Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 410 del 01/03/2022

SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVIII LEGISLATURA ------

410a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MARTEDÌ 1° MARZO 2022

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Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI

N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Forza Italia Berlusconi Presidente-UDC: FIBP-UDC; Fratelli d'Italia: FdI; Italia Viva-P.S.I.: IV-PSI; Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: L-SP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico: PD; Per le Autonomie (SVP-PATT, UV): Aut (SVP-PATT, UV); Misto: Misto; Misto-ITALIA AL CENTRO (IDEA-CAMBIAMO!, EUROPEISTI, NOI DI CENTRO (Noi Campani)): Misto-IaC (I-C-EU-NdC (NC)); Misto-Italexit per l'Italia-Partito Valore Umano: Misto-IpI-PVU; Misto-Italia dei Valori: Misto-IdV; Misto-Liberi e Uguali-Ecosolidali: Misto-LeU-Eco; Misto-MAIE: Misto-MAIE; Misto-+Europa - Azione: Misto-+Eu-Az; Misto-PARTITO COMUNISTA: Misto-PC; Misto-Potere al Popolo: Misto-PaP.

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RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 10,06).

Si dia lettura del processo verbale.

MARGIOTTA, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 25 febbraio.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.

Disegni di legge, annunzio di presentazione

PRESIDENTE. Comunico che in data 25 febbraio 2022 è stato presentato il seguente disegno di legge:

dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro della giustizia, dell'economia e delle finanze, della transizione ecologica e del lavoro e delle politiche sociali:

«Conversione in legge del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 13, recante misure urgenti per il contrasto alle frodi e per la sicurezza nei luoghi di lavoro e in materia edilizia, nonché sull'elettricità prodotta da impianti da fonti rinnovabili» (2545).

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina e conseguente discussione (ore 10,08)

Approvazione della proposta di risoluzione n. 1. Reiezione delle proposte di risoluzione nn. 2, 3, 4 e 5

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: «Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina».

Ricordo che per l'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, per la replica e per le dichiarazioni di voto è prevista la diretta televisiva con la Rai.

Ha facoltà di parlare il presidente del Consiglio dei ministri, professor Draghi.

DRAGHI, presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli senatrici e senatori, l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia segna una svolta decisiva nella storia europea.

Negli ultimi decenni molti si erano illusi che la guerra non avrebbe più trovato spazio in Europa, che gli orrori che avevano caratterizzato il Novecento fossero mostruosità irripetibili, che l'integrazione economica e politica che avevamo perseguito con la creazione dell'Unione europea ci mettesse al riparo dalla violenza, che le istituzioni multilaterali create dopo la Seconda guerra mondiale fossero destinate a proteggerci per sempre; in altre parole, che potessimo dare per scontate le conquiste di pace, sicurezza, benessere che le generazioni che ci hanno preceduto avevano ottenuto con enormi sacrifici.

Le immagini che ci arrivano da Kiev, Kharkiv, Mariupol e dalle altre città dell'Ucraina in lotta per la libertà dell'Europa segnano la fine di queste illusioni. L'eroica resistenza del popolo ucraino e del suo presidente Zelensky ci mettono davanti una nuova realtà e ci obbligano a compiere scelte fino a pochi mesi fa impensabili. Voglio ribadire ancora una volta tutta la mia solidarietà, quella del Governo e degli italiani al presidente Zelensky, al Governo ucraino e a tutte le cittadine e i cittadini dell'Ucraina. (Applausi).

Voglio inoltre esprimere vicinanza alle 236.000 persone di nazionalità ucraina presenti in Italia, che vivono giorni drammatici per il destino dei propri cari. (Applausi). L'Italia vi è riconoscente per il contributo che date ogni giorno alla vita del nostro Paese. Siamo al vostro fianco, nel dolore che avvertiamo di fronte alla guerra, nell'attaccamento alla pace e nella determinazione comune ad aiutare l'Ucraina a difendersi.

L'aggressione premeditata e immotivata della Russia verso un Paese vicino ci riporta indietro di oltre ottant'anni. Non si tratta soltanto di un attacco a un Paese libero e sovrano, ma di un attacco ai nostri valori di libertà e democrazia e all'ordine internazionale che abbiamo costruito insieme.

Come aveva osservato lo storico Robert Kagan, oggi molto citato, la giungla della storia è tornata e le sue liane vogliono avvolgere il giardino di pace in cui eravamo convinti di abitare. Ora tocca a noi tutti decidere come reagire e l'Italia non intende voltarsi dall'altra parte. (Applausi).

Il disegno del presidente Putin si rivela oggi con contorni nitidi nelle sue parole e nei suoi atti. Nel 2014 la Russia ha annesso la Crimea con un referendum illegale e ha incominciato a sostenere dal punto di vista finanziario e militare le forze separatiste nel Donbass. La settimana scorsa ha riconosciuto le due cosiddette repubbliche di Donetsk e Lugansk. Subito dopo, in seguito a settimane di disinformazione, ha invaso l'Ucraina con il pretesto di un'operazione militare speciale.

Le minacce di far pagare, con conseguenze mai sperimentate prima nella storia, chi osa essere di intralcio all'invasione dell'Ucraina e il ricatto estremo del ricorso alle armi nucleari ci impongono una reazione rapida, ferma e soprattutto unitaria. (Applausi). Tollerare una guerra di aggressione nei confronti di uno Stato sovrano europeo vorrebbe dire mettere a rischio, in maniera forse irreversibile, la sicurezza e la pace in Europa. Non possiamo lasciare che questo accada.

Mentre condanniamo la posizione del presidente Putin, dobbiamo ricordarci che questo non è uno scontro contro la Nazione e i suoi cittadini, molti dei quali non approvano le azioni del loro Governo. Dall'inizio dell'invasione sono circa 6.000 le persone arrestate per aver manifestato contro l'invasione dell'Ucraina, 2.700 solo nella giornata di domenica. Ammiro il coraggio di chi prende parte a queste manifestazioni. (Applausi). Il Cremlino dovrebbe ascoltare queste voci e abbandonare i suoi piani di guerra.

Sinora i piani di Mosca per un'invasione rapida e una conquista di ampie fasce del territorio ucraino in pochi giorni sembrano fallire, anche grazie all'opposizione coraggiosa dell'esercito e del popolo ucraino e all'unità dimostrata dall'Unione europea e dai suoi alleati. Le truppe russe proseguono, però, la loro avanzata per prendere possesso delle principali città: una lunga colonna di mezzi militari è alle porte di Kiev, dove nella notte si sono registrati raid missilistici anche a danno di quartieri residenziali ed esplosioni. Aumentano le vittime civili di questo conflitto ora che l'attacco, dopo aver preso di mira le installazioni militari, si è spostato nei centri urbani.

A fronte del rafforzamento delle misure difensive sul fianco Est della NATO, il presidente Putin ha messo in allerta le forze di deterrenza russe, incluso il dispositivo difensivo nucleare. È un gesto grave, che però dimostra quanto la resistenza degli ucraini e le sanzioni inflitte alla Russia siano efficaci.

Un altro segnale preoccupante proviene dalla vicina Bielorussia, i cui cittadini domenica hanno votato a favore di alcune rilevanti modifiche della Costituzione ed eliminato lo status di Paese denuclearizzato. Questo potrebbe implicare la volontà di dispiegare sul proprio suolo armi nucleari provenienti da altri Paesi.

In Ucraina sono presenti circa 2.300 nostri connazionali, di cui oltre 1.600 residenti. Dal 12 febbraio la Farnesina ha raccomandato agli italiani presenti nel Paese di lasciare l'Ucraina con i mezzi commerciali disponibili. A partire dal 24 febbraio, in seguito agli attacchi da parte russa, l'avviso è stato modificato: ai connazionali ancora presenti nella capitale ucraina e dintorni abbiamo raccomandato di utilizzare i mezzi tuttora disponibili, inclusi i treni, per lasciare la città negli orari in cui non c'è il coprifuoco. In queste ore non vige il coprifuoco, ma la situazione potrebbe cambiare in conseguenza dell'andamento delle operazioni militari: raccomandiamo la massima cautela.

Il personale dell'ambasciata a Kiev si è spostato presso la residenza dell'ambasciatore, insieme a un gruppo di connazionali, inclusi minori e neonati. In residenza si sono concentrate 87 persone, di cui 72 dovrebbero partire oggi. A tale proposito, questa mattina il ministro Di Maio ha mandato all'ambasciatore un messaggio secondo il quale queste persone - circa 80, come ho detto - inclusi i neonati, dovrebbero trasferirsi a Leopoli.

Voglio ringraziare l'ambasciatore in Ucraina Pier Francesco Zazo (Applausi) e il personale dell'ambasciata per lo spirito di servizio, la dedizione e il coraggio mostrato in questi giorni drammatici. L'unità di crisi mantiene regolari contatti telefonici con i nostri connazionali in Ucraina e con i rispettivi familiari in Italia.

Voglio anche ringraziare il ministro Di Maio e i tecnici della Farnesina per l'incessante lavoro a sostegno dei nostri cittadini. (Applausi).

L'Italia è impegnata in prima linea per sostenere l'Ucraina dal punto di vista umanitario e migratorio, in stretto coordinamento con i partner europei e internazionali. La situazione umanitaria nel Paese è sempre più grave. L'ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari ha stimato in 18 milioni il numero di persone che potrebbero necessitare di aiuti umanitari nei prossimi mesi.

L'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati stima che gli sfollati interni potrebbero raggiungere una cifra tra i 6 e i 7,5 milioni e i rifugiati in tutto tra i 3 e i 4 milioni. Sono stimate in circa 400.000 le persone che hanno lasciato l'Ucraina in direzione principalmente dei Paesi vicini.

In occasione della teleconferenza del G7, con la presenza anche di Polonia e Romania, ho detto che l'Italia farà di tutto per aiutare i Paesi vicini nel dramma dell'impatto che questa gigantesca migrazione sta avendo su di loro e che sia la Polonia sia la Romania potranno contare sull'Italia. (Applausi).

L'Italia ha già contribuito in modo considerevole all'emergenza con un finanziamento di 110 milioni di euro a favore di Kiev come sostegno al bilancio generale dello Stato. Abbiamo stanziato un primo contributo del valore di un milione di euro al comitato internazionale della Croce Rossa, donato oltre 4 tonnellate di materiale sanitario, tende familiari, brandine. Abbiamo in programma l'invio di beni per l'assistenza alla popolazione, di farmaci e dispositivi sanitari e predisponiamo anche il dispiegamento di assetti sanitari da campo.

Voglio ringraziare la Croce Rossa, la Protezione civile e tutti i volontari per il costante impegno a favore dei più deboli. L'Italia è pronta a fare di più, attraverso le principali organizzazioni umanitarie attive sul luogo e anche con donazioni materiali.

Nel Consiglio dei ministri di ieri abbiamo stanziato 10 milioni di euro a carico del Fondo per le emergenze nazionali per assicurare soccorso e assistenza alla popolazione. Per farlo è stato dichiarato uno stato di emergenza umanitaria che durerà fino al 31 dicembre e che ha esclusivamente lo scopo di assicurare il massimo aiuto dell'Italia all'Ucraina. È un impegno di solidarietà che non avrà conseguenze per noi italiani e che non cambia la decisione di porre fine il 31 marzo allo stato di emergenza per il Covid-19. (Applausi).

Per quanto riguarda i rifugiati, come hanno preannunciato i ministri Di Maio e Bonetti, siamo impegnati nell'attivazione di corridoi speciali per i minori orfani, perché possano raggiungere il nostro Paese al più presto e in sicurezza. (Applausi).

Domenica, nel Consiglio straordinario dei ministri dell'interno dell'Unione europea è stata valutata la possibilità - che l'Italia sostiene - di applicare per la prima volta la direttiva sulla protezione temporanea prevista in caso di afflusso massiccio di sfollati. Questa direttiva garantirebbe agli ucraini in fuga di soggiornare nell'Unione europea per un periodo di un anno rinnovabile ed eviterebbe di dover attivare onerose procedure di asilo dopo i novanta giorni senza visto. La direttiva porterebbe inoltre gli Stati membri a indicare la propria capacità di accoglienza e a cooperare tra loro per il trasferimento della residenza delle persone da uno Stato all'altro.

Il Ministero dell'interno sta lavorando alla predisposizione di apposite norme sull'accoglienza degli sfollati ucraini nelle strutture nazionali. Faremo la nostra parte senza riserve per garantire la massima solidarietà. Abbiamo già instaurato un dialogo con le Agenzie delle Nazioni Unite competenti per individuare le priorità di intervento e procedere con l'elaborazione di progetti di assistenza ai rifugiati nei Paesi vicini all'Ucraina. Intendiamo rendere più facile l'esame di domande di protezione internazionale che verranno presentate.

In seguito all'intensificarsi dell'offensiva russa abbiamo adottato una risposta sempre più dura e punitiva nei confronti di Mosca. Sul piano militare il comando supremo delle potenze alleate in Europa ha emanato l'ordine di attivazione per tutti e cinque i piani di risposta graduale che ho illustrato la settimana scorsa. Questo consente di mettere in atto direttamente la prima parte dei piani e incrementare la postura di deterrenza sul confine orientale dell'Alleanza con le forze già a disposizione.

Mi riferisco al passaggio dell'unità attualmente schierata in Lettonia, alla quale l'Italia contribuisce con 239 unità. Per quanto riguarda le forze navali, sono già in navigazione sotto il comando NATO. Le nostre forze aeree schierate in Romania saranno raddoppiate, in modo da garantire copertura continuativa insieme agli alleati. Sono in stato di preallerta ulteriori forze già offerte dai singoli Paesi membri dell'Alleanza. L'Italia è pronta con un primo gruppo di 1.400 militari e un secondo di 2.000 unità. Ringrazio il ministro Guerini e tutte le Forze armate per il loro impegno e la loro preparazione. (Applausi). Dopo il ruolo centrale che avete avuto durante la pandemia, l'Italia vi è di nuovo riconoscente.

L'Italia ha risposto all'appello del presidente Zelensky, che aveva chiesto equipaggiamenti, armamenti e veicoli militari per proteggersi dall'aggressione russa. È necessario che il Governo democraticamente eletto sia in grado di resistere all'invasione e difendere l'indipendenza del Paese. A un popolo che si difende da un attacco militare e chiede aiuto alle nostre democrazie non è possibile rispondere solo con incoraggiamenti e atti di deterrenza. (Applausi). Questa è la posizione italiana, dell'Unione europea e di tutti i nostri alleati.

Questa convergenza è anche il frutto di un'intensissima attività diplomatica. Venerdì ho preso parte a un vertice dei Capi di Stato e di Governo della NATO, in cui ho ribadito che l'Italia è pronta a fare la propria parte e mettere a disposizione le forze necessarie. Il giorno successivo ho avuto un colloquio telefonico con il presidente ucraino Zelensky, al quale ho confermato il pieno sostegno dell'Italia. Gli ho anticipato la nostra intenzione di aiutare l'Ucraina a difendersi dalla Russia e ribadito il nostro convinto supporto alla posizione dell'Unione europea sulle sanzioni.

Lunedì pomeriggio ho partecipato a una videoconferenza, di cui vi dicevo prima, con i leader del G7, della Polonia, della Romania, i Presidenti della Commissione europea e del Consiglio europeo e il Segretario Generale della NATO. In questi incontri l'Unione europea e gli alleati hanno dato costantemente prova di fermezza e unità.

Abbiamo adottato tempestivamente sanzioni senza precedenti, che colpiscono moltissimi settori e un numero importante di entità e individui, inclusi il presidente Putin e il ministro Lavrov. Sul piano finanziario le misure restrittive adottate impediranno alla Banca centrale russa di utilizzare le sue riserve internazionali per ridurre l'impatto delle nostre misure restrittive. In ambito Unione europea si sta lavorando a misure volte alla rimozione dal sistema Swift di alcune banche russe. Questo pacchetto ha già inflitto costi molto elevati a Mosca. Nella sola giornata di lunedì il rublo ha perso circa il 30 per cento del suo valore rispetto al dollaro. La Borsa di Mosca si è chiusa ieri, ed è rimasta chiusa, e la Banca centrale russa ha più che raddoppiato i tassi di interesse, passati dal 9,5 al 20 per cento, per provare a limitare il rischio di fughe di capitali.

Stiamo approvando forti misure restrittive anche nei confronti della Bielorussia, visto il suo crescente coinvolgimento nel conflitto. La Russia ha subito anche un durissimo boicottaggio sportivo con l'annullamento di tutte le competizioni con squadre russe in ogni disciplina. L'Italia è pronta ad ulteriori misure restrittive, ove fossero necessarie. In particolare ho proposto di prendere ulteriori misure mirate contro gli oligarchi. L'ipotesi è quella di creare un registro internazionale pubblico degli oligarchi che hanno un patrimonio superiore ai 10 milioni di euro. Ho poi proposto di intensificare ulteriormente la pressione sulla Banca centrale russa e di chiedere alla Banca dei regolamenti internazionali, che ha sede in Svizzera, di partecipare alle sanzioni.

Allo stesso tempo è essenziale mantenere aperta la via del dialogo con Mosca. Ieri, delegazioni russe e ucraine si sono incontrate in Bielorussia, al confine con l'Ucraina; auspichiamo il successo di questo negoziato, anche se siamo realistici sulle sue prospettive.

Ai cittadini italiani che sono preoccupati per le conseguenze di questo conflitto voglio dire che il Governo è al lavoro incessantemente per contrastare le possibili ricadute per il Paese.

Il Ministero dell'interno ha emanato le direttive in merito alle misure di vigilanza a protezione degli obiettivi sensibili. Per gli aspetti legati al controllo di sicurezza dei rifugiati il Governo ha attivato tutti i meccanismi nazionali e di coordinamento internazionale per monitorare le potenziali minacce.

Il deterioramento delle relazioni tra Russia, Unione europea e NATO ha reso ancora più aggressiva la postura di Mosca verso l'Occidente in ambito cibernetico e di disinformazione. La Russia infatti ha accentuato le sue attività ostili nei confronti dei Paesi dell'Unione europea e della NATO con l'intento di minare la nostra coesione e capacità di risposta. È stato da noi attivato un apposito nucleo per la cyber sicurezza per condividere le informazioni raccolte e, al suo interno, è stato istituito un tavolo permanente dedicato alla crisi in atto. Voglio ringraziare il ministro dell'interno Lamorgese, il sottosegretario Gabrielli e tutte le Forze dell'ordine per il loro lavoro a difesa dei cittadini. (Applausi).

Il Governo è inoltre al lavoro per mitigare l'impatto di eventuali problemi per quanto riguarda le forniture energetiche. Al momento non ci sono segnali di un'interruzione delle forniture di gas. Tuttavia è importante valutare ogni evenienza, visto il rischio di ritorsioni e di un possibile ulteriore inasprimento delle sanzioni. L'Italia importa circa il 95 per cento del gas che consuma e oltre il 40 per cento proviene dalla Russia. Nel breve termine anche una completa interruzione dei flussi di gas dalla Russia, a partire dalla prossima settimana, non dovrebbe di per sé comportare seri problemi. L'Italia ha ancora due miliardi e mezzo di metri cubi di gas negli stoccaggi e l'arrivo di temperature più miti dovrebbe comportare una significativa riduzione dei consumi da parte delle famiglie. La nostra previsione è che saremo in grado di assorbire eventuali picchi di domanda attraverso i volumi in stoccaggio e altre capacità di importazione. Tuttavia, in assenza di forniture dalla Russia, la situazione per i prossimi inverni, ma credo anche per il prossimo immediato futuro, rischia di essere più complicata. Il Governo ha allo studio una serie di misure per ridurre la dipendenza italiana dalla Russia. Voglio ringraziare il ministro Cingolani per il grande lavoro che sta svolgendo su questo tema. (Applausi).

Le opzioni al vaglio, perfettamente compatibili con i nostri obiettivi climatici, riguardano prima di tutto le importazioni di gas da altri fornitori, come l'Algeria o l'Azerbaigian; un maggiore utilizzo dei terminali di gas naturale liquido a disposizione; eventuali incrementi temporanei nella produzione termoelettrica a carbone o petrolio, che non prevederebbero comunque l'apertura di nuovi impianti. Se necessario, sarà opportuno adottare una maggiore flessibilità sui consumi di gas, in particolare nel settore industriale e in quello termoelettrico.

La diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico è un obiettivo da perseguire indipendentemente da quello che accadrà alle forniture di gas russo nell'immediato; non possiamo essere così dipendenti dalle decisioni di un solo Paese, ne va non solo della nostra libertà, ma anche della nostra prosperità. (Applausi). Per questo dobbiamo prima di tutto puntare su un aumento deciso della produzione di energie rinnovabili, come facciamo nell'ambito del programma Next generation EU. Dobbiamo continuare a semplificare le procedure: l'ho detto la volta precedente, lo ripeto oggi e lo continuerò a dire, perché effettivamente sono il maggior ostacolo per i progetti onshore e offshore di rinnovabili; continuiamo a farlo e continueremo a spingere su questo punto. Dobbiamo anche investire sullo sviluppo del biometano, ma il gas rimane un utile mezzo per affrontare la transizione. Dobbiamo ragionare su un aumento della nostra capacità di rigassificazione e su un possibile raddoppio della capacità del gasdotto TAP.

L'Europa ha dimostrato enorme determinazione nel sostenere il popolo ucraino, e nel farlo ha assunto decisioni senza precedenti nella sua storia, come quella di acquistare e rifornire di armi un Paese in guerra. Come è accaduto altre volte nella storia europea, l'Unione ha accelerato il suo percorso di integrazione di fronte a una crisi. Ora è essenziale che le lezioni di questa emergenza non vadano sprecate; in particolare, è necessario procedere spediti sul cammino della difesa comune, per acquisire una vera autonomia strategica che sia complementare all'Alleanza atlantica. (Applausi). La minaccia portata oggi dalla Russia è una spinta a investire nella difesa più di quanto abbiamo mai fatto finora; possiamo scegliere se farlo a livello nazionale oppure europeo. Il mio auspicio è che tutti i Paesi scelgono di adottare sempre più un approccio comune. Un investimento nella difesa europea è anche un impegno a essere alleati.

Lo straordinario afflusso di rifugiati, che ha già incominciato ad arrivare dall'Ucraina, ci obbliga poi a rivedere le politiche di immigrazione che ci siamo dati come Unione europea. In passato l'Unione si è dimostrata miope nell'applicare dei regolamenti datati. Oggi l'Italia è pronta a fare la sua parte per ospitare chi fugge dalla guerra e per aiutarli a integrarsi nella società. I valori europei dell'accoglienza e della fratellanza devono valere oggi più che mai. (Applausi).

In caso di interruzione delle forniture di gas dalla Russia, l'Italia avrebbe più da perdere rispetto ad altri Paesi europei che fanno affidamento su fonti diverse, ma questo non diminuisce la nostra determinazione a sostenere sanzioni che riteniamo giustificate e necessarie. È però importante muoverci nella direzione di un approccio comune per lo stoccaggio e l'approvvigionamento di gas; farlo permetterebbe di ottenere prezzi ben più bassi dai Paesi produttori e assicurarci vicendevolmente in caso di shock isolati.

La guerra avrà conseguenze sul prezzo dell'energia che dovremo affrontare con nuove misure a sostegno delle imprese e delle famiglie. È opportuno che l'Unione europea li agevoli per evitare contraccolpi eccessivi sulla ripresa. In prospettiva, questa crisi ci ricorda l'importanza di avere una visione davvero strategica e di lungo periodo nella discussione sulle nuove regole di bilancio in Europa. A dicembre, insieme al presidente francese Macron, abbiamo proposto di favorire con le nuove regole gli investimenti nelle aree di maggiore importanza per il futuro dell'Europa, come la sicurezza e la difesa dell'ambiente. Il disegno esatto di queste regole deve essere discusso con tutti gli Stati membri. Tuttavia, questa crisi, come anche la transizione ecologica, come anche altri impegni successivi alla pandemia che ci siamo trovati a dover affrontare, rafforza la necessità di scrivere regole compatibili con le ambizioni che abbiamo per l'Europa.

L'invasione da parte della Russia non riguarda soltanto l'Ucraina, è un attacco alla nostra concezione dei rapporti tra Stati basati sulle regole e sui diritti. Non possiamo lasciare che in Europa si torni ad un sistema dove i confini sono disegnati con la forza e dove la guerra è un modo accettabile per espandere la propria area di influenza. Il rispetto della sovranità democratica è una condizione per una pace duratura (Applausi) ed è al cuore del popolo italiano che, come disse Alcide De Gasperi, è pronto ad associare la propria opera a quella di altri Paesi per costruire un mondo più giusto e più umano. La lotta che appoggiamo oggi, i sacrifici che compiremo domani sono una difesa dei nostri principi e del nostro futuro ed è per questo che chiedo al Parlamento il suo sostegno oggi. (Applausi).

PRESIDENTE. Avverto che le proposte di risoluzione dovranno essere presentate entro la conclusione del dibattito.

Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.

È iscritto a parlare il senatore Casini. Ne ha facoltà.

CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente del Consiglio, viviamo tempi straordinari, in cui è necessario accantonare la propaganda superficiale e arrivare alla sostanza dei problemi. Dobbiamo rimuovere la nostra pigrizia, tornare alla bussola dei valori e degli ideali che hanno spinto tanti di noi alla politica, anche accettando, in un momento come questo, un percorso di sofferenza, perché siamo chiamati a scelte difficili. E poiché lei, signor Presidente del Consiglio, ha opportunamente citato, in conclusione del suo intervento, le parole di De Gasperi, io vorrei citare quelle di Aldo Moro: se dovessimo sbagliare, meglio sbagliare insieme. Se dovessimo riuscire, sarebbe estremamente bello riuscire insieme ed essere sempre insieme, perché questo è il senso di appartenenza alla comunità nazionale. (Applausi).

Cari colleghi, questo è un momento in cui tutti i Gruppi parlamentari sono chiamati a scelte di sofferenza; ma dobbiamo rimuovere la pigrizia superficiale e dire finalmente dei sì e dei no, dobbiamo superare sentimenti generici, quanto inconsistenti, e tornare, colleghi del Senato della Repubblica, alla durezza della politica. La politica è un insieme di decisioni difficili, a volte spiacevoli, a volte impopolari, e può richiedere la necessaria durezza. Vi sono cose giuste e cose sbagliate, vi sono atti buoni e atti cattivi; non si può nascondere tutto in un generico relativismo, come ormai la nostra epoca ci induce a fare. Bisogna attingere alla storia.

Questa mattina, parlando con la senatrice Craxi, mi sono ricordato di un dibattito che ha lacerato gli italiani - lei, presidente Draghi, lo ricorderà - e che ha portato lacerazioni terribili anche nel mondo cattolico: la scelta dell'Italia di rispondere con gli alleati all'installazione degli SS20 sovietici con l'installazione degli euromissili. Una scelta maturata da Cossiga e da Craxi; una scelta apparentemente di guerra, perché stavamo installando gli euromissili nelle città italiane. Ebbene, installare gli euromissili in quel momento ha consentito la più lunga stagione di pace e di distensione negli anni successivi, perché il disarmo è nato dalla decisione dell'Occidente non di esporre le bandiere della pace davanti agli SS20, ma di fare una scelta difficile e impopolare. (Applausi).

Oggi, colleghi, dobbiamo riconoscere tutti una cosa, chi più, chi meno; chi ha onestà intellettuale dipende da se stesso, non facciamo ognuno di noi l'esame agli altri, ma alcuni dovrebbero fare un gigantesco esame di coscienza sull'abbaglio collettivo che abbiamo preso. Nessuno di noi pensava seriamente o voleva pensare che Putin potesse muovere militarmente milioni di persone su Kiev, coinvolgendo tutte le città ucraine nel più grande assalto visto dalla Seconda guerra mondiale; al massimo il Donbass, si diceva, più o meno allargato. Eppure le cose sono andate in modo diametralmente opposto rispetto a tutte le previsioni dei saggisti di geopolitica, dei politici, degli uomini di Governo, qualsiasi essi siano; tutti noi abbiamo sbagliato. Siamo arrivati alle minacce nucleari.

Qualcuno oggi vuole salvarsi ancora la coscienza dicendo: forse abbiamo sbagliato noi, perché siamo stati poco sensibili rispetto al tema dell'allargamento della NATO. Colleghi, dobbiamo avere il coraggio di dire a noi stessi (non agli altri) che questo è un finto argomento, perché Putin sapeva benissimo che la NATO non si sarebbe mai dispiegata in Ucraina (non è certamente uno sprovveduto). Forse, anzi certamente, questi sono gli alibi che i russi stanno in qualche modo usando. Ma noi avevamo deciso di non vedere e non ci siamo chiesti le ragioni di quello che è successo: partenariato per la pace nel 1994 a Pratica di Mare; Russia in Consiglio d'Europa e nel G7; nel 2002 il Consiglio NATO-Russia; nel 2009 Obama è accolto trionfalmente nel nome della distensione a Mosca. Cosa è capitato dopo? È capitato un fatto tale che, se non riusciamo a capirlo, non capiamo nulla di quanto sta succedendo. È accaduto nel 2014 e riguarda quegli "sprovveduti" degli ucraini, come dicono loro; noi diciamo qualcosa di diverso e usiamo le parole del presidente Draghi, inchinandoci al coraggio degli ucraini. (Applausi). Ma questo popolo ucraino ha avuto l'ardire di decidere e di scegliere un Presidente non filorusso, di scegliere la strada della libertà e di andare in Piazza Maidan. Dal 2014 la risposta russa è stata immediata con l'invasione della Crimea, con l'annessione illegale, con quanto accaduto nel Donbass. Arriviamo così ad oggi, con Putin che dice alla televisione che la sua battaglia è per denazificare l'Ucraina. Colleghi, noi continuiamo a fornire giustificativi? Cerchiamo ancora di far finta, per salvarci la coscienza, di non vedere quello che sta capitando? La libertà ha un costo. Questa vicenda ci richiama drammaticamente al costo della libertà che noi pensavamo di avere acquisito e che non richiedesse nessun sacrificio.

Considerate, colleghi del Senato, che quando si saranno spenti i riflettori su questa vicenda, verrà comunque la stagione dei sacrifici e i distinguo, i se e i ma si moltiplicheranno trasversalmente nelle forze politiche. Noi dobbiamo essere seri! (Applausi). Il Presidente del Consiglio è stato serio oggi, perché ha detto con chiarezza che, assumendo una posizione, ci assumiamo la responsabilità di sacrifici! Sacrifici! Non possiamo non pensare di essere stati irresponsabili come italiani. Io sono il primo perché siedo in Parlamento da tanto tempo, per cui non voglio fare la lezione agli altri, la faccio a me stesso. Tuttavia, un Paese che è passato dal 10 per cento di dipendenza energetica nei confronti della Russia al 43 per cento, ma quale autonomia può avere? Lo dico anche rispetto al fatto di svolgere quell'azione di dialogo che noi vogliamo svolgere, perché nel nostro DNA c'è il multilateralismo, ci sono il dialogo e la pace. Non possiamo avere nessuna capacità negoziale perché noi siamo completamente piegati.

Per questo ho apprezzato - le dico la verità, perché quando ho avuto qualcosa da dire l'ho detta chiaramente - la linea del Governo, perché in questa circostanza l'Esecutivo italiano ha dimostrato di avere le spalle dritte e col Governo lo ha dimostrato il Parlamento. Sto per finire, signora Presidente, dovendo fare anche la dichiarazione di voto, risparmierò poi i minuti successivamente. Dal male a volte nasce il bene, che è il valore dell'unità europea, ce ne rendiamo conto tutti. Anche Orban se ne rende conto oggi. Il bene è anche il valore della NATO: Putin ha resuscitato la NATO, perché chi diceva che era morta oggi deve guardare in faccia la realtà (Applausi).

Bisogna considerare il valore della nostra indipendenza energetica. Abbiamo, dunque, colleghi la necessità di essere indipendenti e solo così saremo credibili. Penso che in queste ore il Parlamento dovrà compiere delle scelte di sofferenza, lo dico anche per la proposta di risoluzione che verrà presentata. Io so che in molti Gruppi parlamentari c'è una legittima sofferenza, che io rispetto, perché la politica va vissuta anche con sofferenza e se qualcuno, con sofferenza, ha difficoltà a votare questa proposta di risoluzione io lo capisco e lo rispetto, perché so che crede a qualcosa. Non rispetto, invece, colleghi, è chi la vota superficialmente senza capirne le conseguenze, perché pochi minuti fa ci è stato detto che probabilmente dovremo fare dei sacrifici energetici, probabilmente dovremo anche dire alle famiglie e alle imprese che c'è una cinghia da stringere. Questo lo facciamo in nome della nostra libertà, perché è chiaro che questa vicenda drammatica, che gli ucraini giocano in prima persona, mira non solo a distruggere la loro libertà, ma a porre le premesse perché oggi venga negata loro la libertà, magari con un regime fantoccio insediato a Kiev, ma domani, giorno dopo giorno, progressivamente l'insidia si allargherà a ciascuno di noi.

Colleghi, non si tratta di essere guerrafondai, ma di essere pacifisti con intelligenza. La pace si difende anche attraverso scelte dolorose e atti di autonomia: questo è nella tradizione di un grande Paese, che negli anni della Guerra fredda ha optato per l'Europa, per la scelta atlantica, per l'ONU e per la pace. Tutto il resto è retorica piena di buone intenzioni, che non può avere niente a che fare con la responsabilità di legislatori del Parlamento. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bonino. Ne ha facoltà.

BONINO (Misto-+Eu-Az). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, Ministri, non per far polemiche italiote (quindi accenno solo), ma mi viene da sorridere amaro perché, ad ogni crisi, ad ogni stormir di fronda o di crisi grave, sentiamo: «Ci vuole più Europa», per qualunque cosa. È una frase che ha sostituito quella precedente: «L'Europa ci lascia soli, l'Europa ci abbandona». Insomma, noi procediamo da slogan a slogan, cambiandoli, peraltro, con una velocità sorprendente.

Non voglio far polemiche interne - perché sono sempre contenta quando qualcuno cambia opinione e raggiunge il poco che ho potuto o saputo dire o fare per quanto riguarda l'Europa - ma ricordo bene che mi avete preso tutti per una marziana visionaria non più tardi del 2018. Adesso vogliamo più Europa: benvenuti nel club, a condizione che poi si sia seri e che si riesca ad andare avanti.

Signor Presidente, qualcuno voleva l'Europa della salute, altri vogliono l'Europa dell'energia, ovviamente tradizionalmente tutti vogliamo l'Europa della politica estera e l'Europa della difesa (e possiamo aggiungere: vogliamo l'Europa della politica dell'immigrazione, eccetera, eccetera). A condizione, però, che sia a costo zero e che noi non assumiamo delle responsabilità. Questo non è possibile, cari colleghi.

Quando il Presidente ha detto che anche l'Italia avrà dei costi e li dovrà pagare, ha fatto un atto di verità che aiuta e aiuterà anche l'opinione pubblica a prepararsi e a capire. La storia ci insegna che abbiamo la memoria corta. Qualcuno ricorda l'Afghanistan, l'arrivo dei talebani, l'uscita disordinata - diciamo così - degli amici americani e noi con loro? Qualcuno sa ancora chi sono i curdi, che hanno lottato con noi e che abbiamo abbandonato a Erdogan? Non mi spingo fino agli yazidi, perché non voglio fare la storia, però noi, insieme a un certo numero di alleati, siamo bravissimi a scendere dal cavallo, girare le spalle e tornare comodamente a casa nostra.

Sì, ci saranno costi da pagare, non solo per l'energia, ma anche per il grano, tanto per citare una materia prima diffusa e non tra quelle rare. Io penso e spero che voi Ministri e noi senatori ripeteremo questo ad ogni dibattito sull'Ucraina: «Cari italiani, preparatevi perché ci saranno dei costi da pagare». Questo per evitare che fra tre mesi - conoscendoci un po' - comincino i distinguo: sì, ma non così; sì, ma non colà; sì, ma è troppo; sì, ma è troppo poco. Insomma, vorremmo un Paese che la sostiene senza tanti distinguo. Faremo anche degli errori, ma questo appartiene alla natura umana e io credo che dobbiamo prepararci e preparare la nostra opinione pubblica: arriveranno gli ucraini, non vi fate illusioni; arriveranno gli afghani, non vi fate illusioni; per non parlare dell'Africa, dove c'è un colpo di Stato dietro l'altro e da dove persino i francesi sono venuti via.

Noi abbiamo quindi - spero insieme a lei, signor Presidente del Consiglio - la responsabilità di preparare la nostra opinione pubblica in modo che rimanga coesa al fianco delle iniziative che state prendendo. Non sarà facile - glielo dico subito - ma lei lo sa da solo. Noi però dobbiamo essere pronti, anche per essere credibili rispetto ai nostri alleati e all'Europa. Vogliamo quindi più Europa. Viva l'Europa! (Applausi).

PRESIDENTE. Colleghi, ricordo a tutti di indossare le mascherine durante gli interventi.

È iscritto a parlare il senatore Cangini. Ne ha facoltà.

CANGINI (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, illustri membri del Governo, colleghi senatori, confesso con sincero imbarazzo di avere avvertito in tempi decisamente lontani un certo fascino per la figura di Vladimir Putin. Il suo decisionismo, la sua capacità di influenza internazionale, il fatto di non avere smarrito il senso della tragedia, di avere una visione, ancorché salvifica, per il futuro della propria Nazione mi hanno indotto, in tempi molto lontani, a una certa indulgenza rispetto alle posizioni che la Russia assumeva sullo scacchiere internazionale. Nulla di razionale evidentemente, essendo io ancorato culturalmente e politicamente ai valori di libertà e di democrazia dell'Occidente. Credo sia stato un sentimento, una cosa irrazionale, un moto dello spirito dovuto al bisogno istintivo di compensare il senso di frustrazione cui assistevo e assisto di fronte all'impotenza della politica occidentale.

Penso che sia di questo, colleghi, che dovremmo discutere da oggi. Dovremmo discutere delle ragioni per cui noi occidentali non siamo più in grado di pensare in termini strategici e di agire in termini politici. Dipendere dalla Cina per proteggerci da una pandemia largamente annunciata; dipendere dalla Russia, nostro avversario, per gli approvvigionamenti energetici, vuol dire non avere alcuna capacità strategica (Applausi), non avere alcuna idea di sé e alcuna visione del futuro.

Diciamoci la verità, colleghi: se la NATO, l'Europa, l'attuale Presidenza americana e in generale l'Occidente avessero avuto una qualche credibilità militare, Vladimir Putin non avrebbe mai dichiarato guerra a uno Stato sovrano evidentemente filo-occidentale. Lo ha fatto perché ci vede deboli, divisi e privi di leadership. Ci vede sostanzialmente inadatti a fare la guerra, perché terrorizzati da opinioni pubbliche diseducate alla realtà e gonfiate per decenni da una retorica vacua e da buoni sentimenti lodevoli, ma inconcludenti. (Applausi). È così che ci vede Putin e, purtroppo, è così che noi siamo.

La guerra, colleghi, non è una follia, come va di moda dire oggi. È - come diceva von Clausewitz - la prosecuzione della politica con altri mezzi. Una politica estera senza capacità di deterrenza militare è fisiologicamente debole e una politica estera fisiologicamente debole significa una politica impotente.

Colleghi, a me dispiace dirlo, ma segno evidente e tangibile dell'impotenza della politica è il fatto che buona parte dei leader politici italiani e occidentali in queste ore citano un unico leader globale, Papa Francesco, e pronunciano un'unica parola, pace. È evidente che tutti vogliamo la pace e che Papa Francesco fa benissimo - non bene - il proprio mestiere, ma il nostro è un mestiere diverso.

Se noi occidentali non abbiamo più la capacità di padroneggiare le categorie di cui la politica da sempre si compone siamo fisiologicamente impotenti e strutturalmente incapaci di difendere e di onorare quei principi e quei valori liberali e democratici a cui Vladimir Putin ha dichiarato guerra attaccando l'Ucraina.

Non è una condanna a vita la nostra: si può cambiare, si può migliorare. Come? Si cambia facendo esattamente quello che ci siamo detti oggi: per esempio, cominciando a rieducare le opinioni pubbliche al realismo e non all'utopia; dando sostanza e forza militare all'Europa; accelerando il processo di riforma della NATO; rendendo autonomo il nostro Stato per gli approvvigionamenti energetici, e via elencando.

Si tratta, colleghi, di ridare dignità alla politica e forza all'Occidente. Se lo faremo - e dobbiamo farlo - non si correrà più il rischio che qualcuno tra di noi avverta il fascino di Putin, ma soprattutto non si correrà più il rischio che gente come Putin dispieghi un proprio disegno imperiale, forte della nostra debolezza. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Iwobi. Ne ha facoltà.

IWOBI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, membri del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, l'operazione militare in atto da parte della Russia ci porta oggi più che mai a interrogarci come popolo, come Nazione e come Unione europea sull'importanza del valore della pace.

Parlare di pace oggi come obiettivo primario e risolutivo del conflitto russo-ucraino è fortunatamente un auspicio condiviso da tutti noi. L'interrogativo è semmai sui modi per raggiungerla.

Appare chiaro che, oggi più che mai, si avverte l'importanza di una politica estera e di difesa comune europea, che porti effettivamente l'Unione ad acquisire maggior peso internazionale e una piena autonomia strategica in tutte le sedi.

Purtroppo, il naufragare degli Accordi di Minsk e l'aggravamento dell'attuale situazione ci portano ad auspicare un ruolo più centrale e incisivo dell'Unione europea rispetto a oggi, soprattutto, in quanto promotrice dei valori di pace anche oltre i propri confini.

Le ragioni alla base di questo conflitto sono plurime e si potrebbe a lungo analizzarne i sintomi ma, al di là di ogni singolo motivo, quel che è certo è l'avvenuta aggressione militare inaccettabile a una democrazia alle porte dell'Europa, aprendo così pertanto una ferita e un nuovo dramma all'interno di un continente che, nei decenni passati, ha già a lungo sofferto a causa delle guerre.

Le principali direttrici da ponderare sono: evitare immediatamente l'estensione di questo conflitto; giungere al più presto al termine delle azioni militari utilizzando la diplomazia come unico possibile mezzo di risoluzione delle controversie. (Applausi). Se questo è un obiettivo condiviso, è altrettanto importante concepire le modalità per giungere a tale risultato.

È evidente che una trasversale azione sanzionatoria, laddove non ben ponderata, può comportare conseguenze anche pesanti di carattere economico, industriale, energetico e quindi sociale nei Paesi europei, e soprattutto nel nostro Paese. Il meccanismo sanzionatorio deve pertanto essere pensato come deterrente strategico che, per essere tale, deve minimizzare le conseguenze sulle economie degli Stati membri dell'Unione europea (Applausi) e, al tempo stesso, garantire l'efficacia della sua portata.

Alcune conseguenze saranno certamente inevitabili, anche alla luce degli effetti che stiamo ancora subendo legati alla crisi pandemica. Tuttavia, confidiamo nella saggia decisione del Governo italiano affinché, nelle sedi opportune, sia considerata la posizione dell'Italia in sede della possibile adozione delle sanzioni alla Russia. In questa fase molto difficile è chiamato ad assumere decisioni che richiedono una coscienza collettiva e sovranazionale per la sicurezza di tutti i suoi cittadini e per l'obiettivo della pace.

Con l'auspicio che il conflitto possa cessare al più presto, una prova importante per l'Unione europea sarà la gestione comune dell'accoglienza dei rifugiati ucraini. Sono certo che l'Italia sarà in prima linea per riaffermare i valori della solidarietà europea, garantendo corridoi umanitari condivisi.

Concludo, signor Presidente, manifestando la nostra piena solidarietà al popolo ucraino e ribadendo il grande senso di responsabilità che deve animare questo, come ogni altro Parlamento, sia per risolvere la situazione in essere, sia - soprattutto - per evitare una pericolosa escalation militare, con gli effetti devastanti e imprevedibili per entrambe le parti.

Esprimiamo la nostra piena fiducia nel Governo italiano e nella diplomazia. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Garavini. Ne ha facoltà.

GARAVINI (IV-PSI). Signor Presidente, presidente Draghi, componenti del Governo, onorevoli colleghi, le immagini di questi giorni in arrivo dall'Ucraina si tollerano a malapena.

A neanche due ore e mezzo dall'Italia - il tempo che serve per volare a Londra - un intero popolo viene aggredito con una violenza distruttiva e immotivata e una guerra senza senso viola uno Stato indipendente e l'intera democrazia. Gli sguardi delle persone in fuga dai bombardamenti raccontano bene, senza bisogno di parole, la disperazione di chi viene costretto ad abbandonare i propri cari e la propria vita, senza avere alcuna colpa. Si tratta di una guerra che già adesso ha provocato tanti morti e tanti rifugiati. Ecco perché, a sei giorni dallo scoppio del conflitto, condanniamo fermamente l'occupazione russa e rinnoviamo profonda solidarietà al presidente Zelensky, alle istituzioni e a tutto il popolo ucraino.

Come Unione europea, insieme alle forze atlantiche, da settimane ci stiamo coordinando in modo compatto per essere al fianco dell'Ucraina, prima nel tentativo di evitare il conflitto e non offrire alibi a Putin, artefice di una narrazione della guerra del tutto distorta; e poi adottando pacchetti di sanzioni progressivamente sempre più dure, con lo scopo di colpire il regime russo. Sono tutte misure che mirano a mettere in ginocchio il sistema di potere di Putin, cercando di evitare - al tempo stesso - che si trasformino in un boomerang per la nostra economia.

Ecco perché, nel condividere le sanzioni proposte a livello europeo e nell'auspicare che vengano estese anche alla Bielorussia, è utile chiedere che l'Unione europea istituisca un fondo di compensazione per le aziende europee penalizzate dall'introduzione delle sanzioni, analogamente a quanto predisposto a suo tempo dall'Unione europea per far fronte alla Brexit.

Qui oggi, in modo unitario, esprimiamo soprattutto grande vicinanza e gratitudine alle donne e agli uomini delle nostre Forze armate; in primis a chi è impegnato in queste ore nelle aree limitrofe all'Ucraina, in Lettonia e Romania, come forza di deterrenza della NATO alla crescente offensiva militare russa; ma anche ai 1.400 giovani militari e ai successivi 2.000 in procinto di partire, nelle prossime settimane, per presidiare i confini della NATO.

Sento come fossero mie le preoccupazioni dei familiari in vista del loro dislocamento. È una decisione che non stiamo prendendo a cuor leggero, così come non prendiamo con leggerezza la scelta dell'invio di armi in Ucraina. Ci sentiamo in dovere di agire in questo modo per sostenere il popolo ucraino impegnato in una dura resistenza a tutela dell'incolumità della propria gente, messa in pericolo dall'aggressione voluta da Putin; un'aggressione fatta scoppiare contro l'Ucraina, ma anche contro l'intera democrazia occidentale.

È una guerra che sta cambiando gli scenari internazionali e anche la politica europea. Per la prima volta l'Europa si spinge a fornire armi ed altri equipaggiamenti militari ad un Paese a noi vicino, sotto attacco, sostenendone l'autodifesa. Addirittura la Svezia, la Germania, la Finlandia, persino la Svizzera, Paesi che tradizionalmente non hanno mai mandato armi a Stati che fossero in guerra, stanno inviando materiali militari all'Ucraina. Tutto questo è espressione di una consapevolezza politica nuova. Dal momento che siamo di fronte ad un atto di violenza esplicita, non possiamo restare a guardare.

Come Unione europea siamo chiamati a difendere il rispetto dei confini, della sovranità e della libertà di un popolo nostro vicino, che si protegge da un'aggressione; una consapevolezza sulla quale credo che si debba fare leva per accelerare contemporaneamente la costruzione di una difesa comune europea che dia concretezza alla nostra politica di sicurezza in caso di aggressione.

Con un conflitto così pericoloso nel cuore dell'Europa emerge in tutta evidenza quanto sia necessario che l'Europa si doti di un'unione politica e di un'unione della difesa con mezzi adeguati, moderni e sufficienti, che ci consentano di poter operare per la pace e contro i conflitti. Solo così l'Europa può ambire a diventare protagonista dei processi di pace e sottrarsi dal subire passivamente le guerre altrui; anche perché le guerre moderne, come dimostra purtroppo quella in corso in Ucraina, possono prevedere anche nuove modalità molto insidiose: cyberattacchi, possibili blackout energetici, manomissioni a reti nevralgiche per il Paese. In questo senso è importante che la risoluzione dia attuazione a quanto auspicato nei giorni scorsi dall'Agenzia per la cybersicurezza nazionale e anche dal Copasir, vale a dire adottare elevate misure di difesa cibernetica a protezione delle infrastrutture digitali del Paese.

È interesse di tutti i singoli Paesi e dell'Europa nel suo complesso mettere in atto ogni strumento utile volto ad evitare che la guerra in Ucraina degeneri ulteriormente. A questo proposito bisogna continuare a sostenere ogni iniziativa multilaterale che possa favorire una riappacificazione. Di certo speriamo che la disponibilità al dialogo da parte russa sia concreta e non di facciata e che i colloqui in corso in queste ore al confine bielorusso possano avere esito positivo e portino a un immediato cessate il fuoco e ad una stabilizzazione dell'area. In caso contrario, però, crediamo che potrebbe essere utile l'individuazione di una figura terza: una commissaria straordinaria accettata da entrambe le parti, una figura di grande spessore che potrebbe fungere da ponte tra Russia e Ucraina per superare le ostilità e favorire la fine del conflitto.

Questo conflitto purtroppo già nella sua dimensione attuale ha conseguenze devastanti sull'Ucraina, ma anche su tutta l'architettura globale di sicurezza, in primis per il grande numero di profughi che la guerra sta provocando. L'Ufficio dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) ritiene che al momento siano già mezzo milione i rifugiati che, in questi primi giorni del conflitto, hanno cercato protezione nei Paesi limitrofi e si stima che possano arrivare fino a 7 milioni gli ucraini costretti a fuggire dalla guerra e a cercare rifugio in Europa: un vero dramma.

La guerra in Ucraina e la sfida che la Russia lancia a tutti i Paesi liberi ci insegnano anche quanto sia importante nelle forniture di energia evitare la dipendenza da un solo Paese. Ecco perché è necessario lavorare a una diversificazione delle fonti energetiche a livello sia nazionale che europeo, puntando alla realizzazione di un'unione dell'energia, così da ridurre la nostra fragilità energetica e consentirci di sottrarci alla fluttuazione dei prezzi.

Avvicinandomi alle conclusioni, signor Presidente, vorrei dedicare il pensiero di quest'Aula ai nostri connazionali in Ucraina, una comunità - come ci ricordava il presidente Draghi - di circa 2.300 persone. Una novantina di loro in fuga ha trovato protezione ed accoglienza grazie alla nostra ambasciata. Anche per questo vorrei esprimere la nostra gratitudine all'ambasciatore Pier Francesco Zazo, al personale a Kiev, alle nostre funzionarie e ai nostri funzionari dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) in Ucraina e a tutta l'unità di crisi della Farnesina, che stanno lavorando in queste ore affinché i nostri connazionali possano essere evacuati in sicurezza.

Al popolo ucraino infine sentiamo di poter rivolgere un messaggio di ottimismo.

L'Italia, insieme all'Europa e agli alleati statunitensi, intende fare il possibile per ristabilire la sovranità dell'Ucraina, per difendere la sicurezza dell'Europa e per garantire l'integrità dell'ordine internazionale. Siamo un'Unione di popoli di pace e credo sia giusto accettare la candidatura dell'Ucraina, un popolo fratello in fuga dalla guerra, per un possibile ingresso nell'Unione europea. Putin pensava forse di marciare indisturbato fino a Kiev e immaginava una NATO ed un'Europa inermi, ma gli accadimenti delle ultime ore dimostrano invece che si è sbagliato di grosso. L'effetto che sta provocando è l'esatto contrario: rinsalda l'alleanza tra noi Paesi occidentali.

Signora Presidente, l'Europa c'è, la NATO pure e la nostra voce, a difesa della democrazia e al fianco dell'Ucraina, è forte e chiara. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Urso. Ne ha facoltà.

URSO (FdI). Signor Presidente, intervengo per la prima volta in quest'Aula da quando sono stato eletto Presidente del Copasir, utilizzando il tempo che mi è stato concesso dal mio Gruppo per evidenziare innanzitutto proprio quanto il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica abbia fatto in questi mesi proprio sulle questioni che ora dovremo necessariamente affrontare, in un clima di emergenza sull'onda della guerra nella nostra Europa. Sarà poi il senatore La Russa, in sede dichiarazione di voto, a esporre la posizione del Gruppo.

In questi mesi, con gli altri colleghi del Copasir abbiamo svolto un'intensa attività, come prescrive la legge, in vincolo di segretezza, con indagini, audizioni e analisi di cui abbiamo dato conto in relazioni specifiche al Parlamento - queste sì - pubbliche. In esse abbiamo evidenziato, tra l'altro, con estrema chiarezza proprio la postura aggressiva della Russia, non solo in Ucraina e nell'Europa orientale, ma in ogni area di interesse strategico italiano ed europeo: dai Balcani al Caucaso, dal Mediterraneo al Sahel, secondo una strategia volta al mantenimento della supremazia energetica, al controllo delle materie prime, anche al fine di accerchiare la nostra Europa.

Avevamo segnalato anche cosa stava accadendo in Bielorussia con il referendum costituzionale; le nuove minacce che si alzano in Bosnia e in Kosovo; il rafforzamento del dispositivo militare russo in Siria; la presenza dei mercenari della Wagner in Libia e i golpe militari - sei - nel Sahel, alla frontiera del nostro Mediterraneo allargato, che spianano la strada proprio alla Wagner. Significative, peraltro, solo le manovre navali militari congiunte di Russia, Cina e Iran svoltesi in gennaio nel Golfo dell'Oman.

Avevamo anche indicato con chiarezza la necessità di predisporre una vera difesa europea - come ha indicato il Presidente del Consiglio oggi - complementare alla NATO, per aumentare la difesa dell'Alleanza atlantica nel nostro continente e nel Mediterraneo allargato.

Tra breve consegneremo la relazione sullo spazio, come fattore geopolitico su cui proprio Italia, sesta potenza spaziale civile al mondo, può giocare un importante ruolo. Difesa e spazio saranno peraltro oggetto delle decisioni che l'Europa dovrà assumere in marzo con lo Strategic compass e il progetto di autonomia strategica spaziale, oggi più che mai necessario. Abbiamo però già evidenziato nella recente relazione annuale come appariva già del tutto inadeguato il progetto di difesa europea, che allo stato prevede una forza di intervento rapido di appena 5.000 militari, quando la sola Italia ha un dispositivo di 9.200 militari in missioni internazionali. Agli asseriti impegni declamati in conseguenza della sciagurata ritirata dall'Afghanistan non è, infatti, corrisposto un maggiore impiego di risorse; anzi, nel nuovo bilancio europeo le risorse destinate ai diversi progetti di difesa europea sono state di fatto dimezzate.

Ora appare chiaro a tutti che occorre cambiare, perché l'Europa è sotto minaccia e noi sapremo come fare. Proprio per questo il nostro primo pensiero oggi va alla resistenza ucraina, alle famiglie nei rifugi che sui social chiedono aiuto; alle ragazze che confezionano le bottiglie molotov; agli operai che scavano le trincee per rallentare l'avanzata dei carri armati.

Il nostro pensiero va ai giovani che imbracciano un fucile pur non avendo mai fatto il servizio militare; a chi rientra in patria per difendere le proprie famiglie e la propria terra; a un popolo eroico che ha scoperto di essere finalmente una vera Nazione senza distinzione di lingue e di religione, come mai nella propria martoriata storia. (Applausi). Ci ricordano oggi, con il sacrificio della lotta, quali siano i nostri valori, risvegliando loro le nostre coscienze intorpidite. Putin ha fatto un azzardo che ha ottenuto l'effetto di sollevare l'opinione pubblica mondiale, unita come mai si era vista prima. Persino all'interno della stessa Russia c'è chi protesta rischiando il carcere e la repressione. Questa è la prima importante lezione, un monito per chiunque nel mondo pensi che anche la libertà abbia un prezzo, che sia misurabile in rubli, in dollari o in renminbi; un monito a chiunque nel mondo pensi che si possa togliere la libertà senza sollevare la reazione unanime di chi, come noi, crede e vive nella libertà.

La resistenza eroica degli ucraini segna un prima e un dopo nel conflitto globale tra le democrazie occidentali e i sistemi autoritari, un punto di svolta che sarà segnato nel calendario della storia. Quanto accaduto ci deve essere finalmente da lezione per affrontare tematiche che abbiamo da decenni accantonato, come se riguardassero altri, mentre riguardano noi e soprattutto i nostri figli che ne pagheranno il prezzo se non interveniamo subito.

Gli investimenti per la difesa sono certamente necessari, come ha appena fatto la Germania, ma lo sono anche gli investimenti in ricerca, tecnologia, formazione, nell'economia digitale e nell'intelligenza artificiale, nello spazio e nel cyber, per la sovranità energetica e la tutela degli asset strategici, senza cui alcuna autonomia e indipendenza si possono più preservare.

Il Copasir ha presentato in questa legislatura sei relazioni tematiche e una relazione annuale in cui ha appunto affrontato ciò di cui oggi si discute. Cari colleghi, nessuna di queste relazioni è stata però ancora esaminata in modo compiuto dal Parlamento, anche se alcuni interventi importanti da noi indicati sono stati poi realizzati dal sistema della golden power all'Agenzia per la cybersicurezza nazionale che colma un ritardo decennale. Lo stesso destino nel vuoto hanno avuto le altre relazioni presentate nelle precedenti legislature, così come le relazioni annuali della Presidenza del Consiglio. Siamo stati troppo distratti sui temi della sicurezza nazionale: ora occorre prenderne atto. È necessario che si svolga presto una sessione del Parlamento, come abbiamo espressamente chiesto nel nostro documento inviato alle Camere prima che la situazione precipitasse.

Quanto sta accadendo ci fa capire quanto importante sia la sicurezza della Repubblica e quanto ciò debba essere considerato in ogni decisione che prendiamo, anche quando affrontiamo i temi dell'energia o dell'economia digitale, della tecnologia, dell'intelligenza artificiale, dello spazio come dell'acciaio, degli asset infrastrutturali come delle filiere industriali, ben sapendo che i nostri avversari sistemici, e cioè i sistemi autoritari, li utilizzano appieno nel loro confronto con le democrazie occidentali. Tutto questo fa parte di quello che viene chiamato guerra ibrida. A tal proposito, abbiamo evidenziato la necessità di disporre di un'intelligence economica al servizio del sistema Italia, che sia proattiva a tutela della scienza e della tecnologia e degli asset produttivi del Paese.

Sì, è vero: le sanzioni stanno producendo i loro effetti devastanti, ma occorre anche fermare le armi, rispondendo alle accorate richieste di aiuto di chi è minacciato nella vita e negli affetti, come stanno facendo persino Paesi che sono stati sempre storicamente neutrali come la Svizzera e la Svezia. Ora è il momento delle scelte di campo per tutti. Certo, anche noi pagheremo i costi delle sanzioni, soprattutto come conseguenza del prezzo dell'energia o - se permettete, cari colleghi - come conseguenza delle nostre scelte energetiche errate che ci hanno resi più vulnerabili di altri partner europei. (Applausi).

Proprio sulla sicurezza energetica abbiamo presentato in gennaio una relazione al Parlamento, in cui abbiamo evidenziato le criticità del sistema e le sue pericolose vulnerabilità, a fronte sia della necessaria transizione ecologica, sia dell'azione egemonica degli attori statuali. In quella relazione individuavamo già alcune soluzioni che in queste ore sono state oggetto della decretazione d'urgenza e concludevamo come fosse necessario realizzare un piano di sicurezza energetico che riducesse la dipendenza dall'estero e soprattutto dalla Russia, con l'obiettivo dell'indipendenza energetica e dell'autonomia produttiva e tecnologica, in collaborazione con i partner europei occidentali, anche in considerazione dei fattori e dei rischi geopolitici sempre più evidenti già allora.

Nella relazione annuale... (Il microfono si disattiva automaticamente)... per la messa in sicurezza della rete cyber. Ieri, peraltro, l'Agenzia ha lanciato un allarme particolarmente significativo, anche perché la Russia è lo Stato meglio attrezzato al mondo per la guerra cibernetica. Per completare la linea difensiva abbiamo richiamato la necessità di realizzare al più presto il cloud nazionale della pubblica amministrazione e la rete unica a controllo pubblico. Sto concludendo.

Cari colleghi, la Russia si è preparata da tempo al confronto con l'Occidente. Sono dieci anni che investe sulle due armi che possiede: le risorse energetiche e le forze armate. Punta al controllo delle materie prime e delle frontiere d'Europa, a sottomettere l'Ucraina oggi, per sottomettere domani le Repubbliche baltiche, la Georgia e la Moldova. Ora tutti sappiamo perché e dobbiamo elevare il livello di difesa, anche a fronte di un mondo in cui emergono altri attori altrettanto aggressivi, innanzitutto la Cina, primaria potenza tecnologica e produttiva, capace, essa sì davvero, di aspirare alla supremazia globale.

Non possiamo fuggire dalla storia ma possiamo cambiarla. Con la risoluzione unitaria che voteremo oggi cominci davvero una nuova fase nella vita politica del Paese, che ci veda sempre uniti quando è in gioco la sicurezza della Repubblica e, con essa, i valori fondamentali della nostra civiltà. (Applausi. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Alfieri. Ne ha facoltà.

ALFIERI (PD). Signor Presidente del Consiglio, condividiamo le sue parole, le preoccupazioni che ha manifestato e - se posso dire - anche la tensione emotiva che ha attraversato il suo discorso. D'altronde, Putin ha stravolto tutte le regole alla base della comunità internazionale: l'inviolabilità dei confini, il rispetto dell'integrità territoriale, il rifiuto dell'aggressione armata ai fini della soluzione delle controversie. È un turning point, è un momento di frattura all'interno della comunità internazionale come non si vedeva da tempo: una potenza mondiale nucleare che attacca uno Stato sovrano. Ha dunque varcato la linea rossa.

Lo ha fatto per ridefinire l'architettura della sicurezza europea? Probabilmente anche, ma non penso che questa sia la motivazione principale. C'è da tempo la disponibilità dei partner dell'Alleanza atlantica a ridiscutere quelle regole, in nome della indivisibilità della sicurezza europea. Lo ha fatto per sedere al tavolo dei grandi? Probabilmente sì. Nello scontro tra due grandi potenze, gli Stati Uniti e la Cina, con lo spostamento dell'asse strategico nell'Indopacifico, la Russia ha alzato la mano e penso, da questo punto di vista, che sia interessata non a una Helsinki 2, come da più parti (dalla nostra parte e dall'Europa) viene richiesto in tal senso, ma più a una Yalta 2, in cui lui si vede nei panni di Stalin, con Xi Jinping e, al posto di Franklin Delano Roosevelt, Biden.

Ma il punto principale, quello che ha posto anche ultimamente nella sua retorica sulle sfere di influenza, è il fatto che la NATO non si dovesse allargare all'Ucraina. Questo ha provocato anche - come ricordato dal presidente Casini nel suo intervento -una sorta di giustificazionismo nelle società e nelle opinioni pubbliche europee. Io penso che, se ci fosse stata anche una valutazione in tal senso, l'aggressione armata ha spazzato via tutto questo e non c'è più spazio per distinguo, ambiguità o equidistanze: noi dobbiamo dire da che parte stiamo con grande chiarezza.Noi stiamo dalla parte dei Paesi europei e dell'Alleanza atlantica. (Applausi).

Ognuno in Europa può avere la sua idea - lo dico anche al ministro Di Maio - sull'avvicinamento dell'Ucraina alla NATO. Io personalmente ho sempre avuto grandi dubbi - lo dico in questa sede - come lo ha avuto anche la diplomazia italiana in passato: ricordo nel 2008 quello che c'è scritto a verbale. Non è quello, però, il punto. Il punto non è cosa ne pensano i singoli Paesi europei, ma cosa ne pensano gli ucraini. Il punto è che a decidere sull'avvicinamento alle istituzioni europee o alla NATO o a quale modello di società, se a una società a democrazia liberale, siano il popolo ucraino e il Governo legittimamente e democraticamente votato, e non Putin (Applausi). Noi, infatti, viviamo in una società, quella delle democrazie liberali, dove i giornalisti non si mettono in galera, dove gli oppositori politici non si rinchiudono in prigione. Noi siamo in una società libera e quello è il modello a cui aspirano gli ucraini. Questo è il punto chiave.

Arriviamo quindi alla considerazione fondamentale, di cui vorrei che tutti noi fossimo consapevoli e rispetto alla quale vorrei ci fosse un'indicazione chiara da parte di questo Parlamento. Il tema vero è il potente, inarrestabile contagio della democrazia. È questo che fa paura a Putin: la possibilità che la democrazia avanzi e che quelle manifestazioni timide a cui assistiamo in Russia possano crescere e mettere in discussione il regime di Putin (Applausi).

La reazione dell'Europa è stata senza precedenti. Come sa benissimo il presidente Draghi, una delle espressioni diplomatiche più utilizzate nei consessi europei è che l'Europa «is deeply concerned». Quella è la formula con cui in Europa - il ministro Di Maio lo sa - spesso abbiamo nascosto la nostra impotenza, l'incapacità dei Paesi europei di unirsi e di prendere posizioni forti e chiare. Nella conclusione del mio intervento arriverò a parlare di questo. Oggi, però, noi mettiamo in campo una deterrenza senza precedenti: l'Europa e gli Stati Uniti, l'Alleanza atlantica si muovono compatti insieme, come mai era successo negli ultimi tempi, forse anche memore della disfatta in Afghanistan. E hanno capito che questo era l'ultimo argine davanti a una Russia che pensava di trovare campo libero da parte dei Paesi europei e dell'Alleanza atlantica. A questo punto si inseriscono i dispositivi NATO, le misure per contrastare gli attacchi cyber, le decisioni di mandare - non a cuor leggero, immagino, da parte del ministro Guerini - i soldati nel fianco Est dell'Europa orientale; soldati a cui vanno certamente la nostra vicinanza e la gratitudine per il lavoro che stanno facendo (Applausi).

Questo vale anche per le sanzioni individuali e soprattutto per quelle commerciali. Nessun Governo si approccia mai a questi temi con faciloneria lo fa con fatica, e rientra nella difficoltà di governare. Noi stessi abbiamo sempre posto che ci fosse un momento di riflessione nei consigli europei ogni semestre, nel momento in cui si doveva arrivare a rinnovare le sanzioni. Lo abbiamo fatto perché sappiamo che è uno strumento delicato, che a volte ha dimostrato inefficienza. Ma questa volta non possiamo scherzare: serve la compattezza massima e parallelamente bisogna fare quello di cui abbiamo parlato la settimana scorsa in questa sede, nell'informativa del ministro Di Maio, quando abbiamo detto che sarebbe stato necessario negoziare forme di compensazione per i Paesi e per i settori più colpiti. L'Italia ha un settore manifatturiero importante. Come la Germania, abbiamo un'integrazione con l'economia russa. È inevitabile. Tuttavia, prima delle considerazioni economiche vengono i valori e i principi fondamentali in cui noi crediamo. Quindi bene ha fatto l'Unione europea a reagire da questo punto di vista.

Allo stesso modo condividiamo l'idea di una diversificazione energetica, di misure straordinarie che non condivideremmo in fasi normali ordinarie, ça va sans dire. Da questo punto di vista pensiamo che una indicazione su un rafforzamento degli strumenti comunitari e della capacità di comunitarizzare alcune delle politiche -come abbiamo fatto sotto la pressione del Covid per l'unione della salute - vada fatta anche nella direzione di un'unione energetica che vada oltre gli stoccaggi strategici e decida insieme i fabbisogni, le modalità di costruire una strategia condivisa.

Vado al tema più delicato e più complesso, che è quello degli aiuti militari. È una scelta maledettamente complicata, sofferta, che colpisce la nostra identità più profonda. Noi come europei avevamo bandito la guerra dalla storia, ma sappiamo che la pace è una conquista non per sempre, ma va compiuta giorno per giorno, e la protezione della pace va coltivata. Da questo punto di vista, quindi, noi ci approcciamo con grande cautela. È bene bandire dal dibattito pubblico isterismi e slogan superficiali. Noi ci muoviamo, anche in queste ore drammatiche, nel solco dell'articolo 11 della Costituzione, che ripudia la guerra come strumento di offesa. Ma in questo caso un Paese è stato attaccato, è stato aggredito e la Carta delle Nazioni Unite, all'articolo 51, ha proprio previsto - e noi la richiamiamo nella nostra Costituzione - la possibilità di difendersi legittimamente. Al popolo ucraino va data la possibilità di difendersi legittimamente.

Quindi, in maniera straordinaria, limitatamente a questo frangente storico così delicato, noi accettiamo di derogare alla legge n. 185 del 1990, che è una legge equilibrata, che impedisce di dare armi ai Paesi in guerra. Lo facciamo all'interno di una fase straordinaria e non lo facciamo a cuor leggero. (Applausi).

Ma ciò ci deve essere d'insegnamento. Citavo prima la frase sull'Europa, che «is deeply concerned», per dire al presidente Draghi che forse questa è la finestra di opportunità che si apre per rilanciare l'Unione politica, che a marzo, quando è iniziato il suo lavoro in qualità di Presidente del Consiglio, aveva posto come uno dei temi.

Forse con l'Europa a 27 non saremo in grado di aggregare una spinta molto forte verso l'Unione politica, ma lo possiamo fare con Germania e Francia. Già i nuovi formati Quint dicono che l'Italia, la Francia e la Germania lavorano insieme dentro questa crisi. Ecco, io penso che, come nel 1950, più di settant'anni fa, tre uomini illuminati come Schuman, Adenauer e De Gasperi furono in grado di indicare la strada mettendo insieme il carbone e l'acciaio, per cui c'eravamo combattuti nel secolo precedente, questa sia l'occasione di mettere insieme le donne e gli uomini dei nostri eserciti e i nostri dispositivi militari con un agenda politica condivisa. Penso che lei, signor Presidente, Olaf Scholz ed Emmanuel Macron abbiate una grande occasione, un'occasione storica per spingere verso l'Unione politica del nostro continente. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Romani. Ne ha facoltà.

ROMANI (Misto-IaC (I-C-EU-NdC (NC))). Signor Presidente del Consiglio, quello che temevamo accadesse è accaduto. Putin ha usato gli ultimi mesi per giustificare l'intervento militare in Ucraina. Ci ha ricordato fino all'ossessione che la bandiera issata al termine della battaglia di Berlino sulla porta di Brandeburgo nel 1945, al costo di 20 milioni di morti, fosse quella rossa dell'Unione Sovietica. Ha ribadito più di una volta che la promessa fatta da Kohl a Gorbaciov nel 1990, per ottenere l'assenso sovietico alla riunificazione tedesca, fosse che la NATO non avanzasse a destra della Germania. Ha ripetuto in molte occasioni come quella promessa non sia stata mantenuta e come l'Alleanza atlantica sia arrivata ai confini della Russia, provocandone la percezione di insicurezza. E, ancora, quante volte ha dichiarato che l'allontanamento fra Russia e Ucraina abbia avuto origine dai fatti di piazza Maidan e da quella rivoluzione arancione, dai contorni forse ancora oscuri, tanto che la Russia oggi, nelle parole di Putin, non riconosce la realtà statuale dell'Ucraina e ovviamente non riconosce nemmeno le elezioni democratiche di Zelensky e dei suoi predecessori?

È riuscito a parlare anche della necessità di denazificare l'Ucraina e il battaglione Azov, con i suoi simboli, sicuramente non ha aiutato.

Ma tutta questa ricostruzione storica e forse anche la rievocazione dello spirito di Yalta non bastano e non giustificano quella che oggi è semplicemente un'invasione militare, un'aggressione contro una Nazione indipendente, con dei confini chiaramente riconosciuti dalla comunità internazionale.

L'intervento russo in Ucraina non è altro che la riedizione moderna del concetto di sovranità limitata, di epoca sovietica, dell'era staliniana e brezneviana, e forse anche di quell'imperialismo zarista che assoggettò nel Settecento 197 nazionalità fra Europa e Asia.

Ed è proprio quella bandiera imperiale zarista riabilitata nel 1992 da Eltsin, che insieme alla bandiera russa accompagna le apparizioni televisive di Putin di questi giorni, a concederci simbolicamente l'interpretazione della continuità fra quell'impero zarista, quell'Unione Sovietica e la Russia dell'attuale Capo del Cremlino.

Putin più volte ha ripetuto che l'Ucraina non esiste come Nazione. L'affinità della lingua, il fatto che la Chiesa ortodossa russa sia nata in quello che oggi è il territorio ucraino hanno fatto il resto e la dicono lunga su come i russi intendano la storia di quel grande Paese di frontiera: «Ucraina», che secondo la traduzione letterale significa «sul confine», è lo Stato obbligatorio cuscinetto fra la Russia stessa e le cosiddette potenze occidentali.

Noi però dobbiamo ricordare che l'Ucraina è anche il più grande Paese multietnico nel quale convivono da sempre due etnie autoctone, non frutto di una migrazione successiva. Ed è il Paese che ha dato i natali al padre della letteratura russa Nikolaj Gogol', il primo a utilizzare la lingua russa, considerata fino ad allora troppo popolare per poter appartenere alla letteratura. Ciò evidenzia quanto sia fratricida il conflitto degli ultimi giorni.

Quello che sta avvenendo - e non è il primo conflitto in Europa, dalla Seconda guerra mondiale all'ex Jugoslavia, che porta ancora le ferite di quanto accaduto negli anni '90 - rappresenta l'ultimo tassello in senso temporale di una escalation che parte da 2008 con l'invasione della Georgia e vede l'incremento dell'intervento russo in più scenari, dal Medio Oriente al centro Africa, senza dimenticare la Libia, sempre in chiave anti-occidentale.

Anche la storia di questi giorni è costellata, però, di errori di valutazione: la nostra - europea - sottovalutazione dell'allarme invasione lanciato dagli Stati Uniti. Quello che avremmo voluto interpretare come uno strumento di deterrenza si è trasformato - come diceva Biden - in un'operazione di accerchiamento militare dell'Ucraina. Ci sono state poi la sottovalutazione da parte russa del patriottismo e della capacità degli ucraini di ricompattarsi attorno al proprio Presidente; l'operazione lampo che era sicuramente negli obiettivi iniziali e probabilmente contava anche sui contrasti all'interno del Governo ucraino; la resistenza della popolazione, che è stata più forte del previsto, anche se il peso sul campo delle due Nazioni resta fortemente squilibrato a favore della Russia.

Non possiamo fare finta di non capire che la resilienza ucraina è stata finora possibile perché l'avanzata russa è stata - come si dice - morbida, semmai questo aggettivo si possa accostare a una guerra. La rete elettrica, le comunicazioni e anche molti servizi di trasporto nazionale - i primi che vengono distrutti in un conflitto - sono stati fino a poche ore fa risparmiati dai russi, altrimenti il racconto degli ultimi giorni sarebbe stato molto diverso.

Il pericolo è che l'atteggiamento sul campo, all'indomani di un possibile fallimento dei colloqui di Gomel, possa radicalmente cambiare a tutto rischio di una popolazione che sta combattendo, civili compresi, e che noi europei stiamo armando con mezzi militari sofisticati.

Abbiamo assistito, tuttavia, anche a un salto di qualità dell'azione europea. La capacità e la rapidità di reazione dell'Unione sono state sicuramente encomiabili sulla triplice linea concordata anche a livello NATO: supporto diretto all'Ucraina, isolamento della Russia attraverso le sanzioni e difesa dei Paesi limitrofi, in particolare con l'aumento della presenza militare in quelli aderenti alla NATO; quindi rapidità, ma anche razionalità. Ritengo abbia ragione l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri Borrell, quando dice che oggi la priorità è fermare il conflitto: accelerare un'ipotetica adesione dell'Ucraina all'Unione non aiuterebbe la pacificazione dell'area.

Questo non ci esime dall'avviare con determinazione il percorso politico necessario, però, anche alla dotazione di uno strumento militare europeo, che non può essere Eurocorps nella sua configurazione attuale, priva di una testa e di una guida politica.

Come ha illustrato il presidente del Comitato militare dell'Unione europea, generale Claudio Graziano, la risposta in questi casi è il prodotto di tre fattori: politico, economico e militare. Sottolineo il prodotto di fattori, non la somma di addendi: se un fattore è uguale a zero, anche il prodotto è zero.

Mi avvio alla conclusione, Presidente. Non sappiamo cosa accadrà nelle prossime ore sul terreno. Non conosciamo nemmeno gli obiettivi finali di Putin. Può darsi - la strategia militare sembra dimostrarlo - che miri alla suddivisione dell'Ucraina: un'Ucraina a Est del Dnepr e una a Ovest e obbligatoriamente e ovviamente quel pezzo di Ucraina che rimarrebbe a destra del fiume Dnepr sarebbe di stretta osservanza russa. Al punto in cui siamo, però, possiamo solamente dire che, a fronte di una straordinaria e pericolosissima emergenza qual è quella che stiamo affrontando, noi europei e noi italiani siamo stati in grado di dare una risposta forte, convincente e forse anche positiva.

Proprio per questi motivi, sosterremo convintamente il suo Governo per ogni iniziativa che sarà messa in atto per supportare l'Ucraina, isolare la Russia e arginarne le pretese. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Craxi. Ne ha facoltà.

CRAXI (FIBP-UDC). Signor Presidente, Presidente del Consiglio, Ministri, onorevoli colleghi, alle porte di casa nostra, nel cuore dell'Europa, si è aperto un conflitto sanguinoso, che riporta le lancette della storia a un passato che credevamo archiviato. È un conflitto sistemico, di portata epocale sotto il profilo degli equilibri internazionali ove si andranno a ridefinire alleanze e schemi dentro e fuori i confini i propri dell'Occidente, sul fronte sia economico che umanitario. È quindi evidente a tutti che ci attendono mesi difficili, in cui, senza tentennamenti di sorta, saremo chiamati a difendere valori e principi, a impedire che sullo scenario internazionale prevalga la legge della prepotenza e non quella del diritto internazionale.

Saremo chiamati a farlo in un contesto non semplice, aggravato dal varo di un pacchetto di sanzioni economico-finanziarie e commerciali senza precedenti; indiscutibile, necessario, duro quanto dovuto. Sappiamo bene, però, che le sanzioni, per loro natura, sono bidirezionali, ma non possiamo cedere. Serviva e serve una risposta forte e coordinata dell'Occidente e dell'Europa. Quanto più questa risposta sarà ferma e dura, tanto più saremo credibili e potremo arginare con armi proprie questa crisi e riaprire i canali del dialogo.

Onorevoli colleghi, nella storia dei popoli e delle Nazioni la libertà non è mai stata un dono, è stata una conquista, e la libertà ha un costo. La nostra libertà e la difesa di un ordine internazionale basato su regole e valori condivisi hanno ancora un costo meno cruento di quello pagato nel passato.

Oggi, per fortuna, non siamo ancora nelle condizioni - non so ancora per quanto tempo - di dover pagare il tributo più alto: quello che mette a rischio la vita dei nostri uomini. Il prezzo, però, sarà economico e starà a noi limitare i costi sociali che si riverseranno sulle famiglie. Per questo oggi non solo abbiamo l'obbligo politico e morale di presentarci al Paese tutti uniti e restituire l'immagine di una Nazione unita, Governo e Parlamento, maggioranza e opposizione; ma abbiamo anche il dovere di parlare al Paese il linguaggio della verità e di assumere innanzi a esso impegni precisi, chiedendo altrettanta chiarezza e impegno ai nostri partner internazionali e alla stessa Unione europea.

La retorica vuole che si dica che dalle crisi si esce più forti: non è così. Dalle crisi si esce più forti solo se si trae insegnamento da esse e noi, Italia, Europa, noi Occidente dobbiamo trarre molte lezioni dalla crisi ucraina.

La prima lezione da trarre è quella sul piano geopolitico: serve unità di intenti. Le divisioni tra le due sponde dell'Atlantico in questo periodo non sono passate inosservate; hanno dato la stura a troppi equivoci, che hanno alimentato l'illusione dei nostri competitor e probabilmente incoraggiato scelte scellerate. Spero, però, che sia una debolezza alle nostre spalle, e abbiamo dato una risposta larga e condivisa.

Dobbiamo poi avere chiare le sfide. In Europa c'è stata una sottovalutazione diffusa della vicenda ucraina che, unita all'imprevedibilità - e, mi sia consentito, all'inaffidabilità - della Russia ci presenta questa drammatica realtà.

Anche sul fronte economico dobbiamo trarre una lezione per il futuro. Come detto, ci aspettano ancora tempi difficili e il fronte energetico merita un'attenzione particolare. Dobbiamo essere onesti: sul tema scontiamo molti errori del passato. Per il futuro dobbiamo sapere che la nostra libertà e il nostro essere sovrani come Italia ed Europa passano anche da una forma di non dipendenza energetica.

Un altro tema non disconnesso dalla crisi ucraina è quello delle riforme in campo europeo. Sappiamo che alla fine di quest'anno scadrà la sospensione delle regole del Patto di stabilità. Ecco, i sogni di un ripristino tout court dei parametri per la vigilanza delle politiche di bilancio europee vanno messi definitivamente nel cassetto dopo l'aggressione ucraina.

Lasciatemi concludere esprimendo vicinanza alla lotta per la libertà del popolo ucraino, perché la libertà è la vita. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Candiani. Ne ha facoltà.

CANDIANI (L-SP-PSd'Az). Presidente Draghi, nelle scorse ore ci siamo impegnati, in maniera che non definirei altro se non eccezionale, a trovare un'intesa in tutto l'arco parlamentare per la proposta di risoluzione che ci avviamo a breve a sostenere e votare. Questo dà il senso di quanto questa situazione sia certamente straordinaria e anomala, ma anche di quanto ci abbia portato alla necessità di consapevolezza e azione insieme, su cui si sta basando anche il dibattito di questa mattina.

Non possiamo però non partire da un'analisi e una considerazione, ossia la sconfitta dell'Occidente e della nostra politica, che dovevano evitare questo scontro, senza riuscirci. Questo è un interrogativo che non appartiene a queste ore, ma su cui dovremo necessariamente lavorare, perché non possiamo permetterci, né ammettere che accada la condizione che abbiamo di fronte, ossia quella di due Paesi che entrano in guerra in Europa.

Occorre certamente la consapevolezza che non bastano le azioni fatte con i gessetti o le bandiere srotolate con un po' di banalità e retoricamente per rispondere a quanto avvenuto nei giorni scorsi tra Russia e Ucraina. (Applausi). Occorrono anche azioni diplomatiche molto importanti, nonché avere chiaro che gli effetti di tutto questo sono le ondate di profughi che vediamo nelle ultime ore nelle stazioni ferroviarie della Polonia e al confine dei Paesi occidentali che guardano verso l'Ucraina.

Signor Presidente, mi consenta di far notare la differenza tra questi profughi (donne e bambini che lasciano i loro mariti a combattere per difendere il proprio Paese) e quelli che purtroppo ci eravamo abituati a veder arrivare dall'Africa con gli scafisti. Questa è una situazione di guerra, ancorché a migliaia di chilometri dai nostri confini. Questi profughi arriveranno e li accoglieremo come si fa nei confronti di coloro che scappano dalle zone di guerra.

Dobbiamo però ritornare a una situazione di pace in quei territori, perché non possiamo permetterci - per tante ragioni, non ultima le tante debolezze che stiamo riscoprendo in tali ore - che questa condizione prosegua ulteriormente o addirittura si allarghi e aggravi.

Signor Presidente, occorre prestare molta attenzione anche a un concetto che non vogliamo veder replicato, ossia l'esportazione della democrazia con le bombe. Non ha funzionato in Libia e in Iraq e non funzionerebbe mai in una situazione complessa e delicata come quella in corso tra Russia e Ucraina. Occorre quindi una forte azione e chiediamo al Governo il massimo impegno per una de-escalation. L'abbiamo scritto chiaramente nella proposta di risoluzione che voteremo oggi: si deve giungere velocemente a un cessate il fuoco. Non possiamo permettere infatti che questa situazione prosegua oltre; non possiamo permettere che gli ucraini sopportino ulteriormente questa aggressione e non possiamo permettere peraltro che ci sia una ulteriore escalation. (Applausi).

Il sostegno all'azione del Governo sarà totale. Avremmo preferito, come da buona grammatica e prassi parlamentare, che le decisioni del Governo fossero conseguenti agli indirizzi che oggi il Parlamento dà. (Applausi). Prendiamo atto della situazione, sappiamo che in emergenza si deve fare buon viso anche a queste condizioni.

Presidente, utilizzi bene il mandato che avrà dal Parlamento e tenga sempre conto che questa guerra riscrive tutta l'agenda politica ed economica, non solo dell'Europa, ma del nostro Paese. Non c'è più la transizione ecologica, non ci sono più le sicurezze che fino a ieri avevamo. Occorre un sano pragmatismo e questa situazione purtroppo, nella sua drammaticità, ci obbliga ad un forte bagno di realismo. Non possiamo essere più dipendenti per quanto riguarda i nostri approvvigionamenti energetici, come lo siamo ora. Ciò significa infatti anche limitare la nostra libertà, anche agire nei confronti di situazioni come quelle che abbiamo visto in Libia, in Iraq, nel Sud-Est asiatico e come quelle che vediamo oggi tra Ucraina e Russia. La politica estera deve avere il sopravvento, non l'uso delle armi.

Signor Presidente, insistiamo: il Governo italiano faccia tutto quello che deve per far valere il nostro buon ufficio, per giungere ad una de-escalation e ad una situazione di pace che ci consenta anche di riprendere nel nostro Paese una situazione economica già piegata dalla pandemia. Non possiamo permetterci di passare da uno stato di emergenza pandemico ad uno stato di emergenza dovuto alla guerra. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ferrara. Ne ha facoltà.

FERRARA (M5S). Signor Presidente, Ministri, colleghi, vorrei cominciare manifestando con sincero affetto, a nome del MoVimento 5 Stelle, la nostra vicinanza e solidarietà a tutte le donne e gli uomini dell'Ucraina che stanno subendo questa criminale aggressione. (Applausi). Una vicinanza che stendiamo agli oltre 200.000 ucraini, la maggior parte donne, che si trovano in Italia e che assistono con sgomento all'attacco scellerato che sta subendo il loro Paese. Un Paese incantevole che io ho avuto modo di visitare come delegato dell'OSCE proprio durante il monitoraggio delle elezioni presidenziali del 2019, in cui fu eletto Zelensky.

Presidente, l'attacco militare contro l'Ucraina è un atto ingiustificabile che tutti noi condanniamo con fermezza e intransigenza, chiedendo alla Russia di interrompere immediatamente le operazioni militari. La guerra, come previsto dall'articolo 11 della nostra Costituzione, non può essere il mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Le armi non sono lo strumento per dirimere contese geopolitiche, la sottomissione violenta di un popolo non è mai tollerabile; l'unica strada da percorrere è quella della diplomazia e del dialogo. (Applausi).

Presidente Draghi, se oggi c'è la guerra è perché la politica ha fallito. Quando le pallottole prendono il posto delle parole è perché c'è stato un cortocircuito comunicativo. La politica, quella occidentale, in questi decenni ha fallito nel non comprendere che la sindrome di accerchiamento dei russi era reale e la virulenza dell'attacco al quale stiamo assistendo questi giorni purtroppo lo conferma. Questo è un momento decisivo per la storia europea, è un'occasione per dimostrare la forza, la civiltà, l'unità e la capacità di parlare con un'unica voce e con un'unica strategia. Questa voce, a mio avviso, deve essere quella della pace. L'istinto spinge a reagire subito con aggressività, ma la ragione ora suggerisce prudenza e saggezza, come la Costituente ha previsto con il citato articolo 11. Dopo soli quattro giorni già si prospettava la deterrenza nucleare. Gli eventi si stanno succedendo con estrema celerità.

Urge una de-escalation, anche perché una probabile guerra diretta con la Federazione Russa per il nostro Paese non sarebbe come quella avuta con l'Isola delle Rose; sarebbe un conflitto contro una potenza nucleare in possesso di oltre 6.000 ordigni atomici. Putin ha già avvertito che colpiranno convogli che trasportano armamenti. A mio avviso, in questa fase serve estrema lucidità e prudenza. Noi dobbiamo in queste ore così cupe evitare che si inneschino effetti a catena che alimentino le probabilità che scatti la scintilla che ci possa far sprofondare nella terza guerra mondiale: di questo credo che ne abbiamo tutti consapevolezza. È auspicabile proseguire con sanzioni severe e affamare soprattutto gli oligarchi e la classe dirigente russa. Il Paese ha un'economia che già boccheggia, il PIL russo è fragile, equivalente a quello della Spagna. Mosca è un gigante dai piedi d'argilla.

Bisogna poi fare leva sull'opinione pubblica di Mosca e rafforzare il ruolo dell'OSCE, soprattutto in questo momento: anche se traballante, c'è un tavolo della trattativa che va sostenuto. (Applausi).

Veniamo da anni estremamente complessi: prima la crisi finanziaria dei mutui subprime, che ha destabilizzato il sistema finanziario ed economico; poi il terrorismo con al Qaeda e ISIS, che ha inoculato paura e diffidenza; da due anni siamo in guerra contro un nemico invisibile che ha causato milioni di morti, mettendo a dura prova il sistema sanitario ed economico. Oggi non possiamo permettere che questo conflitto degeneri; i cittadini ci chiedono pace. Nostro compito è fare il possibile, anzi l'impossibile, per garantirgliela. Una pace che noi del MoVimento 5 Stelle, nati non a caso il 4 ottobre, giorno di san Francesco, abbiamo sempre perseguito, non in maniera formale, ma sostanziale. Per questo anche in passato abbiamo condannato le aggressioni all'ex Jugoslavia, all'Afghanistan, all'Iraq e alla Libia. Le guerre sono sempre orrore e distruzione, dato che a subirne le conseguenze sono i cittadini, in particolare i più fragili, come i bambini. (Applausi).

Se si apre un libro di storia si evince che le date più significative dell'umanità sono state segnate dalle guerre. Noi oggi più che mai dobbiamo sforzarci di cambiare paradigma e costruire un nuovo futuro partendo dal presente. I costi di una guerra prolungata, per la nostra già fragile economia, sarebbero incalcolabili. Come ha sostenuto di recente il nostro presidente, Giuseppe Conte, lavoriamo subito per un piano di recovery di guerra. Non possiamo transitare da una pandemia a una guerra lasciando famiglie e imprese ad affrontare uno tsunami con l'ombrello.

Siamo convinti che sia indispensabile un approccio comune europeo non solo per le azioni che si andranno a intraprendere, ma anche per fronteggiare le loro conseguenze. È indispensabile un meccanismo di sostegno e compensazione solidaristico, che tenga conto dei diversi rapporti nazionali, in grado di rispondere in modo proporzionale ai danni economici subiti dai singoli Paesi. Per questo, Presidente, il MoVimento 5 Stelle invita il Governo a farsi portavoce in Europa della proposta di rendere strutturale il Next generation EU, la prima vera emissione di debito comune europeo.

L'Italia importa dalla Russia quasi la metà del gas necessario per il proprio fabbisogno. Correttamente lei venerdì scorso, in quest'Aula, ha sostenuto che dobbiamo incrementare autonomamente la produzione dell'energia. Però questa crisi non può e non deve essere una giustificazione per tornare indietro in termini di fonti di approvvigionamento energetico. Presidente, le centrali a carbone, proprio come la guerra, vanno relegate e lasciate nel passato. (Applausi). Anche perché i cambiamenti climatici potrebbero essere il conflitto più duro da dover combattere se non provvediamo subito, con intelligenza e lungimiranza. La strada noi la stiamo indicando da anni: la sobrietà, le energie rinnovabili, le comunità energetiche, il superbonus 110 per cento. Questi sono gli strumenti da tenere in considerazione per prevenire scenari nefasti.

Le immagini delle ultime ore che ci giungono dall'Ucraina sono desolanti: missili che colpiscono aree residenziali, carri armati che avanzano. Colleghi, il rischio è che si vada incontro a una tragedia umanitaria di proporzioni inaudite. Com'è scritto nella proposta di risoluzione, bisogna subito attivare un piano di accoglienza dei profughi ucraini coinvolgendo il mondo del volontariato e dell'associazionismo, facendo emergere quelle realtà che sono la parte più nobile del nostro Paese. Bisogna attuare il prima possibile dei programmi per sostenere la popolazione ucraina (Applausi). Anche il popolo russo non vuole la guerra e qui vorrei ringraziare davvero sentitamente tutti quei manifestanti che a San Pietroburgo e in altre città hanno marciato per la pace subendone le conseguenze.

Concludo dicendo che l'Europa unita, nata sulle macerie della seconda guerra mondiale, si deve mobilitare ancor di più per raggiungere un immediato cessate il fuoco. Ma, signor presidente Draghi, l'uso delle armi come deterrente e resistenza da parte occidentale, ha senso se bilanciato da una dichiarazione di conclusione storica dell'espansionismo della NATO verso Est. (Applausi). La strada del negoziato e della diplomazia deve essere quella principale da percorrere. Ora sembrano prevalere le tenebre, ma noi dobbiamo tenere accesa la luce della speranza, anche perché da questo conflitto a pagarne le conseguenze sono i cittadini europei, siamo tutti noi. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.

Comunico all'Assemblea che sono state presentate le proposte di risoluzione n. 1, dai senatori Casini, Faraone, Ciriani, Malpezzi, De Petris, Bernini, Romeo e Castellone, n. 2, dalla senatrice Nugnes e da altri senatori, n. 3, dal senatore Crucioli e da altri senatori, n. 4, dalla senatrice Fattori, e n. 5, dal senatore Paragone e da altri senatori. I testi sono in distribuzione.

Ha facoltà di intervenire il presidente del Consiglio dei ministri, professor Draghi.

DRAGHI, presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, vorrei intanto ringraziare il Senato per la profondità, l'ampiezza e la sensibilità di tutti gli interventi. Ho ben poco da aggiungere se non alcune rapide osservazioni. Quando ci sono grossi cambiamenti - e quello che stiamo vivendo è più di un grosso cambiamento - la sensazione che tutti noi abbiamo è di entrare in un periodo completamente diverso da tutto ciò che abbiamo visto finora, un periodo lungo; parliamo di momento esistenziale, in cui il futuro cambierà radicalmente.

Quando ci sono questi momenti, la prima pulsione è quella di fare i conti con se stessi e con gli altri, e di dire: «io avevo visto giusto, tu non avevi visto giusto, ti eri sbagliato; hai visto che io ho ragione?». Oppure dire: «io ho sbagliato però c'erano dei buoni motivi». Ecco, ho la sensazione che questo sia in un certo senso marginale. Ora non è il momento di fare i conti con se stessi e con gli altri (Applausi); è il momento di fare i conti con la storia, non con quella passata ma con quella di oggi e di domani. Sono più chiaro: la nostra storia, tolti gli ultimi ottant'anni, è una storia di massacri di guerre, di tirannie, di dittatori, di guerre lunghissime.

Questa è la storia secolare che ci ha accompagnati ed è questa storia - come le liane della giungla che entrano nel nostro giardino di pace, cui mi riferivo prima - che sta entrando nel nostro presente e nel nostro futuro. È con questa storia che bisogna fare i conti. A questo punto, quindi, il passato, l'insieme di tutto quello che abbiamo fatto, anche gli errori, è utile perché migliora la consapevolezza personale, ma è inutile se ci divide. Quello che abbiamo davanti ci deve unire, è una battaglia perché il futuro - soprattutto il futuro dei figli, il futuro dei giovani - sia il più possibile conservato come è stato il nostro passato: un passato di pace e di libertà. (Applausi).

Quando si verificano questi momenti di grandi cambiamenti, di grandissimi contrasti, la reazione è necessaria, ma occorre essere attenti, occorre fare in modo che la reazione non cambi i nostri valori, altrimenti vince sempre l'avversario, vince quella storia che vogliamo tenere fuori dal nostro presente. (Applausi). Tra questi valori - ho più volte parlato di democrazia, di libertà, di pace, di desiderio di prosperità - ci sono anche le decisioni che abbiamo preso recentemente per combattere il cambiamento climatico, c'è la transizione ecologica da difendere. Quando quindi parliamo di energia e dell'importanza di affrontare il presente, lo dobbiamo fare con la consapevolezza che è una un momento che ci serve ad affrontare questa emergenza, ma non cambia quello che abbiamo deciso circa l'importanza fondamentale della lotta al cambiamento climatico.

Quanto al secondo punto, ho sentito prima dire che tutti dicono che ci vuole più Europa, che ci sono invocazioni in questo senso, che poi lasciano il tempo che trovano, perché nessuno le segue. In realtà, quello che è cambiato oggi è che c'è più Europa, la risposta dell'Europa è stata pronta, ferma, rapida, forte e soprattutto unita. Questo è il grande cambiamento rispetto a quell'atteggiamento un po' velleitario degli ultimi decenni (non di anni o di mesi), quindi questa è una cosa importantissima. Ci vedevano impotenti, forse Putin ci vedeva impotenti, ci vedeva divisi, ci vedeva inebriati dalla nostra ricchezza, ma si è sbagliato: siamo stati e saremo pronti a reagire, a ribattere e non lo facciamo perché vogliamo difendere un nostro espansionismo aggressivo (sto pensando a quelli che dicevano che vogliamo che la NATO vada dovunque), questo è quello che fa lui, ma noi lo facciamo per difendere i nostri valori. (Applausi).

La terza considerazione riguarda la necessità della diplomazia e del dialogo. Ho sperato, come avete visto, fino alla fine che si potesse evitare questa mostruosità, ma non ci siamo riusciti e ciò a mio parere è stato dovuto, in parte, al fatto che era stato tutto premeditato da tanto tempo. Man mano che andiamo avanti, vediamo certe azioni, come ad esempio il fatto che le riserve della banca centrale russa sono state aumentate di sei volte dall'invasione della Crimea ad oggi, perché in quell'occasione effettivamente ci fu una grossa difficoltà, e come si fa di solito una parte di tali riserve è stata lasciata in deposito presso altre banche centrali in giro per il mondo, e un'altra parte è stata depositata presso banche normali.

Non c'è quasi più nulla, è stato portato via tutto. Queste cose non si fanno in un giorno, ma si fanno in mesi e mesi; quindi non ho alcun dubbio che ci fosse molta premeditazione e molta preparazione.

Torno al dialogo. Certo, bisogna pensare che alla fine da tutto ciò si esce con la pace e, per arrivare alla pace, ci vuole il dialogo. Ma ho l'impressione che questo non sia il momento. Avete visto ieri il secondo e il terzo tentativo del presidente Macron di parlare e avete visto che le dichiarazioni del presidente Macron sono state smentite ogni volta dalle dichiarazioni di fonte russa. Verrà il momento e per questo occorre tenere sempre l'attenzione vigile; occorre afferrare quel momento, quando si presenta. Ho l'impressione che quel momento non sia ora ma noi restiamo pronti, in ogni caso.

Oggi è un momento in cui il Senato ha discusso sostanzialmente il fatto che i valori fondanti della nostra Repubblica sono minacciati e, di fronte a questa minaccia, il Senato ha voluto esprimere il suo sostegno al presidente Zelensky, agli ucraini, all'azione di sostegno che l'Italia fa e farà sul piano umanitario e al Governo. E per questo voglio ringraziarvi. (Applausi).

PRESIDENTE. Chiedo al sottosegretario Amendola di esprimere il parere del Governo sulle proposte di risoluzione presentate.

AMENDOLA, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, esprimo parere favorevole sulla proposta di risoluzione n. 1, a firma Casini, Faraone, Ciriani, Malpezzi, De Petris, Bernini, Romeo e Castellone, e parere contrario sulle altre.

PRESIDENTE. Passiamo alle votazioni.

CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Ci sono momenti nei quali si resta soli con Dio e con la propria coscienza. Allora tutto quello che si è e che si è stati affiora alla superficie, vi prende alla gola, vi afferra la volontà e vi fa incamminare per il sentiero, che magari è aspro e tortuoso, ma che è il vostro.

Queste sono parole raccolte da Alcide De Gasperi alla vigilia di un suo fallimento politico, che è stato la comunità europea di difesa; alla vigilia della bocciatura da parte dell'Assemblea nazionale francese, il 30 agosto 1954.

Colleghi, sono passati settant'anni e oggi siamo tornati drammaticamente allo stesso punto. Questa vicenda ci ha aperto gli occhi, il dibattito parlamentare oggi è stato un grande momento per il Senato e un grande momento di confronto tra Governo e Parlamento, perché il Governo è più forte se non procede in solitudine, ma procede confortato dal Parlamento, e il Parlamento è a sua volta forte se diventa centrale nel dibattito e nell'assunzione di decisioni. Colleghi, De Gasperi era angosciato, nel 1954, perché capiva che un'anima europea forte non può solamente basarsi sull'economia, sul portafoglio o sulla moneta, ma deve necessariamente respirare con un'anima politica.

Ecco allora che questa vicenda ci porta drammaticamente a vedere quanto indispensabile sia per tutti oggi una politica estera e di difesa comune europea. Noi siamo in sintonia col Governo e questa risoluzione, che ho avuto l'onore di sottoscrivere a nome del Gruppo per le autonomie, spiega come la vicenda drammatica di queste ore abbia risvegliato in tutti i governanti seri la consapevolezza che dobbiamo lavorare per riattivare un sistema europeo forte anche sotto il profilo della politica estera e della difesa comune, ridando un senso alla NATO.

Io non intendo dire niente ai nostri uomini di Governo, perché, dal Presidente del Consiglio al Ministro degli esteri, dal Ministro dell'interno a quello della difesa, credo che mai come in questo momento essi stiano avvertendo che c'è un consenso forte del Parlamento attorno alla loro azione, che viene spiegata molto bene in questa proposta di risoluzione. Essa ha alcune parti fondamentali, che desidero riepilogare per chi ci ascolta alla televisione: in primo luogo solidarietà, non a parole ma con i fatti, nei confronti del popolo ucraino; condanna senza riserve di un'azione che non ha giustificazione; impegno per l'Europa e per la NATO; sanzioni. Peraltro l'elemento sanzionatorio dà forza alla solidarietà, che altrimenti è una solidarietà chiacchierona che non serve a nulla. Si parla poi di accoglienza dei profughi e noi ci inchiniamo alle migliaia di ucraini che con coraggio in queste ore combattono nel loro Paese. (Applausi).

Dobbiamo essere orgogliosi che cittadini europei come noi mostrino questa consapevolezza e questa forza e nello stesso tempo dobbiamo accoglierli, altrimenti non saremmo coerenti.

Un altro punto reca una richiesta di ritiro immediato: tutte le trattative di pace non servono a nulla se il presupposto non è il ritiro immediato. Sono finzioni che servono alla propaganda.

Si chiede poi una nuova strategia energetica per noi, quella che ieri è stata definita in Algeria parlando di partnership energetiche nuove, che ci consenta di non essere dipendenti da un solo fornitore per il 43 per cento. Un'altra richiesta è quella di rivedere il patto di stabilità e su questo credo che forse il Presidente del Consiglio italiano qualche voce in capitolo più di altri ce l'avrà, perché ha maneggiato questi argomenti con efficacia anche in passato.

Vi è, infine, il tema delle armi su cui voglio dire una cosa molto seria. Io difendo sempre il Parlamento e la sua centralità; il Parlamento in questo caso viene informato, ma a mio parere non è un precedente, perché è necessario che il Parlamento sia nel processo decisionale, ma questo è ampiamente giustificato dal tempo che stiamo vivendo e anche dall'emergenza che abbiamo: non possiamo metterci a discutere in questa fase; avendo lo stesso sentiment del Governo, dobbiamo dare una delega, naturalmente essendo informati.

Tuttavia, colleghi, io vorrei concludere il mio intervento non parlando ai nostri colleghi del Governo, ma a un mio collega dei 5 Stelle, il senatore Ferrara, perché io lo stimo. Lo vedo in Commissione esteri, il più delle volte non siamo d'accordo, non lo siamo neanche in questo caso, però devo riconoscere che è una persona che crede alle sue idee, per cui deve essere rispettato. Il senatore Ferrara ha detto che le guerre sono sempre orrore e distruzione, soprattutto nei confronti di donne e bambini. Senatore Ferrara, io sottoscrivo pienamente queste sue parole. Sono parole giuste, ma quando nel mio intervento precedente ho parlato di abbaglio collettivo gigantesco che noi abbiamo preso da Putin, mi riferivo proprio a questo. Noi siamo d'accordo sul fotografare in questo modo la guerra, d'altronde la nostra Costituzione ci impone di fare questo; se fossimo dei guerrafondai saremmo fuori da ciò che la Costituzione ci prescrive.

Chi giura fedeltà alla Repubblica giura fedeltà alla Costituzione. Noi siamo parlamentari in base a questo elemento costituzionale. Ma, onorevole Ferrara, lei ha poi aggiunto che adesso ci accorgiamo quanto la sindrome di accerchiamento dei russi fosse reale e ha giustificato queste azioni. No, senatore Ferrara, è qui che lei sbaglia, se mi consente (è la mia opinione). Sa cosa probabilmente ha convinto i russi ad agire? L'abbandono precipitoso dell'Afghanistan da parte degli europei e degli americani. (Applausi). Noi abbiamo dimostrato di essere deboli ed essendo deboli il prevaricatore ci mangia.

Allora, la postura del Governo e del Parlamento, in questo caso, è da sottoscrivere pienamente; è una postura di persone e di popolo italiano, di una Patria, in cui noi ci identifichiamo, seria, che dice: noi siamo per la pace, ma davanti all'arroganza e alla prevaricazione difendiamo chi viene aggredito, non siamo equidistanti. Perché non c'è un'equidistanza da proclamare, ma una scelta da assumere. È difficile e dolorosa, ma non contrasta con quel sentimento che il senatore Ferrara ha evocato e che io sottoscrivo.

Per cui, colleghi, andiamo avanti con serenità ma anche con fermezza su questa strada. (Applausi).

FARAONE (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FARAONE (IV-PSI). Signor Presidente, quando l'invasione russa è iniziata, di fronte ai cannoni, le contromisure dell'Unione europea e dell'Occidente sono apparse, a commentatori superficiali (perché poi gli eventi hanno dimostrato il contrario) insufficienti. L'impotenza della democrazia - si è detto - contro l'efficienza della autocrazia.

Eppure, Presidente, come lei ci ha ben detto, non sta andando così, per fortuna. Stiamo dimostrando che la faticosa democrazia, che profuma di libertà, può vincere la sfida contro il maleodorante nazional-populismo. Sì, perché la sfida, Presidente, è proprio questa e non è in gioco soltanto il destino dell'Ucraina.

Sono d'accordo con lei anche quando dice che l'Europa c'è e sta prendendo coscienza di sé, assumendo provvedimenti senza precedenti. Lo fa - credo sia una delle prime volte - senza veti al proprio interno, senza distinguo. Gli effetti di questa azione monolitica si stanno vedendo tutti e l'Italia è lì. Io la ringrazio, Presidente, e ringrazio il Governo, perché grazie alla vostra azione siamo lì e non era scontato.

A furia di rispondere alle crisi del nostro tempo stiamo costruendo la vera Europa. I bond europei prima erano impensabili, Presidente, e sono diventati realtà solo dopo una crisi, la crisi pandemica. Lo stesso possiamo dire per la revisione del Patto di stabilità o per la gestione sanitaria europea. Così come si discute concretamente di difesa comune militare europea solo dopo questa crisi, che riporta la guerra in Europa dopo il 1939. Allo stesso modo, solo dopo questa crisi ci accorgiamo drammaticamente della necessità della sovranità ed indipendenza energetica.

Eppure non è sempre stato così, Presidente. A volte nemmeno dopo una crisi violenta - mi riferisco all'invasione illegale della Crimea - abbiamo reagito bene come adesso, se penso che abbiamo addirittura aumentato la dipendenza dal gas russo, anziché ridurla. Ci siamo erroneamente fidati di un autocrate non soltanto nelle relazioni politiche, Presidente; gli abbiamo consegnato i destini dei nostri autotrasportatori, delle nostre imprese, i riscaldamenti delle nostre abitazioni, la nostra pigrissima transizione ecologica, chiudendo le nostre centrali, bloccando le nostre estrazioni di gas, ostacolando perfino le rinnovabili con una terribile burocrazia.

È giunto il momento di voltare pagina, signor Presidente.

Ci siamo ritrovati a parlare un'altra volta dei ritardi europei e, ancora di più, dei ritardi italiani, costretti a chiedere adesso un indispensabile secondo recovery dopo quello pandemico, quello energetico e su questo, signor Presidente, le chiediamo maggiore forza e determinazione. Sulla scia di un fondo, quello della Brexit, di più di 5 miliardi, oggi ne occorrerà uno di capienza almeno doppia.

Al tempo stesso, ci ritroviamo a sottolineare ancora una volta quanto siano indispensabili l'atlantismo e l'amicizia con gli americani, decisiva e strategica, anche se purtroppo, negli ultimi anni, signor Presidente, non così scontata.

L'Europa deve trovare però anche una dimensione propria. Non sempre - accade sempre più spesso - gli Stati Uniti mostreranno interessi coincidenti nella dimensione internazionale e l'Europa non può restare immobile. In Afghanistan, diceva bene il presidente Casini, è passato il messaggio che della libertà altrui non ci interessa, se quella libertà non coincide con i nostri interessi e non va bene, signor Presidente.

Putin si è sentito libero in Ucraina di invadere un Paese sovrano. È stato violato il diritto internazionale. Non possiamo intervenire direttamente militarmente, come ha ben detto il presidente Biden, perché si rischia la terza guerra mondiale, ma non siamo stati inermi e l'Europa, per la prima volta, ha preso provvedimenti senza precedenti: ha comprato le armi e le ha date all'Ucraina; ha chiuso lo spazio aereo ai voli russi; ha chiuso i porti; ha imposto sanzioni anche alla Bielorussia.

Putin non cadrà soltanto per questo; cadrà se lo isoleremo nella comunità mondiale e nell'opinione pubblica interna. Le manifestazioni in Russia e le piazze di tutto il mondo sono una splendida testimonianza. Putin cadrà, se l'Europa sarà un modello, un orizzonte per i popoli che Putin vuole occupare: più impietoso sarà il confronto, prima verrà rovesciato.

Oggi abbiamo un'Europa che aiuta un Paese sotto attacco e gli offre di entrare in Europa; abbiamo un'Europa che questa volta accoglie i profughi e che decide di difendersi, un'Europa che dice «qui non si passa», che non sceglie la guerra, ma sceglie di difendere la pace, un'Europa che ospita oggi, nel luogo di massima rappresentanza democratica, il presidente ucraino Zelensky, leader di un popolo che ha dimostrato al mondo che cosa significa la resistenza e la difesa della propria libertà.

Putin è riuscito a convincere i Paesi europei della NATO a investire di più sulle spese militari. Putin invade l'Ucraina perché non la vuole nella NATO - un pretesto, come ha detto anche qui il presidente Casini, visto che altri Paesi fanno parte della NATO e sono confinanti - e, nonostante l'obiettivo sia quello di impedire l'ingresso dell'Ucraina nella NATO, ottiene l'effetto opposto, facendo tornare di moda la NATO, fino a qualche giorno fa considerata strumento arcaico e démodé. Oggi è Putin che l'ha rispolverata e le ha dato una funzione.

A tal proposito, signor Presidente, tornerei sulla proposta avanzata dal senatore Matteo Renzi, ripresa ieri dal direttore del Consiglio russo per gli affari internazionali, che a condurre i negoziati sia un inviato unico NATO-Unione europea e Angela Merkel ha questo profilo.

Oggi, e chiudo, signor Presidente, «Il Riformista» ha titolato «Spes contra spem», la speranza contro ogni speranza, espressione tratta da una lettera dell'apostolo Paolo. È questo ciò che dobbiamo avere adesso perché, tra i negoziati di giorno e le bombe di notte, tra le sanzioni durissime, il blocco dello Swift, l'opposizione della comunità internazionale a Putin, le marce pacifiste, la solidarietà e la vicinanza ai profughi ucraini può e deve restare proprio il desiderio della speranza che va oltre ogni speranza, quello di negoziare una pace vera e stabile e, soprattutto, una pace giusta.

Signor Presidente, annuncio dunque il nostro voto favorevole alla proposta di risoluzione n. 1 ed è bene che la voti il Parlamento nella sua interezza. (Applausi).

LA RUSSA (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA RUSSA (FdI). Signor Presidente del Consiglio, dico subito che ho apprezzato la sua relazione; per una forza di opposizione patriottica non è la prima volta, ma è significativo che, in questo caso, da parte dei Fratelli d'Italia vi sia piena adesione all'iniziativa comune di tutto il Parlamento e di tutta la Nazione a sostegno del popolo ucraino e delle sue buone ragioni senza se e senza ma.

È per questo che il mio pensiero va subito a coloro che stanno combattendo in Ucraina, alle Forze armate ucraine che non si sono arrese, e - come diceva il mio amico Adolfo Urso prima - alle ragazze che stanno preparando con le bottiglie di birra le Molotov, agli operai che contribuiscono ad abbattere i ponti e i viadotti e scavano le trincee, alle famiglie con i bambini nelle cantine e nei rifugi improvvisati, perché nessuno pensava fosse così urgente immaginare a Kiev l'esistenza di rifugi. Un pensiero consapevole della svolta che questa vicenda rappresenta per il mondo: c'è un prima e c'è un dopo l'aggressione della Russia all'Ucraina.

Siamo di fronte alla necessità di non più rimuovere quello che per troppo tempo abbiamo rimosso, e cioè che la guerra non è una cosa impossibile, che non bastano bandiere multicolori, che non basta la pace unilaterale e men che meno il pacifismo unilaterale e che bisogna ogni giorno costruire la pace sapendo che la guerra può esserci. È l'unico modo per essere prepararti.

Oggi, dopo l'atto incredibile della Russia di Putin, registriamo una solidarietà davvero molto più ampia di quello che ci si potesse aspettare. Probabilmente la Russia di Putin non si aspettava una resistenza ucraina di fronte a quella che era immaginata come una guerra lampo, come - uso un termine triste - la blitzkrieg. Probabilmente pensava che, come per la Crimea, ci saremmo trovati davanti al fatto compiuto e quindi le reazioni sarebbero state più disordinate e meno convinte. Non è stato così e questo errore ci consente, per fortuna, di pensare a come concretamente reagire: con la solidarietà - lo dicevo un attimo fa - senza se e senza ma, e anche con aiuti concreti per le necessità di sopravvivenza materiale, ma anche aiuti militari con armi difensive che anche ieri, nell'incontro che ho avuto con il console ucraino della Lombardia, ci sono stati richiesti, a partire dai giubbotti antiproiettile e dagli elmetti, elementi estremamente difensivi, che - ci dicono - sono i più urgenti di cui ha bisogno l'Ucraina. Aiuti concreti, certo, ma anche sanzioni.

Una volta tanto, Biden, che qualche responsabilità ha - se non altro per avere incoraggiato, con la ritirata vergognosa in Afghanistan, azioni terribili come questa (Applausi) - ha detto una cosa giusta: le sanzioni sono necessarie perché l'alternativa sarebbe la terza guerra mondiale.

Dobbiamo essere pronti ad adottare sanzioni, che pure costituiranno un danno per noi, le nostre famiglie e la nostra Nazione, sapendo che il Governo - gliene diamo mandato - farà in modo che siano sempre eque e non ricadranno su una Nazione più che su un'altra.

Abbiamo bisogno di aiutare l'Ucraina anche con regole di accoglienza diverse e non di modificare la politica sull'immigrazione, che semmai va modificata in senso opposto. In questo caso, di fronte a una vera guerra e veri motivi per un popolo europeo di fuggire da quella terribile situazione, chiediamo che si assumano tutte le misure necessarie affinché vengano aboliti i meccanismi burocratici che potrebbero rallentare l'arrivo di chi vuol venire qui a ripararsi dalla guerra e a lavorare accolto da amico tra amici. (Applausi).

Non vi è dubbio che le conseguenze di questo atto non solo saranno politiche e diplomatiche e ci porranno di fronte a una realtà che avevamo rimosso, ma saranno anche economiche e geopolitiche. È stata già ricordata - lo ha fatto anche lei, presidente Draghi, e gliene sono grato - l'assenza di un piano energetico nazionale. Non è questo il momento di dire «ve l'avevamo detto», né di rivendicare alcunché di fronte a chi, stante la necessità di un piano energetico nazionale, ha sempre ritenuto che fosse questione di libertà e indipendenza. Sono contento che - finalmente - diventi sentimento comune, tuttavia occorre che dalle parole si passi ai fatti. Infatti, non ci sono libertà e indipendenza senza indipendenza energetica.

Aver abdicato alla nostra indipendenza energetica e messo il nostro fabbisogno in mani di altri (non importa se di Putin o di chiunque altro) è un qualcosa che va immediatamente ripensato, anche riaprendo il dibattito sul nucleare. Ricordo che le centrali nucleari francesi sono al confine con il nostro Paese e ne subiremmo quindi le eventuali conseguenze negative, senza però mai godere di quelle positive. (Applausi). Non do la soluzione, ma dico che la questione va ripensata. Sollevo questo tema, che è stato ignorato (immagino volutamente) nella prima parte del dibattito, pur senza avere la risposta sicura. Come dicevo, ne va della nostra libertà e ci saranno ricadute in Italia, ma anche in Europa.

Ho sentito parlare, per la prima volta in maniera convinta, di difesa comune. Anche in questo caso non voglio avanzare rivendicazioni di fronte a chi ritiene da sempre che il pensiero debba andare a un'Europa confederata con il suo punto saldo nella difesa, nella politica diplomatica internazionale e nella difesa delle energie comuni, anziché badare - magari - ai colori per le derrate alimentari che troppe volte hanno penalizzato l'Italia. (Applausi). Questa è l'Europa che ci aspettiamo e vogliamo. Vogliamo andare verso una confederazione europea che sappia difendere i valori di libertà, democrazia e indipendenza dei popoli uniti da un comune sentire e da una storia che li ha accomunati nel bene e nel male.

Nell'annunciare il voto favorevole alla mozione comune che abbiamo contribuito a scrivere, dico che nulla, come le difficoltà, le crisi e le tragedie, può avere come effetto collaterale il rinsaldarsi delle radici comuni, il risveglio dei valori sopiti che fanno di un popolo una Nazione e che uniscono le Nazioni figlie delle stesse matrici valoriali, storiche e religiose. Credo che questa consapevolezza debba guidarci nella tragedia dell'aggressione russa, facendoci dire ad una sola voce che oggi siamo tutti ucraini. (Applausi).

PINOTTI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PINOTTI (PD). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, membri del Governo, colleghi, abbiamo di fronte agli occhi immagini drammatiche che non avremmo più voluto rivedere in Europa; centinaia di persone accalcate alla stazione del treno con tutta la loro vita trasportata in valigia, palazzi sventrati, file interminabili di auto ai confini, lacrime dei padri che salutano i figli e lacrime dei figli che si stringono ai padri, feriti, morti civili, file di carri armati alle porte della città. Quando parliamo di attacco al cuore dell'Europa, non diamo solo una connotazione geografica. Una guerra portata da uno Stato sovrano, la Russia, dentro un altro Stato sovrano infrange il diritto internazionale e vuole negare al popolo ucraino di poter scegliere il proprio destino. (Applausi). È un attacco al cuore dell'Europa e non solo all'Ucraina. È infatti un attacco ai valori su quali si basa l'Europa e in cui l'Occidente si riconosce: la democrazia dei diritti e delle Istituzioni, il rispetto della libertà contro i soprusi e la potestà della forza.

Perché Putin sceglie di attaccare proprio ora? L'avvicinamento dell'Ucraina alla NATO è del 2008. Poi, come ricordava anche il senatore Casini, nel 2002 Mosca era entrata nel Consiglio NATO-Russia, nel 2009 Obama venne ricevuto da Putin in un clima molto positivo. Il tema della sicurezza russa sembra una bandiera che viene agitata quando conviene. Non è stato posto quando nella NATO sono entrate le Repubbliche baltiche, la Polonia e l'Ungheria. Peraltro ricordiamo, e torniamo al 2014, alle ragioni di quella crisi; le tensioni erano dovute alla prevalente volontà ucraina di procedere verso l'Europa. Il presidente filorusso Janukovyč voleva impedirlo. Da qui la rivoluzione arancione di Majdan Nezaležnosti e la conseguente azione di forza della Russia con l'occupazione della Crimea. Nel 2014 non si trattò quindi di una questione di sicurezza, ma di uno scontro sull'Europa, sui diritti e sui valori dell'Occidente.

Nascono in quel contesto, ricordiamolo, le misure di rassicurazione della NATO verso i Paesi del fronte Est, le Repubbliche baltiche, la Polonia e la Romania; per l'Italia un contingente di poco più di 200 militari in Lettonia, autorizzato dal Parlamento, ma che poi aveva provocato numerosi distinguo da parte di diverse forze politiche. Lo ricordo perché è sempre utile fare memoria ed è molto positiva l'unità di oggi, ma poi va mantenuta la coerenza anche quando gli eventi non sono così emotivamente pregnanti.

La domanda che aleggiava allora, come anche a volte in alcuni distinguo che sento oggi, era la seguente: perché fare iniziative dal sapore antirusso, scelta che peraltro andrà contro gli interessi italiani? Colleghi, la NATO non è solo un'alleanza militare, è un'alleanza basata sulla difesa delle democrazie liberali e sui valori dell'Occidente, e questo ce lo dobbiamo ricordare in ogni occasione. (Applausi). Sono i valori comuni il cemento della nostra alleanza ed è questa la motivazione della nostra convinta adesione. Ringraziamo il ministro Guerini, le Forze armate che già stanno facendo molto e adesso sono state messe in ulteriore prontezza; 1.400 militari, con il rafforzamento della difesa aerea in Romania.

Lei ha tutto il nostro sostegno e porti senz'altro il ringraziamento di tutto il Parlamento e del Gruppo Partito Democratico. (Applausi).

Torniamo alla domanda: perché Putin alza proprio adesso il livello del conflitto? Io l'ho sentito forte nelle parole del presidente Draghi: siamo di fronte ad uno scontro fra democrazia e autarchia ed è un conflitto che probabilmente segnerà la nuova epoca che stiamo vivendo. Non possiamo tollerare una guerra di aggressione: lo ha detto il presidente Draghi e lo sottolineo, perché questo metterebbe a rischio la sicurezza della pace in Europa. Putin ha immaginato che in questo momento l'Occidente fosse più fragile e disorientato, visto il ritiro della NATO dall'Afghanistan, l'approssimarsi delle elezioni di midterm negli Stati Uniti, le divisioni fra i Paesi europei, ma fortunatamente si sbagliava. L'Occidente ha risposto in modo unitario, fermo e tempestivo; lo hanno fatto gli Stati Uniti, coordinandosi da subito con gli alleati, lo ha fatto la NATO e lo ha fatto l'Europa. Vi è stata compattezza nella fermezza delle risposte, nelle dure sanzioni e nelle misure di deterrenza adottate dalla NATO e ricordiamoci che il rafforzamento della deterrenza non accresce le tensioni, ma serve a fermare i conflitti.

La Russia aveva sottovalutato la resistenza ucraina, la determinazione corale di un popolo che non vuole vedere soppressa la propria libertà; noi ci inchiniamo al loro coraggio e approfittiamo di questo momento anche per ringraziare - lei lo ha fatto - l'ambasciatore Zazo che è rimasto in Ucraina, che sta facendo un lavoro davvero da grande servitore dello Stato per la nostra comunità in Ucraina. (Applausi). Ringraziamo chi sta manifestando in tutta Europa e soprattutto chi lo sta facendo in Russia a rischio della propria libertà, con un coraggio davvero ammirevole.

Putin ha sbagliato i calcoli sul fatto che gli interessi avrebbero indebolito la spinta unanime verso i valori. Bene quindi le misure decise dalla NATO e dall'Europa; devo dire che la determinazione e la rapidità con cui l'Europa ha compiuto queste scelte mi ha davvero stupefatto. Sono stata favorevolmente colpita da questo slancio importante che l'Europa ha avuto; dopo quanto fatto con il Covid e con il Next generation EU, questo è un altro passaggio molto importante. L'Europa decide, colleghi, di aiutare il popolo ucraino perché possa difendersi ed è per questo che anche noi oggi siamo perfettamente dentro l'articolo 11 della nostra Costituzione. Stiamo decidendo di aiutare un popolo a difendersi perché non venga sopraffatta la sua libertà. (Applausi). Quindi, bene che l'Italia, il nostro Paese, faccia la sua parte e abbia aderito ad ogni decisione comune, anche a quelle che possono costarle di più, perché la libertà ha un costo e sostenere i valori ha un costo.

È stato un ottimo lavoro quello svolto dal Governo nel suo insieme, dal ministro Di Maio e dal ministro Guerini, che siede nel consesso della NATO come Ministro autorevole di un Paese autorevole. Il Partito Democratico ha sostenuto dall'inizio e con forza le decisioni del Governo e continuerà a farlo senza ambiguità e stop and go. Voteremo con convinzione la risoluzione che tutti i partiti hanno sottoscritto.

Guardiamo con attenzione l'evolversi degli eventi e ci auguriamo come tutti che il canale diplomatico aperto possa far tacere le armi, ma le armi intanto continuano a risuonare ed è stato posto in allerta il dispositivo nucleare russo. Come ho già detto l'Italia sta facendo la sua parte, ma in questo scontro fra democrazia e autocrazia, che sarà dirimente per il profilo che assumerà la nostra epoca, deve giocare tutta la sua autorevolezza. Lei, Presidente, dopo la triste pagina del ritiro dall'Afghanistan, ha detto parole forti sulla necessità della difesa europea e lo ha fatto anche oggi. Putin ha giocato tutta questa partita come se l'Europa non esistesse, con la volontà di riergersi a leader globale; ad esempio, ha scritto agli Stati Uniti e alla NATO, snobbando l'Europa.

Mi viene in mente anche come la Russia aveva definito David Sassoli: persona non gradita. E lui aveva risposto che non si stupiva e che mai avrebbe smesso di difendere i diritti umani, le libertà e la democrazia. (Applausi).

Noi dobbiamo rispondere rafforzandoci. Va bene la direttiva europea sulla protezione dei rifugiati ucraini: che sia una pista di solidarietà e che diventi soluzione duratura (Applausi); va bene un piano comune per l'energia; ma non c'è dubbio che una difesa comune e una difesa complementare alla NATO siano una parte identitaria fondamentale, perché l'Europa, che è la patria del diritto e delle libertà, che ha costruito sull'indicibile sofferenza di due guerre mondiali il suo profilo identitario, ha bisogno di questo pilastro per far sentire la sua voce nel mondo. Questo, secondo me, è oggi fare i conti con la nostra storia e dare risposte. (Applausi).

ERRANI (Misto-LeU-Eco). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERRANI (Misto-LeU-Eco). Signor presidente Draghi, le confermiamo, come abbiamo già detto e fatto venerdì scorso, il sostegno del Gruppo LeU-Ecosolidali alle iniziative assunte dal Governo e dall'Europa. Diciamo con chiarezza il nostro giudizio: non esistono, com'è già stato detto da alcuni colleghi, ragioni né storiche, né politiche, né sulla sicurezza che possano giustificare l'invasione russa. È un errore drammatico di Putin; è un atto criminale, prima di tutto nei confronti dei civili, dei bambini, delle donne e del popolo ucraino, a cui va la nostra solidarietà; lede un principio fondamentale, l'autodeterminazione dei popoli, di un Paese.

Per la verità, signor Presidente, noi sappiamo che questo principio, che sostengo come un punto decisivo, non sempre è stato rispettato, anche in altri casi. Tuttavia, è ora di prendere atto che siamo di fronte ad una situazione drammatica del mondo, che richiedeva e richiede un'iniziativa ferma e solida dell'Italia e dell'Europa. Per questo condividiamo le scelte delle sanzioni economiche, la scelta degli aiuti al popolo ucraino. L'invio di mezzi militari, che è una scelta difficile - dobbiamo sottolinearlo - che non facciamo e non possiamo fare a cuor leggero, ha un carattere che non può che essere straordinario e si colloca all'interno di una strategia unitaria dell'Europa che Putin, come obiettivo fondamentale, voleva mettere in discussione. È il momento dell'unità qui in Italia, come in Europa. Così si è mosso il nostro Governo e così si è mossa l'Europa, con tempestività, come lei giustamente ha sottolineato, signor presidente Draghi.

Proprio a fronte di questa fermezza, però, che condividiamo, perché la situazione è veramente drammatica, contemporaneamente non possiamo mai rinunciare. Signor Presidente, il tempo dei rapporti diplomatici, delle iniziative dei diversi singoli Paesi per la pace è il tempo di adesso; non di domani, ma di adesso (Applausi). Proprio perché siamo così impegnati e coerenti, il primo obiettivo dev'essere il cessate il fuoco e costruire una de-escalation della situazione.

Lasciatemi dire con franchezza, signor Presidente, colleghi, che provo veramente un significativo disagio quando, comprendendo la situazione difficile, sento uno scivolamento verso i luoghi comuni e verso la retorica sulla guerra di civiltà. Quanti danni ha fatto, la guerra di civiltà? Vogliamo ricordare l'Afghanistan? Ci sono momenti, nella storia, in cui occorre mettere intelligenza ed equilibrio anche per chi non ce l'ha, come sta dimostrando l'iniziativa di Putin. Dobbiamo avere intelligenza anche per un atteggiamento irresponsabile e gravissimo come quello che sta avendo il presidente Putin. Non è debolezza, questa, ma saggezza. Tutti noi, giustamente, sottolineiamo l'identità dell'Europa, la democrazia, la libertà, la solidarietà, ma dobbiamo ricordare che l'altro punto fondante dell'Europa è e rimane assicurare che le tragedie del Novecento non si ripetano più, che la guerra non si ripeta più. (Applausi). Questo per me, per noi, è il ruolo fondamentale dell'Europa.

Condividiamo, quindi, le risposte immediate, che sono fondamentali e molto importanti, ma occorre anche affrontare le conseguenze di quello che sta succedendo, a cominciare da quelle umanitarie, dei profughi. A tal proposito, lasciatemi fare solo una puntualizzazione: tutti i profughi, anche le donne ucraine che stanno manifestando in Italia al nostro fianco, spesso non hanno il permesso di soggiorno. (Applausi). Ricordiamocelo, per essere coerenti, perché, se vogliamo essere credibili agli occhi del mondo, dobbiamo avere coerenza e non fare solo declamazioni.

Il secondo punto è quello economico. Occorre un nuovo Patto di stabilità. Non possiamo non vedere la drammaticità della situazione ed il peso che avrà sull'economia. Sono assolutamente d'accordo, Presidente, che non dobbiamo mettere il business davanti agli interessi ed ai valori, mi fa davvero piacere sentire queste affermazioni. Dobbiamo allora chiedere all'Europa di fare un passo in più per quello che riguarda la solidarietà per quei Paesi come il nostro che pagano un prezzo gravissimo e aprire una nuova politica energetica. Tuttavia, colleghe e colleghi - ringrazio il presidente Draghi per averlo detto e sottolineato con forza - non possiamo certo tornare indietro sulla transizione ecologica; non possiamo certo accantonare la crisi climatica che sta distruggendo il mondo. (Applausi).

Infine, c'è l'aspetto strategico. Sono d'accordo con i colleghi e le colleghe che hanno detto che l'Europa ha assunto decisioni importanti incalzata dalle crisi, ma ora, come dimostra anche la questione ucraina, il tema di una politica estera e di difesa europea autonoma non è più rinviabile e pertanto dobbiamo intraprendere delle iniziative, occorre un pensiero lungo. Il mondo non è riconducibile ad una dimensione bipolare, né tantomeno a una dimensione unipolare. La lettura del Novecento ha prodotto tanti danni e continua a produrne, non è questo il momento - perché potrebbe suonare non correttamente - delle riflessioni anche sui nostri errori. Tuttavia, dai nostri errori bisogna imparare.

Bisogna pensare, Presidente, a una nuova idea di sicurezza, lontana dalle aree di influenza dell'imperialismo russo e lontana dalla cosiddetta dottrina Monroe, secondo la quale si potevano invadere i Paesi, se questi non corrispondevano alle esigenze. Ce la ricordiamo? La memoria è importante. È necessaria una nuova idea di sicurezza: questo è il ruolo dell'Europa. Di fronte a questa situazione, il ruolo dell'Europa è quello di costruire un'idea moderna e nuova di sicurezza, non solo per noi, ma per tutti, anche per la Russia. Da questo punto di vista, in fondo, è quello che ci chiede il Santo Padre, è quello che ci chiedono centinaia di migliaia di persone che si muovono nel mondo, è quello che ci chiede il popolo russo, che sta manifestando a rischio di gravi persecuzioni, è quello che ci chiede il popolo ucraino. Dobbiamo essere costruttori di pace; è il momento di un discorso nuovo dell'Europa e, secondo me, sarà un grande servizio che potremo dare all'umanità. (Applausi).

BERNINI (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERNINI (FIBP-UDC). Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, Governo, colleghi, prendo direttamente dal collega Errani il testimone della costruzione della libertà e della pace. Tutti noi abbiamo assistito domenica all'Angelus di papa Francesco, che ha detto parole che ognuno di noi sente profondamente dentro di sé: abbiamo il cuore straziato dalle immagini che tanti di noi hanno evocato anche in quest'Aula, immagini di guerriglia porta a porta e di un popolo asserragliato nei bunker, nelle metropolitane o nei rifugi, come nei momenti più atroci del secolo scorso. Abbiamo visto persone fuggire, perché con i bombardamenti stavano perdendo tutto, file e file - lo ricordava la presidente Pinotti - di persone che cercano di uscire dall'Ucraina; ma anche persone che rimangono, famiglie spezzate, uomini che rimangono a combattere o che ritornano a combattere e donne che danno ad altre donne i loro figli per salvarli (e anche gli animali). Ecco, questa è la guerra e, come tutte le guerre, è atroce e insensata; è un massacro tra persone che non si conoscono, fatto per conto di persone che si conoscono e non si massacrano (come dice Paul Valéry). (Applausi).

Dobbiamo spegnere: lo abbiamo detto tutti, ma la scelta va fatta e non è una scelta di equanimità, di terzietà o di osservazione non partecipante. Anche la neutralissima Svizzera ha deciso di scendere in campo e di aderire alle sanzioni e alle misure restrittive che abbiamo deciso di predisporre per spegnere il fuoco di questa guerra. Lo abbiamo detto tutti, ma è importante che ognuno di noi abbia molto ben presente quanto sia vicina questa guerra, un fuoco che sta ardendo nel cuore dell'Europa, vicinissimo.

Lei ha detto giustamente, Presidente, che difendere il popolo ucraino da questa invasione è come difendere tutti noi, le nostre case, la nostra Patria, la nostra Europa, il nostro Occidente, il nostro mondo. Non possiamo rimanere indifferenti o fingere di guardare altrove (Applausi),nel momento in cui vengono rotti tutti gli schemi della democrazia, vengono violate tutte le libertà fondamentali. Si parla di diritto internazionale - lo abbiamo detto anche la settimana scorsa - e della violazione di un elementare principio di autodeterminazione dei popoli. Questa è guerra e la guerra va combattuta per essere spenta con ogni mezzo. (Applausi). Dobbiamo far cessare la guerra per difendere la pace e lo dobbiamo fare con ogni strumento, con ogni modalità, con ogni arma possibile: politica, finanziaria, economica e di supporto militare.

Noi ci siamo, signor Presidente del Consiglio. Lei ha chiesto il nostro sostegno e noi glielo diamo, come glielo abbiamo dato fino ad ora. (Applausi). Abbiamo apprezzato la temperanza del suo intervento in questa vicenda, che chiama alla responsabilità di tutti. Colleghi, è vero che noi non siamo responsabili della situazione in cui ci troviamo, ma lo diventeremmo se non facessimo qualcosa per cambiarla ed è ciò che stiamo facendo. (Applausi). All'inizio il Presidente del Consiglio ha osservato quello che stava succedendo in maniera attenta, direi cauta, e poi vieppiù determinata man mano che purtroppo procedeva la violenta escalation militare, che però sta producendo effetti paradosso.

Noi siamo stati costretti alle sanzioni e sappiamo benissimo quanto le misure restrittive siano un'arma a doppio taglio. Chi le subisce patisce, com'è successo alla Russia, che sta vivendo un isolamento finanziario con il crollo del rublo, chiusura della Borsa domestica, file di persone ai bancomat che cercano di prendere contante. Non è una cosa che ci faccia piacere o che ci soddisfi. Ci interessa, invece, la prima incrinatura, la prima crepa in quell'asset di oligarchi che sembrano cominciare ad invocare la pace. Questo è interessante. Noi sappiamo benissimo che le sanzioni hanno un impatto anche su di noi, signor Presidente del Consiglio, e siamo stati molto contenti di sentirle dire che, visto che le sanzioni sono state condivise dal club europeo degli Stati membri, l'Europa si occuperà di noi quando ne avremo bisogno (Applausi) e quando, a fronte di problemi purtroppo necessitati, indotti da una situazione italiana fiaccata da due anni di crisi pandemica, potremmo trovarci in difficoltà.

Beh, dovremo inserire questa difficoltà in una cornice europea che dovrà essere quanto mai unitaria. (Applausi). Dovremo essere in grado di rendere strutturale ciò che la crisi Covid ha fatto dell'Europa; dovremo fare in modo di trasformare in qualcosa di stabile la solidarietà europea, la generosità che l'Europa ha avuto trasformandosi da matrigna in nutrice. Dovremo allungare e prorogare i tempi di sospensione del patto di stabilità. (Applausi). Penso al recovery plan, cioè alla mutualizzazione di debito futuro, che ha trasformato l'Europa in una vera enclave di persone che collaborano, cooperano e si aiutano nei momenti di difficoltà, in qualcosa che può intervenire non solamente in via eccezionale, ma quando le crisi o le tragedie, come in questo caso, lo rendono necessario. Abbiamo bisogno di essere supportati, questo è un dato fondamentale per chi come noi si sta lanciando con molta generosità in una situazione internazionale di cui al momento vediamo solamente l'orizzonte, ma non la fine.

È su questo, signor Presidente del Consiglio, che noi le diamo la nostra fiducia. È su questo che le diciamo che probabilmente in questo scenario così buio, in questo momento così buio della nostra Europa, è successo qualcosa che ha fatto sì che si producesse, da parte delle intenzioni dell'invasore, un effetto paradosso. Noi siamo diventati più forti. (Applausi). L'Occidente ha trovato ragioni di saldatura e di coesione che non erano scontate e l'Europa ha l'opportunità di diventare più forte.

A questo proposito, colleghi, prima di avviarmi alla conclusione, consentitemi di fare una piccola annotazione personale di partito. Noi e il nostro presidente Berlusconi è dai tempi di Pratica di Mare (28 maggio 2002) che chiediamo non solamente una distensione con un ambito geopolitico il più ampio possibile, che non regali nessuno all'influenza della Cina (Applausi), ma soprattutto un'Europa che abbia una portanza e una voce in politica estera e di difesa comune, che abbia un esercito comune e una politica energetica comune. (Applausi).

Lei, Presidente, ha parlato di condivisione degli acquisti, di stoccaggi comuni: benissimo; auspichiamo un mercato energetico unico, che sia in grado di dare al nostro Paese quello che da solo, purtroppo, non è in grado di avere, perché abbiamo dismesso molte delle nostre opportunità produttive ed estrattive (colpevolmente, lo sottolineo, ma questo, Presidente, lo ha già detto lei).

Signor Presidente, noi crediamo in quello che stiamo facendo e nella scelta che stiamo facendo, che è una scelta profonda, è una scelta di libertà, è una scelta di civiltà ed è una scelta coraggiosa, che comincia qui e che noi, il presidente Berlusconi e tutto il Gruppo Forza Italia Berlusconi Presidente-UDC, ci impegniamo a sostenere. Come abbiamo già dimostrato tante volte nella nostra storia politica, quando è necessario essere responsabili, Forza Italia c'è. (Applausi).

SALVINI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SALVINI (L-SP-PSd'Az). Signori Presidenti, spero di non usare tutti i dieci minuti, perché la guerra è un tema così grande che non permette divisioni o polemiche politiche. È frustrante rendersi conto che, anche di fronte alla più grande tragedia a cui l'uomo sta assistendo in questo momento, c'è qualche piccolo giornalista o qualche piccolo parlamentare che riesce a buttarla in polemica politica interna. Dimostriamoci uomini e donne: fermiamo la guerra; ci ridivideremo dopo, però riuscire a polemizzare anche in un momento grave come questo non rende onore a questo Parlamento e alla classe politica e giornalistica italiana.

Io penso che dobbiamo dare un bel segnale. Complimenti, presidente Draghi, ha il nostro totale mandato. Un'unica riflessione: è sempre il tempo della diplomazia. Non c'è un tempo in cui non occorra dialogare. Oggi, ieri e domani è il tempo della diplomazia, perché purtroppo la storia insegna che se alle bombe si risponde con le bombe non si sa mai dove si va a finire. È sempre il tempo della diplomazia. (Applausi).

A ogni nostra azione corrisponde una reazione, evidentemente; questo non vuol dire che dobbiamo aver paura di fare qualcosa in previsione della controreazione. Ogni nostro gesto deve avere però una domanda a monte: quanto sto facendo, quanto sto approvando oggi in Parlamento, in Regione, a scuola, all'università o in fabbrica avvicina o allontana la pace? Quindi prima di fare qualsiasi scelta o qualsiasi dichiarazione, mi devo domandare, al di là dei colori politici di destra e di sinistra, se quello che sto facendo e dicendo avvicina o allontana la pace e la fine del conflitto.

Se da una parte alzano i toni, noi dobbiamo essere fermi, perché in questo caso c'è chiaramente un aggressore e c'è un aggredito e la guerra, i missili e le bombe non hanno mai una giustificazione. Noi abbiamo il dovere di stare con gli aggrediti, ovviamente difendendoli e sanzionando gli aggressori e possibilmente coloro che hanno scatenato questo attacco (i politici, gli oligarchi e i gerarchi) e non la povera gente. (Applausi). Non possiamo prendercela con la povera gente in nessuna parte del mondo, né in Italia, né dall'altra parte del mondo.

Dobbiamo quindi lavorare per la pace, sulla via indicata dal Santo Padre, che per domani ha indetto una giornata di digiuno e di preghiera. Qualcuno ride: c'è poco da ridere. Questo è un fatto che riguarda chi crede, però a volte le armi dell'uomo e della diplomazia non sono sufficienti, quindi chi riesce a ridere anche in momenti drammatici come questi dimostra la sua pochezza.

Ci sono donne e bambini in fuga. Ringrazio i sindaci e i governatori di tutti i colori politici, la Croce Rossa, l'Unicef, la Comunità di Sant'Egidio, la Comunità Papa Giovanni XXIII e il cuore degli italiani, che stanno donando milioni di euro di tasca loro in questo momento di difficoltà economica.

Presidente Draghi, quando c'è una guerra da fermare, ovviamente le questioni economiche passano in secondo piano. All'Italia costeranno queste sanzioni? Sì. Siamo il Paese con le banche più esposte nei confronti delle banche russe e quello più dipendente dalla Russia per gas e petrolio. Questo quindi vuol dire che dobbiamo aver paura di intervenire? No, perché la pace vale sempre la pena, però impegniamoci oggi. Il Governo e il Parlamento, come hanno fatto per la pandemia, devono tirare fuori denaro contante per aiutare quelle famiglie e quelle imprese che giustamente si sacrificano e si sacrificheranno per fermare la guerra. (Applausi).

Non veniamo qua a parlare di austerità, di Patto di stabilità e di vincoli di bilancio, quando la priorità è la pace e fermare le bombe e i missili.

Ho scoperto che parlare di pace per qualcuno è un problema, perché sei filo-Tizio, sei equidistante.

A me non interessa andare a riguardare le fotogallery che negli anni giustamente uomini al Governo hanno fatto con altri uomini al Governo: a me non interessa sbandierare le foto con Putin di Renzi, di Letta, di Prodi e di chiunque altro. Uomini di Governo devono ragionare con altri uomini di Governo, ma la guerra permette di porre un punto fermo tra quello che c'era prima e quello che c'è dopo. Chi scatena una guerra ha sempre e comunque torto, senza se e senza ma. (Applausi).

Di certo c'è qualcuno che, lo ripeto, cerca di buttarla in bagarre. Siamo dovuti arrivare al cospetto di questa guerra per renderci conto che dobbiamo guardare al futuro.

Faccio un esempio: c'è l'8 marzo alle porte. L'Occidente ha la coscienza pulita? No. Penso che l'8 marzo accetterò l'invito dell'ambasciata dell'Afghanistan, perché l'Occidente ha lasciato centinaia di migliaia di armi e munizioni in basi dei terroristi islamici e talebani e oggi, mentre noi siamo qua giustamente a difendere con i nostri corpi, con nostra la nostra testa e il nostro cuore i bimbi e le donne in fuga dall'Ucraina, abbiamo abbandonato le donne in mano ai talebani che contano meno di zero, ma non ci sono donne che valgono di più e donne che valgono di meno. (Applausi). Non è questione di mettere una A in fondo al nome e cambiare il sostantivo o l'aggettivo; qui vanno difese la libertà e la pace ovunque.

Qualcuno ha sbagliato, perché evidentemente, se l'Occidente abdica al suo ruolo e alla sua battaglia per la democrazia, la vita e le libertà, poi ne approfitta chi usa la forza come arma di mediazione politica.

Oggi ho mandato un messaggio ai tanto spesso e volentieri vituperati - anche in quest'Aula - attaccati e sanzionati Premier della Polonia e dell'Ungheria, che adesso hanno sulle loro spalle la stragrande parte dell'accoglienza sacrosanta di chi scappa da quella guerra. Ho mandato loro un messaggio, ringraziandoli per il grande sforzo di accoglienza umanitaria che stanno facendo. (Applausi).

L'Italia avrà le porte spalancate per le donne e i bambini che sono profughi veri in fuga da una guerra vera, ben diversi da altri tipi di arrivi che la guerra porta in Italia. (Applausi). Questo dev'essere ben chiaro, per non fare torto a quegli orfani, a quelle madri e a quelle vedove. Lì c'è una guerra vera e le case degli italiani sono aperte: ci sono 230.000 cittadini con passaporto ucraino che hanno tutto il nostro sostegno, perché si tratta di una comunità perfettamente integrata, laboriosa, culturalmente e moralmente a noi vicina, per cui le nostre case, le nostre famiglie, le nostre scuole e i nostri ospedali sono assolutamente a loro totale disposizione.

Spero che a Bruxelles si rendano conto che i problemi non li abbiamo in casa, ma in giro per il mondo; quindi la smettessero di guardarsi in cagnesco fra popoli fratelli, fra popoli amici. Spero che questo serva da lezione.

Sull'energia ha detto tutto, Presidente: a furia di no, dipendiamo da altri; abbiamo dato le chiavi di casa nostra in mano ad altri.

Sono terrorizzato, quando sento il nucleare applicato alla guerra, però questo ci serva da lezione: il nucleare pulito e sicuro che riscalda le scuole, gli asili e gli ospedali è fondamentale anche per l'Italia. (Applausi). Non possiamo essere l'unico Paese europeo che, per ideologia cieca, dice di no a una forma di energia sicura, che è utilizzata da tutti gli altri grandi Paesi del mondo. Peccato che sia dovuta arrivare una guerra per arrivare a questo. Che allora anche l'Europa cambi priorità, vincoli di bilancio, austerità, tagli e patti di stabilità.

Certo, poi il Parlamento parlerà nelle prossime ore di riforma del catasto, di fine vita; mi domando se per fermare una guerra non valga la pena di impegnarci tutti, ventiquattr'ore su ventiquattro, fino a che non ci sarà il cessate il fuoco, per metterci fisicamente, moralmente e politicamente a disposizione dello strumento più grande e bello del mondo, che è la pace.

Sono contento che ci sia un documento unitario. Ringrazio gli italiani che stanno dimostrando, come sempre, un grande cuore. Lavoriamo per la pace senza tregua, senza soste, senza divisioni.

È incredibile come ci siano battaglie a singhiozzo. Aiutiamo gli italiani a credere nella pace. Le mamme italiane, quelle ucraine e quelle russe non vogliono la guerra. Attenzione a non alzare i toni, perché poi basta schiacciare un pulsante per ritrovarci in un conflitto planetario.

Dialogo, ascolto, confronto e pace; non giochiamo alla guerra, perché nella storia dell'uomo non ha mai portato niente di buono. (Applausi). Grazie e viva la pace, prima di tutto e sopra a tutto! (Applausi).

CASTELLONE (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASTELLONE (M5S). Signor Presidente, presidente Draghi, Ministri, colleghi, oggi è un giorno cupo, che mai avremmo voluto vivere. È un giorno di dolore per me, per il mio Gruppo, per questo Parlamento e, immagino, per il Paese, perché, dopo i due anni più difficili di sempre - siamo quasi alla data in cui, due anni fa, partiva il primo lockdown - ci troviamo a discutere su come intervenire in questa guerra alle porte dell'Unione europea, che la colpisce al cuore.

Il ripudio della guerra quale strumento di risoluzione delle controversie, come sancito dall'articolo 11 della nostra Costituzione, è la stella polare che guida da sempre l'azione politica del MoVimento 5 Stelle.

Per questo abbiamo sempre sostenuto la via del dialogo e della diplomazia, ma davanti all'inaccettabile decisione russa di imporre con la forza le sue ragioni invadendo uno Stato sovrano, calpestando la libertà e la vita dei cittadini ucraini, oltre che la legalità internazionale, noi, Presidente, riconosciamo certamente il diritto del popolo ucraino a difendersi, ovvero a esercitare quel diritto sancito dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Per questo continuiamo a pensare che il modo migliore per aiutare il popolo ucraino in questo momento sia impegnarsi a oltranza per riannodare il dialogo allo scopo di arrivare al più presto a una tregua umanitaria, che è il primo passo verso il cessate il fuoco e il successivo avvio di un processo negoziale: è una strada certamente non facile da percorrere, ma doverosa. Solo così si potranno risparmiare ulteriori sofferenze al popolo ucraino e solo così si potrà scongiurare uno scenario bellico ancor più terribile e devastante per tutti.

Una tregua umanitaria è necessaria per portare aiuto agli ospedali, aprire i corridoi umanitari e mettere in salvo i tanti profughi, tra cui nostri connazionali bloccati da giorni nelle case, nei bunker e nei rifugi. Tra questi connazionali vi sono molte famiglie, bloccate lì con bambini e neonati, perché stavano completando le procedure di adozione.

Il MoVimento 5 Stelle ritiene auspicabile che a questa iniziativa diplomatica europea partecipi attivamente e con un ruolo centrale l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), un organismo internazionale di cui fanno parte e sono membri sia Ucraina, sia Russia.

Può sembrare paradossale, ma questo più che mai è il momento di lavorare per costruire le condizioni che portino alla pace. I colloqui di ieri in Bielorussia lasciano finalmente intravedere, dopo giorni di angoscia e chiusura totale, uno spiraglio e una possibilità di dialogo che danno a tutti la speranza di uscire da questo incubo. Siamo sicuri che l'Unione europea si impegnerà con risolutezza per far sì che questo spiraglio diventi una breccia in quel muro contro muro che ha finora contrapposto i due fronti.

Chiediamo a lei, presidente Draghi, di continuare a impegnarsi in prima persona in tutte le sedi internazionali - europee e non solo - per favorire un accordo che faccia tacere subito le armi e allontani lo spettro impensabile di una guerra mondiale o nucleare.

Oltre all'impegno diplomatico per la pace, è fondamentale il supporto economico e finanziario che l'Italia sta dando al popolo ucraino per scopi umanitari e per la stabilizzazione economica del Paese. Sono fondamentali le misure eccezionali messe in campo per l'accoglienza nel nostro Paese delle centinaia di migliaia di profughi in fuga dalla guerra, al fine di rendere più rapide le pratiche di protezione internazionale e regolarizzare i tanti lavoratori ucraini che potranno così ospitare in Italia le proprie famiglie.

Il MoVimento 5 Stelle, con i suoi sindaci e i suoi consiglieri comunali e regionali, è impegnato in prima linea a fare da tramite e coordinare le tante iniziative di volontariato e accoglienza che sono partite spontaneamente nel nostro Paese.

Come abbiamo sentito dire spesso in quest'Aula stamattina, a questa crisi politica e umanitaria seguirà - e lo stiamo già vedendo - una crisi energetica. È proprio per parare i contraccolpi economici ed energetici di questo conflitto e delle nuove doverose sanzioni decise dall'Unione europea che stiamo dicendo da giorni che nessun Paese potrà farvi fronte da solo.

Se in questa pandemia l'Europa è diventata finalmente un'Europa dei popoli e non solo monetaria e un'Europa che ha saputo mettere al centro la tutela dei beni comuni, della salute, del lavoro e dell'ambiente e che per la prima volta ha utilizzato uno strumento di debito condiviso quale il recovery fund, allora questa è anche l'Europa che deve affrontare quest'ennesima crisi.

Il MoVimento 5 Stelle è convinto che serva un approccio comune europeo. Per questo ha proposto l'utilizzo di un recovery energy fund, ovvero un meccanismo di investimenti comuni analogo al recovery fund, ma declinato in chiave energetica, che possa garantire l'autonomia energetica dell'Europa e il sostegno ai Paesi che maggiormente risentiranno di questa crisi.

Con la missione del ministro Di Maio ad Algeri, l'Italia si è già mobilitata, a nome dell'Europa, per diversificare le fonti di approvvigionamento di gas non solo per il nostro Paese, ma per tutta l'Unione europea.

Dobbiamo però proteggere cittadini e imprese guardando al futuro, puntando sulle energie rinnovabili e sulla transizione ecologica ed evitando di compiere passi indietro ricorrendo all'uso di energie fossili inquinanti. Bene ha fatto, presidente Draghi, a ribadire nel suo discorso questa linea e la necessità per l'Europa di muoversi sul piano politico e diplomatico con una sola voce. Con una sola voce dobbiamo lavorare per la pace in maniera incessante. La guerra è una sconfitta per tutti.

"Mostrala a Putin, fai vedere gli occhi di questa bambina e i dottori che piangono": questo gridava ieri un medico ucraino a un videoreporter che riprendeva il corpo senza vita di una bambina di sei anni uccisa dai bombardamenti mentre era al supermercato. Almeno 102 sono i civili finora uccisi, tra cui 7 bambini; certamente però sono molti di più. Sembra sia stato colpito anche un asilo.

Signor Presidente, oggi, ancora una volta, il MoVimento 5 Stelle appoggerà con responsabilità il Governo e voterà favorevolmente la risoluzione comune, anche se, per riprendere le parole di Papa Francesco, con un grande dolore nel cuore. Voteremo la risoluzione perché riteniamo, come lei ha detto, che oggi sia il momento di fare i conti con la storia e in questo passaggio epocale la pace va difesa con i percorsi che il Governo ci ha indicato e che nella risoluzione comune questo Parlamento ha saputo unanimemente individuare. (Applausi).

CRUCIOLI (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

CRUCIOLI (Misto). Signor Presidente, invece di prendere in esame le richieste di tutte le parti in conflitto, discuterne e inviare dei costruttori di pace, voi oggi decidete di inviare missili, bombe ed altri strumenti di morte ad una delle parti belligeranti. Lo capite che questo è un atto di guerra? (Applausi). Lo capite che così facendo voi accettate che il conflitto assuma ancor più gravità e si verifichi anche un'escalation nucleare?

Voi lo capite, ma avete scelto di obbedire agli ordini che vi vengono imposti, anche se sono folli e scellerati. Io in questa follia non vi seguirò, perché sono un uomo libero ed esprimerò un voto contrario alla risoluzione n. 1 e favorevole alla risoluzione n. 3.

NUGNES (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

NUGNES (Misto). Signor Presidente, più Europa politica e meno NATO, aiuti e corridoi umanitari, cessate il fuoco subito, ritiro delle truppe, tavolo delle trattative subito, altrimenti sarà la terza guerra mondiale. Se fingete che questo non sia, continuando a fare improbabili discorsi di forza e di guerra, è molto grave. Un atto di verità imporrebbe a tutti noi di ammettere che purtroppo, Presidente, qui non ci sono buoni contro cattivi. Ci sono cattivi e più cattivi, ciechi e biechi interessi e uomini completamente pazzi o, per dirla meglio, con le parole di un osservatore competente, un uomo con disturbo di personalità narcisistico misto a disturbo paranoide molto pericoloso.

La verità è che il mondo è nelle mani degli interessi economici e finanziari, dei rapporti di forza commerciali e del potere militare, non nelle mani dei diritti umanitari e dei diritti di quelle persone sotto le bombe, strette nelle metropolitane, né nelle mani delle persone. Armare - e armare civili - invece di provare tutte le strade possibili, e pure quelle impossibili, per fare deporre le armi subito, è continuare sulla linea della follia collettiva. Le piazze di tutto il mondo chiedono solo pace. (Applausi).

FATTORI (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

FATTORI (Misto). Signor Presidente, intervengo in quest'Aula a nome di Sinistra italiana innanzitutto per condannare fermamente, inequivocabilmente e senza alibi l'invasione russa dell'Ucraina in palese violazione del diritto internazionale, ma anche per esprimere solidarietà al popolo ucraino, che si trova bombardato da un feroce oligarca, che senza remore e senza pietà usa addirittura le bombe a grappolo (Amnesty International ne ha rilevato l'utilizzo e ha configurato violazioni del diritto internazionale).

Dobbiamo tutti ricordarci chi siamo: noi siamo l'Europa della democrazia, della solidarietà e della pace e la pace è il contrario della guerra. Non esiste un pacifismo di maniera e mi dispiace che si siano irrise le piazze con le bandiere della pace, perché la pace è cessate il fuoco, è de-escalation e le bombe portano altre bombe e altri morti. Per questo nella nostra risoluzione avevamo chiesto al Governo di impegnarsi in tutte le trattative diplomatiche ancora possibili per avere un cessate il fuoco immediato. Il nostro timore è che invece portare bombe su bombe non aiuterà la de-escalation, ma forse farà più morti e farà durare di più questa guerra.

Siccome siamo responsabili e vorremmo che ci fosse una risoluzione votata all'unanimità da questo Senato (perché così si costruisce la pace, ascoltando le idee diverse), ne approfitto per chiedere la votazione per parti separate della risoluzione di maggioranza, votando separatamente il terzo impegno al Governo, quello che contiene al suo interno la cessione di apparati e strumenti militari che consentono all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa (quindi dalle parole «da assicurare il sostegno» fino a «popolazione»).

Anch'io sto osservando la tragedia dell'Ucraina e mi ha molto colpito una mamma ucraina piangente, che diceva: «Tra un po' mio figlio compirà diciott'anni. Io non voglio che vada in guerra, voglio che vada a lavorare e che vada a vivere la sua vita da giovane ragazzo in una Nazione libera». Noi non vogliamo mandare in guerra questi ragazzi, ma vogliamo il dialogo.

Quindi chiedo alla Presidenza, molto sommessamente, di concederci di votare la parte della risoluzione che non contiene la cessione di armamenti, escludendo il terzo paragrafo, e di consentire a chi per obiezione di coscienza non può concedere la guerra di votare la risoluzione di maggioranza. (Applausi).

PARAGONE (Misto-IpI-PVU). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

PARAGONE (Misto-IpI-PVU). Signor Presidente, la Germania torna ad armarsi, perché nulla sarà come prima. Dopo le armi bianche dell'austerity, a Berlino devono aver pensato che forse è il momento di investire nuovamente in armamenti, ben al di sopra di quel tetto del 2 per cento del PIL usato finora come limite. L'Unione europea - quell'Unione che ci doveva garantire la pace, quell'Unione che non ha una politica di difesa, né una politica estera, ma ha la moneta unica - spende 450 milioni in armi, perché l'Europa si fa a colpi di crisi. E a colpi di crisi magari si annette immediatamente l'Ucraina con una dichiarazione che è una bomba sulle trattative, salvo poi ripensarci, ma non abbastanza da fermare il Presidente ucraino nell'annunciare la loro disponibilità. Insomma, un bel gioco delle parti per continuare a stuzzicare colui che resta l'aggressore, perché Putin ha attaccato arbitrariamente, ma nei confronti del quale si sta ingaggiando da tempo una pericolosa partita, puntellata da provocazioni.

Nel marzo del 2021 Biden definì Putin un killer, quel Biden padre di un investitore in Ucraina di gasdotti. Joe Biden era il vice di Obama nel 2014, quando gli USA non perdonarono a Yanukovich il rifiuto di fermare l'adesione all'Unione europea e quindi strutturarono i presupposti per un colpo di stato in Ucraina, cancellando le comunità filorusse che pure esistono in quell'area. La strage di Odessa nella casa dei sindacati a opera di fanatici nazionalisti ucraini anti-Putin mosse un'indignazione di maniera: ne hanno trovato eco i 14.000 morti, tra civili e militari, nel Donbass in sette anni di conflitto, ma è adesso che bisogna armarsi. La Germania, l'Unione europea e l'Italia, che acquisterà armi da consegnare al popolo ucraino: non male come idea di costruzione della pace. Siamo passati da essere il primo corridore della via della Seta con i cinesi ai soliti portatori d'acqua in una NATO sulla cui funzione dovremmo aprire una discussione matura e leale, perché così non ha logica.

Questo Governo ci propone l'ennesimo stato di emergenza per proseguire sul crinale di un presidenzialismo sgangherato e privo di un controllo parlamentare. Questo Governo ha chiuso gli occhi dinanzi all'articolo 32 della Costituzione, creando più danni, dolori e divisioni della stessa pandemia. Non si ripeta tragicamente questo errore, chiudendo gli occhi dinanzi all'articolo 11, e si riprenda la nostra vocazione di mediazione internazionale, che ha reso il popolo italiano un popolo di fratellanza e amicizia. No allo stato di emergenza, no ad alcun intervento armato, no all'acquisto di armi, no alle sanzioni; sì ad una trattativa vera. (Applausi).

CALDEROLI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Su che cosa, senatore Calderoli?

CALDEROLI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, rispetto alla proposta, fatta dalla senatrice, di votazione per parti separate, noi preannunciamo la nostra contrarietà nel caso...

PRESIDENTE. Ma non è oggetto di discussione.

CALDEROLI (L-SP-PSd'Az). Ci vuole uno a favore e uno contro. Io sono contro.

PRESIDENTE. Come lei ben sa, secondo l'articolo 102, comma 5, la votazione per parti separate è oggetto non di discussione, ma soltanto di votazione.

CALDEROLI (L-SP-PSd'Az). Volevo manifestare la mia contrarietà.

PRESIDENTE. Non si può fare, perché non è oggetto di discussione, secondo il Regolamento.

CRUCIOLI (Misto). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRUCIOLI (Misto). Signor Presidente, ho chiesto di intervenire per chiedere anch'io la votazione per parti separate, ma l'ha già fatto la collega e, quindi, rinuncio.

PRESIDENTE. Quindi, lei chiede soltanto la stessa...

CRUCIOLI (Misto). La stessa. Soltanto per estrapolare la parte che riguarda la cessione di armi.

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 102, comma 5, metto ai voti la proposta di votazione per parti separate della risoluzione n. 1.

Non è approvata.

Prima di passare alle votazioni, avverto che, in linea con una prassi consolidata, le proposte di risoluzione saranno poste ai voti secondo l'ordine di presentazione.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 1, presentata dai senatori Casini, Faraone, Ciriani, Malpezzi, De Petris, Bernini, Romeo e Castellone.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 2, presentata dalla senatrice Nugnes e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 3, presentata dal senatore Crucioli e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 4, presentata dalla senatrice Fattori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 5, presentata dal senatore Paragone e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Si sono così concluse le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.

MALLEGNI (FIBP-UDC). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALLEGNI (FIBP-UDC). Signor Presidente, nel ringraziare l'Aula per il sentimento unitario manifestato, vorrei far rilevare all'Assemblea che il Presidente della Commissione affari esteri, emigrazione del Senato ha votato contro la risoluzione del Governo: è una cosa vergognosa, in una maggioranza seppur composita. Ci dobbiamo indignare.

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di mercoledì 2 marzo 2022

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, mercoledì 2 marzo, alle ore 11, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 13,56).

Allegato A

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI SUGLI SVILUPPI DEL CONFLITTO TRA RUSSIA E UCRAINA

PROPOSTE DI RISOLUZIONE NN. 1, 2, 3, 4 E 5

(6-00208) n.1 (01 marzo 2022)

Casini, Faraone, Ciriani, Malpezzi, De Petris, Bernini, Romeo, Castellone.

Approvata

Il Senato,

        udite le comunicazioni del presidente del Consiglio, Mario Draghi, sull'invasione dell'Ucraina da parte delle forze armate della Federazione Russa, rese alle Camere il 1° marzo 2022,

            richiamata l'informativa dal presidente del Consiglio Mario Draghi alle Camere del 25 febbraio 2022;

         considerando che:

            l'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione Russa rappresenta una violazione di principi e norme che regolano la vita della comunità internazionale e in particolare il rispetto della indipendenza, sovranità e integrità territoriale di ogni Stato;

            non sono accettabili, sotto ogni forma, "sovranità limitate", sfere di influenza e protettorati che ledano la sovranità, l'integrità territoriale, l'indipendenza, la sicurezza, le alleanze di ogni Stato;

            il Governo italiano ha condannato immediatamente e con assoluta fermezza la aggressione russa all'Ucraina, inaccettabile e ingiustificata, e tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento hanno espresso analoga condanna;

            analoga unanime condanna hanno espresso l'Unione europea, il G7, la NATO e tutti i loro Stati membri;

            la guerra sta già provocando ingenti perdite umane, sofferenze, distruzioni, nonché consistenti flussi di profughi e una grave emergenza umanitaria;

            di fronte a una invasione ingiustificata e illegittima, inevitabile e necessaria è la adozione di sanzioni che devono essere efficaci, selettive e assunte in modo collegiale e uniforme da tutti i Paesi,

            le sanzioni potranno comportare impatti negativi sull'andamento economico dell'Italia e delle sue imprese e famiglie, già gravate dagli effetti negativi della pandemia,

       impegna il Governo a:

            esigere dalle Autorità russe l'immediata cessazione delle operazioni belliche e il ritiro di tutte le forze militari che illegittimamente occupano il suolo ucraino, ripristinando il rispetto della piena sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina;

            sostenere ogni iniziativa multilaterale e bilaterale utile ad una de-escalation militare e alla ripresa di un percorso negoziale tra Kiev e Mosca, anche raccogliendo la disponibilità della Santa Sede a svolgere un'opera di mediazione;

            assicurare sostegno e solidarietà al popolo ucraino e alle sue istituzioni attivando, con le modalità più rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie a fornire assistenza umanitaria finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, nonché - tenendo costantemente informato il Parlamento e in modo coordinato con gli altri Paesi europei e alleati - la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione;

            raccogliere l'aspirazione europea dell'Ucraina, rafforzando in ogni campo la cooperazione UE-Ucraina;

            attivare un programma straordinario di accoglienza dei profughi ucraini, coinvolgendo enti locali e associazionismo, semplificando le procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato, applicando la direttiva europea sulla protezione temporanea e sostenendo le iniziative della UE per una accoglienza solidale e condivisa;

            attivare programmi umanitari per la popolazione ucraina e semplificare le procedure di utilizzo dei fondi erogati;

            sostenere in sede europea la ulteriore sospensione del Patto di stabilità e la istituzione di un fondo europeo compensativo per gli Stati maggiormente penalizzati dalle sanzioni;

            provvedere a misure di sostegno alle imprese per i maggiori oneri derivanti dalla applicazione di sanzioni, nonché la promozione di accesso a nuovi mercati verso cui indirizzare esportazioni e investimenti non allocabili sul mercato russo;

            attivare strategie di diversificazione degli approvvigionamenti energetici, di investimento sulle energie rinnovabili e di utilizzo delle sorgenti di energia del Paese e concorrendo alle decisioni dell'UE nella direzione dell'Unione dell'energia;

            attivare le misure necessarie a preservare le infrastrutture strategiche del Paese da eventuali attacchi informatici o di altra natura, anche tenendo conto delle indicazioni contenute nelle relazioni del Copasir alle Camere;

            sostenere l'urgenza di un netto rafforzamento della Politica estera e di sicurezza comune europea, anche attivando le riforme procedurali necessarie;

            mantenere uno stretto e permanente coordinamento con i Paesi del G7, dell'Alleanza Atlantica e dell'Unione europea, condividendo iniziative a supporto dell'Ucraina e contromisure efficaci e sostenibili, incluse sanzioni, all'aggressione russa.

(6-00209) n. 2 (01 marzo 2022)

Nugnes, La Mura, Mantero.

Respinta

Il Senato,

        premesso che:

            lo scorso 24 febbraio la Federazione Russa ha avviato un'operazione militare su larga scala nel territorio dell'Ucraina e delle autoproclamate repubbliche secessioniste di Donetsk e Lugansk. La repentina escalation del conflitto russo-ucraino e l'offensiva russa con esplosioni e incursioni nelle città di Odessa, Kharkiv, Ivano Frankivsk, Kherson, Lutsk, Mariupol, fino alla capitale Kiev, hanno di fatto cambiato l'assetto geopolitico mondiale, in chiara violazione del diritto internazionale compiuto da uno Stato su un altro Stato indipendente e sovrano riconosciuto nei suoi confini;

            la storia dell'Ucraina è strettamente correlata alla storia della Russia e nell'epoca moderna viene caratterizzata dalla guerra ucraino-sovietica del 1918, conflitto concluso con l'annessione dell'Ucraina all'Unione sovietica. Nel 1991 con la caduta dell'URSS, l'Ucraina venne dichiarata Stato indipendente conservando al suo interno forti sacche filorusse di popolazione;

            l'operazione di questi giorni risulta come l'ultima di una catena di eventi di un conflitto innescatosi in Ucraina nel 2014, con la cosiddetta rivoluzione Ucraina in opposizione all'allora presidente Viktor Janukovič. La destituzione dell'ex leader Janukovič e l'elezione del nuovo presidente Petro Poroshenko hanno portato ad una serie di proteste e al controllo da parte di Mosca della Crimea, penisola a maggioranza russa riannessa alla Federazione in seguito ad apposito referendum popolare del 16 marzo;

            nella primavera del 2014 nel Donbass, area dell'Ucraina orientale a maggioranza russa, sono state proclamate le due repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk che, fino a oggi, sono state teatro di un ininterrotto conflitto armato tra le forze di Kiev e le due entità separatiste, provocando più di 14.000 morti. Il 1° luglio 2015 viene raggiunto l'Accordo di Minsk II le cui parti Ucraina, Russia, Repubblica popolare di Doneck e Repubblica Popolare di Lugansk si impegnano, oltretutto, ad una decentralizzazione del potere e dunque ad una elargizione di maggiori poteri alle regioni di Donbass e Lugansk, accordi di fatto non rispettati e a cui seguono anni di scontri e contrasti all'interno del Paese;

            tra la fine di marzo e l'inizio di aprile 2021 l'esercito russo ha spostato grandi quantità di armi, equipaggiamenti e navi nell'area tra il Mar Caspio e il Mar Nero e in Crimea, precisamente nel centro di Pogonovo, mentre il 15 aprile 2021 ha annunciato arbitrariamente la chiusura di intere aree nel Mar Nero, operazione condannata fermamente dal Ministro degli esteri ucraino come una "grave violazione del diritto alle libertà di navigazione" (Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, New York, 10 dicembre 1982, sezione III, articolo 19);

            gli incontri intercorsi tra il Governo ucraino, i Paesi membri dell'Unione europea e i Paesi membri della NATO hanno sancito appelli di ferma condanna nei confronti della Russia e l'auspicio di una risoluzione diplomatica dell'avanzata russa in Ucraina mentre la Russia, in un incontro congiunto con il presidente Joe Biden, lo scorso 7 dicembre, ha rivendicato la pericolosa avanzata NATO ai confini della Russia chiedendo "garanzie giuridiche affidabili", tali da impedire alla NATO una estensione oltraggiosa verso Est;

            difatti la crisi ucraina è il risultato di un percorso trentennale, che ha visto una costante espansione dell'Alleanza Atlantica della NATO verso l'Europa orientale, fino a mettere di fatto in discussione gli accordi ed equilibri del periodo post-guerra fredda. Dall'impegno dell'ex segretario di Stato USA, James Baker, che nel 1990 dichiarò "la NATO non si sposterà d'un pollice verso Est", l'adesione di Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Estonia, Lettonia, Lituania, Bulgaria, Romania, Slovacchia, Slovenia, Albania, Croazia, Montenegro e Macedonia del Nord ha difatti comportato sino ad oggi l'allargamento della NATO da 16 a 30, esacerbando negli anni i già fragili e complessi rapporti di sicurezza tra occidente e oriente;

            il conflitto Russia-Ucraina ha di fatto radici in un assetto di rapporti e interessi che va ben oltre quello dei due Paesi in questione, inserendosi nello storico scontro tra Russia e USA, per le loro mire espansionistiche ed interessi economici; conflitto reso ancora più aspro in quanto le due grandi potenze sono portatrici ed esportatrici di modelli economici e sociali radicalmente antitetici. Già negli ultimi mesi, il delinearsi di schieramenti sempre più evidenti e contrapposti non faceva presagire una svolta pacifica del suddetto quadro geopolitico. Sul fronte filorusso si sono registrati diversi eventi significativi come la concessione della Bielorussia alla Russia di parte del proprio territorio di confine per l'attraversamento della frontiera ucraina, nonché l'incursione di nove caccia militari cinesi, in appoggio alla Russia, nella zona di identificazione aerea di Taiwan; sul fronte occidentale, invece, la continua militarizzazione dei Paesi di confine con la Russia, annessi negli ultimi decenni all'Unione europea e alla NATO e la minaccia di sanzioni da parte dell'Unione europea, che si sono storicamente dimostrate un inefficace strumento di pressione politica, con gravi ricadute sulla popolazione civile e sul nostro tessuto produttivo e fabbisogno energetico;

            le conseguenze socio-economiche di una guerra si riversano sempre e soprattutto sulla popolazione civile, sia essa la parte lesa che subisce il conflitto o quella che lo determina, perché i conflitti armati non fanno mai sconti a nessuno e il risultato è sempre lo stesso: sofferenza, perdite di vite umane, violenze psicologiche, paura, devastazione, violazione di diritti e il forte aumento dei flussi migratori della popolazione in fuga;

            il nostro Paese, membro della NATO dal 1949, ha relazioni storiche sia con l'Ucraina che con la Russia. Quanto alla prima, nella sfera economica, dopo il 2015 l'Italia è diventata il partner numero uno in Europa per gli esportatori ucraini. A conferma di ciò, dal 1° gennaio 2016, data di inizio dell'area di libero scambio tra l'Ucraina e l'Unione europea, l'export italiano verso l'Ucraina è cresciuto del 40 per cento. Con la Russia, invece, come evidenziato lo scorso 26 gennaio 2022 nel corso di un incontro tra la delegazione russa e un gruppo di imprenditori italiani, il nostro Paese ha legami economici principalmente collegati alla fornitura di gas russo, che rappresenta il 46 per cento dei consumi italiani, intensi rapporti di import-export, nonché importanti e storici rapporti bilaterali di amicizia e collaborazione nel settore economico, diplomatico e culturale, con oltre 500 imprese presenti nel Paese e rapporti bilaterali particolarmente intensi nel settore energetico, aerospaziale, automobilistico, agroalimentare, delle costruzioni, bancario ed assicurativo e investimenti diretti esteri (IDE);

            attraverso il cosiddetto "decreto Ucraina", l'Italia ha autorizzato il potenziamento di personale militare e dispostivi per la sorveglianza dello spazio aereo e navale sul fronte orientale della NATO e, a seguito della repentina escalation ha autorizzato altresì la presenza di 250 uomini in Lettonia, 130 soldati e 14 velivoli in Romania e 235 marinai, 2 navi e un aereo per il pattugliamento del Mar Nero. Infine verranno impiegate le cosiddette "forze ad alta prontezza": 1.350 soldati, 77 mezzi terrestri, 2 navali e 5 aerei, cedendo altresì materiale militare non letale. Vengono stanziati inoltre fondi per gli aiuti umanitari in Ucraina, si procede al rafforzamento nel periodo del conflitto dell'Unità di crisi del Ministero degli esteri per la tutela dei connazionali all'estero e la Protezione civile, che avrà la facoltà di intervenire anche in Ucraina in caso di emergenze umanitarie;

            il nostro Paese, secondo l'articolo 11 della nostra Costituzione, "ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustiziafra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo";

            ai fini della risoluzione del conflitto, l'invio di ulteriori assetti, armi e contingenti non farebbe che alimentare la spirale pericolosa della guerra, mentre sarebbe altamente opportuno utilizzare tutti gli strumenti della diplomazia e favorire il dialogo tra tutte le parti;

            per concedere l'avvio e il coinvolgimento eventuale nelle operazioni NATO in Ucraina o per l'invio di personale militare nella stessa è necessario il voto del Parlamento, con tutte le dovute valutazioni sul rischio associato ai sistemi d'arma nucleare e all'aumento delle spese militari in un contesto di bilancio economico non già favorevole vista l'emergenza sanitaria che stiamo ancora fronteggiando e che ha portato ricadute economiche negative, primo fra tutti il calo del potere d'acquisto;

            al termine della guerra fredda e con la caduta del muro di Berlino, la NATO ha progressivamente perso la propria caratteristica di "alleanza difensiva", fino a mutare i propri principi generali in seguito agli eventi dell'11 settembre 2001, divenendo di fatto una vera e propria organizzazione militare tra i Paesi membri, che storicamente si è dimostrata, più spesso, fattore di guerra e non di pace,

       impegna il Governo:

            a rafforzare ogni azione diplomatica volta alla risoluzione del conflitto in atto, promuovendo il dialogo tra Stati;

            a non partecipare ad alcun intervento militare italiano, a ritirare gli assetti militari dispiegati e a farsi promotore dei valori di pace e dialogo in seno all'Unione europea esortando gli Stati membri all'invio di aiuti umanitari ed escludendo armamenti e materiale bellico;

            a farsi promotore in sede internazionale di una politica di disarmo, promuovendo un nuovo progetto di sicurezza europea e internazionale fondato sulla cooperazione tra Stati, non ispirata al militarismo;

            ad estendere ad un anno il visto per i cittadini ucraini regolarmente presenti sul territorio italiano titolari di visto a qualunque titolo rilasciato;

            ad utilizzare il novellato strumento della protezione speciale di cui all'articolo 19, comma 1.1, del Testo unico immigrazione come modificato dal decreto-legge n. 130 del 2020 che ha reintrodotto il riferimento agli obblighi costituzionali di cui all'articolo 5, comma 6, del Testo unico immigrazione, per il riconoscimento in capo ai cittadini ucraini presenti sul territorio italiano della citata protezione speciale, convertibile per motivi di lavoro, famiglia, studio e/o formazione professionale; altresì a consentire il riesame delle domande di protezione internazionale avanzate da cittadini ucraini la cui pratica si sia negativamente conclusa in sede amministrativa e/o giudiziaria;

            a promuovere la neutralità dell'Ucraina in sede internazionale quale via pacifica di risoluzione del conflitto;

            a creare dei corridoi umanitari per la popolazione ucraina e per la popolazione migrante in fuga dal Paese, nonché la salvaguardia degli ospedali del territorio, in particolare quelli dedicati a malati oncologici e pediatrici;

            a farsi promotore in seno all'Unione europea dei valori di pace e di non conflitto così come ribaditi dalla nostra Costituzione e di promuovere valori di pace, disarmo e dialogo quale unica via internazionale di risoluzione dei conflitti;

            ad attivarsi in tutte le sedi opportune al fine di promuovere e ospitare a Roma una Conferenza di pace e per il disarmo che coinvolga tutte le parti in conflitto;

            a coinvolgere maggiormente in tutte le fasi di discussione e approvazione delle scelte di Governo le forze politiche di maggioranza e di opposizione al fine di instaurare uno spirito di piena collaborazione per tutelare maggiormente la posizione storicamente pacifista del nostro Paese.

(6-00210) n. 3 (01 marzo 2022)

Crucioli, Angrisani, Lannutti, Moronese, Botto, Lezzi, Granato, Giannuzzi.

Respinta

Il Senato,

            udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina;

        premesso che:

            nella notte dello scorso 24 febbraio la Federazione Russa ha avviato un attacco militare su larga scala nel territorio dell'Ucraina e delle autoproclamate repubbliche secessioniste di Donetsk e Lugansk, da lungo tempo sotto il controllo dei separatisti filorussi;

            per giustificare l'inizio delle manovre, il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha affermato che l'operazione militare nasce dalla volontà di difendere le minoranze russe e russofone dalle aggressioni del Governo nazionalista di Kiev e mira a "demilitarizzare" e "denazificare" l'Ucraina;

            l'operazione militare russa si è spinta ben oltre le rivendicazioni territoriali delle autoproclamate repubbliche secessioniste causando già centinaia di vittime anche tra i civili ucraini e masse di sfollati riversatesi alle frontiere degli altri Stati europei;

            l'operazione è l'ultimo deliberato e pericoloso sviluppo di una catena di eventi di un conflitto innescatosi in Ucraina nel 2014 con la caduta del Governo filorusso di Viktor Janukovič, sostituito da un Governo europeista, filoamericano e marcatamente antirusso, alla fine di un percorso analogo a quello di altre cosiddette "rivoluzioni colorate" occorse in quel periodo storico in altre repubbliche ex sovietiche;

            in quello stesso anno Mosca ha ripreso il controllo della Crimea, penisola a maggioranza russa riannessa alla federazione in seguito ad apposito referendum popolare del 16 marzo, che si pronunciò in tal senso; tale referendum era stato preceduto dalla dichiarazione d'indipendenza dall'Ucraina dell'11 marzo, che faceva riferimento alla sentenza della Corte internazionale di giustizia sul Kosovo del 22 luglio 2010, la quale aveva affermato che la dichiarazione d'indipendenza del Kosovo non aveva violato il diritto internazionale né la Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;

            nella primavera del 2014, nel Donbass, area dell'Ucraina orientale a maggioranza russa, sono state proclamate le due repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk che, fino a oggi, sono state teatro di un ininterrotto conflitto armato tra le forze di Kiev e le due entità separatiste, riconosciute formalmente da Mosca solo lo scorso 21 febbraio 2022;

            in questi ultimi otto anni il Donbass è stato oggetto di numerosi bombardamenti da parte delle forze ucraine, con l'obiettivo di riprendere il controllo dei territori in mano ai separatisti russofoni;

            tali bombardamenti sembrerebbero aver provocato circa 14.000 morti, di cui molti civili tra la popolazione russa e russofona, ma tali operazioni non hanno ricevuto alcuna condanna da parte della comunità internazionale occidentale e non hanno ricevuto alcuna copertura mediatica nella stampa mainstream;

            più in generale, la crisi ucraina risente anche di un percorso trentennale che, venuta meno l'Unione sovietica, ha visto una costante espansione dell'Alleanza Atlantica e della NATO in Europa orientale verso le frontiere della Federazione Russa, fino a mettere in discussione gli accordi e gli equilibri che hanno caratterizzato il periodo post-guerra fredda;

            prima di avviare l'operazione militare il Cremlino ha richiesto irrevocabilmente il riconoscimento delle due repubbliche popolari del Donbass, il ritiro della richiesta ucraina di adesione alla NATO e la smilitarizzazione della regione;

            nella prospettiva di Mosca, infatti, l'ingresso dell'Ucraina nel dispositivo militare NATO avrebbe un elevato significato simbolico e, soprattutto, avrebbe delle immediate conseguenze per la sicurezza della Federazione Russa;

            nonostante alcune aperture da parte degli Stati Uniti e dell'Alleanza Atlantica sulla non immediata adesione dell'Ucraina alla NATO, l'approccio massimalista del presidente Putin, che fin da subito ha schierato l'esercito ai confini ucraini, ha portato la NATO alla mobilitazione di oltre 8.000 soldati, in particolare in Polonia e nei Paesi Baltici; tale irrigidimento ha così determinato una brusca interruzione del dialogo e ha contribuito alla spirale di degenerazione culminata nell'aggressione russa;

            il 27 febbraio, a quattro giorni dall'inizio dell'operazione militare, le parti russe e ucraine hanno accettato di incontrarsi in un tavolo di negoziato da tenersi nella mattina del 28 febbraio nella città bielorussa di Gomel;

            nelle ore immediatamente successive all'annuncio del negoziato tra le parti in conflitto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato che "per la prima volta in assoluto'" l'Unione europea finanzierà l'acquisto e la consegna di armi all'Ucraina per un valore di 500 milioni di euro;

            contestualmente, l'Alto rappresentante UE per gli affari esteri, Josep Borrell, ha dichiarato: "È caduto un altro tabù, che l'Europa non fornisce armi durante una guerra. Lo facciamo, perché viviamo in tempi senza precedenti";

            nella stessa serata del 27 febbraio, il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio, ospite di CTCF su Rai3, ha dichiarato che "l'Unione europea finanzierà l'acquisto di armi da dare a civili e militari ucraini";

            fornire armi a un Paese in conflitto alla vigilia di un negoziato di pace è un atto che suscita estrema preoccupazione per le evidenti conseguenze che gettano benzina sul fuoco e pregiudicano il negoziato stesso;

            è altresì di ulteriore estrema gravità che tali armi vengano assegnate anche alla popolazione civile, aprendo le porte a uno scenario di caos e guerriglia dai risvolti drammatici per la stessa popolazione civile e prolungando a tempo indefinito la durata del conflitto;

            da ultimo, si rileva che fornire armamenti a un Paese in conflitto è vietato dall'articolo 11 della Costituzione e dalla legge 9 luglio 1990, n. 185, che regola l'esportazione e la fornitura dei materiali di armamento, ed è in pieno contrasto con i princìpi e le finalità della medesima;

            è inoltre opportuno ricordare che la soluzione del conflitto in corso non potrà certo passare attraverso l'imposizione di alcune sanzioni finanziarie che, non solo si sono storicamente dimostrate un inefficace strumento di pressione politica, ma avranno inevitabilmente gravi ricadute sul nostro tessuto produttivo, sul nostro sistema bancario - il più esposto in termini finanziari rispetto agli altri Paesi europei - e sul nostro fabbisogno energetico;

            ancora più dannoso ai fini della risoluzione del conflitto sarebbe l'invio di ulteriori assetti, armi e contingenti alle frontiere con la Federazione Russa che, al contrario, non farebbe che alimentare la spirale della guerra;

            per addivenire a una risoluzione del conflitto è al contrario opportuno utilizzare tutti gli strumenti della diplomazia e favorire il dialogo tra tutte le parti;

            sia l'operazione decisa da Vladimir Putin, sia le novità assolute introdotte dall'Unione europea in termini di coinvolgimento militare e trasformazione della sua missione istituzionale, espongono l'ordine internazionale a rischi estremi e a un azzardo che rende il mondo più insicuro;

            nonostante la capacità di importazione annua tramite gasdotti sia notevolmente superiore rispetto alla media annuale dei consumi degli ultimi dieci anni, l'errata strategia energetica ha reso l'Italia estremamente vulnerabile nei confronti di una diminuzione di importazione di gas russo che potrebbe ripercuotersi sui prezzi e a cascata su famiglie e imprese;

            infine non bisogna sottovalutare gli effetti che il conflitto potrebbe generare in termini umanitari e di migrazioni di massa di persone costrette a scappare dalle zone oggi in conflitto e per le quali l'approccio più opportuno sarebbe quello di preparare una equa distribuzione degli accoglimenti almeno su scala europea al fine di garantire il pieno godimento dei diritti fondamentali;

            pesa il contesto del rischio associato ai sistemi d'arma nucleare da quando è stata posta fine al Trattato INF sui missili nucleari a raggio intermedio, evento che ha aperto nuovi spazi per una pericolosa corsa agli armamenti in cui le grandi potenze nucleari guardano all'Europa come possibile teatro di dislocazione dei nuovi missili,

        impegna il Governo:

                l) ad attivarsi in tutte le opportune sedi al fine di promuovere e ospitare a Roma una Conferenza di pace e per il disarmo che coinvolga tutte le parti in conflitto;

                2) a promuovere una soluzione diplomatica e contribuire a una de-escalation del conflitto astenendosi da qualsiasi iniziativa di tipo militare;

                3) a fornire aiuti umanitari e contributi alla cooperazione internazionale a sostegno della popolazione civile nelle aree interessate dal conflitto;

                4) a non partecipare ad alcuna operazione militare e a ritirare ogni assetto militare dispiegato;

                5) a non rafforzare il dispiegamento di armamenti e assetti militari in prossimità dei confini ucraini;

                6) a non fornire armi o armamenti all'Ucraina e a tutti i Paesi che potrebbero essere coinvolti direttamente o indirettamente nel conflitto;

                7) a promuovere una seria politica energetica pianificando interventi che puntino a rendere l'Italia gradualmente libera dalle fonti fossili e dall'energia nucleare;

                8) a promuovere in sede europea immediate iniziative atte a dare il massimo conforto e accoglienza alle popolazioni che saranno costrette a scappare dai luoghi del conflitto prevedendo una equa ripartizione dei flussi migratori tra i Paesi europei, tenendo altresì in considerazione i flussi migratori degli ultimi anni provenienti da altri Paesi;

                9) ad attivarsi in tutte le opportune sedi multilaterali al fine di impedire l'istituzione di nuove ulteriori sanzioni economiche contro la Federazione Russa che, inevitabilmente, colpirebbero anche l'Italia, a iniziare dalle restrizioni nel circuito SWIFT;

                10) a farsi promotore in seno all'Unione europea affinché vengano predisposte tutte le iniziative utili al fine di istituire una commissione di dialogo permanente tra le istituzioni europee e quelle russe finalizzata alla graduale rimozione delle sanzioni e delle controsanzioni attualmente in vigore tra Unione europea e Federazione russa.

(6-00211) n. 4 (01 marzo 2022)

Fattori.

Respinta

Il Senato della Repubblica,

        premesso che:

            condanna con la massima fermezza le azioni militari della Russia in Ucraina che apre scenari angoscianti, mette in pericolo la sicurezza globale e si pone in palese violazione del diritto internazionale ed in particolare della Carta delle Nazioni Unite, che all'articolo 2 paragrafo 4 impone agli Stati di astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall'uso della forza dirette "contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato";

            ritiene sia necessario il massimo impegno dell'Italia e dell'Unione europea in ogni sede internazionale per la fine immediata delle ostilità, per una ripresa dei canali diplomatici e la costruzione di un processo di pace; ricorda l'inviolabile obbligo costituzionale di ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ed esclude pertanto qualsiasi partecipazione militare dell'Italia al conflitto e la fornitura di armi;

            esprime la massima solidarietà alla popolazione ucraina coinvolta nel conflitto, alle donne, gli uomini e i bambini le cui vite sono state colpite da questo attacco ingiustificabile; ritiene che il tributo umano potrebbe essere catastrofico e che sia inaccettabile che le vittime principali di questo conflitto, come di ogni conflitto, siano le popolazioni civili inermi e guarda con angoscia al probabile aggravarsi della loro condizione;

            considera importanti le parole di Papa Francesco, che si schiera apertamente per la pace e contro la guerra ricordando che "chi fa la guerra dimentica l'umanità. Non sta dalla parte della gente, non guarda la vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto gli interessi di parte e di potere, si affida alla logica perversa e violenta delle armi. In ogni conflitto la gente comune è la vera vittima, che paga sulla propria pelle le follie della guerra. Penso agli anziani, a quanti in queste ore cercano rifugio, alle mamme in fuga con i loro bambini. Sono fratelli e sorelle per le quali è urgente aprire corridoi umanitari e che vanno accolti" e ribadendo che "chi ama la pace, come recita la Costituzione italiana, ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie inlernazionali";

            considera urgente mettere in campo una risposta coordinata di aiuto umanitario alla popolazione colpita e che l'Italia e l'Unione europea non facciano mancare il proprio contributo in questo senso. E fondamentale che sia consentito un accesso ed una agibilità operativa sicura e senza restrizioni per tutte le organizzazioni impegnate nell'aiuto e che allo stesso tempo siano strutturati corridoi umanitari per chi si trova costretto a lasciare il Paese;

            tra le conseguenze umanitarie dell'attuale conflitto si prevede un numero altissimo di sfollati e rifugiati e che rispetto a queste persone non dovrà venir meno un impegno concreto ed effettivo di solidarietà e accoglienza. Constata tuttavia che, come già dimostrato in numerose altre situazioni come la recente crisi ai confini tra la Polonia e la Bielorussia, l'attuale quadro normativo dell'UE per l'accoglienza dei rifugiati risulta ancora inadeguato sia in termini di solidarietà che di garanzie per il rispetto del diritto internazionale;

            ritiene necessario definire a livello internazionale un meccanismo di accertamento oggettivo dei fatti per raccogliere le prove delle violazioni del diritto umanitario internazionale e degli abusi dei diritti umani negli attuali combattimenti, in quelli intercorsi negli anni precedenti e in qualsiasi occupazione che possa seguire;

            condanna il riconoscimento da parte della Russia della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk, ricorda però al contempo che gli accordi di Minsk avevano stabilito una tabella di marcia per la pace e la reintegrazione di quelle regioni controllate dai separatisti sotto uno "status speciale" e che questo impegno è stato disatteso. Ritiene che il riconoscimento dell'autonomia e il rispetto della popolazione russofona di queste regioni, nello spirito degli accordi di Minsk, può essere un elemento importante per la definizione di un nuovo equilibrio di pace;

            deplora con forza il rafforzamento di formazioni politiche e paramilitari di estrema destra in Ucraina, spesso protagoniste dei combattimenti nelle province separatiste e del condizionamento dell'agenda politica ucraina, anche per quanto riguarda la mancata applicazione di quei punti degli accordi di Minsk che prevedevano un'intesa con i separatisti e una maggiore autonomia di quelle regioni. Ricorda che diverse autorevoli fonti, tra cui Amnesty International e l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) hanno denunciato che tali formazioni si sono rese responsabili di numerose atrocità anche contro la popolazione civile. Sottolinea che qualsiasi correlazione con tali formazioni è di fatto incompatibile con "i valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze" esplicitati all'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea;

            ritiene che la progressiva espansione della NATO e, ancor più, un continuo incremento della sua capacità militare nell'Est Europa sia stato un errore strategico grave e consistente. La crisi attuale dimostra la fallacia, anche in termini di deterrenza, di una politica fondata sulla polarizzazione e la corsa agli armamenti. È emblematico come nelle difficili giornate precedenti lo scoppio del conflitto, proprio mentre erano in corso tentativi diplomatici volti a prevenirlo, abbiamo assistito ad un atteggiamento volto ad inasprire e ad aumentare la tensione in assenza di un comportamento equilibrato volto a favorire una, pur difficile, de-escalation. Ricorda che la NATO è stata costituita sulla base di un accordo di difesa collettiva e che la sua finalità dovrebbe essere quella di assicurare la pace e la sicurezza, ritiene pertanto che andrebbe escluso qualsiasi suo coinvolgimento in questo contesto;

            constata che la crisi attuale trova tra le sue molteplici cause anche il venir meno di un approccio multilaterale alle relazioni internazionali e la forzatura ideologica e materiale su un sistema polarizzato che penalizza l'esercizio del dialogo e delegittima persino i luoghi in cui questo avviene. Il ruolo marginale svolto in questa crisi dalle Nazioni Unite e dall'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) è un sintomo evidente di questa polarizzazione. Ritiene quindi che il necessario e urgente percorso di pace debba essere incardinato all'interno della rilegittimazione dei luoghi multilaterali dove poter ricercare, non senza fatica, soluzioni più avanzate e condivise che garantiscano l'effettiva sicurezza globale;

            I'Unione europea è risultata in questi anni schiacciata in questo meccanismo di polarizzazione globale e non è stata capace di svolgere quel ruolo autonomo in un contesto multilaterale che sarebbe stato necessario. La difesa della pace, della democrazia e dei diritti umani nel mondo sono elementi costitutivi dell'Unione e su questi deve basarsi la sua azione esterna e quella autonomia strategica che oggi sembra essere distante dalla concretizzazione effettiva. All'Unione, che oggi vede ai propri confini un conflitto così drammatico e carico di possibili conseguenze per la propria sicurezza, spetta il compito di lavorare per il raffreddamento delle tensioni e per i processi di pacificazione attraverso gli strumenti della diplomazia e del negoziato. È interesse dell'Unione nel suo complesso farsi carico di tutte le paure di sicurezza del proprio confine orientale, ma nella consapevolezza che la strada di un progressivo e reciproco disarmo rappresenta l'unica effettiva garanzia di reciproca sicurezza per l'UE, per l'Ucraina e per la Russia;

            bisogna da subito lavorare, insieme all'immediato cessate il fuoco, alla convocazione di un negoziato di pace multilaterale che abbia al centro la definizione di un piano concreto di disarmo e smilitarizzazione reciproca dell'area. In questo contesto, attorno alla definizione di uno "status neutrale" per l'Ucraina, non escluso dallo stesso presidente Zelensky, è possibile lavorare per costruire delle garanzie di sicurezza e di pacificazione del conflitto;

            ritiene necessario sostenere, insieme all'immediato cessate il fuoco, la proclamazione di "Kiev città aperta", come proposto dalla Comunità di Sant'Egidio;

            il necessario percorso di disarmo deve riguardare in particolare le armi nucleari. Sebbene il Trattato di non proliferazione (TNP) rappresenti ancora oggi un riferimento imprescindibile, i progressi compiuti per quanto riguarda l'obiettivo di disarmo sono ancora molto limitati e i tentativi di conseguire l'universalizzazione del Trattato non sono riusciti. Occorre quindi un avanzamento significativo che porti allo smantellamento almeno dei missili a lungo e medio raggio in Europa e nella Russia occidentale e una adesione formale ed effettiva anche al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW);

            considera che le sanzioni sono uno strumento di deterrenza da utilizzare sapendo discernere tra i vari strumenti a disposizione e da inserire progressivamente. Occorre evitare che le sanzioni determinino danni alla popolazione russa, come nel caso dell'universalizzazione dei divieti di visto, e conseguenze sociali per i cittadini europei. Sono invece sicuramente necessarie azioni forti contro i responsabili politici, le istituzioni finanziarie che li sostengono, ed è urgente concentrarsi sui patrimoni dei grandi oligarchi russi che hanno in Europa ingenti capitali. Questo richiederebbe una forte misura di trasparenza globale sui grandi patrimoni, che in questo contesto agevolerebbe la messa in campo di sanzioni effettivamente deterrenti e, più in generale, sarebbe un fondamentale strumento di contrasto alle pratiche diffuse di elusione fiscale;

            questa crisi geopolitica e militare è inevitabilmente legata nel suo sviluppo e nelle sue conseguenze alla questione energetica. La riduzione della dipendenza energetica dalla Russia è sicuramente necessaria, ma deve svilupparsi nel quadro di una complessiva strategia che rifletta le ambizioni degli impegni assunti contro il cambiamento climatico. In questo senso bisogna evitare che la giusta riduzione della dipendenza energetica si traduca nella ricerca di forniture più costose e cariche di maggiori conseguenze ambientali, in rapporti economici subalterni o in pericolosi passi indietro come il ricorso al nucleare;

            ritiene di grande importanza il crescere in tutto il mondo di diffuse e grandi mobilitazioni per la pace; crede poi sia particolarmente preziosa la protesta della società civile che si è sviluppata in questi giorni in numerose città russe contro l'intervento militare e per la pace. In queste migliaia di donne e uomini risiede la speranza migliore per una vera costruzione di pace e per una più profonda democratizzazione della Russia. Condanna fortemente quindi la repressione e gli arresti dei manifestanti;

            ricorda che dalla Russia sono partiti in questi anni numerosi tentativi di interferenza nei processi democratici nei Paesi europei. Abbiamo infatti assistito a contatti, connessioni politiche e presunti finanziamenti occulti a partiti, figure e movimenti politici della destra europea e alla organizzazione di campagne di disinformazione che hanno avuto spesso come bersaglio migranti, donne, comunità LGBITQ e minoranze,

        impegna il Governo:

            ad utilizzare tutti i mezzi della diplomazia e della pressione internazionale per una cessazione immediata degli scontri;

            a ribadire alla Russia l'urgenza del ritiro delle proprie forze da tutto il territorio ucraino e la revoca immediata del riconoscimento della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk;

            a garantire il massimo supporto e un immediato aiuto umanitario alla popolazione coinvolta nel conflitto, lavorando al contempo per garantire passaggi e spazi d'azione sicuri per le agenzie internazionali e le organizzazioni non governative impegnate nel soccorso e nell'aiuto e per la costruzione di corridoi umanitari;

            ad escludere qualsiasi forma di reazione militare all'attacco russo in Ucraina e di fornitura di armi e a favorire una progressiva de-escalation e alla apertura di un tavolo negoziale;

            a sostenere la società civile pacifista che in queste giornate chiede una cessazione immediata delle ostilità;

            ad investire su un nuovo protagonismo dell'Unione europea per la pace, nel quadro di una sua effettiva autonomia strategica, a riaprire una prospettiva di relazioni multilaterali, ad opporsi a progetti di ulteriore allargamento della NATO e a sostenere, anche in quella sede, un progressivo impegno di disarmo dall'area;

            a mettere in campo misure urgenti volte a mitigare le conseguenze sociali delle sanzioni e di farlo mantenendo un orientamento marcatamente redistributivo che guardi prioritariamente alla perdita di potere d'acquisto delle famiglie in maggiore difficoltà economica;

            a lavorare all'interno delle istituzioni dell'Unione europea affinché a misure sanzionatorie dure come quelle predisposte corrisponda, in vista di una sua profonda e piena riforma, anche la sospensione del Patto di stabilità e crescita;

            a definire misure di riduzione della dipendenza energetica dal gas che siano fondate sul potenziamento delle energie rinnovabili.

(6-00212) n. 5 (01 marzo 2022)

Paragone, De Vecchis, Giarrusso, Martelli.

Respinta

Il Senato,

            udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina,

         premesso che:

            la crisi tra Russia e Ucraina è il risultato di un contrasto che dura apertamente dal 2014, dopo la rivoluzione di Euromaidan, culminata con la cacciata dell'allora presidente Janukovyč, quando Mosca ha invaso la penisola di Crimea e sostenuto i movimenti separatisti nella regione del Donbass, in Ucraina orientale;

            in risposta all'aggressione russa, scaturita dall'espansione a Est della NATO, il Consiglio europeo ha approvato due pacchetti di misure restrittive nei confronti della Federazione Russa che riguardano i settori della finanza, dell'energia, dei trasporti, delle tecnologie e della politica in materia di visti;

            i Paesi occidentali, Italia compresa, con una dichiarazione congiunta, hanno altresì deciso di escludere le banche russe dal sistema internazionale bancario SWIFT: "Noi, i leader della Commissione europea, di Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Canada e Stati Uniti condanniamo la guerra decisa da Putin e gli attacchi alla nazione sovrana e al popolo ucraino" e "siamo con il Governo ucraino e il popolo ucraino nei loro sforzi eroici per resistere all'invasione", comunicando ufficialmente l'impegno "a garantire che le banche russe selezionate vengano rimosse dal sistema di messaggistica SWIFT. Ciò garantirà che queste banche siano disconnesse dal sistema finanziario internazionale e danneggino la loro capacità di operare a livello globale";

            da quanto si apprende dagli analisti di mercato, ad oggi, le misure imposte graverebbero maggiormente sul lungo periodo per gli Stati che le applicano;

         considerato che:

            in Italia ci sono circa 300 imprese che hanno importanti relazioni commerciali con Mosca che potrebbero risentire della guerra contro l'Ucraina e delle sanzioni occidentali; la Russia è infatti la quattordicesima destinazione al mondo per l'esportazione del made in Italy per oltre 7 miliardi di euro, a fronte di 12,6 miliardi di importazioni, in particolare gas e materie prime, per circa l'80 per cento, per un interscambio totale nel 2021 di circa 20 miliardi di euro;

        considerato altresì che:

            l'Ucraina, per la propria collocazione geografica, è un punto di passaggio cruciale per la fornitura di gas dalla Russia al resto d'Europa;

            dai dati forniti dall'Istituto per gli studi di politica internazionale, il 36 per cento del gas importato dall'UE (50 per cento se si considerano solo le importazioni extraeuropee) proviene da Mosca e negli ultimi anni, a causa dei problemi di produzione in Norvegia e Algeria e a causa dell'instabilità in Libia la dipendenza dal gas russo è aumentata e divenuta strutturale. L'Italia è, fra i Paesi europei, il più vulnerabile per la propria dipendenza dalla fornitura di gas russo. Nel mix energetico, il ricorso al gas naturale pesa infatti per il 42,5 per cento;

        visto che:

            il pacchetto di misure adottate dal Consiglio dei ministri il 28 febbraio 2022 prevede: un nuovo stato d'emergenza per l'incremento di misure di soccorso e assistenza alle persone che stanno cercando rifugio nell'UE e sul territorio nazionale; aiuti anche militari all'Ucraina attraverso cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari; uno stanziamento di 10 milioni di euro per soccorso e assistenza alla popolazione ucraina e il razionamento del gas per far fronte ad una potenziale crisi energetica internazionale;

            l'invio di armi, munizioni, mezzi ed equipaggiamento militare rendono di fatto l'Italia un Paese belligerante, come spiegato da Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa;

            l'adozione di un nuovo stato di emergenza, a due anni dalla prima adozione di quello per la gestione dell'emergenza da Covid-19, finirebbe per limitare ancor di più le libertà personali e i diritti costituzionalmente garantiti;

            a parte i colloqui intercorsi tra il presidente francese Macron e il presidente della Federazione Russa Putin, i Paesi europei hanno di fatto interrotto il lavoro diplomatico in favore di un pericoloso appoggio bellico e di misure sanzionatorie che graverebbero pesantemente anche sulle economie interne,

        impegna il Governo:

            ad avviare relazioni diplomatiche indipendentemente dalla linea politica delle istituzioni europee;

            a non fornire armi all'Ucraina;

            a cessare lo stato d'emergenza decretato in seno al Consiglio dei ministri;

            a mettere in campo tutte le misure necessarie per salvaguardare l'interesse nazionale e cioè il posizionamento politico e strategico dell'Italia in Europa;

            a tutelare con misure economiche adeguate le imprese, di diversi settori, che da anni sono partner commerciali della Russia e che, quindi, contribuiscono al PIL italiano;

            a promuovere in tutte le sedi opportune, esprimendosi anche mediante voto oppositivo e soprattutto all'interno delle organizzazioni di cui è membro, un processo di "de-escalation" globale volto a evitare che la proiezione esterna della forza militare di una nazione possa costituire un'inaccettabile potenziale minaccia per una o più altre nazioni.

 

Allegato B

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Accoto, Alderisi, Barachini, Battistoni, Bellanova, Bini, Bongiorno, Borgonzoni, Bossi Umberto, Castaldi, Cattaneo, Centinaio, Cerno, Di Marzio, Faggi, Fazzolari, Ferrero, Floridia, Galliani, Ghedini, La Mura, Lorefice, Merlo, Messina Assunta Carmela, Moles, Monti, Napolitano, Nisini, Pichetto Fratin, Pucciarelli, Rizzotti, Ronzulli, Sciascia, Segre e Sileri.

.

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: De Poli, per attività di rappresentanza del Senato; Nannicini, per attività della Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale; Arrigoni, Castiello, Fazzone, Magorno e Urso, per attività del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica; Morra, per attività della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

Sono considerati in missione, ai sensi dell'art. 108, comma 2, primo periodo, del Regolamento, i senatori: Candura e Pagano.

Disegni di legge, annunzio di presentazione

Presidente del Consiglio dei ministri

Ministro della giustizia

Ministro dell'economia e delle finanze

Ministro della transizione ecologica

Ministro del lavoro e delle politiche sociali

Conversione in legge del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 13, recante misure urgenti per il contrasto alle frodi e per la sicurezza nei luoghi di lavoro in materia edilizia, nonché sull'elettricità prodotta da impianti da fonti rinnovabili (2545)

(presentato in data 25/02/2022);

senatori Augussori Luigi, Pillon Simone, Calderoli Roberto, Grassi Ugo, Pellegrini Emanuele, Pepe Pasquale, Pirovano Daisy, Riccardi Alessandra, Urraro Francesco

Abrogazione del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190) (2546)

(presentato in data 24/02/2022);

senatori De Lucia Danila, Maiorino Alessandra, Vanin Orietta

Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli (2547)

(presentato in data 28/02/2022);

senatori Boldrini Paola, Astorre Bruno, Cirinna' Monica, D'Arienzo Vincenzo, Fedeli Valeria, Ferrari Alan, Ferrazzi Andrea, Giacobbe Francesco, Iori Vanna, Laus Mauro Antonio Donato, Manca Daniele, Marcucci Andrea, Margiotta Salvatore, Porta Fabio, Pittella Gianni, Rojc Tatjana, Rossomando Anna, Stefano Dario, Taricco Mino, Valente Valeria, Verducci Francesco

Disposizioni in materia di parità di trattamento delle persone che sono state affette da patologie oncologiche (2548)

(presentato in data 28/02/2022);

senatori Pittella Gianni, Fedeli Valeria, Laus Mauro Antonio Donato, D'Alfonso Luciano, Porta Fabio, Verducci Francesco, Giacobbe Francesco, Marilotti Gianni, Astorre Bruno, Stefano Dario, Rojc Tatjana, Margiotta Salvatore, D'Arienzo Vincenzo, Ferrazzi Andrea, Iori Vanna, Manca Daniele, Pinotti Roberta

Norme per la tutela, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio storico-artistico, archeologico e demoetnoantropologico ereditato dal monachesimo bizantino e dalla presenza di comunità italo-greche nel Mezzogiorno (2549)

(presentato in data 01/03/2022).

Disegni di legge, assegnazione

In sede referente

6ª Commissione permanente Finanze e tesoro

Gov. Draghi-I: Pres. Consiglio Draghi, Ministro giustizia Cartabia ed altri

Conversione in legge del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 13, recante misure urgenti per il contrasto alle frodi e per la sicurezza nei luoghi di lavoro in materia edilizia, nonché sull'elettricità prodotta da impianti da fonti rinnovabili (2545)

previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 2ª (Giustizia), 5ª (Bilancio), 10ª (Industria, commercio, turismo), 11ª (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali)

(assegnato in data 25/02/2022).

Camera dei deputati, trasmissione di documenti

Il Presidente della Camera dei deputati, con lettera in data 17 febbraio 2022, ha inviato, ai sensi dell'articolo 127, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, il documento approvato dalla III Commissione (Affari esteri) della Camera dei deputati, nella seduta del 15 febbraio 2022, concernente la comunicazione congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Parlamento europeo e al Consiglio - La strategia dell'UE per la cooperazione nella regione indo-pacifica (JOIN(2021) 24 final) (Atto n. 1096).

Governo, trasmissione di atti e documenti

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, con lettera in data 21 febbraio 2022, ha inviato, ai sensi dell'articolo 8-ter, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 23 settembre 2002, n. 250, un decreto concernente l'autorizzazione all'utilizzo delle economie di spesa sul contributo assegnato con la ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF, per l'anno 2018, per il progetto "Sviluppo della filiera cunicola e dell'agro ecologia familiare iniziativa di lotta contro l'insicurezza alimentare e l'esodo rurale in Burkina Faso" finanziato alla Onlus TAMAT.

Il predetto documento è trasmesso, per opportuna conoscenza, alla 3a, alla 5a e alla 9a Commissione permanente, competente per materia.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 1° marzo 2022, ha inviato - ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni e integrazioni - la comunicazione concernente il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale alla dottoressa Valeria Amendola, all'ingegner Silvia Grandi e al dottor Alessandro Modiano, nell'ambito del Ministero della transizione ecologica.

Tale comunicazione è depositata presso il Servizio dell'Assemblea, a disposizione degli onorevoli senatori.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettera in data 17 febbraio 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1075, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, la relazione concernente lo stato di avanzamento degli interventi di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali finanziati con le risorse del fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, di cui all'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, del fondo di cui all'articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e del fondo di cui all'articolo 1, comma 14, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, relativa all'anno 2021.

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 5a, alla 8a e alla 11a Commissione permanente (Doc. CCXL, n. 16).

Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 21 febbraio 2022, ha inviato la relazione concernente l'impatto finanziario derivante dagli atti e dalle procedure giurisdizionali e di precontenzioso con l'Unione europea, riferita al primo semestre 2021, predisposta ai sensi dell'articolo 14, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, a tutte le Commissioni permanenti (Doc. LXXIII, n. 8).

Governo, trasmissione di atti e documenti dell'Unione europea di particolare rilevanza ai sensi dell'articolo 6, comma 1, della legge n. 234 del 2012. Deferimento

Ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, sono deferiti alle sottoindicate Commissioni permanenti i seguenti documenti dell'Unione europea, trasmessi dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in base all'articolo 6, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) 2019/833 che stabilisce le misure di conservazione e di esecuzione da applicare nella zona di regolamentazione dell'Organizzazione della pesca nell'Atlantico nord-occidentale (COM(2022) 51 definitivo), alla 9a Commissione permanente e, per il parere, alla 3a e alla 14a Commissione permanente;

Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Relazione semestrale sull'esecuzione delle operazioni di finanziamento di NextGenerationEU a norma dell'articolo 12 della decisione di esecuzione C(2021) 2502 della Commissione giugno - dicembre 2021 (COM(2022) 43 definitivo), alla 5a e alla 14a Commissione permanente;

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Contributo della Commissione alla difesa europea (COM(2022) 60 definitivo), alla 4a Commissione permanente e, per il parere, alla 14a Commissione permanente;

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Tabella di marcia relativa alle tecnologie critiche per la sicurezza e la difesa (COM(2022) 61 definitivo), alla 4a Commissione permanente e, per il parere, alla 14a Commissione permanente.

Corte dei conti, trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti

Il Presidente della Sezione del controllo sugli Enti della Corte dei conti, con lettere in data 28 febbraio 2022, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, ha trasmesso le determinazioni e le relative relazioni sulla gestione finanziaria:

della Fondazione Ente Ville Vesuviane, per l'esercizio 2020. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 7a Commissione permanente (Doc. XV, n. 535);

dell'Agenzia delle entrate - Riscossione per l'esercizio 2019. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 6a Commissione permanente (Doc. XV, n. 536).

Parlamento europeo, trasmissione di documenti. Deferimento

Il Vice Segretario generale del Parlamento europeo, con lettera in data 14 febbraio 2022, ha inviato il testo di 6 documenti, approvati dal Parlamento stesso nella tornata dal 17 al 20 gennaio 2022, deferiti, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alle sotto indicate Commissioni competenti per materia:

risoluzione definita in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un ruolo rafforzato dell'Agenzia europea per i medicinali nella preparazione alle crisi e nella loro gestione in relazione ai medicinali e ai dispositivi medici, alla 12a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 1061);

risoluzione sul regolamento delegato della Commissione del 29 settembre 2021 che integra il regolamento (UE) 2019/817 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la determinazione dei casi in cui i dati di identità possono essere considerati identici o simili ai fini dell'individuazione di identità multiple, alla 1a, alla 2a, alla 3a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 1062);

risoluzione sul regolamento delegato della Commissione del 29 settembre 2021 che integra il regolamento (UE) 2019/818 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la determinazione dei casi in cui i dati di identità possono essere considerati identici o simili ai fini dell'individuazione di identità multiple, alla 1a, alla 2a, alla 3a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 1063);

risoluzione sulla situazione in Kazakhstan, alla 3a, alla 14a Commissione permanente e alla Commissione straordinaria permanente per la tutela e la promozione dei diritti umani (Doc. XII, n. 1064);

risoluzione sulla crisi politica in Sudan, alla 3a, alla 14a Commissione permanente e alla Commissione straordinaria permanente per la tutela e la promozione dei diritti umani (Doc. XII, n. 1065);

raccomandazione al Consiglio e alla Commissione in seguito all'esame delle denunce di infrazione e di cattiva amministrazione nell'applicazione del diritto dell'Unione in relazione alla protezione degli animali durante il trasporto all'interno e all'esterno dell'Unione, alla 2a, alla 3a, alla 8a, alla 12a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 1066).

Commissione europea, trasmissione di progetti di atti legislativi dell'Unione europea. Deferimento

La Commissione europea ha trasmesso, in data 25 febbraio 2022, per l'acquisizione del parere motivato previsto dal Protocollo (n. 2) sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea e al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea:

la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui mercati interni del gas rinnovabile e del gas naturale e dell'idrogeno (rifusione) (COM(2021) 804 definitivo). Ai sensi dell'articolo 144, commi 1-bis e 6, del Regolamento, l'atto, già deferito per i profili di merito, è deferito alla 14ª Commissione permanente ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane previsto dall'articolo 6 del predetto Protocollo decorre dal 25 febbraio 2022;

la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla riduzione delle emissioni di metano nel settore dell'energia e recante modifica del regolamento (UE) 2019/942 (COM(2021) 805 definitivo). Ai sensi dell'articolo 144, commi 1-bis e 6, del Regolamento, l'atto è deferito alla 14a Commissione permanente ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane previsto dall'articolo 6 del predetto Protocollo decorre dal 25 febbraio 2022. L'atto è altresì deferito, per i profili di merito, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, alla 13a Commissione permanente, con il parere delle Commissioni 10a e 14a;

la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2003/25/CE per quanto riguarda l'inclusione di requisiti di stabilità migliorati e il suo allineamento ai requisiti di stabilità definiti dall'Organizzazione marittima internazionale (COM(2022) 53 definitivo). Ai sensi dell'articolo 144, commi 1-bis e 6, del Regolamento, l'atto è deferito alla 14a Commissione permanente ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane previsto dall'articolo 6 del predetto Protocollo decorre dal 25 febbraio 2022. L'atto è altresì deferito, per i profili di merito, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, alla 8a Commissione permanente, con il parere della Commissione 14a;

la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2021/954 su un quadro per il rilascio, la verifica e l'accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell'UE) per i cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti o residenti nel territorio degli Stati membri durante la pandemia di COVID-19 (COM(2022) 55 definitivo). Ai sensi dell'articolo 144, commi 1-bis e 6, del Regolamento, l'atto è deferito alla 14a Commissione permanente ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane previsto dall'articolo 6 del predetto Protocollo decorre dal 25 febbraio 2022. L'atto è altresì deferito, per i profili di merito, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, alla 12a Commissione permanente, con il parere delle Commissioni 1a, 3a, 8a e 14a.

Mozioni

ZANDA, MALPEZZI, ALFIERI, PINOTTI, VATTUONE, FERRARI, MIRABELLI, BITI, COLLINA, D'ARIENZO, CIRINNA', ROSSOMANDO, MARCUCCI - Il Senato,

premesso che:

il difficile ritiro delle truppe NATO dall'Afghanistan, il permanente stato di guerra in Siria, lo stato di instabilità in Libia, il fronteggiarsi delle flotte militari russe e turche nel Mediterraneo, la presenza russa e cinese nell'Africa subsahariana, le tensioni nell'Oceano Indo-Pacifico e infine la Crimea, la Georgia, le drammatiche vicende del Donbass fino all'invasione dell'Ucraina, portano inevitabilmente a sconvolgimenti geopolitici mondiali che riguardano direttamente anche l'Europa, la sua democrazie e il modo in cui l'UE possa trovarsi a doversi difendere in contesti sempre più pericolosi;

gli assetti mondiali della fine di questo primo ventennio degli anni duemila sono di gran lunga più complessi e articolati di quelli definiti nello scorso secolo all'esito della seconda guerra mondiale. Di fronte al moltiplicarsi di scontri militari e di veri e propri scenari di guerra si impone come non più rinviabile il ripensamento dell'Europa tutta e del suo essere presente quale attore politico decisivo in questi scenari. Occorre una profonda riflessione, sia nei contesti internazionali sia a livello nazionale, per ripensare ai modelli di intervento UE e alla necessità di un suo approccio geostrategico, multidimensionale, coerente, efficace e soprattutto condiviso;

il mutato contesto internazionale evidenzia l'urgenza del rafforzamento di iniziative comuni di politica estera e di difesa europee, che rendano, attraverso azioni strutturali l'Unione in grado di parlare e di difendersi con una voce singola, autorevole e credibile;

l'Unione europea è chiamata dunque, dopo il difficile ritiro afghano e la drammatica invasione dell'Ucraina, a definire la propria autonomia strategica, valorizzando al massimo le peculiarità e gli strumenti che le sono propri. Occorre, pertanto, una rapida definizione di politiche estera e di difesa comuni per fronteggiare le emergenze attuali certamente, ma da intendersi anche quale tassello fondamentale e necessario alla costruzione di un'Europa in grado di difendere con efficacia la sua democrazia e di competere sulla scena mondiale;

una promozione dello sviluppo e dell'acquisizione di capacità militari europee che va costruita, con chiarezza, quale naturale e coerente azione di rafforzamento del pilastro europeo dell'Alleanza Atlantica e con l'intento di consentire all'Europa di contribuire in maniera sostanziale ed efficace alla sicurezza e alla stabilità globale;

una politica di difesa comune che passi anche attraverso la predisposizione di forze prontamente operative in grado di difendere la democrazia del continente e la sicurezza dei cittadini europei, nonché di rispondere in maniera efficace a tutto lo spettro delle crisi che l'Unione europea si potrebbe trovare a dover affrontare già nel prossimo futuro,

impegna il Governo ad adoperarsi in tutte le sedi dell'Unione, secondo le regole della democrazia europea, per l'adozione di definite e articolate politiche estere, di difesa e di sicurezza comuni anche mediante la costituzione di adeguati contingenti armati al fine di garantire un'autonomia strategica dell'Europa di fronte al continuo moltiplicarsi di scenari di crisi internazionali.

(1-00463)

ALFIERI, MALPEZZI, FERRARI, MIRABELLI, BITI, COLLINA, D'ARIENZO, CIRINNA', MARCUCCI, ROSSOMANDO, ASTORRE, BOLDRINI, CERNO, COMINCINI, D'ALFONSO, FEDELI, FERRAZZI, GIACOBBE, IORI, LAUS, MANCA, MARGIOTTA, MARILOTTI, MISIANI, NANNICINI, PARRINI, PINOTTI, PITTELLA, PORTA, RAMPI, ROJC, STEFANO, TARICCO, VALENTE, VATTUONE, VERDUCCI, ZANDA - Il Senato,

premesso che:

a quasi 6 mesi dal ritiro delle truppe NATO dal Paese, l'Afghanistan si trova a vivere una crisi economica e umanitaria senza precedenti, la cui portata è misurabile dalla richiesta di aiuti avanzata nei giorni scorsi dalle Nazioni Unite alla comunità internazionale: 5 miliardi di dollari per salvare i 22 milioni di afghani che vivono nel Paese e i 5,7 milioni rifugiati in quelli vicini, la cifra più alta mai chiesta per soccorrere un Paese in difficoltà ed evitare che le ricadute generino a cascata altre crisi in tutta l'area, in tal senso basti pensare all'emergenza migratoria;

come riportato in diversi rapporti dell'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari l'economia afghana è al collasso. Il crollo registrato nell'ultimo trimestre è senza precedenti ed entro un anno potrebbe verificarsi una contrazione del 40 per cento del prodotto interno lordo. In un Paese storicamente dipendente dagli aiuti esterni, le sanzioni internazionali e il congelamento dei beni della Banca centrale afghana che si trovano fuori dall'Afghanistan hanno determinato l'arresto di importanti flussi di credito, con il risultato di una mancanza di denaro per le transazioni quotidiane e il prezzo dei beni di prima necessità salito alle stelle. Gli stipendi dei lavoratori del settore pubblico, medici, infermieri e insegnanti, non vengono pagati da mesi, le strutture sanitarie non hanno mezzi per pagare il carburante che garantisce il funzionamento di generatori e ambulanze e l'erogazione dei servizi di base è ridotta al minimo;

a quanto detto si aggiunga il fatto che nelle zone rurali, dove vivono i due terzi degli afghani, la peggiore siccità degli ultimi 30 anni aveva già ridotto la popolazione in condizioni disperate prima del ritorno dei talebani nell'agosto 2021. Con l'arrivo dell'inverno la situazione è ulteriormente peggiorata; quasi 9 milioni di bambini, infatti, sono senza coperte e 3 milioni senza riscaldamento, con temperature che di notte scendono abbondantemente sotto i meno 12 gradi;

secondo il World food programme quella dell'Afghanistan sta diventando la peggior crisi umanitaria del mondo superando quelle dell'Etiopia, del sud Sudan, della Siria e dello Yemen, Paesi che si trovano in contesti di guerra aperta da più tempo;

tra il 23 e il 25 gennaio 2022 una delegazione talebana si è recata ad Oslo per partecipare ai primi colloqui ufficiali con l'Occidente. Il Ministro degli esteri norvegese, Anniken Huitfeldt, dopo aver chiarito che la visita "non è una legittimazione o riconoscimento dei talebani", ha sottolineato come le condizioni economiche e politiche abbiano creato "una catastrofe umanitaria su vasta scala per milioni di persone che soffrono la fame nel paese";

rilevato che:

da mesi le organizzazioni internazionali segnalano il drammatico fenomeno dell'utilizzo di donne e bambine come merce di scambio per ottenere cibo e l'aumento del drammatico fenomeno delle spose bambine. I numerosi divieti talebani che impediscono alle donne di svolgere la maggior parte dei lavori retribuiti hanno colpito duramente la maggior parte delle famiglie e anche nelle aree in cui possono ancora lavorare, nell'ambito dell'istruzione e dell'assistenza sanitaria, non sono comunque in grado di sostenere economicamente le proprie famiglie e finiscono con il diventare vittime di questo terribile mercato;

le condizioni di vita della popolazione femminile afghana rimane drammatica. L'edificio che una volta ospitava il Ministero degli affari femminili è stato riadattato per accogliere il Ministero per la propagazione della virtù e la prevenzione del vizio, la polizia morale dei talebani;

per mesi è stato impedito alle donne di tornare nelle aule universitarie, che sono state riaperte solo lo scorso 2 febbraio e in classi rigorosamente divise; è stato impedito loro, inoltre, di lavorare nel settore pubblico, ad eccezioni degli ambiti poc'anzi evidenziati, e sono state estromesse dalle posizioni di Governo. Da ultimo è stato disposto che le donne possano compiere viaggi oltre i 70 chilometri solo se accompagnate da un parente stretto e ovviamente di sesso maschile. Inoltre, è obbligatorio indossare un "hijab" integrale che copra il volto oltre alla testa. Divieti che si uniscono a quello di fare sport, lavorare, sentire musica e vestirsi liberamente;

rilevato inoltre che:

l'Italia, con le missioni che si sono svolte in Afghanistan (la Enduring freedom, fino al 2006, la International security assistance force ISAF, terminata il 31 dicembre 2014 e la missione Resolute support, subentrata il 1° gennaio 2015), ha sempre garantito una delle presenze più numerose tra quelle dei Paesi NATO;

il contingente italiano ha comandato il Provincial Reconstruction Team di Herat, territorio che ha registrato progressi sostanziali per le donne e le ragazze afghane con percentuali decisamente più alte rispetto alle altre province del Paese, in termini di istruzione, partecipazione politica e ruolo nell'economia;

l'Italia, grazie al lavoro delle forze armate e dei servizi d'intelligence presenti nel Paese, è riuscita ad evacuare più di 5.000 cittadini afghani. Uno sforzo operativo e umanitario che ha reso il nostro Paese primo in Unione europea per numero di cittadini afghani evacuati. Un impegno che, occorre evidenziare, è continuato senza sosta anche nei mesi successivi;

il Governo italiano ha presieduto il G20 sulla catastrofe umanitaria in atto nel Paese afghano cui hanno partecipato, oltre ai rappresentanti dei diversi governi, anche rappresentanti dell'ONU, Banca mondiale, FMI e Unione europea,

impegna il Governo ad adoperarsi in tutte le sedi internazionali in accordo con gli alleati affinché il sistema sanzionatorio imposto al regime talebano non incida su tutte le iniziative di carattere umanitario, finalizzate a sostenere la popolazione afghana oramai al collasso.

(1-00464)

Interrogazioni

D'ARIENZO, FEDELI, IORI, COMINCINI, CERNO, D'ALFONSO, ASTORRE, VATTUONE, BOLDRINI, COLLINA, PITTELLA, LAUS, TARICCO, ROSSOMANDO, FERRARI, MANCA, VALENTE, VERDUCCI, ROJC, BITI, ALFIERI, FERRAZZI, STEFANO, GIACOBBE, PORTA, CIRINNA' - Ai Ministri dell'istruzione e dell'economia e delle finanze. - Premesso che:

l'articolo 10, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca, prevede che, al fine di favorire interventi straordinari di ristrutturazione, messa in sicurezza, efficientamento energetico di immobili di proprietà pubblica adibiti all'istruzione scolastica, nonché la costruzione di nuovi edifici scolastici pubblici, le Regioni interessate possono essere autorizzate dal Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a stipulare appositi mutui trentennali, con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti, con la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, con la società Cassa depositi e prestiti S.p.A., e con i soggetti autorizzati all'esercizio dell'attività bancaria, ai sensi del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), cosiddetti "mutui BEI";

nell'ambito della programmazione 2018-2020, la deliberazione della Giunta regionale del Veneto 17 luglio 2018, n. 1044 ha previsto che il Comune di Affi (Verona), per la costruzione di un nuovo edifico scolastico pubblico, è risultato destinatario di un contributo da parte del Ministero dell'istruzione di 1.121.658 euro;

il decreto del Ministro dell'istruzione 10 marzo 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 maggio 2020, n. 115, ha successivamente ripartito tra le regioni l'importo complessivo di euro 510.000.000, assegnato al Ministero per interventi di edilizia scolastica, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 novembre 2018, per il finanziamento di interventi di edilizia scolastica ricompresi nella programmazione triennale nazionale 2018-2020;

a quanto si apprende, al termine della procedura di gara, il contratto è stato sottoscritto con la società aggiudicataria per un intervento complessivo pari a 2 milioni e 600 mila euro;

in seguito, la ditta aggiudicataria dei lavori per la costruzione della scuola avrebbe rinunciato all'appalto alle condizioni offerte in sede di gara, perché con i costi attuali, dovuti al notevole incremento dei prezzi delle materie prime attualmente in corso, la spesa sarebbe lievitata a 3 milioni e 200 mila euro, ovvero 600 mila euro in più rispetto al costo stimato;

si apprende inoltre che situazioni analoghe si starebbero verificando anche presso i Comuni di Parma, Baselga di Pinè (Trento) e Castegnato (Brescia);

premesso, inoltre, che:

l'articolo 1, commi da 153 a 158, della legge 13 luglio 2015, n. 107 (riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti), prevede che, al fine di favorire la costruzione di scuole innovative dal punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico, dell'efficienza energetica e della sicurezza strutturale e antisismica, caratterizzate dalla presenza di nuovi ambienti di apprendimento e dall'apertura al territorio, destina risorse per un totale di euro 300 milioni nel triennio 2015-2017, rispetto alle quali i canoni di locazione da corrispondere all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) sono posti a carico dello Stato nella misura di euro 3 milioni per l'anno 2016, di euro 6 milioni per l'anno 2017 e di euro 9 milioni annui a decorrere dall'anno 2018, da ripartirsi tra le regioni, cosiddetto "bando scuole innovative";

tra i 51 progetti vincitori del bando scuole innovative, la Regione Veneto, con la deliberazione della Giunta regionale 9 ottobre 2015, n. 1373, ha selezionato anche quello presentato dal Comune di Negrar di Valpolicella (Verona), che ha ottenuto un finanziamento di 5 milioni di euro per la realizzazione di una nuova scuola secondaria di primo grado;

a quanto si apprende, a causa del significativo aumento dei costi delle materie prime e dell'attività lavorativa connessa alla realizzazione dell'intervento, il Comune di Negrar di Valpolicella, insieme ad altri Comuni italiani vincitori del predetto bando, avrebbe rischiato di dover rinunciare all'opera per l'impossibilità di proseguire le attività di progettazione;

si apprende inoltre che la medesima difficoltà sia stata rappresentata anche dall'INAIL, con riguardo ai progetti che sono già stati consegnati all'Istituto per i successivi adempimenti concernenti l'appalto dei relativi lavori, rispetto ai quali le procedure di gara bandite sono risultate deserte;

considerato che i casi relativi ai "mutui BEI" e al "bando scuole innovative" esposti in premessa rappresentano un importante segnale d'allarme di rilevanza nazionale, in quanto, qualora non fosse possibile realizzare gli investimenti programmati a causa dell'incremento dei prezzi delle materie prime, interi territori si troveranno privi di infrastrutture e servizi essenziali da tempo richiesti dalle comunità residenti,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei casi evidenziati in premessa;

se non ritengano necessario effettuare una ricognizione complessiva sul territorio nazionale, al fine di individuare tutti i casi simili a quelli esposti in premessa;

quali iniziative intendano adottare al fine di risolvere le difficili situazioni evidenziate, dovute a cause indipendenti dai beneficiari dei contributi e dalle imprese coinvolte nella realizzazione dei lavori, sia presso i due comuni veronesi, sia in ogni altra località del Paese ove si stiano verificando, attraverso soluzioni strutturali che garantiscano l'effettiva realizzazione di tutti i progetti approvati.

(3-03130)

LANNUTTI, BOTTO - Al Ministro dell'economia e delle finanze. -

(3-03131)

(Già 4-06667)

PITTELLA - Al Ministro della salute. - Premesso che:

l'articolo 1, comma 3, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), prevede che coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali hanno diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, da corrispondersi, ai sensi dell'articolo 8 della medesima legge, da parte del Ministero della salute;

l'articolo 123, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), prevede che "sono conservate allo Stato le funzioni in materia di ricorsi per la corresponsione degli indennizzi a favore di soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati";

il Tribunale di Potenza, Sezione Civile, con la sentenza n. 490/2021, pubblicata il 5 maggio 2021, ha condannato il Ministero della salute, a seguito di accertamento della responsabilità del Ministero medesimo, al pagamento di una "somma complessiva di euro 93.742,38, somma espressa in moneta attuale, oltre interessi al tasso legale inizialmente calcolati sull'importo devalutato alla data dell'evento dannoso" e delle relative spese di lite a favore dell'attrice per i danni subiti a seguito di emotrasfusioni, con un conseguente danno biologico permanente del trenta per cento;

nonostante la predetta sentenza, il Ministero della salute non ha provveduto al versamento della somma dovuta, ragion per cui il creditore ha intimato al Ministero, in data 25 novembre 2021, tramite atto di precetto, ai sensi dell'articolo 480 del Codice di procedura civile, la devoluzione della stessa entro 10 giorni dalla notifica;

a quanto si apprende, nonostante il Ministero della salute abbia ricevuto l'atto di precetto in data 17 dicembre 2021, il versamento non è stato ancora effettuato;

considerato che:

la citata sentenza sottolinea l'importanza di una tempestiva corresponsione degli indennizzi e dei risarcimenti, nella misura in cui prevede che "nella liquidazione del danno cagionato da illecito aquiliano, in caso di ritardo nell'adempimento, deve tenersi altresì conto del nocumento finanziario (lucro cessante) subito dal soggetto danneggiato a causa della mancata tempestiva disponibilità della somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento, la quale, se tempestivamente corrisposta, avrebbe potuto essere investita per ricavarne un lucro finanziario" e, di conseguenza, "dal momento della pubblicazione della presente sentenza e fino all'effettiva corresponsione, dovranno essere corrisposti, sulla somma totale sopra liquidata a titolo risarcitorio, gli ulteriori interessi al tasso legale";

i mancati o non tempestivi riconoscimenti degli indennizzi o risarcimenti da parte del Ministero della salute non hanno solo conseguenze esclusivamente finanziarie, ma anche di carattere psicologico per le vittime, che, in aggiunta ai danni per i quali tali somme sono dovute, sono costrette a subire l'incertezza, la pressione e il senso di sconforto e abbandono che tali situazioni necessariamente comportano,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga doveroso e necessario, nel pieno rispetto delle leggi vigenti e delle sentenze, provvedere tempestivamente a quanto stabilito dal Tribunale di Potenza.

(3-03132)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

LONARDO - Ai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'interno. - Premesso che a quanto risulta all'interrogante, l'associazione "Casa dell'Amicizia" tra il nostro Paese e l'Ucraina sta ricevendo numerose richieste di aiuto da parte dei cittadini ucraini regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale inerenti alla possibilità di fare giungere i propri parenti stretti (genitori, fratelli o sorelle minori) in Italia per fuggire da una situazione di potenziale pericolo in ragione delle note vicende che coinvolgono il Paese;

considerato che:

l'art. 4 del Testo unico sull'immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, rubricato "Ingresso nel Territorio dello Stato", prevede al comma 1 che "l'ingresso nel territorio dello Stato è consentito allo straniero in possesso di passaporto valido...salvi i casi di esenzione, e può avvenire, salvi i casi di forza maggiore, soltanto attraverso i valichi di frontiera appositamente istituti";

si può affermare che la situazione in Ucraina sia notevolmente deteriorata in termini di sicurezza per i civili, non risultando prevedibili al momento come la stessa si evolverà;

il codice europeo dei visti (Regolamento (CE) n. 810/2019), all'art. 25, comma 1, lett. a) prevede che uno Stato Membro possa eccezionalmente rilasciare un visto di ingresso ad un cittadino di un Paese terzo se lo ritiene necessario per motivi umanitari, di interesse nazionale o derivanti da obblighi internazionali;

il visto è detto di validità territoriale limitata (VTL) e consente di permanere e circolare unicamente nel territorio dello Stato che lo rilascia, in deroga alle condizioni di ingresso per i cittadini terzi previsti dal codice frontiere Schengen (Regolamento (UE) 2016/399);

non è qui in discussione il tema dell'obbligo positivo dello Stato di rilasciare un VTL in presenza di motivi umanitari: si tratta di una prerogativa che tanto la Corte di Giustizia dell'Unione europea quanto la CEDU hanno affermato rientrare nella mera discrezionalità dei singoli Stati membri;

resta il fatto che la situazione attuale determina una condizione di rischio specifico, imminente ed attuale, di cui sono portatori i parenti dei cittadini ucraini regolarmente residenti in Italia;

si deve ritenere che tale condizione integri pienamente la ricorrenza dei motivi umanitari prefigurati dal codice visti;

lo strumento invocato con la presente domanda risulta effettivamente idoneo a scongiurare che sia messa a repentaglio la loro incolumità, consentendo loro di raggiungere il territorio italiano senza esporsi a grave pericolo;

tanto è sufficiente a parere dell'interrogante per riconoscere il diritto al rilascio di un visto umanitario; e non si tratta qui del riconoscimento in via generale ed astratta a ricorrere al VTL al fine di consentire di presentare domanda di protezione internazionale in uno stato UE, ma del ricorso ad uno strumento fondato sulle previsioni di un Regolamento europeo, che viene qui utilizzato al fine specifico di scongiurare una eccezionale, documentata e peculiare situazione di imminente pericolo di violazione dei diritti umani fondamentali, nel che, per eccellenza, si deve individuare uno dei motivi umanitari richiamati dalla normativa eurocomunitaria,

si chiede di sapere quale sia l'opinione dei Ministri in indirizzo rispetto ai fatti esposti in premessa e quali utili iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, vogliano assumere per attivare dei corridoi umanitari per i parenti, che ne facciano richiesta, dei cittadini ucraini regolarmente residenti sul territorio nazionale.

(4-06668)

RAUTI, GARNERO SANTANCHE' - Ai Ministri dell'interno e della salute. - Premesso che:

nei giorni scorsi, su numerosi organi di stampa nazionale e testate on line è circolata la notizia di un evento denominato il "Salone della fertilità - un sogno chiamato bebè", che dovrebbe svolgersi nella città di Milano nel mese di maggio 2022;

tale evento milanese era stato già anticipato nel corso della Fiera "Désir d'enfant", svoltasi a Parigi il 4 e 5 settembre 2021, dedicata alla fecondazione artificiale ed alla pubblicizzazione della surrogazione di maternità;

alla kermesse parigina hanno partecipato diversi operatori commerciali che curano l'offerta, anche on line, di pacchetti a pagamento per la fecondazione artificiale;

la maternità surrogata consiste in una pratica clinica e commerciale internazionale, che inizia con la produzione di embrioni in laboratorio, prosegue con la loro consegna a corrieri che li portano nelle cliniche dei Paesi europei o extraeuropei dove, a fronte di compensi, vengono impiantati negli uteri di donne a loro volta pagate per la gravidanza e, infine, si conclude con l'affidamento del neonato alla coppia richiedente;

premesso altresì che:

l'evento di Parigi ha mostrato con chiarezza come, nella consapevolezza dell'illiceità della pratica, gli operatori del settore offrono la possibilità di valersi dell'utero in affitto in Paesi dove la pratica è ammessa, così determinando la creazione di un vero e proprio "mercato dei figli su richiesta", anche nei Paesi dove la surrogazione di maternità e la sua pubblicizzazione sono vietate;

in Italia la surrogazione di maternità è una pratica espressamente vietata dall'art. 12, comma 6, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, che commina la reclusione da tre mesi a due anni e la multa da 600.000 a un milione di euro a "chiunque, in qualsiasi forma, realizza organizza o pubblicizza (?) la surrogazione di maternità";

considerato che tale norma vieta il contratto di maternità surrogata, in quanto in contrasto con le norme imperative e pertanto, in particolare con il principio sancito dall'art. 269, comma 3, del codice civile, secondo il quale la maternità è attribuita soltanto alla donna partoriente. Gli accordi di surrogazione, quindi, non possono che essere considerati improduttivi di effetti costitutivi nei riguardi dei genitori committenti;

considerato altresì che:

attraverso lo sviluppo e l'utilizzo di queste nuove tecniche di procreazione, assumono rilievo diverse posizioni soggettive che richiedono tutela, in quanto vengono coinvolti diritti fondamentali della persona sanciti nella Costituzione. Innanzitutto, il diritto della madre gestante di non essere oggetto o mezzo di pretese altrui, in particolare dei genitori intenzionali, trova il proprio fondamento negli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, cioè nei "diritti inviolabili dell'uomo" ai sensi dell'articolo 2 della Costituzione, nella "pari dignità sociale" di ogni persona ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione e, infine, nel divieto di "violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana" ex articolo 32;

a riconoscere che la surrogazione "offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane" è giunta anche la Corte costituzionale con la sentenza n. 272 del 2017;

la Corte, inoltre, ha chiarito che non soltanto la donna, in particolare la madre biologica, è titolare dei beni offesi dalla surrogazione di maternità, ma financo l'intera collettività, che risulterebbe compromessa da questa nuova tecnica di "formazione" delle famiglie;

l'utero in affitto è a titolo oneroso, cioè è effettuato dietro il pagamento di un corrispettivo, così violando le disposizioni che riconoscono una violazione della dignità umana nella riduzione a merce di scambio di beni e valori che non hanno di per sé natura commerciale;

in particolare, rilevano la Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina del 1997 e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che sanciscono, rispettivamente all'art. 21 e all'art. 3, il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro;

in alcune circostanze, la diffusione di pratiche di "surrogacy" può esser associata a serie violazioni di diritti fondamentali, inclusa la violenza sulle donne e il traffico di esseri umani e si pone in conflitto anche con l'istituto dell'adozione, in quanto soltanto a tale istituto, governato da regole particolari poste a tutela di tutti gli interessati, in primo luogo dei minori, e non al mero accordo delle parti, l'ordinamento affida la realizzazione di progetti di genitorialità priva di legami biologici con il nato,

si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti e quali azioni abbiano intenzione di intraprendere per garantire il rispetto delle leggi vigenti in materia e contrastare ogni azione commerciale che costituisca un illecito e se ritengano che il programmato evento di Milano, dove la surrogazione di maternità verrà pubblicizzata e gli aspiranti genitori potranno comparare servizi e prezzi e scegliere il "pacchetto" più adatto alle proprie ambizioni genitoriali, rappresenti una violazione delle norme vigenti.

(4-06669)

MAGORNO - Al Ministro per la pubblica amministrazione. -

(4-06670)

(Già 3-02435)

ASTORRE - Ai Ministri dello sviluppo economico, della salute e della transizione ecologica. - Premesso che:

il 16 giugno 2021 sull'albo pretorio del Comune di Palestrina (Roma) è stata pubblicata la determinazione del responsabile del II dipartimento n. 446 del 24 maggio 2021 registro generale n. 988 relativa all'installazione e posizionamento di un'antenna di circa 40 metri di altezza della compagnia di telecomunicazioni "Iliad", per l'attività di gestione di reti di radiotelecomunicazioni per telefonia cellulare con sistema 5G;

la località individuata dall'amministrazione comunale si presenta come una zona a forte vocazione agricola, con varie produzioni, dalle nocciole alle fragole alle pesche al miele e ad altri prodotti alimentari;

la località è caratterizzata inoltre da una rilevante socialità. Nei vari periodi dell'anno vengono realizzate dalla popolazione residente, e non solo, feste, sagre e fiere, con al centro le varie produzioni agricole;

si tratta di una zona circondata da un consistente complesso di abitazioni. A ciò va aggiunto il fatto che, non distante dal sito individuato per l'installazione dell'antenna, è presente una scuola elementare che attualmente ospita circa 200 alunni, e l'attuale amministrazione comunale ha presentato progettualità ai Ministeri competenti per la realizzazione di un nuovo e ulteriore complesso scolastico proprio nella località denominata "Carchitti". Anche la progettazione per la realizzazione della futura scuola interessa un'area non molto distante dal sito in cui sorgerà l'antenna per telefonia cellulare con sistema 5G;

considerato che:

la normativa attualmente in vigore considera le antenne per la telefonia, così come tutti gli impianti di teleradiocomunicazioni, tra le opere di urbanizzazione primaria e di pubblica utilità. Tuttavia ciò non preclude il rispetto di alcuni importanti vincoli e limiti con riferimento ai valori di emissione e alla potenza dell'antenna. Vincoli e limiti finalizzati a tutelare la salute delle popolazioni dall'esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati dalle frequenze dei campi, nonché a tutelare l'ambiente;

le aree dove sono presenti scuole, asili, ospedali sono considerate aree di particolare tutela, costituendo quei limiti invalicabili di cui si è detto;

l'impatto generato dall'installazione di un impianto avente un'altezza di circa 40 metri risulta notevolmente compromettente anche sotto il profilo della tutela paesaggistica,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti;

se e come reputino opportuno intervenire al fine di indirizzare l'attuale amministrazione comunale ad una scelta finalizzata all'individuazione di un'altra area in cui installare l'impianto di telefonia mobile 5G, in un'ottica di tutela della salute e dell'ambiente e nel rispetto del principio di precauzione.

(4-06671)

DE PETRIS, RUSSO, UNTERBERGER, PERILLI, STABILE, MASINI, CIRINNA', GALLONE - Ai Ministri della salute e degli affari esteri e della cooperazione internazionale. - Premesso che:

l'intervento militare russo in Ucraina, tra le drammatiche conseguenze, ha comportato la fuga di oltre 150.000 persone (dato UNHCR), molte delle quali con i propri animali d'affezione;

molti animali da compagnia sono membri della famiglia e dipendono dai rispettivi padroni per la propria sopravvivenza. L'abbandono degli animali comporterebbe, nella stragrande maggioranza dei casi, la loro morte;

il regolamento (UE) n. 576/2013 sull'introduzione di animali da compagnia nell'Unione è impossibile da rispettare per i rifugiati in stato di guerra ovvero il soddisfacimento dei requisiti previsti è di difficile dimostrazione;

la normativa europea richiede che tali animali a) siano vaccinati e dotati di microchip b) abbiano effettuato un esame del sangue negativo per la rabbia non oltre 3 mesi prima di entrare nell'Unione europea;

nel contesto un teatro di guerra come quello che si è drammaticamente sviluppato in Ucraina non è pensabile il pieno rispetto dei requisiti di accoglienza previsti dal regolamento sull'introduzione di animali da compagnia. Il regolamento stesso prevede infatti, all'articolo 32, la possibilità di accoglierli in situazioni eccezionali e nello specifico: "gli Stati membri possono sviluppare accordi per i permessi che dovrebbero essere applicati agli animali domestici che viaggiano con i rifugiati e autorizzare il loro ingresso senza una previa richiesta individuale di tali permessi". In virtù di questo, alcuni Stati come Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria hanno già adottato una deroga permettendo ai rifugiati di portare con sé i propri animali domestici;

Bernard Van Goethem, direttore della Direzione generale europea per la salute e la sicurezza alimentare ha affermato che gli Stati membri possono derogare agli obblighi in caso di rifugiati provenienti dall'Ucraina;

in data 25 gennaio 2022 anche la Federazione dei veterinari dell'Unione europea ha chiesto di allentare i suddetti requisiti;

in particolare, la Romania permette l'ingresso degli animali da compagnia purché al confine ci si rivolga al "punto sanitario veterinario" e venga compilato l'apposito modulo richiesto dalle autorità. In Polonia è stato predisposto un documento di transizione per gli animali oltre a rifugi dove lasciare gli animali in quarantena per tre settimane se in transito verso un altro Paese dell'Unione europea. In Ungheria e Slovacchia la documentazione richiesta può essere compilata anche al confine,

si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo, in attesa di una decisione uniforme a livello europeo e per quanto di propria competenza, non intendano adottare iniziative urgenti che, in vista di un corridoio umanitario, prevedano iniziative transitorie al fine di consentire l'ingresso in Italia degli animali da compagnia al seguito di rifugiati, senza passaporto sanitario europeo.

(4-06672)

GASPARRI, CASOLATI - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:

nei giorni scorsi, in occasione di quelle che erano annunciate come legittime e pacifiche manifestazioni di studenti in tutta Italia, a Torino membri del centro sociale "Askatasuna" si sono infiltrati nel corteo e con il volto coperto hanno assaltato la sede dell'Unione industriale;

la DIGOS ha infatti individuato componenti del centro sociale tra i fermati per i violenti scontri in cui sono stati feriti anche agenti di polizia;

gli stessi studenti organizzatori del corteo si sono dissociati da questa presenza e dagli atti di violenza dichiarando che "I soggetti incappucciati che assaltano l'Unione Industriale non hanno nulla a che vedere col mondo studentesco e con le sue rivendicazioni";

in altre circostanze simili, giustamente, altri gruppi violenti sono stati subito individuati e sono stati presi drastici provvedimenti, compreso l'arresto dei loro capi, per non consentire ulteriori iniziative violente nel futuro;

i rappresentanti di Askatasuna non sono nuovi a questo tipo di iniziative visto che sono stati molte volte al centro di azioni violente e aggressioni alle forze dell'ordine, come ad esempio nelle manifestazioni "no TAV" degenerate in violenza con gli attacchi al cantiere di Chiomonte e alle forze dell'ordine poste a presidio e ai blocchi all'autostrada A32 (Torino-Bardonecchia),

si chiede di sapere:

perché, nonostante le reiterate iniziative di violenza, non si sia ancora provveduto alla chiusura di questo centro sociale e all'arresto dei responsabili del movimento;

se il Ministro in indirizzo non intenda immediatamente avviare un'azione utile ad interrompere le iniziative legate a questo centro sociale su tutto il territorio nazionale.

(4-06673)

GASPARRI - Al Ministro della giustizia. - Premesso che, per quanto risulta all'interrogante:

secondo quanto riportato da numerosi organi di stampa, il ragionier Alessandro Pinna è stato rinviato a giudizio per appropriazione indebita di un milione e 800.000 euro, sottratti dalle casse di un'associazione di volontariato, l'UNITALSI (Unione ammalati trasporto a Lourdes e santuari internazionali) fra il 2009 e il 2016;

in uno dei servizi televisivi dedicati alla vicenda risulterebbe che Pinna, accusato anche di aver indebitamente intascato ingenti fondi destinati ai bambini disabili, in qualità di presidente dell'associazione "L'Isola solidale", impegnata nella rieducazione e nel reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti che scontano misure alternative al carcere, sia stato filmato a sua insaputa mentre si intratteneva con un detenuto ospite della struttura in atteggiamenti sessualmente equivoci e inappropriati. La stessa struttura verserebbe attualmente in condizioni di grave precarietà a livello di sicurezza attiva e passiva degli ospiti detenuti;

prima che questi fatti venissero alla luce sui media, Pinna ha rassegnato le sue dimissioni da presidente dell'Isola solidale (nel 2020) ma, a quanto si apprende, avrebbe sostanzialmente mantenuto il controllo dell'associazione in quanto la presidenza sarebbe stata assunta da un suo stretto collaboratore e la direzione dal compagno della sorella;

Pinna, un anno dopo le sue dimissioni, ha diffuso un comunicato stampa, pubblicato sul periodico "RomaSette" del quotidiano "Avvenire" del 20 dicembre 2021, nel quale, definendosi presidente dell'Isola solidale, si appellava al Ministro in indirizzo, per evitare lo sfratto dell'associazione dall'immobile di via Ardeatina 930 a Roma;

tale sfratto è conseguente alla sentenza del Tribunale civile di Roma del 29 novembre 2021 che ha accolto la domanda della fondazione Opera Divin Redentore, proprietaria dell'immobile, e dichiarato risolto il contratto di locazione con l'associazione per grave inadempimento e condannato l'Isola solidale al rilascio dell'immobile entro il 20 dicembre 2021;

in questo senso, la fondazione Opera Divin Redentore si è attivata da circa due anni per ottenere il rilascio immediato della struttura di via Ardeatina, ritenendo l'associazione priva dei requisiti morali necessari per gestire una struttura impegnata nella rieducazione e nel reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti;

la stessa fondazione, dopo aver ricevuto una lettera anonima nel luglio 2020 nella quale si denunciava che il presidente dell'Isola solidale intratteneva rapporti sessuali con i detenuti e che all'interno della struttura giravano sostanze stupefacenti, aveva agito, sempre nel luglio 2020, con un esposto ai Carabinieri;

la fondazione aveva anche inviato un esposto nel settembre 2021 ai Vigili del fuoco, al servizio igiene della ASL Roma2, al Garante dei detenuti della Regione Lazio e al Garante dei detenuti di Roma capitale per denunciare la situazione di assoluto contrasto rispetto alle norme di sicurezza previste dalla legge vigente presso L'Isola Solidale e di pericolo per l'incolumità degli ospiti, conseguente al distacco per morosità delle utenze del gas, sostituite, senza autorizzazione del conduttore, con bombole a gas posizionate nei locali interni;

la drammatica prova del rapido deteriorarsi delle condizioni di sicurezza dei detenuti ospitati si è avuta infine nel gennaio 2022 quando un detenuto ospite della struttura sembrerebbe essere stato rinvenuto privo di vita nella sua stanza con accanto una siringa e delle sostanze stupefacenti,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo ritenga, per i profili di propria competenza, ancora opportuno che per scontare misure alternative al carcere e per centrare l'obiettivo prioritario del reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti i Tribunali della libertà e gli UEPE (uffici dell'esecuzione penale esterna) continuino a servirsi di una struttura come "L'Isola solidale", nella quale sarebbero in circolazione sostanze stupefacenti, in assenza delle condizioni minime di sicurezza, con un'indagine in corso sulle cause della morte di un ospite, e i cui vertici effettivi sono privi ad avviso dell'interrogante delle necessarie doti di onestà e moralità.

(4-06674)

GASPARRI - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:

nella giornata di domenica 20 febbraio 2022, gruppi di tifosi del Napoli in trasferta a Cagliari per la partita di serie A Cagliari-Napoli hanno messo in atto azioni di violenza contro le forze dell'ordine;

all'arrivo nella città sarda, hanno deciso di organizzarsi in corteo spontaneo e non autorizzato dall'aerostazione allo stadio stesso;

dalle immagini si vede solo un contingente di polizia scortare l'improvvisato corteo;

il tutto è avvenuto paralizzando la città e obbligando le forze dell'ordine ad un impiego inaspettato ed altamente pericoloso, perché le ha esposte a situazioni delicatissime sia per l'esiguo numero di poliziotti, come si vede dalle immagini, sia per l'improvvisazione del servizio in mezzo al traffico delle vie cittadine;

nel percorso gli stessi tifosi campani inneggiavano allo scontro con i tifosi di casa e solo la bravura delle forze dell'ordine ha evitato il peggio;

non paghi, a fine partita si sono scagliati con violenza inaudita contro i reparti schierati che sono riusciti a difendersi e a respingere questi pseudo tifosi incappucciati ed armati di aste di bandiere;

la partita era ad elevato rischio per dissapori pluridecennali tra le tifoserie;

le immagini mostrano che all'interno del settore riservato agli ospiti vi erano solo pochi uomini in divisa, cosa che desta preoccupazione circa la decisione vista l'agitazione degli stessi tifosi ospiti già nel corteo,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto accaduto e della gravità degli atti messi in scena dai tifosi;

come mai non sia stato predisposto un servizio più corposo così da far desistere gli aggressori dalle azioni violente;

se siano stati fatti fermi di polizia per i reati commessi;

se non intenda, così come l'organizzazione sindacale di polizia "Italia celere" chiede all'interrogante, intensificare le presenze in situazioni a rischio come questa.

(4-06675)

ROMEO, ARRIGONI, AUGUSSORI, BORGHESI, BOSSI Simone, CALDEROLI, CANDIANI, CANTU', CENTINAIO, FAGGI, IWOBI, PELLEGRINI Emanuele, PERGREFFI, PIROVANO, RIVOLTA, SIRI - Al Ministro della salute. - Premesso che:

già con precedenti atti di sindacato ispettivo (si vedano, da ultimo, le interrogazioni 3-02403 e 4-06515), i parlamentari del Gruppo Lega-Salvini premier hanno rimarcato il contributo fondamentale che i medici di medicina generale garantiscono quotidianamente nell'erogazione delle prestazioni assistenziali indispensabili per la tutela della salute dei cittadini, invocando un intervento risolutivo da parte del Ministro in indirizzo per il superamento della gravissima e ormai insostenibile carenza di tali professionisti;

nell'ambito delle proprie competenze, le Regioni, e in particolare la Regione Lombardia, hanno fatto il possibile per sopperire agli errori della programmazione nazionale che si sono accumulati negli ultimi anni, cercando di rimediare in tutti i modi alla profonda situazione di crisi conseguente;

la Regione Lombardia, nello specifico, ha disciplinato il tirocinio professionalizzante, per consentire innanzitutto ai medici in formazione di acquisire nuove competenze sul campo. Si è, poi, provveduto all'attivazione degli ambulatori sociosanitari territoriali, per l'erogazione di prestazioni anche a bassa e media intensità, e si sono dotati i medici di famiglia di strumenti innovativi, con l'istituzione di un fondo da 10 milioni di euro per l'acquisto di device tecnologici;

nella stessa prospettiva, con una mozione approvata in data 6 luglio 2021, il Consiglio regionale ha impegnato la Giunta a farsi portavoce, a livello nazionale, delle seguenti richieste: a) incrementare i finanziamenti per le borse di studio, riportandole almeno alla quota prevista per il triennio 2019-2022; b) anticipare, a parità del monte ore curriculare, la fine del corso di formazione specifica in medicina generale 2018-2021, così da avere a disposizione i tirocinanti come effettivi; c) rivedere l'accordo collettivo nazionale in funzione di una premialità per i medici di medicina generale che decidano di aumentare il massimale assistiti; d) aumentare significativamente (fino a 1.000) la quota di assistiti per i medici in formazione, con mantenimento della borsa di studio; e) semplificare l'accesso agli ambiti carenti da parte dei medici già in possesso di specializzazione o soprannumerari che intendono intraprendere la carriera di medico di medicina generale; f) valutare una rimodulazione degli accessi alla facoltà di medicina tale da soddisfare le esigenze derivanti dalle attuali carenze;

a sostegno di tale mozione si sono altresì espressi numerosi Comuni lombardi, approvando la stessa anche a livello territoriale;

al momento, i provvedimenti adottati a livello nazionale si sono limitati alla proroga delle misure emergenziali previste dal decreto-legge "cura Italia" e all'attivazione di un numero di borse aggiuntive finanziato con le risorse del piano nazionale di ripresa e resilienza. Si continua, dunque, a livello nazionale, a fronteggiare una carenza cronica e strutturale, che si ripercuote direttamente sull'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, con provvedimenti estemporanei, disorganici e, comunque, insufficienti numericamente a colmare la differenza tra medici di base in entrata e in uscita;

l'insufficienza degli strumenti messi in campo a livello nazionale è stata confermata anche dall'Osservatorio sui conti pubblici italiani, secondo cui "il numero di medici di base che andrà in pensione nei prossimi 7 anni eccede quello in entrata", con la conseguenza che, "pur considerando ulteriori 900 borse annuali per la formazione dei medici di medicina generale, dovremmo perdere tra i 9.200 e 12.400 medici di base dal 2022, al 2028",

si chiede di sapere se e quali tempestive iniziative di competenza il Ministro in indirizzo intenda adottare per arginare, in maniera organica e strutturale e di concerto con le Regioni, la gravissima carenza di medici di medicina generale che si riscontra su tutto il territorio nazionale.

(4-06676)

BERGESIO - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:

si segnala che la direzione della casa di reclusione di Saluzzo, in provincia di Cuneo, dove sono presenti oltre 400 detenuti ad alta sicurezza, da anni è priva di un comandante di reparto, o, meglio, sembrerebbe che il comandante titolare di quella sede sia un dirigente aggiunto della Polizia penitenziaria, da anni distaccato al provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria di Torino. Sembrerebbe anche che lo stesso venga inviato in servizio di missione anche presso la casa di reclusione di Fossano;

a questa mancanza di una figura dirigenziale, sempre da anni, si sopperisce mediante l'invio in missione di altri dirigenti del Corpo, già titolari di onerosi incarichi di comando di altre case circondariali come quella di Alba e di Asti;

dunque, non si comprende come presso il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria di Torino siano in servizio con funzioni dirigenziali, contemporaneamente, ben quattro dirigenti di Polizia penitenziaria, ivi compreso lo stesso comandante in carica titolare dell'istituto di Saluzzo, ma distaccato da anni presso il suddetto provveditorato regionale, senza alcun impiego degli stessi nelle funzioni di comando di tale istituto;

tutto ciò è paradossale, basti pensare al costante dispendio di risorse pubbliche per far fronte ad una cattiva gestione delle risorse umane impiegate in maniera disordinata,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e, in particolare, se intenda accertare, con urgenza, se la situazione continui nella sua gravità e indicare, contestualmente, le soluzioni immediate da adottare al fine di porre rimedio ad un'inefficiente amministrazione delle risorse pubbliche.

(4-06677)

RUOTOLO - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:

la città di Melito, comune dell'area metropolitana di Napoli, di circa 38.000 abitanti, ha rinnovato il Consiglio comunale nella tornata elettorale dell'ottobre 2021;

le elezioni amministrative sono state vinte al secondo turno da Luciano Mottola, già vicesindaco nella precedente amministrazione guidata dal sindaco Antonio Amente. Nel novembre 2020, a seguito della prematura scomparso di quest'ultimo, Mottola ricoprirà il ruolo di sindaco facente funzioni fino a marzo 2021, data in cui 13 consiglieri comunali sottoscrivono un documento di sfiducia con la conseguente nomina di un commissario prefettizio sino alle amministrative di ottobre 2021;

già a partire da marzo 2021, comincia in pratica, la campagna elettorale "passo dopo passo" del candidato sindaco Mottola, sostenuto da 10 liste e tra queste figura anche la civica "Melito in movimento con Mottola sindaco", ispirata da Antonio Papa, presidente di AICAST (Associazione Industria, Commercio, Artigianato, Servizi e Turismo) di Melito che annuncia sui social attraverso video e post la nuova iniziativa politica. L'8 giugno 2021 la Polizia di Stato e la Guardia di finanza eseguono l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli a carico di 31 persone (22 in carcere e 9 ai domiciliari) nell'ambito di un'inchiesta della DDA di Napoli. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, traffico di stupefacenti, reati aggravati dal metodo mafioso;

tra gli arrestati figura anche il presidente di AICAST, che secondo le indagini, attraverso i suoi rapporti privilegiati con commercianti e imprenditori, agiva per favorire il clan camorristico degli scissionisti Amato-Pagano nell'attività del racket. La sede dell'associazione sarebbe stata la base operativa del clan, da qui si coordinavano le varie minacce ai malcapitati commercianti, ma principalmente si applicava un inedito sistema di estorsione: le vittime ricevevano una fattura falsa per scaricare il pizzo come costi dell'attività;

nell'inchiesta citata altre misure restrittive coinvolgono il comandante e un agente della polizia municipale di Melito, che avrebbero effettuato controlli in attività commerciali e cantieri edili indicati anche dal clan e, dopo aver contestato delle irregolarità, non avrebbero emesso verbali inducendo le vittime a prendere contatti con esponenti del clan, ed assoggettarsi al pagamento della tangente, ottenendo una percentuale sulle somme pagate;

nella stessa ordinanza di custodia cautelare compare anche il nome di Antonio Amente, sindaco di Melito fino a novembre 2020, il provvedimento non sarà eseguito, per il decesso prematuro di quest'ultimo. L'ex primo cittadino, a fronte di pagamenti elargiti in cambio di voti e rassicurazioni sull'assegnazione di appalti di lavori pubblici, avrebbe avuto l'appoggio del clan di camorra Amato-Pagano fin dalla sua candidatura alle elezioni amministrative della primavera del 2011, all'esito delle quali risultava eletto l'altro candidato alla carica di sindaco Venanzio Carpentieri. Il clan nell'arco di due anni attuerà una strategia attraverso minacce, violenze e agguati contro esponenti della Giunta e consiglieri comunali di maggioranza costringendoli all'esercizio difforme della loro volontà politica tale da indurli alle dimissioni e a sfiduciare nel febbraio 2013 lo stesso sindaco in carica Carpentieri;

si fa rilevare che, un anno prima, in data 9 giugno 2020, il GIP del Tribunale di Napoli emette 59 misure cautelari (38 in carcere, 18 ai domiciliari) nell'ambito di un'inchiesta della DDA di Napoli denominata "Antemio", su presunte collusioni tra politica, potere amministrativo, camorra e imprenditoria a Sant'Antimo, comune dell'area metropolitana di Napoli. Tra gli arrestati figura l'ingegnere Claudio Valentino, capo dell'UTC del comune di Sant'Antimo, attorno al quale, sostengono gli inquirenti, ruoterebbe un vero e proprio "sistema Valentino" "basato sul controllo camorristico di quell'ufficio finalizzato a garantire plurime clientele prevalentemente a favore della criminalità organizzata". Un sistema che per volontà della camorra, di pezzi di amministrazione e di sponde politiche si vuole replicare, come poi accadrà, al comune di Melito;

in diverse intercettazioni, contenute nell'ordinanza di custodia cautelare "Antemio", a più riprese mentre dialogano un ex consigliere comunale di Sant'Antimo nel ruolo di interfaccia e referente politico del clan camorristico dei Puca, un altro ex consigliere nel ruolo di tecnico progettista e lo stesso ingegnere Valentino più volte spunta il nome Luciano Mottola. In pratica i vari attori mettono in campo una manovra, affinché lo stesso Valentino s'insedi al comune di Melito, per replicare, appunto, "il sistema Sant'Antimo". In particola nella conversazione l'ex consigliere comunale, interfaccia del clan parlando con il suo interlocutore di Mottola affermerebbe: "...quello è una cosa con noi proprio...è di famiglia ...però non esiste ...e la famiglia siamo noi...mi state capendo a me?". Si fa intendere che chiederanno a Mottola di appoggiare la nomina dell'ingegnere Valentino, all'ufficio tecnico del comune di Melito come poi in realtà avverrà in convenzione part time;

si evidenzia che sarà proprio l'ingegnere Valentino nel ruolo di responsabile del settore pianificazione territoriale del comune di Melito nel dicembre 2018 a ereditare e gestire l'istruttoria della proposta di definizione bonaria delle pretese della concessionaria società Ipogeo Melito S.p.A., che prevedeva tra l'altro l'ampliamento del cimitero di Melito con l'incremento di 1.100 loculi. Se inizialmente il responsabile rilevava una serie di elementi a favore dell'amministrazione ed a sfavore del concessionario ben presto questo orientamento cambia. Tanto è vero che il 25 gennaio 2019 sarà approvata dalla Giunta Amente la delibera n.10 di ampliamento che recepisce intatta la proposta e il protocollo d'intesa del concessionario con l'amministrazione. A seguito di atti ispettivi e di un esposto presentato all'ANAC dai consiglieri d'opposizione, l'Autorità con delibera n.1158 del dicembre 2020 sancisce che la procedura adottata è illegittima, rilevando una serie di criticità in spregio alle discipline. Del cimitero di Melito ne accenna anche un collaboratore di giustizia nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli e che l'8 giugno 2021 ha portato 22 persone in carcere e 9 ai domiciliari. In pratica il clan di camorra Amato-Pagano prelevava la tangente e parte dell'importo era suddiviso in quote a faccendieri e politici;

infine c'è da segnalare, come evidenziato da alcuni organi di stampa, che il sindaco di Melito Mottola, a seguito delle dimissioni avvenute il 14 febbraio 2022 dell'assessore Teresa Davide, nell'arco di tre giorni nomina e revoca il nuovo assessore Nadia Silva. Con il decreto n.6 del 18 febbraio 2022 al progressivo albo pretorio n.189/2022 c'è la presa d'atto delle dimissioni di Davide e la conseguente nomina di Silva con l'attribuzione delle deleghe in materia di sport ed impianti sportivi, servizi cimiteriali, ambiente, efficientamento ed energie rinnovabili, mobilità sostenibile e beni confiscati. Trascorrono appena 72 ore e con decreto n.7 del 21 febbraio 2022, di cui al progressivo albo pretorio n.194/2022, si annulla il precedente decreto senza fare mai menzione del nome e cognome dell'assessore revocato. La frettolosa marcia indietro di Mottola sarebbe avvenuta perché la neo assessora Silva, che in passato ha ricoperto ruoli istituzionali presso il comune di Casavatore, è citata negli atti di scioglimento dello stesso comune, in quanto moglie di Antonio Orefice, il quale sarebbe affiliato al clan camorristico dei Ferone, gruppo satellite degli scissionisti del clan camorristico degli Amato-Pagano che a Melito hanno la loro roccaforte;

a parere dell'interrogante il quadro che emergerebbe, se confermato, oltre ad essere inquietante lascia trasparire un profondo e radicato inquinamento della vita politico-amministrativa del comune di Melito,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti illustrati, se intenda adottare le iniziative di competenza per l'istituzione di una commissione d'indagine per l'esercizio dei poteri di accesso e di accertamento di cui all'articolo 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, alla luce degli elementi evidenziati che interessano il comune di Melito e della possibile ingerenza della criminalità organizzata in quest'area.

(4-06678)

PAPATHEU, PEROSINO, BINETTI, RIZZOTTI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri del turismo, dell'economia e delle finanze, della cultura, degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'interno, per le politiche giovanili, del lavoro e delle politiche sociali, dello sviluppo economico, dell'istruzione e per le pari opportunità e la famiglia. - Premesso che:

l'Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù è ente storico e patrimonio del Paese, che è stato costituito con l'intervento, tra gli altri, dei rappresentanti del Ministero dell'interno, del commissario straordinario dell'Ente nazionale industrie turistiche, della direzione generale del turismo, del commissario nazionale gioventù italiana, con un apporto economico iniziale da parte dello Stato, come fondo di dotazione;

l'Associazione è ente morale a seguito del decreto del Presidente della Repubblica 1° giugno 1948, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro per gli affari esteri, nonché riconosciuto quale ente assistenziale a carattere nazionale con decreto del Ministro dell'interno 6 novembre 1959, n. 10.18404/12000°40; infine, con il decreto-legge n. 97 del 1995, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 203 del 1995, è stato riconosciuto definitivamente ente culturale;

inoltre, l'associazione è inclusa tra le «organizzazioni non governative» segnalate dall'ONU tra gli enti di sviluppo sociale;

l'Italia, anche grazie ad AIG, è da sempre Paese membro qualificato della "International Youth Hostel Federation", di cui fanno parte oltre 80 nazioni;

l'Associazione si è sempre occupata di agevolare la promozione della cultura italiana, dei siti paesaggistici, culturali e dei siti riconosciuti patrimonio dell'UNESCO, anche attraverso la medesima rete della "International Youth Hostel Federation";

il Governo, a più riprese, ha confermato di essere a conoscenza della situazione in cui versa l'Associazione;

il ministro del Turismo, rispondendo a diversi atti di sindacato ispettivo, ha ribadito che intende "individuare ogni ulteriore soluzione utile a livello normativo, che consenta di affrontare la difficile situazione in cui versa l'Associazione, tutelarne il patrimonio e il livello occupazionale, per evitarne la chiusura definitiva e salvaguardarne le descritte attività che, per il settore del turismo, assumono particolare rilievo";

da ultimo, il ministro delle Politiche giovanili, rispondendo all'interrogazione 4-09793, presentata alla Camera dei deputati, ha sottolineato di aver espresso parere favorevole alle norme presentate, con una riformulazione tesa ad un maggiore coinvolgimento del Dipartimento per le politiche giovanili ed il Servizio civile universale;

analoghe risposte sono state date dal Governo, intervenendo in aula alla Camera, in risposta agli atti di sindacato ispettivo 2-01285 e 3-02654;

la Camera dei deputati ha approvato l'ordine del giorno 9/2305/99;

tutte le forze politiche, sia alla Camera che al Senato, a più riprese, hanno presentato analogo emendamento che non ha tuttavia trovato spazio nella conversione dei decreti emergenziali, nonostante i pareri favorevoli del Ministero del Turismo e delle Politiche Giovanili;

il perdurare della situazione rischia di compromettere, irrimediabilmente, il patrimonio materiale e immateriale;

la gravissima crisi economica che ha colpito l'Italia a causa del COVID-19 rende necessario adottare misure e strumenti di sostegno al turismo e in particolare delle categorie più svantaggiate, tra cui rientrano quelle giovanili e quelli a basso reddito,

si chiede di sapere se e quali misure, tempestive, il Governo ritenga di adottare per tutelare il marchio storico, il patrimonio mobiliare e immobiliare, i servizi di utilità sociali dell'Ente ed il livello occupazionale.

(4-06679)

LANNUTTI, MORONESE, ANGRISANI, MININNO, GIANNUZZI, LEZZI, ABATE, BOTTO, LA MURA - Al Ministro dello sviluppo economico. - Premesso che:

dal 2003 RAI1 manda in onda una trasmissione dal titolo "Affari tuoi". Si tratta di un gioco in cui un concorrente (che rappresenta una regione) viene sorteggiato tra 20. Costui deve mano a mano eliminare i pacchi in possesso di ciascun concorrente facendoli aprire. Ciascuno di questi pacchi contiene una vincita in denaro (anche una grossa somma) oppure un oggetto di poco valore. Il gioco termina quando resta un solo pacco, che contiene la vincita da parte del concorrente. Oppure termina quando il concorrente accetta un'offerta in denaro da parte della produzione del programma, impersonata da una voce che si definisce "il dottore";

da quest'anno "Affari tuoi" si è trasformata in "Affari tuoi - formato famiglia". Si tratta di sei puntate di prova. Questa edizione ha come protagonisti due concorrenti (di cui una persona comune e un VIP) insieme ai propri parenti e amici che svolgono il ruolo di "pacchisti";

considerato che il quotidiano "Avvenire" ha ipotizzato che in questa edizione "Affari tuoi" sia stato trasformato in un vero e proprio gioco d'azzardo. "Il concorrente che rifiuta l'offerta del 'dottore' e va avanti è il giocatore che gioca al rialzo, esattamente come il gambler al tavolo del poker", scrive il giornale. Si tratta "di una pedagogia sociale della vita domestica nell'atmosfera dell'alea",

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di questa vicenda;

se non ritenga che un format del genere possa istigare all'azzardo e se, in tal caso, debba intervenire, nell'ambito delle sue attribuzioni, perché venga rispettato il dettato del contratto di servizio tra RAI e Ministero dello sviluppo economico.

(4-06680)

Interrogazioni, da svolgere in Commissione

A norma dell'articolo 147 del Regolamento, le seguenti interrogazioni saranno svolte presso le Commissioni permanenti:

6ª Commissione permanente (Finanze e tesoro):

3-03131 del senatore Lannutti e della senatrice Botto, sulle recenti nomine di figure dirigenziali di Cassa depositi e prestiti;

12ª Commissione permanente(Igiene e sanità):

3-03132 del senatore Pittella, sulla corresponsione di un indennizzo da parte del Ministero a soggetto danneggiato da emotrasfusione.