Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 246 del 29/07/2020

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,31).

Si dia lettura del processo verbale.

GIRO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.

Sulla scomparsa di Giulio Maceratini

PRESIDENTE. (Il Presidente e l'Assemblea si levano in piedi) Signori senatori, vorrei rivolgere un commosso pensiero di vicinanza ai familiari, parenti e agli amici del senatore Giulio Maceratini, scomparso sabato scorso. Storico esponente della destra politica italiana, uomo di grande apertura intellettuale, Giulio Maceratini è stato senz'altro tra i protagonisti di un'epoca di grandi cambiamenti storici, politici e sociali.

Avvocato del foro di Roma e apprezzato giurista, Giulio Maceratini aveva iniziato la sua esperienza parlamentare nel 1983, quando venne eletto per la prima volta alla Camera dei deputati tra le file del Movimento Sociale Italiano. Parlamentare per sei legislature, di cui due al Senato, dove fu anche Presidente del Gruppo di Alleanza Nazionale, seppe sempre dimostrare grandi competenze, rigore, senso di responsabilità e profondo rispetto delle istituzioni; doti che, insieme alla sua naturale predisposizione all'ascolto e al dialogo, lo avevano reso un autorevole punto di riferimento, tanto nella militanza politica quanto nelle aule del Parlamento.

Con Giulio maceratini ci lascia un politico appassionato, coerente e fedele alle sue idee, ma, allo stesso tempo, un intelligente interprete di quella esigenza di tutelare, promuovere e perseguire sempre la via della moderazione, del reciproco riconoscimento, del dialogo e del confronto costruttivo tra le forze politiche nell'interesse esclusivo dell'Italia e degli italiani. In ricordo di Giulio Maceratini invito pertanto questa Assemblea a raccogliersi in un minuto di silenzio. (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio. Applausi).

URSO (FdI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

URSO (FdI). Signor Presidente, cari colleghi, forse pochi di voi hanno conosciuto Giulio Maceratini in quest'Aula, ma quest'Assemblea lo conosce molto bene. E lo conoscono le aule delle nostre istituzioni, perché lui è stato per lungo tempo un principe del foro, un grande avvocato cassazionista, un consigliere dell'ordine forense, ma anche un principe della politica, colto e raffinato. Conosceva perfettamente l'inglese e il francese, la storia, la geografia, la filosofia. Era anche un uomo concreto e determinato, lucido nelle sue azioni, che amava la sua comunità e soprattutto i più giovani, che difese tante volte nelle aule dei tribunali e non solo: negli anni duri della Repubblica, negli anni della guerra civile strisciante, negli anni del terrorismo, negli anni delle vittime.

Ricordo a quest'Assemblea, proprio oggi che non a caso, ne ricordiamo la figura, quanto Giulio Maceratini, in quegli anni così difficili, scriveva: «La tutela della libertà individuale e di gruppo contro il possibile arbitrio delle autorità è un tema fondante della destra italiana». Questo è valso in passato, negli anni in cui nasceva la Repubblica e veniva minacciata dall'interno e dall'esterno, e vale anche e soprattutto oggi.

Giulio Maceratini nasce nel 1938 e negli anni della guerra è un bambino, che capisce la Nazione ferita. Poi si forma nello spirito e nell'alveo dello spiritualismo evoliano, quello dei «Figli del Sole». Forma un sodalizio insieme a Pino Rauti, che dura per tanti decenni - Rauti e Maceratini - dentro e fuori il partito, l'allora Movimento Sociale Italiano. Nell'MSI viene eletto prima in Consiglio regionale, laddove onora le istituzioni, e poi alla Camera dei deputati, nel 1983, quindi al Parlamento europeo, dove subentra nel 1988, per un breve periodo; poi nuovamente al Senato, nel 1994, dove raggiunge anche il vertice come Presidente del Gruppo Alleanza Nazionale.

Si arriva poi al 2000. L'altro giorno, ai funerali, un amico mi ha ricordato che era in ascensore in questo palazzo quando egli gli disse (si parlava allora di lui come candidato alla Presidenza della Regione, perché di lì a poco si sarebbero svolte le elezioni nel Lazio): «Devo assentarmi per due giorni, ho un'operazione da fare». Un amico gli aveva consigliato di operarsi, di prevenire un problema che poteva aggravarsi. Lui si operò, ma purtroppo non si è assentato per due giorni, si è assentato per vent'anni, perché quell'operazione non andò bene. Ne fu colpito, lui che era un principe del foro, un principe della politica e sapeva parlare nel foro e in queste Aule. Lui che aveva onorato tutte le istituzioni italiane, dalla Regione al Parlamento (Camera e Senato), al Parlamento europeo, non riuscì più a parlare per lungo tempo, non riuscì più a camminare e ad articolarsi. Pensate voi la sofferenza di una persona che era arrivata al culmine delle istituzioni nella sua attività politica e improvvisamente diviene consapevole che non può continuare il suo percorso.

Ma il nostro partito, il partito di allora, decise di ricandidarlo comunque, perché era un simbolo, una bandiera; fu ricandidato nel 2001 alla Camera dei deputati, dove per altri cinque anni, nel primo scranno (perché non poteva salire i gradini), sedette e rappresentò la Nazione italiana: cinque anni di onore, ma anche di sofferenza. Poi si ritirò a vita privata, ma gli amici lo chiamavano ancora per i consigli, perché nel tempo aveva ripreso l'uso della parola. Fino a quando, l'altro giorno, una notte di luglio, ci ha lasciati. Lui che amava la vita, che amava la politica, che amava la sua Nazione, in qualche misura ci ha lasciati con un messaggio specifico e molto chiaro che, se la Presidenza me lo concede, vorrei riassumere in un episodio storico, molto chiaro a quest'Assemblea, di una destra che ha fondato la Repubblica con gli altri e che spesso non è stata riconosciuta pienamente dalla Repubblica. Giulio Maceratini, figlio del sole, era molto amico di un altro giovane di quella generazione, che un incidente ci portò via, Pino Romualdi.

Pino Romualdi è colui che ha fondato la destra nel dopoguerra. Fu arrestato poco prima del referendum istituzionale perché era uno di coloro che aveva partecipato all'esperienza della Repubblica sociale italiana. Nel carcere ricevette un emissario dell'allora ministro della giustizia Palmiro Togliatti. In quel carcere, con l'emissario di Palmiro Togliatti, stabilirono un patto, un patto tra due grandi. Secondo il patto, i fascisti (che ancora esistevano e molto spesso avevano nascosto le armi) non sarebbero intervenuti nella contesa tra Repubblica e monarchia e sarebbero rimasti neutrali; in cambio, avrebbero ottenuto l'amnistia. L'amnistia venne concesse; Togliatti mantenne il patto e così in quell'atto nacque la Repubblica.

Giulio Maceratini ha difeso le istituzioni sempre e comunque nella piena consapevolezza che siamo degli avversari, ma comunque rappresentanti insieme della stessa autentica nazione Italia. Così lo ricordiamo. (Applausi).

GASPARRI (FIBP-UDC). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GASPARRI (FIBP-UDC). Signor Presidente, la ringrazio per le sue parole e il ricordo di Giulio Maceratini, che credo anche lei abbia potuto incrociare nell'attività parlamentare all'avvio della sua esperienza al Senato, quando Giulio Maceratini a Palazzo Madama guidò il Gruppo di Alleanza Nazionale.

Lui era stato deputato, come lei ha ricordato e come ha ricordato il collega Urso, e vi è un episodio che costituisce un ulteriore esempio della generosità di Giulio Maceratini. Era nato nel 1938 e, quindi, nel 1994 aveva cinquantasei anni, un'età non particolarmente avanzata. Siccome esordiva la nuova legge elettorale, il Mattarellum, e il Senato per una forza politica di destra si presentava più rischioso perché non c'era il listino proporzionale della Camera, Giulio Maceratini, avendo già fatto alcune legislature alla Camera dei deputati dal 1983 ed essendo stato eletto alla Regione precedentemente (ero presente quando si prese questa decisione), disse che si sarebbe candidato lui al Senato dove c'era maggiore margine di rischio perché aveva già svolto attività parlamentare ed era giusto che fosse lui a rischiare di più, così che altri potessero avere posizioni meno rischiose. Poi in realtà fu eletto perché nel 1994 esordì il centrodestra e la coalizione ebbe un grande successo anche nella città di Roma e vinse in tutti i collegi. Il senatore Maceratini venne eletto proprio nel collegio del quartiere Prati e del centro storico di Roma, dove ci troviamo fisicamente anche come Senato, e divenne Capogruppo, portando l'esperienza, la saggezza e l'equilibrio di una forza politica diventata di maggioranza, una maggioranza che durò poco in quella legislatura breve e travagliata che vide proprio risaltare la saggezza e l'equilibrio di Maceratini.

Molti colleghi - il fluire del tempo è inesorabile - non hanno avuto modo di conoscere Giulio Maceratini però egli ci riporta ad una dimensione della politica dove la militanza precede il ruolo elettorale e parlamentare. Giulio Maceratini - è stato già ricordato precedentemente - aveva un percorso nettamente identitario nella destra politica italiana, che spese anche nella battaglia democratica del garantismo alla Regione e in Parlamento. Nel post-1968, infatti, c'erano vicende che spesso diventavano di natura giudiziaria. Giulio Maceratini è divenuto avvocato, membro del Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma, insieme a tanti avvocati valenti come Battista, Valensise, Gallitto ed altri ancora. Nelle aule giudiziarie era anche un avvocato che univa alla militanza le difese del diritto e del garantismo. Anche all'interno della destra politica spesso si caratterizzava per posizioni più garantiste in epoche in cui il dilagare della violenza e del terrorismo spesso facevano emergere posizioni molto drastiche sotto il profilo della sanzione penale.

Pur essendo un uomo di forte caratura identitaria politica, accompagnò con convinzione il percorso di trasformazione della destra italiana perché, dopo una lunga collaborazione già ricordata con Pino Rauti, quando arrivò il momento della svolta di Fiuggi e di Alleanza Nazionale, Giulio scelse, insieme a tanti di noi, la via della trasformazione della destra italiana verso il futuro non assumendo ruoli di Governo perché svolse il ruolo importantissimo di Capogruppo al Senato dal 1994 al 2001 (un ruolo che era importante quanto un ruolo di Governo), dando però sempre un contributo di cultura, di contenuti anche sulle riviste, di pensiero e di dibattito.

Lo voglio ricordare quindi come un politico ideale, perché è stato caratterizzato da una fortissima coerenza, e la coerenza porta però anche a un percorso che nel tempo aiuta a recepire nuove istanze ed esigenze dei tempi. È stato caratterizzato da militanza, perché Giulio Maceratini è stato un militante politico, nel senso più nobile e integrale del termine, che poi successivamente è entrato nelle assemblee regionali e parlamentari. È stato caratterizzato da cultura e politica, espresse nel pensiero, nel dibattito e sulle riviste (anche in fasi più recenti del suo impegno ricordiamo la rivista «Iniziativa» e nel passato il suo contributo ad esperienze politiche di ancora più alto livello e significato). È stato caratterizzato dallo spazio alle nuove generazioni: ancora "giovane", era comunque pronto, se necessario, a cedere il passo. È stato caratterizzato inoltre da grande generosità umana, come politico e maestro di politica, e come giurista, avvocato e difensore dei diritti di tanti.

Una persona ideale: averlo conosciuto, com'è successo a tanti di noi, e averlo avuto come amico e guida politica, com'è successo ad alcuni di noi, è stato un grande privilegio. Lo ricordiamo quindi non soltanto in modo formale, com'è giusto comunque che l'Assemblea faccia, perché bisogna fare questi ricordi, come abbiamo fatto anche per altri colleghi di vario orientamento, perché la politica è fatta anche di buoni esempi, che spesso appartengono più alla comunità di cui si è fatto parte; condividerli però, anche nei momenti del ricordo come questo, è un motivo di riflessione e insegnamento, perché la politica è fatta di buoni esempi, di militanza, di cultura e di azione legislativa.

Giulio Maceratini è stato tutto questo ed è stato un onore per il Senato averlo tra i propri membri, quindi il Gruppo Forza Italia e tutti noi che l'abbiamo conosciuto - giustamente anche il Presidente ha voluto ricordarlo personalmente, cosa di cui lo ringrazio - gli rendiamo omaggio e abbracciamo la sua famiglia e la moglie, che gli è stata accanto in questi anni di sofferenza con grande dedizione e generosità; anche questo credo sia doveroso ricordarlo. (Applausi).

BARBARO (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BARBARO (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli colleghi, non è facile per me trovare le parole giuste per ricordare il senatore Maceratini. Sono stato legato a lui da una grande amicizia e ci sono quindi risvolti anche di carattere personale, oltre che politico, che mi legano lui. Credo di non aver utilizzato a caso il verbo «ricordare», perché il termine «commemorazione» avrebbe invece evocato e portato con sé automaticamente il ricorso a definizioni retoriche e frasi che forse avrebbero fatto sorridere il senatore Giulio Maceratini per primo.

Credo quindi che il modo migliore per onorarne la memoria sia proprio ispirarsi ai suoi atteggiamenti e ai suoi modi di comportarsi, di vivere e di intendere la politica: la sintesi, la semplicità e la schiettezza, condite da buone dosi di ironia e saggezza, sono i tratti distintivi che l'hanno accompagnato nel corso della sua vita, contraddistinguendone le fasi, anche sotto il profilo politico, dell'attività forense e - non dimentichiamolo - anche della dirigenza sportiva perché Giulio Maceratini è stato anche un grande dirigente sportivo.

La politica, innanzitutto: già i senatori Urso e Gasparri hanno ricordato fasi importanti della sua vita politica. Ripercorrere in questa sede il suo curriculum ci porterebbe via troppo tempo e per altro, come ho già detto, l'hanno fatto anche i colleghi che mi hanno preceduto. Mi fa piacere invece tratteggiare il motivo per cui egli sia stato un esponente della destra italiana che ne ha caratterizzato profondamente la crescita: com'è già stato ricordato, ma mi permetto di aggiungere qualche altro dato, è stato il primo capogruppo di Alleanza Nazionale al Senato.

È stato colui che ha gestito un difficile periodo di transizione che portò i 13 senatori del Movimento Sociale Italiano a diventare i 48 senatori di Alleanza Nazionale. Non è solo un dato numerico, è un dato politicamente e culturalmente importante che contrassegna il passaggio dall'opposizione - ma per alcuni versi dall'emarginazione - ad una nuova posizione di Governo. Giulio Maceratini seppe coniugare tutti questi aspetti con grande abilità, con grande saggezza ma soprattutto con grande intelligenza politica e questo gli ha consentito di far iniziare alla destra italiana un percorso culturale storicamente importante i cui effetti si sentono ancora oggi.

Vi è poi, ovviamente, la figura dell'avvocato Giulio Maceratini, un avvocato cassazionista come è stato ricordato che ha svolto compiti importanti nella sua attività forense. È stato anche consigliere dell'ordine di Roma, ma io credo che ai militanti faccia piacere ricordarlo come l'avvocato che, gratuitamente e disinteressatamente, ha difeso tanti militanti, ha difeso tanti amici che in quegli anni difficili, in quegli anni particolari che hanno contrassegnato la vita del Paese, hanno vissuto momenti di sofferenza che sono stati ovviamente estesi anche alle loro famiglie. Giulio Maceratini era il giusto tramite, il giusto riferimento con le famiglie e, se permettete, in qualche modo riusciva a recuperare anche un momento di conforto nel corso di grandi periodi di sofferenza rendendoli, sotto il profilo comunitario, patrimonio di tutti coloro che soffrivano.

Vi è poi l'aspetto sportivo perché Giulio Maceratini ha svolto direttamente attività sportiva da giovane, è stato anche una atleta nel mondo del calcio giovanile perché ha militato nella primavera della Lazio; e questo è un fatto singolare perché poi lo ha portato ad occuparsi di attività sportive come dirigente, difendendone i valori, i principi e le istituzioni sportive e sicuramente l'autonomia. Come sportivo era anche un grandissimo tifoso ed è questa la singolarità: ha giocato nella Lazio ma era innamoratissimo della Roma.

Mi permetto di ricordare anche aspetti ironici del suo modo di coniugare la vita politica con la vita di tutti i giorni. Il distintivo di Alleanza Nazionale era biancazzurro, colori a lui indigesti, e quindi fece coniare, per lui è per un ristretto numero di amici, un distintivo completamente giallorosso. Fatto singolare, faceva coincidere le assemblee di partito ed i congressi con le trasferte della Roma, per cui spesso capitava di vedere Giulio Maceratini in varie parti d'Italia quasi sempre quando giocava la Roma.

Mi avvio a concludere perché credo che sia stato detto quanto era necessario. È stato reso il giusto onore al senatore Maceratini. Mi permetto soltanto, attraverso una breve carrellata, di evocare le frasi più significative su Giulio Maceratini che sono state riscontrate sulla Rete e che mi fa piacere pronunciare in quest'Aula (e credo che anche alle persone che hanno vissuto la sua sofferenza e hanno sentito la necessità di esprimere un pensiero per lui farebbe piacere essere accomunate nel mio saluto): «un gigante», «un senatore dell'antica Roma», «un uomo che ha saputo coniugare la gentilezza, l'ironia e il garbo», «un grande Presidente». La definizione che più mi ha colpito è «senatore dell'antica Roma». La stampa parlamentare glielo ricordava spesso: sarebbe stato benissimo raffigurato all'interno della sala Maccari, tra i senatori con la sua tunica; lui rispondeva: «Spero di non fare la fine di un altro Giulio». Con questa battuta voglio ricordare Giulio Maceratini e rivolgere a lui un pensiero affettuoso. (Applausi).

Discussione congiunta dei documenti:

(Doc. LVII, n. 3, sezione III) Programma nazionale di riforma 2020

(Doc. LVII-bis, n. 2) Relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)

(Relazione orale) (ore 9,58)

Approvazione della proposta di risoluzione n. 100 alla relazione al Parlamento ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243

Approvazione della proposta di risoluzione n. 1 al Programma nazionale di riforma 2020

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta dei documenti LVII, n. 3, sezione III, e LVII-bis, n. 2.

Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 9,59)

I relatori, senatori Conzatti e Presutto, hanno chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare la relatrice, senatrice Conzatti.

CONZATTI, relatrice. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, la relazione in esame, trasmessa al Parlamento lo scorso 22 luglio e annunciata all'Assemblea il 23 luglio, illustra l'ulteriore aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine ai fini dell'autorizzazione parlamentare allo scostamento di bilancio necessario al finanziamento di ulteriori interventi che il Governo intende adottare per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19.

La relazione è adottata ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, il quale articolo prevede che scostamenti temporanei al saldo di bilancio strutturale dell'obiettivo di medio termine siano consentiti in caso, come questo, di eventi eccezionali, sentita la Commissione europea, previa autorizzazione approvata dalle Camere a maggioranza assoluta, indicando nel contempo il piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine.

Il comma 5, in particolare, dell'articolo 6 della legge citata prevede che il piano di rientro, rispetto all'obiettivo di medio termine, possa essere aggiornato al verificarsi di ulteriori eventi eccezionali, ovvero quando, in relazione all'andamento del ciclo economico, il Governo intenda apportarvi modifiche.

Ricordiamo, perché è un fatto rilevante, che il 20 marzo scorso la Commissione europea ha disposto l'applicazione della clausola di salvaguardia generale allo scopo di assicurare a tutti gli Stati membri il necessario spazio di manovra di bilancio per il sostegno delle spese sanitarie e per contrastare gli effetti recessivi sull'economia della diffusione del Covid-19. L'applicazione della clausola di salvaguardia consente così agli Stati di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine, a condizione che non venga compromessa la sostenibilità fiscale nel medio periodo.

La relazione in esame è stata preceduta da ulteriori due relazioni trasmesse al Parlamento e necessarie per far fronte alla crisi economico-sanitaria legata all'epidemia Covid-19. Una prima relazione è stata trasmessa dal Governo al Parlamento il 5 marzo e integrata l'11 marzo; con essa, a seguito dell'approvazione della risoluzione, è stato autorizzato uno scostamento di 20 miliardi di euro per il 2020 in termini di indebitamento netto. Il 24 aprile, allegata al Documento di economia e finanza, il Governo ha presentato una seconda relazione, chiedendo al Parlamento l'autorizzazione a un maggiore indebitamento di 55 miliardi di euro per l'anno 2020.

Con la relazione in esame il Governo chiede l'autorizzazione a un ulteriore indebitamento netto che, includendo la relativa spesa per interessi passivi, è pari a 25 miliardi di euro per il 2020.

In termini di fabbisogno, la richiesta di autorizzazione equivale a 32 miliardi di euro; in termini di saldo netto da finanziare, la richiesta di autorizzazione corrisponde a 32 miliardi di euro.

Considerati gli effetti della finanza pubblica, ossia il deterioramento macroeconomico mondiale e nazionale illustrato nel documento di economia e finanza e anche gli effetti delle precedenti autorizzazioni sul maggiore indebitamento, il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato raggiunge per l'esercizio corrente 336 miliardi di euro in termini di competenza e 384 miliardi di euro in termini di cassa. Il nuovo livello di indebitamento netto è fissato all'11,9 per cento del PIL per l'anno 2020.

Il nuovo livello del debito pubblico si attesta al 157,6 per cento del PIL. Sono indicatori che testimoniano una profonda crisi economica.

Nella relazione in esame il Governo riferisce che la richiesta allo scostamento attiene ad una serie di misure per fronteggiare le conseguenze ulteriori dell'emergenza epidemiologica. In tal modo si intende dare risposta a una serie di esigenze che si levano molto forti nel Paese. Si ritiene fondamentale, in tal senso, proseguire e rendere più selettiva la cassa integrazione guadagni, riservandola alle imprese più colpite dalla crisi e in effettiva difficoltà economica. Si ritiene, inoltre, di introdurre una leva alla crescita e di incentivare quindi le assunzioni, con particolare riferimento al tempo indeterminato. Di grande rilievo, poi, è da considerare il sostegno alla liquidità, da perseguirsi anche attraverso una riprogrammazione delle scadenze fiscali, che avverrà nei prossimi mesi. In particolare, sarà prevista la possibilità di rateizzare il debito fiscale su un orizzonte temporale più ampio, che verrà definito, in modo da assicurare che per l'anno 2020 si riduca sensibilmente l'onere fiscale a carico dei contribuenti. Saranno ulteriormente differiti i termini per la ripresa della riscossione, attualmente fissati al 31 agosto.

Si mira a sostenere le imprese e i settori produttivi maggiormente colpiti: faccio riferimento all'automotive, al turismo e all'indotto turistico. Si riserva una grande attenzione anche agli enti locali, le cui entrate si sono sensibilmente ridotte.

Altra esigenza impellente viene individuata nella ripresa ordinaria dell'attività didattica, conciliando l'insegnamento in presenza con la necessaria tutela della salute.

Per far fronte a queste importanti esigenze, il Governo intende dunque adottare ulteriori misure per l'esercizio in corso, chiedendo al Parlamento l'autorizzazione a disporre delle risorse necessarie e confermando comunque l'impegno a perseguire un percorso verso l'obiettivo di medio termine, nel corso dei prossimi esercizi finanziari. A tal proposito il Governo conferma l'obiettivo di ricondurre verso la media dell'area euro il rapporto tra debito e PIL nel prossimo decennio, attraverso una strategia incentrata su un adeguato avanzo primario e sul potenziamento e sul rilancio della crescita economica, attraverso investimenti pubblici e privati e la semplificazione delle procedure amministrative.

Concludo con un monito: terminata la fase emergenziale e di rilancio, cui anche il presente scostamento fa riferimento, l'enfasi della politica economica dovrà necessariamente spostarsi dalla gestione degli effetti di breve periodo della crisi alla progettazione di interventi volti a rendere l'economia italiana più resiliente, più sostenibile, più in grado di crescere a ritmi sostenuti. In caso contrario, esaurito il sollievo temporaneo delle misure di emergenza, le condizioni macroeconomiche e finanziarie del nostro Paese non potranno che peggiorare. Naturalmente, per scongiurare questo scenario servono una forte motivazione e unità di intenti verso un rilancio del Paese e ciò avverrà con il programma nazionale di riforma, che ci apprestiamo ad approvare, e ancor più con il piano di rilancio e resilienza, alla cui stesura stanno lavorando Governo e Parlamento, che dovrà essere consegnato all'Unione europea il prossimo autunno. Il programma nazionale di riforma e il recovery and resilience plan rappresentano tappe fondamentali per la ricostruzione del futuro italiano. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Presutto.

PRESUTTO, relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la crisi innescata dalla diffusione della pandemia ci ha messo di fronte all'esigenza di compiere uno sforzo titanico. Questo ci ha permesso e ci permetterà di potenziare la rete di protezione estesa intorno al Paese in tutte le sue componenti. Ma la stessa crisi, sotto la spinta di un'accelerazione dei processi di cambiamento non più rinviabili, ci sta offrendo anche enormi opportunità per il futuro del Paese.

Oggi siamo qui per confermare il combinato disposto tra protezione e sguardo al futuro. Siamo infatti chiamati ad approvare - come ha appena accennato la collega Conzatti - uno scostamento di bilancio (il terzo) da 25 miliardi di euro, dopo i 20 miliardi di indebitamento del disegno di legge cura Italia e i 55 miliardi del disegno di legge rilancio; arriveremo pertanto a uno scostamento compressivo di circa 100 miliardi di euro. Dobbiamo essere chiari: si tratta di un'operazione dovuta per proteggere lavoratori, famiglie, imprese e sanità pubblica. Vorrei ricordare che la sanità pubblica, da quando il MoVimento 5 Stelle è al Governo, ha avuto stanziamenti aggiuntivi per 7 miliardi di euro, dopo un decennio di costante definanziamento.

Questo terzo scostamento di bilancio serve a prorogare la cassa integrazione - come ha anticipato prima la collega Conzatti - a fronteggiare le esigenze di cassa dei nostri enti locali, a potenziare il Fondo centrale di garanzia delle imprese, per dare la massima copertura statale ai prestiti bancari, a rinviare fino al 2021 inoltrato tutta una serie di versamenti fiscali che, con i precedenti provvedimenti, erano già slittati al prossimo settembre; il tutto - sappiamo - vedrà la luce in un imminente provvedimento governativo.

Siamo qui anche per parlare di un provvedimento formalmente diverso, ma - se mi permettete - intimamente connesso allo scostamento di bilancio: il Programma nazionale di riforma, ovvero il documento che illustra le politiche che il Governo intende adottare per il rilancio della crescita, l'innovazione, la sostenibilità, l'inclusione sociale e la coesione territoriale nel nuovo scenario determinato dal coronavirus. Il Programma nazionale di riforma quest'anno è stato presentato successivamente all'approvazione del DEF 2020, in quanto, di fronte all'emergenza causata dal Covid, il Governo ha deciso di concentrarsi prioritariamente sulle misure di sostegno a famiglie e imprese e sulle conseguenti necessità finanziarie. Si è inoltre ritenuto necessario avere una maggiore visibilità sull'evoluzione dell'epidemia in Italia e sulla successiva fase 2 di graduale riapertura dell'economia. È anche importante, naturalmente, attendere l'esito dei lavori in seno all'Unione europea in risposta alla pandemia.

Oggi sappiamo che il Governo, grazie al decisivo impulso del MoVimento 5 Stelle con le altre forze di Governo, è riuscito a ottenere il recovery fund, che per l'Italia significa una dotazione di 209 miliardi di euro, di cui 81 in termini di sussidi. Parliamo di una dotazione straordinaria, di una linfa che deve essere in grado di alimentare costantemente gli obiettivi di investimento contenuti nel Programma nazionale di riforma. Alla base dello stesso c'è un piano di rilancio costruito intorno a tre linee strategiche: modernizzazione del Paese, transizione ecologica, inclusione sociale e territoriale e parità di genere. Le tre linee strategiche verranno attuate attraverso nove direttrici di intervento: un Paese completamente digitale; un Paese con infrastrutture sicure ed efficienti; un Paese più verde e sostenibile; un tessuto economico più competitivo e resiliente; un piano integrato di sostegno alle filiere produttive; una pubblica amministrazione al servizio dei cittadini e delle imprese; maggiori investimenti in ricerca e formazione; un'Italia più equa e inclusiva; un ordinamento giuridico - per concludere - più moderno ed efficiente.

Il Governo redigerà il programma di ripresa e resilienza, il cosiddetto recovery plan, da presentare alla Commissione europea ai fini dell'attivazione del recovery fund. La Commissione ha fissato la scadenza per la consegna dei recovery plan dei Paesi membri ad aprile 2021, quando verranno presentati i nuovi programmi nazionali di riforma. Il Governo, attesa l'importanza del nuovo strumento per l'economia italiana, intende pubblicare il proprio recovery plan già a settembre, congiuntamente alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, la NADEF.

Colleghi, non c'è chi non vede l'enorme opportunità che questo percorso, purtroppo fatto di tanta sofferenza, può riservare al Paese. Conservando nella nostra memoria tutto quello che è accaduto negli ultimi mesi, abbiamo il dovere di fare di questa memoria la molla per dare all'Italia il futuro che merita. L'ambiente, il digitale e la transizione energetica sono tutti obiettivi contemplati nel Programma nazionale di riforma e finanziati dal recovery fund.

Sono storici obiettivi del MoVimento 5 Stelle, che rivendica con orgoglio questo risultato.

Nessuno si illude che il percorso di messa a terra dei soldi e l'attuazione degli investimenti saranno una passeggiata, ma siamo a uno storico punto di partenza e ci siamo arrivati con il sostegno immancabile di tutte le forze del Governo. Il lavoro da fare è tanto e noi siamo pronti, anche ad affrontare la non semplice sfida del debito.

Signor Presidente, colleghi, sappiamo tutti che, dopo questo deficit da 100 miliardi di euro, dovuto e fisiologico, il nostro debito pubblico si sta spingendo verso la soglia del 160 per cento in rapporto al PIL. Noi contiamo di favorire, con gli atti di cui oggi stiamo discutendo in quest'Aula, una crescita del PIL che ci aiuti a ridimensionare il numeratore della frazione, ovvero il debito. Siamo però altresì consapevoli che, per favorire un controllo e una discesa del debito, occorre una marcia in più sul termine innovazione.

Il MoVimento 5 Stelle in questa direzione ritiene fondamentale inserire, all'interno della pubblica amministrazione, modelli gestionali basati sui processi, a loro volta supportati da moderni sistemi informatici. Questo è un elemento critico, in assoluto forse tra i più importanti. Posso immaginare che tra poco, in discussione generale, si parlerà di "libro dei sogni". Questo non è "il libro dei sogni", nel momento in cui, soprattutto, sapremo mettere mano al funzionamento della pubblica amministrazione.

Serve una pubblica amministrazione più moderna, più evoluta, che abbia un modello gestionale effettivamente orientato agli utenti, ai cittadini e sia soprattutto in grado di valutare il rendimento degli investimenti, in modo da evitare gli errori che non potremo assolutamente permetterci. Abbiamo un'occasione e dobbiamo coglierla bene fino in fondo. È infatti in questo modo che la pubblica amministrazione (centrale, periferica, Comuni, enti locali, sanità) sarà più performante. Un tale approccio gestionale consentirà di distinguere le attività in grado di creare o meno valore aggiunto, concentrando gli investimenti in via prioritaria proprio sulle attività ad alto valore e a basso impatto ambientale. Ciò genera una condizione virtuosa per utilizzare le risorse da subito in modo ottimale, riducendo al massimo gli errori.

Questa è la spesa pubblica funzionale e, quindi, non si tratta di tagli lineari. Parliamo di un concetto sideralmente distante dai tagli lineari, appunto, cui ci hanno abituato alcuni Governi passati. Parleremo dunque di spesa intesa non come costo, ma come investimento, che crea valore.

Un passo importante viene fatto all'interno del decreto-legge semplificazioni, in queste ore all'esame delle competenti Commissioni del Senato, ma dobbiamo sempre chiederci cosa vogliamo intendere con il termine "semplificazione" e dare l'idea di quello che vogliamo offrire ai cittadini.

Per noi semplificare significa fluidificare una procedura della pubblica amministrazione, a patto che sia buona e virtuosa, evitando - ad esempio - la stratificazione normativa, che poi diventa uno strumento ad uso e consumo dei giuristi. Dobbiamo avere dei processi ed ecco perché diventa importante anche l'inserimento nella pubblica amministrazione di figure tecniche, in affiancamento a quelle giuridiche. La macchina statale deve diventare veloce, potente ed efficace.

Si tratta di semplificare e agevolare procedure virtuose con il costante controllo del cittadino, che diventa parte attiva del processo, e quindi non soltanto nella fase elettorale, ma anche in un momento di valutazione oggettiva e soggettiva sui servizi erogati dalla pubblica amministrazione a tutti i livelli. Questo servirà, a maggior ragione, in vista della spesa delle risorse provenienti da recovery fund: ci consentirà di spendere bene e di correggere tempestivamente la rotta, quando ce ne sarà bisogno, molto prima che l'Europa verrà a controllarci. In questo modo avremo una pubblica amministrazione intelligente, molto potente sul piano cognitivo e in grado di anticipare i controlli che l'Europa legittimamente verrà a fare un po' più in là nel tempo.

Sempre nell'ottica di favorire la discesa dell'elevato debito pubblico, il MoVimento 5 Stelle da tempo caldeggia un sistema più veloce di circolazione dei crediti d'imposta, in particolare dopo l'inserimento del super bonus al 110 per cento nel decreto rilancio.

Anche qui gli strumenti informatici, tra esistenti e nuovi, e l'innovazione possono dare un contributo enorme per fornire a cittadini e imprese una liquidità supplementare per rivitalizzare il prodotto interno lordo senza incidere sul debito, anzi favorendone una progressiva discesa.

Sull'innovazione, da sempre caldeggiata dal nostro presidente del Consiglio Giuseppe Conte, si può fare tantissimo, spesso anche al di là di ciò che si pensa.

Su questo il MoVimento 5 Stelle c'è e ci sarà sempre a favore, appunto, di un'Italia migliore e nell'interesse esclusivo dei cittadini. (Applausi).

PRESIDENTE. La relatrice di minoranza, senatrice Faggi, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare la relatrice di minoranza.

FAGGI, relatrice di minoranza. Signor Presidente, il Programma nazionale di riforma in esame raccoglie le raccomandazioni specifiche approvate nel 2019 dal Consiglio dell'Unione europea, nonché le raccomandazioni 2020 proposte dalla Commissione, ponendosi come prodromico alla definizione operativa del recovery plan dell'Italia e tracciando le linee essenziali del programma di riforma necessario all'accesso alle risorse derivanti dal programma next generation del quadro finanziario pluriennale 2021-2027, definito dall'accordo raggiunto in seno al Consiglio europeo nella riunione del 17-21 luglio.

La diversa collocazione temporale del Programma nazionale di riforma (PNR) rispetto alle sezioni I e II del Documento di economia e finanza 2020, approvate dal Parlamento in data 30 aprile 2020, pur consentendo una visione più ampia sull'evoluzione dell'epidemia e potendo prendere atto dell'esito dei lavori dell'Unione europea in merito alla risposta comunitaria alla crisi sanitaria ed economica, poggia su analisi economiche previsionali già superate dall'aggravamento del contesto macroeconomico europeo e soprattutto nazionale.

Al fine di un effettivo rilancio dell'economia nazionale, risulta centrale un corretto utilizzo delle risorse nazionali che non sia rivolto esclusivamente a misure di sostegno e assistenza ai redditi, pur di vitale importanza, ma intervenga fin da subito sui settori maggiormente colpiti dalla crisi e strategici per una rapida e solida ripresa del Paese, atteso che le risorse provenienti dal programma next generation non saranno concretamente disponibili prima della seconda metà del prossimo anno e soggette a stringenti vincoli di destinazione.

Si ritiene di fondamentale importanza, in un contesto storico, politico ed economico di portata epocale per il futuro del Paese, che venga elaborato un programma di riforma di ampio respiro, costruito su un orizzonte temporale pluriennale, ma che sia sufficientemente dettagliato per poter individuare e risolvere quei nodi strutturali e le criticità sistemiche che impediscono la crescita economica italiana. Pertanto, si ribadisce l'importanza, ai fini della elaborazione di una condivisa e complessiva strategia di rilancio del Paese, di un corretto e completo coinvolgimento del Parlamento e delle forze di opposizione alla stesura del piano per la ripresa e la resilienza (il cosiddetto recovery plan).

Per motivi di tempo, menzionerò solo alcuni punti essenziali: l'utilizzo della leva fiscale di vantaggio e la garanzia dello Stato per i prestiti bancari a costi prossimi allo zero, per sostenere l'iniziativa economica in particolare delle micro piccole e medie imprese; l'introduzione di un regime forfettario di vantaggio (la cosidetta flat tax) per fatturati fino a 100.000 euro; la riduzione del carico fiscale delle società attraverso una riduzione progressiva dell'aliquota dell'imposta sul reddito delle società dall'attuale 24 per cento al 20 per cento, per i periodi di imposta successivi al 31 dicembre 2019 e fino al 31 dicembre 2022.

Ricordo, inoltre, la previsione di un'ulteriore riduzione, a decorrere dal 1° gennaio 2023, portando l'aliquota dell'imposta sul reddito delle società dal 20 per cento al 15 per cento; l'adozione di iniziative volte a prevedere una pace fiscale per i contribuenti e le imprese con l'obiettivo di ridurre del 50 per cento i carichi pendenti e a consentire una dilatazione di pagamento di almeno cinque anni; riportare il livello della tassazione sulla prima e sulla seconda casa ad un livello sostenibile, incentivando la riqualificazione degli immobili ed estendendo la cedolare secca anche agli immobili non abitativi e, contestualmente, adottando piani di rigenerazione urbana; rendere esplicito l'intendimento di proseguire il percorso avviato dal precedente Governo per il raggiungimento dell'autonomia differenziata delle Regioni che ne abbiano fatto istanza, partendo da quelle il cui percorso è già in stato avanzato.

Al fine di migliorare l'efficienza del sistema giudiziario, occorre individuare anche politiche strutturali volte ad assicurare una riduzione e una maggiore prevedibilità dei tempi della giustizia, ovvero la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio; implementare l'efficienza della giustizia penale, in particolare nel giudizio di appello.

È altresì necessario perseguire l'obiettivo della copertura e dell'ampliamento delle piante organiche dei magistrati, del personale amministrativo, nonché della riqualificazione del personale in servizio, anche attraverso l'espletamento delle procedure concorsuali, e realizzare un processo di riqualificazione che permetta di superare le carenze strutturali delle carceri italiane e il loro sovraffollamento; provvedere al completamento della pianta organica del corpo di polizia penitenziaria e prevedere una particolare attenzione al tribunale dei minori come strumento di tutela dei minori stessi, rivedendo anche i procedimenti di separazione e divorzio con i figli minori avanti i tribunali ordinari.

Proseguendo con questo elenco, aggiungo anche la necessità di elaborare un vero e proprio piano di politiche per la famiglia, finalizzate a invertire il triste primato dei tassi di fertilità più bassi d'Europa. Anche sul fronte lavoro e politiche sociali, evidenzio l'esigenza di perseguire politiche idonee a consentire l'inclusione delle persone con disabilità nella società e nel mondo del lavoro, e di adottare un piano strategico di l'Italia in chiave turistico-attrattiva - parliamo tanto di turismo - attraverso la tutela e la valorizzazione dei piccoli centri diffusi su tutto il territorio nazionale, che sono testimonianza analitica della storia, della cultura, dell'arte, del paesaggio e delle tradizioni proprie di ciascun territorio, e che insieme rendono unico il nostro Paese. Ancora: occorre sostenere le eccellenze dell'agroalimentare italiano attraverso lo sviluppo di sistemi che incentivino l'adozione di alte prestazioni all'interno della filiera, seguendo una strategia incentrata sul riconoscimento del legame esistente tra la salute animale, quella umana e l'ecosistema, a garanzia della diffusione di modelli alimentari che, basati sui princìpi della dieta mediterranea, assicurino qualità, sicurezza alimentare, sostenibilità ambientale.

Toccando anche la scuola, è necessario risolvere definitivamente il problema dei docenti di scuola primaria diplomati magistrali ante 2001/2002 - torniamo tanto indietro del tempo - licenziati a seguito dei giudizi definitivi, ma non ricompresi nel novero dei partecipanti al concorso straordinario indetto nel 2018.

Non dimentichiamo la Difesa, che deve essere una priorità strategica da sostenere per il nostro Paese.

Non da ultimo, bisogna valutare l'opportunità di stanziare risorse necessarie per offrire a tutti i cittadini LEA sanitari e socio-sanitari, compresi gli interventi di prevenzione e di cure innovative, già oggi disponibili, ma tuttora non previsti come diritti di salute esigibili.

Ho cercato di essere estremamente sintetica, perché sono tanti i punti che devono essere analizzati. Per poter presentare un piano nazionale di rilancio occorre - come è stato detto precedentemente - che non sia un libro dei sogni e vengano declinati in modo preciso e autonomo, ma nello stesso tempo interagendo l'uno con l'altro, quelli che sono singoli punti che possono veramente riuscire a rimettere in piedi un'Italia oggi a pezzi. (Applausi).

PRESIDENTE. Ricordo che, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge n. 243 del 2012, la deliberazione con la quale ciascuna Camera autorizza lo scostamento e approva il piano di rientro è adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

Pertanto, la discussione si concluderà con l'approvazione di due distinti atti di indirizzo: il primo, relativo alla relazione di cui all'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, da votare a maggioranza assoluta dei componenti dell'Assemblea, cioè 160 voti; il secondo, relativo al Programma nazionale di riforma per l'anno 2020, di cui alla III sezione del Documento di economia e finanzia 2020, da votare a maggioranza semplice.

Le proposte di risoluzione a entrambi i documenti dovranno essere presentate entro la fine della discussione congiunta.

Dichiaro aperta la discussione congiunta.

È iscritto a parlare il senatore Zanda. Ne ha facoltà.

*ZANDA (PD). Signor Presidente, oggi il Senato si è riunito per votare un ulteriore scostamento di bilancio di 25 miliardi e su questa misura svolgerò qualche osservazione di carattere esclusivamente politico. Sommati agli altri recentissimi scostamenti, i 25 miliardi che approveremo oggi fanno la ragguardevole cifra di 100 miliardi. Nell'approvare la nuova misura non possiamo non sottolineare che 100 miliardi sono pari alla metà dei 200 miliardi stanziati a nostro favore dell'Unione europea per aiutare la ripresa della nostra economia nel dopo Covid. Cento miliardi sono una cifra enorme per un Paese come l'Italia e lo sono ancora di più in quanto vanno ad aumentare il debito già elevatissimo del nostro Paese. Ricordiamo sempre che, anche per l'utilizzo di queste risorse, dobbiamo ringraziare la decisione dell'Unione europea di sospendere, per i Paesi colpiti dalla pandemia, i vincoli del deficit. Finora, il Parlamento ha sempre approvato ogni impegno finanziario proposto dal Governo e lo ha fatto per la pressione degli eventi e ben sapendo quanto fosse necessario intervenire immediatamente per evitare una catastrofe non solo economica, ma anche sociale e persino umanitaria. Anche oggi la maggioranza - mi auguro con l'apporto delle opposizioni - riconoscerà con il voto favorevole le ragioni che hanno indotto il Governo a proporre un ulteriore scostamento di 25 miliardi. Al mio voto favorevole aggiungo solo due considerazioni e mi fa particolarmente piacere svolgerle in presenza del Ministro dell'economia.

La prima considerazione è che sarebbe opportuno che il Governo riferisse al Parlamento sui criteri fin qui adottati per l'impiego complessivo dei 100 miliardi di scostamento che il Parlamento ha approvato. Di questa manovra - perché nonostante gli scostamenti siano stati diversi, in fondo si tratta di un'unica manovra - sappiamo per grandi linee che gli interventi una tantum, di natura sociale e diretti al ristoro dei danni subiti dalle categorie più colpite hanno prevalso sugli investimenti strutturali a lungo termine, necessari per dar vita a quei processi di sviluppo e di riforma senza i quali, per lo sviluppo dell'economia dell'Italia e per l'occupazione, non c'è futuro. Cento miliardi sono una cifra enorme, mai nel nostro Paese è stata fatta una manovra di tali dimensioni e neanche, a mia memoria, per la metà di 100 miliardi. Credo che sia molto importante che il presidente Conte illustri quali prospettive positive l'hanno guidato nell'indirizzare l'impegno di 100 miliardi. Dobbiamo sapere se è stato trovato anche uno spazio per misure strutturali in grado di aiutare la nostra economia a fare un salto in avanti in termini di sviluppo, di sicurezza sanitaria, di crescita culturale, di offerta occupazionale, di produttività e di riduzione del gap economico e sociale tra il Nord del nostro Paese e il Mezzogiorno.

La seconda considerazione, che si connette strettamente alla prima, tiene conto che oggi il Senato non discute solo dello scostamento di bilancio, ma anche del Programma nazionale di riforme.

Il nostro dibattito dovrà, quindi, cercare di guardare lontano e di concentrarsi sugli scenari dei prossimi decenni. E questo riguarda noi, riguarda tutti i senatori che interverranno.

Il Presidente del Consiglio, negli ultimi mesi, è venuto più volte in Parlamento, sempre illustrando e rendicontando, spesso dando anche conto, con completezza, dei fatti che hanno contraddistinto l'andamento della crisi del Covid-19 e delle misure adottate dal Governo per contrastarne gli effetti. Lo ha fatto anche ieri, dando conto minuziosamente delle ordinanze che sostengono la proroga dello stato di emergenza

Su queste relazioni del Presidente il Parlamento ha sempre confermato la sua fiducia al Governo. Adesso serve qualcosa di più delle pur necessarie informative sulle misure del Governo. Stiamo passando dalla fase di contenimento dell'epidemia, che il Governo - dobbiamo dirlo - ha gestito con molta sapienza, alla fase delle decisioni strategiche, che ipotecheranno il nostro futuro.

Serve più politica. Anzi, serve una grande politica. Il presidente Conte - e chiedo veramente al ministro Gualtieri di riferirgli questo punto di vista - illustri la propria visione, la strategia che ritiene l'Italia debba adottare, l'orizzonte che gli italiani devono aspettarsi. Illustri uno scenario di lungo periodo, che aiuti a capire il senso di ogni singolo intervento. Ci parli di un progetto complessivo, all'altezza della crisi e delle conseguenti necessità del Paese. Non basta più un rapporto dettagliato sulle cose fatte e su quelle che si potrebbero fare. Il Parlamento deve conoscere il pensiero del Presidente del Consiglio sul destino dell'Italia nei prossimi anni, sul suo indirizzo, sull'impiego degli aiuti europei ed anche, lo sottolineo, sulle condizioni politiche necessarie per garantire che i suoi indirizzi trovino attuazione.

Nel mondo sta cambiando il modello di sviluppo e noi dobbiamo sciogliere i nodi di importanza strategica. Cosa vuol dire, per esempio, la spinta verso una società realmente digitale? Che cosa comporta la presa di coscienza del dramma ambientale? Qual è il significato reale, profondo, della sempre maggiore presenza dello Stato in economia? Queste, e tante altre, sono le domande di fondo che aspettano una risposta, necessaria per le scelte della ripresa.

Non a caso io mi rivolgo personalmente al presidente Conte. Vista dal nostro osservatorio, cioè vista dal Parlamento, sembra che, di fatto, sia in atto una profonda trasformazione istituzionale. I partiti, sui quali, secondo la Costituzione, trova fondamento la nostra democrazia parlamentare, sono sempre più partiti del leader. In più, sono molti anni che il potere legislativo è andato trasferendosi dal Parlamento al Governo, con l'uso eccessivo dei decreti-legge, spesso esaminati da una sola Camera e ratificati dall'altra, dei voti di fiducia e di leggi delega dal contenuto evanescente. C'è poi stata la stagione delle ordinanze della Protezione civile per i grandi eventi ed ora gli innumerevoli decreti del Presidente del Consiglio.

Non è il singolo provvedimento che deve preoccuparci, ma la tendenza complessiva, il loro ripetersi con una frequenza sempre più intensa. Contemporaneamente, anche la forma del Governo va mutando. Già nella passata legislatura, con il Governo Renzi, si era visto qualcosa. Ora, con il Governo Conte appaiono le conferme. Il Presidente del Consiglio dei ministri, progressivamente, per prassi, si sta trasformando in capo del Governo, con un potere quasi gerarchico di supplenza nelle responsabilità che la Costituzione mette in capo ai singoli Ministri.

Ecco perché, se è molto importante la presenza del Presidente del Consiglio in Parlamento, lo è ancora di più il come, la qualità dei suoi interventi davanti alle Camere.

L'articolo 95 della Costituzione assegna al presidente Conte l'indirizzo e il coordinamento dell'attività di Governo: oggi è il momento di esercitare appieno, nei limiti e nello spirito della Costituzione, questi poteri.

In democrazia, i protagonisti delle grandi scelte di fondo destinate a incidere sul futuro del Paese sono numerosi; comprendono le parti politiche, i Gruppi parlamentari, ma anche i soggetti economici e sociali. Credo che sia questa la ragione della vasta consultazione e il senso della convocazione dei recenti Stati Generali. Ma adesso, dopo aver ascoltato tutto l'ascoltabile, prima di arrivare a giudizio finale del Parlamento, è necessaria una sintesi politica. La sintesi politica è la responsabilità cui oggi è chiamato il presidente Conte.

Debbo dirvi che io ho riflettuto, prima di prendere la parola questa mattina e chiedere al presidente Conte di tornare in Parlamento per un intervento di alta politica, che indichi una visione all'altezza dei bisogni e delle potenzialità dell'Italia. Ho deciso di parlare, perché penso che un senatore leale col Governo, che fa parte della maggioranza e che vota la fiducia, abbia un dovere di lealtà nei confronti del Presidente del Consiglio ancora più forte di quello dei parlamentari dell'opposizione. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bonino. Ne ha facoltà.

BONINO (Misto-PEcEB). Signor Presidente, colleghe e colleghi, signor Ministro e signori del Governo, all'indomani dell'ultimo vertice europeo avevo auspicato che, dopo la prova di persistenza, coraggio e responsabilità espressa a livello europeo, l'Esecutivo potesse dare in Italia, sulle politiche italiane, un'analoga prova di coraggio e di responsabilità. Devo dire che questo mio auspicio non si è avverato né si sta avverando.

Non voglio confondere il piano di riforme per il 2020 con il piano di riforme che avrà a che fare con il recovery fund e il next generation EU: sono due cose diverse e, quindi, mi attengo alle relazioni proposte per il 2020. Dunque, quest'Assemblea sarà dal Governo chiamata a votare il terzo scostamento di bilancio. Non ripeto le cifre, perché ormai le conosciamo, ma insisto nel dire che, col pacchetto di 100 miliardi di euro di nuovo debito pubblico, trionfalmente ci avviamo alla cifra record di 2.500 miliardi di debito pubblico. In sostanza, stiamo arrivando al 157-158 nel rapporto debito-PIL: una cosa mostruosa.

Nel piano presentato ci sono due aspetti importanti - in realtà ce ne sono molti, proroghe e quant'altro - di cui uno riguarda le misure per assicurare l'apertura in sicurezza delle scuole a metà settembre, con l'accordo sulla sanificazione. Per questo stesso intervento, però, l'Italia - come si sa - potrebbe contare sulla linea di credito europea denominata MES - forse, se cominciamo a denominarla Maddalena o Marianna, diventa meno radioattiva - con obiettivi direttamente o indirettamente sanitari. Al contrario, facciamo nuovo debito.

Il secondo aspetto nel piano proposto riguarda il Servizio sanitario, per il quale il ministro Speranza ha indicato, in un'audizione in Parlamento, la cifra di circa 20 miliardi di euro.

Anche questo poteva e potrebbe essere coperto, almeno in grandissima parte, dai famosi 37 miliardi del MES. Si tratta di un altro intervento che si sarebbe potuto attuare se non fosse prevalsa un'opposizione - mi sembra - ideologica a questo fondo.

Nelle due precedenti occasioni, come Più Europa, avevo votato per consentire lo scostamento di bilancio semplicemente perché all'epoca non c'erano alternative a quel debito ed era la sola fonte possibile di finanziamento degli interventi di emergenza. In questa occasione, però, non posso dare un voto favorevole a una nuova proposta che ritengo sbagliata in sé, comportando già sul piano del finanziamento maggiori oneri per il bilancio pubblico, che, peraltro, sono stati cifrati. Si badi bene che, dopo tutta la demagogia sui giovani, i maggiori costi saranno soprattutto a carico delle generazioni più giovani e, in particolare, degli studenti di oggi, che subiranno più gravemente la crisi nei prossimi anni e saranno anche chiamati a pagare il lusso di aver rinunciato al MES.

Anche il fondo Sure, peraltro, mi sembra in via di attuazione, ma la nostra richiesta non è ancora perfezionata. Abbiamo fatto la richiesta? A me pare manchino ancora gli accrediti degli altri Stati membri, è giusto? Se lei me lo conferma, mi sembra un dato positivo.

Ho dato atto dell'ottimo lavoro del commissario Gentiloni Silveri, della sua credibilità, signor Ministro, e del ministro Amendola, per aver saputo conquistare la fiducia delle istituzioni europee, che mi pare l'Italia avesse perduto durante il Governo precedente.

Se il no al MES è la prima tappa del percorso di avvicinamento al recovery fund, c'è ben poco da sperare nel programma di riforme che dovremo presentare alla Commissione europea e all'Ecofin e nella capacità di questo Esecutivo di interpretare un'esigenza di cambiamento sul piano delle politiche e delle scelte di Governo.

Se qualcuno nella maggioranza si illude che i fondi europei siano di per sé sufficienti per invertire la tendenza al declino che l'emergenza Covid ha semplicemente aggravato, dimostra, a mio avviso, di non capire le cause e, quindi, le possibili soluzioni della crisi che ci attanaglia.

L'Italia ha oggi meno occupati, meno diplomati e meno laureati degli altri Paesi europei. In compenso, è il Paese che conta di più tra i cosiddetti not in education, employment, or training (NEET) e, cioè, quello che conta molti giovani che non studiano, non cercano lavoro e non sono in processi di formazione. Quasi un giovane su quattro tra i quindici e i ventinove anni, appunto, non studia, né lavora, né cerca lavoro. Una donna su due non è occupata e anche questo è un record negativo in Europa, dopo la Grecia.

Penso che si debba smettere di continuare a gonfiare la spesa assistenziale e ad aggravare il peso fiscale; secondo me, bisogna, a partire da questi strumenti, pensare - e lo faremo più avanti - alle riforme necessarie, ma oggi proprio non mi sento di votare un ulteriormente aggravamento del mostruoso debito sulle spalle delle nuove generazioni. Il Governo aveva altri strumenti e altre possibilità rispetto al continuare a fare debito.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Bagnai. Ne ha facoltà.

BAGNAI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, intervengo in discussione generale per portare l'attenzione di quest'Assemblea su due punti che mi sembrano importanti per valutare il complesso del provvedimento.

Mi riferisco in particolare al Programma nazionale di riforma e naturalmente allo scostamento di bilancio che è stato richiesto, il quale porta a 105 miliardi quello complessivo. Ricordo le facce incredule - anche scandalizzate, direi - dei colleghi della maggioranza, quando, a inizio marzo, dicevamo che sarebbe stato necessario un intervento incisivo, dell'ordine dei 100 miliardi di euro. Facendo le cose a rate, siamo andati a spendere di più: «chi più spende meno spende» è saggezza popolare, ma anche buon governo, in circostanze eccezionali.

Vorrei attirare l'attenzione, intanto, sul modo in cui verranno raccolti questi soldi e finanziato questo scostamento, perché ieri in audizione è stata data una notizia che non dev'essere passata sotto silenzio: tutte le forme di prestito che arriveranno dall'Unione europea - quindi non solo i fondi del MES, ma anche quelli del Sure (Support to mitigate unemployment risks in an emergency) e della recovery and resilience facility - avranno lo stato di creditore privilegiato. Voglio ricordare - a me stesso, naturalmente, non mi permetterei mai di ricordarlo all'Assemblea - che un creditore privilegiato, o senior, ha il diritto di essere pagato prima degli altri, il che, per una semplice consequenzialità logica, implica che gli altri sanno di essere pagati in seguito, quindi chiedono un premio per il rischio. Non è una grandissima novità, perché l'ha evidenziato la letteratura scientifica fin dal 2014, il fatto che, in queste circostanze, i creditori subordinati - quelli che sanno di venir pagati per secondi - chiedono un premio per il rischio (tassi d'interesse più alti). E quindi, come già sostenuto da tanti studiosi anche nel dibattito attuale, in particolare da Daniel Gros e altri autorevoli economisti, questo tipo di struttura del finanziamento e questo andare col cappello in mano in Europa, quando in realtà i nostri titoli hanno mercato, si risolveranno in un tragico aggravio del costo del debito, su quella parte di debito di cui evidentemente si dichiara in modo implicito il declassamento.

È una cosa estremamente grave: non lo dico con animosità e non voglio far polemiche, ve lo assicuro, ma, quando vedo questa cosa, mi viene in mente il più famoso "a solo" per fagotto della storia della musica, «L'apprendista stregone» di Dukas. Qui stiamo giocando con una materia estremamente delicata e non vale cavarsela minimizzando con la motivazione che saranno prestiti di piccolo importo: per i mercati si tratta di un segnale pessimo.

Andiamo a ragionare su cosa si dovrebbe fare con i soldi raccolti: nelle pieghe del PNR è nascosta la patrimoniale, attraverso le Country specific recommendations number one (numero uno) del 2019 - parlo così perché almeno so di essere compreso dal Governo - che le Country specific recommendations del 2020 recepiscono e che, come sappiamo, dovranno essere recepite dal Piano nazionale per la ripresa e la resilienza. Cosa dice quella raccomandazione (che naturalmente Germania e Francia fanno per il nostro bene, perché la prima è veramente nostra amica)? Che dobbiamo rivedere i valori catastali, al fine di spostare la tassazione dal lavoro a? Boh. Suppongo si parli di rivederli al ribasso, dal momento che, come sappiamo, con l'IMU - che è stata la manovra vessillo di quell'austerità che ora tutti dicono fosse sbagliata, tranne forse chi l'ha fatta, che ovviamente rispetto - i prezzi degli immobili dal 2010 sono crollati del 23,7 per cento (ce lo ricorda Confedilizia in ogni singola audizione qui da noi, alla quale partecipano i suoi rappresentanti).

Sappiamo allora che in realtà questa revisione maschera il desiderio di aumentare la tassazione sugli immobili, che sarebbe un errore tragico. A questo proposito, se me lo permettete nel concludere, vorrei ricordare la proposta che stiamo portando avanti, che va nella direzione opposta ed è consequenziale a questo grande afflato con cui si riconosce che sono stati fatti errori, ma non ci si chiede chi deve pagare per averli fatti.

Se l'Europa ha commesso errori, l'Europa ci deve risarcire. Ebbene, quello che qui chiediamo che sia fatto con la pioggia di fantastiliardi, è che venga ridotta l'IMU del 30 per cento e che in particolare vengano esentati gli immobili siti nei Comuni con meno di 3.000 abitanti per rianimare le zone interne e anche quelli commerciali sfitti.

Ci sembrano proposte assolutamente sostenibili, alla luce della pioggia di miliardi che ci viene promessa: sarebbe un segno di buon senso e buona volontà da parte del Governo dichiarare di impegnarsi ad adottarle, anziché a portare il dialogo su qualche tavolo fuori da qui per portarci in giro - in barchetta, come dicono a Roma - per un altro mese o due. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Boldrini. Ne ha facoltà.

*BOLDRINI (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, come sapete oggi ci apprestiamo a votare per lo scostamento di bilancio e per il Piano nazionale delle riforme a causa della situazione in cui ci siamo trovati dopo l'emergenza Covid di cui stiamo parlando da giorni. Proprio ieri, il Presidente del Consiglio ha dichiarato che lo stato di emergenza continuerà fino al 15 ottobre noi abbiamo votato a favore del prolungamento dello stato di emergenza e siamo concordi con ciò che il Governo sta facendo perché dall'emergenza non siamo ancora usciti, come potete vedere dai dati che stanno emergendo in questi giorni, che ci dicono che il virus è ancora fra noi e quindi dobbiamo trarne le dovute conseguenze.

Sappiamo che è la prima volta, nel corso della storia repubblicana della nostra Nazione, che si presenta una situazione simile. Non si è mai verificata un'emergenza così drammatica. Però, come avete visto, il nostro Paese ne sta uscendo, con tanta fatica e con l'aiuto delle forze messe in campo. Penso soprattutto al personale medico e agli operatori sanitari che si sono adoperati per volontà e per necessità di migliorare una situazione che era talmente emergenziale che non si poteva fare altrimenti.

In questi giorni, come abbiamo ascoltato anche qui in Aula, dopo una lunga trattativa, al vertice europeo è stato raggiunto un accordo importante per il quale credo riconosciate tutti il ruolo che ha avuto l'Italia, il nostro Premier e il nostro Governo. È stato un ruolo importante di gestione di ciò che doveva arrivare a compimento, che andava contro la linea dei sovranisti e dei cosiddetti Paesi frugali che hanno capito, finalmente, che l'Italia è stata fra i Paesi più colpiti ma davvero si è presa in carico una situazione dalla quale sta uscendo molto meglio di tanti altri Paesi, come stanno dicendo anche i media.

Oltre ad aver ottenuto questo importante risultato, cioè la disponibilità dei 209 miliardi che andranno all'Italia, abbiamo una grandissima responsabilità relativa all'utilizzo delle risorse. Tale responsabilità non è tanto nei confronti dell'Europa, che ovviamente vigilerà su come spenderemo queste cifre perché è giusto che lo faccia, ma soprattutto nei confronti dei nostri figli. Noi non dobbiamo mancare di pensare che questi soldi li spendiamo per il futuro dei nostri figli e sicuramente per il futuro dell'Europa, che abbiamo visto quanto sia maggiormente unita rispetto ai primi quattro lunghi giorni di trattativa. È stato compreso che c'era un'emergenza e che questo accordo si doveva fare.

Lo scostamento di bilancio al nostro esame, lo sappiamo, è importante. È una cifra enorme. Negli ultimi tre mesi abbiamo approvato decreti che prevedevano scostamenti per cifre pari a quasi quattro leggi di bilancio. Non era mai successo neanche questo in tutta la storia repubblicana. Però non dobbiamo dimenticare che dobbiamo utilizzare queste cifre importanti, perché il sistema sanitario è stato messo a dura prova ed è stato impattato dalla crisi non meno del sistema socioeconomico. Il sistema socioeconomico è stato messo a durissima prova dal lockdown, che però è stato necessario, come si evince da ciò che stanno combattendo negli altri Paesi che non lo hanno adottato.

Tale sistema è quello che adesso piange di più perché, per fortuna, abbiamo meno morti e quindi ne piangeremo di meno (ricordo però che i morti ci sono stati; lo ricordo a chi dice sempre che non c'è stato niente, che non conosce parenti che abbiano avuto questi problemi, lo ricordo alle persone che hanno detto queste improvvide frasi). Questo ci porta a dire che adesso dobbiamo spingere per ricostruire il tessuto socioeconomico, non meno il tessuto sociale che è sotto pressione, con tutte le famiglie che sono in difficoltà e non meno il sistema sanitario che ha retto tantissimo, ma che deve essere rafforzato ulteriormente. Tutto questo soprattutto per omogeneizzare i diversi sistemi regionali, perché abbiamo visto l'eterogeneità con cui è stato preso in carico il Covid-19. Alcune Regioni hanno funzionato benissimo, altre molto meno e il nostro compito - anche come parlamentari, visto che siamo portatori degli interessi dei nostri territori - è quello di rendere omogeneo il nostro Servizio sanitario nazionale attraverso l'utilizzo delle cifre che arriveranno, con l'auspicio che ne arriveranno molte di più.

Fra le cose che ci hanno detto, circa il Programma nazionale per la riforma, la Commissione e il Consiglio dell'Unione europea ci sono delle raccomandazioni: loro hanno notato - ma l'avevamo già notato anche noi - che il settore sanitario deve rafforzare la resilienza e la capacità del suo sistema per quanto riguarda gli operatori, i prodotti medici essenziali e le infrastrutture. Sono tutte cose di cui eravamo a conoscenza: avete visto la dura prova di tutti i medici, di tutti gli operatori sanitari, i dispositivi che mancavano, soprattutto quelli per le terapie intensive. È proprio questo che ci ha messo di fronte l'emergenza Covid-19. Dobbiamo quindi attuare i piani di preparazione della crisi; sappiate che di questi piani noi abbiamo i cassetti pieni (penso ai piani della cronicità e della prevenzione). Abbiamo tante cose da attuare e quindi abbiamo già delle linee guida che ci potrebbero indurre a spendere queste risorse, proprio per arrivare a rafforzare quel sistema importante che è il Servizio sanitario nazionale. Dobbiamo lavorare per incrementare e valorizzare il personale che ha lavorato più per necessità di agire che avendone le competenze per affrontare un nuovo virus.

Colleghi, spero che il voto che andremo ad esprimere nel pomeriggio sullo scostamento di bilancio sia unanime, perché credo che tutti dobbiamo avere una visione per il futuro del nostro Paese, giustamente condivisa in Parlamento, dove sediamo noi referenti del territorio, e che sia condivisa anche con le forze di opposizione. Credo infatti che tutti rappresentiamo, ognuno per la sua parte, il proprio territorio e tutti dobbiamo dare un esito positivo a quello che stiamo facendo.

Credo davvero che sia possibile farlo, ma uniformemente e all'unanimità. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Urso. Ne ha facoltà.

URSO (FdI). Signor Presidente, anch'io come il collega Zanda, che ha parlato in verità e in responsabilità, mi rivolgo anzitutto al Presidente del Consiglio, qui rappresentato dal Ministro dell'economia, a nome del mio Gruppo e, in qualche misura, anche a nome della coalizione di centrodestra, perché insieme ci presentiamo nella stessa inequivocabile posizione politica.

Mi rivolgo al Presidente del Consiglio, dopo che ieri è stato dato un altro pessimo segnale a chi riponeva ancora fiducia nel nostro Paese. Abbiamo dato un pessimo segnale, prolungando di altri tre mesi lo stato di emergenza, in qualche misura in controtendenza con quanto hanno fatto tutti gli altri Paesi europei, che da tempo hanno sospeso lo stato di emergenza, persino i cosiddetti Paesi sovranisti, accusati di abusarne.

Noi invece no, noi prolunghiamo lo stato di emergenza proprio nella stagione turistica italiana, dando un inequivocabile segnale negativo a investitori, risparmiatori e potenziali turisti nel nostro Paese. In questo contesto ci presentiamo in Parlamento chiedendo un ulteriore scostamento di bilancio. Ne abbiamo già votati, anzi vi abbiamo spinto noi all'inizio, voi riluttanti, a realizzare lo scostamento di bilancio, perché per la prima volta vi eravate presentati con possibili piani di investimenti di 3, 4, 5, 7 miliardi di euro.

Poi, ascoltando l'opposizione, siamo arrivati a 25 miliardi di euro e, con il successivo scostamento di bilancio, ad 80 miliardi di euro, che avete impiegato male, molto male. Non avete ascoltato l'opposizione, non avete ascoltato le parti sociali, sindacali e le imprese e questi 80-85 miliardi di euro di ulteriore indebitamento, una volta impiegati, si sono vaporizzati.

La situazione economica, infatti, ci dice - e ce lo confermano l'Istat, la Commissione europea e le agenzie di rating - che l'Italia è il Paese che più sta pagando, perché meno sta reagendo alla crisi. Ogni stima è peggiore della precedente, perché, man mano che operate, persino l'Istat vi dice che state percorrendo la strada sbagliata: il 38 per cento delle imprese rischia di chiudere, mezzo milione di occupati hanno già lasciato il posto di lavoro, malgrado il blocco dei licenziamenti, e altri 2 milioni potrebbero farlo dopo il blocco di licenziamenti. Il PIL quest'anno avrà una caduta dal 9 al 13 per cento e ieri l'Istituto per il commercio estero ci ha detto che l'export quest'anno diminuirà del 12 per cento. Soprattutto, ci dicono che, continuando su questa strada, prima del 2025 non avremo altro che crescita zero. Avete bruciato già una cifra imponente e ora ci chiedete un terzo scostamento di bilancio al buio. Ce lo chiedete al buio.

Avete presentato un programma nazionale di riforma di cui non conosciamo i contorni: vedremo le proposte di risoluzione. Nel frattempo, invece di pensare a come costruire insieme il futuro dei nostri figli, assumendoci insieme le responsabilità, fate un Comitato interministeriale per gli affari europei, insediatosi ieri, formato da esponenti e da tecnici del Governo - un'altra task force o qualcosa con tale parvenza, per nascondere le proprie responsabilità - aperto alle istituzioni locali, cioè al presidente della Conferenza delle Regioni, Bonaccini, del Partito Democratico, al presidente dell'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI), Decaro, del Partito Democratico e al presidente dell'Unione delle Province d'Italia (UPI), De Pascale, del Partito Democratico.

In questo Comitato interministeriale per gli affari europei c'è tutto quello che voi, oggi, abbarbicati alla poltrona e al potere, siete diventati. C'è la rappresentanza di un'Italia che non c'è più, perché per le Regioni si vota a destra, ma esse sono rappresentate ancora da un esponente democratico, per i Comuni si vota a destra, ma sono rappresentati ancora da un presidente del Partito Democratico e per le Province, in cui la votazione è di secondo livello, si vota a destra, ma esse sono rappresentate ancora da un esponente del Partito Democratico. Il PD, che nei sondaggi ha una percentuale intorno al 20 per cento, rappresenta tutte le istituzioni e vuole impegnare le risorse del Paese per i prossimi trent'anni, senza ascoltare le opposizioni, che rappresentano la maggioranza del Paese. Colleghi, vi rendete conto del paradosso e del distacco tra l'Italia reale e quella che pretendete di rappresentare in maniera esclusiva, decidendo in maniera esclusiva?

Anche oggi, questo sta accadendo. Ci chiedete 25 miliardi di euro di ulteriore indebitamento: secondo i tecnici parlamentari, il deterioramento del quadro economico costa 52,5 miliardi di euro in termini di competenza e 51 miliardi di euro in termini di cassa; secondo i tecnici parlamentari, questo porta a 392,3 miliardi di euro il livello massimo del saldo netto da finanziare, mentre voi dite poco meno, ovvero 384 miliardi di euro. Che si tratti di 384 o di 392 miliardi di euro, ricordo che nella legge di bilancio, prima dell'emergenza sanitaria, tale cifra era di 129 miliardi di euro. Vi rendete conto di quello che state facendo? 105 miliardi di euro di scostamento di bilancio e una montagna di miliardi da finanziare, circa 392 miliardi di euro, ipotecando il futuro non solo dei nostri figli, ma dei nostri nipoti, senza avere nel contempo presentato un piano di ristrutturazione, di semplificazione, di investimenti, che consenta di far credere ai nostri nipoti, che stanno nascendo in queste ore, che tra venti o trent'anni potranno ripagare quello che stiamo spendendo oggi o meglio che stiamo sperperando oggi, anzi, che voi state spendendo e sperperando oggi.

L'opposizione è responsabile, ma non possiamo essere soltanto noi i responsabili in questo Parlamento. L'opposizione responsabile vi dice: volete il sostegno dell'opposizione per lo scostamento di bilancio? Bene, noi vi proponiamo - lo scrivono sul «Sole 24 ORE» i tre leader dell'opposizione - delle cose concrete, un impegno, almeno qui. Aspettiamo il Presidente del Consiglio o, in sua vece, il Ministro dell'economia che ci dica di essere d'accordo e di accogliere le cose che chiediamo. A quel punto noi siamo disponibili a continuare sul senso della responsabilità. Ma ci dovete rispondere in quest'Aula, altrimenti vi assumete la responsabilità, ove accadesse, di avere un voto negativo dell'Aula sullo scostamento di bilancio. Ve ne assumete voi la responsabilità.

Su «Il Sole 24 Ore» abbiamo scritto con chiarezza quali sono le nostre richieste nel campo del fisco (ad esempio a proposito dell'IMU e dello spostamento degli acconti IRPEF e IRES) e nel campo del lavoro. La cassa integrazione è importante, certo, ci mancherebbe altro, ma dobbiamo allinearla con i licenziamenti, sennò le imprese hanno le mani legate e vanno ancora più a picco. Nel contempo, vi diciamo che bisogna sospendere il decreto dignità; per quanto riguarda la contrattazione, bisogna realizzare i voucher per tutti; bisogna ridurre di almeno la metà i contributi previdenziali per gli investitori che invece non licenziano. Bisogna certamente adeguare le pensioni di invalidità, per un atto di equità sociale e di dignità della persona.

Abbiamo avanzato proposte concrete e fattibili, messe nero su bianco e firmate dei tre leader dell'opposizione: ci rispondete in quest'Aula, prima di assumervi la responsabilità - può anche accadere - che non passi lo scostamento di bilancio? Aspettiamo questa risposta.

Aggiungo e concludo: in Europa abbiamo vinto la battaglia - lo dico in questa Aula senza infingimenti, provate pure a smentirmi - perché i Paesi sovranisti ci hanno aiutato, ci hanno sorretto e ci hanno permesso di sconfiggere i Paesi frugali del Nord, che sono retti dai vostri alleati, cioè dal partito popolare e dal partito liberale, con la vostra ideologia mercantilista. I Paesi sovranisti, guidati da Orban e dal leader polacco, hanno sostenuto a spada tratta l'Italia e hanno messo sul banco degli imputati i bucanieri olandesi. Perché continuate con una orazione falsa, dichiaratamente falsa, che non fa onore a voi e al Parlamento italiano? Sono i sovranisti che hanno concesso e consentito all'Italia di vincere la sua battaglia per la sopravvivenza; sono stati i nostri migliori, più decisi e caparbi alleati.

Concludendo davvero, noi siamo disponibili ancora una volta a difendere l'interesse nazionale. Ma voi dovete dare un segnale, senza il quale allora è vera, purtroppo, la narrazione che passa dal Paese. Tutti protestano: commercialisti, consulenti del lavoro, imprese, sindacati. Secondo tale narrazione voi utilizzate il denaro solo per clientela e assistenza, tentativi disperati di recupero elettorale. In questo modo non state bruciando il nostro destino; state bruciando il destino dei nostri figli e dei nostri nipoti. Non possiamo permettervelo. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Modena. Ne ha facoltà.

MODENA (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, noi oggi ci stiamo assumendo e stiamo ragionando sull'assunzione di una grave responsabilità, perché le vicende che ci hanno indotto ad approvare il primo e poi il secondo scostamento di bilancio in un certo senso erano un po' come un fiume in piena. Quando poi è uscito definitivamente il decreto rilancio, qualche riflessione abbiamo cominciato a farla, chiedendoci dove stanno andando tutti questi soldi che il Paese non ha mai avuto a disposizione dal Dopoguerra in così poco tempo, a debito, soprattutto dopo anni e anni di austerità. Per quale idea dell'Italia stanno andando?

Chi stanno aiutando, al di là delle questioni che conosciamo, quella della cassa integrazione che non è arrivata oppure quella dei fondi, 25.000-30.000 euro?

È per questo che oggi ci chiediamo per che cosa andiamo a votare o dovremmo andare a votare uno scostamento ulteriore e fare cioè altri 20-25 miliardi di euro di debito.

Noi le nostre proposte le abbiamo fatte. Abbiamo parlato con chiarezza di cose che ci stanno molto a cuore, a cominciare dall'anno bianco fiscale, anche se si potrebbe parlare magari non di anno bianco, ma di semestre bianco; abbiamo parlato del problema della cassa integrazione, che mi pare sia stato oggetto anche dell'audizione di ieri del Ministro, perché ormai l'iniezione di cassa integrazione deve essere sostituita da un concetto fondamentale, vale a dire il fatto che le aziende devono ricominciare a lavorare, ma soprattutto a mantenere i livelli occupazionali e ad assumere in prospettiva. Abbiamo parlato anche di un problema serio di giustizia sociale perché, nell'indifferenza generale, non si è detto abbastanza di un'importantissima sentenza della Corte costituzionale, che mette un punto sulla quota delle pensioni per invalidità, che deve trovare ovviamente i fondi e un'attuazione.

Abbiamo fatto dunque una serie di proposte, che non sto qui a ripetere perché sono oggi nelle pagine del «Sole 24 Ore», tradotte da un atto formale serio e importante, vale a dire una lettera firmata dai leader del centrodestra in forma unitaria, cosa che mi piace sottolineare.

Noi vorremmo sapere se l'atteggiamento della maggioranza - non parlo solo del Governo - cambia con riferimento alla costruzione di questi atti, perché c'è qualcosa di serio che non ha funzionato e dico questo non solo perché ce lo dice il Paese - i commercialisti e i consulenti del lavoro sono in piazza, le imprese protestano, così il settore turistico: situazione che tutti conosciamo - ma perché c'è qualcosa nell'impostazione complessiva che ci fa temere che 100 miliardi di iniezione di denaro pubblico non arrivino allo scopo.

Vediamo che si adottano provvedimenti a volte forse cuciti un po' su alcune impostazioni molto staccate dalla realtà italiana, che vanno a penalizzare la realtà piccola e media che caratterizza la nostra economia, per cui sono magari idee che poi, tradotte in pratica e viste nella loro concreta attuazione, non aiutano quelli che reggono realmente sulle spalle la piccola e media economia del Paese.

Vediamo che non va, perché rimane fortissimo il divario tra generazioni, per cui abbiamo generazioni spezzate, tra chi ha vissuto il mondo dopo il crollo del muro di Berlino e chi ha vissuto praticamente tutta la sua vita, dal 2000 in poi, in quella che è stata la crisi, e questi provvedimenti non ci permettono di fare quel colpo d'ala, che invece 100 miliardi di euro dovrebbero assolutamente consentire a un Paese.

Per questo chiediamo una riflessione seria e per questo sappiamo che abbiamo sulle nostre spalle una responsabilità grandissima, rispetto al voto di oggi.

Vorrei ricordare in modo particolare, oltre ai provvedimenti che già i colleghi hanno richiamato, che questo Paese ha dei punti seri di sofferenza che si porta dietro e che andrebbero risolti. Penso, per esempio, alle problematiche relative alla proprietà immobiliare: eravamo un Paese ricco, perché avevamo le case e i Bot, lo ricorderete tutti. Siamo diventati un Paese povero perché, non potendo più guadagnare sui Bot, i risparmiatori mettono i soldi - come si dice dalle nostre parti - sotto il mattone e le case non sono più un investimento, ma una perdita.

Quindi il ragionamento sulla tassazione degli immobili, l'IMU, è importante per questo, non è solo una questione di carattere demagogico o di contrapposizione: è il sintomo e il segno di un tempo che è cambiato e che ha impoverito. Pensare che la casa oggi sia una rendita è un concetto completamente sbagliato, considerata anche la cosa pazzesca del blocco degli sfratti, di cui abbiamo già detto in altre sedi.

C'è poi un altro aspetto che vorrei sottolineare. Nonostante ci siano tutti questi soldi, noi abbiamo i Comuni in affanno; se ne parla poco, forse, perché non è un tema da consenso, però attenzione, perché la parte sociale oggi la stanno gestendo i Comuni, di ogni colore, che, ad oggi, non hanno le casse sufficientemente a posto per affrontare questo disagio sociale che spetta ed è in capo alle amministrazioni comunali.

Altro aspetto che tenevo a sottolineare, anche se va sempre inserito nel quadro generale di riferimento, è quello della magistratura onoraria. Noi qui parliamo di riforma della giustizia affrontando il processo civile e penale, ma con la spada di Damocle di una situazione ancora non risolta, che è quella dei magistrati onorari.

Il tempo mi impedisce di fare un ragionamento più compiuto, però tenevo a sottolineare a flash alcune questioni e soprattutto a dire che nessuno prende il voto di oggi alla leggera e nessuno lo prende senza un senso profondo di responsabilità nei confronti dello Stato e dei cittadini che rappresentiamo. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bottici. Ne ha facoltà.

BOTTICI (M5S). Signor Presidente, il nostro Paese è stato colpito da una pandemia che nessuno si aspettava e che non ha precedenti: oltre ad aver creato una crisi economica e sociale, abbiamo oltre 35.000 vittime. L'emergenza non è finita: vorrei ribadirlo in quest'Aula, perché spesso sento che ormai ne siamo fuori e che dobbiamo togliere tutto. Non è così. Alcuni Paesi europei, tra cui la Spagna, la Germania, il Belgio e la Francia stanno ricominciando a mettere norme restrittive, come il coprifuoco notturno o la quarantena per coloro che arrivano dall'estero. Quindi non siamo gli unici che stanno facendo attenzione; anzi, non dobbiamo abbassare la guardia.

Nella mia vita ho sempre cercato di essere positiva e anche in questa emergenza vorrei guardare un lato positivo. Voglio prendere questa emergenza come uno shock, come una terapia d'urto. Ci dobbiamo riprendere, dobbiamo rialzare la testa e, con le dovute cautele, ricostruire questo Paese. Abbiamo un'opportunità storica e se non cogliamo l'occasione di colmare il divario generazionale ed economico che ci affligge da anni, non ne avremo più la possibilità.

In questi mesi abbiamo fatto tanto. Le opposizioni dicono che potevamo fare di più? Forse sì, io dico che si può sempre fare meglio; intanto stiamo facendo il massimo. In Europa abbiamo ottenuto un risultato storico, nient'affatto scontato. Lo scostamento e i nuovi fondi dell'Unione europea ci consentono di mettere in atto strategie a breve e lungo termine, con una visione e un progetto per l'Italia da qui a trent'anni, aperto a tutti, maggioranza e opposizione, sulle idee.

Sono sempre stata convinta che la migliore idea sia quella formata da mille idee; quindi, ben vengano gli spunti di chiunque. Anzi, dobbiamo ascoltare i giovani, dobbiamo fare una sintesi con loro; pensiamo a una specie di consulta giovanile nazionale: non possiamo perdere il contatto con le scuole e le università. I giovani hanno sogni totalmente diversi da quelli che abbiamo e avevamo noi; hanno un'altra visione, dobbiamo ascoltarli.

Sulla questione dei fondi europei, vorrei essere chiara. Non possiamo pensare di restituirli se non tra dieci anni, e lo stesso Patto di stabilità deve essere sospeso per dieci anni, il tempo necessario per vedere i frutti delle misure che stiamo mettendo in atto ora. Andare a rimborsarli prima sarebbe difficile.

Il PNR ha linee programmatiche che toccano diversi ambiti strategici: la digitalizzazione del Paese, le infrastrutture, un tessuto economico più competitivo, il sostegno all'impresa, un'Italia più equa e inclusiva.

Dobbiamo partire dal Piano banda ultralarga: è un punto che ci permetterà di attivare servizi ultraveloci per il Paese, compreso l'ambito della pubblica amministrazione, ma dobbiamo garantire l'accesso alla rete a tutti i cittadini.

Le imprese, dopo questa pandemia, sono cambiate, devono cambiare. Abbiamo un modello diverso da sviluppare: la domanda e l'offerta si muovono in altri modi rispetto a come era prima della pandemia. La situazione si sta evolvendo e dobbiamo puntare, con la digitalizzazione delle imprese, ad accompagnare gli imprenditori anche in mercati e business diversi.

I nostri imprenditori sono bravi, sono creativi, sono sani imprenditori che vedono lungo, e gli dobbiamo dare tutte le opportunità. A tal proposito mi collego agli enti fieristici.

Ci siamo dimenticati degli enti fieristici. La filiera e gli enti fieristici attendono ancora di essere ristorati. Se vogliamo sostenere le imprese, dobbiamo far ripartire a settembre gli enti fieristici, ma devono avere tutti gli strumenti economici e regole per ripartire e fare promozione delle imprese.

Un'Italia moderna deve avere anche un sistema integrato di infrastrutture e trasporti. Sulla riorganizzazione degli aeroporti è all'esame delle Commissioni competenti il disegno di legge n. 727, a prima firma della collega Giulia Lupo, che dà chiare deleghe al Governo in materia di aeroporti. Portiamolo subito a termine ed evitiamo di far rientrare con stratagemmi opere già bocciate al TAR come, ad esempio, l'aeroporto di Firenze.

Infrastrutture non vuol dire solo aeroporti, ma anche i collegamenti stradali e ferroviari, che devono essere progettati in maniera funzionale e funzionante. I cittadini devono essere sostenuti per andare al lavoro, per chi fa impresa, ma anche per chi vuole viaggiare e fare turismo.

Un altro punto è la riforma fiscale: se ne sente parlare da anni e dobbiamo farla. Abbiamo bisogno di uno fisco chiaro, unico e snello, improntato alla semplificazione e all'equità. Possiamo partire riformulando gli scaglioni di reddito e le aliquote, e semmai, ampliando la no tax area.

Infine, c'è il tema degli enti locali. Dobbiamo cercare di liberare ancora delle risorse dai loro bilanci, un modo sarebbe sospendere l'accantonamento delle perdite sulle società partecipate, i Comuni hanno fatto tanto e possono continuare a fare tanto. Dobbiamo essere più veloci e rispondere alle sfide della modernità. Abbiamo pienamente fiducia negli italiani e nel Governo. Noi ci siamo e non vediamo l'ora di partire. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Vescovi. Ne ha facoltà.

VESCOVI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, mi sono messo a leggere e a studiare questo Programma nazionale di riforma e sinceramente ho capito che non è cambiato nulla. Leggo dalle frasi del Ministro che è qui presente che l'obiettivo principale è il contrasto all'evasione fiscale e il rientro del debito pubblico. Se però si scrive che si vuole far rientrare il debito pubblico e poi si fanno altri 200 miliardi di prestito, non mi ritrovo. Pensavo che sia noi, che siamo l'opposizione, sia la maggioranza avessimo degli obiettivi comuni, cioè far diventare grande questo Paese. Mi sono reso conto, però, che la differenza tra noi e voi sta nei valori. Voi avete il valore della decrescita, noi abbiamo invece il valore della crescita. (Applausi). Sentivo prima la collega dire che vanno chiuse le infrastrutture e vanno chiusi gli aeroporti. Noi abbiamo il concetto del merito, voi quello della mediocrità, cioè tutti sono uguali. Noi abbiamo il concetto di competenza, di imprenditorialità, voi invece avete ancora il concetto delle classi. Mi piacerebbe vivere in un Paese dove uno parte da zero e diventa uno degli uomini magari anche più benestanti del Paese, invece voi avete il sistema delle classi e questo documento ne è la riprova. È la riprova che non cambia nulla. Avevo vent'anni quando sentivo parlare di controllo sull'evasione fiscale. Solo un folle può pensare che seminando nello stesso modo otterrà dei risultati diversi. Questo porta il Paese al baratro. Bisogna cambiare, strutturare diversamente questo Paese. Quelli che diamo sono dei suggerimenti, che magari accoglierete. Mi piacerebbe vivere in un Paese in cui il Presidente del Consiglio viene eletto direttamente dal popolo - questo non l'avete scritto - e non trovarsi un professore universitario a gestire oggi la crisi più importante dal secondo Dopoguerra prendendosi i pieni poteri, perché se li è presi un professore eletto all'università, che ha vinto un concorso e che si trova a gestire il Paese. Magari vivessimo in un Paese federalista, in un Paese autonomista: abbiamo visto come si sono comportate bene le Regioni durante l'emergenza Covid e lo hanno fatto perché sono a contatto con la realtà, non vivono su Marte. Bisognerebbe dare più potere alle Regioni, magari demandando loro anche la fiscalità, rendendole ancora più autonome. Questo ci libererebbe. Se si affidasse l'istruzione alla competenza delle Regioni, sicuramente oggi la gestirebbero meglio del ministro Azzolina. Questo è sicuro. (Applausi).

Il vostro obiettivo è distruggere l'impresa e ci state riuscendo bene. Parlate di controllo, ma come si fa a parlare di controllo delle imprese? Le imprese vanno valorizzate e aiutate. Come? Con la flat tax, una tassa semplice, punto e basta, per dare la possibilità di crescita alle imprese, invece di andarle a distruggere in questo momento. Non potete dire ai ristoratori che se non ce la fanno chiudessero, perché la vostra mentalità non è la nostra mentalità. (Applausi). La nostra mentalità è quella di aiutarli, magari con la flat tax, o con una cosa molto semplice, ovvero prevedendo che per uno, due o tre anni chi assume non paghi i contributi, non come adesso che se si prende qualcuno per tre giorni di prova si devono pagare 600 euro. L'altra sera un ristoratore mi diceva che per far fare tre giorni di prova doveva pagare 600 euro, tra costi vari.

Questo è il vostro modello di Paese. Volete distruggere tutto, distruggere chi ha voglia di fare. E lì entrano i valori del merito. Con la nostra mentalità imprenditoriale, ci piacerebbe vivere - ve lo dico come suggerimento - in una pubblica amministrazione che non paga per il tempo passato alla scrivania, ma che paga i propri dipendenti in base al merito, in base a quello che fanno durante le ore di lavoro. Questo sarebbe bello: avere la stessa mentalità nel pubblico come nel privato.

Poi, per diventare veramente un grande Paese, forse servirebbe un po' di politica estera. Noi ci stiamo accorgendo che la Turchia di Erdogan oggi sta prendendo sempre più potere con dei valori che sono completamente diversi dai nostri. Noi stiamo fermi e non abbiamo nessun tipo di politica estera. Qui non c'è scritto niente. Ho cercato di trovare un riferimento e non l'ho trovato.

Da ultimo, e poi mi taccio, forse sarebbe necessaria una riforma seria della magistratura. Una separazione delle carriere - questo servirebbe - dove non si allungano i tempi dei processi perché non siamo in grado di svolgerli. Questa non è giustizia, ma è ingiustizia. Non siete riusciti a fare nulla, se non a liberare i boss mafiosi. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ferrazzi. Ne ha facoltà.

FERRAZZI (PD). Signor Presidente, chiedo l'autorizzazione a depositare il testo agli atti alla fine del mio intervento.

PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza in tal senso.

FERRAZZI (PD). Signor Presidente, io sono convinto che l'unico modo per non gettare i soldi è progettare il nostro futuro. Non è un gioco di parole, ma esattamente ciò che dobbiamo fare e che anche questa giornata di bella discussione in Aula ci deve portare a fare.

Ho già avuto modo di dire che le grandi manovre economiche europee, in particolare il recovery fund, ma non è l'unico, hanno analogia con il piano Marshall. Piano che ebbe tre grandi meriti. Uno: rispondere all'emergenza di chi era in condizioni disperate; due: investire sulla rinascita industriale del continente; tre: operare per la pace e la coesione economica, sociale e culturale attraverso l'integrazione europea.

Oggi la situazione è, per alcuni versi, simile, ma con una sostanziale differenza. Siamo noi stessi che possiamo e dobbiamo essere i protagonisti di tutto questo. La transizione Green è asse fondamentale dell'Unione. Nel Programma Nazionale di Riforma, l'obiettivo ambientale del green new deal è triplice: mitigazione e adattamento al cambiamento climatico; contrasto e riduzione dell'inquinamento e delle sue conseguenze sulla salute; economia circolare.

Attenzione: Green non è un approccio settoriale, come molti pensano, ma è un comune denominatore, che lega con un unico filo tutti gli investimenti rivolti al futuro. Non si tratta, come dice qualcuno, solo di fare tutto nel rispetto dell'ambiente, ma capire che l'ambiente è la vera azione di business per chi vuole avere futuro.

Oggi è già così per i gruppi bancari, è così per le compagnie assicurative, è così per i fondi di investimento, è così nella percezione comune a cui si adeguano tutte le forme di marketing. Dico questo perché sentiamo la presenza di un miope ragionamento e sentimento del tipo: l'ambiente va bene, fa moda, ne ha parlato Greta, ne hanno parlato i giovani di tutto il mondo, ma ora passiamo alle cose serie.

La stessa diffusione del virus, con la correlazione tra deforestazione, sprawl urbano e conseguente contatto tra uomo e animale, deve insegnarci qualcosa, così come la diffusione dello stesso nelle aree inquinate. In tutto ciò, la scienza e la tecnica sono strumenti straordinari nelle nostre mani che, se usati per il giusto fine, possono contribuire a portare ricchezza, giustizia e sostenibilità nella triplice dimensione ambientale, sociale ed economica. Opportunamente, dunque, il Programma Nazionale di Riforma di cui parliamo oggi, parla di Green and Innovation Deal nazionale, che unisce gli investimenti pubblici a quelli privati.

Ho visitato, nel novembre scorso a Berkeley, il dipartimento di ricerca sui nuovi materiali per produrre rifiuti zero. Un gruppo di lavoro composto quasi esclusivamente da donne, con a capo una fisica siciliana laureata a Roma. Materiali bidimensionali, perché dello spessore di un atomo, che consentono la produzione di materia come nel Lego, componendo e scomponendo i prodotti una volta usati con i nuovi materiali-Lego, pronti per nuovi utilizzi.

Cinque sono, a nostro avviso, le grandi piattaforme infrastrutturali su cui investire. Certamente c'è quella materiale; certamente c'è quella immateriale: la banda larga, il 5G, il data center, la tecnologia cloud. Il tema della cittadinanza digitale non è più eludibile.

C'è poi l'infrastruttura dell'energia: dobbiamo passare da combustibili tradizionali, di origine carbonica, a energie rinnovabili, gestendo, nella transizione, il gas. Dobbiamo garantire la sicurezza energetica del Paese, riducendo la dipendenza dalle importazioni, diversificando le fonti di approvvigionamento, aumentando l'efficienza energetica.

In merito al ciclo dei rifiuti, nel nostro Paese abbiamo una situazione a macchia di leopardo, con aree del tutto prive di impianti per il riciclaggio, dove avvengono situazioni assurde di raccolta differenziata da parte delle aziende pubbliche dei rifiuti, che poi diventano di nuovo indifferenziati a causa della mancanza di impianti in grado di chiudere il ciclo. Si legga a tal riguardo la relazione della Direzione investigativa antimafia e la denuncia, chiara ed esplicita, dello stretto legame tra l'assenza di una politica impiantistica nazionale sui rifiuti e il proliferare della criminalità, anche di stampo mafioso, tanto al Sud quanto al Nord.

Naturalmente poi c'è la grande meta-infrastruttura della conoscenza e della coesione sociale, che sono il vero patrimonio immateriale del nostro Paese.

Signor Presidente, a livello di Unione europea molto, ma molto bene, è stato fatto con l'emissione di bond comuni e dunque con la condivisione del debito. È un passaggio storico, dalle grandi prospettive, che racconta in maniera plastica che i veri patrioti, coloro che difendono l'interesse nazionale, sono gli europeisti. In coerenza con ciò, anche le norme fiscali europee devono essere strumento per orientare la riconversione strategica, capaci di produrre ricchezza, benessere e forza politica del nostro Continente. Dunque la plastic tax europea, che verrà ora discussa, o la carbon tax e la digital tax, non per fare cassa, ma per fare futuro.

Nella Priorità 5 degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile c'è, al punto 11, la voce «Città e comunità sostenibili»: mitigazione e adattamento, reti idriche e sistema fognario. Per quanto riguarda le reti idriche, la situazione è drammatica al Sud, ma del tutto insufficiente anche nel resto del Paese, con perdite del sistema del 50 per cento. La rete fognaria ormai non è più in grado di assorbire le precipitazioni eccezionali, che sono diventate - ossimoro - ormai norma nel nostro Paese, da Palermo a Torino, passando per Biella.

Da ultimo, Presidente, una parola su un tema fondamentale: le città. Si tratta di una questione strategica, mai adeguatamente approfondita e nemmeno posta a tema. La legge urbanistica nazionale di riferimento è del 1942; il decreto fondamentale che definisce tipologie, distanze, altezze, volumetrie, sagome, indice di densificazione, oneri o altro è del 1968: decenni totalmente diversi per composizione sociale, crescita demografica, struttura economica; anni di urbanistica espansiva e settoriale, quando ora invece serve un'urbanistica rigenerativa e olistica. Consumiamo ogni anno una superficie vergine di suolo nel nostro Paese pari all'estensione della città di Bologna, mentre i tre quarti del patrimonio edilizio privato residenziale in Italia sono di classe energetica G, la peggiore, con uno spreco di soldi di 20 miliardi di euro all'anno. Lo sprawl urbano produce città deliranti, che implicano comunità spaesate e impaurite.

Dobbiamo mutare radicalmente rotta. Dobbiamo produrre un grande piano di rottamazione edilizia, demolendo e ricostruendo, in una visione rigenerativa tanto dell'urbs quanto della civitas.

Per realizzare tutto ciò, Presidente, serve una policy nazionale sulle città che, paradossalmente, nel Paese dei mille Comuni non c'è mai stata. Dobbiamo superare la parcellizzazione dei progetti urbani, magari anche importanti, come il Piano città e il Bando periferie, ma lasciati a una frammentazione programmatoria priva di continuità e visione. Servono dunque policy e governance e un luogo istituzionale nazionale per le decisioni.

Signor Presidente, i fondi che questo Governo si è conquistato in Europa e quelli messi a disposizione del bilancio dello Stato servono a questo, a nulla meno che a questo. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Gallone. Ne ha facoltà.

GALLONE (FIBP-UDC). Signor Presidente, colleghi, Governo, ieri è stato approvato in quest'Aula il prolungamento dello stato di emergenza in Italia.

Secondo noi, è un grave errore perché si prolungherà, in realtà, una brutta immagine del nostro Paese, che sarà percepito ancora come un Paese malato, prostrato e da cui stare alla larga. È tutto il contrario di ciò di cui avrebbe bisogno l'Italia ora. Il nostro Paese ora ha bisogno di forza, forza e forza. (Applausi). L'Italia ha bisogno di supporto e sostegno per sopravvivere e per ripartire.

Oggi abbiamo una grande occasione. Con lo scostamento di bilancio e il Programma nazionale di riforma abbiamo due possibilità: dare il colpo finale a un Paese allo stremo oppure cambiare le nostre sorti; tertium non datur. Ricordiamo che con lo scostamento di bilancio concesso dall'Europa assumiamo un ulteriore debito - è stato ricordato da tutti coloro che sono intervenuti prima di me - con cui vincoleremo e ipotecheremo il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Per la prima volta, abbiamo la possibilità di decidere come utilizzarlo, per poi anche poterlo restituire orgogliosamente. Ricordo, infatti, che, in regime di scostamento e, quindi, non di bilancio ordinario, non ci sono capitoli di spesa rigidi sui quali innestare risorse definite, ma che ogni singolo centesimo speso da questo Governo sarà una decisione dello stesso rispetto alle priorità che si darà. Mi spiego meglio: questo Governo potrà decidere se fare dell'Italia un Paese di mendicanti, servo del resto del mondo, prediligendo l'assistenzialismo, la spesa corrente improduttiva, il facile consenso populista, lo statalismo sfrenato e giacobino e, in quel caso, se ne assumerà tutta la responsabilità, oppure potrà decidere di aprire alla condivisione della responsabilità, coinvolgendo e ascoltando tutte le forze politiche presenti in Parlamento, per dare veramente una svolta, per lasciarci alle spalle l'emergenza e trasformarla in una grandiosa opportunità. Si è grandi quando si è umili; si è grandi quando si ha la capacità di ascoltare e condividere.

Oggi il centrodestra unito ho mandato un messaggio chiaro, inequivocabile, sincero e serio. Oggi, il centrodestra unito continua nella sua opera di proposta responsabile portando al Governo la voce delle categorie produttive, economiche e sociali. È una voce che si leva unanime, a riprova del malessere del Paese. Ministro Gualtieri e viceministro Misiani, oggi è una voce; domani potrebbe essere un grido e una reazione molto più scomposta. Noi ci siamo e ci saremo sempre per il bene del Paese, ma non come servi sciocchi o utili idioti; non al buio, perché non potremo, al contrario, essere complici delle scelte sbagliate per questo Paese. Se la nostra voce, che è di tutte le categorie, infatti, non sarà ascoltata, noi alzeremo le barricate. Faremo battaglia durissima di opposizione perché abbiamo il dovere di vigilare sul buon utilizzo delle risorse che saranno un debito pesante per gli italiani, perché non vengano sperperate in operazioni assistenziali o, addirittura, clientelari mentre il Paese soffre.

Apro un parentesi sulla dissennata azione del più inadeguato Ministro dell'istruzione della storia italiana, che, se non sarà fermata immediatamente, spenderà i soldi pubblici per acquistare inutili banchi a rotelle che porteranno solo pena e sventura. (Applausi).

Pensate a un ragazzino un po' più robusto, a uno disabile o a uno mancino, come me, che ho sempre odiato il fatto di non sapere dove mettere il gomito quando sto scrivendo. I suddetti banchi, come dicevo, porteranno pena e sventura in una scuola che meriterebbe solo di essere lasciata in pace, perché i dirigenti e gli operatori scolastici sono già organizzati: hanno già mandato lettere alle famiglie su come si riapriranno le scuole, semplicemente lasciando uno studente per banco, come abbiamo sempre detto. Ma vergogna, dai!

In questo momento, l'Italia non ha bisogno di un avvocato, ma di un buon padre di famiglia. Il Governo finora non si è espresso su come l'Esecutivo intende impiegare queste nuove, ingenti risorse. Decideremo il da farsi uniti rispetto alle risposte che arriveranno. I punti per noi sono chiari: fisco, lavoro, giustizia sociale, scuola, impresa e sanità; l'anno bianco fiscale non ce lo state concedendo, ma sarebbe stata la cosa più bella: mi sarei tenuto una parte di questo scostamento, come Governo, e ne avrei trasferito una quota agli enti locali per i mancati introiti; dopodiché, avrei rilasciato libere le imprese e le aziende di lavorare, lavorare e lavorare senza pensiero (Applausi), della serie "per un anno non ci pensate; non pensate a niente, i soldi ce li abbiamo per le mancate entrate". Che mi diate 600 euro e me ne chiediate 900 di INPS, ragazzi, non risolve la situazione.

Chiediamo quindi per gli esercenti di attività produttive l'esenzione dal versamento del secondo anno di IRPEF e IRES per l'anno 2020. Chiediamo la riduzione del 30 per cento dei coefficienti di calcolo IMU e l'esenzione totale per i Comuni sotto i 3.000 abitanti e per gli immobili commerciali e produttivi sfitti. Dopo aver riconosciuto l'esigenza di prorogare la cassa integrazione ordinaria in deroga, le cui scadenze vanno allineate con quelle del blocco licenziamenti, consideriamo indispensabile che, a tutela del lavoro, si intervenga anche con misure che premino gli imprenditori che mantengono i livelli occupazionali, ad esempio con la riduzione del 50 per cento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per le aziende colpite dalla crisi che non riducono il numero dei dipendenti (e vi ricordo che il 18 agosto è vicino, data in cui si apre la finestra per i licenziamenti: attenzione, perché da quel momento partirà e si innescherà la miccia).

Chiediamo la sospensione del decreto dignità e la reintroduzione del sistema dei voucher in forma generale (Applausi): è quello che chiediamo dal primo giorno di attività di questo e del passato Governo. Chiediamo con forza l'immediata attuazione della sentenza della Corte costituzionale che chiede l'adeguamento delle pensioni d'invalidità. Chiediamo che il sistema dell'ecobonus sia realizzabile con decreti attuativi chiari, che aiutino soprattutto le piccole imprese a riscattare il credito d'imposta e che venga esteso anche ad altre categorie catastali, come per esempio l'A1 (Applausi), e che escano velocemente le attuazioni, perché il settore dell'edilizia è ancora fermo (poi ci sono gli impianti e l'ambiente, che ha bisogno di fatti).

Se non si riparte alla grande, siamo perduti: è inutile parlare di ambiente e di green deal se non accompagniamo alle parole i fatti, perché la tutela dell'ambiente - lo continuo a ripetere - passa dall'innovazione, dallo sviluppo e dal lavoro e solo le nostre imprese sapranno fare la differenza.

La spesa corrente, con la quale mi avvio a conclusione, dovrà essere riservata solo alle categorie più deboli (disabili, caregiver, anziani e malati): tutti gli altri si alzino dalla sedia e vadano a lavorare; creiamo le condizioni per lavorare, perché l'Italia vuole farlo. Facciamo una vera rivoluzione della scuola: introduciamo il costo standard per studente, diamo i soldi direttamente alle famiglie, lasciamo la libertà di scelta educativa e innalziamo la qualità dell'offerta grazie alla sana e virtuosa competizione che si ingenererebbe.

Non sbagliate, ve lo chiediamo sinceramente, con la forza dell'amore che proviamo per il nostro Paese: l'Italia è il più bel Paese del mondo; il made in Italy è il brand più famoso, sinonimo di qualità. Siamo fieri e orgogliosi di essere italiani, pertanto Forza Italia, insieme alla Lega e a Fratelli d'Italia, il centro unito, farà un'opposizione seria e coerente nell'interesse degli italiani e dei nostri Comuni, che stanno facendo battaglie e risolvono tanti problemi che neanche ve ne rendete conto (Applausi). Se l'interesse degli italiani sarà rispettato, ci saremo; altrimenti, la nostra opposizione diventerà feroce e, proprio per difendere gli italiani, non potremo votare a favore. La responsabilità sarà tutta vostra, quindi, con tutto il cuore, per il bene degli italiani, ci auguriamo che questo non accada: siamo qua, ascoltateci e ascoltate l'Italia. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Saviane.

Colleghi, considerato che sono previsti trenta interventi, vi richiamo al rispetto dei tempi.

Ne ha facoltà, senatore Saviane.

SAVIANE (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, colleghi, Ministri, mi ha colpito l'intervento del collega Zanda che, se ho capito bene, ha chiesto di conoscere la visione di Conte e il rendiconto relativo all'utilizzo delle risorse derivanti dagli scostamenti. Se lo chiede un esponente così autorevole di maggioranza, figuriamoci noi della minoranza ed i cittadini italiani. Ecco, questa è la trasparenza del Governo Conte. (Applausi).

Il PNR, sezione terza del DEF, abitualmente viene proposto e presentato assieme ai programmi di stabilità, sezione prima e seconda del DEF che è il documento contenente le analisi e la tendenze della finanza pubblica. Il PNR, quest'anno, causa pandemia Covid-19, è stato esposto dopo l'approvazione delle risoluzioni di Camera e Senato sul DEF. A tale proposito è importante sottolineare che l'Italia è l'unico Paese europeo che non ha presentato alla Commissione il proprio Piano nazionale delle riforme secondo i tempi stabiliti.

Gli argomenti riportati nel documento riguardano il cuneo fiscale sul lavoro che è troppo elevato. L'accumularsi nel corso del tempo della disparità di trattamento tra le diverse fonti di reddito e l'esorbitante complessità del sistema sono temi del tutto veritieri ma non unici perché nel momento storico in cui viviamo, la questione della tassazione è palese a tutti. Nel programma si parla anche di evasione fiscale e si enumerano varie soluzioni tra le quali la più nota è quella di una progressiva riduzione del pagamento in contante con conseguente diffusione dei pagamenti elettronici, con grandi favori alle banche e aumento dei costi per cittadini e attività imprenditoriali. (Applausi).

L'utilizzo del contante, specie nel settore del commercio, ha sempre rappresentato un valido e pratico strumento. Non ha alcun senso accanirsi sull'idea che se scompare il denaro contante, sparisce di pari passo l'evasione fiscale. Dalle audizioni fatte in Commissione finanze in merito ai rapporti di conto corrente, si evince che i grandi evasori fiscali e la criminalità procedono infatti tranquillamente e in modo illecito con i pagamenti elettronici utilizzando criptovalute e che la maggior parte dell'evasione dei capitali avviene tramite falsificazioni contabili e non con denaro contante.

L'economia del nostro Paese è rappresentata da lavoratori autonomi, professionisti e partite IVA ai quali va tesa una mano considerando che la crisi la vivono direttamente sulla loro pelle. Per queste categorie è necessaria una netta presa di posizione che preveda la semplificazione degli adempimenti IRPEF e IVA e una revisione degli incassi effettivi e presunti, dando un colpo di spugna a monte dell'infernale sistema del saldo e dell'acconto.

In tal senso la Lega sta apportando il proprio contributo con un disegno di legge presentato alcuni giorni fa che prevede, fra le altre cose, l'eliminazione delle inefficienze e i limiti che caratterizzano l'attuale sistema di compensazione di crediti e debiti vantati verso le pubbliche amministrazioni, introducendo al tempo stesso uno strumento innovativo per accelerarne e semplificarne l'attuazione.

Per quanto riguarda la flat tax,la Lega il 29 maggio scorso ha presentato un disegno di legge. In buona sostanza si mira ad una vera e nuova riforma fiscale con al centro il contribuente che non deve essere vessato da adempimenti e burocrazia. Solamente dando certezza e stabilità alle regole fiscali, alleggerendo tutto il sistema, si può migliorare il rapporto tra contribuenti e amministrazione finanziaria, riacquistando quella fiducia nello Stato che è il fondamentale presupposto per una vera crescita e competitività del Paese. (Applausi).

Concludo il mio intervento con una riflessione sul tema del differenzialismo regionale. Un tema che seppure affrontato non riscuote le simpatie di questa maggioranza giallorossa, in quanto si percepisce la volontà di non dare risposte ai cittadini veneti e lombardi che si sono espressi chiaramente con un referendum. Sono trascorsi più di mille giorni dalla consultazione che possiamo anche definire un plebiscito in Veneto, ma c'è silenzio assordante o forse un disinteresse ancor più grave, perché calpesta la volontà dei cittadini. Non solo Veneto e Lombardia chiedono risposte su questo argomento, ma altre Regioni hanno reclamato l'attuazione del regionalismo differenziato.

Il Governo soffre di grave sordità e non dimostra interesse non solo verso i problemi dei cittadini, ma anche degli enti locali e delle istituzioni. Il Governo è capace solo di redigere documenti e approvarli a suo uso e consumo, come la proroga dello stato di emergenza, ma di tutto quanto è fuori del Palazzo, cittadini, quotidianità, lavoratori, mondo imprenditoriale, scuola e sanità, non se ne cura minimamente, dimostrando un disinteresse incredibile e una confusione imbarazzante. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Piarulli. Ne ha facoltà.

PIARULLI (M5S). Signor Presidente, gentili colleghi, lo scostamento di bilancio e il Programma nazionale di riforma di cui stiamo discutendo devono rappresentare un momento di svolta, un momento in cui egoismi e particolarismi risultino inutili mezzi di retorica propagandistica. Oggi abbiamo il dovere di tendere verso l'obiettivo ambizioso del rilancio.

Mi preme sottolineare come al capitolo terzo, punto 4, del Programma le parole chiave siano produttività, competitività e giustizia e, al fine di raggiungere gli obiettivi del lavoro dignitoso e crescita economica, pace, giustizia e istituzioni forti. In particolare, per quanto riguarda il target relativo all'accesso alla giustizia e alla fiducia nelle Istituzioni, risulta necessario che l'amministrazione della giustizia venga resa moderna ed efficiente. La durata dei procedimenti civili e penali, seppure diminuita negli ultimi anni è ancora eccessiva e dovrà essere sensibilmente ridotta mediante l'adozione di interventi di riforma processuale e ordinamentale accompagnati dalle necessarie misure di potenziamento ed adeguamento delle risorse del personale, delle dotazioni strumentali e tecnologiche.

Le politiche strutturali con le quali il Governo si è impegnato ad agire per restituire fiducia nel sistema giudiziario si completeranno con la riforma del processo civile e penale, con la riforma del processo tributario nonché con la disciplina delle elezioni e del funzionamento del Consiglio superiore della magistratura (CSM).

La soddisfazione rispetto ai servizi infatti è rappresentata dall'indicazione nazionale riferita alla durata dei procedimenti civili; rispetto al 2000-2018, vediamo come in questi ultimi due anni ci sia stata un'abbreviazione dei tempi di durata dei procedimenti, che rimane però ancora elevata. Già durante il Covid-19, per esigenze sanitarie, sono state utilizzate modalità telematiche sia per il processo penale che per il processo civile. Lo sforzo di digitalizzazione, che corrisponde anche ad un miglioramento delle condizioni di lavoro degli operatori della giustizia, ha già trovato conferma a livello internazionale, collocando l'Italia tra i Paesi europei più avanzati.

In questo senso il MoVimento 5 Stelle ha sempre guardato con attenzione all'innovazione e alla digitalizzazione. Un impatto significativo in ambito civile sarà l'utilizzo di strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, come la mediazione e la negoziazione assistita. Per l'abbattimento e la velocizzazione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le Corti d'appello si prevede la possibilità di impiegare i giudici onorari ausiliari, il cui organico verrà aumentato, rafforzando le responsabilità dei capi degli uffici e dei magistrati assegnatari ai fini del rispetto dei tempi di durata ragionevole del processo purché sia previsto anche un aumento di personale, sia per quanto riguarda le figure giudiziarie che per quanto riguarda il personale amministrativo.

Sotto il profilo dell'esecuzione della pena, è giusto ribadire che questo Governo ha sempre posto una particolare attenzione al fenomeno carcerario, anche attraverso l'implementazione di significativi e funzionali interventi di edilizia penitenziaria, sia con la riqualificazione degli spazi esistenti sia con l'incremento di posti detentivi, conseguendo un triplice ordine di benefici: il miglioramento delle condizioni di lavoro degli operatori, il miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti e l'innalzamento del livello generale di sicurezza.

Come diceva Voltaire: «Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una Nazione». Il carcere è lo specchio della civiltà di un Paese e l'articolo 27 della Costituzione sancisce il principio della rieducazione e della risocializzazione della pena, ma, affinché possa realizzarsi, particolare attenzione deve essere data agli spazi e all'edilizia penitenziaria. Non è un caso che già il legislatore del 1975, tra i primi articoli della legge sull'ordinamento penitenziario, individuava misure minime per gli ambienti penitenziari. L'emergenza del sovraffollamento è un problema atavico, che va affrontato con le risorse umane, quindi con l'implementazione del personale di polizia penitenziaria, di educatori, mediatori, contabili e dirigenti penitenziari, ma d'altro canto bisogna guardare anche all'innovazione, che comporta l'installazione di nuovi sistemi di allarme, l'acquisto e l'utilizzo di droni, body camera e terminali di videosorveglianza, atti a consentire una ricostruzione veritiera dei fatti, in caso di episodi critici, che coinvolgano purtroppo l'amministrazione penitenziaria.

Molte strutture carcerarie necessitano di lavori di ristrutturazione, che potrebbero essere ricompresi nell'ecobonus del 110 per cento, permettendo così di ristrutturare strutture fatiscenti, con adeguamento energetico e sismico, nonché di prevedere anche la costruzione di plessi amovibili e la chiusura dei piccoli plessi, che risultano molto dispendiosi, a favore delle cosiddette cittadelle giudiziarie. Anzi, l'auspicio è che queste cittadelle possano essere realizzate in tempi brevi, per agevolare il lavoro di coloro che operano all'interno delle strutture ma anche quello di coloro che debbano interfacciarsi con le stesse per fini lavorativi. Credo che occorra realizzare una condivisione e mettere quindi da parte tutti i particolarismi politici, affinché insieme e uniti si possa attuare il più grande piano di rilancio che il nostro Paese abbia mai varato.

Vorrei riservare un'attenzione particolare alle donne mamme, ristrette nelle carceri, per cui c'è la necessità che si prevedano maggiori strutture idonee, per accogliere non soltanto le detenute che devono espiare una pena ma soprattutto i figli che sono vittime innocenti.

Occorre inoltre prevedere un ampliamento delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, le cosiddette REMS, proprio perché, a tutt'oggi, molti soggetti affetti da disturbi mentali o socialmente pericolosi transitano all'interno delle carceri, pure sine titulo. Quindi, l'auspicio è che in tempi brevi, al fine di adeguarci alle esigenze... (Il microfono si disattiva automaticamente) riusciamo a portare a casa questi obiettivi. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Comincini. Ne ha facoltà.

COMINCINI (IV-PSI). Signor Presidente, ieri il Parlamento ha discusso della situazione di crisi e ha osservato che, nonostante gli indici epidemiologici siano in miglioramento, rimaniamo tuttavia in una condizione molto particolare, molto complessa e molto difficile; permane quindi lo stato di emergenza. A ben vedere però, guardando i dati epidemiologici, possiamo dire che l'emergenza in questo momento non riguarda tanto la situazione legata al virus, quanto la situazione dell'economia e del lavoro. Abbiamo - ahinoi - centinaia di migliaia di persone che rischiano il posto di lavoro per la condizione nella quale si sta trovando l'economia; quindi è assolutamente opportuno proseguire con lo stato di emergenza e con politiche mirate che danno il senso dell'emergenza stessa. Una di queste è la richiesta, da parte del Governo, di poter fare un nuovo e importante sforamento di bilancio, che fa seguito a quelli che già abbiamo autorizzato: altri 25 miliardi di euro da destinare alle esigenze di ripresa del Paese. Crediamo sia assolutamente opportuno, ma è chiaro che una condizione come questa deve vedere un grande senso di responsabilità e anche una capacità di lettura importante, per potersi orientare nel nuovo contesto che si è andato a creare non solo nel nostro Paese, ma a livello mondiale, per seguire la strada giusta e quindi non disperdere questa incredibile, straordinaria e unica opportunità che ci viene offerta.

In un articolo di questi giorni, il settimanale «The Economist» si interroga sul fatto che le economie mondiali stiano attraversando un cambiamento epocale, uno di quei cambiamenti che avviene una volta ogni generazione, quindi non in maniera ripetitiva e ciclica, peraltro mai uguale a se stesso. Possiamo ricordare, negli anni Trenta, l'introduzione delle cosiddette politiche keynesiane, con l'intervento dello Stato nell'economia per far fronte alla grave crisi del '29; oppure le politiche del monetarismo, che negli anni Settanta cercarono di risolvere la crisi legata al petrolio e alla conseguente stagflazione che affliggeva i Paesi, o ancora, negli anni Novanta, quando le banche centrali acquisirono una maggiore indipendenza rispetto al potere politico che imperversava sulle loro politiche (quella maggiore indipendenza portò a una stabilizzazione dei tassi di interesse e quindi a possibilità di sviluppo maggiormente favorevoli).

Nel 2007 la grande crisi finanziaria che ha colpito i Paesi occidentali avrebbe potuto portare a un cambio radicale delle economie, ma invece in qualche modo questo cambiamento è stato abortito. Ebbene oggi non un evento economico, ma un evento sanitario come la crisi dovuta alla pandemia del Covid-19 porta di fatto a un radicale cambiamento delle economie per come le abbiamo conosciute. Di questo cambiamento bisogna essere pienamente consapevoli. Le caratteristiche di questa nuova era economica, che di fatto è già cominciata, sono innanzitutto una massiccia dimensione dei prestiti che lo Stato sta facendo, con la massa di indebitamento pubblico che sta crescendo in maniera considerevole. Parliamo di 4.200 miliardi di dollari: questa è la stima che è stata fatta del valore del nuovo indebitamento che gli Stati sviluppati stanno autorizzando. Stiamo parlando di circa il 17 per cento del PIL dei Paesi sviluppati. Questo nuovo denaro viene emesso per finanziare innanzitutto e soprattutto nuovi debiti pubblici; questo maggiore debito pubblico però si traduce a sua volta - qui sta da un lato la grande opportunità, ma dall'altro anche il grande rischio - in una fortissima influenza della politica sull'economia, perché la politica può tornare di fatto a determinare cosa può essere salvato e cosa non deve essere salvato. La politica può decidere quali imprese possono essere messe nelle condizioni di ripartire e quali non lo saranno. Pensate all'incredibile e ingente operazione di liquidità che è stata fatta anche dal nostro Governo; non tutta questa liquidità si tradurrà in salvezza per le imprese: arriverà il momento che qualcuna andrà a gambe per aria e lo Stato, il nostro Stato, avrà il potere di decidere se salvare quelle aziende con nuove risorse pubbliche oppure determinarne la morte. Di questo cambiamento radicale che sta avvenendo nell'economia, dunque, dobbiamo avere piena coscienza.

Qui ovviamente sta poi il rischio, cioè l'influenza della politica, vale a dire, come dicevo, cosa finanziare e cosa no. Credo che anche in questa fase, nella quale oggi stiamo discutendo se autorizzare o no il Governo a fare un nuovo deficit importante di 25 miliardi di euro, bisogna avere ben chiare le condizioni di grande novità che si stanno imponendo in tutti i Paesi sviluppati che stanno affrontando la crisi derivante dalla pandemia. Ritengo che il Governo abbia chiare queste condizioni. Noi dobbiamo sollecitarlo e essere consapevoli, non solo come maggioranza ma come Parlamento, del fatto che dobbiamo dire al Governo esplicitamente che cosa dovrà favorire e che cosa dovrà in qualche modo valorizzare attraverso questo nuovo scostamento di bilancio.

È evidente che il Governo andrà a prorogare gli interventi sulla cassa integrazione, perché è prioritario aiutare il lavoro e le aziende e quindi contemporaneamente tutelerà la liquidità, anche con la riprogrammazione delle scadenze fiscali: riteniamo sia assolutamente opportuno andare a riprogrammarle e a scadenzarle in un momento successivo. C'è bisogno di un sostegno alle imprese, ai settori produttivi maggiormente colpiti: penso innanzitutto al turismo, che ancora necessita di ingenti interventi. C'è poi la questione degli enti locali che, con le entrate molto ridotte, rischiano di non riuscire a quadrare i loro bilanci: solo il Comune di Milano ha conteggiato circa 500 milioni di euro di minori entrate per cui, senza un ulteriore intervento, rischiamo dissesti degli enti locali. Ci sono poi le scuole e la ripresa dell'attività didattica, che dovrà avvenire con un insegnamento in presenza, ma che tenga conto anche della tutela della salute.

È importante che, dopo questi interventi necessari, sui quali Italia Viva ritiene di dover autorizzare il Governo ad un nuovo scostamento, si arrivi poi alla fase in cui, anche grazie alle importanti risorse che l'Europa ci metterà a disposizione e che il nostro Governo è stato capace di portare a casa dalla difficile trattativa che si è conclusa pochi giorni or sono, sarà avviato il percorso di rilancio, che non potrà che passare per una riattivazione importante degli investimenti, sia pubblici che privati, anche grazie alla semplificazione delle procedure amministrative che con il decreto semplificazioni andremo a trattare.

Il Programma nazionale di riforma ci dice qual è la strada che dovremo affrontare per questo rilancio: la riforma fiscale, una decontribuzione per il mondo del lavoro, il rafforzamento delle politiche sociali e di sostegno alla famiglia, la semplificazione burocratica e della giustizia, nonché gli investimenti materiali e immateriali che dovranno caratterizzarsi per la chiave della sostenibilità.

Crediamo che la strada tracciata sia quella corretta. C'è bisogno però di grande lucidità e consapevolezza, anche rispetto al fatto che, come dicevo, sta cambiando il mondo intorno a noi. L'economia sta mutando in maniera consistente, il che non vuol dire che, evviva, si possono spendere i soldi come meglio si crede, perché adesso valgono gli indebitamenti alle stelle: no, questi soldi sono preziosi e vanno indirizzati nella maniera corretta, sostenendo lo sviluppo del Paese, non con l'assistenzialismo ma per avere la possibilità di vedere le nostre imprese tornare ad investire, di vedere risolte alcune delle criticità importanti del nostro Paese e, infine, di vedere il sostegno alle famiglie, il tutto con un'attenzione all'ambiente.

Buon lavoro a tutti. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Testor. Ne ha facoltà.

TESTOR (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, oggi stiamo discutendo del Programma nazionale di riforma e devo dire che questo testo comprende tante linee e tante direzioni; alla fine, però, se andiamo alla sostanza, sono tantissime belle parole, ma è evidente che mancano le direttrici principali per realizzarlo.

Ci avete chiesto di approvare lo scostamento di bilancio: 25 miliardi prima, 55 miliardi dopo e adesso la richiesta di altri 25 miliardi di euro. Il problema è uno solo: come vengono utilizzate queste risorse? Mi ha fatto inoltre preoccupare quest'ultimo intervento, quando il senatore Comincini ha detto che la politica può decidere quali saranno le aziende che sopravviveranno e quali potranno morire. Ecco, vorrei dire al collega che dietro queste aziende ci sono famiglie e lavoratori (Applausi), quindi, quando parliamo del futuro delle nostre aziende, la politica deve avere rispetto. L'Italia è fondata sulle piccole e medie imprese e ricordo che dietro ci sono famiglie e lavoratori, c'è gente che deve continuare a vivere, non di assistenzialismo, ma di lavoro, quello che voi state cercando di non far rientrare a trecentosessanta gradi con le vostre continue politiche assistenzialistiche.

Abbiamo parlato di turismo. Credo che il ministro Franceschini abbia fatto ben poco per il turismo, che rappresenta per la nostra Nazione il 13 per cento del PIL. Quali sono state le risposte che abbiamo dato al settore del turismo? Il bonus vacanza che, per come è stato strutturato, denota la mancanza della conoscenza che forse alle imprese manca la liquidità. Anche in questi ultimi periodi è stata sottovalutata la difficoltà delle imprese, perché il 20 luglio è stato chiesto agli imprenditori di pagare IRPEF e IRES. Questa credo che sia una vergogna per delle persone che devono garantire non solo di poter riaprire in sicurezza, per garantire ai turisti di poter visitare il nostro Paese, ma anche di poter riproporre alle persone che lavorano all'interno del turismo la possibilità di avere lavoro.

Su questo tema credo sia stato fatto ben poco e che si sia stati anche un po' ottusi per quanto riguarda le azioni da mettere in campo. Soprattutto, si è voluto lasciare afone quelle voci che gridavano aiuto, che chiedevano risposte all'emergenza. Cosa chiedevano loro? Di diluire le tasse, ma non è stato fatto; non volevano non pagarle, ma almeno che venissero dilazionate. C'era bisogno della proroga delle scadenze fiscali alle partite IVA, alle famiglie e ai commercianti.

Oltre a questo, bisogna anche pensare alla riduzione del cuneo fiscale per le aziende che richiamano in servizio il personale, misure sull'IMU e sugli affitti da estendere a tutte le imprese. Abbiamo chiesto anche la reintroduzione dei voucher, che sia nel settore del turismo che dell'agricoltura erano lo strumento principale alla lotta del lavoro in nero, e non le sanatorie fallite di questo Governo. Anche qui i Ministri dimostrano veramente di non conoscere e di non voler ascoltare tutte le categorie.

Permettetemi inoltre di evidenziare la mancanza di rispetto: come può un Sottosegretario dire ai ristoratori di «fare un'altra attività»? (Applausi). Forse è molto meglio che a cambiare lavoro sia lei, perché non è a conoscenza di cosa significhi lavorare all'interno di un pubblico esercizio, dove ti devi alzare la mattina, pensare come affrontare la giornata, come pagare i fornitori e come pagare i lavoratori. Oltre a tutto questo, ha dimostrato di non avere rispetto perché non a conoscenza del fatto che le misure per il distanziamento sociale hanno portato ad avere minor afflusso di clienti pur a costi invariati.

Quanto alla gestione dell'immigrazione, abbiamo chiuso gli aeroporti ai turisti americani e cinesi per salvaguardare la salute dei cittadini. Ma perché non ci siamo preoccupati anche di limitare l'immigrazione? Questa notte a Lampedusa sono sbarcati 314 immigrati. (Applausi) Abbiamo tenuto le nostre imprese chiuse e i nostri cittadini all'interno delle proprie case mettendo a rischio in questo momento la sicurezza sanitaria perché non riusciamo a gestire il fenomeno immigratorio. Questa è l'incapacità manifesta - permettetemi di dirlo - di questo Governo di gestire una situazione che è grave, non solo a livello sanitario ma anche a livello economico. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Damiani. Ne ha facoltà.

DAMIANI (FIBP-UDC). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi senatori, è la terza volta da quando è scoppiata l'emergenza sanitaria, poi diventata emergenza economica, che il Governo viene in Parlamento a chiedere l'autorizzazione per un ulteriore scostamento di bilancio-indebitamento. In questa occasione ci troviamo a dare un'autorizzazione per altri 25 miliardi di euro, che si aggiungono ai precedenti che vogliamo ricordare: l'indebitamento-scostamento di bilancio chiesto al Parlamento nel mese di marzo (i primi 20 miliardi), poi i successivi 55 miliardi a fine aprile, per un totale, compresi quelli di oggi, di 100 miliardi di euro. Schematizzando questi dati, il totale dell'indebitamento chiesto nelle tre relazioni è pari a circa 515 miliardi dal 2020 al 2032, mentre, con certezza - ce lo dicono anche i dati economici - ci ritroviamo con un PIL, in questo momento particolare, che nel 2020 perderà circa il 12 per cento, per un totale di 130 miliardi di euro. Quindi, abbiamo una crescita del debito e una riduzione del PIL: dati economici che fanno veramente tremare le vene ai polsi; dati che fanno davvero paura.

Oggi l'economia attraversa una situazione particolare, quasi di guerra, come abbiamo sempre detto, ragion per cui dobbiamo rispondere certamente con mezzi adeguati - benissimo - quindi anche con un indebitamento. Tuttavia, ciò che voglio chiedere oggi, che costituisce la nota dolente di queste misure di indebitamento - e lo chiedo al Sottosegretario presente in Aula - è se alla quantità dell'indebitamento corrisponda la qualità dello stesso indebitamento e delle misure che si vanno ad adottare. La risposta che danno Forza Italia e le altre opposizioni - ahimè - è negativa, perché i provvedimenti che sono stati messi in campo subito dopo le misure di scostamento sono stati frazionati, frastagliati, inefficaci; non sono arrivati al cuore dell'economia né al cuore dei cittadini, nei capillari dei cittadini, i quali non hanno avvertito assolutamente queste misure economiche. La nostra risposta è pertanto negativa; da qui il nostro approccio politico odierno di perplessità.

Ancora una volta la nostra fiducia a cosa corrisponde? Ecco perché ci siamo approcciati a questo terzo scostamento, da un punto di vista politico, in questo modo. Vogliamo oggi renderci conto realmente di questo ulteriore indebitamento. Questa è la nostra premessa, ciò che più teniamo a cuore, ovvero la possibilità che il Governo oggi metta in campo provvedimenti utili, indispensabili, necessari, che arrivino - come dicevo - al cuore dei cittadini, agli italiani. È questo il senso di responsabilità delle opposizioni.

La politica deve dare risposte ai cittadini, agli italiani, quindi il nostro senso di responsabilità non è nei confronti del Governo, ma nei confronti dei cittadini e degli italiani che oggi vogliono queste misure; vogliono avvertire e toccare con mano le reali intenzioni o comunque conoscere realmente le risorse che si stanno mettendo in campo. Siamo pertanto responsabili nei confronti dei cittadini affinché vengano adottate soluzioni rapide ed efficaci.

Vorrei velocemente esaminare nel dettaglio quelle che sono oggi le richieste del Governo conseguenti all'indebitamento. Nello specifico, con questo terzo scostamento, il Governo intende accelerare il ritorno ai livelli produttivi, tutelare la liquidità, sostenere le imprese, ricondurre verso la media euro il rapporto debito-PIL. Benissimo, obiettivi che possono essere certamente condivisibili, ma sono gli stessi obiettivi che ci avete raccontato mesi e mesi fa, sin dalla prima richiesta di scostamento di bilancio; sono sempre gli stessi. Ecco perché oggi invitiamo a fare attenzione e non siamo più disposti a credere a promesse che sono rimaste tali, mere promesse.

La «potenza di fuoco», quella tanto annunciata e tanto voluta dal Presidente del Consiglio stesso, dov'è finita? L'Istat e la Banca d'Italia, e non certamente un partito di opposizione come Forza Italia, ci dicono che con questi provvedimenti non ci sono stati risultati e che anzi il 39 per cento delle imprese non arriva a fine anno perché non ha la liquidità e, di contro, il Governo a fine luglio fa pagare loro le tasse, quindi certificando il fallimento del 40 per cento delle aziende italiane. È per questo che non ci troviamo in questo momento d'accordo: perché c'è questa situazione che ci certificano tutti i giorni, come dicevo, degli organismi terzi rispetto alla politica come l'Istat e la Banca d'Italia.

Fin dall'inizio di questo blackout abbiamo perciò fatto delle proposte chiare, le abbiamo esposte in tante riunioni e in tanti incontri che si sono svolti tra maggioranza e opposizione e tra Governo e opposizione. Abbiamo chiesto delle cose chiare, che rivendichiamo e chiediamo anche oggi. Chiediamo il semestre bianco fiscale, con un rinvio delle scadenze fino a fine anno, l'azzeramento delle sanzioni per il mancato pagamento delle scadenze di luglio, finanziamenti a fondo perduto per le imprese e voucher per il lavoro stagionale. A queste condizioni oggi ha senso votare questo provvedimento, votare un ulteriore scostamento di bilancio e lo abbiamo scritto oggi a chiare lettere, lo hanno fatto i tre leader del centrodestra in un intervento riportato su «Il Sole 24 Ore» di questa mattina, nel quale chiedono queste cose al Governo. Ci aspettiamo, quindi, dal Governo delle risposte concrete. Le condizioni sono queste. Quindi, debito sì, ma per investimenti e basta con provvedimenti di assistenzialismo, di spesa corrente che non hanno dato assolutamente risultati. Rimarchiamo pertanto con forza le nostre richieste, lo facciamo oggi in quest'Aula e lo abbiamo fatto anche in queste settimane, quindi dando al Governo questi spunti, ma soprattutto questi punti concreti sui quali poter aiutare oggi il nostro Paese. Qui viene fuori il senso di responsabilità delle opposizioni che non è un senso di responsabilità o di soccorso oggi nei confronti del Governo, ma è un soccorso nei confronti dell'Italia e degli italiani. È per questa ragione che su queste proposte non arretriamo e chiediamo risposte al Governo, perché sono proposte concrete che vanno nella direzione della ripresa economica del nostro Paese. (Applausi).

Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO (ore 12,30)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pellegrini Marco. Ne ha facoltà.

PELLEGRINI Marco (M5S). Signor Presidente, gentili colleghe e colleghi, rappresentante del Governo, oggi ci occupiamo, con una discussione congiunta, della relazione al Parlamento predisposta ai sensi della legge n. 243 del 2012 e quindi dello scostamento di bilancio e del Programma nazionale di riforma (PNR) 2020, che quest'anno, a causa della crisi sanitaria, viene presentato successivamente al Documento di economia e finanza. Questo PNR ha un sapore e un'importanza straordinari, perché costituisce il primo passo verso la definizione del recovery plan italiano necessario per accedere alle ingenti risorse che l'Unione europea metterà a disposizione dell' Italia nell'ambito del next generation EU e del quadro finanziario pluriennale 2020-2027. Le risorse destinate all'Italia dal next generation EU ammontano, com'è noto, a 209 miliardi di euro, di cui 82 a fondo perduto e 127 miliardi sotto forma di prestito. Dicevo che è una fase straordinaria e forse irripetibile della storia repubblicana proprio perché abbiamo finalmente le risorse finanziarie e la volontà politica di incidere in modo decisivo su una serie di mali, storture e deficit atavici che hanno sempre costituito una palla al piede per lo sviluppo del nostro Paese. La prima parte del PNR contiene l'elenco e la descrizione delle misure che l'Unione europea e il Governo italiano hanno messo in campo per contrastare la pandemia, mentre la seconda parte è dedicata ai possibili contenuti del recovery plan, che è incentrato su tre linee strategiche che tra l'altro costituiscono da sempre i capisaldi programmatici del MoVimento 5 Stelle, cioè modernizzazione del Paese, transizione ecologica, inclusione sociale e territoriale e parità di genere. Ma che vuol dire modernizzare il Paese? Se vogliamo creare lavoro e benessere, se vogliamo redistribuire ricchezza, abbiamo innanzitutto la necessità di una pubblica amministrazione a servizio dei cittadini, digitalizzata, sburocratizzata, ben organizzata, efficiente e che non costituisca un fattore di ritardo negli investimenti pubblici e privati. Abbiamo inoltre bisogno che cittadini e imprese operino in un contesto che favorisca la ricerca, il merito e l'innovazione e che consenta di utilizzare al meglio le tecnologie e abbiamo bisogno che tutto ciò incrementi la produttività, ma anche la qualità della vita delle persone.

La transizione ecologica non deve essere uno slogan fine a se stesso, ma deve costituire una straordinaria occasione, un potentissimo motore di nuovo sviluppo, attento alle esigenze dell'ambiente e in linea con il green new deal europeo. Dobbiamo investire tutte le risorse necessarie per far partire nuove filiere produttive, aumentare sensibilmente l'efficienza energetica del nostro complesso economico, aumentare la produzione di energia rinnovabile, ridurre drasticamente le emissioni di gas climalteranti e migliorare la qualità dell'aria e dei nostri mari

Per quanto riguarda il tema dell'inclusione sociale e territoriale, occorre intervenire sulle diseguaglianze, rendendo il Paese sempre più giusto, più equo, più inclusivo, più solidale. L'obiettivo è quello di contrastare le diverse povertà, sia quella economica (e abbiamo iniziato a farlo fin da subito con il reddito di cittadinanza) sia quella culturale, migliorando l'istruzione e la trasmissione delle conoscenze, sia quelle digitali sia quelle infrastrutturali, specialmente in alcune zone del Paese, siano esse infrastrutture di comunicazione, di trasmissione dati o sanitarie.

Per ciò che riguarda, invece, la parità di genere, occorre porre in essere un complesso di misure che finalmente ci consentano di superare quella che è una vera e propria discriminazione nei confronti delle donne, che rende loro difficile, a volte impossibile, il lavoro, la formazione, l'accesso alle risorse finanziarie e che, troppo spesso, le relega al lavoro domestico e di cura, privando il paese di talenti che, invece, hanno tutto il diritto di esprimersi e da cui la società trarrebbe solo benefici. (Applausi).

Queste tre linee strategiche saranno attuate mediante nuove direttrici di intervento, che sono state citate già dal relatore: l'Italia completamente digitale, l'Italia con infrastrutture sicure ed efficienti, l'Italia verde e sostenibile, tessuti economici più competitivi e resilienti, piano integrato di sostegno alle filiere produttive, pubblica amministrazione al servizio dei cittadini e delle imprese, maggiori investimenti in formazione e ricerca, un'Italia più equa e inclusiva, ordinamento giuridico più moderno ed efficiente.

Venendo più nello specifico, uno degli obiettivi sarà la semplificazione delle procedure amministrative per la pianificazione, progettazione e autorizzazione dei lavori pubblici, avendo l'obiettivo di rimuovere gli ostacoli che hanno rallentato e ostacolato gli appalti e gli investimenti pubblici, ma anche quelli privati.

Lo snellimento delle procedure dovrà avvenire senza abbassare la guardia nei confronti della corruzione, ovviamente, del malaffare e della tutela dei beni ambientali, culturali e paesaggistici. Oltre a ciò, si dovrà sostenere la capacità progettuale di controllo delle amministrazioni e degli enti territoriali, anche favorendo l'ingresso di figure professionali di cui spesso sono carenti.

Uno degli obiettivi prioritari del recovery plan è l'incremento significativo degli investimenti pubblici, che ammontavano al 2,1 per cento del PIL nel 2017 e che sono aumentati in questi anni fino arrivare al 2,3 per cento del 2019. L'obiettivo è quello di arrivare a un incremento, nell'arco di quattro anni, di almeno un punto rispetto al 2019, anche sfruttando i finanziamenti provenienti, come dicevo prima, dal next generation EU. L'aumento degli investimenti dovrà riguardare, in particolare, alcuni settori strategici per il Paese, come la banda ultralarga, lo sviluppo della rete 5G e la digitalizzazione della pubblica amministrazione.

L'accesso veloce a Internet va assicurato a tutti i cittadini, imprese e pubblica amministrazione, in quanto fattore decisivo di sviluppo e di competitività del sistema produttivo e formativo. Ciò consente, ove possibile, il lavoro a distanza, la decongestione dei centri urbani e il ripopolamento dei piccoli centri.

Allo stesso tempo, gli investimenti dovranno riguardare le infrastrutture di comunicazione, la rete ferroviaria ad alta velocità che va estesa a tutto il Paese, nonché quella regionale. Il tutto all'interno di un piano nazionale dei trasporti e della logistica, il cui fabbisogno finanziario ammonta a 65 miliardi di euro al netto di quanto già finanziato.

Un altro settore strategico è quello della produzione dell'energia rinnovabile. L'obiettivo è quello della chiusura delle centrali alimentate a carbone e la loro sostituzione con quelle da fonti rinnovabili. (Richiami del Presidente).

Non leggo alcune parti del testo scritto perché il tempo è tiranno. Credo che andranno incentivati in maniera massiccia anche gli investimenti privati, creando un quadro normativo e fiscale sempre più favorevole. Importanti passi in tal senso sono stati fatti recentemente, ad esempio nel decreto rilancio; mi riferisco al sisma bonus e all'ecobonus, che vanno ad incidere in un settore che da tanti anni è in sofferenza, come quello delle costruzioni. Analogo discorso vale per i piani individuali di risparmio (PIR), sui quali abbiamo inciso, che hanno lo scopo di indirizzare il risparmio privato verso le imprese.

Un altro pilastro - e ho concluso - è quello della riforma fiscale. Ne accenno in maniera veloce. Esso costituirà un altro pilastro fondamentale del programma di rilancio, perché l'intero sistema impositivo attuale è troppo complesso, farraginoso e a volte di difficile interpretazione, il che implica oneri burocratici per i cittadini e per le imprese. Permangono, poi, situazioni di disparità di trattamento tra lavoratori che magari hanno lo stesso livello di reddito e invece pagano tasse che sono nettamente diverse.

È necessaria, quindi, una riforma che renda il sistema tributario più equo, che riduca le aliquote effettive sui redditi da lavoro, ma sempre improntata al principio costituzionale della progressività. Altre disparità peraltro permangono anche tra i diversi regimi fiscali dei Paesi europei, alcuni dei quali costituiscono dei veri e propri paradisi fiscali. Anche in questo campo l'Italia deve assumere sulle spalle questo problema, cercando di risolverlo o quantomeno di limitarlo.

Questo Governo, grazie al costante sostegno del MoVimento 5 Stelle, sul fisco ha già ottenuto dei risultati importanti. Abbiamo definitivamente abolito le clausole di salvaguardia relative all'IVA; abbiamo cancellato il saldo-acconto del 2020 dell'IRAP per tutte le imprese.

PRESIDENTE. Devo invitarla a concludere, senatore.

PELLEGRINI Marco (M5S). Ho davvero concluso, Presidente. Abbiamo iniziato un percorso di alleggerimento del cuneo fiscale per 16 milioni di lavoratori dipendenti e abbiamo garantito sgravi incisivi in termini di IMU, TOSAP, COSAP per gli esercizi commerciali e per gli esercenti dei settori più colpiti.

In conclusione, siamo convinti che il piano di rilancio e i conseguenti investimenti dei fondi del next generation EU consentiranno al nostro sistema economico e sociale di fare quel salto di qualità che era atteso da anni. Il MoVimento 5 Stelle avrà un ruolo di primo piano nella definizione del recovery plan e opererà e vigilerà affinché siano centrati tutti gli obiettivi politici che in questi anni ci siamo posti e che i cittadini si aspettano. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pepe. Ne ha facoltà.

PEPE (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, colleghe e colleghi, introduco questo intervento dicendo una banale verità: siamo di fronte alla solita minestra, una minestra riscaldata. Rivolgendomi con rispetto e con educazione nei confronti dei colleghi di maggioranza, di coloro che - capisco - devono fare il loro mestiere e difendere a tutti i costi questo Governo, dico che non capisco questa esaltazione di fronte a un Programma nazionale di riforma che di riforma non ha alcunché. Questo non lo dice la Lega, non lo dicono le forze di opposizione, ma l'ha detto, soltanto ieri, la Banca d'Italia, bollando questo PNR come vago. Praticamente è un copia-incolla, perché è richiamata una serie di interventi ma non si entra nel dettaglio; è un piano vago anche per i numeri, per le risorse, di cui non si può avere contezza. È un piano che non ha alcuna strategia.

Per questo rinnovo ai colleghi di maggioranza l'invito a non esaltarsi, perché la Banca d'Italia, nella sua relazione, scrive che nel programma si parla esattamente di tutte le cose di cui si sta parlando da trent'anni. Per di più, il piano è connotato da una incertezza nei tempi di attuazione degli interventi. È quindi un aborto, perché muore sul nascere, stroncato sul nascere.

Noi della Lega ci stiamo sforzando, sin dall'inizio di questo sfortunatissimo Governo, soprattutto durante l'emergenza sanitaria, di fare proposte e di sollecitarvi a raccoglierle. Ci stiamo sforzando anche di sostenere i provvedimenti utili al Paese, ma voi fate veramente di tutto per isolarvi, per essere da soli al comando e per non essere in connessione con questo Paese. Fate esattamente ciò che al Paese non serve. (Applausi). Fate di tutto per escludere dalla dialettica democratica le opposizioni.

Nel PNR non si parla di una riforma delle tasse, di una riforma della burocrazia e di una riforma della giustizia, che serve. Non voglio tornare su quanto è già stato detto da altri colleghi rispetto alla riforma costituzionale del Paese. Ho una domanda per il Governo e i colleghi di maggioranza: volete soltanto demolire riforme che il precedente Governo ha fatto, grazie alla Lega, a cominciare da quota 100? Dite al Paese cosa intendete fare rispetto a quota 100 dopo la scadenza.

Da uomo del Sud mi permetterete di dire qualcosa anche al Ministro del Sud. Leggendo il Piano, un caposaldo è anche il piano per il Sud, che però è fatto di tante chiacchiere. All'interno dello stesso è richiamato - udite, udite - il reddito di cittadinanza. Signor Ministro per il Sud, le dico da questi banchi, da sindaco e da uomo del territorio, che il Sud non vuole più il reddito di cittadinanza. (Applausi). Il Sud vuole infrastrutture celeri e lavoro stabile; non vuole assistenzialismo e precariato. Leggiamo alcuni numeri del fallimento del reddito di cittadinanza. Anche in questo caso, facciamo riferimento a note istituzionali (la seconda nota periodica del reddito di cittadinanza). Solo numeri che devono non solo far riflettere, ma anche rabbrividire e accelerare verso una controtendenza necessaria rispetto al reddito di cittadinanza.

Presidente, su un milione di beneficiari, di cui 876.000 soggetti al patto per il lavoro, soltanto il 43 per cento (376.000) hanno sottoscritto il patto e solo 2.603 (lo 0,3 per cento) hanno svolto il tirocinio. Questi sono i dati di maggio. A febbraio 2020 hanno sottoscritto un contratto di lavoro solo 39.760 persone, ovvero il 2 per cento di tutta la platea, di cui il 65,2 per cento a tempo determinato, il 19,7 per cento a tempo indeterminato e il 3,9 per cento in apprendistato. Viva il precariato! Questo vuole il Governo: mantenere ancora oggi le persone che hanno bisogno di lavoro.

Ministro per il Sud, noi vogliamo che la nuova via sia la via della crescita e dello sviluppo in grado di passare e ripartire dalle nostre risorse naturali, che sono anche quelle dell'agricoltura, del turismo e possono anche essere il petrolio. Vogliamo vincere la sfida di un Sud orgoglioso perché noi siamo orgogliosi. Carlo Levi negli anni Quaranta scriveva nel libro «Cristo si è fermato a Eboli» - ho la certezza che questo Governo voglia che Cristo sia ancora inchiodato lì a Eboli - una cosa brutta, ma vera: «Per i contadini, lo Stato è più lontano dal cielo, e più maligno, perché sta sempre dall'altra parte». «La sola possibile difesa, contro lo Stato e contro la propaganda, è la rassegnazione».

Signor Sottosegretario, caro Governo Conte-bis, vi porto qui la testimonianza di un Sud che ha abbandonato con convinzione la strada della rassegnazione e vuole in modo democratico e libero intraprendere la strada della reazione tramite lo sviluppo e la crescita. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Martelli. Ne ha facoltà.

MARTELLI (Misto). Signor Presidente, vorrei inquadrare il Programma nazionale di riforma nel più ampio contesto in cui va inserito. Non lo si può guardare come se fosse una cosa isolata, e cioè come un'iniziativa o un moto proprio del Governo italiano.

Da dove nasce l'esigenza di un Programma nazionale di riforme? Nasce nel momento in cui la Commissione europea comunica, pubblicandolo sulla Gazzetta Ufficiale, quello che le Nazioni membri dell'Unione europea devono fare. Il Programma nazionale di riforme, quindi, è non un atto spontaneo, ma la risposta a un'imposizione.

In secondo luogo, il Programma nazionale di riforma, oltre ad essere solo la risposta a un'imposizione, ha la seconda necessità di essere costruito nella speranza di andare a prendere i soldi dei finanziamenti europei, ossia le famose ripartizioni che l'Unione europea destina alle Nazioni. Ricordiamo che tutti questi fondi sono destinati a progetti cofinanziati: vuol dire che, nel momento in cui la spettanza dell'Italia fosse 11 miliardi e riuscisse a presentare progetti per quel valore, in realtà gliene ne verrebbero dati solo 5,5 e i restanti dovrebbe essa stessa metterli; i progetti cofinanziati funzionano così. Il Programma nazionale di riforme quindi ha tale scopo ed è tagliato in detto modo.

In terzo luogo, questa volta il Programma nazionale di riforma conterrà anche un'appendice, il piano di recupero - o recovery plan, per chi ci tiene tanto - che a sua volta è costruito specificamente per cercare di accedere alla quota parte dei famosi 750 miliardi del next generation EU (i fondi addizionali stanziati). Ancora una volta, quindi, i fondi del next generation EU sono destinati a quello, perché sono già allocati, in quanto la comunicazione della Commissione europea n. 456 del 27 maggio 2020 ne ha già stabilito l'allocazione. Rispetto alla riunione del Consiglio europeo straordinario del 17-21 luglio non è cambiata l'allocazione: 750 miliardi sono sempre distribuiti così; cambia la ripartizione tra grants (o sussidi, ma preferisco il termine inglese, in questo caso) e loans (prestiti). Questo cosa significa? Il recovery plan italiano sarà costruito per cercare di prendere i soldi e spenderli nei settori che ci vengono detti da qualcun altro e non da noi stabiliti. Ancora una volta, cosa c'è d'Italia in questo? Non c'è più niente.

Per di più, vediamo come e quali sono le richieste-Nazione che ci sono state fatte, pubblicate il 9 luglio 2019 sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, integrate con le raccomandazioni della Commissione europea (i famosi compiti a casa). Le raccomandazioni contenevano: assicurare una riduzione in termini nominali della spesa pubblica (le più importanti); utilizzare entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito-PIL; spostare la pressione fiscale dal lavoro ad altri capitoli di entrate, riducendo le agevolazioni fiscali (per esempio - sempre secondo loro - modificando i valori catastali); contrastare l'evasione fiscale (su questo ovviamente siamo tutti d'accordo); potenziare i pagamenti elettronici e abbassare il limite del contante; attuare pienamente le passate riforme pensionistiche e assicurare la sostenibilità a lungo termine del sistema pensionistico. Questi sono alcuni punti che ci erano stati detti.

Bene, cosa contiene, allora, il nostro Piano nazionale delle riforme? Contiene elementi come il miglioramento strutturale del saldo primario di bilancio (naturalmente, al netto di eventi ciclici). Come si ottiene? I metodi sono sempre gli stessi: aumento della pressione fiscale; riduzione della spesa pubblica; introiti straordinari; privatizzazioni; alienazioni di patrimonio immobiliare; razionalizzazione e revisione della spesa pubblica, che è esattamente una delle richieste-Paese della Commissione europea; contrasto all'evasione fiscale (qui siamo sempre d'accordo); revisione delle imposte ambientali e dei sussidi ambientalmente dannosi; rafforzamento della sostenibilità del sistema previdenziale.

Ci hanno detto di farlo e abbiamo risposto. C'è scritto addirittura che il Governo italiano ha intrapreso una serie di confronti per valutare se in effetti quota 100 sia sostenibile. Quindi, caro collega Pepe, in relazione ai suoi dubbi sul fatto che sia in pericolo, la risposta è sì, lo è.

Poi, per quanto riguarda l'alienazione degli immobili pubblici, a proposito di entrate straordinarie, l'Italia ha subito predisposto un programma tramite conferimenti diretti oppure tramite diversa gestione degli immobili che non funzionano. Quindi, ancora una volta, siamo di fronte alla precisa esecuzione di cose imposte da altri.

Detto questo, la seconda parte, sempre nell'inquadramento generale della situazione, riguarda i famosi 750 miliardi più i 1.024 del bilancio allargato dell'Unione europea: come arrivano e come vengono spartiti? Effettivamente l'Italia ci guadagna o ci perde? Alla fine l'Unione europea è questo, roba da bottegai: guadagniamo o perdiamo?

Bene, innanzitutto il bilancio europeo è stato rafforzato. Noi sappiamo - se non lo sappiamo, lo dico io adesso - che ogni Nazione contribuisce in ragione dell'1,27 per cento del reddito nazionale lordo al bilancio dell'Unione europea, che viene integrato con le imposizioni che l'Unione europea fa direttamente. Per compensare gli eventi non ciclici della Brexit, il contributo è stato temporaneamente innalzato all'1,4 e verrà innalzato al 2 per cento per tutto il prossimo settennato, prolungabile per altri sette anni. Quindi, per sette più sette anni tutti, teoricamente, siamo chiamati a contribuire di più. Nelle conclusioni del Consiglio europeo, però, qualcuno ha ottenuto lo sconto: la Danimarca pagherà meno 377 milioni, la Germania meno 3.671 milioni, l'Olanda meno 1.921, l'Austria meno 565 e la Svezia meno 1.069. In compenso l'Italia ha ottenuto che darà di più e, quindi, già partiamo in perdita.

Il guadagno dove sta? Teoricamente - questi non sono ancora dati ufficiali e non c'è alcuna comunicazione della Commissione che lo dica - l'Italia dovrebbe attingere per 209 miliardi, di cui una metà circa è rappresentata da prestiti e l'altra metà da sovvenzioni. Lasciamo da parte i prestiti e occupiamoci delle sovvenzioni. Le sovvenzioni - è il caso di dirlo - sono soldi nostri che ci vengono dati prima e che alla fine pagheremo di più. Sono anticipazioni di cassa: l'Italia pagherà di più e otterrà un beneficio per i primi tre anni dello 0,66 per cento del PIL, dopodiché ci andrà a perdere. Quindi, nel computo globale, ci stanno proponendo prima i soldi nostri e dopo si vedrà. Attenzione perché quei soldi vanno presi praticamente subito: il 60 per cento entro i primi tre anni e il resto entro il quarto, altrimenti non se ne fa più nulla. Quindi, dovremo presentare una serie di piani per cercare di prendere i soldi nostri cofinanziati. Questo è il grandissimo affare che viene spacciato ora in Italia. È un po' come se, in effetti, facessimo la famosa cessione del quinto di stipendio, e cioè abbiamo ottenuto che ci ridiano dei soldi nostri e in cambio ogni mese dovremo dare qualcosa.

Non è un buon affare, non è solidarietà europea naturalmente, non può essere spacciata come tale e deve anche farci riflettere sulle capacità negoziali del nostro Governo che torna dicendo che si tratta di una vittoria, ma i numeri dicono che non è affatto così.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Ferrero. Ne ha facoltà.

FERRERO (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo qui per approvare - come al solito di fretta e quasi con un atto dovuto - due importantissimi provvedimenti che riguardano il futuro dell'Italia e degli italiani: uno scostamento di bilancio da 25 miliardi per il 2020 e un Programma nazionale di riforma che dovrebbe segnare il passo di quelle che saranno le politiche future per il nostro Paese.

Per quanto riguarda lo scostamento, la relatrice Faggi ha già ben illustrato la nostra visione per il futuro dell'Italia, che ben si differenzia dall'immaginario libro dei sogni contenuto nel PNR in esame.

Per quanto riguarda il sostanzioso ulteriore indebitamento a cui andiamo incontro, non abbiamo ancora idea di come verranno in realtà spesi i soldi, ma sarà di fondamentale importanza impiegare bene tali risorse.

Sul PNR abbiamo letto molto. È un documento corposo, per cui la mia personale impressione è stata da subito quella di tante parole. Nelle audizioni che si sono tenute negli ultimi due giorni, ho scoperto che gli auditi - ad esempio Banca d'Italia e Corte dei Conti - hanno rilevato quella che era la mia impressione: la lista delle misure è lunga e i dettagli forniti non consentono la formulazione di un giudizio compiuto. Questa è la Banca d'Italia.

Ebbene, lasciatemi dire che sono molto preoccupata, perché non vedo una via d'uscita. E sono tanto più preoccupata perché le mie preoccupazioni sono oggi supportate dalle memorie rilasciate da chi fa i calcoli, le analisi e da chi supporta con i suoi preziosi lavori il nostro lavoro parlamentare. Non dovete ascoltare me: basta ascoltare loro e non le vostre inutili task force. Il grido di allarme dice di agire velocemente, con concretezza ed efficienza. Non bisogna perdere questa partita: abbiamo in mano il futuro del Paese, stiamo indebitando fortemente le generazioni future.

Purtroppo gli importanti interventi, quelli da 20 miliardi a debito con il cosiddetto cura Italia, i 55 miliardi a debito con il cosiddetto decreto rilancio, il cosiddetto decreto liquidità a debito per le aziende e le partite IVA - non dimentichiamo - non hanno avuto le caratteristiche e le qualità essenziali richieste. Non c'è stata concretezza, interventi scollati dalla base e dalla realtà che hanno portato a inevitabili ritardi e a conseguenti gravi inefficienze.

Questi sono i problemi del Governo e di tutto l'apparato burocratico che voi non avete alcuna intenzione di semplificare. Non c'è velocità, non c'è concretezza e, di conseguenza, non c'è efficienza, perché i provvedimenti non arrivano alla base, non arrivano ai cittadini e, quindi, non hanno gli effetti sperati. I provvedimenti sono talmente macchinosi e cervellotici che chi si trova in vera difficoltà non riesce ad accedervi.

Ci siamo riempiti di crediti di imposta e allora non era più facile abbassare le tasse? Il bonus del 110 per cento ha sortito una confusione senza precedenti, creando pericolose aspettative e voi cosa fate? Prorogate un vergognoso stato di emergenza, che prevede ancora il lavoro in smart working dei dipendenti pubblici. Questo è un Paese ingessato, con uffici chiusi, a cui si deve chiedere un appuntamento. Ma dove pensate che possano fare le pratiche i cittadini e i professionisti? Le aziende e le partite IVA per ripartire hanno bisogno anche di un supporto efficiente della pubblica amministrazione.

Un esempio: a Torino per portare via quattro macerie, un imprenditore ha impiegato dieci giorni, e forse non ha ancora finito e non è ancora arrivato alla fine dell'iter, quando una volta ci metteva un giorno. E noi vogliamo migliorare il nostro Paese in chiave energetica? C'è una contraddizione di fondo evidentissima.

Per quanto riguarda il bonus vacanze, è macchinoso, irraggiungibile da chi è davvero in difficoltà, improponibile per gli operatori del turismo che dovrebbero farsi carico del credito di imposta.

Bisogna avere quindi i piedi per terra. Sapete - ad esempio - che la rateizzazione delle imposte sul reddito, oltre che dei tributi locali, è concessa dallo Stato al tasso usuraio del 4 per cento? Abbiamo uno Stato usuraio con i suoi cittadini. Andate a vedere cosa succede alla fine della dichiarazione dei redditi.

A rischio di sembrare il disco rotto di sempre, sapete altresì che molte categorie stanno ancora aspettando la cassa integrazione? Lo sappiamo e dovreste saperlo anche voi.

A queste condizioni come facciamo a vedere di buon'occhio un ulteriore indebitamento se finora 75 miliardi sono stati impegnati male?

Senza contare - e poi concludo dopo quest'ultima osservazione - il gravissimo annuncio del collega Bagnai, sulla scia delle dichiarazioni rese ieri dal ministro Gualtieri in audizione: abbiamo avuto conferma che non solo i fantastiliardi dell'Europa sono in varie forme da restituire - come era già previsto - ma i crediti delle misure previste dal recovery fund saranno privilegiati, a discapito quindi del valore dei nostri titoli di Stato.

È davvero ora che il Governo dia un giro di chiave in un'ottica di maggiore efficienza o il nostro Paese sta andando nella direzione sbagliata. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Laus. Ne ha facoltà.

LAUS (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, rappresentante del Governo, la saggezza popolare insegna che chi ben comincia è alla metà dell'opera e la storia delle riforme nel nostro Paese è cominciata quasi sempre così. Il guaio è che, come è cominciata, così è finita, con un perenne incompiuto. E quel compito svolto solamente a metà non si è nemmeno tramandato nel tempo, tant'è che sulle partite più importanti - penso ad esempio alla sburocratizzazione del nostro sistema Paese - il Governo e il Parlamento di turno si sono ritrovati ogni volta a fare il classico giro dell'oca.

Tocca a noi, oggi, metterci in marcia con le migliori intenzioni e un programma invidiabile. Non c'è dubbio, infatti, che il Programma nazionale di riforma del Governo espliciti una genuina consapevolezza di ciò che serve al nostro Paese e non c'è dubbio che definisca un ambizioso percorso finalizzato al rilancio.

Per tornare però alla saggezza popolare, il Programma di riforma 2020, nella sua visione d'insieme e nella sua oggettiva completezza, è di certo un buon modo di cominciare, ma non ci mette al riparo dal rischio di fermarci, come tanti nostri predecessori, alla metà dell'opera. Due sono le variabili di rischio su cui voglio concentrare l'attenzione dei colleghi e delle colleghe: il cronoprogramma degli interventi - bisogna dire e dirci quando si realizzano e in quanto tempo - e la qualità delle scelte, che devono essere quanto mai coraggiose, se vogliamo evitare - come spesso è accaduto nel passato - di lasciare in eredità cambiamenti di corto respiro e di breve scadenza.

La prima scelta di coraggio riguarda - a mio avviso - le politiche del lavoro, e più specificatamente una loro corretta interpretazione all'interno del Programma di riforma. Sulla carta possono sembrare solamente una sezione tra le tante del piano strategico, ma nei fatti devono rappresentarne il fulcro. Il tema del lavoro deve essere considerato il minimo comun denominatore di tutti gli ambiti di intervento esaminati dal Programma nazionale di riforma: semplificazione; sblocco delle opere pubbliche; potenziamento delle reti infrastrutturali; strategia per l'innovazione tecnologica; miglioramento nell'amministrazione della giustizia e della sanità pubblica; valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale, ma anche piani di intervento per una nuova edilizia sociale. In tutte queste azioni e in ogni altra che ci apprestiamo a intraprendere il lavoro è l'elemento di massima trasversalità ed è quello che riconduce a sintesi. Pertanto, è il lavoro l'elemento da traguardare quando ragioniamo di cronoprogramma e di priorità.

Se dunque vogliamo perseguire l'obiettivo di mettere il lavoro al centro del Programma di riforma, è bene che diciamo parole chiare su come rinnovare il rapporto tra lo Stato e il tessuto imprenditoriale, improntandolo ad una reciproca fiducia tra Stato e impresa, perché è dall'impresa che viene il lavoro e non da altre parti: solo ed esclusivamente dall'impresa. Se vogliamo mettere il lavoro al centro, è bene che ci diciamo parole chiare su quando e come affronteremo il tema dell'equa retribuzione. Ed è bene che prendiamo l'impegno di destinare, in modo trasparente e tracciabile, le risorse provenienti dalla lotta all'evasione fiscale per abbassare il costo del lavoro.

Le risorse ottenute dalla lotta all'evasione fiscale devono essere ricanalizzate nei portafogli dei contribuenti, cioè del lavoratore e dell'impresa, almeno in percentuali da concordare e da quantificare, se proprio non si vuole restituire il 100 per cento.

Se vogliamo mettere il lavoro al centro è necessario che interveniamo subito sulla sproporzione tra le risorse destinate alle politiche attive e quelle destinate alle misure di tipo assistenzialistico. Non è possibile infatti che, su 31 miliardi stanziati nel 2020, oltre 30 diventeranno ammortizzatori e sussidi, erogati tra l'altro attraverso istituti che si sovrappongono tra loro e attraverso procedure farraginose che penalizzano tanto i lavoratori quanto le aziende. E nel Piano di riforma fortunatamente e doverosamente questo c'è scritto e ce n'è traccia.

A creare l'occupazione o a renderla più competitiva resteranno le briciole, mentre il reddito di cittadinanza sta mostrando i suoi limiti e sta tradendo le aspettative di riscatto che portava con sé. Non si chiede di eliminare il reddito di cittadinanza, perché è una domanda giusta. Ma a questa domanda giusta - dal mio punto di vista - abbiamo dato una risposta sbagliata; il reddito di cittadinanza va rivisto.

Infine, il lavoro dovrà essere l'alfa e l'omega della spesa futura derivante dagli stanziamenti europei (il recovery fund e il MES), perché quelle in arrivo dall'Europa sono cifre straordinarie, che avranno una ricaduta straordinaria di sistema solo se sapremo valorizzarle al meglio. Sono cifre straordinarie e, per questo, hanno delle condizioni - ci mancherebbe altro - come quando si va a chiedere un mutuo. Chi pensa di poter fare a meno dei 37 miliardi del MES, per via delle condizioni imposte, non si deve neanche avviare sulla strada delle riforme. Deve avere l'onestà intellettuale di lasciar perdere, riconoscendo che gli manca la visione d'insieme e che è oggettivamente incapace di vedere l'interdipendenza tra i vari settori di intervento, incapace di vedere la primazia del lavoro nel novero delle aspettative di crescita.

Tempi certi e inedito coraggio: io non aspetto che siano le colleghe o i colleghi della minoranza a chiederli al Premier o ai Ministri. Me ne voglio assumere la responsabilità in prima persona e come me auspico voglia fare anche il resto della maggioranza, riconoscendo di non dover essere balbuziente nell'interlocuzione con il Governo, perché è in questo modo che si garantisce la centralità del Parlamento.

Del resto, l'obiettivo delle riforme è patrimonio di tutte le forze politiche, pur nella differenza di impostazione. Si tratta di dar linfa al tessuto socio-economico, per renderlo sempre più competitivo e resiliente, nel totale rispetto dell'ambiente naturale che lo ospita e altrettanto nel rispetto umano della comunità che lo anima. È una sfida che ho deciso di accettare con coraggio. Non voglio accontentarmi di qualcosa di meno. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Perosino. Ne ha facoltà.

PEROSINO (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Vice Ministro, colleghi, ai 75 miliardi di indebitamento già autorizzato si aggiungono i 25 che dovremmo approvare oggi. Ma di cassa sono solo 32, secondo quanto ho letto nella relazione. Il debito pubblico è a 2.500 miliardi, perché contiene già una parte dei 75; ma, prima di arrivare a fine anno, con l'altra parte dei 75, con i 25 e con altri miliardi ancora (i 25 non basteranno), saremo abbondantemente a 2.600 miliardi di debito, con un rapporto deficit-PIL pari a 11,9 o a 12 - bei tempi, quando ci accapigliavamo sul 2,4, anziché sul 2,2 - e con un rapporto debito-PIL pari a 157,6. Ma il PIL è a 1.600 miliardi, mentre prima veleggiava sui 1.800 o 1.850.

Dal punto di vista economico, non è solo colpa di questo Governo e della maggioranza: è il loro fallimento ufficiale. Se fosse una ditta privata, sarebbe già fallita da qualche decennio. Bei tempi anche quando, fino al 2019, c'era un avanzo primario che purtroppo non era sufficiente a pagare gli interessi. L'avanzo primario era pari a circa 30 miliardi, ma poi gli interessi, che ammontavano a 60-65 miliardi, lo annullavano e facevano sì che fossimo in deficit di 35-40 miliardi, a seconda delle manovre, che andavano ad aggiungersi al debito pubblico. Ora voi dite che il recovery fund porterà 200 miliardi. Questa mattina è uscita una dichiarazione del Presidente della Bundesbank, che dice qualcosa di diverso. A me pare che gli importi che sono stati sbandierati non siano certi, perché dipendono dal numero dei Paesi che ne faranno domanda. Neanche le date sono certe (saranno erogati a tranche) e comunque ci sono delle condizioni.

Mettetevelo in testa: nulla è gratuito, tutto è a valere sui futuri contributi annuali dei singoli Paesi. È chiaro che i Paesi virtuosi non vogliono pagare in futuro per noi.

Pensate che il MES - 36 miliardi, che vanno comunque restituiti - possa essere usato per la spesa corrente? Ho qualche dubbio. Poi ci sarebbero i fondi che dovremmo stanziare per partecipare ai finanziamenti della BEI e al Sure, oltre al contributo ordinario che diamo all'Europa di 17 miliardi, parte corrente, cash, e forse qualcosa in più per quest'anno, perché il Regno Unito è uscito dall'Europa.

Ci vuole però in futuro la capacità di rimborso: dalla gestione ordinaria dovranno essere risparmiate le rate che consentono di pagare e onorare le scadenze.

Ora voi potete - ve lo auguro - sperare in un'inflazione che vada poco sopra a quella fisiologica del 2 per cento - anche se non è più il 2 per cento oggi, in un periodo di deflazione - un'inflazione che vada almeno al 2-3 per cento, che consenta di ridurre l'entità del debito.

Se fosse possibile, in base al Regolamento del Senato, vorrei poter avere un dibattito. Ho sempre il Vice Ministro davanti e gradisco la sua personale attenzione e simpatia, che ricambio, ma ditemi che queste cifre sono sbagliate, che sono sbagliati gli importi che ho provato a dire da ragioniere di Provincia.

Occorre - l'ho già detto in un'altra occasione - cambiare strategia. Quello che state facendo non ha acceso l'economia, non l'ha fatta partire: lo dicono tutti, lo dicono i dati. L'economia, nel suo circolo virtuoso, dove tutti lavorano, porta i contributi, porta le tasse e i versamenti all'Erario, in maniera da far funzionare il sistema di competenza e di cassa e di prevedere di rimborsare, ma soprattutto di finanziare l'attività ordinaria (le pensioni) e straordinaria (gli investimenti dello Stato).

Un bel giorno Conte dice di diminuire l'IVA e Gualtieri, nel giro di due ore, dice che Conte si è sbagliato e che non si può diminuire l'IVA. Abbiamo sicuramente sterilizzato le clausole di salvaguardia, che erano un retaggio, un errore gravissimo del passato.

Abbiamo il direttore generale dell'Agenzia delle entrate che dice che si pagano le tasse appena si incassa la fattura. Ma dove viviamo? Come si fa l'utile? Ci sono gli oneri finanziari, gli ammortamenti e tutto quello che può succedere in un'azienda. Questa è fantascienza.

Sempre Ruffini dice poi che saranno spediti milioni di cartelle esattoriali: per favore, tenetele nei cassetti. Ruffini parla, ancora, di un condono di 400 miliardi: non esiste. Lo abbiamo già detto nel dibattito in Commissione finanze: sono dati messi lì, che si riferiscono a tasse del passato in capo a ditte fallite da decenni.

Ho ascoltato gli interventi e ho sentito parlare ancora qualche minuto fa di lotta all'evasione. Non so di che evasione si parli: semmai, siamo all'evasione di sussistenza oppure a quella dei grandi gruppi, e fatela.

Tutti dicono che ci saranno aziende in crisi e ci sarà disoccupazione quest'estate: è sicuro. Lo dicono tutti, purtroppo, e io vorrei che non fosse vero. Allora, che facciamo? Teniamo aperti 300 tavoli che tra un po' saranno 600? Le aziende, anche nei territori sani, hanno dei problemi.

Penso che gli investimenti - se servirà qualcosa il decreto semplificazioni - debbano partire oggi pomeriggio; devo vedere le ruspe.

Credo che i residui nei bilanci degli enti, a cadere tutti gli enti pubblici, devono essere spesi, altrimenti devono essere revocati. E, poiché siamo in una specie di guerra - mi dispiace, è una forma diversa, ma è guerra - dovete dire alle aziende, a chi lavora e a chi ha ancora buona volontà di svegliarsi presto al mattino e di finire tardi la sera: «Fate come potete, non vi facciamo controlli, non vi facciamo accessi per un certo numero di mesi». Smettiamola di pensare che tutti coloro che lavorano siano delinquenti: «Fate come potete, lavorate perché i soldi li versate, li fate girare spendendo». Questa è una massima normale dell'economia: lasciatela sviluppare da sola, perché ha in sé la volontà, la capacità, le risorse umane e psicologiche per svilupparsi. Ma non togliete la molla che fa scattare questo: pagare sì le tasse, ma guadagnare legittimamente.

Date una mano al turismo, dall'estero soprattutto. Purtroppo quello che abbiamo deciso ieri - non so se fosse giusto o sbagliato - non aiuta a fare arrivare i turisti dall'estero. Dite alle aziende di tornare a produrre in Italia; occorrono agevolazioni fiscali assolute. Fate come Trump, anche se non vi piace tanto.

No alle spese assurde. Quest'anno se ne andrà qualche miliardo per l'immigrazione - ne parleremo domani - e per i sussidi ai nullafacenti. Non si può pensare che lo smart working o la parità di genere risolvano il problema. Siccome questo non avverrà e mi dispiace - magari ne dibatteremo ancora - io mi preoccupo assai come cittadino e come rappresentante di elettori lavoratori che tutti i giorni, nei momenti di incontro, mi fanno presenti le loro difficoltà.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Stefani. Ne ha facoltà.

STEFANI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, da tanti anni stiamo parlando di riforme e della necessità che lo Stato debba essere riformato, ma di vere riforme in realtà non se n'è vista traccia. Che il nostro Stato abbia bisogno di una riforma è una necessità che si è evinta anche in questi ultimi mesi, visto quello che è accaduto nel corso della grave crisi epidemiologica.

Il problema è che si è creato un avvitamento istituzionale e costituzionale - lo abbiamo visto - nell'ambito del quale ci sono state problematiche relative a chi doveva fare cosa. Sto parlando in particolare del rapporto fra lo Stato e le Regioni. Una delle grandi riforme istituzionali - non dico solo costituzionale, ma istituzionale - necessaria è infatti la revisione dei rapporti fra lo Stato e le Regioni: è in tal senso che opera il cosiddetto regionalismo differenziato.

Dispiace, invece, che nel Programma nazionale delle riforme in esame l'argomento sia liquidato in pochissime parole; anzi, direi che è proprio liquidato. Nel momento in cui espressamente si dice «con riguardo all'autonomia differenziata, il Governo, nel confermare implicitamente l'intendimento di proseguire», vi è già un problema. Occorre infatti che vi sia un impegno esplicito a proseguire questo tipo di riforma. Che non ci sia l'impegno forse lo si era già capito dall'ultima proposta della cosiddetta legge quadro del ministro Boccia, che risale a novembre dell'anno scorso: norma che non è mai stata inserita nella legge di bilancio e probabilmente sta languendo in qualche corridoio del Ministero. Apro una parentesi: comunque, in quella legge quadro non si sta parlando di attribuzione di competenze ai fini di una concessione di autonomia; è tutt'altro. Ma di questo non vi è proprio traccia.

A pagina 62 del Programma nazionale delle riforme si dice che «si opererà sulla definizione preliminare dei livelli essenziali delle prestazioni». Corretto, ma questo non è invero l'autonomia; è una condizione, un presupposto, un collegato, una necessità, ma non è la concessione di autonomia. Anche una volta fatto questo, si dovrà discutere di tutto il resto, ma non lo si sta facendo.

Del lavoro che era stato fermo dalla fine di luglio dell'anno scorso ad oggi non vi è più traccia: mi riferisco a una discussione su quali possano essere eventualmente le materie per un'attribuzione di ulteriori particolari forme di autonomia.

Non si sta parlando di un tema cruciale, che è il meccanismo di finanziamento dell'autonomia, ovvero con determinate competenze che tipo di risorse potranno essere attribuite e in che maniera. Sono tutti argomenti fondamentali su cui non si sta proprio discutendo.

È evidente che il regionalismo differenziato non è una priorità di questo Governo. È di certo un argomento difficile e complicato, ma occorre coraggio per affrontare le riforme e temi complicati e articolati.

Che vi sia un'esigenza di riforma dello Stato, l'abbiamo capito: è da anni che si discuta di questo. Ma quand'anche non si volesse parlare di riforme istituzionali, vi è oggi un'aspettativa forte delle Regioni. Sono quelle Regioni che hanno richiesto l'autonomia e ulteriori competenze, e non in base a un regolamento di condominio, ma in base a una norma della Costituzione. E, fino a prova contraria, se non vi è un diritto palese, sicuramente vi è un'aspettativa.

E pensare che il regionalismo differenziato è una validissima soluzione anche per rispondere a un territorio italiano variegato, perché la bellezza vera dell'Italia è proprio la specialità delle Regioni, le loro differenze. Il vero made in Italy è il made in Toscana, il made in Umbria, il made in Sicilia: questa è la vera bellezza dell'Italia.

Quali sono le capacità del regionalismo? Certamente quella di superare duplicazioni, sovrapposizioni che creano confusione anche nella normativa concorrente. È un meccanismo per valorizzare le caratteristiche territoriali e le eccellenze locali, ma soprattutto è l'attribuzione di una responsabilità della politica locale, della politica delle Regioni che, nel momento in cui avranno l'onore di avere determinate competenze, avranno anche l'onere di eseguirle bene e di rispondere nei confronti di cittadini. E che non si venga a dire, poi, che, dato il periodo che viviamo, si sono avute delle difficoltà. Sicuramente, però richiamo le parole non certo di una leghista, ma del Presidente di una importante Regione del Sud che ha detto molto semplicemente che in questo momento di crisi, senza le Regioni, l'Italia sarebbe sprofondata. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Granato. Ne ha facoltà.

GRANATO (M5S). Signor Presidente, molti e importanti provvedimenti per l'istruzione, l'università e la ricerca e per l'alta formazione artistica e musicale sono annunciati nel Programma nazionale di riforma 2020.

Fuori dalla legislazione di emergenza, la scuola, oggi più che mai, ha bisogno di interventi di sistema che risolvano le numerose criticità, palesi e nascoste, che sono state generate da ventennali interventi legislativi errati. Prima o poi i nodi vengono al pettine, e ciò che qualsiasi docente aveva già previsto, all'alba delle pessime soluzioni trovate in questi ultimi vent'anni per la scuola, è oggi rilevato da dati che pongono l'Italia al di sotto della media Europea per gli apprendimenti di base, in particolar modo dell'area scientifico-matematica, per la dispersione scolastica, per l'inclusione degli stranieri e per il digital divide.

L'Europa per l'Agenda 2030 ci raccomanda, dunque, di intervenire sulla qualità e sull'adeguamento sostenibile della didattica alle potenzialità offerte dalla tecnologia in chiave inclusiva.

Le ultime riforme hanno sicuramente incrementato i deficit di apprendimento degli studenti a causa dell'emorragia delle ore di didattica curricolare attraverso l'alternanza scuola-lavoro e la schizofrenia progettuale dell'autonomia scolastica.

Il PNR pone le premesse per rimediare a questi gap attraverso una serie di misure. Per quanto attiene alla didattica digitale, è prevista l'istituzione di un fondo per dotazioni tecnologiche e connettività a favore degli studenti con fascia di reddito bassa. Inoltre, sono in programma altri fondi per interventi di edilizia scolastica per migliorare gli ambienti di apprendimento e dotare tutte le scuole di connessione tramite fibra ottica.

Al di là degli esiti incerti della didattica a distanza, sperimentata nella fase di emergenza, è sicuramente condivisibile l'obiettivo di sperimentare le potenzialità della tecnologia su una piattaforma ministeriale dedicata, per elaborare strategie a contrasto dell'abbandono scolastico o per valorizzare le eccellenze garantendo maggiore connettività e supporto costante di personale tecnico, a partire dalle scuole del primo ciclo.

I disagi affrontati per gli ambienti di apprendimento in conseguenza dell'emergenza Covid pongono poi in essere la necessità di sbloccare con urgenza i fondi per i poli per l'infanzia, fornendo il necessario supporto tecnico ai Comuni. Queste nuove strutture possono diventare un'occasione per ampliare l'offerta statale gratuita per i nostri bambini con la costituzione di nuove sezioni da mettere sotto la direzione degli istituti comprensivi. C'è tanto personale competente e selezionato nelle graduatorie a esaurimento che attende di essere assunto e tante famiglie che non trovano spazio per i loro figli nelle strutture pubbliche esistenti.

Migliorare ed ampliare l'offerta statale nell'infanzia significa garantire qualità dell'offerta formativa, trasparenza, partecipazione delle famiglie attraverso gli organi collegiali al progetto educativo dei loro bambini. Importante ed apprezzabile è l'impegno del Governo per migliorare la conoscenza delle lingue straniere fin dalla scuola dell'infanzia. Per contrastare la dispersione scolastica sono previste misure perequative per le aree ad esclusione sociale, l'aumento dei posti di organico di diritto su sostegno e la riduzione del numero degli studenti per classe, tutti interventi che, se disponibili già da quest'anno, oggi ci avrebbero concesso miglior aggio nella riapertura delle scuole. Non marginali, infine, sono le misure per la formazione e il salario degli insegnanti, anche attraverso prospettive di una carriera che ne possa valorizzare il merito e l'impegno professionale. La classe docente è stata trascurata negli ultimi anni dal legislatore sotto tutti gli aspetti, da quello economico a quello del riconoscimento professionale. La legge n. 107 del 2015 ha ridotto notevolmente la qualità dell'insegnamento, già sminuita dalla didattica per competenze tanto cara all'economia di mercato. Oggi dall'Europa stessa è avvertita la necessità di invertire la rotta rispetto a una proposta formativa che rischia di creare generazioni di automi disorientati facilmente influenzabili. Fondamentale per noi è stato l'impegno del ministro Azzolina e di tutto il Governo a mantenere fermo l'obiettivo della riapertura in presenza a settembre, ma anche sull'università e sugli enti pubblici di ricerca sono previste apprezzabili misure con cui si intende aumentare il numero dei laureati mediante il potenziamento delle misure a favore del diritto allo studio. Infatti, il numero dei laureati è oggi inferiore, in Italia, rispetto alla maggior parte dei Paesi OCSE. Sono previste misure per aumentare le interazioni con il mondo del lavoro, coordinare le attività di ricerca anche mediante l'Agenzia nazionale per la ricerca, aumentando i finanziamenti nel settore per valorizzare i percorsi ITS nei poli tecnici professionali e nei percorsi annuali di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS). Appare fondamentale, in un'ottica di valorizzazione delle attività culturali del nostro Paese, l'intendimento del Governo di preservare, potenziare e valorizzare l'alta formazione artistica, musicale e coreutica, una grande risorsa apprezzata in tutto il mondo che ha bisogno urgente di un riordino e di percorsi di reclutamento meritocratici.

Nell'ottica dell'internazionalizzazione e degli scambi tra gli Stati e la frequenza di scuola a carattere europeo come Commissione cultura abbiamo chiesto al Governo anche di adottare misure volte alla semplificazione delle procedure di dichiarazione di equipollenza dei titoli all'interno dell'Unione europea. Grazie alla disponibilità del Governo, quest'anno ci sono stati investimenti nella scuola italiana pari a ben sei miliardi di euro e nell'università e nella ricerca pari ad oltre due miliardi. Questa inversione di rotta qualificante sarà il volano della ripresa, perché non ci può essere sviluppo senza investimento nel capitale umano e i nostri giovani sono la risorsa vincente per puntare su un futuro sostenibile, libero e dignitoso. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Candiani. Ne ha facoltà.

CANDIANI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, rappresentante del Governo, devo dire, innanzitutto, che se ritorniamo oggi qui in Aula per la richiesta di ulteriori fondi e ci arriviamo nel mese di luglio, questo ci fa molto arrabbiare, perché ricordo che inizialmente, quando si affrontò il tema delle risorse che occorrevano per poter affrontare la crisi post Covid, quella economica che stiamo vivendo oggi, più o meno a metà aprile, in questa stessa Aula ci fu un intervento del professor Bagnai, che pronunciò la frase già pronunciata tempo addietro da Mario Monti: «Whatever it takes». Vi si invitava a chiederci tutte le autorizzazioni che volevate in una volta sola, tutto quello che serviva per mettere il Paese in condizioni di avere fiducia nel futuro, perché in quel momento - stiamo parlando del mese di aprile - si chiedeva al Paese di fermarsi, ma il Paese l'indomani doveva avere la certezza che il Governo avrebbe fatto attività di assistenza, ma anche attività di rilancio per consentire alla nostra economia di riprendersi.

Ci avete riso in faccia, ci avete sbeffeggiati, ci avete anche denigrati presso gli italiani per mesi, facendo credere che non ci fosse collaborazione da parte dell'opposizione. Ricordo ancora oggi quelle stesse parole: «Whatever it takes». Ministro: vi abbiamo detto di chiederci tutte le autorizzazioni, tutto quello che serviva, non c'erano né opposizione, né maggioranza, il Paese aveva bisogno e noi c'eravamo. Ebbene, ci avete sbeffeggiati e avete prima richiesto qualche miliardo, poi siete passati a 20, poi a 55, adesso altri 20, poi c'è stata tutta la melina sul recovery fund, tutta la questione sul MES. Febbraio, marzo, aprile, maggio, giugno, luglio.

Se tutto va bene, sappiamo anche che i fondi del recovery fund arriveranno, forse, nel 2021, con condizioni che poi capiremo quanto saranno difficili, per giustificare questa lunga attesa.

Questo che cosa si dice? Che l'azione che voi state portando avanti non è finalizzata, purtroppo. Qui rispondo alla collega Pinotti, che nell'intervento di ieri qui in Aula si chiedeva chi può pensare che il Governo non stia lavorando nell'interesse del Paese: ebbene, chiunque stia guardando che cosa voi state facendo oggi, perché è evidente che voi, oggi, non state lavorando nell'interesse del Paese, ma state lavorando semplicemente per garantire al Governo di poter sopravvivere, indipendentemente dalle scelte economiche e dalle decisioni che vanno prese. (Applausi).

Se dall'Europa sono arrivate disponibilità per risorse e sforamento, paradossalmente, di questo dovete ringraziare la presenza in Italia, nel Parlamento italiano, di Matteo Salvini, perché il terrore che possa esserci un Governo guidato da Salvini, e non un Governo guidato dal Partito Democratico con il MoVimento 5 Stelle portato al guinzaglio, fa sganciare all'Unione europea qualsiasi fondo chieda l'Italia alle autorità europee.

Questo, però, non è garantire al Paese un'azione di governo in grado di farci riprendere e crescere dopo la crisi economica. Questa è sopravvivenza politica, la vostra. Allora, signor Presidente, ci consenta di essere molto preoccupati, anche perché è oggettivo che il nostro è un Paese che ha fatto fatica, nel corso degli ultimi decenni, a spendere le risorse dell'Unione europea. Sappiamo che sui piani triennali l'Italia arriva sempre in ritardo, arrivando addirittura ad avere, nel periodo 2014-2020, una capacità di impiego e di spesa di 17 miliardi di euro, sui 75 a disposizione.

È ben difficile pensare che, se non cambiate le regole che stanno, o meglio che dovrebbero stare alla base dell'efficienza di Governo, si possa essere in grado di spendere la montagna di soldi, di cui oggi date la disponibilità, in un periodo addirittura di due anni.

È allora evidente che in questo momento voi cercate di prendere il vantaggio della situazione Covid-19, purtroppo, per affrancarvi rispetto a dei vincoli politici che, altrimenti, dovreste rispettare nei confronti dei cittadini italiani. Cittadini italiani che non possono votare e che non sono neanche nella possibilità di lamentarsi, perché, quando ci sono richieste di spazi e di autorizzazioni, come hanno fatto nei giorni scorsi gli autotrasportatori, per potere manifestare il disagio della loro categoria, viene loro impedito di manifestare.

La richiesta di proroga di stato di emergenza di ieri, unità a questa disponibilità di risorse, vi consente di fare quelle che - sarò censurato, ma devo dirlo - sono le classiche marchette.

PRESIDENTE. Senatore Candiani.

CANDIANI (L-SP-PSd'Az). Censura?

PRESIDENTE. Senatore Candiani, non è che poi ci si riprova, per trovare il modo di dirlo.

CANDIANI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, non c'è problema. Tanto, alla fine, che io lo dica in una maniera o lo dica in un'altra, gli italiani hanno capito di cosa parliamo. Che sia il reddito di cittadinanza o che siano i bonus, è realtà.

PRESIDENTE. Senatore Candiani, poi le farò recuperare i minuti e, quindi, sicuramente non le rubo del tempo. Non è che qui, però, ci esercitiamo. Nella foga dell'oratoria, sono ammesse certe espressioni, ma io sono convinta che lei conosca moltissimi altri vocaboli che possono rendere il concetto. Usare termini volgari, manca di rispetto all'Aula e involgarisce il luogo e le istituzioni.

Quindi, il mio richiamo non è formale o di rito. Non è neanche un gioco tra chi presiede e chi interviene che si diverte a ripetere il termine. Comunque, senatore Candiani, lei conosce la stima che io nutro nei suoi confronti. Quindi, ovviamente, prosegua nel suo intervento.

CANDIANI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, le garantisco che non dirò più in quest'Aula che il Governo fa marchette, assolutamente.

PRESIDENTE. Bene. Allora, per quanto mi riguarda, d'ora in poi ci saranno, ovviamente, dei richiami formali nei confronti di chiunque pronunci termini che non sono consoni alla dignità di quest'Aula.

CANDIANI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, quando bisogna dire la verità, io non mi preoccupo neanche dei richiami formali. Comunque, non abbia dubbi, perché gli italiani hanno capito.

PRESIDENTE. Sa molto bene che il problema non è questo. Prosegua nel merito, la prego.

CANDIANI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, la sua difesa del Governo fa certamente onore al Governo.

PRESIDENTE. Sto difendendo l'Aula.

CANDIANI (L-SP-PSd'Az). Detto questo, è indubbio che quello che voi state facendo oggi non ci dà prospettive di sviluppo nel futuro, perché voi state intervenendo solo con richieste di spesa, ma non cambiando le regole che stanno alla base della capacità di efficienza della spesa pubblica.

Questo è un Paese che non ha bisogno di assistenza. L'assistenza la si fa nel momento dell'emergenza, anche se voi avete detto che durerà fino al 31 dicembre. L'emergenza va superata con lo sviluppo, con la crescita e con il rilancio e quel piano di rilancio da 55 miliardi di euro, che ci dovevate portare nel mese di aprile, lo avete portato in quest'Aula il mese di luglio. Allora è evidente che quello che state facendo ci preoccupa molto, perché voi oggi non siete in grado di superare quelle difficoltà di sistema che da anni pongono l'Italia in fondo alla lista dei Paesi che hanno sviluppo economico in Europa.

Occorre guardare alle contraddizioni, che tra l'altro stanno nel programma. Signor Presidente, qui dentro c'è un libro dei sogni che vorremmo tutti vedere realizzato. Ma è indubbio ed è innegabile che, se le regole che stanno alla base, che siano quelle della gestione burocratica del Paese, quelle su cui è organizzato il Paese, quelle della giustizia, quelle della burocrazia o che siano quelle dell'economia o dello sviluppo, non vengono cambiate, gli effetti non possono che essere i medesimi di prima, quindi frustranti.

Nei prossimi giorni affronteremo il cosiddetto piano di semplificazione. Se l'impostazione - e l'abbiamo già vista - è quella che è scritta qui dentro, è solo l'assemblaggio di brandelli di spending review non attuata negli anni passati. Ricordo che il PD è al Governo ininterrottamente dal 2010, tranne un anno e qualche mese del nostro Governo con i 5 Stelle: siete sempre gli stessi, non l'avete fatto allora e non lo fate oggi. Non capisco sulla base di quali condizioni dovremmo prevedere il contrario.

Qui dentro ci sono richieste e previsioni che sono in contraddizione con il vostro stesso Governo. Leggo esplicitamente e precisamente che qui dentro avete intenzione di spingere sull'alta velocità: ben venga. Per l'infrastruttura ferroviaria si punterà ad «una progressiva estensione del sistema, secondo logiche di integrazione con la rete esistente». Sarà ampliata mediante «l'utilizzo oculato delle tratte convenzionali» e, laddove necessario, con la «realizzazione ex novo di varianti e tratte integrative» di alta velocità. Ottimo, è quello che vogliamo sentire ed è quello che vogliamo veder realizzato, non solo per la Torino-Lione, ma per arrivare fino a Trapani. Tutto il Paese si deve sviluppare.

Se però queste cose non le spiegate e non spiegate come intendete sostenerle politicamente, questo è tutto un libro dei sogni, messo qui per giustificare in Unione europea che volete fare delle riforme, ma su cui non ci sono i presupposti politici della maggioranza di Governo affinché si realizzino.

La preoccupazione è allora ancora più grande, perché le risorse che sono a disposizione oggi non ci saranno più domani, ma resterà il cappio legato al collo degli italiani per la necessità di restituire risorse che sono prestito; e quandanche non siano prestito, in alcune parti, ma siano cosiddette a fondo perduto, devono essere ripagate con i fondi versati annualmente dall'Italia all'Unione europea.

Che cosa chiediamo? Noi pretendiamo rispetto e considerazione per le nostre proposte e collaborazione. Pretendiamo che siano prese in considerazione azioni di sistema: il sistema fiscale stesso deve essere rivisto; il meccanismo che noi avevamo preparato, quello della flat tax, consente al Paese di essere competitivo; la riduzione del cuneo fiscale e la capacità del Paese di svilupparsi con le infrastrutture, come abbiamo appena accennato.

Aggiungo un paragone e una considerazione rispetto allo sviluppo, nello stesso periodo, nell'Unione europea. Quello che voi chiamate il green new deal, il nuovo accordo ecologico, in Germania significa decarbonizzazione; significa investimenti di miliardi di euro da cui la Germania prenderà vantaggio di competitività sul costo dell'energia per la propria impresa. Noi parallelamente abbiamo investito e continuiamo ad investire oggi su pseudo fonti alternative ed ecologiche, avendo ben chiaro che non potremmo trarre alcun vantaggio dalle risorse messe a disposizione dall'Unione europea.

Signor Presidente, suggerisco una cosa molto semplice al Governo: meno contributi a fondo perduto e parcellizzati e più visione d'insieme. Rimettete mano alle organizzazioni stesse del nostro Paese e alla nostra struttura burocratica, che è ciò che soffoca gli investimenti, altrimenti non ci sarà alcun piano di sviluppo e non ci sarà alcuna risorsa a disposizione che riesca a risollevare l'Italia e con questo avete messo un cappio al collo della futura generazione, senza averle consentito di avere la libertà del lavoro. (Applausi).

PRESIDENTE. Il senatore Candiani, in virtù della mia interruzione, ha beneficiato di ulteriore tempo. Ovviamente non siete invitati a imitarlo.

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. Comunico che, anche in relazione a recenti variazioni intervenute nella composizione dei Gruppi, i Capigruppo sono invitati a far pervenire le designazioni definitive nelle Commissioni permanenti entro le ore 16 di oggi, in vista della convocazione per il rinnovo, ai sensi dell'articolo 21, comma 7 del Regolamento, a conclusione dell'odierna seduta dell'Assemblea.

Ripresa della discussione congiunta dei documenti LVII, n. 3, sezione III,
e LVII-bis, n. 2 (ore 13,43)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Paragone. Ne ha facoltà.

PARAGONE (Misto). Signor Presidente, che scostamento sia, se il tema è azionare la leva del deficit piuttosto che dare in pasto l'Italia e gli italiani a dei meccanismi finanziari molto pericolosi, dei quali conosciamo, cammin facendo, alcune caratteristiche allarmanti, come quella che abbiamo scoperto ieri a proposito della parte per cui ci andiamo a finanziare sui mercati del recovery e di cui abbiamo capito che genera, in capo ai creditori, un credito senior. Forse, sarebbe stato meglio dirlo palesemente e subito, in modo da informare anche quella parte della maggioranza che su questa caratteristica aveva fatto polemica sul MES. Non capisco perché, analogamente, non la faccia sulla parte del recovery interessata proprio dalla caratteristica del generare un credito senior. Però, se l'alternativa è quella, ben venga la parte in cui azioniamo la leva deficit.

Non ho problemi, se ho freddo, ad accendere un fuoco e, se ho fame, non ho problemi ad accendere il fuoco per cucinare e poi mangiare. Ho problemi se però il fuoco viene in mano a piromani perché, a quel punto, il fuoco, che è funzionale alla sopravvivenza, a scaldarmi e mangiare, diventa un oggetto pericoloso ed è sempre lo stesso fuoco. Se dico che non c'è problema a dire sì allo scostamento di bilancio, vi invito a fare attenzione, però, a come parlate.

Vice ministri Misiani e Castelli, quando provocate un Paese già stressato, categorie già stressate come le partite IVA e i ristoratori, stiamo attenti. Lo dico per tutti. Stiamo attenti perché siamo in una fase in cui non è colpa dei poveri ristoratori o di una loro mancata capacità di saper fare il proprio mestiere: se la gente non va più in ufficio a lavorare, i coperti del mezzogiorno saltano perché erano, per lo più, frutto di convenzioni. Se si deve lavorare in smart working, è chiaro che il piano dei coperti salta e, per buona parte, quei ristoratori e pizzaioli rischiano di andare in affanno con il mondo bancario. Se vai in affanno con il mondo bancario, rischi di non onorare più i prestiti e di non pagare più le rate degli indebitamenti e, quindi, rischi di dover essere segnalato alle varie centrale rischi. Quindi, potrai anche avere la migliore idea di business del mondo, ma nessuna banca ti andrà a finanziare perché sei ormai segnalato alla centrale rischi. È molto semplice e non è colpa dei ristoratori, ma di un fatto che è stato trattato in un certo modo e che, quindi, ha portato ad un aumento del lavoro in modalità smart working.

Quando si parla di scostamento, voglio capire qual è la ricaduta a terra qual è l'atterraggio, perché se l'atterraggio, ancora volta, è lungo, non ci siamo. Noi oggi dobbiamo fare i conti con un Paese che ha bisogno adesso di liquidità. Ripeto: se quella economia reale oggi non ha la possibilità di avere dei contributi immediati e dell'ossigeno immediato, sarà tutto un problema che vi si presenterà in faccia da qui alla fine dell'anno, perché tutta questa sofferenza si scaricherà sul mondo bancario. Allora ci saranno nuovi non performing loan (NPL), nuove sofferenze e sul vostro cruscotto dovrete fare i conti con una spia rossa, che è quella delle banche. Queste, infatti, a fine anno vi diranno: abbiamo una montagna di sofferenze che non sappiamo come smaltire; saltiamo anche noi. I soldi dell'Europa e del Governo saranno allora messi a disposizione delle banche. Siccome, però, la coperta è corta, dovrete decidere: o salverete ancora una volta il mondo bancario oppure salverete, come mi auguro, per buona parte il mondo anche dell'economia reale, che è quello che produrrà uno stress e rischia di produrre quella tensione sociale che giustamente preoccupa il Ministro dell'interno.

Ora si parla di soldi. A proposito dei soldi che dovevano essere già pagati e che non sono stati versati, pochi giorni fa ero in Veneto. Vi rappresento la situazione dei risparmiatori che furono ricevuti dall'allora Presidente del Consiglio del primo Governo di questa legislatura che si autodefinì avvocato del popolo e che a questi risparmiatori promise un ristoro di un risparmio tradito. Quei soldi non sono mai arrivati: non è arrivato un centesimo.

Se devo andare in sofferenza, non ho i soldi che mi arrivano da politiche del Governo e, in più, non posso neanche attingere dal mio risparmio privato, allora il Veneto salta; non salta solo il Veneto, però, attenzione: se salta una Regione importante, rischia di incepparsi e saltare un pezzo dell'intera economia reale di questo Paese. Per non dire poi ancora dei debiti della pubblica amministrazione, che restano lì.

Vi aggiungo un ulteriore elemento di valutazione, che vale per il recovery fund, ma può valere anche per i soldi messi immediatamente a disposizione con lo scostamento. Prendiamo il famoso caso delle seggiole-banco, che non so come definire: sapete che praticamente state aiutando produttori non italiani? Il grosso di quei banchi molto probabilmente sarà comprato non da produttori italiani, quindi, con altrettanta probabilità, state aiutando il modello e l'economia cinesi: saranno quasi tutti banchi d'importazione, perché non avete neanche parlato con il comparto dell'arredo né con Federlegno, che dovrebbero essere i primi attori a essere coinvolti. Non sono stati coinvolti e molto probabilmente i soldi stimolati dall'economia italiana per quei nuovi banchi andranno a finire a produttori esteri.

Lo stesso potrebbe capitare con il recovery fund, con il quale potremmo fare un investimento sui pannelli solari: rivestiamo tutti gli uffici e le scuole pubblici con pannelli solari? Benissimo. Peccato che i pannelli solari li andremo a comprare in Cina. E quindi, attraverso i soldi del recovery fund, ancora una volta, andiamo ad agevolare non l'economia italiana, ma un'altra economia.

Visto che siamo in emergenza, che l'emergenza sia su tutto: dovete obbligare a comprare italiano, questo è - o sarebbe - già un momento per ripartire. (Applausi). È mai possibile che i banchi li andiamo a prendere da altri e i nostri produttori, invece, saranno sempre più in sofferenza con il mondo bancario?

In conclusione, colleghi, vi dico una cosa, visto che siamo a cavallo tra lo scostamento e la semplificazione: il settore dei film protettivi adesivizzanti, che ha un export pari all'80 per cento, è incagliato per mancanza di una norma che metta in chiaro a chi - cioè a quale consorzio - si debba conferire il materiale da smaltire. Questi poveri disgraziati del settore finora hanno pagato la Polieco. Mi stia a sentire, signor Vice Ministro: è dal 1993 che pagano la Polieco. A un certo punto, nel 2007-2008, si sveglia anche Conai, l'altro consorzio, dicendo loro che gli devono pagare tutto, per di più con le more. Colleghi, sapete che salta per aria un piccolo distretto industriale che era in attivo e non vi stava chiedendo nulla? Volete prendere in considerazione questa vicenda, per piacere, e risolverla subito? È già nelle mani della magistratura: se questa dovesse sbagliare la sentenza, il settore salterebbe per aria, non perché in sofferenza, ma perché, ancora una volta, mancano un'idea chiara e precisa del legislatore o un indirizzo del Governo. Attenti a far saltare pure distretti che non sono in sofferenza: ve lo chiedo con il cuore in mano; almeno questa cosa, per piacere, fatela, altrimenti non sapremo più dove andare a parare. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore D'Alfonso. Ne ha facoltà.

D'ALFONSO (PD). Signor Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare il rappresentante del Governo, il collega Misiani, e anche coloro i quali hanno giustamente preso sul serio la sessione dei lavori di oggi in Senato, su una questione che può essere letta idoneamente o al suo contrario.

Voglio dare un contributo alla lettura idonea: leggerei il PNR, il Programma nazionale di riforma, come piano nazionale delle risorse. Visto che in queste ultime ore è stato molto citato da parte di tutti in quest'Aula, voglio ricordare il primo Cassese, che tutti forse abbiamo letto o studiato, quando ci insegnava che, accanto alle risorse finanziarie ed economiche, ce ne sono alcune che valgono di più, che sono le risorse quelle normative, amministrative e tecnologiche.

Con il PNR si scrive una pagina chiara e plurale di risorse normative, amministrative e tecnologiche. Queste danno luogo a quelle che si chiamano, poi, le risorse organizzative, che fanno in modo che il dettato della norma non rimanga promessa degli angeli.

Le risorse economiche e finanziarie sono state guadagnate con un tiro alla fune dentro e fuori dell'Italia; quelle che sono dentro, sono la disponibilità a indebitarci per fare investimenti. Ricordate voi la dicitura «debito buono» di alcuni saggi dell'economia italiana? Bene, sull'indebitamento dobbiamo avere la maturità di produrre debito buono, cioè investimento, cioè pensato al futuro. Poi ci sono le risorse guadagnate col tiro alla fune in sede europeista, delle quali abbiamo già detto, avete già detto e abbiamo ascoltato.

I pilastri del PNR sono tre e devono garantire la resilienza, cioè la capacità di resistere e di diventare più funzionante, più competitivo ad opera del sistema Paese anche davanti alle difficoltà che non ci devono cogliere di sorpresa. Il secondo pilastro riguarda la vita delle imprese. Deve essere facile, in Italia, fare intrapresa produttiva; deve essere facile il rapporto con il fisco e ci si sta lavorando; deve essere facile il rapporto con l'innovazione, perché senza innovazione non c'è impresa al futuro; deve essere facile il rapporto anche con il creato perché l'impresa sostenibile è quella che dura e vince.

Poi c'è il tema del terzo pilastro, che riguarda il capitale umano: colui il quale studia, colui il quale si cura, colui il quale realizza un progetto di vita, colui il quale si mette in rapporto anche con il suo ambiente e con il suo habitat, colui il quale si pone la domanda di salute. Su tutto questo noi decliniamo e articoliamo copertura finanziaria ed economica.

Lo specifico che vorrei aggiungere al valente dibattito che abbiamo prodotto, chi più chi meno, è relativo al fatto che dobbiamo preoccuparci, come è scritto qui, anche di pubblica amministrazione, non immaginando che ci sia solo un pensiero lineare da produrre. Dobbiamo produrre anche alcuni interrogativi: come si fa a far sì che la pubblica amministrazione produca risultati?

Intanto, collega Misiani, vice ministro Misiani (collega in quanto parlamentare, Vice Ministro in quanto fiduciario di questo Governo in questo tempo difficilissimo), noi dobbiamo ricostituire consistenza e qualità delle competenze della pubblica amministrazione. Mancano all'appello 500.000 risorse umane che vanno messe in esercizio, «in procedura» si sarebbe detto nel Novecento. Donat-Cattin diceva: attenzione, facciamo contratti di qualità anche nella pubblica amministrazione. Non è possibile che il pagamento di un funzionario della pubblica amministrazione non riesca a coprire neanche non il pericolo della sua decisione ma la fatica aggiornata, formata, nutrita da aggiornamento della sua decisione. Su questo si scrive una parola chiara.

L'accesso alla pubblica amministrazione deve essere facile. Grazie a Dio le agenzie fiscali hanno una modalità rinnovata di assumere personale a tempo e poi di verificarne la stabilizzazione. Addirittura l'agenzia del patrimonio fiscale italiano che si chiama Agenzia delle dogane sta facendo colloqui anche utilizzando il digitale e so che lo farà anche l'Agenzia del demanio: una modalità innovativa.

Ancora: facciamo in modo che i tempi del procedimento amministrativo siano accorciati rispetto a quelli della legge n. 241 del 1990. Trenta giorni, trent'anni fa, erano un tempo congruo ma trenta giorni per istruire e decidere, dopo trent'anni, sono un tempo eccessivo. Qui si scrive. Il PNR cosa deve mettere sul tavolo? Una chiarezza di impostazione, che poi diventa esecutività, per esempio, utilizzando la struttura digitale. È necessario un piano di digitalizzazione che consenta il rapporto con le imprese, il prodotto salute, l'attività formativa ed educativa e anche una gestione monitorata della vita delle infrastrutture.

Vi do un'informazione che sta dentro il patrimonio del mio lavoro precedente: le gallerie italiane sono a rischio. Qui si scrive una parola chiara, finanziante circa il bisogno di manutenzione delle gallerie e col decreto-legge Genova è stato scritto un articolo che rende obbligatorio un catasto di tutte le opere complesse delle infrastrutture italiane. Con il provvedimento al nostro esame, però, si danno le risorse per organizzare una grande stagione di manutenzione.

Dobbiamo riconoscere la gravità del momento che abbiamo vissuto, la sua straordinarietà e dare luogo ad una condotta adeguata che non sia spropositata e sproporzionata. La nostra valutazione deve essere proporzionata per fare in modo che con lo sforzo di tutti, tutto quello che abbiamo contemplato come piano, come volontà realizzativa, diventi un fatto, anche per riguadagnare il rapporto di fiducia con l'utenza che è il cittadino.

Concludo con un'annotazione, visto che mi occupo di questioni fiscali e di politiche fiscali: possiamo fissare in un'agenda che in Italia cominceremo a scrivere anche parole normative riguardanti la premialità fiscale? Stiamo aiutando tutti quelli che non ce la fanno, è doveroso nei momenti di difficoltà. Coloro i quali ce la fanno, coloro i quali adempiono all'obbligo tributario dell'articolo 53 della Carta costituzionale, è immaginabile che vengano riconosciuti titolari di una virtuosità, dando luogo all'inveramento di quell'articolo 71-bis del cosiddetto cura Italia dove si parla di bollino blu, da riempire di contenuto?

Ancora: ci sono crediti fiscali in ogni dove dell'Italia, in ogni dove delle fasce sociali italiane. Quel credito fiscale deve diventare, per esempio, una moneta che alimenti pagoPA, in maniera tale che non ci vogliano trentanove mesi e una telefonata colloquiale per smobilizzare quel credito fiscale nato nella contrattualistica cittadino-realtà fiscale dell'Italia.

C'è da innovare, c'è da realizzare, c'è da fare accadere dei fatti riguardanti l'economia nuova. A questo e in questo si risponde alla crisi. Per tali ragioni intervengo per dire che il Programma nazionale di riforma va studiato e va anche messo in esercizio. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Saccone. Ne ha facoltà.

SACCONE (FIBP-UDC). Signor Presidente, signori membri del Governo, vorrei cominciare il mio intervento - stamattina purtroppo non c'era l'autorevole sottosegretario Malpezzi - citando il senatore Zanda, altrettanto autorevole esponente del Partito Democratico, che ha svolto il primo intervento del dibattito di questa mattina. C'è un passaggio che mi ha profondamente colpito che penso, con tutto il rispetto dei colleghi che mi hanno preceduto, racconti meglio di tutti l'assenza di una strategia che lui ha così definito: «Signor Presidente del Consiglio, dimostri di saper fare una sintesi politica».

Forse è stato l'intervento più duro di questo dibattito sullo scostamento. Che cosa è la sintesi politica? Perché il senatore Zanda chiede una sintesi politica al Capo di questo Governo? La sintesi politica significa soprattutto una capacità di inclusione da parte di questo Governo non delle opposizioni, fine a se stessa, ma una capacità di inclusione di quella parte del Paese che non è rappresentata da chi lo sta governando. Questo sforzo corale, che viene rivendicato con un appello da un esponente autorevole qual è il senatore Zanda, non può e non deve cadere nel vuoto.

Presidente, a scanso di equivoci, io voglio, nella piena consapevolezza, votare il terzo scostamento; l'ho fatto, lo abbiamo fatto convintamente nelle altre due occasioni. Abbiamo avuto modo poi, magari, di votare contro i decreti-legge del Governo stesso, come il cura Italia.

Non posso però oggi non esprimere la perplessità e non mi dovete costringere a non votare lo scostamento di bilancio di 25 e passa miliardi di euro, che vanno a indebitare le future generazioni.

Io non entro nel merito, ma c'è stata una lettera dei tre leader del centrodestra, anche dell'UDC che magari non è rappresentato nella sua leadership a livello nazionale, e noi condividiamo quella proposta e auspichiamo che il Governo abbia l'umiltà di compiere uno sforzo.

La narrazione in cui l'opposizione si è comportata male, per carità, fa parte della propaganda, ma quand'è che questo Paese fa un salto di qualità, non solo nella sua maggioranza, ma anche da parte dell'opposizione? Lo dico perché qualche autogol è stato commesso. Dobbiamo allora andare tutti oltre i nostri steccati, se vogliamo veramente bene a questo Paese.

Lo dico con molta franchezza: qui sembra che la maggioranza sia un po' vittima della sindrome di Houdini, si tende un po' a nascondere la realtà con delle illusioni, ma poi sa che succede? Qui davanti cominciano a venire le persone, quelle che in carne ed ossa denunciano le lacune di alcuni provvedimenti e possiamo anche imbatterci; voi dite che avete approvato, che state risolvendo e noi, con molta onestà, diciamo che sono provvedimenti da post guerra, quindi siamo consapevoli dell'entità del danno in cui viviamo. Non possiamo nasconderci dietro un dito e dietro al fatto che alcuni dei vostri provvedimenti non hanno prodotto gli effetti auspicati dalla stessa maggioranza. Ne cito uno tra tanti: il famoso bazooka da 400 miliardi di euro di investimenti, di cui appena 60 miliardi sono quelli garantiti. Sul territorio ciò si traduce nel fatto che le aziende non ce la fanno e non per cattiva volontà del Governo - lo dico con estrema onestà intellettuale - ma perché sono state sbagliate le formule. Se si allarga il campo dell'assistenza, qualcuno poi dovrà anche porsi il problema di come produrre e di come creare ricchezza e valore aggiunto.

Signor Presidente, fino ad oggi purtroppo i provvedimenti del Governo sono andati nella direzione di aiutare alcune realtà e qualcuno poi ne ha anche approfittato - questo fa parte purtroppo dell'essere umano - ma non hanno avuto gli effetti auspicati. Non sono solo l'Istat e l'Ufficio parlamentare di bilancio a denunciare le carenze di questi provvedimenti: basta andare in giro. Se usciamo dai palazzi, ci rendiamo conto che i negozi chiudono e a testimoniarlo non sono elettori di centrodestra, di centrosinistra o dei 5 Stelle, ma persone che ogni mattina alzano la serranda della propria attività, in cui purtroppo i clienti non entrano. Il centro storico di Roma è vuoto, non c'è nessuno.

Se allora ci nascondiamo dietro gli steccati, con la classica propaganda, per cui ciascuno rivendica una piccola bandierina, dicendo "Questo l'abbiamo fatto noi dei 5 Stelle" oppure "Questa è la bandiera del PD, di Forza Italia o dell'UDC", non credo che stiamo rendendo un servizio al Paese e qualcuno, prima o poi, ce ne chiederà conto. Signor Presidente, questa sindrome di Houdini alla fine porta al fatto che oggi rischiamo di dividerci e credo che questa sia una sconfitta della politica.

Questa mattina era in Aula il ministro Gualtieri e sono contento che adesso non ci sia, perché spero sia al Ministero dell'economia e delle finanze per cercare di raccogliere alcune istanze, che - lo ripeto - non vengono da Salvini, da Berlusconi o da Meloni. Poi ognuno di noi ha delle tonalità e delle modalità per denunciare le carenze o i problemi dei cittadini, ma si tratta di problemi che vengono espressi dalla carne viva del Paese, dalle persone, dai nostri concittadini. Sono contento che gli amici di Forza Italia non abbiano replicato alle provocazioni, perché ciò non significa allargare il Governo o creare una nuova maggioranza. Queste sono le fisime di qualcuno che ha qualcosa da temere, perché chi teme un dialogo costruttivo annuncia offese e denigrazioni. Chi non ha paura della propria identità apre il ponte del dialogo e ascolta le rivendicazioni, che talvolta sono fatte con tonalità accese o colorate, ma che sono reali e non strumentali.

Penso allora che il Governo e la maggioranza abbiano una grande occasione, come l'opposizione, perché qui tutti dobbiamo fare un salto di qualità. Questa narrazione, per cui da una parte c'è il bene, cioè il Governo che cura gli interessi del Paese e dall'altra un'opposizione strillone e inadeguata, non rende. Poi ci sarà il momento in cui gli elettori giudicheranno chi ha lavorato meglio e chi lo ha fatto in modo più credibile. Oggi penso che lo sforzo che deve fare la maggioranza, ma soprattutto il Governo, è quello di ascoltare il grido di allarme che proviene dal Paese, che in questo momento è rappresentato, in maggioranza o in minoranza saranno i cittadini a dirlo, anche da questa parte del Parlamento, che non vuole entrare nel Governo, aiutarlo o sostenere una nuova maggioranza, ma vuole semplicemente aiutare il Paese ad uscire dalla pandemia: niente di più e niente di meno. Ci è consentito poterlo fare?

Nelle due precedenti occasioni abbiamo votato 80 miliardi di euro di deficit e lo abbiamo fatto convintamente, perché abbiamo messo al centro degli interessi delle nostre parti politiche gli interessi del Paese. Colleghi, non potete dire che non vi abbiamo dato una spazio di credito e di fiducia. Oggi vi diciamo che non è sufficiente indebitare ulteriormente il Paese, perché questa manovra non sarà sufficiente, perché i problemi a settembre sorgeranno.

Concludendo, signor Presidente, in questa narrazione abbiamo fatto bene anche a difendere l'Unione europea e credo che anche gli alleati un po' più riottosi si siano resi conto e si siano convinti che senza Europa non si va da nessuna parte. Tutti stiamo remando nella stessa direzione, per cambiare il paradigma europeo, verso una maggiore solidarietà. Non so se questa classe politica e il Parlamento siano in condizione, come ha detto il presidente Zanda, di dare mandato al Presidente del Consiglio di individuare una sintesi politica. Noi vorremmo essere al fianco non del Governo, non di questa maggioranza, ma degli italiani, votando lo scostamento in esame, ma voi metteteci in condizioni di poter rappresentare, in modo dignitoso, gli interessi di tutti gli italiani, non solo di quelli che rappresentate voi. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Tosato. Ne ha facoltà.

TOSATO (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, colleghe e colleghi, componenti del Governo, ci chiedete di approvare quest'oggi il Programma nazionale di riforma 2020 e il terzo scostamento di bilancio nel giro degli ultimi quattro mesi. Il Programma nazionale di riforma appare un testo del tutto generico, molto corposo, ricco di centinaia di pagine e di migliaia di parole, ma sostanzialmente inutile, perché un testo, quando racchiude al suo interno infiniti buoni propositi e potenziali interventi in tutte le direzioni, alla fine è privo di contenuti e sostanzialmente vuoto. In questo Programma nazionale di riforma 2020 c'è tutto e quindi, di fatto, non c'è assolutamente niente. È per questo che non può che avere una valutazione negativa da parte del nostro Gruppo. Noi avremmo auspicato una serie di interventi prioritari e, soprattutto, che ci venisse spiegato come raggiungere questi obiettivi. Si parla invece delle stesse cose di cui si è parlato negli ultimi decenni, in modo assolutamente accademico e senza alcuna possibilità per noi di ritenere credibile questo piano.

Poi c'è la terza richiesta di stanziamento di risorse per lo sforamento del bilancio, per una somma di 25 miliardi. Tra aprile ed oggi sono stati stanziati e verranno stanziati attraverso questo provvedimento 100 miliardi complessivi a deficit, che andranno ovviamente ad aumentare il debito pubblico e gli interessi che ogni anno dovremo pagare sul debito stesso. È evidente che sono tutti interventi necessari per affrontare l'emergenza, ma il tema di fondo è il seguente: state affrontando un'emergenza stanziando risorse per la cassa integrazione (questo è doveroso) e per varie elemosine ad autonomi e titolari di partita IVA (anche questo è certamente doveroso), avete creato un reddito emergenza per dare risorse a chi non ha reddito e in questo momento rischia la fame, ma quello che manca, rispetto a questi stanziamenti onerosi, è il dopo. Non potete pensare di andare avanti stanziando decine e centinaia di miliardi all'infinito, per affrontare esclusivamente lo stato di emergenza. Noi rischiamo di trovarci nel giro di pochi mesi in una situazione drammatica. Quando finiranno le risorse per la cassa integrazione, quando non ci sarà più il blocco dei licenziamenti e quando non sarete più in grado di rinviare il pagamento delle tasse e dovranno essere pagare le tasse di un anno intero (infatti non le avete cancellate, le avete semplicemente di dilazionate e solo in parte, dal momento che qualcuno in questi giorni sta pagando o deve pagare risorse ingenti), la domanda è: cosa faremo? Cosa farà il Paese? Come potremo affrontare questa crisi? Voi questo problema non ve lo state ponendo. È un po' surreale il dibattito che c'è in quest'Aula; si stanno di fatto stanziando decine di miliardi non per risolvere i problemi, ma per affrontare l'emergenza. Non state creando i presupposti perché dopo l'emergenza ci sia una rinascita della nostra economia.

I dati che ci ha fornito l'Ufficio parlamentare di bilancio stabiliscono che comunque a maggio, finito il lockdown, la produzione industriale non è ritornata ad essere quella di prima, ma ha avuto un calo del 20 per cento. E così l'edilizia. Questo significa che, se prima eravamo in una situazione difficile e il nostro Paese per molti versi era il fanalino di coda dell'Europa, dopo questa crisi e dopo l'erogazione di tutte queste decine di miliardi, ci troveremo in una situazione assolutamente drammatica. Non c'è una vera strategia per il rilancio della nostra economia, non c'è traccia di riforme strutturali che riguardano la pressione fiscale; è un'occasione unica sprecata e voi state semplicemente rinviando il baratro di fronte al quale ci troveremo fra qualche mese, senza trovare le soluzioni.

Quanto al MES e al recovery fund, è giusto dire che la Commissione europea anche sul recovery fund avrà la possibilità di stabilire delle condizioni per erogare quei prestiti: stiamo parlando sempre di prestiti e non di risorse a fondo perduto. Fra le raccomandazioni già scritte dal 2019 - e qui vuole arrivare la Commissione europea - si dice che l'Italia deve provvedere a ridurre le agevolazioni fiscali, a riformare i valori catastali, aumentando quindi la tassazione a carico dei cittadini - la patrimoniale di cui parlava il collega Bagnai - e ad attuare pienamente le riforme pensionistiche e, dunque, a riproporre magari la legge Fornero nella sua totale ampiezza.

Nulla, quindi, ci viene regalato. Siamo condizionati alle scelte e alle imposizioni di qualcun altro: questa è la nostra preoccupazione, di cui i cittadini devono essere consapevoli.

Voi non rappresentate la soluzione dei problemi; voi rappresentate il problema perché, solo attraverso una vera riforma fiscale, il Paese potrà risollevarsi.

Voi spendete decine di miliardi per l'emergenza, ma non troverete le soluzioni che, invece, sono necessarie. Senza lavoro non c'è rinascita per il nostro Paese e per la nostra economia e dovremo prenderne atto fra qualche mese, quando la situazione diventerà drammatica.

Oggi sembra di essere un po' sul Titanic: si suona allegramente la grancassa del presidente Conte. Domani vedremo come ci troveremo, in una situazione difficilissima, di fronte alla quale dovremo individuare le responsabilità.

Oggi la responsabilità di governare è vostra e la state sprecando, la state usando male e i cittadini daranno finalmente responso alle elezioni, che potete rinviare, ma non impedire e allora le cose cambieranno. Noi siamo pronti per governare. Abbiamo avanzato le nostre proposte, che sono rimaste inascoltate, ma prima o poi sappiamo e siamo consapevoli che toccherà a noi dare risposte a un Paese in crisi. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice L'Abbate. Ne ha facoltà.

L'ABBATE (M5S). Signor Presidente, colleghi senatori e senatrici, signori esponenti del Governo, oggi approviamo il Programma nazionale di riforma, il documento che segna le direttrici che il Governo seguirà nei prossimi mesi, insieme al disegno di legge di assestamento di bilancio e al rendiconto dello Stato.

Dagli Stati generali dell'economia è emerso un programma con misure volte a far ripartire il Paese: è quello che ha detto ieri anche il nostro presidente, Giuseppe Conte, e il programma traccia delle linee essenziali che si sovrappongono al programma di ripresa e resilienza, il recovery plan, che verrà messo a punto dopo l'adozione dello strumento europeo per la ripresa, il next generation EU.

Nel documento si parla principalmente di riforma del sistema fiscale, perché uno dei problemi più seri che abbiamo - non solo in Italia, ma, ahimè, anche a livello europeo - che ci è stato anche esposto dall'economista Piketty nei suoi libri, è quello della disuguaglianza.

Noi portiamo avanti qui un grande passaggio, una riforma improntata all'efficienza, all'equità e alla progressività sulle imposte dirette e indirette per ridurre la pressione sui ceti medi e sulle famiglie, una pressione che chiaramente nel periodo del Covid-19 abbiamo visto di più e che ci ha insegnato molte cose che non dobbiamo dimenticare: ci ha insegnato che dobbiamo collaborare, ma qui in Senato, nella Camera alta, continuo a sentire che non c'è collaborazione. Questo è il momento in cui bisogna mettere da parte i propri egoismi, il proprio tornaconto e pensare ai cittadini: siamo qui per questo e per questo siamo stati eletti.

Potrei continuare a parlarvi qui di dati, di numeri, ma non voglio farlo in questo momento. Quello che mi viene da fare è altro. Qui parliamo di tre grandi aree: modernizzazione del Paese, transizione ecologica, inclusione sociale, territoriale e parità di genere. Sono tre grandi linee importanti, che verranno portate avanti in un Paese che deve diventare completamente digitale, per permettere a tutti di poter accedere a quello che viene detto benessere. Ma che cos'è il benessere? Molto spesso, secondo il modello economico che finora purtroppo abbiamo portato avanti, il benessere è stato visto magari solo come benessere del mercato. C'è da provvedere soprattutto alle fasce più deboli; non lo dico solo io, ma una serie di libri di economia, e potete ritrovare anche lì queste stesse considerazioni.

Un Paese più verde e sostenibile: qui ho sentito parlare di territorio, del nostro territorio, di essere attenti alle nostre risorse. Le nostre risorse vanno tutelate, prima di tutto, e questo - ahimè - non è stato fatto. È per questo che adesso parliamo di un green new deal e portiamo avanti tutta una serie di azioni che oggi voteremo. I soldi che ci vengono dati devono essere spesi bene. Ma io non guarderei tanto al denaro, quanto alle mani di chi deve portare avanti una serie di lotte per tutti i cittadini. Questo Governo sta facendo questo: sta portando equità, sta tutelando il capitale naturale, sta facendo sì che nel 2050 si possa avere veramente la neutralità climatica, un qualcosa che diciamo e che abbiamo promesso ai nostri ragazzi - continuo a ripeterlo - nelle piazze. È quello che dobbiamo fare.

La decarbonizzazione ci dev'essere e nel Documento è chiaramente riportata. Cosa fa? Non solo aiuta il nostro sistema-Terra, la nostra casa comune, perché diminuiamo la CO₂ nell'atmosfera. Dobbiamo diversificare il nostro parco energetico, perché non possiamo basarci solo sulle risorse non rinnovabili, ossia carbone e petrolio, che emettono CO₂ in atmosfera - è quello che fanno, è una reazione termodinamica - ed oltretutto sono anche limitate e un domani non ci saranno. Ben vengano dunque le energie rinnovabili e per questo si parla anche di unasmart grid e di accumulatori necessari per portare avanti questa prospettiva.

Tutto questo c'è, significa innovazione ed anche effettuare un'innovazione con incentivi che stiamo portando avanti per le nostre piccole e medie imprese, in modo che un domani ci sarà un mercato - ma già adesso è partito - di prodotti ecosostenibili e rinnovabili. Le imprese italiane devono rinnovarsi per essere competitive in un mercato internazionale ormai globale. Questo è ciò che facciamo con il Documento che andremo a votare.

In conclusione, volevo ricordare un altro punto. La Commissione europea ha scelto come nuovo titolo del fondo della ripresa il nome next generation EU, cioè prossima generazione europea. Noi continuiamo a chiamarlo recovery fund, ma in realtà si chiama così: prossima generazione europea. Questo ci dovrebbe far ricordare - ripeto - che è inutile continuare qui a spartirci le vesti di un qualcosa. Non c'è da spartire nulla, ma da lasciare quello che abbiamo e migliorarlo per le generazioni future, per i nostri figli, per una Terra, un sistema che non ci appartiene, ma che ci è stato dato per essere tutelato; appartiene sempre a chi lo lasciamo in futuro.

Quindi ricordiamolo: prossima generazione europea. Il futuro saranno loro; noi siamo qui solamente al servizio di chi in questo periodo - le fasce più deboli - ha chiesto il nostro supporto. Il Governo sta facendo questo: supportiamo i più deboli, quelli che domani dovranno trovarsi una casa, la nostra casa comune. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rivolta. Ne ha facoltà.

RIVOLTA (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, innanzitutto ribadisco una cosa che è già stata detta da tanti altri miei colleghi rispetto alla collaborazione: il nostro modo di collaborare è stato dimostrato da tutta la fase emendativa, dalla quantità di emendamenti da noi proposti ai vari provvedimenti; lì ci sono le nostre idee e le nostre soluzioni per il Paese nei diversi settori. Quindi la collaborazione da parte nostra c'è. Non possiamo dire che questa stessa collaborazione sia data dal Governo e in particolare dal presidente del Consiglio Conte. E non c'entrano gli egoismi, ma soltanto la volontà di accettare dei consigli da chi forse rappresenta anche una forza politica che ha una presenza notevole a livello di enti locali.

Il nostro Gruppo, sia al Senato che alla Camera, ha tra le proprie fila molti amministratori locali; persone che tutte le settimane si confrontano con le varie categorie di cittadini: chi produce, chi soffre, chi fa commercio, famiglie, chi costruisce. Detto questo, vorrei trattare due aspetti.

Anzitutto, vedo con piacere che anche da parte della maggioranza ci sono sottolineature su alcuni argomenti fondamentali. Parliamo del green new deal. Certamente dobbiamo fare grandi cose; non sta bene neanche a me, come ha detto il senatore Paragone, che molti incentivi siano finiti ad altri Stati quali la Cina per i banchi, ad esempio. Non tutti sanno, forse, che la maggior parte dei banchi viene prodotta in Cina o negli Stati Uniti; quelli della Cina hanno un livello di qualità inferiore, quelli fatti con gli stampi negli Stati Uniti sono di qualità superiore, ma non sono fatti in Italia. I monopattini elettrici non sono fatti in Italia, i pannelli solari fotovoltaici non sono fatti in Italia. (Applausi).

O decidiamo di impiantare stabilimenti che facciano queste produzioni o altrimenti continueremo ad aiutare gli altri: non mi sembra una mossa intelligente, non mi sembra un modo per rilanciare il nostro Paese. Ma torniamo alla scuola; sapete che è la mia passione.

Sottolineate tutte le grandi carenze del nostro Paese nel settore scolastico rispetto al resto dell'Europa, dobbiamo riflettere. La Commissione europea ci ha detto che dobbiamo agire nel breve termine per arginare l'emergenza, programmando al contempo nel medio-lungo periodo per il rilancio. Ancora una volta, su questo fronte dobbiamo decidere che non è ammissibile l'abbandono scolastico, che bisogna investire, che è necessario reclutare insegnanti, soprattutto nella fascia più sofferente, ovvero la secondaria di primo grado.

Forniremo i banchi con le rotelle, roba spaziale, dimenticando - e questa è la quotidianità - che nelle scuole italiane moltissimi spazi, dai bagni ai banchi ai caloriferi, vengono vandalizzati regolarmente. Allora, forse, c'è tanto da fare: il banco di scuola è mio, ma temporaneamente; è della collettività. Quindi, ci vuole una maggiore educazione, ci vuole rispetto, e bisogna far capire ai ragazzi - e molto spesso anche alle loro famiglie - che sono parte di un sistema, ragion per cui tutti dobbiamo fare la nostra parte.

Presidente, avrei voluto dire molte altre cose, ma concludo con un'immagine che mi sembra corrisponda molto alla realtà.

Con lo scostamento richiesto aumentiamo l'indebitamento del nostro Paese, e allora, nel tempo, se prima viaggiavamo su una larga autostrada, questo calibro si è sempre più ridotto: con la crisi siamo andati su una strada provinciale, e poi, con questi ulteriori 25 miliardi di scostamento, ci stiamo inerpicando col nostro mezzo su una strada di montagna, piena di tornanti, una strada tortuosa. Ma ciò che dobbiamo tenere tutti ben presente è che da un lato c'è sempre il precipizio, quindi non solo saremo vincolati, ma se sprecheremo i soldi per mancanza di coordinamento, di lungimiranza, di visione, ci sarà il precipizio ad attenderci. Noi cerchiamo in tutti i modi di evitare questa tragedia, ma dovete farlo voi, con chiarezza, creando equilibrio tra dare assistenza e sostenere le fasce più deboli e dare sostegno per il rilancio a chi il lavoro lo produce, a chi ha idea di come l'Italia debba diventare un Paese moderno.

Svegliatevi! Concentratevi su questo. È la possibilità più grande che ci sia mai stata data nella storia degli ultimi anni. Parliamo di una quantità di denaro davvero importante. Se non verrà utilizzata al meglio, sarà il fallimento del nostro Paese, e non mi interessa dare a voi la colpa; mi interessa che questo Paese non fallisca. Merita di sopravvivere e di ritornare a essere un grande Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Steger. Ne ha facoltà.

STEGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, lo scostamento di bilancio è un atto dovuto per consentire l'emissione di nuova liquidità nel tessuto produttivo e sociale, tuttavia se nel pieno del lockdown bisognava lanciare anche un segnale di presenza delle istituzioni, oggi non ci si può limitare a questo compito, in primo luogo perché anche se c'è la BCE e ci sono le risorse del pacchetto europeo, un aumento del debito incide comunque sulla credibilità finanziaria di un Paese e sulla possibilità di sostenerlo a lungo termine, in secondo luogo, perché le ultime previsioni economiche non lasciano spazio a dubbi: solo con un forte investimento sui ceti produttivi da una parte e con un efficace supporto alla domanda interna dall'altra, l'Italia può pensare di uscire dalla crisi economica. È bene quindi che si resti lontani da tentazioni assistenzialistiche che in verità non curano, ma rendono anche più gravi i problemi di un'Italia che, anche prima del Covid, aveva ed esprimeva modeste performance economiche. Con il decreto semplificazioni, il Governo ha lanciato alcuni segnali positivi e anche alcune delle misure contenute nel decreto rilancio - penso al bonus sulle ristrutturazioni - vanno sicuramente nella giusta direzione, ma leggiamo dai dati economici che siamo dentro una crisi di sistema che richiede un impegno costante nel tempo e non si deve aver paura di dire le cose per come sono. Oggi le imprese italiane stanno combattendo la battaglia per la loro esistenza. Lo stanno facendo nel commercio, dove si stima una mortalità di un decimo degli esercizi e stanno combattendo nella piccola e media impresa, dove un'attività su tre è a rischio chiusura, un dato che raddoppia se pensiamo ai settori più colpiti: turismo e ristorazione. Cosa dobbiamo fare per queste attività che sono la spina dorsale dell'economia italiana? Innanzitutto aiutarle in questa loro battaglia per la vita, ma il blocco dei licenziamenti, la mancata concessione di voucher e di altre forme di contrattazione leggera non vanno di certo a loro favore. Bisogna mettere mano al decreto dignità, siamo in una situazione di emergenza, non siamo in una situazione di normalità. Il decreto dignità ha reso più complicate le assunzioni temporanee e bisogna aprire una seria riflessione su come il reddito di cittadinanza, una misura importante, ha completamente fallito come politica attiva per il lavoro. Vanno benissimo i nuovi interventi sulla cassa integrazione, ma si deve anche dall'altra parte lasciare la necessaria flessibilità organizzativa alle aziende. Non bisogna ingessarle attraverso divieti di riorganizzazione necessaria. In secondo luogo dobbiamo fare in modo che per almeno un anno si dimentichino dell'esistenza del fisco per lavorare nel frattempo a una riforma che parta dalla proposta che io considero importantissima e giustissima del direttore dell'Agenzia delle entrate per eliminare il sistema degli acconti e dei saldi. Mi sembrano positive alcune anticipazioni di questi giorni, come lo stop per due mesi alle cartelle fiscali, da quelle che hanno intrapreso la strada della rateizzazione ai solleciti, ai pignoramenti, alle ipoteche. Positivo è anche l'annuncio di un taglio del 50 per cento per i pagamenti fermati tra marzo e maggio per i lavoratori autonomi, con il rinvio al 21-22. Per ora sono intenzioni e annunci, ma sono buoni esempi che il Governo dovrebbe seguire. Contestualmente, occorre lavorare per attrarre le risorse europee. Non mi dilungo su questo punto, abbiamo già detto dei rischi di un'operazione che richiede una pubblica amministrazione davvero all'altezza e sul fatto che vanno coinvolte le autonomie territoriali, ma si tratta di un'opportunità unica che non bisogna mancare. Ci sono a disposizione, nei prossimi anni, ingenti somme che vanno investite bene. È una opportunità unica. Se manchiamo questa opportunità, penso che per l'Italia seguiranno anni molto difficili.

A questo punto interviene il PNR, il Programma nazionale di riforma, che dà gli elementi su dove voler portare l'Italia e su come volerla modernizzare. IL PNR, così come l'ho letto, ha tutti gli elementi per una vera modernizzazione dell'Italia. Anzi, io mi chiedo se non ne abbia troppi. Il Governo deve dire quali sono le priorità, con una road map puntuale dei tempi e delle modalità, perché questa sfida che abbiamo davanti a noi non la vinciamo solo con le idee, ma la vinciamo se siamo in grado di portare a termine tutte quelle misure che servono per modernizzare e per aumentare la concorrenzialità del sistema Italia.

Per noi, tra le priorità principali non può mancare quella della riforma della giustizia civile e penale. Processi interminabili: oltre al problema che comportano per la certezza del diritto, c'è il problema della concorrenzialità del sistema Italia, nei confronti di altri sistemi nazionali e a livello mondiale. Quindi, una riforma è assolutamente necessaria. Termini certi, brevi e sicuri, certezza del diritto e, allo stesso tempo, lotta contro l'evasione e la criminalità.

Contemporaneamente, non deve mancare il supporto alla nostra economia reale, all'export, all'internazionalizzazione delle imprese in una fase nella quale i mercati stranieri diventano sempre più competitivi e difficili per noi. E non deve mancare l'attenzione ai territori, con investimenti e progetti secondo i principi di sussidiarietà, eliminando, sui progetti di interesse nazionale, quei vincoli e colli di bottiglia che ne hanno limitato e ritardato l'effettiva realizzazione nel passato. Essenziali saranno gli investimenti pubblici per digitalizzare l'Italia. Una priorità assoluta; l'Italia deve correre subito. Deve esserci il superamento del codice degli appalti, che deve tramutarsi in uno strumento che orienta il lavoro degli amministratori, e non in un ostacolo per la realizzazione dei progetti.

Anche qui ho citato voci contenute nel PNR, ma credo che se, entro un anno, si riuscissero a realizzare questi punti, l'Italia potrebbe davvero invertire la rotta rispetto alle cause di quelle basse performance economiche che esistevano anche prima del Covid-19.

Mi sia concesso fare due riflessioni sulla pubblica amministrazione, perché una cosa per me è chiara: se vogliamo far ripartire l'Italia, non lo possiamo fare senza una pubblica amministrazione competente, professionale e in grado di lavorare. Nel passato abbiamo visto tante riforme della pubblica amministrazione. Purtroppo, la maggior parte di quelle aveva l'intenzione di rivedere l'assetto personale delle pubbliche amministrazioni e non la qualità dei servizi. Il focus non deve essere sulla razionalizzazione delle risorse umane, ma sull'impartizione delle competenze necessarie, sulla formazione, sulla qualificazione e anche sulla valorizzazione del personale della pubblica amministrazione.

Bisogna farlo in maniera strutturale, solo con una pubblica amministrazione professionale e ispirata allo spirito di servizio. Questo spesso manca e io spero che possa diventare un principio proprio delle amministrazioni: lo spirito di servizio al cittadino, non di burocrazia, ma di servizio al cittadino. Questa sarebbe la medicina per semplificare il sistema Italia e per far correre il Paese.

In conclusione, pubblica amministrazione, giustizia efficace ed efficiente, istruzione e formazione concorrenziale a livello mondiale, onorevoli senatori. Bisogna aumentare la capacità e la competenza del nostro mondo dell'istruzione e formazione perché, alla fine, sono le persone, non sono le cose, che fanno la differenza.

Semplificazione: semplifichiamo la burocrazia e lottiamo contro l'evasione, ma anche contro la criminalità. Non da ultimo, poiché siamo in una emergenza sanitaria e adesso ci sono anche tanti soldi a disposizione, facciamo del nostro sistema sanitario un fiore all'occhiello a livello europeo. Se queste sono le priorità, allora io sono sicuro che l'Italia si muove per il verso giusto.

Per tutti questi motivi, il Gruppo SVP voterà lo scostamento del bilancio. La SVP è infatti una forza responsabile, che sostiene i Governi, soprattutto in una fase di emergenza come questa. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore De Bertoldi. Ne ha facoltà.

DE BERTOLDI (FdI). Signor Presidente, non è facile prendere la parola quando si indebitano gli italiani. Non è facile, Vice Ministro, parlare quando voi chiedete al Parlamento di superare la soglia, anche plastica, dei 100 miliardi di euro di debito aggiuntivo, da gravare sulle spalle non solo dei nostri concittadini, ma anche dei nostri figli e dei nostri nipoti. Non è facile.

È grigio il quadro; è grigio come il vestito che ho indossato oggi, in modo quasi iconico, perché le prospettive che questo Governo e questa maggioranza stanno dando al Paese purtroppo non sono rosee, ma sono molto, molto grigie.

Signor Presidente, il presidente Conte, ieri al Senato e oggi alla Camera, è venuto a richiedere la proroga dello stato di emergenza; tradotto, vuol dire che è venuto ad affermare che noi in Europa siamo i malati per eccellenza; vuol dire che ha voluto dire ai turisti che potenzialmente vogliono venire in Italia, anche nell'Alto Adige-Sudtirolo del collega Steger, che l'Italia è un Paese in emergenza e, quando si è in emergenza, si è malati. Vuol dire rivolgersi ai nostri turisti, dicendo loro di starsene a casa propria o di scegliere altre mete per il loro turismo. Questo è il quadro nel quale oggi ci stiamo muovendo.

Se ieri è stato detto questo e se oggi il presidente Conte lo ha ribadito alla Camera, magari sorridendo coi propri vicini di banco, quando la nostra presidente Giorgia Meloni gli faceva presenti le contraddizioni di questa politica, ebbene oggi in Senato ci viene chiesto di autorizzare un ulteriore - il terzo - scostamento di bilancio, per oltre 25 miliardi di euro. Tradotto, anche in questo caso, significa portare il rapporto tra debito e PIL oltre il 160 per cento. Ecco perché parlavo di grigio prima. Ecco perché mi vesto di grigio, perché grigio e fosco è il panorama che state portando agli italiani e al nostro Paese.

Guardatevi intorno. Ieri ero in una nota trattoria, a poche centinaia di metri da qui, in Via dell'Orso, che molti di voi frequentano abitualmente, e la prima cosa che la padrona, poverina, mi ha detto, con uno sguardo sconsolato: «Stiamo ancora aspettando la cassa integrazione di marzo».

E noi dovremmo darvi fiducia per portare a questi risultati? Noi dovremmo permettervi di indebitare gli italiani per portare a questi risultati, per far sì che una persona, quasi con le lacrime agli occhi, mi dica, a 200 metri da Palazzo Madama, che sta ancora aspettando la cassa integrazione di marzo? E non è la sola, purtroppo. Basta andare nei pubblici esercizi, dagli artigiani e dai commercianti, per capire che non è la sola.

Vice ministro Misiani, lei è una persona che sicuramente si impegna ed è corretta. Sono certo che nei giorni scorsi sia caduto probabilmente in un errore di stanchezza, quando ha detto che le partite IVA non hanno più problemi degli altri. Mi piacerebbe, proprio per l'amicizia e la stima che ho nei suoi confronti, sentirle dire una parola di chiarimento su questo, perché le partite IVA oggi sono quelle che stanno pagando lo scotto più alto della crisi.

Quando sento i sindacati confederali, tanto cari a questa maggioranza, battersi perché bisogna dare il buono pasto ai lavoratori pubblici, che non corrono rischi di licenziamento, che non hanno perso un euro durante il lockdown, mi domando cosa diciamo a quei lavoratori del settore privato che rischiano il licenziamento, che prendono, qualche volta, la cassa integrazione, peraltro ridotta ovviamente al 60 o all'80 per cento dello stipendio. Cosa diciamo a quegli artigiani, a quei commercianti, a quegli imprenditori che sono veramente quasi alla fame? Questo è il punto su cui dovremmo discutere.

Certamente, se ci fossero risposte più convincenti su questi temi, Fratelli d'Italia non avrebbe problemi a condividere con voi anche questa terza scelta di scostamento di bilancio, questo ulteriore gravoso indebitamento del Paese.

I debiti, come sappiamo, possono essere utili e necessari in certe situazioni, ma ricordo un insegnamento che mi diedero fin dall'alba del mio impegno scolastico, prima ancora che professionale: quando si parla di denaro pubblico si dovrebbe parlare non di spesa ma di investimento. Questo è un insegnamento base, ma nel momento in cui invece il denaro pubblico, e quindi i debiti, lo spendiamo soprattutto in spesa corrente e dimentichiamo che andrebbe primieramente investito nello sviluppo e nella ripresa del Paese, ecco che a questo punto il debito pubblico, che non è di per sé un masso gravoso, diventa una ghigliottina che pende sulla testa di ognuno di noi e che rischia di far precipitare il Paese nelle mani di alcuni nostri alleati europei, che vorrebbero vedere nell'Italia un vassallo prono ai loro voleri.

Ribadisco che i debiti si possono fare, magari quando si incontrano le richieste di oltre due milioni di professionisti italiani che avete fatto scendere in piazza. Non è mai successo: in neanche un anno, tutti i professionisti italiani sono scesi in piazza per la prima volta nella loro storia. Credete che lo facciano per partito preso e perché vi hanno in antipatia? Probabilmente molti di loro hanno votato e votavano per voi; non so quanti voteranno ancora per voi. Se però sono scesi in piazza - anche oggi i consulenti del lavoro lo stanno facendo, dopo che l'hanno fatto i commercialisti e che questi ultimi hanno minacciato lo sciopero la scorsa settimana qui in Senato - è perché siete stati insensibili al grido di dolore che oltre due milioni di professionisti hanno rivolto a noi e che solo l'opposizione ha saputo cogliere, mentre voi avete irriso le loro richieste.

Quando si parla di debito pubblico e denaro pubblico, mi chiedo perché, accanto a delle necessarie e ovvie politiche di assistenza e alla cassa integrazione, non avete pensato soprattutto a politiche attive del lavoro e alle richieste che vi ha fatto il centrodestra unito per supportare il vostro terzo scostamento di bilancio? Mi riferisco, ad esempio, alla richiesta di sospendere il decreto dignità, di reintrodurre i voucher almeno temporaneamente o di premiare le imprese che non ricorrono alla cassa integrazione con riduzioni di contributi o con qualcosa che desse linfa a quelle imprese che, stringendo i denti, tengono i lavoratori nelle aziende e nelle imprese. Perché non lo avete fatto?

È inutile dire che ci sentite quando parliamo: voi sentite il centro-destra, ma non lo ascoltate mai; vorreste il nostro voto, ma non accettate mai le nostre proposte. Signori della maggioranza, questo non è fare l'interesse nazionale, ma semplicemente arroccarsi su una posizione di difesa della poltrona, cercando in ogni modo, anche grazie allo stato di emergenza di ieri, di scappare da quel voto che sapete benissimo vi manderebbe a casa e riporterebbe in questo emiciclo una maggioranza che saprebbe fare davvero gli interessi del Paese, delle partite IVA, degli imprenditori e dei commercianti. Perché, invece, impegnate le risorse per favorire lo smart working, che impedisce, a un commercialista come me, di andare all'Agenzia delle entrate a trattare temi di grande importanza trovando un interlocutore fisico e costringe a prendere il telefono per comunicare con questo ente? Parlo anche dei colleghi avvocati, che in cancelleria non trovano praticamente nessuno.

Presidenza del vice presidente LA RUSSA (ore 14,50)

(Segue DE BERTOLDI). State sostanzialmente usando il denaro pubblico non solo per assistenzialismo, ma anche per sostenere dei fenomeni che adesso non hanno più senso e che dovrebbero essere immediatamente cancellati. I lavoratori devono tornare nelle imprese, nelle aziende e negli uffici pubblici; devono rivitalizzare il sistema e tornare a vivere il mondo sociale. Non possono stare a casa o questo deve servire solamente a voi per giustificare l'emergenza sociale?

Cercando di concludere, perché vedo che il tempo stringe, posso allora ricordare che il debito pubblico non si deve utilizzare i banchi con le rotelle, magari mentre i produttori italiani di banchi vi dicono di non essere in grado neanche di pensare di partecipare ai bandi pubblici, perché non c'è l'acciaio necessario; poi magari scopriremo che invece i cinesi - guarda caso, quelli del monopattino - hanno già quei banchi ben preparati e pronti a essere venduti in Italia. Ecco, sono queste le cose che ci impediscono di potervi dare un riscontro.

Mi conceda ancora un minuto, signor Presidente, per concludere.

PRESIDENTE. In realtà, approfittando del cambio di Presidenza, ha già preso due minuti in più del tempo necessario.

DE BERTOLDI (FdI). Il mio cronometro segna dieci minuti precisi, signor Presidente.

PRESIDENTE. Comunque, la prego di concludere.

DE BERTOLDI (FdI). La ringrazio, signor Presidente.

Oggi i giornali parlano di 850.000 posti di lavoro a rischio, ma questi non si salvano con le aspirine o le misure tampone, che pure servono, ma soprattutto occorrono cure incisive che permettano di far rinascere il malato. Voi non lo avete fatto, non avete utilizzato - e concludo davvero - la leva fiscale: era il momento adatto questo per introdurre finalmente un sistema fiscale premiante e la flat tax e incentivare davvero consumi, investimenti e attrazione di capitali stranieri. Non lo avete fatto: avete pensato solamente a difendere il vostro interesse ed è per questo motivo che Fratelli d'Italia non potrà dare l'assenso a quest'ulteriore indebitamento. Vi assumerete ogni responsabilità - voi e magari i senatori a vita - per quest'ulteriore indebitamento degli italiani, che non garantisce alcuna prospettiva di sviluppo e crescita per questo Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Vono. Ne ha facoltà.

VONO (IV-PSI). Signor Presidente, oggi siamo chiamati tutti - rappresentanti di maggioranza, minoranza e anche del Governo - a una grande sfida, perché la manovra richiesta non sia un debito per le nostre future generazioni ma piuttosto un investimento per il rilancio dell'Italia, un patrimonio da consolidare con idee e proposte forse poco comprensibili per chi ha una visione miope delle potenzialità che proprio in questo difficile periodo stanno però emergendo.

È vero: la pandemia che ci ha colpiti dall'inizio del 2020 all'improvviso ha cambiato in maniera inaspettata il quadro della visione economica del nostro Paese, che tuttavia, seppure tra mille difficoltà e innegabili sacrifici, sta ritornando gradualmente alla normalità. Le misure di enorme portata economico-finanziaria necessariamente messe in campo dal Governo con i decreti cura Italia, liquidità e rilancio, per famiglie, lavoratori e imprese di ogni settore, pubblico e privato, professionisti e artigiani, hanno permesso almeno in parte di limitare i danni di lungo periodo per la nostra società, rafforzando al contempo il Sistema sanitario nazionale, la Protezione civile e tutto il sistema produttivo italiano.

Non possiamo permetterci che alla grave emergenza sanitaria che ha caratterizzato gli ultimi mesi segua una depressione economica. Per questo, è necessario agire pensando a come utilizzare nel migliore dei modi le risorse provenienti dall'Unione europea, ma soprattutto lavorando a un piano serio di investimenti e riforme.

Il Programma nazionale di riforma è un piano strategico delle politiche da adottare per la ripresa dell'Italia a livello di crescita economica, che però non può avere alcun risultato se non viene direttamente collegato a serie proposte di sostenibilità, inclusione sociale, coesione territoriale e innovazione. Esso è inscindibile dal piano di rilancio europeo, che ha come obiettivo un considerevole aumento degli investimenti per la ricerca e l'istruzione, per realizzare finalmente riforme che non siano solo di facciata ma intervengano in modo strutturale sullo sviluppo economico e sociale del Paese.

Le strategie per arrivare a contrastare la crisi che da tempo affligge il sistema produttivo italiano, aumentando così il divario di benessere tra le diverse zone, non vogliono né devono essere pensate solo per rispondere al momento di emergenza, ma devono essere sinergiche per una crescita economica e stabile di lungo periodo. Devono quindi passare attraverso interventi e investimenti concreti per una maggiore offerta delle filiere più importanti - sanità, trasporti, turismo, istruzione, agricoltura, robotica, beni culturali - e soprattutto attraverso la predisposizione di misure chiare di semplificazione amministrativa e tributaria.

La semplificazione delle procedure amministrative, per noi, parte proprio dalla rimozione di tutti gli ostacoli che finora hanno impedito la realizzazione delle opere pubbliche e delle infrastrutture, con un rallentamento degli appalti e degli investimenti nei settori imprenditoriali strategici limitando anche ogni iniziativa e investimento privato, che sono elementi importanti. È importante anche attenzionare gli investimenti privati per un migliore funzionamento del sistema complessivo. È necessario migliorare la progettazione degli appalti, garantendo una maggiore flessibilità alle stazioni appaltanti. Bisogna sbloccare con immediatezza le opere pubbliche già finanziate e in fase di progettazione avanzata e completare tutte quelle in corso con uno snellimento delle pratiche burocratiche, mantenendo attenzione, allo stesso tempo, alla tutela dell'ambiente, del paesaggio e dei beni culturali e fatta salva la resistenza alla corruzione, ma senza infilarci però in un tunnel giustizialista che molto spesso rende l'Italia prigioniera di un'idea distorta della giustizia, della democrazia e della stessa rappresentanza democratica.

Un altro punto fondamentale è incrementare gli investimenti pubblici, rafforzando le infrastrutture di comunicazione e di trasporto, lavorando anche per un'estensione della rete di alta velocità ferroviaria, soprattutto per le Regioni del Sud Italia, all'interno di un piano di mobilità veloce, attraverso uno scrupoloso utilizzo delle tratte convenzionali e dedicate e con un'integrazione degli interventi infrastrutturali sulla rete già esistente. È necessario pianificare un sistema integrato di infrastrutture e servizi di trasporto per rilanciare la competitività delle imprese, ridurre il divario tra le zone più disagiate e quelle più dinamiche con un sistema concreto di fiscalità agevolata e offrire finalmente servizi più efficienti. Così come è necessario intervenire con un aumento degli investimenti per l'istruzione e la ricerca in ogni campo, pilastri fondamentali di una riforma che miri davvero ad una crescita educativa e culturale della nostra popolazione.

In tutto questo, ribadisco, non bisogna dimenticare gli investimenti privati, favorendo l'accesso al credito per le imprese e incentivandone la ricapitalizzazione. È necessario sostenere il consolidamento patrimoniale delle imprese italiane, aumentando il coinvolgimento anche degli investitori esteri per dare un impulso notevole all'economia del Paese.

Colleghi, queste e altre misure sono e saranno possibili solo grazie alla ulteriore manovra dei 25 miliardi di scostamento oggi richiesto per riprogrammare scadenze fiscali, prorogare la cassa integrazione a garanzia dei lavoratori, prorogare il blocco dei licenziamenti, far ripartire la scuola in piena sicurezza con una riorganizzazione degli edifici e nuove assunzioni, fornire incentivi alle imprese per una graduale ripartenza e stanziare nuove risorse per gli enti locali che in quest'ultimo periodo hanno fatto enormi sacrifici.

L'Italia, al di là di ogni considerazione, si è data un Governo al quale tutti, oggi, indistintamente chiediamo di intervenire. Un Governo che tra mille peripezie ci sta riportando fuori dalla palude. Immaginiamo un'Italia con la mano tesa, pronta ad essere tirata ancora una volta fuori dall'ennesima crisi, la cui colpa, questa volta, non può essere attribuita a nessuno. È un Governo democraticamente costituito che deve, perché questo è il suo compito, mettere in atto tutte le azioni per riuscire a dare risposte e sollievo all'aiuto richiesto. E se qualcuno si frappone a quest'azione, ostacolandola, ne dovrà rispondere, perché in quest'Aula siamo per fare la volontà e gli interessi esclusivi di quelle persone che ci tendono la mano e dell'Italia tutta. Con ciò non intendo dire che il Governo e il Parlamento esauriscono la loro azione agevolando questi provvedimenti.

La nostra azione è caratterizzata da un costante impegno per garantire che le provviste economiche e gli sforzi messi a disposizione producano davvero gli effetti previsti affinché resti veramente marginale la filosofia assistenziale, che non sempre condividiamo, e si vada invece incontro a un periodo di prosperità e benessere attraverso l'incentivazione del lavoro, per troppo tempo bloccato da vincoli burocratici e leggi non applicate o applicate male.

Lo scostamento richiesto, aggiunto a tutte le altre risorse stanziate e che verranno, serve e sarà veramente efficace solo se riusciremo a far ripartire quelle opere, piccole e grandi, già riconosciute come prioritarie per un effettivo rilancio del nostro Paese e che purtroppo hanno dovuto subire un ulteriore rallentamento a causa di questo improvviso evento pandemico.

Signori, mi rivolgo a tutti, quella di oggi è una scelta coraggiosa perché sappiamo che le risorse della manovra che stiamo disponendo ad oggi sono configurate, come dicevano i colleghi della minoranza, come un vero e proprio indebitamento e per questo osteggiate. Siamo consapevoli di questo, tuttavia crediamo che debbano essere intese per realizzare un cambio di rotta delle politiche finora attuate o non attuate, come un vero e proprio investimento per il futuro.

Italia viva-PSI è impegnata, perché fermamente convinta delle potenzialità dell'Italia e degli italiani, con idee per una pianificazione e un programma volti a ottimizzare la natura del provvedimento odierno da previsione di indebitamento a reale e positivo investimento, che dia un futuro ai nostri giovani e all'Italia tutta, con azioni di politica economica strategicamente inserita in un'ottica europeistica di condivisione, per una ripresa tangibile del nostro meraviglioso Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Monti. Ne ha facoltà.

MONTI (Misto). Signor Presidente, il dibattito di oggi conferma l'utilità della legge 24 dicembre 2012, n. 243, che modificò l'articolo 81 della Costituzione nel segno di una maggiore serietà nella finanza pubblica e di una maggiore assunzione di responsabilità da parte del Parlamento. Quella legge, proposta dal Governo, venne approvata a larghissima maggioranza con il contributo dei Gruppi dell'allora maggioranza (Forza Italia, inclusa la componente che poi avrebbe dato vita a Fratelli d'Italia, Partito Democratico, Polo di centro) e anche della Lega, allora all'opposizione che, anzi, diede un apporto decisivo grazie all'allora presidente della Commissione bilancio della Camera, onorevole Giorgetti.

Quella legge che stiamo osservando dice che lo scostamento dal disavanzo programmato è una cosa possibile ma esclusivamente in caso di eventi eccezionali. Lo scostamento non può però passare sotto silenzio nel Paese e nel Parlamento; per questo fu previsto l'onere dell'approvazione con la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera. Un campanello d'allarme perciò. Dagli interventi che si sono succeduti direi che l'allarme è stato udito, approfondito, preso sul serio come meritava e registrato con preoccupazione dagli esponenti dell'opposizione, ma anche della maggioranza.

Due sono le principali preoccupazioni emerse. Dico subito che le condivido anch'io, pur preannunciando, in queste circostanze davvero eccezionali, il mio voto a favore dello scostamento o, meglio, dovrei dire di riluttante accettazione dello scostamento.

La prima preoccupazione, condivisa da numerosi colleghi, è relativa all'ulteriore gigantesco aumento del debito pubblico, che lasceremo ai nostri figli e nipoti. Oggi l'aumento è giustificato dalla forte caduta della domanda di beni e servizi e dalla necessità di ristorare, almeno in parte, i redditi perduti a causa della pandemia.

Va però sottolineato che sarebbe stato importante, come alcuni di noi avevano costantemente richiesto, che negli anni favorevoli, dal 2015 al 2019, lo sforzo di contenimento del disavanzo e del debito venisse accentuato.

La seconda preoccupazione, che ho trovato molto diffusa nel dibattito odierno - e me ne rallegro - attiene all'impiego delle risorse finanziarie che saranno acquisite con il maggior indebitamento. In base al modo in cui verranno impiegate, le risorse saranno molto o poco foriere di crescita e intendo crescita economica reale, onorevoli colleghi, capace di generare occupazione e benessere sociale e non crescita sperata nei consensi elettorali per la forza politica di appartenenza. È questo il tema più grande, sul quale onestamente per ora c'è poco da dire, ovvero il tema della produttività in termini di crescita e di ciò che si farà con i molti fondi raccolti con l'indebitamento.

Il Programma nazionale di riforma è per ora embrionale e al tempo stesso enciclopedico. È enciclopedico perché c'è tutto, ma effettivamente una visione stenta ad emergere. Naturalmente il grande impegno di programmazione legato all'utilizzo dei fondi europei è tutto da definire, da mettere in opera, da collaudare e da vagliare. Sarà e dovrà essere la più ambiziosa operazione di programmazione economica dell'Italia dal 1962, anno in cui il ministro del bilancio, Ugo La Malfa, nominò Giorgio Ruffolo segretario generale della programmazione economica, incarico che svolse fino al 1975. I più anziani tra noi ricordano quell'esperienza come una stagione ricca di idee, molte delle quali un po' astratte, e povera di risorse. Oggi, sessant'anni dopo, l'Italia riceverà risorse ingenti e speriamo che all'abbondanza di risorse non corrisponda questa volta carenza di idee e soprattutto speriamo che le idee, oltre ad esserci, non siano astratte: siano ambiziose ma realistiche anche nel riformare per rendere più dinamica e competitiva l'economia italiana. Tra parentesi, qualcuno oggi vede con diffidenza l'espressione «riforme strutturali». Forse è il caso di ricordare che questa espressione non è stata inventata da qualche economista neoliberista della Scuola di Chicago, ma in Italia è stata inventata da Riccardo Lombardi, nel 1961.

Un'ultima considerazione, signor Presidente, è prettamente politica e riecheggia lo spirito di parole dette oggi in modo molto alto dal senatore Zanda, ma anche dal senatore Saccone, e di parole scritte oggi nella lettera pubblicata dal senatore Salvini e dagli onorevoli Berlusconi e Meloni. L'Italia entra in una fase di alto - secondo me altissimo - rischio: quello del default della propria credibilità. Otto anni fa era in gioco il default finanziario dello Stato, ma questa volta, con le opportunità che l'Europa ci dà - molto grandi - è in gioco la nostra credibilità e, con un default, sarebbe perduta la credibilità dell'aggettivo «italiano» e la credibilità del Paese. D'ora in poi, di fronte a questa grandissima prova che ci aspetta, credo che i comportamenti del Governo e delle opposizioni debbano tener presente, in ogni istante, che probabilmente mai nella storia d'Italia - e certamente mai nella storia della Repubblica italiana - si è arrivati a un tale momento della verità, che potrà far decadere i pregiudizi spesso avversi che nel mondo e in Europa si nutrono verso il nostro Paese oppure - ahimè - avvalorarli tutti.

Ebbene, le decisioni su cui occorrerà un più alto senso di responsabilità cominciano oggi, perché oggi il Governo ci ha presentato la relazione prescritta dalla legge costituzionale, ma, a ben vedere, ci ha presentato solo un acconto di tale relazione. Quella legge costituzionale dice infatti che il Governo, in caso di scostamento, presenta al Parlamento una relazione in cui spiega tante cose e definisce il piano di rientro verso l'obiettivo programmatico del disavanzo. Come ci ricorda l'Ufficio parlamentare di bilancio, nella relazione il Governo questa volta ha ritenuto prematuro definire i dettagli della strategia di medio-lungo termine per ridurre il debito pubblico; essa potrà essere più compiutamente definita nella Nota di aggiornamento del DEF nel mese di settembre. Questa è una parte che il Parlamento deve ancora ricevere e vagliare e sulla quale deve ancora esprimersi. Non credo quindi che oggi automaticamente venga l'approvazione per questo rientro.

Poi naturalmente c'è tutto il grande lavoro sull'utilizzo del recovery fund. Credo che l'atteggiamento giusto sarebbe che tutte le forze politiche, di Governo e dell'opposizione, si accingessero a battaglie su questo dismettendo i fantasmi del passato. C'è materia per dividersi tra le forze politiche, ma non tiriamoci dietro, come bagaglio ingombrante e non più attuale per il 90 per cento, dispute d'altri tempi sull'Europa oppure questioni metafisiche o da sciamani sulla vera natura del MES; questa è una faglia che divide sia la maggioranza che l'opposizione. Cerchiamo di diventare più adulti, di fare buon uso di quello che l'Europa consente all'Italia di avere, anche per il contributo italiano, e, se vogliamo dare una soddisfazione anche ai sovranisti, magari la loro intemperanza critica degli ultimi anni può anche aver contribuito a smuovere l'Europa verso una soluzione che adesso deve essere valutata con occhi nuovi. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Valente. Ne ha facoltà.

VALENTE (PD). Signor Presidente, colleghi senatori, penso di poter dire, con la condivisione di molti di voi, che se i mesi che abbiamo alle spalle di questa drammatica pandemia ci hanno insegnato tante cose tra queste c'è sicuramente la consapevolezza che volere è potere, che quando davvero una cosa la si vuole fare, anche i risultati che paiono irraggiungibili o complicati si possono ottenere in poco tempo. Abbiamo visto servizi pubblici, aziende, scuole e università organizzare didattica e lavoro a distanza in pochissimi giorni. Soprattutto però in questo quadro abbiamo finalmente visto l'Europa mostrare il volto per il quale i nostri Costituenti, ma anche chi l'aveva immaginata, sognata, pensata, l'aveva probabilmente costruita: penso al volto della solidarietà, al volto di una vera e grande comunità, anche a protezione e a tutela dei componenti di quella grande famiglia che è l'Europa.

Abbiamo dunque conseguito in poche settimane o in pochi mesi risultati che ci parevano irraggiungibili. Penso di poter fare a proposito dell'Europa due sole considerazioni in premessa. La prima è che non credo sia un caso - questo me lo consentirete - che proprio in questa fase storica l'Europa sia diretta e guidata da tre donne, che hanno messo davanti un interesse generale rispetto a interessi particolaristici, a egoismi degli Stati nazionali; hanno fatto prevalere il comune interesse di portare a casa un risultato utile per tutti, una grande idea (che deve essere propria di ogni comunità) che non ci può essere la salvaguardia di uno senza tutelare il bene complessivo della squadra all'interno della quale si gioca e si è deciso di giocare insieme.

D'altro canto, onestà intellettuale vorrebbe che tutti quelli che in questi mesi invece avevano scommesso su un insuccesso, su un fallimento di quel progetto d'Europa, riconoscessero, indipendentemente da appartenenze e strumenti di consenso spiccio, che oggi l'Italia senza questa Europa sarebbe davvero drammaticamente sola di fronte a un dramma assolutamente imprevedibile e dalle proporzioni inimmaginabili.

Dico questo per evidenziare innanzitutto che abbiamo davanti a noi, come è stato detto da tanti, un'enorme opportunità, che è soltanto all'inizio. Starà a noi giocare le carte giuste e credo che questo Programma nazionale di riforma dica molto di come l'Italia intenda giocare questa partita, stare dentro questo campo e portare a casa i suoi risultati, uscendo innanzitutto da una logica emergenziale, ovviamente necessaria e dovuta nelle settimane che abbiamo alle spalle, e finalmente mettendo mano a quelle riforme che noi stessi auspichiamo ormai davvero da tanti - direi troppi - anni.

Il Programma nazionale di riforma in questo senso indica una strada maestra, indica soprattutto un insieme di infrastrutture materiali e immateriali sulle quali investire le nostre energie: penso ovviamente alla riforma della pubblica amministrazione, al digitale, alla transizione ambientale, alla riforma della giustizia, a scuola e formazione. A mio avviso, però, tutte queste direttrici e tabelle di marcia non potranno granché se non aggrediremo in maniera dirompente i tanti - troppi - divari e le tante - troppe - disuguaglianze che ancora esistono nel nostro Paese. Non c'è riforma che tenga se non riusciremo a superare queste doppie velocità. Non è soltanto e non è più una questione di giustizia sociale ma di opportunità di eliminare zavorre e freni alla crescita e a modelli di sviluppo più sostenibili e più equi, ma anche più giusti e più competitivi. Noi lo diciamo da tanto tempo e di questo siamo convinti.

Siamo convinti che oggi le disuguaglianze sono di tanti tipi: territoriali, sociali, generazionali, ma innanzitutto di genere. Oggi in questo Paese gli uomini e le donne non hanno le stesse possibilità; oggi una donna su due non lavora, due donne su tre nel Mezzogiorno non lavorano. Sono aspetti inquietanti per i quali non possiamo indignarci, meravigliarci o preoccuparci soltanto quando ce li ricorda qualche istituto nazionale di ricerca, di fronte a dati ovviamente che inquietano e che soprattutto gettano un'ipoteca sul futuro dell'Italia. Infatti, se oggi le donne scelgono di non fare più figli in questo Paese perché costa troppo in termini di progressione di carriera, di avanzamento, di opportunità, nell'ottica di veder valorizzati competenze e saperi che hanno acquisito; se le donne scelgono di non fare figli, se stanno a casa e non lavorano, lasciando a casa competenze, talenti e professionalità, noi non crediamo che questo sia un problema delle donne: è un'ipoteca che riguarda il futuro dell'Italia, quindi deve riguardare tutti noi insieme, uomini e donne.

Che cosa fare allora? Io lo dico semplicemente: metà delle risorse che avremo a disposizione investiamole per ridurre questo gap, investiamole per dare uguali opportunità agli uomini e alle donne di questo Paese; investiamole perché non sarà soltanto un tema di giustizia sociale ma sarà una scelta utile e conveniente per tutta l'Italia, che affronterà la principale disuguaglianza e in qualche modo dispiegherà una forza e un potenziale di crescita assolutamente esponenziale. Sarà un risultato che metteremo sul campo a tutela di tutti, non soltanto delle donne.

Questo però che cosa significa, come si fa? Ci siamo detti, e lo hanno detto anche altri rispetto ad altri settori, che non abbiamo nulla da inventarci. Non ha nulla da inventarsi questo Parlamento, che poche settimane fa ha adottato un atto di indirizzo, tenuto conto dei dati drammatici su come le donne hanno attraversato e sono uscite da questo lockdown, protagoniste in prima linea di tanti drammi e costrette a pagare un prezzo più alto (il 67 per cento delle donne ha chiesto il congedo parentale e in cassa integrazione sono andate anzitutto loro). Insomma, le donne hanno veramente pagato sulla loro pelle il prezzo del lockdown. In questo Parlamento abbiamo adottato un chiaro atto di indirizzo con l'approvazione di una mozione sull'occupazione femminile che ha declinato gli interventi per noi prioritari e strategici per affrontare un vero piano dell'occupazione femminile in questo Paese. Ripeto, non abbiamo nulla da inventarci. Lo abbiamo scritto lì, nero su bianco: è un atto di questo Parlamento, dal quale necessariamente dovremo partire.

A questo si sono poi aggiunti contributi importanti: penso alla task force del ministro Bonetti e al piano Colao, nel quale ci sono state indicazioni chiare, tra cui quella di investire nei settori strategici a maggiore partecipazione femminile. Abbiamo detto dello smart working e di una diversa organizzazione aziendale, cui si sono aggiunte, nelle ultime settimane, proposte interessanti. Il ministro Provenzano ha parlato di decontribuzione del lavoro femminile nel Mezzogiorno e il presidente Conte ha parlato di leadership femminile. Insomma, di idee ne abbiamo davvero tante qualora non volessimo considerare le tante idee che ci vengono dai mondi esterni. (Richiami del Presidente).

Signor Presidente, mi avvio a concludere. Aggrediamo allora questo dato con un investimento importante su questo terreno, il che significa - anche e soprattutto - aggredire il tema della violenza di genere. Più occupazione delle donne significa meno violenza, in quanto la violenza si combatte non solo con norme di carattere penalistico ma anche dando autonomia e autosufficienza economica alle donne. Occorre altresì un investimento importante sulla condivisione del carico di lavoro e di cura. C'è poi il valore sociale della maternità: se è un valore, lo è per tutti e dobbiamo farcene carico tutti. (Applausi). E, ancora, condivisione delle responsabilità genitoriali, riconoscimento economico del lavoro di cura domestica e, infine, un investimento serio e importante sulla formazione e sulla scuola, che è l'unico strumento che ci consente di riequilibrare i punti di partenza. Lo dico per gli asili nido e i bambini, ma anche per le donne. Penso alle donne nell'area STEM (science, technology, engineering and mathematics); abbattiamo pregiudizi e stereotipi e promuoviamo la competenza e la sua valorizzazione. Sul merito le donne competono, vincono e non temono. Promuoviamo allora questa formazione. Questo è un asse strategico che può veramente ridurre le disuguaglianze (parlo del Mezzogiorno e dell'Italia tutta).

Se tutto questo è necessario, occorre allora un ufficio per l'impatto delle politiche pre e post intervento (lo abbiamo chiesto nella mozione per l'occupazione femminile in maniera chiara), che sappia veramente e concretamente valutare l'efficacia delle politiche che mettiamo in campo e che lo possa fare prima e dopo la realizzazione degli interventi. Solo così capiremo davvero se stiamo andando nella direzione giusta e, soprattutto, la sapremo correggere qualora necessario.

PRESIDENTE. La prego di terminare il suo intervento perché il tempo a sua disposizione è scaduto due minuti fa.

VALENTE (PD). Concludo dicendo che la sfida che abbiamo davanti non è una sfida per le donne: è una sfida che vinceremo nell'interesse del Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. Senatrice Valente, il tempo a suo disposizione era terminato.

Oggi siamo tutti un po' più lenti. La senatrice Valente aveva sette minuti di tempo a disposizione e - lo dico non per lei, ma in generale - quando i Gruppi decidono di suddividere i tempi a loro disposizione tra più oratori, ciascun senatore deve poi attenersi ai limiti previsti.

È iscritto a parlare il senatore Pichetto Fratin. Ne ha facoltà.

PICHETTO FRATIN (FIBP-UDC). Signor Presidente, colleghe, colleghi, rappresentanti del Governo, onorevole Ministro, siamo al terzo voto sullo scostamento di bilancio.

Il presidente Monti ha prima ricordato, come fatto anche dall'Ufficio parlamentare di bilancio, che la legge 24 dicembre 2012, n. 243 imponeva l'indicazione del percorso per la copertura e il raggiungimento del cosiddetto obiettivo di medio termine. Chi parla lo ricorda bene perché di quella legge sono stato relatore sia in Commissione che in Assemblea (è stata l'ultima legge della mia esperienza nella legislatura 2008-2013). Non c'è, e personalmente comprendo anche la difficoltà che il Governo avrebbe avuto se avesse dovuto indicare in modo più puntuale il percorso del rientro; ma possiamo soffermarci a riguardo in seguito.

Gli attuali 25 miliardi ci portano a 100 miliardi, che sono molto più della cifra che il centrodestra unito, nel mese di marzo, aveva richiesto con un disegno organico degli interventi. Con essi arriviamo a superare 515 miliardi di euro di impatto complessivo sui saldi: una cifra enorme - come è stato ricordato da molti - che porta un punto interrogativo rispetto a quelli che saranno anche gli effetti sul PIL e - ciò che è rilevante - sul percorso per l'utilizzo degli strumenti che andiamo ad autorizzare, ovvero del nuovo debito, della disponibilità che autorizziamo. A tali risorse va aggiunto ciò che l'Unione europea mette ulteriormente a disposizione, oltre ai fondi strutturali ordinari, con recovery fund, Sure, MES (al di là delle valutazioni se utilizzarlo o meno).

Avremmo dovuto affrontare anche una discussione sul tema della compatibilità complessiva, perché la valutazione non è solo sulla compatibilità odierna - e so che l'onorevole Ministro lo sa bene - ma è come, rispetto a quegli strumenti, possiamo rendere compatibile il complesso del debito pubblico italiano, in relazione, poi, a tutte le variazioni. D'altra parte, non è immaginabile una soluzione sostitutiva - come mi è parso di sentire ipotizzare anche in sede di audizioni - in quanto quei fondi hanno anche gli obiettivi delle raccomandazioni dell'Unione europea. Peraltro, sono la scelta politica proprio per intervenire su una situazione di estrema difficoltà e disagio.

Il tema è come faremo complessivamente, e come facciamo oggi. Pertanto, la questione non è tanto lo scostamento immediato odierno di 25 miliardi, quanto l'utilizzo delle nuove disponibilità, come citato nella lettera aperta al Presidente del Consiglio da parte dei leader di centrodestra (il presidente Berlusconi, Salvini e Meloni) in data odierna.

La lettera riporta alcuni temi ed alcune condizioni: fisco, lavoro, famiglie. E sono le azioni che devono essere conseguenti legislativamente e normativamente al Programma nazionale di riforma; azioni che devono rendere sostenibile il maggiore debito e generare la crescita del prodotto interno lordo. Il Programma nazionale di riforma dovrebbe pertanto indicarci il percorso da attuare a livello normativo per raggiungere gli obiettivi citati.

Colleghi, nell'elenco del PNR c'è tutto: ci sono tutti i temi citati. Mancano solo il cronoprogramma e un ordine di priorità. Siamo d'accordo sulla modernizzazione, sulla transizione ecologica così come sull'inclusione sociale, che sarà uno dei grandi temi post Covid perché il virus sta separando davvero ricchi e poveri nel nostro Paese, e non solo economicamente. La separazione avviene culturalmente, attraverso la dotazione e la capacità di utilizzo degli strumenti, di tenere il passo con la modernità. Questa sarà una sfida importante.

Siamo d'accordo anche su quelli che sono gli obiettivi specifici. Il Governo li indica in un Paese digitale. È lo sviluppo, è il futuro. La discussione sulla rete 5G è uno dei temi fondamentali per fare il salto verso il dopo. Così come lo sono tutta la partita dell'infrastruttura o più verde, oppure la questione della competitività, intesa come competitività nel rimettere le imprese del Nord nelle condizioni in particolare di corrispondere con l'estero e, dall'altra parte, nel dare lo strumento alle aree di coesione e, quindi, alle aree del Sud del nostro Paese, per non distanziarsi, ma anzi per recuperare le differenze che emergono. Lo stesso vale per una pubblica amministrazione più moderna.

Noi ci stiamo in pieno, su questo tipo di valutazione, ma sono obiettivi. Noi dobbiamo agire sulle riforme e su questo versante l'inizio non è certo promettente. In tema di riforme vengono indicati diversi punti nel PNR; a proposito di burocrazia si parla di semplificazione, ma la semplificazione che è venuta dall'esame in questa Assemblea è molto timida, anzi in alcuni passaggi il provvedimento che verrà esaminato nei prossimi giorni può comportare addirittura una complicazione e non una semplificazione.

Sul grande tema degli investimenti pubblici, vorrei ricordare che le disponibilità che questo Paese avrà tra sovvenzioni e nuovi finanziamenti con il recovery fund, con il MES o con altri, saranno di dimensioni colossali, sui 350 miliardi. Abbiamo bisogno di un disegno preciso che sappia fare sintesi rispetto agli obiettivi, alle priorità e ai tempi.

Se si vuole davvero favorire l'occupazione nell'edilizia, non si possono escludere le categorie catastali A1, A8, A9 dalla platea dei beneficiari del bonus del 110 per cento. (Applausi). Se l'obiettivo invece è il riequilibrio sociale, valgono le differenze ideali. Se però si vuole fronteggiare l'emergenza autunnale del lavoro, bisogna renderlo flessibile. Vale l'adagio «piuttosto che niente, è meglio piuttosto», e allora reintroduciamo il sistema dei voucher, almeno temporaneo, e poi discuteremo sul suo mantenimento. Se si vuole stimolare un fisco più equo, non si annuncia genericamente una riforma, che potrebbe essere condivisa dalle persone alle cose, né si scrive - come è stato scritto sul Programma nazionale di riforma, a pagina 46 - che per la lotta all'evasione «saranno utilizzate tecniche sofisticate di analisi dei debiti iscritti a ruolo per indirizzare l'attività di riscossione prioritariamente verso i debitori più solvibili e i crediti che hanno maggiori possibilità di essere riscossi». È come se si dicesse di non perseguire gli evasori, ma di concentrarsi su quelli su cui si è più sicuri; al limite si comminano delle sanzioni informali e si porta a casa un risultato su questo.

Colleghi, se si vuole dare speranza non lo si fa annunciando un giorno sì e un giorno no una patrimoniale o lasciandola trapelare. Gli immobili sono un risparmio.

Noi di Forza Italia ci siamo, onorevole Ministro, colleghi, con le nostre idee, le nostre proposte, le proposte del centrodestra, con un'opposizione ferma. (Applausi).

PRESIDENTE. Ripeto anche a lei che la suddivisione dei tempi in frazioni di dieci minuti dovrebbe comportare un maggiore rispetto.

È iscritta a parlare la senatrice Cantù. Ne ha facoltà per cinque minuti.

*CANTU' (L-SP-PSd'Az). Vi si deve riconoscere che la teoria la sapete benissimo, a partire dal presidente Conte, e non solo, perché in più occasioni anche il Ministro della salute, tra gli altri, ha ribadito che è estremamente utile che tutti partecipino a fornire suggerimenti e indicazioni da tradurre in atti di impegno procedimentalizzati nelle sedi parlamentari, salvo poi proseguire in solitudine sulla strada delle decisioni prese altrove e talvolta contrabbandate per condivise. (Applausi). Il Programma nazionale di riforma, per quanto riguarda la sanità - ma la sanità abbiamo visto che volano motore di crescita e sviluppo, se opportunamente attivato, possa essere, almeno tanto quanto l'edilizia - è un enunciato di principi che rappresenta poco più dell'uno per cento del vostro elaborato. Non voglio dire che si dovesse fare della prosa, ma, dando delle stringenti indicazioni per la sua attuazione, secondo il principio di leale collaborazione Stato-Regioni, dovrebbe costituire una plastica rappresentazione di quanto è successo nei mesi scorsi e con le prescrizioni affinché non possa più succedere: agendo in prevenzione, in sorveglianza, in preparazione anti pandemia ed ora in efficace contrasto ad una possibile recrudescenza epidemica. (Applausi).

Di tutto ciò non c'è traccia, né di alcun processo di analisi, né di governo del rischio, presupposto essenziale per la finalizzazione delle risorse in modo produttivo: la vostra priorità è stata la reiterazione di uno stato di democrazia sospesa. Uno Stato di democrazia sospesa nonostante, ad oggi, non sussistano più le condizioni per una vera emergenza!(Applausi).

Non sarà sfuggito, a quanti hanno avuto la bontà di leggere le quattro pagine, le sole quattro pagine dedicate alla sanità, che nelle enunciazioni, non solo non vi sono indicazioni correttive, ma, volendo considerare le ulteriori due pagine di allegati, neanche le semplici direttrici fondamentali sulle risposte all'emergenza coronavirus, vale a dire ai problemi che vi hanno indotto a disporre la proroga dello stato di emergenza nazionale, in un eterogenesi dei fini che nasconde le vere motivazioni per cui saremo ancora in "democratura" fino a tutto il 15 ottobre. Non male come trasformismo, per chi si era autoproclamato avvocato del popolo. (Applausi).

Mi accingo alle conclusioni, signor Presidente.

PRESIDENTE. Dispone ancora di qualche secondo.

CANTU' (L-SP-PSd'Az). La ringrazio, signor Presidente. Non è dato, purtroppo, come lei ci ricorda, tempo per disquisire, com'è stato fatto in Commissione, al fine di affrontare argomenti come quello che, a nostro avviso, è assolutamente imprescindibile; cioè la dimostrazione di quanto sia foriera di nocumento la mancanza di regole generali di garanzia di riqualificazione delle spese e dei relativi saving che si possono ottenere.

PRESIDENTE. Senatrice Cantù, la invito a concludere.

CANTU' (L-SP-PSd'Az). Ancora qualche secondo, per cortesia, lo ritengo davvero importante; saving che si possono ottenere in accompagnamento strutturato ad un programma operativo di investimenti attualizzati. Questo avrebbe dovuto essere il sunto in maniera tale da rappresentare un PNR di congiuntura, vale a dire concreto e realizzabile nel biennio 2020-2021.

In conclusione, signor Presidente, ci pare davvero inaccettabile...

PRESIDENTE. Senatrice Cantù, deve davvero concludere.

CANTU' (L-SP-PSd'Az). Ancora qualche secondo, signor Presidente. Mi consenta, perché questo è davvero un argomento fondamentale che ci permette di riflettere su un aspetto cruciale. Porti pazienza ancora un minuto, per gentilezza.

PRESIDENTE. È già oltre un minuto rispetto al tempo che le era concesso, senatrice Cantù.

CANTU' (L-SP-PSd'Az). Ci pare infine inaccettabile che si possa continuare a finanziare senza controlli sistemi obsoleti, tecnologici ed informativi, che non danno reali contributi di efficientamento. Ne è esempio eloquente l'anagrafe vaccinale che, prevista nel 2017, avrebbe dovuto dare certezza di prevenzione consapevole nella profilassi vaccinale mentre ora si propone di prorogare l'obbligatorietà dei vaccini per mancanza di dati collazionati a livello nazionale. Altro che governance digitale e dei flussi informativi e predittivi secondo tecniche di machine learning come si teorizza nel documento in discussione. Non siamo neanche in grado di collettare dati elementari che avrebbero potuto già essere trasferiti aggiornati su un banalissimo ma sempre efficace foglio di calcolo.

Di "storico" in questo periodo si è visto solo la pandemia e gli scostamenti di bilancio, non i risultati che il Presidente del Consiglio va dicendo.

PRESIDENTE. Dico anche al suo Capogruppo, che ha prima alzato la mano, che lei aveva a disposizione cinque minuti e ha parlato per sette minuti. Due minuti in più sono troppi.

ROMEO (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROMEO (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, intervengo solo per ricordare che, visto che era iscritta a parlare la senatrice Faggi, il cui intervento rientrava nei sessanta minuti che ci sono stati assegnati, e che il suo tempo faceva in realtà parte della fase di relazione, essendo lei relatrice di minoranza, noi sostanzialmente avevamo ancora quattro minuti a disposizione. Quindi, la senatrice Cantù avrebbe potuto benissimo arrivare fino a nove minuti. Lo dico a beneficio di tutta l'Assemblea.

PRESIDENTE. Presidente, lei conosce bene il Regolamento e sa che non è compito della Presidenza fare queste equiparazioni, che vanno segnalate prima, anche perché non ho la minima idea di quanti minuti parli o abbia parlato la senatrice Faggi mentre non presiedevo.

È iscritta a parlare la senatrice Accoto. Agli otto minuti a disposizione aggiungerò un minuto in più, per correttezza. Ne ha facoltà.

ACCOTO (M5S). Signor Presidente, gentili colleghi, gentili colleghe, prima di fare il mio intervento, vorrei porre una semplice domanda a tutti. Di cosa discutiamo oggi? Ovviamente la risposta potrebbe essere: discutiamo certamente di risorse economiche. Infatti, il Programma nazionale di riforme e lo scostamento di bilancio influiscono sul bilancio dello Stato. Io però vorrei allargare il nostro campo visivo. Parliamo di filosofia, quella scienza che pone domande sul mondo, sull'esistenza e sull'essere umano e analizza possibilità e limiti, se ce ne sono, nella conoscenza.

Cosa sono i leader e i politici, se non dei portatori di pensieri e di soluzioni per migliorare la vita dei cittadini? Oggi certamente affrontiamo tematiche prettamente economiche, ma i freddi numeri, senza una visione, sono passeggeri. I miliardi scompaiono, sfumano in un batter d'occhio.

Lo scostamento di bilancio e il Programma nazionale di riforme sono inevitabilmente due facce della stessa medaglia: l'idea e la sua attuazione di come trasformare il nostro Paese, sfruttando in positivo quello che la crisi ci ha insegnato e andando, nel contempo, a colmare le lacune che i nostri sistemi lavorativo, economico, imprenditoriale, sanitario e d'istruzione hanno avuto fino ad oggi.

Ovviamente, uno scostamento di bilancio che, con quello di cui discutiamo oggi, arriva in totale a poco più di 100 miliardi di euro non può prescindere da un piano di riforme ambizioso, che verrà sicuramente plaudito anche in Europa. Si tratta di un piano non di austerità, di lacrime e sangue - un ricordo duro, che lasciamo volentieri al passato, fatto da Governi molto distanti da quello di oggi - e che pone le sue basi su un terreno mai battuto prima.

Nel secolo scorso le epocali crisi economiche hanno sempre comportato enormi sconvolgimenti, dalle più odiose conseguenze. Oggi, invece, c'è una differenza sostanziale rispetto al passato. Storicamente le pandemie coinvolgevano quasi esclusivamente l'aspetto demografico di una popolazione: tante perdite umane davano luogo a un'importante flessione demografica. Ma la crisi economica non ne era una diretta conseguenza, bensì la preesisteva. Se pensiamo a quella che è considerata la più grave pandemia della storia contemporanea, quella dell'influenza spagnola del 1918, solo in Italia fece 600.000 vittime. Ricordiamo, inoltre, anche la grande crisi del 1929. Entrambe colpirono popolazioni già provate dalla Grande guerra, in un'epoca in cui certamente il sistema sanitario e i progressi scientifici non potevano ergersi ad argine per il virus.

Quello che voglio sottolineare con questo piccolo excursus è che, rispetto a ciò che il Paese ha vissuto in passato, oggi viviamo parallelamente una grande preoccupazione per la nostra salute e un'ancora maggiore apprensione per il nostro tessuto lavorativo e imprenditoriale. Il Governo e il Parlamento stanno dando ampia dimostrazione di come le istituzioni sappiano fornire una risposta flessibile e modulata, in base alle esigenze indifferibili che si manifestano. Questo perché le esigenze di marzo scorso non sono le stesse di oggi.

Un Esecutivo lungimirante è quello che cura i problemi contingenti e pensa in un orizzonte temporale che deve per forza collimare con la fine naturale della legislatura; riforme a brevissimo e a lungo termine.

Con il decreto cura Italia e, ancor di più, con il decreto rilancio abbiamo fornito una rete di protezione sociale per non lasciare indietro nessuno e permettere a tutti di superare questi mesi difficili. Questo scudo sociale non tramonterà con i pomeriggi di agosto, ma continuerà per tutto il 2020. Non possiamo lasciare nulla al caso e la ripresa non verrà data per scontata. Anche per questo ogni intervento di riforma conterrà pedissequamente alcune parole chiave, che sono le stesse che siamo abituati a vedere lettera morta da tempo o, meglio, a vederle relegate al massimo come argomento di discussione in conferenze internazionali.

Sto parlando dello sviluppo sostenibile, del grande piano articolato in obiettivi elaborato presso le Nazioni Unite. Per questo puntiamo nei prossimi anni a un grande rilancio degli investimenti pubblici e a investire laddove nelle passate legislature si era tagliato con sforbiciate orizzontali. L'istruzione e la ricerca saranno fulcro attorno al quale pensare un'Italia moderna. Ovviamente punteremo al rilancio dei nostri grandi settori trainanti (il turismo, l'automobile, la componentistica, la siderurgia, lo spettacolo e l'edilizia) lavoriamo non solo per risollevarli, ma anche per proiettarli verso il futuro, per permettere il loro sviluppo e la loro prosperità non per qualche anno, ma per i prossimi decenni.

Abbiamo piani per migliorare l'equità e l'inclusione sociale e intendiamo modernizzare l'amministrazione della giustizia per renderla più efficiente.

Lasciatemi però dire che non può esserci sostenibilità ed equità sociale senza un'ulteriore e più radicale diminuzione dell'elevato cuneo fiscale (pari in media al 48 per cento del costo del lavoro) e senza la concretizzazione di una lotta all'evasione teorizzata da molti. Siamo già intervenuti in legge di bilancio stanziando un fondo di 3 miliardi per il 2020 e 5 miliardi a partire dal 2021, per incrementare l'importo netto che i lavoratori riceveranno in busta paga senza alcun onere aggiuntivo per il datore di lavoro. Meno onerosi saranno i contratti per le imprese e prima tornerà a regime il mercato del lavoro; meno tasse dovranno pagare i lavoratori sullo stipendio e più incrementeranno i consumi. Con una misurata lotta al contante e con controlli più serrati costringeremo all'emersione quei miliardi di patrimonio sommerso di cui attualmente beneficiano illegalmente solo in pochi, a discapito dei più.

Nell'ottica di uno sviluppo sostenibile sono cruciali gli interventi previsti a favore di micro, piccole e medie imprese, ma anche di professionisti e ditte individuali. (Applausi). Si pensi al congelamento delle rate dei prestiti, delle linee di credito in conto corrente e dei canoni in scadenza, oltre al rafforzamento del fondo di garanzia. Ad oggi, i finanziamenti a piccole e medie imprese ammontano a circa 40 miliardi, a fronte di 700.000 richieste accolte.

In conclusione, questo Governo può passare alla storia o può essere ricordato per aver fatto cose a metà. Tornando sul piano delle riforme, punto sulla prima ipotesi e sono certa che avverrà. (Applausi).

Concludo dicendo che auguro un buon lavoro a tutti. Questa seconda metà di legislatura sarà totalmente un nuovo inizio per tutti i cittadini e per l'Italia intera. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione congiunta.

Comunico all'Assemblea che sono pervenute alla Presidenza, sulla relazione ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, le proposte di risoluzione nn. 100, presentata dai senatori Perilli, Marcucci, De Petris, Faraone e Unterberger, e 101, presentata dai senatori Bernini, Romeo e Ciriani.

Sono inoltre pervenute alla Presidenza, sul Programma nazionale di riforma 2020, le proposte di risoluzione nn. 1, presentata dai senatori Perilli, Marcucci, De Petris, Faraone e Unterberger, e 2, presentata dai senatori Ciriani, Romeo e Bernini.

I testi sono in distribuzione.

I relatori Conzatti e Presutto non intendono intervenire in sede di replica.

Ha facoltà di parlare la relatrice di minoranza, senatrice Faggi.

FAGGI, relatrice di minoranza. Signor Presidente, ho ascoltato con grande attenzione gli interventi di tutti i colleghi, sia di maggioranza che di opposizione, che ovviamente, a seconda dell'appartenenza politica, hanno espresso il loro contributo e la loro posizione.

In tutti gli interventi rilevo un comune denominatore, indipendentemente dall'esito conclusivo delle dichiarazioni: tutti hanno enunciato le grandi difficoltà in cui il Paese si trova (dalla scuola alle piccole, medie e grandi imprese, alla pubblica amministrazione, alla questione della giustizia e delle donne). Sono stati toccati tantissimi argomenti, di cui ho preso nota e terrò in considerazione perché importanti.

Certo, mi sovviene innanzi tutto di dire al Ministro qui presente - presenza per la quale lo ringrazio - e al Vice Ministro che mi aspettavo da questa maggioranza, che oggi si appresta al terzo scostamento di bilancio per circa 25 miliardi, che andrà a formare un totale di 100 miliardi che si aggiungono al deficit, di non trovarmi a sentirli da sola, dato che i banchi dell'Aula sono vuoti (come sempre, diremo). Non va bene, perché siete così accalorati nella difesa dei vostri documenti che avreste dovuto avere accanto a voi tutti i vostri compagni di viaggio, che con voi condividono quello che oggi vi accingete a votare.

Chiedete agli italiani resistenza e resilienza, parole alle quali è intitolato il documento nel merito del quale entrate e che ritenete articolato, compatto e avente una logica. Nessuno di voi però oggi era presente, per confrontarsi insieme: c'era la relatrice, che ringrazio, ma nessun altro. Questo è un dato evidente che devono conoscere gli italiani. A loro, che ci ascoltano, lancio un messaggio: a voi non interessa nulla, se non portare avanti questo documento; quest'Aula si riempirà solo quando dovrete votare, affinché il testo passi, e si riempirà domani, quando dovrete mandare a processo Salvini. Quando però si devono scostare 25 miliardi di bilancio, non c'è nessuno, c'è il vuoto! (Applausi). Abbiamo un teatro vuoto. (Commenti).

Gridi pure, collega Pirro, tanto ha la mascherina!

PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza, senatrice Faggi, e non la ascolti.

FAGGI (L-SP-PSd'Az). Non la ascolto, ha ragione, signor Presidente: non vale la pena. (Applausi. Commenti).

Continuo ad andare avanti in questa disamina che sarebbe stato bello che tutti voi aveste sentito: mi riferisco in particolare all'intervento del senatore Bagnai, che ha invitato a prestare attenzione allo scostamento, perché tutte le forme di prestito che arrivano dall'Unione europea avranno ovviamente uno stato di gestione di credito privilegiato. Speriamo che tutti abbiano capito cosa significa questo: saranno i primi a cui dovremo restituirli.

Magari avreste sentito l'intervento del senatore Urso, che si è detto critico dello scostamento, perché gli 80 miliardi di prima sono stati impiegati male, e non lo ha detto lui, ma l'Istat.

Magari avreste sentito anche l'intervento della senatrice Gallone, che ha fatto riferimento a una lettera aperta di tutto il centrodestra, nella quale sono state avanzate proposte - qui si parla di collaborazione: "collaborate, siamo tutti insieme", si dice - ma non un emendamento è stato preso in considerazione.

Anche ieri il presidente Conte ha detto che dobbiamo collaborare. Quale collaborazione? Quando ci siamo noi, non ci siete voi; quando presentiamo gli emendamenti non li approvate. Ma che collaborazione sarebbe? La parola collaborazione significa stare insieme e parlarsi. (Applausi). Tanto la metà dei parlamentari non c'è e non mi sente.

Anche la senatrice Ferrero ha fatto ben presente di ascoltare, ha fatto la lista degli auditi ed ha ricordato che sono importanti. Anche ad ascoltare gli auditi eravamo da soli. Siamo stati in pochi, sia alla Camera che al Senato. La senatrice Ferrero ha detto che, se non volete ascoltare noi, potreste ascoltate loro; non ascoltate le vostre task force perché in questa maniera stiamo veramente indebitando fortemente le future generazioni.

Anche il senatore Paragone è arrivato a dire che c'è uno stress bancario spaventoso. Ma ve ne rendete conto? Anche D'Alfonso, che è un noto giurista, ha rilevato la stessa cosa che ha rilevato il senatore Zanda all'inizio. Guardate che c'è qualcosa che non va. Per poter fare ciò che stiamo per realizzare, dovremmo avere una pubblica amministrazione che funziona, e non un'amministrazione ingessata come la nostra dove, quando chiedi una carta d'identità, se va bene ci vogliono cinque giorni, e in smart working non la danno; ma tanto anche se ti prendono, non c'è alcun problema.

Anche la senatrice Cantù ha fatto una disamina molto bella, appuntando su solo quattro pagine la questione della sanità, e ha puntato il dito su un aspetto su cui siamo stati anche accusati, di essere superficiali. È una senatrice che ha un passato di grande peso in ambito sanitario, per cui le sue indicazioni sono molto importanti.

Ho ascoltato tutti, per cui mi sento di dire che è stato chiaramente più volte riportato che questo documento, considerato lo scostamento di altri 25 miliardi, non farà altro che indebitare la nostra Italia. Lasceremo ovviamente molti debiti alle generazioni future. Mi sconvolge sentire come non riusciamo a comprendere l'essenza del PNR o l'essenza dello scostamento. E ciò mi preoccupa, perché mi chiedo se ho ascoltato e ho letto. È pesante leggere tutte queste considerazioni che spesso sono ridondanti e ripetitive, ma hanno contenuti tecnici e con l'ausilio dei funzionari, se non si è completamente in grado, si può avere effettivamente contezza di dove stiamo andando.

Ho sentito anche dire che non interessano i soldi e che adesso l'importante è presentare i progetti. A casa mia hanno sempre detto che, prima di fare una qualsiasi scelta, si deve sapere quanto si deve spendere o quanto puoi spendere, altrimenti non si può procedere. Se non puoi comprare, non puoi comprare. È una regola piccola: come si dice a casa mia, sono i conti della serva, che oggi che dobbiamo fare perché si tratta dei conti degli italiani, che fanno fatica a mettere insieme il pranzo e la cena. E noi questo lo dimentichiamo, perché non siamo qui tutti presenti. Non siamo seduti, nei nostri posti, ma lo stipendio lo prendiamo mentre quelli che sono a casa non lo prendono pur andando a lavorare. Ecco la differenza! (Applausi).

Non gliene importerà niente a nessuno, poi, di tagliare il numero dei parlamentari. Anche alla qualità di chi è seduto dobbiamo guardare. (Applausi).

Concludo prima di farmi dire giustamente che il mio tempo sta scadendo, perché si può prorogare tutto ma non il tempo: abbiamo prorogato lo stato di emergenza, abbiamo prorogato il deficit, abbiamo prorogato tutto, ma il tempo a disposizione della Faggi sta terminando.

Il mondo spezza tutti, ma solo alcuni diventano più forti, laddove sono stati spezzati.

Mi permetto di concludere con una brevissima disamina del termine resilienza. Tale termine è ripetuto un paio di volte nei documenti importanti: il maggiore, il next generation EU, e cioè il dispositivo per la ripresa e la resilienza, conta una dotazione di 672 miliardi ed è collegato al ciclo europeo, per cui è importante; l'altro documento in cui spicca l'aggettivo resiliente è il cosiddetto Italia veloce, l'Italia resiste, resiliente progetta il futuro, nuove strategie per trasporti, logistica e infrastrutture. Già questo è un altro punto che è stato toccato pochissimo, perché è veramente una spina nel fianco; vogliamo rifare il codice degli appalti, rivedere il sistema infrastrutturale delle ferrovie e di tutto quanto, ma abbiamo un anno di tempo...

PRESIDENTE. La prego di avviarsi alla conclusione.

FAGGI, relatrice di minoranza. Sì, mi avvio alla conclusione, ma è importante...

PRESIDENTE. Non lo metto in dubbio, però si avvii alla conclusione.

FAGGI, relatrice di minoranza. Mi sgriderà, ma è così. Devo dirlo. Abbiamo un anno di tempo... (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. Aspetti, senatrice. Le stanno riattivando il microfono per il secondo o terzo minuto di recupero.

FAGGI, relatrice di minoranza. Per essere onesta, a proposito di resilienza vi cito una frase di Pietro Trabucchi, uno psicologo (si tratta infatti di una parola che si trova in psicologia). «Quando la vita rovescia la nostra barca, alcuni affogano, altri lottano strenuamente per risalirvi sopra. Gli antichi connotavano il gesto di tentare di risalire sulle imbarcazioni rovesciate con il verbo resalio, forse il nome della qualità di chi non perde mai la speranza e continua a lottare contro le avversità, la resilienza deriva da qui». Questo concetto psicologico può essere anche applicato alla società. Ci sono processi...

PRESIDENTE. La ringraziamo anche per questa spiegazione e credo che lei possa concludere il suo intervento. Ha parlato tre minuti in più di quanto stabilito. Ci sono i tempi, non li ho inventati. È rispetto degli altri che hanno parlato prima e parleranno dopo. Le ho lasciato concludere la spiegazione del termine resilienza. (Commenti della senatrice Faggi). Mi spiace intervenire per due volte nei confronti dello stesso Gruppo, ma lei ha dieci minuti e ha parlato tredici minuti; controlli e vedrà.

Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, al quale chiedo di esprimere il parere sulle proposte di risoluzione presentate alla relazione ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, nonché di indicare quale proposta di risoluzione relativa al Programma nazionale di riforma 2020 intende accettare.

Avverto che è in corso la diretta televisiva con la RAI.

MISIANI, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, per quanto riguarda la relazione, il Governo esprime parere favorevole sulla proposta di risoluzione n. 100, a prima firma Perilli, e parere contrario sulla proposta di risoluzione n. 101.

Per quanto riguarda il PNR 2020, il Governo accoglie la proposta di risoluzione n. 1, a prima firma Perilli, e non accoglie di conseguenza la risoluzione n. 2.

Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI(ore 16,04)

PRESIDENTE. Poiché il Governo ha dichiarato di accettare la proposta di risoluzione n. 1, presentata dai senatori Perilli, Marcucci, De Petris, Faraone e Unterberger, decorre da questo momento il termine di trenta minuti per la presentazione di eventuali emendamenti ad essa riferiti.

Ha facoltà di parlare il ministro dell'economia e delle finanze, professor Gualtieri.

GUALTIERI, ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevoli senatrici e senatori, ho seguito con attenzione il dibattito che si è svolto oggi in quest'Aula e sono qui, in sede di replica, a sostenere le ragioni per le quali il Governo ha chiesto al Parlamento l'autorizzazione ad un terzo scostamento di bilancio, e ad illustrare le linee del Programma nazionale di riforma (PNR). Scostamento e PNR rappresentano bene le due dimensioni dello sforzo che il Governo sta effettuando, da un lato, per misurarsi con gli effetti economici più immediati della pandemia e, dall'altro, per definire le linee di un'azione di riforma più ampia, capace di rendere la ripresa duratura e sostenibile.

Le risorse autorizzate dal Parlamento sin qui hanno permesso di realizzare interventi straordinari, per dimensione e portata, che come noto sono tra i più ampi tra quelli compiuti a livello internazionale. Complessivamente, anche con lo scostamento per cui oggi chiediamo l'autorizzazione, parliamo di 6 punti percentuali di PIL di maggiore indebitamento. Si tratta di uno sforzo enorme, ma reso necessario dalla portata della crisi, per sostenere i lavoratori, le imprese e le famiglie, colpiti duramente dalla pandemia. Il senatore Zanda ha chiesto anche una scomposizione di questo considerevole importo nelle diverse misure, che naturalmente non richiamo qui puntualmente. Se però si volesse raggrupparle per macro-aree, potremmo dire che, tenuto conto dell'orientamento del Governo, che naturalmente intende confrontarsi col Parlamento in occasione del prossimo decreto-legge, di questi 100 miliardi di euro, circa 35 miliardi sono andati e andranno per il lavoro e gli ammortizzatori sociali, più di 40 miliardi per le imprese, più di 12 miliardi per le Regioni e gli enti territoriali e più di 11 miliardi per sanità, scuola e servizi sociali.

Si tratta di una composizione dell'intervento, che, ancorché l'Italia sia stata tra i primi Paesi a misurarsi con questa sfida del tutto inedita - non solo sul tema delle chiusure, ma anche sul tema degli interventi economici - è molto ampiamente in linea con la tipologia degli interventi che la maggioranza dei Paesi ha realizzato. Vi è inoltre largo consenso tra gli analisti internazionali e nazionali su queste misure, naturalmente integrate dai cospicui interventi a sostegno della liquidità, che contano in questo caso in parte come deficit e in parte come saldo netto da finanziare e che - vorrei ricordarlo - hanno consentito la moratoria su prestiti e mutui per un valore superiore ai 292 miliardi di euro e prestiti garantiti, già erogati, per un valore superiore a 70 miliardi di euro.

Queste misure, complessivamente, come rilevano tutti gli analisti internazionali e nazionali, sono state determinanti nel contenere la caduta della produzione, nel salvaguardare la capacità produttiva del Paese e l'occupazione, nell'attenuare l'impatto economico della crisi, in misura particolare sulle famiglie più fragili e meno abbienti (ci sono degli studi molto istruttivi al riguardo) e nel porre le basi di una ripresa economica, che è già in atto, anche se, naturalmente, per il 2020 non potrà compensare l'entità della caduta del PIL, che si è determinata nei mesi più difficili, in particolare quelli della chiusura, del lockdown e dell'interruzione delle attività produttive.

I più recenti dati economici indicano infatti che la nostra economia ha iniziato la risalita dal minimo registrato nel bimestre di marzo e aprile. Nel mese di maggio la produzione industriale e delle costruzioni, le esportazioni e le vendite al dettaglio hanno registrato un forte rimbalzo, non appena si sono riaperti molti settori di attività e le misure di distanziamento sociale sono state allentate; stimiamo che la ripresa sia continuata in giugno e luglio. Naturalmente, come dicevo, l'entità della caduta del PIL di marzo e aprile è stata tale che il secondo trimestre registrerà in media una forte caduta del prodotto interno lordo, seguita però da un altrettanto marcato rimbalzo nel terzo trimestre, che ci aspettiamo sia di quasi il 15 per cento rispetto a quello precedente.

L'Italia ha superato la fase più acuta del contagio e le misure di contenimento dell'epidemia sono state efficaci nel ridurre sensibilmente l'incidenza del virus; anche questo è ampiamente riconosciuto a livello internazionale. I sacrifici e l'impegno dei cittadini hanno permesso di portare il numero dei positivi al di sotto del livello che si registra nella gran parte dei Paesi più colpiti dall'epidemia; ma è e resta fondamentale che si continuino ad osservare le misure precauzionali volte a contenere il contagio e a non vanificare gli sforzi sin qui intrapresi. È quindi bene che da parte di tutti si evitino polemiche pretestuose e irresponsabili.

Tuttavia, considerato che il contesto economico risente ancora fortemente della fase del lockdown e della debolezza della domanda, sia interna, sia soprattutto estera, è necessario proseguire con le misure di sostegno all'economia, prolungando e rafforzando alcune di quelle già in vigore e, al tempo stesso, rendendole gradualmente più selettive e accompagnandole sempre più con interventi mirati al sostegno della crescita e dell'occupazione.

Per questo il Governo ha presentato al Parlamento la nuova relazione, ai sensi della legge, con la quale chiede l'autorizzazione, per finanziare queste nuove misure, a ricorrere all'indebitamento, comprensivo dei maggiori interessi passivi per il finanziamento del debito pubblico, di 25 miliardi di euro per l'anno 2020, di 6,1 miliardi per l'anno 2021, di 1 miliardo per l'anno 2022, di 6,2 miliardi per l'anno 2023, di 5 miliardi per l'anno 2024, di 3,3 miliardi per l'anno 2025 e di 1,7 miliardi a decorrere dall'anno 2026. Questi scostamenti, anche per gli anni successivi al 2020, sono parte integrante delle misure che intendiamo prendere e che riguardano in particolare il sostegno e la prosecuzione delle misure sulla liquidità e la rimodulazione di alcune scadenze fiscali.

Le maggiori risorse che noi vi chiediamo l'autorizzazione a impiegare saranno utilizzate per intervenire prioritariamente su occupazione, fisco e liquidità, enti territoriali, istruzione e altre misure generali e settoriali a sostegno della crescita.

Sul lavoro sono allo studio interventi che consentiranno di dare continuità alle misure attualmente in vigore e al tempo stesso, come dicevo, di modularle in modo più efficace e selettivo. In particolare, intendiamo prolungare la cassa Covid differenziandone i meccanismi, in modo da prevedere un contributo da parte delle imprese che non abbiano subito perdite significative, analogamente a quanto avviene negli altri Paesi europei. Vi sarà inoltre una deroga temporanea alle norme sui contratti a termine e una proroga delle procedure semplificate per il ricorso allo smart working nel settore privato. Sono inoltre allo studio interventi per favorire la ripartenza delle assunzioni a tempo indeterminato e meccanismi premiali di decontribuzione che possano spingere le imprese, laddove possibile, a far uscire i lavoratori dalla cassa integrazione.

Proseguirà inoltre l'attività di supporto alla liquidità che, oltre a riguardare il canale bancario e finanziario, potrà contare su misure di carattere fiscale. A tale proposito, intendiamo riprogrammare le scadenze relative ai versamenti tributari e contributivi sospesi nella fase di emergenza, prevedendo la possibilità di rateizzare il debito fiscale su un orizzonte temporale definito in modo da ridurre sensibilmente il peso dell'onere che altrimenti graverebbe sui contribuenti che sono stati in difficoltà, in particolare nei duri mesi del lockdown. Con lo stesso obiettivo saranno ulteriormente differiti i termini per la ripresa della riscossione, attualmente fissati al 31 agosto, inoltre verrà prorogata la moratoria sui mutui e i prestiti che è in scadenza a settembre.

Al fine di garantire la regolarità dell'azione pubblica a tutti i livelli, continueranno a essere sostenuti gli enti territoriali. Ricordo infatti che, riconoscendone il ruolo fondamentale, il Governo è già intervenuto nei precedenti decreti-legge per garantire risorse significative a sostegno delle Regioni, dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane e, come promesso, nel prossimo decreto-legge integreremo queste risorse rafforzando ulteriormente i fondi per le funzioni fondamentali, i ristori per le perdite anche ad esempio dell'imposta di soggiorno e anche le risorse per gli investimenti. Il tavolo con le Regioni si è concluso positivamente ed è anche in via di finalizzazione quello relativo alla quantificazione delle risorse per i Comuni. Inoltre, su iniziativa del Governo, nel prossimo decreto-legge, oltre all'incremento delle risorse a ristoro delle perdite di gettito, saranno previste risorse per investimenti per circa 5,5 miliardi di euro.

Una parte delle risorse reperite con lo scostamento saranno destinate poi al sostegno della crescita e in particolare di alcuni settori specifici. Coerentemente con l'impegno preso davanti al Parlamento, saranno adottati interventi per l'automotive e per il turismo, a cui si affiancherà un ulteriore pacchetto di misure in grado di sostenere la ripresa. Infine destineremo una quota significativa delle risorse alla scuola, per facilitare l'avvio del nuovo anno scolastico in condizioni di sicurezza.

Quello che ho appena delineato è soltanto uno schema di massima del provvedimento che sarà varato la prossima settimana, anche sulla base di un confronto costruttivo con il Parlamento. A questo proposito, da questo dibattito, dagli organi di informazione, dalle proposte di risoluzione presentate, mi sembra che la disponibilità dell'opposizione a votare questo scostamento sia condizionata ad alcune richieste di metodo e di merito su fisco, lavoro e pensioni. Vorrei innanzitutto dire che molte delle misure che ho anticipato scaturiscono da un dialogo con il Parlamento e con l'opposizione, oltre che con i rappresentanti di Regioni ed enti locali, di maggioranza e di opposizione.

Il doveroso ristoro delle mancate entrate per Regioni, Comuni, Città metropolitane e Province è atteso da sindaci e presidenti di tutti i partiti e credo che in quest'Aula nessuno si voglia assumere la responsabilità di non consentire loro di approvare i bilanci o di garantirne l'equilibrio. (Applausi).

Gli interventi su automotive e turismo sono stati sollecitati come urgenti da tutte le forze, di maggioranza e di opposizione, così come la proroga della moratoria sui prestiti bancari e interventi - specifici, ma importanti - come quelli sulle aree terremotate.

Per quanto riguarda i temi specifici che sono stati posti, posso senz'altro ribadire che il Governo garantirà le risorse necessarie all'attuazione della sentenza della Corte costituzionale sull'adeguamento delle pensioni di invalidità e che sul lavoro è nostra intenzione, come ho poc'anzi detto, fornire incentivi di carattere contributivo per l'occupazione. Sul fisco occorre tenere conto degli oneri degli interventi proposti rispetto alla dimensione dello scostamento e quindi, in questo caso, la disponibilità è quella a un confronto approfondito, anche con l'opposizione, sui contenuti specifici del decreto.

Vengo ora al Programma nazionale di riforma. Rispetto al passato si tratta di un PNR con alcune innovazioni che riguardano naturalmente i tempi e i contenuti. Come noto, il Governo ha scelto di non approvare il PNR insieme al DEF in aprile, quando il Paese era in pieno lockdown e il livello di incertezza sull'evoluzione della pandemia e della crisi economica era massimo. Si è scelto di attendere per poter varare un documento di maggior contenuto informativo e respiro strategico. Questa scelta, inizialmente criticata da alcuni, credo ormai appaia a tutti come utile e opportuna. Il Parlamento dispone infatti di un documento più aggiornato di quello presentato dagli altri Stati membri dell'Unione europea, in cui sono definite - questo è il caso unico del documento italiano - anche le linee di fondo e generali (naturalmente non nello specifico) del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza che verrà presentato nel prossimo autunno. Credo sia un fatto importante, anche rispetto al rapporto con il Parlamento, che il Governo presenti un PNR che già indica e consente un primo elemento di discussione.

Devo dire, peraltro, che nella proposta di risoluzione che ho letto e su cui il Governo è favorevole ci sono indicazioni molto precise e puntuali che non solo confermano, ma arricchiscono quanto indicato nel PNR. Questo dibattito è risultato utile e opportuno. Naturalmente questo dibattito parlamentare sul PNR (quindi sulle linee di base del programma del recovery plan dell'Italia) è solo un'apertura, un avvio di dibattito. Il Governo ha avviato il lavoro tecnico e politico di predisposizione del Piano. Proprio ieri abbiamo riunito il Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE) e abbiamo avviato un lavoro che sarà molto intenso e complesso ed è ferma intenzione del Governo avere un dialogo costante con il Parlamento sul recovery plan dell'Italia. Il Governo rispetta le forme e le modalità che il Parlamento sceglierà di darsi per interloquire con l'Esecutivo rispetto alla predisposizione di questo piano, che costituisce un'occasione storica unica e irripetibile per il nostro Paese e rispetto alla quale è bene che ci sia il coinvolgimento più largo possibile non solo del Parlamento, ma di tutte le forze sociali, economiche, culturali, intellettuali e delle autonomie territoriali del Paese.

Le nostre scelte saranno quindi ispirate dalla ragionevolezza, mosse dalla determinazione e guidate dall'ascolto. Ovviamente, sia nella Nota di aggiornamento del DEF che nel piano di ripresa e resilienza, terremo conto - come ho detto - anche degli indirizzi contenuti nella risoluzione che il Parlamento vorrà approvare nella seduta odierna.

Molti interventi hanno sottolineato l'importanza dell'accordo raggiunto all'ultimo Consiglio europeo a Bruxelles ed effettivamente è difficile sottovalutare la portata di quanto è accaduto. Si tratta di un risultato storico per l'Italia, ma prima di tutto per l'Europa. È un accordo in cui il Governo ha creduto fin dal principio, all'inizio da solo, per la realizzazione del quale il Governo si è battuto, concorrendo insieme ad altri a ottenere un risultato che può consentire un salto di qualità non solo nella risposta alla crisi economica senza precedenti determinata dal Covid, ma anche alla grande sfida dell'Europa di rafforzare la sua capacità di avere una politica economica (e non solo una moneta e un mercato) e di valorizzare appieno le sue straordinarie opportunità di essere protagonista delle sfide del nuovo mondo. Mi riferisco alle sfide della globalizzazione, della sostenibilità e dell'innovazione, che devono vedere l'Europa lavorare insieme, sulla base del metodo comunitario e delle risorse che può attivare. Ed è quello che avviene con questo piano, che vede, appunto, l'emissione di titoli di debito europei per finanziare politiche comuni, quindi per dare corpo a quella possibilità di azione che anche la sospensione temporanea del Patto di stabilità e crescita e l'approvazione del quadro temporaneo in materia di aiuti di Stato avevano dato, ma, se non sostenuti anche dall'attivazione di politiche e risorse comuni, avrebbero rischiato poi, sulla base della differenza di spazio fiscale dei diversi Paesi, non di sostenere e alimentare la convergenza ma di vedere piuttosto un aumento delle divergenze.

Si tratta quindi di una prospettiva nuova che si apre sia nella risposta alla crisi sia nello sviluppo del processo di integrazione, che vede l'Europa fare scelte diverse da quelle che si sono rivelate insufficienti, fatte in occasione della crisi precedente. Allora prevalse il metodo intergovernativo su quello comunitario e fu fatta la scelta, dopo una prima risposta fiscale - proprio per i limiti di solidarietà e di visione comune - di sostenere e avviare una stagione di politiche imperniate sulla cosiddetta austerità, che ha prodotto quella seconda recessione e tutte le vicende economiche, sociali e politiche che conosciamo molto bene. È quindi un'opportunità straordinaria per l'Europa ed è naturalmente un'opportunità unica per l'Italia, che ottiene un risultato, in termini di allocazione di risorse, come è noto, molto positivo e persino migliore rispetto all'iniziale proposta avanzata dalla Commissione.

Conosciamo le cifre; le abbiamo evocate, non è necessario che le ripeta. È bene sapere che, anche dal punto di vista della governance, il Governo è riuscito a salvaguardare la centralità del metodo comunitario, quindi il ruolo della Commissione, e ha evitato il rischio, invece, di veti e procedure all'unanimità, che non ci saranno.

È ora fondamentale lavorare insieme per presentare un piano di rilancio e resilienza adeguato, che sappia non solo sostenere la ripresa ma che possa affrontare i problemi di fondo dell'Italia: bassa crescita, ridotti investimenti pubblici e privati, esiguità delle risorse destinate a comparti fondamentali come la ricerca, la formazione e l'istruzione. Sarà un piano con obiettivi precisi e molto dettagliato, che vogliamo essere tra i primi a presentare in autunno per dare certezze agli operatori economici e lavorare subito insieme al rilancio dell'economia italiana. Come dicevo, le linee di fondo di questo piano sono indicate nel Programma nazionale di riforma, dove si vede appunto il profilo di una strategia che coniuga il sostegno all'economia nel quadro della crisi causata dalla pandemia con interventi per sbloccare la crescita del Paese nel quadro di quella cornice che è il green e l'innovation deal europeo che l'Italia ha concorso a mettere al centro delle politiche dell'Unione.

Il Governo intende riattivare il più velocemente possibile una ripresa sostenuta, duratura e inclusiva, capace di superare quei colli di bottiglia che finora hanno limitato le capacità di espansione del nostro sistema economico. L'innovazione e la modernizzazione del Paese beneficeranno in primo luogo di maggiori investimenti sia pubblici, sia privati. Per quanto riguarda gli investimenti pubblici, l'obiettivo è quello di incrementarne la quota sul PIL di almeno un punto percentuale rispetto ai livelli del 2019, già incrementati rispetto ai livelli precedenti, che nel 2019 sono stati pari al 2,3 per cento, quindi l'obiettivo è quello di portare stabilmente gli investimenti pubblici al di sopra del 3 per cento del PIL. Inoltre, nei prossimi tre anni l'obiettivo è di incrementare la spesa pubblica in ricerca e sviluppo di almeno 0,4 punti percentuali di PIL. Gli interventi infrastrutturali prenderanno spunto dal piano Italia veloce, che punta a favorire lo sviluppo di un sistema di infrastrutture integrato, efficace ed efficiente, capace di rilanciare la competitività delle imprese, di aumentare la qualità della vita dei cittadini, di ridurre i divari territoriali e sociali e rispondere efficacemente alle sfide della sostenibilità. La sostenibilità ambientale, attraverso la riduzione delle emissioni e il perseguimento dell'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, e quella sociale costituiscono un elemento centrale di questa azione, anche perché in grado di incrementare la resilienza del territorio. Interventi specifici saranno poi destinati alla rigenerazione urbana e a migliorare lo stock di infrastrutture sociali come asili nido e ospedali. In ambito sanitario faremo tesoro dell'esperienza di questi mesi, rafforzando strutturalmente il sistema, in particolare nella direzione dell'innovazione tecnologica e dello sviluppo dell'assistenza territoriale. Importanti risorse saranno infine dedicate alla digitalizzazione del Paese e della pubblica amministrazione, in un'ottica di maggiore efficienza, produttività e miglioramento della qualità dei servizi offerti ai cittadini. Insieme all'aumento degli investimenti pubblici, proseguirà e verrà rafforzata anche l'azione di rilancio degli investimenti privati, che devono anch'essi superare stabilmente e sensibilmente il livello attuale. Peraltro, il Paese, come sappiamo, ha un gap di investimenti e un surplus di risparmio privato che esporta in parte, vi è quindi lo sforzo - anche con appropriati interventi di regolazione finanziaria, alcuni dei quali sono stati anche attivati nei precedenti provvedimenti del Governo, anche grazie ad un lavoro intenso della maggioranza e di un dialogo con l'opposizione, quale importante complemento - per canalizzare questo risparmio verso gli investimenti privati. L'obiettivo è quello di realizzare interventi orientati a favorire il consolidamento patrimoniale delle aziende, ad aumentare gli investimenti nell'economia reale, a favorire la crescita dimensionale, ad incentivare il trasferimento o la riorganizzazione in Italia di attività svolte all'estero e per realizzare questi obiettivi verrà rivisto e rafforzato il sistema di incentivi agli investimenti, all'innovazione e alla capitalizzazione lungo le linee del programma transizione 4.0, che verrà potenziato e reso permanente.

Altra priorità centrale è la riduzione del divario di crescita e benessere tra il Sud e le aree interne del Paese e la parte più dinamica. È un tema cruciale, ineludibile. Se non si affronta questo divario, l'Italia non potrà mai raggiungere i livelli di crescita, competitività e produttività degli altri Paesi più avanzati. Quindi, sulla base anche del Piano Sud 2030 Sviluppo e Coesione per l'Italia, il tema del Mezzogiorno e delle aree interne sarà uno dei punti qualificanti e una delle priorità della strategia di riforma e di rilancio e del piano di rilancio e resilienza dell'Italia. Perché l'Italia riparte solo se riparte tutta insieme.

In linea con l'obiettivo di migliorare la produttività e di accrescere il carattere inclusivo, verranno poi potenziate le politiche a favore dell'istruzione e della formazione. Peraltro, ricordo che, già nel precedente decreto rilancio, è stato fatto uno degli investimenti più significativi sull'università e la ricerca a partire dal prossimo anno.

Si elaboreranno, inoltre, misure strutturali per il rilancio di importanti filiere e settori produttivi, quali la sanità, la farmaceutica, il turismo, i trasporti, le costruzioni, la produzione, lo stoccaggio e la distribuzione di energia, la meccanica avanzata e la robotica, la siderurgia l'automotive e la componentistica, l'industria culturale.

Il piano di ripresa e resilienza mostrerà nel dettaglio le linee di intervento, le fasi del loro sviluppo e le risorse assegnate a ciascuna finalità. È una sfida cruciale e storica per il nostro Paese, che richiederà di impiegare, in maniera efficiente, le ingenti risorse assegnate per cambiare il nostro sistema produttivo e lasciare indietro le criticità che hanno contraddistinto il recente passato (e non solo recente).

A questi interventi saranno associate anche riforme importanti, volte, tra l'altro, a migliorare il clima di fiducia nel Paese e la sua capacità di attirare capitali e imprese. Questo spirito è già presente nel decreto-legge semplificazione, ora all'esame del Parlamento, che interviene su quattro aree che presentavano forti criticità (contratti pubblici di edilizia, semplificazioni procedimentali e responsabilità, amministrazione digitale, impresa, ambiente e green economy).

Altro ambito fondamentale di riforma: il Governo intende procedere a un ampio quadro di riforma fiscale, che, con un'attenta politica di diminuzione della pressione fiscale, ispirata al principio della progressività delle imposte e di riduzione del tax gap, contribuisca ad assicurare una maggiore equità ed efficienza del prelievo fiscale. Al tempo stesso, in coerenza con l'impostazione green del Governo e della Commissione europea, verrà rivisto il sistema delle imposte ambientali e dei sussidi dannosi per l'ambiente per incentivare la transizione ecologica.

In questo quadro, naturalmente, proseguirà e verrà rilanciata l'azione di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, che è cruciale per assicurare, oltre a una maggiore equità, una sana e leale concorrenza tra le imprese e un migliore funzionamento dei mercati. In questo quadro, proseguirà e sarà rafforzata l'azione volta a incentivare i pagamenti elettronici. La riforma fiscale è importante. Peraltro, proprio ieri un primo blocco di questa riforma è diventato operativo, perché la riforma è già iniziata e vorrei ricordare che l'intervento sul cuneo che il Governo ha realizzato, non solo appare tempestivo in una fase congiunturale come questa, ma costituisce un primo segnale importante di riduzione concreta della pressione fiscale su milioni di lavoratori. Interventi saranno necessari anche per quanto riguarda le partite IVA. In particolare, stiamo ragionando su una riscrittura sostanziale del calendario dei versamenti fiscali, che superi il meccanismo degli acconti e dei saldi, per andare verso un sistema basato sulla certezza dei tempi degli adempimenti e su una diluizione nel corso dell'anno degli importi da versare, calcolati in base a quanto effettivamente incassato.

Il completamento della riforma del processo civile e penale contribuirà, poi, al miglioramento del clima di investimento e della competitività.

Sebbene le risorse europee che si renderanno disponibili siano imponenti, le compatibilità finanziarie non dovranno essere trascurate. A partire dalla Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, il Governo elaborerà pertanto una strategia di rientro dall'elevato debito pubblico, che punterà a una crescita economica assai più elevata che in passato e fisserà degli adeguati e sostenibili obiettivi per i saldi di bilancio, da conseguire e mantenere nel tempo, quando cominceremo a raccogliere i frutti di quanto ci apprestiamo ad avviare.

Concludo questo intervento lungo (ma i due temi in discussione erano cospicui). L'Italia ha saputo reagire prontamente a una prova durissima, che ha avuto un impatto molto forte sul nostro sistema. Gradualmente stiamo superando questa situazione difficile, che lascia però uno straordinario patrimonio di impegno e un senso di comunità, su cui dobbiamo basarci per riavviare, in uno spirito di collaborazione, la ripresa. Abbiamo davanti una sfida impegnativa, un'opportunità unica e storica e io sono certo che, con l'impegno di tutti e nel rispetto dei rispettivi ruoli, sapremo coglierla insieme. (Applausi).

PRESIDENTE. Passiamo quindi alla votazione.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, situazioni eccezionali richiedono soluzioni eccezionali e nessuno potrà mai negare che il Covid-19 rappresenti uno dei più drammatici eventi degli ultimi decenni. È per questo che siamo chiamati, per la terza volta nel giro di pochi mesi, a deliberare uno scostamento di bilancio.

Ovviamente non è facile, in un Paese già oberato dai debiti e che paga 178 milioni di euro di tassi di interesse al giorno, deliberare altri 25 miliardi di indebitamento, portando così a 100 miliardi il deficit connesso al Covid-19. In più, non sappiamo ancora come il Governo intenda distribuire queste risorse nel cosiddetto decreto agosto, tra sussidi, tagli fiscali e investimenti.

Importante sarà introdurre dei meccanismi che evitino una distribuzione a pioggia delle risorse, affinché vadano davvero a chi ne ha bisogno e non, ad esempio, a quelle imprese che non hanno subito alcun calo del fatturato e che, quindi, non hanno bisogno della cassa integrazione. Pertanto non è una buona idea quella del semestre bianco del fisco proposto dalle opposizioni. A parte che sarebbe un'iniziativa insostenibile dal punto di vista finanziario, ci sono imprese e persone che non hanno difficoltà a pagare le tasse. A queste oggi va chiesto uno scatto di responsabilità, onorando le loro pendenze per consentire allo Stato di occuparsi di chi davvero non ce la fa.

Certo, individuare con precisione queste categorie dipende molto anche dalla capacità della macchina burocratica e su questo punto si deve trovare una soluzione, come si deve trovare un giusto punto d'equilibrio tra sussidi e incentivi per il mercato del lavoro. Sicuramente bisogna continuare a finanziare la cassa integrazione che, congiuntamente al blocco dei licenziamenti, ha salvato tantissimi posti di lavoro; ma bisogna anche incentivare le imprese a richiamare i lavoratori, attraverso uno sgravio integrale del costo del lavoro, alternativo alla cassa integrazione.

Bisogna garantire più flessibilità al mercato del lavoro, consentendo il prolungamento dei contratti a termine e reintroducendo i voucher per settori che hanno delle flessioni stagionali, come il turismo e l'agricoltura. Bisogna consolidare i fondi e i finanziamenti per le imprese, a cominciare da quei settori che vedono più lontana la ripresa, come la ristorazione e il turismo, magari estendendo anche alle strutture turistiche l'ecobonus al 110 per cento, come stanno chiedendo gli albergatori.

Occorre garantire agli enti e alle autonomie locali la facoltà di erogare correttamente i loro servizi e le loro prestazioni. Bene anche, come leggiamo nel Programma nazionale di riforma, il rinnovato impegno nella lotta all'evasione fiscale attraverso il consolidamento dei pagamenti tracciabili.

Un obiettivo che poi deve unire tutti è un'ordinaria riapertura delle scuole e degli asili. La scuola non è uno dei tanti problemi sul tavolo; la scuola è il problema perché i nostri figli sono la priorità per ogni Paese e poi bisogna garantire ai genitori e, in particolare, alle donne la possibilità di dedicarsi al loro lavoro. Soprattutto nelle fasi più acute del lockdown, le donne allo smart working hanno aggiunto un lavoro invisibile e non retribuito in cui hanno preso il posto del personale scolastico, dai pasti alle lezioni per i propri figli. Adesso è ora che il lavoro delle donne venga incentivato e che vengano fatti investimenti adeguati per garantire la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro. Non dimentichiamoci che l'indipendenza economica è il principale strumento di prevenzione contro la violenza, che passa quasi sempre da una forma di dipendenza materiale.

Ministro Gualtieri, speriamo davvero che questo sia l'ultimo scostamento votato dal Parlamento perché vorrebbe dire che la situazione è migliorata o che, nel frattempo, siamo riusciti ad attrarre le risorse europee o che, magari, abbiamo superato il pregiudizio sul MES, facendo finalmente un'analisi di merito sull'uso di queste risorse.

Ci auguriamo, inoltre, che nelle prossime settimane il Governo presenterà già i primi progetti per attivare il recovery fund. Per questo grande compito non ci stancheremo di chiedere senso di responsabilità anche a chi in queste ore arriva addirittura a negare che ci sia stata la pandemia o ad affermare che il Governo sta cercando una seconda ondata per il proprio tornaconto. Lasciamo da parte questa propaganda tossica e di così bassa lega e impegniamoci tutti perché questa è l'ora della responsabilità.

Annuncio, pertanto, il voto favorevole del Gruppo per le Autonomie allo scostamento di bilancio e al Programma nazionale di riforme. (Applausi).

CALANDRINI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALANDRINI (FdI). Signor Presidente, prima di addentrarmi nel mio intervento, che sarà evidentemente di natura politica essendo una dichiarazione di voto, volevo riprendere le parole del Ministro, che ci ha appena annunciato delle novità e fare delle considerazioni.

Signor Ministro, in quattro mesi ci troviamo a votare un nuovo scostamento di bilancio, come hanno già detto tanti miei colleghi, che vale 25 miliardi di euro. Sommati ai 75 dei mesi scorsi, ci portano ad affrontare una partita che vale 100 miliardi di euro. Sono debiti che dovranno pagare le future generazioni, quindi i nostri figli e probabilmente anche i nostri nipoti.

Ministro, Fratelli d'Italia ha una posizione molto chiara e lei la conosce perché ci siamo confrontati più volte e gliel'abbiamo sempre detto. Non siamo mai stati contrari a innalzare il deficit, ma abbiamo posto sempre e solo una condizione e, cioè, che le risorse fossero investite anche nel rilancio del sistema economico, produttivo e sociale del nostro Paese. Il riferimento è a ciò che lei poco fa ci ha anticipato e, cioè, al sostegno delle imprese, alle famiglie e alle politiche attive per il lavoro. Purtroppo, le debbo dire che noi oggi qui nei suoi confronti, signor Ministro, siamo prevenuti e le spiego anche il perché. Abbiamo già dato il nostro assenso per 75 miliardi di euro nei tre mesi precedenti, come le accennavo poco fa. Voi, però, in parte siete riusciti a dilapidare queste risorse così importanti che il Parlamento vi ha messo a disposizione. Le voglio ricordare, signor Ministro, il famoso credito d'imposta per l'acquisto dei monopattini; le consulenze al Ministero suo e a quello del suo collega Patuanelli; e anche l'acquisto dei biglietti aerei in business class per l'Expo di Dubai, che, grazie ad un emendamento di Fratelli d'Italia e di Giorgia Meloni, è stato eliminato.

Quale fiducia potremmo avere, secondo lei, signor Ministro, dopo che avete dilapidato una parte consistente di questi 75 miliardi? Vede, infatti, poco fa con quest'ulteriore scostamento - che condivideremmo, se fosse vero ciò che dice - ha annunciato di potenziare la cassa integrazione e qualche minuto fa ha detto di tutelare la liquidità delle imprese, di riprogrammare le scadenze fiscali, di sostenere le aziende e i settori produttivi maggiormente colpiti dalla crisi; ha parlato di sostegno agli enti locali.

Se questo Governo facesse veramente tutto ciò che lei ci ha anticipato, sicuramente ci troveremmo al suo fianco, signor Ministro, può esserne certo. Il problema è che le esperienze di questo recente passato ci fanno temere che non farete nulla di tutto ciò che ci ha appena elencato. Temiamo che ciò che dice siano solo roboanti annunci, che già ha fatto più di una volta, perché accanto a questi obiettivi e a quelli che elenca gloriosamente nel Programma nazionale di riforma non vengono indicati né dettagli né importi da allocare.

Le voglio solo ricordare quando, qualche minuto fa, lei, signor Ministro, ha detto che la settimana prossima ci sarà il varo del provvedimento. L'ultima volta che le ho sentito dire una cosa del genere, il provvedimento è stato approvato dopo un mese da quando l'aveva annunciato. (Applausi).

Per questo motivo e per tanti altri, continuiamo a non fidarci di quanto dice, anzi, le dirò di più: vista l'incapacità che avete dimostrato in questi mesi, quando, di fronte alla più grave crisi economica del Paese, avete sperperato le risorse che il Parlamento vi ha messo a disposizione, siamo perfino preoccupati all'idea che possiate avere ulteriori 25 miliardi di euro da gestire in questo Paese, che, sommati agli oltre 200 che arriveranno il prossimo anno, porteranno ad avere una massa di danaro che non so se sarete all'altezza di indirizzare prima e gestire poi.

Nonostante questo, abbiamo riconosciuto al presidente Conte di essersi battuto contro le prepotenze del Governo olandese (ce ne deve dare atto: il nostro leader Giorgia Meloni è stato il primo a farlo). Abbiamo fatto il tifo per questo Governo e non certo per l'Olanda, ma sappiamo anche bene che, a parti invertite, se al posto di questo ci fosse stato un Governo di centrodestra, chi oggi sostiene il presidente Conte avrebbe tifato affinché tutto andasse per il verso sbagliato. Noi di Fratelli d'Italia non lo facciamo, però, perché il Paese, il sistema e l'Italia vengono prima di tutto.

Lei e il presidente Conte siete tornati dal vertice sicuramente con meno risorse rispetto a ciò che vi aspettavate e si tratta di risorse che, come sappiamo, arriveranno nel secondo semestre del 2021. È tornato dall'Europa, però, signor Ministro, con qualcosa di più preciso: una bella tassa sulla plastica; quella sì che avrà un effetto immediato, che graverà come un macigno sul settore produttivo italiano e finirà evidentemente per abbattersi sui consumatori finali.

Vede, signor Ministro, in tutto il periodo emergenziale, Fratelli d'Italia ci ha provato ad essere d'aiuto, solo che non avete voluto ascoltarci e le ricordo quanti incontri e cabine di regia - a cui ho anche partecipato personalmente - abbiamo fatto, che poi non hanno assolutamente prodotto nulla di ciò che ci aveva detto. Il risultato è che tutte queste proposte sono state bocciate e falcidiate.

Voglio ricordarle alcune delle proposte che ha fatto il nostro leader nazionale, che in parte oggi sono anche state annunciate in questa lettera aperta che hanno fatto i leader del centrodestra: abbiamo parlato in sintesi di una serie di risposte su pochi, ma importanti ambiti d'intervento (lavoro, fisco, sostegno alle imprese e aiuti agli italiani in difficoltà). Sono proposte che abbiamo fatto in modo chiaro sia sul decreto cura Italia che sul decreto rilancio e sulle quali non c'è stata nessuna risposta da parte di questo Governo.

Abbiamo chiesto di premiare le imprese che non ricorrono alla cassa integrazione riducendo il carico fiscale, abbiamo chiesto di sospendere il decreto dignità per dare maggiore flessibilità alle assunzioni, abbiamo chiesto di unificare gli anni fiscali 2019-2020 per consentire la compensazione delle perdite eventuali in questo anno d'imposta e differire il termine del pagamento delle imposte al 30 giugno 2021, perché le ricordo che in questi giorni le imprese stanno liquidando le imposte e devono continuare a pagare perché non ci sono ancora proroghe delle scadenze fiscali; abbiamo chiesto di dare contributi a fondo perduto per le imprese, trattenendo il 50 per cento dell'IVA incassata nel 2020 fino ad un massimo di 100.000 euro; abbiamo chiesto di istituire un assegno di solidarietà per le famiglie e per i figli a carico con fondi presi dal reddito di emergenza e dal reddito di cittadinanza. Abbiamo fatto proposte, signor Ministro, ma fino ad oggi, come ripeto, non abbiamo ricevuto da lei e dal suo Presidente nessun tipo di risposta.

Vede, Presidente, i soldi servono, questo è indubbio, ma servono meno rispetto alle furbizie che avete messo in campo perché all'Italia le risorse che voi ci chiedete servono e sono importanti. Ciò che non serve è che voi giochiate a fare i furbi. In quest'Aula c'è chi agisce in modo chiaro per l'Italia e c'è chi pensa ad un Paese del Bengodi che può permettersi di sprecare risorse. È in gioco il futuro di tutti e non la prepotenza di qualcuno. Noi chiediamo oggi in quest'Aula di sapere punto per punto - e lei non è stato chiaro in questo, signor Ministro - come saranno spesi questi 25 miliardi di euro. Basta con i voti di fiducia. Basta con i provvedimenti omnibus in cui c'è dentro di tutto e di più. Non tollereremo più il ripetersi di quanto abbiamo già visto. Questo, signor Ministro, lo dovete sapere.

Purtroppo, fino a oggi abbiamo assistito all'uomo solo al comando, abbiamo assistito alle aperture al dialogo e alle chiusure verso le nostre idee, quindi Fratelli d'Italia chiede non solo che il Parlamento torni centrale ma chiarezza e soluzioni per il Paese.

Rispetto a ciò che le sto annunciando, signor Ministro, noi dovremmo votare contro questo provvedimento, considerato il vostro atteggiamento e anche l'atteggiamento che ha avuto lei oggi che sembra di apertura ma purtroppo non lo è, perché non lo è mai stato nei mesi precedenti. Ma per senso dello Stato e per senso di responsabilità, come dicevo, non nei confronti di questo Governo ma nei confronti di un Paese che è stremato, non lo faremo, con la speranza che questa volta abbiate il senso della misura, coinvolgendo le minoranze nell'approvazione del prossimo decreto-legge, e che approviate un decreto che non consenta neppure il minimo spreco di risorse pubbliche e che vada incontro, questa volta veramente, alle esigenze del sistema Paese.

Per questi motivi il voto di Fratelli d'Italia sarà di astensione per lo scostamento di bilancio e contrario sul Programma nazionale di riforme. (Applausi).

GARAVINI (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GARAVINI (IV-PSI). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, componenti del Governo, è inutile nasconderlo: approvare un nuovo scostamento di bilancio per ulteriori 25 miliardi di euro, come ci apprestiamo a fare oggi, vuol dire ipotecare il nostro futuro, ipotecare il futuro dei nostri figli. Vuol dire far crescere ulteriormente ed in modo preoccupante il nostro debito pubblico. Quel debito pubblico che già oggi è tra i tre più grandi al mondo e che ci sottrae, ogni anno, risorse ingenti che vanno sprecate in interessi, quando invece dovremmo investirle in vitali beni per la collettività come scuole, ospedali, treni ad alta velocità, misure contro il dissesto idrogeologico. Al tempo stesso è altrettanto chiaro che non possiamo fare altro che indebitarci ulteriormente perché in questa fase difficile c'è bisogno come l'aria di liquidità, c'è bisogno di evitare che l'economia imploda e servono investimenti.

Lo Stato di sofferenza del Paese a seguito del coronavirus è tale da dover necessariamente autorizzare un ulteriore scostamento. L'Istat stima un calo tendenziale del fatturato dell'industria attorno al 35 per cento nel secondo semestre dell'anno e un export ridotto del 29 per cento, proprio quell'export, che invece potrebbe rappresentare il volano della ripresa per le nostre piccole e medie imprese, mentre continua ad aumentare il numero di persone che si rivolgono alla Caritas per far fronte alle esigenze quotidiane. In sostanza il quadro economico complessivo del nostro Paese presenta criticità alle quali siamo chiamati a far fronte subito.

Ecco perché come Italia Viva voteremo a favore dell'odierno provvedimento sullo scostamento di bilancio, esprimendo un voto favorevole su entrambi i provvedimenti.

Con le risorse che andiamo a mettere in campo oggi il Governo intende far fronte ad una serie di urgenze ancora molto sentite nel Paese. Innanzitutto vi è la necessità di prolungare il periodo in cui sarà possibile ricorrere alla cassa integrazione, limitandola però alle aziende più colpite dalla crisi ed in effettiva difficoltà economica; quindi, l'esigenza di favorire nuove assunzioni, soprattutto a tempo indeterminato, attraverso la previsione di specifici incentivi che spingano le aziende a potenziare le proprie attività e poi la necessità di sgravare le imprese dal pagamento delle tasse attraverso la rateizzazione dei pagamenti.

È palese, ci troviamo ancora in condizioni di particolare eccezionalità a causa delle gravi conseguenze economiche derivanti dal coronavirus. Per questo dobbiamo compiere il massimo sforzo per investire al meglio il grande ammontare di risorse che ci apprestiamo ad utilizzare, anche in vista dei fondi in arrivo da Bruxelles. Da almeno settanta anni nessun altro Governo ha potuto usufruire di così tanti mezzi economici in così breve tempo.

Ha ragione il ministro Gualtieri, ci si presenta un'occasione storica, con la quale possiamo innescare crescita e sviluppo, realizzando però quelle riforme strutturali di cui l'Italia ha bisogno da decenni. Riforme quindi coraggiose che non siano pensate solamente a fini elettorali o propagandistici, ma che siano mirate alle future generazioni; riforme che prevedano innanzitutto fondi e forti investimenti nell'educazione, nel sapere, nell'università e nella ricerca, con la modernizzazione e la digitalizzazione del mondo del lavoro e della pubblica amministrazione, con una radicale accelerazione dei tempi della giustizia, soprattutto quella amministrativa, con una riforma moderna anche del fisco, che sia più equo e più facilmente accessibile dal contribuente, e con investimenti importanti nella sanità pubblica che consentano di implementare una medicina territoriale vicina al cittadino, capace di sfruttare l'evolversi delle nuove tecnologie, anche, ad esempio, della telemedicina. Il tutto con una particolare attenzione agli investimenti nel Sud Italia.

Si tratta di riforme capaci di guardare al domani, con interventi strutturali in grado di aumentare la produttività del nostro Paese e di produrre quella ricchezza che ci aiuterà a diminuire progressivamente il nostro debito pubblico.

Ci troviamo davanti ad un appuntamento decisivo per il nostro Paese e non possiamo permetterci di disattenderlo. Da parte nostra, come forza in causa di Governo, c'è la disponibilità al confronto, alla collaborazione, anche con chi ha visioni diverse dalle nostre e ci auguriamo di trovare su questo terreno il sostegno delle opposizioni, così da scrivere insieme un pezzo della storia dell'Italia dei prossimi decenni. È di questo infatti che stiamo parlando e proponiamo di farlo qui, in quest'Aula, all'interno di Camera e Senato, ribadendo la centralità del Parlamento.

Noi di Italia Viva, signor Presidente, auspichiamo che non si deleghi questo compito all'una o all'altra bicamerale, l'individuazione di come utilizzare le diverse risorse. Riteniamo che spetti al Parlamento, in concerto col Governo, la predisposizione del piano di rilancio da presentare in autunno all'Unione europea. Auspichiamo che si tenga un sano dibattito parlamentare in Aula, un dibattito in cui anche le opposizioni siano chiamate a dare il loro contributo con un atteggiamento costruttivo e non pregiudiziale, perché ne va del bene del Paese.

La sfida che abbiamo di fronte è di operare con lungimiranza e con responsabilità, orientando costantemente le risorse in modo da coniugare la spinta agli investimenti, indispensabili per la crescita, con l'esigenza di riequilibrare i conti dello Stato, perché non va dimenticato che i vincoli di bilancio non sono scomparsi, sono soltanto sospesi e quindi, a medio termine, torneranno ad essere in vigore con tutti i problemi che questo comporterà.

Per tale ragione dobbiamo cercare di riaccendere il motore economico del Paese, riattivando chi lo traina, ossia la produzione - industriale, ma non solo - e i consumi delle famiglie, prevedendo un più forte sostegno alle imprese e ai settori produttivi maggiormente colpiti, come l'industria automobilistica, la componentistica, l'industria siderurgica, meccanica, edile, il settore turistico, culturale, dello spettacolo, della moda e il settore agroalimentare, della ristorazione e dell'italian style. Ci aspetta una sfida molto difficile, perché c'è bisogno di una politica capace di innescare quel processo di fiducia e di ottimismo, che già in passato rese possibile la ricostruzione del nostro Paese, nell'immediato Dopoguerra, quando l'Italia riuscì a diventare quella potenza economica ed industriale, che è ancora oggi a livello mondiale, nonostante la sofferenza di questi mesi.

Signor Presidente, serve dunque molto impegno, da parte nostra, della classe politica, perché il Paese ci guarda e aspetta da noi delle risposte. Servono lavoro, forza di volontà, serietà, competenza, sacrificio, ma anche la capacità di tornare a sognare e a far sognare la cittadinanza, con entusiasmo, per rendere possibile una grande nuova ricostruzione, per un Paese equo e innovatore, che si affretti ad essere protagonista del futuro, in modo da poter realizzare un nuovo miracolo italiano.

A nome dunque del Gruppo Italia Viva-P.S.I. dichiaro il voto favorevole su entrambi i documenti. (Applausi).

ERRANI (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERRANI (Misto-LeU). Signor Presidente, rappresentante del Governo, il nostro voto a questo ulteriore scostamento sarà favorevole. Si tratta di una scelta necessaria, perché bisogna continuare a rispondere ad alcune grandi questioni, come ad esempio il tema degli ammortizzatori sociali, magari guardando bene chi ancora è rimasto escluso da una risposta emergenziale e prendendo quelle decisioni, in relazione alla cassa integrazione, che evitino abusi. Tuttavia, la cassa integrazione è uno strumento essenziale e chiunque pensi che gli ammortizzatori siano una spesa assistenziale sbaglia.

È inoltre importante rateizzare e rinviare alcune scadenze fiscali e prevedere risorse per gli enti locali, le Regioni e la scuola. Ribadisco ancora una volta che siamo preoccupati. Trovo francamente ridicolo il dibattito sui banchi con le rotelle. A me interessa di più capire, e magari potrebbe essere utile un'audizione del Ministro dell'istruzione, se e quando assumeremo in via straordinaria gli insegnanti, che sono una necessità per aprire le scuole. (Applausi). Mi rivolgo ai colleghi dell'opposizione, che sono giustamente preoccupati, come noi, per questo problema: più che affrontare questioni di propaganda, ci conviene fare un lavoro di controllo, che spetta al Parlamento, per verificare se le cose indispensabili per la scuola stanno dando avanti. Mi permetto poi di sottolineare che è certamente indispensabile realizzare alcuni interventi per il turismo, che è uno dei settori che sta pagando il prezzo più alto.

Ma - badate - a me non convincono più a questo punto dei sostegni generalizzati; forse è ora che pensiamo a uno strumento strategico, a un fondo di investimento per la ricettività, che consenta ai nostri operatori di pensare le stagioni future e di mettersi in linea con la competizione nel mercato. Dal punto di vista ricettivo abbiamo infatti dei gravi ritardi rispetto alla competizione internazionale. C'è poi la proroga dei mutui, che è importantissima.

Vorrei tuttavia usare il tempo che mi rimane per fare un altro ragionamento. Queste risorse non sono assistenziali, ma condivido che sia giusto fare - e lo propongo al Governo - il punto sull'esito delle risorse che abbiamo investito, rispetto a ciò che queste risorse hanno prodotto, anche per consentire di fare un dibattito un po' più ricco in quest'Aula, che ci consenta di capire dove sono i problemi (e ce ne sono) e dove invece abbiamo dato delle risposte. Il rinvio dei mutui è stata una risposta strategica. Per quanto riguarda l'intervento sull'emergenza, invece, forse non abbiamo fatto una cosa strategica: troppa burocrazia e troppo problematico l'accesso alle risorse. Su questo dobbiamo ragionare, perché non ha senso investire risorse senza portarle a verifica.

C'è un altro punto che vorrei proporre al Governo. Tra emergenza, strategia e visione non ci possono più essere due tempi, ma ci deve essere un impianto. È utile fare una discussione in Aula con il Presidente del Consiglio, in cui si avanzano delle proposte. Il piano delle riforme è infatti uno schema ampio; condivisibile ma ampio, troppo ampio. Non possiamo fare tutto; dobbiamo individuare delle priorità e spiegarle al Paese, perché dobbiamo dare una prospettiva a questo Paese. Da questo punto di vista, se necessario, venga in quest'Aula e finalmente potremo fare una discussione più seria tra di noi.

Ho ascoltato la discussione e vorrei porre un problema. Ci sono tante risorse a debito, che dobbiamo spendere bene; l'abbiamo detto e l'avete detto in tanti. Io pongo però un problema: la pubblica amministrazione, così com'è, non è in grado di spendere queste risorse. Lo dobbiamo sapere. (Applausi). E allora, da questo punto di vista, occorre unire l'emergenza alla strategia. Per quanto riguarda il decreto semplificazione, o decidiamo di assumere personale nella pubblica amministrazione per fare i RUP e la direzione lavori o altrimenti noi batteremo nell'acqua. Questa è una cosa da fare; basta guardarsi indietro. E ciò riguarda, colleghi, tutto l'emiciclo. Se guardiamo come abbiamo utilizzato i fondi strutturali negli ultimi due settennati, ci rendiamo conto che abbiamo un problema. E questo problema lo si si affronta unendo emergenza e strategia; vanno bene gli interventi in emergenza, però dobbiamo riuscire a dire che fra due anni avremo delle strutture in grado di gestire i fondi strutturali e i fondi che ci arrivano dal recovery fund. Dobbiamo riuscire a raggiungere quest'obiettivo, altrimenti il bilancio non sarà mai positivo; inoltre dobbiamo sciogliere dei nodi strategici, onde evitare di fare la stessa discussione tutte le volte che c'è un provvedimento. Uno di questi nodi strategici è la riforma fiscale. Il nostro Gruppo è contro la flat tax, perché la riteniamo sbagliata e iniqua (Applausi), ma siamo per rivedere le aliquote e per premiare chi produce, chi lavora e chi produce lavoro e valore per il nostro Paese. (Applausi). Questa è una discussione strategica: saremo divisi, ma saremo tutti più ricchi se riusciremo a fare questa discussione strategica.

Il secondo punto fondamentale riguarda il rapporto tra Stato e mercato. Per favore, non raccontiamoci le questioni ideologiche del Novecento. C'è un problema nuovo che ci pone la stessa vicenda del Covid e che si stanno ponendo tutti i Paesi occidentali: un nuovo rapporto tra Stato e mercato. Dobbiamo dire che questo è decisivo per fare una politica industriale. Dobbiamo definire il ruolo di Cassa depositi e prestiti, non si può più andare random, perché di lì può venire una nuova politica industriale per nuove filiere, quelle della grande sfida dell'innovazione tecnologica; diversamente non ce la faremo.

Infine vi è la sfida che riguarda - lo voglio dire perché probabilmente non otterrò molti consensi - la classe dirigente di questo Paese e non solo la politica; certamente riguarda in primo luogo il Governo, ma l'intera classe dirigente di questo Paese deve dimostrarsi all'altezza di questa sfida. È ancora troppo asfittica la discussione, per questo è importante che il Governo proponga un terreno nuovo di discussione, proponga nuove linee di confronto che ci consentano di stabilire nuovi scontri sul merito del futuro di questo Paese. Questa, colleghi, è una sfida anche per la maggioranza.

Dobbiamo crescere. Noi abbiamo fatto un Governo, adesso siamo in un'altra fase; dobbiamo dire che cos'è per noi il nuovo modello di sviluppo; dobbiamo dirlo e a tal riguardo le vecchie divisioni, i vecchi posizionamenti non servono a nulla. (Il microfono si disattiva automaticamente). Serve un nuovo discorso pubblico al Paese. Ciò che siamo stati, ciò che abbiamo detto oggi ha sempre meno senso. Dobbiamo prenderci in carico sulle spalle, mettendoci in discussione, la nuova idea di Italia e di Paese, così saremo all'altezza, diversamente non lo saremo. (Applausi).

STEFANO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STEFANO (PD). Signor Presidente, colleghe e colleghi, signor Ministro, rappresentanti del Governo, il Parlamento tutto oggi è chiamato ad esprimersi con un voto che tiene insieme, in modo tanto grave quanto paradigmatico, il presente ed il futuro del nostro Paese.

Oggi siamo chiamati ad assumere una scelta che sarebbe ovvia, perché profondamente giusta, se tutti in maniera condivisa fossimo rimasti al motivo fondante, al tema principale che ci ha condotti fin qui, ovvero l'evento straordinario e drammatico rappresentato dall'epidemia da Covid. E invece subiamo l'ennesima trovata di un leader dell'opposizione che, giusto l'altro ieri, qui in Senato (e mai come questa volta credo sarebbe invece stato meglio il Papeete), si è lanciato in un'ennesima crociata, questa volta contro la mascherina. Eppure sappiamo tutti dove l'epidemia ha tragicamente insistito e sfoderato i suoi attacchi più violenti e drammatici. Quindi, se posso dire, fa ancora più specie pensare che un lombardo di rango come Salvini neghi il doveroso rispetto proprio ai morti della sua terra, diffondendo, attraverso una forma insopportabile di disobbedienza civile, un messaggio nefasto per le giovani generazioni.

Ma, come se tutto ciò non fosse decisamente troppo, rincara la dose sobillando l'idea che il Governo, pur di sostenersi e non cadere, diffonda il virus del Covid: una cosa che andrebbe inserita di diritto nei Protocolli dei Savi di Sion, ovvero la prima fake news della storia del secolo scorso.

Ma torniamo alla realtà di oggi, che è ben altro rispetto alla pesca di like sui social. La realtà è che abbiamo affrontato, primi come democrazia occidentale, gli effetti di una pandemia che si è dimostrata come un'Idra dalle molte teste, infiltrandosi in ogni spazio delle nostre vite e costringendoci a rivedere comportamenti, abitudini e stili di vita, finanche le priorità.

La reazione dell'Italia tutta non è certo mancata ed è un errore non riconoscerlo: ai cittadini per i sacrifici a cui sono stati chiamati, ma anche al Governo e al Parlamento per la tempestività e incisività di intervento. Ecco perché oggi, in quest'Assemblea, abbiamo il dovere di continuare a impegnarci - ancora una volta, ancora di più - in un percorso di messa in sicurezza e rilancio del Paese, continuando ad assumerci le necessarie responsabilità, che sono cosa ben più impegnativa di un tweet virale o di un comizio urlato, nei quali primeggiano - la sì - gli aspiranti leader del sovranismo.

Nella fase acuta dell'emergenza abbiamo infatti ripetuto come un mantra, accompagnando le tante misure poste in essere, che nessuno deve rimanere solo e nessuno deve rimanere indietro: un monito che oggi, qui, siamo decisi a continuare a rispettare, soprattutto dopo aver ottenuto una condivisione storica da Bruxelles poco più di una settimana fa. Non riconoscere quel risultato è non solo un errore politico, ma un'evidente dimostrazione di cecità e di non voler guardare la realtà delle cose.

Oggi, invece, è nostro dovere ribadire impegno e attenzione nel tracciare una strada nuova per la prossima generazione italiana ed europea perché, signor Presidente, mai come in questa eccezionale crisi, è emerso come fallace il desiderio (forse, meglio, l'aspirazione) a un autarchico splendido isolamento. E il motivo non è la scarsa coerenza di chi prima disegna l'Unione europea come la prigione dei popoli e, poi, invoca la Banca centrale europea perché acquisti titoli di Stato. No, non faccio riferimento a questa incoerenza. Mi riferisco, semmai, all'ignobile tentativo sotteso di negare l'inclinazione solidaristica che appartiene all'uomo e che questa pandemia ha reso più evidente: non ci si salva da soli, colleghi e colleghe, non ci si rialza mai da soli.

E allora lo scostamento di bilancio, che con oggi si eleva alla considerevole cifra di 100 miliardi di euro, mediante i quali è stato possibile mettere in piedi decreti come il cura Italia, liquidità e rilancio, è anch'esso espressione di quella necessaria solidarietà tra uomini, che qui diventa una solidarietà tra generazioni. Oggi, infatti, stringiamo un patto nel tempo, un vincolo di impegno tale da non doverci far dormire la notte, ma che servirà a restituire ai nostri figli un Paese migliore, più inclusivo, efficiente e verde, ma soprattutto più unito. (Applausi).

La fune, che chiediamo ci venga allungata è necessaria per tirare importanti pezzi di Paese fuori dalle sabbie mobili di un'economia ormai in recessione e che non può più aspettare.

La somma di 25 miliardi di euro servirà per sostenere, con ancora più forza, enti locali e Regioni per accompagnare la ripresa di settori importanti come il turismo e l'automotive, per dare continuità agli ammortizzatori sociali, ma anche - e questo è un fatto nuovo - come sostegno e incentivi alle assunzioni, indirizzando la misura verso una nuova fase.

Come ricordato dal ministro Gualtieri, anche poco fa, le straordinarie misure messe in campo ci hanno già consentito di salvare 1,5 milioni di posti di lavoro ed è quindi dai tanti dati disponibili che arriva l'ordine dell'agenda. Ciò che ci deve preoccupare, nel senso etimologico del termine, ossia occupare prima, sono le previsioni della Svimez, che per il 2021 vede il Mezzogiorno frenato da una ripresa dimezzata: +2,3 per cento il suo PIL contro il 5,4 del Centro Nord. In questo senso, credo allora che il Piano Sud 2030 contenuto nel PNR dovrà essere una messa in opera, con strumenti già disponibili come la clausola rafforzata del 34 per cento, per conseguire obiettivi che in altre parti del Paese sono già realtà.

Bisogna riunire il Paese e spezzare il rischio di calcificazione tra fragilità strutturali e mancato recupero dei livelli pre-crisi 2008-2009 alle successive criticità sociali ed economiche legate proprio all'epidemia del Covid. Ecco, quindi, che i cardini individuati dal Programma nazionale di riforma (giovani, ecologia, innovazione, connessione) sono fondamentali per ridare fiato a questo importante pezzo di territorio, il Sud, sì fiaccato, ma ancora ricco di infinite potenzialità.

Questo set di interventi si va perciò a innestare nel solco di una politica economica che intende aiutare la crescita a ritmi più sostenuti, in un contesto di resilienza e sostenibilità ma non tralasciando mai l'obiettivo di conseguire un progressivo riequilibrio dei conti pubblici. Dico di più. È proprio all'interno di questo obiettivo che si inserisce la necessità di mettere mano a una riforma fiscale sinceramente improntata al principio di progressività. In audizione Bankitalia ci ha ricordato che l'imposta personale sui redditi presenta non solo aliquote marginali effettive molto elevate, anche in corrispondenza di redditi contenuti, ma soprattutto aliquote non omogenee tra contribuenti a parità di reddito a causa del diverso trattamento fiscale, che non può trovare soluzione - sono d'accordo con il collega Errani - all'interno della tanto sbandierata, quanto iniqua, tassa piatta.

Inoltre, dobbiamo abbracciare la scelta di dare seguito a un forte aumento degli investimenti pubblici, con l'obiettivo di portarli stabilmente sopra il 3 per cento del PIL o la volontà di garantire la necessaria liquidità alle imprese attraverso un ulteriore rifinanziamento del Fondo centrale di garanzia per le PMI. E ancora, riavviare i cantieri e dare seguito al completamento delle opere infrastrutturali. Molte iniziative dunque nell'agenda ma un unico interesse: il bene del Paese.

Colleghi, mi sia concesso questo inciso. La proroga dello stato di emergenza approvata ieri ha una sola interpretazione possibile, non altre: non solo ha un termine ben definito, non solo delimita spazi territoriali specifici, ma serve a far sì che il Governo faccia tutto il possibile e tutto il necessario per garantire, ad esempio, la ripresa della scuola.

Mi chiedo: possono essere mai questi gli elementi propri a una deriva liberticida, come grida qualcuno come l'onorevole Meloni? Davvero siete convinti che ci sia questa deriva liberticida nel prolungare uno stato di emergenza?

Signor Presidente, colleghi, questo è l'appello finale che rivolgo soprattutto alle opposizioni e con il quale intendo concludere questo mio intervento. Siete davanti ad una scelta, se asseconderete la tentazione di impegnare il vostro presente solo per giudicare il passato, vi assumerete la responsabilità di perdere il futuro, perché mai come oggi chi ha il nome «Italia» non sulle soltanto labbra o sulle felpe ma anche nel cuore sa cosa va fatto ed è per queste ragioni che dichiaro il voto favorevole del Gruppo Partito Democratico. (Applausi).

MALAN (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAN (FIBP-UDC). Signor Presidente, signori Ministri, purtroppo non capisco come mai non sia presente il Ministro dell'economia, questo francamente è sconcertante: se n'è andato via ma direi che era invece il momento di stare qui, così come ci stiamo noi, visto che siamo ad un passaggio estremamente importante per il nostro Paese. (Applausi).

Già prima dell'emergenza Covid, nel 2019, l'Italia era all'ultimo posto nell'Unione europea e tra gli ultimi al mondo in termini di crescita della ricchezza interna, con tutte le conseguenze che questo determina sulle singole aziende e sull'occupazione, ma all'epoca essere all'ultimo posto significava crescere meno degli altri o addirittura essere a crescita zero. Ora, con il calo che gran parte delle economie mondiali stanno attraversando a causa della pandemia da Covid, essere all'ultimo posto vuol dire un drammatico calo della produzione e della ricchezza interna; si parla di un calo dell'11-12 per cento, che porta il rapporto debito-prodotto interno lordo a oltre il 150 per cento.

Il Ministro - che apprendo ora essere alla Camera - ci ha parlato con un certo ottimismo di una ripresa nel terzo trimestre di quest'anno, ma ricordo che siamo alla fine del primo mese di quel terzo trimestre e purtroppo non vediamo questi grandi segni di ripresa. Noi speriamo che il Ministro abbia ragione, ma crediamo che l'ottimismo vada anche contemperato con il realismo. In questo periodo già migliaia di aziende hanno chiuso, altre migliaia sono a rischio di chiusura. Secondo l'Istat il 38 per cento delle aziende italiane sono a rischio di default. Abbiamo compreso fin dall'inizio la gravità di questo momento sia dal punto di vista sanitario - facemmo le nostre proposte già alla fine del mese di gennaio - sia dal punto di vista economico. Evidentemente le previsioni erano corrette e per questo abbiamo mostrato una grande apertura rispetto alle proposte del Governo e rispetto alla richiesta dello scostamento dall'obiettivo di pareggio di bilancio. Anzi, fin dalla prima votazione sullo scostamento dal pareggio abbiamo chiesto che questo fosse subito di 100 miliardi di euro, che è l'obiettivo al quale poi è arrivato anche il Governo con quest'ultima richiesta che arriva per l'appunto a tale cifra. Se avessimo fatto subito come avevamo detto, ci sarebbe stato più margine, più respiro, più possibilità di avere una programmazione strategica migliore. Per senso di responsabilità abbiamo votato i primi due scostamenti e siamo stati decisivi in entrambi i casi, anche a causa del fatto che molti colleghi non potevano essere qui, perché erano nelle zone più colpite dalla pandemia. Ora arriviamo al voto sul terzo scostamento. Rispetto alla sostanziale chiusura a tutte le proposte che abbiamo visto nei mesi scorsi, abbiamo apprezzato le parole del ministro Gualtieri rispetto alla lettera che i tre leader del centrodestra hanno scritto. Abbiamo apprezzato che l'abbia citata e abbiamo apprezzato anche alcune sue dichiarazioni e aperture su punti specifici che abbiamo posto, in particolare su fisco, lavoro e pensioni, ma siamo rimasti ai verbi al futuro, agli impegni generici, di fronte ai tanti provvedimenti che sono già stati presi e che sono in corso di approvazione in Parlamento e quindi non ci sentiamo di dare la nostra approvazione a seguito di un'esperienza che non è stata positiva. Abbiamo visto le nostre proposte quasi sistematicamente respinte, tranne in rari casi, e temiamo che anche questa volta prevalgano le esigenze delle varie forze politiche che rappresentano e sostengono il Governo. Temiamo che prevalgano i tentativi, in particolare, di fare soprattutto spesa assistenziale, alla caccia di qualche riserva di voti vera o immaginaria per accontentare ora questo ora quel partner di Governo. Bisogna, invece, fare proprio il contrario. Bisogna dare impulso al Paese. È fondamentale, in questo periodo. Attraversiamo un momento, come è stato detto anche da molti esponenti della maggioranza, decisivo per il Paese. Per questo non si può escludere una parte del Paese minoritaria - sia pure non di molto, in quest'Aula - che pare maggioritaria nel Paese.

Non può essere escluso il contributo dell'opposizione rispetto a quello che dobbiamo fare per il Paese, perché le conseguenze di queste scelte non durano pochi mesi e neppure pochi anni, ma sono fondamentali. Se riusciremo veramente a far ripartire il Paese, allora ci saranno delle possibilità per tutti; altrimenti, saranno guai per tutti, indipendentemente poi da chi vincerà le prossime elezioni. Il punto è l'Italia, non sono le elezioni o questa o quella maggioranza. (Applausi).

Per questo, noi non voteremo contro la richiesta di un ulteriore scostamento dagli obiettivi del pareggio di bilancio ma ci asterremo, nella speranza di vedere la realizzazione di questi impegni. Noi saremo disponibili, come lo siamo sempre stati, ad andare nel merito, a fare le nostre proposte, a sostenere e mai avere atteggiamenti che neppure somigliano all'ostruzionismo. Noi siamo per portare avanti i provvedimenti, ma vogliamo che siano provvedimenti utili all'Italia.

Il Paese non può aspettare: ha già aspettato troppo. Mentre tanti, ad esempio, aspettano ancora il pagamento della cassa integrazione, tanti aspettano di avere un risultato dalle complicatissime pratiche sull'ecobonus e su altri vari bonus. Penso anche a quelli che pretendono che gli operatori del turismo anticipino soldi a favore dei cittadini; francamente, in questo momento è un'idea completamente folle e infatti quel bonus non viene usato.

Noi vogliamo dare il nostro contributo per arrivare all'obiettivo e, per questo, noi saremo pronti a dare una mano come l'abbiamo data fino ad oggi, anche in modo determinante. Il fatto è che noi abbiamo un'impostazione diversa rispetto alla vostra (non per nulla siamo su due fronti diversi). Noi siamo per quella ricetta che ha avuto risultati determinanti e ha determinato la crescita in tutti i casi in cui è stata applicata. Noi puntiamo sul lavoro. Noi puntiamo sulla grande sfida della libertà, sulle capacità creative degli italiani, dei lavoratori come degli imprenditori, capaci di cose straordinarie se non sono soffocati dalla burocrazia, dal fisco, dalla lentezza della pubblica amministrazione, per non parlare di quella della giustizia.

Da questa maggioranza, invece, vediamo troppo la tendenza a voler distribuire la ricchezza prima che sia stata prodotta e senza far nulla perché la ricchezza venga prodotta. Vediamo da parte vostra il sogno - un sogno che per noi è un incubo - di uno Stato che controlla ogni passo, ogni parola, ogni centesimo speso dai cittadini. (Applausi). In sostanza, è ancora la mentalità dei piani quinquennali dell'Unione Sovietica, ma dotata della tecnologia del XXI secolo. Una tecnologia che è un'opportunità straordinaria, se usata con le garanzie costituzionali a tutela delle libertà del cittadino, ma anche un enorme pericolo se viene usata con la mentalità dello Stato idolo e dello Stato onnipotente.

Noi pensiamo che vada fatta una moratoria in questo periodo. Bene la lotta all'evasione fiscale, ma, in questo momento, le cartelle esattoriali rischiano di far chiudere delle aziende; quelle aziende che, per pagare la cartella che temiamo arriverà loro tra qualche settimana, rischiano di chiudere definitivamente senza quindi pagare né quella né altre. (Applausi).

Dei lavoratori perderanno il lavoro e la cassa integrazione, a parte il fatto che arriva in ritardo, non può essere certamente la soluzione alla mancanza di lavoro. Noi pensiamo che all'Italia non serva il bonus per comperare i monopattini, che stanno riempiendo i Pronto soccorso del nostro Paese, ma che serva piuttosto impulso all'infrastrutture. (Applausi). Quell'impulso era contenuto nella legge obiettivo messa in atto, a suo tempo, dal Governo Berlusconi, che ha prodotto investimenti e realizzazioni per 74 miliardi di euro: fatti, non programmati. Pensiamo che una legge di questo genere ci serva oggi, adattata alle esigenze di oggi. (Applausi).

Non ci servono obiettivi che non possono essere raggiunti dalla legge di semplificazione che avete presentato. Non serve, infatti, aggiungere burocrazia alla burocrazia. Questa è complicazione, non è semplificazione. Abolire gli appalti sotto i 5 milioni di euro, cioè l'88 per cento degli appalti del nostro Paese, vuol dire mettere fuori gioco tutte quelle piccole e medie aziende che sono la forza del nostro Paese. (Applausi). Per realizzare le opere pubbliche non si possono invitare soltanto gli amici e questo è quello che voi avete introdotto. Se gli appalti sono troppo lunghi e hanno procedure troppo lunghe, bisogna velocizzare le procedure e riformare la giustizia, per renderla rapida e affidabile, non abolire le procedure di garanzia.

Noi pensiamo, ad esempio, che l'ultima cosa che serve al Paese sia la nazionalizzazione di una delle più grandi aziende d'Italia, la società Autostrade, prendendo i soldi dei risparmiatori per fare questa operazione. Abbiamo visto i risultati che operazioni di questo genere hanno prodotto in Venezuela; noi non siamo il Venezuela, ma non dobbiamo neanche andare in quella direzione.

Noi pensiamo che occorra dare più libertà di assumere, non irrigidire il mercato del lavoro. Bisogna reintrodurre, almeno in questo periodo, i voucher; bisogna aiutare le famiglie, che sono la più grande azienda del nostro Paese, che forniscono educazione, cibo, cure, valori (Applausi), e non incentivare il non lavoro con il reddito di cittadinanza. Trasferire risorse dal reddito di cittadinanza alle famiglie sarebbe già un grande aiuto in un periodo di denatalità impressionante.

Non bisogna portare poi alla chiusura le scuole paritarie, mettendo in crisi anche quelle statali, che non sono in grado, già ora, di ospitare tutti gli studenti delle scuole statali: se arriveranno anche gli 800.000-900.000 studenti delle scuole private, dove si metteranno? (Richiami del Presidente).

Ho concluso. Noi ci asterremo. La nostra astensione è una mano tesa agli italiani, per dare una mano all'Italia e agli italiani a risollevarsi. Anche voi tendete la mano verso gli italiani, comprendete le loro esigenze e ascoltate anche i consigli che ricevete dall'opposizione. (Applausi).

ROMEO (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROMEO (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, egregi membri del Governo, colleghi senatori, senatrici, passata l'euforia del recovery fund, come se i soldi fossero stati già ottenuti e già spesi, il Governo si accorge, in realtà, di non avere in cassa un euro e quindi deve ricorrere a un nuovo scostamento di bilancio per prorogare alcune misure, come la cassa integrazione, quelle legate alle scadenze fiscali e qualcosa sulla scuola e sul turismo.

Questa è la verità: nuovo debito per le future generazioni, perché questo è stato sempre detto; bisogna comunque farlo non a cuor leggero e stare molto attenti.

Rispetto a quanto era stato fatto anche il passato, con la votazione dei due scostamenti precedenti, quello da 25 e quello da 55 miliardi di euro, noi come minoranza e come centrodestra avevamo manifestato senso di responsabilità, cercando di dare il nostro apporto. Tuttavia, alla fine, il Governo ha deciso di spendere quelle risorse come voleva, senza assolutamente coinvolgere le minoranze.

Per questo motivo, in questa occasione abbiamo fatto una proposta integrativa, contenuta nella risoluzione che abbiamo depositato, su cui il Governo, però, ha espresso un parere contrario. Alcune misure importanti tra quelle proposte sono: l'esenzione per il secondo acconto Ires e Irpef per quanto riguarda alcune categorie; la riduzione del 30 per cento dei coefficienti del calcolo dell'IMU; la sospensione del decreto dignità con la reintroduzione dei voucher; la riduzione al 50 per cento dei contributi per quelle categorie che hanno subito una maggiore penalizzazione nella crisi economica legata al Covid-19 e naturalmente l'adeguamento delle pensioni di invalidità. La risposta è stata no.

Attenzione. Abbiamo chiesto di integrare la relazione e le misure che avete previsto con questi obiettivi che, però, assolutamente non vediamo, su cui abbiamo ricevuto ancora una volta una risposta negativa. Questo testimonia che la collaborazione si invoca solo quando fa comodo, ma poi, nei fatti, non accade assolutamente nulla. (Applausi). Anzi, il Governo vuole fare da solo. La maggioranza vuole fare da sola? Benissimo, lo scostamento ve lo votate da soli. Questa è stata la risposta che la coalizione ha dato. (Applausi).

Da persone intelligenti quali siamo, il nostro sarà un voto chiaramente di astensione, legato al fatto che condividiamo alcune misure previste nella relazione. Qualcuno del Governo, al di là del recovery fund, del MES, il Sure, la BEI e dello scostamento, può spiegare a me e agli italiani perché l'Esecutivo non ha tentato la strada del famoso cosiddetto prestito irredimibile, ossia dell'emissione di bond perpetui? Parlo di ciò che ha fatto l'Austria, che ne ha emessi per 2 miliardi di euro e poi ha avuto richieste per dieci volte tanto e che, tra l'altro, non sono classificabili come debito pubblico e su cui il tasso interesse è dello 0,88 per cento ed essendo sotto l'1 per cento, è abbastanza competitivo da questo punto vista. Perché il Governo non ha tentato, visto che c'era la possibilità di emettere bond da 60 a 100 miliardi di euro, secondo le stime di alcuni esperti come Bazoli, Tremonti e - perché no? - anche il presidente della Consob Savona, di prendere e di mettere nel circuito dell'economia i risparmi delle famiglie italiane, come hanno fatto altri Paesi europei? (Applausi). Per quale motivo non lo avete fatto o non avete tentato di farlo? Forse perché il risparmio degli italiani lo volete tassare perché c'è a monte qualche raccomandazione dell'Unione europea? A queste domande dovete rispondere davanti agli italiani. (Applausi).

Veniamo al Programma nazionale di riforma. La nostra astensione sullo scostamento è stata motivata; sul Programma nazionale di riforma il voto, invece, sarà contrario perché ci sono alcuni elementi che ci preoccupano. Per esempio, sul tema del lavoro - faccio parte della Commissione del Senato che se ne occupa - non c'è una parola su come si voglia regolamentare in futuro lo smart working. In condizioni di urgenza lo smart working è stato utile per proseguire le attività, ma in condizioni normali - non so se qualcuno ha sentito il grido di allarme di molte imprese - purtroppo rischia di essere penalizzante proprio per l'economia, intanto perché gli italiani stanno a casa e consumano di meno - e quindi non aiutano in quella direzione - e, in secondo luogo, perché ci sono alcuni uffici pubblici per cui lo smart working non può continuare ad essere consentito nelle modalità con cui è stato fatto. Pensate alle tantissime autorizzazioni dell'ufficio edilizia che giacciono lì. Già ci volevano tempi biblici prima; adesso non arrivano perché il personale sostanzialmente è a casa. Questo non costa nulla; basta semplicemente intervenire in questa direzione. La stessa cosa vale per l'anagrafe dei Comuni. Addirittura per il rilascio delle carte d'identità abbiamo migliaia di richieste inevase.

A tutti coloro che sul tema delle donne fanno delle battaglie particolari ricordo poi che, in base a una recente indagine sulle donne in smart working, si sostiene come per loro lavorare da casa si sia rivelata un'ulteriore forma di costrizione fra le mura domestiche, dove si sono trovate a svolgere in contemporanea i ruoli di madri, mogli, lavoratrici e pure insegnanti, a fronte di un tempo di lavoro che si è dilatato fino alle ore notturne per poter garantire la stessa produttività di prima. (Applausi). Attenzione quindi a incentivare a tutti i costi lo smart working, che si associa un po' al potenziamento, scritto nel PNR, della didattica a distanza. Voi credete davvero che riusciremo a colmare il gap con le altre scuole degli altri Paesi europei potenziando la didattica a distanza? (Applausi). In realtà, crescerà ulteriormente il divario tra persone ricche e persone più povere. Questa non è assolutamente la strada giusta.

Vogliamo ora parlare del tema del lavoro? Dico con grande chiarezza che non ho sentito una parola, soprattutto da chi in quest'Aula lo aveva contestato con tanta energia, sul fatto di revisionare il reddito di cittadinanza, che noi della Lega abbiamo votato perché ci è stato presentato come una misura atta al reinserimento nel lavoro. Oggi la Corte dei conti ci dice che solo il 2 per cento di coloro che ne hanno beneficiato è stato avviato al mondo del lavoro tramite i centri per l'impiego. Beh, caro Governo, se una legge, nella sua fattibilità e nella sua concretezza, si rivela non funzionante, bisogna anche avere il coraggio di cambiarla! (Applausi). Bisogna avere il coraggio di cambiarla, questa legge, modificandola: comprendiamo che ci sono alcune categorie che probabilmente non riescono a trovare lavoro, non riusciranno mai a inserirsi nel lavoro e vanno sicuramente aiutate, però non possiamo continuare a pensare solo all'assistenzialismo. Attenzione: va bene ed è giusto aiutare le persone e le Regioni maggiormente in difficoltà ed è giusto il piano del Mezzogiorno, ma non possiamo dimenticarci dei non garantiti, coloro che non vivono sotto l'ombrello dello Stato; non ci possiamo dimenticare delle aziende e della parte produttiva - soprattutto quella maggiormente produttiva - che è il Nord Italia (Applausi); questo è il problema vero, ma mi sembra che il Governo se ne sia dimenticato. (Commenti).

Si aiuti il Sud, ma anche il Nord, perché anche sul tema dell'autonomia nella relazione voi dite che proseguirete dopo però che saranno verificati ed evidenziati i famosi livelli essenziali delle prestazioni; il già Ministro per gli affari regionali e le autonomie, la mia collega Erika Stefani, ci fa notare spesso e volentieri che vincolare l'autonomia al fatto di fare e organizzare prima i livelli essenziali delle prestazioni significa rischiare di non realizzarla mai, perché questi ultimi inevitabilmente tendono ad aumentare la spesa pubblica. Dal Ministero dell'economia e delle finanze quindi non arriverà mai l'ok per questi livelli essenziali (Applausi), quindi fate prima a dire che l'autonomia l'avete messa nel cassetto e non la volete più fare! (Applausi). Questo è quello che dovete avere il coraggio di dire.

Non possiamo quindi votare un Programma nazionale di riforma che prevede questo, ma anche sulla sanità, visto che qui ci sono sostenitori molto accaniti del Meccanismo europeo di stabilità (e di questi 37 miliardi di euro per la sanità), scrivete nella relazione che l'impegno del Governo riguarderà innanzitutto il capitale umano, con l'adozione di misure urgenti per l'incremento del personale. Spesso e volentieri ho sentito dire in quest'Aula che abbiamo bisogno di personale e ci sono medici da assumere, con l'invito ad usare il MES. State attenti, però, perché chiunque abbia fatto un minimo di amministrazione pubblica sa che assumere personale significa usare spesa corrente, mentre il MES è una tantum: quando finiscono i soldi cosa facciamo? Licenziamo il personale che abbiamo assunto? (Applausi). È questo quello che vogliamo fare? Li assumiamo per qualche anno, poi li mandiamo a casa?

Se però qualcuno dovesse rispondere «Guardi che si sbaglia, senatore Romeo, perché intendiamo usarli invece per gli investimenti», allora perché chiedere 37 miliardi di prestito per fare investimenti quando nel nostro bilancio dello Stato ne abbiamo 28 che non sono ancora stati spesi? (Applausi). Spendiamo prima quello che abbiamo già in cassa! Qui la battaglia ideologica - lo dico alla senatrice Bonino - arriva dai sostenitori del MES, non da quelli che vogliono ragionare e discutere in Parlamento di queste tematiche. Lasciando perdere il tema delle condizionalità, perché ognuno avrà la sua idea, entriamo nel merito per capire cosa si vuole fare, perché sul personale da assumere ho seri dubbi e sugli investimenti altrettanti. Valutiamo quindi queste cose.

Per tutte queste ragioni (e mancano altri aspetti molto negativi) il nostro voto sul Programma nazionale di riforma non può essere favorevole, anche perché, andando avanti di questo passo, ve lo diciamo con grande chiarezza, difficilmente il nostro Paese potrà diventare competitivo e i nostri figli potranno avere un futuro. (Applausi).

PESCO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PESCO (M5S). Signor Presidente, prima di illustrare i motivi per i quali il MoVimento 5 Stelle voterà a favore del Programma nazionale di riforma e dello scostamento di bilancio, tengo a ribadire un concetto, a mio avviso, fondamentale: in questi ultimi mesi, il Governo e la maggioranza hanno preso decisioni difficili e dure, che sicuramente hanno portato sofferenza a moltissime famiglie e imprese. Ricordo a me stesso, al mio Gruppo, alla maggioranza e a tutta l'Assemblea che tali scelte sono state prese per un motivo fondamentale, cioè per risparmiare vite umane. (Applausi). Se non fossero state fatte quelle scelte, attualmente avremmo avuto sicuramente il doppio dei casi di coronavirus e probabilmente anche il doppio delle vittime. Ciò sarebbe stato molto grave e bisogna ricordarlo. Non lo dico io, lo dice uno studio pubblicato su una rivista scientifica molto importante.

Ebbene, noi dobbiamo essere grati per queste scelte, pur nella consapevolezza che molte famiglie e molte aziende stanno soffrendo. Si è parlato male del reddito di cittadinanza, ma vorrei ricordare, con il massimo dell'umiltà, che dobbiamo ringraziare che ci sia stato perché 1.100.000 famiglie quantomeno sono riuscite ad avere un appoggio, un'ancora, una ciambella di salvataggio in questo momento di grandissima sofferenza. (Applausi).

Comunque, noi siamo riusciti ad ottenere, secondo me, dei risultati buoni, lodevoli, e lo dobbiamo al senso di responsabilità della maggioranza ma direi dell'intera Assemblea. Tale senso di responsabilità ci deve condurre anche nei prossimi mesi perché le scelte da fare sono ancora tante.

Le scelte che sono state fatte, comunque, hanno portato dei benefici e ce lo dice anche la Banca d'Italia. Il 2 per cento del PIL praticamente è stato guadagnato - per modo di dire, so che siamo in un momento difficile - attraverso le misure che sono state prese, ossia attraverso il decreto cura Italia, il decreto rilancio e anche il decreto liquidità. Sono interventi che hanno portato quantomeno una riduzione della sofferenza pari al 2 per cento del PIL e questo è un grandissimo risultato.

Vogliamo parlare della cassa integrazione per renderci conto di quanto è stato fatto? Ebbene, il 40 per cento dei lavoratori ha avuto accesso alla cassa integrazione. Ogni azienda ha risparmiato mediamente 1.100 euro per ogni lavoratore che ha lavorato, in media, centocinquantasei ore in meno, il 90 per cento dell'orario mensile. Ebbene, ogni lavoratore - ahimè, ahinoi - ha avuto il 27,3 per cento di reddito in meno e questa è una cosa che dobbiamo ricordarci per gli interventi che abbiamo fatto ma che dobbiamo ancora fare perché non è giusto che ci siamo famiglie che abbiano pagato così tanto per quello che è successo.

Ci stiamo avviando ad approvare il terzo scostamento - 25, 55 e ora altri 25 miliardi di euro - per fare le cose importanti per questo Paese, ossia quelle misure che servono per dare un sostegno alle imprese e alle famiglie dal punto di vista del lavoro e del reddito. C'è qualcuno che ci accusa di scelte frammentarie. In realtà non è così. La programmazione c'è e segue l'evoluzione dei danni creati dall'epidemia e dalle conseguenze che logicamente si sono avute e che si sono verificate per via del lockdown, perché fermare, spegnere il motore della Nazione ha un costo e ce ne siamo resi conto. Tale costo, però, si modula nel tempo, quindi noi dobbiamo intervenire ogni volta con misure ad hoc secondo le esigenze. Ci stiamo rendendo conto che è necessario prorogare quanto abbiamo fatto fino ad ora. Quindi questi 25 miliardi di euro, utili a sostenere il tessuto imprenditoriale, servono per fare cose straordinarie, quali rinnovare la cassa integrazione per le persone che ne hanno bisogno e soprattutto per le aziende che non riescono a riportare al lavoro tutti i propri lavoratori e incentivare il lavoro (e verrà fatto dal Governo), cioè dare la possibilità di far rientrare con un incentivo i lavoratori della cassa integrazione e dare degli incentivi anche per le nuove assunzioni; ma soprattutto è fondamentale intervenire in modo mirato e strategico in quei settori che hanno patito di più.

Aggiungo anche che andrebbero prorogate altre misure che il Governo non ha ricordato. Ad esempio il bonus affitti sarebbe assolutamente da prorogare perché se pensiamo a un'impresa, una piccola impresa, o ad un artigiano, un negozio, un esercente, i costi fissi sono quelli del personale - per cui c'è la cassa integrazione -, le merci - ma sappiamo che se una ditta non lavora non compra le merci - e poi c'è l'affitto, quindi se gli affari di un'azienda sono scesi bisogna continuare con alcune misure come il bonus affitti. Poi pensiamo ancora a tutta quella platea di aziende, di lavoratori autonomi e di imprese che sono rimaste escluse dal circuito del credito. Ebbene, noi non siamo ancora riusciti a trovare quella misura ad hoc per riuscire a finanziare anche queste aziende che in questo momento sono quelle che stanno soffrendo maggiormente. Quindi è giusto che il Governo e la maggioranza, tutto il Parlamento intervenga anche a loro vantaggio. Per non pensare poi ai cosiddetti sovraindebitati, cioè quella platea di persone e di famiglie che hanno a che fare con la giustizia perché purtroppo non sono riusciti a pagare i loro debiti. Ebbene anche per loro si può fare di più e probabilmente questa è l'occasione giusta, magari non proprio in questo provvedimento, ma dobbiamo riuscire a fare qualcosa affinché le misure per agevolare la riduzione del contenzioso tra debitore e creditore, una volta tanto trovino veramente la luce.

Il quadro rimane incerto, le risorse sicuramente ci sono (25, 55 e ora altri 25 miliardi), ma probabilmente le misure che sono state finanziate in passato, nelle ultime settimane e negli ultimi mesi, sono state leggermente sopravvalutate. Questo ci consente di ottenere le risorse utili per finanziare quelle misure che adesso dobbiamo rifinanziare per dare sostegno a famiglie e imprese.

Veniamo al Programma nazionale di riforma; è un piano che ha a che fare con le leggi di contabilità dello Stato, un piano che va fatto ad aprile, ma giustamente il Governo ha scelto di aspettare perché sapeva che probabilmente sarebbe successo qualcosa di importante, oltre logicamente all'evoluzione della pandemia. Questo qualcosa è successo, ossia i Paesi dell'Unione europea hanno deciso insieme di affrontare in modo comune, unito e univoco, ma soprattutto condividendo il debito, la crisi scaturita dalla pandemia di Covid-19. Questo è un fatto straordinario che nessuno si sarebbe aspettato solo poche settimane fa. Il Governo è riuscito a farlo grazie all'intento del nostro presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte (Applausi), che poche settimane fa, al massimo due mesi fa, ha scritto una lettera con la quale ha convinto altri otto Paesi a scrivere alla Commissione europea per chiedere misure nuove, strategiche e ingenti per affrontare i danni creati dalla pandemia. Ed è riuscito nel suo intento e non ha convinto solo quei Paesi, ma anche la Commissione europea ad agire in tal senso e ora fortunatamente abbiamo questo debito comune dell'Unione europea che ci permetterà di fare grandissime cose. L'Italia attraverso il famoso next generation EU e il recovery fund riuscirà ad ottenere 209 miliardi di euro da spendere in programmi utili non solo per l'Europa, ma anche per la nostra Nazione.

Abbiamo tre motivi principali per i quali è stato finanziato questo programma. Il primo è quello di dare un aiuto ai Paesi per riuscire a sostenere e combattere la crisi pandemica del Covid-19. Il secondo è quello di facilitare gli investimenti pubblici e privati. Il terzo: riuscire a ristrutturare i programmi già famosi e già conosciuti dall'Unione europea che tanto servono ad ogni Paese.

Oltre a questi motivi, ci sono le tre linee direttrici lungo le quali vanno spesi questi soldi. Prima tra tutte, l'ambiente; ne parliamo da quarant'anni e finalmente oggi abbiamo le risorse utili per riuscire a concretizzare i nostri progetti. Ebbene la cura e la tutela dell'ambiente è anche una stella del MoVimento 5 Stelle; finalmente riusciremo a realizzare progetti grazie ai soldi dell'Unione europea.

Per non parlare poi del secondo pilastro, quello del lavoro e dell'inclusione sociale; da lì parte tutto, parte il reddito, ma soprattutto deve partire abolendo le differenze tra più abili e meno abili, tra uomini e donne. (Applausi). Non ci devono essere più differenze di alcun tipo, tutti hanno diritto al lavoro, tutti devono rientrare nell'inclusione sociale, tutti devono e hanno il diritto di lavorare.

Il terzo pilastro fondamentale è la modernizzazione e la digitalizzazione del Paese. Anche di questo abbiamo parlato tanto. L'Italia è stata una pioniera dell'informatica, non dimentichiamolo, però lo sviluppo dell'informatica è stato un po' disordinato: ora è arrivato il momento di mettere a sistema quello che abbiamo fatto. Le banche dati vanno condivise, ma soprattutto bisogna dare l'opportunità alla pubblica amministrazione di far vedere quanto conta, di far vedere quanto vale. Ebbene, attraverso la digitalizzazione si farà questo, si darà la possibilità di far svolgere quei servizi tipici della pubblica amministrazione attraverso l'informatica per dare una mano al cittadino e migliorare il dialogo tra pubblica amministrazione, cittadino e imprese.

Presidente, mi avvio alle conclusioni, ricordando le tre cose che dobbiamo fare adesso e che ci hanno ricordato tutti gli auditi in Commissione. Bisogna correre perché non abbiamo tempo, questi soldi vanno impegnati tra il 2021 e il 2023. Dobbiamo quindi correre a disegnare, progettare e realizzare le cose che ci siamo preposti di fare.

Soprattutto, ed è il secondo pilastro, dobbiamo farlo rendicontando ai nostri cittadini: dobbiamo far vedere come spendiamo quei soldi, in modo che ognuno abbia contezza di quello che stiamo facendo e, soprattutto, dei risultati che riusciremo a raggiungere.

Signor Presidente, il terzo pilastro è che dobbiamo essere uniti, tutti insieme, maggioranza e opposizione, per riuscire a realizzare questo sogno. Dobbiamo farlo non per noi e per i nostri consensi, ma per la nostra Nazione. (Applausi).

*QUAGLIARIELLO (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

QUAGLIARIELLO (Misto). Signor Presidente, signori del Governo, il punto di partenza è comune: il Covid ha creato una situazione eccezionale, dal punto di vista sanitario, dal punto di vista economico e dal punto di vista sociale. Di fronte a una situazione eccezionale, un marxista chiederebbe di individuare un progetto di sviluppo e di trovare un blocco sociale di riferimento, per uscire fuori dalla crisi. Un liberale, più modestamente, si accontenta di una visione.

E, a mio avviso, signori del Governo, è questo il problema. Il problema è quello della visione, non è nemmeno quello dell'accoglimento di alcune proposte del centrodestra. Se questa intenzione ci fosse, si tratterebbe semplicemente di contemperare due visioni in un progetto e in una direzione univoca, un po' come si fece in altri tempi nei quali il Paese dovette ripartire.

E, invece, signori del Governo, una visione è difficile vederla, latita. A me sembra che ci si limiti a prorogare l'emergenza e ad aumentare il debito pubblico. Sia chiaro: in momenti eccezionali l'aumento del debito pubblico è una necessità, ma se è accompagnato da una visione. Se è privo di una visione, è semplicemente un'ipoteca ulteriore sulle spalle delle generazioni che seguiranno.

Lo dico con molta schiettezza: la nostra decisione è molto condizionata dal dibattito di ieri sull'emergenza, che ci ha visto delusi, perché questa visione non è venuta fuori. Anzi, questa visione si è concretizzata nella riproposizione di un'emergenza ed è questa la ragione per la quale i senatori di Idea e di Cambiamo, iscritti al Gruppo misto, si asterranno sulla proposta di scostamento.

PRESIDENTE. Procediamo dunque alla votazione delle proposte di risoluzione alla relazione ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012.

Le proposte di risoluzione saranno poste ai voti secondo l'ordine di presentazione.

Avverto che per tale deliberazione è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti dell'Assemblea, cioè 160 voti. Pertanto, la votazione delle proposte di risoluzione avrà luogo mediante procedimento elettronico con scrutinio simultaneo.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 100, presentata dai senatori Perilli, Marcucci, De Petris, Faraone e Unterberger, alla relazione ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012.

(Segue la votazione).

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo:

Senatori presenti

308

Senatori votanti

307

Favorevoli

170

Contrari

4

Astenuti

133

Il Senato approva. (v. Allegato B) (Applausi).

Risulta pertanto preclusa la proposta di risoluzione n. 101, presentata dai senatori Bernini, Romeo e Ciriani.

Passiamo alla proposta di risoluzione n. 1 al Programma nazionale di riforma 2020, accettata dal Governo, sulla quale è stato presentato un emendamento che si intende illustrato e su cui invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

PRESUTTO, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario.

MISIANI, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.1, presentato dai senatori Ciriani, Romeo e Bernini.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 1, presentata dai senatori Perilli, Marcucci, De Petris, Faraone e Unterberger.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Risulta pertanto preclusa la proposta di risoluzione n. 2, presentata dai senatori Ciriani, Romeo e Bernini.

Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno

MOLLAME (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MOLLAME (M5S). Signor Presidente, trentasetteanni fa, alle ore otto del mattino, in via Giuseppe Pipitone Federico, al civico 59 a Palermo esplodeva un'auto imbottita di tritolo. Venivano assassinati Rocco Chinnici, magistrato; Mario Trapassi, maresciallo dell'Arma; Salvatore Bartolotta, deputato; Stefano Li Sacchi, il portiere dello stabile; ci furono quattordici feriti, fra cui anche bambini. Dopo l'assassinio di un altro magistrato, Gaetano Costa, Rocco Chinnici aveva pensato ad una nuova strategia, quella di fare gruppo per non lasciare soli i giudici. Nacque di lì a poco il pool antimafia. All'epoca frequentavo l'università di Palermo e ricordo la grave canicola di quel mese di luglio e le lamiere arroventate di quell'auto.

Di questo tristissimo giorno mi sono ricordato ieri, quando ho letto del provvedimento di scioglimento del consiglio comunale della città di Partinico, la mia città. È una grave onta e, per una questione di campanilistico pudore, sarei stato portato a voler stendere un velo pietoso per tutelare la dignità di tanta brava gente. È un epilogo anche prevedibile se si guarda alle più recenti vicissitudini politico-amministrative: negli anni scorsi abbiamo visto due sindaci dimissionari per motivazioni del tutto differenti, due conseguenti commissariamenti e adesso un consiglio sciolto per ingerenze da parte della criminalità organizzata; scioglimento al quale seguirà una gestione commissariale di diciotto mesi.

Un carissimo plauso va a tutte le autorità che oggi costituiscono un baluardo a tutela di tutti i cittadini (Applausi) e, pertanto, espressione di uno Stato presente; dello Stato che c'è rispetto all'insorgere di ogni malversazione e di ogni tentativo di condizionamento criminale; dello Stato che c'è grazie all'impegno, alla rettitudine e dal sacrificio di tanti uomini come Rocco Chinnici.

La mia città si estende su una fertile e ricca piana che digrada, con le sue lavorate terre, dai colli fino al vicino mare; ricchezza unica è, di base, l'agricoltura, quel duro mestiere che ha temprato i nostri avi e anche lasciato straordinarie vestigia in un'isola di conquista nei millenni, al centro del Mediterraneo e punto d'incontro di continenti e di culture.

I commissari facciano il loro lavoro e guidino questa comunità verso un futuro migliore; lo facciano con dedizione e passione, perché la comunità partinicese ne ha forte bisogno. Nell'interesse di tutti e della collettività, ci accompagnino verso una crescita sociale, economica e politica dando una sferzata alla cultura del malaffare. Buon lavoro a loro e ai partinicesi tutti; ce la faremo, uniti donne e uomini di autentica buona volontà, a far rinascere dalle ceneri questa comunità. (Applausi).

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. Come già comunicato, sono ora convocate le Commissioni dispari per l'elezione del Presidente, dei Vice presidenti e dei Segretari.

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di giovedì 30 luglio 2020

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, giovedì 30 luglio, alle ore 9,30, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 18,20).