Legislatura 13ª - Disegno di legge N. 3820

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 3820


DISEGNO DI LEGGE




d'iniziativa dei senatori SEMENZATO, BORTOLOTTO, PIERONI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE LUCA Athos, LUBRANO DI RICCO, MANCONI, PETTINATO, RIPAMONTI e SARTO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 18 FEBBRAIO 1999

Tutela della biodiversità genetica della flora autoctona






ONOREVOLI SENATORI. - Nel 1992 si é svolta a Rio de Janeiro la Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo, primo importante convegno a livello mondiale con al centro l'ambiente e le misure da adottarsi per la sua tutela. A conclusione della Conferenza, é stata sottoscritta la Convenzione sulla diversità biologica con la quale, focalizzando l'attenzione sulla necessità e l'urgenza di salvaguardare l'integrità e la diversità del patrimonio genetico quale bene comune dell'umanità, si é posto l'obiettivo principale di proteggere la "biodiversità", cioé la molteplicità di varietà animali e vegetali i cui delicati meccanismi di interrelazione nell'ecosistema garantiscono il mantenimento dell'equilibrio ambientale e la sua sopravvivenza.
La consapevolezza che la diversità biologica é in fase di depauperazione a causa di talune attività umane fa della sua conservazione una preoccupazione primaria dell'umanità.
La Convenzione definisce la "diversità biologica" come la "variabilità degli organismi viventi di ogni origine". Nel preambolo viene sottolineato che "l'esigenza fondamentale per la conservazione della diversità biologica consiste nella conservazione in situ degli ecosistemi e degli habitat naturali e nel mantenimento e nella ricostituzione delle popolazioni di specie vitali nei loro ambienti naturali".
L'Italia ha ratificato la Convenzione sulla biodiversità ai sensi della legge 14 febbraio 1994, n. 124, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 44 del 23 febbraio 1994.
Di particolare importanza é l'articolo 8 della Convenzione, relativo alla conservazione in situ : "Ciascuna Parte contraente, nella misura del possibile e come appropriato:

(...)

c) regolamenta o gestisce le risorse biologiche che sono rilevanti per la conservazione della diversità biologica sia all'interno che all'esterno delle zone protette, in vista di assicurare la loro conservazione;
d) promuove la protezione degli ecosistemi, degli habitat naturali e del mantenimento delle popolazioni vitali di specie negli ambienti naturali;

(...)

h) vieta l'introduzione di specie esotiche che minacciano gli ecosistemi, gli habitat o le specie, le controlla o le sradica;

(...)

k) sviluppa o mantiene m vigore la necessaria legislazione e/o altre disposizioni regolamentari per la protezione di specie e popolazioni minacciate;

(...)".

In Italia la grande varietà di ecosistemi ha favorito un elevato grado di variabilità delle forme viventi. Nel 1982, l'opera Flora d'Italia , del professor Sandro Pignatti, elencava ben 5.599 specie, di cui 712 endemiche, divise in 168 famiglie: con questa sua ricchezza di entità vegetali l'Italia si colloca al primo posto tra i Paesi europei per biodiversità a livello di specie.
Il numero di specie, comunque, non é il solo elemento che contribuisce a dare un immenso valore al nostro patrimonio vegetale. Infatti, in modo molto semplicistico, si tende a definire il termine "biodiversità" come sinonimo di "numero di specie". In realtà il termine racchiude la ricchezza intesa come variabilità genetica. É la grande varietà di ambienti presenti nel nostro Paese, pur racchiusi in un territorio non esteso, che ha contribuito alla creazione di quel mosaico di possibilità evolutive che ha portato all'arricchimento della variabilità genetica della nostra flora.
L'Italia, anche a livello di sola flora legnosa (alberi e arbusti), in proporzione al suo territorio, spicca a livello continentale non solo per la ricchezza di specie, ma anche per il grado di differenziazione genetica.
Nel 1970, la Società botanica italiana ha redatto un elenco di specie vegetali in reale ed immediato pericolo di scomparsa. A questo elenco si é aggiunto nel 1992 il Libro rosso delle piante d'Italia , redatto a cura del WWF-Italia. Dopo un elenco di 15 specie da considerare estinte per il nostro Paese, seguendo una categorizzazione internazionalmente accettata, il libro elenca 82 specie minacciate, 179 vulnerabili, 178 rare e a status indeterminato. In breve, poco meno dell'8 per cento della flora italiana sarebbe meritevole di particolare protezione. Inoltre, soltanto una settantina di specie vegetali italiane sono inserite nell'allegato II (specie animali e vegetali d'interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione) della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.
L'Unione europea (UE), in occasione della Conferenza ministeriale sulla protezione delle foreste in Europa, che si é svolta ad Helsinki nel 1993, ha elaborato una specifica risoluzione (H2) che ha per obiettivo la conservazione della biodiversità delle foreste europee.
L'UE non ha peró ancora adeguato le sue direttive ai nuovi impegni presi dopo la sottoscrizione della Convenzione sulla biodiversità biologica e dopo la risoluzione di Helsinki. Tale ritardo deriva probabilmente da due fattori:

la mancanza di una politica forestale dell'Unione, visto che la materia non fa parte di quelle regolate dal Trattato di Roma del 1957;
la minore urgenza avvertita in gran parte degli altri Paesi dell'UE dove, rispetto all'Italia, una piú dinamica e seria applicazione delle direttive 66/404/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1966, e 75/445/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1975, sottopone a minori rischi di inquinamento genetico le specie utilizzate nelle attività forestali.

Gli alberi forestali sono organismi longevi, allogami ed in generale fortemente eterozigoti ed hanno sviluppato vari meccanismi per mantenere alta la varietà intra-specifica. Questi meccanismi, combinati con i vari tipi di ambienti in cui vivono le piante forestali, hanno contribuito a far sí che, salvo poche eccezioni, gli alberi siano gli organismi viventi a piú alta variabilità genetica tra tutti quelli esistenti e studiati sino ad oggi.
I fattori che possono compromettere la conservazione della diversità biologica degli alberi sono principalmente la distruzione e la compromissione degli habitat e la perdita di popolazioni locali geneticamente diverse (ecotipi) a causa, inter alia, di movimenti non documentati e incontrollati di germoplasma.
In Italia, oggi, é soprattutto la seconda causa che suscita preoccupazioni, visto il massiccio utilizzo di piante forestali di origine sconosciuta commerciate nel nostro Paese. La presenza di ecotipi non indigeni darà luogo a fenomeni di incrocio con gli ecotipi locali, generando in massa nuovi genomi e nuovi individui, spesso del tutto inadatti al clima e al suolo locali. La conseguenza puó essere rovinosa: l'estinzione della popolazione di quelle specie nel territorio dove prima esisteva un ecotipo "adatto"; inoltre, in un periodo di rapido cambiamento di alcuni fattori ecologici quali il clima, la perdita di popolazioni locali o della loro identità genetica attraverso la contaminazione con polline estraneo ha come probabile effetto la diminuzione della possibilità di adattamento delle popolazioni ai continui cambiamenti climatici.
Purtroppo le leggi nazionali esistenti non sono sufficienti a garantire una seria ed efficace protezione per tutte le rilevanze floristiche della nostra penisola. In alcuni, sporadici casi leggi regionali hanno cercato di compensare queste carenze, ma il divario tra il bisogno di conservazione e ció che dovrebbe regolare il nostro rapporto con il mondo vegetale é ancora lontano dall'essere colmato.
É vero che negli ultimi decenni il manto forestale italiano é in netta espansione per ricolonizzazione spontanea di terreni marginali abbandonati dall'agricoltura e per le azioni dirette dell'uomo, cioé grazie ai rimboschimenti. Soprattutto per quanto riguarda questi ultimi, da alcuni anni in tutta Europa il rimboschimento di terreni agricoli é favorito ed incentivato ai sensi del regolamento (CEE) n. 2080/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992. In Italia nel periodo 1994-1997 era preventivato il rimboschimento di 230.000 ettari di terreno: dalla metà degli anni '80, infatti, la Politica agricola comunitaria (PAC) incentiva la forestazione dei terreni agricoli. Inoltre, gli accordi, sottoscritti anche dal nostro Paese, per contrastare l'incremento della concentrazione di biossido di carbonio nell'atmosfera terrestre spingono verso l'estensione della copertura forestale, insieme alla crescente domanda da parte dei cittadini di grandi aree verdi attorno alle città (forestazione urbana), di restauro ambientale dei corsi d'acqua (rinaturalizzazione) e delle grandi aree degradate (cave, discariche, aree industriali dismesse), eccetera. Pertanto, dopo un periodo di stagnazione che ha portato alla decadenza del comparto vivaistico forestale, la richiesta di piante forestali negli ultimi anni é tornata a crescere. La spinta piú forte al rilancio di tale domanda é comunque venuta dall'incentivo all'imboschimento dei terreni agricoli promosso, come detto, dalla UE nell'ambito della PAC.
Rispetto a questa nuova situazione, la vivaistica forestale italiana si é trovata impreparata non riuscendo a soddisfare la crescente domanda e innescando, per la prima volta nella storia forestale italiana, un rilevante flusso di importazione di piante dall'estero.
Intorno agli anni '90, la riduzione delle quote di piante prodotte da vivai pubblici ha coinciso con l'avvio dei consistenti interventi di forestazione previsti dal predetto regolamento (CEE) n. 2080/92, causando di fatto uno sfasamento fra domanda ed offerta di piante forestali. Fino a poco tempo fa, infatti, le piante destinate alla forestazione ed alla arboricoltura da legno erano prodotte esclusivamente da strutture vivaistiche facenti capo al settore pubblico, che ha garantito un controllo sulla qualità genetica delle piante messe a dimora nei rimboschimenti. Per rafforzare le garanzie di qualità e per applicare metodi uniformi su tutto il Paese fu emanata la legge 22 maggio 1973, n. 269, che disciplina la raccolta ed il commercio delle sementi, nonchè la produzione e la vendita delle piante forestali. Scopo della legge era quello di dare garanzie affinchè le piante utilizzate nei rimboschimenti fossero prodotte con sementi provenienti da boschi controllati e conosciuti dal punto di vista genetico, favorendo gli scambi commerciali con gli altri Paesi comunitari.
Alla nuova richiesta di piante ha dato in qualche modo risposta il settore privato che, per la prima volta nella storia, si é trovato di fronte ad una domanda "vera" (nelle regioni perdurava l'ingiustificata abitudine di regalare le piantine da parte delle amministrazioni pubbliche) e in alcuni casi sono nati nuovi vivai forestali privati. In genere, peró, sono stati i vivai che già producevano semenzali e giovani trapianti, soprattutto per il settore ornamentale, ad espandere la loro "produzione" per i nuovi settori della forestazione dei terreni agricoli e del restauro ambientale. In realtà solo una parte di quanto venduto viene effettivamente "prodotto" dai vivai, perchè risulta molto piú conveniente acquistare le piantine all'estero dai grandi vivai dell'Europa centrale od orientale e rivenderle in Italia.
Ció é favorito da due fattori:

all'estero la vivaistica forestale é soprattutto privata ed in molti paesi (Belgio, Olanda, Germamia, Francia, eccetera) esistono imprese di grandi dimensioni da tempo organizzate per l'esportazione;
la legislazione comunitaria, per gran parte delle specie richieste dalla "nuova domanda", non impone alcun limite al commercio dei materiali di propagazione; anzi, la piantina forestale per l'UE é una merce che, in base ai principi del Trattato di Roma, non deve trovare alcuna limitazione commerciale all'interno dell'Unione stessa.

Negli ultimi anni quasi tutte le regioni hanno concesso, in applicazione del citato regolamento CEE, rimborsi variabili a seconda delle zone fra le 2.500 e le 3.000 lire per ogni pianta, mentre i prezzi correnti del mercato italiano sono attestati a circa la metà ed i prezzi delle piante provenienti dai Paesi del Nord e dell'Est europeo sono nettamente inferiori alle 1.000 lire per pianta: in questo modo sono stati importati ingenti quantitativi di semi e piante di origine sconosciuta.
L'attuale crisi della vivaistica forestale italiana produce dunque numerosi effetti negativi, sia di ordine economico sia di ordine ecologico. Il piú grave é conseguente all'utilizzo su grande scala di materiali vivaistici estranei ai nostri ambienti, di cui si é detto, con i conseguenti rischi sia di natura tecnica (scarso successo degli interventi di rimboschimento) sia di natura ecologica (inquinamento genetico degli ecotipi locali delle specie indigene).
La mancanza di competitività all'interno del sistema vivaistico forestale, associata ad una legislazione non piú adeguata e che di fatto permette lo sconsiderato movimento di germoplasma anche a grande distanza, sono fattori di debolezza che rischiano di produrre effetti molto gravi in termini di perdita di diversità biologica delle specie vegetali indigene (una grande variabilità genetica é un fattore di sicurezza che permette di affrontare con minori timori anche le incertezze del " global change ").
La presa di coscienza, da parte del mondo forestale italiano, dell'importanza di conservare la biodiversità delle foreste (ecosistemi, specie, ecotipi, popolazioni) negli ultimi anni si é concretizzata in una serie di iniziative volte a garantire che, ogni qualvolta si manipola del materiale genetico di una specie (attività vivaistica, imboschimenti, commercio di piante), involontariamente non si provochino riduzioni del pool genico e fenomeni di inquinamento genetico (mozione finale del convegno di Terme Latronico, 1996; mozione finale del convegno di Palermo, 1996).
In tale contesto, spicca l'attività dell'Azienda regionale delle foreste del Veneto che ha portato all'emanazione delle legge regionale 18 aprile 1995, n. 33, la prima legge in Italia che ha per obiettivo la "tutela del patrimonio genetico delle specie della flora legnosa indigena".
La vivaistica forestale italiana ha svolto un ruolo importante quando, nei primi decenni del dopoguerra, ha dovuto rispondere ad alcuni ambiziosi obiettivi (sicurezza idraulica dei bacini montani, occupazione in aree svantaggiate, eccetera). Alle soglie del duemila, nuovi ambiziosi obiettivi che richiedono ingenti quantitativi di piante forestali attendono il Paese (difesa del suolo, stabilizzazione climatica, difesa della biodiversità, restauro ambientale, eccetera).
Se é vero che il sistema vivaistico nazionale, sia pubblico sia privato, é oggi inadeguato, con tutti i rischi connessi a questa situazione di stallo, é vero anche che il nostro Paese ha senz'altro le risorse sia umane sia finanziarie per superare la crisi che da circa vent'anni attanaglia il comparto vivaistico.
Scopo del presente disegno di legge é definire un programma di azione specifico, inserito all'interno di strumenti pianificatori di ordine gerarchico superiore ed in grado di operare su diversi livelli (normativo, strutturale, scientifico), per far sí che, nel campo della vivaistica forestale, il nostro Paese si scrolli di dosso il torpore degli ultimi decenni e si dia obiettivi ambiziosi: in primis quello di tornare a produrre quanto occorre, creando ricchezza nel Paese, soprattutto al sud dove sono piú grandi le opportunità di valorizzare, con le attività forestali, vaste aree in crisi di vocazione agricola.
Onorevoli Senatori, le piante importate senza controllo, insieme a quelle prodotte in vivai italiani con le piú convenienti sementi arrivate dai Paesi a piú basso costo di manodopera per la raccolta, sono fonte di grande preoccupazione per la futura sopravvivenza dei nostri boschi: la ricchezza della natura costituita dal patrimonio genetico locale, risultato di un'opera di selezione naturale durata milioni di anni, rischia di venire irrimediabilmente distrutta.
L'articolo 1 definisce le finalità del disegno di legge: la salvaguardia degli ecotipi locali allo scopo di prevenire l'inquinamento genetico, per garantire la qualità e la specificità del paesaggio, per una gestione sostenibile delle risorse genetiche presenti in natura e per il mantenimento e l'utilizzazione durevole della diversità biologica. A tal fine, nel disegno di legge si dettano i principi generali, le procedure e le norme per la salvaguardia e la tutela della biodiversità vegetale in attuazione dell'articolo 9 della Costituzione e dei princípi contenuti nella Convenzione sulla biodiversità, fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992.
L'articolo 2 stabilisce quali sono le attività che non devono recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare, non devono introdurre specie e/o entità subspecifiche, quali varietà, razze ed ecotipi, che possono minacciare gli ecosistemi, gli habitat , nonchè le specie e le popolazioni della flora indigena.
In particolare, al comma 3 viene stabilito il principio che in tutte le attività e gli interventi nei quali viene utilizzato materiale forestale di propagazione, questo deve essere esclusivamente materiale certificato.
Gran parte delle specie oggi richieste é priva di ogni tutela e pertanto impianti possono essere realizzati con materiali di qualsiasi origine; inoltre, anche per le poche specie protette dalla citata legge n. 269 del 1973, manca una suddivisione del territorio nazionale in "aree di raccolta del seme" ed in "aree di impiego", contrariamente a quello che succede da tempo in gran parte dei Paesi europei. Con un qualsiasi certificato di provenienza puó essere utilizzato in qualsivoglia parte del territorio nazionale materiale di propagazione di qualsiasi origine. Soprattutto il commercio di piantine forestali, generato dagli incentivi alla forestazione dei terreni agricoli e dalle iniziative di restauro ambientale, favorisce la perdita per inquinamento genetico degli ecotipi locali delle specie indigene.
L'articolo 4 specifica i principi e le norme tecniche che il Ministro dell'ambiente deve definire con un proprio decreto. Particolare rilevanza riveste la definizione dei protocolli e dei parametri di valutazione. Oggi la mancanza di protocolli di raccolta e di coltivazione del materiale di propagazione provoca ulteriori involontarie riduzioni del pool genetico delle specie coltivate; inoltre, la mancanza della definizione di parametri di qualità morfologica e fisiologica favorisce la produzione di materiali di propagazione scadenti dal punto di vista tecnico, dall'impiego dei quali derivano impianti scadenti.
Importante, anche per l'effettiva tutela del germoplasma delle specie indigene, é la conoscenza certa dell'area di raccolta dei materiali di propagazione; per questo va definito con estrema chiarezza chi é responsabile della certificazione di raccolta e con quali procedure burocratiche va organizzata la fase di richiesta-controllo-rilascio del certificato di provenienza.
Altro fattore rilevante ai fini della tutela é l'adeguamento dei dati statistici. In man canza di precise informazioni su quante piante vengono annualmente prodotte e commercializzate in Italia, é impossibile programmare, fissare degli obiettivi strategici o monitorarne l'efficacia; cosí come é importante, per quanto riguarda la commercializzazione, abbandonare i rilievi a peso per sostituirli con un rilievo a numero.
L'articolo 5 definisce i compiti che spettano allo Stato e quelli che spettano alle regioni.
Per quanto riguarda le regioni, queste hanno un compito importante in quanto sono chiamate ad attuare od implementare propri programmi per la fornitura di materiale forestale di propagazione. Tali programmi devono essere in grado di coprire, nel breve periodo, la domanda di seme, con caratteristiche di elevata qualità genetica e fisiologica; in secondo luogo devono contenere misure a lungo termine per il miglioramento genetico e la conservazione delle risorse genetiche, attraverso interventi di selezione, di conservazione e di costituzione di boschi e arboreti da semi e popolamenti di selezione.
Alcune caratteristiche del sistema vivaistico forestale pubblico, quali il numero eccessivo dei vivai, la ridotta estensione media e la bassa capacità produttiva unitaria, il grado di arretratezza rispetto all'adozione di piú moderne tecniche di produzione, sono note a tutti coloro che lavorano in questo settore. Per questo sembra importante una "revisione" dei vivai pubblici che dovranno tra l'altro produrre con criteri economici. Alcuni dei grandi vivai pubblici, opportunamente dislocati sul territorio nazionale, dovranno fungere da centri per la difesa della biodiversità delle specie arbustive e forestali locali, in modo che da ogni parte del territorio nazionale sia possibile disporre di materiale di propagazione forestale di origine certa. I privati dovranno essere incentivati a far nascere imprese vivaistiche in grado di competere con i grandi produttori stranieri e, se possibile, di operare anche sui mercati esteri, soprattutto del bacino del Mediterraneo.
I centri pubblici che si occupano di approvvigionamento di semi dovranno essere messi nella condizione di raccogliere in modo efficace ed efficiente semi di tutte le specie indigene moltiplicate nei vivai.
Negli ultimi anni, in Italia, si sono oggettivamente ristretti gli ambiti della ricerca nel campo della genetica e della biologia dei semi e delle tecniche di vivaio per le specie arboree e arbustive di interesse forestale, come dimostra anche lo scarso numero di studi e di ricerche su questi argomenti pubblicati nelle riviste internazionali e nazionali. Riteniamo che molte delle azioni che possono e devono essere svolte per la tutela della biodiversità necessitano a monte, per essere convenientemente realizzate, di un notevole investimento nella ricerca e nella sperimentazione. L'articolo 6 prevede a tal fine che il Ministero dell'ambiente, d'intesa con il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministero per le politiche agricole, promuova specifiche ricerche e attività scientifiche.
Nessuna scuola italiana attualmente forma il personale che, a diversi livelli, viene impiegato in un moderno ed efficiente vivaio forestale. L'articolo 7 prevede l'attuazione di corsi di formazione professionale e di aggiornamento per il personale impiegato nei vivai forestali ai diversi livelli.
L'articolo 8 prevede l'istituzione di un'apposita commissione tecnico-scientifica per l'aggiornamento e l'approfondimento delle tematiche oggetto del disegno di legge.
L'articolo 9 affida le attività di sorveglianza sui luoghi e di vigilanza nelle aree di intervento per l'applicazione della legge al Ministero dell'ambiente, tramite l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), e al Ministero per le politiche agricole, tramite il Corpo forestale dello Stato.





DISEGNO DI LEGGE



Art. 1.

1. La presente legge, in attuazione dell'articolo 9 della Costituzione e in applicazione dei princípi della Convenzione sulla biodiversità, fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992 e resa esecutiva ai sensi della legge 14 febbraio 1994, n. 124, definisce i princípi generali, le procedure e le norme per la salvaguardia e la tutela della biodiversità vegetale, del patrimonio genetico dei materiali vegetali endemici di base e di propagazione italiani e per il ripristino degli habitat naturali.
2. La presente legge ha per finalità la salvaguardia degli ecotipi locali allo scopo di prevenire l'inquinamento genetico e di garantire la qualità e la specificità del paesaggio, nonché una gestione sostenibile delle risorse genetiche presenti in natura ed il mantenimento e l'utilizzazione durevole della diversità biologica.
3. Le disposizioni della presente legge costituiscono princípi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. I princípi desumibili dalle disposizioni della presente legge costituiscono, altresí, per le regioni a statuto speciali e per le province autonome di Trento e di Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
4. Fino alla emanazione da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di rispettiva competenza, di norme che si adeguino ai princípi contenuti nella presente legge, si applicano le disposizioni regionali e provinciali vigenti compatibili con essa.

Art. 2.

1. Le attività legate al prelievo, alla conservazione e al trattamento delle specie ar boree, arbustive ed erbacee, attraverso la conservazione in situ ed ex situ di popolazioni vitali di specie di provenienza autoctona, gli interventi di ricostituzione e/o ampliamento della copertura vegetale, di ingegneria naturalistica, di forestazione urbana, nonchè la produzione a scopo di vendita e la vendita di sementi e di materiale forestale di propagazione destinato ai rimboschimenti, non devono recare pregiudizio all'ambiente ed in particolare non devono introdurre specie e/o entità subspecifiche, quali varietà, razze ed ecotipi, che possano minacciare gli ecosistemi, gli habitat , nonchè le specie e le popolazioni vegetali autoctone.
2. Le attività di cui al comma 1 si conformano ai princípi di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione e nell'utilizzo delle sementi e del materiale forestale di propagazione destinato ai rimboschimenti, nel rispetto dei princípi dell'ordinamento nazionale e comunitario.
3. Per le attività e gli interventi di cui al comma 1, deve essere impiegato esclusivamente materiale di propagazione certificato in base alle disposizioni di cui alla presente legge.

Art. 3.

1. Ai fini della presente legge si intende per:

a) "biodiversitÉ vegetale": tutte le diverse forme esistenti all'interno della stessa specie, nonché le diversità tra specie differenti ed i diversi ecosistemi dove questi organismi vivono;
b) "patrimonio genetico": il materiale fisico che comprende il germoplasma, cioé i cromosomi, portatori delle caratteristiche genetiche ereditarie di ciascun essere vivente;
c) "ecotipi": una popolazione di specie arboree e arbustive, con lievi differenze dei caratteri fenotipici e genotipici, che si sono adattate a particolari condizioni ambientali e che hanno un distintivo limite di tolleranza ai fattori ambientali;
d) "locale": ció che si riferisce a una qualsiasi unità sistematica, con un areale relativamente ristretto, sufficientemente comune da non essere considerato raro;
e) "conservazione in situ ": la conservazione delle risorse genetiche, proprie di un particolare popolamento originale e naturale nella stazione precedentemente occupata da quella popolazione, nella stazione dove le risorse genetiche predette hanno sviluppato le proprie caratteristiche distintive; puó includere anche la conservazione in popolamenti artificiali, quando la semina o la piantagione siano stati fatti senza obiettivi di selezione e nella stessa area dove il materiale di propagazione era stato raccolto;
f) "conservazione ex situ ": la conservazione delle risorse genetiche mediante prelievo di piante o materiale di propagazione dal loro sito naturale;
g) "provenienza": la località in cui si trova un qualsiasi popolamento arboreo, autoctono o meno. Riferito al materiale di riproduzione forestale, ne indica l'origine geografica;
h) "autoctono": proprio di un popolamento arboreo, nativo della località;
i) "materiale forestale di propagazione": seme, coni, frutti e parti di piante destinate alla produzione di piante, nonché giovani piante allevate da seme o parti di piante;
l) "specie": gli individui con similitudine dei caratteri morfologici la cui definizione é data dal potenziale di incrocio e flusso di geni;
m) "subspecie": una sottodivisione di specie, che si differenzia per la frequenza con cui certi geni sono rappresentati all'interno del patrimonio comune, in funzione dei parametri ambientali;
n) "varietà": una sottodivisione di specie, ottenuta per selezione, incrocio, coltivazione, che rappresenta una popolazione di piante chiaramente contraddistinte per caratteri morfologici, fisiologici, citologici, chimici, eccetera, che, riprodotte per via sessuata o vegetativa, conservino i loro caratteri distintivi;
o) "razze": una sottodivisione contraddistinta dal fatto che i caratteri su cui si basano le rassomiglianze del gruppo di individui non sono di natura morfologica, ma biologica;
p) "ecosistema": un complesso dinamico formato da comunità di piante, di animali o di micro-organismi e dal loro ambiente non vivente, le quali, grazie alla loro interazione, costituiscono un'unità funzionale;
q) " habitat ": il luogo o il tipo di sito dove un organismo o una popolazione esistono allo stato naturale.

Art. 4.

1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'ambiente, con proprio decreto, emanato di concerto con il Ministro per le politiche agricole, sentite le regioni, definisce:

a) le norme tecniche generali che, ai fini della presente legge e nel rispetto della normativa comunitaria, individuano i materiali forestali di propagazione soggetti alla presente legge;
b) i protocolli di raccolta e di coltivazione di materiali di propagazione;
c) i parametri della qualità morfologica e fisiologica e le relative modalità di valutazione;
d) le norme per la certificazione relativa alle fonti e ai modi di raccolta, di manipolazione e di conservazione del seme;
e) gli organismi responsabili della certificazione dell'area di raccolta e del rilascio del certificato di provenienza, nonché della qualità morfologica e fisiologica;
f) le norme per l'adeguamento delle modalità di raccolta dei dati statistici;
g) le sanzioni da comminare in base alla gravità del danno causato all'ambiente.

2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le modalità di applicazione dei princípi e delle norme tecniche contenuti nella presente legge e nel predetto decreto.
3. Decorso il termine di cui al comma 2 senza che la regione abbia adempiuto all'obbligo, si provvede con le modalità di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

Art. 5.

1. Spettano allo Stato:

a) i compiti preordinati ad assicurare l'esecuzione a livello nazionale degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria e dagli accordi internazionali in materia;
b) le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all'attuazione della presente legge, in linea con gli indirizzi e le previsioni di cui alla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) del 16 marzo 1994, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1994, recante "Approvazione delle linee strategiche per l'attuazione della convenzione di Rio de Janeiro e per la redazione del piano nazionale sulla biodiversità";
c) la ricerca e la sperimentazione svolte da istituti e laboratori nazionali;
d) le competenze relative ai registri e ai libri nazionali di varietà vegetali;
e) la redazione di protocolli di raccolta e di coltivazione di materiali di propagazione;
f) la definizione di parametri di qualità morfologica e fisiologica;
g) la creazione di una rete nazionale di centri di propagazione di specie autoctone per la conservazione degli ecotipi locali;
h) il riconoscimento ed il sostegno delle unioni, delle associazioni nazionali e degli organismi di certificazione;
i) la definizione delle responsabilità e delle procedure relative alla certificazione della raccolta e delle fasi di richiesta, controllo e rilascio del certificato di provenienza.

2. Spettano alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano:

a) la disciplina della produzione e del commercio di sementi e di piante da rimboschimento;
b) le modalità ed i criteri per il controllo della provenienza e della certificazione del materiale forestale di propagazione;
c) l'istituzione e la tenuta del libro regionale dei boschi da seme;
d) l'individuazione nel territorio regionale di boschi e di altri popolamenti e/o singoli soggetti vegetali di particolare pregio, naturali od artificiali, in grado di fornire materiale forestale di propagazione, da iscrivere nel libro regionale dei boschi da seme;
e) l'eventuale acquisizione al patrimonio forestale regionale di aree boscate di elevato valore biogenetico;
f) l'impianto e la gestione di arboreti per la produzione di materiali di propagazione selezionati;
g) la realizzazione di vivai regionali pubblici e/o privati per la produzione di piantine di tipo forestale, di origine certificata;
h) l'attuazione di dispositivi atti a perseguire un equilibrio economico-gestionale nelle strutture produttive pubbliche al fine di garantire la libera concorrenza e il corretto impiego delle risorse.

Art. 6.

1. Il Ministero dell'ambiente, il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e il Ministero per le politiche agricole, d'intesa fra loro, promuovono la ricerca e le attività scientifiche necessarie alla salvaguardia della biodiversità vegetale, da attuarsi anche nei centri di cui all'artico lo 5, comma 1, lettera g) . A tal fine, la ricerca e la sperimentazione dovranno riguardare prioritariamente:

a) la caratterizzazione genetica delle specie indigene e dei caratteri adattivi mediante studi morfologici, fisiologici, biochimici e molecolari;
b) il miglioramento delle tecniche di conservazione dei semi;
c) il miglioramento delle tecniche di coltivazione in vivaio;
d) l'ottimizzazione delle strategie di selezione e miglioramento genetico per la conservazione delle risorse genetiche;
e) il comportamento in campo del materiale prodotto e la definizione degli standard per la valutazione della qualità e della vitalità dei semi e del materiale vivaistico.

Art. 7.

1. Per il conseguimento degli obiettivi sociali, economici e culturali di cui alla presente legge, entro sei mesi dalla data della sua entrata in vigore, le regioni concordano con il Ministero dell'ambiente ed il Ministero per le politiche agricole, programmi congiunti di aggiornamento e di formazione professionale per il personale impiegato nei vivai forestali ai diversi livelli, comprovati dal rilascio di uno specifico patentino professionale.

Art. 8.

1. Per l'aggiornamento e l'approfondimento delle materie di cui alla presente legge, é istituita con decreto del Ministro dell'ambiente, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un'apposita commissione tecnico-scientifica composta da rappresentanti del Ministero dell'ambiente, del Ministero per le politiche agricole, del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, del Corpo forestale dello Stato, dell'Associazione nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA) e dell'Associazione nazionale aziende regionali delle foreste (ANARF).
2. La commissione svolge in via prioritaria i seguenti compiti:

a) assicura la continuità delle ricerche sulle tematiche relative alle materie oggetto della presente legge;
b) provvede all'aggiornamento di criteri ed obiettivi di azione.

3. Il presidente della commissione é designato dal Ministro dell'ambiente.

Art. 9.

1. Le attività di sorveglianza sui luoghi e di vigilanza sulla gestione delle aree di intervento per l'applicazione della presente legge sono affidate:

a) al Ministero dell'ambiente che le esercita attraverso l'ANPA, secondo quanto disposto dal decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61;
b) al Ministero per le politiche agricole che le esercita attraverso il Corpo forestale dello Stato, nell'ambito delle attribuzioni ad esso assegnate dall'articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e dall'articolo 21, comma 2, della legge 6 dicembre 1991, n. 394.

Art. 10.

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, valutati in lire 5 miliardi per ciascuno degli anni 1999, 2000 e 2001, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1999-2001, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica é autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.