Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 243 del 22/07/2020

SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVIII LEGISLATURA ------

243a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MERCOLEDÌ 22 LUGLIO 2020

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Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI,

indi del vice presidente CALDEROLI,

del vice presidente TAVERNA

e del vice presidente ROSSOMANDO

N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Forza Italia Berlusconi Presidente-UDC: FIBP-UDC; Fratelli d'Italia: FdI; Italia Viva-P.S.I.: IV-PSI; Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: L-SP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico: PD; Per le Autonomie (SVP-PATT, UV): Aut (SVP-PATT, UV); Misto: Misto; Misto-Liberi e Uguali: Misto-LeU; Misto-MAIE: Misto-MAIE; Misto-Più Europa con Emma Bonino: Misto-PEcEB.

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RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,35).

Si dia lettura del processo verbale.

TOSATO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.

Sulla scomparsa di Maurizio Pieroni

DE PETRIS (Misto-LeU). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE PETRIS (Misto-LeU). Signor Presidente, colleghi, è con profondo dispiacere e commozione che desidero oggi ricordare in quest'Aula il senatore Maurizio Pieroni, che ci ha lasciato nella notte tra lunedì e martedì, colpito da una malattia grave e inaspettata.

Maurizio Pieroni è stato consigliere comunale nella sua città, Senigallia, negli anni Ottanta in cui diede vita ad una delle primissime liste Verdi. È stato eletto deputato sempre per i Verdi nel 1992, e poi senatore nel 1994, confermato nel 1996, nella XIII legislatura, in cui per cinque anni è stato Capogruppo dei Verdi in quest'Aula. Lo voglio ricordare proprio qui, tra questi banchi, che lo videro protagonista di tante iniziative, proposte e battaglie.

Il suo impegno ambientalista e sui diritti civili ha ispirato tutta la sua iniziativa parlamentare. Cito qui alcune delle proposte su cui lavorò moltissimo per far comprendere quanto la sua cultura ecologista fosse molto ampia e come marcasse un po' tutto il suo lavoro. Penso, per esempio, alla proposta dell'istituzione di una Commissione d'inchiesta sulla corruzione; alle norme contro la discriminazione motivata dall'orientamento sessuale; al riordino delle fondazioni bancarie; all'istituzione di un sistema di certificazione contro il lavoro minorile; all'istituzione del garante dei diritti animali. Norme a favore dell'alfabetizzazione informatica (pensate quanto siano attuali adesso per studenti e lavoratori); per la sicurezza ambientale; la messa in sicurezza della città di Falconara Marittima.

Molte sono le iniziative che lo hanno visto protagonista in quest'Aula. Anche il suo impegno sulle riforme costituzionali fu sempre all'insegna di quella cultura ecologista che è stata la cifra del suo pensiero politico e della sua vita, perché Maurizio Pieroni è stato innanzi tutto un ecologista. Ho condiviso con lui - insieme alla senatrice Cirinnà - tanti anni di militanza verde.

Maurizio costruì una delle primissime liste Verdi a Senigallia negli anni Ottanta e grazie anche alla sua intuizione e alla sua capacità organizzativa, l'arcipelago verde che nasceva allora - fatto di tante liste e comitati che lottavano per la difesa del proprio territorio, contro le discariche abusive, contro la violenza nei confronti del territorio e del paesaggio - grazie, appunto, alla sua intuizione, insieme a molti altri diede vita alla federazione delle liste Verdi a Finale Ligure nel 1986. Quindi, è stato uno dei fondatori dei Verdi e questa è stata la caratteristica di tutta la sua militanza: militante ecologista e dirigente politico.

È stato un uomo politico colto, ironico. Il suo ecologismo non è mai stato banale o dogmatico.

Oggi, per tutti noi che discutiamo spesso in quest'Aula, la lotta ai cambiamenti climatici, il surriscaldamento globale, l'economia verde, la transizione energetica sembrano, se non scontate, comunque questioni che affrontiamo quotidianamente, ma negli anni Ottanta essere ecologisti era quasi una rarità. Avere l'intuizione dell'ecologia era di pochi, di coloro che avevano iniziato a combattere sul proprio territorio per difendere la propria città e le proprie Regioni dall'assalto del cemento, di coloro che pensavano che la chiave ecologista fosse la possibilità di trasformare questo Paese.

Abbiamo avuto vittorie insieme e abbiamo avuto anche tante sconfitte. So che lui ha guardato anche all'evoluzione della cultura ecologista, sempre con interesse in questi anni, dando il supporto come meglio poteva. È stato, quindi, importante, per la federazione e per il partito dei Verdi, il suo lavoro e il suo impegno in tanti anni. Egli era molto legato all'idea di organizzazione dal basso. Ci siamo spesso confrontati in discussioni sullo statuto, perché era ossessionato dall'idea di una partecipazione dal basso, di liste dal basso, di un'idea anche federata della soggettività politica verde.

La sua scomparsa ci ha lasciato veramente sgomenti e noi vogliamo essere vicini ai suoi cari, alle persone che gli sono state più vicine in questi anni, che non sono stati né facili e né semplici.

Gli otto anni che ha passato in quest'Aula, nelle Commissioni, hanno lasciato un segno, perché era un politico colto, intelligente e ironico. Egli ha saputo, in tutti questi anni, costruire ponti e trasversalità, perché il suo ecologismo ha sempre puntato a ottenere degli obiettivi immediati, per il bene di questo Paese e per gli obiettivi che ci eravamo posti in tutti questi anni.

Lo ricordiamo, quindi, con rimpianto e lo ricordiamo con dolore. Voglio soltanto dire, ancora una volta: grazie, Maurizio, per tutti gli anni che ci hai dato. Addio, e che la terra ti sia lieve. (Applausi).

VERDUCCI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VERDUCCI (PD). Signor Presidente, le ho chiesto la parola avendo ascoltato adesso le parole della senatrice De Petris in ricordo di Maurizio Pieroni.

Io ho saputo, in realtà, solamente poche ore fa della sua scomparsa e voglio unirmi alle parole della senatrice De Petris nel suo ricordo, che penso doveroso, in quest'Aula. Voglio farlo da marchigiano, come egli fu, e da democratico, come in qualche modo egli fu, da precursore delle battaglie ecologiste e ambientaliste, che oggi sono tanta parte costitutiva della coscienza civile e politica dei democratici in Italia, in Europa e in tutto il mondo.

Pieroni fu un precursore, negli anni Ottanta, quando questo impegno civile legato ai temi dell'ambientalismo stava crescendo impetuosamente, intanto, nelle coscienze e, poi, prendendo forma politica in tante parti d'Europa e anche in Italia, con la costituzione della Federazione dei Verdi. Prese poi forma politica nell'Ulivo - lo voglio ricordare - di cui Pieroni fu parlamentare.

Sono state ricordate le sue battaglie a livello nazionale in Parlamento e le sue battaglie di società civile nelle Marche, nella sua Senigallia, che oggi lo ricorda, in una giornata che sarà per Senigallia, per le Marche e senz'altro per il nostro Parlamento di lutto e di cordoglio, come una personalità che certamente è stata innovativa e capace di portare alla nostra cultura politica un valore aggiunto.

Se ci sono oggi migliaia di ragazzi in tutto il mondo che reclamano un futuro diverso, un mondo diverso, a partire da uno sviluppo sostenibile e dal rispetto della compatibilità ambientale, che reclamano di poter consegnare alle nuove generazioni il mondo, il nostro patrimonio ambientale e paesaggistico, così come è stato a noi consegnato, lo dobbiamo anche a figure e a personalità come quella di Maurizio Pieroni, che anch'io voglio ricordare. (Applausi).

BRESSA (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRESSA (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, nell'associarmi a quanto detto dalla senatrice De Petris e dal senatore Verducci, voglio anch'io ricordare il senatore Pieroni, per la sua straordinaria, intelligente e competente attività nel momento in cui è nata una delle esperienze politiche più significative di questi ultimi anni, l'Ulivo. La sua intelligenza, la sua ironia, la sua capacità di trasformare le idee in fatti politici ci mancheranno molto. (Applausi).

PRESIDENTE. Mi unisco al cordoglio espresso dalla senatrice De Petris e dai senatori Verducci e Bressa per la scomparsa del senatore Pieroni e invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio. (Il Presidente e l'Assemblea si levano in piedi e osservano un minuto di silenzio. Applausi).

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. Colleghi, la Conferenza dei Capigruppo, riunitasi ieri, ha approvato il calendario dei lavori fino a giovedì 30 luglio.

Nella giornata di oggi si svolgerà la discussione delle mozioni sull'occupazione giovanile e sulla tutela del patrimonio artistico nazionale.

Alle ore 12 il Presidente del Consiglio dei ministri renderà un'informativa sugli esiti del Consiglio europeo. I Gruppi potranno intervenire per quindici minuti, divisibili per due interventi. È prevista la trasmissione diretta televisiva.

Al termine dell'informativa, la seduta sarà sospesa e riprenderà alle ore 16,30 per concludere la discussione delle mozioni.

Domani, alle ore 15, avrà luogo il question time, con la presenza dei Ministri degli affari esteri, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'innovazione tecnologica.

Il calendario della prossima settimana prevede, nella giornata di mercoledì 29 luglio, la discussione congiunta del programma nazionale di riforma 2020 e della relazione sullo scostamento dall'obiettivo programmatico strutturale. I tempi di discussione sono stati ripartiti per un totale di sette ore, escluse le dichiarazioni di voto.

Si ricorda che per l'approvazione della risoluzione sul cosiddetto scostamento è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti del Senato.

Giovedì 30 luglio sarà discussa la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari di non concedere l'autorizzazione a procedere per reati ministeriali nei confronti del ministro pro tempore Salvini. Per l'approvazione della proposta, è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti del Senato. Dopo l'effettuazione della votazione nominale con scrutinio simultaneo, non si procederà alla proclamazione immediata del risultato. I senatori che non hanno partecipato allo scrutinio potranno comunicare il proprio voto ai senatori Segretari, che ne terranno nota in appositi verbali fino alla chiusura delle operazioni di voto, alle ore 18.

Sempre giovedì 30 luglio, alle ore 15, avrà luogo il question time.

Le Commissioni permanenti sono convocate per il rinnovo, ai sensi dell'articolo 21, comma 7, del Regolamento, mercoledì 29 luglio nei seguenti orari: Commissioni 1a, 3 a, 5a, 7 a, 9 a, 11 a e 13 a alle ore 19; Commissioni 2 a, 4 a, 6 a, 8 a, 10a, 12 a e 14 a alle ore 20,30.

Calendario dei lavori dell'Assemblea
Discussione e reiezione di proposte di modifica

PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, riunitasi il 21 luglio 2020, con la presenza dei Vice Presidenti del Senato e con l'intervento del rappresentante del Governo, ha adottato - ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento - il calendario dei lavori dell'Assemblea fino al 30 luglio:

Mercoledì

22

luglio

h. 9,30

- Discussione di mozioni su:

- occupazione giovanile

- tutela del patrimonio artistico nazionale

-

- Informativa del Presidente del Consiglio dei ministri sugli esiti del Consiglio europeo (ore 12)

Giovedì

23

luglio

h. 15

- Interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento

Mercoledì

29

luglio

h. 9,30

- Discussione congiunta:

Doc. LVII, n. 3, III sezione - Programma nazionale di riforma 2020

e Relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (voto a maggioranza assoluta dei componenti del Senato) (ove presentata in tempo utile)

Giovedì

30

luglio

h. 9,30

- Doc. IV-bis, n. 3 - Proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari di non concedere l'autorizzazione a procedere per reati ministeriali nei confronti del Ministro pro tempore Salvini (votazione a maggioranza assoluta con procedimento elettronico e urne aperte) *

- Interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento (ore 15)

Le proposte di risoluzione al doc. LVII, n. 3, III sezione (Programma nazionale di riforma 2020) e alla Relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, dovranno essere presentate entro la conclusione della discussione.

Gli emendamenti alla risoluzione accolta dal Governo sul Programma nazionale di riforma 2020 dovranno essere presentati entro trenta minuti dall'espressione del parere.

* Dopo la votazione, le urne rimarranno aperte fino alle ore 18.

Le Commissioni permanenti sono convocate per il loro rinnovo mercoledì 29 luglio nei seguenti orari:

Commissioni 1ª, 3ª, 5ª, 7ª, 9ª, 11ª, 13ª alle ore 19

Commissioni 2ª, 4ª, 6ª, 8ª, 10ª, 12ª, 14ª alle ore 20,30.

Ripartizione dei tempi per la discussione del Doc. LVII, n. 3, III sezione
(Programma nazionale di riforma 2020)
e Relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 6
della legge 24 dicembre 2012, n. 243

(7 ore, escluse dichiarazioni di voto)

Relatore

40'

Governo

40'

Votazioni

40'

Gruppi 5 ore, di cui:

M5S

1 h

4'

L-SP-PSd'Az

49'

FI-BP

47'

PD

35'

Misto

29'

IV-PSI

27'

FdI

27'

Aut (SVP-PATT, UV)

23'

Dissenzienti

5'

ROMEO (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROMEO (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, non farò alcuna obiezione particolare sulla questione del calendario, salvo una proposta alternativa, relativa a quanto abbiamo già chiesto ieri durante la Conferenza dei Capigruppo: poiché la prossima settimana ce ne sarebbe lo spazio, non essendo prevista seduta di Assemblea nella giornata di martedì, abbiamo chiesto la possibilità di portare in Aula alcuni disegni di legge che sono già usciti dalle rispettive Commissioni.

Il primo provvedimento riguarda la famosa questione dei Comuni di Sassofeltrio e Montecopiolo e un po' mi vergogno anche a fare una proposta di questo tipo e dovremmo vergognarci tutti perché è da un anno che è stato licenziato dalla Commissione e l'Assemblea non è ancora stata in grado di esaminarlo. (Applausi). E poi stiamo qua a dire che non c'è lo spazio d'iniziativa legislativa e si fanno solo i decreti, perché c'è l'emergenza. Va bene.

C'è poi il provvedimento relativo alla destinazione del 5 per mille alla Guardia di finanza, alla Polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco (Atto Senato 1443), anch'esso licenziato dalla Commissione il 19 giugno.

Vi è poi un altro provvedimento, l'Atto Senato 1686, che riguarda l'istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime di errori giudiziari, anch'esso licenziato dalla Commissione.

Adesso non mi metto a chiedere la calendarizzazione di tutti e tre, perché capisco che sia difficile pensare che nella giornata di martedì, che è libera, si possano esaminare tutti, però almeno quello relativo all'istituzione della giornata nazionale in memoria delle vittime degli errori giudiziari, a nostro giudizio, potrebbe essere messo in calendario nella giornata di martedì prossimo, con inizio dei lavori alle ore 16,30. Questa è la nostra proposta, senza particolari polemiche o questioni politiche.

Ricordiamo, come abbiamo detto in Conferenza dei Capigruppo su stimolo arrivato dai colleghi di Forza Italia e di Fratelli d'Italia, che, visto che la settimana prossima andremo a votare lo scostamento di bilancio e visto che ci viene sempre rimproverato il fatto che noi non vogliamo fare alcun tipo di collaborazione con il Governo, prima di presentare un nuovo scostamento che, secondo quanto si legge sui giornali, sarà di circa 20-25 miliardi, sarebbe stato corretto un confronto politico tra maggioranza e opposizione, quantomeno per capire come il Governo e la maggioranza intendono investire tali somme e soprattutto a cosa servono (Applausi). Solo se c'è questa collaborazione, questo confronto, quantomeno si può ragionare; invece si dice - sempre a parole - che si vuole la collaborazione dell'opposizione, ma poi, nei fatti, purtroppo notiamo, come abbiamo visto anche ieri dalla Conferenza dei Capigruppo, che in realtà il Governo fa praticamente di testa propria e non è assolutamente interessato a cosa pensa l'opposizione. Era giusto dirlo per dovere di cronaca, ma la proposta di modifica del calendario dei lavori è che martedì prossimo alle ore 16,30 si discuta il provvedimento relativo all'istituzione della Giornata nazionale dedicata alle vittime degli errori giudiziari (Applausi).

MALAN (FIBP-UDC). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAN (FIBP-UDC). Signor Presidente, condivido le proposte di modifica del calendario formulate dal presidente Romeo e le sosterremo. Riallacciandomi all'ultima parte del suo intervento, ricordo di avere proposto formalmente nella Conferenza dei Capigruppo di ieri che, prima dell'esame dello scostamento di bilancio, ci fosse una sessione in cui il Governo, in particolare il Presidente del Consiglio, reduce dal vertice europeo, ce ne spieghi le linee, non soltanto in riferimento all'uso delle risorse derivanti dall'ulteriore scostamento che ci sarà, ma anche a proposito di ciò di cui ci riferirà fra poco, cioè di questi fondi europei a vario titolo. Questo perché è un passaggio importantissimo; egli stesso e la maggioranza hanno sostenuto che siamo in un momento fondamentale e importantissimo per il nostro futuro, consideriamo quindi opportuno avere dal Governo indirizzi e delle indicazioni chiare.

Pertanto, la proposta del Gruppo Forza Italia è che, prima dell'esame della proposta di scostamento dal pareggio di bilancio, si svolgano le comunicazioni del Presidente del Consiglio, durante le quali naturalmente si potranno presentare delle proposte di risoluzione, a proposito degli indirizzi della politica economica del Governo. Dunque, se viene mantenuto il voto sullo scostamento mercoledì, proponiamo che queste comunicazioni siano rese martedì mattina, prima dei punti richiesti dal presidente Romeo, oppure che si faccia mercoledì e poi si sposti l'esame dello scostamento di bilancio. (Applausi).

PERILLI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERILLI (M5S). Signor Presidente, intervengo giusto per lasciare anche una voce da parte della maggioranza rispetto alle dichiarazioni dei senatori Romeo e Malan che mi hanno preceduto.

Il calendario dei lavori della prossima settimana (abbiamo stabilito anche quello di questa settimana) è abbastanza denso. Il senatore Romeo ha proposto l'esame da parte dell'Assemblea di alcuni disegni di legge, tra i quali anche quello sull'istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime di errori giudiziari. Senatore Romeo, io ho presentato una richiesta anche per altri disegni di legge, ma soprattutto per velocizzare i lavori della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari.

Prima di parlare degli errori giudiziari, lasciamo - e consentiamo - che anche la giustizia faccia il suo corso, esaminando le richieste che giacciono presso la Giunta delle autorizzazioni. (Applausi).

Per quanto riguarda, invece, i disegni di legge, c'è ad esempio, sempre in tema di giustizia, la questione della lite temeraria ed è pronto anche un disegno di legge di iniziativa dell'opposizione sulla questione della diffamazione che attende di essere esaminato.

È stato fatto un ragionamento complessivo, per cui alcuni disegni di legge, benché pronti in Commissione, non sono ancora stati destinati all'esame dell'Assemblea, perché il calendario è comunque ricco.

Il tema dello scostamento è molto importante. C'è il tema del decreto semplificazioni su cui le Commissioni stanno lavorando. Il senatore Malan chiede che il presidente Conte venga in Senato anche la prossima settimana. Noi lo possiamo interrogare tutti i giorni, se vogliamo, ma mi sembra ciò abbastanza eccessivo, visto che tra l'altro il Presidente verrà oggi - correttamente, a nostro avviso - a riferire sull'esito di quello che, anche se a molti darà fastidio, è un successo per tutto il Paese, e ne parleremo. (Applausi). Questo però non vi basta e chiedete che riferisca non solo su quanto è successo ma anche, la prossima settimana, su quello che farà con i fondi che verranno distribuiti. Mi sembra eccessivo. La strumentalizzazione anche rispetto ad un programma che ci siamo dati - l'ha riconosciuto anche il senatore Romeo - all'unanimità, se non fosse per la questione del disegno di legge che ha chiesto di calendarizzare, è abbastanza fuori luogo.

Dico questo, Presidente, per lasciare traccia di quanto è avvenuto nella Conferenza dei Capigruppo rispetto al calendario. Non c'è stata alcuna prevaricazione nei confronti dell'opposizione. (Applausi).

CIRIANI (FdI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIRIANI (FdI). Signor Presidente, naturalmente ho partecipato alla Conferenza dei Capigruppo e ho ascoltato le rimostranze del senatore Romeo.

Noi abbiamo chiesto di avere un tempo sufficiente per poter affrontare la questione del senatore Salvini. Un'accelerazione dei tempi - secondo noi - era inopportuna oltre che sconveniente dal punto di vista politico, perché si tratta comunque di discutere di una questione molto delicata che riguarda l'attività politica e la libertà di espressione, di pensiero e di azione di un Ministro della Repubblica, che richiede più tempo non per essere rinviata all'infinito, ma per essere esaminata.

Ribadisco anche qui in Aula quello che ho detto nella Conferenza dei Capigruppo riguardo allo scostamento di bilancio. Il ministro D'Incà ieri ha riferito - cosa che peraltro avevamo anche letto sui giornali - che il Governo ha intenzione di proporre uno scostamento quantificabile in un punto di PIL o forse qualcosa di più, equivalente a 15-20 miliardi di euro. Noi, Presidente, colleghi, abbiamo sempre votato gli scostamenti; sappiamo che hanno bisogno di una maggioranza qualificata; abbiamo garantito il nostro voto, che è stato determinante in passato; abbiamo votato a scatola chiusa, affidando poi al Governo il compito di distribuire le risorse. Il bilancio di questo atto di fiducia è per noi estremamente negativo.

Quindi, questa volta chiediamo semplicemente al Governo e alla maggioranza di dirci prima come intenda utilizzare i 15-20 miliardi di scostamento che il Senato e la Camera dei Deputati dovranno votare da qui a pochi giorni. Non ci pare una richiesta strana, stravagante o lunare. Ci pare una richiesta di responsabilità, di condivisione delle responsabilità in un momento drammatico per la vita del Paese. Spesso il Presidente del Consiglio ci ha accusati di non voler dialogare con lui. Noi ribaltiamo questa logica: gli offriamo la possibilità di dialogare sullo scostamento, sulle cifre ipotizzate. Vogliamo semplicemente conoscere almeno le macrovoci su cui il Governo intende agire per spendere i 20 miliardi o quanti saranno, che faranno ballare alla fine lo scostamento complessivo rispetto ai piani al Governo per circa 100 miliardi di euro.

Il nostro, quindi, è un atto politico. Le risposte non possono essere di ordine regolamentare, come abbiamo sentito ieri dal Ministro, e ci aspettiamo una risposta politica. Poiché intelligenti pauca, attendiamo dal Governo, della maggioranza, da un Ministro, una risposta su questa richiesta semplice, chiara e trasparente. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di modifica del calendario dei lavori dell'Assemblea, presentata dal senatore Romeo, volta ad inserire, martedì della prossima settimana, l'esame di alcuni disegni di legge, in particolare di quello sull'istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime di errori giudiziari.

Non è approvata.

È stata richiesta la controprova. Ordino la chiusura delle porte, anche di quelle delle tribune. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

Non è approvata.

Metto ai voti la proposta di modifica del calendario dei lavori dell'Assemblea, presentata dai senatori Malan, Romeo e Ciriani, volta ad inserire, prima della discussione della relazione sullo scostamento dell'obiettivo programmatico strutturale, le comunicazioni del Governo sulle politiche economiche e sull'utilizzo dei fondi che verranno distribuiti.

Non è approvata.

È stata richiesta la controprova. Ordino la chiusura delle porte, anche di quelle delle tribune. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

Non è approvata.

Discussione delle mozioni nn. 254 (testo 2), 260, 268 e 273 sull'occupazione giovanile (ore 10,13)

Approvazione delle mozioni nn. 254 (testo 3) e 260 (testo 2) e delle premesse e dei punti 1), 2), 3), 4), 5), 6), 7), 8), 11) e 12) della mozione n. 273 (testo 2). Reiezione della mozione n. 268 e dei punti 9) e 10) della mozione n. 273 (testo 2)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni 1-00254 (testo 2), presentata dalla senatrice Parente e da altri senatori, 1-00260, presentata dal senatore Ciriani e da altri senatori, 1-00268, presentata dalla senatrice Nisini e da altri senatori, e 1-00273, presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori, sull'occupazione giovanile.

Ha facoltà di parlare la senatrice Parente per illustrare la mozione n. 254 (testo 2).

PARENTE (IV-PSI). Signor Presidente, questa mattina dobbiamo approcciare la discussione delle mozioni sull'occupazione giovanile con una premessa: il lavoro dei giovani è il nostro presente, non occorre aspettare il futuro. E dobbiamo altresì metterla in situazione, e cioè il giorno successivo l'Accordo di Bruxelles, che rappresenta un risultato molto importante per l'Italia e per l'Europa intera.

In un momento di grave crisi sanitaria ed economica, l'Europa dimostra, pur nelle differenze che abbiamo seguito negli ultimi giorni, il suo volto solidaristico di sostegno e di aiuto alla crisi più nera dal Dopoguerra ad oggi, lasciando anche intravedere un embrione di bilancio federale dell'Unione. E, quando si appostano delle risorse, si fa politica.

Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 10,15)

(Segue PARENTE). Quindi, arriveranno molte risorse. Preoccupiamoci non dei vincoli e dei controlli - credo che anche il confronto tra maggioranza e opposizione in questo Parlamento in Italia debba andare in tale direzione - ma concentriamoci sulle opportunità che le risorse portano con sé. Il nostro sistema Paese tutto deve dimostrare, in primis a se stesso, ai suoi concittadini e poi alla Comunità europea, che intende risollevarsi, ponendo al centro crescita, istruzione, sanità e lavoro.

Eh già, il lavoro: è nel quadro del post Accordo di Bruxelles che vanno ricentrate le nostre politiche, per prendere linfa in un rinnovato percorso europeo. La comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio «Sostegno all'occupazione giovanile - Un ponte verso il lavoro per la prossima generazione» del 1° luglio 2020 è stata anticipatrice dell'Accordo di questi giorni.

Ma per stabilire le nostre politiche bene, presto e senza contraddizioni, il lavoro dei giovani va inserito in un orizzonte di senso. Se il lavoro è una parte preponderante della vita umana, un nostro tratto identitario che ci definisce come persone, questa condizione antropologica è ancora più veritiera per i giovani, che devono costruire il proprio futuro nella consapevolezza che il lavoro cambia la realtà, crea nuove idee, produce e trasforma le persone. Il lavoro è relazione degli altri con gli altri, è servizio, ha un impatto sociale, cambia il mondo, lo cambia da dentro e, se viene fatto bene, lo cambia in meglio. Per questo noi diciamo: lavoro e meno sussidi.

Per l'amore dell'Italia e dei nostri figli, proponiamo di impegnarci su dodici priorità. La prima consiste nel realizzare un grande piano industriale di investimenti sul digitale e sulla transizione verso l'economia verde. Accanto a questo piano dobbiamo mettere un piano per la formazione, l'orientamento e la valorizzazione delle competenze dei giovani e l'occupazione giovanile. Il Governo e il Sottosegretario qui presente sanno che dobbiamo fare questo piano, altrimenti non ci prendiamo cura e non usiamo le risorse dell'Unione europea.

Il secondo punto, su cui il Governo sta già lavorando, consiste nell'avere una disciplina più organica del sistema duale tra formazione e lavoro. Il terzo punto, che mi sta particolarmente a cuore, consiste nell'istituire un piano per l'integrazione del digitale come insegnamento nelle scuole, perché dobbiamo avere la capacità di intercettare una nuova forma mentis delle generazioni e dare loro gli strumenti e la capacità di discernimento per un mondo nuovo. Per quanto riguarda la questione dell'università - torneremo su questi elementi - quest'anno perderemo probabilmente molte immatricolazioni, perché ci sono famiglie che non ce la fanno a pagare le rette. Dobbiamo quindi avere un piano molto concreto - più di quello che stiamo facendo - sul diritto allo studio e la riduzione delle tasse universitarie.

Dobbiamo incrementare gli istituti tecnici superiori (ITS), ma non basta; allo stesso tempo dobbiamo prevedere anche piani per la formazione, con esperienza di enti formativi che realizzano percorsi professionalizzanti brevi (vocational master). Ci sono delle esperienze su questo punto, in diretta connessione con le aziende. Pensiamo a quanti profili occorrono: manutentori di impianti eolici e fotovoltaici, programmatori per lo sviluppo di software e di app, analisti di dati, operatori e infermieri 4.0. A noi servono queste competenze nell'incrocio con le imprese. Chiediamo poi di rafforzare gli ammortizzatori sociali espansivi. Il Governo ha annunciato una riforma, dal momento che non possiamo andare avanti con la cassa integrazione così come l'abbiamo conosciuta. Gli ammortizzatori sociali devono avere in sé tre questioni: accompagnamento alla pensione, piano di formazione e ricambio generazionale.

Si impegna poi il Governo a valutare l'opportunità di rendere obbligatorio il servizio civile: durante l'emergenza Covid abbiamo capito che abbiamo bisogno di solidarietà e di coesione sociale. I nostri giovani devono essere educati e devono avere la possibilità di impegnarsi in operazioni di servizio civile.

Occorre altresì prevedere un investimento sui giovani professionisti: non dobbiamo consentire che anche i giovani professionisti vadano all'estero perché magari qui in Italia hanno problemi retributivi e di sfruttamento. I giovani professionisti devono essere sostenuti e aiutati.

C'è poi da rafforzare quanto il Governo sta già facendo per definire una normativa organica a tutela delle nuove tipologie di lavoro, una sorta di statuto dei diritti comuni dei nuovi lavori. Al contempo, c'è da predisporre un progetto per l'imprenditorialità giovanile, compresa l'imprenditorialità sociale: ci sono in giro tantissime esperienze e la politica deve sostenerle.

Infine, negli ultimi due punti del dispositivo, c'è l'impegno al Governo per agevolare il percorso parlamentare per una legge sulla parità salariale, perché l'energia delle donne deve essere assolutamente valorizzata: non possiamo permetterci di perderla a causa del notevole divario salariale esistente in Italia. Ancora, si impegna l'Esecutivo a introdurre specifiche misure per il sostegno dei giovani nell'ambito della ricerca: dinanzi alla grande fuga di cervelli che abbiamo, dobbiamo fare un piano strategico per i giovani ricercatori.

Chiudo dicendo che ieri sera rileggevo alcune parole di Tina Anselmi, la quale affermava che nei momenti particolari il Parlamento, negli anni precedenti ai nostri, ha avuto il coraggio di fermare gli orologi per addivenire a soluzioni, come nel caso della legge sulla maternità. Noi pensiamo che con queste mozioni prossimamente noi dovremo fermare gli orologi delle istituzioni per il bene del Paese, per un sistema economico e sociale giusto, che metta al centro il lavoro dei giovani. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la senatrice Garnero Santanche' per illustrare la mozione n. 260.

GARNERO SANTANCHE' (FdI). Signor Presidente, la Carta costituzionale riconosce il lavoro come principio fondamentale della Repubblica italiana; in particolare, attraverso la promozione del lavoro, diritto e dovere, si realizza la democrazia sostanziale, fondata su un'idea di eguaglianza e di libertà. Nella visione dei Padri costituenti, una persona che non ha lavoro non solo non può aspirare a una vita degna per sé, ma priva del suo contributo sociale, che arricchisce materialmente e spiritualmente tutta la comunità.

La Repubblica non è neutrale rispetto alle dinamiche socio-economiche, ma riconosce e promuove i diritti di chi lavora ad un compenso adeguato, all'assistenza sociale e alla previdenza sociale.

Sappiamo tutti che la grande crisi dell'epidemia del Covid-19 ha creato un enorme buco nell'economia italiana. Secondo le previsioni che conosciamo tutti, abbiamo un calo complessivo previsto del 9,5 per cento nel corrente anno, e questo è il peggior risultato dalla Seconda guerra mondiale.

Un primo effetto della pandemia - come abbiamo visto - si ripercuote sui numeri del lavoro, che hanno cominciato a peggiorare in maniera forte già da marzo, in una spirale che non vediamo accennare ad arrestarsi.

Se andiamo ad analizzare, tra i lavoratori che sono tornati a lavorare poco meno dell'80 per cento è costituito da dipendenti, ma quello che ci preoccupa è che pochissimi sono giovani under 30. Se andiamo ad analizzare il target degli anni, vediamo che il 60 per cento di chi rientra ha un'età compresa fra i quaranta e i sessanta anni, una platea di circa 2,5 milioni di persone, mentre gli under 30 sono appena 570.000.

Questo riflette il dato generale dell'occupazione giovanile - che come sappiamo tutti - in Italia era già molto basso, a prescindere dallo scoppio dell'epidemia, se si considera che, a fine del 2019, lavorava appena il 39 per cento dei nostri ragazzi under 30, mentre tra le persone di età compresa tra i quarantacinque e i cinquantaquattro anni il tasso di occupazione raggiungeva il 74 per cento.

Questo dato la dice lunga sulla situazione dei nostri giovani e non apro qui la discussione riguardante il fatto che molti ragazzi lasciano l'Italia perché non hanno più possibilità di vita, né speranza.

In questo caso è per i giovani molto difficile tornare a lavorare, perché occupati in quei settori che sono stati particolarmente colpiti non soltanto dalla crisi economica, ma anche dalla pandemia e dal conseguente blocco di molte attività. Pensiamo al turismo, settore di cui conosciamo bene la situazione e nel quale erano impiegati molti ragazzi che lavoravano nei ristoranti, negli alberghi e nell'intrattenimento.

Anche se pensiamo al futuro, le previsioni non sono certo confortanti se si pensa, una volta finito il blocco dei licenziamenti, a quante persone potranno essere licenziate. Si ritiene pertanto non soltanto necessario, ma doveroso tutelare l'occupazione giovanile e al contempo incentivare le imprese a proseguire la propria attività produttiva, mantenendo intatta la forza lavoro impiegata. Dobbiamo premiare in particolare tutte quelle aziende virtuose che decidono di non ricorrere agli ammortizzatori sociali e mantengono perlopiù intatta la loro forza lavoro. Infatti, va molto bene la cassa integrazione, ma dobbiamo pensare anche a delle azioni premianti per quegli imprenditori che ancora oggi, nonostante la situazione drammatica, hanno il coraggio di mantenere intatta la propria forza lavoro.

Noi chiediamo, pertanto, che il Governo si impegni ad adottare misure volte a consentire la ripresa dell'attività produttiva delle imprese, mantenendo intatta la forza lavoro e avendo particolare attenzione per quella giovanile - come abbiamo detto in premessa, è quella maggiormente a rischio - nonché a prevedere iniziative normative volte alla riduzione del carico fiscale sui datori di lavoro che abbiano scelto o scelgano di non ricorrere alla cassa integrazione guadagni o all'assegno ordinario nella misura dell'80 per cento del trattamento di integrazione salariale, che lo Stato avrebbe invece corrisposto complessivamente ai dipendenti dell'impresa beneficiaria nel caso in cui quest'ultima avesse fatto ricorso generalizzato agli ammortizzatori sociali.

Presidenza del vice presidente TAVERNA (ore 10,29)

(Segue GARNERO SANTANCHÈ). Chiediamo inoltre di prevedere proposte di sgravi contributivi a favore dei datori di lavoro privati che, dal 1° gennaio di quest'anno fino al 31 dicembre 2021, mantengano almeno l'80 per cento del livello occupazionale dei giovani lavoratori in forza alla data del 1° febbraio 2020. Proponiamo un incentivo sotto forma di esonero, pari al 40 per cento del versamento dei contributi previdenziali a loro carico, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'Inail, per un periodo massimo di dodici mesi. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore De Vecchis per illustrare la mozione n. 268.

DE VECCHIS (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, vorrei portare all'attenzione di quest'Assemblea alcuni dati.

L'Istat riporta che, dal 2009 al 2018, 320.000 giovani di età compresa tra i venti e i trentaquattro anni hanno lasciato il nostro Paese proprio per le difficoltà legate al tema del lavoro. La fondazione Leone Moressa precisa che in dieci anni ad aver lasciato la nostra Nazione sono stati 500.000 italiani, il 50 per cento dei quali di giovane età. Questa emigrazione è costata 16 miliardi di euro, pari all'uno per cento del PIL, quindi una cifra enorme e spaventosa. L'emigrazione è dovuta alla difficoltà occupazionale dei nostri giovani, che in Italia ha una media in negativo del 56 per cento, contro quella media europea pari al 76 per cento. I giovani sono lasciati veramente allo sbando e non lo possiamo più permettere, anche a causa del contraccolpo sofferto dalle casse dell'INPS, nelle quali nessuno versa i contributi.

I percettori di reddito sono coloro che dovrebbero supportati dallo Stato e, invece, sono sopportati in questo momento, perché non hanno sbocco. Secondo i dati ANPAL, solo il 2 per cento di chi si è rivolto ai centri di impiego ha trovato lavoro (percentuale scesa allo 0,1 per cento nel periodo Covid): un fallimento totale.

A tal proposito, dovremmo aprire anche una parentesi sulla gestione dell'ANPAL. Anche Italia Viva ha chiesto le dimissioni del presidente Parisi, che ha fallito in pieno le sue politiche. Quindi anche noi ribadiamo in questa sede che occorre rivedere i gestori dell'ANPAL e chiedo ufficialmente le dimissioni di Parisi, e ho chiesto quelle di Tridico dell'INPS per il fallimento della gestione degli enti che presiedono. INPS e ANPAL hanno fallito. Abbiamo di fronte persone che non hanno davvero capito la questione importante: l'occupazione giovanile.

Inoltre, vorrei parlare - permettetemi un piccolo pensiero - degli invisibili del mondo del lavoro, dimenticati anche nei decreti del Governo in carica, ossia gli stagionali e i precari, la parte fragile del lavoro; persone che si sono trovate in difficoltà economica, sociale e culturale. Gli stagionali si definiscono gli invisibili. A loro va tutta la mia solidarietà e quella della Lega. Troviamo una soluzione: basta precariato e basta con i lavori stagionali; diamo loro un futuro davvero degno.

Anche il fallimento del turnover nella pubblica amministrazione ha dimostrato quanto questo Governo sia frenato. E ciò comporta anche un invecchiamento del mondo del lavoro nella pubblica amministrazione. Non ci sono più i know-how competitivi nei confronti delle altre Nazioni, come il digitale. Tra l'altro, ho avanzato più volte una proposta in Commissione lavoro: riscriviamo lo Statuto dei lavoratori e scriviamo lo statuto del lavoratore digitale. Rivediamo anche le regole dello smart working, poiché non esistono. Tutti sono lasciati a loro stessi: lavorano H24, ma non lavorano per nulla con questo metodo. Bisogna avere il coraggio di riscrivere le regole.

Non mi voglio dilungare, perché tutti conosciamo la situazione dell'occupazione giovanile o, meglio, della disoccupazione giovanile e dell'immigrazione. Noi stiamo sostituendo con un'immigrazione incontrollata e non qualificata i giovani italiani, ma questo non è possibile e non è più tollerabile. Termino pertanto il mio intervento una piccola frase: viva la bella gioventù italiana. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la senatrice Toffanin per illustrare la mozione n. 273.

TOFFANIN (FIBP-UDC). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, mi dispiace che oggi non sia presente in Aula il già presidente della Commissione lavoro ed attuale Ministro del lavoro, poiché il tema che stiamo trattando è davvero molto delicato.

La grave crisi socio-economica che stiamo vivendo ha aggravato ulteriormente quella che è da anni una piaga del nostro Paese e per la quale, già prima dell'emergenza Covid, eravamo agli ultimi posti in Europa: la disoccupazione. Il dato più amaro riguarda la disoccupazione giovanile, che una recente indagine della Commissione europea rileva essere il più alto rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea, tra l'altro con una disparità di genere notevole. In Europa siamo agli ultimi posti per l'occupazione giovanile, ma siamo primi per il numero di Neet, con il 29,7 per cento a fronte di una media europea del 16,6 per cento.

È molto alto e preoccupante il gap tra l'Italia e l'Europa riguardo all'abbandono scolastico: tre punti sopra la media. Nel 2018 sono stati 598.000 i ragazzi che hanno abbandonato precocemente la scuola. Si tratta di numeri che fanno paura per la grave perdita di risorse umane ed economiche, ma soprattutto per il disagio sociale che le centinaia di migliaia di ragazzi che abbandonano la scuola si trovano a vivere.

Ora non c'è più tempo da perdere. Il Covid-19 ha accelerato un processo avviato verso la deflagrazione. Il problema della disoccupazione tra i giovani non può più essere rimandato e va affrontato in tutti i suoi molteplici aspetti, a partire dalla scuola, che deve saper coinvolgere tutti i ragazzi e seguirli in un percorso formativo adeguato non solo alle loro predisposizioni, ma anche alle richieste del mercato del lavoro. La scuola deve saper intercettare le esigenze contemporanee, ma soprattutto le professionalità future.

Il Governo deve investire efficacemente per eliminare il degrado di molte zone del nostro Paese e permettere ai ragazzi di affrancarsi da quelle situazioni socio-culturali che impediscono e impoveriscono il loro percorso scolastico; utilizzare in modo proficuo i fondi europei (l'esistente Fondo sociale europeo e ora anche il recovery fund), perché le risorse messe a disposizione dall'Europa ci sono, ma bisogna essere in grado di intercettarle - purtroppo non è sempre stato così - con progetti e riforme per utilizzarle.

A tal proposito, ci chiediamo che fine ha fatto SURE. È pur vero che si tratta di prestito, ma metterebbe a disposizione 20 miliardi per gli ammortizzatori sociali, con l'obbligo, però, ai lavoratori in cassa integrazione di fare formazione, che è importantissima. (Applausi). Infatti, pure a fronte di una disoccupazione giovanile del 25 per cento, le imprese faticano a reperire personale con competenze specializzate. Occorre prevedere, quindi, a livello scolastico orientamenti e informazioni atti a soddisfare richieste di imprese che ricercano specializzazioni altamente tecnologiche e digitali.

Lo studio realizzato da Unioncamere e dell'Agenzia nazionale politiche attive del lavoro (ANPAL), che elabora le previsioni occupazionali di luglio anche in questo periodo di crisi economica, ha registrato difficoltà di reperimento di operai specializzati e, in particolare, di operai e artigiani nel settore delle costruzioni (fonditori, saldatori, meccanici e montatori) e di tecnici, soprattutto informatici, della sanità e dei rapporti con i mercati. È assurdo: oggi non si riesce a soddisfare circa il 40 per cento delle domande per professioni specializzate, nonostante l'enorme disoccupazione giovanile.

La vera riforma del lavoro passa attraverso la formazione: la scuola deve diventare vera preparazione alle professioni, incrementando i percorsi con le competenze trasversali e per l'orientamento e, quindi, la valutazione dei fabbisogni. Dall'altro lato, occorre impedire la cosiddetta fuga dei cervelli, dettata da molteplici motivi, tra cui la non valorizzazione delle professionalità, la bassa retribuzione, l'alta fiscalità, la difficile ascesa nei livelli professionali. Il percorso universitario deve essere competitivo rispetto agli altri Paesi europei, permettendo anche agli studenti di seguire con una tempistica più snella i praticantati, laddove necessari, durante i corsi di studio; di ottenere agevolazioni a chi frequenta specializzazioni fuori Regione, soprattutto per alcune materie. Anche se nel decreto rilancio è previsto un ulteriore incremento delle risorse destinate a finanziare l'aumento del numero dei contratti di formazione medico-specialistica, questo, però, costituisce un incentivo non sufficiente per trattenere i giovani in Italia, ma solo per cercare di colmare le lacune del Sistema sanitario nazionale. Resta, tuttavia, da risolvere il cosiddetto imbuto formativo, che comporta la permanenza di tanti giovani laureati in situazioni di precariato, inoccupazione o disoccupazione.

Il Governo deve anche intervenire con misure più a breve termine, con provvedimenti che rendano snelle e flessibili le assunzioni. In un momento storico, in cui purtroppo ai datori di lavoro manca la possibilità di eseguire una qualsiasi programmazione, serve l'abolizione delle causali nei contratti a tempo determinato e non quella limitata del decreto rilancio. Questo è anche il motivo per cui serve la reintroduzione dei voucher soprattutto in alcuni settori.

Le politiche attuate per incrementare il lavoro giovanile devono assumere una veste strutturale e organica. Non basta prevedere una decontribuzione per l'assunzione dei giovani under 35 di anno in anno. I provvedimenti devono potersi rinnovare automaticamente ogni anno e devono poter essere applicati anche ai contratti a tempo determinato. Non siamo solo noi a chiederlo; ce l'ha chiesto anche il Consiglio del nazionale dei giovani perché poi, magari, possono essere convertiti in contratti a tempo indeterminato.

Per i giovani imprenditori servono misure a sostegno, l'introduzione di forme di detassazione integrale in favore delle start up innovative, l'esonero per i primi anni di attività delle imposte per l'avvio di nuove imprese da parte degli under 30 e la stipula con appositi provvedimenti di convenzione con gli ordini professionali. Norme certe e continuative: si devono dare le certezze sia alle imprese sia ai lavoratori dipendenti. Non si possono dare regole che vengono continuamente cambiate, pena la perdita di fiducia da parte degli imprenditori italiani e la fuga da parte degli investitori esteri. I giovani più che mai hanno bisogno di certezze per il loro futuro, e, se non le trovano qui, sempre più le cercheranno altrove. È un fenomeno, questo, che deve essere limitato al più presto. Viceversa, il calo della natalità e l'emigrazione all'estero di tantissimi giovani determineranno un gravissimo vuoto professionale e previdenziale.

Il reddito di cittadinanza ha fallito. Le misure assistenzialistiche devono essere sostituite subito con investimenti per il lavoro e a sostegno dei lavoratori e delle lavoratrici che si trovano spesso - troppo spesso - in difficoltà per la conciliazione vita-lavoro.

In un momento storico in cui l'ascensore sociale viene meno, il Governo ha il dovere di impegnarsi in maniera efficace per permettere ai giovani italiani di crearsi un futuro qui e non altrove, con le competenze adeguate, ma anche con una valorizzazione adeguata: un sogno che viene, però, stroncato quando si sentono frasi demolitorie del sistema imprenditoriale da parte di alcuni Sottosegretari, e - peggio - un sogno che si infrange sul nascere con un Ministro dell'istruzione che sta distruggendo il nostro sistema scolastico, perno della crescita non solo personale ma di tutto il Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.

È iscritto a parlare il senatore Carbone. Ne ha facoltà.

CARBONE (IV-PSI). Gentile Presidente, colleghi senatori, il lavoro dei giovani va messo in un orizzonte di senso. Se il lavoro è una parte preponderante della vita umana, un tratto identitario che ci definisce come persone, questa condizione antropologica è ancora più veritiera per i giovani che devono costruire il proprio futuro, nella consapevolezza che il lavoro cambia la realtà, crea nuove idee, produce, trasforma la natura e le persone. Il lavoro è relazione con gli altri, è servizio, ha un impatto sociale; cambia il mondo, lo cambia dal di dentro e, se viene fatto bene, lo cambia in meglio. Il lavoro impronta l'esistenza e, dunque, al centro delle politiche deve esserci il lavoro e non i sussidi e l'assistenzialismo, soprattutto per le giovani generazioni.

L'emergenza sanitaria si è immediatamente trasformata in emergenza economica. Tutti gli indicatori e le previsioni degli osservatori istituzionali dicono che, nonostante la ripresa graduale delle attività economiche, l'Italia e il mondo intero si stanno addentrando in un periodo di recessione economica davvero molto grave e senza precedenti. La pandemia in Europa provocherà un aumento dei disoccupati e, secondo una nota dell'Organizzazione internazionale del lavoro, i giovani sono stati già colpiti in proporzione estremamente più marcata. Dall'inizio della crisi, uno su sei ha smesso di lavorare. Molti giovani, infatti, lavorano in settori particolarmente colpiti, come quelli del turismo, della ristorazione, delle arti, dell'intrattenimento, del commercio all'ingrosso e del commercio al dettaglio, mentre altri stanno cercando di entrare nel mercato del lavoro proprio ora; ora che tali settori non sono più in grado di assumere, in un momento in cui, in generale, le prospettive economiche negative impediscono nuove assunzioni.

I giovani avranno quella che già viene definita quest'anno come un'estate del nulla, in cui non potranno più approfittare della pausa estiva per accumulare esperienza extra universitaria, e non avranno la possibilità di migliorare i curricula per l'ingresso nel mercato del lavoro.

L'emergenza Covid-19 ha spazzato via il tempo della semina e ha portato alla sospensione o alla completa cancellazione di tirocini, eventi e scambi internazionali. Particolarmente colpiti sono stati l'apprendimento basato sul lavoro e gli apprendistati, che sono incentrati sulla formazione e pratica e direttamente collegati al luogo di lavoro.

Con la chiusura delle scuole e dei centri di formazione e l'apprendimento a distanza, l'istruzione e la formazione, che solitamente contribuiscono a correggere le distorsioni della nostra società, hanno potuto fare ben poco per combattere la povertà giovanile e l'esclusione sociale. Già prima della pandemia l'Italia soffriva particolarmente per fenomeni quali un elevato tasso di disoccupati giovanili e un alto numero di NEET (cioè quei giovani che non sono impegnati né nello studio, né nel lavoro, né nella formazione) e di ragazze e di ragazzi sottopagati, al primo impiego e di tanti cervelli in fuga.

In Italia, sono oltre due milioni i NEET, collocati, nella misura del 23 per cento, tra i quindici e i diciannove anni, e il 47 per cento i giovani inattivi, nella fascia compresa tra i venticinque e i ventinove anni; mentre i dati Istat dicono che, nel 2018, sono partiti 117.000 italiani, di cui 30.000 laureati. Quelli partiti, poi, negli ultimi cinque anni, dal 2013 al 2018, sono circa 200.000. Tuttavia, non si può guardare ai giovani come a una categoria debole, ma è necessario mettere nelle loro mani il futuro, con politiche adeguate.

Per fare tutto questo, si devono anzitutto considerare le differenze tra i giovani per politiche mirate, distinguendo tra giovanissimi che sono ancora a scuola, i giovani che devono scegliere percorsi universitari e postuniversitari, i giovani che si affacciano al lavoro per la prima volta, i giovani che non studiano e non lavorano (appunto i NEET) e le giovani lavoratrici con l'esigenza di costruire i propri percorsi lavorativi in rapporto anche alla famiglia.

Valutato che la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato della Regione, recante iniziative a sostegno dell'occupazione giovanile, un ponte verso il lavoro per la prossima generazione del primo luglio 2020 afferma che è il momento che gli Stati membri e le istituzioni europee rivolgono la loro attenzione verso la prossima generazione.

Le azioni che si immaginano sono: rafforzare la garanzia per i giovani e quella relativa all'istruzione e formazione professionale, l'equità sociale e la resilienza insieme a un nuovo impulso agli apprendistati che contribuiranno a creare occupazione giovanile. La Comunicazione presenta inoltre ulteriori misure per il conseguimento di tale obiettivo.

Le proposte della Commissione per la next generation EU e il futuro del bilancio europeo consentiranno finanziamenti significativi a favore dell'occupazione giovanile. Spetta ora agli Stati membri stabilire la priorità di investimento dato che l'occupazione giovanile è principalmente di loro competenza. Da anni l'organizzazione internazionale del lavoro si batte per garantire che tutti gli uomini e tutte le donne abbiano accesso ad un lavoro produttivo e ad un lavoro dignitoso.

Per questi motivi, Italia Viva ha deciso di presentare questa mozione, per chiedere al Governo: di definire e approvare un grande piano industriale di investimenti in digitale e di transizione in economia verde, al quale sia connesso, quale parte essenziale ed integrante, un piano per la formazione e la valorizzazione delle competenze dei giovani e l'occupazione giovanile; di rafforzare l'azione di Governo già in corso al fine di provvedere al riassetto dei vari istituti connessi alla formazione e riqualificazione professionale, con una disciplina di sistema per un vero sistema duale formazione-lavoro, che abbia, nelle principali esperienze europee comparabili, significativi riferimenti culturali e legislativi; di istituire un piano per l'integrazione della cultura digitale quale insegnamento fondamentale presso tutti i cicli di istruzione superiore secondaria, per l'acquisizione, da parte dei giovanissimi, di una forma mentis e di una capacità di discernimento utili per un mondo nuovo; di adottare misure di sostegno per gli studenti universitari e le loro famiglie, promuovendo il diritto allo studio e la riduzione delle tasse, a cominciare dall'immatricolazione.

Si chiede, altresì, di incrementare e rafforzare gli istituti tecnici superiori e di effettuare il contestuale coordinamento dei piani per la formazione, con l'esperienza degli enti formativi, che realizzano nei territori percorsi professionalizzanti brevi, che nascono dal continuo dialogo con le aziende e che consentono di rispondere in tempi rapidi all'esigenza di competenze delle aziende. E, ancora, chiediamo di rafforzare gli ammortizzatori sociali espansivi, che possano tenere insieme accompagnamento alla pensione, ricambio generazionale e piani di formazione; di valutare l'opportunità di rendere obbligatorio il servizio civile; di predisporre uno specifico investimento sui giovani professionisti che scelgono di restare in Italia, con un accesso alle professioni che sia semplice, e di creare misure affinché tale lavoro sia retribuito in modo congruo, evitando forme di sfruttamento; di rafforzare l'azione di Governo già in atto, come dicevamo, al fine di continuare il confronto con le parti sociali, per definire una normativa unitaria, a partire dalla tutela del lavoro sulle piattaforme digitali. Con la mozione chiediamo, infine, di predisporre un grande progetto per l'imprenditoria giovanile, compresa quella sociale, concentrandosi, tra l'altro, su istruzione e formazione all'imprenditoria, servizi di consulenza, mentoring e coaching per i giovani.

Gentile Presidente, rivolgendomi a lei e di riflesso, dunque, al Governo, non posso non ricordare che in questi giorni, fino alla fine del mese, i contribuenti italiani dovranno affrontare l'ingorgo fiscale più grande della storia, che conta 246 scadenze fiscali a carico dei lavoratori autonomi e 115 a carico di commercianti, artigiani e anche degli imprenditori più piccoli. Italia Viva ha chiesto più volte al Governo, anche con l'intervento del presidente del Gruppo Davide Faraone, di prorogare le scadenze fiscali di luglio; senza questo intervento le nostre imprese non saranno in grado di progettare il proprio futuro, né tantomeno quello dei giovani.

Più soldi liquidi, più investimenti si traducono in assunzioni. Non credo sia difficile capirlo: è un'equazione facile. Speriamo che il Governo si ravveda e faciliti la creazione di posti di lavoro, rinunciando a soldi che potrebbe incassare ugualmente a fine anno. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rizzotti. Ne ha facoltà.

RIZZOTTI (FIBP-UDC). Signor Presidente, colleghi, signor Sottosegretario, le mozioni che esaminiamo oggi hanno un valore molto più importante di qualsiasi altro provvedimento: guardano al futuro, vorrebbero impegnare il Governo a evitare gli errori del passato (e anche quelli del presente), per garantire alle nuove generazioni quanto necessario per poter mettere le proprie radici nel nostro Paese.

Le cause del divario generazionale, sappiamo, sono molteplici; tra queste va sicuramente annoverata la persistente difficoltà tra gli under 35 di trovare un lavoro, come testimonia il loro basso tasso di occupazione. Inoltre, quando i giovani lavorano sono spesso sottooccupati o lo fanno part-time anche quando vorrebbero farlo a tempo pieno. A questo si aggiunge la forte precarizzazione del mercato del lavoro italiano, che non si è affatto risolta con il decreto dignità, anzi, direi che si è complicata, e i bassi salari, che penalizzano soprattutto i giovani.

Non si tratta comunque solo di disoccupazione, ma proprio di una mancanza strutturale di opportunità e di una grave carenza nella formazione, come segnalano imprenditori che vorrebbero assumere giovani, ma che non ne trovano formati per il compito che li dovrebbe attendere. Non oso pensare, certamente con il caos del prossimo anno scolastico, come si potrà pensare alla formazione organizzata da un Ministro totalmente incompetente.

In altri Paesi la politica si è già resa conto di questo problema e tende a improntare le politiche economiche e sociali sulle reali necessità dei giovani, visti come una risorsa del loro Paese. Questo comporta maggiore attenzione e risorse per educazione, formazione, ricerca, inserimento nel mercato del lavoro e per le famiglie giovani con bambini.

Quali sono le politiche economiche e sociali che l'Italia potrebbe adottare per far fronte a questo problema? La prima cosa è far ripartire l'economia: senza una maggiore crescita, i redditi delle giovani generazioni e di quelle future sono destinati a stagnare e il presente divario generazionale non potrà essere colmato o tenderà ad aumentare ancora. Le politiche economiche e sociali devono tenere maggiormente presenti le esigenze dei giovani.

L'ultimo rapporto OCSE sull'Italia fornisce dati agghiaccianti e vediamo raccomandazioni molto forti a tale riguardo: in primo luogo, taglio dei contributi sociali a carico delle imprese per i salari medi e bassi, che favorirà occupazione e crescita economica; in secondo luogo, una vera riforma delle politiche attive del lavoro unita a una riforma dell'apprendistato e corsi professionali che facilitino l'inserimento nel mondo del lavoro o in percorsi educativi per i giovani che attualmente sono esclusi dalla società, in quanto non studiano e non lavorano.

Se si pensa che nell'anno scolastico 2018-2019 in Italia circa 220.000 ragazzi - e sottolineo la cifra - non hanno proseguito gli studi, è chiaro come la formazione manifatturiera, che riguarda ad esempio il made in Italy, potrebbe costituire per loro una valida opportunità, dal momento che oltre l'80 per cento dei diplomati troverebbe occupazione al termine degli studi, se ci fossero percorsi formativi professionalizzanti. Penso alle tradizioni tipiche dell'Italia (la falegnameria, la moda e la lavorazione del vetro, del ferro battuto e del cuoio), tutte realtà che meritano di ritrovare la loro valorizzazione anche in virtù del fatto che il nostro Paese non può più permettersi di perdere queste eccellenze, invidiate nel mondo e purtroppo tante volte copiate e vendute in maniera contraffatta.

Riscoprire la bellezza del lavoro manuale non vuol dire abbandonare la tecnologia, ma anzi, rendere più attrattivo il nostro Paese, che ha sempre avuto una vocazione per i settori dell'agricoltura e della manifattura.

Occorre dunque investire nella formazione attraverso riforme che puntino sui programmi scolastici (ahimè, non finiremo mai di ricordarvelo). L'Italia su questo, ma in generale nella scuola investe ancora poco se paragonata agli altri Paesi sviluppati. Non intendiamo certo la formazione in stile navigator assunti per assistere i percettori di reddito di cittadinanza, una follia: chiameremo «Chi l'ha visto?» per avere loro notizie, perché, nonostante i contratti da 27.000 euro l'anno per fare non si sa bene cosa, visto che su più di 1 milione di percettori hanno trovato posto a 25.000 persone, i navigator hanno pure percepito l'indennità da 600 euro per marzo e aprile prevista dall'emergenza coronavirus, anche se hanno continuato a prendere regolarmente lo stipendio, nonostante i centri per l'impiego siano stati chiusi. (Applausi). Vergogna! C'è gente che aspetta ancora la cassa integrazione! Ma voi li sentite? Nella ristorazione non hanno ancora preso la cassa integrazione e a giugno hanno ricevuto quella di marzo; ovunque si sente, anche nelle aziende: basta chiedere in giro e saprete quante persone non l'hanno ancora presa. Affiancate per favore un navigator a Tridico, che tanto, peggio di quello, non può fare!

Nella nostra mozione chiediamo tra l'altro al Governo di risolvere in via strutturare il problema del cosiddetto imbuto formativo, affinché a ciascun laureato in medicina corrisponda un percorso formativo post laurea, per assicurare ai cittadini un'assistenza di qualità e immettere nel sistema un congruo numero di specialisti e medici di medicina generale. Sappiamo infatti che le borse di studio per le scuole di specializzazione, seppur incrementate, non permettono a tutti i laureati in medicina di avere un futuro da specialisti nel nostro Paese. Occorre fare in fretta, prima di perdere ulteriore capitale umano formato. Anche se nel 2020 potrebbero arrivare a 13.000, viste le 4.200 in più del decreto rilancio, le borse di specializzazione non bastano, perché, dopo il decreto ministeriale che permette l'abilitazione, i medici saranno molti di più, quindi i posti non bastano per questi primi due anni.

Bisogna dare un aiuto concreto alle mamme e alle donne attraverso l'incremento del welfare aziendale, come fanno ad esempio tante aziende private dalle quali il pubblico potrebbe prendere esempio. Parliamo tanto di carenza di natalità nel nostro Paese, ma non facciamo niente di concreto: qualche parola c'è stata.

Ora, i campanelli d'allarme sono ormai campane che non smettono di suonare e il tempo di fare cose serie è già scaduto, come scadono anche le scatolette di tonno, nonostante purtroppo abbiano una lunga conservazione. È come la voglia degli italiani di sentirsi ripetere ogni giorno che presto tutto cambierà e che questo Governo andrà a casa.

Il lavoro e i nostri giovani hanno la priorità. Non sprecate anche questa grande occasione in cui Forza Italia vi concede - con una parola che credo piaccia a questo Governo - l'utilizzo delle proprie idee. Ad esempio, visto che la prossima settimana voteremo lo scostamento di bilancio, noi vorremmo sapere come saranno utilizzati questi soldi, perché è vero che si dovranno comprare i banchi ergonomici - o forse faremo anche i banchi monopattino, non lo so - ma magari non sarebbe male presentare un piano d'investimento, visto che passerà solo se lo votiamo noi (Applausi).

Noi abbiamo a cuore l'Italia. Non accogliendo queste proposte, voi andrete ancora una volta contro la volontà di questo Paese e della maggioranza dei cittadini che vogliono, prima di tutto, lavorare e vivere serenamente. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Pizzol. Ne ha facoltà.

PIZZOL (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, rappresentante del Governo, oggi l'Assemblea del Senato è chiamata a esaminare alcuni atti di indirizzo verso il Governo, alcuni dei quali si soffermano su un tema scarsamente considerato dall'attuale maggioranza: l'occupazione giovanile.

Nonostante tutti i Governi si impegnino (ma a parole) per risolvere il grave problema degli alti tassi di disoccupazione che caratterizzano il mercato del lavoro soprattutto per i più giovani, all'atto pratico si fa veramente poco. Come ha avuto modo di evidenziare il collega De Vecchis, l'Istat ci segnala che tra il 2009 e il 2018 circa 320.000 giovani di età compresa tra i venti e i trentaquattro anni hanno lasciato il nostro Paese, non per una scelta di vita magari legata a fattori familiari o affettivi, ma proprio perché questi ragazzi non hanno la possibilità di trovare un impiego che valorizzi gli studi fatti, che gratifichi l'impegno che mettono nella loro attività professionale, che consenta di avere un reddito sufficiente per vivere in modo dignitoso senza dipendere dai genitori.

I giovani fuggono e l'Italia non perde solo delle persone, ma anche delle risorse che potrebbe valorizzare. Si parla in proposito di un costo di circa 16 miliardi di euro, oltre un punto percentuale di PIL, un tesoro che i nostri giovani finiscono di riversare su altri Paesi più lungimiranti del nostro.

Cosa fa il nostro Paese per i giovani? Si limita purtroppo all'assistenzialismo, umiliando i nostri ragazzi ricchi di risorse, che hanno conseguito titoli di studio importanti, con grandi sacrifici da parte delle famiglie, e non chiedono un sussidio: vogliono lavorare, produrre, far crescere il Paese, migliorarlo, arricchirlo.

Sappiamo che il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, ha istituito il reddito di cittadinanza quale misura di politica attiva del lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza, all'esclusione sociale. L'obiettivo del legislatore era nobile: garantire un reddito ai non abbienti, ma creando al contempo i presupposti affinché questo reddito fosse impiegato per consentire agli interessati di trovare un lavoro. Il MoVimento 5 Stelle, il principale sostenitore di questo istituto, dichiarava a gran voce che doveva figurare non tanto come strumento di politica assistenziale, quanto piuttosto come strumento di politica attiva del lavoro. Ricordiamo che l'attuale ministro del lavoro e delle politiche sociali Catalfo lo scorso anno era relatrice del provvedimento in Senato per la conversione in legge del decreto-legge e che aveva dichiarato espressamente nella seduta del 25 febbraio 2019 che il reddito di cittadinanza era una misura proattiva collegata all'inserimento nel contesto sociale e lavorativo del cittadino.

Infatti, l'erogazione del reddito è condizionata alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, nonché all'adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento, all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale, che prevede attività di servizio della comunità. Tutti obiettivi condivisibili. Coloro che beneficiano del reddito sono quindi tenuti a sottoscrivere presso i centri per l'impiego un patto per il lavoro o, qualora ricorrano i presupposti, un patto per l'inclusione sociale, in ragione dei quali devono assicurare la propria disponibilità alla partecipazione a progetti in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo o di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il medesimo Comune di residenza, mettendo a disposizione non meno di otto ore settimanali, aumentabili fino a un massimo di sedici. Quali sono stati i risultati conseguiti dopo un anno e mezzo di sperimentazione? Ebbene, i dati dell'osservatorio sul reddito di cittadinanza e di ANPAL testimoniano il fallimento completo di tale politica. L'osservatorio riferisce che nel 2019 la misura ha coinvolto 968.645 nuclei familiari e 2.540.575 persone, per un importo medio mensile pari a 527 euro, mentre nel 2020 ha coinvolto rispettivamente 1.057.319 nuclei e 2.721.036 persone, per un importo medio mensile di 568 euro. La nota mensile del 29 maggio 2020 pubblicata da ANPAL ci riferisce che alla data del 1° aprile 2020 il numero complessivo di beneficiari del reddito di cittadinanza presenti nel data base ANPAL è appena superiore a 990.000 individui, dei quali solo 800.000 sono soggetti a patto per il lavoro e appena 365.000 sono presi in carico dai servizi per l'impiego. La stessa ANPAL riferisce che, alla data del 10 febbraio 2019, i beneficiari che hanno iniziato un rapporto di lavoro dopo l'approvazione della domanda sono 39.760, dei quali il 65,2 per cento a tempo determinato, il 19,7 per cento a tempo indeterminato, il 3,9 per cento in apprendistato. In pratica, l'Agenzia nazionale che si occupa di politiche attive del lavoro, che dovrebbe quindi operare per favorire l'occupazione, l'incontro fra domanda e offerta di lavoro, ci dice che meno del 2 per cento di coloro che hanno percepito il reddito di cittadinanza ha poi ottenuto un impiego e quasi tutti quelli che hanno avuto un contratto di lavoro hanno ottenuto il tempo determinato. Persino la Corte dei conti, nella relazione sul rendiconto generale del 2019, ha bocciato il reddito di cittadinanza, rilevando che a fronte di un costo di quasi quattro miliardi di euro, solo il 2 per cento dei beneficiari ha poi ottenuto un lavoro attraverso l'intermediazione dei centri per l'impiego.

Colleghi, ne valeva davvero la pena? A conti fatti, l'Italia ha investito moltissime risorse, ma non è stata in grado di andare oltre le mere politiche assistenziali. Ha erogato sussidi, ma non ha dato lavoro e quando il lavoro c'è è a tempo determinato.

Non sarebbe quindi opportuno rivedere queste politiche del lavoro, adottare iniziative affinché l'erogazione del reddito di cittadinanza non si traduca in una mera attività di assistenzialismo, ma sia funzionale a consentire la partecipazione dei cittadini al mercato del lavoro?

Ecco perché, come Gruppo della Lega, abbiamo deciso di presentare una mozione che impegni il Governo ad adottare un piano strutturato ed organico che non si limiti a dare sussidi, ma valorizzi i giovani attraverso serie politiche attive del lavoro, incrementando l'offerta di lavoro in modo particolare per i giovani e aumentando il tasso di occupazione giovanile per fare in modo che i nostri ragazzi siano sempre più incentivati a restare in Italia, a far crescere e migliorare il nostro Paese, anziché andare a cercare fortuna altrove. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.

Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, al quale chiedo di esprimere il parere sulle mozioni presentate.

PUGLISI, sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, esprimo parere favorevole sulle premesse della mozione n. 254 (testo 2), presentata dalla senatrice Parente e da altri senatori. Per quanto riguarda i singoli impegni, il parere è favorevole sui punti 1 e 2. Il parere è favorevole sul punto 3 con la seguente riformulazione: «a promuovere l'istituzione di un piano», lasciando il resto del punto conforme a quanto già scritto. Il parere è favorevole sul punto 4 con la seguente riformulazione: «a promuovere misure di sostegno per gli studenti universitari e le loro famiglie valorizzando», lasciando il resto del punto conforme a quanto già scritto. Il parere è favorevole sul punto 5 con la seguente riformulazione: «ad assumere iniziative di competenza al fine di effettuare il contestuale coordinamento dei piani per la formazione con l'esperienza degli enti formativi che realizzano nei territori percorsi professionalizzanti brevi, vocational master, che nascono dal continuo dialogo con le aziende e che consentono di rispondere in tempi rapidi all'esigenza di competenze delle aziende». Il parere è favorevole sul punto 6. Sul punto 7 il parere è favorevole con la seguente riformulazione: «ad incrementare il Fondo nazionale del servizio civile per dare sostanza all'universalità prevista dal decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, e consentire a tutti i giovani che volessero fare questa esperienza (circa 85.000 nel 2019) di poterla realizzare». Il parere è favorevole sul punto 8 con la seguente riformulazione: «a promuovere uno specifico investimento», lasciando il resto del punto conforme a quanto già scritto. Il parere è favorevole sui punti 9, 10 e 11. Il parere è infine favorevole sul punto 12 con la seguente riformulazione: «a promuovere nuove specifiche misure per il sostegno e l'incentivazione del lavoro dei giovani nell'ambito della ricerca accademica e applicata».

Per quanto riguarda la mozione n. 260, presentata dal senatore Ciriani e da altri senatori, il parere è favorevole sulle premesse. Il parere è inoltre favorevole sul primo impegno con la seguente riformulazione: «a valutare l'opportunità di inserire nella prossima legge di bilancio una norma che, avendo quale finalità la ripresa dell'attività produttiva delle imprese mantenendo intatta la forza lavoro, con particolare attenzione per quella giovanile, preveda la riduzione», lasciando il resto del punto conforme a quanto già scritto. Il parere è favorevole sul secondo impegno del dispositivo con la seguente riformulazione: «a valutare l'opportunità di inserire nella prossima legge di bilancio una norma volta a prevedere sgravi contributivi a favore dei datori di lavoro privati che dal 1° gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, mantengono almeno l'80 per cento dei livelli occupazionali dei giovani lavoratori in forza alla data del 1° febbraio 2020, un incentivo, sotto forma di esonero dal 40 per cento del versamento dei contributi previdenziali a loro carico, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL, per un periodo massimo di dodici mesi».

Esprimo parere favorevole sulle premesse della mozione n. 268, a prima firma della senatrice Nisini, a condizione che siano eliminati gli ultimi cinque capoversi. Sull'unico impegno il parere è favorevole con la seguente riformulazione: «ad intraprendere iniziative volte al rafforzamento delle politiche attive per il lavoro con il fine di incrementare l'offerta di lavoro, in modo particolare per i giovani, aumentare il tasso di occupazione giovanile, le entrate dell'erario in termini di contributi previdenziali e puntando verso la valorizzazione delle risorse umane prodotte dal nostro Paese». Quindi, a parte la riformulazione iniziale («ad intraprendere iniziative volte al rafforzamento»), c'è l'eliminazione delle parole: «tralasciando misure puramente assistenziali»; il resto del testo rimarrebbe identico.

Esprimo parere favorevole sulle premesse della mozione n. 273, a prima firma della senatrice Bernini. Sull'impegno n. 1 il parere è favorevole con la seguente riformulazione: «a valutare la possibilità di inserire, anche attraverso la prossima legge di bilancio, misure volte a» (il resto rimarrebbe identico). Sull'impegno n. 2 il parere è favorevole con la seguente riformulazione: «a sostenere l'introduzione di forme di detassazione in favore delle start up innovative, anche mediante istituzione di un apposito fondo». Sull'impegno n. 3 il parere è favorevole con la seguente riformulazione: «a sostenere l'adozione di provvedimenti» (il resto rimane identico). Sull'impegno n. 4 il parere è favorevole con la seguente riformulazione: «a valutare la possibilità di adottare i necessari provvedimenti normativi affinché, d'intesa con gli ordini professionali, si possano rendere abilitanti i titoli universitari dei relativi corsi di laurea, anticipando all'interno di questi, se del caso, il tirocinio propedeutico all'abilitazione professionale». Peraltro assicuro che stiamo lavorando in questa direzione. Sull'impegno n. 5 il parere è favorevole. Sull'impegno n. 6 il parere è favorevole con la seguente riformulazione: «a valutare la possibilità di prevedere iniziative normative per l'erogazione di contributi a giovani italiani di età inferiore a 25 o 28 anni per la frequentazione, in un istituto ubicato in una Regione differente rispetto a quella di residenza, di corsi altamente qualificanti nelle materie ambientali, dell'agroalimentare, delle biotecnologie, dell'economia, delle nanotecnologie, dell'informatica, della meccatronica o della salute». Sempre per quanto riguarda il dispositivo, il Governo esprime parere favorevole sui punti nn. 7 e 8 e contrario sui punti nn. 9 e 10. Sull'impegno n. 11 il parere è favorevole. Infine, sull'impegno n. 12 il parere è favorevole con la seguente riformulazione: «a valutare la possibilità di intervenire» (il resto rimarrebbe identico).

PRESIDENTE. Colleghi, apprezzato l'orario, se non ci sono obiezioni, propongo di sospendere la seduta in attesa dell'informativa del presidente Conte, prevista alle ore 12, in maniera da consentire che le dichiarazioni di voto sulle mozioni siano svolte tutte insieme; altrimenti adesso potremmo svolgerne solo un paio.

FERRARI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FERRARI (PD). Signor Presidente, siccome le riformulazioni proposte dal Sottosegretario sono abbastanza copiose, se c'è un atteggiamento concorde da parte di tutti i Gruppi propongo che alla ripresa, se qualcuno di noi ha delle osservazioni da fare o un chiarimento da chiedere, possa farlo in continuazione con l'intervento del Governo, ovviamente senza riaprire il dibattito. Avanzo questa richiesta semplicemente per poter avere un attimo di interlocuzione.

PRESIDENTE. Possiamo farlo anche subito, abbiamo mezz'ora di tempo, onde evitare che alle 16,30 si ricominci con una nuova interruzione.

FERRARI (PD). Mi sembra che tanti senatori stessero cercando giustamente di trascrivere le osservazioni del Governo; se si vuole e se c'è necessità, lo si può fare anche adesso.

PRESIDENTE. Credo che il Sottosegretario abbia dato ampia spiegazione delle riformulazioni proposte. Eventualmente dopo la sospensione della seduta, perché altrimenti diventa atipico il momento di confronto, sicuramente il Sottosegretario è a disposizione dei colleghi per ulteriori informazioni, se si vuole giungere a una condivisione.

Per me non ci sono problemi, però io in questo momento sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 12 con l'informativa del presidente Conte.

(La seduta, sospesa alle ore 11,20, è ripresa alle ore 12,08).

Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI

Informativa del Presidente del Consiglio dei ministri sugli esiti del Consiglio europeo e conseguente discussione (ore 12,08)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: «Informativa del Presidente del Consiglio dei ministri sugli esiti del Consiglio europeo».

Ricordo che è in corso la diretta televisiva con la RAI.

Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, professor Conte. (Prolungati applausi. Commenti).

Colleghi, per cortesia, un po' di rispetto per tutti.

CONTE, presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli senatrici e senatori, ho ritenuto mio dovere essere qui oggi davanti a voi per riferire sugli esiti di un Consiglio europeo che ha assunto decisioni di portata storica e che, per il rilievo delle questioni trattate, si è prolungato ben oltre le aspettative iniziali. Si è trattato di un vertice straordinario anche in termini di complessità, in linea con l'elevata posta in gioco.

Quello che nelle comunicazioni rese qui al Parlamento lo scorso 15 luglio consideravo un auspicio oggi è certezza. L'intesa raggiunta rappresenta senza dubbio un passaggio fondamentale, che ci spinge ad affermare, senza enfasi, che l'Europa è stata all'altezza della sua storia, della sua missione e del suo destino.

L'Unione europea sta affrontando una crisi sanitaria, economica e sociale che si è manifestata sin dal suo più tragico esordio simmetrica e sistemica. Ha coinvolto tutti i Paesi; ha profondamente scosso la vita dei cittadini europei; ha inciso in misura significativa sulla società, sulle economie, costringendo a riconsiderare in modo repentino prospettive e modelli di sviluppo. Di fronte a uno shock di tali proporzioni, nel corso di questi drammatici mesi l'Unione europea ha saputo rispondere con coraggio e con visione, fino ad assumere ieri la decisione di approvare, per la prima volta, un ambizioso programma di rilancio finanziandolo tramite l'emissione di titoli di debito autenticamente europei. In questo modo, si è realizzato ieri un radicale mutamento di prospettiva: in passato si tendeva - non lo dimentichiamo - a intervenire nel segno del rigore, affidandosi a logiche di austerity, che si sono poi rivelate - lo sappiamo - inadeguate, finendo per deprimere il tessuto sociale e produttivo, comprimendo financo la crescita.

Oggi, invece, l'approvazione del poderoso piano di finanziamento, che peraltro completa il quadro di molti altri interventi già assunti e adottati, è interamente orientato alla crescita economica e allo sviluppo sostenibile, nel segno in particolare della digitalizzazione e della transizione ecologica. Con la decisione di ieri il Consiglio ha abbracciato, quindi, una diversa prospettiva in favore di un'Europa più coesa, più inclusiva, più solidale, più vicina ai cittadini e, in definitiva, più politica e certamente più coerente con lo spirito originario del sogno europeo, quello di coloro che, dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale, prefiguravano l'idea di un'unità fondata su una comunione di valori, di storia e di destino. È l'unico percorso possibile per preservare l'integrità dello stesso mercato unico e la stabilità stessa dell'Unione monetaria.

Questo risultato positivo non era affatto scontato a marzo - lo ricordiamo tutti -quando l'Italia, insieme ad altri otto Stati membri, propose che il recovery fund affiancasse, con pari dignità politica ed economica, gli altri strumenti di risposta che erano già sul tavolo del Consiglio europeo. Come è noto, sin dall'inizio dell'emergenza del Covid-19, l'Italia ha subito messo in evidenza che la crisi nella quale l'intero continente era precipitato presentava caratteri di straordinaria gravità, assumendo i tratti di una recessione senza precedenti, peraltro sopraggiunta in un contesto macroeconomico già caratterizzato da elementi di profonda fragilità, acuito dall'inasprimento di persistenti squilibri sociali e territoriali.

Già la proposta franco-tedesca del 18 maggio e la proposta della Commissione europea del 27 maggio per la creazione del pacchetto next generation EU e per l'elaborazione del quadro finanziario pluriennale 2021-2027 erano animati da questa visione. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, nell'elaborare la proposta che ha fornito poi la base negoziale su cui si è avviato il confronto fra i Paesi membri, non si discostava nella sostanza da quei presupposti.

Si è trattato di un'interlocuzione serrata, complessa, nel corso della quale si sono confrontate una pluralità di posizioni e di interessi.

Un intenso impegno politico e diplomatico, nei giorni e nelle notti di negoziato in particolare - ma ovviamente il lavoro è iniziato ben prima - ha consentito di vedere confermato il volume complessivo pari a 750 miliardi di euro, pur a fronte del riequilibrio tra grant (sussidi), come sapete passati da 500 miliardi di cui alla proposta originaria ai 390 miliardi di euro attuali, e loan (prestiti), passati da 250 a 360 miliardi di euro, a causa della visione anacronistica di pochi Stati membri. Quindi, nel complesso, la proposta è rimasta integra quanto alla sua portata economica. È stata in tal modo confermata una risposta ambiziosa, adeguata alla posta in gioco, il funzionamento del mercato unico e il rilancio delle economie europee interdipendenti, e in questa prospettiva abbiamo lavorato non soltanto - vedete - per tutelare la dignità del nostro Paese, per promuoverne il ruolo di primo piano in Europa, ma anche per salvaguardare le prerogative stesse delle istituzioni europee da alcuni tentativi ben insidiosi, emersi durante il negoziato, di snaturare l'essenza autenticamente comunitaria del programma next generation EU, contribuendo alla piena affermazione del principio di solidarietà.

Devo confessare che ci sono stati dei momenti, durante la lunga fase dei negoziati, nei quali la rigidità delle differenti posizioni sembrava addirittura insuperabile. Anche in quei momenti più critici, tuttavia, continuava a maturare la sempre maggiore consapevolezza di un profondo senso di responsabilità verso i nostri popoli; non potevamo fallire, né accedere a un mediocre compromesso o addirittura rinviare la decisione. Per questo, con tenacia, con determinazione, abbiamo proseguito il confronto a oltranza fino all'alba di ieri.

Possiamo dirci soddisfatti di un risultato positivo, che non appartiene ai singoli; non appartiene neanche a chi vi parla e al Governo e - se mi permettete - neppure alle forze di maggioranza: è un risultato che appartiene all'Italia intera. (Applausi).

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, Presidente. Non si possono fare foto in Aula; devo ripeterlo a ogni seduta.

Senatrici Botto e Leone, vi prego di non usare la macchina fotografica, d'accordo? Non si può fare. Ormai dovremmo averlo imparato tutti.

Mi scusi ancora, Presidente, ma non è possibile che ogni volta devo ricordare le regole. Prego.

CONTE, presidente del Consiglio dei ministri. Desidero ringraziare tutti i Ministri, i quali non hanno mai fatto mancare il proprio sostegno nel corso dell'intera durata del negoziato.

Permettetemi di riservare una particolare menzione al ministro Amendola perché era con me a Bruxelles e ha condiviso le difficoltà che materialmente abbiamo incontrato. (Applausi).

Mi sento davvero di ringraziare tutte le forze di maggioranza: ancora una volta avete sostenuto in modo compatto il Governo, l'azione del Governo, sulla base di una convinta condivisione di questo progetto. Grazie! Permettetemi di ringraziare anche quelle forze di opposizione che, pur nella diversità di posizioni, hanno compreso l'importanza di questo passaggio storico e i beni in gioco, nella prospettiva dell'interesse nazionale. Anche a voi, grazie!

Possiamo riassumerlo: la classe politica italiana, nel suo complesso, ha dato una grande prova di maturità in quest'occasione.

Infine, voglio ringraziare anche tutti i cittadini italiani, perché il loro comportamento, il loro sostegno, che ha portato a questo risultato, è iniziato già nei primi giorni della pandemia. Durante le settimane più dure, con la prova di resilienza di cui, primi fra tutti in Europa, i nostri cittadini hanno dato testimonianza, con il senso di comunità che hanno saputo esprimere in quei giorni, durante i quali ho avvertito forte il loro sostegno, essi hanno rafforzato oggettivamente la posizione, l'autorevolezza e la credibilità del Governo italiano al tavolo delle grandi decisioni. (Applausi).

Quindi, è anche grazie a loro che l'Italia è stata all'altezza della sfida e ha portato a casa questo importante risultato. Tutti dobbiamo esserne orgogliosi. L'Italia ottiene un risultato all'altezza delle aspettative, un esito - lo avete constatato - persino migliore rispetto all'iniziale proposta avanzata dalla Commissione europea per quanto concerne l'ammontare complessivo dei fondi destinati al nostro Paese. (Applausi).

Nello schema attuale, l'Italia riceverà 209 miliardi di euro: il 28 per cento delle risorse totali previste dal next generation EU che - ripeto - è pari a 750 miliardi di euro. In particolare, resta fissato a 81 miliardi l'ammontare dei trasferimenti, i famosi grant destinati all'Italia, così come previsto dalla proposta della Commissione.

Aumenta, invece, davvero in modo significativo, di circa 36 miliardi di euro, la componente dei prestiti disponibili, che arriva così alla ragguardevole cifra di 127 miliardi di euro. Tali risorse potranno essere impegnate fino al 31 dicembre 2023. Il 70 per cento di queste risorse sarà disponibile tra il 2021 e il 2022 e i relativi pagamenti legati allo svolgimento dei progetti definiti all'interno dei piani nazionali per la ripresa saranno disponibili fino alla fine del 2026, quando l'Unione interromperà l'emissione di titoli e inizierà il periodo di restituzione da parte degli Stati membri.

Oltre alla componente principale di next generation EU, cioè la recovery and resilience facility, potenziata a 672,5 miliardi di euro dai 560 miliardi proposti dalla Commissione europea, giocheranno un ruolo importante altri due strumenti: invest EU, con una dotazione complessiva di 8,4 miliardi di euro, che sosterrà gli investimenti privati - è un po' l'erede del piano Juncker per gli investimenti di cui, peraltro, l'Italia si è rivelata uno dei principali destinatari - e l'iniziativa react EU, con una dotazione complessiva di 47,5 miliardi di euro, grazie alla quale potranno essere proseguiti gli investimenti anti Covid a favore del sistema sanitario e a sostegno del reddito dei lavoratori e della liquidità delle imprese. Un altro risultato politicamente rilevante dell'intensa azione politica e diplomatica condotta, prima e durante il Consiglio europeo, insieme ad altri Stati membri e dal Presidente della Commissione europea e del Consiglio europeo, è che il meccanismo di governance di next generation EU preserva le competenze della Commissione europea sull'attuazione dei piani nazionali di ripresa e di resilienza.

I piani saranno approvati dal Consiglio dell'Unione europea a maggioranza qualificata, come peraltro già avviene ordinariamente per i programmi nazionali di riforma del semestre europeo, mentre i singoli esborsi verranno decisi dalla Commissione, sentito il Consiglio.

Anche il freno di emergenza eventualmente attivabile presso il Consiglio europeo avrà una durata massima di tre mesi e non potrà prevedere un diritto di veto. Sono stati, dunque, evitati i passaggi all'unanimità che avrebbero innescato derive pericolose sul piano sia giuridico, finendo per ledere le competenze della Commissione in materia di bilancio europeo, sia politico, perché avrebbero imprigionato lo strumento chiave della ripresa economica europea in veti incrociati tra Stati membri. Su questo punto l'Italia da subito ha definito la sua linea rossa.

Vi rivelo anche che, fino alle ultime ore prima che si concludesse il negoziato, mentre le partite contabili stavano per essere chiuse, l'Italia ha voluto, prima che si chiudessero tutte, che si mantenesse fino all'ultimo la riserva; su questo, poi, abbiamo agito con la massima determinazione, ottenendo che l'ultima formulazione - peraltro ben migliorata rispetto alle precedenti - fosse ulteriormente rinnovata. Nelle ultime ore, quindi, poco prima che si chiudesse il negoziato, abbiamo ottenuto una riformulazione del freno di emergenza: abbiamo ottenuto che presso il Consiglio europeo, ove mai questo fosse investito - in via del tutto eccezionale - con specifiche e motivate richieste che debbono addurre dei significativi inadempimenti rispetto alla programmata attuazione del piano, vi sia una semplice discussione, quindi escludendo qualsiasi facoltà decisionale. Abbiamo chiarito e precisato meglio la regola per cui la durata di questa sospensione dovrà essere di tre mesi, per non rallentare l'attuazione dei piani e dei pagamenti. Abbiamo, inoltre, ricordato espressamente gli articoli del trattato che richiamano la competenza della Commissione. Da ultimo, non paghi, abbiamo voluto che fosse rilasciata una legal opinion, un parere legale, da parte dell'ufficio legale della Presidenza del Consiglio europeo, da allegare agli atti. Abbiamo evitato, in questo modo, che fossero compromessi i consolidati meccanismi decisionali delle istituzioni europee e, nello specifico, l'efficacia del programma next generation EU.

Il Consiglio europeo ha adottato una decisione adeguata alla posta in gioco anche per quanto riguarda i tempi. Era, infatti, fondamentale e indispensabile dare un segnale chiaro ai cittadini, alle imprese e agli stessi mercati finanziari: l'Europa risponde in modo tempestivo, ben determinato rispetto alla crisi. Al riguardo, segnalo che il 10 per cento delle risorse, sotto forma di trasferimenti del recovery and resilience facility, potrà essere anticipato come prefinanziamento del 2021. In secondo luogo, anche i progetti di investimento già avviati a partire dal 1° febbraio 2020 potranno beneficiare dei finanziamenti del pacchetto europeo, purché siano coerenti con gli obiettivi del programma.

Nell'ambito di questo Consiglio europeo è stato anche approvato il bilancio settennale, il quadro finanziario pluriennale 2021-2027, che abitualmente, come sapete, richiede più sessioni. Il saldo italiano sul quadro finanziario pluriennale, pur restando negativo, migliora rispetto a quello attuale, 2014-2020, passando da meno 0,24 per cento a meno 0,17 per cento del PIL (in termini assoluti, da meno 4,11 miliardi di euro a meno 2,9 miliardi di euro in media all'anno) ed è più che compensato dai rientri attesi dal next generation EU.

Siamo inoltre uno dei pochi Stati membri che vede aumentare, rispetto al quadro finanziario pluriennale attuale, da 36,2 a 38 miliardi di euro le proprie dotazioni sulla politica di coesione, che invece è stata ridotta, per un totale di 37 miliardi, nei vari Stati membri. Si tratta - se mi permettete di sottolinearlo - di un risultato decisivo, perché la politica di coesione, tanto più in questa particolare congiuntura socio-economica, svolge un ruolo fondamentale a beneficio dei territori.

Sempre in materia di coesione, è stata ottenuta maggiore flessibilità nell'uso dei fondi strutturali, grazie a obblighi di concentrazione tematica meno stringenti e disimpegni più lunghi, il che consente di orientare in modo più proficuo la spesa verso le esigenze specifiche delle diverse aree territoriali, anche in chiave di sostegno ai settori più colpiti dalla crisi da Covid-19.

Quanto all'altrettanto fondamentale politica agricola comune, il rafforzamento delle dotazioni per lo sviluppo rurale (77,1 miliardi a valere sul quadro finanziario pluriennale e 7,5 miliardi su next generation EU) avvantaggia l'Italia, che ne ha ritorni elevati, oltre l'11 per cento del totale.

Le conclusioni del Consiglio europeo straordinario in materia di quadro finanziario pluriennale hanno inoltre confermato l'impegno a introdurre nuove risorse proprie già a partire dal 2021, mentre - come aveva auspicato l'Italia - è stata evitata l'abolizione della risorsa basata sull'IVA, che sarebbe costata al nostro Paese circa 1,1 miliardi in sette anni.

Dal lato delle entrate, alcuni Paesi potranno beneficiare di un aumento degli sconti - lo avete anche sentito, è stato anticipato - rispetto alla quota di contribuzione del bilancio comunitario, di cui già potevano avvalersi nell'attuale quadro finanziario pluriennale. Sono i famosi rebate: è un elemento che abbiamo sempre dichiarato anacronistico, che ci è servito anche per contrastare ulteriori pretese ed esercitare un potere negoziale, su cui ogni nostra parziale flessibilità è stata comunque condizionata dall'esigenza prioritaria di garantire l'esito positivo del negoziato su next generation EU.

Il Consiglio europeo ha trovato un punto di sintesi anche in materia di stato di diritto e di lotta al cambiamento climatico. Con riguardo allo stato di diritto, le conclusioni collegano il suo rispetto alla tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea, in coerenza con quanto già contenuto nella proposta negoziale portata al tavolo dal presidente Michel.

Quanto alla lotta al cambiamento climatico, è stato confermato che il 30 per cento della spesa europea sarà collegato al raggiungimento di quest'ambizioso obiettivo e la riduzione rispetto alla proposta iniziale della dotazione complessiva del just transition fund, che comunque ammonta a 10 miliardi di euro, non ha uno specifico impatto negativo sull'Italia. In via generale, occorre riconoscere che il fondo soffre purtroppo di un'impostazione disfunzionale, perché premia i Paesi che sin qui non si sono impegnati abbastanza nella transizione ecologica, trascurando la necessità di riconoscere gli sforzi di quegli Stati che, come l'Italia, hanno già intrapreso l'ineludibile percorso del green deal.

Concludo, gentile Presidente, onorevoli senatrici e onorevoli senatori: all'esito del Consiglio conclusosi all'alba di ieri, siamo chiamati a profondere un forte e intenso impegno per far sì che il percorso riformatore avviato nelle scorse settimane trovi concreta e puntuale attuazione, innanzitutto con la predisposizione del piano nazionale per la ripresa e la resilienza propedeutico all'accesso ai fondi europei di next generation EU.

Di questo piano abbiamo già posto le basi, individuando gli obiettivi da perseguire nel corso della consultazione nazionale e progettiamo il rilancio. Dovremo impiegare in maniera efficiente le nuove risorse, indirizzandole a finanziare gli investimenti necessari per affrontare con successo le sfide del futuro. La crisi da Covid-19 ha reso evidenti alcune storiche criticità del nostro Paese. Questo Governo si assume la responsabilità di predisporre e realizzare tale piano con impegno, determinazione e lungimiranza, avendo consapevolezza che un futuro migliore per i cittadini, nonché - dobbiamo esserne consapevoli - la credibilità dell'Italia in Europa passeranno anche da qui, dal saper dimostrare di cogliere quest'opportunità storica, manifestando una capacità propositiva, decisionale e attuativa che non ceda a particolarismi. Sarebbe un errore epocale di cui non potremmo certo accusare l'Europa.

Questi giorni di negoziato ci rafforzano nella convinzione che l'interesse nazionale oggi più che mai va perseguito all'interno del perimetro europeo. Visioni egoistiche, spesso ancorate alla difesa di anacronistici interessi, non offrono alcuna risposta efficace, se non quella di alimentare le paure dei cittadini e il distacco dalle istituzioni. (Applausi).

Il piano per la ripresa sarà un lavoro collettivo, ci confronteremo con il Parlamento e dobbiamo impegnarci assolutamente in questa direzione.

Dobbiamo impegnarci anche per alimentare la fiducia nelle istituzioni italiane e nell'Europa.

Con l'accordo raggiunto ieri al Consiglio europeo sembra realizzarsi l'auspicio espresso da Jacques Delors, da molti invocato lunedì 20, il giorno del suo compleanno, per un esito positivo del Consiglio europeo, quando ventisette anni fa, il 10 febbraio 1993 dinanzi al Parlamento europeo affermò che era veramente giunto il momento di ricollocare il fiore della speranza al centro del giardino europeo. (Applausi).

PRESIDENTE.

È iscritto a parlare il senatore Casini. Ne ha facoltà.

CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Dichiaro aperta la discussione sull'informativa del Presidente del Consiglio dei ministri.Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, vorrei rompere l'incantesimo di questo momento di giubilo (poi dirò qualcosa sui momenti di giubilo) per dire che siamo a valutare l'esito di un vertice europeo. Colleghi, vi confesso che questa mattina venendo in Senato mi è venuto in mente quello che mi diceva sempre Carlo Azeglio Ciampi, che è stato un grande Presidente della Repubblica, e con lui quanto dicevano sempre i grandi protagonisti della tradizione democratica cristiana di questo Paese, cioè che il ruolo dell'Italia in Europa era quello di stare vicini a Francia e Germania.

Cari colleghi, in questo vertice europeo si sono spaccate le famiglie politiche: dai popolari, ai socialisti, i Paesi frugali, i Paesi di Visegrad, i Paesi del Sud, i Paesi del Nord. Il risultato di tutto ciò è stato che noi abbiamo avuto vicini e abbiamo avuto bisogno - e l'Europa ha avuto bisogno - della cancelliera Merkel e di Macron (Applausi). Ritengo pertanto che dobbiamo riconoscere, al di là dei Gruppi politici di appartenenza, che il ruolo dell'Italia è lavorare con Germania e Francia perché l'Europa possa andare avanti.

La posta in palio in questo vertice non era solo la condizione con cui il Presidente del Consiglio sarebbe venuto qui dopo il mandato ricevuto dal Parlamento la scorsa settimana; era qualcosa di più. Era l'idea che avevano soprattutto i Paesi del Nord, cosiddetti frugali, che in questo momento così difficile per tutti l'Europa dovesse prendere la strada intergovernativa; si è affermato qualcosa di molto importante, cioè l'idea che l'Europa va avanti sullo spirito e l'idea di un'Europa comunitaria. Colleghi, il Presidente del Consiglio, molto responsabilmente, ha fatto la contabilità degli obblighi che avremo, della possibilità di frenare o no certi meccanismi decisionali.

Guardate, che ci controllino per come spenderemo i soldi non è un problema, perché questo controllo lo dovremmo rivendicare noi per i nostri figli. (Applausi). Il tema non sono i controlli che vengono imposti agli Stati, ma il fatto che si va avanti con l'opinione consolidata che se l'Europa ha un futuro questo è sulla strada dell'unità, della visione comunitaria: gli Stati non prevarranno. Questo è l'elemento di fondo importante di questo vertice. (Applausi).

Colleghi, ho apprezzato che il Presidente del Consiglio sia venuto qui e abbia detto che è un successo degli italiani. Sì, Presidente, ha ragione, è un successo degli italiani che noi dobbiamo anche alle migliaia di morti per il Covid-19, ai quali ci inchiniamo perché è giusto che sia così. (Applausi).

Vanno bene i trionfalismi, colleghi, ma non abbiamo vinto la schedina del Totocalcio, non abbiamo vinto al Bingo, qui non c'è uno "zio d'America" che ci porta dei soldi: qui ci sono degli impegni che lo Stato andrà ad assumere e dei debiti che andrà a contrarre in sede europea e pertanto la nostra necessità non è quella oggi di fare dei trionfalismi, anche perché i trionfalismi di solito hanno degli esiti imprevedibili e qui a settembre-ottobre ci sarà poco da essere trionfalistici, visto che l'entità della crisi è molto più forte di quella che si prospettava anche due mesi fa. La necessità che abbiamo è invece di capire che oggi questa vicenda è stata condotta bene dal Governo italiano e io non ho alcuna difficoltà a dire che il Presidente del Consiglio ha dato una prova di resistenza, che è stata anche fisica. Quando vengono dei giovani e chiedono consigli su come fare politica, io dico sempre che bisogna avere resistenza fisica e lei ha dimostrato resistenza e tenacia; l'avevamo già capito nel passaggio dal primo al secondo Governo Conte che lei aveva un po' di tenacia, ma in questo caso è stato anche più tenace del solito. (Applausi). Ha fatto bene, perché ha negoziato bene in nome e per conto del nostro Paese.

Colleghi, qui siamo arrivati al punto: il richiamo che il Presidente del Consiglio ha fatto alle opposizioni - lo voglio dire con chiarezza - per me non è un richiamo formale. Per me non può essere un richiamo di comodo. So benissimo che le opposizioni la pensano diversamente sui temi europei e nessuno qui è Alice nel paese delle meraviglie: Forza Italia ha una posizione, un'altra ce l'ha Fratelli d'Italia e un'altra ancora la Lega. Mi viene da dire che è un po' come per noi della maggioranza, perché anche noi sul MES la pensiamo in un modo gli uni e in un modo gli altri, ma qui non si tratta di evocare l'opposizione per dividerla, qui si tratta di evocare un rapporto con l'opposizione perché è necessario che sul piano di aiuti che arriveranno all'Italia, che è il più grande e il più significativo dal piano Marshall in poi, vi sia una condivisione degli obiettivi tra maggioranza e opposizione. Questo rafforzerà il Governo, ma rafforzerà anche l'Italia, perché abbiamo bisogno di procedere insieme su scelte che diventano esistenziali per il nostro Paese.

Per la prima volta si è mutualizzato il debito europeo, per la prima volta l'Italia ha la possibilità di avere, come Paese, l'attenzione che ha meritato anche per la gestione del Covid. Bisogna presentare piani credibili, non disperdersi in rivoli assistenziali, bisogna coinvolgere tutte le componenti della società civile, perché sappiamo che questo è il nostro grande obiettivo.

Infine, un punto è stato omesso dal Presidente del Consiglio: il tema del MES.

Colleghi, io farei un lodo sul MES; credo che ci siano partiti della maggioranza, come il MoVimento 5 Stelle, che si fidano del Presidente del Consiglio; molti altri ancora si fidano del Presidente del Consiglio e altri si fidano meno, come è naturale in politica. Il tema del MES vai deideologizzato e visto in concreto. Lo guardi lei, in concreto, con i suoi collaboratori, con i ministri Amendola, Gualtieri e Di Maio, con tutti coloro che sono in cabina di regia. Guardate voi le condizioni, le condizionalità, i tempi e vedete voi se il Paese avrà questa necessità. Evitiamo di continuare a dividerci, maggioranza e opposizione, sul tema del MES (Applausi) come se questo fosse un macigno ideologico che grava su questo Parlamento.

Dobbiamo andare avanti con più serietà rispetto al passato e più serietà significa anche che affidiamo a lei la responsabilità di capire se le modalità del MES siano convenienti o no per il nostro Paese, magari per ristrutturare il sistema sanitario; poi chiaramente ci sarà il Parlamento.

Credo che il Gruppo per le Autonomie, che ho l'onore di rappresentare, e per il quale parlerà poi anche la Capogruppo, sia pienamente convinto che l'esito sia stato positivo e che il Governo abbia eseguito bene il mandato ricevuto dal Parlamento.

Le auguro buon lavoro perché il più deve ancora essere fatto. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Garnero Santanché. Ne ha facoltà.

GARNERO SANTANCHE' (FdI). Signor Presidente, lasciatemi dire che l'inizio della seduta ha un po' evocato nella mia mente i «92 minuti di applausi» di un film di Fantozzi. (Applausi). Detto questo, vorrei che tutti tornassimo seri.

Presidente, lei ha visto che in queste ore e in questi giorni noi ci siamo comportati da patrioti perché questo noi siamo. Lo dico con chiarezza, Presidente: noi abbiamo tifato per l'Italia, perché quando si va in Europa la nostra maglia è quella della nazionale. Devo dirle però con la stessa chiarezza che, a parti inverse, molto probabilmente - anzi, io ne avrei la certezza - avrebbero tifato per Rutte, Presidente, e lei di questo ne deve essere consapevole. Stamattina leggendo i giornali, ho notato che qualcuno ha equivocato il fatto che noi abbiamo tifato per l'Italia: il nostro giudizio sul suo operato e sull'operato del Governo rimane sempre lo stesso. Noi crediamo che non siate stati capaci, che non siate capaci e che non sarete capaci, Presidente, a portare fuori l'Italia da questa crisi e tanti sono gli elementi che danno ragione al nostro pensiero.

Non capiamo il trionfalismo suo e del Governo di queste ore perché c'è un fatto: il Governo e l'Italia sono usciti da questa trattativa con meno soldi a fondo perduto e più prestiti, quindi con un maggior debito, e non devo spiegarlo a lei. (Commenti). È così, presidente Conte e sono contenta che la pensiamo diversamente. È uscita sicuramente con più debito e, come lei sa, noi abbiamo già un'enormità come debito pubblico e devo sottolineare che anche il suo Governo lo ha fatto crescere.

Un altro elemento che però ci preoccupa moltissimo sono i tempi. I soldi arriveranno, sì, ma nel 2021, e forse nel secondo semestre del 2021. Quei soldi dovevano servire a salvare molte delle nostre aziende che il Covid-19 e questa crisi hanno messo in ginocchio. La nostra preoccupazione è che questi soldi arriveranno troppo tardi, quando le imprese avranno già chiuso, con un ulteriore problema che aumenterà moltissimo il tasso di disoccupazione.

Presidente Conte, forse lei oggi non ci ha ascoltato, ma noi l'avevamo messa in guardia di quello che sarebbe potuto accadere in questo vertice europeo e le parlo delle condizionalità sul recovery fund. Oggi ci sono i soldi, è vero, e le abbiamo dato merito che lei, Presidente, si è battuto. Si poteva fare meglio, ma noi le riconosciamo di essersi sicuramente battuto per l'Italia.

Adesso abbiamo però il problema di capire se quei soldi li potremo spendere; noi vediamo un rischio molto concreto che, forse, per spendere quei soldi dovremo passare troppo tempo a convincere gli olandesi ed i tedeschi e magari anche a farci dire cosa dovremo fare sulle nostre pensioni; o magari un domani capire che i clandestini ce li dobbiamo tenere tutti in Italia, nella nostra Nazione. Su questo non abbiamo nessuna chiarezza. (Applausi). Glielo dico con chiarezza: questa per noi sarebbe una cessione di sovranità assolutamente inaccettabile.

Abbiamo anche altre preoccupazioni, perché adesso ci sono festeggiamenti, applausi e dichiarazioni pazzesche ma noi abbiamo anche paura del cosiddetto freno di emergenza e non vorremmo che si realizzasse il sogno, coltivato da molti Paesi europei in questi anni, di perdere la nostra sovranità. Ci dovrebbe allora anche spiegare una cosa che non abbiamo capito: perché i famosi Paesi frugali, come l'Olanda (le cito un esempio per tutti), sono usciti da questi vertici con ancora più privilegi? Noi riteniamo che già abbiano molti privilegi e che sarebbe stato il caso di toglierne loro qualcuno. Non capiamo perché, ad esempio, l'Olanda abbia avuto un aumento dei rebate, ossia uno sconto sui soldi che deve dare all'Europa, privilegio che - come lei sa molto bene - all'Italia non è mai stato concesso (chissà perché). Avremmo bisogno di qualche parola di chiarezza su questo punto.

Tanti sono i motivi di preoccupazione. Le chiederei allora, presidente Conte, di consigliare a Casalino e ai suoi uomini della comunicazione di essere più cauti e di evitare di parlare di questa montagna di miliardi, di questa pioggia di miliardi che sono arrivati, perché nelle stesse ore in cui lei e tutto il Governo facevate queste affermazioni e andavate in televisione a parlare di miliardi i nostri imprenditori, i nostri commercianti, i nostri professionisti e i nostri commercialisti (ai quali non avete concesso alcuna proroga, perché in questo Paese avete chiuso tutto, ma avete spalancato ancora una volta le porte al pagamento delle tasse), queste categorie che sono state messe in ginocchio più di tante altre, stavano pagando le tasse. Ecco, credo che questo non si possa fare; per noi è assolutamente inaccettabile.

Vorrei chiudere dicendo che la nostra preoccupazione - credo di essere stata chiara - è che anche questi soldi che adesso arriveranno verranno spesi molto male. Gli 80 miliardi di euro dello scostamento di bilancio - che ricordo a tutti non avreste potuto ottenere senza il voto delle opposizioni, perché in quest'Aula non avevate la maggioranza - li avete spesi molto male. Noi le chiediamo quindi che finisca questo periodo di marchette, di bonus, di reddito di cittadinanza e che si abbia una visione dello sviluppo economico; le chiediamo che questi soldi vengano spesi per le infrastrutture, per le autostrade, per l'alta velocità, per il digitale, per la banda larga, per la scuola. Presidente Conte, sin quando lei non sarà in grado di far riaprire le scuole, l'Italia non potrà ripartire; se lo deve mettere ben chiaro in testa.

Noi siamo patrioti, ma concludo dicendo che il nostro giudizio su questo Governo è pessimo, perché in tutto quello che avete fatto fino adesso non ne avete indovinata una. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Renzi. Ne ha facoltà.

RENZI (IV-PSI). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio dei ministri, signor Ministro degli affari europei, onorevoli colleghi, l'Europa ha fatto bene, a differenza del 2012. L'Europa ha ottenuto un risultato straordinario, a differenza del 2012. E l'Italia, presidente Conte, è stata dalla parte giusta. Lei è stato bravo e noi gliene diamo atto, perché ha fatto l'interesse del Paese in un quadro di ideale europeo. Noi la apprezziamo per questo e le diciamo che, se questa sarà la strada su cui il Governo dovrà proseguire, saremo sempre più convintamente al fianco suo e di chi sceglie l'Europa contro il nazionalismo e il sovranismo.

Glielo diciamo con un «bravo» che, dal nostro punto di vista, vale doppio: vale doppio perché, se potessimo tornare indietro all'improvviso, a un anno fa, vedremmo un Governo diverso. «Quantum mutatus ab illo!», direbbe Virgilio. Quanto è cambiato da un Governo nella cui maggioranza stavano quelli che organizzavano le conferenze e le campagne elettorali con Alternative für Deutschland. Oggi il nostro riferimento in Germania è Angela Merkel, cui va la gratitudine alla quale faceva riferimento il senatore Casini. (Applausi). In maggioranza stava chi evocava i gilet gialli in Italia: oggi il nostro riferimento è il presidente Macron, che ha svolto con pazienza, assieme a lei e ai colleghi, un lavoro di ricucitura.

Mi permetta quindi, signor Presidente del Senato, di rivolgermi per il suo tramite, come prevede il Regolamento, per la prima volta da ex ai miei colleghi - vorrei dire ai miei amici - del Partito Democratico. Forse, cari amici, adesso è chiaro perché, anche contro le resistenze del nostro Gruppo dirigente di allora, un anno fa abbiamo scelto di prolungare la legislatura. Non era, come qualcuno ha detto, semplicemente il desiderio di allungare la vita di uno scranno parlamentare. Era qualcosa in più: l'idea che la politica potesse convertire il populismo (Applausi); era l'idea che un Governo sovranista potesse diventare europeista, e mi rivolgo a voi, perché la partita inizia adesso. Il bello o il brutto, il difficile inizia adesso. Saremo capaci di assumere la leadership per cui l'assistenzialismo diventa crescita, il giustizialismo diventa garantismo, la capacità di scommettere sul populismo diventa voglia di scommettere sulla politica? Questa è la sfida, signor Presidente, che ci vede su due campi di gioco diversi.

Il senatore Salvini ha detto che questo accordo è una fregatura grossa come una casa e io sono d'accordo con lui: è oggettivamente una fregatura grossa come una casa per l'amico di Salvini Wilders, è una fregatura grossa come una casa per Alternative für Deutschland, è una fregatura grossa come una casa per Marie Le Pen, per i nazionalisti di tutta Europa, per chi scommetteva sul fallimento dell'Europa. (Applausi).

Oggi l'Europa batte un colpo, altro che fregatura. Però, questa scelta ci riempie di responsabilità.

Il presidente Conte ha fatto l'elenco dei punti e lo ha fatto in modo molto puntuale e preciso, come sempre del resto. Ora è il momento di dirci le cose con chiarezza: questo accordo faticoso, signor Presidente del Consiglio, la riempie e ci riempie di responsabilità perché non abbiamo più alibi, perché adesso nessuno potrà evocare il nemico come causa del fallimento. Adesso la partita sta nelle nostre mani, nel bene e nel male, e adesso non è facile, perché la situazione esterna è complicata, perché la crisi morde severamente e perché, o facciamo scelte coraggiose, o saremo anche noi portati via dall'onda, che non è la seconda ondata del Coronavirus, ma è l'onda di ritorno delle aspettative che abbiamo creato.

Signor Presidente, quando si vince una partita, c'è un sacco di gente che viene ad adularti: diciamo che io potrei parlare da cultore della materia per invitarla ad avere fiducia in chi la guarda negli occhi, come ha sempre fatto, in chi le dice qui in Parlamento - utilizzando il Parlamento come il luogo della discussione, non un luogo dove si mettono like - che su alcune cose siamo d'accordo e su altre abbiamo qualche resistenza. Glielo abbiamo detto sulle scuole e sui DPCM e lei, devo dargliene atto, ad esempio sul family act - approvato ieri dalla Camera in prima lettura - o sul piano infrastrutture - ci accingiamo a discutere il decreto semplificazioni - ha dato delle risposte.

Ebbene, guardandola in faccia, le dico che non c'è mai stato negli ultimi trent'anni un Governo con queste risorse. Mettete il compasso sul 2020, utilizzate il raggio di apertura di trent'anni e arrivate al 1990: non c'è stato alcun Governo che abbia avuto queste risorse, evidentemente perché c'è una crisi che morde severamente. Penso - spero di sbagliarmi - che non ci sarà alcun Governo che nei prossimi trent'anni, girando il compasso da qui al 2050, avrà le stesse risorse.

È un fatto epocale per la storia repubblicana. Di fronte a questo evidente elemento di novità, hanno ragione il Presidente del Consiglio dei ministri e il senatore Casini a chiedere un coinvolgimento delle opposizioni, che non sia formale, pur nelle differenze tra noi e loro, ma anche nelle differenze tra di loro (tra chi sta con la Merkel e chi con Wilders, tra chi sta con Rutte e chi con Le Pen). Noi abbiamo oggi uno spazio politico pazzesco e difficilissimo: è lo spazio della politica, non del populismo.

Ecco perché, signor Presidente, abbiamo oggi decine di ambiti di azione complicatissimi. Non avendo molto tempo a disposizione, ne cito soltanto tre.

Vi è anzitutto il digitale, che può essere lo strumento con il quale trasformiamo radicalmente la pubblica amministrazione e la burocrazia. O lo facciamo adesso, dopo una vicenda del genere, con queste risorse, o non lo faremo mai più. E questo vuol dire fare della nuvola (non vivere con la testa tra le nuvole), del cloud, dei big data e dell'intelligenza artificiale la straordinaria occasione per valorizzare i talenti italiani che, per quanto sono capaci e apprezzati, vanno all'estero (lo sa bene il Ministro dell'università e della ricerca, che su questo, nella sua precedente vita politica e in questa, ha svolto una straordinaria azione di buon lavoro).

Vi è poi la moda. So che può sembrare una barzelletta, perché tutte le volte che si parla di moda in ambiti politici c'è sempre qualcuno che storce il naso. Voglio parlare di moda per dire che sta rischiando di saltare, per sempre, un intero tessuto di ricchezza fatto di sarte, modellisti e piccoli artigiani (non sono semplicemente le modelle e i modelli). È un mondo in cui il made in Italy ha fatto la storia. Sono stato orgoglioso, quando era al Governo, di partecipare a una sfilata di moda (pur non avendone il physique du rôle) per dare una dimostrazione di vicinanza a quel mondo. È un mondo che sta "saltando in aria": o si interviene attraverso la Cassa depositi e prestiti e strumenti ad hoc (un soggetto che magari riesce finalmente a creare il grande campione italiano nel settore della moda che piccole e grandi ambizioni personali ed egoismi non hanno permesso in passato), oppure un pezzo di economia salterà.

Infine, vi è la sanità. Abbiamo il coraggio di dirlo? Nei prossimi dieci anni nella sanità cambierà tutto; mi riferisco alla medicina personalizzata e alle analisi che stanno cambiando profondamente il volto e le modalità della farmaceutica, dell'ospedalizzazione e della medicina di base.

Per questo, signor Presidente, la invitiamo a riflettere attentamente sulla questione del MES. I 37 miliardi di euro del MES - sia chiaro a quest'Assemblea - hanno una condizionalità inferiore ai prestiti del recovery fund. Se non si ha il coraggio di dirlo, si sta mentendo. I 37 miliardi di euro del MES arrivano in autunno e io sfido l'intero arco parlamentare (anche i settori più vicini) a trovare un Presidente di Regione o un candidato alla presidenza di Regione nelle Marche, in Liguria, in Toscana, in Campania e in Puglia che dica no al MES, perché si tratta di soldi che vanno ai cittadini.

Presidente Conte, sorprenda il Parlamento e il Paese. Anziché una task force, ci regali ad agosto un dibattito parlamentare (Applausi) in cui la forza della maggioranza dovrà essere quella di sfidare le opposizioni non sulla base di un generico programma di riforme ma di un concreto business plan per il futuro del Paese. Andiamo in Aula ad agosto, sfidiamo le opposizioni e diciamo come vogliamo spendere questi soldi. Se lo faremo, signor Presidente, avremo dimostrato due cose: la prima è che la maggioranza c'è (lei l'ha citata) e la seconda, ancora più importante, è che il Parlamento non abdica di fronte alle questioni del sondaggismo esasperato. Il Parlamento non è il luogo in cui si fanno le standing ovation o si mettono like su Facebook: il Parlamento è il luogo in cui si discute e la politica ha un senso. Nel mese di agosto 2019 abbiamo dimostrato che la politica aveva un senso; a noi il compito di dare un futuro al nostro Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bonino. Ne ha facoltà.

BONINO (Misto-PEcEB). Signor Presidente, a nome di +Europa io sono stata e sono all'opposizione dell'Esecutivo del presidente Conte per moltissimi degli atti legislativi da egli, o dai suoi Ministri, proposti in questi mesi. In questa mia opposizione costruttiva penso oggi di dover riconoscere, per onestà politica e intellettuale, gli esiti positivi del negoziato che la squadra politica e diplomatica guidata dal presidente Conte ha condotto nel Consiglio europeo. Penso che la vostra squadra abbia operato in modo costruttivo da mesi (ripeto, da mesi), il che nel merito dimostra anche che i pugni sul tavolo improvvisi non servono a molto. (Applausi). Servono persistenza, presenza, ragionevolezza e visione.

Continuo a pensare che in quella sede il nostro Governo - il suo in realtà, presidente Conte - sarebbe stato più forte se avesse già messo nero su bianco, anche per evitare critiche interessate e strumentali, progetti di riforma definiti e se la maggioranza non avesse mantenuto in piedi l'equivoco sul MES. Collega Casini, togliamo qualunque dato ideologico. E non è, signor Presidente, un problema di attenzione morbosa da parte mia; non è neanche una questione di pregiudizio: è una questione di giudizio netto e motivato sull'utilizzo e l'utilità di quei fondi, alle condizioni che voi stessi fortunatamente avete negoziato, giusto? Vi siete impegnati a togliere le condizionalità e ci siete riusciti.

Alla fine di questo esito positivo, però, ancora non va bene. Io vorrei sfidare chiunque ad una assemblea di pazienti, familiari, medici, infermieri ed altri a dire: «Ne avevamo bisogno ma, sapete com'è, abbiamo fatto i signori chissà perché». Questo non si può fare, tant'è vero che abbiamo una fame di liquidità enorme, tant'è che state già pensando a un nuovo scostamento di bilancio. Torno quindi su questo tema come cartina di tornasole non di ideologie ma di impostazioni economico-politiche e di necessità di questo Paese. C'è qualcuno che mi dice che non c'è bisogno di interventi nella sanità? Lo devo ancora vedere. O nelle scuole, di cui ancora non si sa neppure quando come e dove aprono?

Lei - così pare - dice: basta il recovery fund. No, sono due strumenti diversi e con tempi diversi. Il MES è possibile adesso; il recovery fund nel 2021, e avanti di questo passo. Anche le finalità sono diverse, perché il MES consente anche spese correnti sul tema sanitario e sull'istruzione, ad esempio, mentre il recovery fund riguarda le riforme strutturali, giusto? Quindi abbiamo tempi diversi e scopi diversi di intervento.

Io non so se questo sia un accordo storico (ce lo dirà appunto la storia), ma certamente è un accordo importante per consentire all'Europa di fare un passo in avanti. Ovviamente siamo lontani ancora da una costruzione federale, questo è evidente, ma adesso la palla torna a noi. Noi, da contributori netti, per necessità siamo oggi divenuti ricevitori netti. Questo, insomma, non è proprio brillante, ma facciamone almeno buon uso, in modo da riprendere a correre in qualche modo; e se non a correre, almeno a camminare.

Io sono convinta che l'Europa abbia fatto il suo lavoro e il suo mestiere in tempi in cui non speravo neppure. Adesso tocca a noi, perché dopo la solidarietà europea è il momento della responsabilità italiana. E non dobbiamo avere paura se c'è una specie di controllo orizzontale di tutti su tutti. Stiamo infatti dicendo che faremo le riforme, ma invece non le faremo?

Credo invece che la correttezza e la lealtà siano parte integrante della credibilità di un Paese e del suo Governo.

Finalmente c'è per lei la possibilità (unica rispetto al passato e al futuro) di realizzare le riforme strutturali necessarie da tanto tempo, per esempio sulla giustizia e per le semplificazioni. Se evitiamo di fare decreti-legge che necessitano poi di 103 atti amministrativi per essere attuabili, è chiaro che non aggraveremo una situazione già molto ingrovigliata. È chiaro però che lei e tutti noi abbiamo una possibilità straordinaria: la capacità di fare di una crisi drammatica un'opportunità per togliere questo Paese da tanti anni di blocco.

Lei deve dare a nome di tutti noi coraggio, fiducia e speranza a questo Paese in modo che tutti possiamo riprendere a camminare. Auguro davvero che, anche sul piano italiano, lei possa dimostrare la persistenza e la pervicacia che ha dimostrato in Europa con tutta la sua squadra. Sarò attenta a questo, ma chi deve essere più attento è certamente lei e tutto il suo Governo perché il Paese oggi ha un'opportunità. Non la sprechi: non per sé, ma per il Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Marcucci. Ne ha facoltà.

MARCUCCI (PD). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, membri del Governo, autorevoli colleghe e colleghi, oggi è una giornata importante e io, magari con un po' di leggerezza, la vorrei definire una giornata di festa per il nostro Paese.

È una bella giornata in cui sarebbe naturale, secondo me, che tutti gli italiani si unissero intorno al proprio Governo, al proprio Presidente del Consiglio e al proprio Parlamento per viverla come si deve, come una grande vittoria. Gli italiani sono sempre stati descritti - forse, ci siamo anche sempre descritti - come quelli che si uniscono solo quando vincono i mondiali di calcio. Ricordo i mondiali del 1982 e del 2006. Credo che oggi tutta l'Italia possa festeggiare insieme al Governo e a lei, presidente Conte, perché la nostra è una grande vittoria del Paese. (Applausi).

Sono preoccupato da alcuni commenti che ci sono stati, però capisco le dinamiche della battaglia politica. Non dobbiamo negarlo e, anzi, lo dobbiamo dire con molta forza e chiarezza. Purtroppo, c'erano molti dubbi sull'esito di questo confronto, sulla capacità di tenuta del nostro Paese rispetto alle proposte che ci sarebbero state fatte e sulla capacità di gestire una trattativa complessa dal nostro Governo. Invece lei, signor Presidente, con i suoi ministri Gualtieri, Di Maio e Amendola (che oggi abbiamo l'onore di avere qui in Aula), con Paolo Gentiloni Silveri e il presidente Sassoli ha fatto un capolavoro. Siete riusciti a uscire da questa trattativa a condizioni migliori delle migliori aspettative che potevamo avere. (Applausi). Abbiamo dimostrato che l'Italia a testa alta in Europa, sapendo di aver fatto per decenni il proprio dovere, oggi era nelle condizioni di riscuotere, in un momento di difficoltà successiva all'emergenza sanitaria e in una fase di gravissima emergenza economica.

E lo avete fatto fino in fondo, con il Parlamento al vostro fianco in tutti i passaggi, inclusi quelli recenti che ci sono stati anche in quest'Aula.

Dopodiché, questo non può e non deve permetterci di allentare l'attenzione. Anzi, come è stato detto anche in interventi precedenti, l'attenzione vera inizia proprio oggi. Sono tra coloro che non sono per niente spaventati dal fatto che, a fronte di impegni, a fronte di un enorme - e in precedenza inimmaginabile - ammontare di denaro, anche a fondo perduto, che ci viene messo a disposizione dall'Europa, si debba avere la forza, il coraggio, l'intenzione precisa di fare quelle riforme che ci sono state chieste; di farle semplicemente perché quelle riforme vanno nell'interesse del nostro Paese, della nostra comunità nazionale. Occorre fare quelle riforme e dare una spinta e un supporto ai nostri concittadini, alle nostre imprese, ai nostri lavoratori, ai nostri imprenditori, che oggi hanno bisogno più che mai che questa occasione non solo non sia persa ma sia sfruttata fino in fondo per garantire un futuro migliore alle nostre generazioni, signor Presidente. (Applausi).

Come hanno detto in molti, confidiamo nel supporto costruttivo e anche dialettico, di confronto e qualche volta di scontro, da parte di tutte le forze politiche, che giustamente pretendono il coinvolgimento e il dialogo. Credo che il Parlamento sia il luogo dove questo confronto possa avvenire, ma partendo da una considerazione oggettiva del quadro nel quale ci troviamo. E la valutazione oggettiva non può che partire dal grande risultato ottenuto, dalla grande opportunità che abbiamo e dal dovere che abbiamo oggi nei confronti dei nostri cittadini di fare un piano di riforme, di farlo bene, e di ottemperare ai nostri doveri fino in fondo.

Neanch'io mi esimo dal toccare il tema del MES. Signor Presidente del Consiglio, ho avuto più volte modo di dire cosa penso, e lo confermo oggi. Finalmente il quadro è chiaro, e invito lei e i suoi Ministri a valutare oggi le tante, grandi opportunità che ci sono state date dalla nostra Europa: dalla capacità della Banca centrale di comprare in maniera copiosa i nostri titoli fino ai provvedimenti previsti dal Sure in particolare sul lavoro, financo ovviamente al MES sugli interventi, sapendo che è un fondo disponibile in tempi più rapidi e con una chiara condizionalità. Chi dice che non ci sono condizionalità mente, ma la chiara condizionalità è l'indirizzo di spesa, ovvero investimenti in ambito sanitario. Una sanità che ha tenuto in una fase d'emergenza ma che - lo sappiamo - ha davanti a sé la grande scommessa di un cambiamento per il futuro. Facciamola questa valutazione, senza pregiudizi e a favore di un fondo o dell'altro, senza schemi, anche da parte del Partito Democratico, signor Presidente del Consiglio e autorevoli Ministri. Verifichiamo semplicemente qual è l'interesse del nostro Paese e facciamo insieme le scelte che vanno esattamente in quella direzione.

Facciamo tutti insieme il piano di riforme; aiutiamo noi oggi la nostra economia, i cittadini italiani, i nostri lavoratori, i nostri imprenditori e facciamo le scelte che la storia ci chiama a fare con urgenza. Facciamole in tempi rapidi. È il momento di agire, di saper prendere decisioni, di creare il consenso nel Parlamento e nel Paese.

Non possiamo sottovalutare la fase. La festa di oggi per il miglior risultato ottenuto da parte di questo Governo non ci può far dimenticare i problemi che abbiamo quotidianamente nella nostra Italia: il fatto che il turismo sia in crisi, che il commercio si trovi in uno stato difficilissimo, che le imprese abbiano difficoltà a continuare l'attività, che la cassa integrazione verrà prorogata ma che i licenziamenti non possono essere bloccati per sempre (si può prorogare lo stop ai licenziamenti, ma non per sempre).

Quindi, noi abbiamo il dovere di capire cosa fare, partendo, signor Presidente, dai fondi che il Governo negli anni non è riuscito a spendere in ogni Ministero; partendo dai fondi europei delle precedenti misure, che non sono ancora esauriti; partendo da tutte le opportunità. Ci sono le condizioni per tirare fuori il nostro Paese da questa situazione, per uscire più forti di prima, con maggiore autorevolezza, grazie a questo Governo, a questa maggioranza e a questo Parlamento tutto.

Signor Presidente del Consiglio, questa è, però, un'occasione che semplicemente noi non possiamo perdere. Io auguro a lei e al nostro Governo un buon lavoro nelle prossime settimane. Saranno settimane intense, dove dovranno esserci, insieme, capacità, senso di responsabilità e senso del dovere nei confronti degli italiani da parte di tutti. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pichetto Fratin. Ne ha facoltà.

PICHETTO FRATIN (FIBP-UDC). Signor Presidente, signori membri del Governo, colleghe e colleghi, come Forza Italia, noi apprezziamo il risultato complessivo raggiunto con l'accordo dei 27 Paesi europei. È un risultato per l'Europa, è un risultato per l'Italia e lei, presidente Conte, ha fatto il suo dovere nella trattativa e nel rappresentare il nostro Paese.

Rispetto all'intervento che mi ha preceduto, però, io penso che la festa dovranno farla gli italiani a fine operazione recovery e fondi strutturali, perché, in questo momento, mancano ancora tutte le azioni, che questo Governo non ha ancora fatto, nei confronti dell'economia e della società italiana, a partire da quelli che sono i principi stessi dell'accordo dell'Unione europea.

Parliamo di semplificazioni: il decreto attualmente in discussione semplifica molto poco. Apprezziamo, però, l'accordo per l'entità economica, che permette di raggiungere, tra recovery fund, SURE, MES e il quadro di finanza pluriennale (che con il cofinanziamento raggiungerà circa 75-80 miliardi di euro) un importo complessivo, da riversare a base nazionale, di circa 350 miliardi di euro. Quindi, una vera sfida.

Apprezziamo l'accordo anche per un altro motivo; per la prima volta si avrà una mutualizzazione comunitaria, a livello europeo, dei 27 Paesi. È un grande fatto politico. Ci si è concentrati molto sulla parte economica, ma questo è un grande fatto politico, che il nostro presidente, Silvio Berlusconi, ha voluto rimarcare nelle sue dichiarazioni.

Tutto ciò permette all'Italia di godere di tassi sui finanziamenti molto convenienti e di vantaggi per l'ingente quota di fondo perduto. Gli 81 miliardi del recovery, aggiunti naturalmente al quadro di finanza pluriennale, permettono di fare una valutazione molto seria sugli interventi, che, in questo caso, devono essere le grandi infrastrutture: ferrovie, strade, scuole e intervento a fianco delle imprese che, in questo momento, soffrono ancora moltissimo, anche per la cattiva gestione del piano dei pagamenti, di quelli che vogliono, comunque, pagare le imposte e che voi state strozzando, non permettendo neanche le dilazioni.

È una sfida che, come Paese, dobbiamo saper cogliere e non sprecare. Il nostro essere favorevoli, certamente, non ci esime dal fare proprie ed essere attenti anche a tutte le critiche o riserve che vengono espresse sulle doppie condizionalità: condizioni di gestione sull'economia nazionale che, in linea con quanto anche nel programma del Partito popolare europeo, cui noi aderiamo, prevedono liberalizzazioni. Il Governo, in questo momento, va in senso esattamente opposto.

Ho già citato la semplificazione: quella proposta attualmente è molto timida. Ancora: la riforma della giustizia, che non consiste nel liberare i mafiosi; il libero mercato del lavoro e la flessibilità del mercato del lavoro, per aderire a un'esigenza dell'economia. Finora tutti gli indirizzi del Governo non sono andati in queste direzioni, che sono direzioni normative e costituiscono anche il programma di Forza Italia.

Vi sono poi, signor Presidente, le condizioni di investimento, che riguardano le modalità di spesa, con un controllo che noi non temiamo. Purtroppo è nota, prima di tutto a noi italiani, la nostra difficoltà ad attuare e a spendere in tempi certi e con investimenti efficaci i fondi strutturali: basta scorrere negli anni le tabelle del fondo per lo sviluppo regionale o del fondo sociale europeo o del fondo per lo sviluppo rurale o di quello marittimo, ma anche dei programmi minori (Interreg e Leader non sono da meno), per renderci conto della nostra difficoltà nella capacità di spesa. Non deve più succedere. Stato e Regioni, i veri gestori, devono essere responsabili di quello che dovranno fare, dei programmi da mandare avanti.

Permettete, colleghi, prima di tutto noi parlamentari della Repubblica dobbiamo prendere coscienza, scevri anche da eccessivi condizionamenti ideologici e localistici (dico eccessivi, ma non del tutto scevri dai condizionamenti, che sono parte di noi stessi), e ragionare nell'interesse dell'Italia e degli italiani. Colleghi, potremmo anche poi dividerci nelle scelte, che sono scelte politiche, ma non dobbiamo unirci nell'inerzia, che purtroppo è stata anche la caratteristica di molti disastri nazionali e che attualmente sembra l'indirizzo fondamentale del Governo, azione odierna a parte.

È una grande occasione, ma il rischio è che la litigiosità che il vostro Governo finora ha manifestato la vanifichi e ci renda incapaci di coglierla.

Signor Presidente, il centrodestra (Forza Italia, Lega, Fratelli d'Italia) ha anche posizioni diverse su alcuni settori e su alcuni particolari, ma ha posizioni univoche sull'obiettivo che deve avere il nostro Paese. E comunque è all'opposizione, non si è ancora seduto a discutere per provare l'univocità su alcuni temi, che naturalmente non ci vedono sulla stessa posizione, come ad esempio il MES. Questa è la differenza: voi governate, quindi avete il dovere di trovare una posizione univoca, nell'interesse degli italiani. Forza Italia, come da indirizzo del presidente Berlusconi, ha sempre dato dimostrazione di responsabilità, ma chiediamo che il Governo ascolti le opposizioni (apprezzo che anche esponenti della maggioranza rivolgano questo invito) e raccolga le proposte presentate, evitando di limitarsi a un confronto di facciata, come purtroppo è stato nella discussione sui decreti del periodo Covid-19.

Sappiate, noi saremo vigili e determinati affinché anche queste risorse non siano sprecate verso obiettivi elettoralistici o di propaganda. Noi non vogliamo questo tipo di obiettivi; noi ci impegneremo davvero per contribuire a cambiare l'Italia e a modernizzare il nostro Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Salvini. Ne ha facoltà.

SALVINI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, membri del Governo, innanzitutto, se c'è qualcosa di buono per l'Italia, siamo tutti contenti e su questo non ci piove. Valuteremo nei prossimi mesi se e quanto di buono ci sarà.

Ho due obiezioni di metodo sul grande successo e sul giorno di festa. Questo è il primo caso in cui - rapportandolo alla vita reale del nostro Paese - un imprenditore (in questo caso, il Governo italiano o il Paese Italia) va in banca a chiedere un prestito, che dovrà restituire nell'arco di qualche anno, gli concedono, dopo quattro giorni di trattative, di insulti, di tira e molla, questo prestito, però gli dicono: «Amico mio, i soldi del prestito - che sono peraltro tuoi soldi, perché me li hai pagati tu negli anni - li spendi come ti dico io».

Senza l'okay della Commissione europea, infatti, il prestito non viene erogato: chiamatelo freno di emergenza o voto a maggioranza. È un prestito un po' strano, signor Presidente del Consiglio: se da imprenditore andassi in banca a chiedere un prestito e mi dicessero che con quei soldi ci potrei... (Commenti).

PRESIDENTE. Tutti hanno parlato senza essere disturbati, colleghi, per cortesia. Prego, senatore Salvini.

SALVINI (L-SP-PSd'Az). Abbiamo ascoltato in religioso silenzio il vostro trionfalismo: lasciate parlare anche l'opposizione, che è maggioranza nel Paese, o vi dà fastidio? (Applausi). Possiamo parlare a nome della maggioranza degli italiani o ci è vietato farlo? Ho sentito, nel suo intervento, che lo stesso Presente del Consiglio ha dato le patenti di opposizione brava e di opposizione cattiva: signor Presidente del Consiglio, se qualcuno contesta qualcosa che non va bene per l'Italia e per gli italiani, non lo fa perché è cattivo, ma perché non abbiamo le fette di salame sugli occhi. Mi auguro quindi di poter dire a questo microfono cosa si può fare in più.

Come Lega, avanziamo proposte su come usare questi soldi, ammesso e non concesso che arriveranno: ripeto che è un prestito strano quello che mi concedono dicendomi che ci posso sistemare, ad esempio, camera da letto e cucina, ma non bagno e salotto, perché l'olandese di turno dice no. Siccome sono soldi nostri, penso che gli italiani con i soldi da loro pagati possano fare quello che ritengono, nel loro interesse. Questo non per sovranismo, ma per buonsenso, visto che i soldi all'Europa li abbiamo dati noi. (Applausi).

Comunque, se qualcuno - non in Aula, ma a casa - volesse approfondire, sono le parole del professor Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale della sovversiva università Cattolica di Milano, che sostanzialmente definisce questo prestito un super-MES.

Veniamo però a quello che faremmo, se questi soldi arriveranno. Innanzi tutto, ricompenseremmo uno dei settori massacrati da questa trattativa (e mi spiace che il Ministro di competenza si sia allontanato): avete massacrato gli agricoltori, gli allevatori e i pescatori italiani. (Applausi). Magari ascolta, il signor Ministro, ma non lo voglio distogliere dal dialogo con il senatore Faraone.

Vengono tagliati 9 miliardi di euro alla Politica agricola comune, dei quali, stando alle associazioni degli agricoltori italiani, almeno 2 miliardi a un settore già in difficoltà: capisco che il PD sia impegnato a festeggiare i millemila miliardi che verranno, ma rendo noto agli amici del Partito Democratico che, magari sarà troppo banale per le loro filosofie, ma oggi - non l'anno prossimo, quando forse arriveranno i soldi dei prestiti - il formaggio, il latte, l'olio, la carne, i salumi, la frutta, la verdura e il pesce italiani stanno soffrendo; e siccome l'uomo è ciò che mangia, se mangiamo male, veniamo su male. In primis quindi occorre difendere l'agricoltura e i prodotti italiani. (Applausi).

Non è abbastanza nobile per i frequentatori di Capalbio parlare di agricoltura? C'è gente che si spacca la schiena per dar da mangiare ai nostri figli, quindi vi chiedo di portare rispetto a chi si alza alle 4 della mattina, che è stato dimenticato da questa trattativa. (Applausi. Commenti).

PRESIDENTE. Questo è il luogo del confronto e del dibattito, per cui vorrei che ci fosse silenzio. (Proteste). Abbiamo ascoltato tutti e nessuno è stato interrotto: prego, senatore Salvini, prosegua. (Commenti).

SALVINI (L-SP-PSd'Az). Attenzione: faccio una precisazione, visto che ci sono cento parlamentari del PD e dei 5 Stelle che ritengono che per rilanciare l'agricoltura italiana occorra legalizzare e spacciare droga a nome e per conto dello Stato. (Proteste). Questo no: parlo di grano, frutta, verdura, olio, latte e formaggio, non di canne, per intenderci. (Brusio. Richiami del Presidente).

Non ritengo la coltivazione e lo spaccio della canapa fondamentali per il futuro del nostro Paese, anzi ritengo che la droga sia morte da combattere paese per paese, città per città, scuola per scuola. (Commenti). Se non si può parlare in quest'Aula, mi taccio, non c'è problema.

PRESIDENTE. No, siamo in un Parlamento libero. Finalmente ci possiamo confrontare, quindi inviterei tutti al rispetto, non è possibile! Non intendo che ci siano interruzioni di sorta. Ognuno dice quello che vuole. Prego, senatore Salvini, parli con me.

SALVINI (L-SP-PSd'Az). È opportuno utilizzare una parte di questi millemila miliardi per sostenere l'agricoltura e la pesca italiane, utilizzare una parte di questi soldi per tagliare le tasse, ma lo faccia sul serio, signor Presidente del Consiglio. Se lei la settimana prossima porta in quest'Aula la proposta di taglio dell'IVA, i voti della Lega ci sono tutti, dal primo all'ultimo, ma porti una proposta di taglio delle tasse in quest'Aula, non sui giornali! (Applausi).

C'è depositata la proposta della Lega sulla flat tax per famiglie e imprese con redditi fino a 70.000 euro, al costo di 13 miliardi. Avete portato a casa 209 miliardi, 13 miliardi di questi 209 li usiamo per tagliare le tasse agli italiani o stiamo chiedendo troppo? A proposito, ricordo a qualche Sottosegretario che invitare i ristoratori che non ce la fanno a cambiare mestiere è un insulto alla gente che lavora. (Applausi). Piuttosto, cambi mestiere qualche Sottosegretario, che non sa la fatica che stanno facendo i nostri commercianti.

Il taglio della burocrazia ha costi pari a zero. Il 3 agosto verrà inaugurato il ponte di Genova e penso, a nome di tutta l'Assemblea del Senato, di ringraziare Genova, la Liguria, gli operai, i tecnici, gli architetti, gli ingegneri per il miracolo che hanno fatto. (Applausi. Commenti). No, Toninelli è in giro in monopattino. Ringrazio il sindaco di Genova e tutta la comunità di Genova per il miracolo che hanno fatto in quella città e vi chiedo di applicare il modello Genova a tutte le opere pubbliche ferme, come la Gronda di Genova. A proposito, il ministro De Micheli non è presente in Aula, quindi chiedo al signor Presidente del Consiglio dei ministri se potrebbe cortesemente dirle, se pensa di andare a Genova in Liguria, dove stanno soffrendo e sono da mesi in coda in autostrada, a dire che le code in autostrada i liguri se le inventano, di evitare di prendere in giro un'intera Regione e una popolazione che vorrebbe lavorare. (Applausi. Commenti).

Usiamo una parte di questi soldi per fare strade, autostrade, porti, aeroporti: la Gronda di Genova, la TAV, la dorsale adriatica, il ponte sullo Stretto di Messina, che sarebbe un bellissimo messaggio di cambiamento, di inventiva. (Commenti). Mamma mia, democratici a parole, ma poi, quando qualcuno dice qualcosa che non va loro bene, sono molto meno democratici nei fatti. Vediamo se riusciamo a finire questo intervento.

PRESIDENTE. Non è possibile interrompere continuamente, basta! Non è possibile che nessuno possa esprimere tranquillamente il proprio pensiero! Lo trovo inaccettabile. Prego, senatore Salvini.

SALVINI (L-SP-PSd'Az). Chiediamo di spendere una parte di questi soldi - e lo chiedo da genitore - per la scuola italiana, non per prendere dei banchi con le rotelle che serviranno ai bambini durante la ricreazione, ma per digitalizzare, per sistemare aule magne, palestre. (Applausi). Oggi leggiamo sul «Corriere della Sera» che il tempo pieno è a rischio per le scuole elementari: usate una parte di queste risorse per dare speranza e lavoro certo almeno a una parte dei 200.000 insegnanti precari che hanno in mano la vita e l'educazione dei nostri figli. (Applausi). Almeno una parte spendetela su questo.

Sulle pensioni c'è un'altra proposta della Lega sul modello europeo, portoghese.

Signor Presidente del Consiglio, ci sono in questo momento 373.000 pensionati italiani che hanno preso la residenza all'estero, ad esempio in Portogallo, dove per i primi dieci anni non si tassa la pensione di chi si trasferisce lì. La proposta della Lega è di usare una parte di questi millemila miliardi per copiare il Portogallo e rendere esentasse la vita dei pensionati nelle Regioni del Sud del nostro Paese: la Calabria, la Puglia, la Sicilia, la Campania, la Sardegna, che sono anche più belle, con tutto il rispetto per il Portogallo. (Commenti). Mamma mia!

PRESIDENTE. Non si preoccupi, parli con me.

SALVINI (L-SP-PSd'Az). Ho capito, ma è difficile parlare. Se volete dire che Giuseppe Conte è migliore di Papa Francesco, ditelo voi, ma se noi abbiamo qualcosa da criticare, potremo farlo in quest'Aula, visto che la cassa integrazione ancora non l'avete pagata e i soldi in banca ancora non li avete dati? Possiamo farlo, sottovoce? (Applausi).

Scuola, taglio delle tasse, taglio della burocrazia, giustizia, digitalizzazione dei tribunali, processo veloce e possibilmente separazione delle carriere per evitare nuovi casi Palamara. (Applausi). Separazione delle carriere: chi giudica, giudica; chi indaga, indaga.

Sulle pensioni, vi prego di non tornare alla legge Fornero, non occorre uno scienziato per intuire che in base a questo accordo c'è la cancellazione di quota 100 e il ritorno alla legge Fornero. Quota 100 ha restituito vita, speranza e futuro a 300.000 donne e uomini in questo Paese, ha permesso a tanti giovani di cominciare a lavorare in questo Paese, se qualcuno pensa di cancellare quota 100 e tornare a quella gabbia che è la legge Fornero, la Lega farà le barricate dentro e fuori il Parlamento, perché alla legge Fornero, per quello che ci riguarda, non è possibile tornare, sarebbe un'ingiustizia sociale assolutamente inaccettabile.

Vorrei fare due ultime riflessioni, poi fate voi, visto che state festeggiando. La prima è che si potrebbe usare una parte di questi soldi, visto che la sanità è al centro di questi fondi, per aumentare il numero delle borse di studio per i ragazzi e le ragazze laureati in medicina, che ad oggi devono andare all'estero per poter diventare medici. Infine, la seconda riflessione, per stare alla cronaca, è che non dovete dimenticarvi, cortesemente, delle Forze dell'ordine.

Oggi, ahimè, l'Arma dei Carabinieri è sulle prime pagine dei giornali perché per la prima volta nella storia è stata sequestrata e sigillata una caserma dei Carabinieri, a Piacenza, dove ci sono stati indagati ed arrestati. Da ex Ministro dell'interno, ribadisco che chi sbaglia, paga e chi sbaglia in divisa, paga come e più degli altri, ma questo non serva a nessuno per attaccare, disarmare o infangare le nostre Forze dell'ordine, le nostre donne e i nostri uomini in divisa. (Applausi). Le dico questo perché, per evitare morti e feriti sia fra le Forze dell'ordine, sia fra i catturandi, avevamo introdotto la sperimentazione del taser, la pistola a impulsi elettrici. Era tutto pronto, la sperimentazione era finita, poi, una circolare del Ministero dell'interno di queste ore non solo blocca l'ampliamento dell'utilizzo della pistola elettrica che funziona in tutto il mondo, ma chiede anche la restituzione dei dispositivi che erano stati dati in via sperimentale alle Forze dell'ordine. Non vorrei che dietro ci fosse un pregiudizio che vuole disarmare le nostre Forze dell'ordine, che invece vanno aiutate, incentivate e accompagnate.

Mi sembra di aver dato più di uno spunto di utilizzo di questi soldi. Vi auguro buon lavoro, perché se fate un buon lavoro è una buona notizia per tutti gli italiani. L'unico problema, signor Presidente del Consiglio, è che gran parte di questi soldi arriveranno nei prossimi anni, ce lo avete detto voi. I primi prestiti, se tutto va bene, arriveranno a 2021 inoltrato.

Le dico una cosa che chiunque giri l'Italia in questo momento tocca con mano: per molte imprese, per molte partite IVA, per molti artigiani, per molte famiglie e per molte mamme e papà, il problema economico è adesso, non è nel 2021. I soldi che arriveranno domani potrebbero non servire a niente perché rischiamo di perdere un milione di posti di lavoro nei prossimi mesi. In attesa dell'aiuto benefico di mamma Europa, l'Italia faccia tutto quello che stanno facendo gli altri Governi europei, aiutiamo le famiglie e le imprese adesso, perché domani potrebbe essere troppo tardi e rischiamo di non avere niente da festeggiare.

In bocca al lupo a lei, ma soprattutto in bocca al lupo all'Italia, perché di promesse, in questi mesi, ne abbiamo sentite anche troppe. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Ricciardi. Ne ha facoltà.

RICCIARDI (M5S). Signor Presidente, membri del Governo, colleghi, torniamo a noi dopo aver visto che il collega Salvini ha parlato di tutto tranne che dell'argomento per cui siamo qui in questo momento. (Applausi).

Il percorso non può certo dirsi concluso, ma oggi quell'ideale di Europa che venne coltivato a Ventotene, in un periodo altrettanto difficile della storia, è più vicino. Questo grandissimo risultato, presidente Conte, è stato raggiunto grazie alle sue capacità e alla sponda, alla spinta, al sostegno che il MoVimento 5 Stelle le ha costantemente garantito.

Il MoVimento 5 Stelle - voglio ribadire con nettezza - da anni conduce una battaglia che ha contribuito a rendere più fertile il terreno dal quale il cambiamento finalmente comincia a germogliare. L'accordo raggiunto in sede europea, dopo giorni di faticosissimo negoziato, introduce per la prima volta una condivisione del debito futuro per finanziare il recovery fund. Questa idea, nata a metà degli anni Novanta, da Jacques Delors, oggetto nei decenni di dibattiti infiniti e finora sempre naufragata contro gli egoismi di alcuni Paesi membri, oggi diventa realtà. Una realtà, certo, che dovrà ancora essere sviluppata, ma l'affermazione del principio e la sua prima applicazione rappresentano un passaggio fondamentale.

L'Italia risulta beneficiaria della fetta più grande del recovery fund, 209 miliardi di euro, che sono il 28 per cento dei 750 miliardi, come ha ben precisato prima lei, complessivamente coinvolti nel piano. Non solo, all'interno di questa cifra, gli 82 miliardi di contributo a fondo perduto, che sono confermati per l'Italia, rappresentano la più alta dotazione rispetto agli altri partner europei. All'interno dei 209 miliardi è vero che la componente di prestiti è la più rilevante; una componente che, sappiamo bene, per un Paese che ha un debito pubblico che viaggia verso il 160 per cento del rapporto con il PIL non rappresenta certo lo strumento più maneggevole. È però tutta l'impostazione del recovery fund che deve valutata.

L'emissione di titoli da tripla A da parte della Commissione, cioè con il massimo del rating, è di per sé in grado di far scendere la temperatura sui nostri titoli e sul loro costo. In più i fondi recovery possono sostituire una quota di spese in conto capitale, cioè investimenti, che altrimenti sarebbero state finanziate con titoli di debito pubblico italiano ben più costosi. È vero, inoltre, che le risorse che derivano dal recovery dovranno essere restituite, ma a condizioni di favore e con una durata lunghissima.

Presidente, abbiamo incassato un risultato davvero importante, viste le condizioni di partenza e soprattutto visto l'atteggiamento che hanno avuto alcuni Paesi frugali fino alla fine. A lei il merito di aver posto l'accento su una certa ipocrisia dei Paesi del Nord, in capo l'Olanda, che, da una parte, sbandierano la loro cultura calvinista di frugali formichine e, dall'altra, hanno dentro casa paradisi fiscali e normativi che ogni anno sottraggono ingenti risorse ai partner dell'Unione europea. (Applausi).

Avrà poi visto, signor Presidente, che il risultato raggiunto al vertice europeo ha cominciato a creare qualche incrinatura anche nelle reazioni delle opposizioni. Accanto a Fratelli d'Italia, che non ha potuto fare a meno di notare che lei è uscito in piedi dal negoziato, c'è la sempre più scomposta propaganda della Lega, che parla di fregatura grossa come una casa. Eppure un grande amico e alleato europeo della Lega, quel Geert Wilders che prima del vertice andava in giro con un cartello con sopra scritto «Non un centesimo all'Italia», ha commentato l'accordo dicendo che l'Unione europea ha fatto un regalo all'Italia, destinandole 82 miliardi a fondo perduto. La posizione dell'amico alleato olandese della Lega è tra le prove più evidenti del successo ottenuto dal Governo e della convulsa propaganda del principale partito di opposizione. (Applausi).

Infatti nell'ultima settimana, con lo smantellamento del sistema affaristico cresciuto intorno ad Autostrade e con l'ottenimento del recovery fund, il Governo e il MoVimento 5 Stelle hanno ottenuto due risultati fondamentali per l'interesse di tutti gli italiani.

Signor Presidente, andiamo avanti senza curarci troppo dei rumori di sottofondo, andiamo avanti con l'accresciuta credibilità del Governo e dell'Italia, con il riconoscimento del ruolo di interlocutore fondamentale in tutte le principali decisioni europee.

L'Unione europea, con l'accordo sul recovery fund, ci ha aperto una strada molto importante per effettuare investimenti in settori che rappresentano obiettivi storici del MoVimento 5 Stelle, come l'ambiente, il digitale e la transizione energetica. Sta a noi adesso mettere i soldi a terra in tempi rapidi. Ci stiamo lavorando con un ambizioso piano all'interno del decreto semplificazioni, che ha il merito di sveltire tutta una serie di procedure e di introdurre un innovativo sistema di monitoraggio delle opere pubbliche. Allo stesso tempo, signor Presidente, crediamo anche che l'Italia debba alimentare un suo canale autonomo di reperimento delle risorse, un piano di autofinanziamento che permetta al Paese di allentare una certa dipendenza dai mercati finanziari.

Abbiamo un Paese da rimettere in carreggiata dopo la crisi economica globale più drammatica dal 1929. Questo è il momento della responsabilità, non delle chiacchiere, non della disinformazione né della propaganda; queste cose lasciamole fare ad altri. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Unterberger. Ne ha facoltà.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, signor presidente Conte, per circa novanta ore i cittadini e i mercati hanno avuto gli occhi puntati sul Consiglio europeo nel quale era in gioco il futuro dell'Unione. Nonostante posizioni inizialmente molto distanti, si è trovato un compromesso che ha permesso a tutti gli attori di dirsi soddisfatti. Insomma, è un momento storico per l'Europa, ma anche per l'Italia, che adesso ha l'opportunità e i mezzi per sviluppare tutto il suo potenziale. Penso di non esagerare attestandole grande abilità nelle trattative, come le è stato riconosciuto anche dalla stampa estera e addirittura da parte dell'opposizione. Non vorrei paragonarla con Papa Francesco, ma direi che ha fatto un ottimo lavoro. (Applausi).

Sono rimasti veramente in pochi a dire che un accordo che porta all'Italia 81 miliardi di euro a fondo perduto e 127 miliardi di prestito con un basso tasso di interesse sia una fregatura. Forse per i sovranisti si è rivelata una fregatura il fatto che i grandi nemici della loro narrazione, i Merkel e i Macron, si sono spesi per l'Italia. Tra l'altro, signor Presidente, i suoi colleghi, quando sono tornati a casa, sono stati aspramente criticati dai sovranisti a casa loro (dai Wilders, dalla AfD), che hanno detto che è stato fatto un grandissimo regalo all'Italia; Wilders ha contestualmente detto «a un popolo di evasori fiscali». Penso allora che i sovranisti si debbano chiarire le idee. (Applausi). Il recovery fund o è una grande fregatura oppure è un regalo per l'Italia e una fregatura per i Paesi frugali; tutti e due è un po' difficile. (Applausi). Comunque oggi almeno siamo stati delucidati sulle ragioni per le quali il senatore Salvini continua a postare situazioni nelle quali mangia: ci ha spiegato che l'uomo è quello che mangia. (Applausi).

In realtà è anche colpa del sovranismo se questa trattativa è stata così lunga e difficile. Non dimentichiamo che Kurz e Rutte, ma anche i Paesi scandinavi, hanno una forte opposizione antieuropea. In Olanda presto ci saranno le elezioni e quindi dovevano difendersi anche dalla propaganda di casa propria.

Tuttavia è vero che in tutti questi anni l'Italia non ha certo brillato per l'utilizzo delle risorse europee, per attenzione ai conti pubblici o per riforme in grado di modernizzare il sistema e questo non dipende solo dai mezzi finanziari, perché semplificare non costa nulla. Pertanto, mi sembra logico e anche giusto che ci siano delle forme di supervisione sul modo con cui ciascun Paese spenderà queste risorse: ciò tutela tutti i cittadini europei, che hanno il diritto di avere il massimo beneficio dai soldi di questo debito comune, perché il punto più importante è che l'Europa, per la prima volta nella sua storia, ha accettato una mutualizzazione del debito.

Presidente Conte, come dice l'adagio inglese citato oggi dal «Corriere della Sera»: «Stai attento a quello che desideri, perché potresti averlo». Effettivamente adesso viene la fase forse più difficile: riuscirà l'Italia a spendere al meglio le risorse e a fare le riforme che si attendono da almeno vent'anni? Da qui a ottobre abbiamo bisogno di un piano che dovrà essere dettagliato e contenere per ogni singolo intervento studi di fattibilità e dettaglio dei costi. Bisognerà coinvolgere le Regioni e le Province autonome, sia nello sviluppo che nella gestione dei progetti. Allo stesso tempo, non dobbiamo illuderci che il superfreno che voleva Mark Rutte sia uscito di scena. Siamo il Paese che riceverà più aiuti e prestiti e, dunque, da come li gestiremo dipenderà la credibilità dell'intera operazione.

Allora, come lei spesso ripete in questi giorni, signor Presidente del Consiglio, dobbiamo correre, dobbiamo essere rapidi e coraggiosi nella sfida contro la burocrazia e la corruzione.

Abbiamo davvero la possibilità storica di diventare un modello per il rilancio dopo questa drammatica crisi e mi auguro che tutto questo avvenga con il contributo delle opposizioni responsabili, perché questo non è il momento delle polemiche e delle divisioni: è il momento di scrivere una pagina nuova, quella di un'Italia più giusta e più moderna. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ciriani. Ne ha facoltà.

CIRIANI (FdI). Signor Presidente del Senato, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, senatori, in questi giorni la domanda che è stata rivolta più di frequente a me e ai colleghi di Fratelli d'Italia è stata: «Ma voi e il vostro partito da che parte state, per chi fate il tifo?».

Ammesso che questa fosse una competizione sportiva, per cui c'erano le tifoserie, è una domanda che ho sempre definito sciocca, perché ha una sola risposta: noi stiamo dalla parte dell'Italia, di chi rappresenta l'Italia nei consessi internazionali, di chi ha l'onere pro tempore di rappresentare il Paese che è anche e soprattutto il mio, il nostro Paese. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo anche in questa occasione, perché per noi la difesa dell'interesse nazionale non è un espediente retorico, ma è il primo e principale motivo per cui abbiamo fondato il nostro partito e gli abbiamo dato il nome che ha, Fratelli d'Italia.

Credo che abbiamo dimostrato in tante occasioni, anche con capacità di prevenire le posizioni politiche che si sono succedute nel tempo, che la difesa dell'interesse nazionale non è stata una moda. Noi abbiamo difeso l'interesse nazionale anche quando dicevano che il MES era uno strumento che serviva alle banche tedesche e non certamente a quelle italiane. Abbiamo difeso gli interessi nazionali quando l'Italia è stata lasciata per anni da sola ad affrontare l'emergenza di clandestini che arrivavano dall'Africa del Nord, abbandonata a se stessa: l'Europa quella volta non c'era o faceva semplicemente finta di esserci. Abbiamo difeso i nostri interessi nazionali anche attaccando, facendo nomi e cognomi, i Paesi cosiddetti o sedicenti frugali, i quali però coltivano al proprio interno paradisi fiscali che hanno ben poco di frugale, se posso permettermi.

Siamo stati i primi - presidente Conte, credo se ne prenderà atto - ad aver avanzato al Governo la proposta, che poi ha fatto propria, di introdurre il golden power, e cioè uno strumento che consente allo Stato e al Governo di difendere le proprie infrastrutture strategiche dall'aggressione ostile di Paesi stranieri o di fondi speculativi. Quindi, il nostro atteggiamento è oggi esattamente quello di ieri e dell'altro ieri; è semplicemente un fattore di coerenza e noi, sulla coerenza, abbiamo costruito il consenso di questo partito.

C'è poi un altro motivo, molto più pratico, per cui noi abbiamo fatto il tifo per l'Italia, ed è un motivo metapolitico, o - per essere più banali - che non c'entra nulla con la politica: credo che nessuna persona di buon senso e nessuno che faccia politica dentro e fuori quest'Aula possa augurarsi che l'Italia subisca un tracollo politico, sociale ed economico dal quale non potremmo uscire se non come Paese ridotto in macerie. Nessuno - anche chi sta all'opposizione e si candida a governare questo Paese in futuro - può augurarsi di governare un Paese ridotto in rovina; questa non è certamente l'ambizione di Fratelli d'Italia. Il nostro è un Paese che deve già affrontare un'emergenza sociale ed economica gravissima; un Paese piegato da una pandemia paurosa, a cui non serve aggiungere la scorribanda di fondi speculativi che vengono a rubarci i nostri gioielli di famiglia, né la volontà di qualcuno di reintrodurre - fittiziamente o dalla finestra - condizionalità che sono uscite dalla porta.

Presidente Conte, c'è una domanda che voglio farle in tutta onestà, andando oltre i trionfalismi, alcuni dei quali onestamente fuori luogo ed eccessivi in quest'Aula. L'accordo che lei - il nostro Paese, l'Italia - ha raggiunto ci mette al riparo da questo scenario così tragico e pauroso? La risposta che do è che non ne sono affatto sicuro. Sarà il tempo a dimostrare se quello che oggi voi raccontate è la salvezza dell'Italia o, semplicemente, un rinvio di problemi purtroppo ineludibili.

Ad ogni modo noi - lo dico io e gliel'ha già detto il presidente Meloni - le riconosciamo oggi che il nostro Paese, che rischiava di essere travolto da quella trattativa, ne è uscito in piedi. Certo, poteva andare molto meglio ed è anche un po' strano leggere le dichiarazioni di leader nazionali e internazionali che dicono che tutti hanno vinto e nessuno ha perso. È difficile capire da che parte stia la verità.

Sicuramente si tratta di un compromesso che non modifica di un centimetro il nostro giudizio sull'azione politica del suo Governo e dei suoi Ministri, il quale rimane estremamente negativo per quello che lei ha fatto - o, meglio, non ha fatto - nei mesi di pandemia e crisi economica. È un giudizio negativo dovuto ai troppi annunci, ai pochi fatti, agli scarsi risultati e alle troppe passerelle che ci giustificano nell'atteggiamento molto prudente rispetto all'ottimismo eccessivo che registriamo nelle ultime ore.

Presidente Conte, devo anche aggiungere - esco un attimo dal merito del tema dominante di questa discussione - che il giudizio negativo nei confronti del suo Governo è assai giustificato dal comportamento di alcuni suoi Ministri. Faccio una breve parentesi. Mancano quaranta giorni all'inizio dell'anno scolastico e il Paese ancora non sa se le scuole apriranno. Anche questo ha molto a che fare con la capacità del nostro Paese di mostrarsi integralmente e veramente europeo. Con la scuola allo sbando, è difficile poter chiedere in Europa un trattamento degno di un Paese civile. Forse qualche Ministro dovrebbe pensare se non sia il caso di cambiare presto mestiere.

Oltre a questa parentesi, che era doverosa, voglio fare sue le parole con cui ha invitato anche le opposizioni a ragionamenti che fuoriescano dalla logica della contrapposizione, delle trincee e delle posizioni dovute, per cui chi è all'opposizione parla male del Governo e chi è al Governo parla male dell'opposizione. Con la stessa onestà intellettuale le chiedo se è vero - io credo che non lo sia - che quello che lei ha affrontato è uno scontro tra i buoni dell'Unione europea, i buonisti (i filoeuropei e del Partito popolare europeo), e i cattivi sovranisti. O è vero forse il contrario, e cioè che i peggiori nemici dell'Italia li abbiamo incontrati tra i membri del Partito Popolare e dell'area liberale, coloro che sono amici del vostro Governo nei consessi europei?

E non è vero - rifletteteci un attimo - che, se in questi mesi e anni non ci fossero state la nostra fortissima pressione, le nostre critiche e le richieste delle forze di destra, quelle che chiamate con disprezzo neanche tanto sottaciuto forze sovraniste, l'Europa sarebbe ancora ferma al MES? E non mi riferisco al MES senza condizionalità presunta, ma al MES in versione greca, quella con la troika e l'imposizione di regimi di austerity che hanno gravato su un Paese libero come la Grecia per molti anni. È stata la nostra attività che ha spinto l'Europa a svegliarsi e a capire che non poteva andare avanti su questa strada.

Lei ha giustamente fatto rilevare che circa 200 miliardi, tra quelli assegnati complessivamente al recovery fund, avranno come destinazione il nostro Paese. Mi lasci però dire che tra il dire e il fare c'è di mezzo un mare, un mare di guai, di trappole, di incognite, di cose che non sappiamo e di cose che non abbiamo capito; e chissà chi ha capito veramente come andranno le cose.

Sulla prima vicenda a cui vorrei fare cenno credo non abbia ancora parlato nessuno: mi riferisco alle nuove tasse introdotte per finanziare il recovery fund. Signor Presidente, ho letto - lei mi smentisca se dico una cosa inesatta - che dal 1° gennaio 2021 verrà introdotta la plastic tax, una tassa sulla plastica che colpirà pesantemente i nostri produttori. Sono 11.000 i produttori italiani di plastica che garantiscono 30 miliardi di fatturato ogni anno. C'è stata la volontà di introdurre la plastic tax, ma non c'è stata la volontà di introdurre la sacrosanta tassa sul web, in assenza della quale i giganti del web possono fare concorrenza sleale nei confronti delle imprese italiane ed europee che non appartengono alla ristretta cerchia dei giganti del web.

C'è poi la questione dei modi e dei tempi, che è essenziale, perché i soldi non vanno promessi, ma erogati in tempi certi, oltre i quali un finanziamento serve a poco o nulla. Noi non abbiamo ancora compreso, anche se lei è stato molto rassicurante, come funzionerà questo freno di emergenza, e se sarà motivo e condizione per cui l'Olanda, la Germania o il Paese di turno potrà di nuovo imporci o tentare di imporci una condizionalità pesante sul regime fiscale, sulle pensioni, sulla sanità o su quello che abbiamo visto negli ultimi anni.

Signor Presidente, c'è stata una spaventosa pandemia in questo Paese e nell'intero continente. Soltanto a fronte di centinaia di migliaia di morti, finalmente l'Unione europea ha capito che era il caso di mettere in campo uno strumento straordinario. I 1.500 miliardi previsti dalla Banca centrale europea si sono ridotti a poco più della metà. Vorrei che fosse chiaro che la posizione di Fratelli d'Italia non è andare a chiedere una cortesia, un favore, una scorciatoia all'Unione europea. Il popolo italiano ha una sua dignità e la rivendica; non chiede di avere qualcosa di diverso da quanto gli è dovuto, ma chiede di avere degli strumenti per potersi rialzare, per poter lavorare, per tornare ad essere competitivo e poter onorare i suoi debiti, come ha sempre fatto in questi decenni, e non accetta lezioni da chi non è in grado di fornirne, perché non ha le condizioni etiche per poterlo fare, anche se si autodefinisce puritano e frugale.

L'Italia, però, non può nemmeno contraddistinguersi ancora una volta per essere un cattivo esempio. Io difendo il mio Paese, ma non lo posso difendere di fronte a una realtà che parla un linguaggio diverso e a cui corrisponde, purtroppo, una realtà diversa. Mi riferisco al fatto che gli ultimi scostamenti di bilancio che il vostro Governo ha preteso in sede europea sono serviti non per gli investimenti, ma per la spesa corrente, per la spesa elettorale, per la spesa utilizzata per comprare il consenso.

Questo non può più capitare, perché credo, signor Presidente - lei, se è onesto, lo deve ammettere - che anche in Europa abbiano visto i filmati dei suoi Ministri festeggiare dal balcone di Palazzo Chigi la cancellazione per decreto della povertà con il reddito cittadinanza, il reddito d'emergenza, l'assunzione di navigator pagati per non fare nulla. Questa immagine danneggia il nostro Paese (Applausi), perché restituisce l'immagine di un Paese che non è serio ed affidabile. Ma l'Italia è molto meglio di questo, fortunatamente, ed ha molte centinaia e migliaia di lavoratori e di imprese che vogliono dimostrare di essere all'altezza.

A proposito delle scadenze fiscali, il Governo ha rifiutato la richiesta dei commercialisti di accettare un leggero rinvio delle scadenze. Perché lo ha fatto? Lo ha fatto perché il Governo è composto da persone che nutrono disprezzo nei confronti dei commercialisti, delle professioni e delle imprese, o perché questo Governo ha necessità persino degli otto miliardi subito, cash, e non può rinunciare nemmeno a quelli? Se questa è la verità, vuol dire che abbiamo necessità ora di soldi, e non di soldi promessi ma che possiamo veramente utilizzare. E vuol dire che la condizione del nostro Paese non permette sogni di gloria, ma impone scelte non solo lungimiranti, ma anche assolutamente veloci.

Signor Presidente, ho concluso anche se c'erano altre cose che avrei voluto dire. Il tempo è galantuomo e come sempre farà chiarezza delle promesse, dei trionfalismi e degli annunci. C'è però un altro problema più grave: l'Italia tempo da attendere non ne ha più. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice De Petris. Ne ha facoltà.

DE PETRIS (Misto-LeU). Signor Presidente, dico con molta chiarezza che non stiamo facendo trionfalismi: stiamo riconoscendo il risultato del vertice europeo. E dobbiamo dirle con forza che è un risultato di portata storica, perché può dare, per la prima volta, la possibilità di cambiare non solo il nostro Paese, ma anche l'Europa.

Noi non abbiamo mai risparmiato - come il Presidente sa e come sa chi mi conosce in quest'Aula - le critiche all'Europa quando ha mostrato il volto dell'austerity e della rigidità e quando - per esempio - nella crisi dei debiti sovrani non è riuscita a mettere in campo una soluzione come quella odierna. Noi e il nostro Paese sappiamo quali sono state le conseguenze. Altri Paesi in Europa sanno quali sono state le conseguenze dell'idea rigorista dell'Europa stessa. Noi siamo stati critici con l'Europa quando la stessa - su questo tornerò - non è stata più legata al sogno, al progetto europeo, a un'idea politica dell'Europa ed è stata ridotta semplicemente ad accordi intergovernativi.

Proprio perché siamo stati così critici, non abbiamo mai abbandonato e questa è stata la forza di questo Paese, di questo Governo e di questa maggioranza, che non solo non hanno mai ceduto a tentazioni sovraniste o di strane alleanze, ma hanno anche perseguito fino in fondo l'idea dell'Europa forte e dell'Europa politica. Questo risultato è frutto anche della nostra posizione, che non abbiamo mai abbandonato negli ultimi mesi.

Ora abbiamo l'occasione di cambiare l'Europa, perché si è dimostrato in questi lunghi giorni, che lei, Presidente, ci ha sintetizzato e raccontato, anche con momenti duri e drammatici, che si può fare un passo in avanti; si può superare la logica intergovernativa e dell'unanimità. Si può superare e bloccare l'idea dei veti; si può costruire davvero una forza delle istituzioni europee. Su questo risultato non ho un problema di aggettivi e lo dobbiamo ascrivere a questo Governo e a lei, presidente del Consiglio Conte, anche perché ci ha creduto quando, anche in Europa, pochi ci credevano. Vorrei ricordare l'iniziativa, il lavoro e la lettera fatti con altri Paesi, portando anche la Francia e la Germania su queste posizioni.

Gli eurobond, quando sono stati lanciati come idea, sembravano un miraggio. Chi credeva che potessero essere garantiti dal bilancio europeo?

Oggi, invece, tutto questo è una realtà. Possiamo dire che tutto è fatto? Assolutamente no. Ho indicato due strade, e intanto la strada da perseguire. In questo momento l'Italia ha acquisito moltissima credibilità e rispetto in Europa; può fare fino in fondo da traino, insieme ad altri Paesi, grazie anche alla capacità che ha avuto di costruire alleanze, per rilanciare con forza il progetto di integrazione europea. Lo scontro con i cosiddetti Paesi frugali - i giovanotti biondi, come li chiamo io - da cosa è stato originato? Non si è trattato soltanto della difesa dei propri privilegi, operazione che hanno tentato di fare fino alla fine - e qualcosa evidentemente hanno anche ottenuto - ma anche dall'idea che quei Paesi hanno perseguito di voler bloccare un progetto di integrazione europea. Questo è stato anche l'elemento dello scontro in Europa, un elemento politico molto forte. Per questa ragione, il risultato è importante; per questo il risultato segna - a nostro avviso - una svolta significativa. E abbiamo svolto fino in fondo e bene il nostro ruolo di Paese fondatore, di Paese che ci ha sempre creduto.

Ho sentito in quest'Aula interventi francamente fuori luogo, per cui delle volte penso, Presidente, che, se facessimo sedute anche il venerdì e il sabato, forse sarebbe meglio, perché lunghi week-end a volte danno un po' alla testa e si perde anche lucidità nel ragionamento. Perché dico fuori luogo?

Molti sono andati via, ma pensiamo allo scenario di un anno fa. Colleghi, se oggi in Europa ci fosse un altro Governo, con i proclami sovranisti, avremmo ottenuto 209 miliardi? Questa è la domanda che rivolgo a tutti. Bisogna essere onesti dal punto di vista intellettuale per riconoscerlo.

La critica dice che i fondi non arriveranno, poi vedremo, sono un prestito. Colleghi, è un risultato che anche tutti gli altri Paesi ci riconoscono. Come si fa a non comprenderlo fino in fondo?

È tutto fatto? No. Certamente ora spetta a noi. Adesso dobbiamo mettere in campo un piano anticrisi, un recovery plan, un piano di utilizzo delle risorse che sia uno strumento potentissimo per il nostro Paese.

Presidente Conte, lei mi conosce e sa quali sono le mie ossessioni. Qui ho sentito accenti un po' vecchi rispetto a vecchie riforme; un modo retorico di pensare al passato. Dobbiamo guardare al futuro ma, per farlo, per puntare sulla modernità, per modernizzare questo Paese, la chiave, Presidente, lei la conosce. Senza titubanze e senza esitazioni dobbiamo intraprendere la strada della transizione verde, della riconversione ecologica. È uno strumento rispetto al quale possiamo essere in sintonia con quella condizionalità dell'Europa che a noi piace. A noi piace quella condizionalità, perché ci può portare alla guida.

Non siamo stati certamente contenti - per esempio - del taglio dei fondi per il clima, anche se erano utilizzati in un certo modo; quindi, a maggior ragione, oggi dobbiamo stare in campo.

Next generation EU che cosa ci dice? Gli assi fondamentali sono il green new deal, l'innovazione digitale. È su questo che dobbiamo assolutamente correre. È questa la vera modernizzazione del Paese.

Non pensiamo - e lei, presidente Conte, so perfettamente che non lo pensa e si sta incamminando sulla giusta strada - che si possa uscire dalla crisi, una crisi fortissima per il nostro Paese, a livello sociale e occupazionale, per tantissimi settori, mettendo in campo vecchie ricette. Colleghi, non si deve tornare alla normalità, perché la normalità è stato il problema, è stato uno dei problemi. Dobbiamo guardare avanti e avere una grande capacità.

Ho scoperto, in questi mesi così difficili, i talenti italiani, i brevetti che si stanno registrando, e il Ministro lo sa. Davvero, sono tantissimi i talenti, e grande è la capacità di innovazione. Noi su questo dobbiamo puntare, certamente con una discussione parlamentare. Non ho dubbio alcuno. Ognuno di noi può dare il suo contributo. L'opposizione può lavorare con noi, per fare il salto di qualità in avanti. Questa è la nostra scommessa.

Il risultato che il Governo ha ottenuto, che lei, presidente Conte, ha ottenuto, nella lunga e faticosa trattativa, darà, però, tanta speranza agli italiani. Ha rimesso in campo una fiducia in un momento difficile e complicato e anche di questo noi la ringraziamo. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Fedeli. Ne ha facoltà.

FEDELI (PD). Signor Presidente, oltre che i ringraziamenti, forse conviene anche ricordare velocemente che l'intesa raggiunta, che è un buon accordo, contiene anche dei numeri interessanti. E i numeri contano, visto che le delegazioni si sono battute su questo. Voglio dirlo anche rispetto ad alcuni interventi che ho ascoltato prima.

Il risultato ci consegna uno strumento molto ambizioso. Sappiamo quanti miliardi vengono mobilitati, sia per i prestiti che per i sussidi, ma voglio aggiungere solo una riflessione al riguardo. Per il nostro Paese c'è un elemento in più in questa intesa, che è importante sottolineare. Per la prima volta, l'Italia passerà dalla posizione di contributore netto a quella di beneficiario netto del bilancio dell'Unione europea. Riceveremo, cioè, più soldi di quanti ne versiamo. Presidente Conte, solo per questo, da storica sindacalista, le dico grazie. Il miglior accordo possibile è esattamente questo.

Il Partito Democratico, non da oggi, ma da sempre, ha creduto all'Europa. Lo abbiamo sempre fatto: spesso, purtroppo, da soli. Ci abbiamo creduto anche quando, come molte volte negli ultimi anni, abbiamo criticato scelte, rigidità, posizioni che ovviamente stavano in campo. Abbiamo criticato, ma non abbiamo mai smesso di essere europeisti, perché noi continuiamo a credere e a lavorare per il sogno di Altiero Spinelli e di Delors - come qualcuno ha ricordato - e cioè di un'Europa comunità, umana e politica, oltre che economica. Crediamo nell'Europa solidale, coesa, attenta ai diritti, al lavoro, all'educazione, cioè ai fattori mobilitanti per superare le diseguaglianze.

Questa intesa - a mio giudizio - ha davvero svoltato da questo punto di vista. Ecco perché noi oggi siamo soddisfatte e soddisfatti. Non è una giornata di festa. No: siamo soddisfatti e non esserlo significa davvero essere lontano dagli interessi degli italiani e degli europei. Lo siamo perché il risultato ottenuto dal nostro Paese è veramente importante, grazie alla coerenza, alla qualità, alla determinazione e alla capacità di convergenza che si è determinata con tutta la squadra di Governo.

Lei ha fatto bene, presidente Conte, anche se non è usuale in politica, a ringraziare in particolare il ministro Amendola, che l'ha particolarmente coadiuvata nella trattativa complessa, perché funziona così nelle trattative. È stato anche importante farlo in un contesto dove, precedentemente, avevamo messo persone autorevoli negli spazi europei. Anche questo, infatti, ha contribuito al risultato.

Siamo soddisfatti, però, anche per il segnale che tutta l'Europa ha saputo dare, con una inversione di prospettiva che da anni speravamo di raggiungere. Io voglio fare questa osservazione, anche per il lavoro che il Ministro degli affari esteri fa e sta cercando di fare. Questo è un accordo che si definisce storico. Io lo sottolineo che è storico. E poi ce lo diremo diversamente. Ma, se non si colgono i cambiamenti in campo, vuol dire che noi continuiamo a pensare che è come il giorno precedente. No: il cambiamento è storico, perché l'Europa ha dimostrato finalmente di esserci e di nuovo - secondo me - finalmente c'è l'Europa. Ha dimostrato di avere come soggetto, l'Europa, politico-unitario la consapevolezza, la responsabilità di scegliere politicamente che, uniti, riusciamo a determinare le scelte conseguenti.

Come ha detto qualcuno prima di me, questo accordo è la vittoria della politica, di una capacità anche di metodo della politica, ossia quella di confrontarsi con gli altri Paesi e con gli altri soggetti. Voglio riprendere qui una riflessione del senatore Casini che mi ha convinto molto: nonostante le famiglie politiche siano articolate, divise e deboli, noi invece siamo stati in grado, su un terreno di convergenza di interessi comuni, di determinare una svolta storica.

Guardate che questo è un elemento serio e dovremmo, da questo punto di vista, essere tutti consapevoli che la svolta è in questa scelta politica, perché è ciò che consegna la responsabilità. Ma consegna anche la ragione per la quale stiamo in un Parlamento, sia nazionale che europeo, e la ragione per la quale noi corrispondiamo ovviamente a chi ci ha eletto e alle fasi storiche che stiamo vivendo. Io penso che questo sia davvero un punto importante.

Perché dico che è anche una vittoria del metodo della politica? Lo dico perché hanno vinto il dialogo, la ricerca di punti di unità, il superamento di ogni oltranzismo verso l'attitudine costruttiva. Quando si costruisce con i negoziati, ovviamente si cercano i punti di incontro: un metodo della politica.

Signor Presidente, penso che sia giusto in questa Assemblea - e lo voglio fare anch'io, per la mia storia politica di sinistra - ricordare che è avvenuto un fatto importante. Certo, c'è stata la qualità della nostra delegazione - ma a mio avviso - anche la scelta di un'autorevole componente del negoziato, Angela Merkel, è stata determinante. Vi è stata anche una coincidenza nel legame verso la Germania, che lei ha esercitato nei nostri confronti; certo, anche dei francesi, degli spagnoli e dei portoghesi, ma io penso che la sua scelta, che è stata la più impegnativa rispetto al suo Paese, abbia segnato una svolta per disegnare la nuova Europa. Penso che sia giusto che la nostra Assemblea sappia riconoscere questo a una politica come Angela Merkel.

Adesso però tocca noi. Signor Presidente, Governo, aggiungo che ritengo che abbia ragione chi qui ha detto - e lo abbiamo detto anche in altre occasioni, quando preparavamo la delegazione al negoziato - che noi non possiamo sbagliare. C'è un punto di serietà, di responsabilità e di attenzione che tutti dobbiamo avere. Non sbagliare vuol dire anche saper leggere la realtà complessa dell'oggi non con gli occhi di ieri. Noi dobbiamo sapere che questa opportunità di riforme e di innovazione è l'occasione storica che - come dice Paolo Gentiloni Silveri - capita due volte nella storia della vita di tanti, non capita spesso. Questa è l'occasione per superare il gap che il nostro Paese ha rispetto all'economia e alla collocazione che vuole avere dentro i percorsi europei di finanziamento. Non sono parole, quando si parla di priorità alle infrastrutture immateriali e materiali; infrastruttura immateriale vuol dire la filiera della conoscenza, che è il più grande intreccio fondamentale per una occupazione e un lavoro di qualità. (Applausi).

Se noi non abbiamo questa visione, anche i passi, uno dietro l'altro, che facciamo sono vecchi. Lo voglio dire anche a chi usa le parole del made in Italy: tutto il made in Italy, tutta la filiera ha bisogno della trasversalità di innovazione, ha bisogno di superare il gap digitale. Altrimenti, la nostra internazionalizzazione non avrà questa condizione.

Signor Presidente, mi permetta di concludere sollecitando un'attenzione profonda. Pochi minuti fa l'Istat ha ribadito che questo Paese, oltre ai divari orizzontali, tra Nord e Sud, ha un divario fondamentale da superare: il divario nell'occupazione delle donne e dei giovani. (Applausi). Questo è un asse trasversale: se si parla di moda, se si parla di digitale, si deve dire quali sono i soggetti verso i quali noi facciamo un investimento vero; altrimenti sono solo chiacchiere e non riusciremo a superare i gap veri, i differenziali di genere, di generazione e anche di territorio. Questo è un punto decisivo per la sostenibilità e l'attuazione dell'Agenda 2030 dell'ONU.

Presidente del Consiglio, lo dico a lei, a tutto il Governo e al Parlamento: venga con il dibattito in Assemblea e, per favore, sulle scelte che dobbiamo fare sulle priorità, porti la valutazione di impatto ex ante sul divario di genere. (Applausi).

Se lei lo porta, questo Parlamento discuterà e - secondo me - troverà tutte le soluzioni tra maggioranza e opposizione, perché la scelta sarà autentica; diversamente, rischiamo di vedere ancora il futuro di questo Paese per settori, senza comprendere invece che i gap da superare sono orizzontali a tutta la nostra Nazione. Siccome però avete fatto un buon negoziato, se mi posso permettere, sono fiduciosa e la fiducia in politica è la precondizione per un Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cangini. Ne ha facoltà.

CANGINI (FIBP-UDC). Signor Presidente, illustri membri del Governo, colleghi senatori, per essere chiari ed evitare equivoci, da cittadino italiano, rappresentante di questo Parlamento ed esponente di un movimento politico, sono soddisfatto, e molto, dell'esito del vertice di Bruxelles.

Per essere altrettanto chiari, però, signor presidente Conte, lei ha varcato la soglia di quest'Aula accompagnato da squilli di trombe e rulli di tamburi, col sorriso di chi ha vinto una guerra: duplice errore, signor presidente Conte. Intanto, la guerra deve ancora cominciare - lo sottolineo - e lei deve ancora essere misurato nella sostanza sulle sue capacità politiche. Se, dopo quattro giorni e quattro notti di trattativa, il vertice dei Capi di Stato e di Governo si è concluso con un accordo che ha scontentato in buona parte i Paesi cosiddetti frugali, è stato merito non della sua esperienza nel condurre trattative in Europa né della particolare autorevolezza del Governo che lei guida, ma della cancelliera tedesca Angela Merkel. Ella - non per virtù, ma per condizione generale, è a fine mandato e a fine carriera - si è potuta permettere il lusso di rispondere delle sue condotte politiche di fronte alla storia, e non solo all'elettorato tedesco: è per questo che molto effettivamente è cambiato nel quadro europeo, e molto davvero; si sta realizzando, in parte, quello che tutti, con accenni e toni diversi, per decenni abbiamo auspicato. L'Europa si è sempre presentata divisa di fronte a tutte le grandi crisi globali (che fossero l'11 settembre, i migranti o i debiti sovrani): per la prima volta, i vincoli di bilancio e monetari - giustamente tanto criticati - sono caduti; per la prima volta, si erogano fondi perduti nell'interesse degli Stati; per la prima volta, la politica e la sua logica entrano nella dinamica europea. Questa è un'occasione da cogliere.

A chi rimpiange una presunta età dell'oro nel sovranismo nazionale, ricordo che durante la prima Repubblica la sovranità italiana era qualificata da un aggettivo non edificante, ossia "limitata": la nostra era una sovranità limitata. La verità, colleghi - lo sapete e lo sappiamo bene - è che l'Italia, per tutto il periodo della cosiddetta prima Repubblica, è stata tenuta in forma dal sistema internazionale, non per nostra virtù o capacità di Governo, ma perché avevamo in patria il più grande e forte partito comunista d'Occidente, perché confinavamo ad Est con il blocco sovietico. Non è un caso se, insieme al Muro di Berlino, è venuta giù anche la prima Repubblica né che, da quel momento in poi, il nostro sistema politico, istituzionale ed economico non abbia più trovato un punto di equilibrio.

Questa è quindi la grande sfida che abbiamo di fronte: vincere il pregiudizio, che non è nuovo, purtroppo, nei confronti dell'Italia. Il simpatico premier olandese Rutte pensa oggi quel che ieri pensava la Merkel, che poi è quello che hanno sempre pensato i grandi viaggiatori che tra il '600 e l'800 attraversavano il Belpaese per fare il grand tour e annotavano sui loro diari giudizi non edificanti sulle nostre capacità di autogoverno; la stessa cosa la scrivevano Leopardi e le migliori menti del giornalismo italiano (i Flaiano, i Maccari o i Longanesi). Qualcosa del genere evidentemente pensava anche chi, fino a poco tempo fa, teorizzava la secessione, senza fiducia quindi nell'unità nazionale né nella capacità di autogoverno di almeno metà della Nazione.

Noi dobbiamo guadagnare quella fiducia. Io stento a credere che lei possa, da solo e con una maggioranza così fragile, riuscire in questo compito che è titanico.

Signor Presidente del Consiglio, noi stiamo facendo debiti ed è ragionevole immaginare che, nell'arco di un paio d'anni, il debito italiano arrivi al 180 per cento; se non si riuscirà, se chi governerà non riuscirà a fare in modo che cresca di pari passo anche il PIL, sarà la rovina dell'Italia. La grande quantità di denaro che prima o poi arriverà - perché arriverà, lo sappiamo bene - potrà essere una grande risorsa o potrà essere la nostra rovina definitiva, perché i tassi di interesse si alzeranno, la forbice dello spread si divaricherà, gli investitori internazionali scapperanno e a quel punto non ci sarà più appello per l'Italia. Altro che troika!

Pertanto, signor Presidente del Consiglio, quei soldi vanno spesi bene, in funzione della crescita, e non in monopattini o in assistenzialismo. Lei è chiamato a fare oggi quello che colpevolmente non ha fatto fino a ieri. Io credo che qualsiasi Presidente del Consiglio, di fronte a una crisi globale così grande, a maggior ragione se non eletto e se poggia su una maggioranza fragile in Parlamento e che non è più maggioranza nel Paese, all'inizio della crisi avrebbe dovuto sentire il dovere istituzionale di convocare le opposizioni e concordare (non comunicare) le misure necessarie al Paese, perché dalle scelte che fa, che ha fatto e - a maggior ragione - che farà questo Governo e dalle sue mancate scelte del passato, del presente e del futuro dipenderà il futuro della Nazione per i prossimi decenni.

Non possiamo permetterci errori. Quindi, il mio e il nostro appello è quello di cambiare immediatamente metodo. Lei ha di fronte a sé a breve scadenza tre sfide: il voto sullo scostamento di bilancio, il voto sul MES - signor presidente Conte, chiamiamolo Ugo, risolviamo il problema, cadono tutte le pregiudiziali ideologiche: si tratta di un'occasione da cogliere - e il piano di investimenti. Quel piano d'investimenti va concordato, perché è troppo delicato per il futuro della Nazione per essere lasciato a una parte politica, in quanto ne andrà del futuro di tutti quanti noi. Signor presidente Conte, ora o mai più (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Bagnai. Ne ha facoltà.

BAGNAI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, ho sentito il signor Presidente del Consiglio parlare di una risposta tempestiva dell'Europa ai nostri problemi. Io ho visto che, dopo sei mesi dall'inizio dell'emergenza, ci si è riuniti e si è trovato un accordo politico dai contorni ancora indefiniti per procurarci, fra una decina di mesi, delle somme di cui probabilmente avremo anche bisogno. Non è questa la mia definizione di «tempestivo», ma del resto anche la mia definizione di «poderoso» è un po' diversa da quella del signor Presidente del Consiglio, che ha un lessico tutto suo, ma comunque senz'altro coerente.

Ciò che preoccupa questa opposizione, che vuole essere responsabile, è che noi vorremmo essere convinti di essere di fronte a un passo storico e di vedere un film diverso da quello del 2012. Però, per esserne convinti, dovremmo fare una cosa: per esempio, non dovremmo leggere le carte né la stampa internazionale. Ha fatto bene chi mi ha preceduto a sostenere che fa parte del buon Governo alimentare speranze nella Nazione e nel corpo elettorale, purché non siano però vane. Ad esempio, io confesso a lei, signor Presidente del Consiglio, i miei limiti di economista e di persona che prova a leggere le carte, perché la cifra di 209 miliardi di cui si sente tanto parlare nei documenti disponibili, in particolare nelle conclusioni adottate dal Consiglio, non sono riuscito a rinvenire. Quello che si può rinvenire lo si vede nelle analisi che hanno fatto economisti familiari con questo argomento; per esempio, penso alla dottoressa Silvia Merler, senz'altro non una leghista. Con una serie di stime dichiarate tali dalla Commissione europea si può arrivare alla ragionevole ipotesi che l'Italia potrebbe avere appunto un'ottantina di miliardi di sussidi, ma occorre fare anche un'operazione di verità.

Dovremmo forse ricordare che il bilancio dell'Unione europea è un bilancio a saldo zero e che quindi se 750 miliardi escono, 750 miliardi entrano, quindi non si può parlare dei 209 miliardi che asseritamente arriverebbero all'Italia, senza che questo risulti per tabulas, senza chiarire in quanti anni e quanto ci mette l'Italia, perché quando si va a fare questo calcolo e si valuta nel complesso, come direbbe il nostro signor Presidente del Consiglio, in una logica di pacchetto quello che è successo a Bruxelles, si vede che in realtà l'Italia resta un contribuente netto del progetto e che quindi può anche darsi che questi prestiti aiutino a risolvere un problema di liquidità, ma sono comunque prestiti che paghiamo; nessuno ci sta regalando niente. Un certo tono trionfalistico verso un'Europa che non sarà più come prima risulta, quindi, a mio parere, smentito: in realtà l'Europa risulta più di prima intergovernativa e lo si è visto nella dinamica delle trattative; risulta sempre meno federale, perché sarebbe federale un'Europa che potesse decidere di andare in deficit e di non fare mera redistribuzione, sarebbe federale un'ipotesi come quella che oggi auspica Wolfgang Münchau, un tedesco che non vorrebbe essere tedesco e scrive sul «Financial Times», uno dei più autorevoli commentatori di economia europea, ovvero che andrebbe veramente verso quella strada e sarebbe veramente federale un'Europa che chiedesse nei trattati quelle modifiche necessarie per legittimarne la capacità impositiva e per legittimarne, con una base nei trattati, le emissioni di debito comune, che finora sono destinate a restare una tantum dai contorni sufficientemente indefiniti. Abbiamo quindi un prestito che non risolve i nostri problemi di liquidità, ma questa è anche abbastanza normale, perché il piano che l'Europa propone è intitolato all'Europa della prossima generazione. Quello che noi vorremmo capire è come arriviamo alla prossima generazione nel quadro di disfacimento del tessuto socio-economico del Paese che tanti colleghi hanno evidenziato. Sarò grato, quindi, se potrò rivolgermi magari allo staff tecnico del Presidente del Consiglio e avere l'evidenza da dove si evince questo dato di 209, perché non è una banalità. Quando gli italiani si accorgeranno che in realtà non abbiamo scoperto lo scrigno degli zecchini d'oro, credo che ci sarà un rimbalzo. A me sembra in realtà che il film sia esattamente lo stesso: abbiamo una maggioranza che è oggi, per caso, quella stessa che aveva sostenuto come un passo storico il completamento dell'Unione bancaria e che esultava per questo decisivo passo dell'Europa. Anche l'opposizione è la stessa: noi dicevamo di stare attenti perché c'era il bail in, che era una cosa pericolosa. Chi aveva ragione lo ha detto la Storia e noi ancora ne siamo addolorati, perché non abbiamo dimenticato le vittime di quella catastrofe, e chi ha ragione oggi lo dirà la Storia. Grazie, signor Presidente. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Perilli. Ne ha facoltà.

PERILLI (M5S). Presidente, vedo che anche oggi nessuno dei suoi detrattori, se così possiamo definirli, aspri critici della sua azione in Europa, sono stati disposti a riconoscerle alcunché. Ma va bene, va bene l'applauso che ha ricevuto e che l'ha accolta nell'Aula da parte della maggioranza, al quale è corrisposto da parte dell'opposizione quello che potrei chiamare un ululato. Questo ben rappresenta, direi quasi plasticamente, due situazioni diverse: chi la applaude riconosce che nella sua azione di Governo e nel modo in cui ha portato il Paese nella considerazione europea c'è un lavoro coraggioso, determinato e tra l'altro nell'interesse del Paese, ma questa cosa non è stata compresa, perché ci si focalizza sugli uomini, sulle persone, in questo caso tra l'altro si tratta del rappresentante di una delle più alte istituzioni che viene a riferire, quindi è stato sbagliato anche personalizzare e lei lo ha chiarito bene nel suo discorso. Cerco però anche di immedesimarmi in chi ci ascolta in diretta e in chi cerca di capire quello che è successo. Coloro i quali ci seguono si chiederanno quali sono i vantaggi, che cosa è successo in Europa e perché l'opposizione, al di là della sua consueta opera di strumentalizzazione propria di un'opposizione che fa il suo mestiere, sia così rabbiosa.

Io ho una risposta per entrambe le cose; allora, nel primo caso, con l'approvazione del recovery fund - tra l'altro, se usiamo piano di ripresa, si fa capire anche alle persone il significato e il senso profondo di questa parola che racchiude, all'esito di quella che è stata una tragedia collettiva, l'intenzione e la programmazione di venirne fuori dando delle risposte - abbiamo anzitutto l'emissione di debito comune. Ciò significa una cosa molto semplice; quando si fanno dei debiti, come qualcuno ha detto, in una visione unitaria, si fanno in un'ottica di condivisione. Non mi sembra che questo sia stato mai un risultato neanche sfiorato precedentemente da chi ha attuato queste politiche. (Applausi).

Il secondo è un graduale superamento - che è in corso, ma è già ad un punto importante della strada - dell'austerity e dei danni da essa provocati.

Il terzo, analogamente importante, è la considerazione dell'Italia, che diventa un interlocutore chiave nelle trattative europee e non è più subalterna a qualsiasi altro Paese. (Applausi). Questa è la rivendicazione che chi parla sempre di Paese e di patria dovrebbe anteporre; il fatto che siamo credibili, che dietro di noi c'è un Governo che ha reagito a fronte di una certa inerzia europea, almeno all'indomani della crisi, e che quindi si avvia un percorso.

Il senatore Casini ha detto che, come è stato detto più volte alle opposizioni, non è un richiamo formale, ma dobbiamo lavorare insieme ad una visione unitaria Europa. Questa visione unitaria dell'Europa c'era prima? Come era stata attuata dai Governi? Cosa avevano fatto concretamente per dare forza al Paese? È questo il punto fondamentale; ci possiamo ritrovare tutti, ma come ho detto prima, ci si può domandare perché allora c'è tanta rabbia se i risultati sono così scontati e così a beneficio del sistema Italia Paese. Alle persone, che l'hanno attaccata fino adesso, brucia riconoscere il principio molto semplice di avere ottenuto un risultato, se non altro perché si sono spesi tanto in opposizione, strumentalizzazione e dico anche insulti - se possiamo dirlo - che adesso se la cavano dicendo che lei ha combattuto per l'Italia e che almeno questo glielo riconoscono.

Questo non va bene perché non è un racconto fedele a quello che è accaduto e direi che in realtà non le hanno riconosciuto l'applauso perché loro applaudono ad altro, alle politiche che si sono contraddistinte fin qui. (Applausi). Se infatti andiamo a vedere, nel 2011 quelli che adesso la attaccano, sono quelli che all'interno del governo Berlusconi - così fuori ci capiscono - sostennero l'approvazione del MES e sono quelli che presentarono al Consiglio dei Ministri il disegno di legge di ratifica del MES; chiaramente non possono dirlo ora, ma sono sempre gli stessi. Quindi è inutile che parlano di super MES e del recovery fund; loro hanno contribuito materialmente, non idealmente. Erano materialmente nelle camere di appartenenza e sono gli stessi che sono qui. Diciamolo chiaro e bene per chi sta fuori. Sono altresì gli stessi che, in tema di politiche fiscali, sempre con il governo Berlusconi, hanno determinato l'aumento dell'IVA dal 20 al 21 per cento. È bene che ciò si sappia. (Applausi).

Sempre per rimanere sullo stesso tema, faccio un brevissimo riferimento per chi ci ha contestato l'incapacità. L'8 maggio 2008 Berlusconi giura per la quarta volta sul Governo. C'è un governo Tremonti, ci sono tasse su tasse, lo scudo fiscale e tutti i provvedimenti che conosciamo. Avrei quindi un po' di ritegno nel travestirsi nel nuovo, anche perché qualcuno può credere al gioco dei simboli e delle cose, ma siete sempre gli stessi. Basta rivedere i nomi e li ritrovate. (Applausi).

Rimanendo sul tema, c'è anche il pareggio di bilancio. Stesso travestimento istituzionale; hanno introdotto il pareggio di bilancio e adesso presentano la legge per abolirlo dicendo che è colpa di Conte che non sa fare il suo mestiere in Europa. Qualcuno di importante disse che la storia si ripete o in tragedia, purtroppo, o in farsa.

Io credo che l'opposizione si stia veramente ripetendo in questa farsa. (Applausi). E la bella fregatura l'hanno data loro, continuando a dare sempre falsi segnali e false informazioni al popolo italiano, che in questo momento ha il diritto legittimo - non è questione di trionfalismi - di riconoscersi nell'azione di un Paese che si è fatto valere, grazie a lei, al MoVimento 5 Stelle e alla maggioranza. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione sull'informativa del Presidente del Consiglio dei ministri.

Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16,30 con la discussione delle mozioni all'ordine del giorno.

(La seduta, sospesa alle ore 14,50, è ripresa alle ore 16,34).

Presidenza del vice presidente CALDEROLI

Sulla scomparsa di Bruno Modugno

BRUZZONE (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUZZONE (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, questa mattina è mancato a Roma Bruno Modugno. Era nato a Roma nel 1933. Giornalista, scrittore, regista e autore: una vita e una carriera intense. Ha lavorato per «Il Giornale d'Italia», è stato capocronista di «Telesera», diretto da Ugo Zatterin.

Nel 1964 ha iniziato la sua esperienza alla Rai e per più di trent'anni è stato autore e conduttore di programmi culturali, che chi ha i capelli bianchi ricorda ancora, come «Racconti dal vero», «Pianeta», «Due per sette», «La parola e l'immagine», «L'alba dell'uomo» insieme a Folco Quilici, «Giorno di festa», «Arcobaleno», «L'estate è un'avventura». È stato autore e conduttore del settimanale di Rai2 «Mattina 2» e della trasmissione «Avventura», che ha rivoluzionato la TV dei ragazzi, e chi a quell'epoca era un ragazzo come me lo ricorda. Vedo che una collega annuisce, quindi vuol dire che lo ricorda.

Ha condotto il TG1 negli anni di piombo, gli anni più difficili di questo Paese. Ha girato numerosi documentari dedicati alla ricerca etnologica, all'avventura, all'ambiente e anche alla caccia. Ha diretto ventuno telefilm per la Rai e ha diretto il film «Re di macchia», tratto da un suo romanzo. Era un grande appassionato di montagna e anche un grande appassionato della caccia. A fine carriera, fino ad oggi, finché non si è spento, era direttore editoriale del canale 235 di Sky Caccia TV, da lui voluto.

Era un grande amico, un grande uomo, per me un collega cacciatore che, proprio per la sua ultima attività televisiva, mancherà in questo Paese al popolo dei seguaci di Diana e a quei veri ambientalisti che, come lui diceva, sono i veri tutori dell'ambiente naturale per trecentosessantacinque giorni all'anno.

Alla moglie le più sentite condoglianze.

Ciao Bruno, grazie per tutto quello che con orgoglio e passione hai fatto sempre, come dicevi tu, alla faccia di chi ci vuole male, come tu ci hai insegnato. Ti salutiamo in tanti e che la terra ti sia lieve. (Applausi).

PRESIDENTE. La Presidenza si unisce al suo cordoglio e al suo ricordo.

Ripresa della discussione delle mozioni nn. 254 (testo 2), 260, 268 e 273 (ore 16,37)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione delle mozioni, ha chiesto di intervenire il sottosegretario Puglisi per correggere alcune riformulazioni proposte.

PUGLISI, sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, vorrei correggere due riformulazioni della mozione n. 254. Quanto al punto 5 del dispositivo, la formulazione corretta è la seguente: «ad assumere iniziative di competenza al fine di incrementare e rafforzare gli istituti tecnici superiori», rimanendo identico il resto del punto. Al punto 7 del dispositivo, tutto resta identico a quanto precedentemente letto, ma si aggiungono alla fine le seguenti parole: «nonché ad aprire una riflessione circa l'eventuale obbligatorietà del servizio civile».

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori delle mozioni se accolgono le riformulazioni proposte dal Governo.

NANNICINI (PD). Sì, signor Presidente.

CIRIANI (FdI). Sì, signor Presidente.

NISINI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, non accogliamo le modifiche proposte dal Governo volte a eliminare gli ultimi cinque capoversi delle premesse perché vanno a svuotare il senso della nostra mozione e non accettiamo la riformulazione degli impegni che dovrebbe assumersi il Governo perché cambierebbero l'obiettivo, le finalità e ciò che crediamo siano le politiche giovanili e attive sul lavoro, che andrebbero in un senso opposto. (Applausi).

FLORIS (FIBP-UDC). Signor Presidente, accogliamo le riformulazioni per quanto riguarda i punti richiesti dal Governo. Per i punti 9) e 10) chiediamo, invece, una votazione per parti separate. Chiediamo, cioè, di estrapolare dalla votazione e votare i punti 9) e 10) insieme.

PRESIDENTE. Quindi, accoglie la riformulazione e sui punti 9) e 10) del dispositivo, su cui c'era il parere contrario, chiede una votazione a parte.

Passiamo dunque alla votazione delle mozioni.

MAFFONI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAFFONI (FdI). Signor Presidente, colleghi senatori, la tematica del lavoro giovanile in Italia è di particolare sensibilità.

Secondo alcune fonti istituzionali che si riferiscono ai mesi precedenti il coronavirus, il nostro Paese detiene in Europa il non invidiabile primato per la disoccupazione giovanile e il non altrettanto invidiabile primato per il not in education, employment, or training (NEET), quei ragazzi scoraggiati che non studiano e non lavorano. Proprio oggi un dato ci dice che sono due milioni in Italia.

Colleghi, è vero che vi è stato un lieve miglioramento negli ultimi anni, ma il gap tra Italia e Unione europea è ancora molto alto e per colmare questo vuoto bisogna ricorrere a politiche concrete e mirate. Anche sotto l'aspetto formativo bisogna fare molto: servono politiche che possano contrastare l'abbandono scolastico - siamo di tre punti sopra la media europea - e favorire il numero di laureati, perché qui siamo sotto addirittura di 14 punti. L'Italia non può permettersi di avere il tasso di occupazione giovanile più basso a livello europeo: parliamo del 56,3 per cento contro una media europea del 76 per cento, nella fascia che va tra i venticinque e i ventinove anni. Si tratta del più alto tasso di giovani che non studiano e non lavorano: siamo al 29,7 contro una media europea del 16,6. Insomma, il nostro continua a non essere un Paese per giovani e, nonostante i molti proclami, poco è stato fatto. Oltre 320.000 ragazzi e ragazze tra i venti e trentacinque anni hanno lasciato l'Italia nel decennio che sta per concludersi. Molti giovani lo fanno spesso senza alcuna prospettiva di ritorno.

A tutto questo si aggiunge la crisi legata al Covid-19, che porterà il nostro Paese a confrontarci con uno scenario inimmaginabile fino a pochi mesi fa.

La crisi causata dall'epidemia da coronavirus ha creato infatti un enorme buco nell'economia italiana che, secondo le previsioni, si avvia verso un calo complessivo del 9,5 per cento nel 2020, il peggior risultato dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Solo qualche mese fa, prima della pandemia, le industrie manifatturiere del Nord avevano difficoltà a trovare personale altamente specializzato o ben formato. Purtroppo, ora lo scenario è completamente cambiato. Uno scenario che si concretizzerà il prossimo autunno e che vedrà il nostro Paese coinvolto in una congiura macroeconomica potenzialmente disastrosa, con conseguenze anche in questo negative sull'occupazione giovanile e in genere. Basti pensare, colleghi, che i lavoratori più giovani non riescono a tornare a lavorare perché occupati prevalentemente in settori particolarmente colpiti dalla crisi economica e in parte ancora coinvolti dal blocco, come quello del turismo; cruciale la situazione nel settore alberghiero, della ristorazione e dell'intrattenimento. Che fare, allora, colleghi?

Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO (ore 16,46)

(Segue MAFFONI). Serve un cambio di rotta, culturale e antropologico, ancor prima che politico; serve una politica del lavoro mirata a favorire l'incontro tra domanda e offerta. Serve un approccio diverso; serve favorire il dialogo con le imprese, che non devono essere demonizzate, come qualcuno tende troppo spesso a fare. Serve abbandonare la politica assistenzialista, tanto cara a questo Esecutivo, per applicare una politica lavorativa che premi il merito e la voglia di fare.

Abbiamo assistito nei mesi scorsi a scelte inopportune e prive di alcuna logica concreta; scelte frutto della demagogia e del consenso elettorale, nate senza alcun preventivo confronto con le associazioni di categoria imprenditoriali. Abbiamo - anzi, avete - pensato di risolvere il problema della disoccupazione giovanile negandolo. Avete pensato che, attuando la politica del reddito di cittadinanza, tutto si sarebbe risolto: una imperdonabile miopia culturale, ancor prima che politica; una miopia che di certo non stupisce se si pensa che questo Esecutivo vanta Ministri che nei mesi scorsi festeggiavano l'abolizione della povertà. La verità, cari colleghi, è ben altra: il Paese è sempre più povero, la disoccupazione aumenta e quella giovanile è destinata a farlo ancora di più.

Abbandonate, colleghi della maggioranza, per il bene - anzi, per la sopravvivenza - del nostro Paese, alcuni sterili preconcetti che nel tempo avete voluto applicare. Basta con il reddito di cittadinanza, che peraltro i vostri alleati europei in queste ore (proprio ieri) non apprezzavano, o con i navigator. Basta con la demonizzazione del lavoro.

Si apra una nuova fase - se ne siete capaci - in cui ai giovani venga data una prospettiva futura concreta. Si adottino misure volte a consentire la ripresa dell'attività produttiva delle imprese, mantenendo intatta la forza-lavoro, avendo particolare attenzione per quella giovanile, tra quelle maggiormente a rischio, prevedendo iniziative normative volte alla riduzione del carico fiscale sui datori di lavoro che abbiano scelto o scelgano di non ricorrere alla cassa integrazione. Auspichiamo altresì che si possano prevedere prospettive di sgravi contributivi a favore dei datori di lavoro privati, dal 1° gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, che mantengano almeno l'80 per cento dei livelli occupazionali, specie dei giovani.

Queste proposte concrete, colleghi, contenute nella nostra mozione che voteremo a breve, sono fondamentali per il rilancio del lavoro, specie di quello giovanile. Sono proposte che servono alle future generazioni, che non vogliono assistenza, ma la speranza, anzi, la certezza che ognuno possa essere artefice del proprio destino. Un Paese come il nostro non può negarlo.

Per questo, signor Presidente, visto anche il parziale accoglimento, da parte del Governo, di tutte le mozioni presentate, anche della nostra, il nostro voto sarà favorevole. (Applausi).

PARENTE (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PARENTE (IV-PSI). Signor Presidente, vorrei cominciare questo mio breve intervento in dichiarazioni di voto per la mozione sull'occupazione giovanile, con una frase del pittore Picasso, che io adoro: ci si mette molto tempo per diventare giovani, diceva il grande artista. Umilmente, io la interpreto nel senso che la giovinezza, nell'idea dell'artista, è un punto di approdo. È energia, è voglia di fare, è futuro, è cambiamento e costruzione.

Quindi, io penso che le decisioni che sta prendendo la Commissione europea, la comunicazione della Commissione al Consiglio, che citavamo stamattina, il sostegno all'occupazione giovanile come un ponte verso il lavoro per la prossima generazione, assumano il senso di aiutare i giovani a plasmare la ripresa dell'Europa.

Se solo pensiamo agli investimenti previsti dalla Commissione su digitale e transizione ecologica, ci rendiamo conto che dobbiamo ripartire dalle energie e dalle competenze delle ragazze e dei ragazzi. Il mondo digitale segna un passaggio d'epoca. Noi ora ci troviamo ad affrontare, in questo passaggio d'epoca, anche la crisi del post-coronavirus. Naturalmente, tutti noi ci auguriamo che possiamo definirla epoca post-coronavirus, ma stamattina tanti di noi, quasi tutti, abbiamo citato dati.

Dall'inizio della crisi, un giovane su sei ha perso il lavoro, perché sono settori quali il turismo, le arti, l'intrattenimento, la ristorazione, che vedevano soprattutto la manodopera di giovani, quelli che stanno soffrendo. Stanno soffrendo i giovani che andavano a fare i lavori stagionali. Non occorre leggere le statistiche. Abbiamo figli, amici, parenti. Conosciamo le esperienze che ci raccontano. Siamo rappresentanti politici.

Stanno soffrendo i lavoratori stagionali e stanno soffrendo gli apprendisti, perché, come dicevamo stamattina, con la chiusura di molti centri di formazione, quella bellissima esperienza di inclusione, anche in zone del Paese più difficili, che era l'alternanza tra scuola e lavoro, viene un po' negata in questo periodo.

In tutto questo, ci può essere una crisi universitaria. Noi di questo ci dobbiamo occupare da subito. Si prevede, appunto, un calo di immatricolazione di 35.000 studenti e, su questo, si possono aggravare le disuguaglianze. Chi può, infatti, potrà continuare ad andare all'università, mentre le famiglie che hanno una crisi di lavoro e che sono in territori più disagiati possono subire gravi conseguenze.

E si tratta di conseguenze gravi per tutto il sistema Paese, perché potremmo avere giovani meno istruiti, con un impatto molto negativo sull'occupazione.

Stamattina il mio collega citava un termine, coniato dagli americani, che hanno definito questa come the summer of nothing, cioè l'estate del nulla, in cui i nostri ragazzi (anch'io ho un figlio, di venti anni, al primo anno di università) sono disorientati. Hanno, infatti, perso il senso della comunità, dello scambio tra professori ed allievi. Non hanno la possibilità di migliorare o anche di fare esperienze all'estero, essendo bloccati gli Erasmus. Noi dobbiamo mettere al centro della nostra politica anche questa problematica.

Sappiamo che in Italia la crisi del post-coronavirus si inserisce in un quadro già difficile, con una disoccupazione giovanile molto alta, con tanti giovani che non lavorano e non studiano, con tanti ragazzi sottopagati al primo impiego e con cervelli in fuga. Tuttavia, non credo che dobbiamo guardare ai giovani in questa maniera. Guai a guardare ai giovani come categoria debole! Questa può essere la crisi di un Paese: non possiamo guardare ai giovani come categoria debole. Al contrario, dobbiamo cambiare il nostro pensiero sui giovani. Dobbiamo informare il nostro pensiero su opportunità, su accesso, su costruzione di un mondo nuovo, su energia della forza del lavoro giovanile. Poiché il pensiero forma il linguaggio, anche il nostro linguaggio deve cambiare: deve essere improntato su crescita, lavoro, opportunità, futuro; un linguaggio di vita e di speranza. Non si può opporre alcuna negazione, a mio avviso, al termine «lavoro», perché un'accezione negativa non mette al centro il lavoro.

Certo, ci possono essere delle fasi della vita in cui le persone cadono in povertà e quindi hanno bisogno di sussidi, ma non è la questione che ci riguarda; quello che ci riguarda è mettere al centro sempre lo sviluppo e la crescita. Il lavoro, quindi, deve essere la prospettiva di vita dei giovani e noi abbiamo il dovere di fare in modo che sia così. Come diceva il grande Troisi, il lavoro non è mai una parola da sola, è sempre accompagnato da qualcosa: il lavoro che non si trova, il lavoro nero. Invece noi abbiamo il compito di mettere al centro delle nostre politiche il lavoro.

Certo, non tutti i giovani sono uguali, quindi dobbiamo fare politiche differenti tra chi sta a scuola e chi ha bisogno di alternare scuola e lavoro, tra i giovani che devono scegliere percorsi universitari, i giovani che si affacciano al lavoro per la prima volta, i giovani che non studiano e lavorano e quelli che mettono su famiglia e devono avere anche la possibilità di trovare un lavoro (soprattutto le giovani donne), di continuare a lavorare e di fare scelte di genitorialità, in un Paese a così basso livello di natalità.

Noi abbiamo il dovere di compiere scelte decisive. È questo il senso della mozione che abbiamo presentato come Italia Viva, sulla quale esprimiamo il nostro voto determinatamente favorevole. Annunciamo anche il nostro fermo impegno per i prossimi mesi sull'occupazione giovanile. Ci sono stati anche dei punti di incontro e di contatto con le mozioni dell'opposizione e credo che questo sia un valore importantissimo: non dividersi su alcune questioni.

Pochi minuti fa abbiamo ascoltato il presidente Conte, che è stato molto applaudito in quest'Aula. Sentiamo tutti - il Presidente, il Governo e noi parlamentari - la grandissima responsabilità che abbiamo. Dobbiamo avere soprattutto il coraggio delle scelte.

Queste sono semplici mozioni, ma credo che da qui dobbiamo uscire rafforzati. La mozione sull'occupazione giovanile, infatti, si è inserita proprio in questa giornata, in cui è giunta, come dicevamo questa mattina, una buona notizia per il nostro Paese, considerate tutte le risorse che arriveranno.

Dovremo avere il coraggio delle scelte. Questa è solo una mozione, ma dovremo tutti assumerci l'impegno di proseguire su questa strada. Forse dovremo anche superare - e mi rivolgo ai rappresentanti del Governo - il linguaggio un po' burocratese, che sposta in là i problemi. La mozione deve essere un impegno forte del Parlamento e del Governo. Naturalmente c'è tempo per approvare disegni di legge e per discutere le proposte del Governo, ma la mozione serve anche per discutere, affinché il Parlamento sia centrale in alcuni campi.

Vi è, ad esempio, una nostra proposta sul servizio civile: proponiamo di discutere - come è scritto nella mozione, nella riformulazione del Governo - la possibilità di renderlo obbligatorio. Non lo abbiamo deciso (con la mozione non si decide), però sappiamo che ci sono tanti disegni di legge parlamentari e c'è un dibattito esterno molto forte su questo argomento; dobbiamo far tesoro dell'esperienza drammatica che abbiamo vissuto nella crisi legata al coronavirus, che ha mostrato quanto bisogno abbiamo di socialità e di coesione sociale.

Credo sia necessario un grandissimo lavoro di consapevolezza. Come diceva Moro: «nel profondo, è una nuova umanità che vuole farsi, è il moto irresistibile della storia». Riprendendo e parafrasando di nuovo il grande pittore «ci vuole molto tempo per diventare giovani», ma penso e ho l'impressione che il tempo sia adesso. (Applausi).

LAFORGIA (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LAFORGIA (Misto-LeU). Signor Presidente, il tema di cui discutiamo è molto importante ed è anche molto difficile poterlo racchiudere da parte nostra semplicemente nella discussione, per quanto importante, di un atto di indirizzo, su cui il Parlamento si sta esprimendo (quindi una o alcune mozioni che si occupano del tema dell'occupazione giovanile). Cercherò poi di dire anche qualcosa sulle definizioni che spesso usiamo.

Abbiamo anche la responsabilità di andare molto oltre in questa discussione, perché ciò di cui ci stiamo occupando oggi è e dovrebbe essere il cuore dell'iniziativa politica di questo Parlamento e del Governo che la mia maggioranza sta sostenendo. Lo dico perché nei nostri discorsi abbiamo imparato, in queste settimane, ad argomentare i nostri ragionamenti e le nostre riflessioni come se ci fossero un mondo prima della pandemia e uno da costruire dopo l'evento, se così possiamo chiamarlo, che ha investito il nostro Paese e il mondo intero. Probabilmente questa è una suddivisione giusta, però spesso corriamo il rischio - e lo facciamo anche quando parliamo di lavoro e di lavoro dei più giovani - di riferirci alla fase precedente lo choc che ha attraversato il mondo come ciò a cui dobbiamo approdare, una normalità da riconquistare o una dimensione che gelosamente dobbiamo custodire e ricostruire dopo averla persa.

Dobbiamo essere molto chiari su questo punto: il mondo prima della pandemia conteneva in sé enormi contraddizioni e disuguaglianze - tra generazioni, categorie di lavoratori e aree geografiche - nelle quali, in un mondo guasto, come avrebbe detto qualcuno, c'è e c'era una grande questione che investiva e investe tutt'ora in modo drammatico le coorti anagraficamente più giovani, ossia le nuove generazioni. Quella di cui stiamo discutendo è una generazione che già molto prima del Covid-19 ha conosciuto la dimensione della precarietà e dell'incertezza sul proprio futuro e non dobbiamo considerare quella fase come un'arcadia a cui approdare, perché non è così. Anche alla luce della discussione che abbiamo fatto oggi con il Presidente del Consiglio, dovremmo anzi approfittare della grande opportunità che ci viene offerta anche dalle risorse di cui abbiamo discusso questa mattina (come il recovery fund) per ricostruire le ragioni di un mondo nuovo che possibilmente non assomigli a quello alle nostre spalle.

Penso che, quando si parla di occupazione giovanile, lo si debba fare a partire da tre considerazioni (ma naturalmente questo è il mio punto di vista). La prima è che dobbiamo liberarci definitivamente dall'ossessione di pensare che il lavoro, tanto più quello dei giovani e dei più giovani, si possa creare per decreto, perché è un'illusione (e qui mi permetta, signor Presidente, di usare anche qualche grado non basso di onestà intellettuale, perché quest'operazione è stata fatta da Governi tanto di destra quanto di sinistra). Mi riferisco all'illusione che manomettendo alcune delle regole del mercato del lavoro, magari fluidificandolo e rendendolo più flessibile, si potessero agevolare processi di assunzione, di generazione di occupazione aggiuntiva rispetto a quella esistente, di nuova occupazione. Abbiamo capito che quando abbiamo messo mano alle regole del mercato del lavoro, senza in realtà avere semplicemente l'obiettivo di ammodernarlo, ma di renderlo più flessibile, alla fine lo abbiamo precarizzato. Abbiamo precarizzato i rapporti di lavoro e in questa partita a pagare il prezzo più alto sono stati innanzitutto i più giovani, che hanno conosciuto, appena entrati nel mondo del lavoro, una dimensione fatta di incertezza e precarietà.

Liberiamoci di questa ossessione e mettiamoci in testa che il lavoro si crea attraverso grandi investimenti, grandi politiche industriali. Penso ad esempio a quella espressione di cui spesso forse un po' abusiamo e di cui dovremmo capire più il contenuto (o meglio più come declinarla) e che tutti usiamo, cioè la transizione ecologica, la trasformazione in senso ambientale dell'organizzazione produttiva e del lavoro. Vorrei dire che probabilmente questa è la chiave, a patto che non sia semplicemente un vessillo elitista che riguarda soltanto qualche operazione in qualche area metropolitana. La transizione ecologica, tuttavia, può diventare elemento di creazione di nuova e buona occupazione e innanzitutto per i più giovani, se ha questo aspetto pervasivo, se diventa realmente democratica, cioè se investe ogni aspetto della nostra vita materiale. In questo senso liberiamoci quindi dall'idea - lo dico anche ai colleghi a proposito di qualche tentazione rispetto alle cose da fare nel prosieguo di questa legislatura - che il lavoro si possa creare semplicemente flessibilizzandolo, tanto più nella fase in cui stiamo entrando.

In secondo luogo, la grande questione della precarietà, quella dimensione che i giovani, e ahimè anche i meno giovani, hanno conosciuto e conoscono, è necessario che la si liquidi, che la si superi, perché bisogna che ci convinciamo di un elemento: non c'è produttività, né capacità d'investimento e neanche di rilancio da parte del tessuto produttivo, senza che questo passi attraverso una scommessa sul capitale umano e sulle persone, quindi sulle lavoratrici e sui lavoratori, che devono però essere messi nella condizione di poter svolgere al meglio il proprio lavoro e di legarlo fino in fondo alle competenze, a ciò che le donne e gli uomini hanno studiato, hanno imparato; soprattutto però devono avere la tranquillità di svolgerlo sapendo che quel lavoro ha una dimensione di certezza, di sicurezza, anche in relazione alla possibilità che se si dovesse creare un vuoto, c'è un sistema di protezione che sorregge questi lavoratori.

In questo senso, signor Presidente, io sento serpeggiare sotto la pelle di questo Paese una discussione che attraversa anche un pezzo del dibattito parlamentare, per cui, proprio di fronte a quella gigantesca quesitone sociale che rischia di abbattersi, a quella crisi economica che noi ovviamente dobbiamo fare di tutto per contrastare, proprio di fronte a questo scenario dobbiamo cedere alla tentazione che il lavoro lo si deve creare purchessia e che quindi ci possa essere uno scambio tra la possibilità di ricominciare a crescere e i diritti dei lavoratori, delle persone. Non possiamo immaginare il futuro, quello più lontano ma anche quello più prossimo, quello che sta arrivando nei prossimi mesi e nei prossimi anni, con questa formula; anzi, esorto i colleghi della maggioranza a riprendere il filo di un ragionamento che ha che fare con alcune discussioni, con alcune iniziative legislative che vanno riprese in mano. Penso al tema della parità salariale, a tutta la questione del salario minimo, cioè a quella soglia di dignità sotto la quale le persone, e innanzitutto i giovani, non devono poter andare, pena il pagare un prezzo enorme, non solo in termini materiali, ma di dignità.

Infine, c'è una questione gigantesca, legata al tema dell'occupazione giovanile: scuola, formazione, università. Questo grande vuoto che si è determinato nella scuola è un vuoto che le nostre ragazze e i nostri ragazzi pagheranno e quindi il nostro compito, la nostra responsabilità è permettere che a settembre si ritorni a scuola a regime, in presenza, e stiamo lavorando su questo terreno. C'è però il grande tema dell'istruzione superiore, della formazione universitaria, ci sono giovani che in queste ore stanno decidendo di abbandonare l'università o di non iniziarla. Se assecondiamo questa dinamica, nell'Italia del dopo Covid, stiamo assecondando la crescita di disuguaglianze già esistenti, pregresse, perché ci sono famiglie che stanno discutendo del fatto che non possono più permettersi di pagare le tasse universitarie ai propri figli. Quando parliamo di giovani, anziché riempirci la bocca di tante parole, mettiamo sul tavolo proposte che hanno a che fare con il diritto allo studio, con l'abbassamento se non con la neutralizzazione, per alcune fasce di giovani, delle tasse universitarie e mettiamo nelle condizioni questi giovani di evitare che la condizione delle famiglie di provenienza possa determinare il loro futuro. Se questo fosse vero, determinerebbe anche il futuro di questo Paese.

Dicevo prima della definizione di giovani: forse usiamo questo termine con un approccio un po' troppo paternalistico. Dovremmo riferirci ai giovani non come ad una categoria tra le altre, ma come se fosse una classe sociale, se mi consente in senso gramsciano, cioè una classe da emancipare, perché se emancipiamo i giovani, vorrei dire se li politicizziamo, se diventano consapevoli anche della propria condizione, avremo emancipato anche un Paese che, in quel caso, avrebbe più chiaro il proprio destino e il proprio futuro.

Per questo voteremo la mozione a prima firma della senatrice Parente e naturalmente eviteremo di votare le mozioni che introducono quegli elementi che ovviamente non vogliamo siano messi al centro della discussione come quello della precarietà, perché è un ricatto che i giovani devono rifiutare e che quindi dobbiamo rifiutare anche noi. (Applausi).

NANNICINI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NANNICINI (PD). Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del Gruppo Partito Democratico alla mozione presentata dalla senatrice Parente e da altri senatori e lo faccio per due motivi. Il primo è il fatto che questa mozione porta all'attenzione del Parlamento un problema di cui si parla troppo poco e soprattutto per cui si fa troppo poco e lo fa con una serie di impegni precisi che abbracciano una strategia a tutto campo, che va dagli investimenti agli ammortizzatori sociali, dal sistema di istruzione e formazione al terzo settore. Il secondo motivo è che lo fa all'interno di una dimensione europea, di una visione di Europa non come bancomat senza condizioni, dove andare a prendere un po' di soldi, ma come spazio politico in cui si decide insieme come realizzare un'economia più verde, digitale, sostenibile, inclusiva, un'economia che sia un moltiplicatore di opportunità e di equità per le future generazioni. L'occupazione giovanile è al centro delle raccomandazioni europee verso l'Italia da anni. Queste sono le condizioni dell'Europa che non dobbiamo né temere, né ignorare, ma abbracciare. Parto dal problema: metà dei lavori distrutti durante la crisi da Covid-19 coinvolgevano persone sotto i trentacinque anni, nonostante questa fascia di età sia un quarto soltanto degli occupati. Si tratta di un divario enorme. In due mesi abbiamo perso 400.000 occupati, nonostante gran parte degli occupati fossero in cassa integrazione e ci fossero vincoli ai licenziamenti collettivi. Per ora le fasce più colpite sono quelle del lavoro autonomo, dei lavori temporanei, che non vedono rinnovato il proprio contratto e dei giovani in ingresso nel mercato del lavoro. Ci sono intere coorti Covid che si vedono private di quelle prime opportunità e di quel trampolino di formazione all'interno del mercato del lavoro.

I problemi dell'occupazione giovanile in questo Paese non nascono però con la crisi da Covid-19. Avevamo già il record europeo di giovani che non studiano e non lavorano e, nel decennio dal 2008 al 2018, la quota di lavoro stabile era scesa del 10 per cento nella fascia di età sotto i trentaquattro anni, mentre cresceva in tutte le altre fasce di età.

A fronte di questi problemi, la nostra spesa sociale impegna solo il 4 per cento per politiche che raggiungono persone o famiglie sotto i quaranta anni. Questa iniquità tra generazioni riguarda anche gli interventi che ancora oggi dobbiamo mettere in campo. Ancora oggi la politica fa fatica a mettere come priorità, soprattutto quando c'è da trovare soldi, l'occupazione e le speranze delle giovani generazioni. Diciamocelo, i giovani sono sempre al centro dei nostri convegni, ma raramente al centro delle nostre leggi di bilancio o dei nostri decreti di spesa dopo qualche scostamento. Giustamente infatti ci preoccupiamo dei timori di chi un lavoro ce l'ha e ha paura di perderlo, ma altrettanto giustamente dovremmo preoccuparci dei sogni di chi un lavoro non ce l'ha e lo sta cercando, investendo le proprie competenze e la propria fatica in quella ricerca.

Spesso nella nostra discussione pubblica abbiamo una visione stereotipata e discriminante di giovani e persone in cerca di lavoro; bamboccioni, i primi, pigri o scarsamente qualificati, i secondi. Questa visione è un alibi per non vedere la loro fatica, il loro impegno, le loro speranze e le loro competenze, la loro voglia di trovare nel lavoro uno strumento di emancipazione, non di ricevere assistenza fine a se stessa, la loro richiesta di fiducia sulla capacità di inseguire i propri sogni e di realizzare i propri progetti di vita. Queste categorie - giovani, donne, persone in cerca di lavoro - non sono le categorie fragili del mercato del lavoro, sono i giacimenti di petrolio sul quale ci troviamo perché la ripresa dell'occupazione e della nostra economia avverrà solo se riattiviamo le speranze e le capacità di giovani donne e disoccupati.

Il secondo motivo è la dimensione europea nella quale giustamente si inserisce la mozione richiamando la strategia, sintetizzata dalla Commissione soltanto un mese fa, di sostegno all'occupazione giovanile come ponte verso il lavoro per la prossima generazione.

Non ci sono però solo le raccomandazioni europee. Se guardiamo al fondo sociale plus, al fondo react EU, al fondo ripresa e resilienza, l'Europa investe quasi 700 miliardi sul target dell'occupazione giovanile e il rilancio della crescita per aumentare le opportunità di lavoro delle giovani generazioni. Quindi la nostra capacità di spendere per rilanciare la crescita e nuove risorse si misurerà giustamente anche sulla capacità di spendere le risorse già esistenti e che spesso spendiamo poco o male. Spendiamo poco o male perché il nostro sistema di politica attiva e di formazione ancora sconta una confusione di ruoli istituzionali tra Stato e Regioni e un sistema di governance e di investimenti che non riesce a liberare soluzioni.

Proprio perché il problema deve essere al centro dell'agenda di Governo e dell'azione del Parlamento e lo deve essere all'interno di questa dimensione europea, io penso siano importanti gli impegni che la mozione consegna all'attività di Governo. Mi limito a citarne tre.

Il primo è un piano di investimenti verso una transizione ecologica e tecnologica che però non si limiti a indicare queste assi di sviluppo, ma ponga come condizione precisa la priorità dell'occupazione e della formazione dei nostri giovani. Dovremo mettere al centro l'occupazione giovanile quando parliamo di strategie di crescita e di sviluppo e non solo quando parliamo di un'area di politiche settoriali.

Aggiungerei che lo dobbiamo fare anche quando pensiamo a strumenti difensivi, quando diamo liquidità alle imprese per non chiudere, pensiamo sempre alle condizioni da imporre per mantenere gli occupati, ma anche quando c'è da fare uno sforzo di riqualificazione per aumentare la produttività, non ci viene mai in mente di imporre una condizione a chi diamo liquidità volta ad assumere giovani con contratti di apprendistato e a tempo indeterminato.

Il secondo impegno importante della mozione è sugli investimenti nel sistema duale, nell'istruzione professionale e negli ITS, al fine di rilanciare il nostro sistema dell'istruzione e della formazione. Il terzo impegno è su una riforma organica degli ammortizzatori sociali. Io inviterei il Parlamento e il Governo ad andare oltre l'impegno preciso contenuto nella mozione e a individuare strumenti di solidarietà espansiva e di staffetta generazionale. Abbiamo bisogno di una riforma organica degli ammortizzatori sociali, che metta al centro i disoccupati, le persone in cerca di lavoro e i giovani in ingresso nel mercato del lavoro. Il reddito di cittadinanza è uno strumento utile per contrastare la povertà, non è una politica attiva che può risolvere il problema dei disoccupati. Se perdi un lavoro, non devi aspettare di perdere la casa per ricevere una garanzia certa del reddito da parte dello Stato, ma devi ricevere un salario di formazione, che ti dia la garanzia di un reddito forte mentre accetti, con un patto individuale, di riformarti, di rimetterti in gioco e di investire sulle tue competenze.

Dobbiamo riformare la Naspi, togliendo il decalage e la riduzione del reddito, per dare una garanzia forte ai disoccupati, e dobbiamo renderla più generosa per i giovani. È inutile che nei nostri convegni continuiamo a dire ai giovani di mettersi in gioco e di passare da esperienze diverse (perché non esiste più il posto fisso), quando poi per avere un sussidio di disoccupazione pieno si devono avere quattro anni di contribuzione continuativa; dobbiamo dare dei requisiti ridotti ai giovani in ingresso nel mercato del lavoro. Serve un salario di formazione che pensi ai disoccupati e a chi perderà un lavoro nel nostro mercato del lavoro e non solo a chi un lavoro ce l'ha già. Su questo l'azione del Parlamento e del Governo dovrebbe essere forte, perché queste sono le terapie intensive del welfare e delle politiche del lavoro sulle quali dobbiamo investire per non farci trovare impreparati dalla crisi occupazionale, che rischia di diventare una crisi sociale nell'autunno.

Salario di formazione, politiche attive del lavoro e politiche della formazione: se non lo facciamo oggi, domani potrebbe essere troppo tardi. Su questo c'è bisogno di visione e coraggio da parte della politica. Non risolveranno il problema le commissioni senza mandato della politica, perché non abbiamo bisogno di commissioni per sapere quali sono purtroppo i buchi del nostro sistema di welfare e quali sono le proposte per coprire quei buchi; quello che serve è coraggio e visione, per fare una riforma che metta in sicurezza il welfare di fronte alle crisi e alle sfide che abbiamo davanti. Gli impegni di questa mozione non bastano per questa riforma, ma mi auguro che siano almeno un segnale nella giusta direzione, perché ci sia attenzione da parte di tutti noi sul fatto che queste scelte e queste decisioni vanno fatte oggi; in autunno o dopo dicembre potrebbe essere troppo tardi. (Applausi).

FLORIS (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FLORIS (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor membro del Governo, colleghe e colleghi, su una cosa penso che possiamo essere tutti d'accordo in questa Aula: il problema della disoccupazione, in particolare di quella giovanile, rappresenta un qualcosa che non solo è d'ostacolo alla crescita del Paese nel momento attuale, ma soprattutto ci fa vedere un futuro pieno di preoccupazioni per il sistema Italia. Troppo importante è la figura dei giovani per poterla trascurare e non metterla al centro della nostra attenzione; così facendo veramente correremmo un rischio di default nel breve periodo, cioè nel periodo di transizione in cui le vecchie leve lasceranno il mondo del lavoro e dell'occupazione (da cui dipende anche la crescita del nostro sistema Italia) ai giovani. Questa è la grande preoccupazione.

A questa preoccupazione aggiungiamo quella a cui assistiamo o abbiamo assistito in questa legislatura e forse anche alla fine della legislatura precedente, ovvero il problema legato ai provvedimenti per il lavoro adottati nell'ultimo periodo: riforma dei centri per l'impiego, riforma dell'ANPAL, reddito di cittadinanza e decreto dignità. Solo pensando ai danni dal punto di vista occupazionale che questi decreti hanno provocato, in misura diversa ma costante fra di loro, si può capire quanto questo Governo non stia impegnando le energie necessarie per riportare l'occupazione al centro della propria attenzione.

Mi piace riprendere ciò che ho sentito poc'anzi dai relatori intervenuti sul reddito di cittadinanza, reddito che non può essere prodromico ad un'occupazione. Il reddito di cittadinanza vale per quello che è e noi di Forza Italia siamo anche in parte convinti che sia un'ottima soluzione per l'emergenza assistenziale, ma non è prodromico all'occupazione. Il reddito di cittadinanza deve essere, secondo le volontà del Governo, strettamente collegato alla riforma delle politiche attive sul lavoro. Il reddito di cittadinanza e le politiche attive sul lavoro sicuramente non attuano la necessaria formazione dei giovani. Forza Italia ritiene che la formazione inizi prima dell'ingresso nel mondo del lavoro e termini all'uscita dal mondo del lavoro. La formazione deve essere continuativa, perché anche le dinamiche del lavoro cambiano da un momento all'altro, così come le esigenze del mondo del lavoro. Quelle di venti anni fa non sono quelle di oggi e quelle dei prossimi vent'anni saranno addirittura inimmaginabile per i cambiamenti che ci saranno.

Il reddito di cittadinanza, unito alle politiche attive del lavoro, non è la soluzione per trovare sbocchi all'occupazione. Ma c'è di più: il decreto dignità. Con la scusa di restituire dignità al lavoratore nella ricerca del posto fisso, soprattutto in questo momento, in epoca di coronavirus o addirittura dopo, stiamo perdendo occasioni di formazione, ma anche occasioni di lavoro e ciò fa sì che il bene sia nemico del meglio; si colpisce il bene, che è il lavoro in attesa del meglio che non arriverà e non arriverà sicuramente in tempi brevi. (Applausi).

Toglietevi dalla testa che voi con decreto-legge possiate creare posti di lavoro. Li potete creare quando inserite nelle politiche attive del lavoro il navigator; quelli si possono creare, posto che poi non siano una spesa inutile. Allo stesso modo, quando prevedete nel piano delle riforme prossimo venturo 11.600 ulteriori dipendenti delle sedi dell'ANPAL per cercare di renderle utili, forse il Governo non ha contezza (ma son sicuro che non è così) dei bollettini di guerra che arrivano dall'ANPAL e dalle Camere di commercio, che insieme redigono un mensile particolarmente interessante dedicato al mondo del lavoro. Mi riferisco a quel termine inglese che così poco mi piace del mismatching, nel quale si dimostra quanto siano inattive le politiche del lavoro che state ponendo in essere o perlomeno quanto siano insufficienti: se è vero che 220.000 lavoratori sono oggi richiesti dal mondo del lavoro e 620.000 (non cito naturalmente le unità) saranno necessari a fine settembre.

Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 17,30)

(Segue FLORIS). Queste richieste del mondo del lavoro troveranno probabilmente uno sbocco in una percentuale minima se è vero - come è vero - che manca esattamente il 77 per cento delle figure che l'impresa richiede. Questa è la grave preoccupazione: che la vostra politica che vada da una parte e il mondo del lavoro vada da un'altra. Che ci sia cioè un mismatching non già tra le richieste e le offerte di lavoro ma tra la politica e il lavoro. (Applausi). Ed è questa la cosa che preoccupa in gran parte noi e coloro che, come avviene alle persone della mia età, si preoccupano più per i figli - forse ancora più per i nipoti - che per se stessi: manca una vera politica destinata al lavoro.

So che, per esempio, per quanto riguarda il lavoro a tempo determinato, non vi piace la soluzione che avete trovato circa le offerte di lavoro da parte delle politiche attive del lavoro per quanto riguarda il reddito di cittadinanza. Su un totale di 900.000 persone che godono del reddito di cittadinanza, solo 40.000 (pari a circa il 5 per cento) hanno trovato un'occupazione. Signor Sottosegretario, vada a vedere, per cortesia, il tipo di lavoro delle persone che hanno trovato occupazione (sono poche, ma percentualmente possono essere molte rispetto ai 40.000 posti di lavoro, non la metà, ma oltre il 70 per cento): hanno trovato un lavoro a tempo determinato. Cosa succederà? Quando scadrà il contratto voi impedirete loro di rinnovarlo? Non ci credo, perché sarebbe un assurdo!

Un'altra assurdità è che una percentuale di persone (mi pare si tratti di 6.000 su 40.000 persone) che ha trovato lavoro lo ha trovato sotto la dizione di «altre forme contrattuali». Fate la guerra in maniera indiscriminata ai voucher, che in agricoltura e nel turismo sono strumenti validi (forse gli unici), poi però le assunzioni avvengono con «altre forme contrattuali».

Forza Italia vuole partecipare a questa grande sfida per il futuro che è l'occupazione giovanile. Siamo certi che servono strumenti che non possono dare risultati immediati ma occorre un atteggiamento diverso verso questa forma di disoccupazione, che è il vero dramma per il futuro dell'Italia. Noi siamo fortemente collaborativi.

Signor Presidente, preannuncio che Forza voterà a favore di tutte le mozioni presentate, certi che ognuna ha delle peculiarità ma sono tutte tendenti a migliorare lo status lavorativo giovanile nella nostra Nazione. Accettiamo inoltre, come dicevo prima, la riformulazione della nostra mozione, chiedendo la votazione per parti separate, perché convinti della bontà dei punti 9) e 10) del dispositivo, volti a incentivare i contratti a tempo determinato e l'inserimento dei voucher. (Applausi).

NISINI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NISINI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, vorrei soffermarmi sulla situazione dei giovani in Italia. L'Italia è all'ultimo posto in Europa per occupati giovanili, ma è anche al primo posto per quanto riguarda i ragazzi scoraggiati, che non lavorano e che non studiano più. Meglio di noi sono la Bulgaria e la Romania. Dall'inizio dell'emergenza coronavirus, già un ragazzo su sei ha smesso di lavorare.

È per questo che, come Gruppo Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione, non abbiamo accettato la riformulazione della mozione. (Applausi). Infatti, con le riformulazioni e l'eliminazione di cinque capoversi delle premesse si andava un po' a svuotare il senso della nostra mozione, l'idea che abbiamo noi di futuro e l'idea che abbiamo noi delle politiche giovanili. La Lega con la sua mozione non ha vincolato il Governo in punti stringenti, ma ha chiesto semplicemente al Governo che venga attuato, per quanto riguarda le politiche attive del lavoro dei nostri ragazzi, un piano strutturato e operativo di politiche serie.

Io mi rendo conto che il ministro Spadafora ha una grossa responsabilità, perché la sua delega è molto importante. Tutti noi parliamo sempre di quale sia il futuro dei ragazzi e dei giovani, ma per dare un futuro a questi ragazzi dobbiamo pensare al presente, dobbiamo cominciare a costruire il futuro partendo da oggi, e non continuare a rimandare le decisioni da prendere. Bisogna ridurre i dati della disoccupazione che ci vedono ultimi. Bisogna ridurre la dispersione scolastica con progetti importanti e con una certa lungimiranza. Bisogna azzerare la fuga dei cervelli all'estero.

Ho anche apprezzato l'iniziativa «Quale futuro» che ha portato avanti il ministro Spadafora sulle politiche giovanili, quella che lui chiama una maratona digitale su cui si baseranno tutte le politiche che porterà avanti il Ministro con la sua delega alle politiche giovanili. Si è trattato di un convegno di otto ore dove i ragazzi si sono confrontati su quattro macrotemi: pianeta, partecipazione, percorsi e incontro. Da questo convegno è scaturito un documento fatto proprio da questi ragazzi che parla chiaro: dice che questi giovani hanno voglia di lavorare e di mettersi in gioco, vogliono studiare ed entrare nel mondo del lavoro.

I giovani - lo dico al Governo e ai colleghi della maggioranza e dell'opposizione - sono una ricchezza da preservare e tutelare, ma soprattutto da valorizzare. Chiedo dunque al Governo e al ministro Spadafora quale idea di futuro hanno per i nostri figli. Ieri in 11a Commissione è passato anche il Piano nazionale di riforma (PNR) per il 2020. Da quello che ho capito, da come sono state riformulate tutte le mozioni e da ciò che è stato eliminato dalle mozioni, le politiche del Governo per quanto riguarda i nostri ragazzi - lo dice anche il PNR - sono l'assistenzialismo e la legalizzazione della cannabis. (Applausi). Infatti, oltre a un convegno di otto ore, questo Governo sta portando avanti l'assistenzialismo. Mi fa specie che i colleghi dei 5 Stelle siano silenti su questa situazione, perché quando dei colleghi, ora alla maggioranza, erano all'opposizione tanto si sono battuti contro il reddito di cittadinanza e tante critiche sono arrivate per i centri per l'impiego. Eppure adesso, anche con la riformulazione della nostra mozione, si chiedeva di rafforzare le iniziative che sta portando avanti questo Governo. Ma questo Governo vuole incrementare il reddito di cittadinanza e vuole portare avanti un piano straordinario per i centri per l'impiego con ancora assunzioni di navigator, quando la Corte dei conti ha dichiarato che il reddito di cittadinanza e tutto ciò che ne consegue è un flop. (Applausi). Noi lo diciamo, ma questa osservazione non arriva solo dalla Lega, che ora è all'opposizione; lo dice la Corte dei conti e critiche importanti sono arrivate anche dall'ANPAL.

Noi abbiamo un'altra idea di futuro per i nostri ragazzi e, come ha detto anche il senatore Salvini stamattina, in ogni provvedimento utile il MoVimento 5 Stelle porta avanti l'idea di voler legalizzare la cannabis, che è una droga. Voi state spacciando l'idea ai nostri ragazzi che la cannabis non fa male ma fa bene. Con il reddito di cittadinanza state spacciando l'idea che è meglio che i ragazzi siano su un divano a casa piuttosto che andare a lavorare! (Applausi).

Le politiche attive sul lavoro, che tanto avete sbandierato, non sono ancora partite perché i centri per l'impiego nei Comuni non sono ancora partiti e stanno ancora cercando gli immobili. (Commenti).

PRESIDENTE. Colleghi, in dichiarazione di voto si interviene uno per Gruppo e chi parla, a meno che non dica cose sconvenienti, ha il diritto di farlo. Prego, quindi, tutti di ascoltare.

NISINI (L-SP-PSd'Az). C'è tutta questa agitazione sulle droghe. Il MoVimento 5 Stelle ha anche depositato a settembre 2019 un disegno di legge sulla legalizzazione della cannabis. La droga uccide e c'è l'esempio di quei ragazzini minorenni di Terni, che sono morti! (Applausi). Ci sono tanti esempi e, visto che siete così saccenti e tuttologi, vi invito umilmente a leggere un libro di semplice lettura e che scorre bene. È un libro scritto da un uomo che si è salvato e ha iniziato a quattordici anni con una canna. Tanti ragazzi sono morti partendo da una canna e quel libro ne è la testimonianza perché è scritto da chi si è salvato.

Il MoVimento 5 Stelle per i nostri ragazzi vuole assistenzialismo e droga leggera libera. Noi abbiamo un'altra idea di futuro per i nostri ragazzi e non lo veniamo a dire oggi con la mozione; l'abbiamo detto in tutti i provvedimenti portando avanti degli emendamenti. Ci vogliono delle risorse adeguate, a partire dalla scuola. Ci vogliono tante iniziative, che non sono queste, e politiche attive vere del lavoro. Ci vuole un piano strutturato e organico per politiche serie. Noi per questo non abbiamo inserito dei punti stringenti per il Governo perché volevamo su questo piano strutturato e organico portare avanti anche le nostre idee. Sono belle le parole della senatrice Parente, del senatore Laforgia e del senatore Nannicini quando, riferendosi alla condivisione e alle politiche giovanili, dicono che devono essere un unico obiettivo di tutte le forze politiche. Bene, noi siamo pronti a portare le nostre idee e l'abbiamo già fatto nei vari provvedimenti già passati attraverso degli emendamenti sui contributi ai canoni d'affitto per gli studenti fuori sede, proponendo una dote didattica digitale per le famiglie che sono in difficoltà, l'esenzione per le famiglie in difficoltà dal pagamento delle rette scolastiche e il taglio delle tasse universitarie. Abbiamo presentato tanti emendamenti per far sì che i giovani potessero intraprendere un'attività e, soprattutto, per sostenere le startup innovative. Questi emendamenti sono stati tutti bocciati; bene, ve li rimettiamo sul tavolo. Discutiamone insieme, anche se mi sembra di essere dentro il tunnel del Brennero per ora senza uscita. (Applausi). Anche il Piano nazionale delle riforme 2020, infatti, parla chiaro: si legge di assistenzialismo e di centri per l'impiego, che non hanno funzionato e non funzioneranno mai perché i numeri sono evidenti.

Però, prendo in parola quanto detto dalla senatrice Parente, ovvero che dobbiamo essere uniti in questo obiettivo. Noi voteremo con senso di responsabilità a favore di tutte le mozioni presentate per le politiche giovanili, perché è una responsabilità che ci prendiamo. A noi stanno a cuore i giovani, ci siamo sempre battuti, fanno parte del nostro essere, fanno parte delle nostre battaglie, della nostra lungimiranza. Smettiamola, però, di dire che i giovani sono il futuro: i giovani sono il presente! (Applausi). Dobbiamo lavorare nel presente per dare loro modo di avere un futuro; grossi spiragli non ce ne sono, ma noi andremo avanti a combattere per i nostri ragazzi. (Applausi).

MATRISCIANO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATRISCIANO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, rappresentante del Governo, oggi quest'Assemblea si trova ad affrontare un tema cruciale per il futuro dell'Italia: le prospettive legate all'inserimento nel mercato del lavoro delle nuove generazioni, in un momento straordinario per il nostro Paese, piegato sul piano economico e sociale da una crisi globale indotta dalla pandemia.

La sfida che abbiamo davanti è di portata epocale; in gioco c'è il futuro, non solo di una generazione chiamata a sperimentare e vivere una fase spartiacque della storia dell'Italia, dell'Europa e dell'intero pianeta, ma soprattutto il futuro di una Nazione che per decenni, al netto di dichiarazioni di principio, non è stata capace di guardare oltre se stessa e che oggi paga lo scotto di non essere stata in grado di investire sul ricambio generazionale e sui giovani.

Le politiche legate al mondo del lavoro non sono state in grado di offrire la possibilità a migliaia di giovani lavoratori di costruirsi un futuro, condannandoli - quasi fosse una costante - alla condizione di precariato a tempo indeterminato. Eppure, è sulle nuove generazioni e sulla loro stabilità sul piano occupazionale che si regge soprattutto l'intero sistema di protezione sociale di questo Paese, messo a dura prova oggi dalla discontinuità di contratti atipici che hanno impedito a intere generazioni di immaginare e disegnare il loro domani, dopo anni di sacrifici e duro lavoro. A intere generazioni è stato negato il futuro, quello stesso futuro che, al contrario, i loro padri e le loro madri - e prima ancora i loro nonni - avevano avuto il diritto e la possibilità di progettare e costruire.

L'era pre-covid ci ha consegnato un Paese dove la compagine giovanile per troppi anni è stata ignorata, denigrata e sfruttata. (Applausi). Come in un paradosso, viviamo in un Paese dove i nostri giovani, sebbene più istruiti dei loro padri e dei loro nonni, sono di fatto più poveri.

L'Italia è il Paese con il tasso di disoccupazione giovanile più alto a livello comunitario, con altrettanto elevati numeri di giovani cosiddetti NEET (quelli non impegnati nello studio, nel lavoro o nella formazione) o di ragazze e ragazzi sottopagati al primo impiego. Senza considerare il fenomeno che, per anni, qualcuno ha definito dei cervelli in fuga: le nostri menti più promettenti, i giovani più istruiti che l'Italia non solo non ha saputo valorizzare e riconoscere ma che ha mortificato offrendo loro una sola via, quella della migrazione per ragioni economiche da un Paese capace di offrire loro un futuro precario, negando di fatto loro quel diritto costituzionalmente garantito a una retribuzione proporzionata e sufficiente alla qualità e quantità del lavoro svolto. (Applausi).

Se guardiamo i numeri, è proprio l'Istat che ci rivela che l'Italia è un Paese dal quale sono partiti 117.000 italiani, di cui 30.000 laureati, per un totale di emigrati - negli anni tra il 2013 e il 2018 - di circa 200.000. L'Italia deve tornare ad essere un Paese per giovani.

Oggi è tempo di interrogarsi, ragionare e riflettere su qual è il modello di società che vogliamo.

Lavoro e giovani: due parole con un significato importantissimo, e che per la politica devono avere un significato importantissimo, non soltanto in questo periodo. Queste due parole devono rappresentare le parole chiave per tracciare le linee guida della nostra azione politica. La parola «lavoro» è presente in maniera ricorrente nella nostra Costituzione: agli articoli 1, 4, 35, 37 e così via. Se però pensiamo ai giovani, qual è la parola che gli si abbina spesso? «Lavoretto», come se potessero aspirare soltanto a quello. Invece, alla parola «giovani» dovremmo abbinare i termini «formazione», «investimento», «incentivazione», «valorizzazione». (Applausi). Sono parole alle quali devono però corrispondere delle azioni concrete, che si realizzino in politiche di sviluppo che favoriscano non solo l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro attraverso incentivi all'assunzione ma che permettano loro di restarci e, soprattutto, di restare nel nostro Paese.

Il percorso di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro deve essere allora pensato come un percorso che non inizia al termine degli studi, ma inizia in parallelo con il percorso di studio. È attraverso un vero sistema duale, che mette insieme scuola e lavoro, Stato e azienda, pubblico e privato, che questi mondi interagiscono e si parlano e costruiscono insieme il futuro di tutti quei giovani, che vedono il loro futuro all'interno di organizzazioni complesse o di organizzazioni più semplici oppure che scoprono la voglia di investire in agricoltura e in artigianato.

Quindi, un percorso scolastico che sappia valorizzare le attitudini per trasformarle in competenze e accompagnare i nostri giovani nel contesto lavorativo più idoneo. Questo comporta, ovviamente, l'osservazione dell'evoluzione del mercato del lavoro. Ben venga, allora, l'osservatorio che viene ripristinato con il decreto rilancio. L'investimento in formazione, però, deve continuare anche in costanza di rapporto di lavoro. Ecco allora che arriva il concetto di long life learning, il costante allenamento formativo che permette ai lavoratori di arricchirsi e di aggiornarsi anche durante la loro carriera. Ma come si realizza? A questa domanda rispondiamo che si fa attraverso l'istituzione di campus interni, di progetti di formal mentoring, che diano la possibilità alle nuove generazioni di interagire nel mondo del lavoro con la generazione più saggia, che ha molto da trasferire ai giovani attraverso questi percorsi e che per questo non deve sentirsi messa da parte.

Questo passaggio di competenze è fondamentale affinché le nostre aziende continuino ad esistere e continuino a mantenere in alcuni settori quel know-how tipico del made in Italy, che nessuno ci può copiare. (Applausi).

La formazione, accompagnata da digitalizzazione e innovazione, è la vera parola chiave, che ci deve accompagnare nel percorso di uscita dal tunnel nel quale ci ha introdotto il Covid. Dobbiamo fare in modo che la parola «giovani» non si abbini più alla parola «precari». Molto è stato fatto con il decreto dignità, che ha portato ad un boom di contratti a tempo indeterminato, facendo scendere il tasso di disoccupazione che da anni non invertiva il proprio trend. Abbiamo finalmente previsto delle tutele ad una categoria di giovani come i raider: perché è vero che il lavoro si trasforma e bisogna adeguarsi, ma non per questo si deve rinunciare alle tutele, ai diritti e alla sicurezza sul lavoro. Ben venga, allora, l'intenzione anche del ministro Catalfo di istituire un tavolo con le parti sociali per la creazione di un CCNL per questa categoria.

Facciamo in modo che il concetto di giovane lavoratrice non si abbini più al concetto di disparità retributiva e che le retribuzioni partono da un salario minimo che dia piena attuazione all'articolo 36 della nostra Costituzione. (Applausi).

Soprattutto, facciamo in modo che il passaggio di testimone tra una generazione ed un'altra avvenga con sistemi strutturali, come ad esempio la staffetta generazionale, che può permettere ad una persona prossima alla pensione, nei tre anni precedenti, di affiancare un giovane assunto, ricevendo in cambio una riduzione dell'orario di lavoro ma a contributi pieni. Facciamo in modo che le parole che proferiamo in queste aule o quelle che scriviamo nelle nostre mozioni non restino lettera morta. Lavoriamo insieme perché diventino strumenti legislativi efficaci.

Solo mettendo da parte gli interessi di partito e lavorando per raggiungere gli obiettivi che ci prefisseremo potremo acquistare credibilità agli occhi dei giovani. Non parole, ma esempi. Questo è il regalo più grande che la politica può fare alle nuove generazioni. (Applausi).

Detto questo, condividiamo molti dei punti elencati nella mozione n. 254 (testo 3), a prima firma della senatrice Parente, e per questo dichiaro il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle. (Applausi).

CIAMPOLILLO (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

CIAMPOLILLO (Misto). Signor Presidente, poc'anzi, nelle dichiarazioni di voto si parlava dei giovani. Si cerca sempre di dare la colpa ai giovani di qualsiasi cosa, come per la movida. In questo caso, oggi si parlava dell'utilizzo della cannabis, che, per quanto ne possano dire i colleghi della Lega e tutti quelli che la pensano come loro, non è una droga: è semplicemente un'erba medica. Chi lo dice? Lo dicono le statistiche. (Commenti). Lo dicono le statistiche. Quanti morti e malati per cannabis nel mondo ogni anno, da quando esiste questa pianta miracolosa su questo pianeta? Zero.

PRESIDENTE. Senatore Ciampolillo...

CIAMPOLILLO (Misto). All'anno sono invece otto milioni i morti per sigarette e tre milioni i morti per alcol.

PRESIDENTE. Senatore Ciampolillo, la voglio richiamare all'ordine del giorno delle mozioni che stiamo trattando.

CIAMPOLILLO (Misto). La senatrice prima parlava proprio di questo e dava la colpa ai giovani. In primo luogo, non è vero che dalla cannabis si passa alle droghe pesanti, perché non è proprio una droga; è un erba medica. D'altronde la vendiamo in farmacia dal 2007. (Commenti). Mentre il tabacco, che uccide otto milioni di persone, si vende con la tessera sanitaria. (Commenti).

PRESIDENTE. Senatore, non c'entra nulla. La richiamo all'argomento, dopodiché le toglierò la parola.

CIAMPOLILLO (Misto). L'argomento? Ne ha parlato la senatrice della Lega. Dicevo che la cosa assurda è che in Italia il tabacco (su cui è scritto «Il fumo uccide») si compra con la tessera sanitaria.

PRESIDENTE. Senatore Ciampolillo, le tolgo la parola. L'avevo richiamata e lei ha proseguito.(Applausi).

Prima di passare alla votazione, avverto che, in linea con una prassi consolidata, le mozioni saranno poste ai voti secondo l'ordine di presentazione.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 254 (testo 3), presentata dalla senatrice Parente e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 260 (testo 2), presentata dal senatore Ciriani e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 268, presentata dalla senatrice Nisini e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Sulla mozione n. 273 (testo 2) è stata richiesta la votazione per parti separate. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 273 (testo 2), presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori, ad eccezione dei punti 9) e 10) del dispositivo.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dei punti 9) e 10) del dispositivo della mozione n. 273 (testo 2), presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Discussione delle mozioni nn. 258, 263, 264, 266 e 269 sulla tutela del patrimonio artistico nazionale (ore 17,59)

Approvazione delle mozioni nn. 258 (testo 2), 263 (testo 2), 264, 266 e 269 (testo 2)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni 1-00258, presentata dalla senatrice Rauti e da altri senatori, 1-00263, presentata dalla senatrice Montevecchi e da altri senatori, 1-00264, presentata dal senatore Verducci e da altri senatori, 1-00266, presentata dalla senatrice Borgonzoni e da altri senatori, e 1-00269, presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori, sulla tutela del patrimonio artistico nazionale.

Ha facoltà di parlare la senatrice Rauti per illustrare la mozione n. 258.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, l'Italia... (Brusio). Si può avere un po' di silenzio, signor Presidente?

PRESIDENTE. Colleghi, chi vuole allontanarsi lo faccia consentendoci di proseguire i nostri lavori.

RAUTI (FdI). L'Italia è un vero e proprio giacimento culturale, un concentrato straordinario di beni culturali e di siti riconosciuti dall'UNESCO come patrimonio dell'umanità: tesori storici, culturali, artistici e museali, ma anche architettonici, oltre ad aree archeologiche e ad un immenso patrimonio archivistico e bibliotecario. Tutto questo ci rende famosi nel mondo e con linguaggi culturali diversi concorre al racconto della nostra civiltà millenaria. Cultura, arte, storia, monumenti, ma anche i paesaggi contribuiscono a questa ricchezza italiana sterminata e unica nel mondo, cui si accompagnano le culture locali, quelle delle cosiddette piccole patrie, e più in generale la cultura immateriale, caratterizzata dalle tradizioni, dai linguaggi locali, dal folklore, dalla ritualità delle festività, dagli spettacoli tipici e anche dalla cultura enogastronomica, altrettanto famosa a livello internazionale. Insomma, nell'immaginario globale credo di poter dire che siamo la Nazione dei saperi e dei sapori tradizionali ed antichi, eppure ancora vivi e vitali in ogni borgo italiano, anche il più piccolo, ricco e fortemente identitario.

La mozione di Fratelli d'Italia nasce anche da queste premesse e dalla consapevolezza che abbiamo la responsabilità culturale, politica - e vorrei dire anche etica e morale - non solo di salvaguardare l'intero patrimonio ma anche di tutelarlo per tramandarlo alle future generazioni. Abbiamo inoltre il dovere di trasmetterne il significato, che definirei metastorico, e il senso simbolico (che, come suggerisce anche l'etimologia di questo aggettivo, significa mettere insieme, unire, armonizzare idea e rappresentazione, significante e significato, e più semplicemente portare dentro e contenere). È questo il senso della memoria e della storia che i simboli trasmettono.

Necessaria quindi, come dicevamo, è la tutela, ma anche la valorizzazione: questi sono i due concetti cardine intorno ai quali ruota parte della nostra mozione. La tutela non è solo un dovere morale, ma anche un richiamo costituzionale: mi riferisco all'articolo 9, che pone in capo alla Repubblica il compito di promuovere lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica e quello di tutelare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Aggiungo che lo Stato ha legislazione esclusiva nel settore della tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali a norma dell'articolo 117 della Costituzione, mentre la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e la promozione e l'organizzazione di attività culturali è oggetto di legislazione concorrente.

Complessivamente, la tutela del patrimonio culturale e artistico nazionale chiama in causa sia le attività amministrative di regolamentazione che gli interventi operativi di conservazione e di difesa tesi a garantire la protezione e la salvaguardia dei beni e la loro pubblica fruizione. Esiste anche la tutela penale dei beni culturali dettata dalle norme contenute sia nel codice dei beni culturali e del paesaggio, che naturalmente nel codice penale. I reati di tutela del patrimonio culturale nazionale sono definiti tanto di natura delittuosa quanto contravvenzionale e mirano a impedire il depauperamento del patrimonio e a punire danneggiamenti, deturpamenti, imbrattamenti eccetera, di beni di interesse storico e artistico.

Complessivamente - questo è un punto della mozione - emerge una disciplina non organica e disomogenea. Manca un corpo di norme tese esclusivamente a tutelare il patrimonio culturale secondo una visione che sia adeguata alla peculiarità e straordinarietà del patrimonio stesso. Insomma, il complesso delle norme vigenti, il sistema di tutela del patrimonio culturale si rivela insufficiente e gli strumenti a disposizione appaiono quasi inadeguati rispetto all'entità degli atti di vandalismo, distruzione volontaria, furto e danneggiamento. Ci appare dunque necessario tentare di modificare il quadro sanzionatorio penale rispetto a chi deturpa, vandalizza e distrugge beni riconosciuti universalmente di valore storico, artistico e culturale.

Dopo il concetto di tutela, vorrei passare all'aspetto della valorizzazione, sul quale insiste la nostra mozione, che sottolinea come la valorizzazione dei beni culturali presupponga prima di tutto la loro tutela, che sta nel loro riconoscimento, nella loro conservazione e protezione e nel loro restauro. La stessa definizione di patrimonio culturale come contenuta nel succitato codice dei beni culturali e del paesaggio è complessa e riguarda beni artistici, storici, archeologici ed etnoantropologici, archivistici e bibliografici, ma anche paesaggistici, naturali, morfologici; potrei continuare ma in buona sostanza si intende tutto ciò che è testimonianza di civiltà e di bellezza. Il concetto e l'azione di valorizzazione direi che è in guerra permanente con ogni forma di abbandono, trascuratezza, degrado del patrimonio, nonché evidentemente con ogni atto di danneggiamento, distruzione, furto e vandalismo. Vorrei tuttavia sottolineare che la valorizzazione richiede anche impegno di risorse adeguate e paradossalmente proprio l'Italia, concentrato straordinario di beni culturali, è tra i Paesi europei che stanzia meno fondi destinati alla cultura, trascurando questa immensa risorsa che potrebbe trasformarsi in ricchezza, opportunità, risorsa strategica, volano di turismo per il rilancio nel nostro Paese. Proprio la situazione di post-pandemia, la crisi economica che stiamo attraversando con la crisi del settore del turismo, ci dimostra ancora una volta e ancora di più quanto il turismo sia volano e asse portante dell'economia, fonte inesauribile di attrazione internazionale. Oggi gli operatori sanno bene che costi comporta il fatto che il turismo internazionale non ci sia in questa stagione estiva; il turismo che potrebbe rappresentare, perché lo ha sempre fatto e deve tornare a farlo, un circolo virtuoso per l'indotto lavorativo e la produzione di ricchezza.

In questa illustrazione non mi soffermo sulle criticità e le doglianze che circondano la questione dei beni culturali, che sono comunque puntualmente evidenziate nella nostra mozione e che riguardano non solo le condizioni di incuria e di abbandono, insomma quelle che vengono definite propriamente le ferite alla bellezza, ma anche la questione eterna ed irrisolta dell'incompleto censimento delle opere d'arte del patrimonio nazionale, nonché quella delle risorse dedicate al personale impiegato nel settore. Con la nostra mozione si intende porre l'accento più che altro sul fatto che il patrimonio culturale rappresenta la storia, la memoria e l'identità di una Nazione e a sua volta costituisce il presupposto sia materiale che ideale per trasmettere la consapevolezza delle proprie radici e il complesso delle tradizioni di un popolo.

La nostra mozione, che speriamo sia condivisa (ci conforta il fatto che ce ne siano altre quattro che vanno nella stessa direzione di comune difesa del patrimonio) chiede al Governo sostanzialmente tre impegni fondamentali: la predisposizione di un piano straordinario di interventi finalizzati alla messa in sicurezza, tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio; l'adozione di iniziative anche di carattere normativo finalizzate a garantire una adeguata difesa del patrimonio culturale, anche con una riforma organica della disciplina sanzionatoria; infine, la predisposizione e l'adozione di strumenti tecnologici avanzati per un'adeguata azione di sorveglianza e salvaguardia quindi del patrimonio culturale italiano. Nella dichiarazione di voto mi riserverò poi di aggiungere alcuni elementi, sperando in un'azione condivisa dell'Assemblea che porti a una votazione congiunta di tutte le mozioni presentate in materia. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la senatrice Montevecchi per illustrare la mozione n. 263.

MONTEVECCHI (M5S). Signor Presidente, innanzitutto è giusto ricordare che all'articolo 9 la nostra Costituzione chiede allo Stato di farsi garante della tutela del nostro patrimonio artistico e paesaggistico e recita testualmente: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». In questo modo, la Costituzione ci ricorda qual è anche la missione dello Stato, ovvero garantire una adeguata custodia e quindi una adeguata fruizione da parte dei cittadini del ricco patrimonio artistico e, più in generale, culturale. La cultura, dunque, come un bene comune della comunità ed essenziale, perché alla conoscenza del nostro patrimonio e alla sua fruizione è legato sicuramente il diritto al benessere e alla conoscenza più in generale.

Su tutto il nostro territorio si adagia un ricco tessuto culturale, un patrimonio materiale e immateriale. Nel patrimonio materiale, come giustamente ha ricordato la senatrice Rauti, è bene ricordare che rientrano anche gli archivi e le biblioteche, che svolgono un ruolo importantissimo per la conservazione, la diffusione e la trasmissione della nostra memoria storica e quindi anche la conoscenza della nostra storia, che è fondamentale per poi intellegere i fatti del presente. Nel patrimonio immateriale ricordiamo tutte le lingue locali, i saperi, la cultura orale, ma anche l'opera, la musica sinfonica, il balletto, la poesia, la letteratura, il cinema. Si tratta, quindi, di un ricco tessuto che si adagia su tutto il territorio nazionale.

È dunque necessario uscire dalla logica, come abbiamo già ribadito tante volte in quest'Aula, dei grandi poli meta di turismo di massa e iniziare a ragionare sui distretti culturali diffusi, perché solo così facendo, solo sostenendo e implementando il nostro patrimonio diffuso su tutto il territorio, possiamo pensare di far svolgere appieno la sua funzione sociale alla nostra cultura. Ci vuole un impegno costante per la salvaguardia e per la custodia di questo patrimonio e abbiamo anche l'obbligo di promuoverne la conoscenza, la consapevolezza e la sensibilità fra le nuove generazioni, perché solo così potremo garantire che esso sia trasmesso, conservato e valorizzato. Ci vuole quindi una piena assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti coinvolti, sia pubblici che privati, ma prima di tutto ci dobbiamo ricordare, proprio in virtù dell'articolo 9 della nostra Costituzione, che è lo Stato che si deve fare carico di sostenere la tutela, la custodia e la valorizzazione del nostro patrimonio.

Anche, aggiungerei, in considerazione del fatto che noi siamo sempre più sottoposti alle ricadute dei cambiamenti climatici e il nostro patrimonio artistico è sempre più esposto a questi fenomeni avversi e dunque noi dobbiamo ragionare anche in questa ottica.

La crisi sanitaria, che è stata anche una crisi sociale ed economica, ha colpito duramente il comparto culturale e ha fatto emergere drammaticamente delle criticità che ancora affliggono questo comparto e, in particolare, i suoi lavoratori, imponendo quindi una riflessione sul welfare di questi lavoratori. Sono allora molto lieta che sia stato avviato questo tavolo interministeriale tra il Mibact e il Ministero del lavoro proprio per dedicarsi alla revisione e alla costruzione di una normativa dedicata ai lavoratori dello spettacolo dal vivo e del cinema in particolare, tenendo conto delle tipicità di questi lavoratori.

Oltre a questo comparto, per il quale - ribadisco - siamo lieti si sia avviato questo tavolo interministeriale, dobbiamo pensare anche ai lavoratori di tutti gli altri settori che compongono il vasto comparto della cultura in Italia.

Se, come qualche anno fa è stato detto, la cultura è un servizio essenziale, vorrei proprio partire dal primo degli impegni della mozione, ovvero stabilire i livelli essenziali delle prestazioni, che devono essere stabiliti in piena armonia con il diritto all'accesso, quindi alla fruizione del nostro patrimonio, ma anche in piena armonia con la tutela dei lavoratori. Quando parlo di tutela dei lavoratori, chiaramente parlo non solo di una giusta retribuzione, ma anche di un giusto riconoscimento e inquadramento professionale e, per tornare al welfare, di un sistema previdenziale e assistenziale che tenga conto della particolare tipicità di questi lavoratori.

Per quanto riguarda il diritto all'accesso, dobbiamo pensare di completare il piano della fruizione, pensando a tutti coloro che sono portatori di disabilità temporanee o permanenti e che hanno bisogni speciali, perché solo ampliando e completando questo piano per la fruizione, raggiungeremo l'obiettivo di avere una più vasta conoscenza del nostro patrimonio e di assolvere al nostro dovere costituzionale.

Abbiamo altresì l'obbligo di prevedere un piano di manutenzione ordinaria e straordinaria perché questo si ricollega direttamente alla fruizione, ma anche alla conservazione, alla tutela, alla valorizzazione e dunque alla promozione del nostro patrimonio e di tutto il circuito turistico che ad esso è collegato, laddove però noi dovremo sicuramente ragionare in termini di turismo sostenibile, ricordandoci della necessità di distretti culturali diffusi, anche nell'ottica di alleggerire i grandi poli di attrazione e dare nuova linfa vitale e rilancio a territori italiani che sono ricchissimi, che vale la pena visitare e promuovere, facendoli conoscere in tutto il mondo.

Per fare questo dovremo trovare un'armonia tra professionismo e volontariato e rilanciare l'occupazione attraverso questi piani di manutenzione ordinaria e straordinaria e valorizzare le professioni che sono legate alla tutela e alla conservazione. Non dobbiamo dimenticarci neanche della ricerca, perché essa è un punto fondamentale nel mondo della tutela, della conservazione, ma anche della fruizione del nostro patrimonio e spesso, quando si parla di patrimonio artistico e culturale da tutelare e da valorizzare, si dimentica la grande importanza che la ricerca ha in questo campo.

Dovremo anche impegnarci in un progetto, che il Governo si è impegnato a portare avanti approvando un emendamento nella legge di bilancio 2020, sulla mappatura dei nostri beni statali abbandonati, di interesse storico e culturale, proprio nell'ottica di un rilancio occupazionale, di un recupero dei luoghi, quindi di un contrasto al consumo di suolo e quindi alla creazione anche di nuovi poli di aggregazione e di sviluppo sociale e non solo economico del territorio.

Sono necessari progetti virtuosi di recupero dei centri storici, laddove mi pare che questa emergenza abbia reso evidente che c'è bisogno di ripensare alla ricostruzione di un tessuto sociale residenziale all'interno dei nostri centri storici, che altrimenti rischiano di diventare dei parchi tematici morenti; dunque ricostruzione della socialità e della residenzialità.

Per fare tutto questo è importante che ci sia una cittadinanza consapevole, che conosca il valore e l'esistenza del proprio patrimonio artistico e paesaggistico; si deve pertanto ripartire dalla scuola.

Concludo con un cenno al patrimonio immateriale. Parlando di patrimonio immateriale e della sua vastità, ho parlato dell'opera lirica e della musica sinfonica. Dobbiamo assolutamente cogliere questa occasione - è un impegno che chiediamo al Governo - per risolvere le criticità che affliggono questo settore da troppo tempo e che stanno emergendo drammaticamente non solo in questa emergenza sanitaria, sociale ed economica, ma anche per fatti di cronaca che stiamo leggendo sui quotidiani in questo ultimo periodo. Dobbiamo ripensare tutti insieme a come selezionare la governance di queste fondazioni, alla natura che devono avere, a come far sì che operino in maggiore trasparenza, a come tutelare i lavoratori.

Presidenza del vice presidente TAVERNA (ore 18,22)

(Segue MONTEVECCHI). Concludo, signor Presidente, con un pensiero alla danza e al balletto. L'Italia è la culla della danza e del balletto e non possiamo dimenticarci questi lavoratori. Per fare tutto questo, dunque, dovremo impiegare parte degli aiuti che ci verranno dall'Europa per questo comparto perché, come ha ricordato più volte il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, l'Italia può ripartire se riparte anche dalla sua enorme bellezza. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Verducci per illustrare la mozione n. 264.

*VERDUCCI (PD). Signor Presidente, noi pensiamo ci sia un modo, più degli altri, per tenere insieme un Paese, per contrastare divisioni e diseguaglianze, per rilanciare la consapevolezza piena delle nostre potenzialità, una visione e un'idea di futuro, specialmente in un momento di smarrimento e di crisi sociale come quello che stiamo vivendo. Questo strumento è il fattore culturale e questo è il significato politico di questa nostra mozione. Dare vitalità al nostro patrimonio culturale rafforza un sentire collettivo, il senso dell'appartenenza a una storia in divenire, il senso dell'appartenenza a una comunità di destino, che per noi non è solo nazionale, ma è pienamente europea e internazionale.

Mettere la cultura al centro di un nuovo modello di sviluppo significa stare dalla parte dei diritti, della società aperta, del pensiero critico; significa voler investire - ed è quello che vogliamo fare - sul patrimonio culturale, sul paesaggio, sul turismo culturale come asset economico e di sviluppo strategico del nostro Paese, come leva di inclusione e di integrazione civile e sociale. La cultura è un potente moltiplicatore economico, capace di creare lavoro e imprenditoria, di creare prodotto interno lordo, di creare ricchezza e di redistribuirla, ma è al tempo stesso uno straordinario moltiplicatore sociale, capace di creare condivisione di valori, convivenza, rispetto reciproco, legami di comunità, inclusione e dunque più sicurezza, pluralità di idee e quindi più libertà.

Signor Presidente, lo sviluppo della cultura e della ricerca, la tutela del patrimonio storico-artistico e la tutela del paesaggio sono tra i principi fondamentali della nostra Costituzione repubblicana: questi termini sono tenuti insieme indissolubilmente, nell'articolo 9, per volere dei nostri padri costituenti; sono nel patto di cittadinanza che è alla base della nostra rinascita dopo le macerie morali e materiali del fascismo e della guerra.

Aver tenuto insieme, nella stessa concezione di patrimonio, beni culturali e paesaggio anticipa con eccezionale modernità quanto dopo molti decenni è stato codificato dalla Convenzione di Faro del Consiglio d'Europa, quella che noi abbiamo approvato qualche mese fa e che rivoluziona l'idea del patrimonio culturale, ampliandolo fino a racchiudere il portato di tutto il vissuto storico-antropologico delle nostre comunità, frutto dell'interazione incessante nel corso del tempo tra le popolazioni e i luoghi.

Del resto, la politica che è il coronamento dell'etica - diceva Aristotele - è proprio l'arte di costruire la città e per questo la funzione della politica è fare cittadinanza, è fare società, è affermare l'idea di bene comune; è affermare il pubblico interesse, la publica utilitas; affermare la preminenza del pubblico sull'interesse privato. Ed è per questo che, sin dall'età dei Comuni, dell'Umanesimo e poi del Rinascimento, l'idea di conservare e abbellire i nostri borghi storici, il nostro paesaggio, anche quello agrario, è tutt'uno con la promozione della nostra cultura, con la definizione del nostro carattere nazionale e la nostra identità. Per questo sappiamo che una speculazione edilizia o la chiusura di un teatro sfregiano la nostra identità. Sappiamo oggi più che mai, in questo tempo che viviamo, che questo è un punto di verità.

Non è un'urgenza che nasce oggi, perché è a partire dal 2014 che il Mibact ha messo in atto molteplici piani di finanziamento, finalizzati alla messa in sicurezza, alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale, destinando fondi consistenti e crescenti. Sappiamo che la riforma delle soprintendenze, il rafforzamento e l'ammodernamento del sistema museale ha dato nuova linfa, ha portato nei nostri musei molte più persone di quanto sia mai accaduto, ha ridato legittimazione ad un patrimonio culturale che ha senso solo se viene fruito e vissuto senza steccati, rinsaldando un senso di appartenenza popolare e collettivo, rinnovando anche il rapporto tra le opere d'arte, il territorio e il loro contesto originario, che per nessuna ragione va spezzato, perché rappresenta la memoria storica e la funzione sociale del patrimonio culturale.

Presidente, al centro di questa nostra mozione non c'è una visione statica di patrimonio culturale, ma un'idea dinamica per cui da esso nascono distretti culturali che portano alla valorizzazione di territori, in particolare le aree interne del nostro entroterra. L'idea è che il Governo recuperi il patrimonio edilizio per finalità artistiche, culturali, e tra esse le residenze degli artisti; che rivitalizzi i quartieri delle nostre città, la qualità urbanistica e ambientale; che leghi le risorse europee al sostegno, al recupero e alla fruizione del nostro patrimonio culturale diffuso. Soprattutto, colleghi, al centro di questa nostra mozione c'è il lavoro, ci sono le lavoratrici e i lavoratori dei beni culturali, perché c'è una carenza di organico insostenibile di oltre 5.000 unità, che pregiudica le enormi potenzialità del nostro sistema culturale. (Applausi).

Per questo chiediamo con forza al nostro Governo un piano di assunzioni subito, da qui al 2022. Per questo chiediamo misure straordinarie di reclutamento. Per questo chiediamo di proseguire nell'attuazione dei piani di finanziamento e di implementarne di nuovi. La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale hanno bisogno di una nuova generazione di studiosi e di ricercatori, di una nuova generazione di professionisti dei beni culturali. Ne ha bisogno più che mai il nostro Paese, per riconquistare fiducia e consapevolezza. Questo, Presidente, è il significato della mozione n. 264 che oggi abbiamo presentato. (Applausi).

PRESIDENTE Ha facoltà di parlare la senatrice Borgonzoni per illustrare la mozione n. 266.

BORGONZONI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, potrei iniziare ripetendo quanto i colleghi che mi hanno preceduto hanno detto sull'importanza e sulla centralità della cultura nel nostro Paese e sul fatto che, oltre alle parole che spesso vengono profuse largamente in quest'Aula, la cultura ha bisogno di risorse.

Quanto alla centralità che la cultura ha nel tessuto sociale, condivido il concetto, in quanto la cultura serve per aggregare e anche per cercare di mitigare quelle tensioni sociali che magari, in situazioni come quelle che stiamo vivendo ora, rischiano di essere amplificate. Non a caso, sono sempre terrorizzata quando parliamo del Netflix della cultura, perché ho paura che le persone che non hanno i soldi per girare, entrare nei musei e andare a teatro, possano sedersi sul divano di casa e guardare da lì lo spettacolo teatrale. Ciò aveva un senso quando non potevamo uscire di casa, mentre ora rischia di creare dei cittadini di serie A (quelli più ricchi, che possono pagare 300 o 400 euro un biglietto per andare a teatro) e quelli di serie B, che si trovano davanti a uno schermo, quando la cultura - penso che tutti lo condividiamo - riempie tutti i nostri sensi: quando si entra in una biblioteca, si sente l'odore dei libri e li si tocca con le mani; quando si va a vedere un concerto, ci sono anche l'empatia e l'emozione di ascoltarlo con altre persone. È qui presente il Sottosegretario che ha le deleghe che avevo prima io: quando parliamo di cinema, ci riferiamo sempre alle sale, perché sono quel posto dove si piange e si ride insieme a un vicino, seduto accanto, che non si conosce e in quel momento si crea un'emozione insieme a lui. È fondamentale che anche le sale cinematografiche sopravvivano e dobbiamo impegnarci tanto, perché sono dei grandi presidi sociali sui nostri territori.

Mi soffermerò sulla parte del dispositivo della mozione, perché penso che condividiamo tutto il resto. Spero che le mozioni che oggi discutiamo diventeranno atti concreti del Governo e non rimarranno solamente esercizi di stile, che spesso ci troviamo a fare dentro quest'Aula, che vanno benissimo, ma non portano ai risultati che tutti ci auguriamo.

Mi soffermo sul primo punto, ringraziando la collega che per prima ha depositato la mozione riguardante il patrimonio artistico, che ho cercato di ricalcare, inserendo nello specifico delle cose che, quando ero Sottosegretario, il Governo ha fatto. Intendiamo impegnare il Governo ad aumentare le risorse finanziarie per un piano straordinario di interventi, che è fondamentale per la messa in sicurezza, la tutela, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale, artistico e museale. Ho visto che è stato adottato il decreto attuativo per i fondi destinati ai musei e che il Governo ha recepito una misura contenuta in una nostra mozione che era stata bocciata: sono felice se, magari con tempi un po' più lunghi, alla fine le proposte vengono accettate. Mi riferisco ai musei civici.

Potete anche votare a favore: non è un'offesa tanto grande, se troviamo dei punti di unione sulla cultura, potrebbe essere anche un bel segnale verso chi ci ascolta e ci vede. La cultura unisce: qui lo diciamo, dimostriamolo ogni tanto nei fatti. Se l'attuale opposizione avanza delle proposte che possono essere condivise sulla cultura (spesso succede che troviamo punti che ci uniscono), è inutile bocciarle per poi arrivare ad adottare un decreto attuativo inserendo un po' di nascosto la misura.

Spero che questi fondi arrivino e, soprattutto, che nel cosiddetto decreto semplificazioni si affronti il tema della cultura, semplificando l'accesso ai fondi e gli interventi che vengono fatti. Come ho detto anche in Commissione, c'è tutta la questione delle sovrintendenze, che hanno avuto un ruolo di tutela nel nostro Paese, rispetto ad altri Paesi dove invece sovrintendenze come le nostre non esistevano e oggi non esiste più un patrimonio artistico perché non è stato tutelato. Tuttavia, abbiamo bisogno di individuare criteri più oggettivi, perché non è possibile che se si vuole aprire una finestra su un muro, ciò vada bene per il sovrintendente attuale, ma non per quello che viene dopo.

Ci sono poi i temi delle tempistiche e del silenzio assenso: è ovvio che per migliorare i tempi bisogna aumentare il personale. Bisogna trovare un modo per tutelare il patrimonio, perché spesso ci troviamo nella situazione in cui i fondi ci sono e l'intervento si può fare, ma l'iter è tanto lungo, che il patrimonio viene leso e peggiora rispetto a quando si era partiti con le pratiche.

Occorre inoltre predisporre un piano strategico nazionale sulla valorizzazione del patrimonio UNESCO, materiale e immateriale, perché l'Italia, come sappiamo, è un grandissimo Stato per il patrimonio UNESCO e lo è ancora di più per i riconoscimenti che abbiamo avuto e spero che ne avremo altri. Spero che dopo Giotto e gli affreschi del Trecento a Padova, sia la volta di Bologna con i suoi portici; ci abbiamo lavorato tanto e per questo ringrazio gli uffici del Ministero.

A tale proposito, ci vuole una gestione e uno sviluppo ecosostenibile di tutti i siti per cercare di promuovere anche i cosiddetti siti minori: è un'offesa definirli minori vista la bellezza di questi siti, ma li chiamo così solo perché sono meno conosciuti dagli italiani e dagli stranieri che vengono in Italia. Sicuramente questo si può fare coinvolgendo le industrie culturali e cercando di svilupparne nel nostro Paese. Nei Paesi del Nord Europa vi sono industrie culturali che sono super tecnologiche e bravissime negli interventi; noi, in questo frangente, abbiamo sviluppato meno una dote che comunque abbiamo, perché abbiamo l'ingegno e la creatività, ma forse abbiamo investito meno in tale ambito. Si deve investire molto di più, soprattutto perché i siti UNESCO possono essere quel traino per riportare tantissimo turismo straniero nel nostro Paese. Non a caso, una delle proposte che avevo fatto era proprio quella di promuovere il nostro Paese nelle televisioni degli altri Stati attraverso il patrimonio UNESCO materiale e immateriale.

Visto che si parla di tutela del patrimonio, va ratificata la Convenzione di Nicosia; eravamo già molto vicina e ratificarla quando eravamo al Governo. Credo che sia un passaggio che dobbiamo fare velocemente. Voglio anche ringraziare il Comando carabinieri per la tutela del patrimonio culturale che lavora insieme al Ministero, perché sono in pochi. A tale proposito, faccio un appello: cerchiamo di aumentare le risorse di tale Comando, perché svolgono un grandissimo lavoro in Italia e all'estero: penso anche a tutto il patrimonio che è stato salvato e che era stato trafugato dai terroristi. A loro va fatto veramente un applauso, però bisogna dare loro anche gli strumenti, oltre ad aumentare il personale che lavora in quel Comando.

Ricordo un disegno di legge, che è arrivato in Senato e che alla Camera è già stato votato con una serie di modifiche, diretto a cercare di mettere in un sistema unico all'interno dell'alveo del codice penale tutte quelle fattispecie di reati - che ora sono nel codice dei beni culturali o in altre normative - che puniscono l'imbrattamento. La discussione è tornata alla cronaca a causa dei recenti imbrattamenti. Vengo da una città come Bologna, dove abbiamo i portici che devono fare il percorso per diventare patrimonio dell'umanità, ma siamo disperati perché sono imbrattati di continuo. Abbiamo visto quello che succede principalmente in altri Stati, non da noi, però sull'imbrattamento delle statue sicuramente bisogna dare un messaggio chiaro, perché non si può imbrattare un monumento, non si può andare a giocare dentro una fontana, non si può distruggere una statua. Ritengo infatti che il passato sia fondamentale averlo davanti, molte volte anche per non ripeterlo.

Nell'ultimo punto del dispositivo della nostra mozione c'è un tema a cui mi sono dedicata tantissimo e che ritengo importante. Si tratta delle nuove tecnologie e della centralità che il nostro Paese può avere nel controllo satellitare del territorio. Ho fatto l'apertura del simposio che c'è stato al Colosseo. Noi abbiamo i dati satellitari su buona parte del nostro territorio dal 2009 ad oggi; sono dati che ci raccontano dei movimenti e degli spostamenti sia delle aree archeologiche sia del nostro patrimonio. Dobbiamo inserire tali dati in un sistema unico che possa controllare e prevenire le cadute, che possa indicare gli interventi che vanno fatti.

Avendo i dati dal 2009 ad oggi, abbiamo anche la fortuna di poter capire quali sono i movimenti strutturali normali di un palazzo o di un'area archeologica dovuti al riempimento e allo svuotamento d'acqua e secondo le stagioni dell'anno, e quali sono gli interventi che invece vanno fatti immediatamente perché c'è il rischio di crollo. La prima sperimentazione era stata fatta a Pompei ed Ercolano già nel 2015-2016: tramite l'osservazione satellitare si erano accorti che stava venendo giù una copertura che c'era su degli scavi.

Su questo vanno date risorse al Ministero, va formato e va assunto del nuovo personale e su questo possiamo essere i primi. Quando è stato fatto questo simposio, sono andata anche in Brasile, a Rio de Janeiro, a parlare di questa cosa: possiamo avere un modello da riportare agli altri perché, quando abbiamo fatto il simposio all'area archeologica del Colosseo, sono venuti da tutto il mondo. Possiamo essere primi anche in una nuova visione della tutela del patrimonio artistico. Cerchiamo di farlo e per farlo c'è bisogno di investire dei soldi.

Visto che oggi siamo intervenuti e sembra che siamo tutti d'accordo su questo, iniziamo a farlo e diamo il coraggio al Governo di investire in ciò che può essere il rilancio del nostro territorio e delle nostre radici, ciò che, come impresa culturale, con il suo indotto, crea il 17 per cento del PIL. Mi auguro vengano votate tutte le mozioni oggi in discussione, compresa la nostra, ma soprattutto che poi diventino concrete. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Aimi per illustrare la mozione n. 269.

AIMI (FIBP-UDC). Signor Presidente, Governo, onorevoli colleghi, la mozione che ci troviamo a illustrare in questa serata, nella quale abbiamo ascoltato con grande attenzione gli interventi delle altre forze politiche, che ci trovano, in larga parte, sintonici rispetto ai principi fondanti che le animano, mi consente di evidenziare un aspetto molto importante dal quale partirei ringraziando il senatore Andrea Cangini, che ha realizzato per il Gruppo, insieme ad altri, la nostra mozione.

Vorrei ricordare che siamo portatori di un bagaglio culturale e - mi sia consentito di dire - di civiltà straordinario. Presidente, la geografia ci ha posto in una condizione particolarissima: siamo tra il Nord e il Sud del mondo; siamo al centro del Mediterraneo; siamo un giardino al centro del Mediterraneo e siamo, altresì, un museo a cielo aperto. Abbiamo dato i natali a personaggi straordinari della letteratura, dell'arte e delle arti figurative. Siamo stati un popolo che geneticamente è stato vocato a questo, ma non per caso. È una cultura, è una religione che si è fatta molto spesso cultura e una cultura che si è fatta prassi. Questa è la verità e la ragione per la quale abbiamo anche il compito di trasferire alle nuove generazioni il patrimonio che ci è stato consegnato in un momento anche particolarmente difficile. Assistiamo, infatti, a una furia iconoclasta che ha colpito gli Stati Uniti d'America, ma che purtroppo colpisce e infetta anche l'Italia. Abbiamo sentito e visto, per esempio, la distruzione a Bergamo - qui c'è la nostra collega Gallone - del monumento ai caduti della Folgore: un atto assolutamente vergognoso. C'è chi dice che dovremmo togliere addirittura dai nostri libri di testo Dante Alighieri, nel passaggio in cui dice «mentre che tutto in lui veder m'attacco, guardommi e con le man s'aperse il petto, dicendo: Or vedi com'io mi dilacco! Vedi come storpiato è Maometto! Dinanzi a me sen va piangendo Alì, fesso nel volto dal mento al ciuffetto. E tutti li altri che tu vedi qui, seminator di scandalo e di scisma fuor vivi, e però son fessi così». Questo passaggio di Dante, che è stato mirabilmente rappresentato in un quadro di Giovanni da Modena nella cattedrale di Bologna, rappresenta un'opera a grande rischio. Questo è uno dei problemi che abbiamo.

Vorrei anche ricordare un atto sostanzialmente forse di "fesseria culturale", se non addirittura di sottomissione: quando venne in Italia il presidente della Repubblica islamica Rouhani, addirittura si arrivò a coprire le statue al museo del Campidoglio perché rappresentavano una nudità. Ma noi siamo una cultura che si è fatta straordinaria e siamo eredi della cultura greco-romana; non possiamo dimenticarlo. Allora cosa dovremmo fare? Se tutto questo è una cosa meravigliosa, dobbiamo anche dare delle risposte.

Ringrazio il Governo perché accogliamo le modifiche anche sulla nostra mozione e, quindi, credo che avrà alla fine anche il voto della maggioranza. Abbiamo un compito: preservare dalla furia iconoclasta - lo ripeto - che appartiene solamente a determinate "ideologie". Penso a quella che abbiamo visto in opera, ad esempio, a Palmira, con la distruzione feroce e vergognosa di quel sito archeologico che rappresenta ricordi di una Roma antica, della quale qualcuno forse si vorrebbe dimenticare, ma che noi non possiamo inevitabilmente dimenticare.

Per preservare tutto questo mi sono permesso, qualche giorno fa, di presentare un disegno di legge, che è stato ripreso, che rivede in particolare gli articoli 635 e 639 del nostro codice penale. Quelli non sono più articoli adatti al momento, adatti alla bisogna. Non dobbiamo prevedere la procedibilità solamente a querela di alcuni reati - che qualcuno definisce bagatellari, piccoli, di poco interesse - ma abbiamo la necessità di indicare una procedibilità d'ufficio, affinché le procure della Repubblica si occupino anche di questo tipo di reati.

È vergognoso pensare e mettere al centro la politica giudiziaria del benaltrismo: abbiamo ben altro a cui pensare e quindi non si riflette sulla distruzione che sta avvenendo lentamente. Non bastano, infatti, i terremoti, non bastano le alluvioni né i fenomeni di logorazione del tempo; abbiamo anche, purtroppo, dei fessi in servizio permanente effettivo, che passano il loro tempo la notte a dipingere le case, i muri, i monumenti, a distruggere. Questo non può più essere possibile. Quindi: procedibilità d'ufficio, innalzamento delle pene pecuniarie e, soprattutto, lavori socialmente utili per coloro che vengono catturati a commettere questo tipo di reato. (Applausi). In che modo? Preparandoli, facendo imparare loro un mestiere: olio di gomito a ripulire ciò che hanno deturpato; mano al portafogli per risarcire i danni provocati.

Dobbiamo avere il coraggio di andare in quella direzione e di far sì che anche i nostri ragazzi, la nostra gioventù sappia che questo patrimonio è proprietà di tutti, indipendentemente dall'appartenenza politica. È un patrimonio di tutti e come tale va difeso e preservato. Noi in questa direzione vogliamo andare; vogliamo soprattutto che ci sia il coraggio anche da parte dell'Assemblea, in questa situazione, di porre mano a una riforma, che sarà importante, dei citati articoli 635 e 639, che ci consentirebbe di mettere tanti giovani nelle condizioni di imparare un mestiere, quello di ripulire i monumenti; di mettergli una bella pettorina tricolore - o scegliete voi il colore che volete - con scritto «Amo l'Italia», e metterli lì a lavorare nell'interesse della nostra Nazione. (Applausi). Questo è ciò che dobbiamo fare.

Ci sono interessi straordinari, economici, che gravitano intorno alla difesa e alla preservazione dei monumenti. Proprio noi, che siamo il primo Paese al mondo come detenzione di patrimonio artistico - secondo qualcuno, fino al 75 per cento - dovremmo essere veramente orgogliosi di questo. E a coloro che si permettono di dissentire, di essere in sintonia con una certa "creatività" che distrugge, dobbiamo dire che il momento è finito: dobbiamo dire loro che dobbiamo amare veramente la nostra Patria Italia; dobbiamo amare questo Paese e incominciare a farlo dalle piccole cose. Quindi, non si deturpano più muri e monumenti, ma si devono riconvertire.

Coloro che fanno questi corsi, quindi imparano un mestiere, dovrebbero essere poi - per estinguere il reato - avviati, per un periodo direi di almeno tre mesi, a fare tale attività. D'altra parte, se viene previsto per altri tipi di reato, non vedo perché non debba essere inserito in questo provvedimento, che sostanzialmente riprende una ragione tipicamente italiana, quella del contrappasso. Ebbene, mandiamoli a ripulire i monumenti perché è la cosa, secondo me, più importante che potremmo davvero fare, anche per la gioia dei tanti turisti che molto spesso vengono in Italia e vedono cose che non dovrebbero vedere.

Credo che la mozione rappresenti al meglio questo amore che a mio avviso deve animare ciascuno di noi.

Ringrazio ancora il mio Gruppo, Forza Italia, ma anche gli altri Gruppi politici, perché hanno dimostrato una sensibilità particolare e un'elevazione d'animo, che è estremamente importante in un momento di decadenza anche culturale e politica.

Riprendiamoci gli spazi che ci meritiamo. Portiamo la politica a quell'altezza che essa stessa merita. Ritorniamo ad avere la guida di situazioni del genere. Queste sono le ragioni per le quali io credo che la mozione in esame possa essere presentata e, soprattutto, votata. (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare in discussione.

Visto che alcuni dei pareri del Governo ci sono stati consegnati informalmente, proprio per la complessità degli argomenti trattati, chiedo ai presentatori se ne abbiano già avuto visione, in modo che, anche per il Sottosegretario, sia più semplice rimettersi alle copie scritte delle riformulazioni.

Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, al quale chiedo se conferma il contenuto dei pareri già consegnati per iscritto.

ORRICO, sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo. Signor Presidente, confermo.

PRESIDENTE. Sulla mozione n. 258, presentata dalla senatrice Rauti e da altri senatori, le proposte di riformulazione riguardano le premesse e gli impegni. Vi è poi una contrarietà rispetto ai punti 4), 11), 12) e 13) delle premesse, che si chiede vengano espunti. Con le riformulazioni proposte, il parere è favorevole.

Chiedo alla senatrice Rauti se accoglie tutte le riformulazioni del Governo.

RAUTI (FdI). Sì, signor Presidente, le accolgo.

PRESIDENTE. Quindi, il parere è favorevole sulla mozione n. 258.

Sulla mozione n. 263, a prima firma della senatrice Montevecchi, vi è una proposta di riformulazione del punto 1). Chiedo alla senatrice Montevecchi se accoglie tale proposta.

MONTEVECCHI (M5S). Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Il parere è completamente favorevole, invece, sulle mozioni n. 264, presentata dal senatore Verducci e da altri senatori, e sulla mozione n. 266, presentata dalla senatrice Borgonzoni e da altri senatori.

Sulla mozione n. 269, a prima firma della senatrice Bernini, abbiamo una contrarietà sul punto 2 delle premesse. Inoltre, è stata avanzata una riformulazione dei punti 1 e 6 delle premesse.

Chiedo al senatore Aimi, che ha illustrato la mozione, se accoglie quanto proposto.

AIMI (FIBP-UDC). Signor Presidente, accogliamo quanto è stato richiesto dal Governo.

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione delle mozioni.

Nel ricordare che siamo alla venticinquesima mozione votata in due giorni, invito i colleghi a un rispetto rigoroso dei tempi.

RAUTI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, sarò brevissima, non solo per ciò che ha detto lei, ma anche perché non ho più voce.

Siamo contenti che il tema della tutela del patrimonio artistico, dopo la nostra mozione, abbia visto la presentazione di altre quattro mozioni, tutte animate dalla medesima volontà di valorizzazione e tutela del patrimonio artistico nazionale. È stato bello il dibattito che abbiamo ascoltato in Aula, perché sono stati molti gli spunti, che ho apprezzato, anche delle mozioni altrui.

Mi ha colpito molto l'intervento del collega Aimi, con il quale condivido la preoccupazione per i recenti attentati operati ad opere simbolo di storia e cultura, episodi che la cronaca ci ha restituito; una sorta di furore neoiconoclasta, che viene ricondotto da taluni analisti alla cosiddetta categoria della cancel culture, ovvero la cultura della cancellazione, dettata dalla volontà di rimuovere la storia e la memoria, attaccando statue, monumenti simbolici e i valori che rappresentano.

Ci preoccupa il fenomeno di cancellazione e di rimozione del passato, che ha nei social - come è noto - il suo megafono e che, dal nostro punto di vista, rappresenta una deriva pericolosa anticulturale. Anche noi, collega Aimi, abbiamo presentato un disegno di legge, che, senza entrare nell'articolato, concettualmente punta a inasprire le pene nei confronti di chi compie atti vandalici, deturpa e distrugge beni storici e artistici.

È anche in virtù del disegno di legge che abbiamo presentato che mi sento - come ho già dichiarato - di accettare quanto è stato proposto dal Governo rispetto alla nostra mozione, ovvero espungere due parti e riformularne alcune.

Annuncio altresì un voto favorevole rispetto alle altre mozioni presentate, che cito per numero: le nn. 263 (testo 2), 264, 266 e 269 (testo 2). Credo, in sintesi, di poter dire, anche per quello che ho ascoltato, che vi sia un filo rosso che le attraversa e le accomuna tutte; sia pure con diversi accenti e sfumature, tutte nascono dall'esigenza condivisa di difesa del patrimonio nazionale, della storia che esso rappresenta e della memoria che ci tramanda. È quindi qualcosa di collettivo, di condiviso, di comunitario, di comune senso di appartenenza e di orgoglio. Aggiungo che in tutte le mozioni c'è - a mio avviso - il desiderio - forse, lasciatemelo dire, anche accentuato dalla crisi che stiamo attraversando - di restituzione di senso e di valore a tutto ciò che ci circonda, a tutto ciò che abbiamo ricevuto e che troppo spesso non abbiamo saputo rispettare abbastanza, dall'ambiente al patrimonio artistico. È allora forse il momento di rovesciare i negativi paradigmi e quello spirito di unanimità che mi auguro ci sia oggi in Assemblea potrebbe rafforzare questa volontà.

Come è noto, «La bellezza salverà il mondo». La frase ovviamente non è mia, ma è il titolo di un libro famoso. Ma se la bellezza salverà il mondo, salverà anche noi. (Applausi).

COMINCINI (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COMINCINI (IV-PSI). Signor Presidente, sarò sicuramente celere e veloce, anche perché è bello constatare che su alcuni temi si riescano a trovare convergenze e trasversalità nell'Assemblea. Penso che, su un tema così caratterizzante l'identità italiana, come il patrimonio storico, artistico, culturale e ambientale del nostro Paese, sia bello vedere che nelle diverse mozioni ci sono punti che ritornano e questioni che si riaffacciano. C'è quindi una volontà politica trasversale di potenziare questo ambito, questo settore, per meglio tutelare non soltanto le opere e il patrimonio, ma anche chi vi lavora.

Consentitemi di fare alcuni veloci riferimenti rispetto a passaggi di alcune mozioni, e non solo di quella che il mio Gruppo ha sottoscritto, ma anche di quelle di altri, che riprendono gli stessi temi.

Da un lato, abbiamo un Paese sicuramente ricco di grandi poli turistici, ma anche estremamente ricco di borghi, di quella che viene definita l'Italia minore, che sa offrire comunque grandi opportunità ai turisti oltre che, ovviamente, ai residenti; un'Italia minore che merita sicuramente grande attenzione, e non soltanto per gli interventi di recupero, ma anche per quelli di riqualificazione, che devono andare nella direzione di favorire una migliore residenzialità, proprio perché sono centri non solo da visitare, ma devono essere anche posti da vivere, posti vivi, da poter ammirare e fruire da un punto di vista culturale e turistico.

Dall'altro lato, vi è il tema dell'opera lirica e della musica sinfonica: un grandissimo patrimonio del nostro Paese che, proprio nell'attuale fase così difficile, rischia di uscire pesantemente colpito per le impossibilità che conosciamo bene di poter fruire pienamente di spettacoli e opere. Gli artisti che lavorano in questo settore meritano, quindi, grande sostegno.

Dobbiamo poi affrontare una grande sfida, quella degli spettacoli dal vivo, prevedendo la possibilità di potenziare e migliorare, semplificando, questo genere di opportunità. Nella scorsa legislatura venne approvato dalla Camera dei deputati uno specifico disegno di legge in questa direzione, che poi è rimasto arenato e meriterebbe di essere ripreso e, proprio per le condizioni che stiamo vivendo, rilanciato.

C'è poi il tema dell'educazione. Abbiamo bisogno di educare i nostri giovani, a partire dalle scuole, allo straordinario valore del nostro patrimonio storico-artistico, che - come dicevo all'inizio di quest'intervento - contribuisce a costruire l'identità del nostro Paese.

Infine, le risorse: ovviamente tutte queste cose importanti e interessanti non si possono porre in essere se non abbiamo a disposizione nuove e anche rilevanti risorse. Spiace registrare come nel nostro Paese le amministrazioni regionali e comunali fatichino a operare in modo da fruire pienamente delle risorse che l'Europa già ci mette a disposizione. I fondi europei destinati alla cultura spesso restano inattivi per l'incapacità di attingervi attraverso i bandi: sarebbe utile che le amministrazioni provinciali - ad esempio - si rendessero disponibili nei confronti di quelle locali con la creazione di uffici specifici dedicati proprio all'attingimento delle risorse che i bandi europei mettono a disposizione. In questo modo potremmo aiutare le amministrazioni locali a spingere su progetti dedicati alla cultura e al patrimonio storico, artistico, culturale e ambientale del nostro Paese.

Italia Viva voterà a favore delle mozioni che ha sottoscritto e ovviamente di quelle che hanno ricevuto il parere favorevole del Governo.

NUGNES (Misto-LeU). Signor Presidente, sono molto contenta che oggi si discutano le mozioni in esame, perché la tutela dei centri storici, del patrimonio immobiliare e immateriale è centrale sulla questione che ci troviamo ad affrontare.

Sono contenta che il Governo si prenda la responsabilità di rispondere favorevolmente alle mozioni che con esso voteremo concordemente, perché sono tutte importanti e portatrici di valori fondamentali, che, proprio in questa fase di ripresa e sviluppo economico, non dobbiamo dimenticare.

Chi siamo noi italiani? Quando pensiamo agli italiani, all'Italia, al Belpaese, cos'è che ci viene in mente? Sicuramente molti di noi pensano allo sviluppo scientifico e alla tecnica, ma soprattutto quello che abbiamo in mente è un'immagine: il paesaggio e il patrimonio storico-artistico della nostra Nazione. Così avviene per tutti i cittadini che dall'estero vengono in Italia: è vero che abbiamo bellissime coste, mari meravigliosi e opere d'arte di richiamo, come pure bello è il tessuto strutturale del nostro patrimonio anche diffuso, com'è stato detto più volte. Il presidente Ciampi, nel maggio del 2003, legò l'articolo 9 della Costituzione all'identità: questo è fondamentale, perché da quell'articolo 9 della Costituzione, che mette lo Stato a tutela di questi beni, traiamo il concetto d'identità e di quello che siamo nel profondo e che conserviamo della nostra immagine.

Tutti i beni immateriali necessitano di un tessuto visivo locale, un genius loci in cui insediarsi e mettere radici e a cui ancorarsi. Tutti i nostri piccoli comparti diffusi, i centri storici consolidati (non solo quelli grandi e vincolati o le bellezze monumentali, ma anche i piccoli insediamenti) sono fondamentali per la nostra identità. Come diceva giustamente una mia collega, dev'essere una tutela attiva, che porta alla fruizione di questo patrimonio da parte di tutti i cittadini, al quale dà sviluppo, secondo quanto previsto dall'articolo 9 della Costituzione, perché la Repubblica ne deve promuovere lo sviluppo e deve tutelare il paesaggio. Nello stesso momento in cui spinge per dargli vigore, lo deve conservare e tutelare, ma non è una conservazione statica nel passato, bensì una conservazione attiva, di identità e di valore.

È in discussione presso la 1a Commissione del Senato una modifica all'articolo 9 per l'inserimento in Costituzione del diritto all'ambiente, che deve necessariamente essere connesso al diritto alla salute, perché non possiamo pensare di avere un diritto alla salute senza un diritto all'ambiente, che è legato al paesaggio. In 13a Commissione abbiamo un disegno di legge sulla tutela dei centri storici e dei complessi storici, che è di primaria importanza; inoltre, abbiamo un disegno di legge sullo stop al consumo del suolo agricolo e sulla tutela del paesaggio. Sono tre tasselli fondamentali che ci servono per creare una barriera ad un attacco in atto, che non possiamo negare e che viene dalla globalizzazione, ossia da una cultura che tende a livellare tutto, a uniformare tutto, a renderci tutti uguali e più poveri.

Dobbiamo infatti ricordare che questo è il patrimonio collettivo, è ciò che ci rende ricchi, e l'unica cosa che ci rende ricchi è il bene comune. Tale bene è attaccato anche dai cambiamenti climatici, ma soprattutto da un'idea neoliberista di svendita e mercificazione che ha avuto inizio negli anni Novanta e non si è mai arrestata.

Lo Stato non può dimenticare di essere garante di questo patrimonio e l'articolo 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione glielo ricorda. Questo è un preciso dovere anche rispetto alle leggi regionali sull'urbanistica, perché si tratta di un attacco sferrato al territorio che avviene continuamente e non ha sosta.

La sentenza n. 151 del 1986 della Corte costituzionale ha espresso il concetto fondamentale che, in base all'articolo 9 della Costituzione, la priorità dei beni tutelati non si può subordinare a nessun altro valore, neanche a quello economico. Eppure, le Regioni continuano a legiferare senza che lo Stato si prenda cura di quei territori; così avviene che il complesso rurale Zaccaria a Giugliano, del Settecento, su un impianto del Cinquecento e su resti romani, viene demolito poiché non aveva vincolo, per far posto ad un centro residenziale privato; così come avvenuto per i villini liberty di Roma. Noi non lo possiamo permettere, perché noi siamo lì, noi siamo quello; eppure, per l'emergenza Covid, che diventa il grimaldello anche per le leggi urbanistiche, sono state approvate la legge regionale n. 13 del 2020 del Piemonte in materia urbanistica e la legge urbanistica campana. Si tratta di un saccheggio del territorio.

Il rilancio - chiedo al Governo di prestare attenzione a questo punto - non può essere nell'assalto e nella mercificazione del patrimonio collettivo. Questa è una logica vecchia, degli anni Cinquanta, e il Governo adesso, esprimendo parere favorevole alle mozioni in esame, si sta prendendo un impegno per quanto mi riguarda. E dobbiamo rilanciare questo patrimonio collettivo con la manutenzione, la tutela, il recupero, la fruizione. E dobbiamo fare in modo che provvedimenti come il decreto legge semplificazione o quello sull'Italia veloce non vadano in altra direzione, perché andrebbero a contraddire tutto quanto detto e tutti gli impegni presi dal nostro Governo anche in sede europea prima della crisi Covid. Mi riferisco a quelle dichiarazioni che non erano piaciute a Confindustria quando furono fatte, fino al gennaio di quest'anno. Non vorremmo che adesso la paura di non farcela da un punto di vista economico ci facesse fare degli errori come nel Dopoguerra, quando andammo, con i piani di ricostruzione, a distruggere gran parte del nostro patrimonio.

Ben vengano, quindi, i livelli essenziali delle prestazioni, i piani di fruizione, i piani di manutenzione, le misure per il recupero, l'incentivazione della conoscenza nelle scuole. E ben venga la richiesta di più fondi per le professionalità, per rafforzare le sovrintendenze, per dare alle professionalità del settore più forza e competenza, da inserire anche negli uffici tecnici. Possiamo velocizzare solo se le sovrintendenze, gli uffici tecnici e i geni civili saranno competenti. Dovranno essere fatte assunzioni di livello affinché la tutela sia non un ostacolo, ma un incentivo a migliorare e ad andare avanti. (Applausi).

VERDUCCI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VERDUCCI (PD). Signor Presidente, al centro della nostra mozione c'è innanzitutto il lavoro, c'è il destino di migliaia di lavoratrici e di lavoratori della cultura, che non è un loro fatto personale, ma riguarda tutti noi, il nostro Paese. Riguarda l'ambizione che abbiamo per il nostro futuro e per quello delle nuove generazioni; quale posto vogliamo occupare nel mondo, se quello di un Paese che è sicuro di sé, dei propri valori e delle proprie potenzialità, ed è capace di conquistare spazi di mercato e di democrazia per la forza dell'innovazione, della creatività, del know-how culturale, che rendono unico il nostro artigianato, che ne fanno valore aggiunto fondamentale per le nostre manifatture, per la moda, per il nostro made in Italy; un Paese riconosciuto, rispettato, ambito, appunto, per l'enormità del suo patrimonio artistico e culturale. È per questo che diciamo con forza che non è più ammissibile che migliaia di lavoratori della cultura siano invisibili, costretti a vivere la propria passione, la propria speranza senza alcuna certezza, tra mille impedimenti e frustrazioni; costretti ad inseguire continuamente un progetto di vita che non si realizza mai, tra lavoro in nero, contratti atipici da freelance, intermittenti, da partite IVA, da prestatori d'opera occasionali o alla giornata, in un tempo che passa inesorabile e poi butta fuori, dopo anni di investimenti sprecati e mortifica talenti di cui invece il nostro Paese e la nostra società hanno estremo bisogno. In questo disagio dei lavoratori della cultura c'è l'immagine di un Paese che non crede in sé stesso o forse non ci ha mai creduto. E non possiamo fare finta di nulla, soprattutto nel momento in cui l'emergenza Covid squaderna in tutta la sua evidenza verità irriducibili. E queste storture c'erano anche prima dell'arrivo del virus e, del resto, gli sforzi assolutamente importanti fatti dal Governo per non lasciare solo nessuno sono stati così enormi e complicati proprio per la difficoltà addirittura di mappare in tanti ambiti i lavoratori della cultura.

Per questo la crisi ci impone di ripensare, di ridefinire il nostro sistema culturale, correggendo devianze, scardinando posizioni dominanti che condizionano, soffocano; abbattendo muri che impediscono l'accesso a tante energie innovative e vitali; superando i limiti strutturali di un sistema che è troppo chiuso, troppo escludente. Fare cultura è innanzitutto un lavoro e deve essere un lavoro con piena dignità, deve essere sicuro e giusto. E per questo chiediamo uno statuto del lavoro culturale e creativo, che parta dal riconoscimento dello status delle professioni artistiche e sia in grado di disegnare un sistema di diritti, di protezioni sociali, costruendo una rete universale di welfare che sia specifica, definendo - lo chiediamo in questa mozione - livelli essenziali delle prestazioni omogenei tra le Regioni; è quello che ci hanno chiesto nelle audizioni con forza in questi giorni in Senato. La crisi innescata dal Covid moltiplica disparità e diseguaglianze territoriali e sociali; colpisce soprattutto i non garantiti, i lavoratori autonomi e le piccole imprese culturali, con storture del mercato già prima esistenti ma adesso amplificate e drammatiche. Per questo c'è bisogno di un intervento a sostegno delle produzioni indipendenti, riconoscendone la specificità.

Nella nostra mozione c'è tutto questo, perché il patrimonio culturale non è fatto di compartimenti stagni, ma è qualcosa di vivo e dinamico; è un processo attivo, è capacità di costruire civitas e c'è, in tale capacità, un nesso molto forte tra bene culturale e comunità territoriale, che sta proprio nella capacità di prendersi cura del patrimonio culturale attraverso la partecipazione diffusa dei cittadini e del volontariato. La tutela non è solo riservata agli addetti, ma si fonda anche sul protagonismo di tantissimi cittadini e questo è un bene, è civismo che alimenta memoria, consapevolezza, senso d'identità, che fa dei beni culturali un grande bene comune. È un'idea della cultura aperta e non elitaria.

C'è però un tema che richiamiamo nella mozione: è fondamentale che ci sia una gestione virtuosa del volontariato e non un abuso, non un uso surrettizio a scapito dei compiti e del riconoscimento delle figure professionali dei beni culturali, che invece va rafforzato. Per tale ragione chiediamo al Governo di avviare un processo di regolamentazione del volontariato dei beni culturali, garantendo il rispetto dei ruoli tra professionisti e volontari ed escludendo, una volta per tutte, il ricorso al volontariato culturale in sostituzione e come soluzione alla carenza di personale, garantendo la tutela degli organici lavorativi, la qualità e l'offerta dei servizi culturali.

Signor Presidente, in conclusione, tutte le mozioni - noi le voteremo con le riformulazioni proposte - seppur diverse tra loro, sono molto importanti perché hanno il merito di politicizzare e parlamentarizzare un dibattito sulla cultura che stenta a crescere tra gli addetti ai lavori e nell'opinione pubblica, ma che pure è fondamentale perché riguarda il nostro patrimonio inalienabile, che è la nostra idea di società, la nostra idea di democrazia, quella che da un archivio o da un museo vive in un teatro, in un cinema, in una lettura in piazza, nella musica che suona in un cortile ed esprime e racchiude il significato della nostra civiltà: libertà ed emancipazione, quello che noi siamo e non possiamo perdere per alcuna ragione. (Applausi).

CANGINI (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CANGINI (FIBP-UDC). Signor Presidente, Governo, colleghi senatori, il contenuto delle mozioni è stato ben illustrato dal collega Aimi. Qui non si tratta soltanto di deprecare il fatto che l'Italia, pur avendo il patrimonio culturale e artistico più ricco del mondo; pur avendo il maggior numero di siti dichiarati dall'UNESCO patrimonio dell'umanità, è in Europa, dopo la Grecia, il Paese che meno spende per la cultura. È un danno non soltanto ad un comparto industriale, perché la cultura è un comparto industriale; non soltanto al turismo, perché la cultura è il naturale volano del turismo; ma è un danno all'identità, parola che ho sentito citare prima dalla collega Nugnes e che - a mio avviso - è centrale in questo nostro dibattito.

Chi avesse letto l'ultimo libro, tradotto da poco, di Francis Fukuyama intitolato «Identità. La ricerca della dignità e i nuovi populismi» sa quanto l'identità culturale del singolo, delle Nazioni, dei popoli e delle comunità sia centrale per la buona crescita del singolo come delle comunità e sa anche quanto questa parola sia ormai proscritta per una serie di questioni che sarebbe lungo qui affrontare.

Ma questo, colleghi, è un problema, perché, così come l'alternativa alla religione non è il trionfo della dea ragione - come qualche disperato illuminista ritiene - ma è la superstizione, allo stesso modo l'alternativa al patriottismo non è la pace e l'armonia tra i popoli, ma è il nazionalismo sfrenato. Si tratta quindi di riappropriarci di quegli elementi che costituiscono la nostra identità, in primo luogo tutto quello che ha a che fare con la cultura, la storia e il passato, e di esserne legittimamente orgogliosi. Non è un discorso di destra; potrei citare decine di intellettuali reazionari o conservatori a sostegno della tesi, ma citerò Simone Weil e Antonio Gramsci. Ne «La prima radice» Simone Weil scrive che il radicamento è forse il bisogno più importante e più misconosciuto dell'animo umano; quando parla di radicamento, intende proprio la prossimità con l'identità culturale di un popolo. Antonio Gramsci scriveva che nella svalutazione del passato è implicita una giustificazione della nullità del presente.

Ebbene, colleghi, le nostre radici le stiamo tagliando una dopo l'altra; il passato lo stiamo sistematicamente svalutando; siamo calati in un eterno presente fatto di vuoto e di nulla. Tutto questo allude a una sottocultura nichilista che non porta nulla di buono per nessuno. Come siamo arrivati a tutto questo? Ci siamo arrivati nel corso dei decenni, perché ne parliamo da poco, ma il fenomeno del politicamente corretto è antico. Ricordo uno splendido libro di uno storico dell'arte, oltre che della letteratura, «La cultura del piagnisteo» di Robert Hughes, che metteva alla berlina la sottocultura del politicamente corretto che già allora dilagava nelle università e nella società statunitense, fatta di tabù e di conformismi che annullavano l'essenza della cultura (in quel caso statunitense, ma forse della cultura in generale).

Quel fenomeno si incrocia oggi con le istanze di movimenti per i diritti civili che in sé sono più che legittime e più che condivisibili. È evidente che qualsiasi persona perbene, di cultura liberale e democratica, non può che auspicare che i diritti di ciascuno siano riconosciuti come tali indipendentemente dalle diversità di razza, di religione e di cultura. Questi movimenti però stanno travalicando se stessi e stanno assumendo una forza e un impulso nichilista (nel senso letterale), con la pretesa non di creare le condizioni per una civile convivenza, ma di cancellare la storia. Noi ridiamo, guardiamo con distacco e con sufficienza quel che accade dall'altra parte dell'oceano, ma questa sottocultura si sta facendo largo e si è già fatta largo anche nella società italiana, perché la stupidità è contagiosa e si diffonde con grande facilità.

Io ricordo con raccapriccio di aver ascoltato con le mie orecchie il coro che inaugurò l'Expo di Milano. Era il 2015 e si cantava l'inno nazionale, niente meno che l'inno nazionale. Qualche illuminato benpensante ritenne di rivederlo in chiave pacifista e quindi il famoso «siam pronti alla morte» (che allude la tragedia) divenne un ignobile e mortifero (quello sì) «siam pronti alla vita». Ricordo che nella Firenze del sindaco Nardella, nella pur nobile e autorevole cornice del Maggio fiorentino, si è pensato bene di riscrivere in chiave anti femminicidio la «Carmen» di Bizet; quindi la povera Carmen in quel caso non muore, perché si sarebbe lanciato un messaggio sbagliato alla società, come se uno andasse a vedere la «Carmen» di Bizet e poi ammazzasse la moglie, la fidanzata o una qualsiasi donna incontrata per strada.

C'è chi vorrebbe mettere al bando Dante Alighieri perché islamofobo. Si parla periodicamente della necessità, secondo alcuni, di rimuovere i simboli e le tracce del regime fascista: monumenti, statue, obelischi - persino l'architettura razionalista, secondo alcuni - è in contrasto con la sensibilità del presente - fino alla deturpazione della statua di Montanelli a Milano. Pare che Montanelli, da giovane ufficiale dell'esercito italiano coloniale in Eritrea, abbia preso in moglie una minorenne eritrea; cosa che naturalmente, con la nostra sensibilità di oggi, ci fa più o meno orrore. Ma, nella sensibilità di oggi, giudicare il passato con le categorie etiche del presente è un errore, perché impedisce di capire e di comprendere il passato e porta a delle vere mostruosità rispetto alla storia e rispetto all'identità. È questo che io credo dovremmo combattere, perché questo modo di fare è tipico dei regimi dittatoriali e dei sistemi fondamentalisti religiosi. E noi, che non abbiamo particolare simpatia per le dittature del Novecento, né particolare affinità con le teocrazie contemporanee, dovremmo avere la forza morale e il coraggio civile di opporci, in nome della nostra storia, perché la storia si disincanta e si rivede, ma non si cancella se si ha rispetto di se stessi perché - come diceva il cantante - in fondo «la storia siamo noi».

Quindi, la richiesta al Governo è di fare il possibile affinché in questi anni di legislatura la spesa pubblica per la cultura italiana si allinei quantomeno alla media europea e perché tutto quello che appartiene alla nostra identità storica, culturale, artistica e monumentale venga tutelato, ricordando anche l'opportunità - lo ha detto il collega Aimi - di occuparci di un aspetto che mi sembra sgradevole, ma necessario: il codice penale.

La Convenzione dell'Aja classifica come reati di guerra e crimini contro l'umanità l'abbattimento di simboli o di opere dell'ingegno e d'arte nazionali. La disposizione è stata scritta nel 1954, quando non si arrivava proprio a concepire che la minaccia a un monumento nazionale potesse venire da altri, se non da un esercito straniero. I tempi sono cambiati - non in meglio - e oggi la minaccia viene dall'interno dei nostri stessi confini nazionali. Quindi, chiedo di ispirarci a quella carta per rivedere il nostro codice penale.

Mi fa molto piacere che questi temi, che qualcuno, equivocando il tutto, potrebbe classificare come di parte, si siano fatti largo e in maniera trasversale in quest'Assemblea. (Applausi).

ALESSANDRINI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRINI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, una tutela realmente efficace del nostro patrimonio culturale passa attraverso due aspetti fondamentali: da un lato, la protezione delle opere d'arte dagli atti vandalici e dalle altre numerose condotte criminali posti in essere contro i nostri beni artistici, attraverso un complesso di norme ad hoc che puniscano gravemente gli autori; dall'altro lato, l'utilizzo delle tecnologie più avanzate in grado di supportare i processi di monitoraggio diagnostico e fruizione sostenibile dei beni culturali, ovvero che tengano conto sia delle mutazioni dell'ambiente circostante, sia delle caratteristiche degli utenti, al fine di ottimizzare la fruizione di un ambiente culturale.

Riguardo al primo aspetto, tutti ricordiamo lo spiacevole episodio dell'agosto 2015: l'orrendo atto di vandalismo perpetrato ai danni della fontana della Barcaccia del Bernini in piazza di Spagna a Roma. Non credo ci sia stato un solo cittadino italiano che non si sia sentito ferito personalmente da quell'atto dissennato, perpetrato gratuitamente da alcuni tifosi stranieri, i quali non hanno pagato quasi niente perché il giudice italiano non li ha potuti processare in quanto erano già stati processati in Olanda. Tuttavia, se anche fossero stati condannati, in base alle normative vigenti, avrebbero rischiato al massimo fino a un anno di reclusione per danneggiamento e un'ammenda non inferiore a circa 2.000 euro. Tutto ciò è ridicolo e svilente e questo non è sicuramente l'unico caso. Purtroppo non sono così rari i momenti in cui assistiamo a episodi di maleducazione, ignoranza e inciviltà: chi si fa il bagno nelle fontane, chi si arrampica sui monumenti, chi deturpa gravemente un patrimonio inestimabile per il nostro Paese. Tutto ciò è ridicolo.

Noi chiediamo di inasprire le sanzioni e anche le pene pecuniarie, se vogliamo che funzionino davvero come deterrente per evitare che atti simili si ripetano. Si sa che il mercato abusivo di scavi e beni archeologici e pittorici trafugati non di rado finisce nel circuito clandestino. Alcune volte dei reperti vengono addirittura posti in vendita nelle aste ufficiali di importanti case, generalmente straniere. A nostro avviso, sarebbe necessario applicare delle sanzioni anche alle persone giuridiche che fanno mercato di queste opere indebitamente sottratte al patrimonio nazionale. Lo Stato d'altra parte - noi puntiamo molto su questo, perché abbiamo fatto anche delle audizioni al riguardo - dovrebbe stare al fianco di quelle associazioni e fondazioni che, al contrario, tutelano e valorizzano le opere d'arte, dando anche un grande supporto a tutti i tessuti territoriali. Il nostro patrimonio artistico è minacciato dalla criminalità organizzata che ha fatto dello scavo e della ricettazione un importante business della propria attività.

Rinnovo anch'io, come la collega, i ringraziamenti al Comando carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, perché è grazie al loro lavoro che si è riusciti a rintracciare molti dei nostri tesori trafugati. La banca dati dei beni culturali sottratti illecitamente ci riporta dei dati davvero preoccupanti: nel 2018, quasi 800.000 opere d'arte trafugate, 1.200.000 sequestri di reperti archeologici e quasi 300.000 beni falsificati, con 1.200 arresti e 36.000 denunce.

Oltre ad intervenire con norme interne in materia, è necessario ratificare la Convenzione di Nicosia del 2017, che è stata sottoscritta anche dall'Italia insieme ad altri otto Paesi, al fine di adeguare il nostro ordinamento ai principi in essa indicati e che mirano ad inasprire l'apparato sanzionatorio in materia di reati contro il patrimonio culturale. Inoltre, l'attuale tutela penale del patrimonio storico e culturale italiano presenta alcune lacune. In particolare, risulta priva di coerenza, divisa tra codice penale e codice dei beni culturali. È di fondamentale importanza che nell'ipotesi in cui vi sia condanna per una delle fattispecie come il furto, la ricettazione, l'illecita esportazione, il danneggiamento o l'imbrattamento, venga irrogata la misura della confisca obbligatoria sia dei beni che sono prodotto o profitto del reato, sia delle cose servite per commetterlo.

Anch'io sono una appassionata di patrimonio artistico e culturale e credo che la tutela delle opere d'arte in genere non debba dipendere da un periodo storico. Il punto di partenza è il momento del riconoscimento dell'opera d'arte come tale. Un'opera d'arte non è solo un oggetto di importanza storica, ma un momento storico che si fa materia e in cui una cultura nazionale si riconosce. Occorre parlarne di più, occorre iniziare a formare gli studenti, perché il nostro patrimonio artistico non deve essere patrimonio di pochi cultori. Il nostro patrimonio artistico è lo specchio e il ritratto della nostra Nazione, della sua storia, del suo presente e del suo futuro. La cura e l'attenzione che noi mettiamo nei confronti del nostro patrimonio culturale è il termometro del nostro livello civico e culturale, quindi occorrono regole e sanzioni certe.

Colleghi - e mi rivolgo anche al Governo - ritengo che un tema come quello della tutela del patrimonio culturale non debba avere un colore politico. Tutti ci dobbiamo impegnare nel preservare i nostri tesori storico-artistici, che sono messi a dura prova non solo dal tempo, ma sempre più spesso dalla mano dell'uomo. E solo in tal modo, tutelando il nostro passato e le nostre tradizioni, preserveremo il nostro futuro. (Applausi).

CORRADO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORRADO (M5S). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi senatori, prendo la parola per condividere con quest'Aula qualche considerazione di ordine generale, prima di esprimere l'intenzione di voto favorevole del mio Gruppo alla mozione sul patrimonio artistico illustrata dalla senatrice Montevecchi.

Vorrei cominciare richiamando alla vostra memoria i punti 20 e 27 del programma di questo Governo, presentato appena una decina di mesi fa, anche se sembrano trascorsi secoli dopo l'esperienza straniante della pandemia. In tali punti si trattavano i temi afferenti in modo diretto o indiretto al patrimonio culturale. Al punto 27 se ne parlava in relazione alla promozione di multiformi percorsi del turismo che valorizzino - cito alla lettera - «la ricchezza del nostro patrimonio naturale, storico, artistico e culturale, anche attraverso il recupero delle più antiche identità e delle tradizioni locali». Il riferimento si chiudeva con la considerazione inoppugnabile, ma per verità generica, secondo cui la conservazione e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale del Paese sono obiettivi prioritari dell'azione di Governo.

L'ho definita una considerazione generica per l'assenza di qualunque riferimento alla conservazione del patrimonio in funzione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica, come invece plasticamente rilevabile dalla lettura coordinata del comma 2 dell'articolo 9 della Costituzione, che individua la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione quali doveri ineludibili dello Stato repubblicano, con il comma 1 dello stesso articolo, che finalizza la tutela alla promozione e allo sviluppo della cultura e della ricerca.

Questa lacuna, a così alto livello, era il frutto, a mio avviso, dell'imporsi nella società italiana degli ultimi decenni di una visione strumentale del patrimonio, inteso in funzione puramente economicistica e - oserei dire - mercantile. Vogliamo imputarla al berlusconismo che ci ha modificati tutti geneticamente? Ciascuno avrà la sua spiegazione, ma la caduta della tensione morale e l'impoverimento culturale del Paese sono dati oggettivi e la crisi della scuola pubblica vi ha molto a che fare. Quella lacuna non poteva non destare perplessità in termini assoluti e in rapporto al programma di Governo medesimo, soprattutto di fronte a un discorso del Presidente incaricato che, lo ricorderete, infiammando i cuori degli umanisti, aveva fatto riferimento esplicito alla necessità per questo Paese di un nuovo Rinascimento. Ebbene, lo ricordo a me stessa, il Rinascimento è stato il risultato e - direi - il fiorire, in termini creativi e di sensibilità, dell'Umanesimo, connotato dalla riscoperta del mondo classico attraverso lo studio e l'indagine dei testi.

Destava sconcerto, perciò, che il prefigurarsi come obiettivo di questo Governo l'impulso verso un nuovo Rinascimento non prevedesse alcun passaggio programmatico incentrato su un nuovo Umanesimo, cioè sulla tutela del patrimonio intesa non come mera conservazione, ma come studio e fruizione del patrimonio stesso per finalità eminentemente di conoscenza e di crescita culturale. Queste sono le ragioni per cui a tanti oggi piange il cuore vedendo ancora chiusi archivi e biblioteche e un terzo dei musei. Era assai spiacevole non solo per me, avendo il MoVimento da sempre un approccio diverso, cogliere nel ripetuto riferimento a tale patrimonio solo in chiave strumentale e quale attrattore di flussi turistici, possibilmente a sette cifre, antichi riverberi dell'idea di patrimonio culturale come petrolio d'Italia, cioè la scorciatoia per un arricchimento facile alla portata di tutti e garantito dalla mera offerta commerciale delle nostre memorie e del nostro passato, secondo un'impostazione che rischiava di vederci proni ai desiderata turistici, invece che artefici del nostro futuro attraverso e grazie agli stimoli creativi derivanti dall'approfondita conoscenza di ciò che è stato e delle straordinarie testimonianze per numero e qualità che il passato ha lasciato sul nostro territorio. Queste sono le ragioni stesse, peraltro, della preferenza del turismo internazionale per il nostro Paese.

Non starò qui a dare numeri o, meglio, le percentuali, come hanno fatto alcuni colleghi più temerari. Semplicemente non è calcolabile a quanto ammonti il patrimonio artistico e culturale italiano sia in assoluto sia in confronto agli altri Paesi. Chi si avventura nella pseudo statistica, accetta di partire da presupposti inconsistenti e, cioè, dal numero dei beni immobili censiti nella lista del patrimonio mondiale UNESCO. Per la cronaca, siamo ancora primi con 54, ma la Cina ci tallona con 53. È un criterio talmente inaffidabile che, se lo adottassimo per i beni culturali immateriali, saremmo costretti ad ammettere una sorprendente minorità rispetto a moltissimi altri Stati per la semplice ragione che abbiamo iniziato tardi a riconoscere valore ai beni culturali immateriali. Dal 2011 poi, ciascun Paese può candidare solo un nuovo bene immateriale ogni anno. Sicché, Achille non supera la tartaruga.

Personalmente mi ero ripromessa di vigilare per scongiurare la deriva paventata lo scorso autunno e denunciarne, come poi ho fatto, ogni avvisaglia. I timori della vigilia si sono in effetti rivelati fondati: il patrimonio come strumento per altri fini e come petrolio continua ad avere, persino nel vertice ministeriale, il suo campione, ma il caso ci ha messo lo zampino e la pandemia da Covid-19 ha rimescolato le carte. Quella deriva oggi può essere fermata. La crisi dolorosissima del turismo, lo stesso turismo però che ha azzannato le nostre principali città d'arte e ha divorato Venezia, può e deve imporci un salutare ripensamento delle ragioni per le quali in questo Paese per almeno duecento anni si è fatta realmente tutela e valorizzazione del patrimonio artistico e culturale. La tutela e la valorizzazione vanno solo in questo ordine, ma entrambe hanno l'obiettivo di assicurare la fruizione dei beni culturali a tutti i cittadini, ormai riconosciuta servizio essenziale. Perché garantire la fruizione? Perché, alimentando il senso di appartenenza e il sentimento dell'identità nazionale, le dinamiche culturali generino nuova cultura.

Nel frangente odierno, colleghi, noi tutti siamo chiamati a dare un segnale in rapporto a una decisione cruciale: o continuare su quella strada, appostando, però, risorse adeguate, o ammettere senza ipocrisie che non ci riconosciamo più in tali obiettivi e rinunciare a perseguirli solo sulla carta, svuotati di senso, come ci stiamo, purtroppo, abituando a fare. Volendo fare un esempio concreto e attuale, penso al PNR 2020, in cui, tra le priorità enunciate in tema di patrimonio culturale, la tutela praticamente non c'è.

Almeno duecento anni, ho detto poco fa, riferendomi all'editto Pacca del 1820, antenato comune delle legislazioni di tutela pre-unitaria e post-unitaria. Troppo spesso, infatti, dimentichiamo che è stata la cultura a fare l'Italia, in concorso con la geografia, ma ben prima della storia e della politica. E dimentichiamo che Roma ha giustamente un ruolo prioritario da sempre in questo processo.

Definire una politica di tutela del patrimonio culturale di Roma, considerato nel suo stratificarsi storico - obiettivo adombrato al punto 20) del programma di Governo - è una necessità assoluta. Nella Capitale bisogna, infatti, porre un argine alle trasformazioni dell'edilizia di fine Ottocento-inizio Novecento, ma le stesse testimonianze archeologiche di Roma sono sottoposte ad aggressioni continue. Si impone, insomma, una rigorosa azione di vigilanza.

Occorre che il Ministero doti la Capitale di una soprintendenza di livello dirigenziale generale e ne affidi la guida a persona inflessibile nel perseguire l'interesse pubblico. Roma, però, è anche lo specchio del Paese, dove una scellerata politica di tagli ha quasi azzerato negli anni le assunzioni nel Ministero dei beni e delle attività culturali, al quale mancano oggi quasi 10.000 unità, e non può certo sostituirle il volontariato, togliendo di fatto al personale degli uffici territoriali unificati - replicando l'errore già commesso negli anni Venti del Novecento - la possibilità di lavorare con la dovuta diligenza su un patrimonio diffuso capillarmente, che richiede senso di responsabilità individuale e collettivo, cure amorevoli quanto continue, minacciato e depredato com'è - soprattutto se parliamo di beni mobili - anche da criminali che fanno capo a organizzazioni malavitose alle quali il traffico internazionale di opere d'arte frutta ormai quasi quanto quello delle armi.

È sotto gli occhi di tutti che l'edilizia storica, urbana e rurale, in mancanza di un piano strategico che la preservi, incentivando, o almeno rendendo più conveniente il recupero rispetto alla sostituzione, rischia di scomparire in pochi anni. La insidiano persino i solerti - quanto ignari - Vigili del fuoco, chiamati a scongiurare i pericoli per la pubblica incolumità causati dalla ruderizzazione conseguente ai mancati restauri (avrete visto cosa è accaduto due giorni fa a Casaletto Lodigiano, ma accade ovunque) e, d'altro canto, i palazzinari pronti a sfruttare le lacune della vincolistica sia nei centri storici sia fuori dagli abitati.

L'assalto portato oggi al paesaggio, poi, soprattutto nel Sud Italia, nasce dalla stessa povertà spirituale che stenta a riconoscere dignità ai beni artistici, se non in proporzione alla loro capacità di attrarre flussi turistici, dunque di generare profitti. La pandemia, che, però, ha azzerato i flussi turistici esteri, ci costringe oggi a cercare nuove ragioni per agire, a decidere cosa vogliamo fare della nostra blasonata eredità culturale e a farlo in concreto nel quotidiano, a Roma come nell'ultimo degli altri 8.000 Comuni italiani.

L'aspirazione a un nuovo Umanesimo - asserito a suo tempo dal Presidente del Consiglio - va, dunque, posta realmente al centro dell'azione di Governo. Deve essere un obiettivo condiviso e trasversale; deve farsi opportunità concreta che impegna l'Esecutivo, ma vorrei dire tutta l'Assemblea, a votare la mozione a prima firma della collega Montevecchi per dare il segnale di un'inversione di tendenza, e subito dopo agire nella direzione che tutti auspichiamo, riconoscendo, cioè, nel patrimonio artistico e nella sua conservazione una componente imprescindibile del nostro DNA di italiani.

Dichiaro, quindi, il voto favorevole alla mozione n. 263 (testo 2). (Applausi).

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione, avverto che, in linea con una prassi consolidata, le mozioni saranno poste ai voti secondo l'ordine di presentazione.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 258 (testo 2), presentata dalla senatrice Rauti e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 263 (testo 2), presentata dalla senatrice Montevecchi e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, chiediamo la votazione per parti separate del terzo punto delle premesse della mozione n. 264, che fa riferimento alla Convenzione di Faro. Com'è noto, noi, come Lega, abbiamo votato contro la ratifica e la consideriamo potenzialmente negativa.

Quindi, per poter votare la mozione, chiediamo che tale punto sia espunto, visto che si parla di valorizzazione del patrimonio nazionale. In caso contrario, non potremmo sostenere la mozione, per la quale, invece, vorremmo votare a favore.

PRESIDENTE. Sulla mozione n. 264 è stata richiesta la votazione per parti separate. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 264, presentata dal senatore Verducci e da altri senatori, ad eccezione del punto 3) delle premesse.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del punto 3) delle premesse della mozione n. 264, presentata dal senatore Verducci e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 266, presentata dalla senatrice Borgonzoni e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 269 (testo 2), presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno

PEROSINO (FIBP-UDC). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PEROSINO (FIBP-UDC). Signor Presidente, dopo una giornata campale come quella di oggi, l'argomento di cui vi voglio parlare vi potrà apparire banale. Io voglio parlare di cinghiali e di lupi. Se incontraste un cinghiale o un lupo testa a testa forse chi è contrario al loro abbattimento cambierebbe idea. Sono pericolosi per le persone. Troppi fatti hanno coinvolto le persone, gli animali, i greggi, i beni privati.

Se penso alla manifestazione del novembre-dicembre scorso in piazza Montecitorio, in cui il Ministro dell'agricoltura - lo dico alla maniera della Prima Repubblica - e parecchi senatori fecero delle dichiarazioni di impegno, mi vien voglia di dire che ci siamo dimenticati della questione troppo in fretta rispetto alla gravità di questo tema. Quando la politica dice che dobbiamo monitorare, che dobbiamo vedere, che vedremo, che faremo, non arriva nessun risultato.

Ora, io credo che i cinghiali in Italia siano almeno un milione (ma mi sbaglio per difetto) e che i lupi siano parecchie migliaia, che siano stati inseriti dall'uomo con finalità positive, ma che poi si siano moltiplicati troppo, non avendo antagonisti naturali. La proposta, allora, è un intervento dell'Esercito in prima battuta, che riduca drasticamente questi numeri. Aggiungo ancora una premessa, anche se sono alla fine: non si tratta di un argomento di centrodestra o di centrosinistra; è un argomento di sensibilità personale, anche di chi è, magari, ambientalista e animalista, e di concretezza.

Oppure il Governo può appoggiare un disegno di legge. Mi affido a lei, signor Presidente - se gli interventi di fine seduta hanno un senso (e io voglio pensare che ce l'abbiano) - affinché si faccia promotore presso il Governo. Invierò nuovamente il disegno di legge presentato da me a da altri senatori a tutti i colleghi nei prossimi giorni, affinché possa essere incardinato e discusso e possa portare, con le opportune modifiche alle leggi nazionali e, a cascata, per le Regioni e per le Province, a qualche risultato rispetto a questo problema, che è grave e serio. (Applausi).

PRESIDENTE. Senatore Perosino, se ci affidiamo ai disegni di legge, temo che i tempi non siano compatibili con le esigenze di un'emergenza.

CASOLATI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASOLATI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, il mio intervento di oggi è per portare a conoscenza di quest'Assemblea quanto accaduto nei giorni scorsi in Val di Susa. Quest'area del Piemonte, a forte vocazione turistica e con il merito di aver fatto conoscere Torino e le sue valli al mondo intero, grazie alle Olimpiadi invernali del 2006, da due lustri ormai è alla ribalta delle cronache solo ed esclusivamente per le contestazioni al cantiere di Chiomonte.

Manifestare democraticamente per ciò in cui si crede è un dogma per noi della Lega, ma nel corso degli anni i pacifici manifestanti residenti sono stati sostituiti dagli anarco-insurrezionalisti. Il mio intervento di fine seduta a luglio ormai è un appuntamento fisso, perché a luglio si svolge il No TAV Camp, che puntualmente si conclude con l'attacco al cantiere. Tra i partecipanti all'evento, vi sono componenti dei centri sociali di Torino, Milano, Bologna, Oltralpe, ma anche ex terroristi di prima linea e brigate rosse. (Applausi).

Nel corso degli anni la procura della Repubblica di Torino ha emesso più di mille avvisi di garanzia per i reati che vanno dagli atti vandalici al tentato omicidio. Il 2020, però, ha evidenziato una escalation violenta di una gravità inaudita e inaspettata: la tentata strage. Tentata strage, perché disseminare le corsie di emergenza dell'autostrada A32 Torino-Bardonecchia di chiodi a tribolo romano per provocare incidenti è da assassini in pectore o da dementi. Solo per un caso fortuito e per la professionalità delle Forze dell'ordine non si è verificato un incidente mortale. Tuttavia più di un mezzo della polizia è stato accidentato e alcuni sono andati a sbattere contro il guard rail. Diverse auto di cittadini, famiglie in vacanza, moto hanno forato le gomme sbandando e rischiando la tragedia.

Quanta pazienza dovranno ancora avere i valsusini? Il tutto con il rumorosissimo silenzio del Governo e del ministro Lamorgese, come dimostrato dai comunicati stampa della quasi totalità dei sindacati di Polizia.

Si rende, quindi, necessario intervenire prontamente in modo drastico, per evitare che questi episodi si ripetano. Non è più accettabile consentire l'organizzazione di raduni e camp finalizzati solo all'attacco al cantiere e alle Forze di polizia; non è più ammissibile permettere che componenti di questa maggioranza sostengano l'operato di queste frange violente, giustificandole e criticando le Forze dell'ordine. Ogni forma di giustificazione legittima e fomenta ulteriori violenze. Mai come ora è necessario e auspicabile far sentire alle Forze dell'ordine la vicinanza dello Stato (quella della popolazione per bene ce l'hanno già).

Pugno duro e pene certe contro chi usa come totem l'Alta velocità e i suoi cantieri, ma che in realtà vuole attaccare lo Stato attraverso le sue istituzioni. Denuncia per tentata strage agli autori del folle gesto della A32 e per il lancio di bombe carta contro gli agenti di polizia a presidio dei cantieri. Il tutto perché la vita di un poliziotto o di un militare non vale meno della nostra, anzi. E il messaggio deve arrivare a tutti forte e chiaro. (Applausi).

CIAMPOLILLO (Misto). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIAMPOLILLO (Misto). Signor Presidente, porto all'attenzione dell'Assemblea una notizia di ieri: in provincia di Milano, una bambina di quattro anni positiva al Covid-19 è agli arresti domiciliari da quattro mesi. La piccola è prigioniera delle norme sanitarie per il contenimento del contagio: le autorità sanitarie ritengono che non sia più un pericolo per gli altri, ma, come dichiarato dalla madre, serve un doppio tampone negativo per liberarla. Questa bambina quindi, che da quattro mesi è prigioniera, nei centoventi giorni ha avuto all'inizio sintomi riconducibili al Covid: il 24 marzo aveva la febbre alta e i medici avevano accertato però che non aveva disturbi polmonari e l'hanno rimandata a casa senza test; successivamente la mamma ha chiesto di farle il tampone, che è risultato debolmente positivo; si svolgono altri quattro test successivi, che danno risultati uno l'opposto dell'altro (debole, negativo e positivo), tutti concentrati in un mese e con la speranza ovviamente che la bambina potesse uscire.

A tale proposito, vorrei ricordare che in audizione qui al Senato il professor Ippolito dell'Ospedale Lazzaro Spallanzani, quando gli ho chiesto quale sia l'affidabilità del test del tampone, ha risposto che dipende dalla qualità del cotone che c'è sul cosiddetto cotton fioc e soprattutto ha aggiunto che purtroppo non è alta perché viene fatto sulla saliva e non sul sangue.

La mamma dice che la figlia è tormentata dagli incubi, si sveglia urlando, parla di mostri e dottori cattivi, comincia a manifestare disturbi comportamentali, non vuole farsi toccare o salire in auto. Tutti le hanno confermato che la bambina non è più contagiosa, ma nessuno si è assunto la responsabilità di liberarla. La mamma chiede che si valutino altri elementi per la fine della quarantena.

Ne approfitto in conclusione per ricordare che in Olanda, dall'inizio del lockdown, che è stato diverso in Italia (perché noi ne abbiamo avuto uno tutto italiano) sul sito del Ministero della salute c'è scritto: pensi di avere il coronavirus? Le autorità rispondono: se ti senti meglio e non hai sintomi per ventiquattr'ore sei guarito, allora non puoi più infettare gli altri. Siccome in Olanda - dove, se non avevi sintomi, eri guarito - i morti per 1.000 abitanti sono meno della metà di quelli italiani, penso che la versione giusta sia proprio quella e quindi, se non hai sintomi, puoi uscire e non contagiare nessuno.

Mi rivolgo a lei, signor Presidente, e al Ministro della salute: vanno riviste le logiche della quarantena; per favore, troviamo una soluzione, magari facciamola uscire con la mascherina, ma liberiamo questa bambina. È un fatto grave: ringraziando la Presidenza e tutti i colleghi, spero che questa vicenda si risolva presto.

MAUTONE (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAUTONE (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'episodio avvenuto a Bari, che ha visto i genitori di un neonato abbandonarlo nella culla termica di una chiesa, insieme solo a un biglietto recante la scritta: «Lo ameremo per sempre», colpisce tutti profondamente per la grave condizione di disagio e sofferenza dei genitori, ma anche per lo stravolgimento del vivere sociale in cui le problematiche generali, le difficoltà economiche e i contrasti culturali creano purtroppo l'ambiente e le condizioni favorevoli al verificarsi di fatti come quello citato, che non sarà certamente l'ultimo.

Quanto ricordato riporta alla mente le tristi immagini, purtroppo abbastanza frequenti, di neonati abbandonati, spesso con il cordone ombelicale ancora attaccato, nei cassonetti dei rifiuti o su una panchina dei giardinetti pubblici, esposti al freddo, alla pioggia, al caldo o a possibili infezioni per la scarsa igiene, in un momento particolare della loro vita. Tutto ciò spesso mette a rischio la loro stessa incolumità.

Allora ben vengano queste iniziative delle culle termiche, che potremmo definire culle per la vita o culle sociali, in cui il neonato può essere lasciato in sicurezza e nell'anonimato e da lì ricevere l'opportuna assistenza e le giuste cure, non solo mediche, con farmaci e latte, ma soprattutto un supporto psicologico, una carezza amorevole, un sorriso amichevole, un gesto d'amore.

Ricordo quasi con nostalgia la ruota degli esposti dell'ospedale Annunziata di Napoli (dove lavoro), oggi un cimelio storico che però tante storie più o meno a lieto fine ha vissuto e potrebbe raccontare. Nella ruota i tanti piccoli Esposito sono stati lasciati con tanto amore e speranza per ricevere quelle cure e quegli aiuti concreti necessari per sopravvivere che i loro genitori erano impossibilitati a dar loro.

Secondo me la possibilità di offrire una culla termica, un riparo concreto nei vari punti nascita o in strutture che si offrono volontariamente come le chiese, in cui, quando le condizioni familiari sono così gravemente compromesse e sconvolte, i genitori possono lasciare queste piccole creature innocenti, salvando loro la vita, può e deve essere una soluzione e una risposta concreta e attuabile. Queste culle supertecnologiche, che potremmo definire moderne ruote degli esposti, sono già circa 50 su tutto il territorio nazionale, ubicate presso diverse strutture sanitarie o ospedaliere. Occorre solo un'informazione più diffusa e capillare.

Certamente il supporto economico, psicologico e di guida delle strutture pubbliche a ciò preposte rappresenta la soluzione che dovrebbe essere perseguita, però necessita ovviamente di una programmazione attenta, capace di riconoscere situazioni familiari a rischio e di dare un supporto efficace e concreto per risollevarle. Quando ciò non è possibile a causa di pastoie burocratiche, di cattiva organizzazione o di complessità del quadro familiare, offrire un rifugio temporaneo al piccolo neonato è da prendere in seria considerazione, al fine di evitare le piccole grandi tragedie che si verificano non solo nel nostro Paese. Non facciamo solo discorsi o sermoni che lasciano il tempo che trovano. La vita di ogni giorno ci pone spesso di fronte a scelte difficili. Non dimentichiamo mai però che al centro di ogni decisione e di ogni presa in carico si deve anteporre l'interesse del bambino, neonato o lattante che sia (Applausi).

MARINELLO (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINELLO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, la diffusione dell'infezione da Covid-19 resta un problema molto grave ed è notizia di questi giorni che ci sono stati oltre 250.000 nuovi casi di Covid in ventiquattr'ore a livello mondiale: è il nuovo record di contagi in un solo giorno. I dati generali parlano di oltre 15 milioni di casi positivi e di oltre 600.000 morti nel mondo; nei Paesi molto popolosi l'incidenza della diffusione pandemica è elevata e ricordiamo che c'è stata un'impennata della diffusione nelle popolazioni del continente africano, negli Stati Uniti, in Brasile, India e Perù.

L'evento pandemico ha colpito anche il nostro Paese, ma grazie alle misure adottate si è potuto arginare il problema, anche se resta aperta la potenzialità della ripresa dei focolai nel caso in cui non venissero rispettate le norme comportamentali. Questo ci dice che siamo nel pieno della battaglia contro il virus, quindi è fondamentale continuare a tenere comportamenti corretti: uso della mascherina, distanziamento di almeno un metro e lavaggio frequente delle mani.

Purtroppo, mentre vengono regolamentati i controlli dei passeggeri in aeroporti, porti e nelle stazioni ferroviarie, resta il grave problema dei confini Sud dell'Europa, in special modo lungo le coste del Mediterraneo che si affacciano sul continente africano. In questi Paesi le misure di contenimento possono essere applicate con molta difficoltà rispetto ai Paesi europei, americani o asiatici. Le motivazioni sono riconducibili alle problematiche politiche (che rendono molte volte impossibili le azioni dei Governi o delle varie dittature) e ovviamente alle condizioni socio-economiche in cui versano i Paesi del continente africano. Infatti, la povertà e alla scarsa igiene sono fattori purtroppo determinanti per la diffusione delle malattie e quindi anche del Covid-19. Inoltre, l'assenza in molti Paesi africani di dati e di statistiche attendibili non permette di avere il quadro reale della diffusione del virus, così da rendere ancora più difficoltosa la possibilità di un intervento sanitario basato sulla corretta ed efficace prevenzione. A fronte di questa situazione così gravosa, purtroppo, con mezzi di ventura e mettendo a rischio la propria vita, i migranti, sperando in una vita migliore, fuggono da aree con carestie e guerre dove la morte è certa e imboccano la porta del Sud dell'Europa per arrivare nel nostro continente con barconi fatiscenti e, soccorsi in mare, approdano nelle isole Pelagie, Lampedusa e Linosa. Questi migranti vengono alloggiati in hotspot stracolmi e riescono spesso ad eludere la sorveglianza fuggendo. È notizia di queste ore che solo nell'hotspot di Lampedusa sono presenti oltre 500 migranti, con conseguenti possibili serie problematiche sanitarie. Peraltro, risulta che dalle località sopra citate i migranti vengono trasferiti presso la città di Porto Empedocle, con evidenti problematiche relative all'accoglimento e alla forte preoccupazione degli esercenti e della popolazione in generale. A tal proposito si fa presente che il sindaco Ida Carmina ha più volte evidenziato le problematiche sopra citate che generano negative ripercussioni anche sul flusso turistico e quindi sull'andamento economico dell'area in questione.

La Sicilia, quindi, ancora una volta è la frontiera dell'Europa e, a quanto sopra elencato, si aggiunge anche il problema degli sbarchi fantasma, con piccole imbarcazioni che, riuscendo ad eludere i controlli in mare aperto, possono sbarcare sulle coste siciliane senza il minimo controllo e contenimento.

Ferma restando l'accoglienza ai migranti, specie di chi fugge da guerre e carestie, è assolutamente necessario mettere in atto tutte quelle misure di controllo sanitario con tampone per mettere in quarantena i positivi e prendere le misure necessarie per evitare che si possano verificare focolai diffusivi che potrebbero vanificare tutti gli sforzi che gli italiani hanno compiuto. Per questo è necessario un fermo richiamo del Parlamento ai competenti organi affinché non si abbassino assolutamente la tensione e l'attenzione.

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di giovedì 23 luglio 2020

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, giovedì 23 luglio, alle ore 15, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 20,07).

Allegato A

MOZIONI

Mozioni sull'occupazione giovanile

(1-00254) (testo 2) (21 luglio 2020)

Parente, Faraone, Carbone, Comincini, Conzatti, Garavini, Marino, Sbrollini, Nencini, Nannicini (*). -

V. testo 3

            Il Senato,

                    premesso che:

            il lavoro dei giovani va messo in un orizzonte "di senso": se il lavoro è una parte preponderante della vita umana, un tratto identitario che ci definisce come persone, questa condizione antropologica è ancora più veritiera per i giovani che devono costruire il proprio futuro nella consapevolezza che il lavoro cambia la realtà, crea nuove idee, produce, trasforma la natura e le persone; il lavoro è relazione con gli altri, è servizio, ha un impatto sociale, cambia il mondo, lo cambia dal di dentro: se viene fatto bene, lo cambia in meglio;

            il lavoro impronta le esistenze e, dunque, al centro delle politiche deve esserci il lavoro e non i sussidi e l'assistenzialismo, soprattutto per le giovani generazioni;

            si è vissuto un periodo di emergenza sanitaria che, a causa delle restrizioni adottate per contrastare la diffusione del virus, si è presto trasformata in emergenza economica: tutti gli indicatori e le previsioni degli osservatori istituzionali dicono che, nonostante la ripresa graduale delle attività economiche, l'Italia e il mondo intero si stanno addentrando in un periodo di recessione economica grave e senza precedenti addirittura dalle guerre mondiali; la pandemia da COVID-19 fa presagire in Europa un aumento della disoccupazione e, secondo una nota dell'Organizzazione internazionale del lavoro, i giovani ne sono stati già colpiti in proporzione estremamente più marcata: dall'inizio della crisi uno su 6 ha smesso di lavorare; molti giovani, infatti, lavorano in settori particolarmente colpiti come quelli del turismo, della ristorazione, delle arti, dell'intrattenimento, del commercio all'ingrosso e al dettaglio, mentre altri stanno cercando di entrare nel mercato del lavoro proprio ora che tali settori non sono più in grado di assumere e in un momento in cui, in generale, le prospettive economiche negative impediscono nuove assunzioni; in particolare, una recente analisi ha inoltre rilevato che in Italia circa il 25,5 per cento degli occupati nelle attività definite come "non essenziali" durante il lockdown, su tutte il turismo e la ristorazione, ha un'età compresa tra i 20 e i 30 anni, e che più di 4 giovani su 10 erano impiegati (già prima della crisi) in uno dei settori individuati dallo stesso report come i più colpiti dall'impatto del COVID-19;

            inoltre la diminuzione dell'occupazione giovanile potrebbe essere aggravata dalla crisi dell'istruzione universitaria; la riduzione delle risorse a disposizione delle famiglie appartenenti a contesti socioeconomici più fragili e povere, con l'impossibilità di sostenere i costi di un'immatricolazione a fronte di un inserimento nel mondo del lavoro; il numero di immatricolati nelle università italiane per l'anno accademico 2020-2021 potrebbe ridursi di circa 35.000 unità rispetto all'anno precedente, ovvero dell'11 per cento, con una perdita economica, per gli atenei italiani, pari a circa 46 milioni di euro, dovuta al minor gettito da tasse universitarie; conseguenza grave a medio-lungo termine è che si avrà un bacino di giovani lavoratori meno istruiti: il livello medio-alto d'istruzione è profondamente correlato, nel mercato del lavoro, alla produttività e al reddito;

            i giovani avranno quella che già viene definita, quest'anno, come "summer of nothing", un'"estate del nulla", in cui non potranno più approfittare della pausa estiva per accumulare esperienze extra universitarie, senza avere la possibilità di migliorare i curricula per l'ingresso nel mercato del lavoro;

            l'emergenza COVID-19 ha spazzato via il "tempo della semina" della generazione del lockdown e ha portato alla sospensione o alla completa cancellazione di tirocini, eventi e scambi internazionali;

            particolarmente colpiti sono stati l'apprendimento basato sul lavoro e gli apprendistati, che sono incentrati sulla formazione pratica e direttamente collegati al luogo di lavoro; con la chiusura delle scuole e dei centri di formazione e l'apprendimento a distanza, l'istruzione e la formazione, che solitamente contribuiscono a correggere le distorsioni delle nostre società, hanno potuto fare ben poco per combattere la povertà giovanile e l'esclusione sociale;

                    considerato che:

            l'Italia già prima della pandemia soffriva particolarmente per fenomeni quali un elevato tasso di disoccupazione giovanile, un alto numero di "neet" (cioè giovani "not (engaged) in education, employment or training", non impegnati nello studio, né nel lavoro né nella formazione) o di ragazze e ragazzi sottopagati al primo impiego e di "cervelli in fuga". In Italia sono 2.116.000 i "neet" collocati nella misura del 23,4 per cento tra i 15 e i 19 anni e il 47 per cento i giovani inattivi nella fascia compresa tra i 25 e i 29 anni; mentre i dati ISTAT dicono che nel 2018 sono partiti 117.000 italiani di cui 30.000 laureati, quelli partiti negli ultimi 5 anni (2013-2018) sono 200.000; tuttavia non si possono guardare i giovani come categoria debole ma è necessario mettere nelle loro mani il futuro con politiche adeguate;

            per farlo, si devono anzitutto considerare le differenze tra i giovani per politiche mirate, distinguendo tra i giovanissimi che sono ancora a scuola, i giovani che devono scegliere percorsi universitari e postuniversitari, i giovani che si affacciano al lavoro per la prima volta, i giovani che non studiano e non lavorano (i neet), i giovani lavoratori e le giovani lavoratrici con l'esigenza di costruire i propri percorsi lavorativi in rapporto alla famiglia e alle scelte di genitorialità;

            valutato che:

            la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni recante "Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione", del 1° luglio 2020, afferma che è il momento che gli Stati membri e le istituzioni europee rivolgono la loro attenzione verso la prossima generazione; le azioni che si immaginano sono: rafforzare la garanzia per i giovani e quella relativa all'istruzione e formazione professionale per la competitività sostenibile, l'equità sociale e la resilienza insieme a un nuovo impulso agli apprendistati e che contribuiranno a creare occupazione giovanile. La comunicazione presenta inoltre ulteriori misure per il conseguimento di tale obiettivo; le proposte della Commissione per la Next Generation Eu e il futuro del bilancio UE consentiranno finanziamenti significativi a favore dell'occupazione giovanile; spetta ora agli Stati membri stabilire le priorità di investimento, dato che l'occupazione giovanile è principalmente di loro competenza;

            da anni l'Organizzazione internazionale del lavoro si batte per il "decent work" per garantire che tutti gli uomini e le donne abbiano accesso ad un lavoro produttivo e dignitoso;

            saranno necessarie politiche attive e mirate per raggiungere tutti coloro che ne hanno bisogno,

                    impegna il Governo:

            1) a definire e approvare un grande piano industriale di investimenti in digitale e di transizione in economia verde, al quale sia connesso, quale parte essenziale e integrante, un piano per la formazione e la valorizzazione delle competenze dei giovani e l'occupazione giovanile;

            2) a rafforzare l'azione di governo già in corso al fine di provvedere al riassetto dei vari istituti connessi alla formazione e riqualificazione professionale, con una disciplina di sistema per un vero "sistema duale formazione-lavoro", che abbia nelle principali esperienze europee comparabili significativi riferimenti culturali e legislativi;

            3) ad istituire un piano per l'integrazione della "cultura digitale" quale insegnamento fondamentale presso tutti i cicli di istruzione superiore secondaria, per l'acquisizione, da parte dei giovanissimi, di una forma mentis e di una capacità di discernimento utili per un mondo nuovo;

            4) ad adottare misure di sostegno per gli studenti universitari e le loro famiglie promuovendo il diritto allo studio e la riduzione delle tasse universitarie, a cominciare dall'immatricolazione;

            5) ad incrementare e rafforzare gli istituti tecnici superiori e ad effettuare il contestuale coordinamento dei piani per la formazione con l'esperienza degli enti formativi che realizzano nei territori percorsi professionalizzanti brevi, "vocational master", che nascono dal continuo dialogo con le aziende e che consentono di rispondere in tempi rapidi all'esigenza di competenze delle aziende;

            6) a rafforzare gli ammortizzatori sociali espansivi che possano tenere insieme accompagnamento alla pensione, ricambio generazionale e piani di formazione;

            7) a valutare l'opportunità di rendere obbligatorio il servizio civile;

            8) a predisporre uno specifico investimento sui giovani professionisti che scelgono di restare in Italia, con un accesso alle professioni che sia semplice e a predisporre le misure affinché tale lavoro sia congruamente retribuito, evitando forme di sfruttamento;

            9) a rafforzare l'azione di governo già in atto al fine di continuare il confronto con le parti sociali per definire una normativa unitaria a partire dalla tutela del lavoro sulle piattaforme digitali;

            10) a predisporre un grande progetto per l'imprenditorialità giovanile, compresa l'imprenditorialità sociale, concentrandosi, tra l'altro, su istruzione e formazione all'imprenditorialità, servizi di consulenza, mentoring o coaching per i giovani;

            11) ad agevolare i percorsi parlamentari per una legge sulla parità salariale tra uomini e donne per valorizzare a pieno la preparazione e l'energia delle giovani donne;

            12) ad introdurre nuove specifiche misure per il sostegno e l'incentivazione del lavoro dei giovani nell'ambito della ricerca accademica e applicata.

________________

(*) Aggiungono la firma in corso di seduta le senatrici Matrisciano e Guidolin

(1-00254) (testo 3) (22 luglio 2020)

Parente, Faraone, Carbone, Comincini, Conzatti, Garavini, Marino, Sbrollini, Nencini, Nannicini, Matrisciano, Guidolin. -

Approvata

            Il Senato,

                    premesso che:

            il lavoro dei giovani va messo in un orizzonte "di senso": se il lavoro è una parte preponderante della vita umana, un tratto identitario che ci definisce come persone, questa condizione antropologica è ancora più veritiera per i giovani che devono costruire il proprio futuro nella consapevolezza che il lavoro cambia la realtà, crea nuove idee, produce, trasforma la natura e le persone; il lavoro è relazione con gli altri, è servizio, ha un impatto sociale, cambia il mondo, lo cambia dal di dentro: se viene fatto bene, lo cambia in meglio;

            il lavoro impronta le esistenze e, dunque, al centro delle politiche deve esserci il lavoro e non i sussidi e l'assistenzialismo, soprattutto per le giovani generazioni;

            si è vissuto un periodo di emergenza sanitaria che, a causa delle restrizioni adottate per contrastare la diffusione del virus, si è presto trasformata in emergenza economica: tutti gli indicatori e le previsioni degli osservatori istituzionali dicono che, nonostante la ripresa graduale delle attività economiche, l'Italia e il mondo intero si stanno addentrando in un periodo di recessione economica grave e senza precedenti addirittura dalle guerre mondiali; la pandemia da COVID-19 fa presagire in Europa un aumento della disoccupazione e, secondo una nota dell'Organizzazione internazionale del lavoro, i giovani ne sono stati già colpiti in proporzione estremamente più marcata: dall'inizio della crisi uno su 6 ha smesso di lavorare; molti giovani, infatti, lavorano in settori particolarmente colpiti come quelli del turismo, della ristorazione, delle arti, dell'intrattenimento, del commercio all'ingrosso e al dettaglio, mentre altri stanno cercando di entrare nel mercato del lavoro proprio ora che tali settori non sono più in grado di assumere e in un momento in cui, in generale, le prospettive economiche negative impediscono nuove assunzioni; in particolare, una recente analisi ha inoltre rilevato che in Italia circa il 25,5 per cento degli occupati nelle attività definite come "non essenziali" durante il lockdown, su tutte il turismo e la ristorazione, ha un'età compresa tra i 20 e i 30 anni, e che più di 4 giovani su 10 erano impiegati (già prima della crisi) in uno dei settori individuati dallo stesso report come i più colpiti dall'impatto del COVID-19;

            inoltre la diminuzione dell'occupazione giovanile potrebbe essere aggravata dalla crisi dell'istruzione universitaria; la riduzione delle risorse a disposizione delle famiglie appartenenti a contesti socioeconomici più fragili e povere, con l'impossibilità di sostenere i costi di un'immatricolazione a fronte di un inserimento nel mondo del lavoro; il numero di immatricolati nelle università italiane per l'anno accademico 2020-2021 potrebbe ridursi di circa 35.000 unità rispetto all'anno precedente, ovvero dell'11 per cento, con una perdita economica, per gli atenei italiani, pari a circa 46 milioni di euro, dovuta al minor gettito da tasse universitarie; conseguenza grave a medio-lungo termine è che si avrà un bacino di giovani lavoratori meno istruiti: il livello medio-alto d'istruzione è profondamente correlato, nel mercato del lavoro, alla produttività e al reddito;

            i giovani avranno quella che già viene definita, quest'anno, come "summer of nothing", un'"estate del nulla", in cui non potranno più approfittare della pausa estiva per accumulare esperienze extra universitarie, senza avere la possibilità di migliorare i curricula per l'ingresso nel mercato del lavoro;

            l'emergenza COVID-19 ha spazzato via il "tempo della semina" della generazione del lockdown e ha portato alla sospensione o alla completa cancellazione di tirocini, eventi e scambi internazionali;

            particolarmente colpiti sono stati l'apprendimento basato sul lavoro e gli apprendistati, che sono incentrati sulla formazione pratica e direttamente collegati al luogo di lavoro; con la chiusura delle scuole e dei centri di formazione e l'apprendimento a distanza, l'istruzione e la formazione, che solitamente contribuiscono a correggere le distorsioni delle nostre società, hanno potuto fare ben poco per combattere la povertà giovanile e l'esclusione sociale;

                    considerato che:

            l'Italia già prima della pandemia soffriva particolarmente per fenomeni quali un elevato tasso di disoccupazione giovanile, un alto numero di "neet" (cioè giovani "not (engaged) in education, employment or training", non impegnati nello studio, né nel lavoro né nella formazione) o di ragazze e ragazzi sottopagati al primo impiego e di "cervelli in fuga". In Italia sono 2.116.000 i "neet" collocati nella misura del 23,4 per cento tra i 15 e i 19 anni e il 47 per cento i giovani inattivi nella fascia compresa tra i 25 e i 29 anni; mentre i dati ISTAT dicono che nel 2018 sono partiti 117.000 italiani di cui 30.000 laureati, quelli partiti negli ultimi 5 anni (2013-2018) sono 200.000; tuttavia non si possono guardare i giovani come categoria debole ma è necessario mettere nelle loro mani il futuro con politiche adeguate;

            per farlo, si devono anzitutto considerare le differenze tra i giovani per politiche mirate, distinguendo tra i giovanissimi che sono ancora a scuola, i giovani che devono scegliere percorsi universitari e postuniversitari, i giovani che si affacciano al lavoro per la prima volta, i giovani che non studiano e non lavorano (i neet), i giovani lavoratori e le giovani lavoratrici con l'esigenza di costruire i propri percorsi lavorativi in rapporto alla famiglia e alle scelte di genitorialità;

            valutato che:

            la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni recante "Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione", del 1° luglio 2020, afferma che è il momento che gli Stati membri e le istituzioni europee rivolgono la loro attenzione verso la prossima generazione; le azioni che si immaginano sono: rafforzare la garanzia per i giovani e quella relativa all'istruzione e formazione professionale per la competitività sostenibile, l'equità sociale e la resilienza insieme a un nuovo impulso agli apprendistati e che contribuiranno a creare occupazione giovanile. La comunicazione presenta inoltre ulteriori misure per il conseguimento di tale obiettivo; le proposte della Commissione per la Next Generation Eu e il futuro del bilancio UE consentiranno finanziamenti significativi a favore dell'occupazione giovanile; spetta ora agli Stati membri stabilire le priorità di investimento, dato che l'occupazione giovanile è principalmente di loro competenza;

            da anni l'Organizzazione internazionale del lavoro si batte per il "decent work" per garantire che tutti gli uomini e le donne abbiano accesso ad un lavoro produttivo e dignitoso;

            saranno necessarie politiche attive e mirate per raggiungere tutti coloro che ne hanno bisogno,

                    impegna il Governo:

            1) a definire e approvare un grande piano industriale di investimenti in digitale e di transizione in economia verde, al quale sia connesso, quale parte essenziale e integrante, un piano per la formazione e la valorizzazione delle competenze dei giovani e l'occupazione giovanile;

            2) a rafforzare l'azione di governo già in corso al fine di provvedere al riassetto dei vari istituti connessi alla formazione e riqualificazione professionale, con una disciplina di sistema per un vero "sistema duale formazione-lavoro", che abbia nelle principali esperienze europee comparabili significativi riferimenti culturali e legislativi;

            3) a promuovere l'istituzione di un piano per l'integrazione della "cultura digitale" quale insegnamento fondamentale presso tutti i cicli di istruzione superiore secondaria, per l'acquisizione, da parte dei giovanissimi, di una forma mentis e di una capacità di discernimento utili per un mondo nuovo;

            4) a promuovere misure di sostegno per gli studenti universitari e le loro famiglie valorizzando il diritto allo studio e la riduzione delle tasse universitarie, a cominciare dall'immatricolazione;

            5) ad assumere iniziative di competenza al fine di incrementare e rafforzare gli istituti tecnici superiori e di effettuare il contestuale coordinamento dei piani per la formazione con l'esperienza degli enti formativi che realizzano nei territori percorsi professionalizzanti brevi, "vocational master", che nascono dal continuo dialogo con le aziende e che consentono di rispondere in tempi rapidi all'esigenza di competenze delle aziende;

            6) a rafforzare gli ammortizzatori sociali espansivi che possano tenere insieme accompagnamento alla pensione, ricambio generazionale e piani di formazione;

            7) ad incrementare il Fondo nazionale del servizio civile per dare sostanza all'universalità prevista dal decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, e consentire a tutti i giovani che volessero fare questa esperienza (circa 85.000 nel 2019) di poterla realizzare, nonché ad aprire una riflessione circa l'eventuale obbligatorietà del servizio civile;

            8) a promuovere uno specifico investimento sui giovani professionisti che scelgono di restare in Italia, con un accesso alle professioni che sia semplice e a predisporre le misure affinché tale lavoro sia congruamente retribuito, evitando forme di sfruttamento;

            9) a rafforzare l'azione di governo già in atto al fine di continuare il confronto con le parti sociali per definire una normativa unitaria a partire dalla tutela del lavoro sulle piattaforme digitali;

            10) a predisporre un grande progetto per l'imprenditorialità giovanile, compresa l'imprenditorialità sociale, concentrandosi, tra l'altro, su istruzione e formazione all'imprenditorialità, servizi di consulenza, mentoring o coaching per i giovani;

            11) ad agevolare i percorsi parlamentari per una legge sulla parità salariale tra uomini e donne per valorizzare a pieno la preparazione e l'energia delle giovani donne;

            12) a promuovere nuove specifiche misure per il sostegno e l'incentivazione del lavoro dei giovani nell'ambito della ricerca accademica e applicata.

(1-00260) (21 luglio 2020)

Ciriani, Fazzolari, Maffoni, Balboni, Calandrini, de Bertoldi, Garnero Santanchè, Iannone, La Pietra, La Russa, Nastri, Petrenga, Rauti, Ruspandini, Totaro, Urso, Zaffini. -

V. testo 2

            Il Senato,

                    premesso che:

            la Carta Costituzionale riconosce il lavoro come il primo principio fondamentale della Repubblica italiana;

            attraverso la promozione del lavoro, diritto e dovere, si realizza la democrazia sostanziale, fondata su un'idea di eguaglianza e di libertà; nella visione dei padri costituenti, una persona senza lavoro non solo non può aspirare a una vita degna per sé, ma priva del suo contributo sociale, che arricchisce (materialmente e spiritualmente) gli altri cittadini;

            la Repubblica non è neutrale rispetto alle dinamiche socio-economiche, ma riconosce e promuove i diritti di chi lavora ad un compenso adeguato, all'assistenza sociale e alla previdenza sociale;

                    considerato che:

            la crisi causata dall'epidemia di COVID-19 ha creato un enorme buco nell'economia italiana, che secondo le previsioni si avvia verso un calo complessivo del 9,5 per cento nel 2020, il peggior risultato dalla fine della seconda guerra mondiale;

            un primo effetto dell'epidemia si ripercuote sui numeri del lavoro che hanno cominciato a peggiorare a marzo in una spirale che non accenna a fermarsi;

            tra i lavoratori tornati al lavoro poco meno dell'80 per cento del totale sono dipendenti, ma pochissimi i giovani sotto i 30 anni; quasi il 60 per cento di chi rientra ha, infatti, fra 40 e 60 anni (oltre 2 milioni e mezzo di persone), mentre gli under 30 sono 570.000;

            questo riflette in parte il fatto che l'occupazione dei giovani in Italia era già molto bassa prima dello scoppio dell'epidemia, ove si consideri che a fine 2019 lavorava appena il 39 per cento dei 18-29enni, mentre nelle classi di età più centrali (45-54enni) il tasso di occupazione raggiungeva il 74 per cento;

            i lavoratori più giovani non riescono a tornare a lavorare, perché occupati prevalentemente in settori particolarmente colpiti dalla crisi economica e in parte ancora coinvolti dal blocco, come quello del turismo (cruciale la situazione nel settore alberghi e ristorazione) e dell'intrattenimento;

            le previsioni non possono che essere sconfortanti, ove si pensi a cosa succederà una volta che misure temporanee oggi in vigore (come il blocco dei licenziamenti) arriveranno a conclusione, verificando quali aziende saranno state in grado di riprendere la produzione senza ridurre gli organici per ora congelati;

            si ritiene doveroso e necessario tutelare l'occupazione giovanile e al contempo incentivare le imprese a proseguire la propria attività produttiva mantenendo intatta la forza lavoro impiegata, premiando in particolare quelle più virtuose che decidono di non ricorrere agli ammortizzatori sociali e che mantengono per lo più intatta la forza lavoro impiegata,

                    impegna il Governo:

            1) ad adottare misure volte a consentire la ripresa dell'attività produttiva delle imprese mantenendo intatta la forza lavoro, avendo particolare attenzione per quella giovanile, tra quelle maggiormente a rischio, prevedendo iniziative normative volte alla riduzione del carico fiscale sui datori di lavoro che abbiano scelto o scelgano di non ricorrere alla cassa integrazione guadagni o all'assegno ordinario nella misura dell'80 per cento del trattamento di integrazione salariale, che lo Stato avrebbe corrisposto complessivamente ai dipendenti dell'impresa beneficiaria, nel caso in cui quest'ultima avesse fatto ricorso generalizzato agli ammortizzatori sociali;

            2) a prevedere proposte di sgravi contributivi a favore dei datori di lavoro privati che dal 1° gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, mantengono almeno l'80 per cento dei livelli occupazionali dei giovani lavoratori in forza alla data del 1° febbraio 2020, un incentivo, sotto forma di esonero dal 40 per cento del versamento dei contributi previdenziali a loro carico, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL, per un periodo massimo di dodici mesi.

(1-00260) (testo 2) (22 luglio 2020)

Ciriani, Fazzolari, Maffoni, Balboni, Calandrini, de Bertoldi, Garnero Santanchè, Iannone, La Pietra, La Russa, Nastri, Petrenga, Rauti, Ruspandini, Totaro, Urso, Zaffini. -

Approvata

            Il Senato,

                    premesso che:

            la Carta Costituzionale riconosce il lavoro come il primo principio fondamentale della Repubblica italiana;

            attraverso la promozione del lavoro, diritto e dovere, si realizza la democrazia sostanziale, fondata su un'idea di eguaglianza e di libertà; nella visione dei padri costituenti, una persona senza lavoro non solo non può aspirare a una vita degna per sé, ma priva del suo contributo sociale, che arricchisce (materialmente e spiritualmente) gli altri cittadini;

            la Repubblica non è neutrale rispetto alle dinamiche socio-economiche, ma riconosce e promuove i diritti di chi lavora ad un compenso adeguato, all'assistenza sociale e alla previdenza sociale;

                    considerato che:

            la crisi causata dall'epidemia di COVID-19 ha creato un enorme buco nell'economia italiana, che secondo le previsioni si avvia verso un calo complessivo del 9,5 per cento nel 2020, il peggior risultato dalla fine della seconda guerra mondiale;

            un primo effetto dell'epidemia si ripercuote sui numeri del lavoro che hanno cominciato a peggiorare a marzo in una spirale che non accenna a fermarsi;

            tra i lavoratori tornati al lavoro poco meno dell'80 per cento del totale sono dipendenti, ma pochissimi i giovani sotto i 30 anni; quasi il 60 per cento di chi rientra ha, infatti, fra 40 e 60 anni (oltre 2 milioni e mezzo di persone), mentre gli under 30 sono 570.000;

            questo riflette in parte il fatto che l'occupazione dei giovani in Italia era già molto bassa prima dello scoppio dell'epidemia, ove si consideri che a fine 2019 lavorava appena il 39 per cento dei 18-29enni, mentre nelle classi di età più centrali (45-54enni) il tasso di occupazione raggiungeva il 74 per cento;

            i lavoratori più giovani non riescono a tornare a lavorare, perché occupati prevalentemente in settori particolarmente colpiti dalla crisi economica e in parte ancora coinvolti dal blocco, come quello del turismo (cruciale la situazione nel settore alberghi e ristorazione) e dell'intrattenimento;

            le previsioni non possono che essere sconfortanti, ove si pensi a cosa succederà una volta che misure temporanee oggi in vigore (come il blocco dei licenziamenti) arriveranno a conclusione, verificando quali aziende saranno state in grado di riprendere la produzione senza ridurre gli organici per ora congelati;

            si ritiene doveroso e necessario tutelare l'occupazione giovanile e al contempo incentivare le imprese a proseguire la propria attività produttiva mantenendo intatta la forza lavoro impiegata, premiando in particolare quelle più virtuose che decidono di non ricorrere agli ammortizzatori sociali e che mantengono per lo più intatta la forza lavoro impiegata,

                    impegna il Governo:

            1) a valutare l'opportunità di inserire nella prossima legge di bilancio una norma che, avendo quale finalità la ripresa dell'attività produttiva delle imprese mantenendo intatta la forza lavoro, con particolare attenzione per quella giovanile, preveda la riduzione del carico fiscale sui datori di lavoro che abbiano scelto o scelgano di non ricorrere alla cassa integrazione guadagni o all'assegno ordinario nella misura dell'80 per cento del trattamento di integrazione salariale, che lo Stato avrebbe corrisposto complessivamente ai dipendenti dell'impresa beneficiaria, nel caso in cui quest'ultima avesse fatto ricorso generalizzato agli ammortizzatori sociali;

            2) a valutare l'opportunità di inserire nella prossima legge di bilancio una norma volta a prevedere sgravi contributivi a favore dei datori di lavoro privati che, dal 1° gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, mantengono almeno l'80 per cento dei livelli occupazionali dei giovani lavoratori in forza alla data del 1° febbraio 2020, un incentivo, sotto forma di esonero dal 40 per cento del versamento dei contributi previdenziali a loro carico, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL, per un periodo massimo di dodici mesi.

(1-00268) (21 luglio 2020)

Nisini, Romeo, De Vecchis, Pizzol, Montani, Casolati, Bagnai, Borghesi, Rufa, Corti, Briziarelli, Pepe, Augussori, Vescovi, Pillon, Zuliani, Vallardi, Pergreffi, Bruzzone, Pucciarelli, Saponara, Campari, Sbrana, Candiani, Bergesio, Lunesu, Iwobi, Fregolent, Tosato, Emanuele Pellegrini, Cantù, Marin, Riccardi, Stefani, Ripamonti, Pianasso, Urraro, Saviane, Lucidi, Pazzaglini, Arrigoni, Rivolta, Alessandrini. -

Respinta

           Il Senato,

                    premesso che:

            secondo recenti dati raccolti dall'Istat, tra il 2009 e il 2018 circa 320.000 giovani di età compresa tra i 20 e i 34 anni hanno lasciato il nostro Paese per difficoltà legate al tema dell'occupazione;

            il nono Rapporto annuale sull'economia dell'immigrazione, curato dalla Fondazione "Leone Moressa", precisa che in dieci anni l'Italia ha perso quasi 500.000 italiani, di cui quasi 250.000 giovani nella fascia 15-34 anni, considerando il saldo tra arrivi e partenze;

            alla luce delle caratteristiche lavorative dei giovani in Italia, secondo la Fondazione questa emigrazione giovanile è costata 16 miliardi di euro, oltre 1 punto percentuale di Pil, il valore aggiunto che i giovani emigrati potrebbero realizzare se fossero occupati nel nostro Paese;

            l'Italia è altresì un Paese con tassi di denatalità preoccupanti e con un incremento dell'età media tra le maggiori del mondo;

            secondo le stime Eurostat, da qui al 2050 l'Italia potrebbe perdere tra i 2 e i 10 milioni di abitanti, mentre gli anziani aumenterebbero di circa 6 milioni, arrivando a rappresentare oltre un terzo della popolazione, passando dall'attuale 22,4 per cento ad un valore compreso tra il 33,8 e il 37,9 per cento;

            l'emigrazione è dovuta principalmente alle difficoltà occupazionali dei giovani, come denota il fatto che il nostro Paese ha il tasso di occupazione giovanile più basso a livello europeo (56,3 per cento, contro una media Ue del 76 per cento nella fascia 25-29 anni) e il più alto tasso di giovani che non studiano e non lavorano (29,7 per cento, contro la media Ue pari al 16,6 per cento);

            quasi un quinto dei giovani che hanno lasciato l'Italia negli ultimi dieci anni viene paradossalmente dalla regione Lombardia (18,3 per cento), una delle più ricche del Paese;

            seguono Sicilia, Veneto e Lazio, con oltre 20.000 emigrati ciascuno, sebbene il dato non consideri l'emigrazione interna e quindi sottorappresenti i dati delle regioni meridionali;

            la diminuzione di giovani in età da lavoro ha effetti negativi sulla crescita economica, in quanto riduce, da un lato l'offerta di lavoro per quantità e qualità e dall'altro l'innovazione e l'imprenditorialità;

            a tali considerazioni si aggiunga altresì il fatto che la carenza di giovani implica anche una scarsità di entrate sul fronte dei contributi previdenziali;

            come ha avuto modo di rilevare la CGIA di Mestre, nello scorso mese di maggio sono state pagate più pensioni che stipendi;

            a fronte di 22,77 milioni di occupati registrati a maggio 2020 ci sono 22,78 milioni di pensioni, erogate al primo gennaio 2019, ma considerando che i pensionati nell'ultimo anno sono aumentati di numero, il numero complessivo dei trattamenti previdenziali erogati è aumentato di almeno 220.000 unità; ne consegue che il numero di assegni pensionistici erogato oggi in Italia è superiore al numero di occupati presenti nel Paese;

            in virtù del progressivo invecchiamento della popolazione, si pone dunque un serio problema di sostenibilità del sistema previdenziale, che richiede pertanto un intervento strutturato al fine di incrementare il numero di occupati, soprattutto nella fascia giovanile;

            sinora, il Governo si è dimostrato scarsamente attento al tema dell'occupazione giovanile, come testimonia il fatto che le risorse impiegate sono destinate principalmente ad erogare misure di pura assistenza sociale, anche laddove sarebbe più opportuno investire in politiche attive del lavoro;

            nel recente rapporto sulla finanza pubblica 2020, la Corte dei conti ha evidenziato che solo il 2 per cento dei percettori del reddito di cittadinanza è riuscito a trovare un lavoro attraverso i centri per l'impiego, nonostante siano state accolte circa 1 milione di domande, a fronte di quasi 2,4 milioni di richieste;

            nonostante presso l'Agenzia nazionale politiche attive del lavoro operino 3.000 navigator, assunti con il compito di supportare i centri per l'impiego e favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, la Corte dei conti non ravvisa una maggiore vivacità complessiva dell'attività dei centri per l'impiego e una crescita del loro ruolo nell'ambito delle azioni che si mettono in campo per la ricerca del lavoro;

            solo il 23,5 per cento della forza lavoro nel 2019 ha infatti cercato un'occupazione tramite i centri per l'impiego, una percentuale che si è addirittura ridotta rispetto al 24,2 per cento del 2017 e al 23,3 per cento del 2018;

            sarebbero quindi solo 20.000 i posti di lavoro assegnati con una misura assistenziale che è costata al Governo nazionale quasi 4 miliardi di euro,

            impegna il Governo ad adottare un piano di intervento strutturato ed organico volto alla definizione di serie politiche attive per il lavoro, con il fine di incrementare l'offerta di lavoro, in modo particolare per i giovani, aumentare il tasso di occupazione giovanile, le entrate dell'erario in termini di contributi previdenziali, tralasciando le misure puramente assistenziali e puntando verso la valorizzazione delle risorse umane prodotte dal nostro Paese.

(1-00273) (21 luglio 2020)

Bernini, Malan, Floris, Toffanin, De Poli, Galliani, Gallone, Giammanco, Mallegni, Mangialavori, Moles, Rizzotti, Ronzulli, Pichetto Fratin, Vitali. -

V. testo 2

            Il Senato,

                    premesso che:

            le ultime analisi ISTAT su occupati e disoccupati evidenziano come anche a maggio 2020 continui la diminuzione dell'occupazione rispetto al mese precedente: nel complesso il tasso di occupazione scende al 57,6 per cento (meno 0,2 punti percentuali) e il tasso di disoccupazione a si porta al 7,8 per cento (rispetto al 6,3 per cento di aprile); la diminuzione dell'occupazione su base mensile (meno 0,4 per cento pari a meno 84.000 unità) coinvolge soprattutto le donne (meno 0,7 per cento contro meno 0,1 per cento degli uomini, pari rispettivamente a meno 65.000 e meno 19.000), i dipendenti (meno 0,5 per cento pari a meno 90.000) e gli under 50, mentre aumentano leggermente gli occupati indipendenti e gli ultracinquantenni;

            torna a crescere il numero delle persone in cerca di lavoro (più 18,9 per cento pari a più 307.000 unità): il fenomeno si rileva maggiormente tra le donne (più 31,3 per cento, pari a più 227.000 unità) rispetto agli uomini (più 8,8 per cento, pari a più 80.000) e coinvolge tutte le classi di età;

            già nel 2019 i livelli di disoccupazione in Italia erano sotto la soglia europea e l'emergenza COVID-19 ha determinato un ulteriore peggioramento sul mercato del lavoro;

            secondo un'indagine Istat sull'andamento demografico in Italia, la popolazione sta diventando sempre più vecchia ed entro il 2050 gli over 65 saranno circa il 34 per cento della popolazione, a fronte di una previsione (indagine pubblicata dalla Commissione europea) pari al 30 per cento di over 65 nella popolazione europea per il 2070;

            in tutta Europa la disparità tra uomini e donne continua a essere una costante e, di media, le donne hanno un tasso di occupazione di 7 punti percentuali inferiore agli uomini; in questo contesto l'Italia è agli ultimi posti per il tasso di occupazione femminile (53 per cento);

            il tasso di disoccupazione a maggio 2020 è tra i giovani al 23,5 per cento, con una grande disparità tra Nord (6,4 per cento) e Sud (45 per cento) del Paese;

            soprattutto negli ultimi anni, nel Paese si è accentuato il mancato incontro tra domanda e offerta in particolare nel mercato del lavoro giovanile;

            un aspetto di tale problema riguarda i laureati altamente qualificati, cui da decenni il nostro Paese non riesce ad offrire opportunità adeguate; le difficili condizioni del mercato del lavoro, un tessuto imprenditoriale non sempre ricettivo al cambiamento, la mancanza di riforme strutturali, una fiscalità eccessiva e una retribuzione non gratificante sono alcune delle concause precipue di questa situazione;

            tutto ciò genera un forte livello di frustrazione, che provoca spesso la ricerca di nuove destinazioni: i nostri ricercatori, ingegneri, medici, infermieri, avvocati, economisti formati dall'Italia trovano frequentemente il giusto riconoscimento e valorizzazione altrove, cagionando un danno enorme al nostro sistema Paese; oltre a perdere le professionalità derivanti da questo capitale umano altamente qualificato, non abbiamo si ha nessun beneficio dalle spese sostenute dal nostro sistema d'istruzione per formare questi concittadini;

            un altro aspetto del mancato incrocio tra domanda e offerta del lavoro tra i giovani è dato dalle carenze formative: come evidenziato nel Bollettino del Sistema informativo "Excelsior", realizzato da Unioncamere e ANPAL, che elabora le previsioni occupazionali di luglio, anche in questo periodo di crisi economica si registra difficoltà di reperimento nel 37 per cento delle ricerche per gli operai specializzati (in particolare operai e artigiani nel settore delle costruzioni, fonditori e saldatori, meccanici e montatori) e in circa il 40 per cento delle ricerche per i tecnici (soprattutto tecnici informatici, tecnici della sanità, tecnici dei rapporti con i mercati); il mancato incontro tra domanda e offerta, in questi casi, è qualitativo e riguarda soprattutto competenze ed esperienza, con radici nel mancato collegamento tra sistema formativo e imprese oltre che nelle carenze dell'orientamento e dei servizi per il lavoro;

            le imprese cercano figure professionali che in più di 1 caso su 3 sono di difficile reperimento, addirittura per gli under 29 si farà fatica a selezionarne una ogni due richieste;

            la trasformazione tecnologica in atto espone il lavoro a profondi cambiamenti e come in tutti i processi di cambiamento le nuove tecnologie offrono significative opportunità per l'incremento di occupazione di qualità, per aumentare l'ergonomicità e la sicurezza dei processi produttivi, per stimolare la nascita di nuove imprese e per favorire l'occupazione giovanile, per incrementare la sostenibilità ambientale degli stessi; la formazione, sia di base sia continua, è centrale affinché si diffondano le competenze necessarie per cogliere appieno le opportunità offerte dalle nuove tecnologie;

            in un momento, infatti, fortemente caratterizzato dall'incertezza nel futuro e nell'economia del Paese, dove è oggettiva la difficoltà per i giovani nell'accedere al mondo del lavoro e nella creazione di nuovi nuclei familiari, nei loro confronti le istituzioni sono chiamate ad un'azione responsabile, di indirizzo e di sostegno;

            l'approccio alle politiche giovanili è in questi anni radicalmente cambiato, esso deve potersi fondare su di una forte integrazione delle politiche di settore e l'assunzione dei giovani non più come categoria sociale "problematica", bensì come risorsa e leva per lo sviluppo del Paese, con un ruolo riconosciuto e vitale per la costruzione del futuro della comunità;

            è necessario uscire da una mera logica assistenziale e puntare invece sul sostegno di quei giovani che vogliono realizzarsi in Italia, attraverso alti programmi di istruzione, o che sono dotati di spirito imprenditoriale o che abbiano sviluppato competenze e attività d'avanguardia, al di fuori dei nostri confini nazionali;

            secondo quanto emerge dall'Employment Outlook 2020 dell'OCSE, per l'Italia, la disoccupazione dovrebbe raggiungere il 12,4 per cento a fine 2020. La stessa invita il nostro Paese ad agire rapidamente per aiutare i propri giovani a mantenere un legame con il mercato del lavoro, suggerendo che incentivi all'assunzione, concentrati sui gruppi più vulnerabili, possono contribuire a promuovere la creazione di nuovi posti di lavoro;

            in questo senso il comma 1-bis dell'articolo 5, del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto "Rilancio"), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, che prevede un ulteriore incremento delle risorse destinate a finanziare l'aumento del numero dei contratti di formazione medica specialistica, non costituisce un incentivo sufficiente per trattenere i giovani in Italia, ma solo per cercare di colmare le lacune del sistema sanitario nazionale. Permane tuttavia il rilevante problema del cosiddetto «imbuto formativo» che comporta la permanenza di tanti giovani laureati in situazioni di precariato, di inoccupazione o di disoccupazione. La FNOMCEO, proprio nei giorni scorsi, ha evidenziato come sia «necessario intervenire, per svuotare finalmente l'imbuto e formare tutti i medici già laureati, sottolineando la necessità di una vera riforma, che metta in parallelo gli ingressi a medicina con i percorsi formativi post laureati, cosicché a ogni laurea corrisponda una borsa,

                    impegna il Governo:

            1) ad adottare provvedimenti volti a incentivare l'occupazione giovanile mediante un sistema di decontribuzione previdenziale integrale strutturale ed organica a favore dei datori di lavoro, non inferiore a 36 mesi, che assumono lavoratori under 35 a tempo indeterminato, nonché a tempo determinato mediante il riconoscimento per tutta la durata del rapporto dello stesso esonero, estendendolo successivamente, qualora il contratto venga convertito a tempo indeterminato, agli ulteriori mesi fino ai 36 o maggiori complessivi previsti;

            2) a proporre norme volte ad introdurre forme di detassazione integrale in favore delle start-up innovative, mediante l'istituzione di un apposito Fondo;

            3) ad adottare provvedimenti per la semplificazione burocratico-amministrativa per l'avvio di nuove imprese da parte di under 30, mediante l'esonero per i primi anni di attività delle imposte e la stipula di convenzioni con gli ordini professionali dei commercialisti e dei notai per la consulenza, per la tenuta della contabilità e per le spese notarili a tariffe agevolate;

            4) a prevedere la possibilità per studenti universitari che sono in regola con i pagamenti delle tasse e con i crediti previsti dai rispettivi corsi di laurea, che consentono l'accesso a professioni regolamentate, di anticipare durante il corso di studi il periodo di praticantato obbligatorio, ove previsto, propedeutico all'abilitazione professionale;

            5) a prevedere misure per l'efficientamento del sistema universitario, aumentando le risorse della quota del Fondo per il finanziamento ordinario delle università destinata alla promozione e al sostegno dell'incremento qualitativo delle attività delle università statali e al miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza nell'utilizzo delle risorse, destinandole al miglioramento della qualità dell'offerta formativa e i risultati dei processi formativi, della qualità della ricerca scientifica e della qualità, l'efficacia e l'efficienza delle sedi didattiche;

            6) a prevedere iniziative normative per l'erogazione di contributi a giovani italiani di età inferiore a 25 o 28 anni, per la frequentazione, in un istituto ubicato in una regione differente rispetto a quella di residenza, di corsi altamente qualificanti nelle materie ambientali, dell'agro-alimentare, delle biotecnologie, dell'economia, delle nanotecnologie, dell'informatica, della meccatronica o della salute;

            7) a rivedere profondamente il tema della staffetta generazionale, favorendo l'apprendimento di nuove competenze, incentivando la formazione e coniugandone il tutto con una revisione dei processi produttivi;

            8) ad adottare politiche per la conciliazione dei tempi vita/lavoro soprattutto per le donne, sostenendo innovativi piani di welfare contrattuale, nonché modelli di riorganizzazione scolastica che consentano, a seguito dell'emergenza sanitaria da COVID-19, ad entrambe i genitori parità di condizioni nel ritorno alle attività lavorative evitando, in particolare, il rischio della segregazione femminile;

            9) ad incentivare la flessibilità contrattuale e ad eliminare l'obbligo della causale nei contratti a tempo determinato;

            10) ad introdurre lo strumento del voucher soprattutto nei settori dell'agricoltura e del turismo, che ha dimostrato, durante la sua applicazione, di essere il principale strumento di lotta al lavoro nero;

            11) ad incrementare i percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento presso le aziende, al fine di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti, anche attraverso un miglioramento della formazione professionale e il potenziamento dell'offerta formativa degli istituti tecnici, favorendo l'assunzione degli stessi studenti una volta finito il percorso scolastico;

            12) ad intervenire, con ulteriori provvedimenti normativi, per risolvere in via strutturale il problema del cosiddetto «imbuto formativo», affinché per ciascun laureato in medicina corrisponda un percorso formativo post laurea, nell'ottica di assicurare ai cittadini un'assistenza di qualità ed immettere nel sistema un congruo numero di specialisti e di medici di medicina generale.

(1-00273) (testo 2) (22 luglio 2020)

Bernini, Malan, Floris, Toffanin, De Poli, Galliani, Gallone, Giammanco, Mallegni, Mangialavori, Moles, Rizzotti, Ronzulli, Pichetto Fratin, Vitali. -

Votata per parti separate. Approvata la parte evidenziata in neretto; respinta la restante parte.

            Il Senato,

                    premesso che:

            le ultime analisi ISTAT su occupati e disoccupati evidenziano come anche a maggio 2020 continui la diminuzione dell'occupazione rispetto al mese precedente: nel complesso il tasso di occupazione scende al 57,6 per cento (meno 0,2 punti percentuali) e il tasso di disoccupazione a si porta al 7,8 per cento (rispetto al 6,3 per cento di aprile); la diminuzione dell'occupazione su base mensile (meno 0,4 per cento pari a meno 84.000 unità) coinvolge soprattutto le donne (meno 0,7 per cento contro meno 0,1 per cento degli uomini, pari rispettivamente a meno 65.000 e meno 19.000), i dipendenti (meno 0,5 per cento pari a meno 90.000) e gli under 50, mentre aumentano leggermente gli occupati indipendenti e gli ultracinquantenni;

            torna a crescere il numero delle persone in cerca di lavoro (più 18,9 per cento pari a più 307.000 unità): il fenomeno si rileva maggiormente tra le donne (più 31,3 per cento, pari a più 227.000 unità) rispetto agli uomini (più 8,8 per cento, pari a più 80.000) e coinvolge tutte le classi di età;

            già nel 2019 i livelli di disoccupazione in Italia erano sotto la soglia europea e l'emergenza COVID-19 ha determinato un ulteriore peggioramento sul mercato del lavoro;

            secondo un'indagine Istat sull'andamento demografico in Italia, la popolazione sta diventando sempre più vecchia ed entro il 2050 gli over 65 saranno circa il 34 per cento della popolazione, a fronte di una previsione (indagine pubblicata dalla Commissione europea) pari al 30 per cento di over 65 nella popolazione europea per il 2070;

            in tutta Europa la disparità tra uomini e donne continua a essere una costante e, di media, le donne hanno un tasso di occupazione di 7 punti percentuali inferiore agli uomini; in questo contesto l'Italia è agli ultimi posti per il tasso di occupazione femminile (53 per cento);

            il tasso di disoccupazione a maggio 2020 è tra i giovani al 23,5 per cento, con una grande disparità tra Nord (6,4 per cento) e Sud (45 per cento) del Paese;

            soprattutto negli ultimi anni, nel Paese si è accentuato il mancato incontro tra domanda e offerta in particolare nel mercato del lavoro giovanile;

            un aspetto di tale problema riguarda i laureati altamente qualificati, cui da decenni il nostro Paese non riesce ad offrire opportunità adeguate; le difficili condizioni del mercato del lavoro, un tessuto imprenditoriale non sempre ricettivo al cambiamento, la mancanza di riforme strutturali, una fiscalità eccessiva e una retribuzione non gratificante sono alcune delle concause precipue di questa situazione;

            tutto ciò genera un forte livello di frustrazione, che provoca spesso la ricerca di nuove destinazioni: i nostri ricercatori, ingegneri, medici, infermieri, avvocati, economisti formati dall'Italia trovano frequentemente il giusto riconoscimento e valorizzazione altrove, cagionando un danno enorme al nostro sistema Paese; oltre a perdere le professionalità derivanti da questo capitale umano altamente qualificato, non abbiamo si ha nessun beneficio dalle spese sostenute dal nostro sistema d'istruzione per formare questi concittadini;

            un altro aspetto del mancato incrocio tra domanda e offerta del lavoro tra i giovani è dato dalle carenze formative: come evidenziato nel Bollettino del Sistema informativo "Excelsior", realizzato da Unioncamere e ANPAL, che elabora le previsioni occupazionali di luglio, anche in questo periodo di crisi economica si registra difficoltà di reperimento nel 37 per cento delle ricerche per gli operai specializzati (in particolare operai e artigiani nel settore delle costruzioni, fonditori e saldatori, meccanici e montatori) e in circa il 40 per cento delle ricerche per i tecnici (soprattutto tecnici informatici, tecnici della sanità, tecnici dei rapporti con i mercati); il mancato incontro tra domanda e offerta, in questi casi, è qualitativo e riguarda soprattutto competenze ed esperienza, con radici nel mancato collegamento tra sistema formativo e imprese oltre che nelle carenze dell'orientamento e dei servizi per il lavoro;

            le imprese cercano figure professionali che in più di 1 caso su 3 sono di difficile reperimento, addirittura per gli under 29 si farà fatica a selezionarne una ogni due richieste;

            la trasformazione tecnologica in atto espone il lavoro a profondi cambiamenti e come in tutti i processi di cambiamento le nuove tecnologie offrono significative opportunità per l'incremento di occupazione di qualità, per aumentare l'ergonomicità e la sicurezza dei processi produttivi, per stimolare la nascita di nuove imprese e per favorire l'occupazione giovanile, per incrementare la sostenibilità ambientale degli stessi; la formazione, sia di base sia continua, è centrale affinché si diffondano le competenze necessarie per cogliere appieno le opportunità offerte dalle nuove tecnologie;

            in un momento, infatti, fortemente caratterizzato dall'incertezza nel futuro e nell'economia del Paese, dove è oggettiva la difficoltà per i giovani nell'accedere al mondo del lavoro e nella creazione di nuovi nuclei familiari, nei loro confronti le istituzioni sono chiamate ad un'azione responsabile, di indirizzo e di sostegno;

            l'approccio alle politiche giovanili è in questi anni radicalmente cambiato, esso deve potersi fondare su di una forte integrazione delle politiche di settore e l'assunzione dei giovani non più come categoria sociale "problematica", bensì come risorsa e leva per lo sviluppo del Paese, con un ruolo riconosciuto e vitale per la costruzione del futuro della comunità;

            è necessario uscire da una mera logica assistenziale e puntare invece sul sostegno di quei giovani che vogliono realizzarsi in Italia, attraverso alti programmi di istruzione, o che sono dotati di spirito imprenditoriale o che abbiano sviluppato competenze e attività d'avanguardia, al di fuori dei nostri confini nazionali;

            secondo quanto emerge dall'Employment Outlook 2020 dell'OCSE, per l'Italia, la disoccupazione dovrebbe raggiungere il 12,4 per cento a fine 2020. La stessa invita il nostro Paese ad agire rapidamente per aiutare i propri giovani a mantenere un legame con il mercato del lavoro, suggerendo che incentivi all'assunzione, concentrati sui gruppi più vulnerabili, possono contribuire a promuovere la creazione di nuovi posti di lavoro;

            in questo senso il comma 1-bis dell'articolo 5, del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto "Rilancio"), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, che prevede un ulteriore incremento delle risorse destinate a finanziare l'aumento del numero dei contratti di formazione medica specialistica, non costituisce un incentivo sufficiente per trattenere i giovani in Italia, ma solo per cercare di colmare le lacune del sistema sanitario nazionale. Permane tuttavia il rilevante problema del cosiddetto «imbuto formativo» che comporta la permanenza di tanti giovani laureati in situazioni di precariato, di inoccupazione o di disoccupazione. La FNOMCEO, proprio nei giorni scorsi, ha evidenziato come sia «necessario intervenire, per svuotare finalmente l'imbuto e formare tutti i medici già laureati, sottolineando la necessità di una vera riforma, che metta in parallelo gli ingressi a medicina con i percorsi formativi post laureati, cosicché a ogni laurea corrisponda una borsa,

                    impegna il Governo:

            1) a valutare la possibilità di inserire, anche attraverso la prossima legge di bilancio, misure volte a incentivare l'occupazione giovanile mediante un sistema di decontribuzione previdenziale integrale strutturale ed organica a favore dei datori di lavoro, non inferiore a 36 mesi, che assumono lavoratori under 35 a tempo indeterminato, nonché a tempo determinato mediante il riconoscimento per tutta la durata del rapporto dello stesso esonero, estendendolo successivamente, qualora il contratto venga convertito a tempo indeterminato, agli ulteriori mesi fino ai 36 o maggiori complessivi previsti;

            2) a sostenere l'introduzione di forme di detassazione in favore delle start-up innovative, anche mediante istituzione di un apposito Fondo;

            3) a sostenere l'adozione di provvedimenti per la semplificazione burocratico-amministrativa per l'avvio di nuove imprese da parte di under 30, mediante l'esonero per i primi anni di attività delle imposte e la stipula di convenzioni con gli ordini professionali dei commercialisti e dei notai per la consulenza, per la tenuta della contabilità e per le spese notarili a tariffe agevolate;

            4) a valutare la possibilità di adottare i necessari provvedimenti normativi affinché, d'intesa con gli ordini professionali, si possano rendere abilitanti i titoli universitari dei relativi corsi di laurea, anticipando all'interno di questi, se del caso, il tirocinio propedeutico all'abilitazione professionale;

            5) a prevedere misure per l'efficientamento del sistema universitario, aumentando le risorse della quota del Fondo per il finanziamento ordinario delle università destinata alla promozione e al sostegno dell'incremento qualitativo delle attività delle università statali e al miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza nell'utilizzo delle risorse, destinandole al miglioramento della qualità dell'offerta formativa e i risultati dei processi formativi, della qualità della ricerca scientifica e della qualità, l'efficacia e l'efficienza delle sedi didattiche;

            6) a valutare la possibilità di prevedere iniziative normative per l'erogazione di contributi a giovani italiani di età inferiore a 25 o 28 anni, per la frequentazione, in un istituto ubicato in una regione differente rispetto a quella di residenza, di corsi altamente qualificanti nelle materie ambientali, dell'agro-alimentare, delle biotecnologie, dell'economia, delle nanotecnologie, dell'informatica, della meccatronica o della salute;

            7) a rivedere profondamente il tema della staffetta generazionale, favorendo l'apprendimento di nuove competenze, incentivando la formazione e coniugandone il tutto con una revisione dei processi produttivi;

            8) ad adottare politiche per la conciliazione dei tempi vita/lavoro soprattutto per le donne, sostenendo innovativi piani di welfare contrattuale, nonché modelli di riorganizzazione scolastica che consentano, a seguito dell'emergenza sanitaria da COVID-19, ad entrambe i genitori parità di condizioni nel ritorno alle attività lavorative evitando, in particolare, il rischio della segregazione femminile;

            9) ad incentivare la flessibilità contrattuale e ad eliminare l'obbligo della causale nei contratti a tempo determinato;

            10) ad introdurre lo strumento del voucher soprattutto nei settori dell'agricoltura e del turismo, che ha dimostrato, durante la sua applicazione, di essere il principale strumento di lotta al lavoro nero;

            11) ad incrementare i percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento presso le aziende, al fine di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti, anche attraverso un miglioramento della formazione professionale e il potenziamento dell'offerta formativa degli istituti tecnici, favorendo l'assunzione degli stessi studenti una volta finito il percorso scolastico;

            12) a valutare la possibilità di intervenire, con ulteriori provvedimenti normativi, per risolvere in via strutturale il problema del cosiddetto «imbuto formativo», affinché per ciascun laureato in medicina corrisponda un percorso formativo post laurea, nell'ottica di assicurare ai cittadini un'assistenza di qualità ed immettere nel sistema un congruo numero di specialisti e di medici di medicina generale.

Mozioni sulla tutela del patrimonio artistico nazionale

(1-00258) (16 luglio 2020)

Rauti, Fazzolari, Ciriani, Balboni, Calandrini, de Bertoldi, Garnero Santanchè, Iannone, La Pietra, La Russa, Maffoni, Nastri, Petrenga, Ruspandini, Totaro, Urso, Zaffini. -

V. testo 2

            Il Senato,

                    premesso che:

            si stima che in Italia si concentri, a seconda della definizione di Patrimonio culturale, tra il 60 ed il 75 per cento di tutti i beni artistici esistenti al mondo e che l'Italia sia la nazione con il maggior numero di siti riconosciuti "patrimonio dell'umanità" dall'Unesco;

            per questa concentrazione straordinaria l'Italia è da sempre un punto di riferimento a livello mondiale, anche in considerazione dell'arco temporale (dalla preistoria ai giorni nostri) che abbraccia il patrimonio storico-artistico: vi sono opere d'arte, monumenti e paesaggi che rappresentano millenni di storia, cultura e tradizioni, la cui importanza va ben oltre i confini nazionali;

            una tale ricchezza culturale e di civiltà comporta un impegno costante di salvaguardia e impone l'obbligo di tramandare questo stesso patrimonio alle generazioni future;

            purtroppo gli sterminati giacimenti di beni culturali, artistici e archeologici e la difficoltà di garantirne una cura costante fanno sì che una buona parte di essi sia lasciato a se stesso, all'incuria, con gravi rischi per la sua integrità;

                    considerato che:

            la normativa di tutela in Italia trova la sua più alta affermazione di principio nella Costituzione, che all'articolo 9, pone in capo alla Repubblica il compito di promuovere "lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica" e tutelare "il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione";

            lo Stato ha legislazione esclusiva nel settore della tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, a norma dell'articolo 117 della Costituzione, mentre la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, la promozione e la organizzazione di attività culturali è oggetto di legislazione concorrente;

            la valorizzazione dei beni culturali presuppone prima di tutto la loro tutela, che sta nel loro riconoscimento, nella conservazione, protezione e restauro;

            la definizione di patrimonio culturale è contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004), che all'art. 2 indica come elementi del patrimonio culturale i "beni culturali ed i beni paesaggistici", rinviando per i primi ai beni che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali "testimonianze aventi valore di civiltà"; e per i secondi, ai beni costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio;

            la tutela del patrimonio culturale comprende sia le attività amministrative e di regolazione, sia gli interventi operativi di conservazione e di difesa del patrimonio culturale e consiste, per garantire la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione del patrimonio, anche nelle attività tese a progettare, realizzare e consegnare alla pubblica fruizione interventi di protezione, conservazione e salvaguardia del patrimonio culturale;

            la tutela penale dei beni culturali è principalmente dettata dalle norme ricondotte nel Codice dei beni culturali e del paesaggio e nel Codice penale; dalla loro analisi emerge la sostanziale mancanza di una disciplina organica ed omogenea: il primo, infatti, non ha condotto ad una innovazione significativa sul versante delle sanzioni penali, che finiscono con l'essere applicate solo laddove rilevi la violazione delle prescrizioni amministrative, mentre la più grave pecca del Codice penale è rappresentata dalla mancanza di un corpo di norme volte esclusivamente a tutelare il patrimonio culturale;

            dunque, nonostante il complesso delle disposizioni vigenti, il sistema di tutela del patrimonio culturale si rivela insufficiente e comporta, come dirette conseguenze, degrado, danneggiamento e distruzione e la dispersione, in caso di furto;

            incuria, vandalismo, distruzione volontaria e furto sono, infatti, le piaghe che affliggono il patrimonio culturale italiano: migliaia sono i siti di grande valore storico e culturale chiusi o abbandonati a loro stessi e molti i beni culturali che ogni anno subiscono danneggiamenti più o meno consapevoli o sono sottratti allo Stato;

            lo Stato italiano è tra i Paesi europei che stanzia meno fondi destinati alla cultura, trascurando questa immensa risorsa che potrebbe trasformarsi in ricchezza e opportunità, una risorsa strategica, volano di turismo, per il rilancio del nostro Paese;

            considerato, altresì, che:

            l'attenzione al concetto di patrimonio culturale nasce dalla consapevolezza del proprio background culturale per ogni nazione e costituisce il presupposto imprescindibile per generare le spinte sociali dirette alla riappropriazione della tradizione dei popoli, poiché senza cultura non c'è coscienza e non c'è identità;

            anche i recenti attentati ad opere simbolo di storia e di cultura insieme alla propaganda esercitata via social per l'eliminazione di una parte del patrimonio storico-culturale italiano indicano una preoccupante deriva anti culturale,

                    impegna il Governo:

            1) a predisporre con urgenza un piano straordinario di interventi espressamente finalizzato alla messa in sicurezza, alla tutela e alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, storico, artistico e museale su tutto il territorio italiano;

            2) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate a garantire un'adeguata ed efficace difesa del patrimonio culturale e paesaggistico, anche attraverso una riforma organica della disciplina sanzionatoria in materia;

            3) a predisporre l'adozione di strumenti tecnologicamente avanzati per un'adeguata azione di sorveglianza per la salvaguardia del patrimonio culturale italiano e di contrasto dei reati contro di esso.

(1-00258) (testo 2) (22 luglio 2020)

Rauti, Fazzolari, Ciriani, Balboni, Calandrini, de Bertoldi, Garnero Santanchè, Iannone, La Pietra, La Russa, Maffoni, Nastri, Petrenga, Ruspandini, Totaro, Urso, Zaffini. -

Approvata

            Il Senato,

                    premesso che:

            si stima che in Italia si concentri una parte consistente del Patrimonio culturale;

            per questa concentrazione straordinaria l'Italia è da sempre un punto di riferimento a livello mondiale, anche in considerazione dell'arco temporale (dalla preistoria ai giorni nostri) che abbraccia il patrimonio storico-artistico: vi sono opere d'arte, monumenti e paesaggi che rappresentano millenni di storia, cultura e tradizioni, la cui importanza va ben oltre i confini nazionali;

            una tale ricchezza culturale e di civiltà comporta un impegno costante di salvaguardia e impone l'obbligo di tramandare questo stesso patrimonio alle generazioni future;

                    considerato che:

            la normativa di tutela in Italia trova la sua più alta affermazione di principio nella Costituzione, che all'articolo 9, pone in capo alla Repubblica il compito di promuovere "lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica" e tutelare "il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione";

            lo Stato ha legislazione esclusiva nel settore della tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, a norma dell'articolo 117 della Costituzione, mentre la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, la promozione e la organizzazione di attività culturali è oggetto di legislazione concorrente;

            la valorizzazione dei beni culturali presuppone prima di tutto la loro tutela, che sta nel loro riconoscimento, nella conservazione, protezione e restauro;

            la definizione di patrimonio culturale è contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004), che all'art. 2 indica come elementi del patrimonio culturale i "beni culturali ed i beni paesaggistici", rinviando per i primi ai beni che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali "testimonianze aventi valore di civiltà"; e per i secondi, ai beni costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio;

            la tutela del patrimonio culturale comprende sia le attività amministrative e di regolazione, sia gli interventi operativi di conservazione e di difesa del patrimonio culturale e consiste, per garantire la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione del patrimonio, anche nelle attività tese a progettare, realizzare e consegnare alla pubblica fruizione interventi di protezione, conservazione e salvaguardia del patrimonio culturale;

            la tutela penale dei beni culturali è principalmente dettata dalle norme ricondotte nel Codice dei beni culturali e del paesaggio e nel Codice penale;

            considerato, altresì, che:

            l'attenzione al concetto di patrimonio culturale nasce dalla consapevolezza del proprio background culturale per ogni nazione e costituisce il presupposto imprescindibile per generare le spinte sociali dirette alla riappropriazione della tradizione dei popoli, poiché senza cultura non c'è coscienza e non c'è identità;

            anche i recenti attentati ad opere simbolo di storia e di cultura insieme alla propaganda esercitata via social per l'eliminazione di una parte del patrimonio storico-culturale italiano indicano una preoccupante deriva anti culturale,

                    impegna il Governo:

            1) a proseguire gli interventi finalizzati alla messa in sicurezza, alla tutela e alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, storico, artistico e museale su tutto il territorio italiano;

            2) a sostenere iniziative, anche in sede parlamentare, volte alla ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali, fatta a Nicosia il 19 maggio 2017, nonché al rafforzamento della legislazione penale in materia;

            3) a proseguire nelle azioni volte a garantire un'azione di sorveglianza per la salvaguardia del patrimonio culturale italiano e di contrasto dei reati contro di esso.

(1-00263) (21 luglio 2020)

Montevecchi, Granato, De Petris, Laniece, Sbrollini, Angrisani, Corrado, De Lucia, Russo, Vanin, Accoto, Bottici, Donno, Lanzi, Maiorino, Mantero, Mininno, Moronese, Pacifico, Trentacoste, Nugnes, Quarto. -

V. testo 2

            Il Senato,

                    premesso che:

            la Costituzione all'articolo 9 sancisce: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione", riconoscendo in tal modo la valenza sociale del nostro patrimonio culturale materiale, immateriale e paesaggistico, indicando come missione dello Stato il garantirne adeguata custodia e dunque fruizione da parte dei cittadini;

            l'articolo 9 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, "Codice dei beni culturali e del paesaggio" sancisce che: "Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico";

            a questa nozione di carattere generale si aggiungono tutti quei beni culturali di cui ai commi successivi del menzionato articolo 9 del decreto legislativo;

            la cultura è un bene comune ed essenziale, così come il paesaggio, e la loro tutela si configura come un autentico diritto al benessere e alla conoscenza;

            su tutto il territorio nazionale si adagia un tessuto di beni artistici, musei, monumenti, aree archeologiche, a testimonianza della storia e della memoria del nostro Paese;

            i borghi d'Italia, sedi di un patrimonio altrettanto ricco e importante di quello dei grandi poli turistici, necessitano di essere meglio valorizzati, al fine di ricostruire o potenziare la rete economica e sociale anche in funzione di un rilancio di talune aree del Paese;

            oltre a ciò, l'Italia vanta un grandissimo patrimonio di cultura immateriale, intendendosi con questa non solo monumenti e collezioni di oggetti, ma anche tutte le tradizioni vive trasmesse dai nostri antenati: espressioni orali, incluso il linguaggio, arti dello spettacolo, pratiche sociali, riti e feste, conoscenza e pratiche concernenti la natura e l'universo artigianato tradizionale;

            siffatta ricchezza culturale e di civiltà comporta un impegno costante di salvaguardia e impone l'obbligo di coltivare conoscenza, consapevolezza e sensibilità nelle nuove generazioni e di assicurare che il patrimonio materiale, immateriale e paesaggistico siano tramandati alle generazioni future;

                    considerato che:

            la qualità e la varietà del patrimonio culturale italiano esigono un adeguato e complesso sistema di esercizio della tutela e della valorizzazione, che richiede la piena assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti coinvolti in base alle loro rispettive competenze, ma prima di tutto da parte dell'appartato centrale statale;

            l'opera e la musica sinfonica fanno parte del vasto patrimonio artistico immateriale e svolgono l'importante ruolo di ambasciatori della cultura italiana nel mondo, concorrendo alla diffusione di un'immagine internazionale positiva del nostro Paese;

            il patrimonio culturale immateriale è fondamentale nel mantenimento della diversità culturale di fronte alla globalizzazione e la sua comprensione aiuta il dialogo interculturale e incoraggia il rispetto reciproco dei diversi modi di vivere. La sua importanza non risiede nella manifestazione culturale in sé, bensì nella ricchezza di conoscenza e competenze che vengono trasmesse da una generazione all'altra;

            il patrimonio culturale italiano necessita costantemente forme di intervento di tutela e valorizzazione, anche alla luce dell'impatto che hanno i cambiamenti climatici sugli stessi;

            negli anni si è diffusa l'idea che il patrimonio culturale si potesse autofinanziare attraverso propri proventi o finanziamenti privati, assottigliando così l'intervento statale. Il risultato è stato il deterioramento nella conservazione del patrimonio e la tendenza alla mercificazione dei luoghi della cultura;

            la crisi sociale ed economica legata all'emergenza sanitaria in corso ha sottolineato quanto sia importante l'investimento statale e degli enti locali in beni e servizi culturali;

            al fine di migliorare il suddetto dato è necessario sviluppare un sistema di welfare del mondo della cultura, materiale e non, che tenga conto delle sue tipicità e che sia di qualità;

            valutato che:

            nell'ottica di un rilancio del Paese, occorre concentrare gli sforzi sulla manutenzione del patrimonio italiano, pensando ad investimenti lungimiranti tesi a rilanciare l'occupazione, anche tramite la valorizzazione delle professioni del comparto beni culturali;

            occorre rendere concreta la valorizzazione e la fruizione del patrimonio culturale rendendolo accessibile a tutti in contrasto alla povertà culturale ed educativa, in cui rischia di sprofondare il Paese in una fase storica e socio-economica come quella attuale;

            va inoltre data attenzione all'imprenditorialità, piccola e media, nel settore culturale che ha tanto da offrire alla crescita del Paese in termini di occupazione, apporto di competenze tecnico-scientifiche, e creazione di benessere sostenibile. Le piccole, micro e medie imprese del comparto culturale e il comparto del terzo settore necessitano sostegno per continuare a garantire la diffusione su tutto il territorio nazionale di contenuti culturali, al di fuori dei grandi poli turistici;

            occorre rafforzare il sistema museale, incluso quello dei piccoli musei, valorizzando la ricerca e tutte le professioni ad essa legate in questo campo;

            è necessario trovare un giusto equilibrio tra volontariato e professionismo nel mondo dei beni culturali, affinché siano raggiunti obiettivi di elevati standard di tutela e valorizzazione da un lato, incremento occupazionale dall'altro;

            fatti di cronaca recenti impongono una riflessione sul sistema italiano delle fondazioni lirico sinfoniche con particolare riferimento alla necessità di garantire gestioni virtuose, trasparenti e libere da logiche che rischiano di alimentare un sistema clientelare a danno della qualità e dell'equilibrio economico delle stesse, alla tutela per i lavoratori e ad un rilancio del comparto con particolare riguardo al ruolo della danza,

                    impegna il Governo:

            1) a definire i livelli essenziali delle prestazioni culturali assicurando il giusto equilibrio tra il diritto di accesso alla cultura e la tutela dei lavoratori, ai quali, proprio perché svolgono un servizio pubblico essenziale, devono essere garantite le tutele adeguate: giusta retribuzione, riconoscimento e giusto inquadramento professionale e contrattuale, sistema previdenziale e assistenziale che tenga conto delle tipicità;

            2) a completare il piano per la fruizione del patrimonio culturale, anche al fine di renderlo fruibile a chi è in condizione di disabilità temporanea o permanente o con bisogni speciali;

            3) ad adottare un piano di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio italiano;

            4) ad adottare tempestivamente le misure previste nella legge di bilancio per il 2020 in materia di recupero di beni immobili statali di interesse storico e culturale in stato di abbandono e riqualificazione delle aree industriali dismesse;

            5) ad intervenire in progetti virtuosi di recupero dei centri storici, anche al fine di ripristinare un tessuto sociale residenziale;

            6) ad adottare iniziative volte ad incentivare la conoscenza del patrimonio artistico italiano, delle arti e del paesaggio in tutte le scuole;

            7) a intraprendere un percorso di completamento e revisione della riforma del settore dello spettacolo dal vivo, incluse le fondazioni lirico sinfoniche, con particolare riguardo alla danza e ai corpi di ballo;

            8) a richiedere ulteriori stanziamenti europei a fondo perduto per il comparto culturale, ed a valorizzare, anche in campo internazionale, progetti con altri Paesi per la valorizzazione e conoscenza del nostro patrimonio di cultura immateriale.

(1-00263) (testo 2) (22 luglio 2020)

Montevecchi, Granato, De Petris, Laniece, Sbrollini, Angrisani, Corrado, De Lucia, Russo, Vanin, Accoto, Bottici, Donno, Lanzi, Maiorino, Mantero, Mininno, Moronese, Pacifico, Trentacoste, Nugnes, Quarto. -

Approvata

            Il Senato,

                    premesso che:

            la Costituzione all'articolo 9 sancisce: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione", riconoscendo in tal modo la valenza sociale del nostro patrimonio culturale materiale, immateriale e paesaggistico, indicando come missione dello Stato il garantirne adeguata custodia e dunque fruizione da parte dei cittadini;

            l'articolo 9 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, "Codice dei beni culturali e del paesaggio" sancisce che: "Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico";

            a questa nozione di carattere generale si aggiungono tutti quei beni culturali di cui ai commi successivi del menzionato articolo 9 del decreto legislativo;

            la cultura è un bene comune ed essenziale, così come il paesaggio, e la loro tutela si configura come un autentico diritto al benessere e alla conoscenza;

            su tutto il territorio nazionale si adagia un tessuto di beni artistici, musei, monumenti, aree archeologiche, a testimonianza della storia e della memoria del nostro Paese;

            i borghi d'Italia, sedi di un patrimonio altrettanto ricco e importante di quello dei grandi poli turistici, necessitano di essere meglio valorizzati, al fine di ricostruire o potenziare la rete economica e sociale anche in funzione di un rilancio di talune aree del Paese;

            oltre a ciò, l'Italia vanta un grandissimo patrimonio di cultura immateriale, intendendosi con questa non solo monumenti e collezioni di oggetti, ma anche tutte le tradizioni vive trasmesse dai nostri antenati: espressioni orali, incluso il linguaggio, arti dello spettacolo, pratiche sociali, riti e feste, conoscenza e pratiche concernenti la natura e l'universo artigianato tradizionale;

            siffatta ricchezza culturale e di civiltà comporta un impegno costante di salvaguardia e impone l'obbligo di coltivare conoscenza, consapevolezza e sensibilità nelle nuove generazioni e di assicurare che il patrimonio materiale, immateriale e paesaggistico siano tramandati alle generazioni future;

                    considerato che:

            la qualità e la varietà del patrimonio culturale italiano esigono un adeguato e complesso sistema di esercizio della tutela e della valorizzazione, che richiede la piena assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti coinvolti in base alle loro rispettive competenze, ma prima di tutto da parte dell'appartato centrale statale;

            l'opera e la musica sinfonica fanno parte del vasto patrimonio artistico immateriale e svolgono l'importante ruolo di ambasciatori della cultura italiana nel mondo, concorrendo alla diffusione di un'immagine internazionale positiva del nostro Paese;

            il patrimonio culturale immateriale è fondamentale nel mantenimento della diversità culturale di fronte alla globalizzazione e la sua comprensione aiuta il dialogo interculturale e incoraggia il rispetto reciproco dei diversi modi di vivere. La sua importanza non risiede nella manifestazione culturale in sé, bensì nella ricchezza di conoscenza e competenze che vengono trasmesse da una generazione all'altra;

            il patrimonio culturale italiano necessita costantemente forme di intervento di tutela e valorizzazione, anche alla luce dell'impatto che hanno i cambiamenti climatici sugli stessi;

            negli anni si è diffusa l'idea che il patrimonio culturale si potesse autofinanziare attraverso propri proventi o finanziamenti privati, assottigliando così l'intervento statale. Il risultato è stato il deterioramento nella conservazione del patrimonio e la tendenza alla mercificazione dei luoghi della cultura;

            la crisi sociale ed economica legata all'emergenza sanitaria in corso ha sottolineato quanto sia importante l'investimento statale e degli enti locali in beni e servizi culturali;

            al fine di migliorare il suddetto dato è necessario sviluppare un sistema di welfare del mondo della cultura, materiale e non, che tenga conto delle sue tipicità e che sia di qualità;

            valutato che:

            nell'ottica di un rilancio del Paese, occorre concentrare gli sforzi sulla manutenzione del patrimonio italiano, pensando ad investimenti lungimiranti tesi a rilanciare l'occupazione, anche tramite la valorizzazione delle professioni del comparto beni culturali;

            occorre rendere concreta la valorizzazione e la fruizione del patrimonio culturale rendendolo accessibile a tutti in contrasto alla povertà culturale ed educativa, in cui rischia di sprofondare il Paese in una fase storica e socio-economica come quella attuale;

            va inoltre data attenzione all'imprenditorialità, piccola e media, nel settore culturale che ha tanto da offrire alla crescita del Paese in termini di occupazione, apporto di competenze tecnico-scientifiche, e creazione di benessere sostenibile. Le piccole, micro e medie imprese del comparto culturale e il comparto del terzo settore necessitano sostegno per continuare a garantire la diffusione su tutto il territorio nazionale di contenuti culturali, al di fuori dei grandi poli turistici;

            occorre rafforzare il sistema museale, incluso quello dei piccoli musei, valorizzando la ricerca e tutte le professioni ad essa legate in questo campo;

            è necessario trovare un giusto equilibrio tra volontariato e professionismo nel mondo dei beni culturali, affinché siano raggiunti obiettivi di elevati standard di tutela e valorizzazione da un lato, incremento occupazionale dall'altro;

            fatti di cronaca recenti impongono una riflessione sul sistema italiano delle fondazioni lirico sinfoniche con particolare riferimento alla necessità di garantire gestioni virtuose, trasparenti e libere da logiche che rischiano di alimentare un sistema clientelare a danno della qualità e dell'equilibrio economico delle stesse, alla tutela per i lavoratori e ad un rilancio del comparto con particolare riguardo al ruolo della danza,

                    impegna il Governo:

            1) a definire i livelli essenziali delle prestazioni, assicurando il giusto equilibrio tra il diritto di accesso alla cultura e la tutela dei lavoratori;

            2) a completare il piano per la fruizione del patrimonio culturale, anche al fine di renderlo fruibile a chi è in condizione di disabilità temporanea o permanente o con bisogni speciali;

            3) ad adottare un piano di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio italiano;

            4) ad adottare tempestivamente le misure previste nella legge di bilancio per il 2020 in materia di recupero di beni immobili statali di interesse storico e culturale in stato di abbandono e riqualificazione delle aree industriali dismesse;

            5) ad intervenire in progetti virtuosi di recupero dei centri storici, anche al fine di ripristinare un tessuto sociale residenziale;

            6) ad adottare iniziative volte ad incentivare la conoscenza del patrimonio artistico italiano, delle arti e del paesaggio in tutte le scuole;

            7) a intraprendere un percorso di completamento e revisione della riforma del settore dello spettacolo dal vivo, incluse le fondazioni lirico sinfoniche, con particolare riguardo alla danza e ai corpi di ballo;

            8) a richiedere ulteriori stanziamenti europei a fondo perduto per il comparto culturale, ed a valorizzare, anche in campo internazionale, progetti con altri Paesi per la valorizzazione e conoscenza del nostro patrimonio di cultura immateriale.

(1-00264) (21 luglio 2020)

Verducci, Rampi, Iori, Mirabelli, Laniece, Ferrari, Collina, Cirinnà, D'Arienzo. -

Votata per parti separate. Approvata.

            Il Senato,

                    premesso che:

            la Costituzione all'articolo 9 sancisce: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione", impegnando lo Stato e cittadini a riconoscere e a difendere la diffusa ricchezza artistica e ambientale italiana;

            il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, "Codice dei beni culturali e del paesaggio" definisce beni culturali le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre individuate dalla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà. In particolare, individua le categorie di beni culturali, tra le quali sono ricomprese, in particolare, misure di protezione, misure di conservazione, nonché misure relative alla circolazione dei beni nel cui ambito rientrano anche quelle concernenti i beni inalienabili;

            la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005 (approvata, in un testo unificato, dal Senato e attualmente in corso di esame alla Camera per la ratifica da parte del Parlamento italiano), riconosce nei suoi obiettivi: che il diritto all'eredità culturale è inerente al diritto a partecipare alla vita culturale, così come definito nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo; la responsabilità individuale e collettiva nei confronti dell'eredità culturale; la conservazione dell'eredità culturale ed il suo uso sostenibile, che hanno come obiettivo lo sviluppo umano e la qualità della vita; l'impegno degli Stati membri a prendere le misure necessarie per applicarne le disposizioni riguardo: al ruolo dell'eredità culturale nella costruzione di una società pacifica e democratica, nei processi di sviluppo sostenibile e nella promozione della diversità culturale; a una maggiore sinergia di competenze fra tutti gli attori pubblici, istituzionali e privati coinvolti. Definisce inoltre l'eredità culturale quale «insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione. Essa comprende tutti gli aspetti dell'ambiente che sono il risultato del l'interazione nel corso del tempo fra le popolazioni e i luoghi»;

            premesso, inoltre, che:

            il decreto-legge 20 settembre 2015, n. 146 riconosce la tutela, la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale come attività rientranti tra i livelli essenziali delle prestazioni, in attuazione dell'articolo 9 della Costituzione;

            il decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 ha introdotto il cosiddetto "Art-bonus", al fine di premiare l'investimento dei cittadini e delle imprese nella cultura: riconosciuto sia alle persone fisiche che a quelle giuridiche, consiste in un credito d'imposta inizialmente pari al 50 per cento (poi incrementato al 65 per cento) delle erogazioni liberali in denaro destinate a interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici; al sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione; alla realizzazione di nuove strutture, al restauro e al potenziamento di quelle esistenti di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo; esteso dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 anche ai complessi strumentali, alle società concertistiche e corali, ai circhi e agli spettacoli viaggianti; può essere previsto per ulteriori settori del mondo della cultura, dello spettacolo dal vivo, del cinema e audiovisivo;

            il decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, la legge 14 novembre 2016, n. 220 e la legge 22 novembre 2017, n. 175 hanno nel loro complesso introdotto: disposizioni per la tutela, il restauro e la valorizzazione del patrimonio culturale italiano, un programma per la digitalizzazione del patrimonio culturale italiano e per l'attuazione del programma "500 giovani per la cultura", la regolare apertura al pubblico degli istituti e dei luoghi di cultura, il Forum mondiale Unesco sulla cultura e sulle industrie culturali e la valorizzazione dei siti italiani inseriti nella Lista Unesco, il riconoscimento del valore storico e culturale del carnevale; disposizioni per il rilancio del cinema, delle attività musicali e dello spettacolo dal vivo, in particolare, misure per la promozione della musica di giovani artisti e compositori emergenti, nonché degli eventi di spettacolo dal vivo di portata minore, misure per il settore cinematografico e audiovisivo, la trasparenza, la semplificazione e l'efficacia del sistema di contribuzione pubblica allo spettacolo dal vivo e al cinema, il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche e il rilancio del sistema nazionale musicale di eccellenza; disposizioni per assicurare risorse al sistema dei beni, delle attività culturali, in particolare, la diffusione di donazioni di modico valore in favore della cultura e il coinvolgimento dei privati;

            la legge 8 marzo 2017, n. 44, con lo scopo di sostenere il patrimonio culturale immateriale, ha adeguato la normativa italiana alla Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, estendendo anche agli elementi del patrimonio culturale immateriale il valore simbolico e la priorità di intervento già riconosciuti ai siti italiani inseriti nella lista Unesco, il quale si manifesta attraverso cinque ambiti dell'attività umana: tradizioni ed espressioni orali, incluso il linguaggio, intesi come veicolo del patrimonio culturale intangibile; arti dello spettacolo; pratiche sociali, riti e feste; conoscenza e pratiche concernenti la natura e l'universo; artigianato tradizionale;

            il Ministero per i beni culturali ha messo in atto, a partire dal 2014, molteplici piani di finanziamento finalizzati alla messa in sicurezza, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e destinato fondi consistenti agli aspetti relativi alla sicurezza del patrimonio;

                    considerato che:

            la tutela attiva non è riservata ai soli addetti, ma è fondata sulla condivisione, sul protagonismo dei cittadini, sul volontariato culturale, nel quadro di un'idea della cultura aperta alla società e non elitaria, in cui la tutela esiste non in funzione del bene, ma del beneficiario, che è la collettività contemporanea e futura; la convivenza di economia, cultura, qualità della vita devono condurre a una gestione virtuosa del volontariato, non un abuso, a scapito dei compiti e del riconoscimento delle figure professionali dei beni culturali;

            risultano quanto mai stringenti le necessità di investire sul patrimonio culturale, sul paesaggio e sul turismo culturale come asset economico e di sviluppo del Paese;

            la crisi innescata dal COVID-19 avrà ricadute differenti sui diversi soggetti ed è compito dello Stato contrastare la divaricazione delle opportunità tra grandi player e piccole imprese culturali, proteggendo e riconoscendo le imprese indipendenti e i lavoratori non garantiti, i lavoratori dello spettacolo dal vivo, in particolare i freelance intermittenti, che non hanno tutele sufficienti, in assenza del riconoscimento dello status delle professioni artistiche, di uno statuto del lavoro culturale e creativo in grado di disegnare un sistema di diritti e doveri al pari di altri lavoratori;

            valutato che:

            la valorizzazione e la fruizione del patrimonio culturale è un fondamento costituzionale e la fruizione deve essere resa accessibile a tutti, contrastando povertà culturale ed educativa, in particolare nella fase di crisi sociale ed economica dell'economia nazionale ed europea;

            tale fase può essere adoperata per una riflessione partecipata e un intervento normativo che dia vita a uno Statuto del lavoro culturale e creativo, costruendo un sistema di welfare specifico ed equo per questo settore, disegnando un sistema di diritti, tutele, garanzie tali da consentire di svolgere queste professioni nel pieno delle possibilità;

            i tagli consistenti sugli organici delle pubbliche amministrazioni non sono stati ancora recuperati e si registra la fuoriuscita di circa il 20 per cento del personale del Ministero a seguito dei pensionamenti per "Quota 100", causando ulteriori perdite di lavoratori almeno fino al 2021, che complessivamente determinano una carenza di organico di circa 5.000 unità,

                    impegna il Governo:

            1) a varare nel triennio 2020-2022 un efficace piano di assunzioni per compensare la vacanza organica del Ministero per i beni culturali;

            2) a porre in essere misure straordinarie di reclutamento di personale che consentano di assicurare in maniera continuativa e strutturale l'effettività della sicurezza, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale;

            3) a proseguire nell'attuazione dei piani di finanziamento volti alla messa in sicurezza, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale in corso e a implementarne di nuovi;

            4) ad avviare un processo di regolamentazione del volontariato nel settore dei beni culturali, garantendo il rispetto dei ruoli tra professionisti e volontari e la tutela degli organici lavorativi del settore, nonché della qualità dei servizi culturali offerti;

            5) a porre in essere azioni volte a definire livelli essenziali delle prestazioni e misure per la tutela e il riconoscimento della specificità professionale dei lavoratori dello spettacolo, a partire dai titolari di contratti intermittenti;

            6) a valorizzare le piccole e medie imprese della cultura, rafforzando le misure a sostegno delle produzioni indipendenti;

            7) a prevedere un percorso per l'istituzione di distretti culturali, con il fine di valorizzare i territori da un punto di vista storico, culturale, paesaggistico e naturale e costituire un sistema definito di relazioni per la valorizzazione di tutte le risorse culturali, materiali o immateriali;

            8) a promuovere iniziative per il recupero del patrimonio edilizio per scopi artistico-culturali, volte in particolare allo sviluppo delle attività culturali e artistiche e al recupero del patrimonio immobiliare presente nei territori comunali in disuso, alla riqualificazione e alla destinazione del patrimonio edilizio con finalità di riutilizzo per scopi artistico-culturali e di rivitalizzazione delle città, promuovendo l'attrattività, la fruibilità e la qualità ambientale ed architettonica;

            9) a valorizzare le significative risorse europee stanziate in campo di arti performative e di valorizzazione culturale ai fini dello sviluppo civile, culturale ed economico del Paese incrociandole con il sostegno, il recupero, la fruizione del diffuso patrimonio culturale.

(1-00266) (21 luglio 2020)

Borgonzoni, Pittoni, Saponara, Alessandrini, Barbaro, Montani, Casolati, Bagnai, Borghesi, Rufa, Corti, Briziarelli, Pepe, Augussori, Vescovi, Pillon, Zuliani, Vallardi, Pergreffi, Bruzzone, Pucciarelli, Campari, Sbrana, Nisini, Candiani, Bergesio, Lunesu, De Vecchis, Iwobi, Fregolent, Tosato, Emanuele Pellegrini, Cantù, Marin, Riccardi, Stefani, Ripamonti, Pianasso, Urraro, Saviane, Lucidi, Pazzaglini, Arrigoni, Rivolta, Simone Bossi. -

Approvata

            Il Senato,

                    premesso che:

            l'Italia con il suo patrimonio storico-artistico è, secondo la Convenzione UNESCO, la nazione che, su un totale di 1.121 siti (869 siti culturali, 213 naturali e 39 misti) presenti in 167 Paesi del mondo, ha sul suo territorio 55 siti, insieme con la Cina, ossia il maggior numero di beni culturali inclusi nella lista del patrimonio dell'umanità;

            la presenza sul territorio nazionale di monumenti architettonici, aree archeologiche, patrimonio librario archivistico e tutela del paesaggio richiede di assicurare la protezione attraverso politiche specifiche, servizi di protezione, conservazione, ricerca scientifica e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale, formazione nel campo della protezione, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale;

            la tutela, valorizzazione e la fruibilità dei siti culturali, secondo i recenti processi di riforma del Ministero dei beni culturali e della conseguente adeguamento della legislazione nazionale, regionale, nell'ambito delle rispettive competenze, hanno prodotto vantaggi economici reali nei tempi precedenti l'epidemia COVID-19, un valore pari al 13 per cento di PIL nazionale nel 2019, grazie al miglioramento dell'offerta turistica che oggi versa in crisi per l'epidemia che sta interessando il mondo;

            dal 2015 sono state avviate forme di cooperazione per la ricerca applicata di tecnologie avanzate satellitari, oltre a droni e sensori terrestri, nel settore della tutela dei beni culturali tra Ministero per i beni culturali, enti di ricerca e industria, quali il progetto Smart Pompei CNR - Leonardo SpA e il programma di monitoraggio per la manutenzione programmata del Parco archeologico del Colosseo nel 2018;

            l'Istituto Centrale del Restauro, grazie ai programmi di ricerca sperimentale con tecnologie avanzate svolte nell'ultimo decennio sui siti culturali italiani, sta implementando i dati della Carta del Rischio, accrescendo così la conoscenza e la competenza del Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo nella manutenzione programmata del patrimonio storico nazionale e conferendo al personale del Ministero, insieme alla "Unit for Heritage" del Comando Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri, una expertise che viene richiesta da diversi Stati per la tutela dei rispettivi patrimoni in caso di calamità naturali e conflitti;

            l'Unione europea ha comunicato agli Stati le conclusioni del lavoro della task force Beni Culturali (con un coordinamento affidato all'Italia e svolto dal Segretario generale del Ministero) contenute nel "Report on the user requirements in the Copernicus domain to supprt Cultural Heritage management, conservation and protection", che ha elaborato proposte per individuare l'utilizzo dei prodotti del sistema satellitare del progetto Cosmo Sky Med-Copernicus da parte di soggetti nazionali per la preservazione, il monitoraggio e la gestione del patrimonio culturale europeo, sui beni come identificati dalla Commissione europea nell'anno europeo della cultura 2018;

            la Commissione europea ha informato gli Stati membri che le infrastrutture spaziali dell'UE sono strumenti utili anche per fronteggiare e monitorare la crisi pandemica COVID-19, con servizi sviluppati nell'ambito dei programmi "Copernicus" e "Galileo" che possono essere impiegati dalle Istituzioni europee, nazionali ed imprese private per sviluppare applicazioni funzionali al monitoraggio della crisi sanitaria in corso e soprattutto per organizzare il riavvio delle attività di fruizione dei luoghi della cultura, secondo modalità necessarie per evitare il diffondersi del contagio, secondo le linee guida e procedure definite dalle autorità competenti;

                    considerato che:

            la Repubblica italiana, ai sensi dell'articolo 9 della Costituzione, ha il dovere, di promuovere "lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica" e tutelare "il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione";

            la valorizzazione dei beni culturali, nell'ambito delle specifiche competenze legislative attribuite dall'articolo 117 della Costituzione allo Stato e alle Regioni e secondo il Codice dei beni culturali non può prescindere dalla loro tutela, che viene esercitato non solo con la dichiarazione di interesse culturale e paesaggistico, ma soprattutto con azioni di conservazione, protezione e restauro;

            la tutela penale dei beni culturali, principalmente dettata dalle norme contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio e nel Codice penale, va migliorata, in modo organico ed omogeneo, per meglio proteggere il patrimonio italiano e quello internazionale da atti di vandalismo generalista o ideologico;

            il Consiglio d'Europa ha adottato, nel 2017, una convenzione volta a prevenire e combattere il traffico illecito e la distruzione di beni culturali, nel quadro dell'azione dell'Organizzazione per la lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata (cosiddetta Convenzione di Nicosia, del 19 maggio 2017). L'Italia ha firmato la convenzione, insieme ad altri otto Stati membri del Consiglio d'Europa, ma il documento non è ancora entrato in vigore, in quanto è stato ratificato da un solo Stato (Cipro). La convenzione prevede che costituiscano reato diverse condotte contro i beni culturali, tra cui il furto, gli scavi illegali, l'importazione e l'esportazione illegali, nonché l'acquisizione e la commercializzazione dei beni così ottenuti. Riconosce, inoltre, come reato la falsificazione di documenti e la distruzione o il danneggiamento intenzionale dei beni culturali;

            risulta necessario reprimere efficacemente i comportamenti volti a distruggere, deteriorare o imbrattare beni culturali o paesaggistici, così come altre condotte criminose, che hanno ad oggetto gli stessi beni, attraverso un sistema sanzionatorio che preveda sia pene detentive che pecuniarie di entità tale da avere efficacia dissuasiva;

            appare altresì necessario ricondurre molte fattispecie di reato, disseminate attualmente nel Codice dei beni culturali, nell'alveo del Codice penale, dando così organicità al sistema sanzionatorio dei reati contro il patrimonio culturale e paesaggistico;

            la politica di investimenti in attrattori culturali, quale volano per il turismo internazionale, attualmente messa in crisi dalla pandemia da COVID-19, va sostenuta con ulteriori risorse economiche per potenziare una delle più importanti risorse strategiche per il rilancio del nostro Paese;

            lo sviluppo di tecnologie avanzate per la sicurezza e salvaguardia del patrimonio culturale italiano, in collaborazione con la ricerca applicata degli enti scientifici ed accademici e dell'industria, consentirebbe un vantaggio competitivo per il nostro Paese anche in campo internazionale,

                    impegna il Governo:

            1) ad individuare ulteriori risorse per finanziare un piano straordinario di interventi finalizzati alla manutenzione programmata per la messa in sicurezza, la tutela, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale, storico, artistico e museale su tutto il territorio italiano e per favorirne una fruizione COVID-free;

            2) a predisporre un Piano strategico nazionale di valorizzazione del patrimonio UNESCO italiano con un nuovo modello di governance e di sviluppo ecosostenibile, tale da coinvolgere industrie culturali e turistiche quali attori partecipi per la ripresa economica, avvalendosi di tutti gli strumenti e i supporti possibili, come ad esempio l'ICOMOS (organizzazione internazionale non governativa che ha principalmente lo scopo di promuovere la teoria, la metodologia e le tecnologie applicate alla conservazione, alla protezione e alla valorizzazione dei monumenti e dei siti di interesse culturale);

            3) a ratificare, in tempi brevi, la Convenzione di Nicosia del 2017, volta a prevenire e combattere il traffico illecito e la distruzione di beni culturali;

            4) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate a garantire un'adeguata ed efficace difesa del patrimonio culturale e paesaggistico, attraverso una riforma organica della disciplina sanzionatoria in materia, ricondotta all'interno del Codice penale;

            5) ad implementare la cooperazione scientifica per la sperimentazione di avanzate tecnologie aerospaziali e sensoristiche, nell'ambito delle politiche di "Space Economy", in collaborazione con Agenzia Spaziale Italiana, Agenzia Spaziale Europea, Enti di ricerca applicata delle Università e delle industrie di settore, per lo sviluppo di una piattaforma "AWARE" unica e modulare per l'intero territorio nazionale, anche con il coinvolgimento in processi formativi del personale del Ministero per i beni culturali, oltre a prevedere un reclutamento di nuove figure professionali specializzate, anche attraverso specifiche risorse economiche da assegnare al Ministero.

(1-00269) (21 luglio 2020)

Bernini, Malan, Cangini, Alderisi, Moles, Giro, Aimi, Galliani, Gallone, Giammanco, Mallegni, Mangialavori, Rizzotti, Ronzulli, Pichetto Fratin, Vitali. -

V. testo 2

            Il Senato,

                    premesso che:

            l'Italia è il Paese che detiene il maggior numero di beni artistici e culturali del mondo, nonché il maggior numero di siti inseriti nella lista del "Patrimonio mondiale dell'umanità" dell'UNESCO;

            dopo la Grecia, l'Italia è il Paese europeo che, in rapporto al PIL, utilizza minori risorse finanziarie per la valorizzazione della cultura;

            investire nella tutela e nella promozione del patrimonio artistico, culturale e creativo nazionale non è solo un modo per valorizzare un settore industriale, naturale volano del turismo, ma è anche un modo per rafforzare il senso di appartenenza dei cittadini allo Stato e l'identità della Nazione intesa come comunità di storia e di destino;

            il combinato disposto del "politicamente corretto" affermatosi dai primi anni '90 del secolo scorso e della retorica che da poco meno di un decennio è sostenuta da alcuni movimenti civili del mondo anglosassone sta portando alla cancellazione su base ideologica di ogni traccia del passato;

            secondo l'UNESCO la rimozione del passato mette a repentaglio il patrimonio culturale, materiale ed immateriale dei popoli;

            la riscrittura su base pacifista dell'Inno nazionale avvenuta in occasione dell'inaugurazione dell'Expo 2015, la manipolazione in chiave "anti-femminicidio" della "Carmen" di Bizet al "Maggio Fiorentino", le polemiche sull'"islamofobia" di Dante Alighieri, le periodiche richieste di rimozione di opere monumentali realizzate dal Regime Fascista, fino alla recente deturpazione della statua di Indro Montanelli a Milano, segnalano che il fenomeno si facendo largo anche in Italia. Un approccio che non può definirsi "culturale", ma manipolativo e mistificatorio dell'esistente;

            l'applicazione al passato dei principi etici del presente, la cancellazione della Storia e la rimozione dei suoi simboli sono fenomeni tipici dei sistemi non democratici e fondamentalisti. Si sono visti in azione nelle dittature del '900, così come nell'Afghanistan dei Talebani. Nei sistemi compiutamente liberali e democratici, la storia, viene "dinsincantata" e "rivista", non viene cancellata, né edulcorata,

                    impegna il Governo:

            1) a reperire, nell'arco del proprio mandato, le risorse necessarie ad allineare la spesa pubblica destinata alla "cultura" alla media europea in rapporto al PIL degli Stati membri;

            2) a recepire nell'ordinamento nazionale i principi stabiliti dalla Convenzione dell'Aia per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, con particolare attenzione all'articolo 639 del Codice penale in materia di deturpamento e imbrattamento di cose altrui;

            3) a promuovere, con il sostegno della Commissione Nazionale UNESCO e dell'Ufficio Regionale UNESCO per la Scienza e la Cultura in Europa con sede a Venezia, la convocazione di un'assise sui beni culturali materiali ed immateriali denominata "Stati generali della Cultura e dell'Identità nazionale", come occasione di riflessione sul rapporto tra passato, presente e futuro.

(1-00269) (testo 2) (22 luglio 2020)

Bernini, Malan, Cangini, Alderisi, Moles, Giro, Aimi, Galliani, Gallone, Giammanco, Mallegni, Mangialavori, Rizzotti, Ronzulli, Pichetto Fratin, Vitali. -

Approvata

            Il Senato,

                    premesso che:

            l'Italia è un Paese che detiene un numero consistente di beni artistici e culturali e di siti inseriti nella lista del "Patrimonio mondiale dell'umanità" dell'UNESCO;

            investire nella tutela e nella promozione del patrimonio artistico, culturale e creativo nazionale non è solo un modo per valorizzare un settore industriale, naturale volano del turismo, ma è anche un modo per rafforzare il senso di appartenenza dei cittadini allo Stato e l'identità della Nazione intesa come comunità di storia e di destino;

            il combinato disposto del "politicamente corretto" affermatosi dai primi anni '90 del secolo scorso e della retorica che da poco meno di un decennio è sostenuta da alcuni movimenti civili del mondo anglosassone sta portando alla cancellazione su base ideologica di ogni traccia del passato;

            secondo l'UNESCO la rimozione del passato mette a repentaglio il patrimonio culturale, materiale ed immateriale dei popoli;

            la riscrittura su base pacifista dell'Inno nazionale avvenuta in occasione dell'inaugurazione dell'Expo 2015, le polemiche sull'"islamofobia" di Dante Alighieri, le periodiche richieste di rimozione di opere monumentali realizzate dal regime fascista, fino alla recente deturpazione della statua di Indro Montanelli a Milano, segnalano che il fenomeno si sta facendo largo anche in Italia. Un approccio che non può definirsi "culturale", ma manipolativo e mistificatorio dell'esistente;

            l'applicazione al passato dei principi etici del presente, la cancellazione della Storia e la rimozione dei suoi simboli sono fenomeni tipici dei sistemi non democratici e fondamentalisti. Si sono visti in azione nelle dittature del '900, così come nell'Afghanistan dei Talebani. Nei sistemi compiutamente liberali e democratici, la storia, viene "dinsincantata" e "rivista", non viene cancellata, né edulcorata,

                    impegna il Governo:

            1) a reperire, nell'arco del proprio mandato, le risorse necessarie ad allineare la spesa pubblica destinata alla "cultura" alla media europea in rapporto al PIL degli Stati membri;

            2) a recepire nell'ordinamento nazionale i principi stabiliti dalla Convenzione dell'Aia per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, con particolare attenzione all'articolo 639 del Codice penale in materia di deturpamento e imbrattamento di cose altrui;

            3) a promuovere, con il sostegno della Commissione Nazionale UNESCO e dell'Ufficio Regionale UNESCO per la Scienza e la Cultura in Europa con sede a Venezia, la convocazione di un'assise sui beni culturali materiali ed immateriali denominata "Stati generali della Cultura e dell'Identità nazionale", come occasione di riflessione sul rapporto tra passato, presente e futuro .

Allegato B

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Alderisi, Barachini, Bossi Umberto, Cario, Castaldi, Cattaneo, Causin, Cerno, Crimi, Crucioli, De Poli, Di Piazza, Galliani, La Mura, Malpezzi, Margiotta, Merlo, Misiani, Monti, Napolitano, Nocerino, Papatheu, Presutto, Rampi, Rojc, Ronzulli, Sbrollini, Segre, Sileri, Stabile, Turco e Vono.

Gruppi parlamentari, variazioni nella composizione

I senatori Berutti, Quagliariello e Romani hanno comunicato di cessare di far parte del Gruppo parlamentare Forza Italia Berlusconi Presidente - UDC e di aderire al Gruppo Misto.

Commissioni permanenti, variazioni nella composizione

Il Presidente del Gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ha comunicato le seguenti variazioni nella composizione delle Commissioni permanenti:

2a Commissione permanente: entra a farne parte il senatore Crimi, sostituito in quanto membro del Governo dalla senatrice Gaudiano, cessa di farne parte il senatore Crucioli;

9a Commissione permanente: entra a farne parte il senatore Mantero, cessa di farne parte il senatore Crimi, sostituito in quanto membro del Governo dalla senatrice La Mura;

13a Commissione permanente: entra a farne parte il senatore Crucioli, cessa di farne parte il senatore Mantero.

La Presidente del Gruppo Misto ha comunicato le seguenti variazioni nella composizione delle Commissioni permanenti:

4a Commissione permanente: entra a farne parte il senatore Romani;

7a Commissione permanente: entra a farne parte il senatore Quagliariello;

14a Commissione permanente: entra a farne parte il senatore Berutti.

Conseguentemente, il senatore Quagliariello cessa di far parte della 1a Commissione permanente; il senatore Romani cessa di far parte della 3a Commissione permanente; il senatore Berutti cessa di far parte della 13a Commissione permanente.

Disegni di legge, annunzio di presentazione

Senatori Siri Armando, Bagnai Alberto, Montani Enrico, Saviane Paolo, Riccardi Alessandra, Alessandrini Valeria, Bergesio Giorgio Maria, Candiani Stefano, Candura Massimo, Cantu' Maria Cristina, Faggi Antonella, Fregolent Sonia, Grassi Ugo, Iwobi Tony Chike, Ostellari Andrea, Pianasso Cesare, Pillon Simone, Pucciarelli Stefania, Rivolta Erica, Romeo Massimiliano, Rufa Gianfranco, Saponara Maria, Sbrana Rosellina, Vallardi Gianpaolo, Vescovi Manuel, Zuliani Cristiano

Istituzione del "Conto Unico della Pubblica Amministrazione" per la compensazione dei debiti e crediti verso le Pubbliche Amministrazioni (1889)

(presentato in data 22/07/2020);

senatrice Granato Bianca Laura

Disposizioni in materia di obblighi di pubblicazione riguardanti le scuole paritarie (1890)

(presentato in data 22/07/2020);

senatori Biti Caterina, Collina Stefano, Boldrini Paola, Stefano Dario, Alfieri Alessandro, Astorre Bruno, D'Alfonso Luciano, D'Arienzo Vincenzo, Fedeli Valeria, Ferrazzi Andrea, Giacobbe Francesco, Iori Vanna, Laus Mauro Antonio Donato, Manca Daniele, Messina Assuntela, Parrini Dario, Pittella Gianni, Rojc Tatjana, Rossomando Anna, Taricco Mino, Valente Valeria

Disposizioni per la valorizzazione e il rafforzamento del sistema di prevenzione, programmazione e controllo nella sanità pubblica veterinaria, con particolare riferimento alla sicurezza alimentare (1891)

(presentato in data 22/07/2020).

Governo, trasmissione di atti e documenti dell'Unione europea di particolare rilevanza ai sensi dell'articolo 6, comma 1, della legge n. 234 del 2012. Deferimento

Ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, sono deferiti alle sottoindicate Commissioni permanenti i seguenti documenti dell'Unione europea, trasmessi dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in base all'articolo 6, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234:

Proposta di decisione del Consiglio recante modifica della decisione 2003/76/CE che stabilisce le disposizioni necessarie all'attuazione del protocollo, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea, relativo alle conseguenze finanziarie della scadenza del trattato CECA e al fondo di ricerca carbone e acciaio (COM(2020) 319 definitivo), alla 5a, alla 6a, alla 7a alla 8a, alla 10a, alla 13a e alla 14a Commissione permanente;

Proposta di decisione del Consiglio che modifica la decisione 2008/376/CE relativa all'adozione del programma di ricerca del Fondo di ricerca carbone e acciaio e agli orientamenti tecnici pluriennali per tale programma (COM(2020) 320 definitivo), alla 5a, alla 6a, alla 7a alla 8a, alla 10a, alla 13a e alla 14a Commissione permanente;

Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Attività dell'Unione europea in materia di ricerca e sviluppo tecnologico e monitoraggio di "Orizzonte 2020" nel 2019 (COM(2020) 316 definitivo), alla 1a, alla 2a, alla 3a, alla 5a, alla 6a, alla 7a, alla 8a, alla 10a, alla 13a e alla 14a Commissione permanente;

Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul rispetto da parte dell'Autorità bancaria europea dei requisiti relativi all'ubicazione della sua sede (COM(2020) 317 definitivo), alla 3a, alla 5a, alla 6a e alla 14a Commissione permanente;

Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio relativa agli "impegni sulla fiducia nelle statistiche" degli Stati membri, in conformità al regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2009 (COM(2020) 278 definitivo), alla 1a, alla 7a e alla 14a Commissione permanente.

Parlamento europeo, trasmissione di documenti. Deferimento

Il Vice Segretario generale del Parlamento europeo, con lettera in data 14 luglio 2020, ha inviato il testo di 26 risoluzioni ed una raccomandazione, approvate dal Parlamento stesso nel corso della tornata dal 17 al 19 giugno 2020, deferite, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alle sotto indicate Commissioni competenti per materia:

risoluzione sulla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088, alla 5a, alla 12a, alla 13a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 651);

risoluzione sulla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 862/2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale, alla 1a, alla 2a, alla 3a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 652);

risoluzione definita in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 575/2013 e (UE) 2019/876 per quanto riguarda alcuni adeguamenti in risposta alla pandemia di COVID-19, alla 1a, alla 3a, alla 5a, alla 6a, alla 10a, alla 11a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 653);

risoluzione sulla proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2011/16/UE per affrontare l'urgente necessità di rinviare determinati termini per la comunicazione e lo scambio di informazioni nel settore fiscale a causa della pandemia di Covid-19, alla 5a, alla 6a, alla 12a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 654);

risoluzione definita in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1305/2013 per quanto riguarda una misura specifica volta a fornire un sostegno temporaneo eccezionale nell'ambito del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) in risposta all'epidemia di Covid-19,alla 5a, alla 9a, alla 10a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 655);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione del protocollo di attuazione dell'accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e la Repubblica del Capo Verde, alla 3a, alla 9a, alla 10a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 656);

risoluzione non legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione del protocollo di attuazione dell'accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e la Repubblica del Capo Verde, alla 1a, alla 3a, alla 5a, alla 8a, alla 9a, alla 10a, alla 11a alla 13a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 657);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione del protocollo di attuazione dell'accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e la Repubblica di Guinea-Bissau, alla 3a, alla 9a, alla 10a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 658);

risoluzione non legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione del protocollo di attuazione dell'accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e la Repubblica di Guinea-Bissau, alla 1a, alla 3a, alla 5a, alla 8a, alla 9a, alla 10a, alla 11a, alla 13a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 659);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione del protocollo di attuazione dell'accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Repubblica democratica di Sao Tomé e Principe e la Comunità europea, alla 3a, alla 9a, alla 10a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 660);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo in forma di scambio di lettere tra l'Unione europea e la Confederazione svizzera nel quadro nei negoziati ai sensi dell'articolo XXVIII del GATT 1994 sulla modifica delle concessioni della Svizzera all'OMC per quanto riguarda le carni insaporite, alla 3a, alla 9a, alla 10a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 661);

risoluzione sui fondi supplementari per la ricerca biomedica sull'encefalomielite mialgica, alla 3a, alla 7a, alla 11a, alla 12a, e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 662);

risoluzione sulla posizione del Consiglio sul progetto di bilancio rettificativo n. 3/2020 dell'Unione europea per l'esercizio 2020 che iscrive l'eccedenza dell'esercizio 2019, alla 2a, alla 5a, alla 6a, alla 10a, alla 12a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 663);

risoluzione sulla posizione del Consiglio sul progetto di bilancio rettificativo n. 4/2020 dell'Unione europea per l'esercizio 2020 che accompagna la proposta di mobilitazione del Fondo di solidarietà dell'Unione europea per fornire assistenza al portogallo, alla Spagna, all'Italia e all'Austria, alla 5a, alla 6a, alla 10a, alla 13a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 664);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio concernente la conclusione, a nome dell'Unione, dell'accordo sullo spazio aereo comune tra l'Unione europea e i suoi Stati membri e la Repubblica di Moldova, alla 3a, alla 7a, alla 8a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 665);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione e dei suoi Stati membri, del protocollo che modifica l'accordo sullo spazio aereo comune tra l'Unione europea e i suoi Stati membri e la Repubblica di Moldova per tenere conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea, alla 3a, alla 7a, alla 8a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 666);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un protocollo che modifica l'accordo euromediterraneo nel settore del trasporto aereo fra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e il Regno del Marocco, dall'altro lato, per tenere conto dell'adesione all'Unione europea della Repubblica di Bulgaria e della Romania, alla 3a, alla 7a, alla 8a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 667);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione, dell'accordo euromediterraneo nel settore del trasporto aereo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, e il Regno hascemita di Giordania, dall'altro, alla 3a, alla 7a, alla 8a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 668);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo sulla sicurezza dell'aviazione civile tra l'Unione europea e il governo della Repubblica popolare cinese, alla 3a, alla 7a, alla 8a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 669);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione a nome dell'Unione dell'accordo sullo spazio aereo comune tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Georgia, dall'altro, alla 3a, alla 7a, alla 8a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 670);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio concernente la conclusione, a nome dell'Unione, dell'accordo euromediterraneo nel settore del trasporto aereo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, e lo Stato di Israele, dall'altro, alla 3a, alla 7a, alla 8a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 671);

raccomandazione per i negoziati su un nuovo partenariato con il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, a tutte le Commissioni permanenti (Doc. XII, n. 672);

risoluzione sulla strategia europea della disabilità post-2020, a tutte le Commissioni permanenti e alla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani (Doc. XII, n. 673);

risoluzione sulla politica di concorrenza - relazione annuale 2019, a tutte le Commissioni permanenti (Doc. XII, n. 674);

risoluzione sull'Unione bancaria - relazione annuale 2019, alla 1a, alla 2a, alla 3a, alla 5a, alla 6a, alla 10a, alla 13a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 675);

risoluzione sulle proteste contro il razzismo a seguito della morte di George Floyd, alla 1a, alla 2a, alla 3a, alla 14a Commissione permanente e alla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani (Doc. XII, n. 676);

risoluzione sulla situazione nello spazio Schengen in seguito alla pandemia di Covid-19, alla 1a, alla 3a, alla 8a, alla 11a, alla 12a e alla 14a Commissione permanente (Doc. XII, n. 677).

Interrogazioni

GARAVINI - Al Ministro della difesa. - Premesso che:

con la sentenza n. 120 del 2018, i giudici della Corte costituzionale hanno riconosciuto ai militari il diritto di costituire associazioni professionali a carattere sindacale, rinviando al legislatore il compito di definire le nuove tutele rappresentative di carattere sindacale, seguendo le indicazioni della stessa Corte costituzionale e nel rispetto delle caratteristiche specifiche della condizione militare;

in attesa dell'intervento legislativo, seguendo le indicazioni della stessa Corte, il Ministero della difesa, con circolare del 21 settembre 2018, ha provveduto ad integrare le disposizioni interne in materia di associazionismo tra militari, indicando specifiche condizioni per consentire l'avvio delle procedure di costituzione delle associazioni professionali a carattere sindacale;

considerato che appare opportuno consentire già da ora alle nuove associazioni di fruire di talune agevolazioni garantite, invece, ai sindacati delle forze di polizia ad ordinamento civile e già oggi accessibili all'Arma dei Carabinieri, con riferimento alla possibilità di riscuotere le quote associative degli iscritti, ricorrendo alla "delega a favore della propria organizzazione sindacale", che permetterebbe l'utilizzo del sistema NoiPA per il pagamento e la riscossione delle quote associative,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno emanare una direttiva che, nelle more di un progressivo adeguamento della disciplina della rappresentanza sindacale militare alla sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2018, consenta alle associazioni militari a carattere sindacale l'utilizzo dei sistemi di NoiPA, senza oneri finanziari a carico delle medesime per il pagamento e la riscossione delle quote associative.

(3-01809)

RAMPI - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. - Premesso che il 18 ottobre 2020 scadrà l'embargo ONU sulla vendita di armi all'Iran, previsto dalla risoluzione 2231 del 2015;

considerato che:

molti osservatori internazionali ritengono che quell'embargo vada rinnovato, al fine di evitare che sia libero vendere armamenti a Teheran e che armi e dotazioni missilistiche possano essere usate per rifornire di assistenza militare i proxies iraniani nel mondo, destabilizzando ulteriormente l'intera regione mediorientale;

nel recente rapporto del segretario generale dell'ONU Guterres, in merito al rispetto della risoluzione 2231 del 2015, che ha recepito l'accordo di Vienna sul nucleare (JCPOA), si evidenzia che i missili che nel 2019 hanno colpito le raffinerie saudite sono partiti da territorio iraniano. Inoltre, si evidenzia come il regime iraniano invii armamenti illegali agli Houthi in Yemen;

il 5 dicembre 2019, gli ambasciatori all'ONU di Francia, Germania e Regno Unito hanno mandato una lettera al segretario ONU Guterres, in cui hanno accusato l'Iran di sviluppare missili balistici a capacità nucleare, vietati dalla citata risoluzione 2231 del 2015, allegato B;

tenuto conto che:

il 22 maggio 2020, il leader supremo iraniano ha invocato la soluzione finale per la questione israelo-palestinese e sostenuto che fosse necessario armare la Cisgiordania;

permettere all'Iran di ottenere liberamente armi, quindi, significa direttamente mettere a repentaglio la sicurezza di Israele, ma anche quella della vicina Giordania;

evitare che siano liberamente vendute armi a Teheran è un interesse internazionale, anche di coloro che sono a favore del mantenimento dell'accordo di Vienna, altrimenti noto come JCPOA,

si chiede di sapere quali siano le valutazioni del Ministro in indirizzo sulla necessità di rinnovo di questo embargo sulla vendita delle armi, che risulta oggi fondamentale e non può essere condizionato dalla presenza o meno degli Stati Uniti nell'accordo su nucleare iraniano JCPOA.

(3-01810)

BERNINI, MALAN, SACCONE, MALLEGNI, DE SIANO, BARACHINI, BARBONI - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:

la crisi economica sta permeando fortemente i mercati, causando enorme incertezza; le informazioni critiche sulle caratteristiche del COVID-19 e i suoi impatti sull'attività economica italiana e globale sono difficili da valutare e possono cambiare rapidamente;

nel Consiglio dei ministri svoltosi tra il 14 e il 15 luglio 2020, il Ministro in indirizzo ha svolto un'informativa sullo stato di definizione della procedura di grave inadempimento nei confronti di Autostrade per l'Italia SpA (ASpI), nella quale sono state esposte le possibili alternative sulla definizione della vicenda;

il Governo, superata l'idea della revoca della concessione, ha accolto l'offerta di un pacchetto di risarcimento di 3,4 miliardi di euro per il crollo del "ponte Morandi" e la possibilità per Cassa depositi e prestiti (CDP) di diventare azionista di riferimento attraverso un aumento di capitale compreso tra 3 e 4 miliardi di euro; l'accordo prevede, inoltre, la riscrittura della concessione;

l'esito che si ipotizza per la soluzione della gestione di Autostrade, e cioè l'ingresso di CDP nel capitale sociale di ASpI, con una quota di maggioranza, eventualmente con la partecipazione di altri investitori "di gradimento di CDP", è, a parere degli interroganti, una scelta profondamente sbagliata, antistorica e antieconomica, che determinerebbe di fatto una vera e propria nazionalizzazione della società e una riduzione degli spazi di concorrenza in un settore importante del nostro Paese;

l'ingiustificabile ritardo con cui si è gestita tale situazione e le dichiarazioni, spesso a mercati aperti, di esponenti del Governo e dei partiti che lo sostengono, causando direttamente ampie oscillazioni del titolo Atlantia, in particolare il rialzo del 25 per cento il 15 luglio, configurano un rischio di turbativa di mercato e sono state estremamente inopportune facendo scendere la credibilità dell'Italia nel mondo finanziario;

lo stesso commissario della Consob Carmine Di Noia, nel corso di un'audizione svoltasi il 16 luglio nella XIV Commissione permanente (Politiche dell'UE) della Camera, ha comunicato che la Consob "è attenta e monitora con particolare attenzione i picchi" del titolo di Atlantia in borsa;

è necessario che i 3.020 chilometri di autostrade in concessione ad ASpI, il 44 per cento di tutte le autostrade d'Italia, oltre la metà di quelle in concessione, siano affidati a soggetti con reali e comprovate capacità gestionali e affidabili nella loro corretta manutenzione e innovazione, per evitare, da un lato, che quella che è stata fino al 2017 una delle più redditizie società italiane diventi un peso per il Paese, tenendo presente che ha registrato una perdita d'esercizio di 618 milioni di euro nel 2018 e di 291 nel 2019, mentre il 2020 si annuncia ulteriormente problematico per il grande calo di traffico dovuto alla pandemia da COVID-19, e, dall'altro, superare il modello operativo basato sulla massimizzazione dei profitti a scapito della manutenzione e della sicurezza;

più che cercare operazioni dirigiste, l'azione del Governo si dovrebbe concentrare su una soluzione concorrenziale attraverso una gara pubblica che trovi sul mercato i soggetti idonei a gestire un'importante rete autostradale come la quella italiana;

la concessione ad ASpI venne data a suo tempo senza una procedura competitiva attraverso un'operazione finanziaria che nulla ha a che fare con la concorrenza ed il libero mercato;

riesumare logiche stataliste, con la conseguenza di favorire un'importante ingerenza della politica nella gestione aziendale, rischia di comportare ulteriormente una situazione sicuramente grave come quella attuale;

le ingenti risorse dello Stato (quindi dei contribuenti) destinate alla risoluzione della questione aziendale potrebbero essere indirizzate a sostegno delle piccole, medie e grandi imprese che hanno bisogno di liquidità e di fare investimenti per stare al passo con la concorrenza internazionale,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno procedere verso una gara pubblica che possa trovare sul mercato i soggetti idonei a gestire alcune tra le tratte più importanti della rete autostradale italiana;

se non ritenga opportuno che le risorse ipotizzate per l'ingresso di Cassa depositi e prestiti nel capitale di maggioranza di ASpI siano indirizzate prioritariamente per incentivare investimenti di carattere infrastrutturale.

(3-01811)

COLLINA, MARCUCCI, BOLDRINI, BINI, FERRARI - Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. - Premesso che:

dopo la fase di sperimentazione in alcune regioni, l'app "Immuni" è attiva da ormai più di un mese su tutto il territorio nazionale;

l'applicazione di contact tracing, già scaricabile dal 1° giugno 2020, ha il compito di tracciare gli eventuali contatti degli utenti con persone positive al nuovo coronavirus;

considerato che:

Immuni permette agli utenti di telefoni cellulari che hanno attivato l'applicazione di ricevere notifica di eventuali esposizioni al coronavirus. Nell'intero sistema dell'app non sono presenti né sono registrati nominativi e altri elementi che possano ricondurre all'identità della persona positiva o di chi abbia avuto contatti con lei, bensì codici alfanumerici;

l'impiego dell'applicazione, volontario e operante nel pieno rispetto della privacy di coloro che la scaricano, ha lo scopo di aumentare la sicurezza nella fase di ripresa delle attività e di evoluzione della epidemia in Italia;

gli utenti di cellulari che decidono di scaricare l'applicazione contribuiscono a tutelare sé stessi e le persone che incontrano: se sono entrati in contatto con soggetti successivamente risultati positivi al tampone, vengono avvisati con una notifica dell'app. Ciò dovrebbe consentire loro di rivolgersi tempestivamente al medico di medicina generale per ricevere le indicazioni sui passi da compiere;

rilevato che:

come risulta da dati diffusi qualche giorno fa sugli organi di stampa, coloro che dichiarano di aver già scaricato l'applicazione sono finora circa 4 milioni di persone;

la campagna di comunicazione è in corso, ma il numero di italiani che hanno scaricato l'applicazione sembra ancora lontano dalle soglie ipotizzate per un efficace funzionamento dell'intero sistema di tracciamento,

si chiede di sapere:

quale sia il numero ad oggi di coloro che hanno scaricato l'app Immuni e quale sia il numero di soggetti contagiati scoperti finora grazie all'utilizzo dell'applicazione;

quali siano le soglie che il Governo si propone di raggiungere nei prossimi mesi per rendere l'applicazione pienamente efficace nella lotta alla diffusione nel territorio nazionale dell'epidemia da COVID-19;

quali siano le valutazioni del Governo sull'attuale efficacia dell'applicazione e quali altre strategie di tracciamento ritenga necessario potenziare, soprattutto in vista della ripresa nel prossimo autunno delle attività scolastiche, come di molte altre attività.

(3-01812)

FARAONE, VONO - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:

tra le conseguenze negative derivanti dalla drammatica pandemia da COVID-19 emerge in maniera preponderante la drastica riduzione dei consumi e la minor propensione degli italiani ad andare in vacanza;

in particolare, non si possono non menzionare alcuni fattori che hanno contribuito fortemente a disincentivare gli spostamenti, soprattutto per quanto concerne i viaggi all'estero: i danni economici subiti durante gli scorsi mesi, uniti alle restrizioni adottate dall'Unione europea e dai Paesi membri, in special modo per gli spostamenti intercontinentali, nonché il permanente timore di contrarre il virus e le perduranti regole di distanziamento sociale sono gli aspetti principali che costringono gli italiani ripensare le vacanze di quest'anno, se non a rimandarle ai prossimi mesi in attesa che la situazione sanitaria migliori;

secondo i dati forniti dal Codacons, quest'estate solo un italiano su due si concederà un periodo di vacanza, per un totale di circa 30 milioni di persone, l'80 per cento delle quali ha deciso di rimanere all'interno dei confini nazionali;

sempre secondo l'indagine effettuata dal Codacons, il confronto con il 2019 è altamente drammatico: rispetto allo scorso anno, infatti, il totale dei cittadini in vacanza diminuisce del 23 per cento, per un valore di circa 9 milioni di cittadini in meno in viaggio;

la recente analisi condotta da Aniasa (Associazione che riunisce i rappresentanti del settore dei servizi di mobilità), in collaborazione con la società Bain & Company, mostra che la maggior parte di coloro che decideranno quest'anno di spostarsi per le vacanze utilizzerà l'automobile: ci si attende, a tal proposito, un incremento del mercato dei noleggi delle auto, in considerazione della necessità di optare per modalità di viaggio sicure, oltre che più agevoli per raggiungere mete meno conosciute ed affollate;

l'insieme di tali condizioni, unite alle iniziative adottate dal Governo per incentivare il turismo nostrano (primo fra tutti, a titolo di esempio, il bonus vacanze), spinge a fare una riflessione seria riguardo alle iniziative necessarie da adottare per garantire agli italiani la possibilità di spostarsi in auto in maniera semplice e senza che questo comporti ulteriori ed ingiustificati aggravi economici, derivanti in parte da pedaggi autostradali eccessivamente elevati;

considerato che:

quest'anno la possibilità di andare in vacanza rappresenta un'opportunità preziosa sia per apprezzare il patrimonio paesaggistico e artistico-culturale del nostro Paese, sia per trascorrere del tempo con i propri cari, mentre i mesi di lockdown hanno impedito il ricongiungimento delle famiglie, determinandone un distacco forzato;

nel 2019 l'Autorità di regolazione dei trasporti ha emanato una serie di delibere nei confronti di 16 concessionari autostradali volte, tra l'altro, ad adottare il metodo basato sul price cap al fine di determinare l'ammontare dei pedaggi e garantire una maggiore trasparenza ed equità dell'intero sistema;

l'attuazione del nuovo modello, finalizzato anche ad uniformare i diversi sistemi tariffari finora vigenti, è subordinata all'approvazione dei piani economico-finanziari che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti deve ricevere ai fini della corretta valutazione;

da quanto si apprende, il termine per la presentazione delle proposte di aggiornamento dei suddetti piani era stato posticipato dal 30 marzo 2020 (data originariamente fissata dal decreto-legge milleproroghe) al 20 maggio 2020, in ottemperanza ai provvedimenti adottati per contrastare l'emergenza epidemiologica e al netto di ulteriori rinvii da considerarsi necessari in vista dell'evoluzione della situazione sanitaria;

nei confronti della società Autostrade per l'Italia, invece, a causa delle diverse e più gravi vicende che hanno coinvolto la società nonché del recente accordo raggiunto con il Governo, la scadenza per la presentazione del piano economico-finanziario è stata fissata al 23 luglio;

rilevato che è importantissimo stabilire quanto prima tariffe per i pedaggi autostradali che possano consentire ed agevolare gli spostamenti sul territorio nazionale sia per motivi di vacanza, sia per riavvicinare le famiglie tenute lontane durante il periodo di lockdown,

si chiede di sapere:

quali siano gli orientamenti del Ministro in indirizzo rispetto alle questioni rappresentate;

se non ritenga opportuno adottare nel più breve tempo possibile tutte le iniziative necessarie di sua competenza volte a ridurre le tariffe delle autostrade, al fine di non gravare ulteriormente sui cittadini che si recheranno in vacanza all'interno del territorio italiano ed agevolare altresì il turismo nel Paese supportando così le imprese attive nel settore.

(3-01813)

LA RUSSA, CIRIANI - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:

è a tutti evidentemente nota la drammatica situazione in cui versa l'intera rete autostradale ligure e dei conseguenti disagi cui sono sottoposti i residenti ed i turisti;

sono passati quasi due anni dal crollo del viadotto Polcevera, e la situazione da allora è andata via via peggiorando, fino a quanto nel mese di giugno 2020 la chiusura di diversi tratti e restringimenti su una corsia, unitamente alla presenza di numerosi cantieri, ha provocato blocchi della circolazione e attese di lunghe ore;

il persistere di questa situazione (che in seguito all'esposto presentato dal presidente della Regione ha già determinato l'apertura di un fascicolo presso la Procura di Genova) ha generato un incalcolabile danno, sia economico che d'immagine, arrecato ad un territorio che, successivamente al crollo del viadotto, alle mareggiate dell'autunno successivo e al blocco dovuto all'epidemia da COVID-19, si apprestava faticosamente a ripartire;

come riportato dalla stampa, le associazioni imprenditoriali e della logistica, riunite nel comitato "Salviamo Genova e a Liguria", nel corso di un recente incontro con il Ministro in indirizzo, avrebbero rappresentato il danno stimato: un crollo dell'economia regionale, causato dal combinato disposto tra il "lockdown" e lo stallo autostradale, che avrebbe determinato oltre un miliardo di euro al mese di danni, 40.000 lavoratori in cassa integrazione, ed un calo del fatturato stimato del 25 per cento nel comparto della grande distribuzione, del 50 per cento nel settore distribuzione in mercati rionali e negozi di vicinato e del 75 per cento nel settore florovivaistico;

sono dati drammatici, che, secondo quanto riportato dalla stampa, il Ministro in indirizzo avrebbe classificato come una "narrazione", fatti dunque diversi e lontani dalla realtà, suscitando, legittimamente, un coro di proteste da parte di cittadini, imprenditori e famiglie che quotidianamente da molto tempo si trovano costretti a operare in contesto di inaccettabile difficoltà;

questa dichiarazione del Ministro, letta congiuntamente alle recenti dichiarazioni del sottosegretario per l'economia e le finanze Laura Castelli, che avrebbe invitato i ristoratori a "cambiare il loro business" a fronte della crisi, denota come la "lontananza dalla realtà" appaia invece sempre più una caratteristica tipica del modus operandi di un Governo lontano dai cittadini, completamente distaccato dalla dimensione economica e sociale e assolutamente avulso all'interesse nazionale;

l'interrogante evidenzia l'importanza logistica della regione Liguria e della sua rete portuale, per tutto il sistema Paese, in primis per le tante aziende del nordovest italiano;

la stagione estiva è di vitale importanza per l'economia regionale, ed è già partita in ritardo e con molteplici problematiche dovute agli adeguamenti cui devono attenersi gli operatori per garantire la sicurezza sanitaria;

si evidenzia come gli attuali controlli su tutte le gallerie regionali siano stati imposti con tempistiche difficilmente rispettabili, due anni dopo la tragedia, e senza utilizzare al meglio il periodo del lockdown, durante il quale, in ragione della drastica riduzione del traffico, l'avanzamento dei lavori dei cantieri non avrebbe arrecato alcun disagio;

non è poi trascurabile l'effetto del contenzioso che ha contrapposto dal 14 agosto 2018 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a società Autostrade, concessionario della rete: un braccio di ferro che, al di là delle implicazioni sugli assetti industriali della politica economica del Paese, ha determinato un costo ad oggi pagato quotidianamente, in termini di disagio, da cittadini, imprese e lavoratori liguri, sia per la situazione dei cantieri attuali, sia per il mancato avvio della gronda di ponente, opera infrastrutturale necessaria al sistema economico-logistico ligure;

ad aggravare la situazione, risulta inoltre che nell'inverno 2019, con grave ritardo, la società Autostrade per l'Italia aveva avviato una serie di controlli su tutte le gallerie liguri; e successivamente all'avvio di tali controlli e con i lavori in fase di completamento, solo il 20 maggio 2020 il Ministro avrebbe inviato ai concessionari una circolare che prevede che i controlli, nelle oltre 250 gallerie della Liguria, non debbano essere fatti nelle modalità espletate sino a quel momento ma ripartendo da capo, in base a una circolare ministeriale del 1967 (risalente dunque a oltre 50 anni fa), mai però applicata negli ultimi anni;

tale revisione, dunque, avverrebbe nel pieno dell'alta stagione turistica, con ulteriore aggravio per il turismo e l'economia della regione. Ad ulteriore aggravio dell'intollerabile situazione della circolazione stradale e autostradale si registrano numerosissime interruzioni anche della via Aurelia per piccole frane avvenute mesi fa senza alcun pur facile intervento risolutivo e altri lavori in corso, lentissimi e spesso superflui. La morale della situazione è che la Liguria è praticamente isolata e subisce danni incalcolabili,

si chiede di sapere con quali modalità ed entro quale termine il Ministro in indirizzo intenda intervenire al fine di risolvere rapidamente gli attuali disagi, garantendo il diritto costituzionale alla mobilità e la sicurezza della rete ed assicurando il necessario supporto economico per l'importante pregiudizio a danno dei cittadini e delle aziende che, in ragione della drammatica situazione in cui sono loro malgrado costretti, si trovano nell'impossibilità di operare, specie nel periodo in cui si concentra l'afflusso turistico decisivo per l'economia della regione.

(3-01814)

CAMPARI, PERGREFFI, CORTI, RUFA, ROMEO - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:

la società Autostrade per l'Italia SpA gestisce 2.857 chilometri di rete autostradale in Italia sulla base della convenzione unica sottoscritta in data 12 ottobre 2007 con l'allora ente concedente ANAS SpA (ruolo oggi attribuito al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti);

nella rete autostradale gestita da Autostrade per l'Italia rientra il tratto autostradale della A10 Genova-Savona su cui insiste il viadotto Polcevera (anche noto come "ponte Morandi"), crollato il 14 agosto 2018, con la morte di 43 persone;

il Ministero, nella sua qualità di autorità amministrativa concedente, ha avviato un procedimento volto ad accertare eventuali inadempimenti del concessionario Autostrade per l'Italia agli obblighi scaturenti dal rapporto concessorio in essere; contestualmente, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova ha avviato le indagini volte ad individuare eventuali profili di responsabilità penale connessi al crollo del ponte ed ai decessi cagionati;

a distanza di due anni dal crollo del ponte Morandi, il Consiglio dei ministri, nel corso della seduta n. 56, tenutasi nella notte tra il 14 e il 15 luglio 2020, ha deliberato di definire la controversia con Autostrade per l'Italia accettando le proposte transattive presentate da quest'ultima; tali proposte prevedono in sintesi: a) un nuovo assetto societario della stessa ASpI, con l'immediato passaggio del controllo su di essa ad un soggetto a partecipazione statale individuato in Cassa depositi e prestiti, nonché l'uscita di Autostrade per l'Italia dal perimetro dell'attuale controllante (Atlantia) e la sua contestuale quotazione in borsa; b) la realizzazione di investimenti compensativi da parte di Autostrade per l'Italia per 3,4 miliardi di euro, la riscrittura della convenzione unica, il rafforzamento del sistema dei controlli a carico del concessionario, l'adeguamento alla disciplina tariffaria introdotta dall'Autorità di regolazione dei trasporti (ART) e l'inasprimento delle sanzioni per violazioni da parte del concessionario;

considerato che:

non si conoscono i dettagli economico-finanziari dell'operazione che il Governo è intenzionato a realizzare per la modifica dell'assetto societario della società;

la soluzione prospettata desta talune perplessità in ordine alla compatibilità tra l'asserita riduzione dei pedaggi e la redditività dell'operazione per Cassa depositi e prestiti e l'imprescindibile necessità di garantire la manutenzione della rete in concessione e di realizzare gli investimenti previsti a titolo di compensazione,

si chiede di conoscere quali siano i dettagli della proposta transattiva risolutiva della controversia con Autostrade per l'Italia SpA, con particolare riguardo per: le quote di capitale che saranno acquistate da Cassa depositi e prestiti (CDP) e da altri eventuali investitori; l'identità degli altri eventuali investitori; chi tra CDP e gli altri eventuali investitori, ivi compresi quelli già detentori di quote di Autostrade per l'Italia, avrà poteri decisionali inerenti alla gestione dell'impresa o chi sarà mero socio di capitale; la stima del valore di Autostrade per l'Italia e la stima del prezzo per azione che CDP e gli altri investitori pagheranno per acquisire le quote di capitale, anche rispetto all'individuazione di parametri da utilizzare per la determinazione del prezzo massimo di acquisto; le garanzie prestate in ordine all'effettiva realizzazione della manutenzione e degli investimenti previsti e all'effettiva riduzione dei pedaggi, in ispecie in termini di compatibilità con la redditività dell'operazione per Cassa depositi e prestiti; se gli investimenti compensativi per 3,4 miliardi di euro previsti dalla proposta transattiva saranno realizzati prima o dopo l'ingresso di CDP nel capitale di Autostrade per l'Italia; i dettagli del futuro piano industriale della "nuova" Autostrade per l'Italia SpA, anche rispetto ad un una futura revisione del sistema delle concessioni autostradali.

(3-01815)

BINETTI - Ai Ministri della salute e dell'economia e delle finanze. - Premesso che:

l'associazione della Croce rossa italiana (CRI) è un'associazione di promozione sociale che ha per scopo l'assistenza sanitaria e sociale sia in tempo di pace che in tempo di conflitto. Si tratta di un'associazione di alto rilievo, posta sotto l'alto patronato del Presidente della Repubblica. La CRI fa parte del movimento internazionale della Croce rossa e Mezzaluna rossa e, nelle sue azioni a livello internazionale, si coordina con il Comitato internazionale di croce rossa (CICR), nei Paesi in conflitto, e con la Federazione internazionale di croce rossa e mezzaluna rossa (FICR), per gli interventi in tempo di pace;

in questo contesto, e sulla base dell'analisi dei bisogni e delle vulnerabilità della comunità alla quale si rivolge, la CRI, nel dicembre 2011, ha approvato i suoi 6 obiettivi strategici 2020, che identificano le priorità umanitarie dell'associazione;

la gestione del patrimonio della CRI, di cui la stessa CRI è responsabile attraverso la corretta gestione dei servizi e delle funzioni afferenti, è di fatto orientato agli scopi umanitari che definiscono la sua stessa ragion d'essere; tra i suoi compiti e responsabilità, ci sono i seguenti: a) individuare strategie e strumenti atti al reperimento dei servizi di distribuzione delle risorse da impiegare per la manutenzione del patrimonio immobiliare; b) ricerca di partenariato pubblico-privato sulla base delle indicazioni fornite dai responsabili delle diverse divisioni dell'organizzazione; c) programmare e valorizzare, secondo le priorità dell'ente, gli interventi di locazione, cessione, miglioramento, restauro e recupero degli immobili di proprietà, tenendo presente la loro destinazione (locazione o concessione a terzi, ovvero alienazione, vendita, cambio uso eccetera); d) monitorare le opere di manutenzione e ristrutturazione degli immobili, nonché la loro sicurezza; e) monitoraggio della registrazione informatica di tutti gli immobili con relativo aggiornamento di planimetrie, di pratiche (atti di proprietà, accatastamenti, CILA, antincendio, pratiche di manutenzione conformità impianti); f) coordinare il rilevamento, la misurazione, e la relativa stima di immobili o terreni;

ai sensi di quanto disposto dal decreto legislativo n. 33 del 2013, è stata creata la sezione "amministrazione trasparente" per atti, documenti ed informazioni successivi al mese di aprile 2013, ma sul sito ufficiale della CRI la sua consistenza patrimoniale è ferma al 30 novembre 2015; in questi giorni la CRI ha posto in vendita parte del suo patrimonio allocato sulla spiaggia di Jesolo (Venezia). L'asta partita da 80 milioni di euro è stata ribassata in modo sorprendente a 20 milioni, pur trattandosi di strutture di elevato valore commerciale,

si chiede di sapere quali siano i vincoli che gravano su questa importante proprietà della CRI e se sia stata valutata la possibilità di affittare l'immobile trattenendone la proprietà, con una corretta gestione economica, per evitare che vada dispersa una parte importante del patrimonio della CRI, la cui finalità umanitaria va salvaguardata nel rispetto della volontà dei donanti che si sono susseguiti negli anni.

(3-01816)

RIZZOTTI, SICLARI, BERNINI, VITALI, PAPATHEU, CALIENDO, SCIASCIA, MESSINA Alfredo, BARBONI, GIRO - Al Ministro della salute. - Premesso che:

le lavanderie industriali che operano per il comparto sanitario hanno rivestito nella fase più acuta della pandemia dovuta al COVID-19, e continuano a rivestire, un ruolo primario nel sostenere il sistema sanitario nazionale pubblico e privato attraverso il noleggio e la sanificazione di camici, dispositivi di protezione individuale, biancheria da letto, materasseria, e tutto il necessario a garantire un'assistenza continua e di alta qualità ai pazienti anche nelle terapie intensive nonché la protezione degli operatori sanitari;

il servizio rientra tra le attività essenziali per garantire la regolare erogazione, in condizioni di massima igiene e sicurezza, del servizio sanitario nazionale. Le prestazioni principali del servizio devono essere svolte senza soluzione di continuità assicurando elevati standard qualitativi di sicurezza ed igiene;

con la diffusione del virus COVID-19 si è verificato un grave squilibrio economico dei corrispettivi nei contratti di "lavanolo" (noleggio, sanificazione e sterilizzazione dei dispositivi tessili e medici) ospedaliero, che sono stati interessati, da un lato, da un cospicuo aumento di costi eccezionali ed imprevedibili (quali protocolli organizzativi e misure di sicurezza, ulteriori approvvigionamenti di biancheria, divise e materasseria, incremento della frequenza di ricambi di biancheria, eccetera), dall'altro, da una rilevante diminuzione dei ricavi;

alle maggiori prestazioni non corrisponde una maggiore remunerazione in virtù degli attuali meccanismi di determinazione dei corrispettivi che non tengono conto delle quantità effettive erogate e della frequenza dei cambi, ma di parametri a carattere presuntivo (quali, ad esempio, il numero di giornate di degenza e di interventi chirurgici) calibrati in relazione a stime sul consumo medio storico;

le strutture sanitarie, per far fronte alla riconversione in strutture COVID-19, hanno diminuito e in molti casi annullato prestazioni sanitarie quali giornate di degenza, day hospital, interventi chirurgici, eccetera, che costituiscono i driver di fatturazione dei contratti di lavanolo;

gli operatori affidatari non hanno potuto interrompere l'esecuzione del servizio, trattandosi di attività essenziale per garantire la regolare erogazione dei servizi sanitari e alla persona e hanno continuato ad erogare le maggiori prestazioni richieste dalle strutture sanitarie, con aggravio di oneri ed investimenti, con il rischio effettivo di trovarsi adesso di fronte a conguagli negativi e decurtazioni dei corrispettivi;

di questa situazione ha preso atto l'ANAC che, con la delibera n. 540 del 1° luglio 2020, ha sancito che i costi derivanti dall'obbligo per le lavanderie industriali di applicare i protocolli anti contagio, nonché le richieste di prestazioni aggiuntive o differenziate rispetto ai capitolati di appalto, costituiscano presupposto idoneo a giustificare il ricorso ad una variante in corso d'opera per circostanze impreviste o imprevedibili ai sensi dell'art. 106, comma 1, lett. c), del codice dei contratti pubblici e che, al riguardo, debba essere condotta un'accurata verifica dalla stazione appaltante e dall'appaltatore, in particolare sugli oneri aziendali per la sicurezza e sulle modifiche in termini di quantità e modalità di erogazione dei servizi richiesti dalla stessa stazione appaltante,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto e quali siano le sue valutazioni al riguardo, visto che il riequilibrio contrattuale, ove non tempestivamente ripristinato, metterà a repentaglio la sopravvivenza di molti operatori economici, con conseguenti gravi ripercussioni sul tessuto produttivo ed occupazionale del Paese con notevoli rischi di disservizi nei confronti del sistema sanitario nazionale già notevolmente provato;

se intenda emanare una circolare con indicazioni alle centrali di committenza e alle stazioni appaltanti di provvedere alla rinegoziazione dei contratti secondo quanto disposto dall'ANAC nella delibera richiamata, al fine di evitare una rinegoziazione discrezionale da parte delle stesse.

(3-01817)

BATTISTONI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che

la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, recante "Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili - Assegnazione gasolio agricolo", prevedeva la proroga dei termini per gli adempimenti per l'ammissione all'agevolazione fino al 31 luglio 2020;

con determinazione n. G07625 del 30 giugno 2020, la Regione Lazio ha stabilito la modifica dei termini per l'assegnazione del carburante agricolo, ordinariamente fissato per il 30 giugno ed eccezionalmente prorogato al 31 luglio 2020;

con nota prot. Registro Uff. n. 0639864 del 20 luglio 2020 della Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del Ministero dell'economia e delle finanze, è stato comunicato che la proroga è esclusa dall'ambito di applicazione della citata delibera del Consiglio dei ministri e se ne è chiesta la revoca;

con determinazione n. G08573 del 21 luglio 2020, la Regione Lazio ha revocato la proroga, senza preavviso e a valere dalla data di emanazione della determina stessa;

i Comuni del Lazio si sono trovati, loro malgrado, a non poter più accettare le richieste degli agricoltori pervenute oltre la data citata, la maggior parte delle quali provenienti da agricoltori che versano in situazioni di difficoltà, soprattutto economiche,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di questa situazione;

perché abbia ritenuto di revocare la proroga di 30 giorni per il gasolio agricolo, a soli 21 giorni;

se non ritenga fonte di disparità l'aver impedito ad alcuni agricoltori di presentare le istanze entro i termini prima annunciati, garantendo, così, tali benefici solo a quelli che le hanno presentate entro il 21 luglio, pur avendo in precedenza stabilito la scadenza dei termini al 31 luglio;

se non ritenga opportuno permettere agli agricoltori di presentare le proprie istanze fino alla data stabilita in precedenza o di estendere il termine al fine di permettere a tutti gli interessati di veder garantito un diritto loro annunciato dallo stesso Ministero.

(3-01818)

RUOTOLO, DE PETRIS, ERRANI - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. - Premesso che:

il 15 luglio 2020, una settimana fa, Mario Carmine Paciolla, 33 anni, napoletano, è stato ritrovato privo di vita presso la propria abitazione a San Vicente del Caguan, località a 650 chilometri da Bogotà nel dipartimento colombiano del Caqueta Colombia. Il connazionale era cooperante ONU ed era impegnato da due anni con le Nazioni Unite, in un progetto che mirava a riconvertire gli ex combattenti al lavoro nei campi e svolgeva il monitoraggio per il rispetto degli accordi di pace tra il Governo colombiano e le FARC, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia;

a quanto si apprende dalla stampa locale, le autorità colombiane non escludono che Paciolla si sia suicidato per impiccagione, circostanza che non trova riscontro ed è smentita dalle testimonianze delle organizzazioni cooperanti in Colombia e dalla stessa famiglia del giovane, che pochi giorni fa su iniziativa della missione ONU ha preso parte a una videoconferenza con il viceprocuratore generale Martha Janeth Mancera e l'ambasciatore italiano Gherado Amatuzzi;

stando a quanto sta emergendo da notizie di stampa, in queste ore convulse, sono completamente diversi le ricostruzioni e i dettagli, che escludono categoricamente il suicidio. Sul cadavere di Mario Carmine Paciolla, come riportano gli organi e agenzie di stampa, ci sarebbero evidenti segni di violenza, in particolare, "tagli provocati da coltelli o da lame acuminate che non sono state trovate in casa. Vene squarciate, non tagliate in modo chirurgico, un segno che rimanda a coltelli con denti spessi o qualcosa di simile, che non è stato refertato dagli organi di polizia giudiziaria intervenuti sul luogo del delitto";

l'11 luglio, nel corso di una telefonata intercorsa tra Mario Carmine Paciolla e la madre, egli aveva manifestato una certa preoccupazione per "alcune cose accadute", "un qualcosa di strano" e per "un guaio" non meglio specificato.

il 33enne aveva evidenziato, inoltre, di aver acquistato i biglietti per rientrare presto, il 20 luglio, in Italia, esprimendo il desiderio, una volta giunto a Napoli, di fare il bagno a Marechiaro;

Paciolla, laureato all'università "Orientale" di Napoli, era un operatore qualificato ed esperto. Conosceva il territorio, aveva solide relazioni e sapeva districarsi nei quartieri difficili, come la periferia di San Vicente, barrio Villa Ferro dove era alle prese anche con problemi umanitari, come quello legato allo sfruttamento della popolazione in un regime di narcoeconomia. Si tratta di un contesto difficile e da decifrare e da Napoli, città natale di Paciolla, è subito partita una forte mobilitazione per chiedere verità e giustizia. In pochi giorni sulla piattaforma "Change" sono state raccolte oltre 50.000 firme;

appare dunque impellente procedere, come la magistratura italiana sta già facendo, alla raccolta di quante più possibili prove testimoniali, e di seguire passo passo le indagini in Colombia,

si chiede di sapere, visti la gravità dei fatti e il turbamento e lo sconcerto nell'opinione pubblica italiana, quali siano gli intendimenti attuali del Ministro in indirizzo, nei confronti del Governo colombiano, e le iniziative che intende adottare affinché si svolgano le opportune indagini per giungere a risposte convincenti, per la ricerca della verità e della giustizia per la morte del nostro connazionale Mario Carmine Paciolla.

(3-01819)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

VANIN, MONTEVECCHI, TRENTACOSTE, D'ANGELO, LANNUTTI, DONNO - Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. - Premesso che:

per la stagione sinfonica 2020-2021 del Maggio musicale fiorentino a Firenze è previsto l'invito e il coinvolgimento, come risulta dal cartellone pubblicato sul sito internet del teatro, di tre figure professionali discutibili, interessate in tempi recenti da vicende circa la loro condotta: Placido Domingo, Daniele Gatti, James Levine;

risulta da notizie di cronaca internazionale che Placido Domingo sia stato accusato di "una condotta sistematica di abusi sessuali e di potere", molestie che lui stesso ha peraltro confermato e per le quali si è scusato pubblicamente con le vittime (come riportato da "il Fatto Quotidiano" il 26 febbraio 2020). Proprio per tali comportamenti Domingo è stato allontanato dall'Opera di Los Angeles mentre i teatri della sua stessa patria lo hanno definito "ininvitabile";

risulta agli interroganti che i principali teatri del mondo abbiano deciso di cancellare dai loro cartelloni gli spettacoli del celebre tenore ma all'Arena di Verona, invece, così come al Maggio fiorentino il cantante risulta ad oggi ingaggiato;

considerato altresì che:

in un articolo del 26 luglio 2018, pubblicato sul "Washington Post", si apprende che il direttore d'orchestra Daniele Gatti sia stato denunciato da due soprano per fatti risalenti agli anni '90 e sia quindi stato licenziato per condotta inopportuna dalla direzione della Royal concertgebouw orchestra di Amsterdam. Pur respingendo le accuse, dopo l'articolo del "Washington Post" il maestro Gatti si sarebbe scusato con "tutte le donne che ho incontrato in tutta la mia vita", specialmente coloro che credevano di non essere state trattate con il rispetto e la dignità che meritavano (come apparso su "la Repubblica" on line il 2 agosto 2018);

da ultimo, la stampa ("New York Post") ha reso pubblico anche il caso di James Levin, direttore al Metropolitan opera house di New York per 41 anni consecutivi, accusato di pedofilia e per questo allontanato;

considerato infine che a giudizio degli interroganti le vicende che hanno interessato questi tre uomini dello spettacolo rende imbarazzante la loro presenza nei cartelloni di prestigiose istituzioni italiane,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

quali iniziative di propria competenza intenda intraprendere per dare corso alle opportune verifiche propedeutiche alle necessarie azioni successive.

(4-03874)

DAL MAS - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:

la rotta balcanica, percorsa da migranti provenienti prevalentemente dal Medio oriente e dal Sudest asiatico e diretti in Europa passando per la Turchia, ha registrato negli ultimi anni flussi crescenti: circa 1.500 persone l'hanno percorsa nel 2018, oltre 3.000 nel 2019;

i migranti attraversano Serbia o Bosnia, entrano in Croazia e da qui muovono verso la Slovenia, per poi entrare in Italia attraverso il confine con il Friuli-Venezia Giulia;

nel marzo 2016 Unione europea e Turchia hanno siglato un accordo per contrastare il fenomeno; la Commissione europea nell'occasione dichiarò: "la rotta è chiusa";

contrariamente, in particolar modo nel corso del 2019, i flussi migratori attraverso la rotta balcanica sono aumentati;

nei primi mesi del 2020, il flusso di migranti irregolari provenienti dai Paesi balcanici e diretti verso l'Italia non si è interrotto: nei soli mesi di aprile e maggio si sarebbero verificati quasi 500 ingressi, nonostante le misure di contenimento dovute alla pandemia da COVID-19;

i dati relativi alla diffusione del virus indicano che parte consistente dei nuovi casi di positività sono relativi a persone provenienti dall'estero, in particolare dall'area balcanica, tanto che il Governo ha proceduto nel mese di luglio 2020 a chiudere i confini con Serbia, Montenegro e Kosovo;

nei pazienti provenienti dalla Serbia e ricoverati in Italia sarebbe stato isolato un ceppo di coronavirus più aggressivo di quello precedentemente presente in Italia;

la rotta balcanica presenta caratteristiche di pericolosità che il Governo sta continuando a sottovalutare, lasciando sguarnito il confine sia dal punto di vista geografico sia non fornendo a forze dell'ordine e sanitari gli strumenti per intervenire;

le decine di persone entrate illegalmente in Friuli-Venezia Giulia nelle ultime settimane hanno a lungo soggiornato in Paesi che oggi, come già ricordato, sono considerati più a rischio del nostro da un punto di vista sanitario;

l'emergenza potrebbe ben presto esplodere nei centri di accoglienza, basti pensare a quanto successo nell'ex caserma "Cavarzerani" a Udine, dove la riscontrata positività di 3 migranti ha portato alla quarantena obbligatoria per gli altri 480 ospiti,

si chiede di sapere:

se siano state predisposte misure ad hoc per prevenire l'eventuale diffusione del virus COVID-19 a causa dell'ingresso di migranti transitati nei Paesi balcanici;

quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda mettere in campo, anche a livello europeo, per chiudere definitivamente la rotta dei Balcani.

(4-03875)

DE PETRIS - Al Ministro della salute. - Premesso che, in base a quanto risulta all'interrogante:

per il giovane medico Nicola Vendramin, assunto a tempo determinato e convenzionato nel reparto RSA a Sacile (Pordenone), l'azienda sanitaria Friuli occidentale (ASFO) ha avviato nei giorni scorsi l'iter di interruzione del contratto di lavoro, a seguito di dichiarazioni pubbliche rese alla stampa locale in difesa della riabilitazione RSA territoriale contro l'ipotesi di riconversione del reparto in area COVID-19;

sulle base di informazioni pubblicate dai quotidiani locali, risulta infatti che da parte della direzione dell'ASFO non siano stati giudicati opportuni alcuni interventi rilasciati dal giovane medico a sostegno del presidio della salute a Sacile, che conta 28 posti letto occupati al 90 per cento tutto l'anno, per pazienti per lo più anziani, ma anche giovani post traumatizzati per la riabilitazione, o pazienti fragili senza rete familiare, costituendo pertanto una risorsa essenziale per un bacino di area vasta di circa 64.000 utenti;

a giudizio dell'interrogante, il licenziamento del giovane medico che ha espresso la sua opinione sul ruolo della struttura RSA di Sacile dove lavora come libero professionista rappresenta un fatto gravissimo volto a vietare l'esercizio di un pensiero critico, e aggrava ulteriormente le criticità del sistema sanitario del Friuli occidentale, già fortemente provato dall'emergenza COVID-19. Preoccupa, inoltre, che scelte simili possano alimentare gravi messaggi di prevaricazione nei confronti di lavoratori e del personale sanitario, disorientando l'intera comunità locale che già soffre le difficili condizioni della sanità pordenonese;

risulta che al giovane medico è stata espressa immediatamente piena solidarietà da parte di cittadini, comitati e associazioni, anche con l'organizzazione di un flash mob, ed è stata offerta anche assistenza legale dalle forze sindacali di Pordenone, che hanno chiesto la revoca del provvedimento. Risulta, inoltre, che il presidente dell'ordine dei medici e degli odontoiatri della provincia di Pordenone abbia espresso considerazioni in cui ha esplicitato di non ravvisare comportamenti etico-deontologici scorretti da parte del medico Nicola Vendramin,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto e quali siano le sue valutazioni sulla vicenda, per quanto di sua competenza, al fine di fare chiarezza sul licenziamento ed evitare disposizioni lesive della libera espressione di opinioni da parte del giovane medico intervenuto a difesa del sistema sanitario pubblico territoriale.

(4-03876)

DE POLI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che:

il grave stato di crisi determinato dall'emergenza COVID-19 e la conseguente assenza del turismo straniero proveniente dai Paesi europei e dagli USA, dalla Russia e dalla Cina stanno penalizzando in maniera drammatica il comparto turistico;

oltre la metà delle strutture alberghiere risulta chiusa, la ricettività extra alberghiera opera al 20 per cento, la ristorazione segna perdite dal 30 al 60 per cento, mentre quelle delle agenzie di viaggio superano il 90 per cento;

il comparto termale veneto, all'intero del quale le terme euganee sono un'eccellenza a livello mondiale e da sempre volano per lo sviluppo turistico e commerciale dell'intero territorio padovano, nell'anno 2019 ha registrato un fatturato di circa 350 milioni di euro, che rischia di diminuire nell'anno in corso dell'80 per cento, considerando che, ad oggi, è ancora chiuso il 60 per cento degli hotel di Abano e Montegrotto, mentre negli alberghi aperti le camere vengono occupate prevalentemente nei fine settimana o per brevi periodi;

solo nel mese di luglio le imprese e gli stabilimenti termali dovranno rispettare circa 250 scadenze fiscali,

si chiede di sapere quali azioni il Ministro in indirizzo preveda di adottare per sostenere il settore turistico e termale-alberghiero e se non reputi necessario proclamare lo stato di crisi prevedendo la sospensione di tasse e tributi al fine di dare ristoro ad un settore che sta attraversando la crisi peggiore degli ultimi anni che rischia di vanificare i tanti sacrifici finora fatti dagli operatori del settore.

(4-03877)

OSTELLARI - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:

i cittadini del comune di Gropparello (Piacenza) hanno presentato un esposto a prefetto, questore, Carabinieri e ASL, lamentando l'inciviltà di certi comportamenti da parte di alcuni immigrati africani che vivono da un paio di anni nel caseggiato occupato dal vecchio cinema del comune;

gli abitanti della zona sono esasperati dal volume eccessivo della musica, dall'abbigliamento indecente, dalle frequenti risse, dagli atti vandalici che minano la sicurezza e l'ordine pubblico nel comune e hanno raccolto 200 firme per denunciare il degrado di un quartiere, reso invivibile dalla presenza violenta e molesta di stranieri incivili;

mentre in Emilia-Romagna accadono episodi di degrado come questo, a cui si aggiungono, in tutto il Paese, aggressioni a forze dell'ordine, rivolte contro gli agenti nelle carceri e allarmanti notizie di cronaca nera, sembra che il Governo stia studiando una revisione che alleggerisca i "decreti sicurezza" attualmente in vigore, depotenziando quindi gli strumenti contro il crimine e indebolendo le tutele alle forze dell'ordine,

si chiede di sapere:

se lo stabile del vecchio cinema di Gropparello, che ospita gli immigrati oggetto di denuncia, sia conforme ai criteri di abitabilità, anche in riferimento al numero delle persone che regolarmente vi alloggiano, e se rispetti le norme igienico-sanitarie nonché quelle di sicurezza per gli impianti di luce e gas;

se risulti verificata l'identità di tutti i soggetti che abitano nel caseggiato e la regolarità dei relativi permessi di soggiorno e quali azioni concrete ed immediate il Ministro in indirizzo intenda intraprendere per ripristinare l'ordine e la sicurezza, oltre al decoro urbano, nel comune di Gropparello, dove i cittadini sono spaventati ed esasperati.

(4-03878)

LAFORGIA - Al Ministro dello sviluppo economico. - Premesso che:

Italtel SpA è un'azienda italiana che opera nel settore delle telecomunicazioni, fondata il 21 luglio 1921 a Milano come società italiana Siemens per impianti elettrici e nel 2017 il controllo di Italtel è rilevato da Exprivia SpA, società quotata alla borsa di Milano (XPR.MI);

l'azienda progetta e installa soluzioni per reti basate sul protocollo IP e consulenza sulle reti e soluzioni di ICT, cloud computing e sicurezza integrata;

dal punto di vista azionario la società è passata da un controllo pubblico (gruppo IRI-Stet) a uno privato (gruppo Telecom) con successiva acquisizione, all'inizio degli anni 2000, da parte di fondi di private equity americani, i quali, comprando Italtel col meccanismo del leveraged buy out, hanno riversato sul bilancio societario circa 500 milioni di euro di debito contratto con le banche per l'acquisto;

da qui è derivato il progressivo declino, accentuato dalla contrazione, nell'ultimo decennio, degli investimenti del principale cliente (Tim);

la società ha rischiato per due volte il fallimento, dovendo ricorrere nel 2012 e nel 2017 all'art. 182-bis (accordo di ristrutturazione del debito) della legge fallimentare, di cui alla legge n. 267 del 1942, e successive modifiche, con i principali creditori (accordo che ha ricevuto l'approvazione del Tribunale di Milano) e conseguentemente le banche hanno trasformato parte del debito (svariate decine di milioni di euro) in strumenti finanziari partecipativi (SFP);

l'ultimo decennio si è caratterizzato per un uso costante di ammortizzatori sociali (cassa integrazione) e per accordi fra Italtel e sindacati volti a ridurre il personale (passato da circa 2.300 addetti nel 2010 agli attuali 1.059) senza iniziative traumatiche;

il 27 luglio 2017 Exprivia SpA, società quotata alla borsa di Milano (XPR.MI), ha rilevato dopo due anni di trattative l'81 per cento del capitale ordinario della società ed il restante 19 per cento del capitale a Cisco System;

l'operazione è stata completata alla fine del 2017 inizialmente si prevedeva dal 2018 budget coordinati e dal 2020 prevedevano di continuare con una progressiva integrazione delle strutture diversificando i marchi (TLC per Italtel, IT per Exprivia) per dare vita a uno dei più importanti player tecnologici italiani;

Italtel ha la sua sede principale a Castelletto di Settimo milanese (Milano) e le altre sedi italiane si trovano a Roma, Carini (Palermo) e Marghera (Venezia) ed è presente anche in Europa e America latina;

a distanza di poco meno di due anni, a fronte dei risultati negativi nell'ambito TLC, il processo di integrazione ha subito un'interruzione, il piano industriale presentato ai mercati nel 2018 è stato messo in discussione dal management (è ora in via di ridefinizione con azionisti e creditori) e si susseguono, con sempre maggiore insistenza, voci a dir poco preoccupanti dove, ancora una volta, a pagare sarebbero i lavoratori i quali, fra l'altro, hanno subito a inizio 2019 un taglio della busta paga, per scelta unilaterale di Italtel, impugnato dalle organizzazioni sindacali in sede giudiziale;

il bilancio del 2019 ha segnato una forte contrazione del fatturato e una svalutazione consistente del patrimonio aziendale, infatti Italtel si è vista costretta a indire due assemblee dei soci per tentare una ricapitalizzazione: tentativi falliti;

i soci, Exprivia in primis, non hanno trovato un accordo con le banche creditrici di Italtel per salvarla (Unicredit, principale creditore di Italtel, ha ceduto nel frattempo i propri crediti al fondo Pillarstone, nel mese di giugno 2020);

Italtel ha dovuto depositare presso il Tribunale di Milano una prenotativa di concordato preventivo (i cui termini scadono l'11 settembre 2020) al termine della quale o si giunge ad un accordo di ristrutturazione del debito o si entra nel concordato vero e proprio con un quasi inevitabile fallimento della società e la sua svendita ad aziende concorrenti (ipotesi "spezzatino");

considerato che:

il Ministero dello sviluppo economico ha da sempre seguito le vicende Italtel, da un lato facendosi garante degli accordi che la società ha firmato con le organizzazioni sindacali, dall'altro assicurando a Italtel un supporto economico (progetti finanziati, ultimo il Teleion) su tematiche innovative quali IoT, software defined network (SDN), contextual communication, big data, sancendo che di fronte ai finanziamenti ricevuti Italtel è fra l'altro tenuta a garantire la salvaguardia dei posti di lavoro;

i lavoratori ed i sindacati chiedono un intervento dello Stato (nella modalità consentite dai vincoli europei), a esempio tramite Cassa depositi e prestiti, inserito in un contesto più ampio di sostegno all'intero comparto TLC, in modo da rilanciare l'azienda garantendo al contempo la salvaguardia dei posti di lavoro e mantenendo in Italia un importante know how sulle tecnologie che mai come ora devono essere un fiore all'occhiello per un Paese fra i più industrializzati al mondo (quale l'Italia è);

a parere dell'interrogante Italtel è una delle ultime aziende italiane con una grande capacità nel settore TLC e sarebbe stato utile trasformarla in un polo nazionale a intervento pubblico, ma così non è stato e si ritiene che un'azienda leader, con tutto il know how che rappresenta, non possa restare in una condizione di indebitamento che rischia di portare ad un concordato,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda valutare delle ipotesi alternative al concordato immaginando una soluzione al problema di indebitamento che l'azienda presenta.

(4-03879)

PAVANELLI, LANNUTTI, TRENTACOSTE, D'ANGELO, MAIORINO, VANIN, ROMANO, COLTORTI, FERRARA, PRESUTTO, PISANI Giuseppe, ANGRISANI, VACCARO, MONTEVECCHI, CORRADO, PIRRO - Al Ministro della salute. - Premesso che:

presso l'ospedale "Santa Maria della misericordia" di Perugia è presente la struttura complessa di clinica pediatrica, a direzione universitaria, mediante convenzione tra l'azienda ospedaliera di Perugia e l'università degli studi di Perugia;

negli ultimi due anni tale struttura complessa è stata al centro di numerosi eventi che hanno prodotto notevoli criticità nel suo funzionamento, a partire dalle accuse di truffa nei confronti dell'ex direttrice responsabile professoressa Susanna Esposito, ipotizzando che si fosse assentata dal posto di lavoro senza motivo per svolgere attività extramoenia, a lei rivolte dagli ex dirigenti dell'azienda ospedaliera (ex dirigenti che si sono poi dimessi perché risultati coinvolti nello scandalo "Sanitopoli Umbria", le cui vicende giudiziarie sono tuttora in corso). Le accuse nei confronti della professoressa Esposito sono state poi archiviate essendo state ritenute infondate dal giudice, ma hanno verosimilmente contribuito alla sua decisione di andare via da Perugia accogliendo un nuovo incarico presso l'università di Parma;

le plurime e continuative criticità nello svolgimento delle attività connesse al regolare funzionamento della struttura complessa hanno presumibilmente anche prodotto il progressivo depauperamento dell'organico medico, tanto che, entro la fine del mese di luglio 2020, su 11 medici pediatri almeno 5 verranno a cessare il proprio servizio nella struttura, giacché 2 medici andranno in pensione, anticipando i tempi, un medico tornerà ad operare nel territorio con il servizio di base, mentre per 2 medici non vi sarà proroga del contratto a termine, essendo stati assunti a tempo determinato durante l'emergenza COVID-19;

il direttivo della Società italiana di pediatria dell'Umbria e i pediatri umbri, in una lettera inviata a fine giugno 2020 alla presidente della Giunta regionale, esprime sostegno ai colleghi medici ospedalieri e notevole preoccupazione rappresentando, nella lettera, una situazione "al limite del collasso" tanto che "il responsabile della struttura potrebbe essere costretto a cessare l'attività";

qualora si dovesse arrivare alla sospensione dell'attività della struttura complessa di pediatria sarebbe il primo caso del genere in Italia;

considerato che:

a causa della situazione descritta il personale medico non è ancora nelle disponibilità degli orari per il mese di luglio 2020, pertanto diventa molto preoccupante la questione dalla copertura dei turni di lavoro e della possibilità di fare un adeguato periodo di riposo dal lavoro tramite ferie;

un medico pediatra di questa struttura si trova nella pericolosa condizione di dover intervenire contemporaneamente sia sulle attività dell'emergenza sia nelle attività di reparto sia in quelle di ambulatorio;

la struttura complessa deve fronteggiare ogni anno una richiesta di assistenza consistente in 18.000 visite in regime di urgenza, 3.000 ricoveri e 8.000 visite ambulatoriali, inoltre è l'unico centro autorizzato a trattare i minori ammalati di COVID-19 in tutta l'Umbria;

è stato designato il commissario straordinario dell'azienda ospedaliera di Perugia, il quale si è insediato in data 1° luglio 2020 all'ospedale di Perugia, mentre il direttore amministrativo, a completamento della direzione aziendale ospedaliera si è insediato il 13 luglio 2020, dunque restano pochissimi giorni alla nuova direzione ospedaliera per intervenire con la sostituzione dei 5 medici pediatri in meno, considerando i tempi tecnici necessari per effettuare eventuali integrazioni d'organico nel rispetto delle norme e dei regolamenti vigenti;

si tratta di una struttura di terzo livello, riferimento regionale per le patologie gravi, per la cura di bambini con handicap, anche gravi, che richiedono follow up, per diabetologia, endocrinologia, neurologia, dunque per tutta una serie di servizi riservati al mondo dell'infanzia strettamente collegati a condizioni di malattia complicate che richiedono livelli alti di assistenza sanitaria;

in tale contesto appare gravemente compromessa la possibilità di rispettare i livelli essenziali di assistenza per tutte le prestazioni sanitarie pediatriche,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

quali azioni di competenza intenda intraprendere a tutela della pubblica salute nonché per evitare interruzioni o riduzioni dell'assistenza sanitaria da parte della struttura complessa di pediatria, eventualmente coinvolgendo la commissione di monitoraggio dell'attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di definizione e aggiornamento dei LEA, che ha il compito di monitorare costantemente l'aderenza delle singole Regioni in termini di attuazione ed implementazione intervenendo, se necessario, nelle ipotesi in cui si ravvisi una mancata, incompleta o scorretta erogazione dei LEA, in collaborazione con i Carabinieri dei nuclei antisofisticazione e sanità (NAS).

(4-03880)

DE BONIS - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:

il fenomeno mafioso in Basilicata presenta una curva sempre più crescente. Le tipologie di reato sono diverse e gli esiti investigativi confermano il radicamento, in entrambe le province lucane di Potenza e Matera, di sodalizi prevalentemente di tipo clanico e a connotazione familistica, in un equilibrio tutto sommato stabile, tenuto conto della frammentarietà delle organizzazioni e dell'assenza di un vertice condiviso. Lo scenario è complicato dalla presenza nel territorio regionale di gruppi criminali di diversa provenienza geografica (sia extra regionale che straniera), da parte dei quali non si escludono perfino forme di coinvolgimento in condotte delittuose propedeutiche alla realizzazione delle attività estorsive;

è quanto drammaticamente emerge dall'ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia (DIA) nazionale per il periodo luglio-dicembre 2019. In riferimento a Cosa nostra, per la DIA, emblematico è il dato che la Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta abbia "dato esecuzione a un decreto di sequestro di due terreni con impianti eolici ubicati in provincia di Potenza, rientranti nel patrimonio di un soggetto contiguo al clan Rinzivillo di Gela, articolazione nissena di Cosa nostra";

purtroppo, non è tutto perché la Basilicata non è soltanto presa d'assalto dalle mafie made in Italy, ma anche da quelle di provenienza straniera: la malavita nigeriana in particolare, con "strutture criminali basate su appartenenza etnica, organizzazione gerarchica, struttura militare, riti di iniziazione e codici comportamentali";

il maggior apporto nel locale panorama criminale "si manifesta, peraltro, nel narcotraffico, poiché le cosche calabresi, la camorra e la mafia pugliese, foggiana, andriese, barese e tarantina, continuano a rappresentare per gli storici gruppi criminali locali i maggiori mercati di riferimento per l'approvvigionamento degli stupefacenti da destinare al successivo spaccio nella regione". Tuttavia, "essendo chiaro l'interesse ad alimentare la ormai florida piazza lucana con l'immissione della droga da più fronti, tali associazioni sfruttano anche l'ambizione delle 'giovani leve' criminali, che proprio in tale ambito hanno la possibilità di crescere e ritagliarsi spazi di operatività";

l'attività di produzione in loco, poi, di sostanze stupefacenti è veramente florida. Gli investigatori, che indagavano su un calabrese e due marocchini, hanno scoperto a Venosa (Potenza), in località "Mattinelle-Santa Lucia", l'esistenza di un fabbricato con attrezzature meccaniche e macchine per la lavorazione della droga, nel quale erano stati prodotti oltre 100 chilogrammi di marijuana. Sui terreni in prossimità della struttura, "sono state individuate sette serre, con 11 mila piante di cannabis indica";

in Basilicata, inoltre, continuano anche i consistenti sequestri di TLE (tabacchi lavorati esteri) di contrabbando e di merci con marchi contraffatti, di diversa provenienza e destinazione extraregionale Si apprende dalla relazione della DIA: "In via generale è, comunque, confermata una predilezione dei sodalizi per le attività di riciclaggio e reinvestimento dei patrimoni illeciti. In particolare, nella fascia costiera del materano, si evidenzia una tendenza al controllo monopolistico delle attività imprenditoriali anche attraverso sistematiche e pressanti attività d'intimidazione";

oltre a citare lo scioglimento del Comune di Scanzano Jonico (Matera) per infiltrazioni mafiose, per la DIA il fenomeno, "messo emblematicamente in evidenza dagli esiti delle inchieste 'Vladimir' e 'Centouno' continua a trovare un prepotente riscontro nei danneggiamenti, incendi e negli atti intimidatori e di minaccia posti in essere ai danni dei titolari di attività imprenditoriali e commerciali, di aziende agricole e, in molti casi, anche di rappresentanti delle istituzioni e degli enti pubblici locali";

a tali forme di pressione criminale si associano, inoltre, i frequenti furti di strumenti e macchinari da lavoro, di mezzi agricoli o per movimento terra, di macchine industriali (escavatori, autocarri, eccetera), cui fanno seguito le consuete richieste estorsive;

di recente, si stanno diffondendo, in connessione con la particolare vocazione agricola della regione, anche furti di gasolio agricolo. "Come già rilevato per altre realtà criminali, tali fenomeni delinquenziali costituiscono per le mafie le porte d'accesso per infiltrare interi comparti economici, indebolendo l'imprenditoria che opera legalmente, sottraendole mercato e mettendo in definitiva a rischio la stessa qualità dei prodotti e dei servizi. I settori più aggrediti in Basilicata sono l'agroalimentare, le attività commerciali, l'edilizia, gli appalti per le opere pubbliche o private, come nel caso dei cantieri per impianti estrattivi ed eolici, il ciclo dei rifiuti, l'indotto del turismo, tutti settori dell'economia regionale in fase di espansione",

si chiede di sapere:

quali urgenti e concrete iniziative il Ministro in indirizzo intenda intraprendere al fine di contrastare il fenomeno mafioso che sta dilagando anche in Basilicata, territorio comunque lontano dai livelli di pericolo in atto in altre regioni, ma che presenta tuttavia temibili formazioni autoctone in fase di ricompattamento e riorganizzazione, oltre ad evidenze di permeabilità da parte delle consorterie criminali delle regioni confinanti;

se non ritenga che la lotta alla mafia non possa restare confinata nel territorio regionale ma che debba essere affrontata nelle sedi proprie della politica nazionale.

(4-03881)

LAFORGIA, DE PETRIS - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Premesso che:

in data 20 luglio 2020 due operai di 53 e 29 anni sono caduti dall'impalcatura di un palazzo in ristrutturazione, che ha ceduto facendoli precipitare per circa 20 metri. I due operai sono morti sul colpo, andando ad accrescere il drammatico bilancio degli incidenti sul lavoro di quest'anno;

a quanto si apprende dalle notizie della stampa i lavoratori erano imbragati ma non agganciati alla struttura di supporto, rendendo fatale il cedimento dell'impalcatura. Il delegato della CGIL Gianni Lombardo ha affermato che dalle prime ricostruzioni non sembrano essere state rispettate le misure necessarie previste dal cantiere. Anche le altre forze sindacali hanno stigmatizzato l'ennesimo incidente mortale sul lavoro, al fine di richiedere interventi urgenti ed efficaci per fermare questa strage intollerabile;

la Procura ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, disponendo il sequestro di alcuni macchinari utilizzati nell'area di lavoro;

i dati della relazione annuale dell'INAIL del 2019 registrano poco meno di 645.000 denunce di infortuni accaduti nel 2019 (infortuni riconosciuti circa 405.500 casi, di cui circa il 18,6 per cento "con mezzo di trasporto" o "in itinere") e 1.156 le denunce di infortunio mortale (gli accertati sono 628);

nonostante il Ministro in indirizzo abbia dichiarato la celere apertura di un tavolo in merito, è evidente come gli infortuni e gli incidenti mortali, calati nei mesi di marzo e aprile per effetto del lockdown, abbiano ripreso ad aumentare velocemente,

si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda intraprendere al fine di garantire controlli efficaci presso le aziende, incrementando il lavoro degli ispettori volto a prevenire la mancata applicazione della normativa su sicurezza e prevenzione.

(4-03882)

CASOLATI, BERGESIO, FERRERO, MONTANI, PIANASSO - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:

l'autostrada A4-A5 diramazione Ivrea-Santhià, denominata anche raccordo Ivrea-Santhià, congiunge l'autostrada A4 (Torino-Milano), nei pressi di Santhià, con l'autostrada A5 (Torino-Aosta), nei pressi di Ivrea, più precisamente vicino a Pavone Canavese; la gestione è affidata in concessione alla società Ativa;

dall'agosto 2018, gli utenti che percorrono la bretella in carreggiata nord, una volta giunti allo svincolo con la A5, non possono proseguire verso Torino a causa della chiusura dello svincolo, essendo dunque costretti a deviare verso Ivrea, uscire e rientrare in direzione Torino;

secondo le spiegazioni fornite dalla società concessionaria Ativa, la ragione di tale chiusura è riconducibile a questioni di sicurezza, e la riapertura dello svincolo sarebbe subordinata al parere positivo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sui lavori di ristrutturazione del cavalcavia 21, nel contesto più generale del "nodo idraulico" di Ivrea, progettato per mettere in sicurezza l'autostrada in caso di alluvione;

la società concessionaria aveva individuato il 31 gennaio 2020 come data di riapertura dello svincolo, ma ad oggi non è cambiato nulla e al momento pare che la chiusura si protrarrà fino al 2021, come invero testimoniato dalla cartellonistica temporanea recentemente sostituita da quella ordinaria;

considerato che:

notevoli sono i disagi causati a quanti si trovino a percorrere, più o meno frequentemente, il raccordo Ivrea-Santhià, giacché costretti ad uscire ad Ivrea per l'impossibilità di proseguire per Torino;

ai disagi si aggiunge il danno economico per i cittadini, visto che l'entrata e l'uscita al casello di Ivrea, cui sono obbligati gli automobilisti, comportano il pagamento del pedaggio,

si chiede di sapere se e quali azioni di competenza il Ministro in indirizzo intenda attivare, anche rispetto alla società concessionaria Ativa, per la sollecita riapertura dello svincolo per Torino sul raccordo Ivrea-Santhià della A4-A5 in carreggiata nord.

(4-03883)

LANNUTTI, VANIN, PAVANELLI, PRESUTTO, FERRARA - Al Ministro della salute. - Premesso che:

in seguito all'epidemia della Sars, nel 2003 l'Organizzazione mondiale della sanità aveva chiesto a tutti i Paesi del mondo di aggiornare i loro piani pandemici, inserendo anche un'eventuale pandemia da coronavirus. Richiesta che venne esaudita dall'allora Ministro della salute Girolamo Sirchia, che adottò un "piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale". Il piano assicurava la distribuzione di materiale di protezione al personale sanitario, il controllo del funzionamento dei sistemi di sanificazione e disinfezione, l'individuazione di appropriati percorsi per i malati o sospetti tali;

l'ultimo aggiornamento di quel piano risulta essere stato fatto nel 2010, dal ministro Ferruccio Fazio. Da quel piano mancavano: lo stoccaggio delle mascherine, dei dispositivi di protezione individuali che avrebbero dovuto essere distribuiti a medici, infermieri e alle categorie più esposte come le forze dell'ordine e a tutela di quelle più fragili come gli anziani, i protocolli per i presidi ospedalieri e anche il fabbisogno delle terapie intensive;

considerato che, a quanto risulta agli interroganti:

dal 2014 al 2017 a capo della direzione della prevenzione del Ministero della salute (da cui dipendevano proprio i piani pandemici) c'era stato proprio quel Ranieri Guerra che nel 2017 sarebbe stato chiamato a Ginevra per ricoprire la carica di direttore aggiunto dell'OMS;

secondo quanto riportato dal libro "Protocollo contagio", scritto da Franco Fracassi, anche le amministrazioni regionali non avrebbero aggiornato i loro rispettivi piani pandemici;

il piano pandemico della Regione Lombardia, per esempio, non sarebbe stato più aggiornato dal 2009. E quando l'anno successivo fu stilata una tabella per verificare quali buoni propositi si fossero trasformati in atti concreti il verdetto fu poco incoraggiante: quasi nessuno. Mancava all'appello l'assistenza domiciliare integrata. Ovvero, tutti quegli aiuti che potevano arrivare al malato per far sì che questi fosse rimasto a casa il più a lungo possibile, fino a quando il ricovero in ospedale non sarebbe diventato inevitabile. Nel piano lombardo le residenze sanitarie per anziani non sarebbero state mai nominate,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di questi fatti;

se non ritenga di dover far redigere quanto prima dalla Direzione della prevenzione del Ministero un nuovo piano pandemico, aggiornato alle vicende del COVID-19;

se non ritenga necessario portare le Regioni, cui è affidata la competenza diretta della gestione della sanità, a redigere un proprio piano pandemico, compatibile con quello nazionale e simile a quello delle altre Regioni;

se non ritenga di dover prendere provvedimenti nei confronti delle eventuali inadempienze durante la dirigenza al Ministero del professor Ranieri Guerra, rivalutando la prosecuzione delle sue funzioni presso l'OMS.

(4-03884)

LANNUTTI, VANIN, PRESUTTO, PIRRO, TRENTACOSTE, FERRARA - Al Ministro della giustizia. - Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:

il condominio "Residence lotto 75 Piccola Svizzera" (circa 55 famiglie) situato a Tagliacozzo (L'Aquila) nel 2010 ha deciso, attraverso mandato assembleare, di denunciare il proprio amministratore di condominio per una presunta truffa del valore di ben 200.000 euro. La denuncia è finita sulla scrivania del sostituto procuratore di Avezzano, Maurizio Maria Cerrato, che ne ha chiesto l'archiviazione, benché il giudice per le indagini preliminari abbia poi deciso di rinviare a giudizio l'amministratore denunciato dai condomini;

il 28 aprile 2016 il condominio "I Faggi 2" (che ospita 25 famiglie), collocato a Campo Rotondo, frazione del comune di Cappadocia (L'Aquila), ha dato mandato assembleare per denunciare l'amministratore (esposto datato 9 agosto 2017) sulla base di un'informativa della Guardia di finanza di Avezzano, in base alla quale questi risulterebbe essere incompatibile con la professione di amministratore condominiale, in quanto agente immobiliare titolare anche di agenzia immobiliare. Denuncia per la quale il sostituto procuratore di Avezzano ha chiesto l'archiviazione al giudice per le indagini preliminari;

il 27 aprile 2017 le palazzine A, B e C del condominio "I Bucaneve" (50 famiglie), collocato a Campo Rotondo, ha dato mandato di adire le vie giudiziarie contro l'amministratrice del condominio, la signora P.N.. Denuncia per la quale lo stesso sostituto procuratore di Avezzano ha chiesto l'archiviazione al giudice per le indagini preliminari;

l'8 aprile 2017 il condominio Marina Residenziale (55 famiglie), collocato a Campo Rotondo, ha deciso di denunciare l'amministratrice del condominio, la signora P.N. (la stessa de "I Bucaneve"). Anche in questo caso, la denuncia non ha avuto seguito in quanto il sostituto procuratore di Avezzano ne ha chiesto l'archiviazione al giudice per le indagini preliminari;

la stessa amministratrice di condominio, la signora P.N., il 19 agosto 2017 è stata oggetto di un altro esposto inerente alla sua gestione condominiale. Anche in questo caso, la denuncia è finita sulla scrivania del medesimo sostituto procuratore, che ne ha chiesto l'archiviazione;

la stessa amministratrice è stata denunciata nuovamente dai condomini de "I Bucaneve", perché dal 2015 al 2017 aveva fatturato compensi senza possedere una partita IVA, che risulta chiusa il 31 dicembre 2014. Nello stesso periodo, la suddetta amministratrice risultava gestire un condominio di Tagliacozzo, in via Roma n. 39, che ospita appartamenti delle case popolari dell'Abruzzo, quindi di proprietà pubblica, senza però essere in possesso di partita IVA. Fatta la denuncia su questa "anomalia", per l'ennesima volta il sostituto procuratore di Avezzano ha chiesto l'archiviazione al giudice per le indagini preliminari;

considerato che:

si tratta di condomini diversi e che, secondo quanto ricostruito e denunciato pubblicamente dall'associazione per i diritti dei cittadini "Aiceberg", dietro la gestione di questi condomini potrebbe nascondersi in realtà la criminalità organizzata proveniente da altre regioni d'Italia;

anche l'associazione antimafia "Caponnetto", che opera in tale realtà, ha più volte denunciato forme di evasione, frodi fiscali o truffe perpetrate specialmente nell'amministrazione di grossi condomini da parte di soggetti addentro al settore turistico e immobiliare, che in realtà potrebbero nascondere ipotesi di reato ben più gravi e inquinanti per l'economia locale;

gli interroganti ritengono inconsueto il fatto che tutte le denunce fatte a carico di una singola amministratrice, seppur avanzate da soggetti diversi, finiscano sempre con una richiesta di archiviazione, anche quando vi sono evidenze di irregolarità, come il non possesso di partita IVA, necessaria a potere esercitare il ruolo di amministratore di condominio,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e se intenda attivare i poteri ispettivi di propria competenza per far luce sulle vicende descritte.

(4-03885)

Interrogazioni, da svolgere in Commissione

A norma dell'articolo 147 del Regolamento, la seguente interrogazione sarà svolta presso la Commissione permanente:

4ª Commissione permanente (Difesa):

3-01809 della senatrice Garavini, sulle associazioni sindacali per i militari italiani.

Interrogazioni, ritiro

È stata ritirata l'interrogazione 3-01804 del senatore Ruotolo ed altri.