Premesso che:
il 29 luglio 2014 il Ministro in indirizzo ha firmato il decreto di nomina del nuovo Consiglio superiore di sanità. Ai sensi dell'articolo 27, comma 3, del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito il 7 agosto, i componenti non di diritto sono passati da 40 a 30, diminuendo quindi del 25 per cento;
come riportato sul sito del Ministero della salute, il Ministro ha commentato nel seguente modo le nomine: "Ho voluto dare un segno concreto di rinnovamento: 18 componenti su 30 del Consiglio Superiore di sanità sono di nuova nomina; foltissima è la rappresentanza femminile, la metà, come mai prima di oggi. I componenti sono stati individuati e nominati in base alla loro altissima professionalità e alle competenze specifiche, riconosciute anche a livello internazionale, nelle diverse discipline di interesse per la sanità pubblica italiana. Ho voluto esaminare personalmente più 100 curricula prima decidere. Il Consiglio è un organo scientifico consultivo fondamentale per il Ministro della salute e sono sicura che nella nuova composizione più snella sarà in grado di garantire oltre all'altissimo valore scientifico anche pareri in tempi rapidi, necessari per le decisioni dell'organo di Governo";
sempre sul sito del Ministero, tra i 30 nuovi componenti figurano anche il professor Napoleone Ferrara, corredato dal titolo di "istinguished professor of Pathology, University of California (San Diego), senior deputy director for basic sciences, Uc San Diego moores cancer center", ed il professor Mario Stirpe, il quale è invece presentato con il titolo di "presidente IRCCS "Fondazione G.B. Bietti" di Roma per lo studio e la ricerca in Oftalmologia -Istituto di Ricovero";
da un articolo apparso in data 4 agosto 2014 su "il Fatto Quotidiano", dal titolo "Caso Avastin-Lucentis: Lorenzin è sicura di aver scelto bene il Consiglio Superiore della Sanità?", e firmato da Domenico De Felice, gli interroganti apprendono che il professor Napolone Ferrara "nel 1983 risulta vincitore di una borsa di studio presso l'University of California, San Francisco, dove continua i suoi studi anche dopo il post dottorato nell'Istituto di ricerca per il cancro dal 1986 al 1988 quando entra a far parte di Genentech. Nel 1989 riesce per primo a clonare e purificare in laboratorio la proteina determinante nel favorire la crescita del tumore. Grazie a questi studi, Napoleone Ferrara sviluppa delle terapie anti-Vegf, come bevacizumab (Avastin) e ranibizumab (Lucentis), per la cura della degenerazione maculare";
il professor Napoleone Ferrara, al momento delle scoperte connesse ad Avastin e Lucentis, operava per Genentech, che agli interroganti, risulta che al tempo fosse controllata al 66 per cento da Roche ed attualmente al 100 per cento;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella riunione del 27 febbraio 2014, ha deliberato che i gruppi Roche e Novartis hanno posto in essere un'intesa restrittiva della concorrenza relativamente alla commercializzazione dei farmaci sopracitati Avastin e Lucentis, sanzionando i due gruppi per oltre 180 milioni di euro;
come riportato da un'agenzia Ansa del 6 marzo, Novartis ha ricorso in appello dinanzi al Tar contro la decisione dell'Autorità, vicenda tuttora in corso. Da un recente articolo de "Il Sole-24 ore" datato 7 luglio, gli interroganti apprendono che Novartis, pur avendo già pagato parte della sanzione per evitare successivi interessi, è ancora fiduciosa dell'appello mosso presso il Tar. In particolare, Roche afferma che il pagamento in anticipo "non implica il riconoscimento di alcuna responsabilità";
considerato che:
a giudizio degli interroganti, il professor Napoleone Ferrara è da ritenersi strettamente coinvolto nella vicenda Avastin-Lucentis, essendo i due composti frutto delle sue ricerche;
il caso Roche-Novartis, relativo al presunto cartello sui farmaci, come testimoniano le dichiarazioni contenute nei citati articoli di stampa, non è ancora giunto ad una conclusione ed il dibattito è ancora molto acceso;
il Ministro ha annunciato, durante un'audizione svoltasi in Senato nel marzo 2014, l'intenzione di costituirsi parte civile nei confronti di Roche-Novartis qualora la condanna impartita dall'Autorità venisse confermata,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto e se ritenga opportuno rivalutare la nomina del professor Napoleone Ferrara come suo consigliere all'interno del Consiglio superiore di sanità o, in alternativa, procedere alla verifica di quali siano i rapporti attuali tra Genentech e il professor, per scongiurare l'ipotesi di conflitto di interessi;
se non ritenga che il professor Mario Stirpe, in virtù della carica ricoperta e in quanto membro del Consiglio superiore di sanità, non si ponga in una situazione di conflitto d'interesse.
da notizie di stampa si apprende che in data 20 maggio 2015, alle ore 18.20, presso il reparto Chirurgia e Trapianti d'organo dell'IRCCS (istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) "San Camillo" di Roma, moriva un uomo, precedentemente sottoposto a due interventi di trapianto del fegato;
il primo di tali interventi sarebbe avvenuto in data 8 marzo 2015, ma l'organo impiantato sarebbe stato di un gruppo sanguigno diverso rispetto al suo. In particolare, il sito di informazione on line del "Corriere della sera", edizione di Roma, il 22 maggio 2015 riporta che "l'organo appena impiantato era di gruppo Ab positivo, mentre il sangue del paziente (come da medaglietta appesa al collo) era Ab negativo". Per questa ragione a tale intervento ne sarebbe seguito un secondo, avvenuto in data 30 aprile 2015;
a seguito della vicenda, come riporta una nota della Regione Lazio del 22 maggio 2015, il centro regionale trapianti e la direzione dell'Azienda ospedaliera e dell'IRCCS "Spallanzani" hanno attivato, nell'immediatezza dei fatti, un'indagine interna per verificare le circostanze dell'accaduto e le azioni di miglioramento da attivare con particolare riferimento all'evento avverso verificatosi durante il primo intervento chirurgico;
sempre in data 22 maggio 2015, si sarebbe tenuto un audit interno alla struttura ospedaliera per verificare le procedure adottate, la metodologia e la cronologia degli eventi e delle operazioni eseguite, al fine di fare confluire le informazioni che emergeranno in una dettagliata relazione che dovrà essere inviata alla Commissione regionale per il rischio clinico;
sin dal 9 marzo 2015, il CNT (Centro nazionale trapianti) sarebbe stato edotto del caso e la segnalazione sarebbe stata immessa nel flusso SIMES (sistema informativo per il monitoraggio degli errori in Sanità) del Ministero della salute;
in una intervista rilasciata al sito "Quotidianosanità" il 24 maggio 2015, il direttore generale del CNT, dottor Alessandro Nanni Costa, dichiarava che "il paziente ha sì ricevuto un fegato proveniente da un donatore con gruppo sanguigno diverso ma abbiamo certezza del fatto che quel fegato era stato accettato dall'organismo del ricevente senza problemi legati alle possibili incompatibilità dovute ai due gruppi sanguigni diversi. Esso infatti ha funzionato per un lungo periodo e la scelta di fare un secondo trapianto non è stata motivata dal sangue diverso ma dal fatto che quel fegato, a un certo punto, ha iniziato a non funzionare più a dovere, a prescindere, lo ripeto, dall'incongruenza del gruppo sanguigno tra donatore e ricevente", aggiungendo inoltre che "se vi fossero stati problemi legati all'incompatibilità dei gruppi sanguigni avremmo potuto sostituire il fegato dopo pochissimi giorni" e, ancora, che "l'errore c'è stato e anche grave. Ma al di fuori del circuito trapiantologico";
considerato inoltre che:
nei 2 anni precedenti il decesso il paziente avrebbe effettuato una serie di esami, ai fini di un possibile trapianto, non presso un centro trasfusionale, ma presso il laboratorio dell'istituto "Spallanzani" di Roma. Il giorno successivo al trapianto, il CNT, d'intesa con il Ministero della salute, ha inviato una lettera a tutti i centri trapianto italiani per chiedere la verifica che l'identificazione del gruppo sanguigno dei soggetti in lista d'attesa del trapianto fosse stata effettuata presso un centro trasfusionale e dando indicazione di ripetere l'esame laddove ciò non fosse stato fatto,
di quali elementi il Ministro in indirizzo disponga in merito ai fatti citati in premessa e quali urgenti iniziative di competenza abbia inteso assumere;
se non ritenga opportuno, per quanto di competenza e con la massima tempestività, esercitare i poteri ispettivi in possesso per accertare gli eventuali profili di responsabilità che dovessero sussistere attorno al caso descritto.
Premesso che per quanto risulta all'interpellante:
con atto della direzione sanitaria Policlinico Umberto I di Roma, del 21 maggio 2015, il professor Luciano Izzo è stato identificato con ruolo fiduciario, quale referente dell'offerta operatoria eseguibile all'interno del dipartimento di Chirurgia generale "P. Valdoni", per la necessità di dare corso alle indicazioni chirurgiche in tempi rapidi e certi;
in data 10 giugno 2015 la Direzione sanitaria ribadiva tale indicazione, invitando il professor Luciano Izzo ad attivarsi per offrire alle pazienti un percorso preferenziale nel Dipartimento attraverso "una programmazione, di intesa con la dottoressa M.L.Basile, coordinatrice delle attività clinico-assistenziali di palazzo Baleani, allo scopo di continuare ad assicurare alle pazienti provenienti dal centro un percorso chirurgico preferenziale e condiviso secondo quanto stabilito nelle riunioni settimanali della Unità mammella";
il giorno 17 giugno il professor Izzo incontrava la dottoressa Basile a palazzo Baleani, la quale si rifiutava di dar corso alla decisione della Direzione sanitaria, assunta in "piena attuazione della direttiva regionale",
si chiede di conoscere quali iniziative di propria competenza il Ministro in indirizzo intenda assumere per garantire alle pazienti un'assistenza chirurgico-oncologica in tempi rapidi, così come indicato dalla Direzione sanitaria.