SENATO DELLA REPUBBLICA
-------------------- XVII LEGISLATURA --------------------


12a Commissione permanente
(IGIENE E SANITA')


***426ª seduta: giovedì 23 febbraio 2017, ore 8,45


ORDINE DEL GIORNO
IN SEDE CONSULTIVA

Seguito dell'esame dell'atto:
Schema di decreto legislativo recante norme per la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità - Relatrice alla Commissione GRANAIOLA
(Osservazioni alla 7a Commissione)
(n. 378)
PROCEDURE INFORMATIVE

Interrogazioni
Svolte

INTERROGAZIONI ALL'ORDINE DEL GIORNO


ENDRIZZI , GAETTI , MORRA , CRIMI , MARTON - Al Ministro della salute. -

Premesso che:

in data 6 luglio 2016, il quotidiano "il Gazzettino di Padova" riporta la notizia secondo cui il pavimento del reparto centrale di rianimazione dell'azienda ospedaliera di Padova sarebbe "collassato", avendo «ceduto sotto il peso dei letti, 200 kg quelli base, 500 kg quelli destinati ad accogliere i pazienti ustionati, per i quali è obbligatorio adottare speciali accorgimenti facendoli stendere su un giaciglio-vasca riempito di sabbia, capace di farli "ondeggiare" attutendo la durezza del materasso»;

"padovaoggi" del 5 luglio riporta che «la sezione posta al terzo piano del Monoblocco sarebbe stata sgomberata di uomini e macchinari, trasferiti nella Rianimazione del Giustinianeo, per consentire il rifacimento della pavimentazione: intervento pari a qualche centinaia di migliaia di euro. I cantieri dovrebbero proseguire sino a fine agosto, e il reparto dovrebbe tornare operativo, nella propria sede, in settembre»;

il reparto venne inaugurato nel 2009, e il costo della struttura risulterebbe essere stato di 3.200.000 euro per le ristrutturazioni, più altri 3 milioni e mezzo per i macchinari,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non reputi doveroso procedere con i dovuti atti di competenza, anche di natura ispettiva, affinché siano verificate le ragioni alla base dei fatti descritti, nonché gli eventuali profili di responsabilità connessi.


(3-02998)



VACCIANO , SIMEONI , BENCINI , MOLINARI , CAMPANELLA , BOCCHINO , BIGNAMI , DE PIETRO , FUCKSIA - Al Ministro della salute. -

Premesso che tramite una segnalazione supportata da adeguata documentazione, gli interroganti sono stati messi al corrente che, dal 1996 ad oggi, la ASL di Latina non abbia mai provveduto alla liquidazione dei corrispettivi maturati dall'équipe del servizio di immunoematologia e medicina trasfusionale dell'ospedale "Santa Maria Goretti" di Latina, unico polo ufficiale della provincia pontina individuato con delibera della Giunta regionale n. 9101 del 24 novembre 1994, in relazione alle spese sostenute per il funzionamento generale della struttura produttiva dei servizi di trasfusione. Il decreto ministeriale 1° settembre 1995, recante "Disciplina dei rapporti tra le strutture pubbliche provviste di servizi trasfusionali e quelle pubbliche e private, accreditate e non accreditate, dotate di frigoemoteche", infatti, individua nella percentuale del 20 per cento, calcolata sul totale spettante alla ASL territoriale, il compenso extra da destinare al personale dei reparti trasfusionali autorizzati che materialmente garantiscono la continuità del servizio. Pare, dunque, che dal 1996 al 2015 la ASL pontina abbia puntualmente riscosso e assorbito nei bilanci annuali le somme derivanti dalle convenzioni stipulate con strutture terze, senza mai conferire l'emolumento aggiuntivo del 20 per cento al personale del reparto;

considerato che, per quanto risulta agli interroganti:

il 25 luglio 2005, la ASL di Latina riceveva dall'assessore pro tempore per la sanità della Regione Lazio una comunicazione ufficiale che aveva per oggetto il "Sollecito [del] pagamento quote del 20 per cento alle strutture trasfusionali per le attività svolte nei confronti delle strutture di ricovero e cura non dotate di frigoemoteche". Nella lettera dell'assessore, oltre al decreto ministeriale 1° settembre 1995, viene, altresì, citato l'art. 11 della delibera della Giunta regionale n. 376 del 13 marzo 2001 in cui si ribadisce che "per le attività trasfusionali svolte nei confronti delle case di cura, compete una quota del 20 per cento del fatturato complessivo derivante dalla convenzione in favore dell'équipe del centro stesso";

gli interroganti intendono evidenziare come il contrasto tra le parti sia favorito anche dalla natura sui generis del tipo di servizio svolto dall'équipe pontina che però viene meglio chiarito dal direttore generale della ASL di Latina nella Deliberazione n. 137 dell'8 marzo 2013: il direttore precisa che le prestazioni dell'équipe trasfusionale sono erogate in regime di attività libero professionale intramuraria ed effettuate senza soluzione di continuità, trattandosi di attività rientranti nei livelli essenziali di assistenza. A fronte di quanto dichiarato dal direttore generale nel 2013, il 20 maggio 2014 il direttore dell'area dipartimentale gestione e sviluppo risorse umane dell'ente, con nota protocollata con n. asl_it/14855/AOO1/2014, ha tentato di ridefinire la natura giuridica del servizio reso dall'équipe: "Nel caso di specie, considerato che l'attività derivante da prestazioni e consulenze tecnico-scientifiche svolte dai componenti dell'équipe del Centro Trasfusionale del PO Sud, è in astratto riconducibile all'attività ALPI di consulenza, la stessa non può essere retribuita, non risultando in atti e nemmeno dal ricorso che tale attività sia stata appositamente autorizzata dalla ASL e non risultando che la medesima attività sia stata svolta al di fuori del normale orario di servizio";

in aggiunta, paventa che i servizi del reparto trasfusioni dell'ospedale Goretti siano riconducibili alla fattispecie di attività di consulenza e che il 20 per cento sul totale del fatturato derivante dalle convenzioni debba essere attribuito per il 95 per cento al singolo dirigente, mentre il restante 5 per cento debba essere trattenuto dalla ASL a copertura dei costi e spese di gestione. La lettura del direttore nasce da un'interpretazione non autentica dell'art. 11, comma 5, della delibera della Giunta regionale n. 376/2001, in cui testualmente si legge che "Per le attività trasfusionali svolte nei confronti delle case di cura private, ai sensi del comma 1, art. 1, del decreto del Ministro della Sanità 10 settembre 1995, compete una quota del 20 per cento del fatturato complessivo derivante dalla convenzione in favore del personale dell'équipe del centro stesso", e la parola "quota" viene erroneamente messa in relazione alla cifra rappresentata dal 20 per cento e non al totale del fatturato. Di fatti, il decreto ministeriale 1° settembre 1995, art. 12, lettera f), reca: "contributo alle spese di funzionamento generale della struttura trasfusionale produttiva della prestazione e della consulenza tecnico-scientifica fornita, pari al 20% del fatturato complessivo", frase che non induce ad interpretazioni fuorvianti. Il direttore dell'area dipartimentale gestione e sviluppo risorse umane conclude scrivendo che "le stesse prestazioni del servizio immunotrasfusionale non costituiscono attività rese in ALPI e devono essere svolte dal personale interessato come attività istituzionale, nell'ambito del normale orario di servizio", considerazione che confuta la sua stessa tesi circa l'ipotetica fattispecie giuridica dei servizi trasfusionali come attività di consulenza alla quale riconoscere il 95 per cento del contributo extra previsto e affermazione in netto contrasto con quanto dichiarato dal direttore generale dell'ente con la deliberazione n. 137 dell'8 marzo 2013;

considerato inoltre che il contratto collettivo nazionale di lavoro dell'area della dirigenza sanitaria professionale tecnica ed amministrativa del servizio sanitario nazionale, con acc. dell'8 giugno 2000, all'art. 55, comma 2, prevede espressamente che: "Si considerano prestazioni erogate nel regime di cui alla lettera d) del comma 1 anche le prestazioni richieste, in via eccezionale e temporanea, ad integrazione dell'attività istituzionale, dalle aziende ai propri dirigenti allo scopo di ridurre le liste di attesa o di acquisire prestazioni aggiuntive, soprattutto in presenza di carenza di organico ed impossibilità anche momentanea di coprire i relativi posti con personale in possesso dei requisiti di legge, in accordo con le équipes interessate e nel rispetto delle direttive regionali in materia". Conseguentemente, all'art. 57, comma 2, lettera f), precisa che: "nell'attività libero professionale di équipe di cui all'art. 55, comma 1, lettere b), c) e d) la distribuzione della quota parte spettante ai singoli componenti avviene - da parte delle aziende - su indicazione dell'équipe stessa";

considerato infine che la lunga battaglia legale che è scaturita tra la ASL di Latina e il personale del servizio di Immunoematologia e medicina trasfusionale del Goretti ha comportato ribaltamenti di sentenze e, tra appelli e opposizioni, ha condotto finora ad un nulla di fatto. È importante, inoltre, ricordare che l'unico grado di giudizio con funzione nomofilattica è rappresentato dalle sentenze emanate dalla Cassazione, quindi per il momento dal versante giudiziario non è intervenuto alcun elemento utile a dirimere il braccio di ferro tra ASL e il servizio stesso,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e se ritenga conforme alla normativa nazionale la deliberazione del direttore generale della ASL di Latina n. 137 dell'8 marzo 2013;

se non ritenga discriminatoria la disparità di trattamento riservata al personale del servizio di immunoematologia e medicina trasfusionale dell'ospedale Goretti di Latina rispetto a quanto disposto dal decreto ministeriale 1° settembre 2001, art. 12, e da quanto disposto dal contratto collettivo nazionale del lavoro dell'8 giugno 2000, all'art. 55, comma 2;

se non ritenga opportuno attivarsi, nei limiti delle proprie attribuzioni e tramite gli organi competenti, affinché la ASL di Latina corrisponda le cifre maturate dal conseguimento del diritto soggettivo, relativo al pagamento del 20 per cento calcolato sul fatturato complessivo derivante dalle convenzioni stipulate dalla ASL pontina, maturato dall'équipe dal 1996 all'ultimo periodo contabile utile.


(3-03177)

ROMANI Maurizio , BENCINI , SIMEONI , VACCIANO , MUSSINI , MOLINARI - Al Ministro della salute. -

Premesso che:

l'ospedale "Nuovo Regina Margherita" di Roma, nel 2006, e dunque prima dell'avvio del processo di riconversione, aveva le caratteristiche di un ospedale generale e svolgeva numerose attività con nicchie di eccellenza, quali la gastroenterologia, la terapia intensiva neonatale, la chirurgia generale, pur in presenza di carenza di spazi e di vincoli storico-architettonici che ne limitavano le possibilità di ristrutturazione e di ampliamento ed adeguamento alle successive recenti normative emanate nel corso degli anni dalla Regione Lazio, in materia di requisiti minimi per l'esercizio dell'attività sanitaria. L'ospedale, a dicembre 2006, aveva una dotazione di 130 posti letto, con reparti di degenza sulle 24 ore e posti letto di day hospital e di day surgery. Disponeva inoltre di un pronto soccorso, successivamente trasformato in primo soccorso;

nel mese di giugno 2006, la direzione aziendale ha avviato un processo di cambiamento organizzativo teso ad ottimizzare le risorse e migliorare l'organizzazione, con l'approvazione di un piano strategico aziendale, da realizzare nel triennio 2006-2008, e con la delibera n. 384 dell'11 aprile 2007 è stato avviato un nuovo piano di riconversione del Nuovo Regina Margherita da ospedale a presidio territoriale di prossimità che ha determinato, sia pure con successive modifiche, l'assetto attuale;

il piano di riconversione approvato con la delibera n. 384 del 2007 prevedeva l'azzeramento dei posti letto di ricovero ordinario e la realizzazione di un presidio territoriale di prossimità caratterizzato da: un'area di degenza diurna, con attività di ricovero diurno nel limite dei 20 posti letto in cui conservare e valorizzare le eccellenze assistenziali e specialistiche già presenti nell'ospedale; un'area ambulatoriale, nella quale erogare prestazioni diagnostico-terapeutiche ad alta complessità assistenziale e tecnologica, delle discipline più importanti, utilizzando e valorizzando i professionisti già presenti nell'ospedale; un'attività di riabilitazione, con attivazione di un centro di riabilitazione dotato di spazi idonei ed attrezzature per interventi individuali e di gruppo, sia in ambito motorio che specialistico, una struttura riabilitativa psichiatrica; una residenza sanitaria assistenziale, un hospice, con dotazione di 10 posti letto residenziali e 40 domiciliari, da realizzare mediante il trasferimento all'interno del presidio dell'hospice aziendale "S. Francesca Romana", per l'assistenza al malato terminale; un servizio attivo di continuità assistenziale; un ambulatorio di continuità diurno, una postazione per ambulanze ARES 118 all'interno del presidio; una casa dei risvegli, per l'assistenza ai pazienti in stato di coma prolungato; un servizio di farmaceutica territoriale dedicata ai residenti del I municipio; un ambulatorio per la terapia antalgica ed un servizio di nutrizione artificiale domiciliare; un laboratorio di analisi chimico-cliniche e microbiologiche, un servizio di diagnostica di immagini; un centro di formazione aziendale, con la realizzazione di aule didattiche multifunzionali ed un asilo nido aziendale, in collaborazione con il Comune di Roma, per i figli dei dipendenti ed in parte per i residenti del I municipio;

dal primo gennaio 2008 il presidio ha assunto dunque la configurazione di primo presidio territoriale di prossimità di Roma. La nuova connotazione, pur azzerando i ricoveri ordinari, consentiva il mantenimento di 20 posti letto nell'area di degenza diurna come indicato dall'Agenzia di sanità pubblica e ciò ha consentito di soddisfare le esigenze sanitarie della popolazione di riferimento per l'area medica e lo snellimento di liste d'attesa chirurgiche anche di ospedali limitrofi, e l'intero presidio ha costituito, per tutte le sue peculiarità e varietà di offerta di prestazioni un prototipo sperimentale di presidio intermedio tra ospedale e territorio, sviluppatosi anche grazie alle potenzialità preesistenti di ex ospedale, oltre a svolgere e implementare funzioni ambulatoriali e residenziali;

le peculiarità del presidio non risultano essere però mai state valorizzate. La stessa direzione regionale, con il decreto del commissario ad acta n. 80 del 2010 di riordino della rete ospedaliera reinserisce comunque il Nuovo Regina Margherita fra le strutture da riorganizzare, secondo lo schema dell'ospedale distrettuale, riducendo a 4 i posti letto totali per la sola day surgery e prevedendo di allocare i restanti 12 di area medica presso l'ospedale "S. Spirito", ipotesi rimasta peraltro inattuata;

con i piani operativi regionali 2013-2015 è stata in seguito programmata la nuova riconversione del presidio in casa della salute, mentre "l'attività in regime di ricovero diurno, nelle more del completamento del processo di unificazione della ASL Roma A con la Roma E si configura come articolazione organizzativa del Presidio Ospedaliero S. Spirito";

il 3 giugno 2014 il direttore generale della ASL RmA ha sottoscritto presso la Direzione regionale salute ed integrazione sociosanitaria del Lazio, il documento d'intesa per l'attivazione della casa della salute nel presidio Nuovo Regina Margherita;

il percorso inizialmente prevedeva la riconversione di tutto il presidio in casa della salute. Tale scelta è apparsa però, sin dall'inizio, riduttiva, vista la varietà e la complessità delle attività che si svolgono all'interno del Nuovo Regina Margherita. Peraltro, sia il I municipio che associazioni presenti ed attive sul territorio fecero istanza per chiedere di mantenere tutte le attività del Presidio, che storicamente ha da sempre rappresentato un forte punto di riferimento sanitario per il quartiere. Fu quindi condivisa con la Direzione regionale la scelta di attivare una casa della salute all'interno del presidio Nuovo Regina Margherita, mantenendo anche attività sanitarie diverse e non riconducibili alle funzioni di base o ai moduli aggiuntivi previsti dal decreto del commissario ad acta n. 40 del 2014;

il completamento della "casa della salute" all'interno di un presidio più complesso è da considerare una risorsa in più nell'offerta sanitaria alla popolazione residente, coerentemente con il progetto elaborato e condiviso con la direzione dell'ospedale S. Spirito;

considerato che:

a seguito della costituzione della ASL Roma 1, derivante dalla fusione della ASL RmA e della ASL RmE dal 1° gennaio 2016, il presidio Nuovo Regina Margherita risulta inserito in modo organico nella rete di offerta di servizi della nuova ASL, e trova collocazione nel disegno strategico aziendale;

il Nuovo Regina Margherita rappresenta una realtà sanitaria particolare, ricca di "nuclei" legati a reti professionali, che hanno forti interdipendenze con l'esterno ed al proprio interno. Questa caratteristica conferisce contenuto professionale e funzionalità per la costituzione di percorsi diagnostico-terapeutici e per la realizzazione dell'effettiva presa in carico del paziente, rivolta soprattutto, vista la domanda sanitaria sul territorio in cui il presidio è collocato, all'anziano ed al cronico, spesso affetto da pluripatologie;

è parere degli interroganti che la configurazione di sola casa della salute sia assolutamente riduttiva rispetto alla ricchezza e complessità delle realtà che il presidio rappresenta. È tuttavia importante costruire un'immagine unitaria e realizzare una nuova logica organizzativa sia degli spazi sia delle attività svolte. La definizione delle attività presenti e future del presidio Nuovo Regina Margherita dovrebbe infatti tenere conto delle vocazioni interne e delle relazioni esterne, attraverso la costruzione di rapporti strutturati con l'ospedale S. Spirito, percorso peraltro già intrapreso dalla scorsa primavera con la condivisione delle attività di ricovero diurno e la definizione di protocolli comuni, e dall'altro con il territorio e le altre strutture ospedaliere ivi presenti,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga urgente attivarsi, al fine di valorizzare le attività e le risorse già esistenti nel presidio Nuovo Regina Margherita;

se non consideri utile ottimizzare tali attività e risorse, proponendo di ricondurre ciascuno dei servizi offerti in tre ambiti, area acuti, area della cronicità e della residenzialità e area del territorio e della riabilitazione, che possano corrispondere in modo sufficientemente coerente con ripartizioni di spazi e percorsi verticali ed orizzontali.


(3-03208)