Premesso che:
con la legge di bilancio per il 2017 (art. 1, comma 314, della legge n. 232 del 2016) è stata istituita, a decorrere dal 2018, una nuova sezione del FFO (fondo per il finanziamento ordinario), denominata "Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza", destinata a finanziare, con uno stanziamento pari a 271 milioni euro annui, 180 dipartimenti delle università statali;
le risorse verranno assegnate sulla base dei risultati della valutazione della qualità della ricerca (VQR) effettuata dall'ANVUR (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) e della valutazione dei progetti dipartimentali di sviluppo presentati dalle università;
l'obiettivo è quello di incentivare, con un finanziamento quinquennale, l'attività dei dipartimenti universitari che si caratterizzano per l'eccellenza nella qualità della ricerca e nella progettualità scientifica, organizzativa e didattica, nonché con riferimento alle finalità di ricerca di "Industria 4.0";
il 13 maggio 2017, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha pubblicato l'elenco dei dipartimenti scelti da una commissione ad hoc, candidati a partecipare alla selezione dei 180 dipartimenti di eccellenza e la relativa nota metodologica ISPD (indicatore standardizzato della performance dipartimentale) dell'ANVUR che permette di valutare se un dipartimento è eccellente o meno;
considerato che:
subito dopo l'approvazione della legge di bilancio, il sistema di finanziamento dei dipartimenti di eccellenza ha subito notevoli critiche da parte degli addetti ai lavori;
in primo luogo, il sistema premiale esclude una parte consistente del sistema universitario italiano, per cui i dipartimenti che non riusciranno ad accedere ai finanziamenti difficilmente potranno recuperare, in quanto non avranno le risorse e gli incentivi per farlo;
l'elenco pubblicato dal Ministero dei dipartimenti ammessi a concorrere per l'attribuzione di 271 milioni di euro dal 2018 ha confermato quanto da molti paventato, ovvero una chiara concentrazione di risorse in poche università;
nella lista dei 350 dipartimenti di eccellenza delle università italiane compaiono ben 27 dipartimenti dell'università di Bologna, 26 di Padova, 14 de "La Sapienza" e 6 di "Tor Vergata" di Roma nonché 14 della "Federico II" di Napoli, per citarne alcuni, mentre sono in netta minoranza gli atenei del Sud;
considerato inoltre che:
il sistema premiale dei dipartimenti di eccellenza è stato criticato anche per una mancanza di trasparenza, da subito avvalorata con la realizzazione della prima fase, ovvero la pubblicazione della lista dei 350 dipartimenti selezionati da una commissione sulla base di dati che non sono stati resi noti e quindi non verificabili;
a parere degli interroganti, un certo "mistero" aleggia sulla nota metodologica ISPD-ANVUR la cui formula risulta particolarmente complessa e oscura, come a voler negare la possibilità di capire a chi non ha confidenza con formule e algoritmi;
considerato altresì che:
come riportato da "roars", nell'articolo "Ludi dipartimentali, ecco i vincitori: 87% dei fondi al Centro-Nord. De profundis per il Sud" del 18 maggio 2017, l'ANVUR nella premessa del rapporto finale di valutazione ha evidenziato che tra le finalità della VQR non compare il confronto della qualità della ricerca tra aree scientifiche diverse; invece nella classifica pubblicata dal Ministero sono stati inseriti dipartimenti di 14 aree diverse che saranno valutati sulla base di dati che in teoria non lo avrebbero permesso;
peraltro, come rilevato dalla rivista, lo scoglio della valutazione potrebbe essere facilmente raggirato mediante la fusione di dipartimenti;
ad aggravare la portata del vulnus, secondo quanto riportato in una nota del Consiglio universitario nazionale del 4 maggio 2017, concorre l'indicatore IRAS2 (indicatore di attrazione di risorse), tra gli indicatori della quota premiale del FFO, "che ha generato differenze molto marcate fra università di dimensioni confrontabili che hanno reclutato, in termini di punti organico, nuovi addetti alla ricerca nel periodo 2011-14 in misura molto maggiore rispetto ad altre che hanno effettuato un minor reclutamento per motivi di natura economico-finanziaria o per riallineare il proprio organico rispetto alla popolazione studentesca. Ne discende che gli atenei che hanno puntato su una razionalizzazione complessiva del proprio organico nel periodo oggetto della VQR subiranno nel quinquennio successivo decurtazioni di risorse che sarebbero invece necessarie per mantenere gli organici raggiunti";
a parere degli interroganti, è chiaro quindi che solo alcuni dipartimenti potranno aspirare ad ottenere i fondi previsti dalla legge e sottratti al fondo per il finanziamento ordinario, mentre per tutti gli altri non vi sono speranze;
considerato infine che, a parere degli interroganti:
l'Italia non può permettersi di lasciare buona parte delle sue università indietro rispetto ai livelli nazionali ed europei, limitando così l'offerta formativa e il diritto allo studio degli studenti del Mezzogiorno;
occorre rivedere i criteri per il riparto delle risorse del fondo per il finanziamento ordinario, anche alla luce della sentenza n. 104, depositata in cancelleria l'11 maggio 2017, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 8 e di parte dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 49 del 2012 (recante la "Disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei"), che riguarda il costo standard per studente,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo non ritenga che, attraverso il meccanismo di premiazione dei dipartimenti di eccellenza, la differenza tra atenei di "serie A" e atenei di "serie B" possa diventare incolmabile, disincentivando così i dipartimenti oggi esclusi dall'adoperarsi per il raggiungimento di risultati;
quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare, affinché si colmino le lacune intercorrenti tra gli atenei italiani e vengano adottati e applicati criteri di ripartizione delle risorse più equi e trasparenti;
se non ritenga più opportuno, anziché premiare pochi dipartimenti, fornire a tutte le università gli strumenti per lavorare e fare ricerca, permettendo così agli atenei italiani di competere con quelli europei.