Premesso che:
le malattie cardiovascolari costituiscono oggi la prima causa di mortalità nei Paesi occidentali. Secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità esse sono responsabili di 17,3 milioni di morti premature ogni anno;
in Italia sono state 185.000 le morti per malattie cardiovascolari nel 2012 (secondo i dati ISTAT del 2014). Le cure e la riabilitazione delle persone colpite hanno costi socio-sanitari elevati e sempre crescenti;
secondo i dati INPS, i costi sanitari diretti per le malattie cardiovascolari in Italia ammontano a circa 16 miliardi di euro, mentre quelli relativi alla perdita di produttività sono stimati in 5 miliardi;
sempre secondo l'INPS, le malattie del sistema cardiocircolatorio rappresentano la prima voce di costo in termini di assegni di invalidità (dati 2001-2012);
uno studio pubblicato sull'"European Journal of Health Economics" nel 2014 ha dimostrato come, ad un'adeguata aderenza alla terapia, si associ un miglioramento dello stato di salute dei pazienti e un risparmio notevole di risorse per il sistema sanitario: il raggiungimento di un livello di aderenza alla terapia del 70 per cento, ad esempio, determinerebbe per l'Italia un risparmio pari a 100 milioni di euro nei prossimi 10 anni;
un terzo della quota stimata di casi di malattia ischemica è causata da ipercolesterolemia. Livelli elevati di colesterolo, in particolare di colesterolo "cattivo " (LDL) costituiscono uno dei fattori di rischio più importanti, perché favoriscono la formazione delle placche aterosclerotiche e l'indurimento delle arterie, aumentando l'incidenza di eventi coronarici e vascolari maggiori. La riduzione del colesterolo "cattivo" (LDL) è il principale target per ridurre gli eventi cardiaci;
l'Istituto superiore di sanità stima che, in Italia, il 21 per cento degli uomini e il 25 per cento delle donne italiane hanno livelli elevati di colesterolemia totale (maggiore di 250 milligrammi al decilitro) e più di un terzo della popolazione nazionale è al limite della soglia di rischio;
il livello di colesterolo totale nel sangue dovrebbe essere inferiore ai 200 milligrammi al decilitro, con un valore del colesterolo "buono" (HDL) maggiore di 40-45 milligrammi al decilitro e quello del colesterolo "cattivo" (LDL) inferiore a 100 milligrammi al decilitro nelle persone ad alto rischio, che non hanno avuto eventi cardiovascolari, e inferiore a 70 milligrammi al decilitro nelle persone a rischio molto alto, che hanno già avuto eventi cardiovascolari;
l'ipercolesterolemia familiare (FH, dall'inglese "Familial Hypercholesterolemia") è una malattia genetica ereditaria, che provoca livelli molto alti di colesterolo LDL nel sangue, a causa di alterazioni genetiche, che ne impediscono un'adeguata rimozione da parte del fegato;
l'ipercolesterolemia familiare è detta eterozigote (HeFH, Heterozygous Familial Hypercholesterolaemia) quando, come nella maggioranza dei casi, la persona colpita ha ereditato un gene alterato da un genitore e un gene normale dall'altro genitore;
nella HeFH non tutti i membri della famiglia sono colpiti: i parenti stretti di un soggetto affetto da HeFH (per esempio fratelli, sorelle, figli) hanno il 50 per cento di probabilità di avere la HeFH;
la HeFH è una delle condizioni genetiche gravi più comuni, e colpisce da 1 persona su 500 fino a 1 persona su 200. In Italia i soggetti affetti da ipercolesterolemia familiare su base genetica sono stimati intorno a 250.000, di cui quasi 25.000 nel Lazio e oltre 10.000 nella sola città di Roma;
si stima che su tutto il territorio nazionale siano circa 22.000 i soggetti sotto i 14 anni affetti da ipercolesterolemia familiare. Questi soggetti, se non diagnosticati precocemente e avviati ad un corretto percorso di cura, restano esposti a livelli elevati di colesterolo LDL per un tempo prolungato. Ne consegue un elevato rischio di eventi cardiovascolari precoci (infarto del miocardio, ischemia del miocardio e ictus) già a partire dai 30 anni. Ciò aumenta i costi di gestione per il sistema sanitario enormemente più gravosi rispetto a quelli necessari per la prevenzione;
la HeFH aumenta notevolmente il rischio di eventi cardiovascolari precoce (fino a 20 volte di più rispetto alla popolazione generale non colpita dalla malattia). Negli individui con HeFH, l'età media di sviluppo di una malattia cardiovascolare è bassa, attorno a 50 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne;
nel nostro Paese, l'ipercolesterolemia familiare viene diagnostica solo all'1 per cento dei pazienti ipercolesterolemici, mentre in alcune nazioni europee, come l'Olanda, si arriva fino al 70 per cento;
la diagnosi di HeFH si basa sul rilievo di alti livelli di LDL-C e di un quadro clinico caratteristico. Può essere facilitata dall'impiego di un sistema a punteggio ("dutch lipid clinic network score") ed confermata dopo l'accertamento genetico, su un campione di DNA;
il riscontro di un caso di HeFH in una famiglia deve indurre a ricercare precocemente la presenza della malattia anche nei familiari più stretti (screening a cascata), con l'obiettivo di trattarli tempestivamente;
la diagnosi precoce è resa difficile dalla limitata rilevazione del colesterolo LDL e dalla scarsa conoscenza e utilizzo del "dutch lipid score", fondamentali per far acquisire al medico e al paziente la consapevolezza e avviare un percorso di cura;
la terapia adeguata, che comprende uno stile di vita corretto e farmaci, che riducono efficacemente i livelli di colesterolo LDL, riduce il rischio associato alla HeFH;
le cliniche e gli istituti specializzati sono pochi e spesso lontani dai comuni di residenza dei pazienti, sui quali, oltre al peso della malattia, gravano continui viaggi per sottoporsi a cure periodiche e spossanti, come ben evidenziato nell'indagine civica sulle criticità assistenziali delle persone con ipercolesterolemia familiare, condotta dal tribunale per i diritti del Malato-Cittadinanzattiva nel 2015;
in alcune Regioni, come la Sicilia, è prevista la compilazione di un piano terapeutico annuale, con grave disagio per i pazienti;
nei Paesi nordeuropei, come ad esempio l'Olanda, viene utilizzato il programma di "screening a cascata", permettendo l'identificazione dei tre quarti degli ipercolesterolemici familiari con conseguenti benefici a livello terapeutico per i pazienti e ingenti risparmi per le casse dello Stato,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo non intendano opportuno promuovere una campagna di sensibilizzazione sull'ipercolesterolemia familiare, anche attraverso gli ordini professionali dei medici e dei farmacisti, le associazioni di categoria di riferimento, nonché le società scientifiche interessate, in particolare le società dei medici di medicina generale, per promuovere la diagnosi precoce;
se non ritengano prioritario e urgente istituire, in accordo con le Regioni, un registro centrale nazionale basato su un programma di "screening a cascata", ovvero effettuare test del colesterolo dei parenti più stretti dei soggetti ritenuti a rischio, così come avviene in altri Paesi europei;
quali misure intendano attuare, nel rispetto del federalismo sanitario, per semplificare l'accesso alla diagnosi e alla terapia, anche al fine di garantire risparmi per lo Stato nel medio e lungo periodo.
CATALFO, TAVERNA, BERTOROTTA, PAGLINI, PUGLIA, BLUNDO- Ai Ministri della salute e dell'interno. -
si apprende da notizie di stampa pubblicate su "Sud Giornalismo d'inchiesta" del 4 luglio 2015 che lo stesso giorno sono state trasferite all'ospedale "Vittorio Emanuele" di Catania 13 salme recuperate al largo della Libia, dove il 18 aprile si verificò un'immane tragedia, con il decesso di 700 immigrati;
nella stessa mattina del 4 luglio sono state compiute operazioni da parte del servizio disinfezione del Comune della zona adiacente al reparto di Ginecologia dell'ospedale;
il servizio disinfezione si occupa di impedire ogni possibile infezione che può scaturire dalla presenza delle salme; le operazioni di disinfezione prevedono l'uso di sostanze chimiche disinfettanti molto fastidiose da respirare, e nel caso specifico sono state effettuate non interrompendo la funzionalità dei reparti di Ginecologia e di Radiologia, permettendo l'acceso ai pazienti e ai lavoratori;
le operazioni si sono svolte anche al cospetto degli assessori comunali D'Agata e Scialfa i quali hanno mostrato segni di nervosismo per la presenza della stampa e per le domande loro rivolte sulla procedura di profilassi effettuata per il trasferimento delle salme;
i rappresentanti istituzionali del Comune di Catania hanno affermato che quanto eseguito per la disinfezione è una procedura normale, mentre operatori sanitari e medici sostengono che quel tipo di bonifica non ha precedenti;
gli accertamenti medico-legali sono stati condotti, alla presenza della Polizia scientifica e mobile, da esperti dell'università di Catania e degli atenei di Palermo e Messina;
il professor Antonio Gulisano, direttore della Diagnosi prenatale dell'ospedale Vittorio Emanuele, ha denunciato che le operazioni di trasferimento delle salme in ambienti non refrigerati e la conseguente perdita di liquami hanno determinato complicazioni all'interno del reparto, compreso il ricovero di alcuni dipendenti per l'insorgere di sintomi da tossicosi;
i corpi sono stati trasportati all'ospedale Vittorio Emanuele dentro normali sacche e depositati in ambienti non adatti a contenerli, vecchie sale parto del reparto di Ginecologia, e nello stesso padiglione ogni giorno si assistono donne incinte;
in particolare in un'intervista, rilasciata allo stesso quotidiano il 5 luglio, il professor Antonio Gulisano ha sollevato forti dubbi sull'operazione di trasferimento delle salme in putrefazione al Vittorio Emanuele; egli ha affermato che la scelta del luogo sarebbe stata individuata dalla Prefettura di Catania;
i vertici del Comune, dal sindaco Bianco all'assessore D'Agata, interpellati dalla stampa, hanno dichiarato che le operazioni collegate al trasferimento delle salme all'ospedale hanno coinvolto varie istituzioni, dalla Prefettura alla Procura;
l'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285 del 1990, recante "Approvazione del regolamento di polizia mortuaria", prevede che "I comuni devono disporre di un obitorio per l'assolvimento delle seguenti funzioni obitoriali: mantenimento in osservazione e riscontro diagnostico dei cadaveri di persone decedute senza assistenza medica; deposito per un periodo indefinito dei cadaveri a disposizione dell'autorità giudiziaria per autopsie giudiziarie e per accertamenti medico-legali, riconoscimento e trattamento igienico-conservativo";
l'art. 15 prevede, al comma 2, che nel territorio di ciascuna unità sanitaria locale le celle frigorifere devono essere non meno di una ogni 20.000 abitanti;
l'art. 45, comma 1, sancisce che le autopsie, anche se ordinate dall'autorità giudiziaria, devono essere eseguite dai medici legalmente abilitati all'esercizio professionale;
nell'audizione del 7 luglio 2015 presso la Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, dottor Giovanni Salvi, sostiene a proposito dei migranti: «Vi anticipo un'altra notizia, che non è ancora nota, ma non è più segreta, ovvero che abbiamo chiesto il giudizio immediato per il capitano e per il suo assistente per l'affondamento dell'imbarcazione che il 18 aprile ha provocato centinaia di morti, probabilmente più di 800. Non sapremo mai i dati esatti. Il recupero che si sta facendo ne indica già alcune centinaia. Ve ne sono circa 70 fuori, 90 li avevamo identificati nella prima ispezione; poi ci sono quelli all'interno della nave e tutti quelli che sono andati dispersi»,
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti;
se non valutino, tenendo conto delle specifiche competenze, che quanto accaduto al Vittorio Emanuele di Catania, in particolare in relazione all'utilizzo di normali sacche per le salme non adatte a trattenere i liquami, al personale sanitario dell'ospedale sottoposto a cure per tossicosi e al trasferimento delle salme nel reparto di Ginecologia nel quale ogni giorno vengono assistite donne incinte, sia il risultato di scelte discutibili e rischiose per la salute dei cittadini e del personale sanitario e medico;
se le dichiarazioni del Procuratore della Repubblica di Catania siano in qualche modo correlabili all'episodio e, in caso affermativo, se siano ipotizzabili nuovi trasferimenti di cadaveri di migranti al fine di essere sottoposti a processi di identificazione e accertamento delle cause della morte sotto tutela dell'autorità giudiziaria;
se siano a conoscenza del luogo dove sono state allocate attualmente le altre salme dei migranti periti in mare il 18 aprile 2015;
se, nel caso in cui sia prevista una prosecuzione dell'azione di identificazione e accertamento della morte con le modalità già perseguite e delineate, non valutino di convocare un tavolo congiunto tra il Comune di Catania, la Regione Siciliana, la Prefettura e l'azienda sanitaria provinciale per pianificare le azioni necessarie, tutelando la salute dei cittadini e del personale medico-sanitario;
se intendano considerare, nei limiti delle proprie attribuzioni, la possibilità di usare gli spazi dell'istituto di medicina legale dell'università di Catania, dotato di locali appositi per i processi di identificazione dei cadaveri e di riconoscimento delle cause della morte, anziché locali inidonei e non preposti a questo scopo come accaduto;
quali iniziative di competenza intendano intraprendere per evitare che episodi come quelli accaduti presso l'Ospedale Vittorio Emanuele di Catania possano ripetersi.
Premesso che a quanto risulta all'interrogante:
a seguito del terremoto del 6 aprile 2009, che ha devastato il comune de L'Aquila ed altri 55 comuni dell'area del cratere abruzzese, l'ospedale regionale "San Salvatore" de L'Aquila ha subìto ingenti danni, tanto che l'intera struttura fu completamente evacuata;
a seguito della sottoscrizione di una polizza assicurativa, che la Asl de L'Aquila aveva stipulato in tempi non sospetti con la RSA Group, assicurando il nosocomio del capoluogo abruzzese in caso di eventi compresi quelli sismici, nell'estate 2009 alla Asl fu liquidata la somma di 47 milioni di euro, per la ristrutturazione dell'ospedale danneggiato a causa del sisma;
nel novembre 2009 si è verificato un avvicendamento ai vertici della Asl aquilana. Con la nomina del nuovo direttore generale della Asl, che nel 2010 viene unificata con quella di Avezzano e Sulmona, diventando Asl n. 1 Avezzano-Sulmona L'Aquila;
considerato che:
nel settembre 2009, la precedente direzione aziendale aveva adottato una deliberazione imputando tali fondi in parte alla ristrutturazione dell'ospedale (per circa 25 milioni di euro), in parte all'acquisizione di nuove strumentazioni (per circa 14 milioni) e in parte per ripianare la perdita dell'esercizio 2009 per la minore mobilità attiva dovuta al terremoto (per circa 8 milioni).Tale delibera è stata poi modificata nel 2010 imputando tali somme a sopravvenienze attive;
l'utilizzo delle somme per uno scopo diverso da quello della ricostruzione dell'ospedale è stato denunciato nel corso di un Consiglio straordinario del Comune de L'Aquila, del 18 aprile 2011, nel corso del quale si fece riferimento ad una deliberazione del direttore generale della Asl (adozione del bilancio di esercizio anno 2009, relazione gestionale anno 2009) in cui si dichiarava che "nel 2009 a differenza dell'anno 2008, si registra un netto peggioramento del risultato operativo della gestione aziendale per un totale di 33 milioni di euro, mentre si rileva un miglioramento nella gestione straordinaria per 44 milioni di euro, non imputabile alla gestione ordinaria aziendale, ma al rimborso assicurativo di 47 milioni di euro. Tale somma viene iscritta in bilancio come sopravvenienza attiva";
nel 2013 la Procura della Repubblica de L'Aquila ha aperto un'inchiesta sui fondi incassati quale premio assicurativo del San Salvatore, dopo gli eventi calamitosi del 2009, dirottati pare per ripianare i debiti della sanità regionale;
l'inchiesta è scattata a seguito di alcuni articoli di stampa locale e di un esposto in cui si paventava l'ipotesi dell'utilizzo dei soldi del premio assicurativo per ripianare unicamente il debito dell'azienda sanitaria accumulato dell'estinta Asl aquilana e, per l'appunto, contratto in maggior misura a causa della cosiddetta mobilità passiva (sopraggiunta in conseguenza del sisma) con la quale il Governo aveva previsto l'applicazione del codice T09 che, tra l'altro, esenta a tempo determinato il pagamento dei farmaci per i cittadini residenti nel cratere;
considerato inoltre che:
nel primo trimestre 2009, la ex Asl de L'Aquila aveva un saldo di mobilità attiva di circa 20 milioni euro all'anno e nel primo trimestre tale saldo attivo era di circa 6 milioni e la mobilità passiva del periodo post sisma è stata interamente rimborsata dal Governo. Tale mobilità passiva, destinata quasi esclusivamente verso altre strutture sanitarie della stessa Regione, diviene a saldo zero per la stessa Regione, cosicché l'aver imputato i 47 milioni nel bilancio della Asl a sopravvenienza attiva finisce, nei fatti, per compensare le perdite di bilancio della stessa Regione;
la sopravvenienza di tali somme non ha apportato benefici alla ristrutturazione dell'ospedale San Salvatore e, a quasi 7 anni dagli eventi calamitosi, permangono molti reparti non ancora ristrutturati o riaperti, mentre altri reparti sono tuttora ospitati nella struttura provvisoria "G8",
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;
se intenda attivare verifiche e controlli per esaminare la correttezza dell'operato della direzione generale della ASL e della Regione Abruzzo;
come giudichi la distrazione di tali somme per fini diversi da quelli per cui erano state previste;
come consideri la situazione della ASL aquilana e dell'ospedale de L'Aquila che, a giudizio dell'interrogante, hanno subito ulteriori e gravi danni a seguito dell'operato della direzione generale della ASL e della Regione Abruzzo;
quali azioni di competenza intenda intraprendere per fare in modo che la popolazione aquilana non continui a soffrire carenze di servizi e disagi, con il rischio di una non adeguata classificazione dell'ospedale a causa di inadempienze e della diversa destinazione di fondi.