Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 106 del 03/04/2019
Azioni disponibili
SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVIII LEGISLATURA ------
106a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO STENOGRAFICO
MERCOLEDÌ 3 APRILE 2019
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Presidenza del vice presidente TAVERNA,
indi del vice presidente ROSSOMANDO,
del vice presidente LA RUSSA
e del presidente ALBERTI CASELLATI
N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Forza Italia-Berlusconi Presidente: FI-BP; Fratelli d'Italia: FdI; Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: L-SP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico: PD; Per le Autonomie (SVP-PATT, UV): Aut (SVP-PATT, UV); Misto: Misto; Misto-Liberi e Uguali: Misto-LeU; Misto-MAIE: Misto-MAIE; Misto-Più Europa con Emma Bonino: Misto-PEcEB; Misto-PSI: Misto-PSI.
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RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza del vice presidente TAVERNA
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,31).
Si dia lettura del processo verbale.
LAFORGIA, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori
PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.
Sulla situazione in Venezuela
ALFIERI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALFIERI (PD). Signor Presidente, ieri il presidente Casini è intervenuto sulla situazione in Venezuela, che sta peggiorando. Purtroppo questa notte è stata fermata e detenuta per qualche ora Mariela Magallanes, la deputata venezuelana che alcuni di noi hanno incontrato nelle settimane scorse anche a Roma. Mariela è anche cittadina italiana, quindi, a maggior ragione, chiediamo che intervenga subito il ministro degli esteri Moavero Milanesi.
Ieri sono accadute due cose: dopo che il tribunale supremo di giustizia ha destituito Guaidó, gli è stata anche tolta l'immunità parlamentare; in generale, e questa notte in particolare con la conferma dell'arresto all'aeroporto di Caracas di Mariela Magallanes, il regime sta mettendo in atto un'azione di repressione nei confronti dei deputati dell'opposizione, proprio nel momento in cui l'attenzione della comunità internazionale viene meno. Non si rispetta più l'immunità parlamentare, un istituto che serve soprattutto a tutelare le opposizioni: è una conferma ulteriore che ci si accanisce nei confronti di chi sta facendo opposizione in Venezuela e che mostra il vero volto di Maduro, il quale purtroppo ha trovato tolleranza e sponde anche all'interno del Parlamento italiano.
Penso che non ci siano più scuse e alibi per non condannare con fermezza il regime di Maduro e per non schierarsi a difesa della comunità venezuelana, che vede nell'arresto e nella detenzione di una parlamentare venezuelana ma con cittadinanza italiana - poi fortunatamente liberata questa mattina - la conferma delle nostre preoccupazioni.
Chiediamo quindi al Ministro degli affari esteri di intervenire in maniera molto netta e chiara a tutela di una cittadina italiana. Mi sembrava giusto questa mattina riconfermare il nostro orientamento e attirare anche questa mattina l'attenzione del Parlamento su quanto sta accadendo in Venezuela. (Applausi dal Gruppo PD).
MALAN (FI-BP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (FI-BP). Signor Presidente, anche io mi associo a questa richiesta. Non credo che si possa restare indifferenti di fronte a questa situazione che noi prevedevamo da settimane, quando si scelse di non approvare alcune mozioni, tra le quali quella di Forza Italia che chiedeva l'esplicito riconoscimento di Juan Guaidó come Presidente provvisorio, e di conseguenza colui al quale doveva essere affidata la possibilità di convocare le elezioni.
Sappiamo bene che Maduro, prima di tutto, non è un legittimo Presidente (lo dicono anche esponenti del Governo, salvo poi non essere conseguenti); in secondo luogo, indipendentemente dalla legittimità della presidenza di Maduro, quest'ultimo non è intenzionato a convocare le elezioni, ma anzi intende mettere in atto un'azione apertamente ostile nei confronti del Parlamento in quanto tale. La cancellazione delle prerogative e, di conseguenza, del Parlamento dimostra chiaramente che non c'è alcuna possibilità di avere delle elezioni in Venezuela se non attraverso la convocazione da parte di qualcuno che non sia Maduro. E questo qualcuno non può che essere Juan Guaidó.
Il Governo non può continuare a tenere una posizione che davanti alla comunità internazionale e ai venezuelani, in particolare ai tanti italiani che risiedono in Venezuela, ci fa apparire come un Governo che sta dalla parte di Maduro, sia pur con tutte le ambiguità del caso. È una cosa inaccettabile e non possiamo restare indifferenti.
PRESIDENTE. La Presidenza si fa carico di trasmettere al Governo le richieste avanzate dai senatori.
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(844) Deputato SALAFIA ed altri. - Disposizioni in materia di azione di classe (Approvato dalla Camera dei deputati)
(583) RICCARDI. - Disposizioni in materia di azione di classe
(Relazione orale) (ore 9,38)
Approvazione del disegno di legge n. 844
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 844, già approvato dalla Camera dei deputati, e 583.
Ricordo che nella seduta di ieri i relatori hanno svolto la relazione orale e ha avuto luogo la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Girotto.
GIROTTO, relatore. Signor Presidente, membri del Governo, colleghi, vorrei contestualizzare brevemente il tema che stiamo trattando. Tutti ricorderanno lo scandalo Dieselgate nel quale si appurò che Volkswagen... (Brusio).
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Girotto.
Colleghi, i lavori dell'Assemblea sono iniziati. Permettete cortesemente che vengano svolti in un clima di silenzio. Vi ringrazio.
Prego, senatore Girotto, prosegua.
GIROTTO, relatore. Grazie, signor Presidente.
Come dicevo, tutti ricordano lo scandalo Dieselgate nel quale emerse come Volkswagen truccava i dati facendo risultare che le emissioni inquinanti delle proprie auto e i consumi fossero addirittura del 50 per cento più bassi rispetto a quelli reali. Quindi una truffa pazzesca perpetrata in danno di centinaia di migliaia di clienti-consumatori. Anche FCA per alcuni modelli dichiarava il 18 per cento di emissioni in meno rispetto alla realtà. Ebbene, queste class action sono ancora in corso e sono molto al di là dal concludersi, e ciò perché l'attuale norma che regolamenta la class action - che, lo ricordiamo, è del 2005 - prevede una procedura lunga e farraginosa. Eppure parliamo di danni certi e appurati - perché i test reali hanno dimostrato la falsità delle dichiarazioni - che riguardano, come dicevo, centinaia di migliaia di persone.
Sempre le case automobilistiche hanno poi un'altra grana, un'altra class action in corso, perché alcune di loro hanno fatto cartello con le loro società finanziarie: accadeva che quando vendevano l'auto a rate con il finanziamento, i tassi di interesse erano gonfiati perché le aziende avevano fatto cartello. Quindi i clienti stanno pagando più di quello che avrebbero dovuto pagare se ci fosse stata una concorrenza leale e giusta.
Cosa dire, poi, della società Intesa Sanpaolo che è stata condannata a seguito di una delle poche class action che ci sono state? Infatti, se siamo qui oggi con questa urgenza che in molti ieri hanno deprecato, è perché le class action attuali sono molto difficili da avviare, molto costose, con procedure molto lente e farraginose, però qualcuna è arrivata a buon fine, dimostrando che ci sono comportamenti scorretti. Per esempio, la società Intesa Sanpaolo ha dovuto pagare perché aveva inserito delle commissioni non dovute su alcuni conti correnti in rosso. Questa è una delle poche class action che è arrivata a buon fine.
Inoltre, vorrei chiedere a tutti i presenti, anche a lei Presidente, se avete un account Facebook (penso che la risposta sia scontata). Lo sapete che c'è una class action in corso - anche questa molto al di là da venire - contro Facebook con la richiesta di 250 euro di risarcimento danni per ciascun account? Circa un paio di anni fa Facebook, non vigilando adeguatamente, permise infatti ad una società di consulenza di trafugare tutta una serie di dati personali, che ancora tre anni fa avevano un valore economico di 18.000 euro (quindi ognuno dei vostri account Facebook vale potenzialmente 18.000 euro).
Vogliamo quindi chiudere questo provvedimento, perché riteniamo che aiuterà le aziende oneste, le riporterà in un ambito di concorrenza più giusta perché le aziende che ora approfittano della farraginosità, della lentezza e del costo di questo strumento, ne traggono indebiti vantaggi e quindi fanno concorrenza sleale.
In molti interventi che ho ascoltato attentamente ieri si diceva che esiste il rischio di ledere il buon nome di società, verso le quali magari viene intentata una class action e che poi possono risultare certamente innocenti. Questo è però un problema generale che la giustizia ha da sempre. Da sempre la notizia di un'accusa viaggia un milione di volte di più della notizia di un'assoluzione; non è un problema solo di questo strumento che, peraltro, ricordo necessita di un giudizio di ammissibilità. Quindi o voi vi prendete l'onere di dire che i giudici che valuteranno tale ammissibilità sono tutti incompetenti, oppure ammettete che ci sarà un giudice che, vagliando sull'ammissibilità, bloccherà delle azioni assolutamente pretestuose che non hanno senso e non stanno in piedi. Ribadisco che questo è un problema generale della giustizia.
Due settimane fa, un giudice ha stabilito l'innocenza di una ONG molto nota a livello mondiale che era stata accusata di traffico illecito internazionale di rifiuti biologici avendo scaricato in un cassonetto alcuni maglioni e alcuni capi di biancheria di immigrati che aveva salvato dai famosi barconi della speranza. Ovviamente la notizia dell'accusa è stata divulgata sulle prime pagine di tutti i giornali; la notizia dell'assoluzione bisogna invece andarla a cercare a pagina 40 di qualche giornale. Quindi questo è una problema generale di tutto il sistema giudiziario. Noi pensiamo, comunque, che con questo strumento la concorrenza ritornerà ad un livello più giusto.
Poi, ho sentito altri presunti difetti di questo strumento ma anche in questo caso l'obiezione che vorrei porre è sempre la solita: questa procedura era iniziata nella scorsa legislatura ed era stata approvata alla Camera all'unanimità. Se veramente c'era la volontà di chiudere questo strumento limandone i presunti difetti, si poteva fare, ma non è stato fatto. Quindi noi adesso ci prendiamo l'onere e l'onore di dire che siamo convinti di aver trovato un buon compromesso... (Brusio).
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, si può diminuire un pochino il tono della voce mentre parlate tra di voi? È insopportabile.
GIROTTO, relatore. Grazie, Presidente.
Dicevo che ci prendiamo l'onere e l'onore di pensare di aver trovato un buon compromesso ma, non avendo la presunzione di essere infallibili come più volte sottolineato anche dal ministro Bonafede, valuteremo e vigileremo attentamente lo svolgersi delle prime nuove class action per vedere se ci sono effettivamente dei difetti o degli aspetti che si possono migliorare, anche monitorando, ovviamente, quanto verrà fatto in Europa, perché il pacchetto di direttive è ancora in corso.
Vigileremo, quindi, sul testo definitivo al fine di essere coerenti con quello che le direttive imporranno, agendo anche ex post e controllando l'effettiva efficacia dello strumento, che però siamo sicuri accelererà e renderà più efficaci le nuove class action. Pertanto limeremo in corso d'opera eventuali difetti. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd'Az).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Pepe.
PEPE, relatore. Signor Presidente, vorrei fare alcune considerazioni.
Anzitutto l'idea di trasfondere l'azione di classe dal codice di consumo all'interno del codice di procedura civile ha fatto sì che essa diventasse uno strumento di più ampia portata e di più ampia applicazione. Allo stesso tempo, ci troviamo dinanzi ad una tutela che è più diffusa in quanto è stato ampliato sia l'ambito soggettivo che l'ambito oggettivo dell'azione. Ciò significa che il cittadino, che fa parte di una determinata classe ed è titolare di diritti individuali ed omogenei, può esercitare l'azione a tutela dei suoi diritti. Non c'è quindi più un riferimento ai consumatori o agli utenti, ma viene superata di gran lunga questa ristretta catalogazione. Ciò significa anche che ciascun componente della classe può esercitare l'azione, così come le organizzazioni o le associazioni senza scopo di lucro che hanno come fine la tutela dei suddetti diritti.
Rispetto invece all'ambito oggettivo, da una parte è possibile percepire l'ampliamento della portata in quanto l'azione è esperibile a tutela delle situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive per l'accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni; dall'altra parte, il fatto di aver reso l'azione di classe un procedimento sommario di cognizione all'interno del codice di rito, significa che è rafforzata, più efficace e più incisiva l'azione a tutela dei cittadini che si sentono lesi nei loro diritti: allo stesso tempo, però non si può sottacere che viene anche ampliata la garanzia di chi è destinatario dell'azione. Infatti, sia nella fase dell'ammissibilità dell'azione sia nella fase successiva dell'accoglimento dell'adesione, ma anche della condanna, il destinatario dell'azione, essendo all'interno di un procedimento canonizzato negli atti, nei tempi e nella procedura, sicuramente avrà il diritto di difendersi e la possibilità di dimostrare, qualora l'azione esperita nei suoi confronti fosse infondata, che si trova dalla parte della ragione e non dalla parte del torto. Pertanto, anche da questo punto di vista, ritengo che lasciar credere o tentare di lasciar credere che la norma sia ciecamente squilibrata nei confronti di chi vuole esperire l'azione di classe non sia del tutto fondato in quanto il procedimento, canonizzato con il rito sommario di cognizione, va anche a garanzia del destinatario dell'azione di classe. (Applausi dai Gruppi L-SP-PSd'Az e M5S).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
MORRONE, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, non intendo intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Comunico che è pervenuto alla Presidenza - ed è in distribuzione - il parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti, che verrà pubblicato in allegato al Resoconto della seduta odierna.
Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge n. 844, nel testo approvato dalla Camera dei deputati.
Procediamo all'esame dell'articolo 1, sul quale sono stati presentati emendamenti e un ordine del giorno che si intendono illustrati e su cui invito i relatori e il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
GIROTTO, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti e sull'ordine del giorno.
MORRONE, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.1, presentato dai senatori De Poli e Caliendo.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.2.
MODENA (FI-BP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MODENA (FI-BP). Signor Presidente, colleghi, ci dispiace che sull'emendamento in esame ci sia un parere negativo dei relatori e in modo particolare del Governo, perché da un lato la normativa non prevede la possibilità di una liquidazione omogenea e unitaria dei danni. Come dicevo in sede di discussione generale, abbiamo un problema riferito a una responsabilità indefinita e quindi non solo di carattere contrattuale. Ci troviamo poi di fronte a delle imprecisioni normative, soprattutto quando si va a toccare il codice di procedura civile, perché non vengono escluse alcune azioni di natura societaria.
Invitiamo dunque il Governo e la maggioranza a ripensare al parere contrario che è stato espresso.
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.2, presentato dalla senatrice Ronzulli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.3, presentato dai senatori Gasparri e Caliendo.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Passiamo all'emendamento 1.4, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.
Essendone stata avanzata richiesta, indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.4, presentato dalla senatrice Bellanova e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.5 (testo corretto).
MODENA (FI-BP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MODENA (FI-BP). Signor Presidente, intervengo in dichiarazione di voto sull'emendamento 1.5 (testo corretto), che ricalca anche l'emendamento 1.12. Sono due proposte entrambe rilevanti, e per questo insistiamo per il loro accoglimento, visto che riguardano il problema della sovrapposizione delle azioni. È infatti necessario indicare che l'adesione all'azione di classe comporta una rinuncia all'azione individuale fondata sul medesimo titolo; altrimenti si rischia oggettivamente di assistere ad un gioco delle parti, con riferimento alla possibilità di esperire l'azione.
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.5 (testo corretto), presentato dalla senatrice Ronzulli e da altri senatori.
CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, ci sono dei colleghi che stanno ritirando la tessera: è un fatto di rispetto!
PRESIDENTE. Senatore Casini, siamo in fase di votazione: il fatto di rispetto è entrare in Aula quando inizia la seduta. Non devo attendere chi non è ancora arrivato a votare. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd'Az).
La prego inoltre di domandare la parola per intervenire sull'ordine dei lavori e non in questa maniera rivolgendosi direttamente alla Presidenza.
CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, ha perfettamente ragione e concordo con lei sul fatto che bisogna arrivare in orario.
PRESIDENTE. La ringrazio.
CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, le chiedo però la cortesia di attendere qualche istante se un senatore ritarda di trenta secondi ed è già dentro l'Aula ma sta aspettando di ritirare la tessera di votazione, visto che c'è la fila. Credo sia un fatto di cortesia.
PRESIDENTE. Senatore Casini, non sono trenta secondi ma venticinque minuti.
Proseguiamo dunque con le votazioni.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.5 (testo corretto), presentato dalla senatrice Ronzulli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.6 (testo corretto), presentato dai senatori De Poli e Caliendo.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 1.8 (testo corretto).
MODENA (FI-BP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MODENA (FI-BP). Signor Presidente, colleghi, intervengo su questo emendamento, che si collega all'1.14, quindi parlerò di entrambi. Si tratta di una questione molto importante: se l'azione di classe non è dichiarata ammissibile è necessario che sia data pubblicità alla stessa. Non si può, cioè, mettere in piedi un'azione di classe, che danneggia evidentemente l'immagine di un'azienda, senza avere delle conseguenze; pertanto, si compra una pagina sul web o sui giornali e si dichiara che quell'azione è inammissibile. Non solo, l'emendamento è importante perché cerca anche di riequilibrare l'onere della prova, che è completamente sbilanciato, anche con riferimento ai princìpi generali del nostro ordinamento, ed elimina la parte relativa all'adesione dopo la sentenza.
Approfitto per dire al relatore - da me ascoltato con attenzione - che secondo me non è accettabile l'idea che solo le aziende oneste non debbano avere nulla da temere: non si può ragionare in questo modo in un disegno di legge in materia di azione di classe. Cosa vuol dire «azienda onesta»? Non possiamo certo mettere una patente di onestà né questa può essere data da un magistrato, e non perché questo sia incompetente ma perché se abbiamo tre gradi di giudizio costituzionalmente garantiti un motivo ci sarà. Il ragionamento sottostante che è stato fatto è aberrante perché un'azienda non deve avere o no la patente di onestà; deve stare sul mercato, e quindi avere la possibilità, se viene intentata strumentalmente un'azione di classe, quantomeno di difendersi. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
Sui lavori del Senato
MARINO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARINO (PD). Signor Presidente, mi ricollego a quanto ho appena sentito nel chiedere alla Presidenza se per favore potesse raccordarsi con le Presidenze delle Commissioni bicamerali. Essendoci, ad esempio, uno slittamento fra l'inizio dei lavori al Senato (alle 9,30) e alla Camera (alle 10), attualmente è ancora in corso la Commissione bicamerale di vigilanza sull'anagrafe tributaria e questo pone qualche problema. Siccome è brutto fare domande e non ascoltare le risposte, ma d'altra parte questo interferisce con i lavori, se la Presidenza del Senato, insieme a quella della Camera, chiedesse almeno il rispetto della tempistica, in modo tale che anche i senatori che iniziano prima i lavori d'Assemblea possano partecipare alle sedute di Commissione, penso sarebbe cosa gradita e permetterebbe anche ad alcuni di noi di non arrivare in ritardo.
PRESIDENTE. Senatore Marino, sottoporremo la questione alla Conferenza dei Capigruppo.
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 844 e 583 (ore 9,59)
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della prima parte dell'emendamento 1.8 (testo corretto), presentato dalla senatrice Ronzulli e da altri senatori, fino alle parole «del rito.».
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Risultano pertanto preclusi la restante parte e l'emendamento 1.7.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.9, presentato dal senatore Cucca e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.10, presentato dai senatori Gasparri e Caliendo.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.11, presentato dai senatori De Poli e Caliendo.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.12, presentato dalla senatrice Ronzulli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.13, presentato dalla senatrice Ronzulli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.14, presentato dalla senatrice Ronzulli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.15.
CALIENDO (FI-BP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALIENDO (FI-BP). Signor Presidente, con gli emendamenti 1.15 e 1.16 si vuole, né più né meno, introdurre un principio, che è fondamentale in tutti i sistemi processuali, in base al quale l'anticipazione delle spese per il consulente tecnico è a carico solidale di entrambe le parti. Nel provvedimento, invece, per la prima volta si legge che tutte le spese processuali - mi riferisco all'anticipo - per il consulente tecnico sono a carico del resistente, il che stride davvero con le leggi approvate dal Parlamento e anche con la prassi.
La domanda è la seguente: si tratta soltanto di un'immagine di aggressività nei confronti dell'imprenditore che si vuol dare, oppure qual è la ragione? Credo che l'emendamento possa essere condiviso anche da parte della maggioranza, perché si tratta di una correzione tecnica. Se invece non verrà condiviso, vorrà dire che si intende decidere senza alcun apporto delle opposizioni, il che è sempre sbagliato. (Applausi del senatore Moles).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.15, presentato dal senatore Caliendo e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.16, presentato dal senatore Caliendo e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.17, presentato dal senatore Caliendo e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.18, presentato dai senatori De Poli e Caliendo.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.19, presentato dai senatori De Poli e Caliendo.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.20, presentato dai senatori De Poli e Caliendo.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della prima parte dell'emendamento 1.21, presentato dalla senatrice Bellanova e da altri senatori, fino alle parole «e h)».
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Risultano pertanto preclusi la restante parte e l'emendamento 1.22.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.23, presentato dal senatore Caliendo e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.24, presentato dal senatore Cucca e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.25, presentato dalla senatrice Bellanova e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della prima parte dell'emendamento 1.26, presentato dal senatore Cucca e da altri senatori, fino alle parole «settimo comma».
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Risultano pertanto preclusi la restante parte e l'emendamento 1.27.
Passiamo all'emendamento 1.28, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.
Essendone stata avanzata richiesta, passiamo alla votazione.
MODENA (FI-BP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MODENA (FI-BP). Signor Presidente, l'emendamento 1.28 riguarda il problema delle spese del procedimento. Andiamo a inserire degli stravolgimenti nel codice di procedura civile, addirittura prevedendo il premio all'avvocato della controparte. Mi dovete spiegare se questa previsione poggia sul fatto che nella procedura di fallimento le spese legali sono prededucibili, oppure se è un modo per andare a incentivare le azioni di classe: infatti, chi le fa, sia che rappresenti un'associazione - magari senza neanche un mandato - che un singolo, ha diritto a un premio in più oltre a quanto viene normalmente liquidato.
Questa è una cosa fondamentalmente aberrante, nel senso che poteva essere inserita in una normativa speciale, ma non nel codice di procedura civile.
Cerchiamo di non esagerare e, cortesemente, riflettiamo un attimo su questa normativa. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.28, presentato dalla senatrice Ronzulli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.29, presentato dal senatore Caliendo e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.30, presentato dal senatore Caliendo e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.31, presentato dal senatore Caliendo e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.32, presentato dal senatore Cucca e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.33, presentato dai senatori De Poli e Caliendo.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.34, presentato dai senatori Gasparri e Caliendo.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.35.
MODENA (FI-BP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MODENA (FI-BP). Siamo praticamente arrivati alla fine dell'esame degli emendamenti, e - mi scuserete - devo intervenire sull'emendamento 1.35, che riguarda l'azione inibitoria.
Il Governo - come sapete - nella manovra ha tentato - non entro nel merito - di cercare un equilibrio quando si deve agire - ad esempio - contro un'azienda che produce delle emissioni che danno fastidio o sono dannose. Dopodiché, nella normativa in esame, che - lo ripeto - va a modificare il codice di procedura civile, si fa un'azione inibitoria che può essere proposta sempre, non si sa soggettivamente da chi, non si sa oggettivamente come e non si sa con che tipo di finalità - su questo ci sono maestri e io lo dico in sintesi, perché cerchiamo di essere più brevi possibile - per cui si può andare a bloccare l'attività di un'azienda senza fissare dei paletti certi.
Cerchiamo allora, innanzitutto, di capire chi può fare un'azione inibitoria, attribuendo la legittimazione attiva, perché anche questo è importante per la certezza dei comportamenti che devono tenere le aziende. Invito, quindi, la maggioranza e il Governo a rivedere il loro orientamento anche su questo aspetto. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.35, presentato dalla senatrice Ronzulli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Passiamo all'emendamento 1.36, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.
Essendone stata avanzata richiesta, procediamo alla votazione.
MALAN (FI-BP) Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (FI-BP). Intervengo per dichiarare il voto a favore di questo emendamento, che propone di inserire le pubbliche amministrazioni nell'ambito dei soggetti nei confronti dei quali può essere promossa l'azione inibitoria collettiva. Non si vede perché si possa agire nei confronti di imprese, di gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità e non delle pubbliche amministrazioni, le quali producono degli effetti a volte anche più buoni. Quando, ad esempio, l'Agenzia delle entrate - come faceva alcuni anni fa e poi, anche grazie ad alcuni nostri interventi, ha cessato, almeno per ora - chiede con provvedimenti propri interni delle documentazioni ai contribuenti contro il codice del contribuente, che è legge, ciò si può superare con una legge, purtroppo, ma non certamente con una circolare o tanto meno attraverso un qualsiasi dirigente periferico.
Quando una pubblica amministrazione mette in atto comportamenti inaccettabili, come - ad esempio - applicando delle norme sulla limitazione del traffico che nessuno può conoscere, se non correndo dietro a notizie che appaiono su giornali e siti non sempre affidabili; quando dei Comuni stabiliscono delle limitazioni al traffico, ma sul sito Internet del Comune non si riesce a capire quali sono e le multe arrivano lo stesso, in tutti questi casi dovrebbe essere possibile un'azione inibitoria. Tra l'altro, non costerebbe nulla. Non esiste neanche il problema, che poteva nascere con l'altro articolo, riguardante l'azione di classe risarcitoria, perché comporterebbe, da parte della pubblica amministrazione, un esborso. Dopodiché, se l'esborso è giusto, dovrebbe essere ammesso, ma qui non c'è alcun esborso. Dovrebbe esservi la possibilità, per gli utenti, i consumatori, i cittadini, di chiedere collettivamente la cessazione di un comportamento lesivo della loro libertà e dei loro diritti.
Purtroppo, si fanno sempre le norme giuste, ma contro gli altri. Quando per sé, il Governo può non rispettare le leggi; la pubblica amministrazione può non rispettare le leggi. I cittadini comuni, invece, anche se le rispettano, rischiano gravi conseguenze. Ecco perché voteremo a favore di questo emendamento, pur sapendo che la maggioranza vorrà votare contro. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.36, presentato dalla senatrice Bellanova e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'ordine del giorno G1.1, presentato dalla senatrice Bellanova e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 1.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 2.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 3.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 4.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 5.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 6.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 7.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Passiamo alla votazione finale.
UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, il Gruppo per le Autonomie esprimerà voto favorevole. La class action, come prevista oggi dal codice dei consumi, non ha funzionato. Una domanda su due è stata dichiarata inammissibile. (Brusìo).
PRESIDENTE. Senatrice Unterberger, le chiedo di essere così gentile di attendere un minuto perché non sento che cosa lei sta dicendo. Chiedo ai colleghi che stanno uscendo dall'Aula di farlo in maniera silenziosa. Permettiamo alla senatrice Unterberger di fare la sua dichiarazione di voto. Se poi il resto dei componenti l'Assemblea che rimane ha la gentilezza di ascoltare quello che dice la senatrice, tutto acquista un senso.
UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). La ringrazio, signor Presidente.
Ben venga, pertanto, l'ampliamento del suo ambito di applicazione. Sono importanti la sua collocazione nel codice di procedura civile e l'ampliamento dei soggetti legittimati per la proposizione dell'azione, che sono non solo i consumatori, ma anche tutti i titolari di diritti individuali omogenei.
Presto capiremo se la possibilità di adesione a una class action anche dopo la sentenza di accoglimento della domanda e il patto di quota lite genereranno più benefici o utilizzi strumentali. In ogni caso, il disegno di legge ha il merito di individuare la class action come lo strumento utile per tutte le ipotesi non solo di responsabilità contrattuale ma anche di responsabilità extracontrattuale, che oggi sono limitate a pratiche commerciali scorrette e a comportamenti anticoncorrenziali.
Pensiamo al famoso caso del Dieselgate, che tutti giustamente prendono ad esempio. La normativa attuale dà la possibilità di ricorso solo per i danni materiali che il proprietario ha subìto dall'acquisto del mezzo; con la nuova legge, si potranno fare valere lesioni a diritti come quello alla salute o all'ambiente. Questo è un aspetto molto importante. I cittadini, nel loro essere consumatori, potranno avanzare istanze a tutela dell'interesse generale. Mi sembra un prezioso salto in avanti per un rapporto più equilibrato tra imprese e consumatori, ma anche in un'ottica di responsabilizzazione sociale delle aziende. Non è un aspetto secondario: imprese socialmente responsabili sono aziende più solide, proprio perché godono del giudizio positivo dei consumatori, e imprese socialmente responsabili sono anche imprese che puntano sulla qualità e, quindi, sono più competitive.
Inoltre, la fruizione di beni e servizi è un aspetto centrale di qualsiasi avanzata economia di mercato. Essere tutelati come consumatori vuol dire avere diritti più forti come cittadini. Quindi, ben venga questo provvedimento e ben vengano le iniziative che riguardano la sfera dei diritti e delle responsabilità sociali.
Ribadisco pertanto il voto favorevole del Gruppo Per le Autonomie al provvedimento in esame. (Applausi dai Gruppi Aut (SVP-PATT, UV) e PD, e della senatrice Abate).
DE PETRIS (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-LeU). Signor Presidente, nell'annunciare il voto favorevole dei senatori di LeU e credo della maggior parte dei senatori del Gruppo Misto, mi preme sottolineare alcune questioni per noi assolutamente cruciali.
Ora, il nostro voto favorevole è ovviamente giustificato dal fatto che il provvedimento che stiamo esaminando e stiamo per votare porta a conclusione finalmente una riforma largamente attesa dagli utenti, dai consumatori e dai cittadini. Si tratta di una riforma dell'istituto dell'azione di classe, che era stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico alcuni anni fa, ma che si era dimostrato in una forma assolutamente non efficace. E il provvedimento in esame fa seguito al lavoro già effettuato nella scorsa legislatura.
Torno a ripetere che si tratta di una riforma assolutamente condivisibile e soprattutto, nell'impianto generale, largamente attesa da parte di tutti i cittadini italiani. Il testo ha migliorato fortemente l'istituto esistente, non solo a favore genericamente dei consumatori, ma facendo anche una scelta di campo molto netta, quella appunto dell'opt-in, e cioè della possibilità di adesione successiva alla sentenza, ovviamente prevedendo una serie di meccanismi più rigorosi di formazione della prova. Perché c'era questa necessità? I numeri parlano chiaro: i numeri dell'istituto della class action esistente erano assolutamente ridicoli, per quanto riguarda le azioni sia intraprese, sia giunte a sentenza. Questa riforma era pertanto assolutamente necessaria.
Il provvedimento, composto da sette articoli, introduce una serie di elementi assolutamente importanti. C'è innanzitutto lo spostamento della disciplina dell'azione di classe dal codice di consumo al codice di procedura civile. Ora, questo cambiamento di collocazione non è un passaggio solo formale, anzi è tutt'altro che formale, dal momento che, anche per effetto di questo cambiamento, l'azione sarà proponibile non più solo dai consumatori, ma anche da chiunque avanza delle richieste di risarcimento in relazione a diritti individuali omogenei. Le ipotesi di illecito che possono giustificare un'azione di classe sono così individuate non solo in quelle di responsabilità contrattuale, in linea con quello che era già previsto dal codice di consumo, ma finalmente anche in quelle di qualsiasi responsabilità extracontrattuale. Oggi invece - come è noto - potevano essere fatte soltanto rispetto a illeciti relativi a pratiche commerciali scorrette o a comportamenti anticoncorrenziali.
L'azione - e questo è importante - sarà nella disponibilità di ogni singolo appartenente alla classe, oltre che delle organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro che hanno come fine la tutela di questi diritti.
Nella riforma si individua nella class action lo strumento utile per tutte le ipotesi di responsabilità contrattuali ed extracontrattuali, mentre fino ad oggi - torno a ripeterlo - erano limitate a pratiche commerciali scorrette. Pensate - per esempio - che, nel caso del Dieselgate, con la disciplina attuale si poteva far valere soltanto la lesione della normativa sulla concorrenza e non invece quella di una serie di diritti, come quelli alla salute e all'ambiente. Ovviamente le citate innovazioni avvicinano l'istituto a quello molto più pregnante presente negli Stati Uniti, che ha prodotto, soprattutto negli ultimi tempi, una serie di azioni marcatamente legate alla lesione dei diritti, come quello all'ambiente e alla salute. Vorrei ricordare in questa sede che soltanto nell'ultimo anno e mezzo negli Stati Uniti sono state intraprese più di 800 azioni di classe, compresa quella molto nota dei bambini sui cambiamenti climatici.
Per questo non abbiamo compreso per quale motivo non si potesse estendere l'azione di classe anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni ed è il motivo per cui abbiamo votato a favore degli emendamenti proposti dalla senatrice Bellanova in tal senso. Infatti, l'estensione ai servizi pubblici locali è fondamentale e assolutamente condivisibile; tuttavia, proprio per dare ancor più una pregnanza legata alla tutela dei diritti, sarebbe stata opportuna un'estensione nei confronti della pubblica amministrazione. L'ampliamento delle situazioni giuridiche tutelate e degli strumenti di tutela è indubbiamente presente nel testo, anche con la previsione di un'azione inibitoria collettiva verso gli autori delle condotte lesive e questo è fondamentale.
Anche l'articolazione della class action in tre fasi ci vede assolutamente d'accordo: la prima e la seconda legate all'ammissibilità dell'azione e alla decisione sul merito e l'ultima relativa alla liquidazione delle somme. Anche la disciplina dell'adesione all'azione di classe, consentita sia prima che dopo la sentenza, a nostro avviso rappresenta un'innovazione fondamentale.
Stride con la mancata volontà di accettare l'idea di estendere la previsione oggetto della riforma anche alle pubbliche amministrazioni il fatto che possono esserlo non soltanto le imprese ma anche gli enti gestori di servizi pubblici per atti o comportamenti della loro attività. Certamente noi auspichiamo che, anche nel periodo di monitoraggio dell'efficacia della riforma, che il relatore ci ha testé confermato nella sua replica, si possa rapidamente addivenire all'estensione nei confronti della pubblica amministrazione, che reputiamo fondamentale. Inoltre, anche l'introduzione della previsione per cui nell'azione di classe si potrà fare ingresso anche successivamente, una volta pronunciata la sentenza di accoglimento della domanda, è a nostro avviso abbastanza importante. Conosciamo tutte le preoccupazioni espresse - ad esempio - da Confindustria verso una tale dilatazione dell'azione di classe, ma noi riteniamo che ciò vada assolutamente nel senso di una maggiore tutela dei cittadini.
Nella riforma è stata inserita anche la possibilità di un'azione inibitoria, che chiunque abbia interesse può proporre al giudice per far cessare un comportamento posto in essere da un'impresa a danno di una pluralità di individui. Riteniamo anche questo uno degli elementi significativi del provvedimento.
In conclusione, nel confermare il nostro voto favorevole e di condivisione del provvedimento, aggiungiamo che è una riforma largamente attesa, su cui nella scorsa legislatura e in questa ci siamo particolarmente adoperati. È soprattutto una riforma davvero attesa dai cittadini, per poter avere un ulteriore strumento di tutela nei confronti delle imprese e dei servizi di pubblica utilità. (Applausi dal Gruppo Misto e PD).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti del Liceo artistico «Ambrogio Alciati» di Vercelli, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 844 e 583 (ore 10,26)
STANCANELLI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STANCANELLI (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo in dichiarazione di voto a nome di Fratelli d'Italia per esprimere la soddisfazione del mio Gruppo per l'importante passo che stiamo compiendo con l'approvazione di una riforma che trasforma il concetto di azione di classe. Il solo fatto di aver abrogato l'articolo 140-bis del codice del consumo (decreto legislativo n. 206 del 2005) e di trasferire la trattazione dell'istituto nel codice di procedura civile rappresenta già una diversità e un nuovo ambito di applicazione. Penso che questo sia assolutamente importante.
Il motivo per cui non abbiamo votato gli emendamenti che, nell'ambito di applicazione, prevedevano tra i destinatari anche la pubblica amministrazione è che questa azione di classe si distingue dall'azione di classe pubblica, che è regolata dalla legge Brunetta e si rivolge appunto, come resistente, alla pubblica amministrazione.
Proprio dall'aver trasfuso il contenuto nel codice di procedura civile è evidente il nuovo ambito di applicazione. L'articolo 840-bis del codice di procedura civile, che viene novellato ed entra in vigore con l'approvazione del disegno di legge in esame, infatti, amplia l'ambito di applicazione, dal punto di vista sia soggettivo che oggettivo: mentre il codice del consumo faceva riferimento soltanto ai consumatori e agli utenti, la nuova disposizione derivante da questo disegno di legge fa riferimento a tutti coloro i quali abbiano un interesse. Pertanto, cadendo la limitazione che la giurisprudenza in vigenza del codice del consumo dava come rigorosa per quanto riguarda i consumatori e gli utenti, anche i singoli oggi possono intervenire. Tale azione è quindi esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesioni di diritti individuali omogenei. L'azione sarà quindi nella titolarità di ciascun componente della classe.
Viene altresì allargato l'ambito oggettivo dell'azione, che è esperibile a tutela di tutte le situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive, per l'accertamento delle responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alla restituzione. Come vediamo, l'ambito di applicazione, dal punto di vista sia soggettivo che oggettivo, si è ampliato.
Il testo inoltre individua i destinatari dell'azione, ossia le imprese e gli enti gestori di servizi pubblici e di pubblica utilità. Ecco perché non abbiamo votato - lo ribadisco - gli emendamenti che prevedevano come destinataria anche la pubblica amministrazione.
Il secondo aspetto che ci fa ritenere necessaria questa riforma, aspettata dai cittadini in quanto consumatori, riguarda i termini perentori che vengono indicati. La riforma, infatti, fissa in trenta giorni il termine entro il quale il tribunale deve decidere sull'ammissibilità dell'azione. Questo è un dato importante che dà la possibilità di avere in tempi celerissimi il responso sulla possibilità di andare avanti nell'azione amministrativa.
Si prevedono l'ambito di applicazione, il termine e la inammissibilità. L'azione di classe - dice la norma - è inammissibile nei casi indicati: vengono infatti elencati i requisiti per cui una azione di classe non può essere considerata ammissibile. L'azione è manifestamente infondata quando è carente del requisito della omogeneità dei diritti oggetto di tutela; quando il ricorrente versa in conflitto di interesse nei confronti del resistente; quando è proposta da un ricorrente che non appare in grado di curare adeguatamente i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio. Cosa vuol dire questo? Il legislatore vuole dissuadere dalle pretese che non hanno un fondamento giuridico reale e quindi dissuadere dall'intraprendere azioni che poi la magistratura deve individuare. Quindi, si valuta anche il profilo del dispendio.
Abbiamo una perplessità, e per questo abbiamo votato gli emendamenti proposti dei colleghi di Forza Italia: quando la dichiarazione di inammissibilità non viene sanzionata con la condanna alle spese di coloro i quali hanno agito in maniera almeno temeraria. Questo è il motivo che ci ha spinto a votare gli emendamenti presentati dai colleghi Modena e Caliendo, il quale getta una piccola ombra sulla riforma. Ma il contesto ci convince.
Allo stesso modo, ci convince la previsione delle sanzioni per quanto riguarda le prove. L'articolo 840-quinquies definisce le modalità di ammissione delle prove e prevede che il giudice civile posso applicare sanzioni amministrative pecuniarie sia alla parte che rifiuta senza giustificato motivo di esibire le prove, sia alla parte o al terzo che distrugge prove rilevanti. Questo è un fatto importante per chi frequenta le aule di giustizia. Stabilire anche una pena per coloro i quali non esibiscono le prove oggetto di ordinanza del giudice è una novità che noi accogliamo con favore, perché dà speditezza al processo e mette nelle condizioni di non defatigare l'attività giudiziaria.
Quanto alle modalità di adesione all'azione, si tratta di modalità che ci convincono - sono previste dall'articolo 840-septies - perché passano da una procedura informatizzata nell'ambito del portale dei servizi telematici gestiti dal Ministero della Giustizia. Vi è quindi una trasparenza importante che ci mette nelle condizioni di ben sperare anche sulla speditezza dell'azione stessa, anche se qualche perplessità abbiamo manifestato - e per questo abbiamo votato alcuni emendamenti - sulla previsione che è possibile aderire all'azione dopo che è stata dichiarata l'ammissibilità.
Questo ci preoccupa, in un certo senso, perché potrebbe significare che l'adesione sia un fatto non soltanto successivo dal punto di vista temporale, ma anche specioso per coloro i quali non aspettano altro che vedere se andrà bene. È una un'ombra sulla riforma che mi auguro venga sanata nel corso dell'attività giurisdizionale e penso che la giurisprudenza sarà in condizioni di apportare le giuste e significative correzioni.
Un altro aspetto che ci convince di questa riforma concerne gli accordi transattivi espressamente previsti dall'articolo 840-quaterdecies, che anche sotto il profilo - lo ritengo importante in una norma giuridica - della trasparenza, della speditezza e del raggiungimento degli obiettivi, ha un significato ben preciso.
Possono avvenire gli accordi transattivi fino alla discussione orale della causa. Dopo la sentenza che accoglie l'azione, il rappresentante comune degli aderenti può stipulare con l'impresa, o con l'ente gestore, un analogo schema di accordo di natura transattiva e l'accordo transattivo ha natura di titolo esecutivo. Anche questo ci convince sulla bontà dell'azione di classe.
Infine, è stato accennato all'azione inibitoria che è una novità, nel senso che è possibile che ciascuno degli aderenti alla classe possa agire per l'azione inibitoria.
Ecco, questi sette punti, che ho voluto sintetizzare per esprimere il voto favorevole del Gruppo di Fratelli d'Italia, ci convincono sulla bontà complessiva del provvedimento che i consumatori italiani attendevano. (Applausi dal Gruppo FdI).
Sull'infortunio occorso al senatore Richetti
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, abbiamo avuto notizia di un incidente occorso questa mattina al senatore Richetti, che attualmente è ricoverato presso il Policlinico Umberto I di Roma.
La Presidenza augura al senatore Richetti, anche a nome di tutta l'Assemblea, una pronta guarigione. (Applausi).
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 844 e 583 (ore 10,37)
BELLANOVA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BELLANOVA (PD). Signor Presidente, il testo che approviamo oggi è un provvedimento importante, nato nella precedente legislatura, che è stato possibile ottimizzare in quella corrente grazie ad alcune modifiche da noi proposte e apportate, così che possiamo rilevare un oggettivo miglioramento dell'articolato e della sua modalità attuativa.
I colleghi della Camera del Gruppo Partito Democratico hanno evidenziato il dato politico di un provvedimento che nella scorsa legislatura era stato proposto dalle opposizioni e dunque da chi oggi è al Governo, sposato e condiviso allora dal nostro Governo e da tutte le forze politiche; un dato significativo, risultato di una convergenza poi in parte purtroppo venuta meno e che, nel passaggio dalla Camera al Senato, ci auguravamo continuasse a caratterizzare il confronto per cogliere gli aspetti su cui intervenire ulteriormente, migliorando una norma certo importante ma che - come abbiamo ascoltato nel corso delle audizioni - ha ancora bisogno di limature per poter rispondere agli obiettivi e alle attese dei cittadini e offrire una tutela migliore ai diritti collettivi, ai diritti degli utenti e dei consumatori che attualmente non trovano tutela adeguata e hanno bisogno di speciali procedure per avere una giusta soddisfazione.
Quella che oggi approviamo è dunque una legge importante, grazie al potenziamento e all'estensione dell'azione di classe, resi possibili innanzitutto dal traghettamento dell'azione dal codice del consumo al codice civile. Punta a tutelare finalmente in maniera adeguata diritti che altrimenti non troverebbero luogo e soddisfazione nel nostro ordinamento; diritti dei consumatori, diritti degli utenti di servizi pubblici o comunque utenti di servizi che non vengono fatti valere da chi potrebbe.
Con l'azione di classe così intesa, questo diventa possibile come diventa possibile migliorare e potenziare, sotto il profilo soggettivo e oggettivo, la tutela di questi diritti, introducendo un principio di moralizzazione del mercato, così inducendo le imprese e le aziende erogatrici di servizi a comportamenti virtuosi che altrimenti, in assenza di un procedimento come questo, potrebbero non essere probabilmente perseguiti allo stesso modo. Le aziende non devono temere e avversare l'azione di classe perché, oltre a tutelare i consumatori nei loro diritti, permette anche una concorrenza più trasparente, basata sulla qualità dei prodotti e dei servizi e non sul gioco al ribasso, magari violando i diritti dei consumatori o addirittura ricorrendo a pratiche vessatorie o truffaldine.
Per questo abbiamo ritenuto opportuno, coraggioso e giusto aver introdotto vistose eccezioni al principio generale di funzionamento del processo civile con l'introduzione, all'interno del codice di procedura civile, di norme finalizzate a garantire proprio quella tutela di cui parlavo prima.
Mi riferisco in particolare ad alcune eccezioni al principio del contraddittorio e anche al principio di efficacia della sentenza, il famoso opt-in; una grande eccezione rispetto al procedimento ordinario - è vero - che si giustifica con l'esigenza di tutelare quei diritti. In altri ordinamenti è previsto - lo ricordo - l'opt-out. Questo significa che tutti gli appartenenti alla classe, a prescindere dal fatto che abbiano fatto l'azione e aderiscano successivamente, hanno diritto di avvalersi della sentenza che riconosce i loro diritti. Noi non siamo arrivati a tanto. Abbiamo cercato una soluzione intermedia, che consente di aderire successivamente entro un certo termine e che - come sappiamo - non è stata sempre ben accolta in sede di audizione.
E qui consentitemi alcune considerazioni. Siamo completamente soddisfatti? Lo dico senza mezzi termini: no. Non lo siamo per una questione di metodo e di merito. Più volte nel confronto parlamentare proprio il mio Gruppo ha richiamato e sostenuto l'esigenza di una discussione articolata e di valutazioni più approfondite su quanto nel frattempo emergeva nel corso delle audizioni.
È vero: ottimizzare i tempi è importante, ma non se è fine a se stesso perché l'obiettivo è, e non può non essere altrimenti, una norma compiutamente esigibile e applicabile, capace di contemperare interessi diversi e, soprattutto, di garantire realmente i cittadini e i cittadini utenti.
Su questo - lo dico ai colleghi della maggioranza - è sufficiente scorrere i testi delle audizioni svolte con le rappresentanze dei consumatori, delle imprese e con i professionisti della materia, per misurare - sì - il lavoro svolto, ma soprattutto quanta limatura è ancora necessaria.
Osservazioni sono emerse con chiarezza nel corso delle audizioni, e non ultime quelle provenienti da esperti della materia come dalle rappresentanze delle associazioni dei consumatori e del Consiglio nazionale consumatori e utenti che il Governo avrebbe fatto bene a tenere in conto. E cito quelle relative all'ammontare della quota lite o quelle sul rischio di un pregiudizio a prescindere nei confronti delle imprese; pregiudizio che - lo dico con chiarezza - non ci può e non ci deve essere. Guai se passasse la logica che tutela dei cittadini e degli utenti possa equivalere a un pregiudizio sull'impresa a prescindere.
Limatura ed estensione, dunque. E dico con altrettanta chiarezza che continuiamo a considerare un vulnus l'aver scelto di escludere eventuali azioni nei confronti della pubblica amministrazione. E sì: si può parlare di rivoluzionari ma, quando lo si è a metà, si rischia di essere dei conformisti. È evidente che è una norma che rafforza e prevede tutele nei confronti degli enti gestori del servizio pubblico e di pubblica utilità, ma non interviene sulla class action pubblica. Le tutele o sono a 360 gradi, o rischiano alla fine di non essere, ed è evidente come l'ambito di applicazione del decreto legislativo n. 198 del 2009 debba essere rivisto, riconoscendo il diritto al risarcimento per i cittadini offesi da condotta lesiva della pubblica amministrazione.
Poiché trattiamo una materia così viva, in costante mutamento, e per le innovazioni che il provvedimento inaugura, avevamo proposto - e continuiamo a sostenerne l'esigenza - la costituzione di un osservatorio formato da rappresentanti delle associazioni di categoria del mondo imprenditoriale e delle associazioni dei consumatori, con il compito di monitorare e verificare l'effettiva applicazione della misura, il funzionamento delle norme ed eventuali criticità, per procedere a correzioni e miglioramenti.
Inoltre, avevamo ritenuto necessario impegnare il Governo a garantire il coordinamento effettivo tra queste norme e la disciplina europea in corso di approvazione, con particolare riguardo al rispettivo ambito di applicazione per poter armonizzare e aderire alla nuova direttiva in corso di emanazione.
La proposta si basa su alcuni punti fondamentali: estendere la tutela ad altri strumenti specifici dell'Unione europea per la tutela degli interessi collettivi in diversi settori economici, quali i servizi finanziari, l'energia, le telecomunicazioni, la salute e l'ambiente; permettere azioni rappresentative da parte di soggetti qualificati; accrescere l'efficienza delle procedure, imponendo agli Stati membri di garantire la "debita sollecitudine" dei procedimenti e di evitare che le spese processuali diventino un ostacolo finanziario alle azioni rappresentative.
Sono aspetti, come si vede, tutt'altro che marginali, caratterizzanti un metodo di lavoro oltreché un approccio verso dinamiche che sono naturalmente in divenire e che peraltro costituiscono una cartina di tornasole nella relazione tra cittadini utenti e mercato dei servizi più complessivamente inteso, che non di rado rischia di schiacciare e rendere totalmente inerte il cittadino consumatore, come anche sulla capacità dello Stato di esercitare fino in fondo il suo ruolo regolatore.
Ecco dunque le ragioni per cui, pur rilevando l'opportunità di una discussione parlamentare più approfondita nel merito e i limiti che grazie ad una discussione più articolata si sarebbero dovuti affrontare, il Partito Democratico ritiene questo un importante passo in avanti a tutela dei cittadini e dei consumatori e pertanto esprimerà il suo voto favorevole. (Applausi dal Gruppo PD).
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, nell'immaginario collettivo, oserei dire planetario, la class action ha per tutti le vesti di Julia Roberts, nel noto film «Erin Brockovich - Forte come la verità». Tutti conoscono la trama del film, con la combattiva segretaria dell'avvocato che prende a cuore i diritti degli abitanti di una piccola cittadina e ne convince 233 a sfidare il colosso, per difendere i propri diritti. Così si arriva a una causa e l'azienda, per paura del danno di immagine - questo è infatti un problema reale - decide di trattare e di cedere. Così finisce il film, ma pochi sanno che alcuni anni dopo fu condotto uno studio indipendente e serio, che stabilì, ad esempio, che in quel determinato territorio il numero delle patologie denunciate dalla causa non era più elevato, ma era anzi leggermente inferiore rispetto a quelle della zona circostante.
Nessuno pretende di affrontare un tema così delicato come si farebbe in un film, perché la differenza che passa tra il film e la realtà è anche quella che passa tra un principio giusto e un provvedimento, che deve avere due caratteristiche: non solo la forza di affrontare una questione, che evidentemente tutti riteniamo importante, ma anche l'equilibrio di farlo, tenendo in considerazione tutti i punti di vista e tutti gli interessi in gioco. Questo è ciò che con il provvedimento al nostro esame la maggioranza si è presa l'impegno di fare.
Poco fa la senatrice De Petris diceva che il passaggio della normativa dal codice del consumo al codice civile non è solo formale, ma è sostanziale. Certo che è sostanziale: è un passaggio sostanziale, che avviene dopo anni di confronto, di approfondimento e anche di scontro tra punti di vista differenti. Dispiace che vi sia, da parte di alcuni colleghi, in particolare di Forza Italia, un atteggiamento un po' schizofrenico.
Da una parte si rivendica il merito - lo ha fatto ieri il senatore Malan - di aver introdotto nel codice del consumo uno strumento importante; dall'altra, si disconoscono i rischi del provvedimento stesso e la necessità di doverlo migliorare. Mi viene da pensare - permettetemi l'esempio che non vuole offendere il Senato - a quell'avvocato interpretato da Gigi Proietti, che vuole per forza uscirne bene, e quindi dice alla romana al cliente: "Qui li freghiamo, qui te se fregano!". Perché dico questo? Perché, se si ha la pretesa di governare un Paese, si deve avere la responsabilità di affrontare tutti i punti in discussione. Noi lo facciamo non solo sul piano oggettivo - è stato detto in numerosi interventi - né solamente sul piano soggettivo, come riconosciuto anche dalLe associazioni di categoria.
Potrei leggere tante dichiarazioni, ma mi limito a un passaggio delle audizioni alle quali si faceva riferimento. Cito quella di Confcommercio che in sostanza dice: fin dai tempi dell'introduzione di tale istituto nell'ordinamento giuridico italiano, Confcommercio non ha condiviso la scelta del legislatore di limitare tale istituto alle sole controversie consumeristiche (B2C) poiché tale scelta risulta ingiustificatamente discriminatoria verso le imprese, in particolare quelle di minori dimensioni, alle quali è attualmente preclusa la possibilità di esercitare un'azione di classe. Tale scelta, tra l'altro, viene oggi ribadita anche dal legislatore europeo, quindi Confcommercio riconosce a questo disegno di legge la possibilità di avvalersi di un simile strumento di tutela anche alle imprese che abbiano subìto un pregiudizio a seguito di condotte lesive poste in essere da grandi imprese private o pubbliche, quali in particolare banche, assicurazioni, monopolisti, operatori di telecomunicazioni, gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità.
Questo è un dato concreto di come il disegno di legge migliori la situazione, come dicevo, sul piano oggettivo, soggettivo, ma anche facendo un'altra cosa fondamentale: dando regole, procedure e tempi certi, nell'interesse di tutti. Un'azienda non può stare all'infinito con la spada di Damocle di più azioni che potrebbero susseguirsi, di un tempo indefinito.
Tanto per citare un altro esempio, l'unicità dell'azione di classe è una tutela per le imprese; l'adesione successiva, ma in un tempo limitato, significa per un'azienda - che può incorrere, certo, in problemi e situazioni - poter avere la chiusura definitiva di un problema che è stato sollevato.
In un quadro come quello che brevemente ho cercato di descrivere - e mi avvio alla conclusione - rassicurando anche la collega Modena, noi non abbiamo la presunzione di rilasciare patenti di onestà a nessuno, né alle imprese né ai cittadini, ma non abbiamo nemmeno la pretesa di essere gli unici ad avere la patente dei difensori delle imprese o degli utenti-cittadini. Abbiamo la consapevolezza di dover prendere in considerazione il punto di vista di tutti, le esigenze di tutti, e siamo convinti che forse questa non sarà una legge perfetta, ma sicuramente è migliore della precedente. C'eravamo quando è passata nel codice del consumo, ci siamo oggi nel migliorarla, ci saremo domani se, una volta applicata, necessiterà di ulteriori "limature" a cui tutti hanno fatto cenno. Questo fa una forza di Governo responsabile che porta avanti una politica di buonsenso. (Applausi dai Gruppi L-SP-PSd'Az e M5S).
GALLONE (FI-BP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GALLONE (FI-BP). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, ci troviamo qui oggi, ancora una volta, a votare l'ennesimo provvedimento presentato da questo Governo nell'abituale maniera approssimativa.
Noi oggi saremo una voce un po' fuori dal coro.
È una cosa che, vista la natura del provvedimento stesso - la class action e la tutela dei consumatori attraverso azioni collettive - avremmo voluto poter sostenere senza se e senza ma. Si tratta di un provvedimento al quale avremmo voluto dare il nostro apporto attraverso un dibattito parlamentare costruttivo e ascoltato nelle Commissioni e in Assemblea, che ci consentisse - proprio data l'importanza dell'argomento che sta molto a cuore a noi, come a tutti (ma non per questo ci comportiamo con piaggeria) - di dotare il Paese di una buona legge. Questo anche per non sentir dire ancora, come ha fatto poco fa il collega Briziarielli, che quella che ci apprestiamo a votare non sarà una legge perfetta, ma sarà migliore della precedente. No, basta, nel momento in cui mettiamo mano a una normativa, facciamo - una volta tanto - una legge perfetta, che non avrà poi bisogno di essere modificata e rimodificata nei decreti attuativi, perché questo costa al Paese. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
Come dicevo, ci troviamo di fronte a una cattiva legge, anche se ispirata da un buon principio, quale quello della tutela del consumatore. Una cattiva legge che, come tutte quelle a cui ci ha abituato questo Governo, non è figlia della cultura giuridica di cui l'Italia è la culla millenaria, né dell'equilibrata compensazione tra gli interessi in gioco, ossia quelli dei consumatori e quelli delle imprese, che sono le due controparti di questo provvedimento. Al contrario, la normativa in esame è purtroppo la figliastra di quella frenesia legislativa orientata agli annunci propagandistici e all'approssimazione giuridica della peggior specie che vediamo ormai costantemente in quest'Assemblea. Fare in fretta e male le cose non ha niente a che vedere con la cultura del fare per costruire, ma - al contrario - è la conseguenza della pessima cultura del fare tanto per fare, pensando non tanto a cosa si fa - scusate il gioco di parole - ma semplicemente a come impiegare quello che si è fatto, in fretta e male, per meri fini propagandistici.
E questo, se già è gravissimo nella gestione amministrativa (dove si traduce in ripensamenti, ripensamenti dei ripensamenti, fermo di opere strategiche, indecisioni e ritardi, cui ci ha abituati questo Governo, indifferente agli effetti e ai costi che ogni cambiamento produce), lo è ancor di più pensando agli effetti che ogni ripensamento ha sull'intera Nazione. Al riguardo, non posso non pensare al balletto, che sarebbe comico se non fosse drammatico intorno alla TAV (sì TAV, no TAV, forse TAV, mini TAV e non so cos'altro), per tacere del recente e grottesco balletto sulle 8.250 auto blu che questa maggioranza sta inscenando in questi giorni, con un Vice presidente del Consiglio che non sapeva, come ha dichiarato, o - peggio - ha fatto finta di non sapere (cosa che non diminuisce la nostra preoccupazione sul fatto che, in entrambi i casi, ci troviamo alla presenza di un Vice Capo di Governo che non sa quello che fa e, nonostante ciò, ha la pretesa di governare il Paese). Ma in quel caso parliamo però solo di ambito amministrativo, anche se di danni comunque gravi, perché sprecare anche un solo euro per approssimazione o trascuratezza, in un Paese sull'orlo della recessione economica, è a dir poco un crimine politico.
Quello poi su cui oggi ci viene chiesto di esprimere il nostro voto è un provvedimento legislativo estremamente più importante, in quanto si tratta di una normativa che verrà inserita nel codice di procedura del nostro Paese e che regolerà i rapporti tra cittadini-consumatori e imprese.
Si tratta di una legge pasticciata che reca in sé un ulteriore elemento di gravità, ovvero quello di essere stata scritta guardando a una sola delle parti in causa - i consumatori - quasi che le imprese siano considerate sempre in malafede e, quindi, non solo non meritevoli di tutela in quello che dovrebbe essere un rapporto tra due parti, ma - addirittura - da penalizzare in ogni caso. Il tutto all'interno di un provvedimento che, come al solito, ci arriva blindato dalla maggioranza, che sembra averlo scritto non pensando al fatto che il diritto di uno Stato civile si fonda sull'equità, ma - al contrario - avendo come faro una forma di odio sociale di stampo neogiacobino nei confronti di chi fa impresa (il tema del giacobinismo lo riprenderemo spesso, a partire dall'autonomia o dalla volontà di centralizzazione in assoluto).
Il testo è, infatti, chiaramente squilibrato, come dicevamo, a sfavore dei grandi rischi per le imprese.
Che dire, per esempio, di una class action che possa venire promossa da un solo individuo o dalle associazioni senza mandato? Che dire del fatto che sia possibile aderire a mano a mano all'azione secondo il parere dei singoli consumatori o il parere discrezionale del giudice? Cosa dobbiamo pensare del fatto che una quota del risarcimento vada come elemento premiale agli avvocati e alle associazioni che hanno sostenuto l'azione, come se non bastasse già la condanna? E poi per quale ragione e in nome di quale merito particolari? Per tacere del fatto che le spese debbano essere anticipate dal convenuto come se, decisa la procedibilità dell'azione, esso dovesse essere già per ciò stesso colpevole. E per quale ragione si è ignorata la raccomandazione europea sull'affidabilità anche economica delle associazioni di tutela dei consumatori e la raccomandazione a porre dei filtri rigidi già nella legge perché vengano ammesse solo quelle qualificate ed affidabili? Ma soprattutto, perché sul capo delle imprese deve pendere una spada di Damocle senza che a loro venga offerta alcuna garanzia?
La proposta che siamo chiamati a votare oggi si dilunga minuziosamente nel precisare obblighi, oneri e sanzioni per l'impresa che sia soccombente e si dimentica completamente del fatto che essa possa, al contrario, uscire vittoriosa dall'azione per non avere le responsabilità che chi ha promosso l'azione ha inteso contestarle. E allora, dove sono le sanzioni per l'attore qualora l'azione venga proposta e propagandata basandosi su elementi privi di fondamento, sperando di venire tacitati con una somma pagata magari solo per evitare un'ingiusta pubblicità negativa? Dove è l'obbligo di prevedere il deposito da parte dell'attore di idonee garanzie atte a coprire i costi del procedimento sostenuti dall'impresa in caso di vittoria? O è sempre l'impresa a dover pagare, anche quando ha ragione, anche quando vince? E dove sono gli strumenti per compensare l'azienda dall'eventuale cattiva pubblicità che ne dovesse derivare in caso di vittoria?
Sono passati molti anni e, ahimè, anch'io ho molti anni e quindi ricordo bene il caso dell'olio di semi vari Topazio, ritenuto erroneamente cancerogeno dalla magistratura sulla base di presunzioni semplici che poi si risolsero in nulla in sede giudiziaria, ma misero in ginocchio la società Chiari e Forti, che finì per passare in mano straniera. Vedete, noi siamo assolutamente favorevoli alla tutela dei consumatori, siamo noi stessi consumatori, ma siamo favorevoli in ogni modo e luogo in cui essa sia legittima, fondata su norme di buon diritto, che vedano entrambe le parti, consumatori e imprese, attori alla pari in sede giudiziale. Noi saremo sempre dalla parte della giustizia giusta, della giustizia equa, della giustizia equilibrata.
Anzi, non solo siamo favorevoli, ma in un quadro normativo certo, privo di arbitrarietà, in cui questa proposta fosse equilibrata e giuridicamente coerente, siamo addirittura favorevoli ad affrontare il tema del danno punitivo, altro motivo di godimento di questo Governo alla Camera, nei confronti di quelle imprese che dovessero dolosamente e consapevolmente produrre in danno dei consumatori allo scopo di accrescere il proprio profitto in maniera ingiusta. Noi preferiamo, però, l'idea di un danno punitivo che a me piace definire "temperato", nel senso che sanzioni l'impresa che agisca dolosamente senza che, per questo fatto, chi sia già stato risarcito del danno effettivamente subìto debba vedersi premiato per effetto di una condotta industriale criminosa altrui. Quello a cui pensiamo è un danno punitivo che vada sì assegnato, ma seguendo la sua funzione, che in fondo deve essere educativa (chi agisce dolosamente per procurarsi più profitto viene colpito duramente proprio lì dove gli fa più male, sul profitto, appunto), che venga destinato non ai danneggiati, ma alla collettività nel suo insieme tramite un idoneo provvedimento del giudice, affinché da un male comunque nasca un bene. Certo è la nostra posizione, certo ne avremmo discusso volentieri insieme alle molte proposte correttive.
Da ultimo, ancora una riflessione: leggi come questa fanno scappare dal Paese gli imprenditori italiani e di sicuro non attraggono gli investitori stranieri, perché gli imprenditori per loro natura hanno l'esigenza di programmare la loro attività e non sono spaventati tanto dal costo del lavoro o dalla pressione fiscale troppo elevati, che di sicuro piacere non fanno, ma da un quadro normativo, giuridico e di azione della pubblica amministrazione confuso e troppo spesso arbitrario che, nella migliore delle ipotesi, li mortifica e di certo li spaventa.
A poco serve saccheggiare i depositi postali, i risparmi degli italiani presso la Cassa depositi e prestiti per finanziare improbabili leggi sulle start up, se poi a colpi di leggi che considerano ancora l'imprenditore come il padrone di marxiana memoria e la società e il Parlamento qualcosa da guardare con gli occhi e i preconcetti di una visione che non si può non considerare neogiacobina, si creano le condizioni per la fuga. Tale posizione è aggravata dal fatto che si pretende di usare sempre la parola "popolo" come una specie di coperta di Linus utile a coprire qualsiasi arbitrio e qualsiasi errore. O norme come quella che arriva al voto oggi, scritta male, che come ho detto spaventa gli imprenditori.
Insomma, questo provvedimento non ci piace. Non è equo, non è equilibrato. È fatto male, promosso ancor peggio e porterà, secondo noi, ulteriore confusione e danni al Paese.
Per questo, a nome di Forza Italia, con voce fuori dal coro, ma, credeteci, con voce sincera e coerente, per amore dell'Italia e dei cittadini tutti (un amore che non prevede inutili piaggerie), dichiaro il voto di astensione di Forza Italia. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
RICCARDI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RICCARDI (M5S). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il disegno di legge oggi in esame al Senato si pone quale obiettivo primario il rafforzamento e l'ampliamento dell'azione di classe, originariamente introdotta nel nostro ordinamento dall'articolo 140-bis del codice del consumo.
Tale progetto nasce nel luglio del 2013, quando il MoVimento 5 Stelle, in quel momento forza di opposizione, presentava la proposta di legge, Atto Camera 1335, a prima firma dell'attuale Ministro della giustizia, onorevole Alfonso Bonafede, testo che, dopo un lavoro condiviso da tutte le forze politiche, veniva votato all'unanimità dall'Aula della Camera dei deputati senza però poi proseguire al Senato il suo naturale iter di approvazione.
Con la nuova legislatura, abbiamo inteso, quindi, completare quel cammino e dare quelle risposte che i cittadini ci chiedono.
Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO(ore 11,09)
(Segue RICCARDI). Il provvedimento, che ricalca il testo presentato nel 2013 dal MoVimento 5 Stelle, ha subìto sostanziali modifiche che hanno reso l'azione di classe più incisiva grazie all'introduzione di disposizioni volte all'ampliamento sia delle situazioni giuridiche tutelate che degli strumenti di tutela a disposizione. Nello specifico, è estremamente rilevante rimarcare l'importanza del trasferimento dell'azione di classe dal codice del consumo al codice di procedura civile, modifica che, di fatto, l'ha trasformata in uno strumento di portata generale ed universale.
La riforma dell'istituto dell'azione di classe è volta, da un lato, a rendere un'effettiva tutela a diritti lesi dei cittadini e, dall'altro, alla correttezza dell'operato delle imprese sui mercati. A tal proposito, è doveroso sottolineare che il MoVimento 5 Stelle, nel suo percorso di politica e di Governo, ha sempre posto al centro del suo progetto la difesa dell'imprenditore virtuoso ed onesto, ed anche questo provvedimento va inquadrato completamente nell'ambito della tutela di un mercato che ha estrema necessità, nel breve periodo, di tornare ad intercettare anche la fiducia degli imprenditori e degli investitori esteri.
Uno dei profili di maggior rilievo del disegno di legge in esame, riguarda l'estensione dell'ambito oggettivo dell'azione di classe, che non vede più distinzioni tra la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e, di conseguenza, elimina ogni incertezza applicativa che in questi anni ha escluso o disincentivato la proponibilità dell'azione di classe in importanti settori.
L'ampliamento dell'ambito oggettivo di applicazione dell'azione di classe risulta assolutamente coerente con l'impianto complessivo del disegno di legge, che estende a tutti i cittadini, e non solo ai consumatori, la possibilità di esperire un'azione collettiva risarcitoria. Di fatto, mentre la normativa prevista all'articolo 140-bis interveniva a protezione del consumatore da condotte volte: «alla violazione di diritti contrattuali o di diritti omogenei comunque spettanti al consumatore finale del prodotto o servizio, ovvero di diritti omogenei violati da comportamenti anticoncorrenziali, o da pratiche commerciali scorrette», il disegno di legge in esame, estende l'oggetto dell'azione alla tutela delle situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive, all'accertamento della responsabilità e alla condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni, in rapporto alla lesione di «diritti individuali omogenei».
L'omogeneità è da ricondurre alla causa petendi, per cui vanno ritenuti omogenei i diritti che nascono dal medesimo fatto plurioffensivo. Il petitum sarà più o meno diverso a seconda del soggetto ma l'azione, essendo diretta a tutelare interamente la classe, e quindi l'insieme dei diritti lesi, sarà comunque esperibile.
Da ciò deriva, quindi, anche un'estensione dal punto di vista soggettivo della normativa in esame, realizzata attraverso la previsione di una legittimazione attiva generalizzata e non più limitata alla sola categoria di consumatori ed utenti. Infatti, l'introduzione nel codice di procedura civile di un nuovo Titolo VIII-bis, rubricato "Dei provvedimenti collettivi", e, di conseguenza, l'abrogazione delle disposizioni contenute nel codice del consumo, ha reso sempre esperibile a tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie, in relazione alla lesione di diritti individuali omogenei, l'instaurazione di una azione di classe.
Altra novità rispetto alla normativa previgente è costituita dal fatto che la domanda deve essere proposta alla sezione specializzata in materia di impresa del tribunale del luogo ove ha sede la parte resistente e che il procedimento di ammissibilità viene regolato dal rito sommario di cognizione.
Con il nuovo disegno di legge, la competenza passa quindi di fatto al tribunale delle imprese, che emette la sentenza di accoglimento dell'azione di classe e che, oltre all'accertamento delle responsabilità delle parti, provvede alla nomina di un giudice delegato per la procedura di adesione e del rappresentante comune degli aderenti.
Il procedimento si compone di due fasi, con la possibilità di un'eventuale terza fase. L'adesione dei cittadini si potrà avere in due momenti distinti: in una fase iniziale che segue l'ordinanza che ammette l'azione, nella quale il tribunale fissa il termine per aderire e definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l'inserimento nella classe, e in una fase successiva, che introduce la possibilità per i cittadini di aderire dopo la sentenza che accoglie l'azione.
Grande rilievo ricoprono anche le modifiche apportate all'azione inibitoria collettiva, in particolare in riferimento all'estensione massima della legittimazione ad agire. Nel disegno di legge in discussione, infatti, tale azione si qualificherà guardando alla caratteristica della plurioffensività della condotta commissiva od omissiva e potrà essere esperita da chiunque riterrà di avere interesse alla pronuncia di un'inibitoria di comportamenti posti in essere in pregiudizio di una pluralità di individui o enti.
Tutte le novità introdotte nell'azione di classe, come si è detto, sono volte a rendere questa azione giudiziaria uno strumento effettivo di tutela degli interessi giuridici dei singoli. Infatti, da studi effettuati dalla Commissione europea, risulta che, ai fini dell'instaurazione di un giudizio, il valore della controversia è il parametro principale al quale il cittadino guarda al fine di decidere se agire o meno in giudizio; come conseguenza di ciò, troppo spesso, illeciti di contenuta rilevanza individuale, ma con significativo impatto collettivo, restano impuniti.
Presidenza del vice presidente TAVERNA (ore 11,13)
(Segue RICCARDI). L'applicazione della normativa prevista dall'articolo 140-bis del codice del consumo ha purtroppo confermato questa tendenza: le azioni proposte sono state molto poche, la maggior parte delle quali non sono riuscite a superare il filtro di ammissibilità e sono rimaste intrappolate nelle maglie di una disciplina congegnata per rendere inapplicabile la tutela collettiva risarcitoria.
È con presupposti certamente positivi, quindi, che ci accingiamo a introdurre uno strumento che rende l'Italia un Paese in linea con le direttive e con l'indirizzo dell'Unione europea; uno strumento che premia l'onestà e che tutela indistintamente i diritti di tutti i cittadini. Uno strumento che ci permette di muovere un ulteriore piccolo, ma significativo passo verso chi ha riposto in noi la fiducia e che da noi ora attende risposte come questa. È per questo motivo che, con soddisfazione, annuncio il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle. (Applausi dal Gruppo M5S. Congratulazioni).
QUAGLIARIELLO (FI-BP). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
QUAGLIARIELLO (FI-BP). Signor Presidente, comprendo perfettamente l'importanza e la delicatezza del tema, sul quale, soprattutto per chi ha una visione liberale dei rapporti economici, è necessario trovare un equilibrio tra i diritti sacrosanti del cittadino e l'interesse dell'impresa. Mai come in questa materia è importante la qualità della tecnica legislativa.
Signor Presidente, io ho letto il testo del provvedimento e lo considero scritto male, pieno di aporie e di punti oscuri. Soprattutto, non prevede alcun limite nei riguardi delle azioni temerarie, che si scaricheranno sull'efficienza dell'ordinamento e che colpiranno indirettamente i diritti di quei cittadini effettivamente danneggiati. Queste sono le ragioni che mi inducono ad esprimere un voto contrario. (Applausi del senatore Caliendo).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti dell'Istituzione scolastica «Unité des Communes Valdôtaines Walser et Mont Rose B» di Gressoney-Saint-Jean, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 844 e 583 (ore 11,16)
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro della giustizia. Ne ha facoltà.
BONAFEDE, ministro della giustizia. Signor Presidente, intervengo soltanto per ringraziare tutti i senatori e i membri della Commissione giustizia e della Commissione industria, commercio, turismo per il lavoro portato avanti sul disegno di legge al nostro esame. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd'Az).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del disegno di legge n. 844, nel suo complesso.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).(Applausi dai Gruppi M5S, L-SP-PSd'Az e del senatore De Bertoldi).
Risulta pertanto assorbito il disegno di legge n. 583.
Discussione delle mozioni nn. 42 (testo 2), 83, 98 e 106 sull'autismo (ore 11,17)
Approvazione dell'ordine del giorno G1
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni 1-00042 (testo 2), presentata dalla senatrice Giammanco e da altri senatori, 1-00083, presentata dalla senatrice Castellone e da altri senatori, 1-00098, presentata dalla senatrice Binetti e da altri senatori, e 1-00106, presentata dalla senatrice Boldrini e da altri senatori, sull'autismo.
Ha facoltà di parlare la senatrice Rizzotti per illustrare la mozione n. 42 (testo 2).
RIZZOTTI (FI-BP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, le mozioni che esaminiamo questa mattina, attraverso impegni di buon senso, toccano le vite delle famiglie italiane speciali. In particolare, la mozione n. 42, a prima firma della senatrice Giammanco e sottoscritta da me e numerosi colleghi, impegnano il Governo e il Senato a costituire una Commissione speciale, ai sensi dell'articolo 24 del Regolamento, per le questioni concernenti l'autismo e altre disabilità.
La Commissione sarebbe chiamata a: monitorare l'applicazione delle norme nazionali e regionali concernenti la prevenzione, la diagnosi e la riabilitazione dei soggetti con autismo e altre disabilità; individuare proposte per rendere più accessibili le terapie cognitivo-comportamentali per le persone affette da autismo e migliorare la qualità di vita dei soggetti con altre disabilità; promuovere la realizzazione sul territorio di servizi per la riabilitazione delle persone affette da autismo e altre disabilità; incentivare progetti nazionali e internazionali di ricerca; favorire l'accessibilità e la diffusione delle informazioni relative all'autismo e ad altre disabilità; promuovere programmi di inserimento nella vita sociale di queste persone; promuovere programmi di assistenza alle famiglie delle persone affette da autismo e altre disabilità. Ce lo chiedono tutte le associazioni.
Da una parte, c'è un'Italia che si adopera per non lasciare in disparte ragazzi e adulti affetti da autismo, creando posti di lavoro, associazioni per diffondere conoscenza e per sviluppare le competenze di chi è colpito da questo disturbo. Dall'altra, c'è ancora veramente molto da fare e su cui lavorare.
Proprio ieri è stata celebrata la Giornata mondiale della consapevolezza sull'autismo. Il Senato ha ospitato la proiezione di un film, di cui consiglio a tutti la visione, «Tommy e gli altri». Migliaia di città hanno colorato di blu i principali monumenti e sono state tante le iniziative che, grazie all'instancabile impegno delle associazioni dei pazienti e dei familiari, si sono svolte. Ma celebrare una giornata mondiale non vuol dire festeggiare, vuol dire ricordare e tenere sempre al centro dell'attenzione e sotto i riflettori accesi questi problemi sociali: a parole se ne parla, ma sono i fatti che mancano di concretezza. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
Noi crediamo - e lo dimostra quanto è stato puntualmente riportato anche nei testi delle altre mozioni - che non ci sia molto da festeggiare per le provatissime famiglie che lottano ogni giorno contro una cruda realtà, spesso dovuta a una lenta e farraginosa burocrazia che stenta a raggiungere risultati concreti. Perché la Giornata mondiale di consapevolezza sull'autismo non si trasformi nella pura e semplice autocelebrazione di cose fatte, ma non concretizzate, occorre che tutti i livelli decisionali, dal Governo al Parlamento e alle Regioni, lavorino a un piano operativo che renda possibile l'attuazione concreta delle linee guida emanate lo scorso anno, nell'ambito del programma nazionale di ricerca sulla salute mentale dell'infanzia e dell'adolescenza che rappresentano solo un punto di partenza. Come ci dimostrano i dati, non basta che una patologia sia inserita nei livelli essenziali di assistenza (LEA) perché le prestazioni sanitarie siano effettivamente garantite: su questo non sono stati stanziati fondi sufficienti e continuano a essere tagliati.
Su questo fronte occorre aumentare il fondo nazionale istituito ad hoc, ma bisogna soprattutto capire come vengono gestiti i fondi, a cosa saranno destinati e quali meccanismi saranno messi in campo per evitare che la legge 18 agosto 2015, n. 134 (una legge doverosa per le 500.000 famiglie alle prese con una patologia difficile come l'autismo) resti quella delle buone intenzioni, considerando che i fatti si fanno con risorse professionali adeguate che assistano le famiglie coinvolte e con fondi ad hoc per la ricerca.
Perché non si rivelino altre scatole vuote, occorre che gli impegni contenuti nelle mozioni in argomento siano davvero mantenuti per migliorare prevenzione, diagnosi, assistenza e qualità della vita dei pazienti affetti dai disturbi dello spettro autistico, che siano pienamente riconosciuti gli effetti invalidanti e che si incentivi la ricerca, promuovendo anche la conoscenza di una malattia attorno alla quale girano ancora molti pregiudizi. Eviterei altresì, come qualche membro del Governo ha fatto, di fare battute spiritose per insultare o commentare il comportamento di qualche collega dicendogli che aveva una certa sindrome; per favore, informiamoci e non insultiamo nessuno per prendere in giro qualcuno, cerchiamo di studiare. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
L'autismo non scompare e non è un disturbo solo infantile. L'autismo subisce un'evoluzione e prende una direzione già segnata durante i primi anni di vita, periodo particolarmente significativo per il bambino, durante il quale è necessario effettuare una costante attività formativa, sfruttando a pieno le preziose linee educative del metodo ABA. Solo in questo modo si garantisce al paziente una migliore qualità della vita e una più facile capacità di inserimento sociale e di autonomia. I bambini autistici diventano adulti autistici, questa è una certezza; tuttavia non appare immediatamente chiaro l'approccio psichiatrico da tenere con chi è affetto da questo disturbo.
Per molti anni l'autismo in età adulta è stato sottovalutato, sia in campo clinico che accademico. Inoltre, è ben noto il fraintendimento di tipo scientifico, conservato per anni, in relazione agli adulti con autismo, considerati come persone con difficoltà d'integrazione sociale o psicopatiche.
Per questa ragione, la tendenza a non seguire con la dovuta attenzione i percorsi terapeutici nel tempo ha portato non pochi problemi nei soggetti autistici. L'assistenza e l'approccio educativo devono mantenersi costanti, come avviene per tutti gli altri disturbi psichiatrici ad andamento cronico. Il vero problema è che dopo il compimento della maggiore età (i 18 anni), i pazienti sono presi in carico da strutture psichiatriche che si occupano poco della patologia e quindi non garantiscono la continuità assistenziale e le lacune portano semplicemente a prescrivere farmaci con effetti psicotropi senza considerare l'importanza della psicoterapia. Recentemente ho accompagnato presso il Ministro per la famiglia e le disabilità un'associazione di volontari che sta acquistando a spese proprie un luogo vicino a Carmagnola, la mia città, per accogliere i ragazzi dopo i 18 anni affetti da autismo insegnando loro importanti lavori nel campo dell'agricoltura al fine di renderli autonomi; quest'associazione chiedeva semplicemente il logo, non chiedeva soldi; anzi, a questo proposito sarebbe ora che il Ministro per la famiglia e le disabilità pensasse a un protocollo di accreditamento per sapere quali sono i parametri con i quali Comuni, Province e Regioni concedono la possibilità di essere accreditati. Questo centro ha la collaborazione di società scientifiche e di professionisti che si sono sempre occupati di questo, riconosciuti a livello nazionale e internazionale.
È bene iniziare con interventi mirati, sedute costanti di psicoterapia cognitivo-comportamentale. È necessario considerare la persona e i suoi bisogni da adulto e pensare a un supporto che dia spazio alla possibilità di una vita autonoma e a un inserimento lavorativo. Non meno importante è il sostegno da garantire alle famiglie, con centri diurni residenziali (day hospital) pensati su misura.
Per queste ragioni risultano obbligatori presupposti legislativi adatti, che garantiscano sostegno e sostenibilità economica ai caregiver e ai pazienti. Tutto questo implica la necessaria e adeguata formazione delle figure professionali coinvolte, dal medico curante, allo specialista in psichiatria, dal personale che già opera nei contesti dei dipartimenti di salute mentale, agli insegnanti di sostegno durante gli anni della formazione scolastica.
A proposito degli insegnanti di sostegno, vorrei ricordare una bellissima lettera pubblicata ieri da «La Stampa» di Torino, a nome del direttore della scuola del Cottolengo: «Leggo il bando del Comune di Torino e in altre città per il disability manager, obbligati a metterlo ma ancora una volta un incarico gratuito utile solo a vistare un obbligo. Ancora una volta, si! Come un Ministro per la disabilità senza portafoglio, utile solo a piazzare poltrone. Ancora una volta, come gli insegnanti di sostegno che possono avere una profonda professionalità ma anche una preparazione assolutamente avulsa dall'handicap, ma poi sono chiamati ad aiutare nel periodo più delicato della loro vita i nostri ragazzi e le nostre ragazze nel loro sviluppo. Utile a piazzare posti di lavoro». Ancora una volta, utile a sgravarsi la coscienza per dire «Fatto», parola che troppo spesso ormai sentiamo.
Speriamo - e io mi auguro - che ottenere buoni risultati sia possibile: il segreto è nel coraggio, nella fiducia, nelle competenze, nella serietà, nella volontà cui siamo chiamati oggi, prendendo decisioni importanti per il futuro di tante persone e famiglie che ce lo chiedono. (Applausi dal Gruppo FI-BP. Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Sileri per illustrare la mozione n. 83.
SILERI (M5S). Signor Presidente, colleghe e colleghi, ringrazio tutti i presenti per la possibilità di parlare di autismo; parlare per poi fare.
Autismo: un termine che sta a cuore a tutti noi, che evoca molteplici sentimenti. Un grave disturbo del neurosviluppo, caratterizzato da un esordio precoce di difficoltà nell'interazione reciproca e nella comunicazione sociale, associato a comportamenti e interessi ripetitivi e ristretti.
La posizione scientifica condivisa a livello internazionale è chiara e considera l'autismo una sindrome comportamentale, biologicamente determinata, precoce, con esordio nei primi tre anni, alla cui insorgenza contribuiscono diversi fattori, ambientali e genetici. La variabilità di tale sindrome comportamentale richiede interventi diagnostici, terapeutici e socioassistenziali specifici, dedicati e complessi.
La nostra mozione muove dalla legge n. 134 del 2015, approvata durante la precedente legislatura, che prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico, conformemente a quanto previsto dalla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 2012 sui bisogni delle persone con autismo.
La legge dispone anche l'aggiornamento da parte dell'Istituto superiore di sanità delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche e terapeutiche derivante dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali e internazionali.
Successivamente, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri datato 12 gennaio 2017, concernente l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, ha recepito, all'articolo 60, le disposizioni della legge n. 134 del 2015, prevedendo peraltro che il Servizio sanitario nazionale garantisca alle persone con disturbi dello spettro autistico specifiche prestazioni di diagnosi precoce, cura e trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche. Nel decreto l'autismo rientra nell'elenco individuato all'allegato 8, cui fa rinvio l'articolo 53, che garantisce il diritto all'esenzione dal ticket sanitario per le persone affette da malattie croniche ed invalidanti. Più nello specifico, il disturbo autistico è fatto rientrare tra le condizioni di psicosi per le quali lo stesso allegato 8 riporta l'elenco delle prestazioni sanitarie (tra cui visite e sedute psicoterapiche, dosaggi di farmaci, esami clinici e quant'altro) in esenzione dalla partecipazione al costo per i soggetti interessati.
Il 10 maggio 2018 la Conferenza unificata ha approvato l'intesa sul documento recante «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico». Secondo quanto emerge da tale documento, il Ministero della salute, in collaborazione con il gruppo tecnico interregionale salute mentale, ha condotto una valutazione sul recepimento delle precedenti linee d'indirizzo (del 2012), dalla quale è emerso un diverso grado di recepimento e differenti implementazioni a livello regionale e locale. Purtroppo, tali esperienze - si sottolinea - non sono ad oggi ancora uniformemente diffuse nel territorio nazionale, generando disparità di approccio alla gestione dei bisogni delle persone con spettro autistico.
Proprio in conseguenza del modesto recepimento delle linee d'indirizzo del 2012, l'intesa medesima ribadisce quanto previsto all'articolo 4 della menzionata legge n. 134 del 2015, ossia che l'attuazione delle linee d'indirizzo, come aggiornate, costituisce adempimento ai fini della verifica del Comitato permanente per la verifica dei LEA, tuttavia inserendo nel medesimo documento l'invarianza finanziaria secondo la quale all'attuazione dell'intesa si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Nel settembre 2018 l'Istituto superiore di sanità ha ufficializzato l'obiettivo di redigere le linee guida sul disturbo dello spettro autistico finalizzate a supportare i professionisti sanitari nella definizione del percorso diagnostico e terapeutico più appropriato ed a creare una rete di sostegno e assistenza per i familiari e caregiver nella presa in carico integrata del minore, che deve coinvolgere l'intero contesto di vita (famiglia, scuola, luoghi di aggregazione, servizi territoriali sociali e sociosanitari), al fine di offrire un insieme di risposte mirate agli specifici bisogni individuali di natura abilitativa ed educativa e garantire altresì livelli omogenei di presa in carico e trattamento su tutto il territorio nazionale.
In conclusione, con la nostra mozione chiediamo al Governo: di attivarsi per l'istituzione di una rete scientifica ed epidemiologica, anche in raccordo con analoghe esperienze in ambito europeo o internazionale, al fine di promuovere studi e ricerche finalizzate a raccogliere dati di prevalenza nazionale aggiornati e a censire le buone pratiche terapeutiche ed educative a questo dedicate; di definire, in attuazione dell'intesa sancita in sede di Conferenza unificata del 10 maggio 2018 nell'ambito della stipula del nuovo Patto per la salute 2019-2021, un sistema di valutazione secondo indicatori oggettivi e misurabili di garanzia del puntuale adempimento delle linee di indirizzo su tutto il territorio nazionale, a valere come obiettivo strategico del nostro Servizio sanitario nazionale, per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico con uno specifico riconoscimento dello 0,5 per cento delle maggiori risorse vincolate, ad ogni conseguente effetto all'esito del prescritto monitoraggio del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA, deducendone le coerenti previsioni nella suddetta adottanda intesa, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
Chiediamo inoltre di perfezionare, per il tramite dell'Istituto superiore di sanità, l'elaborazione delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, ai sensi di quanto previsto dalla legge n. 134 del 2015 e del decreto ministeriale 30 dicembre 2016, entro e non oltre un anno dalla data di approvazione del presente atto di indirizzo, con obbligo di conforme rendiconto in relazione annuale al Parlamento. (Applausi dal Gruppo M5S).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la senatrice Binetti per illustrare la mozione n. 98.
BINETTI (FI-BP). Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, mi sembra che oggi si scrivano due belle pagine: una di storia della medicina e una di storia di buona politica.
Per quello che riguarda la storia della medicina, mi fa piacere pensare - e devo dire, onestamente, onore ai capelli bianchi - che quando io ho cominciato ad occuparmi di neuropsichiatria infantile, anni fa, l'autismo era considerato una forma di schizofrenia infantile. Non c'erano possibilità né misure, né sul piano farmacologico né sul piano di una riflessione sui comportamenti chiamiamoli educativi, abilitativi, riabilitativi e terapeutici che si potessero prendere. Il destino di questi bambini, e quindi il destino delle loro famiglie, era francamente molto, molto difficile.
Se si pensa, poi, che il cuore di questa patologia è la difficoltà della comunicazione, la difficoltà della relazione, si capisce come proprio coloro che erano in una relazione più intensa, di maggiore prossimità con questo bambino - per esempio le mamme, i papà, gli educatori di prossimità - soffrissero in questa relazione e soffrissero quella sindrome di inadeguatezza che aggiungeva disagio a disagio. Sappiamo tutti perfettamente come, quando non ci sentiamo sicuri in una relazione, in genere riusciamo a comportarci anche in modo disadattivo rispetto alla relazione stessa, perché non sappiamo cogliere, in quel momento, le modalità giuste per entrare in rapporto con la persona.
Bene, devo dire che nell'arco di cinquant'anni - e non esagero dicendo cinquant'anni, perché era l'inizio degli anni Cinquanta quando Sullivan definiva l'autismo come forma di schizofrenia infantile - moltissime cose, ringraziando Iddio, sono cambiate. In primo luogo, non vi è più ragione di parlare di autismo ma assolutamente occorre utilizzare una terminologia più flessibile, più inclusiva, più aperta alla speranza. Di fatto, parliamo di autismi o comunque parliamo di spettro autistico e abbiamo tutti la piena consapevolezza come in questo spettro autistico ci siano bambini il cui livello di disabilità è particolarmente rilevante e ci sono ragazzi il cui livello di disabilità è francamente compatibile con uno stile di vita pressoché normale, sono i cosiddetti soggetti autistici ad alto funzionamento.
Ieri, intervenendo insieme a molti amici e molti colleghi nel convegno che si è svolto nella sala Zuccari al Senato, dicevo come, in questo momento, il soggetto autistico più noto al mondo è la ragazza svedese di nome Greta, quella che riesce a parlare all'ONU, riesce a parlare al Parlamento europeo, riesce a mettere in marcia, a mettere in cammino infinite moltitudini di coetanei, sollecitandoli tutti verso problemi così alti e così importanti come il problema del clima, come il problema dell'ambiente. Noi possiamo avere la consapevolezza che da un soggetto autistico possiamo apprendere molto, esattamente come possiamo trasferire nella relazione con un soggetto autistico tutta l'umanità di cui siamo capaci, permettetemi di dire tutta l'umiltà di cui siamo capaci quando, parlando con una persona, dobbiamo metterci assolutamente sul suo piano, dobbiamo ascoltarne i bisogni, ascoltare la grammatica delle sue emozioni, prestare attenzione alle sue paure e cercare in qualche modo di evitarle.
Da tale consapevolezza di complessità nasce anche la mozione scritta. Proprio perché sappiamo che gli autismi non sono tutti uguali, che le prospettive di elaborazione, di vissuto e anche quindi degli interventi abilitativi o riabilitativi che ci sono con questi bambini possono essere molto diversi, abbiamo bisogno di cercare di capire se ci sono strumenti che alla nascita permettono di identificare la diversità degli autismi e la diversità delle prospettive.
Sono stata molto felice, nella precedente legislatura, di essere stata relatore della legge sull'autismo, anche perché per la prima volta abbiamo tracciato un quadro composito che non fa più dei 18 anni quello start point per cui un ragazzo esce dalla definizione, dalla diagnosi di autismo, ed entra in una generica e aspecifica diagnosi di psicosi dell'adulto. Oggi noi sappiamo che il bambino autistico, crescendo, conserva molte delle sue difficoltà, ne elabora altre, ne risolve alcune. Questo ci aiuta a riflettere molto anche sui modelli abilitativo riabilitativi che proponiamo a questi bambini. Finché la nostra attenzione è tutta concentrata sul bambino molto piccolo, è chiaro che i metodi, chiamiamoli così, più squisitamente addestrativi, come per esempio l'ABA riescono a ottenere dei risultati a breve termine, ma se io prendo in considerazione il soggetto autistico adolescente o il giovane adulto ben diverso è il lavoro che devo fare, ben diverse sono l'enfasi e l'attenzione che devo mettere alle sue motivazioni, alle sue esigenze e alle sue curiosità. È questa la bellezza di aver ricostituito questa unità del soggetto nella unitarietà della diagnosi, perché ci permette di ripensare i metodi che finora abbiamo utilizzato per aprirci a nuove prospettive che hanno, proprio nella libertà del soggetto di esprimere il potenziale e le sue capacità, tutto quello che è veramente nella testa e nel cuore non solo dei medici, ma degli insegnanti, delle famiglie e anche, in questo momento, di buona politica.
Da questo punto di vista, i corsi di formazione e i master che si fanno per seguire questi ragazzi acquistano uno spessore diverso, perché devono calarsi in una logica molto più ampia e più articolata, ma è anche particolarmente interessante pensare alle misure che oggi noi dobbiamo assumere; non sono più solo ed esclusivamente quelle dell'infanzia, anche se - insisto - interventi precoci e sviluppo di modalità predittive sono estremamente utili, ma sono anche interventi che guardano al giovane adulto, al mondo del lavoro, alla possibilità per questi adulti di immaginare il più possibile spazi di vita autonoma, laddove questo - insisto - possa essere possibile.
La mozione che presentiamo oggi dà atto ad un cambiamento radicale di prospettiva: non abbiamo più al centro dell'attenzione la patologia, ma siamo riusciti a mettere al centro della nostra attenzione il soggetto autistico nell'arco di tutta la sua vita. Lo prendiamo in considerazione da piccolissimo, per accompagnarlo fino alla fine, non a caso ci sono una serie di riferimenti anche alla legge n. 112 del 2016, sul «dopo di noi».
Questa logica che ricostruisce l'unità del soggetto, nella complessità delle relazioni e dei contesti in cui si muove, costituisce per l'intera storia della medicina un punto importantissimo di sviluppo per non restare chiusi a volte in quel meccanismo che fa della diagnosi una specie di corsetto gessato dal quale non si riesce ad uscire. Quella del soggetto autistico è una diagnosi aperta e non può più generare nelle famiglie quel pessimismo cupo del «non c'è niente da fare»: non è vero, c'è sempre qualcosa di più che si può fare; forse non sarà tutto quello che vorremmo fare, ma c'è sempre qualcosa di più. È in questa logica positiva, orientata alla speranza, ma anche, contestualmente, alla ricerca scientifica e ad una documentazione scientificamente fondata, che l'attenzione ai soggetti autistici nell'arco della loro vita e del loro sviluppo ci presenta, che noi oggi guardiamo alla Commissione che chiediamo sia istituita e alla possibilità di andare oltre i pregiudizi e le rigidità mentali che a volte hanno un sapore autistico, non dell'autismo del soggetto e del paziente, ma del nostro autismo. Alle volte siamo noi che mostriamo, nella rigidezza dei nostri modelli relazionali, alcuni tratti di tipo autistico.
Ho parlato prima di una buona pagina di storia della medicina e di un'eccellente pagina di storia della politica, per aver lavorato insieme, esserci confrontati punto per punto e aver potuto contare su tutto l'appoggio della maggioranza. Do atto ai colleghi della mia Commissione di essere stati sistematicamente aperti a registrare tutti i possibili miglioramenti perché la mozione, che mi auguro alla fine sarà unitaria, possa davvero esprimere anche alle famiglie di soggetti autistici una risposta che dica «siamo tutti insieme con voi». E questa forse è la maggiore soddisfazione che possiamo dare a persone che troppo spesso si sentono sole e troppo spesso si sentono al centro di una prospettiva conflittuale, competitiva e divisiva. Noi siamo qui oggi a dire che questo lavoro si può fare e si può fare tutti insieme. (Applausi dai Gruppi FI-BP, M5S e PD. Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la senatrice Boldrini per illustrare la mozione n. 106.
BOLDRINI (PD). Signor Presidente, anche io, come i colleghi che hanno partecipato ieri alla giornata mondiale per la consapevolezza sull'autismo, ritengo che sia importante parlare ancora oggi di questa sindrome, perché, come abbiamo sentito, lo spettro dell'autismo è molto ampio e comprende varie sintomatologie. Ieri in Senato abbiamo visto un bellissimo film prodotto dal giornalista Gianluca Nicoletti, che rappresenta uno spaccato della realtà vissuta da genitori che hanno figli con disturbi dello spettro autistico. È stato veramente un filmato che ha toccato molto le sensibilità di tutti noi e soprattutto dei tanti studenti presenti in sala Zuccari, che si sono resi conto di cosa significa potersi confrontare con compagni che possono essere affetti da questa patologia. Ciò al fine di combattere lo stigma della diversità e della disabilità, per non allontanare le persone diverse da noi bensì integrarle. Occorre infatti comprendere il paradigma culturale, secondo cui la disabilità non significa non poter fare le cose, ma significa non sapere come farle e imparare a farle in maniera diversa, significa poter avere le persone affette da disabilità che stanno insieme a tutti gli altri, per poter attuare una vera integrazione. Oggi stiamo discutendo tutti insieme e molti di noi hanno presentato mozioni in questo senso, perché riteniamo che ci voglia uniformità di intenti per mettere in pratica delle azioni positive per la presa in carico delle persone con questa patologia.
L'autismo è considerato un disturbo dello sviluppo neurologico, che produce forti limitazioni nelle relazioni umane, con tendenza alla chiusura - lo abbiamo visto ieri nel filmato - alla maniacalità e alla specializzazione ossessiva, fino ad esordire con sofferenze pesanti e a volte anche insostenibili, da parte soprattutto delle famiglie. È fondamentale che la diagnosi sia precoce, perché così si riesce subito ad intervenire su una situazione che si affronta e si tratta soprattutto con le terapie cognitivo-comportamentali.
Come è stato detto anche in precedenza, sono già state promulgate leggi nella passata legislatura: una su tutte è la legge n. 134 del 2015, approvata dal Parlamento per garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone con disturbo dello spettro autistico, in conformità a quanto previsto dalla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite n. 82 del 12 dicembre 2012, sui bisogni delle persone con autismo. Successivamente il tema è stato trattato da altre leggi e in particolare dalle legge di bilancio: non furono infatti previsti fondi per poter sostenere la legge citata, ma nelle successive leggi di bilancio sono stati stanziati fondi appositi per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico. Questi sono dunque dati importanti e proseguo nel dire cosa ancora era stato fatto, perché è giusto citarlo. Nei livelli essenziali delle prestazioni (LEA), che sono stati rivisti nel 2015, è stato stabilito che nel Sistema sanitario nazionale alle persone con disturbo dello spettro autistico si sarebbero dovuti garantire specifiche prestazioni di diagnosi precoce, che è fondamentale, la cura, il trattamento e l'individuazione, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche. La ricerca scientifica ha però ancora bisogno di essere finanziata, perché è ancora lontana dal suo obiettivo. Si sono fatte tante ricerche avanzate, ma anche la Società italiana di neuropsichiatria infantile, proprio due giorni fa, ha affermato che c'è bisogno ancora di fare delle ricerche perché purtroppo l'autismo è in aumento: un bambino su 77 si ammala di autismo, questa patologia non si è fermata. Pertanto c'è bisogno di una ricerca, che deve essere finanziata.
Ricordo un'altra legge importante approvata nella precedente legislatura, la n. 167 del 2016, che è diretta a rendere obbligatoria, con l'inserimento nei livelli essenziali di assistenza, l'effettuazione dello screening neonatale per la diagnosi precoce di patologie ereditarie, che era già prevista dall'articolo 1, del comma 229, della legge di stabilità del 2014. Come vedete, quindi, ancora una volta è la prevenzione che viene in aiuto di questa patologia.
Devo dire, tuttavia, che, nonostante le leggi comunque promulgate, le famiglie ancora oggi ci chiedono di essere aiutate e il filmato di ieri lo ha detto molto palesemente: molte di queste famiglie rimangono da sole, anche perché spesso al loro interno c'è una povertà educativa che non dà la possibilità di chiedere aiuto e in particolare l'aiuto specifico che possono avere. Lo diceva molto bene una psicologa: molte di loro neanche sanno a chi chiedere la possibilità di un sostegno, anche solo per l'assegno familiare.
Colleghi, come vedete, c'è molto da fare e noi siamo qui oggi per prenderci impegni precisi, appositamente per dare aiuto a queste famiglie.
Nella nostra mozione - sperando anche io che si possa arrivare a un testo unico, vedremo come rispetto ai vari impegni - abbiamo riscontrato eterogeneità nell'applicazione delle leggi nelle diverse Regioni. Lo ribadisco ogni volta che parlo in quest'Aula: purtroppo, c'è eterogeneità nell'applicazione nelle Regioni perché il Sistema sanitario nazionale non è unico: ce ne sono ventuno. Ciò dimostra che non tutti possono avere le stesse opportunità, soprattutto con riferimento a quelle Regioni che hanno minori possibilità rispetto a progetti importanti per il sostegno di queste persone. Quindi, i problemi sono i medesimi ma le risposte sono diverse, come sono diversi i contesti educativo-culturali.
Dicevamo che c'è ancora molto da fare; certo, i disturbi dello spettro autistico, infatti, non sono sempre stati trattati nel modo più appropriato e, nonostante alcune realtà eccellenti che - dobbiamo dirlo - sono presenti nel nostro territorio nazionale, le persone con questo disturbo e le loro famiglie spesso non trovano risposte adeguate nel sistema di welfare del nostro Paese.
Secondo quanto stabilito nella citata legge n. 134 del 2015, il Servizio sanitario nazionale dovrebbe garantire alle persone con disturbo dello spettro autistico le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, perché ogni persona è una persona a sé, quindi ha bisogno di un suo percorso, soprattutto di una terapia individualizzata e di una terapia integrativa individualizzata, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche.
L'identificazione precoce dell'autismo, fondamentale, deve rappresentare la prima sfida importante, perché dà la possibilità di una presa in carico in un'età nella quale i processi di sviluppo possono ancora venire modificati, per cui è vero che non si guarisce dall'autismo, ma si possono migliorare tantissimo le condizioni se i progetti personalizzati vengono seguiti nel tempo. Di qui, l'importanza di seguire una persona affetta dal disturbo lungo tutto l'arco della vita ed è per questo che nella nostra mozione abbiamo citato l'importante legge cosiddetta dopo di noi. Infatti, l'allarme maggiore lanciato ieri dai genitori, che si vedono ormai anziani, fragili e con poche possibilità, è non sapere a quale altra famiglia affidare i propri figli ancora giovani (ragazzi di venti-trent'anni). Questo è un grave problema che noi dobbiamo sentire, ragion per cui nella nostra mozione chiediamo che prossimamente venga garantito un aumento dei finanziamenti per sostenere la legge del dopo di noi. Una legge che, come sappiamo, fatica a decollare in alcune Regioni, ma che, vi garantisco, in tante altre sta conseguendo risultati meravigliosi grazie a progetti che sono già partiti.
Ci piacerebbe che alcune misure, compresa la Commissione di cui ha già parlato la senatrice Binetti, potessero essere approvate oggi, in questo Senato, il giorno dopo la giornata mondiale dell'autismo. Sarebbe un segnale di ascolto fondamentale della politica nei confronti di queste famiglie. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).
Presidenza del vice presidente LA RUSSA (ore 11,54)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
È iscritta a parlare la senatrice Parente. Ne ha facoltà.
PARENTE (PD). Signor Presidente, in questi giorni sto leggendo un libro: il diario di una madre di due giovani donne con spettro autistico, che racconta nelle prime pagine la scoperta dell'autismo.
L'autrice ricorda di come, nello studio di un pediatra, per una visita alla sua prima figliola, dopo molte e varie peripezie, il professionista, nel consegnarle una lettera per un neurologo, le abbia detto: «Sarà una missione».
Colleghe e colleghi, signor Presidente, penso che noi tutti dobbiamo sentire di avere questa missione, perché siamo come Marina e le sue figlie. La nostra missione è sostenere, con una politica pubblica adeguata, le persone autistiche e le loro famiglie, attraverso interventi che - è stato ricordato - devono essere necessariamente biopsicosociali e attenti a tutte le fasi della vita (come avviene per ognuno di noi), ad esempio quella dell'adolescenza, in cui gli effetti del disturbo neurobiologico si possono amplificare paurosamente.
Occorrono una scuola in grado di accogliere davvero le differenze (anche qui, come tutti noi) con programmi didattici adatti e un welfare integrato, che possa permettere ai familiari - soprattutto alle donne - di lavorare e prendersi cura dei propri figlioli (speriamo di riuscire a portare brevemente a termine l'iter di esame del disegno di legge sul caregiver). Occorre altresì la promozione di progetti finalizzati all'inserimento lavorativo di persone con spettro autistico, come stabilisce la già ricordata legge 18 agosto 2015, n. 134.
Credo che sia fondamentale accogliere la proposta avanzata ieri dal mio collega Comincini, affinché anche questo Senato possa essere protagonista e accogliere alcune esperienze (il mio collega citava quelle di «Tortellante» e «PizzAut», ma ce ne sono tantissime), così da poter dare anche noi visibilità alle esperienze di inserimento lavorativo che possono essere replicabili.
Ho avuto il grande onore di essere relatrice della cosiddetta legge sul dopo di noi, che ha al centro il valore dell'autonomia delle persone con disabilità ed è per questo molto bella. Noi dobbiamo far vivere questa legge con la predisposizione di progetti che partano dal "durante di noi" e che stabiliscano futuro e autonomia, non solo quando i genitori sono avanti negli anni o c'è mancanza di sostegno, per assicurare ai ragazzi della Luna (così li definisce un bellissimo progetto del CNR, che anni fa ha seguito una maratona nelle isole Svalbard e gira ancora un filmato bellissimo) vita e futuro, nonché la possibilità di fare progetti integrati. Si tratta di un passaggio culturale che tutti noi - politici, famiglie, associazioni, operatori sociali pubblici e privati - dobbiamo intraprendere.
Per questo motivo, è importante l'istituzione di una Commissione parlamentare su queste questioni, affinché, come è stato ricordato poc'anzi, le leggi adottate fino a oggi (in primis, la legge 18 agosto 2015, n. 134, e la legge 22 giugno 2016, n. 112), non restino cattedrali nel deserto, ma siano applicate in tutte le Regioni e su tutto il territorio nazionale, le risorse disponibili vengano impiegate per progetti davvero integrati e, come giustamente richiesto nella mozione del Partito Democratico, ulteriori risorse vengano stanziate per finanziare in particolare l'attuazione della cosiddetta legge sul dopo di noi. La Commissione che si propone di istituire dovrà svolgere un'attività di monitoraggio e verifica, con l'obiettivo di dare serenità alle persone e alle loro famiglie. Questa è la nostra grande missione. (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mautone. Ne ha facoltà.
MAUTONE (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, membri del Governo, i disturbi dello spettro autistico si possono considerare come una sindrome comportamentale, con esordio nei primi tre anni di vita, alla cui insorgenza contribuiscono fattori sia genetici, che ambientali.
I sintomi caratteristici dell'autismo sono la difficoltà a stabilire interazioni con i coetanei e 1'alterato sviluppo delle competenze sociali. Scopo primario della terapia di recupero è potenziare al massimo l'indipendenza e la qualità della vita del soggetto, attenuando il più possibile le caratteristiche principali del disturbo, promuovendo lo sviluppo e l'apprendimento, stimolando la socializzazione e - soprattutto - offrendo informazioni e supporto alle famiglie. Tutto ciò si ottiene con opportuni interventi educativi, comportamentali e riabilitativi.
La legge n. 134 del 2015, recante disposizioni in materia di diagnosi, cura e riabilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie, prevede che il Servizio sanitario nazionale garantisca specifiche prestazioni per la diagnosi precoce, le cure e i trattamenti individualizzati, l'elenco delle prestazioni sanitarie (visite, sedute di psicomotricità e logopedia, dosaggio di farmaci) in regime di esenzione dalla partecipazione alla spesa.
È unanimemente riconosciuto che le linee di indirizzo programmatiche sono recepite in modo non uniforme su tutto il territorio nazionale - questo è il vero problema - generando differenze a livello regionale e locale, con disparità a volte marcate, di approccio alla gestione dei bisogni dei soggetti con spettro autistico. E ciò a fronte della considerazione che, come scientificamente dimostrato, la precocità della diagnosi e dell'intervento terapeutico multidisciplinare assume una valenza fondamentale per ottenere i risultati migliori nel recupero delle capacità e delle attività psicosensoriali di questi pazienti.
In tutte le Regioni italiane, ma specialmente in quelle meridionali, esiste una particolare criticità riguardante i tempi di attesa dei centri accreditati per il recupero abilitativo e riabilitativo neuropsicomotorio e sensoriale di questi piccoli con spettro autistico, che risultano essere particolarmente lunghi e, spesso, superiori a un anno.
Tutto ciò comporta, come logica conseguenza per le famiglie, un'unica possibilità: affidarsi a strutture private con notevole aggravio economico, considerando la frequenza quasi quotidiana e la lunga durata di tali trattamenti.
Facciamo, colleghi, uno sforzo comune, al di là degli schieramenti politici, per ottenere una maggiore uniformità su tutto il territorio nazionale e un miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali, con il costante monitoraggio del comitato permanente per la verifica delle erogazioni dei livelli essenziali di assistenza.
Dobbiamo dare delle risposte concrete e immediate, restituendo alla politica la credibilità perduta e in questo sia le Regioni, con i controlli sulle liste di attesa e sulla qualità delle prestazioni erogate, sia il Ministero, con iniziative di propria competenza, dovranno fare la propria parte, per permettere l'accesso gratuito e in tempi rapidi a questi centri, migliorando le effettive possibilità di recupero di questi piccoli pazienti e dando loro la possibilità di un futuro migliore. I bambini autistici e le persone autistiche ci tendono la mano, non restiamo indifferenti. (Applausi dal Gruppo M5S. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Iori. Ne ha facoltà.
IORI (PD). Signor Presidente, era il 2008 quando l'Assemblea generale delle Nazioni Unite deliberò l'istituzione della giornata mondiale della consapevolezza sull'autismo. Perché la parola «consapevolezza» è contenuta nella denominazione dell'istituzione di questa giornata? Non a caso, perché la consapevolezza è il primo passo per contrastare l'incuranza. Quando guardiamo un bambino o un ragazzo con disturbi autistici, abbiamo spesso già pronta la nostra pre-interpretazione, che parte dallo stereotipo che abbiamo di lui anche senza conoscerlo e non riusciamo a vedere un'esistenza umana che scivola via in silenzio, vittima dello sguardo scontato, dell'ovvietà che, appunto, non vede. In questi anni molto è stato fatto, ma ancora moltissimo è necessario fare per migliorare la qualità dei servizi, per contrastare gli stereotipi, per contrastare la discriminazione e l'isolamento familiare delle persone. Sono circa 600.000 in Italia a soffrire di questo disturbo, almeno quelli diagnosticati, perché molti restano ancora nell'invisibilità.
Si ignora quanti e quali ostacoli essi affrontino per cominciare a vivere ogni giorno. Non riusciamo a immaginare quanto sia difficile rompere esclusione o indifferenza; quanto sia pesante la fatica emotiva delle relazioni dei caregiver. Nella scorsa legislatura abbiamo approvato una legge, già citata, in materia di diagnosi, cura e riabilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie. Una legge che ha rappresentato un grande passo di civiltà.
Ebbene, ora occorre davvero fare in modo che i diritti non rimangano solo sulla carta, ma siano concreti, reali e diffusi e che comincino e continuino a camminare. Per la prima volta sono stati affrontati i diversi aspetti riguardanti l'inserimento di diagnosi, cura e trattamento personalizzato nei LEA, per il miglioramento delle condizioni di vita delle persone con autismo anche in età adulta, quando arrivano i diciotto anni. Il problema infatti rimane e talvolta si acuisce, con le famiglie angosciate al pensiero di chi si prenderà cura dei loro figli quando i genitori stessi invecchieranno o li dovranno lasciare. A chi? A chi li lasceranno? Chi si prenderà cura di loro?
Per questo i provvedimenti cognitivo-comportamentali educativi, la ricerca biologica, genetica e sociale, sono stati posti all'interno di un disegno più vasto, che ha visto nascere il finanziamento più alto mai assegnato a un fondo per la non autosufficienza, e della legge cosiddetta del "dopo di noi", che è però una legge che inizia nel "durante noi".
Perché questa legge abbia inizio occorrono due priorità da perseguire, su cui, a mio avviso, occorre insistere. La prima è consentire a tutte le persone con disturbo dello spettro autistico di sviluppare il proprio progetto di vita, promuovendo l'autonomia di ogni essere umano e il suo diritto di partecipare effettivamente alla vita, a progettare un futuro, a non rassegnarsi alla situazione data, anche quando può apparire immodificabile.
Ogni bambino o ragazzo adulto, infatti, ha in sé margini di imprevedibilità, sorprese che possono emergere dalla qualità delle relazioni di chi si mette in gioco con queste persone apparentemente lontane, apparentemente chiuse, con le quali è difficile comunicare. Vorrei invitarvi a pensare al miracolo compiuto da Greta, una adolescente con la sindrome di Asperger, che ha mobilitato un mondo di adolescenti.
La seconda priorità riguarda le famiglie, che spesso sono sole, e in particolare le madri, perché purtroppo è molto alta la percentuale di separazioni in presenza di figli con disabilità. La risposta va costruita, allora, contrastando l'isolamento, costruendo welfare di comunità, alimentando le relazioni di mutuo aiuto, la solidarietà tra le famiglie nell'appartenenza alla corresponsabilità sociale.
Queste affermazioni sono sottese da un welfare che non si limita all'erogazione di meri sussidi monetari, ma che investe sulla capacità di tutte le persone per favorire l'espansione di una pari dignità esistenziale, considerando le differenze non un disvalore da discriminare ma una risorsa da valorizzare per la comunità. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Rufa. Ne ha facoltà.
RUFA (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli senatori, non c'è bisogno di frasi ad effetto, di citazioni di libri, di Santi e scrittori, quando l'argomento è la speranza e il sorriso di una persona malata, tanto più se bambino. E non c'è nemmeno proporzione tra ciò che viene donato da loro e ciò che riusciamo a fare per loro.
Dopo tante leggi, risoluzioni e trattati si è cresciuti nel riconoscimento e nel modo di affrontare l'autismo e i disturbi dello spettro autistico. Si tratta di disturbi del neurosviluppo, legati cioè a un'anomala maturazione cerebrale, determinata biologicamente. Si tratta di una condizione purtroppo tutt'altro che rara; infatti, in base a una statistica del 2014 realizzato in America, si calcola che essa riguardi un bambino su 59. C'è un continuo aumento registrato negli anni, un aumento senza differenze di etnie e di condizioni sociali. In Italia, per alunni della scuola primaria, si passa dall'1,7 per cento degli anni 1989-1990 al 3,4 per cento degli anni 2017-2018. Sebbene si arrivi sempre più precocemente alla sua diagnosi, la vera sfida è il suo trattamento. Il trattamento è appunto l'argomento di tale mozione: la necessità di leggi e linee guida deriva da sciacallaggi, a volte anche involontari, metodici e sanitari. Orientarsi alla ricerca della migliore soluzione non è impresa facile e soprattutto non lo è quando i genitori sono soli e disorientati.
Il 5 febbraio 1992 è stata rubricata la legge quadro n. 104 per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone diversamente abili. Tale legge tutela i diritti delle persone con disabilità e nel tempo si è arrivati a migliorarla, fino al decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 66, in cui si enunciano anche i disabili autistici tra gli aventi diritto. Parallelamente, e ne confermiamo la necessità, c'è la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 12 dicembre 2012, che prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico. Tale risoluzione è stata recepita con la legge del 18 agosto 2015 n. 134. In seguito, con la legge del 28 dicembre 2015 n. 208, articolo 1, comma 401, è stato istituito un fondo per la cura dei soggetti con disturbi dello spettro autistico, con una dotazione di 5 milioni di euro. Con la legge del 27 dicembre 2017 n. 205, articolo 1, comma 455, si incrementa tale fondo di ulteriori 5 milioni per ogni singolo anno 2019 e 2020.
Lo scopo di tale mozione è di dare piena attuazione alla legge n. 134 del 2015. La Conferenza unificata con il Ministero della salute e il GISM (Gruppo tecnico interregionale salute mentale) il 10 maggio 2018 ha infatti valutato e criticato il diverso recepimento, implementazione e trattamento, a livello regionale e locale, dei disturbi dell'autismo e ha aggiornato le linee guida di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali. Perciò apportiamo 5 milioni di euro in più per aumentare con metodo e con criterio la lotta all'autismo. Chiediamo e auspichiamo che i soldi siano distribuiti a progetti che siano controllati economicamente e che il Fondo sia utilizzato secondo indicatori oggettivi e misurabili di garanzia del puntuale adempimento delle linee di indirizzo. Si chiedono l'impegno e il controllo, perché le disomogeneità di approccio e di gestione dei dati delle esperienze e dei metodi emersi altro non sono che una debolezza contro un disturbo, quello dell'autismo, purtroppo ben organizzato.
In tale mozione, recepito ciò che è stato accordato nel settembre 2018 dall'Istituto superiore di sanità, si ricorda di strutturare le linee guida congiunte e una corretta rete che possa arginare la forza dovuta alla natura ancora non nota dell'autismo. Chiediamo coordinamento tra una rete scientifica, epidemiologica, informativa e di censimento storico e statistico, una rete educativa e terapeutica, una rete sanitaria scolastica e sociale, una rete di censimento delle buone pratiche terapeutiche ed educative, una rete di erogazione e di controllo economico dei fondi, una rete di promozione, pianificazione e coordinamento, una rete per istituire un registro regionale, nazionale e internazionale. Ogni giorno è il giorno in questa Aula; oggi perciò è il giorno per fare di ognuno di noi un nodo stretto di tali reti di intenti. Nella vita si fa tanto, e comunque sempre poco si è fatto. Abbiamo capito che l'autismo si manifesta entro i primi tre anni di vita e soprattutto per i maschietti.
È un αὐτός commovente, un indifeso e adorabile se stesso. Un disturbo del neurosviluppo con cause sicuramente neurobiologiche, costituzionali e psico-ambientali acquisite: un disturbo su cui tanto si è fatto, ma tanto ancora c'è da fare. Una malattia che mette a dura prova assistenti sanitari, assistenti scolastici e soprattutto le famiglie. Le famiglie che ci insegnano a benedire la vita, che ci ricordano che la sconfitta peggiore è lo scoraggiamento: quelle famiglie che ci ricordano che il regalo più grande è un figlio. Con la mozione n. 83 ci impegniamo a non lasciarle sole. Al Governo chiediamo anche di non lasciarle andar via con la loro preoccupazione, con il tarlo del «dopo di noi cosa accadrà ai nostri figli».
Dal 1985 l'ANGSA (Associazione nazionale genitori autistici) ci chiede di illuminare di blu le loro speranze, celebrando il 2 aprile la Giornata mondiale della consapevolezza sull'autismo, promuovendo ricerca e contrastando le discriminazioni e l'isolamento delle persone malate. Ed oggi, come ieri e come domani, coloriamo di blu la nostra luce approvando in quest'Aula anche la mozione n. 83. (Applausi dal Gruppo L-SP-PSd'Az).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Conzatti. Ne ha facoltà.
CONZATTI (FI-BP). Signor Presidente, non voglio aggiungere concetti che già autorevolmente i senatori medici oggi intervenuti in quest'Aula hanno chiarito molto bene. Mi piacerebbe festeggiare la Giornata sull'autismo con una notizia positiva e raccontando un esempio virtuoso di eccellenza che esiste sul nostro territorio nazionale, perché affrontare il problema si può.
Oggi possiamo naturalmente votare le mozioni presentate, si può istituire la Commissione speciale, ma si può fare molto di più: si può prendere esempio dai territori, che si sono mossi e hanno preso ispirazione dalle leggi quadro, dai Regolamenti delle Nazioni Unite, dalla legge del 2015, dai LEA e dai protocolli nazionali, per costituire équipe di lavoro sui territori, che, facendo da base per le aziende sanitarie, collaborando con i centri di ricerca, le università, le scuole, il privato sociale e le associazioni delle famiglie, hanno saputo creare centri di vera eccellenza. Non un singolo centro, ma un territorio che sa prendersi carico dei ragazzi e delle persone affette da autismo.
Alcuni dati forniti dal dossier dell'ASDEU, che la Commissione europea ha finanziato, ci dicono che un bambino su 77 è affetto da autismo. Dobbiamo quindi renderci conto che il fenomeno è ampio e va affrontato in maniera collegiale. Per questo l'università ha un ruolo fondamentale: l'Università degli studi di Trento e il CIMEC (Centro interdipartimentale mente/cervello) hanno collaborato per comprendere e studiare filoni nuovi di approfondimento nelle neuroscienze. Si è capito che la disattenzione rispetto alle interazioni sociali è dovuta alla scarsa densità delle fibre nervose nella via mesolimbica; si è capito che l'ipersensibilità al tatto è dovuta a una corteccia somatosensoriale in deficit. Si è capito, in base a queste ricerche, che bisogna intervenire molto presto, in maniera diagnostica, anche sui bambini appena nati. Questa è la chiave che ci porterà ad avere persone che possano con metodo diminuire la frequenza e la gravità dei sintomi.
Da questo punto di vista è molto importante la formazione e in tale ambito l'università non forma semplicemente neuroscienziati, ma operatori del sociale, insegnanti che a scuola sono in grado, come succede in questa realtà, di integrare i bambini affetti da autismo nelle classi ordinarie. C'è inoltre un privato sociale che sa finanziare e mettere a disposizione le migliori tecnologie. C'è una stanza multisensoriale, una delle prime sperimentazioni in Italia, che fa vivere ai bambini una realtà tridimensionale, lavorando sulla cromoterapia e sull'immaginazione, facendo così migliorare i comportamenti e la capacità di comunicazione. Ci sono, dunque, esempi virtuosi, impariamo da quelli.
Oggi votiamo a favore delle mozioni, ma partiamo da un consolidato che c'è, è solido e non è semplicemente retorica, perché vogliamo concretezza e vogliamo fare in modo che l'Italia si prenda cura delle persone più in difficoltà. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Di Marzio. Ne ha facoltà.
DI MARZIO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, è già stato detto tutto quello che c'era da dire sugli aspetti clinici dell'autismo, un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo, caratterizzato da esordio precoce di difficoltà nell'interazione reciproca e nella comunicazione sociale associata a comportamenti e interessi ripetitivi e ristretti. Si tratta, in pratica, della coesistenza di un disturbo socio-comunicativo e di comportamenti stereotipati.
L'autismo è considerato una sindrome comportamentale associata a un disturbo del cervello e della mente che compromette e condiziona le modalità dell'azione e dell'interazione sociale, della comunicazione e dell'apprendimento, che esordisce nei primi tre anni di vita ed è destinata a durare per l'intera esistenza; le sue cause sono ignote, ma nel suo determinismo svolgono un ruolo importante fattori eziopatogenetici ed ambientali.
La sintomatologia è caratterizzata da sintomi estremamente compositi comprendenti tra l'altro abilità linguistiche ridotte e ritardate, difficoltà a correlarsi con l'ambiente esterno, ad interloquire con gli altri, a mantenere il contatto oculare con l'interlocutore, ristrettezza di interessi, coazione a ripetere, comportamenti ed espressioni verbali stereotipate, condotte ossessivo/compulsive di ordinamento ed allineamento di oggetti. Si tratta, dunque, di un corteo sintomatologico che spesso fa apparire i piccoli pazienti come se fossero confinati in un loro mondo, separato dalla realtà circostante ed impenetrabile, estraneo ed impermeabile alla condivisione di emozioni e sentimenti, la sconfortante sensazione di impossibilità di comunicazione con il quale costituisce motivo di sentimenti di disperante impotenza da parte dei genitori e genera una impressione di irrimediabile separazione emotiva, non dissimile da quella che connota i rapporti con i pazienti affetti da morbo di Alzheimer, ma con l'aggravante dell'età infantile di chi ne sia affetto e della sensazione di inefficacia dei trattamenti terapeutici istituiti.
Si tratta di un quadro clinico grave ed apparentemente inemendabile che in passato è giunto perfino a comportare, ad opera del dottor Hans Asperger, eponimo della sindrome da lui descritta nel 1938, l'internamento di molti di tali pazienti, giudicati impossibili da educare, presso il famigerato centro Am Spiegelgrund, dove molti di loro trovarono la morte nell'ambito dei progetti di eugenetica a quel tempo in auge.
L'indeterminabilità della etiopatogenesi di un complesso sindromico tanto invalidante può rendere ragione anche della compulsiva ricerca, da parte dei familiari dei pazienti che ne siano affetti, di una qualsivoglia causa cui poter attribuire la responsabilità di quanto accade, esitata in questi ultimi anni in irrazionali manifestazioni di demagogica colpevolizzazione della pratica vaccinale, sulla scorta dell'acritico accoglimento della mistificatoria teoria formulata in una ricerca del 1998, risultata poi falsa, che ne ipotizzava la correlazione con il vaccino MMR (morbillo, rosolia, varicella), che è stata smentita da tutti gli studi scientifici successivi dai quali è emersa l'insussistenza di qualsiasi legame sia con i vaccini sia con alcuni dei loro ingredienti.
Benché per il trattamento del disturbo dello spettro autistico, al momento, non si disponga di protocolli standardizzati, esistono tuttavia trattamenti documentatamente efficaci per incrementare la capacità di sviluppo neuropsichico dei bambini che ne siano affetti e offrire loro la possibilità di acquisire nuove competenze, la qualità dei cui risultati appare però associata sostanzialmente alla precocità di attuazione degli interventi ed alla loro personalizzazione rispetto alle specifiche caratteristiche del singolo paziente.
Il trattamento quindi, che si incardina sull'impiego di terapie cognitivo comportamentali di comunicazione e di addestramento delle abilità, non può essere fondato sulla mera definizione diagnostica, ma deve essere predisposto in relazione al profilo individuale del bambino in forma personalizzata e deve tenere in debito conto le sue criticità e i suoi punti di forza, utilizzando un approccio diagnostico descrittivo, che indichi caratteristiche cliniche e livello di gravità dei sintomi e abilità cognitive verbali associate.
Sul territorio nazionale c'è grande diversità nell'approccio corretto al trattamento di questi pazienti; approccio che si basa necessariamente sull'affidamento a centri accreditati, che siano in grado di affrontare concretamente il problema, ma anche su un'integrazione scolastica in cui la scuola torni a svolgere il suo ruolo di agenzia di socializzazione primaria e sappia essere inclusiva. La conclusione, quindi, è che, affinché il problema venga affrontato concretamente, bisogna restituire dignità al sistema scolastico pubblico, che deve essere messo in grado di accogliere anche questi pazienti in maniera adeguata. Deve inoltre essere restituito al sistema sanitario nazionale il ruolo che gli compete, poiché deve poter offrire a questi pazienti le risposte che si aspettano, senza che debbano ricorrere ai privati; un sistema sanitario pubblico che venga rimesso al centro del sistema, contro tutti quelli che intendono mercificare la salute per aprire uno spazio ai privati. (Applausi dal Gruppo M5S).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.
Comunico che è stato presentato l'ordine del giorno G1, sottoscritto dai firmatari delle mozioni nn. 42 (testo 2), 83, 98 e 106, che sono state conseguentemente ritirate. Il testo dell'ordine del giorno, che si intende illustrato, è stato stampato ed è in distribuzione.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, al quale chiedo di esprimere il parere sull'ordine del giorno presentato.
COLETTO, sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, esprimo apprezzamento sull'ordine del giorno presentato per quanto riguarda la prima parte. Sulla seconda parte, considerato che è rivolta al Senato, mi rimetto ovviamente alle valutazioni dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'ordine del giorno G1.
LANIECE (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LANIECE (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, il mio sarà un intervento breve in dichiarazione di voto, anche perché il Gruppo Per le Autonomie non poteva non esprimersi su un argomento così importante, che tocca pesantemente molte famiglie del nostro Paese. Per quanto riguarda l'autismo, sappiamo - ed è già stato detto in modo dettagliato negli interventi che mi hanno preceduto - che si tratta di una condizione, una patologia molto complicata. Infatti, sull'ultima versione del DSM (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) si è ritenuto di cambiarne la dizione e di definirlo come uno spettro di comportamenti, proprio perché è talmente complicato che, sia dal punto di vista temporale che dell'intensità dei sintomi, si sviluppa nel corso della vita in modo molto incostante, mettendo in notevole difficoltà i pazienti stessi, ma anche le famiglie e le istituzioni. Sappiamo che è una condizione sulla cui eziopatogenesi si sa ancora poco e su cui si sa che purtroppo non esiste una cura, come normalmente si intende, con dei farmaci. Ci sono degli interventi di tipo comportamentale, di tipo ricreativo, che in qualche modo mettono a proprio agio i pazienti e quindi riescono a migliorare la loro condizione. Però è chiaro che siamo ancora ben lontani da una risoluzione di questo disturbo psico-neurologico.
Ci tenevo a dire che non siamo all'anno zero e penso che sia stato sottolineato un po' da tutti. La scorsa legislatura, da questo punto di vista, è stata feconda perché ci ha permesso di approvare una legge quadro sull'autismo e di approvare altre iniziative importanti come quella sui caregiver e sul cosiddetto dopo di noi, che è un aspetto fondamentale. Infatti, sempre di più si presenta la problematica di come gestire e accudire queste persone ormai adulte quando non ci saranno più la loro famiglia e i loro genitori.
Io difendo e parlo sempre bene della modifica del 2001 del Titolo V della Costituzione, perché ha permesso alle Regioni di dare il via a tutta una serie di provvedimenti specifici. Sappiamo come è il livello amministrativo delle Regioni che dal punto di vista concreto porta avanti le iniziative per le famiglie. Questa modifica del Titolo V ha permesso, nelle Regioni che hanno saputo cogliere questa opportunità, di sviluppare tutta una serie di iniziative sui territori: centri diurni, centri per istituzionalizzare i casi più gravi; insegnanti di sostegno; in sostanza tutta una serie iniziative per venire incontro alle famiglie. Se c'è un impegno da prendere da parte di quest'Aula è sostenere le Regioni e permettere di uniformare su tutto il territorio nazionale gli interventi, soprattutto quelli qualitativamente più avanzati, secondo me paragonabili a quelli del welfare del Nord Europa.
Da questo punto di vista, credo sia da condividere quanto presente in tutte le mozioni, per cui apprezzo molto che siano state riunite in un unico ordine del giorno dell'Assemblea. Mi auguro anche che la Commissione speciale che viene evocata lavori in modo molto concreto cercando di pungolare il Governo e in particolare le Regioni e la Conferenza delle Regioni, per portare avanti, nelle sacche di territorio dove ci sono ancora interventi molto scarsi, delle iniziative concrete. Credo che le famiglie e le persone affette da questo disturbo importante hanno bisogno proprio di iniziative molto concrete.
Non ultimo, per poter concretizzare le iniziative ci vogliono i fondi, quindi credo sia importante soprattutto tener conto di questo aspetto. Se si vogliono portare avanti iniziative di qualità, bisogna avere il coraggio di erogare risorse nuove.
Per queste ragioni, annuncio il voto convintamente favorevole del Gruppo per le Autonomie. (Applausi dai Gruppi Aut (SVP-PATT, UV) e PD).
DE PETRIS (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-LeU). Signor Presidente, noi voteremo convintamente a favore dell'ordine del giorno e devo dire che è stato un segnale molto importante il fatto che siano state unificate in un ordine del giorno le mozioni presentate, tutte peraltro ampiamente condivisibili nei vari punti e anche nelle loro diversità.
Signor Presidente, colleghi, nella scorsa legislatura si è fatto un grande passo in avanti con l'approvazione della legge n. 134 nel del 2015, che nel nostro ordinamento ha rappresentato e rappresenta non solo un passo in avanti, ma un grande punto di riferimento. Il problema è che sono passati quattro anni e, come sempre accade, siamo molto bravi a fare anche buone leggi, ma poi vi è una difficoltà, evidentemente endemica del Paese, a procedere speditamente nell'attuazione. Tant'è che le novità contenute nella legge n. 134 del 2015, che io considero davvero molto importante e innovativa perché per la prima volta considerava in modo unitario l'intero progetto di vita del soggetto autistico, intervenivano soprattutto al momento del compimento della maggiore età. Siamo poi rimasti in un po' indietro con l'attuazione della suddetta legge perché non sono state ancora pubblicate, e sono in fase di elaborazione, le nuove linee guida che l'Istituto superiore di sanità sta predisponendo. Questo impegno a perfezionare l'elaborazione e quindi finalmente a pubblicare tali linee guida è contenuto e anche ripreso nell'ordine del giorno presentato. Sono passati, lo ripeto, esattamente quattro anni.
Certamente vi è stato anche il risultato della Conferenza unificata dello scorso anno, che nel nuovo patto per la salute aveva fatto un ulteriore passo in avanti sui livelli essenziali di assistenza, ma non solo siamo ancora molto lontani da un approccio più omogeneo tra le Regioni ma siamo anche molto indietro a fronte di dati che sono sempre più allarmanti. Non voglio dire che vi sia una epidemia di autismo, ma certamente la diagnosi è più precoce e i sistemi di rilevamento molto più attivi, grazie ai moltissimi passi in avanti fatti dalla fine degli anni Novanta ai giorni nostri, fanno sì che il numero sia aumentato. I numeri sono molto allarmanti: si parla di 500.000 soggetti, e quindi di 500.000 famiglie, e bisogna fare presto e bene innanzi tutto nel campo della ricerca. È importante che prosegua e sia sempre più rafforzato il sistema di una rete scientifica europea e quindi, da questo punto di vista, bisogna rafforzare anche l'Osservatorio nazionale dell'autismo. La ricerca è fondamentale perché, come dicevamo prima anche se di questo si parla molto poco, almeno dai dati in nostro possesso emerge che vi possono essere certamente cause genetiche, ma anche l'influenza di fattori ambientali. Studi molto importanti, recentemente pubblicati (e non solo recentemente perché si parla di studi iniziati, per esempio, dalla University of California nel 2003), ci forniscono dati sui fattori ambientali che sono sicuramente molto preoccupati. A tale proposito bisogna procedere con la ricerca scientifica che non è mai abbastanza, per ben indagare e meglio precisare le diagnosi e, contemporaneamente, anche per le misure di tipo abilitativo e riabilitativo.
Ora, abbiamo un'altra questione che avevamo iniziato ad affrontare nella passata legislatura, nella quale è stata approvata anche la cosiddetta legge del «dopo di noi», la n. 112 del 2016. La cito perché fino ad oggi tutto il peso è sulle famiglie e solo parzialmente il sistema sanitario e il sistema socio sanitario si sono fatti carico di questi problemi. Questo non deve più accadere. Chiunque ha avuto contatti con l'Associazione e con i genitori sa che il problema più grande e le questioni poste alle Istituzioni riguardano ciò che accadrà quando non ci saranno più loro a farsene carico.
Vorrei quindi soffermarmi sull'altro punto dolente che riguarda purtroppo le risorse economiche. Il riferimento all'aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) nella Conferenza unificata Stato-Regioni ha prescritto ancora una volta l'invarianza di spesa. Ciò significa che se anche in questo campo non ci sono le risorse adeguate, tutto il peso dal punto di vista materiale ed anche psicologico rimane assolutamente e unicamente sulle famiglie, che rischiano di rimanere l'unica forma di welfare. Pertanto, la questione delle risorse economiche è assolutamente decisiva.
Vi è poi un'altra questione decisiva, quella relativa ai caregiver; nella manovra finanziaria della scorsa legislatura avevamo iniziato ad introdurre qualche piccola misura anche per quanto riguarda i caregiver. Anche su tale questione bisogna avere la determinazione ad andare avanti e mettere in campo tutte le iniziative dal punto di vista normativo ed economico, perché la parte socio assistenziale e il supporto alle famiglie sono cruciali. Altrettanto cruciale è il sostegno a tutti i processi di inclusione sociale delle persone con autismo.
Condivido allora l'ordine del giorno G1, che riguarda la necessità di promuovere i progetti finalizzati all'inserimento lavorativo e tutti i progetti che vanno verso l'inclusione sociale.
È opportuna altresì l'istituzione di una Commissione speciale. Ancor più necessario però è l'impegno da parte del Governo affinché possa essere finalmente accelerata l'adozione delle linee guida previste dalla legge n. 134 del 2015 e, contemporaneamente, vi siano le risorse necessarie a far fronte ai servizi sanitari e socio-assistenziali.
Per tutti questi motivi confermo il nostro voto convinto sull'ordine del giorno G1, che ha unificato le mozioni precedentemente illustrate. (Applausi dal Gruppo Misto e del senatore Ferrari).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Salutiamo gli studenti dell'Istituto d'istruzione superiore «Quinto Ennio», della bella Gallipoli, in provincia di Lecce. (Applausi).
Ripresa della discussione delle mozioni nn. 42 (testo 2), 83, 98 e 106 (ore 12,44)
BINI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BINI (PD). Signor Presidente, non voglio tornare su molte delle questioni che sono state bene evidenziate da colleghe e colleghi in Assemblea riguardo il disturbo e la patologia e a quanto conosciamo al riguardo dal punto di vista scientifico.
Penso che oggi siamo chiamati a provare a dare una risposta più concreta ed efficace alle tante famiglie che si trovano nella condizione di avere un figlio che ha questo tipo di disturbo. Come leggiamo e sappiamo dai tanti racconti delle persone che conosciamo e da chi ha vissuto vicende simili, la scoperta della malattia di un figlio e di un disturbo di questo tipo, all'inizio fa crollare il mondo addosso al genitore, fa vedere tutto nero, fa pensare di sentirsi isolati, fa cercare tutte quelle informazioni che si possono avere per capire a cosa si sta andando incontro. Poi, tutto d'un tratto la vita si trasforma. Da un lato si sente sicuramente la complicazione che questo porta, dall'altro, la ricchezza che questo dona: la ricchezza di avere un figlio o una figlia speciali, la ricchezza di avere una missione, come diceva prima qualcuno, la ricchezza di avere la possibilità di cercare nuovi modi per entrare in contatto e in comunicazione, per scoprire nuovi linguaggi e per interpretare quello che un figlio o una figlia ha da dirti e che magari spesso non riesce a dire con le parole.
Credo che la politica e le istituzioni si debbano occupare di tutto questo. Spesso siamo portati, non per disinteresse, a occuparci di chi ci cerca, di chi ci sottopone un bisogno o un problema e tante volte tendiamo magari a sottovalutare chi è più silenzioso, chi non ha voce per gridare la propria difficoltà, chi magari è talmente tanto a disagio che non ha neppure la forza di cercare qualcuno. È di questo che dobbiamo occuparci, è a queste persone e a queste famiglie che dobbiamo far sentire non semplicemente la nostra vicinanza a parole, ma una vicinanza concreta, che renda la loro vita un po' più semplice e che faccia sì che questi ragazzi e queste ragazze possano essere cittadini a tutti gli effetti e possano ottenere la loro autonomia nel modo più ampio possibile.
Parliamo di ragazzi diversi, ma siamo tutti diversi. (Applausi del senatore Rampi). Ognuno di noi ha dei pregi, dei difetti, delle caratteristiche o delle qualità diversi dagli altri, ma ognuno di noi ha, allo stesso tempo, dei sogni e dei sentimenti. Spesso e volentieri quando ci occupiamo di qualcuno che ha un disturbo e una patologia pensiamo ad occuparci soltanto dei bisogni concreti (il nutrimento, la somministrazione delle medicine o la pulizia), ma nei fatti dobbiamo invece riuscire a far sì che queste persone raggiungano il massimo grado di autonomia, che consenta loro di andare oltre i bisogni primari che incontrano nella propria vita. Credo dunque che questo sia il senso dell'ordine del giorno in esame e sono felice e orgogliosa del lavoro fatto dalle nostre colleghe e per il fatto che si sia giunti ad una stesura unitaria.
Molto è stato detto e molto è già stato fatto a livello legislativo, anche negli ultimi anni, ma molto c'è ancora da fare: occorre portare alla piena attuazione le linee guida e c'è da fare l'aggiornamento dei LEA, c'è da procedere per fare in modo che la ricerca, che ancora in questo campo non ha raggiunto tutti i risultati sperati, possa progredire in modo più efficace, occorre far sì che il sistema di informazione riesca a far avere le informazioni in modo capillare e trasparente a tutti. Per questo nell'ordine del giorno in esame si chiede l'istituzione di una Commissione speciale, non per creare un ulteriore organismo inutile, ma proprio con l'obiettivo di raggiungere queste finalità, che ho provato, sicuramente non in modo efficace come avrei voluto, ad elencare. Il dispositivo della nostra mozione era sicuramente più forte perché c'era l'impegno chiaro a istituire la Commissione. Nella mediazione che è stata trovata c'è comunque l'impegno in questo senso.
A questo punto - essendosi il Governo rimesso all'Assemblea, come è giusto che sia perché sulle Commissioni parlamentari decide il Parlamento - dipende solo da noi; quindi, il nostro auspicio è che si riesca a istituire davvero questa Commissione, la quale, con i compiti chiari e qui elencati, possa avere come obiettivo unico la centralità dell'individuo, la centralità di quelle famiglie e dei ragazzi e delle ragazze che soffrono di tale disturbo, perché la loro vita sia migliore. Solo così sentiremo di aver dato un contributo positivo ed efficace come rappresentanti istituzionali. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Steger).
BALBONI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BALBONI (FdI). Signor Presidente, cari colleghi, lo spettro autistico non è una malattia ma una neuro-biodiversità, spettro sottovalutato quando non deriso.
Ricordo all'Assemblea l'episodio di un noto comico, che poi si è dato alla politica - ma che fortunatamente sta tornando alla sua antica attività - al quale ha risposto giustamente il presidente Mattarella, mettendo al proprio fianco, durante il discorso di fine anno, un quadro fatto da ragazzi di un centro per autistici di Verona.
L'autismo è un'epidemia senza essere una malattia: è una disabilità senza esserlo, pur essendo, in alcuni casi, completamente invalidante. I numeri dei nascituri nello spettro impressionano: ad oggi è un'emergenza nazionale e lo stesso presidente Trump, ad esempio, non ha esitato a definirla un'epidemia, pur non essendo una malattia, e ciò rende l'idea del suo diffondersi e dei suoi numeri. A spaventare è soprattutto l'impreparazione delle nostre comunità a integrare questi ragazzi e a sostenere le loro famiglie. Bisogna impegnarsi costantemente su questo tema perché, seppur ormai scientificamente sdoganato e affrontato, l'autismo non ha, nel Servizio sanitario nazionale e nei servizi sociali, la giusta attenzione. Le ASL riconoscono solo logopedia e psicomotricità, che, nella maggior parte dei casi, non sono assolutamente efficaci. Alcune Regioni - recependo le linee guida dell'Istituto superiore di sanità - stanno legiferando per inserire nei LEA le terapie comportamentali e psicologiche strutturate (Aba, Denver, Teacch), anzitutto perché sono le più richieste, in quanto più efficaci, e in secondo luogo perché hanno costi veramente proibitivi. Ultimamente sono intervenute anche diverse sentenze che hanno condannato le ASL al pagamento di questi modelli da loro non riconosciuti.
Ciò che serve è una legge quadro che metta tutte le strutture pubbliche nelle condizioni di prendere in carico questi ragazzi, a tutte le età, e regali un po' di serenità alle loro famiglie. I passi fondamentali, a nostro avviso, sono: la diagnosi precoce (per cui è necessaria la formazione specifica di pediatri e insegnanti di sostegno); il cosiddetto durante di noi (quindi la quotidianità di questi bambini, ragazzi e adulti), e, ovviamente, una degna applicazione del dopo di noi.
I disturbi dello spettro sono da lievi a gravissimi; quindi alcuni hanno solo delle stereotipie comportamentali, problemi ripetitivi o di rigidità, altri non sono verbali e non saranno mai autonomi nemmeno nei bisogni primari.
Le mamme e i papà di questi bambini sono veri eroi: si districano tra attese lunghissime per la diagnosi e la certificazione e il vuoto totale che ne segue, perché, per l'appunto, la sanità pubblica se ne occupa poco e male. La maggior parte dei genitori si mette a fare ricerche e porta il figlio o i figli (perché, purtroppo, succede anche che gemelli o più fratelli siano nello stesso spettro) su e giù per l'Italia dallo specialista che su qualche forum è stato loro indicato.
E se la civiltà di una nazione si riconosce dalla capacità di proteggere e sostenere i più deboli e fragili, noi - purtroppo - cari colleghi, siamo ancora veramente molto indietro. Come sempre in questi casi ci sono delle bellissime realtà gestite da associazioni, o direttamente dai genitori che aiutano davvero queste famiglie e i loro ragazzi, ma sono poche e con il solito enorme e insormontabile ostacolo economico.
L'autismo non è contagioso, né mortale, ma è un dramma colpevolmente sottovalutato. Per queste ragioni, Fratelli d'Italia preannuncia il proprio voto favorevole. (Applausi dal Gruppo FdI).
FREGOLENT (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FREGOLENT (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, diversi sono stati negli anni gli interventi normativi cui si deve far riferimento quando si tratta il problema legato allo spettro autistico, iniziando dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 2008, fino alla legge 18 agosto 2015, n. 134, cui sono seguite la legge 22 giugno 2016, n. 112 e il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017.
L'incremento dei casi di disturbo dello spettro autistico osservato nell'ultimo decennio richiede tuttavia un atteggiamento consapevole che porti quanto prima a un rapido e profondo processo di riorganizzazione dei servizi, in prima istanza di quelli sanitari, per fornire una diagnosi precoce, un corretto inquadramento diagnostico e un sostegno alle famiglie, favorendo l'integrazione e il miglioramento della qualità della vita delle persone colpite. Conoscere i bisogni è essenziale per pianificare buoni sostegni, con politiche sanitarie e risorse educative e sociali adeguate per sostenere i bambini e le famiglie che quotidianamente si confrontano con questa patologia.
La legge 18 agosto 2015, n. 134 pone l'attenzione sugli interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone, accanto agli aspetti diagnostici e riabilitativi. Ciò è sicuramente il segno di un'aumentata consapevolezza del disturbo nella comunità e di un miglioramento del livello di comprensione dell'impatto di questo problema nella società.
L'ordine del giorno che oggi siamo chiamati a votare contiene importanti impegni, ai quali il Governo darà sicuramente seguito. Vorrei porre l'attenzione su uno di essi in particolare. Come spesso accade quando si tratta di patologie sanitarie, ci si concentra sul soggetto colpito e la famiglia - in questo caso, i genitori - passa in secondo piano. Un momento importante, unico, cercato e desiderato diventa un percorso difficile, carico di sofferenza e spesso di solitudine. Dai più recenti studi sui percorsi di presa in carico dell'autismo emerge come i bisogni espressi siano non soltanto quelli connessi alla disabilità vissuta in prima persona, ma anche quelli dell'intero nucleo familiare, che è costantemente impegnato sul versante dell'accudimento, dell'educazione e della socializzazione, esponendosi al rischio di vivere una condizione di isolamento sociale. I genitori, gravati dal peso costante dell'impegno assistenziale, esprimono l'esigenza di ritagliarsi dello spazio per sé e recuperare momenti da dedicare a se stessi, al rapporto di coppia e alla relazione con gli altri figli. Sono ancora poche le occasioni dedicate a questa specifica esigenza e la gestione del tempo libero dei bambini e dei ragazzi con disabilità nell'area dello spettro autistico spesso ricade solo sulla famiglia.
La consapevolezza della complessità del fenomeno dell'autismo, con tutte le sue ricadute sulla tenuta del tessuto familiare e sociale in cui esso si colloca, richiede un'azione di investimento importante da parte delle istituzioni del territorio, in stretto raccordo con le associazioni dei familiari. La famiglia è il primo ambiente sociale nel quale il bambino autistico si trova a crescere e nel quale ci si impegna a perseguire l'obiettivo di integrazione, anche attraverso attività di supporto e formazione dei genitori. Aiutare il bambino autistico a sviluppare le sue abilità e i suoi interessi nell'ambiente domestico rappresenta il primo passo per sostenere il suo percorso di crescita e rappresenta, al contempo, il primo obiettivo su cui puntare per migliorare la qualità di vita propria e dell'intera famiglia.(Applausi dai Gruppi L-SP-PSd'Az e M5S).
L'attività di supporto alla famiglia e la formazione dei genitori, attraverso dei percorsi educativi, aiuta a gestire i livelli di stress, a sviluppare meccanismi di coping migliori, che a loro volta permettono un ambiente domestico più sano e controllato. Il benessere del bambino e la sua educabilità sono imprescindibili dal benessere della famiglia in cui lo stesso è inserito.
Desidero portare a conoscenza di tutti voi il progetto che si è voluto realizzare presso il distretto socio-sanitario di Pieve di Soligo, dell'azienda ULSS n. 2 Marca trevigiana denominato «Il tempo guadagnato». Come sindaci ci siamo interrogati se, al di là del supporto clinico e sanitario al soggetto affetto da disturbo autistico, potevamo sostenere le famiglie perché non si sentissero sole nell'accudimento di bambini e ragazzi così speciali e se si potesse creare attorno ai genitori una rete di supporto fattivo, una nuova forma di welfare sociale che vedesse le amministrazioni, le associazioni dei familiari, l'azienda sanitaria, le realtà produttive unite nella costruzione di un progetto che mettesse al centro le famiglie che al loro interno hanno questi ragazzi.
L'idea accolta da tutti i 28 Comuni del distretto e dall'azienda sanitaria ha visto il coinvolgimento dalle Associazioni ANFFAS Sinistra Piave, ANGSA Treviso, Genitori «La nostra famiglia», il supporto della Fondazione di comunità della Sinistra Piave, il sostegno della Banca della Marca e della Regione Veneto.
Il progetto si è posto quale obiettivo generale quello di favorire l'inclusione sociale delle persone con autismo e delle loro famiglie nella comunità. In particolare, da una parte si è voluto offrire alle famiglie un tempo di sollievo, inteso come tempo guadagnato per recuperare una relazione familiare, per sperimentare una graduale indipendenza relazionale del legame tra genitori e figli, per contrastare la sensazione di solitudine delle famiglie, dall'altra, si è voluto offrire un tempo di preparazione delle giovani generazioni cogliendo ogni occasione possibile di apprendimento e d'integrazione attraverso il consolidamento di un sistema di collaborazioni con il volontariato giovanile, la scuola, i servizi pubblici e privati del territorio. Sono state previste diverse proposte per le famiglie: dei pomeriggi in libertà rivolti ai genitori e ai bimbi dai cinque agli undici anni, con l'obiettivo di offrire alle famiglie occasioni di sollievo e ai bambini pomeriggi di gioco per sviluppare abilità utili alla crescita; dei percorsi educativi per le famiglie, rivolti sempre ai genitori dei bambini dai cinque agli undici anni, con lo scopo di aiutare e gestire le difficoltà e favorire un ambiente domestico più sereno; dei pomeriggi e weekend per i ragazzi dai diciotto anni in su per favorire l'autonomia e le relazioni interpersonali; l'attivazione e la preparazione di nuovi volontari a supporto delle azioni sostenute dal progetto. (Applausi dai Gruppi L-SP-PSd'Az e M5S). Un'esperienza che tutti i soggetti coinvolti si sono impegnati a portare avanti affinché queste diventino azioni strutturate e non interventi spot, per dare una risposta concreta alle famiglie e realizzare un modello replicabile nel territorio.
Nell'anticipare il voto favorevole del Gruppo Lega Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione, concludo dicendo che tutti gli impegni contenuti nell'ordine del giorno sono obiettivi fondamentali per garantire la miglior presa in carico delle persone affette da disturbo dello spettro autistico e sono sicura che il Governo saprà raggiungerli quanto prima. Auspico però che le famiglie vengano sempre più messe al centro dei vari interventi per far sentire meno soli queste mamme e questi papà. (Applausi dai Gruppi L-SP-PSd'Az e M5S Congratulazioni).
GIAMMANCO (FI-BP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIAMMANCO (FI-BP). Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi
Forza Italia ha sottoposto oggi a quest'Assemblea un tema di estrema rilevanza, che dovrebbe trovare il giusto spazio nell'agenda dell'Esecutivo.
Crediamo sia necessario dare delle risposte alle problematiche che vivono i soggetti con disturbi dello spettro autistico e dare risposte anche alle loro famiglie, per dar loro l'attenzione che meritano nel dibattito politico e nel lavoro delle istituzioni. Fare politica dovrebbe essere, prima di tutto, una missione a sostegno dei soggetti più deboli e vulnerabili della società. Meno propaganda e più sostanza, quindi, è lo sforzo che chiediamo al Governo e alla maggioranza a supporto di chi è più fragile. Forza Italia ritiene che sia dovere di tutti noi lavorare per garantire loro una maggiore qualità di vita.
I disturbi dello spettro autistico rappresentano una delle principali cause di disabilità infantile. Si tratta di una condizione permanente per la quale esistono, però, trattamenti riabilitativi di supporto che permettono di ottenere risultati importanti. Se si agisce, quindi, in modo tempestivo si può fare molto per migliorare la qualità di vita dei soggetti autistici e delle loro famiglie, che sono tante. La vita di queste famiglie è segnata per sempre da questa forma di disabilità: segnata psicologicamente ma anche materialmente, in quanto la famiglia, di fatto, è la vera, unica forma di welfare su cui grava tutto il peso della fragilità dei bambini di cui ci si prende cura. Oneri psicologici ed oneri economici, ripeto, troppo spesso affrontati in completa solitudine, anche perché gli assegni di invalidità sono troppo esigui e ancora del tutto insufficienti a condurre una vita dignitosa e autodeterminata.
A tal proposito, eliminare dal calcolo dell'ISEE l'importo dell'assegno di invalidità ai fini dell'ottenimento del reddito di cittadinanza, cosa che Forza Italia ha più volte proposto, sarebbe già un buon segnale. L'assegno di invalidità non può e non deve essere considerato una fonte di reddito tantomeno un vantaggio economico. (Applausi dal Gruppo FI-BP e FdI). L'assegno di invalidità dovrebbe servire a pagare le spese di assistenza, che spesso deve esserci ventiquattr'ore su ventiquattro. Ma questo assegno non è per nulla sufficiente, perché le terapie che i soggetti autistici devono seguire sono molto costose. Per questo, la maggior parte delle volte è un familiare a farsi carico della cura della persona autistica, familiare che, per questo motivo, avrà anche difficoltà a continuare la propria vita, a continuare il proprio lavoro.
Chi vive una disabilità grave deve provvedere a tutta una serie di spese che, troppo spesso, causano disagi economici non indifferenti. Le famiglie dei soggetti con disturbi dello spettro autistico affrontano un cammino doloroso e difficile, pieno di ostacoli: sono costrette a spendere migliaia e migliaia di euro all'anno per curare i figli con una terapia scientificamente valicata; hanno a che fare con bambini che hanno difficoltà a comunicare e a interagire con gli altri e che spesso hanno scarsa capacità di apprendimento, difficoltà a concentrarsi, comportamenti ripetitivi e interessi limitati.
PRESIDENTE. Colleghi, vi invito a prestare una maggiore attenzione, anche perché mi sembra che l'intervento meriti di essere ascoltato.
GIAMMANCO (FI-BP). Grazie, signor Presidente. Si tratta di bambini che spesso sono le prime vittime di atti di bullismo, inaccettabili, da parte dei loro compagni di scuola. È un problema sociale, che va a impattare anche sulla tenuta del contesto familiare e al quale è necessario dare delle risposte tempestivamente per evitare che questi bambini diventino adulti emarginati, che naturalmente non riusciranno a integrarsi nella società. Con le terapie giuste, invece, i soggetti autistici potranno avere una vita serena e dignitosa, conquistando autonomia e acquisendo le competenze che consentiranno loro di essere degli adulti diversi da quelli delle generazioni passate; adulti che, un giorno, potranno anche essere in grado di lavorare e di essere utili alla società, con tutte le loro potenzialità.
Per questo, Forza Italia ha chiesto al Governo di dedicare maggiore attenzione e più risorse al problema. Gli interventi rivolti ai bambini autistici hanno un carattere composito. Si tratta di programmi fortemente personalizzati. Ogni percorso è diverso dall'altro; ogni percorso è diverso da bambino a bambino. L'obiettivo è quello di mettere in moto un vero e proprio processo di maturazione dell'individuo; servono la costanza e la continuità terapeutica e serve personale altamente specializzato.
Eppure l'autismo sembra ancora essere considerato una patologia di serie B. La legge n. 134 del 2015, pur essendo ricca di buoni propositi e riconoscendo la necessità di potenziare la ricerca in questo campo, non ha dato le risposte sperate. (Applausi dal Gruppo FI-BP). Si è fatta una legge a costo zero, che non ha stanziato fondi, perché segnata dalla clausola di invarianza finanziaria. Una bella cornice, insomma, ma priva di quadro. Anche la legge n. 112 del 2016, la cosiddetta dopo di noi, che prevede giustamente interventi a supporto delle persone con grave disabilità rimaste prive del sostegno familiare, non ha stanziato fondi a sufficienza. (Applausi della senatrice Rizzotti). Dobbiamo dare quindi piena attuazione alla legge n. 134 del 2015 garantendo in tutte le Regioni i trattamenti per l'autismo nei livelli essenziali di assistenza mediante lo stanziamento delle risorse economiche necessarie.
È inoltre necessario implementare il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico e il Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave o prive del sostegno familiare. Ancora, abbiamo chiesto di promuovere la ricerca, di favorire il potenziamento di risorse umane altamente qualificate, di favorire la sperimentazione di progetti di vita indipendente, di promuovere l'inserimento lavorativo dei soggetti adulti con disturbi dello spettro autistico. Servono insomma maggiori investimenti. In più, con un'altra mozione a mia prima firma, Forza Italia ha chiesto a questa Assemblea di mostrarsi sensibile al tema e dare il via libera all'istituzione di una Commissione speciale, con compiti di analisi, approfondimento e proposta sull'autismo e sulle altre disabilità correlate. Vedete, non è sufficiente dare la delega delle politiche sulla disabilità a un Ministero senza portafoglio. C'è ancora molto da fare e molto da capire per migliorare la vita di chi soffre di questi disturbi e per migliorare la vita delle loro famiglie. Per questo è di fondamentale importanza garantire loro la continuità del progetto di cura.
Siamo consapevoli della complessità del fenomeno e delle sue ricadute di ordine sociale, per questo vogliamo lavorare per garantire anche ai giovani adulti che hanno ricevuto durante l'infanzia la diagnosi di disturbo dello spettro autistico di poter svolgere una vita il più possibile autonoma, affinché non incorrano in forme di esclusione sociale che inevitabilmente conducono all'isolamento e alla discriminazione. Serve maggiore consapevolezza del problema, abbattere le barriere mentali e lavorare per una maggiore integrazione sociale di queste persone. Gli adulti che soffrono di questi disturbi, una volta che non ci sarà più la loro famiglia a occuparsene, non possono diventare fantasmi ed essere dimenticati. Non dobbiamo lasciarli soli, ma dobbiamo aiutarli a sviluppare le relazioni con gli altri e lavorare affinché ci siano maggiori aree dedicate e luoghi dove coltivare e sviluppare le grandi potenzialità nascoste di ogni persona con disturbi dello spettro autistico. L'inclusione non può limitarsi alla sola scuola, ma deve toccare anche gli altri contesti di vita, da quello ludico-ricreativo a quello sportivo, per una partecipazione che favorisca il diritto alla normalità.
Detto questo, crediamo che almeno su queste tematiche l'Assemblea del Senato debba essere coesa e parlare con una sola voce, capace quindi di andare oltre le appartenenze politiche. Crediamo che sia fondamentale perseguire un obiettivo comune, per essere più forti e per dare delle risposte vere ed efficaci a chi da tempo le aspetta. Per questo abbiamo deciso di ritirare le nostre mozioni, per farle confluire in un documento unitario, un ordine del giorno che recepisce in parte le nostre istanze. Lo abbiamo fatto per buon senso, per non strumentalizzare politicamente né svilire un tema così delicato e perché l'ottimo è nemico del bene, mentre noi vogliamo il bene di questi ragazzi. Per dar seguito alle nostre istanze abbiamo quindi ritenuto importante unire le forze di tutti per far fronte comune. Ci auguriamo che il Governo e la maggioranza mostrino vera attenzione nei confronti dei nostri amici autistici e delle loro famiglie. Per tutte queste ragioni, Forza Italia ha ritirato le sue mozioni e voterà a favore dell'ordine del giorno unitario elaborato con la maggioranza e con le altre opposizioni. Noi ci siamo, le istituzioni sono presenti e attente al problema: è questo il messaggio che deve partire forte oggi da quest'Aula. (Applausi dai Gruppi FI-BP, L-SP-PSd'Az, PD e FdI).
CASTELLONE (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLONE (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, oggi è già stato detto tutto dai miei colleghi, io però vorrei esplorare con voi il complesso e per molti versi sconosciuto universo dei disturbi dello spettro autistico in maniera diversa, con l'ausilio di un racconto; un racconto scritto da un educatore e da un artista. Questo racconto parla di un cucciolo di lupo, che nasce in una notte di nebbia fitta, in cui non si distingue il confine tra la terra e il cielo. Come nella nebbia si perdono i contorni esatti delle cose, allo stesso modo la mancanza di conoscenza dell'autismo impedisce di "vedere" i bambini che ne sono affetti e spinge a relegarli in un angolo grigio, dove vengono sviliti da quella dolorosa etichetta che è la diversità.
Il piccolo lupo di fatto è diverso dagli altri cuccioli, perché non sa ululare e dunque non si esprime attraverso il linguaggio tipico del branco; ha paura delle farfalle, cioè ha delle fobie atipiche per la sua specie; non guarda alla luna, ma non riesce a staccare gli occhi dalle ciliegie. La sua diversità diventa un motivo di esclusione dal branco perché non sarà mai un vero lupo. Solo la madre non abbandona il cucciolo; così restano soli, avvolti nella nebbia che ruba tutti i colori alle cose. È in quel mondo grigio purtroppo che si ritrovano spesso le famiglie con un figlio affetto da autismo.
Provate ad immaginarvi come genitori che si stringono al proprio figlio nella nebbia. Provate ad immaginare il terrore che vi investe, mentre lo chiamate, senza ottenere risposta; provate a capire cosa si prova, di fronte a un bambino che vi guarda con lo sguardo assente, che non si appassiona ai giochi, che non familiarizza con gli altri bambini, che non reagisce ad alcun vostro tentativo di portarlo nel vostro mondo, questa "normalità" che all'improvviso diventa una maledizione, in netto contrasto con tutta questa "diversità".
Senza nessun preavviso, senza possibilità di difesa, arriva la diagnosi: disturbo dello spettro autistico. Qualche genitore, raccontando della propria esperienza, ha paragonato questo momento a uno sconvolgimento di tutti gli equilibri: all'inizio è tutto nuovo, bisogna imparare tanti termini mai sentiti prima e modificare tutti gli atteggiamenti, alla scoperta di quelli che possano aprire un varco nella nebbia. È uno stravolgimento doloroso, in cui si passa dalla disperazione all'accettazione e dall'accettazione alla necessità assoluta di reagire.
Sono un pugno allo stomaco le testimonianze dei genitori con figli autistici. Lasciati totalmente soli nella gestione di questa diversità per cui ancora troppo poco si è fatto.
Nel racconto alla fine sarà un'oca a salvare il piccolo lupo dall'esclusione; lo fa guardando al di là delle apparenze, indagando la sensibilità del cucciolo, che per salvarla da una volpe, finalmente lancia un ululato da vero lupo. A quel punto anche il capo branco comprende che la diversità non è insuperabile: accetta il lupo e assaggia le ciliegie per capire come mai per il piccolo siano così appetibili; a riprova del fatto che la diversità può essere fonte di arricchimento.
Da tempo nel nostro Paese si sta sperimentando un approccio multidisciplinare, finalizzato a fornire tutti gli strumenti per capire e gestire al meglio la disabilità, per offrire a chi è affetto da disturbi dello spettro autistico la concreta speranza di un'esistenza che sia il più vicino possibile al concetto di normalità. Le terapie somministrate sono di tipo psicologico e comportamentale, di tipo prettamente cognitivo, e solo in minima parte farmacologico. Si punta molto anche sullo sport, sull'arte-terapia e sulla pet therapy. Qualsiasi sia il metodo messo in atto, resta fondamentale il coinvolgimento dei familiari e di persone strettamente legate al mondo di chi soffre di autismo.
I risultati derivanti dall'applicazione di queste metodologie sono sempre più sorprendenti. Quella nebbia gelida e informe in parte comincia a diradarsi e molti bambini, soprattutto se diagnosticati precocemente, riescono ad uscirne. Non è così per tutti però, perché ancora una volta in tanti sono penalizzati dall'area geografica di appartenenza. So bene che ripeto spesso questo concetto ed io per prima vorrei non ci fosse più bisogno di ribadirlo sempre, qualunque sia la disciplina, qualunque sia la patologia, qualunque sia la terapia; per ora però è così, le differenze territoriali ci sono e valgono anche per chi soffre di disturbi dello spettro autistico. Ci sono anche in questo caso numeri e dati inconfutabili.
I numeri di una recente ricognizione nazionale realizzata dall'Istituto superiore di sanità sulle unità operative di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, terminale sanitario dell'utenza con disturbi dello spettro autistico dei sistemi sanitari regionali, indicano che in Italia 300.000-400.000 persone convivono con un disturbo dello spettro autistico, tra bambini, adolescenti e adulti; ciascuna unità operativa di presa in carico di questi soggetti è composta in media da due neuropsichiatri infantili, due psicologi, un terapista della neuropsicomotricità dell'età evolutiva, due logopedisti, un educatore, un infermiere e un assistente sociale. Secondo quanto dichiarato da chi ha curato questa indagine, questo dato presenta però un'altissima variabilità tra le Regioni e tra le aziende sanitarie, che si evidenzia anche dall'analisi delle distribuzioni del numero di operatori per ciascuna Regione; esistono infatti più del 50 per cento delle unità operative dove i profili potenzialmente coinvolti nel trattamento o sono assenti o sono presenti in part-time e dove non si garantiscono diagnosi e presa in carico in tempi consoni. Sono state attivate al Nord l'83 per cento delle unità operative previste, al Centro il 69 per cento, nelle isole il 61 per cento e al Sud il 51 per cento, evidenziando quindi come la capacità di erogare i livelli essenziali di assistenza previsti per l'autismo presenta una forte eterogeneità geografica. I dati che vi sottopongo sono supportati anche da una valutazione effettuata dal Ministero della salute, in collaborazione con il gruppo tecnico interregionale salute mentale, dalla quale emergono un diverso grado di recepimento e differenti implementazioni a livello regionale e locale.
Proprio in conseguenza del modesto approccio, su base territoriale, delle linee d'indirizzo definite nel 2012, si è stabilito che la loro attuazione costituisca adempimento per il comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA.
Nel settembre 2018 l'Istituto superiore di sanità ha ufficializzato l'obbiettivo di redigere le linee guida sul disturbo dello spettro autistico, finalizzate a supportare i professionisti sanitari nella definizione del percorso diagnostico e terapeutico più appropriato, attraverso la creazione di una rete di sostegno e assistenza per i familiari e i caregiver nella presa in carico integrata del minore, che deve coinvolgere l'intero contesto di vita (famiglia, scuola, luoghi di aggregazione, servizi territoriali sociali e sociosanitari). Se ne deduce che in questi anni il nostro Paese si sia dotato di tutti gli strumenti e delle norme necessari a garantire livelli omogenei di presa in carico e trattamento su tutto il territorio nazionale sulla base dei fabbisogni. Parliamo di provvedimenti tesi a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale. II Servizio sanitario nazionale deve infatti garantire alle persone con disturbi dello spettro autistico prestazioni di diagnosi precoce, cura e trattamento individualizzato, con metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche. Serve, piuttosto, attivarsi affinché sia data piena attuazione a quanto già definito dall'attuale quadro normativo.
Con questo ordine del giorno unitario, che il MoVimento 5 Stelle voterà favorevolmente, impegniamo il Governo a: istituire una rete scientifica ed epidemiologica, come già sperimentato in altri Paesi, con l'obiettivo di promuovere studi e ricerche finalizzate ad assicurare che il sistema informativo fornisca sui disturbi dello spettro autistico stime affidabili; definire un sistema di valutazione secondo indicatori oggettivi e misurabili; perfezionare tramite l'Istituto superiore di sanità, l'elaborazione delle linee guida; garantire la diffusione di campagne d'informazione e sensibilizzazione; promuovere collaborazioni sociali e assistenziali a supporto delle famiglie.
Abbiamo il dovere di adottare tutte le misure necessarie per garantire una vita normale ai soggetti affetti da disturbo dello spettro autistico. Abbiamo il dovere di operare per definire un percorso collettivo conforme per ciascun territorio, per fornire a tutti ogni strumento disponibile per diradare quella nebbia incolore che crea una barriera e segna un confine doloroso tra normalità e diversità. Abbiamo il dovere di fare in modo che sia possibile per chiunque uscire da questa nebbia e tornare a vedere i meravigliosi colori del mondo. (Applausi dai Gruppi M5S, FI-BP, PD e L-SP-PSd'Az).
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'ordine del giorno G1, presentato dalle senatrici Castellone, Giammanco, Boldrini e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).(Applausi).
Rilevo che non ci sono stati né contrari né astenuti.
Sospendo la seduta per circa quaranta minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 13,27, è ripresa alle ore 14,13).
Votazione per l'elezione di quattro componenti effettivi e quattro supplenti della Commissione per la vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti (Votazione a scrutinio segreto mediante schede) (ore 14,13)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la votazione per l'elezione di quattro componenti effettivi e quattro supplenti della Commissione di vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti.
La votazione, a scrutinio segreto, avrà luogo per schede, secondo le modalità previste dall'articolo 25, comma 1, del Regolamento.
Ciascun senatore riceverà una scheda sulla quale potrà indicare tre nominativi per l'elezione dei componenti effettivi e tre nominativi per l'elezione dei componenti supplenti.
Al fine di prevenire ogni possibile equivoco, è a disposizione dei senatori, in Aula, l'elenco dei colleghi che hanno lo stesso cognome, con l'indicazione dei rispettivi nomi.
Per garantire il più ordinato svolgimento delle operazioni di voto, dinanzi al banco della Presidenza sono state approntate due cabine. I colleghi senatori, immediatamente prima dell'ingresso in cabina, riceveranno dagli assistenti parlamentari una scheda che, dopo il voto, depositeranno nelle apposite urne all'uscita delle cabine stesse.
La chiama sarà svolta in ordine alfabetico.
Dichiaro aperta la votazione.
Invito il senatore Segretario a procedere alla chiama.
(La senatrice Segretario Nisini e, successivamente, il senatore Segretario Laforgia fanno la chiama).
(Nel corso delle operazioni di voto assume la Presidenza il vice presidente ROSSOMANDO - ore 14,41 -).
Hanno preso parte alla votazione i senatori:
Abate, Accoto, Agostinelli, Aimi, Airola, Alderisi, Alfieri, Anastasi, Angrisani, Astorre, Auddino, Augussori
Bagnai, Balboni, Barachini, Barbaro, Barboni, Battistoni, Bellanova, Bergesio, Bernini, Berutti, Binetti, Bini, Biti, Boldrini, Bonfrisco, Bonifazi, Bonino, Borghesi, Borgonzoni, Bossi Simone, Bottici, Bressa, Briziarelli, Bruzzone, Buccarella
Calandrini, Caliendo, Campagna, Campari, Candura, Cangini, Cantù, Carbone, Cario, Casini, Casolati, Castaldi, Castiello, Catalfo, Causin, Cerno, Cesaro, Ciampolillo, Cioffi, Ciriani, Cirinnà, Collina, Coltorti, Comincini, Conzatti, Corbetta, Corrado, Craxi, Croatti, Crucioli, Cucca
D'Alfonso, D'Angelo, D'Arienzo, Dal Mas, Damiani, de Bertoldi, De Lucia, De Petris, De Vecchis, Dell'Olio, Dessì, Di Girolamo, Di Marzio, Di Micco, Di Nicola, Di Piazza, Donno, Drago, Durnwalder
Errani, Evangelista
Faggi, Faraone, Fattori, Fazzolari, Fede, Fedeli, Fenu, Ferrara, Ferrari, Ferrazzi, Ferrero, Ferro, Floridia, Fregolent, Fusco
Galliani, Gallicchio, Gallone, Garruti, Gaudiano, Giacobbe, Giammanco, Giannuzzi, Giarrusso, Giro, Girotto, Granato, Grassi, Grasso, Grimani, Guidolin
Iannone, Iori, Iwobi
L'Abbate, La Mura, La Pietra, La Russa, Laforgia, Lanièce, Lannutti, Lanzi, Laus, Leone, Licheri, Lomuti, Lorefice, Lucidi, Lupo
Maffoni, Maiorino, Mallegni, Malpezzi, Manca, Mangialavori, Mantero, Mantovani, Marcucci, Margiotta, Marilotti, Marin, Marinello, Marino, Martelli, Marti, Masini, Matrisciano, Mautone, Messina Alfredo, Messina Assuntela, Mininno, Minuto, Misiani, Modena, Moles, Mollame, Montani, Montevecchi, Monti, Moronese
Nastri, Naturale, Nisini, Nocerino, Nugnes
Ortis, Ortolani, Ostellari
Pacifico, Pagano, Papatheu, Paragone, Parente, Paroli, Parrini, Patriarca, Patuanelli, Pazzaglini, Pellegrini Emanuele, Pellegrini Marco, Pepe, Pergreffi, Perilli, Perosino, Pesco, Petrocelli, Pianasso, Piarulli, Pichetto Fratin, Pillon, Pinotti, Pirovano, Pirro, Pisani Giuseppe, Pisani Pietro, Pittella, Pittoni, Pizzol, Presutto, Pucciarelli, Puglia
Quagliariello, Quarto
Rampi, Rauti, Riccardi, Ricciardi, Ripamonti, Rivolta, Rizzotti, Rojc, Romagnoli, Romano, Romeo, Ronzulli, Rossomando, Rufa, Ruspandini, Russo
Santangelo, Santillo, Saponara, Saviane, Sbrana, Sbrollini, Schifani, Serafini, Sileri, Stabile, Stefano, Steger, Sudano
Taricco, Taverna, Tesei, Testor, Tiraboschi, Toffanin, Tosato, Trentacoste, Turco
Unterberger, Urraro
Vaccaro, Valente, Vallardi, Vanin, Vattuone, Verducci, Vescovi, Vono
Zaffini, Zuliani.
Dichiaro chiusa la votazione e invito i senatori Segretari a procedere allo spoglio delle schede e al computo dei voti.
(I senatori Segretari procedono al computo dei voti).
Discussione delle mozioni nn. 77, 100, 104 e 107 sulle riserve auree della Banca d'Italia (ore 15,47)
Approvazione della mozione n. 104. Reiezione delle mozioni nn. 77, 100 e 107
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni 1-00077, presentata dal senatore Fazzolari e da altri senatori, 1-00100, presentata dal senatore D'Alfonso e da altri senatori, 1-00104, presentata dal senatore Bagnai e da altri senatori, e 1-00107, presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori, sulle riserve auree della Banca d'Italia.
Ha facoltà di parlare il senatore Zaffini per illustrare la mozione n. 77.
ZAFFINI (FdI). Signor Presidente, colleghi, l'argomento non è di poca rilevanza, posto che, come voi saprete e come ormai sanno tutti, le riserve in oro che detiene Bankitalia ad oggi, euro più euro meno, ammontano alla considerevole cifra di 90 miliardi di euro. È una cifra che ritengo meritevole di attenzione. La mozione del Gruppo di Fratelli d'Italia, che ricordo si occupa di questa materia attraverso le dichiarazioni della nostra presidente Giorgia Meloni...
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Zaffini, la interrompo per dirle che, per una disattenzione mia e degli Uffici, ci siamo accorti solo adesso che non c'è il Governo e quindi dobbiamo sospendere la seduta. Mi scuso con lei e con l'Assemblea.
Sospendo la seduta fino alle ore 16,30.
(La seduta, sospesa alle ore 15,48, è ripresa alle ore 16,34).
Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI
La seduta è ripresa.
Ha facoltà di parlare il senatore Zaffini per illustrare la mozione n. 77.
ZAFFINI (FdI). Signor Presidente, colleghi, ricordo, a scanso di equivoci, che la mozione del Gruppo Fratelli d'Italia si occupa della materia delle riserve auree detenute dalla Banca d'Italia dal 2014, allorquando il partito della nostra Presidente presentò un ordine del giorno in occasione della conversione del decreto-legge n. 133 del 2013 su IMU e Banca d'Italia. L'ordine del giorno chiedeva di mettere nero su bianco che l'oro appartiene allo Stato e non alla Banca d'Italia. Il tema era all'epoca caldo, in quanto, come voi, colleghi, sicuramente ricorderete, in quel passaggio ci fu un riconoscimento di proprietà di un sistema di banche italiane che precedentemente avevano, invece, una presenza puramente simbolica.
L'argomento è assolutamente rilevante in quanto, Presidente, il controvalore in euro di questa riserva in oro (che ricordo essere la terza, in ordine di grandezza, tra gli Stati e la quarta tra le istituzioni) è di circa 90 miliardi di euro: stiamo parlando di una cifra assolutamente rilevante. Questa ricchezza è oggetto di un grande equivoco, che si continua a perpetrare da anni, da quando, ad esempio, l'allora premier Prodi ritenne di proporre la vendita di una parte di questa riserva per decurtare lo stock di debito pubblico dell'Italia.
Il grande equivoco ha una serie di protagonisti; il primo tra questi è proprio Banca d'Italia, l'istituto di emissione, la nostra banca di Stato, che sul suo sito scrive espressamente: «L'ordinamento assegna la proprietà delle riserve alla Banca d'Italia; in base all'articolo 127 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea». Con ciò Banca d'Italia scrive sul proprio sito un falso, perché l'articolo 127 del trattato non riporta nessun passaggio con il termine «proprietà» e, peraltro, non assegna alle banche nazionali la proprietà delle riserve auree. Quindi Banca d'Italia fa un po' come Totò con la fontana di Trevi (l'esempio calza): ricorderete che Totò vendeva la fontana di Trevi; Bankitalia potrebbe procedere alla vendita delle riserve che non sono di sua proprietà.
L'equivoco viene coltivato, anzi aggravato, dal premier Conte, allorquando, rispondendo nei giorni scorsi a un'interrogazione della collega Rauti, fa un'affermazione tautologica. Il premier Conte, infatti, in merito alla questione posta dall'interrogante, segnala che «le riserve auree sono sempre state in verità iscritte all'attivo della situazione patrimoniale della Banca d'Italia e che tra le operazioni di sua pertinenza sono sempre rientrate l'acquisto e la vendita di oro e di valute auree». Ma la dice ancora peggio, quando chiude la risposta: «Risulta, quindi, dall'assetto normativo descritto, che la proprietà delle riserve auree nazionali è della Banca d'Italia». E aggiunge: «Un intervento normativo volto a modificare gli assetti della proprietà aurea della Banca d'Italia, ancorché nell'ambito della discrezionalità politica del legislatore nazionale, andrebbe, quindi, valutato sul piano della compatibilità con i principi basilari che regolamentano l'ordinamento del Sistema europeo di banche centrali». Quest'ultimo passaggio è vero, ma il precedente è assolutamente falso. Seconda affermazione che attribuisce falsamente la proprietà delle nostre riserve auree alla Banca d'Italia.
Cerca di "metterci una pezza", non volendo, non sapendo, il governatore della BCE Mario Draghi (già Governatore della Banca d'Italia, come voi tutti sapete), quando dice che «la BCE ha il pieno diritto di detenere e gestire le riserve di valuta che le vengono trasferite e utilizzarle per gli scopi indicate dallo statuto». Questo per quanto concerne le riserve che le vengono trasferite.
Resta ovviamente in proprietà la parte eccedente le riserve trasferite, e cioè la parte, molto più rilevante, dei famosi 90 miliardi di euro. Infatti, il governatore Draghi afferma che il Sistema europeo di banche centrali assolve il compito di «detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri»; sottolineo testualmente «degli Stati membri».
Continua la querelle rispetto alla quale un altro Paese - i nostri cosiddetti cugini - ha messo un punto fermo e ha provveduto a regolare con legge la circostanza - traduco il passaggio della legge francese - secondo la quale la Banque de France detiene e gestisce le riserve dello Stato in oro e in divisa e le iscrive all'attivo del suo bilancio, secondo le modalità precisate da una convenzione conclusa tra la banca centrale (la Banque de France) e lo Stato. La legislazione francese continua nel dire che le riserve sono assegnate alla Banque de France con la missione di conservarle e gestirle per conto dello Stato. Addirittura la Banque de France nel suo sito istituzionale descrive un passaggio in cui afferma che ogni francese possiede indirettamente 38 grammi d'oro.
Tutto questo è quanto noi dovremmo fare ed è quello che noi dovremmo risolvere in modo assolutamente banale, quasi lapalissiano vorrei dire, legiferando e dichiarando in buona sostanza che l'oro di Bankitalia è dello Stato ed è degli italiani. Potremmo anche colorire questa affermazione, magari nei comunicati. Visto che tutti i giorni ci ammorbano, anzi vi ammorbano, con l'entità del debito pubblico in capo ad ogni italiano, sarebbe anche intelligente dal punto di vista della comunicazione poter ricordare agli italiani che indirettamente possiedono anche un minimo di quantitativo di oro. Sarebbe una sorta di marketing politico.
Però voi non siete capaci di fare questo. Tanto è vero che anche su questo parlate due lingue diverse. C'è una proposta di legge depositata da Claudio Borghi della Lega, Presidente della Commissione bilancio della Camera, che è composta di un unico articolo che afferma sostanzialmente quanto sta dicendo, e cioè che la Banca d'Italia gestisce e detiene le riserve auree ad esclusivo titolo di deposito, rimanendo impregiudicato il diritto di proprietà dello Stato italiano su dette riserve. Comprese ovviamente - questo lo aggiungo io - quelle detenute all'estero.
Accanto a questa proposta di legge depositata ma non calendarizzata - questo è il punto - c'è invece una mozione dei 5 Stelle, depositata in Senato e che oggi commenteremo insieme, che sostanzialmente è un copia-incolla della nostra mozione, ma la edulcora. Laddove la nostra mozione usa termini imperativi, la mozione dei 5 Stelle usa verbi coniugati al condizionale.
Colleghi, questa è una materia che non può restare nell'equivoco, è una materia che non può essere gestita dicendo: «è scontato che» perché non è scontato. Sono 90 miliardi di euro, è una ricchezza enorme che il nostro Stato detiene, ripeto, il terzo Stato per stock di proprietà di riserve auree, dunque il Parlamento ha l'obbligo, come hanno fatto altri Stati come la Francia, di legiferare in modo chiaro, netto e assolutamente compatibile con i trattati europei che l'Italia ha sottoscritto. (Applausi dal Gruppo FdI).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Misiani per illustrare la mozione n. 100.
MISIANI (PD). Signor Presidente, credo che la storia ci possa aiutare molto in questa discussione sulle riserve auree della Banca d'Italia perché detenere oro, nella storia dell'umanità, ha sempre avuto una rilevanza cruciale nei sistemi monetari.
Non a caso, nella Belle Époque, il sistema monetario si chiamava gold standard; non a caso nell'età dell'oro del secondo dopoguerra, il sistema viene denominato gold exchange standard e anche nell'epoca attuale, l'epoca della turbofinanza, dell'economia di carta, l'oro mantiene una rilevanza strategica perché è un metallo che ha caratteristiche ben note, perché non è emesso da alcuna autorità e quindi non è soggetto a rischio di solvibilità, non è un patrimonio immobile.
L'oro è stato e viene utilizzato per scopi finanziari, per ricavare un reddito, viene utilizzato come garanzia per ottenere prestiti sul mercato. Lo dice anche la storia del nostro Paese quando, nel 1974, il cancelliere Schmidt concesse all'Italia, al presidente del Consiglio Rumor, un prestito garantito da parte dell'oro della Banca d'Italia, pagina che noi ricordiamo come ferita per l'orgoglio nazionale; ma quel prestito fu decisivo per permettere all'Italia di superare un periodo drammatico in cui il Paese rischiava il default, perché era l'Italia dello shock petrolifero, dell'iperinflazione e del terrorismo rosso e nero. Senza l'oro non avremmo avuto quel prestito, senza quel prestito la storia sarebbe stata diversa. Prima lezione della storia, signor Presidente: avere l'oro migliora il merito di credito, è un baluardo di sicurezza per un Paese come il nostro. È un tesoro, sì, ma un tesoro di ultima istanza, come ha giustamente scritto lo storico Gianni Toniolo.
Anche negli anni più recenti, le banche centrali hanno ricominciato a comprare l'oro e dal 2010 sono acquirenti nette di oro sui mercati internazionali. Le stesse banche centrali, compresa la nostra, hanno firmato nel 1999 un accordo - il Central bank gold agreement - rinnovato ogni cinque anni e che scade a settembre 2019 che limita l'attività delle banche centrali sul mercato dell'oro per evitare effetti di turbolenza sui prezzi.
La banca centrale italiana, signor Presidente, di oro ne ha tanto, come veniva ricordato: 2.452 tonnellate per un controvalore superiore a 90 miliardi di euro. Siamo il quarto soggetto detentore al mondo. La storia di queste riserve è molto istruttiva: inizia nel 1893, le riserve crescono progressivamente fino a raggiungere le 561 tonnellate nel 1933, successivamente scendono per una serie di cessioni e si riducono a 105 tonnellate nel settembre 1943, il momento dell'armistizio dell'Italia con gli Alleati. Gli occupanti tedeschi rubarono gran parte di quelle 105 tonnellate che erano tutte depositate in Italia, sul territorio nazionale. Alla fine della guerra eravamo rimasti con 22 tonnellate di oro che vennero restituite successivamente ma quell'oro, tutto tenuto sul territorio nazionale, venne portato via dalle truppe di occupazione tedesche. Ecco la seconda lezione della storia, signor Presidente: dislocare l'oro della Patria tutto in un solo luogo è una scelta sbagliata, è una scelta imprudente. Dislocare all'estero parte delle riserve auree non è un tradimento della patria, non è una lesione della sovranità nazionale, è una strategia di corretta e prudente minimizzazione dei rischi. Si lascia l'oro dove viene acquistato, si evitano costosi e pericolosi trasferimenti. Lo si lascia fuori dal territorio nazionale per motivi di sicurezza. Ed è per questo che più della metà dell'oro del nostro Paese oggi è detenuto presso la Federal reserve bank di New York, la Svizzera e la banca centrale del Regno Unito. Sono dati pubblici, di dominio pubblico e non capiamo veramente perché nella mozione presentata dal collega Bagnai si chiedano fantomatiche notizie relative alla consistenza e allo stato di conservazione dell'oro detenuto fuori dal territorio nazionale.
Ce lo lasci dire, signor Presidente, è meglio lasciare le cose così come stanno. Il rientro sul territorio nazionale auspicato dai colleghi della Lega, del MoVimento 5 Stelle e di Fratelli d'Italia, sarebbe un'operazione non solo costosa, ma anche imprudente. Impariamo dalla storia del nostro Paese.
Terzo punto: di chi sono le riserve auree? Il presidente Conte in quest'Aula il 21 febbraio ha detto delle parole chiave, affermando che l'oro è iscritto nell'attivo dello stato patrimoniale della Banca d'Italia, che è di proprietà di tale Banca e che i soci della Banca d'Italia non possono rivendicare i diritti sull'oro. È questo che dice la normativa vigente. La Banca d'Italia - lo ricordo - non è una pericolosa merchant bank speculatrice, è un ente di diritto pubblico che fa parte dell'eurosistema e del Sistema europeo di banche centrali. La sua governance e le sue attività sono disciplinate da norme nazionali e da norme europee, che dicono delle cose ben precise. Dicono che le competenze riguardanti la detenzione e la gestione delle riserve valutarie e, quindi, anche auree, sono tra i compiti dell'eurosistema, che la BCE e le banche centrali nazionali devono avere garanzia di piena indipendenza istituzionale e finanziaria; dicono, all'articolo 123 del Trattato di funzionamento dell'Unione europea, che vi è il divieto di finanziamento monetario, cioè che le banche centrali non possono andare in soccorso dei Governi nazionali nelle loro decisioni di politica di bilancio. Non è un patrimonio immobile perché le regole italiane ed europee ammettono una serie di utilizzi.
Ripeto però che si tratta di un tesoro di ultima istanza e qualunque riduzione, qualunque operazione di vendita delle riserve auree della Banca d'Italia, cari colleghi, per esempio, per ridurre il debito pubblico, oppure per evitare l'aumento dell'IVA di 23 miliardi, che sta scritto nella legge di bilancio del 2019 (un esempio che faccio non a caso), qualunque intervento di questo genere sarebbe innanzitutto un'infrazione alla normativa comunitaria e agli accordi internazionali, ma soprattutto sarebbe una scelta del tutto irrazionale dal punto di vista economico. Una tale scelta andrebbe contro l'interesse degli italiani, ridurrebbe di una frazione il debito pubblico, perché i 91 miliardi sono meno del 4 per cento dello stock del debito pubblico italiano, non servirebbe a coprire oneri permanenti, come gli aumenti dell'IVA che avete determinato dal 2020 in avanti (52 miliardi tra il 2020 e il 2021) e la vendita delle riserve auree per scelte di politica di bilancio peggiorerebbe il merito di credito dell'Italia, aumenterebbe lo spread, che è già al doppio del livello precedente le elezioni del 2018, e avrebbe ulteriori ricadute negative sull'accesso al credito da parte delle imprese e delle famiglie. Sarebbe quindi - lasciatecelo dire - una pessima scelta in totale contraddizione con quella gestione prudente delle riserve valutarie e auree che rappresenta un presidio di sicurezza, quel tesoro di ultima istanza che è sempre stato per il nostro Paese il patrimonio aureo di proprietà della Banca d'Italia.
Per tutti questi motivi, signor Presidente, con la nostra mozione vogliamo impegnare il Governo su tre punti. Primo: confermare la piena autonomia della Banca d'Italia nella detenzione e nella gestione delle riserve ufficiali e, tra queste, delle riserve auree nel rispetto di ciò che è scritto nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Secondo: adoperarsi a livello internazionale per il rinnovo dell'accordo del Central bank gold agreement, che scade a settembre del 2019. Vorremmo avere parole chiare dal Governo sotto questo profilo.
Il terzo è l'impegno più importante: escludere qualsiasi intervento volto a ridurre la disponibilità delle riserve auree detenute dalla Banca d'Italia per iniziative volte a ridurre il debito pubblico, il deficit o per sostenere altri interventi.
Vogliamo parole chiare e inequivocabili da questo punto di vista, a maggior ragione a pochi giorni dalla presentazione del Documento di economia e finanza e a pochi mesi da un autunno che si presenta, purtroppo, molto difficile e molto impegnativo per la finanza pubblica del nostro Paese e in ultima istanza per le imprese e per i cittadini italiani. (Applausi dal Gruppo PD).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti dell'Istituto di istruzione superiore statale «De Nora-Lorusso», di Altamura, in provincia di Bari, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).
Ripresa della discussione delle mozioni nn. 77, 100, 104 e 107 (ore 16,55)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Bagnai per illustrare la mozione n. 104.
BAGNAI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, mi incombe il compito di affermare qualcosa di ovvio, direi quasi di tautologico, cioè che l'oro dello Stato è dello Stato, ma visto che questo tema, che dovrebbe essere di per sé tautologico, ha suscitato già degli appassionati interventi, forse è il caso di aggiungere qualcosa.
Nella mozione della nostra opposizione di sinistra ho particolarmente apprezzato il richiamo alla storia. Cerchiamo dunque di capire dalla storia come arriva l'oro nei forzieri delle banche centrali. Storicamente i percorsi sono fondamentalmente tre: lo sfruttamento coloniale, che non ci riguarda particolarmente e che oggi riguarda pochissimi Stati, la guerra e i surplus di bilancia commerciale. Quindi l'oro arriva nei forzieri delle banche centrali in virtù di due cose: il coraggio dei cittadini, che riescono a vincere una guerra, o l'industriosità dei cittadini, che riescono ad avere un surplus di bilancia dei pagamenti. Per questo motivo l'oro della banca centrale non è di una persona, non è neanche di cinque italiani, ma è l'oro di tutti gli italiani e questo per la genesi della costituzione di queste riserve, quelle auree e più in generale quelle valutarie.
È così, anche perché è così ovunque. Oggi è facile documentarsi: basta uno strumento come un telefono cellulare e si può tranquillamente andare su Internet e consultare gli statuti delle banche centrali. L'ho fatto, andando a consultare gli statuti delle banche, dalla A di Afghanistan alla Z di Zimbabwe, passando naturalmente per quelli delle banche aderenti al Sistema europeo di banche centrali e quindi, in particolare, quelle dell'eurozona. In tutti questi statuti è chiaramente espresso il fatto che la banca centrale detiene le riserve dello Stato. Mi correggo, solo in uno statuto questa cosa non è specificata, ovvero nello statuto dello Zimbabwe: non so se questo sia il modello di qualcuno in questo augusto consesso, ma in ogni caso, eventualmente, lo prenderemo in considerazione, se verrà esplicitata una richiesta simile.
È così anche perché lo dice la massima autorità in ambito di central banking oggi in Europa, niente di meno che il dottor Mario Draghi, il quale, rispondendo il 27 marzo 2019 all'interrogazione presentata degli europarlamentari Valli e Zanni, esplicita che «il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e lo statuto del Sistema europeo di banche centrali non utilizzano il concetto di proprietà per determinare le competenze del Sistema europeo di banche centrali (...) in relazione alle riserve». Ciò significa che chi eventualmente lo facesse commetterebbe un atto tecnicamente eversivo rispetto all'ordinamento nel quale le nostre banche centrali operano. Vorrei chiarire una cosa, che forse ha suscitato questo dibattito, su cui tornerò dopo in sede di dichiarazione di voto: lo Stato non è il Governo e mi dispiace dover fare questa precisazione qui e doverla fare a noi, ma da ciò scaturisce il fatto che tutta una serie di cose che sono state dette sono particolarmente inconferenti.
Vorrei tornare anche al tema del rimpatrio dell'oro. Noi poveri populisti o patrioti per anni siamo stati invitati a seguire le best practice degli altri Paesi europei che ci venivano mostrate come esempio. Tipicamente si trattava di Germania e Olanda. Oggi è facile documentarsi e i miei lettori sanno cosa ciò significhi. Pertanto, se voi andate su Internet e cercate gold repatriation, vedrete che, per esempio, la banca centrale olandese ha portato dal 31 per cento al 51 per cento la quantità di oro detenuto in patria e, per esempio, scoprirete che la Germania ha spostato svariate centinaia di tonnellate di oro dall'estero verso il suolo tedesco. Quando c'era la pressione sovietica poteva essere conveniente diversificare il rischio Paese, ma quando questa pressione è venuta meno hanno pensato che fosse più utile riportarne un po' in casa. Ha ragione il collega Misiani: sono scelte di diversificazione.
La diversificazione è un principio di rischio finanziario e noi non chiediamo che venga rimpatriato; chiediamo semplicemente che si studi serenamente la questione, i costi, anche per fare in modo che il Governo abbia contezza di dove sono le riserve e, in particolare, quelle auree. Noi non chiediamo - come invece fanno, legittimamente, per carità, i colleghi di Fratelli d'Italia - questo rimpatrio. Qui non c'è materia di contenzioso. Riscontriamo però che i Paesi cosiddetti virtuosi lo hanno messo in pratica. Non dimentichiamolo.
Vorrei arrivare all'ultimo punto che è stato sollevato con la solita insalata di concetti, che non ci aiuta. Forse qui dovremmo essere più puntuali e precisi. Così come non è il caso di confondere Stato e Governo - che poi è all'origine dell'equivoco che ci porta qui - non è neanche il caso di confondere indipendenza e autonomia. L'indipendenza della banca centrale non è minimamente in discussione. Forse sarebbe il caso che parlassimo serenamente dell'indipendenza della banca centrale, che è un principio che noi rispettiamo perché è iscritto nel nostro ordinamento. Gli ordinamenti europei vogliamo cambiarli ma nel rispetto delle regole. È un principio che si afferma negli anni Ottanta e, quindi, abbastanza vetusto, che sta all'attuale contesto finanziario come le penne alla vodka stando alla nostra tavola o gli Spandau Ballet stanno alla musica che ascoltiamo. È roba vecchia; è roba degli anni Ottanta, quando l'inflazione era effettivamente a due cifre e occorreva un certo tipo di istituzioni. Ora siamo in deflazione e occorre un altro tipo di istituzioni, che si affermerà, ma questo è un dibattito che lasciamo per un'altra volta. È un dibattito sul quale potremo tornare.
Vorrei semplicemente sottolineare che l'indipendenza della banca centrale, se la consideriamo in termini tecnici come nel noto studio di Grilli e Masciandaro del 1991, ha due dimensioni, una politica e una economica (la goal independence, cioè la capacità di fissare i propri obiettivi, e l'instrument independence, cioè la capacità di scegliere la strada per perseguirli). Dal punto di vista della goal independence, la Banca d'Italia non è indipendente perché il suo obiettivo è la stabilità dei prezzi, come definita dal Governing council della BCE nel 1998, e quindi un tasso di inflazione inferiore o vicino al 2 per cento. Lasciamo perdere che poi loro non riescono ad ottenerlo - di quello parliamo dopo - però l'obiettivo la banca centrale italiana non se lo dà; agisce come articolazione del Sistema europeo di banche centrali. Sotto quel profilo pensare che questo sia un attentato all'indipendenza è assolutamente inconferente.
Se parliamo, invece, di indipendenza in termini di instrument independence, cioè d'indipendenza operativa, nessuno vuole togliere indipendenza operativa alla Banca d'Italia. La detenzione e gestione dell'oro la diamo in questa nostra mozione per assolutamente indiscussa. Riconosciamo le competenze tecniche di quell'organo e nessuno pensa di darlo al Governo o a chicchessia. La cosa importante è affermare che quello è l'oro degli italiani e dello Stato.
Questo era quanto mi sentivo di dirvi per illustrare il contenuto della nostra mozione. Mi sembra strano averlo dovuto fare, ma se mi è stato chiesto di farlo e, quindi, di affermare l'ovvio, significa che forse c'è qualcosa che non funziona nel nostro dibattito e nei nostri tempi. Di questo potremo parlare con calma un'altra volta. Risparmio una parte del tempo a mia disposizione. (Applausi dai Gruppi L-SP-PSd'Az e M5S).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Pichetto Fratin per illustrare la mozione n. 107.
PICHETTO FRATIN (FI-BP). Signor Presidente, per valutare il tema in questione dobbiamo interrogarci innanzitutto su che cos'è la Banca d'Italia - sul punto peraltro sono già intervenuti i colleghi che mi hanno preceduto - e su qual è stato, anche in breve, il percorso che ha portato alla Banca d'Italia, cioè dal 1893 quando la Banca romana trovò una tipografia molto efficiente e si dovettero disporre le fusioni, al 1928, quando per la prima volta entrò la quota pubblica nelle banche di emissione, fino al 1936, che è l'anno base della legge bancaria di questo Stato che portò alla costituzione della Banca d'Italia.
Ricordo che la Banca d'Italia nel 1936 aveva come soci enti morali (sostanzialmente le Casse di risparmio), istituti di diritto pubblico (Istituto bancario San Paolo, Monte dei Paschi di Siena), le tre banche nazionali che praticamente erano state acquisite dall'IRI costituitasi cinque anni prima (Credito italiano, Banca commerciale, Banca di Roma), INA (Istituto nazionale delle assicurazioni), tutti soggetti pubblici, per cui era proprietà pubblica. La Banca d'Italia nel 1936, al momento della costituzione, era un soggetto totalmente pubblico e tale è rimasto fino all'inizio degli anni Novanta, con le privatizzazioni.
Allora - permettetemi di dire forse stranamente - il Governo fascista non volle per scelta individuare nel Ministero del tesoro il soggetto proprietario, quello quindi che avrebbe dovuto detenere le riserve auree; non volle farlo perché, come risulta dagli atti, voleva rappresentare tutto il territorio italiano e perché doveva essere elemento di garanzia anche rispetto al Ministero del tesoro; il titolare era tuttavia lo Stato, ed è ancora oggi lo Stato. Io ho condiviso la considerazione che questo fosse evidente con Banca d'Italia al 100 per cento pubblica, e quindi con un sistema, con un direttorio, con una governance totalmente pubblici.
Negli anni Novanta è successo che questi soci pubblici sono diventati soggetti privati: sono stati privatizzati i soci di Banca d'Italia per cui oggi ci troviamo di fronte ad un ibrido giuridico, con una società - chiamiamola così - che ha dei soci tutti privati i quali però non possono comandare, perché comanda il pubblico: infatti la governance è il cosiddetto direttorio, per cui gli indirizzi li dà naturalmente lo Stato italiano.
Questa anomalia si manifesta - come risulta anche dai media negli ultimi due giorni - con la determinazione dell'utile lordo in 8,9 miliardi e dell'utile netto in 6,4: allo Stato italiano, quindi al Governo, per piacere del ministro dell'economia Tria, naturalmente 5,7 miliardi di dividendo, mentre 2,3 ai soci, che una volta erano pubblici e oggi sono privati.
Per la verità è stato presentato alla Camera dei deputati un disegno di legge da parte del Gruppo Fratelli d'Italia che prevede di ritornare al principio del 1936: su questo si può aprire una discussione.
Io credo che in questo momento storico ed economico, se la nazionalizzazione si perseguisse espropriando ai valori originari, si creerebbe il default del sistema bancario: qualcuno potrebbe dire, per alcuni soci, un maggior default. Se invece si deve riacquisire a valori di 7,5 miliardi, lo considero abbastanza inutile in questo momento.
Il tema, comunque, può essere affrontato, anzi va affrontato, ma con cautela, anche perché comunque, come è stato detto in più interventi, la Banca d'Italia è pubblica e la nostra mozione cita tutta una serie di norme approvate dal Parlamento italiano che lo dichiarano: il decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, recante disposizioni urgenti concernenti l'IMU, che cita la Banca d'Italia come istituto di diritto pubblico, come banca centrale della Repubblica italiana; il decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, recante approvazione del testo unico delle norme di legge in materia valutaria, che allo stesso modo cita la Banca d'Italia come soggetto pubblico. Banca d'Italia è lo Stato italiano e quindi automaticamente, nell'equilibrio dei poteri, è uno dei poteri nell'ambito della nostra democrazia. Come tale, deve avere autonomia, indipendenza e naturalmente indipendenza anche rispetto agli impegni dei trattati con l'Unione europea. Certamente deve avere delle regole precise e naturalmente queste devono essere chiare e trasparenti, perché l'autonomia della banca centrale, colleghi, è essenziale. In un regime di moneta convenzionale, da quando non c'è più la possibilità del cambio della carta moneta in oro, la credibilità della moneta è garantita dall'indipendenza dal potere politico. Altrimenti, cambia il Governo e la moneta perde credibilità. Noi possiamo chiedere chiarezza e trasparenza, ma con cautela e con delicatezza nel maneggiare questi temi. È per questa ragione che il direttorio è indipendente, il Governo è un'altra cosa e il Parlamento un'altra ancora: è l'equilibrio dei poteri della Repubblica.
L'oro - è già stato fatto un excursus negli interventi che hanno preceduto il mio - è cresciuto molto dal 1946 in avanti, a seguito dei saldi positivi della nostra bilancia commerciale. Vorrei ricordare che con gli accordi di Bretton Woods - ecco perché ci sono le riserve negli Stati Uniti - si spostava la bandierina da una cassa all'altra di lingotti d'oro, spostando la bandierina verso l'Italia, fortunatamente, e questo ci ha portati ad avere 2.452 tonnellate di oro, addirittura con dei lingotti che, come ho letto ultimamente, hanno il simbolo nazista ed altri che hanno la falce e martello, quindi possono anche avere un valore superiore per gli storici rispetto a chi si occupa di moneta.
Il tema è stato già trattato: è garanzia, è sicurezza, è accordo ed è oggetto di leggi dello Stato e di trattati con l'Unione europea. Rappresenta il merito di credito della Repubblica. Noi non possiamo utilizzare il nostro oro, che peraltro come è stato detto ha un'entità minima, del 4 per cento, rispetto al debito pubblico, per consumarlo una tantum per tirare a campare per un anno, perché il valore di questi 90 miliardi di riserva è un valore molto superiore nel dare fiducia ai risparmiatori, nel dare fiducia verso il nostro Paese. Per questo riteniamo che discutere di chi sia l'oro sia sterile: l'oro è di Banca d'Italia perché Banca d'Italia è parte della Repubblica. Può essere nuovamente chiarito e ribadito, si possono approvare una o tante norme bandiera per affermare nuovamente che quell'oro è dell'Italia, della Repubblica italiana e, nell'equilibrio dei poteri della democrazia, di un soggetto che rappresenta l'Italia: la Banca d'Italia. (Applausi dal Gruppo FI-BP. Congratulazioni).
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
È iscritta a parlare la senatrice Rauti. Ne ha facoltà.
RAUTI (FdI). Signor Presidente, come abbiamo ascoltato, la questione della proprietà delle riserve auree viene da lontano, e da ciò che abbiamo ascoltato si evince che si trascina da tempo, irrisolta. Per dirla in breve, essa passa attraverso la privatizzazione del sistema bancario negli anni Novanta, l'ingresso nell'euro, i quesiti posti durante il Governo Berlusconi, la proposta del Governo Prodi, nel 2007, di vendere una parte delle riserve auree per ripagare il debito, nonché attraverso il contesto, ricordato dal mio collega Zaffini, del 2014, con quel decreto IMU-Bankitalia al quale Fratelli d'Italia e Giorgia Meloni si opposero. In sintesi, oggi affrontiamo una vexata quaestio, che non trova soluzioni e non trova risposte chiare, tranne quelle della Banca centrale europea.
Questa vexata quaestio arriva qui, oggi, ora, a noi con una domanda semplice e complessa, ma di fondo: di chi è la proprietà dell'oro custodito dalla Banca Italia? Voglio sottolineare che essa arriva oggi in discussione perché Fratelli d'Italia, per prima ha sollecitato - direi scatenato - questo dibattito. Lo ha fatto, ci tengo a ricordarlo, con la mozione n.77, presentata già il 6 febbraio scorso. Fratelli d'Italia ha sempre sostenuto la sua battaglia sulla proprietà da parte dello Stato, e non delle banche che lo custodiscono, dell'oro italiano. Abbiamo presentato questa mozione il 6 febbraio scorso nella convinzione, profonda e irremovibile, che da sempre le proprietà e le riserve auree svolgono una funzione di garanzia, di indipendenza e di sovranità di un popolo.
Lo stesso concetto abbiamo ricordato in un question time del 21 febbraio, con l'interrogazione 3-00622 che illustrai personalmente al Presidente del Consiglio, chiedendo fermamente un'esplicita specificazione sulla proprietà dell'oro, vista la natura ibrida assunta dalla Banca d'Italia nel corso del tempo, in conseguenza di numerosi interventi legislativi che si erano stratificati e che, alla fine, hanno creato uno stato di confusione.
Fratelli d'Italia chiede quindi da tempo, e continua a chiedere, un pronunciamento chiaro e definitivo sulla titolarità delle riserve auree detenute dalla Banca d'Italia. Ritiene anche Fratelli d'Italia che le riserve auree non possano essere utilizzate per coprire esigenze di bilancio, ma che debbano rimanere quale riserva a garanzia della solidità del patrimonio nazionale. Sottolineiamo, infatti, che esse appartengono al popolo e allo Stato italiano e non alla Banca d'Italia.
Nel corso di quel question time, la risposta del presidente Conte alla mia interrogazione fu preoccupante. Essa è stata già citata dal mio collega Zaffini e non la ripeterò testualmente ma, in sintesi, da quella risposta si poteva dedurre, indirettamente, che l'oro è della Banca, perché le riserve sono sempre state riportate all'attivo della situazione patrimoniale. Ciò posto, prima, durante e dopo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, che ci ha detto che l'oro appartiene alla Banca, una parte della Lega si muoveva in senso inverso. Qui arriviamo ad un paradosso e lo dico con il rispetto più profondo che ho per l'Assemblea. C'è un paradosso in questo dibattito, perché c'è una mozione della Lega e del MoVimento 5 stelle, quindi della maggioranza, che chiede al Governo di intervenire sulle riserve. Ma voglio chiarire dov'è il paradosso. Il paradosso è che ci sono due binari: nelle piazze e sui media una parte della maggioranza vuole comunicare che l'oro è dello Stato, non della Banca, e chiede un intervento al Governo, ma poi nella mozione, in realtà, questo intervento non viene chiesto in modo esplicito. Non mi azzarderò a dire che si faccia melina, ma sicuramente attendismo sì, perché nella mozione si impegna il Governo ad: «adottare le opportune iniziative al fine di definire l'assetto della proprietà delle riserve auree detenute dalla Banca d'Italia nel rispetto della normativa europea». Come dire: è inequivocabile.
Rispetto a questa schizofrenia strumentale, noi vorremmo invece chiarezza. E la chiarezza è contenuta in modo cristallino nella mozione di Fratelli d'Italia, perché noi, nella consapevolezza che lo Stato non è il Governo (lo sappiamo, e ho molto apprezzato l'intervento del collega Bagnai), chiediamo al Governo che ci dica se l'oro è dello Stato (come ha detto Bagnai) o della Banca d'Italia (come ha detto nel question time il Presidente del Consiglio). Non è questione e differenza di poco conto. Noi questo chiediamo. Chi voterà - e invito gli amici della Lega a farlo - la mozione di Fratelli d'Italia darà una risposta chiara a questa domanda di fondo ineludibile. (Applausi dal Gruppo FdI). Ci dovete dire di chi è la titolarità e la proprietà delle riserve.
Schizofrenia strumentale a parte (contenuta nella mozione e nelle dichiarazioni), serve allora un'interpretazione giuridica autentica sulla proprietà e l'uso. Bisogna, a nostro avviso, tradurre in termini di legge il principio secondo cui l'oro è degli italiani, non dei banchieri, non dei poteri forti, non della grande finanza.
Concludo, cari colleghi. Scusate se mi appassiono a questa materia, ma, quando si deve fare chiarezza e si chiede chiarezza, ci si aspetta una risposta altrettanto chiara, senza attendismi e rinvii. Voglio dire e precisare che, nel richiedere chiarimenti circa l'aspetto giuridico della proprietà legale dell'oro, noi non vogliamo far passare con questo il principio che l'oro può essere usato per altri fini (ad esempio, per tappare i buchi della finanza pubblica, per evitare manovre correttive o per pagare qualche promessa elettorale). Noi chiediamo invece, con la nostra mozione sulla proprietà delle riserve auree, di ribadire e di dire una volta per tutte che queste riserve appartengono allo Stato e non a Bankitalia. Il resto - scusatemi l'espressione - è fuffa. La domanda di fondo è questa; a questo bisogna rispondere e chiediamo di rispondere. Altrimenti, tutto il resto è retorica sovranista che viene fatta fuori, quando qui non ci si assume la responsabilità di chiedere all'Esecutivo in modo diretto, inequivocabile e chiaro di chi è questa proprietà. Noi lo sappiamo e l'abbiamo chiarito nella nostra mozione. (Applausi dal Gruppo FdI).
Risultato di votazione (ore 17,23)
PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto per l'elezione di quattro componenti effettivi e quattro componenti supplenti della Commissione per la vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti:
Senatori presenti | 262 |
Senatori votanti | 262 |
Per l'elezione di quattro componenti effettivi hanno ottenuto i voti i senatori:
Bagnai | 99 |
Zuliani | 99 |
Ferrero | 95 |
Turco | 93 |
Paroli | 2 |
Cerno | 1 |
Ferrara | 1 |
Giarrusso | 1 |
Piarulli | 1 |
Presutto | 1 |
Per l'elezione di quattro componenti supplenti hanno ottenuto i voti i senatori:
Mollame | 146 |
Pazzaglini | 146 |
Presutto | 146 |
Grimani | 49 |
Turco | 1 |
Schede bianche | 61 |
Schede nulle | 2 |
Proclamo pertanto eletti membri effettivi i senatori: Bagnai, Zuliani, Ferrero e Turco; membri supplenti i senatori: Mollame, Pazzaglini, Presutto e Grimani. (Applausi ).
Complimenti a tutti gli eletti, insieme all'augurio di buon lavoro.
Ripresa della discussione delle mozioni nn. 77, 100, 104 e 107 (ore 17,25)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Martelli. Ne ha facoltà.
MARTELLI (Misto). Signor Presidente, siccome il senatore collega Bagnai ha iniziato una storia su come l'oro sia arrivato nelle casse della Banca d'Italia, aggiungerei l'episodio che lo precede e cioè perché l'oro e non qualcos'altro. È interessante porsi la domanda: perché l'oro e non altri metalli che sono più rari o più preziosi dell'oro e anche con un aspetto migliore? Infatti, l'oro riflette il colore giallo, ma ci sono metalli che riflettono un colore verde, come il niobio, o grigio-azzurro come l'osmio, e che hanno qualità tecnologiche maggiori; c'è un bellissimo rosso iridio. Perché non c'è arrivata questa roba ed è arrivato l'oro? Per un motivo molto semplice: l'oro è tra i metalli più inutili sulla superficie terrestre e non ci si può fare niente. Metallurgicamente non vale nulla; ha solo una proprietà rispetto agli altri: è malleabile a caldo e a freddo e quindi è ottimo per fare gioielleria di precisione con strumenti primitivi. Solo per questo motivo l'oro è finito lì.
Quindi ricordiamoci che, come tutte le commodity, può darsi che prima o poi nel corso della storia l'oro risulti utile per farci qualcos'altro. Nel momento in cui dovesse essere utile per farci qualcos'altro (magari scopriremo che è un fantastico catalizzatore che per certi processi chimici funziona meglio del platino o del palladio), allora in quel momento dovremo porci un altro problema e non tanto quello di stabilire il soggetto al quale appartenga. A me non interessa sentirmi dire che l'oro è della Banca centrale europea; io voglio sentirmi dire - com'è stato detto - che è di proprietà del popolo italiano. Storicamente, infatti, l'oro è stato accumulato in nome e per conto del popolo italiano da un ente che aveva un privilegio rispetto agli altri enti bancari, cioè la possibilità di battere moneta con lo Stato dietro. Quelle riserve sono state accumulate in questo modo e quindi sono di proprietà del popolo italiano. Questo va stabilito a prescindere da eventuali trattati che sono stati stipulati con le altre Nazioni dell'Unione europea, perché questo è a prescindere: viene prima ed è una specie di diritto naturale.
Vorrei anche tranquillizzare coloro che sostengono che potrebbe essere utilizzato l'oro per coprire una tantum buchi di bilancio. Vedete, il problema è che le quotazioni dell'oro in questo momento sono rette dal fatto che ci sono più market maker che lo detengono; se qualcuno riversasse 2.000 tonnellate di metallo giallo sul mercato, il prezzo dell'oro andrebbe a fondo. I grafici bucherebbero il pavimento, come dicono i tecnici. Quindi, non è interesse di nessuno fare questo tipo di operazione. Secondariamente, proprio per garantire i corsi dell'oro, abbiamo firmato dei trattati che impediscono la vendita libera e secondo me questo è molto giusto, proprio perché, al di là delle quantità tesaurizzate, c'è un'enorme quantità di metallo giallo in giro per le famiglie italiane e ne verrebbe distrutto il valore nel momento in cui questo metallo venisse messo sul mercato.
Perché vi ho parlato prima del discorso che il metallo è comunque una commodity? Perché, nel momento in cui si trovasse il sistema di estrarre l'oro dove veramente ce n'è tanto, ossia nel mare, il metallo giallo non varrebbe più niente. Basti considerare che attualmente in giro per il mondo pare che siano state estratte 150.000 tonnellate, mentre nel mare ci sono 1,5 miliardi di tonnellate d'oro. In pratica, l'oro vale perché non serve ad altro che per fare tesaurizzazione e perché non è facilmente estraibile da dove si trova: questo è l'aspetto che dobbiamo tener presente.
Detto questo, relativamente alle mozioni, ci sono lati positivi più o meno in tutte, ma non quello che mi sarei aspettato di leggere. È scritto che la Banca d'Italia è un ente indipendente, ma non si capisce bene da chi (questa frase andrebbe completata), e gestisce le riserve valutarie. Anche qui apro una parentesi: l'oro e le riserve in valuta vengono equiparate, ma è chiaro che non posso materialmente essere la stessa cosa. Innanzitutto per un motivo fisico: l'oro ha un limite, è più simile a una criptovaluta come il bitcoin; la quantità sul pianeta terra è quella, esattamente come il bitcoin ad esso assimilabile (niente più che 50 milioni di pezzi, se non sbaglio). Le valute invece possono essere create più o meno indefinitamente, perché siamo in una situazione di sottocapacità produttiva, quindi per ora non c'è un limite alla valuta stampabile. Il fatto che l'oro possa essere acquisito con carta è un falso problema perché non tutta la carta può essere convertita in oro, atteso che materialmente non c'è abbastanza oro per coprire la carta. Una valuta non può quindi essere messa sul piano dell'oro e pertanto in una mozione mi sarei aspettato che fosse chiarito che l'oro non può essere considerato dalla Banca centrale europea alla stregua di una valuta come le altre: è un universale di scambio, ma non è una valuta.
In una mozione di questo tipo mi sarei altresì aspettato di leggere qualcosa relativamente alla facoltà di gestione della Banca d'Italia, perché se si afferma che può gestire l'oro come vuole, allora può anche venderlo tutto, fatti salvi i trattati internazionali. Mi sarei quindi aspettato dei paletti sulla quantità di oro movimentabile per esigenze contingenti, cioè se l'oro scende potremmo comprarne, mentre se sale potremmo vendere qualche lingottino, cioè spostarlo, mettere un post-it dell'Italia su un'altra catasta e dire che si è spostato di qua o di là. Io mi sarei aspettato questo più che ciò che è stato detto e soprattutto piuttosto che parlare di rispetto della normativa europea.
Secondo me andrebbe inoltre implementata una procedura legislativa che disciplini meglio la gestione di questo tipo di risorsa, perché se è proprietà del popolo italiano non vi deve essere la possibilità di immetterla più o meno liberamente nel mercato, come invece accade per le riserve in valuta corrente, quelle che non sono più convertibili: per quelle possiamo lasciare alla Banca d'Italia la facoltà di gestirle.
Tutto questo perché fondamentalmente ci sono dei patrimoni indivisibili che devono essere sempre considerati della collettività, allora come principio generale dichiariamo l'oro tra i beni patrimonio inalienabile comune della Nazione italiana. Questa sarebbe stata una cosa bella da leggere in almeno una delle mozioni in esame, perché comunque rimane sempre molta vaghezza nel modo in cui possiamo far gestire le cose alla Banca d'Italia o alla Banca centrale europea.
In breve, ritengo che ci siamo buone cose in ciascuna delle mozioni; in particolare, anche se viene ribadito l'ovvio, appoggio il fatto che nella mozione n. 100 ci sia scritto che non utilizzeremo questo oro per coprire eventuali disavanzi di bilancio o per finanziare qualcosa e, per quanto riguarda la mozione n. 77, più che stabilire di chi è l'oro sarebbe opportuno proporre di mettere la parola «fine» sul fatto che sia l'Italia a possedere le risorse.
In ultimo, avviandomi alla conclusione, vorrei fare riferimento al rimpatrio. Secondo me in un mondo migliore potremmo anche far venire l'oro tutto qua; nel momento attuale credo che il "barattolo della marmellata" debba essere tenuto lontano dalle mani dei diretti interessati. Per ragioni logistiche va bene dove sta; forse se stesse in Svizzera o in Austria saremmo più tranquilli (meglio in Svizzera). Ricordiamo però che di base non dovrebbe esserci un'ostruzione al rimpatrio; considerato tutto quanto, io credo che l'oro stia bene dove sta. (Applausi dal Gruppo Misto-LeU).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Comincini. Ne ha facoltà.
COMINCINI (PD). Signor Presidente, la questione che stiamo affrontando nelle mozioni in esame è delicata ed importante, ha a che fare con risorse ingenti, ha riflessi significativi sulla reputazione del nostro Paese sui mercati finanziari e potrebbe avere conseguenze sul mercato di un bene rifugio come l'oro.
Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO(ore 17,33)
(Segue COMINCINI). Potrebbe mutare la condizione di indipendenza di primarie istituzioni finanziarie come la Banca d'Italia e la Banca centrale europea. Una seria ed attenta valutazione dei testi in discussione non può non partire dalla fotografia della situazione esistente e dalle conseguenze di scelte che possono andare ad incidere sullo status quo; lasciatemi allora precisare quanto segue. «Anche dopo il superamento del gold standard, le banche centrali hanno continuato a possedere riserve auree. Con il Trattato di Maastricht, per volontà degli Stati contraenti, sono state trasferite in maniera esclusiva all'Unione europea le competenze sovrane in materia di politica monetaria». Per tale ragione «la detenzione e la gestione delle riserve valutarie, fra cui quelle auree, rientra ora fra i compiti fondamentali dell'eurosistema, composto dalla BCE e dalle banche centrali nazionali degli Stati dell'area dell'euro. Le riserve auree nella disponibilità delle banche centrali nazionali possono essere utilizzate, oltre che per interventi sul mercato dei cambi, anche per adempiere agli impegni nei confronti di organismi finanziari internazionali o per espletare il servizio di debito in valuta del Tesoro. Non sembra possibile inoltre, che le riserve auree possano essere rivendicate dai partecipanti al capitale di Banca d'Italia, i cui diritti patrimoniali, come noto, sono limitati al valore del capitale e agli utili netti annuali. Le banche centrali nazionali debbono poter esercitare i loro poteri di detenzione e gestione delle riserve in piena indipendenza; le autorità nazionali, legislative e di Governo, sono tenute al rispetto dell'indipendenza della BCE e delle banche centrali nazionali, ai sensi dei trattati europei sottoscritti dagli Stati contraenti. Sotto il profilo dell'indipendenza istituzionale, le banche centrali nazionali, non possono essere destinatarie di prescrizioni vincolanti per quanto attiene allo svolgimento dei propri compiti istituzionali nelle materie di competenza del loro sistema, anche con specifico riguardo alle riserve valutarie».
In base alla normativa vigente, quindi, gli Stati «devono, altresì, rispettare l'indipendenza finanziaria delle banche centrali, assicurando che esse abbiano sufficienti risorse finanziarie per svolgere i propri compiti. Gli Stati membri hanno deciso, infine, di vincolarsi al rispetto del divieto di finanziamento monetario (…). Esso impedisce alle banche centrali nazionali, a tutela del perseguimento dell'obiettivo di stabilità dei prezzi e del mantenimento della disciplina fiscale, di erogare credito allo Stato e agli altri enti pubblici, incluso il finanziamento degli obblighi al settore pubblico nei confronti dei terzi».
Le affermazioni fatte sopra non sono mie; sono in verità una citazione - e sono virgolettate, come si evincerà dal testo scritto di questo intervento, che consegnerò all'Ufficio Resoconti - e si tratta di parole affermate in quest'Aula il 21 febbraio di questo anno, in risposta all'interrogazione 3-00622, niente meno che dal presidente del Consiglio dei ministri, professor Giuseppe Conte. Le chiare e impegnative affermazioni del Premier credo che non solo non abbiano bisogno di ulteriori chiose, ma anche - in virtù dell'articolo 95 della nostra Costituzione, che afferma che «il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo», mantenendo «l'unità di indirizzo politico» - sono già esaustive per l'intera maggioranza parlamentare che regge l'Esecutivo.
Chi in quest'Aula o fuori di essa pensasse di poter utilizzare questo tesoretto - la terza riserva in valore assoluto fra tutti gli Stati del mondo, dopo quella di Stati Uniti e Germania, e la quarta se consideriamo anche le riserve auree del Fondo monetario internazionale - non ha forse chiaro che tipo di conseguenze si genererebbero. Infatti, al netto delle affermazioni inequivocabili del premier Conte che ho sopra citato, se anche per ipotesi fosse possibile toccare la riserva aurea conservata dalla Banca d'Italia, avremmo a che fare con operazioni dalla scarsa incidenza. Se si volesse mai procedere ad un utilizzo delle risorse derivante dalla vendita delle riserve auree per finanziare la spesa corrente, il gettito derivante dalla valorizzazione delle riserve sarebbe meramente eccezionale e si esaurirebbe nel momento in cui fosse venduto l'ultimo grammo d'oro. Qualora si volesse vendere tutta la riserva aurea o gran parte di essa per gli ordinari, noti e ovvi meccanismi del mercato il valore dell'oro si deprezzerebbe rapidamente.
Una eventuale scelta così sciagurata produrrebbe inoltre reazioni sui mercati finanziari: uno Stato che si mette a vendere le riserve auree quale segnale manderebbe ai mercati finanziari? Un segnale pessimo, cari colleghi, che contribuirebbe a far ulteriormente perdere fiducia in un Paese come l'Italia, caratterizzato da un debito pubblico ingente. E un segnale siffatto si tradurrebbe in una maggiore onerosità del nostro debito pubblico, facendo lievitare lo spread e quindi aumentare il costo per remunerare il debito, depauperando le risorse disponibili per finanziare le spese correnti dello Stato.
Infine, un eventuale utilizzo delle riserve auree per abbattere il debito pubblico, al netto delle conseguenze sopra espresse, avrebbe un impatto limitato, poiché, dai conti che si possono agilmente fare sulla consistenza delle riserve auree stesse e sulla loro valorizzazione, appare evidente che l'incidenza sul debito pubblico sarebbe di meno di quattro punti percentuali, su un monte debito che proprio oggi Istat ci dice essere cresciuto nel 2018 al 132,1 per cento del PIL, in aumento di un punto percentuale rispetto all'anno precedente e dopo tre anni di costante diminuzione.
Signor Presidente, colleghi, se in quest'Aula la maggioranza che regge l'Esecutivo non è allora in grado di produrre atti che diano al nostro Paese una politica economica degna di un Paese come il nostro, e considerando che la prudente gestione delle riserve auree rappresenta un obiettivo cui ogni Governo deve tendere per tutelare al meglio il Paese (per le ragioni peraltro ben illustrate nell'intervento del senatore Misiani), ritengo che si debba ribadire, sia da parte del Parlamento che dell'Esecutivo - che qui non vedo più - la piena autonomia della Banca d'Italia nella detenzione e nella gestione delle riserve auree.
Sono davanti agli occhi di tutti i dati che l'OCSE ha diffuso in questi giorni: una previsione di crescita economica negativa, confermata dalla stima di un -0,2 per cento del PIL per quest'anno; un calo dei consumi privati e degli investimenti fissi lordi; un aumento del tasso di disoccupazione e del nostro debito pubblico. Questi dati, se letti in relazione alla netta bocciatura che l'OCSE ha fatto delle principali misure adottate dal Governo, dovrebbero far scattare un campanello d'allarme. E invece la maggioranza non è in grado di dare risposte serie e concrete. Intanto gli investimenti sono fermi, i cantieri non aprono e il Paese si avvia verso una recessione che avevamo scongiurato dopo anni di lavoro serio e lungimirante. Siamo l'unico Paese europeo ad essere in recessione.
Ecco, di fronte ad una situazione così desolante, oggi qui, tra di noi, c'è qualcuno che vorrebbe mettere le mani sulle riserve auree del nostro Paese. E per farci che cosa? Per coprire i costi di una gestione irresponsabile delle risorse pubbliche? Per farci ancora dell'ulteriore e becera propaganda? Signori, ma anche basta!
Colleghi, il senso della nostra mozione va esattamente nella direzione opposta a quella che qualcuno prospetta in quest'Aula, assicurando e garantendo il rispetto degli impegni tesi a garantire stabilità al mercato dell'oro e dei mercati finanziari (impegni assunti in accordo con altri Stati ed istituzioni internazionali), ed escludendo soprattutto qualsiasi intervento che riduca la disponibilità delle nostre risorse auree per coprire o sostenere altri interventi assurdi i cui costi di sistema sarebbero ben superiori - come ho avuto modo di illustrare brevemente - ai benefici attesi. (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bonfrisco. Ne ha facoltà.
BONFRISCO (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, il tema trattato in questo punto dell'ordine del giorno è tutt'altro che una questione di lana caprina e non è nemmeno la celebrazione dell'ovvio. Infatti, come è risaputo, la Banca d'Italia è il quarto detentore di riserve auree al mondo, dopo la Federal reserve statunitense, la Bundesbank tedesca e il Fondo monetario internazionale. Poi, via via vengono Paesi come la Francia, la Spagna ed altri.
Il quantitativo totale di oro detenuto dell'Istituto, a seguito del conferimento di 141 tonnellate alla Banca centrale europea, in virtù della nostra adesione, è pari a 2.452 tonnellate, che fa più o meno, alle rivalutazioni attuali, circa 110 miliardi di euro. L'oro dell'Istituto è custodito prevalentemente nei propri caveau e in buona parte però anche all'estero presso alcune banche centrali.
Ma facciamo un passo indietro. Tengo molto a fare un brevissimo excursus storico per capire cosa hanno rappresentato veramente le riserve auree possedute dai diversi Paesi e come si sono formate. Lo ha citato prima benissimo il collega Pichetto Fratin: inevitabilmente si parte dal 1945, da quella Bretton Woods impegnata ad allontanare dai mercati, dagli Stati e dalle economie gli effetti della crisi del 1929, con il gold exchange standard, un accordo di convertibilità della carta moneta in oro, come ha ricordato il collega Martelli, per stabilizzare i cambi con gli USA, usciti vincitori dalla Seconda guerra mondiale, nonché maggiori detentori di riserve auree del mondo, come ancora oggi è. Questo fino al 1971, quando venne accantonato quanto stabilito nel 1945 a Bretton Woods con la separazione dei due mondi, prima uniti: da una parte la cartamoneta infinita, cioè l'infinito monetario staccato dal mondo reale, e dall'altra il finito reale, come l'oro.
È da qui che nasce quel mondo finanziario come lo conosciamo oggi, compresa la sua degenerazione della turbofinanza, figlia di una scellerata deregulation; ed è da qui che nasce la ricchezza separata dai Paesi e il capitale separato dal lavoro. Lo abbiamo già sottolineato in occasione dell'approvazione del reddito di cittadinanza.
Ma torniamo al nodo cruciale oggetto delle mozioni: l'oro di chi è? È della Banca d'Italia? Non la pensava così Trichet, all'epoca governatore della Banca centrale europea quando retoricamente si chiedeva: «Siamo sicuri che l'oro sia della Banca d'Italia e non del popolo italiano?» come, ad esempio, avviene in Francia? E non la pensava così nemmeno Mario Draghi, allora governatore della Banca d'Italia, quando il ministro Tremonti, a caccia di risorse senza però tassare ulteriormente gli italiani, propose invece di tassare non l'oro ma le plusvalenze generate dalla detenzione dell'oro da parte della Banca d'Italia, che nel frattempo erano rapidamente passate dai 22 miliardi di euro del 1999 agli 85 miliardi di euro dell'epoca, cioè l'anno 2009.
Risolto quindi l'enigma? Le parole di Draghi e quelle di Trichet hanno risolto la questione? Ma neanche per idea; anzi, la realtà giuridica sembra essere ancora molto più ambigua ed ha la sua ragione e la sua origine nella privatizzazione delle banche partecipanti la Banca d'Italia in virtù di quel decreto Ciampi-Amato (quella formidabile coppia) che segna la principale datazione dello smantellamento del sistema bancario in Italia, quel cigno nero da più parti definito che doveva consentire, con le sue ali dispiegate, l'acquisizione attraverso i mercati e il mercatismo del secondo risparmio al mondo dopo quello della Germania, cioè quello italiano.
Lo statuto della Banca d'Italia, infatti, all'epoca sanciva, all'articolo 1, che essa era un istituto di diritto pubblico e, all'articolo 2, che le sue quote non potevano essere detenute se non da casse di risparmio, emanazioni di istituzioni pubbliche locali o comunque istituti di credito all'epoca tutti pubblici. Il carattere pubblico, perciò, era fuori discussione - ecco perché ha ragione il collega Pichetto Fratin quando lo ricorda - ma poi avviene la privatizzazione e con essa il panorama muta radicalmente. Logica avrebbe voluto che da queste privatizzazioni fossero escluse le quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia che per legge non potevano essere detenute se non da organismi di natura pubblica e quelle fondazioni, trasformate in ex bancarie, non avevano più questo profilo giuridico.
Ora, invece, ci troviamo ad avere la Banca d'Italia che è ancora di diritto pubblico i cui soci, però, nella stragrande maggioranza sono società private cui appartengono, oltre al capitale, anche il patrimonio immobiliare e i beni preziosi, anche quindi le riserve auree. Nulla dicono le norme o lo statuto. Il tema è rimasto sospeso e ambiguo dalla coppia Ciampi-Amato, tant'è che quelle banche, un tempo pubbliche, oggi sono appartenenti agli investitori internazionali perché nessuno può smentire il fatto che le due principali banche azioniste della Banca d'Italia - Banca Intesa e Unicredit - stando sul mercato, appartengano al mercato degli investitori istituzionali. Queste però, hanno potuto utilizzare il patrimonio pubblico della Banca d'Italia a garanzia, per esempio, delle recenti prescrizioni della BCE sugli indici di patrimonializzazione delle banche stesse, sottoposte ai famosi stress test.
Tutti i soci bancari privati della Banca d'Italia usano quindi come cuscinetto la rivalutazione delle loro quote del famoso decreto IMU-Banca d'Italia del Governo Letta, collega Misiani, che passa da 156.000 euro del valore di quelle partecipazioni a - udite, udite - 7,5 miliardi di euro a carico delle riserve dell'Istituto, costituite prevalentemente dall'oro. Si chiude il cerchio.
È quindi doveroso, collega Misiani, fare chiarezza proprio a tutela dell'interesse pubblico, soprattutto alla vigilia delle elezioni europee, interpretando l'articolo 127 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che stabilisce che le banche centrali detengono e garantiscono le riserve auree nazionali. La proprietà infatti è un'altra cosa.
Proviamo a fare un parallelismo, visto che oggi abbiamo eletto i nuovi componenti di parte parlamentare della Commissione per la vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti, ai quali rivolgo i miei migliori auguri di buon lavoro: anche la Cassa depositi e prestiti si trova in una condizione simile. I miliardi che la Cassa depositi e prestiti gestisce - ricordiamocelo bene tutti perché non lo ripetiamo mai abbastanza - provengono dal risparmio dei risparmiatori italiani raccolto dalla società Poste Italiane e a nessuno viene in mente che quel risparmio è della Cassa depositi e prestiti; dalla Cassa è solo gestito.
Nulla di sconvolgente, colleghi, tanto che nel dispositivo della nostra mozione si impegna il Governo ad adottare le opportune iniziative al fine di definire l'assetto della proprietà delle riserve auree detenute dalla Banca d'Italia, nel rispetto della normativa europea. Direi più propriamente di chiarire, semplicemente ricordando l'origine, la formazione e quindi la proprietà di quelle riserve; così come indicano altri ordinamenti di Paesi europei, come ad esempio lo statuto della banca centrale belga o di quella olandese o spagnola (Richiami del Presidente).
Vado a concludere, signor Presidente, anche se non stiamo parlando di cose di poco conto. Proprio all'articolo 31 dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in particolare al comma 2, che vi invito a leggere bene, si fa riferimento alle attività di riserva in valuta che restano alle banche centrali nazionali dopo i trasferimenti, evidenziando con ciò nessuna supponibile ingerenza del diritto europeo circa la proprietà e il titolo in forza del quale le banche centrali nazionali detengono tali riserve, ivi comprese quelle auree. Si lascia così sul campo del diritto nazionale la determinazione della questione.
Sono quindi proprio le dichiarazioni del governatore Visco ad essere eversive delle prescrizioni del sistema europeo; un bel paradosso, collega Misiani, che solo un accorto e prudente, ma anche coraggioso, legislatore può superare, come fanno esattamente la mozione Bagnai e il disegno di legge del collega Borghi alla Camera. (Applausi dai Gruppi L-SP-PSd'Az e M5S. Congratulazioni).
PRESIDENTE. Senatrice Bonfrisco, come per i suoi colleghi, quando manca un minuto avviso in modo da regolarsi con il tempo e comunque, sempre come per i suoi colleghi, le ho dato del tempo aggiuntivo per concludere congruamente.
Saluto a rappresentanze di studenti
PRESIDENTE. Rivolgo il saluto dell'Assemblea agli studenti del IV Istituto comprensivo «Giacomo Leopardi» di Messina, che assistono ai nostri lavori. (Applausi).
Con uguale calore salutiamo i rappresentanti del Centro internazionale di formazione europea (CIFE) e dell'Accademia per il dialogo e l'evangelizzazione di Vienna, che pure assistono ai nostri lavori. (Applausi).
Ripresa della discussione delle mozioni nn. 77, 100, 104 e 107 (ore 17,54)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Perosino. Ne ha facoltà.
PEROSINO (FI-BP). Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, la domanda è la seguente: le riserve possono essere vendute? Dico subito che non possono esserlo perché sono a garanzia del sistema per l'emissione di moneta per i prestiti e per la fiducia. Cercherò di spiegarlo. Troppo potere, a mio avviso, è stato ceduto con l'avallo del Parlamento negli anni scorsi alla BCE; l'abbiamo visto quando si è trattato di approvare il decreto che riguardava la Banca Carige due mesi fa. Troppo potere: eppure, qualche forza politica dice che bisogna cederne di più, che bisogna cedere tutto il potere monetario, finanziario e anche fiscale. In questo sono più sovranista e populista dei sovranisti e dei populisti e sono contrario. Teniamo conto del fatto che abbiamo sulla nostra testa il fiscal compact. Tutti voi, colleghi, sapete cos'è; ma, se l'avete dimenticato, vi invito ad andarlo a ripassare. È stato approvato nel 2012 e credo che l'unico parlamentare a non averlo votato sia stato Guido Crosetto, che proviene dalla mia terra.
Cos'è rimasto alla Banca d'Italia? È rimasta la vigilanza bancaria, che divide con la Consob e su cui bisognerebbe fare chiarezza, chiedendoci se la fa bene e quali sono le competenze. Credo che la vigilanza bancaria, quanto a responsabilità, spetti al 99 per cento alla Banca d'Italia e all'1 per cento alla Consob. Le spettano inoltre la gestione e le manovre sul debito, attraverso il quale produce un utile, che è già stato quantificato dal collega Pichetto Fratin in 5,7 miliardi di euro netti, nel 2018, a favore dello Stato, che non è una piccola cifra nel bilancio statale e che è aumentato rispetto all'utile del 2017, che era di 2,3 miliardi di euro. Queste sono le cose che dobbiamo sapere e ricordare. Senz'altro tutti i colleghi le conoscono, ma mi permetto di ricordarle a me stesso e all'Assemblea.
Per quel che riguarda i soci - come è già stato evidenziato anche dal collega Pichetto Fratin - sono le grandi banche, le fondazioni bancarie e altri istituti pubblici. Carige è la quinta in termini di importanza: la sua quota valeva 300 milioni di euro e avevo chiesto, nel mio intervento svolto in occasione del provvedimento su Banca Carige - ma forse è una mia ignoranza - se quei 300 milioni di euro potessero essere monetizzati al fine di dotare di liquidità l'istituto. La Banca d'Italia garantisce inoltre le altre banche, garantisce la fiducia in generale e garantisce il debito pubblico. Essa garantisce le altre banche come sistema, perché quello delle banche è un settore delicato, anche quando può non piacervi, del quale non possiamo fare a meno, anche quando sembra esageri nel suo modo di operare, con le commissioni e i tassi attivi e passivi. Ricordo che, a una signora che mi chiedeva sempre se i suoi 100.000 euro dovesse tenerli in banca o sotto il cuscino, rispondevo che, se li avesse portati a casa, nessuno l'avrebbe aiutata a sorvegliarli e non avrebbe saputo cosa farne dopo. Se li porta a casa, i 100.000 euro non valgono più niente: è la Banca d'Italia che garantisce il valore di quei pezzi di carta.
Per quel che riguarda la fiducia, come sapete in economia essa conta più del 50 per cento del totale. Non saprei quantificarla, ma conta moltissimo, conta più dei numeri. Pensiamo alla fiducia in generale e anche alla fiducia commerciale dell'Italia. Provate a chiedere alle ditte che importano ed esportano che garanzie devono dare in certi campi, se sono italiane, perché in quanto tali godono di minore fiducia. Un conto è fare un'apertura di credito e un pagamento anticipato, un conto è avere la fiducia del sistema, dell'Italia, per non fare queste operazioni che costano.
La Banca d'Italia garantisce il debito pubblico, e questo costituisce il problema. Ho promosso un convegno, che cercherò di realizzare anche in altri ambiti, che si può intitolare: «Attacco al debito: istituzione fondo salva Italia», su proposta di Panerai, Savona ed altri, che ho già sottoposto al Governo e che voglio sottoporre, appena ci sarà l'opportunità, anche all'Assemblea. In trenta secondi potrei sintetizzare come segue: costituzione di una società pubblica, nella quale far confluire il patrimonio immobiliare dismissibile; sottoscrizione delle quote da parte delle banche e dei risparmiatori, con un tasso certo. Con tale sottoscrizione si riduce il debito, per importi che vanno da 250 a 300 miliardi di euro. Una parte potrebbe essere destinata agli investimenti e le quote saranno restituite con la dismissione del patrimonio nell'arco di venti o trent'anni, patrimonio immobiliare senza vincoli di destinazione.
Questo fa la Banca d'Italia ma, se vende l'oro e se non è suo, come fa a garantirlo? Come fa ad ammortizzare il debito per 80, 90 o 100 miliardi di euro, a seconda del prezzo che diamo? Io ho calcolato - ognuno fa i suoi conti - che, a 37 euro al grammo, secondo la quotazione di ieri, il valore è di 85 miliardi. Come è già stato detto, se si immettesse questa quantità di oro, il prezzo crollerebbe e la credibilità e la fiducia crollerebbero. Lo comprenderete. Credo che su questo possiamo essere d'accordo.
Per quanto riguarda la questione di dove è detenuto, 5 miliardi sono a Francoforte e gli altri non lo so. Qualcuno mi dice che è tutto in Italia; una volta era un po' in Svizzera e un po' in America, ma il Governo potrebbe dirlo. Quindi, si tratta di garanzie alle banche, fiducia nel sistema, debito pubblico.
La mozione proposta dalla maggioranza vorrebbe chiarire di chi è la proprietà. Possiamo tentare di farlo, ma Trichet ha detto una cosa; il direttore di Banca d'Italia Rossi, qualche giorno fa, ne ha detta un'altra. Se capitasse un'emergenza - l'oro è una riserva e una garanzia - può il Governo in carica in quel momento fare un decreto che risponda al codice militare di pace o di guerra? Fa lo stesso perché l'emergenza è dello Stato.
Il Governo dica qui - è rappresentato oggi dal sottosegretario Villarosa; credevo venisse il vice ministro Castelli per competenza, ma forse sbaglio, e va bene il sottosegretario Villarosa, che ci segue attentamente anche in Commissione finanze - ai cittadini e al popolo - qualcuno rappresenta i cittadini, mentre altri rappresentano il popolo, a seconda delle visioni politiche - urbi et orbi - dico io - che non si vende perché non si può vendere. È una garanzia e, comunque - come avevo promesso nei primi interventi in quest'Aula - attacchiamo il debito pubblico, altrimenti il debito pubblico attaccherà noi. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bottici. Ne ha facoltà.
BOTTICI (M5S). Signor Presidente, in primis vorrei dichiarare che nessuno della maggioranza ha mai detto di voler utilizzare le riserve auree per il pagamento del debito pubblico o per coprire le spese correnti. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd'Az). Se si fa un'affermazione simile e poi si dà la colpa alla maggioranza dell'aumento dello spread e della sfiducia dei mercati verso l'Italia, è sempre un concetto sbagliato. Noi non l'abbiamo mai detto.
Si sta parlando delle riserve auree, dell'oro detenuto presso la Banca d'Italia. E utilizzo il termine «detenuto», perché da nessuna parte è scritto di chi sia l'oro. Nel 1893 le tre banche (la Banca nazionale del Regno d'Italia, la Banca nazionale toscana e la Banca toscana di credito) hanno dato vita alla Banca d'Italia e messo assieme le riserve; nel 1926, con l'attribuzione del monopolio esclusivo delle emissioni alla Banca di Italia, il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia hanno ceduto le proprio riserve a Banca d'Italia. E hanno fatto questo perché le riserve servono per la stabilità finanziaria dello Stato. Era, quindi, una considerazione logica pensare che l'oro detenuto in Banca d'Italia fosse degli italiani. Era una considerazione logica. Accade, però, che le cose cambiano: l'Italia non è più uno Stato solo, perché è entrata prima nella Comunità europea e poi nell'Unione europea. E lì cambia, perché l'oro detenuto dalla Banca d'Italia diventa in qualche modo dedicato alla stabilità finanziaria dell'Unione europea. Quell'oro, però, è dell'Italia per cui, mancando una normativa specifica, è quindi giusto l'impegno che si chiede al Governo, perché noi possiamo arrivare a una conclusione logica, ma abbiamo sempre pensato che, per fare le cose per bene, bisogna ragionare all'interno dell'Unione europea che, se poi fosse anche un'Europa unita, sarebbe meglio.
Nella mozione della maggioranza si impegna il Governo «ad adottare le opportune iniziative al fine di definire l'assetto della proprietà delle riserve auree». In effetti, nella sua risposta il presidente del Consiglio Conte giustamente afferma che, se si vuole modificare l'assetto della proprietà aurea della Banca d'Italia con un intervento del legislatore - per cui non si toglie al Parlamento la possibilità di legiferare in tal senso - un intervento normativo andrebbe valutato, sul piano della compatibilità, con i principi basilari che regolamentano l'ordinamento del Sistema europeo di banche centrali.
Mettiamo il caso che il Sistema europeo di banche centrali decida di far saltare il tutto e si sciolga l'Unione europea, per cui non c'è più la Banca centrale europea e non abbiamo più l'euro. Dove vanno le riserve auree e come fanno a ritornare nella proprietà dello Stato e, quindi, garantire la stabilità del Paese Italia? Non è scritto da nessuna parte.
Ricordo che l'articolo 130 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea dice che non si può influire sulla gestione e, infatti, mai si parla nella mozione di interferire con l'indipendenza della Banca d'Italia, perché siamo i primi che hanno sempre parlato dell'indipendenza della Banca d'Italia ed è per questo che ci siamo spesso irritati con il precedente Governo quando faceva provvedimenti che non erano proprio sull'indipendenza di Banca d'Italia.
Quando poi nella mozione chiediamo di capire se si possono riportare indietro le riserve auree detenute all'estero è in relazione proprio al concetto di cui ho parlato poco fa: quanto costa riportare le riserve di oro nel Paese Italia? Siccome abbiamo visto che cosa sta accadendo con la vicenda Brexit - e non voglio dire che la maggioranza vuole uscire dall'Unione europea, non l'ho mai detto e nessuno lo ha mai detto - se le cose sono chiare, è sempre meglio per tutti.
Quanto alle mozioni presentate dalle opposizioni, quella del Gruppo Forza Italia impegna il Governo sulla permanenza pubblica della proprietà delle riserve auree, cioè di tutti noi, dello Stato. C'è poi quella del Partito Democratico - e torno al ragionamento di prima - che, quando impegna il Governo a escludere l'adozione di qualsiasi intervento, mina la credibilità.
Credo che la mozione più tranquilla e più in linea rispetto a quello che dobbiamo andare a costruire in Europa sia proprio quella della maggioranza, per riportare uno Stato, che è cambiato ed è entrato in Unione europea, a ristabilire oggi delle norme che garantiscano che la stabilità finanziaria è prevalentemente quella dell'Italia. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd'Az).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, al quale chiedo di esprimere il parere sulle mozioni presentate.
VILLAROSA, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, esprimo parere contrario sulle mozioni nn. 77, 100 e 107. Esprimo invece parere favorevole sulla mozione n. 104.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione delle mozioni.
BAGNAI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BAGNAI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, la ringrazio per avermi permesso di esprimermi subito a causa di un successivo impegno istituzionale in sala Koch.
È stata evocata spesso l'Europa in questa discussione. Il primo europeo, secondo il pontefice Benedetto XVI, è stato San Colombano, il primo ad aver menzionato l'unità del popolo europeo, il primo di tanti nostri intellettuali. Il primo europeista probabilmente possiamo considerare che sia stato Ludovico il Moro. Già mi è capitato di ricordare in quest'Aula il suo metodo, che era stato quello di appoggiarsi a Carlo di Valois per risolvere un piccolo problema che aveva in famiglia, con le conseguenze che poi abbiamo visto.
Nella discussione politica di questi anni in Italia, quante volte ci siamo sentiti richiamare dalla nostra attuale opposizione alle migliori prassi europee? Questo richiamo, però, si capisce ogni giorno di più che era solo strumentale, che aveva solo un fine di lotta politica interna, esattamente come il dar seguito a certe fake news giornalistiche che sono figlie, forse, di analfabetismo funzionale, dell'incapacità di distinguere fra proprietà e detenzione, fra Stato e Governo, fra indipendenza e autonomia, o forse sono figlie di una certa malizia politica che cerca di creare un po' di rumore per mettere in difficoltà il Governo. Noi invece ci distanziamo dall'europeismo liturgico del fan club di Ludovico il Moro e vogliamo qualcosa di diverso: un europeismo pragmatico.
Ho già detto e credo che ripeterò spesso che l'europeismo pragmatico passa attraverso l'adeguamento dei nostri istituti a quelli europei e lo spirito della mozione va esattamente in questo senso. Certo, a noi in Europa non piace tutto e vi faccio un esempio di quello che non ci piace, visto che è stata evocata l'indipendenza della nostra banca centrale. Vi faccio una short list di Governatori di banche centrali degli altri Paesi. Prendiamo Vitor Constâncio, ex Vice Presidente della BCE: politico, segretario del Partito socialista, candidato Premier, perse le elezioni e diventò Governatore della banca centrale del suo Paese. Immaginate voi qui da noi un percorso simile? Direi di no. Prendiamo l'ex vice presidente della BCE de Guindos, che è sempre stato un manager politico, tesserato del Partito popolare, Sottosegretario, Ministro; pensiamo a Sylvie Goulard, che è stata Ministro della difesa con Macron e si è dimessa a causa di uno scandalo per un problema riferito agli assistenti al Parlamento europeo. Negli altri Paesi le banche centrali hanno dimostrato di essere contigue alla politica, e non sempre al meglio della politica. Nella storia della nostra banca centrale, episodi di contiguità di questo tipo non ci sono stati, e lo rivendichiamo con orgoglio e a noi ciò piace, come ha detto la collega Bottici.
A me piace poter ricordare che questa maggioranza, quando è dovuta intervenire per mettere rimedio ad alcune storture di alcune riforme che ci siamo trovati a dover gestire, che abbiamo avuto "sul groppone", ha trovato nella nostra banca centrale un interlocutore - segnatamente, io desidero ricordare il dottor Salvatore Rossi - che, pur nella diversità, ovviamente, delle visioni, è stato in grado di fornirci un supporto, è stato in grado di ascoltare le nostre ragioni e di aiutarci a migliorare delle riforme che, a detta di tutti i soggetti coinvolti, necessitavano di essere migliorate.
Io non starò qui a dirvi perché voterò favorevolmente all'ovvio, ma voglio fare un paio di considerazioni su cosa non mi convince nelle altre mozioni, altrimenti, sembrerei schizofrenico. Le quattro mozioni non dicono tutte la stessa cosa.
Intanto, partirei dalla mozione della nostra opposizione di destra meno a destra, e cioè quella dei nostri colleghi di Forza Italia. Io non credo che sia il caso di votare un impegno a escludere ogni ipotesi di vendita o di cessione delle riserve auree a fini di sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, per il semplice motivo che questa ipotesi è venuta in mente solo a qualche giornalista poco addentro al funzionamento del sistema bancario italiano e del sistema bancario europeo. Questa ipotesi non ci è mai venuta in mente per diversi motivi, tra cui quello che è impossibile. Non che vendere l'oro delle banche centrali non sia mai venuto in mente a nessuno. A qualcuno è venuto in mente. Se andate a prendere «il Giornale» del 15 settembre 2014, c'è un bellissimo articolo, dal titolo molto ambizioso: «New deal da mille miliardi: vendiamo l'oro dell'Europa», a firma del collega parlamentare Renato Brunetta, che proponeva di prendere l'oro della banca centrale per finanziare un piano di investimenti. Forse, però, il collega Brunetta, che è anche un collega economista, non sa come il sistema funzioni. Glielo ha spiegato Peter Praet, in suo tweet delle ore 16,42 del 12 marzo 2019, che si trova nel twitter feed della BCE. Lì Peter Praet dice una cosa molto semplice: in quanto banca centrale possiamo creare moneta. Quindi, se la BCE volesse finanziare un piano di investimenti, potrebbe farlo senza vendere alcun oro. (Applausi dai Gruppi L-SP-PSd'Az e M5S). E anoi questo non è mai venuto in mente: vorrei che fosse chiaro.
Va da sé che anche l'idea che le riserve auree abbiano la funzione di rafforzare la fiducia nella stabilità del sistema finanziario è una nozione un po' sfuocata. Siamo fuori dal gold standard, siamo fuori dal gold exchange standard. È successo molti anni fa ma, siccome siamo senatori, c'eravamo tutti e, se non ce lo ricordiamo, sta scritto nei libri di storia. Mi riferisco a Nixon, naturalmente.
C'è poi un aspetto che mi ha colpito, è che è in parte analogo, anche nella mozione dei colleghi della nostra opposizione di sinistra. Intanto, qui si continua a confondere autonomia con indipendenza. Cosa sia l'indipendenza io l'ho detto. L'autonomia - mi dispiace doverlo dire - è la facoltà di dare leggi a se stessi. Ora questa autonomia, autocrinia, autodichia, la Banca d'Italia non ce l'ha. Le leggi del suo ordinamento vengono votate da questo Parlamento. Se sarà il caso, verranno rivotate, nel caso diano ambito a equivoci. (Applausi dai Gruppi L-SP-PSd'Az e M5S). Non dico che ci sia - avendo io appena espresso le ragioni della mia soddisfazione e della mia interazione, nella qualità istituzionale di Presidente della Commissione finanze, con alte autorità dell'istituto di vigilanza - ma ove mai vi fosse la percezione che qualche cosa nella nostra banca centrale possa essere migliorata, io ricordo che questo Parlamento - piccolo dettaglio - è sovrano o ritiene di poter provare a dimostrare di esserlo. Quindi, l'autonomia è assolutamente fuori dal dibattito. L'indipendenza è nel dibattito e se ne parlerà ancora.
A me, però, spiace che i colleghi, dei quali apprezzo la competenza e dei quali ho apprezzato moltissimo la ricostruzione storica contenuta nella loro mozione, vengano a versare, anche in atti parlamentari, un impegno sconclusionato, sostanzialmente l'impegno a non vendere i gioielli di famiglia. L'unica causa, l'unico pretesto, l'unica fonte di tale impegno è l'analfabetismo funzionale di alcuni esponenti della prestigiosa stampa estera, i quali, quando hanno letto che le riserve sono di proprietà dello Stato, hanno tradotto nella loro mente: il Governo vuole vendere l'oro.
Io non vedo l'attinenza logica fra queste due proposizioni, non esiste se non nel tentativo di creare un po' di quella volatilità sui mercati dai quali gli amici di quei simpatici e prestigiosi giornalisti anglosassoni sanno trarre dei profitti. Che poi uno prenda questa fake e la metta in una mozione, sinceramente lo trovo un fatto un po' inappropriato.
Per quanto riguarda la mozione dei nostri colleghi dell'opposizione di destra più a destra, quelli che ci invitano a valutare la tempestiva adozione di un atto normativo, faccio notare che l'atto è già depositato presso una Commissione parlamentare competente, la Commissione finanze della Camera dei deputati. Quindi noi li ringraziamo, ma il procedimento è già in corso. Anche sul fatto di adottare le opportune iniziative perché le riserve vengano fatte rientrare nel territorio nazionale noi sinceramente non siamo d'accordo; riteniamo fondati gli argomenti di chi ha sostenuto che ci debba essere una diversificazione del rischio. Altro però è non avere contezza della situazione e non avere contezza di come gestirla nel caso le circostanze debbano cambiare.
Per concludere, un'altra cosa che sinceramente mi spinge a votare contro la mozione di Fratelli d'Italia è la frase in cui si dice che, a giudizio dei proponenti, l'oro dovrebbe essere restituito allo Stato. Ma l'oro non deve essere restituito allo Stato, perché l'oro è dello Stato. (Applausi dai Gruppi L-SP-PSd'Az e M5S). È anche il modo di esporre le cose che poi crea degli equivoci. Non mettiamoci noi, che siamo parlamentari e abbiamo contezza e capacità tecnica per affrontare certe questioni, al livello di chi, forse strumentalmente o forse per deficit culturale, crea poi sui media un grande polverone sostanzialmente intorno al nulla. (Applausi dai Gruppi L-SP-PSd'Az e M5S. Congratulazioni).
MONTI (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MONTI (Misto). Signor Presidente, io mi asterrò sulle mozioni a prima firma Bernini e D'Alfonso; voterò contro la mozione a prima firma Fazzolari e, con particolare preoccupazione, contro la mozione che vede come primi firmatari Bagnai e Bottici. Perché preoccupazione? Tutta questa discussione oggi in Italia è pleonastica e tuttavia pericolosa. È pleonastica dopo le dichiarazioni fatte il 21 febbraio scorso alla Camera dal presidente del Consiglio Conte, e tuttavia pericolosa. Pericolosa per chi? Lo è per i cittadini italiani, per le imprese, per i risparmiatori, per i contribuenti. Perché è pericolosa? Forse perché di moneta, di oro, di valute, di banche centrali non si deve parlare apertamente o si deve parlare solo sottovoce in ambienti eterei, che qualcuno chiama i poteri forti? Assolutamente no. È pericolosa questa discussione in Italia oggi perché è promossa da voi colleghi del MoVimento 5 Stelle e della Lega.
Nella prima bozza del vostro contratto di Governo, che portò alla formazione del Governo, nel maggio 2018, ricorderete il punto sulla cancellazione di 250 miliardi di euro di titoli di Stato detenuti dalla Banca centrale europea. Quella posizione denotava scarsa conoscenza dei rapporti tra l'Unione monetaria europea e gli Stati membri, ma soprattutto denotava grande indifferenza rispetto a quello che in tutta Europa e in buona parte del mondo viene considerato un problema non visto dagli italiani, e cioè che il debito pubblico e il disavanzo pubblico, che possono avere nel breve periodo qualche effetto positivo di rilancio, sono però strutturalmente un problema molto serio in queste dimensioni, che ci siano o che non ci siano vincoli europei.
Ebbene, questa posizione poi venne rapidamente fatta rientrare e non fu presente nella seconda versione e nelle ulteriori bozze. Ma voi potete capire - e credo comunque che molti di voi sappiano - che quella dichiarazione è rimasta scolpita nel marmo, nelle menti delle autorità politiche di altri Paesi e degli operatori del mercato, anche quando è stata cancellata. Ebbene, proprio da allora è cominciata quella salita dei tassi di interesse inutile e che ci porta oggi ad avere uno spread, certamente basso rispetto ai massimi storici toccati, ma che oggi in Italia è a 270, quando la Spagna è a 115 e la Francia a 39. E tutto questo avviene sulle spalle dei risparmiatori italiani, delle imprese e dei contribuenti, che pagano cifre enormi per il servizio del debito pubblico.
Ecco perché - a mio modesto ma molto convinto parere - questa discussione è pleonastica in generale e viene fatta oggi in Italia quando tutto il mondo si interroga su come mai le autorità e la politica italiana non stiano facendo qualcosa per affrontare temi che vengono sollevati nel mondo più che in Italia. In secondo luogo, questa discussione è pericolosa, perché denota presso la maggioranza - non sarebbe un problema se fosse presso altri - una leggerezza: infatti, se si vuole questa discussione oggi con certi risultati, purtroppo nessuno penserà che non sia per qualche secondo fine. (Applausi dai Gruppi PD e Misto e del senatore Laniece).
DE PETRIS (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-LeU). Signor Presidente, ogni tanto riaffiora, in modo ciclico e non solo nel nostro Paese, la discussione sulla vicenda delle riserve auree. Per quanto riguarda la mia esperienza, è riaffiorata anche nella breve legislatura 2006-2008. Ricordo che anche a livello europeo, in sede di discussione sui meccanismi di salvataggio dei Paesi europei in difficoltà, riemerse la vicenda delle riserve auree. Addirittura allora, alcuni economisti ultraconservatori tedeschi, che - come purtroppo ricorderete - erano molto presenti allora nel dibattito, chiedevano che, in caso di un piano di salvataggio europeo, i principali beni e le riserve auree del Paese in difficoltà fossero sequestrati e forniti come garanzia e a compensazione agli altri Stati. Ricordo questo per dire che è una questione ciclica.
Il problema però è la discussione oggi, in questo momento. Il Gruppo Fratelli d'Italia ha presentato la sua mozione e non a caso negli interventi dei suoi componenti è stato fatto riferimento ad alcune prese di posizione anche della Lega in tal senso (penso alla dichiarazione del senatore Borghi). Onestamente, però, non comprendo come mai si sia costruita la narrazione su chi sia proprietario delle riserve auree e anche sulla possibilità della loro vendita, facendo sì che il dibattito che abbiamo svolto oggi fosse caratterizzato da un'ambiguità costante, un'ambiguità che reputano assolutamente pericolosa. Questo riguarda ovviamente anche la mozione di maggioranza.
Non voglio qui citare nuovamente le parole di Conte in risposta al question time - esprimono il suo punto di vista, ma è sempre il Presidente del Consiglio - con cui avrebbe chiarito la vicenda della proprietà delle riserve nazionali.
È chiaro a tutti però che, per come è stata la storia del nostro Paese, questo aspetto è cambiato alla fine degli anni Sessanta e ancor di più nel momento in cui c'è stato il passaggio all'euro. Questo è il punto.
Se le mozioni in discussione hanno ancora una volta lo scopo di dire che l'articolo 127 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea non ci sta bene, che si affronti questo tema una volta per tutte, lo si dica chiaramente. E anche l'ambiguità è in moltissime mozioni. Tuttavia, da questo punto di vista, l'articolo 127 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea definisce la detenzione e la gestione delle riserve ufficiali. Poi sappiamo tutti perfettamente che anche in Europa la vicenda delle riserve auree è rimasta poco chiara al momento della creazione della Banca centrale europea e questo è stato sottaciuto, e cioè ogni Stato ha continuato a gestire tale realtà.
Torno però al punto politico: perché si fa una discussione come questa? Dove si vuole andare a parare? Il punto politico è assolutamente questo. Ma allora mi chiedo perché nella mozione di maggioranza - anche se si chiede cosa ci sia di male - non avete scritto, mettendo a tacere tutte le dichiarazioni scomposte che ogni tanto emergono, che c'è l'inalienabilità delle riserve auree, come ad esempio proponeva prima il collega Martelli. Perché, oltre che fare una sorta di audit per capire dove stanno le riserve, non avete messo per iscritto che comunque non sono assolutamente da mettere sul mercato e non c'è neanche lontanamente la possibilità della vendita? Questo è il punto. L'ambiguità sta esattamente in questo. In un momento difficile per il Paese - abbiamo visto i dati economici, sono quelli che sono - mi chiedo che segnale diamo all'esterno facendo una discussione del genere, per capire se vogliamo intervenire per chiarire con strumenti normativi e definire una volta per tutte in modo chiaro la proprietà delle riserve auree, che a noi sembra evidente. Infatti, è evidente a tutti - è implicito, ma anche abbastanza esplicito - che certamente è dello Stato e ovviamente - come ha risposto anche il presidente Conte - è nell'assetto patrimoniale della Banca d'Italia.
Su questo punto c'è anche l'altro non detto, l'altra ambiguità di fondo sulla vicenda che riguarda il rapporto con la Banca d'Italia. Il punto, però, è esattamente politico: perché oggi si fa una discussione come questa? Molte volte le mozioni di opposizione vengono presentate, ma poi non si arriva mai a discuterle. Perché si fa questo tipo di discussione? Si vogliono mandare segnali? Si stanno mandando segnali sbagliati (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Grasso). Questo lo sanno perfettamente tutti. A Roma si dice qualcosa del tipo: porti l'oro al Banco dei pegni? Se solo si danno segnali come questi, si comunica una debolezza estrema, con tutto quello che ciò comporta.
Poi si possono fare tutte le discussioni. Sapete perfettamente cosa pensiamo noi, abbiamo scritto moltissime volte nelle nostre proposte di risoluzione come vorremmo cambiare anche l'assetto della BCE a livello europeo; come intervenire per ridare una forza politica molto diversa all'Europa rispetto alle scelte che sono state fatte ultimamente. Questa è quindi una discussione che, per quanto ci riguarda, c'è e continueremo a farla anche in occasione dell'appuntamento delle elezioni europee. Tuttavia, nella discussione di oggi ci sono al tempo stesso un'ambiguità e una chiarezza nei segnali che vengono dati esternamente molto pericolose. Ciò fa sì che noi voteremo convintamente contro le mozioni nn. 77 e 104. (Applausi dai Gruppi Misto e PD).
FAZZOLARI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FAZZOLARI (FdI). Signor Presidente, oggi si discute di questo tema, che mi sembra importante, perché lo ha chiesto Fratelli d'Italia. La senatrice De Petris chiedeva come mai siamo arrivati a parlare di questo: perché Fratelli d'Italia ha depositato questa mozione mesi fa e, come si sa, ogni Gruppo ha la facoltà di portare in Assemblea qualche tema e noi abbiamo scelto questo, perché lo reputiamo fondamentale. Quindi, se oggi si parla di riserve auree nel Parlamento italiano, è solamente grazie a Fratelli d'Italia e spero che nessuno ci voglia togliere questa possibilità. Questo lo dico anche per chiarire quanto riportato dalla stampa su chi sostiene di aver presentato oggi una mozione sulle riserve auree.
Fratelli d'Italia ha presentato una mozione in linea con le battaglie che fa da anni, per ribadire che le riserve auree detenute da Banca d'Italia sono di proprietà dello Stato italiano e del popolo italiano e non di Bankitalia. Questa è, in realtà, una ovvietà. C'è una citazione, che recentemente è diventata famosa, di Gilbert k. Chesterton che recita: «Fuochi saranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate». Bene, e mozioni saranno presentate per ribadire che l'oro della Patria è della Patria e non dei banchieri. (Applausi dal Gruppo FdI).
Ma questo non lo diciamo noi, che siamo pericolosi patrioti; questo è scritto nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'articolo 127. Lo ricordo al senatore Monti, probabilmente molto attento quando vuole, un po' meno attento in altre circostanze. L'articolo 127 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea dice che il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) detiene e gestisce le riserve ufficiali degli Stati membri. Ma è talmente chiaro che la Francia, che non mi sembra ancora essere un Paese sovversivo, ha una legge che lo esplicita, prevedendo che la Banque de France detiene e gestisce le riserve auree di proprietà dello Stato francese; tant'è che sul sito della Banque de France c'è anche una simpatica proporzione, nella quale si chiarisce che ogni francese è indirettamente proprietario di 38 grammi d'oro.
Solo in Italia c'è questa ambiguità; e perché? Perché c'è il tentativo di portare a termine la più grande truffa della storia d'Italia, per rubare l'oro degli italiani e consegnarlo ai banchieri. Questa è l'operazione. Sono stati spiegati prima benissimo dal senatore Pichetto Fratin e dalla senatrice Bonfrisco i vari passaggi che hanno portato a questa follia. Abbiamo avuto una prima fase negli anni Novanta, nella quale i soggetti proprietari della Banca d'Italia da pubblici diventano privati; abbiamo poi una seconda tappa (non a caso fatta dal Governo Letta), nella quale, con la rivalutazione delle quote di Bankitalia, si opera non solo un regalo di 7 miliardi e mezzo alle banche (questo sarebbe il minimo: siamo abituati ai regali fatti alle banche dalla sinistra), ma si pone anche un principio pericoloso: si connette la quota di possesso di Bankitalia a un valore e quindi si apre lo spiraglio a far sì che chi detiene le quote di Bankitalia sia, in qualche modo, anche titolato a parlare della proprietà della stessa.
Infatti, nel 2014 Giorgia Meloni, in occasione della conversione del decreto-legge n. 133 del 2013, presentò un ordine del giorno per specificare che le riserve auree rimanevano di proprietà dello Stato. Avete fatto questa porcata del decreto IMU-Banca d'Italia? Specifichiamo almeno che le riserve auree sono dello Stato, del popolo, e non dei privati. In quella circostanza il Governo ha risposto che l'ordine del giorno non era ammissibile perché Fratelli d'Italia stava chiedendo una ovvietà: era talmente ovvio che le riserve auree erano di proprietà dello Stato e non di Bankitalia che non è stato messo in votazione l'ordine del giorno su Banca d'Italia. Ebbene, era talmente ovvio che adesso sul sito di Bankitalia si legge che Bankitalia detiene e gestisce le riserve nazionali in valuta e oro e che l'ordinamento assegna la proprietà delle riserve alla Banca d'Italia. Questo è un falso: non esiste nessun ordinamento nazionale o europeo che assegna la proprietà delle riserve auree a Bankitalia.
Ricordo a Bankitalia che esiste anche un articolo del codice civile con rilevanza penale (articolo 2621) relativo al reato di false comunicazioni sociali. Approfitto di questo intervento per intimare a Banca d'Italia di correggere questa falsità, altrimenti Fratelli d'Italia procederà con le vie opportune. (Applausi dal Gruppo FdI).
PRESIDENTE. Senatore Fazzolari, direi che lei è un po' al limite, non tanto dei tempi, ma per il tenore del suo intervento.
VOCE DAL GRUPPO FDI. Questo lo dice lei.
PRESIDENTE. Sì, lo dico io perché sto presiedendo io, senatore. Esattamente per questo motivo.
FAZZOLARI (FdI). Fermiamo il cronometro e facciamo il tempo di gioco effettivo, come nel rugby.
PRESIDENTE. Io mi riferisco ai toni.
FAZZOLARI (FdI). È per questo che Fratelli d'Italia, come è stato ricordato dal senatore Pichetto Fratin, ha già depositato una proposta di legge per la nazionalizzazione di Bankitalia. Questo è talmente sovversivo - lo dico ai colleghi di Forza Italia - che è stato depositato analogo disegno di legge nel 2005 dall'allora ministro Tremonti, quindi non ci stiamo inventando nulla di nuovo.
Oggi presentiamo una mozione per ribadire che l'oro della Patria appartiene alla Patria. Ci vengono presentate una serie di mozioni per parlare di tutt'altro e non mettere la faccia sotto questo aspetto. Abbiamo la mozione del PD, che è talmente condivisibile che saremmo tentati di votare a favore. Invece ci asterremo per amor di Patria, perché la mozione del PD non parla della proprietà delle riserve, ma ribadisce tutte le ovvietà che riguardano Bankitalia. Ma non è questa la sede.
Apprezziamo la mozione di Forza Italia però, dicendo che le riserve auree devono essere di natura pubblica, non tolgono il grande equivoco di chi vuole giocare sull'equivoco di Bankitalia soggetto pubblico e non dichiarare le riserve auree di proprietà dello Stato.
E arriviamo al grottesco della mozione di maggioranza, perché qui abbiamo una maggioranza che ha l'enorme strategia di non esprimersi sui grandi temi divisivi. L'abbiamo già visto con il global compact e adesso lo rivediamo con le riserve auree. La mozione della maggioranza è qualcosa di meraviglioso e voglio leggerla: si impegna il Governo «ad adottare le opportune iniziative al fine di definire l'assetto della proprietà delle riserve auree». Cioè la maggioranza di Governo chiede al Governo di dire di chi sono le riserve auree.
Presidente, lei mi ha detto che sono al limite e non so se «supercazzola» si possa dire o no.
PRESIDENTE. No, non lo può dire, senatore. È la seconda volta che la richiamo. Lei si trova nell'Aula del Senato quindi cerchi di avere un linguaggio adeguato, per cortesia.
FAZZOLARI (FdI). Nel linguaggio adeguato diciamo che è una presa in giro, perché la maggioranza può presentare una mozione in cui dice se le riserve auree sono dello Stato o sono di Bankitalia, oppure può votare a favore o contro la mozione di Fratelli d'Italia. Ma non può prendere in giro il Parlamento e il Paese presentando una mozione nella quale chiede al Governo di dire a se stesso di chi sono le riserve auree.
Anche perché il presidente Conte di chi sono le riserve auree l'ha già detto in quest'Aula. Rispondendo durante un question time a Fratelli d'Italia, il premier Conte ha dichiarato che, visto che le riserve auree sono sempre state iscritte all' attivo del bilancio di Bankitalia, di conseguenza sono di proprietà di Bankitalia. Temo che il premier Conte sia stato mal consigliato. Anche questo aspetto è più che chiarito nella legge francese, la quale sulle riserve auree specifica che la Banque de France gestisce le riserve auree di proprietà dello Stato francese e le iscrive alla voce attiva del proprio bilancio nelle modalità concordate con lo Stato francese. Invitiamo quindi Conte a non dare per buona qualunque cosa gli venga detta. Le riserve auree sono di proprietà dello Stato perché questo dice il buon senso, perché questo dice la storia, perché questo dicono i trattati dell'Unione europea, perché così hanno fatto gli altri Stati dell'eurozona e quindi adesso le chiacchiere stanno a zero.
Fratelli d'Italia ha presentato una mozione che non si presta ad equivoci. Chiediamo che sia ribadito che le riserve auree appartengono allo Stato e al popolo e non a Bankitalia e ai banchieri. Adesso sta ad ognuno dei presenti decidere se schierarsi per la più grande truffa e per rubare l'oro degli italiani oppure per difendere l'interesse nazionale e il popolo italiano. (Applausi dal Gruppo FdI. Congratulazioni).
D'ALFONSO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALFONSO (PD). Signor Presidente, intervengo per dichiarare il nostro voto e per dichiarare il ragionamento che occorre. Le mozioni che abbiamo conosciuto - la nostra e quelle presentate dagli altri Gruppi parlamentari - hanno posto al centro, come quella momentanea realizzazione di legno, la questione del rapporto tra le banche centrali, la Banca centrale europea, l'autonomia della nostra banca centrale e della Banca centrale europea e hanno determinato anche importanti interrogativi rispetto ai quali noi non possiamo essere né immaturi, né stravaganti.
Intanto voglio mettere in evidenza che da questa parte politica la maturità è stata raggiunta ormai dal 1980-81, quando abbiamo stabilito che vi è la necessità di distinguere tra la banca centrale italiana e il Ministero del tesoro, una distinzione e separazione che non è stata un'operazione di convegnistica ma un'operazione di distinzione e di divorzio, come normativamente è stato rubricato, perché per la stabilità finanziaria di quella operazione, vi era necessità di separatezza.
Ma questo livello di interrogativo che ripetutamente torna, come quasi un fiume carsico, si accompagna a domande che anche in passato questo Parlamento e il dibattito politico hanno posto sul tavolo. Ricordo, per esempio, da lettore della stampa al tempo, che un'autorevole figura del nostro ordinamento si pose una grande domanda: chi presiede e cosa fa il Consiglio supremo di difesa? (Brusio).
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore D'alfonso. Colleghi, c'è una parte dell'emiciclo che sta conversando troppo ad alta voce. Siamo stati molto disciplinati e attenti finora. Vi prego di continuare.
D'ALFONSO (PD). La ringrazio, Presidente, anche se credo che il mio tono di voce trovi dentro di sé la soluzione. (Applausi dal Gruppo PD).
Dicevo che nel corso degli anni, questo Parlamento, ma anche il dibattito politico hanno posto le più svariate questioni, anche con pertinenza. Ho ricordato ad opera dello stimato presidente Cossiga la questione del Consiglio supremo di difesa, o anche, in precedenza (parliamo ormai di un secolo fa) un autorevole componente di questo Parlamento, Silvio Spaventa, pose la questione di chi fosse la proprietà degli usi civici. Io penso che le persone più titolate di saggezza mi possano venire incontro rispetto a quella curiosità giuridica, politica, istituzionale. Mi ricordo le battute del tempo rispetto a queste domande ad opera delle allora opposizioni che chiedevano perché l'onorevole Spaventa si poneva il tema di chi fosse la proprietà degli usi civici. E lui disse che non avendo altro da fare al momento, cercava di risolvere i grandi crucci del diritto civile, del diritto pubblico e anche del diritto dell'ordinamento. (Applausi dal Gruppo PD).
Non credo che ci troviamo in una condizione di questo tipo, che non ci sia altro nodo da sciogliere o altra iniziativa da coltivare, elaborare e assumere, o altra competizione da realizzare per fare salva la nostra economia, per organizzare spazi per le nostre politiche attive a favore delle imprese, della natalità imprenditoriale, per un'offerta formativa permanente o per la grande questione delle infrastrutture. Noi siamo completamente fuori dal dibattito odierno riguardante le reti TEN-T che si stanno ingrandendo in altre parti d'Europa. In Italia, invece, ci poniamo la questione, che è un estetico e narcisistico fiume carsico, di chi sia la proprietà delle riserve auree.
Al riguardo non è difficile trovare una postura corretta e coerente; intanto c'è la risposta del Presidente del Consiglio dei ministri, non dell'avvocato Conte, il quale precisa la qualificazione di custodia, di detenzione e poi affronta anche l'altro insorgente tema della proprietà. È una risposta data in Parlamento, durante l'attuale legislatura, dal Presidente del Consiglio dei ministri cercato, ottenuto e in esercizio, nonostante la guardiania di due importanti Vice Presidenti. Accanto alla risposta del presidente Conte che chiarisce nella parte finale dell'interrogazione, usando esattamente la categoria concettuale di proprietà, c'è il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che agli articoli 127, 130 e 131 precisa esattamente di cosa si tratti, quali siano la composizione le condotte che devono avere i Governi centrali rispetto alle banche centrali e cosa si possa realizzare nei confronti anche della Banca centrale europea.
C'è in assoluto la chiarificazione che le riserve auree consentono la vita da organismo indipendente della nostra banca centrale e anche il concorso rispetto alla Banca centrale europea. A che serve allora questo livello di dibattimento? Se fossimo in un'aula di giustizia penale, si direbbe che prima facie emerge l'intenzione retrostante, perché vanno lette sia la produzione delle iniziative delle mozioni, ma altresì le parole che si raccolgono negli interventi politici. Non è vero che c'è neutralità. Non è vero che siamo in una fase neutra. Pensiamo, ad esempio, al bisogno di copertura delle clausole di salvaguardia. Il buco che si è determinato ulteriormente nel bilancio dello Stato fa pensare che l'utilizzo di quelle risorse possa essere una soluzione e noi sappiamo che l'indipendenza della banca centrale, sia nella sua versione di banca nazionale sia nella sua versione di banca europea, è scritta nei sacri testi dell'economia. Addirittura ho trovato uno scritto di David Ricardo, che non è il ristorante di via della Crocetta. In tale scritto Ricardo afferma che coloro i quali sono preposti rispetto all'utilizzo e alla produzione della moneta devono avere, come commissari, l'assoluta indipendenza, addirittura l'inamovibilità ed è questa la ragione per la quale il Governatore della Banca d'Italia è stato fino ad un certo punto un incarico a vita. L'inamovibilità di cui all'intuizione di Ricardo per determinare l'indipendenza rispetto al governo della politica, che è cosa diversa rispetto alla statualità dell'ordinamento. Sappiamo però che la disponibilità delle risorse auree nelle mani detentrici e utilizzatrici della banca centrale significa stabilità; se invece si trascina e va a tracimare nelle mani del Governo e della legislatura del momento, c'è il rischio di un uso che sia ad usum di coloro i quali in quel momento possono avere interesse politico.
Beniamino Andreatta nel 1980-1981 determinò con l'allora Governatore il divorzio. Non fu un'operazione di fantasia, di narcisismo o di momentaneità culturale; la separazione fu un'operazione strutturale e fu il primo tassello e il primo investimento per quello che poi si è realizzato in sede europeista.
Non possiamo adesso, in un momento non neutro, ridiscutere tutto. La nostra mozione pone al primo punto la questione della conferma dell'indipendenza e della sua piena funzionalità, come banca centrale, come banca europea e nel sistema delle banche centrali. Al secondo punto pone poi l'altra grande questione dell'accordo tra le banche centrali per la stabilità del mercato dell'oro. Lo ha spiegato bene anche il nostro collega, senatore Martelli, quando ha precisato che versare sul mercato la quantità aurea delle banche centrali determinerebbe uno svilimento del valore. C'è poi una terza questione, che è quella di non essere vinti dal bisogno del momento per andare ad attingere, per politiche più o meno istituzionali.
Dobbiamo liberare la Banca d'Italia e il suo concetto di riserva aurea dal dibattito politicista del momento. Non se ne deve parlare, poiché la partita è chiusa, come ha detto il presidente Conte. Il mio intervento intende spiegare la nostra mozione, ma anche debilitare le altre mozioni e trovare un'altra agenda, nella quale riversare la fantasia del Presidente della Commissione finanze e tesoro. (Applausi dal Gruppo PD. Molte congratulazioni).
DAMIANI (FI-BP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DAMIANI (FI-BP). Signor Presidente, colleghi senatori, mi sarei aspettato da parte del Governo e del suo rappresentante qualche parola in più in merito all'argomento in discussione, che costituisce un argomento sicuramente interessante. Egli ha soltanto espresso la posizione del Governo e della maggioranza in merito alle mozioni. Sicuramente l'avrebbe potuta farcire di qualche elemento in più, così in dichiarazione di voto avremmo potuto esprimere meglio la posizione dell'opposizione, anche in relazione a quella del Governo.
La questione della proprietà delle riserve auree, distinta da quella della detenzione o della gestione, è argomento sicuramente interessante e al centro del dibattito politico e do atto ai colleghi del Gruppo Fratelli d'Italia di aver tirato fuori questo argomento. Anche noi siamo favorevoli alla puntualizzazione, attraverso ogni iniziativa, che possa mettere nero su bianco a chi spetta la titolarità del diritto di proprietà e a chi la mera detenzione. È quindi un argomento interessante e Forza Italia, quando si tratta degli interessi nazionali, sicuramente non si astiene dal dibattito e partecipa. Pertanto abbiamo scritto nella nostra mozione quali sono gli impegni che proponiamo e che invitiamo i colleghi ad approvare.
Tuttavia l'argomento non può essere considerato a sé stante, ma deve essere necessariamente inserito nel dibattito politico e mediatico che si è svolto in queste settimane. Quindi, la nostra sensazione è che l'aspetto formale, volto all'individuazione di una norma che faccia chiarezza in merito a tale questione, possa essere una chiave d'accesso per il Governo, rispetto ad un discorso ben più ampio e sostanziale. Per chiarire meglio, la nostra impressione è che, una volta che venga eventualmente riconosciuta, anche attraverso una norma, la proprietà delle riserve auree da parte dello Stato e non della Banca d'Italia, alla luce di questo riconoscimento formale il governante di turno possa utilizzare tale patrimonio pubblico per qualunque uso ritenga necessario in un determinato momento. Quindi, a questo punto la questione più che di carattere formale rischia di diventare di carattere sostanziale, di una sostanza che sicuramente non ci vede assolutamente in accordo, perché va considerato il dibattito politico e vanno tenute in considerazione le dichiarazioni da parte di importanti esponenti del Governo.
Ricordiamo le dichiarazioni di alcuni esponenti del Governo che prospettavano la possibilità di utilizzare oggi, sotto qualsiasi forma, eventualmente anche di garanzie, le riserve auree, ad esempio, per sterilizzare le imminenti clausole di salvaguardia relativamente all'IVA. È una posizione che di sicuro a noi non piace e, quindi, non è assolutamente condivisibile. (Applausi dai Gruppi FI-BP e FdI).
La riserva aurea italiana - sappiamo tutti - è la quantità di oro che Banca d'Italia detiene nei propri caveau. La detiene sia come garanzia della moneta in circolazione, sia come sicurezza per degli imprevisti. Sappiamo tutti che oggi al valore corrente la quantità di riserve auree equivale a circa 90 miliardi di euro. Abbiamo già detto in quest'Aula con altri colleghi in altri interventi che la Banca d'Italia è il quarto detentore di riserve auree al mondo e il terzo come Paese e che oggi le riserve auree sono detenute a poche centinaia di metri da qui, in via Nazionale a Palazzo Koch. Altre piccole quantità sono detenute a Basilea, Londra e a New York. Queste piccole quantità sono all'estero perché ci sono stati accordi o garanzie di prestiti fatti in passato con altri Paesi. Oggi riportarle nel nostro Paese è una questione anche di sicurezza. Anche diversificare la detenzione in altri Paesi può essere sinonimo di garanzia contro eventuali possibili furti.
Dal momento che le attuali banconote non sono più convertibili in oro, come in passato, le riserve auree acquisiscono oggi un valore simbolico di stabilità del sistema finanziario italiano e di sicurezza. Dalle riserve auree dipende anche molto la capacità dell'Italia di fornire oggi garanzie ai nostri partner commerciali e, in particolar modo, anche alla BCE. Come dice l'articolo 123 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, l'oro dello Stato serve per rafforzare la fiducia nella stabilità del sistema finanziario italiano e del sistema euro. Dire oggi, pertanto, che l'oro appartiene agli italiani è sicuramente una dichiarazione forte, ma nella sostanza è smontata dal fatto che oggi l'Italia con i trattati dell'Unione ha preso degli impegni e, quindi, quelle riserve auree oggi sono una garanzia non degli interessi di altri Paesi, ma una garanzia dell'Italia nel sistema monetario non soltanto europeo e, come dicevo, per i nostri partner commerciali. Da quel momento l'Italia ha blindato queste riserve come dote a garanzia della solvibilità, in particolar modo, del nostro debito pubblico.
In questo momento il nostro Governo nazionale, invece di mettersi seriamente a studiare una manovra economica espansiva invece che depressiva, si trova con i risultati della manovra economica approvata a dicembre. Si vedono con l'acqua alla gola e, quindi, pensano di mettere le mani sui lingotti della nostra Italia per poter pagare il debito pubblico e i debiti che questo Governo sta contraendo con le misure che ha varato per debito pubblico e spesa corrente. (Applausi dal Gruppo FI-BP). La domanda di fondo è proprio questa: è mai possibile oggi fare certe affermazioni da parte di esponenti del Governo e parlare di utilizzare o smobilizzare le riserve auree per coprire il debito pubblico? Abbiamo detto - facciamo facilmente i conti - che le riserve auree oggi equivalgono a circa 90 miliardi di euro. L'Italia ha un debito pubblico di oltre 2.400 miliardi. Fate i conti della minima parte che andrebbero a coprire. È come vendere la nostra casa di proprietà per andarci a fare una vacanza o, ancora meglio, vendere gli ori della nostra nonna per poter uscire una sera a cena. (Applausi dal Gruppo FI-BP). Sono idee malsane che vengono in testa a questo Governo. È inutile; è una goccia nel mare e un'operazione assolutamente priva di senso.
Signor Presidente, faccio qualche considerazione più in generale, visto che stiamo parlando di sistema, di banche, di Banca d'Italia, dell'autonomia e di BCE. Mi viene da fare qualche riflessione anche rispetto alle dichiarazioni di molti esponenti di questa maggioranza e, soprattutto, del MoVimento 5 Stelle sull'idea che hanno del settore bancario. Tante volte il settore bancario viene demonizzato e altre tutelato. Ricordiamo le ultime vicende che hanno riguardato, soprattutto in questa Aula, anche il decreto-legge su Banca Carige. Non voglio ricordare la questione in sospeso di migliaia di risparmiatori che non hanno ricevuto neanche un centesimo di euro di rimborso, dei provvedimenti che questo Governo ha sbagliato e dei piani individuali di risparmio (PIR), che sono stati assolutamente bloccati. Voglio rifarmi solo all'ultimo esempio in ordine di tempo, quello riguardante la sentenza della Corte di giustizia europea che ha visto oggi l'Italia e, nel caso specifico, la Banca popolare di Bari e Banca d'Italia, vincere un ricorso. Fino a pochi giorni fa erano istituti di credito demonizzati dai rappresentanti del MoVimento 5 Stelle; oggi sono istituti di credito di cui si dice che hanno fatto bene.
Basta, quindi, con questo atteggiamento bipolare da parte di esponenti del MoVimento 5 Stelle, che ci devono dire chiaramente qual è la loro posizione nei confronti delle banche e del sistema bancario. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
Ovviamente, signor Presidente, per seguire una linea bisognerebbe avere prima di tutto un pensiero. La sensazione è che sulla materia, invece, il Governo e la maggioranza gialloverde procedano a tentoni, assecondando un po' gli umori popolari e cavalcando anche le legittime proteste dei risparmiatori, senza però il necessario approfondimento delle singole vicende, che dovrebbe invece essere propedeutico a qualunque giudizio.
Per concludere, voglio evidenziare il fatto che la nostra mozione è molto chiara proprio perché, come hanno detto anche altri esponenti, non si sa oggi dove si vuole andare a parare. In ogni caso, noi riteniamo che il dibattito vada bene, così come tutte le norme che possono chiarire questa situazione, ma bisogna fare attenzione all'utilizzo delle riserve auree.
Voglio dire quindi al Governo di fare in futuro maggiore attenzione a queste tematiche di impatto sociale, come quella riguardante oggi la fiducia dei cittadini nelle istituzioni bancarie, magari anche studiando un po' di più le norme e approfondendo i singoli casi.
In caso contrario, mi sia consentita una battuta parafrasando l'economista premio Nobel von Hayek il quale, a proposito dei socialisti diceva che, se avessero capito di economia, non sarebbero stati socialisti. Forse, se i grillini capissero di banche, non sarebbero grillini. (Applausi dai Gruppi FI-BP e FdI).
LANNUTTI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LANNUTTI (M5S). Signor Presidente, bisogna fare un po' di storia sull'oro della Banca d'Italia. Basta informarsi. Ho sentito tante inesattezze, ma basta andare sul sito della Banca d'Italia, al capitolo dedicato all'evoluzione storica delle riserve auree, per sapere che nel 1893 la fusione dei tre istituti di emissione (Banca nazionale del Regno d'Italia, Banca nazionale toscana, Banca toscana di credito) diede vita alla Banca d'Italia, con una propria dotazione aurea iniziale di 78 tonnellate di oro, di cui l'86 per cento della Banca nazionale del Regno.
Nel 1926, con l'attribuzione del monopolio esclusivo delle emissioni a Banca d'Italia - le altre banche non battevano più moneta - Banco di Napoli e Banco di Sicilia cedettero le proprie riserve auree, pari a circa 70 tonnellate provenienti dal Banco di Napoli.
Alla chiusura del primo bilancio al 30 giugno 1946, l'UIC (Ufficio italiano cambi) deteneva oro per 1,8 tonnellate, ceduto dalla Banque de France.
Nel corso degli anni successivi, dal 1951 al 1960, l'UIC acquistò ingenti quantità di oro fino ad accumularne poco meno di 2.000 tonnellate.
Nel 1960 e nel 1965 vennero attuati due trasferimenti dalle riserve dell'Ufficio italiano cambi a quelle della Banca d'Italia, per complessive 1.890 tonnellate, in base al principio che riconosceva alla Banca la detenzione delle riserve auree - si badi bene, detenzione e non proprietà - e all'UIC la gestione di quelle valutarie, portando il quantitativo delle riserve della banca a 2.136 tonnellate.
Tra il 1966 e il 1970 vi furono altre variazioni in aumento delle quantità detenute che raggiunsero 2.565 tonnellate nel 1973.
Nel Dopoguerra, l'Italia divenne rapidamente un Paese esportatore e per tale motivo beneficiò di cospicui afflussi di valuta estera, specie in dollari.
Tali flussi, anche per le esigenze connesse al rispetto degli accordi di Bretton Woods, furono anche utilizzati per acquisire quantitativi di oro, analogamente alle principali banche centrali (Banque de France e Bundesbank).
Nel 1998 la riserva aurea della Banca aumentò di ulteriori 518 tonnellate grazie alla chiusura definitiva dell'operazione REPO (pronti contro termine) contro ECU stipulata con la BCE. Le ultime variazioni quantitative, che hanno portato le riserve alle attuali consistenze di 2.452 tonnellate, sono avvenute all'inizio del 1999, in occasione dell'avvio dell'Unione europea monetaria (UEM), con il conferimento alla BCE di 141 tonnellate di metallo.
Il quantitativo di oro di cui la Banca d'Italia è ad oggi detentrice e non proprietaria (come si legge sul sito e ci tornerò dopo) è quindi frutto di una serie di eventi che hanno permesso all'Istituto di diventare, nel tempo, uno dei maggiori detentori al mondo di metallo prezioso, il quarto al mondo. Sono 2.452 tonnellate costituite da lingotti e in parte minore da monete, custodite nei propri caveau per il 44,6 per cento; all'estero in alcune banche centrali per il 55,4 per cento, la maggior parte (43,29 per cento) negli Stati Uniti; il 6,09 in Svizzera; il 5,76 per cento nel Regno Unito (e ci sarà la Brexit).
La proprietà delle riserve auree nazionali è surrettiziamente apparsa nella discussione parlamentare come un tema di dibattito, specie dopo l'avvento del sistema bancario europeo e lo stratificarsi della normativa nazionale, rendendo dunque necessario un intervento legislativo chiarificatore.
Ai sensi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della BCE, queste costituiscono parte integrante delle riserve dell'eurosistema, assieme alle altre banche centrali nazionali e a quelle di proprietà della BCE. Infatti l'articolo 127 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex articolo 105 del Trattato comune europeo) stabilisce, al comma 2, che tra i compiti fondamentali da assolvere tramite il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) è quello di detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri; al contempo, l'articolo 30 dello statuto prevede che la BCE abbia pieno diritto di detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta che le vengono trasferite e di utilizzarle per gli scopi indicati nel presente statuto. Più specificamente, la normativa europea ribadisce la detenzione sia esplicitamente nel titolo dell'articolo 31 dello statuto, e in particolare nella disposizione del comma 2 del medesimo articolo, che fa riferimento all'attività di riserve in valuta che restano alle banche centrali nazionali dopo i trasferimenti, con ciò evidenziando nessuna supponibile ingerenza nel diritto europeo circa la proprietà e il titolo in forza del quale le banche centrali nazionali detengono tali riserve, ivi comprese quelle auree, lasciando così al campo del diritto nazionale la determinazione della questione. La risposta del 27 marzo del presidente della BCE Mario Draghi all'interrogazione di due europarlamentari conferma e chiarisce questa interpretazione, laddove esplicita che il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e lo statuto del Sistema europeo bancario non utilizzano il concetto di proprietà per determinare la competenza in relazione alle riserve, competenze che riguardano la detenzione e la gestione delle riserve stesse. La detenzione da parte di Bankitalia delle riserve auree avviene ai sensi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dello statuto SEBC mentre la relativa iscrizione nell'attivo di bilancio della banca è frutto di una semplice convenzione e non implica alcun implicito diritto di proprietà, come chiaramente specificato anche negli statuti di altre banche centrali europee aderenti al Sistema europeo di banche centrali.
Ci sono alcune proposte di legge che cercano e chiedono un'interpretazione autentica sull'assetto dell'oro della Banca d'Italia che, come ribadito in Senato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nella risposta all'interrogazione 3-00622 il 21 febbraio 2019, rientra nell'ambito della discrezionalità politica del legislatore nazionale, e non certo come ho sentito in Aula, del libero arbitrio. (Applausi dal Gruppo M5S).
Credo - e lo dico anche ad illustri senatori - che non possa rappresentare tabù per un'Assemblea parlamentare discutere liberamente per definire l'assetto della proprietà delle riserve auree della Banca d'Italia nel rispetto rigoroso delle normative europee. E, poi, la risposta del presidente Draghi, quella che ho appena riferito, non si presta ad equivoci, avendo attribuito la proprietà dell'oro ai cittadini, con l'eurosistema che detiene e gestisce questo oro tramite Bankitalia. Quest'ultima dovrebbe apportare una correzione sul suo sito, sostituendo la parola «proprietà» con «detenzione», che non è possesso, ma custodia e gestione di un bene prezioso, che rappresenta fatica e sudore del popolo italiano. Ecco, per questa ragione, signor Presidente, annuncio il voto favorevole del Gruppo MoVimento 5 Stelle in Senato, sulla mozione n. 104, a prima firma dei senatori Bagnai e Bottici. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd'Az. Congratulazioni).
CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, vorrei rivolgere una domanda, non tanto ai senatori, ma agli italiani: se si sentono più tranquilli sapendo, come ha detto il senatore Lannutti, che la Banca d'Italia detiene le nostre riserve auree o se si sentirebbero più sicuri se queste riserve auree fossero detenute dal Governo Conte. (Applausi dal Gruppo PD).
Credo che la risposta, in base alla quale noi riteniamo del tutta impropria questa discussione, sia già nel quesito retorico che ho rivolto a quest'Aula. Noi ci sentiamo pienamente garantiti dal ruolo di terzietà e di garanzia della Banca d'Italia.
Voglio terminare, perché ho rispetto anche dei tempi, dicendo una cosa, colleghi: continuate a farvi del male. Ma facendovi del male, voi lo fate all'Italia.
RIPAMONTI (L-SP-PSd'Az). Ma parli tu, che sei stato eletto dal Partito Democratico?
CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Questa discussione è un'altra pietra all'autolesionismo che questa maggioranza sta mettendo nella costruzione di un gigantesco LEGO, che moltiplica le diffidenze degli investitori e di coloro che devono comprare i titoli di Stato italiani, i quali, da questa discussione, trarranno ulteriori elementi di diffidenza su quella che è la stabilità e la tenuta del nostro sistema.
Pensiamo che dovreste fermarvi, nell'interesse dei risparmiatori e dei cittadini italiani. (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione, avverto che, in linea con una prassi consolidata, le mozioni saranno poste ai voti secondo l'ordine di presentazione.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 77, presentata dal senatore Fazzolari e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Passiamo alla votazione della mozione n. 100.
FERRARI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARI (PD). Signor Presidente, intervengo per un richiamo all'articolo 102 del Regolamento. Chiedo, quindi, la votazione per parti separate degli impegni della nostra mozione, in ragione del fatto che si tratta di impegni molto diversi. Mentre il primo, infatti, è il riconoscimento di uno stato di fatto, cioè di regole che ci siamo dati come Paesi appartenenti all'Unione europea, il secondo e il terzo impegno sono, invece, impegni di carattere politico, con i quali il Partito Democratico chiede di esprimersi al Governo.
In particolare, vorrei riportare l'attenzione sul primo impegno e penso anche di non ostacolare la sensibilità politica di Lega e MoVimento 5 stelle che, mi pare, soprattutto con gli interventi del senatore Bagnai e della senatrice Bottici, abbiano detto, in apertura dei propri interventi, che questo dibattito deve essere pulito da ogni strumentalizzazione. Il nostro impegno dice, sostanzialmente, di: «confermare, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 127, paragrafo 2, terzo trattino, e dall'articolo 130 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea» - cioè quanto scritto da regole comuni - «la piena autonomia della Banca d'Italia nella detenzione e nella gestione delle riserve ufficiali e, nell'ambito di queste, delle riserve auree». Trattandosi in realtà non di un impegno, ma di un riconoscimento di una regola scritta e condivisa dai Paesi dell'Unione, a differenza degli altri, vorrei che l'Assemblea si esprimesse a favore della votazione della mozione per parti separate.
PRESIDENTE. Metto ai voti la richiesta di votazione per parti separate della mozione n. 100, avanzata dal senatore Ferrari.
Non è approvata. (Commenti e applausi ironici dal Gruppo PD).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 100, presentata dal senatore D'Alfonso e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 104, presentata dal senatore Bagnai e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd'Az).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 107, presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno
CORRADO (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORRADO (M5S). Signor Presidente, gentili colleghi, nell'anno di Matera capitale europea della cultura, il quadro territoriale che la accoglie si dilata fino ad includere tutta la Lucania. Al visitatore si offrono perciò, come corollario alla straordinaria Città dei Sassi, una miriade di siti naturalistici e archeologici, tra cui scegliere, e alcune città d'arte che chiamerò minori solo perché inevitabilmente perdenti nel confronto con Matera.
Mi soffermo però su Venosa, patria del poeta latino Orazio. Ignorando il celebre carpe diem, essa rischia di mancare l'appuntamento con quell'irripetibile opportunità di promozione del suo patrimonio culturale e la causa, paradossalmente, sta nell'abnorme quantità e qualità di beni superstiti meritevoli di tutela e fruizione. Troppi e troppo importanti: dallo straordinario parco paleolitico di Notarchirico alla Venusia romana e tardoantica, con l'abitato e i relativi sepolcreti, comprese le catacombe (ebraiche, pagane e cristiane) scavate nel Colle della Maddalena, fino al borgo medievale e rinascimentale sovrapposto alla civitas e dominato dalla mole del Castello. Ancora: dai resti della cattedrale paleocristiana alla Santissima Trinità, scelta dal duca normanno Roberto il Guiscardo quale mausoleo familiare, fino all'attigua Incompiuta, luogo di suggestione indicibile.
Venosa ha decine di beni culturali comunali e statali, oltre che ecclesiastici. Tralasciando questi ultimi, quasi sempre stolidamente chiusi al pubblico, i demeriti dell'amministrazione in scadenza e l'inanità del polo museale comunale saranno presto un ricordo, mi auguro. I beni statali soffrono invece di una gestione troppo frammentata: oggi, infatti, il Polo museale della Basilicata, che la riforma Franceschini ha votato alla sola valorizzazione, gestisce esclusivamente museo e parco archeologico, mentre alla soprintendenza ABAP, deputata alla sola tutela, spettano le catacombe e il Parco paleolitico. Con apposita dispensa, anche questi sono aperti al pubblico ma solo on demand e solo grazie alla buona volontà di funzionari e assistenti amministrativi, senza la garanzia di servizi essenziali come la biglietteria e le toilette.
Domenica scorsa ero a Venosa e, in rappresentanza della Commissione cultura, mi è stato chiesto di farmi promotrice, con il senatore venosino Lomuti e la deputata materana Liuzzi, di un tavolo tecnico permanente che unisca tutti gli attori del panorama culturale locale, idea che cinque anni or sono i consiglieri del MoVimento 5 Stelle lanciarono all'assessore alla cultura, ma che fu respinta al mittente.
Mi sento di farla mia, mentre confido che, dopo la sua recente visita a Venosa, il ministro Bonisoli in persona concretizzi la sensibilità dimostrata in loco, favorendo interventi mirati a superare le odierne carenze organizzative e gestionali. Il recupero dell'ex Convento di San Domenico è ancora di là da venire, ad esempio, mentre Venosa manca di un palazzo di città adeguato all'importanza del suo patrimonio culturale.
Sono solo alcuni spunti, il futuro dei beni culturali venosini è tutto da scrivere e la prossima amministrazione, che mi auguro pentastellata, avrà un ruolo decisivo. (Applausi dal Gruppo M5S).
CASTALDI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTALDI (M5S). Signor Presidente, torno a sollecitare, come ho già fatto il 21 marzo, una risposta degna della connotazione di urgenza all'interrogazione 3-00722, indirizzata al Ministero della giustizia, al quale chiedo se si vuole scongiurare la soppressione del tribunale di Vasto e garantire alla collettività e ai territori interessati la permanenza di uffici a presidio di diritti e garanzie irrinunciabili.
La riforma della geografia giudiziaria ha provocato molti danni ovunque: anche in Abruzzo, come già accaduto nel resto del Paese, la riforma ha previsto la soppressione di tutte le sezioni distaccate di tribunale. La riorganizzazione degli uffici prospettata dalla riforma, messa a punto dal precedente Esecutivo, priva di fatto i territori e i cittadini del basso Abruzzo di fondamentali presidi di legalità. Credo quindi che ci sia bisogno di una risposta urgente e la ringrazio - come ho fatto nell'ultima occasione, ringraziando chi presiedeva in quel momento - per un'eventuale intercessione della Presidenza del Senato per una risposta veloce all'interrogazione a risposta urgente. (Applausi dal Gruppo M5S).
PRESIDENTE. La Presidenza prende atto della sua richiesta e si attiverà in tal senso.
EVANGELISTA (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EVANGELISTA (M5S). Signor Presidente, proprio ieri alla Camera è stato approvato in prima lettura il codice rosso, una legge che inasprisce le pene per i crimini come il femminicidio, mentre al Senato abbiamo approvato - ed è ormai legge dello Stato - la norma che vieta il giudizio abbreviato per i reati puniti con la pena dell'ergastolo, tra i quali appunto l'omicidio aggravato.
Ebbene, due enormi risposte a fatti cruenti, a vere e proprie tragedie, come quella che domenica ha colpito in Sardegna la mia piccola città, Nuoro. Romina, una donna, una mamma, che voleva costruirsi una nuova vita sentimentale, è stata trucidata dal suo ex marito, che dopo aver sfondato la porta di casa a pistolettate, è entrato e ha ucciso Romina, morta sul colpo, mentre il suo nuovo compagno, Gabriele, è stato ferito ed ora versa in condizioni gravissime presso il reparto di rianimazione dell'ospedale San Francesco di Nuoro.
Non bastano più soltanto misure repressive. Occorre implementare anche le misure di prevenzione per reati così cruenti. Sono vicina come donna e come istituzione a tutta la famiglia di Romina, alla famiglia di Gabriele e anche alla famiglia dell'ex marito. (Applausi dal Gruppo M5S).
VERDUCCI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VERDUCCI (PD). Signor Presidente, oggi noi del Partito Democratico insieme a tutti i Gruppi dell'opposizione abbiamo presentato una mozione per Radio Radicale, per impedire che i tagli del Governo la condannino alla chiusura. Lo abbiamo fatto, signor Presidente, non per tornaconto di partito, ma perché crediamo nella democrazia, nella sostanza della democrazia che è innanzitutto pluralismo, informazione e conoscenza, che formano un'opinione pubblica libera perché è matura e consapevole. Del resto, conoscere per deliberare, il motto di Luigi Einaudi, è lo stesso che campeggia nel logo di Radio Radicale ed è l'essenza della democrazia liberale e l'antitesi di autoritarismo, di totalitarismo, che invece si nutrono e si fondano sul nascondere, sull'oscurare.
All'opposto, in tutti questi anni Radio Radicale ha trasmesso e trasmette senza tagli, senza mediazioni, integralmente, senza selezionare i lavori di Camera e Senato, i processi giudiziari, i congressi e le manifestazioni di tutti i partiti, dei movimenti, delle associazioni e svolge un servizio pubblico che colma una lacuna. Per questo Radio Radicale deve vivere e forse per questo la vogliono chiudere: è la radio più politica e per questo deve vivere e forse per questo la vogliono chiudere. Permette ogni giorno a migliaia di persone di partecipare ai lavori del Parlamento, di assistere ai processi, di partecipare ai congressi. Pertanto, chi vuole una democrazia forte e trasparente, chi vuole una giustizia giusta e lo Stato di diritto, oggi si batte per impedire che la chiusura di Radio Radicale metta il bavaglio, spenga voci, opinioni, idee, tolga ai cittadini il diritto di sapere e dunque di criticare, di protestare.
L'attacco a Radio Radicale - lo vediamo - è tutt'uno con l'azzeramento del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, che colpisce voci come «Avvenire» e «il manifesto» e che mette a rischio migliaia di lavoratori, centinaia di testate di realtà territoriali, dell'associazionismo, del volontariato laico e religioso, altro che giornaloni.
Invece, è il potere che vuole una stampa accondiscendente, che non vuole intralci, che non vuole essere disturbato; è il potere oggi rappresentato dai 5 Stelle e dalla Lega che, colpendo Radio Radicale, sta sfregiando quello che abbiamo di più importante, signor Presidente, il diritto alla conoscenza e il diritto alla memoria, perché chiudere Radio Radicale significa mandare in malora un archivio che è patrimonio della nostra democrazia, che con oltre 400.000 documenti è un pezzo dell'identità della nostra Repubblica.
Il Parlamento ha il dovere di preservare questa memoria collettiva che racconta la costruzione politica della nostra democrazia, che racconta valori, battaglie di idee che noi abbiamo il dovere di trasmettere alle nuove generazioni. Per questo, signor Presidente, abbiamo presentato le nostre mozioni per chiedere che Radio Radicale viva. (Applausi dal Gruppo PD).
GIACOBBE (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIACOBBE (PD). Signor Presidente, oggi desidero rendere un tributo ad un italiano di grande valore recentemente scomparso in Australia, Giovanni Sgró, l'operaio, il difensore dei più deboli, dei diritti dei lavoratori, della comunità italiana, l'onorevole Giovanni Sgró.
Egli nacque nel 1931 ed emigrò in Australia nel 1952 da Seminara, assieme a migliaia di persone che partivano alla ricerca di un futuro migliore. Al suo arrivo, fu destinato al campo di accoglienza immigrati di Bonegilla, nell'entroterra dell'Australia. Di giorno il lavoro, di sera il ritorno al campo, una situazione drammatica, spesso non raccontata da nessuno. Nella zona dove era situato il campo di accoglienza scarseggiavano i posti di lavoro e spesso quanti avevano la fortuna di averne uno dovevano accettare condizioni dure. Giovanni, che fin da giovanissimo era impegnato nella difesa dei diritti dei lavoratori, non accettò questa sorte e fu tra gli organizzatori di una manifestazione, una vera a propria sommossa, che fece diventare Bonegilla un simbolo della storia dell'immigrazione in Australia.
Giovanni era un operaio, un grande lavoratore; a Melbourne, dove si spostò da Bonegilla, lavorò come imbianchino e decoratore continuando il suo impegno a favore dei più deboli, che lo vide protagonista di numerose battaglie nel movimento sindacale australiano, nel partito laburista, nella comunità italo-australiana ed in particolare nelle associazioni di tutela degli italiani. Nel 1972 fondò, assieme ad altri connazionali, la Federazione italiana lavoratori emigrati e famiglie (FILEF), di cui fu eletto Presidente. Ma è nel 1979 che Giovanni diventa protagonista di una pagina importante della storia australiana, quando viene eletto, per il partito laburista, nel seggio uninominale di Melbourne North, nel Legislative Council dello Stato del Victoria, la Camera Alta, equivalente al nostro Senato; il primo italiano immigrato mai eletto nel Legislative Council, dove Giovanni fece il suo primo discorso, il cosiddetto maiden speech, in italiano. La prego, Presidente, di concedermi qualche altro secondo per permettermi di concludere.
Ciò fu anche possibile grazie ai cambiamenti introdotti qualche anno prima dal Governo laburista di Gough Whitlam, il principio del multiculturalismo, che incoraggiava i processi di integrazione e rendeva possibile la partecipazione attiva di tanti immigrati di valore alla vita pubblica del Paese. Basti immaginare che qualche anno prima fu negata a Giovanni la cittadinanza australiana, a causa della sua militanza politica e sindacale.
Giovanni fu un grande sostenitore e promotore della società multiculturale in Parlamento, dove fu rieletto fino al 1992, quando decise di ritirarsi, e nella comunità. In Parlamento Giovanni ricoprì numerosi incarichi di responsabilità, fra cui Presidente di varie Commissioni e Vice Presidente dell'Assemblea dal 1984 al 1989, il primo immigrato a ricoprire questa prestigiosa carica.
Signor Presidente, la storia personale di Giovanni Sgrò interpreta la storia dell'emigrazione italiana del dopoguerra e rappresenta un esempio originale d'integrazione e, allo stesso tempo, di riconoscimento dell'identità degli immigrati in Australia. Un contributo fattivo e significativo alla costruzione della società multiculturale australiana.
Certamente l'impegno di Giovanni è stato anche il frutto di tanti sacrifici personali e familiari. Come ebbe a dire in una delle sue ultime interviste al giornale in lingua italiana di Melbourne «II Globo»: «Sono orgoglioso della mia vita e di quanto sia riuscito a realizzare. A livello personale ho una splendida moglie e tre bellissime figlie, che purtroppo sono cresciute senza un padre poiché io ero sempre impegnato in riunioni ed incontri con i miei elettori. Ora posso finalmente dedicarmi ai miei otto nipotini».
Concludo, certo di interpretare il pensiero di tutti i senatori, esprimendo sentite condoglianze alla signora Anne, alle figlie Carla, Silvana e Luisa, ai nipotini e alla famiglia tutta. Giovanni Sgrò è stato protagonista di una vicenda di emigrazione, riscatto ed integrazione che è divenuta un emblema e un esempio per generazioni di italiani in Italia e nel mondo.
Queste sono, mi permetta, signor Presidente, storie che dovremmo ricordare e insegnare nelle nostre scuole. (Applausi dai Gruppi PD e M5S).
PRESIDENTE. La Presidenza si unisce alle condoglianze alla famiglia e al ricordo da lei rappresentato, senatore Giacobbe.
TARICCO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TARICCO (PD). Signor Presidente, intervengo brevemente per sollecitare, suo tramite, il Governo sul decreto flussi 2019. Il decreto è previsto dal testo unico sull'immigrazione, che all'articolo 3 prevede la definizione delle quote di cittadini extracomunitari, sia quelli con permesso di lavoro annuale, sia quelli stagionali. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri era stato emanato il 17 dicembre del 2017 e prevedeva, per il 2018, 30.850 autorizzati a entrare per lavoro nel nostro Paese, di cui 18.000 stagionali. Stiamo parlando di flussi di lavoro da Paesi con i quali l'Italia ha rapporti diplomatici e accordi in materia di lavoro; stiamo parlando di lavoratori che sono fondamentali un po' in tutti i comparti economici, ma soprattutto in agricoltura. Tengo a ricordare che, per quel che riguarda la zootecnia da latte, moltissimi sono i lavoratori nelle aziende di tutto il Paese, ma soprattutto nella Pianura padana e le raccolte del comparto orticolo, del comparto delle fragole, dei piccoli frutti, delle drupacee vedono una presenza fondamentale di questi lavoratori. Nei primi mesi di quest'anno il ministro Salvini aveva sostanzialmente garantito che questo decreto avrebbe visto le stesse quote previste per il 2018 e tutto il comparto agricolo è in fortissima attesa, anche perché quest'anno, causa le condizioni climatiche, le campagne di raccolta stanno anticipando e l'intero comparto agricolo è in forte apprensione perché manca il decreto per cui, di fatto, ad oggi non si sa come saranno affrontate le prossime campagne di raccolta.
Con il suo tramite, signor Presidente, credo sia fondamentale sollecitare il Governo perché il comparto agricolo aspetta con grande ansia l'emanazione di questo decreto. (Applausi dal Gruppo PD).
MALAN (FI-BP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (FI-BP). Signor Presidente, io richiedo un intervento della Presidenza nei confronti del Governo a proposito della perdurante mancata pubblicazione della relazione sulle concessioni autostradali da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Si tratta di una pubblicazione che veniva emessa, un tempo, dall'ente specifico che riguardava le gestioni delle concessioni autostradali, poi, con la sua abolizione del 2011, è passata in capo direttamente a un ufficio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Tale relazione non era mai stata pubblicata oltre il settembre dell'anno successivo: ad esempio, la relazione riguardante il 2016 è stata pubblicata nel settembre 2017. Ebbene, siamo ancora in attesa di vedere la relazione del 2017: non è stata pubblicata nel settembre 2018 (che sarebbe stato un periodo di tempo pari a quello impiegato dal Governo precedente), né nei successivi mesi del 2018, né è stata pubblicata a tutt'oggi. Pertanto, ad oggi, su questo enorme patrimonio pubblico - perché le autostrade sono proprietà dello Stato e dunque dei cittadini italiani - non abbiamo i dati, se non ormai antichi, risalenti al 2016.
Prendiamo ad esempio Autostrade per l'Italia, che è una società contro la quale il ministro Toninelli si è scagliato promettendo sfracelli, chiedendo trasparenza e quant'altro. Mi sembrerebbe il minimo, la trasparenza; quanto agli sfracelli, sono del parere che le aziende italiane vadano messe in competizione e non sfracellare questa o quell'altra, invece, per adesso, non abbiamo competizione e addirittura abbiamo cancellato la trasparenza. Ebbene, dalle carte della società Autostrade per l'Italia, solo per quanto riguarda i pedaggi, risulta un aumento di 800 milioni di euro rispetto agli ultimi dati pubblicati dal Governo: un dato che solo per quanto riguarda un concessionario, sia pure il primo in Italia, sia discordante di 800 milioni è assolutamente inaccettabile.
Sembra che tra poco arriverà, infilato in qualche decreto dal nome attraente (crescita, sviluppo, sblocca questo o sblocca quell'altro), qualcosa che riguarda le autostrade: è assolutamente inaccettabile che il Parlamento sia chiamato a decidere senza avere i dati, perché questa è una ostruzione a quello che il Governo ha sempre fatto. La pubblicazione l'hanno fatta tutti i Governi, di centrodestra, di centrosinistra, di coalizione, i Governi tecnici. Arriva il Governo che prometteva trasparenza e ancora dobbiamo accontentarci di dati totalmente inattendibili.
Spero che la Presidenza del Senato faccia un intervento. Non avrebbe senso un'interrogazione perché, verosimilmente, il Governo non risponderebbe visto che a ordini del giorno che chiedevano al Governo di impegnarsi o quanto meno di segnalare una data certa per la pubblicazione di questa relazione, il Governo ha espresso parere contrario e dunque sono stati liquidati malamente. Chiedo quindi che la Presidenza si attivi.
Non è niente di straordinario: si tratta di mettere insieme i dati di varie società. Forse si vogliono nascondere i nuovi regali che anche questo Governo vuole fare ai concessionari autostradali: se non è così, che la relazione si pubblichi.
Sui lavori del Senato
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, come già comunicato in via informale ai Gruppi, la seduta di domani avrà inizio alle ore 10.
Atti e documenti, annunzio
PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Ordine del giorno
per la seduta di giovedì 4 aprile 2019
PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, giovedì 4 aprile, alle ore 10, con il seguente ordine del giorno:
La seduta è tolta (ore 19,45).
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE
Disposizioni in materia di azione di classe (844)
ARTICOLO 1 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Art. 1.
Approvato
(Introduzione del titolo VIII-bis del libro quarto del codice di procedura civile, in materia di azione di classe)
1. Dopo il titolo VIII del libro quarto del codice di procedura civile è aggiunto il seguente:
«TITOLO VIII-bis
DEI PROCEDIMENTI COLLETTIVI
Art. 840-bis.
(Ambito di applicazione)
I diritti individuali omogenei sono tutelabili anche attraverso l'azione di classe, secondo le disposizioni del presente titolo.
A tale fine, un'organizzazione o un'associazione senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendano la tutela dei predetti diritti o ciascun componente della classe può agire nei confronti dell'autore della condotta lesiva per l'accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni. Ai fini di cui al periodo precedente, ferma la legittimazione di ciascun componente della classe, possono proporre l'azione di cui al presente articolo esclusivamente le organizzazioni e le associazioni iscritte in un elenco pubblico istituito presso il Ministero della giustizia.
L'azione di classe può essere esperita nei confronti di imprese ovvero nei confronti di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività. Sono fatte salve le disposizioni in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici.
In ogni caso, resta fermo il diritto all'azione individuale, salvo quanto previsto all'articolo 840-undecies, nono comma.
Non è ammesso l'intervento dei terzi ai sensi dell'articolo 105.
Nel caso in cui, a seguito di accordi transattivi o conciliativi intercorsi tra le parti, vengano a mancare in tutto le parti ricorrenti, il tribunale assegna agli aderenti un termine, non inferiore a sessanta giorni e non superiore a novanta giorni, per la prosecuzione della causa, che deve avvenire con la costituzione in giudizio di almeno uno degli aderenti mediante il ministero di un difensore. Nel caso in cui, decorso inutilmente il termine di cui al primo periodo, non avvenga la prosecuzione del procedimento, il tribunale ne dichiara l'estinzione. A seguito dell'estinzione, resta comunque salvo il diritto all'azione individuale dei soggetti aderenti oppure l'avvio di una nuova azione di classe.
Art. 840-ter.
(Forma e ammissibilità della domanda)
La domanda per l'azione di classe si propone con ricorso esclusivamente davanti alla sezione specializzata in materia di impresa competente per il luogo ove ha sede la parte resistente.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, è pubblicato, a cura della cancelleria ed entro dieci giorni dal deposito del decreto, nell'area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia, in modo da assicurare l'agevole reperibilità delle informazioni in esso contenute.
Il procedimento è regolato dal rito sommario di cognizione di cui agli articoli 702-bis e seguenti ed è definito con sentenza, resa nel termine di trenta giorni successivi alla discussione orale della causa. Non può essere disposto il mutamento del rito. Entro il termine di trenta giorni dalla prima udienza il tribunale decide con ordinanza sull'ammissibilità della domanda, ma può sospendere il giudizio quando sui fatti rilevanti ai fini del decidere è in corso un'istruttoria davanti a un'autorità indipendente ovvero un giudizio davanti al giudice amministrativo. Restano ferme le disposizioni del decreto legislativo 19 gennaio 2017, n.3.
La domanda è dichiarata inammissibile:
a) quando è manifestamente infondata;
b) quando il tribunale non ravvisa omogeneità dei diritti individuali tutelabili ai sensi dell'articolo 840-bis;
c) quando il ricorrente versa in stato di conflitto di interessi nei confronti del resistente;
d) quando il ricorrente non appare in grado di curare adeguatamente i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio.
L'ordinanza che decide sull'ammissibilità è pubblicata, a cura della cancelleria, nell'area pubblica del portale dei servizi telematici di cui al secondo comma, entro quindici giorni dalla pronuncia.
Quando l'inammissibilità è dichiarata a norma del quarto comma, lettera a), il ricorrente può riproporre l'azione di classe quando si siano verificati mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto.
L'ordinanza che decide sull'ammissibilità dell'azione di classe è reclamabile dalle parti davanti alla corte di appello nel termine di trenta giorni dalla sua comunicazione o dalla sua notificazione, se anteriore. Sul reclamo la corte di appello decide, in camera di consiglio, con ordinanza entro trenta giorni dal deposito del ricorso introduttivo del reclamo. In caso di accertamento dell'ammissibilità della domanda, la corte di appello trasmette gli atti al tribunale adito per la prosecuzione della causa. Il reclamo avverso le ordinanze ammissive non sospende il procedimento davanti al tribunale.
Con l'ordinanza di inammissibilità e con quella che, in sede di reclamo, conferma l'ordinanza di inammissibilità, il giudice regola le spese.
Art. 840-quater.
(Pluralità delle azioni di classe)
Decorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione del ricorso nell'area pubblica del portale dei servizi telematici di cui all'articolo 840-ter, secondo comma, non possono essere proposte ulteriori azioni di classe sulla base dei medesimi fatti e nei confronti del medesimo resistente e quelle proposte sono cancellate dal ruolo. Le azioni di classe proposte tra la data di deposito del ricorso e il termine di cui al primo periodo sono riunite all'azione principale.
Il divieto di cui al primo comma, primo periodo, non opera quando l'azione di classe introdotta con il ricorso di cui al predetto comma è dichiarata inammissibile con ordinanza definitiva né quando la medesima causa è cancellata dal ruolo ovvero è definita con provvedimento che non decide nel merito. Ai fini di cui al presente comma, i provvedimenti di cui al primo periodo sono pubblicati immediatamente nell'area pubblica del portale dei servizi telematici a cura della cancelleria.
Quando una nuova azione di classe è proposta fuori dei casi di cui al secondo comma, la causa è cancellata dal ruolo e non è ammessa la riassunzione.
È fatta salva la proponibilità delle azioni di classe a tutela dei diritti che non potevano essere fatti valere entro la scadenza di cui al primo comma.
Art. 840-quinquies.
(Procedimento)
Con l'ordinanza con cui ammette l'azione di classe, il tribunale fissa un termine perentorio non inferiore a sessanta giorni e non superiore a centocinquanta giorni dalla data di pubblicazione dell'ordinanza nel portale dei servizi telematici di cui all'articolo 840-ter, secondo comma, per l'adesione all'azione medesima da parte dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei e provvede secondo quanto previsto dall'articolo 840-sexies, primo comma, lettera c). Si applica in quanto compatibile l'articolo 840-septies. L'aderente non assume la qualità di parte e ha diritto ad accedere al fascicolo informatico e a ricevere tutte le comunicazioni a cura della cancelleria. I diritti di coloro che aderiscono a norma del presente comma sono accertati secondo le disposizioni di cui all'articolo 840-octies, successivamente alla pronuncia della sentenza che accoglie l'azione di classe.
Il tribunale, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all'oggetto del giudizio.
Quando è nominato un consulente tecnico d'ufficio, l'obbligo di anticipare le spese e l'acconto sul compenso a quest'ultimo spettanti sono posti, salvo che sussistano specifici motivi, a carico del resistente; l'inottemperanza all'obbligo di anticipare l'acconto sul compenso a norma del presente comma non costituisce motivo di rinuncia all'incarico.
Ai fini dell'accertamento della responsabilità del resistente il tribunale può avvalersi di dati statistici e di presunzioni semplici.
Su istanza motivata del ricorrente, contenente l'indicazione di fatti e prove ragionevolmente disponibili dalla controparte, sufficienti a sostenere la plausibilità della domanda, il giudice può ordinare al resistente l'esibizione delle prove rilevanti che rientrano nella sua disponibilità.
Il giudice dispone a norma del quinto comma individuando specificamente e in modo circoscritto gli elementi di prova o le rilevanti categorie di prove oggetto della richiesta o dell'ordine di esibizione. La categoria di prove è individuata mediante il riferimento a caratteristiche comuni dei suoi elementi costitutivi come la natura, il periodo durante il quale sono stati formati, l'oggetto o il contenuto degli elementi di prova di cui è richiesta l'esibizione e che rientrano nella stessa categoria.
Il giudice ordina l'esibizione, nei limiti di quanto è proporzionato alla decisione e, in particolare:
a) esamina in quale misura la domanda è sostenuta da fatti e prove disponibili che giustificano l'ordine di esibizione;
b) esamina la portata e i costi dell'esibizione;
c) valuta se le prove di cui è richiesta l'esibizione contengono informazioni riservate, specialmente se riguardanti terzi.
Quando la richiesta o l'ordine di esibizione hanno per oggetto informazioni riservate, il giudice dispone specifiche misure di tutela tra le quali l'obbligo del segreto, la possibilità di non rendere visibili le parti riservate di un documento, la conduzione di audizioni a porte chiuse, la limitazione del numero di persone autorizzate a prendere visione delle prove, il conferimento ad esperti dell'incarico di redigere sintesi delle informazioni in forma aggregata o in altra forma non riservata. Si considerano informazioni riservate i documenti che contengono informazioni riservate di carattere personale, commerciale, industriale e finanziario relative a persone ed imprese, nonché i segreti commerciali.
La parte nei cui confronti è rivolta l'istanza di esibizione ha diritto di essere sentita prima che il giudice provveda.
Resta ferma la riservatezza delle comunicazioni tra gli avvocati incaricati di assistere la parte e il cliente stesso.
Alla parte che rifiuta senza giustificato motivo di rispettare l'ordine di esibizione del giudice o non adempie allo stesso il giudice applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 100.000 che è devoluta a favore della Cassa delle ammende.
Salvo che il fatto costituisca reato, alla parte o al terzo che distrugge prove rilevanti ai fini del giudizio il giudice applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 100.000 che è devoluta a favore della Cassa delle ammende.
Ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui ai commi undicesimo e dodicesimo, se la parte rifiuta senza giustificato motivo di rispettare l'ordine di esibizione del giudice o non adempie allo stesso, ovvero distrugge prove rilevanti ai fini del giudizio di risarcimento, il giudice, valutato ogni elemento di prova, può ritenere provato il fatto al quale la prova si riferisce.
Il tribunale accoglie o rigetta nel merito la domanda con sentenza che deve essere pubblicata nell'area pubblica del portale dei servizi telematici di cui all'articolo 840-ter, secondo comma, entro quindici giorni dal deposito.
Art. 840-sexies.
(Sentenza di accoglimento)
Con la sentenza che accoglie l'azione di classe, il tribunale:
a) provvede in ordine alle domande risarcitorie o restitutorie proposte dal ricorrente, quando l'azione è stata proposta da un soggetto diverso da un'organizzazione o da un'associazione inserita nell'elenco di cui all'articolo 840-bis, secondo comma;
b) accerta che il resistente, con la condotta addebitatagli dal ricorrente, ha leso diritti individuali omogenei;
c) definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei di cui alla lettera b), specificando gli elementi necessari per l'inclusione nella classe dei soggetti di cui alla lettera e);
d) stabilisce la documentazione che deve essere eventualmente prodotta per fornire prova della titolarità dei diritti individuali omogenei di cui alla lettera b);
e) dichiara aperta la procedura di adesione e fissa il termine perentorio, non inferiore a sessanta giorni e non superiore a centocinquanta giorni, per l'adesione all'azione di classe da parte dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei di cui alla lettera b) nonché per l'eventuale integrazione degli atti e per il compimento delle attività da parte di coloro che hanno aderito a norma dell'articolo 840-quinquies, primo comma; il termine decorre dalla data di pubblicazione della sentenza nell'area pubblica del portale dei servizi telematici di cui all'articolo 840-ter, secondo comma;
f) nomina il giudice delegato per la procedura di adesione;
g) nomina il rappresentante comune degli aderenti tra i soggetti aventi i requisiti per la nomina a curatore fallimentare;
h) determina, ove necessario, l'importo da versare a cura di ciascun aderente, ivi compresi coloro che hanno aderito a norma dell'articolo 840-quinquies, primo comma, a titolo di fondo spese e stabilisce le modalità di versamento.
Il rappresentante comune degli aderenti è pubblico ufficiale. Il giudice delegato può, dopo averlo sentito, revocare il rappresentante comune in ogni tempo con decreto.
Il giudice delegato può in ogni tempo disporre l'integrazione delle somme da versare a cura di ciascun aderente a titolo di fondo spese. Il mancato versamento delle somme rende inefficace l'adesione; l'inefficacia opera di diritto ed è rilevabile d'ufficio.
Art. 840-septies.
(Modalità di adesione all'azione di classe)
L'adesione all'azione di classe si propone mediante inserimento della relativa domanda nel fascicolo informatico, avvalendosi di un'area del portale dei servizi telematici di cui all'articolo 840-ter, secondo comma.
La domanda di cui al primo comma, a pena di inammissibilità, deve contenere:
a) l'indicazione del tribunale e i dati relativi all'azione di classe a cui il soggetto chiede di aderire;
b) i dati identificativi dell'aderente;
c) l'indirizzo di posta elettronica certificata ovvero il servizio elettronico di recapito certificato qualificato dell'aderente o del suo difensore;
d) la determinazione della cosa oggetto della domanda;
e) l'esposizione dei fatti costituenti le ragioni della domanda di adesione;
f) l'indice dei documenti probatori eventualmente prodotti;
g) la seguente attestazione: "Consapevole della responsabilità penale prevista dalle disposizioni in materia di dichiarazioni sostitutive, attesto che i dati e i fatti esposti nella domanda e nei documenti prodotti sono veritieri";
h) il conferimento al rappresentante comune degli aderenti, già nominato o che sarà nominato dal giudice, del potere di rappresentare l'aderente e di compiere nel suo interesse tutti gli atti, di natura sia sostanziale sia processuale, relativi al diritto individuale omogeneo esposto nella domanda di adesione;
i)i dati necessari per l'accredito delle somme che verranno eventualmente riconosciute in favore dell'aderente;
l) la dichiarazione di aver provveduto al versamento del fondo spese di cui all'articolo 840-sexies, primo comma, lettera h).
L'aderente può produrre, con le modalità di cui al secondo comma, dichiarazioni di terzi, capaci di testimoniare, rilasciate ad un avvocato che attesta l'identità del dichiarante secondo le disposizioni dell'articolo 252; l'avvocato che procede a norma del presente comma è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto. Le dichiarazioni di cui al presente comma sono valutate dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento.
La domanda è presentata su un modulo conforme al modello approvato con decreto del Ministro della giustizia, che stabilisce anche le istruzioni per la sua compilazione, ed è presentata a norma dell'articolo 65 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
I documenti probatori sono prodotti mediante inserimento nel fascicolo informatico.
La domanda di adesione produce gli effetti della domanda giudiziale e può essere presentata anche senza il ministero di un difensore.
L'adesione diventa inefficace in caso di revoca del potere di rappresentanza conferito al rappresentante comune a norma del secondo comma, lettera h). L'inefficacia opera di diritto ed è rilevabile d'ufficio. La revoca è opponibile all'impresa o all'ente gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità da quando è inserita nel fascicolo informatico.
Quando l'azione di classe è stata proposta a norma dell'articolo 840-quater, l'aderente deve dimostrare di non aver potuto far valere i propri diritti entro i termini ivi previsti.
Art. 840-octies.
(Progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti)
Entro il termine perentorio di centoventi giorni dalla scadenza del termine di cui all'articolo 840-sexies, primo comma, lettera e), il resistente deposita una memoria contenente le sue difese, prendendo posizione sui fatti posti dagli aderenti a fondamento della domanda ed eccependo i fatti estintivi, modificativi o impeditivi dei diritti fatti valere dagli aderenti. I fatti dedotti dagli aderenti e non specificatamente contestati dal resistente nel termine di cui al presente comma si considerano ammessi.
Il rappresentante comune degli aderenti, entro novanta giorni dalla scadenza del termine di cui al primo comma, predispone il progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti, rassegnando per ciascuno le sue motivate conclusioni, e lo deposita; il progetto è comunicato agli aderenti e al resistente. Il rappresentante comune può chiedere al tribunale di nominare uno o più esperti di particolare competenza tecnica che lo assistano per la valutazione dei fatti posti dagli aderenti a fondamento delle domande.
Il resistente e gli aderenti, entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al secondo comma, possono depositare osservazioni scritte e documenti integrativi. Nella procedura di adesione non sono ammessi mezzi di prova diversi dalla prova documentale.
Il rappresentante comune, entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui al terzo comma, apporta le eventuali variazioni al progetto dei diritti individuali omogenei e lo deposita nel fascicolo informatico.
Il giudice delegato, con decreto motivato, quando accoglie in tutto o in parte la domanda di adesione, condanna il resistente al pagamento delle somme o delle cose dovute a ciascun aderente a titolo di risarcimento o di restituzione. Il provvedimento costituisce titolo esecutivo ed è comunicato al resistente, agli aderenti, al rappresentante comune e ai difensori di cui all'articolo 840-novies, sesto e settimo comma.
A favore del difensore di cui l'aderente si sia avvalso è dovuto un compenso determinato con decreto del Ministro della giustizia, adottato a norma dell'articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247.
Art. 840-novies.
(Spese del procedimento)
Con il decreto di cui all'articolo 840-octies, quinto comma, il giudice delegato condanna altresì il resistente a corrispondere direttamente al rappresentante comune degli aderenti, a titolo di compenso, un importo stabilito in considerazione del numero dei componenti la classe in misura progressiva:
a) da 1 a 500, in misura non superiore al 9 per cento;
b) da 501 a 1.000, in misura non superiore al 6 per cento;
c) da 1.001 a 10.000, in misura non superiore al 3 per cento;
d) da 10.001 a 100.000, in misura non superiore al 2,5 per cento;
e) da 100.001 a 500.000, in misura non superiore all'1,5 per cento;
f) da 500.001 a 1.000.000, in misura non superiore all'1 per cento;
g) oltre 1.000.000, in misura non superiore allo 0,5 per cento.
Le percentuali di cui al primo comma sono calcolate sull'importo complessivo dovuto a tutti gli aderenti. Le percentuali di cui al primo comma possono essere modificate con decreto del Ministro della giustizia.
È altresì dovuto il rimborso delle spese sostenute e documentate.
L'autorità giudiziaria può aumentare o ridurre l'ammontare del compenso liquidato a norma del primo comma in misura non superiore al 50 per cento, sulla base dei seguenti criteri:
a) complessità dell'incarico;
b) ricorso all'opera di coadiutori;
c) qualità dell'opera prestata;
d) sollecitudine con cui sono state condotte le attività;
e) numero degli aderenti.
Per quanto non previsto dal primo e dal secondo comma, si applicano le disposizioni in materia di spese di giustizia.
Con il medesimo decreto, il giudice delegato condanna altresì il resistente a corrispondere direttamente all'avvocato che ha difeso il ricorrente fino alla pronuncia della sentenza di cui all'articolo 840-sexies un importo ulteriore rispetto alle somme dovute a ciascun aderente a titolo di risarcimento e di restituzione. Il predetto importo, riconosciuto a titolo di compenso premiale, è liquidato a norma del primo comma. Tale compenso premiale può essere ridotto in misura non superiore al 50 per cento, sulla base dei criteri stabiliti al quarto comma.
Le disposizioni del sesto comma si applicano anche ai difensori che hanno difeso i ricorrenti delle cause riunite risultati vittoriosi.
Art. 840-decies.
(Impugnazione della sentenza)
Gli atti di impugnazione della sentenza di cui all'articolo 840-sexies e i provvedimenti che definiscono i giudizi di impugnazione sono pubblicati nell'area pubblica del portale dei servizi telematici di cui all'articolo 840-ter, secondo comma.
Ai fini dell'impugnazione della sentenza non si applica l'articolo 325. La sentenza può essere impugnata dagli aderenti per revocazione, quando ricorrono i presupposti previsti dall'articolo 395 o quando la sentenza medesima è l'effetto della collusione tra le parti. In quest'ultimo caso il termine per proporre revocazione decorre dalla scoperta della collusione.
Art. 840-undecies.
(Impugnazione del decreto)
Contro il decreto di cui all'articolo 840-octies, quinto comma, può essere proposta opposizione con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale.
Il ricorso può essere proposto dal resistente, dal rappresentante comune degli aderenti e dagli avvocati di cui all'articolo 840-novies, sesto e settimo comma, nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento. Gli avvocati di cui al periodo precedente possono proporre motivi di opposizione relativi esclusivamente ai compensi e alle spese liquidati con il decreto impugnato.
Il ricorso non sospende l'esecuzione del decreto, fatta salva la facoltà del tribunale di disporre diversamente su istanza di parte in presenza di gravi e fondati motivi. Esso deve contenere:
a) l'indicazione del tribunale competente;
b) le generalità del ricorrente e l'elezione del domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito;
c) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l'opposizione, con le relative conclusioni.
Il presidente del tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore e fissa con decreto l'udienza di comparizione entro quaranta giorni dal deposito. Il giudice delegato non può far parte del collegio.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere comunicato ai controinteressati entro cinque giorni dal deposito del decreto. Il resistente deve costituirsi almeno cinque giorni prima dell'udienza, depositando una memoria contenente l'esposizione delle difese in fatto e in diritto.
L'intervento di qualunque interessato non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione della parte resistente, con le modalità per questa previste.
Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che la parte dimostri di non aver potuto indicarli o produrli prima, per causa ad essa non imputabile.
Entro trenta giorni dall'udienza di comparizione delle parti, il tribunale provvede con decreto motivato, con il quale conferma, modifica o revoca il provvedimento impugnato.
L'aderente può proporre azione individuale a condizione che la domanda di adesione sia stata revocata prima che il decreto sia divenuto definitivo nei suoi confronti.
Art. 840-duodecies.
(Adempimento spontaneo)
Quando il debitore provvede spontaneamente al pagamento delle somme stabilite con il decreto di cui all'articolo 840-octies, quinto comma, le somme sono versate su un conto corrente bancario o postale intestato alla procedura aperta con la sentenza di cui all'articolo 840-sexies e vincolato all'ordine del giudice. Il rappresentante comune degli aderenti deposita con la massima sollecitudine il piano di riparto e il giudice delegato ordina il pagamento delle somme spettanti a ciascun aderente.
Il rappresentante comune, il debitore e gli avvocati di cui all'articolo 840-novies, sesto e settimo comma, possono proporre opposizione a norma dell'articolo 840-undecies.
Il rappresentante comune deposita la documentazione comprovante i pagamenti effettuati.
Per il compimento dell'attività di cui al presente articolo, al rappresentante comune non spetta alcun ulteriore compenso.
Art. 840-terdecies.
(Esecuzione forzata collettiva)
L'esecuzione forzata del decreto di cui all'articolo 840-octies, quinto comma, è promossa dal rappresentante comune degli aderenti, che compie tutti gli atti nell'interesse degli aderenti, ivi compresi quelli relativi agli eventuali giudizi di opposizione. Non è mai ammessa l'esecuzione forzata di tale decreto su iniziativa di soggetti diversi dal rappresentante comune.
Devono essere trattenute e depositate nei modi stabiliti dal giudice dell'esecuzione le somme ricavate per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi e non ancora divenuti definitivi.
Le disposizioni dei commi precedenti non si applicano relativamente ai crediti riconosciuti, con il decreto di cui all'articolo 840-octies, quinto comma, in favore del rappresentante comune e degli avvocati di cui all'articolo 840-novies, sesto e settimo comma.
Il compenso dovuto al rappresentante comune è liquidato dal giudice in misura non superiore a un decimo della somma ricavata, tenuto conto dei criteri di cui all'articolo 840-novies, quarto comma. Il credito del rappresentante comune liquidato a norma del presente articolo nonché quello liquidato a norma dell'articolo 840-novies, commi primo e secondo, hanno privilegio, nella misura del 75 per cento, sui beni oggetto dell'esecuzione.
Il rappresentante comune non può stare in giudizio senza l'autorizzazione del giudice delegato, salvo che per i procedimenti promossi per impugnare atti del giudice delegato o del tribunale.
Art. 840-quaterdecies.
(Accordi di natura transattiva)
Il tribunale, fino alla discussione orale della causa, formula ove possibile, avuto riguardo al valore della controversia e all'esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto, una proposta transattiva o conciliativa. La proposta del giudice è inserita nell'area pubblica del portale dei servizi telematici di cui all'articolo 840-ter, secondo comma, ed è comunicata all'indirizzo di posta elettronica certificata ovvero al servizio elettronico di recapito certificato qualificato indicato da ciascun aderente. L'accordo transattivo o conciliativo concluso tra le parti è inserito nell'area pubblica ed è comunicato all'indirizzo di posta elettronica certificata ovvero al servizio elettronico di recapito certificato qualificato indicato da ciascun aderente, il quale può dichiarare di voler accedere all'accordo medesimo mediante dichiarazione inserita nel fascicolo informatico nel termine indicato dal giudice.
Dopo la pronuncia della sentenza di cui all'articolo 840-sexies, il rappresentante comune, nell'interesse degli aderenti, può stipulare con l'impresa o con l'ente gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità uno schema di accordo di natura transattiva.
Lo schema è inserito nell'area pubblica del portale dei servizi telematici di cui all'articolo 840-ter, secondo comma, ed è comunicato all'indirizzo di posta elettronica certificata ovvero al servizio elettronico di recapito certificato qualificato indicato da ciascun aderente.
Entro quindici giorni dalla comunicazione di cui al terzo comma, ciascun aderente può inserire nel fascicolo informatico le proprie motivate contestazioni allo schema di accordo. Nei confronti degli aderenti che non formulano contestazioni a norma del presente comma, lo schema di accordo si considera non contestato.
Entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui al quarto comma, il giudice delegato, avuto riguardo agli interessi degli aderenti, può autorizzare il rappresentante comune a stipulare l'accordo transattivo.
Il provvedimento del giudice delegato è inserito nell'area pubblica del portale dei servizi telematici di cui all'articolo 840-ter, secondo comma, ed è comunicato all'indirizzo di posta elettronica certificata ovvero al servizio elettronico di recapito certificato qualificato indicato da ciascun aderente nonché al ricorrente.
Entro quindici giorni dalla comunicazione di cui al sesto comma, l'aderente che ha formulato le contestazioni di cui al quarto comma può privare il rappresentante comune della facoltà di stipulare l'accordo transattivo a cui le medesime contestazioni si riferiscono.
L'accordo transattivo autorizzato dal giudice delegato e stipulato dal rappresentante comune costituisce titolo esecutivo e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale e deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell'articolo 480, secondo comma. Il rappresentante comune certifica l'autografia delle sottoscrizioni apposte all'accordo transattivo.
Il ricorrente può aderire all'accordo transattivo entro il termine di cui al settimo comma; in tal caso, l'accordo transattivo costituisce titolo esecutivo e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale anche in suo favore.
Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche quando l'azione è promossa da un'organizzazione o un'associazione inserita nell'elenco di cui all'articolo 840-bis, secondo comma, e l'accordo può avere riguardo anche al risarcimento del danno o alle restituzioni in favore degli aderenti che abbiano accettato o non si siano opposti all'accordo medesimo.
Art. 840-quinquiesdecies.
(Chiusura della procedura di adesione)
La procedura di adesione si chiude:
a) quando le ripartizioni agli aderenti, effettuate dal rappresentante comune, raggiungono l'intero ammontare dei crediti dei medesimi aderenti;
b) quando nel corso della procedura risulta che non è possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese degli aderenti, anche tenuto conto dei costi che è necessario sostenere.
La chiusura della procedura di adesione è dichiarata con decreto motivato del giudice delegato, reclamabile a norma dell'articolo 840-undecies.
Gli aderenti riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi.
Art. 840-sexiesdecies.
(Azione inibitoria collettiva)
Chiunque abbia interesse alla pronuncia di una inibitoria di atti e comportamenti, posti in essere in pregiudizio di una pluralità di individui o enti, può agire per ottenere l'ordine di cessazione o il divieto di reiterazione della condotta omissiva o commissiva. Le organizzazioni o le associazioni senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendano la tutela degli interessi pregiudicati dalla condotta di cui al primo periodo sono legittimate a proporre l'azione qualora iscritte nell'elenco di cui all'articolo 840-bis, secondo comma.
L'azione può essere esperita nei confronti di imprese o di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività.
La domanda si propone con le forme del procedimento camerale, regolato dagli articoli 737 e seguenti, in quanto compatibili, esclusivamente dinanzi alla sezione specializzata in materia di impresa competente per il luogo dove ha sede la parte resistente. Il ricorso è notificato al pubblico ministero.
Si applica l'articolo 840-quinquies in quanto compatibile.
Il tribunale può avvalersi di dati statistici e di presunzioni semplici.
Con la condanna alla cessazione della condotta omissiva o commissiva, il tribunale può, su istanza di parte, adottare i provvedimenti di cui all'articolo 614-bis, anche fuori dei casi ivi previsti.
Con la condanna alla cessazione della condotta omissiva o commissiva, il tribunale può, su richiesta del pubblico ministero o delle parti, ordinare che la parte soccombente adotti le misure idonee ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate.
Il giudice, su istanza di parte, condanna la parte soccombente a dare diffusione del provvedimento, nei modi e nei tempi definiti nello stesso, mediante utilizzo dei mezzi di comunicazione ritenuti più appropriati.
Quando l'azione inibitoria collettiva è proposta congiuntamente all'azione di classe, il giudice dispone la separazione delle cause.
Sono fatte salve le disposizioni previste in materia dalle leggi speciali».
EMENDAMENTI E ORDINE DEL GIORNO
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-bis. (Ambito di applicazione)», sostituire il primo comma con i seguenti: «I diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti di cui al comma 2 nonché gli interessi collettivi sono tutelabili anche attraverso l'azione di classe, secondo le previsioni del presente articolo. L'azione di classe ha per oggetto l'accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni in favore degli utenti consumatori. L'azione tutela:
a) i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione omogenea, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile;
b) i diritti omogenei spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto o servizio nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale;
c) i diritti omogenei al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.»
Ronzulli, Modena, Biasotti, Caliendo, Dal Mas, Galliani, Mangialavori, Paroli, Vitali
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-bis. (Ambito di applicazione)», apportare le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, dopo la parola: «omogenei», inserire le seguenti: «di cui al successivo comma» e aggiungere, in fine, il seguente periodo: «I diritti individuali sono omogenei se derivano dallo stesso fatto, si fondano sulle stesse ragioni giuridiche, non presuppongono accertamenti personalizzati e consentono una liquidazione di danni omogenea e unitaria.»;
b) dopo il secondo comma, inserire il seguente: «L'azione di classe tutela i diritti contrattuali della pluralità di componenti della classe che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione omogenea, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile. È esclusa l'azione di classe a tutela dei diritti che derivano dal contratto di società di cui al Titolo V, Libro V del Codice Civile».
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-bis (Ambito di applicazione)», apportare le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, primo periodo, sopprimere le seguenti parole: «o ciascun componente della classe»;
b) al secondo comma, secondo periodo, sopprimere le seguenti parole: «ferma la legittimazione di ciascun componente della classe»;
c) al secondo comma, secondo periodo, sostituire parole: «iscritte in un elenco pubblico istituito presso il Ministero della Giustizia», con le seguenti: «iscritte nell'elenco di cui all'articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206».
Bellanova, Cucca, Ferrari, Richetti, Rossomando, Cirinna', Valente
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-bis», terzo comma, primo periodo, dopo le parole: «nei confronti di imprese»,inserire le seguenti: «, pubbliche amministrazioni;».
Ronzulli, Modena, Biasotti, Caliendo, Dal Mas, Galliani, Mangialavori, Paroli, Vitali
Respinto
Al comma 1, apportare le seguenti modificazioni:
a) al capoverso «Art. 840-bis. (Ambito di applicazione)», quarto comma, sostituire le parole: «articolo 840-undecies, nono comma», con le seguenti: «articolo 840-septies, sesto comma».
b) al capoverso «Art. 840-septies (Modalità di adesione all'azione di classe), sesto comma, aggiungere in fine il seguente periodo: «L'adesione comporta rinuncia a ogni azione individuale fondata sul medesimo titolo, salvo quanto previsto all'articolo 840-quaterdecies, settimo comma.»;
c) al capoverso «Art. 840-undecies» (Impugnazione del decreto)», sopprimere il nono comma.
Respinto
Al comma 1, apportare le seguenti modificazioni:
a) al capoverso «Art. 840-bis» (Ambito di applicazione)», sostituire il sesto comma con il seguente: «Se il processo si estingue, resta comunque salvo il diritto all'azione individuale dei soggetti aderenti oppure l'esercizio di una nuova azione di classe»;
b) al capoverso «Art. 840-quinquies (Procedimento)», al primo comma, dopo il terzo periodo, inserire le seguenti parole: «L'adesione comporta il conferimento al rappresentante comune degli aderenti del potere di transigere la controversia ai sensi dell'art. 840-quaterdecies.»;
c) al capoverso «Art. 840-septies (Modalità di adesione all'azione di classe)», al comma 1, lettera h), aggiungere ifine le seguenti parole: «ivi incluso il potere di transigere la controversia»;
d) al capoverso «Art. 840-quaterdecies (Accordi di natura transattiva)», al primo comma, al terzo periodo, sopprimere le parole «il quale può dichiarare di voler accedere all'accordo medesimo mediante dichiarazione inserita nel fascicolo informatico nel termine indicato dal giudice.», ed inserire, di seguito il seguente periodo: «Il giudice, contestualmente alla proposta, nomina un Rappresentante comune degli aderenti, ai sensi dell'art. 840-sexies, comma 1, lettera g), il quale, sentiti gli altri aderenti ai sensi dei commi 3 e 4 del presente articolo, può aderire alla proposta del giudice e, in caso di accordo tra le parti, essere autorizzato dal giudice a stipulare l'accordo transattivo nell'interesse di tutti gli aderenti.» e sopprimere il settimo comma.
Ronzulli, Modena, Biasotti, Caliendo, Dal Mas, Galliani, Mangialavori, Paroli, Vitali
Respinta la parte evidenziata in neretto; preclusa la restante parte
Al comma 1, apportare le seguenti modificazioni:
a) al capoverso «Art. 840-ter (Modalità di adesione all'azione di classe)», terzo comma, sopprimere le seguenti parole: «Non può essere disposto il mutamento del rito.»;
b) al capoverso «Art. 840-quinquies (Procedimento)», apportare le seguenti modificazioni:
1) al primo comma, sopprimere le seguenti parole: «e provvede secondo quanto previsto dall'articolo 840-sexies, primo comma, lettera c). Si applica in quanto compatibile l'articolo 840-septies» e sostituire le parole: '', successivamente alla pronuncia della sentenza che accoglie l'azione di classe'', con le seguenti: «Con l'ordinanza di cui al presente comma, il tribunale:
a) definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei oggetto del giudizio, specificando gli elementi necessari per l'adesione;
b) stabilisce la documentazione che deve essere eventualmente prodotta per fornire prova della titolarità dei diritti individuali omogenei oggetto del giudizio;
c) dichiara aperta la procedura di adesione;
d) determina, ove necessario, l'importo da versare a cura di ciascun aderente a titolo di fondo spese e stabilisce le modalità di versamento.»;
2) dopo il primo comma, inserire il seguente: «Se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un'istruzione non sommaria, il tribunale, con ordinanza non impugnabile, fissa l'udienza di cui all'articolo 183. In tal caso, si applicano le disposizioni del libro II e l'adesione all'azione di classe da parte dei portatori di diritti individuali omogenei è consentita fino all'udienza di precisazione delle conclusioni.»;
c) al capoverso «Art. 840-sexies» (Sentenza di accoglimento), sopprimere le lettere c), d), e) e h) e alla lettera f) sostituire la parola: «adesione» con le seguenti: «di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti»;
d) al capoverso «Art. 840-septies» (Modalità di adesione all'azione di classe), secondo comma, lettera h), sopprimere le seguenti parole: «, già nominato o che sarà nominato dal giudice,»;
e) al capoverso «Art. 840-octies» (Progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti), apportare le seguenti modificazioni:
1) sostituire la rubrica con la seguente: «(Progetto di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti)»;
2) sopprimere il primo comma;
3) al secondo comma, sostituire le parole: «scadenza del termine di cui al primo comma», con le seguenti: «scadenza del termine di cui all'articolo 840-sexies, comma 2-bis» e sostituire le parole: «progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti», con le seguenti: «progetto di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti»;
4) sostituire il terzo comma con il seguente: «Gli aderenti, entro quindici giorni dalla comunicazione di cui al secondo comma, possono depositare osservazioni scritte e documenti integrativi. Nei quarantacinque giorni successivi il resistente può depositare osservazioni scritte e indicare mezzi di prova contraria. Nella procedura di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti non sono ammessi mezzi di prova da parte degli aderenti diversi dalla prova documentale.»;
5) al quarto comma, dopo le parole: «termine di cui al terzo comma», aggiungere le seguenti: «, secondo periodo» e sostituire le parole: «progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti», con le seguenti: «progetto di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti»;
6) al quinto comma, sostituire le parole: «la domanda di adesione», con le seguenti: «il progetto di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti»;
f) al capoverso «Art. 840-quinquiesdecies (Chiusura della procedura di adesione)», apportare le seguenti modificazioni:
1) alla rubrica, sostituire la parola: «adesione», con le seguenti: «di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti»;
2) al primo comma, sostituire la parola: «adesione», con le seguenti: «di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti»;
3) al secondo comma, sostituire la parola: «adesione», con le seguenti: «di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti»;
4) sopprimere il terzo comma.
Ronzulli, Modena, Biasotti, Caliendo, Dal Mas, Galliani, Mangialavori, Paroli, Vitali
Precluso
Al comma 1, apportare le seguenti modificazioni:
a) al capoverso «Art. 840-ter (Modalità di adesione all'azione di classe)», terzo comma, sopprimere le seguenti parole: «Non può essere disposto il mutamento del rito.»;
b) al capoverso «Art. 840-quinquies (Procedimento)», sopprimere i commi quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, undicesimo, dodicesimo e tredicesimo;
c) al capoverso «Art. 840-undecies (Impugnazione del decreto)», terzo comma, alinea, dopo le parole: «fondati motivi», aggiungere le seguenti: «, anche in relazione all'entità complessiva della somma gravante sul resistente, al numero dei creditori e alle connesse difficoltà di ripetizione in caso di accoglimento del gravame».
Cucca, Bellanova, Ferrari, Richetti, Rossomando, Cirinna', Valente
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-ter», quarto comma, sopprimere la lettera c).
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-ter (Forma e ammissibilità della domanda)», al quarto comma, dopo la lettera «d)» aggiungere la seguente lettera: «d-bis) quando il ricorrente abbia ricevuto finanziamenti, anche non esplicitamente collegati all'azione, da parte di un concorrente del resistente o quando il ricorrente abbia ricevuto un finanziamento direttamente collegato all'azione da parte di terzi non legittimati».
Respinto
Al comma 1, al capoverso «Art. 840-ter. (Forma e ammissibilità della domanda)», al quarto comma, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
«d-bis) quando non è corredata da adeguato parere tecnico da parte di soggetti in possesso di elevata qualificazione scientifica e professionale».
Ronzulli, Modena, Biasotti, Caliendo, Dal Mas, Galliani, Mangialavori, Paroli, Vitali
Respinto
Al comma 1, apportare le seguenti modificazioni:
a) al capoverso «Art. 840-ter. (Forma e ammissibilità della domanda)», sopprimere il sesto comma;
b) al capoverso «Art. 840-quater. (Pluralità delle azioni di classe)», secondo comma, dopo le parole: «con ordinanza definitiva» aggiungere le seguenti: «ai sensi dell'articolo 840-ter, comma 4, lettere b), c) e d)».
Ronzulli, Modena, Biasotti, Caliendo, Dal Mas, Galliani, Mangialavori, Paroli, Vitali
Respinto
Al comma 1, apportare le seguenti modificazioni:
a) al capoverso «Art. 840-ter. (Modalità di adesione all'azione di classe)», ottavo comma, dopo le parole: «le spese», aggiungere le seguenti: «, anche ai sensi dell'articolo 96 e ordina la più opportuna pubblicità a cura e spese del soccombente»;
b) al capoverso «Art. 840-quinquies. (Procedimento)», apportare le seguenti modificazioni:
1) sopprimere il quarto comma;
2) al quattordicesimo comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Con la sentenza di rigetto, il giudice dispone anche la più opportuna pubblicità a cura e spese del soccombente.»;
c) al capoverso «Art. 840-septies. (Modalità di adesione all'azione di classe)», sopprimere il terzo comma.
Ronzulli, Modena, Biasotti, Caliendo, Dal Mas, Galliani, Mangialavori, Paroli, Vitali
Respinto
Al comma 1, apportare le seguenti modificazioni:
a) al capoverso «Art. 840-quinquies. (Procedimento), primo comma, sopprimere le seguenti parole: «e provvede secondo quanto previsto dall'articolo 840-sexies, primo comma, lettera c). Si applica in quanto compatibile l'articolo 840-septies» e sostituire le parole: «, successivamente alla pronuncia della sentenza che accoglie l'azione di classe.», con le seguenti: «. Con l'ordinanza di cui al presente comma, il tribunale:
1) definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei oggetto del giudizio, specificando gli elementi necessari per l'adesione;
2) stabilisce la documentazione che deve essere eventualmente prodotta per fornire prova della titolarità dei diritti individuali omogenei oggetto del giudizio;
3) dichiara aperta la procedura di adesione;
4) determina, ove necessario, l'importo da versare a cura di ciascun aderente a titolo di fondo spese e stabilisce le modalità di versamento.».
b) al capoverso «Art. 840-sexies. (Sentenza di accoglimento)», comma 1, lettera f) sostituire la parola: «adesione», con le seguenti: «di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti»;
c) al capoverso «Art. 840-septies. (Modalità di adesione all'azione di classe)», comma 2, lettera h), sopprimere le seguenti parole: «, già nominato o che sarà nominato dal giudice,»;
d) al capoverso «Art. 840-octies. (Progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti)», apportare le seguenti modificazioni:
1) sostituire la rubrica con la seguente: ''(Progetto di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti)'';
2) sopprimere il primo comma;
3) al secondo comma, sostituire le parole: «scadenza del termine di cui al primo comma», con le seguenti: «scadenza del termine di cui all'articolo 840-sexies, comma 2-bis» e sostituire le parole: «progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti», con le seguenti: «progetto di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti»;
4) sostituire il terzo comma con il seguente: «Gli aderenti, entro quindici giorni dalla comunicazione di cui al secondo comma, possono depositare osservazioni scritte e documenti integrativi. Nei quarantacinque giorni successivi il resistente può depositare osservazioni scritte e indicare mezzi di prova contraria. Nella procedura di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti non sono ammessi mezzi di prova da parte degli aderenti diversi dalla prova documentale.»;
5) al quarto comma, dopo le parole: «termine di cui al terzo comma», aggiungere le seguenti: «, secondo periodo» e sostituire le parole: «progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti», con le seguenti: «progetto di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti»;
6) al quinto comma, sostituire le parole: «la domanda di adesione», con le seguenti: «il progetto di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti».
e) al capoverso «Art. 840-quinquiesdecies. (Chiusura della procedura di adesione)», apportare le seguenti modificazioni:
1) alla rubrica, sostituire la parola: «adesione», con le seguenti: «di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti»;
2) al primo comma, sostituire la parola: «adesione», con le seguenti: «di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti»;
3) al secondo comma, sostituire la parola: «adesione», con le seguenti: «di liquidazione delle somme spettanti degli aderenti»;
4) sopprimere il terzo comma.
Conseguentemente:
Al capoverso «Art. 840-sexies. (Sentenza di accoglimento)», primo comma, sopprimere le lettere c), d), e) e h).
Caliendo, Dal Mas, Modena, Biasotti, Galliani, Mangialavori, Paroli, Ronzulli, Vitali, De Poli
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-quinquies. (Procedimento)», sopprimere il terzo comma.
Caliendo, Dal Mas, Modena, Biasotti, Galliani, Mangialavori, Paroli, Ronzulli, Vitali
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-quinquies. (Procedimento)», al terzo comma sostituire le parole: «a carico del resistente», con le seguenti: «a carico solidale di tutte le parti».
Caliendo, Dal Mas, Modena, Biasotti, Galliani, Mangialavori, Paroli, Ronzulli, Vitali, De Poli
Respinto
Al comma 1, apportare le seguenti modificazioni:
a) al capoverso «Art. 840-quinquies. (Procedimento)», sopprimere il quarto comma;
b) al capoverso «Art. 840-sexiesdecies. (Azione inibitoria collettiva)», sopprimere il quinto comma.
Respinto
Al comma 1, apportare le seguenti modificazioni:
a) al capoverso «Art. 840-quinquies. (Procedimento)», sostituire il quarto comma con il seguente: «Ai fini dell'accertamento della responsabilità del resistente il tribunale può avvalersi di dati statistici nell'applicazione dell'articolo 2729, comma 1, codice civile»;
b) al capoverso «Art. 840-sexiesdecies. (Azione inibitoria collettiva)», sostituire il quinto comma con il seguente: «Ai fini dell'accertamento della responsabilità del resistente il tribunale può avvalersi di dati statistici nell'applicazione dell'articolo 2729, comma 1, codice civile».
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-quinquies», sostituire l'undicesimo comma con i seguenti: «In caso di rifiuto senza giustificato motivo di rispettare l'ordine di esibizione del giudice o inadempimento allo stesso, il giudice ordina alla parte di ottemperare entro un certo termine e contestualmente condanna la parte inadempiente a corrispondere all'altra una somma compresa tra euro 10.000 ed euro 100.000, avuto riguardo per il fatturato generato o il volume di affari connesso all'attività posta in essere enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, per il numero dei dipendenti occupati, le dimensioni dell'impresa, il comportamento e le condizioni delle parti. Con il provvedimento di condanna, fissa, inoltre, un'ulteriore somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento. Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza».
Conseguentemente, al medesimo capoverso «Art. 840-quinquies.», al dodicesimo comma sopprimere la parola: «amministrativa», e al tredicesimo comma sopprimere la parola: «amministrative».
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-sexies», al primo comma, lettera a), aggiungere, in fine, i seguenti periodi: «Il giudice, qualora, accerti che l'autore dell'illecito abbia agito con dolo o con sprezzante noncuranza dei diritti altrui, in base ad una analisi costi benefici, anche se non ritenga provato un danno risarcibile, può condannare in ogni caso la parte convenuta ad una indennità omnicomprensiva equitativamente determinata a vantaggio di tutti gli aderenti fino ad un massimo pari a 100.000 euro o al 1 per cento del fatturato generato dalla società o del volume di affari connesso all'attività posta in essere enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità . L'indennità è commisurata avuto riguardo per il fatturato generato o il volume di affari connesso all'attività posta in essere enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, per il numero dei dipendenti occupati, le dimensioni dell'impresa, il comportamento e le condizioni delle parti;».
Bellanova, Cucca, Ferrari, Richetti, Rossomando, Cirinna', Valente
Respinta la parte evidenziata in neretto; preclusa la restante parte
Al comma 1, capoverso «840-sexies», primo comma, sopprimere le lettere e) e h).
Conseguentemente, al medesimo comma:
a) capoverso «840-septies.», primo comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «L'adesione all'azione di classe è esperibile unicamente entro e non oltre l'udienza di precisazione delle conclusioni.»;
b) sopprimere il capoverso «Art. 840-quinquiesdecies».
Bellanova, Cucca, Ferrari, Richetti, Rossomando, Cirinna', Valente
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 840-sexies», primo comma, sopprimere le lettere e) e h).
Conseguentemente, al medesimo comma:
a) capoverso «Art. 840-septies.», primo comma, aggiungere, infine, il seguente periodo: «L'adesione all'azione di classe è esperibile unicamente entro e non oltre la prima udienza di trattazione della causa.»;
b) sopprimere il capoverso «Art. 840-quinquiesdecies.».
Caliendo, Dal Mas, Modena, Biasotti, Galliani, Mangialavori, Paroli, Ronzulli, Vitali, De Poli
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-sexies. (Sentenza di accoglimento)», primo comma, lettera e), sopprimere le parole: «dichiara aperta la procedura di adesione e» e le parole: «per l'adesione all'azione di classe da parte dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei di cui alla lettera b) nonché».
Cucca, Bellanova, Ferrari, Richetti, Rossomando, Cirinna', Valente
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-septies.», sopprimere il terzo comma.
Bellanova, Cucca, Ferrari, Richetti, Rossomando, Cirinna', Valente
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-octies.», primo comma, sopprimere il secondo periodo.
Cucca, Bellanova, Ferrari, Richetti, Rossomando, Cirinna', Valente
Respinta la parte evidenziata in neretto; preclusa la restante parte
Al comma 1, apportare le seguenti modificazioni:
a) capoverso «Art. 840-octies.», quinto comma, secondo periodo, sopprimere le parole: «di cui all'articolo 840-novies, sesto e settimo comma».
b) sopprimere il capoverso «Art. 840-novies.».
Conseguentemente:
1. al capoverso «Art. 840-undecies.» secondo comma sopprimere le parole: «di cui all'articolo 840-novies., sesto e settimo comma.;
2. al capoverso «Art. 840-duodecies.» secondo comma, sopprimere le parole: «di cui all'articolo 840-novies, sesto e settimo comma.»;
3. al capoverso «Art. 840-terdecies.» terzo comma, sopprimere le parole: «di cui all'articolo 840-novies, sesto e settimo comma.»;
4. al capoverso «Art. 840-terdecies.» quarto comma, al primo periodo, sopprimere le parole: «tenuto conto dei criteri di cui all'articolo 840-novies, quarto comma» e al secondo periodo sopprimere le parole: «nonché quello liquidato a norma dell'articolo 840-novies, commi primo e secondo».
Bellanova, Cucca, Ferrari, Richetti, Rossomando, Cirinna', Valente
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 840-octies.», quinto comma, secondo periodo, sopprimere le parole: «di cui all'articolo 840-novies, sesto e settimo comma.»
Conseguentemente:
a) al capoverso «Art. 840-novies.», sopprimere il sesto e il settimo comma.
b) al capoverso «Art. 540-undecies.» secondo comma sopprimere le parole: «di cui all'articolo 840-novies, sesto e settimo comma».
c) al capoverso «Art. 840-duodecies.» secondo comma, sopprimere le parole: «di cui all'articolo 840-novies, sesto e settimo comma».
d) al capoverso «Art. 840-terdecies.» terzo comma, sopprimere le parole: «di cui all'articolo 840-novies, sesto e settimo comma».
Ronzulli, Modena, Biasotti, Caliendo, Dal Mas, Galliani, Mangialavori, Paroli, Vitali
Respinto
Al comma 1, sopprimere il capoverso «Art. 840-novies. (Spese del procedimento)».
Conseguentemente al capoverso «Art. 840-terdecies. (Esecuzione forzata collettiva)», sopprimere i commi terzo, quarto e quinto.
Caliendo, Dal Mas, Modena, Biasotti, Galliani, Mangialavori, Paroli, Ronzulli, Vitali
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-novies. (Spese del procedimento)», sopprimere il quarto comma.
Caliendo, Dal Mas, Modena, Biasotti, Galliani, Mangialavori, Paroli, Ronzulli, Vitali, De Poli
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-novies. (Spese del procedimento)», al quarto comma, sopprimere le parole: «aumentare o».
Caliendo, Dal Mas, Modena, Biasotti, Galliani, Mangialavori, Paroli, Ronzulli, Vitali, De Poli
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-novies. (Spese del procedimento)», sopprimere i commi sesto e settimo.
Cucca, Bellanova, Ferrari, Richetti, Rossomando, Cirinna', Valente
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-decies.», secondo comma, sopprimere il secondo e il terzo periodo.
Respinto
Al comma 1, al capoverso «Art. 840-quaterdecies. (Accordi di natura transattiva)», al primo comma, dopo il terzo periodo, inserire il seguente: «L'accordo transattivo o conciliativo concluso tra le parti è efficace soltanto se tutti gli aderenti abbiano dichiarato di voler accedere all'accordo medesimo».
Respinto
Al comma 1, sopprimere il capoverso «Art. 840-sexiesdecies. (Azione inibitoria collettiva)».
Conseguentemente, all'articolo 5, sostituire il comma 1 con il seguente: «1. L'articolo 140-bis del Codice del Consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n.206, è abrogato».
Ronzulli, Modena, Biasotti, Caliendo, Dal Mas, Galliani, Mangialavori, Paroli, Vitali
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-sexiesdecies. (Azione inibitoria collettiva)», apportare le seguenti modificazioni:
a) sostituire il primo comma, con il seguente: «Le organizzazioni o le associazioni senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendano la tutela degli interessi pregiudicati da atti e comportamenti posti in essere in pregiudizio di una pluralità di individui o enti, possono agire per ottenere l'ordine di cessazione o il divieto di reiterazione della condotta omissiva o commissiva. Possono proporre l'azione di cui al presente articolo esclusivamente le organizzazioni e le associazioni iscritte nell'elenco di cui all'articolo 840-bis, secondo comma»;
b) sopprimere il quarto comma.
Bellanova, Cucca, Ferrari, Richetti, Rossomando, Cirinna', Valente
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 840-sexiesdecies.», secondo comma, dopo le parole: «nei confronti di imprese» inserire le seguenti: «di pubbliche amministrazioni».
Bellanova, Cucca, Ferrari, Richetti, Rossomando, Cirinna', Valente
Respinto
Il Senato,
premesso che:
il provvedimento in esame, di riforma dell'istituto dell'azione di classe, costituisce la riproposizione e dunque la prosecuzione di un lavoro iniziato nella scorsa legislatura, al quale abbiamo proficuamente contribuito;
l'impianto del provvedimento, condivisibile in quanto amplia l'accesso alla giustizia da parte dei cittadini italiani, necessita tuttavia di alcuni importanti interventi correttivi finalizzati a rendere il nuovo impianto normativo ancora più equilibrato ed efficace sia in termini procedurali che in termini di bilanciamento degli interessi e dei diritti in campo;
inoltre, occorre tenere in adeguata considerazione le misure in fase di approvazione in sede UE proprio sulle materie oggetto del presente provvedimento. L'11 aprile 2018 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure intese ad aggiornare e migliorare la vigente legislazione in tema di protezione dei consumatori, «New Deal per i consumatori», al fine di garantire che tutti i consumatori europei godano pienamente dei diritti riconosciuti loro dalla legislazione dell'Unione. Il pacchetto contiene, in particolare, la proposta di direttiva (COM(2018)184) del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e che mira ad abrogare la direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori, che introduce un nuovo regime basato, tra l'altro, su quanto indicato nel 2013 dalla stessa Commissione europea nella raccomandazione a principi comuni per i meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria negli Stati membri che riguardano violazioni di diritti conferiti dalle norme dell'Unione, nonché nella comunicazione della Commissione «Verso un quadro orizzontale europeo per i ricorsi collettivi»,
impegna il Governo:
a garantire il coordinamento effettivo tra le norme del provvedimento in esame con la disciplina europea in corso di approvazione, con particolare riguardo al rispettivo ambito di applicazione, al fine di aderire e armonizzarsi alla emananda direttiva;
a provvedere alla costituzione di un Osservatorio, formato da rappresentanti delle associazioni di categoria del mondo imprenditoriale e a rappresentanti delle associazioni dei consumatori, che abbia il compito di svolgere un monitoraggio e una verifica sulla effettiva applicazione della riforma, sulle modalità di funzionamento delle norme, su eventuali criticità, per procedere in questo caso a correzioni e miglioramenti.
ARTICOLI DA 2 A 7 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Art. 2.
Approvato
(Introduzione del titolo V-bis delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, in materia di azione di classe)
1. Dopo il titolo V delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n.1368, è inserito il seguente:
«TITOLO V-bis
DEI PROCEDIMENTI COLLETTIVI
Art. 196-bis.
(Comunicazioni a cura della cancelleria e avvisi in materia di azione di classe)
Tutte le comunicazioni a cura della cancelleria previste dalle disposizioni contenute nel titolo VIII-bis del libro quarto del codice sono eseguite con modalità telematiche all'indirizzo di posta elettronica certificata ovvero al servizio elettronico di recapito certificato qualificato dichiarato dall'aderente. Si applicano le disposizioni in materia di comunicazioni telematiche.
Il portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia deve inviare all'indirizzo di posta elettronica ordinaria o certificata ovvero al servizio elettronico di recapito certificato qualificato, ad ogni interessato che ne ha fatto richiesta e si è registrato mediante un'apposita procedura, un avviso contenente le informazioni relative agli atti per i quali le disposizioni del titolo VIII-bis del libro quarto del codice prevedono la pubblicazione. La richiesta può essere limitata alle azioni di classe relative a specifiche imprese o enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, anche prima della loro proposizione.
Art. 196-ter.
(Elenco delle organizzazioni e associazioni legittimate all'azione di classe)
Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono stabiliti i requisiti per l'iscrizione nell'elenco di cui all'articolo 840-bis, secondo comma, del codice, i criteri per la sospensione e la cancellazione delle organizzazioni e associazioni iscritte, nonché il contributo dovuto ai fini dell'iscrizione e del mantenimento della stessa. Il contributo di cui al presente comma è fissato in misura tale da consentire comunque di far fronte alle spese di istituzione, di sviluppo e di aggiornamento dell'elenco. I requisiti per l'iscrizione comprendono la verifica delle finalità programmatiche, dell'adeguatezza a rappresentare e tutelare i diritti omogenei azionati e della stabilità e continuità delle associazioni e delle organizzazioni stesse, nonché la verifica delle fonti di finanziamento utilizzate. Con il medesimo decreto sono stabilite le modalità di aggiornamento dell'elenco».
2. Il decreto previsto dall'articolo 196-ter delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è adottato entro centottanta giorni dalla data di pubblicazione della presente legge.
Art. 3.
Approvato
(Applicabilità della sanzione penale prevista dall'articolo 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445)
1. All'articolo 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:
«4-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle attestazioni previste dall'articolo 840-septies, secondo comma, lettera g), del codice di procedura civile».
Art. 4.
Approvato
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. All'attuazione delle disposizioni della presente legge si provvede mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 5.
Approvato
(Abrogazioni)
1. Gli articoli 139, 140 e 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, sono abrogati.
Art. 6.
Approvato
(Disposizioni di coordinamento)
1. All'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, dopo la lettera d) è aggiunta la seguente:
«d-bis) controversie di cui al titolo VIII-bis del libro quarto del codice di procedura civile».
2. All'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 19 gennaio 2017, n. 3, le parole: «di cui all'articolo 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al titolo VIII-bis del libro quarto del codice di procedura civile».
Art. 7.
Approvato
(Entrata in vigore)
1. Al fine di consentire al Ministero della giustizia di predisporre le necessarie modifiche dei sistemi informativi per permettere il compimento delle attività processuali con modalità telematiche, le disposizioni di cui alla presente legge entrano in vigore decorsi dodici mesi dalla pubblicazione della medesima legge nella Gazzetta Ufficiale.
2. Le disposizioni della presente legge si applicano alle condotte illecite poste in essere successivamente alla data della sua entrata in vigore. Alle condotte illecite poste in essere precedentemente continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti prima della medesima data di entrata in vigore.
DISEGNO DI LEGGE DICHIARATO ASSORBITO
Disposizioni in materia di azione di classe (583)
ARTICOLI DA 1 A 6
Art. 1.
(Introduzione del titolo VIII-bis del libro quarto del codice di procedura civile, in materia di azione di classe)
1. Dopo il titolo VIII del libro quarto del codice di procedura civile è aggiunto il seguente:
«TITOLO VIII-bis.
DELL'AZIONE DI CLASSE
Art. 840-bis.
(Ambito di applicazione)
I diritti individuali omogenei sono tutelabili anche attraverso l'azione dì classe, secondo le disposizioni del presente titolo. A tale fine, un'associazione o un comitato che hanno come scopo la tutela dei predetti diritti o ciascun componente della classe possono agire nei confronti dell'autore delle condotte lesive per l'accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.
L'azione di classe può essere esperita nei confronti di imprese ovvero nei confronti di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente a fatti cagionati nello svolgimento delle loro rispettive attività. Sono fatte salve le disposizioni in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici.
In ogni caso, resta fermo il diritto all'azione individuale, salvo quanto previsto all'articolo 840-undecies, ottavo comma.
Non è ammesso l'intervento dei terzi ai sensi dell'articolo 105.
Nel caso in cui, a seguito di accordi transattivi o conciliativi intercorsi tra le parti, vengano a mancare in tutto le parti attrici, il tribunale assegna agli aderenti un termine, non inferiore a quarantacinque giorni e non superiore a novanta giorni, per la prosecuzione della causa, che deve avvenire con la costituzione in giudizio di almeno uno degli aderenti mediante il ministero di un difensore. Nel caso in cui, decorso inutilmente il termine di cui al primo periodo, non avvenga la prosecuzione del procedimento, il tribunale ne dichiara l'estinzione. A seguito dell'estinzione, resta comunque salvo il diritto all'azione individuale dei soggetti aderenti oppure l'avvio di una nuova azione di classe.
Art. 840-ter.
(Forma e ammissibilità della domanda)
La domanda per l'azione di classe si propone con atto di citazione davanti alla sezione specializzata in materia di impresa. L'atto di citazione è notificato anche all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale adito, il quale può intervenire limitatamente al giudizio di ammissibilità.
L'atto di citazione è pubblicato, a cura della cancelleria ed entro quindici giorni dall'iscrizione a ruolo della causa, nell'area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia, in modo da assicurare l'agevole reperibilità delle informazioni in esso contenute.
Entro il termine di trenta giorni dalla prima udienza il tribunale decide con ordinanza sull'ammissibilità della domanda.
La domanda è dichiarata inammissibile:
a) quando è manifestamente infondata;
b) quando il tribunale non ravvisa omogeneità dei diritti individuali tutelabili ai sensi dell'articolo 840-bis;
c) quando l'attore versa in stato di conflitto di interessi nei confronti del convenuto;
d) quando l'associazione o il comitato non sono adeguatamente rappresentativi degli interessi fatti valere in giudizio.
L'ordinanza che decide sull'ammissibilità è pubblicata, a cura della cancelleria, nell'area pubblica del portale telematico di cui al secondo comma, entro quindici giorni dalla pronuncia.
Quando l'inammissibilità è dichiarata a norma del quarto comma, lettera a), l'attore può riproporre l'azione di classe quando si verificano mutamenti delle circostanze o sono dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto.
L'ordinanza che decide sull'ammissibilità dell'azione di classe è reclamabile dalle parti davanti alla corte di appello nel termine di trenta giorni dalla sua comunicazione o dalla sua notificazione, se anteriore. Il ricorso deve essere notificato al pubblico ministero. Sul reclamo la corte di appello decide con ordinanza in camera di consiglio entro quaranta giorni dal deposito del ricorso. In caso di accertamento dell'ammissibilità della domanda, la corte di appello trasmette gli atti al tribunale originariamente adito per la prosecuzione della causa. Avverso l'ordinanza emessa dalla corte di appello è ammesso il ricorso per cassazione. Il reclamo e il ricorso per cassazione avverso le ordinanze ammissive non sospendono il procedimento davanti al tribunale.
Art. 840-quater.
(Pluralità delle azioni di classe)
La causa promossa davanti a un ufficio diverso, successivamente alla data di pubblicazione dell'atto di citazione nell'area pubblica del portale telematico di cui all'articolo 840-ter, secondo comma, ed entro la data di pronuncia dell'ordinanza di cui al terzo comma del medesimo articolo, è cancellata dal ruolo e non ne è ammessa la riassunzione. Allo stesso modo si procede per le azioni di classe proposte davanti al medesimo ufficio giudiziario successivamente alla pronuncia dell'ordinanza di cui all'articolo 840-ter, terzo comma, e fino alla pubblicazione della sentenza a norma dell'articolo 840-sexies.
Quando l'azione di classe è respinta, una volta decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza nell'area pubblica del portale telematico di cui all'articolo 840-ter, secondo comma, non sono proponibili nuove azioni di classe sulla base dei medesimi fatti e nei confronti del medesimo convenuto; è fatta salva la proponibilità dell'azione di classe a tutela dei diritti che non potevano essere fatti valere nel termine di cui al presente comma. Quando l'azione di classe è accolta con sentenza passata in giudicato, non possono essere proposte nuove azioni di classe sulla base dei medesimi fatti e nei confronti del medesimo convenuto e quelle proposte sono cancellate dal ruolo; è fatta salva la proponibilità delle azioni di classe a tutela dei diritti che non potevano essere fatti valere entro la scadenza del termine di cui all'articolo 840-sexies, primo comma, lettera e).
Art. 840-quinquies.
(Procedimento)
Con l'ordinanza con cui ammette l'azione di classe, il tribunale fissa un termine per l'adesione all'azione medesima da parte dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei e provvede secondo quanto previsto dall'articolo 840-sexies, primo comma, lettera e). Si applica in quanto compatibile l'articolo 840-septies. L'aderente non assume la qualità di parte e ha diritto ad accedere al fascicolo informatico e a ricevere tutte le comunicazioni a cura della cancelleria. I diritti di coloro che aderiscono a norma del presente comma sono accertati secondo le disposizioni di cui all'articolo 840-octies, successivamente alla pronuncia della sentenza che accoglie l'azione di classe.
Il tribunale, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all'oggetto del giudizio.
Quando è nominato un consulente tecnico, l'obbligo di pagare le spese, l'acconto e il compenso a quest'ultimo spettanti sono posti a carico del convenuto; l'inottemperanza all'obbligo di cui al presente comma non costituisce motivo di mancata accettazione o di rinuncia all'incarico.
Ai fini dell'accertamento della responsabilità del convenuto il tribunale può avvalersi di dati statistici e di presunzioni semplici.
Art. 840-sexies.
(Sentenza)
Con la sentenza che accoglie l'azione di classe, il tribunale:
a) provvede in ordine alle domande risarcitorie o restitutorie proposte dall'attore, quando l'azione è stata proposta da un soggetto diverso da un'associazione o da un comitato;
b) accerta che il convenuto, con la condotta addebitatagli dall'attore, ha leso diritti individuali omogenei;
c) definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei di cui alla lettera b), specificando gli elementi necessari per l'inclusione nella classe dei soggetti di cui alla lettera e);
d) stabilisce la documentazione che deve essere eventualmente prodotta per fornire prova della titolarità dei diritti individuali di cui alla lettera b);
e) dichiara aperta la procedura di adesione e fissa il termine perentorio, non superiore a centottanta giorni, per l'adesione all'azione di classe da parte dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei di cui alla lettera b) nonché per l'eventuale integrazione degli atti e per il compimento delle attività da parte di coloro che hanno aderito a norma dell'articolo 840-quinquies, primo comma; il termine decorre dalla data di pubblicazione della sentenza nell'area pubblica del portale telematico di cui all'articolo 840-ter, secondo comma;
f) nomina il giudice delegato per la procedura di adesione;
g) nomina il rappresentante comune degli aderenti tra i soggetti aventi i requisiti per la nomina a curatore fallimentare; quando ne fa richiesta, può essere nominato l'avvocato della parte la cui azione è stata accolta;
h) determina l'importo da versare a cura di ciascun aderente a titolo di fondo spese e stabilisce le relative modalità.
La sentenza è pubblicata nell'area pubblica del portale telematico di cui all'articolo 840-ter, secondo comma, entro quindici giorni dal deposito.
Il rappresentante comune è pubblico ufficiale. Il giudice delegato può, dopo averlo sentito, revocare il rappresentante comune in ogni tempo con decreto.
Il giudice delegato può in ogni tempo disporre l'integrazione delle somme da versare a cura di ciascun aderente a titolo di fondo spese. Il mancato versamento delle somme rende inefficace l'adesione; l'inefficacia opera di diritto ed è rilevabile d'ufficio.
Art. 840-septies.
(Modalità di adesione all'azione di classe)
L'adesione all'azione di classe si propone mediante inserimento della relativa domanda nel fascicolo informatico, avvalendosi di un'area del portale dei servizi telematici di cui all'articolo 840-ter, secondo comma.
La domanda di cui al primo comma, a pena di inammissibilità, deve contenere:
a) l'indicazione del tribunale e i dati relativi all'azione di classe a cui il soggetto chiede di aderire;
b) i dati identificativi dell'aderente;
c) l'indirizzo di posta elettronica certificata dell'aderente;
d) la determinazione della cosa oggetto della domanda;
e) l'esposizione dei fatti costituenti le ragioni della domanda di adesione;
f) l'indice dei documenti probatori eventualmente prodotti;
g) la seguente attestazione: "Consapevole della responsabilità penale prevista dalle disposizioni in materia di dichiarazioni sostitutive, attesto che i dati e i fatti esposti nella domanda e nei documenti prodotti sono veritieri";
h) il conferimento al rappresentante comune, già nominato o che sarà nominato dal giudice, del potere di rappresentare l'aderente e di compiere nel suo interesse tutti gli atti, di natura sia sostanziale sia processuale, relativi al diritto individuale omogeneo esposto nella domanda di adesione;
i) i dati necessari per l'accredito delle somme che verranno eventualmente riconosciute a suo favore;
l) la dichiarazione di aver provveduto al versamento del fondo spese di cui all'articolo 840-sexies, primo comma, lettera h).
L'aderente può produrre, con le modalità di cui al secondo comma, dichiarazioni di terzi, capaci di testimoniare, rilasciate a un avvocato che attesta l'identità del dichiarante secondo le disposizioni dell'articolo 252; l'avvocato che procede a norma del presente comma è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto.
La domanda è valida:
a) quando è presentata a norma dell'articolo 65 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;
b) quando è sottoscritta e inserita nel fascicolo informatico unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità dell'aderente.
I documenti probatori sono prodotti mediante inserimento nel fascicolo informatico.
La domanda di adesione produce gli effetti della domanda giudiziale e può essere presentata anche senza il ministero di un difensore.
L'adesione diventa inefficace in caso di revoca del potere di rappresentanza conferito al rappresentante comune a norma del secondo comma, lettera h). L'inefficacia opera di diritto ed è rilevabile d'ufficio. La revoca è opponibile all'impresa o all'ente gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità da quando è inserita nel fascicolo informatico.
La domanda di adesione interrompe la prescrizione; il nuovo periodo di prescrizione decorre dalla data in cui è stata proposta la domanda di adesione.
Quando l'azione di classe è stata proposta a norma dell'articolo 840-quater, l'aderente deve dimostrare di non aver potuto far valere i propri diritti entro i termini previsti.
Art. 840-octies.
(Progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti)
Entro il termine perentorio di novanta giorni dalla scadenza del termine di cui all'articolo 840-sexies, primo comma, lettera e), il convenuto deve depositare una memoria contenente le sue difese, prendendo posizione sui fatti posti da ciascun aderente a fondamento della domanda ed eccependo i fatti estintivi, modificativi o impeditivi dei diritti fatti valere dagli aderenti. I fatti dedotti dall'aderente e non specificatamente contestati dal convenuto nel termine di cui al presente comma si considerano ammessi.
Il rappresentante comune degli aderenti, entro novanta giorni dalla scadenza del termine di cui al primo comma, predispone il progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti, rassegnando per ciascuno le sue motivate conclusioni, e lo deposita; il progetto è comunicato agli aderenti e al convenuto. Il rappresentante comune può chiedere al tribunale di nominare uno o più esperti di particolare competenza tecnica che lo assistano per la valutazione dei fatti posti dagli aderenti a fondamento delle domande.
Il convenuto e gli aderenti, entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al secondo comma, possono depositare osservazioni scritte e documenti integrativi. Nella procedura di adesione non sono ammessi mezzi di prova diversi dalla prova documentale.
Il rappresentante comune, entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui al terzo comma, apporta le eventuali variazioni al progetto dei diritti individuali omogenei e lo deposita nel fascicolo informatico.
Il giudice delegato, con decreto succintamente motivato, quando accoglie in tutto o in parte la domanda di adesione, condanna il convenuto al pagamento delle somme o delle cose dovute a ciascun aderente a titolo di risarcimento o di restituzione. Il provvedimento costituisce titolo esecutivo ed è comunicato al convenuto, agli aderenti, al rappresentante comune e ai difensori di cui all'articolo 840-novies.
A favore dell'aderente non possono essere liquidate le spese legali sostenute per la presentazione della domanda di adesione o per la partecipazione al procedimento di cui al presente articolo.
Art. 840-novies.
(Spese del procedimento)
Con il decreto di cui all'articolo 840-octies, il tribunale condanna altresì il convenuto a corrispondere direttamente al rappresentante comune, a titolo di compenso, un importo ulteriore rispetto alle somme dovute a ciascun aderente a titolo di risarcimento e di restituzione. Il compenso è stabilito in considerazione del numero dei componenti la classe in misura progressiva:
a) da 1 a 500, nella misura del 9 per cento;
b) da 501 a 1.000, nella misura del 6 per cento;
c) da 1.001 a 10.000, nella misura del 3 per cento;
d) da 10.001 a 100.000, nella misura del 2,5 per cento;
e) da 100.001 a 500.000, nella misura dell'1,5 per cento;
f) da 500.001 a 1.000.000, nella misura dell'1 per cento;
g) oltre 1.000.000, nella misura dello 0,5 per cento.
Le percentuali di cui al primo comma sono calcolate sull'importo complessivo dovuto a tutti gli aderenti.
Sono altresì dovute le spese sostenute e documentate.
L'autorità giudiziaria può aumentare o ridurre l'ammontare del compenso liquidato a norma del primo comma in misura non superiore al 50 per cento, sulla base dei seguenti criteri:
a) complessità dell'incarico;
b) ricorso all'opera di coadiutori;
c) qualità dell'opera prestata;
d) sollecitudine con cui sono state condotte le attività;
e) numero degli aderenti.
Per quanto non previsto dal primo e dal secondo comma, si applicano le disposizioni in materia di spese di giustizia.
Con il medesimo decreto, il tribunale condanna altresì il convenuto a corrispondere direttamente all'avvocato che ha difeso l'attore fino alla pronuncia della sentenza di cui all'articolo 840-sexies un importo ulteriore rispetto alle somme dovute a ciascun aderente a titolo di risarcimento e di restituzione. Il predetto importo, riconosciuto a titolo di compenso premiale, è liquidato a norma del primo comma. Quando l'attore è stato difeso da più avvocati, il compenso è ripartito in proporzione all'attività effettivamente prestata.
Le disposizioni di cui al sesto comma si applicano anche ai difensori che hanno difeso gli attori delle cause riunite risultati vittoriosi.
Art. 840-decies.
(Impugnazione della sentenza)
Gli atti di impugnazione della sentenza di cui all'articolo 840-sexies e i provvedimenti che definiscono i giudizi di impugnazione sono pubblicati nell'area pubblica del portale telematico di cui all'articolo 840-ter, secondo comma.
Ai fini dell'impugnazione della sentenza non si applica l'articolo 325 e il termine di cui all'articolo 327 è ridotto della metà. Entro due mesi dalla scadenza del termine di cui al periodo precedente senza che sia intervenuta impugnazione, coloro che hanno aderito a norma dell'articolo 840-quinquies, primo comma, possono proporre atto di impugnazione.
Art. 840-undecies.
(Impugnazione del decreto)
Contro il decreto di cui all'articolo 840-octies può essere proposta opposizione con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale.
Il ricorso può essere proposto dal convenuto, dal rappresentante comune e dagli avvocati di cui all'articolo 840-novies, nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento.
Il ricorso non sospende l'esecuzione del decreto. Esso deve contenere:
a) l'indicazione del tribunale competente;
b) le generalità del ricorrente e l'elezione del domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito;
c) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l'opposizione, con le relative conclusioni;
d) a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio.
Il presidente del tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore e fissa con decreto l'udienza di comparizione entro quaranta giorni dal deposito. Il giudice delegato non può far parte del collegio.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere comunicato ai controinteressati entro cinque giorni dal deposito del decreto. Il resistente deve costituirsi almeno cinque giorni prima dell'udienza, depositando una memoria contenente l'esposizione delle difese in fatto e in diritto.
L'intervento di qualunque interessato non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione della parte resistente, con le modalità per questa previste.
Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che la parte dimostri di non aver potuto indicarli o produrli prima, per causa ad essa non imputabile. Entro trenta giorni dall'udienza di comparizione delle parti, il tribunale provvede con decreto motivato, con il quale conferma, modifica o revoca il provvedimento impugnato.
L'aderente può proporre azione individuale a condizione che la domanda di adesione sia stata revocata prima che il decreto sia divenuto definitivo.
Art. 840-duodecies.
(Adempimento spontaneo)
Quando il debitore provvede spontaneamente al pagamento delle somme stabilite con il decreto di cui all'articolo 840-octies, le somme sono versate su un conto corrente bancario o postale intestato alla procedura aperta con la sentenza di cui all'articolo 840-sexies e vincolato all'ordine del giudice. Il rappresentante comune deposita con la massima sollecitudine il piano di riparto e il giudice delegato ordina il pagamento delle somme spettanti a ciascun aderente.
Il rappresentante comune, il debitore e gli avvocati di cui all'articolo 840-novies possono proporre opposizione a norma dell'articolo 840-undecies.
Il rappresentante comune deposita la documentazione comprovante i pagamenti effettuati.
Per il compimento dell'attività di cui al presente articolo, al rappresentante comune non spetta alcun ulteriore compenso.
Art. 840-terdecies.
(Esecuzione forzata collettiva)
L'esecuzione forzata del decreto di cui all'articolo 840-octies, limitatamente alle somme liquidate in favore dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei e che non hanno revocato al rappresentante comune il potere di rappresentanza conferito a norma dell'articolo 840-septies, secondo comma, lettera h), è promossa esclusivamente dal rappresentante comune, che compie tutti gli atti nell'interesse degli aderenti, ivi compresi quelli relativi agli eventuali giudizi di opposizione. La revoca è opponibile all'impresa o all'ente gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità da quando è inserita nel fascicolo informatico e non può essere parziale.
Devono essere trattenute e depositate nei modi stabiliti dal giudice dell'esecuzione le somme ricavate per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi e non ancora divenuti definitivi.
Le disposizioni dei commi precedenti non si applicano relativamente ai crediti riconosciuti, con il decreto di cui all'articolo 840-octies, in favore del rappresentante comune e degli avvocati di cui all'articolo 840-novies.
Il compenso dovuto al rappresentante comune è liquidato dal giudice in misura non superiore a un decimo della somma ricavata, tenuto conto dei criteri di cui all'articolo 840-novies, secondo comma. Il credito del rappresentante comune liquidato a norma del presente articolo nonché quello liquidato a norma dell'articolo 840-novies, commi primo e secondo, hanno privilegio sui beni oggetto dell'esecuzione.
Il rappresentante comune non può stare in giudizio senza l'autorizzazione del giudice delegato, salvo che per i procedimenti promossi per impugnare atti del giudice delegato o del tribunale.
Art. 840-quaterdecies.
(Accordi di natura transattiva)
Il tribunale, fino alla precisazione delle conclusioni, formula ove possibile, avuto riguardo al valore della controversia e all'esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto, una proposta transattiva o conciliativa. La proposta del giudice è inserita nell'area pubblica del portale telematico di cui all'articolo 840-ter, secondo comma, ed è comunicata all'indirizzo di posta elettronica certificata indicato da ciascun aderente. L'accordo transattivo o conciliativo concluso tra le parti è inserito nell'area pubblica ed è comunicato all'indirizzo di posta elettronica certificata indicato da ciascun aderente, il quale può dichiarare di voler accedere all'accordo medesimo mediante dichiarazione inserita nel fascicolo informatico.
Dopo la pronuncia della sentenza di cui all'articolo 840-sexies, il rappresentante comune, nell'interesse degli aderenti, può stipulare con l'impresa o con l'ente gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità uno schema di accordo di natura transattiva.
Lo schema è inserito nell'area pubblica di cui all'articolo 840-ter ed è comunicato all'indirizzo di posta elettronica certificata indicato da ciascun aderente.
Entro quindici giorni dalla comunicazione di cui al terzo comma, ciascun aderente può inserire nel fascicolo informatico le proprie motivate contestazioni allo schema di accordo. Nei confronti degli aderenti che non formulano contestazioni a norma del presente comma, lo schema di accordo si considera non contestato.
Entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui al quarto comma, il giudice delegato, avuto riguardo agli interessi degli aderenti, può autorizzare il rappresentante comune a stipulare l'accordo transattivo.
Il provvedimento del giudice delegato è inserito nell'area pubblica di cui all'articolo 840-ter ed è comunicato all'indirizzo di posta elettronica certificata indicato da ciascun aderente nonché all'attore.
Entro quindici giorni dalla comunicazione di cui al sesto comma, l'aderente che ha formulato le contestazioni di cui al quarto comma può privare il rappresentante comune della facoltà di stipulare l'accordo transattivo a cui le medesime contestazioni si riferiscono.
L'accordo transattivo autorizzato dal giudice delegato e stipulato dal rappresentante comune costituisce titolo esecutivo e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale e deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell'articolo 480, secondo comma. Il rappresentante comune certifica l'autografia delle sottoscrizioni apposte all'accordo transattivo.
L'attore può aderire all'accordo transattivo entro il termine di cui al settimo comma; in tal caso, l'accordo transattivo costituisce titolo esecutivo e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale anche in suo favore.
Art. 840-quinquiesdecies.
(Chiusura della procedura di adesione)
La procedura di adesione si chiude:
a) quando le ripartizioni agli aderenti, effettuate dal rappresentante comune, raggiungono l'intero ammontare dei crediti dei medesimi aderenti;
b) quando nel corso della procedura risulta che non è possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese degli aderenti, anche tenuto conto dei costi che è necessario sostenere.
La chiusura della procedura di adesione è dichiarata con decreto motivato del giudice delegato, reclamabile a norma dell'articolo 840-undecies.
Gli aderenti riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi.
Art. 840-sexiesdecies.
(Azione inibitoria collettiva)
Chiunque abbia interesse alla pronuncia di un'inibitoria di atti e comportamenti, posti in essere in pregiudizio di una pluralità di individui o enti, può agire per ottenere l'ordine di cessazione o il divieto di reiterazione della condotta omissiva o commissiva.
L'azione può essere esperita nei confronti di imprese o di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità relativamente a fatti commessi nello svolgimento delle loro rispettive attività.
La domanda si propone con le forme del processo ordinario alla sezione specializzata in materia di impresa.
Si applica l'articolo 840-quinquies.
Il tribunale può avvalersi di dati statistici e di presunzioni semplici.
Con la condanna alla cessazione della condotta omissiva o commissiva, il tribunale può, su istanza di parte, adottare i provvedimenti di cui all'articolo 614-bis, anche fuori dei casi ivi previsti.
Con la condanna alla cessazione della condotta omissiva o commissiva, il tribunale può, anche d'ufficio, ordinare che la parte soccombente adotti le misure più opportune ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate.
Il giudice, su istanza di parte, condanna la parte soccombente a dare diffusione del provvedimento, nei modi e nei tempi definiti nello stesso, mediante utilizzo dei mezzi di comunicazione ritenuti più appropriati.
Quando l'azione inibitoria collettiva è proposta congiuntamente all'azione di classe, il giudice dispone la separazione delle cause.
Sono fatte salve le disposizioni previste in materia dalle leggi speciali».
Art. 2.
(Introduzione del titolo V-bis delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile in materia di azione ai classe)
1. Dopo il titolo V delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, è inserito il seguente:
«TITOLO V-bis.
DELL'AZIONE DI CLASSE
Art. 196-bis.
(Comunicazioni a cura della cancelleria e avvisi in materia di azione di classe)
Tutte le comunicazioni a cura della cancelleria previste dalle disposizioni contenute nel titolo VIII-bis del libro quarto del codice sono eseguite con modalità telematiche all'indirizzo di posta elettronica dichiarato dall'aderente. Si applicano le disposizioni in materia di comunicazioni telematiche.
Il portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia deve inviare all'indirizzo di posta elettronica ordinaria o certificata, ad ogni interessato che ne ha fatto richiesta e si è registrato mediante un'apposita procedura, un avviso contenente le informazioni relative agli atti per i quali le disposizioni del titolo VIII-bis del libro quarto del codice prevedono la pubblicazione. La richiesta può essere limitata alle azioni di classe relative a specifiche imprese o enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, anche prima della loro proposizione».
Art. 3.
(Applicabilità della sanzione penale prevista dall'articolo 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445)
1. All'articolo 76 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:
«4-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle attestazioni previste dall'articolo 840-septies, secondo comma, lettera g), del codice di procedura civile».
Art. 4.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. All'attuazione delle disposizioni della presente legge si provvede mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 5.
(Entrata in vigore)
1. Al fine di consentire al Ministero della giustizia di predisporre le necessarie modifiche dei sistemi informativi per permettere il compimento delle attività processuali con modalità telematiche, le disposizioni di cui alla presente legge entrano in vigore decorsi sei mesi dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
2. Per i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge si applica la disciplina vigente prima della medesima data di entrata in vigore.
Art. 6.
(Abrogazioni)
1. Gli articoli 139, 140 e 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, sono abrogati.
________________
N.B. Disegno di legge dichiarato assorbito a seguito dell'approvazione del disegno di legge n. 844.
MOZIONI
Mozioni sull'autismo
(1-00042) (
GIAMMANCO, RIZZOTTI, MODENA, PAGANO, GIRO, AIMI, BATTISTONI, GALLONE, BINETTI, LANIECE, DE LUCIA, GASPARRI, SICLARI, MALLEGNI, MASINI, TESTOR, CALIENDO, BERARDI, DAMIANI, FANTETTI, LONARDO, MOLES, TIRABOSCHI, MARSILIO, FARAONE, BONINO, PARENTE, PAROLI, PAPATHEU, FEDELI, SCHIFANI, PICHETTO FRATIN, PITTELLA, BARBONI, PEROSINO, CANGINI, MINUTO, GINETTI, FLORIS, VITALI, GIACOBBE, CASOLATI, PRESUTTO, LEONE, EVANGELISTA, PIARULLI, RAUTI, DE POLI, ARRIGONI, MARTI. -
Ritirata
Il Senato,
premesso che:
l'autismo è un grave disturbo del neurosviluppo che compromette le capacità di interazione e comunicazione sociale, induce comportamenti ripetitivi e limita in maniera drastica il campo degli interessi per cui una persona autistica è un soggetto che fatica a inserirsi nel contesto sociale e molto spesso è privo della volontà di cimentarsi in nuove attività;
l'autismo è una condizione di carattere permanente, attualmente incurabile, che si manifesta fin dalla tenera età;
secondo il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-V) redatto nel 2013 sono ricomprese tra le malattie dello spettro autistico, oltre all'autismo, altre problematiche del neurosviluppo, tra cui: la sindrome di Asperger, il disturbo disintegrativo dell'infanzia e il disturbo pervasivo dello sviluppo;
le manifestazioni dell'autismo sono numerose e possono variare notevolmente da persona a persona;
la diagnosi richiede il coinvolgimento di un team di professionisti e prevede diversi test ed esami valutativi;
per migliorare la qualità di vita dei soggetti affetti da autismo esistono dei trattamenti di supporto (come ad esempio i trattamenti cognitivo-comportamentali ABA, applied behavior analysis) in grado di limitare, in maniera anche efficace, i disturbi della malattia;
questi trattamenti hanno costi elevati e molto spesso non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, con evidenti ripercussioni sulle spese delle famiglie che assistono queste persone;
il legislatore, in questi ultimi anni, ha proposto diverse iniziative per assistere i soggetti autistici, ma i risultati raggiunti sono ancora molto insufficienti, sia per ciò che concerne i diretti interessati, che per le famiglie che li aiutano;
il primo comma dell'articolo 32 della Carta costituzionale recita "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti": è evidente, dunque, come l'obiettivo dei padri costituenti fosse quello di garantire una tutela sostanziale e non soltanto formale della salute, attraverso l'impegno delle istituzioni;
il Senato rappresenta un luogo in cui tale tutela dovrebbe avere piena espressione;
sarebbe opportuno costituire durante la XVIII Legislatura una Commissione speciale con compiti di analisi, approfondimento e proposta sull'autismo e su altre disabilità;
la Commissione sarebbe altresì chiamata a: a) monitorare l'applicazione delle norme nazionali e regionali concernenti la prevenzione, la diagnosi e la riabilitazione dei soggetti con autismo e altre disabilità; b) individuare proposte per rendere più accessibili le terapie cognitivo comportamentali per le persone affette da autismo e migliorare la qualità di vita dei soggetti con altre disabilità; c) promuovere la realizzazione sul territorio di servizi per la riabilitazione delle persone affette da autismo e altre disabilità; d) incentivare progetti nazionali e internazionali di ricerca; e) favorire l'accessibilità e la diffusione delle informazioni relative all'autismo e ad altre disabilità; f) promuovere programmi di inserimento nella vita sociale delle persone affette da autismo e altre disabilità; g) promuovere programmi di assistenza alle famiglie delle persone affette da autismo e altre disabilità,
delibera di istituire una Commissione speciale ai sensi dell'articolo 24 del Regolamento per le questioni concernenti l'autismo e altre disabilità. La Commissione è costituita da 20 senatori nominati dal Presidente del Senato in proporzione al numero dei componenti dei Gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo. La Commissione elegge tra i suoi membri l'Ufficio di Presidenza composto dal Presidente, da due vice Presidenti e da due Segretari. La Commissione opera in piena autonomia e favorisce iniziative mirate a migliorare la qualità di vita delle persone affette da autismo. La Commissione ha compiti di ricerca, analisi e approfondimento sulle materie concernenti l'autismo ed altre disabilità. Per il raggiungimento di queste finalità essa, quando lo ritenga utile, può svolgere procedure informative, ai sensi degli articoli 46, 47 e 48 del Regolamento; formulare proposte e relazioni all'Assemblea, ai sensi dell'articolo 50, comma 1, del Regolamento; votare risoluzioni alla conclusione degli affari ad essa assegnati, ai sensi dell'articolo 50, comma 2, del Regolamento.
(1-00083) (05 marzo 2019)
CASTELLONE, SILERI, FREGOLENT, CANTU', MAUTONE, MARINELLO, DI MARZIO, Giuseppe PISANI, MARIN, RUFA, MAIORINO, TAVERNA, ENDRIZZI, DONNO, ANGRISANI.
Ritirata
Il Senato,
premesso che:
il disturbo dello spettro autistico è un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo, caratterizzato da esordio precoce di difficoltà nell'interazione reciproca e nella comunicazione sociale associata a comportamenti e interessi ripetitivi e ristretti (come definito nei manuali "DSM-5" e "ICD-11"). La posizione scientifica, condivisa a livello internazionale, considera l'autismo una sindrome comportamentale associata a un disturbo dello sviluppo del cervello e della mente, con esordio nei primi tre anni di vita, alla cui insorgenza contribuiscono fattori eziopatogenetici sia genetici che ambientali;
la legge 18 agosto 2015, n. 134, recante "Disposizioni in materia di diagnosi, cura e riabilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie", approvata dal Parlamento nella XVII Legislatura, prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico, conformemente a quanto previsto dalla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite A/RES/67/82 del 12 dicembre 2012, sui bisogni delle persone con autismo. La legge dispone anche l'aggiornamento, da parte dell'Istituto superiore di sanità, delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche e terapeutiche derivanti dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali e internazionali;
la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016), ha istituito all'articolo 1, comma 401, nello stato di previsione del Ministero della salute il fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, con una dotazione di 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016, al fine di garantire la compiuta attuazione della legge n. 134;
la legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), ha stabilito all'articolo 1, comma 360, che le risorse del fondo non utilizzate per l'anno 2016 confluissero per l'anno 2017 nel fondo medesimo. La successiva legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio per il 2018), ha stabilito all'articolo 1, comma 455, che la dotazione del fondo è incrementata di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, concernente l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, ha recepito, all'articolo 60, le disposizioni della legge n. 134 del 2015, prevedendo peraltro che il SSN garantisca alle persone con disturbi dello spettro autistico specifiche prestazioni di diagnosi precoce, cura e trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche; nel decreto l'autismo rientra nell'elenco individuato all'allegato 8, cui fa rinvio l'articolo 53 che garantisce il diritto all'esenzione dal ticket sanitario per le persone affette da malattie croniche e invalidanti; più nello specifico, il disturbo autistico è fatto rientrare fra le condizioni di psicosi per le quali lo stesso allegato 8 riporta l'elenco delle prestazioni sanitarie (tra cui visite e sedute psicoterapiche, dosaggi di farmaci, esami clinici, eccetera) in esenzione dalla partecipazione al costo per i soggetti interessati;
considerato che:
il 10 maggio 2018 la Conferenza unificata ha approvato l'intesa sul documento recante "Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei Disturbi dello Spettro Autistico"; secondo quanto emerge da tale documento, il Ministero della salute in collaborazione con il Gruppo tecnico interregionale salute Mentale (GISM) ha condotto una valutazione sul recepimento delle precedenti linee d'indirizzo (del 2012), dalla quale è emerso un diverso grado di recepimento e differenti implementazioni a livello regionale e locale; tali esperienze, si sottolinea, non sono ad oggi ancora uniformemente diffuse nel territorio nazionale, generando disparità di approccio alla gestione dei bisogni delle persone nello spettro autistico;
proprio come conseguenza del "modesto" recepimento delle linee d'indirizzo del 2012, l'intesa medesima ribadisce quanto previsto all'articolo 4 della legge n. 134 del 2015, ossia che l'attuazione delle linee d'indirizzo, come aggiornate, costituisce adempimento ai fini della verifica del Comitato permanente per la verifica dei LEA, tuttavia inserendo nel medesimo documento l'invarianza finanziaria secondo la quale all'attuazione dell'intesa si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
considerato, inoltre, che: nel mese di settembre 2018 l'Istituto superiore di sanità ha ufficializzato l'obiettivo di redigere, attraverso il sistema nazionale delle linee guida, le linee guida sul disturbo dello spettro autistico finalizzate a supportare i professionisti sanitari nella definizione del percorso diagnostico e terapeutico più appropriato ed a creare una rete di sostegno e assistenza per i familiari e caregiver nella presa in carico integrata del minore, che deve coinvolgere l'intero contesto di vita (famiglia, scuola, luoghi di aggregazione, servizi territoriali sociali e sociosanitari) al fine di offrire un insieme di risposte mirate agli specifici bisogni di natura abilitativa e educativa e garantire altresì livelli omogenei di presa in carico e trattamento su tutto il territorio nazionale,
impegna il Governo:
1) ad attivarsi, previa verifica degli effettivi risultati delle attività e della consistenza delle rilevazioni da parte dell'Osservatorio nazionale autismo, per l'istituzione di una rete scientifica ed epidemiologica, anche in raccordo con analoghe esperienze in ambito europeo o internazionale, al fine di promuovere studi e ricerche finalizzate a raccogliere dati di prevalenza nazionale aggiornati sull'autismo e a censire le buone pratiche terapeutiche ed educative a questo dedicate;
2) ad assicurare che il sistema informativo dell'età evolutiva fornisca sui disturbi dello spettro autistico, a livello nazionale, stime affidabili della prevalenza di tali disturbi, utilizzabili per una più completa valutazione della richiesta sanitaria e una pianificazione appropriata dei servizi sanitari;
3) a definire, in attuazione dell'intesa sancita in sede di Conferenza unificata del 10 maggio 2018 nell'ambito della stipula del nuovo patto per la salute 2019-2021, di cui all'articolo 1, comma 516, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145, un sistema di valutazione secondo indicatori oggettivi e misurabili di garanzia del puntuale adempimento delle linee di indirizzo su tutto il territorio nazionale, a valere come obiettivo strategico di SSN, per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico con specifico riconoscimento ovvero non riconoscimento dello 0,5 per cento delle maggiori risorse vincolate, ad ogni conseguente effetto all'esito del prescritto monitoraggio del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, deducendone le coerenti previsioni nella suddetta adottanda intesa, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano;
4) a perfezionare, per il tramite dell'Istituto superiore di sanità, l'elaborazione delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, ai sensi di quanto previsto dalla legge n. 134 del 2015, e del decreto ministeriale 30 dicembre 2016, entro e non oltre un anno dalla data di approvazione del presente atto di indirizzo, con obbligo di conforme rendiconto in relazione annuale al Parlamento.
(1-00098) (19 marzo 2019)
BINETTI, SACCONE, FAZZONE, FERRO, TESTOR, MASINI, CONZATTI, GALLONE, SICLARI, RIZZOTTI, GIAMMANCO. -
Ritirata
Il Senato,
premesso che:
il disturbo dello spettro autistico è un insieme eterogeneo di disturbi del neuro-sviluppo, con esordio precoce, già nei primi tre anni di vita; la vita del soggetto è caratterizzata da difficoltà nell'interazione reciproca e nella comunicazione sociale, associata a comportamenti di tipo ripetitivo (stereotipie) e ad interessi ristretti in ambiti specifici (definizione dai manuali "DSM-5" e "ICD-11"). Tutto ciò comporta una disabilità permanente con manifestazioni diverse, che possono variare da persona a persona, e tende ad accompagnare il soggetto che ne è affetto per tutta la durata della vita;
la scienza ritiene che i fattori eziopatogenetici siano di tipo sia genetico che ambientale, ma esclude ipotesi legate a vaccini di vario tipo; il fatto stesso che le cause siano così numerose e sostanzialmente diverse tra di loro, comporta che si creino, anche sul piano delle manifestazioni del disturbo dello spettro autistico, situazioni molto diversificate che richiedono approcci altrettanto diversi tra di loro sul piano delle terapie specifiche. Pertanto, è fondamentale prevedere un costante richiamo alla singolarità e all'unicità della persona, evitando l'omologazione di trattamenti, che nella loro generalizzazione non tengano conto della diversità delle cause, della diversità delle manifestazioni e della diversa intensità della sintomatologia, che ogni soggetto presenta nella specificità del contesto in cui vive;
in Italia si stima che il disturbo dello spettro autistico abbia una prevalenza di almeno uno su 100, con una frequenza 4 volte più alta fra i maschi; si ritiene pertanto che il problema possa riguardare all'incirca 500.000 famiglie; i disturbi dello spettro autistico da soli rappresentano attualmente una delle prime 20 cause di disabilità infantile nel mondo;
gli studi epidemiologici internazionali hanno riportato un incremento generalizzato della prevalenza di disturbi dello spettro autistico, anche in considerazione della migliore capacità di diagnosi da parte degli specialisti, dell'allargamento dei criteri diagnostici, dell'abbassamento dell'età alla diagnosi, della maggiore sensibilità e attenzione ai disturbi dello spettro autistico; a livello europeo, vengono indicati come una condizione ad elevato costo sanitario e impatto sociale, in riferimento a tutte le fasi di vita e a tutti gli ambiti d'intervento;
il 12 settembre 2015 è entrata in vigore la prima legge nazionale sull'autismo, legge n. 134 del 2015, approvata in via definitiva il 5 agosto 2015. La legge prevede l'inserimento dei trattamenti per l'autismo nei livelli essenziali di assistenza (LEA), l'aggiornamento delle linee guida per prevenzione, diagnosi e cura e ribadisce la necessità di un efficace coordinamento tra le diverse strutture che hanno in carico soggetti la cui diagnosi rientra nell'ambito delle patologie del neuro-sviluppo. Inoltre, riconosce la necessità di potenziare la ricerca in questo campo specifico affrontando la complessità dei problemi correlati: dall'eziopatogenesi, ai trattamenti socio-riabilitativi, dalla relazione con la famiglia a quella con la scuola;
il 12 gennaio 2017 è stato pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante "Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza", (Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017), che al comma 1 dell'articolo 60 recita: "Ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, il Servizio Sanitario Nazionale, alle persone con disturbi dello spettro autistico, garantisce le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifich";
il 10 maggio 2018, la Conferenza unificata Stato-Regioni, con le Province di Trento e Bolzano, ha approvato il documento sull'aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico; l'atto di intesa però inserisce una clausola che afferma: "All'attuazione della presente intesa si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica". Per cui i livelli essenziali di assistenza per le persone con disturbi dello spettro autistico sono assicurati dalle aziende sanitarie locali solo in relazione alle risorse finanziare disponibili e senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, rendendo di fatto difficile la loro piena attuazione; si tratta infatti di risorse molto limitate, che negli ultimi anni, invece di essere incrementate, sono state sottoposte ad ulteriori tagli;
la famiglia, pertanto, continua ad essere la vera ed unica forma di welfare su cui grava il maggiore peso materiale e psicologico della difficile fragilità che si trova a dover affrontare quando ci siano persone con disturbi dello spettro autistico: bambini, adolescenti e adulti; la famiglia si trova sempre più spesso a gestire in solitudine, con rilevanti oneri psicologici ed economici, il familiare con disturbo dello spettro autistico; le risorse economiche sono comunque insufficienti perché gli assegni di invalidità sono esigui e comunque non sufficienti anche per promuovere progetti di vita indipendente o autodeterminata;
la vera novità della legge n. 134 del 2015 è che considera in modo unitario l'intero progetto di vita del soggetto autistico e include perciò un'attenzione controllata e selettiva anche ai giovani adulti, che in precedenza, con il compimento della maggiore età, entravano in una sorta di tunnel, che li assimilava alle più note patologie di tipo psichiatrico, mentre si perdeva la loro specificità;
nonostante con la legge n. 112 del 2016, cosiddetta sul "Dopo di Noi", siano stati previsti alcuni interventi per le persone con grave disabilità prive del sostegno familiare, tra cui l'istituzione di un fondo ad hoc, le risorse economiche assegnate risultano del tutto insufficienti, anche perché con il tempo si sono progressivamente ridotte;
peraltro, con l'approvazione dell'attuale decreto sul reddito di cittadinanza e sulle pensioni di cittadinanza, si è creata un'ennesima discriminazione, in quanto gli "assegni di invalidità civile" continuano ad essere di 280 euro mensili, a fronte della destinazione di 780 euro previsti dal reddito di cittadinanza per disoccupati e pensionati;
consapevoli della complessità del fenomeno, dell'impatto sulla qualità di vita delle persone, sulla tenuta del contesto familiare e delle ricadute di ordine sociale, è fondamentale garantire, soprattutto ai giovani adulti che hanno ricevuto, fin dall'infanzia, la diagnosi di sindrome dello spettro autistico, di poter svolgere una vita il più possibile autonoma, affinché possano superare quei processi che portano a varie forme di esclusione sociale, da cui conseguono isolamento e discriminazione;
attualmente però, nonostante siano passati oltre 4 anni dall'approvazione della legge, non sono state ancora pubblicate le nuove linee guida, su cui l'Istituto superiore di sanità sta lavorando da tempo, con un'ampia consultazione di esperti; i due punti centrali delle linee guida riguardano la diagnosi e i trattamenti a cui il soggetto ha diritto, in rapporto alla famiglia, alla scuola e al mondo del lavoro; trattamenti che devono sempre e comunque attenersi alle migliori pratiche basate su prove di evidenza scientifica. La diagnosi, come è noto, dopo una prima ipotesi, richiede il coinvolgimento di un team di professionisti e prevede, oltre ad un adeguato tempo di osservazione, anche la somministrazione di diversi test strutturati e validati e altri esami diagnostici di laboratorio, codificati nelle linee guida;
gli interventi rivolti ai soggetti con disturbi dello spettro autistico, come da recente definizione del "DSM 5", hanno un carattere composito, per cui si tratta di progetti fortemente personalizzati, che tengono conto degli sviluppi della psicologia dell'età evolutiva e delle nuove forme di didattica specializzata proprio in questo campo, con l'obiettivo di stimolare in ogni bambino l'apprendimento di conoscenze e di competenze, anche sotto il profilo motivazionale e relazionale; si tratta di mettere in moto un vero e proprio processo di maturazione in questi bambini, analogamente a quanto accade con i loro coetanei, in forma appositamente specializzata. Accanto a questa presa in carico, ad elevato grado di personalizzazione, in un certo senso tagliata su misura per ogni soggetto, servono anche misure di tipo riabilitativo che facciano riferimento alle migliori pratiche, presenti nella letteratura del settore e confermate da documentate evidenze scientifiche. Ovviamente tutto ciò richiede un profondo coinvolgimento familiare e sociale; una forte integrazione con la scuola; interlocutori ad alta competenza specifica sul piano neuro-psicologico, sul piano didattico-pedagogico e su quello psico-relazionale, per privilegiare in ogni soggetto le competenze indispensabili sul piano della comunicazione e della relazione; un piano di sviluppo flessibile, modulare, in grado di adattarsi ai successivi step di maturazione raggiunti dal soggetto;
la continuità del progetto di cura, di abilitazione e di sviluppo di competenze deve accompagnare il soggetto dal momento della diagnosi fino al termine della sua vita, passando per la fase, fin qui trascurata, del giovane adulto con le sue esigenze, le sue pulsioni e le sue difficoltà; per questo è necessario che nei centri specializzati previsti dalla legge n. 134 del 2015 l'équipe sia sufficientemente stabile e interdisciplinare per rispondere alle diverse esigenze del soggetto e modellarsi sugli sviluppi della sua storia personale, considerata come un unicum, che non può essere omologato a storie simili, ma sostanzialmente diverse;
nel dicembre 2014, in occasione della conferenza internazionale «Strategic agenda for Autism spectrum disorders: a public health and policy perspective», è emersa la necessità di creare un database globale sui disturbi dello spettro autistico, attraverso l'istituzione di una rete scientifica ed epidemiologica europea, con registri nazionali in Italia e negli altri Paesi. Si è evidenziata la necessità di istituire un protocollo multi-osservazionale, accompagnato da programmi di formazione specifici per intercettare precocemente l'emergere di anomalie comportamentali nei bambini, per fornire una diagnosi provvisoria a 18 mesi e una diagnosi stabile a 24 mesi di età. Tali azioni consentirebbero di predisporre interventi precoci che possano modificare la storia naturale dei soggetti con disturbo dello spettro autistico; parte integrante di questo database dovrebbero essere anche le misure abilitative riabilitative che con il tempo si confermassero come particolarmente efficaci,
impegna il Governo:
1) a promuovere la ricerca nel campo delle patologie del neuro-sviluppo, con particolare attenzione all'autismo, alle sue cause, alla sua diagnosi e alle diverse misure di tipo abilitativo-riabilitativo, didattico e terapeutico;
2) a garantire la diffusione di campagne nazionali d'informazione e sensibilizzazione circa la promozione del benessere del bambino, con particolare riguardo al neuro-sviluppo, e a favorire la conoscenza dei disturbi dello spettro autistico, dei sintomi precoci che lo caratterizzano e delle nuove opportunità che ci sono per questi soggetti, dall'infanzia all'età adulta;
3) a garantire la piena attuazione della legge n. 134 del 2015 in materia di prevenzione, cura e riabilitazione delle persone con disturbo dello spettro autistico, di assistenza alle loro famiglie, garantendo in tutte le Regioni i LEA, come definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, mediante la destinazione delle risorse economiche necessarie per la sua attuazione;
4) ad assumere iniziative per incrementare il fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, istituito presso il Ministero della salute, e ad assumere iniziative per implementare il fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, istituito con la legge n. 112 del 2016; a favorire la sperimentazione di progetti di vita indipendente, così da dare piena attuazione all'articolo 14 della legge n. 328 del 2000;
5) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per favorire un potenziamento in termini di risorse umane dei servizi di neuropsichiatria infantile e dei dipartimenti di salute mentale, al fine di definire adeguate équipe multidisciplinari, come previsto dalla legge n. 134 del 2015, e garantire non solo una corretta diagnosi ma anche un trattamento precoce e tempestivo, per migliorare la prognosi;
6) a supportare il mondo associativo e del volontariato, organizzato dai familiari delle persone autistiche, con il loro pieno coinvolgimento, per realizzare progetti di vita indipendenti, assumendo iniziative per la semplificazione delle procedure per l'assegnazione di beni confiscati alla mafia o di proprietà degli enti locali, quali immobili o terreni, che favoriscano la realizzazione di attività socio-educative e sportive, come sono le fattorie sociali, ma anche laboratori artistici, musicali, eccetera;
7) a promuovere progetti finalizzati all'inserimento lavorativo di soggetti adulti con disturbi dello spettro autistico, al fine di valorizzarne le capacità a supporto dell'autonomia della persona. Per questo occorre sostenere, anche sul piano economico, progetti terapeutici-riabilitativi e socio-educativi in collaborazione con enti del terzo settore, finalizzati alla ricollocazione sociale, ambientale e lavorativa del paziente autistico, nell'ambito di progetti di vita indipendente.
(1-00106) (02 aprile 2019)
BOLDRINI, FEDELI, MARCUCCI, COLLINA, BINI, MALPEZZI, MIRABELLI, VALENTE, STEFANO, FERRARI, CIRINNA', ALFIERI, ASTORRE, BELLANOVA, BITI, BONIFAZI, CERNO, COMINCINI, CUCCA, D'ALFONSO, D'ARIENZO, FARAONE, FERRAZZI, GARAVINI, GIACOBBE, GINETTI, GRIMANI, IORI, LAUS, MAGORNO, MANCA, MARGIOTTA, MARINO, Assuntela MESSINA, MISIANI, NANNICINI, PARENTE, PARRINI, PATRIARCA, PINOTTI, PITTELLA, RAMPI, RICHETTI, ROJC, ROSSOMANDO, SBROLLINI, SUDANO, TARICCO, VATTUONE, VERDUCCI, ZANDA. -
Ritirata
Il Senato,
premesso che:
l'autismo, come definito dalle linee guida nazionali e internazionali, è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. Interessa prevalentemente le aree relative all'abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri. Si configura come una disabilità permanente che accompagna il soggetto nel corso della sua vita, che si esprime in modo variabile e si caratterizza per un funzionamento mentale atipico, tale da richiedere interventi terapeutici e socio-assistenziali particolarmente dedicati;
secondo il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-V) redatto nel 2013 sono ricomprese tra i disturbi dello spettro autistico, oltre all'autismo, altre problematiche del neurosviluppo, tra cui la sindrome di Asperger, il disturbo disintegrativo dell'infanzia e il disturbo pervasivo dello sviluppo;
gli interventi più validati ed utilizzati sono quelli educativi-abilitativi, basati su un approccio globale alla situazione individuale, familiare e scolastica allo scopo di individuare le risorse recuperabili e di facilitare cambiamenti adeguati ai contesti di vita (analisi comportamentale applicata - ABA, Treatment and educational of autistic and communication handicapped children - TEACCH, Denver model);
al progredire delle conoscenze in campo scientifico e clinico e all'aumento dell'attenzione posta nei confronti dell'autismo negli ultimi anni, non ha corrisposto un aumento delle responsabilità delle istituzioni: ciò ha reso spesso "invisibili" le persone con disturbi dello spettro autistico e le loro famiglie, sulle quali ricade quasi per intero l'onere dell'assistenza con il conseguente impoverimento sociale, relazionale ed economico;
alla domanda annosa delle famiglie di un serio sostegno ha dato una prima risposta la legge 18 agosto 2015, n. 134, recante disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie, che prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico;
la legge, molto attesa, prevede l'aggiornamento delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche e terapeutiche derivanti dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali ed internazionali, l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA), con l'inserimento delle prestazioni per la diagnosi precoce, la cura e il trattamento individualizzato, nonché il conseguente adeguamento, da parte delle Regioni, dei servizi di assistenza sanitaria e l'individuazione di percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico;
una seconda risposta alle persone con disabilità grave è giunta con l'approvazione della legge 22 giugno 2016, n. 112, recante disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare volta a favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l'autonomia delle persone con disabilità;
per la prima volta sono state introdotte nell'ordinamento specifiche tutele per le persone con disabilità grave in vista del venir meno del sostegno familiare, attraverso la progressiva presa in carico della persona interessata già durante l'esistenza in vita dei genitori. La legge ha inoltre istituito un Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare per attivare e potenziare programmi di intervento volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità e per realizzare interventi innovativi di residenzialità, con l'importante obiettivo per i disabili di una vita il più possibile autonoma;
inoltre, la legge 22 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016), ha istituito il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, con una dotazione di 5 milioni di euro all'anno, aumentati di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio per il 2018);
tuttavia c'è ancora molto da fare;
i disturbi dello spettro autistico, infatti, non sono sempre trattati nel modo più appropriato e, nonostante alcune realtà eccellenti presenti nel territorio nazionale, le persone con questi disturbi e le loro famiglie spesso non trovano risposte adeguate nel sistema di welfare del nostro Paese;
secondo quanto stabilito dalla legge 18 agosto 2015, n. 134, il Servizio sanitario nazionale dovrebbe garantire alle persone con disturbi dello spettro autistico le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche;
l'identificazione precoce dell'autismo deve rappresentare la prima sfida importante, perché dà la possibilità di una presa in carico in un'età dove i processi di sviluppo possono ancora venire modificati, apportando progressi significativi sul piano cognitivo, emotivo e sociale. La comunità scientifica afferma che la diagnosi precoce (entro i primissimi anni di vita) e un trattamento appropriato di natura tempestiva, intensiva e continuativa può ridurre considerevolmente quelle disabilità funzionali e comportamentali proprie dei disturbi dello spettro autistico;
nonostante gli importanti passi in avanti fatti grazie alla legge approvata nella XVII Legislatura, è necessario dare migliore attuazione alle linee guida e omogeneità di trattamento in tutte le Regioni;
per i suddetti motivi si ritiene necessario costituire una Commissione speciale con compiti di analisi, approfondimento e ispezione sulle materie concernenti l'autismo e altre disabilità, nonché funzioni di assistenza alle loro famiglie;
la Commissione sarebbe chiamata a: a) monitorare l'applicazione delle norme nazionali e regionali concernenti la prevenzione, la diagnosi e la riabilitazione dei soggetti con autismo e altre disabilità; b) individuare proposte per rendere più accessibili le terapie cognitivo comportamentali per le persone affette da autismo e migliorare la qualità di vita dei soggetti con altre disabilità; c) promuovere la realizzazione sul territorio di servizi per la riabilitazione delle persone affette da autismo e altre disabilità; d) incentivare progetti nazionali e internazionali di ricerca; e) favorire l'accessibilità e la diffusione delle informazioni relative all'autismo e ad altre disabilità; f) promuovere programmi di inserimento nella vita sociale delle persone affette da autismo e altre disabilità; g) promuovere programmi di assistenza alle famiglie delle persone affette da autismo e altre disabilità; h) valutare lo stanziamento di ulteriori risorse utili a finanziare i progetti previsti dalla legge n. 112 del 2016,
delibera di istituire una Commissione speciale ai sensi dell'articolo 24 del Regolamento per le questioni concernenti l'autismo e altre disabilità, costituita da 20 senatori nominati dal Presidente del Senato in proporzione al numero dei componenti dei Gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo. La Commissione elegge tra i suoi membri l'Ufficio di Presidenza composto dal Presidente, da due vice presidenti e da due segretari. La Commissione opera in piena autonomia e favorisce iniziative mirate a migliorare la qualità di vita delle persone affette da autismo. La Commissione ha compiti di ricerca, analisi e approfondimento sulle materie concernenti l'autismo ed altre disabilità. Per il raggiungimento di queste finalità essa, quando lo ritenga utile, può svolgere procedure informative, ai sensi degli articoli 46, 47 e 48 del Regolamento; formulare proposte e relazioni all'Assemblea, ai sensi dell'articolo 50, comma 1, del Regolamento; votare risoluzioni alla conclusione degli affari ad essa assegnati, ai sensi dell'articolo 50, comma 2, del Regolamento.
ORDINE DEL GIORNO
CASTELLONE, GIAMMANCO, BOLDRINI, FREGOLENT, BINETTI, SILERI, CANTU', LA RUSSA, ALFIERI, AIMI, ARRIGONI, ASTORRE, BARBONI, BATTISTONI, BELLANOVA, BERARDI, BINI, BITI, BONIFAZI, BONINO, CALIENDO, CASOLATI, CANGINI, CERNO, CIRINNA', CONZATTI, COLLINA, COMINCINI, CUCCA, DAMIANI, D'ALFONSO, D'ARIENZO, DE LUCIA, DI MARZIO, DONNO, DE POLI, ENDRIZZI, EVANGELISTA, FANTETTI, FARAONE, FAZZONE, FEDELI, FERRARI, FERRAZZI, FERRO, FLORIS, GALLONE, GARAVINI, GASPARRI, GIACOBBE, GINETTI, GRIMANI, IORI, LAUS, GIRO, LANIECE, LEONE, LONARDO, MALLEGNI, MALPEZZI, MARCUCCI, MARSILIO, MARTI, MASINI, MAGORNO, MANCA, MARGIOTTA, MARINO, Assuntela MESSINA, MISIANI, NANNICINI, MAIORINO, MARIN, MARINELLO, MAUTONE, MINUTO, MIRABELLI, MODENA, MOLES, Giuseppe PISANI, PAGANO, PARRINI, PATRIARCA, PINOTTI, RAMPI, RICHETTI, ROJC, ROSSOMANDO, SBROLLINI, SUDANO, TARICCO, PARENTE, PAROLI, PAPATHEU, PEROSINO, PIARULLI, PICHETTO FRATIN, PITTELLA, PRESUTTO, RAUTI, RIZZOTTI, RUFA, SACCONE, SCHIFANI, SICLARI, STEFANO, TAVERNA, TESTOR, TIRABOSCHI, VALENTE, VITALI, VATTUONE, VERDUCCI, ZANDA
Approvato
Il Senato,
premesso che:
il disturbo dello spettro autistico è un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo, caratterizzato da esordio precoce di difficoltà nell'interazione reciproca e nella comunicazione sociale associata a comportamenti e interessi ripetitivi e ristretti (come definito nei manuali "DSM-5" e "ICD-11"). La posizione scientifica, condivisa a livello internazionale, considera l'autismo una sindrome comportamentale associata a un disturbo dello sviluppo del cervello e della mente, con esordio nei primi tre anni di vita, alla cui insorgenza contribuiscono fattori eziopatogenetici sia genetici che ambientali;
la legge 18 agosto 2015, n. 134, recante "Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie", approvata dal Parlamento nella XVII Legislatura, prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico, conformemente a quanto previsto dalla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite A/RES/67/82 del 12 dicembre 2012, sui bisogni delle persone con autismo. La legge dispone anche l'aggiornamento, da parte dell'Istituto superiore di sanità, delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche e terapeutiche derivanti dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali e internazionali;
la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016), ha istituito all'articolo 1, comma 401, nello stato di previsione del Ministero della salute il fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, con una dotazione di 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016, al fine di garantire la compiuta attuazione della legge n. 134;
la legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), ha stabilito all'articolo 1, comma 360, che le risorse del fondo non utilizzate per l'anno 2016 confluissero per l'anno 2017 nel fondo medesimo. La successiva legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio per il 2018), ha stabilito all'articolo 1, comma 455, che la dotazione del fondo è incrementata di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, concernente l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, ha recepito, all'articolo 60, le disposizioni della legge n. 134 del 2015, prevedendo peraltro che il SSN garantisca alle persone con disturbi dello spettro autistico specifiche prestazioni di diagnosi precoce, cura e trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche; nel decreto l'autismo rientra nell'elenco individuato all'allegato 8, cui fa rinvio l'articolo 53 che garantisce il diritto all'esenzione dal ticket sanitario per le persone affette da malattie croniche e invalidanti; più nello specifico, il disturbo autistico è fatto rientrare fra le condizioni di psicosi per le quali lo stesso allegato 8 riporta l'elenco delle prestazioni sanitarie (tra cui visite e sedute psicoterapiche, dosaggi di farmaci, esami clinici, eccetera) in esenzione dalla partecipazione al costo per i soggetti interessati;
considerato che:
il 10 maggio 2018 la Conferenza unificata ha approvato l'intesa sul documento recante "Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei Disturbi dello Spettro Autistico"; secondo quanto emerge da tale documento, il Ministero della salute in collaborazione con il Gruppo tecnico interregionale salute mentale (GISM) ha condotto una valutazione sul recepimento delle precedenti linee d'indirizzo (del 2012), dalla quale è emerso un diverso grado di recepimento e differenti implementazioni a livello regionale e locale; tali esperienze, si sottolinea, non sono ad oggi ancora uniformemente diffuse nel territorio nazionale, generando disparità di approccio alla gestione dei bisogni delle persone nello spettro autistico;
proprio come conseguenza del "modesto" recepimento delle linee d'indirizzo del 2012, l'intesa medesima ribadisce quanto previsto all'articolo 4 della legge n. 134 del 2015, ossia che l'attuazione delle linee d'indirizzo, come aggiornate, costituisce adempimento ai fini della verifica del Comitato permanente per la verifica dei LEA, tuttavia inserendo nel medesimo documento l'invarianza finanziaria secondo la quale all'attuazione dell'intesa si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
considerato, inoltre, che:
nel mese di settembre 2018 l'Istituto superiore di sanità ha ufficializzato l'obiettivo di redigere, attraverso il sistema nazionale delle linee guida, le linee guida sul disturbo dello spettro autistico finalizzate a supportare i professionisti sanitari nella definizione del percorso diagnostico e terapeutico più appropriato ed a creare una rete di sostegno e assistenza per i familiari e i caregiver familiari nella presa in carico integrata del minore, che deve coinvolgere l'intero contesto di vita (famiglia, scuola, luoghi di aggregazione, servizi territoriali sociali e sociosanitari) al fine di offrire un insieme di risposte mirate agli specifici bisogni di natura abilitativa e educativa e garantire altresì livelli omogenei di presa in carico e trattamento su tutto il territorio nazionale;
considerato, infine, che:
il primo comma dell'articolo 32 della Carta costituzionale prevede che "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti", garantendo quindi una tutela sostanziale e non soltanto formale della salute, attraverso l'impegno delle istituzioni;
il Senato è una delle istituzioni in cui tale tutela dovrebbe avere piena espressione e, alla luce di quanto già esposto, è chiamato a valutare la necessità di istituire una Commissione speciale con compiti di analisi e approfondimento per monitorare l'applicazione delle norme nazionali e regionali concernenti la prevenzione, la diagnosi e la riabilitazione dei soggetti con autismo; per individuare proposte per rendere più accessibili le terapie cognitivo comportamentali per le persone affette da autismo e migliorare la qualità di vita degli stessi; per promuovere la realizzazione sul territorio di servizi per la riabilitazione delle persone affette da autismo; per incentivare progetti nazionali e internazionali di ricerca; per favorire l'accessibilità e la diffusione delle informazioni relative all'autismo; per promuovere programmi di inserimento nella vita sociale delle persone affette da autismo; per promuovere programmi di assistenza alle famiglie delle persone affette da autismo,
impegna il Governo:
1) a promuovere la ricerca nel campo delle patologie del neuro-sviluppo, con particolare attenzione all'autismo, alle sue cause, alla sua diagnosi e alle diverse misure di tipo abilitativo-riabilitativo, didattico e terapeutico e ad attivarsi, previa verifica degli effettivi risultati delle attività e della consistenza delle rilevazioni da parte dell'Osservatorio nazionale autismo, per l'istituzione di una rete scientifica ed epidemiologica, anche in raccordo con analoghe esperienze in ambito europeo o internazionale, al fine di promuovere studi e ricerche finalizzate a raccogliere dati di prevalenza nazionale aggiornati sull'autismo e a censire le buone pratiche terapeutiche ed educative a questo dedicate;
2) ad assicurare che il sistema informativo dell'età evolutiva fornisca sui disturbi dello spettro autistico, a livello nazionale, stime affidabili della prevalenza di tali disturbi, utilizzabili per una più completa valutazione della richiesta sanitaria e una pianificazione appropriata dei servizi sanitari;
3) a definire, in attuazione dell'intesa sancita in sede di Conferenza unificata del 10 maggio 2018 nell'ambito della stipula del nuovo patto per la salute 2019-2021, di cui all'articolo 1, comma 516, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145, un sistema di valutazione secondo indicatori oggettivi e misurabili di garanzia del puntuale adempimento delle linee di indirizzo su tutto il territorio nazionale, a valere come obiettivo strategico di SSN, per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico con specifico riconoscimento ovvero non riconoscimento dello 0,5 per cento delle maggiori risorse vincolate, ad ogni conseguente effetto all'esito del prescritto monitoraggio del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, deducendone le coerenti previsioni nella suddetta adottanda intesa, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano;
4) a perfezionare, per il tramite dell'Istituto superiore di sanità, l'elaborazione delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, ai sensi di quanto previsto dalla legge n. 134 del 2015, e del decreto ministeriale 30 dicembre 2016, entro e non oltre un anno dalla data di approvazione del presente atto di indirizzo, con obbligo di conforme rendiconto in relazione annuale al Parlamento;
5) a garantire la diffusione di campagne nazionali d'informazione e sensibilizzazione circa la promozione del benessere del bambino, con particolare riguardo al neuro-sviluppo, e a favorire la conoscenza dei disturbi dello spettro autistico, dei sintomi precoci che lo caratterizzano e delle nuove opportunità che ci sono per questi soggetti, dall'infanzia all'età adulta;
6) promuovere collaborazioni organizzative, sociali ed assistenziali capaci di supportare le famiglie e sostenere i processi di inclusione sociale delle persone con autismo, mediante la costituzione di reti solidali nelle comunità che comprendano non solo il caregiver familiare, ma anche il contesto socio-ambientale in cui il nucleo familiare è inserito;
7) a promuovere progetti finalizzati all'inserimento lavorativo di soggetti adulti con disturbi dello spettro autistico, al fine di valorizzarne le capacità a supporto dell'autonomia della persona e sostenere progetti terapeutici-riabilitativi e socioeducativi, finalizzati alla ricollocazione sociale, ambientale e lavorativa del paziente autistico, nell'ambito di progetti di vita indipendente;
impegna il Senato:
1) a valutare l'istituzione di una Commissione speciale ai sensi dell'articolo 24 del Regolamento per le questioni concernenti l'autismo che:
abbia compiti di analisi, approfondimento e proposta sulle materie concernenti l'autismo nonché funzioni di assistenza alle famiglie delle persone affette da tale disturbo;
operi in piena autonomia e nell'esercizio delle sue funzioni acquisisca informazioni, dati e documenti sui risultati degli interventi volti a favorire le iniziative mirate a migliorare le condizioni di vita delle persone affette da autismo e da altre patologie ad esso correlate;
svolga, per il raggiungimento di queste finalità e quando lo ritenga utile, procedure informative, ai sensi degli articoli 46, 47 e 48 del Regolamento;
formuli proposte e relazioni all'Assemblea, ai sensi dell'articolo 50, comma 1, del Regolamento;
voti risoluzioni alla conclusione degli affari ad essa assegnati, ai sensi dell'articolo 50, comma 2, del Regolamento;
2) a valutare lo stanziamento, compatibilmente con gli equilibri di bilancio, di ulteriori risorse utili a finanziare i progetti previsti dalla legge n. 112 del 2016.
Mozioni sulle riserve auree della Banca d'Italia
(1-00077) (06 febbraio 2019)
FAZZOLARI, DE BERTOLDI, LA RUSSA, CIRIANI, BALBONI, GARNERO SANTANCHE', RAUTI, LA PIETRA, TOTARO, RUSPANDINI, NASTRI, IANNONE, BERTACCO, ZAFFINI. -
Respinta
Il Senato,
premesso che:
l'Italia è il terzo Stato al mondo per consistenza di riserve auree (dopo Stati Uniti e Germania) con 2.451,8 tonnellate di oro, pari, oggi, ad una somma di circa 110 miliardi di euro, che, pur con qualche oscillazione, cresce tendenzialmente di anno in anno;
le riserve auree detenute dalla Banca d'Italia, costituite prevalentemente da lingotti (95.493) e, per una parte minore, da monete, sono fra le più cospicue al mondo;
questo oro è custodito prevalentemente nei caveau della Banca d'Italia e, in parte, all'estero, presso alcune banche centrali;
le riserve auree, in seguito alla sospensione del regime di convertibilità dei biglietti di banca «in oro o, a scelta della banca medesima, in divise su paesi esteri nei quali sia vigente la convertibilità dei biglietti di banca in oro», prevista dal regio decreto-legge 21 dicembre 1927, n. 2325, hanno svolto una funzione essenziale per il governo della bilancia dei pagamenti e, quindi, dell'esposizione dell'Italia verso l'estero e, pertanto, anche di garanzia dell'indipendenza e della sovranità del popolo italiano;
sulla base degli studi di alcuni costituzionalisti, l'analisi della normativa sinora vigente induce a ritenere che si tratti di beni pubblici di natura quasi demaniale, destinati ad uso di utilità generale, che la Banca d'Italia non avrebbe più titolo di detenere, essendo la sua funzione monetaria confluita in quella affidata ormai alla Banca centrale europea;
a giudizio dei proponenti del presente atto di indirizzo l'oro in questione, appartenendo agli italiani, dovrebbe quindi essere restituito allo Stato;
il direttore generare della Banca d'Italia, Salvatore Rossi, in un'intervista rilasciata su "La7" ha dichiarato che, con l'ingresso nell'euro, ad avere il potere di stabilire a chi appartenga l'oro della Banca d'Italia è la Banca centrale europea a cui è stata ceduta la sovranità quando è stato creato l'euro;
considerato che:
l'articolo 127, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea stabilisce che tra i compiti da assolvere tramite il SEBC (sistema europeo di banche centrali) vi siano la detenzione e la gestione delle riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri;
le norme europee parlano di detenzione, sia esplicitamente nel titolo dell'articolo 31, sia nella disposizione dell'articolo 31.2, che fa riferimento alle «attività di riserva in valuta che restano alle banche centrali nazionali dopo i trasferimenti», con ciò non evidenziando alcuna supponibile ingerenza circa la proprietà e il titolo in forza del quale le banche centrali nazionali detengono tali riserve, ivi comprese quelle auree, lasciando così sul campo del diritto domestico la determinazione della questione;
se è vero che le norme relative all'attività di gestione devono interpretarsi nel senso che la Banca d'Italia gestisce e detiene, ad esclusivo titolo di deposito, le riserve auree, rimanendo impregiudicato il diritto di proprietà dello Stato italiano su dette riserve, comprese quelle detenute all'estero, tuttavia esse non appaiono sufficientemente esplicite nell'affermare la permanenza della proprietà dell'oro in questione in capo allo Stato italiano;
una specificazione su questo punto si rende necessaria, vista la natura ibrida assunta dalla Banca d'Italia nel corso degli anni, in conseguenza dei numerosi interventi legislativi stratificatisi,
impegna il Governo:
1) a valutare la tempestiva adozione di un atto normativo che ribadisca, in maniera esplicita, che le riserve auree sono di proprietà dello Stato italiano e non della Banca d'Italia;
2) ad adottare le iniziative opportune affinché le riserve auree eventualmente ancora detenute all'estero siano fatte rientrare nel territorio nazionale.
(1-00100) (27 marzo 2019)
D'ALFONSO, MISIANI, MARINO, MARCUCCI, MALPEZZI, MIRABELLI, VALENTE, STEFANO, COLLINA, FERRARI, BINI, CIRINNA', MANCA, BONIFAZI, COMINCINI, GRIMANI. -
Respinta
Il Senato,
premesso che:
la Banca d'Italia è il quarto detentore di riserve auree al mondo, dopo la Federal Reserve statunitense, la Bundesbank tedesca e il Fondo monetario internazionale. Il valore delle riserve auree della Banca d'Italia a fine gennaio 2019, secondo quanto riportato nella pubblicazione "Banca e moneta" della Banca medesima, è pari a 91,5 miliardi di euro;
il quantitativo d'oro di proprietà dell'istituto è frutto di una serie di eventi avvenuti negli oltre 120 anni di storia della Banca. Nel 1893, la fusione dei tre istituti di emissione (la Banca nazionale del Regno d'Italia, la Banca nazionale toscana e la Banca toscana di credito) diede vita alla Banca d'Italia con una propria dotazione aurea iniziale. La riserva aurea aumentò negli anni fino all'avvio della seconda guerra mondiale, per poi raggiungere il suo minimo alla fine del conflitto, anche a seguito dell'asportazione di una parte di esso ad opera delle truppe di occupazione. Nel dopoguerra, l'Italia divenne un Paese esportatore e per tale motivo beneficiò di cospicui afflussi di valuta estera che vennero utilizzati anche per convertirli in oro. In quegli anni gli acquisti di oro venivano effettuati anche dall'Ufficio italiano cambi (UIC). Nel corso degli anni successivi, a partire dal 1951 e fino al 1960, l'UIC acquistò ingenti quantità di oro fino ad accumularne poco meno di 2.000 tonnellate. Nel 1960 e nel 1965 vennero attuati due trasferimenti dalle riserve dell'Ufficio a quelle della Banca d'Italia per complessive 1.890 tonnellate. Alla fine degli anni '90, a seguito dell'acquisto dell'oro residuo di disponibilità dell'Ufficio italiano cambi (570 tonnellate) e al conferimento di una parte delle riserve alla BCE in occasione dell'avvio dell'Unione economica e monetaria, la riserva aurea si attestò alle attuali 2.452 tonnellate, costituito prevalentemente da lingotti (95.493) e per una parte minore sotto forma di moneta (871.713 pezzi di moneta il cosiddetto oro monetato);
presso la sede della Banca d'Italia sono attualmente custodite 1.100 tonnellate di oro (44,86 per cento del totale delle riserve), comprendenti anche la totalità dell'oro "monetato", insieme a una quota pari a 100 tonnellate delle riserve conferite alla BCE. Le restanti quote sono detenute in Paesi esteri: negli Stati Uniti presso la Federal Reserve bank di New York (1.061,5 tonnellate, pari al 43,29 del totale delle riserve), in Svizzera presso la Banca nazionale svizzera (149,3 tonnellate, pari al 6,09 per cento del totale) e nel Regno Unito (141,2 tonnellate, pari al 5,76 per cento del totale);
la scelta di dislocare all'estero poco più della metà della riserva aurea, presso diverse banche centrali, deriva, oltre che da ragioni storiche legate ai luoghi in cui l'oro fu acquistato, anche da una strategia di diversificazione finalizzata alla minimizzazione dei rischi. Inoltre, la localizzazione prescelta dalla Banca riflette la primaria importanza di tali piazze finanziarie per il mercato internazionale dell'oro;
considerato che:
la Banca d'Italia è la banca centrale della Repubblica italiana ed è un istituto di diritto pubblico, la cui governance e le cui attività sono disciplinate da norme nazionali ed europee. La Banca d'Italia è parte integrante dell'eurosistema, composto dalle banche centrali nazionali (BCN) dell'area dell'euro e dalla Banca centrale europea (BCE), e del sistema europeo di banche centrali (SEBC), composto dalla BCE e dalle BCN dei 28 Stati membri della UE, nonché autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico;
con il Trattato di Maastricht gli Stati contraenti hanno trasferito alla UE in maniera esclusiva le proprie competenze sovrane in materia di politica monetaria. In particolare, le competenze afferenti alla detenzione e alla gestione delle riserve valutarie rientrano fra i compiti dell'eurosistema, come previsto dall'articolo 127 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e dall'articolo 3 dello statuto del SEBC;
l'articolo 127 del TFUE definisce la detenzione e la gestione delle riserve ufficiali degli Stati membri come uno dei compiti fondamentali del SEBC, mentre l'articolo 130 garantisce la piena indipendenza della BCE e delle BCN nell'assolvimento delle loro funzioni rispetto alle altre istituzioni, agli organi comunitari e ai Governi degli Stati membri. Infine, l'articolo 131 dispone che ciascuno Stato membro assicuri che la propria legislazione, incluso lo statuto della BCN, sia compatibile con i trattati e con lo statuto del SEBC e della BCE;
la normativa BCE che ha disciplinato il trasferimento di parte delle riserve valutarie delle banche centrali nazionali alla stessa BCE, ai sensi dell'articolo 30, paragrafo 1, dello statuto, ha espressamente incluso l'oro fra le attività di riserva in valuta. Ai sensi dell'articolo 31, paragrafo 2, dello statuto, le riserve ufficiali contribuiscono a sostenere la credibilità dell'eurosistema e possono essere utilizzate, per interventi sul mercato dei cambi. Quelle che rimangono nella disponibilità delle banche centrali nazionali possono essere utilizzate oltre che per i medesimi fini di quelle conferite alla BCE, per adempiere agli impegni nei confronti di organismi finanziari internazionali, come il Fondo monetario internazionale, o per espletare il servizio di debito in valuta del tesoro. In tale quadro, le BCN sono tenute al rispetto degli indirizzi e delle istruzioni impartite dal consiglio direttivo della BCE; possono essere destinatarie della richiesta di ulteriori conferimenti in aggiunta alle riserve già trasferite; sono tenute, nella gestione delle stesse riserve, a obblighi di preventiva informazione e approvazione sulle operazioni rilevanti da parte della BCE, al fine di assicurare la coerenza con la politica monetaria e del cambio dell'Unione;
le riserve auree della Banca d'Italia sono parte integrante delle riserve valutarie ufficiali del nostro Paese, rappresentano un presidio di sicurezza per lo svolgimento delle funzioni pubbliche attribuite alla Banca d'Italia, costituiscono parte integrante delle riserve dell'eurosistema, congiuntamente alle riserve delle altre banche centrali degli Stati membri a quelle di proprietà della BCE, e contribuiscono a sostenere la credibilità dell'eurosistema e del SEBC. Queste funzioni divengono importanti quando le condizioni geopolitiche o la congiuntura economica internazionale possono generare rischi aggiuntivi per i mercati finanziari;
preso atto che:
le autorità nazionali, legislative e di governo, sono tenute al rispetto dell'indipendenza della BCE e delle BCN. In particolare, ai sensi dell'articolo 130 del Trattato UE e dell'articolo 7 dello statuto del SEBC, le BCN non possono essere destinatarie di prescrizioni vincolanti per quanto attiene allo svolgimento dei compiti istituzionali nelle materie di competenza dell'eurosistema, incluse la detenzione e la gestione delle riserve valutarie. Gli Stati membri sono tenuti a rispettare il principio di indipendenza finanziaria, secondo cui le BCN devono avere sufficienti risorse finanziarie per adempiere al loro mandato, per quanto attiene alle competenze dell'eurosistema e per i propri compiti nazionali; in particolare, devono essere in condizione di corrispondere alle richieste finanziarie della BCE, in forma di sottoscrizione di aumento di capitale, rinuncia al reddito monetario in caso di perdite, conferimento di ulteriori quote di riserve valutarie; devono poter costituire riserve e accantonamenti, a tutela del loro capitale e a protezione dei rischi; devono poter disporre in via autonoma di mezzi e personale necessari per lo svolgimento dei propri compiti;
nell'ultimo rapporto sulla convergenza del maggio 2018, la BCE, in un ampio capitolo dedicato alle ragioni che sottostanno all'indipendenza finanziaria delle BCN, dopo aver chiarito che l'indipendenza di una BCN potrebbe essere messa a repentaglio se essa non potesse reperire autonomamente risorse finanziarie sufficienti a espletare il proprio mandato, ha evidenziato che qualunque diritto di terzi, ad esempio del Governo o del Parlamento, di influenzare le decisioni di una BCN sulla gestione delle riserve ufficiali non sarebbe coerente con il disposto dell'articolo 127, paragrafo 2, terzo trattino, del Trattato assegna al SEBC il compito di detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri;
rilevato, altresì, che:
l'oro non è soggetto al rischio di solvibilità in quanto non è "emesso" da alcuna autorità. Esso presenta caratteristiche peculiari che lo contraddistinguono da gran parte dei metalli presenti in natura e che lo hanno reso uno strumento efficace per misurare il valore dei beni e come mezzo di pagamento. L'oro è utilizzato dalle BCN per diversi motivi: per scopi finanziari, per variare il livello delle riserve di una BCN, per ricavare un reddito e infine come garanzia per ottenere dei prestiti sul mercato;
tutte le principali BCN presentano forti esposizioni in oro e sono in cima alla classifica dei detentori mondiali di tale metallo. Nel corso degli ultimi anni le BCN sono tornate ad essere acquirenti nette di oro anche in considerazione dell'aumento dei rendimenti conseguenti alla riduzione del quantitativo di oro prodotto su base globale;
in considerazione dell'importanza che il metallo prezioso riveste sui mercati finanziari internazionali, molte importanti banche centrali hanno sottoscritto un accordo volto a limitare la propria attività sul mercato dell'oro, soprattutto in vendita. L'accordo prende il nome di Central bank gold agreement (CGBA) e nell'ultima versione (la quarta, del settembre 2014) prevede un coordinamento tra le banche centrali al fine di non turbare il mercato dell'oro. La Banca d'Italia è tra le banche centrali firmatarie dell'accordo fin dalla prima versione nel 1999 (cosiddetto Washington agreement). L'accordo quinquennale, in vigore dal 27 settembre 2014, scadrà nel 2019 e, finora, la politica di gestione dell'oro dell'Istituto è stata improntata anche al rispetto di quanto stabilito da tali accordi internazionali;
considerato, infine, che:
l'eventuale riduzione delle riserve auree detenute dalla Banca d'Italia per iniziative volte a ridurre il debito pubblico, il deficit o per sostenere interventi di sviluppo economico, oltre a rappresentare un'infrazione alla normativa UE e agli accordi sottoscritti a livello internazionale, presenta una serie di controindicazioni che rendono tale scelta del tutto irrazionale, tecnicamente difficile e con costi di sistema ben superiori ai benefici attesi. La vendita di tutte le riserve auree della Banca d'Italia, nella migliore delle ipotesi, potrebbe ridurre il debito pubblico di poco meno del 4 per cento. La vendita delle riserve auree garantirebbe entrate una tantum, e in quanto tali non idonee alla copertura di oneri di natura permanente. Con la vendita di tutta o parte delle riserve auree, anche per finalità di sviluppo economico, il merito di credito del nostro Paese diminuirebbe sensibilmente sui mercati internazionali, con conseguente aumento dello spread e dei tassi di interesse sui titoli, e con ricadute dirette sull'accesso al credito di imprese e famiglie. Un'ulteriore conseguenza derivante dalla vendita delle riserve auree sarebbe il segnale di ingerenza dello Stato nei confronti della banca centrale italiana, la cui indipendenza rappresenta un aspetto di vitale importanza;
la gestione prudente delle riserve auree della Banca d'Italia rappresenta un importante baluardo a difesa delle crisi valutarie e contro il rischio sovrano, e la loro conservazione rappresenta un presidio di sicurezza per il nostro Paese,
impegna il Governo:
1) a confermare, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 127, paragrafo 2, terzo trattino, e dall'articolo 130 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, la piena autonomia della Banca d'Italia nella detenzione e nella gestione delle riserve ufficiali e, nell'ambito di queste, delle riserve auree;
2) ad adoperarsi, per quanto di propria competenza, nelle diverse sedi istituzionali internazionali, per il rinnovo dell'accordo internazionale CGBA per il coordinamento tra le banche centrali, con l'obiettivo di garantire la stabilità del mercato dell'oro e dei mercati finanziari, la cui scadenza è prevista nel mese di settembre 2019;
3) ad escludere l'adozione di qualsiasi intervento volto a ridurre la disponibilità di risorse auree detenute dalla Banca d'Italia per iniziative volte a ridurre il debito pubblico, il deficit o per sostenere altri interventi, i cui costi di sistema sarebbero ben superiori ai benefici attesi.
(1-00104) (28 marzo 2019)
BAGNAI, BOTTICI, MONTANI, ROMEO, TOSATO, SAVIANE, Simone BOSSI, PUCCIARELLI, BONFRISCO, CASOLATI, RIVOLTA, ZULIANI, FERRERO, SOLINAS. -
Approvata
Il Senato,
premesso che:
la Banca d'Italia è il quarto detentore di riserve auree al mondo, dopo la Federal Reserve statunitense, la Bundesbank tedesca e il Fondo monetario internazionale;
il quantitativo totale di oro detenuto dall'istituto, a seguito del conferimento di 141 tonnellate alla Banca centrale europea (BCE), è pari a 2.452 tonnellate (metriche) costituito prevalentemente da lingotti (95.493) e, per una parte minore, da monete;
l'oro dell'istituto è custodito prevalentemente nei propri caveau e in parte all'estero, presso alcune banche centrali;
a giudizio dei proponenti del presente atto di indirizzo, la proprietà delle riserve auree nazionali è surrettiziamente apparsa nella discussione parlamentare come un tema di dibattito, specie dopo l'avvento del sistema bancario europeo e lo stratificarsi della normativa nazionale, rendendo dunque necessario un intervento legislativo chiarificatore;
ai sensi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dello Statuto del Sistema europeo delle banche centrali (SEBC) e della BCE, queste costituiscono parte integrante delle riserve dell'eurosistema, assieme alle altre banche centrali nazionali e a quelle di proprietà della Banca centrale europea. Infatti l'articolo 127 del TFUE (ex art. 105 del TCE) stabilisce, al comma 2, che tra i compiti fondamentali da assolvere tramite il SEBC è quello di "detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri"; al contempo, l'articolo 30 dello statuto del SEBC prevede che "La BCE ha il pieno diritto di detenere e gestire le riserve in valuta che le vengono trasferite e di utilizzarle per gli scopi indicati nel presente statuto";
più specificatamente, la normativa europea ribadisce la detenzione, sia esplicitamente nel titolo dell'articolo 31 dello statuto SEBC, e in particolare nella disposizione del comma 2 del medesimo articolo, che fa riferimento alle "attività di riserva in valuta che restano alle banche centrali nazionali dopo i trasferimenti", con ciò evidenziando nessuna supponibile ingerenza del diritto europeo circa la proprietà e il titolo in forza del quale le banche centrali nazionali detengono tali riserve, ivi comprese quelle auree, lasciando così sul campo del diritto nazionale la determinazione della questione;
la risposta fornita in data 27 marzo 2019 dal presidente della Bce, dottor Mario Draghi, all'interrogazione presentata dai parlamentari europei Marco Valli e Marco Zanni conferma e chiarisce questa interpretazione, laddove esplicita che "il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e lo Statuto del SEBC non utilizzano il concetto di proprietà per determinare le competenze del SEBC (...) in relazione alle riserve", competenze che riguardano la detenzione e la gestione delle riserve stesse;
la detenzione da parte della Banca d'Italia delle riserve auree avviene ai sensi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dello statuto SEBC mentre la relativa iscrizione nell'attivo di bilancio della banca è frutto di una semplice convenzione e non implica alcun implicito diritto di proprietà, come chiaramente specificato anche negli statuti di altre banche centrali europee aderenti al SEBC;
risulta già agli atti parlamentari della XVIII Legislatura la proposta di legge AC 1064 a prima firma del deputato Claudio Borghi recante un intervento di interpretazione autentica volto a chiarire l'assetto della proprietà delle riserve auree detenute della Banca d'Italia che, come peraltro ribadito in Senato dal Presidente del Consiglio dei ministri, professor Giuseppe Conte, rispondendo all'interrogazione 3-00622 nella seduta del 21 febbraio 2019, rientra nell'ambito della discrezionalità politica del legislatore nazionale;
l'iter dell'AC 1064, dopo l'assegnazione in sede referente del 21 settembre 2018 alla VI Commissione parlamentare (Finanze) della Camera dei deputati, è stato avviato il 13 dicembre 2018 e l'esame è tuttora in corso,
impegna il Governo:
1) ad adottare le opportune iniziative al fine di definire l'assetto della proprietà delle riserve auree detenute dalla Banca d'Italia nel rispetto della normativa europea;
2) ad adottare le iniziative opportune al fine di acquisire, anche attraverso la Banca d'Italia, le notizie relative alla consistenza e allo stato di conservazione delle riserve auree ancora detenute all'estero e le modalità per l'eventuale loro rimpatrio, oltre che le relative tempistiche.
(1-00107) (02 aprile 2019)
BERNINI, MALAN, PICHETTO FRATIN, SCIASCIA, CONZATTI, PEROSINO, ROSSI, DAMIANI, FANTETTI, FERRO, SACCONE, AIMI, ALDERISI, BARACHINI, BARBONI, BATTISTONI, BERARDI, BERUTTI, BIASOTTI, BINETTI, CALIENDO, CANGINI, CARBONE, CAUSIN, CESARO, CRAXI, DAL MAS, DE POLI, DE SIANO, FAZZONE, FLORIS, GALLIANI, GALLONE, GASPARRI, GHEDINI, GIAMMANCO, GIRO, LONARDO, MALLEGNI, MANGIALAVORI, MASINI, Alfredo MESSINA, MINUTO, MODENA, MOLES, PAGANO, PAPATHEU, PAROLI, QUAGLIARIELLO, RIZZOTTI, ROMANI, RONZULLI, SCHIFANI, SERAFINI, SICLARI, STABILE, TESTOR, TIRABOSCHI, TOFFANIN, VITALI. -
Respinta
Il Senato,
premesso che:
il comma 1 dell'articolo 1 dello statuto della Banca d'Italia stabilisce che: «La Banca d'Italia è un istituto di diritto pubblico»;
l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2014, n. 5 e recante "Disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia", ha ribadito la natura giuridica di istituto di diritto pubblico della Banca d'Italia, che è banca centrale della Repubblica italiana e parte integrante del Sistema europeo di banche centrali;
la Banca d'Italia è inoltre l'Autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico in materia bancaria, disciplinato dal regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013. È indipendente nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze, in coerenza con quanto previsto per la BCE dal Trattato UE;
l'articolo 4, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, recante "Approvazione del Testo unico delle norme di legge in materia valutaria", come sostituito dall'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43, recante "Adeguamento dell'ordinamento nazionale alle disposizioni del trattato istitutivo della Comunità europea in materia di politica monetaria e di Sistema europeo delle banche centrali", dispone che: "La Banca d'Italia provvede in ordine alla gestione delle riserve ufficiali, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 31 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea". L'articolo sostituisce la previgente disposizione del Testo unico delle norme di legge in materia valutaria, secondo cui le riserve valutarie ufficiali erano gestite dall'Ufficio italiano dei cambi, e dalla Banca d'Italia per gli interventi sul mercato dei cambi, per esigenze connesse con gli impegni internazionali e per le operazioni ordinarie. La modifica si rese necessaria in quanto, in seguito all'introduzione della moneta unica, le riserve valutarie ufficiali possono essere detenute e gestite esclusivamente dalle banche centrali dell'Eurosistema;
la Banca d'Italia detiene e gestisce le riserve nazionali in valuta e oro. In base all'articolo 127 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex art. 105 del Trattato sull'Unione europea), esse costituiscono parte integrante delle riserve dell'Eurosistema, congiuntamente alle riserve delle altre BCN e a quelle di proprietà della BCE. Una quota delle riserve in valuta della BCE, conferite all'avvio della terza fase dell'Unione economica e monetaria da ogni BCN in ragione della "chiave capitale", è gestita dalla Banca d'Italia sulla base di linee guida fissate dal consiglio direttivo della BCE;
l'Italia possiede 2.451,8 tonnellate (metriche) di riserve auree. Se le cifre sono corrette, si tratterebbe della quarta somma più alta dopo la Germania, gli Stati Uniti e il Fondo monetario internazionale. Saremmo il Paese custode del terzo ammontare di oro al mondo. Al contrario della maggior parte delle nazioni, in cui le riserve auree sono di proprietà dello Stato, ma gestite dalla banca centrale, in Italia la banca centrale detiene e custodisce l'oro allo stesso tempo;
le riserve auree della Banca d'Italia sono parte integrante delle riserve valutarie ufficiali detenute ai sensi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e dello Statuto del Sistema europeo delle banche centrali e della BCE, che includono la detenzione e la gestione delle riserve valutarie ufficiali tra i compiti fondamentali svolti dall'Eurosistema, a cui partecipano la BCE e le banche centrali dei paesi la cui moneta è l'euro;
considerato che:
l'eventuale utilizzo delle stesse per la riduzione del debito pubblico, non solo avrebbe un impatto assolutamente teorico, in quanto legato all'attuale prezzo di mercato dell'oro, sullo stesso del 4,5 per cento al massimo, ma creerebbe una perdita di fiducia nei confronti del nostro Paese;
vale ricordare che lo stesso Governo ha previsto a fine dicembre 2018 un rapporto indebitamento netto/PIL programmatico al 2,04 per cento nel 2019, all'1,84 nel 2020 e all'1,53 nel 2021, cioè un ammontare complessivo superiore a quello che si potrebbe realizzare da qualsiasi tipo di cessione o di altro utilizzo delle riserve auree;
le riserve auree hanno la funzione di rafforzare la fiducia nella stabilità del sistema finanziario italiano e della moneta unica. Questa funzione diviene più importante quando le condizioni geopolitiche o la congiuntura economica internazionale possono generare rischi aggiuntivi per i mercati finanziari (ad esempio, crisi valutarie o finanziarie),
impegna il Governo:
1) ad assumere ogni opportuna iniziativa volta a dare chiarezza interpretativa riguardo alla permanenza pubblica della proprietà delle riserve auree;
2) ad escludere ogni ipotesi di vendita o di cessione delle riserve auree, tantomeno ove il ricavato fosse destinato al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato e ancor meno ove fosse utilizzato alla temporanea disattivazione delle clausole di salvaguardia sull'IVA e sulle accise previste per il 2020 e 2021 .
Allegato B
Parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge n. 844 e sui relativi emendamenti
La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo ed ì relativi emendamenti trasmessi dall'Assemblea, esprime, per quanto di propria competenza, in relazione al testo, parere non ostativo.
In merito agli emendamenti, il parere è contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, sulle proposte 1.4, 1.28 e 1.36.
Su tutti i restanti emendamenti il parere è non ostativo.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
Nel corso della seduta sono pervenute al banco della Presidenza le seguenti comunicazioni:
Disegno di legge n. 844:
sulla votazione finale, la senatrice Leone avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Congedi e missioni
Sono in congedo i senatori: Barachini, Berardi, Bertacco, Bogo Deledda, Borgonzoni, Bossi Umberto, Botto, Calderoli, Candiani, Cattaneo, Cioffi, Cirinna', Crimi, D'Angelo, De Poli, Fantetti, Ginetti, Merlo, Monti, Napolitano, Ronzulli, Santangelo, Sbrollini, Sciascia, Siclari, Siri, Solinas e Zanda.
Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Arrigoni, Castiello, Fazzone, Magorno e Urso, per attività del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica; Endrizzi, Garavini, Mirabelli, Morra e Vitali, per attività della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.
Commissioni permanenti, trasmissione di documenti
È stata trasmessa alla Presidenza la risoluzione della 11a Commissione permanente (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), approvata nella seduta del 2 aprile 2019, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda le risorse destinate alla dotazione specifica per l'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile (COM(2019) 55 definitivo) (Doc. XVIII, n. 13).
Il predetto documento è trasmesso, ai sensi dell'articolo 144, comma 2, del Regolamento, al Presidente del Consiglio dei ministri e al Presidente della Camera dei deputati, nonché, ai sensi dell'articolo 144, comma 2-bis, del Regolamento, ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea.
Disegni di legge, annunzio di presentazione
Senatore Quagliariello Gaetano
Modifiche alla legge 22 dicembre 2017, n. 219, in materia di obiezione di coscienza (1188)
(presentato in data 02/04/2019);
senatore Nencini Riccardo
Norme sul dilettantismo agonistico e sulla parità di genere nella pratica sportiva (1189)
(presentato in data 02/04/2019);
senatore Bruzzone Francesco
Modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio (1190)
(presentato in data 02/04/2019);
senatori Urso Adolfo, Balboni Alberto, Calandrini Nicola, Ciriani Luca, Bertacco Stefano, de Bertoldi Andrea, Fazzolari Giovanbattista, Garnero Santanche' Daniela, Iannone Antonio, Rauti Isabella, Totaro Achille, Zaffini Francesco
Disposizioni volte ad agevolare la rinegoziazione di mutui ipotecari concessi per l'acquisto di immobili destinati a prima casa ed oggetto di procedura esecutiva immobiliare (1191)
(presentato in data 02/04/2019);
senatore Nastri Gaetano
Istituzione di un Fondo per investimenti in ricerca e sviluppo nel settore ambientale (1192)
(presentato in data 02/04/2019);
senatori Rauti Isabella, Balboni Alberto, de Bertoldi Andrea, Calandrini Nicola, Fazzolari Giovanbattista, Garnero Santanche' Daniela, Iannone Antonio, Totaro Achille
Disposizioni per l'introduzione nel codice penale militare di pace di fattispecie corrispondenti a quelle di violenza privata, violenza sessuale e atti persecutori (1193)
(presentato in data 02/04/2019);
senatori Fazzolari Giovanbattista, Balboni Alberto, Calandrini Nicola, Ciriani Luca, de Bertoldi Andrea, Garnero Santanche' Daniela, Iannone Antonio, Rauti Isabella, Ruspandini Massimo, Totaro Achille
Disposizioni a tutela degli utenti in materia di errata fatturazione per l'erogazione di energia elettrica, gas e acqua e per la fornitura di servizi telefonici, televisivi e internet (1194)
(presentato in data 02/04/2019);
senatore Nastri Gaetano
Promozione e sviluppo della sostenibilità ambientale e sviluppo economico delle aree interne del nostro Paese (1195)
(presentato in data 02/04/2019);
senatore Augussori Luigi
Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, recante il testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, e alla legge 25 marzo 1993, n. 81, recante norme in tema di elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale (1196)
(presentato in data 02/04/2019);
senatori Battistoni Francesco, Ronzulli Licia, Berutti Massimo Vittorio, Lonardo Alessandrina, Siclari Marco, Causin Andrea, Modena Fiammetta, Barboni Antonio, Rizzotti Maria, Damiani Dario, Pichetto Fratin Gilberto, Binetti Paola, Testor Elena, Perosino Marco, Conzatti Donatella
Misure per la valorizzazione della filiera produttiva del latte d'asina italiano, finalizzate all'aumento della produzione per il consumo umano (1197)
(presentato in data 02/04/2019).
Disegni di legge, assegnazione
In sede redigente
7ª Commissione permanente Istruzione pubblica, beni culturali
Sen. Ronzulli Licia
Istituzione dell'insegnamento di educazione alla convivenza civile nelle scuole primarie (1031)
previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 5ª (Bilancio), Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 03/04/2019).
In sede referente
3ª Commissione permanente Affari esteri, emigrazione
Gov. Conte-I: Ministro affari esteri e coop. inter.le Moavero Milanesi ed altri
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato globale e rafforzato tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d'Armenia, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 24 novembre 2017 (1123)
previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 2ª (Giustizia), 4ª (Difesa), 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze e tesoro), 7ª (Istruzione pubblica, beni culturali), 8ª (Lavori pubblici, comunicazioni), 9ª (Agricoltura e produzione agroalimentare), 10ª (Industria, commercio, turismo), 11ª (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), 12ª (Igiene e sanita'), 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali), 14ª (Politiche dell'Unione europea)
(assegnato in data 03/04/2019);
3ª Commissione permanente Affari esteri, emigrazione
Gov. Conte-I: Ministro affari esteri e coop. inter.le Moavero Milanesi, Ministro affari europei Savona ed altri
Ratifica ed esecuzione dell'accordo quadro tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Australia, dall'altra, fatto a Manila il 7 agosto 2017 (1136)
previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 2ª (Giustizia), 4ª (Difesa), 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze e tesoro), 7ª (Istruzione pubblica, beni culturali), 8ª (Lavori pubblici, comunicazioni), 9ª (Agricoltura e produzione agroalimentare), 10ª (Industria, commercio, turismo), 11ª (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), 12ª (Igiene e sanita'), 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali), 14ª (Politiche dell'Unione europea)
(assegnato in data 03/04/2019);
3ª Commissione permanente Affari esteri, emigrazione
Gov. Conte-I: Ministro affari esteri e coop. inter.le Moavero Milanesi, Ministro affari europei Savona ed altri
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che istituisce la Fondazione internazionale tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, ed i Paesi dell'America latina e dei Caraibi, dall'altra, fatto a Santo Domingo il 25 ottobre 2016 (1137)
previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 2ª (Giustizia), 5ª (Bilancio), 7ª (Istruzione pubblica, beni culturali), 11ª (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), 14ª (Politiche dell'Unione europea)
(assegnato in data 03/04/2019).
Governo, trasmissione di atti e documenti
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettere in data 21 e 22 marzo 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 7, della legge 21 giugno 1986, n. 317, le seguenti procedure di informazione, attivate presso la Commissione europea dalla Direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica del Ministero dello sviluppo economico, in ordine:
alla notifica 2019/0104/I relativa al "Progetto di disciplinare di produzione - Bovino di filiera locale". La predetta documentazione è deferita alla 9a e alla 14a Commissione permanente (Atto n. 220);
alla notifica 2019/0105/I relativa al "Progetto di disciplinare di produzione - Agnello/agnellone di filiera locale". La predetta documentazione è deferita alla 9a e alla 14a Commissione permanente (Atto n. 221);
alla notifica 2019/0106/I relativa al "Progetto di disciplinare di produzione - Grano duro e derivati". La predetta documentazione è deferita alla 9a e alla 14a Commissione permanente (Atto n. 222);
alla notifica 2019/0107/I relativa al "Progetto di disciplinare di produzione - Latte crudo vaccino e derivati". La predetta documentazione è deferita alla 9a e alla 14a Commissione permanente (Atto n. 223);
alla notifica 2019/0108/I relativa al "Regolamento per la disciplina e l'esercizio delle Piccole produzioni locali di prodotti a base di carne in attuazione dell'articolo 8, commi 40 e 41, della legge regionale 29 dicembre 2010, n. 22 (Legge finanziaria 2011) e dell'articolo 13, comma 2, del Regolamento (CE) n. 852/2004". La predetta documentazione è deferita alla 9a e alla 14a Commissione permanente (Atto n. 224).
Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 27 marzo 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, della legge 3 agosto 1985, n. 411, la relazione sull'attività ed il bilancio consuntivo della Società "Dante Alighieri", relativi all'anno 2018.
La predetta documentazione è deferita, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 3a e alla 7a Commissione permanente (Atto n. 219).
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 21 marzo 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 7, della legge 21 giugno 1986, n. 317, le osservazioni formulate, ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2015/1535, dalla Commissione europea in ordine alla notifica 2018/0635/I, relativa al progetto di regola tecnica recante "Linee guida su acquisizione e riuso di software per le Pubbliche Amministrazioni".
La predetta documentazione è deferita alla 1a, alla 10a e alla 14a Commissione permanente (Atto n. 225).
Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 2 aprile 2019, ha inviato, ai sensi dell'articolo 4 della legge 15 dicembre 1998, n. 484, la relazione sullo stato di esecuzione del Trattato per il bando totale degli esperimenti nucleari, relativa all'anno 2018.
Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 3a e alla 4a Commissione permanente (Doc. CXXXIX, n. 1).
Garante del contribuente, trasmissione di atti. Deferimento
Con lettere in data 20 e 26 marzo 2019, sono state inviate, ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212, le relazioni sull'attività svolta dal Garante del Contribuente:
della Regione Marche, nel 2018 (Atto n. 226);
della Regione Lombardia, nel 2018 (Atto n. 227).
I predetti documenti sono deferiti, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 6a Commissione permanente.
Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, trasmissione di documenti. Deferimento
Il Presidente del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, con lettera in data 26 marzo 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7, comma 5, lettera g), del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, la relazione sull'attività svolta dal medesimo Garante, aggiornata al mese di marzo 2019.
Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 2a Commissione permanente (Doc. CXV, n. 1).
Corte dei conti, trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti
Il Presidente della Sezione del controllo sugli Enti della Corte dei conti, con lettere in data 21 e 28 marzo 2019, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, ha inviato le determinazioni e le relative relazioni sulla gestione finanziaria:
di SOGESID S.p.A., per l'esercizio 2017. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 13a Commissione permanente (Doc. XV, n. 127);
dell'Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza della Professione Infermieristica (ENPAPI), per l'esercizio 2017. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a, alla 11a e alla 12a Commissione permanente (Doc. XV, n. 128);
dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale, per l'esercizio 2017. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 8a Commissione permanente (Doc. XV, n. 129);
dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) per gli esercizi 2015 al 2016. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 7a Commissione permanente (Doc. XV, n. 130).
Regioni e province autonome, trasmissione di relazioni. Deferimento
Con lettere in data 26 e 29 marzo 2019, sono state inviate, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, le relazioni sull'attività svolta nell'anno 2018 dai seguenti difensori civici:
della regione Lazio (Doc. CXXVIII, n. 8);
della regione Basilicata (Doc. CXXVIII, n. 9);
della regione Piemonte (Doc. CXXVIII, n. 10).
I predetti documenti sono deferiti, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a Commissione permanente.
Consigli regionali e delle province autonome, trasmissione di voti
E' pervenuto al Senato un voto della regione Marche concernente: "Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni - Programma di lavoro della Commissione europea per il 2019 'Mantenere le promesse e prepararsi al futuro' COM(2018) 800 final".
Il predetto voto è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 138 del Regolamento, alla 14a Commissione permanente (n. 25).
Mozioni
RAUTI, CIRIANI, BALBONI, BERTACCO, CALANDRINI, DE BERTOLDI, FAZZOLARI, GARNERO SANTANCHE', IANNONE, LA PIETRA, LA RUSSA, MAFFONI, NASTRI, RUSPANDINI, STANCANELLI, TOTARO, URSO, ZAFFINI - Il Senato,
premesso che:
l'art 1, comma 88, della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145 del 2018) ha prorogato solo di sei mesi la convenzione stipulata fra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione SpA titolare dell'emittente Radio Radicale, per la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari, autorizzando la spesa di 5 milioni di euro;
la predetta convenzione è stata stipulata ai sensi dell'art. 1, comma 1, della legge n. 224 del 1998 che ha disposto, in via transitoria, il rinnovo per un triennio, con decorrenza 21 novembre 1997, della convenzione quantificando un onere annuo di 11,5 miliardi di lire;
le successive proroghe sono state autorizzate e finanziate, prima per trienni di spesa, poi per bienni o per singole annualità, influendo sensibilmente sugli investimenti e le strategie di crescita della radio; il costo di questo servizio è di 10 milioni all'anno, a condizione che non trasmetta pubblicità;
di fatto con l'ultima legge di bilancio sono state dimezzate le risorse disponibili per il servizio, prevedendo la proroga della convenzione solo per sei mesi e, dunque, fino al 21 maggio 2019;
considerato che:
Radio Radicale è riconosciuta dal Governo italiano come "impresa radiofonica che svolge attività di informazione di interesse generale" e in base alla convenzione effettua un servizio pubblico, che consiste nel trasmettere tutti i giorni le sedute del Parlamento;
Radio Radicale è un'emittente storica, che trasmette e pubblica on line ogni giorno le dirette dei lavori parlamentari e i principali eventi di attualità politica e istituzionale, introducendo un modello di informazione politica totalmente innovativo, garantendo l'integrità degli eventi istituzionali e politici trasmessi senza tagli, né commenti, introducendo importanti innovazioni nel panorama informativo italiano come la rassegna stampa dei giornali, il "filo diretto" con gli ospiti politici, i programmi di interviste per strada e le trasmissioni per le comunità immigrate in Italia;
in virtù della convenzione con il Ministero dello sviluppo economico è tenuta a trasmettere, nel corso dell'anno, almeno il 60 per cento delle sedute delle due Camere nella fascia oraria, che va dalle ore 8.00 alle ore 20.00 (le sedute del Senato sono registrate e archiviate con continuità dal 7 giugno 1977, mentre quelle della Camera dei deputati fin dal 26 settembre 1976);
nel tempo residuo, Radio Radicale documenta anche l'attività di Consigli comunali, Corte dei conti, Consiglio superiore della magistratura, Parlamento europeo, ma anche congressi, festival e assemblee di partiti politici, convegni organizzati da associazioni del mondo del lavoro e dell'impresa, manifestazioni o conferenze stampa di particolare interesse, dibattiti e presentazione di libri;
la stessa copre il 75 per cento del territorio italiano, raggiungendo l'85 per cento della popolazione del Paese, con ben 250 impianti di diffusione terrestre;
la documentazione, conservata nell'archivio audio-video, è divisa in svariati settori: istituzionale, giudiziario, partiti e movimenti politici, associazioni, sindacati e movimenti, culturale;
nell'archivio giudiziario, ad esempio, possono trovarsi le registrazioni di processi di grande rilievo per le ripercussioni sull'opinione pubblica e per la qualità e l'efficacia dell'azione giudiziaria, mentre gli archivi dei partiti e dei movimenti politici, delle associazioni e dei sindacati testimoniano l'intensa attività partecipativa italiana;
si parla di oltre 540.000 registrazioni, 224.000 oratori, 102.000 interviste, 23.500 udienze, 3.300 giornate di congressi di partiti, associazioni e sindacati, più di 32.000 tra dibattiti e presentazioni di libri, oltre 6.900 tra comizi e manifestazioni, 22.600 conferenze stampa e più 16.100 convegni;
in particolare le sedute parlamentari, dopo la diretta, vengono archiviate in schede che rispettano la scansione delle varie fasi dei lavori parlamentari e consentono di accedere direttamente all'intervento o alla fase della seduta che si desidera ascoltare e vedere;
considerato infine che solo per citare l'ultimo episodio in ordine di tempo, a testimonianza della serietà e professionalità del servizio d'informazione reso da Radio Radicale, il 25 marzo, pur non invitata agli Stati generali dell'Editoria, ne ha mandato comunque in diretta i lavori,
impegna il Governo:
1) a reperire le risorse, nell'ambito dei pertinenti stanziamenti, per il rinnovo della convezione dopo il 21 maggio 2019 e fino alla fine dell'anno, consentendo il completamento della programmazione editoriale della Radio, che verrebbe ad interrompersi inopinatamente a metà anno fiscale;
2) a rinnovare conseguentemente la convenzione con lo Stato italiano.
(1-00109)
MARCUCCI, VERDUCCI, RENZI, LANIECE, CASINI, ALFIERI, ASTORRE, BELLANOVA, BINI, BITI, BOLDRINI, CIRINNA', COLLINA, COMINCINI, CUCCA, D'ALFONSO, D'ARIENZO, FARAONE, FEDELI, FERRARI, FERRAZZI, GIACOBBE, GINETTI, GRIMANI, IORI, LAUS, MAGORNO, MANCA, MARGIOTTA, MARINO, MESSINA Assuntela, MISIANI, PARENTE, PARRINI, PINOTTI, PITTELLA, RAMPI, ROJC, ROSSOMANDO, SBROLLINI, STEFANO, SUDANO, TARICCO, VALENTE, VATTUONE, ZANDA - Il Senato,
premesso che:
il comma 88 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2019), autorizza il Ministero dello sviluppo economico a prorogare di ulteriori sei mesi il regime convenzionale con il Centro di produzione SpA, titolare dell'emittente Radio Radicale, per la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari e, a tal fine, autorizza la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2019;
considerato che:
la convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione SpA è stata stipulata ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 224 del 1998, allo scopo di garantire la continuità del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari, svolgendo, a tutti gli effetti, un compito di servizio pubblico;
allo stesso tempo, tale disposizione, confermando lo strumento della Convenzione da stipulare a seguito di gara pubblica, i cui criteri dovevano essere definiti nel quadro dell'approvazione della riforma generale del sistema delle comunicazioni, ha disposto, in via transitoria, il rinnovo per un triennio, con decorrenza 21 novembre 1997, della convenzione stipulata già ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 602 del 1994, successivamente decaduto, tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro Servizi SpA, per la trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari, quantificando un onere annuo di 11,5 miliardi di lire;
le successive proroghe sono state autorizzate e finanziate, prima per trienni di spesa, poi per bienni o per singole annualità, mantenendo in ogni caso costante dal 2007 l'autorizzazione di spesa annua di 10 milioni di euro;
tenuto conto che:
la decorrenza del rinnovo della convenzione avviene a partire dal 21 novembre per ciascuna annualità e pertanto le disposizioni di cui al comma 88 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018 garantiscono le risorse nel bilancio del Centro servizi SpA per il periodo che va dal 21 novembre 2018 al 20 maggio 2019
le somme stanziate per il 2019 coprono soltanto i primi sei mesi dell'anno, ovvero fino al 20 maggio 2019 e, ad oggi, nessun altro soggetto svolge o è in grado di svolgere il servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari, così come assicurato da Radio Radicale;
tale servizio risulta di pubblica utilità, fondamentale per la corretta formazione dell'opinione pubblica e dunque per la qualità della democrazia, effettuando la trasmissione, la registrazione, l'archiviazione sul web dei lavori di Camera e Senato e dei principali eventi di tutte le forze politiche nella loro integrità originale, garantendo ai cittadini il diritto ad un'informazione politica e parlamentare completa e trasparente, diretta e non mediata, integralmente reperibile in un archivio storico, di cui è fondamentale non interrompere la continuità per non pregiudicarne il valore per la nostra democrazia,
impegna il Governo:
1) a reperire le risorse, nell'ambito dei pertinenti stanziamenti, per il rinnovo della convenzione dopo il 21 maggio 2019 e fino alla fine dell'anno, consentendo il completamento della programmazione editoriale della Radio, che verrebbe ad interrompersi inopinatamente a metà anno fiscale;
2) a rinnovare conseguentemente la convenzione con lo Stato italiano.
(1-00110)
Interrogazioni
MAUTONE, CASTELLONE, MARINELLO, DI MARZIO, SILERI - Al Ministro della salute. - Premesso che:
l'art. 2, comma 1, lettera b), e l'art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 prevedono accordi tra Governo, Regioni e Province autonome;
con il citato accordo il Governo, le Regioni e le Province autonome concordano sulla necessità di porsi l'obiettivo di attivare una rete dei servizi di riabilitazione e di interventi di assistenza riabilitativa attivabili all'interno dei livelli uniformi di assistenza previsti dal Piano sanitario nazionale, adottando quale riferimento un modello di percorso integrato socio-sanitario;
considerato che:
in tutte le regioni, soprattutto in quelle meridionali, esiste una particolare criticità riguardante i tempi di attesa presso i centri accreditati per l'abilitazione-riabilitazione neuro psicomotoria e sensoriale, che risultano particolarmente lunghi e, in alcuni casi, arrivano fino a due anni, come da molteplici segnalazioni ricevute;
come scientificamente dimostrato, l'intervento riabilitativo precoce permette di ottenere il migliore recupero delle attività psicosensoriali e motorie dei piccoli pazienti affetti da patologie come: disturbi dello spettro autistico; malattie genetiche o malattie rare; paralisi celerali infantili conseguenza di sofferenza anossico-ischemica neonatale o peripartum;
tale ritardo nell'accesso alle terapie riabilitative in regime di convenzione, comporta, come da logica conseguenza, per le famiglie un'unica possibilità: affidarsi a strutture private con aggravio di costi, considerando soprattutto la frequenza quasi quotidiana di tali trattamenti e la loro lunga durata,
si chiede di sapere:
quali controlli le regioni operino su detti centri accreditati in merito alla gestione delle loro liste di attesa, anche alla luce del fatto che presso gli stessi è possibile svolgere le medesime terapie in regime privato;
quali iniziative di competenza il Ministro in indirizzo intenda assumere affinché si riducano i tempi di attesa per l'accesso gratuito alle terapie riabilitative.
(3-00751)
ROMAGNOLI, MATRISCIANO, CATALFO, AUDDINO, BOTTO, CAMPAGNA, GUIDOLIN, NOCERINO, ANASTASI, CASTALDI, CROATTI, VACCARO - Al Ministro dello sviluppo economico. - Premesso che:
l'Italia, per la sua tradizione storica nel settore industriale, possiede numerose storiche aziende che rappresentano l'eccellenza del made in Italy nel mondo;
tali aziende grazie alla straordinaria qualità della loro produzione sono riconosciute in tutto il mondo e il "marchio" associato, in molti casi, è divenuto patrimonio industriale mondiale;
considerato che:
nel corso degli ultimi anni importanti "marchi storici" italiani sono stati oggetto di operazioni di acquisizione da parte di multinazionali con sede e produzione all'estero;
tali operazioni, in numerosi casi, hanno provocato il trasferimento della produzione all'estero, con conseguente chiusura degli stabilimenti storici, il licenziamento, nel corso degli anni, di decine di migliaia di lavoratori e la perdita di quel know how industriale che era frutto di un costante lavoro imprenditoriale e di ricerca tecnologica;
inoltre, oltre ad un impoverimento del tessuto industriale, queste chiusure hanno provocato e provocano un impoverimento anche del tessuto sociale e culturale nelle zone su cui insistono gli stabilimenti;
le operazioni di acquisizione di importanti marchi storici italiani continuano anche in questi ultimi anni, come nel caso dell'azienda dolciaria Pernigotti di Novi Ligure (Alessandria), per affrontare la quale è stato peraltro attivato, presso il Ministero dello sviluppo economico, un apposito tavolo di monitoraggio per la salvaguardia dei livelli occupazionali;
alla luce di questi fenomeni industriali appare sempre più necessario un intervento a tutela dell'occupazione, dell'integrità dei marchi storici, della qualità della produzione e della salvaguardia del tessuto sociale, economico, culturale delle aree su cui insiste l'azienda,
si chiede di sapere:
quali misure il Ministro in indirizzo intenda adottare per la salvaguardia dei "marchi storici" italiani, prevedendo specifici strumenti normativi;
quali iniziative intenda intraprendere per tutelare i livelli occupazionali dei lavoratori impiegati nelle storiche aziende italiane, oggetto di operazioni industriali che prevedono il trasferimento della produzione all'estero o in aree diverse dalle zone di origine dell'azienda.
(3-00752)
PIANASSO, BERGESIO, CASOLATI, FERRERO, MONTANI - Ai Ministri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali. - Premesso che:
"Mahle GmbH" è un'azienda produttrice di componenti automobilistici con sede a Stoccarda, in Germania;
la Mahle Componenti motori Italia SpA è presente nel nostro Paese fin dal 1987, anno in cui ha acquisito il controllo della precedente società "Mondial Piston SpA", attiva fin dal 1946;
in Italia sono presenti due stabilimenti di produzione, uno a La Loggia (Torino) e uno a Saluzzo (Cuneo), per un totale di circa 500 dipendenti;
lo stabilimento di Saluzzo comprende il processo produttivo di fusione della lega d'alluminio, nonché pre-lavorazioni meccaniche di formatura del pistone, nel quale sono impiegati 200 operai e altri 40 lavoratori tra impiegati e quadri e dirigenti;
nello stabilimento di Saluzzo, nel 2018, il ricorso alla cassa integrazione ordinaria ha coinvolto un numero compreso tra i 50 ed i 200 operai, sui 200 totali;
come riferito dalle associazioni sindacali, il piano industriale presentato dall'azienda tedesca non prevede adeguati investimenti in Italia, comportando un depotenziamento per i siti produttivi presenti sul territorio;
nello stabilimento di Saluzzo, inoltre, vengono prodotti componenti per motori diesel, settore che risulta in contrazione, causando preoccupazione per il futuro dello stabilimento alla luce dei mancati investimenti su nuove produzioni;
in generale, il mercato automobilistico europeo presenta forti contrazioni, che rischiano di causare gravi conseguenze nel comparto industriale italiano e dell'Unione europea;
in un incontro tra i rappresentanti sindacali della Mahle e i vertici del gruppo, svoltosi il 7 dicembre 2018 presso l'Assessorato per il lavoro della Regione Piemonte, i dirigenti Mahle hanno illustrato la situazione economica nei vari stabilimenti europei dell'azienda, hanno ribadito la volontà di mantenere la presenza in Italia, ma non hanno fornito indicazioni sulla possibile diversificazione produttiva e sugli sviluppi futuri;
secondo quanto risulta agli interroganti, ci sarebbe il rischio di una completa riorganizzazione aziendale che comporterebbe una drastica riduzione produttiva negli stabilimenti italiani di La Loggia e di Saluzzo, con conseguente crisi occupazionale,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto, e se intenda convocare un tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico affinché si possa avere chiarezza sui futuri piani industriali dell'azienda, al fine di tutelare i livelli occupazionali attuali.
(3-00753)
BELLANOVA, MARCUCCI, MALPEZZI, MIRABELLI, STEFANO, VALENTE, COLLINA, FERRARI, BINI, CIRINNA', RICHETTI, ROSSOMANDO - Al Ministro dello sviluppo economico. - Premesso che:
secondo le ultime previsioni OCSE, contenute nel "Rapporto economico Italia" del 1° aprile 2019, il PIL dovrebbe registrare una preoccupante contrazione dello 0,2 per cento nel 2019 e un aumento dello 0,5 per cento nel 2020. Tali dati confermano un andamento negativo della crescita per il nostro Paese iniziato successivamente all'insediamento del Governo in carica. Il terzo trimestre del 2018, interrompendo una fase di 16 trimestri consecutivi di crescita, ha registrato una prima contrazione di 0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Il quarto trimestre del 2018 ha registrato una seconda contrazione, pari a 0,1 punti percentuali. L'OCSE, nel proprio rapporto, ha sottolineato che il PIL reale pro capite del nostro Paese è praticamente tornato al livello del 2000 e ad un livello nettamente inferiore al picco precedente alla crisi;
i recenti dati diffusi dall'Istat hanno evidenziato forti difficoltà sul fronte della produzione, del fatturato e degli ordinativi industriali. Nella comunicazione del 19 febbraio 2019, l'Istat ha reso nota una drastica riduzione per il 2018 del fatturato dell'industria pari al 7,3 per cento su base annua e degli ordinativi, pari al 5,3 per cento su base annua. Si tratta di una marcata diminuzione, sia in termini congiunturali sia su base annua, che ha riguardato in maniera diffusa tutti i settori;
dalla comunicazione Istat del 1° aprile 2019 si apprende che nel mese di febbraio l'occupazione ha registrato una preoccupante flessione, pari a 14.000 unità in meno. Tale andamento è stato determinato dalla diminuzione di 44.000 dipendenti, sia permanenti sia a termine, parzialmente compensato dall'aumento dei lavoratori indipendenti. Gli occupati a fine maggio 2018, prima dell'insediamento del Governo in carica, erano pari a 23.327.000 unità mentre a febbraio 2019 gli occupati erano 23.211.000;
considerato che:
la situazione di grave difficoltà della nostra economia si sta pesantemente ripercuotendo sulle imprese e sull'occupazione, tanto che attualmente presso il Ministero dello sviluppo economico risultano aperti oltre 130 tavoli di crisi con il coinvolgimento di migliaia di lavoratori. Le vertenze in atto interessano settori tra loro molto diversi, che richiedono azioni e strategie calibrate ognuna sulle proprie specificità: si va dal settore siderurgico, all'agroalimentare, passando per i trasporti e alla grande distribuzione organizzata. Nei prossimi mesi, anche in ragione della grave situazione economica del Paese, diverse altre aree industriali saranno costrette a ricorrere agli interventi previsti dalla legge n. 181 del 1989. Un'adeguata gestione di tali vertenze richiede interventi tempestivi da parte del Ministero e lo stanziamento di risorse finanziarie sufficienti allo scopo;
per quanto concerne gli interventi di cui alla legge n. 181 del 1989 nelle aree di crisi industriale complessa e non complessa, le risorse destinate all'attuazione degli interventi, in gran parte stanziate nella XVII Legislatura, ammontano a 721,87 milioni di euro, di cui 283 milioni per gli interventi nelle aree di crisi industriale complessa, 375,87 milioni per gli interventi nelle aree di crisi industriale non complessa, 40 milioni per le aree del terremoto del Centro Italia del 2016 e 15 milioni di euro per il programma "Restart Abruzzo". Tali risorse risultano in gran parte impegnate per le istruttorie in corso, fatta salva l'assegnazione per i successivi utilizzi disposta dalla legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145 del 2018) che ha previsto, per il finanziamento degli interventi destinati alla riconversione e alla riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale, un incremento di soli 100 milioni di euro per l'anno 2019 e di 50 milioni di euro per l'anno 2020 del "Fondo per la crescita sostenibile", ovvero per un ammontare che appare del tutto inadeguato alle necessità dei prossimi mesi;
forti ritardi, secondo quanto emerge dai territori interessati, si registrano sia sul fronte dell'erogazione degli ammortizzatori sociali per i 60.000 lavoratori delle 18 aree di crisi industriale complessa presenti in 13 regioni, da tre mesi ormai senza salario, sia nella realizzazione dei progetti di riconversione e riqualificazione industriale (PRRI) di tali aree a seguito della stipula di specifici accordi di programma,
si chiede di sapere:
quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro in indirizzo al fine di garantire una rapida e positiva soluzione ai 130 tavoli di crisi industriale complessa e non complessa aperti presso il Ministero dello sviluppo economico che coinvolgono migliaia di lavoratori ancora in attesa di adeguate risposte;
quali iniziative intenda adottare al fine di garantire l'immediata erogazione degli ammortizzatori sociali in favore dei 60.000 lavoratori delle imprese delle 18 aree di crisi industriale complessa dislocate in 13 regioni;
quali siano le ragioni dei ritardi accumulati nella realizzazione dei progetti di riconversione e riqualificazione industriale delle aree industriali di crisi complessa, che impediscono la ripresa economica di interi territori e delle comunità;
se le risorse finora stanziate per il finanziamento dei progetti di riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale siano sufficienti per la copertura di tutti gli interventi programmati o in via di programmazione;
quante siano le istanze pervenute al Ministero nel corso degli ultimi mesi con richiesta di avvio delle procedure di riconoscimento di area industriale di crisi e quanti siano i lavoratori potenzialmente coinvolti da tali richieste.
(3-00754)
URSO, CIRIANI - Al Ministro dello sviluppo economico. - Premesso che:
confermando le numerose revisioni al ribasso effettuate in questi anni da organismi nazionali e internazionali e centri di ricerca autorevoli, l'Italia si trova oramai in fase di recessione, unico tra i 28 Paesi dell'Unione europea, ampliando, peraltro, la distanza con gli altri 27;
rispetto alle previsioni di ottobre 2018, la crescita per il 2019 è, infatti, rivista al ribasso di 0,9 punti percentuali; nel quadro programmatico presentato nella nota di aggiornamento dello scorso anno, si evidenziava che le misure di politica economica, industriale e sociale che il nuovo Governo avrebbe messo in campo avrebbero determinato, invece, una rilevante crescita del Pil nel triennio successivo;
già allora le stime di crescita si palesavano del tutto inverosimili, considerato che anche i principali istituti internazionali (OCSE, Fondo monetario internazionale, Commissione europea) esprimevano più realistiche previsioni al ribasso, con un rallentamento della crescita che, nella stima più ottimistica, si attestava all'1,1 per cento in più per il 2019;
secondo gli ultimi dati ISTAT, nel 2018 la crescita dell'economia italiana è significativamente rallentata (0,9 per cento in più dall'1,6 per cento in più del 2017) e il divario nei confronti dell'area euro, cresciuta in media dell'1,8 per cento, è tornato ad ampliarsi dopo essersi sensibilmente ridotto nel biennio precedente;
il taglio drastico delle stime di crescita è dovuto in larga parte alla minore domanda interna (circa tre quarti a fronte di un quarto derivante dalla contrazione di quella estera), con la forte contrazione dei consumi e degli investimenti pubblici e privati: il contributo alla crescita dei consumi finali si è sostanzialmente dimezzato da 0,9 a 0,4 punti percentuali tra il 2017 e il 2018;
tale tendenza, come emerge anche dai dati allarmanti diffusi nei giorni scorsi dal centro studi di Confindustria, è confermata nel primo trimestre 2019, con una produzione industriale sostanzialmente ferma (calo dello 0,1 per cento, dopo il forte arretramento di fine 2018, pari all'1 per cento), una domanda interna (specie degli investimenti) ancora molto debole e un calo significativo dei prezzi alla produzione (pari allo 0,1 per cento);
la debolezza della crescita italiana, pur inserendosi in un contesto complessivo di indebolimento del ciclo internazionale condiviso da tutte le principali economie europee, fa registrare una flessione decisamente più accentuata che altrove, ampliando così nuovamente il divario di crescita rispetto all'area dell'euro, con un netto calo di fiducia delle famiglie e delle imprese e, conseguentemente, anche dei potenziali investitori;
nei giorni scorsi anche l'OCSE ha ribadito che il rischio concreto per l'Italia è quello di chiudere l'anno in piena recessione, con un calo dello 0,2 per cento nel 2019, unica economia europea a segnare un risultato nettamente negativo;
i provvedimenti inerenti allo sviluppo economico e sociale del Paese, con particolare riferimento alla politica industriale e alle attività produttive, messi in atto finora dal Governo, non hanno neanche lontanamente raggiunto gli obiettivi prefissati e, anzi, hanno generato effetti negativi e recessivi, nonostante i clamorosi annunci del Ministro in indirizzo che, ancora a gennaio 2019, intervenendo agli stati generali dei consulenti del lavoro, vedeva addirittura, a "recessione tecnica" già certificata, nel futuro del Paese un nuovo boom economico come negli anni '60;
invece che in un "miracolo produttivo" gli italiani si ritrovano oggi in una fase di piena stagnazione della produzione industriale, con enorme pregiudizio per le famiglie e le imprese,
si chiede di sapere:
quali siano le ragioni per cui le previsioni del Governo siano state clamorosamente smentite dall'attuale fase di recessione, produttiva e sociale, e perché le misure di politica industriale adottate finora non abbiano avuto gli effetti auspicati, determinando anzi un sostanziale peggioramento delle condizioni complessive del Paese e dei suoi principali assetti produttivi;
pertanto, se il Governo non ritenga necessario cambiare radicalmente rotta già nel prossimo DEF avviando una diversa e più incisiva politica per lo sviluppo economico e sociale del Paese.
(3-00755)
BERNINI, MALAN, MALLEGNI, GALLIANI, GALLONE, GIAMMANCO, LONARDO, MANGIALAVORI, MOLES, RIZZOTTI, RONZULLI, PICHETTO FRATIN, VITALI, AIMI, ALDERISI, BARACHINI, BARBONI, BATTISTONI, BERARDI, BERUTTI, BIASOTTI, BINETTI, CALIENDO, CANGINI, CARBONE, CAUSIN, CESARO, CONZATTI, CRAXI, DAL MAS, DAMIANI, DE POLI, DE SIANO, FANTETTI, FAZZONE, FERRO, FLORIS, GASPARRI, GHEDINI, GIRO, MASINI, MESSINA Alfredo, MINUTO, MODENA, PAGANO, PAPATHEU, PAROLI, PEROSINO, QUAGLIARIELLO, ROMANI, ROSSI, SACCONE, SCHIFANI, SCIASCIA, SERAFINI, SICLARI, STABILE, TESTOR, TIRABOSCHI, TOFFANIN - Al Ministro dello sviluppo economico. - Premesso che:
l'attuale situazione economica dell'Italia, anche in base agli ultimi dati sull'occupazione forniti dall'OCSE, fotografa un tasso di disoccupazione che dal 10,6 per cento del 2018 crescerà al 12 per cento nel 2019 e al 12,1 per cento nel 2020;
ad aggravare la situazione è sicuramente lo stato dei conti pubblici italiani che, secondo la prestigiosa organizzazione internazionale, vedrà crescere il rapporto tra debito e PIL del nostro Paese al 134 per cento del Pil nel 2019 e al 135 per cento nel 2020;
si tratta di una bocciatura su diversi fronti, che trova ragione nelle riforme attuate dal Governo Conte; in questo quadro, anche la riforma per il reddito di cittadinanza comporterà scarsissimi effetti sulla crescita ed i consumi, incoraggiando al contrario il lavoro nero e rischiando di creare ulteriori diseguaglianze sociali;
secondo un recente focus pubblicato su "Il Sole-24 ore", in molti enti locali, per garantire i servizi essenziali alla persona, ci sarà un rincaro dell'imposta municipale unica, della Tasi (prelievo che ha la stessa base imponibile), delle addizionali Irpef e della tassa di soggiorno (con evidenti riflessi anche sulle tariffe di alberghi e bed&breakfast); questi aumenti aggraveranno le già precarie situazioni economiche di molti cittadini e non consentiranno loro di impiegare risorse per i consumi e la crescita; inoltre gli enti locali, ancora oggi, non possono fare né mutui, né spendere gli avanzi di amministrazione, se non in casi molto limitati;
a rallentare ulteriormente la fiducia dei consumatori risulta essere lo spettro di un aumento dell'IVA almeno al 23 per cento, già a partire dal luglio 2019, e almeno al 23,6 per cento dal 2021, pari a oltre 23 miliardi di euro per il 2020 e oltre 28 miliardi per il 2021, qualora non verranno trovate le adeguate risorse, cosa che impedirebbe il rilancio dei consumi interni tanto evocato dal Governo;
a parere degli interroganti, l'unico modo per restituire potere d'acquisto alle famiglie e liquidità alle imprese, favorendo di conseguenza l'aumento dei consumi e degli investimenti, è varare il prima possibile la riforma della cosiddetta flat tax;
nonostante Forza Italia abbia proposto già da lungo tempo un proprio modello realmente applicabile con una no tax area elevata a 12.000 euro ed un'aliquota "piatta" al 23 per cento, nel "contratto di governo" la misura è stata posta tra i primi punti del programma di Governo e garantita nella sua adottabilità da esponenti dello stesso;
a quasi un anno dall'avvio dell'attività governativa, tale misura, salvo un piccolo intervento sulle partite IVA con un fatturato inferiore ai 65.000 euro annui, del quale peraltro le prime bozze circolate del "decreto crescita" paventano una revisione, risulta ad oggi essere lettera morta;
su tale argomento si sta assistendo in questi ultimi giorni ad uno scontro all'interno della compagine governativa tra le due forze politiche di maggioranza;
il Ministro dell'interno, Matteo Salvini, maggiore sostenitore di tale misura, ha recentemente affermato che: "sulla flat tax noi non abbiamo mai smesso di lavorare", mentre il Ministro per il Sud, Barbara Lezzi, ha affermato che "La flat tax costa 60 miliardi di euro e il nostro Paese non se li può permettere, dunque è una promessa che non si può mantenere";
in altra occasione, il Ministro dello sviluppo economico ha risposto di "non fare promesse alla Berlusconi" denotando, oltre alla scarsa responsabilità istituzionale, a giudizio degli interroganti anche un irrispettoso attacco all'unico Presidente del Consiglio dei ministri che, oltre ad essere l'ultimo scelto direttamente dal voto degli italiani, ha ridotto le tasse ai cittadini e alle imprese;
vi è poi una palese discrasia tra le posizioni dei due azionisti del Governo in merito alle politiche per le famiglie, a favore delle quali non è stata varata alcuna misura, nonostante l'annunciata adozione del "modello francese",
si chiede di sapere:
se la flat tax sarà presente tra i punti programmatici del Governo del prossimo Documento di economia e finanza e, in caso affermativo, quale sarà la sua aliquota e la soglia di esenzione per le famiglie povere, e come si pensi di reperire le risorse necessarie;
quali siano le misure di aiuto alle famiglie "sul modello francese", annunciato alla stampa dal Ministro in indirizzo;
considerato il basso impatto sulla crescita economica e sulla creazione di nuovi posti di lavoro di alcune misure come il "decreto dignità" (decreto-legge n. 87 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2018), il "decreto "concretezza" (disegno di legge AS 920, in discussione presso la Camera dei deputati come AC 1433) e non ultimo il decreto sul reddito di cittadinanza (decreto-legge n. 4 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2019), quali misure di incentivo intenda proporre a favore delle imprese che producono e creano occupazione.
(3-00756)
FEDELI, MALPEZZI, STEFANO, ASTORRE, BELLANOVA, COLLINA, CUCCA, FERRAZZI, GIACOBBE, GINETTI, IORI, LAUS, MAGORNO, MANCA, ROJC, SBROLLINI, SUDANO, TARICCO, VATTUONE, VERDUCCI - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Premesso che:
da fonti di stampa si apprende che una relazione di due diligence, relativa al periodo di gestione del CIRA (Centro italiano ricerche aerospaziali) 2011-2016, sarebbe stata richiesta dai soci pubblici del CIRA e realizzata nel corso del 2017 dalla ditta Deloitte;
da tale relazione, resa disponibile nel dicembre 2017 ai soci e agli organi di gestione e di controllo del CIRA, risulterebbe come, in particolare nel periodo 2011-2014, vi sia stata una significativa levitazione dei costi del personale e delle consulenze esterne a fronte di un taglio della manutenzione che ha provocato danni e mancato utilizzo delle grandi infrastrutture del Centro di ricerca di Capua con possibili conseguenze di danno erariale. Nelle sue conclusioni la Deloitte suggerisce di sottoporre il documento ad una valutazione legale per valutare eventuali ipotesi di reato, valutazione che non sembra essere stata effettuata, nonostante le ripetute richieste effettuate prima dal presidente Battiston e poi dal commissario straordinario Benvenuti, che gli è succeduto dopo l'improvvisa rimozione nel novembre 2018;
nella due diligence si fa, inoltre, riferimento all'aumento delle consulenze esterne, tra cui alcune riferite a Mario Giacomo Sette e Alfiero Pignataro, nonché alle ditte Sistina Travel e Art Work, coinvolti nell'inchiesta sullo scandalo delle tangenti, che portò alle dimissioni il presidente dell'ASI, Saggese, recentemente rinviato a giudizio per questi fatti;
negli stessi articoli si apprende dell'esistenza di attività ispettive effettuate da parte del sub commissario, Giovanni Cinque, che risulterebbero al di fuori del mandato commissariale, secondo un chiarimento specificamente fornito dal ministro Bussetti su richiesta del commissario professor Piero Benvenuti;
in una lettera inviata ai vertici dell'ASI e del CIRA, il sub commissario Cinque difende infatti la gestione del presidente Saggese, dichiarando che la due diligence è un "fuor d'opera rispetto alla condotta puntualmente osservata, dal 2011 ad oggi, dagli organi di amministrazione e di controllo del Cira". Tesi immediatamente contestata dal commissario Piero Benvenuti, che dichiara come "le azioni connesse alla due diligence non sono state ancora concluse e lasciano aperta ogni valutazione e intervento da parte ASI";
si apprende, infine, che l'avvocato Cinque avrebbe percepito dal CIRA nel tempo più di un milione di euro per incarichi e consulenze diretti o indiretti e che nel 2012 lo studio per cui lavora sarebbe diventato consulente del CIRA per incarico direttamente voluto da Saggese a fronte di un corrispettivo di 50.000 euro all'anno per un triennio,
si chiede di sapere:
se quanto riportato in premessa e nei riferimenti dei recenti articoli di stampa corrisponda al vero;
se non si ravveda un palese conflitto di interessi nello svolgimento dell'incarico da parte del sub-commissario Cinque, considerato il suo ruolo di esperto legale del CIRA e del presidente Saggese negli anni relativi alla due diligence;
quali azioni il Ministro in indirizzo intenda intraprendere per correggere gli effetti ed i danni prodotti dalla situazione di incompatibilità, che ha caratterizzato l'azione del sub-commissario nel corso del suo mandato;
se nell'assegnazione, da parte del CIRA, dei numerosi incarichi e consulenze, direttamente ed indirettamente affidati a Cinque nel corso degli anni, si siano rispettati i criteri di trasparenza ed imparzialità richiesti dalla legge.
(3-00758)
RAMPI - Al Ministro della giustizia. - Premesso che, a quanto risulta all'interrogante:
secondo quanto riportato da organi di stampa, il 6 febbraio 2019 un uomo, di cui non sono state riportate le generalità, affetto da tossicodipendenza da cocaina sarebbe stato arrestato per spaccio di droga e portato nel carcere di Civitavecchia;
grazie a una chiamata anonima effettuata dal carcere, l'avvocato Davide Vigna, legale dell'uomo, si sarebbe recato allarmato in carcere l'11 febbraio e avrebbe trovato il suo assistito con un collare ortopedico, plurime ecchimosi, escoriazioni in tutto il corpo, una ferita alla testa, visibilmente provato psicologicamente;
dopo una segnalazione all'ex deputata Rita Bernardini da parte dell'avvocato sarebbe emerso che l'uomo sarebbe stato picchiato selvaggiamente da un compagno di cella di cui aveva segnalato più volte, invano, segni evidenti di squilibrio (testate al muro e urla);
secondo quanto riportato da organi di stampa, appena era rientrato dal passeggio, il compagno di cella gli avrebbe lanciato contro uno sgabello di legno, poi gli sarebbe saltato addosso, mentre era caduto a terra per il colpo subito, e avrebbe continuato a riempirlo di calci, pugni e graffi fino all'intervento di un agente di Polizia penitenziaria, a sua volta aggredito del detenuto;
dopo il brutale pestaggio, le autorità penitenziarie non avrebbero rilasciato alcuna comunicazione ufficiale. L'avvocato Vigna avrebbe appreso la notizia solo grazie ad una chiamata anonima;
l'avvocato Vigna ha dichiarato l'intenzione di intentare una causa civile per violazione dell'obbligo di protezione dei detenuti a tutela dei diritti inviolabili della persona anche in regime di detenzione;
premesso inoltre che, a quanto risulta all'interrogante:
per giorni l'autorità penitenziaria non avrebbe dato alla sorella del detenuto l'autorizzazione a visitare l'uomo, nonostante nell'ordinanza non fossero state disposte limitazioni alle visite;
grazie alla sollecitazione dell'avvocato, la cancelleria del giudice per le indagini preliminari aveva inoltrato al carcere l'autorizzazione esplicita alla possibilità per l'uomo di fare i colloqui. Nonostante il nulla osta, l'autorità penitenziaria il giorno seguente avrebbe negato alla sorella la possibilità del colloquio. Solo successivamente, una volta appreso che la cancelleria del giudice per le indagini preliminari aveva sostenuto di aver mandato da tempo la comunicazione in PEC con il nulla osta, gli agenti avrebbero dato alla sorella del detenuto il permesso di visita;
considerato che:
come riferito dall'avvocato Vigna, l'uomo non aveva mai subito una custodia cautelare;
i fatti che gli vengono contestati sono precedenti a una condanna, sempre per spaccio, risalente al 2017, con la sospensione condizionale della pena;
come ha spiegato il suo avvocato, l'uomo era già stato arrestato in flagranza nel 2017 e il giudice gli aveva concesso gli arresti domiciliari (poi sostituiti con l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) poiché aveva un quantitativo non elevato di droga ed era lui stesso un consumatore. L'uomo aveva ammesso il fatto che gli veniva contestato e così, scelto il rito abbreviato, il giudice lo aveva condannato a 2 anni con la concessione della sospensione condizionale della pena;
nel febbraio 2019, l'uomo è stato arrestato in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare per fatti avvenuti prima di quelli per i quali cui l'uomo era stato già condannato che, secondo l'avvocato, sarebbero in continuazione con i precedenti;
nonostante questo e il fatto che l'uomo non abbia più commesso alcun reato dal 2017, nel febbraio scorso non gli sono stati concessi gli arresti domiciliari,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti descritti e se non ritenga opportuno e doveroso promuovere con urgenza un'ispezione presso il carcere di Civitavecchia per far luce sui fatti avvenuti e stabilire le responsabilità dell'amministrazione penitenziaria, al fine di evitare il ripetersi dei suddetti fatti;
quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di garantire e tutelare l'incolumità e la sicurezza personale delle persone detenute nelle strutture penitenziarie del nostro Paese, presidi ineludibili di un Paese civile;
se risulti noto per quali motivi all'uomo non siano stati concessi gli arresti domiciliari.
(3-00759)
Interrogazioni orali con carattere d'urgenza ai sensi dell'articolo 151 del Regolamento
ERRANI - Ai Ministri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali. - Premesso che:
a ottobre 2018 FCA ha ceduto, con una operazione da 6.2 miliardi di euro, Magneti Marelli, azienda storica italiana specializzata nella meccanica ad alta tecnologia, nata nel 1919 e con un fatturato al 2017 di 8.2 miliardi di euro, alla giapponese Calsonic Kansei;
l'azienda è presente a Bologna e Crevalcore (Bologna) con due stabilimenti che impiegano circa 1.200 persone suddivise tra 820 impiegate nello stabilimento bolognese e 380 nello stabilimento di Crevalcore, una presenza fondamentale, storica e qualificata per il tessuto economico del territorio;
sin dal momento della cessione, i sindacati hanno espresso preoccupazione per la cessione del gruppo ed è stata richiesta da subito attenzione da parte del Governo, cui è stata sollecitata una maggiore presenza al fine di verificare insieme all'azienda non solo la volontà di mantenere l'occupazione attuale, ma anche gli investimenti sugli stabilimenti bolognesi;
a breve termine sarà concluso il passaggio di proprietà tra FCA e Calsonic Kansei e ancora mancano rassicurazioni in merito al futuro degli stabilimenti,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo intenda convocare al più presto un Tavolo istituzionale di confronto con la proprietà, al fine di verificare le intenzioni rispetto al futuro occupazionale e contrattuale dei lavoratori che sono impiegati presso i centri di ricerca, logistica e produzione della Magneti Marelli in Italia e negli stabilimenti bolognesi e quali piani industriali la proprietà abbia intenzione di mettere in campo per la società;
se il Governo, attraverso quali misure e piani di sviluppo, intenda favorire la crescita del settore automotive, con particolare attenzione per la mobilità sostenibile, anche al fine di ampliare l'offerta di lavoro nel settore della ricerca e sviluppo.
(3-00757)
Interrogazioni con richiesta di risposta scritta
PARAGONE, CROATTI, LUCIDI, BOTTO, D'ANGELO, GRANATO, CORBETTA, TRENTACOSTE, ORTIS, RICCIARDI, GRASSI, TURCO, MOLLAME, CASTIELLO, LEONE, LA MURA, DI MICCO, LANNUTTI, COLTORTI, NOCERINO, ROMANO, CAMPAGNA, GIARRUSSO, PIRRO, ACCOTO, FLORIDIA, MANTOVANI, MARINELLO, BOTTICI, PACIFICO, GIANNUZZI - Al Ministro dello sviluppo economico. - Premesso che:
gli oneri generali di sistema, individuati ai sensi dell'articolo 3, comma 11, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, come modificato dall'articolo 39, comma 3, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, gravano sulla bolletta di energia elettrica, pur non essendo legati alla fornitura del servizio, bensì destinati alla copertura di costi relativi ad attività di interesse generale afferenti al sistema elettrico, tra i quali, ad esempio, gli incentivi alle fonti rinnovabili, gli oneri nucleari, le agevolazioni per il settore ferroviario e per le industrie energivore e gli oneri per il bonus elettrico;
la disciplina dell'imposizione e dell'esazione degli oneri generali del sistema elettrico, nonché la gestione del gettito derivante è definita dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (ora Autorità di regolazione per energia reti ed ambiente), ai sensi della legge 14 novembre 1995, n. 481, e successive modificazioni;
in ottemperanza alla sentenza 24 maggio 2016, n. 2182 del Consiglio di Stato, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha stabilito che siano i clienti finali a pagare gli oneri ai venditori, i quali li pagano, a loro volta, con le fatture del servizio di trasporto ai distributori, che quindi li versano su appositi conti istituiti, per le varie componenti, presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) ovvero direttamente al Gestore dei servizi energetici (GSE) nel caso della componente destinata al sostegno delle fonti rinnovabili;
la riforma della tariffa elettrica ha comportato un aumento in bolletta delle quote fisse, infatti una delle principali conseguenze della riforma tariffaria, che non ha lasciato indifferenti molti consumatori, è l'aumento del peso delle quote fisse soprattutto per coloro che possiedono una seconda casa. Difatti, i non residenti hanno subito, sia il peso della quota fissa della tariffa per il trasporto dell'energia e la gestione del contatore, sia quella relativa agli oneri di sistema;
la diretta conseguenza di tale riforma è che gli utenti non residenti, dal 2018, si sono ritrovati a pagare circa 20 euro al mese di base, anche avendo consumi pari a zero;
molteplici sono i casi di utenti che, pur avendo consumi bassi o prossimi allo zero, hanno subito un aumento significativo delle proprie bollette a causa dei costi fissi, e quotidiane sono le proteste che giungono agli interroganti su questa "tassa occulta sul patrimonio", che impatta in maniera decisa sulle condizioni economiche delle famiglie italiane;
l'ultimo step della riforma prevede, infine, il superamento della struttura progressiva della tariffa per il trasporto di energia e la gestione del contatore e degli oneri di sistema. Ossia, tariffe uguali per ogni livello di consumo, non più progressive per scaglioni di consumo;
la stessa Autorità per l'energia con la segnalazione 733/2017/I/eel del 2 novembre 2017 al Governo e al Parlamento, ai sensi dell'articolo 2, comma 6, della legge 14 novembre 1995, n. 481, evidenziava che la riforma tariffaria dei clienti domestici, avrebbe comportato maggiori ulteriori esborsi ai clienti, specie quelli con bassi consumi, che l'attuazione del terzo step della riforma tariffaria per i clienti domestici del settore energetico comporterà inevitabili aumenti di spesa annua per larghe fasce della popolazione e che per tali clienti, caratterizzati da consumi bassi o medio-bassi, gli incrementi di spesa prevedibili sono significativi,
si chiede di sapere quali iniziative di competenza il Ministro in indirizzo intenda adottare per scongiurare che gli utenti continuino a subire in bolletta un aggravio di costi del tutto svincolato dall'effettivo consumo di energia.
(4-01526)
CARBONE, DE SIANO, CESARO, GIRO - Al Ministro della salute. - Premesso che:
molti organi di informazione riportano la notizia che in Italia, attualmente, ci sono grandissime difficoltà a reperire medici per i reparti pubblici;
in tutto il territorio nazionale gli ospedali faticano a mantenere organici sufficienti e così si sono organizzati in vario modo. Ad esempio utilizzando medici in affitto con contratti da 5-10 giorni messi a disposizione da agenzie e cooperative, oppure professionisti a gettone che lavorano giusto per un turno di notte ogni tanto. Tra questi ci sono anche pensionati, ai quali pochi giorni fa ha pensato anche la Regione Molise, che ha permesso alla Asl di verificare la disponibilità di chi è uscito dal servizio per raggiunti limiti di età. Anche i privati non trovano personale da assumere e pertanto restano in servizio professionisti molto anziani, come un'anestesista di Mestre di 85 anni, che presta ancora la propria opera in sala operatoria;
quanto sta succedendo in tutta Italia conferma gli allarmi che i sindacati lanciano da tempo: la carenza del personale medico. Il problema principale è il numero di posti nelle scuole di specializzazione troppo ridotto rispetto a quello di coloro che vanno in pensione. Secondo il sindacato dei medici ospedalieri, da qui al 2025 ci saranno circa 16.000 medici in meno nelle corsie. Il calo sarebbe quindi molto più marcato di quello visto tra il 2009 e il 2017, quando i medici ospedalieri sono calati di circa 8.000 unità;
come è noto, con l'approvazione della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2019) è stata introdotta la possibilità per gli specializzandi all'ultimo anno di partecipare ai concorsi per l'accesso alle posizioni di dirigente medico; tale misura è stata però sorprendentemente disattesa come riferito dal segretariato italiano, Giovani Medici, che avrebbe "già segnalato al Ministero della Salute, in data 31 Gennaio, l'impossibilità per i medici all'ultimo anno di formazione specialistica di partecipare alle procedure di iscrizione ai concorsi per l'accesso alle posizioni di Dirigenza medica, perché i bandi non erano stati aggiornati" La sigla sindacale ha quindi "chiesto a tal fine una circolare ministeriale che desse istruzioni alle Regioni di adeguare i bandi", ma tuttora il Ministero non ha dato una risposta,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della problematica esposta e quali urgenti iniziative intenda adottare, anche di carattere normativo, per risolvere il problema dell'adeguamento del numero di medici di medicina generali necessari alle esigenze assistenziali, ricorrendo eventualmente anche alla previsione dell'art. 3 della legge 29 dicembre 2000 n. 401, che prevede la possibilità di ammettere in soprannumero ai corsi di formazione specifica in medicina generale, disponendo, altresì, che i medici ammessi in soprannumero non abbiano diritto alla borsa di studio e possano svolgere attività libero-professionale compatibile con gli obblighi formativi.
(4-01527)
GIRO - Ai Ministri per i beni e le attività culturali e dell'economia e delle finanze. - Premesso che:
la legge 22 novembre 2017, n. 175, recante "Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia", all'articolo 1, comma 3, lettera a), riconosce il valore delle pratiche artistiche a carattere amatoriale;
nella legge per "carattere amatoriale" si intendono i complessi bandistici, i gruppi corali e i gruppi folklorici;
nella delega al Governo prevista dall'articolo 2 della citata legge, si fa esplicito riferimento all'obbligo di emanare entro un anno dall'entrata in vigore della stessa, avvenuta il 27 dicembre 2017, i decreti legislativi per il coordinamento ed il riordino delle disposizioni legislative e di quelle regolamentari adottate ai sensi dell'articolo 24 comma 3-bis, del decreto-legge n. 113 del 2016, convertito, con modificazioni dalla legge 7 agosto 2016, n. 160 e recante misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio;
ad oggi, tali decreti non risultano ancora presentati e la delega al Governo scaduta, questo comporta l'impossibilità da parte delle associazioni di musica amatoriale, previste dall'articolo 1, comma 3, lettera a), della legge n. 175 del 2017, di presentare apposita domanda per l'acceso ai finanziamenti previsti dal Fondo unico per lo spettacolo;
in Italia esistono circa 4.600 bande musicali, 3.500 gruppi corali, 2.500 cori scolastici, 3.000 cori parrocchiali e 750 gruppi folklorici;
i comuni italiani sono circa 8.000, di cui 5.497 sono quelli al di sotto dei cinquemila abitanti. Questi ultimi, unitamente ai borghi storici, sono i destinatari della legge n. 158 del 2017, recante "Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni" che in diversi articoli cita l'importanza di tutelare e promuovere le attività artistico-culturali, anche per incentivare il turismo locale e per evitare lo spopolamento di questi preziosi ed unici territori;
le associazioni citate sono presenti su tutto il territorio nazionale, superando il numero stesso dei Comuni e rappresentano, specialmente nei piccoli centri, un riferimento culturale di particolare rilevanza;
le bande musicali, i gruppi corali e folklorici rivestono un ruolo fondamentale nella nostra società, in quanto depositari di cultura e rappresentano un validissimo strumento di aggregazione, di comunicazione e di socializzazione tra i giovani, meno giovani, adulti e anziani;
queste associazioni portando la musica in ogni angolo del Paese, esaltano l'identità dei territori e l'immagine dell'Italia, oltre a rappresentare un vivaio importante per i conservatori di musica, soprattutto per le classi degli strumenti a fiato e a percussione, per le classi di canto, di fisarmonica e di chitarra;
sono un patrimonio culturale profondamente radicato nei comuni, come si è dimostrato durante le cerimonie di consegna degli attestati di interesse nazionale, in occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia, dove si sono incontrati circa 2.000 sindaci e 10.000 presidenti e maestri dei gruppi di musica popolare e amatoriale,
si chiede di sapere:
in quanto tempo i Ministri in indirizzo intendano approvare un nuovo provvedimento normativo per procedere all'attuazione dei decreti legislativi previsti dalla legge n.175 del 2017, ormai scaduti;
quale sarà per il triennio 2019-2021 la copertura finanziaria prevista per il Fondo unico per lo spettacolo;
se sia possibile prevedere nel Fondo unico per lo spettacolo un finanziamento pari a cinque milioni di euro per la musica amatoriale, ed in particolare per le bande musicali, per i gruppi corali e per i gruppi folklorici;
se si intenda riconvocare il Tavolo nazionale per la musica popolare e amatoriale, istituito con decreto 4 marzo 2010 del Ministro per i beni e le attività culturali.
(4-01528)
LA MURA, MONTEVECCHI, CORRADO, TRENTACOSTE, GRASSI, LEONE, NATURALE - Ai Ministri dell'interno, delle infrastrutture e dei trasporti e per i beni e le attività culturali. - Premesso che:
la stazione di Moregine è una stazione ferroviaria, sita sulla linea Napoli-Sorrento e gestita da EAV Srl, società interamente partecipata dalla Regione Campania, alla quale è affidato il servizio pubblico ferroviario regionale;
la stazione presenta da anni gravi carenze di tipo manutentivo e non assicura ai viaggiatori taluni servizi minimi. La pavimentazione è in più punti disconnessa e lesionata, il percorso per gli ipovedenti e non vedenti risulta interrotto e danneggiato, gli ambienti esterni e interni, compresi quelli del sottopassaggio, sono vandalizzati, il parcheggio esterno è inadeguato per dimensioni e l'area destinata al suo ampliamento è utilizzata come deposito. Inoltre, i servizi igienici, compresi quelli per i disabili, sono fuori uso, così come gli ascensori, e la stazione non dispone di un servizio di biglietteria, né di personale;
tale stato di degrado ha reso la stazione di Moregine un luogo molto pericoloso, come dimostrato dal recente tentativo di rapina ivi commesso in danno di due giovani e riportato da diverse testate giornalistiche on line ("Il Corrierino" del 7 marzo 2019, "Il Mattino" del 9 marzo 2019, "Napoli Today" del 9 marzo 2019, "TorreSette" del 9 marzo 2019);
a seguito della chiusura della stazione di Ponte Persica, avvenuta nel 2017, i suoi abitanti sono costretti a raggiungere la stazione di Moregine attraverso percorsi difficilmente praticabili e comunque pericolosi;
la prima firmataria del presente atto di sindacato ispettivo, in occasione di un sopralluogo eseguito nella stazione di Moregine e nei percorsi di collegamento tra questa e Ponte Persica, ha verificato lo stato di incuria dei luoghi e ha raccolto le preoccupazioni degli abitanti di Ponte Persica circa la pericolosità di Moregine e dei percorsi per raggiungerla, preoccupazioni che si sono rivelate fondate alla luce dell'episodio criminoso richiamato;
successivamente la prima firmataria, acquisite informazioni relative alla gestione di Moregine e di Ponte Persica, a seguito dell'interrogazione presentata dal Consigliere Malerba, membro della Commissione "Urbanistica, lavori pubblici, trasporti" presso la Regione Campania, ha posto all'attenzione del Presidente di EAV Srl le criticità riscontrate;
considerato che:
il Piano strategico per lo sviluppo delle aree comprese nel piano di gestione del sito UNESCO "Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata" prevede il "Completamento del raddoppio della linea ferroviaria EAV Torre Annunziata - Castellammare", per la cui realizzazione sono stati stanziati circa 311 milioni di euro;
il relativo progetto sembrerebbe non contemplare opere di riqualificazione e messa in sicurezza della stazione di Moregine, che appaiono, invece, necessarie alla luce dello stato di degrado descritto e della rilevanza strategica che essa riveste ai fini dello sviluppo ecosostenibile di ricettività e fruizione turistica dell'area rurale di connessione tra Pompei e Castellammare di Stabia;
nell'ambito del suddetto progetto è stata prevista la chiusura della stazione di Ponte Persica con l'esecuzione di talune opere, e, in particolare, la realizzazione di una rampa di accesso carrabile da via Ripuaria alla stazione Moregine, la demolizione dell'edificio della stazione dismessa di Ponte Persica, la sistemazione dell'area di sedime a verde pubblico e l'ampliamento della stazione di Moregine;
con ordine di servizio n. 738 del 14 novembre 2017, EAV Srl ha disposto la soppressione della fermata Ponte Persica. Tuttavia, ad oggi le opere, eccettuata la demolizione della stazione dismessa, non sono state ancora eseguite, con conseguente difficoltà di collegamento tra Moregine e Ponte Persica;
con nota 2061 del 20 gennaio 2018 EAV Srl ha presentato alla Regione Campania un'istanza volta ad ottenere la rimodulazione del programma di esercizio per consentire l'attivazione di un servizio di navetta con 26 corse giornaliere da effettuarsi con circolare da Ponte Persica alla stazione di Moregine, il cui costo ammonta a 122.990.40 euro. Tale servizio, purtroppo, non è stato ancora attivato;
il Piano strategico prevede anche la realizzazione dell'intervento di "Compatibilizzazione urbana ferrovia EAV Pompei Santuario: un nuovo tracciato per la connessione", la cui attuazione implica la chiusura di 4 passaggi a livello e la costruzione di altrettanti sottopassi pedonali;
considerato, inoltre, che, a parere degli interroganti:
le opere di riqualificazione e di messa in sicurezza della stazione di Moregine sono indispensabili al fine di assicurare una mobilità integrata e diffusa su tutto il territorio della città di Pompei, con particolare riferimento all'area di connessione rurale tra Pompei e Castellammare di Stabia;
è, altresì, necessaria l'esecuzione delle opere relative alla stazione Ponte Persica, e, in particolare, l'attivazione del servizio di navetta sostitutivo;
inoltre, la chiusura dei passaggi a livello e la costruzione dei sottopassi pedonali rappresentano una soluzione non conforme alle finalità di rilancio economico-sociale, di riqualificazione ambientale ed urbanistica e di potenziamento dell'attrattività dei nove Comuni rientranti nel Piano strategico, perché in breve tempo essi diventano inutilizzabili per ragioni di sicurezza e di degrado;
sono, pertanto, da preferire soluzioni tecniche diverse, come gli attraversamenti pedonali a raso o i sovrappassi, che sono più sicuri per i cittadini e meno impattanti per quanto riguarda la qualità della vita dei residenti, tenuto conto della circostanza che in corrispondenza degli stessi i treni sarebbero costretti a rallentare,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti, e quali iniziative intendano adottare, anche a fronte del proprio ruolo all'interno del Comitato di gestione previsto dal decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, per garantire la sicurezza nelle stazioni dell'area interessata dal Grande Progetto Pompei, con particolare riferimento alla stazione di Moregine e realizzare un'efficace pianificazione della mobilità, così come indicato dalla risoluzione n. 8/00006 approvata dalla VII Commissione permanente (cultura, scienza e istruzione) della Camera dei deputati l'8 novembre 2018, assicurando i collegamenti adeguati anche con la citata zona di Ponte Persica;
se ritengano opportuno adottare soluzioni tecniche alternative che prevedano la predisposizione di attraversamenti pedonali a raso o sovrappassi, al fine di garantire maggiore sicurezza per i cittadini.
(4-01529)
DE POLI - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Premesso che:
i lavori di competenza della Regione Veneto relativi allo stralcio denominato "Pozzi, rilevati e protezioni arginali, condotte di interconnessione-Derivazione dalle falde del Medio Brenta, captazione delle falde del Medio Brenta in area Camazzole", ricompresi nello schema acquedottistico del Veneto centrale ed eseguiti dalla società concessionaria Veneto Acque SpA si sono conclusi;
il consiglio del bacino del Brenta ha recentemente commissionato all'Istituto di geoscienze e georisorse del CNR di Pisa uno studio per individuare gli aspetti fisici e qualitativi delle risorse idriche disponibili in località Camazzole nel comune di Carmignano di Brenta (Padova), località dove insistono i pozzi per la captazione dell'acqua, per conoscere le reali quantità di prelievo, le idonee azioni di ricarica della falda e la misura della disponibilità idrica;
il caldo e la siccità stanno falcidiando la produzione agricola, pertanto aumentare il deflusso minimo vitale del Brenta significherebbe avviare a desertificazione certa buona parte delle aree coltivate e metterebbe a repentaglio la produzione agricola di tutta l'area che coinvolge circa 20.000 aziende agricole,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo ritenga opportuno ed urgente intervenire, nelle sedi competenti, per sospendere la captazione dell'acqua fino a che non verranno stabilite le reali quantità di prelievo e le idonee azioni di ricarica della falda e per scongiurare una situazione che si prospetta drammatica per il comparto agricolo dell'area irrigata dal fiume e per l'ecosistema di un territorio considerato patrimonio naturalistico.
(4-01530)
SILERI, GUIDOLIN, LEONE, AIROLA, TURCO, LANZI, TRENTACOSTE, ANGRISANI, DONNO, PIRRO, DESSI', CASTELLONE, PISANI Giuseppe, ROMANO, MATRISCIANO, PESCO, GAUDIANO, LANNUTTI - Ai Ministri della salute e per la pubblica amministrazione. - Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:
nel luglio 2009, i vertici dell'azienda ospedaliera universitaria del policlinico "G. Martino" di Messina hanno provveduto ad azzerare i 18 posti letto della riabilitazione aziendale, disattendendo le indicazioni dell'Assessorato regionale per la salute che ne prevedevano, al contrario, un potenziamento;
non potendo contare sui rimborsi regionali previsti per i ricoveri riabilitativi, la riabilitazione aziendale ha così sofferto un consistente deficit annuale (fino a 900.000 euro annui), con conseguente penalizzazione del corretto percorso assistenziale dei pazienti con gravi disabilità, crollo del livello qualitativo del percorso formativo degli studenti e medici specializzandi, nonché vulnus alla professionalità accademica dei docenti afferenti al settore MED 34-medicina fisica e riabilitativa, fino a vedersi negare nel 2017 l'accreditamento della scuola di specializzazione da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
parallelamente, nel luglio 2011, per iniziativa del rettore dell'università degli studi di Messina dell'epoca, professor Francesco Tomasello, e del direttore dell'unità operativa complessa di neurologia e malattie neuromuscolari del policlinico, nonché direttore del dipartimento ad attività integrata (DAI) di neuroscienze, professor Giuseppe Vita, nasceva la fondazione "Aurora" onlus, con lo scopo di svolgere assistenza in favore di persone affette da malattie neuromuscolari, attraverso la creazione del centro clinico "Nemo Sud", un centro privato di riabilitazione neurologica, che è stato allocato dentro il policlinico, malgrado l'azienda fosse già in possesso di tutte le risorse professionali per garantire le stesse prestazioni;
pertanto, mentre le strutture assistenziali della riabilitazione aziendale sono rimaste senza posti letto con tutte le conseguenze sopra esposte, il centro Nemo Sud si è visto attivare, con le deliberazioni n. 244 e n. 614 del 2013 del commissario straordinario Giuseppe Pecoraro, i ricoveri riabilitativi di codice 75 (neuroriabilitazione), codice allo stesso assegnato, nonché destinare alle sue attività gli spazi individuati presso il padiglione B, concessi alla fondazione Aurora onlus a titolo gratuito, per un periodo di 30 anni;
il centro, inoltre, ha incassato DRG riabilitativi senza avere in organico alcun medico specialista in medicina fisica e riabilitativa (medico fisiatra) o medico con anzianità di servizio in riabilitazione sostitutiva della specializzazione;
un centro privato di riabilitazione neurologica ha, dunque, sottratto spazi e posti letto alla riabilitazione aziendale e sottratto introiti alla stessa unità operativa aziendale di neurologia e malattie neuromuscolari;
l'incarico retribuito di direzione clinica di questo centro è stato sempre affidato, sin dall'apertura, ad un personale non in possesso dei requisiti previsti dalle norme sanitarie: prima due docenti universitari sprovvisti di specializzazione in medicina fisica e riabilitazione che risultavano anche incompatibili sulla base delle norme del pubblico impiego (decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, art. 53, comma 6; legge 30 dicembre 2010, n. 240, art. 6, comma 10) e del regolamento dell'università di Messina (decreto rettorale n. 1668 del 13 novembre 2006, art. 4, comma 1); in seguito un medico estraneo all'azienda universitaria di Messina che non possedeva i titoli sanitari per dirigere una struttura di riabilitazione neurologica (codice 75) quale è il centro Nemo Sud;
inoltre, con la deliberazione n. 1311 del 12 dicembre 2013 il commissario straordinario dottor Giuseppe Pecoraro ha assunto varie determinazioni, tra cui il demandare al professor Giuseppe Vita il controllo e la verifica delle attività sanitarie previste nel progetto, al fine di accertare la correttezza degli adempimenti convenuti. Secondo questo ultimo incarico, quindi, il professor Vita controllava i suoi sottoposti in qualità di direttore clinico del centro Nemo Sud, e a sua volta veniva controllato da sé stesso in qualità di direttore dell'unità operativa complessa, ruolo per il quale era soggetto ancora al controllo da parte di se stesso in qualità di direttore del DAI. Il dottor Giuseppe Pecoraro disponeva, inoltre, che le retribuzioni per le attività citate graveranno sul "fondo aziendale produttività 20 per cento a disposizione del Direttore Generale";
il 22 novembre 2017 è stata firmata una nuova convenzione per gli anni 2018-2022 tra fondazione e policlinico con entrata in vigore dal 1° gennaio 2018, nella quale, laddove si parla di tariffe previste per le prestazioni di ricovero presso il centro Nemo Sud, sorprendentemente si fa riferimento a tariffe maggiorate che si riferiscono a soggetti mielolesi, che rappresentano quadri morbosi, del tutto diversi, e per nulla assimilabili alle malattie neuromuscolari che vengono trattate presso il centro;
viene da chiedersi non solo su quale base normativa si è provveduto al raddoppio dei posti letto, dei quali non c'è traccia né nella rete assistenziale regionale, né nel decreto assessoriale n. 629/2017 né nell'atto aziendale policlinico, ma anche quale provvedimento ufficiale dell'Assessorato regionale o della Giunta o del presidente della Regione abbia mai autorizzato la prima assegnazione di posti letto pubblici al centro privato Nemo Sud che ha segnato l'inizio della penalizzazione delle unità operative riabilitative aziendali,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto descritto;
se non sia imminente l'esigenza di prendere provvedimenti al fine di ristabilire il rispetto delle norme di legge all'interno del policlinico G. Martino di Messina.
(4-01531)
DE BONIS - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per i beni e le attività culturali. - Premesso che:
in Basilicata si sta assistendo ad un proliferare incontrollato di impianti eolici;
il 26 marzo 2019 a San Chirico Nuovo (Potenza) è accaduto un episodio gravissimo ai danni del medico Nicola Straziuso, che aveva in precedenza sollevato dubbi e perplessità circa l'opportunità degli impianti eolici in costruzione vicino all'area archeologica di "Fontana del barone", in contrada Serra a S. Chirico Nuovo. È stata incendiata l'auto di sua proprietà e, se venisse confermata l'esistenza del dolo in seguito alla denuncia contro l'eolico "selvaggio" da parte del dottor Straziuso, allora ci si troverebbe davanti ad un evidente avvertimento di stampo mafioso;
l'associazione "Italia Nostra", che nasce per dare sostanza all'articolo 9 della Costituzione, che recita "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione", promuove tali obiettivi, ossia i beni culturali e ambientali, le città, i parchi, i paesaggi, la qualità del territorio, il risanamento ambientale della Penisola, la promozione di uno sviluppo sostenibile;
l'associazione ha espresso piena solidarietà, cui si associa l'interrogante, per quanto avvenuto al dottor Straziuso e stima per il suo impegno nella condivisa battaglia a difesa del territorio della Basilicata dal proliferare incontrollato di torri eoliche. L'associazione ha più volte denunciato politiche di incentivazione dissennate, che stravolgano il mercato e introducano elementi di scarsa trasparenza nel processo di transizione dalla produzione di energia da fonti fossili a rinnovabili;
in Basilicata esistono evidenti distorsioni a favore dell'eolico anche a livello legislativo regionale. "Solo pochi giorni orsono, dichiara il consigliere nazionale di Italia Nostra, ho chiesto pubblicamente che il Consiglio Regionale appena eletto riveda una norma approvata, con mossa proditoria, dal consiglio uscente. Si tratta della Legge Regionale n. 4 del 13 marzo 2019, che prevede il raddoppio del contingente di potenza elettrica da eolico installabile e requisiti per invocare la tutela estremamente vessatori per i proprietari degli immobili limitrofi ai cosiddetti parchi eolici. Se le cose restassero così, sarebbe la fine del Paesaggio Lucano e la svalutazione pesantissima dei terreni e degli immobili dell'intera Basilicata. In Italia sono state realizzate quasi 10.000 torri eoliche per la produzione di un misero 1,5 per cento di tutta l'energia necessaria al sistema Paese. Un grande massacro del territorio, soprattutto quello delle aree interne del Centro Sud, per poche briciole di energia pulita in chiara opposizione al dettato dell'art. 9 della Costituzione";
occorre una seria politica di efficienza e risparmio energetico. Nelle scelte di risparmio energetico si dovrebbero privilegiare interventi (sull'edilizia, sull'industria e sui trasporti) sulla base del miglior rapporto tra costi e benefici e sulla capacità di produrre nuovi posti di lavoro;
occorre un impiego responsabile delle energie rinnovabili e non devastante per il territorio e il paesaggio, come nel caso dell'eolico e spesso anche del solare quando ruba terra all'agricoltura. Per questo è necessaria una revisione degli incentivi alle rinnovabili, perché non diventino fonti di rendita parassitaria e di distorsione del mercato, favorendo extra profitti alla criminalità organizzata che si è infiltrata nel ricco mercato delle energie rinnovabili. È necessario finanziare la ricerca sulle energie e formare sempre maggiori professionalità specifiche;
considerato che:
il Consiglio regionale, come già evidenziato dal consigliere nazionale di Italia Nostra, ha approvato in regime di prorogatio la legge n. 4 del 2019, raddoppiando le potenze eoliche da 981 a 1.986 MW. Tale legge viola l'articolo 54 dello statuto regionale e pertanto, indirettamente, l'articolo 123 della Costituzione. L'associazione Italia Nostra ha accertato che la consiliatura regionale era venuta a regolare scadenza in data 18 novembre 2018 e che successivamente, in data 24 gennaio 2019, erano intervenute le dimissioni del presidente della Regione in carica, cui ha fatto seguito la convocazione dei comizi elettorali per il giorno 24 marzo. Pertanto, alla data del 19 marzo, il Consiglio regionale della Basilicata operava in regime di prorogatio. L'articolo 54 dello statuto regionale prevede espressamente che in caso di scioglimento del Consiglio regionale le funzioni del Consiglio siano prorogate, sino al completamento delle nuove elezioni, limitatamente agli interventi "dovuti", "costituzionalmente indifferibili", o "necessari e urgenti";
non ravvisando pertanto alcune di queste condizioni o motivazioni nell' iter di approvazione della legge regionale n. 4 del 2019,
si chiede di sapere:
se il Presidente del Consiglio dei ministri sia dello stesso parere circa l'incostituzionalità della legge regionale n. 4 del 2019 e voglia promuovere un'impugnativa del provvedimento della Regione Basilicata dinanzi alla Corte costituzionale, oltre ad esortare il nuovo Consiglio regionale, eletto con la recente tornata elettorale, ad operare in autotutela sospendendo l'efficacia della legge;
quali iniziative i Ministri in indirizzo intendano adottare per promuovere la qualità del territorio, il risanamento ambientale della penisola e lo sviluppo sostenibile;
se non ritengano necessario investire maggiori risorse nella sicurezza del territorio, nella conservazione e tutela del patrimonio culturale (monumenti, centri storici), nel sostegno a musei, biblioteche, archivi e nelle relative risorse umane, rafforzandone le competenze professionali.
(4-01532)
GIANNUZZI, PRESUTTO, PUGLIA, DI MICCO, ANGRISANI, VACCARO, PELLEGRINI Marco, LA MURA, GARRUTI, PIRRO, ACCOTO, DELL'OLIO, ROMANO, CAMPAGNA, CASTELLONE - Al Ministro dell'interno. - Premesso che si apprende da innumerevoli fonti di stampa dell'indegno spettacolo delle nozze tra il cantante neomelodico Tony Colombo e la signora Tina Rispoli, già vedova di un boss della camorra, che ha avuto luogo a Napoli a marzo 2019;
considerato che:
risulta agli interroganti che i festeggiamenti per l'evento si siano protratti per più giorni, tanto è vero che due giorni prima della celebrazione delle nozze, nella Piazza del Plebiscito, piazza in cui affaccia lo storico palazzo sede della Prefettura di Napoli, si è svolto addirittura un concerto del cantante Tony Colombo, con tanto di palco, luci, sistema di amplificazione audio;
tale evento si è tenuto in assenza di qualsivoglia autorizzazione, stante la nota dell'assessore al Comune di Napoli, Clemente, che ha parlato di una comunicazione alle Autorità relativa solo ad un "flashmob";
in aggiunta allo scempio avvenuto in piazza del Plebiscito, due giorni dopo, nel giorno delle nozze, gli stessi personaggi si sono resi protagonisti di altro esecrabile episodio organizzando, anche in questo caso senza alcuna autorizzazione, addirittura una parata con tanto di carrozza, giocolieri, banda musicale, che in corteo hanno bloccato al loro passaggio la normale circolazione stradale dal quartiere Secondigliano fino al palazzo del Maschio Angioino;
per la concomitante presenza nella struttura dell'evento il Comune di Napoli ha spostato la sede dell'iniziativa "100 passi per il 21 marzo", iniziativa anticamorra finalizzata al ricordo delle vittime innocenti dell'organizzazione criminale, nella sede del Comune fornendo così, a parere degli interroganti, un segnale devastante alla cittadinanza tutta,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;
come sia stato possibile che un evento che nelle modalità di svolgimento è risultato del tutto illegale, si sia potuto protrarre per un arco temporale di più giorni, senza che vi sia stato alcun intervento volto a ristabilire l'ordine pubblico;
quali azioni di propria competenza il Ministro intenda intraprendere al fine di accertare le responsabilità conseguenti all'omesso intervento e quali iniziative intenda intraprendere affinché una simile situazione non venga più a verificarsi.
(4-01533)
DE PETRIS - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per i beni e le attività culturali e delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. - Premesso che secondo quanto risulta all'interrogante:
in data 12 novembre 2018 è stato pubblicato sul portale "Sardegna Ambiente" l'avviso di consultazione pubblica riguardante la procedura di valutazione di impatto ambientale relativa al progetto di "Concessione Mineraria S. Angelo di Olzai", proposto dalla società Maffei Sarda Silicati SpA, concernente un progetto per l'estrazione di feldspati, che investe un'area complessiva di circa 560 ettari localizzata nel Comune di Olzai (Nuoro), con uno scavo previsto su 14,5 ettari per un totale previsto di 1.353.000 metri cubi;
l'area è attualmente interessata da attività agricole e zootecniche di notevole valore ed interesse specifico, con la presenza di alcune migliaia di olivi ed olivastri, una parte dei quali secolari, di migliaia di alberi da frutto appartenenti a varietà da conservazione a rischio di estinzione, alcune delle quali di elevata rarità genetica, già interessate da attività svolte in collaborazione con l'agenzia regionale LAORE, nonché di attività di allevamento semi-brado di ovini, bovini e suini, con abbeveraggio degli animali tramite vasche a cielo aperto;
le attività di estrazione mineraria potrebbero inquinare le falde acquifere, nonché provocare la deposizione di polveri sui pascoli destinati all'alimentazione animale e nelle vasche di abbeveraggio, con prevedibile compromissione dei prodotti lattiero-caseari e delle carni prodotte, in violazione del regolamento (CE) n.852/2004 concernente l'igiene dei prodotti alimentari;
l'attività agricola e zootecnica si avvale attualmente di finanziamenti specifici dell'Unione europea, ai sensi della misura 10.1 del Programma di sviluppo rurale della Regione Sardegna, che prevede, fra l'altro, l'impegno del conduttore all'esercizio agricolo fino al 14 maggio 2022, e di ulteriori risorse dell'Unione europea derivanti da un progetto relativo alla misura 4.14 del POR Sardegna, concernente il recupero di un antico rifugio;
nell'ambito della prevista concessione mineraria, è inoltre presente il Nuraghe "Illudei", importante testimonianza della civiltà nuragica, situato a circa 200 metri dall'area di scavo, e la presenza diffusa dei cosiddetti "muretti a secco", opere di recinzione di rilevante interesse paesaggistico tutelate dalla disciplina del Piano paesaggistico regionale e oggi inclusi dall'UNESCO nella lista degli elementi immateriali del Patrimonio dell'umanità;
il Piano urbanistico comunale del Comune di Olzai prescrive per l'intero comprensorio la destinazione agricola, non prevedendo nella relativa disciplina alcuna possibilità di effettuare attività estrattive, e lo stesso Comune si è espresso chiaramente contro la concessione mineraria con deliberazione del Consiglio comunale del 29 dicembre 2018,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo non ritengano necessario ed urgente, per quanto di rispettiva competenza, intervenire a tutela del comprensorio di interesse ambientale, agricolo e paesaggistico interessato dall'eventuale concessione mineraria S. Angelo di Olzai, localizzata nel Comune di Olzai (Nuoro), formalizzando la richiesta alla Regione Sardegna di sospendere, in attesa degli accertamenti necessari sulla legittimità del procedimento, l'iter del titolo autorizzativo;
se non ritengano opportuno valutare l'immediato avvio del procedimento per l'apposizione di un vincolo a tutela del comprensorio in questione, sia ai sensi Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42, che in attuazione del Registro nazionale dei paesaggi rurali, di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole n. 17070 del 19 novembre 2012.
(4-01534)
DAL MAS - Ai Ministri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
il 23 marzo 2019 il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha accolto a Villa Madama il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping. Al termine dei colloqui si è svolta la cerimonia di firma degli accordi e delle intese tra i competenti Ministri italiani e cinesi e tra le imprese dei due Paesi;
tra gli accordi sottoscritti spicca il memorandum d'intesa sulla "Nuova via della seta", iniziativa strategica commerciale della Repubblica popolare cinese per migliorare i suoi collegamenti con i Paesi dell'Asia e dell'Europa;
alcuni membri del Governo sostengono da sempre la necessità di una partnership rafforzata tra Italia e Cina. L'11 giugno 2018 sul blog delle Stelle è stato pubblicato un intervento dell'economista e futuro sottosegretario allo Sviluppo economico del Governo Conte, Michele Geraci, dal titolo "La Cina e il Governo del cambiamento";
nell'intervento Geraci affermava: "Chi ci può aiutare a gestire debito e spread? La Cina. Se la BCE comincia ad allentare sul Quantitative Easing, con conseguente aumento dei tassi d'interesse, l'Italia dovrà cercare altri acquirenti del proprio debito, acquirenti che abbiano abbondanza di liquidità, interesse strategico a forgiare rapporti con l'Italia e che siano alla ricerca di investimenti con rendimenti più elevati di quelli offerti da America e Germania";
nel mese di settembre 2018, il Ministro per lo sviluppo economico, Luigi Di Maio, si era recato in Cina per rafforzare i rapporti commerciali tra Italia e Cina e per proseguire i lavori preparatori per l'adesione dell'Italia alla Nuova via della seta;
il 2 settembre 2018, in un'intervista al quotidiano "la Repubblica" il Ministro dell'economia e delle finanze Giovanni Tria, indicava porti del nord Adriatico e del nord Tirreno tra i beneficiari dei futuri accordi con la Cina per la Nuova via della seta;
è forte il timore che dietro la Nuova via della seta si celi una strategia di espansione della Cina, che avrebbe individuato nei Paesi ad alto debito pubblico partner deboli da assoggettare;
forte è quindi il rischio che attraverso i capitali cinesi si assista ad una progressiva perdita di sovranità, in particolar modo per quanto riguarda i trasporti marittimi;
con capitali cinesi è in corso di realizzazione un terminal container nel porto di Vado ligure, ma le aziende di Stato cinesi punterebbero a prede ben più ambite: i porti di Genova e Trieste;
proprio presso il porto di Trieste sono in corso importanti lavori di ammodernamento, entro l'anno dovrebbe essere inaugurato la nuova piattaforma logistica (i cui lavori sono iniziati nel 2016) mentre lo scorso 13 febbraio è stato inaugurato FREEeste, il nuovo punto franco del porto con un'area di 240.000 metri quadrati di cui 74.000 coperti;
sulla citata piattaforma logistica sarebbe ricaduto l'interesse di molte aziende straniere, tra cui COSCO, compagnia di Stato cinese, che offre servizi di spedizione e logistica e che recentemente ha investito nel citato terminal di Vado ligure;
durante il citato vertice del 23 marzo, è stato firmato il primo progetto di cooperazione italo-cinese inerente all'economia triestina, un accordo che riguarderebbe importanti investimenti sulle infrastrutture ferroviarie, sottoscritto dal presidente dell'Autorità portuale, Zeno D'Agostino, e dai rappresentanti della China Communications Construction Company;
come riferito dallo stesso D'Agostino in una intervista al quotidiano "Il Sole 24 Ore", lo scorso 15 marzo, il memorandum sottoscritto prevederebbe 90 giorni di tempo per la definizione degli accordi;
il presidente di Federlogistica, Luigi Merlo, ha lanciato l'allarme sulla possibile cessione ai cinesi dei porti italiani. In un'intervista al "Secolo XIX", pubblicata lo scorso 12 marzo, Merlo ha richiamato l'attenzione sul pericolo che la Cina possa diventare monopolista dei porti del Mediterraneo, pericolo che necessiterebbe di una soluzione da prendere a livello comunitario;
in più occasioni la rappresentanza diplomatica statunitense in Italia ha manifestato forti perplessità circa la sottoscrizione da parte del Governo italiano del Memorandum con la Repubblica popolare cinese, per ragioni sia economiche che geopolitiche. Nello specifico, la diplomazia USA in Italia si è detta preoccupata "per l'opacità e la sostenibilità degli accordi che coinvolgono la Belt and Road Initiative", esortando l'Italia "ad analizzare con attenzione gli accordi di commercio, investimento ed assistenza per assicurare che siano economicamente sostenibili, operino sotto i principi di libero mercato di apertura e giusto accesso ai mercati e rispettino la sovranità e lo stato di diritto";
le forze politiche di opposizione, Forza Italia in primis, hanno evidenziato che configurandosi come un trattato internazionale il Memorandum necessita della ratifica da parte del Parlamento, ex articolo 80 della Costituzione. Il Governo si è affrettato a definirlo una semplice intesa, per cui non è necessaria alcuna ratifica, con ciò evitando i passaggi parlamentari,
si chiede di sapere:
se le circostanze riportate in premessa corrispondano al vero;
se il Governo non condivida la preoccupazione di fare della Cina un monopolista dei porti italiani e dell'intero Mediterraneo;
quali siano i contenuti esatti dell'accordo di cooperazione firmato il 23 marzo 2019 tra Autorità portuale di Trieste e China Communications Construction Company, a latere del protocollo fra Italia e Cina, sancendo di fatto l'ingresso del porto di Trieste nella cornice dell'iniziativa "Belt and Road Initiative";
quali ricadute in termini logistici e infrastrutturali avrà tale accordo per l'area di Trieste, con particolare riferimento alle infrastrutture ferroviarie collocate nella regione portuale del Mare Adriatico Orientale rientranti nel progetto "Trihub", il piano integrato di rinforzo del sistema infrastrutturale ferroviario nell'area fra Cervignano del Friuli, Villa Opicina e Trieste, sviluppato in collaborazione con il gestore della rete ferroviaria italiana RFI;
se siano state valutate le possibili ricadute occupazionali derivanti dall'accordo tra Autorità portuale di Trieste e CCCC, e in caso affermativo quali siano le stime nel breve e medio periodo.
(4-01535)
PRESUTTO, ORTOLANI, PIRRO, ACCOTO, DELL'OLIO, GARRUTI, GAUDIANO, MATRISCIANO, GIANNUZZI, ANGRISANI, DI MICCO, LANNUTTI, PESCO, URRARO, GALLICCHIO, CROATTI, L'ABBATE, COLTORTI, MORONESE, VACCARO, PELLEGRINI Marco, MAUTONE, TRENTACOSTE, MARINELLO, ROMAGNOLI, LANZI, LOMUTI, CASTELLONE, LA MURA, NUGNES, DESSI', NATURALE, PERILLI, MANTOVANI, DRAGO, RICCIARDI, CATALFO, CRUCIOLI, PIARULLI, ENDRIZZI, PISANI Giuseppe, ROMANO, LEONE, NOCERINO, ABATE, AGOSTINELLI, FENU, FEDE, GRASSI, DONNO - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute. - Premesso che, a quanto risulta agli interroganti:
a partire dal 21 dicembre 1985, con l'esplosione del deposito di carburante Agip, avvenuta in zona San Giovanni a Teduccio, periferia orientale di Napoli, diverse raffinerie dell'area sono state col tempo dismesse, pur mantenendo i depositi di idrocarburi, oli combustibili e gpl nei pressi della "darsena petroli";
la quasi totalità della zona orientale di Napoli presenta una qualità dell'aria, del suolo e dell'acqua che mette a repentaglio la salute stessa dei cittadini, che ormai da più di un trentennio si trovano a subire gli effetti devastanti di un ambiente insalubre e pericoloso;
le falde acquifere della zona risultano profondamente contaminate da metalli pesanti e sostanze dannose per la salute e infatti non mancano episodi di acqua oleosa o nera fuoriuscita dai rubinetti delle case site nella zona;
il grave stato di inquinamento del suolo e delle acque è stato riconosciuto anche dalla conferenza di servizi del 31 maggio 2013, tenutasi presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla presenza dei rappresentanti del Ministero della salute e del Ministero dello sviluppo economico;
l'aria della zona orientale di Napoli risulta spesso pesante e irrespirabile a causa delle polveri provenienti dalla pulizia dei silos e dei depositi, ma anche dalla fitta rete di tubazioni per il trasporto di idrocarburi, che passa a pochi metri dalle abitazioni e che compromette pericolosamente la salubrità dell'aria;
i gravi livelli di inquinamento hanno portato all'inclusione dell'area "Napoli orientale", insieme all'area "Napoli est" inserita nel 1998, fra i siti di interesse nazionali per i quali è necessario operare interventi di bonifica ai sensi dell'art. 1, comma 4, della legge n. 426 del 1998;
le aree da bonificare si estendono per circa 830 ettari e coinvolgono le aree marine antistanti, interessando la parte orientale di Napoli (come San Giovanni a Teduccio, Barra, Ponticelli, Poggioreale e Gianturco) già fortemente funestate da un'insalubrità del suolo, dell'aria e dell'acqua, che ha avuto e sta avendo grosse ripercussioni sull'incidenza tumorale nella zona;
considerato che:
l'incidenza dei tumori, anche giovanili, nell'area di Napoli est è ben oltre la media nazionale, come confermano le numerosissime testimonianze dirette e quelle riportate su diversi organi di stampa e anche, da ultimo, dal rapporto BES stilato dall'Istat nel 2018, secondo cui la provincia di Napoli è fra le province italiane a più alto tasso di incidenza di tumori del Paese;
la delocalizzazione dei depositi di idrocarburi e di oli combustibili presenti nell'area non è stata ancora effettuata e diverse aree destinate alla bonifica risultano in stato di abbandono e quando recuperate per fini di pubblica utilità vengono giustamente interdette dal Ministero dell'ambiente per il pericoloso livello di inquinamento, come avvenuto per l'ex Manifattura tabacchi, trasformata in uno studentato nel 2013 e chiuso nell'estate 2018 proprio per tali gravi livelli di insalubrità;
nell'area perimetrata del SIN risiedono, vivono e transitano alcune decine di migliaia di cittadini e vi insistono edifici pubblici regolarmente operativi, dagli asili alle università, oltre a strutture ricettive tuttora attive;
il 15 novembre 2007 il Ministero dell'ambiente, la Regione Campania e il Comune di Napoli hanno sottoscritto un accordo sulla programmazione della bonifica del SIN "Napoli orientale";
con decreto del presidente della Giunta regionale della Campania n. 323/2004, è stata disposta la variante al piano regolatore generale che identifica 37 ettari del polo petrolifero (che consta di circa 345 ettari) come "area di immediata dismissione", e cioè come area da bonificare che però risulta ancora occupata da strutture industriali essenzialmente inattive;
nel 2011 le operazioni, gli interventi e i procedimenti di bonifica per il SIN di Napoli orientale sono stati trasferiti al Comune di Napoli assieme alle relative risorse finanziarie;
il progetto di bonifica di Napoli est ha beneficiato di fondi FESR 2007-2013 e programmazione 2014-2020 per più di 200 milioni di euro;
sembra che nessuna operazione di bonifica sia mai stata effettivamente posta in essere e i dati dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale evidenziano una situazione ambientale ad un estremo, se non drammatico, livello di criticità;
il SIN di Napoli orientale si trova in un'area caratterizzata da attiva circolazione delle acque sotterranee che trasportano nuovi inquinanti e quindi non sembra avere senso procedere a una bonifica di un singolo lotto, quanto piuttosto appare necessario un piano di risanamento ambientale che interessi tutta l'area SIN,
si chiede di sapere:
quali siano i livelli di inquinamento presenti nell'area orientale di Napoli e quali i rischi per le persone che abitano quelle zone;
quali iniziative i Ministri in indirizzo, ciascuno per le proprie competenze, intendano adottare per verificare lo stato di avanzamento degli interventi di bonifica e comunque per accelerarne l'effettiva attuazione;
se vi siano forme di monitoraggio continuo dell'inquinamento dell'aria e falde idriche e se siano stati approntati piani di bonifica che interessano il SIN nel suo complesso o, in alternativa, che prevedranno le dovute cautele nell'evitare che i lotti bonificati non vengano poi nuovamente inquinati da i territori limitrofi.
(4-01536)
Interrogazioni, da svolgere in Commissione
A norma dell'articolo 147 del Regolamento, la seguente interrogazione sarà svolta presso la Commissione permanente:
2ª Commissione permanente (Giustizia):
3-00759 del senatore Rampi, sull'aggressione ad un detenuto nel carcere di Civitavecchia;
7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport):
3-00758 della senatrice Fedeli ed altri, sulla lievitazione di costi e consulenze esterne del CIRA nel periodo 2011-2014.
Avviso di rettifica
Nel Resoconto stenografico della 105a seduta pubblica del 2 aprile 2019, a pagina 98, alla seconda riga del primo capoverso, sostituire la parola: "7a" con la seguente: " 6a".