Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 266 del 15/10/2020

SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVIII LEGISLATURA ------

266a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

GIOVEDÌ 15 OTTOBRE 2020

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Presidenza del vice presidente CALDEROLI,

indi del presidente ALBERTI CASELLATI

e del vice presidente TAVERNA

N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Forza Italia Berlusconi Presidente-UDC: FIBP-UDC; Fratelli d'Italia: FdI; Italia Viva-P.S.I.: IV-PSI; Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: L-SP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico: PD; Per le Autonomie (SVP-PATT, UV): Aut (SVP-PATT, UV); Misto: Misto; Misto-IDEA e CAMBIAMO: Misto-IeC; Misto-Liberi e Uguali: Misto-LeU; Misto-MAIE: Misto-MAIE; Misto-Più Europa con Emma Bonino: Misto-PEcEB.

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RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente CALDEROLI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,31).

Si dia lettura del processo verbale.

PISANI Giuseppe, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.

Come stabilito dalla Conferenza dei Capigruppo, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 10,30 con la lettura del calendario dei lavori.

La seduta è sospesa.

(La seduta, sospesa alle ore 9,36, è ripresa alle ore 10,35).

Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI

Sulla scomparsa di Jole Santelli

PRESIDENTE. (Il Presidente e l'Assemblea si levano in piedi). Signori senatori, desidero ricordare una grande donna che oggi ci ha prematuramente lasciato: Jole Santelli. Jole Santelli è stata per tutti noi una grande testimonianza di coraggio e di servizio alla comunità. Avvocato, politico di lungo corso, appassionata, competente e visionaria, è stata eletta alla Camera dei deputati per quasi venti anni, portando avanti le idee di un progetto liberale, moderato e cattolico che l'ha sempre contraddistinta.

L'impegno politico e l'amore per la sua terra sono stati i suoi compagni di viaggio, anche nell'esperienza di prima donna Presidente della Calabria: un'esperienza che ha saputo onorare, continuando a lottare anche durante la malattia per ciò in cui credeva, con quella forza straordinaria, quella determinazione e passione civile che solo le grandi donne sanno esprimere. Penso che dovremmo tutti trarre esempio dal suo coraggio, così come dovremmo impegnarci a far sì che il progetto di rinnovamento che Jole Santelli aveva iniziato per la Calabria possa proseguire.

Desidero esprimere, a nome di tutta l'Assemblea, la più sentita vicinanza alla famiglia e a tutta la comunità calabrese, che perde una grande guida e un solido punto di riferimento verso quel cammino di crescita che da tempo attende. Invito i colleghi ad osservare un minuto di silenzio. (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio. Applausi).

BERNINI (FIBP-UDC). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERNINI (FIBP-UDC). Signor Presidente, mi scuso con tutti voi... Perdonatemi, ma con questo intervento il Gruppo Forza Italia del Senato vuole trasferire alla famiglia di Jole tutto il suo affetto, la sua vicinanza e la sua partecipazione, perché Jole è stata, è e sarà sempre parte della vita di tutti noi. (Applausi).

Lei ha già detto, signor Presidente, della sua attività politica. È stata sempre una donna piena di passione... Capita raramente che usi un fazzoletto quando intervengo e spero non capiti più. Lei è stata sempre una donna piena di passione, di entusiasmo, di energia e di determinazione, che ha messo in ogni cosa che ha fatto. Ognuno di noi l'ha conosciuta, non solo in politica, ma anche in un aspetto della sua vita, che non avremmo mai voluto vivere con lei, cioè la sua malattia. È questa la cosa che vorrei ricordare di lei, perché in questo Jole è stata veramente un esempio per tutti noi. Jole, da guerriera vera quale è sempre stata, ha saputo combattere e vincere la malattia, che non le ha impedito di proseguire nella sua carica di entusiasmo e di energia, di inseguire i suoi sogni e di raggiungere i suoi obiettivi.

Anche durante l'ultima campagna elettorale, quando la malattia è stata quasi messa in contrapposizione con lei e con la sua capacità di fare le cose, Jole ci ha insegnato che si può normalizzare, che si può vivere con la malattia, che si può combattere la malattia e si può andare avanti. La malattia ti può rendere più forte: questo è ciò che ha detto ed è quello che vorrei ricordare di lei, perché, insieme alla sua straordinaria capacità di emozionare ed emozionarsi e alla sua capacità nell'amministrazione, che ha dimostrato pur in questi pochi mesi di governo della Calabria, è la cosa che in assoluto ha colpito di più tutti noi. Si può convivere con la malattia: essa non ci impedisce di raggiungere i nostri obiettivi e di perseguire i nostri sogni e si può normalizzare.

Quanto successo oggi, ovviamente, ci ha colto tutti di sorpresa. Lei ha saputo fino all'ultimo essere grande, anche in questo. Nel venire qui, ci siamo confrontati tra di noi e ognuno ha portato il proprio ricordo, come avviene in questi casi. Tutti avremmo voluto dire qualcosa di lei, ma nessuno è in grado di farlo, nemmeno io: probabilmente sto dicendo le cose meno significative, ma sono quelle che ci vengono dal cuore, oltre che dal ricordo che abbiamo di lei, come donna, oltre che come politico, ed è questa la cosa più importante.

La senatrice Fulvia Caligiuri mi diceva una cosa bellissima, con cui vorrei congedarmi da voi, ma non da lei, che rimarrà sempre con noi. (Applausi). Se ora, su Google, si fa una ricerca sulla Calabria, escono brutti indici, come 'ndrangheta, corruzione, usura.

Sarebbe bello - capacità di inseguire dunque i propri sogni nonostante tutto e di identificare e raggiungere gli obiettivi - se, dopo un paio di anni da ora, da quando lei si era insediata in Calabria, facendo una ricerca su Google, su dieci cose brutte ne uscissero almeno quattro belle, perché la Calabria è una terra meravigliosa (Applausi), così come meravigliosa è ogni parte del nostro Paese cui abbiamo l'onore di dedicare la nostra attività.

Grazie Jole, dunque, grazie per quello che hai fatto e per quello che sei stata per tutti noi. Non voglio però coniugare il verbo al passato; Jole sarà sempre con noi, semplicemente nella stanza accanto, come si dice in questi casi, ma sempre con noi. (Applausi).

GARNERO SANTANCHE' (FdI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GARNERO SANTANCHE' (FdI). Signor Presidente, anche noi del Gruppo Fratelli d'Italia vogliamo esprimere la nostra vicinanza alla famiglia di Jole.

È molto difficile in queste occasioni trovare le parole. Tutti noi questa mattina, io stessa, quando ci siamo svegliati, nel leggere la notizia della morte di Jole non volevamo crederci, perché sembrava impossibile. Io l'avevo seguita durante la campagna elettorale, la vedevo così forte, così coraggiosa e, invece, siamo purtroppo qui a parlare di lei in questo momento così drammatico.

Ci tenevo a dire due parole su Jole, perché ho avuto l'onore di essere la sua "compagna di banco" per un'intera legislatura, quando purtroppo gli era arrivata addosso la malattia. Ma proprio in quell'occasione ho avuto modo di conoscere Jole e la donna che era. Jole era una donna straordinaria, con una dignità e con una riservatezza del dolore che dovrebbe essere veramente un esempio per tutti. Ricordo che, quando venne alla Camera dopo l'intervento, naturalmente in condizioni non certamente ottimali per lei come donna, era vicino a me e mi diceva: «Non ti preoccupare, Daniela, perché vedrai, io sono forte e ce la farò». Non voleva mai parlare della sua malattia, mai e, se tu volevi bene a Jole, non dovevi chiederle come stava, ma dovevi parlare di altro.

Queste sono le donne importanti come esempio, le donne coraggiose, che combattono. Sono assolutamente certa che Jole fosse consapevole che per lei ogni giorno poteva essere l'ultimo, ma lei non ha mai vissuto come fosse l'ultimo dei suoi giorni. Credo che questa sia la testimonianza più importante che Jole lascia a tutti noi: non parlo da un punto di vista politico, perché, quando se ne va una donna, la politica secondo me rimane indietro.

Bisogna ricordarla per quello che è stata, per come è stata coraggiosa, per come è stata determinante, per il suo attaccamento a quella sua terra così difficile, cui lei sognava di poter dare un grande contributo e infatti si arrabbiava veramente come una pantera quando si parlava male della sua Calabria.

Credo che le parole lascino poi il tempo che trovano e forse oggi ognuno di noi, presente in quest'Aula, dovrebbe fare qualcosa per la Calabria in ricordo di Jole Santelli, per portare avanti il suo sogno per la sua terra. (Applausi).

RIVOLTA (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RIVOLTA (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, questa mattina siamo rimasti attoniti, addolorati e commossi alla notizia della scomparsa di Jole Santelli.

È stata una donna forte, che ha avuto una brillantissima carriera sia universitaria, che politica, animata da un senso civico immenso che l'ha accompagnata per tutta la sua vita.

L'ho conosciuta durante la XVI legislatura, quando eravamo entrambe alla Camera dei deputati. Pur non essendo nella stessa Commissione, ricordo bene la stima che nutrivano per lei tutti i colleghi. Era una persona, una collega importante, che ha ricoperto - giustamente e degnamente - ruoli importanti da Sottosegretario.

È stato incredibile pensare come, malata, abbia accettato lo stesso, per la sua terra, di candidarsi e fare una campagna elettorale molto pesante. Tuttavia, quando l'obiettivo (ossia dare un contributo al cambiamento) è importante, gli ostacoli - come anche la malattia - passano in secondo in secondo piano. Lei era così: incredibilmente generosa, convinta e animata da una forza, un sentimento e un desiderio immensi di contribuire al progresso della sua terra e della sua comunità. Ripeto: era una donna incredibilmente generosa.

Penso che momenti come quello attuale servano a tutti noi per riflettere. Presi dalla pugna quotidiana, dalla vis polemica e, tante volte, da atteggiamenti molto volgari e violenti nella lotta politica, davanti a momenti di tristezza e nostra caducità dovremmo forse riflettere sui comportamenti che tante volte assumiamo. Ritengo che la maggior parte di noi faccia qui una vita pesante e abbia ritmi molto intensi. Sappiamo bene cosa voglia dire lavorare in Senato e fare il parlamentare sul territorio. Viviamo talmente di corsa che perdiamo di vista le cose importanti, i rapporti personali e il valore che ciascuno di noi deve invece continuare a coltivare e a tenere, ossia essere persone perbene e di valore e rappresentare la propria terra e la propria gente.

Signor Presidente, con questa riflessione mando, a nome del mio Gruppo, un abbraccio al Gruppo Forza Italia, alla famiglia e alla comunità di Jole Santelli. Anche io penso sia giusto che rimanga il ricordo, molto importante, che ho di Jole alla Camera dei deputati, perché lo merita. È stata una donna di grande valore e sentimento e un parlamentare che deve rimanere un esempio per tutti. (Applausi).

DE PETRIS (Misto-LeU). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE PETRIS (Misto-LeU). Signor Presidente, noi senatori del Gruppo Misto e della componente Liberi e Uguali intendiamo esprimere tutta la nostra vicinanza alla famiglia di Jole Santelli e a tutti i suoi cari.

Questa mattina sono rimasta molto colpita, come peraltro tutti, dalla notizia della sua morte che ci ha addolorato. Ho conosciuto Jole Santelli durante la XIV legislatura: lei era alla Camera dei deputati e io al Senato, ma era Sottosegretario per la giustizia. Di lei mi ha sempre colpito la solarità. Era una donna - si è detto - intelligente e coraggiosa, ma anche molto solare e assai disponibile anche nei rapporti con le altre parti politiche.

Questa mattina ho ricevuto molte telefonate, anche dalla Calabria, di persone che non erano della sua parte politica: questo per dire quanto la notizia della sua scomparsa abbia colpito tutti in modo trasversale.

Come è stato detto, è stata una donna che ha avuto molto dalla vita, ma ha anche avuto tanto coraggio; si è impegnata nella militanza ed ha sempre tentato di farsi valere profondamente, combattendo per i diritti anche delle donne soprattutto con la sua personalità. Vorrei anche dire che ha avuto il coraggio fino in fondo di mettersi in gioco candidandosi alla Presidenza della sua Regione, in un momento per lei non semplice e di difficoltà personale, con la passione di voler fare qualcosa di importante per la sua terra, che amava profondamente: era infatti intensamente radicata nella sua Calabria.

Stiamo vivendo un momento difficile e complesso, nel quale si è trovata a fare il Presidente, ma anche in questo caso ha stabilito un record: è stata la prima donna Presidente della Regione Calabria, avendo prima raggiunto tanti traguardi, avendo iniziato molto presto ad essere impegnata in politica come parlamentare.

La cosa che ci ha sempre colpito è che abbiamo sempre avuto dei rapporti non solo molto cordiali, ma anche di comunicazione e scambio, perché era una donna coraggiosa e forte, che rispettava gli altri e gli avversari politici, ed era sempre pronta ad ascoltare, così come dovrebbe essere in politica.

La voglio ricordare soprattutto così, come una persona solare, coraggiosa, che affronta - lo dico dopo aver guardato la sua ultima conferenza stampa - anche le situazioni più difficili, come lo sono state quelle degli ultimi mesi, con una grande forza e un bel sorriso.

Addio, Iole. (Applausi).

VONO (IV-PSI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VONO (IV-PSI). Signor Presidente, oggi è un brutto risveglio per la Calabria e per tutto il Paese perché, quando viene a mancare una donna giovane, coraggiosa e libera, è grave per tutta l'Italia; una donna che si è sempre impegnata a livello nazionale e che adesso stava dando la sua vita - sì, la sua vita - per la Calabria, una Regione difficile, dove fare politica è difficile e dove bisogna essere liberi ed avere un impegno rilevante, costante, quotidiano.

E tu, Iole, hai saputo reggere questo impegno malgrado la malattia che ti affliggeva e che tu avevi il coraggio anche di negare sorridendo. Non hai mai perso il coraggio e la tenacia. Sei stata una donna sempre forte negli anni e in quest'ultimo periodo lo sei stata particolarmente, con la capacità di ignorare le provocazioni e le continue aggressioni sociali, in quest'epoca di piccolezze, bassezze e di invidia sociale.

Donna non conformista, donna libera e combattente: fra qualche giorno avremmo dovuto essere alla Festa del cinema di Roma, dove portavi un grande progetto per la Calabria, il cortometraggio del regista Gabriele Muccino «Calabria, terra mia».

Che questa terra ti sia lieve, Iole. Addio. (Applausi).

MORRA (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORRA (M5S). Signor Presidente, personalmente ho conosciuto Jole Santelli grazie o, se volete, a causa di questa esperienza politica, pur essendo un cittadino della stessa città in cui lei è stata, anche da ultimo, amministratrice. Abbiamo sempre avuto posizioni politicamente diversissime e abbiamo avuto anche contrapposizioni feroci.

È stata Vicepresidente della Commissione antimafia e, quindi, ha fatto parte dell'Ufficio di Presidenza, condividendo la responsabilità importantissima di promuovere un'azione di contrasto a dinamiche che sono, evidentemente, non democratiche.

Sono l'unico uomo che oggi interviene. Jole Santelli aveva, anzi, ha - mi piace usare il presente - cinquantuno anni, neanche 52, perché a breve li avrebbe compiuti. Jole Santelli è morta per un tumore femminile, in una Regione che, ancora oggi, non riesce a garantire ai suoi abitanti un livello di assistenza dignitoso, soprattutto per pazienti oncologici. Tra l'altro, io conosco personalmente sia le sue compagne di combattimento, che hanno condiviso con lei la chemioterapia, sia i suoi terapeuti, medici e infermieri che sono stati con lei in giornate che nessuno augura a qualcuno.

In quest'occasione, proprio riprendendo l'auspicio della senatrice Rivolta, tutti quanti possiamo comprendere che il diritto alla salute, soprattutto per donne che decidono di affrontare una sfida politicamente importante, deve essere garantito a tutto tondo. Le condizioni di Jole, per quello che abbiamo saputo tutti noi calabresi, si sono anche aggravate a causa dello stress di una vita che, troppe volte, è incentrata sulla mancanza di rispetto, in cui si tende un tranello all'altro come se, in assenza di argomentazioni, debba esso produrre il risultato politico.

Sono convinto che, dalla sua morte, tutti noi possiamo essere chiamati a scegliere, come se posti di fronte a un bivio, e decidere se usare come memento quello che è avvenuto. Tutti quanti siamo chiamati non a neutralizzare tale evento, ma a confrontarci con esso, in quanto indissolubilmente legato all'esistenza. Quindi, tutti quanti noi siamo chiamati, ogni giorno, a dar conto delle nostre scelte, anche per quello che facciamo a tutela dei diritti degli altri.

Vorrei ricordare che la Calabria vive un'emergenza sanitaria che vede una bassissima adesione agli screening preventivi. Abbiamo ancora, purtroppo, da realizzare il registro tumori. Abbiamo un'emergenza sanitaria, soprattutto per malattie oncologiche, straordinariamente forte. Abbiamo tanti oncologi che lavorano in ospedali di altre parti d'Italia, ma abbiamo difficoltà a far curare in Calabria i nostri malati.

Credo che Jole sarebbe stata assolutamente d'accordo, almeno su questo, a promuovere uno sforzo comune che porti tutti quanti a comprendere che non si può far finta di nulla se chi ti vive accanto non sta bene. In Calabria c'è un'emergenza strutturale cronica e badate che è un paradosso parlare di emergenza cronica. Noi tutti dovremmo permettere a tante donne, che oggi hanno anche meno di cinquantuno anni, di poter vivere con serenità una fase difficile della vita di ognuno di noi che si chiama malattia oncologica, con la speranza, quantomeno, di essere trattati con rispetto e dignità. (Applausi).

PITTELLA (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PITTELLA (PD). Signor Presidente, credo che ognuno di noi provi sentimenti di sgomento, tristezza, incredulità. Come è stato appena ricordato, va via ad appena cinquantuno anni una donna con la «D» maiuscola, interprete prima, nella sua esperienza parlamentare, di un pensiero liberale e poi esempio di come una donna possa affrontare la sfida segnando una svolta nella guida di una Regione difficile, con i problemi gravi che ha la Calabria. Lo ha fatto con determinazione, con il sorriso e con coraggio; con quel coraggio civile che a volte manca e con cui lei ha affrontato la sfida sapendo di avere condizioni di salute precarie, ma provando un grande amore per la sua terra. Ha dato un contributo importante nella gestione di una terribile emergenza qual è la pandemia, che si è sommata alle altre terribili emergenze che vive storicamente la Calabria.

La sua esperienza e il suo stile ci consegnano anche un invito ad avere maggiore rispetto tra di noi e maggiore considerazione che questo nostro passaggio, con tutte le sue ansie, è solo un breve passaggio.

Da parte del Gruppo PD, esprimo alla sua famiglia, alla comunità calabrese e meridionale, al suo partito di Forza Italia la nostra vicinanza più profonda. (Applausi).

BRESSA (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRESSA (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, una notizia terribile ci ha sferzato questa mattina: la scomparsa prematura di una donna troppo giovane.

Io ho avuto occasione di conoscere e di lavorare assieme a Jole Santelli per molti anni in Commissione alla Camera. Ho conosciuto una donna intelligente, coraggiosa, appassionata, simpatica, ma soprattutto una donna che, anche quando sapeva e voleva essere tagliente e sferzante, con argomenti sempre concludenti, lo faceva con un'estrema e grande serenità.

Con Jole abbiamo avuto dei confronti politicamente molto duri, ma sempre su un piano di reciproco rispetto e di grande stima, anche perché, se si è così, la forza delle tue idee è capace di superare anche le differenze del tuo pensiero rispetto a quello degli altri.

La bella persona di Jole, così attaccata alla sua terra, una donna solare e serena, ci mancherà. Ci mancherai sempre tanto, Jole. (Applausi).

Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 11,10)

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. Colleghi, la Conferenza dei Capigruppo ha apportato modifiche al calendario corrente e il nuovo calendario dei lavori fino al 29 ottobre.

Nella seduta di oggi, dopo la deliberazione sulla proposta di questione pregiudiziale sul decreto-legge di proroga di misure di contrasto al Covid-19, si concluderà la discussione generale della legge di delegazione europea 2019 e delle connesse relazioni.

Alle ore 15 si svolgerà il question time con la presenza dei Ministri degli affari esteri e per le politiche giovanili e lo sport.

La settimana dal 19 al 23 ottobre sarà riservata ai lavori delle Commissioni.

Il calendario dei lavori della settimana dal 27 al 29 ottobre prevede, oltre alla conclusione della legge di delegazione europea 2019 e delle connesse relazioni, la discussione dei seguenti disegni di legge: sul distacco dei Comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dalla Regione Marche; per l'istituzione della «Giornata nazionale in memoria delle vittime di errori giudiziari»; recante disposizioni in materia di lite temeraria; di riforma del reato di diffamazione a mezzo stampa.

Giovedì 29 ottobre alle ore 15 è previsto il question time.

Calendario dei lavori dell'Assemblea
Discussione e reiezione di proposta di modifica

PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, riunitasi il 14 ottobre 2020, con la presenza dei Vice Presidenti del Senato e con l'intervento del rappresentante del Governo, ha adottato - ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento - modifiche al calendario corrente e il nuovo calendario dei lavori fino al 29 ottobre:

Giovedì

15

ottobre

h. 9,30

- Deliberazione su proposta di questione pregiudiziale in ordine al disegno di legge n. 1970 - Decreto-legge n. 125, Proroga misure di contrasto COVID-19

- Seguito della discussione generale del disegno di legge n. 1721 - Legge di delegazione europea 2019 e connessi Doc. LXXXVI, n. 3, e Doc. LXXXVII, n. 3, recanti relazioni sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea

- Interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento (ore 15)

La settimana dal 19 al 23 ottobre sarà riservata ai lavori delle Commissioni.

Martedì

27

ottobre

h. 16,30-20

- Seguito della discussione del disegno di legge n. 1721 - Legge di delegazione europea 2019 (voto finale con la presenza del numero legale) e connessi Doc. LXXXVI, n. 3, e Doc. LXXXVII, n. 3, recanti relazioni sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea

- Disegno di legge n. 1144 e connessi - Distacco dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dalla regione Marche (approvato dalla Camera dei deputati)

- Disegno di legge n. 1686 e connesso - Giornata vittime errori giudiziari

- Disegno di legge n. 835 - Lite temeraria

- Disegno di legge n. 812 - Diffamazione a mezzo stampa

- Interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento (giovedì 29, ore 15)

Mercoledì

28

"

h. 9,30-20

Giovedì

29

"

h. 9,30

Gli emendamenti ai disegni di legge n. 1144 e connessi (Distacco dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dalla regione Marche), n. 1686 e connesso (Giornata vittime errori giudiziari), n. 835 (Lite temeraria) e n. 812 (Diffamazione a mezzo stampa) dovranno essere presentati entro le ore 16 di venerdì 23 ottobre.

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 1721
(Legge di delegazione europea 2019)
e dei connessi Doc. LXXXVI, n. 3, e Doc. LXXXVII, n. 3
(Relazioni programmatica e consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea)
(7 ore, escluse dichiarazioni di voto)

Relatori

1 h.

Governo

30'

Votazioni

30'

Gruppi 5 ore, di cui:

M5S

1 h.

3'

L-SP-PSd'Az

48'

FI-BP

44'

PD

35'

Misto

32'

FdI

27'

IV-PSI

27'

Aut (SVP-PATT, UV)

23'

Dissenzienti

5'

ROMEO (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROMEO (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, a nome del Gruppo della Lega, proponiamo una modifica rispetto al calendario che è stato stabilito nella Conferenza dei Capigruppo, ovvero che nella settimana che va dal 26 ottobre in poi venga calendarizzata anche la mozione di sfiducia nei confronti del ministro Azzolina, così come già richiesto nella precedente riunione.

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di modifica del calendario dei lavori dell'Assemblea volta a inserire nella settimana dal 27 al 29 ottobre la discussione della mozione di sfiducia al ministro Azzolina, avanzata dal senatore Romeo.

Non è approvata.

ROMEO (L-SP-PSd'Az). Chiediamo la controprova.

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

Non è approvata.

Discussione e deliberazione su proposta di questione pregiudiziale riferita al disegno di legge:

(1970) Conversione in legge del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, recante misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché per l'attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020 (ore 11,14)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione e la deliberazione su proposta di questione pregiudiziale riferita al disegno di legge n. 1970.

Ha facoltà di parlare il senatore Vitali per illustrare la questione pregiudiziale QP1.

VITALI (FIBP-UDC). Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, dopo la notizia di stamane, l'ultima cosa che avrei voluto fare era quella di illustrare una pregiudiziale di costituzionalità. Mi sento infatti come un tizio che è stato investito da un camion. Abbiamo però anche dei doveri e credo che anche questo significhi rispettare l'esempio e l'insegnamento che ci lascia Jole Santelli.

Il decreto-legge n. 125 del 2020 contiene alcune misure che sono la riedizione di misure adottate già in precedenza: la continuità operativa del sistema di allerta Covid; la proroga dei termini in materia di nuovi trattamenti di cassa integrazione, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga; l'attuazione della direttiva europea che inserisce la Sars Covid-19 nell'elenco degli agenti biologici che possono infettare l'uomo; l'ultra attività del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 settembre 2020.

È saliente però un elemento contenuto nel decreto-legge che riguarda la proroga dello stato di emergenza sino al 31 gennaio 2021. Tra le novità, è inserito l'obbligo di portare sempre con sé dispositivi di protezione e di usarli quando non è possibile mantenere le distanze di sicurezza. Sul rapporto Stato-Regioni si stabilisce che queste non possono intervenire in maniera meno rigida sulle norme previste dal provvedimento.

La cosa che però ci lascia perplessi è la reiterazione dell'uso dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che, oltre a non essere sottoposti al vaglio del Parlamento - come abbiamo detto tante volte, specificandolo anche nelle altre pregiudiziali e in tanti dibattiti parlamentari - non hanno neanche il vaglio del Presidente della Repubblica e, quindi, non possono avere una verifica ex post da parte della Corte costituzionale.

Non è opportuno, né costituzionalmente legittimo, che alle richieste di proroga dello stato di emergenza, peraltro con modalità inedite rispetto a quelle adottate dagli altri Paesi europei, si autorizzi il Consiglio dei ministri a limitare le libertà dei cittadini con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.

Ci sembra che lo stato di emergenza sia diventato lo scudo per atti forzati, addirittura in contrasto con lo spirito della Costituzione. Un Governo serio e autorevole deve essere in grado di gestire una situazione emergenziale, come quella che stiamo vivendo, con strumenti ordinari, soprattutto quando detta situazione era prevista, prevedibile e conosciuta già da gennaio 2020; nulla di nuovo.

Abbiamo la sensazione che il ricorso smisurato alla decretazione di urgenza, più che essere giustificato dalla necessità di affrontare emergenze contingenti, frutto della emergenza sanitaria che viviamo, sia il risultato di una contorta strategia politica, tendente a marginalizzare le opposizioni e il Parlamento. Alle opposizioni non viene concesso di intervenire, interloquire, modificare e migliorare i provvedimenti e si mortifica il Parlamento, ormai destinato solo a subire le scelte dell'Esecutivo, con lo sfrenato ricorso al voto di fiducia.

Per non parlare - anche questo è un argomento più volte sollevato in Assemblea - del fatto che abbiamo trasformato un bicameralismo perfetto in un monocameralismo forzato e lo abbiamo realizzato - lo avete realizzato - senza neppure cambiare la Costituzione.

Signor Presidente, mi consentirà di fare una chiosa su quello che è successo ieri. Dopo il voto sullo scostamento di bilancio, abbiamo assistito a un tripudio, come se avessimo partecipato a una manifestazione sportiva conclusasi in maniera positiva: c'era chi aveva vinto e chi aveva perso. A me sembra che vi fosse poco da festeggiare, perché la maggioranza ha fatto esattamente il proprio dovere: ha dimostrato di essere maggioranza in questo Parlamento e chi è maggioranza lo deve dimostrare con i numeri, né più, né meno. È un'attività ordinaria. Voglio fare una piccola nota polemica, sempre nel rispetto dei ruoli: credo che ieri la maggioranza, più che aver fatto gli interessi degli italiani, abbia fatto gli interessi della propria parte politica, perché, consapevole di essere minoranza reale nel Paese, ha rinviato sine die il confronto con l'elettorato; un confronto che prima o poi ci sarà e verrà.

Non basta un modesto intervento a favore delle Forze dell'ordine e dei Vigili del fuoco a rendere digeribile questo decreto-legge e compatibile con l'articolo 70 della Costituzione. Noi riteniamo che, invece di continuare con la decretazione di urgenza, il Governo e la maggioranza debbano concentrarsi sulla necessità di esitare gli oltre 200 decreti attuativi che di fatto immobilizzano e congelano le norme che voi stessi avete realizzato. (Applausi).

Io credo che, piuttosto che procedere con i decreti-legge, questo Governo debba pensare a far ottenere la cassa integrazione a quei 300.000 operai che ancora l'attendono, visto che dai vostri discorsi e dalle vostre enunciazioni emerge il principio che nessuno sarà lasciato indietro. Ma 300.000 operai aspettano ancora la cassa integrazione.

Questo Governo dovrebbe occuparsi di ridurre la pressione fiscale, che non è al 42 per cento, come è stato ritenuto nella discussione di ieri: un'indagine economica ha accertato che oggi in Italia la pressione fiscale è ben del 48 per cento. Io credo che un Governo serio debba soprattutto dare una motivazione adeguata alle giovani generazioni, alle quali, sin da ora, avete regalato soltanto debito pubblico, senza orizzonti, né programmi, né futuro.

Per questo, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento, chiediamo di non procedere all'esame del provvedimento n. 1970. (Applausi).

PRESIDENTE. Nel corso della discussione potrà prendere la parola un rappresentante per Gruppo, per non più di dieci minuti ciascuno.

GRIMANI (IV-PSI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRIMANI (IV-PSI). Signor Presidente, per me e per tutti noi è una giornata difficile e, quindi, dibattere sulla questione pregiudiziale appare veramente complicato e addirittura poco rispettoso. Ma è il nostro lavoro e dobbiamo andare avanti, ricordando la determinazione di Jole Santelli.

La questione pregiudiziale, posta ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento, appare a nostro avviso pretestuosa e, di fatto, in contrasto con il percorso legislativo compiuto in questi mesi, con tutti i provvedimenti che si sono succeduti per contrastare l'emergenza epidemiologica.

Il decreto-legge n. 125 del 2020, di fatto, introduce una novella giuridica nel decreto-legge n. 19 di questo anno, che è un po' la cornice giuridica in cui si sono inseriti tutti i provvedimenti successivi, a partire dai tanto declamati decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.

Con il decreto-legge in esame proroga lo stato di emergenza al gennaio 2021 e, conseguentemente, si prorogano tutte le scadenze che sarebbero coincise con la fine del precedente stato di emergenza. Si introduce un elemento che caratterizzerà la fase attuale di contrasto alle emergenze epidemiologiche, che è l'obbligo di avere sempre con sé dispositivi di protezione delle vie respiratorie.

Sostanzialmente, questo decreto non introduce elementi giuridici nuovi, ma proroga come principio giuridico gli effetti del decreto-legge n. 19, con l'elemento di novità di cui ho parlato, insieme ad altri contenuti all'interno del decreto stesso, a partire dalla questione che attiene all'App Immuni per quanto riguarda la possibilità che abbia una funzionalità anche oltre frontiera. Secondo me, in ciò si rileva la sostanza del ragionamento che ci porta a respingere e a non condividere la questione pregiudiziale. La cornice giuridica che il decreto-legge n. 19 fornisce, infatti, nell'ordinamento consente anche una copertura giuridica dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.

Ricordiamo la fase precedente all'approvazione del decreto-legge n. 19, nella quale anche noi, come Gruppo Italia Viva, manifestammo delle perplessità rispetto all'utilizzo eccessivo di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. In quel momento contestavamo le modalità di gestione dell'emergenza, che era eccessivamente svincolata da un rapporto con il Parlamento. Proprio in virtù di questo, il decreto-legge n. 19 giunto successivamente ha ridefinito il contesto giuridico entro cui collocare tutti gli interventi necessari a gestire l'emergenza epidemiologica, a partire da tutte le possibili azioni che l'articolo 2 di quel decreto mette in relazione, iniziando dalla restrizione delle libertà personali per quanto riguarda la circolazione - ad esempio - che è ciò che più colpisce ed è da tutelare dal punto di vista costituzionale.

Proprio quel decreto determina la cornice giuridica rispetto alla Costituzione e al suo articolo 16, che dice che la restrizione delle libertà personali di circolazione è possibile soltanto in virtù di un intervento avente forza di legge. Quel principio tiene insieme tutti i provvedimenti successivi. Credo, quindi, che la cornice giuridica alla base della gestione dell'emergenza e, in particolar modo, dell'utilizzo dei decreti del Presidente del Consiglio sia pienamente in essere. Il decreto-legge n. 19, infatti, c'è ed è soltanto prorogato nei suoi effetti.

Altra cosa potrebbe essere il rapporto tra Governo e Parlamento. Credo, comunque, che quello stesso decreto-legge introduceva il dovere del Governo di rapportarsi con il Parlamento. È vero che quel decreto dice che ciò può avvenire anche successivamente all'emanazione del decreto e, comunque, abbiamo avuto prova di una presenza costante del Governo in queste settimane. Dimentico le volte in cui è venuto - sono state molte - il ministro della salute Roberto Speranza a dialogare con il Parlamento relativamente alle iniziative in corso del Governo per fronteggiare l'emergenza, soprattutto contestualmente all'emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio, come è avvenuto nell'ultima settimana con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 ottobre.

Credo che quindi, dal punto di vista dell'ordine legislativo, o meglio del rispetto del dei principi costituzionali, non vi sia nulla da obiettare.

Invece, si potrà aprire un confronto e un dibattito politico-parlamentare - non solo dopo l'approvazione del decreto al nostro esame ma in generale - sul tema della rapidità della discussione di decreti che, di fatto, essendo stati presentati in una condizione di emergenza, necessitano di un'approvazione rapida e spesso, contenendo la cornice nella quale si inserisce il successivo decreto del Presidente del Consiglio, di un'approvazione tal quale, così come varati dal Consiglio dei ministri. Questo è un tema generale, relativo al funzionamento del nostro sistema legislativo, che va affrontato. Lo diciamo ogni volta, ormai è da marzo che solleviamo il problema del monocameralismo di fatto, ma tale tema non è attinente al decreto al nostro esame perché riguarda un problema complessivo relativo al funzionamento del sistema legislativo del nostro Paese. Una considerazione di questa natura è necessaria ma non è pertinente alla possibilità di chiedere un rinvio della trattazione del provvedimento in discussione.

Sulla base di queste considerazioni, chiediamo di respingere la questione pregiudiziale e di procedere all'esame del provvedimento.

VALENTE (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VALENTE (PD). Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione l'intervento del senatore Vitali, dopo avere letto con cura la pregiudiziale e mi sento di esprimere una particolare amarezza perché la discussione di oggi non può non essere completamente scevra da ciò che accade in queste ore, dai dati di ieri e dall'evoluzione dell'epidemia in corso che inchioda tutti noi ad un grandissimo senso di responsabilità. Quindi sarebbe difficile non valutare una pregiudiziale di questo tipo anche dentro questo contesto. Al netto di tale amarezza, però, che esprimo sinceramente per l'ennesima occasione mancata di collaborazione e per la mancata possibilità di intravedere un percorso che porti le opposizioni a dare un contributo di merito, non comprendo la coerenza della presentazione di una pregiudiziale per ragioni che sostanzialmente negherebbero l'esigenza stessa di presentarla.

Provo a spiegarmi meglio: da mesi e settimane sentiamo dire che rischiamo di mortificare il ruolo del Parlamento nella gestione di questa epidemia, il ruolo delle istituzioni e quindi l'iter legislativo che accompagna la gestione dell'epidemia stessa, perché troppo spesso il Parlamento è a latere delle decisioni e per l'uso abnorme dei decreti del Presidente del Consiglio e della possibilità di dichiarare lo Stato di emergenza. Intanto con il provvedimento al nostro esame - lo dico al senatore Vitali che è troppo attento - noi non dichiariamo lo stato d'emergenza. Lo stato d'emergenza lo dichiara il Presidente del Consiglio dei ministri, peraltro dopo essere stato qui, dopo avere ascoltato il Parlamento e dopo quest'ultimo, attraverso il voto di alcune risoluzioni, abbia dato degli indirizzi. Solo successivamente, così come è avvenuto in questi mesi, il Presidente del Consiglio ha dichiarato lo stato di emergenza anche in relazione, ovviamente, ai provvedimenti adottati dalla Protezione civile. Quindi la dichiarazione dello stato di emergenza non è oggetto del provvedimento al nostro esame.

Come ha detto il senatore Grimani, con questo provvedimento proroghiamo provvedimenti già adottati con decreto-legge, che sono fonte di rango primario e che prevedono il ruolo del Parlamento. Proroghiamo misure che sono già state adottate nei decreti precedenti, in modo particolare nei decreti nn. 19, 33 e 83 del 2020 che ormai conosciamo siano ma che si riferiscono a provvedimenti che contengono sostanzialmente misure che consentono al Paese di affrontare il periodo attuale e anche di modificare le norme stesse. Infatti i provvedimenti sono sempre temporanei, ferma restando l'esigenza di valutare, di volta in volta, l'evoluzione dell'epidemia. Per questa ragione dicevo che anche la discussione di oggi non può prescindere dai dati registrati ieri.

Torno al punto che mi sembra essere davvero più di merito rispetto alla questione pregiudiziale, anche perché, ascoltando quello illustrativo della stessa pregiudiziale ho fatto un po' fatica perché mi sembrava oggettivamente più un intervento in discussione generale che nel merito del provvedimento. Infatti fate fatica anche voi a motivare una questione pregiudiziale che, se paradossalmente fosse accolta, pregiudicherebbe la discussione del disegno di legge di conversione di questo decreto-legge, con la conseguenza che azzittiremmo il Parlamento. Il decreto-legge, infatti, in questa circostanza resta l'unico strumento a disposizione, a meno che non pensiamo di affrontare questa fase con leggi ordinarie, con i tempi che prevede il Parlamento e il bicameralismo a cui lei faceva giustamente riferimento. L'unico strumento che riusciamo ad utilizzare per tentare di stare al passo con i tempi e l'emergenza che ci impone questa epidemia oggettivamente è il decreto-legge.

Quindi, mi sarei aspettata esattamente il contrario, ovvero che le forze di opposizione chiedessero che ci fossero più cose dentro il decreto-legge e non che addirittura il Parlamento non lo discutesse. Una questione pregiudiziale davvero non si giustifica; è esattamente il contrario di quello che voi stessi chiedete, perché nel momento in cui chiedete un protagonismo maggiore del Parlamento, è esattamente quello che saremo chiamati a fare nelle prossime ore, analizzando il contenuto corposo del provvedimento, che - com'è stato detto - proroga alcune misure, ne modifica altre adottate in precedenza e ne adotta di nuove. Faccio l'esempio delle Regioni: avevamo prima previsto una stretta rispetto alle Regioni; poi ci siamo sentiti, in una fase in cui la curva scendeva, di allargare le maglie delle Regioni e anche di adottare provvedimenti meno restrittivi; oggi, di fronte a una drammatica espansione dell'epidemia, diciamo nuovamente alle Regioni che non possono approvare misure che amplino quanto abbiamo previsto, ma soltanto più restrittive. Idem per l'utilizzo delle mascherine e le misure di protezione delle vie respiratorie: sostanzialmente dentro il provvedimento aggiungiamo altri dispositivi volti a contrastare questa emergenza e chiediamo di renderli obbligatori. Ancora una volta, arricchiamo il ruolo del Parlamento: il Parlamento si pronuncia su provvedimenti che, dopo aver dichiarato lo stato d'emergenza, paradossalmente il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe potuto adottare con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Quindi, veramente non capisco la ratio di una pregiudiziale di questo tipo, perché lei giustamente ha detto, alla fine del suo intervento, che si augura che questo provvedimento non sia approvato. Mi viene a questo punto da chiedere a lei e a chi presentato la questione pregiudiziale: se approvassimo la pregiudiziale, che cosa sarebbe del nostro dibattito parlamentare? Come il Parlamento potrebbe essere protagonista dentro questa fase? Come potrebbe intervenire in queste norme? Con quale altro strumento?

Per queste ragioni credo che la questione pregiudiziale, nel merito ma anche nella ratio che l'ha ispirata, vada assolutamente respinta, ragion per cui preannuncio il voto contrario del Gruppo del Partito Democratico. (Applausi).

MALAN (FIBP-UDC). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAN (FIBP-UDC). Signor Presidente, abbiamo presentato la questione pregiudiziale al nostro esame, perché è probabilmente l'unico voto che ci sarà possibile esprimere sul provvedimento, perché, a meno che in questo caso non ci sia un'eccezione a quella che è diventata la regola, il disegno di legge di conversione del decreto-legge sarà votato con un voto di fiducia, per cui non si potrà in Aula votare alcun emendamento e neppure gli ordini del giorno. Di conseguenza, questa è l'unica occasione in cui ci si può esprimere sul decreto-legge. Ecco perché abbiamo presentato la questione pregiudiziale.

C'è un punto fondamentale - l'ha detto molto bene nell'illustrare la questione pregiudiziale il senatore Vitali - contenuto nell'articolo 5 del decreto-legge: si continua a sostituire la Costituzione, in particolare l'articolo in cui si dice che in casi straordinari di necessità e urgenza il Governo (ed è l'unico caso, lo dice chiaramente quell'articolo) può adottare provvedimenti aventi valore di legge con le modalità che sono illustrate, cioè con il decreto-legge.

Non si trova, nella Costituzione, un articolo che prevede casi talmente straordinari e urgenti, che bisogna ignorare anche l'articolo 77 e dunque usare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero uno strumento che in passato è stato sempre utilizzato per questioni di dettaglio o amministrative, non certo per provvedimenti che limitano le libertà dei cittadini (sia pure giustificatamente alla luce della Costituzione, qualora fossero adottati secondo le modalità previste dalla Costituzione stessa). In altre parole, i padri costituenti, che venivano da una guerra di cinque anni, con una guerra civile e con le distruzioni susseguenti alla guerra, che sapevano cos'era un caso di straordinaria necessità ed urgenza, hanno detto che il massimo che si può fare è usare il decreto-legge.

Peraltro il decreto-legge è velocissimo, è altrettanto veloce del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, perché entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Allora non si capisce: o vi inventate un modo per cui basta che il Presidente del Consiglio pensi qualcosa, come ai tempi delle monarchie assolute, e questo è legge, oppure non c'è nulla di più veloce del decreto-legge e, peraltro, nulla di più rispettoso della Costituzione. Invece, il Presidente del Consiglio dei ministri ha emanato i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, per cui, come ha detto il senatore Vitali, non ci sono il visto e l'autorizzazione del Presidente della Repubblica e non c'è il passaggio in Parlamento, con le garanzie previste. Il Parlamento, infatti, entro cinque giorni può far decadere immediatamente il decreto-legge. In questo caso, invece, non c'è alcuna di queste garanzie.

Oggi questo strumento viene usato per il Covid-19, ma un domani potrà essere usato per un'altra cosa, ad esempio per l'emergenza economica, causata dai danni del Covid. Se ci saranno molte persone senza lavoro e se ci saranno molti disperati in giro, si potranno dunque limitare ulteriormente le libertà personali, usando di nuovo un decreto, che è incostituzionale per come è scritto e per la sua natura. Colleghi, quello che state facendo è pericolosissimo. Se pensate che il vostro Governo non farebbe mai una cosa del genere - evidentemente ve ne fidate, altrimenti non dovreste votare la fiducia - ricordate però che i Governi cambiano, ma le procedure, una volta che sono state usate, è molto facile che rimangano. Cosa direte ad un futuro Governo, che usasse il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, indebitamente, per un'emergenza che decide lui solo? Direste che quel Governo non può usare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri? (Applausi). Sarete voi la causa di quell'eventuale e futuro abuso.

Qui c'è sempre di più la tendenza, infatti, a spostare altrove le decisioni: non si decide più in Parlamento, ma si decide in Consiglio dei ministri, anzi decide da solo il Presidente del Consiglio dei ministri. Non si decide qui, ma decide la Corte costituzionale. Non si decide qui, ma decide l'Agenzia del farmaco. Non è che siamo affezionati al nostro ruolo e ci sentiamo eventualmente defraudati, se le decisioni vengono prese da un'altra parte, ma c'è un "piccolo" problema: il Senato e la Camera dei deputati sono gli unici organi nazionali eletti dai cittadini. (Applausi). Non sono eletti dai cittadini né l'Agenzia del farmaco, né la Corte costituzionale e neppure il Presidente del Consiglio dei ministri, pur avendo la fiducia delle Camere, ai sensi della Costituzione. La Costituzione, però, invece di farne spezzatino, come state cercando di fare, va rispettata nel suo insieme. Dunque, un Governo, pur presieduto da una persona che neppure si è presentata alle elezioni, è legittimo costituzionalmente, se l'intera Costituzione viene rispettata e se le leggi vengono fatte o in Parlamento o per decreto-legge e non con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, e se il Governo, in un'epoca in cui dice che c'è un'emergenza, non la usa per inserire nei provvedimenti della cosiddetta emergenza ogni sorta di misura, che nulla ha a che fare con tale emergenza.

Ed è legittimo, se si rispetta il Regolamento della Camera e il Regolamento del Senato, che agli articoli 148 e 153 prevede che alle interrogazioni si risponde entro quindici giorni, per quelle a risposta orale, ed entro venti giorni, per quelle a risposta scritta.

Da settimane sono senza risposta, oltre a quelle ordinarie, interrogazioni su misure prese alla luce dell'emergenza. Potrei fare decine di esempi, ma mi limiterò a due.

C'è innanzitutto l'interrogazione sul famoso acquisto di 2.400.000 banchi di scuola: a più di due mesi da quando i contratti sono stati perfezionati - ne siamo a conoscenza da comunicati - non sappiamo da chi siano stati comprati e a quale prezzo. Nell'unico contratto del quale abbiamo avuto contezza, che poi è stato dichiarato annullato due giorni dopo che è venuta fuori la notizia, c'erano prezzi da tre a sette volte superiori a quelli di mercato, con acquisto da una società che non aveva alcuna esperienza nel settore, né aveva in passato un fatturato minimamente paragonabile all'acquisto che veniva fatto. Ancora non sappiamo nulla al riguardo: è un'indecenza. Dovrebbe essere il Governo a chiedere di venire a rispondere (Applausi), invece, dopo due mesi, ancora non sappiamo niente.

Non c'è risposta neppure all'interrogazione riguardante una delle tantissime disposizioni inserite per ragioni di straordinaria necessità e urgenza che guarda caso, nel modificare la disciplina della tassa di soggiorno, sgrava il procedimento a carico di una persona legata per via familiare o di convivenza al Presidente del Consiglio: parliamo del padre di colei che è notoriamente la compagna del Presidente del Consiglio, che è stato sgravato da un'accusa da poco che gli poteva costare fino a dieci anni e sei mesi di reclusione. L'interrogazione chiede di sapere se il Presidente del Consiglio ne era a conoscenza e se aveva contezza della situazione di questa persona a lui in qualche modo legata. Non c'è stata risposta. (Applausi).

Notate bene che il Regolamento del Senato prevede anche la facoltà per il Governo di dichiarare di non poter rispondere, indicandone i motivi e giustificando: non è avvenuto neppure questo.

Allora, se non si rispetta il Regolamento del Senato, se non si rispetta l'articolo 77 della Costituzione, è l'insieme che non funziona.

Gentile collega Valente, lei ha usato un'argomentazione logica chiedendo perché, se vogliamo il ruolo del Parlamento, chiediamo che non si discuta questo decreto-legge. Lo chiediamo perché questo decreto-legge è nella logica di spostare altrove le decisioni, alla faccia dell'articolo 70 della Costituzione, secondo il quale le leggi si fanno qui in Parlamento e dell'articolo 77, secondo il quale, se c'è straordinaria necessità ed urgenza, il Governo adotta un decreto-legge che passa dal Presidente della Repubblica immediatamente al Parlamento e non da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su cui noi non possiamo intervenire. (Applausi).

MAUTONE (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAUTONE (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, il prolungamento dello stato di emergenza epidemiologica da Covid 19 fino al 31 gennaio 2021, con l'adozione di tutte le possibili misure conseguenti per il contenimento della diffusione dell'epidemia, nasce, secondo me, da una necessità oggettiva: il progressivo realizzarsi di condizioni effettivamente in rapida progressione negativa, con aumento ad un ritmo accelerato di sempre nuovi focolai, oramai diffusi in tutto il Paese.

Con l'apertura di tutte le attività dopo il lockdown ciò era quasi prevedibile. Purtroppo, in diverse situazioni, il poco senso civico di alcuni e la scarsa responsabilità nei confronti della collettività hanno creato le condizioni facilitanti, se non determinanti, della ripresa della diffusione del virus.

Come è scientificamente dimostrato, non esistono altri modi per fermare la contagiosità e lo sviluppo di nuovi focolai, se non i mezzi di protezione individuali e collettivi e il distanziamento sociale.

Non abbiamo un'immunità innata al coronavirus; la dovremo acquisire naturalmente, con il contatto con il virus selvaggio (spesso e per fortuna, senza o con poche manifestazioni cliniche), oppure artificialmente, attraverso ceppi virali attenuati o frazioni di essi, cioè mediante la somministrazione del vaccino capace di farci immunizzare e produrre anticorpi protettivi a un titolo tale da bloccare lo sviluppo del virus e i suoi deleteri effetti patogeni.

Il SARS-Cov-2 viene inserito nell'elenco degli agenti biologici capaci di causare malattie infettive nell'uomo, con tutte le conseguenze epidemiologiche che ciò comporta. La situazione è difficile e complessa nelle sue multiformi sfaccettature. Anche la nostra organizzazione sanitaria, con il ruolo non secondario svolto dalle Regioni in tema di sanità, con una loro larga autonomia decisionale e specifiche competenze, ha spesso ostacolato e comportato discrepanze rispetto ai provvedimenti adottati a livello centrale e ritardato la loro attuazione.

Con il provvedimento in esame si ribadisce il divieto per le Regioni di adottare misure meno restrittive di quelle adottate a livello nazionale, prevedendo...

PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Mautone.

Colleghi, ricordo che gli assembramenti sono vietati, soprattutto all'ingresso dell'Aula.

Dopo i numeri che abbiamo sentito oggi, anche in Aula, credo che il primo esempio debba venire dalle Assemblee parlamentari.

Prego, senatore Mautone.

MAUTONE (M5S). Grazie, signor Presidente.

Con il provvedimento in esame si ribadisce il divieto per le Regioni di adottare misure meno restrittive di quelle adottate a livello nazionale, prevedendo la sola possibilità di norme ampliative e ancora più restrittive, in rapporto a particolari situazioni critiche locali potenzialmente rilevanti dal punto di vista epidemiologico.

Pur tra le mille difficoltà e problematiche che la pandemia ha improvvisamente catapultato sul mondo, non si può non riconoscere, oggettivamente, il decisionismo e l'equilibrio delle scelte adottate per contrastare il Covid-19. Anche se ad alcuni possono sembrare particolarmente rigide e limitanti alcune libertà individuali, tali scelte, insieme al senso di responsabilità della stragrande maggioranza degli italiani che hanno aderito con fiducia alle misure di prevenzione adottate fino a oggi (le eccezioni sono sotto gli occhi di tutti), hanno permesso di reggere l'urto violento della pandemia meglio di altri Paesi europei come Francia, Spagna e Gran Bretagna, e mondiali come gli Stati Uniti, da sempre visti e considerati modelli sanitari virtuosi da imitare e osannare. Tutto ciò, pur negli errori correggibili e nelle carenze evitabili che comunque si sono verificati. D'altronde, una verità è certa: chi non opera o non decide non può incorrere in errori.

Se nella triste classifica del numero dei contagi l'Italia si colloca al di sotto della media degli altri Paesi, un motivo alla base ci deve pur essere. Sicuramente i provvedimenti adottati e la loro effettiva applicazione hanno giocato un ruolo positivo e determinante, come è stato giustamente riconosciuto dall'Organizzazione mondiale della sanità al nostro Paese. Tutto ciò non poteva però realizzarsi senza lo spirito di sacrificio, la professionalità, le competenze, la dedizione e la disponibilità di tutti gli operatori sanitari che, con abnegazione, coraggio e a volte anche il sacrificio della propria vita, hanno reso possibile un vero miracolo umano.

Sulla tematica della virulenza e diffusione dei contagi non si può essere rassicurati o rasserenati dal fatto che gli altri stanno peggio di noi. Occorre essere orgogliosamente italiani, non abbassare la guardia e avere fiducia nell'operato di chi finora tale fiducia se l'è meritata e guadagnata sul campo.

L'adesione di tutti noi ai programmi e alle misure di prevenzione, lasciando da parte il disfattismo fine a se stesso o l'ostracismo corporativistico di alcuni, permetterà di guardare al futuro, tutti insieme, con fiducia realistica e non utopistica. La strada è ancora lunga, irta di difficoltà e purtroppo vedrà ancora altre vittime innocenti, ma è quella giusta, pur costellata di provvedimenti che qualcuno può giudicare esagerati (ma in realtà commisurati alla gravità del momento). In situazioni eccezionali, anche le risposte devono essere pronte, chiare, improntate a fermezza e a decisione. Riprendiamoci il nostro futuro, il destino nelle nostre mani.

In virtù di tutte le considerazioni fatte, il MoVimento 5 Stelle voterà contro la pregiudiziale presentata. (Applausi).

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento, indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della questione pregiudiziale QP1, presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori, riferita al disegno di legge n. 1970.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Seguito della discussione congiunta del disegno di legge:

(1721) Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2019 (Relazione orale)

e dei documenti:

(Doc. LXXXVI, n. 3) Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (Anno 2020)

(Doc. LXXXVII, n. 3) Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (Anno 2019)

(ore 11,56)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione congiunta del disegno di legge n. 1721 e dei documenti LXXXVI, n. 3, e LXXXVII, n. 3.

Ricordo che nella seduta del 7 ottobre il relatore sul disegno di legge n. 1721 ha svolto la relazione orale, la relatrice sui documenti LXXXVI, n. 3, e LXXXVII, n. 3, ha integrato la relazione scritta e ha avuto inizio la discussione generale congiunta.

Ricordo altresì che le proposte di risoluzione alla relazione programmatica e consuntiva possono essere presentate prima della conclusione della discussione generale. (Brusio).

Colleghi, consentite l'uscita dall'Aula. Se i colleghi ce lo consentono, vorremmo iniziare con la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Bossi Simone. Ne ha facoltà.

BOSSI Simone (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, dopo mesi di lavoro e un serio confronto politico, ci troviamo in Aula a parlare della legge di delegazione europea. Essendo stato l'anno scorso il relatore della legge di delegazione europea, voglio rinnovare al Sottosegretario - che poi se ne farà portavoce con il Ministro - una raccomandazione che avevo fatto anche allora al suo predecessore. Credo infatti che sia opportuno, vista l'importanza del provvedimento in discussione, che la legge di delegazione europea venga sdoppiata, affrontando una parte ogni sei mesi. Vi sono infatti tanti articoli da trattare, peraltro di tale importanza da agire sulla quotidianità di tutti i giorni per cui credo che sia un suggerimento che si possa attuare, proprio perché vogliamo lavorare bene.

Non che in questo disegno di legge non abbiamo lavorato bene; anzi, abbiamo lavorato molto bene, ma potremmo mettere in calendario e possiamo iniziare a parlarne di questo lavoro. Dicevo che si fa fatica ad analizzare 20 articoli in fretta e furia. Serve tempo.

Qui c'erano 20 articoli, che spaziavano dalle comunicazioni, al copyright, all'ambiente, all'agricoltura, al benessere animale, all'economia e alle banche. Proprio nella fase emendativa, noi abbiamo avuto delle divergenze con la maggioranza. È normale, proprio perché ognuno ha le proprie idee e porta avanti i suoi temi. Una divergenza su tutte: non ci siamo trovati d'accordo sul divieto dell'utilizzo e sulla dismissione di determinate plastiche (i famosi bicchierini).

Non vorrei annoiare quest'Aula ricordando che proprio quest'ultime ci hanno salvato nei momenti tristi di lockdown, ma penso che dobbiamo insegnare alla gente l'utilizzo delle plastiche in modo corretto e non obbligarli alla dismissione immediata delle stesse. Se mi è permesso, invece, faccio una critica costruttiva, che già avevo fatto in Commissione, al relatore e che quest'ultimo aveva anche accolto. Io colgo l'occasione per ringraziare il relatore Pittella per la sua disponibilità, perché è stato veramente molto bravo in questi passaggi. In questa legge di delegazione europea manca tutta una parte relativa al post Covid-19 e al lockdown, alle ricadute sul tessuto economico, produttivo, sanitario e sociale. (Applausi).

Spero che nella seconda lettura alla Camera ci sia la volontà di aggiungere tutta una serie di articoli che vanno in questa direzione, perché non si può far finta di niente e la classe politica del nostro Paese non deve girarsi dall'altra parte, bensì farsi carico dei risvolti drammatici che la pandemia ha lasciato e che sono sotto gli occhi di tutti.

Chiedo, quindi, cortesemente, di uniformare quelle linee programmatiche che andremo ad approvare e di uniformare la legge di delegazione europea, anche sulle basi del dramma che abbiamo vissuto.

Volevo rivolgermi al Ministro, ma mi rivolgo al Sottosegretario, che è sempre stato presente in questa fase di lavoro. Lei sa benissimo che, quando devo discutere, non ho mai avuto problemi e, anzi, sono sempre stato molto diretto. Personalmente, posso dirvi che stavolta mi avete stupito, perché avete fatto le cose come dovevano essere fatte. C'è stata una lunga parte di audizioni, c'è stata una lunga parte emendativa, dove si è avuto, finalmente, un grande confronto e un dibattito sulle tematiche. Ci sono state votazioni e la possibilità, finalmente, di discutere i temi che sono stati messi sul tavolo.

Devo riconoscere che la maggioranza ha accolto anche tanti dei nostri emendamenti e per questo vi ringrazio, proprio perché c'è stato un grande lavoro di condivisione. Mi permetto una raccomandazione: usate questo metodo di lavoro tutto quello che arriva nelle Aule del Parlamento, perché forse è il metodo di lavoro giusto. (Applausi).

Già il fatto che non si chieda la fiducia su questo provvedimento e che, finalmente, vi sarà una sana votazione, mi sembra di buon auspicio per andare in questa direzione. Questo, tra l'altro, è il primo provvedimento di una certa importanza, dalla nascita del Governo Conte bis, che finalmente si vota in Aula.

Concludo ringraziando, a nome mio e di tutto il settore della pesca sportiva e ricreativa, il sottosegretario Agea per il lavoro che ha fatto in Commissione, dandomi la possibilità, ovviamente insieme al relatore, di discutere gli emendamenti che ho messo sul tavolo. Io la ringrazio perché questo settore non è mai considerato da nessuno, viene sempre messo in un angolo, perché, purtroppo, come ho detto più volte, i pesci non parlano e non danno alcun segnale.

La ringrazio a nome di tutto il settore. La pratica del catch and release, del pescaturismo, e una seria rivoluzione del mondo della pesca sportiva e della lotta al bracconaggio, di cui mi sono fatto più volte carico, sono sempre dei capisaldi nella mia agenda e spero che lo diventino anche nell'agenda di chi ci sta governando.

Ritengo pertanto che tutto ciò che va a migliorare anche solo una minima parte di questo percorso che abbiamo in mente e che vogliamo portare avanti rappresenti un grande obiettivo da offrire a tutta la comunità e alla gente che lavora quotidianamente, e per questo vi ringrazio. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Abate. Ne ha facoltà.

ABATE (M5S). Signor Presidente, gentili colleghe e colleghi, il disegno di legge di delegazione europea 2019 che andremo ad approvare consta di 20 articoli che recano disposizioni di delega riguardanti il recepimento nella normativa nazionale di 33 direttive europee, inserite nell'allegato A, oltre all'adeguamento a 12 regolamenti europei. L'articolato contiene inoltre principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega relativa alle 11 direttive.

Gli articoli della legge in questione riguardano materie fondamentali per il funzionamento dell'amministrazione dello Stato in relazione alle leggi europee. Si normano argomenti importantissimi quali la fornitura dei servizi di media audiovisivi, il diritto d'autore, i servizi digitali, le modifiche al sistema di imposizione dell'IVA e gli scambi tra gli Stati membri, il codice delle comunicazioni elettroniche (argomento fondamentale), il mercato dell'energia, i contratti, gli enti creditizi e tanti altri argomenti ancora.

Con riferimento però ai temi di stretto interesse della 9a Commissione a cui appartengo, vorrei innanzitutto segnalare gli obiettivi individuati dal Governo nell'ambito del negoziato per la definizione del quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea 2021-2027. Gli sforzi sono tesi in particolar modo ad impedire ulteriori tagli alla politica agricola comune (PAC), perché sono previsti dei tagli in tal senso. È quindi intenzione del Governo difendere i fondi destinati al settore agricolo nazionale ed evitare che si possa perpetrare un taglio in un settore così importante e strategico per la nostra economia nazionale, opponendosi anche alla prosecuzione del meccanismo della cosiddetta convergenza esterna dei pagamenti diretti agli agricoltori, che premia solo l'estensione dell'azienda agricola, senza tener conto di aspetti rilevanti come la qualità delle colture, l'intensità degli investimenti effettuati, l'occupazione generata dal settore agricolo e i costi del terreno e dei fattori produttivi.

Si prevede poi che nel corso del 2020 i regolamenti possono essere definiti ed approvati; pertanto il Governo in tale fase porrà la massima attenzione per tutelare le peculiarità nazionali in temi chiave quali la salvaguardia del reddito degli agricoltori, il ricambio generazionale nel settore agricolo, il sostegno ai settori agricoli in difficoltà (che in questo momento sono vari), però in un contesto di attenzione alla sostenibilità ambientale dell'attività agricola, alla semplificazione normativa, alla riduzione dei costi amministrativi per gli agricoltori e le amministrazioni pubbliche.

Il Governo è altresì impegnato a gestire il contenzioso con la Commissione europea relativo ai prelievi sulle quote latte in Italia e contribuirà ai lavori di completamento del quadro normativo europeo in materia di agricoltura biologica (altro argomento fondamentale), che entrerà in vigore il primo gennaio 2021, con l'obiettivo di garantire controlli efficaci e armonizzati in ambito europeo, anche con riferimento alle importazioni da Paesi terzi, argomento cui noi siamo particolarmente sensibili. Continuerà ad essere prioritaria la tutela delle indicazioni geografiche italiane (anche questo è un argomento importantissimo) nel contesto europeo e internazionale, per fare in modo che le nostre eccellenze vengano sempre più posizionate sul mercato, ma soprattutto tutelate dalle frodi, mentre sul fronte delle norme in materia di pratiche sleali lungo la filiera agroalimentare si procederà al rapido recepimento della direttiva - importantissima per il settore dell'agricoltura - n. 633 del 2019 per regolamentare i rapporti tra le imprese nella filiera agricola e alimentare.

Le pratiche commerciali sleali sono quelle che si discostano ampiamente dalla buona condotta sono in contrasto con la buona fede e la correttezza e sono imposte unilateralmente da un partner - generalmente il più forte - alla controparte, quasi sempre la più debole (mi viene subito da pensare al piccolo produttore o al produttore in genere). Il Governo si impegnerà inoltre a definire il concetto di frode alimentare, a procedere a prevedere categorie e a codificarle a livello di Unione europea e inoltre continuerà il proprio impegno a tutela del made in Italy e dei prodotti di qualità, anche mediante la piena applicazione e valorizzazione degli accordi internazionali, perché è chiaro che è in quella sede che bisogna difendere i nostri prodotti.

Per quanto concerne invece il settore della pesca, proseguirà anche l'impegno nella concreta attuazione del programma operativo del Fondo europeo per gli affari marittimi e per la pesca e nelle attività di coordinamento con gli organismi intermedi e le Regioni, appunto. Tra le linee programmatiche che caratterizzeranno i prossimi anni, si sottolinea inoltre l'impegno del Governo per la maggiore valorizzazione dell'acquacoltura, per apportare modifiche alle condizioni per l'accesso alla prima acquisizione di un peschereccio (aspetto importante per stimolare il ricambio generazionale) e per introdurre misure di modernizzazione volte a migliorare la sicurezza, le condizioni di lavoro e l'efficienza energetica delle imbarcazioni. C'è quindi anche un'attenzione verso il settore della pesca e per la valorizzazione e la tutela dei lavoratori ivi impiegati.

L'agricoltura, quindi, trascurata per anni, in questo momento storico viene considerata sempre più un settore strategico. La direttiva (UE) 2019/633, che recepiremo, è rivoluzionaria e cambierà l'assetto della filiera, la cambiale che in questo momento paga sempre il soggetto più debole della filiera stessa. La strategicità dell'agricoltura è stata confermata proprio in questo periodo di pandemia da Covid, dato che tutti gli operatori del settore sono riusciti a garantire l'approvvigionamento alimentare in un momento così difficile, ma anch'essa ha vissuto e sta risentendo di una forte crisi, perché non è vero che non ha avuto contraccolpi. È per questo che, ancora una volta, da questa sede chiedo al mio Governo la massima attenzione e considerazione anche della destinazione dei fondi del recovery fund.

Voglio segnalare anche l'articolo 5, che delega il Governo a individuare la superficie delle aree idonee e non all'installazione degli impianti a fonte rinnovabile (quindi c'è grande sensibilità a dismettere lo sfruttamento di fonti fossili, per orientarsi sempre più verso un'energia pulita).

Voglio però segnalare brevemente una criticità, che consiste nell'aver individuato in questa legge di delegazione, con relativa modifica della legge del 2012, l'Ispettorato centrale della Tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) quale autorità di contrasto deputata all'attività di vigilanza sulla direttiva (UE) 2019/633. Questo potrebbe creare zone d'ombra, dal momento che già esiste un istituto deputato al contrasto delle frodi: l'Autorità antitrust. Invito quindi il Governo a soffermarsi su questo particolare, perché l'ICQRF dovrebbe essere l'organismo deputato a contrastare le pratiche commerciali sleali, ma antitrust resta l'Autorità di contrasto a tutte le altre pratiche: una per tutte, l'asta a doppio ribasso, sulla cui abolizione è all'esame un disegno di legge in Commissione. Potrebbero quindi crearsi discrasie e magari anche zone d'ombra, perché ci sono fattispecie che poi risulteranno difficili da individuare nell'una o nell'altra categoria.

È per tali ragioni che rinnovo il mio invito al Governo a soffermarsi su questo particolare, affinché anche in Italia ci sia un unico istituto che si occupa delle frodi, che poi dovrà coordinarsi con tutti gli altri che verranno individuati in Europa, per contrastare le pratiche commerciali sleali. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale congiunta.

Sospendo pertanto la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 12,13, è ripresa alle ore 15).

Presidenza del vice presidente TAVERNA

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento (ore 15)

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (cosiddetto question time), ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento, alle quali risponderanno il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e il Ministro per le politiche giovanili e lo sport.

Invito gli oratori a un rigoroso rispetto dei tempi, considerata la diretta televisiva in corso.

Il senatore Faraone ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-01980 sulla posizione italiana in merito al sequestro di due pescherecci siciliani da parte libica, per tre minuti.

FARAONE (IV-PSI). Signor Presidente, «mio figlio voleva soltanto guadagnarsi un pezzo di pane». La signora Rosetta Ingargiola è la più anziana del gruppo di mamme, figlie, sorelle e mogli che ogni mattina si dà appuntamento al porto di Mazara del Vallo e che sostano da giorni davanti ai palazzi della politica a Roma, una signora a cui il mare aveva già portato via un altro figlio ventiquattro anni fa, signor Ministro.

Da quarantacinque giorni 18 marinai sono in gattabuia a Bengasi, in attesa di uno pseudo processo che dovrebbe svolgersi fra cinque giorni, il 20 ottobre. Li hanno catturato nella notte tra il 1° e il 2 settembre e hanno sequestrato i loro due pescherecci Medinea e Antartide; sono state le autorità marittime libiche facenti capo ad Haftar. Ministro, non si capisce nemmeno di cosa sarebbero accusati: c'è chi dice di violazione della competenza territoriale ed economica in territorio marino, da anni rivendicato unilateralmente dalla Libia, e c'è chi dice per trasporto di sostanze stupefacenti, accusa totalmente infondata.

Signor Ministro, vogliamo capire se tutto sia stato invece organizzato, come dicono tante fonti di stampa, per promuovere uno scambio di prigionieri. La differenza è che le 18 persone arrestate illegittimamente dalle autorità libiche stavano soltanto facendo il loro lavoro, mentre i quattro di cui chiedono la scarcerazione i libici sono scafisti e delinquenti condannati a scontare da venti a trent'anni di reclusione per omicidio volontario e traffico di migranti. Ricordiamo tutti la strage di Ferragosto, le 49 persone morte asfissiate nelle stive di un barcone dai fumi dei carburanti.

Signor Ministro, siamo certi che ha fatto il possibile, ma le chiediamo uno sforzo suppletivo. Lo dobbiamo alla giustizia, al rispetto del nostro Paese e alle famiglie che non riescono nemmeno a parlare con i loro cari e che giustamente ne reclamano l'immediata liberazione. (Applausi).

PRESIDENTE. Il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, onorevole Di Maio, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

DI MAIO, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Signor Presidente, senatrici, senatori, senatore Faraone, riportare a casa i 18 marittimi di Mazara del Vallo è una priorità assoluta per tutto il Governo nelle sue varie articolazioni e sotto il coordinamento di palazzo Chigi. È un impegno che portiamo avanti, come ho ribadito ai familiari dei pescatori durante l'incontro avuto con loro il 29 settembre assieme al Presidente del Consiglio.

La delicatezza del contesto ci richiede di perseguire questo obiettivo senza iniziative clamorose o di propaganda ma con quel basso profilo che vicende del genere richiedono. Anche ora, mentre stiamo discutendo in quest'Aula, il nostro corpo diplomatico e l'intelligence esterna sono al lavoro. Lasciatemi dire che in quest'Aula sono presenti molti colleghi che hanno ricoperto incarichi di Governo e possono dunque comprendere come il low profile della Farnesina sia segno di responsabilità e non certo sintomo di reticenza. Un atteggiamento dunque volto a tutelare prima di tutto l'incolumità, in questo caso dei nostri pescatori.

C'è anche il rischio che le parole che pronunceremo in quest'Aula oggi possano avere un effetto sul lavoro in corso. Sono ben lieto di rispondere alle vostre interrogazioni ma chiedo a tutti di essere consapevoli di quanto ho appena detto. Per prima cosa una condanna per quanto accaduto è stata espressa nei confronti di Bengasi che, come diceva il senatore Faraone, né il Governo italiano, né la comunità internazionale riconoscono come Governo legittimo. Assunto che i nostri pescatori sono oggi in stato di fermo per mano di una parte libica non riconosciuta dal Governo italiano, né dall'Unione europea, né dalle Nazioni Unite, faccio presente che sin dal 2015 è specificato sul sito istituzionale della Farnesina «Viaggiare Sicuri» che la Libia ha proclamato unilateralmente questa zona di protezione della pesca e quindi il Ministero degli affari esteri sconsiglia l'ingresso in queste acque. Infatti, in più di un'occasione in queste zone si sono registrati in passato sequestri, varie intercettazioni di pescherecci, detenzione degli equipaggi di questi ultimi nonché veri e propri attacchi. Stiamo lavorando alla soluzione di questo difficile caso su due piani: uno è rappresentato, come detto, dal lavoro del nostro corpo diplomatico e dall'intelligence in contatto in Libia con i diversi interlocutori locali e l'altro dall'interlocuzione con i partner internazionali che hanno una specifica influenza su Bengasi. Quindi, a livello internazionale, oltre alla conversazione telefonica con il ministro degli affari esteri francese Le Drian e alle recenti consultazioni a Roma con il segretario di Stato Pompeo, ho avuto colloqui telefonici con i miei omologhi emiratino e russo, quest'ultimo incontrato ieri a Mosca. Ai Ministri emiratino e russo ho chiesto in particolare di esercitare la loro influenza più diretta e mi hanno rassicurato che stanno lavorando in tal senso. L'azione della Farnesina si inserisce in uno sforzo corale delle istituzioni del nostro Paese tra loro coordinate con l'obiettivo di giungere quanto prima ad un esito positivo della vicenda.

In conclusione, Presidente, come ho rassicurato le famiglie dei pescatori voglio rassicurare anche i senatori interroganti: monitoriamo quotidianamente lo stato di salute dei pescatori. Si trovano in buone condizioni, non sono detenuti in un carcere ma in una struttura indipendente, non hanno contatti con detenuti, sono trattati in maniera corretta e hanno ricevuto, per il tramite dell'ambasciata e dell'ambasciatore a Tripoli, le medicine di uso abituale.

Quanto all'ultimo quesito, il nostro obiettivo è riportarli il prima possibile a casa. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Faraone, per due minuti.

FARAONE (IV-PSI). Signor Presidente, mi ritengo soddisfatto della risposta del Ministro. Condividendo appieno l'atteggiamento di chi dice che dobbiamo muoverci con discrezione e con il massimo del basso profilo, vorrei aggiungere che a questo si deve naturalmente accompagnare anche il pragmatismo e la voglia di risolvere celermente la questione perché anche se non sono in un carcere e anche se sappiamo che sono in buona salute, comunque i pescatori non sono a casa propria, quindi bisogna celermente trovare una soluzione.

Volevo distinguere il comportamento di chi tiene accesi i riflettori sulla vicenda e lo fa con tutte le iniziative possibili, anche con questa occasione che ci è data dal Senato, per parlare di questo tema proprio per tenere viva la luce in modo da spingere le istituzioni a muoversi sempre con incisività, da chi, invece, utilizza questa vicenda per propaganda. Se noi oggi abbiamo voluto interrogarla su questo tema è perché crediamo intanto che il Governo debba fornire delle risposte ma, al tempo stesso, perché vogliamo che la vicenda non venga mai dimenticata. Ringrazio ancora il Ministro per la risposta. (Applausi).

PRESIDENTE. Il senatore Urso ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-01978 sulla legittimità della zona economica esclusiva imposta dalla Libia in relazione al recente sequestro di equipaggi italiani, per tre minuti.

URSO (FdI). Signor Ministro, questa è la seconda interrogazione che tratta della stessa drammatica questione, cioè del sequestro dei pescatori italiani e comunque di pescatori che operavano su un peschereccio italiano. Seguiranno altre tre interrogazioni, presentate da Gruppi di maggioranza e Gruppi di opposizione, a dimostrazione del fatto che non si tratta di una questione di polemica interna ma di una questione che riguarda la Nazione, quindi il Parlamento come tale, senza divisioni di sorta. Che la situazione sia gravissima lo dimostra il fatto che sono passati quarantacinque giorni da quando i nostri pescatori sono stati sequestrati dal generale Haftar, che comunque rappresenta una parte importante della Libia.

Signor Ministro, lei ha detto poco fa che il 29 settembre lei e il Presidente del Consiglio avete ricevuto i familiari dei pescatori, quando il sequestro è avvenuto il 1° settembre. Sono passati ventinove giorni prima che fossero ricevuti dal Governo e questo è avvenuto dopo che i membri delle famiglie dei pescatori, le madri e le mogli, si sono incatenati giorno e notte davanti a Montecitorio. Questo la dice lunga, purtroppo, sulla sensibilità in questa fase del Governo italiano a fronte di un dramma che coinvolge la comunità di Mazara del Vallo, che vive in prima persona quello che è accaduto oggi, così come ieri: oggi in modo più grave di ieri. È una questione di politica estera, non una questione di intelligence: qui non si tratta di pagare un riscatto o di liberare dei connazionali in Mali o in Somalia, rapiti da bande di sequestratori terroristi islamici; qui si tratta di pescatori sequestrati da chi ritiene di rappresentare un territorio, da un generale, Haftar, che è stato ricevuto a Palazzo Chigi con il tappeto rosso, perché noi, il Governo italiano, lo abbiamo ricevuto pochi mesi fa a Palazzo Chigi con il tappeto rosso.

È una questione di politica estera, perché il sequestro è avvenuto verosimilmente come ritorsione dopo la sua missione in Libia. È una questione di politica estera, appunto, perché dalla controparte abbiamo un'organizzazione statuale. È una questione di politica estera, perché riguarda un argomento annoso quale quello del riconoscimento di acque internazionali che la Libia pretende. Per questo noi le chiediamo un'azione forte di politica estera per rispettare lo Stato italiano e il diritto internazionale.

PRESIDENTE. Il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, onorevole Di Maio, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

DI MAIO, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Prima di tutto vorrei chiarire che il Governo, nella mia persona, aveva incontrato le famiglie e il sindaco di Mazara del Vallo due settimane prima dell'incontro insieme al Presidente del Consiglio e che l'unità di crisi è entrata in contatto con le famiglie pochi giorni dopo il sequestro, non appena accertati i fatti. Quindi non abbiamo aspettato quindici o trenta giorni per incontrarli.

Confermo ancora una volta che l'intero Governo sta seguendo con la massima attenzione la vicenda che ha visto coinvolti, tra gli altri, gli otto cittadini italiani e un doppio cittadino italo-tunisino, parte dell'equipaggio dei due pescherecci, Antartide e Medinea, che nella notte tra il 1° e il 2 settembre sono stati intercettati e fermati da parte dell'autoproclamato "governo" dell'Est del Paese e che si trovano attualmente in stato di fermo in Libia. L'intervento libico, come ho già detto, sembra sia scaturito dalla presunta violazione dell' autoproclamata zona di pesca protetta. Il tratto di mare in cui è avvenuto il sequestro dei pescherecci sarebbe considerato zona militare dalla parte Est-libica.

Al di là della situazione bellica che caratterizza lo scenario libico e delle valutazioni di profilo giuridico-internazionale, nel maggio del 2019, il comitato di coordinamento interministeriale per la sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture (Cocist), ha dichiarato l'area della zona di protezione di pesca libica ad alto rischio per tutte le navi battenti bandiera italiana, senza distinzione di tipologie.

Anche in passato, a più riprese, la Farnesina, insieme al Comando generale della Guardia costiera e al Ministero delle politiche agricole ha raccomandato ai pescherecci italiani di evitare le acque al largo delle coste libiche. In ottemperanza alle decisioni del Cocist, le unità della Marina militare in navigazione nell'area invitano le unità di pesca italiane, localizzate in quel punto, a lasciarle.

Lo stato di fermo per qualcuno che viola una zona autoproclamata - lo voglio dire - è inaccettabile, ma quella rimane una zona a rischio - è un messaggio che mando a tutte le marinerie - così come sarebbe inaccettabile se qualcuno ci dicesse: «Se liberate i nostri, vi diamo gli italiani». Questa vicenda, resa ancor più complessa dal fatto che il territorio, oltre ad essere in guerra, è frammentato e controllato di fatto da diverse entità (come ha detto il senatore Urso) e si finisce per trattare con più soggetti contemporaneamente, pone con rinnovata evidenza il tema della progressiva territorializzazione del Mediterraneo.

Negli ultimi anni, un numero crescente di Stati ha proclamato proprie zone marittime, per esercitare diritti di sovranità esclusivi. Con alcuni di questi abbiamo stabilito degli accordi - penso all'Algeria o alla Grecia - ma è ovviamente impossibile, in questa fase, prevedere accordi analoghi con la Libia, perché si tratta di un territorio in guerra e conteso tra più fazioni. I nostri sforzi ora sono concentrati sul riportare a casa i pescatori, ma certamente occorre lavorare - e lo stiamo facendo - anche per creare le condizioni che evitino il ripetersi di episodi così dolorosi per la nostra marineria. Escludo qualsiasi collegamento rispetto alle mie visite in Libia e successivamente, in un'altra delle risposte, darò maggiori dettagli. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Urso, per due minuti.

URSO (FdI). Signor Presidente, desidero ringraziare il signor Ministro per la prima parte della sua risposta, laddove lei ha precisato che vi è una direttiva specifica alla nostra flotta peschereccia secondo cui quella è considerata un'area a rischio. Se quell'area è appunto a rischio, allora bisogna assolutamente evitare che i nostri pescherecci vi giungano, ancorché sia un'area per noi estremamente importante, dal punto di vista economico. Comunque, in ogni caso, bisogna che i nostri pescherecci siano tutelati, dato che nella zona abbiamo una presenza significativa di navi militari italiane, che partecipano proprio al pattugliamento che l'Unione europea ha determinato, per impedire che in quell'area ci siano passaggi di navi, atte ad esempio a rifornire di armi i contendenti. Ci chiediamo allora perché la nostra flotta non intervenga, anche a fermare coloro che riforniscono di armi i contendenti, in particolare il generale Haftar, così come ci chiediamo perché non intervenga quando i pescherecci italiani, comunque legittimamente sono lì.

Infine, la considerazione che ritengo sia più importante: crediamo che l'Italia non possa soggiacere ad alcun ricatto. Non possiamo mettere assolutamente sullo stesso piano e non possiamo accettare in alcun modo che quattro criminali, condannati non solo per traffico di migranti, ma per l'assassinio di 49 migranti, possano essere rilasciati, oppure ottenere condizioni migliori di carcere, in cambio della liberazione dei nostri pescherecci. L'azione deve essere fatta esclusivamente nel campo della politica estera, senza alcun baratto di alcun tipo, perché di fronte non abbiamo dei terroristi islamici, che si nascondono nella giungla o nei deserti, ma abbiamo colui che rivendica la legittimità statuale, nei confronti del quale possiamo agire su più aspetti, anche di politica militare, e non soltanto di politica diplomatica, insieme all'Unione europea.

Per questo non possiamo essere soddisfatti e chiediamo che il Governo e il Parlamento italiano si esprimano tramite la vostra voce, la voce dell'Italia, che in questo caso non può sicuramente farsi calpestare da un bandito come Haftar.

PRESIDENTE. Benissimo colleghi, abbiamo visto: potete anche riporle. Se ci sono i senatori Questori in Aula, invito gentilmente a farle togliere. Il nostro vessillo è sempre un bel vedere, ma in quest'Aula non è accettato. Vi ringrazio.

Il senatore De Bonis ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-01972 sulle iniziative per la liberazione dei pescatori di Mazara del Vallo sequestrati in Libia, per tre minuti.

DE BONIS (Misto). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, questa è la terza interrogazione in materia. Come sappiamo, due pescherecci di Mazara del Vallo sono stati sequestrati la sera del 1° settembre scorso dai militari del generale Haftar e risultano ancora bloccati in Libia i 18 membri dell'equipaggio. Tra i pescatori trattenuti ci sono anche il comandante del peschereccio Anna madre, di Mazara del Vallo e il primo ufficiale del Natalino, di Pozzallo, che la sera dell'accerchiamento erano riusciti ad invertire la rotta. Agli armatori è stata contestata la presenza dei loro pescherecci all'interno delle 72 miglia, che la Libia, dal 2005, rivendica unilateralmente come acque nazionali, in virtù della Convenzione di Montego Bay, che dà facoltà di estendere la propria competenza fino a 200 miglia.

Ho incontrato la scorsa settimana le mogli e i familiari di questi cittadini, che hanno manifestato davanti a Montecitorio e che oggi sono ancora lì presenti, giorno e notte, senza ricevere risposte concrete, sentendosi abbandonati dal Governo, che pare aver dimenticato che ci sono cittadini italiani bloccati in un Paese in guerra. Questi familiari non sono riusciti nemmeno a sentire per telefono le voci dei pescatori, che sono in attesa di processo e rischiano una condanna fino a trent'anni.

Questo sequestro viene da più parti visto come una ritorsione, alimentata da un'insolita richiesta avanzata dai militari del generale Haftar, ossia uno scambio di prigionieri per liberare i 18 pescatori. La proposta riguarderebbe quattro libici detenuti in Italia, condannati a trent'anni di carcere dalla corte d'appello del tribunale di Catania, con l'accusa di essere scafisti e carcerieri della strage di ferragosto che nel 2015 portò alla morte di 49 migranti che viaggiavano a bordo di uno dei tanti barconi partiti dalle coste libiche. Su questa ipotesi non c'è alcuna conferma da parte della Farnesina, ma a metà settembre i familiari dei quattro detenuti libici hanno manifestato a Bengasi per chiedere la loro estradizione.

Nella vicenda si ravvisa, dunque, la preoccupazione che queste persone diventino merce di scambio politico per la liberazione degli scafisti. Esiste la via della diplomazia, certo, ma prima ancora esiste una questione morale di umanità che il Governo non può ignorare.

Il Ministero degli affari esteri, oltre a non avere ancora provveduto a dare un incarico a dei legali per la difesa dei nostri concittadini, pare non riesca a fornire alcun dettaglio sulle loro condizioni di salute e sui tempi del loro rilascio, per quanto mi è stato riferito personalmente dai familiari, che mi hanno anche informato del fatto che alcuni dei pescatori prendono regolarmente dei farmaci, che vi è il rischio non vengano somministrati a causa delle leggi libiche che lo vietano. Nonostante le costanti rassicurazioni della Farnesina, i familiari non riescono a stabilire ancora un contatto.

Le chiedo quindi, signor Ministro, quali iniziative il suo Ministero intenda assumere per ottenere nel più breve tempo possibile la liberazione di questi marittimi sequestrati e tenuti prigionieri in Libia.

PRESIDENTE. Il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, onorevole Di Maio, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

DI MAIO, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Signor Presidente, vorrei rassicurare ancora una volta sulle condizioni di salute dei pescatori e sul fatto che sono stati fatti loro recapitare tutti i farmaci di cui avevano bisogno: voglio ribadirlo ancora una volta e posso dirvi, per il livello di dettaglio con il quale ci stiamo preoccupando della loro salute, che sappiamo anche che cosa hanno mangiato ieri. Dico questo perché stiamo seguendo con la massima attenzione il caso.

Aggiungo che stiamo lavorando in silenzio, ma in un silenzio responsabile e lavorare in silenzio non significa non lavorare, anzi. Vorrei richiamare l'attenzione su casi che ovviamente non sono paragonabili, ma non abbiamo mai rilasciato dichiarazioni roboanti o di dettaglio prima della liberazione di padre Maccalli, di Silvia Romano o di Luca Tacchetto. Noi lavoriamo in silenzio, sotto traccia, e grazie a questo lavoro la Farnesina, l'intelligence e il Governo tutto, nell'ultimo anno, hanno riportato a casa sette nostri connazionali. (Applausi). Ad oggi tutti gli italiani che purtroppo avevamo all'estero sono rientrati.

Il caso dei pescherecci è diverso perché, come diceva prima anche il senatore Urso, non siamo di fronte a nostri connazionali nelle mani di terroristi, ma nelle mani di forze libiche autoproclamate che non riconosciamo.

Per riportare a casa i nostri concittadini stiamo concentrando tutti gli sforzi sia sul piano del dialogo e del confronto tra le nostre agenzie e gli attori libici sia sul piano delle telefonate e degli incontri che ho avuto con i principali Governi di tutto il mondo che hanno influenza su quell'area. Ho letto che, siccome della mediazione se ne stanno occupando anche i nostri amici emiratini, il Governo non ha peso: ma chi ha attivato i nostri cari amici? Ci stanno dando tutti una mano in questo momento per provare a riportare a casa i pescatori. È un lavoro corale; ci sono stati vari incontri, che non vuol dire siano stati l'unico momento di contatto con le famiglie: le famiglie hanno un canale diretto con l'unità di crisi della Farnesina che può sentire quando vuole per avere tutte le informazioni che il Ministero può dare.

Credo che in questo momento sia importante che tutti noi ci stringiamo attorno ai connazionali trattenuti a Bengasi, evitando facili speculazioni politiche ma perseguendo insieme l'unico obiettivo che conta: restituirli al più presto all'affetto dei loro cari. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore De Bonis, per due minuti.

DE BONIS (Misto). Signor Presidente, signor Ministro, le signore Rosaria Giacalone, Cristina Amabilino e Jemmail Insaf che sono accampate davanti a Montecitorio, chiedono una cosa molto semplice, come mi hanno ribadito poche ore fa: vogliono una prova certa del fatto che i loro marittimi si trovino ancora in vita (una foto, un video, una telefonata); la possibilità di capire se non sia tutta una messa in scena, in quanto temono che, come per i marò, questa vicenda possa protrarsi per oltre otto anni.

PRESIDENTE. La senatrice Papatheu ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-01979 sulle circostanze del sequestro dei marittimi italiani in Libia e sulle condizioni per la loro liberazione, per tre minuti.

PAPATHEU (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Ministro, oggi, come Gruppo Forza Italia (ma come un po' tutto il Parlamento), siamo molto provati perché abbiamo perso una collega, di cui lei forse non ha saputo perché non ha espresso alcun tipo di commento all'inizio di questa seduta. Le voglio dire una cosa: siamo stanchi delle sue parole, perché sono le stesse che pronunciava quando faceva campagna elettorale, dicendo che, una volta entrato nei palazzi, li avrebbe aperti - questo palazzo come tutti gli altri - come scatolette di tonno. Si è capito che a lei il tonno piace e sia rimasto là inchiodato. Lei deve prendere atto della sua inadeguatezza, legata a un fatto anzitutto cronologico della sua giovane età, perché lei non ha l'esperienza e soprattutto non può avere neanche l'autorevolezza di persone di chiara fama che lei invece avrebbe dovuto scegliere se amasse questo Paese...

PRESIDENTE. Senatrice Papatheu, la invito a porre le domande. Le sue considerazioni non sono inerenti al question time.

PAPATHEU (FIBP-UDC). Lo stesso Salvini si è dimesso per non essere complice di questi delitti che vengono compiuti ogni giorno.

Lei, signor Ministro, parla e dice tante belle parole, però di queste notizie non è a conoscenza nessuno e neanche i familiari, che sono inchiodati davanti a Montecitorio notte e giorno, sotto il vento e la pioggia. Nessuno di loro ha ricevuto una videochiamata. Lei dovrebbe prendere un aereo e presentarsi lì con il suo premier Conte e affrontare la questione per sapere quando saranno liberati. Infatti, le garantisco che è la prima volta nella storia (lei è giovane e forse non lo sa) che passa tutto questo tempo senza che i pescatori tornino nelle proprie abitazioni.

È inutile che lei parli di giorni, in quanto non si tratta di giorni. La storia ci dice - lo possiamo leggere - che Berlusconi ha chiamato Gheddafi e in tre giorni è arrivata la soluzione. (Commenti). Quel Berlusconi, che lei ha sempre criticato e contro il quale ha fatto campagna elettorale, è stato in grado perché autorevole. Non perché forse è più bravo di lei, ma solo perché autorevole. Lei, invece, malgrado non lo sia, riveste il ruolo di Ministro secondo me con grandi lacune.

Le chiedo quando questi pescatori torneranno a casa e, soprattutto, quando lei prenderà un aereo e si presenterà là, pretendendo di fare una videochiamata e guardando con i suoi occhi quello che sta accadendo.

PRESIDENTE. Il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, onorevole Di Maio, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

DI MAIO, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Signor Presidente, prima di tutto tengo a dire che stamattina, appena appresa la notizia della morte della Governatrice della Calabria, ho espresso la mia solidarietà pubblica e le mie condoglianze alla famiglia. Ci tenevo a dirlo. (Applausi).

Poi vorrei dire un'altra cosa. Ovviamente non posso giudicarmi da solo sulla mia competenza, ma se sono l'ennesimo Ministro degli affari esteri che si sta occupando della Libia è perché qualche Governo l'ha bombardata (e non è questo Governo). (Applausi). Credo che la destabilizzazione della Libia sia stato uno dei più grandi errori che questo Paese abbia mai fatto, soprattutto perché il giorno prima chiamava Gheddafi e il giorno dopo permetteva il bombardamento in Libia. (Applausi).

Come Ministro degli affari esteri non posso oggi dirvi il giorno in cui i pescatori rientreranno, ma posso dirvi che, così come abbiamo lavorato per un anno (grazie al nostro grande apparato di intelligence, ai nostri diplomatici e a tutte le diramazioni e articolazioni dello Stato) per gli altri, lavoreremo ogni giorno per riportare a casa i nostri pescatori. Questi cittadini italiani devono rientrare dalle loro famiglie il prima possibile, e vi posso assicurare che ogni volta - anche quando le famiglie di alcuni di loro ci hanno segnalato il problema dei medicinali - ci siamo attivati subito; ogni volta che abbiamo avuto un qualche sentore rispetto al loro stato di sicurezza ce ne siamo sincerati subito. È questo quello che fa un Governo mentre lavora per riportarli a casa.

Non voglio fare paragoni impropri, ma almeno in questo caso sappiamo dove si trovano e come stanno. (Applausi). In altri casi, infatti - che nulla hanno a che vedere con questo - per mesi non sapevamo neanche dove fossero e, quando sapevamo che erano in vita, non potevamo neanche dirlo ai genitori. Questo è quello che facciamo come Farnesina.

Potete attaccare me, ma lasciate in pace il corpo diplomatico e l'intelligence nel lavoro che stanno facendo. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica la senatrice Giammanco, per due minuti.

GIAMMANCO (FIBP-UDC). Signor Ministro, la ringrazio per la sua risposta, però, alla luce della portata che sta assumendo la vicenda, sinceramente ci aspettavamo di più. Le sue sono parole di circostanza.

Il riserbo sulle trattative diplomatiche - mi permetta - non può e non deve essere un alibi per non dare maggiori aggiornamenti sulla situazione dei nostri connazionali. Non lo possiamo accettare.

Ministro, lei deve alle famiglie di questi pescatori, che ho incontrato personalmente, risposte più concrete, più pragmatiche. A distanza di un mese e mezzo la situazione appare ancora in una fase di stallo, nonostante siano state anche coinvolte - lo ha detto lei - le diplomazie di altri Paesi. Ciò a conferma del fatto che abbiamo ormai perso la nostra influenza nel Mediterraneo, ed è sotto gli occhi di tutti.

Non crediamo sia un caso che la vicenda sia avvenuta a sole ventiquattr'ore dalla sua visita in Libia e dalle sue successive dichiarazioni di soddisfazione. Il sequestro dei nostri pescatori è solo l'ennesima dimostrazione di come sia debole, ambigua e priva di visione la politica estera di questo Esecutivo. Lo ripeto, sì: durante il Governo Berlusconi, precisamente dieci anni fa, avvenne un episodio analogo e i pescatori vennero liberati in pochi giorni. Altri tempi, direte voi. Io vi rispondo: altri leader!

Le ricordo che Berlusconi è stato l'unico leader a livello internazionale che si è opposto alla deposizione di Gheddafi (applausi), così come si è opposto al bombardamento della Libia perché aveva compreso, prima di tutti voi, le conseguenze della destabilizzazione della Libia e quello che sarebbe avvenuto successivamente.

Mi auguro che i pescatori di Mazara del Vallo possano tornare presto a casa, ma lei sa bene, Ministro, che il giorno dopo la loro liberazione il rischio che nelle acque libiche altri pescatori possano avere problemi si ripresenterà.

Le chiedo, quindi, che l'Italia ponga la questione in Europa e promuova un accordo internazionale con la Libia almeno sull'attività della pesca nel Mediterraneo, Ministro. Le nostre marinerie vanno tutelate e i pescatori devono lavorare in sicurezza.

PRESIDENTE. Concluda, per cortesia.

GIAMMANCO (FIBP-UDC). Ministro, sappia che continueremo a tenere alta l'attenzione affinché non si spengano i riflettori su questa vicenda. Non possiamo permettere che i nostri cittadini siano oggetto di ricatto o di baratto, che dir si voglia... (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. Senatrice, ha concluso il tempo a sua disposizione.

Subito dopo che le due senatrici avranno ripreso il loro contegno in quest'Aula, il senatore Iwobi ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-01975 sul ripetersi di sequestri illegittimi di imbarcazioni italiane al largo della Libia, per tre minuti.

IWOBI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevole Ministro, il 1° settembre scorso 18 marittimi di Mazara del Vallo sono stati sequestrati da esponenti dell'esercito libico che rispondono al generale Haftar, mentre si trovavano per una battuta di pesca a circa 38 miglia nautiche a nord delle coste della Cirenaica. Dopo il fermo, i pescatori sono stati portati a Bengasi a bordo di alcuni gommoni. Anche i loro due pescherecci sono stati sequestrati dalle milizie del generale Haftar, e questa storia è nota, signor Ministro, la conosciamo. Tutta l'Aula oggi la sta interrogando sulla questione. Quello su cui vorrei insistere in questa sede è un particolare: secondo importanti inchieste internazionali, le milizie di Haftar richiedono in cambio il rilascio di quattro cittadini libici condannati dal tribunale di Catania a trent'anni di carcere per traffico di essere umani, quel traffico che il nostro partito sta combattendo da lunghissimo tempo.

Signor Ministro, onorevoli colleghi, ci troviamo di fronte a un paradosso: un attore sul campo, Haftar, con le sue milizie non riconosciute da nessun organismo internazionale, ricatta il nostro Paese e lo fa sulle pelle dei cittadini italiani e stranieri sequestrati. E il nostro Governo sembra immobile. Sono passati circa due mesi e questa è l'esemplificazione della fallimentare politica estera italiana ed europea sulla Libia. La volontà politica italiana di cercare a tutti i costi una soluzione per la Libia in un contesto multilaterale a cosa ci ha portato? Ci ha portato, per forza di cose, a dover interloquire con tutti, Paesi e milizie varie, anche con chi ha interessi strategici opposti ai nostri in Libia.

Questo modo di fare, signor Ministro, che dietro alla diplomazia del dialogo con tutti nasconde in realtà una completa mancanza di visione e di capacità decisionale, di conseguenza ci ha completamente fatto uscire di scena dal Mediterraneo e dal Nord Africa.

PRESIDENTE. Deve concludere, senatore Iwobi.

IWOBI (L-SP-PSd'Az). Adesso termino, signor Presidente.

Non contiamo più nulla, ovviamente. Quanto si potrà andare avanti in questo modo? Come è possibile che nel Mediterraneo, dove ormai da cinque anni è presente una missione militare europea, bande e milizie non riconosciute da nessun organismo internazionale possano permettersi di sequestrare navi di pescatori di un Paese europeo?

Signor Ministro, la Lega per Salvini Premier non ha alcuna intenzione di speculare su una questione così delicata, che riguarda soprattutto la libertà e il rispetto della dignità umana, ma di chiamare alla... (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. Grazie, senatore Iwobi. Lei ha un tempo prestabilito, l'ho detto sin dall'inizio; lasci rispondere il Ministro, grazie.

Il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, onorevole Di Maio, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

DI MAIO, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Signor Presidente, prima di tutto, per quanto riguarda quello che è avvenuto in passato, vorrei dirvi che questo Governo, come quello precedente, ha già affrontato dei temi simili.

Dall'inizio del mio mandato mi sono recato in missione in Libia quattro volte, da ultimo il 1° settembre scorso. Proprio riguardo alla mia più recente missione e alle speculazioni su un presunto legame con il rapimento dei pescatori, vorrei ricordare, tra i vari, i seguenti episodi verificatisi in passato al largo delle coste libiche. I più recenti riguardano i pescherecci Matteo Mazzarino e Afrodite Pesca, sequestrati il 9 ottobre 2018 e poi rilasciati. C'è poi il caso del peschereccio Tramontana, fermato il 23 luglio 2019 al largo di Misurata e poi rilasciato con il pagamento di una multa, grazie all'intervento della nostra ambasciata a Tripoli. Analogo è il caso il peschereccio Grecale, avvicinato il 6 settembre 2019 al largo di Bengasi il cui sequestro è stato impedito dal tempestivo intervento della nostra Marina. Si tratta di fatti che dimostrano chiaramente la pericolosità dell'area, alla base degli sconsigli della Farnesina, ma soprattutto il fatto che noi ce ne siamo già occupati; lavorando e portando a casa il risultato in silenzio, dimostreremo ancora una volta che noi gli italiani li facciamo tornare a casa. (Applausi).

Ho sentito dire, tra l'altro, che la Farnesina è in silenzio. Il massimo riserbo è d'obbligo in situazioni di questo tipo. Non possiamo rischiare di compromettere il lavoro che stiamo portando avanti. (Applausi). Qualcuno invoca atteggiamenti più muscolari. Ci vorrebbe poco a essere duri; come Ministro, potrei urlare ai media italiani e libici, ma, al contrario, rischierei di peggiorare le cose e di lacerare una tela che necessariamente va tessuta con pazienza e responsabilmente in silenzio. In questo momento, credo servano razionalità, cautela e determinazione, ma soprattutto unità: se siamo uniti come forze politiche, infatti, coloro che stanno lavorando per riportare a casa i pescatori sono più forti nel dialogo e nel negoziato che stanno portando avanti. (Applausi).

Alle famiglie di queste persone va tutta la mia vicinanza, come abbiamo sempre fatto con le famiglie di tutti i cittadini italiani che erano costretti all'estero. Allo stesso tempo, però, ci sono tutte le informazioni sensibili che ovviamente abbiamo e che - non devo dirlo qui a persone che, in passato, hanno fatto parte di Governi - servono a raggiungere il risultato di riportarli a casa.

Voglio veramente stringermi attorno alle famiglie dei pescatori e augurare buon lavoro a tutti coloro che stanno lavorando per riportarli a casa al più presto. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Iwobi, per due minuti.

IWOBI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, signor Ministro, ribadisco il fatto che la Lega non ha assolutamente intenzione di speculare su una questione così delicata, che riguarda soprattutto la libertà e la dignità umana. Stiamo parlando di persone sequestrate, di cui non abbiamo notizie (anche le loro famiglie le stanno aspettando).

Ribadisco poi un altro fatto: se l'Italia avesse avuto una politica estera adeguata, non saremmo arrivati a questo punto, a questo sequestro. (Applausi).

La ringrazio quindi, signor Ministro, ma voglio ribadire ancora una cosa, che probabilmente non è chiara: da diversi anni a questa parte, la presenza degli Stati Uniti d'America nel Mediterraneo è venuta a mancare. Se l'Italia rinuncia a esercitare il proprio ruolo di potenza mediterranea, questo mare, che per secoli è stato ed è crocevia di commerci, rischia di entrare in una situazione di completa anarchia. Ciò danneggia tutti: i nostri pescatori, i nostri militari e la sicurezza dell'Europa, ma soprattutto dell'Italia. (Applausi).

PRESIDENTE. Il senatore Ferrara ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-01976 sugli esiti della recente missione del Ministro degli affari esteri in Russia, per tre minuti.

FERRARA (M5S). Signor Ministro, la ringrazio per la sua disponibilità a essere presente qui oggi: soltanto ieri lei era Mosca a co-presiedere il Consiglio italo-russo di cooperazione economica industriale e finanziaria e per incontrare il suo omologo Lavrov. La sua presenza qui oggi testimonia la grande attenzione del suo Ministero nei confronti del Parlamento, altro che le puerili strumentalizzazioni sentite e viste prima. (Applausi).

Signor Ministro, vorrei altresì ringraziare la Federazione Russa per il sostegno che abbiamo ricevuto durante la fase più intensa della crisi da Covid-19. Al di là delle divergenze su alcune questioni internazionali, non potremo mai dimenticare il pronto aiuto di Mosca proprio quando ne avevamo maggiore bisogno. (Applausi).

L'Italia mantiene tradizionalmente un dialogo proattivo con la Federazione Russa sui temi di maggior interesse bilaterale e multilaterale, sempre bilanciando però queste relazioni con il pieno rispetto del diritto internazionale e dei valori fondanti del nostro Paese e della nostra Carta costituzionale repubblicana.

L'interesse strategico a conservare un dialogo costruttivo con Mosca mira a rafforzare una stabile collaborazione sulle sfide regionali e globali che devono essere necessariamente affrontate insieme: penso alla lotta al terrorismo, alla dinamica energetica, alla soluzione di conflitti congelati, alla sfida digitale e alla cooperazione nel campo della sicurezza e del controllo degli armamenti.

L'interscambio commerciale tra i due Paesi rimane una direttrice fondamentale su cui improntare i rapporti bilaterali con Mosca. Pur avendo registrato un calo degli scambi nel primo semestre del 2020, anche dovuto all'emergenza Covid, l'Italia si conferma quinto fornitore della Federazione Russa. Purtroppo, le sanzioni scaturite dalla crisi ucraina continuano a rappresentare un ostacolo importante per le nostre aziende che esportavano in Russia. La sua missione, Ministro, ha avuto luogo in una congiuntura particolarmente delicata, in particolare alla luce del caso Navalny, della crisi in Bielorussia e della precaria situazione in Nagorno-Karabakh. Il tentato avvelenamento di Navalny ha colpito l'opinione pubblica italiana ed europea, che chiede di far luce su questa grave violazione dei diritti umani e del diritto internazionale. Pertanto le chiedo quali sono i messaggi che lei ha trasmesso ai suoi interlocutori russi in relazione al dossier di primario interesse per l'Italia sotto il profilo dei diritti umani, qual è il caso Navalny, in particolare circa l'auspicato impegno delle autorità di Mosca per l'accertamento della verità e la crisi in Bielorussia, che desta crescente preoccupazione; e infine quali sono altri contenuti rilevanti affrontati nel corso della sua visita a Mosca. (Applausi).

PRESIDENTE. Il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, onorevole Di Maio, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

DI MAIO, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Come prima cosa, come diceva il senatore Ferrara, ieri ho presieduto il Consiglio italo-russo di cooperazione economica, industriale e finanziaria, formato che tratta tutte le collaborazioni bilaterali, dall'economia allo spazio fino alla cultura, infatti abbiamo siglato anche nuove collaborazioni culturali e nell'incontro con il ministro dell'industria Denis Manturov abbiamo affrontato varie questioni aperte, con particolare attenzione agli interessi delle imprese italiane in Russia e delle aziende russe in Italia.

Ieri ho avuto ovviamente un lungo incontro poi con il ministro degli esteri Lavrov. Abbiamo discusso delle principali crisi, in particolare di quelle in cui Mosca gioca un ruolo rilevante (stiamo parlando di Libia, Bielorussia e Nagorno-Karabakh).

Sono tornato, naturalmente, a sollevare la questione del tentato avvelenamento dell'oppositore politico Navalny. Avevo già affrontato il caso con Lavrov al telefono un mese fa e fin da allora il nostro Governo ha esortato Mosca a desistere dal minimizzare l'accaduto e a promuovere un'inchiesta seria e credibile su questa vicenda inquietante. Nei giorni scorsi l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, a seguito di analisi indipendenti su campioni biologici di Navalny, ha confermato il ricorso ad un agente nervino di tipo Novichok. In ambito Unione europea, abbiamo cominciato a discutere di una rapida reazione che abbiamo approvato al Consiglio degli affari esteri lunedì scorso. Si tratta di misure restrittive individuali contro soggetti russi considerati coinvolti nell'avvelenamento. Ieri al ministro Lavrov ho ribadito che un evento del genere non può restare senza conseguenze, configurando una violazione sia del diritto internazionale in materia di armi chimiche che, più in generale, del rispetto dei diritti umani.

L'Italia non vuole rinunciare al dialogo e alla cooperazione con la Russia sui temi di interesse bilaterale, oltre che sulle questioni regionali e globali. La mia presenza a Mosca ne era la testimonianza più evidente, il giorno dopo la decisione dell'Unione europea. Tuttavia, sul caso Navalny ho chiarito che sosteniamo l'unità e la coesione dell'Unione europea e ci aspettiamo un cambiamento di rotta da parte di Mosca. Dobbiamo tutti compiere ogni sforzo per evitare di rendere più profonda la distanza politica, ma anche di valori tra Europa e Federazione Russa.

Sull'altra questione, quella della Bielorussia, l'Italia esprime preoccupazione per la brutale repressione di dimostranti pacifici e solidarietà al popolo bielorusso e chiede la liberazione dei prigionieri politici e condivide la mancanza di legittimità democratica di Lukashenko, sancita a livello dell'Unione europea. Non vogliamo innescare una competizione geopolitica tra Unione europea e Russia, anzi ho sottolineato al collega Ministro degli esteri la necessità che Mosca usi la sua influenza per fermare la repressione e creare le premesse di un processo politico inclusivo.

Sul Nagorno-Karabakh ho riconosciuto l'approccio equilibrato e costruttivo fin qui seguito dalla Russia. In qualità di membri del gruppo di Minsk e alla luce dei nostri interessi strategici, restiamo disponibili a contribuire agli sforzi di ripresa negoziale delle tre copresidenze Russia, Stati Uniti e Francia. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Ferrara, per due minuti.

FERRARA (M5S). La ringrazio, Ministro, per la sua risposta puntuale e per il suo impegno internazionale a favore della difesa dei diritti umani e dello spirito democratico, nel pretendere da Mosca un'inchiesta approfondita sul caso Navalny, così come un deciso intervento per risolvere la crisi bielorussa. Sono certo che l'Italia manterrà con la Russia un approccio dialogante e collaborativo nel nome della relazione speciale che lega i nostri due Paesi e del ruolo che l'Italia gioca nel nuovo mondo multipolare.

L'Italia ha compreso forse meglio di altri nostri partner europei il rinnovato contesto multilaterale in cui agire come attore di pace, di concordia e di fattiva collaborazione tra le parti.

Lei, signor Ministro, porta avanti egregiamente questa visione delle relazioni internazionali e credo che le sue parole di oggi dimostrino ancora una volta come l'Italia sia capace di garantire i nostri interessi economici e politici nel pieno rispetto dei nostri valori e dei principi liberali e democratici.

Mi ritengo quindi pienamente soddisfatto della sua risposta. (Applausi).

PRESIDENTE. La senatrice Biti ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-01977 sul sostegno al settore sportivo e sulla conclusione delle competizioni in corso, per tre minuti.

BITI (PD). Signor Presidente, ringrazio anzitutto il signor Ministro per la sua disponibilità a essere qui oggi pomeriggio, un'occasione che noi come Gruppo Partito Democratico abbiamo colto al volo perché riteniamo fondamentale per il nostro Paese tutto il sistema sportivo. Lo riteniamo fondamentale dal punto di vista della crescita e della formazione di tanti bambini, giovani, ragazzi e adulti, per la vita sociale e culturale, per il controllo sanitario e per l'impatto economico che il settore ha nel nostro Paese.

Lo riteniamo importante anche oggi; sì, proprio oggi, in questo momento di gravissima crisi. Sappiamo bene che c'è una pandemia e può sembrare forse difficile pensare anche al mondo dello sport. Riteniamo invece che proprio in questo momento dobbiamo dare un segnale importante al settore.

Signor Ministro, come lei sa bene, perché lo sta facendo, il mondo dello sport si aspetta risposte concrete da noi e una presenza costante affinché avverta il nostro sostegno. La crisi è forte per tutto il sistema sportivo che è fatto dai dilettanti, dagli amatori e, ovviamente, dai professionisti. Siamo convinti che sia un sistema complesso che sta insieme, proprio insieme, perché non c'è un campione che nasce se non ci sono dei bambini che iniziano a praticare una qualsiasi disciplina. I bambini che vedendo il grande campione sono spinti a diventare grandi campioni e così le federazioni e le società di qualsiasi disciplina non diventano grandi se, a loro volta, non hanno i piccoli che via via fanno un ricambio.

Per tali ragioni riteniamo che il settore abbia bisogno di grande attenzione in questo momento. Pertanto, sebbene già nel decreto cura Italia, nel decreto rilancio e nel decreto agosto sia stato fatto molto, chiediamo, signor Ministro, quali sono i mezzi con i quali lei e il suo Ministero intendete sostenere in questo momento di crisi soprattutto i dilettanti e le società delle discipline più in difficoltà, per farle poi ripartire dopo l'emergenza.

Vorrei sapere altresì se ritiene che i protocolli utilizzati in questo momento siano corretti, se possano essere rivisti e se possano portare anche in fondo i campionati ad ogni livello, i tornei e le manifestazioni che interessano il mondo sportivo. (Applausi).

PRESIDENTE. Il ministro per le politiche giovanili e lo sport, onorevole Spadafora, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

SPADAFORA, ministro per le politiche giovanili e lo sport. Signor Presidente, condivido pienamente la complessa analisi della senatrice interrogante e, come è stato ricordato, posso confermare che noi sin dal primo provvedimento, il cosiddetto cura Italia, abbiamo immesso nel mondo dello sport risorse che forse mai si sono avute prima. Lo abbiamo fatto evidentemente a causa della pandemia, ma questa diventa anche un'occasione per molte realtà sportive di poter migliorare il proprio impegno e il proprio lavoro.

Vorrei ricordare che non solo abbiamo dato 370 milioni di euro per l'indennità ai lavoratori sportivi, ma abbiamo messo a disposizione, a fondo perduto, 150 milioni di euro, di cui quasi il 50 per cento è stato già erogato e l'altra parte verrà sicuramente anch'essa messa a disposizione. Infatti, man mano che evolve la situazione, cerchiamo anche di finalizzare questo stanziamento a fondo perduto in base alle esigenze che emergono. Per fare un esempio, molte associazioni e società sportive si sono lamentate del fatto che non hanno più accesso alle palestre delle scuole, che invece sono il luogo dove, in molte realtà in cui manca un impianto sportivo, è possibile esercitare un'attività di base per i ragazzi e per le ragazze.

Noi, d'accordo con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il ministro Azzolina, invieremo una circolare nei prossimi giorni a tutti i dirigenti scolastici per invitarli a concedere le palestre, ma soprattutto metteremo a disposizione di associazioni sportive dilettantistiche (ASD) e società sportive dilettantistiche (SSD) risorse, a fondo perduto, per la igienizzazione delle palestre e di tutti gli spazi che verranno usati dalle società sportive. Questo infatti è il vero motivo per cui in questo periodo le scuole non sono più state messe a disposizione.

Abbiamo stanziato 90 milioni di euro per il credito d'imposta per le sponsorizzazioni; questa misura investe soprattutto una fascia medio-medio alta dei club sportivi. Cerchiamo quindi di raccogliere veramente la complessità delle richieste, così come la senatrice interrogante rappresentava, dal mondo dello sport di base al mondo di più alto livello professionistico.

Ovviamente queste sono le misure che abbiamo adottato a livello emergenziale nella prima fase; intanto ho già inviato al ministro dell'economia e delle finanze Gualtieri le mie proposte per il disegno di legge di bilancio che discuteremo nel prossimo Consiglio dei ministri. Sono certo che, anche nella prossima manovra di bilancio, saranno previste misure molto importanti per il mondo dello sport.

Per quello che riguarda le competizioni, penso che, al momento, i protocolli in vigore, sia per la serie A di calcio, sia per le associazioni e le società sportive, siano validi. L'importante è che vengano rispettati. Se c'è qualcuno che non li rispetta, a ogni livello, più alto o più basso, ovviamente si creano i casi che leggiamo nella cronaca. Mi auguro quindi che i protocolli possano essere rispettati; se lo saranno e se la situazione generale del Paese lo consentirà, ovviamente, da Ministro dello sport, mi auguro che tutti i campionati, di ogni ordine e grado, possano continuare a svolgersi nel migliore dei modi, nell'interesse dei calciatori, di tutte le persone che lavorano in questo mondo, ma anche di tutti gli appassionati di sport in Italia. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica la senatrice Biti, per due minuti.

BITI (PD). Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro per la risposta, che è stata articolata e molto precisa su alcune parti, soprattutto su quelle economiche, che anch'io avevo ricordato. È stato già fatto molto e credo che si debba lavorare ancora, come lei ha già preannunciato, in occasione della legge di bilancio: noi saremo attenti su questo fronte. Alcune risorse che sono state individuate nell'emergenza; noi riteniamo che debba essere dato un impianto strutturale, anche economico, importante al mondo dello sport, dallo sport di base, ai dilettanti, fino al professionismo, in tutte le discipline che, ribadisco, davvero sono importanti per la formazione di tanti, dai bambini ai più grandi, nel nostro Paese. Noi le chiediamo - e il Partito Democratico in questo è con lei, signor Ministro - che faccia sentire la sua voce, che sia presente e costantemente vicino a tutte le società e a questo mondo, che in questo momento davvero sta soffrendo, e tanto, per l'impossibilità di organizzare molte manifestazioni.

Non è soltanto una speranza, signor Ministro. Credo che non si debba solo sperare che i protocolli funzionino. Certo, chi non li rispetta sbaglia sempre; questo lo diciamo tutti e ne siamo convinti. Ma non c'è solo la speranza, perché noi dobbiamo far sì che venga garantito lo svolgimento dello sport, per quanto possibile in questo momento. Noi le chiediamo questo e il Partito Democratico c'è. (Applausi).

PRESIDENTE. Lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata (question time) all'ordine del giorno è così esaurito.

Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno

MANTOVANI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANTOVANI (M5S). Signor Presidente, gentili colleghe e colleghi, ogni giorno sempre più scuole richiedono una piattaforma di videoconferenze, ad esempio per gli incontri tra genitori e insegnanti o per la didattica digitale, che tuteli i dati e la privacy degli utenti, siano essi allievi, docenti o familiari. Come sappiamo, le piattaforme dei colossi sovranazionali del web non garantiscono tali tutele. La Corte di giustizia europea ha invalidato il privacy shield, ovvero l'accordo largamente diffuso con cui grandi organizzazioni e multinazionali potevano, fino ad ora, legittimare il trasferimento di dati personali tra Europa e Stati Uniti.

La legislazione americana non pone, infatti, limitazioni alla portata e alla durata della raccolta, né garantisce ai cittadini stranieri alcun diritto nei confronti delle autorità statunitensi azionabile dinanzi ai giudici.

Il regolamento generale sulla protezione dei dati europeo prevede, invece, che la raccolta e il trattamento siano esplicitamente definiti e limitati nello scopo e nel tempo e che l'interessato possa reclamare, richiedere la correzione o la cancellazione dei dati e opporsi al loro trattamento.

A rischio sono anche i dati dei minori. Il Garante della privacy è intervenuto nella Commissione per l'infanzia e l'adolescenza e ha chiarito come sia stata posta all'attenzione del Ministro dell'istruzione l'esigenza di una svolta nel ricorso alle piattaforme in generale, ritenendo come fosse più prudente utilizzare il registro elettronico rispetto alla piattaforma di una multinazionale di cui non si sa nulla. Sarebbe, quindi, meglio nel presente, ora che la scuola è in piena attività, dare indicazioni chiare perché le scuole ricorrano tutte le volte che è possibile al registro elettronico. Il Garante ha ribadito, quindi, come il tema vero e più importante sia quello di una piattaforma pubblica italiana che si faccia carico di mettere insieme risorse e competenze. È bene che l'Italia si doti di una sua infrastruttura, auspicabilmente nell'ambito di una cooperazione anche europea.

Presidente, colleghe e colleghi, rispetto ai tempi passati oggi abbiamo una nuova possibilità: tra le sfide strategiche che il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano dovrà affrontare vi è quella che riguarda la transizione digitale. In questo senso le risorse Next generation EU possono davvero essere utilizzate. Sappiamo già che il Ministro dell'istruzione sta muovendo dei passi in questa direzione, ma occorre arrivare all'obiettivo di erogare un servizio adeguato alle esigenze, anche adesso nel tempo della pandemia, conforme allo stato dell'arte delle tecnologie che tuteli pienamente i dati personali. Tale garanzia rappresenta uno dei pilastri su cui si deve basare una seria politica per la sovranità digitale e tecnologica che l'Italia deve attuare e integrare sapientemente nell'ambito della realtà europea. (Applausi).

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di martedì 27 ottobre 2020

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica martedì 27 ottobre, alle ore 16,30, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 16,02).

Allegato A

DISEGNO DI LEGGE

Conversione in legge del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, recante misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché per l'attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020 (1970)

PROPOSTA DI QUESTIONE PREGIUDIZIALE

QP1

Bernini, Malan, Vitali, Pagano, Schifani, Fazzone

Respinta

Il Senato,

            in sede di discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, recante misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché per l'attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020,

        premesso che:

        il decreto-legge in esame contiene disposizioni in materia di: proroga dello stato di emergenza; continuità operativa del sistema di allerta COVID; proroga di termini in materia di nuovi trattamenti di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga; attuazione della direttiva (UE) 2020/739 della Commissione del 3 giugno 2020, concernente l'inserimento del SARS-CoV-2 nell'elenco degli agenti biologici di cui è noto che possono causare malattie infettive nell'uomo; ultrattività del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 settembre 2020;

            in particolare, il provvedimento in esame, attraverso la modifica dell'articolo 1, del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, reca la ulteriore proroga al 31 gennaio 2021 dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, inizialmente fissato al 31 luglio 2020, successivamente prorogato al 15 ottobre 2020;

            tra le misure previste per evitare la diffusione del COVID-19, ai sensi del citato articolo 1 del decreto legge 19/2020, viene introdotto l'obbligo di avere sempre con sé dispositivi di protezione delle vie respiratorie, con possibilità di prevederne l'obbligatorietà dell'utilizzo nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all'aperto ad eccezione dei casi in cui, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi, e comunque con salvezza dei protocolli e delle linee guida anti-contagio previsti per le attività economiche, produttive, amministrative e sociali, nonché delle linee guida per il consumo di cibi e bevande, restando esclusi da detti obblighi i soggetti che stanno svolgendo attività sportiva; i bambini di età inferiore ai sei anni; i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l'uso della mascherina, nonché coloro che per interagire con i predetti versino nella stessa incompatibilità;

            giova evidenziare che a tal fine l'articolo 5 del decreto legge specifica che nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 19 del 2020, e comunque non oltre il 15 ottobre 2020, continuano ad applicarsi le misure previste nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 settembre 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 settembre 2020, n. 222, nonché le ulteriori misure, di cui all'articolo 1, comma 2, lettera hh-bis), del decreto-legge n. 19 del 2020, come introdotta dal presente decreto, relative all'obbligatorietà dell'uso delle mascherine;

            riguardo al rapporto tra lo Stato e le Regioni, l'articolo 1 del decreto, al comma 2, introduce una novella dell'articolo 1, comma 16, del d-l 33 del 2020 (Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19), ribadendo il divieto per le Regioni di adottare misure meno restrittive di quelle adottate a livello nazionale e prevedendo la possibilità di introdurre misure ampliative rispetto a quelle disposte dai decreti di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020 "nei soli casi e nel rispetto dei criteri previsti dai citati decreti e d'intesa con il Ministro della salute";

            il provvedimento in esame, ancora una volta, legittima ulteriormente l'utilizzo reiterato del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che non è soggetto neanche al controllo del Presidente della Repubblica, considerato che si tratta di un semplice atto normativo secondario e in quanto tale non solo è sottratto al vaglio successivo del Parlamento e del Presidente della Repubblica, ma per di più è insindacabile ex post, sfuggendo anche all'eventuale controllo successivo della Corte costituzionale;

            non è opportuno, né costituzionalmente legittimo che alla richiesta di proroga dello stato di emergenza, con modalità uniche in Europa, si ricolleghi l'autorizzazione per il Consiglio dei Ministri, con Dpcm, di limitare i diritti e le libertà dei cittadini;

            è fondamentale che la proroga dello stato di emergenza non diventi una sorta di scudo per poter giustificare atti normativi illegittimi, decisioni unilaterali che contrastano con i diritti e le libertà fondamentali garantite dalla Costituzione;

            il Governo deve dimostrare di essere in grado di gestire tale situazione d'emergenza nel Paese con gli strumenti ordinari e non con leggi speciali, né con editti che estromettono l'unico organo legittimato a limitare i diritti e le libertà, e cioè il Parlamento che rappresenta il popolo;

            a parere degli scriventi, il Governo continua a gestire l'emergenza pandemica in modo del tutto autoreferenziale, stravolgendo i principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale e della gerarchia delle fonti del diritto, consolidando in tal modo una prassi che si colloca in netto contrasto con i principi sanciti dall'articolo 70 della Costituzione che attribuisce al Parlamento l'esercizio della funzione legislativa; 

            proprio per il suo carattere di eccezionalità, lo stato di emergenza non può diventare la regola e, proprio per questo, sia la legge che lo prevede, sia la costante giurisprudenza della Corte costituzionale hanno insistito sulla necessaria brevità degli strumenti derogatori, che possono produrre conseguenze negative non solo creando tensioni a livello sociale ma anche e soprattutto sul piano economico;

            giova sempre ricordare che la Costituzione non contempla un diritto speciale per lo stato di emergenza sul modello dell'articolo 16 della Costituzione francese, dell'articolo 116 della Costituzione spagnola o dell'articolo 48 della Costituzione ungherese, e che in essa non si rinvengono clausole di sospensione dei diritti fondamentali da attivarsi nei tempi eccezionali, né previsioni che in tempi di crisi consentano alterazioni nell'assetto dei poteri. Pur tuttavia il compito di valutare la reale eccezionalità di situazioni di emergenza è, seppur implicitamente, demandato al Parlamento;

        considerato che:

        a riprova della scarsa considerazione del ruolo del Parlamento e della evidente disattenzione del Governo, si sottolinea che la modifica di cui all'articolo 1, comma 3, lettera b), numero 1), del decreto in esame -, che ha integrato l'allegato 1 del decreto-legge n. 83 del 2020 (Misure urgenti connesse con la scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 deliberata il 31 gennaio 2020 e disciplina del rinnovo degli incarichi di direzione di organi del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica) - il quale ha posticipato al 15 ottobre 2020 i termini previsti da un novero di disposizioni, ora prorogati al 31 dicembre 2020 - con il riferimento all'articolo 87, commi 6 e 7, del decreto legge 18/2020 (Cura Italia) - che dispone per il personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, proroghe dei termini relativi a: misure di profilassi; temporanea dispensa dal servizio in presenza -, è già stato inserito con una modifica durante l'esame in Commissione al Senato del decreto-legge 104/2020 - c.d. decreto Agosto -, in fase di conversione alla Camera, con l'aggiunta della proroga del collocamento d'ufficio in licenza straordinaria o simili,

            delibera ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento di non procedere all'esame dell'AS 1970.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA, AI SENSI DELL'ARTICOLO 151-BIS DEL REGOLAMENTO

Interrogazione sulla posizione italiana in merito al sequestro di due pescherecci siciliani da parte libica

(3-01980) (14 ottobre 2020)

Faraone, Garavini, Sbrollini, Magorno, Comincini, Marino, Grimani, Vono, Sudano, Cucca. - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale -

                    Premesso che:

            nella notte tra il 1° ed il 2 settembre 2020, 18 pescatori di Mazara del Vallo, membri degli equipaggi dei due pescherecci "Medinea" e "Antartide", sono stati dapprima fermati e poi successivamente sequestrati ed imprigionati dalle autorità marittime libiche facenti capo al generale Khalifa Haftar, capo delle milizie legate all'autoproclamato Governo della Libia orientale, non riconosciuto dalla comunità internazionale;

            i fatti sono avvenuti a 38 miglia dalle coste libiche a nord di Bengasi, all'interno del territorio marino da anni rivendicato unilateralmente dalla Libia come parte delle proprie acque di competenza nazionale: secondo quanto dichiarato da alcuni funzionari libici, i pescatori, otto italiani, sei tunisini, due senegalesi e due indonesiani, sarebbero stati indagati e fermati a seguito della violazione della competenza territoriale ed economica delle acque territoriali;

            da quanto si apprende, una delle accuse che è stata rivolta agli equipaggi dei due pescherecci è anche il trasporto di sostanze stupefacenti: tale accusa, tuttavia, sarebbe stata sollevata solo successivamente al fermo, a seguito di una presunta perquisizione dei pescherecci da parte delle autorità libiche durante gli ulteriori accertamenti, ed è evidentemente finalizzata per il fermo dei marittimi incrinandone ulteriormente la posizione, nonché manifestamente infondata, come sostenuto non solo dai familiari dei detenuti, ma anche dallo stesso Piero Marrone, capitano della "Medinea", nell'unica dichiarazione che fino ad ora è stata resa disponibile;

            altre fonti stampa, nondimeno, hanno riportato la notizia di una presunta trattativa che il generale Haftar sarebbe intenzionato a portare avanti nei confronti delle autorità italiane avente ad oggetto un preciso "scambio": alla liberazione dei 18 prigionieri, infatti, dovrebbe corrispondere la scarcerazione dei 4 scafisti libici attualmente detenuti presso le carceri italiane, condannati a scontare dai 20 ai 30 anni di reclusione per i reati di omicidio volontario e traffico di migranti perpetuati in occasione della "strage di Ferragosto", in cui nel 2015 persero la vita ben 49 migranti, stipati nelle stive di un barcone e asfissiati dai fumi del carburante. Le milizie libiche, nonché gli avvocati difensori, ne hanno rivendicato l'innocenza, sostenendo che si tratta di quattro "semplici sportivi" trovatisi sul barcone in qualità di migranti in fuga dalla Libia;

            uno degli aspetti più critici di tutta la questione riguarda l'impossibilità da parte dei pescatori di comunicare con le proprie famiglie: dal momento del sequestro, infatti, è stata consentita una sola telefonata, quella svolta dal capitano della "Medinea" Piero Marrone alla madre; successivamente, non si sono avute più notizie inerenti alle condizioni di salute e di detenzione dei marittimi;

            stando a quanto ricostruito sinora da alcune testate, i 18 marinai si troverebbero in stato di fermo all'interno di una palazzina militare di Bengasi, in attesa del processo che dovrebbe svolgersi il prossimo 20 ottobre, mentre i due pescherecci sarebbero ormeggiati nel porto della città;

            nonostante non sia la prima volta che le autorità libiche effettuano il fermo di pescherecci italiani con l'accusa di aver violato i presunti confini marittimi ritenuti dalla Libia di propria competenza, tale sequestro è indubbiamente connotato da alcuni elementi di singolarità;

            in particolare, vi è la concomitanza temporale dei fatti con il rientro, avvenuto poche ore prima, del Ministro in indirizzo dal viaggio in Libia, in occasione del quale si sono svolte le due distinte visite al primo Ministro del Governo di accordo nazionale Fayez al Serraj e al Presidente del parlamento libico orientale, Aguila Saleh, sostenitore di Haftar;

                    considerato che:

            nelle scorse settimane sono state molte le manifestazioni e le iniziative organizzate dalle famiglie dei prigionieri e dalla società civile per interessare le istituzioni e l'opinione pubblica a questa vicenda sottolineandone l'opacità;

            gli armatori delle imbarcazioni hanno pubblicamente manifestato la richiesta di interventi mirati e specifici, rivolgendo altresì numerosi appelli al Governo per chiedere il rilascio immediato dei motopesca e degli ostaggi, oltre alla possibilità di mettersi in contatto con i marinai, nei confronti dei quali è stato sinora impossibile effettuare una qualsiasi comunicazione, fatta eccezione per la richiamata telefonata del capitano Piero Marrone;

            sebbene nei giorni scorsi il Ministro in indirizzo abbia dichiarato di aver "attivato tutti i canali internazionali" per risolvere la questione, e nonostante le rassicurazioni offerte dal Ministro per i rapporti con il Parlamento, il quale, la scorsa settimana, ha risposto ad un question time alla Camera dei deputati che verteva proprio su tale vicenda, ad oggi, non risultata sufficiente l'opera sino a questo momento intrapresa da parte del Governo per far luce sulla vicenda e per riuscire a riportare in Italia i prigionieri,

            si chiede di sapere:

            quali siano gli orientamenti del Ministro in indirizzo rispetto alle vicende descritte;

            se non ritenga doveroso esprimere chiaramente una posizione di aperta condanna nei confronti delle autorità libiche che tengono prigionieri i 18 pescatori, e se non ritenga opportuno attivarsi immediatamente, intensificando gli sforzi diplomatici sino ad ora portati avanti, al fine di risolvere la questione nel più breve tempo possibile, predisponendo altresì un deciso intervento volto a consentire quanto prima il contatto tra i pescatori ingiustamente detenuti e le rispettive famiglie, nonché a garantirne la massima tutela della salute ed il più sicuro rientro in Italia.

Interrogazione sulla legittimità della zona economica esclusiva imposta dalla Libia in relazione al recente sequestro di equipaggi italiani

(3-01978) (14 ottobre 2020)

Urso, Rauti, Ciriani. - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale -

                    Premesso che:

            resta insoluta la delicata, oltraggiosa ed intollerabile vicenda che vede coinvolti, oramai da un mese e mezzo, 18 pescatori dei due pescherecci di Mazara del Vallo, denominati "Antartide" e "Medinea", sequestrati la sera del 1° settembre 2020 dai militari del generale Khalifa Haftar;

            l'episodio, che ricadrebbe nell'ambito di quella che oramai viene definita "la guerra del pesce", non sarebbe che l'ultimo di una serie atti ostili, sequestri o tentativi di sequestro di pescherecci mazaresi sorpresi a pescare all'interno della "zona economica esclusiva", che si estende per 62 miglia oltre il limite di 12 miglia delle acque territoriali ed è stata istituita unilateralmente dal Governo di Tripoli nel 2005 e nella quale la pesca sarebbe interdetta;

            la controversa situazione e la continua esposizione di nostri connazionali (e non soltanto) a situazioni di elevato rischio determina l'emergere della necessità di una chiara e netta presa di posizione da parte del Governo rispetto a una situazione che, proprio per i profili di rischio emergenti in ordine alla sicurezza nazionale, deve essere necessariamente chiarita;

            alla luce della controversa questione persistente dal 2005 è doveroso chiarire se ed in quali termini il Governo, a decorrere dal 2005 e proprio in relazione alle continue rivendicazioni libiche unilaterali di esclusività della fascia di mare all'interno della quale si sono verificati i fatti, abbia fornito agli operatori marittimi precise indicazioni e adeguate istruzioni in ordine alla navigabilità e accessibilità di tali acque, e, in particolare, quali fossero, ove esistenti, i protocolli di intervento eventualmente adottati e diramati, anche avvalendosi dei mezzi navali e aerei della Marina militare italiana e della Guardia costiera, per garantire sicurezza e protezione dei pescherecci ed operatori nazionali marittimi presenti nell'area;

            inoltre, sebbene il Governo abbia espressamente smentito, nel corso di un recente question time alla Camera dei deputati di mercoledì 7 ottobre 2020 (in risposta all'interrogazione 3-01792) alcune indiscrezioni di stampa su presunte richieste di scambio dei marittimi con 4 cittadini libici condannati in via definitiva in Italia per gravissimi reati umanitari, tali notizie tornano ad essere convintamente ribadite ad un'agenzia di stampa italiana, nel corso della giornata del 13 ottobre, da una fonte vicina all'autoproclamato Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar;

            in particolare viene riferito di una lunga telefonata tra alcuni funzionari degli Emirati arabi uniti (di cui l'Italia si starebbe avvalendo) e uno dei leader dell'Esercito nazionale libico, per coordinare i dettagli del negoziato e per discutere le modalità di liberazione dei detenuti di ciascuna parte;

            oltre alla dovuta attenzione al caso di specie, tuttora irrisolto e rispetto al quale appare necessario prestare prioritariamente la massima attenzione, al fine di riportare al più presto in patria i 18 pescatori coinvolti nel sequestro, è doveroso avviare con la massima urgenza una valutazione più ampia ed addivenire ad una decisione in ordine alle iniziative da intraprendere, anche in sede internazionale, per promuovere una definizione della questione rispetto alle rivendicazioni libiche e alle interdizioni unilateralmente imposte dal Governo di Tripoli sulla base di un'applicazione evidentemente illegittima e forzata dei principi stabiliti dal diritto internazionale e dunque di un lapalissiano abuso del diritto, la cui persistenza continua a mettere in pericolo l'incolumità e la vita dei nostri concittadini e degli operatori marittimi,

            si chiede di sapere:

            se il Governo, in relazione alla rivendicazione unilaterale da parte della Libia della fascia di mare nella quale si è materializzato il sequestro dei 18 pescatori di Mazara del Vallo, abbia diramato o impartito agli operatori marittimi nazionali precise istruzioni o protocolli di sicurezza e di intervento, anche mediante l'ausilio dei mezzi della Marina militare italiana o della Guardia costiera presenti nell'area, ed in che misura tali protocolli siano stati eventualmente attivati nel caso di specie;

            se il Ministro in indirizzo, nel perseguire la prioritaria esigenza di mettere in salvo e riportare in patria al più presto i 18 pescatori di Mazara del Vallo, ritenga di poter smentire le notizie di un negoziato tra il nostro Paese e all'autoproclamato Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar, per il tramite di mediatori degli Emirati arabi uniti, volto a concordare il rilascio di cittadini libici, condannati in via definitiva in Italia per gravissimi reati lesivi dei diritti umani, a fronte della liberazione dei 18 pescatori;

            se non ritenga necessario e urgente intervenire, anche promuovendo un'azione coordinata a livello internazionale, per chiarire in modo definitivo la legittimità delle operazioni di pesca e navigazione in un'area unilateralmente ed illegittimamente rivendicata dal Governo libico come zona economica esclusiva in cui la navigazione è interdetta.

Interrogazione sulle iniziative per la liberazione dei pescatori di Mazara del Vallo sequestrati in Libia

(3-01972) (13 ottobre 2020) (già 4-04191) (07 ottobre 2020)

De Bonis. - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale -

            Premesso che:

            risultano ancora bloccati in Libia i 18 membri dell'equipaggio dei due pescherecci di Mazara del Vallo sequestrati la sera del 1° settembre 2020 dai militari del generale Khalifa Haftar;

            pare che la vicenda sia monitorata dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale che, dalla sera dell'agguato, starebbe trattando il rilascio dei motopesca "Antartide" e "Medinea", oltre che dei pescatori tuttora trattenuti a Bengasi;

            tuttavia, nonostante le costanti rassicurazioni della Farnesina, i familiari non riescono a stabilire un contatto con i marittimi, che, dopo essere stati interrogati, sono stati trasferiti in una struttura da cui non possono uscire liberamente;

            da articoli di stampa si apprende che alcuni giorni dopo il sequestro, un'associazione di Mazara del Vallo ha diffuso anche delle foto scattate in Libia e madri, mogli, fratelli e sorelle dei 18 pescatori hanno iniziato a mettere in circolazione informazioni, incontrandosi nel magazzino dell'armatore di uno dei due pescherecci sequestrati;

            tra i pescatori trattenuti dalla sera del 1° settembre, oltre ai membri degli equipaggi dei due motopescherecci, ci sono anche il comandante del peschereccio "Anna Madre" di Mazara del Vallo e il primo ufficiale del "Natalino" di Pozzallo, che la sera dell'accerchiamento erano riusciti ad invertire la rotta;

            agli armatori viene contestata la presenza dei loro pescherecci all'interno delle 72 miglia (60 in più delle tradizionali 12 miglia) che la Libia dal 2005 rivendica unilateralmente come acque nazionali, in virtù della convenzione di Montego Bay, che dà facoltà di estendere la propria competenza fino a 200 miglia;

            molti sono intervenuti per chiedere il rilascio dei pescatori e dei motopescherecci sequestrati, tra cui la sezione regionale di Agripesca, che ha minacciato di "bloccare l'intera flotta peschereccia" che a Mazara del Vallo è composta da un centinaio di imbarcazioni d'altura. Anche i familiari dei marinai che avevano promesso di venire a Roma, insieme ad un gruppo di pescatori, lo hanno fatto ieri, manifestando davanti a Montecitorio, perché si sentono abbandonati dal Governo, che pare aver dimenticato che ci sono cittadini italiani bloccati in un Paese in guerra;

            la diplomazia italiana in effetti si sta occupando della vicenda in maniera poco chiara e molti hanno evidenziato la curiosa circostanza di un sequestro eseguito a poche ore di distanza dal viaggio del ministro Luigi Di Maio a Tripoli, per far visita al premier libico riconosciuto dall'ONU, Fayez al-Serraj e al presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh;

            il sequestro, invece, è stato operato dai militari di Haftar, a cui si sarebbe rivolta la figlia di uno dei motoristi del Medinea per chiedere la liberazione di tutte le barche e dei pescatori che erano entrati nella zona libica soltanto per lavorare;

            tuttavia, il sequestro viene anche visto come una ritorsione, alimentata da un'insolita richiesta avanzata dai militari del generale Haftar, ossia uno "scambio di prigionieri" per liberare i 18 pescatori. La proposta riguarderebbe 4 libici detenuti in Italia, condannati a 30 anni di carcere dalla Corte d'appello del Tribunale di Catania, con l'accusa di essere scafisti e carcerieri della "strage di Ferragosto" che nel 2015 portò alla morte di 49 migranti che viaggiavano a bordo di uno dei tanti barconi partiti dalle coste libiche. Su questa ipotesi non c'è alcuna conferma da parte della Farnesina, ma a metà settembre i familiari dei 4 detenuti libici hanno manifestato a Bengasi per chiedere la loro estradizione;

                    considerato che:

            la vicenda esposta è seria e preoccupante ed il Ministro in indirizzo, oltre a cercare di risolvere rapidamente la questione, dovrebbe dare informazioni precise e certe sulla situazione dei 18 marittimi bloccati ormai da 37 giorni in Libia;

            l'interrogante ha incontrato le mogli e i familiari di questi cittadini, che non hanno mai potuto sentire le voci dei pescatori, che sarebbero in attesa di processo e rischierebbero una condanna fino a 30 anni. Chiedono di avere notizie certe sulle loro condizioni di salute e sui tempi del loro rilascio, evidenziando che alcuni di loro prendono regolarmente dei farmaci e vi è il rischio che in questo momento non vengano loro somministrati a causa delle leggi libiche che lo vietano;

            vi è inoltre la preoccupazione che queste persone diventino merce di scambio politico per la liberazione di scafisti. Esiste la via della diplomazia, certo, ma prima ancora esiste una questione morale, di umanità che il Governo italiano non può ignorare. Occorre che il Ministro degli affari esteri svolga appieno il suo ruolo, impiegando prioritariamente tutte le sue energie per risolvere questioni urgenti come questa, piuttosto che dedicarsi a costose campagne elettorali,

            si chiede di sapere:

            quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro in indirizzo al fine di ottenere la liberazione dei marittimi sequestrati e tenuti prigionieri in Libia;

            se non ritenga di dovere riferire in Parlamento in merito ad una vicenda così grave e preoccupante;

            se non ritenga di dover dare assicurazioni certe alle mogli ed ai familiari dei pescatori, che attendono da 37 giorni di sentire almeno la voce dei loro cari.

Interrogazione sulle circostanze del sequestro dei marittimi italiani in Libia e sulle condizioni per la loro liberazione

(3-01979) (14 ottobre 2020)

Bernini, Malan, Giammanco, Papatheu. - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale -

                    Premesso che:

            il 1° settembre 2020 due pescherecci di Mazara del Vallo, con 18 pescatori a bordo, sono stati sequestrati dalla marina militare del generale Haftar, a circa 35 miglia a nord di Bengasi, all'interno di una fascia marittima che da tempo la Libia rivendica come propria zona economica esclusiva;

            i connazionali sono tenuti prigionieri dalla fazione libica del generale Haftar, il pretendente governatore non riconosciuto dalla comunità internazionale, che in cambio dei pescatori italiani chiede la liberazione di 4 scafisti libici (che secondo fonti libiche sono calciatori, in fuga per trovare fortuna in Germania), accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e di omicidio plurimo per l'uccisione di dozzine di persone che portavano in Italia come migranti;

            stando a quanto si apprende dalla stampa, il presidente della commissione affari esteri di Tobruk ha fatto sapere infatti che i pescatori italiani "sono stati fermati perché svolgevano attività di pesca nelle acque territoriali libiche" e che "presto gli equipaggi dei due pescherecci italiani compariranno davanti a un tribunale che dovrà pronunciarsi sul reato da loro commesso";

            il Ministro in indirizzo, nello stesso giorno in cui avveniva il sequestro-rapimento, si era recato in Libia, a Tobruk, per incontrare il premier libico riconosciuto dall'ONU, Fayez al-Serraj, e il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh, considerato l'uomo nuovo della Cirenaica;

            tale sequestro umilia l'Italia proprio nella sua ex colonia, mostrando il peso residuale delle nostre istituzioni in politica estera;

            si susseguono manifestazioni nel territorio siciliano e appelli da tutto il Paese per chiedere a gran voce la liberazione dei connazionali e per tentare di accendere i riflettori su tale grave episodio totalmente sottovalutato dal Governo; alcuni familiari dei sequestrati, nei giorni scorsi, lamentando il fatto di non avere nessuna notizia dalla Farnesina, sono persino arrivati ad incatenarsi davanti a palazzo Montecitorio per focalizzare l'attenzione sulla vicenda e chiedere a gran voce al Governo di riportare a casa i propri familiari;

            solamente dopo tale atto i familiari sono stati ricevuti prima a palazzo Chigi dal consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio dei ministri, Pietro Benassi, e successivamente dal capo dell'unità di crisi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ma oltre alle solite rassicurazioni non sono state fornite indicazioni precise;

            il 9 ottobre, nel giorno in cui padre Pier Luigi Maccalli e Nicola Chiacchio sono rientrati in Italia, il Ministro in indirizzo ha dichiarato quanto segue: "Continuiamo a lavorare giorno e notte e in queste ore stiamo concentrando gli sforzi per i nostri connazionali in Libia. Abbiamo attivato tutti i canali internazionali e stiamo lavorando in silenzio e con riserbo come richiesto in queste situazioni per raggiungere il miglior risultato. Siamo in continuo contatto con le famiglie dei pescatori";

            preoccupano le parole del Ministro in merito al dialogo intrapreso con il Ministro degli Emirati arabi uniti e il Ministro russo, in quanto "hanno capacità di influenza su quella parte libica", poiché sembrano confermare l'irrilevanza del nostro Paese nella Libia orientale;

            nel recente passato si sono verificati analoghi episodi, l'ultimo dei quali nel 2019, quando un peschereccio, anche in quel caso di Mazara del Vallo, fu sequestrato con modalità simili;

            la Libia è ormai, dalla caduta di Gheddafi, un territorio profondamente conteso, guidato dal presidente Fayez al-Sarraj, il cui Governo è stato riconosciuto dall'ONU, ma che contemporaneamente vede gran parte della Cirenaica sotto il controllo dell'esercito del generale Haftar;

            negli anni l'Italia ha visto ridurre costantemente la propria influenza in Libia e nel Mediterraneo nel suo complesso, nonostante sia evidente l'importanza degli interessi nazionali in quell'area, a partire dalla necessità di controllare il massiccio flusso migratorio che interessa le coste italiane;

            la Libia rientra tra i Paesi che, pur avendo firmato la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS - United Nations convention on the law of the sea), non hanno ancora proceduto alla sua ratifica, ciò comportando l'inosservanza delle disposizioni ivi contenute relative ai limiti delle varie aree marine identificate, misurate in maniera chiara e definita a partire dalla cosiddetta linea di base;

            l'atteggiamento unilaterale libico sta generando problemi nell'applicazione della disciplina delle acque internazionali, con gravi ripercussioni sulla gestione dei flussi marittimi,

            si chiede di sapere:

            se e quali concrete iniziative il Ministro in indirizzo stia assumendo per garantire l'immediato rilascio dei due pescherecci con 18 membri dell'equipaggio tuttora trattenuti a Bengasi;

            quali iniziative intenda intraprendere per evitare che episodi simili colpiscano nuovamente la marineria siciliana, al fine di garantire la sicurezza dei marinai nello svolgimento del proprio lavoro;

            quale sia la strategia italiana in Libia e se intenda o meno smentire l'ipotizzato collegamento fra la sua visita in Libia e il sequestro dei pescherecci;

            se vi siano state richieste di scambio di prigionieri.

Interrogazione sul ripetersi di sequestri illegittimi di imbarcazioni italiane al largo della Libia

(3-01975) (14 ottobre 2020)

Iwobi, Lucidi, Vescovi, De Vecchis, Candura, Fusco, Pepe. - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale -

                    Premesso che:

            il 1° settembre 2020 18 marittimi di Mazara del Vallo sono stati sequestrati, mentre si trovavano per una battuta di pesca a circa 38 miglia nautiche a nord dalle coste della Cirenaica, da esponenti dell'esercito libico e portati a Bengasi a bordo di alcuni gommoni;

            i loro due pescherecci sono stati ugualmente sequestrati dalle milizie del generale Haftar;

            per circa un mese non si sono più avute notizie sulla sorte degli equipaggi. In seguito, è stato acclarato che si trovano in stato di fermo;

            le autorità libiche, in risposta alle richieste italiane, hanno chiesto il rilascio di 4 cittadini libici, condannati dal Tribunale di Catania a 30 anni di carcere per traffico di esseri umani e per la morte in mare di 49 migranti;

            considerato che questi sequestri si vanno ad aggiungere ad altri incresciosi episodi accaduti in passato,

            si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti, e quali azioni possa intraprendere per risolvere rapidamente questa situazione angosciante per i pescatori coinvolti, le loro famiglie e per i tanti pescatori che si trovano ad operare in queste zone del Mediterraneo, dove azioni piratesche a scopo ricattatorio, inaccettabili e da condannare, continuano ad avvenire in palese violazione del diritto internazionale.

Interrogazione sugli esiti della recente missione del Ministro degli affari esteri in Russia

(3-01976) (14 ottobre 2020)

Ferrara. - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale -

                    Premesso che:

            l'Italia ha tradizionalmente seguito con la Federazione russa la cosiddetta politica del "doppio binario", che combina severità nella garanzia del rispetto del diritto internazionale e dei nostri valori con un dialogo proattivo con Mosca sui temi di maggiore interesse bilaterale e multilaterale;

            si è appena conclusa la missione del Ministro in indirizzo nella Federazione russa. Il programma prevedeva che il Ministro copresiedesse il Consiglio italo-russo di cooperazione economica, industriale e finanziaria insieme al Ministro dell'industria e del commercio, Denis Manturov, e che incontrasse, in un colloquio bilaterale, il suo omologo Sergej Lavrov;

            l'interscambio commerciale tra i due Paesi rimane una direttrice fondamentale su cui improntare i rapporti bilaterali con Mosca. Pur avendo registrato un calo degli scambi nel primo semestre 2020, anche dovuto all'emergenza epidemiologica da COVID-19, l'Italia si conferma quinto fornitore della Federazione russa;

            la missione del ministro Di Maio ha avuto luogo in una congiuntura particolarmente delicata, in particolare alla luce del caso Navalny, della crisi in Bielorussia e della precaria situazione in Nagorno Karabakh;

            il tentato avvelenamento di Alexei Navalny con un agente nervino chimico militare del gruppo "Novichok" ha colpito molto negativamente l'opinione pubblica italiana ed europea, ma soprattutto ha costituito una grave violazione dei diritti umani e del diritto internazionale che, con la Convenzione per la proibizione delle armi chimiche, proibisce lo sviluppo, la produzione, l'acquisizione, la detenzione, la conservazione, il trasferimento e l'uso di armi chimiche e dei materiali collegati,

            si chiede di sapere:

            quali siano i messaggi che il Ministro in indirizzo ha trasmesso ai suoi interlocutori russi in relazione a dossier di primario interesse per l'Italia sotto il profilo dei diritti umani, quali il caso Navalny, in particolare circa l'auspicato impegno delle autorità di Mosca per l'accertamento della verità, e la crisi in Bielorussia;

            quali siano stati i contenuti principali della sua visita a Mosca.

Interrogazione sul sostegno al settore sportivo e sulla conclusione delle competizioni in corso

(3-01977) (14 ottobre 2020)

Biti, Marcucci, Ferrari, Collina. - Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport -

                    Premesso che:

            lo sport non è soltanto uno strumento di tutela della salute psicofisica e di promozione di un corretto stile di vita, ma anche uno strumento di inclusione sociale, di educazione, di formazione e di sviluppo della società sia sotto il profilo sociale che sotto il profilo economico;

            l'intero mondo dello sport, sia professionistico che dilettantistico, sta vivendo un periodo di grave crisi a causa dell'emergenza sanitaria da COVID-19;

            la sospensione e, successivamente, la riduzione delle attività e delle competizioni sportive, conseguenti alle misure, adottate negli ultimi mesi, di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica, necessarie a tutelare la salute dei cittadini, hanno avuto e continueranno ad avere ripercussioni sul settore sportivo sotto i profili economici, occupazionali e sociali;

            in particolare, molte associazioni e società sportive dilettantistiche, che svolgono un'importantissima funzione sociale e rappresentano un settore rilevante nel nostro Paese sotto il profilo occupazionale, si trovano in condizioni di estrema difficoltà a causa della drastica riduzione di entrate dovuta a poche iscrizioni e ad una prolungata chiusura degli impianti;

            nel corso di questi ultimi mesi, per far fronte a questa grave situazione, i decreti-legge "cura Italia", "rilancio Italia" e "decreto agosto" hanno introdotto numerose misure economiche a tutela e a sostegno del settore sportivo;

                    premesso inoltre che:

            il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 ottobre 2020, all'articolo 1, comma 1, lettera e), prevede che per gli eventi e le competizioni riguardanti gli sport individuali e di squadra, riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano, dal Comitato italiano paralimpico e dalle rispettive federazioni, ovvero organizzati da organismi sportivi internazionali, sia consentita la presenza di pubblico, con una percentuale massima di riempimento del 15 per cento rispetto alla capienza totale e comunque non oltre il numero massimo di 1.000 spettatori per manifestazioni sportive all'aperto e di 200 spettatori per manifestazioni sportive in luoghi chiusi, ferma restando la possibilità per le Regioni e le Province autonome, in relazione all'andamento della situazione epidemiologica nei propri territori, di stabilire, d'intesa con il Ministro della salute, un diverso numero massimo di spettatori in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi e degli impianti;

            la percentuale massima di riempimento del 15 per cento rispetto alla capienza totale è di molto superiore al numero massimo di 1.000 spettatori se calcolata su una capienza media di 30.000, quale è quella di uno stadio in cui si svolge il campionato di serie A;

            in tutte le categorie sportive, sia professionistiche che dilettantistiche, c'è grande incertezza sulle modalità con le quali portare a conclusione i diversi campionati e le diverse competizioni sportive,

            si chiede di sapere:

            quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda adottare per consentire non solo il sostegno del settore sportivo, con particolare riguardo alle associazioni e società sportive dilettantistiche, nel corso dell'emergenza sanitaria, ma anche la piena ripresa dell'intero settore al termine dell'emergenza;

            se intenda verificare nel tempo l'efficacia, la necessità e l'opportunità delle misure di contenimento del contagio previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 ottobre 2020 per gli eventi e le competizioni riguardanti gli sport individuali e di squadra, affinché esse possano essere modificate qualora l'andamento della situazione epidemiologica lo renda possibile;

            con quali modalità intenda portare a conclusione i diversi campionati e le diverse competizioni sportive che si svolgono sull'intero territorio nazionale, e se ritenga che i protocolli adottati in materia fino a questo momento siano adeguati a tale scopo .

Allegato B

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Anastasi, Barachini, Cario, Castaldi, Cattaneo, Causin, Cerno, Ciampolillo, Crimi, De Poli, Di Marzio, Di Piazza, Drago, Fattori, Galliani, Iori, La Mura, Mallegni, Malpezzi, Margiotta, Merlo, Misiani, Mollame, Monti, Napolitano, Rizzotti, Ronzulli, Santangelo, Segre, Sileri, Turco e Verducci.

Alla ripresa pomeridiana della seduta è considerato in missione il senatore Ortis, per attività dell'Assemblea parlamentare della Nato.

Commissioni permanenti, trasmissione di documenti

In data 15 ottobre 2020 è stata trasmessa alla Presidenza la risoluzione della 14a Commissione permanente (Politiche dell'Unione europea), approvata nella seduta del 7 ottobre 2020, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, sulla proposta di decisione del Consiglio relativa al regime d'imposta AIEM applicabile nelle Isole Canarie (COM(2019) 355 definitivo) (Doc. XVIII-bis, n. 2).

Il predetto documento è trasmesso, ai sensi dell'articolo 144, comma 2, del Regolamento, al Presidente del Consiglio dei ministri e al Presidente della Camera dei deputati, nonché, ai sensi dell'articolo 144, comma 2-bis, del Regolamento, ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea.

Disegni di legge, annunzio di presentazione

Senatrice Rojc Tatjana

Istituzione di una Zona Logistica Semplificata rafforzata nella Regione a statuto speciale Friuli Venezia Giulia (1978)

(presentato in data 14/10/2020);

senatore Santangelo Vincenzo

Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozione dei minori e di riconoscimento delle origini biologiche (1979)

(presentato in data 15/10/2020);

senatori Campari Maurizio, Bruzzone Francesco

Modifiche alla legge 14 agosto 1991, n. 281, in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo (1980)

(presentato in data 15/10/2020);

senatori Briziarelli Luca, Arrigoni Paolo, Bergesio Giorgio Maria, Bruzzone Francesco, Pazzaglini Giuliano, Ripamonti Paolo, Testor Elena, Vallardi Gianpaolo, Romeo Massimiliano, Alessandrini Valeria, Augussori Luigi, Bagnai Alberto, Borghesi Stefano, Bossi Simone, Calderoli Roberto, Campari Maurizio, Candura Massimo, Cantu' Maria Cristina, Casolati Marzia, De Vecchis William, Doria Carlo, Faggi Antonella, Ferrero Roberta, Fregolent Sonia, Fusco Umberto, Iwobi Tony Chike, Marin Raffaella Fiormaria, Marti Roberto, Montani Enrico, Nisini Tiziana, Ostellari Andrea, Pellegrini Emanuele, Pepe Pasquale, Pergreffi Simona, Pianasso Cesare, Pillon Simone, Pisani Pietro, Pittoni Mario, Pizzol Nadia, Pucciarelli Stefania, Rivolta Erica, Rufa Gianfranco, Saponara Maria, Saviane Paolo, Sbrana Rosellina, Tosato Paolo, Vescovi Manuel, Zuliani Cristiano

Norme per la rigenerazione urbana (1981)

(presentato in data 15/10/2020).

Governo, trasmissione di documenti

Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 7 ottobre 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4, comma 1-bis, del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 2016, n. 49, la prima relazione sull'andamento delle operazioni assistite dalla garanzia dello Stato sulla cartolarizzazione delle sofferenze e sugli obiettivi di performance collegati, aggiornata al 30 giugno 2020.

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 6a Commissione permanente (Doc. CCLIX, n. 1).

Corte dei conti, trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti

Il Presidente della Sezione del controllo sugli Enti della Corte dei conti, con lettera in data 15 ottobre 2020, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, ha trasmesso la determinazione e la relativa relazione sulla gestione finanziaria dell'Opera Nazionale di Assistenza per il personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, per gli esercizi dal 2016 al 2018.

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 1a e alla 5a Commissione permanente (Doc. XV, n. 338).

Corte di cassazione, trasmissione di verbali di proclamazione di risultati di referendum

Il Presidente dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con lettera in data 13 ottobre 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 22, comma 3, della legge 25 maggio 1970, n. 352, un esemplare del verbale con cui l'Ufficio stesso ha proceduto, in pari data, alla proclamazione del risultato del referendum relativo all'approvazione della legge costituzionale recante "Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari", indetto con decreto del Presidente della Repubblica del 17 luglio 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 180 del 18 luglio 2020 e svoltosi il 20 e 21 settembre 2020.

Il predetto verbale è depositato presso il Servizio dell'Assemblea a disposizione degli onorevoli senatori.

Parlamento europeo, trasmissione di documenti. Deferimento

Il Vice Segretario generale del Parlamento europeo, con lettera in data 12 ottobre 2020, ha inviato il testo di 13 risoluzioni, approvate dal Parlamento stesso nel corso della tornata dal 14 al 17 settembre 2020, deferite, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alle sotto indicate Commissioni competenti per materia:

risoluzione sulla proposta di decisione del Consiglio che autorizza il Portogallo ad applicare un'aliquota ridotta dell'accisa su determinati prodotti alcolici la cui produzione avviene nelle regioni autonome di Madera e delle Azzorre, alla 6a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 694);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio relativa al sistema delle risorse proprie dell'Unione europea, alla 5a, alla 6a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 695);

risoluzione definita in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce misure per un mercato ferroviario sostenibile in considerazione dell'epidemia di COVID-19, alla 8a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 696);

risoluzione sull'attuazione dell'accordo di associazione tra l'UE e la Georgia, alla 3a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 697);

risoluzione sull'esportazione di armi: applicazione della posizione comune 2008/944/PESC, alla 1a, alla 3a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 698);

risoluzione sulla proposta di decisione del Consiglio sulla constatazione dell'esistenza di un evidente rischio di violazione grave dello Stato di diritto da parte della Repubblica di Polonia, alla 1a, alla 2a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 699);

risoluzione sulla penuria di medicinali - come affrontare un problema emergente, alla 12a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 700);

risoluzione sull'attuazione delle strategie nazionali di integrazione dei rom: combattere gli atteggiamenti negativi nei confronti delle persone di origine rom in Europa, alla 1a e alla 14a Commissione permanente e alla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani (Doc. XII, n. 701);

risoluzione sulla situazione in Russia: l'avvelenamento di Alexei Navalny, alla 3a e alla 14a Commissione (Doc. XII, n. 702);

risoluzione sulla posizione del Consiglio sul progetto di bilancio rettificativo n. 8/2020 dell'Unione europea per l'esercizio 2020 - Aumento degli stanziamenti di pagamento a favore dello strumento per il sostegno di emergenza per finanziare la strategia per i vaccini contro la COVID-19 e l'impatto dell'iniziativa di investimento in risposta al coronavirus Plus, alla 5a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 703);

risoluzione sul progetto di regolamento della Commissione che modifica gli allegati II, III e IV del regolamento (CE) n. 396/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i livelli massimi di residui di ciclossidim, flonicamid, alossifop, mandestrobin, mepiquat, Meschnikowia fructicola ceppo NRRL Y-27328 e proesadione in o su determinati prodotti, alla 9a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 704);

risoluzione sulla ripresa culturale dell'Europa, alla 7a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 705);

risoluzione sull'Anno europeo delle città più verdi 2022, alla 13a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 706).

Commissione europea, trasmissione di progetti di atti legislativi dell'Unione europea. Deferimento

La Commissione europea ha trasmesso, per l'acquisizione del parere motivato previsto dal Protocollo (n. 2) sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea e al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in data 15 ottobre 2020, la proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla modifica del regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull'applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale (COM(2020) 642 definitivo). Ai sensi dell'articolo 144, commi 1-bis e 6, del Regolamento, l'atto è deferito alla 14a Commissione permanente ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; la scadenza del termine di otto settimane previsto dall'articolo 6 del predetto Protocollo è fissata al 10 dicembre 2020. L'atto è altresì deferito, per i profili di merito, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, alla 13a Commissione permanente, con il parere delle Commissioni 3a e 14a.

Risposte scritte ad interrogazioni

(Pervenute dall'8 al 15 ottobre 2020)

SOMMARIO DEL FASCICOLO N. 81

AIMI: sulla situazione del centro di accoglienza per migranti di Lampedusa (4-02137) (risp. MAURI, vice ministro dell'interno)

sulla costituzione di parte civile del Ministero nel processo per i fatti di Bibbiano (4-03866) (risp. BONAFEDE, ministro della giustizia)

CANDURA: sull'ammontare della tassa annuale dovuta dagli iscritti al Consiglio nazionale dei periti agrari e periti agrari laureati (4-02698) (risp. BONAFEDE, ministro della giustizia)

CORRADO ed altri: sulla nuova sede dell'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche (ICCU) (4-03436) (risp. BONACCORSI, sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo)

DE PETRIS: su possibili discriminazioni contro le persone con disabilità a seguito di un protocollo per la sicurezza durante le celebrazioni religiose cattoliche (4-03786) (risp. VARIATI, sottosegretario di Stato per l'interno)

DE POLI: sulla realizzazione della banda ultra larga in Veneto (4-03461) (risp. PATUANELLI, ministro dello sviluppo economico)

EVANGELISTA: sulle modifiche alla geografia giudiziaria dell'Alta Gallura in Sardegna (4-03623) (risp. BONAFEDE, ministro della giustizia)

GASPARRI, MALLEGNI: sulle criticità legate al servizio di consegna a domicilio delle patenti di guida in relazione all'emergenza da COVID-19 (4-03517) (risp. PATUANELLI, ministro dello sviluppo economico)

IANNONE: sulla ripresa dell'attività giudiziaria (4-03652) (risp. BONAFEDE, ministro della giustizia)

IWOBI ed altri: sull'annullamento della visita in Europa del Ministro degli esteri dell'Iran (4-04091) (risp. SERENI, vice ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale)

LANNUTTI ed altri: sulla vicenda giudiziaria dell'ex imprenditore Luigi Di Napoli (4-02719) (risp. BONAFEDE, ministro della giustizia)

LA PIETRA, IANNONE: sulla creazione di due sezioni distaccate della DDA a Prato e Santa Maria Capua Vetere per combattere la mafia cinese e quella nigeriana (4-02988) (risp. BONAFEDE, ministro della giustizia)

MASINI, MALLEGNI: sui rincari negli esercizi commerciali (4-03525) (risp. PATUANELLI, ministro dello sviluppo economico)

NENCINI ed altri: sul caso Tobagi (4-03695) (risp. BONAFEDE, ministro della giustizia)

PAPATHEU: sulle misure per tutelare gli operatori economici dalla diffusione delle fake review (4-02103) (risp. BONACCORSI, sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo)

sulla riapertura delle strutture ricettive turistiche (4-03371) (risp. BONACCORSI, sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo)

PILLON: su un caso di sottrazione internazionale di minore (4-02987) (risp. BONAFEDE, ministro della giustizia)

sulle dichiarazioni del presidente dell'ordine degli avvocati di Mantova contro una collega (4-03973) (risp. BONAFEDE, ministro della giustizia)

VALLARDI ed altri: sulla realizzazione della banda ultra larga in Veneto (4-03460) (risp. PATUANELLI, ministro dello sviluppo economico)

VANIN: sul rapporto degli ispettori UNESCO su Venezia e la sua laguna (4-03965) (risp. BONACCORSI, sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo)

Interrogazioni

NATURALE, RUSSO, MININNO, NOCERINO, TRENTACOSTE, CAMPAGNA, ROMANO, GIANNUZZI - Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. -

(3-01990)

(Già 4-04142)

SBROLLINI - Ai Ministri della salute e per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. - Premesso che:

da mesi l'Italia è uno dei Paesi maggiormente esposti al pericolo rappresentato dall'infezione da COVID-19, nonché uno dei Paesi che ha predisposto i maggiori sforzi per ostacolarne la diffusione;

a questo proposito, il Governo ha messo in atto molte iniziative per evitare il diffondersi dell'epidemia, adottando a tal fine misure restrittive e preventive per contrastare la propagazione del virus;

i cittadini, dal canto loro, hanno dato prova di grande spirito di collaborazione, rispettando correttamente le norme adottate dal Governo e dando opportuno seguito alle indicazioni e alle raccomandazioni emanate dalle istituzioni;

tutte le misure di restrizione e tutte le misure di prevenzione adottate sono state condivise e concordate con le Regioni;

tra le misure, vi è da sottolineare la predisposizione di una app chiamata "Immuni" che permette ai cittadini di essere informati nell'eventualità di aver avuto un'esposizione a rischio con persone risultate positive al virus;

l'app è stata promossa attraverso varie campagne di sensibilizzazione e informazione, al fine di incentivare i cittadini a scaricarla ed utilizzarla come strumento di prevenzione;

considerato che:

recentemente, alcune delle maggiori testate giornalistiche, locali e nazionali, hanno riportato la notizia di gravi disfunzioni che hanno interessato la corretta operatività dell'applicazione all'interno del Veneto, che risulta essere la quarta regione italiana per numero di download, secondo i dati del Ministero della salute, oltre 534.000 cittadini veneti hanno scaricato l'app;

da quanto si apprende, infatti, tali malfunzionamenti avrebbero riguardato il mancato inserimento dei codici dei cittadini risultati positivi al tampone, rendendo di conseguenza difficoltoso il tracciamento dei contagi, nonché, sotto certi aspetti, superfluo l'utilizzo dell'app;

qualora la notizia fosse confermata, significherebbe che il sistema di tracciamento dei contagi ha manifestato una profonda carenza all'interno dei confini regionali, e che la gestione sanitaria finora portata avanti non ha garantito ai cittadini veneti la tutela che sarebbe derivata dal corretto funzionamento dell'app,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti e quali siano gli orientamenti in merito;

se le notizie riguardanti le disfunzioni inerenti alle corrette procedure per l'utilizzo dell'app Immuni in Veneto risultino confermate e se tali gravi malfunzionamenti si siano verificati anche in altre parti del territorio nazionale;

quali siano le eventuali responsabilità che hanno contribuito a determinare la mancata attivazione delle corrette funzioni di Immuni e quali siano le tempistiche necessarie affinché il sistema di tracciamento dei contagi venga messo definitivamente e completamente in funzione.

(3-01991)

CORRADO, ANGRISANI, GRANATO, PUGLIA, CROATTI, MORRA, TRENTACOSTE, DONNO - Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. - Premesso che:

risulta agli interroganti che nella frazione Castagna di Carlopoli (Catanzaro), nel cuore della Sila Piccola, insistano i maestosi resti dell'abbazia di Santa Maria di Corazzo, benedettina al tempo della fondazione, che si suppone dovuta ai Normanni appena insediati in Calabria, negli anni '60 dell'XI secolo, quindi riedificata dai Cistercensi a poco più di un secolo di distanza;

situata in una piccola valle tra i fiumi Amato e Corace, l'abbazia conobbe molte ristrutturazioni, nel tempo, anche a causa dei danni provocati dai periodici terremoti, da ultimo quelli del 1638 e del 1783: il cosiddetto "grande flagello", in specie, determinò nel 1808 la soppressione e l'abbandono definitivo dell'insediamento monastico, la cui fama di respiro europeo e la cospicua fortuna, registrata soprattutto nel basso Medioevo, sono legate in particolare alla circostanza di avere accolto per circa un decennio il mistico Gioacchino da Fiore (ca. 1130-1202), che proprio in S. Maria di Corazzo vestì l'abito, divenne abate e, probabilmente, realizzò alcune delle sue opere principali;

inserendola nel novero delle "Aree naturali e culturali di rilevanza strategica" definite dalla delibera di Giunta n. 273 del 20 luglio 2017, nel 2018 la Regione Calabria ha riconosciuto l'importanza dell'abbazia per il sistema dei beni culturali calabresi. Conscio della sua capacità attrattiva e deciso ad incrementare i flussi in un sito che è già meta privilegiata del turismo scolastico e tappa obbligata del realizzando "Cammino gioachimita", l'Ente ha poi assegnato a S. Maria di Corazzo 1,2 milioni di euro dei Fondi europei per lo sviluppo regionale (FESR) 2014-2020;

il 12 agosto 2020 è stato presentato, a Carlopoli, un progetto preliminare di consolidamento e restauro mirato soprattutto alla chiesa e ai contrafforti addossati a quella nel Sei-Settecento, ma che coinvolge tutto il complesso abbaziale. I rendering pubblicati rivelano trattarsi, però, di un intervento solo nominalmente conservativo e che per la sua invasività ha subito suscitato grande scalpore, tant'è che al risalto dato alla presentazione dalla stampa, anche nazionale, è seguita la rimozione dal portale web del comune di quanto pubblicato (sullo stesso e sul social "Facebook") in vista dell'evento pubblico;

da sempre, in effetti, i tanti che hanno subito il fascino del monumento, a lungo studiato, tra gli altri, dalla professoressa Emilia Zinzi, e del contesto in cui s'inserisce, auspicano che lo Stato assuma iniziative atte, sia ad incrementarne le conoscenze, sia a garantirne la persistenza e la fruizione pubblica. Il progetto anticipato ai media sembra, però, contemplare proprio le ipotesi paventate dai più, contrari, sia a sottoporre le rovine ad una vera e propria ricostruzione, sia a consentire una mera cristallizzazione dello stato di fatto;

la creazione in loco di un piccolo antiquarium ove riunire gli arredi e le opere d'arte dispersi nelle chiese della diocesi dopo l'abbandono dell'abbazia da parte dei monaci, o di una sala polivalente, comporterebbe la riedificazione di un settore del complesso edilizio, prevista con l'uso di pareti di cristallo e tetto ligneo, ma tra i detrattori più convinti il professor Salvatore Settis, calabrese e membro del Consiglio superiore dei Beni culturali, ha espresso la propria contrarietà affermando che "qualsiasi forma di "completamento" non sarebbe sul versante della tutela, ma della distruzione del valore storico e patrimoniale" ("finestresullarte.info", del 30 settembre 2020);

va da sé, d'altro canto, che ogni serio programma di indagine archeologica estensiva, dopo i saggi di scavo puntiformi degli anni '80-'90, che hanno lasciato irrisolti tanti quesiti, sarebbe frustrato da un consolidamento dei ruderi che ad oggi non prevede l'esecuzione di scavi preliminari, tranne un unico saggio nel chiostro. Non così nella chiesa e sotto gli archi dei suoi contrafforti, dove da progetto saranno posizionate pavimentazioni mobili in legno per farne spazi "utilizzabili", dopo la rimozione "del terreno e dei materiali alluvionali";

considerato che:

stante la convenzione stipulata tra la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio (SABAP) e il comune di Carlopoli per l'esecuzione del restauro, lodata pubblicamente dall'ex sindaco, perché, non dovendo mettere a bando la progettazione, avrebbe consentito di risparmiare "un bel po' di risorse (?) da destinare ai restauri", il piano dell'intervento sarebbe stato elaborato proprio in seno all'ufficio ministeriale competente per territorio, quello che oggi abbraccia le sole province di Catanzaro e Crotone, avendo da poco perduto Cosenza, e nel merito da un funzionario architetto "anziano", tuttora in servizio in entrambi gli uffici ("ilsole24ore", del 14 agosto 2020);

inoltre, "Il Sole 24 Ore", nel suddetto articolo, lo definisce impropriamente "responsabile del patrimonio architettonico della Soprintendenza archeologica per Catanzaro Cosenza e Crotone", ma nella sede cosentina di piazza Valdesi, tuttora condivisa dalle due Soprintendenze ABAP della Calabria centro-settentrionale, la sua iniziativa ha generato non pochi malumori, perché il funzionario avrebbe imposto la propria soluzione progettuale, e sé stesso come direttore tecnico dell'intervento di restauro, benché non ricopra l'incarico di responsabile territoriale per il comune di Carlopoli, di fatto scavalcando i colleghi;

nonostante la gratitudine dimostratagli dalla Giunta Mario Talarico, che il 12 agosto 2020 l'ha nominato cittadino onorario (e ha approvato il progetto esecutivo qualche giorno prima di fine mandato), e a dispetto degli osanna della stampa diocesana, arrivata ad attribuirgli il titolo di "architetto florense", fa specie che il soprintendente e, a monte, la Direzione generale ABAP del Ministero in indirizzo lascino alla discrezionalità del professionista in questione ogni decisione sul futuro di un monumento di così alta valenza culturale, in perenne delicatissimo equilibrio con la natura circostante ed elemento di un paesaggio storicizzato, il cui fascino da sempre incanta i visitatori;

nel sempre critico bilanciamento tra tutela e promozione di un bene culturale, l'architetto punta alla cristallizzazione dei ruderi di S. Maria di Corazzo come soluzione capace di garantire la messa in sicurezza e al contempo "la valorizzazione di alcuni spazi contigui". Sceglie, così facendo, e sceglie sia a nome dell'ufficio di cui è dipendente, sia della collettività che gli ha delegato l'esercizio dei propri interessi, di sacrificare non solo la possibilità di incrementare le conoscenze sulla storia dell'abbazia e della sua chiesa in particolare, ma di incidere su una parte cospicua del valore paesaggistico del sito, causando un'alterazione irreversibile dei risultati della naturale ruderizzazione, intervenuta negli ultimi due secoli, di un complesso monastico vissuto pienamente per almeno seicento anni. Una scelta, né obbligata, né scontata, da assumere forse collegialmente e senz'altro con estrema cautela, privilegiando una progettazione che non abbia il risparmio quale unico merito,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga di sollecitare gli uffici centrali del dicastero, non solo ad un'attenta verifica della qualità del progetto di restauro dell'abbazia di S. Maria di Corazzo in ordine alla compatibilità con i valori paesaggistici e architettonici del sito, ma anche della correttezza dell'iter amministrativo interno alla SABAP, senza trascurare di approfondire le motivazioni del dirigente o dei dirigenti dell'ufficio, che hanno assentito al descritto percorso.

(3-01992)

CORRADO, ANGRISANI, PUGLIA, CROATTI - Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. - Premesso che:

risulta agli interroganti che l'ex monastero di S. Nicolò l'Arena, affacciato su piazza Dante nel cuore storico di Catania, al limite occidentale del suo perimetro murato, dopo l'attenta ristrutturazione curata dall'architetto Giancarlo De Carlo, nel 2002 sia stato dichiarato patrimonio UNESCO e inserito nel percorso delle "città tardo barocche del val di Noto (Sicilia Sud-orientale)";

fondato a metà del XVI secolo e ampliato considerevolmente nel XVIII, per estensione è stimato il secondo cenobio benedettino più grande d'Europa dopo quello portoghese di Mafra;

la frequentazione quotidiana dei locali da parte di centinaia di persone, legata principalmente alla presenza del Dipartimento di scienze umanistiche (DISUM) dell'università degli studi di Catania, ma anche ai convegni e alle visite guidate consentite giornalmente alle molte testimonianze archeologiche e artistiche che ingloba, è compatibile con le prioritarie necessità di conservazione, ma a patto di osservare le opportune cautele. Sta alla Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali vegliare sul rispetto delle prescrizioni, incrementate dopo il riconoscimento internazionale;

considerato che da qualche giorno circolano sul web immagini che attestano come le numerose panchine in legno collocate nei corridoi del Dipartimento per agevolare la sosta dei frequentatori siano state recentemente fissate alle pareti mediante staffe e bulloni metallici, per evitarne lo spostamento, anche laddove le superfici conservano lacerti di colore che si teme, nella peggiore delle ipotesi, che possano appartenere all'apparato decorativo dell'ex convento,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto sopra;

se non ritenga di volersi attivare per accertare la natura delle pellicole pittoriche intaccate e, ove mai si trattasse di rivestimenti di qualche valenza storica, chi abbia autorizzato un'iniziativa condotta a rischio di deturpare o danneggiare gli strati pittorici, sempre che un'autorizzazione al riguardo, oltre a quella per l'ancoraggio delle sedute alle pareti, sia stata effettivamente richiesta alla sede catanese della Soprintendenza e da questa accordata.

(3-01993)

CORRADO, DE LUCIA, ANGRISANI, MORRA, GRANATO, PRESUTTO - Ai Ministri per i beni e le attività culturali e per il turismo e della giustizia. - Premesso che:

risulta agli interroganti, grazie ad un puntuale resoconto pubblicato da Marilena Pirrelli su "Il Sole-24 ore" il 30 maggio 2020, dal titolo "Mibact davanti ai giudici USA in difesa della testa di barbaro", che nel febbraio 2018 la Safani gallery Inc. di New York sia stata teatro del sequestro di una testa in marmo di età augustea, danneggiata e lacunosa dell'estremità superiore, che si suppone rappresenti un barbaro, a lungo erroneamente indicata come "testa di Alessandro Magno come Helios";

il sequestro è stato disposto dal viceprocuratore distrettuale di Manhattan, Matthew Bogdanos, capo dell'unità "traffico illecito di antichità" della procura distrettuale dello Stato di New York, ma il gallerista vittima del sequestro, Alan Safani, per il tramite dell'avvocato David Schoen, l'11 novembre 2019 ha citato l'Italia in giudizio davanti al tribunale federale, perché dimostri la proprietà dell'opera, sequestrata in base alla contestazione, da parte italiana, di furto e illecita esportazione di un proprio bene culturale in violazione della legge n. 364 del 1909;

si suppone infatti che la testa, alta 36,5 centimetri, sia scomparsa dall'antiquarium forense di Roma un po' prima del 1960 ma diversi decenni dopo il ritrovamento, avvenuto nel 1910 durante gli scavi del Palatino condotti da Giacomo Boni e poi Alfonso Bartoli, in specie quelli della basilica Aemilia lungo la via Sacra (iniziati da Bartoli a settembre 1909), adorna di statue raffiguranti i barbari Parti, tra le quali doveva figurare anche la statua in questione, di cui esiste documentazione fotografica una volta entrata in museo;

il giorno seguente alla citazione in giudizio della Repubblica italiana, 12 novembre 2019, nell'udienza già fissata presso il tribunale di Manhattan per deliberare sulla richiesta di restituzione all'Italia avanzata dal pubblico ministero, il giudice, pur confermando la propria competenza giurisdizionale a decidere sulla proprietà del manufatto e sull'eventuale restituzione (ex art. 450.10 del codice penale dello stato di New York), non ha potuto pronunciarsi a causa della contromossa di Safani. Se la corte federale dovesse archiviare il caso, questo tornerebbe alla corte penale statale e al viceprocuratore Bogdanos;

considerato che:

la scultura, dopo che per anni se ne erano perse le tracce, riapparve una prima volta ad un'asta nel 1974, venduta per 650 dollari appena, e di nuovo nel 2011, quando, stimata 10-15.000 dollari, fu battuta da Sotheby's e aggiudicata per quasi 100.000 dollari. La galleria Safani l'ha in fine comprata nel giugno 2017, per poco più di 150.000, e presentata al Tefaf Maastricht dal 10 al 18 marzo 2018;

la dottoressa Patrizia Fortini, allora direttrice coordinatrice del sito dei Fori e del Palatino, l'ha identificata (e segnalata ai Carabinieri) il 19 febbraio 2018 grazie ad immagini pubblicitarie della nota fiera olandese di antichità, il che ha permesso all'Italia, denunciato il furto il 22 marzo, di chiederne immediatamente la restituzione agli USA;

per paradossale che possa sembrare, la tutela dei diritti del proprietario originario è più garantita nei Paesi detti di common law, come gli USA, dov'è invalso il principio per cui non è possibile trasferire la proprietà di un bene mobile a non domino (nemo dat quod non habet), che in quelli di civil law, come l'Italia, dove "il possesso vale titolo" è norma generale, limitata in via eccezionale dalla proprietà statale. In giudizio, dunque, l'avvocato Schoen tenta di indurre la Repubblica italiana a desistere dalle sue pretese proprio in ragione dell'acquisto in buona fede avvenuto dopo diversi passaggi pubblici in occasione dei quali lo Stato non ha rivendicato la proprietà del reperto, e per conto del suo cliente ha chiesto la restituzione dell'oggetto, o l'equivalente del suo valore di mercato, più le spese legali e gli interessi. L'Italia si oppone a tali pretese tramite il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, affidandosi ad un avvocato dello Stato,

si chiede di sapere:

se il Ministro per i beni culturali intenda riferire su quanto occorso in sede giudiziale dopo il 30 maggio 2020 nonché in merito a quanto è stato messo in campo, finora, per tentare di perorare le ragioni dell'Italia presso la corte federale e ogni altro tribunale degli USA chiamato a decidere della restituzione della testa di barbaro sottratta in circostanze ignote al patrimonio artistico di Roma;

se, in considerazione della mole di lavoro che grava sulla nostra diplomazia culturale e delle difficoltà che ciascun caso comporta anche a causa del disallineamento delle legislazioni dei singoli Paesi in materia di sottrazione ed esportazione di beni culturali, non si reputi necessario rafforzare sia gli uffici esportazione sia il comitato per le restituzioni, inserendovi altre professionalità di alto livello, motivate e con adeguata esperienza in materia, che forniscano assistenza giuridica e tecnica (storico-artistica) alle Procure distribuite sul territorio;

se il Ministro della giustizia, vista la complessità della materia relativa alla sicurezza e alla salvaguardia del patrimonio culturale nazionale, non ritenga opportuno e urgente attivarsi per istituire una procura nazionale dedicata, sull'esempio di quella newyorkese dell'ADA di Matthew Bogdanos, per ora unica al mondo, che sia all'altezza del livello di efficienza ed efficacia raggiunto, sul fronte investigativo, dai Carabinieri del comando tutela patrimonio culturale (TPC) in mezzo secolo di attività.

(3-01994)

RAUTI, LA PIETRA - Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. -

(3-01996)

(Già 4-02776)

MODENA - Al Ministro dello sviluppo economico. - Premesso che:

tre anni fa furono approvate dal Parlamento le norme sull'equo compenso, fortemente volute dal Consiglio nazionale forense e dal suo presidente Andrea Mascherin, quindi fatte proprie dall'allora guardasigilli Andrea Orlando;

il 28 settembre 2020 è stato pubblicato, da parte del Ministero dello sviluppo economico, un bando per la selezione di "21 componenti del Gruppo di esperti di alto livello per l'elaborazione di un Libro Bianco sul ruolo della comunicazione nei processi di trasformazione digitale", esperti a cui si chiede "comprovata esperienza" e "professionalità" ma ai quali "non spetta alcun compenso, indennità di carica, corresponsione di gettoni di presenza";

l'attuale Presidente del Consiglio nazionale forense Maria Masi ha dichiarato che in un momento del genere l'attenzione per i professionisti dovrebbe essere ancora maggiore e che è grave il fatto che sia proprio un Ministero ad ignorare un principio normativo la cui attuazione è già spesso compromessa da inadeguata applicazione;

questo non è il primo episodio, il più significativo risale al febbraio 2018, quando il Ministero dell'economia e delle finanze ha promosso un avviso pubblico rivolto a professionisti senza compenso;

in questo momento, con la crisi attuale chiamare a lavorare dei professionisti per poi non pagarli si significa violare sia il diritto costituzionale di riconoscere il valore economico del lavoro sia la norma sull'equo compenso che impone alla pubblica amministrazione di garantire che le prestazioni professionali siano equamente retribuite,

si chiede di sapere:

se questa iniziativa sia compatibile con il rispetto della dignità del lavoro e se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno ritirare questo bando che viola un principio che il legislatore ha sancito e il cui rispetto non può venir meno;

quali siano i tempi e le aspettative del Ministro relativamente alla stesura di un libro bianco su un argomento così importante quale quello del progresso digitale.

(3-01997)

Interrogazioni orali con carattere d'urgenza ai sensi dell'articolo 151 del Regolamento

DE FALCO, FATTORI, DI MARZIO - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:

risulta che in varie parti del nostro Paese, con il supporto della Croce rossa, si stiano effettuando dei trasferimenti di extracomunitari a bordo di "navi quarantena". Si tratta di persone già titolari di protezione umanitaria o di richiedenti asilo o comunque regolarmente soggiornanti da tempo sul territorio nazionale, già ospitati nei centri d'accoglienza, risultati positivi;

una di queste persone ha raccontato un fatto sconcertante che, se confermato, dà la misura della confusione che regna in questo momento nelle scelte di governo. Il giovane, che abita e lavora in Italia sin dal 2013, e che qui paga le tasse, ha spiegato che la sera del 7 ottobre 2020 è stato prelevato, insieme ad altri extracomunitari tutti risultati positivi al tampone, e, dopo un viaggio in pullman di 18 ore, è stato condotto al porto di Palermo, dove è stato imbarcato, insieme agli altri, sulla nave "Allegra";

la nave traghetto è una di quelle utilizzate per far trascorrere ai naufraghi provenienti dalla Libia e dalla Tunisia il periodo di quarantena. Dunque, per quanto risulta agli interroganti, quarantena precauzionale ed isolamento sanitario, concetti tra loro opposti, sono stati mischiati in maniera insensata e pericolosa per la salute pubblica;

il professor Galli ha ben chiarito che è un "errore colossale", in senso generale, l'uso delle navi per la quarantena, e che, invece, occorre far sbarcare le persone il prima possibile. Il giudizio sarebbe stato evidentemente ancor più negativo se il professore avesse potuto tenere conto del fatto che la stessa nave sarebbe stata usata per la quarantena e l'isolamento;

l'unica esperienza specifica di "navi quarantena" è quella verificatasi a bordo della nave da crociera "Diamond Princess", nella quale, per cause di forza maggiore, il comandante dovette isolare in cabina gli infetti, nel tentativo di arginare o interrompere la catena del contagio;

nonostante l'abnegazione del comandante e dell'equipaggio, la quarantena sulla nave ha avuto effetti disastrosi. Infatti, in uno studio pubblicato sul "Journal of travel medicine", attraverso un modello statistico, un gruppo di ricercatori della Umea University (Svezia) ha dimostrato che, "se la nave fosse stata immediatamente evacuata all'arrivo a Yokohama, il numero dei contagiati sarebbe stato pari all'incirca a 70". In totale, invece, ad entrare in contatto con il virus sono state 705 persone. "Un tasso quattro volte superiore a quello osservato nello stesso periodo nelle aree più colpite della Cina", afferma l'epidemiologo Joacim Rocklov, prima firma dello studio;

non sembra noto chi abbia impartito, per quale motivo ed in base a quale norma, l'ordine di deportazione e segregazione a bordo di persone positive al COVID-19;

appare, però evidente che ogni responsabilità non individuabile in un preciso livello amministrativo risalga sino al vertice dell'amministrazione e che, pertanto, se il Ministro in indirizzo non provvederà a porre rimedio alla situazione, ne assumerà la piena responsabilità, anche politica,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo fosse a conoscenza di quanto esposto prima delle notizie fornite dai media, e se intenda rendere noto chi abbia dato l'ordine di deportare gli extracomunitari residenti in Italia e positivi al COVID-19, per quale motivo, e in base a quale normativa la decisione sia stata presa;

se intenda proseguire su questa linea, a parere degli interroganti del tutto sbagliata, pericolosa e che viola la libertà delle persone e, al tempo stesso, il diritto alla salute individuale e collettivo;

quante siano le persone trattenute nelle "navi quarantena", quanti siano coloro che sono stati posti in quarantena preventiva, e quanti in isolamento sanitario;

se sulla nave vi sia personale medico e paramedico e delle forze dell'ordine;

come si possa conciliare la tutela della salute con l'aver deciso di far permanere nello stesso luogo persone in quarantena e persone positive al COVID-19, tenendo conto anche del fatto che le navi traghetto scelte per la "quarantena" non sono luoghi adatti alla cura e non hanno percorsi differenziati per i positivi e per le persone in quarantena, con evidente rischio di propagazione del virus, come ha dimostrato la drammatica esperienza della nave da crociera "Diamond Princess".

(3-01989)

D'ARIENZO, FERRAZZI, BOLDRINI, STEFANO, ASTORRE, NANNICINI, ROJC, ROSSOMANDO, IORI, ALFIERI, PITTELLA, TARICCO, VERDUCCI, COLLINA, BITI, FEDELI, VALENTE - Al Ministro della salute. - Premesso che:

la app "Immuni" è uno strumento in più contro l'epidemia, in quanto consente, attraverso l'impiego ottimale della tecnologia, di avvertire gli utenti che hanno avuto un'esposizione a rischio, anche se sono asintomatici, garantendo loro la massima attenzione alla privacy;

a chi si è trovato a stretto contatto con un utente risultato positivo al virus COVID-19, l'app invia una notifica che lo avverte del potenziale rischio di essere stato contagiato e ciò avviene senza raccogliere dati sull'identità o la posizione dell'utente;

gli utenti che vengono avvertiti dall'app di un possibile contagio possono isolarsi per evitare di contagiare altri. Così facendo, aiutano a contenere l'epidemia e a favorire un rapido ritorno alla normalità e, inoltre, venendo informati tempestivamente, gli utenti possono contattare il proprio medico di medicina generale e ridurre così il rischio di complicanze;

l'applicazione è disponibile dal 1º giugno 2020, con una sperimentazione iniziata l'8 giugno in quattro regioni ed estesa al resto dell'Italia dal 15 giugno;

tutti i dati raccolti durante il periodo di attività, siano essi salvati sul dispositivo o sul server, vengono cancellati non appena non sono più necessari e comunque, secondo le disposizioni attualmente in vigore, non oltre il 31 dicembre 2021;

sebbene non obbligatoria, la app "Immuni" è stata scaricata da oltre 534.000 veneti, secondo i dati del Ministero della salute. Il Veneto è la quarta regione per numero di download, dietro a Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna, a dimostrazione che i veneti hanno compreso l'importanza di questo mezzo;

alcuni organi di stampa hanno rivelato, però, che l'app non è stata attivata in Veneto, ovvero che non è possibile in tutta la Regione condividere i dati tracciati via bluetooth di tutti i contatti nelle ultime settimane;

ciò è confermato da un comunicato stampa della Regione Veneto del 14 ottobre, secondo cui "Entro pochi giorni, al massimo lunedì (19 ottobre 2020), i Servizi di Igiene Pubblica dovranno comunicare ai sistemi informatici di Azienda Zero i riferimenti relativi alle segnalazioni dell'app Immuni";

non può sfuggire la pericolosità di questo ritardo. Di fatto, per mesi nella Regione Veneto, per chissà quanti contagiati, non è stato possibile effettuare il tracciamento mediante questo importante strumento aggiuntivo per i Servizi di Igiene e Sanità Pubblica nell'identificazione di eventuali contatti;

si esprime una forte preoccupazione sulla eventualità che anche in altre regioni non siano state attivate le procedure di alimentazione dei dati della app "Immuni",

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

se intenda avviare con immediatezza un mirato approfondimento al fine di comprendere le ragioni della mancata attivazione della app, di sostenere ogni azione funzionale alla sua attivazione e, se necessario, di surrogare la Regione Veneto nell'esercizio delle proprie competenze;

quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di verificare il corretto funzionamento della app "Immuni" su tutto il territorio nazionale.

(3-01995)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

DE FALCO, DE BONIS, DI MARZIO, FATTORI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della salute. - Premesso che:

durante il periodo del "lockdown", è emersa la notizia dell'esistenza di un "piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale", che non era, però, mai citato in nessuna delle decisioni prese dal Governo, a partire dalla dichiarazione dello stato di emergenza del 31 gennaio 2020;

dal sito del Ministero della salute, è emerso che il testo era stato pubblicato il 13 dicembre 2007. La pagina è stata aggiornata l'ultima volta il 15 dicembre 2016;

nel piano anti pandemia sono, tra l'altro, elencate le sei fasi pandemiche che l'OMS ha indicato già nel 2005, e le azioni da adottare in relazione ad esse ed ai rispettivi livelli da parte degli Stati;

in particolare, si osserva che nelle "fasi interpandemiche", ossia quelle nelle quali non vi è alcuna emergenza ma solo un plausibile basso rischio, è prevista tutta una serie di azioni di carattere preventivo e preparatorio che, nel caso attuale, sono state espletate solo quando l'epidemia era già diffusa nel Paese;

nelle fasi interpandemiche (fasi 1-2) deve essere impartita un'informazione sanitaria alla popolazione per promuovere l'adozione delle comuni norme ed istruzioni igieniche. Si devono anche adottare misure sempre preventive, per limitare la trasmissione delle infezioni nelle comunità, scuole, case di riposo, altri luoghi di ritrovo;

ed è sempre in queste fasi, anteriori alla dichiarazione dello stato di emergenza, che si devono predisporre piani e misure di controllo della trasmissione dell'infezione in ambito ospedaliero tramite approvvigionamento degli adeguati dispositivi di protezione individuale (DPI) per il personale sanitario, controllando il funzionamento dei sistemi di sanificazione e disinfezione e individuando appropriati percorsi separati per i malati o sospetti tali;

ancora: l'OMS prevede che in questa fase si esegua un censimento delle disponibilità di posti letto in isolamento, di stanze in pressione negativa e di dispositivi meccanici per l'assistenza ai pazienti;

nelle successive fasi (fasi 3-5, ossia quelle di allerta), anteriori alla diffusione del contagio all'estero, alle misure ricordate se ne devono aggiungere altre, tra le quali assume particolare rilievo la messa a punto di protocolli di utilizzo di DPI per le categorie professionali a rischio, e soprattutto un approvvigionamento adeguato per quantità e qualità; in presenza di trasmissione interumana dovrebbe essere valutata l'opportunità di restrizioni degli spostamenti da e per altre nazioni, ove si siano manifestati cluster epidemici, oltre all'opportunità e alle modalità di rientro dei cittadini italiani residenti in aree infette;

viene, inoltre, prevista l'attivazione di protocolli contemplati dal regolamento sanitario internazionale in caso di presenza a bordo di aerei o navi di passeggeri con sintomatologia sospetta, così come azioni per informare i cittadini, promuovendo la diagnosi precoce, anche da parte degli stessi pazienti, per ridurre l'intervallo tra l'esordio dei sintomi e l'isolamento con assistenza continua domiciliare;

è ancora in queste fasi, e non in emergenza, che si deve valutare l'opportunità di chiudere scuole o di altre comunità e della sospensione di manifestazioni e di eventi di massa, per rallentare la diffusione della malattia. Solo la fase 6, l'ultima, prevede la limitazione della mobilità delle persone;

dunque, esisteva già prima della dichiarazione dello stato di emergenza del 31 gennaio 2020 una pianificazione del Ministero della salute, predisposta sulla base delle indicazioni dell'OMS, in base alla quale si sarebbe dovuto porre in essere una serie non irrilevante di azioni e misure preventive e preparatorie per affrontare al meglio l'emergenza. La gran parte delle attività avrebbe dovuto essere posta in atto fin dal momento della prima notizia del passaggio dell'infezione all'uomo, a fine 2019, atteso che con la Cina vi erano intensi collegamenti e scambi commerciali, quindi ben prima del 31 gennaio 2020, data di dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Governo;

era, infatti, almeno dalla fine di dicembre 2019 che si era a conoscenza di episodi sempre più gravi di diffusione del COVID-19 in Cina. Dunque, non si sarebbe dovuto attendere altro per mettere in atto le misure e le azioni che di fatto sono state attuate, e solo in parte, con grave ritardo e con effetti drammatici, esponendo a grave rischio concreto, a parere degli interroganti, il personale sanitario, che, suo malgrado, è divenuto vittima e esso stesso focolaio di diffusione del contagio. Non risulta nemmeno chiaro che cosa sia stato fatto dal 31 gennaio sino al 23 febbraio 2020, data in cui è stato emanato il decreto-legge n. 6;

la questione del mancato uso del piano anti pandemia è stata posta al commissario Borrelli durante una delle conferenze stampa che si tenevano per fare il punto della situazione nel periodo del lockdown. Secondo il commissario straordinario un piano anti pandemia soltanto non sarebbe bastato, in quanto, a suo dire, sarebbe invece necessario un piano per ogni tipo di agente patogeno (uno per ogni virus, uno per ogni batterio, eccetera), poiché quello esistente era stato preparato per epidemie influenzali (influenza cioè malattia infettiva contagiosa delle vie respiratorie, endemica ed epidemica, di origine virale, a carattere acuto, come Sars-Cov2, appunto). A parere degli interroganti la risposta del dottor Borrelli era alquanto preoccupante, in quanto evidenziava una confusione di idee non accettabile in chi era chiamato (e potrebbe esserlo di nuovo in caso di non auspicata nuova crisi) ad affrontare l'emergenza;

sulla questione del piano anti pandemia, il successivo 21 aprile 2020, il "Corriere della Sera" ha pubblicato un'intervista al direttore generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute Andrea Urbani, il quale tra l'altro smentiva che il Governo non avesse tenuto conto del piano anti pandemia già esistente, ma che lo aveva superato con un altro, più specifico, ma che era stato secretato perché uno degli scenari proposti era troppo catastrofico per renderlo pubblico;

a fine agosto 2020 è emerso che nei verbali del comitato tecnico scientifico si fa riferimento sino 27 aprile ad un "piano nazionale sanitario in risposta ad una eventuale emergenza pandemica da Covid 19", piano, che, appunto, doveva rimanere segreto proprio per i possibili scenari catastrofici. Dopo quella data si parla di "studio", con una modifica della dicitura che non appare, secondo gli interroganti, mero "drafting",

si chiede di sapere:

se il Governo fosse a conoscenza dell'esistenza del piano anti pandemia del 2007;

se quel piano sia mai stato in vigore o se sia stato mai abrogato, e in tal caso quando e con quale atto;

perché, pur nell'ipotesi che il piano fosse stato abrogato e non sostituito, non si sia comunque tenuto conto delle prescrizioni presenti nel documento, che, implementate in tempo, non in piena emergenza, avrebbero potuto quantomeno contenere gli effetti devastanti del virus;

se esista, e in che cosa consista, quel "piano segreto" cui faceva cenno il direttore generale Urbani ad aprile, e di cui parlano i verbali del comitato tecnico scientifico sino al 27 aprile;

per quale motivo dopo quella data si sia smesso di parlare di "piano" per passare al più neutro termine "studio", con un cambio di dizione che sembra voler nascondere la gravità della situazione.

(4-04247)

FATTORI, DI MARZIO, NUGNES, DE PETRIS, VANIN, BUCCARELLA, DE FALCO, BINETTI - Ai Ministri della salute e del lavoro e delle politiche sociali. - Premesso che:

l'attuale situazione legata ai contagi da coronavirus ha ripreso una crescita esponenziale che impone, come anche suffragato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 ottobre 2020, l'aumento dei livelli di cautela e prevenzione soprattutto nei confronti delle categorie di lavoratori maggiormente esposte per la stessa natura del proprio lavoro, come per esempio quelli che prevedono un costante rapporto con il pubblico;

l'articolo 49 del regolamento aziendale per i lavoratori delle società del gruppo Unicoop Tirreno recita: "Il lavoratore deve utilizzare il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni aziendali e i servizi telematici e telefonici dell'azienda ispirandosi ai principi di diligenza e trasparenza, alla base di un corretto rapporto di lavoro. I telefoni fissi aziendali possono essere utilizzati esclusivamente per motivi di lavoro, fatti salvi casi autorizzati di volta in volta dal diretto superiore. Il telefono cellulare personale non può essere utilizzato durante l'orario di lavoro, salvo in caso di autorizzazione da parte del superiore";

in data 12 settembre 2020 a seguito della richiesta di una dipendente di Unicoop Tirreno di avere vicino il proprio cellulare contenente l'app "Immuni" e per motivi legati a eventuali avvisi in entrata dalla scuola del proprio figlio, il sindacato Cobas ha fatto richiesta di deroga all'articolo 49 del regolamento;

il 14 settembre l'azienda ha risposto con diniego alla richiesta;

dopo il 12 ottobre si è assistito ad un aumento dei casi di positività al COVID-19 tra i dipendenti della Unicoop Tirreno come segnalato dagli stessi esponenti del Cobas;

considerato che

il decreto-legge n. 28 del 2020 ha istituito all'articolo 6 la piattaforma unica nazionale per la gestione dell'allerta, la app Immuni, con la puntuale finalità "di allertare le persone che siano entrate in contatto stretto con soggetti risultati positivi e tutelarne la salute attraverso le previste misure di prevenzione nell'ambito delle misure di sanità pubblica legate all'emergenza COVID-19";

l'attuale percorso normativo, rappresentato da decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, protocolli provenienti dal comitato tecnico scientifico, decreti-legge e norme di livello secondario, va nella direzione della prevenzione quanto più meticolosa possibile per il contenimento del virus;

un regolamento interno aziendale, mai e soprattutto in questa situazione pandemica, dovrebbe derogare a leggi nazionali e protocolli governativi per la sicurezza pubblica,

si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza della situazione descritta e di altre potenziali fattispecie analoghe e quali strumenti intendano mettere in campo affinché il settore privato adegui le proprie norme interne alle esigenze della salute pubblica in maniera puntuale.

(4-04248)

NOCERINO, CORBETTA, ANGRISANI, BOTTO, RUSSO, VANIN, MATRISCIANO, TRENTACOSTE, GALLICCHIO, PRESUTTO - Ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, per gli affari regionali e le autonomie e della salute. - Premesso che:

da quanto si apprende da fonti giornalistiche vi sarebbero delle inadempienze sulle misure per il contrasto e il contenimento del COVID-19 sui mezzi di trasporto pubblico di linea;

i trasporti pubblici, soprattutto nelle grandi città, rappresentano spesso l'unico mezzo di mobilità intercittadina per il raggiungimento dei luoghi di lavoro;

la situazione dei trasporti delle principali città province è diventata insostenibile e potenzialmente pericolosa;

i vagoni delle metropolitane e i bus sono delle possibili "bombe" di contagio che possono far impennare ancor di più il numero dei positivi;

ogni giorno centinaia di cittadini segnalano assembramenti e mancanza del rispetto del distanziamento sociale su tutti i mezzi di trasporto. Le misure anti contagio non vengono rispettate e non vi è alcun tipo di controllo;

i mezzi arrivano sovraffollati alle fermate, tutti i posti a sedere vengono occupati e chi viaggia in piedi è costretto a farlo in spazi vitali ridotti all'osso. Situazione invariata anche sulle metropolitane, dove si fa sentire l'assenza degli adesivi segnaposto che obbligavano a mantenere un metro di distanza tra un utente e l'altro;

considerato che:

il 14 marzo 2020 è stato adottato il protocollo di regolamentazione per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus negli ambienti di lavoro in tutti i settori produttivi e successivamente in data 20 marzo 2020 il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti del settore dei trasporti e della logistica;

il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020 prevede misure per il trasporto pubblico le cui attività dovranno essere espletate anche sulla base di quanto previsto dal protocollo sottoscritto il 20 marzo 2020 nonché secondo le linee guida del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'informazione agli utenti e le modalità organizzative per il contenimento della diffusione del COVID-19. Accanto alla procedura base della sanificazione e dell'igienizzazione dei locali, dei mezzi di trasporto e dei mezzi di lavoro, si prevedono: flussi separati di salita e discesa dei passeggeri e aperture differenziate delle porte; applicazione di marker sui sedili non utilizzabili; aumento della frequenza dei mezzi nelle ore considerate ad alto flusso di passeggeri; numero massimo di passeggeri per consentire il rispetto della distanza di un metro, anche non effettuando alcune fermate; apparati di videosorveglianza per monitorare i flussi ed evitare assembramenti; sospensione vendita e controllo dei titoli di viaggio a bordo;

il 31 agosto 2020 sono state approvate in Conferenza unificata le nuove linee guida del trasporto pubblico del Ministero delle infrastrutture con le misure organizzative per il contenimento della diffusione del COVID-19 e le modalità di informazione agli utenti. L'intesa riguarda soprattutto il limite di affollamento per cui a bordo dei mezzi pubblici è consentito un coefficiente di riempimento non superiore all'80 per cento massimo. La capacità di riempimento potrà essere portata oltre il limite previsto in caso di percorsi brevi, della durata massima di 15 minuti, e nel caso in cui sui mezzi sia garantito un ricambio di aria e un suo filtraggio attraverso idonei strumenti di aerazione che siano preventivamente autorizzati dal comitato tecnico scientifico,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza delle criticità del trasporto pubblico relativo alla seconda fase dell'emergenza sanitaria;

se il trasporto pubblico su rotaia e su gomma sia in linea con le norme di distanziamento sociale vigenti;

se non ritengano opportuno, per quanto di competenza, adottare iniziative per garantire la piena tutela del diritto alla salute sui mezzi di trasporto pubblico per utenti e personale addetto.

(4-04249)

PILLON, MALAN - Al Ministro della salute. - Premesso che:

in data 23 marzo 2020 l'Agenzia Italiana del farmaco, con una nota informativa ha comunicato il divieto di utilizzo del farmaco "Esmya" 5 mg (ulipristal acetato), per il trattamento di fibromi uterini, prescrivendone, tra l'altro, il ritiro dal mercato, nonché la sospensione dei trattamenti iniziati e il divieto di iniziarne nuovi, in attesa di una rivalutazione del rapporto rischio/beneficio del farmaco;

a motivare la decisione, concordata con le autorità regolatorie europee, l'AIFA nella nota ha evidenziato un "nuovo caso di grave danno epatico", che ha comportato un "trapianto epatico in una paziente trattata con Esmya 5 mg (ulipristal acetato)";

l'AIFA ha, inoltre, evidenziato che la suddetta rivalutazione non si applica al medicinale a base di ulipristal acetato utilizzato in mono-somministrazione per la contraccezione d'emergenza ("EllaOne"), e che non vi sono preoccupazioni relative al rischio di danno epatico per tale medicinale;

invero, diversi studi hanno evidenziato che il meccanismo di azione del farmaco EllaOne è in molti casi di tipo abortivo, come, ad esempio, lo studio realizzato dal professor Bruno Mozzanega, ricercatore della clinica Ginecologica di Padova, il quale rileva che il suddetto meccanismo "appare essere, almeno prevalentemente, postconcezionale";

in data 8 ottobre 2020 l'Agenzia Italiana del farmaco con determina n. 998/2020 ha modificato la classificazione ai fini della fornitura del medicinale EllaOne 30 mg (ulipristal acetato) da "Medicinale soggetto a prescrizione medica da rinnovare volta per volta (RNR)" per le pazienti di età inferiore ai 18 anni e "Medicinale non soggetto a prescrizione medica, ma non da banco (SOP)" per le pazienti maggiorenni a "Medicinale non soggetto a prescrizione medica ma non da banco (SOP)";

nella stessa determina n. 998/2020, l'AIFA ha autorizzato l'esaurimento delle scorte del medicinale EllaOne 30 mg e il mantenimento in commercio dei lotti già prodotti, fino alla data di scadenza del farmaco;

si rileva che ambo i farmaci citati risultano essere prodotti dalla medesima società Cenexi, con sede a Osny in Francia;

considerato che il farmaco EllaOne 30 mg contiene sei volte la quantità di ulipristal acetato contenuta nel farmaco Esmya 5 mg;

considerato, infine, che sul foglio illustrativo del farmaco Esmya 5 mg si legge "i bambini di età inferiore a 18 anni non devono prendere Esmya",

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo intenda verificare e chiarire sulla base di quali motivazioni si possa escludere il rischio di danno epatico per il medicinale "EllaOne", a fronte dei casi di danno epatico grave evidenziati nel trattamento a base di "Esmya";

se intenda verificare e chiarire le ragioni che hanno portato all'eliminazione dell'obbligo di prescrizione medica per pazienti anche minorenni per la dispensazione di ulipristal acetato a fronte del divieto previsto per i minorenni per una dose sei volte inferiore dello stesso principio attivo;

se intenda valutare l'opportunità di inserire il farmaco EllaOne nel regime previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194;

quali ragioni abbiano indotto l'AIFA a citare espressamente l'esaurimento delle scorte di ulipristal acetato, sotto forma di EllaOne 30 mg.

(4-04250)

BATTISTONI - Ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e della salute. - Premesso che:

tra Viterbo e Roma la linea ferroviaria è di proprietà della Regione Lazio ed il gestore del servizio di trasporto è ATAC;

gli ultimi studi di Legambiente (Pendolaria 2019) inseriscono la tratta ferroviaria tra Viterbo e Roma in seconda posizione nella speciale classifica delle linee per pendolari più frequentate d'Italia, con circa 70.000 viaggiatori al giorno;

ogni giorno si registrano situazioni di criticità dovute ad assembramenti causati dalla riduzione del numero di posti nei vagoni, ma soprattutto dalle improvvise cancellazioni delle corse;

nella sola giornata di mercoledì 14 ottobre 2020, sono state cancellate 66 corse,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo, ciascuno per la propria competenza, siano a conoscenza di questo disagio con evidenti risvolti sociali;

se siano a conoscenza degli assembramenti quotidiani che si verificano nelle stazioni sulla tratta ferroviaria tra Viterbo e Roma;

se abbiano intenzione di provvedere alla risoluzione di un problema sanitario che può portare a gravi conseguenze per la salute pubblica in questo delicato momento storico.

(4-04251)

URSO, CIRIANI, CALANDRINI, GARNERO SANTANCHE', IANNONE, LA PIETRA, NASTRI, PETRENGA, RAUTI, TOTARO - Ai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e delle politiche agricole alimentari e forestali. - Premesso che:

resta insoluta la delicata e oltraggiosa vicenda che, da oltre un mese, vede coinvolti 18 pescatori dei due pescherecci di Mazara del Vallo, Antartide e Medinea, sequestrati la sera del primo settembre dai militari del generale Khalifa Haftar;

la vicenda, che è già stata oggetto di un precedente atto di sindacato ispettivo, rivolta all'indirizzo del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, co-firmato dal primo firmatario del presente atto (4-04111), presentato il 23 settembre 2020 e al quale non risulta pervenuta ad oggi risposta, richiede i dovuti approfondimenti in ordine alle responsabilità governative sulla vicenda;

la vicenda ha infatti evidenziato i contorni di una questione di definizione che già in passato, come riportato dai media, avrebbe determinato interventi intimidatori da parte dei militari libici proprio nei confronti di alcuni pescherecci di Mazara del Vallo, nell'ambito di quella che oramai viene definita «la Guerra del Pesce»;

il riferimento, in particolare, è ai fatti del settembre 2019, quando alcuni militari libici appartenenti all'area della Cirenaica avrebbero sferrato un attacco armato nei confronti dei pescherecci di Mazara del Vallo impegnati in una battuta di pesca del gambero rosso, in una zona rivendicata unilateralmente dalle autorità libiche;

la «Guerra del pesce» nel Mediterraneo andrebbe avanti da decenni senza una definitiva soluzione, e l'episodio non sarebbe che l'ultimo di una serie di sequestri o tentativi di sequestro di pescherecci mazzaresi sorpresi a pescare all'interno della cosiddetta «Zona economica esclusiva», che si estende per 62 miglia oltre il limite di 12 miglia delle acque territoriali ed istituita unilateralmente dal Governo di Tripoli nel 2005 e nella quale la pesca sarebbe interdetta;

la decisione della Libia, in particolare, sarebbe fondata sulla Convenzione di Montego Bay del 1982, la quale però è riferita agli areali oceanici e non risulta applicabile in un mare chiuso come il Mediterraneo;

la controversa situazione e la continua esposizione di nostri connazionali (e non soltanto) a situazioni di elevato rischio determina l'emergere della necessità di una chiara presa di posizione da parte del Governo in ordine a una situazione che, proprio per i profili di rischio emergenti in ordine alla sicurezza nazionale che risulta qui gravemente compromessa, deve essere necessariamente diradata;

oltre alla dovuta attenzione al caso di specie, tuttora irrisolto e rispetto al quale appare necessario prestare la massima attenzione al fine di riportare in patria i nostri connazionali e favorire la più celere liberazione di tutti gli equipaggi coinvolti, è doveroso fare una valutazione più ampia ed addivenire ad una decisione in ordine alle iniziative da intraprendere, anche in sede internazionale, per promuovere una definizione della questione rispetto alle rivendicazioni libiche e alle interdizioni unilateralmente imposte dal Governo di Tripoli sulla base di un'applicazione evidentemente illegittima e forzata dei principi stabiliti dal diritto internazionale e dunque di un lapalissiano abuso del diritto, che oggi non soltanto pregiudica gli interessi dell'economia nazionale ma, al contempo, mette in pericolo l'incolumità dei nostri concittadini,

si chiede di sapere:

quali iniziative i Ministri in indirizzo, ciascuno secondo le rispettive competenze, abbiano adottato al fine di informare adeguatamente gli operatori marittimi dei rischi connessi alla navigazione in tali aree e, in relazione alla circostanza che si tratta di un rischio noto alle autorità nazionali e marittime, quali protocolli di sicurezza abbiano eventualmente adottato per favorire condizioni di sicurezza in aree a rischio:

se il Ministro degli esteri e della cooperazione internazionale non ritenga necessario e urgente intervenire, anche promuovendo un'azione coordinata a livello internazionale, per chiarire in modo definitivo la legittimità delle operazioni di pesca e navigazione in un'area unilateralmente ed illegittimamente rivendicata dal Governo libico come zona economica esclusiva, in cui la navigazione è interdetta.

(4-04252)

ROMEO, OSTELLARI, PILLON, PELLEGRINI Emanuele, STEFANI, URRARO - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:

le notizie che si diffondono parlano di possibili lockdown, anche se parziali e circoscritti, per fronteggiare una impennata improvvisa di casi di contagio da COVID-19 nell'approssimarsi dei mesi invernali, giudicata molto probabile;

alla luce del progressivo aumento sul territorio italiano della pandemia, molte attività rischiano di essere nuovamente limitate. Invece di ritornare al complesso di divieti e di blocchi, che nella scorsa primavera ha scaricato sugli utenti del sistema giustizia le insufficienze del sistema gestionale dei tribunali e delle altre sedi giudiziarie, occorre approntare un piano che risolva il grave problema delle aule di giustizia, in cui la priorità di distanziamento va soddisfatta mediante un oculato calcolo degli spazi che consideri anche l'esigenza di areazione e, stante l'incipiente inverno, quello del riscaldamento dei locali;

anche l'attività forense rischia di subire ripercussioni a seguito del progredire della pandemia, in relazione alla situazione logistica degli uffici ed alle difficoltà di praticabilità ed accesso dei tribunali. Come già nello scorso marzo, l'emergenza sanitaria sta creando situazioni di ostacolo all'accesso degli avvocati alle sedi giudiziarie e un grave rischio per la loro salute e incolumità: tale problema non si risolve certo con la disciplina degli accessi con plurimi protocolli che, in alcune sedi giudiziarie, pone difficoltà alle necessità quotidiane di frequentazione proprie degli avvocati;

un piano emergenziale appare indispensabile, sia per evitare le difficoltà gestionali dell'amministrazione della giustizia, che ebbero luogo nei primi mesi di pandemia, sia per attrezzare l'amministrazione penitenziaria con le risorse necessarie per incrementare la capacità deterrente della Polizia penitenziaria,

si chiede di sapere quali strategie abbia predisposto il Ministro in indirizzo al fine di superare i gravi problemi gestionali del sistema giustizia presentatisi nel periodo emergenziale.

(4-04253)

SIRI - Al Ministro della salute. - Premesso che:

tra le conseguenze delle misure messe in atto dal Governo a seguito della diffusione della pandemia da COVID-19, si è assistito alla drammatica situazione di anziani chiusi ed isolati in strutture residenziali, socioassistenziali e sociosanitarie, e altre strutture di degenza, in cui sono state vietate le visite di parenti e congiunti;

sono moltissimi gli anziani ricoverati presso le suddette strutture che, per le conseguenze da COVID 19 o per altre patologie, sono morti in completa solitudine, senza la possibilità di ricevere il conforto dei propri cari;

questa situazione drammatica sta minando le relazioni interpersonali, familiari e la sfera affettiva di tutti i cittadini con conseguenze devastanti a livello sociale e psicologico, anche e soprattutto per l'impotenza e la frustrazione di coloro a cui non è stato consentito di prendersi cura dei propri familiari nel momento di maggiore fragilità;

considerato che:

con le disposizioni emergenziali emanate dal Governo, è stata delegata ai direttori delle strutture di degenza la responsabilità di consentire o meno la visita dei parenti agli anziani ospitati presso le stesse, molti dei quali hanno favorito l'imposizione dei divieti per il timore di vedersi imputare la responsabilità dell'eventuale diffusione del contagio;

una scelta di tale rilevanza non può essere affidata con una delega alla responsabilità e discrezionalità di direttori e responsabili delle strutture di degenza, ma deve essere una misura del Governo che consenta, nell'assoluto rispetto delle rigorose regole e dei rigidi protocolli di sicurezza sanitaria e di profilassi per la prevenzione e il contrasto della diffusione del virus, le visite ai congiunti ricoverati in strutture residenziali di degenza, sociosanitarie e socioassistenziali;

neppure nell'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 ottobre 2020, relativo a misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale, sono state introdotte disposizioni intese a risolvere questa situazione, gettando nello sconforto moltissime famiglie italiane,

si chiede di sapere se e come il Ministro in indirizzo intenda intervenire per risolvere tale situazione normativa in via definitiva e nello spirito di dare dignità a tutti gli anziani e alle loro famiglie e soprattutto di restituire agli italiani il diritto di dare e ricevere gli affetti, specialmente nelle condizioni di maggiore criticità.

(4-04254)

PUCCIARELLI - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:

lunedì 5 ottobre 2020 è deceduto un migrante minore non accompagnato, indicato dagli organi di informazione come Abou Dakite, la cui cittadinanza, non confermata, sarebbe della Repubblica della Costa d'Avorio, che si trovava a bordo della nave quarantena "Allegra" ormeggiata nel porto di Palermo;

di seguito una breve ricostruzione del fatto:

in data 10 settembre 2020, a seguito delle operazioni di soccorso effettuate dalla "Proactiva Open Arms" l'equipaggio faceva salire a bordo il giovane. In data 18 settembre 2020, lo stesso veniva trasferito sulla nave-quarantena "Allegra", ove vi sarebbe restato per quindici giorni. Circa le condizioni di salute del minore, da una nota diramata dalla Open Arms, risulta che il ragazzo avvertiva un forte dolore lombare accompagnato da stato febbrile. Il 17 settembre 2020 (ancora a bordo della Open Arms) dopo una visita medica avvenuta nell'ambulatorio, gli veniva somministrato del paracetamolo ed una terapia antibiotica, in aggiunta fu eseguito il tampone per la ricerca Sars-Cov2, risultando negativo, ciò nonostante veniva trattenuto a bordo. Il mattino successivo nuovamente sottoposto a controllo medico gli venne riscontrato un leggero stato febbrile, ma in condizioni generali migliori. Per maggiori accertamenti fu eseguita una ecografia addominale che non rilevava problemi evidenti. Gli furono ancora somministrate sia una terapia antibiotica che una terapia reidratante. Alle 14 del 18 settembre 2020 veniva infine accolto a bordo della nave quarantena "Allegra", con ancora la terapia endovenosa inserita nel braccio. Dal 18 settembre 2020 non venne segnalato più nulla sino al 28 settembre 2020, data nella quale i compagni di Abou allarmati, sollecitarono l'intervento del medico di bordo, in quanto il minore divenuto da tre giorni afasico non si alimentava. Fu richiesto ai compagni di viaggio di monitorare l'alimentazione con l'invito a bere, vista l'impossibilità di inserimento CVP per integrare la disidratazione che gli avrebbe potuto causare un problema renale. Il 29 settembre 2020 il medico sottoponeva nuovamente a visita il minore, ed a fronte del peggioramento delle sue condizioni di salute fu richiesto lo sbarco urgente, che avveniva alle 21 dello stesso giorno. Trasferito all'ospedale "Cervello", vi resta fino alla data del 3 ottobre 2020, quando entra in coma. Di lì la richiesta di immediato trasporto presso l'ospedale "Ingrassia", poiché all'ospedale "Cervello" non vi erano più posti in rianimazione. Il 5 ottobre muore. La giovane sociologa volontaria, nominata tutrice dal Tribunale per i Minorenni di Palermo, che la interrogante ha potuto incontrare nel capoluogo siciliano, ha pubblicamente dichiarato che le critiche condizioni di salute del ragazzo erano molto evidenti. Il grave episodio, oggetto di inchiesta da parte della competente Autorità giudiziaria, mette in evidenza l'inadeguatezza del dispositivo di accoglienza per rifugiati e migranti, in modo particolare nei riguardi dei minori non accompagnati, dove appaiono estremamente carenti e inadeguate le misure adottate per evitare i contagi da virus COVID-19 e per proteggere la salute delle persone a bordo delle navi quarantena,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti descritti e se sia in grado di ricostruire con esattezza la sequenza di quanto accaduto. In particolare:

a fronte della legge n. 47, introdotta nel 2017 e recante "Misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati" e delle disposizioni precedenti, quale sia la motivazione per la quale, nonostante l'esito negativo del tampone, il minore sia stato trattenuto sulla nave quarantena "Allegra" e non immediatamente trasferito nelle strutture idonee per i minori non accompagnati come prevede il testo normativo e le disposizioni di riferimento e del pari, qualora, la normativa di riferimento sull'obbligo di quarantena deroghi alla norma vigente a tutela dei minori, se possano essere indicati gli estremi;

quanti minori non accompagnati siano a bordo delle navi-quarantena a fronte dell'esito negativo del tampone e non nelle strutture predisposte;

quale sia il motivo per il quale le autorità a bordo della nave quarantena "Allegra" non risultarono pronte all'intervento urgente necessario vista la precaria situazione sanitaria del giovane, ad ancora perché, una volta evidenziate, non si sia provveduto all'immediato trasporto in una struttura ospedaliera idonea;

se corrisponda al vero che sulla nave quarantena "Allegra" operava al momento del peggioramento delle condizioni di salute del minore un solo medico della Croce Rossa italiana e nel caso quanti medici e figure professionali sanitarie più in generale preveda la disposizione di riferimento, considerando il numero di ospiti;

se gli operatori di "Proactiva Open Arms" abbiano segnalato alle autorità mediche in servizio le precarie condizioni di salute del ragazzo;

quali strumentazioni diagnostiche si trovino a bordo della nave quarantena "Allegra" e delle altre navi quarantena e se esse siano adeguate e sufficienti per garantire un livello di tutela della salute agli ospiti coerente con gli standard internazionali o se abbiano richiesto supporto medico e diagnostico dalla terraferma;

quali misure siano state adottate a tutela della salute degli ospiti della nave quarantena "Allegra" e delle altre navi quarantena, rispetto sia ai rischi di contagio da COVID-19, sia ad altre possibili patologie;

in che modo sia tutelata la permanenza a bordo della nave quarantena "Allegra" e delle altre navi quarantena dei minori, in particolare dei minori non accompagnati, anche per evitare situazioni pericolose di promiscuità;

se i migranti a bordo della nave quarantena vengano tutti sottoposti a tampone;

perché Abou Dakite, nonostante il doppio tampone negativo, fosse ancora sottoposto alla quarantena;

ed infine, quali misure il Ministro in indirizzo intenda adottare per evitare il ripetersi in avvenire di episodi drammatici come quello occorso a Palermo.

(4-04255)

Interrogazioni, da svolgere in Commissione

A norma dell'articolo 147 del Regolamento, le seguenti interrogazioni saranno svolte presso la Commissione permanente:

9ª Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare):

3-01990 della senatrice Naturale ed altri, sulla gestione dell'Ente nazionale cinofilia italiana;

3-01996 della senatrice Rauti ed altri, sulla mancata conformità delle quote latte in Italia rispetto alla normativa comunitaria europea.