Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 050 del 23/10/2018
Azioni disponibili
RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza del vice presidente LA RUSSA
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,35).
Si dia lettura del processo verbale.
GIRO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 18 ottobre.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Disegni di legge, annunzio di presentazione
PRESIDENTE. Comunico che è stato presentato il seguente disegno di legge:
dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro dell'economia e delle finanze:
«Conversione in legge del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria» (886).
Sull'ordine dei lavori
PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.
Sull'omicidio di Jamal Khashoggi
URSO (FdI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
URSO (FdI). Signor Presidente, colleghi, intervengo per un fatto di coscienza in merito a un episodio raccapricciante che sta sollevando l'indignazione del mondo, con dichiarazioni, atteggiamenti e decisioni che, l'uno dopo l'altro, stanno coinvolgendo tutti i partner mondiali: gli altri Governi europei e persino gli Stati Uniti e la Russia. Parlo dell'assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, dissidente saudita sequestrato e ucciso; secondo notizie di cronaca confermate anche qui questa mattina, sequestrato, ucciso e fatto a pezzi - anzi, secondo alcune rilevazioni, fatto a pezzi ancora vivo - dopodiché il suo corpo è stato disperso, e alcuni pezzi sono stati oggi trovati - sembra - nel pozzo del consolato.
Intervengo perché questo episodio certamente non è l'unico, ma è quello che sta sollevando l'indignazione del mondo verso un regime e le sue pratiche di assassinio. Peraltro, nel giustificare la morte del giornalista, dopo averla negata ripetutamente, il regime ha detto che esiste un piano per sequestrare all'estero tutti i cittadini dissidenti e riportarli comunque in patria, dove, ove giungessero vivi (e Khashoggi non è giunto vivo), verrebbero condannati a morte. Questa è la versione ufficiale.
Ebbene, a fronte di questo, mentre oggi si apre la cosiddetta Davos nel deserto, che tutti gli oratori internazionali (imprenditori, economisti ed esponenti delle istituzioni) hanno disertato per manifestare l'indignazione e la condanna del mondo per quanto accaduto, non mi risulta che le nostre istituzioni, il nostro Ministero degli affari esteri e il nostro Governo abbiano speso sino ad oggi - e sono passati ventidue giorni di indignazione mondiale - una parola ufficiale convincente. Anzi, mi risulta solo che ieri il Presidente del Consiglio, avvocato dei cittadini (evidentemente solo italiani), in un intervento sulla stampa estera, abbia risposto, di fronte a una domanda precisa, in maniera evasiva. Cito testualmente: «È un caso molto grave (…) vorremmo aver contezza del fatto in sé prima di confrontarci con i partner europei e con Trump». Peccato che i partner europei e lo stesso Trump, evidentemente con molta più contezza, siano già intervenuti e ripetutamente in maniera decisa e determinata, con note ufficiali di condanna; uno dei partner europei (che a me non è simpatico, ma è il più importante partner europeo), la Germania, ha sospeso la vendita di armi all'Arabia Saudita e chiede una direttiva europea in tal senso. (Richiami del Presidente).
Presidente, mi scusi, ma credo che non sia un fatto di secondaria importanza in quella che è la Patria delle civiltà.
PRESIDENTE. Sicuramente non lo è ed è il motivo per il quale le ho già concesso sei minuti. La invito a sintetizzare.
URSO (FdI). Mi auguro che almeno questo Parlamento, se il nostro Governo non riterrà di farlo, dedichi un minimo di riflessione a questo martire delle libertà e dell'informazione, perché si trattava anche - e non a caso - di un giornalista che scriveva su «The Washington Post»: sequestrato, torturato, fatto a pezzi e poi ucciso nel consolato del suo Paese. (Applausi dal Gruppo FdI).
PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Urso. Sono certo che il suo appello non resterà senza risposta.
ALFIERI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALFIERI (PD). Signor Presidente, anche noi come Partito Democratico vogliamo stigmatizzare con forza l'assenza di una presa di posizione da parte del Governo italiano. Lo dico con la consapevolezza che sono passati parecchi giorni e questa è una delle vicende più inquietanti che sia accaduta negli ultimi anni dentro una sede consolare, a discapito di un giornalista dissidente di opposizione, come ce ne sono tanti purtroppo in questi regimi.
Colpisce l'assenza della voce italiana a fronte, invece, di un intervento deciso da parte degli Stati Uniti. Ricordo che gli Stati Uniti sono il Paese che ha il rapporto più stretto con l'Arabia Saudita, che è il loro principale partner nel teatro della penisola arabica. Gli Stati Uniti hanno lì le principali basi militari e con l'Arabia Saudita hanno costruito il fronte anti-Iran. Anche nella strategia - controversa e in cui l'Italia si è trovata in mezzo - di questi giorni, volta a far saltare di fatto l'accordo sul nucleare, l'Arabia Saudita è stato il principale partner. Nonostante tutto questo, Trump ha preso una posizione durissima, chiedendo ai suoi Ministri - in particolare al Ministro del tesoro - di non partecipare al summit che ha ricordato prima il senatore Urso, così come fatto anche dai principali esponenti dei Governi europei e non solo (si potrebbero citare anche le parole di un leader che di certo non manca di Realpolitik, come Vladimir Putin).
Che cosa è successo invece in Italia? Non vi è stata alcuna presa di posizione da parte del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e il presidente Conte in pratica si è limitato a dire: «Verificheremo con i nostri alleati». Forse si è perso le agenzie. Trump è già intervenuto da tempo: ha chiesto spiegazioni e telefona ogni giorno a Erdogan. Ogni giorno vengono fuori particolari sempre più raccapriccianti, compresi i depistaggi da parte dei servizi segreti.
Chiediamo con forza che il Governo intervenga e che il presidente Conte non faccia l'assistente dei suoi due Vice Premier: quando parla di «alleati» non so se si riferisca agli alleati internazionali o ai suoi due capi, i due Vice Premier. Noi chiediamo con forza una presa di posizione del Governo, a partire dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, su una vicenda da condannare totalmente e con forza, riguardante un giornalista che faceva il suo lavoro ed è stato giustiziato - perché di questo si tratta - in circostanze allucinanti all'interno di una sede diplomatica. Per questo motivo, il Governo italiano non può far finta di niente. (Applausi dal Gruppo PD).
AIMI (FI-BP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AIMI (FI-BP). Signor Presidente, membri del Governo, colleghi, vogliamo intervenire anche noi sulla terribile vicenda del dissidente saudita Jamal Khashoggi, anzitutto per evidenziare che egli non è stato «giustiziato». Infatti, questa parola contiene il termine «giustizia». Khashoggi è stato esecutato, che è una cosa diversa; non solo, egli è stato prima di tutto torturato e poi fatto a pezzi, come ha ricordato anche il collega Urso.
Stiamo parlando di una figura importante, collaboratore del quotidiano «The Washington Post». Come sappiamo, egli è scomparso il 2 ottobre scorso all'interno del consolato dell'Arabia Saudita a Istanbul, dove si era recato semplicemente per chiedere il rilascio di un documento. Si tratta di un'azione che definiamo assolutamente vigliacca e credo che all'indignazione del mondo si debba unire quella dell'Italia. Stiamo parlando di un regime sanguinario e dobbiamo reagire. La reazione del nostro Governo è stata timida e tiepida e dobbiamo fare di più. L'Italia è stata troppo a lungo silente su questo tema. La Germania ha sospeso la vendita delle armi all'Arabia Saudita, mentre Trump è intervenuto in maniera molto forte per condannare questo atto criminale.
Credo che dobbiamo fare assolutamente il nostro dovere. Come? Anzitutto occorre che gli esponenti istituzionali disdicano incontri, convegni e meeting organizzati dall'Arabia Saudita, cominciando dal cosiddetto incontro di Davos nel deserto, almeno sino a quando questo fatto non verrà chiarito. (Applausi dal Gruppo FI-BP. Congratulazioni).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo «Rende-Commenda» di Rende, in provincia di Cosenza, che stanno assistendo ai nostri lavori. Grazie della visita (Applausi).
Discussione del disegno di legge:
(510) GIARRUSSO ed altri. - Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale in materia di voto di scambio politico-mafioso (Relazione orale)(ore 16,50)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 510.
Il relatore, senatore Giarrusso, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.
Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.
GIARRUSSO, relatore. Signor Presidente, Governo, onorevoli senatori, il voto di scambio politico-mafioso è uno dei reati più gravi che può essere commesso in una democrazia. Esso infatti attenta alla libertà del voto, all'effettiva rappresentatività delle istituzioni e all'esercizio della sovranità da parte dei cittadini. Il reato di voto di scambio politico-mafioso attenta alla vita stessa della democrazia.
Non a caso, colleghi, questo reato è stato introdotto nel nostro ordinamento per la prima volta nel 1992, nel momento in cui cosa nostra portava l'attacco più feroce al cuore dello Stato, massacrando Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e gli uomini che li proteggevano. Il reato di voto di scambio politico-mafioso viene introdotto a seguito del lavoro di Giovanni Falcone (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd'Az), che prima di essere ucciso stava lavorando al Ministero proprio a queste modifiche da introdurre nel codice, in particolare alla modifica dell'articolo 416-bis del codice penale, concernente il reato di associazione mafiosa, proprio per introdurre il suo attuale terzo comma il quale stabilisce che è espressione tipica del sodalizio mafioso il fine di «impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali». Questo inserimento nel codice penale veniva collegato, immediatamente dopo, in modo forte e potente, con all'articolo 416-ter. Il primo comma dell'articolo 416-ter pensato da Giovanni Falcone prevedeva il collegamento della pena fra il 416-bis e il 416-ter: il politico che si fosse accordato con il mafioso per avere i voti avrebbe subito la stessa pena dell'associato alle cosche. Questo, colleghi, era il testo del 1992. Ma la classe politica del 1992 tradì Falcone e approvò una norma zoppa, come disse la dottrina; non ebbero il coraggio di approvare tutta la norma che aveva preparato Giovanni Falcone. E voi sapete - molti di voi erano qua nella scorsa legislatura - che c'è stato il tentativo e la domanda di riformare nella scorsa legislatura questo reato, per superare quella norma cosiddetta zoppa.
Ebbene, quel rimedio è stato peggiore del male. Soltanto venti giorni dopo l'approvazione della riforma dell'articolo 416-ter, avvenuta nella scorsa legislatura, la Cassazione bollò la nuova norma con un marchio di infamia - fatemelo dire - parlando di norma più favorevole al reo. (Applausi del senatore Airola). Noi dobbiamo ricordarlo in quest'Aula! Falcone venne tradito di nuovo. Adesso, con questo testo, noi riportiamo nuovamente nel codice il collegamento fra l'articolo 416-bis e il voto di scambio politico-mafioso, ossia l'idea di Giovanni Falcone. Ma facciamo di più: abbiamo avuto il coraggio di andare fino in fondo, di fare quello che ci aveva chiesto Giovanni Falcone: di estendere la fattispecie punitiva a tutto quell'universo di comportamenti che caratterizzano l'accordo tra la politica e la mafia. (Applausi dal Gruppo M5S).
Infatti, la nuova formulazione prende in considerazione non solo l'erogazione di denaro o la promessa di erogazione di denaro o di altra utilità, ma aggiungiamo ad «altra utilità» quella parola che nella scorsa legislatura non avete, non hanno avuto il coraggio di mettere: «qualunque» altra utilità, che non è una differenza da poco. Su questo testo nella scorsa legislatura abbiamo combattuto anche su una sola parola. Ma non solo: prendiamo in considerazione anche la disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa. Questo elemento, assieme agli altri, completa la fattispecie sotto il profilo dei comportamenti imputabili al politico che si accorda con le mafie per ottenere i voti.
Inoltre, attraverso il testo esitato in Commissione, estendiamo la punibilità anche a chi commette questo reato attraverso intermediari, per evitare la vergogna che abbiamo visto con la vecchia norma di vedere politici - dobbiamo dirlo - assolti dal voto di scambio politico-mafioso e condannati, invece, i loro portaborse. (Applausi dal Gruppo M5S).
Il secondo comma del nuovo testo dell'articolo 416-ter, poi, sottopone alla stessa pena colui che promette di procurare voti e, quindi, il soggetto appartenente alle cosche che si accorda con il politico o con l'intermediario per commettere il reato.
Il terzo comma del medesimo articolo, inoltre, prevede una fattispecie che provoca l'aumento della pena della metà. È un aumento importante, non è una semplice aggravante: è una fattispecie autonoma. La pena viene aumentata della metà perché in quel caso, ossia qualora il politico venga eletto, si realizzerebbe l'obiettivo delle cosche previsto dal terzo comma dell'articolo 416-bis: muore la democrazia quando un politico viene eletto con i voti dei mafiosi! (Applausi dal Gruppo M5S). Lo dobbiamo ricordare in quest'Aula, dove Governi si sono retti con il voto di un solo senatore, per giunta successivamente accusato di essere stato prezzolato per quel voto. Voi immaginate che danno possono produrre le mafie portando in Parlamento anche un solo senatore o un solo deputato, che può determinare le sorti del nostro Paese. Per questo è prevista una pena seria, grave, importante.
Inoltre, nel corso del dibattito è emersa la necessità, proprio su questo punto, di precisare che l'elezione deve avvenire ovviamente per quella tornata elettorale in cui i voti sono stati scambiati tra il politico e le cosche. È stato quindi presentato un emendamento a mia firma proprio per specificare questo punto.
Io ringrazio il Presidente e i membri della Commissione giustizia per l'ottimo lavoro che siamo riusciti a fare nella stesura di questa norma, ponendo, a mio parere, le basi per avere finalmente nel codice uno strumento che possa recidere, una buona volta, i rapporti fra la politica e la mafia, mettendo paura a chi si voglia accordare con i mafiosi per averne il voto. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd'Az).
PRESIDENTE. Noi dovremmo cominciare la discussione generale sul provvedimento, ma in realtà sta iniziando esattamente in questo momento la riunione dei Presidenti dei Gruppi e quindi, come è prassi e vista anche la specifica richiesta avanzata da un Presidente di Gruppo, sospendo la seduta fino alla conclusione dei lavori della Conferenza dei Capigruppo.
(La seduta, sospesa alle ore 17,01, è ripresa alle ore 18,01).
Presidenza del vice presidente TAVERNA
Dichiaro aperta la discussione generale.
È iscritto a parlare il senatore Dal Mas. Ne ha facoltà.
DAL MAS (FI-BP). Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, il disegno di legge in parola che ci occupa oggi vede sicuramente un protagonista nell'esegesi della storia anche recente di questa Repubblica e che ha un nome ben preciso, Giovanni Falcone, oggi in realtà eccessivamente tirato per la giacchetta dal relatore, benché io comprenda - e di questo sono testimone, per l'impegno che ha dimostrato in Commissione - che la questione lo appassioni particolarmente. E sebbene gli abbia portato anche degli argomenti vincenti, sinceramente il fatto che si tenti da parte del MoVimento 5 Stelle di dire che loro sono i continuatori del pensiero di Giovanni Falcone mi sembra qualcosa di esagerato. (Applausi dal Gruppo FI-BP). Noi stiamo parlando dell'articolo 416-ter del codice penale che viene modificato da questo disegno di legge e allora come oggi - dico allora riferendomi alla precedente legislatura, in cui non c'ero - se andiamo a vedere i risultati e l'evoluzione di questo disegno di legge, gli schieramenti sono gli stessi: da una parte i giustizialisti e dall'altra i garantisti. Poi dirò perché siamo davanti al paradosso dell'eterogenesi dei fini: mi riferisco ai risultati non intenzionali rispetto a quelli che evidentemente il senatore proponente Giarrusso intendeva ottenere con questo disegno di legge. Ma andiamo per ordine. Innanzitutto, stiamo parlando di una modifica ad un articolo del codice penale introdotto nel 1992 dal decreto-legge Martelli-Scotti, poi modificato e novellato nel 2014. La differenza tra un giustizialista e chi giustizialista non è, perché appartiene ad un'altra categoria, sta evidentemente nella distinzione tra chi utilizza l'enunciazione del sospetto e la cultura del sospetto per farne non solo argomento indiziario, ma argomento di prova. È tutto lì. Per noi le prove si formano in tribunale su fatti; evidentemente qui abbiamo utilizzato ampiamente questa premessa: il sospetto come semplice promessa elettorale e già argomento di prova. Questo è pericoloso, come dimostreremo dopo nel corso del dibattito e dell'illustrazione... (Brusio).
PRESIDENTE. Chiedo cortesemente ai colleghi di abbassare il tono della voce, per consentire al collega di concludere il suo intervento.
DAL MAS (FI-BP). ...degli aspetti, come dire, incongruenti e dell'eterogenesi dei fini che si propone il nostro relatore.
Al di là di tutto questo, per i garantisti una norma di tal fatta presuppone quantomeno maggiore attenzione, soprattutto nel momento in cui si presuppone e si richiede da parte nostra che vi sia la prova dello scambio, che altrimenti rende tutto vago, tutto incerto e tutto impalpabile e quindi assolutamente discrezionale. Ciò è dimostrato nella prassi per cui talvolta una dichiarazione di un picciotto o di un boss è stata sufficiente per incrinare alcune carriere politiche, magari denunciando un fatto avvenuto chissà dove e chissà quando. Il senatore Giarrusso ha fatto una ricostruzione puntuale dal suo punto di vista, però nel 2013 mi sembra che il primo testo approvato alla Camera dei deputati - lei mi correggerà certamente - recava una dicitura che era più affine ad una prossimità ai fatti. Nella norma approvata in prima lettura alla Camera dei deputati, che ottenne in quel caso un ampio consenso - stiamo parlando del 2013 e non di un'era geologica fa - si diceva: «Chiunque accetta consapevolmente il procacciamento di voti con le modalità previste dal terzo comma dell'articolo 416-bis… del codice penale». In pratica ci si riferiva al metodo mafioso, che voi oggi andate ad espungere, a togliere dalla normativa. È questo il punto, caro senatore Giarrusso, perché quella norma, che in quel momento ebbe un ampio consenso, poi fu modificata al Senato, sulla base di una non limpida competizione che c'era allora tra voi e il Partito Democratico e che portò all'attuale formulazione, che oggi nuovamente riformulate, dell'articolo 416-ter. Rispetto a quella formulazione, per noi accettabile, avete tolto l'avverbio «consapevolmente» e avete introdotto l'inafferrabilità della promessa e cioè chiunque accetta la promessa di procurare voti è ipso facto colpevole.
Vedo che sto per finire il tempo a mia disposizione e quindi sono costretto ad accelerare per giungere alle conclusioni, ma ci sono due cose di assoluta evidenza, nella proposta che oggi discutiamo, che sono veramente singolari. La prima è l'aggravante per l'eletto, che comporta un aumento di pena fino al 50 per cento. Praticamente, se per caso si dovesse dimostrare che l'eletto ha accettato una promessa e la sua elezione non è determinata da quel fatto, ma sarebbe stato comunque eletto, egli rischia una pena superiore a quella dell'omicidio... (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. C'è stato un problema con i tempi. Consentiamo al senatore di terminare il suo intervento.
DAL MAS (FI-BP). Certamente, signor Presidente, avevo appena premesso che stavo per concludere il mio intervento e quindi mi limito semplicemente a richiamare la contraddizione rispetto alla pena applicata e a questa circostanza aggravante esagerata. Sarebbe bastato scrivere che la pena è aumentata e sappiamo che l'aumento, se non è specificato, può avvenire fino a un terzo e ritengo che sia di per sé sufficiente. E poi, altro dato, una circostanza di questo tipo si applica in ogni caso o è necessario un nesso eziologico? Se, infatti, si dovesse applicare in ogni caso, entriamo nella contraddizione che dicevo prima; se, invece, fosse necessario l'accertamento di un nesso eziologico, saremmo davanti a una probatio diabolica. In realtà, caro proponente, senatore Giarrusso...
PRESIDENTE. Concluda, per cortesia.
DAL MAS (FI-BP). Credo che comunque l'Assemblea abbia la possibilità di migliorare il testo. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
PRESIDENTE. Colleghi, sono previste circa due ore di discussione generale. Ciascun oratore avrà dieci minuti a disposizione. Vi prego di rimanere nei tempi.
È iscritta a parlare la senatrice Mantovani. Ne ha facoltà.
MANTOVANI (M5S). Signor Presidente, colleghi, voglio iniziare il mio intervento parlando delle mafie al Nord, e in particolar modo delle mafie nella mia Regione, l'Emilia-Romagna. A Reggio Emilia si sta svolgendo il più grande processo per mafia mai svolto al Nord.
Il processo Aemilia è iniziato nel 2015 con 240 imputati, accusati di essere appartenenti e collusi a un unico clan della 'ndrangheta. Lo scorso 16 ottobre, una settimana fa, si è svolta la centonovantacinquesima e ultima udienza.
Le sentenze definitive della Cassazione, ossia quelle del rito abbreviato che si è svolto a Bologna, arriveranno domani, 24 ottobre, mentre le prime sentenze del rito ordinario, svoltosi a Reggio Emilia, arriveranno a novembre. Sono 200 i capi di imputazione: si va dall'estorsione alle minacce, dall'usura all'intestazione fittizia dei beni, dal falso in bilancio alla turbativa d'asta, dalla detenzione illegale di armi all'emissione di fatture false, dal caporalato e sfruttamento di manodopera al riciclaggio, fino ad arrivare al reato più grave: l'associazione a delinquere di stampo mafioso.
Nell'inchiesta sono coinvolte Forze di polizia, funzionari e dirigenti di pubbliche amministrazioni, giornalisti e liberi professionisti, un consigliere comunale, imprenditori, costruttori, consulenti fiscali. Ma al centro di tutto ci sono i capi e gli uomini della cosca di Nicolino Grande Aracri. (Brusio).
PRESIDENTE. Colleghi, capisco che la discussione generale è sempre un momento particolare, però o si abbassa la voce e si contente all'oratore di parlare oppure ci si accomoda fuori e si continua con i discorsi personali. Vi ringrazio. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd'Az).
MANTOVANI (M5S). Grazie, Presidente. Stavo dicendo che al centro di questo processo ci sono i capi e gli uomini della cosca di Nicolino Grande Aracri e di Nicola Sarcone, originari di Cutro, in provincia di Crotone. Questa cosca della 'ndrangheta non appartiene soltanto all'attualità calabrese, ma appartiene principalmente all'attualità della nostra vita al Nord. Essa si è, infatti, stabilmente insediata in Emilia da più di venticinque anni. Per decenni, gli amministratori locali emiliani hanno sottovalutato tale situazione.
Già nel 2008, davanti agli allarmi lanciati dalle associazioni antimafia e da noi, allora Meet Up Grilli Reggiani, si giravano dall'altra parte e dicevano che l'Emilia aveva gli anticorpi. In realtà, il cancro mafioso si era già insinuato nella nostra società attraverso la mafia dei colletti grigi, degli imprenditori e dei liberi professionisti emiliani doc, che non avevano problemi a fare affari con uomini delle cosche. È finita con il Comune di Brescello sciolto per infiltrazioni mafiose.
Come dimenticare, poi, le non certo edificanti visite elettorali a Cutro dei candidati a sindaco di Reggio Emilia nel 2009 per le celebrazioni del patrono; visite criticate da associazioni e da procuratori antimafia. Ci andò l'allora sindaco di Reggio Emilia, Graziano Delrio; ci andò il candidato a sindaco di Forza Italia. Non ci andò - va dato atto - il candidato sindaco del Movimento 5 Stelle. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd'Az). I procuratori chiarirono fin da subito che non eravamo più davanti alla semplice infiltrazione di un clan della 'ndrangheta al Nord, ma al suo radicamento, e non solo in Emilia, dato che le attività si svolgevano anche in altre Regioni, come Veneto e Lombardia.
Agli imputati nel processo Aemilia è contestato il 416-bis, cioè l'appartenenza a una associazione mafiosa. Tra gli indagati non ci sono solamente i presunti affiliati al clan, ma anche tutte quelle persone apparentemente normali che a quel clan si sono rivolte: per evadere le tasse, per aumentare i profitti, per fare la bella vita, per avere immediatamente a disposizione contanti e per aggiudicarsi gli appalti. Il giro di affari aveva a che fare principalmente col settore dell'edilizia e una parte consistente dell'inchiesta riguarda gli appalti per la ricostruzione dopo il terremoto del 2012 tra Reggio e Modena. Sono sotto accusa non soltanto imprenditori, alcuni dei quali ridono per la tragedia del terremoto, ma anche colletti bianchi accusati di non aver escluso aziende dalla white list. Gli inquirenti sostengono anche di aver documentato attività a sostegno e tentativi di influenzare alcune elezioni amministrative in diversi Comuni, con l'obiettivo di avere maggior controllo e influenza sulle istituzioni. Dopo le elezioni comunali del 2014 di Reggio Emilia c'è stata una condanna per brogli elettorali sulla base di una denuncia di una nostra consigliera comunale, Alessandra Guatteri. Nel mega processo Aemilia non c'è il reato di voto di scambio politico-mafioso, forse proprio perché la fattispecie non si descrive puntualmente come nella formulazione che oggi si propone nel disegno di legge in esame, ossia la disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa.
Il voto di scambio politico-mafioso è un drammatico fenomeno che determina conseguenze molto negative sul nostro sistema Paese. Innanzitutto comporta una perdita di fiducia dei cittadini verso le istituzioni; in secondo luogo, dà un enorme potere alle mafie, perché concede loro visibilità e le riconosce potenti; infine, rende ricattabili tutti, non solo l'uomo politico corrotto, ma anche il partito o l'istituzione da lui rappresentata.
Quando le organizzazioni mafiose riescono a condizionare il consenso, la vita democratica del nostro Paese viene distorta. Si pensi al fenomeno dell'astensionismo: le massicce astensioni odierne consentono infatti il successo di talune elezioni con un numero minimo di voti o con un secondo turno stabilito dalla legge elettorale. In queste situazioni i voti mobilitati dai mafiosi possono diventare preziosissimi e determinanti per ottenere la vittoria elettorale. Ogni persona che non vota è un voto che conta doppio per corrotti e mafiosi.
Le cronache continuano a riportare fenomeni di pesante inquinamento a livello locale al Sud e al Nord, dove le mafie hanno da tempo radicato gran parte dei loro affari, peraltro sempre più prosperosi. È questa l'accusa che sta facendo emergere con forza il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, secondo cui quanto emerso dall'operazione Aemilia è appena la punta dell'iceberg. Per De Raho la mafia, fattasi imprenditrice, spara di meno, ma corrompe di più e sottolinea: la nostra zavorra sono mafia e corruzione, quest'ultima dilaga, ma quando ci sono corruzione e mafia l'economia va a fondo. Questo perché con i loro capitali immensi e sanguinanti, provenienti da droga, prostituzione, tratta, traffico di esseri umani, riduzione in schiavitù, traffico di armi, azzardo azzerano l'economia legale, inquinano il mercato, distorcono il sistema dei prezzi, eludono le tasse con false fatturazioni. L'economia basata sulla legalità non riesce più a competere ed è destinata a fallire; tutta l'economia va verso una deriva illegale con l'appoggio di una politica compiacente.
Per questo è necessario avere leggi penali in grado di punire chi commette questo orrendo crimine da entrambe le parti: chi offre e chi accetta lo scambio. La riforma dell'articolo 416-ter del codice penale oggi in esame è solo l'ultima delle modifiche normative fatte al codice penale con lo scopo di giungere all'obiettivo di ridurre il più possibile le interpretazioni giurisprudenziali.
In particolare, con questo intervento si elimina il riferimento al metodo dell'intimidazione mafiosa. Ciò rende irrilevante il metodo attraverso il quale ci si impegna a procurare i voti oggetto dell'accordo politico-mafioso, anche sulla base dell'ovvia considerazione che la possibilità di provare l'utilizzo del metodo mafioso, a volte, è estremamente difficile.
PRESIDENTE. La invito a concludere, senatrice.
MANTOVANI (M5S). Sì, Presidente.
Peraltro, come detto, il metodo mafioso non è fatto soltanto di violenza o di minacce. A certi sodalizi criminali è sempre convenuto diffondere nella popolazione l'idea che, chiedendo il loro aiuto, si potevano raggiungere gli uomini di partito e gli uffici pubblici che erano nelle loro agende di contatti. Infine, come esponente di un movimento politico che ha sempre premiato l'onestà, voglio sottolineare come non sia compito solo delle norme far rispettare la legalità.
PRESIDENTE. Senatrice, concluda, le do ancora quindici secondi.
MANTOVANI (M5S). La ringrazio.
Non bastano le condanne o i reati commessi e giudicati come tali: ci sono i fatti, gli episodi che non costituiscono di per sé illeciti, ma che evidenziano una connessione, mentre dovrebbe esserci una rimarcata distanza.
Tali fatti, tali elementi di contiguità devono essere esaminati dai partiti stessi e condannati politicamente. Diceva infatti Borsellino… (Il microfono si disattiva automaticamente. Applausi dal Gruppo M5S).
PRESIDENTE. Senatrice, deve concludere perché altrimenti poi sono costretta a dare ulteriore tempo a tutti e non è possibile. Ho già spiegato che abbiamo due ore di discussione generale, per cui devo ritenere il suo intervento concluso.
Sui lavori del Senato
PRESIDENTE. La Conferenza dei Capigruppo ha approvato il calendario dei lavori fino al 22 novembre.
La settimana corrente sarà dedicata all'esame dei disegni di legge sul voto di scambio politico-mafioso e sulla legittima difesa.
Per quest'ultimo provvedimento, la Conferenza dei Capigruppo tornerà a riunirsi domani, alle ore 17, per valutare, alla luce del dibattito, l'ulteriore articolazione temporale della discussione nonché il mantenimento o meno del question time previsto per giovedì.
Al momento, la seduta di domani non prevede orario di chiusura.
La prossima settimana l'Assemblea non terrà seduta per consentire i lavori delle Commissioni, in particolar modo delle Commissioni affari costituzionali e bilancio sul decreto-legge in materia di sicurezza pubblica.
L'esame di quest'ultimo provvedimento avrà inizio nella seduta di lunedì 5 novembre, con inizio alle 9,30, e proseguirà martedì 6 novembre fino alla sua conclusione, con sedute senza orario di chiusura.
Nelle sedute di mercoledì 7 e giovedì 8 saranno discussi gli argomenti non conclusi nelle settimane precedenti: Commissione di inchiesta sul sistema bancario e rete nazionale registri tumori.
Il calendario prevede inoltre la discussione dei seguenti provvedimenti: decreto-legge sulla città di Genova e altre emergenze, ove approvato dalla Camera dei deputati, nella settimana dal 13 al 15 novembre; decreto-legge fiscale, legge europea 2018 e connesse relazioni sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, nonché ratifiche di accordi internazionali, nella settimana dal 20 al 22 novembre.
Restano confermati nelle predette settimane il sindacato ispettivo nonché il question time, alle ore 15 di giovedì 8, 15 e 22 novembre.
Infine, il calendario sarà integrato con la discussione del rendiconto e del bilancio interno del Senato.
Programma dei lavori dell'Assemblea, integrazioni
PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, riunitasi oggi con la presenza dei Vice Presidenti del Senato e con l'intervento del rappresentante del Governo, ha adottato - ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento - la seguente integrazione al programma dei lavori del Senato per i mesi di settembre e ottobre 2018:
- Disegno di legge n. 822 - Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2018
- Documento LXXXVI, n. 1 - Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione Europea per l'anno 2018
- Documento LXXXVII, n. 1 - Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2017.
Calendario dei lavori dell'Assemblea
PRESIDENTE. Nel corso della stessa riunione, la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari ha altresì adottato - ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento - modifiche e integrazioni al calendario corrente e il nuovo calendario dei lavori fino al 22 novembre 2018:
Martedì | 23 | Ottobre | h. 16,30-20 | - Disegno di legge n. 510 - Voto di scambio politico-mafioso
- Disegno di legge n. 5 e connessi - Legittima difesa
- Interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento (giovedì 25, ore 15) |
Mercoledì | 24 | " | h. 9,30 | |
Giovedì | 25 | " | h. 9,30-20 |
La settimana dal 29 ottobre al 2 novembre è riservata ai lavori delle Commissioni.
Lunedì | 5 | Novembre | h. 9,30 | - Disegno di legge n. 840 - Decreto-legge n. 113, sicurezza pubblica (scade il 3 dicembre)
- Disegno di legge n. 846 - Decreto-legge n. 115, giustizia sportiva (voto finale entro il 7 novembre) (scade il 5 dicembre)
- Disegno di legge n. 494 e connessi - Istituzione Commissione di inchiesta sistema bancario e finanziario (dalla sede redigente) (ove conclusi dalla Commissione)
- Disegno di legge n. 535 e connessi - Rete nazionale registri tumori (dalla sede redigente)
- Interpellanze e interrogazioni
- Interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento (giovedì 8, ore 15) |
Martedì | 6 | " | h. 9,30 | |
Mercoledì | 7 | " | h. 9,30-20 | |
Giovedì | 8 | " | h. 9,30-20 |
Gli emendamenti al disegno di legge n. 840 (Decreto-legge n. 113, sicurezza pubblica) dovranno essere presentati entro le ore 19 di martedì 30 ottobre.
Gli emendamenti al disegno di legge n. 846 (Decreto-legge n. 115, giustizia sportiva) dovranno essere presentati entro le ore 13 di lunedì 5 novembre.
Martedì | 13 | Novembre | h. 16,30-20 | - Seguito argomenti non conclusi
- Disegno di legge n. ... - Decreto-legge n. 109, disposizioni urgenti per la città di Genova e altre emergenze (ove approvato dalla Camera dei deputati) (scade il 27 novembre)
- Interpellanze e interrogazioni
- Interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento (giovedì 15, ore 15) |
Mercoledì | 14 | " | h. 9,30-20 | |
Giovedì | 15 | " | h. 9,30-20 |
Il termine per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge n. ... (Decreto-legge n. 109, disposizioni urgenti per la città di Genova e altre emergenze) sarà stabilito in relazione ai tempi di trasmissione dalla Camera dei deputati.
Martedì | 20 | Novembre | h. 16,30-20 | - Seguito argomenti non conclusi
- Disegno di legge n. 886 - Decreto-legge n. 119, in materia fiscale (voto finale entro il 22 novembre) (scade il 22 dicembre)
- Disegno di legge n. 822 - Legge europea 2018 e connessi Doc. LXXXVI n. 1 e Doc. LXXXVII n. 1 - Relazioni programmatica e consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea
- Ratifiche di accordi internazionali definite dalla Commissione affari esteri
- Interpellanze e interrogazioni
- Interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento (giovedì 22, ore 15) |
Mercoledì | 21 | " | h. 9,30-20 | |
Giovedì | 22 | " | h. 9,30-20 |
Gli emendamenti al disegno di legge n. 886 (Decreto-legge n. 119, in materia fiscale) dovranno essere presentati entro le ore 13 di giovedì 15 novembre.
Il termine per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge n. 822 (Legge europea 2018) sarà stabilito in relazione ai lavori della Commissione.
Il calendario sarà integrato con la discussione del rendiconto e del bilancio interno del Senato.
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 840
(Decreto-legge n. 113, sicurezza pubblica)
(10 ore, escluse dichiarazioni di voto)
Relatore | 1h |
|
Governo | 1h |
|
Votazioni | 1h |
|
Gruppi 7 ore, di cui: |
|
|
M5S | 1h | 42' |
FI-BP | 1h | 10' |
L-SP-PSd'Az | 1h | 08' |
PD | 1h | 04' |
FdI |
| 42' |
Misto |
| 38' |
Aut (SVP-PATT, UV) |
| 35' |
Dissenzienti |
| 5' |
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 846
(Decreto-legge n. 115, giustizia sportiva)
(3 ore e 45 minuti, escluse dichiarazioni di voto)
Relatore |
| 15' |
Governo |
| 15' |
Votazioni |
| 15' |
Gruppi 3 ore, di cui: |
|
|
M5S |
| 44' |
FI-BP |
| 30' |
L-SP-PSd'Az |
| 29' |
PD |
| 28' |
FdI |
| 18' |
Misto |
| 16' |
Aut (SVP-PATT, UV) |
| 15' |
Dissenzienti |
| 5' |
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. ...
(Decreto-legge n. 109, disposizioni urgenti per la città di Genova
e altre emergenze)
(7 ore, escluse dichiarazioni di voto)
Relatore |
| 40' |
Governo |
| 40' |
Votazioni |
| 40' |
Gruppi 5 ore, di cui: |
|
|
M5S | 1h | 13' |
FI-BP |
| 50' |
L-SP-PSd'Az |
| 49' |
PD |
| 46' |
FdI |
| 30' |
Misto |
| 27' |
Aut (SVP-PATT, UV) |
| 25' |
Dissenzienti |
| 5' |
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 886
(Decreto-legge n. 119, in materia fiscale)
(10 ore, escluse dichiarazioni di voto)
Relatore | 1h |
|
Governo | 1h |
|
Votazioni | 1h |
|
Gruppi 7 ore, di cui: |
|
|
M5S | 1h | 42' |
FI-BP | 1h | 10' |
L-SP-PSd'Az | 1h | 08' |
PD | 1h | 04' |
FdI |
| 42' |
Misto |
| 38' |
Aut (SVP-PATT, UV) |
| 35' |
Dissenzienti |
| 5' |
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 822 (Legge europea 2018)
e connessi Doc. LXXXVI n. 1 e Doc. LXXXVII n. 1 (Relazioni programmatica
e consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea)
(7 ore, escluse dichiarazioni di voto)
Relatore |
| 40' |
Governo |
| 40' |
Votazioni |
| 40' |
Gruppi 5 ore, di cui: |
|
|
M5S | 1h | 13' |
FI-BP |
| 50' |
L-SP-PSd'Az |
| 49' |
PD |
| 46' |
FdI |
| 30' |
Misto |
| 27' |
Aut (SVP-PATT, UV) |
| 25' |
Dissenzienti |
| 5' |
Ripresa della discussione del disegno di legge n. 510 (ore 18,23)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mangialavori. Ne ha facoltà.
MANGIALAVORI (FI-BP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, un'ordinata evoluzione politica concilia - o dovrebbe conciliare sempre - l'esigenza della legalità con la libertà di espressione del pensiero e l'opzione politica rappresenta certamente una delle libertà fondamentali di ogni individuo.
Il progressivo espandersi della criminalità organizzata ha rappresentato, però, uno dei limiti principali alla libertà di iniziativa politica, purtroppo in tutto Italia nell'ultimo periodo, ma soprattutto al Sud, terra dalla quale anch'io provengo.
Pertanto, per il Gruppo Forza Italia, come ritengo per tutti i Gruppi di questo Parlamento, sconfiggere la criminalità organizzata rappresenta, prima di tutto, una battaglia di libertà. È un obiettivo di ampia portata e può essere ottenuto lavorando su vari campi: certamente su quello culturale, educando le nuove generazioni alla cultura della legalità, della giustizia sociale, del merito e delle pari opportunità; ma anche su quello legislativo e infine, ma non per ultimo, su quello politico, offrendo dei modelli virtuosi da applicare nelle prassi quotidiane.
Per come si evince dai lavori preparatori al provvedimento in esame, l'iter dei precedenti normativi risulta particolarmente complesso. È stato già detto che la prima norma risale al 1992, a quell'articolo, il 416-ter, derubricato come scambio elettorale politico-mafioso. Non vi è alcun dubbio che scacciare ogni legame, indipendentemente dalla sua gravità, dalle istituzioni pubbliche rappresentative sia una inderogabile necessità, e non è una necessità solo del MoVimento 5 Stelle, cara collega Mantovani.
Assumono, però, rilievo anche le modalità con cui si cerca di ottenere questo risultato; se su un tema così complesso e importante si propongono soluzioni errate, il rischio di ottenere l'effetto contrario o un incentivo al disimpegno pubblico risulta particolarmente elevato e - lo ribadisco - soprattutto al Sud. E questo rischio naturalmente bisogna scongiurarlo con tutte le forze. Il tentativo di infiltrazione nelle istituzioni politiche - lo ribadisco, affinché nessuno mai, né sulla stampa né tantomeno sui social, possa dire che Forza Italia era contraria alla normativa sul voto di scambio - va contrastato con ogni mezzo.
Il testo approvato dalla Commissione giustizia amplia il contenuto dell'articolo 416-ter sullo scambio elettorale politico-mafioso. Si censura penalmente chi accetta, direttamente o per mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti, non solo dietro la promessa di denaro o di qualsiasi altra utilità, in cambio della soddisfazione degli interessi o delle esigenze dell'associazione mafiosa. La pena prevista - come è stato precedentemente detto - va da dieci a quindici anni, con un raddoppio della stessa nel caso in cui, appunto, il candidato fosse eletto. In più, naturalmente, c'è la condanna alla interdizione perpetua dai pubblici uffici.
I dubbi sul testo in esame sono già stati manifestati dai senatori Caliendo, Dal Mas e Modena in Commissione giustizia il 26 settembre ultimo scorso. La prima lacuna - a giudizio dei colleghi - è l'esclusione della punibilità per i soggetti non appartenenti all'organizzazione mafiosa, che chiaramente diminuisce la portata della norma. Esistono, poi, ambiguità interpretative sul disegno di legge in discussione, espresse in fase consultiva anche dalla Commissione affari costituzionali, che, ai fini della configurabilità dell'illecito, dovrebbe mantenere il riferimento al metodo mafioso, che invece non è presente nel testo.
Il testo licenziato dalla Commissione ha - per fortuna - recepito la proposta emendativa dei colleghi Caliendo, Modena e Dal Mas e la norma prevede che in capo al candidato accettante vi sia la certezza dell'appartenenza al sodalizio mafioso del promittente. Nel primo comma è stato inserito l'inciso «direttamente o a mezzo di intermediari». In realtà, la modifica è inutile, in quanto l'eventuale intermediario concorrerebbe già, stante la formulazione attuale, nel reato.
A noi del Gruppo Forza Italia diversi emendamenti, però, sono stati rigettati. Ad esempio, nel primo comma del disegno di legge in esame è stata inserita una modifica rilevante, in quanto ad oggi l'accettazione o la promessa - anche la promessa è punibile - sono punibili se realizzate mediante le modalità di cui all'articolo 416-bis, comma 3, come già detto dal senatore Dal Mas. Nella formulazione proposta dal disegno di legge, invece, la promessa deve provenire da «soggetti appartenenti alle associazioni di cui all'articolo 416-bis». Questa modifica - per quanto già accennato è immediatamente intuibile - potrebbe restringere il campo di applicazione della norma, in quanto, oggi, chiunque risulta punibile, purché la promessa sia formulata con «le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis». Se fosse approvata la modifica, la promessa dovrebbe invece provenire necessariamente da soggetti appartenenti all'associazione mafiosa. La promessa proveniente da un soggetto estraneo al sodalizio criminale non sarebbe punibile e non sarebbe punibile neanche la sua accettazione. Non è l'unico emendamento proposto da Forza Italia. Con il rigetto si disperde l'opportunità di un confronto più articolato e scevro da pregiudizi e opposizioni che, ove si fosse invece concretizzata, avrebbe certamente giovato alla buona riuscita del testo.
Il testo, inoltre, presta il fianco a numerose critiche. I rilievi tecnici sono già stati ampiamente avanzati dal Gruppo Forza Italia. Fra questi vi è anche l'aggravante connessa all'ottenimento della carica elettiva. In questo caso, la pena è aumentata della metà (da quindici a ventidue anni e sei mesi). Ricordo che in caso di omicidio non aggravato la pena prevista è fino a ventuno anni.
La formulazione dell'aggravante proposta non è, comunque, del tutto lineare e propone una questione interpretativa: occorre che l'elezione sia avvenuta grazie al sostegno dell'associazione mafiosa o l'aggravante si applica anche nel caso di pura e semplice avvenuta elezione del candidato? In quest'ultimo caso risulterebbe chiaramente violato il principio di offensività. Nel caso, invece, che la norma sia da interpretarsi nel senso più ragionevole, e cioè che si ritenga necessario un nesso di causalità tra l'intervento mafioso e l'elezione, si proporrebbe un insormontabile problema di natura probatoria, essendo necessario accertare che il candidato sia risultato eletto grazie al supporto dei voti provenienti da ambienti mafiosi e non da ambienti sani.
Gli aspetti tecnici che, però, sottendono a scelte politiche poco ponderate non convincono il Gruppo Forza Italia. Tengo a ribadire che ciò che non convince non è l'eliminazione assoluta della mafia da processi politici, ma la modalità con la quale questo Governo vuole porre in essere una legge che non aiuterà la buona riuscita del buon proposito. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti del Liceo scientifico statale «Elio Vittorini» di Napoli, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).
Ripresa della discussione del disegno di legge n. 510 (ore 18,33)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Grasso. Ne ha facoltà.
GRASSO (Misto-LeU). Signor Presidente, colleghi, appare certamente necessaria la riforma dell'articolo 416-ter del codice penale in materia di voto di scambio politico mafioso per rompere, una volta per tutte, il legame che spesso unisce il mondo della politica con quello della criminalità organizzata.
Ormai, non è solo la dazione del danaro la controprestazione che il politico mette in campo nello scambio corruttivo. Questa controprestazione può, infatti, concretizzarsi nella promessa di appalti pubblici, nell'acquisizione di forniture, nella concessione a imprese a partecipazione pubblica che favoriscano l'infiltrazione criminale nell'economia e nei lavori pubblici, nella promessa di posti di lavoro e di comportamenti omertosi a difesa di un sistema che ostacola l'azione delle Forze di polizia sul territorio, nonché nel soddisfare più genericamente gli interessi delle associazioni mafiose e di singoli affiliati.
È necessario allora, in questa sede, ricordare brevemente alcuni dati storici. Il reato di scambio elettorale politico-mafioso è stato introdotto nel nostro codice penale con il decreto-legge n. 306 del 1992 (il cosiddetto decreto-legge Scotti-Martelli), convertito nella legge n. 356 dello stesso anno. Visto l'abuso attuale di decreti-legge, ci tengo a sottolineare che quello fu un decreto-legge davvero necessario e urgente: venne emanato l'8 giugno, a pochi giorni di distanza dalla strage di Capaci.
Con l'articolo sul voto di scambio si decise di intervenire per reprimere e stroncare il patto sporco tra la mafia e la politica locale e nazionale. Indubbiamente è un vasto programma. Con lo stesso decreto-legge fu aggiunta, tra le finalità tipiche delle associazioni mafiose, quella di impedire e ostacolare il libero esercizio del diritto di voto, cuore della democrazia rappresentativa, mediante la possibilità di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.
Appare evidente la tutela del bene giuridico ordine pubblico, messo in pericolo dal connubio tra mafia e politica, enunciata a livello costituzionale anche degli articoli 48 e 51 della Costituzione, secondo i quali il voto deve essere libero e l'accesso alle cariche elettive deve avvenire in condizioni di effettiva uguaglianza e di correttezza delle consultazioni elettorali.
Dopo una lunga battaglia - ricordo i braccialetti bianchi di Riparte il futuro - nel corso della passata legislatura, con la legge n. 62 del 2014, la disciplina originaria del reato di scambio elettorale politico-mafioso, inizialmente configurata - come abbiamo accennato - nell'ipotesi di colui che otteneva dalla mafia la promessa di voti soltanto in cambio dell'erogazione di denaro, è stata ampliata con la controprestazione di altra utilità, e cioè di qualsiasi altro tipo di vantaggio diverso dal denaro, quale ad esempio l'assegnazione di appalti pubblici, l'assunzione di lavoratori e così via.
Ma per migliorare la legge sarebbe bastata soltanto siffatta modifica, e questo era stato l'intervento da me proposto nel disegno di legge n. 9 del 2013 nella scorsa legislatura. Purtroppo, l'intervento di riforma - a mio avviso - ha introdotto un elemento ulteriore, consistente nelle modalità indicate nel terzo comma dell'articolo 416-bis del codice penale (l'intimidazione, l'assoggettamento, l'omertà, cioè quelle caratterizzanti l'associazione mafiosa), così richiedendo un riferimento al metodo mafioso come precisa connotazione della promessa di procurare voti in cambio di denaro o altra utilità.
Ebbene, questo passaggio - a mio modo di vedere - ha diminuito l'impatto del provvedimento. Infatti, la giurisprudenza della Cassazione che seguì, in virtù dell'introduzione di questo nuovo elemento costitutivo, ha ritenuto che la norma fosse funzionale all'esigenza di punire sia l'accordo politico-elettorale - e non solo a quello - sia quell'accordo avente ad oggetto l'impegno del gruppo malavitoso ad attivarsi nei confronti del corpo elettorale del singolo procacciamento di voto con le modalità tipiche connesse al suo modo di agire. Quindi, si introdusse un nuovo elemento che doveva connotare la promessa, l'accordo di scambio elettorale.
Ai fini della punibilità, poi, interpretazioni rigoristiche sono arrivate a pretendere la volontà da parte del politico di concludere uno scambio in cui siano espressamente contemplate le modalità mafiose del procacciamento di voti, non potendosi fare ricorso alla sola qualità soggettiva dell'interlocutore mafioso (questo secondo la giurisprudenza). Appare del tutto evidente che richiedere una probatio diabolica, cioè la necessità di provare l'utilizzo del metodo mafioso connesso alla promessa e al procacciamento del singolo voto di scambio, finisce col vanificare la portata applicativa della disposizione.
Se l'accordo avviene con un esponente mafioso di indiscussa notorietà, poiché protagonista delle cronache giudiziarie, quale personaggio al vertice della famiglia mafiosa locale, più volte tratto in arresto, e datosi alla latitanza prima di subire una condanna irrevocabile per reati di criminalità organizzata, è evidente che il solo far sapere che c'è stato un accordo con tale soggetto, indipendentemente dal fatto che sia stato o meno condannato in via definitiva, determina in sé il condizionamento degli elettori mediante una forma di intimidazione e di assoggettamento ambientale, derivanti non dall'esercizio di forme espresse di coercizione, quanto dalla sua notorietà delinquenziale, dalla violenza e dalla forza repressiva esercitata in passato, dalla condivisione da parte di alcuni elettori del sistema illecito in cui è calata l'organizzazione e, infine, dai vincoli interni ed esterni di appartenenza ad essa.
È altrettanto evidente che, allorché il patto di scambio elettorale è stipulato da un soggetto estraneo al gruppo mafioso, entrambi i soggetti che lo pongono in essere devono sapere e volere avvalersi della forza intimidatrice mafiosa in virtù della quale quel voto è richiesto e/o ottenuto.
Pertanto, pur apprezzando il disegno di legge Giarrusso nella parte in cui elimina l'elemento costitutivo delle modalità di cui al terzo comma del 416-bis, tuttavia, la costruzione della fattispecie di reato con la riferibilità della promessa di procurare voti soltanto da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all'articolo 416-bis del codice penale comporta - a mio avviso - un restringimento della portata applicativa della norma, soprattutto se si dovesse arrivare, alla luce anche dell'ulteriore elemento inserito nel disegno di legge, alla conseguenza della consapevolezza dell'esistenza di una condanna definitiva per associazione mafiosa ai fini della configurazione delle rispettive responsabilità di chi compie l'accordo. Si ritiene, insomma, perseguibile il politico a caccia di voti solo nella misura in cui sia consapevole dell'appartenenza all'organizzazione mafiosa del suo interlocutore, fatto non sempre facilmente dimostrabile, magari con l'etichetta che la sua sentenza è passata in giudicato.
Chiedo anche di valutare la possibilità, su questo aspetto giuridico, di procedere a un ritorno del testo in Commissione, in maniera da poter svolgere ulteriori audizioni che possano aiutarci nel difficile frangente di punire - come meglio si può fare - questo fenomeno, perché - vedete - a volte le buone intenzioni possono produrre dei danni. Per questo ho proposto una diversa formulazione, rispetto alla quale chiedo ai senatori di ragionare senza preconcetti politici, perché siffatti temi sono importanti e non sono bandierine da sventolare.
PRESIDENTE. Concluda, senatore Grasso.
GRASSO (Misto-LeU). È sufficiente, secondo questa diversa formulazione, che l'indicazione del voto sia percepita all'esterno come proveniente da un clan mafioso perfettamente esistente e conosciuto nel territorio e come tale, in quanto voto di cosca, già sorretto di per sé dalla forza intimidatrice del vincolo associativo. Vi assicuro che qualche decennio fa bastava la passeggiata del boss sotto braccio al candidato nella via centrale di un paese per mandare con forza un messaggio molto chiaro, con tutti i sottintesi di minaccia che questo rappresentava.
Mi riservo di intervenire su altri singoli aspetti critici durante la discussione sugli emendamenti, ma approvando questo provvedimento, con le dovute correzioni tecniche, potremo efficacemente ostacolare l'ingerenza delle mafie nelle consultazioni elettorali e il loro orchestrato e percepibile consenso a favore di taluni candidati.
Rimane indicativo il fatto che ci sono parecchi Comuni sciolti per mafia più volte e, se questo avviene, vuol dire che è ancora difficile riuscire a scrostare le infiltrazioni nelle competizioni elettorali locali. (Applausi dai Gruppi Misto-LeU e PD).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mirabelli. Ne ha facoltà.
MIRABELLI (PD). Signor Presidente, ho ascoltato con grande attenzione l'intervento della senatrice Mantovani, a cui voglio dire alcune cose.
Anzitutto, stiamo parlando di un provvedimento, di modifica dell'articolo 416-ter del codice penale, volto a colpire il voto di scambio politico-mafioso, con l'idea - in questo caso su proposta del senatore Giarrusso - di cambiare una legge che già esiste e che - lo voglio sottolineare - è stata adottata nella scorsa legislatura. Il voto di scambio è già punibile e punito e la legge è stata adottata nella scorsa legislatura, e poi riprenderò questo tema.
Voglio tranquillizzare la senatrice Mantovani, ricordandole che ci siamo molto occupati del cosiddetto caso Aemilia nella scorsa legislatura e abbiamo fatto molto in Commissione antimafia. Voglio tranquillizzarla: nel cosiddetto processo Aemilia non sono indagati e neppure rinviati a giudizio né il sindaco di Reggio Emilia, né - tantomeno - l'onorevole Delrio, nonostante il fango che avete tentato di buttargli addosso negli ultimi anni. (Applausi dal Gruppo PD).
Dico questo non per fare polemica, ma per sottolineare il fatto che forse bisogna smettere di usare la lotta alla mafia per fare propaganda. Suggerirei di fare attenzione perché, quando si parla di mafia presentando un mondo in cui tutto è mafia, spesso niente è mafia e chi davvero andrebbe perseguito si nasconde nel marasma della propaganda e dellecose che vengono dette. Suggerirei di riflettere sul fatto che la lotta alla mafia deve unire per essere efficace e non dividere e noi dobbiamo cercare di unirci e lavorare insieme, dando il segno dal Senato che in questo Paese la politica è unita nel combattere la mafia. Questo dobbiamo fare. Se invece usiamo la mafia per fare propaganda, temo che non rendiamo un buon servizio al Paese e non diamo più forza alla lotta alla mafia.
Ci tenevo a intervenire perché, nella foga della sua illustrazione, il senatore Giarrusso si è dimenticato di raccontare come è nato il provvedimento della cui modifica stiamo discutendo, perché è importante farlo. Quel provvedimento nasce da un largo movimento che, nella campagna elettorale del 2013, lavorò, già prima che noi arrivassimo in Parlamento, per chiedere a molti di noi di impegnarsi per migliorare la fattispecie del reato di voto di scambio, ai sensi dell'articolo 416-ter del codice penale. Furono raccolte 500.000 firme e noi modificammo l'articolo 416-ter del codice penale esattamente nella direzione auspicata da quel movimento che sosteneva una cosa semplice, richiamata poco fa dal presidente Grasso. Fino ad allora il voto di scambio veniva punito solo in presenza di soldi dati in cambio di voti e si erano così registrati due processi e due condanne. In realtà il voto di scambio si configurava e - purtroppo - si configura in un altro modo: si danno i voti e si eleggono politici che poi restituiscono in termini di favori: favori in materia urbanistica, nelle scelte del personale e nel settore degli appalti.
L'articolo 416-ter che abbiamo votato nella scorsa legislatura ha introdotto un mutamento importante, frutto - ripeto - di una mobilitazione, ma anche della capacità del Parlamento - anche se non di tutte le forze politiche, perché non l'abbiamo votato tutti quel provvedimento - di raccogliere quella domanda.
Oggi il voto di scambio (favori in cambio di voti) c'è. Lo si può cambiare. Io non ho alcun dubbio: tutti i provvedimenti possono essere perfezionati. Io oggi, però, mi faccio una domanda, e dovrebbe farsela anche il senatore Giarrusso: perché oggi le stesse forze, gli stessi mondi e gli stessi magistrati che spinsero perché quel reato fosse modificato ci chiedono di fermarci? Essi ci dicono di fermarci, ci dicono che non va bene, ci chiedono di guardare dentro. C'è un problema fondamentale: l'idea secondo cui per incorrere nel reato bisogna essere consapevoli della mafiosità di chi presta i voti è un'arma a doppio taglio. Come si fa a dimostrare che uno è consapevole della mafiosità, se quella persona non è già stata condannata ai sensi dell'articolo 416-bis? Rischiamo di restringere; rischiamo di allargare le maglie; rischiamo di non punire chi invece il voto di scambio lo realizza.
Io penso che su questa cosa si debba riflettere, perché, se diciamo che una persona, per incorrere nel reato di voto di scambio, deve essere consapevole che chi gli propone i voti è un mafioso, ciò vuol dire che quella persona deve dimostrare di non saperlo. Ma, se uno non è già stato condannato per un reato di associazione mafiosa, come si fa? È chiaro che stiamo allargando le maglie. È chiaro che c'è il rischio di allargare le maglie; come è chiaro che il fatto di equiparare le pene dell'articolo 416-ter con le pene dell'articolo 416-bis mette in campo una lesione costituzionale, perché mette in discussione il principio di proporzionalità della pena.
Ci sono degli emendamenti e c'è una proposta di ritornare in Commissione. Io sono per prendere davvero in considerazione tali proposte, in nome del ragionamento che ho fatto prima. Siccome non siamo qui a metterci le medaglie di chi combatte di più la mafia rispetto agli altri, ma dobbiamo cercare di fare in modo di costruire le condizioni migliori per combattere la mafia, allora fermiamoci un attimo. Se riteniamo che l'articolo 416-ter vada cambiato, cambiamolo; ma attenzione: se questo cambiamento rischia di depotenziarne la portata, forse è meglio che ci fermiamo un attimo ed evitiamo siffatto rischio. (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Damiani. Ne ha facoltà.
DAMIANI (FI-BP). Signor Presidente, colleghi senatori, il disegno di legge che esaminiamo oggi in Aula, relativo alle modifiche all'articolo 416-ter del codice penale in materia di voto di scambio politico-mafioso, presenta - a nostro avviso, e com'è già stato detto da altri colleghi del mio Gruppo parlamentare e da altri senatori - tutta una serie di elementi di criticità, che sicuramente lo rendono non idoneo a perseguire l'obiettivo che si prefigge, e cioè un inasprimento della fattispecie di reato e delle sue sanzioni. Vorrei chiarire meglio questa mia affermazione con qualche esempio e con un esame analitico del nuovo testo che si vorrebbe sostituire a quello oggi in vigore.
Partiamo dal primo comma. Nel primo comma è stato inserito l'inciso «direttamente o a mezzo di intermediari». Si tratta, in realtà, di una modifica inutile - come sostenuto da altri colleghi - poiché l'eventuale intermediario, già ex articolo 110 del codice penale, risponderebbe del reato a titolo di concorso.
Sempre nel primo comma è stata inserita una precisazione superflua: il testo attuale prevede che il candidato ricambi il sostegno elettorale mafioso con l'erogazione o con la promessa di erogazione di denaro o di altra utilità. Il nuovo testo aggiunge che il sostegno illecito può essere ricambiato con la disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa. Ma la disponibilità è una condotta che attualmente è già punibile, poiché è compresa nel concetto di «altre utilità», già contemplate dalla norma.
Ma veniamo alle altre novità sulla fattispecie, che - a nostro avviso - sono negative e rischiano sicuramente di limitarne l'applicabilità e la punibilità, a differenza di quanto, invece, si spera oggi di ottenere dall'approvazione del disegno di legge in esame.
Sempre nel primo comma si intende inserire la modifica che la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui all'articolo 416-bis del codice penale verrebbe sostituita dalla promessa proveniente da soggetti la cui appartenenza alle associazioni di cui all'articolo 416-bis sia a lui nota, come si legge dal testo che è stato approvato nella Commissione giustizia. Si sposta, dunque, l'asse dalle modalità di cui all'articolo 416-bis - come prevede l'attuale testo, in vigore dal 2014 - che sono comportamenti ed elementi oggettivi della fattispecie penale, alla appartenenza a una congrega mafiosa, che invece è un elemento soggettivo. Si rischia, quindi, di rendere tutto più aleatorio, ottenendo il risultato opposto a quello che si pensa di perseguire.
Non dimentichiamo, infatti, quanto evidenziato dalla Corte di cassazione negli ultimi anni, dal 2014 in poi, nelle varie sentenze. La Suprema corte di cassazione ha ribadito che il patto elettorale tra i contraenti «deve necessariamente ricomprendere le modalità mafiose con cui i voti vengono procurati, sicché non è più sufficiente provare l'esistenza di un mero accordo, ma è necessario dimostrare l'impegno del gruppo mafioso» che, per procurarsi i voti promessi, «agisce secondo le modalità previste dal terzo comma», cioè col metodo intimidatorio tipico. Ciò che conta, quindi, è la forza intimidatrice che «deve derivare da un gruppo operante sul territorio, organizzato e stabile, idoneo a provocare fra i cittadini una condizione di omertà di fronte all'operato criminale posto in essere dalla cosca» e quindi tale da orientare il voto.
L'elemento oggettivo delle modalità è quindi fondamentale nella fattispecie, secondo la Cassazione, ma purtroppo è proprio quello che invece si vuole abolire con questa riforma, che lascia sopravvivere soltanto l'elemento soggettivo dell'appartenenza del singolo al sodalizio criminale; appartenenza che, ovviamente, dovrà essere valutata, accertata e dimostrata caso per caso, come rammenta la stessa Cassazione penale in una sentenza del 9 settembre 2014, la n. 37374.
Sul piano probatorio, l'indirizzo giurisprudenziale della Cassazione prevede che l'attività di ricerca dei voti posta in essere dal procacciatore sia strettamente connessa alla capacità dell'associazione mafiosa di assoggettare numerose aree territoriali a corpi sociali, proprio attraverso la forza intimidatrice della cosca. Eliminando, invece, il riferimento alle modalità di coercizione mafiosa, vengono meno questi riferimenti oggettivi e tutta la fattispecie risulta più vaga e più aleatoria, col rischio di diventare una rete con delle maglie che sono troppo strette o troppo larghe. Sono troppo strette perché, per ipotesi, chiunque potrebbe millantare sul proprio territorio l'appartenenza a un gruppo mafioso per avvicinare un candidato e promettergli dei voti, coinvolgendoli entrambi nel reato, se questa riforma dovesse andare in porto, pur in mancanza della forza intimidatrice sul territorio. Potrebbe essere a maglie troppo larghe perché la qualità di affiliato alla cosca, che resta l'unico elemento soggettivo richiesto, potrebbe non essere una prova semplice da fornire e, soprattutto, renderebbe non punibili tutti i patti illeciti conclusi con soggetti estranei fino a quel momento a una qualunque associazione, ma che, per ipotesi, potrebbero esercitare un proprio personale potere intimidatorio su gruppi di elettori.
Infine, uno degli ultimi elementi di criticità di questa riforma è il seguente. La modifica proposta inserisce, dopo il secondo comma, un'ipotesi di aggravante in caso di elezione, poiché la pena viene aumentata della metà, quindi da quindici a ventidue anni e sei mesi. Sicuramente è una pena assolutamente congrua, ma vorrei dire più severa in questo caso anche di quella per omicidio - per intendersi - che prevede una condanna fino a ventuno anni.
Termini di paragone a parte, però, si pone un serio problema interpretativo: è sufficiente, per far scattare l'ipotesi di reato, che l'elezione sia avvenuta o bisogna dimostrare - e come si dimostra? - che l'elezione è avvenuta grazie ai voti di scambio con il referente dell'associazione mafiosa? Non è chiaro e la difficoltà probatoria, quindi, di distinguere quali e quanti voti sarebbero di provenienza mafiosa e se senza quei voti l'elezione sarebbe avvenuta comunque diventerebbe praticamente insormontabile.
Premesso - lo voglio dire con chiarezza e lo hanno riferito anche altri colleghi che sono intervenuti per il mio Gruppo - che quello del voto di scambio politico-mafioso è un reato odioso e infamante per il singolo candidato che lo accetta, per una comunità civile e per la democrazia in sé, e che pertanto va perseguito con fermezza, riteniamo che questa riforma non solo non sia all'altezza di ciò che si propone, e cioè inasprire la fattispecie del voto di scambio, ma introduca pericolosi elementi aleatori e di ambiguità, che sono contrari a quella che è un'impostazione garantista del nostro ordinamento e del mio Gruppo parlamentare. La nuova formulazione della norma, quindi, non ci soddisfa assolutamente, perché è troppo sbilanciata sul versante soggettivo, con tutte le difficoltà probatorie da ciò derivanti. Non vorremmo quindi che l'ispirazione di tale riforma sia tratta da quell'ansia giustizialista che pervade gli attuali proponenti della stessa riforma dello stesso disegno di legge.
Apprezziamo un altro passaggio, ovvero il riferimento che viene fatto nella relazione introduttiva a Giovanni Falcone, quando si rammenta che fu proprio il giudice Falcone a volere un collegamento fra la pena prevista per il reato di associazione mafiosa e quella per il reato di voto di scambio. Non possiamo però accettare che si strumentalizzino la sua figura e il suo pensiero per avvalorare una norma che lui, senza dubbio, avrebbe avversato, poiché il garantismo era il suo credo e non perdeva occasione per ribadire che, per fare un processo, ci vuole altro che sospetti e bisogna distinguere le valutazioni politiche dalle prove giudiziarie e che la cultura del sospetto non è l'anticamera della verità: la cultura del sospetto è l'anticamera del khomeinismo. Questo sosteneva diceva Giovanni Falcone. Da Falcone avete e abbiamo tanto ancora da imparare, soprattutto da ciò che del suo pensiero non potrà mai essere piegato a strumentalizzazioni di giustizialismo sommario. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Stancanelli. Ne ha facoltà.
STANCANELLI (FdI). Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, il disegno di legge di cui oggi discutiamo apporta modifiche alla disciplina relativa al reato di scambio elettorale politico-mafioso per come è regolato dall'articolo 416-ter del codice penale e, in particolare, prevede che il conseguimento diretto a mezzo di intermediari della promessa del sostegno elettorale da parte di soggetti appartenenti ad associazione criminale di stampo mafioso e la cui appartenenza sia nota alla gente - ringraziamo il relatore che ha accolto un nostro emendamento volto a far sì che sia evidente la relazione di conoscenza tra il promittente e il promissario - costituisca una fattispecie di reato in presenza di controprestazione, dell'erogazione di denaro, di qualunque altra utilità o della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione.
Dall'analisi attenta della formulazione del testo in esame, si evince come vi siano delle notevoli differenze rispetto al vigente articolo 416-ter. Innanzitutto, amplia l'oggetto della controprestazione del soggetto che ottiene la promessa di voti non solo per il denaro e ogni altra utilità, ma anche - e questa è l'aggiunta alla novella del 2014 - la disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa per come recita il novellato comma 1. Io penso che sia importante la necessità di ampliare, perché attraverso l'ampliamento si può colpire tutto quello che rappresenta gli interessi consolidati della mafia nel campo del rapporto con la pubblica amministrazione e nel rapporto, quindi, con la politica. Aumenta poi la punibilità, che viene prevista anche riguardo al soggetto promissario che si sia rivolto a intermediari, e questa è la seconda novità. La terza è che si rivede la pena edittale, con la previsione da dieci a quindici anni e non più da sei a dodici anni. Questa è una scelta politica e si può discutere se aumentarla o no e noi non apparteniamo a coloro i quali si battono il petto perché ci sia sempre un aumento di pene: non so infatti se è l'aumento di pene che aiuta, o la certezza che le pene vengano scontate. Un'ulteriore novità è che non sono più necessarie le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis, che sostanzia nelle vigente normativa la fattispecie astratta del reato di scambio elettorale politico-mafioso e in particolare il riferimento espresso al metodo di intimidazione mafiosa.
Per noi appare assolutamente opportuna l'odierna modifica legislativa, in quanto, per la sussistenza del reato, diventa sufficiente la semplice prova dell'accordo tra il promissario e i soggetti appartenenti all'associazione criminale. Questa è la novità di questo tentativo di riforma e ciò perché la giurisprudenza della suprema Corte, a legislazione vigente, ormai ha affermato in maniera pacifica - lo possiamo dire - come non possa considerarsi bastevole, ai fini dell'integrazione della fattispecie di reato, la semplice esistenza di un patto tra il politico e il mafioso, ma come sia necessario che esso preveda espressamente l'impegno da parte dell'organizzazione criminale, di cui il promittente può o meno fare parte, ad operare secondo le modalità intimidatorie previste dal terzo comma dell'articolo 416-bis. Questo è, secondo noi, il fulcro del disegno di legge al nostro esame, che sotto questo profilo non può non essere considerato un allargamento della platea di coloro i quali possono essere colpiti dalla nuova previsione normativa.
Questo indirizzo giurisprudenziale giustifica l'odierna novella legislativa, in quanto colpisce immediatamente il patto tra il politico e il mafioso e quindi dà certezza alla legislazione, per come si è venuta sviluppando sin dal primo intervento normativo del 1992, con il cosiddetto decreto Scotti-Martelli, che ha inserito nel codice penale l'articolo 416-ter, rubricato come scambio elettorale politico-mafioso, al fine di affrontare e reprimere la collusione tra i rappresentanti della politica e le associazioni criminali. La modifica dell'articolo 416-ter, avvenuta con legge n. 62 del 2014, ha inserito il riferimento alle modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis e proprio questa esplicitazione ha fatto affermare alla suprema Corte, in una recentissima sentenza, che ai fini dalla configurazione del reato sia necessario che l'accordo sanzionabile preveda espressamente il ricorso alle tipiche modalità mafiose della sopraffazione e dell'intimidazione. Ecco perché la specificazione che oggi è all'esame del Parlamento chiarisce, senza possibilità di diversa interpretazione, come basti soltanto provare, perché il reato si configuri, che in effetti sia intervenuto l'accordo tra il politico e i soggetti. È opportuno però sottolineare - è stato sottolineato anche da altri colleghi senatori di altre parti politiche e se ne è discusso anche in Commissione - che l'eliminazione netta del riferimento al metodo dell'intimidazione mafiosa potrebbe portare ad una conseguenza, che sicuramente l'odierno legislatore non vuole e cioè che, se non venisse provata la consapevolezza da parte del promissario di aver concluso un accordo con un soggetto appartenente ad una organizzazione mafiosa, anche se si provasse che è stato usato il metodo dell'intimidazione e della sopraffazione, si dovrebbe escludere la punibilità di tale condotta. Quindi si arriva all'assurdo che, allargando la platea, come giustamente dobbiamo fare, individuando il patto tra il mafioso e il politico come sanzionabile penalmente, se non si fa riferimento alle modalità di cui all'articolo 416-bis, rischiamo di lasciare fuori tali soggetti dalla platea dei punibili, perché non lo prevede la norma.
Ecco perché in Commissione abbiamo sostenuto come Gruppo gli emendamenti che provenivano anche da altre forze politiche - il senatore Caliendo ha presentato una proposta emendativa anche in questo senso - che prevedevano la punibilità sia che ci fosse l'accordo con un soggetto intraneus - così come previsto attualmente - sia che ci fosse l'accordo anche con un soggetto extraneus, ma che utilizzasse le modalità di cui all'articolo 416-bis. Ciò comporterebbe una chiarezza legislativa che non darebbe più adito a difficoltà interpretative.
Riprendo un'altra considerazione già fatta da altri colleghi: la lotta alla mafia - lo dico al senatore Giarrusso, che legittimamente ha detto che loro sono coloro i quali vogliono continuare la battaglia di Falcone... (Il senatore Giarrusso si siede ai banchi del Governo).
FARAONE (PD). Giarrusso, non sei il Governo!
PRESIDENTE. Senatore Giarrusso, per cortesia. (Il senator Giarrusso torna al suo posto). La ringrazio, molto cortese.
Prego, senatore Stancanelli.
STANCANELLI (FdI). Collega Giarrusso, io credo al fatto che lei voglia continuare quella battaglia, ma le voglio dire che in questa Aula ci sono tanti e tanti colleghi, appartenenti ai più disparati Gruppi politici, che non hanno nulla da imparare anche dalla sua capacità di essere antimafioso. Glielo posso dire tranquillamente; poi, dai miei banchi possiamo fare lezioni su questo. Ecco perché, alla luce di queste considerazioni, auspico che la maggioranza, melius re perpensa, accetti la possibilità di migliorare il testo con la previsione di entrambe le fattispecie, per come sopra argomentato: sia l'accordo sia le condizioni previste dal 416-bis. Allo stesso modo, va valutato attentamente il terzo comma, laddove si prevede che la pena venga aumentata del 50 per cento per il promissario che è stato eletto. Io penso che il reato vada perseguito indipendentemente dall'elezione, né certamente l'elezione comporta un aumento della difficoltà di commissione del reato. E se l'elezione non avvenisse immediatamente ma in corso di legislatura, quale norma dovremmo applicare per l'eletto? E se è già stato condannato?
PRESIDENTE. Senatore, concluda. Non ho lasciato ulteriore spazio a nessuno, la avviso.
STANCANELLI (FdI). Faccio le ultime considerazioni.
Sono convinto - e mi rivolgo in questo caso al relatore - che, così come è stato attento in Commissione avendo accolto nostri suggerimenti, anche in questa occasione voglia, alla luce anche delle richieste che sono state fatte da altri Gruppi...
PRESIDENTE. Senatore, le lascio ancora dieci secondi.
STANCANELLI (FdI). Meglio riflettere un po' di più che approvare una legge che poi non raggiunga i risultati che tutti auspichiamo. (Applausi dal Gruppo FdI).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Modena. Ne ha facoltà.
MODENA (FI-BP). Signor Presidente, colleghi, relatore, francamente quando Giarrusso è arrivato in Commissione con questa "leggina" mi sono chiesta cosa mai c'entrasse: avevamo appena avviato l'iter del disegno di legge sulla legittima difesa. Lui, chiotto chiotto - lo avete visto com'è - è arrivato e ha cominciato a fare una serie di pressioni sul Presidente perché bisognava mettere quel provvedimento all'ordine del giorno. Non si facevano le audizioni - forse su questo aveva ragione il collega Grasso: avremmo dovuto approfondire alcuni aspetti - e il disegno di legge stava lì, sulle nostre teste, come un pappagallo simpatico, diciamo così. (Commenti del senatore Endrizzi). Insomma, ombreggiava sopra di noi. A un certo punto mi sono chiesta da dove venisse fuori quel provvedimento. E da dove poteva venire fuori? Veniva fuori dal contratto di Governo, naturalmente - ma ne manca un pezzo, collega Giarrusso, che secondo me lo rende un po' monco; ne parleremo - e poi naturalmente dalla necessità di accompagnare l'arrivo in Aula del disegno di legge sulla legittima difesa, cosa voluta e apprezzata ovviamente anche dai banchi del centrodestra, con una norma, di stampo un po' più pentastellato, orientata alla lotta alla mafia.
Ho fornito tale ricostruzione, che chiaramente nasce da un'opinione di carattere politico, perché vorrei rimarcare due aspetti in questa chiacchierata sulla normativa. La prima questione è che nel contratto di Governo voi avete scritto che il contrasto al voto di scambio politico-mafioso deve essere fatto con tutti i mezzi, normativi e amministrativi. A nostro avviso, però, manca la parte dell'amministrazione, cioè della parte concreta, esecutiva, perché la modifica della norma porta dei dubbi interpretativi (che io citerò rapidamente, perché come sapete come Capogruppo in Commissione abbiamo il senatore Caliendo, che è imbattibile dal punto di vista delle spiegazioni tecniche, quindi non oso neanche entrare in quelle questioni particolari). Manca sicuramente tutta la parte operativa; noi possiamo anche fare una buona norma, ma sono riforme con la caratteristica di essere a costo zero cui però non si danno delle gambe.
Vi è poi un altro aspetto che vorrei sottolineare, come ho fatto prima. Mi riferisco a questo modo di procedere a compartimenti stagni, per cui se si approva una questione che attiene magari più specificamente al programma della Lega (e quindi tra l'altro di centrodestra), deve essere accompagnato da una proposta fatta dal MoVimento 5 Stelle, quindi sostanzialmente in questi due giorni di discussione abbiamo Pillon contro Giarrusso (poi faccia lei, signor relatore).
Quali sono i nostri dubbi sul disegno di legge in discussione? La perplessità maggiore, come hanno detto tutti i colleghi, riguarda il concetto della consapevolezza. Sappiamo bene come spesso è trattato il dolo, il concetto di consapevolezza e per questo giustamente il tema è stato dibattuto in Commissione e sono stati riproposti degli emendamenti.
Vi è poi la questione, che affronteremo, dell'emendamento del relatore, riguardante la pena maggiore o minore a seconda che un soggetto sia stato eletto. Su questo vi invito a riflettere, perché, oltre alle valutazioni giustamente fatte dal collega Mangialavori e riprese dal collega Damiani nel suo intervento, mi chiedo come possiamo pesare una pena a seconda che l'elezione sia raggiunta o no. Ho capito che il principio democratico è un concetto che probabilmente voi avete rielaborato e non lo discuto (ognuno fa la sua strada), ma siamo forse di fronte al raggiungimento di un risultato? Si tratta di un'obbligazione di risultato, in base alla quale si decide se tenere o no una persona in carcere per un tot numero di anni? Vi invito quindi a riflettere con riferimento alla questione relativa all'emendamento presentato in questo senso, perché può essere quantomeno bizzarro. Poi potremmo avere qualcuno che magari arriva primo dei non eletti, un candidato che è sopra di lui in lista decade e allora a questo punto cosa facciamo, raddoppiamo la pena? Si tratta oggettivamente di una soluzione pasticciata, perché alla fine la politica non si fa solo dagli scranni istituzionali ma in mille altri luoghi. Magari quello non viene eletto, ma potrebbe finire nel Gabinetto di un Ministro o anche a fare il segretario o il portaborse di qualcuno, per cui può succedere comunque di tutto, non è l'unico parametro.
Mi associo quindi ai colleghi del Gruppo che hanno chiesto una riflessione più approfondita su alcune questioni, ritenendo condivisibile l'appello che è stato fatto poco fa, anche se non ricordo in quale intervento: ci sono dei temi su cui tutte le forze politiche si devono ritrovare e la lotta alla mafia è uno di questi. È opportuno, dunque, che la normativa sia meditata con oculatezza, proprio perché deve raggiungere il risultato in termini concreti e, soprattutto, deve avere le gambe, cioè i mezzi, vale a dire la parte tecnica e amministrativa necessaria, altrimenti la lotta effettiva alla criminalità organizzata poi non è possibile. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rossomando. Ne ha facoltà.
ROSSOMANDO (PD). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, inizio questo mio intervento parafrasando il motto per cui il fine giustifica i mezzi: siamo in presenza di un fine che prescinde totalmente dai mezzi e rischia di travolgere il fine medesimo, e parliamo di un rischio concreto, per cui non si tratta di reato di pericolo ma di reato di evento. Quando si scrive una norma penale, in particolare una norma che riguarda reati di mafia, quindi una norma speciale, non ci si può avventurare mettendo sul piatto della propaganda il rischio del travolgimento e dell'inefficacia di una normativa.
Il Parlamento di recente è intervenuto su un'emergenza, vale a dire il fatto che, senza l'inserimento del concetto di utilità, il reato del voto di scambio politico-mafioso rischiava di rimanere scritto solo sulla carta e di non produrre alcun risultato processuale. E qui c'è un punto, colleghi: è inutile che facciamo l'elenco di tutti i processi per mafia che si sono svolti, soprattutto al Nord: chi vi parla potrebbe far riferimento al processo Minotauro o ai processi in Lombardia. Elenchiamoli pure tutti, ma - mi chiedo - il problema è aprire molti fascicoli di indagini preliminari o arrivare ad una sentenza e all'efficacia del ruolo dello Stato?
Abbiamo approvato una norma a stragrande maggioranza, affrontando il tema dell'utilità e dando finalmente uno strumento per perseguire questo tipo di reati. Come è stato rammentato già da alcuni colleghi, su questa norma si è consolidata una giurisprudenza che, nel suo consolidamento, ha dato rassicurazioni sul fatto che la norma funziona.
Io sono molto preoccupata - e vorrei che lo fossimo tutti, anche chi propone la norma - per le criticità che via via emergono con urgenza, con maggior chiarezza e con molte sottolineature da più parti, criticità che vengono segnalate da associazioni che, a vario titolo, sono impegnate nel contrasto a tutte le mafie. Proviamo allora a riesaminarne qualcuna insieme, anche se su molte sono già intervenuti i colleghi che hanno parlato prima di me.
Voglio ricordare anch'io che cosa vuol dire trasferire tutto sulla soggettività per la punibilità del fatto con modalità mafiose, così da rendere punibile soltanto - e sottolineo «soltanto», perché quella che andremo ad approvare è una norma restrittiva - il patto stretto con soggetti la cui appartenenza ad associazioni mafiose è nota. Non si tratta di un cambiamento di poco conto perché la prima norma, quella in vigore, riguarda l'oggettività, prescinde dall'appartenenza e, soprattutto, vuole colpire il turbamento delle libere elezioni, ritenendo che sia un disvalore e su quello si appunta.
Ecco perché è il metodo mafioso che prescinde anche dalla diretta appartenenza ad essersi consolidato nella giurisprudenza. Trasferirlo su un piano soggettivo non è cosa di poco conto. Intanto, è una probatio diabolica e, quindi, torniamo ai famosi fascicoli di indagine, che forse non arrivano non dico al rinvio a giudizio ma neanche all'avviso di cui all'articolo 415-bis del codice di procedura penale. Sicuramente non superano il vaglio del giudizio ma, soprattutto, diventa tutto trasferito, affidato e circoscritto ai soggetti di appartenenza mafiosa, provata o non provata da una sentenza. Immaginiamo come ci si potrà difendere, allora, dicendo: «Non ero in grado di sapere che si trattava con un soggetto appartenente ad una associazione mafiosa».
E cosa facciamo, poi, colleghi? Declamiamo che abbiamo fatto una bella norma che colpisce di più o ci cospargiamo il capo di cenere? Soprattutto, proprio perché la norma colpisce solo quei soggetti, tutto quel mondo grigio di cui abbiamo fatto l'elenco, che è il succo delle mafie moderne (c'è infatti un mondo grigio impalpabile che ruota attorno a questi mondi), rimane totalmente non colpito dalla norma, perché in virtù di essa deve trattarsi di un appartenente all'associazione mafiosa. Questo è un passo avanti?
Per non parlare poi della successione delle leggi nel tempo nel caso venga ristretta una platea; io vorrei sapere, e lo chiedo a voi, che cosa accadrebbe ad alcune condanne fatte in base alla normativa vigente. Perché, a questo punto, c'è il rischio che si dica che c'è una norma meno restrittiva e che si vuole essere assolti dalla condanna appena riportata. Questo è un rischio che vogliamo accettare? Questo solo per dirne alcune.
C'è poi la questione riguardante la sostituzione di un vocabolo ampiamente e consolidatamente usato nella tecnica giuridica dove, quando si dice che viene punito «chiunque», si intende coprire ogni tipo di condotta. Invece, qui non c'è più la sola parola «chiunque», che viene sostituita con la frase «chiunque accetta, direttamente o a mezzo di intermediari». Quindi, si fa una specificazione che, di nuovo, rischia un'indebita restrizione della fattispecie e che di nuovo mette a rischio processi già celebrati, ma che soprattutto, introduce, da un lato, una contraddizione introducendo dei rischi e, dall'altro invece del semplice «chiunque» introduce un riferimento all'ambito più circoscritto degli «intermediari». Infatti, vi sono un sacco di altri soggetti di quelle zone grigie che tutti vorremmo colpire e che non si possono identificare solo negli intermediari. Quindi, di nuovo stiamo allargando le maglie.
Vengo ai profili di incostituzionalità. Quando nella norma si aggiunge «disponibilità a soddisfare gli interessi», indubbiamente si descrive un fenomeno che tutti vogliamo colpire. C'è, però, un particolare: che le norme penali non servono a descrivere un fenomeno: servono a punire delle condotte, e per questo motivo devono essere scritte bene. Non va assolutamente bene scrivere che si può punire chi è disponibile verso le esigenze e gli interessi dell'associazione mafiosa che, peraltro, nella norma attuale, con il concetto di utilità, rientrano ampliamente. Quindi, noi mettiamo a rischio di incostituzionalità una norma perché manca il principio di tassatività.
Sull'equiparazione tra 416-bis e 416-ter a livello di pene, anche qua noto una certa approssimazione. Le sentenze della Corte costituzionale, infatti, hanno molto chiaramente stabilito che ci vuole una differenziazione delle soglie di punibilità a seconda delle condotte. Noi abbiamo un'ampia platea di comportamenti, perché tutte quelle condotte che non rientrano in quelle di cui all'articolo 416-ter (che, indubbiamente, sono gravi ma non uguali a quelle di cui al 416-bis) possono rientrare, anche a titolo di concorso esterno, nel 416-bis.
Quindi, non c'è nessun pericolo o problema che possa sfuggire alla sanzione più grave. Finanche nel caso si tratti di appartenenti all'associazione mafiosa, la punibilità per entrambi i reati può in alcuni casi concorrere e sommarsi. Quindi, che bisogno c'è, se non quello di declamare una maggiore severità, che si infrange poi sulla concreta applicabilità, di applicare le stesse identiche pene? Peraltro, proprio per essere molto attenti anche in punto di pena, ricordo a chi c'era che nella scorsa legislatura abbiamo aumentato le pene per entrambi i reati. Abbiamo aumentato le pene sia per il 416-bis che per il 416-ter mantenendo comunque una distinzione.
Presidente, il fine sicuramente non giustifica i mezzi. Sui mezzi bisogna stare molto attenti perché non si può essere superficiali perché le mafie moderne non lo sono. Sono molto sofisticate; si evolvono e di tutto hanno bisogno fuorché della retorica dell'antimafia. Nessuno più vuole mettere delle bandierine. Io dico con orgoglio che nella scorsa legislatura abbiamo approvato a stragrande maggioranza l'introduzione dell'utilità nel voto di scambio mafioso e, alla Camera, all'unanimità. Ne sono molto orgogliosa e molto contenta. Quindi non si tratta di questo, ma di fare delle norme utili e di non fare facile propaganda. Fermiamoci; ritorniamo in Commissione; audiamo magistrati, associazioni e chiunque possa fornire un contributo utile e facciamo delle cose ben fatte. (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Vitali. Ne ha facoltà.
VITALI (FI-BP). Signor Presidente, colleghi, questo sarebbe il terzo intervento legislativo a proposito del 416-ter nel giro di quattro anni. Ciò significa che c'è un'attenzione verso il fenomeno del voto di scambio con sottofondo mafioso. Questo, purtroppo, non basta a realizzare i propositi che la norma intende raggiungere.
È chiaro che, quando si parla di criminalità organizzata, di mafia e, soprattutto, quando la criminalità organizzata e la mafia inquinano una delle espressioni democratiche più alte (l'esercizio del voto), è evidente che ciò crea un allarme sociale e una necessità di intervento. Noi, però, ci dobbiamo chiedere: basta soltanto, con questi tre interventi in questi quattro anni, aumentare il minimo e il massimo della pena edittale, che è passata da quattro a dieci, da sei a dodici e oggi passa da dieci a quindici anni? Questo può farci ritenere di aver fatto il nostro dovere e di aver cercato di creare quei meccanismi che possano, non dico impedire, ma far perseguire quei reati e accertare le responsabilità, ove si eserciti questo scambio di voto a sottofondo mafioso? Io credo di no e siamo assolutamente consapevoli della necessità di porre un argine a un fenomeno pernicioso come questo. Chi vi parla viene dalla Puglia e, in particolare, dalla provincia di Brindisi, tristemente nota come la patria della quarta mafia nazionale: dopo la mafia, la camorra e la 'ndrangheta, c'è la sacra corona unita. Percepisco, quindi, sulla mia pelle la necessità: ci sono Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Non ritengo, però, che questa norma, così come è stata formulata, raggiunga l'obiettivo, che era evidentemente nelle intenzioni del relatore e della Commissione che lo ha licenziato.
Il bene giuridico tutelato è garantire l'ordine pubblico - su questo siamo d'accordo - il corretto funzionamento della consultazione elettorale, nonché il corretto e libero confronto tra i vari candidati. Questo è il bene giuridico che dobbiamo tutelare e difendere. La promessa di procurare voti secondo la dottrina e la giurisprudenza maggioritaria costituisce l'anticipazione della consumazione del reato. Il delitto di scambio elettorale politico-mafioso rientrerebbe nei reati a duplice schema: accordo a seguito del ricevimento di denaro o di altra utilità, in cui la consegna costituisce il momento consumativo del reato. Pertanto, ai sensi dell'articolo 416-ter, le modalità di procacciamento dei voti devono costituire l'oggetto del patto di scambio politico-mafioso in funzione dell'esigenza che il candidato possa contare sul concreto dispiegamento del potere di intimidazione, proprio del sodalizio mafioso.
Dove interviene la modifica di questo disegno di legge? Nel primo comma dell'articolo 416-ter è stato inserito l'inciso «direttamente o a mezzo di intermediari»: è un intervento pleonastico, più di stile che di sostanza, perché nel nostro codice penale è previsto il concorso nella commissione di reati dall'articolo 110 del codice penale, quindi questa precisazione sembra più una questione, come dicevo prima, di forma che di sostanza.
Sempre nel primo comma è stata inserita una modifica significativa in quanto oggi l'accettazione o la promessa sono punibili se agite mediante le modalità di cui all'articolo 416-bis. Nella formulazione proposta dal disegno di legge, invece, la promessa deve provenire da «soggetti appartenenti all'associazione di cui all'articolo 416-bis». Questa modifica restringe il campo di applicazione della norma, in quanto oggi chiunque risulta punibile purché la promessa sia formulata con le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis. Se fosse approvata questa modifica, la promessa dovrebbe provenire necessariamente da soggetti appartenenti all'associazione mafiosa; in tal modo si configurerebbe un reato proprio, cioè un reato che può essere commesso solo da persone dotate di una speciale qualificazione soggettiva, in questo caso appartenenti alla congrega mafiosa. La promessa proveniente da un estraneo all'associazione non sarebbe perseguibile, neanche per chi utilizzasse questo tipo di atteggiamento.
Quindi siamo partiti da un presupposto: quello di creare una normativa rigida, così come richiede il codice, la nostra Costituzione e la tassatività della norma penale, e abbiamo invece creato un ventaglio più ristretto: oggi non è necessario che chi esercita questa attività appartenga ad una associazione mafiosa; è necessario che utilizzi dei metodi di intimidazione e di violenza tale da incutere timore. Oggi, se dovesse essere approvata questa norma, non ci sarebbe più questo tipo di possibilità. Io non credo che questo sia un lavoro fatto bene e nell'interesse di debellare questo tipo di fenomeno.
Noi dobbiamo cercare di favorire il lavoro dei giudici e non dobbiamo invece attribuirgli la responsabilità interpretativa, molte volte anche al di sopra delle intenzioni del legislatore. Con questa formulazione noi stiamo creando un precedente pericoloso, e lo diceva la collega che mi ha preceduto. Se questa norma dovesse essere applicata, essendo una norma più favorevole, andrebbe resa operativa anche nei confronti di quei procedimenti che non sono ancora terminati con sentenza passata in giudicato e che sono ancora in corso. Questo non creerebbe assolutamente una risposta positiva.
Non basta neanche aver creato l'aggravante che porta la pena a ventidue anni e sei mesi, perché dobbiamo avere anche presente il criterio della proporzionalità delle pene: un omicidio oggi è punito fino a ventuno anni, e noi andiamo a punire un soggetto che risulta beneficiario del voto esercitato secondo le modalità mafiose con una pena di ventidue anni e mezzo. Tra l'altro è una è una fattispecie impossibile da dimostrare: accertato che c'è stato un contributo da parte della associazione mafiosa nella elezione di un componente, sfido chiunque, sfido un magistrato o un collegio giudicante a poter stabilire in maniera certa, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il contributo offerto da quella congregazione mafiosa sia stato determinante per l'elezione del soggetto. È praticamente una dimostrazione impossibile. Quindi è una fattispecie che è stata inserita probabilmente per soddisfare la nostra coscienza e le nostre aspettative ma di cui rendiamo impossibile la dimostrazione.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Credo che, per quanto riguarda la quantificazione delle pene, sia una responsabilità del Governo e della maggioranza aumentare le pene o diminuirle, a seconda delle sensibilità che si vogliono rappresentare, ma intervenire con questa nuova formulazione del 416-ter credo che sia illogico e irrazionale. Si tratta di un provvedimento difficilmente attuabile, che invece di creare un problema all'esercizio di questa attività a sfondo mafioso, crea un'agevolazione nel momento in cui, all'interno di località, soprattutto di comunità piccole, esercitano gruppi criminali che non sono necessariamente assoggettati ad associazione mafiosa e che pure esercitano lo stesso valore intimidatorio nei confronti dell'opinione pubblica e dei cittadini.
Quindi faccio mie tutte le osservazioni che sia in Commissione - da parte del capogruppo Caliendo e della collega Modena - sia in questa discussione sono state avanzate dai colleghi e mi auguro che ci sia la disponibilità ad accogliere gli emendamenti che abbiamo presentato.
Qui non ci sono quelli a favore e quelli contro, ma quelli che vogliono fare norme applicabili, chiare e che non creino problemi interpretativi. Credo che una pausa di riflessione su questo argomento sia quantomai necessaria, perché il Parlamento una volta tanto licenzi leggi che siano applicabili e non siano soltanto sogni irrealizzabili. (Applausi dal Gruppo FI-BP).
PRESIDENTE. Colleghi, mancano tre interventi in discussione generale e già rischiamo di sforare l'orario di chiusura dei lavori di Assemblea, previsto per le ore 20. Dopodiché vi sono diverse richieste di intervento su argomenti non iscritti all'ordine del giorno, per i quali vi anticipo che concederò solamente due minuti per permettere una chiusura "umana" dei nostri lavori.
È iscritto a parlare il senatore Pepe. Ne ha facoltà.
PEPE (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, membro del Governo, onorevoli colleghi, dalla discussione che è stata fatta fin qui rispetto al provvedimento in esame mi pare di capire che il disegno di legge si ponga in mezzo a due fronti: quello degli ipergiustizialisti e quello degli ipergarantisti. Per cui, se è ancora valido l'antico brocardo latino, in base al quale «in medio stat virtus», vuol dire che siamo sulla strada giusta. (Applausi dal Gruppo M5S).
Ritengo che il provvedimento in esame sia importante perché riesce a stabilire un equilibrio rispetto a una faccenda che è alquanto delicata e ha un impatto sociale devastante sia in senso positivo sia in senso negativo. Cercherò di ripetere molto velocemente quali sono le modifiche sostanziali che il provvedimento apporta all'articolo 416-ter del nostro codice penale: abbiamo detto che non è più riferito soltanto al danaro o ad altra utilità, ma anche alla disponibilità a soddisfare gli interessi e le esigenze dell'associazione mafiosa; allarga la punibilità non soltanto al mafioso, ma anche all'intermediario; prevede la punibilità anche in assenza del metodo mafioso e soltanto in presenza di una richiesta o promessa di suffragio; prevede un inasprimento della pena, paragonandola a quella prevista per il mafioso, per il sodale di un'associazione mafiosa e prevede l'aggravante per chi viene eletto.
Riteniamo che questa norma possa contenere in sé un giusto equilibrio e abbia il necessario impatto sociale rispetto a un drammatico fenomeno, che non può richiedere altra attesa e non può essere appeso a un'unità di forma più che a un'unità politica di sostanza. Altrimenti dovremmo dire anche in questa sede, così come è successo in contesti molto più drammatici, che «mentre Roma discute, Sagunto brucia» e non veniamo a capo di questa faccenda. (Applausi dai Gruppi LN-SP-PSd'Az e M5S).
Ritengo anche che sia veramente esagerato il tentativo di ricercare, nel caso in cui è prevista l'aggravante, ovvero nel caso di elezione di questo politico, il nesso eziologico tra la sua elezione e l'apporto del mafioso. Diciamo più semplicemente che la gente vuole che vi sia certezza non soltanto della legge, non soltanto della pena, ma anche di una presa di posizione da parte dello Stato circa il fatto che il politico con la mafia non deve avere nulla a che fare. Il politico con la mafia non deve nemmeno parlarci! (Applausi dai Gruppi LN-SP-PSd'Az, M5S, FI-BP e FdI). Su questo dobbiamo fare presto e non possiamo aspettare, perché lo stadio di compimento - l'ultimo, quello più grave e irreparabile - è quando la mafia inquina la politica e si insinua nelle istituzioni. A questo serve il provvedimento in esame.
Dal punto di vista sociale, il provvedimento è invece volto a garantire che la politica sia soltanto e in maniera trasparente al servizio del popolo, che i diritti siano tali e non favori (questo accade quando vige la legalità) e che i cittadini siano tali e non sudditi (questo accade quando vi è la libertà). L'intervento va fatto dove la mafia già c'è (e lì va debellata), ma anche dove non c'è (e lì bisogna impedire che venga a insinuarsi).
Siamo sicuri che esistono delle isole felici, come si è detto per tanto tempo della mia Regione, la Basilicata, per tanto tempo chiamata Lucania Felix? Non più di tre settimane fa sono stati arrestati 25 presunti boss mafiosi in una terra che è veramente felice. Siamo sicuri che sia ancora necessario, utile e indispensabile attendere? Per che cosa, per ricercare un'unità? Su che cosa? Dobbiamo ascoltare in questo contesto i magistrati, così come per la manovra finanziaria ascoltiamo magari i commissari europei? E noi cosa ci stiamo a fare in questo palazzo se non siamo in grado di assumerci subito e chiaramente le responsabilità? (Applausi dal Gruppo M5S).
L'altro giorno, da sindaco, ho incontrato nella mia Tolve dei ragazzi, in occasione di un incontro con il procuratore capo di Potenza, durante il quale si è parlato di criminalità e lotta alla mafia. In quel contesto il procuratore ha parlato di un'intercettazione e un interrogatorio. Bisogna entrare nelle coscienze dei cittadini. È stata intercettata una conversazione tra un padre mafioso e un figlio, in cui il padre spiegava al figlio la differenza tra la mafia buona e la mafia cattiva: la mafia buona è quella che aiuta le persone facendo i favori, mentre quella cattiva è la mafia che ammazza e campa sulla droga. L'interrogatorio era invece quello di un mafioso arrestato, che gestiva le estorsioni. La domanda del pubblico ministero è stata: ma se tutti quanti gli operatori commerciali si fossero rifiutati di darle il pizzo, lei cosa avrebbe fatto? La risposta è stata: mi sarei arreso, non avrei potuto ammazzarli tutti quanti.
Pertanto, serve un atto forte da parte dello Stato, che combatte la mafia, e serve una politica che respinge la mafia. Questo è il senso del provvedimento in esame.
Qualche settimana fa, a Catania, il Ministro dell'interno, con grande coraggio e trasparenza, ha detto: "La mafia mi fa schifo". (Applausi dai Gruppi LN-SP-PSd'Az e M5S). Il provvedimento in esame dice, con il garbo istituzionale che si deve a questa sede: la mafia fa schifo, perché priva la gente di dignità, libertà e speranza. E se un popolo non ha dignità, libertà e speranza è un popolo che non sorride, un popolo che è destinato a morire. (Applausi dai Gruppi LN-SP-PSd'Az e M5S. Congratulazioni).
SUDANO (PD). Date i nomi per la Commissione antimafia! (Commenti dal Gruppo L-SP-PSd'Az).
PRESIDENTE. I nomi per la Commissione antimafia sono già stati dati. Mancano altre Commissioni.
È iscritto a parlare il senatore Caliendo. Ne ha facoltà.
CALIENDO (FI-BP). Signor Presidente, dopo aver più volte predicato in quest'Assemblea che non esistono una mafia buona e una mafia cattiva, mi fa piacere l'intervento del senatore Pepe. La differenza non esiste perché la mafia si intrufola, specie nel mondo in cui vi è disponibilità economica, nelle Regioni ricche. Quando abbiamo fatto la riforma dei tribunali, con la soppressione di alcuni tribunali, io ho gridato allo scandalo, per alcuni territori del Nord che erano certamente infiltrati dalla mafia. E non mi ha fatto piacere vedere, dopo qualche anno o dopo qualche mese, dei condannati per quel reato di associazione mafiosa.
Io credo che l'intenzione del senatore Giarrusso sia andata al di là di quella che è la realtà che voleva combattere. Perché? Mi scusi la precisazione, senatore Giarrusso; lei sa benissimo che io non solo ero amico, ma sono stato anche responsabile di aver fatto andare Giovanni Falcone all'ufficio istruzione di Palermo. Certamente questa norma fu approvata dopo la sua morte, ma lui l'aveva scritta. E l'aveva scritta secondo quei principi di legalità istituzionale, che portavano a dire cosa? Ho qui il testo del 1992 e ho anche la bozza, quella modificata dal ministro Martelli in Aula. Cosa veniva punito? «(...) ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali». Veniva punito il mafioso, non veniva punito l'altro soggetto dell'accordo. Quando è stato introdotto l'altro soggetto dell'accordo? Nel 2014. (Commenti del senatore Giarrusso). Mi scusi, senatore Giarrusso; con la modifica dell'articolo 416-ter finalmente abbiamo individuato in legge l'accordo, invece della promessa e dell'accettazione. Come è stata fatta questa nuova individuazione? Chiunque utilizzi i metodi di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis è responsabile, ove prometta i voti e l'altro li accetti.
È dubbio, senatore Giarrusso? Non lo so. Ne abbiamo discusso in Commissione. Ma quella che era stata un'ipotesi di dubbio oggi è stata sollevata e ricordata da una serie di interventi, a partire da quello del senatore Grasso. Vi è la possibilità di un'interpretazione che ritiene restrittivo questo articolo rispetto all'attuale ampiezza. Allora non riesco a comprendere la sua testardaggine, senatore Giarrusso. Lei mi conosce ormai da anni: a me interessa molto di più la soluzione tecnica che la soluzione politica. Proprio per questo, se si vuole raggiungere lo scopo di una soluzione tecnica, io avevo suggerito di lasciare questa ipotesi: se c'è qualcuno di cui non si ha la consapevolezza che è un mafioso o un appartenente alle associazioni di cui all'articolo 416-bis, ma si ha soltanto chi ha utilizzato gli strumenti di condizionamento del voto e del sistema elettorale, questa è, né più e né meno, la negazione del sistema democratico del nostro Paese. E non mi venite a dire che è solo della mafia! (Applausi dal Gruppo FI-BP).
Sappiamo tutti che esistono, in alcune zone d'Italia, interventi di condizionamento del voto che vanno al di là della mafia. Ma voi fate finta di non saperlo. E allora perché limitare l'intervento soltanto a chi è appartenente all'associazione mafiosa? Qual è la differenza? Perché questa testardaggine? Il mio emendamento è ancora qui, anche se, nella riscrittura della Commissione, è saltato "associazione 416-bis". Chiunque accetta la promessa di procurare voti da parte di soggetti che si avvalgono delle modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis... Quali sono queste modalità? Sono quelle di poter condizionare il voto attraverso la forza della società e dell'organizzazione. Può essere ancora non accertata la sua appartenenza. Però aggiungeva immediatamente dopo: «o dei quali abbia la consapevolezza dell'appartenenza» e manteneva intero il testo del senatore Giarrusso.
Allora, per quale motivo non si accetta? Qual è la ragione, se si vuole effettivamente combattere la mafia? L'ha già esposto il presidente Grasso meglio di me, ma probabilmente siete stati disattenti; altrimenti non riesco a capire cosa ci sia dietro, cosa vogliate raggiungere, se non un'effettiva lotta.
La senatrice Mantovani ha fatto alcuni esempi che io condivido, ma che con questo provvedimento non c'entrano. Andavano bene con quello che ho scritto o con la riforma del 2014; quella veniva colpita, perché in quel caso non c'era ancora l'accertamento o la consapevolezza dell'associazione.
Noi dobbiamo fare delle norme che abbiano un'influenza seria. Dopo una lunga battaglia nel 2009 riuscii a riscrivere in queste Aule l'articolo 41-bis del codice penale e fu votato, dopo alcune battaglie, quasi all'unanimità dalle due Aule del Parlamento. Credo che occorra un minimo di riflessione e di attenzione. È meglio scrivere una parola in più che una in meno, quando si tratta di norma penale. La certezza del precetto deve essere tale che il cittadino privo di cognizioni giuridiche abbia la consapevolezza e la certezza di interpretare in modo corretto la norma, affinché questa abbia un'effettiva deterrenza.
Non illudetevi sull'aumento delle pene. I magistrati con cui ho trascorso quarant'anni della mia vita l'hanno varie volte sottolineato e fatto capire alla politica: non è possibile, non crediate che l'aumento della pena possa avere un'efficacia deterrente. No. Anzi, se la pena non è equa, non è corretta, non è equilibrata rispetto all'insieme del sistema penale, alla gravità del fatto, non determina deterrenza. Anzi, vi è l'assuefazione e la norma non è accettata.
Per quale motivo, allora, non tener conto di questo? Per me una delle cose più gravi che possano esistere nel sistema penale è l'associazione mafiosa. Se è la più grave, allora deve avere la pena più grave; non può avere la pena più alta chi accetta la promessa del mafioso, con la conseguenza che il mafioso ha la pena leggera e il cittadino che accetta la promessa ha la pena della metà più alta. Vi rendete conto di quale segnale diamo ai cittadini? (Applausi dal Gruppo FI-BP. Congratulazioni).
PRESIDENTE. L'ultimo intervento in discussione generale del senatore Pellegrini avrà luogo nella seduta di domani.
Rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.
Ricordo che per gli interventi di fine seduta saranno concessi due minuti. Chi deve lasciare l'Aula, per cortesia lo faccia rispettando il senatore che sta intervenendo.
Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno
FARAONE (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FARAONE (PD). Signor Presidente, ho la fortuna di essere papà di una straordinaria ragazza autistica di nome Sara. Per questa società magari è una sventura; per me e per i tanti genitori nelle stesse condizioni è una fortuna. In questa società è una sfortuna perché pochi sono i servizi e tanta è la solitudine delle famiglie. Soltanto nei primi giorni, quelli della scoperta, quelli in cui crolla il mondo addosso ci chiediamo: «Perché proprio a me?». Passato lo sbandamento iniziale, vi sembrerà strano, ma non scambieremmo mai nostro figlio con nessuno al mondo. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Berardi). Per questo, Presidente, pretendiamo rispetto per il nostro affetto e per questa nostra considerazione dei nostri figli. Per tanti genitori, contano i successi lavorativi, nello studio, nello sport. Noi gioiamo per successi molto più piccoli, ma che consideriamo altrettanto importanti: noi gioiamo se riusciamo a farli mangiare da soli, se riusciamo a fargli vedere un film al cinema, se riusciamo a fare appassionare un compagnetto a passare qualche minuto con i nostri figli. Questi sono i nostri successi e per noi non valgono meno.
Un figlio vale quello che può. Devi già proteggerlo dalle botte dei bulli, dai risolini e, in generale, dalla solitudine. Vorremmo evitare almeno di doverli proteggere dallo scherno di quegli uomini che dovrebbero invece realizzare politiche per sostenerli. Grillo al Circo Massimo ci ha offesi (Commenti del senatore Castaldi) e ci hanno offeso le risate e gli applausi di quelli che stavano lì. Non è una questione politica, Presidente: avrei usato le stesse parole se a dire quelle cose fossero stati quelli del PD, del mio partito. Dispiace invece che nessuno del MoVimento 5 Stelle abbia sentito il dovere di chiedere a Grillo di scusarsi con le persone autistiche e con i loro familiari. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Berardi e Papatheu).
LEONE (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LEONE (M5S). Signor Presidente, colleghi, vorrei richiamare la vostra attenzione sulla situazione in cui versa la condizione dei parchi archeologici in Sicilia e sulle anomalie che vi si annidano, in particolare sul fatiscente Parco archeologico di Monte Jato, ridotto ad appendice del museo Salinas di Palermo e abbandonato alle sterpaglie. Prima di ogni cosa, vorrei sottolineare che sia il precedente Governo Crocetta che poi, in perfetta continuità, quello di Musumeci continuano a mantenere volutamente uno stato caotico delle cose in barba ai pronunciamenti della Corte costituzionale e alla legislazione nazionale vigente, che limita nell'ambito di tutela ambientale paesaggistica la discrezionalità degli organi regionali anche se a Statuto speciale. L'intento è quello di esautorare i tecnici competenti ed affidare alla politica la competenza della tutela del paesaggio e della gestione dei beni culturali.
In tal modo, si continuano a mantenere posizioni di potere di pochi a discapito della collettività. Vengo ai fatti.
Nonostante la sentenza n. 172 del 2018 agli articoli 9 e 117 della Corte costituzionale abbia dichiarato l'illegittimità dell'articolo 48 della legge di stabilità 2017, del precedente Governo regionale, l'attuale Governo cerca di aggirare la sentenza e cerca di trasferire ad un organo politico il potere decisionale su questioni tecniche in aperto contrasto con il codice dei beni culturali e del paesaggio di cui all'articolo 146. L'attuale Governo regionale, pur avendo recepito la legge Madia approvata il 19 settembre, anziché conferire il potere decisionale alla Conferenza di servizi, che cosa fa? Lo conferisce a se stessa.
Ma c'è dell'altro. Lo scorso 10 giugno, dopo un procedimento penale durato ben cinque anni...
PRESIDENTE. La invito a concludere, senatrice.
LEONE (M5S). ...il tribunale di Civitavecchia ha assolto Gaetano Mercadante dall'accusa di peculato. Mercadante è l'ex rappresentante legale della disciolta Novamusa, la quale gestiva il servizio di biglietteria dei maggiori siti archeologici siciliani avuti in concessione dalla Regione Sicilia. L'inchiesta era partita dalla procura contabile che ha trasmesso gli atti a quella penale. In base alla convenzione con l'ARS, Novamusa avrebbe dovuto incassare solo il 10 per cento sui biglietti, 60 per cento alla Regione siciliana ed il restante 30 per cento ai Comuni...
PRESIDENTE. Senatrice, deve concludere.
LEONE (M5S). Castelvetrano, Calatafimi, Marsala, Taormina, Segesta e Siracusa, un danno erariale che ammonta a 16 milioni di euro.
Concludo dicendo che noi siciliani, pur essendo detentori di un patrimonio di alto valore culturale, siamo costretti a subire danni erariali ed emigrazione dei giovani a causa della crisi economica... (Il microfono si disattiva automaticamente. Applausi dal Gruppo M5S).
QUARTO (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
QUARTO (M5S). Signor Presidente, alle 3,45, ora italiana, di sabato 20 ottobre, dalla base spaziale di Kourou, Guyana francese, è stato lanciato il satellite Bepi Colombo, per un'importante missione spaziale verso Mercurio, un'ardita sfida tecnologica da oltre 2 miliardi di euro. Dall'ANSA leggiamo: «Lanciata (...) la prima missione europea diretta verso Mercurio, il pianeta (...) più vicino al Sole, con temperature estreme, ancora pieno di misteri e cruciale per sottoporre la teoria della relatività (...) all'esame più severo che abbia mai affrontato».
A bordo sono assemblati i quattro moduli della missione, destinati ad attraversare insieme il Sistema solare per sette anni, per separarsi una volta arrivati nell'orbita di Mercurio.
Tale missione vede l'Italia in prima fila, con l'Agenzia spaziale italiana, l'Istituto nazionale di astrofisica e l'Università La Sapienza di Roma. Inoltre, la Thales Alenia Space ha realizzato alcuni sistemi del modulo europeo, tra i quali il controllo termico: una vera e propria sfida tecnologica, date le enormi escursioni termiche del pianeta.
Bepi Colombo ci farà conoscere le caratteristiche fisiche della superficie di Mercurio, la struttura e composizione interna e verificherà importanti predizioni della teoria della relatività generale.
Voglio esprimere il mio ringraziamento agli artefici di questo splendido successo della ricerca scientifica italiana e dell'industria italiana, che con notevole impegno e grandi sacrifici, durati oltre un decennio, hanno dato lustro all'Italia. (Applausi dal Gruppo M5S).
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, vorrei portare il Parlamento a conoscenza dei fatti avvenuti negli ultimi giorni e relativi alla discarica Le Crete ad Orvieto. Si tratta di una discarica balzata agli onori della cronaca nel 2003, in piena emergenza rifiuti nella Campania di Bassolino: avrebbe dovuto ricevere 20.000 tonnellate e ne ricevette 90.000. Ne seguì un processo sulla presunta presenza nella discarica di rifiuti e materiali che ovviamente non dovevano essere lì e ci fu la prescrizione. Rimangono forti dubbi, anche per gli elevati livelli di mercurio presenti nel fiume Paglia, che si vorrebbero giustificare con la presenza di miniere di cinabro nella zona. Ricordo che la Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, nella precedente legislatura, ha rivolto un'indagine proprio alla discarica Le Crete.
Proprio tre anni fa - ne festeggiamo oggi il compleanno, perché era il 23 ottobre del 2015 - i consiglieri regionali della Lega Fiorini e Mancini richiesero l'utilizzo del georadar da parte dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA) per poter verificare quello che c'era nella discarica. Sono passati tre anni e questa mozione, nel 2016, è stata approvata all'unanimità dall'intero Consiglio regionale. Ebbene, nei giorni scorsi all'ARPA, che chiedeva la possibilità di intervenire, l'Acea, che è il gestore dell'impianto, con una dotta risposta di 8 pagine ha chiuso le porte, dicendo che, dato che va tutto bene e non c'è nulla da verificare, non c'è bisogno di utilizzare il georadar.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Dato che, come diceva qualcuno, a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca, vorremmo che l'Acea ci smentisse, aprisse le porte e permettesse l'utilizzo del georadar nella discarica di Orvieto, per fugare finalmente qualsiasi dubbio e per non vederci costretti noi, in sede di Commissione bicamerale d'inchiesta sugli ecoreati, a chiedere di riaprire il fascicolo, per poter utilizzare lo strumento e mettere in tranquillità e sicurezza l'intera comunità; comunità che peraltro, per la bellezza di quel territorio, non dovrebbe neanche avere una discarica e che dovrebbe avere piuttosto la certezza che lì dentro non ci sta niente di ciò che noi tutti auspichiamo non debba essere trovato.
MORRA (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORRA (M5S). Signor Presidente, vorrei semplicemente rincuorare i calabresi, i meridionali tutti e gli italiani a maggior ragione, perché oggi si è conclusa positivamente una vicenda, che è durata anche troppo.
Per una quindicina d'anni circa, un imprenditore della Piana di Gioia Tauro è stato particolarmente vessato da 'ndrangheta ma anche - mi spiace dirlo - da banche, tant'è che è stato protagonista di una vicenda in cui è stato riconosciuto vittima di usura bancaria. Egli, ahimè, lavora e produce con la protezione dell'Esercito italiano, avendo la famiglia altrove perché in quei territori non si poteva vivere.
Tuttavia, oggi lo Stato, - mi piace dirlo - il Governo, anche soprattutto per merito del Ministero dello sviluppo economico, e quindi grazie a Luigi Di Maio, ha fatto sì che si realizzasse un accordo transattivo con cui MPS ha riconosciuto la fondatezza dei rilievi del gruppo De Masi. Si è così conclusa una vicenda tristissima, dando anche speranza a una Regione che potrà contare su un gruppo che, grazie al ristoro di queste risorse finora sempre negate, ha già preso l'impegno non soltanto di conservare la produzione, ma anche di implementarla.
Quindi, il segnale che voglio far arrivare al di fuori di questa Assemblea è che qualcosa, grazie a questo Governo, si può fare. Bisogna insistere perché ce la possiamo fare. (Applausi dal Gruppo M5S e del senatore Zuliani).
RAMPI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RAMPI (PD). Signor Presidente, per suo tramite le chiedo un intervento della Presidenza di questo Senato, seconda carica dello Stato, su un tema fondamentale, quello del pluralismo dell'informazione.
Abbiamo ascoltato le parole di un Sottosegretario preposto a questo tema che, di fronte a una platea plaudente, ha annunciato la volontà di tagliare le risorse per il pluralismo dell'informazione. Questo purtroppo nel Novecento è successo, ovvero che si intervenisse davanti a platee plaudenti per chiudere, per mettere a tacere le piccole voci, le voci libere, le voci indipendenti. Quel Sottosegretario nasce esattamente con l'obiettivo contrario, e cioè di sostenere quell'industria.
Nella scorsa legislatura abbiamo votato a larghissima maggioranza - anche recependo emendamenti della persona che oggi svolge il ruolo di Sottosegretario - una nuova legge sul pluralismo dell'informazione. Le informazioni che oggi circolano su questo sono del tutto prive di fondamento, parlano di un passato che non esiste più. Oggi noi abbiamo risorse solo per intervenire su editori puri, liberi e su piccoli editori, sulle tante piccole voci locali.
Spero, allora, che, per fare cassa, per fare propaganda, per un fraintendimento e - non vorrei dirlo perché non faccio processi alle intenzioni - per mettere a tacere qualcuno, quindi un'informazione libera, non si faccia un danno alla struttura tradizionale di qualsiasi democrazia liberale in qualsiasi momento della storia. Sto parlando dell'indipendenza della magistratura, del potere politico, esecutivo e giudiziario e dell'informazione libera. Questo è il pericolo che oggi corriamo, che c'è in quelle parole.
Credo che questo Senato e la seconda carica dello Stato debbano prestare particolare attenzione. Chiediamo che il Sottosegretario venga e porti questa discussione nelle Aule preposte per un lavoro fatto bene, a cui non ci sottrarremo. (Applausi dal Gruppo PD).
Atti e documenti, annunzio
PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Ordine del giorno
per la seduta di mercoledì 24 ottobre 2018
PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, mercoledì 24 ottobre, alle ore 9,30, con il seguente ordine del giorno:
La seduta è tolta (ore 20,13).