Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 105 del 02/04/2019

SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVIII LEGISLATURA ------

105aSEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO (*)

MARTEDÌ 2 APRILE 2019

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Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI,

indi del vice presidente TAVERNA,

del vice presidente LA RUSSA

e del vice presidente ROSSOMANDO

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(*) Include l'ERRATA CORRIGE pubblicato nel Resoconto della seduta n. 106 del 3 aprile 2019
(N.B. Il testo in formato PDF non è stato modificato in quanto copia conforme all'originale)

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N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Forza Italia-Berlusconi Presidente: FI-BP; Fratelli d'Italia: FdI; Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: L-SP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico: PD; Per le Autonomie (SVP-PATT, UV): Aut (SVP-PATT, UV); Misto: Misto; Misto-Liberi e Uguali: Misto-LeU; Misto-MAIE: Misto-MAIE; Misto-Più Europa con Emma Bonino: Misto-PEcEB; Misto-PSI: Misto-PSI.

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RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,02).

Si dia lettura del processo verbale.

NISINI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 28 marzo.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.

Sulla situazione in Venezuela

CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, lo scorso giovedì 28 marzo il Parlamento europeo ha varato una risoluzione importante, in cui ha chiesto per il Venezuela elezioni presidenziali immediate, trasparenti e credibili. Voglio intrattenere l'Assemblea solo per pochissimi istanti, denunciando quello che sta capitando in un Paese che sta molto a cuore a tanti di noi in quest'Aula.

È ormai acclarato a livello internazionale che nei giorni scorsi sono arrivati aiuti militari russi, aerei russi e mercenari russi, che sono atterrati a Caracas e che stanno costruendo il nerbo dei cosiddetti colectivos, gruppi paramilitari che stanno sorgendo in questo momento in Venezuela e che sono organizzati, direttamente al servizio del regime, dai presidenti delle province e dagli alcalde, cioè dai sindaci delle principali città, che sono vicini al presidente Maduro.

Credo che non abbiamo bisogno di dimostrazioni ulteriori: ormai le interferenze estere, che denuncio in quest'Aula del Senato della Repubblica italiana, ci sono, sono acclarate e non hanno niente a che fare col presunto imperialismo americano, ma hanno a che fare solo con Cuba, con la Russia e con una serie di Paesi, che in questo momento, come sanguisughe, stanno approfittando della drammatica situazione del Venezuela.

Abbiamo solo sentimenti di amicizia per il popolo russo e credo che nessuno di noi coltivi sentimenti che non siano di grande rispetto per il presidente Putin, ma non possiamo tacere davanti a questi fatti, che in questi giorni stanno ancora una volta colpendo l'inerme popolazione venezuelana. In queste ore una donna è stata uccisa proprio dai colectivos e abbiamo episodi giornalieri che ci dimostrano come va avanti questo processo di intimidazione, che è l'unico che può consentire a Maduro di tenere in pugno la situazione, perché il popolo è tutto dall'altra parte. È stato anche messo in prigione il capo della segreteria del presidente Guaidó, a cui rinnoviamo la nostra stima, la nostra amicizia e il riconoscimento del popolo italiano. (Applausi dal Gruppo PD).

Vorrei rivolgermi ai colleghi del Gruppo MoVimento 5 Stelle. Do atto al presidente Di Maio del fatto che, uscendo dagli incontri che ha avuto con Bolton a Washington, ha dichiarato pubblicamente - di questo gli sono personalmente grato, perché la posizione del Governo italiano fino a qualche settimana fa era diversa - che non riconosciamo Maduro come Presidente. È qualcosa, ma non basta. Come i principali Paesi europei, dobbiamo arrivare al riconoscimento di Guaidó e chiedere alle Nazioni Unite un intervento assai più significativo di quello che abbiamo avuto fino ad oggi, perché le elezioni libere mentre i colectivos impazzano in Venezuela sono semplicemente impossibili da realizzare.

Signor Presidente, la ringrazio dell'attenzione e ringrazio colleghi: penso che la nostra battaglia per il Venezuela debba continuare. (Applausi dai Gruppi Aut (SVP-PATT, UV), PD e FI-BP).

GARAVINI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GARAVINI (PD). Signor Presidente, sono appena rientrata da una missione in Argentina e da una missione precedente in Spagna. In entrambi i Paesi ho avuto occasione di incontrare cittadini venezuelani di origini italiane, che mi hanno raccontato come, negli ultimi mesi, migliaia di cittadini venezuelani, molti dei quali nostri connazionali, da un lato stiano cercando rifugio nei Paesi limitrofi al Venezuela, come ad esempio la stessa Argentina, il Brasile o la Colombia, e dall'altro cerchino addirittura la via dell'Europa, in particolare attraverso la Spagna.

Cittadini che mi hanno raccontato delle attuali condizioni in Venezuela e di come sia impossibile trovare medicinali. Alcuni di loro sono venuti in Europa proprio per cercare di procurarsi i medicinali da riportare ai loro congiunti, ma spesso viene loro impedito di rientrare. Ci hanno raccontato le tensioni che ci sono, anche alla luce della recente destituzione unilaterale, da parte del presidente Maduro, del presidente dell'Assemblea Guaidó.

Signor Presidente, il nostro Paese non può continuare a non prendere posizione. Ha ragione il senatore Casini quando parla delle recenti introduzioni di truppe e dei finanziamenti della Russia (dunque le ingerenze straniere ci sono, sono ancora più preoccupanti e rendono la situazione della cittadinanza ancora più drammatica). Mi unisco quindi al senatore Casini, anche come espressione del Gruppo Partito Democratico, nel chiedere che il Governo prenda finalmente posizione e si unisca all'importante risoluzione assunta dal Parlamento europeo nel chiedere che ci siano nuove elezioni in Venezuela.

Non è accettabile che il nostro Paese, ancora una volta, si isoli a livello internazionale dopo che l'intera Unione europea e tutta una serie di Paesi del Sudamerica e gli stessi Stati Uniti chiedono fortemente che ci siano nuove elezioni. Non è tollerabile che da parte dell'Italia ci sia ancora una volta questo isolamento a livello internazionale, che non solo nuoce fortemente al nostro Paese, ma, in questa situazione drammatica, può segnare anche ulteriori difficoltà in un Paese come il Venezuela, che vede una forte presenza di nostri concittadini.

L'inerzia e l'incapacità del Governo di assumere una posizione chiara non è più accettabile, Presidente. Esprimiamo quindi anche noi l'invito che il Governo assuma finalmente una posizione chiara. (Applausi dal Gruppo PD).

LA RUSSA (FdI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA RUSSA (FdI). Signor Presidente, credo che sia stata molto opportuna l'iniziativa del senatore Casini di intervenire su questo tema nuovamente in Assemblea, perché il pericolo è che ci sia assuefazione di fronte a una questione che deve continuare ad essere all'ordine del giorno e non solo per la sua oggettiva rilevanza o perché abbiamo il dovere di dare al popolo venezuelano quell'appoggio e quel sostegno che in altre epoche è stato dato anche a nazioni molto più lontane (penso, quando ero giovane, alle manifestazioni pro Bangladesh). Non ho visto adesso da parte di nessuno un movimento di opinione serio di sostegno al popolo venezuelano come a noi piacerebbe emergesse.

Quello che è stato denunciato dal senatore Casini, che può richiamare alla memoria i carri armati russi del 1956 in Ungheria o quello che successe nel 1968 durante la Primavera di Praga, entrambe insurrezioni represse dall'allora dittatura comunista, in realtà è forse molto più simile a quello che fece Ceausescu, sempre in un Paese allora dominato dal comunismo, quando chiamò a raccolta con treni e autobus i minatori delle province più periferiche per farli arrivare a Bucarest a bastonare coloro che anelavano alla libertà. Questo è quello che in qualche maniera sta avvenendo, oltretutto con l'ausilio di soggetti militari non venezuelani.

Allora, mentre chiediamo ancora al Governo un ulteriore passo avanti nella direzione del riconoscimento di Guaidó, chiediamo ai signori Ministri di questo Governo, con maggiore possibilità di concreto accoglimento, di voler valutare positivamente la proposta che Fratelli d'Italia ha avanzato di una corsia privilegiata per i figli italiani del Venezuela, per gli italovenezuelani che aspirano a venire in Italia. (Applausi dal Gruppo FdI). È una immigrazione, se così la volete chiamare, che in realtà è un aiuto a figli della nostra stessa terra e della nostra stessa Patria. Mi aspetto che il Governo in carica muova un passo concreto perché questa corsia privilegiata diventi una realtà. (Applausi dal Gruppo FdI e dei senatori Alderisi e Casini).

CRAXI (FI-BP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRAXI (FI-BP). Signor Presidente, in quest'Aula del Senato vorrei unirmi, personalmente e a nome del Gruppo Forza Italia, alla denuncia alta e forte del senatore Casini e al plauso per la risoluzione dell'Unione europea; un po' meno alla posizione del Governo nella persona dell'onorevole Di Maio.

Non si capisce chi dovrebbe gestire le elezioni: se gli squadroni della morte di Maduro o chi altro. Chiediamo, quindi, con forza che vengono indette libere elezioni, che venga riconosciuto il presidente legittimo dell'Assemblea del Venezuela Juan Guaidó. Questa è la posizione mia e del mio Gruppo.

Saremo sempre vicini al popolo venezuelano e ai tanti di origine italiana che sono là e che in questo momento stanno soffrendo. (Applausi dai Gruppi FI-BP, FdI e del senatore Casini).

PRESIDENTE. Anch'io mi auguro che presto la situazione in Venezuela si risolva, a tutela non solo della democrazia di quel Paese ma anche di tutti i nostri connazionali che sono ancora lì. (Applausi dai Gruppi PD, L-SP-PSd'Az e dei senatori Mallegni e Casini).

Discussione e approvazione del disegno di legge:

(925) Deputato MOLTENI ed altri. - Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo (Approvato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale) (ore 16,17)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 925, già approvato dalla Camera dei deputati.

Il relatore, senatore Ostellari, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.

OSTELLARI, relatore. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, il disegno di legge che andiamo ad approvare, già licenziato dalla Camera dei deputati, si compone di cinque articoli.

Il primo, modifica l'articolo 438 del codice di rito e prevede che non è ammesso il giudizio abbreviato per delitti per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo. La formulazione proposta prevede che, in caso di inammissibilità della richiesta di rito abbreviato - in quanto il fatto per il quale si procede è punito con l'ergastolo - l'imputato possa riproporre la richiesta fino a che non siano formulate le conclusioni nel corso dell'udienza preliminare e che, in caso di inammissibilità della richiesta di rito abbreviato dichiarata in udienza preliminare, il giudice, all'esito del dibattimento, applichi - se ritiene che il fatto accertato non sia punibile con l'ergastolo - la riduzione di pena connessa al rito speciale.

L'articolo 2 modifica l'articolo 441-bis del codice di rito, che disciplina l'ipotesi di nuove contestazioni del pubblico ministero nel corso del giudizio abbreviato. Il provvedimento, attraverso l'introduzione di un ulteriore comma, specifica che se le nuove contestazioni del pubblico ministero riguardano un delitto punito con l'ergastolo il giudice revoca l'ordinanza con cui è stato disposto il rito e il procedimento penale prosegue con le forme ordinarie.

Presidenza del vice presidente TAVERNA (ore 16,18)

(Segue OSTELLARI, relatore). L'articolo 3 interviene, anche con finalità di coordinamento, sull'articolo 442, comma 2, del codice di rito, relativo all'entità della pena applicabile; la riforma ovviamente elimina le attuali previsioni.

L'articolo 4 modifica l'articolo 429 del codice di rito che disciplina il decreto che, all'esito dell'udienza preliminare, dispone il giudizio. Con l'inserimento di un comma 2-bis il provvedimento prevede che se, all'esito dell'udienza preliminare, l'originaria imputazione per delitto punito con l'ergastolo viene derubricata dal giudice dell'udienza preliminare, con il decreto di rinvio a giudizio lo stesso giudice deve avvisare l'imputato della possibilità di richiedere, entro quindici giorni, il rito abbreviato.

L'articolo 5 del disegno di legge, infine, prevede l'entrata in vigore della riforma e la sua applicabilità ai fatti commessi successivamente ad essa.

Grazie a questo testo, a prima firma dell'onorevole Molteni, chi compie gravissimi delitti non potrà più accedere a sconti di pena, il tutto nel pieno rispetto del dettato costituzionale. Con l'approvazione di questo testo il Parlamento non toglie garanzie agli imputati, non sminuisce il diritto alla difesa e soprattutto non lede la Costituzione, anzi, ne rafforza i dispositivi, portando a pieno compimento il terzo comma dell'articolo 102, che reca: «La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia».

Da domani, chi compirà reati quali ad esempio l'omicidio volontario aggravato, la strage o la violenza sessuale aggravata sarà necessariamente sottoposto al giudizio di una Corte composta anche da giudici popolari e non più quindi da un solo magistrato; e, se condannato, non accederà automaticamente ad odiosi sconti di pena, che troppe volte hanno offeso la dignità delle vittime, dei loro congiunti e del lavoro delle Forze dell'ordine e degli inquirenti.

A chi sostiene che questa riforma finirà per allungare ulteriormente i tempi della giustizia penale, rispondo con i dati che ci sono stati trasmessi dal Ministero: nel corso del 2017, i procedimenti relativi alle fattispecie in esame sono stati 174, l'1 per cento del totale dei processi.

A chi ritiene che per migliorare le performance dei nostri tribunali sia necessario mantenere un privilegio a favore di chi si è macchiato di delitti gravissimi rispondo usando buonsenso: se ci sono troppi processi, lo Stato non deve arrendersi; non può favorire i criminali, deve ribadire le proprie prerogative e investire in giustizia, che è esattamente quello che sta facendo questo Governo, a partire dalla prevista assunzione di 8.000 unità di personale amministrativo e di 600 nuovi magistrati.

La riforma che votiamo oggi contribuisce a rendere la nostra giustizia più giusta e a rimettere al centro la dignità delle vittime senza sconti per i colpevoli, mantenendo tuttavia intatto e inalterato il sacrosanto diritto alla difesa secondo quanto previsto dalla nostra Costituzione. (Applausi dal Gruppo L-SP-PSd'Az).

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Dal Mas. Ne ha facoltà.

DAL MAS (FI-BP). Signor Presidente, il disegno di legge che oggi quest'Assemblea esamina e che, con ogni probabilità, voterà, in realtà era già stato approvato nella scorsa legislatura alla Camera; poi, a causa della chiusura della legislatura, non è passato al Senato e quindi oggi viene, come si dice, riproposto.

Il tema riguarda la possibilità di evitare il giudizio abbreviato per reati particolarmente gravi, che poco fa il relatore di maggioranza ha indicato e sono puniti con l'ergastolo, come devastazione, saccheggio, strage, omicidio aggravato o sequestro di persona aggravato.

Il testo tuttavia introduce una filosofia che non è in perfetta sintonia con l'impianto del novellato codice di procedura penale, ispirato a principi accusatori e non inquisitori, che contempla nella sua esperienza più conosciuta, quella anglosassone, il cosiddetto processo veloce, ammesso in tutti i casi, e ciò che il legislatore che ha ipotizzato e individuato la riforma Vassalli prevedeva come una difficoltà per il nostro sistema giudiziario: affrontare allora, per un giudice che non conosceva le prove, in quanto si formano nel dibattimento, attraverso la collaborazione e la competizione tra accusa e difesa, la possibilità che vi fossero riti speciali deflattivi, quale quello abbreviato, a fronte di un abbattimento di pena per chi accetta di essere giudicato in base allo stato degli atti raccolti dal pubblico ministero.

La finalità deflattiva verrebbe mortificata da questo disegno di legge, che viene a stravolgere quello che è stato un precedente intervento del legislatore. Mi riferisco alla cosiddetta legge Carotti che, recependo un intervento costituzionale del 1991, ha rimesso ordine e stabilito che, in caso di rito abbreviato, chi viene condannato all'ergastolo riceve una pena di anni trenta e chi è condannato all'ergastolo con isolamento diurno riceve la pena semplicemente dell'ergastolo. Credo che non vi sia chi non veda come una pena di trent'anni sia sufficiente.

Qui il problema è evidentemente il seguente. Abbiamo avuto una Costituzione che è intervenuta dopo il cosiddetto codice Rocco, che aveva un impianto inquisitorio. La Costituzione, per visione dei Padri costituenti, ha protetto quel codice più del cosiddetto codice Vassalli, che ha un impianto accusatorio. Ricordo che lo stesso Vassalli, che è stato Presidente della Corte costituzionale, in taluni casi ha deciso o concorso alle decisioni che hanno modificato il codice che recava la sua firma. Quindi, siamo davanti a un legislatore che, per certi aspetti, è stato nel tempo schizofrenico rispetto a queste questioni.

La domanda che dobbiamo porci è se vogliamo intervenire sempre nell'aspetto della cognizione o vogliamo intervenire sull'aspetto dell'esecuzione della pena. Sento spesso dire che non vi è certezza del diritto e della pena. Non è vero: la pena è certa, scritta nei codici e diventa definitiva quando il giudice pronuncia la sentenza. Il problema è l'esecuzione della pena. Abbiamo un codice che commina pene assolutamente elevatissime, l'irrogazione della pena non è poi dello stesso tenore e portata e l'esecuzione è talvolta prettamente platonica, cioè non c'è e non esiste. Il furto aggravato e ripetuto in tre casi o in tre abitazioni può portare a una pena fino a trent'anni e il giudice, magari, condanna a una pena di un anno e otto mesi, con il beneficio della sospensione condizionale: non vi è, così, l'esecuzione della pena.

Questa è la contraddizione tra un codice che prevede astrattamente pene molto severe e come alla pena viene poi data esecuzione, come è stato detto da qualcuno in sede di audizione. Peraltro, su questo provvedimento il Gruppo Forza Italia ha chiesto di poter svolgere delle audizioni che non sono state consentite, in quanto è stato detto che sappiamo già tutto. Credo che non sappiamo tutto, né abbastanza, perché se sapessimo tutto dovremmo attentamente riflettere sugli effetti che questo provvedimento potrebbe produrre. Penso a quanto riferito dall'Associazione nazionale magistrati, ossia al rischio di prescrizione per molti processi in corso alla data di entrata in vigore di questa norma. Stiamo parlando di processi complicati e con diversi imputati, contro la criminalità organizzata.

Fondamentalmente questo disegno di legge, seppure ispirato ad una logica comprensibile, in fin dei conti è figlio della cultura che governa questo Paese in questo momento, una cultura di stampo prettamente giustizialista che una parte di chi governa trova una concezione salvifica, quasi palingenetica: la lotta alla corruzione come male assoluto d'Italia, per cui si fa una legge qual è la legge cosiddetta spazzacorrotti, introducendo norme sulla prescrizione che peseranno su tutti i cittadini indistintamente, violando principi fondamentali e diritti. Poi c'è un'altra parte della stessa maggioranza, che risponde a logiche squisitamente securitarie e in cui il diritto penale viene talvolta utilizzato in chiave, appunto, di risarcimento e di sicurezza.

Questo non è ciò che noi pensiamo debba essere il diritto penale e non è ciò che noi pensiamo dovrebbe produrre quest'Assemblea. Siamo stati fieri oppositori della legge spazzacorrotti, soprattutto perché essa ha introdotto una norma come quella sulla prescrizione, di fatto cancellando tale istituto per tutti i cittadini, perché avete impedito che la prescrizione riprenda il suo corso. Questo non avviene e quindi viene di fatto cancellata una norma che è strumento di garanzia per ciascuno di non essere sottoposto, per un tempo irragionevole ed infinito, ad un processo e alla conseguente gogna mediatica. Ebbene, a fronte di questo, abbiamo anche visto cosa siete riusciti a fare nel provvedimento spazzacorrotti, inserendo una norma di dubbia interpretazione, che addirittura porta a ritenere che qualsiasi associazione sia un partito politico e debba comportarsi come tale e quindi qualsiasi associazione è soggetta agli stessi obblighi. In pratica, è la cultura del sospetto portata all'ennesima potenza, quasi come paradigma di qualsiasi previsione normativa.

Noi del Gruppo Forza Italia ci siamo astenuti dalla votazione alla Camera, in quanto riteniamo che il giudizio abbreviato sia uno strumento a garanzia del diritto, del giusto equilibrio nel processo e di una scelta di opportunità, che deve essere data, evidentemente a fronte di un abbattimento consistente della pena, quando non vi è ancora un processo celebrato, cioè quello che qualcuno ha definito patteggiamento sul rito e non patteggiamento sulla pena. Vi ricordo che l'articolo 444 del codice di procedura penale prevede che il patteggiamento sulla pena sia consentito solo per determinati reati, per tutti gli altri reati più gravi era ed è previsto il patteggiamento sul rito, e cioè il giudizio abbreviato. Stiamo attenti ad eliminarlo, per questi reati puniti con l'ergastolo, con questa facilità. (Applausi dal Gruppo FI-BP).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pillon. Ne ha facoltà.

PILLON (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, era il 21 aprile 2018 quando ricevetti dall'amica attivista Carola Profeta questa lettera, che mi accingo a leggere all'Assemblea: «Chi scrive è Fabiola Bacci, mamma di Jennifer Sterlecchini, barbaramente uccisa a Pescara il 2 dicembre 2016, colpita con 17 coltellate dall'ex convivente, che, supportata dall'associazione Noi per la famiglia, ha avviato nel giugno di quest'anno la raccolta delle firme per la sottoscrizione di una petizione popolare a sostegno del progetto di legge per la riforma dell'istituto processuale del giudizio abbreviato, ex articolo 438 del codice di procedura penale, già iscritto al n. 4376 della Camera dei deputati ed approvato da quell'Assemblea il 28 novembre 2017, ma ancora una volta naufragata in Senato, come già avvenuto per la precedente, licenziata dalla Camera dei deputati e puntualmente naufragata in Senato (progetto di legge n. 1129 del 2013), presso il quale c'è stata l'opposizione da parte di uno schieramento politico che ha impedito che la proposta di legge fosse trattata in seno alla Commissione deliberante. Ne è conseguito che mai è stato fissato un ordine del giorno che consentisse la discussione in Aula e la conseguente approvazione nei termini della scorsa legislatura.

Come madre oltraggiata e cittadina di questo Stato che ancora consente, purtroppo, processi iniqui, allorquando sarà raggiunta la soglia delle 50.000 sottoscrizioni, la petizione, che si prefigge l'obiettivo di vedere condannati i colpevoli alla pena che lo Stato vorrà loro riconoscere, senza fruire dell'ignobile sconto di pena, oggi immeritatamente riconosciuto solo per strategia di scelta del rito, che mortifica ulteriormente i parenti delle vittime, mi adopererò affinché sia depositata alla Presidenza di entrambi i rami del Parlamento italiano, a testimonianza del fatto che i cittadini avvertono fortemente il senso di inadeguatezza del ricorso al rito abbreviato per i reati di maggiore gravità, tra cui primeggia l'omicidio».

Nel rivolgersi sempre a me prosegue: «Facendo appello alla sua sensibilità e ruolo nelle istituzioni, nella considerazione del lacerante dolore che accompagnerà le mamme di tutti i figli assassinati per il resto della loro vita, svuotata di ogni significato e incapace di apprezzare qualsiasi gioia della terrena esistenza, personalmente dilaniata dal ricordo delle urla strazianti della mia adorata Jennifer, che veniva colpita a morte mentre assistevo, disperata e impotente, chiusa fuori dall'appartamento teatro della tragedia, rivolgo alla signoria vostra la preghiera di valutare l'opportunità di riavviare l'iter procedimentale che porti alla definitiva approvazione del progetto di legge in oggetto. Alla signoria vostra sin da ora va tributata l'immensa riconoscenza di questa madre, distrutta dal dolore, come tante altre di questo Paese, il cui grido di dolore e di sofferenza impatta inesorabilmente con la sordità di tutte le istituzioni». (Applausi dal Gruppo L-SP-PSd'Az).

Bene, possiamo dire che oggi Fabiola Bacci e sua figlia, Jennifer Sterlecchini, forse vedranno uno spiraglio di giustizia. La norma che ci apprestiamo ad approvare, signori colleghi, è una norma che, semplicemente, va a eliminare, per determinati delitti di particolare gravità, la possibilità per l'imputato di ricorrere al rito abbreviato e al conseguente sconto di pena.

Vi voglio fare un brevissimo elenco dei delitti di cui stiamo parlando: devastazione, saccheggio e strage; strage; omicidio aggravato; nonché ipotesi aggravate di sequestro di persona. Tutti delitti efferati, tutti delitti che abbiamo il compito di punire severamente.

Non è possibile, sulla ondata del garantismo a tutti i costi, stabilire che l'ergastolo non sia più pena da applicare e lasciare la discrezionalità della scelta, se rischiare o meno l'ergastolo, non già al giudice, cui spetta di stabilire l'entità dell'erogazione della pena, ma, addirittura, all'imputato. Non ce lo possiamo permettere, signor Presidente.

Questo tipo di reati debbono essere esclusi dal novero di quelli per cui l'imputato può scegliere, come del resto già si fa per altre forme di procedimenti alternativi. Sappiamo che, per esempio, anche il patteggiamento oggi è limitato dal punto di vista della pena: non si possono patteggiare tutti i delitti, ma c'è un limite di pena sotto il quale bisogna restare per poter accedere al patteggiamento, cioè all'applicazione della pena su richiesta delle parti. Quindi, non viola né la Costituzione, né la normativa vigente il fatto di assoggettare anche il rito abbreviato agli stessi limiti di pena sulla base, appunto, della pena edittale.

Di contro, voglio ricordare ai colleghi che è comunque stabilita una garanzia per l'imputato, in quanto la normativa che ci apprestiamo ad approvare prevede che il giudice, ove ritenga che nel caso di specie non doveva essere applicato l'ergastolo, può, in ogni caso, riaprire i termini, addirittura per la formulazione della richiesta di giudizio abbreviato.

Quindi, abbiamo dato, da una parte, il massimo delle garanzie possibili all'imputato, ma, dall'altra parte, non possiamo delegare all'imputato la scelta della pena che gli si deve applicare. Sarebbe davvero qualcosa di folle.

Sulla questione dell'ergastolo, sulla quale si è soffermato il collega che mi ha preceduto, vorrei che si facesse una riflessione non in questa ma in altra sede. Se la pena dell'ergastolo sia o meno ancora oggi praticabile e attuabile è certamente un tema affascinante che però non può essere oggetto, come dicevo poc'anzi, di libera scelta da parte dell'imputato. Non può essere l'imputato a decidere se gli si applica o meno l'ergastolo. Sarà l'Assemblea legislativa a stabilire se quella pena è ancora utile o meno e ciascuno potrà confrontarsi sul punto, ma non si può delegare direttamente all'interessato la scelta in tal senso.

La normativa così come costruita è, a nostro modo di vedere, del tutto equilibrata e non posso che fare mie le considerazioni del relatore, auspicando che la discussione vada nel verso di una sollecita approvazione di questo provvedimento. Lo dobbiamo a Jennifer; lo dobbiamo a sua madre Fabiola e lo dobbiamo a molti altri italiani e italiane che hanno visto i loro parenti uccisi barbaramente e gli assassini ottenere una condanna molto più lieve di quella che avrebbero meritato. (Applausi dal Gruppo L-SP-PSd'Az).

Saluto ad una rappresentanza di studenti
e ad un'associazione di volontariato

PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti dell'Istituto comprensivo «Giovanni Randaccio», di Monfalcone, in provincia di Gorizia, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).

Saluto, altresì, i rappresentanti dell'associazione di volontariato Kiwanis, di Brunico, in provincia di Bolzano, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 925 (ore 16,43)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Modena. Ne ha facoltà.

MODENA (FI-BP). Signor Presidente, colleghi, Governo, mi riallaccio a quanto detto dal collega Dal Mas, che ha sempre un modo molto elegante di esprimersi quando parla di diritto.

Noi dei dubbi e delle perplessità li abbiamo espressi quando siamo intervenuti alla Camera e naturalmente li esprimiamo anche adesso perché il Presidente della Commissione, nonché relatore, ha fatto un accenno ai dati. Lo dico, pur avendo una grande stima del senatore Ostellari perché è un gran lavoratore. Dovete sapere che noi in Commissione i dati li abbiamo cercati a lungo, in quanto prima erano arrivati per un pezzo, poi per un altro pezzo; dopodiché c'è stata un'epica battaglia del senatore Caliendo, per cui, alla fine cortesemente la Commissione e gli Uffici sono riusciti a trovare i dati dei procedimenti definiti in corte di assise. Poi vi spiego perché vi parlo di tale questione.

In sostanza, sulla base dei dati forniti sul 2016-2017, noi avremmo - eliminando questa tipologia di casi per cui è possibile richiedere il rito abbreviato - una quadruplicazione dei procedimenti in corte d'assise, che blocca ovviamente i processi. I procedimenti definiti con rito abbreviato erano stati 681, di cui il 73 per cento con condanna, a fronte di 163 definiti in corte d'assise. Avremmo, quindi, un impatto notevole. In altri termini ciò significa che l'applicazione di questo provvedimento comporta complessivamente i seguenti problemi.

Il primo problema è che le corti d'assise si andrebbero ad intasare. Tenete conto che l'intasamento di una corte d'assise significa che, per esempio, come è stato detto in audizione in Commissione, non avremmo più una corte d'assise come quella di Milano che oggi riesce a svolgere tutto il lavoro, perché a ne servirebbero cinque. Ci troveremmo, inoltre, di fronte ad un aumento dei tempi del processo, e anche questo è stato detto chiaramente nelle audizioni, con conseguente scarcerazione per decorrenza dei termini. Quindi, al collega Pillon, vorrei dire che forse le vittime vedrebbero la scarcerazione di coloro che gli hanno strappato un familiare addirittura prima.

C'è poi un problema con riferimento al numero dei magistrati, perché se non sono in corte d'assise lavorano a qualcos'altro, ma soprattutto c'è un problema molto serio per la lotta alla mafia e alla 'ndrangheta, sottolineato in modo efficace dal procuratore Bruti Liberati in audizione in Commissione, che ha descritto i casi in cui si è potuto procedere attraverso il rito abbreviato per i collaboratori di giustizia in importanti processi nei confronti di mafia e 'ndrangheta insediata in Lombardia. Bruti Liberati ha fatto degli esempi di natura concreta, dicendo chiaramente che rimuovere questi riti alternativi crea dei problemi seri nel momento in cui lo Stato e la giustizia cercano di colpire le grandi organizzazioni della 'ndrangheta e della mafia, perché viene a mancare una interlocuzione.

Mi rendo conto allora che, essendo purtroppo il tempo della giustizia fatta sulle emozioni, spesso si vogliono dare in pasto degli spot, perché di questo si tratterebbe. Attenzione però ai danni che si fanno perché le obiezioni che non ho fatto io, modesto senatore di Forza Italia, ma autorevoli magistrati in sede di Commissione giustizia sugli effetti negativi, con riferimento alla lotta alle grosse organizzazioni di tipo criminale, dovrebbero indurvi a pensare che a volte, per fare dei provvedimenti che sono solo ed esclusivamente degli spot elettorali, si creano dei danni decisamente maggiori rispetto a quello che può essere l'effetto benefico di natura e di carattere pubblicitario. (Applausi dal Gruppo FI-BP).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Grasso. Ne ha facoltà.

GRASSO (Misto-LeU). Signor Presidente, colleghi, il giudizio abbreviato è stato introdotto nel nostro ordinamento con il codice di procedura penale Vassalli ed è entrato in vigore il 24 ottobre del 1989. Il codice originariamente aveva concepito l'istituto in un certo modo, caratterizzandolo come un giudizio allo stato degli atti. L'imputato infatti nel corso dell'udienza preliminare poteva richiedere, con il consenso del pubblico ministero e previa verifica del giudice sulla decisione da doversi prendere allo stato degli atti, di essere giudicato sulla base delle prove raccolte nel corso delle indagini. Il necessario consenso dell'accusa e la previa verifica del giudice di fatto hanno finito con limitare il ricorso al giudizio abbreviato, forse perché i termini di prescrizione potevano garantire migliori risultati agli imputati. Così però il rito abbreviato non ha assunto quel ruolo deflattivo sperato al momento dell'entrata in vigore del codice Vassalli.

Per quanto riguarda più in particolare il tema oggetto del disegno di legge al nostro esame, la questione del rapporto tra giudizio abbreviato e i reati puniti con l'ergastolo, sin dalla redazione del codice di rito del 1988, ha suscitato un vasto dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza. La principale criticità era rappresentata dal fatto che la legge delega n. 81 del 1987 nulla aveva previsto per l'ergastolo. La riduzione di un terzo valida per le altre pene era stata portata a trent'anni per l'ergastolo, data l'impossibilità di determinare in pari misura la diminuzione di una pena come quella del carcere a vita. La Corte costituzionale è intervenuta dichiarando l'illegittimità costituzionale della norma proprio per eccesso di delega e in questo modo per parecchi anni il rito abbreviato è stato ritenuto inapplicabile per i reati puniti in astratto con la pena dell'ergastolo.

Poi a partire dal 1991 la Corte costituzionale è intervenuta sul giudizio abbreviato una prima volta con una pronuncia di illegittimità nella parte in cui non prevedeva alcuna decisione del giudice sulla opposizione del pubblico ministero alla richiesta del rito, motivandola con il rischio di una disparità di trattamento tra due imputati con identica accusa nel caso in cui il pubblico ministero acconsentisse al rito soltanto per l'uno e non per l'altro. Con una successiva sentenza la Consulta ha stabilito che era il giudice del dibattimento l'organo deputato a decidere sulla fondatezza del dissenso del pubblico ministero e quindi sulla sussistenza dei requisiti per il giudizio abbreviato.

In seguito ci furono diverse sentenze della Corte costituzionale soprattutto sul problema del giudizio allo stato degli atti, quelli cioè che erano stati acquisiti nel corso delle indagini istruttorie e quindi invitò il legislatore a introdurre meccanismi d'integrazione probatoria che hanno così snaturato il rito originario, perché si poteva ottenere il premio della riduzione e consentire l'integrazione per quanto riguarda la prova.

Nel 1999 fu approvata la legge Carotti, che eliminava qualsiasi possibilità di opposizione del pubblico ministero alla richiesta dell'imputato, così facendo nascere un diritto a richiedere il giudizio abbreviato. Proprio con la citata legge viene ripristinata la possibilità del ricorso al rito abbreviato anche con riferimento a reati punibili con l'ergastolo. Attualmente, dunque, non vi sono reati per i quali è precluso l'accesso al rito abbreviato. Questa è la ricostruzione storica dell'istituto, arricchita dalla più recente riforma approvata nella scorsa legislatura su impulso dell'allora ministro della giustizia Orlando.

Il disegno di legge oggi in esame propone di escludere dall'ambito di applicabilità del giudizio abbreviato i delitti puniti con la pena dell'ergastolo. Si tratta di delitti di indiscussa gravità che sono stati già enunciati, come la devastazione, il saccheggio, la strage, l'omicidio aggravato, il femminicidio (non è stato citato tra le varie ipotesi), nonché le ipotesi aggravate di sequestro di persona. Si prevede inoltre che quando si procede per un delitto non punito con l'ergastolo e si applica il rito abbreviato sia sempre possibile tornare al procedimento penale ordinario se il quadro accusatorio si aggrava e il pubblico ministero contesta un delitto punito con l'ergastolo. Di contro, se l'originale imputazione per il delitto punito con l'ergastolo viene derubricato alla fine dell'udienza preliminare, l'imputato, come è suo diritto, sarà avvertito della possibilità di richiedere il rito abbreviato.

Inoltre la riforma, secondo una precisa disposizione di legge che sgombra il campo da qualsiasi dubbio interpretativo, si applicherà ai soli fatti commessi successivamente alla sua entrata in vigore; si tratta quindi di una norma che potremo sperimentare forse tra quattro o cinque anni.

Il rischio paventato - l'abbiamo sentito - è che l'approvazione di questo disegno di legge comporterà un aggravio di lavoro per le corti d'assise, le quali evidentemente saranno chiamate a giudicare un maggior numero di reati. Tuttavia, dobbiamo considerare che restituiamo al giudice precostituito per legge, quel giudice di corte d'assise che rappresenta l'applicazione dell'articolo 102 della Costituzione, con la rappresentanza del popolo italiano all'amministrazione della giustizia, i reati per cui è competente. Nella piena consapevolezza che il giudice del dibattimento è quello che meglio può valutare e graduare la pena, sarà la corte d'assise, finalmente, a poter giudicare la pena più equa, per adeguarla al caso concreto, sia esso più o meno grave.

Al momento, come abbiamo appreso dai dati che sono stati forniti, il rito abbreviato viene raramente chiesto da chi vede nella prescrizione una possibilità per sottrarsi al processo, mentre una buona parte degli imputati per delitti che prevedono l'ergastolo vede proprio nell'abbreviato la certezza di uno sconto di pena per la mera scelta del rito; e questo non va assolutamente bene. Se sconto devi avere, lo devi avere perché il giudice, valutate le circostanze del fatto, può determinare qual è la pena più equa da applicare.

Non deve essere questa la strada per ridurre i tempi della giustizia. Occorre restituire al rito abbreviato la ratio originaria, quella di un rito deflattivo, premiale, garantito ma non per questo sfruttato da chi si è macchiato dei crimini più orribili, che meritano un'attenta cognizione in corte d'assise anche da parte della giuria popolare, come prevede la Costituzione.

La ratio dietro al giudizio abbreviato si riduce tutta in questa valutazione: è sempre lecito, per ogni tipo di reato, diminuire di un terzo la pena in cambio di un risparmio di tempo di circa un anno? Questi sono i dati resi in audizione dal procuratore Bruti Liberati. Egli ha detto che i processi in primo grado sono durati quattro anni con il rito abbreviato e cinque anni con il rito ordinario. Onestamente a me pare che, nella valutazione di costi e benefici, sia meglio restituire alla competenza della corte d'assise questi reati così gravi.

Un Paese funziona meglio ed è più sicuro quando la macchina della giustizia agisce in maniera efficace ed equa. Questo disegno di legge corregge certamente una stortura del sistema, ma - è opportuno ricordarlo in questa sede - non è con interventi normativi spot che si possono ottenere risultati sistemici, ma con riforme strutturali e di lungo respiro, che è quello che più ci auguriamo per accrescere la possibilità di avere una giustizia che funzioni. (Applausi dal Gruppo Misto).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Valente. Ne ha facoltà.

VALENTE (PD). Signor Presidente, sono sicura che a nessuno di noi sia passato inosservato il modo in cui si è aperta questa drammatica settimana: in meno di ventiquattr'ore, altri due casi di femminicidio, altre due donne uccise dai loro ex mariti. Come sapete, questa volta è successo a Nuoro e ad Enna, per una contabilità tragica, che dall'inizio dell'anno registra ormai 17 casi di femminicidio.

Ricordo tutto questo non perché in materia penale si debba intervenire sulla scia della cronaca quotidiana; ho ricordato questi fatti drammatici per un altro motivo, perché uno dei metri con cui noi dobbiamo valutare questo disegno di legge è se esso sia effettivamente in grado di raggiungere gli obiettivi che si dà o se, invece, rimarrà l'ennesima norma manifesto, che anziché risolvere i problemi li lascerà aperti, introducendone addirittura di nuovi.

Certezza ed effettività della pena sono stati e saranno sempre obiettivi imprescindibili per il Partito Democratico; obiettivi da perseguire, però, con politiche serie ed avanzate, non - permettetemelo - con medaglie da mettere all'asta sul mercato del consenso.

Noi non abbiamo mai pensato di negare il problema da cui questo disegno di legge ha origine, perché semplicemente è vero, è un tema reale; lo era nella scorsa legislatura e lo è adesso. Nel nostro sistema c'è uno spazio di contraddizione tra la durezza della pena minacciata e l'esiguità di quella poi effettivamente attribuita. È un problema che esiste non da oggi e che anche i recenti casi di femminicidio sottolineano con forza, pur se non sempre in maniera omogenea.

Per questo i motivi che ci avevano portato a proporre una soluzione normativa su questi temi anche nella passata legislatura restano per noi tutt'oggi validi, proprio oggi che siamo invece all'opposizione.

Il problema principale, ormai ben condiviso e focalizzato, lo conosciamo: è il corto circuito derivante dall'applicazione dello sconto di pena secco di un terzo dovuto al rito abbreviato, che può incrociarsi - ahimè - con la concessione delle circostanze attenuanti. Questo ha dato luogo, in alcuni casi, a pene purtroppo anche decisamente incongrue rispetto alla gravità e all'efferatezza del delitto e del reato. Le abbiamo viste le sentenze di questi ultimi giorni, le abbiamo ahimè commentate e ne abbiamo preso atto probabilmente con un dolore dentro.

Ora però questa maggioranza, davanti a questo tipo di sentenze, ha pensato di intervenire anche sul processo, avendo come obiettivo ancora una volta la pena. Ha deciso cioè di escludere la possibilità di accedere al giudizio abbreviato per i reati che prevedono l'ergastolo. Tutti coloro che sono stati auditi vi hanno fatto notare i problemi che potrebbero derivarne, primo tra tutti il fatto che, nel caso di reati puniti con ergastolo in quanto aggravati, il pubblico ministero deve decidere sull'esistenza o meno di una circostanza aggravante prima ancora che si svolga un giudizio; questo preclude di per sé l'accesso al rito abbreviato. Già solo questo basta per capire che l'applicazione concreta di questa norma produce più di una criticità, e anche molto rilevante. È disfunzionale, perché aumenteranno i processi trattati in corte d'assise; e saranno processi con un numero maggiore di imputati.

La Lega ha detto che con questa legge i cittadini riacquisteranno la fiducia nella giustizia. Ahimè, a nostro avviso avverrà il contrario, non appena i cittadini si accorgeranno che i tempi della giustizia continueranno a dilatarsi anziché diminuire. Lo dico con rammarico, signora Presidente: da questo provvedimento non verrà nessuna (dico nessuna) risposta credibile alla sofferenza delle vittime dirette e indirette dei reati. Quelle persone che si sentono colpite dal mancato riconoscimento del proprio dolore e della propria sofferenza resteranno ancora una volta senza una risposta soddisfacente. Quella risposta non viene da uno Stato che espone il colpevole alla vendetta di un processo senza fine sulla pubblica piazza o che alimenta nelle vittime aspettative che resteranno inevase a causa di soluzioni tecniche impraticabili. In uno Stato democratico e in uno Stato di diritto la risposta soddisfacente per le vittime sarà sempre una punizione giusta del colpevole, che è innanzitutto il risultato di una scelta giuridica sostenibile, mentre quella scelta dalla maggioranza è una soluzione di propaganda, che non si accorge o non vuole accorgersi dei problemi e delle criticità che solleva. Per una ragione fin troppo chiara, per chi ha imparato a conoscere a fondo questa maggioranza e questo Governo: perché il suo obiettivo non è la certezza di una pena giusta, ma è soltanto la semplice ostentazione punitiva a beneficio della propria propaganda. Questa è la politica penale populista, a cui non interessa nulla dell'efficacia concreta e reale dei provvedimenti, né tanto meno delle soluzioni adatte per ottenerla.

Io ricordo che questa proposta di legge sul rito abbreviato è stata approvata in prima lettura nel novembre 2018 alla Camera. Sono passati quasi cinque mesi e la maggioranza qui al Senato ha continuato ad andare avanti come un treno. Non ha trovato modo di accogliere tanti suggerimenti venuti anche da voci autorevoli; non ha mostrato di dialogare né ha accettato di guardare con attenzione gli emendamenti delle altre forze politiche parlamentari presenti in Commissione. Sono rimaste così inascoltate anche le osservazioni del Consiglio superiore della magistratura, che giustamente si domanda come sia possibile ridurre la durata dei procedimenti penali, se si sceglie di rinunciare al rito abbreviato proprio in un settore in cui ha dato risultati buoni e soddisfacenti.

Eppure non è servito a nulla far notare che i problemi del trattamento punitivo hanno facce diverse. C'è quello che dicevo, derivante dalla combinazione tra premialità del rito e bilanciamento delle circostanze. Ma pure sarebbe stato ragionevole considerare l'eccessiva rigidità, che toglie al giudice la possibilità di graduare la pena a seconda della gravità dei fatti, e toglierlo dall'alternativa secca tra una penna di sedici anni e una di trenta anni di reclusione. La maggioranza non può proprio dire che non le sono state offerte possibilità alternative, strade che peraltro risulterebbero meno controverse è più efficaci.

Signor Presidente, questa mattina, per altre vicende, in Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio abbiamo audito un autorevole rappresentante della Corte di cassazione, che ha convenuto con i pareri forniti dai magistrati in occasione delle audizioni sul provvedimento in materia di rito abbreviato e ci ha chiesto di stare attenti a non fare propaganda su questo terreno, perché il rito abbreviato in questi casi ha dato notevoli e importanti risultati. Il Partito Democratico ha provato ad andare in questa direzione. Anche in Senato abbiamo proposto una soluzione che non intervenisse sul rito, amputando il processo di una gamba essenziale, ma che invece consentisse che, per i delitti più efferati, ci fosse la possibilità per il giudice di non applicare lo sconto di pena di un terzo. Non è niente di sovversivo, ma è qualcosa di utile per evitare quell'ingolfamento delle corti di assise, che sarebbe causa di allungamento dei processi, del rischio concreto di scarcerazioni per decorrenza dei termini e, a cascata, di gravi disagi per i tribunali e le corti d'appello, grandi e piccole.

Si capisce ancora meno, poi, il vostro rifiuto in materia di bilanciamento di circostanze in tutti i casi di delitti contro la persona. Abbiamo proposto che nei casi in cui ricorrano aggravanti, come l'aver agito per motivi abietti o futili, l'aver adoperato sevizie o l'aver agito con crudeltà verso le persone, la pena venga calcolata prima applicando le aggravanti e solo successivamente diminuita. Era una soluzione, per altro richiamata dallo stesso ministro Bonafede in queste ore, in occasione della discussione sul cosiddetto codice rosso alla Camera dei deputati, per porre fine a pronunce con pene davvero poco severe a fronte di reati gravissimi. Lo abbiamo proposto prima alla Camera dei deputati e poi al Senato, ma niente: anche di fronte a questa soluzione la maggioranza ha mostrato un atteggiamento di totale chiusura. Badate colleghi, il nostro emendamento riguardava tutti i delitti contro la persona, non solo quelli puniti con l'ergastolo.

Mi rivolgo in modo particolare ai senatori della Lega: alla prossima sentenza su un caso di violenza sessuale con pene che, calcolate con l'attuale disciplina, finiranno con l'essere davvero irragionevoli, se non anche offensive del bisogno di giustizia delle vittime, non ci sarà nessun tweet e nessuna dichiarazione roboante, che basterà a coprire una vostra precisa scelta politica, che avviene oggi, qui, davanti al Paese. Quella di oggi, a dir la verità, non è la prima occasione in cui il settore penale viene aggredito dall'attuale Governo. La scorsa settimana l'Assemblea ha votato una riforma della legittima difesa, che ha l'unico obiettivo concreto di far diventare la sicurezza nelle case un affare privato. Il cosiddetto provvedimento spazza corrotti, tra le varie cose, ha sterilizzato la prescrizione, con l'introduzione di un processo senza fine e l'addio di fatto alla presunzione di innocenza per i cittadini italiani. Sono tutte norme con cui si pretende una pena rigorosa, ma poi si fa tutto il contrario di quello che servirebbe per dare tempi certi alla giustizia.

Ancora una volta questa maggioranza usa il rigore della pena soltanto per sbandierare un'integrità, una forza e una diversità, che non possiede e non le appartiene.

Concludendo, la maggioranza - e la Lega, che ha voluto fortemente questo provvedimento - ha avuto l'occasione di mettere mano a un problema serio e reale della giustizia italiana. Lo avrebbe potuto fare con il sostegno di tutto il Parlamento e di tutte le sue forze. Ha invece sprecato l'occasione, preferendo ancora una volta usare la punizione come una profilassi per costruire la sua identità anziché per tutelare e difendere concretamente il dolore e la sofferenza delle vittime. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pepe. Ne ha facoltà.

PEPE (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, in premessa voglio dire che se questa modifica sarà applicata per i fatti e per i delitti che verranno commessi dopo la sua entrata in vigore, non è perché lo vogliamo noi, ma perché - vivaddio! - la legge penale è irretroattiva ed è giusto e doveroso che sia così. Allo stesso tempo riteniamo che la giustizia debba essere giusta e rapida. Con le norme in esame, che non sono norme spot, ma hanno una certa rispondenza al sentimento del Paese, la rendiamo giusta e con il nuovo codice di rito, che la maggioranza si è impegnata a scrivere entro un anno, la renderemo anche rapida.

Voglio anche dire a chi mi ha preceduto che, più che preoccuparmi per la decorrenza dei termini di scarcerazione per chi è sottoposto a misura cautelare, mi preoccuperei di irrogare una pena giusta, anziché fare degli sconti preventivi e consentire a dei veri e propri mostri di beneficiare, grazie a questi sconti, anche dei benefici in fase di esecuzione della pena stessa.

Ebbene, riteniamo che questo sia un provvedimento di equilibrio tra lo Stato e i cittadini: lo Stato - e quindi la sua pretesa punitiva - e i cittadini rispetto al diritto di difesa che - com'è stato ampiamente detto prima - non viene per niente calpestato, ma anzi viene tutelato. Non voglio ripetere in questo mio intervento ciò che è già stato detto prima dal collega Pillon, ossia quali sono i reati che vengono eliminati dalla possibilità di ricorrere a un rito abbreviato: sono reati che hanno un impatto sociale devastante e per i quali riteniamo che ci debba essere una pena esemplare e proporzionata.

Il diritto di difesa non viene intaccato, intanto perché, se la richiesta di ammissibilità al rito abbreviato in fase di udienza preliminare viene respinta, la stessa può essere reiterata sempre durante l'udienza preliminare fino alle conclusioni della stessa fase. Vi è di più: può essere reiterata anche durante il dibattimento, qualora appunto il giudice dovesse ritenere che non sia da applicare la pena dell'ergastolo; così come se ci dovesse essere una rimodulazione in melius della contestazione, l'imputato ha la facoltà di riproporre questa istanza. Il diritto di difesa è quindi ampiamente tutelato e garantito, soprattutto perché questa possibilità viene consentita con una valutazione che il giudice fa in concreto all'interno del processo.

Quali sono gli obiettivi che con questa norma (e non soltanto con questa norma) ci prefiggiamo di raggiungere? Il primo è avere bene in mente di vivere in uno Stato autorevole, affidabile e giusto: uno Stato autorevole è uno Stato presente, che c'è e fa rispettare le regole che devono essere rispettate; affidabile, perché svolge fino in fondo il ruolo che ha, e giusto perché, appunto, commina tramite la magistratura le pene giuste. Troppe volte abbiamo visto in giro delinquenti incalliti e feroci, che più che andare a espiare una pena tra le mura delle patrie galere, hanno fatto una vera e propria vacanza all'interno di quelle mura. Non è giusto che, di fronte a questo tipo di esecuzione di pena, poi ci si lamenti perché la parte civile magari non ha avuto il giusto risarcimento. È giusto che la parte civile abbia il risarcimento che merita, ma è anche giusto che il delinquente possa espiare, così come merita, la pena che gli è stata irrogata. (Brusio).

PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Pepe.

Invito cortesemente i colleghi ad abbassare il tono delle loro conversazioni, perché ho difficoltà a sentire il senatore Pepe.

PEPE (L-SP-PSd'Az). Grazie, Presidente.

Nessuno sconto preventivo: il giudice di sorveglianza valuterà durante l'esecuzione della pena qual è il percorso di riabilitazione del condannato - questo sì - e da questo punto di vista non verrà negato. La pena che viene irrogata secondo questa norma è però esemplare e proporzionata e soprattutto rispettosa del dettato dell'articolo 27 della nostra Costituzione: la pena è e rimane rieducativa, in modo da consentire al condannato di riprendere giustamente a vivere, da un punto di vista privato ma anche sociale, la propria vita, laddove ha espiato la condanna che gli è stata comminata.

Un ultimo aspetto: pensiamo che gli italiani abbiano detto più volte, in diverse forme e con diversi strumenti, che non ne possono più del diffuso senso di impunità e del diffuso senso di impotenza dello Stato che vigono in Italia. Questi vanno sicuramente debellati, perché il senso di impunità e il senso di impotenza dello Stato sono aspetti negativi che influenzano tanto i malfattori, i quali di fronte a questo senso di impunità e di impotenza sono spinti a continuare la loro vita delinquenziale, quanto gli onesti, che sono presi da uno stato di frustrazione che sicuramente diminuisce il grado di affidabilità dello Stato per i cittadini.

Riteniamo sia un altro tassello importante che questa maggioranza e il Governo hanno introdotto nel mondo della giustizia, che porteremo avanti con regole di merito ma soprattutto con il rito del nuovo processo penale che renderà il processo all'altezza della nostra civiltà: più rapido e più giusto. (Applausi dai Gruppi L-SP-PSd'Az e M5S).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Aimi. Ne ha facoltà.

AIMI (FI-BP). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, francamente non ho tutte le certezze che ha questa maggioranza in merito agli effetti positivi che potrà produrre la novella che verrà probabilmente - anzi, quasi certamente - introdotta con il voto di quest'Assemblea. Lo dico perché vengo da un'esperienza sul campo, maturata da oltre trent'anni, quando iniziai a fare la professione e ancora vigeva il vecchio codice di procedura penale. Allora i procedimenti in corte d'assise erano anche quelli relativi alla rapina e al tentato omicidio, quindi già in gioventù si faceva una certa esperienza. Poi, come ricordava prima il presidente Grasso, nell'ottobre del 1989 è entrato in vigore il nuovo codice di procedura penale che ha inserito alcuni riti deflattivi, tra i quali il rito abbreviato e il cosiddetto patteggiamento, l'applicazione di pena su richiesta. Perché vennero inseriti? Per una serie innumerevole di ragioni.

Voglio ricordare innanzitutto - qui il ragionamento investe questioni di politica criminale - che allora, prima degli anni Novanta, il numero di reati commessi in Italia era sostanzialmente esiguo rispetto a quello al quale assistiamo oggi.

Oggi abbiamo anche cittadini stranieri che delinquono in Italia; non vorrei ripetere in quest'Assemblea i numeri della nostra situazione carceraria, ma sicuramente è un sistema ingolfato. Se allora dobbiamo fare i conti con la realtà delle cose, con la patologia di questo sistema, dobbiamo domandarci se l'eliminazione della possibilità di accedere al rito abbreviato per determinati reati porti effettivamente o meno a risultati concreti. Ebbene, io non ho tutte le certezze che ha quest'Assemblea.

Mi permetto di riferirmi al presidente Grasso che ha citato l'intervento in Commissione dell'ex procuratore generale Bruti Liberati, il quale indicava che nei procedimenti conclusi a Milano per un processo famoso - del quale parlerò successivamente - c'erano circa 161 imputati, molti dei quali decisero per il rito abbreviato (circa 120 dei 161) mentre 41 andarono all'ordinario. Ebbene, di questi 161, i 120 che scelsero il rito abbreviato finirono complessivamente il procedimento - iniziato nel 2010 - nell'anno 2014, mentre quelli che andarono a rito ordinario nell'anno 2015.

Il procuratore generale di Milano ha detto una cosa esattamente opposta a quanto affermato oggi dal senatore Grasso in Aula; ha fatto un esempio retorico: se tutti fossero finiti davanti alla corte d'assise, cosa sarebbe accaduto? Saremmo riusciti a realizzare la giustizia in tempi così contenuti? Francamente chi vi parla ha parecchi dubbi, ma non solamente io.

Colleghi, noi di Forza Italia abbiamo una concezione di difesa delle garanzie del processo; vogliamo un processo giusto, equilibrato. Vogliamo un processo che rispetti soprattutto il principio di proporzionalità tra il fatto commesso e la condanna ricevuta, non altro; vogliamo anche una politica criminale che metta il sistema in grado di reagire e fare fronte a quest'incalzante ondata di reati gravi.

Dire quindi, per esempio, che per l'omicidio ci vuole l'ergastolo è un'idea più politica che giudiziaria. Benissimo: in linea di principio siamo tutti d'accordo, se colui che commette un reato particolarmente efferato e risulta essere colpevole dopo il procedimento viene condannato all'ergastolo, ma non possiamo farne una regola; molto spesso, nel processo entrano tanti elementi a partire dal fattore umano e non esiste un processo uguale ad un altro.

Quali sono allora le ragioni essenziali per cui, come Gruppo Forza Italia, ci permettiamo di evidenziare le criticità? Innanzitutto, farei riferimento all'articolo 303 del codice di procedura penale, che detta i termini e i limiti della custodia cautelare di grado. Il rischio è proprio che in determinati maxiprocessi si allunghino i tempi e si arrivi a scarcerazioni eccellenti, com'è avvenuto in passato e come tutti anche in quest'Aula immagino ricorderanno. Questo è un principio, una cosa reale e concreta, non ci stiamo inventando nulla di nuovo, ma si tratta di un problema che sottopongo all'Assemblea: immaginate cosa significhi in un maxiprocesso con 200 imputati e 400 avvocati riuscire semplicemente a realizzare le notifiche per tutti e organizzare il personale ausiliario necessario e il procedimento; è qualcosa di ciclopico. Cerchiamo allora di rimanere con i piedi per terra e renderci conto che lo strumento del rito abbreviato ha effettivamente una funzione deflattiva.

D'altra parte, ho sentito dire in Aula e ho anche letto sui giornali alcune cose che non rispondono assolutamente a verità, come il fatto che davanti al giudice delle indagini preliminari, in caso di rito abbreviato, non può essere concessa la pena dell'ergastolo. Ricordiamo, ed è giusto ribadire, che la pena dell'ergastolo, ove richiesta, può essere convertita nei trent'anni, ma, quando viene richiesta per particolari efferati delitti, la pena dell'ergastolo con l'isolamento diurno può essere inflitta in esclusiva, senza l'isolamento diurno. Questo elemento, a mio avviso, ha grande importanza.

Sempre parlando di politica giudiziaria e di corti d'assise, non pensiamo a quello che vediamo in televisione nei processi all'americana, con la giuria popolare, che esiste certamente anche nel nostro sistema, ma è composta da sei giudici popolari e due togati; questo significa che nella giuria di una corte d'assise o di una corte d'assise d'appello sottraiamo magistrati importanti, che, al contrario, potrebbero esercitare le loro funzioni o in corte d'appello o in tribunale. Si tratta di un'altra criticità estremamente importante, che riteniamo debba essere evidenziata.

Il procedimento con rito abbreviato, d'altra parte, non solamente è deflattivo, ma si definisce allo stato degli atti. Molto spesso, la stessa procura della Repubblica avrebbe o ha interesse a definirlo in questo modo, perché le prove vengono raccolte dal pubblico ministero, portate davanti al giudice per le indagini preliminari e, sulla base di dette prove, viene espresso un giudizio.

La differenza sta anche nel fatto che, mentre il giudice per le indagini preliminari è a conoscenza degli atti, in un processo ordinario in corte d'assise o in corte d'assise d'appello, o meglio ancora in primo grado, non si ha contezza perpetua, con precisione estrema di quanto è avvenuto, ma parte tutto ex novo. Il decorrere del tempo comporta limiti molto gravi per la tenuta di un procedimento. Pensiamo non solamente alle eccezioni che possono essere presentate, ma addirittura ai testimoni, che, a distanza di tanti anni, rischiano di non ricordare più. Un conto è fare un processo in tempi rapidi, che la giustizia d'altra parte vorrebbe realizzare; altro è uno con lungaggini inenarrabili.

Siamo allora davvero convinti che anche le persone offese possano trarre beneficio da questa novella? Io ho seri dubbi ed è per questo che noi, senatori di Forza Italia, esprimeremo un voto di astensione. E lo facciamo convintamente, perché siamo certi di non dover inseguire quanto detto in moltissimi casi dalla gente comune nei bar, invocando magari codici draconiani. Noi riteniamo che debba esserci e debba sempre essere conservato un equilibrio, che in questo momento si garantisce soprattutto mantenendo l'istituto in oggetto, il quale, anche in determinati casi (ad esempio nei maxiprocessi), consente anche ai pentiti di accedere a un rito premiale come quello abbreviato.

Queste sono le ragioni, in buona sostanza, per cui riteniamo si possa esprimere sul disegno di legge un voto di astensione benevola, ma molto critica, anche perché ho la consapevolezza che il provvedimento sia a rischio di impugnazione da parte della Corte costituzionale. (Applausi dal Gruppo FI-BP).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Saluto ad una rappresentanza di studenti

PRESIDENTE. A nome dell'Assemblea, saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo «Dante Alighieri» di Valderice, in provincia di Trapani. (Applausi).

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 925 (ore 17,26)

PRESIDENTE. Il relatore non intende intervenire in sede di replica.

Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

MORRONE, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il provvedimento in esame riforma il codice di procedura penale per rispondere al diritto di giustizia e certezza della pena.

Per chi ha commesso reati molto gravi, per i quali la legge prevede l'ergastolo, non può essere possibile accedere al giudizio abbreviato, attraverso il quale la pena dell'ergastolo è sostituita da quella della reclusione per trent'anni. Si tratta di delitti come quelli di devastazione, saccheggio, strage e omicidio aggravato, nonché delle ipotesi aggravate di sequestro di persona. Il testo prevede che la richiesta di rito abbreviato per uno di questi delitti debba essere dichiarata inammissibile dal giudice dell'udienza preliminare e consente all'imputato di rinnovare la richiesta fino a che non siano formulate le conclusioni nel corso dell'udienza preliminare. Inoltre, il provvedimento prevede che se alla fine del dibattimento il giudice riconosce che per il fatto accertato era possibile il rito abbreviato, egli debba comunque applicare al condannato la riduzione di pena prevista quando si procede con il rito speciale.

Il provvedimento prevede inoltre che quando si procede per un delitto non punito con l'ergastolo e si ammette il rito abbreviato, si debba ripristinare il procedimento penale ordinario se il quadro accusatorio si aggrava e il pubblico ministero contesta un delitto punito con l'ergastolo. Tuttavia, se l'originaria imputazione per delitto punito con l'ergastolo viene derubricata alla fine dell'udienza preliminare, l'imputato sarà avvertito della possibilità di richiedere il rito abbreviato.

Se consentire la scelta del giudizio abbreviato si giustifica, in via generale, con motivi legati a esigenze di risparmio di tempi e risorse e di accelerazione dei tempi del processo, la stessa ratio non risulta accettabile per reati molto gravi che il codice penale punisce severamente e che creano un grave allarme sociale nell'opinione pubblica. Non possiamo infatti non evidenziare che desta sconcerto l'applicazione di pene notevolmente ridotte rispetto alla pena perpetua inizialmente prevista dal codice penale. Respingo, quindi, ogni accusa di populismo giudiziario, che è assolutamente fuori luogo e strumentale. Si tratta, al contrario, di una risposta a tutti quei cittadini che chiedono giustizia.

Noi siamo garantisti fino alla fine, ma chi commette un reato di particolare efferatezza e pericolo per la collettività o il Paese non può godere di sconti di pena. (Applausi dal Gruppo L-SP-PSd'Az). Questa è una norma di buonsenso, che portiamo avanti con determinazione e grande consapevolezza. Il provvedimento non toglie diritti e non smantella garanzie, come affermano coloro che sono sempre pronti a difendere chi commette reati, in questo caso gravissimi.

Noi, al contrario, siamo dalla parte delle vittime e delle loro famiglie, delle persone perbene e delle Forze dell'ordine che rischiano quotidianamente la vita per garantire la sicurezza di tutti. Noi siamo dalla parte dello Stato.

Ovviamente, la norma non lede alcun diritto costituzionalmente garantito, ma garantisce alla comunità che lo Stato e le istituzioni hanno strumenti per difenderla e tutelarla. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd'Az).

PRESIDENTE. Comunico che è pervenuto alla Presidenza - ed è in distribuzione - il parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti, che verrà pubblicato in allegato al Resoconto della seduta odierna.

Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge, nel testo approvato dalla Camera dei deputati.

Procediamo all'esame dell'articolo 1, sul quale sono stati presentati emendamenti, che si intendono illustrati, su cui invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

OSTELLARI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti.

MORRONE, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.100, presentato dal senatore Cucca e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.101, presentato dal senatore Caliendo e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della prima parte dell'emendamento 1.102, presentato dal senatore Caliendo e da altri senatori, fino alle parole «legge 26 luglio 1975, n. 354";».

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Risultano pertanto preclusi la restante parte e l'emendamento 1.103.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.104, presentato dai senatori Lonardo e Vitali.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 1.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Passiamo all'esame dell'articolo 2, sul quale sono stati presentati emendamenti, che si intendono illustrati, su cui invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

OSTELLARI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti.

MORRONE, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 2.100, presentato dal senatore Cucca e da altri senatori, identico all'emendamento 2.101, presentato dal senatore Caliendo e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 2.102, presentato dal senatore Caliendo e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 2.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Passiamo all'esame dell'articolo 3, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

CALIENDO (FI-BP). Signor Presidente, non sono intervenuto sugli altri emendamenti, ma sul 3.102 vorrei che tutti rifletteste, specialmente il Governo. Trattasi di norma processuale, vedo anche il sottosegretario Molteni e vorrei si rendesse conto della necessità di prevedere che queste norme processuali non siano applicate ai processi in corso, altrimenti andremo incontro a conseguenze non certo di poco conto all'interno dei procedimenti che si stanno celebrando. Per questa ragione, io credo che un attimo di riflessione dovrebbe portarvi ad esprimere parere favorevole su questo emendamento. (Applausi dal Gruppo FI-BP).

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

OSTELLARI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti.

MORRONE, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 3.100, presentato dal senatore Cucca e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.101.

CUCCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CUCCA (PD). Signor Presidente, questo emendamento, molto semplice, cerca di dare una risposta chiara al fatto che con l'intero provvedimento si mette in discussione la discrezionalità del giudice, perché di fatto la si mortifica. Mortificare la discrezionalità della decisione del giudice significa svilire la funzione giurisdizionale, quella funzione che i giudici, quotidianamente, svolgono e significa, quindi, portare un attacco inutile alla giurisdizione stessa.

Badate che lasciare il sistema con degli automatismi, significa svilire la funzione peculiare, che è quella del margine di discrezionalità di chi, munito delle necessarie cognizioni tecniche e con la completa conoscenza degli atti, può dare un giudizio più che consono al caso specifico che va ad affrontare.

È in questo senso quindi che si aggiunge il comma 2-bis con il quale si riafferma la necessità che sia il giudice, soggetto terzo, in possesso delle necessarie conoscenze tecnico-giuridiche, che ha completa conoscenza degli atti, a poter valutare la vicenda e decidere se la pena dell'ergastolo possa e debba essere sostituita con quella di anni trenta, togliendo quell'automatismo che viene in precedenza. Quindi, noi voteremo a favore di questo emendamento. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 3.101, presentato dal senatore Cucca e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 3.102, presentato dal senatore Caliendo e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 3.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Passiamo all'esame dell'articolo 4, sul quale sono stati presentati un emendamento soppressivo dell'articolo e un emendamento volto ad inserire un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 4, che si intendono illustrati, su cui invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

OSTELLARI, relatore. Signor Presidente, il parere è contrario su entrambi gli emendamenti.

MORRONE, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, esprimo parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Non essendo stati presentati sull'articolo 4 altri emendamenti oltre quello soppressivo 4.100, presentato dal senatore Cucca e da altri senatori, passiamo alla votazione del mantenimento dell'articolo stesso.

VALENTE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VALENTE (PD). Signor Presidente, con l'emendamento 4.0.1 sostanzialmente si richiama quanto detto anche in discussione generale. Intanto, è un emendamento all'articolo 69 del codice penale. Proponevamo di aggiungere, per tutti i delitti contro la persona (quindi, non solo per le pene che prevedevano l'ergastolo), di non procedere al cosiddetto bilanciamento; ovvero, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste le circostanze attenuanti. In più, aggiungevamo che le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.

Lo dicevamo proprio nella logica che abbiamo provato a esporre anche prima, di evitare quanto registrato in alcune sentenze in queste ultime settimane, cioè che una pena, anche pesante, potesse essere, con questo sistema e con questo meccanismo, ridotta in maniera significativa.

Pertanto, vi continuiamo a dire, in qualche modo, che la scelta della maggioranza è stata assolutamente irragionevole, avulsa dal contesto, avulsa dal merito e profondamente distonica dalle tante dichiarazioni che puntualmente siamo pronti a fare di fronte a sentenze che ci appaiono ingiuste.

Leggiamo tweet, leggiamo commenti, leggiamo una indignazione collettiva e corale, ma poi troviamo contrarietà di fronte a un emendamento che, sostanzialmente, aggrediva questo fenomeno, rispetto al quale lo stesso ministro Bonafede si era impegnato a intervenire, intanto con il codice rosso. Noi lo proponevamo qui, sul rito abbreviato. Era esattamente lo stesso argomento. Ma in maniera assolutamente pregiudiziale e senza guardare, ancora una volta, al merito delle nostre proposte si è votato contro questo emendamento.

Per queste ragioni riteniamo inaccettabile questo atteggiamento e voteremo contro l'articolo. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale con scrutinio simultaneo del mantenimento dell'articolo 4.

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 4.0.1, presentato dal senatore Cucca e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Passiamo all'esame dell'articolo 5, sul quale è stato presentato un emendamento, interamente soppressivo dell'articolo, che si intende illustrato, su cui invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

OSTELLARI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario.

MORRONE, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Non essendo stati presentati sull'articolo 5 altri emendamenti oltre quello soppressivo 5.100, presentato dal senatore Cucca e da altri senatori, indico la votazione nominale con scrutinio simultaneo del mantenimento dell'articolo 5.

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Passiamo alla votazione finale.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, il Gruppo Per le Autonomie voterà a favore del provvedimento.

È un principio del nostro ordinamento il fatto che il giudice deve valutare caso per caso avendo la possibilità di applicare attenuanti e aggravanti per modellare la condanna sulla particolarità dell'evento. La discrezionalità del giudice non può essere sostituita con automatismi o vere e proprie norme sentenza come questo Governo ha cercato di fare con la legge sulla legittima difesa o con il disegno di legge Pillon. È però inaccettabile che l'imputato di un grave reato, come ad esempio l'omicidio premeditato, possa usufruire dello sconto di un terzo della pena solo per la scelta di un rito. Non si può, cioè, premiare qualcuno che si meriterebbe la pena dell'ergastolo perché ha risparmiato alla macchina giudiziaria lo svolgimento di un dibattimento.

Il provvedimento corregge una distorsione che si è venuta a creare nell'ordinamento italiano: il rito abbreviato si è trasformato in una precisa strategia della difesa nei casi di evidente e conclamata colpevolezza dell'imputato e ha assunto il valore di un vero e proprio diritto allo sconto di pena. A ciò si aggiunge per il condannato la possibilità di ricorrere comunque a nuovi gradi di giudizio con lo scopo di ottenere un'ulteriore riduzione fino a determinare situazioni incredibili che generano soltanto frustrazione e rabbia nell'opinione pubblica. È esattamente il caso dell'assassino di Olga Matei, che ha ottenuto uno sconto di pena a sedici anni, dopo essere stato condannato in primo grado a trent'anni e non all'ergastolo proprio grazie al rito abbreviato. Non dimentichiamo che dall'inizio dell'anno sono già state 17 le donne ammazzate.

Questo caso è esemplificativo della necessità di questo provvedimento. Davanti ai femminicidi, ai delitti di mafia, agli omicidi premeditati non vi può essere una scorciatoia che porta il massimo della pena a una manciata di anni di reclusione. È questa percezione della giustizia ingiusta che genera frustrazione e rabbia non solo nell'opinione pubblica e che spinge i cittadini a non avere più fiducia nella giustizia. Non mi convince neanche la critica sull'aggravio di lavoro per la corte di assise. Al contrario, si tratta proprio del giudice precostituito che meglio può valutare la pena. La strada, invece, deve essere quella di rafforzare le strutture e il personale giudiziario perché non dobbiamo dimenticare che l'Italia, in confronto agli altri Paesi europei, è quello col minor numero di giudici per abitanti.

Per questo sono condivisibili gli obiettivi di questo provvedimento ed è per tale motivo che ribadisco il voto favorevole del Gruppo per le Autonomie.

GRASSO (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSO (Misto-LeU). Signor Presidente, colleghi, tutto ci divide dall'attuale maggioranza e dal Governo. Non condividiamo pressoché nessuna delle scelte adottate finora; consideriamo la deriva delle ultime settimane, a seguito dei risultati elettorali nelle diverse Regioni, come un ulteriore rischio per la tenuta economica e per la credibilità del nostro Paese sullo scacchiere comunitario ed internazionale.

L'affanno con cui l'azionista di maggioranza del Governo, il MoVimento 5 Stelle, sta cercando di recuperare quella metà di consensi perduti tra gli elettori e la reazione della Lega al ritrovato spirito battagliero dei suoi alleati, sta assumendo toni da farsa. Lo abbiamo visto questo fine settimana con le ridicole accuse e controaccuse sulle adozioni; lo abbiamo visto in merito al convegno di Verona; lo abbiamo visto con la durezza con cui finalmente viene messo ufficialmente in discussione, anche da parte della maggioranza, il pessimo disegno di legge Pillon, un testo inemendabile e pericoloso sotto il profilo culturale, prima che sotto quello normativo.

Forse non vi è ancora del tutto chiaro che avete un Paese da governare, un Paese che è alle soglie di una drammatica crisi economica con dati che peggiorano di giorno in giorno e rischi concreti per l'occupazione.

Questa premessa, questa presa di distanza totale dall'operato del Governo è necessaria e doverosa prima di entrare nel merito del provvedimento che, tra poco, sarà posto al voto. Lo ritengo infatti un tassello nella direzione giusta, anche se continuo a denunciare, come già ho avuto modo di esprimere in occasione del voto sul cosiddetto spazza corrotti, l'errore madornale di provvedimenti specifici in materia penale, invece di una più larga revisione dell'intera procedura.

Sappiamo bene che il problema della giustizia in Italia è costituito dai tempi dei processi; lo diciamo da decenni. Ma quale prezzo siamo disposti a pagare per accorciare, come abbiamo visto, di non molto, questi tempi? La ratio dietro il giudizio abbreviato si riduce tutta in questa valutazione. È sempre lecito per ogni tipo di reato diminuire di un terzo la pena in cambio di un risparmio di tempo di circa un anno, secondo i dati resi in audizione dall'ex procuratore Bruti Liberati, nella durata del processo di primo grado? Onestamente, per me no. È vero che un processo con più imputati sarebbe un maggiore impegno; ve lo dice però uno che ha fatto il maxi processo contro la mafia e lo ha fatto in tempi brevissimi per questo tipo di reato, in cui dall'organizzazione si può certamente risparmiare tantissimo tempo.

Vorrei si facesse particolare attenzione su un punto fondamentale: la quantificazione della pena non ha nulla - ripeto nulla - a che fare con la sua funzione rieducativa, che riguarda il successivo passaggio dell'esecuzione della pena.

L'Assemblea dovrebbe tenere in altissima considerazione la lezione che Aldo Moro diede ai propri studenti nel lontano 1976. Cito: «Ricordatevi che la pena non è la passionale smodata vendetta dei privati: è la risposta calibrata dell'ordinamento giuridico e, quindi, ha tutta la misura propria degli interventi del potere sociale, che non possono abbandonarsi ad istinti di reazione e di vendetta, ma devono essere pacatamente commisurati alla necessità, rigorosamente alla necessità, di dare al reato una risposta quale si esprime in una pena giusta».

Presidenza del vice presidente LA RUSSA (ore 17,50)

(Segue GRASSO). Cito queste parole per introdurre un passaggio del parere del Consiglio superiore della magistratura sul provvedimento quando dice che sussiste quindi una divaricazione oggettivamente ampia del trattamento punitivo conseguente alla combinazione della premialità del rito e del bilanciamento delle circostanze e, al contempo, una eccessiva rigidità del sistema, che finisce per inibire al giudice la possibilità di graduare la pena in relazione alla concreta gravità dei fatti.

Il parere del CSM continua spiegando come per l'omicidio aggravato si possa quindi decidere solo nell'alternativa tra i sedici e i trenta anni; si tratta, quindi, di una pena che potrebbe rivelarsi non adeguata per difetto o per eccesso. Eliminare il rito abbreviato per i reati gravissimi non è quindi vendetta, non è rigore, non è giustizialismo; significa invece restituire al giudice la possibilità di un vero adeguamento della pena al caso concreto sulla base di valutazioni e non del rito scelto.

Vorrei fare una ulteriore considerazione di sistema. Al momento il rito abbreviato è quello scelto quasi in via esclusiva da chi commette reati che prevedono la pena dell'ergastolo e non può fare affidamento sulla ragionevole speranza della prescrizione. Se la riforma votata qualche mese fa sul tema, ovvero il blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio, entrerà in vigore come è stato previsto, sono certo che la diminuzione dei processi con rito abbreviato prevista dall'attuale ordinamento sarà più che compensata da chi, non potendo più contare sul fattore tempo, avrà convenienza a sceglierlo per vedere la pena diminuita di un terzo, garantendo così un sostanziale equilibrio nei numeri, in attesa di provvedimenti seri, di ampio respiro, sul processo penale in genere.

Pur con tutti i limiti evidenziati e per le ragioni esposte, annuncio il voto favorevole di Liberi e Uguali, dimostrando come l'opposizione che facciamo a questo Governo e alla maggioranza non è a prescindere né tantomeno ideologica; ci piacerebbe, anzi, che fosse possibile più spesso votare favorevolmente i provvedimenti della maggioranza, ma purtroppo finora solo molto raramente avete presentato iniziative positive e di buon senso. Noi richiameremo sempre la maggioranza e il Governo alle proprie responsabilità, con l'augurio che di abbreviato ci sia soprattutto la durata di questa stagione gialloverde, perché governare un grande Paese come l'Italia è una cosa seria che richiede meno tweet e più lavoro, del Governo come soprattutto del Parlamento, che - va sottolineato - è quasi paralizzato dalle vostre lotte intestine su ogni argomento.

Ribadisco quindi tutta la nostra contrarietà al Governo, ma il voto favorevole di Liberi e Uguali al provvedimento in discussione (Applausi dal Gruppo Misto-LeU).

BALBONI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BALBONI (FdI). Signor Presidente, credo che oggi il legislatore sia costretto a intervenire con il disegno di legge in esame a causa della eccessiva indulgenza di certi magistrati, a fronte ovviamente dell'equilibrio e del senso di equità nell'erogazione della pena della stragrande maggioranza dei magistrati italiani. Parlo di eccessiva indulgenza perché è chiaro a tutti che sentenze come quelle di alcuni giorni fa, che hanno quasi dimezzato la pena per un omicidio volontario adducendo una non meglio precisata tempesta emotiva da parte dell'assassino, sono il frutto del combinato disposto della diminuzione di pena obbligatoria per chi sceglie il rito abbreviato e di un sistema delle attenuanti altrettanto discutibile. Eccessiva indulgenza alla quale mi viene da pensare in questo momento dopo aver appreso che la procura di Torino non ha contestato l'aggravante dell'odio razziale nei confronti dell'assassino di Stefano Leo, il quale ha pur dichiarato di aver ucciso Stefano Leo soltanto perché era italiano. (Applausi dai Gruppi FdI e FI-BP). Questa è l'eccessiva indulgenza di certa magistratura, cui oggi il legislatore tenta parzialmente di porre rimedio con questa riforma, alla quale annuncio subito il voto favorevole di Fratelli d'Italia, accompagnato però da alcune osservazioni.

La prima osservazione la rivolgo al Governo e alla maggioranza nel ricordare loro che non è sufficiente escludere il rito abbreviato per eliminare le storture cui ho fatto appena cenno. È a tutti noto, infatti, che basta una sola circostanza attenuante affinché, ai sensi articolo 65, numero 2), del codice penale, alla pena dell'ergastolo, anche dopo l'approvazione di questa riforma, possa essere sostituita la pena da venti a ventiquattro anni; questo, con una sola attenuante. Con più di un'attenuante la pena può essere ridotta, ai sensi dell'articolo 67 del codice penale, fino a dieci anni.

Questa è la ragione, cari colleghi, per cui noi, che siamo opposizione patriottica, abbiamo votato a favore, a differenza della maggioranza, dell'emendamento 4.0.1 dei senatori Cucca, Mirabelli, Cirinnà e Valente (illustrato egregiamente da quest'ultima). Infatti, questo emendamento - mi dispiace, caro relatore - va proprio nella direzione di impedire l'eccessiva indulgenza nell'erogazione della pena. Se fosse stato approvato, esso avrebbe previsto che prima di applicare le attenuanti (almeno per i reati motivati da motivi abietti o futili o comunque perpetrati da chi ha adoperato sevizie o ha agito con crudeltà) si sarebbero dovute applicare le aggravanti, escludendo la comparazione di equivalenza o di prevalenza ed applicando la diminuzione di pena soltanto sul calcolo così determinato. Un po' come avviene già oggi nel nostro ordinamento in materia di omicidio stradale: infatti, l'articolo 590-quater del codice penale, in presenza di determinate aggravanti (ad esempio di fuga o di guida in stato di ebbrezza) prevede esattamente questo, ossia che le attenuanti non possano essere ritenute prevalenti o equivalenti e che la diminuzione di pena si applichi solo sulla pena determinata sulla base delle circostanze aggravanti. Questa è la direzione che secondo noi dovrebbe essere presa, non soltanto per i reati puniti con l'ergastolo, ma anche per altri reati, molto più odiosi di quelli che oggi noi stiamo considerando e nei confronti dei quali, invece, si applica il sistema ordinario di calcolo e di computo delle circostanze; reati molto più odiosi dell'omicidio stradale, che rimane pur sempre un reato colposo. A noi piacerebbe che questo principio venisse applicato, ad esempio, anche nei casi di violenza sessuale, sfruttamento della prostituzione, rapina aggravata e così via. Ecco perché ci siamo meravigliati che questa maggioranza, che parla di sicurezza e di giusta severità nei confronti dei criminali, abbia bocciato l'emendamento che ho poco fa citato.

Il vero problema, cari colleghi (e concludo), è che l'ordinamento giudiziario italiano, da un lato, prevede in astratto pene severe per molti - se non per tutti - i reati ma, dall'altro, in concreto non riesce a garantire la certezza della pena. Ciò non soltanto per le ragioni che ho appena illustrato e non soltanto per l'eccessiva indulgenza di alcuni magistrati, ma perché nel nostro sistema, soprattutto quando si passa dall'irrogazione all'esecuzione della pena, ci sono una serie infinita di istituti premiali, di sconti di pena automatici, di misure alternative al carcere, in modo e maniera per cui soltanto un criminale incallito oggi ha la prospettiva di finire davvero in un carcere italiano.

Ecco, a tutto questo noi riteniamo che si dovrebbe porre rimedio, garantendo certo le massime garanzie nel processo, ma, una volta che il processo si è concluso e che è stata accertata la colpevolezza dell'imputato, nel momento in cui quell'imputato deve scontare la pena, ebbene la pena sia veramente scontata fino in fondo. Non c'è bisogno di pene gravissime: c'è bisogno che, quando una pena viene irrogata, venga scontata sul serio. È su questo terreno che noi di Fratelli d'Italia lanciamo una sfida a questa maggioranza. È facile domani fare un bel comunicato stampa dicendo che d'ora in poi il rito abbreviato non sarà più consentito agli assassini e a chi commette gravissimi reati puniti con l'ergastolo. Molto più difficile è porre mano al principio della certezza della pena, che oggi purtroppo in Italia è molto lungi dall'essere applicato. (Applausi dal Gruppo FdI).

CUCCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CUCCA (PD). Signor Presidente, signori del Governo, ancora una volta un provvedimento che questo Governo vuole vendere come rivoluzionario nel sistema giudiziario italiano. Ancora una volta un provvedimento che non produrrà effetti favorevoli. Ancora una volta un provvedimento che non tiene in alcuna considerazione lo stato effettivo del nostro sistema giudiziario e delle condizioni in cui operano coloro che vi lavorano. L'intento dichiarato è quello di assicurare una risposta sanzionatoria più severa per reati di particolare gravità. Ancora una volta questo Governo pensa esclusivamente alla propria campagna elettorale perpetua e scodella un provvedimento dietro l'altro, provvedimenti che non vengono discussi in Commissione e che passano come voluti e proposti dal Governo.

La prossima volta che il Ministro verrà a dirci che intrattiene rapporti continuativi con gli operatori del diritto, farà allora meglio ad aggiungere che lui, di ciò che gli riferiscono gli operatori del diritto, se ne infischia allegramente. Se ne infischia del loro pensiero, perché lui o chi per lui procedono come rulli compressori per l'approvazione di provvedimenti, talvolta inutili e spesso addirittura dannosi. Come accaduto per altri provvedimenti già approvati, anche per questo provvedimento, tanto alla Camera quanto al Senato, sono stati auditi numerosi e autorevolissimi soggetti: rappresentanti della magistratura, illustri avvocati e esponenti delle associazioni maggiormente rappresentative. Tutti all'unisono hanno affermato che questo provvedimento non solo è inutile, ma, come dicevo, è addirittura dannoso. Taluno ha addirittura detto che produrrà nel sistema giudiziario effetti devastanti.

Questo provvedimento è diretto essenzialmente a impedire che l'imputato di un reato punibile con l'ergastolo possa accedere al rito abbreviato e quindi godere dello sconto di pena. Tuttavia - questo è uno degli aspetti che non è stato minimamente preso in considerazione - in molti dei casi previsti il beneficio si riduce in effetti ad uno sconto della pena dell'ergastolo per dare trenta anni, o addirittura, in altre circostanze, a comminare semplicemente l'ergastolo evitando l'isolamento diurno per due anni. È stato osservato, da parte dei soggetti auditi, che impedendo l'accesso al rito abbreviato si indebolirebbe la giurisdizione; anzi, taluno ha addirittura affermato che il provvedimento costituisce un vero e proprio attacco alla giurisdizione. Teniamo conto di questi giudizi che sono stati dati da chi opera all'interno del sistema giudiziario. Tra l'altro, il provvedimento potrebbe indurre anche qualche magistrato a contestare in maniera assolutamente strumentale o forzatamente l'omicidio aggravato o comunque il reato punibile con l'ergastolo, solo per impedire l'accesso al rito abbreviato; e a nulla varrebbero i correttivi che sono stati proposti.

È stato detto che il provvedimento in esame produrrà effetti dannosi perché costringerà i tribunali a sguarnirsi, per consentire la formazione delle corti d'assise, spostando i giudici, già in numero esiguo, dal tribunale alle corti, assieme al personale. Ovviamente questo produrrà anche disastrosi effetti sul piano economico, in un settore che è già ridotto all'osso. Pensate che per fare le copie degli atti di un processo bisogna portarsi dietro la carta. Se vuole fare la copia di un provvedimento, un avvocato deve portare con sé la carta: nonostante paghi, non può avere una copia se non porta la carta per la stampante. Ebbene, in questo sistema ridotto già in condizioni disastrose, si introdurranno ulteriori nuove spese che andranno a gravare sul bilancio del settore giustizia, ovviamente con l'indebolimento dell'intero sistema intero, perché poi bisognerà aggiungere il pagamento delle spese per i giudici popolari titolari e supplenti e per il personale amministrativo.

Il dottor Edmondo Bruti Liberati, che è stato già citato più volte, ha riferito che sino a quando non c'era il rito abbreviato, a Milano c'erano cinque corti d'assise. Oggi ce n'è una soltanto, che funziona benissimo e conclude i processi in un lasso di tempo tra i tre e i quattro anni. Succederà allora che, come affermato dallo stesso magistrato, i processi subiranno sicuramente un forte rallentamento, con la possibilità che gli imputati vengano rimessi in libertà per la scadenza dei termini di custodia cautelare e si creeranno comunque disagi enormi nei tribunali, dove i processi subiranno grandi rallentamenti perché i giudici dovranno essere spostati per la formazione delle corti d'assise. Questi sono gli effetti che hanno abbondantemente previsto i soggetti che sono stati auditi. Ovviamente queste conseguenze saranno notevolmente più gravi in quei tribunali, che già di per sé sono sguarniti di personale e che si troveranno ancora in condizioni peggiori, per la necessaria formazione della corte d'assise, e ciò accadrà più volte rispetto a quanto sta accadendo adesso in cui è possibile accedere al rito abbreviato.

Di fatto il Governo, con provvedimenti come quello in esame, sta entrando a gamba tesa nel nostro sistema democratico. Ho già detto che ha tentato e tenta di demolire sistematicamente il sistema parlamentare, con l'approvazione di testi che talvolta non sono neanche conosciuti (si pensi al caso più eclatante, ovvero quello della legge di bilancio). Questo però accade sempre, così come sempre accade che non vengano mai discussi con le forze dell'opposizione e nelle Commissioni, ma che siano approvati come sta accadendo anche oggi: parlerò poi del danno che verrà prodotto. Dunque si producono effetti devastanti, perché semplicemente tali provvedimenti vengono scodellati e approvati così come li vuole il Governo.

A questo punto, evidentemente, siamo dinanzi ad un altro attacco al sistema democratico, perché con il provvedimento in esame c'è un palese attacco alla magistratura. Esso volge infatti il suo sguardo ed entra a gamba tesa nella discrezionalità del giudice. La discrezionalità - vivaddio! - come ho già detto in precedenza in occasione della dichiarazione di voto su un emendamento, è in effetti la caratteristica precipua dell'attività di un magistrato, che è tecnicamente preparato, conosce gli atti e sa quindi come applicare correttamente la legge per far sì che la giustizia sia giusta e non giustizialista. È quindi evidente, ancora una volta, un attacco al sistema democratico: prima al sistema parlamentare e oggi alla magistratura. Due dei poteri dello Stato vengono svillaneggiati in continuazione, con l'approvazione di questo genere di provvedimenti.

D'altro canto, abbiamo detto che l'obiettivo del provvedimento in esame è una risposta adeguata alla gravità del fatto. Avevamo proposto un emendamento che da solo sarebbe bastato, che la senatrice Valente ha illustrato e di cui ha parlato il senatore Balboni nel suo intervento. Con l'approvazione di quell'emendamento, proposto in Commissione e in Assemblea e sempre respinto, frutto anche del suggerimento dei soggetti che erano stati auditi, si sarebbe evitato che con la comparazione e il bilanciamento delle circostanze si arrivasse a quegli effetti devastanti che si stanno verificando in moltissimi processi e che stanno portando a condannare omicidi efferati e gravi con una pena di sedici anni. Con l'approvazione di quell'emendamento questo non sarebbe più potuto accadere, ma è molto meglio fare un provvedimento spot, è molto meglio dire «noi stiamo dando una risposta al bisogno di giustizia dei cittadini», piuttosto che fare concretamente qualcosa che avrebbe sicuramente prodotto risultati migliori.

D'altro canto, una brevissima considerazione va fatta anche sulla costituzionalità del provvedimento, perché ho molte perplessità rispetto a quanto ha affermato anche l'autorevole relatore e presidente Ostellari, il quale dice che il provvedimento è assolutamente inattaccabile sotto il profilo della costituzionalità. A me pare quantomeno un'affermazione molto azzardata, vista la mancata previsione di una norma transitoria. In tal senso bisogna ringraziare il senatore Caliendo, che aveva introdotto con un suo emendamento la possibilità di evitare anche questa conseguenza, ma ovviamente quell'emendamento, come tutti gli altri, non è stato approvato e non è stato neanche preso in considerazione. La mancata previsione di una norma transitoria comporterà sicuramente una pronuncia di incostituzionalità, come già era accaduto quando il rito abbreviato venne introdotto: impedire di accedere al rito abbreviato a coloro che oggi sono in attesa di giudizio con un processo in corso comporterà sicuramente una pronuncia della Corte costituzionale e non tarderemo a vedere i risultati.

Non resta che osservare che fare le cose giuste e nei modi corretti non è un'abitudine di questo Governo. Meglio continuare con gli spot da campagna elettorale, meglio continuare con il salvatore della patria che si cala in mezzo alla gente a distribuire baci e a collezionare selfie, tentando di far dimenticare il disastro economico nel quale il nostro Paese si trova. Andate avanti così a collezionare disastri, colleghi della maggioranza. Presto gli italiani si renderanno conto di ciò che avete fatto e dei disastri che state combinando, che sono ormai sotto gli occhi di tutti, e vi costringeranno a gettare la maschera. Per ora non possiamo che continuare a togliervi gli alibi e a raccontare agli italiani la verità. Per questi motivi il Partito Democratico esprimerà voto contrario al provvedimento al nostro esame. (Applausi dal Gruppo PD).

PELLEGRINI Emanuele (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLEGRINI Emanuele (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, quando mi accingevo a preparare l'intervento per la dichiarazione di voto sono andato a riguardarmi le ragioni per cui siamo arrivati a volere questa modifica normativa. In primo luogo, perché siamo andati dai cittadini e abbiamo detto loro che avremmo portato giustizia là dove la giustizia non c'era. In particolare, far accedere al rito abbreviato e a un rito premiale coloro che si sono macchiati di crimini gravissimi (non li cito, ma sono stati ripetuti più volte in quest'Aula) è stato da noi - e non solo da noi - considerato assolutamente fuori luogo.

Le ragioni per cui il nostro Gruppo, insieme ad altri, voterà a favore di questa norma sono di due ordini. Da un punto di vista di politica processuale riteniamo che l'introduzione di questa norma non vada a incidere sugli effetti della giustizia vera e sulla certezza del diritto, perché crediamo che una magistratura che agisce in modo corretto e secondo i suoi poteri potrà sicuramente portare avanti i processi che vedono imputate persone che hanno ben poco da ottenere da parte dell'ordinamento. A me basta ricordare alcuni casi: durante le audizioni che abbiamo svolto sono stati ricordati grossi processi e ne cito uno solo perché ha investito in particolare la mia terra, la Brianza: il famoso processo infinito. Un processo enorme, molto importante, che viene citato proprio da coloro che sono stati auditi come un processo in cui buona parte degli imputati ha potuto godere dei benefici del rito abbreviato.

Personalmente ritengo che, al di là della politica processuale, queste persone non hanno alcun diritto di poter accedere a qualsiasi rito premiale perché i crimini perpetrati sono talmente gravi e talmente importanti che non possiamo permettere di metterli in secondo piano. Non possiamo permettere che anche solo il passaggio dall'ergastolo ai trent'anni faccia passare nella società un messaggio negativo. D'altro canto, noi siamo al Senato, facciamo le norme, creiamo la norma che poi, però, deve essere attuata. Questo vuol dire che non possiamo sostituirci a coloro che debbono risolvere altri tipi di problemi. Prima i colleghi riferivano che l'introduzione di questa norma avrebbe portato problemi dal punto di vista del traffico giudiziario, però non è questo il punto; non è questo il momento in cui bisogna intervenire su tali problemi.

Oggi introduciamo una norma che sottolinea il principio della certezza della pena: coloro che si macchiano di crimini gravissimi devono sapere che non c'è nessun tipo di sconto. (Applausi dai Gruppi L-SP-PSd'Az e M5S). Non possiamo permettere di far passare anche solo il messaggio che queste persone, in un modo o nell'altro, alla fine in qualche modo ne vengano fuori. Non esiste. Come politici, come legislatori dobbiamo piuttosto far passare il messaggio che chi compie un reato di un certo tipo deve pagare; deve pagare scontando la pena. (Applausi dai Gruppi L-SP-PSd'Az e M5S).

C'è poi un altro principio, che giustamente è stato ricordato: in ambito costituzionale la pena deve tendere alla rieducazione; ma che sia una rieducazione vera, reale. Mi chiedo quale possa essere la rieducazione di coloro che si sono macchiati di omicidio, devastazione, strage, una rieducazione che dovrebbe ovviamente provenire dal profondo dell'animo. Il nostro principio più importante dobbiamo darlo alla collettività, che deve sapere che alcuni tipi di reato devono avere un disvalore particolare perché altrimenti facciamo passare un altro messaggio, ovvero che va bene tutto, che ce la si può cavare sempre e in qualsiasi modo.

Nel preannunciare, ovviamente, il voto favorevole da parte della Lega-Salvini premier-Partito Sardo d'Azione, riteniamo di sottolineare come questa norma finalmente porterà, da un lato, più giustizia nel cuore di coloro che hanno subito crimini di un certo tipo; dall'altro, porterà la certezza del diritto, la certezza del principio che chi commette un reato di quel peso avrà sicuramente la pena prevista dalla legge, e non ci saranno scusanti. Ricordiamoci che un conto è la rieducazione, altro conto è far passare il messaggio che tanto va bene tutto.

Noi siamo qui a introdurre una norma che verrà osservata da tutti i cittadini, e il risultato sarà che, anzitutto, finalmente qualcuno avrà portato avanti quanto promesso in campagna elettorale; in secondo luogo, qualcuno avrà finalmente portato la legalità in mezzo alle strade e in mezzo alla gente. (Applausi dai Gruppi L-SP-PSd'Az e M5S. Congratulazioni).

CALIENDO (FI-BP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALIENDO (FI-BP). Signor Presidente, signor Ministro, membri del Governo, colleghi, oggi ho sentito parlare di una serie di problemi, alcuni dei quali non hanno attinenza con il provvedimento che stiamo discutendo. (Brusio).

PRESIDENTE. Vedo che nel Gruppo della Lega ci sono ancora un po' di festeggiamenti per l'intervento precedente, ma vi pregherei di rispettare l'oratore.

Prego, senatore Caliendo, prosegua.

CALIENDO (FI-BP). Non sono un giustizialista, ma nello stesso tempo mi ispiro ai valori della Costituzione appena richiamati. Non ho mai potuto credere che nel nostro Paese ci possa essere una filosofia della giustizia penale che ammette un carcere che non ha mai fine ("fine pena: mai", una cosa gravissima che contrasta con la nostra Costituzione) e che non ci sia mai una possibilità di redenzione. Questo è il nostro nuovo sistema.

Cos'è la giustizia? Noi abbiamo un Ministro della giustizia - non della galera - che rappresenta l'equilibrio tra l'accertamento della responsabilità penale effettuato in un tempo ragionevole e, contemporaneamente, l'irrogazione di una condanna equa, giusta e coerente con il sistema costituzionale, quindi che dia la possibilità al singolo che è stato condannato non di rieducarsi, ma di redimersi. È questa la filosofia del nostro sistema, ma ho sentito invece una serie di discussioni che non hanno nulla a che vedere con questo provvedimento.

Certo, so benissimo che da domani mattina vogliamo che chi commette uno stupro o altre violenze abbia l'ergastolo: questa è la giustizia? No, è una campagna elettorale pubblicitaria, non vuol dire nulla. (Applausi dai Gruppi FI-BP e PD). Dobbiamo creare un sistema di garanzie, un sistema processuale che possa rispondere a un'esigenza certa: al più presto l'accertamento della responsabilità e un accertamento processuale non lungo, in modo che si abbia la certezza della pena; ciò significa che le persone e i cittadini possano percepire come giusta ed equa la pena irrogata a distanza di poco tempo dal fatto, non di anni o decenni, quando poi non vi è più rispondenza con il substrato ideale dell'intera popolazione.

Non mi si può dire, come fa il senatore Pillon, che se esiste la pena dell'ergastolo dobbiamo applicarla, come se i trent'anni previsti con la riduzione del rito abbreviato o addirittura l'irrogazione dell'ergastolo al posto dell'ergastolo con isolamento diurno fossero pene da nulla. Non è questo il punto.

Qual è il problema che vi è stato posto? E qui, signor Ministro, chiedo un attimo attenzione su un problema che forse dovrebbe porsi più lei di me: questo sistema quanto porterà ad allungare i tempi del processo in generale? Come sa meglio di me, a Milano c'erano cinque corti d'assise prima dell'introduzione del rito abbreviato per l'ergastolo, ma oggi ne troviamo una; è solo un esempio, ma potremmo guardare tutta l'Italia.

Mi domando quindi se, per applicare una norma solo per uno spot elettorale - dal momento che prima non si veniva graziati con una pena di poco conto - sia corretto allungare i tempi degli altri processi e dell'accertamento processuale. Se la coperta è quella, non è corta, in questo caso: la rendiamo corta ritenendo di dover intervenire con ulteriori tempi processuali, che non sono necessitati sulla base del sistema accusatorio del nostro Paese, che si regge sulla compresenza di riti alternativi. Infatti, senza riti alternativi il processo ordinario non funziona, in quanto si allungano i tempi. Se l'imputato sarà condannato all'ergastolo dopo dieci anni dal fatto, il cittadino normale che vuole giustizia in tempi ragionevoli non l'avrà. È questa la cosa più grave e non c'è possibilità di dire che non è così, perché l'accertamento della responsabilità penale secondo tempi prestabiliti e ragionevoli, come vuole la Costituzione, è possibile soltanto a determinate condizioni: numero di reati e magistrati, processi e tempi.

Noi ci troviamo di fronte a una situazione acclarata di certezza: prima dell'introduzione del rito abbreviato le cose funzionavano in un certo modo; dopo vi è stata una riduzione dei tempi processuali, nel loro complesso e non per questi reati.

Non si capisce che si sta facendo confusione tra una norma processuale e una norma di tipo sostanziale, come se stessimo discutendo di ergastolo sì o ergastolo no. Noi stiamo invece discutendo della possibilità di applicare il rito abbreviato anche a determinati processi.

Signor Ministro, ho consapevolezza, esperienza e conoscenza del reale e credo di poter affermare che un allungamento della durata dei processi significa portare un sistema barbarico nel nostro Paese. (Applausi dal Gruppo FI-BP). Per questa ragione, io devo astenermi, pur condividendo i principi di fondo che sono dietro la norma in esame, ma non il modo sbagliato scelto per realizzarli. Nicola Molteni, primo firmatario del provvedimento, ha certamente delle idee corrette sotto il profilo della necessità di colpire determinati fenomeni criminali. Tuttavia, caro Nicola, quei fenomeni criminali si colpiscono e si devono colpire attraverso un processo rapido, che possa dirci chi è il responsabile a pochi mesi dal fatto. In questo modo, invece, avremo dei tempi allungati al massimo, senza alcuna certezza.

Signor Ministro, mi consenta una correzione. Il senatore Pillon ha detto che il giudice potrà sempre recuperare la possibilità di applicare la riduzione della pena. Non è così poiché l'inammissibilità alla contestazione del tipo di reato, egli, qualora nel corso o alla fine del dibattimento, abbia ritenuto o ritenga che non sussistano più le ipotesi di contestazione formulate all'inizio, potrà determinare l'applicabilità del rito abbreviato rispetto alla nuova imputazione. Siamo però in una situazione completamente diversa: non è così in base alla disciplina prevista.

Signor Presidente, mi avvio a concludere. Signor Ministro, dobbiamo renderci conto che abbiamo un sistema che, grazie a Dio, assicura al nostro Paese un rispetto delle garanzie costituzionali, le quali sono rappresentate anche dal modo con cui il processo viene celebrato. Se arriviamo a dire che il rito abbreviato non ha applicazione per un certo tipo di reato - oggi l'ergastolo domani altri - allora - se ne rende conto, signor Ministro? - vi sarà una diversa calibratura della risposta giudiziaria rispetto a determinati fatti. Inoltre, il punto essenziale è che ciò determinerà un allungamento dei tempi di accertamento che non ha rispondenza nell'esigenza della giustizia.

Sono appassionato di una sola cosa: voglio che ci sia l'accertamento della responsabilità. Chiunque commette un reato - qualunque esso sia, anche la contravvenzione - deve essere punito, ma la punizione deve essere corretta e giusta! (Applausi dal Gruppo FI-BP). Non può essere una punizione purchessia: deve essere equa. E l'equità non è la legge di colui che non vuole applicare la sostanza di una norma: l'equità significa, né più né meno, che la norma deve essere applicata secondo quella che è l'interpretazione comune del cosiddetto buon padre di famiglia. (Applausi dal Gruppo FI-BP. Congratulazioni).

Saluto a rappresentanze di studenti

PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti del dipartimento di giurisprudenza - la loro presenza è in tema con la materia di cui stiamo discutendo - dell'Università di Messina, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).

Saluto inoltre, con la stessa cordialità, il secondo gruppo di docenti e studenti dell'Istituto comprensivo «Dante Alighieri» di Valderice, in provincia di Trapani, che pure stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 925 (ore 18,31)

GIARRUSSO(M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIARRUSSO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, credo che oggi in quest'Aula si stia ponendo rimedio a una questione molto seria che ha afflitto il nostro processo per tanti anni e cioè alla circostanza che reati gravissimi come quelli che comportano l'ergastolo venissero giudicati non dal giudice naturale precostituito previsto per questi reati dal codice, e cioè la corte d'assise. Questi reati - dobbiamo ricordarlo, come è stato fatto bene da chi mi ha preceduto - molto spesso sono particolarmente odiosi, reati di sangue, reati rispetto ai quali negli ultimi anni abbiamo visto i cittadini non condividere le sanzioni che venivano inflitte, in quanto apparivano evidentemente spropositate (in senso riduttivo) e non proporzionate ai reati commessi. C'era infatti una sproporzione tra i delitti commessi e la sanzione che ne seguiva. La cosa che però meno veniva tollerata dai cittadini di questo Paese è che la scelta di questa sproporzione tra la pena e il fatto per buona parte veniva rimessa proprio a chi per quel fatto veniva condannato.

Ma ci sono anche altri profili. Molto spesso i reati di sangue sono reati complessi. Non è un caso che siano stati rimessi dal legislatore alla valutazione della corte d'assise. Sono reati che richiedono una ponderazione che nulla ha a che vedere con un alleggerimento del numero di processi nei tribunali, che era l'obiettivo del giudizio abbreviato. Sono reati che richiedono ponderazione, non sono reati qualsiasi.

Ci sono anche ulteriori questioni, però, che ci hanno convinti della bontà di questa proposta, che con la senatrice Stefani avevamo già portato avanti nella scorsa legislatura in Commissione giustizia e che era poi era decaduta, e cioè il fatto che questi reati possono a volte nascondere, dietro un apparente semplicità, delle complessità che solo un vero processo può affrontare e non un processo abbreviato, sbrigativo e limitato come quello che si svolge davanti al giudice dell'udienza preliminare. Dentro il processo, quello vero, infatti, potrebbero emergere fatti gravi, altre responsabilità, per cui sarebbe necessario intervenire per rendere giustizia alle vittime, cosa che non accade con il giudizio abbreviato.

Il nostro intento è, semplicemente, quello di ripristinare la logica anche all'interno dei giudizi per questi reati così gravi. Si vada a un processo pieno, con un dibattimento ampio, con la formazione della prova all'interno del dibattimento davanti alla corte d'assise, senza utilizzare impropriamente questo strumento per sfuggire alle proprie responsabilità.

Noi oggi questo voto lo dedichiamo a tutti quelli che, nel nostro Paese, hanno sofferto perdite gravissime e hanno visto uno Stato che non riusciva a sanzionare come sarebbe stato giusto fare i responsabili di così gravi delitti. Il nostro pensiero va a queste persone e questo è il nostro tentativo di consentire che, nel nostro Paese, chi commette gravi reati possa risponderne in maniera seria e grave. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd'Az).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro della giustizia, onorevole Bonafede. (Commenti dal Gruppo PD).

Colleghi, ascoltiamo cosa ha da dire il Ministro. Se interverrà sul provvedimento, riaprirò la discussione. Valutiamo prima cosa deve dirci. (Commenti della senatrice Bellanova).

BONAFEDE, ministro della giustizia. Signor Presidente, desidero soltanto ringraziare il Senato e tutti i membri della Commissione giustizia per il contributo dato a questo disegno di legge, che riteniamo molto importante. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd'Az).

PRESIDENTE. Senatrice Bellanova, la sua protesta era ingiustificata, preventiva e ingiustificata. (Commenti dal Gruppo PD ). Non è possibile che vi sia una protesta preventiva quando un Ministro chiede di prendere la parola. Non è proprio possibile. (Commenti dei senatori Bellanova e Faraone). Non sto certo difendendo una posizione di principio, sto svolgendo il lavoro del Vice Presidente pro tempore.

BELLANOVA (PD). Sono le prerogative del Senato che deve difendere!

PRESIDENTE. Di nuovo?

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del disegno di legge, nel suo complesso.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd'Az).

Discussione dei disegni di legge:

(844) Deputato SALAFIA ed altri. - Disposizioni in materia di azione di classe (Approvato dalla Camera dei deputati)

(583) RICCARDI. - Disposizioni in materia di azione di classe

(Relazione orale) (ore 18,39)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge nn. 844, già approvato dalla Camera dei deputati, e 583.

I relatori, senatori Girotto e Pepe, hanno chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore, senatore Girotto.

GIROTTO, relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, illustrerò una parte del provvedimento, in quanto un'altra parte la illustrerà il senatore Pepe.

Il testo che stiamo per esaminare oggi in quest'Aula rappresenta un importante traguardo per tutti noi ed è frutto - permettetemi di dirlo - di un intenso lavoro del MoVmento 5 Stelle, iniziato già nella passata legislatura. Connesso al disegno di legge n. 844 è, infatti, anche il disegno di legge n. 583, a prima firma della senatrice Riccardi. La class action rappresenta, infatti, lo strumento migliore con cui tutelare i cittadini e assicurare loro il risarcimento dei danni subiti. Ne approfitto, a riguardo, per ricordare che l'11 aprile 2018 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure intese ad aggiornare e migliorare la vigente legislazione in tema di protezione dei consumatori, in particolare rafforzando l'esecuzione delle decisioni giudiziarie e il ricorso extragiudiziale dei diritti dei consumatori e agevolando il coordinamento e l'azione efficace delle autorità nazionali per la tutela dei consumatori. Al pacchetto è stato dato il nome di «"New Deal" per i consumatori» e su di esso la Commissione industria si è espressa approvando la risoluzione documento XVIII, n. 3.

Il pacchetto è composto dei seguenti tre documenti: la comunicazione Un "New Deal" per i consumatori (COM(2018) 183), provvedimento non legislativo; la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2018) 184), relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori, che abroga la direttiva 2009/22/CE, provvedimento legislativo; la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2018) 185), provvedimento legislativo, che apporta modifiche a quattro direttive in materia di tutela degli interessi economici dei consumatori.

L'esigenza di modernizzare alcune norme in materia di protezione dei consumatori e di rafforzare il livello di conformità era stata confermata da una valutazione realizzata dalla Commissione nel 2017 (il cosiddetto «vaglio di adeguatezza» REFIT19, valutazione della direttiva sui diritti dei consumatori), che aveva inoltre individuato ambiti in cui il diritto del consumo UE avrebbe potuto essere aggiornato e migliorato. Più nel dettaglio, il "New Deal" per i consumatori intende, tra le altre cose, assicurare ai consumatori un migliore accesso al ricorso attraverso lo sfruttamento del pieno potenziale dei decreti ingiuntivi, al fine di garantire ai consumatori il ricorso nelle situazioni di danno collettivo, nonché intraprendere azioni per migliorare la conoscenza dei diritti dei consumatori e stimolare una nuova cultura di conformità con la normativa UE sulla tutela degli stessi.

Tornando ora al merito del provvedimento, è opportuno ricordare che la disciplina dell'azione di classe è attualmente regolata dall'articolo 140-bis del codice del consumo (decreto legislativo n. 206 del 2005). Fino ad oggi, tale disciplina ha evidenziato numerose criticità nel suo funzionamento pratico, configurandolo come strumento poco efficace ai fini della tutela collettiva risarcitoria. L'esiguo numero di azioni promosse durante questi anni, dovuto a tempi e costi della procedura decisamente elevati e soprattutto il difficile superamento della valutazione preventiva di ammissibilità delle azioni proposte hanno indotto alla riscrittura dell'istituto.

L'obiettivo principale dell'Atto Senato 844 è dunque potenziare, al contempo, sia l'ambito di applicazione che la portata, trasferendo la disciplina dell'azione di classe dal codice del consumo, dove attualmente è contenuta, all'interno del codice di procedura civile, mediante l'inserimento di un nuovo titolo VIII-bis, composto dagli articoli da 840-bis a 840-sexiesdecies, relativo ai procedimenti collettivi, azioni di classe e azione inibitoria collettiva.

Mi soffermo sulle principali novità introdotte dal disegno di legge, prima di passare alla descrizione dell'articolato, e segnalo innanzitutto: l'estensione dell'ambito di applicazione soggettivo, realizzata attraverso la previsione di una legittimazione attiva generalizzata e non più limitata alla sola categoria dei consumatori e utenti. Fino ad oggi, la caratteristica di essere uno strumento indirizzato ad una categoria ben definita di soggetti era considerata uno degli elementi che distingueva l'azione di classe del nostro ordinamento dalla class action statunitense. L'estensione generalizzata della legittimazione ad agire comporta la possibilità di avvalersi dello strumento di tutela collettiva anche da parte delle imprese che abbiano subito un pregiudizio a seguito di condotte lesive poste in essere da grandi imprese private o pubbliche. Fino ad oggi, la scelta del legislatore era stata quella di limitare tale istituto alle sole controversie che avessero come parte in causa i consumatori, e quindi di escludere dal novero dei potenziali ricorrenti l'intera categoria delle imprese. Quindi, eliminando ogni riferimento a consumatori e utenti, l'azione sarà sempre esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione di diritti individuali omogenei. L'azione sarà quindi nella titolarità: di ciascun componente della classe, delle organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro che abbiano come scopo la tutela dei suddetti diritti e che si siano iscritte in un elenco.

Il secondo punto concerne l'ampliamento degli strumenti di tutela: si introduce, sempre nel codice, accanto all'azione di classe, l'azione inibitoria collettiva verso gli autori di condotte pregiudizievoli di una pluralità di individui. Chiunque abbia interesse, oltre alle suddette organizzazioni e associazioni, potrà chiedere al giudice di ordinare a imprese o enti gestori di servizi di pubblica utilità la cessazione di un comportamento lesivo di una pluralità di individui ed enti, commesso nello svolgimento delle rispettive attività o il divieto di reiterare una condotta commissiva o omissiva.

Il terzo punto riguarda le nuove modalità di adesione dall'azione: attualmente il codice del consumo consente l'adesione all'azione solo dopo l'ordinanza che ammette l'azione, ma non a seguito della sentenza di merito. Per contro, la riforma in esame prevede che si possa aderire all'azione di classe nella fase immediatamente successiva all'ordinanza che ammette l'azione. In questo caso, sarà il tribunale che dichiara la domanda ammissibile a fissare un termine e a definire i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l'inserimento nella classe e che si possa aderire all'azione anche in una fase successiva, dopo la pronuncia della sentenza che definisce il giudizio, e che dunque accerta la responsabilità del convenuto. Anche in questo caso sarà il tribunale, con la sentenza che accoglie l'azione, ad assegnare un termine per l'adesione.

Venendo ora agli aspetti di maggior dettaglio, mi soffermo in particolare sull'articolo 840-quaterdecies, contenuto nell'articolo 1 del provvedimento, che interviene su un altro aspetto non trattato dal codice del consumo, disciplinando gli accordi transattivi tra le parti. In particolare, viene stabilito che fino alla discussione orale della causa, il tribunale può formulare una proposta transattiva o conciliativa alle parti. Sia la proposta che l'eventuale accordo concluso sono comunicati tramite PEC o SERC a ciascun aderente e pubblicati nell'area pubblica del portale telematico. L'adesione all'accordo è data accedendo al fascicolo informatico. Dopo la sentenza che accoglie l'azione, il rappresentante comune degli aderenti può stipulare con l'impresa o con l'ente gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità un analogo schema di accordo di natura transattiva. Lo schema inserito nell'area pubblica del portale telematico deve essere comunicato all'indirizzo PEC, ovvero al Servizio elettronico di recapito certificato indicato da ciascun aderente. Nei successivi quindici giorni, ciascun aderente può inserire nel fascicolo informatico le proprie motivate contestazioni allo schema di accordo. Nei confronti degli aderenti che non formulano contestazioni lo schema di accordo si considera non contestato. Nei successivi trenta giorni, il giudice delegato, avuto riguardo agli interessi degli aderenti, può autorizzare il rappresentante comune a stipulare l'accordo transattivo. L'accordo transattivo stipulato dal rappresentante comune sulla base dell'autorizzazione giudiziale costituisce titolo esecutivo e titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Analogo valore esecutivo ha l'accordo transattivo cui aderisca il ricorrente. La disposizione sugli accordi transattivi si applica anche quando l'azione è promossa da un'organizzazione o un'associazione e l'accordo può riferirsi anche al risarcimento del danno o alle restituzioni in favore degli aderenti che abbiano accettato l'accordo.

Abbiamo poi l'articolo 840-sexiesdecies sull'azione inibitoria collettiva che ho descritto brevemente prima. Quindi vi sono due aggiunte agli articoli 196 e 197-ter del codice di procedura civile sulle comunicazioni. Infine, l'individuazione dei requisiti, che verrà fatta dal Ministero con un apposito decreto successivo.

Ho qualche ulteriore dettaglio, ma avendo esaurito il tempo chiedo di depositare la relazione agli atti della seduta. (Applausi dal Gruppo M5S).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Pepe.

PEPE, relatore. Signor Presidente, intervengo per quanto di competenza della Commissione giustizia. Il disegno di legge è composto da sette articoli. L'articolo 1 introduce nel codice di rito un nuovo titolo VIII-bis «Dei procedimenti collettivi», composto da quindici nuovi articoli.

Nel dettaglio, l'articolo 840-bis ampia l'ambito di applicazione soggettivo e oggettivo dell'azione di classe. Eliminando anzitutto - data la nuova collocazione della disciplina, sottratta al codice del consumo - ogni riferimento a consumatori e utenti, l'azione sarà sempre esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione di diritti individuali omogenei. Viene, poi, ampliato l'ambito di applicazione oggettivo dell'azione, che è esperibile a tutela delle situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive, per l'accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.

Il testo individua come destinatari dell'azione di classe imprese ed enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle attività.

L'articolo 840-ter del codice di procedura civile disciplina la forma della domanda e il giudizio di ammissibilità. In primo luogo, il giudice competente a conoscere l'azione di classe è individuato nella sezione specializzata in materia di impresa del tribunale (il cosiddetto tribunale delle imprese) del luogo ove ha sede la parte resistente. La domanda si propone con ricorso e al procedimento si applica il rito sommario di cognizione. La riforma fissa in trenta giorni il termine entro il quale il tribunale deve decidere sull'ammissibilità dell'azione e la decisione assume la forma dell'ordinanza; anch'essa va pubblicata entro quindici giorni sul citato portale. Il tribunale può sospendere il giudizio quando sui fatti rilevanti ai fini del decidere è in corso un'istruttoria davanti ad un'autorità indipendente ovvero un giudizio davanti al giudice amministrativo. L'articolo 840-ter riproduce le cause di inammissibilità già contemplate dal codice del consumo. L'azione di classe è inammissibile infatti quando: è manifestamente infondata; è carente del requisito dell'omogeneità dei diritti oggetto di tutela; il ricorrente versa in conflitto di interessi nei confronti del resistente; è proposta da un ricorrente che non appare in grado di curare adeguatamente i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio.

L'articolo 840-quater disciplina l'eventuale pluralità di azioni di classe aventi il medesimo oggetto. La disposizione prevede che, decorsi sessanta giorni dalla pubblicazione del ricorso sul portale, non possano essere presentate ulteriori azioni di classe basate sui medesimi fatti e rivolte nei confronti del medesimo resistente, pena la cancellazione dal ruolo e la non riassunzione. Nel caso di azioni di classe proposte tra la data di deposito del ricorso e il termine dei sessanta giorni, sono riunite all'azione principale. Il divieto non opera se l'azione di classe originaria è dichiarata inammissibile o è definita con provvedimento che non decide nel merito. La riforma fa salva la proponibilità di azioni di classe a tutela di diritti che non potevano essere fatti valere diversamente alla scadenza del suddetto termine di sessanta giorni.

Gli articoli 840-quinquies e 840-sexies disciplinano il procedimento e la sentenza che accoglie l'azione di classe. In tale ambito, assumono fondamentale rilievo le nuove modalità di adesione all'azione, che attualmente il codice del consumo prevede come possibile solo dopo l'ordinanza che ammette l'azione, ma non a seguito della sentenza di merito. La riforma prevede che l'adesione possa avvenire in due distinti momenti: nella fase immediatamente successiva all'ordinanza che ammette l'azione ovvero nella fase successiva alla sentenza che definisce il giudizio.

Quanto all'istruzione della causa, l'articolo 840-quinquies definisce le modalità di ammissione ed esibizione delle prove, prevedendo che il giudice civile possa applicare sanzioni amministrative pecuniarie (da 10.000 a 100.000 euro) - da devolvere alla Cassa delle ammende - sia alla parte che rifiuta senza giustificato motivo di esibire le prove, sia alla parte o al terzo che distrugge prove rilevanti ai fini del giudizio.

La sentenza emessa dal tribunale delle imprese, che accoglie l'azione di classe, ha natura di accertamento della responsabilità del resistente, definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l'inserimento nella classe, individuando la documentazione che dovrà essere prodotta dagli aderenti. Con la sentenza, inoltre, il tribunale provvede in ordine alle domande risarcitorie e restitutorie solo se l'azione è proposta da un soggetto diverso da un'organizzazione o da un'associazione.

Con la sentenza vengono inoltre nominati: un giudice delegato, per gestire la procedura di adesione e decidere sulle liquidazioni e un rappresentante comune degli aderenti.

Le modalità di adesione sono indicate dal successivo articolo 840-septies del codice di procedura civile, che delinea una procedura informatizzata nell'ambito del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia.

La fase successiva dell'azione di classe è disciplinata dall'articolo 840-octies del codice di procedura civile. Sinteticamente, il procedimento prevede che entro centoventi giorni dallo spirare del termine per aderire all'azione - e dunque dopo la presentazione delle domande di adesione - il resistente abbia la possibilità di prendere posizione su ciascuna domanda depositando memoria difensiva. I fatti dedotti dall'aderente e non specificatamente contestati dal resistente nei termini si daranno per ammessi; entro i successivi novanta giorni, il rappresentante comune degli aderenti predispone e deposita un progetto dei diritti individuali omogenei prendendo posizione su ciascuna domanda individuale; il progetto è comunicato agli aderenti e al resistente. Per la valutazione dei fatti dedotti da ciascuno degli aderenti, il rappresentante comune può chiedere eventualmente al tribunale la nomina di esperti; entro trenta giorni dalla comunicazione del progetto gli aderenti possono depositare ulteriore documentazione e osservazioni; il giudice delegato decide, infine, con decreto motivato, sull'accoglimento, anche parziale, delle domande di adesione e condanna il resistente al pagamento delle somme dovute ad ogni aderente. Il decreto del giudice costituisce titolo esecutivo ed è comunicato agli aderenti, al resistente, al rappresentante comune e all'avvocato difensore dell'attore. A favore del difensore di cui l'aderente si sia avvalso è dovuto un compenso che sarà determinato con decreto del Ministro della giustizia.

Se il resistente provvede spontaneamente al pagamento, versa le somme dovute in un conto corrente bancario o postale intestato alla procedura; spetterà al giudice ordinare il pagamento delle somme sulla base del piano di riparto predisposto dal rappresentante comune, come disposto dall'articolo 840-duodecies del codice di procedura civile. Se, al contrario, il resistente non adempie, anche la procedura di esecuzione forzata può essere esercitata in forma collettiva attraverso il rappresentante comune, ai sensi dell'articolo 840-terdecies. (Richiami del Presidente).

La chiusura della procedura di adesione all'azione avviene: quando le ripartizioni agli aderenti effettuate dal rappresentante comune raggiungono l'intero ammontare dei crediti dei medesimi aderenti; quando nel corso della procedura risulta che non è possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese degli aderenti, anche tenuto conto dei costi che è necessario sostenere (articolo 840-quinquiesdecies).

L'articolo 840-novies del codice di procedura civile disciplina il compenso derivante dalla cosiddetta quota lite, cioè una somma che, a seguito del decreto del giudice delegato, il resistente deve corrispondere al rappresentante comune degli aderenti e al difensore del ricorrente. Si tratta di un compenso ulteriore, quindi, rispetto alla somma che il resistente dovrà pagare a ciascun aderente come risarcimento.

Anche l'autorità giudiziaria può aumentare o ridurre - in misura non superiore al 50 per cento - l'ammontare del compenso liquidato sulla base dei seguenti criteri: complessità dell'incarico, ricorso all'opera di coadiutori, qualità dell'opera prestata, sollecitudine con cui è stata svolta l'attività. (Richiami del Presidente).

Sto terminando, signor Presidente.

Gli articoli 840-decies e 840-undecies riguardano invece le impugnazioni. L'articolo 840-decies prevede la pubblicazione, nell'area pubblica del portale telematico del Ministero della giustizia, sia degli atti di impugnazione della sentenza che accoglie l'azione di classe, sia dei provvedimenti che decidono sulle impugnazioni. Il ricorso rispetto alle impugnazioni deve essere proposto entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento. Possono proporre ricorso il resistente, il rappresentante comune e gli avvocati che hanno diritto alla quota lite in base all'articolo 840-novies; questi ultimi possono opporsi solo per motivi riguardanti i compensi e le spese liquidate. La disposizione precisa i contenuti necessari del ricorso e prevede che con decreto sia fissata l'udienza entro quaranta giorni dal deposito; il tribunale decide con decreto motivato entro trenta giorni dall'udienza di comparizione delle parti, confermando, modificando o revocando il decreto impugnato.

PRESIDENTE. Sulle relazioni sono abbastanza intransigente, perché avete il tempo necessario e dovete coordinarvi.

PEPE, relatore. Ho terminato, signor Presidente, grazie. (Applausi dal Gruppo M5S).

PRESIDENTE.

Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritta a parlare la senatrice Rossomando. Ne ha facoltà.

ROSSOMANDO (PD). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, noi ovviamente guardiamo con favore allo spirito e alla sostanza di questo provvedimento, che segue un precedente intervento della passata legislatura, sul quale avevamo molto positivamente lavorato e che poi, ovviamente, abbiamo votato. Abbiamo presentato pochi emendamenti in Commissione, che tuttavia sono stati tutti respinti. Questo ci dispiace, perché ci è stata tolta ogni possibilità di contribuire per migliorare il provvedimento, che avremmo voluto rendere più efficace e più calibrato sotto quei profili delicati nel nostro sistema, che non è un sistema di common law e che però recepisce una serie di istanze, nel mondo che cambia e - qui tocca dirlo, come ormai si dice quasi sempre, perché qui è veramente pertinente - nel mondo globalizzato, nell'economia globalizzata e nella sorte dei diritti soggettivi nel mondo globalizzato.

Dicevo che si tratta di un provvedimento che amplia l'accesso alla giustizia da parte dei cittadini italiani e la prima osservazione da fare è che il superamento della dizione più restrittiva di «consumatori» ha anche importanza e un certo rilievo. A me, a noi, piace in generale parlare più di cittadini che di consumatori, non solo per un'eleganza di dizione, ma per il concetto che reca l'idea di cittadino e per i diritti che tale concetto implica.

Qual è il punto positivo che noi sottolineiamo e il motivo per cui, nella sostanza, siamo favorevoli? In questo mondo che cambia ci sono sempre più diritti che, per il loro contenuto esiguo, non possono essere fatti valere da chi potrebbe azionarli o che comunque vedono una fortissima sproporzione tra chi potrebbe accedere al diritto e la controparte. A questo riguardo, vorrei anche sottolineare - non per ricordare dei meriti, ma per dire che la coerenza dei percorsi ha un suo perché - che l'aver istituito il tribunale delle imprese, che ha una competenza molto specifica nel settore, è stata una cosa importantissima, perché questo tipo di competenza e l'accentramento di questo tipo di cause rende il servizio giustizia non soltanto più efficace sotto il profilo dei tempi, ma lo rende anche migliore, perché mirato e coordinato.

Nonostante quindi una chiusura che non riteniamo giustificata, da parte del Governo e della maggioranza, rispetto ai nostri emendamenti, sentiamo che questa legge è frutto anche del nostro lavoro.

L'effetto che vorremmo raggiungere è appunto quello di spingere anche il mondo delle imprese a cambiare quei comportamenti che potenzialmente sono lesivi dei diritti dei consumatori e dei cittadini in genere. Pensiamo quindi che sia una misura opportuna e riteniamo sia giusto aver introdotto alcune eccezioni a un principio generale di funzionamento del processo civile, introducendo ad esempio una nuova norma complessiva all'interno del codice, che introduce alcune particolarità e alcune eccezioni, finalizzate a garantire questa tutela. Ecco perché si è di nuovo intervenuti dopo un intervento legislativo, che era stato fatto nella legislatura precedente. Quindi, per potenziare questo strumento è stata introdotta una possibilità di adesione dopo la sentenza che accoglie la domanda e questa è una delle novità più vistose, perché in questo modo lo strumento ne esce rafforzato nella sua efficacia. Si introduce un compromesso tra le cosiddette modalità di opt in, cioè la modalità di adesione preventiva, che è propria dei sistemi continentali di civil law come il nostro, e la modalità di opt out, che invece è quella che prevede l'estensione nei confronti di tutti i membri della classe, che è caratteristica dei sistemi anglosassoni e quindi dei sistemi di common law, che in qualche modo ha determinato il maggior successo di questo tipo di tutela in quei Paesi. Per raggiungere un equilibrio, pur essendo stata introdotta questa eccezione, ci sono dei limiti all'adesione, perché il tema è quello dell'eccezione al principio dell'efficacia delle sentenze e del giudicato: c'è infatti un limite temporale e non solo per potervi accedere.

Quindi, proprio per il nostro particolare e peculiare ordinamento processuale sono state introdotte altre eccezioni al principio del contraddittorio, oltre a quello dell'efficacia della sentenza. Noi avremmo voluto - e in questo senso andavano i nostri emendamenti - che invece non venissero introdotte eccezioni al principio di acquisizione e di formazione della prova. Ci pareva e ci pare tuttora - quindi confidiamo in un ripensamento dell'Assemblea - che non ci si possa spingere oltre, proprio alla luce del nostro sistema. Ovviamente, è sempre bene guardare alle esperienze di altri Paesi, ma quando si introducono modifiche in un sistema che è completamente diverso, bisogna rendersi conto del fatto che c'è un equilibrio che si tiene, che deve sempre essere a vantaggio della giustizia, dei diritti dei cittadini e delle parti processuali, che sono ovviamente dei cittadini. Dunque, quando si prendono elementi di altri sistemi e di altre discipline, che hanno altri contrappesi che noi non abbiamo, bisogna sempre agire con molta cautela. Questa ci è sembrata una forzatura eccessiva e continuiamo a confidare nel fatto che il Governo e la maggioranza possano avere un ripensamento. (Brusio).

PRESIDENTE. Colleghi, lasciate che gli ultimi due minuti dell'intervento della senatrice Rossomando si possano svolgere con un brusio minore.

ROSSOMANDO (PD). Grazie, signor Presidente.

Avviandomi alla conclusione, il relatore ha citato la recente direttiva europea dell'aprile del 2018, perché è stato presentato un pacchetto di misure intese ad aggiornare e migliorare la vigente legislazione in tema di protezione dei consumatori, che è stato chiamato il "New Deal" dei consumatori, proprio per garantire ai consumatori europei il godimento pieno dei diritti riconosciuti dalla legislazione dell'Unione europea. Ci sono diverse proposte all'interno di questo pacchetto, che sarebbe opportuno guardare con attenzione, prevedendo anche un monitoraggio delle norme che andiamo a introdurre, rispetto all'efficacia sia interna, che esterna. Dunque, per rimanere in Europa e senza varcare l'oceano, per questo tipo di tutela sarebbero quanto mai opportuni un raccordo e un'attenzione alle nuove discipline contenute nella direttiva europea. Si tratta infatti di norme che stanno arrivando e che avranno un enorme impatto sulla materia e forse sarebbe stato opportuno (già che c'eravamo) coordinare i lavori del Senato con quelli in corso a livello comunitario per evitare di dover modificare ulteriormente le norme. Non voglio introdurre una vena artificiosamente polemica, ma quando guardiamo all'Europa ultimamente poco ci preoccupiamo di raccordarci per avere di più e spesso siamo assenti dove serve. Stiamo parlando di norme che impattano molto sulla vita dei cittadini e sul sistema delle imprese.

Concludo, signor Presidente: il tema dell'esigibilità dei diritti è un tema di straordinaria modernità. Noi del Partito Democratico l'abbiamo a cuore e pensiamo che sia il centro del problema della modernità e del perseguimento e attuazione del principio di uguaglianza nella società che cambia: non solo attribuire diritti, ma renderli esigibili è il tema dei temi. Per questo motivo abbiamo guardato con interesse e abbiamo contribuito alla formazione di questo complesso di norme e confidiamo che possa essere ulteriormente migliorato. Come sempre, anche con questo atteggiamento e in questa modalità, intendiamo sottolineare la centralità del Parlamento a cui teniamo noi tutti e confidiamo possiate tenere anche tutti voi della maggioranza. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Paroli. Ne ha facoltà.

PAROLI (FI-BP). Signor Presidente, oggi affrontiamo un provvedimento al quale teniamo molto e purtroppo, ancora una volta, la fretta e la volontà di arrivare a un compimento, quale che sia, ci lascia con molto rammarico a constatare che di fronte a un tema serio e attuale, che tocca la pelle dei cittadini e incide sulla nostra cultura giuridica, pur di fare uno spot elettorale, non si è voluto affrontare un confronto e un dibattito che compiutamente, approfondendo la materia con l'attenzione che merita, avrebbe portato a un provvedimento sull'azione di classe. Questa andava adeguatamente regolamentata, ma esigeva anche una risposta più compiuta.

Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO (ore 19,13)

(Segue PAROLI). Il dibattito alla Camera è stato rinviato dalla Commissione all'Aula e anche qui il provvedimento è arrivato blindato, non potendo modificare il testo - cosa che accade purtroppo ormai sempre più spesso - perché bisognava approvarlo ed evitare una terza lettura. Ci viene tolta la possibilità di dare quelle risposte che invece era necessario fornire per perfezionare un testo e renderlo migliore: anche in questo caso un problema vero e che esiste, un problema come la tutela dei cittadini e dei consumatori, purtroppo avrà una risposta non adeguata, una risposta a metà, una risposta che, da un lato, rischia di confondere da un punto di vista giuridico e, dall'altro, non affronta il tema con rispetto per il mondo delle imprese e della produzione.

È accaduto anche con il reddito di cittadinanza. C'è la povertà: diamo il reddito di cittadinanza. C'è un tema rispetto all'azione di classe: applichiamo il disegno di legge Bonafede che, pur cambiando il primo firmatario, così è arrivato alla Camera e così arriva a noi.

Fretta e mancato confronto; mancato confronto vero che purtroppo ha partorito uno strumento inadeguato e anche pericoloso.

Il nostro Paese avrebbe bisogno di un piano industriale ed energetico in grado di attrarre le imprese anche dall'estero, di attrarre quelle presenze industriali di cui abbiamo bisogno e agevolarne la nascita: che arrivino da altri Paesi o che questo possa accadere all'interno del nostro sistema imprenditoriale.

Con il disegno di legge al nostro esame - dobbiamo esserne consapevoli - allontaneremo gli investimenti stranieri e certamente scoraggeremo gli investimenti interni. Questo, purtroppo, perché l'Italia, con un provvedimento non compiuto come questo, rischia di essere un Paese dove le imprese vengono penalizzate, dove non si dà risposta a quelle certezze che un sistema giuridico delle imprese invece ci chiede. Troppe cose non si sono volute correggere.

L'azione di classe dovrebbe riservarsi alle sole ipotesi di responsabilità contrattuale, con conseguente risoluzione del perimetro oggettivo di applicazione. L'adesione tardiva, così come prevista, evidenzia una forte finalità punitiva nei confronti delle imprese. Questo deve essere chiaro e deve essere corretto il prima possibile. Allo stesso modo, la previsione che impone al convenuto l'anticipo delle spese evidentemente non si giustifica, così come non si giustifica l'obbligo di pagare un compenso di natura premiale in aggiunta al risarcimento del danno o la legittimazione ad agire a chiunque ne abbia interesse, poiché rischia di rendere meno concreta quella che da azione di classe non può andare a tutelare interessi singoli.

Il testo è troppo squilibrato, come dicevo, a danno delle imprese, tale da generare allo stesso tempo distorsioni a danno dei cittadini: mancano equità ed equilibrio; troppe criticità, troppi preconcetti ideologici.

Confermiamo e sosteniamo l'importanza del provvedimento; continuiamo a ritenere che le risposte si debbano dare, ma, come ho già detto, le risposte dovevano essere migliori, più adeguate. Insomma, si poteva e si doveva approvare un provvedimento che potesse servire ai cittadini e al Paese. Si è scelto, invece, con grande fretta - guarda caso sempre in questa scadenza - e senza il dovuto confronto e perfezionamento, che era possibile, di approvare un provvedimento che rischia di essere perlopiù al servizio della imminente campagna elettorale.

Probabilmente sarebbe bastata una terza lettura con la correzione di alcuni punti, come ho detto, e una condivisione più compiuta perché questo disegno di legge potesse essere anche accolto dalla nostra comunità imprenditoriale e dai nostri cittadini, che sono consumatori, con un consenso più ampio e con un'adeguatezza rispetto alle risposte che siamo chiamati a dare. (Applausi dal Gruppo FI-BP).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Malan. Ne ha facoltà.

MALAN (FI-BP). Signor Presidente, il senatore Paroli ha appena illustrato una serie di punti problematici del disegno di legge; ne ascolteremo altri ancora da chi interverrà anche sui numerosi emendamenti presentati dal Gruppo Forza Italia. Questi punti problematici avranno anche, ovviamente, conseguenze pratiche molto importanti. Il problema, infatti, non si chiude nei tribunali, ma influenza tutto il mercato italiano.

Siamo molto favorevoli a misure che tutelino i consumatori. Oggi è sempre più difficile per i consumatori avere a che fare con le loro controparti, e cioè coloro che vendono servizi o beni, perché molto spesso non si ha a che fare con esseri umani ma con call center piuttosto che con enormi aziende che spesso hanno sede e rispondono dall'estero, e che pure entrano nella nostra vita quotidiana. Quindi è giusto fornire strumenti rispetto ai casi in cui vi sono aziende che hanno a che fare con i consumatori, vendono beni o servizi e sistematicamente introducono meccanismi allo scopo di estorcere denaro e offrire meno servizi di quanto promesso e dunque di quanto pagato rispetto alle aspettative legittime del consumatore. È giusto pertanto avere misure che compensino uno squilibrio che c'è, per un verso, per le dimensioni e la potenza di determinate aziende rispetto al singolo consumatore e, per un altro aspetto, forse ancor più specifico: molto spesso queste vere e proprie truffe generalizzate sono cose da pochi euro per il consumatore, ma naturalmente sommate a quelle delle varie migliaia, centinaia di migliaia o, a volte, milioni di consumatori danno un profitto enorme all'azienda. Di conseguenza, per essa ci sono la possibilità e il forte incentivo a mettere in atto queste condotte scorrette. È giusto quindi introdurre provvedimenti che riducano tale squilibrio.

Lo squilibrio, però, non dev'essere rovesciato, perché ci vogliono equilibrio e misura nelle cose. Quanto ha detto il senatore Paroli poc'anzi ha evidenziato che qui non c'è quell'equilibrio, ma un atteggiamento punitivo nei confronti delle aziende, che avrà una serie di conseguenze. Non si può introdurre una norma recante una nuova regola e pensare che tutto resti come oggi, tranne che per una modificazione o un intervento (che, in questo caso, è la tutela del consumatore). Evidentemente, rispetto alla legge, ci saranno comportamenti che si riformano e si modificano in virtù delle norme che vengono introdotte. Ad esempio, com'è detto già quasi esplicitamente nelle norme, ci saranno coloro che si organizzeranno per andare a cercare per mestiere i modi in cui mettere su un'azione di classe, visto che nel disegno di legge è specificato anche quanto guadagnerà l'organizzatore di queste azioni. Per carità, è giusto che chi rende un servizio agli altri sia pagato, ma bisogna fare in modo che si tratti davvero di un servizio.

Tutto questo provocherà situazioni quasi caricaturali per cui bisognerà cominciare ad apporre su qualsiasi oggetto in vendita, ad esempio, quelle scritte che vediamo spesso in certi cartoni animati che fanno ironia in merito - mi riferisco ai «Simpsons» - come «Non inalare» o «Non ingerire», anche su un motorino. Se qualcuno infatti, pensando di ingerire un motorino, si facesse male già solo con il manubrio e non ci fosse stato scritto «Non inalare» o «Non ingerire», ci sarebbe poi qualcuno tra coloro che per mestiere fanno tali azioni che incoraggerà chiunque a mettere in atto liti del genere.

Sembra paradossale, ma è così e cominciamo già ad avere cose simili. Come ha detto la senatrice Rossomando, che è intervenuta prima di me, esiste uno squilibrio, per cui non possiamo pensare di introdurre in Italia un provvedimento senza i contrappesi che ci sono in altri Paesi. Dobbiamo fare attenzione, dunque, a non fare cose squilibrate, perché lo squilibrio che verrebbe a generarsi avrebbe certo come effetto per qualcuno - spesso anche giustamente - un rimborso; ma verosimilmente, chi entrerà nel mercato italiano, tenendo presente questa situazione di squilibrio, tanto per cominciare alzerà i prezzi. E a farlo non sarà un'azienda, ma tutto il settore del mercato che è ritenuto a rischio di essere colpito da misure non equilibrate. E queste misure sono tanto più efficaci quanto più l'azienda è legata all'Italia. Infatti, un'azienda che produce e vende in gran parte o totalmente in Italia sarà particolarmente prudente, mentre un'azienda che può rivolgersi a mercati di vari Paesi potrà magari assumersi un rischio maggiore. In altre parole, l'Italia che è già diventata un Paese non favorevole alla produzione - non è un'opinione, ma si evince dai dati sulla produzione industriale e sul prodotto interno lordo, che sono negativi e in peggioramento da quando c'è questo Governo - diventerà anche non favorevole come mercato.

Le conseguenze di ciò verranno pagate da tutti i consumatori, anche quelli non truffati. Rischiamo anzitutto un aumento di prezzi e una riduzione dell'offerta, in quanto saranno di meno i soggetti che vorranno andare sul mercato italiano. Infatti, se i soggetti vengono in Italia per truffare, allora se ne stiano altrove. Ma se il rischio è troppo alto, le tutele sono sbilanciate e il rischio per l'azienda è sproporzionato rispetto al profitto che può fare, allora qualcuno si ritirerà e, dunque, ci saranno meno possibilità per i consumatori di avere determinati servizi che oggi si possono avere e che in altri Paesi si potranno continuare ad avere.

Un secondo punto che vorrei evidenziare è che, tra coloro nei confronti dei quali si può istituire un'azione di classe, sono menzionati le aziende private e gli erogatori di servizi pubblici, ma non la pubblica amministrazione. Va punita la banca che, ad esempio, accredita a ogni correntista una spesa di 20 euro con qualche causale un po' misteriosa (sappiamo che questi casi sono avvenuti). La stramaggioranza dei correntisti si chiederà a cosa ciò sia dovuto, ma, non avendo tempo di approfondire (magari perché dovrebbe prendere un giorno di ferie), lascerà stare. Qualcun'altro, invece, protesterà e si vedrà restituire dalla banca i 20 euro. La banca, tuttavia, si terrà i 20 euro di tutti gli altri correntisti che non hanno protestato.

Colleghi, ma quando la pubblica amministrazione manda in giro le cosiddette cartelle pazze, è la stessa cosa; o quando certe amministrazioni comunali fanno sistematicamente multe infondate, è la stessa cosa; quando si invia un prestampato sempre uguale a chi vuole far ricorso per una multa stradale, è la stessa cosa. Anzi, la pubblica amministrazione, purtroppo, adotta tale pratica più di altri. Il fatto che ci si possa proteggere rispetto al piccolo commerciale e produttore, ma non alla pubblica amministrazione, che è molto, ma molto più potente di tutti i produttori e i commercianti d'Italia, rappresenta un grave vulnus di questo provvedimento, che andrebbe colmato.

Sono stati presentati emendamenti, che spero siano accolti, anche se temo di no, perché c'è stata - come sempre - una blindatura da parte della maggioranza, che non accetta suggerimenti. Pare sia accaduto alla Camera, mentre qui non mi pare ci sia stato un pari atteggiamento (anzi, è stato impedito lo svolgimento di doverose audizioni). Noi intanto agiremo, come sempre, nell'interesse degli italiani, che siano consumatori, produttori o commercianti. (Applausi dal Gruppo FI-BP).

Saluto ad una rappresentanza di studenti

PRESIDENTE. A nome dell'Assemblea, saluto gli studenti del dipartimento di scienze politiche e giuridiche dell'Università degli studi di Messina, presenti in tribuna. (Applausi).

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 844 e 583 (ore 19,29)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Gallone. Ne ha facoltà.

GALLONE (FI-BP). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, care colleghe e cari colleghi, parlare di una normativa sulla class action e del suo spostamento dal codice di consumo all'ordinamento codicistico più in generale rappresenta sicuramente un momento importante per il diritto del nostro Paese.

Resta tuttavia aperto un punto, che hanno già ben sottolineato i colleghi che mi hanno preceduto, che non può non sollevare un legislatore attento e corretto (perché questo noi siamo o almeno dovremmo sforzarci di essere in questo momento). Mi riferisco al corretto equilibrio tra diritti e doveri e alla corretta considerazione, al suo interno, dei diritti di tutti gli attori che vengono coinvolti da un provvedimento giuridico (i consumatori, così come gli imprenditori). Equilibrio che mi pare - ma non è un'impressione solo mia, lo ribadisco, perché l'ho appena sentita ripetere in quest'Aula - in questo caso si sia in parte perduto. Chi paga, ad esempio, il danno d'immagine dell'impresa? Tuttavia, i cittadini chiedono al legislatore leggi giuste e come tali esse non possono essere sbilanciate in un senso o nell'altro, perché noi visualizziamo bene la raffigurazione della giustizia che in una mano ha la spada per punire e nell'altra ha però una bilancia che deve essere sempre in perfetto equilibrio. Come dicevo, i cittadini chiedono al legislatore leggi giuste e come tali esse non possono essere sbilanciate in un senso o nell'altro, perché anche chi fa impresa e produce, genera posti di lavoro ed è coraggioso ha diritto, per la sua parte, ad avere leggi che lo garantiscano e che non considerino l'imprenditore, a prescindere, qualcuno che delinque o è in malafede o necessariamente è in dolo e che quindi lo garantiscano e non che, secondo i sentimenti del momento, si propongano come strumenti vessatori o come una spada di Damocle fissata con un crine su chi fa impresa. Mi pare che in questo provvedimento il senso dell'equilibrio tra gli interessi, il senso del giusto rapporto tra le parti, quello che fa di una legge una legge giusta non ci sia. Mi pare che in questa proposta, se noi mettiamo doveri e diritti delle parti sulla bilancia della giustizia, essa penda pesantemente da un lato solo e questo fa di questa proposta una proposta che, partendo da un principio giustissimo, che noi condividiamo (noi siamo stati fra i primi in passato, dal 2005-2006 a invocarlo) si producano, per come è formulato, degli effetti ingiusti. Una legge simile non è una buona legge e non è il prodotto di un buon legislatore. È per questo che, pur condividendone l'elemento ispiratore e anzi essendo disponibili a ragionare all'interno di una proposta che tenga i piatti della bilancia della giustizia in equilibrio (ho detto che saremmo addirittura disponibili a ragionare di danno punitivo) non possiamo, di fronte a questo provvedimento, per come è stato formulato e per come ci viene chiesto di votarlo oggi, esprimere il nostro consenso.

Certo, una bella class action di quelle che state introducendo con questo provvedimento i cittadini potrebbero provare a promuoverla, magari i cittadini per i quali non si troveranno i fondi per assumerli come navigator o i molti che sono in graduatoria nei bandi pubblici, oppure i cittadini residenti ad Amatrice o a L'Aquila che attendono gli interventi pubblici, o i cittadini che stanno subendo gli effetti economici dannosi del crollo del ponte Morandi, che tuttavia, invece, saranno felicissimi quando vedranno arrivare i componenti del Governo senza risorse ma su fiammanti auto blu a raccontare le solite storielle; oppure no, perché il Presidente del Consiglio, il premier Conte ha annunciato il decreto di taglio del bando delle auto blu. Sembra però l'ennesima iniziativa simil No TAV. In questo caso, faccio partire la parliamentary action, l'azione parlamentare, ovvero ci dicano i colleghi del MoVimento 5 Stelle quanto costerà in termini di penali una simile operazione, ovvero quanti soldi intendano i Cinque Stelle sprecare per coprire per l'ennesima volta con la demagogia che si sono fatti beccare con le dita nella marmellata. Almeno siano coerenti e coprano il danno rinunciando alle loro indennità fino a concorrenza dell'importo. Non sono loro i primi ad affermare che chi sbaglia debba pagare? Perché governare è responsabilità. Legiferare è responsabilità ma, soprattutto, governare è legiferare facendo leggi buone, leggi giuste, leggi eque, che non siano la traduzione in norme di proclami elettorali, buttate giù in fretta e furia senza considerare tutti gli effetti e i necessari equilibri.

Quando una legge comincia a essere scritta male continuerà ad essere scritta male e diventerà una cattiva legge, come per un tema a scuola. Se la brutta copia non mi riesce, è meglio che io la butti nel cestino e ricominci dal foglio bianco. E questo è il caso anche del disegno di legge sulla class action che - mi scuso - fatico a chiamare azione di classe in questo senso, per come viene concepita qui, in quanto evoca più «Il Capitale» di Marx che una norma a tutela dei consumatori.

Anche qui, anche nel definire un corpus normativo, si vede l'attenzione del legislatore. Perché non chiamarla azione risarcitoria collettiva o azione collettiva a tutela del consumatore o in altro modo? Non è certo questo il luogo per trovare un nome giusto, ma è sicuramente il luogo per fare qualche considerazione su una definizione che, inserita nel nostro codice, suona proprio male in un Paese che da millenni è la culla del diritto. (Applausi dal Gruppo FI-BP).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Modena. Ne ha facoltà.

MODENA (FI-BP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, io capisco che sia un orario non dei migliori. Capisco anche che l'argomento possa sembrare un po' noioso, ma la cura che hanno messo negli interventi i colleghi che mi hanno preceduto, dal senatore Paroli al senatore Malan e alla collega Gallone, dovrebbe indurre a prestare un attimo di attenzione.

Questo provvedimento che stiamo andando ad approvare presenta delle criticità. Io voglio premettere una cosa. Il codice del consumo è stato approvato nel 2010 anche grazie, e soprattutto, al Governo di centrodestra, al Governo Berlusconi. Quindi, chi vi parla non appartiene a una forza politica, per capirsi, anti-consumatori o, comunque, contraria ad azioni a tutela del consumatore.

Il problema è che qui, dalla tutela del consumatore, si è passati ad una situazione completamente sbilanciata nei confronti delle associazioni che tutelano o dovrebbero tutelare i consumatori. Vi sono alcuni punti che sono estremamente critici e che rischiano di penalizzare in modo oggettivamente eccessivo le aziende. Li elenco brevemente, perché sono stati toccati anche dai colleghi che mi hanno preceduto.

C'è una questione che riguarda, come giustamente ricordava la collega Gallone, il danno all'immagine. È previsto, addirittura, il pagamento delle spese dell'avvocato nel caso in cui l'azienda sia soccombente, con tanto di premio. Ora, io faccio l'avvocato e, quindi, questa potrebbe essere una cosa accettabile, ma mi dovete spiegare perché solo in questo procedimento è possibile una misura di questo tipo. Se, invece, il tribunale dichiara non ammissibile l'azione di classe, in questo caso non c'è niente. Non parlo di una condanna alle spese. Basterebbe, come abbiamo anche proposto, almeno la pubblicazione sui mezzi di informazione della notizia che l'azione è stata rigettata. Questo perché c'è un problema oggettivo di danno all'immagine.

Poi, però, c'è un'altra questione che in Commissione più volte ha sottolineato il senatore Caliendo. È la questione riguardante il fatto che si possa aderire a questa azione di classe una volta che è stata ammessa, cioè post sentenza. Il che significa che per un'azienda diventa un problema esponenziale da un punto di vista dei costi. Tanto è che viene fuori, addirittura, una specie di procedura tipo quella del fallimento per la distribuzione di quelle che sono le spese.

Allora, posso capire che ci sono stati dei casi eclatanti - si cita, per esempio, la questione della Volkswagen, oppure la questione dei dati di Facebook - ma a fianco delle multinazionali ci sono le imprese normali che non sarebbero in grado di reggere un impatto di questo tipo nei confronti dell'azione risarcitoria e neanche nei confronti di quella inibitoria.

L'ultimo concetto cui volevo riagganciarmi brevemente è il problema complessivo di definizione del risarcimento perché l'azione di classe non si fonda su una responsabilità da contratto. Mettiamo il caso, per esempio, che io abbia un contratto con l'Enel o con una società di erogazione del gas; la lesione contrattuale determina una responsabilità contrattuale. In questo caso no, è diverso; è un'azione che si prevede senza limitazioni. Vi è una presunta responsabilità extracontrattuale da cui consegue il risarcimento del danno; capite quindi che le cifre diventano incredibili.

All'inizio ho detto che ci sono anche un disequilibrio e una mancanza di equità in tutto questo perché queste azioni di classe le possono svolgere i singoli, ma anche i rappresentanti di associazioni. Nel momento in cui queste associazioni promuovono l'azione, non c'è la necessità della richiesta di un mandato espresso. Allora, come si può immaginare una costruzione per cui un rappresentante senza il mandato del singolo prenda il risarcimento?

Si faccia attenzione perché c'è molto disequilibrio ed è più che possibile che una normativa di questo genere venga poi utilizzata non solo per i consumatori - cosa che noi riteniamo sacrosanta e legittima - ma anche per un attacco legato alla concorrenza oppure per azioni che sono squisitamente strumentali perché tanto chi le fa non rischia niente. Per le imprese il fatto di dover andare al tribunale non funziona da deterrente e non risolve un problema di questo tipo.

Ripetiamo quanto già detto alla Camera, dove quantomeno si è potuto intervenire in termini di emendamenti: sarebbe necessario e opportuno, a nostro modestissimo avviso, che su provvedimenti di questo genere non si segua la prassi per cui, siccome sono stati approvati alla Camera, al Senato non si possono toccare. Avremmo sicuramente, infatti, potuto fare un'opera ulteriore di miglioramento. (Applausi dal Gruppo FI-BP).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Caliendo. Ne ha facoltà.

CALIENDO (FI-BP). Signor Presidente, questo è uno di quei frequenti casi di questa legislatura in cui noi offriamo una collaborazione tecnica che viene rifiutata. Non capisco il perché. Vi farò ridere perché ci sono alcune cose che sono un po' dei florilegi.

A prescindere dal fatto che parliamo di class action - che tradotto in italiano diventa azione di classe, che è un po' diversa - questa azione di classe diventa poi solo a tutela dei diritti. Nei Paesi anglosassoni, dove questa azione esiste da anni, essa è anzitutto a tutela degli interessi legittimi. E invece tali posizioni giuridiche qui vengono tenute fuori.

Secondo aspetto: l'azione viene esercitata soltanto davanti alla sezione specializzata in materia d'impresa che, per le modifiche intervenute successivamente, è identificata in tre tribunali del nostro Paese: quelli di Milano, Roma e Napoli. Non credo che sia così facile poter svolgere l'azione di classe.

Rilevo inoltre che il testo è scritto malissimo. È scritto - io ho dovuto leggerla trenta volte - «Quando è nominato un consulente tecnico, l'obbligo di anticipare le spese e l'acconto sul compenso a quest'ultimo spettanti sono posti (…) a carico del resistente». Tutti sanno che in una qualsiasi causa le spese del consulente tecnico sono poste a carico solidale di entrambe le parti, poi, con la sentenza definitiva, sarà chi perde la causa che dovrà pagare anche le spese dell'altra parte. Tuttavia, l'affermazione che ho letto poc'anzi appare come la filosofia di colui che pensa che l'azione è fatta contro l'imprenditore e quindi è il convenuto che è responsabile. Anche in questa minima dizione vi è qualcosa che stride con i principi generali.

È però ancora più ridicola l'inottemperanza all'obbligo; il fatto che l'imprenditore non paghi non è un motivo per rinunciare all'incarico da parte del consulente tecnico, che svolge un ufficio all'interno del processo. Non è questo un motivo di rinunciare all'incarico. È normale, però vuol dire che il giudice adotterà dei provvedimenti esecutivi - non sul nulla, si dice - affinché il consulente tecnico venga pagato in quanto svolge un'attività richiesta dalle parti e ritenuta necessaria dal giudice. Altrimenti egli non servirebbe.

Ho poi un'altra questione da porvi. Fate un po' i calcoli di quanto viene a costare la spesa per il rappresentante comune. Basta fare i calcoli. Tanto per fare un esempio, il testo stabilisce: «oltre 1.000.000, in misura non superiore allo 0,5 per cento» quindi proprio la percentuale più bassa, per cui si tratterebbe già di diverse centinaia di migliaia di euro. Il problema di fondo è che vi è anche la possibilità di aumentare il compenso del 50 per cento. Ho presentato al riguardo una proposta emendativa volta a correggere il punto, ma non è stato detto nulla su di esso se non: «parere contrario». Si trattava della correzione di alcuni punti che bastava correggere per rendere complessivamente il provvedimento maggiormente "digeribile".

Si dice «azione di classe iniziata da un solo cittadino»; capisco l'azione intrapresa con un'associazione, con una classe, ma immaginiamo l'azione iniziata da un cittadino, che ritiene il suo diritto omogeneo a quello di altri; a quel punto, altri esistenti nel Paese, attraverso la pubblicità di questa azione svolta presso il Ministero della giustizia, aderiscono. Beh, si potrebbe dire che costano, anche se non hanno grande potere, almeno hanno un qualche vantaggio di aver aderito per primi. No, perché, se aspettano ad aderire, possono attendere che il giudice dichiari l'ammissibilità, identifichi le caratteristiche dell'azione di classe e degli aderenti e stabilisca quali possono aderire e a quel punto quelli aderiscono. Vi rendete conto?

Riconosco che nella scorsa legislatura questo argomento fu sollevato non solo dagli Uffici studi del Senato e della Camera, ma anche correttamente dal MoVimento 5 Stelle, che si chiese perché gli aderenti non debbano aderire immediatamente prima, oppure, se proprio si vuol garantire loro addirittura la certezza dell'accoglimento dell'adesione, possono farlo dopo, ma una sola volta. Si tratta di regole di economia processuale che servono ad alleggerire il sistema e a garantire una maggiore funzionalità.

Quest'azione di classe dovrebbe significare che senza ricorrere a decine di giudizi ripetitivi ne facciamo uno solo, che però ha quelle caratteristiche. In primo luogo è dubbia la possibilità di azionarla, perché è la prima volta che un'azione di classe può essere attivata da un singolo individuo. Ho cercato di verificare nel sistema giuridico comparato se esistono altri Paesi in cui è prevista l'azione di classe intrapresa dal singolo individuo e non attraverso un'associazione; può darsi che esista, ma io non l'ho trovata.

Occorre un minimo di riflessione. Questi sono alcuni punti che sarebbe stato opportuno affrontare con una discussione pacata e corretta, tra persone che colgono quali sono le possibilità di individuare soluzioni di compromesso per addivenire a una legge funzionale. È stato possibile farlo, signor relatore, signor Presidente, o è stata impedita anche la possibilità di discutere appellandosi alle formalità che possono accompagnare anche il nostro modo di operare? Io penso sempre che sia preferibile discutere anche mezz'ora in più per evitare che poi vengano approvate norme che danno delle aspettative di diritto enormi, ma si riducono a ben poca cosa, non solo perché a volte quelle norme scritte male vengono poi annullate dalla Corte costituzionale, ma anche per l'inefficienza delle norme nel raggiungere i risultati che si prefiggevano e che proponevano ai singoli cittadini.

Ho evidenziato solo alcune incongruenze - e non intendo sottolinearne altre - che però potevano essere corrette al fine di varare una legge che identificasse una seria azione di classe a garanzia dei diritti e degli interessi legittimi. (Applausi dal Gruppo FI-BP).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Gallicchio. Ne ha facoltà.

GALLICCHIO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, il disegno di legge in esame interviene in materia di azione di classe, la cosiddetta class action, e, come ricorderete, è stato già approvato dalla Camera dei deputati nei mesi scorsi.

Come sappiamo, la class action consiste in un'azione legale di tutela risarcitoria collettiva, attraverso la quale un ridotto numero di cittadini consumatori e utenti, in quanto titolari di diritti individuali omogenei, agisce in giudizio in nome proprio oppure in rappresentanza di molti altri soggetti, che non partecipano al processo, ma con i quali condividono lo stesso tipo di danno e di richieste.

Tale strumento giuridico nasce per evitare la ripetizione di innumerevoli giudizi identici, per disincentivare pratiche scorrette da parte delle grandi società spesso multinazionali a danno dei cittadini consumatori, facilitando la proposizione delle richieste di danni che, se considerate singolarmente, sono di lieve entità, mentre se considerate nella loro totalità, hanno la possibilità di porre le società di fronte alle loro reali, e anche notevoli, responsabilità di tipo economico, giacché in assenza di class action i danneggiati sarebbero costretti a rinunciare a far valere i propri diritti, in quanto eventuali azioni individuali sarebbero eccessivamente complesse e costose e, pertanto, spessissimo impraticabili.

Attualmente in Italia la class action è già prevista e disciplinata dall'articolo 140-bis del codice del consumo, ma sono stati finora notevoli i problemi applicativi che ne hanno limitato fortemente l'efficacia. A dieci anni dalla nascita di questo strumento della tutela collettiva risarcitoria, il numero di azioni promosse è risultato esiguo e, secondo i dati dell'Osservatorio nazionale antitrust, solo una causa su due viene ammessa a giudizio e solo una ogni sette riesce a ottenere un risarcimento. Questo a causa dei tempi e dei costi, decisamente elevati, e soprattutto di importanti stop di ammissibilità e burocrazia, difficili da gestire. Ciò ha fatto nascere nella cittadinanza l'istanza urgente di una riscrittura dell'istituto, che in sostanza è stato scritto per non funzionare.

L'istanza, noi del MoVimento 5 Stelle, invece, l'abbiamo raccolta e portata qui, dai territori fino a questa Assemblea, a Roma, per farla funzionare davvero. (Applausi dal Gruppo M5S).

Il provvedimento in discussione ha difatti come obiettivo quello di riformare l'istituto dell'azione di classe riconducendone la disciplina dal codice del consumo al codice di procedura civile, estendendone largamente l'ambito di applicazione soggettivo e ampliandone gli strumenti di tutela, migliorandone la validità e l'efficacia e rendendo l'istituto nel suo complesso più incisivo e l'applicazione più semplice.

La class action, così riformulata, mira a divenire vero sinonimo di garanzia per i cittadini.

Il testo oggi in discussione non è nemmeno una novità. Infatti, ricalca nella sostanza il provvedimento già presentato, sempre dal MoVimento 5 Stelle, nella passata legislatura e approvato all'unanimità alla Camera, salvo poi arenarvi, una volta trasmesso al Senato, probabilmente per mancanza di coraggio da parte delle forze di maggioranza che governavano allora il Paese.

Il Senato, quindi, oggi è chiamato a non commettere lo stesso errore del recente passato; è chiamato al senso di responsabilità su un provvedimento che mira a rafforzare l'istituto dell'azione di classe in favore dei cittadini, ma anche delle imprese, che sono state gravemente danneggiate da azioni sleali sotto il profilo commerciale, imprenditoriale ed economico, soprattutto quelle più piccole, che subiscono l'influenza delle multinazionali. L'enorme potere contrattuale di queste ultime, infatti, determina in alcune occasioni un abuso di posizione dominante, che danneggia l'operato degli imprenditori italiani e di chi investe con coraggio e sacrificio nei nostri territori.

Infatti, mentre è cosa nota il comportamento sleale di alcune compagnie telefoniche, ad esempio nei confronti degli utenti, o di società commerciali nei confronti dei cittadini che abbiano acquistato un prodotto difettoso o pericoloso e che siano state vittime di inadempimenti contrattuali, poco conosciute sono invece le difficoltà di molte aziende del territorio nel rapporto con le grandi multinazionali, le quali agiscono da padrone in alcuni settori di mercato. Un esempio sono le imprese agricole, che acquistano prodotti e forniture da importanti realtà internazionali e che molto spesso si sono ritrovate a subire le decisioni di queste ultime, in quanto impossibilitate a difendersi adeguatamente, soprattutto a causa della manchevole informativa che questi soggetti decidono di fornire.

Cari colleghi, approvare questo provvedimento è importante, perché tutela davvero i potenziali danneggiati, in quanto mette a loro disposizione una serie di strumenti fondamentali per difendersi. Alcuni esempi. Il MoVimento 5 Stelle da sempre punta all'ampliamento del ricorso alle tecnologie, per aumentare l'informazione, la partecipazione e la semplificazione delle procedure. In questo testo, tramite la previsione di portali Internet dedicati, diamo a tutti l'opportunità di informarsi velocemente e in modo semplice sui procedimenti in corso, aumentando esponenzialmente la possibilità di partecipare.

In questa direzione di ampliamento dell'efficacia, per il MoVimento 5 Stelle assumono rilievo anche le nuove modalità di adesione all'azione, che attualmente il codice del consumo prevede come possibile solo dopo l'ordinanza che ammette l'azione, ma che ora diventa possibile anche a seguito della sentenza di merito, che accoglie l'azione, riconoscendo la possibilità a chi è in ritardo o era poco informato di non rimanere escluso dal giusto ristoro. E ancora, tra le altre numerose previsioni che rendono maggiormente incisivo il provvedimento, ampliando gli strumenti di tutela, evidenzio la previsione che introduce, accanto all'azione di classe, l'azione inibitoria collettiva, che permette di chiedere al giudice di ordinare la cessazione di comportamenti scorretti, anche omissivi, lesivi di una pluralità di soggetti, o il divieto della loro reiterazione.

Non dimentichiamo, in ultimo, le previsioni che aumentano l'efficacia della riscossione, essendo prevista l'utilissima procedura di esecuzione forzata, esercitata in forma collettiva nei confronti di chi non paga. Infine, e concludo, sempre in accoglimento da parte del MoVimento 5 Stelle di istanze provenienti dalla cittadinanza, puntiamo anche a una maggiore efficienza dei tempi. Su questo tema sottolineo la previsione del giudice competente in questo tipo di processi, che sarà un magistrato del tribunale delle imprese. Ciò significa affidarsi a una figura specializzata, velocizzare la causa e non appesantire il lavoro delle sezioni ordinarie.

Quindi, riformulare la class action significa accogliere le istanze espresse con forza dai cittadini italiani di ripristinare il senso di giustizia, tutelando i soggetti più deboli o che hanno meno potere contrattuale rispetto ad altri, e significa anche restituire alla collettività il senso di uno Stato che ha a cuore la tutela degli interessi dei suoi cittadini, che vigila sul corretto funzionamento del libero mercato e che in concreto è fortemente attento e vicino nella ricerca della maggiore qualità della vita dei cittadini (finalmente, ne sono felice).

In conclusione, in qualità di parlamentare del MoVimento 5 Stelle, ritenendo che il provvedimento in esame rappresenti un importante passo in avanti per il nostro ordinamento, un passo in avanti pregno di civiltà, ne auspico la piena approvazione. (Applausi dal Gruppo M5S).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Come da accordi tra i Gruppi, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno

COMINCINI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COMINCINI (PD). Signor Presidente, quest'oggi è la Giornata mondiale della consapevolezza dell'autismo, una giornata importante. Vorrei però ricordare a tutti quanti noi che bisogna essere consapevoli di questa particolare condizione non solo il 2 aprile, quando si celebra questa giornata, ma tutti i giorni dell'anno.

Vorrei allora ricordare due importanti iniziative che si sono sviluppate nel nostro Paese e che hanno ricevuto un'attenzione importante anche fuori dai confini del nostro Paese. La prima è l'iniziativa «Il Tortellante», che si è sviluppata a Modena e che vede coinvolti 24 ragazzi che producono tortellini e pasta fresca, i quali quindi sono riusciti a sviluppare un percorso che li vede integrati nel mondo del lavoro e che permette a tante altre persone di essere consapevoli di questa realtà. L'altro progetto importante è «PizzAut», un progetto che vedrà nascere all'inizio del 2020 a Cassina de' Pecchi, in provincia di Milano, una pizzeria che sarà gestita da circa una ventina di ragazzi. Anche questo progetto ha ricevuto importanti attenzioni, perché ha vinto un premio per l'innovazione grazie a una collaborazione con un'importante azienda internazionale che si occupa di informatica, la quale ha prodotto un tablet specifico per consentire a questi ragazzi di prendere le ordinazioni delle pizze in maniera agevolata.

Pertanto, toccando il tema della consapevolezza, signor Presidente, io le chiederei di farsi tramite, in Consiglio di Presidenza, al fine di poter sviluppare questa proposta. Queste iniziative sono replicabili, sono iniziative che sui territori possono vedere coinvolte famiglie e istituzioni, per permettere a questi ragazzi di avere un futuro importante, come tanti altri lavoratori, e di non stare chiusi in casa, permettendo alle famiglie di questi ragazzi di avere futuro e speranza. Allora, perché non invitiamo i partecipanti di questi due progetti alla mensa del Senato e permettiamo a questi ragazzi di far vedere, a chi sarà interessato tra noi senatori (magari invitando anche alcuni amministratori locali), cosa è possibile fare mettendo insieme intelligenza, sapienza, disponibilità e capacità di questi ragazzi? Essi hanno capacità da esprimere e sviluppare.

Sarebbe bello - un gesto importante da parte nostra, per esprimere questa consapevolezza e valorizzare queste persone - poter invitare in Senato questi ragazzi e presentando i loro progetti al più largo numero possibile di senatori e amministratori. (Applausi dal Gruppo PD e del sottosegretario Santangelo).

PRESIDENTE. La Presidenza si farà carico di esaminare la sua proposta e magari la invito a far arrivare una proposta scritta al Consiglio di Presidenza.

MORRA (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORRA (M5S). Signor Presidente, non solo oggi è la Giornata mondiale della consapevolezza dell'autismo, non solo è l'anniversario della morte di Karol Wojtyla, ma è anche l'anniversario di una strage di mafia, che è stata quasi dimenticata, per quanto soltanto lo scorso febbraio sia iniziato il processo denominato Pizzolungo-quater. A distanza di ben trentacinque anni, in questo Paese, un Paese ben poco normale, ancora dobbiamo sapere tanto in merito a quello che è stato uno dei momenti più neri della nostra storia di mafia.

Ricordiamo tutti le vicende del giudice Gian Giacomo Ciaccio Montalto, che viene poi sostituito da Carlo Palermo a Trapani. Contro Carlo Palermo si decide di organizzare un attentato con esplosivo, che poi verrà impiegato in altri importantissimi momenti neri della nostra storia recente. Accade poi che una madre e due bambini di sei anni, mentre facevano qualcosa di normalissimo - la mamma accompagnava i figli a scuola - saltano in aria, perché chi detiene il telecomando decide comunque di tentare, per quanto la macchina blindata del giudice avesse affiancato in manovra di sorpasso la Volkswagen Scirocco, in cui c'era questa piccola famiglia. Saltano in aria nel 1985. La sorella più grande dei due bambini dirà a posteriori di aver visto una macchia rossa su un muro a duecento metri di distanza e quella macchia rossa era ciò che ricordava uno dei fratelli, i gemelli Asta. Dopo trentacinque anni ancora cerchiamo la verità. Sono stati condannati Riina, Virga, Di Maggio e Madonia come mandanti, ma tuttora non si sa nulla del movente e non si sa chi siano stati gli esecutori materiali: probabilmente un certo Galatolo ed è lui imputato nel processo Pizzolungo-quater. Vorrei che il Paese conservasse memoria, a Trapani, ad Erice, a Pizzolungo e un pochino dappertutto, perché lì dove qualcuno è morto per mafia, tutta la democrazia italiana è stata vilipesa.

Pensiamo troppe volte che a morire siano solo gli uomini dello Stato, i magistrati, gli operatori di pubblica sicurezza, le persone che comunque si mettono a disposizione della collettività per rappresentare le istituzioni. Quando però ci sono vittime innocenti, è ancor più stringente il dovere che impone a tutti noi di non fermarci, perché abbiamo la necessità di arrivare a verità. (Applausi dai Gruppi M5S, PD e FI-BP e del senatore Briziarelli).

PRESIDENTE. Senatore Morra, la ringrazio per questo suo intervento in ricordo dell'anniversario della strage di Pizzolungo.

PIRRO (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIRRO (M5S). Signor Presidente, ieri pomeriggio, durante la seduta del consiglio comunale, la sindaca di Torino Chiara Appendino ha ricevuto una busta esplosiva. A nome mio e dei senatori del MoVimento 5 Stelle esprimo sostegno e vicinanza a Chiara che da circa un mese vive sotto scorta per le minacce ricevute da ambienti anarchici, in seguito allo sgombero dell'asilo di via Alessandria, occupato dal 1995. Gli inquirenti pensano che da questi stessi ambienti provengano gli autori del gesto vigliacco e intimidatorio che fortunatamente, grazie all'intervento delle Forze dell'ordine, non ha avuto conseguenze.

Leggiamo sui giornali che si è trattato di «una busta esplosiva a strappo, con un congegno rudimentale di innesco, una batteria e una piccola quantità di polvere pirica». Un plico incendiario del tutto simile ad altri 21 inviati a ditte di Torino, Bologna, Milano, Roma, Bari, Ravenna tramite il servizio postale ordinario. Pacchi bomba che la DIGOS torinese, in seguito alle indagini attribuisce alla cellula anarchica che aveva il suo quartier generale proprio nell'ex asilo occupato.

Quello sgombero andava fatto, lo attendeva un intero quartiere. Andava fatto per consentire ai cittadini del quartiere Aurora di tornare alla vita normale e di recuperare uno spazio preziosissimo in una zona difficile. I locali saranno ora messi a disposizione della cittadinanza e saranno destinati a ospitare servizi e attività di associazioni e organizzazioni non profit.

Siamo lieti che trasversalmente molte forze politiche abbiano condannato in maniera ferma questo vile atto e siamo tutti vicini a Chiara. Accanto a lei ci sono le istituzioni dello Stato, la Regione Piemonte, la Presidenza del Consiglio. Ci auguriamo davvero che a Torino finisca presto questo clima di tensione che in passato ha trascinato l'Italia nel buio del terrorismo e speriamo che Chiara possa presto tornare senza scorta a camminare e ad andare in bicicletta liberamente nella sua città, nella nostra Torino. (Applausi dai Gruppi M5S e PD).

PIARULLI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIARULLI (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi in tutto il mondo verrà celebrata la Giornata mondiale della consapevolezza dell'autismo, migliaia di monumenti si tingeranno di blu in segno di partecipazione all'iniziativa.

L'autismo fa parte dei disturbi pervasivi dello sviluppo. I numeri, secondo le più recenti stime epidemiologiche, segnalano che l'autismo è una condizione in aumento anche per l'introduzione di strategie di screening e individuazione precoce che consentono la diagnosi anche di disturbi lievi che in passato non erano individuati. Si stima un bambino affetto su 56 nati per un totale di circa 60 milioni di persone colpite nel mondo.

La comunità educante dell'Istituto superiore di secondo grado «Ettore Carafa» di Andria, in provincia di Barletta-Andria-Trani, rispondendo alla nota della Regione Puglia, grazie alla sensibilità del dirigente scolastico Amatulli, ha celebrato la giornata mondiale ONU sulla consapevolezza dell'autismo. All'uopo i docenti specializzati di sostegno, gli educatori e alcuni studenti hanno allestito parti della scuola con palloncini, fiocchi, nastri e hanno distribuito braccialetti di colore blu.

A Corato, nella mia città di residenza, è stata animata la piazza per circa un'ora da scuole di vario ordine e grado, nonché da associazioni di volontariato; un grande telo blu ha coperto i presenti, oltre al successivo lancio dei palloncini di colore blu. Tali iniziative manifestano la solidarietà a promuovere la conoscenza del disturbo e a colorare di blu il cuore di ognuno di noi. Siamo tutti uguali e tutti diversi nella nostra specificità e nella nostra unicità.

Le famiglie non possono essere lasciate sole, e tutti insieme dobbiamo lavorare per l'inclusione. Come è stato detto anche in questa sede, dobbiamo promuovere progetti - anche in collaborazione con il Senato - che possano valorizzare tali soggetti. (Applausi dal Gruppo M5S).

VALENTE (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VALENTE (PD). Signor Presidente, le ho chiesto di intervenire per ricordare qui stasera, insieme a tutta l'Assemblea, Loredana Calì e Romina Meloni.

Loredana Calì di Enna e Romina Meloni di Nuoro, le ennesima due donne ammazzate per mano dei loro ex compagni che non hanno accettato la fine di una relazione e che hanno reagito con violenza tanto cinica quanto brutale fino ad ammazzarle.

Si tratta di due donne, dopo le altre quindici che abbiamo registrato ammazzate dall'inizio di questo anno, e i numeri purtroppo continuano a essere drammaticamente impietosi. Numeri che interrogano tutti noi e le nostre coscienze; interrogano la politica, il Parlamento, il Governo. Interrogano ciascuno di noi chiedendoci se stiamo davvero facendo tutto quanto è in nostro potere per provare ad affrontare nella maniera migliore questo drammatico fenomeno. Lo dico peraltro in una giornata che ha visto toni enfatici da parte di alcuni esponenti del Governo rispetto anche a provvedimenti che abbiamo approvato: qui il rito abbreviato, alla Camera alcune norme contenute nel codice rosso. Lo faccio rivolgendo davvero un appello a tutti noi.

Intanto i numeri ci raccontano di un fenomeno non solo drammatico, ma che è l'unico in Italia che, purtroppo, continua drammaticamente a crescere: cresce il numero di omicidi di donne così come crescono i numeri delle violenze efferate e particolarmente aggressive nei confronti delle donne. Dico questo perché credo che, rispetto a quei toni trionfalistici, dobbiamo invece lasciare spazio soprattutto a serietà e responsabilità. Ricordo, per esempio, la norma sul revenge porn che non faccio fatica ad ascrivere al lavoro di tutto il Parlamento; non dico che siamo stati costretti a occupare i banchi del Governo, non mi interessa. Mi interessa che quella norma oggi è stata votata dal Parlamento all'unanimità, così come mi interessa ricordare che tante norme importanti, a partire dalla Convenzione di Istanbul nella scorsa legislatura, sono state approvate all'unanimità.

La violenza sulle donne, per come si presenta, ha bisogno dell'apporto e del contributo di tutti. Su questo terreno nessuna propaganda da parte di nessuno; la volontà di lavorare tutti quanti insieme e di affermare un principio: che mai e poi mai si può pensare di aggredire il fenomeno della violenza solo ed esclusivamente con scelte di carattere punitivo e repressivo.

Abbiamo già fatto tanto, dobbiamo, finalmente, in maniera più coraggiosa, strutturale e di sistema, lavorando, ascoltando tante realtà, associative e non, che su questo terreno lavorano ogni giorno e che hanno maturato un'esperienza, mettere a punto interventi strutturali che guardino soprattutto alla dinamica della relazione di coppia e quindi a un fattore di carattere soprattutto e prevalentemente culturale.

È lì la vera sfida. Si gioca in special modo nelle scuole, tra i nostri ragazzi, guardando a loro non solo come a coloro che saranno i protagonisti del domani che verrà, ma soprattutto come coloro nei quali possiamo seminare finalmente un cambio radicale di mentalità, che non veda più la donna soggiacere alla volontà e al dominio, al desiderio di possesso di un maschio, in una relazione sicuramente sbilanciata e sperequata, ma che veda finalmente un ruolo riconosciuto in maniera adeguata, come è giusto che sia.

Tutti quanti noi dobbiamo assumere questa consapevolezza e lavorare con assoluta e unica priorità. (Applausi dai Gruppi PD e M5S).

DE POLI (FI-BP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE POLI (FI-BP). Signor Presidente, nella Giornata mondiale della consapevolezza dell'autismo, come ricordavano alcuni colleghi, nel momento in cui si ha attenzione nei confronti delle persone con disabilità, verso chi ha più bisogno, intervengo per ricordare un altro argomento altrettanto importante per tutti noi.

Parlo del tema della siccità, del riscaldamento globale, dei nostri ghiacciai che si stanno sciogliendo, quindi del problema dell'acqua e del prelievo dell'acqua anche in territori dove è un bene troppo importante: senza l'acqua non c'è vita, non ci sarebbe nessuno di noi. Un prelievo che viene fatto senza tener conto di criteri oggettivi, strutturali e importanti per far sì che nei territori dove non ce n'è possano avere questo bene prezioso.

Parlo dei pozzi e del prelievo dell'acqua nei territori dell'Alta Padovana, dove c'è uno dei bacini imbriferi più grandi d'Europa, poiché si tratta di un grande bene che va salvaguardato, che dà da bere a centinaia di migliaia di persone, nel territorio del Polesine, del Rodigino, della Bassa Padovana e in tantissimi altri.

Nel progetto che Veneto Acque SpA sta prevedendo, il prelievo è una derivazione cosiddetta idropotabile delle falde del Medio Brenta. Pozzi in falda prelevano centinaia di metri cubi d'acqua al minuto senza tener conto dei criteri di ricarica e si trovano nella località di Camazzole, frazione del Comune di Carmignano di Brenta, nel territorio di Cittadella. Per questo motivo, il Consiglio di bacino del Brenta ha incaricato il CNR di un importante progetto di monitoraggio e mappatura del territorio, per capire concretamente cosa succede nel momento in cui si fa questo prelievo senza opere certe di ricarica, per salvaguardare quel territorio di circa 600.000 abitanti e, ancor più, tutti quelli a cui si va a dare un bene importante come l'acqua ai cittadini che ne fanno uso.

Convinto dell'importanza della realizzazione di tali opere di ricarica della falda acquifera, ritengo fondamentale che l'istituzione competente, in modo particolare il Ministero, intervenga nelle sedi opportune per la difesa del territorio. Servono normative nazionali chiare, che definiscano una volta per tutte i criteri di captazione delle acque, che non ci sono, affinché questo bene comune possa essere fruito da tutti in egual misura e affinché, dopo le attività umane, non ne risentano di conseguenza quelle industriali, agricole e zootecniche.

L'acqua è un bene prezioso e va salvaguardato. Convinto che questo sia uno degli aspetti più importanti, mi sono premesso, signor Presidente, di chiederle di poter svolgere quest'intervento, cosa di cui ringrazio lei e tutta l'Assemblea. (Applausi dal Gruppo PD e della senatrice Modena).

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di mercoledì 3 aprile 2019

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, alle ore 9,30, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 20,25).

Allegato A

DISEGNO DI LEGGE

Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo (925)

ARTICOLO 1 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

Art. 1.

Approvato

1. All'articolo 438 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Non è ammesso il giudizio abbreviato per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo»;

b) il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. In caso di dichiarazione di inammissibilità o di rigetto, ai sensi, rispettivamente, dei commi 1-bis e 5, la richiesta può essere riproposta fino al termine previsto dal comma 2»;

c) dopo il comma 6-bis è inserito il seguente:

«6-ter. Qualora la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell'udienza preliminare sia stata dichiarata inammissibile ai sensi del comma 1-bis, il giudice, se all'esito del dibattimento ritiene che per il fatto accertato sia ammissibile il giudizio abbreviato, applica la riduzione della pena ai sensi dell'articolo 442, comma 2».

EMENDAMENTI

1.100

Cucca, Mirabelli, Cirinna'

Respinto

Sopprimere l'articolo.

1.101

Caliendo, Dal Mas, Modena

Respinto

Sostituire l'articolo con il seguente:

        «Art. 1.

     1. All'articolo 442, comma 2, del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

    a) dopo il secondo periodo è aggiunto il seguente: «La disposizione di cui al precedente periodo non si applica in caso di condanna all'ergastolo per i reati di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354»;

    b) il terzo periodo è soppresso.

1.102

Caliendo, Dal Mas, Modena

Respinta la parte evidenziata in neretto; preclusa la restante parte

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 1.

        1. All'articolo 176 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) al terzo comma, dopo le parole: "almeno ventisei anni di pena" sono inserite le seguenti: "dal cui computo è escluso il beneficio previsto dall'articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354";

            b) dopo il terzo comma, è inserito il seguente:

            "Nei casi di cui al terzo comma, la concessione della liberazione condizionale è subordinata all'interpello della persona offesa";

         2. Dopo l'articolo 57 della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente:

            "Art. 57-bis. - (Concessione dei benefici) -  Nei confronti dei condannati all'ergastolo, il trattamento ed i benefici di cui agli articoli 47, 50, 52, 53, 54 sono subordinati all'interpello della persona offesa".»

1.103

Caliendo, Dal Mas, Modena

Precluso

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 1.

        1. All'articolo 176 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) al terzo comma, dopo le parole: "almeno ventisei anni di pena" sono inserite le seguenti: "dal cui computo è escluso il beneficio previsto dall'articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354";

            b) dopo il terzo comma, è inserito il seguente:

            "Nei casi di cui al terzo comma, la concessione della liberazione condizionale è subordinata all'interpello della parte civile".

         2. Dopo l'articolo 57 della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente:

            "Art. 57-bis. - (Concessione dei benefici) - Nei confronti dei condannati all'ergastolo, il trattamento ed i benefici di cui agli articoli 47, 50, 52, 53, 54 sono subordinati all'interpello della parte civile".»

1.104

Lonardo, Vitali

Respinto

Al comma 1, apportare le seguenti modificazioni:

        a) alla lettera b), capoverso «6», dopo le parole: «rispettivamente, dei commi 1-bis e 5» inserire le seguenti: «ovvero nel caso disciplinato dall'art. 441-bis, comma 1-bis,»;

        b) alla lettera c), capoverso «6-ter» dopo le parole: «il giudice, se all'esito del dibattimento» inserire le seguenti: «di primo grado ovvero nel giudizio di impugnazione».

ARTICOLO 2 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

Art. 2.

Approvato

1. All'articolo 441-bis del codice di procedura penale, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Se, a seguito delle contestazioni, si procede per delitti puniti con la pena dell'ergastolo, il giudice revoca, anche d'ufficio, l'ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato e fissa l'udienza preliminare o la sua eventuale prosecuzione. Si applica il comma 4».

EMENDAMENTI

2.100

Cucca, Mirabelli, Cirinna'

Respinto

Sopprimere l'articolo.

2.101

Caliendo, Dal Mas, Modena

Id. em. 2.100

Sopprimere l'articolo.

2.102

Caliendo, Dal Mas, Modena

Respinto

Sostituire l'articolo con il seguente:

      «Art. 2

            1. All'articolo 54, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente periodo: «Salvo che si sia proceduto nelle forme del giudizio abbreviato, la detrazione è di quindici giorni nel caso di condanna all'ergastolo per i reati di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354».

ARTICOLO 3 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

Art. 3.

Approvato

1. Il secondo e il terzo periodo del comma 2 dell'articolo 442 del codice di procedura penale sono abrogati.

EMENDAMENTI

3.100

Cucca, Mirabelli, Cirinna'

Respinto

Sopprimere l'articolo.

3.101

Cucca, Mirabelli, Cirinna', Valente

Respinto

Sostituire l'articolo con il seguente:

     «Art. 3.

1. All'articolo 442 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

  a) al comma 2, il secondo e il terzo periodo sono soppressi;

  b) dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:

     "2-bis. Avuto riguardo alla gravità del reato ai sensi dell'articolo 133 del codice penale, alla pena dell'ergastolo può essere sostituita quella della reclusione a trenta anni, e alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso del reato e di reato continuato, può essere sostituita quella dell'ergastolo.".»

3.102

Caliendo, Dal Mas, Modena

Respinto

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

        1-bis. Sono esclusi dall'applicazione della presente legge i procedimenti penali in corso.

ARTICOLO 4 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

Art. 4.

Approvato

1. All'articolo 429 del codice di procedura penale dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Se si procede per delitto punito con la pena dell'ergastolo e il giudice dà al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, tale da rendere ammissibile il giudizio abbreviato, il decreto che dispone il giudizio contiene anche l'avviso che l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato entro quindici giorni dalla lettura del provvedimento o dalla sua notificazione. Si applicano le disposizioni dell'articolo 458».

EMENDAMENTO

4.100

Cucca, Mirabelli, Cirinna'

Non posto in votazione (*)

Sopprimere l'articolo.

________________

(*) Approvato il mantenimento dell'articolo

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 4

4.0.1

Cucca, Mirabelli, Cirinna', Valente

Respinto

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 4-bis.

1. All'articolo 69 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

"Per i delitti contro la persona, le circostanze attenuanti concorrenti con le circostanze aggravanti di cui all'articolo 61, numeri 1) e 4), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste, anche se costituiscono circostanze aggravanti speciali, e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti."».

ARTICOLO 5 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

Art. 5.

Approvato

1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano ai fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della medesima legge.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

EMENDAMENTO

5.100

Cucca, Mirabelli, Cirinna'

Non posto in votazione (*)

Sopprimere l'articolo.

________________

(*) Approvato il mantenimento dell'articol

o

Allegato B

Parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge n. 925 e sui relativi emendamenti

La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo ed i relativi emendamenti trasmessi dall'Assemblea, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo.

Integrazione alla relazione orale del senatore Girotto sui disegni di legge nn. 844 e 583

Sull'articolo 840-sexiesdecies del codice di procedura civile che disciplina l'azione inibitoria collettiva (con conseguente abrogazione degli articoli 139 e 140 del codice del consumo, che ne dettano oggi la procedura), in base alla riforma, con l'azione inibitoria collettiva «chiunque abbia interesse» - nonché le organizzazioni e le associazioni iscritte nell'elenco del Ministero della giustizia - può chiedere al giudice di ordinare a imprese o enti gestori di servizi di pubblica utilità la cessazione di un comportamento lesivo di una pluralità di individui ed enti commesso nello svolgimento delle rispettive attività o il divieto di reiterare una condotta commissiva o omissiva. La competenza è attribuita alle sezioni specializzate per l'impresa e si prevede l'applicazione del rito camerale. Nel procedimento il giudice, che può avvalersi di dati statistici e presunzioni semplici, può ordinare, su richiesta di parte, alla parte soccombente, la cessazione della condotta: l'adozione delle misure più opportune per eliminarne gli effetti; e previa istanza di parte, il pagamento di una penale in caso di ritardo nell'adempimento della sentenza (in base all'articolo 614-bis del codice di procedura civile); di dare diffusione al provvedimento, mediante utilizzo dei mezzi di comunicazione ritenuti più appropriati. Se l'azione inibitoria è proposta congiuntamente all'azione di classe si prevede che il giudice disponga la separazione delle cause.

Venendo poi all'articolo 2, il provvedimento interviene sulle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, introducendovi un apposito titolo V-bis, formato dagli articoli 196-bis e 196-ter. La prima delle due disposizioni disciplina le comunicazioni che devono essere effettuate dalla cancelleria della sezione specializzata e le attività che devono essere svolte dal portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia. In particolare, si applicano le disposizioni in materia di comunicazioni telematiche. Il portale dei servizi telematici gestito dal Ministero invierà all'indirizzo di posta elettronica, ordinaria o certificata, ovvero al Servizio elettronico di recapito certificato qualificato (SERC) di ogni interessato che ne ha fatto richiesta e si è registrato mediante un'apposita procedura, un avviso contenente le informazioni relative agli atti per i quali le disposizioni dell'articolo 1 prevedono la pubblicazione. La richiesta può essere limitata alle azioni di classe relative a specifiche imprese o enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, anche prima della loro proposizione. L'articolo 196-ter invece demanda ad un decreto del Ministro della giustizia, da adottarsi - entro 180 giorni dalla data di pubblicazione della legge - di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, l'individuazione dei requisiti per l'iscrizione nell'elenco delle organizzazioni e associazioni legittimate all'azione di classe, nonché la determinazione del contributo dovuto ai fini dell'iscrizione e del mantenimento della stessa. Per quanto concerne il contributo, la disposizione specifica che esso deve essere fissato in misura tale da consentire di far fronte alle spese di istituzione, sviluppo e di aggiornamento dell'elenco. Con riguardo ai requisiti, essi devono comprendere la verifica delle finalità programmatiche, dell'adeguatezza a rappresentare e tutelare i diritti omogenei azionati e della stabilità e continuità delle associazioni e delle organizzazioni stesse, nonché la verifica delle fonti di finanziamento utilizzate.

L'articolo 3 del disegno di legge modifica il testo unico in materia di documentazione amministrativa (decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000) per applicare le norme del codice penale anche alle attestazioni false rese nell'ambito della procedura di adesione all'azione di classe. Pertanto, l'articolo 76 del citato decreto del Presidente della Repubblica sanzionerà anche chi, nel presentare la domanda di adesione all'azione di classe, rilascia dichiarazioni mendaci.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute al banco della Presidenza le seguenti comunicazioni:

Disegno di legge n. 925:

sugli emendamenti 1.101, 1.102 e 1.104, il senatore Errani avrebbe voluto esprimere un voto contrario; sul mantenimento dell'articolo 4, il senatore Grasso avrebbe voluto esprimere un voto favorevole; sulla votazione finale, il senatore Sileri avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Anastasi, Arrigoni, Barachini, Bertacco, Bogo Deledda, Borgonzoni, Bossi Umberto, Botto, Calderoli, Candiani, Cattaneo, Cioffi, Cirinna', Crimi, D'Angelo, De Poli, Fantetti, Galliani, Ginetti, Merlo, Messina Alfredo, Monti, Napolitano, Ronzulli, Santangelo, Sbrollini, Sciascia, Siri, Solinas, Steger e Zanda.

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Lorefice, per attività della 14ª Commissione permanente; Paroli, per attività dell'Assemblea parlamentare della NATO; Rampi, per attività dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.

Commissione parlamentare per le questioni regionali, variazioni nella composizione

Il Presidente della Camera dei deputati, in data 28 marzo 2019, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per le questioni regionali il deputato Bernardo Marino, in sostituzione della deputata Paola Deiana, dimissionaria.

Il Presidente della Camera dei deputati, in data 29 marzo 2019, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per le questioni regionali la deputata Enrica Segneri, in sostituzione del deputato Carlo Ugo De Girolamo, dimissionario.

Disegni di legge, trasmissione dalla Camera dei deputati

Onn. Perego Di Cremnago Matteo, Gelmini Mariastella, Mule' Giorgio, Vito Elio, Tripodi Maria, Fascina Marta Antonia, Fontana Gregorio, Ripani Elisabetta, Siracusano Matilde, Aprea Valentina, Bagnasco Roberto, Baroni Anna Lisa, Bartolozzi Giusi, Battilocchio Alessandro, Benigni Stefano, Biancofiore Michaela, Calabria Annagrazia, Cattaneo Alessandro, D'Attis Mauro, Fasano Enzo, Fatuzzo Carlo, Fiorini Benedetta, Gagliardi Manuela, Giacometto Carlo, Marrocco Patrizia, Minardo Antonino, Mugnai Stefano, Musella Graziano, Napoli Osvaldo, Orsini Andrea, Pentangelo Antonio, Pettarin Guido Germano, Ruffino Daniela, Saccani Jotti Gloria, Scoma Francesco, Silli Giorgio, Sorte Alessandro, Squeri Luca, Versace Giuseppina, Vietina Simona, Zanella Federica, Bond Dario

Avvio di un progetto sperimentale per la realizzazione di percorsi formativi in ambito militare per i cittadini di età compresa tra diciotto e ventidue anni (1178)

(presentato in data 29/03/2019)

C.1012 approvato dalla Camera dei deputati.

Disegni di legge, annunzio di presentazione

Senatori Fenu Emiliano, Bottici Laura, Di Nicola Primo, Leone Cinzia, Mininno Cataldo, Trentacoste Fabrizio, Donno Daniela, Marinello Gaspare Antonio, Gaudiano Felicia, Pellegrini Marco, Evangelista Elvira Lucia, Riccardi Alessandra, Lannutti Elio, Drago Tiziana Carmela Rosaria, Gallicchio Agnese, Lucidi Stefano, Marilotti Gianni, Accoto Rossella, Romano Iunio Valerio, Di Piazza Stanislao

Modifiche all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di note di variazione ai fini IVA in caso di mancato pagamento del debitore assoggettato a procedure esecutive concorsuali o individuali (1179)

(presentato in data 28/03/2019);

senatori Donno Daniela, Trentacoste Fabrizio, Vono Gelsomina, Pacifico Marinella, Fede Giorgio, Guidolin Barbara, Mininno Cataldo, Nocerino Simona Nunzia, D'Angelo Grazia, Evangelista Elvira Lucia, Romano Iunio Valerio, Garruti Vincenzo, Ortis Fabrizio, Lannutti Elio, Pirro Elisa, Riccardi Alessandra, Corbetta Gianmarco, Leone Cinzia, Ferrara Gianluca, Drago Tiziana Carmela Rosaria, Di Piazza Stanislao, Grassi Ugo, Piarulli Angela Anna Bruna, Lomuti Arnaldo, Accoto Rossella, Croatti Marco, Naturale Gisella, Vaccaro Sergio, Anastasi Cristiano, Pellegrini Marco, Gaudiano Felicia, Giannuzzi Silvana, Angrisani Luisa, Di Micco Fabio, Lorefice Pietro, Licheri Ettore Antonio, Campagna Antonella, Gallicchio Agnese, L'Abbate Patty, Di Girolamo Gabriella, Castiello Francesco, Mollame Francesco, Romagnoli Sergio, Granato Bianca Laura, Turco Mario, Airola Alberto

Modifiche alla legge 29 maggio 2017, n. 71, recante disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo (1180)

(presentato in data 28/03/2019);

senatori Toffanin Roberta, Floris Emilio, Gallone Maria Alessandra, Pichetto Fratin Gilberto, Malan Lucio, Papatheu Urania Giulia Rosina, Tiraboschi Maria Virginia, Caliendo Giacomo, Aimi Enrico, Berutti Massimo Vittorio, Barachini Alberto, Serafini Giancarlo, Siclari Marco, Minuto Anna Carmela, Cangini Andrea, Rizzotti Maria, Testor Elena, Craxi Stefania Gabriella Anastasia, Mallegni Massimo, Dal Mas Franco, Stabile Laura, Binetti Paola, Saccone Antonio, Modena Fiammetta, Damiani Dario, Ronzulli Licia, Conzatti Donatella, Barboni Antonio, Lonardo Alessandrina, Vitali Luigi, Moles Giuseppe, Masini Barbara, Pagano Nazario, De Poli Antonio, Causin Andrea, Paroli Adriano, Ferro Massimo, Giammanco Gabriella, Messina Alfredo, Carbone Vincenzo

Modifica della legge 11 febbraio 1980, n. 18, in materia di indennità di accompagnamento per gli invalidi civili ricoverati (1181)

(presentato in data 28/03/2019);

senatore Verducci Francesco

Disposizioni in materia di interventi per accelerare e semplificare il processo di ricostruzione a seguito degli eventi sismici verificatisi nel Centro Italia negli anni 2016 e 2017 (1182)

(presentato in data 28/03/2019);

senatori Stefano Dario, Steger Dieter, Biti Caterina, Ferro Massimo, Magorno Ernesto, Modena Fiammetta, Perosino Marco, Pittella Gianni, Sbrollini Daniela, Taricco Mino, Naturale Gisella, Pagano Nazario, Verducci Francesco

Istituzione dell'insegnamento della storia e della cultura del vino e delle eccellenze gastronomiche italiane come materie di educazione civica e altre disposizioni per la promozione del settore enogastronomico (1183)

(presentato in data 29/03/2019);

senatore Castaldi Gianluca

Interpretazione autentica della disciplina relativa al trasferimento del personale docente dal Ministero della pubblica istruzione ai ruoli dell'INPS, di cui all'ordinanza ministeriale n. 217 del 1998 (1184)

(presentato in data 29/03/2019);

senatori Gallone Maria Alessandra, Testor Elena, Berutti Massimo Vittorio, Messina Alfredo, Papatheu Urania Giulia Rosina, Galliani Adriano, Toffanin Roberta, Floris Emilio, Damiani Dario

Disposizioni in materia di istituzione di Zone Economiche Speciali nei piccoli comuni montani nonché delega al Governo in materia di recupero di edifici di particolare interesse economico (1185)

(presentato in data 29/03/2019);

senatori Dal Mas Franco, Vitali Luigi, Caliendo Giacomo, Modena Fiammetta, Lonardo Alessandrina, Mallegni Massimo

Modifiche alla legge 9 gennaio 2019, n. 3, in materia di efficacia dell'inserimento dei reati contro la pubblica amministrazione tra i reati ostativi ai benefici di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché al decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, in relazione agli obblighi di trasparenza di associazioni di provenienza politica (1186)

(presentato in data 28/03/2019);

senatori Romeo Massimiliano, Arrigoni Paolo, Augussori Luigi, Bagnai Alberto, Barbaro Claudio, Bergesio Giorgio Maria, Bonfrisco Anna Cinzia, Borghesi Stefano, Bossi Simone, Briziarelli Luca, Bruzzone Francesco, Calderoli Roberto, Campari Maurizio, Candura Massimo, Cantu' Maria Cristina, Casolati Marzia, De Vecchis William, Faggi Antonella, Ferrero Roberta, Fregolent Sonia, Fusco Umberto, Iwobi Tony Chike, Marin Raffaella Fiormaria, Marti Roberto, Montani Enrico, Nisini Tiziana, Ostellari Andrea, Pazzaglini Giuliano, Pellegrini Emanuele, Pepe Pasquale, Pergreffi Simona, Pianasso Cesare, Pillon Simone, Pirovano Daisy, Pisani Pietro, Pittoni Mario, Pizzol Nadia, Pucciarelli Stefania, Ripamonti Paolo, Rivolta Erica, Rufa Gianfranco, Saponara Maria, Saviane Paolo, Sbrana Rosellina, Solinas Christian, Tesei Donatella, Tosato Paolo, Vallardi Gianpaolo, Vescovi Manuel, Zuliani Cristiano

Istituzione di una Commissione di inchiesta sulle comunità di tipo familiare che accolgono minori, nonché disposizioni in materia di diritto del minore ad una famiglia (1187)

(presentato in data 02/04/2019).

Disegni di legge, assegnazione

In sede redigente

1ª Commissione permanente Affari Costituzionali

sen. Pisani Giuseppe

Istituzione del luogo familiare di origine (952)

previ pareri delle Commissioni 2ª (Giustizia), 5ª (Bilancio)

(assegnato in data 02/04/2019);

2ª Commissione permanente Giustizia

sen. Pazzaglini Giuliano ed altri

Istituzione dell'ordine e dell'albo professionale dei grafologi (1052)

previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 5ª (Bilancio), 7ª (Istruzione pubblica, beni culturali), Commissione parlamentare questioni regionali

(assegnato in data 02/04/2019);

4ª Commissione permanente Difesa

dep. Perego Di Cremnago Matteo ed altri

Avvio di un progetto sperimentale per la realizzazione di percorsi formativi in ambito militare per i cittadini di età compresa tra diciotto e ventidue anni (1178)

previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 2ª (Giustizia), 3ª (Affari esteri, emigrazione), 5ª (Bilancio), 7ª (Istruzione pubblica, beni culturali), 8ª (Lavori pubblici, comunicazioni), 10ª (Industria, commercio, turismo), 11ª (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), 14ª (Politiche dell'Unione europea)

C.1012 approvato dalla Camera dei deputati

(assegnato in data 02/04/2019);

8ª Commissione permanente Lavori pubblici, comunicazioni

sen. Coltorti Mauro, sen. Lanzi Gabriele

Modifiche all'articolo 1 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, per la trasparenza delle tariffe e dei prezzi applicati dagli operatori dei servizi di telefonia mobile (1105)

previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 2ª (Giustizia), 5ª (Bilancio), 10ª (Industria, commercio, turismo), 14ª (Politiche dell'Unione europea)

(assegnato in data 02/04/2019);

10ª Commissione permanente Industria, commercio, turismo

sen. Castaldi Gianluca

Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e altre disposizioni per il contrasto dell'obsolescenza programmata dei beni di consumo (615)

previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 2ª (Giustizia), 5ª (Bilancio), 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali), 14ª (Politiche dell'Unione europea)

(assegnato in data 02/04/2019);

Commissioni 1ª e 2ª riunite

sen. Rufa Gianfranco ed altri

Disposizioni in materia di disciplina dell'esercizio della prostituzione (1047)

previ pareri delle Commissioni 3ª (Affari esteri, emigrazione), 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze e tesoro), 11ª (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), 12ª (Igiene e sanita'), Commissione parlamentare questioni regionali

(assegnato in data 02/04/2019);

Commissioni 2ª e 12ª riunite

sen. Romeo Massimiliano ed altri

Modifiche al codice di procedura penale e al testo unico delle leggi in materia di stupefacenti relativamente alla produzione, al traffico o alla detenzione illecita di sostanze di stupefacenti o psicotrope di lieve entità (1128)

previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 5ª (Bilancio), 8ª (Lavori pubblici, comunicazioni)

(assegnato in data 02/04/2019).

In sede referente

3ª Commissione permanente Affari esteri, emigrazione

Gov. Conte-I: Ministro affari esteri e coop. inter.le Moavero Milanesi, Ministro affari europei Savona ed altri

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione sul partenariato e sullo sviluppo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica islamica di Afghanistan, dall'altra, fatto a Monaco il 18 febbraio 2017 (1141)

previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 2ª (Giustizia), 4ª (Difesa), 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze e tesoro), 7ª (Istruzione pubblica, beni culturali), 8ª (Lavori pubblici, comunicazioni), 9ª (Agricoltura e produzione agroalimentare), 10ª (Industria, commercio, turismo), 11ª (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), 12ª (Igiene e sanita'), 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali), 14ª (Politiche dell'Unione europea)

(assegnato in data 02/04/2019);

4ª Commissione permanente Difesa

Gov. Conte-I: Ministro difesa Trenta, Ministro pubblica amministrazione Bongiorno ed altri

Delega al Governo per la semplificazione e la razionalizzazione della normativa in materia di ordinamento militare (1152)

previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 2ª (Giustizia), 5ª (Bilancio), 14ª (Politiche dell'Unione europea)

(assegnato in data 02/04/2019).

Disegni di legge, presentazione del testo degli articoli

In data 29/03/2019 la 3ª Commissione permanente Aff. esteri ha presentato il testo degli articoli proposti dalla Commissione stessa, per il disegno di legge:

sen. Vanin Orietta ed altri

"Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa tra la Repubblica italiana e il Consiglio d'Europa circa l'Ufficio del Consiglio d'Europa a Venezia e il suo status giuridico, fatto a Strasburgo il 14 giugno 2017" (962)

(presentato in data 27/11/2018).

Indagini conoscitive, annunzio

La 12ª Commissione permanente è stata autorizzata a svolgere, ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento, un'indagine conoscitiva sull'impatto in ambito sanitario del numero unico d'emergenza 112, nonché sull'efficacia ed omogeneità dell'assistenza di emergenza-urgenza sul territorio nazionale.

Affari assegnati

Sono stati deferiti, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, e per gli effetti di cui all'articolo 50, comma 2, del Regolamento, i seguenti affari:

sulle problematiche di mercato del latte vaccino in Italia (Atto n. 214), alla 9a Commissione permanente;

sulle problematiche riguardanti gli aspetti di mercato e tossicologici della filiera del grano duro (Atto n. 215), alla 9a Commissione permanente;

sulle problematiche connesse alle pratiche di circoncisione rituale dei minori (Atto n. 216), alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza;

sulle problematiche connesse alla sicurezza del trasporto scolastico dei minori (Atto n. 217), alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.

Governo, trasmissione di atti e documenti

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 7 febbraio e 12, 18, 25, 26 e 27 marzo 2019, ha inviato, ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni e integrazioni, le comunicazioni concernenti il conferimento o la revoca dei seguenti incarichi:

al dottor Alessandro Leopizzi, magistrato fuori ruolo organico della magistratura, il conferimento dell'incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero della giustizia;

all'ingegner Donato Carlea ad interim e al dottor Vincenzo Cinelli, il conferimento dell'incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

ai dottori Laura Aria, Pietro Celi, Rita Forsi, Loredana Gulino, Emilia Maria Masiello, Simonetta Moleti, Rosaria Fausta Romano, Carlo Sapppino, Amedeo Teti e all'ingegner Gilberto Dialuce, dirigenti di prima fascia, il conferimento dell'incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero dello sviluppo economico;

alla dottoressa Maddalena Mattei Gentili, il conferimento dell'incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

alla dottoressa Agnese De Luca, dirigente di seconda fascia, la revoca dell'incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

al dottor Giancarlo Verde, dirigente di prima fascia, il conferimento ad interim dell'incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero dell'interno;

alle dottoresse Patrizia Nardi e Paola Noce, il conferimento dell'incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero dell'economia.

Tali comunicazioni sono depositate presso il Servizio dell'Assemblea, a disposizione degli onorevoli senatori.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera in data 6 febbraio 2019, ha inviato - ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni - la comunicazione concernente la nomina a Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, all'ingegner Donato Carlea, dirigente di prima fascia dei ruoli del Ministero delle infrastrutture e trasporti.

Tale comunicazione è depositata presso il Servizio dell'Assemblea, a disposizione degli onorevoli senatori.

Il Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale, con lettera in data 20 marzo 2019, ha inviato, ai sensi dell'articolo 22, comma 6, del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, la relazione sulla bonifica dei siti di discarica abusivi oggetto della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014 (causa C-196/13), aggiornata al mese di dicembre 2018.

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento alla 13a Commissione permanente (Doc. CCXXXV, n. 2).

Con lettere in data 26 marzo 2019 il Ministero dell'interno, in adempimento a quanto previsto dall'articolo 141, comma 6, del decreto legislativo 8 agosto 2000, n. 267, ha comunicato gli estremi del decreto del Presidente della Repubblica concernente lo scioglimento dei consigli comunali di Diamante (Cosenza), Palestrina (Roma), Civate (Lecco).

Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), trasmissione di atti. Deferimento

La Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), in data 7 marzo 2019, ha inviato, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, della legge 29 luglio 2003, n. 229, le seguenti relazioni di analisi di impatto della regolamentazione (AIR) concernenti:

Regolamento di attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 2016, n. 254, relativo alla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (n. 7);

Regolamento emittenti: modifiche relative alla soglia di esenzione dall'obbligo di pubblicare un prospetto per l'offerta pubblica di titoli (n. 8);

Regolamento emittenti: modifiche relative alla definizione di piccole e medie imprese emittenti azioni quotate (n. 9).

I predetti documenti sono deferiti, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 6a Commissione permanente.

Corte dei conti, trasmissione di documentazione. Deferimento

Il Presidente della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 29 marzo 2019, ha trasmesso la deliberazione n. 4/2019/G del 29 marzo 2019 - Relazione concernente "Programmazione dei controlli per l'anno 2019 e per il triennio 2019-2021".

La predetta deliberazione è deferita, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 5a Commissione permanente (Atto n. 218).

Parlamento europeo, trasmissione di documenti. Deferimento

Il Vice Segretario generale del Parlamento europeo, con lettera in data 7 marzo 2019, ha inviato il testo di sedici risoluzioni approvate dal Parlamento stesso nel corso della tornata dal 14 al 17 gennaio 2019, deferite, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alle sotto indicate Commissioni competenti per materia, nonché alla 14a Commissione permanente:

risoluzione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2006/1/CE, relativa all'utilizzazione di veicoli noleggiati senza conducente per il trasporto di merci su strada, alla 8a Commissione permanente (Doc. XII, n. 253);

risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante attuazione delle clausole di salvaguardia e di altri meccanismi che consentono la revoca temporanea delle preferenze in alcuni accordi conclusi tra l'Unione europea e alcuni paesi terzi, alla 6a e alla 10a Commissione permanente (Doc. XII, n. 254);

risoluzione sulla proposta di decisione del Consiglio che modifica lo statuto della Banca europea per gli investimenti, alla 6a Commissione permanente (Doc. XII, n. 255);

risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, alla 5a Commissione permanente (Doc. XII, n. 256);

risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla suddivisione dei contingenti tariffari inclusi nell'elenco dell'OMC riferito all'Unione a seguito del recesso del Regno Unito dall'Unione e recante modifica del regolamento (CE) n. 32/2000 del Consiglio, alla 3a e alla 10a Commissione permanente (Doc. XII, n. 257);

risoluzione sulla proposta di direttiva del Consiglio che istituisce un documento di viaggio provvisorio dell'UE e abroga la decisione 96/409/PESC, alla 1a Commissione permanente (Doc. XII, n. 258);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio relativo alla conclusione dell'accordo sullo status tra l'Unione europea e la Repubblica d'Albania riguardante le azioni dell'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera nella Repubblica d'Albania, alla 1a e alla 3a Commissione permanente (Doc. XII, n. 259);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione e degli Stati membri, del protocollo dell'accordo di partenariato e di cooperazione che istituisce un partenariato tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica del Kirghizistan, dall'altra, per tener conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea, alla 3a Commissione permanente (Doc. XII, n. 260);

risoluzione sull'impresa comune europea per ITER e lo sviluppo dell'energia da fusione, alla 10a Commissione permanente (Doc. XII, n. 261);

risoluzione sugli orientamenti dell'UE e il mandato dell'inviato speciale dell'UE per la promozione della libertà di religione o di credo al di fuori dell'Unione europea, alla 1a Commissione permanente e alla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani (Doc. XII, n. 262);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo in forma di scambio di lettere tra l'Unione europea e il Regno del Marocco relativo alla modifica dei protocolli n. 1 e n. 4 dell'accordo euromediterraneo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall'altra, alla 3a Commissione permanente (Doc. XII, n. 263);

risoluzione sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione, dell'accordo in forma di scambio di lettere tra l'Unione e la Repubblica popolare cinese nel quadro del procedimento DS492 Unione europea - Misure aventi incidenza sulle concessioni tariffarie su taluni prodotti a base di carne di pollame, alla 3a e alla 9a Commissione permanente Commissione permanente (Doc. XII, n. 264);

risoluzione sull'Unione bancaria - relazione annuale 2018, alla 6a Commissione permanente (Doc. XII, n. 265);

risoluzione sulle domande di restituzione transfrontaliere delle opere d'arte e dei beni culturali saccheggiati durante conflitti armati e guerre, alla 7a Commissione permanente (Doc. XII, n. 266);

risoluzione sull'integrazione differenziata, alla 3a Commissione permanente (Doc. XII, n. 267);

risoluzione sull'indagine strategica OI/2/2017 del Mediatore europeo sulla trasparenza delle discussioni legislative negli organi preparatori del Consiglio UE, alla 1a Commissione permanente (Doc. XII, n. 268).

Petizioni, annunzio

Sono state presentate le seguenti petizioni deferite, ai sensi dell'articolo 140 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni permanenti, competenti per materia.

La signora Manuela Ricci da Poggio Torriana (Rimini) chiede nuove disposizioni in materia di trasparenza degli atti pubblici nel settore dell'edilizia (Petizione n. 344, assegnata alla 1a Commissione permanente);

il signor Paolo Pelini da Raiano (L'Aquila) chiede il riconoscimento della professione di "erbochimico" quale esperto nel controllo di qualità dei prodotti naturali contenenti piante officinali e medicinali (Petizione n. 345, assegnata alla 12a Commissione permanente);

il signor Ettore Maria Bartolucci da Pesaro chiede modifiche agli articoli nn. 58 e 66 della Costituzione in materia di ordinamento della Repubblica (Petizione n. 346, assegnata alla 1a Commissione permanente);

la signora Maria Antonietta Mangano da Grosseto chiede:

nuove disposizioni in materia di disciplina del condominio negli edifici (Petizione n. 347, assegnata alla 2a Commissione permanente);

la modifica dell'articolo n. 86 del Codice di procedura civile in materia di difesa personale della parte (Petizione n. 348, assegnata alla 2a Commissione permanente);

l'incremento del numero e delle competenze dei Giudici di pace e dei difensori civici (Petizione n. 349, assegnata alla 2a Commissione permanente);

la signora Maria Letizia Antonaci da Roma chiede la realizzazione di strutture volte al rilancio economico e sociale dei territori caratterizzati dalla presenza di organizzazioni di tipo mafioso (Petizione n. 350, assegnata alla 1a Commissione permanente).

Mozioni, apposizione di nuove firme

Il senatore De Falco ha aggiunto la propria firma alla mozione 1-00093 del senatore De Bonis ed altri.

La senatrice Nugnes e i senatori Monti e Marilotti hanno aggiunto la propria firma alla mozione 1-00101 della senatrice De Petris ed altri.

Mozioni

BOLDRINI, FEDELI, MARCUCCI, COLLINA, BINI, MALPEZZI, MIRABELLI, VALENTE, STEFANO, FERRARI, CIRINNA', ALFIERI, ASTORRE, BELLANOVA, BITI, BONIFAZI, CERNO, COMINCINI, CUCCA, D'ALFONSO, D'ARIENZO, FARAONE, FERRAZZI, GARAVINI, GIACOBBE, GINETTI, GRIMANI, IORI, LAUS, MAGORNO, MANCA, MARGIOTTA, MARINO, MESSINA Assuntela, MISIANI, NANNICINI, PARENTE, PARRINI, PATRIARCA, PINOTTI, PITTELLA, RAMPI, RICHETTI, ROJC, ROSSOMANDO, SBROLLINI, SUDANO, TARICCO, VATTUONE, VERDUCCI, ZANDA - Il Senato,

premesso che:

l'autismo, come definito dalle linee guida nazionali e internazionali, è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. Interessa prevalentemente le aree relative all'abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri. Si configura come una disabilità permanente che accompagna il soggetto nel corso della sua vita, che si esprime in modo variabile e si caratterizza per un funzionamento mentale atipico, tale da richiedere interventi terapeutici e socio-assistenziali particolarmente dedicati;

secondo il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-V) redatto nel 2013 sono ricomprese tra i disturbi dello spettro autistico, oltre all'autismo, altre problematiche del neurosviluppo, tra cui la sindrome di Asperger, il disturbo disintegrativo dell'infanzia e il disturbo pervasivo dello sviluppo;

gli interventi più validati ed utilizzati sono quelli educativi-abilitativi, basati su un approccio globale alla situazione individuale, familiare e scolastica allo scopo di individuare le risorse recuperabili e di facilitare cambiamenti adeguati ai contesti di vita (analisi comportamentale applicata - ABA, Treatment and educational of autistic and communication handicapped children - TEACCH, Denver model);

al progredire delle conoscenze in campo scientifico e clinico e all'aumento dell'attenzione posta nei confronti dell'autismo negli ultimi anni, non ha corrisposto un aumento delle responsabilità delle istituzioni: ciò ha reso spesso "invisibili" le persone con disturbi dello spettro autistico e le loro famiglie, sulle quali ricade quasi per intero l'onere dell'assistenza con il conseguente impoverimento sociale, relazionale ed economico;

alla domanda annosa delle famiglie di un serio sostegno ha dato una prima risposta la legge 18 agosto 2015, n. 134, recante disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie, che prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico;

la legge, molto attesa, prevede l'aggiornamento delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche e terapeutiche derivanti dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali ed internazionali, l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA), con l'inserimento delle prestazioni per la diagnosi precoce, la cura e il trattamento individualizzato, nonché il conseguente adeguamento, da parte delle Regioni, dei servizi di assistenza sanitaria e l'individuazione di percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico;

una seconda risposta alle persone con disabilità grave è giunta con l'approvazione della legge 22 giugno 2016, n. 112, recante disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare volta a favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l'autonomia delle persone con disabilità;

per la prima volta sono state introdotte nell'ordinamento specifiche tutele per le persone con disabilità grave in vista del venir meno del sostegno familiare, attraverso la progressiva presa in carico della persona interessata già durante l'esistenza in vita dei genitori. La legge ha inoltre istituito un Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare per attivare e potenziare programmi di intervento volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità e per realizzare interventi innovativi di residenzialità, con l'importante obiettivo per i disabili di una vita il più possibile autonoma;

inoltre, la legge 22 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016), ha istituito il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, con una dotazione di 5 milioni di euro all'anno, aumentati di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio per il 2018);

tuttavia c'è ancora molto da fare;

i disturbi dello spettro autistico, infatti, non sono sempre trattati nel modo più appropriato e, nonostante alcune realtà eccellenti presenti nel territorio nazionale, le persone con questi disturbi e le loro famiglie spesso non trovano risposte adeguate nel sistema di welfare del nostro Paese;

secondo quanto stabilito dalla legge 18 agosto 2015, n. 134, il Servizio sanitario nazionale dovrebbe garantire alle persone con disturbi dello spettro autistico le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche;

l'identificazione precoce dell'autismo deve rappresentare la prima sfida importante, perché dà la possibilità di una presa in carico in un'età dove i processi di sviluppo possono ancora venire modificati, apportando progressi significativi sul piano cognitivo, emotivo e sociale. La comunità scientifica afferma che la diagnosi precoce (entro i primissimi anni di vita) e un trattamento appropriato di natura tempestiva, intensiva e continuativa può ridurre considerevolmente quelle disabilità funzionali e comportamentali proprie dei disturbi dello spettro autistico;

nonostante gli importanti passi in avanti fatti grazie alla legge approvata nella XVII Legislatura, è necessario dare migliore attuazione alle linee guida e omogeneità di trattamento in tutte le Regioni;

per i suddetti motivi si ritiene necessario costituire una Commissione speciale con compiti di analisi, approfondimento e ispezione sulle materie concernenti l'autismo e altre disabilità, nonché funzioni di assistenza alle loro famiglie;

la Commissione sarebbe chiamata a: a) monitorare l'applicazione delle norme nazionali e regionali concernenti la prevenzione, la diagnosi e la riabilitazione dei soggetti con autismo e altre disabilità; b) individuare proposte per rendere più accessibili le terapie cognitivo comportamentali per le persone affette da autismo e migliorare la qualità di vita dei soggetti con altre disabilità; c) promuovere la realizzazione sul territorio di servizi per la riabilitazione delle persone affette da autismo e altre disabilità; d) incentivare progetti nazionali e internazionali di ricerca; e) favorire l'accessibilità e la diffusione delle informazioni relative all'autismo e ad altre disabilità; f) promuovere programmi di inserimento nella vita sociale delle persone affette da autismo e altre disabilità; g) promuovere programmi di assistenza alle famiglie delle persone affette da autismo e altre disabilità; h) valutare lo stanziamento di ulteriori risorse utili a finanziare i progetti previsti dalla legge n. 112 del 2016,

delibera di istituire una Commissione speciale ai sensi dell'articolo 24 del Regolamento per le questioni concernenti l'autismo e altre disabilità, costituita da 20 senatori nominati dal Presidente del Senato in proporzione al numero dei componenti dei Gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo. La Commissione elegge tra i suoi membri l'Ufficio di Presidenza composto dal Presidente, da due vice presidenti e da due segretari. La Commissione opera in piena autonomia e favorisce iniziative mirate a migliorare la qualità di vita delle persone affette da autismo. La Commissione ha compiti di ricerca, analisi e approfondimento sulle materie concernenti l'autismo ed altre disabilità. Per il raggiungimento di queste finalità essa, quando lo ritenga utile, può svolgere procedure informative, ai sensi degli articoli 46, 47 e 48 del Regolamento; formulare proposte e relazioni all'Assemblea, ai sensi dell'articolo 50, comma 1, del Regolamento; votare risoluzioni alla conclusione degli affari ad essa assegnati, ai sensi dell'articolo 50, comma 2, del Regolamento.

(1-00106)

BERNINI, MALAN, PICHETTO FRATIN, SCIASCIA, CONZATTI, PEROSINO, ROSSI, DAMIANI, FANTETTI, FERRO, SACCONE, AIMI, ALDERISI, BARACHINI, BARBONI, BATTISTONI, BERARDI, BERUTTI, BIASOTTI, BINETTI, CALIENDO, CANGINI, CARBONE, CAUSIN, CESARO, CRAXI, DAL MAS, DE POLI, DE SIANO, FAZZONE, FLORIS, GALLIANI, GALLONE, GASPARRI, GHEDINI, GIAMMANCO, GIRO, LONARDO, MALLEGNI, MANGIALAVORI, MASINI, MESSINA Alfredo, MINUTO, MODENA, MOLES, PAGANO, PAPATHEU, PAROLI, QUAGLIARIELLO, RIZZOTTI, ROMANI, RONZULLI, SCHIFANI, SERAFINI, SICLARI, STABILE, TESTOR, TIRABOSCHI, TOFFANIN, VITALI - Il Senato,

premesso che:

il comma 1 dell'articolo 1 dello statuto della Banca d'Italia stabilisce che: «La Banca d'Italia è un istituto di diritto pubblico»;

l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2014, n. 5 e recante "Disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia", ha ribadito la natura giuridica di istituto di diritto pubblico della Banca d'Italia, che è banca centrale della Repubblica italiana e parte integrante del Sistema europeo di banche centrali;

la Banca d'Italia è inoltre l'Autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico in materia bancaria, disciplinato dal regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013. È indipendente nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze, in coerenza con quanto previsto per la BCE dal Trattato UE;

l'articolo 4, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, recante "Approvazione del Testo unico delle norme di legge in materia valutaria", come sostituito dall'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43, recante "Adeguamento dell'ordinamento nazionale alle disposizioni del trattato istitutivo della Comunità europea in materia di politica monetaria e di Sistema europeo delle banche centrali", dispone che: "La Banca d'Italia provvede in ordine alla gestione delle riserve ufficiali, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 31 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea". L'articolo sostituisce la previgente disposizione del Testo unico delle norme di legge in materia valutaria, secondo cui le riserve valutarie ufficiali erano gestite dall'Ufficio italiano dei cambi, e dalla Banca d'Italia per gli interventi sul mercato dei cambi, per esigenze connesse con gli impegni internazionali e per le operazioni ordinarie. La modifica si rese necessaria in quanto, in seguito all'introduzione della moneta unica, le riserve valutarie ufficiali possono essere detenute e gestite esclusivamente dalle banche centrali dell'Eurosistema;

la Banca d'Italia detiene e gestisce le riserve nazionali in valuta e oro. In base all'articolo 127 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex art. 105 del Trattato sull'Unione europea), esse costituiscono parte integrante delle riserve dell'Eurosistema, congiuntamente alle riserve delle altre BCN e a quelle di proprietà della BCE. Una quota delle riserve in valuta della BCE, conferite all'avvio della terza fase dell'Unione economica e monetaria da ogni BCN in ragione della "chiave capitale", è gestita dalla Banca d'Italia sulla base di linee guida fissate dal consiglio direttivo della BCE;

l'Italia possiede 2.451,8 tonnellate (metriche) di riserve auree. Se le cifre sono corrette, si tratterebbe della quarta somma più alta dopo la Germania, gli Stati Uniti e il Fondo monetario internazionale. Saremmo il Paese custode del terzo ammontare di oro al mondo. Al contrario della maggior parte delle nazioni, in cui le riserve auree sono di proprietà dello Stato, ma gestite dalla banca centrale, in Italia la banca centrale detiene e custodisce l'oro allo stesso tempo;

le riserve auree della Banca d'Italia sono parte integrante delle riserve valutarie ufficiali detenute ai sensi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e dello Statuto del Sistema europeo delle banche centrali e della BCE, che includono la detenzione e la gestione delle riserve valutarie ufficiali tra i compiti fondamentali svolti dall'Eurosistema, a cui partecipano la BCE e le banche centrali dei paesi la cui moneta è l'euro;

considerato che:

l'eventuale utilizzo delle stesse per la riduzione del debito pubblico, non solo avrebbe un impatto assolutamente teorico, in quanto legato all'attuale prezzo di mercato dell'oro, sullo stesso del 4,5 per cento al massimo, ma creerebbe una perdita di fiducia nei confronti del nostro Paese;

vale ricordare che lo stesso Governo ha previsto a fine dicembre 2018 un rapporto indebitamento netto/PIL programmatico al 2,04 per cento nel 2019, all'1,84 nel 2020 e all'1,53 nel 2021, cioè un ammontare complessivo superiore a quello che si potrebbe realizzare da qualsiasi tipo di cessione o di altro utilizzo delle riserve auree;

le riserve auree hanno la funzione di rafforzare la fiducia nella stabilità del sistema finanziario italiano e della moneta unica. Questa funzione diviene più importante quando le condizioni geopolitiche o la congiuntura economica internazionale possono generare rischi aggiuntivi per i mercati finanziari (ad esempio, crisi valutarie o finanziarie),

impegna il Governo:

1) ad assumere ogni opportuna iniziativa volta a dare chiarezza interpretativa riguardo alla permanenza pubblica della proprietà delle riserve auree;

2) ad escludere ogni ipotesi di vendita o di cessione delle riserve auree, tantomeno ove il ricavato fosse destinato al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato e ancor meno ove fosse utilizzato alla temporanea disattivazione delle clausole di salvaguardia sull'IVA e sulle accise previste per il 2020 e 2021.

(1-00107)

MALPEZZI, MARCUCCI, STEFANO, VALENTE, COLLINA, FERRARI, BINI, ALFIERI, BELLANOVA, BITI, BOLDRINI, COMINCINI, CUCCA, D'ALFONSO, D'ARIENZO, FARAONE, FEDELI, FERRAZZI, GARAVINI, GIACOBBE, GINETTI, IORI, LAUS, MAGORNO, MANCA, MARGIOTTA, MARINO, MESSINA Assuntela, PARRINI, PATRIARCA, PITTELLA, RAMPI, ROJC, SBROLLINI, SUDANO, TARICCO, VATTUONE, VERDUCCI - Il Senato,

premesso che:

l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola primaria e dell'infanzia, ai sensi dell'articolo 399, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994, ha luogo, per il 50 per cento dei posti, a tal fine annualmente assegnabili, mediante lo scorrimento delle graduatorie di merito concorsuali tramite concorsi per titoli ed esami da bandirsi con cadenza triennale e, per il restante 50 per cento, mediante lo scorrimento delle graduatorie ad esaurimento;

i titoli di accesso alle graduatorie ad esaurimento sono definiti per legge e sono costituiti, per la scuola dell'infanzia e primaria: dall'idoneità concorsuale acquisita fino al concorso 1999/2000; da un titolo di idoneità conseguito attraverso procedure riservate, disposte a suo tempo per legge, per gli aspiranti in possesso di diploma magistrale con almeno 360 giorni di servizio; dalla laurea in Scienze della formazione primaria di "vecchio" ordinamento per tutti i soggetti iscritti ai percorsi entro l'anno accademico 2007/2008 e, in una fascia aggiuntiva, per chi vi si sia iscritto successivamente e abbia conseguito la laurea entro l'anno accademico 2010/2011;

il titolo di accesso ai concorsi per titoli ed esami è costituito dall'abilitazione, ottenuta attraverso il diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002 o attraverso il corso di laurea magistrale in Scienze della formazione primaria;

nel 2017, all'esito di un contenzioso avente per oggetto il valore del diploma magistrale, conseguito entro l'anno 2001/2002, quale titolo di accesso alle graduatorie ad esaurimento, l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha stabilito che il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, non costituisce titolo sufficiente per l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo istituite dall'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge n. 296 del 2006;

l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha ribadito tale orientamento con due ulteriori sentenze, n. 4 e n. 5 del 2019, confermando che "Il solo diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002 non costituisce titolo sufficiente per l'inserimento nelle Gae del personale docente ed educativo";

tali successivi pronunciamenti si sono resi necessari a seguito di un'ordinanza della sesta sezione, la quale, non convinta dell'orientamento assunto dall'adunanza plenaria nel 2017, ha sollecitato una rimeditazione della questione, anche alla luce delle norme emanate successivamente con il decreto-legge n. 87 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2018, recante "Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese";

nei pronunciamenti si legge che la norma non ha "affatto riconosciuto valore abilitante ex se al diploma magistrale, ma ha anzi ribadito la necessità di superare un concorso per accedere ai posti di insegnamento";

quanto alle sentenze passate in giudicato prima dell'adunanza plenaria del 2017, favorevoli all'inserimento dei diplomati magistrali nelle graduatorie ad esaurimento, il Consiglio di Stato ha chiarito che i relativi effetti rimangono circoscritti alle sole parti di quei giudizi;

considerato che:

con il decreto-legge n. 87, al fine di garantire il corretto avvio dell'anno scolastico 2018/2019, è stato previsto un differimento del termine di esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali applicativi delle sentenze pronunciate di 120 giorni dalla data di comunicazione del provvedimento giurisdizionale al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

conseguentemente, i docenti con diploma magistrale presenti nelle graduatorie ad esaurimento sono stati assunti in ruolo con riserva, per cui, dopo l'esecuzione delle sentenze, il loro contratto è stato trasformato in una supplenza al 30 giugno 2019 e i diplomati individuati come titolari di una supplenza annuale al 31 agosto, dopo l'esecuzione delle sentenze, hanno avuto la trasformazione del contratto di una supplenza al 30 giugno 2019;

inoltre, l'articolo 4, comma 1-quinquies, del decreto ha autorizzato il Ministero a bandire un concorso straordinario, in deroga alle ordinarie procedure autorizzatorie, che rimangono ferme per le successive immissioni in ruolo, in ciascuna regione e distintamente per la scuola dell'infanzia e per quella primaria, per la copertura dei posti sia comuni, ivi compresi quelli di potenziamento, che di sostegno. Il concorso è riservato ai docenti in possesso di uno dei seguenti titoli: a) titolo di abilitazione all'insegnamento conseguito presso i corsi di laurea in Scienze della formazione primaria o analogo titolo conseguito all'estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente, purché abbiano svolto, nel corso degli ultimi 8 anni scolastici, almeno 2 annualità di servizio specifico, anche non continuative, su posto comune o di sostegno, presso le istituzioni scolastiche statali, valutabili come tali ai sensi dell'articolo 11, comma 14, della legge n. 124 del 1999; b) diploma magistrale con valore di abilitazione o analogo titolo conseguito all'estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente, conseguiti, comunque, entro l'anno scolastico 2001/2002, purché abbiano svolto, nel corso degli ultimi 8 anni scolastici, almeno 2 annualità di servizio specifico, anche non continuative, su posto comune o di sostegno, presso le istituzioni scolastiche statali, valutabili come tali ai sensi dell'articolo 11, comma 14, della legge n. 124 del 1999;

il concorso ordinario per titoli ed esami, bandito, con cadenza biennale, ai sensi dell'articolo 400 del testo unico e dell'articolo 1, commi 109, lettera b), e 110, della legge n. 107 del 2015, al quale è destinato, al netto dei posti di destinati alle graduatorie di merito 2016 limitatamente a coloro che hanno raggiunto il punteggio minimo previsto dal bando, sino al termine di validità delle graduatorie medesime, il 50 per cento dei posti rimasti vacanti, sarà rivolto a tutti gli abilitati (docenti con diploma magistrale entro l'anno scolastico 2001/2002 e laureati in Scienze della formazione primaria, senza il requisito delle due annualità);

con il decreto ministeriale 17 ottobre 2018 è stato dato avvio alle procedure concorsuali straordinarie per la scuola dell'infanzia e la scuola primaria previste dall'articolo 4, comma 1-quater, lettera b), del decreto-legge n. 87 del 2018;

il concorso, il cui bando è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie speciale, concorsi ed esami, del 9 novembre 2018, è finalizzato al reclutamento a tempo indeterminato sia su posti comuni che di sostegno ed è riservato a chi è in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 3 del bando;

le graduatorie di merito regionali relative al concorso di cui al comma 1-quinquies sono predisposte attribuendo 70 punti ai titoli posseduti e 30 punti alla prova orale di natura didattico-metodologica. Tra i titoli valutabili rientrano il superamento di tutte le prove di precedenti concorsi per il ruolo docente e il possesso di titoli di abilitazione di livello universitario e di ulteriori titoli universitari ed è particolarmente valorizzato, a discapito dei titoli, il servizio svolto presso le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione, al quale sono riservati sino a 50 dei 70 punti complessivamente attribuibili ai titoli;

considerato che:

il principio costituzionale della libertà di educazione sancito dall'articolo 33 della Costituzione trova realizzazione attraverso le scuole statali, le scuole riconosciute paritarie e le scuole non paritarie ai sensi della legge n. 62 del 2000, recante "Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione";

il riconoscimento della parità scolastica inserisce la scuola paritaria nel sistema nazionale di istruzione e garantisce l'equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti, le medesime modalità di svolgimento degli esami di Stato, l'assolvimento dell'obbligo di istruzione, l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale e, più in generale, impegna le scuole paritarie a contribuire alla realizzazione della finalità di istruzione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola;

la circolare ministeriale n. 163/2000 (prot. 63/VD), avente per oggetto le prime indicazioni applicative della suddetta legge, stabilisce che, per il riconoscimento della parità, le istituzioni scolastiche debbano dichiarare che il personale docente è munito di titolo di studio abilitante ovvero di specifica abilitazione;

la legge n. 333 del 2001, recante "Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2001/2002", sancisce la completa equiparazione degli insegnanti nel servizio in scuole statali e paritarie;

l'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 255 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 333 del 2001, ha disposto infatti che, ai fini dell'aggiornamento delle graduatorie permanenti, poi ad esaurimento, i servizi di insegnamento prestati dal 1° settembre 2000 nelle scuole paritarie di cui alla legge n. 62 del 2000 sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali;

il concorso straordinario riservato ai docenti di infanzia e primaria diplomati magistrale entro l'anno scolastico 2001/2002 o laureati in Scienze della formazione primaria con due anni di servizio, di cui all'articolo 4, comma 1-quinquies , del decreto-legge n. 87 citato, riconosce e considera valido soltanto il servizio prestato nelle scuole statali e non quello prestato nelle scuole paritarie;

il bando, dunque, non prevede la valutazione del servizio svolto presso le scuole paritarie nonostante tale servizio risulti valutabile nella tabella di valutazione dei titoli, ma riconosce valido per l'accesso al concorso straordinario il titolo di abilitazione per infanzia e primaria, conseguito all'estero creando un'ulteriore palese incongruità;

considerato inoltre che:

oggi la povertà economica è spesso legata anche a una condizione di povertà educativa: le due si alimentano reciprocamente e si trasmettono da una generazione all'altra. Secondo l'Istat più di un milione di bambini (ovvero il 10 per cento del totale) sono in stato di povertà e senza istruzione;

le conseguenze di tale "impoverimento" sono evidenti e si misurano con i livelli delle competenze: quasi il 20 per cento dei quindicenni non raggiunge la soglia minima in lettura, il 25 per cento in matematica, mentre il tasso di dispersione scolastica è al 13,8 per cento (cioè circa 4 punti percentuali in più rispetto alla soglia minima fissata dalla UE);

nelle regioni dove, rispetto alla media nazionale del 24,7 per cento, la dispersione scolastica è più accentuata, come, ad esempio, in Sicilia e in Campania, il tempo pieno (media nazionale del 35,7 per cento) è presente con basse percentuali (in Sicilia la dispersione è pari al 28,3 per cento e il tempo pieno all'8,2 per cento, mentre in Campania la dispersione è pari al 29,2 per cento e il tempo pieno al 13,7 per cento);

in molti contesti urbani le scuole rappresentano un presidio di legalità, un punto di riferimento e di aggregazione, il luogo del possibile riscatto per tanti giovani;

le aree del Paese, infatti, dove l'istruzione è migliore hanno saputo rispondere in maniera più efficace alla crisi: quanto più i livelli di istruzione e di formazione sono elevati, tanto inferiore è il numero dei soggetti che non ha un'occupazione. Nella stessa misura, tanto più il livello di istruzione è alto, tanto minore è la probabilità di vivere in condizioni di povertà e disagio sociale;

la dispersione è uno degli ostacoli storici alla qualità del nostro sistema di istruzione e di formazione. Riconquistare i giovani alla scuola e ridurre ritardi e uscite precoci è una sfida decisiva per decisori, amministratori, insegnanti e famiglie, non solo per evitare la dissipazione delle risorse comunque investite, ma, anche e soprattutto, per restituire all'educazione e alla formazione il ruolo di spinta per l'avvenire del Paese;

secondo la rivista "Tuttoscuola" per trasformare a tempo pieno le 86.658 classi aperte oggi soltanto al mattino occorrerebbe aggiungere mezza unità di personale a classe, ovvero 43.328 docenti, nonché "spazi didattici e di laboratorio, e poi locali idonei per la mensa. Per alunni che passano le otto ore a scuola serve il servizio di refezione (attualmente è obbligatorio) per assicurare pasti caldi e dietetici";

il 23 settembre 2018, nel corso di un'intervista rilasciata al quotidiano "la Nuova Sardegna", il ministro Bussetti ha dichiarato che "l'unica medicina contro la povertà educativa è fare più scuola. Dare più opportunità ai giovani. Riservare maggiore attenzione alle competenze di base. È mia intenzione lavorare per garantire più tempo pieno, soprattutto alle realtà che ne hanno più bisogno";

rilevato che:

dall'anno scolastico 2019/2020 si dovrà ricorrere alle chiamate dei presidi dalla seconda fascia delle graduatorie d'istituto con il serio rischio di avere cattedre scoperte e senza titolare poiché il concorso riservato coprirà soltanto un posto su cinque;

per poter procedere alle assunzioni da graduatorie del concorso straordinario indetto con decreto del direttore generale n. 1456 del 7 novembre 2018, le graduatorie regionali dovranno essere pronte entro il 30 luglio;

se le procedure concorsuali non saranno al più presto portate a termine sarà molto difficile assicurare la continuità del lavoro per coloro che, per effetto di precedenti sentenze, già ricoprono un incarico di insegnamento, anche a tempo indeterminato;

considerato che:

allo stato attuale i laureati in Scienze della formazione primaria (SFP LM-85bis) non hanno accesso all'esercizio della professione poiché non solo hanno perso, a parità di titolo con i laureati del vecchio ordinamento (laurea quadriennale) immatricolati prima del 2011, la possibilità di trovare un impiego nella scuola pubblica attraverso le "vecchie" graduatorie ad esaurimento e l'opportunità di accedere ad un corso di specializzazione aggiuntivo (semestre) dedicato al sostegno, che era parte integrante del corso di laurea, ma si trovano di fatto "scavalcati" dagli insegnanti con diploma magistrale ricorsisti che continuano ad avere priorità nell'accesso ai ruoli e alle supplenze, pur non avendo superato alcuna selezione ed essendo stati esclusi dalle graduatorie ad esaurimento;

il percorso abilitante quinquennale in Scienze della formazione primaria è stato creato per rispondere alla necessità di garantire alla scuola una professionalità docente adeguatamente formata e selezionata. Questo percorso altamente professionalizzante ha come esclusivo sbocco lavorativo l'insegnamento e prevede il superamento di oltre a 600 ore di tirocinio diretto e indiretto; inoltre l'iscrizione al corso di laurea in Scienze della formazione primaria è subordinata al superamento di un test selettivo con numero programmato nazionale, definito dal Ministero in base al fabbisogno nazionale;

considerato infine che i fatti esposti delineano nel loro insieme un quadro che desta preoccupazione per l'assenza di una visione d'insieme,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative necessarie, al fine di contrastare il fenomeno della dispersione scolastica e della povertà educativa;

2) a consentire alle scuole di procedere, nell'ambito dell'autonomia loro concessa, all'allungamento del tempo scuola nella scuola primaria, alla trasformazione di sezioni della scuola dell'infanzia, funzionanti a tempo ridotto, in sezioni funzionanti a tempo normale, all'allungamento degli orari di funzionamento delle sezioni di scuola dell'infanzia oltre le 40 ore settimanali, e alla riduzione del numero di alunni per classe e sezione;

3) a prevedere, al fine di tutelare la continuità didattica per gli alunni, che il personale già assunto in ruolo a seguito di inserimento con riserva nelle graduatorie ad esaurimento sia mantenuto in servizio, quale supplente annuale, sul posto occupato nell'anno scolastico 2019/2020, fino alla pubblicazione delle graduatorie del concorso straordinario;

4) ad adottare le iniziative necessarie al fine di modificare l'articolo 4 del decreto-legge n. 87 del 2018 nella parte in cui esclude dall'applicazione delle misure i docenti che hanno prestato servizio nella scuola pubblica paritaria, rimediando così a una palese contraddizione;

5) ad adottare le iniziative necessarie al fine di valorizzare i titoli e la professionalità dei laureati in Scienze della formazione primaria, gravemente penalizzati dai fatti esposti, nel rispetto dei profili professionali previsti dalla normativa e dal contratto collettivo nazionale vigenti e, soprattutto, nell'interesse del Paese a realizzare un'accurata selezione degli insegnanti della scuola dell'infanzia e della scuola primaria.

(1-00108)

Interrogazioni

VESCOVI - Ai Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della salute. - Premesso che:

da notizie di stampa dei primi giorni di marzo 2019 si apprende che 12 professori dell'università di Firenze, che lavorano all'ospedale "Careggi", rischierebbero la misura cautelare dell'interdizione dal loro ruolo universitario, per aver influenzato, secondo la procura del capoluogo toscano, le politiche dell'ateneo sui concorsi da bandire e per avere influito sull'esito, elargendo cattedre a soggetti predestinati;

oltre ai professori, l'inchiesta coinvolge anche vertici di Careggi e i loro predecessori;

dalle carte depositate emerge uno spaccato del mondo universitario e ospedaliero che antepone il vantaggio personale alla ricerca scientifica e alla salute dei pazienti;

l'inchiesta è iniziata a seguito della denuncia del professor Oreste Gallo, un professore associato di Otorinolaringoiatria, che per anni ha atteso, invano, che venisse bandita la cattedra da ordinario nel suo dipartimento per partecipare al concorso;

dalla sua denuncia alla Guardia di finanza sono iniziate intercettazioni, telefoniche e ambientali;

come puntualmente riportato dal quotidiano "La Nazione" il 3 e 5 marzo 2019, in un'intercettazione del gennaio 2018 vi sarebbe da parte degli intercettati l'ammissione di perseguire l'obiettivo di impedire la progressione di carriera del professor Oreste Gallo, a causa delle sue condotte censurabili (mobbing a specializzandi, a una ricercatrice e al collega associato), anziché promuovere un'azione disciplinare nei suoi confronti, per paura di una sua reazione;

nonostante le critiche sulla moralità del professor Oreste Gallo, dalle intercettazioni emergerebbe la stima per la sua professionalità, al punto che, se fosse stato bandito un concorso per ordinario in Otorinolaringoiatria, gli intercettati sostengono che lui ne sarebbe il vincitore,

si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo, per quanto di rispettiva competenza, non ritengano opportuno valutare un'azione ispettiva nell'azienda ospedaliero-universitaria di Careggi, al fine di appurare la veridicità o meno dei fatti esposti.

(3-00745)

BELLANOVA, BITI, PITTELLA, STEFANO, ALFIERI, MARINO, LAUS, ASTORRE, MAGORNO, MIRABELLI, D'ARIENZO, RICHETTI, VALENTE, MARGIOTTA, GINETTI, PARENTE, FEDELI, MESSINA Assuntela, GARAVINI, PARRINI, CUCCA, ROJC, BOLDRINI, PATRIARCA, PINOTTI - Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. - Premesso che:

il 7 marzo 2019, il Consiglio dei ministri, nella seduta n. 49, ha approvato il decreto-legge recante "Disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi e di sostegno alle imprese agricole colpite da eventi atmosferici avversi di carattere eccezionale";

nella stessa data, il Ministro in indirizzo ha dichiarato che: "Oggi possiamo finalmente cominciare a lavorare concretamente per risolvere l'emergenza Xylella e gelate in Puglia, la crisi del settore ovino-caprino, e quello agrumicolo. Il ddl crisi sulle emergenze in agricoltura, come avevo promesso, è stato trasformato in decreto legge e approvato in Consiglio dei Ministri. E' stato confermato quello che ho sempre ribadito, ossia che stavamo di fronte a una vera e propria emergenza, e per me quindi lo strumento per uscire dalla crisi non poteva che essere un decreto";

rilevato che:

durante l'incontro dedicato al tema della Xylella del 25 marzo presso la Prefettura di Lecce, richiesto dal Ministro per il Sud, Barbara Lezzi, alcune associazioni di categoria hanno sottolineato che il contagio della Xylella ha già provocato, con 21 milioni di piante infette, una strage di ulivi, lasciando un panorama spettrale. Si sono perdute 20.000 giornate di lavoro e il danno del settore olivicolo è stato stimato per difetto in 1,2 miliardi di euro;

nella giornata di domenica 24 marzo 2019, durante un appuntamento istituzionale a Lecce, le associazioni di categoria e i movimenti degli agricoltori hanno rappresentato al Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, la necessità, tra l'altro, di ridurre al massimo i tempi burocratici del decreto-legge in questione;

considerato che:

da allarmanti notizie riportate sulla stampa pugliese sembrerebbe che la Xylella stia, come era prevedibile, contagiando anche le campagne del nord della Puglia, dopo aver di fatto devastato i territori di Lecce, Brindisi e Taranto;

sempre sui giornali campeggia la notizia che il decreto-legge sulle emergenze in agricoltura registrerebbe inspiegabili ritardi. Il portavoce dei "Gilet Arancioni" ha affermato che: "il decreto legge sulle emergenze agricole, approvato 20 giorni fa e tornato nei giorni scorsi in Consiglio dei Ministri per il presunto inserimento di articoli che non riguardano l'agricoltura, sembra sparito nei meandri dei mille labirinti della burocrazia italiana",

si chiede di sapere:

quali siano le ragioni che hanno finora impedito la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto-legge sulle emergenze agricole, approvato in Consiglio dei ministri il 7 marzo 2019;

se corrisponda al vero che i ritardi nella pubblicazione in Gazzetta Ufficiale siano dovuti al contestato inserimento di norme in materia di "quote latte", con conseguente grave pregiudizio per il rilancio dei settori agricoli in crisi e delle imprese agricole colpite da eventi atmosferici avversi di carattere eccezionale;

se il Ministro in indirizzo, considerati i ritardi già accumulati in merito al problema Xylella, non ritenga di dover assumere iniziative con carattere di estrema urgenza per dare una risposta al territorio e all'economia agricola pugliese gravemente provata da questo problema;

quali misure urgenti intenda adottare per evitare che la Xylella si diffonda negli altri territori della regione Puglia finora non interessati dal problema, nonché nelle altre regioni del Paese.

(3-00746)

PATRIARCA, MALPEZZI, CUCCA, MARINO, D'ARIENZO, FERRAZZI, STEFANO, FEDELI, LAUS, IORI, BOLDRINI, SUDANO, MESSINA Assuntela - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Premesso che:

nel 2016 nasce il progetto, di particolare importanza per il territorio dell'Appennino tosco-emiliano, per l'attivazione di una sezione a indirizzo sportivo sperimentale per gli sport invernali nella sede associata di Pievepelago dell'istituto "A. Cavazzi" di Pavullo nel Frignano (Modena);

il 18 dicembre 2017, nell'ambito della conferenza regionale del sistema formativo, l'assessore per la scuola, formazione professionale, università, ricerca e lavoro Patrizio Bianchi ha annunciato la richiesta, già deliberata, della Provincia di Modena di attivare una sezione a indirizzo sportivo sperimentale per gli sport invernali del liceo scientifico nella sede associata di Pievepelago dell'istituto "A. Cavazzi" di Pavullo nel Frignano;

il progetto di liceo sportivo per gli sport invernali dello "Ski College" dell'Appenino tosco-emiliano con sede a Pievepelago è a valenza nazionale e si candida a essere un punto di riferimento per gli studenti del Centro e Sud Italia;

in quanto sperimentazione, l'iter di approvazione prevede che, dopo l'elaborazione del progetto da parte dell'istituzione scolastica sotto la supervisione dell'ufficio scolastico regionale, l'ufficio stesso invii al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il progetto per l'approvazione;

tra gennaio e giugno 2018 si è concretizzato un intenso lavoro da parte dell'ufficio scolastico regionale e dell'assessorato regionale per la scuola, formazione professionale, università, ricerca e lavoro per definire il progetto sperimentale e individuare le risorse necessarie per realizzarlo;

nel mese di luglio 2018 il progetto definitivo è stato inviato formalmente all'ufficio scolastico regionale;

la Regione Emilia-Romagna sostiene economicamente e con azioni concrete questa iniziativa e ha stanziato risorse pari a 300.000 euro annuali per sostenere l'avvio e il funzionamento della scuola superiore sport invernali e turismo "Ski College";

il percorso nasce a seguito di una precisa proposta delle amministrazioni comunali di Pievepelago (capofila), Fiumalbo e Riolunato che hanno promosso e sostenuto con determinazione l'avvio della progettazione, conscie dell'utilità di creare un'offerta scolastica che consenta di coniugare lo studio con la pratica degli sport invernali;

il progetto è stato condiviso e sostenuto dalla federazione italiana degli sport invernali del Coni;

non è ancora pervenuto, ad oggi, alcun riscontro dal Ministero;

il protrarsi del ritardo ha già penalizzato gli studenti che avevano manifestato l'interesse per questo percorso scolastico, perché alla scadenza delle iscrizioni per l'anno 2019/2020 non si conosceva ancora il parere del Ministro competente,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

se valuti positivamente la proposta di inserimento del progetto Ski College di Pievepelago nella rete nazionale a indirizzo sportivo sperimentale per gli sport invernali che si è già costituita (formata da 7 realtà formative, al momento attuale tutte ubicate nelle aree dolomitiche).

(3-00748)

STEFANO, BELLANOVA - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Premesso che:

il Ministro in indirizzo, in occasione di una conferenza stampa presso l'Associazione della stampa estera a Roma, lo scorso 10 gennaio 2019, ha riferito alcuni dettagli relativi ai contenuti della riforma del Ministero, cui sta lavorando da alcuni mesi, specificando che la sua azione si sta concentrando "sugli snodi più importanti: il ruolo, il numero, l'articolazione delle Soprintendenze";

in un incontro organizzato con le associazioni di professionisti e tecnici del Ministero, svoltosi lo scorso 20 marzo, il Ministro riferiva, riguardo alle Soprintendenze, la decisione di mantenerle sul territorio per assicurare un sistema caratterizzato da un approccio integrato ai temi della tutela e della valorizzazione, che ponga al centro il cittadino. Riferiva, quindi, di un rafforzamento dei responsabili delle aree tematiche e di un aumento del loro numero per offrire una maggiore vicinanza dell'amministrazione alle esigenze locali;

la Puglia ha 3 sedi di Soprintendenze uniche, dislocate nelle città di Bari, Foggia e, quella più recente, Lecce;

considerato che la Soprintendenza unica di Lecce, istituita nel 2016, è frutto di una scelta ponderata, in ragione del suo numero cospicuo di abitanti, della forte concentrazione di monumenti storici e architettonici, e di una vasta estensione territoriale,

si chiede di sapere quali siano le intenzioni del Ministro in indirizzo relativamente alla Soprintendenza di Lecce, considerate, in special modo, le reiterate affermazioni di non voler cancellare le soprintendenze esistenti, ma addirittura di volerne aumentare il numero.

(3-00749)

FERRAZZI - Al Ministro della salute. - Premesso che:

a seguito di una revisione della classificazione delle strutture ospedaliere presenti nel territorio veneto, l'ospedale civile "SS. Giovanni e Paolo" di Venezia, prima considerato come ospedale di primo livello, è stato declassato ad ospedale di base;

tale scelta operata dalla Regione si è basata soltanto sul dato numerico della popolazione residente e non ha tenuto presente anche altri criteri di fondamentale importanza, quali: la specificità veneziana e l'unicità lagunare, le speciali necessità che essa comporta, il numero di turisti presenti in città in ogni periodo dell'anno, le difficoltà oggettive di raggiungere altri presidi in tempi brevi data la particolare morfologia del territorio della laguna, nonché la dinamica di spopolamento in atto nei territori lagunari, e che una siffatta decisione contribuirebbe ad acuire, visto che per avere un servizio efficiente nelle vicinanze i residenti sarebbero costretti a decidere di trasferirsi altrove;

infatti, come previsto dal punto 2.2 dell'allegato al decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, i presidi ospedalieri di base sono quelli aventi un bacino di utenza compreso tra 80.000 e 150.000 abitanti e sono strutture dotate di sede di pronto soccorso con la presenza di un numero limitato di specialità ad ampia diffusione territoriale: medicina interna, chirurgia generale, ortopedia, anestesia e servizi di supporto in rete di guardia attiva o in regime di pronta disponibilità sulle 24 ore di radiologia, laboratorio, emoteca. Devono essere dotati, inoltre, di letti di "osservazione breve intensiva";

i presidi ospedalieri di primo livello, invece, sono quelli aventi un bacino di utenza compreso tra 150.000 e 300.000 abitanti e sono strutture sede di dipartimento di emergenza e accettazione (DEA) di primo livello, dotate delle seguenti specialità: medicina interna, chirurgia generale, anestesia e rianimazione, ortopedia e traumatologia, ostetricia e ginecologia (se prevista per numero di parti all'anno), pediatria, cardiologia con unità di terapia intensiva cardiologica (UTIC), neurologia, psichiatria, oncologia, oculistica, otorinolaringoiatria, urologia, con servizio medico di guardia attiva o di reperibilità oppure in rete per le patologie che la prevedono. Devono essere presenti o disponibili in rete sulle 24 ore i servizi di radiologia almeno con tomografia assiale computerizzata (TAC) ed ecografia, laboratorio, servizio immunotrasfusionale. Per le patologie complesse (quali i traumi, quelle cardiovascolari, lo stroke) devono essere previste forme di consultazione, di trasferimento delle immagini e protocolli concordati di trasferimento dei pazienti presso i centri di secondo livello. Devono essere dotati, inoltre, di letti di "osservazione breve intensiva" e di letti per la terapia subintensiva (anche a carattere multidisciplinare);

come evidente anche dal dettato della normativa, l'allarme lanciato dai cittadini, dalle associazioni di volontariato e dalle associazioni di assistenza ai malati non è quindi una critica legata ad una questione puramente lessicale della dicitura indicata dalle schede ospedaliere, la quale non si può scegliere solo in virtù del bacino di utenza dei residenti, ma vuole sottolineare come, in un territorio particolare come quello della laguna di Venezia, la scelta di declassare l'ospedale SS. Giovanni e Paolo comporterebbe una riduzione dei servizi offerti ai cittadini;

andrebbe piuttosto inserito nella normativa nazionale un principio di specialità, al pari di quello previsto per le aree di montagna, per la città di Venezia da riportare nelle schede sanitarie;

considerato che:

non garantire un ruolo di primo ordine all'ospedale veneziano significa condannarlo ad avere meno risorse;

a Venezia, oltre ai residenti, ci sono circa 10 milioni di turisti all'anno. L'ospedale SS. Giovanni e Paolo deve pertanto far fronte alle esigenze dei propri cittadini e anche a quelle dei visitatori presenti sul territorio in ogni periodo dell'anno;

come denunciano da tempo le associazioni di assistenza ai malati, basta guardare la lungodegenza per capire che le condizioni della struttura e dei lavoratori siano già difficili di per sé per via della mancanza di medici, infermieri, personale sanitario, per la crescita dei tempi di attesa degli esami e delle visite specialistiche, per la decadenza di alcuni padiglioni, nelle strutture, negli spazi e negli arredi. Pertanto, piuttosto che declassare la struttura si dovrebbe lavorare per migliorare e rafforzare i reparti di un ospedale che rende servizio anche ai territori delle isole e del litorale come Punta Sabbioni e Cavallino-Treporti;

è del tutto inaccettabile la scelta di declassare l'ospedale civile di Venezia, non solo perché seppur in regime di risorse limitate esso continua a rappresentare un polo di eccellenza della sanità veneta, ma soprattutto perché è da tempo che si assiste ad un continuo taglio dei servizi sanitari offerti e la scelta riportata nelle schede, purtroppo, non fa altro che confermare questa tendenza, rendendo legittima la preoccupazione dei cittadini;

inoltre, anche nei confronti dell'ospedale "dell'Angelo" di Mestre, così come nei confronti di tutti gli ospedali della Città metropolitana, sarebbe auspicabile da parte della Regione la stessa attenzione avuta nei confronti di altre città e province del territorio veneto,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto riportato e quali atti intenda adottare, o abbia adottato, affinché ci si attivi presso tutti gli organi competenti per trovare un'immediata soluzione che contrasti la decisione di declassare l'ospedale SS. Giovanni e Paolo di Venezia;

se ritenga opportuno intervenire per far sì che anche per la città di Venezia, al pari di quanto previsto per le aree montane, sia stabilito un principio di specialità da riportare nelle schede ospedaliere che permetta di non collegare la classificazione della struttura ospedaliera al solo dato numerico della popolazione residente.

(3-00750)

Interrogazioni orali con carattere d'urgenza ai sensi dell'articolo 151 del Regolamento

ALFIERI, VATTUONE, MALPEZZI, GIACOBBE, PINOTTI, GARAVINI, ROJC - Ai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e della difesa. - Premesso che, a quanto risulta agli interroganti:

in data 27 marzo 2019 è stata approvata dal Comitato politico e di sicurezza della UE, Cops, una proroga di ulteriori sei mesi della missione internazionale "Eunavformed", nota come operazione "Sophia". La proroga comporterebbe, tuttavia, un congelamento della missione, a fronte della decisione assunta dal Cops di ritirare le navi dal mar Mediterraneo;

pertanto, le uniche attività a proseguire saranno quelle di pattugliamento aereo e di addestramento e supporto alla Guardia costiera libica. Il comando della missione continuerà ad essere affidato all'Italia che, su ordine del Cops, ritirerà le navi attualmente in mare;

in merito alle modalità seguite nel rinnovare la proroga, la portavoce della Commissione europea, Maja Kocijancic, ha dichiarato: "Sophia è una missione navale ed è chiaro che senza navi in mare la missione non potrà adempiere pienamente al suo mandato";

dello stesso tenore le parole espresse dalla commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Dunja Mijatovic, che ha affermato: "Prendo nota della decisione del Comitato politico e per la sicurezza delle Ue riguardo all'operazione Sophia. Mi rammarico del fatto che questo condurrà a una ancora maggiore diminuzione delle unità navali nel Mediterraneo che possono assistere il salvataggio delle persone in difficoltà". Dunja Mijatovic, ha inoltre, evidenziato che: "ci sono ancora persone che muoiono nel Mediterraneo, e che questo dovrebbe portare gli Stati ad assicurare sufficienti risorse per salvare vite umane, (...) la decisione di continuare solo con la sorveglianza aerea e la formazione della guardia costiera libica aumenta ulteriormente il rischio che gli Stati Ue, direttamente o indirettamente, contribuiscano al ritorno di migranti e richiedenti asilo in Libia, dove è ben documentato che sono vittime di serie violazioni dei diritti umani";

considerato che in data 10 luglio 2018 gli interroganti hanno presentato l'atto di sindacato ispettivo 3-00070, chiedendo al Governo quali fossero i suoi intendimenti rispetto alla citata missione "Sophia". Rispondendo in 3a Commissione permanente (Affari esteri, emigrazione) in data 18 luglio 2018, all'atto di sindacato ispettivo, il sottosegretario di Stato, Emanuela Del Re, aveva sottolineato come "EUNAVFORMED Sophia abbia una rilevanza strategica fondamentale per l'Italia",

si chiede di sapere:

quali siano le valutazioni dei Ministri in indirizzo in merito ai fatti esposti in premessa;

quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di garantire che il venir meno di un presidio strategico per la sorveglianza in aree cruciali non comporti una ricaduta negativa per la sicurezza del nostro Paese;

quali iniziative intenda, altresì, intraprendere, anche attivandosi presso i nostri partner europei, al fine di garantire che il sostanziale vanificarsi della missione "Sophia" non comporti un arresto nello sviluppo delle politiche di difesa e sicurezza europee.

(3-00747)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

PUGLIA, DONNO, VACCARO, ANGRISANI, GIANNUZZI, LANNUTTI, CORRADO, ANASTASI, SILERI, CASTELLONE, TRENTACOSTE, PIRRO, CASTALDI, LANZI - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Premesso che:

il gruppo "La Doria" nasce negli anni '50 del secolo scorso ad Angri (Salerno) e registra il suo marchio per la vendita sul mercato italiano dei pelati e del concentrato di pomodoro. L'azienda inizia, sin da subito, ad esportare negli Stati Uniti con i marchi degli importatori americani. Negli anni '60 la produzione si diversifica, sviluppando anche la produzione interna di scatole metalliche, e l'esportazione dei prodotti raggiunge il Regno Unito;

la vocazione internazionale del gruppo si amplifica anno dopo anno e nel 1995 l'azienda si quota in borsa. Contestualmente, viene avviata un'importante politica di acquisizioni in Italia e all'estero. La Doria entra con una quota di minoranza nella Delfino SpA, che poi acquisirà l'Althea SpA di Parma (azienda produttrice di sughi pronti), e prende il controllo della Pomagro Srl (azienda produttrice di conserve di pomodoro). Ed ancora, nel 2004 mediante nuove acquisizioni, Sanafrutta SpA-Confruit SpA, il gruppo diventa il secondo produttore italiano di bevande di frutta e primo nel segmento private label;

attualmente, La Doria, primo produttore italiano di polpa, ha aumentato le quote di mercato sia in Italia che all'estero ed è leader nell'export verso Gran Bretagna, Germania, Paesi scandinavi, Australia, Giappone;

la crisi vissuta dallo stabilimento sito ad Acerra (Napoli), di cui si annunciava la chiusura nel mese di settembre 2018, coinvolgeva oltre 70 lavoratori. L'appello lanciato dai lavoratori interessati dalla vicenda, unitamente ai sindacati, era volto a scongiurare il rischio di un ridimensionamento produttivo e occupazionale dell'azienda;

considerato che:

da fonti giornalistiche, unitamente a quanto si apprende dalla popolazione residente, il ridimensionamento è stato superato grazie ai sindacati, ma, anche e soprattutto, grazie all'operato del sindacalista Michele Gaglione;

tuttavia i dipendenti sono stati trasferiti in altri stabilimenti, mentre il sindacalista è stato licenziato a seguito di un suo post sui social network riguardante i trasferimenti dello stabilimento di Acerra, in quanto ritenuto denigratorio dall'azienda;

sulla vicenda interveniva medio tempore anche il segretario generale della Flai Cgil Campania, il quale riteneva il licenziamento del sindacalista atto antisindacale e invitava, di conseguenza, l'azienda a ritirare tale sanzione disciplinare;

ancora oggi non sono ben chiare le motivazioni sottese al licenziamento,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto;

se, nell'ambito delle proprie competenze, intenda porre in essere un approfondimento sulla vicenda, al fine di verificare eventuali comportamenti antisindacali posti in essere dall'azienda.

(4-01500)

GIANNUZZI, PRESUTTO, ANGRISANI, DI MICCO, VACCARO, CASTELLONE, PUGLIA, LICHERI, DONNO, ROMANO, TRENTACOSTE, LEONE, ANASTASI, GIROTTO, ROMAGNOLI, CASTALDI, CORRADO - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'interno e della salute. - Premesso che a quanto risulta agli interroganti il 15 marzo 2019, nel corso della seduta del Consiglio comunale di Napoli, la consigliera Matano prendeva la parola per denunciare con forza la pluridecennale condizione di pericolo per la salute pubblica e di profondo degrado sociale, riportate anche da fonti di stampa ("Il Mattino" del 22 gennaio e del 1° marzo 2019), concernente i cosiddetti "bipiani" del quartiere Ponticelli, appartenente alla VI municipalità del Comune di Napoli;

rilevato che:

per rispondere all'esigenza abitativa scaturita dal violento sisma del 1980, che interessò la città di Napoli, furono costruiti dei container trasformati in abitazioni temporanee per accogliere parte degli sfollati della città;

questi container, di proprietà del Comune di Napoli, furono coibentati nei pavimenti, nelle travi e nei soffitti con lastre di amianto;

ovviamente, ad oggi, queste strutture versano in stato di estremo degrado, sia per quel che concerne l'impiantistica (inclusa l'assenza di un regolare allaccio al sistema fognario), sia per quel che concerne lo stato di estremo deterioramento delle lastre di amianto, con cui sono costruite;

dopo il parziale abbattimento nell'anno 2003, ad oggi, restano in piedi e sono regolarmente occupati 18 container per un totale di 104 unità abitative, che ospitano circa 400 persone;

l'esposizione all'amianto danneggia la salute non solo delle 400 persone che abitano i container, cosa già di per sé indegna di un Paese che vuole definirsi civile, ma anche l'intero quartiere Ponticelli popolato da circa 200.000 persone, dove si sono già registrati casi di patologie e decessi riconducibili ad una prolungata esposizione all'amianto;

la drammatica situazione odierna è evidentemente conseguenza dell'incompetente inadeguatezza delle giunte comunali succedutesi dal 1996 in poi, in quanto, già in quell'anno, la Regione Campania aveva stanziato l'intera somma finalizzata all'abbattimento e alla bonifica del complesso;

il 1° marzo 2019 la Asl NA1 ha diffidato il Comune di Napoli a presentare un piano di sicurezza e a procedere alla rimozione dell'amianto pena, in caso di inottemperanza, la trasmissione degli atti alla Procura di Napoli,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza della situazione esposta;

quali iniziative, per quanto di propria rispettiva competenza, intendano porre in essere per sopperire alle evidenti carenze del Comune di Napoli, al fine di tutelare la salute pubblica e la dignità degli abitanti dei "bipiani" di Ponticelli.

(4-01501)

MALLEGNI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che:

il comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante disposizioni urgenti in materia di IMU, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, dispone che: "a decorrere dal 1° gennaio 2014 sono esenti dall'imposta municipale propria i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati";

tale previsione è analoga a quella già operante per il secondo semestre 2013 e trova la sua esplicitazione nel comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 102 del 2013, che ha previsto per le imprese edili l'esonero, per l'anno 2013, dal pagamento "della seconda rata dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, relativa ai fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati. Per il medesimo anno l'imposta municipale propria resta [comunque] dovuta fino al 30 giugno";

la condizione posta dalla citata disposizione per usufruire dell'esenzione era che i titolari dei beni merce dovessero, in via obbligatoria, presentare apposita dichiarazione IMU per certificare il possesso dei requisiti previsti, nonché illustrare dettagliatamente quali tra gli immobili posseduti avessero diritto all'esenzione. La dichiarazione doveva essere presentata entro il 30 giugno 2013. Qualora tale adempimento fosse stato disatteso, il regime di esonero sarebbe stato disconosciuto, e gli immobili avrebbero continuato ad essere assoggettati ad IMU;

purtroppo è accaduto che moltissime aziende del settore non hanno provveduto a presentare l'obbligatoria comunicazione, ed attualmente gli uffici tributi dei Comuni stanno notificando gli avvisi di accertamento per recuperare l'imposta non pagata dal luglio 2013;

le somme richieste spesso raggiungono cifre notevoli, colpendo ulteriormente un settore che sta attraversando da anni una nota crisi;

una riapertura dei termini di presentazione della richiesta di esenzione potrebbe comportare un notevole beneficio agli operatori del settore, oltre a sanare delle semplici irregolarità formali non dando luogo ad alcuna evasione o sottrazione di materia imponibile,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della problematica esposta e se non intenda intervenire, per quanto di propria competenza, anche attraverso un intervento normativo, volto a risolvere questa incresciosa situazione.

(4-01502)

IANNONE - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che, a quanto risulta all'interrogante:

anche l'ultima domenica di marzo 2019 in costiera Amalfitana (Salerno) è stata all'insegna del caos;

l'enorme flusso di auto riversatosi sulla statale 163 Amalfitana ha causato l'inevitabile blocco del traffico, specie dal bivio di Castiglione ad Amalfi e nulla hanno potuto Vigili urbani e forze interne dei diversi comuni, impegnati a tentare di arginare il fenomeno;

a Castiglione, come riportato dal sito de "Il Vescovado", che ha pubblicato anche un video, nei pressi dell'ingresso alla spiaggetta, poco dopo le ore 13 un'ambulanza con sirene accese è rimasta imbottigliata nel traffico per diversi minuti, senza possibilità di liberarsi;

il conducente ha dovuto cercare ogni varco libero, tra autobus e colonne d'auto in entrambe le direzioni, e l'immancabile groviglio di motorini, per giungere a destinazione;

se in queste prime domeniche di primavera pullman, automobili e altri veicoli restano incolonnati per ore, desta preoccupazione immaginare ciò che potrà accadere durante il lungo ponte di Pasqua, tra il 25 aprile e il 1° maggio, che potrebbe durare ben 13 giorni fila;

la questione non è soltanto di disagio o d'immagine, ma di pubblica sicurezza,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della grave situazione e se ritenga che sia urgente innanzitutto il ripristino del servizio di ausiliari alla viabilità nei punti nevralgici della statale 163 e un piano efficace di contingentamento dei flussi.

(4-01503)

IANNONE - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:

nella notte tra mercoledì 27 e giovedì 28 marzo 2019, alcuni ladri si sono introdotti nella boutique "Charmel", sita in via Carmine, a Salerno, dove è stata rubata varia merce, in particolare borse e abiti, come riporta l'edizione salernitana de "Il Mattino" del 29 marzo;

secondo le prime ricostruzioni, i ladri avrebbero parcheggiato il loro furgone davanti al negozio per poi entrare nell'esercizio commerciale;

amara sorpresa per la titolare, che ha dovuto fare i conti con il negozio saccheggiato: i ladri hanno portato via capi raffinati e costosi, borsoni da viaggio e bigiotteria,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dell'accaduto e quali iniziative intenda intraprendere, visto che da mesi il quartiere Carmine di Salerno è teatro di furti in abitazioni ed esercizi commerciali, senza che si ponga un argine ai delinquenti.

(4-01504)

IANNONE - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Premesso che, a quanto risulta all'interrogante:

i militari delle stazioni Carabinieri forestale di Foce Sele, nell'ambito di controlli del territorio volti a prevenire e reprimere condotte in danno dell'ambiente, hanno accertato lo smaltimento illecito di rifiuti in un'area di discarica abusiva;

grazie all'osservazione del territorio effettuata con l'ausilio di un velivolo, i militari hanno individuato delle anomalie alla località "Tempa di Giampietro - Ionta" del comune di Albanella (Salerno);

giunti sul luogo, all'interno di un'area di proprietà privata, hanno scoperto cumuli di rifiuti abbandonati di varia natura, provenienti da demolizioni edili, terre e rocce da scavo, plastiche di differente origine e tipologia;

i rifiuti erano in parte interrati ed infatti sul luogo i militari hanno individuato tracce di mezzi d'opera idonei allo scavo;

parte dei rifiuti si presentava combusta, anche di recente, ma non più identificabile e, inoltre, parte dell'area era destinata allo smaltimento illecito di reflui zootecnici provenienti da allevamenti della zona e smaltiti in fossi realizzati abusivamente nel terreno e di significative dimensioni e profondità per una superficie complessiva di circa 300 metri quadrati;

le indagini hanno consentito di accertare che l'attività di gestione dei rifiuti sarebbe del tutto abusiva, priva di alcuna autorizzazione ambientale, ed avrebbe prodotto una significativa modifica dei luoghi in area limitrofa al fiume Calore;

a seguito di quanto emerso, i militari hanno proceduto al sequestro dell'intero terreno per un'estensione di 7.300 metri quadrati destinato a discarica abusiva di rifiuti speciali anche interrati e combusti e deferito all'autorità giudiziaria il responsabile,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di questo grave fatto e se risultino gravi conseguenze d'inquinamento per le aree circostanti, in particolare per il fiume Calore.

(4-01505)

MASINI - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Premesso che, secondo quanto risulta all'interrogante:

nei giorni scorsi l'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (ARPAT) ha pubblicato un documento con il quale si rende noto il risultato dei controlli effettuati durante l'anno 2017 sugli impianti di depurazione, che trattano le acque reflue asserviti ai centri abitati con una popolazione superiore ai 2.000 abitanti;

il numero complessivo delle ispezioni effettuate ammonterebbe ad oltre 500, riguardanti 171 depuratori su un totale di 194 impianti, quindi l'88 per cento di quelli censiti in tutta la regione;

i dati sono stati comunicati su base provinciale, di conseguenza, emerge che in provincia di Pistoia vi sono 24 impianti;

dei suddetti impianti esistenti sul territorio pistoiese, solamente 15 sarebbero stati verificati, con 22 ispezioni complessive sulle 509 effettuate, quindi solo il 63 per cento, rispetto al 100 per cento delle province di Arezzo, Firenze, Massa Carrara, Pisa e Prato, ma ben al di sotto dell'80 per cento, come avvenuto a Grosseto, Livorno e Lucca;

quasi un'ispezione su 5 ha fatto emergere violazioni, che hanno prodotto sanzioni amministrative, o notizie di reato penale;

il 30 per cento delle violazioni rilevate ha la maggior incidenza in 4 province e proprio quella di Pistoia risulta fra queste, nonostante gli impianti del pistoiese risultino quelli che sono stati oggetto del minor numero di ispezioni;

dalla tabella riepilogativa allegata al rapporto, emergerebbe che ben 8 impianti sui 15 controllati nella provincia di Pistoia sarebbero stati oggetto di sanzioni amministrative e notizie di reato penale;

dall'analisi delle violazioni per singolo gestore, emergerebbe che sia "Gaia" che "Publiacqua" sarebbero quelli che accumulano il maggior numero delle criticità, ed entrambi operano nella provincia di Pistoia;

recentemente, in un'ampia zona del territorio del comune di Serravalle pistoiese è stato inibito l'uso dell'acqua potabile, in quanto sono stati rilevati livelli inquinanti abnormi, rispetto ai parametri stabiliti dalla legge per l'uso di acqua potabile,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo abbia contezza di quali siano gli impianti non in regola con le normative vigenti e se fra essi vi siano impianti appartenenti al territorio comunale di Pistoia;

nel caso in cui alcuni degli 8 impianti sanzionati siano ubicati nel predetto territorio, quali siano le motivazioni per cui sono stati oggetto di sanzioni o destinatari di eventuali comunicazioni di reato;

se intenda promuovere iniziative atte a chiedere all'ARPAT di provvedere ad allineare il numero e la percentuale delle ispezioni effettuate sul territorio pistoiese almeno alla media regionale, che supera l'85 per cento, anziché l'attuale 63 per cento, come emerge per la provincia di Pistoia;

quali iniziative intenda adottare affinché siano affrontate le problematiche dell'uso di pesticidi ed antiparassitari, così come degli sversamenti industriali, che avvengono sistematicamente nell'intera area metropolitana Firenze-Prato-Pistoia;

quali provvedimenti di propria competenza intenda adottare affinché la Regione Toscana e l'autorità d'ambito delegata dalla stessa provvedano a progettare la realizzazione d'impianti per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, considerato che gran parte dell'indifferenziato oggi viene smaltito fuori regione, con un impatto economico per i cittadini di notevole effetto, tenendo conto che lo smaltimento, per dette cause, è lievitato da 60 euro a tonnellata ad oltre 100 euro a tonnellata.

(4-01506)

IANNONE - Al Ministro per la pubblica amministrazione. - Premesso che, per quanto risulta all'interrogante:

il Comune di Sant'Anastasia (Napoli) fa parte dei Comuni rientranti nell'area vesuviana manifestamente nota quale area economicamente depressa, dove trovare un'occupazione è impresa ardua;

in vista delle prossime elezioni amministrative del 26 maggio 2019 il Comune ha bandito ben cinque concorsi per impiego a tempo determinato e indeterminato dove è stata massiccia la partecipazione tanto da dover procedere con prove preselettive;

queste prove preselettive sono state affidate con incarico diretto alla "Società cooperativa agenzia selezioni e concorsi" con sede legale a Salerno in via San Leonardo 73, la stessa che ha svolto la preselezione presso il Comune di Pimonte (Napoli) per il concorso pubblico di istruttore di vigilanza cat. C;

il segretario generale del Comune di Sant'Anastasia è lo stesso del Comune di Pimonte e le commissioni concorsuali hanno tutte lo presidente (il segretario generale di entrambi i Comuni) ed i componenti nonché gli ausiliari sono a maggioranza funzionari dei due Comuni;

dalle graduatorie, rese pubbliche per legge, si rileva con evidenza che amministratori, loro parenti, funzionari ed ex funzionari, amministratori dei Comuni viciniori, candidati nelle liste che sostenevano il sindaco di Sant'Anastasia nelle precedenti elezioni, risultano aver superato le prove preselettive;

al concorso bandito dal Comune di Pimonte risulta aver partecipato un assessore del Comune di Sant'Anastasia,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo ritenga legittimo ed opportuno che enti locali tengano prove dei concorsi a meno di 60 giorni dalle elezioni amministrative;

se risulti che le procedure concorsuali e le prove svolte si siano tenute nel rispetto della legge in materia, cioè del decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994;

se intenda accertare che le procedure preselettive e la designazione delle commissioni siano avvenute nell'osservanza dei principi di trasparenza, obiettività e terzietà di giudizio a tutela della parità di trattamento fra i diversi aspiranti ad un impiego pubblico.

(4-01507)

DE PETRIS - Al Ministro dell'interno. -

(4-01508)

(Già 3-00444)

AIMI - Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. - Premesso che:

la siccità che da circa cinque mesi sta interessando la bassa modenese, e non solo, sta fortemente penalizzando il settore agricolo. In particolare, nella zona, dove si concentrano le migliori coltivazioni di pere dell'Emilia Romagna, alcuni agricoltori hanno lanciato il loro grido di allarme a mezzo stampa;

la siccità, infatti, mette a rischio le semine primaverili, quelle autunnali dei cereali e delle colture arboree. Gli agricoltori contano sull'erogazione delle acque del Burana attraverso il relativo consorzio che, già nel 2017, salvò di fatto la produzione;

anche nel reggiano Coldiretti ha segnalato che la portata del fiume Po è di 554 metri cubi al secondo, meno rispetto al periodo di agosto 2018, quando la portata media era di 679. Anche le riserve del terreno sono risultate compromesse con un inverno che ha visto cadere il 40 per cento di acqua in meno rispetto alla media stagionale. Nel reggiano, in particolare, il rischio è per le semine primaverili di granoturco, barbabietole, riso e pomodoro;

a Pontelagoscuro (Ferrara), invece, la media storica è di circa 1.533 metri cubi al secondo e il minimo di 698, ma lo scorso 28 marzo la portata è scesa al di sotto con soli 634 metri cubi al secondo. Nello stesso giorno, a Piacenza, la portata media che di solito è intorno ai 930 metri cubi al secondo è scesa a 300, ben al di sotto del minimo storico che è di 375;

altri fiumi, come l'Enza, al confine tra Parma e Reggio Emilia, sono in condizioni di secca con una portata media che dovrebbe solitamente attestarsi intorno ai 17,3 metri cubi al secondo e che invece a fine marzo è arrivata a 0,07;

secondo la Coldiretti regionale, la situazione è grave almeno al pari di quella del 2017, uno degli anni più neri del secolo in fatto di siccità, che provocò ingentissimi danni all'agricoltura stimati in 2 miliardi di euro;

oltre alla siccità, resta il problema di una crisi strutturale del mercato agricolo e ortofrutticolo con prezzi molto al di sotto dei costi di produzione che, per gli agricoltori, sono di appena 0,65 euro al chilo;

altra criticità segnalata è quella del ritardo nell'erogazione dei risarcimenti dei danni come quelli provocati dalla siccità nel 2017; le richieste sono state istruite ma ancora nessun sostegno concreto risulta essere arrivato agli agricoltori;

resta la piaga del batterio "valsa" che sta mettendo in serio pericolo i frutteti,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

se intenda dichiarare lo stato di crisi del settore frutticolo e con quali tempistiche;

quali iniziative intenda assumere per garantire agli agricoltori un'equa remunerazione della produzione;

in relazione agli aiuti per i danni da siccità del 2017, con quali tempistiche preveda che i suddetti aiuti saranno erogati;

se intenda varare politiche di contingentamento della produzione e attivare contributi per gli espianti dei frutteti obsoleti e senza diritto di reimpianto;

quali iniziative intenda assumere per la defiscalizzazione degli oneri sociali per la manodopera;

se intenda assumere iniziative al fine di promuovere, a livello europeo, l'armonizzazione delle normative fitosanitarie.

(4-01509)

GINETTI, GRIMANI - Al Ministro dello sviluppo economico. - Premesso che:

sono in atto profonde trasformazioni nel mercato dell'energia elettrica e dell'intera filiera produttiva e distributiva di riferimento;

sono evidenti i processi di liberalizzazione del settore nell'Unione europea e in Italia;

valutata la strategicità dell'innovazione e degli investimenti per le energie rinnovabili quali fattori di competizione fondamentali;

preso atto della strategia e della mission aziendale del gruppo Enel;

vi sono crescenti preoccupazioni del settore elettrico nel territorio regionale umbro e in particolare in riferimento all'ipotesi di recesso dall'accordo quadro firmato con Enel riguardante il futuro della centrale di Bastardo, frazione di Giano dell'Umbria (Perugia);

è necessario avviare un piano di riqualificazione dei siti Enel esistenti in Umbria (centrale di Bastardo e centrale di Pietrafitta, frazione di Piegaro, Perugia), al fine di rilanciarne funzioni e capacità;

è opportuno realizzare nei siti umbri progetti di riconversione sperimentale improntati alla green economy, con alta efficienza produttiva e tecnologicamente innovativi;

tali siti potrebbero essere utilizzati come base di riferimento per central operation, central maintenance e technical support, nonché per attività di revisione e riparazione e collaudo di macchinari nelle officine presenti in centrale;

è presente dal 1979 all'interno del sito industriale della centrale di Bastardo la scuola di formazione specialistica di Enel, potenziata nel 1991, per la formazione e l'addestramento del personale del gruppo;

considerato che, inoltre, nel sito di Pietrafitta con adeguati investimenti di ammodernamento e potenziamento potrebbe essere realizzato un impianto a ciclo combinato, improntato alla green economy, corredato da un impianto solare e da un impianto di accumulo per l'immagazzinamento dell'energia elettrica;

tale progetto potrebbe rappresentare un'opportunità di riconversione economica e di valorizzazione dell'intero territorio della Valnestore circostante, con la creazione di nuovi posti di lavoro,

si chiede di sapere:

quali provvedimenti il Ministro in indirizzo intenda assumere per sostenere il rilancio e la riqualificazione dei siti produttivi Enel in Umbria di Pietrafitta e Bastardo;

quale sia lo stato di attuazione del progetto "Futur-e" di Enel promosso in Umbria per il sito di Pietrafitta e quali prospettive di coinvolgimento e di collaborazione con le imprese locali ritenga di dover attivare al fine di rilanciare l'occupazione, mantenere il presidio territoriale strategico di produzione di energia elettrica nonché di messa in sicurezza dei siti al fine di potenziare i distretti già esistenti, ancor prima di investire in nuove localizzazioni seguendo la strategia di alta sostenibilità ambientale della green economy.

(4-01510)

CASTIELLO - Al Ministro della salute. - Premesso che:

il fattore tempo è notoriamente determinante nella rete dell'emergenza cardiologica, che irrimediabilmente condiziona la vita del paziente infartuato. Tale obiettivo integra, pertanto, il parametro essenziale dell'individuazione dei bacini di utenza degli ospedali indicati come centri hub della rete di emergenza cardiologica;

il decreto n. 64 del 2018 del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo del servizio sanitario della Regione Campania, con il quale è stato approvato il piano della rete di emergenza cardiologica campana (rete Ima), ha proceduto all'individuazione dei bacini di utenza dell'ospedale di Vallo della Lucania e dell'ospedale di Eboli violando il parametro della parità di accesso alla riperfusione coronarica e della golden hour. Dalla lettura del piano, infatti, emerge che: il comune di Magliano Vetere viene aggregato all'ospedale di Eboli distante 50,8 chilometri, percorribili in 64 minuti, non all'ospedale di Vallo della Lucania da cui dista 20,4 chilometri, percorribili in 37 minuti; il comune di Monteforte Cilento viene aggregato all'ospedale di Eboli che dista 46,7 chilometri, percorribili in 57 minuti, e non all'ospedale di Vallo della Lucania, da cui dista 24,7 chilometri, percorribili in 42 minuti; il comune di Sacco viene aggregato all'ospedale di Eboli da cui dista 82,3 chilometri, percorribili in 72 minuti, e non all'ospedale di Vallo della Lucania, da cui dista 40,9 chilometri, percorribili in 65 minuti; il comune di Valle dell'Angelo viene aggregato all'ospedale di Eboli, da cui dista 58,5 chilometri, percorribili in 84 minuti, e non all'ospedale di Vallo della Lucania da cui dista 30,5 chilometri, percorribili in 53 minuti; il comune di Piaggine viene aggregato all'ospedale di Eboli da cui dista 66 chilometri, percorribili in 100 minuti, e non all'ospedale di Vallo della Lucania da cui dista 36,4 chilometri, percorribili in 68 minuti; il comune di Felitto viene aggregato ad Eboli da cui dista 49,9 chilometri, percorribili in 74 minuti, e non all'ospedale di Vallo della Lucania da cui dista 31,6 chilometri percorribili in 53 minuti; il comune di Laurino viene aggregato all'ospedale di Eboli da cui dista 59,1 chilometri, percorribili in 86 minuti, e non all'ospedale di Vallo della Lucania da cui dista 26,8 chilometri, percorribili in 46 minuti; il comune di Sanza viene aggregato all'ospedale di Eboli da cui dista 89 chilometri, percorribili in 60 minuti, e non all'ospedale di Vallo della Lucania da cui dista 61 chilometri, percorribili in 41 minuti. Per di più, anche i comuni di Capaccio, Buonabitacolo e Trentinara sono equidistanti dai due presidi ospedalieri di Eboli e di Vallo della Lucania, ma, per notorie ragioni di traffico, sono più rapidamente collegati a Vallo della Lucania. Tali comuni, pertanto, non potevano essere dislocati nel bacino di utenza di Eboli, ma, nel rispetto dei criteri del decreto ministeriale. n. 70 del 2015 dovevano e devono essere ricompresi nel bacino di utenza dell'ospedale di Vallo della Lucania;

è evidente, ad avviso dell'interrogante, la radicale illegittimità del decreto commissariale per la violazione dei criteri ministeriali, nonché per difetto di istruttoria e di motivazione;

è altresì evidente la sua radicale invalidità essendo state estromesse completamente le autonomie locali, in spregio all'art. 2, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 502 del 1992 che ha previsto l'istituzione di un'apposita conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale di cui fanno parte come membri di diritto i rappresentanti dei Comuni. In Campania tale conferenza non è stata mai istituita né i rappresentanti degli enti locali sono stati chiamati a prendere parte alla formazione del piano regionale della rete dell'emergenza cardiologica. Il piano è stato unilateralmente disposto ed imposto dall'alto ai Comuni in disapplicazione dei principi di rappresentatività degli interessi delle comunità locali;

il piano della rete di emergenza cardiologica campana, nello smembrare l'ospedale di Vallo della Lucania riducendone il bacino di utenza, viola fondamentali principi costituzionali (in particolare l'art. 32) e il decreto legislativo n. 502 del 1992 e ridonda in grave e serio pericolo per la salute dei soggetti infartuati che si vedono gravemente pregiudicati nell'assistenza ed emergenza sanitaria per gli inevitabili ritardi nella prestazione delle cure, che condizionano irrimediabilmente la loro vita,

si chiede di conoscere quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro in indirizzo affinché venga posto tempestivamente rimedio alle decisioni arbitrariamente assunte dal commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo del servizio sanitario regionale della Campania senza alcun confronto con gli esponenti delle comunità locali.

(4-01511)

GASPARRI, MALLEGNI - Al Ministro della difesa. - Premesso che:

nei giorni scorsi l'Aeronautica militare ha compiuto 96 anni e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha inviato un messaggio al capo di Stato maggiore ringraziando per l'impegno per la salvaguardia dello spazio aereo a tutela della sicurezza del Paese e per il contrasto alla minaccia terroristica;

da un articolo di stampa si apprende che, a causa dei tagli al comparto difesa, ci sarebbero difficoltà anche per l'acquisto del carburante degli aerei;

le risorse per il comparto, infatti, risultano ridotte del 66 per cento;

persino i voli di addestramento dell'Aeronautica militare sarebbero stati ridotti;

sempre dalla stampa, emerge che per gruppi elettrogeni, mezzi di soccorso, potabilizzatori d'acqua, cucine da campo e altre attrezzature era stata effettuata una richiesta base di 1.500.000 euro, ma ad oggi gli stanziamenti sono pari a zero;

per le infrastrutture, nel bilancio ordinario, rispetto ai 50-60 milioni di euro di 10 anni fa, per il 2019 erano stati previsti 17.680.000 euro, ma nella realtà ne sarebbero stati stanziati 5.304.000; per le bonifiche ambientali si sarebbe passati dai 2 milioni di euro ai 600.000 euro; per i mezzi antincendio si andrebbe da 2 milioni di euro a zero; per la manutenzione di hangar e attrezzature si passerebbe da un milione e mezzo di euro a zero;

lo stesso capo di Stato maggiore della difesa, generale Enzo Vecciarelli, aveva espresso, nel corso di un'audizione in Parlamento, l'esigenza di risorse economiche adeguate;

grande preoccupazione è stata manifestata anche dai rappresentanti del Cocer aeronautica che lamentano la possibilità di non riuscire a pagare neanche le utenze di luce e gas,

si chiede di sapere:

se quanto riportato dalla stampa e lamentato dai rappresentanti dell'Aeronautica corrisponda al vero;

quali iniziative urgenti il Ministro in indirizzo intenda adottare per evitare la paralisi operativa dell'Aeronautica militare e la mortificazione delle donne e degli uomini in divisa.

(4-01512)

ENDRIZZI, CASTELLONE, SILERI, PISANI Giuseppe, MARINELLO, DI MARZIO, MAUTONE - Al Ministro della salute. - Premesso che:

negli ultimi anni, in alcune regioni, tra cui il Veneto, per la costruzione (o anche per la ristrutturazione) di ospedali, le amministrazioni regionali e le aziende sanitarie si sono affidate alla tecnica finanziaria del cosiddetto project financing (PF) o "finanza di progetto". Con questa formula si attribuisce la possibilità ad un soggetto privato, definito "promotore", di realizzare opere pubbliche attraverso un contratto di compartecipazione pubblico-privato, in cui il privato finanzia l'opera, o una parte della stessa, in cambio di un canone e/o della gestione di servizi che, negli ospedali, riguardano in genere attività non sanitarie. Il ricorso per la costruzione di ospedali alla tecnica della finanza di progetto viene in genere giustificata con il finanziamento che assicurano i privati all'opera, per il quale è prevista e coerente, una remunerazione solo a fronte di un rischio di impresa;

i contratti stipulati garantiscono invece ai soggetti privati clausole di salvaguardia che spostano ogni rischio sul contraente pubblico, il quale si impegna a coprire eventuali mancati gettiti con fondi pubblici. A fronte di ciò, a parere degli interroganti non appaiono giustificati rendimenti impliciti e garantiti che si aggirano non di rado intorno al 7-8-9 per cento, ben superiori a qualsiasi tasso di finanziamento a cui potrebbero accedere le pubbliche amministrazioni, con punte del 18-19 per cento, se si considerano tutte le circostanze previste, collocandosi addirittura oltre il tasso usurario;

in base ai vincoli contrattuali sottoscritti, la suddetta tecnica del project financing determina per le aziende sanitarie costi di gestione che, in taluni casi, sono superiori rispetto alla vecchia gestione interna o rispetto al precedente sistema dell'appalto, a seconda dei contesti, del 30, 40, 50 per cento e per la durata di decenni. Risulta ancora che l'aumento di tali costi comporti pesanti squilibri nei bilanci delle relative aziende sanitarie e della stessa Regione Veneto, andando direttamente e indirettamente a ridurre le risorse per i livelli quantitativi e qualitativi dell'assistenza, con possibili sperequazioni in tali livelli tra territori diversi;

a livello Eurostat, il finanziamento del privato non viene computato nel debito pubblico se il privato si accolla almeno due dei tre rischi connessi all'adozione del PF: il rischio di costruzione, il rischio di disponibilità? e il rischio di domanda. La decisione Eurostat, dell'11 febbraio 2004, prevede che i beni (assets) oggetto di tali operazioni non vengano registrati nei conti delle pubbliche amministrazioni, ai fini del calcolo dell'indebitamento netto e del debito, solo se c'e? un sostanziale trasferimento di rischio dalla parte pubblica alla parte privata;

sulla incompatibilità della finanza di progetto nella costruzione di ospedali (rientranti nelle cosiddette opere fredde), si è duramente espressa la Corte dei cConti, la quale ha evidenziato che nelle fattispecie in esame non si generano flussi di entrate che possano sostenere correttamente il finanziamento del progetto; conseguenza di questo è la definizione di accordi che, nell'individuare flussi alternativi, scaricano tuttavia sul pubblico i rischi di impresa. In questa situazione, il project financing perde ogni sostenibilità e opportunità, costituendo per il privato una fonte di rendita garantita e per il soggetto pubblico uno strumento di elusione del patto di stabilità interno, nell'immediato, e un aumento di costi e debito pubblico per il futuro (ex multis Corte dei conti, sezioni riunite in sede di controllo, delibera n. 15/2010; Corte dei conti in sezione regionale del controllo per l'Emilia - Romagna deliberazione n. 5/2012/PAR);

anche in Veneto la magistratura contabile da tempo ha manifestato grandi perplessità sul sistema del project financing nell'ambito ospedaliero, evidenziandone le relative criticità. In particolare il procuratore regionale della Corte dei conti del Veneto ha avuto modo di affermare che lo strumento del project financing non è generalmente adatto per le opere cosiddette "fredde", come gli ospedali; è una operazione a "debito", il cui importo va a incrementare il debito pubblico; nei contratti della sanità veneta il privato si è assunto solo il rischio di costruzione, "per il resto si tutela bene inserendo nel contratto clausole che di fatto annullano i rischi", concordando "penali molto contenute, in qualche caso insignificanti; "in tal modo l'opera finisce di costare molto di più del previsto aggravando il debito dell'ente pubblico"; i maggiori costi di strutturazione (costi legali, tecnici e finanziari, costi assicurativi, commissioni varie) e la rigidità della struttura sono i "principali svantaggi" (Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti del Veneto, intervento del procuratore regionale per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2014; delibera n. 196/2018/PRSS Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto). In particolare, la Corte dei conti ha di recente invitato a monitorare con attenzione i costi della finanza di progetto relativi alle ex aziende sanitarie n. 4 Alto Vicentino (ora incorporata nell'azienda sanitaria n. 7 Pedemontana) e n. 12 Veneziana (ora azienda sanitaria n. 3 Serenissima), costi "che al momento non trovano sufficiente copertura nei ricavi delle aziende e vengono coperti dai contributi in conto esercizio erogati dalla Regione a posteriori, in sede di individuazione della perdita di bilancio" (delibera n. 196/2018);

in particolare, nel project financing di Santorso (Vicenza) il contratto prevede che i canoni (sia il "canone di disponibilità" che i canoni di noleggio come pure i canoni per la gestione dei servizi) siano rivalutati ogni anno applicando l'89,95 per cento della variazione dell'indice NIC (l'aumento generato da questa clausola è stato dal 2007 al 2012 del 12,2 per cento, cioè si è passati dai costi complessivi pari a 31.680.341 del 2007 ai 36.228.503 del 2012);

infine il Codice dei contratti pubblici prevede che: "Il verificarsi di fatti non riconducibili al concessionario che incidono sull'equilibrio del piano economico finanziario può comportare la sua revisione da attuare mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio. La revisione deve consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo all'operatore economico e delle condizioni di equilibrio economico finanziario relative al contratto" (art. 165, comma 6, del decreto legislativo n. 50 del 2016);

in Regione Veneto è già stato rinegoziato il contratto di progetto relativo all'ospedale dell'Angelo di Mestre (Venezia), oggetto di ripetute denunce della stampa locale nonché contestato dalla magistratura contabile;

alla luce di ciò, a giudizio degli interroganti, appare inspiegabile che le Regioni non operino per tutti i contratti in essere un'analisi estesa e approfondita delle relative clausole contrattuali e, laddove risultino del tutto sfavorevoli per le aziende sanitarie, non mettano in atto ogni iniziativa al fine di rinegoziare i contratti suddetti,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto;

quali iniziative intenda porre in atto, nell'ambito delle proprie competenze, per verificare la rispondenza delle pratiche finanziarie suddette ai vincoli costituzionali del buon andamento della pubblica amministrazione, con particolare riguardo ai criteri di economicità, efficacia ed efficienza, e agli obblighi di tutela della salute e della parità di diritto di accesso alle prestazioni su tutto il territorio, nonché alla giurisprudenza e alle indicazioni della magistratura contabile;

se non intenda attivarsi per sollecitare le Regioni a una revisione ed eventualmente rinegoziazione dei rapporti contrattuali in essere.

(4-01513)

NASTRI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che:

il 28 marzo 2019, nel corso della riunione tra la Conferenza Stato-Città e l'Associazione nazionale del Comuni italiani, il vice presidente vicario Pella e gli altri rappresentanti dell'associazione (il vice presidente e sindaco di Livorno Nogarin ed il sindaco di Novara Canelli) hanno evidenziato la necessità dell'emanazione del decreto attuativo per l'avvio della rinegoziazione dei mutui da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, che sarebbe dovuto essere operativo entro lo scorso 28 febbraio;

hanno inoltre rilevato l'esigenza di introdurre un provvedimento per riaprire i termini per la richiesta delle anticipazioni di liquidità nei riguardi della Cassa depositi e prestiti sullo smaltimento dei debiti commerciali, anche quelli scaduti alla fine del mese di febbraio, in modo da consentire a più enti possibile di far fronte al pagamento dei debiti commerciali;

lo stesso Pella ha sollecitato altresì il Governo, affinché sia emanato al più presto il decreto attuativo previsto dalla "legge Realacci" di cui alla legge n. 158 del 2017 per sbloccare i 60 milioni di euro già stanziati e fermi da ormai 14 mesi;

l'Associazione ha inoltre ottenuto la convocazione di un tavolo tecnico insieme al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e al Ministero dell'economia, per trattare la questione del rimborso dei pasti al personale statale docente e ATA della scuola e dell'incremento delle risorse stanziate, il cui importo complessivo attualmente stanziato, pari a 62 milioni di euro, risale al 1999 e il suo adeguamento appare quanto mai necessario, secondo quanto rileva la stessa Anci, considerato che a questa situazione di criticità si aggiunge l'ulteriore costo che deriverà, a partire dal prossimo anno scolastico, in ragione dell'aumento del tempo pieno nella scuola primaria: 2.000 classi in più che comporteranno (secondo una stima dell'Anci) un costo aggiuntivo che si aggira intorno ai 6 milioni di euro;

a giudizio dell'interrogante, le necessità evidenziate in relazione alle tematiche legate alla finanza locale appaiono condivisibili ed urgenti, considerato che il decreto attuativo sulla rinegoziazione dei mutui risulta particolarmente atteso dagli enti locali, sia per le finalità previste, che per le recenti decisioni di politica economica e fiscale da parte del Governo Conte, introdotte dalla legge di bilancio per il 2019, che hanno certamente penalizzato i Comuni italiani, se si valuta la grave stretta operata sulla spesa corrente, nonché il concorso di misure indubbiamente sfavorevoli, che non consentiranno di migliorare le condizioni già precarie della finanza comunale;

la necessità di emanare in tempi rapidi il decreto attuativo risulta pertanto indifferibile, considerate le osservazioni esposte e soprattutto in relazione all'analisi, da parte dei Comuni, che evidenzia come gli stessi enti locali hanno contribuito di più negli anni alle politiche di risanamento dei conti pubblici sia in termini assoluti che proporzionali, in rapporto agli altri livelli della pubblica amministrazione,

si chiede di sapere:

quali valutazioni il Ministro in indirizzo intenda esprimere;

quali sia la motivazione per la quale il decreto attuativo non è stato ancora emanato, considerato che la scadenza prevista era stabilita al 28 febbraio 2019;

se non ritenga urgente ed opportuno prevedere in tempi rapidi la pubblicazione, considerato che tale disposizione normativa è particolarmente attesa e richiesta da parte dei Comuni italiani, nell'ambito delle prossime decisioni di finanza locale.

(4-01514)

VALLARDI, BERGESIO, SBRANA, RIPAMONTI - Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. - Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:

il 19 gennaio 2019 è stata presentata ad Oslo la "commissione EAT-Lancet su alimentazione, pianeta e salute", che si propone di "trasformare il sistema globale della nutrizione". Tale commissione dispone di straordinarie risorse economiche grazie alla partnership con il "Wellcome trust fund" che, con i suoi 30 miliardi di dollari, costituisce la seconda fondazione più ricca del mondo, e grazie al sostegno di 7 grandi compagnie farmaceutiche, 20 multinazionali del settore alimentare e 14 colossi del settore chimico;

con il pretesto di garantire la sostenibilità del pianeta e una maggiore salubrità nella dieta delle persone, essa intende imporre comportamenti alimentari lontanissimi dal modello della dieta mediterranea, e potenzialmente devastanti per l'intera filiera agroalimentare del nostro Paese;

la dieta suggerita è sostenuta solo da studi epidemiologici, notoriamente ai livelli più bassi della piramide dell'evidenza scientifica, senza che gli autori menzionino un singolo trial clinico che ne certifichi l'efficacia o la salubrità;

diversi studiosi hanno già rilevato le notevoli carenze nutrizionali della dieta proposta dalla commissione EAT Lancet, in particolare per quanto riguarda l'apporto di retinolo, vitamina D, vitamina B12, sodio, ferro, calcio, potassio e proteine;

la commissione non intende solo proporre un certo tipo di dieta, ma ha l'intento di arrivare all'approvazione di una "convenzione quadro internazionale sui sistemi alimentari" ispirata a quella stipulata nel 2003 da tutti i Paesi dell'Onu sul controllo del tabacco, che prevede misure durissime verso i produttori e pesanti costi per i consumatori;

i passaggi attraverso cui la commissione vorrebbe realizzare i propri piani sono gravemente lesivi della libertà di scelta del consumatore, al punto da prevedere prima una "guida delle scelte attraverso incentivi", poi una "guida delle scelte attraverso disincentivi", poi la "restrizione delle scelte" tramite l'esclusione dal mercato di determinati prodotti, per arrivare fino alla "eliminazione della scelta" dei consumatori, che verrebbero indirizzati dallo Stato verso "scelte salutari";

secondo la commissione le aziende che producono alimenti "inappropriati", ovvero prodotti di origine animale, ricchi di sale, zucchero o grassi saturi e ritenuti non sostenibili sul piano ambientale, dovrebbero ritirarsi dal mercato o diversificare il proprio business;

la Commissione si serve inappropriatamente di organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, l'Organizzazione mondiale della sanità, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo, per tenere i propri eventi di lancio;

nel corso della presentazione del Global nutrition report 2018 al World food program, sono state rese dichiarazioni secondo le quali i prodotti confezionati non sono allineati a diete salutari e per questo motivo si dovrebbero adottare strumenti volti a ridurne il consumo ovvero la riformulazione dei prodotti (volontaria o obbligatoria), l'applicazione di tasse, l'adozione di un sistema di etichettatura a semaforo e restrizioni al marketing delle aziende. Strumenti che sarebbero in contrasto con il contenuto di un ordine del giorno approvato all'unanimità, a dicembre 2018, dal Parlamento italiano, con il quale si impegna il Governo a tutelare, in tutte le sedi internazionali, in particolare nell'ambito dell'Onu e delle sue principali agenzie, le nostre tradizioni alimentari, il settore agroalimentare e la dieta mediterranea,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia al corrente dei fatti esposti e come intenda agire, nelle opportune sedi, a tutela della filiera agroalimentare del nostro Paese nei confronti di un modello contrario alle abitudini e alle tradizioni alimentari della stragrande maggioranza degli italiani e alla dieta mediterranea;

se intenda promuovere una campagna di informazione che consenta ai cittadini di valutare in modo obiettivo le proposte della commissione EAT-Lancet, al fine evitare che i consumatori possano mettere in atto comportamenti alimentari potenzialmente nocivi per la salute;

se si sia già attivato al fine di contestare l'usurpazione di sedi e programmi di organismi internazionali da parte della commissione EAT-Lancet, senza alcuna autorizzazione da parte degli Stati membri.

(4-01515)

DE POLI - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che a quanto risulta all'interrogante:

le attuali vie di comunicazione tra Padova e Bassano del Grappa, la SS47 e la SP 97, sono al limite del collasso;

il tratto della strada statale 47 che congiunge la città patavina, passando per Cittadella, a Bassano del Grappa e la strada provinciale 94 che va da Limena a Carmignano di Brenta fino a Cartigliano con innesto nella Pedemontana veneta, hanno flussi giornalieri di veicoli, molti dei quali mezzi pesanti, elevati (38.000 nella strada provinciale 94 e circa 48.000 nella strada statale 47);

da oltre dieci anni i sindaci dei comuni dell'Alta padovana attendono che venga realizzato un moderno collegamento viario tra le due località situate in una delle aree più urbanizzate e industrializzate del Veneto, con il più alto Pil del Nord-Est,

si chiede di sapere:

quali siano i progetti già finanziati e non ancora realizzati per la strada Valsugana;

se il Ministro in indirizzo non reputi necessario intervenire con la massima urgenza per tutelare la sicurezza e l'incolumità di quanti percorrono giornalmente le strade citate ed evitare, inoltre, che uno dei territori più produttivi d'Italia, in assenza di adeguate infrastrutture, rimanga fuori dai principali corridoi commerciali europei.

(4-01516)

DE POLI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che:

la legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145 del 2018) ha istituito un fondo di indennizzo da 1,5 miliardi in tre anni, per risarcire i risparmiatori "truffati" dalle banche, delegando ad un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze la definizione dei dettagli;

il motivo del ritardo nell'erogazione dell'indennizzo, dovuto all'interlocuzione con la Commissione europea, necessaria per rispettare nelle norme attuative le regole europee in materia, sembrerebbe superato;

la mancanza di liquidità sta costringendo molte aziende del Veneto a chiudere l'attività,

si chiede di sapere se il Governo non reputi assolutamente indispensabile licenziare al più presto il decreto attuativo che renderà, finalmente, possibile il risarcimento a tutte le imprese e alle migliaia di risparmiatori, che hanno subito un gravissimo danno economico.

(4-01517)

DE POLI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che:

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale si è pronunciato a favore del ricorso n. 10028/2018 proposto dal Comune di Padova contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero dell'interno, la Conferenza Stato-Città e autonomie locali, la commissione tecnica per i fabbisogni standard del Ministero dell'economia, per la riforma previa sospensione dell'efficacia della sentenza del Tar Lazio, sez. I, n. 5114/2018, e per l'annullamento previa sospensione del decreto del Ministero dell'economia 13 maggio 2016, recante "Integrazione al decreto 11 marzo 2015 e alla nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e aggiornamento della stima delle capacità fiscali per singolo comune delle regioni a statuto ordinario", del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 maggio 2016, recante "Fondo di solidarietà comunale. Definizione e ripartizione delle risorse spettanti per l'anno 2016", e della relazione del Ministro dell'economia del 13 maggio 2016 in ordine allo schema di decreto ministeriale recante adozione di un'integrazione della nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e dell'aggiornamento della stima delle capacità fiscali per singolo comune delle regioni a statuto ordinario, di cui all'articolo 1, comma 380-quater, della legge 24 dicembre 2012, n. 228;

il decreto ministeriale 13 maggio 2016, con cui è stata adottata la nota metodologica 2016, è stato utilizzato per ripartire il 30 per cento per l'anno 2016 dell'importo attribuito a titolo di i Fondo per lo sviluppo e la coesione sulla base della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard. La dotazione del FSC 2016 è stata quindi ripartita per il 70 per cento attraverso il criterio delle risorse storiche e per il 30 per cento attraverso il criterio dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali, non considerando in alcun modo l'effetto distorsivo derivante dal mancato aggiornamento dei valori catastali, penalizzando oltremodo il Comune di Padova;

è risaputo come in moltissimi Comuni i dati catastali siano del tutto distanti dai veri valori di mercato, con il risultato che contribuenti con la stessa capacità contributiva, rappresentata nel caso specifico dal valore di mercato dell'immobile di proprietà, sono tassati su una base imponibile sottostimata, creando un'iniqua distorsione tra valori catastali e di mercato che aumenta al crescere di questi ultimi;

il Comune di Padova, grazie ad un continuo processo di rivalutazione dei valori catastali, ha ristabilito una generale equità orizzontale e verticale nel sistema della finanza locale mentre i Comuni che negligentemente non hanno provveduto a farlo paradossalmente hanno decurtazioni inferiori: ne deriva un irragionevole incentivo per i Comuni a non promuovere aggiornamenti catastali e a mantenere l'iniquità fiscale nei territori di riferimento, legittimando un sistema che penalizza i Comuni virtuosi;

il Comune di Padova finisce paradossalmente per avere una decurtazione sulle risorse pari a 6.812.703,65 euro;

la Corte dei conti, nella "Relazione sulla gestione finanziaria degli enti territoriali 2014", aveva già chiaramente affermato l'insostenibilità dei tagli praticati sul comparto Comuni e aveva evidenziato la necessità che "futuri interventi di contenimento della spesa assicurino mezzi di copertura finanziaria in grado di salvaguardare il corretto adempimento dei livelli essenziali delle prestazioni nonché delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali",

si chiede di sapere quali provvedimenti urgenti il Ministro in indirizzo, anche in ottemperanza alla sentenza del Consiglio di Stato, intenda adottare per restituire al Comune di Padova quanto tolto da un'ingiustificata decurtazione, con un danno serio ed irreparabile che comporta il pericolo di una compromissione dei servizi essenziali erogati ai cittadini nell'esercizio delle funzioni fondamentali.

(4-01518)

DE POLI - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:

il passaggio dai Comuni allo Stato degli oneri di manutenzione degli uffici giudiziari previsto dalla legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014, art. 1, commi da 526 a 530) dal 1° settembre 2015, termine prorogato al 31 dicembre 2018 con legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017), comporta l'obbligo da parte dei Ministero di giustizia di corrispondere le spese per gli uffici giudiziari;

fino al 2010 lo Stato ha rimborsato una quota almeno pari all'80 per cento delle spese anticipate dai Comuni, mentre, a partire dal 2011, si è assistito ad una drastica riduzione sia degli stanziamenti di competenza che dei pagamenti;

i crediti complessivamente vantati dai Comuni ammonterebbero a circa 750 milioni di euro a fronte di 650 milioni riconosciuti dal Ministero per il periodo 2011-2014;

la soluzione adottata dal Governo con la legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232 del 2016 commi 433 e 438 dell'art. 1, oggetto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo del 10 marzo 2017) ha stanziato complessivamente 300 milioni di euro, con erogazione rateizzata in 30 anni (2017-2046), stabilendo che ad ogni comune sede di ufficio giudiziario spetterebbe circa il 67 per cento dei costi totali sostenuti e riconosciuti dal Ministero per gli anni dal 2011 al 2014, mentre per le spese sostenute fino al 31 agosto 2015, non sarebbe previsto alcun ristoro;

l'erogazione del contributo, inoltre, è vincolata alla rinuncia a qualsiasi azione giurisdizionale da parte dei Comuni, come stabilito dall'art. 3, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 marzo 2017, provvedimento oggetto di istanza di sospensione cautelare da parte del Comune di Ascoli Piceno davanti al TAR Lazio che, con ordinanza n. 7687 ha ritenuto di accogliere "limitatamente alla previsione, contenuta nell'art. 3, comma 4, laddove subordina il riconoscimento e la corresponsione delle somme stabilite alla rinuncia al contenzioso pendente, nonché alla nota del Ministero delle giustizie impugnata con il ricorso per motivi aggiunti, considerato che la disposizione appare lesiva del diritto di difesa";

il comune di Padova ha sottoposto la questione della insufficiente erogazione dei contributi per gli uffici giudiziari al Consiglio di Stato, inoltrando istanza;

considerato che la soluzione proposta dal Governo di un ristoro complessivo pari a 300 milioni di euro a fronte di spese non coperte per circa 750 milioni, associata ad una rateizzazione trentennale, anche a fronte dei procedimenti in corso presso la giustizia amministrativa, non risulterebbe risolutiva dei problemi economici che affliggono i comuni italiani,

si chiede di sapere se non sia nelle intenzioni del Ministro in indirizzo, anche in esecuzione dell'importante pronunciamento del Tar Lazio, dare seguito senza condizioni all'erogazione dei finanziamenti stanziati finora ed intervenire per integrarli, prevedendo anche un accorciamento del periodo di rateizzazione, al fine di non obbligare i Comuni a tagliare servizi necessari ai cittadini per poter far fronte ai costi dei tribunali e degli uffici giudiziari, che svolgono una funzione che è di competenza dello Stato.

(4-01519)

MININNO, ANGRISANI, CASTIELLO, DI MICCO, DONNO, GALLICCHIO, GAUDIANO, MORRA, ORTIS, ROMANO, TURCO - Al Ministro della difesa. - Premesso che:

ai sensi dell'articolo 1306 del Codice dell'ordinamento militare (C.o.m.), di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, la carriera dei militari appartenenti al ruolo dei volontari in servizio permanente delle Forze armate si articola in quattro gradi e una qualifica: primo caporal maggiore, caporal maggiore scelto, caporal maggiore capo, caporal maggiore capo scelto, caporal maggiore capo scelto con qualifica speciale;

ai sensi degli articoli 1307 e 1307-bis del C.o.m., i volontari in servizio permanente, previo giudizio di idoneità, avanzano ad anzianità al grado successivo dopo un anno nel grado di primo caporal maggiore, cinque anni nel grado di caporal maggiore scelto, quattro anni nel grado di caporal maggiore capo e otto anni nel grado di caporal maggiore capo scelto per il conferimento della qualifica speciale;

ai sensi dell'articolo 1283, la carriera dei militari appartenenti al ruolo dei sergenti delle Forze armate si articola in tre gradi e una qualifica: sergente, sergente maggiore, sergente maggiore capo, sergente maggiore capo con qualifica speciale;

ai sensi degli articoli 1284, 1285 e 1323-bis, gli appartenenti al ruolo sergenti avanzano ad anzianità al grado di sergente maggiore dopo cinque anni, a scelta al grado di sergente maggiore capo dopo quattro anni e, dopo otto anni in quest'ultimo grado, possono ottenere l'attribuzione della qualifica speciale;

ai sensi dell'articolo 690, il reclutamento nel ruolo sergenti delle Forze armate avviene mediante concorsi interni riservati agli appartenenti al ruolo dei volontari in servizio permanente;

il trattamento stipendiale del personale delle Forze armate, escluso quello dirigenziale, è regolato dal sistema dei parametri stipendiali ed è determinato dal prodotto tra il valore del punto parametrale, definito dai provvedimenti di concertazione di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, e i parametri correlati al grado rivestito e all'anzianità, come rideterminati dall'articolo 10, comma 6, del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94;

ne consegue che maggiore è il parametro, migliore è il trattamento economico;

la scala parametrale dal grado di primo caporal maggiore fino al grado di sergente maggiore è la seguente: primo caporal maggiore [105,25], caporal maggiore scelto [108,50], caporal maggiore capo [112,00], caporal maggiore capo scelto [116,50], caporal maggiore capo scelto con 5 anni nel grado [117,00], caporal maggiore capo scelto con qualifica speciale [121,50], sergente [116,75], sergente maggiore [121,50];

la citata scala parametrale non rispetta il principio secondo il quale a grado maggiore corrisponde parametro (e quindi trattamento economico) maggiore, essendo il parametro del grado di sergente inferiore a quelli di caporal maggiore capo scelto con 5 anni nel grado e di caporal maggiore capo scelto con qualifica speciale;

si verifica pertanto che il caporal maggiore capo scelto con una anzianità nel grado da uno a sette anni, vincitore di concorso per transitare al ruolo superiore dei sergenti, durante la permanenza nel grado di sergente, si trovi a percepire un trattamento economico inferiore rispetto a quello del caporal maggiore capo scelto con la stessa anzianità, fino al raggiungimento del grado di sergente maggiore, il cui parametro coincide con il parametro più alto della carriera dei volontari in servizio permanente;

la tutela prevista dal principio di irreversibilità stipendiale, di cui all'articolo 1780 del C.o.m., non è sufficiente a risolvere la problematica, in quanto garantisce di ottenere un trattamento economico non inferiore a quello percepito nel grado di provenienza, ma non considera l'eventuale progressione stipendiale più favorevole nel ruolo di provenienza;

il comma 2 dell'articolo 1 della legge 1° dicembre 2018, n. 132, conferisce delega al Governo ad adottare, entro il 30 settembre 2019, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate, nonché correttive del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo, nell'esercizio della suddetta delega, ritenga opportuno risolvere il descritto "scavalcamento" stipendiale prevedendo anche per il grado di sergente un parametro pari a 121,50 o, in alternativa, collegando il parametro di sergente a quello che sarebbe stato assegnato al militare, se fosse rimasto nel ruolo volontari in servizio permanente, se più favorevole, fino al grado di sergente maggiore.

(4-01520)

MININNO, ANGRISANI, CASTIELLO, DI MICCO, DONNO, GALLICCHIO, GAUDIANO, MORRA, ORTIS, ROMANO, TURCO - Al Ministro della difesa. - Premesso che:

ai sensi dell'articolo 679 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, il reclutamento nel ruolo marescialli delle forze armate, ovvero nel corrispondente ruolo ispettori dell'Arma dei Carabinieri, in relazione ai posti disponibili in organico, avviene per il 70 per cento dei posti mediante pubblico concorso e per il restante 30 per cento dei posti mediante concorso interno, riservato agli appartenenti ai ruoli sergenti, ovvero al corrispondente ruolo sovrintendenti, e agli appartenenti ai rispettivi ruoli iniziali in servizio permanente;

per il reclutamento nel ruolo ispettori dell'Arma dei Carabinieri, limitatamente alla quota di posti destinata al concorso interno, due terzi dei posti sono riservati agli appartenenti al ruolo sovrintendenti ed il restante terzo al ruolo appuntati e carabinieri;

ai sensi dell'articolo 682 del codice, per il reclutamento nel ruolo marescialli delle forze armate, relativamente alla quota di posti destinata al concorso interno, al ruolo sergenti sono riservati minimo tre decimi dei posti, mentre agli appartenenti al ruolo dei volontari in servizio permanente ne sono riservati massimo sette decimi;

nei concorsi interni per il ruolo ispettori dell'Arma dei Carabinieri non è previsto limite d'età né per il personale del ruolo sovrintendenti, né per gli appartenenti al ruolo appuntati e carabinieri;

nei concorsi interni per titoli ed esami per il ruolo marescialli delle forze armate è invece previsto un limite d'età, che peraltro differisce in funzione del ruolo d'appartenenza, 40 anni per il ruolo sergenti e 45 anni per i volontari in servizio permanente;

il comma 2 dell'articolo 1 della legge 1° dicembre 2018, n. 132, conferisce delega al Governo ad adottare, entro il 30 settembre 2019, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle forze armate, nonché correttive del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo, nell'esercizio della suddetta delega, ritenga opportuno eliminare le descritte disparità, uniformando il rapporto della riserva di posti ed i requisiti di partecipazione nel reclutamento per concorso interno del ruolo marescialli delle forze armate con quelli del corrispondente ruolo ispettori dell'Arma dei Carabinieri, prevedendo due terzi dei posti riservati al ruolo sergenti ed il restante terzo al ruolo dei volontari in servizio permanente, nonché l'abolizione dei limiti d'età o, in alternativa, un consistente innalzamento di quello relativo ai concorrenti del ruolo sergenti, tenendo in considerazione il principio secondo il quale a grado più alto corrisponde presumibilmente età maggiore.

(4-01521)

MININNO, ANGRISANI, CASTIELLO, DI MICCO, DONNO, GALLICCHIO, GAUDIANO, MORRA, ORTIS, ROMANO, TURCO - Al Ministro della difesa. - Premesso che:

l'articolo 20, comma 2 del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215 ha introdotto modifiche all'articolo 5, comma 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 490, successivamente recepito dall'articolo 655, comma 1, lettere b) e c) del Codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in tema di alimentazione dei ruoli speciali degli ufficiali delle Forze armate;

in forza della citata norma, a partire dal 2001 gli ufficiali dei ruoli speciali dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare, fatta eccezione per gli ufficiali del ruolo naviganti speciale, vengono arruolati "con il grado rivestito" (tenente/capitano), se provenienti dagli ufficiali delle forze di completamento e da quelli in ferma prefissata, mentre vengono tratti "con il grado di sottotenente" se provenienti da tutte le altre categorie (ufficiali di complemento, ruolo marescialli, sergenti, volontari in servizio permanente e altri);

non sono previsti concorsi separati a seconda della categoria di provenienza e, pertanto, l'arruolamento avviene attraverso il superamento di identiche prove selettive;

al termine del concorso, i vincitori sono sottoposti allo stesso iter formativo indipendentemente dalla categoria di provenienza;

la differenza di grado attribuita all'atto dell'arruolamento riserva agli ufficiali provenienti dal completamento e dalla ferma prefissata una carriera privilegiata rispetto agli altri vincitori del concorso, che consiste in una più rapida progressione nell'avanzamento, nonché in un più vantaggioso trattamento economico e un migliore profilo d'impiego;

la sperequazione di trattamento appare ancora più evidente allorquando detto personale si classifichi, per punteggio ottenuto al termine dell'iter concorsuale, in coda ad altri concorrenti ai quali viene assegnato il grado di sottotenente, determinando così un vero e proprio "scavalcamento" nella graduatoria di merito;

il comma 2 dell'articolo 1 della legge 1° dicembre 2018, n. 132, conferisce delega al Governo ad adottare, entro il 30 settembre 2019, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate, nonché correttive del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo, nell'esercizio della suddetta delega, ritenga opportuno correggere la descritta disuguaglianza prevedendo, attraverso la modifica del richiamato articolo 655, che anche gli ufficiali provenienti dal completamento e dalla ferma prefissata vengano trattati "con il grado di sottotenente", in modo da evitare, per il futuro, ulteriori disparità di trattamento nell'arruolamento, nonché realizzare un risparmio di spesa determinato dalla differenza economica tra il grado di tenente/capitano e quello di sottotenente nelle nuove immissioni in ruolo e da una meno rapida progressione di carriera;

se intenda inoltre, nell'esercizio della suddetta delega, sanare le sperequazioni determinatesi a partire dal 2001 prevedendo, ai soli fini giuridici, un riallineamento delle carriere degli ufficiali dei ruoli speciali, rideterminando grado e relativa anzianità dei vincitori di concorso delle categorie penalizzate, in modo da uniformarli a quelli degli ufficiali provenienti dalle forze di completamento e dalla ferma prefissata, vincitori dello stesso concorso, limitando eventualmente gli effetti economici al solo avanzamento al grado di tenente colonnello.

(4-01522)

MININNO, ANGRISANI, CASTIELLO, DI MICCO, DONNO, GALLICCHIO, GAUDIANO, MORRA, ORTIS, ROMANO, TURCO - Al Ministro della difesa. - Premesso che:

l'articolo 627 del Codice dell'ordinamento militare (C.o.m.), di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, inquadra il personale militare in quattro categorie gerarchicamente ordinate: ufficiali, sottufficiali, graduati e militari di truppa;

la categoria dei sottufficiali comprende i militari appartenenti al ruolo dei marescialli, dal grado di maresciallo a quello di luogotenente e gradi corrispondenti, e al ruolo dei sergenti, dal grado di sergente a quello di sergente maggiore capo e gradi corrispondenti, mentre la categoria dei graduati comprende i militari appartenenti al ruolo dei volontari in servizio permanente, che rivestono i gradi da primo caporal maggiore sino a caporal maggiore capo scelto e gradi corrispondenti;

a differenza della carriera del ruolo dei marescialli, che è caratterizzata da uno sviluppo direttivo, la carriera del ruolo dei sergenti, sebbene preposti a funzioni di controllo sulle unità poste alle loro dipendenze, nonché al comando di unità di tipo elementare, ha carattere esecutivo, così come la carriera del ruolo dei volontari in servizio permanente;

ai sensi degli articoli 1306 e 1307 del C.o.m., la carriera del ruolo dei volontari in servizio permanente si articola in tre successivi avanzamenti, da primo caporal maggiore sino a caporal maggiore capo scelto, che, previo giudizio di idoneità, garantiscono il raggiungimento del grado apicale in un arco temporale di soli dieci anni (1+5+4);

ai sensi degli articoli 1283, 1284 e 1285 del C.o.m., la carriera del ruolo sergenti si articola nell'avanzamento ad anzianità a sergente maggiore, con un periodo minimo di permanenza nel grado pari a cinque anni, e in quello a scelta a sergente maggiore capo, con un periodo minimo di permanenza del grado di quattro anni;

ai sensi dell'articolo 690 del C.o.m., il reclutamento del personale del ruolo dei sergenti avviene esclusivamente mediante concorso interno riservato agli appartenenti al ruolo dei volontari in servizio permanente e si sostanzia quale naturale prosecuzione della carriera degli stessi;

il comma 2 dell'articolo 1 della legge 1 dicembre 2018, n. 132, conferisce delega al Governo ad adottare, entro il 30 settembre 2019, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle forze armate, nonché correttive del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo, nell'esercizio della suddetta delega, ritenga opportuno prevedere l'unificazione del ruolo volontari in servizio permanente e del ruolo sergenti, sostituendo il sistema concorsuale attualmente in vigore per il passaggio dall'uno all'altro ruolo con un sistema di avanzamento che consenta una prospettiva di carriera coerente con la durata complessiva in servizio attivo del personale.

(4-01523)

MININNO, ANGRISANI, CASTIELLO, DI MICCO, DONNO, GALLICCHIO, GAUDIANO, LUCIDI, MORRA, ORTIS, ROMANO, TURCO - Al Ministro della difesa. - Premesso che:

il trattamento stipendiale del personale della carriera dirigenziale delle forze armate (a partire dal grado di maggiore) è regolato dall'articolo 1810-bis del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;

lo stesso è organizzato in livelli incrementali che vengono attribuiti al personale non solo al raggiungimento di uno specifico grado, ma anche di una determinata anzianità di servizio calcolata dal conseguimento della nomina a ufficiale o della qualifica di aspirante;

il criterio stipendiale non tiene conto dell'eventuale servizio pregresso prestato prima di accedere alla carriera di ufficiale;

tale sistema è altamente sperequante per gli ufficiali provenienti dal ruolo marescialli, sergenti e volontari in servizio permanente;

il comma 2 dell'articolo 1 della legge 1° dicembre 2018, n. 132, conferisce delega al Governo ad adottare, entro il 30 settembre 2019, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle forze armate, nonché correttive del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo ritenga opportuno prevedere, nell'esercizio della suddetta delega, di introdurre nel computo dell'anzianità di servizio, ai fini del trattamento stipendiale, il periodo prestato antecedentemente alla nomina a ufficiale, anche se limitatamente ad un numero massimo di anni, che comunque sarebbe auspicabile che non fosse inferiore a cinque.

(4-01524)

MININNO, ANGRISANI, CASTIELLO, DI MICCO, DONNO, GALLICCHIO, GAUDIANO, LUCIDI, MORRA, ORTIS, ROMANO, TURCO - Al Ministro della difesa. - Premesso che:

il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94, recante disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle forze armate, ha istituito, per gli ufficiali, una carriera a sviluppo dirigenziale a partire dall'ingresso nella categoria degli ufficiali superiori (dal grado di maggiore), prevedendo un nuovo trattamento economico e, conseguentemente, il superamento di quello precedente, la "omogeneizzazione stipendiale";

con l'introduzione dell'articolo 1810-bis nel codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, vengono determinati gli importi stipendiali iniziali annui lordi, divisi per livelli in relazione al grado rivestito e all'anzianità di servizio calcolata dal conseguimento della nomina a ufficiale o della qualifica di aspirante;

ai sensi del comma 1 dell'articolo 1811-bis, lo stipendio annuo lordo è determinato dall'importo stipendiale iniziale incrementato di un massimo di otto classi biennali del 6 per cento computate sul valore tabellare iniziale e in successivi aumenti biennali del 2,50 per cento computati sul valore della ottava classe;

ai sensi dell'articolo 1811, le classi spettanti si determinano sottraendo agli anni di servizio totale un numero indicato per ciascun livello, dividendo il risultato per due e arrotondando il quoziente per difetto;

il comma 2 dell'articolo 1811-bis prevede che agli ufficiali che rivestono il grado di maggiore, tenente colonnello e colonnello (i generali sono esclusi), che raggiungano il livello stipendiale dei 23 anni di servizio dal conseguimento della nomina a ufficiale o della qualifica di aspirante, si attribuisca solo lo stipendio iniziale, senza dar luogo all'incremento determinato dalle classi. Tale limitazione cessa al compimento del venticinquesimo anno di servizio dal conseguimento della nomina a ufficiale o qualifica di aspirante;

l'interruzione del sistema di calcolo progressivo dello stipendio, seppur limitato a due anni, è altamente sfavorevole per il personale che abbia un'anzianità di servizio totale superiore a quella da ufficiale (ex sottufficiali per esempio), mentre non produce alcuna decurtazione economica nei confronti del personale arruolatosi direttamente da ufficiale;

il comma 2 dell'articolo 1 della legge 1° dicembre 2018, n. 132, conferisce delega al Governo ad adottare, entro il 30 settembre 2019, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle forze armate, nonché correttive del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo ritenga opportuno prevedere, nell'esercizio della suddetta delega, di sanare tale stortura provvedendo ad eliminare totalmente la descritta limitazione o, in alternativa, a permettere una progressione massima di almeno tre classi al ventitreesimo e ventiquattresimo anno di servizio dal conseguimento della nomina a ufficiale o qualifica di aspirante.

(4-01525)

Interrogazioni, già assegnate a Commissioni permanenti, da svolgere in Assemblea

L'interrogazione 3-00217, del senatore Parrini, precedentemente assegnata per lo svolgimento all'8ª Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni), sarà svolta in Assemblea, in accoglimento della richiesta formulata in tal senso dall'interrogante.

L'interrogazione 3-00634, del senatore Cangini, precedentemente assegnata per lo svolgimento alla 1ª Commissione permanente (Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione), sarà svolta in Assemblea, in accoglimento della richiesta formulata in tal senso dall'interrogante.

Interrogazioni, da svolgere in Commissione

A norma dell'articolo 147 del Regolamento, la seguente interrogazione sarà svolta presso la Commissione permanente:

7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport):

3-00745 del senatore Vescovi, sull'inchiesta relativa all'azienda ospedaliero-universitaria di Careggi dell'Università di Firenze;

9ª Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare):

3-00746 della senatrice Bellanova ed altri, sul rilancio del settore agricolo in Puglia, gravemente colpito dal contagio della "Xylella".

Avviso di rettifica

Nel Resoconto stenografico della 104a seduta pubblica del 28 marzo 2019, a pagina 70, sotto il titolo "Regioni e province autonome, trasmissioni di relazioni. Deferimento", alla terza riga del primo capoverso, sostituire la parola: "2011" con la seguente: "2018".