Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 298 del 17/02/2021

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 10,02).

Si dia lettura del processo verbale.

PISANI Giuseppe, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 2 febbraio.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Disegni di legge, annunzio di presentazione

PRESIDENTE. Comunico che, in data 12 febbraio, è stato presentato il seguente disegno di legge:

dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro della salute

«Conversione in legge del decreto-legge n. 12 del 12 febbraio 2021, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid-19» (2094).

Governo, accettazione delle dimissioni del Governo Conte II
e composizione del Governo Draghi

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato la seguente lettera:

«Roma, 13 febbraio 2021

Cara Presidente,

La informo che il Presidente della Repubblica, con propri decreti in data 12 febbraio 2021, ha accettato le dimissioni rassegnate il 26 gennaio 2021 dal Gabinetto presieduto dal prof. Giuseppe CONTE, nonché le dimissioni dalle rispettive cariche rassegnate dai Sottosegretari di Stato.

Avendo accettato l'incarico di formare il Governo conferitomi in data 3 febbraio 2021, il Presidente della Repubblica mi ha nominato, con proprio decreto in data 12 febbraio 2021, Presidente del Consiglio dei ministri.

Con ulteriore decreto in pari data, il Presidente della Repubblica, su mia proposta, ha nominato Ministri senza portafoglio l'onorevole Federico D'INCA', il dottor Vittorio COLAO, l'onorevole Renato BRUNETTA, l'onorevole Mariastella GELMINI, l'onorevole Maria Rosaria CARFAGNA, l'onorevole Fabiana DADONE, la professoressa Elena BONETTI, la senatrice Erika STEFANI e l'onorevole Massimo GARAVAGLIA.

Sono stati altresì nominati Ministri:

- degli affari esteri e della cooperazione internazionale, l'onorevole Luigi DI MAIO;

- dell'interno, il consigliere di Stato Luciana LAMORGESE;

- della giustizia, la professoressa Marta CARTABIA;

- della difesa, l'onorevole Lorenzo GUERINI;

- dell'economia e delle finanze, il dottor Daniele FRANCO;

- dello sviluppo economico, l'onorevole Giancarlo GIORGETTI;

- delle politiche agricole alimentari e forestali, il senatore Stefano PATUANELLI;

- dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il professor Roberto CINGOLANI;

- delle infrastrutture e dei trasporti, il professor Enrico GIOVANNINI;

- del lavoro e delle politiche sociali, l'onorevole Andrea ORLANDO;

- dell'istruzione, il professor Patrizio BIANCHI;

- dell'università e della ricerca, la professoressa Maria Cristina MESSA;

- per i beni e le attività culturali e per il turismo, l'onorevole Dario FRANCESCHINI;

- della salute, l'onorevole Roberto SPERANZA.

Inoltre, il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta e sentito il Consiglio dei ministri, ha nominato il presidente di sezione del Consiglio di Stato Roberto GAROFOLI Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con le funzioni di Segretario del Consiglio medesimo.

Infine, con mio decreto in data odierna, sentito il Consiglio dei ministri, ho conferito ai Ministri senza portafoglio, a norma dell'articolo 9 della legge 23 agosto 1988, n. 400, i seguenti incarichi:

all'onorevole Federico D'INCA' i rapporti con il Parlamento;

al dottor Vittorio COLAO l'innovazione tecnologica e la transizione digitale;

all'onorevole Renato BRUNETTA la pubblica amministrazione;

all'onorevole Mariastella GELMINI gli affari regionali e le autonomie;

all'onorevole Maria Rosaria CARFAGNA il Sud e la coesione territoriale;

all'onorevole Fabiana DADONE le politiche giovanili;

alla professoressa Elena BONETTI le pari opportunità e la famiglia;

alla senatrice Erika STEFANI le disabilità;

all'onorevole Massimo GARAVAGLIA il coordinamento di iniziative nel settore del turismo.

F.to Mario Draghi».

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. La Conferenza dei Capigruppo ha definito l'organizzazione del dibattito sulla fiducia al Governo e approvato il calendario dei lavori fino al 26 febbraio.

La scansione del dibattito sulla fiducia è articolata come segue: dopo l'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, la seduta sarà sospesa per consentire la consegna del testo delle dichiarazioni programmatiche alla Camera dei deputati, convocata alle ore 11,30.

La seduta riprenderà alle ore 12,30 con la discussione, per la quale sono state ripartite tra i Gruppi sei ore e quaranta minuti. Dopo le prime tre ore di discussione, la seduta sarà sospesa dalle ore 15,30 alle 16,15 per la sanificazione dell'Aula. Il dibattito proseguirà dalle ore 16,15 per concludersi alle 19,55 circa. Seguirà un'ulteriore sanificazione dell'Aula.

La replica del Presidente del Consiglio dei ministri e le dichiarazioni finali di voto si svolgeranno a partire dalle ore 20,40. Seguirà quindi l'appello nominale per il voto di fiducia orientativamente alle ore 23. È prevista la trasmissione diretta televisiva di tutte le fasi della seduta, ad eccezione della chiama.

Il seguito della settimana corrente sarà riservato ai lavori delle Commissioni, con particolare riguardo al decreto-legge recante ulteriori disposizioni di contenimento del Covid-19.

La discussione in Assemblea di quest'ultimo provvedimento avrà inizio nella seduta di mercoledì 24 febbraio. Il calendario dei lavori della prossima settimana, con sedute fino a venerdì 26, se necessario, prevede inoltre la discussione del decreto-legge proroga termini, attualmente in corso di esame presso la Camera dei deputati.

In apertura della seduta di mercoledì 24 febbraio, si commemorerà la figura di Franco Marini e i Gruppi potranno intervenire per cinque minuti.

Calendario dei lavori dell'Assemblea

PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, riunitasi ieri con la presenza dei Vice Presidenti del Senato e con l'intervento del rappresentante del Governo, ha adottato - ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento - il calendario dei lavori fino al 26 febbraio:

Mercoledì

17

febbraio

h. 10

- Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri e conseguente dibattito

Mercoledì

24

febbraio

h. 9,30

- Disegno di legge n. 2066 - Decreto-legge n. 2, Ulteriori disposizioni contenimento COVID-19 ed elezioni 2021 (scade il 15 marzo)

- Disegno di legge n. ... - Decreto-legge n. 183/2020, Proroga termini (ove approvato dalla Camera dei deputati) (scade il 1° marzo)

Giovedì

25

"

h. 9,30

Venerdì

26

"

h. 9,30

(se necessaria)

Il termine di presentazione degli emendamenti al disegno di legge n. ... (Decreto-legge n. 183/2020, Proroga termini) sarà stabilito in relazione ai tempi di trasmissione della Camera dei deputati.

Ripartizione dei tempi per la discussione sulla fiducia al Governo
(6 ore e 40 minuti)

M5S

1 h.

20'

L-SP-PSd'Az

56'

FIBP-UDC

52'

PD

40'

Misto

42'

FdI

50'

IV-PSI

30'

Eu-MAIE-CD

24'

Aut (SVP-PATT, UV)

24'

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 2066
(Decreto-legge n. 2, Ulteriori disposizioni contenimento COVID-19
ed elezioni 2021)

(7 ore, escluse dichiarazioni di voto)

Relatori

40'

Governo

40'

Votazioni

40'

Gruppi 5 ore, di cui:

M5S

1 h.

L-SP-PSd'Az

46'

FIBP-UDC

41'

PD

33'

Misto

27'

FdI

26'

IV-PSI

25'

Eu-MAIE-CD

21'

Aut (SVP-PATT, UV)

20'

Dissenzienti

5'

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. ...
(Decreto-legge n. 183/2020, Proroga termini)

(7 ore, escluse dichiarazioni di voto)

Relatori

40'

Governo

40'

Votazioni

40'

Gruppi 5 ore, di cui:

M5S

1 h.

L-SP-PSd'Az

46'

FIBP-UDC

41'

PD

33'

Misto

27'

FdI

26'

IV-PSI

25'

Eu-MAIE-CD

21'

Aut (SVP-PATT, UV)

20'

Dissenzienti

5'

Sulla scomparsa di Franco Marini

PRESIDENTE. (Il Presidente e l'Assemblea si levano in piedi). Onorevoli senatori, è con profonda commozione che invito l'Assemblea a stringersi nel ricordo del presidente Franco Marini.

Abruzzese di origini, reatino di adozione, primogenito di sette fratelli in una famiglia di modeste condizioni economiche, Franco Marini è stato un vero uomo del popolo, per tutta la vita al servizio dei cittadini. Un sindacalista di razza, sempre pronto al confronto, anche duro, quando necessario, ma comunque volto a costruire, mai ad alimentare i conflitti. Un uomo di poche parole, ma ogni volta concrete, autorevoli e incisive. Un politico appassionato, forte di una visione innovatrice del mondo del lavoro, ma attenta e sensibile alle istanze dei lavoratori e alla difesa dei loro diritti; quei diritti che Franco Marini ha sempre sostenuto, con la determinazione di un lupo e con l'orgogliosa tenacia di un alpino, che erano il suo tratto distintivo, insieme a quell'indole schiva, riservata, burbera talvolta, che tuttavia celava uno spirito generoso, leale e di rara integrità morale.

Esponente storico dei cattolici democratici, ne ha guidato per molti anni l'ala più riformatrice, per poi tramandarne l'eredità culturale e politica nell'esperienza del Partito Popolare e quindi del Partito Democratico. L'impegno sindacale di una vita e il ruolo determinante assunto alla guida della CISL, in un'epoca di grandi conflitti sociali e di forti tensioni sul fronte della contrattazione collettiva, lo portarono alla guida del Ministero del lavoro e della previdenza sociale nel settimo Governo Andreotti: un incarico che Franco Marini seppe interpretare con rigore, responsabilità e profondo rispetto per le istituzioni.

Eletto per la prima volta alla Camera dei deputati nel 1992, con un vero e proprio plebiscito di voti, a testimonianza del suo forte legame con il territorio, Franco Marini è stato parlamentare per ben sei legislature, di cui due in Senato. Il 29 aprile 2006, in occasione della sua elezione a Presidente di questa Assemblea, all'inizio di una legislatura che si preannunciava complessa negli equilibri parlamentari, ebbe a ricordare: «La forza di una democrazia matura come la nostra risiede anche nel saper convergere insieme sulle decisioni e sulle scelte migliori per il nostro Paese; farlo senza il timore di perdere le nostre identità, che sono un bene prezioso, e le stesse responsabilità che hanno maggioranza e opposizione». È una riflessione che, oggi come allora, rispecchia fedelmente il suo pensiero, l'imparzialità e la saggezza con cui ha guidato il Senato e il suo instancabile impegno per il consolidamento di una democrazia parlamentare dialogante, fondata sui valori della Repubblica e della Costituzione. La sua scomparsa lascia un grande vuoto nella politica italiana.

Nel rinnovare ai familiari del presidente Franco Marini il mio cordoglio personale, insieme alla vicinanza dell'Assemblea e di tutto il Senato della Repubblica, vi invito a osservare un minuto di silenzio. (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio. Applausi).

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri e conseguente discussione (ore 10,15)

Approvazione della mozione di fiducia

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: «Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri e conseguente discussione».

Avverto che è in corso la trasmissione diretta televisiva.

Prima di dare la parola al presidente del Consiglio, professor Draghi, interpretando - ritengo - il sentimento di tutti i senatori, vorrei augurare a Pier Ferdinando Casini una pronta guarigione, visto che oggi non può partecipare ai lavori, perché è in ospedale. (Applausi).

Ha facoltà di parlare il presidente del Consiglio dei ministri, professor Draghi.

DRAGHI, presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il primo pensiero che vorrei condividere nel chiedere la vostra fiducia riguarda la nostra responsabilità nazionale. Il principale dovere cui siamo chiamati tutti, io per primo come Presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini. Una trincea dove combattiamo tutti insieme: il virus è nemico di tutti, ed è nel commosso ricordo di chi non c'è più che cresce il nostro impegno.

Prima di illustrarvi il mio programma, vorrei rivolgere un altro pensiero, partecipato e solidale, a tutti coloro che soffrono per la crisi economica che la pandemia ha scatenato, a coloro che lavorano nelle attività più colpite o fermate per motivi sanitari. Conosciamo le loro ragioni, siamo consci del loro enorme sacrificio; ci impegniamo a fare di tutto perché possano tornare, nel più breve tempo possibile, nel riconoscimento dei loro diritti, alla normalità delle loro occupazioni.

Ci impegniamo a informare i cittadini con sufficiente anticipo - per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia - di ogni cambiamento delle regole. (Applausi).

Il Governo farà le riforme, ma affronterà anche l'emergenza. Non esiste un prima e un dopo; siamo consci dell'insegnamento di Cavour: «Le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l'autorità, la rafforzano»; nel frattempo, però, dobbiamo occuparci di chi soffre adesso, di chi oggi perde il lavoro o è costretto a chiudere la propria attività.

Nel ringraziare ancora una volta il Presidente della Repubblica per l'onore dell'incarico che mi è stato assegnato, vorrei dirvi che non vi è mai stato - nella mia lunga vita professionale - un momento di emozione così intensa e di responsabilità così ampia. (Applausi).

Ringrazio altresì il mio predecessore, Giuseppe Conte (Applausi. Commenti), che ha affrontato una situazione di emergenza sanitaria ed economica come mai era accaduto dall'unità d'Italia.

Si è discusso molto sulla natura di questo Governo. La storia repubblicana ha dispensato una varietà infinita di formule. Nel rispetto che tutti abbiamo per le istituzioni e per il corretto funzionamento di una democrazia rappresentativa, un Esecutivo come quello che ho l'onore di presiedere, specialmente in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo, è semplicemente il Governo del Paese, non ha bisogno di alcun aggettivo che lo definisca, riassume la volontà, la consapevolezza e il senso di responsabilità delle forze politiche che lo sostengono alle quali è stata chiesta una rinuncia per il bene di tutti, dei propri elettori come degli elettori di altri schieramenti, anche dell'opposizione, dei cittadini tutti. Questo è lo spirito repubblicano di un Governo che nasce in una situazione di emergenza, raccogliendo l'alta indicazione del Capo dello Stato.

La crescita di un'economia non dipende solo da fattori economici: dipende dalle istituzioni, dalla fiducia dei cittadini verso di esse, dalla condivisione di valori e di speranze, gli stessi fattori che determinano il progresso di un Paese. Si è detto e scritto che questo Governo è stato reso necessario dal fallimento della politica. Mi sia consentito di non essere d'accordo. Nessuno fa un passo indietro rispetto alla propria identità (Applausi), ma semmai, in un nuovo e del tutto inconsueto perimetro di collaborazione, ne fa uno avanti, nel rispondere alle necessità del Paese e nell'avvicinarsi ai problemi quotidiani delle famiglie e delle imprese che ben sanno quando è il momento di lavorare insieme senza pregiudizi e senza rivalità.

Nei momenti più difficili della nostra storia l'espressione più alta e nobile della politica si è tradotta in scelte coraggiose, in visioni che fino a un attimo prima sembravano impossibili, perché prima di ogni appartenenza viene il dovere della cittadinanza. Siamo cittadini di un Paese che ci chiede di fare tutto il possibile senza perdere tempo e senza lesinare anche il più piccolo sforzo per combattere la pandemia e contrastare la crisi economica. E noi oggi, politici e tecnici che formano questo nuovo Esecutivo, siamo semplicemente tutti cittadini italiani, onorati di servire il nostro Paese, tutti ugualmente consapevoli del compito che ci è stato affidato. Questo è lo spirito repubblicano del mio Governo.

La durata dei governi in Italia è stata mediamente breve, ma ciò non ha impedito, in momenti anche più drammatici, di compiere scelte decisive per il nostro futuro. Contano la qualità delle decisioni e il coraggio delle visioni, non i giorni di tempo: il tempo del potere può essere sprecato anche nella sola preoccupazione di conservarlo.

Oggi come accadde ai governi dell'immediato dopoguerra, abbiamo la possibilità, o meglio la responsabilità, di avviare una nuova ricostruzione, ma soprattutto, grazie alla convinzione che il futuro delle generazioni successive sarebbe stato migliore per tutti, nella fiducia reciproca, nella fratellanza nazionale, nel perseguimento di un riscatto civico e morale, a quella ricostruzione collaborarono forze politiche ideologicamente lontane, se non contrapposte. Sono certo che anche a questa nuova ricostruzione nessuno farà mancare, nella distinzione di ruoli e identità, il proprio apporto.

Spesso mi sono chiesto se noi - e mi riferisco prima di tutto alla mia generazione - abbiamo fatto e stiamo facendo per loro tutto quello che i nostri nonni e padri fecero per noi, sacrificandosi oltremisura. Loro sono i nostri figli, i nostri nipoti, il nostro futuro.

È questa una domanda che ci dobbiamo porre quando non facciamo tutto il necessario per promuovere al meglio il capitale umano, la formazione, la scuola, l'università e la cultura. È una domanda alla quale dobbiamo dare risposte concrete e urgenti quando deludiamo i nostri giovani, costringendoli a emigrare da un Paese che troppo spesso non sa valutare il merito e non ha ancora realizzato un'effettiva parità di genere. È una domanda che non possiamo eludere quando aumentiamo il nostro debito pubblico senza aver speso e investito al meglio risorse che sono sempre scarse. Ogni spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione dei loro diritti.

Esprimo davanti a voi, che siete i rappresentanti eletti degli italiani, l'auspicio che il desiderio e la necessità di costruire un futuro migliore orientino saggiamente le nostre decisioni, nella speranza che i giovani italiani che prenderanno il nostro posto, anche qui, in quest'Aula, ci ringrazino per il nostro lavoro e non abbiano di che rimproverarci per il nostro egoismo. (Applausi).

Questo Governo nasce nel solco dell'appartenenza del nostro Paese, come socio fondatore, all'Unione europea e come protagonista dell'Alleanza atlantica, nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori. Sostenere questo Governo significa condividere l'irreversibilità della scelta dell'euro e la prospettiva di un'Unione europea sempre più integrata (Applausi) che approderà a un bilancio pubblico comune, capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione.

Gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa. (Applausi. Commenti). Anzi, nell'appartenenza convinta al destino dell'Europa, siamo ancora più italiani e ancora più vicini ai nostri territori di origine e residenza. Dobbiamo essere orgogliosi del contributo italiano alla crescita e allo sviluppo dell'Unione europea. Senza l'Italia non c'è l'Europa, ma fuori dall'Europa c'è meno Italia. Non c'è sovranità nella solitudine; c'è solo l'inganno di ciò che siamo, nell'oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere.

Siamo una grande potenza economica e culturale. Mi sono sempre stupito e un po' addolorato, in questi anni, nel notare come spesso il giudizio degli altri sul nostro Paese sia migliore del nostro. Dobbiamo essere più orgogliosi, più giusti e più generosi nei confronti del nostro Paese (Applausi) e riconoscerne i tanti primati, tra cui la profonda ricchezza del nostro capitale sociale e del nostro volontariato, che altri ci invidiano.

Da quando è esplosa l'epidemia, ci sono stati - e i dati ufficiali sottostimano il fenomeno - 92.522 morti e 2.725.106 cittadini colpiti dal virus. In questo momento 2.002.074 sono i ricoverati in terapia intensiva. (Commenti). Sono 2.074, scusate.

Ci sono 259 morti tra gli operatori sanitari e 118.856 sono quelli contagiati, a dimostrazione di un enorme sacrificio sostenuto con generosità e impegno. Sono cifre che hanno messo a dura prova il sistema sanitario nazionale, sottraendo personale e risorse alla prevenzione e alla cura di altre patologie, con conseguenze pesanti sulla salute di tanti italiani.

L'aspettativa di vita a causa della pandemia è diminuita: fino a quattro o cinque anni nelle zone di maggior contagio e di un anno e mezzo o due per tutta la popolazione italiana. Un calo simile non si registrava in Italia dai tempi delle guerre mondiali. La diffusione del virus ha comportato gravissime conseguenze anche sul tessuto economico e sociale del nostro Paese, con rilevanti impatti sull'occupazione, specialmente quella dei giovani e delle donne: un fenomeno destinato ad aggravarsi quando verrà meno il divieto di licenziamento.

Si è anche aggravata la povertà. I dati dei centri di ascolto Caritas, che confrontano il periodo maggio-settembre 2019 con lo stesso periodo del 2020, mostrano che da un anno all'altro l'incidenza dei nuovi poveri passa dal 31 al 45 per cento. Quasi una persona su due che oggi si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta. Tra i nuovi poveri aumenta, in particolare, il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, degli italiani, che oggi sono la maggioranza rispetto anche allo scorso anno, e delle persone in età lavorativa, di fasce di cittadini finora mai sfiorate dall'indigenza. Il numero totale di ore di cassa integrazione per emergenza sanitaria dal 1° aprile al 31 dicembre dello scorso anno supera i quattro milioni. Nel 2020 gli occupati sono scesi di 444.000 unità, ma il calo si è accentrato sui contratti a termine e i lavoratori autonomi. La pandemia ha finora colpito soprattutto giovani e donne; è una disoccupazione selettiva, ma che presto potrebbe iniziare a colpire anche i lavoratori con contratti a tempo indeterminato.

Gravi e con pochi precedenti storici sono gli effetti sulla disuguaglianza. In assenza di interventi pubblici, una misura della disuguaglianza nella distribuzione del reddito, che si chiama il coefficiente di Gini, sarebbe aumentata nel primo semestre del 2020 di quattro punti percentuali rispetto al 34 per cento del 2019. Questo aumento sarebbe stato maggiore di quello cumulato durante le due recenti recessioni. L'aumento della diseguaglianza è stato tuttavia attenuato dalle reti di protezione presenti nel nostro sistema di sicurezza sociale, in particolare dai provvedimenti che dall'inizio della pandemia li hanno rafforzati.

Rimane però il fatto che il nostro sistema di sicurezza sociale è squilibrato, non proteggendo a sufficienza i cittadini con impieghi a tempo determinato e i lavoratori autonomi. Le previsioni pubblicate la scorsa settimana dalla Commissione europea indicano che, sebbene nel 2020 la recessione europea sia stata meno grave di quanto ci si aspettasse (quindi già fra poco più di un anno si dovrebbero recuperare i livelli di attività economica pre-pandemia), in Italia questo non accadrà prima della fine del 2022, in un contesto in cui prima della pandemia non avevamo ancora recuperato pienamente gli effetti delle crisi del 2008-2009 e del 2011-2013.

La diffusione del Covid ha provocato ferite profonde nelle nostre comunità, non solo sul piano sanitario ed economico, ma anche in quello culturale ed educativo. Le ragazze e i ragazzi soprattutto quelli delle scuole secondarie di secondo grado, hanno avuto il servizio scolastico attraverso la didattica a distanza, che, pur garantendo la continuità del servizio, non può non creare disagi ed evidenziare le diseguaglianze. Un dato chiarisce meglio la dinamica attuale: a fronte di 1.696.300 studenti delle scuole secondarie di secondo grado, nella prima settimana di febbraio solo 1,039 milioni di studenti, il 61 per cento del totale, hanno avuto assicurato il servizio attraverso la didattica a distanza.

Questa situazione di emergenza senza precedenti impone di imboccare con decisione e rapidità una strada di unità e impegno comune.

Il piano di vaccinazione. Gli scienziati in solo dodici mesi hanno fatto un miracolo; non era mai accaduto che si riuscisse a produrre un nuovo vaccino in meno di un anno. La nostra prima sfida è ottenerlo nelle quantità sufficienti e distribuirlo rapidamente ed efficientemente. Abbiamo bisogno di mobilitare tutte le energie su cui possiamo contare, ricorrendo alla Protezione civile, alle Forze armate, ai tanti volontari. (Applausi). Non dobbiamo limitare le vaccinazioni all'interno di luoghi specifici, che spesso non sono ancora pronti. Abbiamo il dovere di renderle possibili in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private, facendo tesoro dell'esperienza fatta con i tamponi, che, dopo un ritardo iniziale, sono stati permessi anche al di fuori della ristretta cerchia di ospedali autorizzati, e soprattutto imparando da Paesi che si sono mossi più rapidamente di noi, disponendo subito di quantità di vaccini adeguate. La velocità è essenziale non solo per proteggere gli individui e le loro comunità sociali, ma ora anche per ridurre le possibilità che sorgano altre varianti del virus.

Sulla base dell'esperienza dei mesi scorsi dobbiamo aprire un confronto a tutto campo sulla riforma della nostra sanità. Il punto centrale è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base: case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria. (Applausi). È questa la strada per rendere realmente esigibili quelli che sono chiamati i Livelli essenziali di assistenza e affidare agli ospedali le esigenze sanitarie acute, post acute e riabilitative. La "casa come principale luogo di cura" è oggi possibile con la telemedicina e con l'assistenza domiciliare integrata.

Per quanto riguarda la scuola, non solo dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie, ma dobbiamo fare il possibile, con le modalità più adatte, per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno (Applausi), soprattutto nelle Regioni del Mezzogiorno, in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori difficoltà. (Applausi). Occorre rivedere il disegno del percorso scolastico annuale e allineare il calendario scolastico alle esigenze derivanti dall'esperienza vissuta dall'inizio della pandemia. Il ritorno a scuola deve avvenire in sicurezza. (Applausi).

È necessario investire in una transizione culturale a partire dal patrimonio identitario umanistico riconosciuto a livello internazionale. Siamo chiamati a disegnare un percorso educativo che combini la necessaria adesione agli standard qualitativi richiesti, anche nel panorama europeo, con innesti di nuove materie e metodologie, coniugando le competenze scientifiche con quelle delle aree umanistiche del multilinguismo.

Infine, è necessario investire nella formazione del personale docente per allineare l'offerta educativa alla domanda delle nuove generazioni.

In questa prospettiva, particolare attenzione va riservata agli istituti tecnici. In Francia e in Germania, ad esempio, questi istituti sono un pilastro importante del sistema educativo. È stato stimato in circa tre milioni, nel quinquennio 2019-2023, il fabbisogno di diplomati di istituti tecnici nell'area digitale e ambientale. Il Programma nazionale di ripresa resilienza assegna un miliardo e mezzo agli istituti tecnici, venti volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia. (Applausi).

Senza innovare l'attuale organizzazione di queste scuole, rischiamo che quelle risorse vengano sprecate.

La globalizzazione, la trasformazione digitale e la transizione ecologica stanno da anni cambiando il mercato del lavoro e richiedono continui adeguamenti nella formazione universitaria. Allo stesso tempo, occorre investire adeguatamente nella ricerca, senza escludere la ricerca di base, puntando all'eccellenza, ovvero a una ricerca riconosciuta a livello internazionale, per l'impatto che produce sulla nuova conoscenza e sui nuovi modelli in tutti i campi scientifici.

Quando usciremo - e usciremo - dalla pandemia, che mondo troveremo? Alcuni pensano che la tragedia nella quale abbiamo vissuto per più di dodici mesi sia stata simile a una lunga interruzione di corrente: prima o poi la luce ritorna e tutto ricomincia come prima. La scienza, ma semplicemente il buon senso, suggeriscono che potrebbe non essere così. Il riscaldamento del Pianeta ha effetti diretti sulle nostre vite e sulla nostra salute, dall'inquinamento alla fragilità idrogeologica, all'innalzamento del livello dei mari che potrebbe rendere ampie zone di alcune città litoranee non più abitabili. Lo spazio che alcune megalopoli hanno sottratto alla natura potrebbe essere stata una delle cause della trasmissione del virus dagli animali all'uomo. (Applausi). Come ha detto Papa Francesco «Le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento. E io penso che: se chiedessi al Signore che cosa pensa, non credo mi direbbe che è una cosa buona: siamo stati noi a rovinare l'opera del Signore». (Applausi).

Proteggere il futuro dell'ambiente, conciliandolo con il progresso e il benessere sociale richiede un approccio nuovo: digitalizzazione, agricoltura, salute, energia, aerospazio, cloud computing, scuole ed educazione, protezione dei territori, biodiversità, riscaldamento globale ed effetto serra sono diverse facce di una sfida poliedrica che vede al centro l'ecosistema in cui si svilupperanno tutte le nostre azioni.

Anche nel nostro Paese alcuni modelli di crescita dovranno cambiare: ad esempio il modello di turismo, un'attività che prima della pandemia rappresentava il 14 per cento del totale delle nostre attività economiche. Imprese e lavoratori in quel settore vanno aiutati ad uscire dal disastro creato dalla pandemia. (Applausi). Ma senza scordare che il turismo avrà un futuro se non dimentichiamo che esso vive della nostra capacità di preservare, cioè almeno non sciupare, l'ambiente, città d'arte, luoghi e tradizioni che successive generazioni, attraverso molti secoli, hanno saputo preservare e ci hanno tramandato.

Uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce: questa osservazione che gli scienziati non smettono di ripeterci ha una conseguenza importante. Il Governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche; alcune dovranno cambiare, anche radicalmente e la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi.

La capacità di adattamento del nostro sistema produttivo e interventi senza precedenti hanno permesso di preservare la forza lavoro in un anno drammatico. Sono stati sette milioni i lavoratori che hanno fruito di strumenti di integrazione salariale, per un totale, come dicevo prima, di quattro miliardi di ore. Grazie a tali misure, supportate anche dalla Commissione europea mediante il programma SURE, è stato possibile limitare gli effetti negativi sull'occupazione. A pagare il prezzo più alto sono stati i giovani, le donne e i lavoratori autonomi.

È innanzitutto a loro che bisogna pensare quando affrontiamo una strategia di sostegno delle imprese e del lavoro (Applausi), strategia che dovrà coordinare la sequenza degli interventi sul lavoro, sul credito e sul capitale.

Centrali sono le politiche attive del lavoro. Affinché esse siano immediatamente operative è necessario migliorare gli strumenti esistenti, come l'assegno di riallocazione, rafforzando le politiche di formazione dei lavoratori occupati e disoccupati. Vanno anche rafforzate le dotazioni di personale e digitali dei centri per l'impiego in accordo con le Regioni. Questo progetto è già parte del Programma nazionale di ripresa e resilienza, ma andrà anticipato da subito.

Il cambiamento climatico, come la pandemia, penalizzano alcuni settori produttivi senza che vi sia un'espansione in altri settori che possa compensare. Dobbiamo quindi essere noi ad assicurare questa espansione e lo dobbiamo fare subito. La risposta della politica economica al cambiamento climatico e alla pandemia dovrà essere una combinazione di politiche strutturali che facilitino l'innovazione, di politiche finanziarie che facilitino l'accesso delle imprese capaci di crescere al capitale e al credito e di politiche monetarie e fiscali espansive che agevolino gli investimenti e creino domanda per le nuove attività sostenibili che sono state create. (Applausi).

Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta.

La mobilitazione di tutte le energie del Paese nel suo rilancio non può prescindere dal coinvolgimento delle donne. Il divario di genere nei tassi di occupazione in Italia rimane tra i più alti in Europa: circa 18 punti su una media europea di 10. Dal Dopoguerra ad oggi la situazione è certamente migliorata, ma questo incremento non è andato di pari passo con un altrettanto evidente miglioramento delle condizioni di carriera delle donne. L'Italia oggi presenta uno dei peggiori gap salariali tra generi in Europa, oltre una cronica scarsità di donne in posizioni manageriali di rilievo. Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge (Applausi); richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi. Intendiamo lavorare in questo senso, puntando ad un riequilibrio del gap salariale e a un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro. (Applausi).

Garantire parità di condizioni competitive significa anche assicurarsi che tutti abbiano eguale accesso alla formazione di quelle competenze chiave che sempre più permetteranno di far carriera; digitali, tecnologiche e ambientali. Intendiamo quindi investire economicamente, ma soprattutto culturalmente, perché sempre più giovani donne scelgano di formarsi negli ambiti su cui intendiamo rilanciare il Paese. Solo in questo modo riusciremo a garantire che le migliori risorse siano coinvolte nello sviluppo del Paese.

Aumento dell'occupazione, in primis femminile, è obiettivo imprescindibile nel Mezzogiorno. Benessere, autodeterminazione, legalità e sicurezza sono strettamente legati all'aumento dell'occupazione femminile nel Mezzogiorno. Sviluppare la capacità di attrarre investimenti privati, nazionali e internazionali, è essenziale per generare reddito, creare lavoro, invertire il declino demografico e lo spopolamento delle aree interne. Ma per raggiungere questo obiettivo occorre creare un ambiente dove legalità e sicurezza siano sempre garantite. Vi sono poi strumenti specifici, quali il credito di imposta e altri interventi da concordare in sede europea.

Per riuscire a spendere e spendere bene, utilizzando i fondi che il Programma nazionale di ripresa e resilienza dà al Mezzogiorno, occorre irrobustire le amministrazioni meridionali, anche guardando con attenzione all'esperienza di un passato che spesso ha deluso la speranza.

Quanto agli investimenti pubblici, in tema di infrastrutture occorre investire sulla preparazione tecnica, legale ed economica dei funzionari pubblici, per permettere alle amministrazioni di poter pianificare, progettare e accelerare gli investimenti con certezza dei tempi, dei costi e in piena compatibilità con gli indirizzi di sostenibilità e crescita indicati nel Programma. Particolare attenzione va posta agli investimenti in manutenzione delle opere e nella tutela del territorio, incoraggiando l'utilizzo di tecniche predittive basate sui più recenti sviluppi in tema di intelligenza artificiale e tecnologie digitali. Il settore privato deve essere invitato a partecipare alla realizzazione degli investimenti pubblici, apportando più che finanza, competenza, efficienza e innovazione per accelerare la realizzazione dei progetti nel rispetto dei costi previsti.

Next generation EU: la strategia per i progetti del Next generation non può che essere trasversale e sinergica, basata sul principio dei co-benefici, cioè con la capacità di impattare simultaneamente più settori in maniera coordinata. Dovremo imparare a prevenire piuttosto che a riparare, non sono dispiegando tutte le tecnologie a nostra disposizione, ma anche investendo sulla consapevolezza delle nuove generazioni che ogni azione ha una conseguenza. Come si è ripetuto più volte, avremo a disposizione circa 210 miliardi lungo un periodo di sei anni. Queste risorse dovranno essere spese puntando a migliorare il potenziale di crescita della nostra economia. La quota di prestiti aggiuntivi che richiederemo tramite la principale componente del Programma, lo Strumento per la ripresa e la resilienza, dovrà essere anche modulata in base agli obiettivi di finanza pubblica.

Il precedente Governo ha già svolto una grande mole di lavoro sul Programma nazionale di ripresa e resilienza. Dobbiamo approfondire e completare quel lavoro che, includendo le necessarie interlocuzioni con la Commissione europea, avrebbe una scadenza molto ravvicinata, la fine di aprile.

Gli orientamenti che il Parlamento esprimerà nei prossimi giorni a commento della bozza di Programma presentata dal Governo uscente saranno di importanza fondamentale nella preparazione della sua versione finale.

Voglio qui riassumere l'orientamento del nuovo Governo.

Le Missioni del Programma potranno essere rimodulate e riaccorpate, ma resteranno quelle enunciate nei precedenti documenti del Governo uscente, ovvero l'innovazione, la digitalizzazione, la competitività e la cultura; la transizione ecologica; le infrastrutture per la mobilità sostenibile; la formazione e la ricerca; l'equità sociale, di genere, generazionale e territoriale; la salute e la relativa filiera produttiva. Dovremo rafforzare il Programma prima di tutto per quanto riguarda gli obiettivi strategici e le riforme che li accompagnano. Vediamo prima gli obiettivi strategici.

Il Programma è finora stato costruito in base ad obiettivi di alto livello e aggregando proposte progettuali in missioni, componenti e linee progettuali. Nelle prossime settimane, rafforzeremo la dimensione strategica del programma, in particolare con riguardo agli obiettivi riguardanti la produzione di energia da fonti rinnovabili, l'inquinamento dell'aria e delle acque, la rete ferroviaria veloce, le reti di distribuzione dell'energia per i veicoli a propulsione elettrica, la produzione e distribuzione di idrogeno, la digitalizzazione, la banda larga e le reti di comunicazione 5G.

Il ruolo dello Stato e il perimetro dei suoi interventi dovranno essere valutati con attenzione. Compito dello Stato è utilizzare le leve della spesa per ricerca e sviluppo, dell'istruzione, della formazione, della regolamentazione, dell'incentivazione e della tassazione. (Applausi).

In base a tale visione strategica, il Programma indicherà obiettivi per il prossimo decennio e più a lungo termine, con una tappa intermedia per l'anno finale del Next generation EU, il 2026. Non basterà elencare progetti che si vogliono completare nei prossimi anni. Dovremo dire dove vogliamo arrivare nel 2026 e a cosa puntiamo per il 2030 e il 2050, anno in cui l'Unione europea intende arrivare a zero emissioni nette di CO2 e gas clima-alteranti.

Selezioneremo progetti e iniziative coerenti con gli obiettivi strategici del Programma, prestando grande attenzione alla loro fattibilità nell'arco dei sei anni del Programma.

Chiariremo il ruolo del terzo settore e del contributo dei privati al Programma nazionale, attraverso i meccanismi di finanziamento a leva. Sottolineeremo il ruolo della scuola. Nella sanità dovremo usare questi progetti per porre le basi per rafforzare la medicina territoriale, come ho appena detto, e la telemedicina.

La governance del Programma di ripresa e resilienza è incardinata nel Ministero dell'economia e delle finanze, con la strettissima collaborazione dei Ministeri competenti, che definiscono le politiche e i progetti di settore. Il Parlamento verrà costantemente informato sia sull'impianto complessivo sia sulle politiche di settore. (Applausi).

Infine, il capitolo delle riforme, che affronterò ora separatamente. Come sapete il Next generation EU prevede delle riforme. Alcune riguardano problemi aperti da decenni, ma che non per questo vanno dimenticati. Fra questi, la certezza delle norme e dei piani di investimento pubblico, fattori che limitano gli investimenti, sia italiani sia esteri. Inoltre, la concorrenza. Chiederò all'Autorità garante per la concorrenza e il mercato di produrre in tempi brevi, come previsto dalla legge, le sue proposte in questo campo.

Negli anni recenti, i nostri tentativi di riformare il Paese non sono stati del tutto assenti, ma i loro effetti concreti sono stati limitati. Il problema sta forse nel modo in cui spesso abbiamo disegnato le riforme, con interventi parziali, dettati dall'urgenza del momento, senza una visione a tutto campo, che richiede tempo e competenza. (Applausi).

Nel caso del fisco, per fare un esempio, non bisogna dimenticare che il sistema tributario è un meccanismo complesso, le cui parti si legano l'una all'altra. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta. (Applausi). Un intervento complessivo rende anche più difficile che specifici gruppi di pressione riescano a spingere il Governo ad adottare misure scritte per avvantaggiarli. Inoltre, le esperienze di altri Paesi insegnano che le riforme della tassazione dovrebbero essere affidate ad esperti, che conoscono bene cosa può accadere se si cambia una imposta. Ad esempio, la Danimarca, nel 2008, nominò una commissione di esperti in materia fiscale. La commissione incontrò i partiti politici e le parti sociali e, solo dopo, presentò la sua relazione al Parlamento. Il progetto prevedeva un taglio della pressione fiscale pari a 2 punti di PIL. L'aliquota marginale massima dell'imposta sul reddito veniva ridotta, mentre la soglia di esenzione veniva alzata. Un metodo simile fu seguito in Italia all'inizio degli anni Settanta del secolo scorso, quando il Governo affidò ad una commissione di esperti, tra i quali Bruno Visentini e Cesare Cosciani, il compito di ridisegnare il nostro sistema tributario, che non era stato più modificato dai tempi della riforma Vanoni del 1951.

Si deve a quella commissione l'introduzione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e del sostituto d'imposta per i redditi da lavoro dipendente. Una riforma fiscale segna, in ogni Paese, un passaggio decisivo: indica priorità; dà certezze; offre opportunità. È l'architrave della politica di bilancio. (Applausi).

In questa prospettiva va studiata una revisione profonda dell'Irpef, con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività. (Applausi).

Funzionale al perseguimento di questi obiettivi sarà anche un rinnovato e rafforzato impegno nell'azione di contrasto all'evasione fiscale. (Applausi).

L'altra riforma che non si può procrastinare è quella della pubblica amministrazione. Nell'emergenza l'azione amministrativa, a livello centrale e nelle strutture locali e periferiche, ha dimostrato capacità - come si dice oggi - di resilienza e di adattamento grazie a un impegno diffuso nel lavoro a distanza e a un uso intelligente delle tecnologie a sua disposizione, ma la fragilità del sistema delle pubbliche amministrazioni e dei servizi di interesse collettivo è tuttavia una realtà che deve essere rapidamente affrontata. Particolarmente urgente è lo smaltimento dell'arretrato accumulato durante la pandemia. Agli uffici verrà chiesto di predisporre un piano di smaltimento dell'arretrato e di comunicarlo ai cittadini.

La riforma dovrà muoversi su due direttive: investimenti in connettività, con anche la realizzazione di piattaforme efficienti e di facile utilizzo da parte dei cittadini che possano far sentire la loro voce; aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici, anche selezionando nelle assunzioni le migliori competenze e attitudini in modo rapido, efficiente e sicuro, senza costringere a lunghissime attese decine di migliaia di candidati.

Nel campo della giustizia le azioni da svolgere sono principalmente quelle che si collocano all'interno del contesto delle aspettative dell'Unione europea. Nelle raccomandazioni specifiche per Paese indirizzate all'Italia negli anni 2019 e 2020 la Commissione, pur dando atto dei progressi compiuti negli ultimi anni, ci esorta ad aumentare l'efficienza del sistema giudiziario civile attuando e favorendo l'applicazione dei decreti di riforma in materia di insolvenza, garantendo un funzionamento più efficiente dei tribunali, favorendo lo smaltimento dell'arretrato e una migliore gestione dei carichi di lavoro, adottando norme procedurali più semplici, coprendo i posti vacanti del personale amministrativo, riducendo le differenze che sussistono nella gestione dei casi da tribunale a tribunale e, infine, favorendo la repressione della corruzione.

Nei nostri rapporti internazionali questo Governo sarà convintamente europeista e atlantista, in linea con gli ancoraggi storici dell'Italia: Unione europea, Alleanza atlantica, Nazioni Unite. (Applausi). Ancoraggi che abbiamo scelto fin dal Dopoguerra, in un percorso che ha portato benessere, sicurezza e prestigio internazionale. Profonda è la nostra vocazione a favore di un multilateralismo efficace, fondato sul ruolo insostituibile delle Nazioni Unite. Resta forte la nostra attenzione e proiezione verso le aree di naturale interesse prioritario come i Balcani, il Mediterraneo allargato, con particolare attenzione alla Libia, al Mediterraneo orientale e all'Africa.

Gli anni più recenti hanno visto una spinta crescente alla costruzione in Europa di reti di rapporti bilaterali e plurilaterali privilegiati. Proprio la pandemia ha rivelato la necessità di perseguire uno scambio più intenso con i partner con i quali la nostra economia è più integrata. Per l'Italia ciò comporterà la necessità di meglio strutturare e rafforzare il rapporto strategico e imprescindibile con Francia e Germania, ma occorrerà anche consolidare la collaborazione con Stati con i quali siamo accomunati da una specifica sensibilità mediterranea e dalla condivisione di problematiche come quella ambientale e migratoria (Spagna, Grecia, Malta e Cipro).

Continueremo anche a operare perché si avvii un dialogo più virtuoso tra l'Unione europea e la Turchia.

L'Italia si adopererà per alimentare meccanismi di dialogo con la Federazione Russa, ma seguiamo con preoccupazione ciò che sta accadendo in questo e in altri Paesi dove i diritti dei cittadini sono spesso violati. (Applausi).

Seguiamo anche con preoccupazione l'aumento delle tensioni in Asia intorno alla Cina.

Altra sfida sarà il negoziato sul nuovo Patto sulla migrazione e l'asilo, nel quale perseguiremo un deciso rafforzamento dell'equilibrio tra responsabilità dei Paesi di primo ingresso e solidarietà effettiva. (Applausi).

Cruciale sarà anche la costruzione di una politica europea dei rimpatri dei non aventi diritto alla protezione internazionale, accanto al pieno rispetto dei diritti dei rifugiati. (Applausi).

L'avvento della nuova amministrazione americana prospetta un cambiamento di metodo più cooperativo nei confronti dell'Europa e degli alleati tradizionali. Sono fiducioso che i nostri rapporti e la nostra collaborazione non potranno che intensificarsi.

Dal dicembre scorso e fino alla fine del 2021 l'Italia esercita per la prima volta la presidenza del G20. Il programma che coinvolgerà l'intera compagine governativa ruota intorno a tre pilastri: people, planet, prosperity. L'Italia avrà la responsabilità di guidare il gruppo verso l'uscita della pandemia e di rilanciare una crescita verde e sostenibile a beneficio di tutti. Si tratterà per noi, come ho già detto, di ricostruire e ricostruire meglio. Insieme al Regno Unito, con cui quest'anno abbiamo le presidenze parallele del G7 e G20, punteremo sulla sostenibilità e la transizione verde nella prospettiva della prossima Conferenza delle parti sul cambiamento climatico, con particolare attenzione a coinvolgere attivamente le giovani generazioni attraverso l'evento «Youth4Climate».

Veniamo alle conclusioni: questo è il terzo Governo della legislatura. Non c'è nulla che faccia pensare che possa far bene senza il sostegno convinto di questo Parlamento. È un sostegno che non poggia su alchimie politiche, ma sullo spirito di sacrificio con cui donne e uomini hanno affrontato l'ultimo anno, sul loro vibrante desiderio di rinascere e tornare più forti, e sull'entusiasmo dei giovani che vogliono un Paese capace di realizzare i loro sogni. Oggi l'unità non è un'opzione, è un dovere. (Applausi).

L'unità è un dovere, ma è un dovere guidato da ciò che sono certo ci unisce tutti: l'amore per l'Italia. (Vivi e prolungati applausi).

PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente del Consiglio dei ministri.

Colleghi, per consentire al Presidente del Consiglio di recarsi alla Camera dei deputati e consegnare il testo delle dichiarazioni programmatiche, la seduta viene sospesa e riprenderà alle ore 12,30 con gli interventi in discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri secondo la ripartizione dei tempi già comunicata.

La seduta è sospesa.

(La seduta, sospesa alle ore 11,09, è ripresa alle ore 12,34).

Riprendiamo i nostri lavori.

Ricordo che è in corso la trasmissione diretta televisiva.

Dichiaro aperta la discussione.

È iscritta a parlare la senatrice Cattaneo. Ne ha facoltà.

CATTANEO (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, gentili Ministri, colleghi senatori, il Presidente della Repubblica, in un contesto eccezionale di crisi di sistema sul profilo sanitario, economico e da ultimo politico, ha visto in lei, presidente Draghi, la personalità migliore che il Paese potesse esprimere per far fronte alle enormi sfide del presente e del prossimo futuro a livello nazionale, europeo e mondiale. E l'ampia maggioranza parlamentare, trasversale e composita, che oggi si accinge a votare la fiducia al Governo da lei presieduto, ha evidentemente condiviso la scelta del presidente Mattarella.

Ma la soluzione della crisi in piena emergenza non solleva questo Parlamento, in quanto espressione diretta della volontà popolare, dalla riflessione sull'incapacità di essere autosufficiente a esprimere un Governo per il Paese. Credo pertanto che tutti gli attori della politica e delle istituzioni siano oggi chiamati a una responsabilizzazione profonda sulla scelta di comportamenti e regole che onorino la democrazia parlamentare. In altre parole, non è bene tutto quel che finisce bene, anche se è bene - ed è importante ribadirlo - che lei oggi sia qui, al banco del Governo, che rappresenti l'Italia nei consessi europei e assuma per tutti noi la Presidenza del G20.

Il Governo a cui oggi siamo chiamati a dare la fiducia nasce per corrispondere alle urgenze sanitarie ed economiche figlie dell'emergenza pandemica. Sul fronte economico, tra i suoi compiti più urgenti vi è quello di dotare il Paese di un piano nazionale di ripresa e resilienza e degli strumenti necessari perché il più grande investimento di risorse pubbliche dei prossimi decenni si rifletta positivamente sulle prossime generazioni, su quei giovani a cui il piano di rilancio europeo Next generation EU è dedicato. Ed è infatti sulle loro spalle che graverà, per la massima parte, il peso di ripagare l'ulteriore enorme debito di cui in questi mesi ci stiamo assumendo la responsabilità.

Al meeting di Rimini dello scorso agosto lei indicava come indispensabile per la crescita proprio l'istruzione e più in generale l'investimento nei giovani, settore nel quale - sempre per continuare a citare le parole di allora che riflettono perfettamente il mio sentire - la situazione presente rende imperativo e urgente un massiccio investimento di intelligenza e risorse finanziarie.

Sì, Presidente, è imperativo e urgente combattere e ridurre il più possibile la dispersione scolastica: un fenomeno di proporzioni preoccupanti nel nostro Paese, tra i più alti nell'Unione europea e che si è acuito ancora di più nell'emergenza pandemica.

Altrettanto imperativo e urgente è che la ricerca tutta sia promossa con attenzione e risorse pubbliche adeguate. Questa mattina lei ha affermato che occorre investire adeguatamente nella ricerca senza escludere la ricerca di base, puntando all'eccellenza, ovvero a una ricerca riconosciuta a livello internazionale per l'impatto che produce sulla nuova conoscenza e sui modelli in tutti i campi scientifici.

Presidente, soprattutto per far fronte a emergenze come l'attuale ed essere pronti alla prossima emergenza che non sappiamo da dove verrà, è importante intervenire a monte. Non basta non escludere la ricerca di base, ma è necessario difenderla e promuoverla come insostituibile fucina di nuove idee mai immaginate prima, di nuove strade conoscitive e di future applicazioni innovative. È impossibile oggi immaginare qualunque piano di rilancio senza mettere al centro la ricerca, lo studio. Senza di essa oggi staremmo ancora brancolando nel buio nel fronteggiare la pandemia. Basti pensare che il padre di uno dei vaccini innovativi sviluppati grazie all'uso dell'RNA messaggero, approvato e in uso in tutta Europa, è Ugur Sahin: uno scienziato che è stato solo pochi anni fa vincitore di un importante finanziamento alla ricerca di base da parte del Consiglio europeo della ricerca.

È garantendo la libertà di studiare per conoscere l'ignoto e di impegnarsi su un'idea per capirne la complessità che si crea uno spazio pubblico dove la fiducia aumenta e i giovani restano, anziché sentirsi costretti a fuggire.

La conoscenza cresce in quantità e qualità e l'incertezza arretra di fronte alla forza delle evidenze che avanzano. Ma sono decenni, signor Presidente, che la libertà di ricercare nel nostro Paese è tenuta a freno, sottofinanziata e sottoposta a ogni tipo di deviazione o stasi.

Il nostro è il Paese delle eccellenze diffuse in ogni settore, in ogni angolo d'Italia - dal Nord al Sud - ma è anche il Paese della ricerca abbandonata e del disprezzo verso la ricerca pubblica, libera, che mette in competizione le idee, perché senza competizione e concorrenza le idee si svuotano e le passioni si spengono.

Il nostro è anche il Paese dei tanti divieti insensati e dei tanti ostacoli normativi che i nostri colleghi ricercatori europei non hanno e la cui rimozione a costo zero sarebbe già un atto di raggiunta normalità. In questi anni ho visto chiudersi e dissolversi gruppi di ricerca di prim'ordine per mancanza di fondi e organizzazione; ho visto studiosi di università, CNR e altri prestigiosi enti di ricerca costretti a pagare di tasca propria la riparazione degli impianti elettrici o dei condizionatori dei laboratori per poter andare avanti nei loro studi.

A lei, signor Presidente, chiedo di difendere e promuovere la ricerca in tutti gli ambiti - da quello umanistico a quello scientifico - nell'unico modo possibile, mantenendola libera, aperta e competitiva secondo i più semplici e importanti principi di etica pubblica. Solo così potremo trattenere e attrarre le migliori menti. Solo così potremo colmare il gap con gli altri Paesi europei che hanno il doppio di ricercatori rispetto a noi. Solo così avremo giovani appassionati al proprio Paese.

Ricerca e istruzione sono tra i settori a più alto valore aggiunto nel medio e lungo termine, con ritorni non solo economici, ma anche di accrescimento del capitale sociale, culturale e cognitivo di un Paese.

Gentile Presidente - chiudo citando ancora una volta le sue parole - ricordo però che, affinché le politiche finanziate e l'azione di Governo risultino credibili agli occhi dei cittadini e del mondo che ci osserva, l'investimento pubblico in ricerca e non solo non può prescindere da trasparenza e condivisione, sempre necessarie, ma specialmente oggi - cito ancora le sue parole - che la discrezionalità che spesso caratterizza l'emergenza si accompagna a scelte destinate a proiettare i loro effetti negli anni a venire.

Ebbene, nel disegnare le politiche dei prossimi decenni mi auguro che l'orientamento di questo Governo sia quello di riformare anche profondamente l'esistente per migliorarlo e supportarlo, senza però cadere nella facile tentazione di creare, una volta di più, nuovi contenitori e formule organizzative estemporanee in deroga alle regole ordinarie. Signor Presidente, di corsie preferenziali in nome di proclamate eccellenze autoattribuite e mai misurate con il metro del merito e della libera concorrenza il Paese è esausto.

A ogni studioso di qualunque provenienza istituzionale e geografica deve essere garantita la stessa libertà di competere per le fonti di finanziamento pubblico che la politica identificherà, affinché l'idea, il progetto, il gruppo, l'ente o la rete di enti migliori possano vincere, in primo luogo nell'interesse dei cittadini contribuenti, per poter davvero partecipare al rilancio di questo Paese. Faccio parte della comunità di studiosi da trent'anni e so che ne ha tutte le forze, le capacità, le competenze e il forte desiderio. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Buccarella. Ne ha facoltà.

BUCCARELLA (Eu-MAIE-CD). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, come tutto il Paese ho seguito attentamente il suo discorso programmatico e voglio dirle che ho ascoltato quanto mi aspettavo e speravo di sentire.

Ho apprezzato la condivisione della consapevolezza che stiamo vivendo tutti, ciascuno nel proprio ruolo, un momento storico e che sono necessarie la massima unità e determinazione possibili per combattere la pandemia e difendere i nostri concittadini dalle emergenze che ci sfidano tutti, apprezzando il lavoro finora svolto dal precedente Governo presieduto da Giuseppe Conte.

Ho apprezzato la definizione della natura di questo Governo che lei ha dato. Ci ha detto che questo è il Governo del Paese, cioè quello che deve far recuperare a ciascuno di noi lo spirito repubblicano, indicando un nuovo perimetro di collaborazione anteponendo il dovere della cittadinanza all'appartenenza politica, per cercare di ritrovarsi insieme come cittadini italiani. Questo è un appello che io mi sento di condividere fortemente e che spero sia condiviso anche dai miei colleghi, senatori e senatrici. Mi è piaciuto il richiamo della sua visione in quella frase che sintetizza tanto: i giovani non dovranno rimproverarci il nostro egoismo.

Personalmente, il tema che più mi appassiona, e su cui misurerò la bontà del lavoro che come parlamentari ci apprestiamo a riprendere con la nuova compagine governativa, è quello - pure da lei ovviamente toccato - della transizione ecologica che - come ha ricordato - sta cambiando anche il mercato del lavoro e della ricerca. Le sfide dell'emergenza climatica e le conseguenze per il prossimo aumento del livello dei mari, lo spazio sottratto alla natura, le parole di Papa Francesco: lei ha sintetizzato la sfida poliedrica che vede al centro l'intero ecosistema. Mi piace sottolineare che una tale considerazione del tema nasce non solo da una sensibilità ecologista, ma anche dalla consapevolezza delle opportunità che le sfide tecnologiche ci offrono e che non possiamo non cogliere anche sul piano della ricerca, della progettazione, della capacità manifatturiera e dei cicli industriali, della mobilità terrestre e tanto altro.

Riguardo al PNRR, lei ha detto che è necessario rimodulare e riformulare quello fatto dal precedente Governo. Lì tocchiamo le materie delle energie rinnovabili, dell'idrogeno - mi è piaciuto molto il suo citare l'idrogeno - dell'innovazione e - come ha ricordato - ci lavoreremo insieme, Governo e Parlamento, nelle prossime settimane con interlocuzione dell'Unione europea. Credo che le tematiche relative all'energia saranno cruciali e i progetti che andremo a realizzare dovranno essere necessariamente trasversali rispetto alle sei mission previste dal PNRR: competitività, rivoluzione verde, transizione ecologica, infrastrutture per mobilità sostenibile, istruzione e ricerca, coesione territoriale. Questo punto mi richiama mentalmente anche all'opportunità che abbiamo di contribuire a risollevare il Sud, perché in tema di coesione territoriale sarà opportuno che i progetti che andremo a realizzare riescano a colmare le notorie differenze che ancora gravano fra le parti del nostro Paese. Ricordo inoltre che i progetti per Sud rappresentano un incremento marginale più elevato rispetto ai contributi che pure daremo alle altre zone più sviluppate del Paese.

Per me che ho promosso un intergruppo parlamentare sull'idrogeno verde e sulle comunità dell'energia che raccoglie ad oggi circa 40 tra deputati e senatori, il suo richiamo all'idrogeno è fondamentale. Bisogna fare in modo che la scelta sia sull'idrogeno cosiddetto verde, cioè ottenuto da fonti rinnovabili in prospettiva (Applausi), scommettendo su questo come stanno facendo i nostri partner e concorrenti europei, quali Francia e Germania, e resistendo alle possibili e probabili pressioni di visioni ancorate al sistema delle fonti fossili, che temo non mancheranno di far sentire la loro voce. Occorre creare hydrogen valley, elettrolizzatori, celle a combustibile; aumentare considerevolmente la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Noi sappiamo che già prima dell'ingresso dell'idrogeno verde come possibile protagonista è necessario moltiplicare per sei volte la capacità produttiva di energia elettrica da fotovoltaico ed eolico (anche off-shore, ambientalmente compatibile) e quindi sarà necessaria una nuova politica di permitting.

Il tempo a mia disposizione sta per terminare e, quindi, concludo il mio intervento richiamando all'attenzione anche del nuovoMinistro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale la necessità di incidere a livello normativo e regolamentare sulla... (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. Senatore Buccarella, la Presidenza l'autorizza ad allegare la restante parte del suo intervento.

È iscritta a parlare la senatrice Garavini. Ne ha facoltà.

GARAVINI (IV-PSI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, componenti del Governo, signor Presidente del Consiglio: fiducia, ottimismo, coraggio, dedizione. Abbiamo sentito questo nel suo intervento, presidente Draghi: l'analisi dei problemi, ma soprattutto l'individuazione della strada per risolverli. Le siamo grati per questo messaggio, perché è ciò di cui ha bisogno il Paese. La crisi è grave, anzi è gravissima; ma da una crisi possono scaturire anche le opportunità più promettenti, purché si abbia la capacità di guardare al futuro e ci sia la determinazione di voler cambiare le cose senza arrendersi.

Noi di Italia Viva siamo convinti che lei, signor Presidente del Consiglio, sia la persona migliore per affrontare questa sfida, grazie all'esperienza che ha maturato nei prestigiosi incarichi già ricoperti e grazie al programma di cui si è dotato, per il quale il nostro sostegno non può che essere ancora più convinto, dal momento che mette al centro dell'agenda di Governo molti dei punti che noi stessi, come Italia Viva, abbiamo portato avanti per anni. Il fatto che lei stia scegliendo le priorità giuste è dimostrato anche dal continuo calo dello spread di questi giorni; un calo così consistente da avere già determinato un forte risparmio di spesa per interessi sul debito pubblico; risparmi massicci, che si potranno tradurre in maggiori risorse per la sanità, nella ristrutturazione di scuole o in più posti di asilo nido. Insomma, si potranno avere margini di spesa inimmaginabili solo poche settimane fa.

Ci fa piacere, signor Presidente, che dalle sue dichiarazioni emerga in modo chiaro come questo Governo sia profondamente europeista e atlantista. Lo scacchiere internazionale è in continua evoluzione. Ecco che riaffermare con forza che la nostra cornice naturale è data dall'Europa e dall'Alleanza atlantica è un punto di partenza ottimale, così come lo è il ribadire il nostro impegno per il rispetto dei diritti civili, anche nei confronti dei diversi nostri partner internazionali. Ci convince molto anche la priorità da lei enunciata, signor Presidente, a partire dalla necessità di investire sulle nuove generazioni. Vanno create le condizioni affinché il nostro Paese torni a essere attraente per giovani talenti desiderosi di lavorare qui. Bisogna invertire la rotta che ha portato all'estero tanti nostri giovani promettenti.

Servono importanti interventi per far ripartire la crescita a favore dell'occupazione, con attenzione anche al Sud. Ci sono miliardi di risorse pubbliche già stanziate da anni che vanno sbloccate, rimettendo in moto i cantieri. Soprattutto le donne hanno sofferto molto a causa della crisi. Ecco che sono pienamente condivisibili le sue parole: l'occupazione femminile va aumentata in tutti i settori dell'economia, anche nei quadri dirigenziali, perché nessun Paese può permettersi di trascurare il 50 per cento delle proprie intelligenze.

Le siamo grati, signor Presidente, di aver affidato due obiettivi strategici per il futuro del nostro Paese a nomi altamente competenti. Per un'Italia che esca più forte da questa crisi dobbiamo puntare sul digitale e sull'economia green. La digitalizzazione non toglie lavoro, semmai lo crea e crea futuro; anche un'economia rispettosa dell'ambiente produce nuovi posti di lavoro. Digitalizzazione e ambiente sono due pilastri del Next generation EU. Proprio per questo abbiamo insistito affinché i fondi che l'Italia riceverà dall'Europa vengano spesi nel modo migliore possibile, con professionalità e competenza.

Ottime anche le sue considerazioni su scuola, università e ricerca. É importante rimettere al centro dell'azione di Governo la formazione, la cultura e il sapere, consapevoli che serve un piano vaccinale efficace, che riesca a immunizzare 50 milioni di persone in poche settimane. Solo se si riuscirà a raggiungere in breve tempo un'immunità di gregge che copra praticamente l'intera popolazione, si potrà tornare a vivere e a lavorare nella normalità.

Poi c'è la giustizia civile, dove serve un netto cambio di passo. Ha fatto bene, signor Presidente, ad assegnare anche questo compito nelle mani migliori, le mani di una donna. Sono sicura che una giustizia che funzioni meglio sarà un elemento centrale per un'Italia che sappia trasformare la crisi in un'opportunità di rilancio.

In conclusione, signor Presidente, siamo ottimisti che il nostro Paese saprà realizzare una transizione ambiziosa: da Paese per certi versi ancora retrogrado a Paese proiettato nel futuro, capofila in Europa, un Paese che noi oggi le chiediamo di costruire, con il nostro supporto, con il supporto di questo Parlamento e con il coraggio di chi ha la volontà di cambiare le cose in meglio. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore De Carlo. Ne ha facoltà.

DE CARLO (FdI). Signor Presidente, rompo io il ghiaccio per il mio Gruppo parlamentare, che è l'unico che non le voterà la fiducia, ma lo faccio augurandole buon lavoro. Lei sa quanto sarà duro il suo lavoro e l'emozione con cui ha esordito, sbagliando i numeri delle terapie intensive (da 2.000 a 2 milioni), lo fa trasparire in maniera evidente. Noi le auguriamo buon lavoro perché siamo una forza patriottica che tifa sempre per l'Italia e, quindi, non ci auguriamo il fallimento del suo Governo.

Certo, avremmo voluto che anche lei, persona di altissimo profilo, stimatissima, con le relazioni internazionali che ha saputo costruire nei suoi anni di attività, fosse passato attraverso un'elezione. L'Italia è l'unico caso di democrazia in cui il Premier non solo non è scelto dai cittadini - come in questo caso - ma nemmeno è passato mai attraverso una consultazione elettorale. (Applausi). Direi che questo è un vulnus alla democrazia che andrebbe in qualche maniera corretto.

Signor Presidente, ci aspettavamo anche una discontinuità dopo le parole del Presidente della Repubblica. Aspettavamo un Governo di alto profilo, il Governo dei migliori. Invece, nulla di tutto ciò: anzi, una grandissima continuità con i Governi che l'hanno preceduto. In realtà, sono bastate ben poche ore per rendersene conto. L'ordinanza del ministro Speranza, che di fatto mette in ginocchio un intero settore, quello della montagna, non solo è contro gli sciatori, ma penalizza fortemente tutti quegli operatori che in montagna vivono, come me, e vorrebbero continuare a lavorarci.

Signor Presidente, noi, anziché discontinuità, abbiamo notato piuttosto una transumanza, come nel caso del ministro Patuanelli, che dal MISE passa al Ministero dell'agricoltura. Guardate: il ministro Patuanelli è probabilmente uno dei migliori del precedente Governo (Applausi) e noi che ci occupiamo di agricoltura lo accogliamo avendo grandi aspettative, perché tanti sono i temi sul suo tavolo, signor Ministro. Uno di essi è la difesa del made in Italy. Ricordo essere stata Fratelli d'Italia e non un'altra forza politica ad aver voluto e portato in Assemblea la forte contrarietà al Nutri-Score, che oggi mette in forte difficoltà i nostri prodotti. Ma c'è anche il tema dell'export e quello della lotta all'italian sounding. Per la verità, lei, Ministro, era partito maluccio con la precedente legge di bilancio cercando di ridurre le risorse ai consorzi e con l'eliminazione dell'italian sounding, ma poi il provvedimento è stato prontamente corretto da un emendamento.

Occorrerà fare attenzione alla infrastrutturazione dei mercati, alla logistica, all'innovazione, ma anche e soprattutto alla remunerazione del lavoro degli agricoltori, perché non esiste riempirsi la bocca parlando di filiera quando poi gli agricoltori hanno redditi schiacciati dalla grande distribuzione e non trovano dignità nel proprio lavoro. (Applausi). Se mai dovessimo parlare di dazi, vorremmo che si parlasse di dazi di civiltà, proprio a tutela del prodotto italiano; dazi di civiltà nei confronti di quei Paesi che non adempiono alcuna delle norme di sicurezza che noi applichiamo e che garantiscono sicurezza alimentare ai nostri cittadini, ma anche a quelli delle Nazioni cui esportiamo i nostri prodotti.

Signor Presidente del Consiglio, torno a lei. È vero: lei ha fatto appello all'unità come un dovere e non un'opzione, ma le ricordo che l'unità non deve essere mai a scapito del pluralismo, della democrazia e della tolleranza di chi ha un'idea diversa dalla sua. Vedrà che quando si volgerà verso questa parte dell'Emiciclo, troverà molta più correttezza e lealtà di quelle che riceverà da tante parti della sua maggioranza, perché noi amiamo questa Nazione e siamo una forza politica patriottica che ha sempre anteposto l'interesse nazionale a quello nostro personale. Saremo qui, baluardi della democrazia, a beneficio anche di quelli che oggi la sostengono, magari qualcuno per opportunismo, qualcun altro per conformismo. Ma ci saremo noi qui a difendere l'Italia - come dice lei - whatever it takes. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Monti. Ne ha facoltà.

MONTI (Misto). Signor Presidente del Consiglio, in primo luogo ringrazio il presidente Mattarella per aver dato una soluzione solida, impeccabile, e con la personalità migliore che l'Italia avesse a disposizione, a una crisi difficile e sono grato a lei di avere accettato questo compito.

Dimentichiamo a volte che una Repubblica parlamentare, con un Presidente della Repubblica come quello attuale - come è stato spesso unanimemente riconosciuto - ha la capacità di trovare soluzioni che altri Paesi a volte ci invidiano e che la nostra formula parlamentare permette anche la formazione, quando necessario, di Governi di unità nazionale o di larga, larghissima coalizione, per affrontare, ripartendone il peso dell'eventuale impopolarità su più spalle, l'onere delle riforme.

Credo che sia una felice circostanza quella di trovarci in questo momento con un uomo di una tale personalità e carisma alla guida del nostro Paese, con una formula che mi sembra - convintamente spero - di unità nazionale.

Io mi limito, signor Presidente, a commentare un passaggio verso la fine dell'intervento del presidente Draghi, che cito: «Non c'è sovranità nella solitudine. C'è solo l'inganno di ciò che siamo, nell'oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere».

Signor Presidente del Consiglio, lei entra oggi in contatto con una legislatura nata nel 2018, che in entrambe le Camere ha visto dibattiti e conflitti molto profondi, genuini, dilanianti sui temi della personalità internazionale dell'Italia in Europa. Credo che le cose che lei dice saranno ben accolte da tutti perché siamo stati in questi cinque anni oggetto di sperimentazione di tante varianti alla ricerca di soluzioni diverse da quelle che lei suggerisce. Abbiamo anche visto al di fuori dei nostri confini il Paese più potente - quantomeno di tutto il mondo occidentale - ricercare una primazia per se stesso al di fuori di un quadro multilaterale, che apparteneva alla sua tradizione, senza averla trovata e avendo diminuito il proprio ruolo nel contesto mondiale.

Lei ha anche aggiunto che siamo una grande potenza economica e culturale. Mi sono sempre stupito e un po' addolorato in questi anni nel notare come spesso il giudizio degli altri sul nostro Paese sia migliore del nostro. Dobbiamo essere più orgogliosi, più giusti e più generosi nei confronti del nostro Paese. A me piacerebbe sentirla, in una delle sue prossime manifestazioni pubbliche, esortare noi tutti a non abbassarci usando - solo noi, gli altri Paesi non fanno l'equivalente - l'espressione «soluzione all'italiana» in senso peggiorativo. È una terminologia che usiamo molto spesso. Lei non avrà mai sentito un tedesco, un francese, un americano o un russo dire questo. Ci inviti a cambiare anche il nostro linguaggio, se vogliamo essere serenamente orgogliosi del nostro Paese, al quale lei, con i suoi Ministri, ai quali formulo auguri - se ancora si può usare questa espressione - dal profondo del cuore, saprà preparare un futuro degno per i nostri figli e nipoti che altrimenti avrebbero tutto il diritto di condannarci irrimediabilmente.

Auguri, signor Presidente. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ferrari. Ne ha facoltà.

FERRARI (PD). Signor Presidente del Consiglio, il Partito Democratico esprime convinto e leale sostegno al suo Governo, ne riconosciamo l'autorevolezza e ci riconosciamo nelle scelte che lei ci propone perché sanno guardare opportunamente oltre alle due gigantesche emergenze, la campagna vaccinale e il recovery plan.

Lei, Presidente, eredita un Paese molto affaticato - come ha giustamente riconosciuto - dalla pesante crisi sanitaria ed economica, ma un Paese in piedi, grazie anche al lavoro fatto fin qui, per il quale voglio esprimere un vero ringraziamento al presidente Conte.

Oggi si apre una fase nuova, bisogna che ci capiamo molto bene, perché è una fase che poggia - a mio avviso - su uno snodo tutt'altro che semplice da interpretare: siamo nel solco di una rottura di fase tra il prima (la preoccupazione per la salute) ed il dopo (la speranza della rivincita, la speranza della ricostruzione). È impossibile stare fermi: occorre dare subito l'idea agli italiani che abbiamo le idee chiare e passo sostenuto sulla ricostruzione, pur senza smettere di prenderci cura della loro salute. Lei giustamente si è chiesto chi e come lo può fare, se un Governo tecnico o politico, nel senso di ampia dimensione sociale delle sue scelte; un Governo a tempo, quello utile ad affrontare le due grandi urgenze di cui sopra, o un Governo che dovrà anche fare altro. Lo può e lo deve fare il Governo del Paese, mosso dallo spirito che lei ci ha rappresentato.

L'Italia non ha tempo da sprecare, non pretende - si badi bene - solo normalità, non pretende nemmeno solo di spendere bene i 200 miliardi dell'Europa. L'Italia vuol tornare a sognare e vedere ogni giorno che il proprio sogno collettivo diventi realtà: niente di più affine, sulla carta, a un Governo di tutti o quasi tutti, guidato da un sentimento di unità nazionale. Ma questa è la risposta della ragione, e poi per l'appunto c'è il sentimento e il sentimento non ammette riserve.

È per questo che noi, così diversi in questa maggioranza, abbiamo ancor più responsabilità. Nessun annullamento di soggettività, ma da domani cerchiamo motivi che ci affranchino nelle nostre diversità, percorrendo quindi strade parallele, oppure mettiamo le nostre più sincere energie per incontrarci in quegli svincoli da cui passa il futuro dell'Italia. Io scelgo la seconda strada e lo faccio con la mia storia, che è la storia di chi, a proposito di integrazione europea, sceglie la visione di Colorni: quella della costruzione del sogno europeo non come imposizione di un'ideologia sulle altre, bensì come progressiva e vera unità di tutti i popoli europei, di chi ha passato diversi anni con gli amici Luca Meldolesi e Marco Vitale ad animare il dialogo tra due città simbolo della diversità italiana - Milano e Napoli - sulle politiche per creare impresa, lavoro e sviluppo; di chi crede che avesse ragione Carlo Cattaneo e non Massimo D'Azeglio, perché il punto non è nemmeno oggi fare l'Italia, ma è liberarla, sprigionando la piena libertà amministrativa dei cittadini. (Applausi). Europa delle persone, lavoro, libertà amministrativa; Europa delle persone, Presidente, come unica prospettiva possibile nella quale la priorità assoluta è data al capitale umano e al lavoro come conquista di nuovi indispensabili - e qui i suoi richiami al processo di integrazione - equilibri tra opportunità e fragilità; la libertà amministrativa come piena emancipazione - non uso a caso questo termine - dei cittadini da un'amministrazione pubblica troppo poco disponibile a fare il loro interesse, troppo incapace di valutare l'impatto delle proprie scelte. Questi sono alcuni degli svincoli su cui dobbiamo - io penso - provare a incontrarci.

Chi vuole guardare le cose da sinistra può avere riserve su queste priorità? Io penso di no, cari amici e colleghi del MoVimento 5 Stelle e di LeU. Potrei dire di tante altre priorità, ma resto sul punto politico di oggi: capire se vogliamo trovare un approccio comune. Proviamo a stare tra di noi in un rapporto di reciprocità, a partire da questo Parlamento? Siamo capaci, colleghi della Lega, soprattutto del Nord, di promuovere quello scatto culturale di integrazione tra Nord e Sud, tra livelli istituzionali, tra pubblico e privato, da cui passerà inevitabilmente anche la sostenibilità dei grandi processi sociali di transizione e trasformazione ecologico-digitale, che saranno grandi processi sociali di trasformazione? Se sì - ce lo dobbiamo dire sapendo che qui nessuno è ingenuo - credo che ne valga la pena.

A proposito di sacrifici - e ho concluso - qualcuno ha detto che quando gli dei vogliono punirci avverano i nostri desideri. Ognuno di noi farà i conti con la propria punizione e la scoprirà. Sono certo, però, che sarà più semplice per tutti accettarla, se avremo fatto tutto il possibile per desiderare un'Italia migliore, per le donne e per i giovani. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Dal Mas. Ne ha facoltà.

DAL MAS (FIBP-UDC). Signor Presidente del Senato, signor Presidente del Consiglio dei ministri, colleghi, si potrebbe discettare sulla formula di questo Governo: Governo di tecnici, Governo di politici. Io dico: un Governo della politica; un Governo che ha una grande maggioranza, espressione della parte più nobile della politica.

Dico questo perché, magari, qualcuno vorrebbe tacciare queste soluzioni come ipotesi di trasformismo. Il trasformismo, però, nella storia d'Italia è buono e cattivo. È come il debito, professor Draghi. Lei ci ha insegnato che c'è il debito buono e che c'è il debito cattivo. Il trasformismo buono è stato quello che ha portato all'Unità d'Italia. (Applausi). Lei ha citato Cavour, il 1852 e il connubio Rattazzi-Cavour. Poi, ancora, la svolta di Salerno, Togliatti e De Gasperi e, se vogliamo andare ancora più avanti, gli anni Settanta, gli anni del terrorismo, gli anni difficili in cui questo Paese, nonostante le divisioni ideologiche, riuscì a produrre leggi importanti: il divorzio, l'aborto, l'istituzione del Servizio sanitario nazionale universale: universale. Questo è il nostro Paese e lei ha fatto bene a ricordare con orgoglio, come ha fatto anche il presidente Monti, che noi italiani dobbiamo essere orgogliosi di essere italiani. (Applausi).

Ciò detto, un senatore di questa Assemblea, che ha amato definirsi senatore semplice, ma che io penso abbia una visione kubrickiana della complessità, riuscì a fare un'intervista molto importante - che segnò la fine di un Governo, dando vita al Conte bis - espressione di un gerbido trasformismo, in cui affermava che l'Italia correva il rischio di inseguire una deriva che l'avrebbe portata fuori dall'Europa e iscritta a pieno titolo nei Paesi di Visegràd.

Quel senatore, poi, ha anche costruito parte di questo Governo. Devo dire che quell'intervista fu profetica, salvifica, forse "salvinifica", tale per cui oggi i soli capitani coraggiosi sono in grado di compiere significativi cambi di rotta nel loro indirizzo e capire che l'indirizzo principale è quello degli italiani. Alla Lega e al suo segretario va riconosciuto questo. (Applausi).

Questo Governo deve risolvere il problema delle vaccinazioni; deve "dearcurizzare" la complessità messa in piedi in questo periodo; deve far atterrare - mi consenta l'espressione impropria - il recovery plan e accompagnare tutto questo percorso con delle riforme.

Io posso parlare della giustizia, ma, se dovessi dire ciò che sento in cuore, dovrei stare zitto perché, purtroppo, il range nel quale voi dovete operare è molto limitato, anche se estremamente efficace. Noi dobbiamo, infatti, incidere su due punti e mezzo di PIL, sull'efficacia della giustizia civile, lì dove si trova il collo di bottiglia, che - lo dico al ministro Cartabia - sta nel rapporto tra primo e secondo grado, cioè nel fatto che gran parte delle decisioni del secondo grado sono conferme, per quasi due terzi, delle decisioni del giudice di prime cure.

In cuor mio, io non posso non pensare che provengo da una storia politica che vuole la separazione delle carriere. Ma oggi la vera separazione delle carriere non è tra magistrato giudicante e magistrato inquirente; la vera separazione è tra i pubblici ministeri e il corto circuito mediatico-giudiziario. (Applausi). Non è possibile che le indagini finiscano sui giornali. Prima o poi ci sarà un Parlamento che si occuperà di tali questioni. (Applausi). Non cito Palamara.

Chiedo di poter allegare la restante parte del mio intervento. (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. La Presidenza la autorizza in tal senso.

È iscritto a parlare il senatore Vallardi. Ne ha facoltà.

VALLARDI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, colleghi, auguro buon lavoro al presidente Draghi, a tutto il suo Governo e ai Ministri. Da presidente della Commissione agricoltura faccio un in bocca al lupo a Stefano Patuanelli, nostro Ministro di riferimento in questo momento.

La Commissione agricoltura, che mi onoro di rappresentare, ha da sempre collaborato in maniera trasversale: abbiamo votato quasi sempre all'unanimità perché sappiamo che l'interesse primario è l'interesse degli agricoltori. (Applausi).

L'agricoltura, che sta vivendo un momento di grande difficoltà, è stata storicamente una grande risorsa per questo Paese. L'agricoltura ci ha permesso di sopravvivere e ripartire dopo la Prima e la Seconda guerra mondiale. Durante quest'anno, trascorso chiusi in casa con il lockdown, abbiamo saputo apprezzare chi ci dava da mangiare: gli agricoltori, che sono la vera e grande risorsa di questo Paese. (Applausi).

È giusto ricordare che l'agricoltura italiana sta vivendo gravi momenti di difficoltà; stiamo attraversando delle grandi sfide. Avremo bisogno sicuramente di risorse e di notevole attenzione perché i pericoli che incombono sull'agricoltura italiana sono molteplici.

Presidente, rivolgendomi in particolar modo a lei, che ha qualche importante conoscenza in Europa, cito, per esempio, il nutri-score (le etichette a semaforo). Non è possibile che il nostro olio d'oliva, il prosciutto di Parma e il Parmigiano Reggiano abbiano il bollino rosso come cibi pericolosi e che la Coca Cola Light abbia il bollino verde. (Applausi). C'è qualcosa che non funziona.

Dobbiamo tornare indietro perché la bravura dei nostri agricoltori ha fatto sì che la dieta mediterranea fosse riconosciuta come patrimonio immateriale dell'umanità. Tony Blair nel 1986 nel Regno Unito la portava come esempio di educazione alimentare per combattere l'obesità dei nostri ragazzi. In questi anni evidentemente è cambiato qualcosa. Le multinazionali pericolose ce l'hanno con gli agricoltori italiani. Noi abbiamo fiducia in lei. Ho ascoltato il suo intervento e mi è molto piaciuto. Ero ottimista prima e oggi lo sono ancora di più perché noi della Lega siamo convinti che, grazie al suo aiuto, difenderemo l'agricoltura in Italia con l'etichettatura, ma soprattutto combatteremo le multinazionali europee che di bene all'agricoltura italiana non ne vogliono molto. (Applausi).

Abbiamo anche grandi e importanti sfide da combattere. Penso ai cambiamenti climatici, che sicuramente creano notevoli difficoltà alla produzione degli agricoltori italiani. Costoro devono combattere i cambiamenti climatici, ma hanno un grande fardello da portare sulla schiena. Mi riferisco alla burocrazia: il 30 per cento del tempo degli agricoltori italiani è speso a compilare carte. Presidente, per far sì che la burocrazia non sia un peso abbiamo bisogno di lei. Mi rivolgo al ministro Patuanelli. Ne parliamo da troppo tempo; dobbiamo togliere questo balzello.

Gli agricoltori italiani sono bravi a produrre; è gente che produce qualità e che ha bisogno di investire e di produrre. Gli agricoltori italiani saranno quelli che faranno ripartire il Paese.

Io, insieme alla Lega, conto su di lei. Siamo convinti che dopo il suo intervento l'Italia migliorerà sicuramente. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Lanzi. Ne ha facoltà.

LANZI (M5S). Signor Presidente, inizio questo intervento con un ringraziamento ai colleghi del MoVimento 5 Stelle che voteranno la fiducia questa notte. È inutile girarci attorno: questo passaggio non è semplice per il nostro Gruppo e molti di noi sono politicamente e personalmente combattuti, come lo è d'altronde il sottoscritto; ma anch'io, come loro, rispetto gli esiti della nostra votazione sulla rete e, adeguandomi ad essa, non disattengo il mio ruolo di portavoce per esprimere la fiducia a questo Governo.

Presidente Draghi, immagino che per lei non sia importante quanto sia convinto il mio sì alla fiducia al suo Governo, ma voglio essere molto diretto e deciso nel dire che l'assenso di oggi può trasformarsi molto rapidamente in un «no» a qualsiasi misura il Governo varerà in contrasto con i princìpi del MoVimento 5 Stelle; non una fiducia ad orologeria, quindi, ma certamente una fiducia che dovrà conquistarsi giorno dopo giorno, provvedimento dopo provvedimento. E non creda che sui temi si possa fare una spartizione a tavolino, dando ogni tanto un contentino a destra e uno a sinistra.

Lo devo ammettere: fino a pochi giorni fa non avrei mai neppure pensato di votare a favore della fiducia. Avrei voluto dire «no», come ho fatto con il voto online della scorsa settimana, o almeno in subordine rifugiarmi nell'astensione. Ma rispetto la maggioranza dei miei colleghi e assumo la mia quota parte di questa responsabilità, come richiesto dai nostri iscritti: questa è la democrazia. Sono fiero di far parte di un movimento politico che per fare scelte così importanti coinvolge e fa votare decine di migliaia di persone, anziché far decidere a quattro o cinque dirigenti di partito chiusi in una stanza.

Voglio aggiungere una cosa, perché ci tengo particolarmente: colui che l'ha preceduta, Giuseppe Conte, non meritava il trattamento al quale è stato sottoposto. Un Presidente amato, che ha ben gestito il Paese affrontando anche una pandemia, è stato disarcionato da interessi di parte e dal livore personale di alcuni, da una politica che nella restaurazione si autoalimenta. Lo spirito che ha animato il Governo del presidente Conte è ancora presente in quest'Aula e desidero reiterare - mi ascolti bene - il mio disprezzo politico e la mia totale disistima nei confronti del responsabile delle manovre politiche che hanno privato il Paese di un presidente amatissimo dal popolo come Giuseppe Conte. (Applausi).

Gli italiani non dimenticheranno la responsabilità di chi prima si tatuava la parola MES sul petto e poi è stato pronto a nasconderla alla bisogna: vergogna!

Andiamo avanti. Presidente Draghi, il MoVimento 5 Stelle sa benissimo che il momento che il Paese sta vivendo richiede a ciascuno di prendersi le proprie responsabilità. Tra queste certamente la più importante è quella di continuare ad essere la voce e il baluardo in difesa dei cittadini. Temi come la sostenibilità ambientale, la transizione ecologica del tessuto produttivo e dei trasporti, il salario minimo, la difesa dei lavoratori, una riduzione del cuneo fiscale, un «no» definitivo al MES e una scuola moderna inclusiva saranno sempre i pilastri su cui si reggerà l'azione politica del MoVimento 5 Stelle, dentro e fuori questo Palazzo.

Non si propongano al Parlamento parole come inceneritori, trivellazioni, tassazione dei liberi professionisti, privatizzazioni, riduzione del superbonus (riduzione del superbonus?) e non ci venga a proporre la parola «sacrificio», magari accompagnata dall'aggettivo «necessario» pur di farci ingoiare rospi inaccettabili. Ci stupisca: metta la giustizia sociale e ambientale al centro di ogni misura che sottoporrà a quest'Assemblea e, soprattutto, agisca in fretta per fronteggiare la crisi sanitaria e quella economica. Lo faccia con coraggio, quel coraggio che gli italiani stanno chiedendo per tornare gradualmente alla normalità, pur tenendo alta una soglia di attenzione quanto mai necessaria in una pandemia.

Su questi fronti troverà nel MoVimento 5 Stelle una sponda leale ed una sana collaborazione nell'interesse dei nostri concittadini in difficoltà. Si faccia parte diligente e faccia lavorare subito il suo Governo. Ci faccia lavorare; tempo ne abbiamo perso anche troppo per questa crisi assurda.

Siamo disponibili anche i sabati e le domeniche: dobbiamo fare l'interesse dei cittadini, stremati dalla pandemia, a causa della quale tutto si aggrava. In attesa delle riaperture necessarie, mettiamo in circolo i ristori e gli aiuti, al più presto. Attenzione però a non depotenziare misure a noi care: le risparmio l'elenco, perché lo conosce e altri miei colleghi ne parleranno. Da subito ci aspettiamo un Governo che rispetti il ruolo del Parlamento e di ogni singola Commissione; un Esecutivo che, all'interno del Parlamento, non ignori il ruolo del MoVimento 5 Stelle.

Signor presidente Draghi, non sarà facile raggiungere risultati così favorevoli per i cittadini ed essere altrettanto amato, come è avvenuto per il presidente Conte. Per il bene dell'Italia, le auguro buon lavoro. Oggi riceve una goccia di fiducia, qualcosa di davvero prezioso e da custodire con responsabilità e intelligenza. Jean-Paul Sartre diceva che la fiducia si guadagna goccia a goccia, ma si può perdere a litri: ne faccia tesoro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Modena. Ne ha facoltà.

MODENA (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, buon pomeriggio e buon lavoro. Permettetemi di fare un augurio particolare a Renato, Mariastella e Mara (Applausi), perché sono impegnati con noi, con dedizione e responsabilità, e li voglio ringraziare per l'onere che si sono assunti.

Signor presidente Draghi, il nostro è un sostegno convinto al Governo del Paese - come ha detto - per amore dell'Italia. È stato declinato dal presidente Berlusconi nel corso di questi mesi e abbiamo sicuramente la volontà di interpretare il sacrificio di tante famiglie e il desiderio di rinascere di tanti giovani e della nostra comunità. Lei ha fatto un quadro definito appunto poliedrico. Voglio darle, se mi è possibile, modestamente, solo due piccoli suggerimenti, il primo dei quali riguarda la giustizia, visto che faccio parte della Commissione giustizia. Il dato che le voglio sottoporre, perché venga approfondito, è quello per cui in Italia ci sono 10,6 magistrati ogni 100.000 abitanti, contro una media europea di 18. Le vorrei anche sottolineare che le riforme del diritto civile, dal 1990 in poi, sono state molteplici e - ha ragione lei - non se ne conoscono gli effetti, pur essendo presenti al loro interno delle leve importanti, che, se monitorate, potrebbero dare ottime soluzioni.

A proposito del tema delle crisi e dell'insolvenza, voglio ricordare il recente codice della crisi d'impresa, che è stato visto bene a livello governativo, ma in modo meno approfondito da parte delle Commissioni. Sicuramente è questo lo strumento attraverso il quale vedere quali aziende e imprese possono crescere e innovarsi, da un lato, e quali altre devono invece essere accompagnate.

Infine, signor Presidente, le lascio una valutazione di carattere territoriale. Sono umbra e, se guardiamo i dati, l'Umbria è una Regione che scivola dal Nord al Sud. Per capirsi, in modo sintetico, c'è una grande attenzione da parte della Presidente e dell'intera Giunta regionale per utilizzare il recovery fund nel miglior modo possibile e anche della nostra università, per progetti di eccellenza nella telemedicina. Siamo una Regione che soffre molto, ma siamo a disposizione con le nostre capacità e le nostre proposte.

Signor presidente Draghi, concludo ricordando il messaggio del nostro cardinale Bassetti, arcivescovo di Perugia: un messaggio che è andato a tutti noi... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Fede. Ne ha facoltà.

FEDE (M5S). Signor Presidente, presidente Draghi, Ministri, onorevoli colleghi, arriviamo a questo voto dopo settimane molto difficili, in cui manovre di Palazzo hanno posto fine al nostro Governo presieduto da Giuseppe Conte: un Governo e un Presidente che ci hanno guidati nell'ultimo anno in una crisi sanitaria ed economica senza precedenti, partendo da una situazione di totale impreparazione del Paese, ma riuscendo a piegare la curva dei contagi e a limitare i danni. Oggi le consegniamo una Nazione prevalentemente in zona gialla grazie al lavoro degli italiani e ai sacrifici di tutti quanti.

In questa situazione di emergenza mondiale pandemica e di crisi economica, il presidente Conte è stato capace di conquistare fiducia e credibilità sia da parte della stragrande maggioranza dei cittadini che dei leader dei principali Paesi europei, che gli hanno riconosciuto, nelle parole e nei fatti, un ruolo centrale, per molti versi storico, in un processo che sta di fatto, finalmente, trasformando l'Europa, che conoscevamo e criticavamo in tanti, in un senso più comunitario, solidale e inclusivo. Grazie a questa fiducia, a questa credibilità, a questo lavoro, abbiamo recuperato con il nostro impegno gli oltre 200 miliardi che costituiscono il recovery fund, oggi il centro delle future azioni politiche del Governo a cui ci accingiamo a dare la fiducia. Purtroppo, è evidente che questo consenso, guadagnato in una delle ore più buie della nostra Nazione, facesse ombra a qualcuno.

Per noi il recovery fund è una risorsa importante per il Paese; forse per altri solo una montagna di soldi da gestire. Sicuramente, a dispetto della retorica sulle competenze e sui tecnici che in questi giorni è imperversata, per lei, professor Draghi, è una sfida non indifferente arrivare dopo Giuseppe Conte, ma le auguro sinceramente di seguire e migliorare il lavoro del presidente uscente, e sono auguri davvero sinceri, perché il suo successo significherebbe una sorte ancora migliore per tutti noi, quindi contiamo anche su questo.

Come MoVimento 5 Stelle siamo abituati ad andare avanti nonostante le difficoltà, le discussioni interne anche molto accese, perché abbiamo l'obiettivo ambizioso e appassionante di realizzare riforme che portino miglioramenti reali alla vita dei cittadini, come abbiamo fatto dalle elezioni politiche del 2018 senza sosta.

Siamo persone responsabili, Presidente, e quindi ci sembra già irresponsabile, al limite della follia, aver inventato una crisi politica nel mezzo di una pandemia, facendo perdere settimane al Paese, con modalità del tutto incomprensibili per la maggior parte dei cittadini. Gli italiani, stremati da questa pandemia, non meritano di assistere a questi giochi, organizzati sulla loro pelle.

Oggi siamo chiamati nuovamente a guardare avanti, a rispondere all'appello del Presidente della Repubblica, che ha esortato a un atto di responsabilità tutte le forze politiche presenti in quest'Aula. Siamo chiamati a dover pronunciare, per la terza volta in questa legislatura - lei lo ho ricordato - la nostra fiducia, che - lo ricordo io - non è mai stata tradita da noi. Siamo, quindi, partner affidabili e coerenti per sostenere gli italiani in questa lotta che ha lasciato nell'ultimo anno quasi 100.000 vittime - è un problema noto a tutti - e danni pesantissimi al nostro sistema economico e sociale. Tra l'altro, anche noi, appena iniziata l'emergenza, lanciammo un appello all'unità e alla responsabilità nazionale, ma, purtroppo, è rimasto inascoltato per oltre un anno, in cui, dai comodi banchi dell'opposizione, si è sempre fatto finta di niente, giocando a fare i bastian contrari per una spicciola convenienza elettorale, negando all'inizio la pandemia, negando complessità, sofferenze e difficoltà, alimentando leggende e confusione.

Ci conosciamo tutti, conosciamo le nostre storie, le nostre differenze, le nostre diffidenze, il nostro passato, ma, come abbiamo chiesto - senza ottenerla - la responsabilità, ora, coerentemente, offriamo la nostra responsabilità dando la fiducia a questo Governo, anche perché non ci facciamo guidare da pregiudizi, vendette o interessi personali, ma sempre e solo dall'interesse dei cittadini.

È anche vero che in questo nascente Governo le scelte non sono state nostre; abbiamo conosciuto la composizione della squadra dei Ministri solo dopo le sue audizioni, le intenzioni per il futuro le abbiamo ascoltate oggi, ma le scelte reali, concrete, dovremo adottarle domani, con norme da scrivere insieme a forze molto eterogenee.

Per questo, la nostra non sarà una fiducia in bianco e incondizionata, non siamo qui per ascoltare ed essere informati, ma per costruire, con il rispetto reciproco, a partire dalla tutela dei nostri risultati precedenti, su cui auspico - e lei l'ha confermato - un corretto appoggio parlamentare anche delle altre forze che compongono il nuovo intergruppo al Senato.

Guarderemo agli atti concreti, continueremo a proporre riforme giuste e a vigilare che le importanti risorse in arrivo siano utilizzate per l'interesse generale e non dei soliti noti: per una svolta ambientale reale, anche con il nostro Ministero della transizione energetica, proposto dal MoVimento; per agevolare l'inclusione e l'armonia sociale, a partire dal reddito di cittadinanza; per il miglioramento del patrimonio immobiliare degli italiani, sostenendo il superbonus; per limitare la corruzione, come vedremo già venerdì alla Camera con il voto sulla prescrizione.

Questa fiducia vigile la dobbiamo non solo a lei - gliela offriamo sicuramente - ma la dobbiamo agli italiani, come anche i familiari delle vittime della strage di Viareggio, e ai nostri iscritti. Il nostro sforzo dovrà convincerli tutti, anche quel 40 per cento della nostra base che non era favorevole.

Buon lavoro, Presidente! Affronteremo insieme sfide complesse con lealtà e rispetto, confrontandoci e monitorando attentamente il lavoro reciproco perché i nostri risultati e i nostri obiettivi procederanno speditamente, ma con verifiche puntuali e costanti.

Abbiamo messo a fianco a lei i nostri uomini migliori; ringrazio quelli che hanno fatto questo lavoro prima di lei, e siamo a disposizione perché l'interesse degli italiani viene prima di tutto. Grazie, Presidente! (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Perosino. Ne ha facoltà.

PEROSINO (FIBP-UDC). Signor Presidente, presidente Draghi, siamo partiti con uno scivolone sullo sci, non sugli sci. Speriamo che sia il primo e che non succeda più, perché è importante la tecnica, sono importanti i numeri ma lo è anche la mediazione politica e il senso delle decisioni e delle relative conseguenze sui cittadini: bastava dirlo due giorni prima.

Mi permetto di dare qualche suggerimento: io penso si possa far funzionare bene quello che c'è. La burocrazia si può ovviare con la normale solerzia e con la discrezionalità. Le opere pubbliche possono partire con le leggi attuali o anche con lievi modifiche, ma possono partire oggi o domani. Ci sono molti progetti residui che vanno realizzati. Ci potrà essere un problema di cassa, ma ci sono. Il 110 per cento dell'ecobonus è un gioiellino, basta soltanto farlo partire, lasciar partire i cittadini e non paventare controlli o dinieghi che ci vogliono, ma con una interpretazione che sia realistica.

Mi permetto di suggerirle di abolire alcuni errori del passato, mi riferisco alle lotterie, al cashback, ai monopattini. Suggerisco anche meno pressione tributaria e normativa.

Per quanto riguarda i vaccini, i dirigenti sanitari più avveduti di tutta Italia chiedono, per un mese o due, di poter soltanto vaccinare e fare pronto soccorso negli ospedali. Ma i vaccini bisogna averli. Se li ha trovati Zaia, li può trovare anche il Governo, a qualsiasi costo nei limiti del buonsenso economico. (Applausi).

Per quanto riguarda il debito pubblico, mi permetto di suggerire il fondo Salva Italia, ideato da Paolo Panerai, Paolo Savona ed altri e che è oggetto di studio di un intergruppo parlamentare che cercherò di portare avanti con i colleghi.

Lei ha accennato in alcune interviste, e anche oggi, agli NPL (non performing loans). Mi permetto di aggiungere i tassi zero e il fatto che le BCC devono essere non significant, devono essere soggette soltanto alla Banca d'Italia. Spieghi bene, Presidente, cosa vuol dire recovery. Anche i sussidi andranno restituiti direttamente o indirettamente. Bisogna progettare e realizzare bene per creare la capacità di rimborso attraverso una economia effervescente, vivace e libera e una politica industriale che risolva i casi rimasti in sospeso. Siamo europeisti, sì, ma non vogliamo farci dire cosa dobbiamo scrivere sulle etichette dei salumi, delle carni e dei vini.

Infine, auspico una Commissione parlamentare di inchiesta sulla giustizia, come già chiesto da alcuni colleghi. Su tutto lo scibile politico e amministrativo ognuno ha detto la sua. Vedo che lei sta prendendo nota. Mi auguro che ciò che ho detto possa essere d'aiuto e la ringrazio. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Airola. Ne ha facoltà.

AIROLA (M5S). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, oggi è il giorno per parlare del qui e dell'ora. Lungo e inutile sarebbe il discorso per raccontare le vicende che ci hanno condotto davanti a lei, presidente Draghi. Le conosciamo tutti. Altrettanto inutile ritengo sia parlare dell'insoddisfazione, dei distinguo, dei dinieghi, delle adulazioni. Siamo qua per una sola ragione: non far precipitare il Paese nel baratro sociale ed economico durante una pandemia che ci ha colpito crudelmente. Credo sia chiaro quanto il nostro popolo si aspetti da lei, che siede ora nella Camera alta al vertice del potere esecutivo, davanti alla sovranità del popolo italiano e a nessun altro. Conta solo il benessere dei cittadini e null'altro. Queste sono le parole che dobbiamo scolpirci nella mente. Chi l'ha preceduta l'ha fatto: ha davvero rappresentato questi unici interessi. Sono arrivati soldi, molti soldi, che oggi rappresentano il centro di gravità intorno al quale ruota tutto. Lei, presidente Draghi, è qui soprattutto per questo.

Grande è la responsabilità per gli investimenti economici con ingenti risorse: 209 miliardi di euro dal precedente Governo Conte, che ringraziamo, con cui si deciderà l'Italia del prossimo decennio e oltre.

Il MoVimento 5 Stelle ha un programma da realizzare, che lei conosce, e ha ricevuto il mandato dai suoi iscritti per sostenere questo Governo al fine di realizzarne i punti e gli asset imprescindibili: digitalizzazione, scuola, sanità, ambiente, ricerca e risultati raggiunti di welfare e giustizia sociale, come il reddito di cittadinanza (che non possono essere cancellati in questo momento drammatico, ma - anzi - vanno completati e implementati), fondamentali per famiglie, lavoratori e imprese. Mi confortano in questo le sue affermazioni in merito.

Sono qui per offrire il mio sostegno e il mio aiuto ai più deboli, non certo a chi specula su di loro. Sono pronto a sfiduciare questo Governo appena mi renderò conto che questi principi non sono condivisi. La mia disponibilità è verso tutti i Ministri a dare un contributo costruttivo: mi interessa non a quale partito appartengono, ma dove vogliono arrivare. Quando suona la campana per l'Italia, gli obiettivi non possono che essere univoci. Ho deciso che null'altro vale se non il futuro e come lo immaginiamo. Credo che questo possa essere un buon motivo per non arrendersi, nonostante tutto e tutti.

Presidente Draghi, colleghi, Ministri, la storia ci ha scagliato addosso questo macigno, la pandemia ci ho messo un cappio al collo. Nonostante una fiducia quasi al buio, da oggi l'unico obiettivo sarà costruire un futuro diverso, di speranza e luminoso, in quanto di giorni oscuri questa Repubblica ne ha visti fin troppi. Siamo tutti esausti di infausti pronostici su di noi, sul Governo e sul destino. Facciamo in modo che non sia così o sarà la fine nostra, ma anche di tutti voi. Grazie e buon lavoro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Caliendo. Ne ha facoltà.

CALIENDO (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, ho molto apprezzato il suo intervento perché è partito dal collocare questo Governo e il nostro Paese nel solco della tradizione italiana che vuole l'Italia in Europa e nel contesto atlantico.

Lei ha utilizzato una frase che racchiude in sé la storia del nostro Paese da De Gasperi in poi: mi riferisco al passaggio in cui ha detto che senza l'Italia non c'è l'Europa, ma fuori dall'Europa c'è meno Italia. Ciò è verissimo. Pur essendo convinto della necessità di alcune riforme nel sistema europeo, a partire da quelle del Parlamento Europeo e dell'iniziativa legislativa di ciascun parlamentare, devo riconoscere che dal bilancio comune a cui lei fa riferimento, alla necessità di alcune autorizzazioni comuni di attività dei vari Paesi, la sua frase è quella che mi convince di più in quanto mette l'Italia in quella scia di grande fratellanza europea che ci ha portato ai risultati di oggi.

Apprezzo un'altra cosa. Tra le prime cose lei ha enunciato la necessità di combattere la pandemia e raggiungere la vaccinazione totale della popolazione, ponendo la salute come diritto primario. Collocare la tutela della salute come primo obiettivo è una grande intuizione, nonostante le lacune ancora presenti nel sistema sanitario, che ha dimostrato alcune inefficienze che lei ha correttamente annunciato. La realizzazione del pieno diritto alla salute è posto in forse non solo dalla pandemia, ma anche dagli eventuali ritardi del Governo che incidono sulla possibilità di contrastare le ulteriori varianti del virus, visto che non sappiamo con certezza come riusciremo a combatterle.

Un ultimo apprezzamento è per l'elencazione precisa di quello che sarà il compito di ciascun Ministero e di ciascun Ministro.

Mi consenta di dire qualcosa, nel tempo che mi manca, alla presidente Cartabia, nuovo Ministro della giustizia. Io spero in una cosa: che lei voglia fare una rivoluzione culturale nel nostro Paese. Non le sto chiedendo riforme, ma di avviare un percorso culturale finalizzato a ridare all'avviso di garanzia e all'iscrizione nel registro degli indagati il loro vero valore. Non possono essere ritenuti un'anticipazione di un giudizio di colpevolezza inesistente. Nello stesso tempo è opportuno ridare alla pena la vera funzione che la Costituzione le assegna, di rieducazione del condannato. Per fare questa operazione, che è fondamentale per il nostro Paese, è però necessario che lei si rivolga alla stampa, come credo intenda fare.

Se me lo consente, con l'esperienza che mi deriva dalla compiuta conoscenza del reale, io vorrei tanto che lei non seguisse le vulgate nella riforma del processo civile. Le faccio un esempio: anni fa abbiamo avuto un'assurda corsa al giudice monocratico, come fosse la panacea di tutti i mali, invece abbiamo perso un sistema collegiale di grande garanzia e non abbiamo accelerato i tempi del processo.

Da ultimo, la Cassazione ha un ritardo enorme nella sezione tributaria. Per risolverlo occorre fare una sezione per legge con 40 magistrati, non ricorrere ai palliativi del passato; allo stesso modo non possiamo dire che non ci sono magistrati preparati, perché allora le devo ricordare - lei lo sa meglio di me - che la settimana scorsa c'è stata la sentenza della Corte costituzionale che finalmente ha affermato un principio in relazione all'indeducibilità, che ha contraddetto un'affermazione costante della... (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice D'Angelo. Ne ha facoltà.

D'ANGELO (M5S). Signor Presidente, signor presidente del Consiglio Draghi, rappresentanti del Governo, colleghi tutti, i giorni che hanno preceduto la nascita del Governo del presidente Draghi sono stati vissuti con intenso e spesso travagliato dibattito all'interno del MoVimento 5 Stelle, non è un mistero; d'altra parte, come spesso succede, abbiamo visto che anche le cronache ne hanno dato ampio risalto, non sempre con rigore nei contenuti, ma anche questa non è una novità.

Tutti noi del MoVimento, la famiglia del MoVimento, dal primo attivista all'ultimo portavoce, abbiamo messo sul tavolo la nostra storia, il percorso fin qui compiuto, le battaglie sociali su cui è nata e si è consolidata la nostra forza politica, che ha indubbiamente rivoluzionato la scena e il modo stesso di occuparsi della cosa pubblica. Abbiamo vissuto giorni di emozioni forti, sicuramente incomprensibili per chi, in modo superficiale e strumentale, si è soffermato solo su concetti bassi come poltrone o rendite di potere. Insieme alla base abbiamo deciso di aderire al suo Governo, presidente del Consiglio Draghi. L'Italia ha già perso tante settimane, direi mesi, per una crisi di Governo che non aveva ragion d'essere e questo non è venuto solo a partire dalla formalizzazione della crisi. La presunta paralisi dell'attività del Governo Conte II era in realtà parte integrante della strategia messa in campo da chi la crisi l'ha voluta e per questo proprio da quella forza politica per tutto l'autunno sono arrivate le zavorre che rallentavano il lavoro. Oggi quindi l'Italia ha bisogno di correre, con una guida salda, e ci auguriamo che questo Governo possa esserlo, sicuramente con il nostro supporto responsabile.

Il Presidente del Consiglio nel suo intervento ha detto che il suo Governo non può essere considerato un fallimento della politica.

E in effetti ha detto bene, non solo perché al suo interno vi è una forte rappresentanza delle forze parlamentari, ma anche perché Camera e Senato dovranno controllare il rispetto di precisi indirizzi politici. Il MoVimento 5 Stelle ha deciso di sostenerla, fissando alcuni punti tematici su cui già lavorava il governo Conte e cercando sicuramente di spingere l'acceleratore sulla transizione ecologica, tema a noi carissimo. Quegli impegni, fondati sui temi, saranno sottoposti a verifica costante nel lavoro quotidiano, perché l'eredità positiva che lascia all'Italia Giuseppe Conte non può essere dispersa, pur nell'inevitabile dialettica della nuova articolata maggioranza. Chi in quest'Aula ha tributato un forte e sincero applauso al presidente Giuseppe Conte si è fatto rappresentante e portavoce di milioni di italiani, che in lui e nel suo Governo hanno visto finalmente rappresentate le loro idee, le loro sofferenze, le loro speranze.

Sicuramente - come lei ha anche evidenziato nel suo discorso - benessere, autodeterminazione, legalità e sicurezza sono strettamente legate all'aumento dell'occupazione femminile nel Mezzogiorno. Sviluppare la capacità di attrarre investimenti è essenziale per creare lavoro e per invertire il declino demografico e lo spopolamento delle aree interne; ma, per raggiungere questi obiettivi, occorre creare un ambiente dove legalità e sicurezza siano sempre garantite. Di questo ci siamo occupati in Commissione giustizia, sin dall'inizio della legislatura; sono stati approvati provvedimenti che hanno rafforzato la certezza della pena, i diritti dei più deboli e il contrasto alla violenza domestica e di genere, nel rispetto delle garanzie di tutte le parti. Bisogna proseguire il lavoro, accelerando i tempi dei processi, nel civile e nel penale, e non certo compiere passi indietro, smantellando ciò che di buono è stato fatto. Proprio le riforme del processo sono pilastri fondamentali del recovery plan; anche su questo punto è certamente opportuno partire dalla bozza del Piano di ripresa e resilienza messo a punto dal precedente Governo.

A questo proposito, sento il dovere di fare un'osservazione rispetto al suo intervento: lei ha detto che gli orientamenti che il Parlamento esprimerà saranno di importanza fondamentale nella preparazione della versione finale. Apprezzo quindi la centralità che in questo passaggio riconosce al Parlamento, che non dovrà certo essere solamente informato, ma che continuerà a svolgere un ruolo centrale al fine del traguardo del recovery plan.

Proprio nel piano che entro il mese di aprile dovremo presentare all'Unione europea dovrà avere un ruolo fondamentale lo sviluppo del Meridione, con particolare attenzione al recupero del gap occupazionale femminile, alle infrastrutture veramente indispensabili, alla sanità, alla crescita industriale, alla tutela dell'ambiente nelle zone a forte inquinamento e alla valorizzazione del patrimonio storico-artistico. Nei mesi passati sia la Camera dei deputati sia il Senato della Repubblica si sono espressi a proposito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, affermando che la clausola del 34 per cento, ossia la distribuzione dei fondi in ragione della popolazione residente, purtroppo non appare sufficiente a promuovere la riduzione dei divari territoriali ancora oggi esistenti tra le diverse aree del nostro Paese, in cui persiste una differenziazione relativamente al PIL pro capite e al tasso di disoccupazione. Quindi si è presentata la necessità di applicare eventuali altri aggiustamenti ai criteri del riparto tra i Paesi previsti dalle sovvenzioni del dispositivo di ripresa e resilienza: popolazione, PIL pro capite e tasso di disoccupazione anche all'interno del Paese, tra le Regioni e le macroaree, in modo appunto da sostenere le aree economicamente svantaggiate.

Per questo, signor presidente Draghi, le chiediamo di cogliere fondamentalmente questo momento di presentazione delle sue linee programmatiche per prendere uno specifico impegno di ripartizione delle risorse RRF. Bisogna partire da nuovi presupposti per evidenziare questi fondi. Il Next generation EU è una grande occasione per l'Italia ed è lo strumento giusto per colmare il gap territoriale che si trascina da decenni e che non riguarda solo lo sviluppo, ma anzitutto il livello di benessere dei singoli cittadini.

Pertanto, presidente Draghi, nell'assicurare al nuovo Esecutivo da lei presieduto la collaborazione necessaria a raggiungere gli obiettivi prefissati, avvertiamo anche l'esigenza di precisare che non mancherà mai un serio e rigoroso controllo del suo operato, con una costante che voglio definire come una bellissima ossessione: l'attenzione massima alle questioni che stanno a cuore ai cittadini. Il Governo Draghi nasce in tempi di emergenza sanitaria, economica e sociale e noi aderiamo al richiamo di responsabilità avanzato dal Presidente della Repubblica. Siamo la prima forza politica in Parlamento e da parte nostra non è mai mancato questo senso di... (Il microfono si disattiva automaticamente. Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bonino. Ne ha facoltà.

BONINO (Misto-+Eu-Az). Signor Presidente, colleghi, signor Presidente del Consiglio, da cittadina e da politica tanto italiana quanto europea sono particolarmente contenta di vederla oggi qui in Senato su questi banchi. Sono felice perché, per la prima volta in questa legislatura, potrò esprimere convintamente, a nome di più +Europa-Azione, la fiducia ad un Governo, il suo. Qui, fino a neanche troppo tempo fa, era tutto un «usciamo dall'euro». Questa legislatura è nata ed è vissuta nell'ostilità, più o meno esplicita, nei confronti dell'Unione europea. È evidente che oggi, con la nascita del suo Governo, si assiste al fallimento non della politica, checché se ne dica, ma di quella politica, che è un'altra cosa.

Non ripeterò i punti del programma, però mi auguro che l'esperienza del suo Governo serva anche a questo: a non tornare più a situazioni in cui si invoca l'uscita dall'euro dall'Europa, a frasi come «vivo meglio a Mosca», «evviva Maduro» e poi ai gilet gialli. Basta. Lei ha dato una linea e chi sosterrà il suo Governo ha chiaro quali sono i paletti. Non sta a noi dare patenti, tanto meno a me, ma se qualcuno ha radicalmente modificato il suo giudizio sull'Unione europea, ne sono felice e dobbiamo esserlo tutti.

Lei è chiamato, su indicazione del presidente Mattarella, a guidare un Governo che avrà compiti gravosi. Uno si chiama Next generation, non next election; non so se è chiara la differenza. Non ripeto i punti che ci ha voluto dire, ma quello che so è che le cittadine e i cittadini, le lavoratrici e i lavoratori, le imprenditrici e gli imprenditori avranno un futuro migliore quanto più l'Europa sarà unita e forte. Se avremo successo, sarà un successo per tutti. Se falliremo, faranno festa i nemici dell'Europa, che tanti sono e molto evidenti.

Signor Presidente, la sua navigazione non sarà semplice; non sarà sempre come oggi, non ci prenda gusto: non è così. Ci saranno divisioni, incomprensioni e interessi contrapposti e occorrerà tutta la sua autorevolezza per tenere la barra dritta. Bisognerà scontentare qualcuno. +Europa-Azione la sosterrà, come le ho detto, nella buona e nella cattiva sorte. Non siamo diventati un partito unico, ognuno ha le sue (la ministra Cartabia sa quanto io tenga anche a punti di riforma della giustizia penale e a un inizio di soluzione del problema delle carceri, che fa vergogna al nostro Paese).

Lo ricorderà certamente. Quando ero ragazza, mi colpì moltissimo una frase di Adenauer «L'unità dell'Europa era un sogno di pochi. È diventata la speranza per molti. Oggi è una necessità per tutti». Un Governo guidato da lei e da tutti voi era una speranza di pochi, di molto pochi; oggi è diventata un'opportunità per tutti e spero che la vorremo cogliere.

Infine, ho molto apprezzato la sua sobrietà comunicativa che non era efficienza, è un altro modo. Mi auguro che non venga subito travolta, però, da liti estemporanee dei suoi ministri (abbiamo già quelle degli scienziati, non se ne può più). Alimenteranno i talkshow, ma altresì la confusione e l'ansia, di cui abbiamo già abbastanza.

Vorrei peraltro segnalare che, nonostante l'epoca social, ancora esistono i telefoni: se per caso vi telefonaste prima di esternare a tutto spiano, fareste un grande piacere culturale ai cittadini e alle cittadine del Paese.

Anche questo per me è un valore molto importante; la politica è fare e far sapere, non solo far sapere. Mi auguro che su questi punti e anche su questo comportamento di rispetto istituzionale e di rispetto delle... (Il microfono si disattiva automaticamente. Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pagano. Ne ha facoltà.

PAGANO (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, in questi giorni molti hanno paragonato l'attuale situazione politica con quella di altre eccezionali emergenze che il nostro Paese si è trovato ad affrontare in passato.

Lei, presidente Draghi, nel suo intervento, ricordando innanzitutto i drammatici numeri delle vittime e le disastrose conseguenze economiche, ha giustamente evocato lo spirito dei governi dell'immediato dopoguerra, che si trovarono ad affrontare la possibilità - o, meglio, la responsabilità - di avviare una nuova ricostruzione. Oggi come allora, infatti, ci troviamo dinanzi ad emergenze drammatiche, impreviste e probabilmente imprevedibili, che impongono una compattezza delle forze politiche presenti in Parlamento e di tutti i rappresentanti delle Istituzioni, perché non è possibile non dare una risposta al Paese. Il patriottismo infatti non ha partito, ma un solo interesse: servire la patria quando essa ne ha più bisogno (Applausi), rimandando l'aspro confronto fra idee e interessi contrapposti almeno fino a quando la situazione sanitaria ed economica sarà stabilizzata.

Tanti cittadini, probabilmente, e tanti elettori di vari partiti di estrazione politica così diversa, che oggi si apprestano a dare la fiducia alla nascita di un Governo di unità nazionale, potrebbero fraintendere questa scelta come una mancanza di coerenza, una resa davanti agli avversari politici o, peggio ancora, una forma di nuovo consociativismo. Non è così. Come ha sottolineato giustamente e correttamente lei, presidente Draghi, nel suo intervento, la nascita di questo nuovo Esecutivo non è il fallimento della politica, ma la vittoria dello spirito repubblicano, un atto di patriottismo di ciascuno di noi. (Applausi).

Si tratta di uno sforzo enorme di tutte le forze politiche a mettere da parte gli aspetti che più ci dividono e, in alcuni casi, il livore che ha caratterizzato la dialettica politica. Uscire prima e meglio possibile dall'incubo di questa pandemia che minaccia tutti noi e assicurare la stesura di un recovery plan credibile, efficace e innovativo che possa rilanciare l'Italia e garantire un solido futuro alle prossime generazioni: sono queste le due sfide cruciali che lei giustamente ha evocato e non vi sono altre opzioni.

Ben consapevoli di questo, Forza Italia, il mio movimento politico, è stata tra le prime forze politiche a chiedere un governo di unità nazionale e di salute pubblica, che risolvesse la crisi sanitaria e la conseguente crisi economica del Paese.

Solo domenica scorsa il presidente Berlusconi tornava a ribadire che in un momento di così grave difficoltà per il Paese bisogna mettere da parte gli interessi di parte e dare all'Italia un Governo di alto profilo. La scelta è ricaduta su di lei, caro professor Draghi, da parte del presidente Mattarella (che ringrazio per questo), per esperienza, provate capacità, stima e fiducia da parte delle istituzioni europee. Lei incarna esattamente la figura che può guidare il Paese in queste sfide, rassicurare gli italiani e chiamare a sé le varie parti politiche, come ha fatto in questi giorni e questa mattina qui in Senato.

In merito al capitolo delle riforme, mi permetto di entrare per un istante nel merito di alcune questioni che mi stanno particolarmente a cuore per l'attività che svolgo qui in Senato. Relativamente al programma Next generation EU, mi sento in dovere di ricordare il mio disegno di legge in materia di abrogazione del codice degli appalti ed il conseguente ricorso alle direttive dell'Unione europea. (Applausi). Il decreto-legge semplificazioni che è stato prodotto dal precedente Governo purtroppo - mi dispiace doverlo dire - non ha centrato l'obiettivo dichiarato. Per il rilancio degli investimenti pubblici occorrono una drastica semplificazione normativa ed una transizione - un termine cui lei giustamente ha fatto riferimento all'avvio di questa sua esperienza di Governo - alla buona amministrazione, cioè una rapida e che decide.

Gentile Presidente, in conclusione del mio intervento desidero ricordare le sue parole finali...

PRESIDENTE. La invito a consegnare il testo del suo intervento.

PAGANO (FIBP-UDC). Lo consegno, signor Presidente. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Nisini. Ne ha facoltà.

NISINI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, mai come in questo momento il nostro Paese si è trovato a fronteggiare una crisi economica senza precedenti. Dallo scorso anno l'Italia è cambiata, il mondo intero è cambiato. Oggi questo Governo si appresta a ricevere dal Parlamento un mandato carico di aspettative e di responsabilità per guidare con impegno l'Italia verso la ripresa, riportando fiducia e speranza tra i nostri concittadini.

È in momenti come questi che l'appello all'unità lanciato dal presidente Mattarella deve trovare sostegno e fondamento nel messaggio che ci hanno lasciato coloro che scrissero la Costituzione e che cominciarono a ricostruire il nostro Paese nel dopoguerra. Quelle donne e quegli uomini sancirono che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro, che però non è solo fonte di guadagno né solo occupazione: il lavoro è dignità e appartenenza al tessuto produttivo di un territorio, quel legame che ci rende parte integrante di un sistema e di una comunità. Questo legame oggi si è senza ombra di dubbio spezzato e piegato ai lockdown, alle restrizioni e alle continue misure di contenimento imposte alla popolazione.

Se questo Governo vorrà veramente incidere sulle prossime generazioni, dovrà quindi far proprio il messaggio dei Padri costituenti e restituire dignità a milioni di cittadini italiani che hanno pagato a caro prezzo i sacrifici imposti dal marzo scorso. (Applausi).

Voglio ricordare le migliaia di lavoratori autonomi, le partite IVA, gli artigiani, le piccole e medie imprese, le attività a conduzione familiare, gli imprenditori del settore della ristorazione e del turismo e dei grandi eventi e gli operatori legati al settore dell'intrattenimento e del mondo sportivo. Questa crisi non ha fatto sconti a nessuno: non ne ha fatti agli imprenditori né ai dipendenti e non ha soltanto sottratto loro risorse e guadagni, ma ha letteralmente risucchiato, giorno dopo giorno, energia e passione. Com'è noto, il 31 marzo scadrà il blocco dei licenziamenti, una misura che dovrà essere necessariamente prorogata, così come sarà indispensabile prorogare gli ammortizzatori sociali per dare serenità a lavoratori e famiglie e dare una prospettiva nuova ai datori di lavoro. Non saranno sufficienti i ristori, non basterà dare un colpo di spugna alle scadenze fiscali.

Serviranno piani di intervento concreti, che sappiano coniugare sicurezza e libertà di poter tornare al proprio posto di lavoro, di poter tornare alla normalità. Una normalità che sarà di certo nuova e alla quale tutti noi dovremo adattarci, ma che non può più essere rimandata con provvedimenti improvvisi o improvvisati, come quello che ha travolto i gestori degli impianti sciistici pochi giorni fa.

La Lega, sostenendo il presidente Draghi, ha scelto la via della responsabilità, mettendosi a disposizione, come ci insegnano quotidianamente i nostri tanti amministratori locali e regionali, e al servizio dei cittadini. Non nego che sarebbe stato più semplice rimanere all'opposizione, ma non potevamo sottrarci a questa chiamata e non potevamo non esercitare un ruolo da protagonisti, con l'affidamento di importanti Ministeri, come quello dello sviluppo economico e quello del turismo, ai responsabili dei quali, Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia, va il nostro augurio di buon lavoro. (Applausi).

Grazie, presidente Draghi, grazie per aver ascoltato la richiesta di Matteo Salvini e della Lega ed aver ridato al nostro Paese il Ministero per la disabilità, Ministero purtroppo eliminato dal precedente Governo Conte-bis. A chi di recente si è scagliato contro questo Ministero voglio ricordare che, mai come in questo momento, i disabili, i lavoratori fragili e le loro famiglie necessitano di particolare attenzione e riguardo. Non si tratta di una scelta discriminatoria, bensì di un chiaro intento di rafforzare politiche volte alla tutela delle categorie più a rischio. Sono convinta che, grazie alla sensibilità e al pragmatismo del neo ministro Erika Stefani, alla quale auguriamo buon lavoro, le richieste provenienti da questa categoria di lavoratori saranno nuovamente ascoltate. (Applausi).

Presidente Draghi, c'è tanto da fare e noi faremo la nostra parte con responsabilità e con buon senso, ma ad una condizione: che venga sempre messo avanti a tutto il bene degli italiani. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice L'Abbate. Ne ha facoltà.

L'ABBATE (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio e membri del Governo, stiamo vivendo un periodo storico molto critico. Dobbiamo affrontare una sfida globale, perché la pandemia in corso è un problema globale, come lo sono il cambiamento climatico, il depauperamento del capitale naturale, la disuguaglianza e la povertà. Dunque, siamo un'unica comunità, che deve sostenere la casa comune se vorrà avere un futuro per i propri figli.

Per questo il green new deal, che è semplicemente un patto verde fra tutte le Nazioni, una strategia che ha l'obiettivo di raggiungere la neutralità climatica nel 2050 adottando azioni condivise tra tutti gli stakeholder di ogni Paese; per questo io condivido le sue parole, presidente Draghi. Oggi, in quest'Aula, nessuno fa un passo indietro rispetto alla propria identità, perché si devono mettere insieme le competenze, le capacità e lo spirito di sacrificio per far ripartire l'Italia.

Siamo nell'era della resilienza, dell'antropocene. Dobbiamo necessariamente effettuare un salto quantico: passare da un regime di equilibrio, che in realtà non lo è più, a un altro. Il patto verde è l'unica strada. L'unità è l'unica strada. La transizione ecologica è proprio questo: è un processo necessario di trasformazione a livello tecnologico, economico, ecologico, socioculturale e istituzionale. Scale che si influenzano e si rafforzano vicendevolmente. È un processo sistemico, che tiene conto della complessità della natura e che deve concentrarsi sulle interazioni e le interconnessioni che ci sono fra i tre sistemi: economico, ecologico e sociale.

Barry Commoner, nel 1971, nel suo libro «Il cerchio da chiudere. La natura, l'uomo e la tecnologia», ci ricorda che in ecologia non esistono pasti gratis. Ma ce lo dice anche Milton Friedman, con il principio del costo-opportunità, quando afferma che nulla è gratuito e che, se un individuo ottiene qualcosa gratis, sicuramente sarà la società a rinunciare all'opportunità di destinare le medesime risorse a usi alternativi.

Dunque, in ecologia come in economia, il prezzo deve essere pagato. Forse è possibile rimandare nel tempo, ma tutto ciò che è preso dal sistema ambiente, anche in modalità gratuita, ha un costo e tutto ciò che è immesso nella natura, come rifiuto o emissione in atmosfera, prima o poi cambierà la resilienza del sistema e non sarà possibile ritornare allo stato iniziale.

Lei, presidente Draghi, oggi questo lo ha detto, quando ha detto che questo virus è frutto delle attività antropiche, della mancata osservanza delle leggi della natura, del mancato rispetto degli equilibri fra i sistemi. Quindi, è necessaria una transizione radicale, una revisione o uno smantellamento dell'attuale modo di produrre e consumare, anche di viaggiare, di alimentarsi e di relazionarsi con l'altro. La transizione ecologica è un'opportunità. Esiste un gran potenziale. Nei mercati globali ci sono tecnologie a basse emissioni, prodotti e servizi sostenibili. Per dirigere il mercato verso la sostenibilità si deve agire su variabili chiave.

Sono necessarie nuove norme, leggi e regolamenti per supportare l'innovazione, la decarbonizzazione, la mobilità sostenibile, la transizione da un modello economico lineare a un modello ecologico e inclusivo. Il Piano nazionale di ripresa e di resilienza deve fare questo, essere la base per un nuovo modello economico ed ecologico, in linea con l'agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e con gli obiettivi dell'accordo di Parigi e del green deal. Dobbiamo continuare l'ottimo lavoro effettuato dal Governo precedente.

Ringrazio il presidente Giuseppe Conte e il ministro Sergio Costa per i grandi risultati ottenuti. Dobbiamo misurare, però, in modo corretto la massima scala sostenibile. Dal punto di vista ecologico potremmo definirla come la capacità di trasporto dell'homo sapiens. Il prodotto interno lordo è un ottimo indicatore, ma non è sufficiente per una vera transizione ecologica; è necessario quantificare e stimare il valore economico dei servizi ecologici, il valore della biodiversità per poterla tutelare, del suolo, della risorsa acqua, il valore dell'aria per combattere le emissioni di particolato e di NOx. Le politiche devono concentrarsi sulla correzione delle imperfezioni del mercato e dare il giusto valore alle risorse naturali.

Queste valutazioni possono essere elaborate da strutture in grado di procedere con un approccio sistemico e multidisciplinare. Per questo sono convinta che il Ministero della transizione ecologica sia un ottimo passo, ma è solo il primo perché bisogna allineare anche le competenze economiche. Lei oggi ha detto che il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha come governance il Ministero dell'economia e delle finanze e mi auguro che siano utilizzati dei modelli macroeconomici di valutazione integrata che abbiano, insieme alle variabili economiche, anche le variabili fisiche come la CO2 in atmosfera e che siano utilizzati metodi standardizzati di valutazione degli impatti ambientali e sociali. Un'attività finanziaria, un investimento pubblico e un progetto possono essere considerati sostenibili se contribuiscono alla mitigazione e all'adattamento ai cambiamenti climatici e alla protezione delle acque.

In conclusione, come ci dice Einstein, il vero valore di un uomo si determina esaminando in quale misura e in che senso egli è giunto a liberarsi dell'io. Siamo qui per gli altri uomini e innanzitutto per coloro dal cui sorriso e benessere dipende la nostra felicità, ma anche per quella moltitudine di sconosciuti alla cui sorte ci incatena un vincolo di simpatia. Siamo qui, quindi, al servizio della nostra casa comune e dell'Italia. Buon lavoro! (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Laforgia. Ne ha facoltà.

LAFORGIA (Misto-LeU). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, sin da quando il suo nome ha fatto irruzione nella politica italiana, dopo l'appello drammatico del Presidente della Repubblica, c'è una domanda che sta ronzando nella testa dei politici, nelle discussioni dei partiti e - vorrei dire - anche nel Paese.

La domanda è: chi è Mario Draghi? Non perché nessuno conosca la biografia dell'italiano più famoso del mondo, come spesso lei viene definito, ma perché, Presidente, penso che non sia esercizio retorico e inutile chiedersi la natura del corso della storia che oggi si sta aprendo e, quindi, anche la natura del Governo che lei avrà la responsabilità di guidare.

Presidente, lei ha detto una cosa che mi ha colpito molto in positivo nella sua relazione. Lei arriva nel momento di maggiore fragilità della politica, laddove la politica non ha saputo trovare al suo interno le ragioni del suo rilancio. La politica, però, non è morta e questa maggioranza così particolare non solo dovrà essere lo spazio nel quale i partiti non annullano le proprie differenze, ma uno spazio - penso - nel quale si deve consumare una legittima e - vedrà - anche aspra, ancorché rispettosa, battaglia delle idee perché la politica deve ritrovare il suo spazio.

Certo, ci sono delle cose che dobbiamo fare insieme e che richiedono il massimo dell'urgenza e della responsabilità, ma penso - per stare alla domanda che ponevo all'inizio - che sia giusto chiedersi cosa intendiamo quando lanciamo alcune delle definizioni a cui rischiamo di affezionarci. Cosa è la transizione ecologica di cui tanto parliamo?

Per me - mi scusi la semplificazione per mancanza di tempo - rischia di diventare una grande pennellata di verde se non è agganciata alla dimensione sociale dei processi, al tema della ritaratura dei rapporti di forza nella società, di come garantire la creazione di occupazione di qualità, dove questa deve voler dire vincolo di tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.

Lei ha citato il coefficiente di Gini, che è un algido indicatore che forse non indica fino in fondo la materialità della condizione nella quale vivono migliaia di famiglie del Paese. Stiamo parlando di questo? Abbiamo un'idea della centralità della scuola pubblica?

Mi permetta l'unica nota polemica che mi sento di sottolineare: abbiamo ascoltato gli attacchi al Ministro della salute in questi giorni, e per fortuna i toni sono cambiati. Ma quegli attacchi, Presidente, non sono rivolti a un Ministro che ha fatto bene e ancor meno alla parte politica che lo esprime: rischiano di essere attacchi a quel principio di cautela che deve informare anche il suo Governo nella tutela della salute pubblica e, quindi, anche nella lotta alla pandemia.

Per questo le dico, Presidente, per quello che conta naturalmente, che voterò il Governo del Paese - come lei lo ha definito - e ovviamente lo farò non senza sofferenza. Ci sono delle stagioni che ti senti addosso e ti calzano a pennello come un vestito e delle altre che invece addosso non le senti. Probabilmente, per quanto mi riguarda, questa è una di quelle, ma risponderò all'appello del Presidente della Repubblica. Per quello che conta le dico però, con altrettanta onestà, che mi troverà contro ogni qualvolta dovessi avere la percezione che il suo Governo - e quindi anche questa maggioranza - dovesse deviare dai valori costituzionali, dal rispetto dei diritti umani, dai valori della giustizia sociale, della progressività fiscale, della centralità della ricerca pubblica e della scuola pubblica, del Servizio sanitario nazionale che è e deve restare pubblico. (Applausi).

Penso sia utile dirsi tutto ciò all'inizio di questa vicenda politica. E, sempre a proposito della domanda chi sia Mario Draghi, non ho tutti gli indizi che mi possano mettere nelle condizioni di rispondere, ma temo soprattutto, Presidente, che lei non sia il tecnico chiamato per salvare il Paese che tutti noi aspettavamo, e forse, persino suo malgrado, che dovrà essere il più politico tra i politici. È un compito assolutamente arduo - non la invidio - ed è la ragione per cui le faccio un grande in bocca al lupo e le auguro buon lavoro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cangini. Ne ha facoltà.

CANGINI (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi senatori, in questi giorni ho sentito diversi di noi lamentare la morte della politica e rimpiangerne il primato: contesto il ragionamento, anche se apprezzo il sentimento. Lo contesto perché Mario Draghi non è la causa della morte della politica, ma è l'effetto di una crisi della politica. Quando un ordine, un potere o una singola personalità occupa gli spazi vitali della politica, questo non è mai colpa di quell'ordine, di quel potere o di quella singola personalità: è sempre e solo colpa della politica e del sistema istituzionale di cui la politica è al tempo stesso la causa e l'effetto.

Considero che la Prima Repubblica sia effettivamente collassata nel 1989, anno in cui le macerie del muro di Berlino travolsero un sistema politico non più necessario. Ebbene, da allora, salvo rare eccezioni, il governo dell'economia nazionale è sempre stato affidato a un non politico. Da allora, in trentadue anni abbiamo avuto ventuno Governi, uno ogni anno e mezzo. Da allora, ogni volta che il Paese è stato toccato e colpito da una crisi globale particolarmente complessa, c'è stato bisogno di un non politico. Questo non è il segno di una cospirazione o di un marchingegno malefico: è il segno della debolezza del nostro sistema istituzionale e politico.

Oggi siamo chiamati a votare la fiducia a un Governo di salvezza nazionale, il che evidentemente non è neanche una scelta politica: è una scelta pre-politica, una scelta patriottica, istituzionale. Io sono personalmente sicuro che con il contributo di tutti riusciremo a tirar fuori il Paese dalla morsa in cui è stretto, tra pandemia e recessione. Sono altrettanto sicuro che, se ci limitassimo a questo, tradiremmo il nostro mandato, perché non metteremmo in sicurezza il futuro del Paese. I nodi vanno affrontati e sciolti un po' alla volta, quei nodi strutturali che hanno reso questa crisi congiunturale quasi ingestibile dalla politica.

I nodi strutturali sono noti: la forma di Governo, il bicameralismo perfetto, il rapporto tra Stato centrale e Regioni, la qualità del processo legislativo e il ruolo e la funzione del Parlamento, il ruolo dei partiti politici, l'applicazione dell'articolo 49 della Costituzione, la formazione della classe politica - dell'élite politica, come si sarebbe detto un tempo - e l'istituzione di una scuola di alta formazione, sul modello dell'École nationale d'administration (ENA) francese. (Applausi).

Siamo nelle condizioni di affrontare e sciogliere questi nodi e non farlo sarebbe una colpa grave. Tutti noi, oggi, invidiamo la tenuta, l'autorevolezza e la forza dello Stato francese, ma dimentichiamo che la Quarta Repubblica francese era un sistema fragile, inefficace, inefficiente e corrotto, in cui i Governi duravano mediamente sei mesi, dopodiché il vento se li portava via. Cosa è cambiato? È cambiato che un signore, che si chiamava Charles de Gaulle, e un contesto politico hanno riformato lo Stato francese. Quel signore poi, con un pretesto, si è congedato dalla politica ed è passato a pieno titolo alla storia.

Onorevoli colleghi, abbiamo oggi un compito analogo, di portata storica, e una grande occasione, che rischiamo di non cogliere. Se non la dovessimo cogliere, le conseguenze ricadrebbero su di noi e sul futuro del Paese. Sarebbe imperdonabile non cogliere quest'occasione, perché credo sia chiaro a tutti che, in un mondo globalizzato, mai come ora privo di ordine geopolitico, attraversato da tensioni crescenti e da cambiamenti profondi, radicali e mai come oggi così veloci, altre pandemie e altre crisi globali aspetteranno senz'altro il nostro Paese. Dunque dobbiamo mettere in sicurezza il Paese, perché la prossima volta potrebbe non arrivare un Mario Draghi, potrebbe non arrivare nessuno o potrebbe arrivare un malintenzionato, perché viviamo in un'epoca di recessione anche democratica.

Onorevoli colleghi, limitarsi a votare oggi la fiducia al Governo Draghi, senza averne abbastanza, nella nostra qualità di parlamentari, e senza avere fiducia nella possibilità di onorare questa istituzione, mettendo mano, dopo decenni di chiacchiere inutili, al legno storto dello Stato, riformando le nostre istituzioni, sarebbe più di un errore: sarebbe una colpa grave, che i nostri figli potrebbero un giorno rimproverarci. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Marti. Ne ha facoltà.

MARTI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi senatori, l'Italia viveva una situazione di crisi economica e sociale importante già prima della pandemia, con tante crisi aziendali aperte e mai chiuse, come nel caso dell'ex Ilva. Oggi, dopo un anno di lockdown, la situazione del Paese necessita di uno sforzo eccezionale e, quindi, di un Governo eccezionale. In questa fase delicata della storia d'Italia, la Lega ha scelto di anteporre gli interessi del Paese, delle imprese e dei cittadini a quelli del partito. Con coraggio e senso dello Stato, il nostro leader Matteo Salvini ha risposto con responsabilità all'appello del presidente Mattarella, accettando la sfida di un Governo di unità nazionale, che porti l'Italia fuori dalla crisi sanitaria ed economica. Per tale importante scelta politica sento, quest'oggi e in questa Aula, di dover ringraziare Matteo Salvini, a nome del popolo della Lega e degli italiani. (Applausi).

Signor Presidente, oggi tutti noi parlamentari e i componenti del Governo abbiamo l'obbligo di non sbagliare, di fare bene e, soprattutto, di fare presto, perché fino ad ora si è purtroppo perso moltissimo tempo, senza costruire un piano e una visione politico-economica, per ridare fiducia, speranza e opportunità ai tanti italiani, che hanno perso il lavoro o hanno le proprie attività chiuse.

La situazione fuori dal palazzo è molto grave e dobbiamo riallacciare l'azione politica alla vita reale, superando le stasi e i litigi, che hanno caratterizzato gli ultimi mesi del passato Governo. La sfida principale che abbiamo davanti è quella di tornare a vivere, vaccinando la popolazione, senza più perdite di tempo e scrivendo una nuova pagina di sviluppo economico, utilizzando al meglio le risorse che ci saranno prestate dall'Europa con il recovery plan, perché è in gioco oggi il futuro dei nostri figli.

Come tradisce il mio accento, sono un senatore pugliese, un leghista del Sud, fiero di essere meridionale, ed è proprio al Sud che si gioca una partita storica, per creare sviluppo e non per suddividere povertà.

Il Sud oggi deve diventare una questione nazionale, perché lo sviluppo del Mezzogiorno d'Italia è un'opportunità di crescita economica per tutta l'Italia.

Signor Presidente del Consiglio, dobbiamo passare dalla logica dei sussidi a quella dello sviluppo: questo è il salto di qualità che le chiediamo di fare nelle politiche per il Mezzogiorno. Bisogna intervenire per perequare le carenze infrastrutturali tra Nord e Sud, perché finché ci vorranno cinque ore per andare in treno da Bari a Napoli, due ore per andare da Bari a Matera e un traghetto per collegare la Sicilia alla Calabria è inutile parlare di sviluppo nell'epoca dei trasporti e della logistica.

Il Sud va ricucito, vanno accorciate le distanze tra le regioni e tra le eccellenze produttive di questa parte dell'Italia.

La Lega chiede di poter inaugurare al Sud una stagione di grandi cantieri, aperti per una reale modernizzazione e straordinaria creazione dell'occupazione.

Per questo, come Lega, chiediamo che gli investimenti del recovery plan vengano calcolati in termini qualitativi e soprattutto di immediata cantierabilità. La capacità di spesa e la velocità di realizzazione devono essere la stella polare verso cui indirizzare la nostra azione.

Alla visione di impegno economico del recovery deve seguire, anzi, si deve anticipare una semplificazione normativa e regolamentare che possa consentire il modello Genova anche per l'alta velocità ferroviaria, il potenziamento della rete autostradale e il ponte sullo Stretto.

La realizzazione del ponte sullo Stretto è uno dei pochissimi progetti che l'Unione europea non potrebbe mai rigettare, perché è già esecutivo ed immediatamente cantierabile: un'opera di sistema che non solo impatterebbe positivamente sulla Sicilia e sulla Calabria, favorendone lo sviluppo turistico e commerciale, ma avrebbe ricadute positive anche in Puglia, dove solo la fornitura di acciaio potrebbe garantire all'ex Ilva di Taranto commesse per almeno i prossimi cinque anni.

Chiediamo, dunque, signor Presidente, di archiviare le polemiche di mero assistenzialismo, che tanto male hanno fatto al Sud, e di impostare, piuttosto, una visione strategica che serva a colmare i divari e a superare il metadone dei sussidi, che, come tutti gli antidolorifici, sopiscono la sofferenza ma non la curano; anzi, un uso prolungato può anche aggravare la situazione.

Il Governo che l'ha preceduta ha tenuto per mesi nel cassetto il dossier sull'Ilva di Taranto e ora la mancanza di decisioni rischia di creare un disastro occupazionale e al contempo un disastro ambientale, se dovessero fermarsi le bonifiche che richiedono risorse finanziarie ingenti e immediate.

Sappiamo che il ministro Giancarlo Giorgetti è già al lavoro sul tema e contiamo che, da parte di tutto il Governo, possa ricevere proficuo sostegno per risolvere tale vicenda.

Signor Presidente, il raggiungimento degli obiettivi di crescita del Sud è possibile; sono necessarie azioni di politica economica incentrate sugli investimenti pubblici, sulla fiscalità e...

PRESIDENTE. La Presidenza la autorizza a consegnare il testo integrale del suo intervento. (Applausi).

È iscritta a parlare la senatrice Castellone. Ne ha facoltà.

CASTELLONE (M5S). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, Ministri, colleghi, un anno e mezzo fa nasceva il Governo Conte II: un Governo che ha lavorato per accompagnare il Paese nel momento più difficile, dal Dopoguerra a oggi; un Governo che ha affrontato una pandemia, rafforzando la rete territoriale del nostro Servizio sanitario nazionale, tenendo sotto controllo il numero dei contagi e riuscendo a essere tra i primi Paesi in Europa per somministrazione di vaccini. Un Governo che ha sostenuto l'economia, immettendo sul mercato 140 miliardi di euro a sostegno di famiglie e imprese. Un Governo che, come lei ha ricordato, Presidente, ha cambiato la visione politica dell'Europa, che, per la prima volta nella storia, non solo ha condiviso un piano di debito, ma ha anche agito unitariamente sul fronte sanitario con l'acquisto comunitario dei vaccini. Un Governo che ha ottenuto i 209 miliardi del recovery fund, che serviranno per attuare quelle riforme che questo Paese attende da qualche decennio. Quindi, innanzitutto dico grazie per quanto fatto finora e grazie al presidente Giuseppe Conte. (Applausi).

A un certo punto, però, nonostante i teatri fossero chiusi, il senatore Matteo Renzi ha deciso di usare quest'Aula del Parlamento come fosse un palcoscenico. E così ci siamo ritrovati - unico Paese al mondo - a dover affrontare, oltre alla crisi economica e sanitaria, anche una crisi politica. (Applausi).

Non è stato facile per 60 milioni di italiani assistere a questa messa in scena.

Per l'ennesima volta la politica ha dato uno spettacolo poco costruttivo, mentre fuori da questi palazzi i cittadini attendevano i ristori, i pazienti affollavano i reparti Covid, i giovani chiedevano di poter tornare a scuola in presenza dopo mesi. Allora il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha prima provato la strada di un Governo politico e poi, al fallimento di questo tentativo, ha richiamato alla responsabilità tutte le forze politiche per dare vita a un Esecutivo di alto profilo, che fronteggiasse con tempestività l'emergenza sanitaria, sociale, economica e finanziaria.

Da allora per noi è partito un processo di analisi e di confronto che ci ha visti tutti coinvolti, dai vertici alla nostra base, dagli attivisti ai nostri elettori. Prima di prendere la decisione di appoggiare questo Governo abbiamo consultato i nostri iscritti, come facciamo sempre, e siamo orgogliosi di questo processo di partecipazione democratica che ci ha caratterizzato e da sempre ci caratterizza. (Applausi).

Sono tanti, però, i dubbi che abbiamo e tante le cose su cui bisognerà lavorare: la diversità delle forze politiche che costituiscono questa nuova maggioranza con temi ancora oggi non condivisi; la complessità della creazione del nuovo Ministero della transizione ecologica, che richiederà tempi lunghi per entrare a regime; la fragilità di questo Governo di unità nazionale, un'unità che è durata solo poche ore perché abbiamo già registrato le prime posizioni discordanti dei Ministri della Lega rispetto alle decisioni prese dal ministro Speranza di rimandare l'apertura degli impianti da sci.

Presidente Draghi, personalmente auspico che lei non esiti a chiarire ai suoi Ministri quali sono i loro ambiti di azione e che sappia appoggiare con fermezza le decisioni indirizzate a tutelare la salute dei cittadini.

In questi giorni abbiamo ascoltato tanti appelli alla responsabilità e anche lei questa mattina ha parlato di responsabilità nazionale. Noi abbiamo dimostrato con i fatti di essere sempre responsabili, per senso del dovere e delle istituzioni, così responsabili da scegliere oggi di appoggiare questo Governo, sacrificando non solo i nostri elettori, come lei ha detto, ma l'unità del nostro Gruppo. È lacerante la sofferenza che ciascuno di noi ha dovuto affrontare prima di entrare oggi in quest'Aula e di questo nostro dolore e di questa nostra sofferenza lei, presidente Draghi, deve tenere conto, consapevole che questa fiducia il Governo dovrà guadagnarsela ogni giorno, dimostrando con i fatti che ne è valsa la pena. (Applausi).

Noi in quest'Aula sentiamo anche un'altra responsabilità, quella di coltivare la memoria, anche quella recente. Non vogliamo solo fare fronte all'emergenza per tornare alla normalità, ma vogliamo immaginare una nuova normalità, un nuovo modello di società che non lasci indietro nessuno, un modello basato sulla riconversione ecologica dell'intero sistema economico, sullo smart working con una visione del lavoro che metta al centro la persona, sulla salvaguardia del Servizio sanitario nazionale per garantire accesso alle cure e uniformità dei livelli essenziali di assistenza, sulla coesione territoriale.

Ogni forza politica proverà a dettare le sue condizioni. Il nostro programma però è chiaro perché i nostri temi sono gli stessi dalle politiche del 2018, quegli stessi condivisi con le forze con le quali abbiamo governato e da questi temi, Presidente, noi oggi le chiediamo... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore De Bertoldi. Ne ha facoltà.

DE BERTOLDI (FdI). Signor Presidente del Consiglio, come lei sa, Fratelli d'Italia non le darà la fiducia, o meglio non darà la fiducia al suo Governo.

Non mancherà certamente la fiducia nei suoi confronti, per cui voglio iniziare questo mio intervento augurandole buon lavoro, un augurio che le rivolgo nell'interesse del Paese e a nome di una forza politica come Fratelli d'Italia che, come ha detto il nostro presidente Giorgia Meloni, sarà sicuramente leale e corretta nei suoi confronti, quella lealtà e quella correttezza che io tanto vorrei che lei potesse ritrovare nella maggioranza minestrone che la deve supportare.

Non daremo la fiducia al suo Governo perché riteniamo che senza una maggioranza coesa nei programmi, nelle idealità e nei valori non si possa riuscire a conseguire gli obiettivi. Confidiamo però in lei, presidente Draghi, e in alcuni passi del suo intervento di oggi, quando ha parlato di politica monetaria e fiscale espansiva. Ce lo auguriamo davvero. Sappia che su questi temi Fratelli d'Italia sarà con il Governo e con lei se darete davvero una prospettiva espansiva alle politiche economiche e finanziarie del Paese.

Signor Presidente del Consiglio, ho apprezzato - lo dico da commercialista, nonché coordinatore e promotore della consulta dei parlamentari commercialisti, che è un organismo trasversale - quando ha parlato di una riforma fiscale guidata dagli esperti. Vivaddio, fino a oggi gli esperti professionisti sono stati altamente disattesi dalla politica e dai Governi e ci auguriamo che il presidente Draghi riesca a segnare davvero una discontinuità su questi argomenti.

Certamente ci ha fatto meno piacere sentir parlare (ma vorremmo capire meglio nei fatti cosa lei intende) di cessione di sovranità, perché sull'adesione all'Europa siamo tutti d'accordo, ma c'è chi può avere una visione di Europa federale e chi una visione di Europa confederale nella quale Paesi sovrani si uniscono per fini supremi. Vorremmo capire meglio da lei cosa intende per Europa, perché sul concetto di Europa e di collaborazione Fratelli d'Italia c'è e c'è sempre stata nella storia della destra italiana, come lei dovrebbe ricordare.

Signor Presidente del Consiglio, le auguro quindi buon lavoro. Ci aiuti a uscire dal dramma sanitario della pandemia e anche - mi permetta di dirlo con una battuta, ma non troppo - dal dramma dei virologi, che forse farebbero meglio a stare zitti, lavorare per chi li consulta e lasciare alla politica e al Governo la capacità di esprimersi. Cerchiamo di uscire dalla pandemia, ma anche da questo melodramma dei virologi italiani che davvero ha stancato e sta solo creando problemi al settore economico del nostro Paese.

Signor Presidente, le faccio inoltre una raccomandazione. Lei sa che ho scritto una lettera a lei e ai Presidenti di Camera e Senato per invitarvi a essere il più possibile ambasciatori del made in Italy. Le nostre produzioni - qui sì, davvero, trasversalmente - devono renderci orgogliosi del sistema Italia: dall'abbigliamento, al cibo, alle autovetture. Facciamoci promotori del made in Italy, soprattutto quando ricopriamo ruoli istituzionali. So che lei, da grande economista, mi capisce e sono certo che saprà dare seguito all'invito che le rivolgo.

Le chiedo inoltre di rendere difficile il nostro lavoro di opposizione. Ne saremmo felici perché vorrà dire che i provvedimenti e il lavoro suo e del suo Governo saranno finalmente nell'interesse degli italiani, nel qual caso riceveranno il voto di Fratelli d'Italia. Il ruolo di opposizione, che è democraticamente essenziale e fondamentale, sarà più difficile. Noi, da amanti della nostra terra e della nostra Patria, non potremmo che rallegrarcene.

Signor Presidente del Consiglio, proseguo in sintesi sui primi passi del suo Governo e, nello specifico, su quanto accaduto nel settore del turismo. Sono un rappresentante del Trentino, di quel mondo delle Dolomiti che, purtroppo, nelle prime ore del suo Governo ha ricevuto risposte inadeguate e tempisticamente sbagliate. I settori del turismo e del turismo invernale sono sull'orlo del precipizio. Se lo ricordi, Presidente, glielo chiedo davvero come italiano, trentino e uomo di montagna.

Proseguendo sempre in sintesi a causa dei tempi ristretti, le ricordo quei 5,5 milioni di tesserati del mondo dello sport che fino a oggi non hanno sentito nulla nel programma del suo Governo e si aspettano delle risposte.

Signor Presidente del Consiglio, le sottopongo quattro proposte di Fratelli d'Italia, a conferma del nostro ruolo collaborativo.

Sul turismo chiedo che venga dichiarato immediatamente lo stato di crisi del settore, ex articolo 107, paragrafo 2, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea: è necessario per permettere al nostro turismo di ripartire. Come ho detto prima, chiedo che vengano ascoltati i professionisti e si riducano le ritenute d'acconto al 10 per cento, perché in un momento così drammatico i professionisti non possono fare da cassa allo Stato: penso ad esempio ai più giovani e ai più periferici. Auspico quindi che l'equo compenso e la tassazione delle casse di previdenza vengano parificati a quelli della previdenza complementare.

In ultimo, signor Presidente, il debito Covid delle aziende va socializzato, va prolungato almeno a vent'anni o perlomeno nazionalizzato. Parlo del debito Covid di quelle imprese soggette ai lockdown che hanno avuto perdite oltre il 30 per cento.

In conclusione, signor Presidente, ci siamo confrontati anche col Governatore della Banca d'Italia, che ci ha dato un parere favorevole: la bad bank per i non performing loans (NPL) Covid a livello europeo potrebbe essere una soluzione per dare delle risposte concrete a quei cittadini e a quelle imprese che sul tema NPL purtroppo stanno soffrendo.

Sono le prime quattro proposte che le fornisco anche a nome di Fratelli d'Italia, per dimostrarle che noi siamo qui, leali, corretti e collaborativi. Ci dia risposte. (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Quagliariello. Ne ha facoltà.

*QUAGLIARIELLO (Misto-IeC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi senatori, mi sia consentito di esprimere innanzitutto la soddisfazione di Cambiamo, una piccola componente che per prima, di fronte a una crisi così eclettica, anche e soprattutto per i tempi, ha chiesto un Governo di salvezza nazionale. Avevamo usato l'espressione «Gabinetto di guerra», perché ci sembrava che questa fosse l'unica soluzione all'altezza dei tempi.

Signor Presidente del Consiglio, nelle sue parole oggi abbiamo ritrovato l'eco di quella preoccupazione. Se questa soluzione si è affermata lo si deve al principio di realtà, che a volte fa miracoli e consente anche a piccole forze politiche di diventare maggioranza. Lei ha risposto alle parole pronunciate dal presidente Mattarella quando, in quei sei minuti che sono stati una svolta di questa crisi, ha avvertito il dovere di rivolgere un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un Governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica». È stato il salto rispetto alla proposta del Governo Conte 3, dove invece c'era una evidente e chiara pregiudiziale, che veniva espressa facendo riferimento all'europeismo.

All'europeismo si è riferito anche lei, signor Presidente del Consiglio, ma - se lo faccia dire da un europeista degasperiano - ci sono due modi di concepire l'Europa. Nella storia l'Europa è stata una necessità popolare; lo è stata quando Jean Monnet diceva che bisognava prendere un problema compreso dalla gente noi praticare il minimo di cessione di sovranità necessario per risolverlo e poi partire da lì per avere una maggiore integrazione. È quello che stiamo vivendo oggi per l'ennesima volta, con i cittadini di uno Stato chiamati a pagare le tasse per cittadini di un altro Stato. È evidente che se la soluzione andrà bene, avremo una maggiore integrazione politica.

L'Europa, quando ha avuto successo, è stata una risposta a problemi contingenti, come al tempo della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA), quando Spinelli e De Gasperi si sono ritrovati su una necessità pratica. L'Europa non è mai stata una ideologia di sostituzione, non è mai stata una cintura di castità. Io la prego, signor Presidente del Consiglio, di far riferimento a questa concezione alta dell'europeismo, in modo da non far rientrare dalla finestra quella formula che il Presidente Mattarella ha cacciato dalla porta.

La sua non è una coalizione; il suo è un Governo repubblicano di salvezza, dove le diverse forze politiche fanno riferimento a lei.

Noi non ci stiamo unendo in una nuova coalizione; questo è un capitolo di una lotta politica che guarda e deve guardare al futuro (e per questo ha poco senso la proposizione di vecchi intergruppi). Noi speriamo che il suo Governo non sia la riedizione di un capitolo già visto, ma che possa scrivere una riforma della lotta politica. E questo sarà tanto più possibile quanto più lei terrà presenti quelle che sono le vere emergenze del Paese.

Lei ha parlato di Governo antidepressivo e noi lo abbiamo apprezzato, senza maramaldeggiare nei confronti di chi l'ha preceduta perché in realtà si è trovato ad affrontare un vero e proprio salto nel buio, che a volte la storia propone, come al tempo della Prima guerra mondiale c'è stata la mitragliatrice e al tempo della Seconda guerra mondiale i tank. Questo Paese non sapeva, al pari di tutto il mondo, come affrontare la pandemia. Ma il problema rimane.

Oggi, dopo un anno, c'è da armonizzare la risposta a due emergenze, che vanno viste insieme e non come due capitoli separati. Abbiamo l'emergenza sanitaria e abbiamo l'emergenza economica di un Paese depresso e, in qualche caso, addirittura disperato.

Signor Presidente, in quel periodo che viene chiamato sede vacante (quando muore un papa e se ne fa un altro), c'è stata una sbandata. Certamente non ha dato armonia al Paese aver negato un pranzo a san Valentino alle coppie che festeggiavano questa data in zona arancione; si potevano aspettare ventiquattro ore per far entrare in vigore le nuove misure. Certamente non è stata una bella cosa quello che è accaduto nelle stazioni di sci, dove si è avvertito quasi un odio nei confronti delle imprese e degli imprenditori. Alcuni di loro mi hanno detto di non essere più nemmeno arrabbiati, ma di essere rassegnati. E certamente non è una bella cosa il fatto che un consulente del Governo, invece di dare consulenze all'interno, parli all'esterno come se fosse un rappresentante del Governo.

Comprendo che queste cose sono accadute in un momento del tutto particolare ed evidentemente per questo non è possibile farne nemmeno lontanamente una colpa al suo Governo. Però è necessario, signor Presidente, che ora si dia un segno di cambiamento, che si tenga la barra dritta su quelle che sono le vere emergenze del Paese, che ci sia la forza di armonizzare le risposte che riguardano la pandemia e quelle che riguardano l'economia. Più il suo Governo riuscirà a fare questo, più lei riuscirà ad assicurare ciò come punto di congiunzione tra le varie parti politiche che fanno riferimento innanzitutto a lei, ancor più che tra di loro, e più noi le saremo accanto. Signor Presidente, buon lavoro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Valente. Ne ha facoltà.

VALENTE (PD). Signor Presidente del Consiglio, stamattina abbiamo ascoltato da lei parole importanti, parole di fiducia, di speranza, di responsabilità. Sapevamo di essere in mani forti e sapienti e le sue parole di stamattina ce lo hanno confermato. Lei stamattina non ci ha parlato solo di un Paese da ricostruire o di come fare anche di questa drammatica pandemia un'occasione di partenza e di ripresa. Lei ci ha soprattutto indicato in che direzione farlo e verso quale idea di Paese andare nei prossimi anni. E le sue parole - glielo dico con sincerità - ci hanno rincuorato.

Davanti a noi c'è un Paese stanco, un Paese provato, un Paese certo con tanti punti di forza, ma anche - ahinoi - caratterizzato da troppe storture e guasti, che abbiamo visto esplodere tragicamente durante questa pandemia. Giustizia, pubblica amministrazione, scuola, sanità sono settori fondamentali, che hanno mostrato tutta la loro fragilità. Il sistema sanitario ha retto, è vero; ma abbiamo compreso che considerare costi quelli che per anni avrebbero dovuto invece essere investimenti è stato un gravissimo errore, così come è avvenuto per la scuola e per la giustizia.

Il nostro sistema produttivo nel suo complesso si è mostrato ancora ingessato, poco moderno e competitivo, troppo resistente all'innovazione tecnologica e alla digitalizzazione. Arretratezza che non ci rimprovera solo l'Europa, ma la cui gravità è espressa dalla qualità e dalla quantità dell'occupazione nel nostro Paese.

Ha ragione, signor Presidente del Consiglio, quando dice che non possiamo pensare solo di riaccendere la luce e tornare a come eravamo prima, come se tutto fosse stato solo un incidente di percorso. Anche perché questa pandemia - questo lo vogliamo dire con chiarezza - non l'abbiamo attraversata tutti allo stesso modo. Divari e disuguaglianze esistevano prima e si sono acuite durante e dopo; divari e disuguaglianze che mi preme ricordare a tutti noi non perché siamo una forza di sinistra, ma perché per tutti gli osservatori economici e sociali oggi rappresentano non più solo un'ingiustizia sociale, ma sempre di più un pesante freno alla crescita e alla ripartenza di un Paese e di un sistema.

Tra tutti, il più trasversale e ingiusto - e sono davvero felice che lei lo abbia richiamato più volte nella sua relazione di questa mattina - è quello tra le donne e gli uomini di questo Paese. Oggi, signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Italia - dobbiamo riconoscerlo - non è un Paese per donne. Se ancora - lo dico con franchezza e con qualche amarezza - qualche collega, addirittura in quest'Aula e oggi - ahimè - in questa maggioranza può pensare di mettere in discussione la bontà della sentenza della Corte Costituzionale sul doppio cognome, perché la donna mette al mondo i figli con il proprio corpo ma poi è sempre e solo il padre a dare loro tradizioni, famiglia e storia, capite bene che la strada è ancora molto, molto lunga. (Applausi).

Chiedo a lei e a noi: poi ci sorprendiamo perché durante la pandemia sono aumentate le violenze maschili contro le donne nelle nostre case? Ci chiediamo perché resistono i femminicidi mentre gli omicidi calano? Ci sorprendiamo perché un uomo si sente in diritto di abusare di una donna senza il suo consenso? Ma se questa donna è per noi una scatola, un oggetto, un corpo inanimato, vi chiedo il problema dov'è? Do invece una notizia sorprendente al senatore Pillon e a tutti quelli che la pensano come lui, ancora oggi. Le donne oggi in questo Paese sono una straordinaria potenza, rappresentativa di un bagaglio di competenze, saperi e passioni che, come lei questa mattina ci ha giustamente ricordato, sono ancora troppo inutilizzate. (Applausi).

Ciò determina uno sviluppo economico e sociale più debole e più ingiusto e questo accade perché il sistema è discriminante; è solo apparentemente neutro, mentre è invece pensato e costruito su un modello in cui l'uomo era protagonista unico della vita sociale, economica e politica pubblica, mentre la donna era pensata a casa, a badare a figlia e famiglia. Un divario che oggi pesa soprattutto sulle più giovani in termini di mancata occupazione; divario che poi, quando ne intreccia un altro, quello territoriale, diventa insormontabile. È qui che allora un cambio di passo è necessario, soprattutto per aggredire la più grande ipoteca del futuro del nostro Paese: le donne non fanno più figli o ne fanno pochi, perché le donne fanno figli se lavorano, se hanno un lavoro certo e stabile, con le dovute tutele e garanzie, non se stanno a casa semmai in attesa di un pezzo di terreno in più da coltivare. Bene, allora diamo priorità all'occupazione femminile.

Aggiungo che in questo Parlamento abbiamo già votato tanti atti di indirizzo chiari, prodotti in questi mesi e poi abbiamo aggiunto quelli del piano Colao, fatti dalle donne nelle task force. Ci sono delle indicazioni chiare. Si parli però di condivisione, la prego, anziché di conciliazione, perché servono infrastrutture sociali capaci di sollevare le donne dai carichi di lavoro di cura, a partire dagli asili nido. Servono congedi paritari e tutele nei percorsi di carriera dopo la maternità. Mettere al mondo un figlio è una prerogativa femminile, certo, ma è un bene per il futuro di tutti. Questo significa riconoscere il valore sociale della maternità: farsene carico tutti insieme.

Per tutte queste ragioni, pur riconoscendoci nel valore della qualità delle Ministre presenti, a cui rivolgiamo il nostro più sincero e caloroso augurio, non possiamo nascondere che ci saremmo aspettate una maggiore presenza di donne nella squadra di Governo alla quale oggi ci accingiamo convintamente a dare la nostra fiducia, perché i numeri in democrazia - non so se è una questione di quota -, soprattutto se rappresentanza di punti di vista diversi, fanno o possono fare la differenza. Nessuna ipocrisia, però. Quella che abbiamo davanti è la fotografia di un sistema Paese che fa fatica a riconoscere, a investire e promuovere leadership femminili, che fa del potere una cosa ancora per soli uomini. Si tratta di un vulnus di cui, a partire dal mio partito che in questo passaggio ha mostrato su questo una sua difficoltà a fare un salto di qualità, dobbiamo prendere atto per aggredirlo e risolverlo. Eccolo, dunque... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).

PRESIDENTE. Se vuole, può consegnare il testo.

È iscritta a parlare la senatrice Rizzotti. Ne ha facoltà.

RIZZOTTI (FIBP-UDC). Signor Presidente, colleghi, signor Presidente del Consiglio, io la ringrazio di cuore per aver accettato un ruolo così difficile in un momento drammatico per il Paese. Lei rappresenta il Paese che si vuole rialzare, il Paese che con un colpo di reni ha capito l'importanza della competenza, della formazione per arrivare a essere competenti, della responsabilità, del sacrificio e dell'umiltà; pilastri che hanno ricostruito il nostro Paese nel dopoguerra.

Torna nelle sue parole l'importanza della formazione e degli studi. Ricordo quante volte i miei amici mi hanno detto che a trenta anni, si studiava già da ventiquattro e si lavorava da dieci, come hanno fatto decine di migliaia di giovani medici nella mia stessa situazione. Il merito non si compra in rete. Abbiamo in compenso visto persone non competenti occupare ruoli di rilievo, con molta arroganza e spesso anche forse malafede, se questo verrà appurato.

Abbiamo visto banchi a rotelle abbandonati nelle scuole, dispositivi medici non utilizzabili, siringhe super pagate e, per fortuna, non vedremo primule inutili per vaccinazioni indispensabili. Il nostro Paese ha perso l'ascensore sociale che grazie alla formazione permetteva a tanti giovani di costruire il proprio futuro e la propria famiglia. Abbiamo 14 milioni di persone con licenza media e soprattutto due milioni di ragazzi dai quindici ai ventinove anni, primato in Europa, che non lavorano e non studiano; una generazione perduta.

La politica urlata serve solo ad avere un consenso temporaneo, non serve a risolvere i problemi, diventa una politica da bar. La politica in questo momento è stata mortificata dall'incompetenza, dai tweet, dagli annunci su Facebook a mezzanotte. Il Parlamento è stato mortificato, ma ora noi non vogliamo più accusare nessuno, vogliamo guardare avanti (ci vorrebbe il Ministero della riconciliazione), non ci vogliamo voltare indietro perché non vogliamo diventare statue di sale, ma vogliamo orgogliosamente contribuire al suo lavoro e al lavoro del suo Governo per un futuro migliore per il Paese.

Noi contiamo anche sul suo coraggio per tenere la barra dritta e condurre il Governo agli obiettivi esposti nella sua relazione e nei punti programmatici che ci ha illustrato. Auguri, siamo con lei, buon lavoro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Pucciarelli. Ne ha facoltà.

PUCCIARELLI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli colleghi senatori, ci accingiamo oggi a votare la fiducia al nuovo Governo, mentre gli italiani, a distanza di un anno dalla comparsa del Covid, stanno ancora combattendo contro il virus e per non morire di fame.

L'appello del presidente Mattarella affinché tutte le forze politiche presenti in Parlamento conferiscano la fiducia ad un Governo di alto profilo, proprio per far fronte alla situazione di emergenza che l'intera Nazione sta vivendo, ha visto la Lega rispondere prontamente. Una risposta immediata che non ha posto veti su chi doveva o non doveva far parte della nuova maggioranza.

Chi invece aveva messo veti proprio sulla presenza della Lega nella formazione del nuovo Governo, una volta che essa è diventata la colonna portante della nuova maggioranza, ha dovuto fare retromarcia e trovare giustificazioni a dir poco imbarazzanti.

Oggi, cari colleghi, non è il tempo della bandierina politica, ma il tempo della responsabilità per il bene comune. Ognuno di noi deve rinunciare al proprio orticello perché in gioco c'è il futuro dell'intera Nazione.

Qualcuno ha definito la scelta di Salvini nell'appoggiare il governo Draghi un ribaltamento nella politica della Lega nei confronti dell'Europa e sull'immigrazione. In realtà la Lega non ha cambiato idea su nessuna delle due questioni. Per quanto ci riguarda l'Italia non può e non deve essere lasciata da sola a gestire il fenomeno dell'immigrazione e i Paesi europei devono fare la loro parte. Durante la presidenza tedesca del Consiglio dell'Unione europea, il ministro dell'interno tedesco Seehofer nel luglio del 2020 ha incontrato i suoi omologhi in una conferenza on line per discutere i temi della sicurezza e dell'immigrazione.

Seehofer ha invitato i colleghi europei ad elaborare e ad accordarsi su una soluzione migliore e più giusta per la distribuzione dei migranti soccorsi in mare. Ha affermato che è vergognoso che l'Unione europea non abbia ancora trovato una soluzione a tale fenomeno dopo circa cinque anni dalla cosiddetta crisi migratoria. «Ogni sbarco richiede sforzi scrupolosi per raggiungere una redistribuzione dei migranti tra gli Stati membri», ha dichiarato Seehofer, «e ogni volta solo un piccolo numero di Stati membri è pronto a farlo», ha aggiunto, sottolineando che: l'Unione europea non può lasciare Italia, Malta, Grecia e Spagna da sole ad affrontare questo problema. «Questa è una situazione che non è degna dell'Unione europea», ha affermato. «L'Europa è una comunità di valori. Il rispetto della dignità umana e dei diritti umani è la cosa più importante e la prevenzione delle morti nel Mediterraneo è nostro obiettivo comune», ha precisato il Ministro tedesco in una nota al termine della conferenza.

Seehofer ha dunque invitato l'Europa ad adottare un approccio pragmatico per coloro che arrivano davanti alle sue frontiere esterne e ha annunciato di voler portare nuovo slancio al tema dell'immigrazione facendolo diventare uno degli obiettivi prioritari della Presidenza tedesca dell'Unione europea.

Ebbene, gli obiettivi posti da Seehofer sono gli stessi nostri obiettivi. Stiamo aspettando quanto annunciato, anzi stiamo aspettando che si passi dalle parole ai fatti. Quanto detto dal Ministro tedesco è quanto abbiamo sempre sostenuto: l'Italia non può essere lasciata da sola a gestire il fenomeno dell'immigrazione, dal momento che i confini dell'Italia sono i confini dell'Europa, quindi ogni Paese europeo faccia la propria parte. Quello che ci si aspetta oggi dall'Europa è un cambio di passo, una corretta gestione dell'immigrazione, che significa che quello che vale per la Francia o la Germania vale anche per l'Italia (Applausi), quindi ricollocamenti immediati, evitando così situazioni come quella di Lampedusa, che nulla hanno a che vedere con il rispetto della dignità umana e dei diritti umani. È arrivato il momento che ogni Paese europeo si accolli l'onere che fino a oggi è toccato esclusivamente all'Italia. Lo scopo di questo Governo attraverso lei, Presidente, è proprio questo: da Governo europeo potrà difendere l'interesse degli italiani meglio di quanto è stato fatto fino a ora. Tra le sfide di cui lei ha parlato, troviamo il negoziato sul nuovo patto sulla migrazione e l'asilo. Ebbene, è finito il tempo in cui l'Italia è considerata la Cenerentola d'Europa. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bottici. Ne ha facoltà.

BOTTICI (M5S). Presidente Draghi, fino ad oggi lei ha rappresentato tutto ciò che ho contrastato in questi anni: una lunga carriera nelle istituzioni intervallata da una pausa in Goldman Sachs, con un unico punto ricorrente: la stabilità finanziaria dei mercati e degli investitori. Peccato che troppo spesso i cittadini siano stati l'oggetto dell'investimento. Quella stabilità finanziaria che l'ha vista protagonista nell'era delle privatizzazioni, che se da un lato ha portato il nostro debito pubblico a diminuire, dall'altro ci ha tolto grandi possibilità di crescita. Per non parlare della sua stagione in Banca d'Italia, durante la vicenda del Monte dei Paschi di Siena, di cui paghiamo ancora il conto.

Tutti le riconoscono il merito del quantitative easing da Presidente della BCE, ma la Banca centrale europea è anche sinonimo di euro, quell'euro a causa del quale, dalla sera alla mattina, abbiamo visto i nostri prezzi raddoppiati e gli stipendi dimezzati. Per me - e credo per diversi colleghi - oggi è uno dei giorni più difficili e sofferti da quando siamo entrati nelle istituzioni. Siamo passati da un Governo politico a un Governo tecnico travestito da politico. Tutti noi abbiamo ascoltato e spesso abbiamo fatte nostre le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che fin dall'inizio di questa pandemia ci richiamava alla responsabilità e all'unità.

Abbiamo visto, invece, cosa è successo: scontri violenti in Aula, strumentalizzazione di ogni argomento per esasperare gli animi, fino ad arrivare a far cadere un Governo perché, così si dice, le idee erano diverse. (Applausi).

Colleghi, pensiamo che ora tutto si risolva? Che le nostre idee possano, in un istante, andare tutte dalla stessa parte? Me lo auguro, per il bene del Paese. In questo momento, non esistono né maggioranza né opposizione. È un Governo di unità nazionale, che ci vedrà impegnati per un anno, diciotto mesi al massimo. Mettiamo sul tavolo le misure da assumere subito: decreto ristori, prevedendo la graduale ripartenza di tutte le attività sociali ed economiche; aggiornamento del piano pandemico e definizione del recovery plan. (Applausi).

Un'altra questione fondamentale, signor presidente Draghi, è quella dei vincoli europei. Non si possono programmare i prossimi anni, se non si ha la sicurezza che il patto di stabilità e crescita verrà cambiato, eliminando tali vincoli. Abbiamo visto gli effetti sulla Grecia e oggi tutta l'Unione europea si rende conto che la strada dell'austerità non è possibile in momenti di crisi. Lo Stato ha il dovere di accompagnare i propri cittadini fuori dalla crisi, per consentire loro, in seguito, di contribuire, secondo le proprie possibilità e scelte, al progresso dello Stato stesso.

Che ne sarà del debito sovrano e del debito privato accumulato durante la crisi pandemica? Anche l'unione bancaria così non va. Il nostro tessuto imprenditoriale, fatto da piccole e micro imprese, è totalmente differente da ciò che troviamo nel resto d'Europa e non è in grado di recuperare liquidità dal mercato, senza l'apporto del sistema bancario. (Applausi).

Le norme bancarie europee vanno modificate ora. È stato un anno duro. Oltre alla pandemia, una crisi sociale ed economica senza precedenti. Abbiamo visto quanto sia difficile coniugare tutto: salute ed economia, libertà e restrizioni, ma non possiamo ripartire da zero. Dobbiamo continuare con il lavoro svolto fino ad oggi, con il reddito di cittadinanza, il sostegno alle imprese e ai lavoratori, il superbonus del 110 per cento e il piano transizione 4.0, per evitare di ritrovarci, una volta fuori dalla crisi, senza imprenditori competitivi e con persone in uno stato di povertà irreversibile.

Faccio parte del MoVimento 5 Stelle e, in questi anni, abbiamo rappresentato per molti la fiducia e la speranza di un futuro migliore. Oggi dobbiamo continuare a farlo. Attraverso la piattaforma Rousseau, i nostri iscritti hanno deciso di appoggiarla. Per me, glielo dico in tutta tranquillità, è stata dura accettarlo e giungere a una decisione, ma ci sono momenti in cui bisogna andare oltre e decidere. Chi fa politica ha il dovere di decidere.

Personalmente, ho deciso di mettere in atto le parole del presidente Mattarella, di rispettare l'esito del voto dei nostri iscritti e di concederle oggi la fiducia, dando vita a questo Governo. Non sarà, però, una fiducia in bianco e per sempre. Sarò attenta e guardinga su ogni provvedimento e solo quando riterrò che le misure da lei proposte potranno garantire un futuro migliore al mio Paese sarò dalla sua parte. Altrimenti, sarò la prima a richiamare la sua attenzione per modificarle.

In attesa dei suoi primi provvedimenti, le auguro buon lavoro (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Balboni. Ne ha facoltà.

BALBONI (FdI). Signor presidente Draghi, lei è in procinto di diventare il Premier con la fiducia più ampia mai registrata nella storia della Repubblica.

È un record eccezionale, in particolare per chi non si è mai presentato - neanche una volta - al giudizio degli elettori, anche se questa sembra diventata una consuetudine per l'Italia, unico Paese democratico del mondo in cui la prova elettorale è considerata un fastidio da evitare, soprattutto quando la sinistra è data perdente in tutti i pronostici.

Il record più stupefacente l'ha conquistato il giorno stesso del suo incarico: lei è infatti il primo Presidente del Consiglio incaricato della nostra storia ad aver ottenuto istantaneamente la fiducia da tutte le forze politiche - tranne una, la mia - ancor prima di conoscere programma e squadra di Governo. È un'apertura di credito completamente a scatola chiusa, senza precedenti, fondata sicuramente sulla sua persona, ma che altrettanto sicuramente è al di fuori delle regole della nostra democrazia.

Forse troppi commentatori hanno dimenticato in questi primi giorni di frenetica geografia che l'Italia è una democrazia parlamentare e non plebiscitaria, in cui per giunta i sondaggi e gli indici di gradimento hanno sostituito il plebiscito. In tutte le democrazie parlamentari che si rispettino maggioranza e opposizione non si formano in base a un atto di fede verso una singola persona, per quanto autorevole essa sia, ma in base al confronto sui programmi e sulle idee. Dimenticare questa regola elementare significa spalancare la porta al trasformismo e al qualunquismo; significa condannarsi alla paralisi, perché manca la decisione fondamentale sulla meta che vogliamo raggiungere.

Il caos di questi primi giorni del suo Governo è un preludio purtroppo significativo. Lo ha spiegato molto lucidamente Massimo Cacciari sul quotidiano «La Stampa» qualche giorno fa, con un articolo dal titolo emblematico: «Democrazia ultimo atto», in cui ha scritto: «Le riforme, come tutti gli atti decisivi, in tempo di pace, come di guerra, che siano crisi economiche o pandemie, possono essere intraprese soltanto da forti maggioranze politiche che si sentano partecipi di una comune visione e di un comune destino». Ecco perché, secondo noi, è stato un grave errore rinunciare alla democrazia dell'alternanza. Soprattutto in tempi di crisi la democrazia, al contrario, va rafforzata e questo è il motivo principale che ha spinto Fratelli d'Italia a scegliere la via dell'opposizione. Lo abbiamo fatto per garantire, nei limiti delle nostre forze e avendo come solo obiettivo l'interesse nazionale, la dialettica democratica, senza la quale la democrazia è destinata a finire nella palude di un unanimismo di facciata.

Cari colleghi, fate attenzione perché, se la politica rinuncia alla sua funzione, il rischio è che al suo posto subentrino altri poteri che troppo spesso, anziché alla volontà popolare, rispondono a ben altri interessi. I più ingenui - o forse i più furbi, chissà - volevano spiegarci che questa vacanza della politica avrebbe però consentito la nascita del Governo dei migliori. Ebbene, con tutto il rispetto, credo che tanti siano rimasti molto delusi quando dalla scatola - ad «Affari Tuoi» direbbero dal pacco - rimasta ben chiusa fino alla fine è uscita la lista dei ministri. Ben nove ministri dei ventuno del Governo Conte-bis sono stati confermati, tra cui quelli degli esteri, dell'interno e della salute, che da soli - e per tacere degli altri - testimoniano una continuità persino imbarazzante tra il suo Governo e quello precedente.

La continuità è ancora più evidente se si considera la sproporzionata prevalenza del PD, che, tra ministri politici e finti ministri tecnici, può vantare senza dubbio la componente di maggioranza nel suo Consiglio dei ministri, senza considerare che persino i ministri di Forza Italia, rigorosamente senza portafoglio, e addirittura un paio di quelli della Lega sembrano scelti apposta tra le personalità meno sgradite alla sinistra. Ciò conferma ulteriormente l'egemonia del PD, un partito che è tuttavia soltanto il quarto per numero di parlamentari tra quelli che la sostengono nel suo Governo.

Sono certo che con un Governo simile le sarà molto facile procedere verso quella cessione di sovranità che ha voluto mettere al centro della sua relazione programmatica; una cessione di sovranità a cui tuttavia, come noto, Fratelli d'Italia resta fermamente contraria. Credo, al contrario, che avrà qualche difficoltà in più ad invertire la proporzione finora adottata dalla maggioranza della sua maggioranza tra spesa produttiva e spesa assistenziale, che - come sa meglio di me - è spudoratamente sbilanciata a favore della seconda. Sa bene che solo nell'ultimo anno il Governo ha speso, in molti casi sprecato, oltre 150 miliardi di euro in quello che lei, da economista, definiva «debito cattivo». Spero fermamente per l'Italia che non sia costretto a cambiare idea su questo.

Un'ultima battuta sui rimpatri, cui ha fatto cenno nella sua relazione. La invito a leggersi bene il decreto immigrazione dello scorso ottobre, recante la firma del Ministro dell'interno (quello di allora e quello di oggi, perché è la stessa persona, il ministro Lamorgese). Quel decreto ha spalancato le porte a chiunque stia arrivando illegalmente in Italia. Temo che, più dei rimpatri, lei sarà costretto a occuparsi delle tensioni sociali che un'accoglienza di proporzioni inaudite è destinata ad aggravare spaventosamente, in un momento in cui milioni di cittadini sono sprofondati sotto la soglia di povertà. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Giarrusso. Ne ha facoltà.

GIARRUSSO (Misto). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, sono assolutamente innumerevoli e ben noti anche a lei gli studi che hanno incontestabilmente dimostrato che ancora oggi il Meridione è pesantemente discriminato dallo Stato centrale. La stessa Unione europea, nel riconoscere all'Italia ben 209 miliardi di euro per la ripresa, ha riconosciuto che il Sud del nostro Paese è la più grande area sottosviluppata dell'intera Europa. Eppure, presidente Draghi, la formazione del suo Governo manifesta ancora una volta una disattenzione grave nei confronti del Sud, che non è rappresentato nella sua compagine, completamente a trazione nordista.

Signor presidente Draghi, tutte le principali direzioni distrettuali antimafia del nostro Paese hanno da mesi lanciato l'allarme su recovery fund, che rischia di trasformarsi in recovery clan, perché le mafie si stanno organizzando per mettere le mani su questi soldi, come hanno fatto quarant'anni fa con quelli dell'Irpinia. Noi non impariamo niente. Oggi Libera ha pubblicato uno studio che dice che l'83 per cento degli italiani pensa che in queste Aule la politica favorisca la mafia. Eppure non c'è nulla nel suo intervento, nulla che riguardi la mafia e il contrasto alla criminalità organizzata.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rossomando. Ne ha facoltà.

ROSSOMANDO (PD). Signor Presidente, signori ministri, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, lei oggi ci ha richiamato alla responsabilità e alla cooperazione come cifra delle ragioni del nostro «sì». Lei però ha tracciato un percorso e un'analisi che non sono neutre e di questo la ringraziamo. È anche per questo che non siamo al tramonto della politica. Lei è partito dall'imprescindibile scelta europeista e atlantista ed è all'Europa del qui e ora che ci ha richiamato, per questo non è neutra, un'Europa che comincia ad essere politica e non solo monetaria, obbligata ad esserlo probabilmente anche dall'emergenza pandemica.

Non sono d'accordo con chi derubrica o sottovaluta il fatto che qualcuno che oggi è in maggioranza e prima era all'opposizione possa starci su quest'Europa, a differenza delle posizioni passate. La politica vera e alta, utile al Paese, è quella che riesce a spostare equilibri e posizioni, ovviamente nel rispetto dei punti di vista di tutti.

Credo non sia un caso se molte colleghe, soprattutto le donne della Lega, hanno messo al centro del proprio intervento i temi del lavoro. Penso che su questo possiamo trovarci molto a discutere, perché i fatti sono testardi. Qual è dunque l'Europa a cui ci ha richiamato, signor Presidente del Consiglio, e che si è espressa nelle linee del recovery plan? Si tratta delle linee di un'Europa che pensa ci sia una responsabilità collettiva sull'emergenza climatica, come lei ci ha ricordato, e sulle soluzioni per resistere e superare il dramma sanitario della pandemia, che è anche sociale ed economico.

Quanto alla transizione ecologica, non bisogna ovviamente fermarsi alla definizione: significa politica industriale, lavoro, ricerca e cura; tiene insieme queste cifre ed investe sul lavoro, in particolare su quello di qualità. Qui entra in campo il ruolo della mano pubblica, con investimenti e politiche fiscali, sulle quali lei, signor Presidente del Consiglio, ha tracciato linee molto precise, con la progressività del prelievo fiscale, che tenga conto certamente di un mondo che è cambiato e consideri quali dovranno essere i ceti non solo da sostenere, ma su cui investire. Quindi non si tratta certamente della progressività fiscale a cui pensavano i nostri costituenti, per quel che riguarda le indicazioni sui ceti, ma il principio ovviamente è il medesimo. Ci sono poi i temi della protezione umanitaria e dei rifugiati, di cui occorre farsi carico, e delle donne. Teniamo molto a questo punto e l'abbiamo inserito tra le proposte principali del Partito Democratico. Sappiamo che le quote di genere non sono sufficienti: pensiamo siano una condizione necessaria, ma sappiamo che non sono sufficienti, perché l'abbiamo sentito sulla nostra pelle. Quanto alla leva pubblica e alla ricostruzione, lei ha giustamente richiamato il dopoguerra come un paradigma, un grande momento di ricostruzione, che ha visto una grande rinascita, soprattutto nel nostro Paese, perché c'era tutto da ricostruire. L'analogia con l'oggi è che c'è tutto da innovare: è qui che si innestano gli investimenti pubblici e privati e la ricerca e la creazione di lavoro di qualità ed è qui che sta il riscatto civico e morale.

Mi perdoni, signor Presidente del Consiglio, se per un attimo mi rivolgo alla sua persona e non alla sua funzione. Spero di restare nei limiti, ma vorrei dare un contributo su un'osservazione. Oggi siamo in un'era molto simbolica e anche lei si trova pienamente in questo paradigma. Voglio dire la mia: il suo grande valore, il suo grande contributo e la generosità con cui si è messo in campo - ovviamente lo sa - non fanno solo riferimento alla sua grande competenza; la sua storia parla, con riferimento all'uso della leva pubblica e alle battaglie che si possono e si devono fare, che sono ovviamente battaglie politiche. Credo che, da questo punto di vista, tale simbolo sia molto avvertito dagli italiani, che vi ripongono molta fiducia.

Concludo con le ultime considerazioni. Sul sostegno all'occupazione ha fatto osservazioni molto chiare e tutt'altro che neutre, dicendo anche che c'è bisogno di una selezione. Discutiamo di questo, ma quando si perde un posto di lavoro o si chiudono centri produttivi, occorre avere immediatamente un altro posto di lavoro qualificato e garantito dalle politiche dello Stato: queste sono le politiche attive del lavoro.

Una conclusione finale: nel riconoscere come nostri i contenuti e l'impostazione che ha dato, non stiamo partecipando a contrassegnare il territorio di una parte politica: tenere il punto su queste direzioni molto chiare e su queste tracce è il nostro contributo alla stabilità del Governo. Rispondendo «ci siamo!» alla responsabilità... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).

PRESIDENTE. Senatrice Rossomando, può consegnare il testo integrale del suo intervento, affinché sia allegato al Resoconto della seduta odierna.

Colleghi, sospendo la seduta fino alle ore 16,15.

(La seduta, sospesa alle ore 15,30, è ripresa alle ore 16,19).

Riprendiamo i nostri lavori.

È iscritta a parlare la senatrice Gallone. Ne ha facoltà.

GALLONE (FIBP-UDC). Benvenuto, signor presidente Draghi, benvenuto davvero. Oggi ha somministrato a questo Parlamento e al Paese il vaccino più potente: la speranza. Oggi, se chiudiamo gli occhi, riusciamo a immaginare finalmente il futuro, il futuro dell'Italia, degli italiani, ma soprattutto dei nostri figli - è bello sentire mettere al centro i giovani - e, se una cosa si riesce a immaginare, vuol dire che si può realizzare.

Con il suo intervento, signor presidente Draghi, ci ha confermato - se mai ce ne fosse stato bisogno - che oggi abbiamo di fronte la persona straordinaria che ci aspettavamo. Ha parlato con la testa e il cuore, con fermezza ed emozione, dimostrando di poter essere la persona giusta e voler riservare al nostro Paese la cura, proprio nel senso di premura e dedizione verso chi si ama, con una sensibilità che è riuscita a far sentire tutti, ma proprio tutti, compresi nel suo pensiero.

Diamo il benvenuto alla nuova squadra di Governo che vede tutte le forze schierate fianco a fianco nell'esclusivo interesse del Paese. Viviamo un momento eccezionale e, in momenti così, c'è bisogno di azioni eccezionali e di un Governo forte, autorevole, lungimirante e composito nel senso migliore del termine, perché le differenze, quando non dividono, esaltano i pensieri e le azioni.

In questo contesto, l'Europa interviene con un recovery fund di dimensioni colossali che, per trasformarsi in recovery plan, richiede immediati interventi di semplificazione delle procedure, investimento e visione. Si è grandi quando si è umili e si ha la capacità di ascoltare e condividere. Lei, presidente Draghi, ci ha colpito per i tre pilastri su cui ha dichiarato che fonderà la sua azione, che sono la competenza, il coraggio e l'umiltà: la competenza, per comprendere a fondo ogni questione; il coraggio, per agire con determinazione; l'umiltà, per ascoltare ogni singola voce che si leva, con la bravura di riuscire a fare la sintesi ideale per non lasciare indietro nessuno.

Vorrei dirle tante cose, ma il tempo è tiranno e quindi mi concentro su due ambiti che seguo da sempre - l'ambiente e la scuola - su cui la linea di Forza Italia è chiara: serve un'opera rivoluzionaria. Per quanto riguarda l'ambiente, mi si è riempito il cuore sentendo il suo intervento, in quanto Forza Italia ha lo stesso approccio razionale, laico, liberale, concreto e riformista, basato sullo sviluppo sostenibile che non può prescindere dal sostegno all'innovazione tecnologica. È nato un Ministero speciale e Forza Italia è convinta che l'iniziativa privata sia da accompagnare e sostenere nel percorso della transizione.

Passo al secondo punto, chiedendo alla Presidenza di poter consegnare il testo integrale dell'intervento.

PRESIDENTE. La Presidenza la autorizza in tal senso.

GALLONE (FIBP-UDC). Il secondo punto riguarda fiducia e libertà per la scuola, pilastro della società. Vorremmo la vera rivoluzione, realizzando quella libertà di scelta educativa attraverso la grande alleanza tra scuola statale e scuola paritaria.

Signor presidente Draghi, mi consenta di concludere l'intervento salutandola alla maniera della mia gente bergamasca, che non ha mai abbassato la testa: mola mia, presidente Draghi, mola mia. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pittoni. Ne ha facoltà.

PITTONI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, richiamo l'attenzione su alcuni passaggi degli impegni sull'istruzione previsti dal contratto del primo Governo di questa legislatura, secondo il quale «in questi anni le riforme che hanno coinvolto il mondo della scuola si sono mostrate insufficienti e spesso inadeguate... Una delle componenti essenziali per il corretto funzionamento del sistema di istruzione è rappresentata dal personale scolastico. L'eccessiva precarizzazione e la continua frustrazione delle aspettative dei nostri insegnanti rappresentano punti fondamentali da affrontare per un reale rilancio della nostra scuola. Sarà pertanto necessario assicurare, anche attraverso una fase transitoria, una revisione del sistema di reclutamento dei docenti, per garantire, da un lato, il superamento delle criticità che in questi anni hanno condotto a un cronico precariato e, dall'altro, un efficace sistema di formazione».

Come Lega, è questa la battaglia che abbiamo avviato sulla scuola, aprendo anche a una sana collaborazione tra scuole statali e paritarie, se non altro perché queste ultime dispongono degli spazi che nell'attuale stato d'emergenza a volte mancano a quelle statali.

Riteniamo che l'utilizzo delle risorse del recovery fund per l'istruzione debba avere l'ambizione di contribuire in misura determinante alla formazione dei nostri ragazzi, assicurando servizi omogenei, efficienti e di qualità sull'intero territorio nazionale. A tal fine, le risorse andrebbero destinate in primo luogo a garantire un organico docente adeguato, così da assicurarsi una valutazione positiva, come esplicitato nelle linee guida, laddove si privilegia «la creazione di beni pubblici», tra cui si citano l'educazione e la formazione. La risposta, quindi, non può essere data dai concorsi, per i quali non ci sono i tempi tecnici e che sono troppo sbilanciati sulla conoscenza (per semplificare, la memoria), rispetto alla competenza (l'esperienza), contravvenendo all'impegno della «fase transitoria» per il superamento del precariato «cronico».

Vogliamo davvero iniziare il prossimo anno scolastico con tutti gli insegnanti al loro posto, tornando a garantire quello che è un diritto degli studenti? Occorre stabilizzare non meno di 120.000 docenti. Gli insegnanti precari sono figure alle quali lo Stato dà fiducia da cinque, dieci, quindici o vent'anni, sempre rimandandone l'assunzione definitiva (i motivi si possono immaginare).

Persa l'occasione dell'anno in corso, abbiamo pronta una proposta normativa intesa a mettere ordine nelle graduatorie per il conferimento delle supplenze, al momento gravate da una quantità di errori (materiali e non) che ne compromettono la solidità giuridica. Poiché è da tali graduatorie che si dovrà attingere per il reclutamento a tempo indeterminato, è opportuno - onde evitare complessi ed estenuanti contenziosi - renderle quanto più aderenti alle singole situazioni giuridiche, in ossequio al dettato costituzionale sul necessario «buon andamento della pubblica amministrazione». Piaccia o meno, in questa fase le assunzioni per titoli e servizi sono un percorso obbligato, sempre che, ancora nel pieno della più grave crisi nella storia della Repubblica, non si intenda iniziare senza insegnanti pure il prossimo anno scolastico.

C'è un altro tema che ci sta a cuore: la cultura, che, insieme al suo indotto, arriva a generare il 17 per cento del PIL. Dovrebbe bastare questo per metterla al centro del progetto di ripartenza del Paese. Non si tratta solo di posti di lavoro: la cultura è molto di più; sono le nostre radici, ciò che unisce l'Italia in un mosaico di differenze che il mondo ci invidia, una meravigliosa sintesi di genialità e creatività. Promuoviamo allora i tanti luoghi ancora non inseriti nei grandi attrattori culturali, valorizziamo - in modo rispettoso ed eco-sostenibile - i cammini che attraversano il Paese e lo raccontano; tuteliamo i lavoratori dello spettacolo, piegati dalla crisi pandemica che li ha colpiti con particolare durezza: sono stati i primi a chiudere e saranno probabilmente gli ultimi a ripartire. Per un Paese come l'Italia sarebbe un grave errore non occuparsene. La cultura è il primo grande presidio sociale: salda le comunità. Non possiamo perdere la miriade di compagnie teatrali, artisti e musicisti che costituiscono il tessuto da cui nascono le grandi opere che ci rappresentano del mondo.

Va tutelata la cultura del made in Italy, nel design e nella moda, con le tante piccole e medie aziende del settore nel mirino di fondi stranieri in cerca dell'affare. Impegniamo quanto serve per l'audiovisivo, grande attrattore e moltiplicatore di investimenti; promuoviamo, attraverso l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE), la nostra musica nel mondo.

Abbiamo apprezzato, signor Presidente del Consiglio, il suo passaggio sulla tutela del patrimonio culturale dai cambiamenti climatici; è un tema che la Lega ha promosso in più sedi e in diverse occasioni, anche in una mozione parlamentare. La cultura può davvero fare ripartire il Paese, non perdiamo questa opportunità (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Gallicchio. Ne ha facoltà.

GALLICCHIO (M5S). Signor Presidente, oggi il Senato è chiamato ad esprimersi sulla richiesta di fiducia al Governo presieduto dal presidente del Consiglio Draghi, così ho chiesto d'intervenire per esprimere le motivazioni di quello che sarà il mio voto e quello del Gruppo a cui appartengo.

Il MoVimento 5 Stelle nasce - noi nasciamo - per portare aria nuova nelle Aule parlamentari, per riportare rispettabilità, legalità e trasparenza, e lo abbiamo fatto: ci siamo riusciti grazie alla grande spinta che viene dal basso, dai cittadini, da un'enorme voglia di cambiamento e di miglioramento. Sono qui a testimoniare questa natura democratica e partecipativa, quel senso di collettività che ci ha contraddistinto e ci ha consentito di arrivare fin qui e di realizzare gran parte del nostro programma. E così, anche questa volta, abbiamo chiesto ai cittadini di partecipare: al gran numero di cittadini attivi che si informano e che partecipano attivamente alle vicende e alle scelte del MoVimento 5 Stelle abbiamo chiesto di esprimersi sull'opportunità di far parte o meno di questo Governo, valutando tutti gli elementi e soprattutto l'esito delle consultazioni. E qui, presidente Draghi, voglio essere subito molto chiara: quella di oggi è una fiducia attenta, non è una fiducia in bianco. Saremo pronti a verificarla giorno dopo giorno; la nostra è una fiducia leale, ma vigile, basata sull'accoglimento delle proposte e condizionata dalla scelta delle priorità. Giustizia, ambiente, inclusione sociale e transizione ecologica non dovranno essere parole vuote, ma riempite di contenuti da verificare costantemente, perché ci sia una corretta visione del futuro, con l'impegno per una ripresa forte e unita del Paese. Il MoVimento 5 Stelle, in questo attento presidio di contenuti non negoziabili, non è disposto a fare passi indietro sulla riforma della prescrizione da noi varata o su questioni fondamentali come la tutela del reddito di cittadinanza, perché, oggi più di ieri, nessuno deve rimanere indietro.

È a queste condizioni, come portavoce di tutto il MoVimento 5 Stelle, che io rispetterò il valore espresso dalla maggioranza della nostra base; un sì che prendo come risultato di un difficile e lacerante processo decisionale, ma anche come un valore prezioso, perché rappresenta la coscienza collettiva, rappresenta l'espressione di una grande comunità che vive e decide insieme. Questa impronta democratica è un valore unico, che nessun'altra forza politica al mondo può vantare; un valore che si unisce alla lealtà e all'abnegazione di cui abbiamo sempre dato prova e che ci ha permesso di contaminare di democrazia e senso del dovere tutto il panorama della politica.

Andare verso la creazione del nuovo Ministero della transizione ecologica, che includerà nella sfera ambientale tutte le competenze necessarie e funzionali all'obiettivo, porta con sé un cambio di prospettiva storico, al di là delle posizioni politiche di ciascuno. Le scelte più importanti per il futuro del Paese dovranno essere filtrate attraverso la lente ambientale, ecologica e della transizione energetica; dovremo parlare del futuro legato alle fonti di energia alternativa al fossile e decidere quali progetti intendiamo mettere in cantiere oggi per la decarbonizzazione. Puntare sulle energie rinnovabili è un tema a noi caro fin dalla nascita del MoVimento; è questo che noi consideriamo l'asse portante del Governo nascente.

Il mondo del domani, nelle prossime generazioni, richiede nuovi processi e nuove soluzioni organizzative, anche nella mobilità, come soprattutto nell'innovazione tecnologica finalizzata alla riduzione delle emissioni e al miglioramento della qualità della vita di tutti noi e di chi verrà; tutto ciò richiede nuove competenze. Colgo con soddisfazione il richiamo da lei fatto alla conferma degli ampi fondi destinati al rafforzamento degli istituti tecnici superiori, dando così l'opportunità a tanti giovani di formarsi adeguatamente per entrare nel mondo del lavoro e dell'impresa in modo sfidante e in linea con i veloci cambiamenti socio-economici già iniziati.

È a tutto questo che noi guardiamo, oggi come ieri. In particolare oggi, che il Covid-19 provoca ancora tante vittime e tante persone sono in condizioni di sofferenza e meritano la piena ed esclusiva attenzione. Per le famiglie, per i lavoratori, per le imprese e per tutti coloro che vivono con apprensione questi giorni e chiedono risposte, iniziative e azioni concrete per il futuro, il MoVimento c'è e farà la sua parte. Lavoreremo con impegno e correttezza, ma anche con attenzione e con spirito critico, affinché si porti al più presto il nostro Paese fuori da uno dei periodi più difficili della sua storia recente. La fase che si apre ora deve essere per tutti - e dico tutti - di costruzione, responsabilità, lungimiranza e avrà al centro contenuti a noi cari: la sostenibilità ambientale, i beni comuni, la transizione energetica, ripartendo dai risultati importanti già raggiunti. Oltre al reddito di cittadinanza, penso al superbonus del 110 per cento, al taglio dei parlamentari, dei vitalizi, delle pensioni d'oro, al decreto dignità, allo stop delle trivellazioni, alla legge salva mare, al decreto clima, al taglio del cuneo fiscale, ai risarcimenti ai truffati delle banche, alla legge spazza corrotti, al piano di transizione 4.0 e a tanto altro. È da qui che vogliamo e dobbiamo ripartire, professor Draghi, dai risultati ottenuti e dai temi già tracciati dal Governo del presidente Conte, a cui va tutto il nostro affetto e la nostra gratitudine. (Applausi). Sulla continuità di azione, che lei ha sottolineato, saremo vigili e verificheremo che i fondi del recovery fund siano spesi velocemente e bene, con il massimo impegno, per costruire il Paese che i nostri nipoti meritano. Abbiamo ancora l'opportunità per ridisegnare il futuro. Non sprechiamola. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore De Bonis. Ne ha facoltà.

DE BONIS (Eu-MAIE-CD). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, colleghe e colleghi, il programma di Governo che ella, signor Presidente del Consiglio, ha appena illustrato, se attuato in ogni suo punto sarà certamente in grado di far risalire la china, in sintonia con le parole del presidente Mattarella e con la collocazione del suo Esecutivo in una cornice fortemente europeista ed atlantista.

Il nuovo Ministero della transizione ecologica avrà la funzione importante di raccordare ogni iniziativa con il tema ambientale ed energetico, ed è un grande passo in avanti. Le emissioni continuano ad aumentare e le temperature a salire; serve un cambio di paradigma per affrontare le grandi questioni in gioco. La prima partita è quella della decarbonizzazione. Proprio due mesi fa l'Unione europea ha innalzato gli obiettivi: tagliare del 55 per cento, e non più del 40 per cento, le emissioni entro il 2030.

Non meno fondamentale è il raccordo con l'agricoltura, tema al quale, signor Presidente, ho dedicato e continuo a dedicare grande attenzione. La nascita della Comunità europea si è fondata innanzitutto sull'agricoltura, e nel 1992 con la riforma MacSharry e il principio di condizionalità, ben prima dell'industria l'agricoltura si è legata alla tutela dell'ambiente. Ma oggi il problema principale del rilancio del settore riguarda la copertura dei costi di produzione: i nostri agricoltori molto spesso non riescono a coprire tali costi e, di conseguenza, si impoveriscono; ma non perché non siano competitivi. Purtroppo, in Italia nel dibattito sul green deal non si parla di agricoltura. Salutiamo con favore la nomina del ministro Patuanelli, che sicuramente rimetterà al centro questo settore.

Signor Presidente del Consiglio, ho appreso della sua alta considerazione per l'agricoltura, ma se la transizione dovrà essere equa ed inclusiva, l'agricoltura non può essere esclusa dal dibattito, perché è cibo, vita, natura, cultura. Non basta che l'aria, l'acqua il suolo siano puliti; anche il cibo è fondamentale, il buon cibo che può rappresentare la vera medicina per rafforzare il nostro sistema immunitario, molto compromesso durante l'epidemia, e far produrre al nostro organismo gli anticorpi necessari per proteggersi dai microrganismi. Il detto «siamo quel che mangiamo» oggi assume un significato ancora più profondo. L'agricoltura ecosostenibile con meno pesticidi, antibiotici, ormoni e fertilizzanti chimici può ridurre, da un lato, l'enorme spesa sanitaria dei Paesi europei e, dall'altro, elevare la qualità della vita e la produttività dei cittadini, perché chi gode di buona salute diventa una grande risorsa per sé e per il suo prossimo.

Il comparto agroindustriale, d'altro canto, è anche uno dei fattori principali del cambiamento climatico, responsabile di circa il 25 per cento delle emissioni totali di gas serra. Oggi quindi è importante un Governo che difenda la nostra madre terra da una crisi ecologica, perché, come lei ci ha ricordato nel suo discorso di questa mattina, siamo stati noi a rovinare l'opera del Signore. È sin dagli anni Settanta che la dottrina sociale della Chiesa ci ha sempre messo in guardia dallo sfruttamento incontrollato della natura, come diceva Paolo VI. Ultimo in ordine di tempo è stato Papa Francesco a lanciare l'allarme sui cambiamenti climatici. La terra - ci ricorda il Pontefice - è la nostra casa comune e abbiamo il dovere di prendercene cura.

Signor Presidente del Consiglio, in Italia non tutti sono consapevoli che i primi a prendersi cura della terra sono proprio gli agricoltori, una categoria bistrattata nel nostro Paese quanto preziosa. L'agricoltura in Italia è stata sempre considerata la cenerentola della nostra economia. Dobbiamo però distinguere quelli che fanno ricorso ad una agricoltura industriale da quelli che vogliono sviluppare un'agricoltura biologica, più attenta agli ecosistemi. L'agricoltura industriale è diventata una delle principali cause del degrado del suolo, della perdita di sostanze organiche, della desertificazione, della scarsità di acqua, della perdita di biodiversità, della resistenza ai parassiti e agli antibiotici, dell'inquinamento di falde con procedure comunitarie di infrazione.

Queste fonti di degrado contribuiscono a loro volta ad una serie di problemi per la salute umana per l'esposizione eccessiva ai fertilizzanti chimici, ai pesticidi e agli erbicidi tossici. L'agricoltura biologica, al contrario, si basa sulla rotazione delle colture e sulla fertilizzazione del suolo, ha un'impronta di carbonio molto minima in quanto non dipende da prodotti derivati da combustibili fossili. La probabilità è che esploda una pandemia anche legata alla distruzione dell'ambiente; più devastiamo le foreste, ossia i luoghi in cui gli animali serbatoio dei virus vivono, più aumenta la probabilità che avvenga un nuovo salto di specie.

Bene dunque il suo riferimento allo spazio che l'uomo ha sottratto alla natura; in Italia dovremo aumentare la forestazione produttiva. I dati sulla crisi della biodiversità sono drammatici; anche qui si parla di una riduzione che supera in media il 30 per cento. Ciò significa che noi, una sola specie, abbiamo fatto fuori un terzo di tutte le altre. Non era mai successo... (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza a consegnare il testo del suo intervento affinché venga allegato agli atti.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Garnero Santanchè. Ne ha facoltà.

GARNERO SANTANCHE' (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi; professor Draghi, mi rivolgo innanzitutto a lei perché devo dirle che è l'unico vero elemento di novità tra i banchi del Governo. Le ricordo che sino a pochi giorni fa sulla sua poltrona sedeva uno scuro avvocato che fino all'ultimo ha provato a difendersi, diciamo a portare a casa la propria pelle, con un mercato osceno di parlamentari. Pertanto, persone come noi, intellettualmente oneste, non possiamo che vedere un miglioramento da questo punto di vista con la sua presenza. Vede però, Presidente, se il mio sguardo si allarga ai suoi compagni di viaggio e - apro una parentesi - compagni non è un termine che uso in modo casuale, allora vedo, ad esempio, lo stesso Ministro della salute, il ministro Speranza del Governo Conte. Il Ministro della salute che purtroppo ha il primato molto macabro del più alto numero di morti di Covid in proporzione alla popolazione. Il Ministro della salute che è lo stesso che ritirava in tutta fretta un libro che aveva scritto per autocelebrarsi per la gestione della pandemia. È lo stesso Ministro, signor Presidente, che invitava gli italiani ad essere delatori con i propri vicini di casa, in piena sintonia con quella che era la Germania dell'Est.

Se allargo il mio sguardo, Presidente, il suo Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale è lo stesso del Governo precedente, di quel Governo che ha messo sullo stesso piano l'alleanza con un Paese storico, come gli Stati Uniti d'America, rispetto alla Cina che - se mi consente - è una dittatura spietata. È lo stesso Ministro - in questo lei, essendo una persona colta, dovrebbe essere attento - che credeva che la Russia fosse un Paese del Mediterraneo e che Pinochet fosse l'ex dittatore del Venezuela. Questo è il suo Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

Se però guardo ancora oltre, vedo lo stesso Ministro dell'interno, lo stesso Ministro che ha cancellato i decreti sicurezza, lo stesso Ministro che ha aperto i porti all'immigrazione clandestina, quello che, di nuovo, ha reso l'Italia il campo profughi dell'Europa; lo stesso Ministro che ha agevolato di fatto che arrivassero su questa sponda del Mediterraneo i terrorismi islamici. Signor Presidente, non sono opinioni, sono fatti perché l'attentatore di Nizza era un tunisino che era sbarcato a Lampedusa.

Quindi, mi dispiace, ma il suo non è il Governo dei migliori e mi dispiace, Presidente, che lei sia la foglia di fico di un Governo dei peggiori e - se mi consente - anche dei soliti.

In ogni caso le voglio dire, signor Presidente, che Fratelli d'Italia avrà un'opposizione o, meglio, una posizione patriottica e di responsabilità perché per noi l'interesse nazionale non è una delle possibilità della politica, è l'elemento costitutivo della nostra identità.

Le voglio dire, Presidente, che come ci siamo stati nei Governi precedenti, per sostenere le imprese, per sostenere i lavoratori e le famiglie in questo periodo di crisi, ci saremo sul recovery fund, ma che non sia buttato via per una assistenzialismo ideologico. Noi ci saremo per la crescita di questa Nazione, ma spieghi ai suoi compagni di viaggio che la crescita è sempre felice, mentre la decrescita è infelice per una Nazione. Noi ci saremo per una difesa sempre alta dell'interesse della nostra Nazione e lei, Presidente - mi rivolgo a lei, non a voi - avrà i nostri voti quando farà le cose giuste per l'Italia e per gli italiani. Capisco che la nostra posizione può essere anche a lei incomprensibile, dal momento che in questi giorni ha dovuto fare molte riunioni su Sottosegretari, Ministri e poltrone, mentre noi le daremo i nostri voti senza chiedere nulla in cambio. Ho visto, però, che nella sua maggioranza c'è stata, anche nei primi atti, una sorta di continuità con le abitudini del Governo Conte: si parla di lockdown generalizzato senza una strategia, ci sono gli annunci serali agli imprenditori come faceva il Presidente precedente, l'ultimo dei quali agli operatori della montagna, che hanno saputo la sera che la mattina non potevano aprire, nella assoluta indifferenza del suo Governo, anzi userei una parola peggiore, nel disprezzo per chi vive del proprio lavoro e non grazie al reddito di cittadinanza. Noi dell'opposizione le diciamo di fare attenzione a non venire commissariato, che non ci sia qualcuno che voglia usare il suo nome per continuare a giocare sul futuro della Nazione. Le chiedo, Presidente, da che parte starà. Starà dalla parte dell'interesse nazionale o della sudditanza a potenze straniere, alcune anche non democratiche? Starà dalla parte di chi vuole lo sviluppo e la crescita o di chi continua a credere in sussidi e mance? Lei, Presidente, sarà per la sicurezza degli italiani, per l'integrazione dell'immigrazione regolare (che è quella che anche noi vogliamo), o sarà contro la sicurezza degli italiani, in nome del "liberi tutti" e per il traffico di esseri umani? Lei sarà per lo shock fiscale, per liberare le imprese, o sarà invece con quelli che stanno chiedendo la patrimoniale? Presidente, quando una maggioranza è così divisa su questioni così profonde… (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. Senatrice, può consegnare il testo del suo intervento. Come tutti gli altri, neanche lei può terminare.

È iscritta a parlare la senatrice Nugnes. Ne ha facoltà.

NUGNES (Misto-LeU). Signor Presidente del Consiglio, un discorso si comprende dalle cose che si dicono, ma soprattutto da quelle che si omettono. Lei, Presidente, parla di Governo di responsabilità nazionale, ma questo è un Governo politico, poiché politiche sono le scelte che deve fare. Parla di unità, ma io vedo un'arena, dove le parti già si fronteggiano, dagli attacchi di Salvini alle risposte disarticolate ai ringraziamenti a Conte. Occorreva scegliere un'area politica, non un Governo di tutti, che è un governo di nessuno. Nei posti chiave del recovery, però, ha messo tecnici marcatamente d'area ultraliberista, perché la tecnica non è mai neutra e lei lo sa bene. E il piano Colao, che non aveva una maggioranza e l'ha trovata? E il progetto per aziendalizzare lo Stato che si intravede nella sua relazione al G30 nella distruzione creativa? Ma lo Stato non è un'azienda, lo Stato deve garantire i diritti costituzionali di tutti e prendersi cura del Paese: cosa avverrà con questa governance aziendale? In questa crisi economica e sociale globale, come faremo a decidere quali aziende dovranno essere sostenute e quali lasciate morire perché "aziende zombie", come lei le definisce?

Alla transizione ecologica ha un Ministro tecnico, uno scienziato della Leopolda. Temo che questa possa essere una pericolosa operazione di facciata, se non un boomerang. L'esperienza della Francia ce lo dice: dopo la bolla immobiliare, viviamo una bolla ecologica. L'allarme mondiale sul surriscaldamento ha trasformato la tutela dell'ambiente nel principale argomento di autolegittimazione del capitalismo globale per restare quotato sul mercato.

Presidente Draghi, lei vanta una prestigiosissima professionalità, riconosciuta a livello mondiale. È uno dei massimi funzionari del capitalismo globale e dello strapotere dei mercati. La sua dichiarazione sulla morte del modello sociale europeo è del 2012 ed è vero che le condizioni da allora sono cambiate e le azioni espansive messe in campo in Europa sono frutto del suo lavoro, per cui la ringraziamo.

Non crediamo, però, che ciò sia dovuto ad una conversione alla democrazia sociale e all'ecologismo, ma dalla necessità di fare tutto il possibile per salvare quel modello di sviluppo. Siamo lontani dall'ecologia integrale di Papa Francesco, che deve essere strutturale, rivoluzionaria, per riconvertire completamente e ribaltare il modello sociale e di sviluppo. Queste sono scelte che deve fare la politica, non la finanza.

Parla di transizione, ma non cita la necessità di revisione del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC) dei Sussidi ambientalmente dannosi (SAD), del capacity market. Dice idrogeno, ma non specifica quale. Parla di taglio alle tasse. Ma davvero questa è una cosa buona per il corpo sociale? Dice di voler preservare la progressività (deduco sia quella esistente) e non di farne una revisione consistente. Parla di sanità territoriale, ma non pronuncia mai la parola pubblica. Parla di scuola e usa termini come "domanda" e "offerta" e "fabbisogno" di diplomati tecnici.

Parla di Mezzogiorno, ma non dice che gran parte dei fondi riconosciuti dall'Europa al nostro Paese sono stati calcolati sul divario territoriale e che a quella perequazione dovranno andare. Naturalmente, guardando alla composizione del suo Governo e della sua squadra, non mi sembra di poter evincere che questo vincolo europeo sarà rispettato. Parla delle donne, eppure ci sono pochissime donne nella sua squadra.

La scelta di una maggioranza così allargata decreta la morte definitiva della politica. Vuol dimostrare, una volta per tutte, che la politica non serve, che non è in grado, che la tecnofinanza deve farsi Stato, che si è già fatta Stato.

Spero di sbagliarmi su tutto, ma, in ogni caso, siamo convinte che il Paese abbia bisogno di una opposizione da sinistra a questo Governo, perché non ci appaiono garantite le premesse dei principi imprescindibili che rivendichiamo. Riteniamo convintamente che la rappresentanza e la difesa dei valori possa e debba essere esercitata anche, forse soprattutto, da una opposizione critica e costruttiva. In Parlamento siamo pochi, ma spero che nel Paese diventeremo sempre di più.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ferrazzi. Ne ha facoltà.

FERRAZZI (PD). Presidente Draghi, il Partito Democratico appoggerà convintamente questo Governo. Appoggerà convintamente anche l'impegno che lei si è assunto dinanzi a questo Paese. Lo farà certamente, vista l'autorevolezza che riveste la sua persona, che è stata ratificata da un percorso professionale al servizio del Paese e dei Paesi, ma lo farà ancora di più - se consente - anche per le linee programmatiche che lei ha esplicitato questa mattina.

Si tratta di linee che definiscono un orizzonte e che demarcano uno spazio. Lei ha utilizzato dei termini molto importanti che definiscono uno spazio culturale e politico prima che partitico. Ha utilizzato il termine atlantismo. Noi siamo assolutamente a favore di questa impostazione e crediamo nel rilancio a livello internazionale della politica del multilateralismo e, in particolare, della stella polare dell'alleanza delle democrazie liberali che hanno a cuore i diritti politici e civili. Lei quest'oggi l'ha rimarcato in maniera molto netta e noi su questo la sosteniamo assolutamente.

Lei ha parlato di europeismo. Presidente, riteniamo che i patrioti sono gli europei e siamo convinti che i nazionalismi sono immancabilmente contro i propri cittadini. L'Europa per noi è un grande spazio. Nel suo intervento di questa mattina lei invitava - ho segnato molte delle cose che ha detto - gli Stati nazionali a cedere la sovranità nazionale per acquisire una sovranità condivisa. Presidente, noi crediamo che il destino dell'Europa sia un grande spazio e che debba essere gli Stati Uniti d'Europa, esattamente in analogia con gli Stati Uniti d'America, con tutto ciò che ne deriva. Presidente, siamo convinti, infatti, che o l'Europa si rafforza o l'Italia declina.

All'interno di questo panorama c'è il grande ragionamento, progetto e impegno comune sul recovery. Crediamo che ciò abbia una valenza politica per l'integrazione e una valenza economica per la competizione. Per noi non è un semplice raddoppio del bilancio ordinario dello Stato. Ciò costituirebbe un grave errore; non è nemmeno una serie di interventi a pioggia e, men che meno, aiuti indifferenziati per garantire i già garantiti. Deve essere un enzima, un moltiplicatore e un acceleratore di quel processo di cambiamento radicale che consenta al nostro Paese e all'Europa intera di essere un grande spazio di ricerca, innovazione, produzione di valore aggiunto, un grande mercato interno e un grande luogo di elaborazione di idee, piani industriali, politiche integrate non solo umanitarie, ma anche economiche e fiscali. Se l'Europa non sarà questo; l'Italia non sarà. Questo è il tema di fondo. Per tale motivo, come dicevamo prima, per noi i patrioti sono gli europeisti. Di ciò ne siamo assolutamente convinti.

Il terzo termine che le hai usato oggi e nelle giornate precedenti è ambientalismo. Per noi l'ambientalismo non è semplice attenzione all'ambiente; non è nemmeno un approccio settoriale, ma è esattamente l'impegno strategico per la transizione ecologica e la rivoluzione green. Siamo coscienti, infatti, che in un mondo malato l'umanità non può restare sana e siamo coscienti che i tre termini che lei ha citato in riferimento al G20 - people, planet e prosperity - siano esattamente un sistema che si tiene insieme. Allora, quando parliamo di transizione ecologica e rivoluzione green, parliamo di politiche industriali che guardano al futuro, di politiche del lavoro, di ciò che di qualità si crea e che guarda avanti e alle future generazioni, di politiche per la ricerca e l'innovazione, coscienti che la tecnologia e la scienza sono amiche dell'ambiente, naturalmente non nel momento in cui la tecnoscienza diventa mito e sostituisce il mezzo al fine, ribaltando il rapporto tra l'umano e la tecnica, ma nel momento in cui l'uomo ha raggiunto un livello di consapevolezza culturale tale per cui può utilizzare in maniera sana e saggia la tecnica e la scienza per il bene di se stesso e del pianeta.

Presidente, vengo all'ultima nota. In Senato abbiamo fatto un enorme lavoro su questi temi e lo porteremo avanti (end of waste, l'emergenza e via dicendo). Secondo me, è mancata una nota nel suo intervento e le chiederei di integrarla: quando si parla di rigenerazione, dobbiamo inserire una politica per le città. Le città sono il luogo dove le persone a livello mondiale abitano e abiteranno sempre di più. Serve un'agenda urbana, serve una policy organica e una governance nazionale che non c'è mai stata. Bisogna parlare di rigenerazione, bisogna ripensare il modello di sviluppo a partire dalle città. Su questo e su altri punti ci troverà e ci troverete al vostro fianco. Grazie e buon lavoro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Saccone. Ne ha facoltà.

SACCONE (FIBP-UDC). Signor Presidente del Consiglio, oggi lei lì non siede per caso. Noi riteniamo che ci siano almeno due motivi per i quali è seduto lì come capo del Governo. Professor Draghi, il primo motivo lo vogliamo ascrivere alla saggezza - mi permetta di dire - e alla lungimiranza del Presidente della Repubblica che, sulla scorta della sua esperienza di uomo delle istituzioni e di civil servant, professor Draghi, ha ritenuto opportuno dare al Paese intero questa chance.

Presidente Draghi, vorrei soffermarmi sull'ultimo periodo in cui lei ha servito le istituzioni alla Banca centrale europea. Ebbene, noi riteniamo che lei abbia posto con quell'esperienza la pietra miliare per quanto concerne la chiusura di quel cerchio che vedeva nei padri fondatori dell'Unione europea, Adenauer, Schuman e De Gasperi, un'Europa unita e solidale. Il quantitative easing andava in quella direzione, dobbiamo dircelo a chiare lettere: quella fu una grande intuizione. Certamente la pandemia ha accelerato quel processo.

Vede, Presidente, Pirandello direbbe che è ordinario il giorno che non lascia alcuna traccia. Lei, nella sua esperienza, non ha mai trascorso giorni ordinari. Allora glielo diciamo con estrema franchezza: oggi, in questo Parlamento in cui lei siede, ha trovato e troverà un grande consenso su un principio cardine che ha fondato la nostra Repubblica. La bussola è l'Unione europea; solo con un'Unione europea forte si salvaguardano gli interessi dei singoli Stati membri. Questa è la bussola e noi su questo ci siamo battuti in questo tempo. Devo dirlo anche per quei partiti che ancora esprimono dello scetticismo e che magari oggi non ritengono opportuno sostenerla. Siamo convinti che anche loro, legittimamente oggi all'opposizione, in questo percorso magari troveranno alcune occasioni su cui sostenerla.

Il secondo motivo per cui lei oggi siede lì è perché la politica ha dimostrato in questi ultimi tempi, durante quest'ultima fase della pandemia, tutti i suoi limiti, la sua incapacità di uscire dalla palude, di porre in essere le riforme di cui ha bisogno il Paese e - mi si permetta di dire - ha evidenziato la distanza con le esigenze del popolo italiano.

Presidente, per noi oggi non è vero che si silenzia la politica. Per noi oggi si esalta la buona politica, quella in cui si esalta anche il compromesso, perché il compromesso ha un valore nobile quando si pongono al centro gli interessi generali del Paese, quando non si seguono i like, non si seguono i sondaggi, ma - lo dico con estrema franchezza - si sacrifica il pragmatismo delle singole parti per elevare l'interesse generale del Paese. Questo è quello che sta accadendo oggi. Qualcuno lo definisce «inciucio», cosa che non avverrebbe ad esempio in Germania. La signora Merkel governa da dieci anni la Grosse Koalition e nessuno si è mai permesso di chiamare quello «inciucio», peraltro in una condizione non drammatica come quella che stiamo vivendo oggi.

Oggi qui si vuole esaltare l'unità del Paese e si vuole esaltare, come dicevo, la buona politica. Per noi è importante, signor Presidente, la partenza del recovery plan. Mi permetta di dirlo: serve uno snellimento burocratico. Pochi giorni fa il Consiglio di Stato, dopo quindici anni, ha dato il suo via definitiva ad un'opera pubblica, piccola ma importante: la Pontina. Pensi, sono quindici anni che è stata approvata e pochi giorni fa è arrivata la sentenza. Come possiamo pensare di far ripartire il Paese con questi ritardi drammatici? (Applausi).

Vi è un altro elemento, Presidente: lei ha parlato del fisco semplice. Mi permetta di aggiungere che deve essere un fisco conveniente, a cui conviene dichiarare quanto si guadagna, piuttosto che evadere: questo è un elemento fondamentale. In conclusione, signor Presidente, sui ristori, chiediamo che siano non solo tempestivi, ma anche rispettosi della dignità delle persone.

Presidente, oggi chi vuole complicare la vita al suo Governo vuole indebolire non lei, non la sua compagine, ma soprattutto il Paese.

Mi permetta di confermarle il nostro sostegno e anche di concludere con una frase di Winston Churchill, che ritengo sia, più che un monito, un invito: «A volte fare del proprio meglio non è abbastanza; dobbiamo fare ciò che è necessario». Grazie e buon lavoro! (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Pergreffi. Ne ha facoltà.

PERGREFFI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente del Consiglio, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il Paese deve ripartire: serve un cambio di passo immediato. Dobbiamo pensare di sbloccare i cantieri e semplificare le procedure, rese troppo soggettive nell'applicazione del codice degli appalti. Dobbiamo far rialzare la testa all'Italia, facendo ripartire un Paese rimasto bloccato da regole troppo spesso confuse e in continuo mutamento: basti pensare che il codice degli appalti ha visto 547 correttivi in questi anni e ha visto fermi al palo i decreti attuativi e il regolamento unico, che doveva servire a superare le linee guide dell'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC).

Ci sono opere interamente finanziate, la cui realizzazione è lenta o, in alcuni casi, completamente bloccata, a causa di regole bizantine e procedimenti burocratici troppo lunghi. È imprescindibile superare ora queste regole, derogandovi dove serve. Si possono citare come esempi la Pedemontana, sia il tratto lombardo che quello Veneto, il Quadrilatero tra Umbria e Marche e la strada statale 106 Jonica in Calabria. Ci sono poi tante opere che riscontrano il cosiddetto deficit di finanziamento e nella maggior parte dei casi si tratta di opere di assoluta rilevanza strategica, che si inseriscono nei corridoi europei: si pensi per esempio al raccordo autostradale Ti-Bre, alla ferrovia Pontremolese e all'autostrada Roma-Latina. Ci sono, ancora, interventi sulla rete autostradale, con costi a carico dei concessionari, che però non vedono la luce per ritardi burocratici: emblematica è la Gronda di Genova, del valore di 4,2 miliardi di euro.

In questo momento di crisi economica e sanitaria, abbiamo bisogno di ripartire dal settore strategico delle infrastrutture, che deve essere il volano, per rendere il nostro Paese competitivo a livello internazionale e per ricreare i posti di lavoro persi. La necessità, in questo momento, è poter tornare a vivere e a lavorare: spetta a noi creare nuove opportunità di impresa e di occupazione. Il nostro compito e il motivo per cui abbiamo deciso di entrare in questo Governo, con il pragmatismo della Lega, basato sull'esperienza di tanti amministratori locali, è quello di permettere al sistema Paese di passare dalla teoria alla pratica, per realizzare uno sviluppo che possa servire alle generazioni future. Lo sviluppo infrastrutturale è funzionale al sistema italiano dei trasporti: ecco perché non si può continuare a trascurare i porti, che necessitano di investimenti per 4 miliardi di euro, gli aeroporti, che abbisognano di investimenti per oltre 2 miliardi di euro, e tutto il comparto della logistica.

Senza rinunciare alla legalità, dobbiamo semplificare e rendere i processi di appalto semplici e trasparenti, riducendo gli oneri a carico della pubblica amministrazione, dei professionisti e delle imprese, rendere chiare le norme per una facile applicazione, evitando interpretazioni che portano a contenziosi, che hanno come ricaduta il rallentamento delle opere e, di conseguenza, della nostra economia. Non è impossibile, basta ispirarsi a quanto fatto a livello europeo, azzerando la brutta copia che ne è stata fatta nel nostro Paese.

Abbiamo la necessità di sfruttare l'opportunità di recovery plan e delle Olimpiadi del 2026, non come una lista della spesa, ma come un progetto Paese e un piano concreto, che porti sviluppo. (Applausi). Abbiamo bisogno di fare alla svelta, di sbloccare, di sburocratizzare, di utilizzare il modello Genova, in maniera coscienziosa, ma decisa. Non è questo il tempo dei no a prescindere. Non è una possibilità: l'Italia deve rinascere e noi ci metteremo l'anima perché ciò avvenga.

Non dimentichiamo anche la necessità immediata della manutenzione dell'esistente, dai ponti, alle strade, agli edifici pubblici, alle scuole (per troppe anni, con i vincoli legati agli enti locali, si è soprasseduto sulla loro messa in sicurezza). È ora di voltare pagina e di dare fiducia alle migliaia di amministratori pubblici, che si spendono per i loro territori.

Il settore delle costruzioni in questi anni ha sofferto molto: migliaia di imprese hanno chiuso i battenti per la crisi, migliaia di competenze e di posti di lavoro sono sfumati. Far ripartire i cantieri vuol dire dare nuova linfa vitale ad un settore strategico per la nostra economia e vuol dire ridare dignità a tanti, che in questo momento hanno perso la speranza. Per troppo tempo si è stati fermi. Serve ripartire e serve crederci. Ripartiamo: il tempo è adesso. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Quarto. Ne ha facoltà.

QUARTO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, gentile Presidente del Consiglio, gentili Ministri, entro subito nel merito: l'istituzione del Ministero della transizione ecologica, la grande novità nell'assetto del nuovo Governo.

Il presidente Draghi ci ha ben illustrato il programma di Governo, tracciando i binari su cui viaggerà il nuovo treno supertecnologico, richiesto dal MoVimento 5 Stelle. Ricordo che le cinque stelle sono acqua, ambiente, trasporti, connettività e sviluppo. Il nuovo Ministero diventerà la galassia che le comprende. D'altronde, è nella stessa definizione di ecologia l'interrelazione tra le stelle del Movimento, che ha veicolato l'idea di un ambiente onnicomprensivo e poliedrico nel Parlamento. E, con la tenacia della goccia che perfora la roccia, stiamo scardinando concezioni obsolete di scissione delle dinamiche socio-economiche che relegano l'ambiente al loro contorno come fastidioso fardello.

Nel 2018, il ministro Costa ha lanciato lo slogan «l'ambiente prima di tutto». Grazie, Sergio, per tutto ciò che hai fatto; i tuoi semi daranno frutto. (Applausi). Oggi andremo oltre e diremo: è tutto ambiente.

A chi dovesse avere dubbi, la scienza dice che la Sars-CoV-2 è nata, si diffonde, provoca morte e deprime l'economia perché l'ambiente è malato e non viene rispettato. A chi tentenna, possiamo mostrare le immagini elaborate dai dati Copernicus Sentinel sulla Pianura padana, con una cappa inquinante che la pone al vertice per tasso di mortalità da particolato fine in Europa. A chi ancora si ostina a non capire, possiamo ricordare che la scienza imputa principalmente alle fonti energetiche fossili il surriscaldamento globale e la conseguente emergenza climatica.

Abbiamo creato un modello di sviluppo sbagliato. Dobbiamo rimediare, siamo in forte ritardo, addirittura fuori tempo massimo. Invertiamo la rotta: lo sviluppo deve diventare ecosostenibile e durevole. Occorre ripensare i modelli economici a cui siamo stati abituati sin dalla prima rivoluzione industriale e progettarli in linea con i temi etici e con la cosiddetta economia della conoscenza.

Ovviamente, quando si parla del sistema binario di stelle, ambiente e sviluppo, si parla di energia. Sappiamo che si sta alacremente lavorando per far confluire nel Ministero della transizione ecologica deleghe per l'energia oggi presenti in altri Ministeri. Molto bene, ma auspico che l'ampliamento delle competenze e il gravoso coordinamento di tutte le politiche che riguardano l'ambiente non distraggano la necessaria attenzione per la tutela del territorio e del mare, basilari focus del Ministero sostituito.

Nel discorso del Presidente sono elencati alcuni temi fondamentali, ma la tutela del territorio e del mare rimarrà un saldo pilastro del nuovo Ministero? Il dissesto idrogeologico, il consumo di suolo, i corpi idrici interni, il mare e le coste, i rifiuti, le terre dei fuochi, i parchi naturali, la biodiversità saranno qui centrali? La mitigazione, riduzione e prevenzione dei rischi naturali, in un Paese geologicamente fragile, avranno un'attenzione primaria nel Ministero della transizione ecologica? Saranno custoditi in tale Ministero e finanche rilanciati o potrebbero rischiare di migrare in erronee strutture di missione? Solo questo Ministero può dare organicità degli interventi strategici per la sicurezza del territorio a favore della prevenzione.

La protezione dei cittadini e del territorio dai rischi ambientali è uno dei nodi da risolvere per rilanciare lo sviluppo nazionale. Si darà continuità al progetto cartografia geologica, fondamentale per la pianificazione del territorio? La conoscenza del territorio farà davvero un salto di qualità? Sarà supportata da piattaforme quali Internet delle cose, con l'impiego anche dell'intelligenza artificiale e con ready computing? Di ogni opzione occorrerebbe definire i tempi. Il tempo non è una variabile indipendente nei sistemi ambientali, anche perché come si potrebbe parlare di transizione etologica con un territorio inquinato, abusato, insicuro, non sufficientemente monitorato e conosciuto?

Il recovery plan è una straordinaria occasione per colmare i ritardi accumulati nella conoscenza, riparazione e sicurezza del territorio, senza i quali non ci può essere sviluppo sostenibile e durevole. Penso al completamento della cartografia geologica, a un grande progetto di ricerca (geoscienze, energia e ambiente), a congrui finanziamenti per il contrasto al dissesto idrogeologico, alla sicurezza sismica di edifici privati e pubblici (scuole, scuole, scuole).

In conclusione, oggi con il Ministero della transizione ecologica entreremo nel futuro. Lo dobbiamo fare con decisione. Cancelliamo barbare logiche predatorie. Con la mitezza dei forti e con la forza dell'amore curiamo e tuteliamo l'ambiente per il nostro benessere (Applausi), ma principalmente per consegnarlo bello e vivibile alle future generazioni.

Io ho lanciato il mio cuore oltre l'ostacolo, con la fiducia che il Governo lo raccolga con delicatezza e lo faccia pulsare a favore dell'ambiente e dell'Italia.

Buon lavoro, presidente Draghi. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore De Falco. Ne ha facoltà.

DE FALCO (Eu-MAIE-CD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il terzo Governo di legislatura - come lei signor Presidente del Consiglio ha precisato - poggia non su alchimie politiche cui i partiti devono rinunciare in questo momento, ma sul convinto e quanto più ampio possibile sostegno delle Camere.

Ciascun parlamentare oggi nel valutare il voto di fiducia deve rapportarsi non già agli angusti schemi tattici delle formazioni politiche, ma alla propria diretta responsabilità verso gli italiani, che sono stati esemplari nell'affrontare l'ultimo drammatico anno con il giusto spirito unitario.

Il virus è nemico indistintamente di tutti e a nessuno di noi è consentito nascondersi dietro l'annunciata ampiezza del voto di maggioranza. Certo, è lecito opporsi al Governo, ma senza argomenti pretestuosi e pregiudizi ideologici. Al riguardo condivido l'auspicio della collega Nugnes, vale a dire che in tema di ambiente lei parlasse di idrogeno verde, che in tema di scuola lei parlasse di scuola pubblica e così via.

Il suo discorso, presidente Draghi, è stato molto ampio e ne ho condiviso ogni passaggio.

Per quello che riguarda il contrasto alla pandemia, dobbiamo uscire dalla trincea dalla quale abbiamo sinora combattuto la diffusione del virus con enormi perdite umane, sociali ed economiche e dobbiamo agire con tempestività, utilizzando ogni risorsa disponibile: distanziamento, tamponi, tracciamento, campagna vaccinale. Non è infatti ipotizzabile alcuna forma di convivenza con il virus, stante la sua attuale pericolosità, e le scelte operative e strategiche non possono essere una mediazione burocratica, che potrebbe apparire adeguata e proporzionale, ma che è inefficace sotto il profilo sanitario ed è devastante per il tessuto economico e sociale del Paese.

L'efficacia della campagna vaccinale dipende dall'abbassamento della velocità di diffusione del contagio, che preserva anche dal rischio delle varianti. Riduzione della velocità della diffusione del virus e accelerazione della campagna vaccinale sono condicio sine qua non per poter riaprire in sicurezza le attività pubbliche e private e, tra esse, anche la stessa scuola.

In una situazione straordinaria come l'attuale occorre valutare tempestivamente - il tempo è importante - e necessariamente in ambito europeo decisioni politiche coraggiose, spingendosi fino a pretendere anche legittimamente la cessione dei brevetti per aumentare la produzione dei vaccini.

Lei ha ben detto: era inimmaginabile che si potesse arrivare a creare i vaccini in un anno; tuttavia, il risultato è conseguenza anche della montagna di risorse pubbliche investite nella ricerca principalmente dagli Stati Uniti e dall'Unione europea (circa 80 miliardi).

La situazione di pandemia globale e la conseguente necessità di salute pubblica sembra che possano costituire il presupposto giuridico di legittimità perché gli Stati possano esercitare il diritto di produrre i vaccini in altre aziende farmaceutiche, riconoscendo le royalty agli scopritori.

Rispetto alla politica estera del nostro Paese, ha fatto bene, signor Presidente del Consiglio, a riconfermare che europeismo e atlantismo sono elementi non disponibili per il livello politico, essendo ormai riferimento istituzionale per il nostro Paese, come anche la scelta irreversibile dell'euro. L'atlantismo deve essere coniugato con un forte europeismo giocato, da pari a pari, con Germania e Francia che, come l'Italia, sono Paesi fondatori dell'Europa comunitaria.

Si tratta di un ritorno all'alveo naturale delle alleanze internazionali in cui l'indipendenza italiana si gioca in un equilibrio dinamico tra Europa e Stati Uniti. Tale indipendenza non può trovare realizzazione in una politica estera caratterizzata da un bilateralismo confusionario.

Nell'ambito dei progetti che ritengo debbano avere rilievo vi sono quelli tesi a valorizzare l'attitudine della nostra portualità - l'ho sentito già richiamare - se unitariamente ben coordinata, ad essere la porta di ingresso dei prodotti provenienti dall'estremo Oriente, in sinergia logistica con il trasporto ferroviario per la distribuzione delle merci in tutta Europa.

Mi avvio a concludere. Condivido il programma di riforma presentato e l'ambizione di concorrere alla trasformazione dell'Europa. La politica è non far contenti tutti, ma tracciare una rotta, illustrarla con chiarezza e seguirla.

Presidente Draghi, lei parli sempre con la sua chiarezza e noi, europeisti, che siamo nati per senso di responsabilità, non le faremo mancare il nostro appoggio. Buon lavoro e buon vento. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Nencini. Ne ha facoltà.

NENCINI (IV-PSI). Signor presidente Draghi, benvenuto. Non ho dubbi sul fatto che la sua sarà un'esperienza della quale andrà fiero. Lo dico perché individuo tre fattori che spingono all'ottimismo: un Governo di larga unità, un cambiamento della scena politica e soprattutto un deciso europeismo.

In primo luogo, le crisi generano opportunità. La fase che oggi si apre è decisamente un'opportunità per l'Italia. Non dobbiamo girarci intorno: non è stato assolutamente un parto facile. Al suo predecessore dobbiamo riconoscere l'onore delle armi: tuttavia, due professori sì, eppure due stagioni completamente diverse. Si è scritto che il suo Governo rappresenta la fine della politica, ma io, come lei, dissento profondamente. Chi lo pensa tace l'evidenza e dimentica che i conti si fanno, in politica come nella vita, sempre alla fine.

Nulla nasce per caso. Le opportunità vanno coltivate, se necessario con un azzardo ponderato, come è stato fatto, talvolta con un'eresia che nell'immediato ti allontana dal sentimento popolare, per poi riconquistarlo. L'uscita dalla crisi non è stata affatto un salto nel buio. Si è trovata una soluzione di alto profilo grazie alla visione lunga del Presidente della Repubblica; una decisione politica maturata però in Parlamento, che il Quirinale ha agganciato a un'interpretazione da manuale della Costituzione italiana. Non è la morte: è, al contrario, l'esaltazione della politica e il trionfo del diritto.

Lei ha di fronte un Paese piegato dalla crisi, con rapporti sociali di forza ridisegnati con brutalità e, più che dal merito, dal privilegio. Nondimeno, ha di fronte una Nazione civile che si è rimboccata le maniche e pianto i suoi cari senza rinunciare alla vita, benché abbia visto sfilare le casse da morto sui camion dell'Esercito.

La cura è quel riformismo umanitario che è stata la bussola del suo intervento questa mattina: l'oggi con le priorità della scuola, la vaccinazione di massa e gli interventi per creare lavoro e ridurre le disuguaglianze e poi il domani, a cominciare dallo spendere bene i soldi del recovery plan.

In secondo luogo, il suo Governo, presidente Draghi, non ha affatto precedenti e non somiglia che parzialmente ai Governi De Gasperi del secondo Dopoguerra: lì almeno c'era un comune sentire figlio della lotta di liberazione, qui no. Non ha precedenti nemmeno per i cambiamenti che provocherà nel quadro politico italiano perché da sabato scorso la seconda o terza Repubblica, che dir si voglia, non è altro che un evento crepuscolare. È la fine di un sistema, ma non è il commissariamento della politica. Le potenzialità ci sono tutte per costruire una democrazia dove finalmente si confrontino conservatori e riformisti, dove si cancelli una volta per tutte uno dei fattori più aberranti dell'ultimo trentennio della vicenda politica italiana: la delegittimazione dell'opposizione, la trasformazione dell'avversario in nemico politico e, di conseguenza, toni da puritanesimo ipocrita. Proprio perché nelle fasi di passaggio si ridisegna la geografia dei poteri, la centralità del Parlamento di cui lei si è fatto garante è indispensabile per creare quello spirito repubblicano necessario a superare l'emergenza. I socialisti ci saranno.

Il terzo punto - le chiedo solo trenta secondi, signor Presidente, per concludere il mio intervento - è dato dalla cornice europeista nella quale il suo Esecutivo si pone: un'Unione europea dotata di un bilancio comune in stretto rapporto con gli Stati Uniti, per sostenere al meglio la sfida cinese. È la strada maestra, non ha alternative. Consente all'Italia di guardare con ottimismo al futuro; mette ordine nel quadro delle alleanze e obbligherà i partiti della sua coalizione a rapportarsi con le grandi tradizioni culturali politiche europee e - se Dio vorrà - finirà in quest'Aula alla sagra degli applausi a Maduro e ci sarà più prudenza... (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. Senatore, potrà consegnare il testo del suo intervento. Non posso, derogare ad un principio che ho applicato per tutti. Mi spiace. La Presidenza l'autorizza a consegnare il suo intervento. (Applausi).

È iscritto a parlare il senatore Zaffini. Ne ha facoltà.

ZAFFINI (FdI). Signor presidente del Consiglio Draghi, lei ha esordito nel suo ragionamento citando la nostra emergenza nazionale, cioè il Covid, il virus, e ha supportato il suo ragionamento citando numeri drammatici: circa 92.000 decessi, un anno e mezzo o due in meno di aspettativa di vita. Sono molti altri i numeri drammatici che avremmo potuto citare, signor Presidente del Consiglio.

Vorrei fare una considerazione logica: lei viene dal mondo dei numeri, dal mondo dei risultati, degli obiettivi raggiunti, dei bilanci, delle analisi precise e puntuali. La sua considerazione, a cui io ne aggiungerò evidentemente altre, impone due soluzioni: o lei cambia subito il suo Ministro della salute, o cambia nome a quel Ministero, perché il suo Ministro della salute si accredita e porta al suo Governo, che lo fa proprio, una serie di fallimenti. Questo è un dato assolutamente drammatico rispetto all'intero panorama mondiale ed europeo.

Noi abbiamo aggredito la pandemia con due filoni di azione: il primo verteva sulle restrizioni delle libertà individuali, delle libertà di impresa (le famose chiusure) e su quel versante abbiamo abbondato, siamo stati veramente e drammaticamente precisi e mi fermo qui. Sull'altro versante, quello del contrasto sanitario alla pandemia, abbiamo commesso una serie interminabile di errori, di ritardi, di omissioni gravissime consuntivabili nel risultato straordinario di cui il suo Ministro è evidentemente portatore oggettivo e in parte anche soggettivo. Mi riferisco a un percorso, a un anno dalla emergenza, che fa consuntivo sui numeri che lei ha citato.

I primi errori sono stati sui tamponi. Quest'Assemblea ha approvato su questo tema una risoluzione unitaria risultata disattesa. Abbiamo registrato un numero di tamponi almeno cinque o sei volte inferiore rispetto a quello che avremmo dovuto realizzare; abbiamo fallito il tracciamento, che era uno dei tre pilastri dell'Organizzazione mondiale della sanità. Lo abbiamo completamente fallito perché abbiamo portato avanti quella vicenda della app Immuni, che lei conosce sicuramente. Non abbiamo ancora trasmesso, a livello di Istituto superiore di sanità e di Ministero, i protocolli di cura. Lei ha citato, presidente Draghi, i protocolli di cura domiciliare (la famosa ADI), ma non abbiamo ancora trasferito alle Regioni i protocolli per la cura domiciliare del Covid. Noi, presidente Draghi, stiamo fallendo con i vaccini, stiamo fallendo la via di fuga dalla pandemia; e lo stiamo facendo in modo pericolosissimo. L'ultima media mobile a sette giorni di vaccinati in doppia dose - la fonte è «Il Sole 24 Ore», un quotidiano che lei evidentemente conosce bene - è di 14.000 vaccinati al giorno; a questo ritmo ci vorranno sette anni, undici mesi e diciotto giorni per coprire il 70 per cento della popolazione italiana. L'obiettivo del suo Ministro verrebbe raggiunto il 2 gennaio 2029, sulla base di questi numeri, e cioè dell'ultima media mobile a sette giorni.

Ora, signor Presidente del Consiglio, è evidente che lei probabilmente è stato poco informato sulle performance di questo Ministero, nel momento in cui ci troviamo a impattare ancora oggi la più grande emergenza dal Dopoguerra a oggi, come lei stesso ha citato. Ci risparmi, presidente Draghi, il combinato disposto di Speranza e Arcuri. Ce lo risparmi, perché l'Italia potrebbe soccombere nel giro di solo qualche mese rispetto a questo. È necessario cambiare paradigma. È necessario un migliore rapporto tra Stato, Regioni e professioni, con l'ascolto delle professioni. Si devono liberare risorse per l'acquisto dei brevetti. Dobbiamo uscire dalla trappola dell'accordo in sede europea e liberare risorse per l'acquisto di brevetti per la produzione autonoma di vaccini, come per esempio lo Sputnik V, un vaccino che ha le stesse caratteristiche di sensibilità ed efficacia dei vaccini Moderna e Pfizer.

Bisogna evidentemente rivedere il complesso della struttura commissariale, costruita su misura per Arcuri e per le sue azioni: essa va rivista completamente, perché oggi costituisce un elemento di ostacolo nei confronti della struttura del volontariato e delle Prociv, che lei giustamente ha citato, e blocca tutto.

Presidente Draghi, lei avrà a che fare con un unanimismo di facciata e lo sa. Non rimedi con l'antipolitica, non ascolti i cattivi consiglieri, ma rimedi con la capacità di stare ai problemi e di proporre la loro soluzione; a problemi seri soluzioni serie e concrete. Solo così potrà sconfiggere e contrastare l'unanimismo di facciata. Buon lavoro, Presidente. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Di Marzio. Ne ha facoltà.

DI MARZIO (Misto). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, Governo, colleghi, se la senatrice Gallone me lo consente, mi assocerei alle sue parole di benvenuto e di apprezzamento per il presidente Draghi e passerei subito alla cosa che mi sta più a cuore. Da direttore sanitario di ospedale, mi rendo interprete del gravissimo malessere del Sistema sanitario nazionale, lasciato abbandonato negli anni trascorsi e che oggi si trova a dover affrontare una sfida epocale.

Presidente Draghi, c'è necessità che le vaccinazioni vengano completate nell'arco di otto settimane; non è pensabile che si seguano i tempi che sono stati adottati finora. Lei sa perfettamente qual è il rischio di variabili e di mutazioni che potrebbero incidere non solo sulla contagiosità, ma anche sulla letalità. È necessario intervenire con la massima sollecitudine. Ma non ci si salva da soli: i problemi sanitari sono problemi planetari. Nel 1948, insieme alla Costituzione italiana e al National Health Service, l'Organizzazione mondiale della sanità varava il progetto salute per tutti nel 2000, con l'obiettivo di garantire la salute a tutto il pianeta. Tutto questo sul piano vaccinale è successo soltanto nel caso del dottor Sabin, che ha rinunciato a brevettare il suo vaccino. È necessario che l'Europa si faccia carico di una strategia planetaria per la vaccinazione dell'intera umanità, se nessun altro ci pensa. Credo che il professor Caffè avrebbe condiviso una strategia basata su un investimento in filantropia - questo è un ossimoro - che potrebbe cambiare i destini del pianeta. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Giacobbe. Ne ha facoltà.

GIACOBBE (PD). Signor Presidente del Consiglio, intervengo a nome di una delle tante risorse italiane: le nostre comunità nel mondo, ambasciatori non pagati del made in Italy. Gli italiani nel mondo rappresentano un grande network di risorse che dobbiamo valorizzare per la ripresa post-pandemia dell'Italia. Purtroppo, in Italia non riusciamo a comprendere fino in fondo questo grande potenziale e spesso ci limitiamo a una visione nostalgica e assistenziale, oserei dire paternalistica. È il momento di voltare pagina.

Data la brevità dei tempi, farò solo piccoli esempi. Turismo di ritorno: all'estero c'è un grande interesse anche per i piccoli borghi e molti sono i giovani che vengono in Italia e vorrebbero visitare i luoghi di origine dei propri nonni e bisnonni. Dobbiamo far conoscere quei luoghi e renderli accessibili con servizi e strutture di accoglienza. Assieme al ministro Garavaglia dovremo pensare seriamente a quali iniziative possono aiutare a risollevare il turismo in Italia promuovendo anche, ma non solo, i piccoli borghi. Utilizziamo tutte le risorse a nostra disposizione: penso, ad esempio, al cinema e ai programmi televisivi, che fanno conoscere le bellezze dell'Italia e producono spesso effetti moltiplicatori significativi; penso alle serie televisive come «Montalbano» o «Un passo dal cielo» e ai vari festival del cinema italiano che attraggono tanto interesse all'estero. Peccato che in molte parti del mondo sia difficile accedere ai programmi RAI.

Ecobonus: ministro Giorgetti, facciamo in modo che anche gli italiani nel mondo possono avvantaggiarsi delle agevolazioni per le ristrutturazioni delle case. È una grande opportunità in particolare per i piccoli centri del Mezzogiorno d'Italia. Basta semplificare le procedure.

Altro argomento sono gli organi di rappresentanza degli italiani nel mondo, che hanno bisogno di un intervento normativo di riforma per adeguarli alle esigenze del futuro. Comites, CGIE, consulte regionali devono fare squadra e, assieme agli organismi preposti all'internazionalizzazione e promozione del sistema Italia, coinvolgere il grande network di professionisti ed esperti nel mondo che hanno un legame affettivo con il nostro bellissimo Paese. Parlo dei nostri figli e dei nostri nipoti. Tramite questo network possiamo attrarre investimenti in Italia e, in aggiunta all'export di beni servizi e grandi progetti di infrastruttura, fornire modelli di sviluppo sostenibile e processi produttivi per promuovere nuove aziende e attività che, utilizzando rapporti commerciali e sistemi di distribuzione dei Paesi stranieri, possono accedere a nuovi mercati. Penso all'Australia, Paese in cui vivo, che potrebbe facilitare l'accesso alle aziende italiane nel grande mercato dell'oceano Pacifico e dell'Indocina.

Signor Presidente del Consiglio, la invito a far sì che le tematiche relative agli italiani nel mondo diventino parte delle politiche del suo, del nostro Governo a tutti i livelli. Mi permetta di concludere notando che l'export italiano è più significativo nei Paesi dove vivono persone di origini italiane e dove viene insegnata la lingua italiana. Mi rivolgo, quindi, anche ai ministri Di Maio e Franceschini per affermare che dobbiamo partire dall'insegnamento della lingua italiana all'estero, da iniziative culturali in grado di produrre un impatto nelle società locali, da programmi di interscambio accademico professionale e sociale. Queste iniziative contribuiscono a far conoscere il nostro Paese, ma anche a far incontrare le persone e promuovere le relazioni umane che nel tempo permettono di stabilire rapporti di fiducia. La fiducia - come ho anche dimostrato nella mia tesi di dottorato - è senza dubbio l'ingrediente più importante per ottenere risultati positivi dagli interscambi economico-finanziari internazionali.

Spero di avere presto la possibilità di approfondire con lei e i suoi Ministri questi temi. Auguro a lei e al nostro Governo buon lavoro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mallegni. Ne ha facoltà.

MALLEGNI (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, membri del Governo, colleghi, prima qualcuno ricordava l'opportunità per la quale oggi siamo qui, con la nuova compagine di Governo. Giustamente sono stati fatti i dovuti ringraziamenti a lei, presidente Draghi, che ha accettato un difficile compito, e al Capo dello Stato, che ha avuto la forza di mettere insieme tutte le forze politiche disponibili per questo difficile momento. Credo però che, per quanto ci riguarda, e non solo, dobbiamo ringraziare la lungimiranza del presidente Berlusconi che da mesi chiede uno sforzo aggiuntivo al Paese e a tutte le forze politiche responsabili per poter affrontare un momento storico così complicato.

Allora, per riprendere il suo intervento, che ho apprezzato e condiviso, stiamo vivendo veramente un momento storico in cui siamo chiamati tutti a rinunciare a qualcosa per il massimo interesse della comunità. Se non saremo all'altezza di fare rinunce, a rimetterci non saremo noi soltanto, ma saranno le nostre famiglie, le imprese e il sistema economico e sociale del nostro Paese.

In base all'esperienza che ho maturato per quasi tre mandati come sindaco della mia città, credo, signor Presidente, che posso permettermi di dare un suggerimento: sfruttare gli occhi, le orecchie e l'esperienza degli amministratori locali per arrivare fino in fondo ai problemi reali del Paese. I sindaci, i consigli comunali e, quindi, le giunte sono elementi essenziali e fondamentali per poter svolgere a livello centrale un'azione di Governo. Quando facevo il sindaco dissi che ci sarebbe voluta una norma che imponesse a Ministri e parlamentari che ogni due anni e mezzo di mandato potessero trascorrere almeno sei mesi in seno al consiglio comunale. Io ci sono rimasto in quel consiglio comunale perché la vicinanza, l'esperienza e il contatto con i problemi delle persone tutti i giorni sono essenziali.

Vorrei portare l'attenzione sul turismo, un argomento che lei ha citato nel suo intervento; 13,07 per cento del PIL, circa il 14 per cento, con 3,5 milioni di occupati; problematiche enormi e un indotto che porterebbe il settore quasi fino al 25 per cento, con 7 milioni di occupati al suo interno. Mi sono preso allora la briga di rispolverare i numeri che fanno parte della mia vita anche professionale e ricordare al Governo che abbiamo perso 53 miliardi di fatturato e, oggettivamente, quasi 400.000 posti di lavoro, probabilmente non più rimpiazzabili. Gli arrivi dall'estero sono calati di circa il 70 per cento; gli hotel hanno perso il 55 per cento dei clienti; le città d'arte hanno perso più del 70 per cento delle presenze. Non parliamo poi di fiere e convegni, che hanno perso più dell'80 per cento. Abbiamo perso circa 54 milioni di turisti; gli enti locali hanno perso più di mezzo milione di tasse di soggiorno e i bus turistici più del 90 per cento del lavoro.

Abbiamo il problema della direttiva Bolkestein, Presidente, e a livello europeo bisogna intervenire in questo settore perché non possiamo abbandonare un milione di persone, compreso l'indotto, e dobbiamo poter dare una speranza al sistema balneare.

Abbiamo avanzato delle proposte: introdurre la cedolare secca per gli affitti; inserire la flessibilità nel mondo del lavoro; pensare ai voucher; lavorare nell'interesse della flessibilità e cercare di dare una possibilità alle imprese che sono l'unico motore reale di recupero per il Paese. (Applausi).

Le auguro buon lavoro. Auguro buon lavoro al Governo e a tutti noi. Sarà un momento difficile e complicato, ma Forza Italia sarà al suo fianco. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Arrigoni. Ne ha facoltà.

ARRIGONI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, signori Ministri, colleghi, la transizione ecologica è uno dei temi centrali del programma del nuovo Esecutivo che punta ad essere ambientalista. La Lega vuole dare il proprio contributo per questa sfida con il pragmatismo che la contraddistingue, lasciando perdere derive ideologiste inefficaci rispetto all'obiettivo, spesse volte anti impresa.

Se l'obiettivo madre dell'Europa è la neutralità climatica al 2050 con un taglio di CO2 del 55 per cento al 2030, l'Italia dovrà correre rimuovendo ostacoli e perseguendo vari obiettivi, innanzitutto quelli sfidanti del PNIEC, che però oggi siamo lontani dal raggiungere: rinnovabili, efficientamento energetico, mobilità sostenibile, decarbonizzazione, che non significa defossilizzazione. Per la Lega, però, vi sono altri importanti obiettivi chiave: occorre ridurre la dipendenza estera da materie prime attraverso l'economia circolare, l'end of waste, i CAM, trasformando il rifiuto in materia prima secondaria. Non c'è dubbio che servono impianti, anche di compostaggio e di termovalorizzazione. Occorre ridurre l'elevata dipendenza energetica, che è al 75 per cento, 20 punti sopra la media europea; percentuale che sale al 93 per il solo gas naturale, di cui avremo bisogno nel lungo termine sia perché passeranno lustri prima dell'affermazione su ampia scala dell'idrogeno, sia perché non si potranno elettrificare tutti i consumi.

Occorre ridurre il peso delle bollette, gravate da troppi oneri di sistema: peso che, per famiglie e piccole e medie imprese, è superiore al resto dell'Europa. La competitività delle nostre imprese passa anche da qui, visto che l'energia è un importante fattore di produzione.

Sono, questi, obiettivi strategici da perseguire con principi chiave. Occorre coniugare la sostenibilità ambientale con quella economica e sociale. La transizione non deve determinare perdite di posti di lavoro e incrementare disuguaglianza sociale: non tutti possono acquistare una Tesla (Applausi) e lo Stato deve valutare bene l'erogazione di bonus a beneficio di persone benestanti. Occorre poi assicurare il principio della neutralità tecnologica e promuovere processi sostenibili e certificati che adottino i principi del life cycle assessment. Troppo comodo misurare emissioni allo scarico del mezzo: occorre invece certificare le emissioni generate da produzione, alimentazione, manutenzione e demolizione del veicolo e della sua batteria, cioè lungo l'intero ciclo di vita.

Presidente Draghi, con questi obiettivi e criteri confidiamo in una revisione del piano di ripresa e resilienza. Non solo mancano la governance e le valutazioni sulle ricadute sul PIL e sull'occupazione, ma non vi è coerenza con il PNIEC. Per questo riteniamo importante sostenere tutte le rinnovabili - non solo fotovoltaico ed eolico - per definizione non programmabili, spesso bloccate dalle sovrintendenze, ma anche idroelettrico, geotermia, biomasse e agroenergie. Sull'idrogeno, in attesa che maturi la tecnologia per uno uso esteso di quello verde a condizioni competitive, occorre nel breve-medio periodo sostenere anche lo sviluppo dell'idrogeno blu con cattura e stoccaggio di CO2. Per produrre idrogeno verde, infatti, non abbiamo ancora energia elettrica rinnovabile. Per la mobilità decarbonizzata, oltre l'elettrico e l'idrogeno, occorre sostenere anche il gas naturale compresso e quello liquido, i biocarburanti, i carburanti sintetici e soprattutto il biometano. Per l'efficientamento energetico, occorre mettere mano ai certificati bianchi, i cui prezzi stanno schizzando alle stelle. Da troppi mesi al Ministero dell'ambiente è fermo un decreto atteso dagli operatori. E poi c'è da valutare cosa fare del superbonus, con oltre 18 miliardi di impegni, ma che sta deludendo le aspettative, visti la complessità, la criticità e i rischi evidenziati dalle imprese e dai tecnici. (Applausi).

Occorre poi investire su ricerca e innovazione; usare la concorrenza come leva di efficienza energetica e trasformazione tecnologica. Ma soprattutto occorre dare una sferzata alla burocrazia, rimuovere gli ostacoli per chi fa impresa e vuole investire. È necessario semplificare i procedimenti autorizzativi per nuovi impianti e per il repowering. Diversamente, continueremo a registrare confronti umilianti per il nostro Paese come quelli recenti relativi alle aste per gli incentivi FER, che in Italia sono un fallimento, mentre in Spagna sono un successo.

Mi avvio alle conclusioni per evidenziare un aspetto: la transizione ecologica, soprattutto se molto spinta verso l'elettrificazione, comporterà lo spostamento del baricentro della geopolitica mondiale verso la Cina e questa ritengo sia una cosa significativa su cui riflettere.

Concludo augurando un buon lavoro a tutta la squadra di questo Governo, che saprà fare della trasparenza, dell'efficienza… (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Leone. Ne ha facoltà.

LEONE (M5S). Signor Presidente, quest'oggi siamo chiamati a dare la fiducia ad un Governo che nasce in un contesto storico inedito, complesso e complicato. Un Governo che si colloca all'interno di una cornice dell'emergenza, in cui la catena causale che ha legato scelte politiche ed azioni, con ignoranza e un'incoscienza aggressiva, ha facilmente provocato il cigno nero, proprio come un bambino che gioca in un laboratorio di chimica.

Presidente Draghi, a lei spetta un arduo compito, la gestione e l'indirizzo del recovery plan, con una dotazione di 209 miliardi di euro. Come donna, ma anche come siciliana, sento l'esigenza di rivendicare il ruolo del Mezzogiorno. Infatti, con i colleghi della Camera, abbiamo fatto espressa richiesta, riguardo al Piano nazionale di ripresa e resilienza, affermando che la clausola del 34 per cento, ossia la distribuzione dei fondi regionali alla popolazione residente, non appare sufficiente a promuovere la riduzione dei divari territoriali ancora oggi esistenti tra le diverse aree del nostro Paese, in cui persiste una differenziazione relativamente al PIL pro capite e al tasso di disoccupazione.

Lei interverrà avvalendosi della sua squadra, ma occorre spiegare bene ai nostri cittadini se sarà un Governo tecnico, politico o il Governo della transizione. I nostri cittadini, infatti, non lo hanno ben compreso. A mio avviso, il Governo è sempre politico, perché inseparabile e imprescindibile dai partiti e, quindi, da indirizzi politici. I nostri cittadini non hanno ben compreso, perché si sentono esclusi dal contare qualcosa, sentono di vivere un tempo sospeso, con logiche trite e ritrite dagli scontri politici.

Il nostro Paese, presidente Draghi, è agonizzante e necessita di risposte concrete e immediate. Non possiamo più permetterci di rimanere solo speranzosi ed attenti al prossimo futuro e a come questo si evolverà. Ci eravamo abituati al premier Giuseppe Conte, che abbiamo visto uscire dalla scena politica con garbo e signorilità, tra i meritati applausi e tanta commozione.

Presidente Draghi, lei dovrà, per forza di cose, dare continuità all'esperienza del precedente Governo, a quello stile rispettoso, ma col tempo deciso, grazie al quale abbiamo riacquistato stima e considerazione, non solo in Europa ma nel mondo intero. Presidente Draghi, lei ha certamente tutte le carte in regola per poter portare a compimento quanto intrapreso, ma ciò che occorre in questo momento (e lo chiedo prima di tutti a me stessa) è l'amor patrio, un disinteressato amore per la Nazione che si realizzi in atti concreti.

Noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo dato prova di responsabilità e coerenza durante queste due precedenti esperienze di Governo. Lo abbiamo dovuto fare, seppur tra tante negoziazioni con le altre forze politiche, nonostante l'emergenza Covid-19 abbia imposto ritmi febbrili e nonostante tradimenti ai patti e calcoli elettoralistici. Abbiamo portato avanti, a testa alta e con dignità, i nostri temi, relativi all'inclusione sociale (pensiamo al reddito di cittadinanza), temi importanti legati alla giustizia, all'ambiente e soprattutto, non ultimo per importanza, la tutela della questione femminile, per tutte quelle donne vittime di violenza e per tutti quei femminicidi che continuano a perpetuarsi. Ad oggi, 16 febbraio 2021, siamo a sette femminicidi.

Presidente Draghi, la sua levatura e competenza economica e finanziaria sono innegabili, ma ribadisco che non bastano. Occorre tanta umanità, che possa agire sul solco del suo predecessore Giuseppe Conte. Il suo approccio deve essere proprio quello della diligenza del buon padre di famiglia nei confronti dei nostri cittadini che sono in sofferenza.

A lei, presidente Draghi, bisogna riconoscere il grande merito di avere salvato l'euro nel suo periodo più critico. A lei, da parte nostra, va la stessa stima e affetto che ebbe Federico Caffè. Abbiamo bisogno di modelli economici keynesiani, che rivitalizzino il nostro tessuto economico, e lei, con la sua formazione e la sua storia, ci lascia ben sperare.

La fiducia che oggi le diamo, presidente Draghi, non è una fiducia in bianco. È una fiducia sensibile e allo stesso tempo feroce. Noi monitoreremo, grazie alle nostre sentinelle all'interno del suo Esecutivo (in primis, la mia grande stima va al ministro Di Maio, al ministro Patuanelli, al ministro Dadone, al ministro D'Incà e a tutto il suo Esecutivo), la gestione e l'indirizzo dei lavori sui nostri temi.

In particolare, ribadisco l'attenzione al Mezzogiorno e alla tutela delle donne. Dobbiamo ripartire. Pertanto, il mio voto sarà un sì a questo Esecutivo, seppur combattuto; un lacerante sì per taluni aspetti, ma, del resto, sono la portavoce al Senato. Un sì che è la sommatoria dell'assunzione di responsabilità indicata dal presidente della Repubblica Mattarella, dal precedente presidente del Consiglio Giuseppe Conte e, per ultimo ma non per importanza, dalla nostra base, coinvolta perché noi non diamo ordini di scuderia. La base si è espressa con il 60 per cento di sì mostrandosi favorevole alla circostanza che il MoVimento sostenga un Governo tecnico-politico che prevede un Ministero della transizione ecologica e che difenda i principali risultati raggiunti dal MoVimento 5 Stelle con le altre forze politiche indicate dal presidente Draghi.

Quella stessa modalità e quella stessa piattaforma mi hanno consentito di essere qui oggi in qualità di senatrice della Repubblica. (Applausi). Buon lavoro a tutti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Laniece. Ne ha facoltà.

LANIECE (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, colleghi, vorrei fare alcune considerazioni sulla crisi politica, i cui contorni sono ancora parecchio sfuocati, che ha portato a questo nuovo Governo cui oggi ci apprestiamo a dare la fiducia.

Durante le consultazioni abbiamo già avuto occasione di apprezzare le linee generali della sua proposta politica che oggi ha approfondito: europeismo, atlantismo, ambientalismo e necessità di riforme strutturali. In quella occasione abbiamo avuto modo di sottoporle l'importanza del nostro sostegno alle politiche della montagna, alla tutela delle autonomie speciali alpine nelle loro specificità culturali, linguistiche, geografiche ed economiche. Tutto ciò si pone in piena armonia con lo spirito europeista e federalista caro ad Altiero Spinelli e a Emilio Chanoux.

Abbiamo sottolineato, inoltre, la necessità che il recovery plan rappresenti la risorsa per sostenere i progetti proposti dalle Regioni alpine nell'obiettivo di un rilancio della montagna all'insegna dell'innovazione tecnologica e delle azioni migliori atte a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. È chiaro che il tema contingente dei ristori per sostenere tutti i settori economici e, in particolare, quelli dei miei territori montani come risarcimento ai danni da pandemia è il più sentito dai miei concittadini. È indubbio - non sono il primo a sottolinearlo - che la scelta del Governo di riconfermare la chiusura degli impianti a fune per lo sport amatoriale, che per noi non è solo divertimento, ma soprattutto lavoro, ha creato nei territori grandissima rabbia e perplessità.

È parso profondamente ingiusto il metodo. Comprendo le preoccupazioni di tipo sanitarie, ma non è giustificabile comunicare alle ore 19 del giorno precedente l'apertura degli impianti che tutto rimarrà, invece, chiuso. Tutto ciò ha determinato incredulità, perdita di credibilità delle istituzioni e la sensazione di essere poco rispettati. Il presidente degli impianti a fune della Valle d'Aosta dice che avevano speso parecchio, avevano predisposto l'assunzione di quasi tutti i dipendenti, facendoli ruotare con orari ridotti e che erano state fatte spese sia per mettere in sicurezza gli impianti, sia per la parte di accesso, per il distanziamento, l'attrezzatura e la formazione del personale, per l'acquisto di materiale, oltre che per la segnaletica sulle piste da sci.

Lo stesso discorso si potrebbe fare per i ristoranti, per gli alberghi, per i bar e tutte le attività correlate. Ciò che chiediamo è un reale cambio di passo verso la montagna. Non vorrei che negli sforzi che si dovranno fare, trattando i grandi temi che lei ha evocato nel suo discorso e anche per amalgamare questa maggioranza così ampia ed eterogenea, le nostre necessità di piccole realtà alpine vengano messe in secondo piano o dimenticate. Sono necessità di tutti se parlo di idroelettrico e di contrasto al dissesto idrogeologico.

Quindi, signor Presidente, le mie considerazioni verso di lei sono altissime, vista la sua grande autorevolezza internazionale. Rispetto altresì la scelta fatta dal presidente della Repubblica Mattarella di superare questo difficile momento, ma mi corre l'obbligo di portare in quest'Aula la rabbia e la delusione che c'è nel mio territorio, la Valle d'Aosta, in questo momento. Credo che parallelamente agli sforzi che si stanno facendo dal punto di vista sanitario, in primis per quanto riguarda il piano vaccinale, sia quantomeno necessario, il prima possibile, dare risposte e riscontri concreti ai territori e aiuti economici alle tante, troppe famiglie in difficoltà.

Quindi, in questo momento, nonostante sarebbero tantissimi gli spunti per commentare il suo altissimo intervento, proprio il tema dei ristori, assieme a quello sanitario, saranno per questo Governo l'occasione, e per noi il motivo, per dare o meno fiducia alla sua attività.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Marilotti. Ne ha facoltà.

MARILOTTI (Eu-MAIE-CD). Signor Presidente del Consiglio, il Gruppo Europeisti conferma il voto di fiducia all'Esecutivo da lei diretto, in piena coerenza con l'impostazione che aveva caratterizzato le nostre posizioni a sostegno del Governo Conte.

Con il suo programma ancorato ai valori della tradizione europea, lei ha conseguito già un risultato che sembrava impossibile: quello di portare gli euroscettici a rimettersi in gioco in una prospettiva europeista. Credo che questo chiarimento sia un bene per l'Italia, soprattutto se ci convinceremo tutti che la difesa degli interessi nazionali passa per il rafforzamento dell'istituzione europea, senza il quale il futuro del nostro Paese sarà più incerto. Noi siamo per un europeismo dinamico. Se guardiamo al lungo cammino intrapreso, pur tra alti e bassi, ci rendiamo conto che con il mercato unico è cresciuto anche uno spazio pubblico europeo. È cresciuta l'Europa dei diritti, la fiducia soprattutto da parte dei giovani che si sentono oggi, grazie agli anni della formazione scolastica, cittadini europei, oltre che del proprio Paese.

Eppure, dobbiamo riconoscere che accanto agli importanti traguardi raggiunti sono tante le incompiute che impediscono ancora oggi all'Unione europea di giocare un ruolo da protagonista nello scenario globale. C'è bisogno di un'Europa federale, non confederale; il diritto di veto va quanto prima superato a favore di un governo europeo che governi con garanzie per tutti, a partire dai Paesi dell'Eurozona.

Avere una moneta senza un vero governo europeo non è più possibile; troppe le criticità emerse in questi due decenni, a partire dalle politiche fiscali disomogenee e da un debito pubblico che viaggia a velocità variabili. Arrivare ad una fiscalità europea e a un debito europeo non è più un tabù, ma una concreta necessità; ne va della coesione interna, ne va della solidarietà e dunque della competitività dell'Europa. Così come pensare ad aumentare sensibilmente il bilancio dell'Unione significa pensare ad una politica estera e di difesa comune. Quanto ci costano in termini di credibilità e competitività politiche estere contraddittorie. Il Next generation EU è un risultato importante; dobbiamo rendere stabile questo approccio, trasformando la misura da straordinaria in prassi ordinaria.

Abbiamo un'occasione importante per affrontare questi temi e, su nostro impulso, imporli all'agenda europea: mi riferisco alla Conferenza sul futuro dell'Europa fortemente voluta dal presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che avrebbe dovuto iniziare i lavori lo scorso anno, ma che a causa della pandemia è stata rinviata al 9 maggio 2021. Gli obiettivi della Conferenza sono straordinariamente in sintonia con quelli del suo Governo: sostenibilità, transizione ecologica, sfide sociali, innovazione, competitività e trasformazione digitale; valori, diritti e libertà fondamentali; ruolo internazionale dell'Unione europea. Credo che questa Conferenza si proponga di rivitalizzare il processo europeo, rafforzare lo spazio democratico e promuovere il miglior funzionamento dell'Unione europea, attraverso il coinvolgimento diretto dei cittadini a tutti i livelli, delle istituzioni europee e nazionali e degli enti locali.

Concludo, signor Presidente, con l'auspicio che, nel definire le misure del recovery plan, si tenga conto delle esigenze del Mezzogiorno d'Europa e delle realtà insulari, come la Sardegna. I problemi sardi non sono assimilabili a quelli del Mezzogiorno, ma sono legati all'insularità, con costi energetici superiori e costi per i trasporti (e per le infrastrutture legate ai trasporti) superiori. Credo che si debba approfittare di questa Conferenza per rilanciare le politiche euro-mediterranee, capaci di tracciare una nuova strada per lo sviluppo, in questa fondamentale area del mondo. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Parente. Ne ha facoltà.

PARENTE (IV-PSI). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, al Governo nascente e al Parlamento spetta un compito arduo, ma nello stesso tempo affascinante: mettere le fondamenta per un mondo migliore. Questo è il senso vero delle risorse di Next generation EU, decise dall'Europa a seguito della terribile epidemia da Covid-19. Ebbene: la salute innanzitutto! Come presidente della Commissione Igiene e sanità sono già impegnata, con le mie colleghe e i miei colleghi, sui temi della medicina territoriale - citati dal presidente Draghi - e dell'assistenza domiciliare. La Commissione può offrire al Governo idee e proposte anche sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, derivanti dall'ascolto della cittadinanza e della rappresentanza del mondo dei professionisti, in un rinnovato rapporto tra Governo e Parlamento.

Signor Presidente, dovremo essere allo stesso tempo pragmatici e lungimiranti, un esempio per tutti. Mentre bisogna realizzare velocemente un piano vaccinale nazionale efficiente, come le hai indicato, che parta dai più deboli e - aggiungo - senza distinzione tra i territori, abbiamo il dovere, insieme all'Europa - strettamente insieme all'Europa - di investire in ricerca e in politiche industriali, che possano aumentare la capacità immediata di produzione di vaccini e cure, ma che siano anche in grado di aiutare il sogno e gli impegni degli scienziati del mondo, che tanto hanno fatto in questi mesi, al fine di arrivare ad un'unica tipologia di vaccino, per contrastare qualsiasi tipo di coronavirus, sempre aggiornata nei confronti delle varianti, mettendo in comune i risultati scientifici.

Signor Presidente, condivido la sua idea della chiamata alle armi sul nuovo piano vaccinale, dalla Protezione civile, ai volontari, alle Forze armate. Abbiamo bisogno di un coordinamento tra Ministeri, di una conduzione chiara nel rapporto tra Stato e Regioni e dell'apporto di gruppi di lavoro, con competenze diversificate: penso ai fisici, ai microbiologi, agli esperti di industria e di organizzazione. Occorre inoltre compiere scelte insieme al Parlamento, perché alcune di esse hanno connotati fortemente etici. È necessario un piano di sorveglianza attiva sul territorio nazionale, compresi i tamponi nelle scuole, su cui non si è fatto abbastanza. Anche in presenza di varianti è fondamentale anticipare il virus, senza rincorrerlo sempre, e ormai abbiamo sufficiente esperienza per farlo. Bisogna costruire la speranza di un ritorno alla normalità di vita, gradualmente, tenendo la diffusione del virus sotto controllo, perché esso non sparirà del tutto in poco tempo. Nel frattempo, compito del nuovo Governo è la ricostruzione di uno spazio comunicativo istituzionale, caratterizzato da trasparenza e verità, anche nel dare informazioni serie e al tempo giusto, allo scopo di una collaborazione stretta con la cittadinanza, per il rispetto delle regole di contrasto all'epidemia, senza gettare nel panico operatori economici, lavoratori e lavoratrici.

Bisogna avere il coraggio di compiere scelte forti e innovative, come l'istituzione della guardia sanitaria nazionale e un grande progetto di formazione universitaria e postuniversitaria sui determinanti sociali della salute e sul contrasto alle disuguaglianze. Servono politiche attive del lavoro e un unico ammortizzatore sociale, incentivi all'economia e all'occupazione.

Fondamentale è ridisegnare il sistema sanitario, imparando dalla lezione della pandemia: una sanità per tutti, ma di tutti. È necessario progettare una sanità diffusa, personalizzata, mettere al centro il benessere psicofisico e la prevenzione primaria e secondaria, promuovere stili di vita corretti, immaginare le professioni future, incoraggiare l'intelligenza artificiale, la telemedicina, integrare l'umano con i big data.

Presidente, dobbiamo evitare quei dati che lei ci ha portato e che noi riscontriamo: quelli dell'aver trascurato i pazienti non Covid.

In un brano del Vangelo di Marco si narra della parabola della stoffa nuova: nessuno cuce un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio, altrimenti la toppa nuova porta via il vecchio e lo strappo si fa peggiore.

Insieme ai giovani, che lei ha citato con parole fondanti, ci tocca cucire un vestito nuovo e soprattutto non mettere più toppe, per evitare che un piccolo virus metta in ginocchio il mondo. Dobbiamo prenderci cura dell'intelligenza delle ragazze e dei ragazzi, investire in istruzione, capitale umano, formazione e lavoro per lasciare figli migliori per il pianeta.

Buon lavoro a lei e a tutti noi, con la volontà comune - sicuramente quella di Italia Viva - di dare il massimo contributo, con coraggio e determinazione. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Urso. Ne ha facoltà.

URSO (FdI). Signor Presidente del Consiglio, abbiamo rispetto per lei, per quanto ha fatto in altri contesti, anche a tutela dell'Italia; per lo spirito di servizio con cui si pone in questa avventura, per la sua onestà intellettuale. Tuttavia, con altrettanta onestà intellettuale dobbiamo dirle che questo non è affatto il Governo del Paese: questo, semmai, è il Governo dei partiti o, se preferisce, il Governo dei due Presidenti. La Chiesa ha due Papi, noi abbiamo due Presidenti.

Non è il Governo del Paese perché nessuno di coloro che oggi le daranno la fiducia si è presentato ai propri elettori dicendo che avrebbe votato un Governo di larghe intese né tantomeno un Governo guidato da lei. Anzi, molti di coloro che oggi le voteranno la fiducia l'avevano evocata ai propri elettori come un pericolo per il Paese.

Questo è un Governo dei partiti, e noi svolgeremo con grande responsabilità il ruolo di sentinelle d'Italia. A tal proposito, le vorremmo dire che i primi atti del suo Governo, purtroppo, non vanno nella direzione sperata. Mi riferisco ovviamente al decreto varato qualche ora fa sul turismo invernale; mi riferisco soprattutto a un altro dossier, su cui abbiamo fatto un'interrogazione parlamentare che sarà pubblicata sugli atti di domani, e cioè perché non ha posto la golden power sull'operazione che la banca francese Crédit Agricole ha lanciato nei confronti della banca italiana Credito Valtellinese.

Lei sa bene, Presidente, che il Parlamento si era già espresso con una relazione approvata all'unanimità dal Copasir in cui lanciava l'allarme sull'eccessiva presenza della finanza francese in Italia. Si era espresso dando mandato al Governo di estendere la golden power nel settore bancario-assicurativo-finanziario e ai soggetti dell'Unione europea, prorogata fino al 30 giugno di quest'anno. Ebbene, malgrado questo, le ha ricevuto un dossier, una polpetta avvelenata che il precedente Ministro dell'economia le ha conferito all'ultima ora utile, e lei ha detto che non poneva la golden power. In questo modo una banca francese acquisirà a costo zero una delle migliori banche italiane; a costo zero, per il combinato disposto tra le DTA, secondo una norma inserita nella legge di bilancio che avrebbe dovuto consentire una grande dote per Monte dei Paschi di Siena, e il cosiddetto free capital che il Credito Valtellinese concede di fatto a chiunque l'acquista: 350 milioni di euro di DTA, sommati a 400 milioni di free capital euro significano 750 milioni di euro, esattamente la cifra che Crédit Agricole spenderà - o meglio non spenderà - per l'acquisizione di Credito Valtellinese: costo zero, tutto a carico dei contribuenti italiani. Per questo non siamo d'accordo su questi primi passi e il nostro compito sarà di enucleare sin da oggi le polpette avvelenate che il passato le sta conferendo e su cui saremo molto vigili, come risulta dalle interrogazioni e dalle mozioni presentate in queste ore.

La privatizzazione di Monte dei Paschi di Siena, secondo quello che appare, dovrebbe conferire una dote che può giungere sotto vari aspetti quasi a 10 miliardi di euro, una cifra insostenibile per le casse pubbliche e per i contribuenti italiani. Le abbiamo presentato una proposta, spero la legga.

C'è poi la montagna di crediti deteriorati: 1.400 miliardi di euro in Europa, quasi 400 miliardi di euro in Italia. Abbiamo bisogno di interventi specifici in Italia - abbiamo proposto una sanatoria - e di interventi specifici in Europa per allentare la morsa.

La cessione di Borsa italiana ai francesi è contro ogni logica. C'è un documento del Copasir che mette sotto accusa il ministro Gualtieri per l'informazione che non ha dato. Emerge da una nostra interrogazione che i francesi hanno manifestato già una precisa volontà di egemonia e lei sa bene che cosa ciò significa per quanto riguarda i titoli di Stato e il controllo sulle imprese italiane: le consigliamo di leggere l'interrogazione.

Quanto alla cessione degli stabilimenti della FIAT, non è una fusione paritetica, come era stato detto anche al Consiglio dei ministri: è una cessione, una vendita, con una governance dominante dei francesi, che recentemente hanno acquistato anche azioni che li pongono in una situazioni di maggioranza. Le chiediamo cosa è stato notificato al Consiglio dei ministri. Le consiglio di leggere quegli atti, perché potrebbe verificarsi che quanto è stato notificato non è quanto accaduto, sia in merito alla governance che al capitale azionario.

Le consiglio anche di guardare il dossier su Iveco, perché si vuole vendere ai cinesi. Abbiamo chiesto di mettere su questo la golden power. Non siamo protezionisti: la Francia applica la golden power sul 69 per cento delle imprese francesi e recentemente ha messo addirittura la golden power non su una banca, non su un assetto strategico, ma su una catena alimentare come Carrefour, impedendo ad un'impresa canadese di acquistare questo grande gruppo di distribuzione.

Per quanto riguarda poi la siderurgia italiana, tra due anni non ci sarà l'Ilva, non ci sarà Piombino e non ci sarà Terni. Le chiediamo un piano nazionale siderurgico che ci consenta di uscire dalla stretta, dall'angolo in cui gli investitori stranieri hanno messo l'Italia.

Soprattutto, in positivo - e concludo - chiediamo la digitalizzazione del Paese. I cavi a fibra ottica, i cavi sottomarini, la rete unica a controllo pubblico da riprendere nelle nostre mani. Spark, un'azienda che era un gioiello, ormai è allo sbando. Le chiediamo l'energia verde, facendo dell'Italia il polmone verde del Mediterraneo, la piattaforma di digitalizzazione... (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Drago. Ne ha facoltà.

DRAGO (Misto). Signori rappresentanti del Governo, colleghi, ad un anno dalla catastrofe che ha stravolto le nostre vite ci ritroviamo in quest'Aula per esprimere la fiducia in un Governo che ha posto dinanzi a tutto il futuro del nostro Paese, che va sicuramente ripensato.

Hungerman, Buckles e Lugauer, dal 1990 al 2007, individuarono il declino delle nascite come parametro premonitore della recessione di un Paese. La fertilità, quindi, può caratterizzarsi come un indicatore economico fondamentale. Del resto anche lei, signor Presidente del Consiglio, nel 2016, al meeting annuale dei banchieri centrali ebbe a dire che il crollo delle nascite e l'invecchiamento del debito pubblico generano un effetto a catena maligno.

Se, come ha più volte indicato, urge puntare sulle nuove generazioni ritenendo fondamentale investire attraverso il ricorso al cosiddetto debito buono, mi chiedo se è stata presa in considerazione l'urgenza di progettare delle proposte risolutive volte a determinare un innalzamento dell'indice di natalità che non può andare disgiunto dalla tutela della generazione core di età compresa tra i diciannove e i trentanove anni, che puntualmente emigra. Ne parlano demografi, economisti e sociologi. Assistiamo a resoconti annuali sempre più al ribasso e rileviamo un costante processo di spopolamento urbano ed extraurbano. Il Fondo monetario internazionale afferma come l'impatto dell'invecchiamento possa abbassare quasi di un punto percentuale annuo il PIL nazionale.

Nel programma del Governo nascente figurano voci riferite a vari ambiti di intervento, ma forse abbiamo dimenticato qualcosa? Andrew Milligan della Standard life investments di Edimburgo individua otto caratteristiche che hanno contribuito al declino inesorabile del Giappone: zero tassi di interesse, stallo politico e denatalità, proprio come in Italia. Tra primule e inverno demografico, vogliamo ipotizzare un debito buono investendo in demographic spring? I tempi ci sarebbero... alla primavera manca solo un mese!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Fedeli. Ne ha facoltà.

FEDELI (PD). Signor Presidente, voglio anzitutto ringraziare lei, presidente Draghi, per aver voluto mettere la sua competenza, la sua autorevolezza e la sua qualità politica al servizio del Paese e delle urgenze sanitarie, sociali e di crescita che condizionano il nostro presente e le nostre possibilità di futuro.

L'urgenza che il presidente Mattarella ha evidenziato nel momento più difficile della crisi è tutta davanti a noi e credo sia un bene prezioso per il Paese da non disperdere il fatto che quasi tutte le forze politiche abbiano voluto e saputo accogliere l'appello del Presidente, ritrovando quell'unità che tutta la storia politica della nostra Repubblica ci insegna essere decisiva nei momenti di particolare difficoltà.

L'unità, il rispetto degli altri nelle reciproche differenze che non scompaiono, la ricerca di punti di contatto e la condivisione: si tratta di valori sempre più spesso sminuiti e sempre meno praticati e che invece reputo fondamentali, cuore di ogni riformismo politico e anima di ogni comunità civile, coesa e solidale, capace di guardare al futuro con la prospettiva di un benessere diffuso accessibile a tutte e a tutti.

Questa è la sfida e la responsabilità di tutte le forze politiche è quella, dopo la fiducia al Governo, di rinnovare la fatica dell'unità ogni giorno per cambiare toni, modi di relazionarsi agli avversari e linguaggi e tornare finalmente a dare il buon esempio di un dialogo costruttivo e positivo che superi estremismi, aggressività e personalismi.

Pur nella differenza di valori e programmi che non possiamo certo dimenticare, ma che mai devono diventare barriere o veti, quello che conta è l'interesse generale, il bene dell'Italia, la vita delle donne, dei giovani, delle famiglie, delle lavoratrici e dei lavoratori, delle imprese e del terzo settore. L'urgenza è una condizione politica e l'unità è la risposta riformista e innovativa che serviva dopo la crisi della precedente maggioranza. Ora l'unità deve vivere anche attraverso la mediazione, ma intesa in senso politico nobile, senza mai perdere l'ambizione necessaria, anzitutto nel contrasto alla pandemia che ha stravolto lo stesso concetto di urgenza - nostro, come di tutto il mondo - e poi sapendo guardare al Next generation EU per quello che è, ossia un'opportunità unica e storica in cui non possiamo assolutamente fallire.

Per non fallire dobbiamo condividere e realizzare alcuni investimenti strategici, come lei ha ben delineato e detto nel suo discorso. Io ne vedo tre coerenti con gli stessi obiettivi del programma europeo. Il primo riguarda quella che chiamo la filiera della conoscenza: investimenti sulla scuola e su tutto il sistema di istruzione, a partire dagli asili nido ovunque per tutte le bambine e i bambini; formazione e ricerca per puntare sulla conoscenza sia come fattore di crescita collettiva sostenibile, sia come strumento per i percorsi individuali per poter trovare un lavoro di qualità, realizzare i propri progetti e sogni ed essere cittadini soddisfatti, consapevoli e partecipi della propria comunità (in una parola, cittadini attivi).

Il secondo investimento strategico è sulla modernizzazione del Paese, su quelle sfide di transizione ecologica e digitale che sono i pilastri del Next generation EU e che ora lo sono del Governo italiano, come ben rappresentato simbolicamente e concretamente dai nuovi Ministeri. Sostenibilità e digitale hanno già trasformato il mondo, è ora di recuperare i ritardi e metterci in condizione di governare i cambiamenti.

Il terzo investimento strategico è trasversale, insieme economico, sociale e culturale, presupposto e premessa indispensabile per ogni cambiamento che vorremmo davvero realizzare; la parità di genere, a partire dall'aumento dell'occupazione femminile. Senza un piano straordinario su questo di tutto il sistema Paese non lo si può realizzare, quindi servono davvero politiche trasversali e lungimiranti, capaci di cambiare tutto, anche gli stereotipi, signor Presidente del Consiglio, che in parte nella visione secondo me non adeguata all'Europa l'insieme del Governo ha dato, purtroppo a partire dal mio partito. Pur riconoscendo l'altissima qualità delle competenze individuali selezionate, dovremmo però ragionare di più anche su questo, perché ci riguarda tutti, per entrare tutti insieme in un'Europa più avanzata e più progressista anche da questo punto di vista. Pertanto, signor Presidente del Consiglio, sono fiduciosa, ma combattiva.

Dal suo discorso ho colto tutto il significato dell'innovazione e del cambiamento. Essere fiduciosi e combattivi è anche il senso che dovremmo dare alla nostra partecipazione per costruire davvero quell'Europa che lei ci ha delineato e di cui noi siamo particolarmente convinti, dove si supera ogni gender gap, grazie alla quale smetteremo in Italia di fare spreco di talenti e di competenze, di energie, di capacità politiche delle donne, in particolare delle giovani generazioni.

Signor Presidente del Consiglio, questo è veramente il momento di sperare e di costruire insieme: siamo costruttrici e costruttori, perché vogliamo condividere ciò che lei ci ha proposto. C'è una cosa che vorrei dirle infine, perché il futuro - quello sì - è uno solo per tutte e per tutti e dovremo per forza condividerlo insieme, ma lo stiamo facendo con un grande Presidente, con un Governo all'altezza, con questo Parlamento e con questo Partito Democratico, con le sue donne e i suoi uomini assolutamente all'interno di una prospettiva di cambiamento. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Gasparri. Ne ha facoltà.

GASPARRI (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, in treminuti le posso mandare rapidamente cinque telegrammi. Il primo: signor Presidente del Consiglio, draghizzi i virologi. Meno TV, meno confusione, più certezze, magari una voce unica, ma dico basta al virologo-show. (Applausi).

In tema di sanità, signor Presidente del Consiglio, vaccini tutti. Accolga le proposte di Forza Italia, il progetto di Confindustria; occorre vaccinare tutti ovunque, meno Ricciardi e più vaccini, zero primule, 10, 100, 1.000 siringhe (Applausi).

Sulla giustizia - do il benvenuto al ministro Cartabia - attivate le procedure disciplinari per i magistrati che sbagliano. Faccio un esempio recente: Sarpietro da Catania prima loda Conte in una conferenza stampa mentre indaga Salvini, poi viola le regole e fa aprire un ristorante dicendo che era in stato di necessità. Meno Sarpietro, più giustizia. Meno politica, meno palamarismo, più giustizia. (Applausi).

Passo al terzo telegramma: lei è europeo ma romano, come sappiamo bene. Ha detto che senza l'Italia non c'è l'Europa, ma senza Roma non c'è l'Italia. Si ricordi, signor Presidente del Consiglio, di fondi e poteri per Roma, che da centocinquant'anni e quattordici giorni è Capitale d'Italia (Applausi).

Quanto ai rapporti tra Europa e Cina, lei ci ha detto: Italia, Europa e Occidente. Per Forza Italia è giusto, ma diciamo anche meno Cina, meno concorrenza sleale, basta dumping distruttivo; più via dell'Occidente e meno via della seta. Non regaliamo la nostra terra ai nuovi padroni di Pechino (Applausi). Lei ha parlato di concorrenza; dica allora all'Antitrust che la Cina fa dumping, mentre in Europa si punisce chi riceve aiuti di Stato. Va benissimo, ma allora ci sia uno stop alla concorrenza sleale.

Passo all'ultimo telegramma: lei ha parlato di riforma del fisco. È un vasto programma, diceva De Gaulle. Le auguro buon lavoro, lei ce la potrebbe fare. Domani 18 febbraio, però, faccia pagare la web tax ai giganti della Rete: Amazon, Google, Facebook. Le regalo un libro in cui è spiegato tutto. Questa evasione fiscale dei giganti della Rete deve finire, mentre un bagnino, un avvocato, un soldato, un professionista pagano di tutto. Sia drago con i potenti e generoso con i deboli. Buon lavoro, signor Presidente del Consiglio. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Bagnai. Ne ha facoltà.

BAGNAI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, mi rivolgo a lei a nome di una forza politica che ha deciso con convinzione di darle un leale sostegno nel suo impegno per la ricostruzione del Paese. Vorrei in via preliminare esprimerle condivisione per la sua interpretazione di questa fase, in cui anche noi non vediamo un fallimento della politica, ma piuttosto dell'antipolitica. Le siamo particolarmente grati per aver sottolineato che nella maggioranza che la sostiene - cito - «nessuno fa un passo indietro rispetto alla propria identità». Farlo, del resto, sarebbe antieuropeo. Il motto dell'Unione è: «Unita nella diversità» e in questo spirito il suo discorso ha riconosciuto esplicitamente il valore della diversità espressa dalla sua maggioranza. Si tratta di puro buonsenso: nell'affrontare un compito così ambizioso, è importante poterlo osservare da angoli diversi, prima di fare sintesi (compito che incombe a lei).

Mi permetta allora, a scanso di equivoci e a sostegno di quanto offrirò alla riflessione di questa Aula, di precisare qual è il nostro angolo visuale. È quello di una forza politica che da subito, convintamente e motivatamente, si è schierata contro quelle politiche che oggi tutti condannano: le politiche di austerità. Ci rassicura, in questo senso, sapere nella sua squadra chi disse: «Senza crescita economica un debito pubblico come quello italiano non è sostenibile (...) non crescendo e non producendo ricchezza, nessun debito può essere rimborsato» (Giancarlo Giorgetti nel 2012). Mi permetta anche di esprimere sollievo per aver trovato nelle sue parole conferma di quanto qui tutti si aspettavano da lei: una piena consapevolezza della situazione del Paese.

Aggiungo qualche dato, a beneficio non suo ma del verbale, approfittando del nuovo clima di fattiva collaborazione che anima questo Parlamento. Il calo avvenuto nel 2020, pari all'8,9 per cento, ha riportato il PIL italiano ai valori del 1998; un balzo all'indietro di ventidue anni, cui il Covid-19 ha dato un contributo determinante, ma non esclusivo. Come lei ha ricordato, nel 2019 non avevamo ancora recuperato rispetto alla crisi finanziaria iniziata nel 2008; il PIL italiano era inferiore del 3,8 per cento rispetto al massimo pre-crisi, situandosi al livello del 2004, con un ritardo di quindici anni. Il naturale rimbalzo che aveva fatto seguito alla recessione del 2009 era infatti stato stroncato, a partire dal 2012, da politiche di cui a suo tempo denunciammo l'inopportunità, in particolare da un taglio strutturale di una ventina di miliardi degli investimenti fissi lordi della pubblica amministrazione, che - come ci dice il database Ameco - ha portato gli investimenti fissi netti in territorio negativo dal 2012. Una distruzione di capitale fisso pubblico senza precedenti per intensità e durata nella storia del nostro Paese.

Qui arriviamo al primo punto su cui sono lieto di avere la sua attenzione. Il 18 agosto scorso lei affermò, in un noto intervento pubblico: «È probabile che le nostre regole europee non vengano riattivate per molto tempo e certamente non lo saranno nella loro forma attuale». Questo passaggio necessita attenzione. Lei ha citato la diversa velocità di ripresa dei Paesi europei; noi temiamo - e ci affidiamo a lei per scongiurare questa eventualità - che la riattivazione delle regole possa avvenire prima che il Paese abbia recuperato e senza emendare il vulnus principale delle regole stesse, ampiamente riconosciuto da tutti (il riferimento al PIL potenziale).

Come lei ben sa, l'individuazione delle componenti strutturali tramite tecniche di filtraggio soggiace al noto end point bias, che tradotto significa che il potenziale produttivo di un Paese viene identificato con le macerie lasciate dall'ultima recessione e che quindi qualsiasi politica voglia spingere per riportare il PIL alla sua tendenza storica viene esclusa perché ritenuta a priori inflazionistica. Questo dopo il Covid-19 non possiamo permettercelo. Abbiamo bisogno di lei come interlocutore autorevole e competente al tavolo della riscrittura delle regole, tavolo che, con un certo sgomento, non vediamo al lavoro. Abbiamo bisogno di lei per rimuovere da queste regole una distorsione che ha giocato per lunghi anni contro il Paese; se questa distorsione non verrà rimossa, la divergenza fra Stati membri aumenterà e il progetto europeo sarà a rischio. Ma non ci sarà stato messo da chi liberamente esercita, qui o altrove, il proprio diritto di critica, bensì da chi avrà ottusamente rifiutato di obbedire alla razionalità macroeconomica, le cui conseguenze politiche sono state tanto spesso da lei sviscerate con chiarezza esemplare.

Vorrei anche condividere con lei un'osservazione, da persona che ha praticato a lungo il dibattito europeo, quello che si svolge in Europa. Dobbiamo partire dalla serena consapevolezza che se in Europa non esiste - cito le sue parole - «un bilancio pubblico comune, capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione», dotato cioè in termini tecnici di capacità di stabilizzazione macroeconomica, ciò non è dipeso né dall'Italia, né dagli italiani (compreso chi le parla), né specificamente da Governi espressione di un pensiero politico antagonista all'europeismo. Al contrario, come lei ben sa, le resistenze a questo progetto vengono purtroppo da Governi espressione di partiti che rientrano nell'alveo del PPE e PSE.

Questa osservazione, che immagino possa sembrare provocatoria ed insensata ad alcuni miei colleghi, viene fatta in realtà qui con spirito del tutto costruttivo ed è ben fattuale, come mi accingo a dimostrare. Il rapporto dei cinque Presidenti - lei era uno dei cinque e, senza piaggeria, posso dire di gran lunga il più incisivo ed autorevole, il che ci inorgoglisce come italiani - dedicava un intero paragrafo (il 4.2) al tema della funzione di stabilizzazione che il bilancio europeo avrebbe dovuto svolgere. Quello di mettere a disposizione dei Paesi membri una massa di risorse comuni per rispondere con maggior vigore alle avversità del ciclo, del resto, è un tema a lei caro e che ha anche affrontato ultimamente, il 1° ottobre 2019, in una nota prolusione tenuta ad Atene.

Tuttavia, senza alcuna malizia, sine ira et studio, mi consenta di farle notare che non siamo stati noi, che qui la sosteniamo, a cancellare la parola stabilization dal discorso europeo. Le comunicazioni dell'eurogruppo ai leader, del 4 dicembre 2018, chiariscono che furono - e tuttora credo siano - Francia e Germania ad insistere su convergenza e competitività, a discapito della stabilizzazione. Quindi, se abbiamo dovuto rincorrere la crisi pandemica trasformando l'embrione del Budgetary instrument for convergence and competitiveness (BICC) in Next generation UE, non è colpa di chi è dipinto dai media come antieuropeista, ma di chi in giro per l'Europa si dice europeista senza esserlo, e lei lo sa bene come lo sappiamo noi.

La sfida che le si presenta è formidabile, ma sono formidabili anche le opportunità. Lei può contare, oltre che sul naturale rimbalzo di un sistema economico dopo un simile shock, sulla volontà di tornare a vivere e a lavorare di uno dei popoli più industriosi del pianeta; sul generalizzato rifiuto di politiche di cui oggi tutti riconoscono, con la Lega, il fallimento (siamo certi che questo riconoscimento sarà sincero e operoso); infine, su una configurazione dei fondamentali macroeconomici, primo fra tutti il saldo delle partite correnti, che è eccezionalmente favorevole e la solleverà così dal doloroso compito di gestire gli squilibri esterni distruggendo domanda interna.

Le circostanze e il tempo giocano quindi a suo favore. Se, con la sua autorevolezza, con la sua credibilità e con il nostro leale sostegno, riuscirà a promuovere la competitività del Paese con le riforme di cui tutti gli organismi internazionali, a partire dalla World Bank, riconoscono la necessità (la riforma della pubblica amministrazione e quella della giustizia), il Paese le dovrà riconoscenza. A questo proposito, ho colto con sollievo nel suo discorso un accenno critico ai limiti delle riforme - cito le sue parole - dettate «dall'urgenza del momento». Concordiamo assolutamente con lei: la retorica del «fate presto» e della casa in fiamme ha fatto il suo tempo e le sue vittime. Prendiamo esempio da altri Paesi europei: penso all'Olanda dove, nell'attesa di un appuntamento elettorale importante, si è deciso di posporre la presentazione del PNRR rispetto al termine, ordinatorio e non perentorio, del 30 aprile.

La vera discontinuità e il viatico per il successo della sua azione di Governo che qui, da sinceri patrioti, tutti ci auguriamo, sarà la condivisione con il Parlamento, a partire da una piena attuazione della cosiddetta legge Moavero. Buon lavoro, signor Presidente, i fatti parleranno per lei. Viva l'Italia. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Toninelli. Ne ha facoltà.

TONINELLI (M5S). Signor Presidente, colleghi, signor Presidente del Consiglio, Ministri, chi parla fa parte di quel 41 per cento di iscritti al MoVimento 5 Stelle che ha votato contro il nostro appoggio al suo Governo. Una votazione in cui ha vinto il sì e, da portavoce, onorerò quel voto, anche se la penso diversamente. Sia chiaro però che la nostra non sarà una fiducia incondizionata, bensì una fiducia ponderata sulle azioni che questo Governo intraprenderà già a partire dai prossimi giorni.

Presidente, lei ha certamente avuto un'importante e prestigiosa carriera. Tra i suoi interlocutori ricorrenti ci sono stati uomini tra i più ricchi e potenti della terra, una ristrettissima percentuale di persone che ha sempre contato e influito moltissimo, soprattutto in politica. È proprio l'influenza di questi pochi che spesso ha portato ad avere Parlamenti rappresentativi più degli interessi di alcuni che della stragrande maggioranza dei cittadini, della gente normale. È su queste macerie che è nato il MoVimento 5 Stelle, esattamente per dare rappresentatività a quei milioni di italiani che in queste Aule non facevano sentire la propria voce. Così è nato il reddito di cittadinanza, che lei ha detto di voler difendere, anche se non lo ha specificato nel suo intervento di oggi. Così è nato il superbonus 110 per cento, per far ripartire l'economia in maniera sostenibile, anche se nel suo intervento oggi non lo ha ricordato. (Applausi).

Ci aspettiamo, Presidente, che lei prosegua questo lavoro per dare risposte concrete a tutto il popolo italiano, non solo all'élite. Non ci sono più solo i banchieri e i grandi investitori finanziari con cui lei ha avuto a che fare in passato e che, quando stava in Banca d'Italia, avrebbe certamente potuto e dovuto controllare meglio e di più.

Presidente, chi ha creato la più folle ed immotivata crisi di governo della storia, quando sedeva al suo posto, emanava provvedimenti che salvavano i banchieri e mettevano in mezzo a una strada i piccoli investitori. (Applausi). Quando siamo arrivati noi al governo, abbiamo risarcito i truffati dalle banche.

Certamente sa che in questi due anni abbiamo approvato un'importante legge anticorruzione, abbiamo tagliato i parlamentari e le pensioni d'oro, abbiamo bloccato i tagli alla sanità e investito nuovamente nella scuola; nel compiere tutte queste azioni avevamo bene in mente da che parte stare.

Ora, Presidente, ci aspettiamo che anche lei scelga di stare dalla parte del popolo italiano non come quando, da direttore generale del Ministero del tesoro, portò a compimento la scelta politica antitaliana delle privatizzazioni indiscriminate. Allora era un tecnico, lo sappiamo, Presidente, che attuava livello amministrativo l'indirizzo politico indicato dai governi dell'epoca. Ora, però, l'indirizzo politico dovrà essere necessariamente diverso e dovrà darlo lei. Le chiedo quindi da che parte vuole stare: dalla parte di chi fa leggi salva banche o dalla parte di chi, come noi, salva i truffati e vuole una banca pubblica di investimento per le piccole e medie imprese? (Applausi). Cosa vuole fare, Presidente, continuare a far proliferare il capitalismo di relazione dei peggiori oppure puntare sull'economia sostenibile dei migliori?

E ancora, da che parte starà nel prossimo dossier Benetton Atlantia: dalla parte dei potentissimi concessionari o dalla parte degli utenti della strada (Applausi), che per mancanza di manutenzione si sono visti crollare un ponte sotto i piedi?

Presidente, poco distante da dove si trova lei adesso seduto, il sottoscritto, da Ministro dei trasporti, ha gioito per aver fatto approvare il cosiddetto decreto Genova, dando una spallata all'onnipotente (Applausi), fino ad allora, sistema dei concessionari autostradali. Questa imperdonabile colpa ha permesso di far costruire in tempi record il nuovo ponte, facendolo pagare a chi per incuria e bramosia di denaro l'aveva fatto crollare. Un decreto che ha permesso di aiutare centinaia di famiglie dando loro una nuova casa. Sa come abbiamo fatto? Semplice, abbiamo deciso di stare dalla parte di chi aveva ragione, la gente normale che soffriva e lottava per rialzarsi dopo la tragedia. Non ci siamo fatti guidare o condizionare dai soldi e dal potere dei colossi del casello; quei soldi che invece troppo spesso legittimamente, ma per questo non meno vergognosamente, sono entrati nelle casse di tutti i partiti.

Presidente, immagino si sia accorto anche lei che c'è un pezzo di politica che oggi sta lottando in tutti i modi per poter mettere le mani sui fondi del recovery plan.

Non permetta loro di gettare al vento lo straordinario lavoro fatto dal suo predecessore Giuseppe Conte (Applausi), che quei fondi in Europa li ha ottenuti. Queste risorse sono la chiave per la ripartenza del nostro Paese, sono la chiave per la transizione ecologica che lei ci ha promesso e che non deve rimanere solo sulla carta.

Vede, Presidente, noi non accetteremo che si torni indietro su quanto fatto. Davanti a noi ci sono impegni importanti da perseguire, il più urgente ovviamente è la lotta contro la pandemia, ma subito dopo ci sono i ristori alle imprese, che devono essere immediati e corposi. Servono, però, anche altre riforme, da quella della RAI a quella dell'editoria, serve una legge sul conflitto di interessi e serve ridurre le disuguaglianze introducendo il salario minimo. Ci vogliamo provare e le chiediamo di lavorare per costruire una maggioranza anche su questi argomenti, consapevoli però che a sostenerla ci sono soggetti che vedono queste riforme come fumo negli occhi; ci sono persone - parla l'esperienza per me - capaci di mentire e tradire come nulla fosse e un istante dopo, con il candore di un bambino, andare davanti all'obiettivo di una telecamera a dichiarare la propria innocenza e la propria buona fede. Stia attento a queste persone.

Presidente, nel mio intervento ho parlato solo di fatti, perché è su questi che valuteremo se continuare a sostenere il suo Governo, giorno per giorno, emendamento per emendamento, provvedimento per provvedimento, e nell'attesa di poter discutere questi provvedimenti, le auguro e le auguriamo buona fortuna, ne avrà certamente bisogno. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Steger. Ne ha facoltà.

STEGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, presidente Draghi, la SVP accoglie l'appello del presidente Mattarella: sosterremo con responsabilità e con lealtà il suo Governo per aiutare l'Italia a uscire dall'emergenza. Per noi ogni euro del recovery plan deve essere speso per la modernizzazione del sistema e per liberare l'Italia dai troppi fardelli e problemi strutturali che ne hanno impedito la crescita. Occorre quindi intervenire da subito sulle regole: sospensione del codice degli appalti, modello Genova per i cantieri, interventi mirati per aumentare la capacità di spesa della pubblica amministrazione e per fare in modo, come si è cominciato a fare con il cosiddetto decreto semplificazioni, che un dirigente venga punito non quando mette una firma, non quando si prende la responsabilità di sbloccare un'opera, ma quando resta con la penna nel taschino.

La traccia di lavoro, come lei ha detto, deve essere quella della conversione ecologica del sistema produttivo, a condizione che non si trasformi in un ambientalismo ideologico, ma in una leva per la competitività e l'innovazione del nostro sistema, perché il punto vero, Presidente, è che l'Italia nei prossimi anni deve avere una crescita superiore a quella della media europea per evitare che il debito pubblico, cresciuto a dismisura durante la pandemia, non diventi insostenibile.

È un debito morale che abbiamo con le future generazioni, un debito che onoreremo fino in fondo, con una profonda riforma del sistema formativo. Tutti i dati ci dicono che manca un vero nesso fra formazione e lavoro e che rispetto agli altri Paesi OCSE abbiamo gravi limiti sul fronte della continuità formativa. Serve allora svecchiare il corpo docente, ripensare il calendario scolastico, puntare con maggior decisione anche a quel sistema duale di alternanza scuola-lavoro che dà ottimi risultati in altri Paesi europei e anche in Sud Tirolo e puntare a istituti tecnici e scuole professionali.

Soprattutto, però, dobbiamo impegnarci per sconfiggere la pandemia. Alle tante domande di queste settimane, da quelle delle imprese e dei lavoratori per passare alle preoccupazioni legate alle varianti del virus, c'è una sola risposta efficace e si chiama piano vaccinale. La partita per gli approvvigionamenti dà segnali positivi e allora oggi bisogna occuparsi soprattutto dell'organizzazione logistica con una macchina impeccabile, per giungere quanto prima all'immunità di gregge. Presidente, se ha avuto un merito la crisi di queste settimane, è l'aver seppellito - spero per sempre - i sentimenti di euroscetticismo e di antieuropeismo. Per questo, se c'è un mandato politico del suo Esecutivo, per noi è il seguente: non limitarsi a prendere atto della collocazione europea dell'Italia, ma fare dell'Italia la principale protagonista di una nuova fase del processo di integrazione, quella per il bilancio comune e per un'Europa sempre più politica e ispirata al principio della sussidiarietà. È in questa cornice che si offre una prospettiva strategica per la gestione delle emergenze tra le quali, non ultima, una crisi economica che rischia di trasformarsi in una crisi sociale.

La crisi politica ha rallentato la macchina dei ristori, accentuando disagi e difficoltà. Questo vale soprattutto nei territori che noi rappresentiamo, che sono i più duramente colpiti dalle restrizioni legate alla seconda ondata. Serve indennizzare subito le categorie che sono state colpite dalle decisioni di domenica scorsa: le imprese turistiche, gli impianti di risalita, i maestri e le scuole di sci, il commercio al dettaglio, i servizi, la gastronomia, tutte le persone e le attività che hanno speso soldi in vista delle riaperture e, naturalmente, i lavoratori cui è stata di nuovo preclusa la possibilità di tornare a lavorare.

Bisogna farlo applicando il criterio della perdita di fatturato e con una base temporale adeguata, perché solo così non si tagliano fuori gli stagionali. Bisogna farlo mettendo mano al rapporto con il fisco, con un pacchetto di misure per la rateizzazione dei pagamenti, la chiusura bonaria dei piccoli contenziosi con l'Agenzia delle entrate, fino al vero e proprio anno bianco del fisco per quelle attività che, dallo scoppio della pandemia, sono state impossibilitate a lavorare. Bisogna farlo rilanciando la centralità strategica del turismo.

Per questo è positiva la decisione di istituire un Ministero autonomo, perché, una volta superata la pandemia, il turismo sarà il settore che crescerà maggiormente. Il patrimonio artistico, storico, naturale e paesaggistico, la ricchezza enogastronomica, le peculiarità provinciali e regionali: l'Italia ha un potenziale che ne dovrebbe fare la principale superpotenza turistica al mondo.

Gli altri Paesi europei si stanno già attrezzando per far sì che il turismo diventi l'elemento strategico attorno al quale organizzare la ripresa economica, ma dobbiamo essere noi i primi a farlo, a mostrare al mondo come si riparte dal turismo, garantendone adesso la sopravvivenza e proiettandolo nelle sfide che presto lo attenderanno.

Presidente Draghi, se questo sarà l'approccio, il suo Governo potrà contare sul pieno sostegno e su tutta la collaborazione del SVP. Le autonomie speciali in passato hanno avuto rapporti difficili con i Governi di larghe intese, tanto da toccare il massimo di contenziosi tra Stato centrale e Province autonome. Oggi noi siamo certi che le cose andranno diversamente e facciamo i nostri auguri di buon lavoro al ministro Gelmini, alla quale ci accomuna l'appartenenza alla stessa famiglia politica europea, quella del PPE.

Siamo pronti a confrontarci, nell'idea che la tutela delle autonomie e delle minoranze linguistiche non sia solo un vincolo di natura costituzionale, ma che la nostra autonomia rappresenti un piccolo esempio virtuoso da cui può trarre spunto e giovamento tutta l'Italia.

Siamo pronti inoltre, a dare il nostro contributo per lo sviluppo di una politica strutturale per la montagna. Come abbiamo ribadito nelle consultazioni, la montagna ha bisogno di interventi per lo sviluppo delle infrastrutture materiali e digitali, di una semplificazione normativa e burocratica per le imprese che svolgono una preziosa funzione sociale di presidio del territorio e di contrasto allo spopolamento. Il nuovo recovery plan si faccia carico anche di questo essenziale aspetto. Buon lavoro, presidente Draghi. Buon lavoro a noi tutti. (Applausi).

PRESIDENTE. Colleghi, vorrei esprimere le felicitazioni mie personali e anche di tutti i senatori, al senatore Carbone, che è diventato padre del piccolo Beniamino, nome tra l'altro beneaugurante. (Applausi).

È iscritta a parlare la senatrice Rojc. Ne ha facoltà.

ROJC (Eu-MAIE-CD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, la ringrazio per il suo puntuale e alto discorso programmatico, che condivido largamente. La ringrazio anche per aver richiamato i sentimenti di intensa emozione e ampia responsabilità che dovrebbero accompagnare tutti i membri di questa Assemblea, in cui - cito - «ogni cosa ci parla di grandezza, ma nel tempo stesso ogni cosa ci ricorda i nostri doveri». Il dovere al quale lei ha voluto richiamarci è appunto l'unità che il Paese merita. Nell'augurare a questo Esecutivo e a lei, in particolare, signor Presidente del Consiglio, di portare a compimento la volontà di superare la grave crisi sanitaria, economica e sociale, vorrei ribadire quanto in questo contesto sia rilevante la condivisione di scelte determinanti con gli altri Paesi della grande realtà europea.

Seguendo la forte linea europeista che il Governo propone, mi sia permesso di fare appello a un diritto fondamentale che in Europa definisce l'identità di oltre 50 milioni di persone che sono gli appartenenti a minoranze linguistiche o nazionali. L'Italia oggi ne riconosce 12 su tutto il territorio. Sarebbe opportuno, quindi, che venisse finalmente ratificata la Carta europea delle lingue minoritarie e regionali, che si aspetta dal 1992, importante per molte Regioni italiane, tra le quali il Friuli-Venezia Giulia, in cui convivono, oltre a quella italiana, anche le comunità di lingua friulana, tedesca e slovena. Quest'ultima viene tutelata nello specifico dalla legge n. 38 del 2001, che proprio in questi giorni compie venti anni, ma ancora non è attuata del tutto. L'argomento è oggetto di tutti i vertici bilaterali tra l'Italia e la Repubblica di Slovenia e seguito, in particolar modo, dai due Presidenti della Repubblica e da ultimo, qualche mese fa, dai Ministri degli esteri.

In relazione alla disciplina giuridica del regime differenziato a favore della minoranza slovena in Italia, l'accento va posto in particolare su una questione volta alla salvaguardia di particolari valori di rango costituzionale. Mi riferisco alla richiesta che siano consentiti la partecipazione alla vita pubblica, il concorso con metodo democratico e quindi per elezione alla politica nazionale.

Nel rispetto delle prerogative del Parlamento, desidero porre anche all'attenzione del Governo la necessità che nel contesto delle riforme istituzionali sia considerato il vaglio di uno strumento di attuazione del principio di uguaglianza sostanziale riconosciuto e tutelato dalla Costituzione agli articoli 3 e 6, tenuto conto anche della drastica riduzione dei parlamentari prevista dalla recente riforma costituzionale. Mi riferisco, nello specifico, all'articolo 26 della citata legge n. 38 del 2001 in cui vi è l'impegno dello Stato a facilitare l'elezione di un rappresentante nelle due Camere. Assicurare agli sloveni in Italia di veder garantito il diritto di rappresentanza almeno in un ramo del Parlamento significa rispettare il dettato costituzionale, ma è anche una solenne dichiarazione sulla qualità della nostra democrazia.

È con questo auspicio, rivolto a tutte le forze che sostengono il suo Governo, che lei, signor Presidente del Consiglio, avrà il mio e il nostro voto di fiducia. Hvala lepa, gospod predsednik! (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Faraone. Ne ha facoltà.

FARAONE (IV-PSI). Signor Presidente, presidente Draghi, ancor di più oggi, dopo il suo intervento, a chi si è chiesto se valesse la pena far nascere questo Governo noi diciamo convintamente di sì.

Il suo Governo è la dimostrazione chiara di dove fosse la responsabilità. Nei giorni di crisi politica e di crisi di Governo c'era chi diceva che l'unica possibilità per questo Paese fossero le elezioni anticipate o la continuità del Governo del presidente del Consiglio Conte, che ringrazio anch'io per il ruolo svolto nei mesi passati, e c'era chi diceva, invece, che un'altra strada era possibile, cioè la strada della responsabilità, che oggi, per fortuna del Paese, stiamo percorrendo.

Presidente, noi dobbiamo ringraziare coloro che in quelle giornate ci hanno creduto e che erano isolati, considerati eretici e insultati per aver individuato quel sentiero stretto come un sentiero possibile di costruzione di un percorso di Governo positivo per il Paese. Eravamo considerati pazzi. Ringrazio tutti loro, ma ringrazio anche, assieme ad Ivan Scalfarotto, due donne coraggiosissime, che si sono dimesse lasciando il Governo: Elena Bonetti, che continuerà il suo lavoro per le famiglie e le pari opportunità, e Teresa Bellanova, che ha dato a tutti lezione di lealtà e di dignità. (Applausi).

È un Paese al contrario, Presidente, quello che considera responsabile tenere in panchina lei, tenere in panchina Colao, Cingolani e Giovannini e tenere in campo Toninelli. Io credo che ne valesse la pena, Presidente, se la pianificazione per gli investimenti del recovery plan ci sarà e se questi investimenti saranno affidati alle migliori personalità che il Paese possa esprimere. Su quelle risorse ci giochiamo il futuro; sull'ambiente, sul digitale, sulle nuove generazioni. Abbiamo semplicemente preso in prestito 165 miliardi dalle nuove generazioni. Dobbiamo lasciare un buon pianeta - come ha detto lei, Presidente - e non solo una buona moneta: ci convince ed è anche quello che ci chiedono i nostri giovani, eredi del futuro.

Così come, Presidente, dobbiamo investire finalmente quei 120 miliardi di risorse bloccate sui cantieri, per far sì che si crei lavoro nel Paese e per fare in modo che questa Italia possa essere più moderna, dove le imprese possano avere maggiori opportunità. Vi sono cantieri bloccati da una terribile burocrazia di cui vogliamo fare finalmente a meno.

Allo stesso modo, valeva la pena avere lo spread ai minimi e creare un clima di fiducia necessario per convincere gli italiani a utilizzare e investire i 160 miliardi di euro che hanno accumulato durante la pandemia. Tutto questo è possibile grazie alla sua autorevolezza e all'autorevolezza di un Governo nuovo che sta guidando questo Paese. (Applausi).

Ci chiedono provocatoriamente perché non chiediamo più il MES: non lo chiediamo, Presidente, perché il nostro MES è lei e questo Governo. (Applausi).

Inoltre la ringraziamo, Presidente, perché la dottoressa Marta Cartabia alla giustizia ci riempie il cuore: siamo passati dalla forca in diretta streaming all'illuminata civiltà del diritto. Con la conferma del ministro Luciana Lamorgese all'interno, poi, le donne nei Ministeri che contano le ha messe lei, senza compensazioni, che è una parola terribile che da uomo considero pessima. (Applausi).

La ringrazio perché oggi nei banchi del Governo ci sono Daniele Franco e Roberto Garofoli. La loro presenza dimostra come il vento sia cambiato in questo Paese e nel Parlamento. Il populismo, l'antieuropeismo e il sovranismo li avevano messi nel banco degli imputati; erano additati come nemici del popolo. La loro presenza oggi nel Governo di questo Paese dimostra che crediamo nel Patto europeo e nel Patto atlantico.

Dovremo affrontare tre emergenze, Presidente, segnate nel calendario in tre date di tre primi del mese. L'emergenza fiscale arriverà il 1° marzo, quando inizieranno a scadere, uno dietro l'altro, tutti i rinvii delle scadenze fiscali che hanno costellato il 2020. Non potremo lasciare sole le imprese, ma dovremo costruire percorsi e soluzioni per evitare che il nostro sistema imprenditoriale venga travolto dalle cartelle esattoriali. Vi sarà poi l'emergenza occupazionale: il 1° aprile si spalancheranno le porte ai licenziamenti e non servirà a nulla soltanto prorogarne il blocco senza una riforma vera degli ammortizzatori sociali e senza politiche attive per il lavoro. Questo sarà il compito che dovremo portare avanti. Vi sarà infine l'emergenza creditizia: il 1° luglio le imprese vedranno addebitarsi le rate di finanziamenti che, grazie ad una moratoria, siamo riusciti a interrompere; si tratta di 60-100 miliardi di nuovi crediti deteriorati.

Sono tutte sfide che fanno tremare i polsi, signor Presidente. Serve un monitoraggio sugli istituti di credito e occorre tenere in piedi la politica delle garanzie pubbliche: la sua credibilità e la sua conoscenza del sistema bancario sono per noi un'assoluta garanzia per affrontare questa sfida. Si tratta di tre crisi, che però possono essere affrontate in modo tale da poter rappresentare tre occasioni, per cambiare il nostro sistema imprenditoriale, con imprese più grandi e più forti, e per rafforzare un'idea di lavoro che non sia assistenzialismo, ma lavoro vero, soprattutto attraverso gli interventi per il Sud, che grazie a lei, signor Presidente del Consiglio, credo saranno inversamente proporzionali alla presenza di uomini meridionali nella sua squadra. Allo stesso modo, ritengo che bisogna impegnarsi a fondo sulle politiche per la disabilità, in modo direttamente proporzionale al fatto di aver costituito un Ministero, che non basta perché per la disabilità servono politiche serie.

Va benissimo ciò che ha proposto per affrontare l'emergenza sanitaria, dalla telemedicina alla medicina territoriale, ad un rafforzamento della nostra rete ospedaliera, al piano vaccini. Occorre cambiare, signor Presidente! Lei ha detto bene: basta alle inutili primule dispendiose. Occorre lavorare sul nostro patrimonio, che più di tutto può rendere efficace l'intervento, che è decisivo far ripartire il Paese. Mi riferisco cioè alle nostre migliori energie, ai medici, agli infermieri, ai farmacisti, alla Protezione civile e all'Esercito.

Allo stesso modo, signor Presidente, occorre investire su cultura e turismo, cioè su settori che, soltanto ora che ci sono mancati, abbiamo capito fino in fondo quale ricchezza potevano e possono rappresentare per il Paese. Quanto all'emergenza educativa, è importante tornare prima possibile in classe, perché è l'unico modo per eliminare la stortura di una didattica digitale che aumenta le diseguaglianze. Signor Presidente, dobbiamo però ringraziare gli insegnanti e i ragazzi, che in questi mesi hanno svolto un compito gravosissimo e lo hanno fatto in condizioni veramente proibitive. (Applausi).

Concludo, signor Presidente del Consiglio, citando una frase del suo intervento che mi ha molto colpito: «Non c'è sovranità nella solitudine». Credo che questa frase rappresenti sicuramente un colpo allo stolto sovranismo, ma è anche una lezione che, forse, tutti abbiamo imparato da questa pandemia e cioè che nessuno si salva da solo. Questo è anche il motivo per cui nasce un Governo di unità nazionale, per affrontare sfide che altrimenti sarebbero state impossibili. Infine, raccogliamo il suo richiamo all'unità del Paese: i riformisti ci saranno e sosterranno convintamente il suo Governo, signor Presidente del Consiglio, senza alchimie politiche, come ha chiesto, ma con spirito di sacrificio, come ci ha detto: non abbiamo bisogno di intergruppi e di distinguo, perché sosteniamo il Governo senza spirito di parte, ma da italiani. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore La Russa. Ne ha facoltà.

LA RUSSA (FdI). Signor Presidente, ho ascoltato larga parte del dibattito e naturalmente tutto l'intervento del presidente Draghi. Per sei ore di discussione generale, se non sbaglio - poi ci saranno le dichiarazioni di voto - abbiamo ascoltato un incessare continuo, spero meritato. Pertanto, i pochi interventi - i senatori del nostro Gruppo parleranno, complessivamente, per circa quaranta o cinquanta minuti: non ricordo bene - dell'unica formazione politica che ha sospeso il proprio giudizio, decidendo di votare no, oggi, alla fiducia, credo possano significare qualcosa, anche se non sarà una somma in quell'unità invocata dal Presidente. Infatti, se non ci fossimo noi, ci sarebbe sicuramente unanimismo. Spero che non lo sia, ma temo possa esserlo, signor Presidente, perché lei ha avuto motivi di plauso da esponenti di formazioni politiche completamente divise su tutto il panorama della politica, dell'economia e della vita sociale italiana.

Ha avuto sicuramente applausi, oltre che plausi, non sempre da tutti, non so se l'ha notato. Quando ha parlato di atlantismo, non hanno applaudito quelli del MoVimento 5 Stelle (e vedremo perché, secondo me giustamente); quando, poi, ha parlato di Europa in un certo modo, non ha avuto gli applausi dalla parte più a destra del suo schieramento oggi di maggioranza. Già da questo deve trarre un insegnamento (e un auspicio, le auguro): che il suo percorso metta insieme quello che secondo noi è difficilmente sommabile.

L'insegnamento è che la politica ha delle regole (magari brutte, ma ci sono); e queste regole, per esempio, prevedono - pensi un po' - una maggioranza e un'opposizione. Non può esistere in democrazia una frase che in qualche modo dica che l'unità è il bene supremo di tutto il Parlamento; sarebbe una bestemmia nei confronti anche dei nostri Padri costituenti.

Vede, Presidente, guardiamo senza alcuna preclusione non al suo Governo, ma alla sua opera personale di convincimento e di indirizzo di questo Governo. Avremmo però sperato che l'inizio fosse di maggiore discontinuità con il passato, con il precedente Governo.

Abbiamo creduto, quando qualcuno ci ha detto che forse sarebbe stato il Governo dei migliori; abbiamo sperato che l'autorevolezza sicura del presidente Draghi avrebbe in qualche modo sopito le differenze, e dobbiamo però registrare, Presidente - ce ne darà atto - che nel suo Governo (non so se l'ha fatto lei in maniera convinta o se l'ha dovuto fare) ci sono persone che singolarmente si possono di certo anche stimare, ma c'è un'importante presenza di Ministri del Governo Conte: Speranza, Di Maio, D'Incà, Patuanelli, Franceschini, Bonetti, Dadone, l'ex prefetto Lamorgese. Lo ripeto: sono persone che singolarmente posso anche apprezzare, ma sono il segno di una continuità con quello che riteniamo responsabile - il Governo Conte, appunto - la mala gestio della pandemia e dei guasti economici alle categorie.

La continuità, purtroppo, l'abbiamo vista anche nel primo dei suoi provvedimenti: la chiusura, a poche ore dall'apertura, degli impianti sciistici, che ci ha ricordato il DPCM di Conte, oltretutto perché è lo stesso Ministro della salute a proporcelo.

Auspichiamo allora che abbia la forza - la capacità ce l'ha - di imporre una discontinuità a questo percorso. Lo dico in riferimento a tutti i progetti che ci ha correttamente elencato: ci ha fatto un elenco per cui ha detto che ci vorrebbero anni, probabilmente; ha detto che volete lasciare un mondo migliore (è un bell'impegno, non certo da qualche mese o da qualche anno, se tanto aspira a restare in quel posto). Ebbene, ci ha fatto un lunghissimo elenco di progetti: li ho segnati tutti, se vuole glieli leggo, ma non perdo tempo; non c'è materia dello scibile umano che non abbia indicato (o meglio, qualcuna c'è, ma glielo dico dopo). Non ha indicato per tutte le soluzioni, ma si è limitato, nella maggior parte dei casi, a indicare il problema senza offrire, neanche vagamente, la soluzione; l'ha offerta in determinati casi.

Ha parlato di atlantismo: siamo perfettamente d'accordo con lei; spero che lo sia tutta la sua maggioranza. Ha parlato di una impossibilità, in soldoni, di criticare l'Europa, e su questo non siamo d'accordo. Guardi che Fratelli d'Italia - parlo per me, non per le forze politiche che la appoggiano - non ha mai avuto intenzione di uscire dall'Europa; anzi, nella mia modestissima esperienza politica, sin da ragazzi cantavamo l'Europa, un'altra Europa.

Siamo quindi con lei, presidente Draghi, se dice che senza Italia non c'è Europa, anzi, è il nostro slogan. Questo però vuol dire che dobbiamo criticare l'Europa tutte le volte che se lo dimentica, tutte le volte che non vede che senza Italia, come lei ha detto, non c'è Europa. Quante volte in questi anni se lo sono dimenticati e quante volte in questi anni hanno fatto l'interesse di Francia, Germania o di chi altro, anziché avere riguardo per i nostri interessi nazionali?

Giusto quindi parlare di Europa, ma un'Europa nella quale bisogna andare a testa alta e lei ne ha la possibilità, se vuole essere discontinuo.

Voteremo no alla fiducia, perché volevamo andare alle elezioni. Si vota in tutta Europa; il Presidente della Repubblica ci ha detto che non si può, vedremo se si potrà votare per le regionali o meno. Sicuramente non abbiamo condiviso questa scelta, ma ormai è alle spalle. Andiamo a vedere quello che lei vorrà e potrà fare.

Non ha detto una sola parola per incoraggiare la presenza di chi l'appoggia e non apparteneva alla maggioranza del Governo Conte. Non c'è bisogno che difenda io la Lega - parlerà dopo Salvini - ma mi è sembrato molto ingeneroso il modo in cui non ha parlato dei temi cari alla Lega: non ha usato una sola parola sulla sicurezza o sulla lotta all'immigrazione clandestina; non ha in alcun modo raccolto la disponibilità di forze del centrodestra di venirle incontro anche sul tema europeo. Come dicevo, non c'è bisogno che difenda io la Lega, ma questo mi rafforza nel ruolo di sentinella degli interessi italiani che Fratelli d'Italia ha assunto.

Ci troverà pronti a votare ogni provvedimento che avrà il coraggio di mettere in campo con discontinuità rispetto al precedente Governo. Sa che siamo gli unici alleati che non le chiedono niente, che non le chiedono poltrone, che non le chiedono prebende, che non le chiedono Ministri e Sottosegretari (ho visto una certa folla che oggi si accalcava). Noi le chiediamo di tenere a mente l'interesse degli italiani e con questa perorazione la lascio alla sua responsabilità di italiano, ma soprattutto di Presidente di un Consiglio dei ministri che avrà al suo interno molte gatte da pelare. Auguri, presidente Draghi. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Errani. Ne ha facoltà.

ERRANI (Misto-LeU). Signor Presidente, cercherò di stare nei tempi e ci riuscirò.

Presidente Draghi, nel suo discorso, che ho apprezzato, ha indicato un impegno comune per sconfiggere la pandemia e ricostruire il Paese. Noi ci siamo convintamente, con la determinazione di contribuire con le nostre idee al cambiamento del Paese, scongiurando il rischio che tutto cambi perché nulla cambi, a favore dei soliti noti e di chi ha già da solo le risposte. Ecco perché non è morta la politica, né è relegata in un angolo. La politica è essenziale per dare una direzione al cambiamento.

Sarà difficile, signor Presidente del Consiglio, fare una sintesi; la sua autorevolezza è importantissima, ma sarà difficile e avrà bisogno che la sfida della sintesi sia accolta dalla politica, superando posizionamenti di ieri che non guardano al cambiamento del Paese.

È chiaro che le ricette liberiste, così come le politiche di austerità, hanno dimostrato l'incapacità di affrontare la sfida tecnologica e quella climatica, producendo nuove e drammatiche disuguaglianze, perfino tensioni serie in relazione alla qualità della democrazia.

L'Europa ha compiuto una svolta, lo voglio dire qui non con generosità, ma per quel che è giusto: lo ha fatto in primo luogo grazie anche al lavoro del presidente Conte e del Governo precedente. (Applausi). Ora è richiesto a tutti noi il coraggio di cambiare paradigma. Le cose da fare in questo Paese sono tante e non si fanno in un giorno.

A me interessa la direzione di marcia di questo cambiamento: più legalità; lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata; più giustizia fiscale e sociale; più valore al lavoro, alla sua qualità e sicurezza; l'aggressione, al di là della provenienza dei Ministri, al divario tra Nord e Sud; più formazione e ricerca per promuovere il salto di qualità che debbono fare le nostre imprese; contrasto alla vera e propria crisi culturale di questo Paese, a cominciare anche da quest'Assemblea, perché non è possibile dire tutto e il contrario di tutto. Dobbiamo dare il segnale al Paese che siamo seri e facciamo un salto di qualità. Occorre investire sui beni comuni e sulla ricchezza della comunità con al centro le persone, nonché portare il Paese nella nuova modernità, con una transizione tra vecchio e nuovo. È su questo, presidente Draghi, che i figli e i nipoti ci giudicheranno.

Lei ha giustamente detto che bisogna contrastare e combattere con tutti i mezzi la pandemia. Bene, ora lavoriamo insieme e per me, da questo punto di vista, è molto importante un messaggio. Spero che nessuno voglia più sottovalutare i problemi del coronavirus e della pandemia, perché nessuno si può permettere di essere ambiguo e non chiaro: prima di tutto la salute dei nostri cittadini, anche per il rilancio dell'economia. (Applausi).

Il Paese è in grande sofferenza e ha bisogno di responsabilità, certezze e chiarezza. Condivido con lei le proposte che ha fatto sui vaccini e le indicazioni che ha dato per accelerare e produrne anche nel nostro territorio. Presidente Draghi, ritengo che, anche dopo l'esperienza della pandemia mondiale, sia maturo un salto di qualità. Assumiamo un'iniziativa per superare i brevetti sui vaccini e sui farmaci salvavita in Europa per il mondo. (Applausi).

Servizio sanitario universalistico pubblico: non aggiungo parole, perché è questo il nostro futuro. (Applausi).

Infine, le voglio dire una cosa. Dobbiamo cambiare il modello di sviluppo e la chiave è la politica industriale. Dobbiamo avere il coraggio di fare una vera politica industriale sulla ricerca e sull'innovazione - non soldi a pioggia - attraverso le due grandi variabili che sono la transizione ecologica e la qualità del lavoro, paradigmi di questa fase di innovazione. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mirabelli. Ne ha facoltà.

MIRABELLI (PD). Signor Presidente, signor presidente del Consiglio Draghi, la ringrazio sinceramente per la sobrietà con cui ha saputo comunque trasmetterci tanta forza e tanta passione, con cui ha restituito senso e dignità all'espressione «responsabilità nazionale», che non è una fuga dalla politica, non è uno slogan e consentitemi di dire che non è neanche un modo per marcare le differenze. (Applausi).

È l'idea che riporta la politica alla sua giusta dimensione, quella di servizio al Paese e ai cittadini.

Ha ragione, signor Presidente del Consiglio, quando dice che dobbiamo ridare credibilità e fiducia alle e nelle istituzioni. Questa non è solo una necessità dell'oggi in emergenza, ma una grande questione democratica. Rimettiamoci tutti a cercare soluzioni ai problemi, a lavorare per risolverli, non per agitarli. Rinunciamo alle campagne elettorali permanenti, che hanno tanto pesato negativamente sulle istituzioni e che hanno anche alimentato sfiducia e distanza dai cittadini.

Il nostro sostegno e il nostro contributo per ricostruire il Paese non mancheranno e faremo la nostra parte, convinti che oggi non serva governare pensando solo al contingente e all'emergenza, ma serva quella tensione verso il futuro a cui lei ci ha richiamato. Serve orientare le decisioni guardando al futuro, alle prossime generazioni, sapendo che sarebbe un errore gravissimo auspicare che, finita la pandemia, tutto a possa o debba ritornare come prima. Ha fatto bene a ricordarcelo e a trarne le conseguenze nel suo programma, mettendo al centro l'ambiente, la green economy, la lotta alle diseguaglianze e la digitalizzazione. Sono i temi che, con le forze che hanno sostenuto il Governo Conte, consideriamo centrali insieme al lavoro e su cui ci troverà davvero in sintonia e su cui è giusto orientare consistenti investimenti pubblici.

Signor Presidente del Consiglio, stamattina ha giustamente sottolineato che ci sono due fattori decisivi per la ripartenza del Paese, due handicap che dobbiamo superare, mettendo in campo risorse e riforme: la giustizia e la lotta alla corruzione. Ha già indicato bene gli obiettivi da perseguire per accelerare i procedimenti civili e smaltire gli arretrati; da questo punto di vista, credo che vadano confermati e implementati gli investimenti previsti nel bilancio e nel recovery plan e le assunzioni previste. Sono strumenti che, insieme ad alcuni interventi di riforma, possono consentirci di proseguire nell'efficientamento della giustizia civile iniziato con la riforma Orlando. Tuttavia il ministro Cartabia, a cui faccio i nostri migliori auguri di buon lavoro, avrà di fronte altre due significative questioni non rinviabili: la riforma del processo penale e la riforma delle carceri. Il tema non è soprattutto la prescrizione e tantomeno una discussione ideologica su questo; non è pensabile prevedere che un processo possa non finire mai, né è accettabile che i processi non arrivino a sentenza. Il tema per noi è riformare il processo, prevedere tempi certi per le diverse fasi, responsabilizzare i magistrati e investire sulla giustizia riparativa e i patteggiamenti. Si può fare e anche in fretta, allora anche la questione della prescrizione assumerebbe un'altra dimensione. Ci sono due proposte di riforma del processo civile e del processo penale in Parlamento: ripartiamo da quelle.

Inoltre, il recovery plan è una straordinaria opportunità per intervenire sull'edilizia carceraria e investire sui circuiti trattamentali interni ed esterni. Bisogna lavorare, signor Presidente del Consiglio e signor Ministro, per una riforma che metta al centro la Costituzione e impedisca che il carcere continui a essere un riproduttore di criminalità e violenza, ma diventi un'opportunità di redenzione, ripensamento e recupero (Applausi).

Signor Presidente, ha sottolineato la necessità di restituire sicurezza e legalità al Sud e di combattere la corruzione. Purtroppo, le mafie non sono solo un problema del Sud, ma un cancro nazionale e internazionale che va combattuto in quella dimensione. Serve investire sulle banche dati e diffondere le migliori pratiche per controllare i flussi di denaro e gli appalti e impedire le infiltrazioni mafiose, cosa che il ministro Lamorgese ha cominciato a fare. Serve quello che ha detto: qualificare la pubblica amministrazione e le centrali appaltanti, per evitare che si riproponga l'assurda scelta per cui o si è garanti della legalità o si accelerano le opere, contrapponendo legalità ed efficienza.

Bene, signor Presidente, ci riconosciamo nel merito e nello spirito delle cose che ci ha detto. Noi ci siamo e faremo la nostra parte, guardando all'interesse del... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Ronzulli. Ne ha facoltà.

RONZULLI (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, lei questa mattina ha menzionato tre tematiche estremamente importanti. Scuola, infanzia e denatalità sono temi molto cari al nostro Gruppo parlamentare, in particolare alla sottoscritta, in qualità di Presidente della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza. Il mondo dei minori e tutto ciò che vi gravita attorno è stato largamente sottovalutato e completamente cancellato dall'agenda del Governo precedente. Un'intera generazione di bambini sta facendo le sue prime esperienze di vita in un mondo dominato dalla paura del coronavirus. Non possiamo più ignorare il trauma subito dai minori, determinato dalla chiusura delle scuole e accentuato dall'impossibilità di svolgere attività ricreative.

Grave è stata anche la perdita sul piano strettamente formativo, perché è evidente che la didattica a distanza ha accentuato sempre di più un divario culturale già esistente. Il digital divide e la mancanza, in circa un terzo delle famiglie italiane, di PC e tablet, oltre che di spazi adeguati per studiare, hanno creato studenti di serie A e studenti di serie B. Oltre al gap di apprendimento e di competenze, però, l'isolamento prolungato a casa ha messo a grave rischio la tutela della salute mentale dei ragazzi. Bisogna evitare che l'abbandono scolastico in questo anno di pandemia abbia conseguenze irreparabili. Il Covid ci sta ricordando che la scuola non è soltanto spiegazioni e interrogazioni. La scuola è anche relazione, fra compagni e fra compagni e docenti; è confronto, amicizia e complicità. Di tutto questo per tanti mesi i nostri bambini e adolescenti sono stati privati.

Per questo abbiamo apprezzato, presidente Draghi, che abbia individuato proprio nella riscrittura del piano vaccini una delle priorità di questo Esecutivo. Alla luce delle nuove varianti, che sembrano aggredire maggiormente anche la popolazione più giovane, sarebbe quindi tanto più importante predisporre un piano vaccinale per studenti, insegnanti e personale scolastico (Applausi), al fine di riportare i nostri ragazzi in classe e in sicurezza.

Inoltre, la permanenza forzata tra le mura domestiche ha fatto crescere gli episodi di violenza, anche virtuale, tra e ai danni dei minori, come dimostra l'impennata dei casi di cyberbullismo e di pedopornografia. L'Italia e l'Europa devono affrontare il tema della rete e dei rischi che si annidano in essa per i nostri ragazzi, che vivono inevitabilmente in una vita da iperconnessi. È necessario applicare con la massima sollecitudine misure che tutelino le bambine e i bambini, come per esempio rendere obbligatori i filtri parentali e responsabilizzare i gestori dei social network e delle piattaforme varie, che devono essere chiamati a rimuovere immediatamente i contenuti dannosi per la salute psicofisica dei minori.

È poi urgente rispondere al preoccupante aumento della povertà dovuto all'emergenza Covid, di cui lei stesso, signor Presidente del Consiglio, ha fatto menzione. Le file della Caritas sono sempre più lunghe; la crisi economica e la perdita di centinaia di posti di lavoro hanno aumentato in modo preoccupante il numero delle famiglie in difficoltà, portando a un milione e mezzo il numero dei bambini che oggi vivono al di sotto della soglia di povertà assoluta.

Infine vorrei accennare alla denatalità; stiamo rischiando infatti l'assoluto tracollo demografico. Occorre aiutare le famiglie, garantendo loro un sistema di misure certe, organiche e adeguatamente finanziate.

Abbiamo il dovere di prevedere interventi di sostegno alle famiglie e alle mamme lavoratrici. Vanno raddoppiati gli stanziamenti per gli asili nido e occorre incrementare le altre misure per consentire alle donne che lavorano di essere madri senza trovarsi costrette a dover rinunciare alla propria realizzazione professionale o, ancora peggio, a fare figli.

Povertà minorile, disparità nell'accesso all'istruzione e denatalità non minacciano soltanto il nostro presente, ma compromettono il domani del Paese, perché i bambini - ricordiamocelo tutti - rappresentano il nostro futuro. La ringrazio per quanto potrà fare per i bambini e per gli adolescenti. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Romeo. Ne ha facoltà.

ROMEO (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, egregio Presidente del Consiglio, egregi Ministri, onorevoli colleghi, intanto do il benvenuto nell'arena politica al presidente Draghi: buon lavoro a lei e a tutti i suoi Ministri.

La Lega, fin da subito, è stato il partito che ha colto appieno lo spirito con cui è nato e stava nascendo questo Governo. Con senso di maturità e di responsabilità abbiamo accolto l'invito che ha fatto a tutte le forze politiche il Capo dello Stato, il presidente Mattarella, perché in questo momento sono gli stessi cittadini che ci chiedono di mettere in sicurezza il Paese dal punto di vista sanitario ed economico. Soprattutto, dicono: basta con i conflitti; accantonate momentaneamente le divisioni, unite le forze; basta odio sociale e odio politico; in questo momento bisogna fare gioco di squadra. È quello che faremo noi della Lega, presidente Draghi, con lei e con il suo Governo. (Applausi).

Certo, non sarà facile: ci sono temi divisivi, ma sui quali però basta usare un po' di intelligenza e un po' di buon senso, con quel pragmatismo, presidente Draghi, che abbiamo molto apprezzato nelle consultazioni che hanno preceduto la formazione e l'avvio di questo Governo; è lì la chiave di volta di tutto. Tra l'altro, può essere anche una buona occasione per la politica, forse unica per una nuova stagione: quella della competenza e del pragmatismo, come dicevo prima, che porti questo Paese a una sana democrazia dell'alternanza. Questo è il nostro scopo e il nostro obiettivo e accogliamo l'invito di un parlamentare di sinistra, l'onorevole Stefano Fassina, che nei giorni scorsi ha auspicato un sistema democratico che non abbia a fondamento la totale delegittimazione dell'avversario come tratto d'identità dei principali partiti e movimenti politici. Se sapremo fare questo, avremo fatto sicuramente un salto di qualità e il bene degli italiani e la politica forse riuscirà a tornare a essere sempre più protagonista nella scena del nostro Paese.

Sulla questione dell'Europa, presidente Draghi, e il perimetro europeista, non si preoccupi: la Lega, come ha capito, chiede solo che gli italiani stiano in Europa da italiani (Applausi), così come i francesi stanno in Europa da francesi e i tedeschi da tedeschi. Lei ci comprende benissimo, perché forse è uno dei pochi italiani che in Europa si fa e si è fatto rispettare. Qualcuno ha parlato di una conversione della Lega: ho ascoltato qualche intervento e un po' d'ilarità da qualche Gruppo (da che pulpito viene tutto questo, ma probabilmente non ricordano). Metto in evidenza solo una cosa: se guardiamo alle scelte che l'Unione europea ha fatto negli ultimi tempi (sospensione del Patto di stabilità, sospensione del divieto degli aiuti di Stato, sospensione del rapporto del 3 per cento deficit-PIL e il fatto che il presidente Macron abbia chiesto la revisione del Trattato di Schengen per aumentare i controlli sull'immigrazione clandestina e soprattutto sulle infiltrazioni terroristiche), non è irragionevole pensare che l'Unione europea in parte si sia anche un po' convertita alle idee della Lega. (Applausi). Questo è quello che tenevamo a sottolineare. Diciamo che ci siamo venuti un po' incontro: visto che ci dobbiamo venire incontro tutti, forse questa è la strada migliore.

Siamo anche noi convinti che per migliorare l'integrazione europea ci possa stare l'idea di cedere, diciamo così, nelle parti più deboli, sovranità all'Unione europea, e che tutto ciò debba essere accompagnato anche dal fatto che venga ceduta sovranità verso il basso, verso l'autonomia delle Regioni. Solo così infatti riusciremo a ottenere quel sogno dell'Europa delle Regioni (Applausi) e dei popoli che fu di Altiero Spinelli, padre fondatore dell'Unione europea, e che era racchiuso anche nello spirito del Trattato di Roma del 1957.

Veniamo ai temi più concreti: per quanto riguarda le misure di contrasto al Covid, chiediamo un cambio di metodo, signor Presidente. Chiediamo organizzazione, pianificazione e non improvvisazione. Se per tutelare la salute, bene primario in assoluto - ha ragione il collega Errani - occorrono misure restrittive, ben vengano, purché siano razionali, ben spiegate e soprattutto comunicate per tempo. (Applausi). Questo è quello che ci chiedono i nostri cittadini.

Per quanto concerne la situazione economica difficile, chiaramente bisogna riscrivere le regole sulla fiscalità. Ci sarà una Commissione e ci sarà tempo per il Parlamento di discutere e di dibattere, ma l'importante è che di fatto vengano ricostituiti margini di profitto importanti e adeguati, altrimenti al crollo dell'occupazione rischiamo di non riuscire ad associare la creazione di posti di lavoro.

A proposito di disuguaglianze, non dimentichiamoci che dobbiamo ridurre il divario tra garantiti e non, altro aspetto fondamentale. Soprattutto, come abbiamo detto anche durante le consultazioni, bisogna creare un clima di fiducia nelle imprese, ossia rimuovere tutti quegli ostacoli che impediscono agli imprenditori di fare il proprio mestiere e il proprio lavoro. (Applausi). Basta con questo clima di presunzione di colpevolezza, quando si tratta di parlare con gli imprenditori. No, quella non è assolutamente la strada giusta.

Nel suo discorso di oggi ha parlato della scelta tra le attività da proteggere e quelle che invece inevitabilmente andranno a morire e dovranno cambiare la loro forma; sostanzialmente a noi preme sottolineare il fatto che tra quelle da proteggere per noi ci sono le piccole e medie imprese, che sono la colonna dell'economia reale del nostro Paese. (Applausi).

La ricetta Monti - che anche di recente è intervenuto, dicendo che è inutile ristorare alcune attività, perché intanto forse è meglio far fallire quelle che hanno avuto problemi a causa delle restrizioni - è fallita dieci anni fa e fallirebbe anche oggi. Bisogna quindi assolutamente cambiare registro. Si tratta di teorie bislacche, che vanno accantonate. Pensiamo ad aiutare il nostro settore produttivo com'è necessario.

A proposito di protezione, tutela e difesa dell'interesse nazionale, le segnalo la relazione del Copasir datata 5 novembre 2020, con la quale si mette in evidenza che l'Italia è sotto attacco di capitali stranieri, di Cina e Francia su tutti, soprattutto sugli asset bancari e assicurativi.

Sulla questione dell'edilizia è stato detto un po' da tutti che bisogna far ripartire gli investimenti. È chiaro che in un momento di grossa difficoltà come quello che stiamo vivendo occorrono di sicuro delle particolari; il modello Genova, richiamato da molti, indubbiamente è lì e ci ha fatto capire che l'Italia, quando vuole, realizza le opere in tempi rapidi, nella legalità e dando l'esempio a tutta l'Europa. (Applausi). Questo non dimentichiamolo.

Per quanto riguarda l'ambiente, è giusto che tutti i progetti di investimento abbiano un risvolto ambientale. Voglio che mio figlio cresca in un pianeta dove si possa respirare aria buona e dove l'ambiente venga rispettato; ci mancherebbe altro. Se dobbiamo investire, cominciamo magari a farlo laddove ci sono le zone più inquinate. Penso, ad esempio, al bacino Padano, una delle Regioni più inquinate d'Europa. Gli investimenti andrebbero concentrati quindi in tale zona, per cercare di aiutare la popolazione a non soffrire di malattie, com'è stato ricordato da molti.

Cogliendo il suo spirito pragmatico anche su questo tema, diciamo che la rivoluzione verde, come viene chiamata, non deve diventare una sorta di eco-dittatura che produce disoccupati; mi riferisco soprattutto al settore dell'automotive e quant'altro, che rischia di perdere migliaia e migliaia di posti di lavoro.

Sul recovery, è positivo il coinvolgimento del Parlamento, signor Presidente, ma non dimentichi di coinvolgere anche le Regioni, che sono state completamente tagliate fuori e sono assolutamente fondamentali. (Applausi).

Come vede, di lavoro da fare ce n'è tanto. Lei è un fuoriclasse e tutti i fuoriclasse sicuramente aiutano a vincere le partite importanti, ma rendono molto di più se dietro c'è una squadra che corre per loro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pellegrini Marco. Ne ha facoltà.

PELLEGRINI Marco (M5S). Signor Presidente del Consiglio, devo senz'altro riconoscere che la sua sola presenza ha fatto improvvisamente sparire dal dibattito politico - dibattito si fa per dire - temi quali il MES, i banchi a rotelle, gli sbarchi, la cosiddetta dittatura sanitaria, la museruola (che sarebbe la mascherina): all'improvviso quindi il MES non è più necessario (i giornali non ne parlano più) e si scopre che i banchi a rotelle sono stati ordinati dai dirigenti scolastici in nome della autonomia di cui godono e sono utilissimi, almeno in alcuni tipi di didattica. (Applausi). La pandemia, purtroppo, non è un'invenzione di Conte e purtroppo ci sono migliaia di morti. Oggi tutto ciò sembra incredibile, ma le assicuro che abbiamo ascoltato queste sciocchezze tutti i giorni per mesi.

Ora, sgombrato il campo da queste fandonie, possiamo provare a descrivere un quadro oggettivo. È innegabile che, anche grazie al MoVimento 5 Stelle e ad alcune misure da noi volute, restituiamo ai cittadini un Paese e un'Europa migliori di come erano soltanto tre anni fa, quando è iniziata per il MoVimento la responsabilità di Governo. Insieme al presidente Conte abbiamo fatto tantissimo, lavorando senza sosta, ogni giorno, nell'esclusivo interesse dei cittadini. I colleghi che mi hanno preceduto hanno già descritto quanto fatto nei diversi settori, ad esempio per il lavoro, con i tassi di occupazione che sono ai massimi da sempre, mentre il tasso di disoccupazione è ai minimi dal 2012. Lei stesso, presidente Draghi - e la ringrazio - ha riconosciuto qualche ora fa qui in Aula che interventi senza precedenti hanno permesso di preservare la forza lavoro in un anno drammatico, il che prova quanto sia stato fondamentale, tra gli altri, il lavoro svolto dal nostro ex ministro Nunzia Catalfo. (Applausi).

E ancora, per le opere pubbliche, il valore dei bandi di gara è aumentato di circa il 10 per cento nel 2020, grazie ai decreti-legge sblocca cantieri e semplificazioni del Governo Conte e questo nonostante il lockdown. Nell'ambito della lotta alla povertà e dell'inclusione sociale, non possiamo dimenticare il successo costituito dal reddito di cittadinanza, che ha permesso a quasi tre milioni di italiani di sottrarsi a un baratro che altrimenti sarebbe stato sicuro. Anche in campo finanziario e fiscale i risultati raggiunti sono importanti, con lo spread in costante e significativo calo, soprattutto durante il secondo Governo Conte.

Per quanto riguarda l'Europa, il Governo presieduto da Giuseppe Conte ha ottenuto risultati indiscutibili, addirittura inimmaginabili fino a qualche mese fa. L'austerity, che la faceva da padrona dal 2008, è su un percorso di progressivo superamento, che confidiamo sia irreversibile. È stato istituito il recovery fund, com'è noto, e per la prima volta è basato su un'emissione di debito comune europeo, con una combinazione di prestiti e contributi a fondo perduto che per la prima volta vede l'Italia come beneficiario netto. Inoltre, abbiamo ottenuto la sospensione del patto di stabilità e crescita e la sospensione delle rigide regole sugli aiuti di Stato, che finalmente ha aperto la strada alla maggiore presenza dello Stato in un'economia in pericolo, in un periodo di pandemia come questo, se lasciata in balia del libero mercato.

Da italiano, mi auguro che riesca a fare a pieno gli interessi dei cittadini, in piena continuità con il Governo Conte e in questo modo a dare ragione ai suoi tanti estimatori che in questi giorni la descrivono con un entusiasmo al limite dell'idolatria. Questi ultimi giorni per noi del MoVimento 5 Stelle sono stati difficili, pieni di tormenti interiori, di lacerazioni, di dubbi, di confronti continui, in ragione delle nostre storie, dei nostri convincimenti, dei principi a cui ci ispiriamo, ma ovviamente tutto ciò è nulla in confronto a quello che stanno passando da quasi un anno tantissimi nostri concittadini, lavoratori, artigiani, imprenditori.

Vede, presidente Draghi, ciascuno di noi è entrato in politica perché era insoddisfatto di come andavano le cose nel Paese e perché guardava con sgomento la distanza siderale tra i bisogni dei cittadini e le decisioni dei Governi.

Volevamo un Paese più giusto, più solidale, più inclusivo, più rispettoso dell'ambiente e dei beni pubblici; un Paese che assicurasse a tutti i cittadini le stesse possibilità di crescita, sociale ed economica, e le medesime opportunità di vivere dignitosamente e di costruire il proprio futuro; un Paese moderno ed efficiente, capace di stimolare l'emersione e la valorizzazione delle migliori energie, capace di far crescere e di premiare i meritevoli, ma, allo stesso modo, strutturato per proteggere e aiutare i più fragili.

Sono stati giorni tormentati. I nostri iscritti si sono espressi e ci hanno chiesto di votare sì, di continuare ad assumere su di noi la responsabilità di governare il Paese in questo momento drammatico. Questo risultato è vincolante per noi parlamentari, al di là dei travagli e delle convinzioni personali.

Io sono convinto che la nostra comunità non ci ha chiesto di dare la fiducia a lei, presidente Draghi, o al Governo che lei presiede. Ci ha chiesto di dare fiducia ai cittadini, le cui vite sono state stravolte dalla pandemia. Ci ha chiesto di dare fiducia al Paese, alla voglia di superare le difficoltà, alla voglia di rinascita, alla voglia di continuare a cambiare in meglio le cose, ogni giorno, passo dopo passo.

I nostri iscritti ci hanno chiesto di continuare ad essere la forza propulsiva del rinnovamento e, al contempo, attenta sentinella per scongiurare spiacevoli ritorni a un passato di austerity, di macelleria sociale e di letterine da Francoforte. Il momento è difficile. Quindi, in bocca al lupo a lei, al Paese e a tutti noi. Viva l'Italia e viva il MoVimento 5 Stelle! (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.

La seduta è sospesa.

(La seduta, sospesa alle ore 19,52, è ripresa alle ore 20,44).

Riprendiamo i nostri lavori.

Avverto che è stata presentata, nei termini stabiliti, ed è in distribuzione, la mozione di fiducia al Governo 1-00320, a firma dei senatori Licheri, Romeo, Bernini, Marcucci, De Petris, Faraone, Fantetti e Unterberger.

Comunico che è in corso la trasmissione diretta televisiva con la Rai.

Ha facoltà di intervenire in replica il presidente del Consiglio dei ministri, professor Draghi.

DRAGHI, presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente del Senato, voglio ribadire quanto consideri cruciale la funzione ed il lavoro del Parlamento nella sfida che stiamo affrontando. In particolare, in relazione al Piano nazionale programma di ripresa e resilienza, più volte evocato nel dibattito parlamentare, ho indicato chiaramente come la governance debba essere incardinata nel Ministero dell'economia e delle finanze, con la strettissima collaborazione dei Ministeri competenti, per definire e attuare politiche e progetti di settore. Confermo che il Parlamento sarà informato in modo adeguato e tempestivo sull'impianto complessivo del programma e sulle relative politiche specifiche di intervento.

Ovviamente sono stati sollevati molti temi nel corso del dibattito di oggi e provo a replicare su alcune questioni puntuali. Spero di affrontare almeno gli interventi che mi hanno colpito di più e certamente mi scuso in anticipo se non dovessi rispondere ad alcune domande.

C'era un punto sull'ambiente e sul concetto di sviluppo sostenibile, che è alla base della giustizia tra generazioni. So che il Senato ne sta discutendo, nella forma di disegni di legge costituzionale, per inserire il concetto nella Costituzione. Il Governo conferma l'impegno ad andare in questa direzione. (Applausi).

C'è un secondo punto sull'ambiente, a proposito dell'impatto ambientale. C'è una legge del 2015, che prevede ci sia una valutazione ex ante ed ex post delle politiche sul capitale naturale. Il Governo conferma il suo impegno su questo punto, che d'altronde è in sintonia, anzi segue le linee guida del PNRR, in accordo con le tematiche del semestre europeo.

Un terzo punto che è stato sollevato riguarda il coinvolgimento delle parti sociali e di alcuni corpi intermedi. In maniera credo abbastanza inusuale, ho voluto incontrare, durante le consultazioni, le parti sociali e alcuni corpi intermedi e quindi confermo l'impegno al loro coinvolgimento nell'attività di Governo. La stessa cosa per quanto riguarda le Regioni: anche in questo caso abbastanza insolitamente, per quel che capisco, durante le consultazioni ho incontrato i rappresentanti delle Regioni, dei Comuni e delle Province e, d'altronde, in molte delle cose che ci siamo detti oggi, il loro coinvolgimento non solo è inevitabile, ma è essenziale: certe cose non si fanno, se non sono discusse con le Regioni. (Applausi).

Sulla cultura, stamattina ho detto che l'Italia è una grande potenza culturale, riconosciuta in tutto il mondo, e anche per questo, durante il G20, daremo grande importanza ai temi della cultura, con un incontro dedicato. Naturalmente, le restrizioni necessarie a contenere la pandemia hanno messo a dura prova musei, cinema, teatri, musica, danza, tutto lo spettacolo dal vivo e ogni arte in generale. La cultura va sostenuta, tutte le attività vanno sostenute; il rischio è di perdere un patrimonio che definisce la nostra identità. La perdita economica è ingente, ma ancor più grande sarebbe la perdita dello spirito.

Molto è stato fatto per assicurare ristori adeguati; serve fare ancora di più, soprattutto occorre rinforzare le tutele dei lavoratori e va colta l'opportunità del Next generation EU per potenziare gli investimenti sul patrimonio culturale, sul capitale umano, sulle nuove tecnologie.

Il ritorno nel più breve tempo possibile alla normalità deve riguardare anche la cultura in tutte le sue forme, perché imprescindibile per la crescita e il benessere del Paese. (Applausi).

Mi scuso per non aver esplicitamente sollevato il problema della migrazione; farò qualche osservazione nel merito. Per quanto riguarda il problema, la risposta più efficace e duratura passa per una piena assunzione di responsabilità sul tema da parte delle istituzioni comunitarie ed europee. È d'altronde uno dei dossier politici più rilevanti a livello europeo quello sulle proposte normative presentate dalla Commissione nel settembre dello scorso anno, nell'ambito del cosiddetto Patto europeo sulla migrazione e l'asilo. Si tratta di nuove proposte che fanno seguito al fallimento dei negoziati, svolti nel periodo 2014-2019, per la riforma del sistema comune europeo di asilo, ma che non sciolgono lo stallo politico che continua a bloccare l'azione dell'Unione europea, specie sulla declinazione del principio di solidarietà. Permane infatti la contrapposizione tra Stati di frontiera esterna, maggiormente esposti ai flussi migratori (Italia, Spagna, Grecia, Malta e in parte Bulgaria) e Stati del Nord ed Est Europa, principalmente preoccupati di evitare i cosiddetti movimenti secondari dei migranti dagli Stati di primo ingresso nel loro territorio.

L'Italia, appoggiata anche da alcuni Paesi mediterranei, come Spagna, Grecia, Cipro e Malta, propone come concreta misura di solidarietà - per segnare la specificità della gestione delle frontiere marittime esterne - un meccanismo obbligatorio di redistribuzione dei migranti pro quota.

Ho fatto un breve accenno alla necessità di legalità e sicurezza su cui costruire il benessere, la ripresa e la crescita nel Mezzogiorno. Anzi, ho detto che senza legalità e sicurezza non ci può essere crescita; è chiaro che ci sono strumenti specifici - ho parlato del credito di imposta - da concordarsi in sede europea, ma, senza riportare legalità e sicurezza, è molto difficile crescere. (Applausi).

C'è, poi, un rischio specifico che corriamo, come è stato detto oggi, proprio in vista della stagione di ricostruzione con i fondi del Next generation EU: quello delle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nell'economia a seguito della crisi di liquidità che sta interessando diversi settori. Questo pericolo viene costantemente seguito dall'Organismo permanente di monitoraggio e analisi, istituito nell'aprile 2020 presso il dipartimento della pubblica sicurezza, a composizione interforze, con l'obiettivo di aggiornare costantemente la mappa delle filiere e delle attività delle mafie, al fine di orientare l'azione di contrasto.

Particolare attenzione viene anche dedicata all'erogazione dei finanziamenti previsti dalla normativa emergenziale a favore delle imprese e dei cittadini in difficoltà in conseguenza della crisi pandemica. I prefetti sono stati sensibilizzati a porre la massima attenzione ai maggiori rischi di inquinamento dell'economia legale connessi al contesto emergenziale di oggi. L'obiettivo è anticipare una risposta strutturata dello Stato in termini di prevenzione e contrasto. Dal monitoraggio effettuato sui seguiti della direttiva è emerso, tra l'altro, che diverse prefetture hanno attivato forme di collaborazione con le camere di commercio e i Comuni per rendere più incisive le verifiche sui cambi societari intervenuti nelle attività economiche maggiormente a rischio di infiltrazioni malavitose, specie gli esercizi commerciali e il settore turistico-alberghiero. (Applausi).

Nello stesso contesto è stato sottoscritto un protocollo d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze e la SACE allo scopo di assicurare la completa funzionalità del sistema di garanzia alle banche che finanziano le imprese, impedendo l'erogazione di qualunque utilità di fonte pubblica a vantaggio degli operatori economici in odore di condizionamento malavitoso. Un analogo protocollo è stato sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze con l'Agenzia delle entrate.

Per quanto riguarda il turismo, stamattina ho accennato al fatto che alcune imprese potranno non riaprire dopo la pandemia, ma una di quelle che certamente riaprirà sarà quella del turismo. (Applausi). Investire nel turismo e sostenerlo non significa quindi buttar via i soldi, in quanto quei soldi torneranno indietro. (Applausi). Dicevo che per un Paese ad alta vocazione turistica come il nostro si tratta di una questione ovviamente essenziale, pertanto vanno messe in campo misure che permettano alle imprese del turismo di non fallire e ai lavoratori di tutelare livelli di reddito. Ovviamente l'uscita dalla pandemia è la migliore forma di sostegno, ma quel che bisogna impedire è che in questo periodo queste imprese falliscano perché poi si perde un capitale che spesso è essenzialmente umano. (Applausi).

Gli interventi di oggi hanno dimostrato la consapevolezza del disastro sanitario, economico, sociale, educativo e culturale. È su questa consapevolezza che questo Governo costruirà nei fatti la sua credibilità.

Vi ringrazio della stima che mi avete dimostrato, ma anch'essa dovrà essere giustificata e validata nei fatti dall'azione del Governo da me presieduto. (Vivi e prolungati applausi).

PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente del Consiglio dei ministri.

Passiamo alla votazione della mozione di fiducia.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, presidente Draghi, lei è stato salutato dalla politica italiana come un messia, un deus ex machina, un salvatore della Patria. In effetti, ancora prima di iniziare a lavorare, solo per il suo nome e la sua reputazione si sono messe in moto tutta una serie di cose: i sovranisti sono diventati europeisti, gli irresponsabili sono diventati responsabili, lo spread è calato al minimo storico e i partner europei hanno salutato la decisione dell'Italia con grande soddisfazione e sostegno. È come se la mano invisibile di Adam Smith questa volta avesse messo ordine alla politica, trasformando il caos in armonia.

Sembra passata un'era dall'inizio della legislatura in cui due forze populiste antieuropeiste fecero nascere il loro Governo; da lì poi si passò a un Governo all'antitesi, il Conte II, e adesso tutti sono uniti in una specie di sintesi hegeliana con una tregua tra nuove e vecchie forze politiche e tra figure tecniche e politiche. Solo le donne nel Governo dei migliori non hanno trovato lo spazio che meriterebbero.

È bene invece che ci sia una certa continuità coi Governi precedenti. Uno dei mali dell'Italia è il fatto che chi arriva deve necessariamente smontare quello che hanno fatto i suoi predecessori. Bene allora aver ringraziato il presidente Conte, ma anche ai ministri Gualtieri ed Amendola deve essere dato atto di essere riusciti a portare a casa il più grande pacchetto di aiuti europeo della storia. (Applausi). Quegli aiuti, nonostante la crisi sanitaria ed economica, ci permettono di guardare con fiducia al futuro.

Grandi sono le aspettative dei cittadini ed enormi i problemi da risolvere: a quelli di sempre (la troppa burocrazia, la giustizia lenta, la scarsa produttività delle imprese, l'economia sommersa), si sono aggiunti quelli scatenati dalla pandemia e, se le riforme non verranno fatte, gli aiuti europei non basteranno per rimettere in piedi l'Italia.

Del suo programma condividiamo appieno la collocazione convinta in Europa e nel Patto atlantico. Il cammino serrato verso una maggiore integrazione fino ad arrivare ad un bilancio comune europeo non può che entusiasmarci. La nostra visione è sempre stata un'Europa delle regioni, dove gli Stati-Nazione perdono la loro importanza. Quello che è mancato, però, è un riferimento alle autonomie speciali e alle minoranze linguistiche, la tutela delle quali appartiene al bagaglio dei valori e dei principi europei. Purtroppo le autonomie non hanno avuto buone esperienze con i Governi tecnici: chiamati per mettere in sicurezza il Paese, non hanno brillato per attenzioni alle autonomie speciali. Ci auguriamo che questa volta vada diversamente e che ci sia una buona collaborazione con il Ministro per gli affari regionali.

Signor Presidente del Consiglio, ha ragione: la transizione ecologica deve essere un tema di carattere strategico per lasciare alle future generazioni un mondo vivibile. Innanzitutto devono essere cancellati i sussidi per attività dannose per l'ambiente e incentivati i comportamenti virtuosi, anche se questo poi non sarà così semplice come abbiamo visto con la plastic tax. Citando Papa Francesco, lei ha detto che le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento. Io lo specificherei ancora, parlando anche del maltrattamento degli animali e della necessità di un nuovo approccio nei loro confronti, non solo perché sono esseri senzienti, ma anche in un'ottica di prevenzione di nuove pandemie.

Bene anche la massima attenzione alla questione di genere per favorirne la rappresentanza nei ruoli apicali, il rientro nel mondo del lavoro e il sollievo dalla responsabilità per tutto il lavoro non retribuito. La metà della famiglia agli uomini e la metà del mondo alle donne deve essere il leitmotiv della politica per le donne. Qui non c'è nulla da doversi inventare: basta copiare dagli altri Paesi europei che ci hanno pensato prima dell'Italia. L'esperienza dei Paesi virtuosi dimostra che ci vogliono in ogni caso azioni positive come le quote, perché solo così si riescono a superare secoli di discriminazione. E non sottovalutiamo la forma femminile nella lingua per le posizioni apicali, perché - come sappiamo - è la lingua che costruisce la realtà.

Presidente Draghi, nel suo discorso di Rimini lei ha citato la preghiera di Reinhold Niebuhr: «...concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscerne la differenza». Ebbene, lei adesso è nella condizione di poter cambiare molto e di sicuro ha dalla sua parte la saggezza e il coraggio. Le serve però anche una squadra di Governo che le consenta di lavorare senza continui litigi, che la smetta di immaginarsi in una campagna elettorale permanente, anche se - come vediamo in questi primi giorni - la tentazione è ancora molto forte. Le auguro allora di riuscire a imporre il suo stile asciutto ed essenziale alla politica italiana, abituata a sprecare le sue energie in grandi maratone retoriche. Apprezziamo il suo invito a parlare solo quando si ha qualcosa da dire. Speriamo che questo Governo conquisti un'anima e non sia una convivenza forzata tra carissimi nemici. La politica forse non si fa solo con i sentimenti, ma di sicuro non si fa con i risentimenti.

Annuncio pertanto il voto favorevole del Gruppo Per le Autonomie. (Applausi).

FANTETTI (Eu-MAIE-CD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FANTETTI (Eu-MAIE-CD). Signor Presidente, colleghi, illustre professor Draghi, intervengo per la prima volta in questa Assemblea come Presidente del neonato Gruppo Europeisti-MAIE-Centro Democratico e sono lieto di confermarle subito e ufficialmente quanto già espresso dalle nostre delegazioni nel corso delle consultazioni circa la fiducia al suo Governo sulla base della precipua ispirazione europeista: non dunque sulla base di quanto le si dice oggi da più parti, ma - per quanto ci riguarda - sulla base di tutto quanto già detto fino a oggi.

Circa quaranta anni fa io e altri colleghi del Gruppo già partecipavamo con sincera passione alle attività del Movimento federalista di Altiero Spinelli, protestando a Bruxelles contro il gap democratico delle istituzioni europee o a Strasburgo per la mancanza di suffragio universale diretto del Parlamento. Ebbene, nelle nostre vite professionali al di fuori dei palazzi, soprattutto come imprenditori, professionisti e docenti (sono le professioni dei membri di questo Gruppo), e nell'attività politica che infine ci ha portato in Parlamento, noi non abbiamo mai smesso di essere europeisti, spesso critici, ma sempre ben coscienti della premialità di questa scelta. Ancora qualche settimana fa, in questa Aula, intervenivamo spiegando a numerosi colleghi intellettualmente scettici sul tema che - tanto per fare un esempio - senza la BCE non ci sarebbero stati né i decreti ristori, né il reddito di cittadinanza, né la sostanziale tenuta dei conti dello Stato italiano.

Ecco perché, di fronte al cittadino italiano che ha così magistralmente diretto quella istituzione, quella componente della costruzione federalista europea, e ha salvato il valore e la denominazione della moneta che i cittadini dell'eurozona hanno in tasca, non possiamo che ribadire la nostra gratitudine e fiducia, pur non senza denunciare e condividere pubblicamente alcune delle difficili sfide che la attendono. Immaginiamo che lei abbia scelto proprio la giornata del mercoledì delle ceneri per essere qui, cosciente di queste sfide e dell'atteggiamento di umiltà che le viene richiesto.

Presidente, colleghi, l'Europa per noi non è una scelta emozionale o fideistica, bensì l'opzione più razionale e opportuna che sia la nostra geografia, sia la nostra storia ci dettano. Basta un semplice ripasso, anche della sola storia contemporanea, per capirlo. Gli esiti tragici, sotto ogni punto di vista, delle politiche sovraniste e ipernazionaliste di alcuni movimenti politici devono sempre essere ribaditi. E a chi finge di ignorarli suggerisco in questa Aula di alzare la testa e di rileggere la targa posta sopra la Presidenza.

Ricordiamoci piuttosto che nell'Unione europea il nostro Paese trova l'orizzonte politico e l'alveo istituzionale e normativo che ne garantiscono l'ancoraggio ai valori della pace, della democrazia, dello Stato di diritto, delle libertà fondamentali nonché un protagonismo internazionale più incisivo.

A settant'anni dai Trattati di Roma, in un momento in cui l'Unione europea, in concomitanza con una delle fasi più difficili per la storia comune, determinata dall'emergenza pandemica e dalle sue ricadute economiche e sociali, ha scelto la lungimirante strada della solidarietà, sentiamo ancora di più l'urgenza che a questa svolta storica corrisponda il nostro impegno politico chiaro a favore del progetto europeo. Ecco perché noi del Gruppo Europeisti siamo convinti che le dinamiche tra la dimensione statuale e quella sovranazionale europea siano un argomento di cui la politica si deve riappropriare. Al posto di un europeismo facile, vogliamo dare sostanza politica a un modello che passi per la consapevolezza che nulla in Europa viene fatto senza l'impegno e anche le rinunce di ogni Stato membro.

È grazie a quelle rinunce che si rafforza un discorso comune, che va dalla provvista comune sui mercati di capitali, strappata agli amici tedeschi nonostante i loro falchi della precedente ortodossia finanziaria, al rispetto della ripartizione democratica dei poteri dello Stato, sollecitata agli amici un po' immemori di Polonia e Ungheria; dal riconoscimento dei diritti dei migranti, condiviso da tutti gli europei della sponda Sud del Mediterraneo (gli amici di Malta, Cipro, Grecia, Francia e Spagna che interagiscono con la nostra sponda, vitale nel Mediterraneo), con la quale bisogna rilanciare la cooperazione, fino all'imposizione di un'equa tassazione delle imprese e al controllo effettivo dei beni che entrano nello spazio doganale comune, da esigere anche negli uffici professionali e nei porti degli amici olandesi; dalla lotta all'evasione fiscale al contrasto delle truffe sui finanziamenti europei in Italia.

Signor Presidente, colleghi, sulla spinta autorevolissima del presidente Mattarella, la crisi politica in Italia ha richiamato all'impegno tutte quelle forze politiche che si riconoscono nei principi ispiratori di un'Europa più integrata e vicina ai cittadini. Noi ci auguriamo che tutte queste forze politiche siano ora sincere e in futuro coerenti con questo approccio, perché riteniamo che l'europeismo debba diventare una bussola per orientare le azioni di Governo, in continuità con quello del professor Conte, e per compiere le scelte cruciali per il futuro del nostro Paese. Un europeismo solo formale e dettato dall'opportunismo politico non darebbe e non darà all'Italia le soluzioni di cui ha bisogno, ma si risolverebbe in una semplice copertura per divergenze e fratture tra le principali forze politiche.

Con il nuovo quadro finanziario pluriennale e con il PNRR, l'Unione europea ha puntato 1.800 miliardi sulla ripresa, a cui si sommano i fondi Sure e BEI, per un totale di oltre 2.400 miliardi di stimolo; una manovra eccezionale nella quale moltissimo è stato puntato proprio sull'Italia.

Pensiamo e dobbiamo quindi affermare che mai come ora il successo o il fallimento di un Paese è così fondamentale per il successo del progetto europeo. Anche solo dal punto di vista quantitativo, l'Italia è destinata a fare la differenza, ma il successo sarà misurato non solo con l'uscita dalla crisi e la ripresa economica, ma anche attraverso la realizzazione del "momento hamiltoniano", se vogliamo considerare acquisibile una vera e propria mutualizzazione del debito, o perlomeno un "momento deloriano" che stiamo vivendo e che potrà produrre una vera unione fiscale e, conseguentemente, quella compiutamente politica dell'Unione europea.

È ora, dunque, che serve uscire dalla dimensione declaratoria, da una visione che fa dell'Europa una matrigna severa o un benefattore distante, a seconda delle circostanze. Se falliremo noi, fallirà il progetto di Unione europea perché nessuno punterà ancora soldi, anche propri, su questo percorso. In questo servono - come lei da economista ci insegna - chiarezza di analisi di problemi attraverso una loro visione di insieme e, soprattutto, risposte univoche su come gestirli, permettendo agli individui e alle imprese di anticipare tali scelte adottando i comportamenti più opportuni in relazione alle proprie esigenze.

L'obiettivo sanitario è ben chiaro e a gran voce è stato prioritariamente professato da tutti i componenti del nostro Gruppo, sia oggi nelle dichiarazioni pubbliche in discussione generale che in quelle riservate nelle precedenti consultazioni. Noi vogliamo un cambio di passo organizzativo per vincere la pandemia e al riguardo siamo molto confortati dal programma che lei ha esposto.

L'obiettivo economico-sociale che il Governo deve realizzare in modo concomitante è presto detto: una crescita annua del PIL di almeno il 2,5 per cento, cioè superiore al costo medio del debito per consentire di ridurlo e assicurare alle prossime generazioni, la next generation, livelli di benessere uguali o superiori a quelli che l'ingegno e i sacrifici dei nostri predecessori hanno garantito a noi.

Come detto, noi non siamo troppo grandi per fallire, ma abbastanza grandi per far fallire tutti. Presidente Draghi, in pochi anni in Europa si è passati dal suo whatever it takes, dell'espansione monetaria per superare la crisi finanziaria, al whatever it costs, a prescindere cioè da quanto costa, dell'eccezionale stimolo fiscale necessario per superare la crisi pandemica. Ciò ha comportato un salto senza precedenti di 23 punti di PIL, ma era inevitabile. Altrettanto però si può immaginare un ritorno prima o poi alla normalità con una crescita della pressione inflazionistica nell'eurozona che, se il suo Governo non avrà realizzato le riforme difficili, ma necessarie nella pubblica amministrazione, nel fisco, nella giustizia e nella transizione digitale per far ripartire il Paese, potranno essere disastrose e probabilmente irrecuperabili.

Organizzeremo a breve, nel corso della prossima settimana, come Gruppo degli Europeisti, una prima conferenza sulla Nuova Europa; è un esercizio che come federalisti riteniamo fondamentale. Riteniamo fondamentale che siano coinvolti i Parlamenti nazionali e noi federalisti puntiamo a un rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo e al passaggio dall'attuale voto di unanimità a quello di maggioranza semplice in seno al Consiglio... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).

PRESIDENTE. Senatore Fantetti, la Presidenza l'autorizza a consegnare la restante parte del suo intervento da allegare al resoconto della seduta odierna.

BELLANOVA (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BELLANOVA (IV-PSI). Signor Presidente, colleghe e colleghi, signor Presidente del Consiglio, abbiamo ascoltato con molta attenzione le sue parole riscoprendo il gusto che la sobrietà e la precisione fin nei dettagli garantiscono e quelle parole, una per una, restituiscono e comprovano - e di questo ne siamo grati - la ragione della nostra scelta e del nostro coraggio.

Oggi qui, in quest'Aula, crediamo siano finalmente evidenti a tutti i motivi per cui un drappello di visionari riformisti ha avuto ragione indicando nei rischi dell'immobilismo e dell'assistenzialismo tutti i limiti di un Esecutivo che aveva affidato all'emergenza la sua principale, se non unica, ragione di esistenza.

Condividiamo pienamente, con un filo di orgoglio, quei richiami allo spirito repubblicano e all'interesse nazionale: è quello che ci ha animati. Un mese fa avevamo raccomandato i nostri colleghi a ravvisare le ragioni di quella nostra scelta non nella rappresentazione caricaturale di un duello, ma nel confronto tra un Paese che non può rinunciare al necessario riformismo che lo riporti all'altezza delle sue migliori energie per rilanciare il ruolo europeo e internazionale e un Paese residuale, cui rimane solo la speranza di essere troppo grande per fallire.

Avevamo detto - e lo ribadiamo - che la differenza tra riformismo, crescita e assistenzialismo è tutta qui e che prioritario, ben prima del destino delle singole forze politiche, fosse servire l'interesse pubblico perché è qui, inevitabilmente, la chiave che apre al futuro; quel futuro che il suo programma, signor Presidente, inaugura con un impianto dove ritroviamo molte delle nostre parole d'ordine e di quanto ha orientato nei mesi passati il nostro impegno.

Al programma che lei indica saranno necessarie scelte quotidiane, difficili, ambiziose, complesse e coraggiose. Ognuna dei Ministri sarà chiamato a interpretare il suo programma e renderlo cosa reale, sarà impegnato ogni giorno a scegliere e decidere tra la soluzione più facile, spesso però meno innovativa e ambiziosa, e quella più complessa e difficile, ma anche decisiva e virtuosa.

La costruzione del futuro, la qualità e la lungimiranza delle politiche: è su questo che si misurerà ogni scelta, atto, riforma e provvedimento. Di queste qualità e lungimiranza lei, presidente Draghi, sarà - ne siamo convinti -garante e custode. Ecco perché non ci appassiona la domanda, che per giorni ha presidiato le discussioni fuori e dentro le stanze istituzionali, se il suo sarebbe stato un Governo tecnico o politico. Fin dall'inizio abbiamo detto che la domanda era mal posta e il suo intervento lo dimostra con grande nettezza.

Sfido chiunque a non rintracciare un impianto eminentemente politico nel suo intervento. Se dunque non credo che un esponente di Italia Viva debba pronunciare molte parole per dire del pieno consenso a quanto ascoltato, qualche parola va piuttosto spesa sui tratti della maggioranza che sosterrà questo Governo. Definirla eterogenea non è azzardato: è una constatazione che in questa compagine si trovino sensibilità e identità differenti. Resta la questione se questa eterogeneità sia un punto di forza o un indice di debolezza. Dipende da tutti noi essere all'altezza della sfida che lei ha indicato. Sia chiaro: non è un richiamo rituale all'unità, ma è un appello alla qualità della dialettica politica. Servono il lavoro duro e rigoroso, che costruisce risposte; l'arte di trovare il punto di mediazione più avanzato; la ricerca ostinata della sintesi migliore. Qualità della decisione e coraggio della visione dovranno caratterizzare ogni scelta fino in fondo, a maggior ragione se si tratta di problemi ardui come il dover assumere decisioni che impattano sulla vita concreta dei cittadini.

Condivisibile il suo richiamo a una informazione tempestiva e puntuale, come quello al dovere di continuare a fronteggiare la pandemia, ad iniziare dall'urgenza del piano vaccinale, avviando al tempo stesso tutto quanto necessario a riparare i danni ingenti, con una fase di crescita e di sviluppo.

Ne ha fatto cenno anche lei: in questi giorni si sono moltiplicate le considerazioni sull'inconcludenza di un ceto politico che, sull'onda dell'emergenza, è costretto a ricorrere a coloro che vengono definiti i tecnici. Io, più che tecnici, sui banchi del Governo vedo persone di differenti esperienze e consolidati saperi, ben consapevoli del compito politico che siamo chiamati ad assolvere. A questo Parlamento, a tutte le sensibilità presenti spetta il compito di contribuire fattivamente all'enorme mole di lavoro implicato, smentendo nei fatti l'immagine di rissosa compagine, spesso votata all'inefficacia e costretta, purtroppo, a mediazioni al ribasso o a baratti, anche in segno di resa alle conflittualità interne alle singole forze. Il primato della politica passa anche da qui.

Lei lo ha detto con precisione: la pandemia non è piovuta su un Paese in buona salute, perché scontiamo non poche patologie pregresse. Lavoro, politiche attive, presenza delle donne nel mercato del lavoro, investimenti produttivi, sblocco dei cantieri, formazione orientata, centralità delle nuove generazioni, rinnovata capacità del Mezzogiorno e delle sue classi dirigenti nell'essere forza motrice del rilancio, legalità come driver ineludibile dello sviluppo territoriale, adeguamento della pubblica amministrazione, riduzione dei divari sociali e territoriali, sostenibilità come condizione caratterizzante: sono questi - conveniamo - alcuni dei temi che si sfideranno fin da adesso.

Quando terminerà il blocco dei licenziamenti, non potremo essere ancora sguarniti di strumenti. La flessione massiccia e drammatica di occupazione femminile già ci obbliga a risposte concrete e impegnative. La riforma degli ammortizzatori sociali è tema non eludibile e andrà definito come innovare gli strumenti a disposizione e definirne di nuovi e con determinazione dobbiamo saper rimediare al ritardo formativo che inevitabilmente si è riversato sulle giovani generazioni, soprattutto nei segmenti più fragili.

Se è indiscutibile che la permanenza nell'euro non è reversibile, è vero che, per lasciare in eredità una buona moneta e un buon pianeta, per fare meno debito cattivo possibile, ognuno dei tasselli indicati dovrà incastrarsi perfettamente in una strategia che allinei tutti noi nella necessità di prevenire piuttosto che riparare, anche correggendo - come è necessario - con tutta evidenza l'impianto del recovery. In questo, la capacità di visione sarà l'elemento fondamentale per capire bene cosa e come proteggere, cosa e come sostenere nella trasformazione. Su questo la ringraziamo per la nettezza delle sue parole. Era quella visione che noi reclamavamo prima ed è una visione la sua che, dopo averla ascoltata, ha reso chiaro come ella saprà orientare l'azione politica.

Apprezziamo la responsabilità di indicare, non solo alle nuove generazioni, la direzione entro cui il nostro Paese si muoverà, gli snodi su cui orientare la crescita e gli investimenti, garantendo a tutti gli investitori, italiani e stranieri, certezza del diritto e sostenibilità dei tempi.

Su questo punto - inutile dirlo - innovazione, semplificazione e sburocratizzazione non sono più rinviabili. È questa l'urgenza del riformismo che abbiamo a cuore e dobbiamo avere la consapevolezza che va costruita un'alternativa - per dirlo con le parole di Italo Calvino - a questo inferno quotidiano nel quale, alla drammatica conta dei morti e degli ammalati, si intrecciano danni gravissimi, umani, culturali, sociali ed economici.

Voglio essere chiara, perché questa è la cifra che ci caratterizza e l'ambizione che ci nutre. Riformismo è una parola spesso abusata e, ancor più spesso, mal utilizzata. Il riformismo che fallisce è quello ideologico e risentito; il riformismo che amiamo è quello che mette al centro della politica la realtà e il suo cambiamento, nell'interesse delle persone e dei territori; un processo riformatore capace di sconfiggere i suoi tradizionali nemici, che si annidano dovunque. I vasti settori economici, politici e sociali, a destra come a sinistra, con la forza della proposta e della dialettica politica: una vera prova di maturità cui sono chiamate tutte le forze politiche e tutte le classi dirigenti di questo Paese.

Se questo può fare paura, perché rischia di azzerare rendite di posizione, antiche e recenti, il guadagno è infinitamente maggiore: la capacità di agire oggi per fare largo al futuro; quel futuro che va costruito, tassello dopo tassello, e che ci porta a dire che il riformismo è e deve essere l'antagonista, non solo lessicale, del cinismo. Sì, il cinismo: il peggiore nemico delle generazioni future che attendono da noi responsabilità delle scelte e generosità delle decisioni; il peggior nemico di chi, proprio a causa della pandemia, sta pagando i prezzi più alti.

Per noi potere è un verbo: poter decidere e poter fare. Per questo, proprio come scrive Calvino... (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. Senatrice Bellanova, la Presidenza l'autorizza ad allegare la restante parte del suo intervento.

CIRIANI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIRIANI (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, presidente Draghi, il Gruppo Fratelli d'Italia non voterà la fiducia a questo Governo. E non la voterà, in maniera ancor più convinta, dopo aver ascoltato la sua relazione e la sua replica, che noi consideriamo molto vaghe, molto generiche, addirittura sfuggenti.

Noi le abbiamo segnalato una serie di argomenti, per noi importanti, nel corso delle consultazioni, ma non abbiamo ricevuto una sola risposta nel merito: niente sul tema dell'immigrazione; niente sul tema della sicurezza; niente sul tema della giustizia; nessun riferimento alla web tax; nulla su cosa sarà del reddito di cittadinanza, che costa 8 miliardi di euro; su cosa faremo per le assunzioni, visto che un decreto dignità paralizza e ingessa il mondo del lavoro; nulla sul tema drammatico dei ristori alle imprese.

Presidente Draghi, la nostra non è una scelta per ripicca o per spirito di contraddizione o - come qualcuno ha detto scioccamente - per scegliere la strada più facile. È vero esattamente il contrario: noi scegliamo la strada più difficile, tanto è vero che la percorriamo da soli o quasi. (Applausi).

La strada che abbiamo scelto, presidente Draghi, è la strada della coerenza: della coerenza verso noi stessi, innanzitutto, e della coerenza nei confronti degli elettori. Lei probabilmente non lo sa, presidente Draghi, ma circa 3 anni fa noi, come adesso, abbiamo sottoscritto un patto con i nostri elettori, con i cittadini. In quel patto c'era scritto che noi ci saremmo impegnati a creare un'alternativa di centrodestra. Quindi, mai al Governo con il Partito Democratico, mai con il MoVimento 5 Stelle. (Applausi).

Glielo voglio ricordare anche in riferimento ad alcuni passaggi del suo intervento, che ho qui con me, in cui lei cita lo spirito repubblicano e i valori migliori dell'Italia. Noi crediamo che lo spirito repubblicano e i valori migliori di questo Paese si costruiscano innanzitutto dicendo e ribadendo in quest'Aula che nella vita, come in politica, le promesse si mantengono e la parola data va onorata sempre, costi quel che costi. (Applausi).

Noi non pretendiamo che gli avversari ci applaudano per questa nostra decisione. Non chiediamo il consenso di nessuno: ognuno fa le sue scelte e tutte sono scelte legittime. Crediamo, però, di esserci meritato il rispetto. In un panorama politico in cui i partiti e i leader dicono lunedì una cosa, martedì un'altra cosa, mercoledì una cosa ancora diversa e così via per tutti i giorni, esistono un partito e una leader che semplicemente tengono il punto: non si vendono e non si fanno comprare. (Applausi). Non mercanteggiano con nessuno: non ricattano nessuno, semplicemente agiscono e lavorano alla luce del sole, come siamo abituati a fare.

Noi siamo la destra di Governo. Siamo orgogliosamente forza di Governo in molte Regioni e in tantissimi Comuni. Lo siamo in Europa dove siamo inseriti nel Gruppo dei conservatori europei e la nostra leader ne è anche il presidente. Ma noi non siamo destra di Governo con qualsiasi Governo e a qualsiasi costo. Noi siamo veramente convinti che governare con gruppi e con persone che hanno idee non solo diverse, ma opposte alle nostre sia non solo un tradimento della coerenza, ma anche sbagliato, inutile e alla fine dannoso per il Paese. (Applausi).

La richiesta era e rimane quella di elezioni subito. Non mi si venga a dire che chiedere le elezioni è un gesto di irresponsabilità, perché in democrazia restituire la parola ai cittadini non è mai sbagliato. Adesso noi avremmo un Governo forte e coeso, auspicabilmente per noi di centrodestra, ma con la differenza che quel Governo sarebbe stato votato e scelto dai cittadini. (Applausi).

C'è qualcuno, soprattutto tra i banchi del centrosinistra, che dà sempre lezioni di democrazia, che pensa che l'appello alla responsabilità voglia dire un Parlamento senza opposizioni, senza voci libere, critiche e di dissenso? Ho ascoltato con queste orecchie nell'estate del 2019 e nel dicembre scorso i parlamentari della sinistra gridare di fare attenzione ai pieni poteri sia che si trattasse di Salvini, sia che si trattasse di Conte. Adesso, invece, non c'è nessuno che si preoccupa per un Parlamento composto soltanto da mille signorsì. (Applausi).

Ci prendiamo l'incarico gravoso di rappresentare l'opposizione in questo Paese, che è importante quanto chi governa.

Poi ci sono gli intelligentoni che ci spiegano ogni giorno sui giornali e in televisione che questa è la politica e che la politica è l'arte del possibile. Certo, è l'arte del possibile, ma non dell'impossibile perché nemmeno la politica può trasformare gli opposti in uguali. E noi, presidente Draghi, ne abbiamo avuto la dimostrazione in questa legislatura prima con il tentativo contro natura di un'alleanza giallo-verde, finita male, e poi con l'alleanza giallo-rossa, finita anche peggio, ovvero con la vergogna del Senato trasformato in un mercato. (Applausi).

Adesso ci volete spiegare che la somma di questi fallimenti rappresenta un'alternativa credibile per questo Paese? Poi ci spiegate anche che questo è un Governo tecnico e istituzionale o di altra natura. La verità che conosciamo tutti è che esistono soltanto Governi politici e anche questo lo è, come tutti gli altri. È talmente politico che abbiamo visto le discussioni tra i partiti per indicare i Ministri; abbiamo visto un nuovo Governo composto da così tante facce vecchie e in continuità con il Conte II da assomigliare a un Conte III. In più, in questo Governo il PD e la sinistra nel suo complesso dettano le regole, detengono le chiavi di questa maggioranza e controllano direttamente o indirettamente sei Ministeri importantissimi di spesa. È talmente vero che questa è stata una scelta politica. E, se avete un minimo di onestà intellettuale, dovreste confessare che l'entusiasmo generale che si viveva qualche settimana fa rispetto a un Draghi che formava il Governo dei migliori con il dream team si è trasformato velocemente in cocente delusione.

Ma si dice anche che adesso si tratta di essere seri, di essere responsabili e che noi non possiamo sottrarci, perché c'è da salvare l'Italia. Ma, scusate: voi volete salvare l'Italia con coloro che l'hanno affossata? Con coloro che l'hanno portata sul baratro? (Applausi). Con coloro che hanno speso 150 miliardi di euro e ancora non sono riusciti a ristorare intere filiere produttive?

Presidente Draghi, mi lasci fare una considerazione che sembra provocatoria, ma non lo è: mi aspettavo che in un'ora di intervento trovasse almeno trenta secondi per ricordare la disperazione degli imprenditori della montagna, che sono in ginocchio e non vedono una lira da un anno. (Applausi). Voi avete detto loro di aprire, con regole molto severe, e poi, a quattro ore dalla riapertura degli impianti di risalita, avete detto che state scherzando. Volevo sentire da lei e dal suo Governo parole chiare, perché qui non si tratta più di ristori: qui si tratta di indennizzare dei danni che voi avete provocato a queste categorie economiche che rimangono - ripeto - nella disperazione e pare anche nel disinteresse del Governo.

Ho quasi finito il mio tempo, Presidente, e mi devo avviare alla fine del mio intervento. Voglio solo dire che, tra le tante cose che non condivido, c'è la gestione della sanità e voglio fare io un appello a lei bipartisan: è possibile che su 60 milioni di italiani non ci sia uno migliore dell'ineffabile commissario Arcuri (Applausi), l'inventore dei padiglioni primula, il massimo esperto in spreco di denaro pubblico, quello che si occupa di tutto sbagliando tutto?

In conclusione, noi saremo su sponde diverse e cercheremo da sponde diverse comunque di aiutare il nostro Paese. Non saremo un'opposizione servile e avremo la schiena dritta. Saremo un'opposizione patriottica, senza pregiudizi e - mi creda - del tutto disinteressata. Per molte ragioni, molte delle quali non ho avuto il tempo di illustrare, saremo convintamente all'opposizione del suo Governo, ma non saremo mai all'opposizione degli interessi dell'Italia. (Applausi).

DE PETRIS (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE PETRIS (Misto-LeU). Signor Presidente, colleghi senatori, il presidente Draghi, nella sua comunicazione programmatica, ha giustamente e opportunamente chiarito che questo non è un Governo di coalizione e che quella che si sta formando adesso non è certamente una maggioranza di coalizione. È un Governo del Paese, è un Governo d'emergenza, sostenuto da forze che restano tra loro molto diverse e che mantengono la loro identità e progetti certamente diversi anche per il Paese.

La nostra scelta di entrare a far parte di questa maggioranza e di sostenere il suo Governo non è stata facile, Presidente, e voglio qui dare atto che bisogna rispettare tutte le sofferenze, le difficoltà e le discussioni che ognuno di noi ha dovuto affrontare. Bisogna rispettarle in tutti i Gruppi. Perché fondamentalmente abbiamo fatto una tale scelta con sofferenza? Vede, presidente Draghi, questo Governo che tra poco riceverà la fiducia si forma dopo una bruschissima e immotivata interruzione del Governo Conte. (Applausi).

Vorrei ricordare qui - e non è per piaggeria - che il Governo Conte ha fatto non solo cose importanti, ma si è trovato anche ad affrontare una situazione inaspettata come la pandemia e ha cercato in tutti i modi di rispondere a quelle che erano le emergenze e le esigenze del Paese. È stata immotivata, perché vorrei ricordare a qualcuno che di fatto si è interrotto il nostro lavoro per due mesi e mezzo, due mesi e mezzo che erano fondamentali e importanti per sostenere il Paese. (Applausi).

Vorrei ricordare che, se siamo tutti qui a discutere del Piano nazionale di ripresa e resilienza, su cui il Parlamento, in tutte le nuove conformazioni, sarà centrale, è perché quel Governo ha fatto valere il peso e la forza dell'Italia per i 209 miliardi di euro ed è stato determinante. (Applausi). Se oggi lei e tutti noi possiamo essere qui a dire che questo è un Governo fortemente europeista e che l'Europa è diventata molto diversa, perché in Europa abbiamo messo i nostri problemi in comune e vogliamo trovare una soluzione comune e di solidarietà, è perché il Governo Conte ha fatto quello che sembrava impensabile qualche tempo fa. Non lo dico soltanto per rivendicare: nessuno può dimenticare tutti questi passaggi, perché ci servono e sono fondamentali.

Quindi abbiamo preso la decisione di sostenerla e di votare la fiducia non solo per senso di responsabilità e perché abbiamo risposto all'appello drammatico del Presidente della Repubblica, che non poteva rimanere inascoltato, ma anche per affrontare con questa maggioranza enorme la sfida per il cambiamento con le nostre idee, per l'Italia che vogliamo costruire. Non cambiamo idea, ma pensiamo davvero che l'uscita dalla pandemia, che ci sta ancora assediando, che ha cambiato tante cose e ha creato tantissime sofferenze, che sono ancora sotto i nostri occhi, possa essere anche un'opportunità. Signor presidente Draghi, lei giustamente ha detto che non si riaccende la luce e tutto tornerà come prima. Non deve tornare tutto come prima! (Applausi). Questo è il motivo per cui abbiamo scelto di sostenere il Governo.

Signor Presidente, mi lasci dire, e non per piaggeria, che lei ha colto il nesso esistente tra la pandemia e l'aggressione che, con i nostri modelli di sviluppo e il nostro modo di vivere, abbiamo inferto agli ecosistemi. Il problema è causato non dalla megalopoli, ma dal modo in cui abbiamo aggredito la natura e gli ecosistemi. Questo è un nesso che non dobbiamo dimenticare e la sfida per la transizione ecologica, signor Presidente, non è soltanto tecnologica, ma è la sfida per tutelare gli ecosistemi e per conservarli. Ho sentito parlare di Governo di riconciliazione, ma la prima riconciliazione che dobbiamo realizzare è con la natura e il creato. (Applausi).

Siamo dunque di fronte ad una grande opportunità, perché da questa sfida potremo uscire davvero in modo diverso, riconvertire i nostri sistemi produttivi, e dobbiamo riconvertire i nostri stili di vita, a proposito di sobrietà. Questa parola la userei in questo senso, perché dobbiamo cambiare gli stili di vita e la sobrietà deve essere il punto di vista con cui ci approcciamo. La sfida per la transizione verde è una sfida complessiva.

Signor Presidente, lei ha citato Papa Francesco. La citazione di Papa Francesco è giusta e la faccio mia, ma quello che ci insegna il Pontefice è l'ecologia integrale, che significa ripensare il nostro modo di vita. La sfida, per l'appunto, non è solo tecnologica, ma è anche quella di tutelare, di saper riconvertire i sistemi produttivi e i nostri consumi, di cambiare modo di essere e di investire sulle nostre città. È l'opportunità dell'innovazione, di creare posti di lavoro di qualità. È il patto con i nostri figli, con le future generazioni. Non possiamo lasciare loro un mondo dove si rischia che non ci sia più vita; perché il pianeta si salverà, ma non si salverà la vita sul pianeta, non si salveranno le specie viventi se non faremo della lotta ai cambiamenti climatici una guida del suo Governo, presidente Draghi.

È una sfida che deve essere accompagnata, perché è evidente che la transizione deve essere giusta, e quando parlo di transizione giusta significa, anche in questo caso, che nella sfida della riconversione nessuno deve essere lasciato solo. Bisogna accompagnare, sollecitare, fare in modo che si possa uscire, con cosa? Con la possibilità di una società più giusta. Questa parola per me è sacra, perché l'attuale pandemia ha messo in evidenza le disuguaglianze che già avevamo: di genere, territoriali, sociali. Pertanto, la sfida che dobbiamo affrontare oggi è prendere di petto le disuguaglianze. Non c'è alcuna possibilità di futuro se non lo facciamo, se questo non diventa l'ossessione, la guida del nostro agire. Sarà semplice? Non credo.

Presidente Draghi, la mia è una formazione ecologista-ambientalista; trent'anni fa tutti ci prendevano in giro quando dicevamo quello che avrebbe potuto accaderci; ci prendevano in giro tutti, pensavano fossimo Cassandre. Oggi è il cuore del Next generation EU; questo è il cuore, e a questo dobbiamo legare le infrastrutture sociali, il nuovo lavoro di qualità. E la dignità del lavoro va di pari passo con la riconversione perché è quello il modello su cui dobbiamo puntare: un nuovo modello di sviluppo, una nuova umanità, un nuovo rapporto tra gli esseri umani e il resto del creato. Questo è ciò che dobbiamo fare ossessivamente; non è questione di tecnocrati o di tecnologia, è una questione di visione politica che deve saper guidare. È qui che si prenderanno le scelte politiche - concludo - e su queste scelte politiche, su questa sfida, sulla sfida della sanità, servizio sanitario universale pubblico.... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).

MARCUCCI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCUCCI (PD). Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, autorevoli rappresentanti del Governo, gentili colleghi, voglio partire dall'ultimo passaggio del suo intervento, signor Presidente: oggi l'unità non è un'opzione, è un dovere, un dovere guidato da ciò che ci unisce tutti: l'amore per l'Italia. Non vi era modo migliore per cominciare questa avventura di Governo, nell'interesse del nostro Paese e della nostra comunità nazionale.

La messa in sicurezza dell'Italia è ciò che ci impone quell'unità, quella visione diversa della politica, della cosa pubblica, quell'assunzione di responsabilità collettiva di tutti noi parlamentari, del Paese intero, della nostra collettività; la lotta alla pandemia, una marcia diversa, più decisa sul piano delle vaccinazioni, la capacità di interpretare correttamente e di attuare il recovery fund improntato a un atteggiamento fortemente ambientalista.

Voglio sottolineare le sue parole, il suo ragionamento, la sua impostazione.

Veniamo da un'esperienza di Governo - quella recente - che abbiamo sostenuto correttamente, fino in fondo; un Governo che ha ottenuto risultati importanti.

Se oggi parliamo di 209 miliardi è grazie all'attività di quel Governo. È grazie al fatto che quel Governo e tutte le forze politiche che ne hanno fatto parte hanno permesso all'Italia di rialzare la testa in Europa e creato le condizioni affinché questi fondi arrivassero a nostro supporto e beneficio. (Applausi).

Abbiamo anche apprezzato molto il quadro internazionale nel quale lei ci ha giustamente collocato: dall'irreversibilità dell'euro a una linea tendenziale verso un bilancio comune dell'Unione europea, al vincolo al Patto Atlantico come linea di comportamento sempre, senza se e senza ma. È una cornice che non può e non potrà mai essere messa in discussione con questo Governo e questa maggioranza.

Questa missione può arrivare a un traguardo positivo e avere i risultati sperati. Abbiamo bisogno di alcune qualità: la conoscenza, quindi la competenza della squadra di Governo, che mi sembra sia garantita dalle scelte che lei, signor Presidente, ha fatto; il coraggio di affrontare una traversata complicata che non permette errori e ci deve portare necessariamente a un risultato positivo; l'umiltà semplice, che può apparire anche banale, di metterci tutti a disposizione del nostro Paese. (Applausi).

Oggi significherebbe probabilmente fallire non essere pronti a questo sforzo, così come non rispondere all'alto appello fatto dal Presidente della Repubblica in quelle ore così difficili per il nostro Paese. Lei l'ha chiamato un Governo per il Paese e mi sembra un modo appropriato di definirlo. Tutti siamo chiamati semplicemente a fare il nostro dovere di rispettare, supportare e aiutare la nostra comunità nazionale che viene da un periodo molto complesso a causa della crisi sanitaria ed economica.

Ormai è drammatica l'abitudine di ascoltare i numeri in televisione relativi alle centinaia di vittime di questa pandemia. Ogni vittima è un dolore per la famiglia e la comunità, nonché una sconfitta per tutti noi. Abbiamo il dovere di fare bene e presto. Ogni posto di lavoro perso è una sconfitta per noi tutti; ogni azienda e piccola partita IVA che fa impresa (e quindi crea lavoro e distribuisce ricchezza) è un patrimonio che noi oggi abbiamo il dovere di difendere.

È per questo che le chiediamo anzitutto che il suo Governo adotti in tempi rapidissimi un atto esecutivo per distribuire l'importante patrimonio che la precedente maggioranza ha messo a disposizione del Paese, cioè quei 32-33 miliardi di euro per i ristori che forse non saranno sufficienti, ma che immediatamente vanno messi a disposizione dei lavoratori che stanno perdendo il loro posto di lavoro e delle imprese turistiche, commerciali, industriali e artigianali che oggi sono in difficoltà e hanno bisogno di essere aiutate. (Applausi). Abbiamo il dovere di aiutarle e salvarle, tenendo questa colonna vertebrale del Paese a disposizione del rilancio e dello sviluppo che ci auguriamo arriverà presto.

Lei, presidente Draghi, ha parlato anche di sobrietà rivolgendosi ai suoi Ministri e a tutta la compagine governativa. Mi permetto di allargare quest'invito a tutti i parlamentari, in particolare a coloro che hanno deciso, con scienza e coscienza, di supportare questo Governo. Date le differenze politiche e le provenienze, il dibattito che c'è stato negli ultimi anni è stato complicato e difficile. Bisogna fare uno sforzo per trovare un momento di unione a favore del Paese e mettere da parte le divisioni, facendo prevalere l'interesse nazionale con capacità, disponibilità e impegno personale. È proprio qui, nelle Aule del Parlamento, che questo può avvenire con il confronto quotidiano nelle Commissioni sui temi che ci stanno a cuore. Inoltre, questa maggioranza composita e difficile non può che avere una sintesi e una voce sola, quella del Presidente del Consiglio che, con la sua autorevolezza e la sua esperienza, può permettersi di fare sintesi - appunto - nell'interesse dell'Italia. Non ci possono essere polemiche quotidiane, distinzioni, diverse sottolineature, differenze su questioni che saranno rilevanti per il futuro del Paese.

Noi possiamo solo dire che sui temi divisivi dobbiamo avere il coraggio di parlare, di farlo per tempo, di non mettere in difficoltà il Governo, il che vorrebbe dire mettere in difficoltà il nostro Paese. I bisogni dell'Italia e dei nostri concittadini che affrontano problemi quotidiani drammatici, dei lavoratori, dei commercianti, degli imprenditori, di chi perde il posto di lavoro, vengono prima dei nostri interessi di parte e di partito. Abbiamo un alleato, signor Presidente del Consiglio, lei ha degli alleati importanti sui territori: le Regioni, gli enti territoriali, i Comuni, le Province, i corpi intermedi di questo Paese, che auspicavano la nascita di questo Governo perché sapevano che avrebbe significato un futuro più roseo e migliore per il nostro Paese.

Signor Presidente del Consiglio, colleghi, fatemelo dire con le parole di un patriota di cui pochi giorni fa ricorrevano i novantacinque anni dalla morte; una morte che fu violenta, per mano di chi odiava la libertà, parlo di Piero Gobetti. (Applausi). Egli ci disse e scrisse che chi sa combattere è degno di libertà. Noi vogliamo essere degni di libertà e degni di futuro, essere orgogliosi del nostro comportamento. Un Governo di emergenza nazionale, di unità nazionale, che accompagni l'Italia verso la ripresa, con poco tempo per raggiungere obiettivi ambiziosissimi ma essenziali: questo è ciò che ci sta davanti.

Con questo approccio ideale, con grande convinzione, signor Presidente del Consiglio, per l'emergenza di avere un Governo all'altezza, perciò che lei e la sua storia personale rappresentate, ma soprattutto per ciò che oggi nella solennità... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).

BERNINI (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERNINI (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, Ministri, colleghi, anche da parte del Gruppo Forza Italia del Senato rivolgo un augurio particolare di buon lavoro e un particolare benvenuto a lei e ai suoi Ministri, alla delegazione di Forza Italia, ad ora monocratica, ma di solito collegiale (Applausi). Buon lavoro a tutti voi.

Il nostro benvenuto è particolarmente caloroso, perché noi di Forza Italia ci sentiamo un po' nutrici del vostro Governo, che è stato incoraggiato fin dall'inizio dal nostro presidente Berlusconi (Applausi) per uscire quanto prima dalle secche dell'immobilismo della stagione precedente. E anche noi, senatori di Forza Italia, il nostro Gruppo, grazie al valore della nostra unità e della nostra coesione, abbiamo reso possibile la nascita di questo Governo e sono certa che voi ce ne renderete merito. (Applausi).

Signor Presidente del Consiglio, prima di tutto noi ci congratuliamo per la sua tenuta e la sua resistenza, perché è stato uno stress test piuttosto notevole quello di oggi qui in Senato. (Applausi). Di solito abbiamo tempi e ritmi un po' più tranquilli, un po' meno sincopati. Però devo dire che il suo discorso ci ha veramente convinto. Ci ha convinto ad accordarle una fiducia consapevole e responsabile, perché abbiamo sentito che è stato un discorso di verità, un discorso profondamente serio e sobrio, ma molto empatico. Ci ha emozionato la sua commozione. (Applausi). È stato sartoriale nei contenuti, chiaro e concreto negli obiettivi, ma profondamente consapevole della criticità del mondo reale; un mondo reale che tante volte è mancato in quest'Aula e che tante volte noi abbiamo invocato. (Applausi).

Lei, signor Presidente, colleghi, troverà nei senatori di Forza Italia degli alleati leali, competenti (lo ha visto dai loro interventi), di valore, con una profonda passione politica e una altrettanto profonda connessione con i territori e con il mondo reale, ancora una volta, perché noi non siamo orpelli parlamentari. Nelle nostre vene scorre lo stesso sangue di quegli artigiani, commercianti, imprenditori, operatori del turismo (Applausi) a cui lei ha fatto riferimento e a cui lei ha proposto delle ricette che noi condividiamo, ovviamente, perché le stiamo proponendo da sei mesi. Si tratta di persone per cui il mondo un anno fa si è spento. Si sono spente le luci, anzi hanno spento le luci; si sono chiuse le porte e abbassate le serrande (quante volte abbiamo usato questa espressione), forse per sempre. Devo dire che la sua metafora è stata molto efficace, perché, quando si riaccenderanno quelle luci, il mondo non sarà lo stesso di prima; sarà tutto molto diverso e noi dobbiamo prenderci cura di loro. (Applausi). Dobbiamo essere generosi, come lei ci ha detto, dobbiamo aiutarli, perché dalla loro ripartenza dipende la ripartenza del nostro Paese. Loro si aspettano risarcimenti e non in maniera casuale; è stato loro promesso, come ricordava il collega Marcucci. Abbiamo un appostamento di bilancio di 34 miliardi, non ancora erogato; alcuni risarcimenti sono arrivati, forse un po' troppo esigui, altri non sono arrivati mai. Alcune casse integrazioni sono arrivate, altre sono arrivate tardivamente, altre non sono arrivate e sono state integrate dagli stessi imprenditori privati con grande sacrificio personale (Applausi), perché, soprattutto da una certa dimensione in poi (la piccola impresa), per l'imprenditore il lavoratore non è un dipendente, ma è un familiare. (Applausi). Egli quindi fa per i suoi dipendenti ogni possibile sacrificio e questo è accaduto.

Devo dire che nelle nostre vene scorre anche lo stesso sangue, un po' preoccupato, di quei contribuenti, famiglie, proprietari di immobili, liberi professionisti, partite IVA, quei famosi non garantiti a cui tutti facciamo riferimento, ma che non abbiamo ancora garantito. (Applausi). Con molta preoccupazione pensiamo a che ne sarà di quei 50 milioni di atti dell'Agenzia delle entrate, quando saranno sbloccati. Su chi graveranno? È tutto molto confuso e questo spaventa gli imprenditori, spaventa le famiglie, spaventa le persone, perché molti di questi debiti sono debiti Covid, molta della povertà di oggi - lei ha giustamente fatto riferimento al disagio sociale - è povertà Covid. Ed è di questo che ci dobbiamo occupare.

E ancora, abbiamo lo stesso sangue di quegli imprenditori che sono entrati nella crisi già ansimanti, perché - come lei ha ricordato - già gravati dai cascami della crisi del 2007-2008 e del 2011-2013. Sono arrivati già in debito d'ossigeno, gravati di debiti, e il decreto liquidità non ha fatto loro bene, ma ha aggravato la loro posizione (Applausi), costringendoli a dei piani di ammortamento e di rientro troppo brevi e sicuramente insoddisfacenti. Dobbiamo occuparci di loro, dobbiamo avere cura di loro, come lei ci ha detto di voler fare; e noi lo faremo con lei, insieme a lei, perché queste sono le nostre ricette.

E ancora ci ha fatto molto piacere la sua sensibilità. Noi siamo sempre stati al fianco di quelli che abbiamo chiamato gli eroi della trincea, di coloro che hanno presidiato gli ospedali; siamo sempre stati vicini, per quanto possibile, ai malati e alle loro famiglie, alle famiglie di quelli che non ci sono più (Applausi), perché purtroppo ognuno di noi ha pagato un tributo più o meno intenso al Covid. Un patrimonio di sofferenza, un patrimonio purtroppo di esperienza, di saggezza, di emozioni, di sentimenti è andato disperso. Ma dobbiamo uscire dall'angolo del dolore e lei in questo senso ci ha dato una speranza, perché l'unico modo per uscirne non è creare una contrapposizione tra lockdown totale e caos totale, non è creare la contrapposizione tra sì PIL e no PIL, tra sì salute e no salute. No, bisogna governare la pandemia (Applausi), e lei ci ha detto la parola chiave: piano vaccinale massivo. Noi lo abbiamo detto anche durante le consultazioni: questa è la prima misura economica per far ripartire l'Italia, l'Europa e il mondo; solo così si potrà veramente ricominciare.

Noi crediamo in una logistica trasparente, efficiente ed efficace molto diversa da quella che abbiamo visto nella stagione precedente. Lei ci ha raccontato una storia che ci è piaciuta e che è suonata molto bene alle nostre orecchie, perché ci è sembrata molto concreta, molto seria e molto professionale. Ci ha parlato di hub, di piattaforme tecnologiche nazionali, di vaccini che raggiungono gli italiani e non viceversa (perché questo deve succedere). (Applausi).

Signor Presidente del Consiglio, cerco di procedere velocemente, perché tra un po' i miei senatori mi metteranno il timer, e anche la Presidenza. Abbiamo tante cose da dire, ma abbiamo anche tanto tempo per dircele. Tutti questi obiettivi noi li potremmo raggiungere se il modello Italia si gioverà della "variante Draghi". Sa qual è la "variante Draghi"? La discontinuità. (Applausi). Noi non abbiamo condiviso le scelte della stagione precedente e le abbiamo fortemente avversate, quindi ci aspettiamo - e siamo certi che sarà così - che il nuovo direttore d'orchestra farà suonare ai suoi musicisti, nuovi e non, uno spartito diverso, quello delle sue linee programmatiche. Perché se anche il timoniere rimane alla guida della stessa nave, signor Presidente del Consiglio, lei deve essere garante che cambi la rotta. (Applausi).

Solo una rapidissima notazione. C'è una frase che ci piace molto e che ci ripetiamo, anche perché è parte di una cospicua attività normativa del nostro Gruppo parlamentare: chi priva i giovani del futuro compie la peggiore delle diseguaglianze. La riconosce? È sua e noi la condividiamo. (Applausi). Lei deve essere il sacerdote del Next generation EU, che è il booster della crescita e del futuro buono. Esistono un debito cattivo e un debito buono, ed esistono un futuro cattivo ed uno buono. Noi vogliamo il futuro buono di Next generation EU, e saremo i custodi del culto. Lei sarà il sacerdote e noi saremo i custodi del culto.

Signor Presidente del Consiglio, lei ha parlato di amore. Bene, chi ama veramente questo Paese non si trincera sugli spalti osservando criticamente gli eventi (Applausi), ma scende in campo e combatte per dare al nostro Paese, che soffre ma si rialzerà, un grande futuro. (Applausi).

SALVINI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SALVINI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, noi ci siamo, la Lega c'è, convintamente. Non vediamo il senatore Ciampolillo ma tanto ha tempo per arrivare in Aula prima del fischio finale. (Applausi). Già è cambiato il mondo; rispetto alla compravendita dei senatori di un mese fa, già è cambiato il mondo, e questo è già un suo primo storico merito: aver riportato serietà in quest'Assemblea, e per questo la ringraziamo. (Applausi. Commenti).

Noi abbiamo fatto una scelta di coraggio, di lealtà, di amore per il Paese e abbiamo scelto l'Italia. Abbiamo messo il bene dell'Italia prima dell'interesse di partito. Questo per noi significa davvero prima gli italiani: mettere la salute e il lavoro dei nostri genitori e dei nostri figli prima degli interessi, dei litigi o delle beghe di partito.

Abbiamo un valore comune, lei ne ha parlato più di una volta durante l'intervento: la libertà. La libertà educativa, la libertà di impresa, la libertà di cura, la libertà di pensiero. Benedetto Croce parlava di religione della libertà. Oggi è il mercoledì delle ceneri, l'inizio della Quaresima che porta alla rinascita e noi vogliamo seguire i princìpi della libertà e il ritorno alla libertà. Lei giustamente ha parlato tanto di Europa e uno dei Padri fondatori dell'Europa, De Gasperi, nel 1948 diceva che la civiltà occidentale va difesa ad ogni costo. Siamo con lei nella difesa dei valori, dei diritti e delle libertà della civiltà occidentale (Applausi), a prescindere da tutto e da tutti.

La sovranità appartiene al popolo e un popolo sovrano, come lei ricordava, può cedere quote della sua sovranità se è democratica l'entità a cui le trasferisce. L'Europa è casa nostra, è la culla del Cristianesimo, delle libertà, della democrazia, dei diritti e del lavoro. L'Europa che vogliamo è quella del benessere, della felicità, della crescita, della tutela della famiglia e della vita, sempre e comunque. (Applausi). Non è però l'Europa dell'austerità, dei vincoli di bilancio, dei tagli agli ospedali e alle scuole. Non è l'Europa che lascia per ore i camionisti italiani in coda al Brennero e non chiede la reciprocità per chi invece entra in Italia. (Applausi). Non penso che i Padri fondatori pensassero a questo quando hanno costruito la Comunità europea.

La fiducia al suo Governo che è convinta da parte mia e della Lega, da parte del primo partito del Paese, significa dare più forza all'Italia in Europa. Se l'Europa garantisce salute e lavoro, evviva l'Europa. Se l'Europa impone disoccupazione e chiusure e sbaglia a ordinare i vaccini, criticarla e cambiarla non è un diritto, ma è un dovere di ogni cittadino di questo Paese. (Applausi).

Veniamo ai fatti. Io la ringrazio per la concisione e la precisione. Questo dal nostro punto di vista dovrà essere il Governo che si contraddistingue per concretezza, velocità e trasparenza.

Salute: a noi non interessa se sui vaccini hanno sbagliato a Bruxelles o ha sbagliato Arcuri. A noi interessa che gli italiani che lo chiedono e lo vogliono possano essere vaccinati e messi in sicurezza. Facciamo quindi qualsiasi cosa sia utile a salvare la vita delle nostre persone (Applausi) e bene fanno quei governatori che guardano altrove per andare a recuperare quello che non arriva, dopo aver sbagliato i contratti.

Sicuramente lei sarà d'accordo con noi sull'esigenza da parte del Ministero della salute di evitare presenze televisive, orarie e quotidiane di virologi in cerca di fama che terrorizzano il popolo italiano. (Applausi). Non ne possiamo più.

Lavoro: abbiamo accolto con gioia l'impegno a non introdurre nuove tasse, no alla patrimoniale, no all'aumento dell'Imu, no al prelievo sulla casa o sui conti correnti, no a nuove tasse e un taglio progressivo dell'Irpef. La Lega è una forza politica concreta. Noi non ci attacchiamo alle sigle o alle etichette; se il Governo si impegna a non aumentare le tasse esistenti e a tagliare progressivamente le tasse su imprese e famiglie, per noi sarà il suo primo grande successo (Applausi) e su questo saremo al suo fianco convintamente.

Mi soffermo quindi sulla burocrazia. Se come pensiamo questo è un Governo che si rifà all'Europa, azzeriamo, cancelliamo il codice degli appalti italiano, che ha complicato la vita alle imprese e adottiamo la normativa europea sugli appalti e riapriamo tutti i cantieri fermi, da Nord a Sud. (Applausi). Non può esserci un'Europa che va bene il lunedì e non va bene il martedì: se Europa deve essere, Europa sia sette giorni su sette, questo è quanto portiamo come pensiero di Governo.

Quanto all'ambiente, ovunque in Europa - presidente Draghi, lei lo sa - i rifiuti diventano energia, calore e ricchezza. In Italia esistono solo 36 impianti di valorizzazione dei rifiuti, in Francia sono 90 e in Germania 120. Copiamo francesi e tedeschi, trasformiamo i rifiuti in energia e in ricchezza, perché vergogne come la terra dei fuochi arricchiscono solo le mafie e non sono tutela dell'ambiente. (Applausi). Non ci accomodiamo nell'ambientalismo da salotto: tutela dell'ambiente e tutela del lavoro vanno di pari passo. A proposito di infrastrutture, lunedì sarò a visitare il cantiere della TAV a Chiomonte, perché ce lo chiede l'Europa e la TAV s'ha da fare fino in fondo. (Applausi). Terzo valico, Statale 106 jonica, Gronda di Genova, Pedemontana lombardo-veneta e - dulcis in fundo - nel rispetto dell'ambiente, con un progetto che farà grande l'ingegneria italiana in Europa, il ponte sullo Stretto di Messina, che assorbe l'acciaio di Taranto per quattro anni. (Applausi. Commenti).

Questa è Europa, questo è sviluppo, questa è crescita ed è lavoro. Evviva! L'Europa ci aiuterà. (Commenti).

PRESIDENTE. Un po' di silenzio, per cortesia, lasciamo terminare l'intervento.

SALVINI (L-SP-PSd'Az). Noi siamo per l'Europa dei fatti, del benessere e del lavoro, non per l'Europa delle chiacchiere che lasciamo a qualcun altro. L'Europa per noi è difendere gli agricoltori e i pescatori italiani. La scelta è fra cibo naturale e cibo artificiale. (Applausi). Noi siamo per la dieta mediterranea e i prodotti della nostra terra. L'Europa - e io ringrazio il presidente Draghi che ne ha parlato sia stamattina che stasera - ci chiede di difendere i confini italiani, che sono confini europei e per la Lega sentire dal presidente Draghi parlare di un cambio di passo in Europa e di rimpatri ed espulsioni per gli irregolari è qualcosa che riempie di gioia e di orgoglio e su questo ci avrà al suo fianco. (Applausi).

Oriana Fallaci, una grande italiana, diceva che ci sono momenti nella vita in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. La Lega, presidente Draghi, sarà al suo fianco per ricostruire questo grande Paese. Buon lavoro. (Applausi).

LICHERI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LICHERI (M5S). Gentili senatrici, gentili senatori, Presidente, presidente Draghi… (Brusio).

PRESIDENTE. Per cortesia, un attimo di silenzio. State seduti. Un attimo di silenzio, sta parlando il senatore Licheri, ascoltiamolo. Prego, senatore.

LICHERI (M5S). ...desideriamo cominciare questo nostro ultimo intervento della giornata con una testimonianza a lei cara, presidente Draghi, che le ha tramandato suo padre, dopo aver letto un'iscrizione in una città tedesca, tra l'altro in un periodo molto difficile della storia europea. Questa iscrizione diceva questo: se hai perso i soldi, non ti preoccupare, perché con un affare fortunato potrai recuperarli; se hai perso l'onore, non ti preoccupare, perché con un successivo atto eroico potrai riscattarti; ma se hai perso il coraggio, preoccupati, perché vuol dire che hai perso tutto. (Applausi).

Presidente Draghi, proprio nel segno di questa sua parabola, oggi il MoVimento 5 Stelle le chiede soprattutto, al di là di tutto, una cosa: il coraggio. Il coraggio di guardare i fatti attraverso una prospettiva che non appartiene al suo mondo. Come abbiamo detto tutti quest'oggi, i cittadini sono amareggiati e delusi e lo siamo anche: noi attivisti e noi portavoce parlamentari.

Il doppio tradimento che abbiamo subito nel volgere di un anno e mezzo procura ancora molto dolore, non lo possiamo negare. Esso ha lasciato delle ferite profonde, che faticano a cicatrizzarsi. Poi c'è una crisi politica, le cui ragioni sfuggono ai più, perché l'unica ragione vera non si poteva dire. Era vietato dirlo. L'unica ragione vera era uccidere il MoVimento 5 Stelle. Era uccidere politicamente il presidente uscente Giuseppe Conte. (Applausi).

Presidente Draghi, la preghiamo di scolpire davanti a sé la parabola che oggi le abbiamo ricordato. Noi abbiamo percepito del coraggio nelle sue parole, abbiamo intravisto luci incoraggianti nel suo discorso: il coraggio di dichiarare il segno di continuità delle tante cose buone fatte dal Governo Conte; (Applausi) il coraggio di voler proseguire sulla strada delle riforme e del cambiamento; il coraggio di dichiarare, come qui oggi lei ha fatto davanti a tutti, la bontà e la qualità del lavoro svolto sul recovery plan italiano; il coraggio soprattutto di ammettere la necessità di dover combinare politiche monetarie e politiche fiscali espansive. (Applausi). Noi l'abbiamo apprezzato, ma il nostro sì, come hanno già detto i miei colleghi, non sarà mai incondizionato. Le è stato detto chiaramente che sarà un sì vigile; mi azzardo a dire un sì guardingo. Lei non dia mai per scontato il nostro sì, perché noi - mi permetta, presidente Draghi, questa piccola licenza verbale - le romperemo le scatole. (Applausi).

Noi le romperemo le scatole: la pandemia è ancora lontana dall'essere debellata. Sul tavolo della politica abbiamo il blocco dei licenziamenti e il blocco degli sfratti! Noi le romperemo le scatole! (Applausi).

Come Gruppo parlamentare del Senato, noi abbiamo attraversato - lo dico io per tutti noi - giornate difficilissime, giornate terribili. Ci siamo domandati, a questo punto, ma noi, con le nostre leggi anti evasione e anticorruzione, con il nostro reddito di cittadinanza, con il nostro decreto dignità, con la nostra banca pubblica degli investimenti, con la nostra proposta di utilizzo dei crediti di imposta come mezzo di pagamento di beni e servizi, con la fiscalità di vantaggio a favore delle nostre aziende del Sud, con la decontribuzione nelle assunzioni dei nostri giovani under 35 e delle nostre donne, come potremo esserle da sprone? Come potremo esserle da pungolo? Noi queste domande ce le siamo poste in questi giorni. Potremo essere effettivamente ficcanti nei suoi confronti dai banchi dell'opposizione, seduti accanto a Fratelli d'Italia e a Giorgia Meloni, oppure potremo sederci ai suoi tavoli per scrivere con le nostre penne libere, oneste e sfrontate le leggi che disegneranno il futuro dei nostri figli? Presidente, abbiamo deciso: dia corpo e gambe all'intuizione del nostro Beppe Grillo di dotare il Paese di un Ministero della transizione ecologica perché finalmente le parole transizione energetica e mobilità sostenibile non siano più solo degli slogan vuoti nelle bocche dei politici. (Applausi). È la prova dei fatti. Presidente, lo faccia e avrà il nostro appoggio. Buona fortuna e che Dio la assista.

BALBONI (FdI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BALBONI (FdI). Signor Presidente, devo chiedere il suo intervento perché dobbiamo denunciare un fatto gravissimo: durante la dichiarazione di voto del presidente Ciriani, l'unico in quest'Aula ad aver dichiarato il voto contrario al nascente Governo, la RAI ha interrotto la diretta televisiva, ha censurato il presidente Ciriani e ha mandato la pubblicità. Se questa è una prova di regime, ci siamo perfettamente dentro.

Signor Presidente, io chiedo che lei intervenga immediatamente sulla RAI e chieda che venga rimandato integralmente l'intervento dell'unica forza di opposizione in quest'Aula. (Applausi).

PRESIDENTE. Senatore Balboni, ne prendo atto. Verificheremo se è successo quanto dice.

Per cortesia, vedo troppi assembramenti e addirittura vedo senatori che si abbracciano. Non riesco a capire. (Brusio).

Colleghi, per cortesia, non abbiamo ancora terminato.

FATTORI (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

FATTORI (Misto-LeU). Signor Presidente, caro Presidente del Consiglio, cari Ministri, siamo nel mezzo di una pandemia e nel vortice di una crisi economica e sociale senza uguali.

È vero, la domanda del Paese è per interventi urgenti per la salute e per l'economia, ma ci ritroviamo da mesi nel pantano per l'irresponsabilità di chi ha deciso di far saltare tutto nel bel mezzo della pandemia. Presidente Draghi, se le domande dei cittadini sono giuste, è la risposta che lei ci propone a essere sbagliata.

Il mandato del presidente Mattarella era per un Governo dei migliori e senza riferimenti politici, mentre lei è seduto in mezzo all'archeologia politica del nostro Paese. Sono quei personaggi che, in anni di politiche di feroci privatizzazioni e spartizioni senza pudore, hanno reso il Paese fragile e incapace di affrontare questa fase. Alla sua destra vi è un Ministro, per esempio, che aveva proclamato poco prima della pandemia che la sanità territoriale non serviva, che i medici di base dovevano essere aboliti e ci si doveva curare su Internet.

Lei parla di giustizia sociale, ma lei è stato responsabile del disastro greco. Io ero vice presidente della Commissione politiche dell'Unione europea quando le donne greche ci venivano a parlare dell'aumento della mortalità infantile in Grecia a causa della Troika. È una responsabilità passata, l'Europa è cambiata, ma questo non cambia la realtà.

Lei nel suo discorso, per esempio, non ha mai accostato l'aggettivo «pubblica» ai sostantivi «sanità» o «scuola»; è importante sapere se parliamo di scuola pubblica e di sanità pubblica. Questa, caro Presidente, è una Repubblica parlamentare e il Parlamento non ha il dovere dell'unità nel sostegno al Governo. Il Parlamento ha il dovere della rappresentanza, del sostegno al Governo, del pungolo e anche dello stimolo e a volte della critica, sennò non è una democrazia. (Applausi).

Chi ci ha votati nel 2018 pensava a un cambiamento, non a una restaurazione, non un governo di "tutti insieme appassionatamente", senza una visione comune, senza un indirizzo comune e politico e senza un'opposizione. Quindi, nel rispetto dei cittadini che rappresentiamo, che abbiamo rappresentato nella campagna elettorale del 2018, a nome della mia senatrice preferita Nugnes, che siede qui accanto, e a nome della Sinistra Italiana, annunciamo la nascita di un'opposizione onesta, responsabile, propositiva e vedrà che sarà più utile delle sperticate lodi opportunistiche a prescindere dalla situazione. Grazie e auguri di buon lavoro, perché ne avrà bisogno. (Applausi).

PARAGONE (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo. (Brusio).

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

PARAGONE (Misto). Signor Presidente, «al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e al posto della compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l'assillo dei riequilibri contabili»: queste erano parole di Federico Caffè. Sono parole che ritornavano costanti nella predicazione dell'economista pescarese. Lei ci ha provato oggi a fingersi sociale, ma tutte le sue parole, messe in controluce, rivelano la nervatura neoliberista che le ha permesso di fare carriera. Rivelano la neolingua degli «incappucciati della finanza», per usare un'altra espressione cara al professor Caffè. Lei, presidente Draghi, è uno di loro, lei è un incappucciato della finanza. (Commenti).

Lei ha parlato di futuro: quale? Quello che costruirete col pilota automatico, come lei ebbe a dire dimostrando un'allergia profonda verso la democrazia, che dà fastidio a tutti a quanto pare? E dove portano queste riforme col pilota automatico? Portano al trionfo delle multinazionali, della finanza che divora tutti gli spazi economici, alla sostituzione del capitale umano con l'intelligenza artificiale.

Lei si è riempito la bocca di sfide ecologiche. Abbiamo però il territorio stuprato dalle ecomafie, che parcheggiano i loro capitali nei paradisi fiscali della vostra amata Unione europea. Lei alla BCE ha visto qualcosa, o non ha visto nulla? O si è comportato come quando era Governatore di Bankitalia ed MPS si prese il pacco di Antonveneta pagandola a peso d'oro sotto i vostri occhi? Il green di cui lei parla sarà un altro regalo alle economie straniere.

Il suo fanatismo insiste nel definire l'euro come una moneta irreversibile. Anche la DDR pensava che il muro sarebbe stato irreversibile, ma non fece i conti con la disperazione del popolo. Lei, con il whatever it takes, ha salvato una moneta, ma non ha riparato le sofferenze umane da questa prodotte.

Lei parla di distruzione creativa delle imprese, ma nel crinale di una crisi finanziaria, sanitaria e sociale il neoliberismo produrrà solo aumento della disoccupazione, chiusura della piccola impresa e disperazione con le banche. Ma lei è qui per questo, per completare l'opera di transizione dell'Italia, da potenza industriale mondiale a parco divertimento altrui, perché in Goldman Sachs vi insegnano questo. Lei è qui per chiudere quel processo di svendita cominciato con le privatizzazioni del Britannia, proseguito con il misterioso trucco dei suoi derivati e con il suo fiscal compact.

Lei oggi è qui per consegnare gli italiani al Mangiafuoco dei mercati; si può togliere il cappuccio, presidente Draghi. (Commenti). Ormai lei è il governatore dell'Italia, il Parlamento come vede è suo, con l'eccezione di pochi coerenti. Il voto di Italexit è «no»!

PRESIDENTE. Senatore Paragone, occorre usare terminologie più adeguate al rispetto di questa Assemblea. (Applausi).

PARAGONE (Misto). Signor Presidente, ho citato il professor Federico Caffè!

PRESIDENTE. Il nostro vocabolario è molto ricco, quindi lei può dire quello che ritiene, usando delle parole rispettose.

PARAGONE (Misto). Signor Presidente, con gioia regalerò a lei e al presidente Draghi il volume «Contro gli incappucciati della finanza», uno scritto di Federico Caffè. (Commenti).

CRUCIOLI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

CRUCIOLI (M5S). Signor Presidente, colleghi, il discorso programmatico pronunciato dal Presidente del Consiglio dimostra la torbida continuità tra quanto di più negativo ha connotato il suo passato, rispetto a ciò che si prefigge di attuare oggi.

Signor Presidente del Consiglio, lei oggi ha annunciato che si adopererà per una maggiore concorrenza, così come ieri si è adoperato per la peggiore privatizzazione avvenuta in Italia. Lei oggi, nell'elencare i limitati compiti che ascrive allo Stato, ha chiarito la sua ostilità per l'ingresso pubblico nell'economia, così come ieri si è reso protagonista della distruzione delle imprese di Stato italiane. Lei oggi ha annunciato la necessità che l'Italia ceda maggiori porzioni di sovranità nazionale, così come ieri contribuì a violare la sovranità nazionale greca e così come impose gravose condizioni all'Italia, con la nota lettera della BCE del 2011.

Lei oggi ha lasciato intendere che occorrerà distinguere tra le imprese da salvare e quelle che dovranno essere lasciate morire, introducendo, cautamente, il vero scopo della sua discesa in campo, ovvero garantire che i fondi del recovery plan vengano spesi nell'interesse di banche e grandi imprese, fortemente interconnesse con le filiere europee, con buona pace delle piccole imprese, degli artigiani, dei lavoratori e delle fasce più deboli del Paese. Lei oggi non è riuscito a dire nulla di concreto e credibile in relazione alla lotta alle diseguaglianze, non è nemmeno riuscito a pronunciare la parola «pubblica» quando ha parlato di scuola e sanità.

Infine, non ha fatto il benché minimo accenno alla necessità di rivedere le regole del patto di stabilità, né ha mosso la più piccola critica alle politiche di austerità, perché sa benissimo che l'élite europea, da cui proviene, non appena sarà passata la crisi, ci piomberà addosso, chiedendo il conto degli aiuti prestati. Lei sostiene che l'unità è un dovere; io le rispondo che è un dovere opporsi alla sua visione della società e, quale rappresentante del popolo italiano, mi manterrò libero e vigile, per contrastare qualunque provvedimento che lei e la sua servile maggioranza doveste adottare contro l'interesse dei cittadini. (Applausi).

PRESIDENTE. Colleghi, prima della prossima dichiarazione di voto, vi comunico che abbiamo accertato la questione relativa all'intervento del senatore Ciriani. C'è stato un cambio di rete preannunciato, da Rai 3 a Rai 2, e non è stato perso nulla dell'intervento del senatore Ciriani. (Applausi). Addirittura mi dicono che sottopancia... (Commenti). Scusate, colleghi, sto dicendo quello che ho accertato e sto riferendo quello che mi hanno detto. Voi poi farete i vostri accertamenti e rivedremo la questione.

Dunque, quando c'è stato il cambio di rete, l'intervento è stato riportato sottopancia per due volte, per un minuto, e anzi mi dicono che ci sia stata un'aggiunta, perché per due volte, proprio per non fare interrompere il filo del discorso, nel cambio di rete, è stato riportato un minuto di discorso del senatore Ciriani. Questo è quello che ho appurato. Appuratelo anche voi e poi potremo riprendere il discorso.

GRANATO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

GRANATO (M5S). «Dividono i servi, dividon gli armenti, si posano insieme sui campi cruenti di un volgo disperso che nome non ha». Questi tre versi, tratti dall'«Adelchi» di Manzoni, descrivono perfettamente la situazione politica dell'Italia di oggi.

Un Governo con tutti dentro, nato da congiure di palazzo che hanno causato la fine del mandato del presidente Conte, ordite per tradire il mandato popolare conferito al MoVimento 5 Stelle, attraverso il 30 per cento dei consensi ottenuti il 4 marzo 2018, non mi rappresenta e non avrà il mio sostegno.

Una Repubblica democratica, per definirsi tale, non ha bisogno di una maggioranza bulgara che lavori a senso unico nella totale acquiescenza di tutti i media; ha piuttosto bisogno di chi eserciti un'opposizione vigile, seria, attenta all'interesse della collettività e dei cittadini.

Incompatibilità elettive con troppi attori politici all'interno del nuovo Esecutivo, antitetici rispetto ai valori che ci hanno sempre contraddistinti, sono un ostacolo per me insormontabile alla fiducia, non ne faccio mistero. A quanto pare, invece, quasi tutti i partiti politici hanno superato le divergenze ideologiche per senso di responsabilità - dicono -, non magari per gestire attivamente le risorse a debito che derivano dai numerosi scostamenti di bilancio che si stanno varando per la pandemia in corso o dal recovery fund.

Ho deciso perciò, in coerenza con i miei principi, di rispondere all'appello di un consistente gruppo di attivisti del MoVimento 5 Stelle, che sono in riunione da due giorni senza sosta per non farci mancare il conforto della loro vicinanza e del loro sostegno. Sono stati responsabilmente proprio loro a chiederci una presa di posizione netta contro la costruzione di un Governo in cui, come Gruppo parlamentare, non potremmo mai essere determinanti.

Ci hanno scritto: «Vogliamo che non sia la finanza a gestire l'economia, bensì la politica, affinché i valori costituzionali siano garantiti, a partire dal rispetto del sistema democratico espresso attraverso la sovranità popolare. Perché crediamo che l'economia debba svolgere quella funzione sociale prevista dalla Costituzione e non sia strumento per arricchire pochi impoverendo molti».

Per questa ragione, preso atto dell'evoluzione della posizione ufficiale del MoVimento 5 Stelle, porteremo avanti quelle battaglie storiche, identitarie e quel programma politico con cui ci siamo presentati agli elettori neanche tre anni fa. Lo faremo da posizioni diverse, non contrapposte.

Il mio pensiero accorato va ai nostri attivisti, che ancora adesso hanno bisogno di sperare che quella di oggi non sia la fine di un sogno, ma solo l'inizio di una diversa avventura. Un'avventura che ci vedrà al loro fianco sempre e comunque, nella tutela disinteressata... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).

ANGRISANI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

ANGRISANI (M5S). Signor Presidente, colleghe, colleghi, le ultime ore sono state ore di grande difficoltà per me. Chi mi conosce sa quanto sono legata ai valori e alla storia del MoVimento 5 Stelle: principi che saranno per sempre la mia ispirazione politica del presente e del futuro. Le battaglie per il MoVimento sono l'emblema dell'attaccamento a quella bandiera che è sempre nel mio cuore.

Nessuno fa un passo indietro rispetto alla propria identità - lei lo ha ricordato stamane, presidente Draghi, e ha ragione - e sono infatti la mia storia e la mia identità, che sono proprie del MoVimento, che mi hanno spinto a prendere questa decisione difficile e tormentata, che mi ha posto verso una direzione diversa rispetto a quella della maggioranza del Gruppo di appartenenza.

Non mi fido di un Governo nato da un insieme di vari partiti; poi, con Forza Italia, che, tra l'altro, abbiamo sempre osteggiato fermamente (Applausi), e non mi fido di un Governo dove saremo condannati all'irrilevanza politica, rischiando di non tutelare i cittadini.

Da italiana, oltre che da senatrice, non mi sono chiare le ragioni per le quali il Governo Conte sia stato accantonato. (Applausi). Un Governo che aveva fatto sforzi giganteschi per cercare di non lasciare indietro nessuno e che, tra mille difficoltà e mille problemi, ha cercato di fare il meglio. Per inciso, tutti i Paesi europei hanno gli stessi problemi e nessuno ha pensato a un Governo di larghe intese.

Credo che quanto espresso da lei nella sua relazione, Presidente, anche se pronunciato con buone intenzioni, anteporrà i bisogni e le aspettative dei soliti noti, dimenticando gli ultimi, i disagiati e coloro che stanno quotidianamente lottando.

Inoltre, le parole pronunciate in merito alla cessione della sovranità in aree di debolezza interna non mi fanno presagire nulla di buono.

Non mi sono mai piaciute le decisioni estreme e non mi sento più o meno intelligente di coloro che hanno deciso di condurre la battaglia da dentro. Per questo motivo mi rivolgo ai miei amici di viaggio, per un'attenta e profonda riflessione.

Con il tormento nel cuore, voterò in dissenso dal Gruppo, ma sarò pronta a cambiare idea sui temi e sulle iniziative vantaggiose per la comunità. Presidente Draghi, le faccio un grande in bocca al lupo. (Applausi).

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di rispettare le regole sul distanziamento.

LANNUTTI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

LANNUTTI (M5S). Signor Presidente, presidente Draghi, l'ho sempre rispettata senza nutrire alcun dubbio sulla sua persona.

Le nostre strade si sono anche incrociate nel 2008, anno funesto per i risparmiatori e l'economia mondiale, soggiogati dal primato della finanza di carta e i derivati tossici dopo il crac Lehman Brothers. Non ho pregiudizi su di lei e sulla sua onorata carriera. Al contrario, ho sempre stimato la sua abilità a partire dal 1992, quando inaugurò la stagione delle privatizzazioni che i maligni interpretarono come svendite di Stato alle banche d'affari. Penso anche all'azzardo morale dei derivati, ai contratti capestro che stipulò, costati alla fine 38 miliardi di euro di interessi, alle porte girevoli con Goldman Sachs, al lavaggio dei dividendi e all'accusa di aver truccato i conti della Grecia.

Ho ammirato le sue qualità anche quando, da Governatore, garantiva la solidità delle banche e la tutela il risparmio, mentre alcuni di noi si incatenavano ai cancelli di Palazzo Koch. Penso al coraggio con la delibera per l'acquisto di Banca Antonveneta da parte della Banca Monte dei Paschi di Siena al triplo del suo valore, alla scalata della Banca centrale europea dopo la lettera firmata con Trichet per imporre austerità, pareggio in bilancio, taglio di pensioni e Stato sociale, lacrime gratis e sangue a pagamento degli esodati. Penso anche al riguardo per alcune banche tedesche, esonerate dal rispetto della direttiva BRRD, all'esproprio del risparmio del bail-in, alla contiguità con i 55 miliardi di euro di derivati Deutsche Bank e alla sentenza della Corte suprema di cassazione sul signoraggio.

Inorridii invece per il bieco cinismo quando dispose l'ignobile chiusura forzosa dei bancomat in Grecia dopo aver salvato le banche franco-tedesche con un discutibile parere di una società privata, tuttora segretato, e dalla ricetta del G30 che teorizza il darwinismo in economia per battere la pandemia. Penso al reset per cancellare i crimini della Troika sul popolo greco, con bimbi senza neppure il latte materno, essiccato dalla disperazione nel seno delle madri, malnutriti e malformati e vecchi privi di cibo, farmaci e cure mediche. Resteranno indelebili nella storia e nella mia memoria scene di spietato disprezzo per la vita umana sacrificata sull'altare del neoliberismo e della più cieca austerità.

Presidente Draghi, la rispetto ancora, però per queste ragioni non potrà avere la mia fiducia. (Applausi). Chi ha paura muore ogni giorno; auguro a lei e alle amate sponde... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).

PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza ad allegare la restante parte del suo intervento al Resoconto della seduta odierna.

LA MURA (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

LA MURA (M5S). Signor Presidente, presidente Draghi, nel suo intervento in Aula di questa mattina ha comunicato le linee programmatiche del suo Governo, che forse, proprio in quanto tali, risultano ancora troppo vaghe per far comprendere in quale direzione voglia andare questo Esecutivo composto da quasi tutti i partiti presenti in Parlamento.

Le parole di questa mattina non hanno chiarito verso quali misure andremo incontro, ma le parole, come sempre, fanno emergere un orientamento culturale e un indirizzo che sinceramente mi preoccupano. Mi ha colpito, ad esempio, il riferimento fatto al capitale umano, di per sé distante da quello della persona che avrei voluto sentire di più e non solo declinato nelle formule di dotazioni di personale, reddito delle persone fisiche e persone in età lavorativa. Credo che ciò sia significativo. Il capitale umano racchiude concettualmente quell'insieme di capacità, competenze, abilità professionali e relazioni possedute da un individuo in relazione alla produttività. Ho scelto questo esempio perché credo sia emblematico di un orientamento verso una visione aziendalistica del Paese, della scuola e della sanità; una visione dalla quale invece oggi abbiamo bisogno di allontanarci, perché le aziende danno priorità al profitto a tutti i costi. Questo Governo dovrà dare priorità a tutti gli italiani, a quella rete di microimprese che costituiscono il vero tessuto del territorio italiano e che oggi sono in difficoltà e lo saranno in futuro, se non le accompagneremo verso la transizione. Parlare di capitale umano è come parlare di capitale naturale, come dell'insieme delle risorse che la natura ci offre per produrre servizi e beni per l'uomo, quindi ancora profitto. Ovviamente il profitto ci deve essere, ma senza minacciare irreversibilmente proprio la natura, la nostra casa.

Serve, dunque, un programma che veda correlati tutti i settori cruciali che compongono la nostra società, dove l'economia ecologica si mette al servizio della tutela degli equilibri della natura, abbracciando nel contempo gli equilibri sociali e i diritti delle persone.

Lei, signor presidente del Consiglio Draghi, ha parlato di transizione ecologica, che a mio avviso non deve essere vincolata ai limiti palesi del capitalismo verde. In merito attendiamo il regolamento della tassonomia per la classificazione delle attività produttive sostenibili. Il nucleare? Il gas? La cattura della CO2 industriale? L'energia dai rifiuti? Ma se la transizione ecologica viene da lei intesa solo come una questione di mercati e settori energetici e non come strategia integrata e trasversale che punta ad un modello di sviluppo sostenibile, non si andrà molto lontano e finiremo per vivere il cosiddetto greenwashing.

Concludendo, non penso che un Governo di tutti possa essere un Governo a nome degli italiani; vedo invece un Governo in cui il consenso di tutti delega la decisione a pochi. Per questi motivi voterò... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).

GIARRUSSO (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

GIARRUSSO (Misto). Signor Presidente, signor presidente del Consiglio Draghi, lei è una persona estremamente seria e le sue sono parole che pesano. Lei, signor Presidente del Consiglio, è abituato ad altri consessi, dove le parole che ha speso potevano significare la fortuna o la disgrazia di intere Nazioni, ma in questa sede le parole vengono scritte sulle ali del vento o sull'acqua che scorre. Invece le sue parole - mi permetta di citarle - sono chiare e devo darle atto che ha messo i miei colleghi di fronte a quello che sarà lo scenario futuro e alle sue intenzioni, senza infingimenti. Ha detto che gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa. Signor Presidente del Consiglio, io non vorrei che queste aree definite dalla loro debolezza siano la nostra economia in ginocchio per il Covid; non vorrei pensare che i soldi del recovery plan non abbiano soltanto un costo in termini di interessi, ma possano essere utilizzati per comprare la democrazia di questo Paese, la cui sovranità non è in vendita nemmeno per 209 miliardi di euro.

Infatti, signor Presidente del Consiglio, lei è di fronte a coloro che la sovranità la esercitano ma non ne sono titolari e non possono disporne; non lo posso fare né io, né i miei colleghi senatori e nemmeno lei, perché la titolarità della sovranità appartiene ai cittadini di questo Paese, che se la sono guadagnata settant'anni fa col sangue, come tutte le Nazioni, e con quello si paga la sovranità.

DI MICCO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

DI MICCO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo chiamati ad accordare la fiducia a un Governo che ribalta completamente la volontà espressa dagli elettori nel 2018, operando una sostanziale restaurazione. (Applausi). A me basterebbe questo per dire "no", ma comprendo che in questa sede i motivi debbano essere più sofisticati e profondi.

E allora voglio citare la guerra al nome di Giuseppe Conte, iniziata già a maggio dello scorso anno; una manovra tessuta su più fronti e infarcita di rapporti strani tra finta sinistra e finta destra, unite nell'accorata visita a qualcuno al di là delle grate, e che non è mai stata una questione di temi né di completa riscrittura del recovery plan. I temi sono rimasti quelli e forse adesso anche il recovery plan va bene. Solo la solita manovra di Palazzo, tutto qui, mossa dal di dentro di questa Assemblea, e il germe della corrosione di una politica che per la prima volta con Giuseppe Conte si mostrava trasparente e libera è proliferato, partendo dai medesimi banchi della maggioranza, dagli stessi che farebbero parte anche di questa maggioranza. Una manovra che ha portato a una crisi politica che, in un momento storico così tragico, appare ancora come un assurdo paradosso e lo è: è un grottesco paradosso, la grande impresa di quelli che in branco, d'improvviso, hanno iniziato a ululare alla luna, ma che oggi non sono più preoccupati per i tempi stretti in cui completare i progetti del recovery plan o il quinto decreto ristori. L'immensa urgenza che li faceva scalpitare si è sedata appena ha preso forma la possibilità di questo Governo.

Non conosco i tecnici - pochi, per un Governo di alto profilo - che fanno parte di questo Esecutivo, se non per le narrazioni (alcune preoccupanti, almeno per me, che faccio politica con una matrice valoriale ben definita dal perimetro della mia coscienza). Non posso giudicarli, ma posso analizzare i numeri, e so che ho di fronte la prospettiva di una maggioranza talmente eterogenea che diventa difficile persino essere concordi sul fatto che, in questo momento, quella che respiriamo sia aria; una estesissima maggioranza con dentro anche forze politiche che per noi - che una volta, almeno, in questo eravamo "noi" - rappresentano gli antivalori che abbiamo sempre combattuto, dove la mia forza parlamentare, il mio MoVimento 5 Stelle, in realtà è minoranza.

A proposito di temi, ce ne sono alcuni che sono divisivi anche all'interno del neo Gruppo interparlamentare nato ieri, tanto che neanche questo può offrire vere garanzie e negarlo è da ciechi. Così come non abbiamo avuto garanzie certe sulle norme e i percorsi già avviati, primi tra tutti il reddito di cittadinanza e la riforma della prescrizione, mentre è certo che il super Ministero della transizione ecologica non è per nulla super e che il Ministero dello sviluppo economico è ai nostri antipodi.

Per tutti questi motivi, signor Presidente, e per mille altri che potrei elencare, se avessi tempo, e nonostante... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).

PRESIDENTE. Se ritiene, consegni il suo discorso.

DRAGO (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

DRAGO (Misto). Signor Presidente, prima di ogni appartenenza viene il dovere di cittadinanza: queste sono parole proferite da lei stamattina, presidente Draghi.

Ho varcato quella soglia convinta di dare il mio appoggio e la mia fiducia al Governo. Ho ascoltato tutti gli interventi, chiaramente nei limiti delle mie possibilità, e devo dire che non me la sento di chiudere totalmente la porta, ma nemmeno di aprirla, allo stesso modo. Si parla di transizione ecologica e di attenzione al tema dell'ecologia. L'etimologia della parola è da oikos e logos. Oikos ha due significati: ambiente e casa. La casa da chi dovrebbe essere abitata? Non comprendo perché ci sia una continuità con i Governi precedenti nel non prendere in considerazione il tema cardine, quello del decremento demografico. Se andate a vedere tutti gli studi, si vede la corrispondenza delle curve di una crisi economica con il decremento demografico: è un dato di fatto. È necessario, per quanto riguarda il recovery plan, depositare un progetto su questo tema.

Altra questione: si parla molto dei docenti, delle 120.000 assunzioni, quindi del precariato, ma non si accenna mai a una questione che ha radici antiche, antecedenti alla cosiddetta legge sulla buona scuola (la n. 107 del 2015); abbiamo docenti che da cinque, dieci, quindici o vent'anni anni chiedono di rientrare nei propri territori. Parlare di vincolo è un non senso; anche il termine stesso è un obbrobrio. Bisogna tenere conto che i docenti devono poter lavorare in un'area prossima alla loro residenza, anche per questioni logiche di trasmissione di tradizioni, di conoscenze e di storie territoriali.

Signor Presidente del Consiglio, nutro veramente stima nei confronti suoi e anche di alcuni Ministri (chiaramente non tutti: come nei consigli di classe, non possiamo avere tutti i migliori professori). L'apertura iniziale c'era, ma a questo punto manifesto la mia astensione dal voto. (Commenti).

CIAMPOLILLO (Misto). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Senatore Ciampolillo, per che cosa?

CIAMPOLILLO (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Lei, per la verità, non era iscritto, ma arriva sempre all'ultimo momento...

CIAMPOLILLO (Misto). Signor Presidente, sono venuto e mi sono iscritto. Non mi sono iscritto all'ultimo momento e non sono arrivato adesso.

PRESIDENTE. Va bene, senatore Ciampolillo, ne prendo atto e le do la parola.

CIAMPOLILLO (Misto). Signor Presidente, il senatore Salvini, che credo non abbia mai lavorato in vita sua, continua a offendere la mia persona per aver votato la fiducia al Governo Conte, sostenuto dal MoVimento 5 Stelle, in cui ho militato sin dalla sua costituzione e anche prima, avendo personalmente fondato il primo meetup «Amici di Beppe Grillo» in Puglia. Lo stesso Salvini, a torso nudo, mostrava le sue volgarità al Papeete; odiava Roma e il Sud; sosteneva di lavorare a Radio Padania, radio non autorizzata sul canale 740 del digitale terrestre. Insomma, quel Salvini giustifica il suo voto annunciando la mia fine.

Essere portatori di idee e iniziative non in linea con il pensiero dominante non può giustificare la becera e violenta campagna di odio e di falsità che è stata scientemente attuata nei miei confronti da questa specie di politico da strapazzo, un pagliaccio. (Commenti). Basta ascoltare le sue parole, come quelle di Porro e Briatore, per comprendere il livello etico e morale di queste persone e dell'area politica che rappresentano.

PRESIDENTE. Moderi i termini.

CIAMPOLILLO (Misto). Devo piuttosto chiarire alcune posizioni su cui sono stato attaccato ignorantemente e senza possibilità di replica. (Commenti). Innanzitutto, la xylella: da anni in Salento si utilizza un apposito sapone detergente per proteggere gli ulivi dal batterio; un rimedio semplice e forse proprio per questo oggetto di scherno, anche se è stato validato da recenti studi scientifici dell'università di Bari. (Commenti). Non ho mai detto che la xylella non esiste o che si cura con uno shampoo. È il taglio degli ulivi che non serve a nulla, considerato che il batterio è presente su oltre trentacinque specie di piante. Cosa vorrebbero fare, dunque, cementificare tutto?

Poi l'utilizzo della cannabis medica quale rimedio agli effetti letali del Covid-19: la cannabis medica è un potentissimo antinfiammatorio e antidolorifico senza controindicazioni, utilizzata in Italia nella cura di patologie gravissime. Già un anno fa ho invitato il ministro Speranza e alcuni ricercatori ad approfondire il tema, senza esito. Ebbene, oggi la pubblicazione scientifica del Medical college of Georgia negli Stati Uniti attesta come il CBD, principio della cannabis, riduca la tempesta citochinica innescata dal sistema immunitario, attenuando ed evitando i danni più gravi al tessuto polmonare e alla ventilazione artificiale.

Peraltro, non è solo il virus ad affliggere i cittadini; lockdown, distanziamento sociale, mascherine e coprifuoco stanno devastando la psiche e annichilendo i diritti sociali conquistati a fatica e con il sangue dei nostri predecessori. Nel mondo si stanno attuando politiche anticovid molto meno restrittive e con risultati migliori. In Svezia neanche un giorno di lockdown e non vi è obbligo di mascherine; in Bielorussia tutte le attività sono aperte, comprese le discoteche; il lockdown duro della Germania, anche durissimo, non prevede coprifuoco e le mascherine non sono obbligatorie all'aperto; in Olanda la Corte internazionale di giustizia ha appena dichiarato l'illegittimità del coprifuoco notturno. I risultati mostrano decessi in linea con la normalità e senza arresti domiciliari dei cittadini.

Detto questo, è necessario ristabilire e rispettare i diritti inviolabili dei cittadini rimettendo al primo posto la Costituzione.

Per il disaccordo sull'irreversibilità dell'euro, per la coerenza con i princìpi e anche per la presenza di persone come Salvini, annuncio il mio voto contrario, riservandomi così di valutare i singoli provvedimenti per il bene dei cittadini e non dei partiti. (Applausi).

CORO DI VOCI. Ciampolillo, Ciampolillo!

Votazione nominale con appello

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 94, secondo comma, della Costituzione e dell'articolo 161, primo comma, del Regolamento, indìco la votazione nominale con appello sulla mozione di fiducia al Governo n. 320, presentata dai senatori Licheri, Romeo, Bernini, Marcucci, De Petris, Faraone, Fantetti e Unterberger.

Come stabilito dalla Conferenza dei Capigruppo, cosa che peraltro non sto vedendo, ciascun senatore voterà esclusivamente dal proprio posto, dichiarando il proprio voto. Ricordo, per l'ennesima volta, che è necessario evitare assembramenti al centro dell'emiciclo.

I senatori favorevoli alla mozione di fiducia risponderanno sì; i senatori contrari risponderanno no; i senatori che intendono astenersi risponderanno di conseguenza.

Estraggo ora a sorte il nome del senatore dal quale avrà inizio l'appello nominale.

(È estratto a sorte il nome del senatore Garruti).

Invito il senatore Segretario a procedere all'appello, iniziando dal senatore Garruti.

DURNWALDER, segretario, fa l'appello.

Rispondono i senatori:

Accoto, Agostinelli, Aimi, Airola, Alderisi, Alessandrini, Alfieri, Anastasi, Arrigoni, Astorre, Augussori

Bagnai, Barachini, Barboni, Battistoni, Bellanova, Berardi, Bergesio, Bernini, Berutti, Biasotti, Binetti, Bini, Biti, Boldrini, Bongiorno, Bonifazi, Bonino, Borghesi, Borgonzoni, Bossi Simone, Bottici, Bressa, Briziarelli, Bruzzone, Buccarella

Calderoli, Caliendo, Caligiuri, Campari, Candiani, Candura, Cangini, Cantù, Carbone, Cario, Casolati, Castaldi, Castellone, Catalfo, Cattaneo, Causin, Centinaio, Cerno, Cesaro, Cioffi, Cirinnà, Collina, Coltorti, Conzatti, Corbetta, Corti, Craxi, Crimi, Croatti, Cucca

D'Alfonso, D'Angelo, D'Arienzo, Dal Mas, Damiani, De Bonis, De Falco, De Lucia, De Petris, De Poli, De Siano, De Vecchis, Dell'Olio, Di Girolamo, Di Marzio, Di Nicola, Di Piazza, Donno, Doria, Durnwalder

Endrizzi, Errani, Evangelista

Faggi, Fantetti, Faraone, Fazzone, Fede, Fedeli, Fenu, Ferrara, Ferrari, Ferrazzi, Ferrero, Ferro, Floridia, Floris, Fregolent, Fusco

Galliani, Gallicchio, Gallone, Garavini, Gasparri, Gaudiano, Ghedini, Giacobbe, Giammanco, Ginetti, Giro, Girotto, Grassi, Grasso, Grimani, Guidolin

Iori, Iwobi

L'Abbate, Laforgia, Lanzi, Laus, Leone, Licheri, Lomuti, Lonardo, Lorefice, Lucidi, Lunesu, Lupo

Magorno, Maiorino, Malan, Mallegni, Malpezzi, Manca, Mangialavori, Mantovani, Marcucci, Margiotta, Marilotti, Marin, Marinello, Marino, Marti, Masini, Matrisciano, Mautone, Merlo, Messina Alfredo, Messina Assuntela, Minuto, Mirabelli, Misiani, Modena, Moles, Mollame, Montani, Montevecchi, Monti

Nannicini, Naturale, Nencini, Nisini

Ostellari

Pacifico, Pagano, Papatheu, Parente, Paroli, Parrini, Patuanelli, Pavanelli, Pazzaglini, Pellegrini Emanuele, Pellegrini Marco, Pepe, Pergreffi, Perilli, Perosino, Pesco, Petrocelli, Pianasso, Piarulli, Pichetto Fratin, Pillon, Pinotti, Pirovano, Pirro, Pisani Giuseppe, Pisani Pietro, Pittella, Pittoni, Pizzol, Presutto, Pucciarelli, Puglia

Quagliariello, Quarto

Rampi, Renzi, Riccardi, Ricciardi, Richetti, Ripamonti, Rivolta, Rizzotti, Rojc, Romagnoli, Romani, Romano, Romeo, Ronzulli, Rossi, Rossomando, Rubbia, Rufa, Ruotolo, Russo

Saccone, Salvini, Santangelo, Santillo, Saponara, Saviane, Sbrana, Sbrollini, Serafini, Siclari, Sileri, Siri, Stabile, Stefani, Stefano, Steger, Sudano

Taricco, Taverna, Testor, Tiraboschi, Toffanin, Toninelli, Tosato, Trentacoste, Turco

Unterberger, Urraro

Vaccaro, Valente, Vallardi, Vattuone, Verducci, Vescovi, Vitali, Vono

Zanda, Zuliani.

Rispondono no i senatori:

Abate, Angrisani

Balboni, Barbaro

Calandrini, Ciampolillo, Ciriani, Corrado, Crucioli

de Bertoldi, De Carlo, Di Micco

Fattori, Fazzolari

Garnero Santanchè, Giannuzzi, Giarrusso, Granato

Iannone

La Mura, La Pietra, La Russa, Lannutti, Lezzi

Maffoni, Mantero, Martelli, Mininno, Moronese, Morra

Nastri, Nugnes

Ortis

Paragone, Petrenga

Rauti, Ruspandini

Totaro

Urso

Zaffini.

Si astengono i senatori:

Drago e Lanièce.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione e invito i senatori Segretari a procedere al computo dei voti.

(I senatori Segretari procedono al computo dei voti).

Risultato di votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione nominale con appello sulla mozione di fiducia n. 320, presentata dai senatori Licheri, Romeo, Bernini, Marcucci, De Petris, Faraone, Fantetti e Unterberger:

Senatori presenti

305

Senatori votanti

304

Maggioranza

152

Favorevoli

262

Contrari

40

Astenuti

2

Il Senato approva. (Vivi, prolungati applausi. Molte congratulazioni al Presidente del Consiglio dei ministri).

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di mercoledì 24 febbraio 2021

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica mercoledì 24 febbraio, alle ore 9,30, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 23,44).