Premesso che:
in data 30 novembre 2015 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279, Serie Generale, il decreto del Ministro della salute 9 novembre 2015 recante "Funzioni di Organismo statale per la cannabis previsto dagli articoli 23 e 28 della convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, come modificata nel 1972". Il decreto, approvato dalle Regioni e Province autonome, oltre ad individuare nel Ministero della salute le funzioni di organismo statale per la coltivazione della cannabis, contiene un allegato tecnico rivolto per consentire l'uso medico della cannabis in maniera omogenea in Italia;
negli scorsi mesi, numerose sono le state proposte di modifica sollecitate da ambiti scientifici tra i più competenti del nostro Paese, in materia di utilizzo terapeutico della cannabis, come l'Associazione cannabis terapeutica (Act) e la Società italiana ricerca cannabis (Sirca);
nonostante le osservazioni formulate, il decreto mantiene la doppia limitazione alle indicazioni terapeutiche, cioè, da un lato, l'esclusione di diverse patologie (per esempio, l'epilessia resistente alle altre terapie, il Parkinson, l'Alzheimer), dall'altro, per le indicazioni ammesse, l'autorizzazione all'uso, solo dopo il fallimento di altre terapie;
considerato che a giudizio degli interroganti:
le disposizioni del decreto, nel loro insieme, configurano la creazione di un "farmacoligopolio" sotto il controllo del Ministero della salute e dell'Agenzia italiana per il farmaco (Aifa), sia sulle produzioni dello stabilimento chimico-farmaceutico militare, l'unico per il momento autorizzato, sia sugli acquisti all'estero;
l'offerta, teoricamente, è basata sulla domanda espressa dalle aziende sanitarie e dalle regioni, le cui normative in materia sono tuttavia assai eterogenee o addirittura inesistenti. Si tratta di un ulteriore meccanismo suscettibile di ritardare l'andata a regime dell'operazione, di favorire le teorie proibizioniste, nonché di produrre discriminazioni fra i cittadini di diverse parti del Paese;
considerato infine che:
a giudizio degli interroganti, le possibili azioni mirate a una modifica del decreto cosiddetto "Cannabis" sono molteplici: per esempio, quelle basate sulla prescrizione "off label", cioè al di fuori delle indicazioni ufficialmente approvate, prassi assai frequente da parte di medici e servizi di buona volontà, di per sé legittima, salvo l'accresciuta responsabilità del medico in caso di effetti avversi. Inoltre, se l'estensione della prassi che vede la trasformazione da farmaci "non stupefacenti" a farmaci "stupefacenti", per cui è previsto l'uso medico, dovesse dar luogo a sanzioni l'apertura di un fronte giudiziario, magari sino alla Consulta, potrebbe portare a quelle modifiche che paiono irrinunciabili,
si chiede di sapere:
se, il Ministro in indirizzo ritenga che con riferimento all'Allegato tecnico per la produzione nazionale di sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis, di cui al decreto 9 novembre 2015, la procedura di Romano-Hazekamp, finora utilizzata per l'estrazione oleosa di cannabis, sia da ritenersi imprecisa tanto da comportare la necessità dell'analisi di ogni singola estrazione da parte del farmacista galenico;
se gli impieghi di cannabis, ad uso medico, riguardino le condizioni mediche previste nel citato Allegato, a seguito di esito negativo delle terapie tradizionali, intendendo per tale inefficacia quanto dichiarato dal paziente, all'uopo debitamente informato dal medico che effettua la prescrizione, e se corrisponda al vero che non sarà possibile la prescrizione come farmaco di prima scelta, sulla base dell'esperienza clinica maturata;
se gli impieghi dei cannabinoidi ad uso medico, così come evidenziato dalla cultura medica internazionale, riguarderebbero patologie quali Parkinson, epilessia, trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali, trattamento della depressione, nonché trattamento dell'insonnia;
se l'elenco, di cui all'Allegato tecnico del decreto 30 novembre 2015, sia da intendersi esemplificativo, non ostando all'impiego ad uso medico della cannabis in ipotesi di utilità, se tali ritenute dal medico, quale trattamento sintomatico di supporto al trattamento standard, in presenza comunque di esperienza clinica, studi clinici verificati, studi osservazionali, revisioni sistematiche e così come previsto dalle metanalisi della letteratura internazionale indicizzata.
ROMANI Maurizio, BENCINI, VACCIANO, SIMEONI, MOLINARI, DE PIETRO, FUCKSIA- Al Ministro della salute. -
il sensore glicemico è un dispositivo di piccole dimensioni che può essere applicato in alcune zone del corpo e consente di monitorare il livello di glicemia per 24 ore al giorno in modo continuativo;
fino a pochi anni fa erano presenti in commercio solo dispositivi che, attraverso un piccolo foro praticato sulla punta del dito, rendevano possibile la misurazione del tasso glicemico in quel dato momento;
l'immissione in commercio di uno strumento diagnostico che coniughi una minore invasività dei controlli con un monitoraggio continuo e costante dei livelli di zucchero nel sangue è da considerare certamente come un grande passo avanti nel trattamento dei pazienti con diabete di tipo 1. Risulta in particolar modo utile per il monitoraggio nei bambini: il sensore offre infatti la possibilità di un controllo a distanza tramite smartphone;
l'utilizzo del sensore glicemico rappresenta un sensibile miglioramento della qualità della vita dei pazienti, dal punto di vista sia fisico che psicologico in termini di maggiore sicurezza garantita da un controllo continuo 24 ore su 24;
l'uso della tecnica di monitoraggio in continuo della glicemia mediante sensore glicemico migliora il compenso del livello di zuccheri nel sangue, ed un migliore compenso glicemico equivale a minori complicanze nel lungo termine e minori costi per il Servizio sanitario nazionale;
come evidenziato in una petizione indirizzata al Ministro in indirizzo e sottoscritta da decine di associazioni, questo nuovo dispositivo raramente viene consigliato e prescritto ai pazienti, salvo in rari casi in cui il paziente diabetico faccia uso del microinfusore, ma comunque in abbinamento con il modello prodotto da un'unica casa produttrice;
il sensore glicemico non risulta essere presente nell'elenco dei dispositivi per diabetici forniti dal Servizio sanitario nazionale,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non consideri urgente includere il sensore glicemico tra i dispositivi a carico del Servizio sanitario nazionale e, attraverso l'inserimento di questo dispositivo nei livelli essenziali di assistenza, garantire parità di accesso ai sistemi innovativi di autocontrollo della glicemia.
BIANCONI- Al Ministro della salute. -
Premesso che in data 7 luglio 2015 la Conferenza Stato-Regioni ha previsto il taglio al vigente finanziamento statale ordinario (FSO) del Servizio sanitario nazionale (SSN). Tale taglio, insieme ad altre forme di razionalizzazione della spesa sanitaria, quali il meccanismo del payback per i dispositivi medici, è stato inserito all'interno del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (cosiddetto enti territoriali), con l'emendamento 9.0.1000 del Governo: in seguito all'approvazione del Senato della Repubblica, in data 4 agosto 2015, la Camera dei deputati ha approvato, in via definitiva, il decreto-legge e il maxiemendamento menzionati;
considerato che:
il citato decreto-legge prevede, nella fattispecie, che, al fine di rispettare il tetto nazionale massimo di spesa sanitaria in dispositivi medici, fissato al 4,4 per cento della spesa sanitaria nazionale, gli enti del SSN sono tenuti a proporre ai fornitori di dispositivi medici una rinegoziazione dei relativi contratti, per ridurre i prezzi unitari di fornitura o volumi di acquisto. Inoltre, si prevede che le aziende fornitrici di dispositivi medici siano tenute a ripianare parte del valore eccedente il tetto in ciascuna Regione, in proporzione alle vendite effettuate a livello regionale;
si rilevano criticità, di seguito elencate, rispetto al decreto-legge citato e al meccanismo del payback per i dispositivi medici:
anzitutto un grave livello di indeterminatezza riguardante l'implementazione delle misure previste dal decreto. Ciò genera apprensione da parte delle aziende potenzialmente coinvolte nel meccanismo di payback;
le aziende saranno costrette a congelare delle risorse economiche, tagliare potenziali investimenti con conseguente diminuzione dell'impegno in ricerca e sviluppo e in forza lavoro, altamente qualificata. Questo aggraverà i trend che vedono il nostro Paese tra i meno performanti riguardo al rinnovo contro l'obsolescenza dei macchinari diagnostici;
l'incertezza applicativa genera congelamenti di risorse che, al contrario, potevano essere attratte dal sistema Paese (investimenti esteri in Italia);
si stima una ripercussione negativa sui livelli occupazionali dell'intero settore dei dispositivi medici, che, ad oggi, conta oltre 50.000 addetti, impegnati in un settore chiave, come l'alta tecnologia in sanità;
si prevede un aumento vertiginoso dei contenziosi tra imprese e pubblica amministrazione, e quindi di spese legali a carico di entrambe,
quali azioni il Ministro in indirizzo intenda percorrere per agevolare la Direzione sanitaria del Ministero della salute, affinché il decreto relativo al payback, in fase di lavorazione, diventi attuativo;
quali strategie intenda proporre per sopperire alle criticità espresse.