Re. (proprietà della "Restauri e Costruzioni S.r.l." di Eboli, ben nota per l'intervento al teatro eleate, di cui agli atti di sindacato ispettivo 3-12316 e 3-02638), giustificavano il dubbio che detti sondaggi potessero preludere alla realizzazione dell'ascensore: uno sfregio ingiustificato nel cuore di un'area che è anche parco naturale e sito iscritto nelle liste UNESCO. Non meno opinabile sotto i profili paesaggistico e archeologico è poi l'intenzione di realizzare, tra l'acropoli e la Casa degli Affreschi, "una monorotaia di collegamento";

considerato inoltre che in data 15 maggio 2021, stante il fermento delle citate associazioni e la pervicace determinazione del Ministero a portare avanti il progetto contestato senza accettare alcuna interlocuzione con i cittadini (contegno ribadito, a distanza di un mese, disertando il convegno sul futuro museo organizzato dai parlamentari del territorio a Vallo della Lucania), una cinquantina di senatori, compresi gli interroganti, sottoscrissero una mozione per impegnare il Governo "ad accantonare - senza indugio - il progetto di realizzazione di spazi espositivi ipogei di carattere permanente e ad adottare, il prima possibile, tutte le iniziative necessarie per la realizzazione del Museo archeologico nazionale di Elea-Velia" (si veda "Velia, nucleo museale in galleria dismessa: c'è la mozione" su "giornaledelcilento.it"). La mozione, nonostante una così nutrita e convinta adesione, non ha prodotto alcun risultato;

valutato che:

il tunnel, legato al tracciato ferroviario ottocentesco (ma post-unitario) che lambisce l'antica città magnogreca in agro di Ascea, è stato dismesso per la realizzazione della nuova strada ferrata, che corre parallela alla vecchia, e di una nuova galleria. Lungo circa 250 metri, largo pochi metri, privo di luce naturale e scarso di aria, il traforo, rivestito con i tipici mattoni rossi cilentani dell'epoca, fu acquistato ed era in uso alla Soprintendenza per ricoverarvi, in condizioni precarie e a soli fini di deposito, i reperti archeologici provenienti dagli scavi di Elea-Velia e dal territorio afferente. L'accesso è esterno alla recinzione dell'area archeologica, ma per ragioni di sicurezza possono entrarvi solo gli addetti ai lavori, e non più di 5 per volta, seguendo le rigide prescrizioni dei Vigili del Fuoco. All'interno della galleria "borbonica", infatti, il tasso di umidità è molto alto e la scarsa circolazione dell'aria, resa ancora più difficoltosa dallo sbarramento dei due imbocchi (che rappresentano le uniche aperture), contribuisce ad incrementarlo e a rendere la galleria invivibile;

dette caratteristiche escludono non solo che il manufatto possa ospitare l'agognato Museo nazionale di Elea-Velia, ma anche che possa essere adattato, senza stravolgerlo totalmente, a "museo multimediale e centro ricerche", percorribile comodamente seduti nei vagoni di un trenino a scartamento ridotto, a mo' di visita al "castello delle streghe" di un qualsiasi luna park, con gli effetti ottici/sonori utili ad uno spettacolo di varietà invece che ad una occasione di crescita culturale e civile;

quanto all'ascensore esterno, il diritto alla piena accessibilità di parchi e musei pubblici gode da qualche anno di risorse ingenti, utili a rimuovere ostacoli in passato sottovalutati e consentire pressoché a chiunque di godere in sicurezza dei beni culturali pubblici, ma dovrebbe trovare il suo limite nel buon senso e nell'interesse superiore di salvaguardare da impatti insostenibili l'integrità del paesaggio cilentano, specialmente all'interno di un Parco naturale e sito UNESCO,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga doveroso adoperarsi, con tutti i mezzi a sua disposizione, non solo per scongiurare l'ennesimo sperpero di denaro pubblico ma, non meno importante, per evitare di legare il nome del Ministero ad un progetto che, comportando un devastante impatto paesaggistico e archeologico su di un sito UNESCO che unisce valori storici e ambientali eccezionali, ma è insidiato dalla speculazione edilizia su tutti i lati, finirebbe per completare l'opera degli speculatori estendendola fin dentro il Parco, addirittura su progetto e per mano della stessa amministrazione pubblica chiamata, invece, dal dettato costituzionale, a tutelarlo nell'interesse della comunità nazionale.

(4-07387)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che:

in Calabria, la fortezza di Le Castella, frazione del Comune di Isola di Capo Rizzuto (Crotone), benché definita correntemente "Castello aragonese", è conservata nelle forme assunte dal XVI secolo mantenendo in opera il torrione cilindrico angioino e racchiudendolo entro un fortilizio bastionato che si adattava alla planimetria e all'orografia dell'isolotto sul quale sorge, distante poche decine di metri dalla terraferma e oggi stabilmente collegato alla costa da una lingua di terra, sovrapponendosi a poderose strutture murarie di età ellenistica e romana a carattere difensivo e di presidio del porto;

icona del turismo calabrese sullo Ionio per il suo pregio storico non meno che scenografico, il "Castello aragonese" rientra dal 2014 fra i poco meno di 20 "luoghi della cultura" statali che oggi fanno capo alla Direzione Regionale Musei della Calabria, affidata all'archeologo Filippo Demma: si tratta del secondo monumento più visitato dell'elenco. Responsabile del sito è attualmente l'archeologo Gregorio Aversa, dato il coinvolgimento del direttore designato nell'indagine "Cerchio magico" (si veda: "https://www.beniculturali.it/luogo/le-castella");

nell'estate 2022, con il turismo tornato ai grandi numeri pre-pandemia, le lamentele dei visitatori per le condizioni generali della fortezza e dell'isolotto, per la gestione delle visite che, gratuite ma senza servizio guide, escludono il torrione, la chiesetta e i camminamenti di ronda, si sono fatte più frequenti rispetto a prima, come dimostrano anche alcune recensioni su siti dedicati;

considerato che le lamentele trovano spiegazione nella storia più recente del monumento e chiamano in causa sia l'amministrazione locale sia quella statale. Solo nel 2018, infatti, grazie alle accurate verifiche condotte dalla Commissione prefettizia presieduta dal dottor Domenico Mannino (alla quale il Comune era stato affidato dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del 2017) e tese alla predisposizione di un bando pubblico per l'affidamento dei servizi aggiuntivi del "Castello", incombenza da sempre svolta dall'Ente locale, ma con concessione da ultimo prorogata alla pro loco di Le Castella senza procedura di evidenza pubblica, emerse che non solo il torrione, ma l'intera fortezza, demaniale, era stata assegnata al Ministero della cultura, non al Comune, e da questo al Polo museale ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 171 del 29 agosto 2014 e del decreto ministeriale 23 dicembre 2014. Il Ministero vi è chiamato, perciò, a garantire l'apertura con proprio personale e secondo le proprie regole di gestione, che devono anche assicurare accessibilità in sicurezza a tutto il sito e livelli uniformi di qualità della visita;

considerato inoltre che:

l'inattesa "novità" fu gestita al meglio, date le circostanze, facendo sedere intorno ad un tavolo, anche grazie all'impegno dell'allora Prefetto di Crotone, dottor Ferdinando Guida, tutti i soggetti aventi titolo (Agenzia del Demanio, Segretariato Regionale e Polo Museale MiC della Calabria, Commissione Prefettizia, Riserva marina e Capitaneria di Porto), per pervenire il più rapidamente possibile alla presa in carico ufficiale della fortezza da parte dell'allora Polo Museale della Calabria senza penalizzare troppo l'utenza, nelle more, tant'è che nel pur breve periodo di apertura al pubblico dell'estate seguente (16 luglio - 15 ottobre 2019) si registrarono 20.000 presenze (si veda ""Le Castella" di Isola Capo Rizzuto oltre 20.000 visitatori da luglio a ottobre 2019" su "jblasa.com");

ripristinata l'amministrazione ordinaria, il Comune e il Ministero guardandosi bene dal seguire con la dovuta diligenza e tempestività la strada già tracciata, che per tornare ad esternalizzare i servizi aggiuntivi, nel mentre si provvedeva alla indispensabile messa in sicurezza, avrebbe richiesto l'espletamento di una gara mediante CONSIP, sono riusciti ad arrivare all'estate 2020 senza ancora avere definito i rispettivi compiti e senza appaltare i lavori necessari. Così, per salvare la stagione, complici le pressioni della politica regionale, è stato disposto di non riaprire il Museo e Parco archeologico nazionale di Capo Colonna, distante pochi chilometri, per poter spostare i pochissimi dipendenti ministeriali superstiti a Le Castella, in modo da assicurare invece l'apertura della fortezza;

l'atteso Accordo di valorizzazione Comune-Direzione Regionale Musei del Ministero (ex Polo Museale), che all'art. 3 consente all'ufficio ministeriale di siglare convenzioni per regolare servizi strumentali, reca la data del 1° settembre 2020 (prot. 4948-P). E in ottobre il sindaco comunicava ai media di voler avviare l'iter per l'iscrizione del "Castello" nella lista del patrimonio mondiale UNESCO (si veda "Il Castello Aragonese di Le Castella si candida a Patrimonio Unesco" su "calabria.live");

nel 2021, il Comune, certo che, sacrificando ancora Capo Colonna, il Ministero avrebbe garantito l'apertura estiva del "Castello aragonese" (limitata però, in fase post-COVID, a sola mezza giornata e a gruppi di massimo 12 persone) (si veda "Riapertura dei luoghi della cultura afferenti alla Direzione regionale Musei Calabria" su "beniculturali.it"), si è impegnato negli interventi di manutenzione degli spazi esterni all'isolotto, di sua spettanza, ma dove parte della massicciata risulta difficilmente praticabile sia di giorno sia, soprattutto, di notte, perché l'illuminazione originale è fuori uso da anni. L'Ente e la PA si sono invece ben guardati, nonostante i "contatti continui" (si veda "Il Castello Aragonese ritorna ad essere il simbolo del territorio" su "crotoneok.it"), dall'affrontare la questione dei servizi aggiuntivi, neppure in prospettiva;

valutato che il quadro dei rapporti fra le amministrazioni statale e comunale non è mutato nel 2022, né sono mutate le condizioni generali di visita, ma senza che alcuna delle due parti sembri soffrirne: mancando ormai da molto tempo una seria manutenzione (ordinaria e straordinaria) del monumento, che spetta al Ministero assicurare, i visitatori dell'estate in corso hanno avuto accesso libero e gratuito alla fortezza ma, come già riferito, anche quest'anno si sono visti sbarrare l'accesso alla chiesetta cinquecentesca e ai camminamenti di ronda rivolti verso la terraferma, nonché la visita ai 3 piani del torrione (invaso dai piccioni), perché la fruizione in sicurezza è ormai compromessa. Sul lato lungo e sull'angolo del "Castello" visibili dalla costa sono stati posizionati dei riflettori, per illuminare da terra cortine e i bastioni, ma con un sistema a dir poco grossolano e visivamente impattante,

si chiede di sapere:

quando la Direzione regionale Musei della Calabria, a 4 anni da quando apprese di esserne responsabile in toto e poco meno da quando si è vista consegnare ufficialmente il "Castello", avvierà i lavori che le consentiranno di fare fronte all'obbligo, vigente ma disatteso, di garantire ai visitatori i livelli uniformi di qualità assicurati a tutti i siti culturali statali sul territorio italiano;

quando il Ministro in indirizzo, preso atto di quello che gli interroganti considerano il fallimento delle sue politiche culturali, vorrà restituire agli uffici diffusi sul territorio la dignità derivante dalla capacità economica necessaria ad eseguire a tempo debito la manutenzione e il restauro dei monumenti, non molti anni dopo, invece di costringere il personale superstite a farsi complice dell'agonia quotidiana del sistema dissimulando, nei rapporti con le amministrazioni locali, la gravità della situazione, e facendo credere che quel vivacchiare indecoroso imposto dalle cosiddette riforme dell'attuale direzione politica del Ministero sia la cifra di una corretta ed efficiente gestione del patrimonio culturale pubblico.

(4-07388)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che:

risulta agli interroganti che il "Parco Archeologico dell'Appia Antica", Istituto del Ministero, goda di autonomia speciale: scientifica, finanziaria, contabile e amministrativa (si veda "https://www.parcoarcheologicoappiaantica.it/chi-siamo/") e che la direzione del suddetto ufficio di livello dirigenziale non generale sia attualmente attribuita all'architetto Simone Quilici, precedentemente dirigente della Regione Lazio;

tra i compiti assegnati vi sono la conservazione, la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale affidatogli, con obblighi di rendicontazione;

considerato che:

tra i beni in consegna a detto Istituto rientra lo straordinario complesso monumentale costituito dal Castrum Caetani, fortilizio che ingloba e trasforma in mastio il Mausoleo di Cecilia Metella, edificato presumibilmente tra il 27 a.C. e il 10 a.C.. Tale edificio funerario riveste da secoli un riconosciuto carattere identitario, tanto da divenire vera e propria icona dell'Appia, come documentano la cartografia storica, scritti, dipinti e incisioni a partire dalla metà del Cinquecento, tra i quali il celebre ritratto di "Goethe nella Campagna romana" di Johann H.W. Tischbein, oggi presso il Frankfurter Städelsches Museum, nel quale l'intellettuale, seduto su un capitello in abiti da viaggio, è raffigurato nella campagna romana a sud delle mura urbiche connotata solo da acquedotti, ruderi sparsi e dalla grande mole del mausoleo gentilizio;

nonostante le spoliazioni patite, la documentazione grafica disponibile mostra sostanzialmente invariato nel tempo il sobrio e poderoso tamburo che ne conferisce l'eccezionale monumentalità, sormontato dalla merlatura ghibellina realizzata dai Caetani, sul quale spicca solamente la lastra marmorea riportante l'iscrizione strutturata nella sola declinazione onomastica sufficiente tuttavia a eternare la memoria della defunta grazie alla muta e armonica potenza di una stringata iscrizione capace di riempire da sempre lo spazio visivo, pur nelle ridotte dimensioni rispetto al mausoleo che la ospita, di chiunque vi sia nei secoli passato davanti;

l'aspetto del mausoleo fu manomesso, nel 1809, dal Governo napoleonico che affisse, al di sotto della tabella funeraria, un'iscrizione celebrante l'individuazione presso il mausoleo di Cecilia Metella, nel 1751, di una delle basi geodetiche di caposaldo trigonometrico ad opera dei gesuiti Rudolf Boscovich e Christopher Maire. Tale inserzione, visibile per pochissimo tempo poiché rimossa nel 1814, era nota unicamente grazie alla descrizione fattane da Philippe Petit-Radel ("Voyage historique, chorographique et philosophique dans les principales villes de l'Italie, en 1811 et 1812". Tome 2, p. 407) nel corso del suo tour e per la presenza dei fori da grappa in corrispondenza dei punti di ancoraggio della stessa. Nel 2011 essa è stata rinvenuta presso i depositi della Raccolta Epigrafica dei Musei Vaticani e ne è stata data notizia mediante conferenza del 16 giugno dello stesso anno dal titolo "La topografia scolpita. Il ritrovamento in Vaticano di una lapide posta dal Governo Napoleonico (1809 - 1814) lungo la via Appia", tenuta da Giorgio Filippi, curatore della Raccolta Epigrafica dei Musei Vaticani, e Tullio Aebischer, cultore della materia di Geografia presso l'Università La Sapienza di Roma;

valutato che:

consta agli interroganti che in tempi recenti il Parco dell'Appia abbia entusiasticamente accolto la richiesta di collocazione di copia di tale lapide nel punto originario, dimentico del motivato parere negativo già emesso in anni precedenti. Non solo: viene allestita una mostra dal titolo "Misurare la Terra. Un'epigrafe napoleonica dai Musei Vaticani al Mausoleo di Cecilia Metella" presso il complesso di Capo di Bove (29 ottobre 2021 - 9 gennaio 2022) corredata da un catalogo a cura di Aura Picchione, Stefano Roascio, Ilaria Sgarbozza, giubilanti funzionari del Parco. Non è dato sapere, in assenza di informazioni a riguardo nell'area "Trasparenza" del sito web dell'Istituto, la provenienza e la consistenza delle risorse finanziarie impegnate in tale operazione;

tale epocale evento culturale è stato, inoltre, accompagnato da adeguata campagna comunicativa sui media ("L'esecuzione della copia e il suo ricollocamento sul tamburo esterno di Cecilia Metella" sul canale "Youtube"). Alle pagine 119-120 del catalogo si legge, a firma della dottoressa Sara Iovine, restauratrice in forza al Parco dell'Appia "…il calco doveva essere posto nella stessa posizione dell'originale" ma si è "reso necessario di prevedere l'alloggiamento dei nuovi perni poco al di sopra di quelli ottocenteschi….La messa in opera è stata effettuata il 27 settembre 2021 tramite utilizzo di un braccio meccanico….Una volta realizzati i fori il perno in acciaio è stato assicurato in profondità con della resina...",

si chiede di sapere:

quale sia la valutazione del Ministro in indirizzo circa il rilievo e l'interesse da attribuirsi al calco in resina di un'epigrafe inopinatamente collocata sulla porzione meglio visibile del tamburo del mausoleo nel 1809 e rimossa nel 1814, giustamente in quanto avulsa dal testo critico del monumento;

se reputi che la riproduzione abbia in sé una eccezionale valenza storica e culturale tali da giustificare 1) non un "restauro", poiché tale è ciò che ricostruisce "il testo critico dell'opera" e non "l'intervento pratico in sé e per sé", per usare la definizione datane da Cesare Brandi, 2) non un "ripristino", poiché l'affissione concerne un calco in resina siliconica e non l'iscrizione napoleonica, saldamente custodita presso la Raccolta Epigrafica dei Musei Vaticani, 3) non un'attività di valorizzazione, poiché, a fronte del decreto legislativo n. 42 del 2004 e s.m.i., art. 112 "nella valorizzazione dei beni culturali si ravvisa un fattore determinante per lo sviluppo dei territori", ma piuttosto una insensata violazione del simbolo della via Appia antica, rappresentato e descritto attraverso i secoli quanto il Colosseo, della sua morfologia, del suo equilibrio architettonico scomponendone gli elementi costitutivi e il raggiunto equilibrio formale ideale;

se non debba, tale inusuale intervento, ritenersi piuttosto una addizione antiscientifica (oltre che "un'offesa alla ragione e all'economia") consistente per di più in un vero e proprio atto di "vandalismo" istituzionale, a parere degli interroganti, anche in virtù di nuove perforazioni effettuate sul tamburo al fine di ricollocare la copia in resina di un'iscrizione-meteora, la cui capacità di accrescere e rafforzare la conoscenza del monumento pare del tutto assente, dal momento che la lapide è stata rinvenuta e presentata un decennio prima e non si configuri, piuttosto, quale azione motivata da interessi opachi, alieni dalla mission ed ennesimo, gravissimo, esempio di incultura scientifica e segnatamente archeologica che, nella divina indifferenza del Ministero, connota ormai da un triennio la gestione del "Parco Archeologico dell'Appia Antica".

(4-07389)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che sul finire del 2021, una sigla sindacale ha chiesto (anche mediante accesso agli atti) ai responsabili del Ministero della cultura di fare chiarezza sui lavori realizzati a Roma, nel complesso monumentale di San Michele a Ripa (1686-1834), dov'è la sede storica di alcune direzioni generali, per rifunzionalizzare la sala detta "degli Arazzi" ed adibirla ad uffici. Sita al 4° piano, sopra la Chiesa Grande (1706) e accanto alla più famosa "Sala dello Stenditoio" (allestita per ospitare iniziative aperte al pubblico) (si veda "La fabbrica del San Michele a Ripa" su "made-in-rome.com"), la "Sala degli Arazzi" è stata completamente ristrutturata allo scopo di ricavarvi gli spazi poi destinati alla "Direzione generale Sicurezza del Patrimonio Culturale", istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 169 del 2 dicembre 2019;

considerato che:

secondo le contestazioni tali lavori, eseguiti a cavallo tra il 2020 e il 2021 e costati circa 500.000 euro, non sarebbero stati messi a bando in regime di trasparenza amministrativa, né avrebbero rispettato gli obblighi di pubblicazione secondo le norme contro la corruzione e la cattiva amministrazione. L'ordine di esecuzione sarebbe stato impartito al Segretariato regionale del Lazio direttamente dal Segretariato generale, e anche il pagamento sarebbe arrivato dalle casse del vertice amministrativo del dicastero, scoraggiando qualsiasi contestazione;

di fatto, ed è paradossale data la mission della Direzione generale destinataria dei nuovi "spazi" e del dicastero tutto, sembra che tali interventi edilizi non abbiano rispettato né le norme che tutelano qualsiasi complesso immobiliare storico assoggettato a vincolo tutorio, né la disciplina del benessere e della sicurezza sui luoghi di lavoro: in quel sottotetto privo d'isolamento termico il personale è rimasto senza riscaldamento in inverno (il guasto dell'impianto è stato risolto installandone uno nuovo solo a marzo 2022) ed esposto all'effetto serra delle vetrate in estate;

in aggiunta, le finestre di un lato del lungo e stretto corridoio su cui si affacciano le mini-stanze (disegnate posizionando pareti in vetro), non si aprono, e tutte sono parzialmente schermate a causa delle controsoffittature, mentre in ciascuno dei mini-vani trovano posto, a fatica, 4 postazioni di lavoro, il che rende arduo al personale rispettare la distanza di sicurezza necessaria ad evitare/ridurre i contagi;

la chiusura, poi, con i lavori di maggio 2022, peraltro eseguiti mentre erano in corso quelli della "Direzione generale ABAP" nelle scala "C", dell'unica fonte di ventilazione del corridoio, ovvero i due vani lasciati inizialmente aperti che danno sul Cortile dei Vecchi, ha reso la situazione ancora più critica, sottraendo altra luce e aria agli ambienti, anche se per adesso appare scongiurato uno scenario ancora più intollerabile: quello derivante dal fatto che i decisori pare avessero messo gli occhi, inizialmente, anche sulla "Sala dello Stenditoio";

valutato che:

la circostanza, contestata dai rappresentanti dei lavoratori ai dirigenti coinvolti, che la consegna dei locali ricavati dalla ristrutturazione della "Sala degli Arazzi" alla "Direzione generale Sicurezza del Patrimonio Culturale", ad ottobre 2021, non sia stata accompagnata da quella dei certificati di collaudo, della dichiarazione di conformità degli impianti, dell'agibilità, dell'antincendio, e ciò nonostante, dal 26 novembre 2021, il personale ministeriale in forza alla suddetta Direzione à stato trasferito nei nuovi "uffici", se reale, sarebbe di inaudita gravità, così come la mancata funzionalità dell'impianto antincendio e l'assenza di elaborati progettuali a monte dei lavori di ulteriore trasformazione eseguiti in tarda primavera,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga necessario e opportuno disporre immediatamente un'accurata verifica della conformità alle previsioni di legge degli uffici assegnati alla "Direzione generale Sicurezza del Patrimonio Culturale" in seguito ad una opinabile rifunzionalizzazione della "Sala degli Arazzi" del complesso monumentale di San Michele a Ripa e un'altrettanto puntuale analisi dell'iter amministrativo seguito per la progettazione e l'esecuzione dei lavori.

(4-07390)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura - Al Ministro della salute. - Premesso che:

il Presidio sanitario Medica Group S.r.l. con sede in Roma è una struttura privata convenzionata con la Regione Lazio che si occupa dell'erogazione di servizi assistenziali al paziente, segnatamente di attività di ricovero, diagnosi e cura in forma integrata con il Sistema sanitario regionale. Dal sito internet di Medica Group si evince che l'azienda, costituita nel 2015 e operante da diversi anni oltre che nei propri tre reparti (Hospice, Lungodegenza, Subintensiva R1) anche nel sistema delle Assistenze domiciliari integrate, ha ottenuto in tempi relativamente recenti l'accreditamento con il SSR citato;

negli ultimi mesi, a seguito di alcune variazioni nell'organigramma disposte dalla proprietà con conseguente assunzione di ruoli apicali da parte di nuovi soggetti, si sono verificate situazioni che, a detta dei lavoratori, hanno portato verso un progressivo declino del benessere aziendale, oltre che della qualità assistenziale fornita. A quanto risulta alle interroganti, infatti: i cambiamenti di cui sopra hanno comportato in primis un significativo peggioramento delle condizioni dei dipendenti, con particolare riferimento al personale medico-sanitario, sia dal punto di vista del trattamento economico che delle condizioni lavorative. Il management, in controtendenza rispetto a quanto avviene nell'attuale periodo storico in ambito sanitario, ha operato una spending review capillare che ha portato non soltanto al taglio o demansionamento delle posizioni lavorative non ritenute più imprescindibili, ma anche alla soppressione di benefit ai dipendenti come i buoni pasto, alla riduzione o al mancato riconoscimento del lavoro straordinario, a tentativi di variazione unilaterale dei contratti di lavoro, fino al cambiamento dei fornitori aziendali con soluzioni al ribasso, che hanno comportato in alcuni casi problematiche nell'approvvigionamento dei materiali necessari alle attività dei reparti;

alle misure poste in essere, accolte malvolentieri dalla maggioranza del personale, si è accompagnato fin da subito un atteggiamento insofferente e sprezzante della Direzione, che ha determinato l'adesione in massa dei lavoratori alle organizzazioni sindacali, fino ad allora rimaste al di fuori dell'azienda. Tale circostanza ha comportato, da ultimo, un ulteriore inasprimento del clima aziendale, per cui le legittime istanze dei lavoratori sono state ripetutamente disattese, anche a fronte del deficit rappresentativo delle sigle in una realtà di modeste dimensioni. I lavoratori di alcune strutture numericamente sottodimensionate si sono ritrovati, per garantire i livelli assistenziali minimi, a compiere veri e propri tour de force, a fronte della pervicace volontà dell'azienda di sfruttare al massimo le risorse, disponendone di volta in volta in favore dei servizi maggiormente remunerativi in termini economici. L'ufficio del personale si è mostrato reticente e scarsamente collaborativo di fronte alle richieste dei dipendenti, come di recente nel caso delle proteste per la mancata liquidazione delle ore di lavoro straordinario prestato, anche a fronte di una lamentata sperequazione e difformità di trattamento a seconda dell'unità aziendale di appartenenza. I dipendenti che denunciano problemi organizzativi potenzialmente impattanti sulla sicurezza dei pazienti vengono accusati di allarmismo e etichettati come sovversivi;

l'utilizzo di comportamenti vessatori e intimidatori nei confronti dei soggetti gerarchicamente sottoposti sarebbe all'ordine del giorno, talvolta con il ricorso al turpiloquio da parte di esponenti della Direzione, così come fenomeni di mobbing e condotte antisindacali, con minacce di trasferimenti e licenziamenti. Tale escalation ha avuto il suo culmine recentemente nel licenziamento di alcune risorse;

considerato che:

in una struttura, a detta degli stessi dipendenti, un tempo fiore all'occhiello della sanità privata romana, si è verificato un crollo del benessere aziendale con serie ripercussioni sui livelli assistenziali forniti;

il malessere del personale dipendente, a fronte dei provvedimenti posti in essere dal management di Medica Group, ha comportato la sindacalizzazione di larga parte dei lavoratori;

le legittime proteste dei dipendenti, l'invito a un confronto costruttivo, le soluzioni prospettate di concerto con le organizzazioni sindacali hanno avuto come conseguenza rappresaglie e minacce di licenziamenti di massa nei confronti dei lavoratori, costretti a fronteggiare il clima di terrore instauratosi all'interno dell'azienda;

l'attività delle autorità preposte a svolgere funzioni di controllo ha scarsa efficacia in strutture private di dimensioni relativamente ridotte, sia per l'elemento dimensionale che per la minore rappresentatività delle organizzazioni dei lavoratori;

alla luce dell'epidemia da SARS-CoV-2 e del conseguente aumento della spesa sanitaria da parte dei vari livelli di governo, che ha rappresentato un enorme opportunità di crescita per le strutture sanitarie private, è necessario tutelare gli operatori sanitari, che non possono essere considerati pedine sacrificabili sull'altare delle logiche di profitto,

si chiede di sapere:

quali azioni di propria competenza il Ministro in indirizzo intenda intraprendere per accertare la situazione all'interno del Presidio sanitario Medica Group Srl;

se al Ministro risultino altri casi analoghi;

quali azioni intenda intraprendere per impedire comportamenti prevaricatori e lesivi nei confronti degli operatori del settore sanitario;

se non si ritenga opportuno rimodulare il sistema dei finanziamenti alla sanità privata instaurando un circolo virtuoso per cui soltanto le strutture più meritevoli, nonché maggiormente aderenti al rispetto dei diritti dei propri dipendenti, possano beneficiare delle agevolazioni di legge.

(4-07391)

CORRADO Margherita, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura, LANNUTTI - Al Ministro della cultura. - Premesso che risulta agli interroganti, grazie alla cortese anticipazione di alcuni contenuti del prossimo saggio di Christos Tsirogiannis, oggi Professore Associato AIAS-COFUND Junior Fellow della Aarhus University, in Danimarca, e alla generosa collaborazione di Maurizio Pellegrini e Daniela Rizzo, che nella collezione permanente del Museo del Louvre è presente un'anfora attica a figure rosse decorata dal ceramografo noto con il nome convenzionale di Pittore di Berlino (attivo nei decenni 490-460 a.C.), coniato da John Beazley. Il vaso, risalente all'inizio del V sec. a.C., reca sul lato A un suonatore di cetra, mentre sul lato B gli specialisti riconoscono un giudice o un attento spettatore;

considerato che:

l'anfora attica in questione compare più volte nel cospicuo archivio fotografico sequestrato nel 1995, su ordine della Procura di Roma, al commerciante romano di antichità Giacomo Medici nel porto franco di Ginevra. Questi, secondo l'organigramma trovato dai Carabinieri per la Tutela del patrimonio culturale (TPC), acquistava reperti dai tombaroli, per immetterli nei canali del commercio internazionale, da Napoli in su, e specialmente dai territori dell'antica Etruria (si veda "Petrolio 2018 - Sulle tracce di Giacomo Medici, il blitz dei carabinieri a Ginevra" su "RaiPlay"; "Vasi apuli a figure rosse: mistero risolto ma questione ancora tutta da derimere" su "arte.icrewplay.com");

cinque polaroid del sequestro Medici ritraggono il vaso del Pittore di Berlino prima in frammenti e poi assemblato (così compare anche in due stampe e altre tre polaroid) ma non ancora restaurato, ovvero privo delle integrazioni con cui sono state più tardi abilmente colmate le lacune che oggi, nella vetrina del Louvre, lo fanno sembrare completo e apparentemente integro. Le stesse immagini contemplano anche ad altre due anfore, parimenti in frantumi prima del riassemblaggio utile a presentarle ai potenziali acquirenti: un secondo esemplare dipinto a figure rosse attribuito anch'esso al Pittore di Berlino (coevo al primo e con analoga iconografia), restituito all'Italia dal Metropolitan Museum di New York (MET) nel 2007 con gli altri 66 "capolavori ritrovati", come allora si disse, oggi esposto nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia (si veda "https://archeoblog.net/2007/nostoi-capolavori-ritrovati-o-per-meglio-dire-restituiti"), ed un'anfora panatenaica, decorata invece a figure nere, attribuita al contemporaneo e rivale Pittore di Kleophrades (500-490 a.C.);

valutato che:

secondo la ricostruzione di Tsirogiannis, fin qui inedita, tutti e tre i vasi entrarono a far parte della collezione di Nelson Bunker Hunt e William Hunt (dove nel 2006 l'archeologo greco l'ha identificata, nel catalogo "Wealth of the Ancient World" del 1983), venduta interamente da Sotheby's il 19 giugno 1990, come lotto n.10. Riapparve, l'anfora del Pittore di Berlino che qui si esamina, sempre a New York e sempre da Sotheby's, il 14 dicembre 1994, come lotto n. 59, e poco dopo entrò nella disponibilità del Louvre;

nel 2017 fu presentata nella mostra "Il Pittore di Berlino e il suo mondo" (il catalogo la illustra alle pagine 238-239, n. 13 e 391-392), organizzata dal Princeton University Museum of Art di New York, che gli studiosi del settore conoscono per essere stato spesso coinvolto nell'acquisizione illecita di reperti di origine italiana, proprio come il più celebre MET, del resto, protagonista anche oggi di restituzioni che fanno seguito ad indagini giudiziarie e confische (si veda "Sequestrate al Metropolitan Museum 27 opere arte antiche: 21 sono italiane" su "gazzettadiparma.it"; "Usa. Contrabbando d'arte internazionale. Il Metropolitan Museum of Art restituisce all'Italia "tesori rubati" su "trapani.gds.it" e "agenpress.it");

ad uno storico curatore del MET, Dietrich F. von Bothmer (1918-2009), autore di saggi per il citato catalogo sulla collezione Hunt e coinvolto in compravendite illegali anche per la sua collezione privata, si deve la donazione al Louvre di un frammento dell'anfora in questione. La Francia, del resto, lo insignì della Legion d'onore e lo volle tra i propri accademici;

un altro frammento è stato identificato presso il dottor John Robert Guy (1949-2020), che, legato al Princeton University Museum of Art, dove nel 1984 divenne curatore associato di arte antica e collezionista di frammenti egli stesso, per i trafficanti si prestava ad identificare su base stilistica l'autore delle pitture, quando, come nel caso dell'anfora del Pittore di Berlino oggi in Francia, i vasi provenienti da scavi non autorizzati risultassero mancanti del nome del ceramografo. Proprio il Guy aveva donato due frammenti dell'altra anfora del Pittore di Berlino al MET, acquirente di quel vaso, nel 1985, da una società di Robert Hecht, la "Atlantis Antiquities", che l'aveva a sua volta comprata a Londra nel 1982 da un intermediario svizzero verosimilmente in società con Medici;

quanto all'anfora panatenaica, essa è ricomparsa, perfettamente restaurata, sul n. 4 del "Cahn's Quarterly" del 2015, pubblicato dalla "Jean-David Cahn AG" di Basilea, galleria per la quale Robert Guy fu anche consulente,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga di doversi adoperare con ogni mezzo a sua disposizione perché sia rivendicata all'Italia l'anfora attica a figure rosse del Pittore di Berlino che il Louvre acquistò a metà degli anni '90, verosimilmente da Sotheby's, della cui origine furtiva (provenendo con molta probabilità da qualche tomba etrusca depredata) fanno fede le fotografie dell'archivio Medici che la immortalano prima in frammenti e poi assemblata provvisoriamente;

se, poiché nelle immagini confiscate al Medici compaiono, insieme a quella "del Louvre", altre due anfore, una sola delle quali (anch'essa attribuita al Pittore di Berlino) è stata restituita all'Italia dal MET già nel 2007, non convenga con gli interroganti che sarebbe opportuno accertare, in merito alla terza, se la galleria Cahn l'abbia venduta e a chi, nella prospettiva di chiederne la restituzione.

(4-07392)

NUGNES Paola - Al Ministro dello sviluppo economico. - Premesso che:

consultando i siti regionali CORECOM, si apprende che in molte Regioni sarebbero esauriti i fondi ministeriali (sembra perché già tutti utilizzati per i referendum e le elezioni amministrative del 2022) previsti per garantire la par condicio nelle trasmissioni delle emittenti private radiotelevisive, attraverso il rimborso della diffusione dei MAG da parte delle emittenti stesse, in relazione alla campagna elettorale per le elezioni politiche del 25 settembre 2022;

la legge n. 28 del 2000 ("par condicio ") "promuove e disciplina, al fine di garantire la parità di trattamento e l'imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici, l'accesso ai mezzi di informazione per la comunicazione… durante le campagne per l'elezione al Parlamento europeo, per le elezioni politiche, regionali e amministrative e per ogni referendum" (art. 1); e che "le emittenti radiotelevisive devono assicurare a tutti i soggetti politici con imparzialità ed equità l'accesso all'informazione e alla comunicazione politica" (art. 2);

tale eventuale mancanza di fondi per i MAG penalizzerebbe prevalentemente i nuovi soggetti politici, privi di adeguate risorse economiche,

si chiede di sapere:

quali urgenti ed indifferibili provvedimenti intenda assumere il Ministro in indirizzo per garantire la par condicio fra tutti i soggetti che ne hanno i requisiti (delibera AGCOM 299/22) anche nella campagna elettorale per le elezioni politiche del 25 settembre;

se l'eventuale disapplicazione della legge n. 28 del 2000 non si configuri come un vulnus del principio costituzionale della libertà di voto per tutti i cittadini.

(4-07393)

PACIFICO Marinella - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico. - Premesso che Ministero dello sviluppo economico e Banca d'Italia sono le autorità di vigilanza e controllo competenti per le regolamentazioni delle banche popolari e quelle di credito cooperativo. Banche che da sempre sono un punto di riferimento sul territorio e un sostegno imprescindibile per piccole e medie imprese, artigiani, commercianti, liberi professionisti e famiglie;

premesso che:

le società per azioni sono forme giuridiche che le imprese assumono per operare negli ambiti di riferimento. Sono società definite di "capitali" in quanto l'elemento del capitale ha una prevalenza concettuale e normativa rispetto all'elemento soggettivo rappresentato dai soci. Chi investe in titoli azionari ha poi diritto a percepire annualmente il dividendo sugli utili conseguiti nel periodo di riferimento. Sarà l'assemblea dei soci a decidere sul dividendo da distribuire, potendo anche stabilire di non distribuirne alcuno. È una forma di investimento da parte del detentore ed ha carattere di strumento finanziario. Infatti, secondo l'art. 1 del decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58 le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio sono strumenti finanziari. Il regime normativo della società per azioni può distinguersi a seconda che le società facciano o meno ricorso al mercato del capitale di rischio (art. 2325-bis, del Codice civile). Le società per azioni possono far ricorso al mercato del capitale di rischio, ovvero emettere azioni diffuse tra il pubblico. Queste società si distinguono in società quotate nei mercati regolamentati e società che non ricorrono alla quotazione, ma che sono tuttavia "aperte" al mercato del capitale di rischio in quanto hanno azioni diffuse in maniera rilevante presso il pubblico. L'accesso al mercato regolamentato consente facilmente di acquistare o vendere le azioni;

nei mercati non regolamentati è possibile comprare soltanto se l'intermediario ha ricevuto una proposta di vendita e vendere soltanto se lo stesso ha ricevuto una proposta di acquisto. La determinazione del prezzo avviene in base allo stretto principio dell'incontro tra la domanda e l'offerta. Di conseguenza, nel caso di società non quotate, i tempi e il prezzo di smobilizzo delle somme investite sono influenzati dalle regole proprie del mercato non regolamentato;

per tali ragioni, l'investimento ha per oggetto titoli che possono definirsi illiquidi, poiché soggetti a un rischio di liquidità connesso alle regole che ne disciplinano la circolazione;

in conclusione, si tratta di azioni che presentano un peculiare rischio di monetizzazione per il fatto che non sono quotate, poiché non possono essere scambiate in un mercato regolamentato, ma tramite la stessa banca emittente o direttamente tra i soci-azionisti. Queste caratteristiche rendono difficoltoso il loro trasferimento e perciò il recupero delle somme impiegate nell'acquisto. Esse incidono direttamente nella liquidità dello strumento finanziario, che consiste nella sua attitudine a trasformarsi agevolmente in moneta senza perdita di valore;

premesso che:

la Consob ha emesso una specifica Comunicazione, n. 9019104 del 2 marzo 2009, che riguarda la negoziazione di titoli illiquidi e, dunque, delle azioni di banche non quotate. La Consob, quale autorità di regolazione, agisce attraverso una pluralità di atti, alcuni normativi ed altri amministrativi, di carattere generale, cui i soggetti intermediari devono attenersi. Tra questi vi sono le "Comunicazioni" utilizzate per indicare gli orientamenti ufficiali dell'autorità sulla corretta interpretazione ed applicazione della normativa di settore. Questi atti hanno contenuto generale e astratto e si caratterizzano per una quasi normatività. Essi indirizzano i comportamenti degli operatori e assumono un'importante funzione nomofilattica. Si tratta di documenti che, pur se privi di diretta portata precettiva, hanno contenuto esplicativo degli obblighi di legge;

la Comunicazione n. 9019104 del 2 marzo 2009 attiene ai principi e alle regole di comportamento dell'intermediario nella distribuzione di prodotti finanziari illiquidi. Il documento contiene indicazioni sugli adempimenti connessi alla distribuzione verso la clientela al dettaglio. La Consob spiega che sono da ritenere prodotti finanziari illiquidi quelli che comportano per l'investitore ostacoli o limitazioni allo smobilizzo entro un tempo ragionevole, a condizioni di prezzo significative. Le azioni non quotate rientrano nella definizione di titoli illiquidi utilizzata nella Comunicazione. Infatti, detto investimento potrà essere smobilizzato solo nell'ambito del mercato non regolamentato che non consente la compravendita in modo istantaneo con immediato accredito dell'operazione sul proprio conto. La Comunicazione Consob chiarisce che la condizione di "liquidità" può essere garantita dall'impegno della banca intermediaria al riacquisto, sulla base di criteri e meccanismi prefissati;

l'obbligo di diligenza nella condotta e nell'informativa degli intermediari è sancito dall'art. 21, comma 1, del TUF. In particolare, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori, essi devono "a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati; b) acquisire, le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati";

comportarsi con diligenza vuol dire agire in maniera professionalmente adeguata. La correttezza impone condotte leali, modellate e improntate al fine di realizzare l'interesse del cliente. La trasparenza è legata all'informazione e si concreta nel fornire al cliente tutte le informazioni necessarie sul servizio prestato;

perciò, l'investitore va anzitutto messo a conoscenza del fatto che le azioni non quotate sono riconducibili alla categoria dei titoli illiquidi;

inoltre, secondo la citata Comunicazione Consob, in tema di prodotti finanziari illiquidi, l'obbligo di informazione di cui all'art. 21, comma 1, del TUF impone all'intermediario il dovere di una specifica informativa,

si chiede di sapere, alla luce della perdurante crisi economico-finanziaria, se sia possibile imporre agli Istituti di credito che trattengono le azioni, di valutare, laddove i bilanci siano positivi, il riacquisto delle azioni superato un tempo di immobilizzazione ragionevole (30 giorni) per permettere a chi ha investito e sostenuto la propria banca di prossimità di tornare in possesso della propria liquidità ed evitare disagi economici.

(4-07394)

LANNUTTI, CORRADO Margherita, GRANATO Bianca Laura, ANGRISANI Luisa, SBRANA Rosellina - Ai Ministri dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e dello sviluppo economico. - Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:

la società Autostrade per l'Italia S.p.A. (ASPI) gestisce 2.857 chilometri di rete autostradale in Italia sulla base della convenzione unica sottoscritta in data 12 ottobre 2007 con l'allora ente concedente ANAS S.p.A. (ruolo oggi attribuito al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili);

il 5 maggio 2022 ASPI è passata definitivamente di mano: l'88,06 per cento di Autostrade per l'Italia detenuta da Atlantia S.p.A. (il cui 30,25 per cento è in mano ai Benetton) è stato acquistato per il 51 per cento da holding Reti Autostradali S.p.A. (HRA) partecipato da CDP Equity (la holding di investimenti controllata da Cassa depositi e prestiti), dal fondo Usa Blackstone infrastructure partners (per il 24,5 per cento) e dai fondi gestiti dall'australiana Macquarie asset management (per il 24,5 per cento);

la cessione è costata ben 8.198,8 milioni di euro, il che vuol dire che i Benetton intascano dallo Stato circa la stessa cifra che sborsarono nel 2000 (8 miliardi di euro) per aggiudicarsi la concessione delle autostrade. A questi 8.198,8 milioni di euro vanno però aggiunti i circa 8,8 miliardi di euro di debiti che Atlantia ha di fatto lasciato in società Autostrade e 3,4 miliardi di risarcimento danni per il crollo del Ponte Morandi di Genova, che ha provocato 43 morti. Quindi circa 21,3 miliardi di euro. Il tutto, peraltro, al netto dei 10 miliardi di euro di dividendi che Atlantia ha incassato in questi 20 anni;

in un articolo del quotidiano "Il Domani", a firma di Giorgio Meletti, uscito il 9 agosto 2022, si fa notare inoltre che "la famiglia Benetton non ha subìto alcun danno patrimoniale" dalla tragedia del Ponte Morandi. "Anzi, ci ha guadagnato", scrive il giornalista, il quale spiega che "il giorno del crollo, il titolo Atlantia valeva in Borsa 25 euro. Oggi ne vale 23. Certo, 23 è meno di 25. Però considerate che nel frattempo c'è stata la pandemia, che ha pesato sulle concessioni autostradali con il crollo del traffico, soprattutto nel 2020. E adesso c'è la guerra in Ucraina, che sta terremotando le borse di tutto il mondo. E sono proprio i numeri della Borsa a dirci quanto è andata bene ai Benetton". In particolare, in riferimento all'inizio della pandemia, "da quel 9 marzo 2020 a oggi l'indice FTSE MIB, che misura l'andamento generale della Borsa di Milano, è cresciuto di circa il tre per cento. Il titolo Atlantia invece è salito di circa il 40 per cento". "Una performance che nessuna grande società italiana ha realizzato nello stesso periodo", commenta Meletti;

il giornalista ricostruisce quindi quello che a suo avviso è "uno dei più gravi scandali della storia repubblicana", la cui responsabilità "va divisa equamente tra i tre governi che si sono succeduti in questi quattro anni: Conte I, Conte II e Draghi". Governi che "con una serie di mosse abbastanza stralunate hanno tolto le conseguenze del crollo dal groppone dei Benetton e dei loro soci per traslarlo sulle spalle degli utenti delle autostrade, che lo pagheranno a suon di pedaggi per i prossimi decenni";

considerato che all'indomani del crollo del Ponte Morandi, il partito di maggioranza, il Movimento 5 stelle, era schierato per la revoca della concessione e la Benetton ha ribattuto che la revoca prima del pronunciamento della Cassazione avrebbe messo a repentaglio non solo la sopravvivenza di Atlantia, ma anche la stabilità degli stessi mercati finanziari italiani. La stessa Mediobanca ha sostenuto che la revoca avrebbe potuto dato luogo a un contenzioso legale che sarebbe potuto costare allo Stato 10-11 miliardi di euro di risarcimento;

considerato inoltre che:

a settembre 2019 con il Governo Conte II, si insedia al Ministero delle infrastrutture l'esponente del PD, Paola De Micheli, la quale, con l'ausilio del Ministro dell'economia Roberto Gualtieri, sottoscrive lo storico accordo del 15 luglio 2020, in cui Atlantia S.p.A. assume in nome e per conto della sua controllata ASPI una serie di gravosi impegni. Nel comunicato del Ministero vi era scritto: «In vista della realizzazione di un rilevantissimo piano di manutenzione e investimenti, contenuto nella stessa proposta transattiva, Atlantia e ASPI si sono impegnate a garantire: l'immediato passaggio del controllo di ASPI a un soggetto a partecipazione statale (Cassa depositi e prestiti). Atlantia ha offerto la disponibilità a cedere direttamente l'intera partecipazione in ASPI, pari all'88%, a CDP e a investitori istituzionali di suo gradimento». Tutti contenti della cacciata, ma "i trionfanti non si accorgono - scrive Meletti - , o fingono di non accorgersi (insipienza o malafede?) che la Borsa saluta la punizione dei Benetton con un rialzo del titolo Atlantia del venti per cento". In altre parole, solo la Borsa si sarebbe accorta che il proprietario di ASPI (in quel momento Atlantia) si era prestato "a caricarla di impegni e oneri (3,5 miliardi di spesa, più questo, più quello e più quell'altro) e subito dopo la vende allo Stato, che si compra anche oneri e impegni, chi fa il sacrificio? La Borsa risponde in modo netto: i Benetton l'hanno fatta franca. Le azioni Atlantia volano";

l'acquisto di ASPI viene concluso dal Governo Draghi, il quale, a ottobre 2021 stabilisce che «l'accordo recepisce integralmente le condizioni definite in occasione del Consiglio dei ministri del 14 luglio del 2020, che prevedeva alcuni impegni, tra cui l'esecuzione da parte della società di misure per la collettività per 3,4 miliardi di euro e investimenti per 13,6 miliardi sulla rete». Solo che qualche mese prima ASPI era stata venduta a CDP per quasi 8,2 miliardi di euro, "per cui alla fine, beffardamente, Atlantia ha preso degli impegni che toccherà a CDP onorare, essendo subentrata nella proprietà di ASPI", conclude Meletti;

in un altro articolo, uscito l'11 agosto 2022 a firma di Fabio Pavesi per l'inserto "Verità & Affari", si fa notare che nel frattempo dalla semestrale pubblicata a fine luglio 2022 emergerebbe che dalla vendita al consorzio capitanato da CDP, Atlantia avrebbe ottenuto una plusvalenza di ben 5,31 miliardi di euro, cui si aggiungono altri 526 milioni frutto dei mesi di gestione operativa di ASPI pre-cessione. In tutto 5,84 miliardi di cui i Benetton, tramite Edizione, posseggono il 30 per cento (per la famiglia di Ponzano un guadagno pro-quota che sfiora 1,8 miliardi di euro). Inoltre Atlantia, dopo la cessione, si ritroverebbe anche con un debito finanziario netto sceso da 35 miliardi di euro di fine del 2021 a soli 19 miliardi a giugno del 2022, e con un patrimonio netto del gruppo salito da 8,1 miliardi a 13,7 miliardi. Il tutto grazie alla vendita di Autostrade,

si chiede di sapere:

se si ritenga di dover intervenire per rivedere l'accordo, e dunque per quantificare con certezza l'indennizzo effettivamente spettante all'ex concessionario e se si intenda procedere a una verifica di tutta la documentazione;

se si ritenga di dover mettere un freno ai rincari dei pedaggi autostradali, per evitare di far ricadere sulle imprese che utilizzano la rete e sui comuni cittadini che esercitano il loro diritto costituzionale di spostarsi all'interno del Paese, i costi che invece avrebbe dovuto sostenere chi aveva in gestione la rete, intervenendo all'occorrenza, anche per evitare tragedie come quelle del 14 agosto 2018, costata la vita a ben 43 persone.

(4-07395)

LANNUTTI, CORRADO Margherita, LA MURA Virginia, GRANATO Bianca Laura, ANGRISANI Luisa, SBRANA Rosellina - Al Ministro della transizione ecologica. - Premesso che in data 23 marzo 2022 il Governo ha incarico SNAM di elaborare un progetto per la collocazione di due navi rigassificatrici sulle coste della penisola. Il porto di Piombino è stato individuato quale destinazione di uno dei due impianti. Considerate le dimensioni del rigassificatore e tenuto conto dell'impianto di accompagnamento al suo funzionamento, tale nave non sarebbe in grado di garantire il rischio zero, con riferimento al pericolo incendi e al pericolo di scoppio. Non a caso i rigassificatori offshore sono collocati di regola a 12 miglia (circa 19 chilometri) dalla costa;

considerato che il rigassificatore di Piombino sarà esente da qualsivoglia valutazione di impatto ambientale (VIA) per decisione del Governo, che ha comunicato la scelta all'Unione europea, ovvero alla Commissione Ambiente, oceani e pesca, tramite una lettera inviata il 12 agosto 2022 dal Ministro della transizione ecologica. A giustificare tale decisione vi sarebbe "l'eccezionalità" della situazione attuale, determinata dal prolungarsi del conflitto russo-ucraino e dei conseguenti effetti sulla "sicurezza degli approvvigionamenti energetici", che determinano l'"urgenza" di realizzazione dell'opera. In particolare, nella lettera si legge che l'esenzione dalla normativa in materia di valutazioni ambientali (prevista dall'art. 6 comma 11 del decreto legislativo n. 152 del 2006) è giustificata dal fatto che "l'urgenza di giungere alla realizzazione di nuova capacità di rigassificazione mediante unità galleggianti di stoccaggio è tale che, eventuali ritardi o ostacoli suscettibili di impedirne una tempestiva attuazione, risultano contrari all'interesse dei cittadini italiani e finirebbero per mettere a repentaglio la sicurezza energetica del Paese". Nessuna VIA quindi per l'infrastruttura, che verrà realizzata nel piccolo porto cittadino, ad appena 500 metri dalle abitazioni, e che tratterà, secondo le stime, circa 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno (il 6,5 per cento del fabbisogno nazionale);

considerato inoltre che:

il Canale di Piombino e il Golfo di Follonica sono aree marine di altissimo pregio ambientale, collocate all'interno del cosiddetto "Santuario dei Cetacei". In particolare, il mare di Piombino è uno dei siti più importanti a livello nazionale per gli allevamenti agro ittici. Con un impianto di rigassificazione c'è quindi il forte rischio che l'inquinamento ambientale possa danneggiare gravemente un settore economicamente significativo;

dagli studi più moderni e accreditati, risulta infatti che la presenza di un impianto di rigassificazione implichi forte inquinamento ambientale dovuto alle immissioni di composti di cloro nelle acque marine, sostanze incompatibili con l'allevamento del pesce e dei mitili;

il porto di Piombino è il secondo porto italiano per traffico passeggeri e costituisce uno snodo imprescindibile per l'Arcipelago Toscano e per l'Isola d'Elba. Pertanto i pericoli rappresentati dal rigassificatore non sembrano compatibili né con la vicinanza alle migliaia di persone che lavorano e transitano nel porto, né con gli impianti metallurgici ancora funzionanti e adiacenti al porto;

parimenti, un impianto di rigassificazione, per le interdizioni che implica, rischia di diventare un freno per lo sviluppo di insediamenti produttivi nell'area industriale e nell'area che si affaccia proprio sul porto di Piombino;

ritenuto che:

l'Italia ha bisogno di completare nel più breve tempo possibile il percorso che la porti ad una transizione ecologica vera, indirizzata verso l'utilizzo di fonti rinnovabili realmente ecosostenibili finalizzate ad un reale risparmio energetico;

nonostante il via libera del Presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, che è peraltro commissario nazionale per i rigassificatori, la decisione citata ha visto parere contrario della cittadinanza, delle associazioni ambientaliste, della realtà imprenditoriali, dei rappresentanti dei comitati locali, dei sindaci del territorio, dei partiti ed amministratori locali di diverso orientamento politico. Le problematiche sollevate da chi promuove questa opposizione al progetto del rigassificatore sono serie, e meritano risposte altrettanto serie e chiare, dal momento che iniziative così impattanti per il territorio non possono essere assunte senza una seria verifica delle criticità a livello ambientale, sanitario ed economico, peraltro senza una preventiva consultazione delle comunità locali e dei loro rappresentanti istituzionali e senza il loro necessario consenso, a maggior ragione che il governo intende procedere senza alcuna valutazione di impatto ambientale,

si chiede di sapere:

se si intenda riconsiderare il progetto del rigassificatore galleggiante all'interno delle nuove aree del porto commerciale di Piombino, nonostante la forte contrarietà di cittadini e politici locali;

vista la scelta alquanto discutibile di non sottoporre il rigassificatore a una VIA, quali accorgimenti intenda adottare il Governo per assicurare comunque l'incolumità di tutte le persone che lavorano e transitano nel porto di Piombino e per impedire disagi, se non addirittura la perdita di traffici da detto porto;

come si intenda impedire l'inquinamento delle acque marine, ovvero su quali studi scientifici si basano le eventuali condizioni messe in campo per impedire al rigassificatore di non interagire negativamente con gli impianti agro ittici esistenti nel mare tra Piombino e Follonica;

quali azioni il Ministro in indirizzo intenda intraprendere per garantire la sicurezza di tutti i cittadini piombinesi e non, e quale sarebbe il piano di evacuazione in caso di incidente, considerando che per alcuni studiosi il rigassificatore di Piombino potrebbe avere "una potenza esplosiva pari a 50 bombe di Hiroshima" in quanto "a pieno carico il contenuto energetico è questo".

(4-07396)

STEFANO - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che:

la Giunta della Regione Puglia con deliberazione 5 maggio 2009, n. 745, pubblicata sul "Bollettino Ufficiale della Regione Puglia" n. 87 del 16 giugno 2009 avente a oggetto "Criteri e procedure per l'attivazione di progetti di sperimentazione gestionale (art. 9-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992 e s.m.i.) e dell'istituto dell'in house providing" ha stabilito:

a) che le Aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere possono avvalersi di una società esterna nell'espletamento di compiti istituzionali a condizione che su di essa esercitino un totale controllo pari a quello effettuato sui propri servizi;

b) che l'utilizzazione dell'istituto dell'in house providing deve riguardare esclusivamente prestazioni sanitarie finalizzate al sostegno del bisogno di salute della persona, ovvero confacenti alla mission di garantire cura ed assistenza alle persone assistite da Servizio sanitario nazionale;

c) che le Aziende sanitarie locali e le Aziende ospedaliere, pertanto, possono procedere all'affidamento di un servizio pubblico secondo la formula dell'in house providing, a condizione di poter effettuare sul soggetto affidatario, fornito di personalità giuridica, il totale controllo del bilancio, il controllo sulla qualità dell'amministrazione, l'esercizio dei poteri ispettivi diretti e concreti e l'impostazione di strategie e di politiche aziendali;

l'affidamento delle attività di supporto strumentale ai servizi di cui trattasi, sia nei servizi ospedalieri che in quelli territoriali, così frammentato tra diverse società e cooperative a cui in precedenza erano stati affidati in servizi, ha ingenerato nel tempo un notevole disagio organizzativo;

sotto il profilo della convenienza economica, la costituzione di una società in house potrebbe determinare un significativo miglioramento dei costi e del rapporto costi-benefici per le aziende sanitarie reginali della Regione Puglia, anche in termini dì margine di utile d'esercizio da non dover riconoscere più alle imprese appaltatrici;

le attività societarie riguardano, solo a titolo di esempio, attività di supporto e integrazione dei servizi sanitari di emergenza urgenza resi dalle aziende sanitarie reginali, ivi comprese le attività di soccorso e trasporto dei pazienti da e presso qualsiasi struttura sanitaria; attività socio sanitaria, assistenziale e rieducativa strettamente funzionale all'erogazione dei servizi della riabilitazione fisica, psichica e sensoriale; attività di ausilio a supporto dei servizi e delle prestazioni resi dalle ASSL per il perseguimento delle finalità istituzionali tipiche;

considerato che:

sono state istituite dalle Aziende sanitarie locali della Puglia su iniziativa della Regione Puglia sette società in house, denominate Sanitaservice S.r.l.;

nel corso del 2021 nel bilancio della Regione Puglia, la differenza tra entrate e uscite nei conti della sanità è stata di mezzo miliardo di euro, anche se a causa di entrate straordinarie il disavanzo da colmare sarà di 255 milioni, il modo con cui farvi fronte doveva essere indicato entro il 15 luglio 2022;

il Ministero in indirizzo ha già chiesto alla Regione un nuovo Piano operativo triennale (2022-2024) che produrrà l'affiancamento del governo in tutte le scelte della Regione in materia sanitaria, per piegarne le decisioni in direzione del risparmio;

nelle scorse settimane si sono svolti degli incontri presso il Ministero e nello specifico tra la dottoressa Adduce Angela Stefania Lorella, dirigente generale della Ragioneria generale dello Stato del Ministero, coordinatore del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali e per l'analisi e attività di monitoraggio e previsione della spesa sanitaria, con l'assessore regionale alla Sanità della Regione Puglia, dottor Rocco Palese, e del capo del Dipartimento promozione della Salute e del benessere a animale, dottor Vito Montanaro, solo a seguito dei quali sembrerebbe che il Ministero avrebbe appreso dell'esistenza in Puglia del sistema delle società in house Sanitaservice,

si chiede di sapere:

se, come riportato dalla stampa, la Regione Puglia abbia omesso di comunicare per lunghi anni al Ministero dell'economia, almeno fino agli incontri citati, ogni utile notizia riguardante la stessa esistenza nel sistema sanitario regionale della Puglia delle società denominate Sanitaservice S.r.l., producendo grave nocumento alle stesse società in house, la cui esistenza potrebbe anche essere messa in discussione, con pesanti ripercussioni, sia sulla qualità dei servizi da esse finora erogati alle Aziende sanitarie locali e sia sui livelli occupazionali che riguardano circa settemila unità lavorative;

se il Ministro in indirizzo possa fornire ogni altra informazione circa i contenuti delle valutazioni e decisioni assunte dal Ministero nel precitato incontro avuto nel tavolo di lavoro a cui hanno preso parte la dottoressa Adduce Angela Stefania Lorella, dirigente generale della Ragioneria generale dello Stato, coordinatore del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali e per l'analisi e attività di monitoraggio e previsione della spesa sanitaria, l'assessore alla sanità della Regione Puglia, dottor Rocco Palese e il dottor Vito Montanaro, dirigente del Dipartimento promozione della Salute e del benessere a animale;

se il Ministro intenda assumere iniziative volte a favorire il riequilibrio dei conti della sanità pugliese.

(4-07397)

LANNUTTI, ABATE Rosa Silvana, GIANNUZZI Silvana, ANGRISANI Luisa, DESSÌ, LEZZI Barbara, LA MURA Virginia, GRANATO Bianca Laura, SBRANA Rosellina - Ai Ministri della transizione ecologica e della salute. - Premesso che:

durante la campagna elettorale per le ultime elezioni comunali a Roma, il candidato del PD Roberto Gualtieri, che è poi diventato Sindaco della Capitale, aveva promesso che avrebbe risolto, con una sorta di bacchetta magica ed "entro Natale 2021, il grave problema della raccolta dei rifiuti" gestiti dall'azienda AMA S.p.A., assieme al degrado e all'incuria che attanaglia la città eterna, come la pulizia, la carenza di cassonetti strabordanti di ogni genere di rifiuti su strade e marciapiedi infestati da ratti, cinghiali e gabbiani, che generano anche problemi di ordine sanitario e un pericolo per la salute dei cittadini;

come si legge sul sito, "AMA Spa è il più grande operatore in Italia nella gestione integrata dei servizi ambientali. Costituita in Spa nel 2000, ha un unico socio, il Comune di Roma che ne detiene l'intero capitale. Con oltre 7.000 dipendenti, l'azienda serve un bacino di utenza di 2.848.084 persone". La realtà di AMA è molto diversa dall'enfatica rappresentazione pubblicata sul suo sito, come denunciato da cittadini, consumatori e utenti dei suoi servizi degradati alle associazioni dei consumatori, corredati da foto emblematiche, come quelle, ad esempio, di un quartiere di Cinecittà Est (Viale Pelizzi, 31), con cassonetti bruciati da oltre 4 mesi in bella mostra tra il marciapiede e il lato della strada, ancora non rimpiazzati, nonostante segnalazioni e reclami fatti pervenire all'AMA;

invece di risolvere i problemi di pulizia e degrado cittadino, come promesso nella roboante propaganda elettorale, il sindaco Gualtieri li ha aggravati, confidando nella benevolenza dei mass media e TV, specie del servizio pubblico RAI, solerti a denunciare con campagne di stampa la precedente Giunta comunale, per lo più silenti al cospetto del vistoso peggioramento della qualità dei servizi erogati dalla Giunta capitolina in molti e vitali settori, dai trasporti al degrado urbano;

ma ciò che non racconta la stampa italiana, non è sfuggito al "The New York Times" in un articolo del 30 agosto 2022, che per ragioni di solidarietà progressista è stato fin troppo buono, o forse ha solo voluto contenere entro livelli moderati il disgusto dei lettori. Come racconta Fausto Carioti in un articolo sul quotidiano "Libero" del 1° settembre 2022 dal titolo "La Roma del Pd stroncata dagli americani. La città dell'eterna monnezza", di sicuro, "quei cinque cassonetti del quartiere Pigneto strabordanti di monnezza che troneggiavano sulla prima pagina dell'edizione internazionale del NYT, sotto la fotografia di una tenda di profughi pakistani (un angolo di Svizzera, al confronto), non sono il peggior esempio di pubblica igiene che si può trovare nella città amministrata da Roberto Gualtieri e dal PD. Immondizia sull'asfalto in quell'immagine ce n'è poca (relativamente agli standard romani, s'intende) e gli unici animali inquadrati sono otto piccioni. Zero gabbiani, manco la coda di una pantegana, assenti ingiustificati i cinghiali e gli altri esemplari tipici della fauna progressista capitolina, ultimo in ordine di arrivo il calabrone asiatico, o vespa orientalis: latitante dagli anni Cinquanta, è tornato a nidificare nelle strade del Belli e di Trilussa, ispirando nuove liriche nei romani che lo incontrano";

considerato che:

prosegue l'articolo di Carioti: "E però quella fotografia è lì, stampata con l'inchiostro o coni pixel su un giornale la cui sola versione digitale ha dieci milioni di abbonati, un milione dei quali fuori dagli Stati Uniti. Lettori cosmopoliti e turisti altospendenti, che hanno potuto leggere il lungo articolo che la correda e farsi un'idea di come l'urbe di Cesare e Augusto sia diventata la «city of eternal trash», la città della spazzatura eterna. Definizione che basterebbe a seppellire un sindaco e le sue ambizioni, se solo non avesse un partito e la stampa amica che lo proteggono e avversari politici incapaci di tradurre dall'inglese. Per avere un'idea di quanto grande sia la distanza tra le parole dell'uomo e le sue capacità bisogna tornare al 22 ottobre del 2021, quando Gualtieri, appena entrato in carica, annunciò urbi et orbi la fine dell'era buia di Virginia Raggi: «Ripuliremo Roma entro Natale». Dieci mesi dopo, l'esperienza sanitaria e olfattiva che offre la capitale è quella descritta sul New York Times: «Anche in una città che è stata spesso saccheggiata e ha visto tutto nel corso dei secoli, dove in tempi recenti le persone si sono abituate ad autobus che si auto-immolano incendiandosi, buche profonde come pozzi d'acqua e una miriade di altri oltraggi, la spazzatura - pervasiva, pungente e implacabile - è diventata la vera unità di misura del declino di Roma». Così i lettori di New York, Tokio e Sydney hanno appreso le gesta dell'uomo d'affari chiamato «er monnezzaro», ossia il «re della spazzatura» Manlio Cerroni, dello strano incendio che ha distrutto l'impianto di Malagrotta e di come «nulla simboleggi il declino di Roma più della sua crisi dei rifiuti. Un serraglio di cinghiali, gabbiani violenti e ratti si riunisce per banchettare con i detriti traboccanti della capitale». Finché, «quando sembrava che la puzza di spazzatura non potesse peggiorare più di così, una disputa sulla costruzione di un nuovo inceneritore è diventata il motivo dichiarato per un ammutinamento politico che ha fatto cadere il governo di Mario Draghi». "E su tutto, sopra alla monnezza, alla puzza e ai cinghiali mannari, si staglia, a suo modo titanica, la figura di Gualtieri. Il candidato sindaco che in campagna elettorale garantiva che non sarebbe servito un nuovo inceneritore e che «solo quando si è insediato ha capito la sconvolgente realtà della spazzatura di Roma». Che ora assicura che la città si farà trovare pronta ad accogliere i pellegrini nell'Anno santo 2025, mentre promette ai romani «l'inizio di una nuova età dell'oro». «Un sindaco che osa sognare mentre Roma (o almeno la sua immondizia) brucia», titola il quotidiano americano nell'edizione digitale. E il paragone con Nerone non è esattamente una medaglia, tantomeno un buon auspicio",

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano al corrente dello strano incendio che ha distrutto l'impianto di Malagrotta di Manlio Cerroni e di come nulla simboleggi il declino di Roma più della sua crisi dei rifiuti, in un serraglio di cinghiali, gabbiani violenti e ratti, che si riuniscono per banchettare con i detriti traboccanti della capitale;

se il Governo sia al corrente dei rischi incombenti sulla salute dei cittadini causati dall'incapacità gestionale e dall'evidente peggioramento della qualità dei servizi erogati da AMA;

quali misure urgenti il Governo intenda attivare per impedire che la gravissima crisi nella raccolta dei rifiuti gestiti dall'AMA e dal Comune di Roma, sua azionista unico, possa trasformarsi in una crisi sanitaria, che potrebbe mettere a repentaglio la salute dei cittadini.

(4-07398)

TURCO, PIRRO Elisa, ROMANO, L'ABBATE Patty, PAVANELLI Emma, GALLICCHIO Agnese, LANZI, GAUDIANO Felicia - Ai Ministri della transizione ecologica, della salute, dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali. - Premesso che:

con il decreto-legge 20 luglio 2021 n. 103, recante "Misure urgenti per la tutela delle vie d'acqua di interesse culturale e per la salvaguardia di Venezia, nonché disposizioni urgenti per la tutela del lavoro", lo stabilimento ex ILVA di Taranto era stato oggetto di un finanziamento pubblico di 700 milioni di euro;

il nuovo "decreto aiuti bis " consente a Invitalia di "sottoscrivere aumenti di capitali o strumenti idonei al rafforzamento patrimoniale fino a un miliardo" in Acciaierie d'Italia;

questo nuovo finanziamento pubblico rappresenta un ulteriore tentativo di salvare un'azienda che dopo questi ultimi, lunghi, dieci anni non garantisce ancora ambiente, salute, sicurezza e sostenibilità. A fronte dell'ingente stanziamento governativo, pari a complessivi 1.850 mld di euro, si constata la scarsa chiarezza in merito alle modalità con le quali potranno essere utilizzati e destinati tali ulteriori risorse pubbliche, con elevato rischio di spreco e senza garantire una prospettiva futura sostenibile;

in precedenza, con l'articolo 21 del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, cosiddetto "decreto milleproroghe", il Governo Draghi aveva tentato di spostare 575 milioni di euro dei fondi sequestrati ai Riva, costituenti il patrimonio di ILVA in amministrazione straordinaria, dalle bonifiche delle aree esterne al siderurgico per destinarla all'attività produttiva di Acciaierie Italia. Tale norma è stata soppressa grazie al veto del gruppo Movimento 5 Stelle espresso nelle Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio della Camera;

successivamente, il comma 2 dell'art. 10 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, cosiddetto "decreto energia", nonostante il voto contrario del Movimento 5 Stelle, ha trasferito 150 milioni di euro, parte dei suddetti 575 milioni di cui all'art. 21 del decreto Milleproroghe, dalle bonifiche all'attività produttiva, decretando lo spostamento di tali risorse in favore di Acciaierie Italia, ovvero una società privata sotto il controllo del Gruppo ArcelorMittal;

nel corso della XVIII Legislatura, i senatori del Gruppo Movimento 5 Stelle hanno proposto, a tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, oltre che a supporto dei lavoratori dell'Amministrazione straordinaria ex ILVA S.p.A., il disegno di legge n. 1011, recante "Introduzione dell'obbligo della valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario nell'ambito della procedura di autorizzazione integrata ambientale", avente ad oggetto la revisione delle soglie degli inquinanti, così come raccomandate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS);

con le stesse finalità i parlamentari del Movimento 5 Stelle hanno presentato, con riferimento alla tematica dell'inquinamento, della salute pubblica e dei lavoratori ex ILVA, numerose interrogazioni parlamentari, ordini del giorno e mozioni. In particolare, solo per citare gli ultimi, il primo firmatario ha presentato l'interrogazione 3-02973, volta a conoscere i tempi di adeguamento dei valori limite degli inquinanti previsti dal decreto legislativo n. 155 del 2010 alle nuove linee guida sulla qualità dell'aria, recentemente pubblicate dall'OMS, e la mozione 1-00444 per impegnare il Governo: ad indicare la tempistica di adeguamento dei valori limite degli inquinanti previsti dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, alle nuove linee guida globali sulla qualità dell'aria (AQG 2021); a valutare l'introduzione di strumenti di valutazione preventiva e integrata dell'impatto ambientale e sulla salute pubblica; ad evitare che venga ulteriormente prolungato l'utilizzo dei combustibili fossili nelle produzioni siderurgiche a forte impatto ambientale e sanitario; a tutelare il reddito degli operai ex ILVA attraverso il loro reimpiego nelle opere di bonifica; a proporre l'istituzione di un fondo dedicato ai cittadini residenti in quartieri limitrofi alle zone industriali, affinché possano fruire di un sostegno economico per gli esami diagnostici per prevenire l'insorgere di patologie legate all'inquinamento;

considerato che:

il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza mira a realizzare la transizione ecologica. Come indicato, peraltro dall'Agenda 2030 dell'ONU e dai nuovi obiettivi europei per il 2030, per migliorare la qualità della vita e la sicurezza ambientale, oltre che per lasciare un Paese più verde e un'economia più sostenibile alle generazioni future, è necessario intervenire per ridurre le emissioni inquinanti, prevenire e contrastare il dissesto del territorio, minimizzando così l'impatto delle attività produttive sull'ambiente e sulla salute pubblica;

ad oggi non risulta redatto da Acciaierie Italia alcun piano industriale di investimenti eco-sostenibile, che contempli, l'introduzione della valutazione preventiva di impatto ambientale e sanitario, come la VIIAS, più volte sollecitata con interventi emendativi e interrogazioni parlamentari a prima firma del primo interrogante, nonché la riduzione delle soglie di inquinamento previste dal decreto legislativo 13 agosto 2010. n. 155, che sono ritenute dall'OMS elevate rispetto a quelle sopportabili normalmente dall'essere umano,

si chiede di sapere:

se sia stato realizzato un programma di investimento a cui sono destinate le ingenti risorse stanziate nel decreto "aiuti-bis" e nei precedenti provvedimenti o se si tratti di stanziamenti genericamente volti a sostenere l'aumento dell'attività produttiva;

se l'erogazione dello stanziamento sia subordinato alla presentazione di un piano industriale ecocompatibile ed economicamente sostenibile;

se sia stato previsto un vincolo di destinazione di parte delle risorse stanziate alla tutela dell'ambiente e alla salute dei cittadini di Taranto;

se si intendano sostenere pratiche di reinserimento dei lavoratori di ex ILVA S.p.A. in amministrazione straordinaria in attesa di ricollocazione da oltre 10 anni.

(4-07399)

LANNUTTI, GRANATO Bianca Laura - Ai Ministri delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e dello sviluppo economico. - Premesso che a proposito della realizzazione del "Tenda bis ", ovvero la nuova galleria di Colle di Tenda che collega le province di Cuneo e Torino con la valle della Roya in Francia, lungo l'itinerario che conduce alla Riviera ligure e alla Costa Azzurra, il 28 agosto 2022 sui media è apparsa la notizia che conferma l'apertura della galleria a ottobre 2023, come previsto, anche se questa non sarà completata. Dal dossier francese di 21 pagine contenente le osservazioni sulle modifiche al progetto del "Tenda bis " in valle Roya emerge infatti che la galleria sarà aperta ai veicoli, ma poiché è ancora oggetto di lavori di completamento, la circolazione verrà garantita con precauzioni di sicurezza, ad esempio con le auto scortate da una safety car. Anche l'ANAS (Gruppo FS Italiane) conferma "l'intoppo";

considerato che:

quella della realizzazione della galleria Tenda bis è una storia infinita, cominciata nel 1989, quando a seguito di una grossa frana il traforo è stato chiuso per 50 giorni. In quell'occasione è emerso che il tunnel del Colle di Tenda, vecchio di un secolo, non poteva più considerarsi un transito adatto alle esigenze di un traffico rapido e sicuro, su una direttrice qualificata di rilievo europeo. I francesi avevano già un progetto pronto dal 1988, un Tenda bis a quota più bassa (circa 1.000 metri) approvato dal Consiglio generale del Dipartimento delle Alpi Marittime: ingresso dal versante francese appena sopra Vievola, uscita tra Limone (in provincia di Cuneo) e l'attuale valico internazionale. In tutto 6,3 chilometri, con pagamento del pedaggio, costo di 300 miliardi di lire, circa 150 milioni di euro. Nonostante le buone intenzioni, il cantiere non è partito: c'era chi voleva il Tenda bis parallelo all'attuale (1.321 metri sul livello del mare imbocco Italia e 1.280 metri sbocco Francia) e più basso di 100 metri, intorno ai 1200 metri di quota e, di conseguenza, lungo 5.000 metri (a fronte dei 3.186 metri dell'esistente);

nel 2000 si arriva finalmente ad un progetto, perfezionato dall'ANAS, che prevede un nuovo tunnel quasi parallelo a quello esistente, a doppio senso di marcia, lungo 3.400 metri, con un costo di 294 miliardi di lire, stanziati metà dall'Italia e metà dalla Francia. Con la "legge Obiettivo" del 2001, per la prima volta vi è un intervento concreto dello Stato italiano: un milione di euro per la progettazione del nuovo tunnel, con caratteristiche turistiche e commerciali. I francesi però sono ancora propensi a raddoppiare la struttura, mentre gli italiani propendono per la costruzione di due nuove gallerie;

finalmente, nel 2005, a Roma la Commissione intergovernativa Italia-Francia approva la costruzione della nuova galleria di Tenda. L'opera deve terminare nel 2011 con un costo di 168 milioni di euro, 5 anni per la realizzazione, avvio dei lavori entro il 2007. Un anno dopo, il 25 settembre 2006 a Parigi la Conferenza intergovernativa Italia-Francia, stabilisce i tempi: dodici mesi per il progetto definitivo e l'appalto internazionale dei lavori; per la realizzazione 52 mesi per lo scavo del tunnel parallelo all'attuale, e altri 35 mesi per allargare la vecchia galleria. Costo: 54 milioni inseriti nella legge finanziaria, più altri 28 milioni nei successivi 4 anni, come da accordo di programma fra Governo, ANAS e Regione Piemonte. Mancano però mancavano 42 milioni: i costi nel frattempo erano lievitati rispetto al piano del 2006 e senza questa copertura non è possibile procedere all'appalto dei lavori;

a febbraio 2009 il C.d.A. di ANAS approva il progetto definitivo. In Gazzetta Ufficiale viene pubblicato il bando di gara europeo per l'assegnazione dei lavori: chi si aggiudica l'appalto deve redigere anche il progetto esecutivo. Apertura dei cantieri prevista entro il 2011 e la nuova galleria agibile per il 2017. A ottobre del 2012, l'ANAS approva il progetto esecutivo, che prevede la costruzione di due gallerie a senso unico di marcia per circa 3.300 metri di lunghezza. Nel 2014 i lavori però non sono ancora cominciati. E appena partono i lavori, nel 2016 cominciano le interruzioni. Una volta per crolli della galleria, un'altra volta per scongiurare la compromissione della falda acquifera che alimenta l'Acquedotto delle Langhe. Nel 2017 scoppia poi lo scandalo di alcuni dipendenti della società appaltatrice accusati di furto aggravato e frode in pubbliche forniture del tunnel. Il cantiere viene posto sotto sequestro. Ne consegue che nel 2018 il contratto con la Fincosit di Roma viene rescisso;

a maggio 2019 vengono affidati al Consorzio Edilmaco di Torino (seconda classificata nella gara d'appalto) i lavori del Tenda bis. Per concludere i lavori (2024) vengono concessi 4 anni e 9 mesi, ripartendo dal 23 per cento realizzato da Fincosit. Ma i lavori effettuati in precedenza non sono stati fatti "a regola d'arte". L'ANAS comunica così che "effettuerà un monitoraggio costante per seguire tutte le fasi dei lavori che sono aderenti al progetto approvato". Nel frattempo tecnici, ambientalisti e amministratori insistono nel chiedere all'ANAS di cambiare il progetto: un tunnel a doppio senso di marcia per soccorso, ciclisti e pedoni. L'ANAS respinge le richieste. Nel contempo, Edilmaco congela i lavori per i fondi non sicuri e le troppe incertezze extra contratto;

a febbraio 2020, dopo ben 31 mesi viene siglato a Roma fra l'ANAS e Edilmaco l'accordo per la ripresa dei lavori. Ma tra il 2 e il 3 ottobre 2020 si scatena nella zona del Colle di Tenda una disastrosa alluvione, che provoca 18 morti. I lavori vengono ancora sospesi. Il lato francese si presenta ora morfologicamente diverso rispetto all'epoca della redazione del progetto, per cui l'ANAS deve predisporre delle varianti. Si ritiene necessaria la nomina di un Commissario straordinario. I lavori del Tenda bis ripartono a giugno 2021, ma per finire l'intera infrastruttura servono altre risorse finanziarie: 76 milioni di euro in aggiunta ai 102 milioni e mezzo assegnati a Edilmaco all'atto del subentro alla Fincosit. Vengono confermati i tempi di realizzazione: nuovo tunnel a fine 2023, rifacimento della vecchia galleria entro fine 2025. Ad aprile 2022 Anas ed Edilmaco riavviano le operazioni di scavo del nuovo tunnel di Tenda nella canna in costruzione sul lato francese;

considerato infine che al Commissario straordinario per la ricostruzione della galleria, l'ingegner Nicola Prisco, nelle scorse settimane è stato offerto a mo' di provocazione un soggiorno gratuito di una settimana a Limone, in provincia di Cuneo, per conoscere finalmente la valle Vermenagna, in quanto della sua presenza sul territorio non vi sarebbe traccia, poiché opera esclusivamente a 273 chilometri di distanza, cioè a Milano. Gli stessi "provocatori" locali hanno inoltre fatto notare che i politici francese, a partire dallo stesso presidente Macron, hanno più volte visitato la zona, interessandosi alla nuova costruzione,

si chiede di sapere:

se il Governo intenda adoperarsi per garantire il completamento dell'opera nei tempi previsti, in quanto il nuovo tunnel del Colle di Tenda collegando le province di Cuneo e Torino con la valle della Roya in Francia, lungo l'itinerario che conduce alla Riviera ligure e alla Costa Azzurra, eviterebbe a decine di migliaia di automobilisti di continuare a raddoppiare il tragitto e a ricorrere all'autostrada dei Fiori nella tratta Savona a Ventimiglia, ingrassando i signori dei caselli per via dei salati pedaggi;

se intenda intervenire per evitare soluzioni improvvisate come l'utilizzo delle safety car;

se voglia garantire la propria presenza nella zona dei lavori, come fatto dagli omologhi francesi, per lanciare un segnale alle popolazioni locali, che da anni attendono impazienti la fine di quest'opera.

(4-07400)

LANNUTTI, SBRANA Rosellina, ANGRISANI Luisa - Ai Ministri della transizione ecologica, degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico. - Premesso che:

la stolta guerra tra Russia e Ucraina, alimentata anche dal "Governo dei migliori" con la scelta di aumentare le spese militari di 16 miliardi di euro e l'invio delle armi, con le "dure sanzioni all'aggressore russo", invece di scegliere negoziati e diplomazia per dirimere il conflitto, ha indubbiamente rafforzato gli Stati Uniti, indebolito l'Europa, impoverito i cittadini ed imprese costretti a pagare bollette di gas e luce anche 10 volte superiori a quanto sborsato in precedenza, mettendo in ginocchio fiorenti attività imprenditoriali, turistiche, alberghiere e di molti settori produttivi, costretti a chiudere i battenti;

"Le sanzioni funzionano, il tempo sta rivelando che queste misure sono sempre più efficaci", ha detto Mario Draghi il 21 giugno 2022, durante le comunicazioni al Senato in vista del Consiglio europeo;

in un lancio dell'agenzia di stampa AGI del 2 settembre 2022, dal titolo: "Gas, Capital Economics, poche conseguenze per Russia da stop Ue", viene smentita platealmente l'efficacia delle sanzioni, che invece si rivelano un boomerang per cittadini e famiglie, stangate ed impoverite. "La Russia - si sostiene nell'analisi riportata - può permettersi di chiudere i rubinetti del gas all'Europa per un anno con poche conseguenze per il proprio bilancio pubblico". L'analista di Capital Economics, Liam Peach, in un'analisi comparsa su "Bloomberg News", sostiene infatti che "il conto economico russo è abbastanza forte da consentire a Mosca di mantenere le spedizioni di gas al 20% rispetto alla normalità per almeno tre anni". La Russia potrebbe gestire il taglio completo del gas per "poco più di un anno senza conseguenze negative per la sua economia", continua Peach. "L'impennata dei prezzi del gas sta compensando il calo dei volumi: il prezzo del gas russo in Europa quest'anno è in media sette volte superiore ai livelli del 2016-2019. I ricavi delle esportazioni di gas sono stati di 25 miliardi di dollari al trimestre nei primi sei mesi del 2022 e potrebbero rimanere a quel livello anche se la Russia mantenesse i flussi verso l'Europa al 20% rispetto ai livelli normali. La Russia potrebbe ridurre le esportazioni di gas verso l'Europa del 10% rispetto ai livelli normali e continuare a guadagnare circa 20 miliardi di dollari al trimestre se i prezzi rimarranno elevati", spiega l'analista. Il calo dell'export "avrebbe un impatto fiscale modesto; tagliandolo a zero per 12 mesi, Mosca ridurrebbe le entrate di bilancio dello 0,3% del Pil all'anno. Inoltre, le vendite di petrolio a circa 80 dollari al barile ad acquirenti non Ue manterrebbero l'avanzo delle partite correnti al di sopra del 5% del Pil fino al 2025";

considerato che:

l'impatto delle sanzioni boomerang sull'Europa, in particolare sull'Italia, ha causato una micidiale tempesta perfetta, con una fiammata dell'inflazione tra l'8 ed il 10 per cento; un importante aumento dei tassi di interessi su mutui e prestiti e dello spread, più che raddoppiato dal febbraio 2021, che oltre a rendere più onerosi i pagamenti delle rate ai cittadini già indebitati a tasso indicizzato o che si devono indebitare con le banche, ha un impatto di svariati miliardi di euro l'anno sulle nuove emissioni di titoli di Stato per rinnovare le scadenze del debito pubblico; la micidiale parità euro-dollaro; un rincaro di 2.975 euro su base annua per una famiglia media; la vistosa erosione del potere di acquisto, che acuisce disuguaglianze, povertà, disagio sociale, emarginazione di almeno 3 milioni di cittadini;

per tentare di arginare il caro bollette, invece di andare alle radici del problema riducendo o interrompendo l'invio delle armi per intensificare i negoziati, mercatisti, neo-liberisti e sacerdoti del libero mercato, studiano un tetto europeo (price-cap) al prezzo di acquisto del gas, che rappresenterebbe la bacchetta magica evocata da Governo e partiti per far fronte ai costi insostenibili dell'energia, arrivata peraltro proprio quando la Russia chiude l'esportazione del gas a tempo indeterminato, tra il plauso dei media nostrani che tessono le lodi ad una misura ancora da approvare, mentre le prime pagine dei quotidiani del resto d'Europa (come pubblicato in un articolo de "Il Fatto Quotidiano" del 3 settembre 2022 dal titolo: "La Russia chiude il gas a tempo indefinito. Ma i giornali italiani celebrano ancora "la svolta" del tetto al prezzo (che ormai non serve più)", focalizzano le analisi sui percoli del razionamento e di un inverno al freddo. L'apertura di "El País": "Putin chiude il rubinetto del gas fino a nuovo ordine". Il "Wall Street Journal": "La Russia ferma i flussi dal gasdotto". "The Indipendent", titolo a tutta pagina: "La Russia accelera la guerra dell'energia tagliando le forniture di gas": "Una mossa", si legge nell'articolo, "che intensifica le prospettive di blackout in tutto il continente e aumenta i timori di impennate dei prezzi e razionamenti". "The Times": "Putin colpisce l'Occidente con un nuovo stop al gas". Sommario: "La chiusura indefinita minaccia di far schizzare i prezzi". La "Frankfurter Allgemeine Zeitung": "Gazprom ha interrotto la fornitura attraverso il Nord Stream 1". Anche le homepage dei siti stranieri, sabato mattina, aprivano tutte con la stessa notizia: "La Russia sospende a tempo indefinito il gasdotto Nord Stream verso l'Europa" ("Financial Times"); "Consegne sospese, riempimento degli stock, rischio razionamenti: otto domande sull'approvvigionamento di gas in Francia" ("Le Monde"); "L'Ue protesta per la chiusura del gasdotto" ("The Guardian"). Quelle italiane, invece, danno ampio spazio alla Serie A, alla Formula 1 e alla cronaca. Tanto poi arriva il tetto",

si chiede di sapere:

se il Governo non abbia il dovere di rivedere la sua politica estera a parere degli interroganti evidentemente miope, che finora ha soffiato sulla guerra invece che sulla via diplomatica e i negoziati, sostenendo sanzioni boomerang alla Russia, generando così un rincaro di 2.975 euro su base annua per una famiglia media, oltre a una vistosa erosione del potere di acquisto, all'aumento di disuguaglianze, povertà, disagio sociale, emarginazione, a decine di migliaia di fiorenti attività economiche impossibilitate a pagare i costi dell'energia decuplicate e le salate cartelle esattoriali, costrette a chiudere portando in tal modo l'Italia alla rovina economico-sociale;

quali misure urgenti intenda attivare, superando quelle misure palliative recentemente approvate ed evidentemente insufficienti, compreso il rifinanziamento del Superbonus e un robusto scostamento di bilancio di almeno 40 miliardi di euro, per fronteggiare l'emergenza.

(4-07401)

LANNUTTI, SBRANA Rosellina - Ai Ministri della transizione ecologica e dello sviluppo economico. - Premesso che:

la drammatica crisi energetica generata dal conflitto tra Russia e Ucraina, con l'impennata del prezzo del gas e dell'elettricità, che ha visto decuplicare i costi delle bollette per famiglie ed imprese, ora letteralmente "alla canna del gas", oltre alle ripercussioni economiche sull'inflazione arrivata a sfondare l'8 per cento, l'aumento del costo della vita e la paventata chiusura di floride attività imprenditoriali, potrebbe portare ad un razionamento con una previsione di inverno al gelo;

l'ottusità delle classi politiche, che si sono succedute negli ultimi decenni e dei relativi esecutivi che hanno governato l'Italia, ha impedito "nel Paese del sole", di sfruttare le energie alternative alle fonti fossili, come la sterminata, inesauribile e gratuita potenza dell'energia solare e delle tecnologie fotovoltaiche in grado di soddisfare in tutto o in parte l'approvvigionamento energetico per le famiglie ed imprese, nel caso di specie delle vetrate panoramiche a risparmio energetico;

un recente studio su rapporti di "Sensitivity Analysis" dei ricercatori Kimmo Hillialo, Eerik Makitalo e Jukka Lahdensivu della Tampere University (Finlandia), conferma che i risparmi ottenuti da balconi protetti con vetrate panoramiche (serra tampone o cuscino termico) nella città di Stoccolma, equivarrebbero a circa 1.000 Kwh, ossia il 15 per cento sui consumi energetici in un anno;

come illustrato recentemente da Kadri Simson, Commissario europeo per l'energia, "il 40 per cento di CO2 immesso ogni anno nell'atmosfera è prodotto dagli automezzi, il 20 per cento da industria e attività produttive, il 40 per cento dagli edifici residenziali energivori. La maggior parte dei quali saranno ancora presenti nel 2050";

considerato che:

nel nostro Paese vi sono eccellenze, spesso poco conosciute, orgoglio del made in Italy, come le vetrate panoramiche (VEPA), innestate con piccole celle fotovoltaiche che rendono le abitazioni gestibili dal punto di vista energetico: «Siamo ancor pochi in Europa a produrre vetrate di questo tipo - ha spiegato Vito Chirenti, titolare di un'impresa con sede nel Salento, in una intervista del 31 marzo 2022 alla Gazzetta del Mezzogiorno -. È stato calcolato che è possibile, con tale soluzione, garantire il 50% del fabbisogno energetico termico della propria casa. E, per di più, per installarle non c'è bisogno di particolari autorizzazioni perché di tratta di strutture amovibili»;

ed è proprio nelle abitazioni che si gioca la battaglia per la sostenibilità ambientale. Un'emergenza climatica alla quale la Commissione europea sta cercando di far fronte proponendo, nel settore dell'edilizia, il reato ambientale di «spreco energetico». I balconi inutilizzati e le strutture opache verticali o orizzontali, ad esempio, rappresentano le maggiori criticità nella dispersione termica edile (appartamento o intero edificio) con valori approssimativi del 50 per cento per le pareti, 30 per cento per il tetto e del 20 per cento per le porte o finestre. Si stima che in Italia vi siano circa 30 milioni di balconi inutilizzati, vale a dire milioni di metri cubi di calcestruzzo e una perdita stimata in 30.000 MgW/h termici (cioè 30 miliardi di kW/h termici), con migliaia di tonnellate di gas-serra immesse nell'atmosfera. Un danno per la collettività in termini economici, di salute e di salvaguardia ambientale ed eco-sistemica, soprattutto se poi questi organismi edili non vengono sfruttati. «Eppure, nonostante il problema energetico sia noto a tutti - ha dichiarato Chirenti - solamente in pochi sanno che le vetrate e le strutture per l'outdoor possono diventare sostenibili grazie ai vetri fotovoltaici di nuova generazione Bipv (Building integrated photovoltaic) che producono energia a costo zero e riducono i costi del riscaldamento e della climatizzazione più o meno del 50%». Un intervento importante perché non sempre è possibile coibentare le pareti esterne con un cappotto termico, mentre è quasi sempre fattibile rivestirlo con Bipv, trasformandolo in una «serra tampone e/o captante», che minimizza la dispersione termica dell'appartamento e crea maggiore risparmio energetico e minore inquinamento ambientale e climatico. «Se in Italia si proteggessero e si riutilizzassero tutti i balconi abbandonati attraverso l'inserimento delle Vepa amovibili, - si potrebbe ottenere un risparmio energetico significativo di 36,65 kWh/m² anno, corrispondente al 30% per ogni singola unità abitativa. Cifra che moltiplicata per i milioni di unità abitative da efficientare, darebbe risultati straordinari»;

l'Italia, come sempre fanalino di coda in Europa, ogni giorno spreca enormi quantità di denaro per le dispersioni termiche causate da milioni di balconi inutilizzati e "disperdenti". E per mancata captazione di energia solare sulle superfici e sugli involucri edili verticali inutilizzati;

le VEPA svolgono una funzione di isolamento termoacustico degli ambienti abitativi in grado di migliorare la classe energetica e la qualità dell'immobile. Per cui ne è auspicabile l'installazione nelle facciate e sui prospetti degli edifici in quanto riducono i consumi energetici dell'unità abitativa fino a 30 Wh/mq all'anno. Come calcolato, verificato e asseverato da certificatori esperti e abilitati, e provato in modo empirico attraverso un utilizzo massivo e diffuso da anni;

sono migliaia le aziende italiane che installano VEPA, con grandi benefici per i fruitori finali e la collettività, grazie al risparmio energetico che il loro uso determina. Infatti, le VEPA o sistemi VEPA sono per definizione "vetrate scorrevoli a scomparsa e amovibili, per la riduzione delle dispersioni termiche e il risparmio energetico. E per la messa in sicurezza e la fruizione di balconi, verande, terrazze e portici inutilizzati". Circa 4.000 aziende Assvepa, 5.000 del Consorzio Twin System, 10.000 dell'ANCE, 7.000 di Confartigianato Impresa, 3.000 aziende autonome, attendono di poter finalmente e liberamente installare le Vepa, e coì assumere, produrre reddito, pagare le tasse e permettere a milioni di famiglie italiane di dare un bel taglio al "caro bolletta", senza incidere sull'erario;

come è stato ampiamente e statisticamente dimostrato nei Paesi del nord Europa, che da molti anni incoraggiano e incentivano l'utilizzo di questi "sistemi intelligenti che hanno cambiato il volto dell'architettura e dell'edilizia moderna", le VEPA permettono di imprimere un formidabile impulso economico in un momento di grave difficoltà sociale, innescando un circolo virtuoso economico e "sostenibile", l'assunzione di nuova mano d'opera e la creazione di tantissimi nuovi posti di lavoro, evitando ulteriore cementificazione e impermeabilizzazione del suolo, in controtendenza rispetto all'agognata e tanto decantata transizione ecologica. Il primo firmatario ha presentato emendamenti, purtroppo bocciati, per semplificare e fornire la corretta interpretazione del Regolamento Edilizio Tipo, l'ultimo in ordine di tempo all'art. 33 del decreto-legge 9 agosto 2022, n.115, recante misure urgenti in materia di energia,

si chiede di sapere:

se il Governo, nella terribile fase di economia di guerra che ha messo in ginocchio famiglie ed imprese a causa del "caro energia", non abbia il dovere di impedire lo spreco di risorse, di energia, di denaro e l'inquinamento atmosferico, appoggiando e pubblicizzando alternative intelligenti a costo zero come l'utilizzo delle VEPA, anche inserendone la voce nel "Glossario Edilizia Libera" attualizzandolo, per offrire alle comunità l'agognato risparmio delle vetrate panoramiche;

se la drammatica crisi energetica generata dal conflitto tra Russia e Ucraina, con l'impennata del prezzo del gas e dell'elettricità, che ha visto decuplicare i costi delle bollette per famiglie ed imprese, letteralmente "alla canna del gas", oltre alle ripercussioni economiche sull'inflazione arrivata a sfondare l'8 per cento, l'aumento del costo della vita e la paventata chiusura di floride attività imprenditoriali, che potrebbe portare ad un razionamento con una previsione di inverno al gelo, non induca il Governo ad attuare la famigerata transizione ecologica, anche col sistema VEPA.

(4-07402)

LANNUTTI, ANGRISANI Luisa, SBRANA Rosellina - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico. - Premesso che:

nella tempesta perfetta generata dalle sanzioni "boomerang" alla Russia a causa della guerra con l'Ucraina, le cui ricadute su economia italiana, consumatori, famiglie ed imprese sono così devastanti da generare allarme sociale, si inserisce la problematica legata al "superbonus" e al blocco della cessione dei crediti, formidabile strumento che ha contribuito alla crescita del PIL, purtroppo inviso al "governo dei migliori", forse a causa delle errate informazioni ricevute su presunte truffe, che non hanno mai superato la fisiologica statistica;

molte voci si sono levate contro il blocco della cessione dei crediti: dai progressisti, che denunciano la probabile insolvenza sui progetti già fatti, che mette a rischio migliaia di studi e società, come evidenzia l'Associazione delle società di ingegneria e architettura aderente a Confindustria OICE, dopo la stretta del sistema bancario di questi ultimi giorni e le notizie di esaurimento del plafond di 37 miliardi destinato ai crediti del superbonus, con il Coordinatore del Gruppo di Lavoro OICE superbonus che rincara la dose sul protrarsi dell'attuale posizione delle banche. Se è vero che le imprese rischiano il fallimento, i professionisti e le società d'ingegneria stanno molto peggio perché le progettazioni sono propedeutiche alla valutazione di congruità degli advisors delle banche. A sua volta anche quest'attività è propedeutica alla decisione di acquisto dei crediti, pertanto i progetti sono stati fatti e ora le banche non acquistano più crediti, se i cantieri non partono, i progettisti non hanno neanche il diritto al credito d'imposta per i compensi del proprio lavoro già svolto. Si fa fatica solo a pensare all'ipotesi di chiedere il denaro ai condomini. Qui si sta parlando di un elevatissimo rischio di insolvenza per alcuni miliardi di euro per il solo settore professionale, con conseguenze devastanti proprio per questi studi e professionisti che nei prossimi anni dovrebbero essere pronti per le sfide del PNRR;

un recente rapporto del Centro studi di CNA (Confederazione Artigiani), dopo aver analizzato lo stop del mercato dei crediti legati al superbonus, ha ipotizzato numeri allarmanti: sarebbero 33.000 le imprese artigiane a rischio fallimento, con la perdita di 150.000 posti di lavoro nella filiera delle costruzioni, a causa della mancata conversione in denaro di quasi 2,6 miliardi di crediti, equivalente ad uno sconto in fattura ogni sei, rimasto bloccato al passaggio successivo;

il 47,2 per cento circa delle imprese, avrebbe dichiarato di non trovare soggetti disposti ad acquisire i crediti, mentre il 34,4 per cento lamenta tempi di accettazione dei documenti contrattuali eccessivamente lunghi. Per la cessione dei crediti, le imprese della filiera si sono rivolte principalmente alle banche (63,7 per cento), a seguire Poste Italiane (22,6 per cento), poi società di intermediazione finanziaria (5,1 per cento);

la conseguenza è appunto l'enorme crisi di liquidità e la difficoltà ad onorare i pagamenti: tra il campione delle imprese intervistate, è emerso che il 45,9 per cento non ha pagato i propri fornitori, il 30,6 per cento non sta pagando tasse e imposte, il 21,1 per cento non riesce a pagare salari e stipendi. Guardando al futuro, c'è pessimismo: il 68,4 per cento delle imprese vede concretizzarsi la possibilità della sospensione dei cantieri già avviati, il 90,3 per cento addirittura del mancato avvio di nuovi cantieri, mentre il 48,6 per cento parla addirittura di rischio fallimento;

considerato che gli effetti positivi su PIL ed economia, nonostante alcuni organi di stampa, che appaiono agli interroganti genuflessi al Presidente del Consiglio, affermino il contrario, sono inconfutabili. Nomisma, società di consulenza strategica aziendale, ha calcolato che dai 38,7 miliardi di euro investiti (che hanno comportato un aumento di occupazione nel settore delle costruzioni per un totale di 634.000 occupati), il ritorno economico sarà di 124,8 miliardi di euro, con un moltiplicatore superiore a 3 volte, che produrrà un gettito fiscale certamente superiore al mancato gettito iniziale, dovuto alla circolazione dei crediti d'imposta. Dai dati Nomisma emerge che la misura ha generato un valore pari al 7,5 per cento del PIL. Inoltre, l'investimento genererà un risparmio annuo medio in bolletta di 500 euro per ogni beneficiario. 483.000 famiglie con reddito medio-basso (sotto i 1.800 euro) hanno avuto l'occasione di effettuare lavori di riqualificazione energetica profonda alla propria abitazione a costo zero. Questo significa che nonostante la recessione dovuta alle misure restrittive, la crescita economica si è allargata dal settore edile a tutti gli altri settori collegati, che sono molti,

si chiede di sapere:

se il Governo, anche se in carica per il disbrigo degli affari correnti, non abbia il dovere di impedire la più grande morte economica di decine di migliaia di imprese e professionisti, i quali credendo dello Stato, si sono esposti nel superbonus con progetti e lavori, che prevedevano l'integrale sconto in fattura;

se il blocco o le esigue possibilità di rivendere i crediti, che genera il collasso di sistemi produttivi col rischio di disseminare scheletri di cantieri in giro per l'Italia, con effetti disastrosi sulla qualità della vita delle città, non debba essere riattivato;

quali misure urgenti il Governo intenda assumere, a 15 giorni dalle elezioni, per offrire risposte concrete alle migliaia di imprese condannate al fallimento ed alla chiusura delle loro attività, con conseguenti perdite di decine di migliaia di posti di lavoro.

(4-07403)

VANIN Orietta, MONTEVECCHI Michela - Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. - Premesso che:

si apprende dalle notizie di stampa di questi giorni (vedasi il sito emergenzacultura.org) della vendita dell'Hotel Excelsior del Lido di Venezia alla società privata di investimenti immobiliari London & Regional Properties con sede a Londra per la somma di cento trenta milioni di euro, una cifra, peraltro, superiore alle stime di perizia;

tale società di investimenti inglese aveva già in gestione l'Hotel Excelsior e il ricavato della vendita conclusasi in questi giorni sarebbe finalizzato a consentire il restauro e la riapertura del vicino Hotel Des Bains, oramai chiuso da diversi anni e in condizioni di degrado, ma altresì depredato di mobili e arredi di pregio;

inoltre, la società London & Regional Properties figura tra i quotisti del fondo immobiliare, in gestione da ultimo alla società Coima, nel quale era confluito sia l'Excelsior che il De Bains e al momento dell'inserimento in tale fondo i due hotels avevano alcuni "cespiti ancillari, tra cui le concessioni delle spiagge antistanti che in teoria dovrebbero andare a gara nel 2024";

tuttavia, dai documenti del Demanio, si legge nel medesimo articolo di stampa, le spiagge in questione "non risultano quindi tra quelle che saranno, forse, messe a gara" in quanto, per effetto di una legge della Regione Veneto del 2002 che consente già di procedere ad assegnazioni e rinnovi delle concessioni, la London & Regional Properties avrebbe già "acquistato" le proprietà con le concessioni rinnovate per vent'anni;

con la vendita dell'Excelsior a London & Regional Properties, Coima conta di ripianare parte del debito accumulato dal fondo e di ottenere nuovo credito dalle banche per valorizzare il Des Bains "attraverso il ripristino della sua destinazione originaria ad hotel e l'inserimento di elementi evocativi del contesto di arte e cultura in cui il complesso si inserisce, con l'obiettivo di creare un legame tra memoria del passato, differenti culture e nuove generazioni";

peraltro, l'Amministratore delegato di Coima, Manfredi Catella, si è dichiarato "favorevole a favorire ogni collaborazione con il comune di Venezia, con le autorità competenti e le associazioni locali", e ritiene indispensabile un gioco di squadra con le pubbliche istituzioni;

a tal fine, oltre al potenziamento dell'aeroporto e relativi collegamenti, chiede che il Comune utilizzi i proventi degli oneri di urbanizzazione per valorizzare il lungomare, cioè lo spazio pubblico tra i suoi alberghi e la spiaggia che ha ceduto ad uno dei quotisti del suo stesso fondo;

considerato che:

numerose perplessità emergono da tale ricostruzione in merito a operazioni immobiliari che coinvolgono beni affidati in concessione a privati, ma che conservano la proprietà pubblica e una ben precisa funzionalizzazione dei beni in questione;

tali beni sembrano fuggire ai principi sanciti a livello comunitario in merito alla necessità di porre a gara i beni affidati in concessione;

vi è la necessità di verificare se e in che misura vi è intenzione da parte dell'Amministrazione locale di impegnare risorse pubbliche in tale contesto,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

quali indagini intenda avviare per porre in essere le opportune verifiche.

(4-07404)

VANIN Orietta - Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. - Premesso che:

con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 19 novembre 2020 il ministro pro tempore Paola De Micheli nominava, ai sensi dell'art. 95, comma 18, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, commissario liquidatore del Consorzio Venezia Nuova e della Costruzioni Mose Arsenale - Comar S.c.ar.l. il dottor Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;

l'art. 95, comma 18, del citato decreto-legge prevede che con il decreto di nomina del commissario liquidatore venisse determinato il compenso spettante al medesimo "sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all'art. 8 del d.lgs. 4 febbraio 2010, n. 14" e che "Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico delle società" poste in liquidazione;

il decreto di nomina del commissario Miani, tuttavia, all'art. 3, comma 2, dispone che "Il compenso del Commissario liquidatore è determinato con separato decreto";

si apprende da notizie di stampa che il compenso spettante al commissario liquidatore Miani sarebbe di circa 5 milioni di euro, valore determinato in proporzione al valore enorme della grande opera (6 miliardi e mezzo di euro) e che "nell'ambito della discussione al decreto Infrastrutture" sarebbero stati presentati alcuni emendamenti che porterebbero la cifra, secondo i primi conteggi, ad essere ridotta di due terzi, quindi attorno al milione e mezzo ("corrieredelveneto.corriere.it", 2 agosto 2022);

inoltre la stampa dà notizia ("Il Gazzettino-Venezia", 17 agosto 2022) dell'avvio di una indagine da parte della Guardia di finanza sugli incentivi previsti per i dirigenti del Provveditorato alle Opere pubbliche del Triveneto che si sono occupati di MOSE, al fine di avere un quadro completo per verificare un eventuale danno erariale avanti la Corte dei conti; emblematico il caso dell'ing. Giampiero Majerle che avrebbe chiesto un compenso di 4 milioni di euro per la sua attività di RUP (somma corrisposta solo in parte);

considerato che:

il ruolo pubblico che riveste il dottor Miani è di rilevantissima importanza e lo stesso ha sempre dichiarato alla stampa di "aver lavorato gratis";

le disposizioni vigenti consentono al commissario liquidatore di ricevere per le attività di natura concorsuale un compenso in percentuale all'ammontare dell'attivo realizzato;

risulta all'interrogante che il dottor Miani non potrebbe percepire più di 240.000 euro anno svolgendo un ruolo pubblico come disposto dal decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66;

del pari cospicui appaiono nel complesso tutti gli incentivi elargiti ai dipendenti che si sono occupati, con incarichi rilevanti, dei lavori del MOSE al fine di chiarire l'ammontare delle risorse pubbliche impiegati per tali costi,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

se il compenso del dottor Massimo Miani sia rispettoso dei limiti fissati dalla normativa vigente;

quali iniziative intenda adottare per verificare i compensi del commissario Miani;

se non ritenga opportuno altresì avviare delle verifiche sul complesso degli incentivi attribuiti ai dipendenti del Provveditorato.

(4-07405)

MARINO - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze. - Premesso che:

la natura giuridica del trattamento di fine rapporto (TFR), o del trattamento di fine servizio (TFS) riferito ai dipendenti pubblici statali assunti prima del 1° gennaio 2001, cosiddetta anche liquidazione o buonuscita, è quella di una retribuzione differita rappresentata da una somma accantonata dal datore di lavoro da corrispondere al dipendente, sia privato che pubblico, alla conclusione del rapporto di lavoro;

mentre per i dipendenti privati i tempi previsti per la corresponsione dell'analoga somma dovuta per la fine del rapporto di lavoro sono stabiliti dai relativi contratti e, di solito, questa avviene entro poche settimane dalla data di pensionamento e in unica soluzione, per gli statali sono stabilite modalità di erogazione del TFS o TFR frazionata e posticipata rispetto al momento del collocamento a riposo;

invero, per favorire il risanamento dei conti pubblici, aggravato dai ritardi accumulati dall'Inps, che oggi è particolarmente esposta all'erosione dell'inflazione, per i dipendenti pubblici che hanno terminato il servizio e hanno maturato i requisiti pensionistici a partire dal 1° gennaio 2014, l'articolo 1, commi 484-485, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ha previsto che i primi 50.000 euro dei trattamenti di fine servizio e di fine rapporto vadano versati all'ex lavoratore 12 mesi dopo la data del pensionamento, che una seconda tranche, al massimo di 50.000 euro, vada versata dopo altri 12 mesi e, nel caso vi sia un importo residuo, che sia liquidato 12 mesi dopo;

considerato che:

ad oggi i dipendenti pubblici si trovano spesso a non aver ancora ricevuto il trattamento di fine rapporto, comunque denominato, anche a distanza di due anni dal pensionamento;

ai tempi di ottenimento di per sé già lunghi in via normativa, si aggiungerebbero, infatti, i ritardi legati alla condotta dell'INPS per via della fortissima carenza di personale che possa sbrigarne le pratiche, la quale costituirebbe la causa di ulteriori allungamenti, come dichiarato dallo stesso ente;

per ogni giorno di ritardo accumulato scattano gli interessi che verranno corrisposti quando la pratica verrà chiusa, con conseguente danno anche per le casse dello Stato;

anche la possibilità prevista dall'articolo 23 del decreto-legge n. 4 del 2019, di richiedere l'anticipo di una quota del TFS o TFR attraverso il finanziamento di una somma pari all'importo dell'indennità di fine servizio maturata, erogabile da banche e intermediari finanziari, con condizioni agevolate fino alla concorrenza di euro 45.000, non sembra essere in grado di arginare il problema. Infatti, oltre ad avere un costo del 2,191 per cento a carico di chi ne fa richiesta (dato aggiornato al mese di maggio del 2022), si basa su un "prospetto di quantificazione del Tfs/Tfr", rilasciato generalmente dallo stesso Inps, e benché il tempo massimo per il suo rilascio sia di 90 giorni dalla richiesta, in circa il cinquanta per cento dei casi, l'Inps non rispetterebbe il predetto termine, ed in altri casi ignorerebbe completamente la richiesta;

rilevato che:

il TFR/TFS è costituito da liquidità accantonate dal dipendente nel corso della propria vita lavorativa e che il ritardo nell'erogazione dello stesso costituisce dunque un grave danno per il lavoratore stesso;

di recente la stessa Corte costituzionale, con la sentenza 159 del 25 giugno 2019, ha affermato che la posticipazione e la rateizzazione del trattamento di fine servizio sono costituzionalmente legittime nel caso in cui riguardino dipendenti pubblici andati in pensione anticipatamente, sottolineando, però, che nei casi di raggiunti limiti di età, per ragioni di servizio o d'ufficio, la dilazione e la rateizzazione del TFR rischiano di compromettere la funzione di "protezione" retributiva e previdenziale alla base dello strumento stesso,

si chiede di sapere quali iniziative i Ministri in indirizzo abbiano assunto e vogliano assumere in via d'urgenza per verificare i ritardi e le inadempienze dell'INPS e per porre rimedio ad una grave situazione di disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati circa i tempi di incasso delle somme dovute in occasione della cessazione del rapporto di lavoro.

(4-07406)