Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 417 del 23/03/2022

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2022 e conseguente discussione (ore 15,35)

Approvazione della proposta di risoluzione n. 2 e dei paragrafi 1), 2), 5), 6), 7), 8), 11), 12), 13), 14) e 15) del dispositivo della proposta di risoluzione n. 4. Reiezione delle proposte di risoluzione nn. 1 e 3 e delle premesse e dei paragrafi 3), 4), 9), 10) e 16) del dispositivo della proposta di risoluzione n. 4

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: «Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2022 e conseguente discussione».

Ha facoltà di parlare il presidente del Consiglio dei ministri, professor Draghi.

DRAGHI, presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli senatrici e senatori, il Consiglio europeo del 24 e 25 marzo si aprirà con l'incontro con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Sarà preceduto da un vertice NATO e da un vertice G7, che si terranno sempre a Bruxelles.

In queste sedi la comunità euroatlantica intende ribadire la sua unità e determinazione nel sostegno all'Ucraina: un impegno comune per tutelare la pace, la sicurezza e la democrazia, che l'Italia ha riaffermato ieri nell'Aula dell'altro ramo del Parlamento alla presenza del presidente Zelensky.

Il Consiglio europeo si tiene a un mese esatto dall'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, cominciata il 24 febbraio. Da allora, secondo l'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, sono state registrate 2.510 vittime civili, con 953 persone uccise, tra cui 78 bambini, e oltre 1.500 feriti. Purtroppo, questi numeri sono provvisori, sottostimano fortemente i morti e i feriti e continuano a crescere.

Davanti agli orrori della guerra l'Italia lavora con determinazione, insieme a tutta la comunità internazionale, per la cessazione delle ostilità. Siamo impegnati insieme ai nostri partner europei per realizzare delle tregue umanitarie localizzate, organizzare evacuazioni e portare beni di prima necessità. La nostra volontà di pace si scontra, però, con quella del presidente Putin, che non mostra interesse ad arrivare a una tregua che permetta ai negoziati di procedere con successo. Il suo disegno appare piuttosto quello di guadagnare terreno dal punto di vista militare, anche ricorrendo a bombardamenti a tappeto come quelli a cui assistiamo a Mariupol.

Per questo, la comunità internazionale ha adottato sanzioni sempre più dure nei confronti della Russia. Lo sforzo diplomatico potrà avere successo solo quando lo vorrà realmente Mosca.

Noi non dobbiamo però commettere l'errore di avallare una contrapposizione tra Occidente e Russia e alimentare così quello che è stato definito, in altre occasioni, uno scontro di civiltà. Molti cittadini russi si sono schierati contro la guerra del presidente Putin e protestano, mettendo a rischio la propria incolumità. A loro vanno l'amicizia e la solidarietà di tutto il Governo e mia personale.

Il Consiglio europeo riaffermerà anche il sostegno al percorso dell'Ucraina verso l'adesione all'Unione europea. Questo processo ha tempi lunghi, necessari per permettere un'integrazione reale e funzionante. Ma, come ho ribadito anche ieri in Parlamento, l'Italia è al fianco dell'Ucraina in questo processo. (Applausi). L'Unione europea ha già attivato la procedura, ma in questo momento è importante mandare a Kiev ulteriori segnali di incoraggiamento. Lo sforzo diplomatico deve coinvolgere anche altri Paesi, in particolare la Cina ricopre un ruolo di grande influenza nelle dinamiche geopolitiche e di sicurezza globali. È fondamentale che l'Unione europea sia compatta nel mantenere aperti spazi di dialogo con Pechino, perché contribuisca in modo costruttivo allo sforzo internazionale di mediazione. Il vertice tra Unione europea e Cina del prossimo 1° aprile sarà un'occasione per sottolineare la nostra posizione. Dobbiamo ribadire la nostra aspettativa che non solo Pechino si astenga da azioni di supporto a Mosca, ma che partecipi attivamente e con autorevolezza allo sforzo di pace. Questo messaggio è emerso anche durante il lungo confronto telefonico tra il presidente Biden e il presidente Xi Jinping il 18 marzo e negli sforzi diplomatici che lo hanno preceduto. Mi riferisco, in particolare, all'incontro tra il consigliere per la sicurezza americano Jack Sullivan e il direttore dell'ufficio della comunicazione affari esteri cinese Yang Jiechi, avvenuto a Roma la settimana scorsa.

Allo stesso tempo dobbiamo seguire con attenzione quanto accade nei Balcani occidentali, per prevenire possibili azioni destabilizzatrici di Mosca. Nel Consiglio discuteremo della prolungata crisi politica in Bosnia Erzegovina: siamo impegnati per disinnescare le provocazioni secessioniste della Repubblica Serba e per far rientrare la crisi politica e istituzionale che paralizza il Paese dallo scorso luglio. È fondamentale che la Bosnia Erzegovina riprenda la strada delle riforme per avvicinarsi all'Unione europea. (Applausi). Il nostro obiettivo è assicurare l'organizzazione delle elezioni politiche in autunno per evitare ulteriore incertezza nel Paese.

La crisi in Ucraina ha generato un massiccio afflusso di profughi, che attualmente conta oltre 3,85 milioni di persone. Di fronte all'aumento quotidiano del numero di rifugiati sono essenziali un coordinamento europeo e un impegno finanziario adeguato. L'Unione europea deve garantire una puntuale attuazione negli Stati membri della direttiva per la protezione temporanea approvata per la prima volta nella nostra storia. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha proposito ieri di utilizzare i fondi europei con la massima flessibilità a sostegno di chi scappa dalla guerra in Ucraina e di stanziare oltre 3 miliardi di euro a favore degli Stati membri coinvolti nell'accoglienza. L'Italia appoggia con convinzione la posizione della Commissione e continua a fare la sua parte con determinazione, altruismo, solidarietà. Nel Consiglio dei ministri della settimana scorsa abbiamo approvato nuovi fondi per l'accoglienza, per un totale di 428 milioni di euro. La generosità mostrata in questi giorni dagli italiani è davvero straordinaria. (Applausi). Desidero ringraziare ancora una volta la Protezione civile, le Regioni, i Comuni, il terzo settore, gli enti religiosi per il loro incessante impegno.

Il Consiglio europeo si confronterà anche sull'aumento dei prezzi dell'energia. Dopo i picchi raggiunti due settimane fa, i prezzi del gas e dell'energia elettrica sono scesi nuovamente. Il prezzo spot del gas sul mercato europeo oggi è dimezzato - questa purtroppo è una notizia vecchia - rispetto alle punte di circa 200 euro raggiunte l'8 marzo. Dico che è una notizia vecchia perché è appena uscita la notizia che la richiesta di effettuare i pagamenti in rubli, invece che in dollari o in euro, ha portato di nuovo il prezzo del gas a salire di circa 15 euro per megawattora. Sono però prezzi ancora molto alti rispetto ai livelli storici: più di cinque volte quelli di un anno fa. La volatilità dei mercati energetici ha inciso anche sui prezzi ai distributori, che, all'inizio del mese, in Italia, hanno superato i 2 euro al litro.

Secondo la Commissione europea, l'andamento dei prezzi italiani è però in linea con quelli del resto d'Europa. Lunedì 14 marzo il diesel costava 2,31 euro in Germania, 2,14 euro in Francia, 2,15 euro in Italia; nel nostro caso però rappresenta un aumento del 40 per cento per la benzina e del 50 per cento per il diesel rispetto a un anno fa. Venerdì scorso il Governo è intervenuto per difendere il potere d'acquisto delle famiglie, soprattutto quelle più vulnerabili, e aiutare le imprese a sostenere i costi di produzione. Abbiamo deciso di ridurre le accise sulla benzina e sul gasolio di 25 centesimi al litro per un mese, abbattendo così gran parte degli aumenti registrati nelle ultime settimane. Creiamo dei fondi per sostenere i settori dell'agricoltura, della pesca, dell'autotrasporto, che sono stati particolarmente colpiti dalla crisi. Con le nuove misure il numero di famiglie che ha accesso ai bonus sociali per elettricità e gas ed è così protetto dai rincari delle bollette passa da 4 a 5,2 milioni di famiglie.

Le imprese potranno rateizzare le bollette, uno strumento già a disposizione delle famiglie; istituiamo nuovi crediti di imposta per le imprese sul costo dell'energia e del gas, e rafforziamo quelli esistenti; ampliamo i poteri dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, e del Garante per la sorveglianza dei prezzi, perché possano seguire con attenzione le variazioni sui mercati. Non è stato finora possibile ottenere informazioni sui contratti a lungo termine stabiliti dalle compagnie con i loro venditori. Occorreva quindi prendere questa decisione per riuscire ad avere maggiore informazione per ciò che riguarda i provvedimenti che intendiamo adottare in futuro.

Infine, rifinanziamo la Cassa integrazione per le aziende in difficoltà. Il pacchetto ammonta in totale a circa 4 miliardi ed è finanziato in gran parte grazie alla tassazione dei profitti in eccesso maturati in questi mesi dai produttori del settore energetico.

In questa crisi ognuno deve fare la sua parte. Il Governo è consapevole della necessità di ulteriori interventi, ma la risposta a difesa di consumatori e imprese deve essere anche europea. Dobbiamo arrivare a una gestione davvero comune del mercato dell'energia. È auspicabile un coordinamento tra Commissione e Stati membri sulla diversificazione degli approvvigionamenti di gas, soprattutto di gas liquido. Serve un approccio condiviso sugli acquisti e sugli stoccaggi per rafforzare il nostro potere contrattuale verso i Paesi fornitori e tutelarci a vicenda in caso di shock isolati.

La creazione di un tetto europeo ai prezzi del gas è al centro di un confronto che abbiamo avviato con la presidente von der Leyen. Vogliamo poi spezzare il legame tra il prezzo del gas e quello dell'elettricità, che è in parte prodotta da fonti alternative, il cui prezzo non ha molto a che vedere con quello del gas. È essenziale puntare in modo deciso sulle energie rinnovabili e dare un ruolo centrale alla sponda Sud del Mediterraneo. Su tutti questi fronti, auspico che il Consiglio europeo prenda decisioni ambiziose che possano essere rapidamente operative.

Come abbiamo concordato al Consiglio europeo informale di questo mese, le ricadute economiche del conflitto in Ucraina vanno oltre il costo dell'energia. Si registrano aumenti anche nei prezzi dei generi alimentari, che a livello globale sono cresciuti in modo quasi continuo da metà del 2020 e sono attualmente ai massimi storici e questo ha delle conseguenze tangibili per i prezzi nei supermercati. Secondo i dati Eurostat, a febbraio i prezzi dei beni alimentari in Italia sono aumentati del 5,2 per cento rispetto allo scorso anno. In particolare, il prezzo della pasta è cresciuto di circa l'11 per cento, quello dello zucchero e del pane di circa il 5 per cento, quello della carne di quasi il 4 per cento. Questi rincari dipendono da shock esterni che ci impongono di accelerare nel percorso di autonomia strategica in campo alimentare. Questo processo è alla portata della capacità tecnologica e produttiva europea, ma richiede un impegno immediato, ad esempio per l'aumento delle aree coltivabili. Allo stesso tempo, dobbiamo essere pronti a diversificare maggiormente le nostre fonti di importazione. Ora ho parlato dei nostri supermercati della carne e della pasta, ma un'altra crisi di dimensioni straordinarie, che finirà per essere una crisi umanitaria se non affrontata, è quella degli aiuti alimentari ai Paesi in via di sviluppo, dove si registra effettivamente una quasi paralisi dei flussi di aiuti alimentari.

Il rafforzamento dell'economia europea passa anche dalla tutela delle aree industriali strategiche, da sostenere con adeguati investimenti in innovazione e ricerca scientifica e tecnologia; una priorità è aumentare la produzione di microchip in Europa. Un recente studio del Fondo monetario internazionale stima che l'anno scorso le strozzature nelle catene del valore sono costate all'area dell'euro circa il 2 per cento di prodotto interno lordo. La carenza di semiconduttori essenziali per molte industrie strategiche come i mezzi di trasporto, i macchinari industriali, la difesa, è stata particolarmente dannosa. L'ambizione europea è aumentare la propria quota di mercato dal 10 al 20 per cento della produzione globale di chip entro il 2030. Questo incremento ci permetterebbe di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti a fronte di eventuali ritardi nelle importazioni. Il Chips Act della Commissione è un importante passo avanti per raggiungere questi obiettivi. Intendiamo aumentare gli investimenti nella ricerca, sviluppare e rafforzare una capacità produttiva che sia verticalmente integrata e che assicuri un'effettiva autonomia nella produzione e nel packaging dei microchip.

Dobbiamo accelerare la realizzazione del secondo importante progetto di comune interesse europeo nella microelettronica. A livello nazionale il Governo ha approvato a inizio del mese la creazione di un fondo di oltre quattro miliardi per sviluppare l'industria e la ricerca sui semiconduttori e sulle tecnologie innovative. Dobbiamo rimanere aperti anche agli investimenti esteri, ma con un approccio coordinato fra Stati membri e norme che favoriscano le ricadute positive per l'intera industria europea.

La guerra in Ucraina ha messo in evidenza ancora una volta l'importanza di rafforzare la politica di sicurezza e di difesa dell'Unione europea, in complementarità con l'Alleanza atlantica. Un'Europa più forte nella difesa rende anche la NATO più forte.

Il Consiglio europeo è chiamato ad approvare la bussola strategica, in seguito alla sua adozione, lunedì 21 marzo, al Consiglio dei ministri degli affari esteri e della difesa. La bussola è stata adattata alla luce della guerra in Ucraina, che rappresenta la più grave crisi in ambito di difesa nella storia della nostra Unione europea. Essa prevede l'istituzione di una forza di schieramento rapido fino a 5.000 soldati e 200 esperti in missioni di politica di difesa e di sicurezza comune.

A queste iniziative si aggiungono investimenti nell'intelligence e nella cybersicurezza, lo sviluppo di una strategia spaziale europea per la sicurezza e la difesa e il rafforzamento del ruolo europeo quale attore della sicurezza marittima.

Nel percorso verso una difesa comune è essenziale sviluppare capacità adeguate per essere un fornitore di sicurezza credibile. Ciò può avvenire soltanto se rafforziamo la nostra industria della difesa e la rendiamo non solo più competitiva dal punto di vista tecnologico, ma soprattutto meglio integrata a livello europeo. Abbiamo tutti da guadagnare da un miglior coordinamento anche nell'ambito della difesa.

La pandemia di Covid-19 ha visto l'Unione europea collaborare nell'approvvigionamento dei vaccini e - passo che è stato fondamentale - nella creazione del programma Next generation EU. Dobbiamo mostrare la stessa ambizione, la stessa lungimiranza, in risposta alla guerra in Ucraina e alle sue conseguenze politiche, economiche e sociali. Per riuscirci, il sostegno del Parlamento, il vostro sostegno, è essenziale e per questo vi ringrazio. (Applausi).

PRESIDENTE. Avverto che le proposte di risoluzione dovranno essere presentate entro la conclusione del dibattito.

Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.

È iscritto a parlare il senatore Monti. Ne ha facoltà.

MONTI (Misto). Grazie, signor Presidente. Signor Presidente del Consiglio, mi rallegro e manifesto piena condivisione sia con il suo forte e impeccabile discorso di ieri alla Camera dei deputati, sia con le considerazioni e la volontà politica che lei ha espresso oggi in ordine all'imminente Consiglio europeo.

Vorrei fare tre semplici considerazioni su temi che credo faranno da sfondo al Consiglio europeo al quale lei sta per recarsi. Sono tre nessi: il primo tra l'Unione europea e la guerra; il secondo tra la guerra e il mercato unico; il terzo tra la guerra e l'allargamento.

Rispetto al primo punto - l'Unione europea e la guerra - ricordo che la guerra è stata la nascita, come tutti sappiamo, della Comunità europea, che è nata essenzialmente per evitare la ripetizione della Seconda guerra mondiale. Infatti il primo atto forte della costruzione europea è stata la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, proprio per impedire fisicamente una guerra tra gli Stati membri. Il secondo atto era molto coerente con questa prospettiva, cioè la comunità europea di difesa; una volta impedito agli Stati membri di farsi la guerra tra loro, diventava importante dotare l'Unione europea di una personalità di politica estera e di politica della difesa. Sappiamo che, a causa della mancata ratifica nel Parlamento francese (era il 1954, ne sono passati parecchi di anni), questa parte del processo di costruzione è rimasta bloccata.

Ora abbiamo la tragica guerra in Ucraina. Le istituzioni comunitarie stanno per approvare la bussola strategica, che il presidente Draghi ha giustamente sottolineato. Non nascondiamoci che questo è uno strumento nato all'indomani della crisi afghana dell'estate scorsa e che adesso viene rinforzato; tuttavia siamo ancora molto lontani da un embrione di difesa europea. Questo si incrocia, a mio parere, con le questioni finanziarie. Molti dicono che abbiamo avuto e che sta avendo successo il Next generation EU, dopo la pandemia; adesso la guerra provocherà gravi ripercussioni sull'economia europea e ci vorrebbe un Next generation EU numero due. Io mi permetto di esprimere parere contrario su questo, perché con il Next generation EU l'Unione europea ha deciso, anche con proprie risorse, di favorire la proiezione nel futuro di tutti gli Stati membri, con progetti di investimento e di riforme, però, sul piano nazionale. Cosa molto diversa è invece dotarsi, anche con risorse finanziarie proprie, della possibilità di creare e di fornire un bene pubblico europeo, cioè la sicurezza collettiva. Sarebbe un grave errore, secondo me, ripercorrere semplicemente il Next generation EU; è arrivato il momento di creare la "Secure EU", un grande progetto comunitario.

La considerazione su guerra e mercato unico è più rapida. Tutti stiamo realizzando in questi tempi che ci sarà una certa deglobalizzazione e una certa maggiore dipendenza dai mercati di ciascuno. Pensiamo cosa sarebbe dell'Europa se, di fronte alla Cina e all'America (due grandi mercati continentali), noi avessimo ancora i nostri piccoli mercatucci nazionali.

Un'ultima considerazione, signora Presidente, riguarda l'Unione europea e l'allargamento. Ricordiamo tutti quante volte è stata criticata o noi stessi abbiamo criticato la decisione della Commissione europea, alla fine del secolo scorso, di procedere all'allargamento verso est e con quanta cura e con quanta attenzione questo allargamento è stato implementato. Molti però hanno criticato questo, che ha portato anche a fenomeni di concorrenza a basso costo da parte dei nuovi Stati membri. Bene, io vorrei fare una domanda, in particolare a quei senatori alcuni dei quali, un paio d'anni fa, dicevano di sentirsi più sicuri nella Russia di Putin che nei Paesi dell'Unione europea. Oggi che sensazione di sicurezza avremmo in Italia, se quella parte d'Europa che sta tra la Slovenia e l'Estonia fosse nella situazione di Paesi candidati un giorno a essere membri dell'Unione europea? Meglio, credo, che l'allargamento sia già avvenuto. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pittella. Ne ha facoltà.

PITTELLA (PD). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, ci sono tante emozioni che determinano una guerra, ancor più quando si tratta di una guerra improvvisa, un'invasione brutale di uno Stato sovrano e di un popolo innocente: rabbia, dolore, stupore, condanna, solidarietà e impegno per ripristinare la pace e assistere milioni di persone indifese. È ciò che sta facendo molto bene il Governo italiano insieme a lei, signor Primo Ministro, e il nostro sostegno è pieno, convinto e determinato. È ciò che stanno facendo bene l'Unione europea e la comunità internazionale, le forze a cui siamo legati da un saldo afflato atlantista ed europeista.

C'è una lezione da trarre da questa guerra, ed è la stessa che abbiamo saputo trarre dalla pandemia: non esistono fortezze nazionali o locali che possano difenderci appieno e tutta la propaganda isolazionista è platealmente annichilita da una particella invisibile che ci mette in ginocchio, dai carri armati che avanzano e dai cieli anneriti di gas, di lacrime e di lutti. Questa lezione chiama in campo l'Europa; come per il Covid, anche la guerra ci impone di rafforzare la risposta europea.

Volendo analizzare solo l'aspetto economico, le stime, sia pure approssimative, in ambito europeo ci dicono che tra aumento dei costi domestici, recupero dell'autonomia energetica, assistenza ai rifugiati e politica di difesa e di sicurezza, parliamo di somme non inferiori ai 200 miliardi.

Tutto questo comporta almeno tre impegni prioritari. Il primo: l'emissione di eurobond deve diventare strutturale, non episodica, per ampliare la potenza finanziaria di un Piano europeo di ripresa e resilienza, non dei singoli piani nazionali, come giustamente ha detto il presidente Monti; un piano europeo che deve comprendere necessariamente gli interventi conseguenti alla guerra, in particolare le politiche rafforzate di difesa comune e di politica energetica comune. Certo, l'approvazione della bussola strategica sarà un passo in avanti importante in questa direzione.

Il secondo impegno: la riforma del Patto di stabilità va affrontata garantendo autonomia fiscale alla zona euro e il varo di un bilancio della zona euro che si rispetti, che non sia l'1 per cento del reddito nazionale lordo.

Terzo impegno: serve una forte iniziativa politica.

Ho colto segnali importanti nel suo intervento, presidente Draghi: adesione dell'Ucraina, conclusione dei processi di adesione dei Paesi dei Balcani e attenzione a non sottovalutare ciò che sta succedendo in Bosnia. Non facciamo l'errore esiziale di non vedere ciò che ribolle nel ventre della Bosnia e non dimentichiamo il Mediterraneo. Se si saldano la guerra ad Est e i possibili sommovimenti in Africa, dovuti anche alle crescenti carenze alimentari, saremo in una morsa mortale.

Per questo oggi - non domani - è il giorno di un'Europa più forte e più unita. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bonino. Ne ha facoltà.

BONINO (Misto-+Eu-Az). Signora Presidente, signor Primo Ministro, alcuni continuano a ripetere che l'Europa si sveglia solo a un metro dal baratro e che nei periodi di calma non si mette a discutere come migliorare. Mi auguro che il Consiglio europeo di giovedì e venerdì segni questo metro dal baratro da cui dobbiamo uscire e che si possa vedere un Consiglio europeo reagire ancora unitariamente. Credo che il problema, dal punto di vista degli obiettivi di Putin, era esattamente quello di dividere l'Europa e di dividere gli Stati europei. Peccato, ha perso, perché almeno finora la coesione dell'Unione europea è stata un elemento importante. Anche la visita di Biden in questi giorni per il vertice NATO, secondo me, può dare qualche indicazione importante e ovviamente rafforzare la difesa.

Sulla difesa, signor Presidente, vorrei dirle una cosa. Penso che per costruire un palazzo non si parte dal tetto, ma dalle radici. Come facciamo, chi decide o deciderà dove mandare questo nucleo di 5.000 persone? Niger o Ucraina? Mali o Sudan? Chi lo decide? Mancano quindi, secondo me, prima - o, almeno, parallelamente - la politica estera e la politica di difesa, altrimenti la governance non regge, com'è di tutta evidenza. Ed è vero che oggi scontiamo anche l'ennesimo modo di essere spesso noi stessi: a noi piace cioè l'uomo forte; le istituzioni forti un po' meno; le donne forti, poi, non le prendiamo neanche in considerazione, perché è del tutto evidente che non ci sono. (Applausi).

Applichiamo un senso della misura. Ad esempio, capisco che bisogna avere rapporti con la Russia finché siamo dipendenti dal gas per il 40 per cento, ma non è necessario dare venti onorificenze a venti russi. Il senso della misura dice che, da una parte, è chiaro che non tendiamo all'autocrazia, ma, dall'altra, possiamo ben sottolineare sempre che comunque siamo diversi nei valori, nell'impostazione e nella governance e che non è il caso che onoriamo tanti, tutti quelli che passano? Anche quello che, dopo essere stato ben onorato, ha definito "falco" il ministro Guerini; va bene, cercheremo allodole, non importa. Uno va in Arabia, va bene, ma non è proprio necessario dire che ha trovato il nuovo rinascimento. Non è così, a meno che il rinascimento non si misuri dall'altezza dei grattacieli. Questo rinascimento però, l'altro ieri, ha visto ottantuno esecuzioni di condanne a morte in un giorno.

Per questo credo, presidente Draghi, che il suo linguaggio di verità - e cioè che alcuni costi li pagheranno anche i nostri cittadini - vada ripetuto, perché non si ritrovino - o non facciano finta di ritrovarsi - completamente impreparati. Evidentemente sta noi - non solo a lei, ma a noi tutti, alla cosiddetta classe politica - formare e informare, al di là dei talk show e quant'altro, su cosa ci possiamo aspettare, mentre nel frattempo continua tutto il vostro sforzo diplomatico.

Infine, ci sono cose che possiamo fare da soli. Abbiamo in Italia la più grande comunità di ucraini: sono 286.000. Li vogliamo regolarizzare? Magari come forma urgente. Queste signore, infatti, se possono, chiederanno i ricongiungimenti familiari. Peraltro, penso che tra i rifugiati afghani non dobbiamo distinguere quelli buoni e quelli cattivi: questo proprio non si fa. Le chiedo quindi una misura straordinaria perché questa comunità di donne sole trovi una forma per avviare i ricongiungimenti familiari. Comunque, buon lavoro e spero che questi due giorni a Bruxelles segnino il cambio, un metro prima del baratro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Aimi. Ne ha facoltà.

AIMI (FIBP-UDC). Signora Presidente, signor presidente del Consiglio dei ministri, professor Draghi, membri del Governo, colleghi, Forza Italia ha un atteggiamento di grande lealtà nei confronti di questo Governo. L'abbiamo sempre dimostrato, anche in passato, nei momenti difficili nei quali abbiamo dovuto affrontare anche le missioni internazionali di pace.

Continuiamo su questa strada, però vorrei ricordare a quest'Assemblea che abbiamo perso davvero tanto tempo e la guerra sta diventando, nella sua drammaticità, anche un grande acceleratore, perché non apre gli occhi solo sulla tragedia immane del conflitto, ma anche sulle condizioni nelle quali si dibatte questa Europa, priva di una sovranità energetica e alimentare e priva soprattutto di una capacità militare che le consenta di avere quell'autorevolezza che tante volte è stata anche richiamata in quest'Aula. Mi riferisco ad alcuni suoi discorsi, signor Presidente del Consiglio, nei quali ha evidenziato la necessità di arrivare ad un'Europa che abbia una sua autonomia strategica.

Ho parlato tante volte di Europa superpotenza. Le superpotenze infatti, come lo sono gli Stati Uniti, la Cina e la Russia stessa, sono quelle realtà nel perimetro delle quali non avvengono le guerre. Allora noi, come forza politica, vogliamo fare un appello davvero sincero e reale alla pace e per fare un appello alla pace dobbiamo uscire dalle forme di un certo pacifismo, di una certa utopia e anche da certi "pacifinti" che a volte popolano la politica italiana. La vera pace la otteniamo se guardiamo con attenzione alla situazione internazionale e ci rendiamo conto che abbiamo comunque la necessità di arrivare a una trattativa per porre fine alla guerra. L'Europa non può permettersela: non siamo in condizioni - dobbiamo dire la verità - di affrontare un conflitto. Non siamo nelle condizioni noi italiani e non lo è l'Europa, quindi dobbiamo fare tutto ciò che è possibile per avviarci sulla strada delle trattative. Questo è ciò che si dovrà realizzare nell'incontro del 24 e 25 marzo.

Certo, poi vi è l'autonomia energetica e bisogna guardare con attenzione anche all'energia nucleare, che è stata ritenuta pulita. Occorre guardare con attenzione alla fissione dell'atomo, a centrali nucleari che siano collocate 200-300 metri sottoterra, com'è stato richiesto, che potrebbero portare davvero a un'autonomia anche energetica. Questo, però, avverrà in tempi estremamente lunghi, perché dobbiamo attendere ancora dieci anni. Nel frattempo, che cosa diciamo agli italiani, nel momento in cui abbiamo ancora una dipendenza intorno al 40 per cento dalle forniture di gas russo, senza parlare delle difficoltà che dovremo affrontare sotto il profilo dell'autonomia alimentare?

Allora bisogna parlare il linguaggio della verità: non vogliamo la guerra, vogliamo la pace, ma per arrivare alla pace dobbiamo mettere in campo tutte le strategie e soprattutto le azioni necessarie per costruirla.

Quindi anche nel linguaggio non forzerei ulteriormente. Facciamo grande attenzione nel momento in cui usiamo parole che non consentono più di ritornare indietro. (Applausi).

Guardiamo alla tragedia che sta avvenendo nella consapevolezza che la guerra sta trascinando nel baratro una Nazione e rischia di trascinare in una guerra anche l'Europa. Voglio ricordare lo studio di un'università americana che evidenzia che se la guerra dovesse diventare mondiale e quindi nucleare, come indicato dal ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, nei primi quarantacinque minuti di conflitto avremmo 85 milioni di morti.

Quindi, presidente Draghi, handle with care: maneggiamo questa operazione con la valutazione di tutta la situazione generale e cerchiamo di comprendere che il rischio che l'Italia e l'Europa stanno affrontando in questo momento è esorbitante. Dobbiamo evidenziarlo anche agli italiani.

Presidente Draghi, in bocca al lupo e rappresenti questa Italia nel migliore dei modi: un'Italia che le è vicina e la ringrazia anche per l'importante relazione che ha tenuto quest'oggi al Senato della Repubblica, la quale rappresenta un passo ulteriore verso il processo di pace che vogliamo realizzare. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Granato. Ne ha facoltà.

GRANATO (Misto). Signor Presidente, in premessa al mio breve intervento ricordo al presidente Draghi che, a maggior ragione per il fatto che non ha alle spalle alcun mandato elettivo, è tenuto, negli impegni che assumerà in sede europea per conto del popolo italiano, a non travalicare i limiti imposti dalla Costituzione, su cui pure ha giurato.

Lei, presidente Draghi, è corresponsabile dei processi decisionali in ambito europeo. Il popolo italiano non vuole essere coinvolto come parte cobelligerante in questa guerra e lei non ha alcun diritto di assumere diversi impegni con i partner europei, dilapidando risorse pubbliche per armare eserciti irregolari, per giunta finanche neonazisti. Con quali garanzie, oltretutto, per il popolo ucraino? E con quali ricadute sui nostri conti pubblici? Basta ipocrisia.

Le risorse per alleggerire il ricarico che i cittadini subiscono sulle bollette e sul carburante per effetto di una politica commerciale svantaggiosa del suo Governo che non tutela gli interessi dell'Italia a livello internazionale e l'interesse pubblico a livello nazionale sono, oltreché tardive, del tutto insufficienti. Migliaia di imprese sono già fallite e altre, non potendo permettersi di lavorare in perdita, falliranno nella sua totale indifferenza. Non è stato lei, d'altronde, a dire a suo tempo che non tutte le attività produttive possono essere salvate? Qui non si tratta di imprese o settori in difficoltà da prima della pandemia: si tratta di settori messi in crisi da come lei e, prima ancora di lei, il presidente Conte avete gestito la pandemia e, poi, anche questa ulteriore crisi, con misure che hanno colpito e affondato comparti produttivi che godevano di ottima salute. Migliaia di posti di lavoro sono saltati e milioni sono ancora destinati a saltare. Lei è il liquidatore fallimentare del nostro Paese, delle piccole e medie imprese, delle partite IVA e dei risparmi degli italiani. È stato messo in questa posizione per fare cassa e lo fa con impareggiabile cinismo.

Non c'è mai disponibilità per sostenere le imprese, le famiglie, la sanità pubblica e le scuole, e non è un caso. La disponibilità c'è però per le armi e per gli affari delle multinazionali che producono i vaccini, di cui oggi però non ha parlato.

Si annuncia l'acquisto in Europa di ben 4,6 miliardi di dosi di vaccini. Ma vi siete mai chiesti se i popoli dei vari Stati membri, a cui non avete nemmeno avuto il coraggio di ostentare i contratti con le pharma, saranno poi disponibili liberamente a inocularsi prodotti che state acquistando con denaro pubblico e che hanno dato prova di palese inefficacia e di determinare effetti avversi gravissimi e finanche decessi? O discuterete su come continuare il ricatto del green pass in eterno, già previsto in Europa fino al giugno 2023?

Riferisca che solo in Italia, a causa delle sue misure, abbiamo, fuori da ogni quadro di emergenza reale, 600.000 lavoratori sani sospesi senza stipendio, alcuni dei quali potranno tornare a lavorare con tampone. I sanitari resteranno invece in castigo fino al 31 dicembre.

In questo Consiglio europeo discuterete poi su come affidare la regia delle prossime pandemie all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), che vive anche con i fondi di chi produce e diffonde vaccini, in barba a qualsiasi conflitto di interessi? È così che progettate di superare le barriere costituzionali dei vari Stati e dei vari Parlamenti e la volontà dei popoli?

In sintesi, da un lato, proponete di finanziare l'industria bellica, in cui magari sono compresi anche i 300 laboratori che in tutto il mondo producono virus ingegnerizzati; dall'altro, finanziate vaccini a mRNA, che poi dovrebbero contrastare le pandemie a orologeria gestite dall'OMS; dall'altro ancora, distruggete l'economia dei vari Paesi membri con lockdown strategici.

Dulcis in fundo, vi accingete a instaurare un controllo sociale totale con un'identità digitale unica su cui sono presenti i dati sanitari e finanziari...

PRESIDENTE. La invito a concludere, senatrice Granato.

GRANATO (Misto). Se questi sono i vostri programmi, non a nome del popolo italiano, grazie. (Commenti).

PRESIDENTE. Non c'è spazio per polemiche di sorta. Ognuno può esprimere quello che vuole in quest'Aula; per cortesia, colleghi.

È iscritto a parlare il senatore Cioffi. Ne ha facoltà.

CIOFFI (M5S). Signor Presidente, purtroppo il dramma che sta vivendo il popolo ucraino, cui naturalmente rivolgiamo tutta la nostra solidarietà e vicinanza, ci ha fatto ulteriormente comprendere quanto sia importante che i Paesi dell'Unione siano uniti e cooperino tutti per la pace. Purtroppo viviamo un momento di estrema difficoltà: dopo la pandemia, il nuovo dramma della guerra. Il primo era uno shock di carattere simmetrico, ma sfasato nel tempo, mentre questo è uno shock puramente asimmetrico, che ha effetti principalmente sull'Europa. Entrambe queste crisi ci hanno fatto capire, semmai ce ne fosse stato bisogno, che i Paesi europei devono cooperare, devono lavorare congiuntamente per essere un attore globale in grado di rispondere alle minacce esterne, che sia un virus o una guerra.

La guerra fa sempre schifo, signora Presidente, in ogni caso, qualunque sia il popolo che la subisce. Oggi purtroppo vediamo che la subisce il popolo ucraino, ma nel mondo ci sono venti conflitti armati e noi dobbiamo renderci conto di quello che avviene da tutte le parti. Ovviamente il conflitto in Ucraina lo sentiamo più vicino non solo per un problema di carattere geografico, ma anche per le conseguenze che ha sul popolo europeo. L'attivazione della direttiva sui rifugiati del 2001, ricordata dal Presidente del Consiglio, è assolutamente giusta: è importante capire quanti Paesi di prima accoglienza debbono essere "sollevati" da tutte le responsabilità, da tutti i problemi. Oggi lo abbiamo fatto per la Polonia e per gli altri Paesi confinanti con l'Ucraina, ma la storia ci ricorda quello che è successo e che potrebbe ancora succedere in Italia, quindi dobbiamo lavorare con molta attenzione su questi temi.

Nei vari documenti che leggiamo si parla di autonomia strategica nei settori della sicurezza, dell'energia e dell'industria ad essi connessa, ma dobbiamo sempre ricordarci che al centro dell'azione devono essere poste le persone, i cittadini, che ovviamente sono già stremati da tutto quello che è avvenuto con la pandemia, con la destabilizzazione dei prezzi e dei costi che abbiamo visto in questi giorni, come il Presidente del Consiglio ha ricordato. Si tratta di contraccolpi potenti anche sulle piccole imprese, che costituiscono il nostro tessuto produttivo fondamentale.

Il Governo è intervenuto, ma credo che si possa intervenire con maggior forza e maggior vigore. Il Presidente del Consiglio ci ha ricordato che i prezzi sono aumentati del 40 e del 50 per cento, quindi è possibile fare molto di più. In questo contesto possiamo dunque parlare di incremento della spesa militare? Forse dobbiamo mettere prima di tutto al centro i problemi delle persone; oggi sono italiani, ma si tratta di problemi di tutte le persone dell'Unione europea. Consideriamo che gli Stati Uniti spendono 660 miliardi di dollari all'anno in spese militari e l'Unione europea 230 congiuntamente, quattro volte quello che spende la Russia; ci sono enormi spazi per ottimizzare queste risorse, che sono già molto ingenti. È su questo che forse dobbiamo lavorare prima di tutto.

Dobbiamo pensare quindi alle azioni che facciamo, sempre tenendo al centro le persone. Quando parliamo di bussola strategica e di un sistema di difesa europeo, parliamo sostanzialmente di un'ulteriore cessione di sovranità all'Unione. Queste ulteriori cessioni di sovranità devono andare di pari passo, Presidente, con un incremento del livello di «potere democratico» dell'Unione e quindi del Parlamento europeo. Dobbiamo mettere mano ai trattati e fare in modo che a ulteriori cessioni di sovranità corrisponda un aumento della forza di chi rappresenta le Istituzioni. (Applausi). Dobbiamo veramente lavorare su questo punto, altrimenti non raggiungeremo il nostro obiettivo.

D'altronde se pensiamo, come ho detto prima, all'efficientamento della spesa militare, la comparazione con gli altri attori, in particolare con gli Stati Uniti, non è attuabile. Gli Stati Uniti storicamente fanno i gendarmi nel mondo, noi, come Unione europea, non dobbiamo fare questo e possiamo tranquillamente dire che l'ottimizzazione ci dà tutte le risorse di cui abbiamo bisogno.

Lei ha parlato dell'industria e dei chip. Dobbiamo ricordare anche la recente acquisizione da parte di Nvidia di Arm. Quest'ultima è una società inglese acquisita da Nvidia per 40 miliardi di dollari ed è la società che progetta i chip. C'è un'azione dell'Antitrust su questo e dobbiamo stare attenti, anche perché poi sentiamo delle grandi risorse che l'Unione mette sul tema dei semiconduttori e leggiamo anche che Intel vorrebbe fare una fabbrica in Germania spendendo 17 miliardi di dollari, prendendosi magari tutte le risorse che abbiamo messo a disposizione degli europei.

In Europa però abbiamo dei campioni. Uno dei campioni, come sappiamo bene, è italo-francese, partecipato dal Governo italiano e da quello francese. Dobbiamo quindi difendere veramente la strategicità.

L'autonomia ovviamente tocca il settore energetico: dobbiamo vedere tempi brevi e tempi medio-lunghi; sul tempo breve dobbiamo tener presente che nella Penisola iberica ci sono sette rigassificatori che non sono collegati e quindi dobbiamo collegarli. La Francia non li voleva ricollegare, quindi dobbiamo parlare bene con i francesi per fare in modo che tale azione strategica arrivi subito al dunque. Ovviamente dobbiamo andare sulle energie rinnovabili. È importante fare in modo che l'industria sia pronta.

C'è poi tutto il tema che riguarda i minerali strategici, di cui ho parlato la volta scorsa. Presidente, forse l'Italia potrebbe realizzare una grande fabbrica per riciclare i minerali strategici dai Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). È una cosa che secondo me è bene realizzare.

Vorrei infine soffermarmi sui futures. Abbiamo letto che il Title transfer facility (TTF), che determina il prezzo del mercato, è stabilito sul mercato dei futures, che sono dieci volte il volume del gas disponibile nel mondo. Bene: forse dobbiamo iniziare a capire, e possiamo farlo all'Organizzazione mondiale del commercio, che l'unico sistema che abbiamo è intervenire in quella sede per dire che tutta questa finanza ci fa molto male. Forse dobbiamo comprimere la finanza e parlare di economia, perché forse è con essa che produciamo molti posti lavoro, con la finanza molti meno. (Applausi).

Mi auguro, Presidente, che lei, che conosce molto bene il mercato, abbia la forza di intervenire su questi temi. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Vattuone. Ne ha facoltà.

VATTUONE (PD). Signor Presidente, il Consiglio europeo del 24 e 25 marzo affronterà il tema della sicurezza e della difesa con l'approvazione della bussola strategica su cui intendo brevemente soffermarmi.

L'aggressione di Mosca all'Ucraina ha e avrà ricadute economiche, ma anche un impatto profondo sul sistema delle relazioni internazionali e sugli equilibri globali. Resta quindi il gigantesco problema di come gestire la questione degli equilibri internazionali con un'adeguata capacità di governance del sistema. La rottura con Mosca avrà infatti conseguenze. Presidente, lei, come altri, ha citato opportunamente i Balcani, ma ci saranno anche conseguenze al di fuori del Continente europeo, nei diversi scenari in cui l'influenza di Mosca conta.

Questo quindi oggi ci spinge, se ce ne fosse ulteriore bisogno, in maniera ineludibile verso una maggiore capacità dell'Unione europea quale fattore essenziale per rafforzarne il ruolo a favore della sicurezza, della pace e della stabilità internazionale, con effetti positivi anche in chiave complementare, per consolidare la componente europea di un'Alleanza atlantica più salda e credibile. Condividiamo in pieno, presidente Draghi, le sue affermazioni circa la postura euro-atlantica e la complementarietà tra la difesa europea e la NATO. Una difesa europea più forte rende la NATO più forte, è giusto e lo condividiamo, ma non va nascosto che le esigenze che lo scenario internazionale ci pone dinanzi richiedono nel breve termine ben altre efficienza ed efficacia e non va nascosto il gap esistente tra le esigenze legate alla crisi di oggi e la velocità con cui si è proceduto all'evoluzione dell'integrazione della difesa europea, che va perseguita nei tempi più rapidi possibili.

La buona notizia è l'adozione e l'auspicabile approvazione della bussola strategica, che segna un passo molto importante in questa direzione. La difesa comune europea è un tema su cui l'Italia ha dato, negli ultimi anni, un contributo convinto e di valore e con il ministro Guerini oggi può vantare di aver raggiunto risultati nel percorso di avvicinamento. C'è un primo aspetto concreto che lei ha citato, con la previsione di una capacità di intervento rapido fino a 5.000 unità, con componenti terrestri, marittime e aeree, ma non è sufficiente, ce lo dobbiamo dire. Almeno, però, registriamo un primo passo concreto.

C'è poi un piano d'azione ambizioso, in particolare sulla cooperazione industriale in ambito europeo, tesa a investire con più qualità anche nell'ottica di colmare le lacune strategiche e ridurre le dipendenze tecnologiche e industriali. È necessario semplificare i sistemi d'arma - ce lo siamo detti più volte in Commissione difesa - in ottica europea, che può consentire di performare meglio che con economie di scala e fare sistema e adeguare infine le capacità per arrivare, come ha detto lei, a un vero sistema di difesa integrato.

Infine, a proposito della bussola, desidero evidenziare un dato che è un elemento direi strutturale e culturale dell'azione dell'Unione europea: l'idea che la sicurezza debba essere inclusiva, con la ricerca del dialogo a partire dal vicinato, è una parte anch'essa di particolare valore, soprattutto quando pensiamo alla necessità di essere capaci di rilanciare un accordo per tutelare la sicurezza e la pace in Europa.

Desidero concludere condividendo in pieno gli obiettivi che ha delineato, Presidente, ma sul punto desidero ricordare che quello che più importa per lo sviluppo del percorso verso una difesa europea è individuare le condizioni politiche, come hanno detto altri, oggi forse più concrete. È altrettanto importante individuare il corretto processo decisionale per l'impiego di tali capacità. Sono questi due aspetti molto importanti e determinanti, perché si tratta di cedere sovranità nazionale e questa è la ragione per cui la Commissione difesa, attraverso la presidente Pinotti, ha chiesto più volte di svolgere una discussione in Aula. Rivolgo qui un ulteriore appello alla presidente Alberti Casellati affinché questa discussione, viste l'urgenza e la delicatezza del tema, arrivi al più presto in Aula. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Fantetti. Ne ha facoltà.

FANTETTI (Misto-IaC (I-C-EU-NdC (NC))). Signor Presidente del Consiglio, noi della componente Europeisti al Centro ci riconosciamo pienamente nell'indirizzo che ci ha fornito circa la posizione che il Governo terrà sul dossier all'ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo. Sulla situazione in Ucraina, con un Paese e una popolazione sconvolti dalla folle e ingiustificabile aggressione russa e ai quali va ribadita tutta la nostra solidarietà, condividiamo le impegnative promesse contenute nel suo intervento ieri a Montecitorio, a margine dell'intervento via video del presidente Zelensky. Riteniamo che quanto richiesto dal presidente Zelensky oggi al Parlamento giapponese sul rinforzato embargo energetico alla Russia, nella misura del possibile per noi italiani, non debba essere escluso dalla prossima discussione a Bruxelles.

Come ebbi a dire a quest'Assemblea già lo scorso 15 dicembre, l'economia russa era già piuttosto debole ed ora è in fortissima crisi; dunque, colpire la loro di gran lunga prevalente fonte economica potrebbe essere strumentale proprio a una più rapida soluzione della guerra, che è l'obiettivo cui tutti aneliamo.

Circa le altre questioni, il rapporto predisposto dal Servizio studi del Parlamento le riporta e analizza esaustivamente e invitiamo alla lettura tutti gli interessati (l'abbiamo reso disponibile all'uopo sul nostro sito, europeisti.org). Sono 36 pagine fitte di informazioni, attività, riferimenti legislativi ed eventi in corso, che valgono a dare l'immagine migliore di quanto noi Europeisti sosteniamo con passione, ossia che l'Europa c'è, per nostra fortuna.

Se ne deduce che quello dei prossimi giorni sarà un Consiglio europeo decisivo per l'avanzamento comune sui temi dell'energia, della sicurezza e della difesa, delle questioni economiche e dell'industria.

In tema di energia, il riferimento è all'implementazione della Dichiarazione di Versailles, cioè precipuamente all'esigenza di ridurre la dipendenza dalle importazioni di gas, petrolio e carbone russi (il piano cosiddetto RePower EU), di continuare a garantire il pacchetto "Pronti per il 55", ossia la riduzione del 55 per cento delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030, e di rispondere al persistente incremento dei prezzi con interventi sia di breve sia di medio termine: subito, con l'introduzione di contributi specifici per le categorie più a rischio e il differimento delle bollette; subito dopo, con l'accelerazione verso la transizione all'energia pulita. Pur essendo liberali, riteniamo che, date le specifiche ed emergenziali circostanze, oggi sia possibile un intervento statale nella fissazione dei prezzi al dettaglio da parte dei fornitori.

In tema di sicurezza e difesa, l'approvazione definitiva di una versione aggiornata della bussola strategica, che noi abbiamo presentato con un evento al Senato già lo scorso 16 novembre, vale a rafforzare le capacità di difesa dell'Unione europea nel comparto cibernetico, dell'intelligence, dello spazio, della sicurezza marittima e del controllo degli armamenti. Molto importanti sono le sinergie in ricerca e sviluppo tra settore pubblico e privato. Di importanza strategica riteniamo il nuovo polo per l'innovazione che verrà deciso in seno all'Agenzia europea della difesa e il procurement condiviso di armamenti militari mediante agevolazioni fiscali: vi sono già 23 bandi in corso in 15 categorie, che valgono 1,2 miliardi di euro.

Sulle questioni economiche, il riferimento è alla riduzione delle dipendenze strategiche dell'Unione europea in quattro aree: le materie prime critiche, la salute, i prodotti alimentari e il digitale. È prevista l'implementazione di programmi di grande rilevanza dell'Unione europea.

Sull'industria, l'obiettivo è il sostegno alla duplice transizione, ecologica e digitale, attraverso le quattro dimensioni complementari della sostenibilità ambientale, con l'implementazione del cosiddetto green deal e della produttività, attraverso il rafforzamento del mercato unico, della solidità delle catene di approvvigionamento e dell'equità, con l'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, tema su cui l'Unione europea è leader nel mondo.

Non c'è tempo per parlare di altre cose, ma mi si permetta di concludere in questo modo. Colleghi, Presidente, è ormai ovvio a tutti - o dovrebbe esserlo - che solo una dimensione europea può permettere al nostro Paese di agire in un contesto globale come quello che abbiamo di fronte. In ogni ambito - economico, commerciale, finanziario, politico, diplomatico, sociale o culturale - la garanzia del nostro sviluppo è insita nel nostro essere parte integrante di un progetto europeo sempre più unito. Come diciamo sempre noi Europeisti, non è una scelta fideistica, bensì è nel nostro interesse. Buon lavoro dunque, presidente Draghi, nella tutela e promozione a Bruxelles degli interessi dell'Italia. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Saccone. Ne ha facoltà.

SACCONE (FIBP-UDC). Signor Presidente, presidente Draghi, il 40 per cento dei nostri connazionali si pone una domanda, perché il popolo ucraino non si arrende: non riesce a spiegarselo. È una domanda molto semplice, Presidente, e, con tutta la complessità del caso, proverò a rispondere in modo semplice.

I nostri amici ucraini non vivono di ricordi o di memorie, né di racconti, perché hanno ben presente la consapevolezza di cosa significhi vivere sotto un regime autoritario, non democratico. Da trent'anni hanno la fortuna di vivere in un regime liberale e democratico, l'unico che consente di garantire a ciascuno di loro la pace e la prosperità. Ecco perché gli ucraini non si arrendono. Bisognerebbe andare a ritroso nel tempo per capire da cosa deriva questa loro voglia di resistere all'invasore. Torniamo a dieci anni fa circa, nel 2013, alla rivolta di Majdan: novantadue giorni di barricate contro un loro presidente, Janukovyč, che era stato eletto per accelerare il processo di democratizzazione di quel Paese e che a un certo punto non solo lo ha bloccato, ma ha deciso di tornare sotto la sfera di influenza russa. Lì è cominciata la rivoluzione e la ribellione di quel popolo. Quel Capo di Governo, a differenza di Zelensky, è scappato, è dovuto fuggire. Qui non stiamo difendendo un capo di governo, ma stiamo aiutando e difendendo un popolo, che in quarantotto ore, se non fosse d'accordo con il suo leader, lo farebbe fuori. Questa è l'unica vera verità.

Noi purtroppo ci siamo dimenticati dei racconti dei nostri padri e dei nostri nonni, di cosa significhi vivere sotto un regime autoritario. Dopo quell'evento, signor Presidente, la Russia ha invaso e si è annessa la Crimea. La comunità internazionale non ha reagito o, meglio, le reazioni sono state molto flebili. Si è deciso di lasciar fare, sperando che si potesse bloccare la politica espansionistica di Putin. Il risultato è quello che abbiamo visto appena un mese fa.

E allora, con molto pragmatismo, dico ai nostri concittadini: se avessimo avuto una capitolazione dell'Ucraina in quarantotto ore, quali scenari avremmo avuto alle nostre porte e dentro l'Europa? È infatti evidente che, se l'Ucraina avesse capitolato, Putin avrebbe continuato ad espandersi. E quali sarebbero stati i riflessi sugli altri territori? Penso all'Estremo Oriente (Taiwan), ma anche al Medio Oriente. Avremmo dato un messaggio devastante: qualunque dittatore può conquistare e annettersi un Paese sovrano, tanto la comunità internazionale non reagisce. Ecco perché siamo arrivati a questo punto.

Domani lei parteciperà al Consiglio europeo, signor Presidente. Lo dico ai nostri concittadini: bisogna tenere aperto il canale del negoziato e della pace, ma, attenzione, non siamo noi che non lo vogliamo. Hanno tentato diversi Capi di Stato e di Governo: Macron, Scholz, Erdoğan e il premier israeliano Bennett. Tutti hanno spiegato in modo chiaro, purtroppo, che Putin vuole andare avanti. Noi cosa possiamo fare? Possiamo insistere esclusivamente su sanzioni più dure e possiamo insistere aiutando un popolo a difendersi. Questo lo prevede anche la nostra Costituzione. Non è vero - c'è troppa mala informazione - che la Costituzione non prevede l'aiuto; noi ripudiamo la guerra solo in termini offensivi, non certo difensivi.

Lei domani incontrerà gli altri leader del Consiglio europeo e poi ci sarà il vertice della NATO. Si vada avanti, magari con un'unica voce, sul tavolo dei negoziati. Ma attenzione, signor Presidente del Consiglio: noi chiediamo a lei di difendere non solo il popolo ucraino, perché noi dobbiamo difendere quel popolo per difendere le radici da cui deriviamo, perché sono messi in discussione la libertà e i valori in cui noi crediamo e di cui ci siamo dimenticati. Grazie anche agli americani, per ottant'anni abbiamo vissuto in pace. Non dimentichiamoci che Putin invade l'Ucraina perché non hanno una bomba atomica. Questo deterrente che si chiama armamento, purtroppo, è servito per cinquant'anni, quando avevamo solamente il Patto di Varsavia dinanzi a noi. Oggi la situazione ci riporta indietro in un contesto molto più complesso. Non abbiamo solo l'ex Unione Sovietica; abbiamo la Cina, abbiamo l'India, abbiamo la Turchia. Il nuovo ordine mondiale sarà molto più complesso.

Mi permetta, signor Presidente, visto che siamo in Italia e siamo in Senato, vorrei concludere con una citazione di Francesco Guicciardini. In una delle sale del Senato c'è una bellissima frase, che voglio ricordare a tutti: «Osservate con diligenza le cose dei tempi passati perché fanno lume alle future e quello che è e sarà, è stato in altro tempo». (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Bossi Simone. Ne ha facoltà.

BOSSI Simone (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, signor Presidente Draghi, ho ascoltato attentamente le sue parole. Il Consiglio europeo del 24 e 25 marzo affronterà tra i temi all'ordine del giorno quello della crisi russo-ucraina.

Tutti in quest'Aula siamo ben consci che in questa triste vicenda ci sono un Paese aggressore e un Paese aggredito. Tuttavia, ritengo sia bene ricordare che il conflitto in Ucraina ha certamente radici storiche e profonde. La crisi, inizialmente politica e in seguito militare, è iniziata con le manifestazioni di Kiev nel novembre del 2013, una crisi che ha portato alla luce in maniera eclatante una delle tante linee di faglia internazionali che si sono maggiormente sviluppate nei Paesi appartenenti all'ex Unione Sovietica.

L'esempio ucraino, sotto i nostri occhi oggi, è forse quello simbolicamente più significativo e geograficamente più di impatto per gli interessi degli scenari europei in tutta la sua drammaticità. Tuttavia, le avvisaglie di questa crisi si erano già palesate nel corso dell'ultimo ventennio in tutto il blocco sovietico. Pertanto, all'occhio di un attento osservatore, è importante tenere a mente che lo scenario ucraino rischia di non essere un fenomeno isolato, né tantomeno di essere l'ultimo. Tutti infatti in quest'Aula sappiamo - e non solo in quest'Aula, ma ci auguriamo ovviamente di no - che tale arco di crisi, ad esempio, potrebbe espandersi velocemente nello scenario asiatico.

Presidente Draghi, sono sincero e le dico che questo clima apparentemente tranquillo non mi rassicura, ma credo che sia lo stesso anche per lei e per il suo Governo.

Dando per assodato che l'Assemblea del Senato voglia all'unanimità un cessate il fuoco tra le parti, credo che sia giusto rimarcare come tra i principali impegni della risoluzione di maggioranza, valutata e scritta attentamente nelle Commissioni, peraltro prima dell'intervento del presidente ucraino Zelensky di ieri, vi sia proprio l'indicazione al Governo di proseguire in questo obiettivo.

Bisognerebbe però capire che ruolo possa giocare l'Unione europea a livello diplomatico e se l'Unione europea possa avere l'opportunità di svolgere questo ruolo. Con tutta onestà al momento l'Unione non è riuscita ad interpretare tale ruolo di mediazione. Abbiamo visto alcuni tentativi unitari da parte del Presidente francese, che non hanno avuto l'esito sperato. Ma, se davvero l'Europa può e vuole svolgere tale ruolo, sarebbe estremamente utile capire quali sono finalmente le cosiddette linee rosse per Bruxelles. Credo che un tavolo importante come quello del Consiglio europeo, al quale lei parteciperà, sia utile per provare a fare anche questa sintesi.

Se, come sembra, la neutralità dell'Ucraina rispetto all'adesione alla NATO è un tassello imprescindibile per la Russia e anche Kiev ha aperto a tale condizione, bisogna pensare a un sistema di sicurezza in grado di difendere l'Ucraina nel breve-medio periodo. In questa partita l'Unione europea deve palesare con fermezza la propria volontà, anche per riuscire concretamente a velocizzare il potenziale processo negoziale e a fermare questa inutile mattanza di vite umane di civili che nel 2022 mai ci saremmo aspettati di vedere, men che meno dopo una pandemia mondiale.

Ma nel Consiglio europeo di domani, all'ordine del giorno vi sarà anche la questione della bussola strategica, lo strumento che racchiude i programmi dell'Unione europea per la sicurezza e la difesa. Leggendo il primo documento pubblicato, il piano appare estremamente ambizioso e non so dire se questo sia un bene o un male. Ciò che balza a prima vista è che sia stato chiaramente accelerato dal nuovo fronte aperto dall'invasione russa in Ucraina e non credo che sia solo una mia impressione.

Se me lo permette, signor Presidente del Consiglio, sempre sulla questione della bussola strategica e dell'autonomia della difesa europea avrei un paio di osservazioni che vorrei lasciare a lei e all'Aula.

La prima osservazione è che, per quanto in ogni documento sia nazionale che europeo ci si affretti a dire il contrario, è più che evidente già da ora il rischio di una sovrapposizione futura tra la difesa europea e la NATO. Ricordiamoci che è da un embrione europeo (il Trattato di Bruxelles del 1948) che nascerà poi il futuro Patto atlantico del 1949, quindi l'Alleanza atlantica nasce anche dalla volontà europea di coinvolgere gli Stati Uniti nella difesa collettiva del continente. Pertanto si parla di difesa europea composta da migliaia di uomini e Paesi in cooperazione e non in contrasto con la NATO. È proprio la robustezza di tale affermazione a non essere per nulla così chiara, come non sono chiare le anticipazioni strutturali.

La seconda osservazione, sempre sulla bussola strategica, riguarda il fatto che rischiamo di commettere nuovamente lo stesso errore fatto con la nascita dell'Unione europea, quello cioè di partire dal tetto e non dalle fondamenta. Una difesa comune presuppone un pensiero strategico comune, e questo al momento semplicemente non esiste. Un esempio su quanto le sto dicendo l'abbiamo visto all'inizio della crisi ucraina: la Corte di giustizia europea, respingendo il ricorso fatto da Ungheria e Polonia, ha nei fatti stabilito che Bruxelles può trattenere i finanziamenti degli Stati membri che violano lo stato di diritto; decisione che consente, quindi, alla Commissione di sospendere potenzialmente i pagamenti verso Varsavia e Budapest.

Fermiamoci a ragionare sulla portata strategica di tale modus operandi europeo: una decisione che avviene nel pieno dell'escalation tra Russia e Ucraina, proprio quando l'Europa dovrebbe mostrarsi come fronte unito, e ricordo a tutti voi che Polonia e Ungheria fanno parte di quella linea che va dal Baltico al Mar Nero e che dovrebbe eventualmente assorbire un potenziale attacco convenzionale della Russia all'Europa.

Se l'intenzione della Commissione europea, in questo momento storico, è quindi quella di sanzionare Paesi quali la Polonia e l'Ungheria, cui è stata demandata buona parte della difesa europea, si fa oggettivamente fatica a parlare di autonomia strategica, considerata l'illogicità di tale comportamento.

Infine, in merito alla risposta economica alla crisi, i dati iniziano a stabilizzarsi e abbiamo contezza che questa tensione internazionale avrà forti ripercussioni sulla nostra economia.

Alcuni istituti finanziari riportano 1,5 punti percentuali in meno rispetto alle stime nell'Eurozona e ciò si traduce in due punti percentuali per l'Italia; stime che trovano conferma nelle indiscrezioni che leggiamo quotidianamente sugli organi di stampa nazionali.

Le dico, quindi, presidente Draghi: evitiamo di trovarci nella stessa situazione vissuta nel periodo iniziale dalla pandemia, quando sentivamo che avremmo fronteggiato la crisi con pochi miliardi di scostamento. Usciamo da un gravissimo biennio di recessione economica; facciamoci trovare pronti nella tutela del nostro sistema economico. Cerchiamo di capire come il nostro Paese possa ritrovare alcune opportunità nel medio periodo, soprattutto nelle politiche di diversificazione dell'approvvigionamento energetico.

L'opportunità viene fornita dalla possibilità di spostare il baricentro politico-energetico europeo verso Sud, dopo che abbiamo assistito, con i due progetti Nord Stream, alla concentrazione sull'asse energetico Est-Ovest. L'Italia può tornare ad aspirare a rappresentare l'hub energetico dell'asse Sud-Nord sviluppando relazioni con tutto il fronte del Mediterraneo allargato.

Bene, quindi, le missioni del Ministro degli esteri ad Algeri, così come i tentativi di cooperazione con i Paesi del Mediterraneo (Spagna, Portogallo e Grecia), a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi.

In conclusione, mi pare di capire che il Governo abbia deciso come il Paese, l'Italia e gli italiani debbano schierarsi, assumendosi grandi responsabilità ed eventualmente grandi ricadute. Bene, presidente Draghi, se questa è la strada che il Governo intende percorrere per arrivare alla pace, lo faccia coinvolgendo maggiormente in ogni decisione il Parlamento, perché la continua evoluzione della situazione ci deve vedere uniti con un chiaro mandato per far sì che tale responsabilità, assunta sul piano internazionale, debba prevedere al primo posto la tutela dei nostri cittadini, delle nostre imprese e delle future generazioni.

L'onere delle scelte di oggi non deve e non dovrà ricadere su chi ha già sofferto, su un popolo che esce da due anni durissimi sul piano economico, sociale e sanitario.

Assumiamoci, senza esitare, la responsabilità di agire per tutelare le famiglie, le imprese e la capacità di spesa della nostra popolazione. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Girotto. Ne ha facoltà.

GIROTTO (M5S). Signor Presidente, colleghi, signor Presidente del Consiglio, ho apprezzato la parte del suo intervento sull'energia: le diverse azioni proposte al Consiglio europeo sono in gran parte condivisibili e vanno nella giusta direzione di una maggiore indipendenza energetica, a vantaggio di cittadini e imprese.

Le soluzioni da perseguire sono veramente tante: la realizzazione del fondo comune finalizzato a contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi dell'energia; il tetto al prezzo del gas; gli stoccaggi comuni; maggiore diversificazione degli approvvigionamenti; la condivisione di acquisti di gas; la separazione del mercato delle rinnovabili da quello del gas; la tassazione degli extra profitti delle società energetiche; l'aumento, naturalmente, del ricorso alle rinnovabili e all'efficienza energetica; il sostegno alla conversione dei settori produttivi, in particolare degli hard to abate, difficili da convertire, anche tramite un energy recovery fund, così come proposto dal nostro presidente Conte. Vedremo cosa si concretizzerà nel piano RePower EU. In particolare, quando hanno presentato quel piano, la von der Leyen e Timmermans l'8 marzo hanno detto delle frasi assolutamente lodabili. Presentando questo piano, la von der Leyen ha detto che più velocemente passiamo alle rinnovabili e prima saremo indipendenti, e Timmermans ha detto di passare alle rinnovabili alla velocità della luce perché sono economiche, inesauribili, pulite e creano molti posti di lavoro.

Però, presidente Draghi, è fondamentale garantire agli operatori la certezza delle regole; certezza che purtroppo è venuta meno in due ambiti strategici: mi riferisco al risparmio energetico con il superbonus e alla produzione con le fonti rinnovabili. (Applausi). Sul superbonus la situazione è critica, signor Presidente. L'auspicabile conversione del decreto-legge cosiddetto sostegni-ter, che dovrebbe avvenire a brevissimo, non risolverà la situazione. Se non si interviene subito allargando la platea dei cessionari (Applausi) si rischia il blocco, perché le banche sono sature. Presidente Draghi, non so che informazioni abbia lei, ma quelle che abbiamo raccolto tutti noi in questi giorni ci dicono che le banche sono ferme e non si sbloccheranno anche se verrà approvato il decreto sostegni-ter; non c'è assolutamente questa disponibilità. Tra l'altro, è paradossale, perché l'Europa loda questo strumento, altre Nazioni lo copiano, lei col suo stesso Governo l'ha copiato come misura di sostegno per gli energivori - per carità, va benissimo -, ma rischia di non essere utilizzabile, perché - lo ripeto - le banche sono sature e quelle pochissime che operano, lo fanno a condizioni che non sono assolutamente tollerabili e sono praticamente monopoliste. Non possiamo permettere questo e non possiamo permettere il blocco delle cessioni del credito, che significa blocco del superbonus 110 e blocco delle stesse misure che ha appena messo in atto; questo sarebbe un danno insopportabile.

Oltre a ciò, sul quale la prego vivamente di verificare e poi di agire di conseguenza, non posso non puntualizzare anche il fatto che la misura portata sulle rinnovabili, che ne ha fissato un prezzo politico e che è praticamente retroattiva, ha minato pesantemente la credibilità dell'Italia davanti agli investitori. La credibilità e l'affidabilità - inutile che glielo dica io - sono il fondamento su cui si basa qualsiasi mercato imprenditoriale. Abbiamo quindi sofferto un durissimo colpo anche su questo.

Nell'ultimo decreto, lei ha inserito anche le prime disposizioni sugli extraprofitti delle fossili e alcune misure per contrastare le speculazioni. Lodo vivamente l'articolo 7, che dice che ARERA finalmente può andare a leggere i contratti a lungo termine delle società fossili. Ben fatto, assolutamente ben fatto, adesso assolutamente portiamo a termine il progetto concretizzandolo.

Signor Presidente del Consiglio, devo anche parlarle, come avranno fatto sicuramente altri, della questione del famigerato indice TTF, il famoso indice di Bruxelles che di fatto determina il costo del gas, che è preda da novembre di forti manovre speculative. Presidente, vogliamo utilizzare questa crisi per bandire finalmente il mercato speculativo dal mondo reale? (Applausi). Da qualche anno l'Unione europea ha rotto il tabù e parla esplicitamente di finanza sostenibile. Allora ribadisco, visto che lei è un superesperto di questo: vogliamo finalmente impedire, rendere la vita mostruosamente difficile non al mondo reale, ma agli speculatori della finanza virtuale che fanno il prezzo? Non è possibile che la finanza virtuale faccia il prezzo per il mondo reale.

Dopodiché, bisogna rendere consapevoli tutti delle soluzioni disponibili; abbiamo tanti strumenti possibili. Sono due anni che sto girando per parlare delle comunità energetiche, che sono uno strumento per ridurre strutturalmente i costi energetici, ma i cittadini non le conoscono, non sanno che possono risparmiare. Le chiedo quindi, presidente Draghi, di attivare una campagna di informazione e di promuovere sui canali della televisione pubblica (Applausi), con il supporto di ENEA e GSE, questi strumenti soprattutto agli enti pubblici, oltre che a cittadini e imprese, perché abbiamo tanti strumenti ma non li stiamo utilizzando, ed è veramente paradossale.

Va fatta un'ultima misura, che era stata tentata sia in legge di bilancio sia nel decreto-legge cosiddetto sostegni-ter, che è un fondo di garanzia dedicati alle comunità energetiche. Abbiamo i 2 miliardi del PNRR, ma quelli sono dedicati solo ai Comuni sotto i 5.000 abitanti. Bisogna mettere a disposizione un fondo di garanzia che non costa molto, perché poi con la leva moltiplica gli investimenti, per tutto il resto del territorio. La prego quindi di considerare un fondo di garanzia per le rinnovabili in generale, a scopo di autoproduzione e autoconsumo, e le comunità energetiche in particolare.

L'ultimo sforzo - anche questo lo state portando avanti, ma va proseguito - è quello di velocizzare e snellire le autorizzazioni degli impianti rinnovabili. Abbiamo apprezzato la semplificazione sui tetti, ma siamo convinti che sia necessario intervenire ulteriormente sulle aree industriali, anche sulle aree agricole che circoscrivono le aree industriali, per renderle impiegabili anche per la produzione di energia rinnovabile. Vanno invece circoscritti i poteri soggettivi delle soprintendenze, che devono negare le autorizzazioni solo per ragioni oggettive previste dalle norme. Queste leve ci consentirebbero di attivare immensi capitali. Ora noi acquistiamo gas, carbone, uranio, petrolio e altre fonti da tanti Paesi e ne siamo dipendenti. Solo con le rinnovabili possiamo proteggere i nostri cittadini e le nostre imprese, liberandoli dai rischi del mercato internazionale delle fonti fossili, che - come lei ha detto - sono destinate a non essere più utilizzate in futuro.

Parliamo di Ucraina, ma non solo, come ha ricordato anche il collega Cioffi, perché ci sono tante guerre in giro per il mondo. Così facendo toglieremmo proprio il combustibile alle guerre, che molto spesso sono legate al possesso delle fonti energetiche fossili. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Garavini. Ne ha facoltà.

GARAVINI (IV-PSI). Signora Presidente, signor presidente Draghi, componenti del Governo, onorevoli colleghi, sono 117 i bambini ucraini uccisi fino ad oggi sotto le bombe e non è un numero definitivo, purtroppo, così come sono ancora destinati a crescere i circa 2 milioni di profughi attualmente in fuga dall'Ucraina. Ce lo ha detto ieri il presidente Zelensky, chiedendoci di fare il possibile pur di mettere fine a questa maledetta guerra. È un appello che facciamo nostro, signora Presidente: bisogna dire basta a tutta questa sofferenza, basta alla morte di bambini, di donne e di uomini innocenti. Allora, ogni tentativo di mediazione è benvenuto ed è bene che ce ne siano già alcuni in atto. Noi ci auguriamo che sia soprattutto l'Europa ad attivarsi per la pace e che arrivi un messaggio netto da parte del Consiglio europeo. È per questo, presidente Draghi, che le chiediamo di portare un impulso all'incontro di domani, affinché il Consiglio europeo si prodighi per arrivare ad un immediato cessate il fuoco in Ucraina.

È nostro dovere essere al fianco di un popolo che si sta battendo contro un'aggressione ingiustificata, che non è rivolta soltanto contro l'Ucraina, ma contro la democrazia tutta. Ecco perché c'è bisogno di politica, c'è bisogno che l'Unione europea e la NATO indichino una personalità terza che funga da mediatore tra le parti in causa e induca a sospendere le ostilità. Una personalità che sia in grado di indurre la Russia a trattare seriamente, così da poter pervenire ad un accordo, perché non si può tollerare ulteriore spargimento di sangue.

Contemporaneamente, è un bene che si acceleri la costruzione di un'Unione europea della difesa. Questo conflitto infernale rende ancora più evidente la necessità che, come Unione europea, ci assumiamo maggiori responsabilità in ambito di sicurezza. Ecco che è positivo che la bussola strategica, elaborata dall'alto rappresentante dell'Unione europea Borrell, preveda le premesse per la costituzione di Forze armate comuni e definisca gli scenari operativi entro i quali si potrà agire, costituendo così un primo passo significativo per il raggiungimento di un'unione della difesa, una difesa europea per la quale è necessario che si prevedano stanziamenti idonei, a livello europeo e nazionale.

Anche come sistema Paese, è necessario che provvediamo ad aumentare le spese per la difesa. Il recente utilizzo di missili ipersonici da parte della Russia, ad esempio, evidenzia in tutta la sua drammaticità quanto la nostra difesa e anche quella europea, purtroppo, non siano sufficientemente attrezzate per far fronte a possibili aggressioni militari. E se, da un lato, vogliamo che ci sia il massimo impegno in Europa per trattative di pace, dall'altro lato non possiamo permetterci di essere naïf. L'invasione dell'Ucraina dimostra chiaramente quanto sia basilare essere nelle condizioni di potersi difendere e di poter assicurare la propria sicurezza, disponendo degli strumenti e anche delle risorse necessarie.

A questo proposito, ci appare condivisibile la proposta avanzata dalla Presidenza di turno francese di istituire un Next generation EU 2, che consenta di recuperare nuovi fondi aggiuntivi, idonei a far fronte alle molteplici problematiche generate dallo scoppio della guerra.

Sarebbe cioè opportuno dotarci di un nuovo pacchetto di investimenti rivolto ai singoli Stati membri che, sulla scia del precedente recovery fund, siano finanziati attraverso l'emissione di nuove obbligazioni europee. Si tratta di risorse di cui già si avverte il bisogno per strutturare le politiche di difesa, ma anche allo scopo di prevenire e superare grosse turbolenze derivanti dal conflitto.

Accanto alla tragedia umanitaria, infatti, le conseguenze della guerra rischiano di provocare un'ulteriore pericolosa spirale di recessione a livello europeo, anche dal punto di vista economico. Non è detto che tante aziende europee, ancora alle prese con la crisi provocata dai durissimi anni di Covid, riescano a sopportare l'impennata dei prezzi in atto, causata dalla guerra. Ecco perché è urgente che l'Europa si attrezzi da subito in modo deciso per reagire alle nuove difficoltà. Bisogna favorire la nostra indipendenza energetica, in quanto l'aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi delle ultime settimane rischia di mandare al collasso interi comparti produttivi. Sono segnali quanto mai preoccupanti, per contrastare i quali bisogna dare veloce attuazione a quanto discusso in campo energetico in occasione del recente consiglio informale di Versailles.

Analogamente alla questione energetica è necessario che l'Europa investa anche su una diversificazione degli approvvigionamenti di alcuni alimenti (mais, soia, oli vegetali e grano). Anche in materia di derrate alimentari l'attuale crisi rivela come l'Europa, per certi prodotti, dipenda eccessivamente dalla Russia. Anche qui sono pertanto necessari massicci investimenti.

C'è poi bisogno di cospicue risorse comunitarie anche per far fronte a ulteriori questioni, anzitutto per sostenere le imprese che subiscono ripercussioni dall'adozione di sanzioni contro la Russia. Serve un fondo di compensazione che ci consenta di non gravare sul tessuto economico imprenditoriale.

È poi fondamentale che si investa a livello europeo anche sulla cybersecurity, mettendo al riparo gli obiettivi strategici nazionali ed europei. Proprio in questi momenti ci giunge notizia di attacchi hacker russi alle nostre ferrovie: un esempio di quanto anche il nostro Paese sia vulnerabile e quanto siano necessari investimenti di rilievo in questo senso.

Bisogna poi prodigarsi per garantire ai diversi rifugiati ucraini in arrivo un'accoglienza dignitosa non soltanto con risorse, ma anche rimettendo mano alla modifica del Trattato di Dublino.

Insomma, signora Presidente, l'Europa si trova ancora una volta, di nuovo, a dover far fronte a eventi di portata straordinaria e a dover mettere in campo strumenti emergenziali. L'augurio è che questa situazione così drammatica possa far compiere all'Europa un nuovo imponente balzo in avanti verso un'unione che riguardi i capitoli della politica estera, della difesa, dell'unione energetica e del bilancio. Insomma, una vera unione politica capace, tra l'altro, anche di accogliere la candidatura di adesione all'Unione europea da parte dell'Ucraina.

Questo è il messaggio che le affidiamo, signor Presidente, affinché si possa arrivare a un'Europa che sappia operare per la difesa e, soprattutto, per la pace. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rauti. Ne ha facoltà.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, membri del Governo, onorevoli colleghi, il prossimo Consiglio europeo discuterà dell'aggressione militare della Russia nei confronti dell'Ucraina, della questione energetica e della dipendenza di alcuni Paesi europei dalle importazioni di gas, petrolio e carbone dalla Russia. Si discuterà inoltre degli effetti della pandemia, dei temi della sicurezza e della difesa e, come lei, presidente Draghi, ha menzionato, anche dell'approvazione della bussola strategica.

È su questo specifico argomento che intervengo. La bussola strategica, dopo quasi due anni di gestazione (concepita quindi in tempi di pace) viene adottata in un momento drammatico, ovvero in tempi di guerra. È stata approvata dal Consiglio dell'Unione europea del 21 marzo scorso e se ne attende l'adozione solenne nel prossimo Consiglio europeo. È evidente che tale documento tenga conto dell'attuale assetto geopolitico e della crisi ucraina. Il documento ha però un'ambizione di lungo periodo e, tra i suoi obiettivi concreti, quello di rafforzare complessivamente la sicurezza dell'Unione e delinearne le prospettive strategiche per i prossimi cinque, dieci anni rispetto alle minacce che incombono sull'Europa.

Non sfugge a nessuno che il quadro geopolitico sia sempre più complesso e che esistano numerosi focolai di instabilità e di minacce ibride e non convenzionali. Oltre ai tradizionali scenari di crisi nel vicinato più immediato, ovvero i Balcani occidentali, il Nord Africa, il Mediterraneo orientale e il Medioriente fino al confine orientale dell'Europa, non possiamo dimenticare anche i nuovi scenari di tensione in regioni più lontane dall'Europa, nonché la persistenza della minaccia terroristica.

In questo contesto internazionale e globale sempre più complesso, l'Europa si propone di consolidare la sua capacità di difesa e, secondo la bussola, lo fa attraverso quattro pilastri: azione, sicurezza, investimenti e partner. In via di estrema sintesi, il filone dell'azione prevede, come il Presidente del Consiglio ci ha ricordato, l'istituzione entro il 2025 di una forza di schieramento rapido di 5.000 unità in grado di operare in scenari di conflitto nelle regioni di interesse per l'Unione europea. Tale corpo di impiego rapido si prevede sia multinazionale, interforze e multidominio; non si tratta di un esercito europeo, ma di un'unità mista di pronto intervento.

Il secondo ambito della bussola, quello della sicurezza, prevede un'attenzione specifica ai domini cyber e spazio, che sono sempre più oggetto di concorrenza strategica, e prevede anche il rafforzamento della cybersicurezza, delle capacità comuni di intelligence, nonché l'adozione entro il 2023 di una strategia spaziale per sicurezza e difesa. Si prevede altresì di accrescere le capacità delle Forze armate nazionali negli interventi in casi di calamità e di emergenza a sostegno della popolazione civile. Sempre nel capitolo relativo alla sicurezza si prevede anche l'espansione coordinata della presenza delle marine militari europee sulle rotte fondamentali per l'Unione, ma anche nell'area indopacifica, per garantire sicurezza marittima e libertà di navigazione.

Il terzo pilastro, quello degli investimenti, tra l'altro impegna gli Stati ad incrementare le spese per la difesa, al fine di colmare alcune lacune strategiche degli strumenti nazionali e di ridurre le dipendenze tecnologiche e industriali. Il capitolo degli investimenti prevede anche un incremento delle risorse comunitarie da assegnare al fondo europeo di difesa nel prossimo bilancio pluriennale dell'Unione europea.

Il capitolo finale della bussola viene dedicato ai partenariati e sottolinea l'impegno da approfondire e il dialogo politico sui temi della sicurezza e della difesa a tutti i livelli (multilaterale, regionale e bilaterale), confermando, a livello multilaterale, la cooperazione con la NATO e con l'ONU, ma anche - lo ricordo - con l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), con l'Unione africana e con l'Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico.

Complessivamente, la bussola strategica fornisce quindi all'Unione europea un piano di azione per rafforzare il suo ruolo nell'ambito della difesa e della sicurezza continentale e globale, insomma una guida per l'azione ed un percorso programmatico verso la sicurezza comune nei cinque domini operativi: terra, mare, aria, spazio e cyber.

La bussola strategica rappresenta per noi un primo passo significativo e importante nella direzione di un'Europa della difesa. L'Unione europea si assume quindi, come ricordava il Presidente del Consiglio, una responsabilità, quella di diventare attore in grado di contribuire alla sicurezza internazionale e a quella del continente europeo. Ripetiamo però, cari colleghi, che questo è solo un primo passo ed il punto è e sarà quello di realizzare (e come farlo) quanto stabilito secondo le scadenze temporali programmate da qui al 2030. Ribadiamo quindi che si tratta di un primo passo, o di un passo in avanti se preferite, per promuovere pace e stabilità e per garantire sicurezza e cooperazione a livello europeo ed internazionale. Sottolineo tuttavia che non è certamente il punto di arrivo per la difesa europea.

Riteniamo altresì che nel processo che dovrebbe portare ad una credibile sicurezza europea - e in questo richiamiamo l'attenzione del Governo - sia necessario per ogni passaggio coinvolgere il Parlamento italiano per le sue competenze. Bisognerà in ogni passaggio di attuazione della roadmap prevista difendere la sovranità nazionale. Se la bussola strategica vuole rappresentare un punto di equilibrio tra europeismo e atlantismo, perseguendo la linea della sinergia tra Unione europea e NATO, per Fratelli d'Italia in questa direzione nessuna cessione di sovranità nazionale può essere presa in considerazione.

Auspichiamo inoltre che questo strumento strategico abbia forti ricadute positive su tutta l'economia nazionale e, in particolare, contribuisca allo sviluppo tecnologico e industriale del settore della difesa, comprese - sottolineo - le piccole e medie imprese nonché nel settore della sicurezza e dell'aerospazio.

Il giudizio politico sulla bussola strategica è subordinato a quella che sarà la sua reale e progressiva applicazione; è subordinato altresì alle forme di coordinamento europeo che riuscirà a garantire e - sottolineo - al ruolo che l'Italia riuscirà a giocare in questo rinnovato contesto europeo. La questione riguarda sempre la divisione politica e non soltanto gli aspetti della difesa perché ciò che fa davvero la differenza è avere o non avere una politica estera comune europea e non abdicare mai al principio della sovranità delle Nazioni. (Applausi).

Si tratta anche di garantire alle forze europee pari dignità nella sinergia con le forze alleate. Fratelli d'Italia, cari colleghi, come sapete, non sostiene questo oggi che nasce la bussola strategica e non lo sostiene ora che l'Europa è sconvolta da un attacco militare unilaterale, messo in campo dalla Federazione Russa contro l'Ucraina, uno Stato sovrano libero e indipendente. Anche la stessa bussola strategica ha dovuto riconsiderare se stessa alla luce di quanto accaduto in Ucraina e anche al suo modo di esercitare un ruolo di paciere e di garante della sicurezza.

Insomma l'Unione europea che spesso è così pervasiva nella vita degli Stati membri, addirittura su argomenti come l'alimentazione, i prodotti DOC e DOP, i bollini malati del nutri-score, si è rivelata invece assente e debole in alcuni appuntamenti con la storia.

Come forza politica Fratelli d'Italia ha infatti sempre criticato un'Unione europea fanatica di essere un gigante burocratico ed economico e per nulla preoccupata di essere un nano in politica estera. Dopo il 24 febbraio è cambiato tutto e l'Europa dovrà decidere cosa fare da grande. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Stefano. Ne ha facoltà.

STEFANO (PD). Signor Presidente, signor presidente Draghi, ho molto apprezzato il suo intervento oggi in Assemblea. «L'Europa sarà forgiata dalle sue crisi e sarà la somma delle soluzioni trovate per risolvere tali crisi»; lo diceva Jean Monnet nel 1954 e oggi queste parole, semmai fosse possibile, risuonano ancora più vere. La guerra che devasta infatti il nostro vicino Est è una crisi che in ordine di tempo si aggiunge all'altra grave crisi, all'altro grave shock¸ rappresentato dalla pandemia dovuta alla diffusione del Covid. La crisi da pandemia, peraltro non ancora superata, ha messo a nudo le fragilità del nostro sistema Paese sotto gli aspetti delle infrastrutture di portata sociale. Penso alla scuola e alla possibilità di continuare a fare scuola con la didattica a distanza, ma penso anche al nostro sistema sanitario. Pensavamo di esserne usciti, ma la fase di ritrovata crescita che ci ha accompagnato nei recenti primi mesi dell'anno, purtroppo oggi subisce non solo una brusca frenata, ma soprattutto viene inghiottita da una grave destabilizzazione.

Oggi il nostro orizzonte è incupito da un conflitto che non si misura solo nell'aggressione ad uno Stato libero e sovrano come l'Ucraina, ma che palesa l'aperta ostilità a quelle libertà di cui noi europei, noi Occidente siamo espressione, testimoni e alfieri e non lo possiamo fare ad intermittenza, dobbiamo farlo sempre. Per questo è stato un bene schierarci dalla parte delle aggrediti. Tale contesa si traduce, nell'immediato e per alcuni aspetti, nella necessità - io credo - di accelerare la fase di riconversione, di riprogrammazione di assetti e strategie ed in questa prospettiva, come Paese, l'Italia deve continuare ad insistere nel processo di una maggiore unità e coesione con i partner europei, al fine di avere maggiore incisività sullo scacchiere internazionale. So bene che è un lavoro per gradi, ma l'Europa fa l'Europa quando si manifesta come espressione concreta di una solidarietà di fatto, quella stessa solidarietà di fatto che giusto lo scorso anno abbiamo chiamato Next generation; e se il Next generation non è stato un errore, né tantomeno un fenomeno episodico, anche a questa nuova crisi occorre saper rispondere con una soluzione che riporti lo stesso schema, uno schema comune europeo. Oggi credo, con lei, che siamo chiamati ad affrontare un next level, quello dato dall'affrancamento del nostro Continente dalla dipendenza energetica dalla Russia di Putin, dall'emergenza dovuta ai prezzi dell'energia e delle materie prime e dall'obbligo di mettere in sicurezza cittadini e tessuto industriale dagli impatti negativi derivanti da tale inevitabile scelta. È una crisi, questa, che ci impegna a mettere insieme azioni comuni strutturali ed efficaci per continuare a garantire al nostro Continente un'energia più sicura, più sostenibile e a prezzi più accessibili, ma anche l'impegno sul PNRR. Per fare ciò, diventa centrale un'iniziativa che sia in ambito europeo, sia unitaria e sia volta a creare una gestione comune del mercato dell'energia come lei, presidente Draghi, ha ribadito anche oggi qui in Aula. In tal senso, credo sia necessario procedere, ad esempio, con un tetto europeo al prezzo del gas come diretta e naturale prosecuzione della nuova fase del Next generation, ma va fatto subito, per evitare che saltino famiglie ed imprese.

Auspico e invoco in questa sede questa unità proprio perché da questa dipenderà un'efficace possibilità di contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi dell'energia e di mettere in piedi misure articolate quali stoccaggi comuni del gas, diversificazione degli approvvigionamenti e un programmato aumento del ricorso alle rinnovabili.

Lo stesso approccio dovrà interessare anche la politica industriale, con particolare riguardo all'accesso alle materie prime, ai semiconduttori, che subiscono direttamente gli effetti delle giuste e sacrosante sanzioni in atto contro Putin.

C'è molto da fare, presidente Draghi, ne sono consapevole, ma so anche che un nuovo lavoro di intesa tra i Paesi dell'Unione può diventare trama e ordito per continuare a costruire il nostro futuro e ritrovare l'auspicata pace. Il via libera dato oggi dall'Ecofin all'erogazione all'Italia della prima rata di 21 miliardi a valere sul PNRR è un'ottima notizia che voglio sottolineare anche in questa sede, che ci incoraggia ad andare avanti senza tentazioni a rivisitare obiettivi e tempi attuativi. Su questo impegno le saremo accanto. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Laforgia. Ne ha facoltà.

LAFORGIA (Misto-LeU-Eco). La ringrazio, signor Presidente del Consiglio, per queste sue comunicazioni e anche per esserci in questa fase così difficile. Lei il 17 febbraio 2021 chiedeva la fiducia alle Camere e in quella circostanza pronunciò una frase che colpì molti, soprattutto quelli che pensavano di trovarsi davanti il tecnocrate che veniva dalla grande scuola di Banca d'Italia e della Banca centrale europea e invece avevano davanti una personalità investita da una grande responsabilità politica. In quella circostanza lei disse: vogliamo lasciare e dobbiamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta.

A pensarci bene, Presidente, potrebbe essere questa la chiave di lettura di un corso nuovo della storia, perché quella parola gigantesca, che è pianeta, per definizione rappresenta il tutto, non una parte. E, per prendersi cura del tutto in tutte le sue dimensioni (ambientale, tecnologica, umana, economica), occorre un salto di paradigma. Per esempio passare da un modello competitivo a un modello cooperativo. Per esempio impedire che le identità, che sono importanti, soffochino le diversità. Per esempio, per dirla con le parole del filosofo Raimon Panikkar, passare da un dialogo dialettico, che implica il confronto tra tesi e antitesi, a un dialogo dialogico, dove due parti si confrontano non in una situazione nella quale una parte cerca di convincere l'altra delle proprie ragioni, ma per approdare a una posizione terza, in un processo non precostituito e non preordinato.

In fondo, Presidente, questa potrebbe essere anche la metafora di un approccio nuovo alle relazioni internazionali, per la ricerca di un nuovo ordine mondiale. Lei lo ha detto molto bene, con le parole che ha usato anche nella sua relazione: dobbiamo uscire dalla logica dello scontro di civiltà. Un nuovo ordine mondiale non si può individuare con un meccanismo per cui l'asse Est-Ovest viene definito attraverso rapporti di forza che inevitabilmente implicano la forza, per definizione, ma deve comprendere il meccanismo di coinvolgimento di tutte le superpotenze mondiali, nella ricerca di un periodo, il più lungo possibile, di pace duratura. L'indicazione che lei stesso, Presidente, ha dato e l'enfasi che ha messo sul coinvolgimento della Cina è fondamentale da questo punto di vista.

Aggiungo di più: bisogna iniziare a pensare - fa specie dirlo in una circostanza come quella in cui ci troviamo - alla Russia del dopo Putin, perché ci sarà un dopo Putin. Bisogna pensare a come non umiliare un Paese che uscirà sconfitto da tutta questa vicenda, perché la Russia uscirà sconfitta da questa vicenda; e tutto questo peserà sulla prospettiva politica. Non lo dico, Presidente, per un relativismo che serpeggia anche nel dibattito pubblico, per carità. Anzi, approfitto per esprimere tutto il mio disappunto nei confronti di quelle aberrazioni che abbiamo ascoltato in questo frangente del dibattito pubblico, dove è sembrato che qualcuno invocasse una sorta di par condicio nell'ascolto delle buone ragioni del presidente Zelensky e del presidente Putin. Anzi, approfitto anche per dire che spiace molto che diversi miei colleghi ieri non fossero presenti in Aula alla Camera, in un momento in cui non si stava esprimendo solidarietà a un Presidente, ma si stava esprimendo solidarietà a un popolo, che in questo momento è aggredito ed è sotto le armi. Su questo non ci può essere ambiguità.

Il punto però, Presidente, è capire come costruire le condizioni di pace, come costruire una dinamica di nuovo ordine mondiale, in modo più efficace di quanto si stia immaginando in questo momento, e soprattutto cosa vuole fare l'Europa da grande. Io colgo questo filo nel suo intervento, che è un filo di coerenza anche rispetto a tutti i passaggi pubblici da lei fatti nel corso di questi mesi. Vorrei citarla, se possibile; mi scusi l'abuso di citazioni che sto facendo. Lei, al vertice NATO del 14 giugno 2021, Presidente, ha detto una cosa molto simile, se non coincidente, con quanto in realtà ha detto anche oggi nella sua relazione. Ha affermato: «Stiamo costruendo un'Unione europea più forte anche nel campo della sicurezza e della difesa, nella ferma convinzione del positivo contributo basato sulla complementarietà che l'architrave europeo può fornire per rafforzare ulteriormente la NATO. Vorrei sottolineare a tutti i nostri alleati non appartenenti all'Unione europea che questo è ciò che inequivocabilmente intendiamo per autonomia strategica dell'Unione europea». Io colgo un aspetto, Presidente, da queste parole: in questo modo si costruisce quella che potremmo chiamare la nascita del soggetto unico europeo. Ma, per fare questo, abbiamo bisogno di rispondere ad alcune domande, che le pongo in pochissimo tempo, in forma non retorica. Sono domande aperte, a cui bisogna dare obiettivamente una risposta.

La dico così, alla vigilia di un appuntamento importante come quello del Consiglio europeo, alla presenza del presidente Biden. Può coesistere - mi si permetta l'espressione - un atlantismo intelligente, che non venga vissuto con un elemento di subordinazione, insieme al tema gigantesco dell'autonomia e della sovranità dell'Unione europea come soggetto politico? Io penso di sì. (Applausi).

Possiamo dire che l'idea della difesa comune, soprattutto se fatta sul terreno della razionalizzazione delle spese e la lotta agli sprechi in questo settore, è un pezzo della costruzione dell'identità europea? Mi consenta però di dire, presidente Draghi, che questo non c'entra nulla con l'aumento delle spese militari nazionali, che è un errore (Applausi). L'Europa infatti non nasce da una grande vittoria militare, ma dall'infamia di una grande sconfitta e noi dobbiamo ricordarlo.

Possiamo dire che l'Europa, per esempio, deve essere in prima linea per bandire - anche qui, mi si lasci passare questa espressione - quella stupidaggine che si ascolta nel dibattito che, ahimè, attraversa anche queste Aule, quando si dice che la guerra ha spazzato via dall'agenda politica il tema della transizione ecologica? Per fortuna a questa domanda ha già risposto, presidente Draghi, perché è proprio la guerra che ci mette davanti alla necessità impellente di investire ora, qui e adesso sulle energie rinnovabili e sulle fonti alternative di approvvigionamento.

Possiamo dire che l'Europa o è questa roba qui o non è? Possiamo dire, per esempio, che la grandezza dell'Europa sta proprio nell'avere confini smarginati, nel non essere cioè un'Europa soltanto europea, ma che vive nella relazione con il resto del mondo e che quindi, anche in un frangente come questo, si fa carico della responsabilità di portare il punto di vista di un ordine mondiale nuovo in cui la pace sia proprio l'elemento centrale e dove si costruiscono le condizioni perché questa sia duratura?

Penso che queste riflessioni debbano essere al centro del nostro dibattito - ho concluso, signor Presidente - e la nostra discussione deve essere a questa altezza e spero che lo sia. A meno di questo l'Europa e quindi anche l'Italia non darebbero il loro contributo per costruire un mondo nel quale la pace sia il tratto distintivo e dove ci sia una componente efficace e duratura per costruire un ordine mondiale che abbia a cuore esattamente questo.

La ringrazio, presidente Draghi, e le auguro buon lavoro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Gasparri. Ne ha facoltà.

GASPARRI (FIBP-UDC). Signor Presidente, presidente Draghi, signori membri del Governo, colleghi, qualche anno fa uno storico Fukuyama decretò che ci trovavamo di fronte alla fine della storia. Intervistano ancora Fukuyama, nonostante abbia sbagliato previsione, perché purtroppo c'è un ritorno prepotente della storia, anche nelle sue forme più drammatiche.

Le tragedie a volte impongono ai popoli delle scelte storiche e l'Europa, mai come in queste settimane, si è riunita, si è incontrata, si è mostrata coesa perché le tragedie costringono a fare cose che in tempi ordinari non si farebbero.

Ai popoli spettano dunque queste incombenze. Del resto, chi si sorprende di questa critica vuol dire che non ha studiato la storia, come male l'ha studiata forse Fukuyama.

Un suo illustre predecessore, il Conte di Cavour, a nome del Regno di Sardegna - non c'era ancora Regno d'Italia - mandò i nostri soldati alla guerra di Crimea, iniziata nel 1853. Molti hanno citato, ma non hanno visto nel corso della loro vita, un celeberrimo film di Ėjzenštejn, "La corazzata Potëmkin": quei soldati che travolgono il popolo sono nel porto di Odessa, guardate un po'.

Purtroppo dunque quelle terre sono attraversate da secoli da tragedie, ai tempi degli Zar, ai tempi di Stalin e, ahimè, anche ai tempi di Putin.

Lei ha detto che non vogliamo lo scontro di civiltà e ha ragione, allora bisognerebbe tornare allo spirito di Pratica di Mare, alla capacità di dialogare con il mondo com'è, con gli autocrati, con tutti i personaggi particolari, e non come noi vorremmo che fosse, perché il mondo è complicato.

Del resto, anche Nixon, leader conservatore, dialogava con Breznev e a quei tempi - c'è un bel libro di Charles Levinson, «Vodka Cola» - gli americani e i russi si scambiavano alcolici e bibite gassate e dialogavano.

Oggi abbiamo troppi Biden e pochi Kissinger in giro nel mondo, questa è la realtà, nessuno si offenda, tessitori di dialogo che sono serviti al mondo.

Presidente Draghi, lei ha citato gli incontri del 1° aprile Europa-Cina: attenti alla Cina che, siccome non muove i carri armati, oggi sembra amica! La Cina ci fa concorrenza sleale; la Cina nega i diritti umani, reprime le minoranze etniche (uiguri e altri); quindi, non vorrei che, per paura di alcuni, abbracciassimo altri che potrebbero rivelarsi peggiori.

Dobbiamo tutelare anche chi subisce le conseguenze delle sanzioni inevitabili e giuste, che noi condividiamo. Dobbiamo pensare anche alle aziende colpite dallo stato di necessità e dalle cause di forza maggiore.

Il decreto-legge appena varato su benzina ed energia andrebbe corretto; l'articolo 23 doveva tutelare con maggiore forza le imprese italiane che non sono in grado di reggere il crescente costo delle materie prime; rischiamo i cantieri chiusi, le auto sanzioni al nostro Paese. Riteniamo che si debba intervenire - lei lo ha ricordato - su microchip e su molte altre questioni.

In sostanza, la storia ritorna prepotente e ci richiama su tre questioni, la prima delle quali è l'autonomia energetica. Benissimo diversificare le fonti, ma attenzione, presidente Draghi: i buoni di oggi potrebbero essere i cattivi di domani, e non sappiamo cosa succederà tra trent'anni in Africa o altrove. Servono centrali nucleari e tecnologia moderna.

Benissimo le rinnovabili, ma le acciaierie e le ferrovie non funzioneranno con le energie rinnovabili; servono fonti qualificate. Quindi, la sfida di questi tempi è su progetti di lunga veduta per l'autonomia energetica, per l'autonomia alimentare - lei lo ha detto: coltivare più campi - l'autonomia militare, la difesa europea, pilastro della NATO.

Voglio elogiare il generale Graziano e la diplomazia italiana per il lavoro che stanno facendo in questi anni e ben venga la bussola strategica: è il primo embrione.

Bisogna far pagare le tasse a chi ha fatto profitti, e non solo alle aziende energetiche: anche Amazon ha guadagnato in questi anni di Covid e non paga tasse, mentre il commerciante all'angolo chiude, sommerso dalla concorrenza sleale.

Sosterremo i provvedimenti all'esame del Parlamento; chi le parla sarà relatore del provvedimento sull'invio di armi all'Ucraina e aiuti ai profughi, però - lo dico approfittando della presenza del Ministro dell'interno - dobbiamo esigere la ridiscussione del Trattato di Dublino, anche per i tempi ordinari, perché nessuno condivide lo sforzo italiano di accoglienza degli immigrati nei tempi ordinari. (Applausi). Ben venga, allora, l'emergenza per discutere di regole anche nei tempi ordinari, che per l'Italia sono sempre di emergenza.

Presidente Draghi, abbiamo l'occasione di trasformare l'Europa in un gigante che difende e non più in un burocrate che opprime con troppi lacci e lacciuoli. Condividiamo, quindi, l'azione che il Governo ha svolto in questi mesi e continueremo a sostenerla. Ma diciamo anche che lei ha la possibilità di giocare il successo dell'Italia su partite storiche.

Il successo che l'Italia ha ottenuto nella lotta al Covid, sui vaccini, sul Piano nazionale di ripresa e resilienza - e siamo orgogliosi di avere sostenuto l'azione del Governo - si gioca anche su questa vicenda della storia e dell'Ucraina, perché, vede, conta più la spiaggia di Odessa che le spiagge di Riccione.

Lei sarà giudicato, presidente Draghi - e noi pensiamo che sarà giudicato bene - dal successo sulle cose essenziali della storia, non sui dettagli della cronaca.

Lasci che le Commissioni discutano di catasto o di spiagge, perché il suo successo sui grandi temi della storia sarà il successo dell'Italia e sarà anche il nostro successo. Buon lavoro, presidente Draghi! (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Candiani. Ne ha facoltà.

CANDIANI (L-SP-PSd'Az). Presidente Draghi, abbiamo ascoltato molti interventi e molte delle cose che abbiamo sentito oggi da lei e dai colleghi intervenuti prima di me in Aula potranno apparire anche all'uditore ovvie, ma ci sono anche implicazioni meno ovvie, e partirei da una considerazione.

Certamente oggi siamo qui per dare un indirizzo al Governo, da spendere poi in sede europea, affinché il nostro Paese faccia valere le sue buone ragioni in un contesto complicato.

È ovvio che lei vada in Europa e faccia presente che c'è un costo dell'energia troppo elevato, ma non è per niente scontato che gli altri partner europei abbiano il nostro punto di vista in merito al costo dell'energia; sappiamo infatti benissimo che il sistema europeo è tutto tranne che standardizzato a questi livelli. Su questo avrà quindi bisogno di molto impegno e soprattutto di svolgere un lavoro complicato, ma deve tenere presente - dobbiamo tutti tenerlo presente - che non siamo qui a parlare semplicemente e solamente, per quanto sia impegnativo, di quanto accade in Ucraina. Dobbiamo anche avere la consapevolezza che dalle nostre azioni discenderanno successivamente altre questioni e ci saranno ovviamente delle controreazioni.

Penso, signor Presidente, alla delicatezza del rapporto con gli altri partner europei in merito alle sanzioni, perché è evidente che più si va avanti e più queste metteranno in difficoltà. Sono la nostra arma in campo contro la Russia in merito all'economia, ma è altrettanto evidente che i ventisette Paesi europei si caratterizzano per necessità e anche per paure differenti, e se non si fanno bene i conti quello straordinario fronte compatto che si è miracolosamente presentato in questa circostanza potrebbe andare incontro a delle difficoltà, e questo non vogliamo che vanifichi gli sforzi finora fatti per giungere velocemente alla fine del conflitto.

Ci sono quindi delle questioni che non sono tanto ovvie, perché adottare le sanzioni può essere una soluzione ovvia, ma non è ovvio che dall'altra parte questa possa produrre in tempi brevi degli effetti. Nel frattempo però dobbiamo essere consapevoli che le nostre imprese sono in difficoltà; che, passata l'ondata emotiva, ci sarà da ricostruire anche rapporti politici ed economici; che gli interi rapporti politici ed economici del globo da questa faccenda sono completamente mutati, fino ad arrivare ad approvvigionamenti da parte degli Stati Uniti di greggio con il Venezuela oppure a riaprire addirittura canali, che erano chiusi, con l'Iran. Questo ci dice che tutto sta mutando e che nulla, dopo questo evento bellico, sarà più come prima. Dobbiamo anche noi giocare in questo difficile equilibrio. Ci domandiamo ovviamente sempre quanto l'Unione europea giochi in squadra o quanto ogni singolo Paese giochi per sé, ma noi non abbiamo dubbi che il nostro ruolo sia quello di fare da player e non certamente da co-spettatori o da spettatori.

Il ministro Di Maio si sta muovendo, sta andando in giro un po' per tutto l'emisfero Nord e l'emisfero Sud a cercare nuove forniture di energia e di carburante. Presidente Draghi, attenzione, perché i mezzi di informazione semplificano molto. Non dobbiamo sostituire una dipendenza con un'altra dipendenza (Applausi). È evidente che oggi dobbiamo togliere la grande fornitura che arriva dalla Russia, ma stiamo attenti perché fornirci da alcuni Paesi del Centrafrica, da alcuni Paesi di cui non c'è neanche da nascondere il nome, come il Congo, l'Angola - non penso certamente all'Algeria o al Qatar - o la stessa Libia, ha delle implicazioni di politica estera e di rapporti di equilibrio. La Cina in Africa sta facendo infatti da lungo tempo politica estera. Quindi attenzione, perché raggiungere l'autonomia non significa sostituire la dipendenza dalla Russia con altre dipendenze, ma significa costruire dei rapporti - a mio avviso, su questo il Governo dovrebbe spendersi domani e prossimamente - con gli altri partner europei.

Abbiamo firmato qualche giorno fa - e deve essere ratificato ancora dal Parlamento - il Trattato del Quirinale: c'è un Paese oltralpe, la Francia, che ha in sviluppo progetti importanti sul nucleare e possiamo tranquillamente collaborare con loro affinché quelle forniture diventino per noi capacità di essere autonomi e indipendenti rispetto a forniture che, arrivando da Paesi instabili, possono riportarci in futuro ad una nuova dipendenza. Su questo, signor presidente Draghi, dico che deve fare una differenza la sua presenza domani in sede europea, non limitandosi semplicemente, per quanto la situazione possa essere ovvia, a discutere l'ordine del giorno, ma anche spingendosi un po' più in là e pensando bene come l'Italia debba avere un proprio ruolo in questa situazione.

È evidente, infatti, che lo stesso concetto che ho appena accennato di autonomia e, se vogliamo, anche di forniture non comprimibili deve essere applicato su ogni sfera che oggi è in difficoltà, che sia l'agricoltura, che sia la fornitura dei chip - come diceva lei prima - o la produzione di minerale: qualsiasi produzione strategica non deve andare sotto un dato limite, che dobbiamo considerare non comprimibile per essere autonomi. Se non si rimette al centro questo concetto, trasferiremo dipendenza ad altra dipendenza e questo certamente non ci serve. (Applausi).

Signor Presidente, abbiamo apprezzato molto l'intervento del Governo per ridurre il costo del carburante alla pompa: passare da 2,30 euro a 1,77 è stato un messaggio molto chiaro anche ai nostri concittadini. Abbiamo voluto questo intervento del Governo e lo sosteniamo. Nella stessa misura, abbiamo bisogno che il Governo intervenga in maniera determinata nei confronti delle nostre imprese, perché ci eravamo convinti di essere usciti dall'emergenza Covid e ci siamo ritrovati in un'emergenza bellica. Questo prezzo le nostre imprese lo stanno già sostenendo. Le lascerò poi un documento, Presidente, che ho avuto tramite la senatrice Cattaneo, che ringrazio: è un documento che arriva da uno studio legale in Russia che rappresenta le nostre imprese, che ci chiede di fare attenzione e di non dimenticarci che le sanzioni che imponiamo alla Russia, dall'altra parte vengono applicate, come ritorsione, alle nostre imprese in Russia. Leggo testualmente: È necessario tutelare le imprese e i cittadini italiani residenti in Russia mediante l'individuazione di misure di supporto e di ristoro, laddove di fatto - e nonostante la normativa internazionale sulla tutela degli investimenti non dovrebbe consentirlo - si trovano in pregiudizio economico in ragione della sempre più verosimile ipotesi di nazionalizzazione, requisizione, esproprio, sequestro sulla base delle misure ritorsive russe.

Non dimentichiamoci delle nostre imprese che per anni hanno reso possibile il nostro export e ci hanno fatto crescere il PIL. (Applausi). Non abbandoniamoli, perché loro oggi sono al fronte. Quello è il nostro fronte.

Al popolo ucraino dobbiamo dare tutto il supporto possibile e immaginabile, nel sostenere i profughi che arrivano, i veri profughi che arrivano e stiamo ospitando, ma nell'altro senso dobbiamo dargli anche una visione e una certezza sul futuro. Li aiuteremo nella ricostruzione, anche fisica, delle loro città. Bene ha fatto chi ha proposto nei giorni scorsi la ricostruzione del teatro di Mariupol, però attenzione, Presidente, a non dimenticarci dei problemi che ha l'Italia e gli italiani, perché altrimenti ci troveremo di fronte al paradosso di un teatro di Mariupol ricostruito dall'Italia e di una bella Amatrice che dopo cinque anni non siamo ancora riusciti a mettere in piedi. Queste aporie non si devono verificare. (Applausi).

Quindi, camminiamo tutti assieme, passo dopo passo, facciamo tutto in maniera corretta, ma non lasciamo indietro nessuno, ripeto, a partire dagli italiani e certamente anche dal popolo ucraino, a cui diamo il nostro massimo sostegno.

Occorre fiducia al Paese, Presidente, per uscire assieme da questa crisi economica e abbiamo bisogno di un impegno che sia a trecentosessanta gradi con la diplomazia. Ci piace quella diplomazia che lavora in silenzio, che non si vede, che bada ai fatti e non all'immagine. Ci piace pensare che l'Italia possa giocare la propria parte, ripeto, da player principale nel riportare la pace in quel Paese e nel ricostituire una condizione di equilibrio economico internazionale che ci rimetta, uno gomito all'altro, a lavorare e non a combatterci. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pellegrini Marco. Ne ha facoltà.

PELLEGRINI Marco (M5S). Signora Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, presidente Draghi, tra gli argomenti che ha trattato mi soffermerò sui temi che riguardano l'energia, che è centrale per il nostro sviluppo.

Milioni di cittadini italiani e imprese sono letteralmente in ginocchio a causa degli aumenti assurdi che si sono registrati in questi mesi e che sono stati definiti dal ministro Cingolani come vere e proprie truffe. Già uno studio dell'OCSE dello scorso dicembre stigmatizzava la grande differenza tra l'aumento dei prezzi finali a famiglie e imprese e l'aumento dei prezzi di importazione dei prodotti energetici. A tal proposito, basta osservare la differenza tra il prezzo cosiddetto doganale del gas, legato a contratti di acquisto di durata spesso ultradecennale, e il prezzo che si forma alla Borsa del gas di Amsterdam (indice TTF). Per lunghissimo tempo i due prezzi sono stati simili, ma negli ultimi mesi il primo è aumentato del 60 per cento, mentre il secondo del 500 per cento. A oggi gli importatori italiani pagano il gas al prezzo cosiddetto doganale, ma lo rivendono a un prezzo legato all'indice TTF che, come ho appena ricordato, è enormemente più alto.

Dal confronto di questi dati si capisce immediatamente la colossale speculazione in atto, che sta facendo guadagnare pochi soggetti a spese di milioni di cittadini e imprese. (Applausi). Il rischio concreto è che tante aziende italiane chiudano, che si perdano centinaia di migliaia di posti di lavoro e che milioni di cittadini non siano più in grado di pagare le bollette.

Per questo motivo, occorre intervenire immediatamente e in modo strutturale, affinché i prezzi di vendita del gas e dell'energia elettrica non siano tanto influenzati dalle speculazioni del mercato TTF, ma riflettano i reali prezzi di importazione del prodotto. Dobbiamo subito cambiare le regole per preservare il tessuto produttivo e sociale e separare il mercato dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili da quello del gas. A questi devono affiancarsi altri interventi che ci rendano meno dipendenti dalle forniture dall'estero e l'unico modo per farlo è agire sulle uniche fonti inesauribili presenti in Italia, ossia le energie rinnovabili (il sole, il vento, l'acqua, la geotermia e così via), che nessuna guerra o speculazione potrà mai portarci via.

Questa crisi è anche il frutto degli errori giganteschi commessi dal 2011 in poi dai Governi di centrodestra e, poi, di centrosinistra sulle rinnovabili, sulla riduzione degli investimenti e sulla scelta di incrementare le importazioni di gas dalla Russia. (Applausi).

Questa crisi dimostra altresì che quella del mercato che si autoregola e partorisce scelte nell'interesse di tutti è una favola a cui possono credere gli ingenui o i complici. Il mercato obbedisce a regole di profitto, tra cui sono comprese, come in questo caso, anche le speculazioni gigantesche che mettono in difficoltà milioni di persone e Paesi interi.

Occorre, come detto, un imponente piano di investimenti sulle energie rinnovabili che miri a renderci, nel medio e breve periodo, meno dipendenti dalle forniture dall'estero e che tenda nel lungo periodo a renderci quasi totalmente indipendenti.

È un piano che si può fare adesso con le attuali tecnologie disponibili e a basso costo, a differenza delle fandonie che si sentono sui reattori a fissione nucleare di quarta generazione o quelli a fusione, che sono entrambi, da decenni, allo stadio di prototipi e non si sa quando potranno essere commercialmente disponibili e utilizzabili per programmare un serio piano nazionale energetico. (Applausi).

Il piano di investimenti sulle energie rinnovabile deve avere un respiro europeo e i fondi occorrenti dovranno essere finanziati dall'Unione per mezzo di un recovery energy fund. Il Governo italiano deve spendersi con tutte le forze per arrivare a questo risultato, così come fece l'ex presidente del consiglio Conte nel luglio 2020, quando ottenne l'approvazione di quello che sarebbe stato denominato il Next generationEU, anche con l'assenso degli Stati più recalcitranti, quelli cosiddetti frugali, sostenitore dell'austerity a tutti i costi.

Da allora, anche grazie a noi del MoVimento 5 Stelle, l'Europa ha avviato un percorso di cambiamento, di cui siamo molto orgogliosi. La portata di questo cambio di rotta sarà meglio inquadrata nei prossimi anni, visto che ancora oggi, dopo quanto successo, vengono trattati e ascoltati come statisti quelli che volevano il MES a tutti i costi (ricordo: 36 miliardi) e che pensavano fosse sufficiente a contrastare gli effetti della pandemia, salvo poi repentinamente e senza vergogna cambiare idea quando il Governo Conte II cadde. (Applausi).

Dal punto di vista economico, questo momento storico non è meno drammatico di quello che abbiamo vissuto in piena pandemia e quindi occorre avere idee, coraggio e determinazione, come abbiamo fatto allora con il Governo Conte II. È altresì importante che si intervenga anche a livello europeo per calmierare i prezzi energetici, per limitare le inaccettabili speculazioni che - lo ripeto - arricchiscono pochi soggetti a danno di centinaia di milioni di europei e per tassare adeguatamente gli extraprofitti, cioè i guadagni derivanti dalle speculazioni.

Avviandomi alla conclusione, occorre intervenire anche in merito al quadro temporaneo degli aiuti di Stato a cittadini e imprese, proprio per consentire a questi ultimi di ricevere dai Paesi membri tutti gli aiuti che consentano loro di superare questa fase drammatica di cui sono vittime innocenti. È inoltre necessario prolungare la clausola di salvaguardia del Patto di stabilità e crescita, perché non è assolutamente il momento di riattivare regole a volte astruse in un periodo di grande sofferenza, di incertezza e difficoltà economiche che riguardano l'intera Europa.

Buon lavoro, signor Presidente del Consiglio, e che non abbiano la meglio i burocrati delle regolette e dell'austerity. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.

Avverto che sono state presentate le proposte di risoluzione n. 1, dal senatore Lannutti e da altri senatori, n. 2, dai senatori Stefano, Lorefice, Candiani, Giammanco, De Petris, Nannicini, Garavini, Bonino e Unterberger, n. 3, dal senatore Crucioli e da altri senatori, e n. 4, dal senatore Ciriani e da altri senatori. I testi sono in distribuzione.

Ha facoltà di intervenire in replica il presidente del Consiglio dei ministri, professor Draghi.

DRAGHI, presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, cercherò di rispondere ai tanti punti sollevati, ma c'è un punto comune per cui vorrei ringraziare tutti i componenti del Senato. Mi riferisco al sostegno che state dando all'azione di Governo alla vigilia di questo Consiglio europeo. È sempre importante sapere che ci si siede al tavolo avendo dietro il Parlamento; oggi è ancora più importante e la coralità di questo sostegno dà una forza particolare alla mia partecipazione di domani. (Applausi).

Un primo gruppo di punti sollevati riguarda la risposta europea a questa crisi: la risposta economica e quella alla crisi energetica. Tali punti sono stati toccati dal senatore Monti, dal senatore Pittella e da vari altri. Se si dovesse fare uno schema di questa risposta, si dovrebbe dire che si sta già articolando su tre pilastri fondamentali.

Prima di tutto c'è una sospensione generalizzata o una rivisitazione (immagino temporanea) di molte delle regole che hanno accompagnato l'Unione europea fino ad oggi. Quanto al bilancio, si dà per certa la non riattivazione della clausola di salvaguardia l'anno prossimo. Inoltre, sono ormai cinque o sei anni che continuo a far notare lo stesso punto, cioè che le regole che abbiamo avuto finora non ci hanno servito molto bene durante la grande crisi e sarebbero state da rivedere in ogni caso; tuttavia, alla luce degli sviluppi di oggi, la loro revisione diventa inevitabile e sarà necessariamente molto più profonda di quello che si sarebbe fatto prima delle crisi degli ultimi due anni. (Applausi). Le regole sugli aiuti di Stato, come sapete, sono state anch'esse sospese e riviste, ma in generale come si può pensare di attuare una transizione ecologica, una transizione energetica, una nuova politica della difesa senza intervento dello Stato? È chiaro che sarà necessario; certi investimenti per la loro ampiezza e per i rischi che comportano non potranno essere attuati interamente o anche parzialmente dal settore privato. Anche queste regole andranno pertanto necessariamente riviste in profondità alla luce di questi nuovi obiettivi che la stessa Unione europea si è data. La rivisitazione delle regole è quindi necessaria per essere coerenti con il raggiungimento degli obiettivi che noi stessi ci siamo dati, non è una richiesta di un Paese. Terzo: anche per quanto riguarda certi regolamenti, per esempio, in campo agricolo, come ho accennato prima, è chiaro che la situazione di insufficienza nella produzione costringerà a rivedere la quantità di terra che è coltivabile. Come voi sapete c'è un regolamento che impone che il 10 per cento della terra disponibile non venga coltivato, per buoni motivi. È chiaro però che questa regola andrà sospesa se vogliamo affrontare l'emergenza alimentare. Come ho poi detto, in seconda battuta, se ciò non fosse sufficiente dovremmo essere messi in grado di importare da Paesi dai quali non stiamo importando perché abbiamo applicato degli standard di tipo sanitario e merceologico che ci impediscono queste importazioni. Il primo pilastro è quindi una rivisitazione delle regole che ci hanno accompagnato finora.

Il secondo pilastro è quello di una risposta congiunta, nel senso che molti di questi investimenti necessari non sono finanziabili con le risorse nazionali. Abbiamo avuto questa straordinaria esperienza del Next generation EU in cui l'Europa si è dimostrata capace di creare debito congiunto. Non lo chiameremo Next generation EU, bensì in altro modo, ma occorrerà fare altrettanto per finanziare questi enormi sviluppi nel clima, nell'energia e nella difesa. (Applausi).

Per inciso, sulla difesa c'erano già piani di questo tipo che circolavano già da vari anni, immaginando un possibile finanziamento congiunto dei piani della difesa. Vi è perciò consapevolezza che questi obiettivi che ci siamo di nuovo dati noi non sarebbero raggiungibili senza questo secondo pilastro.

Il terzo punto è l'energia, di cui parlerò poi più in dettaglio. Chiaramente, alla luce di questi sviluppi, il mercato energetico, come l'abbiamo costituito noi, non sembra rispondere in maniera adeguata. Anche in tal caso bisogna un po' chiedersi quale possa essere la risposta congiunta dell'Unione europea. Sul punto tornerò tra un momento.

In ogni caso, però, tutte queste sfide possono essere lette in due modi. Uno profondamente pessimistico: l'Unione europea non ce la farà e ci aspettano anni di conflitto, situazioni in cui l'Italia è vista perdere queste partite. L'altro modo invece è dato da una visione più ottimista: abbiamo avuto tante di quelle crisi, ma finora ce l'abbiamo fatta, quindi perché non farcela anche ora? Ecco questa è la mia visione. (Applausi). Non bisogna affrontare queste crisi con senso di smarrimento, ma con senso positivo, voglia di costruire facendolo insieme, anche perché da soli non ci riusciamo. Quindi occorre negoziare, essere pazienti e, certe volte, fare marcia indietro e poi tornare avanti. Questo è il futuro che abbiamo e con cui dovremo confrontarci.

Il secondo argomento che è stato toccato è quello della difesa, trattato negli interventi dei senatori Cioffi, Bossi, Vattuone e Rauti. In particolare la senatrice Rauti ha dato una rappresentazione puntuale della bussola strategica e ha descritto bene come la bussola strategica sia un disegno importante per il futuro della difesa europea, quindi sul piano progettuale è uno sforzo che sarà accettato da tutti i Paesi membri ed è un passo straordinario sul piano progettuale, perché disegna perfettamente i contorni principali di quello che sarà la difesa nel futuro. Sul piano dell'azione, però, è un primo piccolo passo perché quella di 5.000 soldati è una cifra che, come è stato ricordato, è stata definita in altre epoche e che oggi appare veramente piccola, ma non solo oggi. Stamattina ho ricordato che il presidente della Repubblica Mattarella, quando era Ministro della difesa, cioè all'inizio degli anni 2000, ha discusso questo tema della costruzione di una difesa comune e all'epoca si parlava di 150.000 soldati. Questa, quindi, è una cifra di prima approssimazione su cui poi occorrerà andare avanti.

Il terzo punto della bussola europea è quello più difficile, ovvero il coordinamento che inizia dalla produzione militare. È una produzione che deve giustamente avere una ricaduta sul tessuto economico italiano, ma anche quello di altri Paesi, sulle piccole e medie imprese, è un coordinamento che richiede una dislocazione industriale degli impianti di produzione dell'intero territorio dell'Unione europea ed è un coordinamento che poi deve espandersi nelle fasi successive, nelle decisioni strategiche. Ci si chiede, allora, perché cominciare dal tetto: occorre una politica estera comune. A mio parere no, le cose devono andare avanti insieme, bisogna attrezzarsi, bisogna cominciare a costruire quella che sarà l'attrezzatura e nello stesso tempo bisogna fare passi avanti su una politica estera comune. Devo dire che le ultime prove hanno mostrato la capacità dell'Unione europea di definire una politica estera comune. La senatrice Bonino ha prima detto che il presidente Putin contava sulla nostra divisione, sulla nostra incapacità di essere uniti, eppure la risposta è stata straordinaria, un'unione straordinaria. Questo è un test che la politica estera comune è possibile. Deve essere possibile sul piano strutturale e non solo eccezionale e lì indubbiamente c'è molto da fare. In ogni caso, bisogna andare avanti con entrambi.

Un ultimo aspetto riguardo alla bussola strategica è che ci vuole pari dignità con i nostri alleati della NATO, anzi con la NATO, perché noi siamo parte della NATO. Ci vuole complementarietà. Questo è qualcosa di importante da dire, ma è anche molto difficile. Il coordinamento, di cui parlavo prima, non si deve intendere soltanto come coordinamento all'interno dell'Unione europea, che già è complesso, ma anche come coordinamento tra le forze NATO e le forze dell'Unione europea. La cosa importante, però, è che in questo periodo in cui tutti parlano di difesa, di aumento delle spese militari e alcuni Paesi hanno deciso di aumentare le spese militari in maniera straordinariamente significativa, è importante che questi aumenti vengano annunciati all'interno di una strategia europea e non all'interno di una strategia nazionale. (Applausi). Capite bene che il rischio di andare avanti con strategie nazionali è piuttosto serio, specialmente in prospettiva (l'abbiamo già visto, tra l'altro).

I problemi relativi all'energia sono tanti e sono stati toccati in molti interventi, dal senatore Girotto, dal senatore Saccone, dal senatore Stefano, dal senatore Pellegrini e da altri. C'è un problema di formazione del prezzo. Certamente il Title transfer facility (TTF) è un mercato che sta dando prezzi che non hanno nessuna connessione con i costi di produzione, anche immaginando un adeguato profitto. Su questo però le posizioni sono molto divise tra i Paesi e le società petrolifere del Nord da una parte e gli altri Paesi dall'altra. Lo schieramento è molto diviso e occorrerà arrivare a una soluzione e a un accordo. Io spero veramente che ci si arrivi; in ogni caso, è importante che ci sia una strada verso questo accordo. Qui occorre ricordare che il TTF è una struttura che fu creata quando le energie fossili, in particolare il gas e anche il petrolio, erano dominanti, mentre le rinnovabili erano una minima percentuale. Noi stiamo andando ora verso un mondo dove le rinnovabili saranno dominanti e il gas e il petrolio saranno invece residuali, per non parlare del carbone. Questo mercato, creato in questo modo, secondo me risponde sempre meno alla realtà.

Vedremo poi come ci muoveremo a livello nazionale. L'altra questione è vedere come riuscire a separare la formazione del prezzo sul mercato del gas. Tenete presente che, all'interno del mercato del gas, ci sono due realtà profondamente diverse: da una parte c'è il gas che arriva attraverso i tubi e dall'altra c'è il gas liquido. Il gas che arriva attraverso i tubi arriva qui; l'Unione europea avrebbe pertanto un forte potere di mercato nell'imporre condizioni, tra cui quelle di prezzo, perché questo gas non può andare in altre parti. Viene in Europa e non può andare altrove, perché non ci sono i tubi e almeno per un po' di anni non ci saranno. Il gas liquido, invece, è facilmente vendibile nel resto del mondo, per cui il potere di mercato dell'Unione europea è indubbiamente ridotto.

Per quanto riguarda le rinnovabili, ho detto spesso che dobbiamo investire e accelerare i piani di investimento nelle rinnovabili. Bisogna pensare però che non è vero che il fatto che abbiamo fissato un tetto scoraggia gli investimenti nelle rinnovabili (non ricordo chi è che l'ha notato). Il tetto fissato è fantastico e permette un profitto straordinario ai produttori di rinnovabili. La verità è che le società che fanno rinnovabili e fanno anche energia termoelettrica con il gas hanno realizzato dei profitti colossali, che derivano non solo dalla formazione del prezzo del gas, ma anche dal fatto che il prezzo dell'elettricità, anche quella prodotta dalle rinnovabili, è collegato, anzi si forma sulla base di quello del gas. Quindi non ho francamente nessun rimorso ad aver fissato quel prezzo, che è un prezzo ampiamente remunerativo. (Applausi).

L'Italia sta muovendosi rapidamente sul fronte della diversificazione, non solo avviando contatti, ma anche facendo contratti. Qui c'è anche un elemento di tempo e occorre muoversi con molta rapidità. Gli stessi fornitori che contattiamo noi, infatti, sono contattati da tanti altri Paesi in situazioni di bisogno, tant'è che la Commissione alla riunione del Consiglio europeo di domani proporrà anche un piano per coordinare questi acquisti. È importante e auspicabile che questo coordinamento avvenga soprattutto per il gas liquido, perché lì effettivamente c'è la possibilità di portar su il prezzo, se tutti i Paesi vanno per conto loro. Anche questa comunque è una questione che vedremo.

Volevo rispondere poi a senatore Candiani. No, non c'è nessun pericolo di cadere dalle braccia di un gigantesco monopolio nel quale ci siamo con convinzione adagiati per circa vent'anni in quelle di un altro monopolio, altrettanto grande, perché avremo una pluralità di fornitori e quindi in questo senso non ci sarà questo potere straordinario di cui oggi ci troviamo a pagare i costi.

Ci sono due punti specifici. Ho osservato prima che non vogliamo e non dobbiamo incoraggiare scontri di civiltà. Questa è una frase che in realtà è stata creata tantissimi anni fa e parlava di scontri tra l'Occidente e l'Islam, ma descrive comunque il rischio che si ripeta lo stesso errore. Non lo vogliamo assolutamente.

A questo proposito vorrei citare un episodio. È stata approvata una legge per quanto riguarda i profughi, non solo ucraini, ma tutti i profughi, e ringrazio il Parlamento per non averla ristretta ai soli profughi ucraini. Ci sono profughi scienziati o professori universitari, che potrebbero venire in Italia e potrebbero nel caso godere di borse di studio, di fondi e finanziamenti per la ricerca, di visiting professorship e di altri modi di integrazione nella nostra realtà accademica. (Applausi). Tra questi ci sono diversi scienziati russi che chiedono di uscire. Noi dobbiamo accoglierli e ho chiesto alla ministra Messa di farlo sapere e di prevedere addirittura un numero di telefono che possano chiamare perché si possa dare il "la" alle procedure di accoglienza di questi scienziati. (Applausi).

Il secondo punto specifico riguarda il processo che sarà necessario per l'ingresso dell'Ucraina nell'Unione europea. Ho anche detto che questo processo sarà lungo, perché occorre che questa integrazione funzioni. Nessuno vuole suggerire procedure accelerate, che poi si rivoltano contro gli altri Stati membri dell'Unione europea, ma la differenza tra l'avere l'Italia, uno dei Paesi fondatori dell'Unione europea, accanto all'Ucraina, aiutandola, e non averla è grande. (Applausi).

Ho già risposto al senatore Pellegrini dicendo che sono d'accordo con il fatto che ci sono fenomeni speculativi insopportabili e che occorra intervenire. Per inciso, il Governo in uno degli ultimi Consiglio dei ministri - credo che fosse l'ultimo - ha introdotto un'imposta sui profitti. Fino ad allora, al di là del fatto che io stesso avessi indicato quella strada in più occasioni, nessuno ci pensava. Il Governo l'ha fissata al 10 per cento. Benissimo, ha aiutato a finanziare tutte queste iniziative. Da molti ora si dice che non basta, ma vedremo: il Parlamento ora ha in mano il provvedimento e vedremo evidentemente. È chiaro che, come ha detto prima il senatore Pellegrini, i profitti sono molto più grandi e quindi occorre tenerne conto.

Ho anche risposto al senatore Gasparri. Sono stato giustamente richiamato sul fatto che ci sono realtà economiche nazionali di cui occorre tener conto anche in un periodo di guerra. Non c'è alcun dubbio che domani non saranno solo i destini dell'Europa a ispirare le nostre discussioni e decisioni, ma anche la difesa dell'Italia. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, al quale chiedo di esprimere il parere sulle proposte di risoluzione presentate.

AMENDOLA, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, esprimo parere contrario alla proposta di risoluzione n. 1 e favorevole alla proposta n. 2.

Il parere è contrario alla proposta di risoluzione n. 3 e alla n. 4 relativamente alle premesse e al dispositivo, ad eccezione degli impegni nn. 1, 2, 5, 6, 7, 8, 11, 12, 13, 14 e 15.

PRESIDENTE. Passiamo alle votazioni.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, di fronte alle dichiarazioni del presidente Zelensky, abbiamo avvertito tutti un profondo sentimento di impotenza.

Il Presidente di un Paese europeo ci ha parlato da un bunker mentre fuori continuano a cadere le bombe; un Paese brutalmente aggredito da una potenza nucleare ci chiede aiuto. Purtroppo, tutti noi sappiamo che non si può intervenire militarmente per difendere l'Ucraina se non si vuole rischiare la terza guerra mondiale. Consapevoli di questa linea rossa, dobbiamo, però, fare il massimo per aiutare gli ucraini.

Se un popolo e il suo Governo hanno deciso di difendere la propria libertà è ovvio che dobbiamo aiutarli fornendo anche strumenti militari.

È curioso che proprio chi ha raccontato la legittimità di avere una pistola sotto il cuscino per sparare contro chiunque entri nel cortile di casa oggi si ricordi che le armi chiamano violenza: uccidere un ladro che non minaccia violenza sarebbe legittima difesa, ma un popolo aggredito non ha il diritto di difendersi? In più, dobbiamo usare la nostra forza economica con sanzioni ed embarghi sempre più pesanti, anche se questo implica costi per noi.

Come Unione europea abbiamo tutta la forza per liberarci insieme dalla dipendenza energetica dalla Russia; abbiamo gli strumenti per difendere i cittadini dall'aumento del carburante e delle bollette.

Ha ragione, Presidente, serve l'integrazione europea anche per il mercato energetico e il tetto di prezzo agli acquisti del gas; serve un nuovo recovery fund che faccia avanzare il processo di integrazione attraverso il debito comune. Su scala europea va affrontato anche il rischio carestie per quei Paesi non sviluppati che da Russia e Ucraina dipendevano sotto il profilo alimentare.

Il World food programme delle Nazioni Unite riceveva il 50 per cento del suo grano dall'Ucraina, che serviva per Paesi come lo Yemen, l'Etiopia e la Somalia dove il cibo era già scarso.

In un'intervista allo «Spiegel», il ministro dell'agricoltura tedesco Özdemir ha ricordato che, in quanto Nazioni occidentali, abbiamo innanzi tutto il dovere di mantenere aperti i mercati agricoli e garantire l'approvvigionamento di cereali a livello mondiale. Mangiamo meno carne contro Putin, ha concluso.

Anche sui rifugiati serve una strategia condivisa a livello europeo; dobbiamo assolutamente evitare che le opinioni pubbliche e i Governi si dividano come è successo con i profughi siriani. Dobbiamo scongiurare che tra alcuni cittadini si faccia strada l'idea che i nostri Governi hanno più a cuore i profughi dei propri concittadini in difficoltà. Occorre una distribuzione che renda sostenibile l'accoglienza e che consenta di sviluppare un'adeguata politica dell'integrazione, e questo vale soprattutto per l'Italia, che fino ad ora ha gestito i fenomeni migratori come un fatto di ordine pubblico, cancellando dal suo vocabolario il concetto stesso di politiche per l'integrazione.

Presidente Draghi, come lei ha sottolineato ieri, dobbiamo insistere per un ingresso tempestivo dell'Ucraina nell'Unione europea, un'Unione che fino ad ora ha mostrato il suo lato migliore, grande compattezza e grande capacità di risposta. La nostra principale forza è il fatto che siamo delle democrazie: tornano alla mente le parole del presidente Mattarella al suo secondo giuramento. I regimi autoritari o autocratici tentano ingannevolmente di apparire, a occhi superficiali, più efficienti di quelli democratici, le cui decisioni, basate sul libero consenso e sul coinvolgimento sociale, sono invece più solide ed efficaci. Spetta allora a noi dimostrare che il nostro sistema è superiore a quello autocratico. E ai pochi - per fortuna - che si lamentano che non è stato sentito Putin in Parlamento e che nutrono ancora simpatie per il suo regime, si può semplicemente consigliare di andarci a vivere, stando però ben attenti a non pronunciare mai la parola "guerra": si rischiano fino a quindici anni di reclusione. (Applausi).

FARAONE (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FARAONE (IV-PSI). Signor Presidente, noi sosteniamo "senza se e senza ma" l'azione del Governo; lo dico perché nessuna ambiguità è accettabile e vanno contrastate con decisione le politiche dei professionisti del no, che poi sono sempre gli stessi: i no triv, i no TAP, a proposito di crisi energetica, signor Presidente, quelli che hanno contribuito a consegnarci un Paese per metà dipendente energeticamente da Putin e che ci stanno costando un salasso da un punto di vista economico e sociale. Poi ci sono i no vax, signor Presidente, che ci sono costati tantissimo in termini di vite umane durante la pandemia (Applausi), con le loro teorie antiscientifiche. Poi i no euro, con i loro piccoli sovranismi nazionali contro un necessario sovranismo europeo; sono gli stessi, signor Presidente, che oggi si ergono a difensori di Putin e definiscono il leader russo uno statista, vero argine all'impero globale e ci stanno costando tantissimo in discredito per la nostra democrazia. Cambiano nome alle chat Telegram, ma queste chat hanno sempre gli stessi componenti. Pensano sia giusto mettere sullo stesso piano le teorie dello sciamano no vax con chi ha studiato e ha inventato i vaccini salvavita, o pensano che vada organizzata una seduta congiunta di Camera e Senato per ascoltare Zelensky e qualche giorno dopo magari Putin, per proporre una folle e macabra par condicio. Sì, perché oltre a contrastare i signor no, signor Presidente, come ha scritto benissimo Recalcati, dobbiamo occuparci anche di contrastare quelli dei "né né", quelli che mettono sullo stesso piano la resistenza ucraina e la difesa dei valori democratici, da un lato, e Putin e l'autocrazia, dall'altro.

Noi sosteniamo con forza il suo Governo, presidente Draghi, perché ha scelto chiaramente da che parte stare (Applausi). E se penso alle pulsioni della passata legislatura e all'inizio di questa in corso, le dico che non era così scontato che l'Italia fosse collocata là dove è sempre stata: con l'Europa e per il Patto atlantico.

Oggi, Presidente, chi vuole sventolare la bandiera della pace non può che sventolare la bandiera dell'Ucraina, senza alcuna ipocrisia. (Applausi).

Centodiciassette bambini uccisi, Presidente, come diceva ieri il leader Zelensky, un conto macabro destinato purtroppo a salire; donne e uomini seppelliti in fosse comuni, città rase al suolo; un mese di assedio, profughi che scappano con qualunque mezzo, mamme che, come in Afghanistan, affidano i propri bambini ad estranei, mamme che muoiono in barella prima di mettere al mondo un figlio, mamme che muoiono di stenti dopo trenta ore di viaggio. Tutto questo per un uomo che lucidamente ha preparato questa invasione.

Noi siamo con lei, Presidente, e col Governo. Bene e giuste le sanzioni, bene le armi per sostenere la resistenza ucraina, anche se sappiamo che tutto questo da solo non basta - l'ha detto anche lei - e chi vede da parte sua ambiguità da questo punto di è assolutamente strumentale nelle sue affermazioni. Occorre tenere sempre aperti i canali diplomatici e l'Europa deve essere protagonista della pace, senza delegare questo ruolo esclusivamente ad altri Paesi, per non favorire il disegno di Putin, che vuole imporre un nuovo ordine mondiale guardando alla Cina, all'India e all'Africa.

La guerra è a poche ore di aereo da noi e non possiamo che essere protagonisti noi per la pace. Presidente, lei e il Governo, per fortuna, potete contare oggi sul sostegno di un vasto arco parlamentare. Anche Fratelli d'Italia sta mostrando grande responsabilità e su questo grande consenso, così come il grande consenso popolare, bisogna investire. Tutti i governi europei stanno ottenendo lo stesso riconoscimento dalle proprie popolazioni, ma questa condizione, Presidente, va mantenuta nel tempo ed è la cosa più difficile e più complessa. Decisivo sarà quello che si farà domani; al di là di quanto durerà il conflitto, speriamo meno possibile, c'è e ci sarà una crisi economica crescente e per contrastarla occorrerà far politica e prendere provvedimenti in Italia e Europa, che non facciano sfarinare questo consenso sotto i colpi dei costi diretti e indiretti della guerra. I "signor no", quelli dei "né né", gli ignavi, come li chiamava Dante, ma anche chi oggi dice di sostenerla in alcuni casi, saranno pronti a prendere le distanze e a lucrare sull'eventuale dissenso crescente.

Servirà, lo ha detto bene Presidente, condivisione per una difesa comune europea, per la politica estera comune europea, per una seria politica sui profughi e per scelte economiche, energetiche e alimentari che vedano l'Europa unita. Nel vertice di domani e di dopodomani si costruirà l'Europa vera, non quella delle chiacchiere. I costi della guerra vengono scaricati più su alcune fasce deboli e più su alcuni Paesi europei rispetto ad altri e questa asimmetria rischia di far riesplodere nazionalismi ed euroscetticismo e generare una pericolosa disgregazione. L'Italia è tra i Paesi che rischiano maggiormente di essere danneggiati. L'Italia e gli italiani non lo meritano: non lo meritano le famiglie italiane, i sindaci, le scuole, i nostri militari, le Forze dell'ordine e la Protezione civile, che per generosità e grande cuore meritano invece grande rispetto.

Noi, Presidente, siamo convinti che sia finito il tempo dei leader improvvisati e siamo orgogliosi della sua Presidenza e del suo Governo. È finito il tempo dell'incompetenza: due anni di pandemia ed ora la guerra hanno falciato chi pensava di andare avanti spegnendo incendi senza prevenirli. Ora siamo obbligati da questo schiaffo della storia ad una svolta totale, che parla di unità dell'Occidente, di rafforzamento dell'Unione europea, di transizione ecologica, di fine del peggior populismo. Oggi tutto questo, Presidente, è un'opportunità: la vita ci mette alla prova e lo fa sempre per imprimere quei cambiamenti che sono stati rimandati per decenni. (Applausi).

CIRIANI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIRIANI (FdI). Signor Presidente, vorrei avanzare in premessa, alla luce delle dichiarazioni del sottosegretario Amendola, la richiesta di voto per parti separate della proposta di risoluzione della maggioranza e, se serve, anche di quella del Gruppo Fratelli d'Italia, a mia prima firma.

Presidente Draghi, signori del Governo, onorevoli colleghi, il Consiglio europeo di domani è il primo dopo che la parola guerra, con il suo significato terribile, è entrata nel vocabolario e nell'agenda politica di tutte le cancellerie europee, anzi del mondo. Siamo chiaramente di fronte a un salto di qualità e a un cambio di paradigma nella politica, dopo che per tanti anni moltissimi ci hanno spiegato che la globalizzazione avrebbe portato la pace nel mondo e cancellato le frontiere, gli Stati e le differenze tra sistemi politici.

Non è stato così, non è così e - cosa più importante - non sarà così e tutti dovremo rendercene conto in maniera molto seria per non essere, come qualcuno ha detto con espressione molto efficace in queste settimane, semplici turisti della storia, osservando la storia che ci passa accanto senza non rendercene conto.

Il Consiglio europeo di domani - l'hanno già detto molti colleghi intervenuti e ne ha fatto cenno, nella sua replica, anche il presidente Draghi - è fondamentale per capire dove va il nostro Continente e, ad esempio, se l'Europa vuole essere un soggetto politico con una propria politica estera e militare. Tuttavia, deve essere chiaro che ciò può avvenire soltanto se si cambia in maniera radicale l'approccio che l'Europa ha avuto finora. Fino a oggi l'Europa si è occupata di mille cose poco importanti, spesso rompendo le scatole cittadini e alle imprese, e mai di poche cose davvero importanti tra le quali, in cima alla lista, vi sono la politica estera e quella militare.

Ciò significa anche ripensare il nostro ruolo all'interno della Nato: non l'appartenenza dell'Italia alla NATO, ma - ripeto - il ruolo che vogliamo giocare come Paese e come comunità europea. Infatti, dobbiamo confessarci che alla NATO abbiamo dato una delega in bianco sulla nostra difesa perché ci faceva comodo essere poco responsabili e affidare al gigante americano la risoluzione dei conflitti internazionali, essendone soltanto comprimari.

Infine, avere una politica estera e militare significa - cosa forse più importante e difficile - aumentare le spese militari, perché non c'è altra strada. La collega Rauti ha fatto cenno ai progetti che sono partiti: sono poca cosa, ma sono un segno nella direzione che tutti noi abbiamo auspicato e che Fratelli d'Italia ha promosso con atti formali (emendamenti, dichiarazioni e risoluzioni), spesso purtroppo bocciati negli anni passati.

Ciò a meno che, presidente Draghi, nella sua maggioranza (come mi pare serpeggiare) non si pensi che questa che stiamo vivendo sia soltanto una parentesi della storia. Passata la nottata, tutto torna come prima e torniamo a non vedere i problemi, sperando che, se problemi ci saranno, qualcuno li risolverà al posto nostro. Così saremo, appunto, i turisti della storia.

Come ho detto, si percepisce questo atteggiamento dei molti distinguo anche all'interno della maggioranza. Guarda caso, coloro che dicono che le spese militari non sono importanti e prioritarie - ma figuriamoci! - sono gli stessi che in tutti questi anni hanno detto sempre no a tutto. (Applausi). Hanno detto no al gas, al petrolio, ai rigassificatori e al nucleare; alle fonti rinnovabili hanno detto sì, ma per favore non nel loro collegio elettorale, ma in quello accanto.

Siamo alle prese con una maggioranza che non so se ha compreso fino in fondo la gravità del momento che stiamo vivendo. Abbiamo votato le sanzioni contro la Russia con senso di responsabilità e le voteremo ancora, anche domani. Tuttavia, dobbiamo dire una cosa su questo, che è stato un atto fondamentale per dimostrare l'unità del mondo occidentale nei confronti della Russia. Queste sanzioni non colpiscono tutti allo stesso modo: è onesto dire che l'Italia paga un prezzo più alto di quanto non paghino, ad esempio, gli Stati Uniti o altri Paesi europei. Dico questo per ribadire che è necessaria solidarietà all'interno dell'Europa e anche con il partner d'oltreoceano su questa partita, altrimenti c'è il rischio che qualcuno pensi che ci sono partner di serie A e altri di serie B, gente che paga un prezzo alto e qualcun altro che non ne paga nessuno.

Dico questo anche in riferimento al decreto-legge sull'energia, che il Governo ha emanato qualche giorno fa e che noi abbiamo dichiarato essere non solo tardivo, ma anche molto molto deludente. Ci sono interi settori e intere filiere dell'economia italiana che rischiano di fallire, presidente Draghi. Serve un nuovo recovery plan dedicato questa volta al problema energetico dell'Italia, perché purtroppo le aziende italiane sono le più esposte alle ritorsioni economiche. Sono le più esposte per colpa nostra, ma vorrei dire per colpa vostra, che avete governato questo Paese per dieci anni senza aver garantito una indipendenza economica. Tuttavia ciò è anche dovuto al fatto che la nostra economia è basata sull'esportazione. Sul tema del caro bollette devo ricordare che esponenti autorevoli di questo Governo hanno gridato alla speculazione in atto, ma si sono dimenticati di dire chi sono gli speculatori e cosa intende fare il Governo per punirli. (Applausi).

Un discorso analogo vale per il PNRR. Non sono tra quanti affidano al PNRR chissà quali capacità salvifiche dell'economia; gli riconosco grande importanza, ma forse ci sono state troppe attese intorno ad esso. Va detto, tuttavia, che quel piano è stato scritto in un'altra epoca storica, non in questa. L'invasione dell'Ucraina ha creato un discrimine fortissimo e noi dobbiamo rinegoziarlo e rivederlo insieme agli enti locali, ai Governatori, alle imprese che rischiano di fallire. Il rischio, infatti, è che i prossimi bandi vadano deserti, che quei soldi non servano o siano insufficienti e questo sarebbe un fallimento che il Paese non può permettersi.

Infine vorrei fare alcune osservazioni di natura volutamente politica o forse addirittura polemica. Signor Presidente del Consiglio, io parlo a nome del Gruppo Fratelli d'Italia, che è stato raccontato, dipinto e descritto da certa stampa pigra dal punto di vista intellettuale, ma vorrei dire più semplicemente in malafede, come un Gruppo sovranista, laddove per certa stampa, per certa intellighenzia mentalmente pigra o in malafede, tale termine indica una specie di concentrato di tutte le qualità negative che una formazione politica può avere. Vorrei chiedere ai colleghi della Sinistra, alla carta stampata e agli intellettuali che ci danno lezioni qual è il tema di cui sta discutendo il mondo intero in questi giorni, se non la sovranità nazionale, la libertà dei Paesi. (Applausi). In cosa consistono la sovranità politica e la libertà se non nel fatto di avere un'autonomia, ovvero una sovranità militare, energetica e persino alimentare? In tema di sovranismo, un termine che potremmo anche sostituire con altri che magari piacciono di più, vorrei fosse chiaro che c'era qualcuno che ci aveva visto lungo.

Avviandomi alla conclusione, rilevo che ieri il presidente Zelensky è intervenuto alla Camera. Il presidente Draghi ha detto che l'Italia è favorevole all'ingresso dell'Ucraina nella comunità europea. È un auspicio che facciamo nostro. È un percorso lungo e comunque è l'inizio di un percorso positivo. Zelensky si è rivolto da leader europeo a un Parlamento europeo. Prima ancora che le Istituzioni, quello che unisce il popolo italiano al popolo ucraino, è la comune appartenenza alla cultura e alla civiltà europea. È questo il motivo per cui noi siamo al fianco del Governo italiano e al fianco del popolo ucraino in una battaglia di libertà che loro combattono anche in nostro nome. (Applausi).

MALPEZZI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALPEZZI (PD). Signor Presidente, l'invasione dell'Ucraina, un Paese sovrano e indipendente, ha imposto decisioni nette e chiare. Con le sanzioni e l'invio di forniture militari l'Europa, forse per la prima volta nella sua storia, ha mostrato di fronte a una gravissima crisi la capacità di essere determinata, unita e tempestiva. Ha saputo mettere da parte veti ed egoismi nazionali. Abbiamo coniugato il richiamo ai nostri valori, la difesa della libertà e della democrazia, con l'adozione di misure concrete per affermare e difendere quei valori e quei principi. Abbiamo tenuto insieme le parole, anche piene di idealità, al pragmatismo delle scelte, perché in questa drammatica circostanza, senza il realismo e la concretezza, quelle sarebbero rimaste parole vuote.

Signor Presidente, noi la ringraziamo per la chiarezza con cui, insieme al Governo, ha posizionato il nostro Paese. Di fronte infatti alla brutale aggressione russa non sono ammessi distinguo o ambiguità: difendere l'Ucraina oggi significa difendere l'Europa e i suoi valori. (Applausi). In questo drammatico quadro non si può essere equidistanti ed è importante averlo detto con forza e determinazione.

Ora è fondamentale che l'Europa, nel quadro del multilateralismo, si ponga come attore chiave per una mediazione tra le parti, sostenendo ogni iniziativa per la pace. Dobbiamo lavorare per la pace e, in quest'ottica, le sanzioni e le dotazioni di difesa all'Ucraina sono utili per raggiungere quest'obiettivo. La deterrenza può portare infatti Mosca e costringerla al tavolo negoziale.

Vogliamo la pace, ma non per questo possiamo voltarci dall'altra parte. Qui si tratta di una contrapposizione tra democrazia e autocrazia e parliamo di principi di civiltà non solo giuridica, che sono fondativi dell'Unione europea.

Un anno fa, Presidente, eravamo qui con lei in quest'Aula a discutere delle risoluzioni del PNRR. Si andava costruendo lo spirito e il progetto di una nuova Italia all'interno di una nuova Europa, quella che era nata in seguito alla pandemia e fondata sulla scelta storica del Next generation EU, con maggiore solidarietà e condivisione tra gli Stati membri.

Oggi la sfida è ancora più grande, perché la crisi in Ucraina ha reso ancora più evidente la necessità di procedere a passo spedito verso una maggiore integrazione europea. Se ne sono accorti anche quelli che fino a due anni fa pretendevano di tornare agli Stati-Nazione, abbandonando definitivamente il progetto di un'unione politica europea più forte. Noi vogliamo un'Europa autonoma. Scontiamo una dipendenza strutturale in settori strategici, come la difesa, l'energia, la tecnologia o le filiere produttive. Dipendenze per superare le quali - lo abbiamo visto - state e stiamo lavorando tutti. Uno dei temi centrali - come ha ricordato ancora qui lei oggi, come pure tanti interventi dei colleghi - è la difesa comune, di cui la bussola strategica è un primo passo, che però non può essere distaccato, come ha detto anche lei, Presidente, da una politica estera comune. Parallelamente bisogna procedere e andare avanti.

Per questo dobbiamo, in tutte le sedi dell'Unione, secondo le regole della democrazia europea, lavorare per l'adozione di definite e articolate politiche estere di difesa e di sicurezza comuni. Il tutto va tenuto insieme. Una vera comunità di intenti che ci metta al riparo dalle tensioni non può prescindere, però, dalla condivisione di misure economiche per i cittadini europei. Ora bisogna fare l'Europa per davvero e quindi fare un salto politico e per farlo serve prendere una decisione indispensabile, che è quella di mettere un tetto al prezzo del gas, che per il suo valore strategico vale il Next generation EU.

Dobbiamo sostenere imprese e famiglie, perché la lotta alle disuguaglianze è uno dei valori fondanti della nostra cultura e servono misure economiche per evitare che i più fragili vadano in crisi, anche perché questo rischia di tradursi in una disaffezione al progetto europeo e alle regole della democrazia e di portare un terreno fertile per la propaganda russa. Dopo questi due anni, la realtà per molte imprese e famiglie è durissima e abbiamo la responsabilità di rispondere alla domanda di protezione stando attenti anche alle paure. Non possiamo far pagare nulla ai più fragili, questo non può accadere in nessun modo. Abbiamo bisogno, per questo, di lavorare per un'Europa che possa essere sempre più diversa anche rispetto alle regole europee e sappiamo che anche questa è una partita da giocare per un'Europa che sia davvero non più somma di Stati, ma veri Stati Uniti d'Europa.

Vorrei unirmi a lei, Presidente, nel ringraziamento alla Protezione civile, alle Regioni, ai Comuni, al terzo settore, agli enti religiosi che sul territorio si stanno occupando di accoglienza. (Applausi). Sappiamo che il Governo ha stanziato risorse importanti. Abbiamo bisogno di andare avanti in questa direzione, soprattutto per i minori non accompagnati. La ministra Lamorgese lo sa, è in prima linea anche su questo. Abbiamo bisogno di aiutare i Comuni, perché si tratterà di un'accoglienza sempre più diffusa, che non può essere a carico totale o comunque parziale dei Comuni, ma che dev'essere assolutamente protetta. (Applausi).

Presidente, vorrei anche ringraziarla per le sue repliche, perché ha ricordato un aspetto che è stato forse un po' trascurato, ma che questo Governo ha curato: l'accoglienza dei ricercatori, il fatto di ricordare che scienza e cultura non hanno confini e l'Italia è stata la prima a farlo e di questo dobbiamo essere tutti fieri, perché il nostro Governo ha dato un messaggio importante. La sua autorevolezza, Presidente, sta facendo tanto. Noi siamo al suo fianco e per questo voteremo con assoluta convinzione la risoluzione di maggioranza. (Applausi).

DE PETRIS (Misto-LeU-Eco). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE PETRIS (Misto-LeU-Eco). Signor Presidente, noi voteremo la risoluzione di maggioranza e desidero riprendere, nella mia dichiarazione di voto, alcuni punti con molta verità e sintesi, che anche il presidente Draghi ci ha proposto con forza anche nelle sue repliche.

Vengo alla prima questione. L'Europa - tutti lo hanno sottolineato - ha agito in modo chiaro ed unitario nella sua risposta, sia nella scelta delle sanzioni, sia nell'essere compatta nella reazione all'aggressione da parte di Putin all'Ucraina. Ora, per continuare a dar forza a questa unitarietà - lo dico con molta chiarezza - è assolutamente necessario che si proceda a una risposta europea unitaria sia alla crisi dal punto di vista dell'occupazione e dello sforzo per costruire la pace sia alla crisi che si è aperta nei nostri Paesi in conseguenza delle sanzioni.

Per quanto riguarda la risposta unitaria, nella risoluzione di maggioranza scriviamo che è evidente che bisogna farsi carico di quello che comporta la scelta giusta e sacrosanta delle sanzioni e probabilmente ce ne potranno anche essere altre per quanto riguarda i Paesi più penalizzati.

Per quanto riguarda la crisi energetica, i punti sono molto chiari: non soltanto stoccaggio comune ed approvvigionamento, ma bisogna fissare un tetto al prezzo dell'energia a livello europeo e dobbiamo lavorare, presidente Draghi, ancora di più. Il decreto per la tassazione dell'extraprofitto è sicuramente giusto, ma dobbiamo fare uno sforzo veramente incredibile e non più rinviabile per quanto riguarda le rinnovabili; questo ci avvierà all'indipendenza energetica. Nel giro di pochissimo tempo, di pochissimi mesi, possiamo approvare e dare il via libera a 60 gigawatt. Qui serve uno sforzo come quello che siamo stati capaci di fare in altre occasioni.

Passo alla seconda questione. Si diceva del famoso detto latino, che tutti noi ricordiamo: si vis pacem, para bellum. Ma ora è arrivato il momento di dire (e qui c'è un ruolo ancora più forte dell'Europa): si vis pacem, para pacem. Qui c'è la risposta unitaria da parte dell'Europa, che non è solo quella che facciamo di fronte all'aggressione. Oggi l'Europa (non il singolo Paese) dev'essere il negoziatore, la sua vocazione non può che essere questa: dev'essere il negoziatore che riesce non solo a costruire un percorso di dialogo, ma ad arrivare finalmente a far cessare il conflitto. Questo è nello spirito europeo e noi riusciremo a farlo se davvero ci faremo carico, come Europa, del fondo comune, del debito comune e della revisione di quel Patto di stabilità e di quelle regole che già avevano risposto male e non furono all'altezza della crisi del 2008. A maggior ragione ora, devono essere riviste in profondità e velocemente - come anche lei ha detto, Presidente - perché non possiamo permetterci che i cittadini europei possano in qualche modo sentirsi abbandonati. Purtroppo nella guerra, Presidente, è sempre la povera gente - sia la povera gente dei vinti, sia la povera gente dei vincitori - che alla fine rischia di pagare il prezzo. Noi però questo non lo possiamo permettere, per il nostro Paese e per la dignità dell'Europa.

Lei ha detto che difesa e politica estera devono andare insieme: però guardi, Presidente, che per far questo bisogna avere ben chiaro il senso della costruzione della politica estera, che è sempre stato un problema, e soprattutto bisogna avere ben chiaro che non si può partire con la corsa singola di ogni Nazione a riarmarsi, ma tutto questo deve avvenire nell'ambito della difesa comune, in cui devono essere chiare le regole e la governance, assolutamente accompagnata, non come un surplus, da una politica estera vera. In questo modo si prepara la pace e non la guerra. (Applausi).

CRAXI (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRAXI (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, Governo, onorevoli colleghi, viviamo ormai da settimane momenti drammatici: una guerra nel cuore dell'Europa, che ci ha colto forse troppo impreparati e ci pone ancora davanti una sfida difficile. È evidente che il conflitto in Ucraina, le sue conseguenze sul piano geopolitico e i suoi effetti sul piano economico-sociale catalizzeranno l'attenzione del Consiglio europeo. La reazione unitaria dell'Europa, una risposta preziosa e meno scontata di quel che è apparso, è una pietra miliare da cui partire e una conquista figlia della necessità, più che di una progettualità, un punto di appoggio per costruire una nuova Europa, quell'Europa che manca, che serve, ma che sappiamo essere ancora lontana. Una politica estera e di difesa non nasce però dal nulla, non si improvvisa e non può basarsi sulle emergenze; come spesso è accaduto nella storia, quando l'imprevedibile prende forma, tutto cambia e di necessità si può fare virtù. Si possono correggere errori e storture e dare corso a una nuova stagione.

La vicenda ucraina in tal senso è uno spartiacque. Il ricorso alla forza come strumento per cambiare i confini non è ammissibile. Per questo credo che il Consiglio europeo, innanzi alla sordità russa e di fronte alle precise richieste avanzate, racchiuse anche nella dichiarazione di Versailles, non possa non prendere in considerazione ulteriori misure che vadano ad aggiungersi ai quattro pacchetti di sanzioni varati. Non si tratta di esasperare il conflitto, rischiando di provocare una reazione scomposta con conseguenze catastrofiche.

Oggi però, innanzi alle violenze che interessano anche persone inermi e indifese, siamo chiamati a sostenere ancora di più il popolo ucraino.

È per questa ragione che dovremmo essere pronti a fare quanto si renderà necessario: più saremo netti, più saremo fermi, più spazio vi sarà per dare forza alla diplomazia. Dobbiamo sapere che non vi sarà dialogo senza fermezza. Il problema non è decidere vinti e vincitori, ma dare uno sbocco alla crisi bellica in atto.

Lo strumento delle sanzioni, che in altre circostanze ha diffusamente creato non poche perplessità, è una risposta possibile, ma questo nostro sforzo, di cui paghiamo le conseguenze come sistema Paese, i cui costi sappiamo che si riversano su imprese e cittadini, non dev'essere vanificato e non può essere aggirato da triangolazioni che sanno di beffa e provocano un doppio danno alle nostre aziende e alla nostra economia.

Su questo terreno, presidente Draghi, mi permetto di suggerire agli attori europei - le istituzioni comunitarie - di impiegare tutta la loro forza diplomatica e non solo, perché sempre più Paesi, ma anche altri soggetti adottino atteggiamenti coerenti e chiari.

Poiché il vertice affronterà anche la questione dei rapporti Cina-UE, sulla scorta di quanto fatto dagli Stati Uniti, occorrerà pretendere grande chiarezza da Pechino e la fine di ogni ambiguità sulla questione ucraina.

Ciò che non deve sfuggire a nessuno in quest'Aula e nel Paese è che sotto attacco non c'è solo Kiev; sotto attacco sono la ragione prevaricata dalla prepotenza, il diritto e l'ordine internazionali basati su regole condivise e il principio sacrosanto dell'autodeterminazione dei popoli, che deve valere anche per il popolo ucraino. In ultimo, c'è in ballo il destino delle nostre democrazie occidentali.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, chi vi parla non è certo una pericolosa guerrafondaia animata da settarismo ideologico, né tantomeno una persona cui sfuggono le contraddizioni e gli errori del passato, su cui pure dovremmo riflettere. Dobbiamo sapere però - e lo dico anche ai pochi colleghi che hanno manifestato dubbi e perplessità sull'armare la resistenza ucraina - che una pace disarmata esiste solo nel campo dell'ideale. Facciamo attenzione a non cadere in sofismi intellettuali, che rischiano di dare copertura e alibi agli aggressori.

È ancora vivo il ricordo delle marce della pace negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta, che si scoprirono poi essere finanziate da Mosca.

È quindi evidente che come Italia e come Europa dobbiamo rafforzare il nostro impegno e dunque le risorse per la nostra difesa, anche e soprattutto all'interno della NATO, questione che per troppo tempo ha diviso le due sponde dell'Atlantico. Bene pertanto la presenza del Presidente degli Stati Uniti nel primo giorno del vertice.

Come Italia dobbiamo puntare sul rinsaldamento dei rapporti euroatlantici, che hanno subito nel corso degli anni divisioni più profonde, che travalicano le Presidenze e i suoi inquilini. È un rapporto da rafforzare, una guida comune dell'Occidente a tutela e a difesa dei nostri valori fondanti.

Tornando però al tema della difesa, anche da questo punto di vista il conflitto ucraino segna uno spartiacque. Le minacce si moltiplicano, alcune non sono neanche tanto velate, come nel caso del ministro Guerini, cui va la nostra vicinanza e solidarietà.

Le stesse notizie di sottomarini nucleari nel Mediterraneo, a pochi chilometri dalle nostre coste, rendono l'idea di quanto sia radicale il cambio di paradigma che dovremo affrontare.

Abbiamo quindi l'esigenza, come Italia, di avere una forte capacità di deterrenza e protezione a tutela dei nostri interessi nazionali. Dobbiamo farlo nel contesto dell'Alleanza atlantica, con un'Europa unita e consapevole, che investa e che al suo interno sviluppi sinergie e progetti comuni in materia di difesa e sicurezza. Pace, sicurezza e indipendenza devono essere le parole chiave del nostro orizzonte.

Anche su questo gli obiettivi del vertice informale di Versailles sono più che condivisibili, ma devono trovare applicazione pratica.

Sul tema energetico si gioca una partita di vitale importanza. Fermi restando la prospettiva di un affrancamento energetico da un solo produttore entro il 2030, il tema degli stoccaggi e del tetto europeo ai prezzi del gas, dobbiamo fare attenzione a non cedere a retoriche velleitarie. Il futuro sarà anche green, ma nel presente, come tutti sappiamo, gli approvvigionamenti di combustibili fossili sono insostituibili.

La sfida energetica per l'Europa sarà molteplice: da una parte, il tema dell'armonizzazione delle politiche energetiche, che sono differenti e scollegate da Paese a Paese; dall'altra, il grande tema di tornare a guardare al Mediterraneo allargato, ponendoci il problema della sua stabilità e di una nuova politica nell'area. Un tema, quest'ultimo, che anche l'Europa e la stessa Alleanza atlantica debbono affrontare, specie alla luce delle continue tensioni nel Mediterraneo orientale.

Sul fronte delle questioni economiche, l'Italia dovrà porre con forza al più presto il tema di come reperire le nuove risorse di cui avremo bisogno per far fronte agli obiettivi che ci siamo dati. Lo sappiamo: i temi economici sono divisivi in sede europea, ma la guerra di Putin non ha solo messo in predicato la ripresa europea, ma ci pone di fronte al fabbisogno di nuove risorse. È quindi evidente la necessità che venga rinviata ben oltre la fine del 2022 la sospensione del Patto di stabilità, impegnandosi per una revisione profonda di un testo ormai antistorico. (Applausi).

Servono un nuovo approccio e un accordo europeo sul tema dell'extradeficit. Non vorrei infatti che qualche "falco" suggerisca di contrarre extradeficit nazionale salvo poi, appena passata la buriana, imporre misure draconiane per il rientro sbrigativo dei parametri.

L'Europa, se vuole essere davvero unita dinanzi a questa guerra, non può non dare al più presto una risposta su questi temi: chiamiamoli eurobond o recovery-bis, come la proposta francese, ma dobbiamo scacciare il rigorismo ottuso dalla cultura di certa burocrazia e di certi Governi europei.

Presidente, colleghi, l'Italia è un Paese pacifico, che sinceramente vuole la pace, che opererà per raggiungerla, che non mancherà mai di unire la sua voce a quelle di tutte le volontà di pace che lavorano nel mondo.

Augurandole ogni fortuna, nel comune interesse, sulla base di questi ragionamenti che trovano spazio nella risoluzione, dichiaro il voto favorevole del Gruppo Forza Italia. (Applausi).

ROMEO (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROMEO (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, Presidente del Consiglio, membri del Governo, onorevoli colleghi, nel quadro di un giusto e doveroso sostegno al popolo ucraino, sotto il profilo umanitario ed economico, come anche sul fronte degli aiuti militari - che lei e il suo Governo state portando avanti - ci permettiamo di darle un suggerimento, presidente Draghi. Le chiediamo di usare in alcune circostanze toni un po' più pacati, perché in qualche occasione sono stati troppo belligeranti, o almeno sono stati percepiti come tali: la popolazione si spaventa e pensiamo che l'opinione pubblica vada rassicurata. D'altra parte, in una fase come questa, l'opinione pubblica è assolutamente importante.

Al contempo, ricordo che l'Italia è un Paese con una lunghissima tradizione di diplomazia di primissimo piano, che va tenuta in debita considerazione. (Applausi). La stessa determinazione e risolutezza che contraddistingue lei e l'azione di tutto il Governo chiediamo venga messa in campo per convincere l'Unione europea della necessità che servono aiuti anche alle economie interne dei Paesi membri dell'Unione europea. Servono aiuti alle nostre famiglie, così come alle nostre imprese.

Presidente Draghi, sul fronte interno le ricadute economiche di questa guerra colpiranno soprattutto la gente comune, quello che è rimasto - diciamo noi - del ceto medio: piccole e medie imprese, artigiani, commercianti, professionisti, microimprenditori, agricoltori; quel tessuto economico che ha fatto grande l'Italia nella storia (Applausi) e che oggi, dopo due anni di pandemia, è già abbastanza martoriato. Ci sono molti imprenditori che non reggono più, ci sono tanti che stanno chiudendo e non ce la fanno a tenere aperto. Questo è un grave danno.

Invitiamo il Governo e lei, signor Presidente, a chiedere all'Unione europea che non si intervenga solo per tutelare le aree industriali strategiche, ma anche questa classe media, che per noi italiani è ed è sempre stata strategica. Non vanno certo dimenticate anche le numerose aziende che subiranno perdite a causa dell'applicazione delle sanzioni nei confronti della Russia. Solo per fare degli esempi, l'interscambio Lombardia-Russia vale circa 3 miliardi - ce l'ha detto Confcommercio Lombardia - di cui 1,5 miliardi solo per la città di Milano. Non possiamo certo dimenticare che ci sono anche 447 imprese italiane che operano in Russia, con un fatturato di circa 7,4 miliardi, che oggi si sentono abbandonate a se stesse.

Lei, presidente Draghi, che determina le scelte europee, nonostante magari il suo low profile voglia farci credere il contrario, faccia comprendere ai partner dell'Unione europea che non si può tornare all'Europa dei ragionieri e dei numerini. Servono assolutamente una politica espansiva e spazi di spesa in più, perché dobbiamo aiutare le nostre economie interne. (Applausi).

In una politica - diciamo così - anche di controllo, per cercare di evitare le bolle speculative che hanno colpito non solo il carburante, le ricordiamo per esempio il fatto che ultimamente le grandi compagnie di navigazione - dieci nel mondo, di cui quattro europee e una svizzera - improvvisamente hanno fatto tutte cartello e hanno aumentato i costi di trasporto di dodici volte, non giustificando neanche un aumento stesso del carburante. C'è un organo della Commissione europea responsabile di antitrust? Sì: dunque perché non interviene? È necessario un intervento immediato, altrimenti con questi costi di trasporto rischiamo davvero di mettere in ginocchio gran parte o tanto del nostro tessuto imprenditoriale.

Contiamo quindi in un suo intervento, perché quello che dobbiamo scongiurare, dopo due anni di pandemia e adesso l'arrivo della guerra, è che l'Italia, sempre più indebolita nel suo sistema produttivo, diventi vittima di attività predatoria di Paesi e capitali stranieri. (Applausi). Non possiamo permetterci di diventare una sorta di discount europeo.

Chiudiamo velocemente con il tema della transizione verde, che va costruita. Certo che siamo d'accordo: va costruita, sì, ma con gradualità, perché non si può pensare di farlo con quella supponenza ideologica di chi ha puntato a mettere fuorigioco le energie fossili (carbone, petrolio e gas) senza essersi prima assicurato un'autosufficienza energetica alternativa. (Applausi). È stata una politica dell'Unione europea miope, di cui oggi purtroppo paghiamo il prezzo.

Allo stesso modo, paghiamo il prezzo su altre questioni, ad esempio sul fatto che il tema dell'agricoltura, oggi centrale con l'emergenza che lei ha messo in evidenza, sia sempre stato messo dall'Unione europea in contrapposizione con l'ambiente: no, è un errore strategico (Applausi) che ha contribuito purtroppo nel corso degli anni e adesso a metterci nelle condizioni di politiche, come dicevamo prima, di emergenza. Probabilmente saremmo stati più pronti, se non ci fosse stata questa miopia.

Per queste motivazioni, nel dirle queste cose e nel darle, come abbiamo detto all'inizio, qualche suggerimento, annunciamo il voto favorevole della Lega alla risoluzione di maggioranza, costruita con il giusto equilibrio. (Applausi).

CASTELLONE (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASTELLONE (M5S). Signor Presidente, presidente Draghi, Governo, colleghi, dal 24 febbraio, il giorno in cui è iniziata questa guerra, ci sono migliaia di vittime: quasi mille sono i civili uccisi, più di cento i bambini. Ogni giorno di guerra in più, Presidente, significa più morti, più bambini, più donne e più anziani uccisi, più corpi in quelle fosse comuni ricavate nei parchi di cui parlava il presidente Zelensky. Ogni giorno di guerra in più, Presidente, significa più città, più ospedali, più teatri distrutti, più persone costrette a lasciare le proprie case. Ad oggi sono più di 10 milioni i cittadini ucraini che hanno abbandonato la propria casa. Immaginiamo, ad esempio, se tutti i cittadini lombardi lasciassero la propria casa. Ogni giorno di guerra in più, Presidente, vuol dire un maggior rischio che questo conflitto si estenda. Tregua subito o si rischia la terza guerra mondiale, diceva il presidente Zelensky, e noi questo appello lo condividiamo.

Presidente Draghi, pensiamo che gli obiettivi in questo Consiglio europeo debbano essere tre: il primo è ottenere un immediato cessate il fuoco; il secondo è strutturare la rete dell'accoglienza; il terzo è mettere in campo misure che servano a contrastare i contraccolpi economici di questa guerra.

Il primo obiettivo, Presidente, che riguarda l'immediato cessate il fuoco, non solo è necessario per arrivare davvero a un tavolo negoziale, ma è fondamentale soprattutto per mettere in sicurezza le tante persone che vogliono lasciare il Paese e che sono intrappolate sotto le bombe. Il cessate il fuoco serve anche per far arrivare gli aiuti umanitari in Ucraina: ce lo chiedono la Croce Rossa e l'Agenzia dell'ONU per i rifugiati. Non riescono a inviare medicinali né a far arrivare aiuti alimentari e in alcune città manca perfino l'acqua.

Il secondo obiettivo è strutturare la rete dell'accoglienza, perché, Presidente, dobbiamo evitare che succeda quello che è successo all'inizio di questa pandemia, cioè che le Regioni si muovano in ordine sparso. Ce lo chiedono i nostri sindaci e gli enti del terzo settore, ma anche le tante associazioni di volontariato che stanno affrontando questa emergenza. Per questo il MoVimento 5 Stelle da settimane sta lavorando per costruire una rete di solidarietà tra istituzioni, enti del terzo settore e associazioni. Abbiamo depositato anche una mozione in Parlamento e nei Consigli regionali e comunali, che serve proprio alla creazione di questa rete. (Applausi).

L'accoglienza dev'essere però strutturata anche a livello europeo. Bene l'adozione per la prima volta della direttiva che attribuisce a queste persone lo status di rifugiati, però - come lei ha detto, Presidente - vanno subito utilizzati gli oltre 420 milioni che ha stanziato la Comunità europea. Noi vogliamo che questa non sia l'eccezione, ma l'occasione per rivedere complessivamente la politica di accoglienza dei profughi in Europa, perché se oggi i Paesi di primo approdo sono la Polonia, l'Ungheria e la Romania, ieri il Paese di primo approdo era l'Italia e domani saranno di nuovo l'Italia, la Grecia e la Spagna. Questo dev'essere davvero il momento per raggiungere la solidarietà e la condivisione delle responsabilità in tema di accoglienza di migranti e superare il Trattato di Dublino, come il MoVimento 5 Stelle chiede da tempo. (Applausi).

Il terzo obiettivo è mettere in campo misure che servano a far fronte alle conseguenze economiche devastanti di questa guerra e delle doverose sanzioni che sono state applicate a un'economia che già stava faticando a rialzarsi dopo la pandemia.

Servono quindi strumenti efficienti e nuovi e tante sono le proposte che abbiamo inserito nella proposta di risoluzione di maggioranza che lei e i miei colleghi avete oggi già indicato. Tra queste, un tetto europeo al prezzo del gas; la separazione del mercato del gas da quello delle rinnovabili; strumenti di contrasto alla speculazione finanziaria che sta gonfiando i prezzi di mercato; una tassazione degli extra profitti, cioè quei guadagni in eccesso che vanno invece spostati per aiutare i settori più colpiti. Chiediamo anche l'istituzione di un nuovo recovery fund in chiave energetica, basato su debito comune, che aiuti i Paesi più esposti. Chiediamo altresì di potenziare gli investimenti in fonti rinnovabili, perché questa è la strada per raggiungere la vera indipendenza energetica e attuare quella transizione ecologica che è al centro della nostra agenda politica e di quella europea. (Applausi). Chiediamo anche che venga prorogata la sospensione del Patto di stabilità, che va rivisto in toto perché l'austerità degli ultimi anni ha creato un modello sociale iniquo e ingiusto che adesso va superato. Signor Presidente, queste sono le priorità del MoVimento 5 Stelle.

È poi chiaro che c'è la sacrosanta esigenza di garantire maggiore sicurezza ai cittadini europei. Questa maggiore sicurezza si deve però raggiungere con una difesa comune europea che sia espressione di una politica estera europea più unitaria che passi dalla razionalizzazione, dall'efficientamento delle risorse, dal rafforzamento del coordinamento, dall'implementazione della bussola strategica europea (come indicato nella proposta di risoluzione) e dal potenziamento della cybersecurity e dall'utilizzo di nuove tecnologie. Ma guai a pensare di sottrarre i fondi alle riforme che questo Paese attende da decenni. (Applausi). Guai a pensare che non serva più riformare la sanità e l'istruzione e investire in ricerca e sviluppo.

Desidero concludere il mio intervento parlando di un'altra guerra che è passata in secondo piano, ma che siamo ancora combattendo - la guerra contro il Covid - visto che pochi giorni fa si è raggiunto un risultato importantissimo, frutto di una battaglia che il MoVimento 5 Stelle ha combattuto quasi in solitario, cioè l'accordo tra Unione europea, America, Sud Africa e India per sospendere in maniera temporanea i brevetti sui vaccini. Signor Presidente, le chiediamo di spingere in sede di Consiglio europeo per una deroga temporanea all'accordo TRIPs che permetta l'accesso gratuito di tutti i cittadini del mondo a farmaci e vaccini anti-Covid. (Applausi).

La guerra è una tragedia immensa e questa guerra lo è ancora di più; la avvertiamo come più angosciante forse perché è più vicina a noi, ma è solo - tragicamente - l'ultima delle guerre che sono in corso nel mondo. Ogni anno ce ne sono circa 20 che provocano più di 190.000 morti, il 90 per cento dei quali civili. Come diceva Gino Strada, sono i figli dei poveri perché se in tempo di pace sono i figli che seppelliscono i padri, in tempo di guerra sono i padri che seppelliscono i figli, quei soldati mandati in guerra senza sapere a combattere chi e cosa. La guerra è anche menzogna e propaganda e questa guerra è anche menzogna e propaganda di Putin. (Applausi).

La guerra cancella il presente e il futuro e annienta i popoli. In guerra perdono tutti: spesso anche il Papa ci ricorda che la guerra è una sconfitta per l'umanità. Allora il MoVimento 5 Stelle, che è contro tutte le guerre, le chiede di diventare costruttore di pace. Il presidente Mattarella qualche tempo fa esortava noi politici a diventare costruttori di bene; il bene più grande che abbiamo è la pace, quindi noi chiediamo al Governo e all'Italia di essere costruttori di pace in questo conflitto e voteremo a favore della proposta di risoluzione di maggioranza. (Applausi).

CRUCIOLI (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

CRUCIOLI (Misto). Signor Presidente, il presidente Draghi dice di non volere l'escalation, però aumenta nei fatti la spesa in armamenti; dice di credere nella diplomazia, però nei fatti invia missili e carri armati; a voce invoca la pace, ma nei fatti espone l'Italia al rischio di guerra. Il presidente Draghi è un falco travestito da colomba. (Commenti).

PRESIDENTE. Forse bisognerebbe temperare un po' il linguaggio.

CRUCIOLI (Misto). Falco travestito da colomba non mi sembra un insulto, mi pare che dipinga bene la situazione; se preferisce posso parlare di lupo travestito da agnello. Il tema è quello.

Ieri, comodamente seduto in un trono dorato come stasera, ha incitato il popolo a combattere fino alla fine e nella sua foga interventista ha asserito di parlare a nome di tutto il Parlamento e di tutto il popolo italiano. Le do una notizia, signor Presidente del Consiglio, nel Parlamento c'è almeno un partito che le si oppone fieramente, si chiama Alternativa (Commenti) e rappresenta i milioni di italiani che non vogliono alcun coinvolgimento in questa sporca guerra.

So che lei è uno dei leader più sensibili agli ordini impartiti dalle potenze atlantiche e che si adopererà in seno al Consiglio europeo perché gli interessi del popolo italiano siano sacrificati sul loro altare; nondimeno ho presentato insieme ai colleghi una proposta di risoluzione che indica la strada per evitare l'escalation, risparmiando migliaia di vite umane, in primis ucraine. No all'invio di armi. No al coinvolgimento italiano in guerra. No a maggiori spese in armamenti. Sì ad un'Europa che promuova immediatamente una conferenza di pace, nell'esclusivo interesse dei popoli coinvolti. Questa proposta di risoluzione sgombra il campo dalle ipocrisie: chi non la voterà deve dire alle famiglie italiane che non arrivano a fine mese, che spende soldi in armi e in strumenti di guerra. Chi non la voterà espone l'Italia al rischio di una guerra che non avrà né vinti né vincitori. (Applausi).

LANNUTTI (Misto-IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

LANNUTTI (Misto-IdV). Signor Presidente, da ottobre a dicembre 2021 il prezzo del gas è rincarato del 76,2 per cento sul trimestre precedente, con un aumento del 250 per cento rispetto all'anno prima; i prezzi della benzina, gravati da 18 una tantum e dalle accise, arrivati a 2,35 euro al litro, hanno un costo industriale inferiore ad un euro; lo sconto di 25 centesimi al litro per un mese, rispetto agli incassi di 24 miliardi delle accise introitate nel 2021 (pagina 7 del bollettino delle entrate tributarie 2021), sono una beffa.

Nella guerra Russia-Ucraina ci sono un aggressore, che condanno fermamente, e un aggredito che ha la mia piena solidarietà, ma l'invio delle armi, in violazione dell'articolo 11 della Costituzione, alimenta il conflitto invece di raffreddarlo. Servirebbero più aiuti umanitari e l'intensificazione degli sforzi per una soluzione diplomatica per evitare l'irreparabile, anche se i famigerati esportatori di democrazia nel mondo con le bombe ed il loro braccio armato NATO sono riusciti, dopo il fallimento del presidente Biden in Afghanistan, nel capolavoro di scaricare sull'Europa ed i già vessati cittadini, i costi umani, economici e materiali del conflitto, con le sanzioni alla Russia pagate dagli italiani.

La guerra che verrà, signor Presidente, non è la prima. «Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell'ultima c'erano vincitori e vinti. Tra i vinti la povera gente faceva la fame. Tra i vincitori la povera gente faceva la fame egualmente»; così recitava Bertolt Brecht. Chi vive nella bolla del pensiero unico che non ammette critiche, bolla come fiancheggiatore di Putin tutti coloro che non si genuflettono alla dottrina USA-NATO, non accorgendosi che soffia sul fuoco della terza guerra mondiale.

«Spendere nelle armi è uno scandalo che sporca l'umanità», ha detto oggi Papa Francesco. Il suo Governo però vuole aumentare le spese militari di 13 miliardi di euro l'anno, da 25 a 38, per un costo di 104 milioni al giorno, mentre non trova fondi per aiutare famiglie ed imprese devastate dalla crisi e dalle sanzioni. (Applausi).

Signora Presidente, in conclusione, «la storia», diceva Marx, «si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa». Spero e credo che evitare la più grave tragedia per l'umanità sia ancora possibile. (Applausi).

NUGNES (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

NUGNES (Misto). Signor Presidente, presidente Draghi, lei mi ha sorpreso molto quando ha detto che non dobbiamo commettere l'errore di avallare una contrapposizione tra Occidente e Russia. Mi ha sorpreso perché non è stata questa la linea adottata fino a ieri, ma lei stesso ha detto che ciò è stato in risposta ad una polemica nata in questi giorni, quella che si stia alimentandolo uno scontro di civiltà. I discorsi che infatti lei ha portato avanti in questo mese e, con lei, i suoi Ministri, sono stati divisivi. Sono stati discorsi in cui avete pensato di poter omettere quella che è un'emergenza che non possiamo mettere da parte perché non ci aspetta: sto parlando dell'emergenza climatica. Tale emergenza ci dovrebbe insegnare un fatto estremamente importante: il mondo è uno e dobbiamo capire che è per noi necessario impedire che le identità soffochino le diversità. Le parti devono confrontarsi al fine di riportarsi su posizioni terze. Dobbiamo essere il nuovo paradigma, non possiamo tornare a una contrapposizione Est-Ovest. Dobbiamo portare la pace per il pianeta. Lei però dice, giustamente, che questo potrà avvenire solo quando Mosca lo vorrà. Questo potrà avvenire solo quando noi saremo disponibili a trovare la posizione terza e non a considerare irricevibili tutte le posizioni portate sui tavoli. Non possiamo farlo aumentando la spesa militare, le armi e rafforzando l'alleanza armata. Questi sono discorsi divisivi che fanno la differenza tra noi e gli altri, i nostri valori e i loro valori. Questo significa tornare indietro alla guerra fredda, se non alla terza guerra mondiale. Noi invece dobbiamo costruire il soggetto europeo autonomo e sovrano come soggetto politico non soggetto ad altri interessi. L'Europa deve farsi mediatrice per la pace e per la cooperazione, ritrovando le radici da cui è nata. (Applausi).

PARAGONE (Misto-IpI-PVU). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo. (Commenti).

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

PARAGONE (Misto-IpI-PVU). Signor Presidente, in un giorno e mezzo Mario Draghi ci sta dicendo che vuole la pace, che però vuole dare più armi alla resistenza ucraina e che vede già l'Ucraina in Europa, in quell'Europa che ovviamente, nell'emergenza della guerra, deve compiere il salto e dotarsi di una identità di difesa comune. Esattamente come è successo con i vaccini - ha detto il governatore - dobbiamo avere la stessa lungimiranza per la difesa, cioè armi e strumenti militari in generale. Perché mai, scusate, dovremmo armare l'Europa e smontare l'Italia? Quando gli italiani avrebbero deciso che dovremmo rinunciare ad un altro pezzo di sovranità per assemblare l'Europa militare? Nei programmi elettorali del MoVimento 5 Stelle e della Lega c'era scritto ben altro, era una tesi sovranista quella. Quanto ad inviare altre armi, poi, non ho mai visto un negoziatore armare una delle due parti e poi essere credibile nel processo di mediazione. Se davvero vogliamo fermare questo conflitto e se davvero vogliamo che lo stesso non si allarghi, sarebbe bene tessere con pazienza e senza la muscolarità che ieri e oggi Draghi ha esibito, tanto i muscoli di Draghi sono dopati, lo sanno tutti. (Commenti).

Oggi Putin ha detto che vuole che il gas russo sia pagato in rubli, quel gas che al momento non ha fatto venire meno nemmeno di una goccia né agli europei, né agli ucraini. Non so cosa farete, di sicuro so che il rublo, nel mese di guerra, ha avuto una perdita del 42 per cento sull'euro nelle prime due settimane e ha recuperato il 32 per cento nelle ultime due: questa rivalutazione fa capire che le sanzioni non servono.

Draghi e il Governo cosa vogliono fare? Stare con l'Ucraina «senza se e senza ma» prevede il blocco del gas? Ditelo agli italiani, andate in televisione e dite che non compriamo più gas russo e pazienza se famiglie e piccole imprese dovranno ripensare le proprie economie. La Germania - ve lo dico - non lo farà e l'Italia di Draghi?

Visto che ci siamo, Draghi potrebbe farsi spiegare dal suo ministro Di Maio come mai abbiamo pagato oltre tre milioni di euro al personale medico e militare mandato dalla Russia all'inizio dell'emergenza Covid. Oltre tre milioni per avere mascherine e tamponi e altro materiale sufficiente per un giorno di pandemia. Cosa c'è sotto, Draghi? Ce lo deve spiegare anche lei, visto che state saldando adesso parte di quel conto. O fa lo gnorri come con i soldi dei derivati?

Vengo all'ultima considerazione. Davvero pensate che l'entusiasmo solidaristico degli italiani basti per un popolo in fuga? Davvero pensate che oltre 10 milioni di sfollati - numero destinato ad aumentare - possa essere smaltito da un'Europa che sui flussi migratori non ha mai trovato una linea comune ma soltanto menefreghismo? Ditecelo.

PRESIDENTE. Prima di passare alle votazioni, avverto che, in linea con una prassi consolidata, le proposte di risoluzione saranno poste ai voti secondo l'ordine di presentazione.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 1, presentata dal senatore Lannutti e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Quanto alla proposta di risoluzione n. 2, mi pare che il senatore Ciriani avesse richiesto, durante il suo intervento in dichiarazione di voto, la votazione per parti separate. Non ha però specificato quali parti vorrebbe separare.

CIRIANI (FdI). Signor Presidente, per quanto riguarda la proposta di risoluzione n. 2, vorremmo votare separatamente le premesse dal dispositivo e poi, all'interno del dispositivo, vorremmo votare tutti i paragrafi tranne il 10), quindi chiediamo di votare separatamente il paragrafo 10).

PRESIDENTE. Avevo capito che volesse votare premesse e dispositivo ad eccezione del paragrafo 10.

CIRIANI (FdI). No, chiediamo di votare separatamente anche le premesse.

PRESIDENTE. Su questa richiesta di votazione per parti separate decide l'Aula, ai sensi dell'articolo 102, comma 5, del Regolamento.

Metto ai voti la richiesta di votazione per parti separate della proposta di risoluzione n. 2.

È approvata.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo delle premesse della proposta di risoluzione n. 2, presentata dai senatori Stefano, Lorefice, Candiani, Giammanco, De Petris, Nannicini, Garavini, Bonino e Unterberger.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del dispositivo, ad eccezione del paragrafo 10), della proposta di risoluzione n. 2, presentata dai senatori Stefano, Lorefice, Candiani, Giammanco, De Petris, Nannicini, Garavini, Bonino e Unterberger.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del paragrafo 10) del dispositivo della proposta di risoluzione n. 2, presentata dai senatori Stefano, Lorefice, Candiani, Giammanco, De Petris, Nannicini, Garavini, Bonino e Unterberger.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 3, presentata dal senatore Crucioli e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Sulla proposta di risoluzione n. 4 il Governo ha espresso parere contrario, ad eccezione dei paragrafi 1), 2), 5), 6), 7), 8), 11), 12), 13), 14) e 15) del dispositivo. Il senatore Ciriani ha chiesto una votazione per parti separate.

Metto ai voti la richiesta di votazione per parti separate della proposta di risoluzione n. 4.

È approvata.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo delle premesse della proposta di risoluzione n. 4, presentata dal senatore Ciriani e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dei paragrafi 1), 2), 5), 6), 7), 8), 11), 12), 13), 14) e 15) del dispositivo della proposta di risoluzione n. 4, presentata dal senatore Ciriani e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dei paragrafi 3), 4), 9), 10) e 16) del dispositivo della proposta di risoluzione n. 4, presentata dal senatore Ciriani e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Si è così concluso il dibattito sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.