Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 437 del 25/05/2022
Azioni disponibili
SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVIII LEGISLATURA ------
437a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO STENOGRAFICO (*)
MERCOLEDÌ 25 MAGGIO 2022
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Presidenza del vice presidente CALDEROLI,
indi del presidente ALBERTI CASELLATI
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(*) Include gli ERRATA CORRIGE pubblicati nei Resoconti delle sedute nn. 438 del 30 maggio 2022 e 439 del 14 giugno 2022
(N.B. Il testo in formato PDF non è stato modificato in quanto copia conforme all'originale)
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N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: C.A.L. (Costituzione, Ambiente, Lavoro)-Alternativa-P.C.-I.d.V.: CAL-Alt-PC-IdV; Forza Italia Berlusconi Presidente-UDC: FIBP-UDC; Fratelli d'Italia: FdI; Italia Viva-P.S.I.: IV-PSI; Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: L-SP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico: PD; Per le Autonomie (SVP-PATT, UV): Aut (SVP-PATT, UV); Misto: Misto; Misto-ITALIA AL CENTRO (IDEA-CAMBIAMO!, EUROPEISTI, NOI DI CENTRO (Noi Campani)): Misto-IaC (I-C-EU-NdC (NC)); Misto-Italexit per l'Italia-Partito Valore Umano: Misto-IpI-PVU; Misto-Liberi e Uguali-Ecosolidali: Misto-LeU-Eco; Misto-MAIE: Misto-MAIE; Misto-+Europa - Azione: Misto-+Eu-Az; Misto-Potere al Popolo: Misto-PaP.
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RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza del vice presidente CALDEROLI
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,31).
Si dia lettura del processo verbale.
DURNWALDER, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori
PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.
Discussione del documento:
(Doc. XXII-bis, n. 8) Relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere: prevenire e trattare la violenza maschile sulle donne per mettere in sicurezza le vittime (ore 9,34)
Approvazione della proposta di risoluzione n. 1
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del documento XXII-bis, n. 8.
La relazione è stata già stampata e distribuita. Chiedo alle relatrici se intendono integrarla.
MAIORINO, relatrice. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, l'esame odierno di questa relazione in Assemblea rappresenta un passo importante, anzi, direi fondamentale, verso un cambio di prospettiva culturale sul tema della violenza contro le donne. La relazione presentata oggi ha infatti per oggetto i percorsi trattamentali per uomini autori di violenza. La Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne individua quattro principali strategie di intervento, le cosiddette quattro p: prevenire, proteggere, perseguire e politiche.
L'istituzione da parte degli Stati aderenti di percorsi trattamentali per uomini autori di violenza è esplicitamente prevista all'articolo 16 della medesima Convenzione, il quale individua nell'attuazione di percorsi di rieducazione uno degli interventi fondamentali nella strategia della prevenzione della violenza di genere, nel presupposto che il supporto e i diritti umani delle vittime siano una priorità e che tali programmi siano stabiliti ed attuati in stretto coordinamento con i servizi specializzati di sostegno alle vittime.
Nonostante questa esplicita previsione, l'istituzione di tali percorsi è rimasta inattuata e la questione dibattuta per troppi anni nel nostro Paese. A parte lodevoli realtà sorte spontaneamente nel nostro Paese, grazie all'impegno di professionisti e volontari, la politica non aveva finora davvero preso in carico il tema. Eppure coinvolgere attivamente il maschile sul fenomeno della violenza contro le donne significa avere il coraggio di andare alla sua origine; rivolgersi agli uomini e chiedere loro di interrogarsi sulle cause di questo problema, che è strutturale ed endemico, significa provare finalmente a chiudere il cerchio.
Non vi è chi non veda, infatti, come coinvolgere attivamente gli uomini nella riflessione sulla violenza contro le donne costituisca una necessità imprescindibile per consolidare quel cambiamento di prospettiva della nostra società che, a fatica, stiamo tutte e tutti insieme cercando di realizzare. Un cambiamento che finalmente conduca alla riduzione o auspicabilmente alla eradicazione della violenza di genere.
Infatti quando si ponga mente davvero al fenomeno della violenza di genere, la conclusione cui inevitabilmente si giunge è che esso non attiene affatto, come pure spesso viene affermato, ad una frangia deviante o patologica della popolazione. Esso affonda piuttosto le sue radici in una cultura condivisa e in modelli relazionali basati sulla subordinazione, sulla disparità di genere e su una pervicace distinzione di ruoli tra i sessi; stereotipi di genere duri a morire che ingabbiano tanto le donne quanto gli uomini. Siamo tutti e tutte imbevuti di questa cultura della disparità. Ecco perché se vogliamo davvero andare alla radice del fenomeno della violenza contro le donne non può essere sufficiente intervenire con il pur doveroso supporto alle vittime e con la repressione dei colpevoli, ma è necessario, anzi cruciale, prevenire e, per farlo, occorre agire sui comportamenti degli autori di violenza e non solo a posteriori, quando cioè la violenza è compiuta, ma prima che si inneschi la nota spirale di violenza che conduce ancora troppo spesso ad esiti tragici e fatali.
Siamo ben consapevoli, la collega Conzatti ed io, promotrici di questo focus sugli autori di violenza, della delicatezza del tema, del fatto che alcune parti nutrano delle riserve al riguardo e che la promozione dei percorsi per autori di violenza costituisca una rivoluzione nell'approccio al fenomeno. Per questo motivo voglio innanzitutto ringraziare tutte le colleghe e i colleghi componenti della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio per il supporto e il lavoro costante di ciascuno. Ringrazio la presidente Valente per aver favorito questo percorso. La Commissione ha infatti svolto un'istruttoria ampia e articolata sul tema, durata oltre un anno in cui sono stati auditi i massimi esperti nazionali e internazionali del settore, sono state acquisiti memorie e documenti e approfonditi profili di diritto comparato. Grazie a tale percorso di lavoro condiviso, anche questa relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza, come le altre otto deliberate sinora, è stata approvata all'unanimità in Commissione, nonostante le riserve a cui ho fatto cenno.
Una delle cose che come Commissione abbiamo da subito tenuto a specificare è che il lavoro sul comportamento degli uomini autori di violenza nulla ha a che fare con il profilo della condanna delle condotte illecite, rispetto alle quali gli autori restano sempre e comunque responsabili e condannabili.
Il lavoro con i maltrattanti risponde piuttosto a due necessità, strettamente connesse tra loro: a livello individuale del singolo autore di violenza, risponde all'esigenza di intervenire per scardinare, in quel singolo uomo, le cause che sono alla radice dei suoi comportamenti e possibilmente farlo prima che si inneschi l'escalation di violenza; a livello collettivo, risponde invece all'esigenza di cambiare la cultura della società in cui viviamo, che ancora fatica a individuare e a stigmatizzare la violenza maschile contro le donne.
Ricordo, infine, che agire per cambiare i comportamenti del maltrattante può e spesso significa salvare non solo la vittima del momento, ma anche le potenziali future, oltre ad essere un valido strumento per evitare che i minori eventualmente presenti assorbano la violenza vissuta in famiglia e la perpetuino a loro volta da adulti. Sappiamo infatti purtroppo che chi fa esperienza di violenza assistita da bambino più facilmente la agirà o entrerà in relazioni tossiche una volta divenuto adulto.
Tutti gli indicatori che abbiamo analizzato in Commissione, nazionali e internazionali, ci dicono che realizzare i trattamenti sugli uomini autori di violenza rappresenta un vantaggio. Le analisi condotte per il nostro Paese dall'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (IRPPS) del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), dalla rete dei centri per uomini autori di violenza Relive, associata alla rete europea Work with perpetrators (WWP), dalla Divisione anticrimine della questura di Milano, in collaborazione con il Centro italiano per la promozione della mediazione, sono estremamente confortanti circa il raggiungimento degli obiettivi di monitoraggio del rischio, di interruzione della escalation e di abbattimento del tasso di recidiva dei comportamenti violenti. Anche a livello comparato sussistono variegate esperienze in ambito europeo e internazionale che hanno dimostrato gli stessi risultati positivi.
Per questa ragione la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, ha deliberato di svolgere un focus specifico su questo tema, anche al fine di predisporre raccomandazioni utili ai fini dell'approvazione di un disegno di legge che rechi, per la prima volta in Italia, una disciplina organica di tali percorsi e dei centri che offrono trattamenti per uomini autori di violenza.
Ricordo, al riguardo, che sono in corso di esame presso la 2a Commissione i disegni di legge nn. 1770 e 1868, di iniziativa mia e della senatrice Conzatti, che sono stati congiunti al disegno di legge contro la violenza sulle donne, di iniziativa del Governo, l'Atto Senato 2530. Auspichiamo al riguardo un celere iter di esame e di approvazione.
L'istruttoria realizzata dalla Commissione sui percorsi per uomini autori di violenza è stata puntuale e approfondita. Essa ha avuto inizio con una serie di sopralluoghi in alcuni centri specializzati, come il centro di Roma, il centro di Genova e quello di Rovereto, ed è poi proseguita con l'audizione di diversi esperti. In questo modo abbiamo potuto renderci conto di prima mano della professionalità degli operatori e del lavoro che ivi viene svolto.
Sono state svolte sette sedute di audizione e sono stati auditi numerosi esperti tra psicologi e psicoterapeuti responsabili dei centri per uomini autori di violenza, come il carcere di Bollate, i CAM di Genova, Roma e Firenze e i centri attivi in altri Paesi europei, che rappresentano per noi dei modelli, come Spagna e Norvegia. Abbiamo audito le Forze dell'ordine, in particolare la Direzione centrale anticrimine, che ha ideato e istituito il protocollo Zeus, che sta dando ottimi risultati in tutti i Comuni dove è stato attivato.
Grazie all'audizione del direttore generale della Direzione dei detenuti e del trattamento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, sono stati acquisiti dalla Commissione i dati relativi ai percorsi trattamentali attuati all'interno degli istituti penitenziari, al fine di ottenere un quadro il più completo possibile sulla diffusione e sulla realizzazione di percorsi di rieducazione.
Mi avvio a concludere, Presidente. Alla stesura della relazione hanno collaborato, in qualità di consulenti della Commissione, alcuni tra i più importanti esperti del settore, che desidero ringraziare in questa sede per il lavoro svolto. Si tratta del dottor Andrea Bernetti e del dottor Arturo Sica, responsabili dei centri di Roma e di Genova, e del professor Emanuele Corn, associato di diritto penale dell'università di Trento ed esperto di diritto comparato.
All'esito di tale articolato dibattito, in qualità di relatrici abbiamo redatto questa nuova proposta di relazione che oggi è presentata in Assemblea. In essa, oltre all'esame dei progetti già esistenti in Italia e all'estero in materia di percorsi trattamentali, si avanzano indicazioni sulle modalità di realizzazione degli stessi. Un cenno a tali modalità lo farà la senatrice Conzatti, cui ora lascio la parola per la relazione. (Applausi).
CONZATTI, relatrice. Signor Presidente, ringrazio innanzitutto coloro che hanno lavorato a questa relazione. È stato un lavoro durato oltre due anni che ha coinvolto professionisti in tutta Italia, così come ha coinvolto professionalmente e umanamente moltissimi anche nella nostra Commissione, e a tale proposito ringrazio la presidente Valente. Il ringraziamento va fatto alla rete nazionale che tutti i giorni opera: parlo quindi dei centri antiviolenza, delle Forze dell'ordine e di tutti gli operatori specializzati su questo fenomeno.
I nostri consulenti ci hanno guidato. Cito il professor Arturo Sica fa parte della prima rete nazionale dei centri di rieducazione degli uomini autori di violenza, la rete Relive, affiliata alla rete europea WWP (sono tra i professionisti più esperti in Europa nel fenomeno). Ricordo anche il dottor Andrea Bernetti e il professor Emanuele Corn, che è riuscito ad arricchire questa relazione anche delle esperienze che ha maturato in qualità di professore associato in una università del Cile e in una università spagnola. Sì, perché proprio in Spagna nel 2004 c'erano dati sulla violenza simili a quelli italiani.
Una donna su tre subisce violenza nel corso della propria vita, l'Istat le stima in 7 milioni in Italia e sempre nel nostro Paese una donna viene uccisa ogni due giorni e mezzo. Con la ley orgánica del 2004 in Spagna sono riusciti, attuando una serie di interventi integrati sulla prevenzione, sulla protezione, sulla punizione e sulle politiche, ad abbattere del 50 per cento i numeri della violenza. Quindi la nostra indagine, come tutte quelle della Commissione d'inchiesta sul femminicidio, vuole dimostrare proprio questo: sulla violenza non solo si deve fare di più, ma si può fare di più. Noi sappiamo esattamente cosa dobbiamo fare e abbiamo iniziato anche a finanziare queste attività. Il primo finanziamento, proprio sui centri per gli uomini autori di violenza, è stato stanziato ed è pari a 1 milione di euro a decorrere dal cosiddetto decreto-legge agosto del 2020. Ulteriori 9 milioni sono stati stanziati nella legge di bilancio per il 2022.
Le attività possono quindi iniziare e devono iniziare non solo perché è un preciso impegno normativo internazionale. La Convenzione di Istanbul del Consiglio d'Europa, firmata nel 2011 e ratificata dall'Italia nel 2013, è legge dello Stato. Gli articoli 12 e 16 della Convenzione prevedono che uno degli interventi della strategia integrata di contrasto della violenza di genere sia proprio l'intervento sugli uomini autori di violenza. Del resto, qui dobbiamo dirlo che è tautologico: se noi non interveniamo su chi la violenza la agisce, non saremo mai sufficientemente efficaci nel fermare la violenza sulle donne.
Quello che è stato fatto in Italia fuori dal Parlamento, prima ancora che in Parlamento, è straordinario. Il lavoro dei centri e di tutta la rete nazionale è straordinario, così come molto buono è il nostro ordinamento giuridico. Eppure, se i dati della violenza in Italia sono ancora purtroppo altissimi, dobbiamo dire che non è sufficiente. Nel momento in cui constatiamo che non è sufficiente, dobbiamo aggiungere un tassello e un intervento. Noi riteniamo che l'intervento sugli uomini autori di violenza sia proprio questo tassello importantissimo da attuare.
I centri che oggi sono nel Nord e nel Centro Italia svolgono dei percorsi che hanno due ordini di obiettivi. Il primo è un percorso psico-rieducativo, per comprendere le motivazioni della violenza, la cultura patriarcale in cui la violenza si genera e le tecniche con le quali si può fermare l'escalation di violenza.
Tale centri hanno poi un obiettivo di rete, infatti fanno parte di una grande rete che agisce per fermare la violenza sulle donne. Come ha detto bene la collega relatrice Maiorino, questi percorsi di rieducazione non hanno nulla a che vedere con la responsabilità penale dei reati di violenza che vengono commessi, ma sono svolti con l'obiettivo di proteggere le donne, di proteggere i figli che troppo spesso assistono e subiscono la violenza, con il preciso obiettivo di fermare il prima possibile l'escalation e di bloccare le recidive.
Sappiamo che l'efficacia di questi centri dipende dal rispetto di due principi: la prossimità e la celerità nell'intervento. Affinché questo accada, è necessario che ci siano centri in tutta Italia, in modo tale che gli uomini possano accedervi in maniera spontanea non appena hanno i primi sentori di comportamenti violenti, affinché gli uomini possano esservi inviati da tutta la rete antiviolenza, dalle questure a seguito dell'ammonimento, dall'autorità giudiziaria a seguito delle misure cautelari e affinché anche gli uomini condannati debbano e possano partecipare a tali percorsi. Così è previsto dal codice rosso ed è importante, non solo per il rispetto del principio costituzionale di rieducazione del condannato, ma perché quando la pena viene terminata è importante che gli uomini condannati per reati di violenza che escono non siano pericolosi né per la loro vittima - anche se molto spesso quella donna non c'è più, è già stata uccisa - né per le altre.
In Italia il fenomeno della violenza è un fenomeno grave, strutturale, pubblico e trasversale. Questo vuole dire moltissimo. È grave per i numeri, è strutturale perché si basa su una cultura che tende, prima ancora socialmente che penalmente, a scusare i comportamenti violenti; è trasversale perché può riguardare tutti, non dipende dalla zona geografica, anzi il fenomeno è purtroppo drammaticamente distribuito in modo omogeneo sul territorio nazionale, non riguarda il tipo di formazione dell'uomo violento né il suo lavoro, né il suo reddito, anzi gli uomini autori di violenza molto spesso sono soggetti che funzionano in altre sfere della loro vita, sul lavoro, e nel sociale. Eppure, nelle relazioni - perché è proprio nelle relazioni che si sviluppa oltre l'80 per cento dei fenomeni di violenza - quegli uomini agiscono prevaricazione, una violenza crescente. È un fenomeno pubblico perché è vero che avviene in una relazione tra due soggetti, un uomo e una donna, ma si tratta di dinamiche uguali in tutte le relazioni di violenza, si basano sulla stessa escalation di atti e quindi è un fenomeno pubblico che riguarda tutti e deve riguardare lo Stato italiano.
È per questo che sono state stanziate delle risorse. Il ruolo che i centri svolgono nell'ambito della rete nazionale antiviolenza deve essere sostenuto dallo Stato, perché non protegge solo le vittime, ma protegge e cambia tutta la collettività, trasformando il nostro Paese, che oggi non è libero dalle violenze, mentre noi vogliamo che lo sia.
Vogliamo ricordarlo prima di tutto alle donne: è sempre e comunque l'uomo che agisce violenza ad essere responsabile e lo diciamo alle donne perché oggi solo il 10 per cento delle donne - troppo poco - denuncia la violenza e perché per lo più subiscono in silenzio.
In una delle ultime relazioni che abbiamo elaborato, abbiamo analizzato i fascicoli delle procure in cui abbiamo letto degli ultimi due anni di femminicidi. Ebbene, il 65 per cento delle donne uccise in quei due anni non aveva parlato con nessuno della propria situazione. Le donne devono denunciare, devono parlare, perché noi vogliamo fermare gli uomini il prima possibile. Una volta che sono stati condannati, anche se buttiamo via la chiave, non abbiamo risolto niente, dobbiamo intervenire prima per prevenire e per proteggere le vittime. (Applausi).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, avverto che eventuali proposte di risoluzione al documento in esame dovranno essere presentate entro la conclusione della discussione.
Dichiaro aperta la discussione.
È iscritta a parlare la senatrice Alessandrini. Ne ha facoltà.
ALESSANDRINI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, l'approvazione della relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere testimonia il senso di responsabilità dei componenti della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e il grande lavoro che è stato svolto dai colleghi commissari di tutti i partiti, per arrivare ad un documento condiviso, che vada al di là degli steccati ideologici. Si tratta infatti di una relazione che analizza un tema grave e importante, che coinvolge purtroppo tantissime donne e che molto spesso è collegato a radici culturali che meriterebbero una più approfondita analisi.
Il lavoro svolto dalla Commissione, di cui sono orgogliosa di fare parte, cerca di fornire risposte ad alcuni aspetti del problema. La violenza contro le donne rappresenta un fenomeno sociale diffuso e strutturale, con radici culturali profonde, che ancora oggi permeano le relazioni tra uomini e donne in tutto il mondo, seppure in alcuni Paesi il fenomeno sia ben più grave rispetto ad altri, per retaggi culturali e anche religiosi. Si tratta purtroppo di un fenomeno presente anche nel nostro Paese, seppure in misura inferiore rispetto ad altri Paesi europei per quanto concerne il femminicidio. Se il mero dato statistico ci dice che gli altri Paesi europei e il resto del mondo, esclusa l'Oceania, registrano numeri percentuali sul femminicidio superiori a quelli italiani, quando si esce dalla statistica la situazione cambia, perché le 99 vittime di femminicidio del 2019 hanno nomi e volti, hanno storie che nessun arido rapporto statistico riesce a raccontare e anche una sola donna vittima di femminicidio è inaccettabile e rappresenta una sconfitta incommensurabile per la società, perché la violenza contro le donne è un fenomeno che ha una dimensione pubblica, non esclusivamente privata, come spesso viene vissuta dalle vittime e dagli autori della violenza, è determinato e alimentato dallo squilibrio nei rapporti di potere tra donne e uomini e per questo interroga e richiede una risposta decisa e tempestiva dalla politica.
Rammento che una forte risposta c'è stata ed è stata fortemente voluta dal Gruppo parlamentare della Lega. Mi riferisco all'introduzione della legge n. 69 del 19 luglio 2019, conosciuta come codice rosso. È una legge per la quale ci siamo battuti e che rappresenta una conquista per le donne vittime di violenza (Applausi), perché non si limita ad inasprire le sanzioni, ma prevede, per la prima volta in Italia, un obbligo di trasmissione immediata della notizia del reato al pubblico ministero, in forma orale, cui farà seguito quella scritta, con una accelerazione dell'eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime. Il fattore tempo è infatti fondamentale: dalla velocità di intervento può dipendere l'integrità fisica della donna o addirittura la sua vita.
Passando alla genesi della relazione in oggetto, non posso che esprimere soddisfazione per l'accoglimento di alcune mie osservazioni e ringrazio per questo la Presidente, i membri della Commissione e le relatrici per averne tenuto conto e, ovviamente, per tutto il lavoro svolto.
Sono contenta del fatto che sia stata eliminata dalla relazione una parte sostanziale, riguardante tematiche che non devono essere oggetto di confronto a scuola, perché si tratta di aspetti del tutto estranei all'ambito della relazione stessa e perché l'educazione dei figli spetta ai genitori. Dalla relazione è stato inoltre eliminato il paragrafo in cui venivano espresse criticità e preoccupazioni per quanto concerne l'articolo 6 della legge codice rosso. La disposizione in oggetto prevede infatti che, con riguardo ai reati di violenza domestica e di genere, la sospensione condizionale della pena sia «comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati» e che «gli oneri derivanti dalla partecipazione ai corsi di recupero (...) sono a carico del condannato». Relativamente a tale norma si erano manifestate delle criticità, determinate dalla possibilità che il reo fosse sprovvisto di mezzi economici. Nel documento finale è stata accolta questa osservazione e, pertanto, tali oneri restano a carico del condannato, come è giusto che sia. La tutela e la preoccupazione prioritaria devono essere rivolte alle vittime dei reati e la nostra finalità è quella di adottare leggi che siano dalla parte delle vittime.
Come Lega siamo sempre dalla parte delle vittime, senza dimenticare gli autori dei reati, il loro pericolo di recidiva e la funzione rieducativa della pena. A tutto questo si deve infatti accompagnare la certezza della pena.
Posso dire che in Italia esiste una violenza contro le donne importata, che nasce da radici culturali estranee alla nostra e di cui sentiamo parlare solo quando arrivano ad occuparsene i media, ossia quando è troppo tardi. È innegabile che fattori religiosi e tradizioni culturali millenarie siano gli ostacoli maggiori alla rimozione della violenza di genere. Occorre intervenire su queste situazioni in cui la donna è davvero considerata, culturalmente, alla stregua di un essere inferiore e di cui troppo spesso si evita di parlare come fosse un tabù. Fare finta di non vedere potrebbe essere politicamente corretto, ma non è una soluzione. Diamo voce alle donne, a tutte le donne, alle donne invisibili, che vivono anche semi-segregate in casa, che escono solo se accompagnate e che subiscono forme di violenza strisciante, tra cui la meno visibile è l'impossibilità di scegliere e decidere autonomamente della propria vita. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Lunesu. Ne ha facoltà.
LUNESU (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, sta nel ruolo della politica alimentare e costruire nuovi modelli culturali.
La relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza che ci apprestiamo a votare oggi ci pone di fronte a un tema piuttosto delicato, che va affrontato con l'intenzione di poter agire sui comportamenti di ciascuno e poterne provocare un cambiamento necessario per costruire le modifiche culturali posto che, alla fine, l'obiettivo è proprio quello di modificare la cultura dell'intero Paese.
La violenza maschile contro le donne rappresenta un disagio sociale diffuso, con radici culturali profonde; un fenomeno di dimensione pubblica che, finalmente, negli ultimi anni, viene trattato con trasparenza, ma che per troppo tempo è stato silenziato, così come lo sono state le vittime.
È stato già detto che uno studio dell'Istat conferma che più di tre donne su dieci, di età compresa tra i sedici e i settant'anni anni, hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Nel 2021 le vittime di femminicidio sono state una ogni tre giorni. Si tratta di cifre che fanno rabbrividire se pensiamo al Paese che vogliamo essere e all'emancipazione che crediamo di avere.
Purtroppo ancora oggi è percepibile la reticenza con la quale viene punita la violenza degli uomini contro le donne. Se è vero che lo ius corrigendi esercitato in ambito familiare dal marito nei confronti della moglie è uscito dalla giurisprudenza italiana, possiamo ancora sentirne la sua influenza culturale perché - purtroppo - questo squilibrio di potere tra donne e uomini ha fatto parte del nostro modo di vivere per troppo tempo.
Il ruolo che l'uomo e la donna rivestono nella società non è definito alla nascita, in quanto ogni società stabilisce dei canoni attraverso i quali un uomo e una donna dovrebbero comportarsi. Il problema va quindi affrontato con un'intensa e convincente azione culturale, con l'aiuto degli operatori coinvolti e le loro specifiche competenze, avente come obiettivo lo sradicamento definitivo di questo comportamento. Il dolore delle vittime andrà infatti elaborato nel tempo e la sofferenza interna rimarrà per sempre.
Per questo motivo, si richiede una risposta decisa e tempestiva al Governo. I dati dimostrano che gli uomini che esercitano violenza contro le donne tendono ad atti aggressivi sempre più gravi e, in assenza di un intervento, recidivano nell'85 per cento dei casi. Per attuare l'interruzione dei comportamenti violenti, i centri che si occupano della rieducazione si propongono anzitutto di far comprendere agli uomini autori cosa siano la violenza e il dolore indelebile provocato alle vittime, nonché di sviluppare in essi le competenze necessarie per riconoscere e gestire quei vissuti che generano rabbia e violenza, così da evitare recidive ed escalation. È dunque fondamentale focalizzarsi sul lavoro trattamentale sugli uomini autori di violenza con degli obiettivi mirati: interrompere l'escalation di violenza già nei primi comportamenti spia; sanzionare in modo conforme al principio costituzionale di tendenziale rieducazione del condannato; ridurre l'alto tasso di recidiva tra gli autori di comportamenti violenti.
La Convenzione di Istanbul, che ha come obiettivo eliminare ogni forma di violenza di genere, promuove il trattamento degli uomini autori di violenza, in un'ottica di prevenzione rispetto a nuove violenze e di modifica dei comportamenti violenti e individua nella creazione di percorsi di rieducazione uno degli interventi fondamentali della strategia di contrasto alla violenza domestica e di genere.
Oggi in Italia gli uomini autori di violenza vanno incontro a destini diversi, a seconda della collocazione geografica della loro residenza. Sono infatti pochi i centri specializzati ai quali potersi rivolgere, non diffusamente distribuiti sul territorio, privi di accreditamento e finanziamento pubblico che, per poter esistere, devono offrire i servizi a pagamento.
I centri dovrebbero essere invece diffusi ovunque sul territorio, con standard omogenei ed essere finanziati in modo da poter offrire servizi all'altezza dello scopo: agli autori di violenza e ai loro familiari che volontariamente vi si rivolgono, ai questori e ai magistrati che procedono agli invii nei centri e anche alle strutture penitenziarie.
Tra i centri dedicati, vorrei soffermarmi sul Centro italiano per la promozione della mediazione (CIPM) che nasce a Milano nel 1995 e dal 2018 esiste anche a Cagliari, il Centro italiano per la promozione della mediazione e la giustizia riparativa (CIPM Sardegna), formato da varie professionalità.
Il CIPM e il CIPM Sardegna nel 2021 hanno insieme realizzato un progetto: «Interventi rivolti agli autori della violenza di genere e nelle relazioni affettive». A questo proposito esiste anche un numero verde operativo H24 su tutto il territorio regionale, ma questo non basta. I centri in Italia sono veramente pochi. Le risorse devono essere assegnate con accreditamento; occorre creare i centri di prossimità in modo che l'uomo, ai primi segnali di disagio, possa recarsi al centro più vicino.
In conclusione, Presidente, sarebbe auspicabile che tutta la normativa in materia sia oggetto di una rapida approvazione e sia inclusa in un titolo specifico di un testo unico, dedicato al contrasto della violenza di genere e alla promozione di una società libera dalla violenza contro le donne. (Applausi).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Salutiamo - e lo faccio con vero piacere, visto che non accadeva da due anni e due mesi - docenti e studenti della scuola secondaria di primo grado «Madre Camilla Gritti» di Carbonia in provincia di Carbonia-Iglesias. (Applausi). Questo rientro alla normalità ci rincuora, finalmente!
Ripresa della discussione del documento XXII-bis, n. 8 (ore 10,07)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Fantetti. Ne ha facoltà.
FANTETTI (Misto-IaC (I-C-EU-NdC (NC))). Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, la violenza maschile contro le donne rappresenta un fenomeno sociale diffuso e strutturale con radici culturali profonde che ancora oggi permeano le relazioni tra uomini e donne in tutto il mondo come anche nel nostro Paese.
È un fenomeno che ha una dimensione pubblica e non esclusivamente privata, come spesso, invece, viene vissuta dalle vittime e dagli stessi autori della violenza, determinato e alimentato dallo squilibrio nei rapporti di potere tra donne e uomini e che per questo interroga e richiede una risposta decisa e tempestiva dalla politica.
Coloro che agiscono con violenza contro le donne tendono ad atti aggressivi sempre più gravi e, in assenza di un intervento, recidivano nell'85 per cento dei casi, per cui coloro che riescono a ritrovare autonomamente, senza aiuti, un equilibrio dopo un primo episodio di violenza, sono, purtroppo, una minoranza esigua.
Le conseguenze della violenza sulla vita delle donne vittime sono gravi e hanno effetti sia immediati che a lungo termine; inoltre, si traducono in sofferenze e traumi per i figli. Ad aggravare ulteriormente questa dinamica, il comportamento violento può essere appreso dai figli e replicato anche a distanza di molti anni.
Secondo l'Istat emerge che molti degli uomini autori sono stati a loro volta vittime e testimoni di violenza da bambini.
Presidente, colleghe e colleghi, la relazione della Commissione di cui mi onoro di far parte, attraverso una complessa attività conoscitiva, sopralluoghi in alcuni centri attivi sul territorio nazionale e un lungo ciclo di audizioni di esperti nazionali e internazionali con competenze diversificate, ha analizzato la problematica connessa al recupero degli uomini autori di violenza alla luce del quadro normativo vigente, con particolare riguardo alla possibile introduzione di percorsi di rieducazione e riabilitazione specifici, e propone ora alcune indicazioni per un intervento strutturato di contrasto alla violenza contro le donne e diretto alla realizzazione di una rete nazionale dei centri che abbia chiara la finalità della propria azione: lavorare sugli autori per accrescere la sicurezza, il supporto e la tutela dei diritti delle vittime.
Si è già citata dalla Convenzione di Istanbul, per cui non la riprendo.
Mi preme, invece, sottolineare che il panorama internazionale offre una serie di programmi e progetti, rivolti agli uomini autori di violenza, che nascono tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta nei Paesi anglosassoni per poi essere adottati pochi anni dopo anche in alcuni Paesi del Nord Europa, in particolare in Norvegia. Tuttavia, anche nei Paesi in cui per il contrasto alla violenza si opera in attuazione della Convenzione di Istanbul, l'intervento sugli autori della violenza è ancora poco diffuso.
Nel corso delle audizioni la presidente dell'associazione Centro di ascolto per uomini maltrattanti di Firenze, nonché la presidente dell'associazione Relive, riferendosi alle realtà presenti in Europa, ha descritto quattro diversi approcci d'intervento. In primo luogo quello avviato direttamente dal sistema giudiziario attraverso la messa alla prova, con programmi sviluppati da operatori istituzionali all'interno delle carceri; in secondo luogo, il modello che si basa su risposte centrate maggiormente sulla famiglia, perché prendono in carico donne, uomini e bambini, cioè l'intero nucleo familiare, e che è diffuso prevalentemente nell'area del Centro e del Nord Europa; in terzo luogo programmi che, invece, si rivolgono direttamente agli uomini attraverso una presa in carico di tipo culturale e sociale e, infine, una risposta maggiormente centrata sulla patologizzazione del problema e che va quindi a individuare più centralmente gli aspetti clinico-medici.
Nel complesso si possono comunque rilevare alcuni elementi comuni a tutti gli interventi. C'è infatti una prima fase di valutazione del rischio e delle effettive possibilità di esito positivo del percorso psico-socioeducativo che l'autore di violenza dovrebbe intraprendere. Il partecipante è invitato a sottoscrivere un accordo come assunzione di responsabilità, che stabilisce le regole di comportamento che dovrà rispettare per avere diritto a completare l'intero programma. Come modus operandi viene utilizzato prevalentemente il lavoro di gruppo, che può talvolta essere accompagnato da un ulteriore supporto di sedute individuali. È da sottolineare, peraltro, che nessuno di questi programmi prevede il ricorso a terapie di coppia o a mediazioni familiari. Tali approcci, infatti, sono espressamente esclusi dalla Convenzione di Istanbul, in quanto considerati strumenti non idonei nei casi di violenza domestica e di genere.
Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, per schematizzare il ventaglio delle norme presenti nel nostro ordinamento è utile proporre una suddivisione che riguarda i loro destinatari, cioè gli autori della violenza. Un primo gruppo di destinatari è formato dai soggetti condannati, detenuti per reati riconducibili all'alveo della violenza contro le donne. Ci troviamo in un settore che sta vivendo una forte fase di evoluzione, confermata dall'intervento normativa recente, legge n. 69 del 2019, il cosiddetto codice rosso, che ha ulteriormente modificato l'articolo 13-bis della legge sull'ordinamento penitenziario, ora rubricato «Trattamento psicologico per i condannati per reati sessuali, per maltrattamenti contro familiari e conviventi, per atti persecutori», allineando la normativa nazionale ai più alti standard internazionali. Il secondo gruppo di destinatari comprende coloro che non sono attualmente in carcere, ma in virtù delle loro azioni potrebbero entrarvi o ne sono appena usciti. Ad oggi il soggetto tornato in libertà trova scarsa continuità trattamentale rispetto a quella ricevuta in carcere, pur trattandosi di una delle fasi più a rischio per la vittima, per via delle possibili recidive. Mancano misure specifiche, che andrebbero previste approfondendo lo studio dell'esperienza norvegese e del modello che si caratterizza proprio per tale comunità. Facendo riferimento alla riformulazione dell'articolo 163 del codice penale e a una testimonianza diretta dell'esperienza presso il tribunale di Milano, tale normativa ha reso esplicita in Italia e obbligatoria la possibilità, già prevista peraltro dal primo comma dell'articolo 165 del codice penale, ma affidata alla sensibilità del singolo giudice, di subordinare la concessione della sospensione alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.
Il terzo gruppo di soggetti potenzialmente interessati è rappresentato dagli uomini autori di violenza, ma che non sono stati denunciati (la maggior parte), o rispetto ai quali non sono state ancora adottate misure restrittive. Appare necessario garantire l'opportunità di offrire percorsi anche a queste persone che costituiscono la parte più ampia degli autori di violenza, dal momento che in questo caso si opererebbe in autentica prevenzione del reato, piuttosto che nella sua punizione o correzione postuma. Alla luce di tali considerazioni, come è stato citato, sono stati stanziati, anche su iniziativa della Commissione, fondi specifici nella legge di bilancio.
È di fondamentale importanza sociale ma anche politica ribadire che la prevenzione della violenza nelle relazioni domestiche e di genere, che costituisce la finalità principale dei percorsi trattamentali sugli uomini autori, è volta a promuovere e conservare modalità relazionali positive e non violente e a evitare l'insorgenza di fenomeni di maltrattamenti nella società.
La prevenzione, peraltro, assume caratteristiche diverse a seconda dell'arco temporale che si intende abbracciare. C'è una prevenzione cosiddetta primaria, che riguarda gli interventi atti al mantenimento di uno stato di benessere e di assenza di situazioni di violenza o a una sua promozione. C'è una prevenzione secondaria, che consiste in interventi rivolti a situazioni in cui la violenza è in uno stato di potenzialità oppure alle prime fasi del processo di escalation. C'è infine una prevenzione terziaria, che riguarda interventi volti a contrastare la violenza in atto e a evitare in particolar modo ulteriori gradi di escalation di comportamenti lesivi oppure, in caso di recidiva, della condotta di maltrattamento.
Un piano di contrasto della violenza completo ed efficace deve prevedere interventi preventivi specifici per ognuno di questi tre gradi e per ciascuno dei soggetti coinvolti nel fenomeno del maltrattamento: la vittima diretta, i minori vittime dirette o indirette, l'autore della violenza, la comunità nel suo complesso. I programmi per gli autori di violenza si basano sulla convinzione che le persone che hanno la motivazione al cambiamento dovrebbero essere messe nella condizione di poter intraprendere un percorso e che funzione fondamentale di una comunità è stimolare nelle persone questa motivazione. L'assunzione di responsabilità rispetto ai comportamenti attuati è un prerequisito per poter cambiare, poiché, fino a quando verranno attribuite ad altri o a elementi esterni le cause del proprio comportamento e dei propri vissuti, non sarà possibile essere autori del proprio cambiamento. Il comportamento violento non deve essere visto come una forma di patologia, piuttosto come la declinazione di un complesso intreccio di aspetti sociali, culturali, relazionali, emotivi e identitari. In particolare, è l'incapacità di leggere questi aspetti e di sostenere il peso su di sé che genera la violenza, la quale, in ultima analisi, è esito dell'incapacità di pensare le emozioni generate dal rapporto tra l'individuo e il contesto.
Concludo dicendo che sarebbe auspicabile che tutta la normativa in materia fosse oggetto di una rapida approvazione parlamentare (al riguardo ricordiamo che sono all'attenzione delle competenti Commissioni parlamentari del Senato i disegni di legge nn. 1770 e 1868) e fosse inclusa in un titolo specifico di un testo unico, dedicato al contrasto della violenza di genere e alla promozione di una società libera dalla violenza contro le donne. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Comincini. Ne ha facoltà.
COMINCINI (PD). Signor Presidente, prima di iniziare il mio intervento, vorrei ringraziare in maniera non formale la collega Valeria Valente per il ruolo che ha svolto come Presidente della Commissione di inchiesta sul femminicidio. Un ringraziamento che credo sia doveroso estendere anche alle colleghe Conzatti e Maiorino e a tutti i membri della Commissione, per il prezioso lavoro che hanno condotto, per la mole di dati analizzati e per quanto ci offrono con questa relazione, preziosa per il nostro lavoro, ma anche per il Paese.
La violenza maschile contro le donne in Italia è un fenomeno profondamente diffuso. A dircelo non sono solo le parole delle relatrici e dei colleghi che mi hanno preceduto e non sono solo i dati sui numeri impressionanti dei femminicidi, che con puntuale cadenza animano le cronache nere dei nostri quotidiani e che scuotono le nostre coscienze. A dircelo è la società che abbiamo costruito e nella quale viviamo; una società nella quale le violenze nei confronti delle donne vengono perpetrate in modo continuo negli spazi domestici, sui posti di lavoro, nei luoghi pubblici, sui mezzi di trasporto. Questa dimensione ci obbliga a considerare il fenomeno della violenza sulle donne per quello che è: un fenomeno sociale diffuso che ha una dimensione pubblica e che, in quanto tale, va discusso, trattato ed esaminato come un fatto che riguarda la società, tutti noi e le nostre vite.
La violenza maschile sulle donne non può e non deve in nessun modo essere considerata un problema solo femminile, un problema la cui soluzione ricade in capo alle donne. La natura pubblica di un fenomeno così grande necessita di uno sforzo collettivo che ritengo debba vedere impegnati al fianco delle donne anche e soprattutto gli uomini. Ecco perché credo che al prezioso lavoro che i colleghi della Commissione femminicidio hanno portato avanti vada aggiunto quello della politica, che ha una responsabilità enorme: cambiare la cultura del nostro Paese.
Se la violenza maschile sulle donne è ancora così diffusa, infatti, è perché trova radici in una cultura ancora profondamente maschilista, nella quale gli squilibri di genere sono evidenti sotto troppi aspetti. Tutto questo si sostanzia in uno squilibrio dei rapporti di forza tra donne e uomini: è esattamente su questo terreno e in questo contesto che la violenza di genere spesso trova spazio e lo trova - ahimè - anche nelle abitudini e nelle azioni dei nostri ragazzi, che già tra i banchi di scuola, in alcuni casi, basano la relazione uomo-donna su un'idea di possesso e di appartenenza, che ancora troppo spesso si traduce in atti di violenza.
Pertanto, credo che uno dei compiti che la politica deve svolgere sia proprio intervenire sull'educazione dei nostri ragazzi e, più in generale, degli uomini della nostra società. Per questo è sicuramente utile scrivere buone leggi, ma ancora più utile è educare i nostri ragazzi a vivere una dinamica di relazione sana e rispettosa dell'altro sesso. Allo stesso tempo, alle istituzioni spetta il compito fondamentale di proteggere le donne vittime di violenza: su questo aspetto credo che l'enorme lavoro svolto sui territori dai centri antiviolenza e da una rete di volontari, alla quale ogni giorno dovremmo dire il nostro grazie, andrebbe rafforzato. (Applausi). Il loro prezioso lavoro deve essere ancor più coordinato con i servizi sociali dei nostri Comuni.
Su questo versante - lo dico anche con la lunga esperienza che ho maturato da sindaco - è fondamentale formare gli operatori chiamati ad intervenire di fronte ad una violenza di genere. Sul punto può essere utile lavorare nel prossimo futuro su proposte legislative che permettano maggiore agibilità alla rete dei servizi sociali dei nostri Comuni, strutturando e rafforzando anche i centri che si occupano della rieducazione degli uomini autori di violenza, a cui pure fa riferimento la relazione che stiamo discutendo. Essa, infatti, mette al centro i percorsi trattamentali per gli uomini autori di violenza nelle relazioni affettive di genere e credo sia utile a quest'Assemblea, perché si muove nel solco del percorso indicato dalla Convenzione di Istanbul, che - come sappiamo - si pone l'obiettivo di eliminare ogni forma di violenza di genere, individuando quattro strategie di intervento, le famose quattro P: prevenzione, protezione, perseguimento e politiche integrate. Noi, dentro questo perimetro, dobbiamo continuare a lavorare, perché nel più breve tempo possibile discussioni come quelle che stiamo svolgendo oggi in quest'Aula siano solo un ricordo del quale nessuno dovrà avere nostalgia. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Papatheu. Ne ha facoltà.
PAPATHEU (FIBP-UDC). Signor Presidente, colleghi, mi preme ringraziare di vero cuore la presidente Valente e la ministra Bonetti oggi presente, che ci conforta sempre sia con la sua presenza, ma anche con concreti atti e solide realtà. Ringrazio le colleghe tutte che, pur appartenendo a Gruppi politici diversi, hanno sempre lavorato in sintonia nel contraddittorio, che ovviamente ci appartiene per i diversi Gruppi a cui facciamo riferimento. Possiamo dire però, con grande vanto, che tutti i provvedimenti sono stati votati sempre all'unanimità.
Ripeto da anni ormai - e vorrei sottolinearlo anche oggi ai colleghi - che è ancora fisso quel dato per cui, all'incirca ogni tre giorni, in Italia una donna viene uccisa. Nel 2020, 116 donne sono state uccise e nel 92 per cento dei casi l'autore del delitto era una persona conosciuta; in quasi il 58 per cento dei casi addirittura il partner o un ex partner. Si tratta di numeri impressionanti, anche se si stenta a credere che l'Italia, tra i Paesi europei, è tra quelli con minor incidenza statistica di questo tipo di reati. Pensate che in Lettonia l'incidenza degli omicidi di donne è dieci volte quella registrata in Italia.
È frustrante rilevare che, nonostante negli anni si siano inserite norme di tutela e di prevenzione, come il codice rosso, il numero dei femminicidi appaia stabile e apparentemente incomprensibile, ma la sicurezza delle donne è minacciata anche da altre condotte criminali, prevalentemente agite da uomini.
Sono migliaia ogni anno le condanne per maltrattamenti in famiglia, lesioni, percosse, violenze sessuali e atti persecutori e mentre i casi di omicidio difficilmente possono rimanere ignoti, grande è il numero dei reati di violenza nei confronti delle donne che non vengono a conoscenza delle Forze di polizia e della magistratura e che restano un vergognoso segreto di famiglia e, aggiungo, dei vicini e degli insegnanti che ne fanno parte, a mio avviso, come complici, perché non possono non sapere e non capire quanto viene consumato all'interno delle mura domestiche.
Non possiamo non interrogarci sulle ragioni di tanta violenza maschile: tradizioni di patriarcato violento e possessivo, bassa scolarizzazione, alcolismo, tossicodipendenze, fragilità psicologica. Tutto ciò rende impossibile l'accettazione del rifiuto, dell'abbandono e può essere forse alla base di questi comportamenti criminali del maschio nei confronti della donna. Lo spazio della sanzione penale però, sia pure necessario, non può essere l'unico terreno sul quale giocare la partita del contrasto alla violenza di genere.
Da questo punto di vista preziosa appare la relazione pubblicata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, dedicata ai possibili percorsi di trattamento psicologico degli uomini autori di violenza nei confronti di donne alle quali siano o sono stati legati da relazioni affettive.
Il lavoro trattamentale sugli uomini responsabili di atti violenti è orientato ad interrompere l'escalation di violenza già dai primi comportamenti spia, sanzionare i reati in modo conforme al principio costituzionale di tendenziale rieducazione del condannato e ancora ridurre l'alto tasso di recidiva. Il ricorso a tali pratiche è ispirato al dettato della Convenzione di Istanbul per la prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, che impone agli Stati firmatari di istituire o sostenere programmi di trattamento per prevenire la recidiva, in particolare per i reati di natura sessuale.
Per quanto riguarda gli interventi legislativi in materia nel nostro Paese, bisogna ricordare l'articolo 5 del decreto-legge n. 93 del 2013, come modificato dalla legge di conversione, che promuove lo sviluppo e l'attivazione in tutto il territorio nazionale di azioni basate su metodologie consolidate e coerenti con le linee guida appositamente predisposte di recupero e di accompagnamento di soggetti responsabili di atti di violenza nelle relazioni affettive, al fine di favorirne il recupero e limitare i casi di recidiva.
Lo Stato cessa dunque di esercitare il solo potere punitivo e nei confronti dei responsabili di reati in danno delle donne si impegna a svolgere un'azione positiva, sostanzialmente terapeutica, nella direzione del recupero anche finalizzato ad impedire la reiterazione delle condotte.
Questo nuovo orientamento si è concretizzato principalmente nell'articolo 13-bis della legge sull'ordinamento penitenziario, che in relazione ai reati di maltrattamenti in famiglia, atti persecutori e ad una serie di reati sessuali, consente ai condannati detenuti di sottoporsi a un trattamento psicologico con finalità di recupero e sostegno. Tale partecipazione è incentivata dal fatto che essa è condizione per accedere alle misure alternative al carcere previste dall'ordinamento. Il problema è che non tutte le istituzioni carcerarie sono in grado di offrire questo servizio ai detenuti. Naturalmente ci si chiede se l'adesione per convenienza a tali attività trattamentali ne mantenga la validità riabilitativa oppure la svuoti di significato e di efficacia. Solo lo studio dei dati sul grado di recidiva dei partecipanti ai programmi potrà confermarne o meno la validità. In sostanza l'ordinamento, oltre a valorizzare il risarcimento del danno procurato, ora incentiva anche forme di condotta autoriparativa nell'interesse sia del responsabile che delle vittime.
Nel tempo l'ordinamento ha ampliato la possibilità di ricorrere a programmi riabilitativi, includendo anche gli indagati e gli imputati a piede libero tra i possibili fruitori, sempre cercando meccanismi di incentivazione di natura premiale. Talvolta, come nelle misure di sicurezza o di prevenzione, il giudice può anche imporre al responsabile di fatti di violenza di partecipare a programmi riabilitativi. Credo che affiancare al momento sanzionatorio un momento terapeutico e riabilitativo aprirà nuove prospettive alla lotta contro la violenza di genere, anche se solo i dati scientifici potranno dimostrare la validità di questo nuovo approccio alla devianza.
La relazione sottolinea l'urgente necessità di tracciare le linee guida condivise per il trattamento psicologico degli uomini maltrattanti e chiari criteri per il riconoscimento e l'abilitazione dei centri destinati all'attuazione dei programmi terapeutici.
Ogni sforzo va fatto e ogni strada va tentata, perché le mura domestiche possano essere per tutte le donne il luogo della sicurezza e della protezione e non il teatro di vili atti di violenza e di prevaricazione. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Faggi. Ne ha facoltà.
FAGGI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, colleghi, è importante, fondamentale per la nostra società, oggi più che mai disorientata e preda di comportamenti disdicevoli e disumani, il percorso affrontato e ampiamente analizzato dalla Commissione femminicidio, cui va il mio sentito e personale ringraziamento, sul tema delle violenze sulle donne e su come intervenire, sia in prevenzione che in riabilitazione di questi soggetti.
L'evoluzione umana, che ci ha portato ad essere eccellenze in molti campi, è stata, però, inversamente proporzionale al manifestare l'abbrutimento dell'anima e il dissolversi dell'etica, anziché il suo accrescimento. Etica che dovrebbe essere il pilastro portante di ogni azione umana, dalla più piccola alla più complessa; etica che dovrebbe essere parallela alla crescita fisica e mentale di ogni individuo.
È dai tempi lontani che affondano le radici della brutalità. I comportamenti violenti potevano aggrapparsi ad una società ancora grezza; portavano con sé costruzioni psicologiche che si alimentavano in contesti culturali e urbani ancora fortemente in fase evolutiva. Non è certo questa una scusa, perché non ci sono mai scuse davanti alle violenze, di qualsiasi tipo, commesse tanto da uomini quanto da donne, ma può essere una considerazione - permettetemi - lecita per un ragionamento sui perché di questo drammatico tema, che non cessa di esistere.
L'oggi mostra ancora gli stessi modus operandi della violenza; forse sono cambiati un po' gli strumenti: oltre alle mani, ai bastoni, alle cinghie, alle armi, a molto altro, la violenza si è un po' raffinata nella sua crudeltà, violenza non solo fisica, ma anche verbale e psicologica. A volte si fa ancora fatica a capire dove inizi l'una, dove finisca l'altra o viceversa. Se quella fisica, non vi è dubbio, è più visibile e spesso mortale, quella psicologica è sotterranea, a volte neppure individuata.
Il continuo comportamento denigratorio fatto col sorriso ne è un esempio; anche la derisione mascherata dall'ironia, l'esclusione, l'evitamento, l'isolamento da amici e famiglia, la critica cosiddetta costruttiva, che invece vuole appositamente essere distruttiva, lo sgridare l'adulto al pari di un bimbo sono le classiche distorsioni caratteriali di questi individui, che segnano profondamente l'anima, deviano il percorso di vita di chi le subisce, rendono l'individuo oggetto di tali comportamenti privo della sua dignità, spesso incapace di comprendere cosa gli sta accadendo e altrettanto frequente è la posizione di colpevolezza che assume. Il meccanismo si fa ancora più perverso: chi subisce maltrattamenti, fisici o psicologici, si sente meritevole di ciò a cui è sottoposto; un senso di colpa e di inadeguatezza ne sono le conseguenze, come il timore di non essere compresi nell'esporre il proprio disagio, la propria sofferenza, il timore del ridicolo, della vergogna, la paura di non trovare soluzioni per affrontare il grave problema. La brutalità si nutre di questo.
Oggi, con questa proposta di risoluzione che rimanda alle indicazioni della relazione della Commissione, ci si propone di perseguire attraverso un difficile percorso normativo la finalità di rendere più omogenei e strutturali i mezzi per la battaglia contro queste violenze. Sarà necessario affrontare comunque a doppio senso questa tematica, guardando sempre la medaglia da entrambi i lati, affinché non diventi strumento per strumentalizzare, ma sia strumento per rispettare l'essere umano in un binario di vivace comprensione, ma anche di necessaria consapevolezza di quanto sia complesso e poliedrico questo dramma.
Un ultimo pensiero. Occorre puntare molto sull'insegnare a coloro che manifestano comportamenti violenti ad ammettere i propri limiti, gli errori, le crudeltà; insegnare ad essere capaci di capire che bisogna farsi aiutare, perché il far da sé, il giustificarsi, il dire "non lo faccio più", "non l'ho fatto apposta" o "sono stato frainteso", è profondamente sbagliato. Questa sarà la vera sfida: riuscire a mettere a nudo la fragilità di questi uomini, perché possano veramente, là dove sarà possibile, intraprendere un percorso di riabilitazione, interrompendo il circolo vizioso e disumano che alimenta la violenza. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Fede. Ne ha facoltà.
FEDE (M5S). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi e colleghe, oggi siamo qui a parlare di femminicidio quindi è doveroso partire con un ringraziamento a chi ha svolto questo eccellente lavoro per conto delle Assemblee parlamentari, quindi la presidente Valente, le nostre Vice Presidenti - come la collega Cinzia Leone, che è qui al mio fianco - e le colleghe relatrici.
Intervengo per ultimo, quindi penso che potrei evitare di ripetere quanto già detto ampiamente dai colleghi, che ringrazio. Però vorrei far presente il tema principale di cui parliamo oggi, questa relazione, che individua i percorsi di trattamento per gli uomini autori di violenza. Lo dico da parlamentare e da uomo, assumendo su me stesso e nelle mie parole la vergogna per il genere di cui faccio parte, che si è distinto per un numero di femminicidi che non ha proporzione, ma anche con l'impegno e la responsabilità, da uomo, di parlare di questo argomento per realizzare quell'evoluzione culturale che ancora oggi dobbiamo compiere. (Applausi).
L'aspetto drammatico è che noi, per individuare questo reato, abbiamo dovuto creare un neologismo che non esisteva: prima si parlava di omicidi genericamente, mentre oggi parliamo di femminicidi; è un neologismo creato per la prima volta nel 1992, e usato in Messico per la prima volta nel 1994, per parlare di un omicidio che riguarda una donna in quanto donna.
Questa è una cosa terribile e lo è ancora di più se pensiamo al contesto in cui siamo, ossia il terzo millennio. Si tratta di un fenomeno complesso da misurare e comparare, ma a cui dobbiamo trovare una soluzione. Il nostro vocabolario addirittura definisce il femminicidio come qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e annientarne l'identità attraverso l'assoggettamento fisico e psicologico, fino alla schiavitù e alla morte. Dobbiamo riflettere su queste parole, perché è una concezione assurda e lo voglio ripetere fino allo sfinimento.
È giusto ricordare la differenza tra omicidi e femminicidi. Tenete conto che l'Italia, per fortuna, è diventata uno dei Paesi più sicuri al mondo sul fronte degli omicidi, che sono drasticamente calati negli anni. Questo perché abbiamo lavorato e combattuto le forme che portavano all'omicidio: la mafia, il terrorismo e tante circostanze. Ma in questo contesto i femminicidi sono aumentati, quindi c'è un'inversione di tendenza. Questo vuol dire che qualcosa non va nel nostro contesto sociale e nel nostro modo di relazionarci con l'altra metà del cielo: siamo uomini e le donne intorno a noi segnano la nostra esistenza, la nostra crescita; le mamme, le mogli, le colleghe, le nostre figlie. È per questo che dobbiamo fare questo lavoro: per la loro sicurezza. Non si può pensare che una donna in quanto tale debba subire violenze, pressioni e prevaricazioni legate al sistema di emancipazione naturale che abbiamo costituito.
Oggi abbiamo un Ministro qui seduto che è una donna e nei ruoli più alti delle nostre istituzioni vi sono delle donne. Questo percorso l'abbiamo fatto, ma ha ingenerato quella inadeguatezza maschile - lo dico da uomo - a saper considerare ed accettare un rapporto paritetico e questo innesca dei meccanismi che sono terribili e su cui dobbiamo lavorare, né possiamo derubricarli ad una patologia, perché è un aspetto culturale e su questo deve intervenire il nostro lavoro. Dobbiamo davvero superare culturalmente queste discriminazioni, così come abbiamo fatto e stiamo facendo. Una volta in Italia - su questo dobbiamo riflettere, anche con vergogna - era giustificato il delitto d'onore. Oggi dico con orgoglio che grazie a noi, grazie al MoVimento 5 Stelle, è stata introdotta una norma che è il codice rosso, che serve proprio a mettere al centro la tutela delle donne. Questo è il lavoro giusto da fare e non è certamente un punto di arrivo, ma di partenza da sviluppare, perché sicuramente ancora non basta. Dobbiamo quindi affrontare queste problematiche ed è necessario l'impegno di tutte le forze politiche in questo lavoro. Rivendico con orgoglio anche il fatto che abbiamo creato un comitato per la parità di genere e i diritti civili che si focalizza proprio su questi argomenti. Questo lavoro di sviluppo lo stiamo portando avanti con i colleghi del MoVimento 5 Stelle, la senatrice Maiorino, la senatrice Leone, il senatore Airola, ed è un lavoro che deve essere fatto da tutte le forze politiche, perché dobbiamo essere soprattutto noi i promotori di questo cambiamento. A leggere i numeri impressionanti dell'ultimo rapporto Istat pubblicato, si vede che l'Italia, benché abbia lavorato sulla riduzione degli omicidi, ancora deve fare molta strada sul femminicidio: se gli omicidi sono calati di quattro volte dal 1991 al 2019, i femminicidi sono aumentati di quattro volte e questo è un segnale chiaro che non ci può distogliere dal nostro impegno. I condannati sono per il 96,6 per cento uomini, quindi questo lavoro deve essere fatto con fermezza e non si può più permettere che questa cosa avvenga, perché i numeri, colleghi, italiani, sono impressionanti. Nel 2021, su 295 casi di omicidio, 118 hanno come vittime delle donne e non sono legati alla malavita e a tutte le vicende che dicevamo, ma a quei rapporti malati presenti all'interno dei nuclei familiari, i protagonisti sono familiari e questo è un segnale terribile e forte.
È una scia di sangue che continua e che dobbiamo interrompere e penso sia giusto ricordare qui oggi alcuni nomi che hanno colpito il nostro animo, la nostra sensibilità. Per citare un caso tra i più terribili, Rosa Alfieri, ventitré, trovata morta all'interno di un condominio in provincia di Napoli, è stata strangolata da un vicino di casa e ritrovata con uno strofinaccio in bocca. Daniela Cadeddu, cinquantuno anni, è stata uccisa dal marito nel sonno con colpi di martello alla testa. È un'immagine bruttissima, ma penso che sia un dovere ricordarlo. Anna Borsa, trent'anni, è stata uccisa all'interno del salone estetico dove lavorava dopo aver accettato di parlare con l'ex compagno. Sono solo alcune delle donne uccise nel 2022 e questo non deve più accadere.
Il rapporto stilato dalla Commissione dà delle indicazioni, perché sicuramente si parte dal dialogo, dal percorso terapeutico, dal seguire e offrire sostegno alle donne che subiscono maltrattamenti e agli uomini che li causano, ma ribadisco che il lavoro più grande deve essere fatto a livello sociale. Infatti, una società che si è evoluta negli anni non può accettare che avvengano situazioni analoghe, simili a quelle dell'uomo con la clava nella preistoria. (Applausi).
Questa cosa non è ammissibile e - lo dico da uomo - è un percorso che devono fare le donne in quanto educatrici e in quanto madri, perché gli autori sono figli di donne, ma lo devono fare gli uomini come categoria, nel saper accettare quello che è e deve essere lo stato delle cose, anche perché il futuro ci porterà ad essere sempre più rosa. Gli studi più recenti dicono che oltre il 60 per cento dei laureati e dei manager saranno donne, quindi se non risolviamo questo problema con forza, se non cambiamo il contesto culturale, il fenomeno non potrà che aumentare. Questo deve essere il nostro lavoro.
Andiamo avanti spediti, capiamo i sintomi di questa tensione e cerchiamo di risolverla e di arrivare ad un sano rapporto di uguaglianza fra i generi, perché questo è il tema. A volte parliamo di minoranze, ma fra i generi maschile e femminile questo termine non ha proprio senso, come del resto in nessun caso. Abbiamo sempre segnalato tutte le violenze verso qualsiasi genere, anche numericamente inferiore ma rilevante. Non possiamo mai rimanere indifferenti.
Andando a concludere, perché non voglio dilungarmi oltre, ribadisco che dobbiamo agire secondo i parametri dettati dalla Convenzione di Istanbul, quindi prevenzione, protezione, perseguimento e politiche. Oggi parliamo di politica e dobbiamo dunque impostare una politica che rappresenti il cambiamento della nazione, dal punto di vista culturale, che sia adeguato al nostro livello (Applausi), perché siamo una società tra le più evolute nel mondo occidentale e civile. Dobbiamo assumerci dunque la responsabilità di esserne guida, di esserne faro e di essere i primi e i migliori. Sappiamo che ne abbiamo le capacità e lo dobbiamo fare.
Quindi, concludo ringraziando tutti per il lavoro svolto, certo che il Parlamento, con tutte le forze politiche, si impegnerà ad usare anche i toni giusti per rappresentare correttamente la questione di genere e a non derubricare il problema, dicendo che si tratta di una patologia, perché non c'è una base scientifica per una patologia che si incrementa del 400 per cento. Si tratta dunque di un problema culturale, sociale e politico e noi qui lavoriamo per risolverlo. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.
Comunico all'Assemblea che è stata presentata la proposta di risoluzione n. 1, dai senatori Conzatti, Maiorino, Valente, Castellone, Romeo, Bernini, Malpezzi, De Petris, Rauti, Faraone, Crucioli, Unterberger e Rizzotti, il cui testo è in distribuzione.
Hanno facoltà di parlare le relatrici.
MAIORINO, relatrice. Signor Presidente, intervengo molto brevemente solo per ringraziare tutti i Gruppi, perché la proposta di risoluzione è stata firmata da tutti i Gruppi presenti, comprese le opposizioni. È stato quindi un lavoro straordinario e condiviso, che segna una pagina davvero bella della politica e una grande maturazione rispetto alla volontà davvero autentica di contrastare la violenza sulle donne. Grazie davvero a tutte e a tutti i colleghi.
CONZATTI, relatrice. Signor Presidente, desidero ringraziare la ministra Bonetti e il Dipartimento per le pari opportunità per il lavoro di collaborazione svolto sino a qui e perché alcuni bandi sulla rieducazione degli uomini maltrattanti sono già stati pubblicati e quindi la strategia nazionale ha già avuto inizio. C'è un lavoro da compiere per l'accreditamento nazionale, per scrivere delle linee guida nazionali, per fare in modo che i centri lavorino sulla base degli stessi standard organizzativi e sugli stessi livelli di competenza dei professionisti e lo faremo assieme. È un grande lavoro e oggi è davvero un giorno importante, signor Presidente. Ringrazio pertanto tutto il Senato. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, al quale chiedo anche di esprimere il proprio parere sulla proposta di risoluzione presentata.
BONETTI, ministro per le pari opportunità e la famiglia. Signor Presidente, onorevoli senatrici e senatori, rivolgo un ringraziamento particolare alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, alle relatrici, le senatrici Conzatti e Maiorino, e alla presidente Valente, per il lavoro straordinario, sempre puntuale e approfondito, che svolgono su tutti gli aspetti che riguardano la violenza maschile contro le donne. Il dibattito odierno e l'unanimità del sostegno alla proposta di risoluzione credo confermino pienamente l'impegno delle nostre istituzioni nel dare pieno compimento alla Convenzione di Istanbul, che il nostro Paese è stato tra l'altro tra i primi a ratificare, confermando fermamente le proprie politiche, nel disegnare un processo finalizzato a contrastare la violenza maschile contro le donne.
Il contrasto alla violenza maschile contro le donne è una scelta sulla quale il nostro Paese non intende arretrare e lo abbiamo deciso come direzione strategica anche dell'azione di governo. Lasciatemi dire che ce lo impone la nostra Costituzione e l'essenza stessa della nostra democrazia. Come avete richiamato nel dibattito, lo abbiamo voluto fare con scelte strutturali e integrate, con risorse finalmente strutturali, così come strutturale è, finalmente, il piano strategico nazionale di contrasto alla violenza maschile contro le donne.
Si tratta di un piano nel quale - come ricordava la relatrice - abbiamo voluto inserire l'attuazione dell'articolo 16 della Convenzione di Istanbul per quanto riguarda la riabilitazione e il trattamento degli uomini autori di violenza. Lo abbiamo inserito con azioni specifiche nell'asse della prevenzione, con un'azione di monitoraggio necessaria per una verifica puntuale e con azioni di rafforzamento anche nell'asse della punizione.
A tal fine, lasciatemi ricordare - e ringrazio la relatrice per averlo fatto - il disegno di legge (Atto Senato 2530), a firma mia e delle ministre Cartabia e Lamorgese, con cui si rafforza la necessità e la condizionalità di seguire questi percorsi di riabilitazione. Anche io auspico che il Senato possa procedere al più presto alla valutazione e all'esame di questo disegno di legge.
Abbiamo dato seguito agli investimenti che sono stati destinati, in via strutturale, ai centri di riabilitazione e recupero degli uomini maltrattanti lo scorso anno, con un primo milione di euro che è divenuto strutturale. Quest'anno abbiamo stanziato, per l'anno 2022, 9 milioni di euro, che stiamo ripartendo. Due milioni di euro saranno destinati all'azione prevista dalle Regioni, con le quali stiamo anche procedendo alla definizione di criteri di accreditamento per i nuovi centri di riabilitazione per gli uomini maltrattanti e alla definizione di requisiti standard e linee guida che si rendono oggi particolarmente necessari per l'efficacia dell'azione stessa.
Nell'osservatorio di contrasto alla violenza maschile contro le donne che sto costituendo la rappresentanza dei centri per uomini maltrattanti è prevista proprio per definire la sinergia e co-progettazione necessarie per la stessa strategia.
Confermo pienamente, anche a seguito di questo dibattito, l'impegno mio personale e di tutto il Governo a dare seguito alla responsabilità alla quale il Senato ci sta oggi richiamando con così tanta forza, chiarezza e nitidezza. Credo sia un messaggio importante non solo per questa istituzione, ma da trasmettere al Paese e soprattutto alle tante donne e - purtroppo - ai tanti bambini che, accanto e insieme alle donne, sono sempre più oggetto di una violenza che viola i diritti fondamentali dell'essere umano. Purtroppo avviene nel nostro Paese e nei contesti qui vicino, penso alla situazione dell'Ucraina, che credo sia oggi doveroso richiamare in questa sede.
Per questi motivi, esprimo parere favorevole alla proposta di risoluzione presentata. (Applausi).
PRESIDENTE. Passiamo quindi alla votazione.
UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, ministra Bonetti, la costruzione di strumenti di prevenzione e rieducazione affettiva degli uomini maltrattanti è un aspetto molto importante nel contrasto alla violenza contro le donne.
La personalità violenta è frutto di diversi fattori: il contesto culturale nel quale si è cresciuti - e tutti sappiamo bene che l'Italia è segnata da un patriarcato che si manifesta in molteplici forme e che vede nella violenza quella più grave ed evidente -e la famiglia di provenienza, in cui si apprendono i principi relazionali e si viene educati alle emozioni e alla loro gestione.
Nella relazione è contenuto un passaggio significativo, ossia quello per cui nelle società patriarcali i bambini vengono educati a reprimere alcune emozioni che non si addicono alle attese che la società ripone sui maschi. Tutto questo ci ricorda che, se vanno sviluppati interventi per evitare la ripetizione dei comportamenti violenti, il problema si risolve alla radice solo con il cambiamento sociale. La violenza nasce dall'idea che la donna è subalterna all'uomo e, se questa esce con i suoi comportamenti dal perimetro di questa presunta inferiorità, l'uomo si sente in diritto-dovere di esercitare violenza. È solo spezzando l'idea della primazia dell'uomo nell'organizzazione sociale, nella vita familiare e nei rapporti di coppia che si rimuovono le basi della violenza.
Ce lo dimostrano i dati degli altri Paesi: più la donna è inserita nel contesto sociale e lavorativo e più gli uomini partecipano al lavoro di cura familiare, minori sono i casi di violenza.
Ecco che, allora, ministra Bonetti, l'impegno riguarda più piani: quello dell'introduzione di azioni positive per favorire la partecipazione della donna alla vita sociale e politica; quello dell'occupazione, con il contrasto alla disparità nelle retribuzioni per l'inserimento e il mantenimento delle donne nel mondo del lavoro dopo la nascita di un figlio; quello della crescita effettiva delle giovani generazioni affinché sviluppino relazioni sane e rispettose delle donne; quello per contrastare gli stereotipi di genere, ancora molto forti nelle rappresentazioni mediatiche; quello contro l'odio di genere, un tema drammatico soprattutto sulle piattaforme digitali e per il quale ancora non esiste una fattispecie di reato; infine, naturalmente, il piano della repressione delle violenze, anche attraverso la formazione delle Forze dell'ordine e di quelle sanitarie che - come sappiamo - spesso sono espressione di una cultura che minimizza i fenomeni e colpevolizza le vittime.
Per concludere, Ministra, in questi anni sono stati compiuti passi in avanti: penso alla legislazione del codice rosso che - come racconta la relazione - è alla base di alcune sperimentazioni di recupero degli uomini violenti, e non solo, nelle carceri. Penso alla maggiore attenzione contro l'odio di genere su vergognose vicende come quella degli alpini a Rimini. Penso anche alla costituzione di questa Commissione, che svolge un prezioso lavoro rispetto all'attività del Governo e del Parlamento. Tuttavia, se ci chiediamo com'è cambiata la condizione della donna negli ultimi anni, questa è peggiorata: colpa del Covid sicuramente, che ha mostrato in maniera nitida quanto squilibrata sia la nostra società.
Se, poi, alziamo lo sguardo al mondo, dall'Afghanistan alla guerra in Ucraina, le prime a essere oggetto della violenza e a essere spogliate dai più elementari diritti sono sempre le donne. Allora, Ministra, c'è poco da essere soddisfatte.
Come abbiamo detto tante volte, sarà una lunga battaglia, che va affrontata con la consapevolezza che violenza e disparità sono due facce della stessa medaglia. (Applausi).
ANGRISANI (CAL-Alt-PC-IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANGRISANI (CAL-Alt-PC-IdV). Signor Presidente, colleghi e colleghe, ringrazio innanzitutto la Commissione tutta di cui faccio parte per l'egregio lavoro svolto. E un grazie va anche alle relatrici.
Annuncio il voto favorevole del mio Gruppo alla relazione in esame, che ha voluto dare un approccio pioneristico alla prevenzione della violenza contro le donne.
Care colleghe e colleghi, serve davvero un approccio a 360 gradi per combattere questa piaga; pertanto, era impensabile lasciare fuori l'autore della violenza.
Dopo aver approfondito il tema con il supporto degli esperti, è emersa la necessità di un quadro normativo attuativo e regolamentare a livello nazionale, che metta in rete il sistema dei centri per il trattamento degli uomini autori di violenza, prevedendo così linee guida, specializzazione e standard organizzativi dei trattamenti omogenei.
Dalla relazione emerge la necessità di una strategia di prevenzione, protezione e punizione, lavorando anche sul recupero degli uomini autori di violenza. Per fare ciò, tuttavia, servono norme in grado di veicolare inequivocabilmente il messaggio che la violenza sulle donne è un problema non delle donne, ma degli uomini, in modo da battere lo stereotipo di genere dell'uomo che non chiede mai aiuto.
L'Italia è arrivata in ritardo a costituire questo percorso, nonostante la Convenzione di Istanbul - ratificata nel 2013 dal nostro Paese - preveda espressamente che uno dei tasselli principali sia quello della rieducazione degli uomini maltrattanti all'interno di una strategia integrata di prevenzione della violenza di genere e di protezione delle vittime, ossia le donne e i minori, per evitare escalation e recidive. È necessario infatti risalire alle cause, affrontarle a viso aperto e lavorare per sradicare la cultura nella quale la violenza contro le donne trova terreno fertile.
È nostro dovere fare tutto il possibile per fermare la violenza fin dal suo primo manifestarsi, senza aspettare che l'escalation raggiunga il suo apice più drammatico. È questo l'obiettivo dei centri di ascolto per uomini maltrattanti.
Vi è, però, la necessità di lavorare, nonostante i notevoli passi avanti, su tutti i nodi della rete perché si muovano in sincronia e, quindi, di sostenere i servizi pubblici che si occupano delle vittime uscendo dalla logica della delega al privato, riprendendo la funzione pubblica di tali azioni che rientrano nei livelli essenziali di assistenza. Accanto alla formazione dei centri è importante anche poter contare su operatori esperti, in grado di riconoscere e accogliere in modo adeguato l'autore di violenza nei servizi di primo livello. Molte situazioni, infatti, corrono il rischio di restare ancora sommerse perché questo lavoro è puntiforme o non bene organizzato sul territorio. Sicuramente i dati ci dicono che molti autori, prima di rivolgersi ai centri, sono utenti di servizi di salute mentale, servizi sociali, consultori e possono essere intercettati in molteplici situazioni. È dunque indispensabile potenziare anche questi nodi della rete per agganciare gli uomini, focalizzare la violenza e motivarli a iniziare a lavorare su di sé.
Aiutare gli uomini che maltrattano, picchiano, molestano, uccidono le donne non è un controsenso, ma è l'unica soluzione per estirpare alla radice il germe della violenza di genere. Se non si affronta il problema alla base, ovvero dal punto di vista dell'uomo maltrattante, frutto di stereotipi e di una visione patriarcale e maschilista ben radicata nella società, non saranno mai sufficienti gli interventi per sopperire alle conseguenze delle loro azioni e proteggere le donne.
Per tutto ciò ribadisco quindi, colleghi e colleghe, il voto favorevole del Gruppo CAL alla relazione sugli uomini maltrattanti. (Applausi).
FARAONE (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FARAONE (IV-PSI). Signor Presidente, come altri colleghi, desidero ringraziare innanzitutto la ministra Bonetti, per il lavoro che sta portando avanti in questa legislatura; la presidente Valente, alla guida di una Commissione che sta svolgendo benissimo il proprio lavoro; le relatrici, senatrici Conzatti e Maiorino; tutte le parlamentari componenti della Commissione, ma anche i parlamentari uomini che hanno deciso di intervenire in questa seduta, dando un segnale che reputo importante, e cioè che parlare di questi temi non è un fatto che riguarda le donne. (Applausi).
Considero anche importante che ci sia stata una partecipazione con una presenza, perché in passato, quando si affrontavano argomenti come questi, la natura dell'Aula cambiava ed era caratterizzata dalla sola presenza di donne, con gli uomini assolutamente assenti e distratti. Io credo che il grande salto culturale fatto negli ultimi anni è rappresentato dal fatto che noi uomini siamo qui, interveniamo, ci mettiamo la faccia e diciamo che questi temi ci appartengono, ci riguardano direttamente. Credo che in questa legislatura di passi avanti ne sono stati fatti tanti.
Credo che sono state approvate importanti leggi sui temi che riguardano le questioni che portano alla violenza di genere. Ritengo tuttavia, signor Presidente, che non dobbiamo accontentarci di approvare leggi, perché purtroppo spesso arrivano troppo in ritardo all'interno delle mura domestiche dove si compiono violenze.
Dobbiamo fare uno sforzo ulteriore, che credo sia alla base della relazione che oggi voteremo e del lavoro svolto in questi mesi. Dobbiamo cioè riuscire a costruire un percorso di prevenzione; altrimenti staremo sempre a commemorare vittime, a piangerci addosso su bambini che restano orfani e non avremo evitato un fenomeno che, purtroppo, è diffuso e riguarda circa 7 milioni di donne che subiscono violenza. Ciò significa che ci sono 7 milioni di uomini che compiono violenza e o noi agiamo su quei 7 milioni di uomini o rischieremo di mettere in campo misure magari spot, che ci riempiono d'orgoglio per averle comunicate bene, ma che poi non producono risultati concreti.
Il tema è quindi come costruiamo i percorsi di prevenzione, perché poi vediamo che il 50 per cento degli uomini, che senza vergogna e con maturità decidono, dopo il primo o il secondo gesto di violenza, di mettere in campo un percorso di recupero, non compiono più violenza, cambiano vita, cambiano atteggiamento. Ciò vuol dire che i percorsi di prevenzione funzionano. Ora il tema è come valorizzarli e come far comprendere che quello è un percorso naturale, un percorso di maturità. È importante che l'uomo decida di non vergognarsi della consapevolezza acquisita e che la società accetti quella consapevolezza, senza criminalizzarlo e senza puntargli il dito addosso. Se noi compiamo questo percorso, questo salto culturale, avremo risolto il problema alla radice.
Conta tanto l'educazione, conta tanto la scuola, conta scalfire un modello patriarcale della nostra società, che è alla base di tutto quello che avviene. Quando c'è una concezione proprietaria della donna, quando c'è l'idea gerarchica dell'uomo sulla donna, quando c'è questa cultura poi viene fuori la violenza. Io credo che da questo punto di vista possiamo fare tanto e abbiamo già fatto tanto con le leggi approvate. Dobbiamo riuscire a mettere in campo tutti i percorsi di prevenzione che ci consentano di poter finalmente parlare del tema del femminicidio come di un tema che deve essere debellato. Si tratta di un reato che credo non abbia conosciuto mai una riduzione nel numero; purtroppo il numero dei reati di femminicidio e degli atti di violenza sulle donne è sempre costantemente alto e sempre in crescita. Si tratta quindi di un fenomeno pericoloso, che va affrontato con durezza.
Voglio ringraziarvi per il lavoro che avete svolto e credo che quest'Aula avrà la maturità per utilizzare l'anno di legislatura che abbiamo davanti per compiere altri atti come quello in esame, che possano farci fare un salto culturale. Grazie ancora e buon lavoro. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Balboni. Ne ha facoltà.
BALBONI (FdI). Signor Presidente, oggi siamo tutti impegnati a ribadire l'impegno del Senato e del Parlamento per combattere le violenze contro la donna: un fenomeno allarmante che, nonostante il costante impegno delle istituzioni, non si riesce a debellare e anzi sembra purtroppo in aumento. Nulla è più odioso della violenza contro le donne e - mi permetto di aggiungere - anche contro i bambini, che a volte sono vittime delle violenze cui assistono.
Fratelli d'Italia condivide le conclusioni della relazione in discussione, con particolare riguardo alla necessità di regolamentare in base a standard omogenei, coordinare e soprattutto potenziare i centri per il trattamento degli uomini autori di violenza; centri che sono sorti finora perlopiù in modo spontaneo e a macchia di leopardo sul territorio nazionale. L'azione di questi centri è fondamentale sia per la prevenzione vera e propria, quando cioè la violenza è ancora allo stato potenziale, ma si manifestano già i cosiddetti i comportamenti spia che la annunciano, sia per intervenire quando la violenza è in atto, al fine di impedire ulteriori gradi di escalation di atti violenti e soprattutto i casi di recidiva, che - come è noto e molti colleghi lo hanno già ricordato - molto spesso sono anche gli episodi più gravi.
Le statistiche disponibili dimostrano che la recidiva nei reati contro le donne è altissima: parliamo dell'85 per cento. Ma sappiamo anche, grazie ai numerosi studi citati nella relazione, che un trattamento adeguato, soprattutto se fatto su basi quanto più possibile volontarie, può arrivare ad abbattere la recidiva fino alla metà, e cioè fino al 50 per cento.
Per questo motivo è importante che il trattamento venga assicurato anche nel corso dell'esecuzione della pena, come prescrive la riforma dell'ordinamento penitenziario, approvata con il cosiddetto codice rosso. Ma è ancora più importante che non venga interrotto questo trattamento al momento della scarcerazione, come invece avviene purtroppo ancora troppo spesso. Va quindi sottolineata la giusta osservazione della relazione, secondo la quale è proprio al momento del ritorno in libertà che maggiori sono i rischi per la vittima. È importante ricordare - come fa la relazione - la buona prassi del tribunale di Milano, che ha attivato l'invio degli autori di violenza presso specifici programmi territoriali di recupero.
Un altro strumento fondamentale, anch'esso introdotto con il codice rosso, è la nuova disciplina dell'articolo 165 del codice penale, che subordina la concessione della sospensione condizionale della pena, nei casi di condanna per reati di violenza sessuale, stalking, violenza domestica e così via, alla partecipazione del reo a specifici percorsi di recupero; motivo in più - secondo noi - per valorizzare i centri che sono preposti a questo obiettivo.
Tanti altri sarebbero gli spunti di riflessione offerti dalla relazione, sui quali manca il tempo di soffermarsi. Mi limito a ribadire che Fratelli d'Italia in gran parte li condivide e, anche per questa ragione, voteremo a favore della risoluzione che richiama la relazione.
Tuttavia, colleghi, in conclusione, mi sia consentito esprimere alcune perplessità circa l'affermazione apodittica secondo cui - cito testualmente a pagina 43 della relazione - sia proprio «il modello patriarcale quello all'interno del quale si sviluppano le azioni individuali di violenza contro le donne». Attribuire al modello patriarcale, che in Italia non esiste più da decenni, la principale o addirittura esclusiva causa della violenza sulle donne mi pare davvero troppo riduttivo e rischia di sottovalutare, se non di ignorare, altri fattori scatenanti, ben più attuali e insidiosi, che originano più dalla perdita di ogni modello di riferimento valoriale, indotta dal nichilismo e dal relativismo di questa modernità, che da una cultura patriarcale ormai scomparsa e superata; o peggio ancora significa concentrare tutta l'attenzione sul modello patriarcale, come fosse un capro espiatorio, e ignorare l'influenza negativa di tradizioni e credenze religiose extraeuropee che assegnano alla donna un ruolo - queste sì - antropologicamente, direi quasi biologicamente, inferiore e che producono - queste sì - sessismo e maschilismo come esito necessario.
Vorrà pur dire qualcosa, colleghi - ad esempio - se il 42 per cento delle violenze sessuali registrate in Italia è commesso da stranieri, che - come è noto - sono appena il 10 per cento della popolazione, soprattutto di origine nordafricana; o se il 33 per cento dei maltrattamenti in famiglia, o addirittura il 71 per cento dei reati di induzione e sfruttamento della prostituzione sono ancora una volta commessi da stranieri. Magari su questi dati un supplemento di riflessione da parte della Commissione sarebbe stato utile, a mio e nostro parere.
Concludo con un'ultima osservazione critica: nella relazione si legge, a pagina 24, che tra i fattori che faciliterebbero i comportamenti violenti ci sarebbe - cito testualmente - «la visione statica e rigida delle identità di genere maschili e femminili». Ritengo questa affermazione non solo infondata, ma anche fuorviante e frutto di una forzatura ideologica che in questa relazione francamente stona.
Il rispetto e la valorizzazione dell'identità maschile e femminile sono, al contrario - a nostro avviso - il presupposto più solido su cui si costruisce la reciproca accettazione delle naturali differenze tra i due sessi, da intendersi come occasione di reciproco arricchimento attraverso la complementarietà, ovviamente sulla base della assoluta parità di diritti e di doveri. Al contrario, è dalla pretesa di ignorare le differenze e rendere tutto fluido, omogeneo, neutro e omologabile, che si apre la strada alla mancanza di rispetto per l'altro e a ogni forma di violenza.
In ogni caso, anche in presenza di questi elementi discutibili, per fortuna marginali, condividiamo nella sostanza interamente la relazione e, quindi, esprimeremo un voto favorevole su di essa. (Applausi).
DE PETRIS (Misto-LeU-Eco). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-LeU-Eco). Signor Presidente, non posso che complimentarmi con la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, ringraziandola per il lavoro che ha svolto e che continua a svolgere non soltanto nel caso della relazione in esame. Ringrazio particolarmente le due relatrici, senatrici Maiorino e Conzatti, per il lavoro accurato. Ringrazio la Presidente, ricordando la presentazione della scorsa settimana della relazione sulla vittimizzazione delle donne che subiscono violenza, che ha rappresentato un contributo veramente notevole.
In questa legislatura si stanno compiendo dei grandi passi in avanti. Il merito va al grande lavoro compiuto all'interno della Commissione e ovviamente anche al fatto che nel Governo - e di questo ringrazio la Ministra - si è utilizzato pienamente tale lavoro, facendo tanti passi in avanti per aggredire - uso una parola violenta - un fenomeno che purtroppo nel nostro Paese - come qualcuno ha già detto - continua a essere una scia di sangue da cui non riusciamo fino in fondo a liberarci. Dobbiamo avere la capacità di esaminarlo bene e di mettere in campo tutti gli strumenti possibili perché si rischia di identificarlo come un elemento quasi strutturale. Mi rivolgo al collega che criticava le affermazioni della relazione. Tale fenomeno è strettamente connesso invece a una impostazione culturale ancora purtroppo di tipo patriarcale e maschilista nel nostro Paese.
È comodo pensare che questa scia di sangue, la violenza contro le donne, possa essere un fenomeno che noi abbiamo importato da altre culture. È un alibi che non ci porta a guardare dentro di noi, nella nostra società, nell'ambito dei nostri modelli culturali e familiari, che evidentemente, nonostante il grande lavoro che si sta facendo, continuano ad essere abbastanza presenti.
Dico qui alcune cose che per me sono il cuore del problema. Noi dobbiamo compiere un grande lavoro e per questo sono importanti i dibattiti, le relazioni, le inchieste e qualsiasi cosa noi possiamo mettere in atto. Bisogna anzitutto continuare imperterriti in una grande battaglia culturale e politica, volta al cambiamento di questi modelli. La scuola è l'elemento centrale; nel momento stesso in cui si educa, si riesce a mettere in campo un'idea di educazione sentimentale del rapporto con gli altri, del rapporto tra i sessi, e lo si fa sin da piccoli. È un elemento che conosciamo bene e che la Commissione ha sempre sottolineato.
Arriviamo alla relazione e alle indicazioni precise che essa ci dà, muovendosi chiaramente nel solco delle famose quattro P della Convenzione di Istanbul. Occuparsi degli uomini autori di violenza significa intervenire per provare a prevenire - può essere anche un modo per prevenire - e soprattutto per mettere in campo degli strumenti per impedire le cosiddette recidive, perché non è solo una questione di educazione. Significa anche individuare, grazie ai centri, in un lavoro che si può fare in modo più articolato e complesso, i primi segnali, che vengono sempre e costantemente sottovalutati. Spesso, infatti, nei rapporti sentimentali, nei rapporti d'amore o di relazione, si scambia il primo segno di violenza o di possesso quasi come un segno di amore e non si sanno cogliere le possibili radici di comportamenti molto più violenti.
Pertanto, il ruolo dei centri è quello non solo di intervenire quando chi ha già compiuto la violenza è stato individuato, ma anche di riuscire a individuare i primi segni e prevenire la violenza. L'idea dei centri specializzati, di mettere in campo degli strumenti e delle risorse - come abbiamo fatto già nelle due precedenti leggi di bilancio - e di questo ringrazio le senatrici Conzatti e Maiorino che si sono occupate particolarmente della questione - non è - come a volte ho sentito dire - un modo in cui, mentre ci sono i femminicidi e ci sono donne vittime di violenza, noi ci occupiamo dei maltrattanti e degli autori di violenza. Si inserisce invece all'interno della strategia di lotta senza quartiere, di prevenzione e di intervento, per impedire recidive. Io lo considero uno degli elementi strutturali all'interno della strategia complessiva, richiamando la Convenzione di Istanbul e le quattro P. E non è un caso che sia anche all'interno del piano strategico messo a punto dal Governo stesso.
È chiaro che siamo all'inizio di questo approccio e non è semplice. Serve una rivoluzione culturale. Dobbiamo fare in modo che questi centri possano crescere. I centri specializzati cui rivolgersi oggi sono molto pochi - per questo chiedevo prima i dati alle senatrici Conzatti e Maiorino - ma presentano già dei buoni risultati. Sono centri ridotti nel numero, e forse nel personale e, in particolare, nella localizzazione: abbiamo sempre questo problema nel nostro Paese, per cui bisogna fare un lavoro molto più accurato e profondo per fare in modo che si possano trovare in tutte le aree del Paese, anche in quelle più complesse.
Noi annunciamo il nostro voto favorevole sulla risoluzione in esame, perché è necessario un salto di qualità. Perché fare oggi questa discussione? Perché portare la relazione in Aula? Perché fare in modo che il Governo, che è presente, possa recepire le indicazioni fino in fondo? È necessario superare questo gap, che è numerico ma anche di qualità.
Ritengo molto importante anche che nell'intervento della Ministra siano stati citati i criteri di accreditamento, perché non bisogna improvvisare, essendo un lavoro molto delicato, e occorre curare tutti i programmi di intervento.
Il salto di qualità è quindi necessario e ritengo che possa essere un valido aiuto per continuare la battaglia, sapendo però che la vera questione di fondo su cui noi dobbiamo continuare a concentrarci - questi sono tutti strumenti, torno a ripetere - è il cambiamento culturale e politico profondo dei modelli di famiglia e di relazione, per mettere finalmente in soffitta il modello patriarcale e maschilista che continua - ahimè - a essere imperante nel nostro Paese, e non solo.
Per tutti questi motivi, annuncio il voto favorevole dei senatori del Gruppo LeU-Ecosolidali alla proposta di risoluzione. (Applausi).
VALENTE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALENTE (PD). Signor Presidente, rubo due minuti alla dichiarazione di voto in qualità di senatrice del PD - me lo consentirà il mio partito - per fare un ringraziamento, in qualità di Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, in modo particolare alle due relatrici. Non è stato un lavoro semplice - come è stato già detto - e credo che ci siamo arrivate e arrivati grazie alla determinazione, alla passione autentica e alla competenza delle nostre due relatrici, ma anche - lo voglio dire e questo mi inorgoglisce in qualità di Presidente - alla volontà e alla disponibilità di tutti i commissari e le commissarie a non rinunciare a dire la loro, anche con un'impostazione culturale spesso molto diversa, e a farlo con toni sempre costruttivi, dialoganti, rispettosi. Credo che questo sia un buon segnale per la politica tutta, per i lavori di quest'Assemblea (Applausi), e io personalmente, in qualità di Presidente, ne sono orgogliosa.
Ringrazio anche gli Uffici, che ci hanno sempre supportato, e anche per il dialogo, al di fuori della Commissione, con soggetti associativi e reti, che sono sempre preziosi per noi, che non hanno lesinato critiche e le hanno rivolte in modo costruttivo. Grazie veramente a tutti.
Proverò ora a dire, in qualità di senatrice del Partito Democratico, perché per me, per noi come Partito Democratico, questa relazione può davvero segnare un cambio di passo e un salto di qualità che è stato da più parti e in più interventi ripreso. Molti hanno richiamato la Convenzione di Istanbul e dico ricordando a tutti che quella Convenzione è legge di questo Stato, ma anche il Grevio e molti altri operatori istituzionali internazionali ci ricordano spesso che quella Convenzione è in gran parte inattuata. Con questa relazione impegniamo il Senato e il Governo a dare seguito a un altro degli articoli, uno dei più importanti, di quella Convenzione: l'articolo 16. Diamo attuazione a un'altra parte della Convenzione di Istanbul che impone a tutti noi un salto di qualità.
Vorrei soffermarmi, nel tempo che ho a disposizione, su qual è il salto di qualità che compiamo oggi con la relazione in esame. Lo dico e non me ne voglia il senatore Balboni, per il quale ho grandissima stima: non c'è alcun approccio ideologico. Bisogna conoscere il fenomeno per parlarne e capire di che cosa parliamo. Il salto di qualità sta nel considerare che ancora oggi nel nostro Paese, troppe volte nelle aule di giustizia, nei racconti che ne dà la stampa, ma soprattutto nella dinamica tra uomini e donne, stiamo sempre a passare in qualche modo ai raggi X, a passare al setaccio, sotto la lente di ingrandimento, dentro una dinamica di relazione violenta, i comportamenti della donna. Stiamo sempre a chiederci che cosa ha fatto, quali sono stati i suoi comportamenti, quali erano le sue abitudini, quali sono stati gli errori e se e in che modo ha potuto determinare il comportamento violento dell'uomo, autore di un comportamento evidentemente delittuoso. È questo l'errore di impostazione che abbiamo commesso ed è sicuramente il frutto di una società ancora profondamente e drammaticamente ancorata a stereotipi e pregiudizi. Lei, senatore, non la vorrà a chiamare una società patriarcale, ma io faccio fatica a trovare un termine che rende di più e meglio il concetto.
È quella dinamica di relazione in ragione della quale un uomo si sente ancora sostanzialmente di esercitare e di affermare la sua identità attraverso l'esercizio del potere e della disponibilità della libertà, dell'autonomia e soprattutto del corpo delle donne, che continua ad essere non solo - come vediamo in questa guerra vicina - un bottino, simbolo di dominio e di possesso (non è soltanto qualcosa che ancora si mette in discussione in termini di autodeterminazione e di libertà, altrimenti non sentiremmo la Corte di giustizia degli Stati Uniti rimettere in discussione il diritto all'aborto), ma c'è sempre ancora questa volontà di affermare un potere e un modo di stare al mondo in quella dinamica di relazione attraverso il dominio e la disponibilità di un corpo.
Le cronache di oggi riportano che un cantante più o meno famoso in questo momento è stato palpeggiato da una donna. Io mi sono precipitata a dire che è sempre condannabile ed è sempre un reato, se qualcuno si permette di abusare di una libertà non concessa, quindi va condannato, ma bisogna fare attenzione a leggere quel fatto dentro una dinamica che è esattamente la stessa, perché non lo è, in quanto sono i numeri stessi che ci inchiodano. Ho dialogato amabilmente con il senatore Romeo in più di una circostanza su questo: certo, anche le donne possono usare violenza nei confronti degli uomini, ma i numeri ci inchiodano a una lettura corretta. Se nel 95 per cento dei casi sono gli uomini a esercitare violenza nei confronti di una donna, significa che quello è un fenomeno, non è un episodio sporadico. (Applausi). È come fenomeno che bisogna leggerlo e provare ad aggredirlo e - le garantisco - nulla c'entra l'ideologia. C'entra il fatto che, se si interroga un uomo, quando è stato autore di violenza, quello tende a dire che è responsabilità della donna, che è lei che lo ha provocato, e fa fatica a riconoscere quali sono i suoi limiti e che la responsabilità è unicamente la sua.
La nostra relazione di oggi verte esattamente su questo. Niente pietismo, ovviamente, ma ferma condanna e sanzione di quel comportamento e anche consapevolezza della necessità di lavorare sull'assunzione di responsabilità da parte degli uomini e questi sono i percorsi trattamentali a cui facciamo riferimento. Queste sono le audizioni che ci hanno consegnato importanti e preziose testimonianze e questo è il lavoro che in tanti casi è stato avviato. Abbiamo letto che, come veniva ricordato, quando questo percorso funziona, si interrompe l'escalation di violenza e soprattutto quegli autori di violenza non commettono esattamente lo stesso reato.
Attenzione, però: anche a questo proposito, va detto chiaramente che noi non lavoriamo sugli uomini autori di violenza perché possano tornare in quella relazione come se nulla fosse accaduto, perché questo sarebbe un errore gravissimo. Noi pensiamo che quell'uomo debba cambiare il proprio rapporto con tutte le relazioni affettive e sentimentali, non solo con quella relazione. Questo non vincolerà mai una donna a tornare dentro quella reazione, ma sarà sempre una sua scelta libera e autonoma di valutare se, come e quando farlo.
È per questo che diciamo che anche i centri che lavorano sugli uomini maltrattanti devono fare percorsi autonomi, che non riguardano le donne, ma guardano e chiedono soprattutto agli uomini di assumersi le loro responsabilità. Questo è il fulcro e il salto culturale di questa relazione, dalla quale credo che arrivino non solo parole chiare in termini di impianto, ma anche una fotografia puntuale e precisa dei passi in avanti compiuti nel nostro Paese e dei ritardi, evidentemente. Soprattutto, alla fine delle relazione, come di consueto, secondo il compito proprio della Commissione, diamo indicazioni al Parlamento e facciamo una richiesta al Governo, sapendo di trovare in una Ministra attenta e sensibile, che ovviamente non smetterò mai di ringraziare per il lavoro puntuale e preciso che fa, ma anche in tutto il Governo (come dimostra l'ultimo disegno di legge che proveremo ad approvare nel più breve tempo possibile), interlocutori che faranno tesoro di queste indicazioni.
In conclusione, la nostra richiesta è soprattutto che questi centri lavorino su standard di qualità definiti, con personale specializzato, secondo obiettivi predefiniti, ma anche in una rete consolidata, che tenga conto, ad esempio, di tutto il lavoro prezioso che fanno i centri antiviolenza sull'importantissima e insostituibile valutazione del rischio di quell'autore di violenza. È vero che il codice rosso prevede che possiamo concedere benefici in corso di esecuzione della pena, in luogo della pena, post-pena e addirittura pre-pena (ora che il disegno di legge parla di ammonimento).
Possiamo concedere benefici se questi uomini partecipano a percorsi, ma diciamo qualcosa in più: non basta partecipare; è necessario che questi uomini siano valutati e la valutazione finale di quel percorso deve rispondere a standard di qualità condivisi e omogenei.
La presente relazione non fa nemmeno un passo indietro rispetto ai temi più spinosi: volontarietà, obbligatorietà dei percorsi, pubblico-privato e finanziamento. Dico una parola su quest'ultimo aspetto e concludo: il finanziamento è importante, abbiamo fatto una battaglia e l'hanno fatta alcune senatrici - di questo va dato loro atto e merito - ed è importante che vi sia un finanziamento pubblico, a sostegno del progetto e dei centri. Pensiamo che anche il singolo possa e debba partecipare, ma attenzione a non generare mai una guerra tra poveri. I centri antiviolenza sono ancora molto sottofinanziati. Non ci serve una guerra tra poveri, ma ci serve investire più risorse. I Paesi che sono più avanti di noi e hanno avuto risultati importanti dimostrano che le risorse investite nella lotta alla violenza sono soprattutto quelle destinate ai centri antiviolenza e anche ai centri di recupero degli uomini maltrattanti, ma soprattutto a grandi e straordinarie campagne di sensibilizzazione.
Credo che, se parliamo di battaglia culturale, oggi finalmente diamo gambe a quello che si chiede sempre, dicendo: basta repressione, abbiamo bisogno di fare una battaglia culturale. Oggi chiariamo cosa vogliono dire una battaglia culturale e un cambio di prospettiva: chiediamo agli uomini un'assunzione di responsabilità e non mettiamo più sotto i riflettori i comportamenti delle donne. Alle donne crediamo e agli uomini chiediamo un salto di qualità. Per fortuna, credo sia arrivata l'ora. (Applausi).
RIZZOTTI (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RIZZOTTI (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, non esiste nessuna guerra tra i sessi, ma esiste un sistema in cui ad un genere sono accordati privilegi e prerogative a discapito di un altro. È un sistema in cui l'essere donna espone a rischi, discriminazioni, ingiustizie e problemi solo per il fatto di esserlo, ancor di più se è povera o appartenente a minoranze. Non è un argomento di discussione: questo lo dicono i dati sull'occupazione, sui salari, sulla presenza in politica e nei luoghi di potere e anche quelli sulla violenza, che ormai da un po' di tempo sono sotto gli occhi di tutti.
Quando si decide di raccontare alcune storie, bisogna sempre cercare di essere oggettivi. Quando si affrontano temi come questi, è più che mai necessario ribadire che la priorità nella narrazione è solo una: l'esperienza della vittima. Vedete, la violenza non è solo fisica, ma sta ad esempio anche nelle parole del signor Cateno De Luca, che offende, con parole indegne di essere ripetute, l'onorevole Matilde Siracusano, perché è più semplice attaccare una donna che mostrare il proprio fallimento. (Applausi). Questo è quello che accade alla gran parte degli uomini, che commettono violenze verbali e fisiche nei confronti delle donne.
In un Paese democratico e in uno Stato di giustizia che punta al recupero della persona, la Commissione d'inchiesta sul femminicidio, in questa relazione, ha voluto affrontare un tema importante, che guarda al futuro e alle soluzioni. Abbiamo avuto modo di appurare, in questa indagine, che esiste una possibilità di recupero. Esistono centri specifici per l'ascolto che fanno un lavoro straordinario, che potrebbe essere descritto dalla famosa immagine del sasso gettato in uno stagno, perché recuperare anche un solo uomo vuol dire salvare decine di donne: recuperare un uomo violento è un tema sociale.
Lavorare solamente sulle donne è una criticità: sembra questo il punto centrale della questione, perché sono loro, le vittime, ad avere l'intero onere di uscire dalla spirale di violenza. Spetta a loro gestire il carico emotivo e legale e la ricostruzione di un nucleo familiare.
Gli uomini pensano che le donne usino la denuncia come arma di vendetta, ma ovviamente non è così: per questo si incattiviscono; non riescono a capirne il reale motivo e inaspriscono il loro atteggiamento abusante. Questo sentimento di rancore, non essendo in grado di riconoscere la violenza perpetrata, scatena in loro gli atteggiamenti persecutori che la cronaca ci racconta spesso. Una cosa che li accomuna è la serialità: un uomo violento con una donna sarà violento con tutte le donne: è un atteggiamento che non si modifica da sé, a meno che non subentri una presa di coscienza.
Sono pochi gli uomini che oggi decidono spontaneamente di farsi aiutare. La gran parte delle volte sono le donne vittime di violenza che tentano di chiedere aiuto non solo per sé stesse, ma anche per l'autore delle sopraffazioni.
Il lavoro di presa di coscienza si svolge spesso in gruppo; è nel confronto con gli altri che questi uomini si riconoscono. Un esempio per tutti, che mi ha particolarmente colpito durante le storie che abbiamo ascoltato, sono i racconti di questi uomini, che non sanno cosa sia la paura.
Dietro gli abusi domestici, ci sono spesso figli che hanno assistito alle botte sulla propria madre o ne sono stati essi stessi vittime. (Applausi). Lasciare la possibilità, sempre e solo nel caso il figlio lo volesse, di ricucire un rapporto con il proprio genitore è una strada che non dev'essere preclusa, ma neanche imposta, come purtroppo alcuni giudici minorili fanno, su consiglio degli assistenti sociali e non degli psicologi. Questa realtà virtuosa è parte di un processo di liberazione dalla violenza sulle donne: tendere una mano al colpevole. Per dare il diritto alla sicurezza della donna bisogna che gli uomini prendano coscienza di sé. Per questo, la relazione fornisce alcune soluzioni anche normative affinché i centri esistenti possano riuscire nel loro intento.
La relazione, molto articolata e votata all'unanimità, dopo una discussione anche accesa, ha convinto tutti i commissari, perché sono stati eliminati i punti inizialmente non condivisi. Si è giunti all'unanimità perché si è arrivati a soffocare alcuni approcci ideologici, ovviamente non condivisi. Ringrazio per questo la presidente, senatrice Valente, gli Uffici e tutti i commissari. (Applausi).
Io appartengo a Forza Italia, partito liberale e non giustizialista. Proprio per questo, credo fermamente nella riabilitazione durante la pena, che non deve influire sullo sconto della pena. Su questo tema, come per altre violenze (ricordo, purtroppo, un caso di stupro di gruppo di tanti anni fa, i cui colpevoli non furono mai mandati a processo per continue messe in prova), non dobbiamo dimenticare che esistono un aguzzino e una vittima, che ha più diritti dell'aguzzino. La riabilitazione dell'aguzzino non deve mai essere messa sullo stesso piano dei diritti della vittima. Purtroppo, l'esagerazione di certi episodi recenti fa sì che la vera violenza perda il suo senso di orrore quando si fa di tutta un'erba un fascio.
Per questi motivi, annuncio convintamente il voto favorevole di Forza Italia. (Applausi).
CASOLATI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASOLATI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, ministro Bonetti, colleghi senatori, dall'inizio dell'anno ci sono stati 21 casi di femminicidio, che forse si sarebbero potuti evitare, se si fosse agito in tempo e prevenuto. Le vittime sono però molte di più, perché queste donne erano, a loro volta, mogli, madri, figlie e sorelle.
È proprio nell'ottica della prevenzione che si pone la risoluzione che votiamo oggi in Aula. I centri per il recupero degli uomini maltrattanti sono purtroppo troppo pochi, non in rete tra loro e distribuiti in modo non omogeneo sul nostro territorio nazionale. I dati sono allarmanti: senza un aiuto psicoterapeutico, le persone violente tendono a compiere atti aggressivi sempre più gravi e con una recidività altissima, pari all'85 per cento.
Lo studio dei dati raccolti dalla questura di Milano dal 2018 al 2021, su una casistica di 381 persone ammonite e invitate a frequentare i centri di rieducazione, ci dice che la recidiva, dopo almeno un colloquio in un centro, è pari al 10 per cento scarso, a fronte di quella, pari al 20 per cento, di coloro che non si sono mai presentati all'appuntamento.
Le cause scatenanti la violenza sono risapute: fattori socio-culturali, relazionali, psicologici e comportamentali; quindi, quale metodo migliore per combattere il fenomeno della violenza, se non un intervento nelle scuole di ogni ordine e grado, atto a insegnare il rispetto del prossimo, degli animali e dell'ambiente che ci circonda? L'insegnamento del superamento di ogni tipo di stereotipo, genere, razza o fisicità: il tutto non certamente sostituendo la vocale finale con un asterisco (Applausi), ma inculcando nelle giovani menti l'assioma che la propria libertà finisce nel momento in cui si invade lo spazio - e quindi la libertà - del proprio vicino o familiare.
Molti sono i casi di aguzzini che in gioventù o nella fanciullezza sono stati vittime a loro volta di violenza, diretta o assistita. Proprio per questo, l'approccio dei centri con il fruitore non lo identifica come affetto da patologia, ma come incapace di gestire gli aspetti sociali, culturali, relazionali ed emotivi che sta vivendo, aiutandolo a superare i propri tabù, ma al tempo stesso valutandone la pericolosità effettiva; il tutto, però, sempre finalizzato alla piena tutela dei soggetti deboli che vivono accanto a lui.
Importantissimo è l'accreditamento dei centri per garantire che la professionalità espressa sia qualificata e funzionale alla riabilitazione effettiva del soggetto.
I dati raccolti devono essere messi in rete e - come perorato dalla relazione - non possono e non devono essere tutelati da privacy, ovviamente facendo sottoscrivere all'interessato un modulo di consenso.
È notizia di ieri che Marco, torinese affetto da narcisismo patologico, denunciato dalla famiglia dopo anni di soprusi e angherie - che avevano spinto i familiari addirittura a fuggire e a nascondersi da lui - dopo un percorso riabilitativo presso un centro di rieducazione, si è rimesso in carreggiata e, seppur a distanza di diverso tempo, ha ricominciato ad avere rapporti normali con i genitori e il fratello minore.
Non si hanno ancora dati scientifici sulla reale efficacia dei percorsi di recupero degli uomini autori di violenza. Ciononostante, emerge con evidenza che la frequentazione di questi centri è sicuramente sempre un aiuto e mai un danno, ed è proprio per questo che è importantissimo accreditare nuovi centri in tutta Italia e soprattutto mettere in rete i dati raccolti.
Ogni informazione nuova è sicuramente utile ad analizzare e inquadrare la potenziale pericolosità di un individuo; se condivisa con le autorità competenti, magari a prevenire una nuova tragedia.
Concludendo, voglio ringraziare anch'io le relatrici, la Presidente, tutti i commissari e gli uffici della Commissione sul femminicidio per l'approfondimento e il grande impegno profuso nella stesura della relazione.
Mi associo a chi prima di me ha detto che questa risoluzione, sottoscritta da tutti i Gruppi parlamentari, rappresenta oggi veramente una pagina di buona politica. (Applausi).
LEONE (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LEONE (M5S). Signor Presidente, Ministra, è con soddisfazione ed entusiasmo che intervengo per l'approvazione di questa importante relazione predisposta dalla Commissione di inchiesta sul femminicidio, ma curata in prima linea delle colleghe Maiorino e Conzatti.
Con questo documento e con le informazioni, gli approfondimenti e le linee di azione in esso contenuti, diamo al nostro Paese nuovi strumenti per superare, prevenire e contrastare la violenza contro le donne.
Si tratta di un approccio nuovo - che ci piace definire pioneristico - ma che non esiste solo nella teoria. I percorsi trattamentali per uomini maltrattanti hanno già dato importanti risultati; oltre che sulla protezione diretta della vittima, lavoriamo sull'autore della violenza, per cambiare i suoi comportamenti. Se non riusciremo a fare questo in modo diffuso, non potremo dire di aver fatto tutto quanto è nelle nostre possibilità.
Dobbiamo intervenire sul problema a monte per fermare il femminicidio, ogni forma di violenza nei confronti di donne, nonché di violenza assistita, quella cui assistono i figli, frutto di una relazione intima fortemente compromessa.
Il lavoro che esaminiamo oggi in Aula si pone nell'intervallo tra la prevenzione e la protezione, due delle quattro P della Convenzione di Istanbul, il documento che per la Commissione d'inchiesta sul femminicidio è una vera e propria roadmap, che prevede lo sviluppo di percorsi di trattamento degli uomini maltrattanti. Tra gli aspetti interessanti e preoccupanti che emergono c'è il fatto che in Italia i centri di ascolto per uomini maltrattanti (Cam) sono pochi e mal distribuiti sul territorio, ma, come dicevo, la loro sperimentazione sul campo ha dato risultati concreti ed è da quei risultati che oggi dobbiamo partire. Da diverse storie di cronaca sentiamo dire, ad esempio, che l'uomo maltrattante era stato denunciato per stalking dalla vittima ed era stato arrestato, per violazione della misura del divieto di avvicinamento e per violazione di domicilio. È evidente che siamo di fronte a un uomo che aveva e ha bisogno non solo di essere tenuto sotto forte controllo, a totale garanzia dell'incolumità della vittima, ma anche di essere aiutato a gestire, a superare e a comprendere i suoi enormi problemi.
Allo stesso modo, non possiamo sottovalutare le conseguenze che ricadono sui figli, che mi piace evidenziare. Dalla relazione sui femminicidi in Italia negli anni 2017-2018, approvata dalla Commissione di inchiesta del Senato, emergono numeri davvero preoccupanti ed inquietanti: il 17 per cento dei figli è presente al momento del femminicidio e il 30 per cento trova il corpo della madre. Ebbene, il femminicidio si combatte con una rete di prevenzione fatta di norme efficaci e soprattutto con una loro attuazione puntuale e sistematica, con la formazione di magistrati e di tutte le figure professionali coinvolte attraverso le agenzie educative, con percorsi trattamentali per gli uomini maltrattanti e per i figli delle donne uccise. È un lavoro che ha bisogno di sistematicità, di coraggio e soprattutto di visione. È dunque urgente occuparsi degli uomini maltrattanti in modo adeguato ai loro problemi relazionali o psicologici, che troppo spesso diventano problemi sociali. L'atto odierno rappresenta pertanto un traguardo e un importante step, un altro piccolo passo all'interno del lavoro enorme, faticoso, ma preziosissimo che stiamo compiendo.
Il mio auspicio è che presto, accanto a questo risultato, possiamo aggiungerne un altro: l'introduzione dell'educazione emozionale nelle scuole (Applausi), per impedire la creazione del maltrattante già a scuola, fornendogli gli strumenti necessari per gestire le proprie emozioni e dare ad esse altri esiti, che non siano solo quelli violenti.
Annuncio pertanto il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle e ringrazio nuovamente le colleghe, i funzionari e i nostri consulenti. (Applausi).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 1, presentata dai senatori Conzatti, Maiorino, Valente, Castellone, Romeo, Bernini, Malpezzi, De Petris, Rauti, Faraone, Crucioli, Unterberger e Rizzotti.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi).
Non ci sono stati voti contrari, né astenuti ed è già la seconda volta che succede nel giro di una settimana, caso più unico che raro.
Sospendo i lavori fino alle ore 15.
(La seduta, sospesa alle ore 11,56, è ripresa alle ore 15,02).
Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI
Commemorazione di Enrico Berlinguer nel centenario della nascita
PRESIDENTE. (Il Presidente e l'Assemblea si levano in piedi). Senatori, ricorre oggi il centesimo anniversario della nascita di Enrico Berlinguer, storico segretario generale del Partito Comunista Italiano e una delle figure più influenti e significative della nostra Repubblica. Ricordarne il tratto in questa giornata significa soffermarci a riflettere sulla ricchezza morale di una passione politica autentica, spontanea, instancabile; una dedizione costante al bene comune e all'interesse superiore dei cittadini che ne hanno contraddistinto, sin dal primo giorno, il suo impegno nelle istituzioni.
Enrico Berlinguer fu sempre un uomo del dialogo, un leader capace di farsi ascoltare, apprezzare, ammirare e rispettare dagli alleati, così come dagli avversari. Chiamato a guidare il Partito Comunista Italiano negli anni più bui del terrorismo e della violenza stragista, si fece coraggiosamente carico della responsabilità di trovare nella coesione dei valori costituzionali una via per la difesa della democrazia. In un suo articolo pubblicato su «Rinascita» e su «l'Unità» nell'ottobre del 1973 ebbe a dire: «La gravità dei problemi del paese, le minacce sempre più incombenti di avventure reazionarie e la necessità di aprire finalmente alla nazione una sicura via di sviluppo economico, di rinnovamento sociale e di progresso democratico rendono sempre più urgente e maturo che si giunga a quello che può essere definito il nuovo grande compromesso storico tra le forze che raccolgono e rappresentano la grande maggioranza del popolo italiano». Una frase che avrebbe segnato un'epoca, contribuendo ad aprire la strada, anche nel nostro Paese, a quel percorso di riconciliazione che ha consentito di superare i muri ideologici e avviare un prezioso percorso di pace e cooperazione globale; un percorso oggi messo in discussione dalla tragedia di una guerra ingiusta, di fronte alla quale la lezione storica e politica che Enrico Berlinguer ci ha lasciato è un'esortazione ad opporsi, senza esitazioni o compromessi, a ogni tentativo di sovvertire con la paura e la violenza le libertà, i diritti e la dignità di ogni essere umano.
Della sua enorme eredità politica resta ancora attuale la denuncia della questione morale: una denuncia da cui traspare l'alto senso dello Stato che ha sempre portato Berlinguer a mettere gli interessi della Nazione prima ancora di quelli del partito. È questa la nota distintiva di un uomo delle istituzioni, che con la sua visione innovatrice e il tratto umano inconfondibile ha lasciato una profonda traccia nella nostra storia. (Applausi).
PARRINI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARRINI (PD). Signor Presidente, oggi ricorrono cento anni dalla nascita di Enrico Berlinguer. Ne ricordiamo la figura politica e umana in quest'Aula, compiendo un dovere verso un uomo che noi riteniamo sia stato uno dei giganti della politica italiana del nostro dopoguerra.
Enrico Berlinguer proveniva da una famiglia nella quale l'impegno politico era qualcosa di profondamente radicato, una famiglia antifascista: suo padre Mario era stato eletto deputato nel partito di Giovanni Amendola, nelle ultime elezioni democratiche prima del fascismo, e poi parlamentare per vent'anni nelle file del Partito Socialista, dal 1948 al 1968. In questa famiglia Enrico Berlinguer maturò la sua passione politica e trovò la sua strada di impegno pubblico e di vicinanza ai più deboli, iscrivendosi giovanissimo al Partito Comunista Italiano, facendo l'esperienza del carcere e della lotta contro il regime e poi cominciando un percorso di militanza politica, fatto di studio, di lavoro, di acquisizione di conoscenze e di costante prossimità ai problemi delle persone.
Oggi, nel centenario della sua nascita, non dobbiamo fare un panegirico o un'apologia di Enrico Berlinguer; dobbiamo però ricordare i tratti peculiari di una grande personalità. Ne voglio mettere in evidenza solo alcuni: il primo è l'integrità. Anche i suoi avversari e persone che lo avevano criticato di Berlinguer dicevano perlopiù che emanava odore di bucato. Questo credo sia un punto molto importante: la pulizia morale, l'intransigenza e il rigore sono stati una caratteristica di fondo, permanente dell'attività politica di Enrico Berlinguer. Anche la denuncia della questione morale, ricordata dalla Presidente nel suo intervento introduttivo, fa parte di questa personalità, dei suoi tratti più caratteristici, e ha connotato la sua opera in maniera molto forte.
Insieme all'integrità, vorrei sottolineare il coraggio, quello politico, ovviamente. Berlinguer compì scelte che non erano scontate. Seppe impostare decisioni che sapeva non sarebbero state immediatamente comprensibili e facilmente accettabili anche per una parte importante del popolo che rappresentava, che era una grande fetta della nostra società. Eppure, di fronte all'esigenza di fare innovazioni, non arretrò mai: accadde questo per il compromesso storico; accadde questo quando si trattò di recidere il legame di ferro del Partito Comunista Italiano con l'Unione Sovietica, scelte difficili che videro Berlinguer autore e protagonista.
Per rammentare il suo coraggio e la sua modernità da questo punto di vista, credo che si debba sottolineare con forza anche il senso di responsabilità nazionale che Berlinguer e tanti dirigenti di quella generazione di politici italiani ebbero nei momenti più complicati della storia del nostro Paese. L'Italia si è salvata dalla minaccia del terrorismo e del tracollo politico, economico e finanziario perché ci sono stati dirigenti politici come Enrico Berlinguer e Aldo Moro alla guida delle due principali forze politiche del Paese in versanti drammatici della nostra storia.
Penso però che per capire la grandezza della figura di Berlinguer e l'emozione profonda che ricordarlo suscita ancora oggi nel Paese a tanti anni di distanza dalla sua morte, oltre alle qualità politiche, sia necessario ricordare l'uomo, le sue qualità umane. Com'è stato detto da molti, anche quelli che non condividevano le idee di Berlinguer o lo avversavano politicamente sentivano di potersi fidare. Molti italiani che non hanno mai votato il partito guidato da Enrico Berlinguer sapevano che, oltre al politico di valore, c'era una bella persona e noi non dobbiamo perdere la cognizione del valore di essere belle persone.
Mitezza è un termine che è stato spesso utilizzato per Berlinguer, mitezza che era fatta di rispetto per gli avversari, per le idee diverse dalle sue, ma anche di grande sobrietà. Fu carismatico, fu leader enormemente popolare, eppure era una persona che credo in vita sua non abbia mai fatto niente per piacere, niente per apparire, anzi, era la riservatezza a caratterizzarlo profondamente.
Nel concludere questo mio intervento, vorrei dire che nel corso degli anni, come immagino tanti che sono qui oggi, ho letto articoli, libri, studi e saggi su Enrico Berlinguer. Mi resta però particolarmente impressa nella mente una sua intervista televisiva, la più nota, un anno prima della morte, rilasciata a un grande giornalista in un faccia a faccia. A Berlinguer furono poste due domande. Alla prima, con la quale gli veniva chiesto quale fosse la cosa di cui era più fiero, Berlinguer rispose dicendo di essere rimasto fedele, pur negli errori certamente compiuti, agli ideali della sua gioventù. Con la seconda domanda, che mi è venuta in mente con grande prorompenza proprio perché ne ho messo in evidenza il tratto umano, fu chiesto a Berlinguer quale fosse la cosa che dicevano di lui che lo faceva arrabbiare. La risposta fu: «Quando dicono che sono triste, perché non è vero».
Ecco, penso che oggi dobbiamo tenere insieme il politico e l'uomo, con la consapevolezza che figure di questo tipo hanno fatto parte di un pezzo del mondo politico italiano, sono state nella loro vita uomini e dirigenti di partito, ma, per quello che hanno saputo mettere in campo, sono anche un patrimonio di tutti.
Questo ricordo dunque lo dobbiamo fare e lo faccio con un senso di debito, guardando alla vita di Enrico Berlinguer come si guarda a un modello di dedizione all'interesse generale e a un punto di riferimento che è stato, è e sarà sempre valido per tutti coloro che operano nelle istituzioni. (Applausi).
LANNUTTI (CAL-Alt-PC-IdV).Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LANNUTTI (CAL-Alt-PC-IdV). Signora Presidente, un secolo fa nasceva a Sassari Enrico Berlinguer, il segretario del PCI, il più grande partito comunista dell'Occidente, che sotto la sua guida arrivò, nel 1976, al 34,4 per cento, oltre un terzo dei consensi elettorali.
Ho ricordi nitidi di Berlinguer, il comunista della questione morale; io, che nella Valle del Sangro egemonizzata dalla DC di Remo Gaspari, avevo preso da ragazzo la tessera della FGCI. Il 7 giugno 1984 lavoravo a Roma, dopo aver fatto per tanti anni il segretario di Mario Spallone, il medico di Togliatti, in un'agenzia bancaria di piazza Malatesta, quando arrivò la notizia del malore in piazza della Frutta a Padova. L'11 giugno, nei giorni della veglia nella sede del PCI di via delle Botteghe Oscure, Giancarlo Pajetta, il ragazzo rosso che aveva passato la sua gioventù nelle carceri del regime fascista, andò a prendere tra la folla Giorgio Almirante, il segretario del Movimento Sociale Italiano; nessuno protestò quando vide l'avversario politico rendere omaggio e inchinarsi alla bara di Enrico Berlinguer. Il successivo 13 giugno, in piazza San Giovanni a Roma, una marea umana, quasi due milioni di persone, lo accompagnò nei più grandi funerali della storia del Novecento, ammantati dalle bandiere rosse.
Eppure Enrico Berlinguer era segretario del PCI, contro il quale era stato posto il veto del blocco occidentale; quel capo della sinistra che non aveva mai governato. Ciononostante la sua morte fu un dolore immenso, collettivo, una ferita nel cuore di milioni di italiani, a prescindere dal colore politico.
Scrisse di lui Enzo Biagi: «È uno dei pochi politici che mantiene la parola data». Quel comunista gentile ma dal carattere ferreo, che aveva fatto riscoprire a milioni di italiani valori e dignità della politica al servizio dei cittadini e delle comunità.
«I partiti non fanno più politica», disse Berlinguer nella famosa intervista a Scalfari sulla questione morale. «I partiti hanno degenerato e questa è l'origine dei malanni d'Italia. (...) Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dare giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss"».
Signora Presidente, noi che abbiamo costituito un Gruppo che si richiama ai valori della Costituzione, della tutela dell'ambiente e del lavoro, con le componenti di Alternativa, Italia dei Valori e Partito Comunista del compagno Lele Dessì, portiamo un debito di riconoscenza e nel cuore il ricordo e l'esempio concreto di Enrico Berlinguer, quel segretario della questione morale, comunista forte e gentile, che ha onorato questo Paese con il suo impegno, il suo sacrificio, le lotte politiche e sociali sempre dalla parte della povera gente, per l'emancipazione delle classi lavoratrici, con dignità, disciplina, onore, sempre a salvaguardia degli interessi generali e del bene comune di questo Paese. (Applausi).
CUCCA (IV-PSI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CUCCA (IV-PSI). Signora Presidente, questa mattina, in occasione della ricorrenza che anche noi celebriamo in quest'Aula, all'università di Sassari era presente il nostro presidente Mattarella che, nella sede dell'ateneo che aveva visto Francesco Cossiga e Antonio Segni insegnare materie di diritto, ha scoperto, a pochi metri da quella di Francesco Cossiga, una lapide in ricordo di Enrico Berlinguer. Questo a significare quale valore si è sempre dato, quale importanza abbia avuto anche nella storia della Sardegna Enrico Berlinguer, e quale grandezza sia sentita e percepita dai sardi nei confronti di un uomo che davvero ha dato lustro sicuramente alla Sardegna, ma credo a tutto il nostro Paese.
In contrapposizione a Togliatti, che era soprannominato «il migliore», Enrico Berlinguer era chiamato «il più amato», e di questo amore e dell'enorme rispetto che tutti indistintamente avevano verso quell'uomo, abbiamo avuto segnali che sono stati anche richiamati al momento del suo funerale, al di là delle circostanze in cui era deceduto: aveva avuto un ictus durante un comizio che lui ha portato avanti fino alla fine caparbiamente, morendo poi tre o quattro giorni dopo l'incidente. Anche questa circostanza, l'essere deceduto sul campo avendo dedicato la sua vita alla politica e alle istituzioni - se lo vogliamo dire, al popolo -, ha contribuito a rendere un po' leggendaria la sua figura. Però certamente il segno più grosso dell'amore che gli italiani provavano nei confronti di Enrico Berlinguer si è avuto il giorno del funerale, quando una folla innumerevole di persone - oggi si è parlato di due milioni, ma di fatto nessuno è mai riuscito a contare quante persone avessero partecipato in quella giornata ai funerali - invase Roma per rendere omaggio a Enrico Berlinguer per quanto egli aveva fatto nel corso della sua vita.
Signora Presidente, lei ha già richiamato il percorso che aveva fatto Berlinguer, ma credo che sia assolutamente necessario ricordare tre passaggi, che a mio parere sono quelli fondamentali della sua vita. Innanzitutto, il suo rapporto con l'Unione Sovietica. A tale proposito, come più volte il collega Riccardo Nencini ci ha ricordato in quest'Aula, bisogna sempre contestualizzare le vicende rispetto ai momenti in cui i fatti accadono, e bisogno riportarsi a ciò che era quel momento storico: la guerra fredda. In quella situazione, Enrico Berlinguer era riuscito a tessere rapporti ancora più forti con l'Unione Sovietica, ma ciononostante progressivamente era riuscito ad allontanarsi, perché aveva l'idea di quello che poi venne chiamato l'eurocomunismo, ossia un comunismo che era più distante e poco proclive alla obbedienza assoluta nei confronti dell'Unione Sovietica. Lui aveva dato una veste differente a tale rapporto, che venne appunto chiamata eurocomunismo. Da lì era partito prendendo atto - sempre per contestualizzare - anche delle vicende storiche che erano accadute in Cile. Grazie ad esse, lui capì che non bisognava cercare l'alternativa di sinistra, ma era necessario cercare un'alternativa democratica, in questo modo ponendo le basi per quello che poi sarebbe stato il compromesso storico. Le note vicende successive al rapimento dell'onorevole Moro le conosciamo tutti.
Di fatto, lui aveva posto le basi per questo connubio fra l'ideologia comunista e l'ideologia cattolica, cercando sempre di coniugarle e di avvicinarle fra loro, nell'interesse della collettività e del cittadino. Credo che il più grande insegnamento che dovremmo portare sempre con noi e trasmettere anche ai giovani sia il fatto che Enrico Berlinguer ha sempre pensato, dichiarato ed insegnato che la politica si fa per il popolo, per i cittadini, all'interno delle Istituzioni ma nell'interesse di tutti. Forse questa regola dovremmo tenerla più a mente, propagarla e diffonderla magari un po' di più per sfatare quella leggenda che vede invece la casta come chiusa in sé stessa, decisa solo a tutelare sé stessa e i propri interessi. Il suo, invece, dovrebbe essere un luminoso esempio che dovrebbe guidare il percorso di qualsiasi soggetto che affronta la politica. (Applausi).
MALAN (FdI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (FdI). Signor Presidente, il Gruppo Fratelli d'Italia si unisce alla commemorazione di Enrico Berlinguer nei cento anni dalla sua nascita.
Enrico Berlinguer, nei dodici anni in cui è stato segretario politico del Partito Comunista Italiano, ha indubbiamente portato il suo partito, che è stato per i primi quarant'anni della Repubblica il secondo partito in Italia, da una posizione che era strettamente legata a Mosca anche nei primi anni della sua segreteria, a una posizione sempre più autonoma, fino ad affermare che l'Italia aveva bisogno dell'ombrello della NATO: un'evoluzione straordinaria, in questo periodo relativamente breve di tempo.
Enrico Berlinguer è andato al di là degli schemi soliti del suo partito e della sua parte, non soltanto in questa evoluzione estremamente rilevante della posizione internazionale del Partito Comunista, ma anche sotto altri aspetti. Come anche, per la verità, i suoi predecessori, accettò pienamente le regole della democrazia, anche nell'epoca in cui il legame con l'Unione Sovietica, che certamente democratica non era, era molto forte. Fu, come è stato detto, un uomo del dialogo, tanto da incontrare - e questo era particolarmente difficile all'epoca - Giorgio Almirante, che era il leader della Destra, un atto coraggioso che poi fu seguito dalla presenza dello stesso Almirante al funerale di Enrico Berlinguer.
Noi commemoriamo questo uomo che è stato sicuramente tra le figure politiche di maggiore rilievo del Dopoguerra, ben sapendo che su molte questioni siamo stati e siamo molto lontani da lui, ma l'approccio che noi riteniamo sia corretto nei riguardi dei personaggi e degli eventi storici è proprio l'opposto della cancel culture, cioè quella di pretendere che eventi di decenni fa si conformino agli attuali standard e di giudicare con uno spirito estremamente di parte. Chiaramente la sua è una figura che è molto lontana da noi dal punto di vista politico, ma è dovuto il rispetto a un leader politico che ha guidato con grande dignità una forza politica estremamente importante nella nostra Nazione e che ha raccolto milioni di voti nel corso delle elezioni (come è stato ricordato, nel 1976 superò addirittura i 12 milioni di voti) ma restò il secondo partito.
Proprio sei giorni dopo la sua improvvisa scomparsa, che avvenne l'11 giugno 1984, il Partito Comunista diventò il primo partito in Italia, nelle elezioni europee, superando per la prima volta la Democrazia Cristiana, sia pure di poco più di 100.000 voti. Ebbene, di fronte a chi ha rappresentato così tanti cittadini italiani, il rispetto è dovuto, per cui ci uniamo al suo ricordo, in questa commemorazione. (Applausi).
ERRANI (Misto-LeU-Eco). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERRANI (Misto-LeU-Eco). Signor Presidente, ricordare la figura di Enrico Berlinguer in pochi minuti è impossibile: segretario del Partito Comunista, leader carismatico, protagonista della costruzione della nostra democrazia, uomo di Stato che seppe sempre mettere davanti agli interessi di parte quelli della Nazione. Da questo punto di vista, nei momenti più difficili, come la lotta al terrorismo, Berlinguer rappresentò un punto fermo, insieme ad altri, per tutto il Paese. Per questo motivo Berlinguer è un patrimonio, con pochi altri protagonisti, della storia della Repubblica e forse, signor Presidente, meriterebbe attenzione e un momento di riflessione.
Voglio solo sottolineare pochissimi aspetti. Probabilmente con la sua morte tutti si resero conto della sua forza, perfino diversi dirigenti del Partito Comunista, perché non dobbiamo fare ricordi agiografici: c'era dibattito, anche nel Partito Comunista. Perché, dunque, i funerali di Berlinguer e quei pochi giorni drammatici dopo il comizio di Padova rappresentarono un momento di idem sentire, non solo per chi condivideva le idee, la cultura politica e l'ideologia di Berlinguer, ma per tutto il Paese? Onorevoli colleghe e colleghi, credo che ciò sia avvenuto per una cosa molto semplice, ma così rara, soprattutto in questi tempi: perché Enrico Berlinguer - la dico così - era esattamente ciò che appariva e non poteva essere in nessun modo percepito come un politico che usava in modo strumentale e opportunistico certi atteggiamenti. Credo che questo lo abbia saputo riconoscere tutto il popolo italiano. Si tratta, onorevoli colleghi, di una qualità davvero non di poco conto e non così facilmente ripetibile.
Serve dunque una riflessione, e la faremo, su una personalità complessa, protagonista del suo tempo. Non si può usare Berlinguer per parlare delle questioni di oggi. Berlinguer è stato un uomo che ha cercato sempre di interpretare il suo tempo e di vederne i cambiamenti, per cercare le risposte, sulla base dei propri ideali e dei propri valori - lo sottolineo - senza mai essere opportunista o avere atteggiamenti tartufeschi: anche questa è una qualità non così riproducibile. Tra le tante cose da ricordare, ad esempio, voglio richiamare un passaggio che non è stato ricordato in questa sede, ovvero il discorso che Berlinguer tenne a Mosca per l'anniversario della Rivoluzione d'ottobre: a Mosca, non in un'intervista a Roma.
In quell'occasione affermò, con una determinazione senza alcuna riserva, il valore irrinunciabile e universale della democrazia, che produsse un elemento di rottura. La sua determinazione produsse infatti rotture. La storia - tanto più quella del Partito Comunista - non è lineare, ma è fatta di rotture, contraddizioni e discussioni durissime.
Allo stesso modo, ciò avvenne quando Berlinguer propose il compromesso storico, che non riguardava la solidarietà nazionale, ma era un'idea di cambiamento dell'Italia per affrontare le grandi questioni con le correnti strategiche fondamentali del Paese. Tale esperienza si interruppe con l'assassinio di Moro.
Ricordo poi l'idea dell'austerità: nel 1977, all'Eliseo, Berlinguer parlò agli intellettuali di ecologia, rapporto con la natura e differenze di genere. Ripeto: nel 1977 Berlinguer parlò di differenze di genere, con una grande innovazione anche teorica della tradizione e della cultura comunista.
Quando Berlinguer parlò della questione morale, non fece un discorso per affermare la superiorità morale dei comunisti, come qualcuno volle interpretare. Egli vedeva l'avvitamento della politica e percepiva che, insieme all'occupazione del potere, tale avvitamento avrebbe prodotto involuzione e limiti della democrazia. Ne abbiamo discusso ricordando Matteotti, un altro grande uomo del nostro Paese.
Desidero concludere il mio intervento con una breve riflessione. Non c'è politica senza valori e riferimenti; non c'è politica senza un'idea di trasformazione. (Applausi). Ecco perché Berlinguer, come ha ricordato prima il collega, in una delle pochissime occasioni in cui parlava di sé (altro che Facebook), ebbe a dire: la cosa di cui sono più orgoglioso è di essere stato coerente con i valori della mia gioventù. Questa è la politica ed è una grande lezione per noi. (Applausi).
FLORIS (FIBP-UDC). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FLORIS (FIBP-UDC). Signor Presidente, onorevoli colleghi, non sono tante le figure nel panorama politico italiano ad essersi distinte per il rispetto sincero e cristallino guadagnato anche tra le file dell'avversario. Questo è Enrico Berlinguer.
Oggi, nel centenario della sua nascita, sono particolarmente grato alla presidente Bernini perché, da senatore sardo, devo ricordare Enrico Berlinguer.
Anzitutto, si commemora il centenario della nascita e non quello della morte, quasi a rappresentare che egli - o, meglio, le sue idee - sono ancora tra noi. Non voglio riferirmi alle idee politiche e all'ideologia del suo pensiero perché, come sapete, sono distanti dalle mie, che sono di estrazione liberale e liberal-democratica. Mi riferisco alla sua idea di politica come servizio e alla sua onestà intellettuale e morale.
Credo che se si dovesse trovare una parola che lo definisca è proprio «onestà». La riservatezza era un'altra sua caratteristica, comune a tanti sardi. Quindi, onesto e riservato. Provate a vedere quanti politici nella storia o anche oggi possano avere queste due caratteristiche: onesto e riservato. Ecco perché è importante che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per ricordare Berlinguer oggi si sia recato nella sua città natale e abbia dedicato alla sua figura, insieme al presidente Solinas che lo accompagnava, al presidente Pais del Consiglio regionale e al rettore dell'università di Sassari, una lapide posta proprio nell'università che lo stesso Berlinguer aveva frequentato.
L'amore che gli dedica la città di Sassari non si ferma a questa lapide. Un'altra commemorazione si è tenuta nell'istituto che egli aveva frequentato da ragazzo, il liceo «Azuni», nel quale si era diplomato; un istituto che aveva visto diplomarsi anche tre illustri politici sardi: oltre a lui, Francesco Cossiga, Antonio Segni e Palmiro Togliatti. Non basta. La giunta comunale di Sassari, presieduta dal sindaco Campus, gli ha dedicato un monumento che verrà insediato nella casa natia.
I suoi familiari sono tutti presenti naturalmente - direte voi - e a loro mi sento particolarmente vicino, perché una caratteristica di Berlinguer fu quella di essere uomo legato fortemente alla politica, ma con altrettanta empatia e forza alla sua famiglia. Ma ovviamente un uomo di tale levatura politica non può essere confinato solo alle definizioni etiche di essere stato un uomo onesto, riservato e legato alla sua famiglia. Questi probabilmente sono stati i presupposti per fare in modo che la sua carriera politica, che pure si concluse con la sua precoce scomparsa su un palco, fosse contrassegnata da eventi che sono passati alla storia.
La nostra storia contemporanea è quella che ha visto il suo distacco dall'URSS, dal totalitarismo sovietico al progetto del compromesso storico, al legame con Aldo Moro, alla questione morale in politica: tutte posizioni e passaggi che oggi sembrano superati dalla storia, ma che allora segnarono passi avanti nella politica italiana.
Certamente il carisma di Berlinguer, la sua passione politica, le sue grandi doti umane ce lo fanno ricordare come un grande uomo politico, un sardo illustre nella storia d'Italia.
Il Gruppo Forza Italia si associa alla commemorazione, plaudendo all'iniziativa del presidente Mattarella, con il rispetto e la considerazione dovuta a un grande uomo. (Applausi).
LUNESU (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUNESU (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, colleghi, è per me un onore, da sarda, commemorare, a nome della Lega, un grande protagonista della politica italiana: Enrico Berlinguer, uomo destinato a diventare un protagonista della vita democratica del nostro Paese.
Fu certamente, se non il più grande, il più amato segretario del più grande partito comunista occidentale.
A cent'anni dalla nascita, oltre che ricordare chi era e cosa ha fatto, è importante riflettere su cosa resta dell'azione politica, delle sue idee, della sua spinta progressista con cui affrontava tematiche tutt'oggi attuali. «Dolce Enrico,» cantava Antonello Venditti «se ci fossi ancora, (...) il mondo cambia, (...) l'unica cosa che resta è un'ingiustizia più vera». Lui lottava contro l'ingiustizia. L'idea politica che animava Berlinguer era permeata di integrità assoluta, di intransigenza ideale, di attenzione costante e tenace all'interesse generale e al bene pubblico; convinzioni profonde e inamovibili che lo portarono a sollevare il grande tema della moralità nella politica e a vedere senza timore prima degli altri cosa stava accadendo nelle pieghe più profonde del nostro Paese: la degenerazione della vita pubblica, la diffusione dei poteri occulti, l'ipertrofia del sistema dei partiti e la trasformazione di alcuni di essi in puri strumenti di consenso e di potere.
Fu l'uomo che seppe tracciare un solco fra il comunismo italiano e quello sovietico quando, con estremo coraggio, nel congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (PCUS) nel 1976 compì quello strappo pronunciando parole come democrazia e pluralismo, che gli fecero guadagnare la copertina del «Time» e l'odio dell'ortodossia sovietica. Enrico Berlinguer aveva il coraggio di sostenere le proprie idee, spingendosi, per il bene del Paese, superiore a quello del proprio partito, a cercare l'accordo con Aldo Moro nel compromesso storico, che fu fermato solo dall'assassinio del leader della DC; ma non solo, anche ad incontrare più volte il segretario del Movimento Sociale Italiano, erede del fascismo, per capire insieme come salvare la Repubblica dai terroristi rossi e neri.
Il pensiero di Berlinguer era un pensiero lungo: lavorare per la pace sempre e comunque. Il pacifismo, oggi come allora, viene scambiato come parteggiare per una forza politica, mentre bisogna ricordarsi che lavorare per la pace è un nostro dovere. Parlando del futuro, diceva che ci si salva e si va avanti, se si agisce insieme e non solo uno per uno.
Indro Montanelli lo definiva un uomo introverso e malinconico, di immacolata onestà, sempre alle prese con una coscienza esigente, solitario, di abitudini spontanee, più turbato che allettato dalla prospettiva del potere e in perfetta buona fede. Di lui ci resta un programma sociale, un programma politico, economico, etico e morale non scritto, basilare per il futuro democratico e di progresso del nostro Paese. È la capacità di analisi a lungo termine la caratteristica che storicamente lo renderebbe un profeta nel deserto rispetto all'offerta politico-culturale degli anni Ottanta.
Della questione morale evidenzia la natura profondamente politica inerente alla questione della rappresentanza. Berlinguer sarebbe stato tra i primi a comprendere che l'occupazione superba dei gangli dello Stato da parte dei partiti stava aprendo una voragine tra la classe politica e la società civile. È importante sottolineare l'attenzione di Berlinguer sui temi sensibili, come la limitatezza delle risorse e la compatibilità ambientale, la sua riflessione sui potenziali utilizzi (buoni e cattivi) delle nuove tecnologie, la spiccata sensibilità mostrata nei confronti del divario fra Nord e Sud del mondo, la comprensione della necessità di affrontare globalmente le imminenti sfide del nuovo millennio. Fu un leader capace di mettere apertamente in discussione un modello di società incentrato sul profitto e sullo sfruttamento intensivo delle risorse, un leader in grado di indicare nuove traiettorie di progresso sociale nel contesto della fine del XX secolo, con la consapevolezza dell'esigenza del mutamento e al tempo stesso il tentativo fino all'ultimo di far coincidere continuità e trasformazione, tradizione e innovazione. In alcuni momenti prevalsero le prime caratteristiche, i vincoli e i limiti che gli venivano da un'identità, dalla sua storia e dal suo tempo; ma nella maggior parte dei casi brillò la sua capacità di guardare lontano, di produrre le accelerazioni che riteneva necessarie. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pesco. Ne ha facoltà.
PESCO (M5S). Signor Presidente, oggi ricorrono i cento anni dalla nascita di Enrico Berlinguer, una persona grande, una persona sarda e mite, come sardo e mite è il collega Emiliano Fenu, cui ho chiesto il permesso di intervenire, in quanto è sardo e mite anche lui. Grazie Emiliano.
Sembra ieri quando i nostri cuori venivano scaldati dalle sue parole, a volte severe, a volte pacate, a volte di conforto. Io avevo poco più di dieci anni, non mi intendo molto di politica neanche adesso e figuriamoci allora, ma non so come mai anche il mio cuore è stato scaldato da Enrico Berlinguer.
Presidente, grazie per aver ricordato la questione morale. Era una sua battaglia, che sicuramente ha fatto riflettere molti; ma, pochi anni dopo la sua morte, con Tangentopoli i cittadini hanno avuto la prova che il malcostume nella vita politica era il quotidiano, la normalità, una sconfitta per tutti. E oggi non abbiamo la certezza che qualcosa sia cambiato in meglio; dai grandi appalti (il MOSE in testa), ma anche nelle piccole cattive azioni quotidiane, come ad esempio avere la precedenza in una lista di attesa, si evince che non è cambiato nulla, che poco è rimasto dei suoi insegnamenti.
Si è perso il senso della vergogna, l'abuso d'ufficio è diventato una bravata, il peculato una scelta obbligata, la scrematura dall'importo dei lavori a vantaggio dei più furbi un diritto acquisito. Alla fine tanto in galera non ci va nessuno, se non gli sfortunati, quelli che non si possono permettere avvocati blasonati. È un dire comune, ma purtroppo spesso è la cruda e amara realtà. Ma siamo ancora in tempo per intervenire e il ricordo di persone come Enrico Berlinguer può aiutarci a fare meglio, a cambiare noi stessi, prima di farlo per legge, a educare i più piccoli al rispetto della res publica, delle Istituzioni, dei diritti di tutte le persone, colleghe e colleghi.
Il 15 gennaio 1977 agli intellettuali a Roma disse: «L'austerità non è oggi un mero strumento di politica economica (...). Per noi l'austerità è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale e di fondo (...), di quel sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l'esaltazione di particolarismi e dell'individualismo più sfrenati, del consumismo più dissennato». Vi prego, non confondiamo quel concetto di autorità citata, voluta e auspicata da Enrico Berlinguer «per uno sviluppo economico e solidale nuovo, per un rigoroso risanamento dello Stato, per una profonda trasformazione dell'assetto della società, per la difesa ed espansione della democrazia: in una parola, come mezzo di giustizia e di liberazione dell'uomo e di tutte le sue energie oggi mortificate, disperse, sprecate»; ecco, non confondiamo quel principio di austerità con quel concetto fatto di numeri, di formulette e di vincoli. Austerità vuole essere una riflessione sulle scelte, fare il più possibile con il meno possibile, redistribuire in modo equo partendo da chi ha più bisogno, non dimenticare mai nessuno. Austerità come lotta agli sprechi, ai favori, ai diritti illegittimi e, non per ultimo, volta al risparmio delle risorse naturali. È l'auspicio per un diverso modo di produrre, consumare, accumulare e distribuire ricchezze, che negli ultimi anni ha portato a declinare con sempre maggiore forza e urgenza il concetto di sostenibilità.
Parlando di sostenibilità e ambiente, Presidente, colleghe e colleghi, secondo me è da ricordare la relazione al comitato centrale del 3 dicembre 1981, quando ritornò sul pericolo del disastro ecologico, dicendo che «il suolo, il sottosuolo, i mari e gli spazi, e la materia nelle sue particelle infinitesimali, sono lì disponibili per essere usati in modo razionale ed equilibrato al fine di aumentare le risorse, di mettere al riparo dai pericoli l'umanità, di arricchirne l'esistenza».
Un vero precursore dei tempi è stato Enrico Berlinguer, anche a proposito della democrazia elettronica, tant'è che asserì: «La democrazia elettronica limitata ad alcuni aspetti della vita associata dell'uomo può anche essere presa in considerazione. Ma non si può accettare che sostituisca tutte le forme della vita democratica. (...) Tra l'altro non credo che si potrà mai capire cosa pensa davvero la gente se l'unica forma di espressione democratica diventa quella di spingere un bottone ». E ancora non esistevano Internet, i social media e l'intelligenza artificiale.
Presidente, mi permetta di concludere con un'analogia forse audace, sperando che sia umile. Se l'amore è necessario per creare una famiglia, colleghe e colleghi, i principi a cui si ispirava Enrico Berlinguer forse sono quella materia prima, quell'elemento essenziale, quel tassello indispensabile per creare una buona politica. Grazie a tutti e grazie al mio Gruppo che mi ha fatto questo regalo di poter intervenire oggi in memoria di Enrico Berlinguer. (Applausi).
PRESIDENTE. Senatrice Granato, la invito a mettersi la mascherina. Lei deve rispettare le regole come tutti gli altri. Anzitutto le deve conoscere; nel momento in cui le conosce le deve rispettare. Quindi, o si mette la mascherina, o deve allontanarsi dall'Aula. (Applausi).
GRANATO (CAL-Alt-PC-IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRANATO (CAL-Alt-PC-IdV). Vorrei far presente a lei, Presidente, e ai senatori questori, che il ministro Brunetta ieri è venuto in audizione in Commissione, dove esiste pure quest'obbligo, e ha parlato per tutto il tempo senza mascherina. Quindi, siccome in questo consesso noi dovremmo parlare liberamente, così come lui ha parlato ieri, io non ritengo di dover rispettare...
PRESIDENTE. In questa Assemblea le regole le detto io; se non intende farlo, si allontani. Le dispongo di allontanarsi; o mette la mascherina, o se ne va. (Applausi). Prego senatrice Granato, non faccia sì che la debba allontanare. Se vuole le forniamo una mascherina, se non ce l'ha. Se ce l'ha, la metta o esca, senza tante storie. (Applausi). Avanti, non faccia perdere tempo all'Assemblea, dobbiamo lavorare.
Senatrice Granato, non è la prima volta che ci mette di fronte a delle sanzioni che non sono così gradevoli, perché lei dovrebbe rappresentare le istituzioni come tutti noi. (Applausi). Questa è la sede della legalità, quindi per cortesia non mi costringa a farla allontanare, che sarebbe una brutta rappresentazione di quest'Assemblea. Prego esca.
PARAGONE (Misto-IpI-PVU). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARAGONE (Misto-IpI-PVU). Signora Presidente, intervengo soltanto per dire che ieri il ministro Cingolani è intervenuto senza mascherina e non è successo nulla. Per tutto il tempo ieri il ministro Cingolani ha parlato senza essere interrotto e ci sono i filmati. Quindi, non capisco le ramanzine fatte ad una collega che ha parlato per un lasso di tempo decisamente inferiore rispetto al ministro Cingolani, che tutto il tempo è rimasto senza mascherina.
PRESIDENTE. Il ministro Cingolani ha chiesto se poteva parlare senza mascherina.
PARAGONE (Misto-IpI-PVU). Che cosa vuol dire?
PRESIDENTE. Non aveva nessuno davanti e ho detto che poteva farlo. Poi se l'è rimessa, nel rispetto delle regole di tutti. Ha parlato da solo qui e non era vicino ad altre persone. Quindi, la ringrazio del suo intervento, ma la mia decisione è già stata assunta. (Commenti).
Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 15,59)
Discussione dalla sede redigente del disegno di legge:
(2333) Ridefinizione della missione e dell'organizzazione del Sistema di istruzione e formazione tecnica superiore in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Gelmini e Aprea; Invidia; Bucalo e Frassinetti; Toccafondi; Colmellere ed altri; Soverini ed altri) (Relazione orale)(ore 15,59)
Approvazione, con modificazioni, con il seguente titolo: Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dalla sede redigente del disegno di legge n. 2333, già approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Gelmini e Aprea; Invidia; Bucalo e Frassinetti; Toccafondi; Colmellere ed altri; Soverini ed altri.
Il relatore, senatore Nencini, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.
Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.
NENCINI, relatore. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, la riforma degli istituti tecnici superiori dimostra varie cose. La prima è che il Parlamento sa lavorare e sa farlo decisamente bene. Abbiamo chiuso la riforma... (Brusio).
PRESIDENTE. Senatore Paragone, senatore De Poli, se voleste andare a chiacchierare fuori dall'Aula, sarebbe un bene per tutti.
Prego, senatore Nencini.
NENCINI, relatore. La ringrazio, Presidente.
Abbiamo chiuso la riforma con molti mesi di anticipo e lo abbiamo fatto in maniera corale. Questa è la ragione per la quale ringrazio - e lo faccio con moltissimo piacere - la Commissione che mi onoro di presiedere. Lo abbiamo fatto in sinergia con il Governo, in modo particolare con il ministro Bianchi, che assiste da par suo alla seduta, e lo abbiamo fatto per tagliare i tempi... (Brusio)
PRESIDENTE. Colleghi, o uscite dall'Aula...
Senatore De Poli, per cortesia, mi aiuti nel suo ruolo di Questore a mantenere l'ordine in Aula. Andate a discutere fuori.
NENCINI, relatore. Signor Presidente, questa riforma è ritenuta una delle più importanti di questa legislatura.
PRESIDENTE. Ma è tecnica superiore, evidentemente non ci siamo ancora.
NENCINI, relatore. In ogni caso, se c'è chi preferisce parlare di mascherine invece che di ITS, sarò felice di ascoltare.
Come dicevo, al fine di evitare tre passaggi - Camera, Senato e ancora Camera - la riforma che provo rapidamente a illustrare è stata costruita, di comune accordo anche con la VII Commissione della Camera, in modo tale da consentire all'altro ramo del Parlamento, quando vi ritornerà - immagino nell'arco di non molte settimane - di approvarla con la rapidità richiesta.
Quando abbiamo lavorato la materia che la Camera aveva già disciplinato con una norma assolutamente dignitosa, abbiamo provato ad arricchirla con tutta una serie di suggerimenti provenienti dal mondo associativo - non soltanto da Confindustria, ma anche dal mondo sindacale, dalle Regioni e quant'altro - tenendo conto di alcune indicazioni tra cui, innanzitutto, quella legata al capitale umano che si forma attraverso gli ITS.
In Italia oggi contiamo poco meno di 20.000 iscritti: non cito i numeri di Francia e Germania, che sono decisamente spropositati rispetto a quelli che possiamo vantare nel nostro Paese. Questa riforma potrebbe tuttavia consentire a una percentuale molto alta di ragazzi e ragazze, che, provenendo dagli istituti professionali, scelgono di iscriversi all'università, di avere un attracco definitivo su materie che possano valorizzarli. Dico questo perché il 28 per cento di ragazzi e ragazze con questa provenienza scolastica abbandona l'università dopo il primo anno di studi. C'è un'evidenza. Probabilmente dare un approdo di natura decisamente diversa rispetto alla scelta che è stata fatta potrebbe offrire disponibilità di lavoro indispensabili per l'impresa italiana.
In concreto, abbiamo rispettato i punti cardine della riforma così com'è stata varata dalla Camera. Abbiamo rafforzato una cabina di regia centrale, ma senza devitalizzare - tutt'altro - il ruolo delle Regioni. Abbiamo confermato la relazione, ma in disparità, tra ITS e università, mantenendo quindi un asse di collegamento, ma due orientamenti di studio decisamente diversi. Abbiamo rafforzato tutti i riferimenti alle singole competenze, prevedendo di aggiungere con una riforma biennale al decreto del 2008 - che stabiliva in cinque le materie fisse attorno alle quali gli ITS avrebbero costruito la loro presenza in Italia - materie che oggi potrebbero apparire conosciute, ma che magari tra due, quattro o sei anni, potrebbero diventare una sorta di norma per il mercato del lavoro italiano. Sono stati sfoltiti i decreti attuativi che la Camera aveva previsto.
L'altro criterio, l'ultimo, è stato quello di evitare la proliferazione di ITS, oggi che il PNRR prevede circa un miliardo e mezzo di fondi da destinare alla valorizzazione di questo mondo.
Dentro questa cornice abbiamo costruito una normativa che prevede anche una serie di normative di vantaggio. Viviamo in un mondo in cui la pandemia - e non soltanto la pandemia - ha reso più deboli le famiglie più fragili; è la ragione per la quale, dentro le norme che la Commissione in sede redigente ha approvato, con un voto pressoché unanime, abbiamo previsto un welfare per gli studenti meritevoli ma che si trovano nella condizione del bisogno, a cominciare dalle borse di studio, dagli studentati, dall'obbligo di tirocini e di stage all'estero, naturalmente retribuiti all'interno della normativa esistente.
Sono state introdotte norme per la parità di genere, perché l'altro punto riguarda una disparità assoluta di presenze negli ITS esistenti: una grande, esagerata maggioranza di ragazzi e una presenza scarna di ragazze che fuoriescono dalle scuole medie superiori.
Abbiamo aumentato fino al 35 per cento la possibilità di tenere tirocini e abbiamo reso ancora più stretto il rapporto fra pubblico e privato, evitando, però, che i privati avessero in toto la possibilità di eleggere i loro presidenti; abbiamo inserito l'espressione «di norma», che significa che possono esserci anche soluzioni alternative.
Abbiamo poi inserito erogazioni liberali, sotto forma di credito di imposta, del 30 per cento per le imprese che investono in ITS; tale percentuale viene raddoppiata e sale al 60 per cento per le imprese che operano in parti d'Italia che hanno un livello di disoccupazione particolarmente elevato.
Infine, è stato previsto un fondo premiale che riguarda non solo il numero dei diplomati, ma anche la capacità di quei diplomati di trovare lavoro nelle materie per le quali hanno studiato nella biennalità o nella triennalità e da lì possono accedere al mercato del lavoro.
Questi i punti cardine rispetto alle norme che abbiamo mantenuto e che erano già state approvate con voto, anche in quel caso largamente maggioritario, dalla Camera dei deputati.
Auspico anch'io che l'Assemblea voglia seguire l'orientamento della Commissione, in modo tale da consentire alla Camera dei deputati di lavorare su questa riforma, probabilmente fin dal mese di giugno, emanare quindi i decreti attuativi nel tempo più breve possibile e infine permettere, con i bandi relativi agli ITS, di inaugurare una stagione nuova e diversa rispetto a quella che abbiamo conosciuto. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
BIANCHI, ministro dell'istruzione. Signor Presidente, voglio ringraziare il senatore Nencini, tutta la Commissione e, se mi permette, estendere questo ringraziamento anche al presidente Casa e a tutti i membri della VII Commissione della Camera. È stato un percorso non soltanto costruito insieme, che ha avuto al suo centro l'attenzione per i nostri studenti e le nostre studentesse; un percorso che ha dato e sta dando possibilità nuove per ridurre qualsiasi fenomeno di dispersione, ma anche per permettere a tutto il nostro sistema di crescere, contando su quelle competenze, ma soprattutto su quelle esperienze che si possono oggi coniugare per un nuovo sviluppo. Grazie veramente. Il Governo è a disposizione. Siamo in condizione di emanare i decreti attuativi nei tempi richiesti e dovuti, per poter partire con il nuovo anno scolastico, affinché sia veramente un nuovo inizio per tutti gli ITS. (Applausi).
PRESIDENTE. Avverto che sono pervenuti alla Presidenza - e sono in distribuzione - i pareri espressi dalla 1a e dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame, che verranno pubblicati in allegato al Resoconto della seduta odierna.
Passiamo alla votazione degli articoli, nel testo formulato dalla Commissione.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 1.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 2.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 3.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 4.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 5.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 6.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 7.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 8.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 9.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 10.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 11.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 12.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 13.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 14.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 15.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 16.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Passiamo alla votazione finale.
NENCINI (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NENCINI (IV-PSI). Signor Presidente, confermo le riflessioni già fatte in precedenza e ringrazio l'Assemblea per questo voto ampiamente maggioritario. Ascolto volentieri i colleghi nelle loro opinioni.
IANNONE (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IANNONE (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, il provvedimento oggi al nostro esame è frutto di un lavoro di unificazione di diverse proposte di legge - anche il Gruppo Fratelli d'Italia ne aveva presentata una alla Camera e al Senato - con lo scopo di riorganizzare il sistema di istruzione e formazione tecnica superiore, anche alla luce degli obiettivi del PNRR, che ha destinato a questo sistema una cifra considerevole. Gli istituti tecnici superiori esistono da più di dieci anni, rappresentano la formazione ed alta specializzazione tecnologica, sono strettamente integrati con il mondo economico e produttivo e sono nati per valorizzare tanto il capitale umano quanto il sistema produttivo dei territori, per sopperire alla mancanza di tecnici specializzati su alcuni settori. Purtroppo in Italia, però, questo sistema di istruzione e formazione tecnica superiore è rimasto per lo più sconosciuto, come le sue potenzialità di diventare uno strumento per affrontare più facilmente l'ingresso nel mondo del lavoro.
Se analizziamo i dati europei, è facile cogliere i ritardi del nostro sistema formativo terziario e la scarsa attrazione verso di esso, considerando che solo lo 0,01 per cento dei giovani tra i diciotto e i venticinque anni sceglie gli istituti tecnici superiori per la prosecuzione della formazione. Spesso questa è poco conosciuta dagli studenti, dalle famiglie e dagli stessi docenti preposti all'orientamento. Tutto ciò è paradossale, alla luce del fatto che in Italia la disoccupazione giovanile è alta e questo tipo di indirizzo è da considerarsi invece una vera e propria risorsa fondamentale. È un'occasione importante al fine di far interagire la comunità scolastica con il sistema delle imprese, in quanto in grado di fornire, attraverso percorsi ben calibrati, una didattica esperienziale incentrata sull'azione diretta e sulla sperimentazione dei compiti e dei ruoli funzionali a quelli della realtà lavorativa sia per quanto riguarda le conoscenze, che le competenze e le strategie. Questo al fine di affrontare le sfide future in un mondo globalizzato e in continuo cambiamento. Inoltre, secondo l'ultimo dato, l'80 per cento dei diplomati che hanno scelto questo percorso ha trovato un'occupazione e di questi il 90 per cento un'occupazione in un'area coerente con il proprio percorso di studi.
Pertanto, fondamentale è il ruolo rivestito dall'informazione e dall'orientamento dei giovani e dalla comunicazione alle famiglie sulla natura e sulla potenzialità di questo canale formativo, che non va considerato una seconda scelta rispetto all'università.
Un'altra disfunzione che questo sistema ha mostrato è legata alla visione per cui questi istituti devono adeguarsi a profili professionali già definiti. Non vi è l'idea, invece, che possano creare nuovi ruoli, nuovi mestieri e nuove professioni di elevata qualità, grazie all'ampliamento di ulteriori indirizzi, tenendo conto della specificità e delle vocazioni dei nostri territori. In questa direzione, volta all'ampliamento degli indirizzi e alla valorizzazione del made in Italy, andava la proposta del Gruppo Fratelli d'Italia, per inserire percorsi nell'ITS riferiti anche all'alto artigianato artistico, che rappresenta una peculiarità della nostra nazione.
Siamo soddisfatti del lavoro fatto in Commissione e vorrei naturalmente ringraziare il presidente Nencini, che è anche relatore del provvedimento, i colleghi e i funzionari, che hanno dato molte volte prova della capacità di lavorare in maniera concreta e stando nel merito dei provvedimenti. Abbiamo licenziato molti disegni di legge in Commissione, accomunati da questo spirito e riteniamo che anche su questa importante opzione, che viene messa in campo, ci possa essere una finalizzazione della risorsa ingente che viene destinata. Siamo infatti ben consapevoli che l'Italia ha un patrimonio identitario, nella sua capacità di proporre qualità, di cui c'è fame nel mondo e che deve trovare uno strumento capace di non far perdere questa identità e le possibilità di realizzazione di tanti giovani. Essi devono infatti sapere che c'è una concreta possibilità di realizzazione anche in questi ambiti e non soltanto in quello delle prestazioni intellettuali.
Concludo annunciando il voto favorevole del Gruppo Fratelli d'Italia ed evidenziando che il nostro sforzo, come sempre, è stato di migliorare il testo. La nostra opposizione patriottica e mai pregiudiziale è stata sempre contraddistinta dalla proposta e ci siamo battuti affinché questo strumento possa avere un'aderenza alle vocazioni del territorio e alle istituzioni dello stesso, anche con riferimento alle Regioni, prendendo atto anche del fallimento, che per il passato indubbiamente c'è stato, di una formazione professionale troppe volte pensata per i formatori e non per i formandi. Signor Ministro, speriamo che questo strumento possa rappresentare una concreta possibilità e, con questo spirito, voteremo favorevolmente all'approvazione del provvedimento in esame. (Applausi).
DE PETRIS (Misto-LeU-Eco). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-LeU-Eco). Signor Presidente, il disegno di legge è stato presentato con una serie di emendamenti del relatore, che modificano il testo approvato dalla Camera dei deputati. Il sistema di istruzione e formazione tecnica superiore costituisce uno dei settori più rilevanti della scuola italiana. Non a caso il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha affidato proprio agli ITS un ruolo fondamentale, prevedendo uno stanziamento di 1,5 milioni di euro a fondo perduto, dal 2022 al 2026, con l'obiettivo di potenziarne le strutture e aumentare il numero degli iscritti.
Il provvedimento che ci apprestiamo a votare costituisce quindi un intervento normativo assolutamente indispensabile per ripartire da quello che c'è e che funziona e per farlo crescere, evitando però di cadere nell'errore tutto ideologico di creare modelli ideali, che si rivelano nei fatti irrealizzabili. Si tratta di un provvedimento che nasce dalla sintesi di distinte proposte parlamentari presentate nel corso della legislatura e che pensiamo sia in grado di rispondere agli obiettivi indicati nel PNRR, che ha previsto esplicitamente la riforma del sistema degli ITS e il loro rafforzamento come leva per lo sviluppo economico, sociale e culturale del Paese.
Non a caso, lo stesso Presidente del Consiglio, lo scorso 17 febbraio, ha evidenziato in Senato proprio la necessità di rivedere il disegno del percorso scolastico con particolare attenzione agli ITS che in Paesi come la Francia e la Germania sono un pilastro importante del sistema educativo e dell'economia, con una previsione di incremento del fabbisogno di diplomati degli istituti tecnici nell'area digitale ed ambientale.
Infatti, dal monitoraggio nazionale 2021 dei percorsi ITS emerge chiaramente che nel 92 per cento dei casi i giovani con diploma di istruzione tecnica superiore trovano un'occupazione in un'area coerente con il percorso di studi. Si tratta di un monitoraggio assolutamente interessante, che ha riguardato i diplomati degli ITS nell'anno 2019.
A dieci anni dalla sua nascita, il sistema degli studi tecnici superiori ha dimostrato la sua piena efficacia in termini di occupazione e le modifiche intervenute con il provvedimento che stiamo per votare hanno l'obiettivo di potenziare il sistema per uscire definitivamente da una fase sperimentale e creare una rete nazionale capace di valorizzare le specificità territoriali.
Vi sono dei punti di criticità, perché riteniamo che gli emendamenti approvati dalla Commissione istruzione pubblica, beni culturali rappresentino un peggioramento del disegno di legge e delineino un sistema terziario di istruzione sostanzialmente piegato a una logica esclusivamente aziendalista. Evidentemente si è deciso di non tenere in alcun conto il confronto con le parti sociali che si è sviluppato nel corso delle audizioni. A nostro avviso è stato indebolito il carattere nazionale e unitario del sistema, riducendo ulteriormente la responsabilità statale sul governo di questa materia ed escludendo di fatto le scuole dagli organi degli ITS. Pensiamo, al contrario, che vada assolutamente garantita e innalzata la qualità della formazione dei giovani che scelgono questo genere di percorso, i quali avrebbero la necessità di implementare conoscenze e competenze in settori strategici per lo sviluppo economico e sociale del Paese. Tutto questo deve però essere strettamente collegato al sistema scuola.
In conclusione, pensiamo che il rilancio degli ITS possa rappresentare un punto qualificante della strategia del Paese per uscire dalla situazione di bassa crescita e innalzare il livello di studio, favorendo la costruzione di quel necessario ponte tra la scuola e il mondo del lavoro e un'offerta formativa strettamente integrata con il mondo economico e produttivo del Paese, per un sistema integrato che non ha particolarmente sofferto gli effetti della pandemia sul piano dell'occupabilità grazie a un modello dinamico caratterizzato da flessibilità organizzativa e didattica, una rete di governance costruita insieme alle imprese e capacità di intercettare innovazione, in particolare sul fronte dell'uso delle tecnologie abilitanti.
Il futuro degli ITS è quindi quello di diventare il cuore del sistema di formazione professionale terziaria, strettamente collegata - da un lato - alla scuola superiore di secondo grado e - dall'altro - all'università, così da formare quelle competenze che oggi le aziende non riescono a reperire sul mercato del lavoro. È solo attraverso una nuova vocazione della formazione professionale che sappia inserirsi nel contesto europeo che anche i meno giovani potranno beneficiare di questi percorsi in un futuro in cui non esisterà più un tempo per la formazione distinto e separato in modo netto dal tempo del lavoro.
Di buone prassi e modelli applicativi, frutto della pluriennale esperienza sul campo dell'apprendistato e del matching tra formazione e mondo del lavoro, ha bisogno il nostro Paese, nel rispetto del dettato costituzionale che pone l'istruzione sotto l'egida esclusiva dello Stato, contrastando ogni tentativo di privatizzazione del sistema formativo nazionale. Infatti, nessuna riforma può portare un segmento del sistema formativo nazionale fuori dal perimetro pubblico, che va invece rafforzato, della dimensione nazionale della governance pubblica, interagendo con le politiche di ricerca, sviluppo e innovazione del Paese, per favorire la realizzazione dei piani di intervento previsti nel PNRR.
La ripartenza dell'Italia ha dunque bisogno di vincere la sfida delle competenze e l'investimento del PNRR sugli ITS rappresenta una variabile strategica per raggiungere questo obiettivo. Si tratta di un sistema che nel corso degli ultimi dieci anni ha dimostrato la sua efficacia ed è integrato con le imprese, flessibile e capace di innovazione didattica orientata alla qualità. L'incremento del numero degli allievi richiede, tuttavia, investimenti infrastrutturali per dotare quel sistema di sedi, laboratori, studentati.
Con le risorse messe a disposizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza si ambisce, appunto, ad aumentare il numero degli iscritti a questi percorsi, a potenziare i laboratori con le tecnologie 4.0, a formare i docenti, perché siano in grado di adattare i programmi formativi ai fabbisogni delle aziende locali. In ballo non c'è, quindi, solo l'eterno tema del mismatch formativo, ma l'intero impianto di un sistema che sceglie di investire sul dialogo, sull'osmosi tra due mondi (scuola e impresa) a beneficio dei singoli, della collettività e del progresso.
È questa la sfida che attende il nuovo sistema di istruzione superiore, capace di intercettare l'innovazione e favorire l'accesso alle nuove professioni più richieste sul mercato del lavoro.
In conclusione, annuncio il voto favorevole dei senatori di LeU-Ecosolidali. (Applausi).
MANCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANCA (PD). Signor Presidente, ministro Bianchi, rappresentanti del Governo, onorevoli senatori e senatrici, siamo di fronte a un passaggio importante, perché questa è la prima riforma organica degli istituti tecnologici superiori. Oggi, infatti, si approva in quest'Aula, con un largo consenso, una riforma particolarmente importante, che parla prima di tutto ai nostri giovani, ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze, come ha giustamente indicato il presidente Nencini. Parla a un sistema formativo che vuole investire le risorse importanti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (1,5 miliardi di euro), con una particolare attenzione nel restituire centralità al segmento terziario della formazione.
Si tratta di una scelta di grandissimo rilievo perché, se alziamo per un attimo lo sguardo, ci accorgiamo che in questo Paese siamo tra le manifatture mondiali più importanti.
Abbiamo visto durante il 2021 quanto la manifattura ha trainato la crescita, e se mettiamo insieme alle produzioni industriali manifatturiere il valore aggiunto delle nostre capacità produttive, cioè, quel valore che si determina sui processi di innovazione, di ricerca, così preziosi e importanti per attrarre investimenti e per generare lavoro e crescita, stiamo parlando di un investimento indispensabile nel segmento formativo, per ricollocare nei sistemi territoriali istituti tecnici e tecnologici qualificati che non vivono nella solitudine il percorso formativo, ma finalmente determinano relazioni corrette tra i sistemi territoriali, le associazioni economiche, le imprese, le organizzazioni sindacali.
Durante questo percorso il Senato ha modificato il testo approvato alla Camera, migliorandolo; c'è stato un confronto importante.
Ringrazio i colleghi del Gruppo Partito Democratico, i senatori Rampi, Verducci e Marilotti, che hanno lavorato in Commissione in maniera appropriata per valorizzare l'importante confronto con le organizzazioni sindacali, le associazioni economiche, il sistema della formazione, della scuola. Questo ci ha sicuramente consentito di individuare con maggiore precisione una riforma organica che affronta anche il tema della coesione sociale e del sostegno ai più deboli per ridurre aree di criticità che nei sistemi formativi rischiano di penalizzare la crescita, ma soprattutto lasciano tante persone nella solitudine. Dunque, è un investimento di straordinaria importanza. Dobbiamo riconoscerlo: questa è una riforma essenziale per accompagnare un'idea nuova di sviluppo economico in questo Paese.
È una riforma fondamentale per restituire anche centralità a un sistema manifatturiero italiano che chiede un salto di qualità sul versante della formazione delle risorse umane.
Colleghi, per accompagnare questa trasformazione digitale, sociale, ambientale, non si può eludere il tema dell'investimento nei saperi, nelle competenze e nella formazione. Non ci sono scorciatoie se vogliamo che la transizione produca nuova occupazione, attragga nuovi investimenti industriali, generi nuova occupazione.
Io dico che finalmente questo Parlamento approva una riforma che ricolloca il sistema della formazione italiana su un versante più nobile. È una riforma che scrive una pagina positiva ed entra dalla porta principale dell'ordinamento della Repubblica. Fino ad oggi gli istituti tecnici industriali e i suoi elementi normativi erano regolati da un DPCM. Con il disegno di legge in discussione introduciamo dalla porta primaria una riforma strutturale, che io credo dia anche un messaggio molto importante al nostro Paese, quello cioè di uno Stato che decide di prendere in mano una delle parti fondamentali che è l'investimento nel capitale umano. Non c'è scorciatoia: se vogliamo che la transizione generi nuova occupazione e nuova crescita e non nuove aree di solitudine e di conflittualità sociale, l'unico vero investimento possibile oggi e rapido è proprio l'istituto della formazione. L'investimento nel capitale umano diventa decisivo per trasformare la transizione non nella paura, ma nella capacità di generare futuro, speranza e crescita.
Per questo considero molto importante il lavoro fatto in quest'Aula. Consegneremo nuovamente alla Camera dei deputati la terza lettura, ma lo facciamo dopo aver ascoltato, migliorato ed elaborato ulteriormente una valutazione che io credo insista sul pilastro della formazione terziaria come elemento decisivo per radicare maggiormente anche nel territorio un'alleanza tra il sistema pubblico e il sistema privato.
Se penso alla nostra terra, alle Regioni più avanzate, se guardo all'importanza del generare occupazione e crescita, proprio i sistemi manifatturieri richiedono maggiori opportunità formative qualificate. Non serve la formazione ad ogni costo per un ammortizzatore: serve un investimento sul pilastro della qualificazione del capitale umano. Con questa riforma togliamo via l'idea che gli istituti tecnici siano ambiti marginali del nuovo sviluppo economico. Se gli istituti tecnologici acquistano una relazione con le imprese e con le università - come il presidente Nencini ha ricordato - nei percorsi di formazione, cioè se si costruisce finalmente l'alleanza dei saperi, possono utilizzare le imprese e gli straordinari laboratori finanziati dalle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza che abitano nelle imprese, perché i laboratori qualificati per formare i nostri giovani ci sono. Non possiamo permetterci tempi rallentati. Basta un'alleanza tra il sistema formativo e il sistema imprenditoriale Dunque l'academy - come l'abbiamo chiamata in questo disegno di legge, in questa proposta legislativa - serve per stabilire questa alleanza, un sistema formativo radicato, corrispondente alle esigenze dei sistemi territoriali, capace di dare ai nostri giovani un'opportunità per il loro futuro. Io credo che questo sia indispensabile, perché l'economia globale avrà un sistema manifatturiero sempre più qualificato, sempre più digitale, sempre più innovativo e dunque sarà indispensabile affiancare percorsi formativi adeguati per sostenere nuova crescita e nuovo sviluppo economico.
Per queste ragioni il Partito Democratico voterà a favore del presente disegno di legge, che riteniamo rechi una riforma organica, importante e preziosa per utilizzare al meglio le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma soprattutto per garantire ai nostri giovani un'opportunità nuova, nel togliere l'ombra che il saper fare, il produrre, lo studiare e il formarsi siano percorsi disgiunti; sono percorsi che si possono congiungere anche per ridurre i tempi e per generare opportunità e speranza per il loro futuro. (Applausi).
MODENA (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MODENA (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, Forza Italia esprime una grandissima soddisfazione per l'approvazione del presente disegno di legge, che sappiamo necessita di un ulteriore passaggio parlamentare, proprio perché ha voluto promuoverne il percorso alla Camera e successivamente, all'avvio della discussione che c'è stata della nostra proposta, sono stati presentati da tutti i Gruppi parlamentari ben sette disegni di legge sul rilancio degli ITS.
Abbiamo potuto vedere un confronto serrato, ma sicuramente positivo e proficuo - come ricordava il Presidente della Commissione - tra le forze politiche che hanno lavorato per dare una nuova investitura a questo sistema, che è collocato - non dimentichiamolo, perché è cosa fondamentale - fra gli obiettivi più rilevanti e importanti del nostro PNRR. Si tratta quindi di una riforma che ha un peso specifico rilevante.
Siamo soddisfatti per l'unanimità, che significa soprattutto che il Parlamento su tematiche di questo genere è stato capace di trovare degli equilibri significativi per lo sviluppo tecnologico del nostro Paese e anche, in un certo senso, di dare un contributo importante all'azione del Governo.
Consentitemi, prima di passare ad alcuni aspetti, di ringraziare, oltre al nostro capogruppo in Commissione Andrea Cangini, la nostra responsabile nazionale del settore istruzione Valentina Aprea e naturalmente anche la senatrice Gallone, per il lavoro che hanno svolto su questo provvedimento.
Vorrei sottolineare alcuni punti, che motivano fortemente il nostro voto favorevole. Vogliamo ricordare l'esperienza della Lombardia, dove si è registrato un boom degli iscritti pari a più 140 in quattro anni. Quindi, è più che mai necessario avere una situazione di omogeneità, proprio perché ci sono delle situazioni di differenza fra il Centro e il Sud. Noi parliamo oggi di una realtà che comprende ben 120 istituti, 766 corsi attivi, quasi 20.000 studenti e più di 3.000 soggetti partner coinvolti, tra i quali più di 1.000 imprese e più di 100 associazioni di imprese.
Come dicevo, questo disegno di legge si pone in linea con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, perché prevede il potenziamento di un modello organizzativo e didattico, il consolidamento degli ITS nel sistema ordinamentale dell'istruzione terziaria professionalizzante e, quindi, la loro presenza attiva nel tessuto imprenditoriale dei singoli territori, nonché l'integrazione con il sistema universitario. Ci sono risorse importanti per rafforzare la proposta formativa, pari a circa un miliardo e mezzo di euro.
Abbiamo voluto privilegiare in modo particolare quella che è stata giustamente definita la genialità delle mani, e cioè la dimensione tecnologica, se volete, applicata alle filiere produttive e dei servizi, che è diventata sicuramente uno degli aspetti da considerare con la massima attenzione sotto il profilo culturale e formativo. Riteniamo soprattutto che essa colmi un gap del sistema formativo italiano di carattere nazionale, che abbiamo sempre sottolineato. Accanto all'università e alle istituzioni dell'Afam, era ed è necessaria un'offerta organica di percorsi formativi per il diploma terziario, di durata biennale e triennale. Riteniamo importantissimo che si chiamino oggi accademie per l'istruzione tecnologica superiore, perché è giusto che abbiano, anche da un punto di vista prettamente nominalistico, la dignità importantissima che hanno all'interno del XXI secolo; e poi perché sono ovviamente collegate alle scuole delle imprese.
Sono importanti sicuramente il collegamento e l'equilibrio individuati con l'università, tutta la parte che attiene alla modifica della governance delle fondazioni, la stabilità dei finanziamenti, la valorizzazione della componente docente che proviene dalle imprese e i percorsi di orientamento per gli studenti, nonché naturalmente tutti i requisiti previsti per l'accreditamento e la creazione di un comitato nazionale con la partecipazione del Ministero, composto in modo particolarmente allargato.
La missione e l'identità che hanno gli istituti tecnici superiori fanno sì che diventino una parte integrante che rafforza la partecipazione delle imprese, soprattutto piccole e medie, nei centri di ricerca pubblici e privati e delle fondazioni, con riferimento ai piani di innovazione tecnologica gestiti dalle amministrazioni centrali.
È rilevante anche la parte che attiene alle dotazioni logistiche, strumentali e personali, il tutto nell'ambito di un quadro di leale collaborazione per il sistema di accreditamento e lo sviluppo nei campus tra lo Stato e le Regioni, perché è un sistema che non può prescindere da una collaborazione con le stesse Regioni.
Hanno detto anche autorevoli colleghi prima di me che siamo di fronte a una normativa che costituisce una svolta, a cui giustamente il Parlamento ha dedicato tempo, attenzione e soprattutto la volontà di lavorarci al meglio. Il rafforzamento dei raccordi tra gli ITS Academy, il sistema universitario e l'Afam, le nuove aree tecnologiche, la suddivisione dei percorsi degli ITS in due livelli, la ridefinizione dei soggetti fondatori, la ridefinizione della governance, il rafforzamento della sinergia con le imprese, il sistema di accreditamento, il monitoraggio, la valutazione e l'istituzione di un fondo ad hoc, la logica della programmazione triennale, la promozione di elargizioni liberali con l'introduzione di un credito di imposta e il potenziamento del diritto allo studio sono sicuramente un pilastro fondamentale per rendere il nostro Paese al passo con tempi che corrono molto più di quanto immaginiamo, ma soprattutto al passo con un'Europa che non ci deve insegnare veramente niente da questo punto di vista. (Applausi).
SAPONARA (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SAPONARA (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole Ministro e membri del Governo, qualche giorno fa ho avuto l'onore di partecipare nella mia città, Parma, al conferimento dei nuovi titoli di maestri del lavoro a cura della Federazione nazionale maestri del lavoro.
La cosa che più mi ha colpito durante l'evento, oltre alla varietà delle professionalità premiate, è stata l'illustrazione dei progetti che la Federazione stessa ha messo a punto e sta portando avanti, dalla scuola primaria alla maturità, con l'obiettivo di favorire l'inserimento delle giovani leve nel mondo del lavoro, aiutandole nella loro formazione e nelle scelte professionali. Si tratta di progetti modulati e differenziati a seconda dell'ordine e grado di scuola, a conclusione dei quali viene chiesto agli studenti di esprimersi sull'esperienza e sulle loro aspettative. Proprio in uno di questi commenti è stato scritto che bisognerebbe riconoscere i sogni dei bambini e trasformarli in interessi e passioni, così che la costanza, la voglia e le abilità abbiano modo di nascere nella persona e di alimentarsi nel tempo, fino a diventare professione.
È una frase che mi ha fatto molto riflettere sulla responsabilità che abbiamo in quanto legislatori nello stimolare e accompagnare i giovani verso scelte di formazione culturale e professionale che rispecchino realmente le loro capacità e le loro aspirazioni; una responsabilità che va di pari passo con un'organizzazione e un funzionamento adeguati degli istituti di istruzione e formazione a tutti i livelli e in tutti gli indirizzi, dalla scuola primaria a quella secondaria, dall'indirizzo umanistico a quello matematico, scientifico e professionale. Tale responsabilità è ancora più accentuata dal fatto che la scuola e tutto il sistema di istruzione è in un momento di grande trasformazione dal punto di vista didattico e anche di adeguamento alle necessità del settore lavorativo.
In questo contesto giocano un ruolo importante gli ITS, la cui ridefinizione della missione e dell'organizzazione è stata chiesta in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza ed è stata affidata un disegno di legge di iniziativa parlamentare in seconda lettura qui al Senato e oggi in discussione in quest'Aula.
Per illustrare il motivo per cui gli ITS giocano un ruolo importante nel contesto del sistema di istruzione vale la pena ricordare che, quando parliamo di ITS, facciamo riferimento a percorsi post diploma superiore, che offrono una formazione tecnica altamente qualificata per entrare subito nel mondo del lavoro. I corsi ITS, infatti, sono realizzati in collaborazione con imprese, università, centri di ricerca ed enti locali per sviluppare nuove competenze in aree tecnologiche considerate strategiche per lo sviluppo economico e per la competitività del Paese.
Gli ITS, quindi, costituiscono il segmento di formazione terziaria, non universitaria, che risponde alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche per promuovere i processi di innovazione, e rappresentano un'opportunità di assoluto rilievo nel panorama formativo italiano, in quanto espressione di una strategia nuova fondata sulla connessione delle politiche di istruzione, formazione e lavoro con le politiche industriali, con l'obiettivo di sostenere gli interventi destinati ai settori produttivi, con particolare riferimento ai fabbisogni di innovazione e di trasformazione tecnologica delle piccole e medie imprese.
Sei le aree tecnologiche interessate, ai cui corsi si accede dopo una preselezione successiva al diploma di istruzione secondaria superiore; corsi articolati di norma in quattro semestri, che possono arrivare anche a sei, che consentono di fare un'esperienza in stage in azienda. Durante questo periodo di formazione professionale, gli studenti hanno l'opportunità di sperimentare direttamente sul campo le competenze acquisite e di contribuire allo sviluppo dei processi di digitalizzazione aziendali, grazie alle conoscenze e alle dinamiche innovative proprie dei tecnici superiori.
È chiaro, quindi, che i corsi degli ITS sono costruiti attraverso una progettazione condivisa e partecipata da tutti i soggetti interessati e - particolare non di poco conto - sono cofinanziati dal programma operativo regionale del fondo sociale europeo.
Quello degli ITS è quindi un percorso alternativo a quelli universitari, che risponde alla vocazione e al desiderio di tutte quelle ragazze e di tutti quei ragazzi che vogliono specializzarsi in aree specifiche e che possono trasformare i sogni di bambino in professionalità di alto livello e diventare adulti competitivi e realizzati nel mondo del lavoro, a livello non solo nazionale, ma anche europeo e, perché no, anche internazionale.
Come legislatori, dunque, data l'importanza che gli ITS hanno, abbiamo il compito di garantire che il sistema funzioni e sia efficiente.
Durante i lavori di Commissione, grazie alle audizioni e alle continue e intense interlocuzioni con le Regioni e le associazioni di categoria, pensiamo di aver fatto un buon lavoro e oggi, con l'approvazione in questa Assemblea, restituiamo alla Camera un disegno di legge arricchito di nuovi elementi, grazie al contributo degli emendamenti e delle proposte anche del Gruppo Lega. E ricordo che alcune di tali proposte sono state inserite negli emendamenti del relatore, che ringrazio, e altre accolte singolarmente, come, ad esempio, quella che esclude che il direttore didattico sia scelto tra i dirigenti scolastici degli istituti di scuola secondaria di secondo grado aderenti alla fondazione e che al comitato tecnico scientifico partecipino di diritto rappresentanti dei direttori scolastici degli istituti di scuola secondaria di secondo grado aderenti alla fondazione (emendamento a prima firma della senatrice Alessandrini e condiviso dai senatori Pittoni e Saponara).
Spiace il mancato accoglimento dell'emendamento a mia prima firma, ma sempre condiviso dal Gruppo Lega, che non è stato accolto dal Governo, che prevedeva la partecipazione delle realtà datoriali al comitato ITS.
Siamo consapevoli del fatto che il mancato accoglimento di alcune richieste potrà suscitare qualche malumore. Ma quello che abbiamo cercato di assicurare è che il sistema possa essere diffuso su tutto il territorio nazionale, supportato da adeguate professionalità e soggetto a un controllo che ne assicuri l'efficienza e garantisca la reale specializzazione, nonché l'inserimento nel mondo del lavoro delle ragazze e dei ragazzi che sceglieranno gli ITS per trasformare i loro sogni di bambini.
Solo per dare qualche numero, sono 120 gli ITS sul territorio nazionale, correlati a sei aree tecnologiche. Per dare un'idea, la maggior parte degli ITS è localizzata in Lombardia, che ne ha 20; seguono la Sicilia (11); la Toscana, la Calabria e la Campania (9); il Lazio (8); l'Emilia-Romagna, il Piemonte e il Veneto (7); la Puglia e la Liguria (6); l'Abruzzo e la Sardegna (5); le Marche e il Friuli-Venezia Giulia (4); una sola fondazione, invece, è presente in Molise, Umbria e Basilicata. L'Emilia-Romagna, il Piemonte e la Lombardia sono le Regioni che, in più, hanno tutti gli ITS in tutte le aree tecnologiche. I percorsi attivi attualmente sono 60, sempre in Emilia-Romagna, gli iscritti 701 e - giusto per dare un numero - il totale dei diplomati dei percorsi conclusi e monitorati è pari a 2.290, con 1.841 occupati. Il che vuol dire che gli ITS sono una buona soluzione per professionalizzarsi.
Convinti, quindi, della funzione importante degli ITS e che il disegno di legge, così variato, possa assicurarne un adeguato ed efficiente funzionamento, il Gruppo Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione voterà a favore.
Un ringraziamento va al Presidente della Commissione, ai relatori e a tutti i commissari. (Applausi).
DE LUCIA (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE LUCIA (M5S). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, mi permetto di fare in apertura un breve excursus del viaggio di questo provvedimento, che ancora non è concluso e che dovrà ripassare alla Camera.
Dopo essere stato approvato un testo unificato presso la Camera dei deputati il 20 luglio 2021, il 19 maggio scorso la 7a Commissione, della quale mi pregio di fare parte, ha approvato a larga maggioranza la riforma degli istituti tecnici superiori, che, entro il quadro di riforma e rinascita rappresentato dal PNRR, è ora sottoposta al giudizio dell'Assemblea, prima di fare - come dicevo - ritorno alla Camera - mi auguro velocemente - per la ratifica finale.
Il testo ha subito considerevoli modifiche rispetto a quello licenziato in precedenza alla Camera. Per evitare un'esorbitante quantità di emendamenti il relatore in Commissione, il presidente Nencini, ha provveduto, dopo una serie di incontri con il Governo, una serie di audizioni e di interlocuzioni con soggetti competenti ed esperti, sempre in condivisione con noi componenti della Commissione, a predisporre un nuovo testo, che è stato a sua volta perfezionato attraverso un'attività emendativa abbastanza intensa. Cito un solo esempio per tutti, perché era completamente sfuggito: l'Afam viene inserito tra i soggetti fondatori degli ITS.
Il principale obiettivo di questa proposta è la riorganizzazione del sistema di istruzione tecnica superiore, al fine di rafforzare un segmento del nostro sistema formativo per troppo tempo svalutato quasi al ruolo di cenerentola, e che prevede invece percorsi post diploma in grado di offrire una formazione tecnica altamente qualificata, finalizzata a fornire le competenze tecniche più richieste dalle aziende per accedere al mondo del lavoro. Ebbene, la vera e propria riforma che si è inteso dare vita attraverso il presente provvedimento per dare giusta dignità al sistema, con un inquadramento generale dopo una serie di lunghi anni di sperimentazione, afferisce ad ogni modo a due spinte parallele, confluite in un'unica volontà da parte del Governo. Se da un punto di vista generale, infatti, si vuole favorire senza inutili aggravi l'immissione nel mondo del lavoro di personale qualitativamente formato, in termini più limitati e circoscritti tale velocizzazione si intende che debba avvenire ridefinendo il presupposto interno stesso, tipologico del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore nel suo complesso, con precisi obiettivi e finalità quale elemento attuativo del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
I principali interventi della proposta che ci accingiamo a votare sono dunque organici al quadro delineato dal PNRR e frutto della convinzione comune a tutte le forze politiche che il sistema ITS debba essere rinforzato, migliorato e consolidato anche in virtù di un dato estremamente confortante in termini di sbocchi lavorativi per gli studenti. Con le modifiche apportate, quindi, gli istituti tecnici superiori italiani diventano istituti tecnologici superiori o più brevemente ITS Academy. Scusatemi, ma a tale proposito faccio un'osservazione personale, poiché si tratta di una scelta semantica che è stata criticata da qualcuno per la sostituzione della parola "tecnici" con "tecnologici", e per l'ennesima importazione di un termine inglese con il quale comunque viene messa in evidenza l'affinità di questi percorsi con quelli di alta specializzazione professionale attivati negli ultimi anni in molte aziende anche italiane ed egualmente denominati academy. Quindi, mi sono voluta trovare una giustificazione all'uso del termine anglofono.
Nati una decina di anni fa, gli ITS formano tecnici superiori in sei aree tecnologiche considerate strategiche per la nostra economia: l'efficienza energetica, la mobilità sostenibile, le nuove tecnologie della vita, le nuove tecnologie per il made in Italy (quindi servizi alle imprese, agroalimentare, casa, meccanica e moda), le tecnologie dell'informazione e della comunicazione e, infine, le tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e del turismo.
Gli ITS sono attualmente circa centodieci in tutta Italia. Si tratta in realtà di fondazioni delle quali fanno parte scuole, università, enti di ricerca, aziende del territorio ed enti locali. L'ultimo istituito in ordine di tempo è l'ITS aeronautico di Ragusa.
Purtroppo nell'istruzione tecnica superiore post diploma l'Italia è piuttosto indietro rispetto ad altri Paesi europei. Altri colleghi che mi hanno preceduto hanno già riportato alcuni dati. Consideriamo, ad esempio, che a fronte dei 750.000 studenti in Germania e 530.000 in Francia, nel nostro Paese se ne contano appena 18.000. Peraltro, mi fa piacere sottolineare che l'83 per cento dei casi trova lavoro entro un anno e sostanzialmente in linea con gli studi, i propri interessi e le competenze acquisite proprio negli ITS.
Tuttavia, lo spostamento del baricentro di questi percorsi dalla scuola al mondo delle imprese li rende più vicini a quelli tedeschi, grazie anche alla maggiore solidità finanziaria dei nuovi ITS, legati non più ai bandi, ma a una programmazione triennale dell'offerta formativa e all'utilizzazione degli 1,5 miliardi in cinque anni previsti appunto dal PNRR per implementarne il numero di corsi.
Decisivo è il maggior peso assunto dalle imprese nella gestione del nuovo modello degli ITS, considerando che la presidenza delle fondazioni sarà di norma espressione delle imprese fondatrici e partecipanti e non più della scuola. Almeno il 60 per cento del monte ore complessivo delle docenze dovrà provenire dal mondo del lavoro e il 35 per cento delle attività sarà rappresentato da stage e tirocini aziendali anche all'estero.
Per le imprese che investono nei nuovi ITS è previsto un credito d'imposta del 30 per cento, che può salire fino al 60 se l'erogazione avviene nelle Province con maggiore tasso di disoccupazione. Non meno del 30 per cento delle risorse messe a disposizione dal Ministero dell'istruzione sarà assegnato agli ITS a titolo di quota premiale, tenendo conto della percentuale dei diplomati e della coerenza del tasso di occupazione con il percorso formativo svolto. Molti sono i benefici connessi, ma non sono mancate le critiche. Qualcuno ad esempio ha voluto vedere nelle modifiche apportate in Senato un oggettivo peggioramento del disegno di legge che delineerebbe un sistema terziario di istruzione forse un po' troppo piegato a una logica esclusivamente aziendalistica. Vedremo nel prosieguo delle attività degli ITS in realtà che cosa accadrà.
C'è un celebre proverbio di origine africana che suona pressappoco così: chi corre da solo va veloce, ma chi corre con gli altri va lontano. (Applausi). Nel caso degli ITS, per dare corso a questa riforma, per arrivare veramente lontano, occorreva trovare un punto di equilibrio, individuare un preciso punto di caduta tra le esigenze dei territori rappresentati dalle competenze regionali e la programmazione strategica nazionale, che non può prescindere da un elevato standard formativo degli ITS e dalla necessaria sottrazione alle logiche campanilistiche. Prendiamo per buoni l'impegno, il valore profondo e la volontà innovativa di questa riforma.
Il voto del MoVimento 5 Stelle sarà dunque apertamente favorevole, pur con l'auspicio che al netto dei tempi e dell'effetto matrioska dei decreti attuativi che dovranno essere adottati, presto si possa giungere, dalla nebulosa che pareva un viaggio senza meta, alla compiuta certezza di una meta senza viaggio. (Applausi).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del disegno di legge, nel suo complesso, nel testo emendato, con il seguente titolo: «Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore».
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi).
Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno
MAUTONE (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. L'applauso, senatore Mautone, era per lei, perché le comunico che ad oggi il suo è il cinquantaquattresimo intervento di fine seduta che svolge. Lei è un vero recordman. (Applausi).
Ha facoltà di intervenire.
MAUTONE (M5S). Signor Presidente, oggi è la giornata mondiale dei minori scomparsi istituita dall'ONU. Dati drammaticamente crescenti fotografano perfettamente la gravità della problematica. Solo in Italia, si è passati da un bambino scomparso ogni quarantotto ore nel 2018 a un bambino scomparso quasi ogni ora nel 2020 e il trend è in aumento. Di questi minori scomparsi nel nostro Paese, circa i due terzi sono stranieri. Fortunatamente, più della metà di loro però sono stati poi ritrovati. I dati più preoccupanti riguardano appunto i cosiddetti minori stranieri non accompagnati, divenuti ormai un vero fenomeno sociale. La fascia d'età più coinvolta dal fenomeno è quella adolescenziale tra i quattordici e i diciassette anni ed è legato in questo caso sovente ad allontanamenti volontari per fallimenti scolastici o per dissoluzioni familiari.
Molto preoccupanti, però, sono i dati sulla scomparsa dei bambini, associata spesso quest'ultima a fenomeni migratori, che occultano traffici illeciti, acquisti di un minore su commissione, sfruttamento sessuale, fino al trapianto di organi. Signor Presidente, dobbiamo dire che queste ultime violenze sono gestite in prevalenza dalla criminalità. Si tratta di realtà agghiaccianti, alcune delle quali sono rese note come fatti di cronaca, altre rimangono nascoste nel limbo grigio di una realtà spesso impenetrabile, tra silenzi e omertà.
Oggi sono spesso presenti, sullo sfondo di questi crimini e nelle dinamiche con cui essi si realizzano, il mondo della rete Internet e gli adolescenti online, che hanno ulteriormente allargato la platea dei minori sensibili e delle vittime potenziali di carnefici nascosti nell'ombra dell'anonimato. La guerra in Ucraina, accanto ai tanti morti per la violenza del conflitto, ci ha posto ulteriormente di fronte alla drammatica realtà dei minori scomparsi nel nulla. Quanti sono, dove sono e quale sarà il loro futuro? Non vi sono purtroppo risposte certe. L'impegno di tutti noi è quello di far sì che, oltre alla giornata dedicata, si possa finalmente e realmente porre un freno alla drammatica escalation di un fenomeno crudele, che rimane un oltraggio e una vergogna perpetrata ai danni di chi non si può difendere. (Applausi).
TRENTACOSTE (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TRENTACOSTE (M5S). Signor Presidente, nei prossimi giorni ricorrerà la Giornata nazionale delle miniere, nata per diffondere il valore e il significato culturale del turismo geologico, giunta quest'anno alla quattordicesima edizione. La Sicilia interna, per la sua conformazione geologica, è caratterizzata dalla presenza di importanti siti minerari, che hanno svolto un importante ruolo sul piano economico, con riflessi sul sistema produttivo nazionale. La secolare attività estrattiva ha rappresentato, insieme all'agricoltura, la maggiore tradizione produttiva dell'isola, fatta anche di sofferenze e sfruttamento per generazioni di siciliani.
Il Parco archeo-minerario di Floristella Grottacalda, nell'ennese, è oggi uno dei più importanti siti di archeologia industriale del meridione d'Italia e presenta peculiarità paesaggistiche, naturalistiche e geologiche tali da essere inserito nel Rocca di Cerere UNESCO global geopark, un riconoscimento a livello mondiale del valore del sito. Cessata l'attività estrattiva da quasi quaranta anni, il Parco racconta la civiltà dello zolfo che ha caratterizzato economia e società della Sicilia tra Ottocento e Novecento, facendo di Floristella un sito vocato allo sviluppo turistico per l'intero territorio. La miniera di Pasquasia, sita a pochi chilometri da Enna, invece, sfruttava un grande giacimento di sali potassici, di importanza strategica per la chimica dell'agricoltura. Negli anni Ottanta del Novecento, dopo gli studi effettuati dall'Enea per valutare la possibilità di stoccaggio di scorie nucleari, la miniera, nonostante non fosse esaurita, iniziò la sua fase di declino, arrivando in poco meno di un decennio a cessare le attività. Dopo un tentativo di bonifica del sito, la miniera è oggi inspiegabilmente abbandonata.
Si tratta di due siti minerari con destini diversi, direi opposti, che ci mostrano come la medesima risorsa possa divenire occasione di sviluppo sostenibile o problema irrisolto per il territorio. Credo sia necessario recuperare la memoria di questi luoghi, la loro eredità storica ed etno-antropologica, valutandone le potenzialità per un corretto recupero e sottraendole a un destino di abbandono, spesso legato allo smaltimento illecito di rifiuti pericolosi. La miniera di Pasquasia è ancora ricca di sali potassici e tra questi la kainite, molto richiesta dall'industria tecnologica. L'area mineraria, vasta 70 ettari e forte della sua posizione baricentrica, completata la bonifica, potrebbe divenire un parco scientifico e tecnologico per lo studio e l'implementazione delle energie alternative, in collaborazione con università ed enti di ricerca.
Signor Presidente, la valorizzazione delle miniere siciliane è un'occasione imperdibile per lo sviluppo delle aree interne, che richiede visione politica e un'alta capacità amministrativa, per consegnare alle future generazioni un patrimonio unico, che racconta tanta parte della storia e dell'identità siciliana. (Applausi).
MANCA (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANCA (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, è mancata pochi giorni fa, all'età di novantaquattro anni, la senatrice Enrica Pietra Lenzi, eletta al Senato nel 1994, nel collegio senatoriale di Bologna, nella lista dei Progressisti.
La senatrice Pietra Lenzi veniva da molti anni di impegno civile, dedicato al miglioramento dell'assistenza alle persone disabili, accompagnato dal riconoscimento anche dei diritti. Aveva accettato la candidatura politica dopo l'adesione al movimento dei Cristiano Sociali di Carniti e Gorrieri, ritenendo fosse la continuazione del suo impegno civile. All'individualismo preferiva la comunità, promuovendo, attraverso il suo impegno civico, la coesione sociale della comunità bolognese, alla quale ha dedicato grande attenzione e impegno.
Medico, tra le prime donne a laurearsi e dirigente dell'Azione cattolica, in gioventù ha poi dedicato il suo impegno civile ai bambini e alle persone con disabilità. È stata tra le protagoniste, tra gli anni Settanta e Ottanta, dello sviluppo del welfare bolognese per le persone disabili. Grazie alla sua determinazione e autorevolezza, ha reso forte la voce dell'associazionismo e dal 1985 al 2009, per venticinque anni, è stata la presidente dell'Associazione italiana assistenza spastici (AIAS) della provincia di Bologna.
All'AIAS, alla sua famiglia, ai figli e ai nipoti noi del Gruppo Partito Democratico vogliamo dedicare questo breve messaggio in suo ricordo, per stringerci attorno alla figlia Donata Lenzi e soprattutto per far sì che la sua memoria continui a guidare l'indispensabile azione e attenzione nei confronti dei più deboli anche all'interno di quest'Aula. (Applausi).
PRESIDENTE. La Presidenza si unisce al cordoglio per la morte della collega deceduta.
Atti e documenti, annunzio
PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Ordine del giorno
per la seduta di lunedì 30 maggio 2022
PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica lunedì 30 maggio, alle ore 11, con il seguente ordine del giorno:
La seduta è tolta (ore 17,17).
Allegato A
DOCUMENTO
Relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere: prevenire e trattare la violenza maschile sulle donne per mettere in sicurezza le vittime (Doc. XXII-bis, n. 8)
PROPOSTA DI RISOLUZIONE
(6-00221) n. 1 (25 maggio 2022)
Conzatti, Maiorino, Valente, Castellone, Romeo, Bernini, Malpezzi, De Petris, Rauti, Faraone, Crucioli, Unterberger, Rizzotti.
Approvata
Il Senato,
premesso che la violenza maschile contro le donne rappresenta un fenomeno sociale diffuso e strutturale con radici culturali profonde, che ancora oggi permeano le relazioni tra uomini e donne in tutto il mondo come anche nel nostro Paese;
considerato che l'istituzione e il sostegno dei programmi rivolti agli uomini autori di violenza domestica e di genere, previsti dagli articoli 12 e 16 della Convenzione di Istanbul, hanno l'obiettivo di interrompere i comportamenti violenti, le escalation e le recidive;
esaminata la relazione su "I percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere: prevenire e trattare la violenza maschile sulle donne per mettere in sicurezza le vittime", approvata all'unanimità dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, nella seduta del 16 febbraio 2022,
la fa propria ed impegna il Governo:
ad accogliere ed attuare le azioni indicate nelle conclusioni del documento e ad intraprendere ogni iniziativa utile a tal fine.
DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO FORMULATO DALLA COMMISSIONE
Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore (2333)
ARTICOLI DA 1 A 16 NEL TESTO FORMULATO DALLA COMMISSIONE IN SEDE REDIGENTE
Capo I
PRINCÌPI
Art. 1.
Approvato
(Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore)
1. Nel rispetto delle competenze regionali e degli enti locali nonché dei princìpi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, la presente legge istituisce il Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore, di cui sono parte integrante gli Istituti tecnici superiori (ITS), che assumono la denominazione di Istituti tecnologici superiori (ITS Academy), al fine di promuovere l'occupazione, in particolare giovanile, e di rafforzare le condizioni per lo sviluppo di un'economia ad alta intensità di conoscenza, per la competitività e per la resilienza, a partire dal riconoscimento delle esigenze di innovazione e sviluppo del sistema di istruzione e ricerca, in coerenza con i parametri europei.
2. Possono accedere ai percorsi di istruzione offerti dagli ITS Academy, sulla base della programmazione regionale, i giovani e gli adulti in possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado o di un diploma quadriennale di istruzione e formazione professionale di cui all'articolo 15, commi 5 e 6, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, unitamente a un certificato di specializzazione tecnica superiore conseguito all'esito dei corsi di istruzione e formazione tecnica superiore di cui all'articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144, della durata di almeno 800 ore.
Capo II
MISSIONE E CRITERI GENERALI DI ORGANIZZAZIONE DEGLI ITS ACADEMY
Art. 2.
Approvato
(Missione degli ITS Academy)
1. Nel quadro del complessivo Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore di cui all'articolo 1, gli ITS Academy hanno il compito prioritario di potenziare e ampliare la formazione professionalizzante di tecnici superiori con elevate competenze tecnologiche e tecnico-professionali, allo scopo di contribuire in modo sistematico a sostenere le misure per lo sviluppo economico e la competitività del sistema produttivo, colmando progressivamente la mancata corrispondenza tra la domanda e l'offerta di lavoro, che condiziona lo sviluppo delle imprese, soprattutto piccole e medie, e di assicurare, con continuità, l'offerta di tecnici superiori a livello post-secondario in relazione alle aree tecnologiche considerate strategiche nell'ambito delle politiche di sviluppo industriale e tecnologico e di riconversione ecologica. In aggiunta a quanto previsto dal primo periodo, gli ITS Academy hanno il compito di sostenere la diffusione della cultura scientifica e tecnologica, l'orientamento permanente dei giovani verso le professioni tecniche e l'informazione delle loro famiglie, l'aggiornamento e la formazione in servizio dei docenti di discipline scientifiche, tecnologiche e tecnico-professionali della scuola e della formazione professionale, le politiche attive del lavoro, soprattutto per quanto attiene alla transizione dei giovani nel mondo del lavoro, la formazione continua dei lavoratori tecnici altamente specializzati, nel quadro dell'apprendimento permanente per tutto il corso della vita, e il trasferimento tecnologico, soprattutto nei riguardi delle piccole e medie imprese.
2. Costituisce priorità strategica degli ITS Academy la formazione professionalizzante di tecnici superiori per soddisfare i fabbisogni formativi in relazione alla transizione digitale, anche ai fini dell'espansione dei servizi digitali negli ambiti dell'identità, dell'autenticazione, della sanità e della giustizia, all'innovazione, alla competitività e alla cultura, alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica nonché alle infrastrutture per la mobilità sostenibile.
Art. 3.
Approvato
(Identità degli ITS Academy)
1. Ciascun ITS Academy si caratterizza per il riferimento a una specifica area tecnologica tra quelle individuate con decreto del Ministro dell'istruzione adottato ai sensi dell'articolo 14, comma 6. Il decreto di cui al primo periodo è adottato, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, le quali si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione del relativo schema. Decorso il termine senza che i pareri siano stati espressi, il decreto può essere comunque adottato. Gli ITS Academy possono fare riferimento a un'area tecnologica, tra quelle individuate con il decreto di cui al primo periodo, a condizione che, nella medesima provincia, non siano già presenti ITS Academy operanti nella medesima area; eventuali deroghe possono essere stabilite d'intesa fra il Ministero dell'istruzione e la regione interessata, sulla base dei criteri definiti con decreto del Ministro dell'istruzione adottato ai sensi dell'articolo 14, comma 6.
2. In relazione ai percorsi formativi di cui all'articolo 5, con il decreto di cui al comma 1 del presente articolo sono definiti:
a) le figure professionali nazionali di riferimento, in relazione a ciascuna area tecnologica e agli eventuali ambiti in cui essa si articola a livello nazionale. In sede di programmazione dell'offerta formativa delle singole regioni le figure professionali possono essere ulteriormente articolate in profili;
b) gli standard minimi delle competenze tecnologiche e tecnico-professionali in relazione a ciascuna figura professionale e agli eventuali profili in cui essa si articola;
c) i diplomi che sono rilasciati a conclusione dei percorsi formativi.
3. Fino all'adozione del decreto di cui al comma 1, ciascun ITS Academy è caratterizzato dal riferimento a una delle aree tecnologiche di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 dell'11 aprile 2008.
4. Nell'individuazione delle specifiche aree tecnologiche e degli eventuali ambiti in cui esse si articolano, il decreto di cui al comma 1 tiene conto delle principali sfide attuali e linee di sviluppo economico, con particolare attenzione a quelle riguardanti: la transizione ecologica, compresi i trasporti, la mobilità e la logistica; la transizione digitale; le nuove tecnologie per il made in Italy, compreso l'alto artigianato artistico; le nuove tecnologie della vita; i servizi alle imprese e agli enti senza fine di lucro; le tecnologie per i beni e le attività artistiche e culturali e per il turismo; le tecnologie dell'informazione, della comunicazione e dei dati; l'edilizia.
5. Gli ITS Academy possono fare riferimento anche a più di un'area tecnologica tra quelle individuate con il decreto di cui al comma 1, o, nelle more dell'adozione di tale decreto, tra quelle di cui al comma 3, a condizione che nelle medesime aree non operino altri ITS Academy situati nella medesima regione. Con decreto del Ministro dell'istruzione adottato ai sensi dell'articolo 14, comma 6, sono definiti i criteri sulla base dei quali, in sede di accreditamento, previa intesa fra il Ministero dell'istruzione e la regione interessata, è possibile autorizzare un ITS Academy a fare riferimento a più di un'area tecnologica, in deroga alla condizione prevista al primo periodo.
Art. 4.
Approvato
(Regime giuridico degli ITS Academy)
1. Gli ITS Academy si costituiscono come fondazioni ai sensi degli articoli 14 e seguenti del codice civile, secondo il modello della fondazione di partecipazione, quale standard organizzativo nazionale della struttura. Ciascuna fondazione ITS Academy acquista la personalità giuridica, ai sensi dell'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, mediante iscrizione nel registro delle persone giuridiche istituito presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo della provincia nella quale ha sede.
2. I soggetti fondatori delle fondazioni ITS Academy, quale standard organizzativo minimo, sono i seguenti:
a) almeno un istituto di scuola secondaria di secondo grado, statale o paritaria, ubicato nella provincia presso la quale ha sede la fondazione, la cui offerta formativa sia coerente con l'area tecnologica di riferimento dell'ITS Academy;
b) una struttura formativa accreditata dalla regione, situata anche in una provincia diversa da quella ove ha sede la fondazione;
c) una o più imprese, gruppi, consorzi e reti di imprese del settore produttivo che utilizzano in modo prevalente le tecnologie che caratterizzano l'ITS Academy in relazione alle aree tecnologiche individuate dal decreto del Ministro dell'istruzione di cui all'articolo 3, comma 1;
d) un'università, o un'istituzione dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, o un dipartimento universitario o un altro organismo appartenente al sistema universitario della ricerca scientifica e tecnologica ovvero un ente di ricerca, pubblico o privato, o un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288, o un ente pubblico di ricerca di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218, operanti nell'area tecnologica di riferimento dell'ITS Academy.
3. Ciascuna fondazione ITS Academy stabilisce, nel proprio statuto, i requisiti di partecipazione, le modalità di verifica dei medesimi requisiti, con particolare riferimento al possesso di documentata esperienza nel campo dell'innovazione di cui al comma 4, la procedura di ammissione, i limiti e la natura dei rapporti tra i partecipanti nonché i diritti e gli obblighi ad essi connessi e le eventuali incompatibilità. Lo statuto è redatto sulla base dello schema definito a livello nazionale con le linee guida emanate, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'istruzione adottato ai sensi dell'articolo 14, comma 6. La conformità dello statuto allo schema di cui al presente comma costituisce standard minimo di organizzazione per assicurare il funzionamento degli ITS Academy, in tutto il territorio nazionale, secondo criteri generali che rispondono alle norme vigenti e agli obiettivi della presente legge.
4. I soggetti fondatori di cui al comma 2 che partecipano alla costituzione delle fondazioni ITS Academy devono possedere una documentata esperienza nel campo dell'innovazione, acquisita soprattutto con la partecipazione a progetti nazionali e internazionali di formazione, ricerca e sviluppo. Possono divenire fondatori soltanto le persone fisiche e giuridiche, pubbliche o private, gli enti e le agenzie che contribuiscono al fondo di dotazione o al fondo di gestione della fondazione secondo i criteri e nelle forme determinati nello statuto. Alla fondazione ITS Academy possono partecipare anche soggetti diversi da quelli di cui al comma 2.
5. Tutti i soggetti fondatori contribuiscono alla costituzione del patrimonio della fondazione ITS Academy, anche attraverso risorse strutturali e strumentali. Le fondazioni ITS Academy sono amministrate e svolgono la loro attività in conformità a quanto previsto nello statuto. Il patrimonio della fondazione ITS Academy è composto:
a) dal fondo di dotazione, costituito dai conferimenti, in proprietà, uso o possesso, a qualsiasi titolo, di denaro, beni mobili e immobili o altre utilità impiegabili per il perseguimento dei compiti istituzionali, effettuati dai fondatori all'atto della costituzione e dai partecipanti;
b) dai beni mobili e immobili che pervengono a qualsiasi titolo alla fondazione;
c) dalle donazioni, dai lasciti, dai legati e dagli altri atti di liberalità disposti da enti o da persone fisiche con espressa destinazione all'incremento del patrimonio;
d) da contributi attribuiti al patrimonio dall'Unione europea, dallo Stato, da enti territoriali e da altri enti pubblici.
6. Per le erogazioni liberali in denaro effettuate in favore delle fondazioni ITS Academy a partire dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, incluse quelle disposte ai sensi del comma 5, lettera c), spetta un credito d'imposta nella misura del 30 per cento delle erogazioni effettuate. Qualora l'erogazione sia effettuata in favore di fondazioni ITS Academy operanti nelle province in cui il tasso di disoccupazione è superiore a quello medio nazionale, il credito d'imposta di cui al primo periodo è pari al 60 per cento delle erogazioni effettuate. Il credito d'imposta è riconosciuto a condizione che il versamento sia eseguito tramite banche o uffici postali ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ed è utilizzabile in tre quote annuali di pari importo a partire dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel corso del quale è effettuata l'elargizione, ovvero in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997. Ferma restando la ripartizione in tre quote annuali di pari importo, per i soggetti titolari di reddito d'impresa il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997. L'eventuale ammontare del credito d'imposta non utilizzato può essere fruito nei periodi d'imposta successivi. Il credito d'imposta di cui al presente comma non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive e non è cumulabile con altra agevolazione fiscale prevista a fronte delle medesime erogazioni. Al credito d'imposta di cui al presente comma non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Le fondazioni ITS Academy, al netto delle elargizioni di cui al comma 5, lettera c), sono tenute a destinare le risorse di cui al presente comma con priorità al sostegno del diritto allo studio, incluse le borse di studio di cui all'articolo 5, comma 4, lettera a), nonché alla contribuzione per le locazioni di immobili abitativi degli studenti residenti in luogo diverso rispetto a quello dove sono ubicati gli immobili locati. Ai maggiori oneri derivanti dall'attuazione del presente comma e del comma 12, pari a 0,8 milioni di euro per l'anno 2022, a 1,6 milioni di euro per l'anno 2023 e a 2,4 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi, di cui alla legge 18 dicembre 1997, n. 440.
7. Sono organi minimi necessari della fondazione ITS Academy:
a) il presidente, che ne è il legale rappresentante e che è, di norma, espressione delle imprese fondatrici e partecipanti aderenti alla fondazione;
b) il consiglio di amministrazione, costituito da un numero minimo di cinque membri, compreso il presidente;
c) l'assemblea dei partecipanti;
d) il comitato tecnico-scientifico, con compiti di consulenza per la programmazione, la realizzazione, il monitoraggio, la valutazione e il periodico aggiornamento dell'offerta formativa e per le altre attività realizzate dall'ITS Academy;
e) il revisore dei conti.
8. Il prefetto della provincia in cui ha sede legale la fondazione ITS Academy esercita il controllo sull'amministrazione della fondazione con i poteri previsti dal capo II del titolo II del libro I del codice civile e, in particolare, dagli articoli 23, quarto comma, 25, 26, 27 e 28.
9. Ai percorsi formativi delle fondazioni ITS Academy, di cui all'articolo 5, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184, con riferimento al riscatto degli anni di studio ai fini pensionistici, nonché le agevolazioni fiscali ivi previste e, in particolare, quelle in materia di deducibilità delle rette versate e dei contributi erogati. Alle medesime fondazioni si applicano, inoltre, le disposizioni vigenti in materia di erogazioni liberali in favore delle scuole del sistema nazionale di istruzione.
10. I diplomi di quinto e di sesto livello EQF di cui all'articolo 5, comma 1, lettere a) e b), costituiscono titolo per l'accesso ai concorsi per insegnante tecnico-pratico. Con decreto del Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca, sono stabiliti la tabella di corrispondenza dei titoli e i crediti riconoscibili.
11. Le fondazioni ITS Academy possono essere destinatarie delle agevolazioni finanziarie previste dagli articoli 60, 61, 62 e 63 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.
12. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate sono definite le modalità di fruizione del credito d'imposta di cui al comma 6 e delle altre agevolazioni previste dal presente articolo.
Art. 5.
Approvato
(Standard minimi dei percorsi formativi)
1. I percorsi formativi degli ITS Academy si articolano in semestri e sono strutturati come segue:
a) percorsi formativi di quinto livello EQF, che hanno la durata di quattro semestri, con almeno 1.800 ore di formazione, corrispondenti al quinto livello del Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente, di cui alla raccomandazione 2017/C 189/03 del Consiglio, del 22 maggio 2017;
b) percorsi formativi di sesto livello EQF, che hanno la durata di sei semestri, con almeno 3.000 ore di formazione, corrispondenti al sesto livello del citato Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente. I nuovi percorsi formativi di sesto livello EQF possono essere attivati esclusivamente per figure professionali che richiedano un elevato numero di ore di tirocinio, incompatibile con l'articolazione biennale del percorso formativo, e che presentino specifiche esigenze, da individuare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
2. A conclusione dei percorsi formativi di cui alle lettere a) e b) del comma 1 del presente articolo, coloro che li hanno seguiti con profitto conseguono, previa verifica e valutazione finali a norma dell'articolo 6, rispettivamente, il diploma di specializzazione per le tecnologie applicate e il diploma di specializzazione superiore per le tecnologie applicate. I modelli di diploma sono adottati con il decreto di cui all'articolo 6, comma 2, sulla base delle indicazioni generali per la certificazione dei percorsi formativi realizzati dagli ITS Academy previste dal medesimo articolo 6. I diplomi di cui al primo periodo sono rilasciati, secondo le modalità indicate dal medesimo decreto, dal Ministero dell'istruzione, che vi provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono validi su tutto il territorio nazionale e costituiscono titolo valido per l'accesso ai pubblici concorsi.
3. I percorsi formativi di cui al comma 1 hanno le seguenti caratteristiche, che costituiscono standard minimi:
a) si riferiscono alle aree tecnologiche e alle figure professionali di riferimento, di cui all'articolo 3, commi 1 e 2, al fine di raggiungere, a livello nazionale, omogenei livelli qualitativi e di utilizzabilità delle competenze acquisite all'esito del percorso formativo, anche nell'ambito dell'Unione europea;
b) sono progettati e organizzati allo scopo di assicurare un'offerta rispondente a fabbisogni formativi differenziati secondo criteri di flessibilità e modularità, per consentire la realizzazione di un'offerta formativa personalizzata per giovani e adulti in età lavorativa, con il riconoscimento dei crediti formativi e dei crediti di esperienza già acquisiti, anche ai fini della determinazione della durata del percorso individuale;
c) facilitano anche la partecipazione degli adulti occupati.
4. I percorsi formativi di cui al comma 1 sono strutturati secondo i seguenti criteri, che costituiscono standard organizzativi minimi:
a) ciascun semestre comprende ore di attività teorica, pratica e di laboratorio. L'attività formativa è svolta per almeno il 60 per cento del monte orario complessivo dai docenti provenienti dal mondo del lavoro, di cui al comma 5. Gli stage aziendali e i tirocini formativi, obbligatori almeno per il 35 per cento della durata del monte orario complessivo, possono essere svolti anche all'estero e sono adeguatamente sostenuti da borse di studio;
b) le scansioni temporali dei percorsi formativi sono definite tenendo conto di quelle dell'anno accademico; per i lavoratori occupati, il monte orario complessivo può essere congruamente distribuito in modo da tenere conto dei loro impegni di lavoro nell'articolazione dei tempi e nelle modalità di svolgimento dei percorsi medesimi;
c) i curricoli dei percorsi formativi fanno riferimento a competenze generali, linguistiche, scientifiche e tecnologiche, giuridiche ed economiche, organizzative, comunicative e relazionali di differente livello, nonché a competenze tecnico-professionali riguardanti la specifica figura di tecnico superiore, determinati in relazione agli indicatori dell'Unione europea relativi ai titoli e alle qualifiche;
d) i percorsi formativi sono strutturati in moduli, intesi come insieme di competenze, autonomamente significativo, riconoscibile dal mondo del lavoro come componente di specifiche professionalità e identificabile quale risultato atteso del percorso formativo;
e) i percorsi formativi sono accompagnati da misure a supporto della frequenza, del conseguimento di crediti formativi riconoscibili ai sensi dell'articolo 6, del conseguimento delle certificazioni intermedie e finali e dell'inserimento professionale;
f) la conduzione scientifica di ciascun percorso formativo è affidata a un coordinatore tecnico-scientifico o a un comitato di progetto; il coordinatore tecnico-scientifico e i componenti del comitato di progetto devono essere in possesso di un curriculum coerente con il percorso.
5. Nei percorsi formativi di cui al comma 1 prestano la loro opera docenti, ricercatori ed esperti reclutati dalla fondazione ITS Academy, con contratto a norma dell'articolo 2222 del codice civile, almeno per il 50 per cento tra soggetti provenienti dal mondo del lavoro, compresi gli enti di ricerca privati, e aventi una specifica esperienza professionale, maturata per almeno tre anni, in settori produttivi correlabili all'area tecnologica di riferimento dell'ITS Academy, nonché tra esperti che operano nei settori dell'arte, dello spettacolo o dei mestieri artigianali, ferma restando la necessità di accertarne la maturata esperienza nel settore. Il coinvolgimento dei docenti delle istituzioni scolastiche avviene a condizione che esso sia compatibile con l'orario di insegnamento e di servizio, nonché con l'assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente, e che non comporti nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
Art. 6.
Approvato
(Verifica e valutazione finali e certificazione dei percorsi formativi e dei relativi crediti)
1. Ai fini del rilascio dei diplomi di cui all'articolo 5, comma 2, i percorsi si concludono con verifiche finali delle competenze acquisite, condotte da commissioni di esame costituite in modo da assicurare la presenza di rappresentanti della scuola, dell'università, delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica e della formazione professionale e di esperti del mondo del lavoro, dell'università, delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica e della ricerca scientifica e tecnologica.
2. Con decreto del Ministro dell'istruzione adottato ai sensi dell'articolo 14, comma 6, sono definiti i criteri e le modalità per la costituzione delle commissioni di esame di cui al comma 1 del presente articolo, i compensi spettanti al presidente e ai componenti delle stesse, nel rispetto di quanto previsto dal comma 3 del presente articolo, nonché le indicazioni generali per la verifica finale delle competenze acquisite da parte di coloro che hanno frequentato con profitto i percorsi formativi di cui all'articolo 5, comma 1, e per la relativa certificazione, che è conformata in modo da facilitare la riconoscibilità, in ambito nazionale e dell'Unione europea, dei titoli conseguiti a conclusione dei percorsi formativi medesimi.
3. Alla costituzione e al funzionamento delle commissioni di cui al comma 2 si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. I compensi spettanti al presidente e ai componenti delle commissioni sono definiti in coerenza con quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore, di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione del 24 maggio 2007 e alla relativa tabella.
4. Nel quadro dell'apprendimento permanente per tutto il corso della vita, la certificazione dei percorsi formativi realizzati dagli ITS Academy è determinata sulla base di criteri di trasparenza che favoriscono l'integrazione dei sistemi di istruzione e formazione a livello terziario e facilitano il riconoscimento e l'equipollenza dei rispettivi percorsi e titoli.
5. Per « credito formativo » acquisito nei percorsi formativi di cui all'articolo 5, comma 1, si intende l'insieme di competenze, costituenti esito del percorso formativo, che possono essere riconosciute nell'ambito di un percorso ulteriore di istruzione, formazione e lavoro. Al riconoscimento del credito formativo acquisito provvede l'istituzione cui accede l'interessato, tenendo conto delle caratteristiche del nuovo percorso.
6. Il riconoscimento dei crediti formativi opera:
a) al momento dell'accesso ai percorsi;
b) all'interno dei percorsi, allo scopo di abbreviarli e di facilitare eventuali passaggi verso altri percorsi realizzati nell'ambito del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore di cui all'articolo 1, comma 1;
c) all'esterno dei percorsi, al fine di facilitare il riconoscimento, totale o parziale, delle competenze acquisite da parte del mondo del lavoro, delle università e delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica nella loro autonomia e di altri sistemi formativi.
7. Gli ITS Academy sono autorizzati a svolgere le attività di intermediazione di manodopera ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, a condizione che rendano pubblici e gratuitamente accessibili, nei relativi siti internet istituzionali, i curricula dei propri studenti dalla data di immatricolazione almeno fino al dodicesimo mese successivo alla data del conseguimento del diploma.
Art. 7.
Approvato
(Standard minimi per l'accreditamento degli ITS Academy)
1. I requisiti e gli standard minimi per il riconoscimento e l'accreditamento degli ITS Academy quale condizione per l'accesso al Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore nonché i presupposti e le modalità per la revoca dell'accreditamento sono stabiliti a livello nazionale, sulla base della presente legge. Le regioni, nell'ambito dei rispettivi sistemi di accreditamento e programmazione, recepiscono i requisiti e gli standard minimi, stabilendo eventuali criteri aggiuntivi, e definiscono le procedure per il riconoscimento e l'accreditamento.
2. I requisiti, gli standard minimi nonché i presupposti e le modalità di revoca di cui al comma 1 sono stabiliti con decreto del Ministro dell'istruzione, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
3. Il decreto di cui al comma 2 è adottato entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, le quali si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione del relativo schema. Decorso il termine senza che i pareri siano stati espressi, il decreto può essere comunque adottato.
4. Qualora, per tre anni consecutivi, un ITS Academy riceva, nell'ambito del sistema di monitoraggio e valutazione di cui all'articolo 13, un giudizio negativo riferito almeno al 50 per cento dei corsi valutati nelle rispettive annualità del triennio precedente, è disposta la revoca dell'accreditamento rilasciato ai sensi del comma 1. Alla revoca consegue la perdita dell'abilitazione al rilascio dei diplomi e della possibilità di accedere al sistema di finanziamento di cui al capo III.
5. Nel caso di revoca dell'accreditamento, a garanzia del completamento dei percorsi formativi da parte degli studenti a cui manchino non più di due semestri alla conclusione del percorso, le attività formative, ove possibile, proseguono sino alla loro conclusione.
6. Le disposizioni del presente articolo costituiscono princìpi fondamentali cui si conformano le regioni nell'accreditamento degli ITS Academy. Fino all'adozione, da parte delle regioni, di una propria disciplina per il riconoscimento e l'accreditamento degli ITS Academy, nonché per la sua revoca, ai sensi del comma 1, l'accreditamento degli ITS Academy e la sua eventuale revoca sono effettuati dal Ministero dell'istruzione sulla base dei requisiti e degli standard minimi, dei presupposti e delle modalità definiti con il decreto di cui al comma 2.
7. All'attuazione del presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Art. 8.
Approvato
(Raccordi tra il sistema universitario, gli ITS Academy e le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica)
1. Gli ITS Academy e le istituzioni universitarie, nella loro autonomia, rendono organici i loro raccordi attraverso i patti federativi di cui all'articolo 3, comma 2, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, allo scopo di realizzare percorsi flessibili e modulari per il conseguimento, anche in regime di apprendistato di alta formazione e ricerca, di lauree a orientamento professionale, per incrementare le opportunità di formazione e ulteriore qualificazione professionalizzante dei giovani, a livello terziario, ai fini di una rapida transizione nel mondo del lavoro. I patti federativi possono prevedere, nel confronto con le parti sociali più rappresentative, la promozione e la realizzazione di percorsi per l'innalzamento e la specializzazione delle competenze dei lavoratori, anche licenziati e collocati in cassa integrazione guadagni per effetto di crisi aziendali e di riconversioni produttive, che possono costituire credito formativo per l'eventuale conseguimento di lauree a orientamento professionale, allo scopo di facilitarne il reinserimento in occupazioni qualificate.
2. Con decreto del Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, a norma dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti:
a) i criteri generali e gli standard di organizzazione per la condivisione, tra le fondazioni ITS Academy, le istituzioni universitarie interessate e gli enti di ricerca, delle risorse logistiche, umane, strumentali e finanziarie occorrenti;
b) i criteri generali e le modalità per i passaggi tra i percorsi formativi degli ITS Academy di cui all'articolo 5, comma 1, e i percorsi di laurea a orientamento professionale, e viceversa, con il relativo reciproco riconoscimento dei percorsi formativi e dei crediti universitari formativi;
c) i criteri generali per il riconoscimento dei crediti formativi certificati all'esito dei percorsi formativi di cui all'articolo 5, comma 1, come crediti formativi validi ai fini del tirocinio per l'accesso all'esame di Stato per le professioni di agrotecnico, geometra, perito agrario e perito industriale, nonché come crediti formativi validi ai fini del tirocinio da valutare in sede di esame finale per il conseguimento delle lauree di cui alla legge 8 novembre 2021, n. 163;
d) le modalità per rendere trasparente e sostenere, attraverso l'adozione di tabelle nazionali di corrispondenza, il riconoscimento dei crediti certificati acquisiti dai diplomati degli ITS Academy a conclusione dei percorsi formativi di differente livello, di cui all'articolo 5, comma 1, ai fini dell'eventuale prosecuzione degli studi in percorsi di laurea; le tabelle nazionali di corrispondenza sono adottate entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al presente comma con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Le corrispondenze sono individuate in relazione a ciascuna delle figure professionali nazionali di riferimento degli ITS Academy di cui all'articolo 3, comma 2, e i crediti formativi sono resi riconoscibili sulla base dei criteri generali definiti dall'articolo 6.
3. Il decreto del Ministro dell'istruzione di cui al comma 2 è adottato previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, le quali si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione del relativo schema. Decorso il termine senza che i pareri siano stati espressi, il decreto può essere comunque adottato.
4. Ai comitati regionali di coordinamento previsti dall'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25, possono essere invitati a partecipare rappresentanti delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, nonché delle fondazioni ITS Academy aventi sede nella regione.
5. All'attuazione del presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Art. 9.
Approvato
(Misure nazionali di sistema per l'orientamento)
1. Gli ITS Academy sono costituiti sul territorio nel rispetto delle competenze esclusive delle regioni in materia di programmazione dell'offerta formativa e secondo criteri che assicurano il coinvolgimento delle parti sociali.
2. Il Ministero dell'istruzione promuove, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la costituzione di « Reti di coordinamento di settore e territoriali » per lo scambio di buone pratiche, la condivisione di laboratori e la promozione di gemellaggi tra fondazioni ITS Academy di regioni diverse. Le reti di coordinamento si riuniscono almeno due volte l'anno e sono coordinate da un rappresentante del Ministero dell'istruzione.
3. Per favorire lo sviluppo del complessivo Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore di cui all'articolo 1, il Comitato nazionale ITS Academy di cui all'articolo 10 individua, nei limiti delle risorse del Fondo per l'istruzione tecnologica superiore di cui all'articolo 11, linee di azione nazionali al fine di promuovere:
a) attività di orientamento a partire dalla scuola secondaria di primo grado, favorendo l'equilibrio di genere nelle iscrizioni agli ITS Academy;
b) programmi pluriennali comprendenti percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento e altre iniziative di orientamento, anche nella forma di percorsi esperienziali, destinate agli studenti degli istituti di scuola secondaria di secondo grado, compresi i licei, e iniziative di informazione alle famiglie sulla missione e sull'offerta formativa professionale degli ITS Academy, di cui al presente capo. Tali programmi sono volti a far conoscere anche i percorsi professionalizzanti in regime di apprendistato di alta formazione e ricerca per una rapida transizione nel mondo del lavoro;
c) programmi per la diffusione della cultura scientifica e tecnologica anche al fine di sostenere le misure per lo sviluppo economico e la competitività del sistema produttivo italiano in coerenza con i parametri europei.
Capo III
COMITATO NAZIONALE ITS ACADEMY E SISTEMA DI FINANZIAMENTO
Art. 10
Approvato
(Comitato nazionale ITS Academy)
1. È istituito, presso il Ministero dell'istruzione, il Comitato nazionale ITS Academy per l'istruzione tecnologica superiore, con compiti di consulenza e proposta, nonché di consultazione delle associazioni di rappresentanza delle imprese, delle organizzazioni datoriali e sindacali, degli studenti e delle fondazioni ITS Academy al fine di raccogliere elementi sui nuovi fabbisogni di figure professionali di tecnici superiori nel mercato del lavoro.
2. Il Comitato nazionale ITS Academy propone in particolare:
a) le linee generali di indirizzo dei piani triennali di programmazione delle attività formative adottati dalle regioni;
b) le direttrici per il consolidamento, il potenziamento e lo sviluppo dell'offerta formativa e del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore, soprattutto ai fini del riequilibrio dell'offerta formativa professionalizzante sul territorio e della promozione di una maggiore inclusione di genere;
c) l'aggiornamento, con cadenza almeno triennale, delle aree tecnologiche e delle figure professionali per ciascuna area, nonché le linee di sviluppo dell'integrazione tra i sistemi di istruzione, formazione e lavoro per la diffusione della cultura tecnico-scientifica;
d) la promozione di percorsi formativi degli ITS Academy in specifici ambiti territoriali o in ulteriori ambiti tecnologici e strategici, al fine di garantire un'omogenea presenza su tutto il territorio nazionale;
e) criteri e modalità per la costituzione delle Reti di coordinamento di settore e territoriali di cui all'articolo 9, comma 2, nonché per la promozione di forme di raccordo tra ITS Academy e reti di innovazione a livello territoriale;
f) programmi per la costituzione e lo sviluppo, d'intesa con le regioni interessate, di campus multiregionali in relazione a ciascuna area tecnologica di cui all'articolo 3, comma 1, e di campus multisettoriali tra ITS Academy di aree tecnologiche e ambiti diversi.
3. Con appositi decreti del Ministro dell'istruzione adottati ai sensi dell'articolo 14, comma 6, sono definiti i provvedimenti negli ambiti di cui al comma 2 del presente articolo e di cui all'articolo 9, comma 3, tenendo conto delle proposte del Comitato nazionale ITS Academy.
4. Fermo restando quanto previsto al comma 5, il Comitato nazionale ITS Academy è composto da dodici membri indicati: uno dal Ministero dell'istruzione, con funzioni di presidente, uno dal Ministero dello sviluppo economico, uno dal Ministero dell'economia e delle finanze, uno dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, uno dal Ministero del turismo, uno dal Ministero della cultura, uno dal Ministero della salute, uno dal Ministero dell'università e della ricerca, uno dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, uno dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, uno dal Ministero della transizione ecologica e uno dal Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri.
5. Ai lavori del Comitato nazionale ITS Academy partecipano, secondo criteri e modalità definiti con il decreto del Ministro dell'istruzione di cui al comma 8, rappresentanti delle regioni designati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome.
6. Ai lavori del Comitato nazionale ITS Academy possono partecipare, senza diritto di voto, rappresentanti degli ITS Academy.
7. Il Comitato nazionale ITS Academy si avvale della consulenza tecnica dell'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE), dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL) e dell'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP).
8. Con decreto del Ministro dell'istruzione adottato ai sensi dell'articolo 14, comma 6, sono stabilite le modalità per la costituzione e il funzionamento del Comitato nazionale ITS Academy. Per la partecipazione alle attività del Comitato nazionale ITS Academy non spettano compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
9. All'attuazione del presente articolo le amministrazioni pubbliche interessate provvedono nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Art. 11.
Approvato
(Sistema di finanziamento)
1. Allo scopo di promuovere, consolidare e sviluppare il Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore di cui all'articolo 1 e di riequilibrare la relativa offerta formativa a livello territoriale, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, il Fondo per l'istruzione tecnologica superiore.
2. Il Fondo di cui al comma 1 finanzia prioritariamente:
a) la realizzazione dei percorsi negli ITS Academy accreditati di cui al capo II al fine di incrementarne significativamente l'offerta formativa in tutto il territorio nazionale, per lo svolgimento della missione di cui all'articolo 2. A questo fine, il Fondo finanzia anche interventi per dotare gli ITS Academy di nuove sedi e per potenziare i laboratori e le infrastrutture tecnologicamente avanzate, comprese quelle per la formazione a distanza, utilizzati, anche in via non esclusiva, dagli ITS Academy;
b) le misure nazionali di sistema per l'orientamento dei giovani e delle loro famiglie, ai sensi dell'articolo 9, comma 3;
c) l'anagrafe degli studenti, la banca dati nazionale e il sistema di monitoraggio e valutazione di cui agli articoli 12 e 13;
d) le borse di studio di cui all'articolo 5, comma 4, lettera a);
e) le misure adottate sulla base dell'articolo 10, comma 2, lettera b).
3. La dotazione del Fondo di cui al comma 1 è pari a 48.355.436 euro annui a decorrere dall'anno 2022. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per l'istruzione e formazione tecnica superiore, di cui all'articolo 1, comma 875, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Per concorrere al raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1, una quota del Fondo di cui al medesimo comma 1 è destinata a incrementare lo sviluppo dei percorsi negli ITS Academy e le iscrizioni dei giovani ai percorsi formativi di cui all'articolo 5, comma 1, per potenziare l'istruzione terziaria a carattere professionalizzante.
4. Per le misure di cui al comma 2, lettere b) e c), è riservata una quota del Fondo di cui al comma 1 non superiore al 5 per cento delle risorse complessivamente disponibili sul Fondo medesimo e per quelle di cui al comma 2, lettera d), una quota non inferiore al 3 per cento delle risorse stesse.
5. Le risorse del Fondo di cui al comma 1 sono utilizzate nell'ambito di un programma triennale definito con decreto del Ministro dell'istruzione adottato ai sensi dell'articolo 14, comma 6. Il decreto di cui al primo periodo è adottato previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, le quali si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione del relativo schema. Decorso il termine senza che i pareri siano stati espressi, il decreto può essere comunque adottato. In sede di prima applicazione, il decreto di cui al presente comma è adottato entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
6. I criteri e le modalità per la ripartizione delle risorse del Fondo di cui al comma 1 sono definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base del numero degli iscritti ai percorsi formativi e tenendo conto del numero di diplomati nel triennio precedente. Le risorse sono assegnate alle regioni, che le riversano alle fondazioni che abbiano ottenuto l'accreditamento ai sensi dell'articolo 7 e siano incluse nei piani territoriali regionali.
7. Le risorse messe a disposizione dal Ministero dell'istruzione, a valere sul Fondo di cui al comma 1 sono assegnate, in misura non inferiore al 30 per cento del loro ammontare, a titolo di quota premiale tenendo conto della percentuale dei diplomati e del tasso di occupazione, coerente con il percorso formativo svolto, al termine dell'anno solare successivo a quello di conseguimento del diploma in relazione ai percorsi attivati con riferimento alla fine dell'anno precedente a quello del finanziamento, nonché dell'attivazione di percorsi di apprendimento duale. Una quota delle risorse premiali di cui al primo periodo è assegnata, fino al 5 per cento del loro ammontare complessivo, tenendo conto del numero di studentesse iscritte e di quelle diplomate. Un'ulteriore quota delle risorse premiali di cui al primo periodo è assegnata, fino al 10 per cento del loro ammontare complessivo, per la promozione e il sostegno dei campus multiregionali e multisettoriali di cui all'articolo 10, comma 2, lettera f), e di forme di coordinamento e collaborazione tra fondazioni.
8. Resta fermo per le regioni l'obbligo di cofinanziamento dei piani triennali di attività degli ITS Academy per almeno il 30 per cento dell'ammontare delle risorse statali stanziate. A tal fine le regioni comunicano al Ministero dell'istruzione l'importo del cofinanziamento entro il 30 giugno dell'esercizio finanziario cui le risorse si riferiscono.
9. Per lo svolgimento della missione di cui all'articolo 2, gli ITS Academy possono avvalersi anche di altre risorse conferite da soggetti pubblici e privati.
10. Il prefetto della provincia in cui ha sede legale l'ITS Academy esercita il controllo sull'amministrazione della fondazione e sul corretto utilizzo delle risorse ricevute dalla fondazione, secondo quanto previsto dall'articolo 4, comma 8.
Capo IV
ANAGRAFE NAZIONALE DEGLI STUDENTI, BANCA DATI NAZIONALE, MONITORAGGIO E VALUTAZIONE
Art. 12.
Approvato
(Anagrafe nazionale degli studenti e banca dati nazionale)
1. L'anagrafe degli studenti iscritti ai percorsi degli ITS Academy di cui al capo II è costituita presso il Ministero dell'istruzione secondo criteri e modalità definiti con decreto del Ministro dell'istruzione adottato ai sensi dell'articolo 14, comma 6.
2. Le funzioni e i compiti della banca dati nazionale di cui all'articolo 13 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 dell'11 aprile 2008, sono adeguati a quanto previsto dalla presente legge, con decreto del Ministro dell'istruzione adottato ai sensi dell'articolo 14, comma 6.
3. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede nel limite di spesa a valere sulla dotazione del Fondo di cui all'articolo 11, comma 3. Alla copertura dei predetti oneri possono concorrere anche eventuali risorse messe a disposizione dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con particolare riferimento alla valutazione degli esiti occupazionali dei percorsi di cui al capo II.
Art. 13.
Approvato
(Monitoraggio e valutazione)
1. Il sistema nazionale di monitoraggio e valutazione di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 dell'11 aprile 2008, è realizzato dal Ministero dell'istruzione, anche avvalendosi di enti pubblici di ricerca su cui ha la vigilanza, ed è attuato, in conformità a quanto previsto dalla presente legge, con decreto del Ministro dell'istruzione adottato ai sensi dell'articolo 14, comma 6. Il sistema di monitoraggio e valutazione dei percorsi formativi degli ITS Accademy di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b), è realizzato congiuntamente dal Ministero dell'istruzione e dal Ministero dell'università e della ricerca, con la possibilità di avvalersi di enti pubblici vigilati o controllati ovvero riconosciuti a livello nazionale per le attività di valutazione della formazione superiore.
2. Gli indicatori del sistema di monitoraggio e valutazione dei percorsi di cui al capo II nonché le modalità per il loro periodico aggiornamento sono definiti con decreto del Ministro dell'istruzione adottato ai sensi dell'articolo 14, comma 6, ovvero, nei casi di cui al comma 1, secondo periodo, con decreto del Ministro dell'istruzione di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca, adottato ai sensi dell'articolo 14, comma 6.
3. All'attuazione del presente articolo si provvede, per quanto di competenza del Ministero dell'istruzione, a valere sulla dotazione del Fondo di cui all'articolo 11, comma 3, e, per quanto di competenza del Ministero dell'università e della ricerca in relazione all'avvalimento di enti pubblici vigilati o controllati ovvero riconosciuti a livello nazionale per le attività di valutazione della formazione superiore, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Capo V
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 14.
Approvato
(Fase transitoria e attuazione)
1. Per dodici mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge si intendono temporaneamente accreditate:
a) le fondazioni ITS Academy già accreditate entro il 31 dicembre 2019;
b) le fondazioni ITS Academy accreditate in data successiva a quella di cui alla lettera a) ed entro la data di entrata in vigore della presente legge, che abbiano almeno un percorso attivo con un numero di iscritti non inferiore al 50 per cento della media nazionale degli iscritti ai medesimi percorsi e che dispongano di sedi e laboratori anche in via non esclusiva;
c) le fondazioni ITS Academy già esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge per le quali sia intervenuta almeno l'iscrizione nel registro delle persone giuridiche.
2. Le fondazioni ITS Academy di cui al comma 1, lettere a) e b), che alla data di entrata in vigore della presente legge fanno già riferimento a più di un'area tecnologica tra quelle individuate con il decreto di cui all'articolo 3, comma 1, o, nelle more dell'adozione di tale decreto, tra quelle di cui al medesimo articolo 3, comma 3, sono temporaneamente autorizzate a continuare a far riferimento a tali aree per dodici mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Con decreto del Ministro dell'istruzione adottato ai sensi del comma 6 è disciplinata la fase transitoria, della durata di tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, anche tenendo conto delle diverse categorie di fondazioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1.
4. Il decreto di cui al comma 3 individua deroghe ai criteri di ripartizione del Fondo, di cui all'articolo 11, commi 5 e 6, e stabilisce criteri che garantiscano la gradualità nell'incremento dal 30 al 35 per cento della quota di monte orario complessivo dedicata agli stage aziendali e ai tirocini formativi.
5. Per l'anno 2022, la ripartizione dei finanziamenti agli ITS Academy avviene secondo quanto previsto dall'accordo sancito in sede di Conferenza unificata il 5 agosto 2014, come modificato dall'accordo sancito in sede di Conferenza unificata il 17 dicembre 2015, e dall'articolo 1, commi 465, 466 e 467, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, riservando un quota non superiore al 5 per cento delle risorse complessivamente disponibili sul Fondo per l'istruzione e formazione tecnica superiore, di cui all'articolo 1, comma 875, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, alla realizzazione delle misure nazionali di sistema, ivi compresi il monitoraggio e la valutazione come previsto dall'articolo 12, comma 5, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 dell'11 aprile 2008.
6. Salvo quanto diversamente disposto, all'attuazione della presente legge si provvede con uno o più decreti, aventi natura non regolamentare, del Ministro dell'istruzione, sentiti il Ministro dell'università e della ricerca, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, a norma dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
7. Resta ferma la disciplina del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) istituito dall'articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144.
Art. 15.
Approvato
(Province autonome)
1. Le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità della presente legge nell'ambito delle competenze attribuite dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione.
Art. 16.
Approvato
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Allegato B
Pareri espressi dalla 1a e dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge n. 2333
La Commissione affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'interno, ordinamento dello Stato e della pubblica amministrazione, esaminato il testo proposto all'Assemblea dalla Commissione di merito per il disegno di legge in titolo, esprime, con riferimento al riparto delle competenze normative fra lo Stato e le Regioni, parere non ostativo.
La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
Congedi e missioni
Sono in congedo i senatori: Accoto, Alderisi, Arrigoni, Barachini, Barboni, Battistoni, Bellanova, Bini, Bongiorno, Bonifazi, Borgonzoni, Bossi Umberto, Briziarelli, Caligiuri, Campari, Catalfo, Cattaneo, Centinaio, Cerno, Dal Mas, Damiani, De Poli, Di Marzio, Di Piazza, Doria, Floridia, Fregolent, Galliani, Gaudiano, Ghedini, Giacobbe, Ginetti, Licheri, Merlo, Messina Assunta Carmela, Mirabelli, Moles, Montevecchi, Monti, Napolitano, Nisini, Pagano, Pepe, Pichetto Fratin, Pucciarelli, Ronzulli, Saccone, Sbrollini, Sciascia, Segre, Siclari, Sileri, Taverna, Tosato, Turco e Vanin.
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Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Binetti, per attività di rappresentanza del Senato; Craxi, per attività della 3ª Commissione permanente; Castiello, Fazzone, Magorno e Urso, per attività del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica; Corrado, Morra e Pellegrini Marco, per attività della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere; Bottici, Piarulli e Vescovi, per attività della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità "Il Forteto".
Disegni di legge, trasmissione dalla Camera dei deputati
Presidente del Consiglio dei ministri
Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili
Delega al Governo in materia di contratti pubblici (2330-B)
(presentato in data 25/05/2022)
S.2330 approvato dal Senato della Repubblica; C.3514 approvato con modificazioni dalla Camera dei deputati; (assorbe C.1644, C.2157, C.2516, C.2518, C.2566, C.2616, C.2712, C.3433);
Presidente del Consiglio dei ministri
Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale
Ratifica ed esecuzione del Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica francese per una cooperazione bilaterale rafforzata, fatto a Roma il 26 novembre 2021 (2632)
(presentato in data 25/05/2022)
C.3423 approvato dalla Camera dei deputati.
Disegni di legge, annunzio di presentazione
Senatore Romano Iunio Valerio
Modifica all'articolo 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, in materia di determinazione del reddito di lavoro dipendente ai fini contributivi (2629)
(presentato in data 25/05/2022);
senatore Tosato Paolo
Modificazioni al decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, in materia di benefici per le attività lavorative usuranti (2630)
(presentato in data 25/05/2022);
Ministro dello sviluppo economico
Modifica del Codice della proprietà industriale emanato con decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (CPI) (2631)
(presentato in data 25/05/2022).
Disegni di legge, assegnazione
In sede redigente
1ª Commissione permanente Affari Costituzionali
Sen. Pinotti Roberta ed altri
Istituzione della Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate (2623)
previ pareri delle Commissioni 4ª (Difesa), 5ª (Bilancio), 7ª (Istruzione pubblica, beni culturali), 11ª (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 25/05/2022);
7ª Commissione permanente Istruzione pubblica, beni culturali
Sen. Montevecchi Michela ed altri
Istituzione dei patti educativi di comunità per contrastare la povertà educativa e l'abbandono scolastico, nonchè ridurre i fattori di disagio sociale e di devianza dei minori (2611)
previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 2ª (Giustizia), 5ª (Bilancio), 11ª (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), 12ª (Igiene e sanità), Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 25/05/2022);
8ª Commissione permanente Lavori pubblici, comunicazioni
Sen. Vono Gelsomina ed altri
Disposizioni per la realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina (2621)
previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze e tesoro), 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali), Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 25/05/2022).
In sede referente
8ª Commissione permanente Lavori pubblici, comunicazioni
Gov. Draghi-I: Pres. Consiglio Draghi, Ministro infrastrutture e trasporti Giovannini
Delega al Governo in materia di contratti pubblici (2330-B)
previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 2ª (Giustizia), 5ª (Bilancio), 10ª (Industria, commercio, turismo), 11ª (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali), 14ª (Politiche dell'Unione europea), Commissione parlamentare questioni regionali
S.2330 approvato dal Senato della Repubblica C.3514 approvato con modificazioni dalla Camera dei deputati (assorbe C.1644, C.2157, C.2516, C.2518, C.2566, C.2616, C.2712, C.3433)
(assegnato in data 25/05/2022).
Governo, trasmissione di documenti
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 18 maggio 2022 ha inviato, ai sensi dell'articolo 15 della legge 16 aprile 2015, n. 47, la relazione, predisposta dal Ministero della giustizia, sull'applicazione delle misure cautelari personali e sui provvedimenti di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, riferita all'anno 2021.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 2a Commissione permanente (Doc. XCIV, n. 6).
Enti pubblici e di interesse pubblico, trasmissione di atti
Il Presidente dell'Ente nazionale per il microcredito, con lettera pervenuta in data 9 maggio 2022, ha inviato la relazione, predisposta ai sensi della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 2 luglio 2010, sulle attività di microcredito e microfinanza, riferita al triennio 2018-2020, con aggiornamento per gli anni 2021 e 2022.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 6a Commissione permanente (Atto n. 1180).
Corte dei conti, trasmissione di documentazione
Il Segretario generale della Corte dei conti, con lettera in data 19 maggio 2022, ha inviato - ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni - la comunicazione concernente il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale alla dottoressa Daniela Greco, presso la Direzione generale gestione risorse umane.
Tale comunicazione è depositata presso il Servizio dell'Assemblea, a disposizione degli onorevoli senatori.
Corte dei conti, trasmissione di documentazione. Deferimento
Il Presidente della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 17 maggio 2022, ha inviato, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 9/2022/G - La gestione del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili (2016-2021).
La predetta deliberazione è deferita, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 5a e alla 11a Commissione permanente (Atto n. 1179).
Commissione europea, trasmissione di progetti di atti legislativi dell'Unione europea. Deferimento
La Commissione europea ha trasmesso, in data 23 maggio 2022, per l'acquisizione del parere motivato previsto dal Protocollo (n. 2) sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea e al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea:
la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1305/2013 per quanto riguarda una misura specifica volta a fornire un sostegno temporaneo eccezionale nell'ambito del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) in risposta all'impatto dell'invasione russa dell'Ucraina (COM(2022) 242 definitivo). Ai sensi dell'articolo 144, commi 1-bis e 6, del Regolamento, l'atto è deferito alla 14a Commissione permanente ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane previsto dall'articolo 6 del predetto Protocollo decorre dal 23 maggio 2022. L'atto è altresì deferito, per i profili di merito, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, alla 9a Commissione permanente, con il parere delle Commissioni 5a e 14a.
Interrogazioni, apposizione di nuove firme
Il senatore Fazzolari ha aggiunto la propria firma all'interrogazione 4-07066 del senatore Balboni ed altri.
Risposte scritte ad interrogazioni
(Pervenute dal 20 al 25 maggio 2022)
SOMMARIO DEL FASCICOLO N. 146
AUGUSSORI ed altri: sulla vicenda occorsa ad un gruppo di giovani disabili su un treno di Trenitalia (4-06928) (risp. GIOVANNINI, ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili)
FEDELI ed altri: sul congedo di paternità per i lavoratori dipendenti pubblici (4-07044) (risp. BRUNETTA, ministro per la pubblica amministrazione)
GUIDOLIN ed altri: sulla vicenda occorsa ad un gruppo di giovani disabili su un treno di Trenitalia (4-06987) (risp. GIOVANNINI, ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili)
LANNUTTI ed altri: su un errore informatico che avrebbe inficiato una statistica prodotta da ISTAT (4-06858) (risp. BRUNETTA, ministro per la pubblica amministrazione)
NANNICINI: sulla riserva di posti al personale interno nei concorsi per le amministrazioni pubbliche (4-04925) (risp. BRUNETTA, ministro per la pubblica amministrazione)
RAUTI ed altri: sulla vicenda occorsa ad un gruppo di giovani disabili su un treno di Trenitalia (4-06930) (risp. GIOVANNINI, ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili)
Mozioni
FEDE, FEDELI Valeria, BONINO Emma, BINETTI Paola, MAIORINO Alessandra, VANIN Orietta, RUSSO Loredana, CIRINNÀ Monica, CASOLATI Marzia, MONTEVECCHI Michela - Il Senato,
premesso che:
la Corte penale internazionale, prima giurisdizione internazionale permanente competente a giudicare individui responsabili dei più gravi crimini di diritto internazionale, è stata istituita con lo statuto di Roma approvato il 17 luglio 1998, nell'ambito della Conferenza internazionale prevista dalla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite n. 51/207 del 17 dicembre 1996;
lo statuto è potuto entrare in vigore il 1° luglio 2002, dopo la ratifica, ai sensi dell'articolo 126, da parte di 60 Paesi firmatari, mentre attualmente sono 123 gli Stati che hanno ratificato lo statuto di Roma;
l'Italia, che da sempre ha dato pieno sostegno alla Corte e allo statuto di Roma, è stata tra i primi Paesi a procedere alla ratifica di tale strumento con la legge 12 luglio 1999, n. 232;
accertare i crimini internazionali e assicurare i colpevoli alla giustizia costituisce un impegno di civiltà e, allo stesso tempo, uno strumento di deterrenza e di prevenzione affinché non si ripetano le atrocità e gli orrori commessi nel corso di conflitti, anche in tempi recenti;
ricordato che:
la legge 20 dicembre 2012, n. 237, ha introdotto nell'ordinamento italiano norme relative all'adeguamento alle disposizioni dello strumento istitutivo della Corte penale internazionale;
il 22 marzo 2022 il Ministro della giustizia, con proprio decreto, ha specificamente nominato una commissione per elaborare un progetto di codice dei crimini internazionali e dare così compiuto adempimento agli obblighi internazionali assunti con la ratifica dello statuto di Roma, in particolare mediante l'adattamento nel diritto interno della materia dei crimini internazionali;
sottolineato che:
in base allo statuto di Roma la Corte penale internazionale ha competenza su genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra e crimini di aggressione;
lo statuto cita espressamente lo stupro come atto che può ricadere nelle categorie di crimine contro l'umanità e crimine di guerra, insieme a prostituzione forzata, gravidanza forzata, sterilizzazione forzata, o qualsiasi altra forma di violenza sessuale di analoga gravità commessa nel quadro di un attacco diffuso o sistematico diretto contro una popolazione civile (art. 7) o in grave violazione delle Convenzioni di Ginevra (art. 8);
il 31 ottobre 2000 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato all'unanimità la risoluzione n. 1325 "Donne, pace e sicurezza", che menziona esplicitamente l'impatto dei conflitti armati sulle donne, cui sono seguite diverse risoluzioni in materia di contrasto ai crimini sessuali, di protezione e riabilitazione di donne e bambine vittime di violenze sessuali e di valorizzazione della partecipazione delle donne alle attività di prevenzione e risoluzione dei conflitti;
nel giugno 2008, in particolare, il Consiglio di sicurezza ha approvato la risoluzione n. 1820 con la quale, stabilito l'utilizzo della violenza sessuale come tattica di guerra, afferma tra l'altro che lo stupro e le altre forme di violenza sessuale possono rappresentare crimini di guerra, crimini contro l'umanità e anche atti costitutivi di genocidio;
il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia (ICTY) e il Tribunale penale internazionale per il Ruanda (ICTR) hanno riconosciuto il nesso tra violenza sessuale e intenti genocidari e la stessa Corte penale internazionale, nell'incriminazione per genocidio nei confronti dell'ex presidente sudanese Omar al-Bashir, fa riferimento ad atti di tortura, stupro, violenza sessuale e altri trattamenti inumani e degradanti;
il 13 giugno 2019 la Commissione diritti umani ha ascoltato in audizione Nadia Murad, attivista yazida per i diritti umani, che nel 2018 ha ricevuto il premio Nobel per la pace per l'impegno contro l'uso della violenza sessuale come arma di guerra insieme a Denis Mukwege, medico che cura le vittime di violenze sessuali nella Repubblica democratica del Congo, teatro per anni dei crimini più atroci, come rivelato nel 2010 dal rapporto "Mapping" dell'alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani;
rilevato che:
sono attualmente 17 le indagini in corso da parte dell'ufficio del procuratore della Corte penale internazionale, con l'obiettivo di raccogliere ed esaminare le prove di eventuali gravi crimini internazionali commessi;
tra le indagini più recenti da parte della Corte, vi è la procedura per indagare condotte qualificabili come crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio occorse nel territorio dell'Ucraina, aperta il 2 marzo 2022 anche sulla base di una richiesta di deferimento presentata all'ufficio del procuratore da parte di 43 Stati, tra cui l'Italia, ai sensi degli articoli 13 (par. (a)) e 14 (1) dello statuto;
constatato che:
l'operatività e l'efficacia della Corte penale internazionale sono strettamente legate alle dotazioni finanziarie e di personale;
il 7 marzo 2022, il procuratore Khan ha presentato agli Stati parte una richiesta di sostegno straordinario in termini finanziari e di personale per accrescere la capacità e l'efficacia dell'azione del suo ufficio rispetto non a un caso specifico, ma a tutte le indagini avviate, nel rispetto dei fondamentali principi di indipendenza e imparzialità della Corte, sanciti dallo statuto di Roma,
impegna il Governo:
1) a favorire il pieno adeguamento dell'ordinamento italiano alle norme dello statuto della Corte penale internazionale, adoperandosi affinché la commissione attualmente impegnata nell'elaborazione di un progetto di codice dei crimini internazionali possa concludere i propri lavori nei tempi programmati e venga dato seguito a tale progetto a livello normativo;
2) a operare, anche d'intesa con gli Stati membri dell'Unione europea, per assicurare alla Corte penale internazionale risorse adeguate, in termini finanziari e di personale, in particolare in vista dell'adozione del bilancio della Corte per il 2023;
3) a valutare la possibilità di un nuovo contributo volontario al fondo fiduciario per le vittime della Corte penale internazionale, a supporto delle vittime sopravvissute a violenze sessuali nel corso di conflitti;
4) a continuare l'impegno internazionale per la piena attuazione dell'agenda "Donne, pace e sicurezza" e ad adoperarsi affinché lo stupro possa essere riconosciuto come atto di natura genocidaria.
(1-00489)
Interrogazioni
ZAFFINI - Al Ministro della salute. - Premesso che:
dal bollettino sull'andamento della campagna di vaccinazione a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero della salute e della struttura commissariale per l'emergenza sanitaria, si evince che nel nostro Paese il 90 per cento della popolazione over 12, ossia 51 milioni di persone, ha completato il ciclo vaccinale anti COVID primario e che, delle dosi consegnate alle Regioni e complessivamente pari a 141.897.992, ne sono state somministrate 137.564.837, con un avanzo, ad oggi, di 4.333.155 dosi;
il nostro Paese è tra quelli che più hanno vaccinato la popolazione, imponendo anche l'obbligo diretto per gli over 50 e quello indiretto e surrettizio legato al super green pass, ma non c'è la corsa a terza e quarta dose e le scorte si accumulano, probabilmente anche in vista della fornitura di vaccini specifici contro le nuove varianti di SARS-CoV-2, come annunciato dai CEO di Pfizer e Moderna, che arriveranno in autunno;
nei giorni scorsi l'Emilia-Romagna ha denunciato che 133.000 dosi di vaccino in dotazione alla Regione andranno in scadenza tra giugno e agosto 2022, stesso grido d'allarme è stato lanciato dalla Regione Sardegna e il problema sembra accomunare tutte le Regioni;
il rischio di scadenza di migliaia di dosi è già stato in parte evitato nei mesi scorsi quando AIFA, su suggerimento della casa farmaceutica Pfizer-Biontech, ha esteso il periodo di validità dai precedenti 6 agli attuali 9 mesi per i vaccini ormai prossimi a scadenza e per i quali, rispetto all'etichetta con la vecchia data, sono già stati aggiunti 3 mesi di validità,
si chiede di sapere:
come il Governo intenda collocare le migliaia di dosi prossime alla scadenza;
se e quante dosi di vaccino siano state ad oggi distrutte in Italia, perché scadute prima che potessero essere inoculate;
in quale modo intenda proseguire la campagna vaccinale e quantificare l'approvvigionamento necessario.
(3-03343)
CALANDRINI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che:
il decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, recante "Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina", impegna un ammontare di risorse consistente, tuttavia senza rappresentare un sostegno idoneo per professionisti e imprese in un contesto alimentato da continue incertezze che rendono sempre più difficoltoso l'esercizio delle attività autonome;
l'indennità una tantum di 200 euro per i lavoratori dipendenti e i professionisti, prevista dal "decreto aiuti," rappresenta una misura assolutamente esigua, trattandosi del riconoscimento di un importo che non riesce neppure a coprire il costo di una spesa alimentare di una famiglia media;
le agevolazioni per le tariffe di fornitura dell'energia elettrica, oltre a riguardare esclusivamente i clienti domestici economicamente svantaggiati e i clienti domestici in gravi condizioni di salute, sono di importo contenuto. I bonus energetici diversi da quelli spettanti alle imprese "energivore" riguardano esclusivamente i soggetti a forte consumo di gas naturale, pertanto di maggiori dimensioni e con una potenza pari o superiore a 16,5 chilowatt;
le misure temporanee in tema di liquidità prevedono l'estensione della garanzia da SACE S.p.A., ma le imprese saranno tenute a restituire i prestiti concessi. La misura determina, di fatto, un incremento dell'indebitamento nella speranza di una ripresa che potrebbe tardare;
in tale difficile contesto, per quanto riguarda l'ambito della riscossione coattiva delle imposte, tra le diverse misure che hanno avuto durata breve deve essere ricordata quella che ha previsto un incremento del limite per rateizzare le cartelle da 60.000 euro a 100.000 euro, senza dover dimostrare lo stato di difficoltà economica. Dal 1° gennaio 2022 tale limite è nuovamente diminuito a 60.000 euro;
inoltre parrebbe che siano pronte circa 130-140 milioni di cartelle riguardanti 16 milioni di soggetti, per un controvalore di 230 milioni di euro di crediti. Si sono moltiplicati nelle scorse settimane gli appelli dei commercialisti, tra cui il neo presidente Elbano De Nuccio, per un intervento normativo che quanto meno potenzi la fase di ristrutturazione del debito fiscale o che ampli la base del numero delle rate;
risulta all'interrogante che in questa fase il modus operandi dell'Agenzia delle entrate riscossione sia molto aggressivo con un potenziale invio di 16 milioni di atti di intimazione che seguiranno le cartelle di pagamento. Una pioggia di avvisi a cui rispondere in tempi strettissimi, 5 giorni, dopodiché la riscossione può intervenire mediante prelievo coattivo, che può essere il pignoramento del conto corrente, il fermo amministrativo o pignoramenti immobiliari con la mole di crediti fiscali che continua a crescere;
nell'audizione dello scorso 7 aprile alle Commissioni riunite di Camera e Senato il direttore dell'Agenzia delle entrate e della Agenzia delle entrate riscossione ha rendicontato la situazione ormai totalmente fuori controllo del magazzino delle cartelle, debiti fiscali ancora da saldare. Oltre un miliardo e cento milioni di euro di crediti, la cui giacenza è arrivata a 21 anni e quattro mesi. In tale consesso, egli ha chiesto di intervenire ritenendo inutili le intimazioni verso contribuenti che in molti casi non sono in grado di adempiere per la mancanza della liquidità;
quanto illustrato induce a ritenere che, ove le cartelle fossero effettivamente notificate, il sistema della riscossione incorrerebbe nel rischio di un collasso, travolgendo con esso anche le imprese,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo possa dare conferma che i dati numerici indicati siano corretti e, soprattutto, se non ritenga necessario e urgente verificare le condizioni in grado di determinare l'approvazione di una rottamazione quater straordinaria con eliminazione di sanzioni e interessi per gli anni 2018, 2019 e 2020.
(3-03344)
PORTA - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. - Premesso che:
la situazione di prolungata crisi umanitaria che la sede consolare di Caracas in Venezuela si trova ad affrontare, resa più complessa e pesante dalle conseguenze della pandemia, si prolunga ormai da alcuni anni e non manifesta sostanziali tendenze evolutive che possano fare sperare in un passaggio reale di condizione della nostra comunità, né nel presente, né nell'immediato futuro;
le esigenze di copertura dei costi per le voci fondamentali di spesa del consolato generale si presentano con caratteri di forte rigidità e urgenza, dal momento che riguardano soprattutto l'assistenza da prestare agli ammalati e agli indigenti, le spese fisse e le retribuzioni dei digitalizzatori che, oltre ad essere impegnati nel programma di informatizzazione dell'archivio, di prossima ultimazione, contribuiscono con la loro attività di servizio alla percezione delle entrate amministrative da parte dello stesso consolato; senza contare l'urgenza di rinnovare almeno in parte alcune suppellettili legate all'accoglienza per il pubblico, che versano in uno stato di indescrivibile fatiscenza;
in particolare, la necessità di fronteggiare la situazione sociosanitaria si presenta con caratteri di assoluta drammaticità e urgenza, a causa del continuo scivolamento dei ceti medi e medio-alti sotto la soglia dell'indigenza, anche in conseguenza dell'assidua prassi di esproprio di beni da parte dei poteri pubblici, e dei tassi di inflazione fuori controllo;
considerato che:
nell'ampia platea degli indigenti da assistere si innestano situazioni di particolare emergenza sanitaria legate a patologie che necessitano di interventi urgenti, pena la stessa sopravvivenza dei soggetti colpiti;
l'assistenza sanitaria, con particolare riguardo per le patologie più preoccupanti, sostenuta finora con il qualificato supporto del gruppo guidato dal professor Javier Soteldo, già stretto collaboratore del professor Veronesi, conosce una fase di transizione sia per il cambio del direttore sanitario che per il graduale trasferimento di alcuni trattamenti all'ospedale italiano, inaugurato nel gennaio 2022, che tuttavia ha bisogno del tempo necessario per operare a regime,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non intenda considerare, ai fini della destinazione di risorse finalizzate all'assistenza dei connazionali malati e indigenti, la straordinaria situazione in cui versa la nostra comunità in Venezuela, destinando risorse adeguate ai compiti che i rappresentanti consolari sono chiamati ad assolvere, e se non intenda disporre, con assoluta urgenza, la destinazione di tali risorse alle strutture operative, prima che la mancanza di fondi costringa all'interruzione degli interventi, compresi quelli più urgenti e insostituibili.
(3-03345)
Interrogazioni orali con carattere d'urgenza ai sensi dell'articolo 151 del Regolamento
DE SIANO - Al Ministro dell'interno. - Premesso che, per quanto risulta all'interrogante:
nel Comune di Lacco Ameno (Napoli), nel settembre 2020, si è insediata una nuova amministrazione comunale dopo una controversa e ad avviso dell'interrogante discutibile elezione che ha portato alla radiazione, da parte del presidente della Corte di appello di Napoli, dagli elenchi dei presidenti di seggio di due dei presidenti sui quattro assegnati al Comune;
risulterebbe altresì che le elezioni siano state decise grazie a repentini cambi di residenza e per l'ammissione nelle liste elettorali dei nuovi elettori e che questi elettori "di frontiera" siano tornati dopo pochi mesi al comune di origine, stracciando di fatto i termini perentori messi a garanzia del sistema elettorale dal decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1960 e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 1989;
inoltre, il Comune di Lacco Ameno risulterebbe essere uno dei pochi comuni della Campania a non aver estinto le passività pregresse (art. 256, comma 7, del testo unico degli enti locali) relative al dissesto finanziario del 2015;
come risulterebbe dalle relazioni della commissione di collaudo, il sistema fognario eseguito dalla precedente amministrazione Pascale nel 2017 risulta essere un autentico "colabrodo", così come si evidenzierebbe dal fetore che appesta corso Angelo Rizzoli;
inoltre, l'appalto dei rifiuti solidi urbani, scaduto a marzo 2022, è in stato di "proroga tecnica" nonostante il bando di gara non lo prevedesse, diversamente da quanto previsto dal capitolato speciale approvato dopo l'espletamento della gara e, da quanto denunciato dalla stampa nazionale, l'appalto di Lacco Ameno sarebbe stato all'attenzione della criminalità organizzata;
considerato inoltre che, sempre per quanto risulta:
le concessioni demaniali marittime, scadute il 30 dicembre 2020, continuerebbero ad operare abusivamente (si sta parlando di quelle non valide); per quelle valide, invece, il Consiglio di Stato avrebbe deciso la scadenza per il 31 dicembre 2023;
da quanto si evince dalle cronache locali, le norme edilizie risulterebbero opzionali, tanto che persone conniventi con gli agenti della Polizia municipale, deputati al controllo del fenomeno sul territorio, avrebbero costruito manufatti abusivi; nelle case ACER, altresì, si continuerebbe a proteggere e nascondere fenomeni di abusivismo, favorendo pertanto illegalità e degrado;
inoltre, l'amministrazione comunale continuerebbe ad assumere personale inutile, aggravando le spese di un Comune di appena 4.500 abitanti;
il Comune campano avrebbe, altresì, approvato il regolamento per la riscossione dei tributi ma avrebbe omesso di passare alla fase successiva della riscossione, paralizzando pertanto l'intero apparato burocratico ed amministrativo;
si segnala altresì che gli istituti scolastici del territorio non riuscirebbero a rientrare in una normalità gestionale post terremoto, per l'incapacità degli amministratori locali di gestire i fondi assegnati dal commissario di Governo per la ristrutturazione, e che il piano urbanistico comunale, indispensabile per la ricostruzione del dopo sisma, sia bloccato da oltre un anno per l'incapacità dell'amministrazione di rispondere alle osservazioni poste dalla Città metropolitana di Napoli;
visto che, sempre per quanto consta all'interrogante:
l'operato del Consiglio comunale, nella persona del suo presidente, sarebbe ben lontano dal ruolo di garante e super partes che dovrebbe avere, gestendo questi la propria attività con poca trasparenza e pressapochismo, grazie anche all'appoggio del sindaco e del segretario comunale;
risulterebbe ancora l'esclusione della minoranza consiliare nell'elezione della commissione locale per il paesaggio eletta, come mai era accaduto, con il voto determinante del presidente del Consiglio comunale, il quale in altre occasioni e soprattutto quando si è trattato di temi edilizi, si sarebbe sempre astenuto, forse a causa degli attacchi della stampa locale che denunciavano in materia di edilizia situazioni gravi ed indifendibili che avrebbero riguardato la sua famiglia;
da ultimo, la commissione che esaminerà i condoni edilizi e il piano della ricostruzione post terremoto, materia molto delicata e controversa, sarà appannaggio della sola maggioranza consiliare (maggioranza eletta con meno del 50 per cento dei voti) e ciò sarebbe un fatto gravissimo che minerebbe i principi di democrazia e che rappresenterebbe un pericoloso conflitto d'interesse,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti descritti e se non ritenga necessario innalzare il livello dei controlli affinché non ci siano fenomeni di prevaricazione dei diritti delle minoranze negli enti locali ed evitare fenomeni di mala gestio confinanti talvolta con la criminalità organizzata;
se intenda intervenire con circolari o note esplicative al fine di chiarire il ruolo degli organi istituzionali e se non ritenga opportuno attivare il potere di accesso di cui all'art. 143 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, al fine di contrastare gli insidiosi fenomeni descritti e garantire i diritti democratici e la corretta gestione burocratica ed amministrativa di un ente pubblico come il Comune di Lecco Ameno.
(3-03342)
Interrogazioni con richiesta di risposta scritta
DE BONIS - Ai Ministri delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e per il Sud e la coesione territoriale. - Premesso che:
la strada statale 7 Matera-Ferrandina, con circa 13.000 passaggi giornalieri, risulta l'arteria più trafficata della Basilicata e rappresenta una strada fondamentale per l'intero territorio. Si tratta di un'infrastruttura che va potenziata ed ammodernata per dare opportunità importanti all'economia, allo sviluppo, al turismo e alle imprese, dettate dai tempi;
purtroppo, gli incidenti stradali sulla strada sono all'ordine del giorno. L'ultimo si è verificato il 23 maggio 2022, oltre ad altri due avvenuti all'inizio del mese;
l'adeguamento della strada statale 7 nel tratto Matera-strada Basentana non è più rinviabile ed è possibile in tempi ragionevolmente brevi a patto che si rompano gli indugi e che si lavori alla sua realizzazione senza altri ritardi e discussioni;
il progetto esiste, una parte delle risorse anche, e il resto dei finanziamenti può rivenire dai fondi a disposizione del Ministero per il Sud e la coesione territoriale (6,3 miliardi di euro) a cui si può accedere, come ha ribadito lo stesso ministro Carfagna, avendo a disposizione il progetto di fattibilità tecnico-economica;
si tratta di un intervento necessario per l'enorme mole di traffico, anche pesante, che si muove lungo la direttrice Adriatico-Tirreno, che necessita di un collegamento sicuro ed adeguato. Sono passati oltre 20 anni da quando il collegamento mediano Murgia-Pollino, di cui la Matera-Basentana fa parte, è stato inserito nella legge obiettivo che contiene tutte le infrastrutture ritenute strategiche per il Paese e nessun passo concreto in avanti è stato fatto per la sua realizzazione, se non la progettazione preliminare del primo tratto (Gioia del Colle-bypass Matera-bivio Metaponto);
l'opera è indispensabile per mettere in relazione i territori e le aree industriali lucane del lagonegrese, della Valbasento e del materano e soprattutto alleviare l'isolamento ed il conseguente spopolamento delle aree interne sia della provincia di Matera che di Potenza;
la strada statale 7 è un'arteria il cui raddoppio, oltre al rapido collegamento tra i capoluoghi, rappresenterebbe un'infrastruttura di collegamento tra l'autostrada Gioia del Colle A14 e l'autostrada A2, altezza Lauria, tra l'asse adriatico a quello tirrenico, ricomprendendo in questo Matera e Potenza attraverso la strada statale 407 Basentana, tra tutto il Salento e la Murgia pugliese fino al Pollino ed ai tesori storici del potentino;
considerato che:
dei lavori per il raddoppio di questa arteria si è parlato il 29 aprile 2022 in un convegno tenutosi nella sala consiliare della Provincia di Matera, alla presenza della Regione, dei dirigenti dell'ANAS e di alcuni sindaci. Nell'incontro è stato evidenziato come il progetto del bypass di Matera fino allo svincolo per Montescaglioso a 4 corsie è all'attenzione del Consiglio superiore dei lavori pubblici. I tecnici hanno sostenuto che ci sarebbero le risorse per finanziare i lavori e, nel caso in cui si partisse in tempi brevi, la realizzazione dell'opera potrebbe avvenire entro i prossimi 4-5 anni;
per il tratto stradale che va dalla Basentana allo svincolo per Montescaglioso, che deve essere completato secondo le previsioni entro i prossimi 6-8 mesi, ci sarebbero a disposizione 80 milioni di euro, fondi probabilmente non sufficienti per il completamento dell'opera e, per il momento, nemmeno certi;
sempre nel corso dell'incontro, l'ANAS ha annunciato che si sta pensando ad un potenziamento o ammodernamento del tracciato attuale, poiché la realizzazione delle 4 corsie comporterebbe seri problemi nel tratto fra la Basentana e la galleria di Miglionico; la proposta pare che sia stata apprezzata dai presenti, considerato che è più opportuno avere subito un buon potenziamento più che una strada a quattro corsie fra 20 anni;
bisogna, pertanto, intervenire con urgenza sulla strada statale 7, senza dimenticare che è importante concludere anche la ferrovia Ferrandina-Matera con il suo prolungamento fino a Bari, senza il quale rimarrebbe un binario cieco. La strada statale 7 e la ferrovia sono opere fondamentali anche per il funzionamento della ZES ionica-val Basento, purtroppo ancora ferma e che, se realizzata, costituirebbe un importante fattore di sviluppo per tutta la Basilicata;
tenuto conto che le tempistiche non risultano proprio brevi; infatti, bisognerà attendere 18 mesi per quanto riguarda tutta la fase della progettazione esecutiva, i vari passaggi in conferenza di servizi e il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, mentre per la conclusione dei lavori si dovrà aspettare la fine del 2027, a circa 3 anni dall'inizio dei lavori previsti nel 2024,
si chiede di sapere se e quali iniziative i Ministri in indirizzo intendano assumere affinché la Regione Basilicata, l'ANAS ed i rappresentanti del territorio possano procedere con maggiore speditezza nella realizzazione del raddoppio della strada statale 7 e del prolungamento fino a Bari della ferrovia Ferrandina-Matera: occorre un impegno comune degli enti locali e del Governo perché la conclusione delle opere non è più soltanto un problema legato allo sviluppo del territorio ma sta diventando drammaticamente un'emergenza vista la pericolosità della strada che continua a costare vite umane.
(4-07076)
GUIDOLIN Barbara, PAVANELLI Emma, VANIN Orietta, ROMANO, TRENTACOSTE, GAUDIANO Felicia, CROATTI, BOTTICI Laura, CASTALDI - Al Ministro della salute. - Premesso che:
l'articolo 34, comma 9-ter, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, al fine di dare completa attuazione all'integrazione sociosanitaria, ha stabilito che il personale dipendente del servizio sanitario nazionale appartenente ai profili professionali di assistente sociale, di sociologo e di operatore sociosanitario, già collocato nel ruolo tecnico di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, viene collocato nel ruolo sociosanitario istituito dal comma in questione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
l'approvazione del ruolo sociosanitario per assistenti sociali, operatori sociosanitari e sociologi dipendenti del SSN si pone nella direzione già tracciata dall'articolo 5, commi 1 e 5, della legge 11 gennaio 2018, n. 3, che afferma: "Al fine di rafforzare la tutela della salute, intesa come stato di benessere fisico, psichico e sociale, in applicazione dell'articolo 6 dell'intesa sancita il 10 luglio 2014, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sul nuovo Patto per la salute per gli anni 2014-2016, è istituita l'area delle professioni sociosanitarie, secondo quanto previsto dall'articolo 3-octies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. (...) Sono compresi nell'area professionale di cui al presente articolo i preesistenti profili professionali di operatore sociosanitario, assistente sociale, sociologo ed educatore professionale";
il quadro normativo tracciato ha dato vita ad una nuova dimensione giuridica dei profili professionali contenuti nell'area delle professioni sociosanitarie e nel ruolo sociosanitario, pertanto, risulta necessario e non più rinviabile, un rapido ed uniforme adeguamento, nonché incremento, delle competenze dei professionisti appartenenti all'area sociosanitaria, che sia omogeneo in tutto il Paese;
con riferimento all'ingresso nel ruolo sociosanitario degli assistenti sociali, sociologi ed operatori sociosanitari, è evidente come questo riconoscimento giuridico, seppur riferito ai dipendenti della sanità pubblica, non potrà che avere effetti e ricadute positive anche nella sanità privata, nel terzo settore e in tutti i comparti pubblici e privati ove queste figure professionali operano;
considerato che:
il 12 aprile 2022 la Giunta regionale del Veneto, su proposta dell'assessore per la sanità e il sociale, ha approvato, trasmettendola alla competente commissione del Consiglio regionale con richiesta di parere, una nuova delibera sul "percorso di formazione complementare in assistenza sanitaria dell'operatore socio-sanitario" e sul "corso di formazione per infermieri referenti per l'inserimento di operatori socio-sanitari nelle strutture residenziali e semiresidenziali per anziani" (delibera sostitutiva del provvedimento di Giunta regionale n. 305 del 16 marzo 2021, sullo stesso tema);
il comunicato stampa n. 923 della Regione Veneto riporta la dichiarazione dell'assessore per la sanità della Regione, Manuela Lanzarin, in risposta alle polemiche sulla delibera citata con la quale è stato approvato un nuovo percorso di formazione complementare per l'operatore sociosanitario, in cui afferma: "la delibera sulla formazione degli Oss è talmente calata dall'alto che l'abbiamo inviata alla Commissione competente del Consiglio regionale per averne il parere e che ho personalmente proposto alla Presidente Brescacin di attivare una serie di consultazioni con le parti coinvolte";
tale scelta sembra essere contraria al percorso intrapreso dal legislatore e illustrato, nonché contraria al patto per la salute per gli anni 2014-2016, che all'articola 6, rubricato "Assistenza socio sanitaria", comma 8, recita: "Le Regioni si impegnano ad armonizzare i servizi sociosanitari, individuando strandard minimi qualificanti di erogazione delle prestazioni socio-sanitarie",
si chiede di sapere:
se il Ministro indirizzo ritenga di attivarsi nelle opportune sedi affinché venga impugnata la delibera della Giunta regionale del Veneto del 12 aprile 2022, la quale attribuisce prestazioni sanitarie infermieristiche agli operatori sociosanitari, prestazioni che, ad oggi, necessitano di una speciale abilitazione prevista per le sole professioni sanitarie ordinate negli atenei, il cui ordinamento è una precisa competenza dello Stato e non già delle Regioni; ed ancora, rispetto alla totale assenza di garanzia sul rapporto di lavoro, sulla retribuzione e sulle responsabilità professionali in cui potrebbero incorrere gli operatori sociosanitari;
se intenda istituire tavoli tecnici specifici presso il Dicastero che coinvolgano i Ministeri trasversalmente competenti, le Regioni, le rappresentanze sindacali e professionali, nonché le associazioni maggiormente rappresentative del personale coinvolto affinché si giunga ad un rapido adeguamento e accrescimento delle competenze dei professionisti appartenenti a quest'area o ruolo sociosanitario, uniforme sul territorio nazionale;
quali iniziative intenda assumere al fine di garantire adeguate ed omogenee competenze dei professionisti appartenenti all'area e al ruolo sociosanitario.
(4-07077)
ROMANO, MATRISCIANO Susy, CATALFO Nunzia, ROMAGNOLI, GUIDOLIN Barbara - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali. - Premesso che:
l'Ispettorato nazionale del lavoro (INL) è stato istituito, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 300 del 1999, che disciplina l'ordinamento delle agenzie fiscali, con decreto legislativo n. 149 del 2015, in forza della delega contenuta nella legge n. 183 del 2014;
il decreto legislativo n. 149 del 2015, all'art. 6, comma 1, ha stabilito che "al personale dirigenziale e non dirigenziale di ruolo dell'Ispettorato si applica, rispettivamente, la contrattazione collettiva dell'Area I e la contrattazione collettiva del comparto Ministeri";
la legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio per il 2020), al comma 143 dell'art. 1, ha previsto che, "al fine di perseguire la progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale dei Ministeri, è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo da ripartire, con dotazione pari a 80 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021";
il secondo e il terzo periodo del comma 143 hanno, inoltre, stabilito che, "a decorrere dall'anno 2020, il fondo può essere alimentato con le eventuali somme, da accertarsi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, che si rendono disponibili a seguito del rinnovo dei contratti del pubblico impiego precedenti al triennio contrattuale 2019-2021";
il quarto e il quinto periodo prevedono ancora che "le risorse del fondo sono destinate nella misura del 90 per cento, alla graduale armonizzazione delle indennità di amministrazione del personale appartenente alle aree professionali dei Ministeri al fine di ridurne il differenziale e, per la restante parte, all'armonizzazione dei fondi per la retribuzione di posizione e di risultato delle medesime amministrazioni. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (...) si provvede alla ripartizione delle risorse del fondo tra le amministrazioni di cui al primo periodo per il finanziamento del trattamento accessorio di ciascuna di esse, tenendo conto anche del differenziale dei trattamenti di cui al precedente periodo e, in deroga all'articolo 45 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, alla conseguente rideterminazione delle relative indennità di amministrazione";
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 dicembre 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 11 marzo 2022, n. 59, emanato in attuazione della normativa, ha previsto, ai fini della progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali e dirigenziali dei Ministeri, un incremento, rispettivamente, delle indennità di amministrazione e dei fondi per la retribuzione di posizione e di risultato;
gli incrementi e le amministrazioni presso le quali opera il personale destinatario sono stati individuati con lo stesso decreto;
fra le amministrazioni non è, tuttavia, annoverato l'Ispettorato nazionale del lavoro, sebbene al relativo personale, in forza del citato art. 6 del decreto legislativo n. 149 del 2015, trovi applicazione la medesima contrattazione collettiva prevista per il personale dipendente dai Ministeri;
il mancato intervento perequativo si manifesta fra l'altro contestualmente all'assunzione di crescenti compiti e responsabilità ai sensi dell'art. 13 del decreto-legge n. 146 del 2021;
in relazione a tale ingiustificata esclusione è stato proclamato lo stato di agitazione di tutto il personale interessato e promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali un tavolo di interlocuzione con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero per la pubblica amministrazione, evidenziando come la vicenda abbia aperto un problema di "obiettiva sperequazione" nei confronti dei dipendenti delle agenzie a cui si applica il contratto collettivo dei Ministeri, nonché un tavolo di confronto con le rappresentanze sindacali dell'INL, con l'impegno di promuovere un intervento normativo teso a sanare la disparità di trattamento, quale soluzione giusta e necessaria di più immediata realizzazione rispetto all'ipotesi di più ampia portata relativa all'applicazione del contratto delle agenzie fiscali, come sostenuto dallo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali nella risposta all'interrogazione in 11ª Commissione permanente (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) al Senato del 28 aprile 2022;
da notizie apprese da fonti sindacali e dagli organi di stampa, nel mese di maggio i dipendenti dell'INL si sarebbero visti modificare sui cedolini stipendiali la voce dell'indennità di amministrazione che da "Ministero Lavoro" è diventata "INL-ANPAL", mentre il personale assunto nel corrente anno avrebbe mantenuto la voce "Indennità di amministrazione Ministero Lavoro" e percepito quanto dovuto al personale del citato Ministero a titolo di armonizzazione dell'indennità di amministrazione;
considerato che non appare normativamente né contrattualmente prevista una "indennità INL-ANPAL",
si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto descritto e quali iniziative intendano intraprendere per favorire il ripristino della corretta dicitura, ovverosia come da contratto collettivo applicato in virtù del disposto di cui all'art. 6, comma 1, del decreto legislativo n. 149 del 2015, nonché l'eliminazione dell'iniquità perpetrata nei confronti del personale dirigenziale e non dirigenziale di ruolo dell'Ispettorato nazionale del lavoro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 dicembre 2021.
(4-07078)
BOLDRINI Paola, RAMPI - Al Ministro dell'istruzione. - Premesso che:
con decreto ministeriale 9 maggio 2017, n. 259, sono state ridefinite le classi di concorso per l'insegnamento negli istituti secondari di primo e secondo grado e i relativi titoli di accesso;
in particolare, per l'accesso alla classe di concorso A-26, che riguarda l'insegnamento della matematica nelle scuole secondarie di secondo grado, sono previste come requisito, tra le altre, le lauree specialistiche LS-28 (ingegneria civile) e LS-38 (ingegneria per l'ambiente e il territorio); lo stesso non accade per l'accesso alla classe di concorso A-28, che riguarda l'insegnamento di matematica e scienze nelle scuole secondarie di primo grado; in tale ultimo caso, infatti, viene annoverata tra le lauree che consentono di accedere alla classe solo la laurea specialistica LS-38 (ingegneria per l'ambiente e il territorio) e non anche la LS-28 (ingegneria civile);
considerato che:
le due lauree specialistiche ricordate, pur differenziandosi nell'orientamento specialistico, condividono il medesimo percorso formativo di base e, in particolare, analoga formazione in matematica, fisica e chimica e, pertanto, appaiono egualmente abilitanti, nella sostanza, ai fini dell'insegnamento di matematica e scienze nelle scuole secondarie di primo grado; per il medesimo motivo, appare irragionevole escludere la LS-28, che già abilita all'insegnamento della matematica nelle scuole secondarie di secondo grado, dall'insegnamento di matematica e scienze nelle scuole secondarie di primo grado, con la conseguenza paradossale che persone abilitate all'insegnamento di materie sostanzialmente analoghe nel corso di studi immediatamente superiore siano escluse dall'accesso alla classe di concorso relativa al ciclo inferiore;
l'estensione dell'accesso alla classe di concorso A-28 anche ai soggetti in possesso della LS-28 (ingegneria civile) consentirebbe di reperire con maggiore facilità insegnanti di matematica e scienze nelle scuole secondarie di primo grado, così facendo fronte alle carenze di organico,
si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda adottare per consentire anche alle persone in possesso di laurea specialistica in ingegneria civile (LS-28) di accedere alla classe di concorso A-28 (matematica e scienze nelle scuole secondarie di primo grado) e, in particolare, se ritenga di intervenire mediante apposita revisione della tabella di cui all'allegato A del decreto ministeriale 9 maggio 2017, n. 259.
(4-07079)
RUSSO Loredana, PERILLI, UNTERBERGER Julia, TRENTACOSTE, NATURALE Gisella, AGOSTINELLI Donatella, MAIORINO Alessandra, MININNO, DE PETRIS Loredana, STABILE Laura, MAUTONE, SBRANA Rosellina, LA MURA Virginia, CIRINNÀ Monica - Al Ministro della transizione ecologica. - Premesso che:
la direttiva 2009/147/CE, direttiva "Uccelli", tutela l'avifauna sul territorio dell'Unione europea e prevede che gli Stati membri adottino tutte le misure necessarie per mantenere o adeguare le popolazioni delle specie di uccelli selvatici ad un livello di conservazione soddisfacente;
in base alla direttiva comunitaria, la caccia in Europa può svolgersi solo se non arreca danno alla conservazione degli uccelli e se è effettuata entro determinati e specifici limiti;
tra i principali limiti vi è il divieto assoluto di cacciare durante il periodo della riproduzione e della migrazione prenuziale degli uccelli;
la direttiva è stata recepita in Italia principalmente attraverso la legge quadro n. 157 del 1992 che tutela la fauna selvatica e disciplina la caccia;
nel 2006 la Commissione europea ha avviato contro la Repubblica italiana la procedura di infrazione 2006/2131 ex art. 226 del Trattato CE per non conformità alla direttiva;
la procedura di infrazione è stata accompagnata da un parere motivato di oltre 60 punti che recano le molte contestazioni mosse dalla Commissione, tra cui il cattivo sistema italiano di deroghe di caccia, l'assenza nella legge italiana del divieto di cacciare durante la riproduzione e la migrazione prenuziale degli uccelli e la mancanza di una norma esplicita, sempre nella legislazione nazionale, che preveda l'impegno di Stato e Regioni ad adottare ogni misura necessaria per il buono stato di conservazione degli uccelli,
ai sensi della legge comunitaria 2009, in recepimento della direttiva europea, l'Italia ha inserito nella legge n. 157 del 1992 il divieto di caccia nei periodi di migrazione e riproduzione degli uccelli e l'obbligo per Stato e Regioni di mantenere in buono stato di conservazione gli uccelli selvatici, rispondendo in parte alla procedura di infrazione;
nel luglio 2010 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha comunque condannato la Repubblica italiana in merito alla procedura 2006/2131 per non aver ottemperato per tempo e del tutto agli obblighi comunitari;
le date di inizio della migrazione prenuziale e del periodo della riproduzione sono individuate attraverso i cosiddetti key concept;
nella comunicazione della chiusura della procedura EU pilot 6955/14/ENVI nei confronti dello Stato italiano, la Commissione europea dichiara che l'adozione di nuovi calendari venatori che prevedano la caccia in violazione delle date stabilite dai key concept potrà comportare l'apertura di una procedura di infrazione senza esperire una preventiva fase EU pilot;
dopo un lungo lavoro tecnico, scientifico e di confronto, nel 2021 la Commissione europea ha pubblicato il documento di revisione dei key concept per la definizione delle date di riproduzione e migrazione, specialmente prenuziale, degli uccelli;
il nuovo documento conferma le attuali date relative alla migrazione prenuziale in Italia e dunque la bontà dei dati scientifici italiani a loro sostegno precedente prodotte dal Governo italiano;
il lavoro svolto in sede di Commissione europea è stato non solo sostenuto ma partecipato direttamente dal Ministero della transizione ecologica;
le date risultanti dal processo europeo sui key concept sono essenziali, tra l'altro, per la determinazione dei periodi per l'esercizio dell'attività venatoria, stante il rigoroso divieto di caccia agli uccelli che dovessero trovarsi in fase di migrazione prenuziale, incluse le circostanze di disturbo e confusione con specie simili;
l'esercizio venatorio condotto oltre le date indicate comporta la violazione del comma 4 dell'articolo 7 della direttiva 2009/147CE e dell'articolo 18, comma 1-bis, della legge n. 157, che stabiliscono il divieto di caccia durante il ritorno al luogo di nidificazione;
ai sensi dell'art. 1, comma 2, della legge n. 157 del 1992 l'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e tale esigenza trova la sua massima espressione nella tutela della biodiversità, assunta a principio fondamentale dell'ordinamento, in virtù di quanto disposto dal novellato articolo 9 della Costituzione italiana;
il Ministero della transizione ecologica ha realizzato un atlante europeo della migrazione, che ha elaborato i dati della migrazione degli uccelli a livello di rotte migratorie, e dunque a scala internazionale,
si chiede di sapere:
quali atti il Ministro in indirizzo intenda porre in essere per far sì che, a partire dai prossimi calendari venatori, le Regioni applichino pienamente le misure di tutela dettagliatamente indicate nel documento key concept del 2021 per evitare che l'Italia incorra in una procedura di infrazione europea e per assicurare il rispetto del dettato costituzionale;
quali siano le risultanze dell'atlante europeo della migrazione specialmente per quanto attiene alla necessità delle opportune tutele per gli uccelli selvatici.
(4-07080)
BORGHESI - Al Ministro della difesa. - Premesso che:
il decreto-legge n. 133 del 2014 detto ''sblocca Italia'', recante "Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive", ha destinato 50 dei 100 milioni di euro disponibili ai provveditorati interregionali alle opere pubbliche del Ministero della difesa "per interventi di completamento di beni demaniali di loro competenza e per l'attuazione di interventi urgenti in materia di dissesto idrogeologico, di difesa e messa in sicurezza di beni pubblici, di completamento di opere in corso di esecuzione nonché di miglioramento infrastrutturale";
1,8 milioni di euro sono stati stanziati per finanziare i lavori di completamento di tre caserme dei Carabinieri sul territorio bresciano, nello specifico per interventi alle caserme di Sarezzo (600.000 euro), Pontoglio (600.000 euro) e Flero (600.000 euro);
considerato che:
la caserma dei Carabinieri di Sarezzo è in costruzione da diversi anni, ma non risultano progressi neanche a seguito dello sblocco dei fondi;
il 2 agosto 2017, l'allora viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Riccardo Nencini, in risposta ad un atto di sindacato ispettivo presentato alla Camera dall'interrogante, spiegava che i fondi stanziati per la caserma di Sarezzo erano disponibili per la continuazione dei lavori, ma insufficienti per la sua ultimazione;
valutato infine che il completamento dell'opera avrebbe una grande rilevanza pubblica grazie al ruolo di presidio del territorio che i Carabinieri svolgono,
si chiede di sapere quali iniziative di sua competenza il Ministro in indirizzo intenda intraprendere al fine di accelerare ed infine ultimare l'opera.
(4-07081)
BORGHESI - Al Ministro della difesa. - Premesso che:
il decreto-legge n. 133 del 2014 detto ''sblocca Italia'', recante "Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive", ha destinato 50 dei 100 milioni di euro disponibili ai provveditorati interregionali alle opere pubbliche del Ministero della difesa "per interventi di completamento di beni demaniali di loro competenza e per l'attuazione di interventi urgenti in materia di dissesto idrogeologico, di difesa e messa in sicurezza di beni pubblici, di completamento di opere in corso di esecuzione nonché di miglioramento infrastrutturale";
1,8 milioni di euro sono stati stanziati per finanziare i lavori di completamento di tre caserme dei Carabinieri sul territorio bresciano, nello specifico per interventi alle caserme di Pontoglio (600.000 euro), Sarezzo (600.000), e Flero (600.000 euro);
il 2 agosto 2017, l'allora Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Riccardo Nencini, dichiarava che la caserma di Pontoglio disponeva di risorse sufficienti per il completamento dell'opera, e che la progettazione era in fase avanzata; aggiungeva inoltre che l'avvio delle relative procedure di gara era previsto per la fine del 2017;
i lavori per la struttura sono iniziati nel 2008, e ad inizio 2020 diversi organi di stampa davano l'opera prossima al completamento;
nonostante ciò, l'edificio è da tempo è nella condizione di essere "quasi ultimato", ma non c'è alcuna certezza per l'effettiva apertura;
valutato che l'avvio dell'operatività della caserma avrebbe notevoli effetti positivi per la popolazione e per la sicurezza del territorio,
si chiede di sapere quali siano le problematiche relative al completamento del progetto e quali iniziative di sua competenza il Ministro in indirizzo intenda intraprendere al fine di dare al territorio interessato prospettive certe nei modi e nei tempi di completamento dell'opera.
(4-07082)
LANNUTTI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che il trading on line permette di acquistare e vendere dei titoli o prodotti finanziari attraverso un computer e una connessione internet da qualsiasi parte del mondo. L'obiettivo principale è quello di guadagnare sulla differenza fra il prezzo di acquisto e quello di vendita. Un meccanismo semplice, ma in verità altamente rischioso, in quanto potrebbe far perdere all'investitore l'intero patrimonio. Tutte le piattaforme on line che fanno trading chiedono ai clienti di versare una somma di denaro per poter iniziare ad operare;
considerato che, a quanto risulta agli interroganti:
dal mese di febbraio 2021, il signor B.C. è una delle tante persone che ha intrapreso attività di trading on line per scoprire, purtroppo, solo successivamente che il sito a cui si è rivolto offriva abusivamente servizi e prodotti finanziari in assenza delle necessarie autorizzazioni;
in particolare, il signor B.C. ha investito inizialmente piccole cifre, e successivamente, nella speranza di recuperare quanto perso, ha investito cifre sempre più alte, per un totale di 185.600 euro, che si sono volatilizzati;
tutti i bonifici effettuati dal signor B.C. tra il 22 marzo 2021 e il 20 settembre 2021 venivano indirizzati in Lituania. Questi i beneficiari: Oppino Ou, Sino Sr Limited, Megaminor Limited, Metro Solution LTD, Troalik Sp Z.O.O., Transactive System Uab, Tralik Sp Z.O.O.;
nel solo mese di maggio 2021 il signor B.C. ha effettuato bonifici per un valore complessivo di 64.600 euro, apparentemente verso diversi beneficiari, mentre nel solo mese di agosto ha effettuato bonifici per un valore di 90.000 euro tutti in Lituania, senza che l'istituto di credito da cui partivano, ovvero Intesa Sanpaolo S.p.A. presso il quale egli ha un conto corrente, evidenziasse l'anomalia nell'operatività del conto del proprio cliente;
l'istituto italiano, infatti, avrebbe quantomeno dovuto bloccare i bonifici pari o superiori ai 15.000 euro, se non altro perché lo stretto arco temporale con il quale venivano disposte tutte le operazioni rispetto alla consueta operatività di conto corrente del signor B.C. dovevano far sorgere nell'intermediario un dubbio sulla legittimità delle operazioni ed il conseguente blocco cautelativo (Abf Coll. Milano dec. 888/2011 - Abf Coll. Bologna 11849/2017). Nei confronti del signor B.C. ciò non è avvenuto, in evidente contrasto con gli obblighi di diligenza gravanti sull'intermediario;
inoltre, non vigilando, Intesa Sanpaolo è venuta meno a quelli che sono gli obblighi propri dell'intermediario in materia di segnalazione di operazioni sospette, come indicato nelle disposizioni della Banca d'Italia del 1° gennaio 2020 per contrastare l'antiriciclaggio, con particolare riferimento ai "Rapporti di corrispondenza transfrontalieri con intermediari di un paese terzo" e alle "Operazioni caratterizzate da importi insolitamente elevati o per le quali sussistono dubbi sulla finalità";
non si sarebbe nemmeno eseguita l'adeguata verifica delle operazioni che il signor B.C. poneva in essere in uno stretto arco temporale, ovvero di un'operatività decisamente non in linea con le abitudini del cliente,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti descritti;
se ritenga di dover verificare se l'istituto bancario sia venuto meno agli obblighi propri dell'intermediario in materia di segnalazione di operazioni sospette, come indicato nelle disposizioni della Banca d'Italia del 1° gennaio 2020;
se intenda attivarsi, anche in accordo con Banca d'Italia e CONSOB, per promuovere uno studio indipendente finalizzato a capire quali siano i volumi di capitali impegnati nel settore, quante persone siano coinvolte, quanto perdano e quanto siano diffuse le pratiche vietate, in modo da intervenire tempestivamente e con tutti i mezzi disponibili contro un fenomeno che purtroppo sta crescendo vertiginosamente.
(4-07083)
LANNUTTI, GRANATO Bianca Laura - Ai Ministri della transizione ecologica e per la pubblica amministrazione. - Premesso che:
con decreto ministeriale n. 257 del 2018, successivamente modificato con decreto ministeriale n. 242 del 2020, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Sergio Costa ha promosso un maggiore livello di trasparenza nei processi decisionali di competenza del Ministero, istituendo in particolare un'agenda pubblica degli incontri con i portatori di pubblici interessi, da pubblicare sul sito internet istituzionale, aggiornata a cadenza settimanale, da parte del Ministro, sottosegretari, titolari di incarichi di vertice degli uffici di diretta collaborazione di cui all'articolo 17 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 97 del 2019, anche con funzioni vicarie, consiglieri, anche a titolo gratuito, del Ministro e del sottosegretario, nonché dagli esperti e collaboratori di cui all'articolo 24 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 97 del 2019; ogni due settimane, dai capi dipartimento, dirigenti titolari di strutture dirigenziali di livello generale e rispettivi capi delle segreterie; a cadenza mensile, dai dirigenti titolari di strutture dirigenziali di livello non generale, nonché dagli altri decisori pubblici cui questo decreto si applica. Il sito teneva traccia di tutto, anche di incontri informali;
con decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 2021 Roberto Cingolani è stato nominato Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del Governo presieduto da Mario Draghi. E con successivo decreto del Presidente della Repubblica 2 marzo 2021 il Ministero ha assunto la denominazione di Ministero della transizione ecologica;
considerato che:
sul sito internet del Ministero, alla pagina "amministrazione trasparente", sezione "altri contenuti", sottosezione "dati ulteriori", è possibile consultare l'agenda pubblica degli incontri con i portatori di interesse, che, per quanto di competenza del Ministro, è ferma alla settimana 10-16 maggio 2021, nonostante il Ministero abbia assicurato che l'agenda trasparente sarebbe tornata on line in breve tempo;
il Ministero si è giustificato, sostenendo: "L'agenda è stata oscurata in ottemperanza alle prescrizioni del Garante della Privacy che, con comunicazione del 21 aprile 2021, ha segnalato una serie di aspetti critici";
da oltre un anno la pagina internet riporta l'avviso: "L'obbligo di pubblicazione è temporaneamente sospeso, essendo in corso delle interlocuzioni con il Garante per la protezione dei dati personali per la definizione di nuove regole per la disciplina dell'Agenda Trasparente". Si ritiene il tempo della sospensione della pubblicazione dell'agenda eccessivo, anche per la vaghezza della motivazione addotta;
è vero che il Garante per la protezione dei dati personali ha avviato un'istruttoria, ma nella comunicazione non c'era scritto in nessun modo che l'agenda andasse rimossa. Venivano solo chieste delle valutazioni sul trattamento dei dati per assicurare il rispetto del "principio di minimizzazione". Eppure, il Ministero ha deciso di togliere tutto, senza indicare nessuna soluzione se non quella di limitarsi ad attendere "che si chiuda il procedimento e vengano disposte le relative comunicazioni", che però erano già presenti nella comunicazione del Garante;
considerato, inoltre, che l'associazione "The Good Lobby" ha scritto: "È inaccettabile che il ministro Cingolani perpetui la scelta di oscurare la sua agenda pubblica di incontri con i lobbisti",
si chiede di sapere:
se la mancata pubblicazione da oltre un anno dell'agenda pubblica degli incontri con i portatori di interesse da parte di tutte le strutture del Ministero della transizione ecologica sia da attribuire per intero a responsabilità ministeriali e in tal caso quali provvedimenti i Ministri in indirizzo abbiano finora adottato per rimuovere gli ostacoli alla diffusione di tali importanti informazioni;
quali siano i tempi con i quali intendano ripristinare la pubblicazione dei contenuti previsti dal decreto ministeriale n. 257 del 2018 e successive modifiche adottato dall'allora ministro Costa, ivi inclusi gli incontri avvenuti durante il periodo di sospensione;
se il Ministero deciderà anche solo di apportare le modifiche richieste dal Garante della privacy, di non fornire nomi e cognomi, di indicare solo i ruoli, di selezionare i dati superflui;
se il Ministro della transizione ecologica non abbia preso la decisione di silenziare le informazioni sugli incontri con i portatori d'interesse in virtù del fatto che il suo Ministero oggi si ritrova a dover gestire la quota più consistente delle risorse messe a disposizione del PNRR. E che quindi non ci sia dietro quella che gli interroganti ritengono un'opacità voluta per poter concordare con tali esponenti gli indirizzi di spesa del PNRR.
(4-07084)
FAZZOLARI, RAUTI Isabella, RUSPANDINI, BALBONI, BARBARO, CALANDRINI, GARNERO SANTANCHÈ Daniela, IANNONE, LA PIETRA, NASTRI, PETRENGA Giovanna, TOTARO, ZAFFINI - Ai Ministri della difesa e delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. - Premesso che:
l'istituto della "libera circolazione" sui mezzi del trasporto pubblico locale, disciplinato dalle diverse leggi regionali emanate in vari momenti dagli enti territoriali, trae origine e si inquadra in un contesto normativo nazionale che già disciplina tale istituto per determinate categorie di soggetti, individuate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, dal decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992 e dal decreto legislativo n. 504 del 1995;
in particolare, il decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 disciplina la libera circolazione per le forze di polizia che, a norma dell'art. 16 della legge n. 121 del 1981 (nuovo ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza), oltre alla Polizia di Stato sono costituite dall'Arma dei Carabinieri, dal Corpo della Guardia di finanza, dalla Polizia penitenziaria e dal Corpo forestale dello Stato, ora assorbito dall'Arma dei Carabinieri; il comma 1 individua le forze di polizia "ai fini della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica";
da tali norme traggono origine le leggi regionali che disciplinano l'istituto della libera circolazione in ambito locale, leggi che ne ampliano spesso la platea dei destinatari proprio per le finalità di garantire la sicurezza e la repressione di reati e illeciti sui mezzi di trasporto pubblico;
l'istituto introdotto, d'altra parte, non è quello della gratuità, che prevede la concessione di benefici a titolo di premialità o di sostegno sociale, spesso connessi anche a una particolare soglia reddituale, ma quello della libera circolazione, che attiene all'ambito dell'utilità collettiva e non del beneficio individuale;
la libera circolazione delle forze di polizia, ovvero di soggetti con uno status specifico e con funzioni specifiche, fa sì che la loro presenza aumenti il grado di sicurezza effettiva e percepita sui mezzi del trasporto pubblico, fungendo da deterrente per atti illeciti;
nella sostanza, il concetto di libera circolazione sottende al fatto che il soggetto destinatario della norma non è esentato dal costo del biglietto per un vantaggio personale, ma in quanto la sua presenza determina un'utilità collettiva di cui beneficia l'intera comunità;
le leggi regionali, come detto, ampliano spesso la platea dei destinatari dell'istituto della libera circolazione, includendo tra i soggetti destinatari della norma i militari in divisa che utilizzino il trasporto pubblico locale per motivi di servizio;
proprio la previsione normativa che obbliga tali soggetti, ai fini del beneficio della libera circolazione, a indossare la divisa e a rendersi riconoscibili, individua la volontà di aumentare la sicurezza percepita e l'azione deterrente che ne consegue rispetto a possibili reati e illeciti molto spesso frequenti sui mezzi di trasporto pubblici; logica che, in alcune normative regionali, sottende all'inserimento anche delle guardie particolari giurate, se in divisa, tra i destinatari della norma sulla libera circolazione;
non si può inoltre non tener conto del fatto che il trasporto pubblico locale, per la sua natura di pubblica utilità, è destinatario di risorse pubbliche, individuate nei contratti di servizio che ne subordinano l'erogazione al conseguimento del generale interesse pubblico; in tal senso, l'obbligo legislativo della libera circolazione, per alcune categorie di utenti e a determinate condizioni, rientra nei costi già remunerati attraverso il corrispettivo previsto dal contratto di servizio;
considerato che:
sono sempre più numerosi i casi, denunciati dai diretti interessati e dalle organizzazioni sindacali, di multe erogate da controllori sui mezzi di Trenitalia a danno di militari in divisa che viaggiano per motivi di servizio;
non ultima a sollevare la questione è stata l'associazione sindacale dei professionisti militari (ASPMI), che ha denunciato come "da diverso tempo, sebbene le diverse sollecitazioni fatte a Trenitalia dall'Esercito, i controllori si ostinano a multare i militari che viaggiano sui treni, rispettando tutte le misure indicate nell'accordo quadro tra il Ministero della difesa e la società, poiché (...) determinano, in modo proprio, quando un militare è in servizio o meno";
come da normativa e come ribadito anche da ASPMI, la facoltà di stabilire se un militare stia viaggiando per motivi di servizio "non è a carico dell'Ente Regione, né tantomeno delle aziende che esercitano il servizio di Trasporto Pubblico locale"; tale facoltà compete agli enti da cui dipendono i fruitori della libera circolazione, tramite apposita dichiarazione che non può essere oggetto di contestazione da parte dei dipendenti dell'ente ferroviario;
visto che:
sono sempre più frequenti i casi di crimini commessi all'interno delle stazioni e a bordo dei treni, con numerosi casi di cronaca che riportano anche episodi di estrema gravità, quali aggressioni al personale viaggiante o financo violenze sessuali, come quella dello scorso dicembre che ha visto vittime due ragazze di 22 anni sulla linea Saronno-Varese;
del pari, sono sempre più frequenti gli interventi di militari a bordo dei treni, spesso richiamati dal personale in servizio o dagli stessi viaggiatori, al fine di ripristinare condizioni di sicurezza e incolumità per i cittadini,
si chiede di sapere
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto esposto, viste anche le segnalazioni fatte da più parti per denunciare la vicenda;
quali iniziative, ognuno per quanto di propria competenza, intendano adottare per garantire la corretta fruizione dell'istituto della libera circolazione ai militari in servizio, anche al fine di aumentare la sicurezza percepita ed effettiva a bordo dei treni e, in generale, sui mezzi del trasporto pubblico locale;
se il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili non intenda attivarsi presso Trenitalia al fine di avviare un'indagine interna, per capire se i fatti denunciati siano frutto di comportamenti individuali riconducibili a scarsa conoscenza delle norme o se invece si iscrivano in un contesto sistematico di azioni che non tengono conto della normativa vigente;
quali misure urgenti intendano in ogni caso adottare per garantire la sicurezza del personale di servizio e dei passeggeri a bordo dei mezzi del trasporto pubblico locale, così come delle stazioni, sempre più spesso teatro di violenze e crimini di ogni genere.
(4-07085)
DESSÌ, LANNUTTI, ANGRISANI Luisa, SBRANA Rosellina, LA MURA Virginia, GIANNUZZI Silvana, MININNO - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:
nella mattinata del 24 maggio 2022, personale della Direzione investigativa antimafia, su mandato della Procura di Caltanissetta, ha provveduto alla perquisizione della redazione del programma di RAI3, "Report", condotto da Sigfrido Ranucci, e dell'abitazione dell'inviato, Paolo Mondani, sequestrando il cellulare ed il computer di quest'ultimo;
tale operazione di polizia giudiziaria sarebbe avvenuta a seguito della messa in onda del servizio giornalistico di Paolo Mondani, dal titolo "La bestia nera", andato in onda, nel corso della trasmissione "Report" del 23 maggio 2022, che tentava di ricostruire, dopo 30 anni dalla strage di Capaci, i legami tra la mafia e gli estremisti di destra, evidenziando la presenza sul luogo dell'attentato del leader di Avanguardia nazionale, Stefano Delle Chiaie;
pur avendo avuto conoscenza del comunicato del procuratore di Caltanissetta, il quale dichiara che l'operazione "non riguarda in alcun modo l'attività di informazione del giornalista", appare, a giudizio degli interroganti, singolare che venga ordinata una perquisizione presso una redazione giornalistica ed operato, per quanto consterebbe, un sequestro degli strumenti di lavoro di un giornalista che, al contrario, ha il merito di aver portato alla luce elementi rimasti oscuri nella vicenda processuale;
considerato il principio costituzionale della libertà di espressione e del diritto di cronaca, di cui all'articolo 21 della Costituzione e la tutela del segreto professionale, la cui rivelazione è punita dal codice penale e che, nel caso dei giornalisti, è regolamentato dall'art. 2, comma 3, della legge professionale n. 69 del 1963, il quale dispone che i giornalisti e gli editori "sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse";
le perquisizioni ed il sequestro ai fini probatori nei confronti di un giornalista professionista, in particolare documenti concernenti le fonti dalle quali il medesimo ha avuto notizie di carattere fiduciario, nell'esercizio della sua professione, dovrebbero, a giudizio degli interroganti, essere eseguiti nel rispetto del principio di proporzionalità tra il contenuto del provvedimento giudiziario ablatorio e le esigenze di accertamento dei fatti oggetto delle indagini, nel rispetto di quanto stabilito dall'art. 200, comma 3, del codice di procedura penale e l'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, come interpretata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, evitando, quanto più possibile, ingerenze nella sfera dell'attività professionale del giornalista;
le perquisizioni ed il sequestro compiuto dalle autorità inquirenti nei confronti della redazione di "Report" e dei suoi giornalisti potrebbero apparire, a parere degli interroganti, in contrasto con i diritti sanciti dal nostro ordinamento,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della vicenda esposta e se non ritenga di promuovere le attività ispettive di propria specifica competenza.
(4-07086)
LANNUTTI, SBRANA Rosellina, ANGRISANI Luisa, CORRADO Margherita - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:
lunedì 23 maggio 2022 è andato in onda un servizio all'interno della trasmissione di RAI3 "Report" dal titolo "La Bestia nera", in cui si sostiene che la pista nera, ovvero quella dell'eversione di destra, e quella mafiosa potrebbero incrociarsi nella strage di Capaci del 23 maggio 1992. Protagonista "nero" fra i boss di Cosa nostra sarebbe stato il fondatore dell'organizzazione neofascista e golpista Avanguardia nazionale, Stefano Delle Chiaie, scomparso nel 2019, che avrebbe fatto un sopralluogo dove poi venne messo il tritolo per l'attentato contro il giudice Giovanni Falcone, la dottoressa Francesca Morvillo e gli uomini della scorta;
nel servizio a firma di Paolo Mondani sono emersi verbali scomparsi, contenuti di informative di polizia, dichiarazioni di pentiti e testimoni. Uno di questi è Alberto Lo Cicero, ex guardaspalle del pentito palermitano Tullio Troia, soprannominato "'O Mussolini" per le sue tendenze politiche. L'altra è la compagna di Lo Cicero, Maria Romeo, che colloca Delle Chiaie a Capaci nel giorno dell'attentato al giudice Falcone. L'ex terrorista nero, coinvolto in alcuni processi sulla strategia della tensione e assolto per insufficienza di prove dalle accuse sulle stragi di piazza Fontana, a Milano, e Bologna, sarebbe stato l'aggancio fra Stato e mafia. Paolo Borsellino aveva capito e aveva cominciato a scavare sui collegamenti tra la mafia di Totò Riina ed entità esterne a Cosa nostra, come appunto le frange eversive della destra italiana;
altro testimone ascoltato da Mondani è il brigadiere dei carabinieri Walter Giustini, che allora seguiva Lo Cicero, il quale gli aveva raccontato nei primi mesi del 1992 che Salvatore Biondino era l'autista di Totò Riina. Giustini scrisse un'informativa ben prima della strage di Capaci, ma nessuno seguì l'autista per prendere il boss mafioso. Se Biondino fosse stato pedinato, ha concordato il carabiniere Giustini con l'intervistatore Paolo Mondani, si sarebbe potuto arrestare Totò Riina prima delle stragi;
considerato che il 24 maggio 2022 la Procura di Caltanissetta, a quanto consta, ha ordinato alla DIA di perquisire redazione e giornalisti di "Report", in particolare l'abitazione di Paolo Mondani. Gli investigatori hanno sequestrato i telefonini e i computer. La notizia è stata resa nota dal giornalista Sigfrido Ranucci, conduttore della trasmissione, e ha trovato conferma in ambienti investigativi. "L'inchiesta sul contenuto della trasmissione Report di ieri, con la perquisizione eseguita dalla Dia nei confronti di 'un giornalista che non è indagato', punta a 'verificare la genuinità delle fonti'", ha affermato il procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, con una nota;
considerato infine che:
la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha ribadito più volte la relazione tra l'attività di chi fa informazione ed il diritto dei cittadini ad essere informati;
le perquisizioni nella redazione di Report e a casa dell'inviato Paolo Mondani ripropongono pertanto, a giudizio degli interroganti, l'urgenza di approvare norme più efficaci a tutela delle fonti e del segreto professionale dei giornalisti,
si chiede di sapere se e come il Ministro in indirizzo intenda intervenire negli ambiti di propria specifica competenza, sia sul piano legislativo e regolamentare sia sul piano ispettivo.
(4-07087)
Interrogazioni, da svolgere in Commissione
A norma dell'articolo 147 del Regolamento, le seguenti interrogazioni saranno svolte presso le Commissioni permanenti:
1ª Commissione permanente(Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione):
3-03312 del senatore Calandrini, sull'aumento dell'organico della Questura di Latina e sull'istituzione di una sezione della DIA;
3ª Commissione permanente(Affari esteri, emigrazione):
3-03345 del senatore Porta, sulle condizioni critiche della comunità italiana in Venezuela;
12ª Commissione permanente(Igiene e sanità):
3-03343 del senatore Zaffini, sulla gestione delle dosi di vaccino anti COVID prossime alla scadenza;
3-03296 dei senatori Calandrini e Zaffini, sull'inserimento del farmaco oncologico Sacituzumab tra quelli dispensati dal Servizio sanitario nazionale.