nell'ambito della prevenzione sanitaria, in questi giorni il nuovo piano nazionale di prevenzione vaccinale proposto dal Ministero della salute è oggetto di discussione con le Regioni, in attesa del suo varo definitivo. L'attuale versione prevede una rilevante espansione dell'offerta vaccinale definita a livello nazionale, ad esempio la vaccinazione dei bambini e degli adulti (e non più solo dei preadolescenti) contro la varicella, la vaccinazione contro i rotavirus, l'estensione agli adolescenti maschi della vaccinazione contro il papillomavirus;
una siffatta espansione dell'offerta vaccinale comporta una rilevante estensione delle risorse dedicate all'acquisto e alla somministrazione dei vaccini, risorse che, in un regime di stabilizzazione della spesa sanitaria pubblica e di mancata espansione o contrazione del personale, dovranno essere necessariamente negate ad altre componenti del servizio sanitario nazionale;
l'espansione dell'offerta vaccinale richiede un coinvolgimento ancora maggiore della popolazione suscettibile (maggior numero di richiami, campagne di informazione eccetera), proprio quando si registra un preoccupante calo dell'adesione a vaccinazioni che si ritenevano ormai consolidate e di grande importanza per la salute individuale e collettiva, come quella contro il morbillo, la poliomielite e la meningite,
si chiede di sapere:
per ogni nuovo vaccino proposto nel nuovo piano, quale sia il rapporto fra i costi e i benefici per la salute individuale e collettiva, nel breve, nel medio e nel lungo periodo, tenuto conto delle evidenze scientifiche provenienti da ricerche indipendenti e con riferimento alle diverse categorie di popolazione target;
quale sia il costo stimato per l'acquisto di ogni nuovo vaccino e quali siano le condizioni negoziate per l'acquisto degli stessi, anche in relazione all'aumento delle quantità da acquistare a carico della finanza pubblica;
quali siano le ragioni per cui si intende seguire, per il nuovo piano vaccinale, un percorso di approvazione distinto da quelli dei nuovi livelli essenziali di assistenza e, in questo caso, come si pensi di integrare questo piano nelle procedure di finanziamento e di valutazione previste per tutti gli altri LEA;
quale sia l'entità delle risorse di personale che dovranno essere dedicate a queste nuove campagne vaccinali, quale sia il rapporto tra costi e opportunità, ossia quanto e come le nuove campagne vaccinali sottrarranno risorse di personale ad altri interventi di salute pubblica, e come, a tale proposito, siano state coinvolte le Regioni per verificare sul piano organizzativo la fattibilità degli interventi;
come si intenda prevenire possibili "crisi di rigetto" da parte della popolazione che sarà chiamata a vaccinarsi, alla luce anche del recente declino della quota di vaccinati contro malattie che ormai si ritenevano quasi debellate.
il mondo si trova a fronteggiare una grave emergenza di sanità pubblica, rappresentata dal fenomeno delle resistenze batteriche agli antibiotici, che sono in costante aumento e di cui da qualche anno si stanno interessando le più importanti istituzioni come l'OMS, il G8 e da ultimo il presidente degli Stati Uniti d'America, Barack Obama, che a febbraio 2015 ha istituito una task force al fine di tentare di arginare questo drammatico fenomeno, di cui l'Italia è maglia nera;
il rischio che si corre è un ritorno all'era pre-antibiotica, quando la mortalità dei soggetti sia pediatrici che geriatrici, per malattie infettive batteriche, era molto elevata. A rendere più grave questa situazione c'è una penuria di nuove molecole dotate di attività antibatterica da mettere a disposizione dei medici del territorio. Infatti da almeno 15 anni i medici ambulatoriali non dispongono di nuovi antibiotici;
se non si pone rapidamente un argine, si tornerà a morire per infezioni che sino ad oggi non destano preoccupazione in quanto si dispone ancora di un armamentario farmacologico efficace;
inoltre, se gli antibiotici non dovessero essere più efficaci, aumenterebbero inevitabilmente anche i ricoveri ospedalieri con la conseguenza di una maggiore spesa per il Servizio sanitario;
considerato che:
è possibile mettere in atto strategie efficaci atte non solo a rallentare l'aumento di questo fenomeno ma addirittura a farlo diminuire;
l'Agenzia italiana del farmaco, già dal 2008, ha promosso una serie di campagne di comunicazione sul corretto uso degli antibiotici;
in particolare, con la campagna 2014-2015, rilanciata lo scorso 18 novembre in occasione della giornata europea degli antibiotici, l'Aifa ha inteso scoraggiare il ricorso agli antibiotici quando non necessario, sensibilizzando i pazienti sull'importanza di ricorrere a tali farmaci dietro prescrizione del medico, seguendo scrupolosamente dosi e tempi della terapia per non inficiarne gli effetti;
la sezione di Microbiologia del Dipartimento di scienze biomediche, chirurgiche e odontoiatriche dell'università di Milano sta conducendo un monitoraggio delle resistenze dei batteri (progetto OCRA, Osservatorio campano delle resistenze agli antibiotici) che causano infezioni comunitarie nelle 5 province della Campania, in collaborazione con oltre 700 medici di medicina generale e 35 laboratori di microbiologia;
da gennaio 2015 è in atto, da parte sempre dell'università di Milano, una campagna di informazione rivolta non soltanto ai medici del territorio ma anche ai farmacisti, ai laboratoristi e agli studenti che frequentano le ultime 2 classi delle scuole medie superiori con lo scopo di sensibilizzare questi ultimi e le loro famiglie ad un uso prudente degli antibiotici;
il progetto OCRA avrà una durata minima di 3 anni: dopo l'analisi della distribuzione delle resistenze batteriche nelle diverse province campane, effettuata nel 2015, infatti, questo dato nel 2016 sarà comunicato capillarmente ai medici del territorio suggerendo loro le strategie da mettere in atto per arginare questo fenomeno, per poi verificare, nel corso del 2017, se le resistenze faranno registrare una diminuzione come conseguenza delle strategie adottate,
si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo si stiano già adoperando per fronteggiare questo fenomeno, sia a livello nazionale che attraverso interventi sul territorio, dove, tra l'altro, si verifica la maggior prescrizione di antibiotici, e se non ritengano opportuno dare un supporto all'indagine del progetto OCRA coinvolgendo anche altre Regioni.
Premesso che:
in Europa, la sicurezza in chiave antiterrorismo è la prima e principale motivazione alla base delle iniziative in tema di protezione delle infrastrutture critiche, in sanità come in qualunque altro settore;
sin dal 2004 il Consiglio europeo ha chiesto la definizione di una strategia per la protezione da possibili attacchi terroristici delle infrastrutture critiche nel territorio dell'Unione, strategia che ha portato la Commissione ad emettere la comunicazione COM 2004/702. Questo documento contiene la definizione di infrastruttura critica (IC) e l'elenco delle stesse, fra le quali, con riguardo al settore sanitario, sono indicati gli ospedali, i laboratori di biologia e agenti biologici, i servizi sanitari e di raccolta del sangue, il settore di medicinali, sieri e vaccini e i servizi di emergenza urgenza;
fra le IC sono ricomprese non solo quelle fisiche ma anche le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) le quali sono menzionate come obiettivi da proteggere, da attacchi cibernetici e non solo fisici, per tutti i settori, compreso il settore della sanità;
nel nostro Paese, particolare preoccupazione presenta l'aspetto della sicurezza delle ICT, caratterizzate da un'ancora troppo elevata frammentazione delle infrastrutture, dalle quali può dipendere la vita delle persone e la funzionalità delle strutture di emergenza urgenza;
a quanto risulta, nel nostro Paese, circa un quarto delle aziende sanitarie presenta problemi di sicurezza informatica (sicurezza fisica o logico-funzionale), in particolare nel Mezzogiorno, e sembra prevalere una sottovalutazione del rischio. Sembrano inoltre poco diffuse le attività di stress-test e di simulazione di attacchi;
in particolare nel settore sanitario vanno considerati due aspetti con riguardo alle ITC: a) la sicurezza dei dati e dei servizi sanitari erogati tramite internet e altri tipi di mezzi di comunicazione, specificamente di quelli da cui dipende la continuità dell'assistenza a pazienti gravi o comunque dipendenti da apparecchiature salvavita; b) la sicurezza di quei servizi sanitari che potrebbero essere a rischio per effetto dell'interdipendenza, in caso di attacchi terroristici, con altre infrastrutture critiche (ad esempio energia, altri tipi di mezzi di comunicazione);
tenuto conto che:
da un recente studio Deloitte, condotto su 24 strutture ospedaliere pubbliche e private in 9 Paesi (fra cui l'Italia), coordinato dalla Practice cyber risk services, emerge che in tutti i Paesi le strutture ospedaliere sono consapevoli dell'importanza della cyber security dei dispositivi biomedicali connessi in rete;
in particolare, emerge chiaramente che gli ospedali sono in ritardo sulla cyber security: più della metà delle strutture intervistate adotta password di accesso standard (e quindi non sicure) ai propri dispositivi biomedicali; quasi tutte le strutture non hanno valutato la compliance dei propri dispositivi biomedicali rispetto ai requisiti del nuovo regolamento europeo in tema di data protection; la maggior parte delle strutture non richiede ai propri fornitori alcun attestato MDS2 - medical device security manufacturer disclosure statement; molte strutture non monitorano i propri dispositivi biomedicali nei confronti di vulnerabilità note;
appare preoccupante il rischio che, in caso di eventuali attacchi cyber, qualcuno possa acquisire il controllo da remoto dei dispositivi, violare la confidenzialità e l'integrità dei dati dei pazienti e modificare le funzionalità dei dispositivi stessi, con potenziali problemi per la salute del paziente,
di quali specifiche informazioni i Ministri in indirizzo dispongano sulla situazione della sicurezza delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione all'interno delle strutture sanitarie e come tali eventuali informazioni si rapportino alle preoccupanti risultanze dei recenti studi;
quali iniziative abbiano adottato per monitorare la situazione nelle diverse regioni e province autonome con riguardo alla sicurezza nelle strutture sanitarie italiane, in particolare delle infrastrutture critiche;
come giudichino lo stato della sicurezza in chiave antiterrorismo delle infrastrutture critiche sanitarie;
quali iniziative siano state adottate per favorire un miglioramento, su tutto il territorio nazionale o in collaborazione con Regioni e Province autonome, della sicurezza della catena di approvvigionamento ed erogazione dei servizi sanitari;
quali iniziative siano state adottate affinché i fornitori di servizi assicurino uno specifico profilo di sicurezza in coerenza con i regolamenti europei;
quali iniziative siano state adottate dal Ministero della salute, anche prevedendo la collaborazione con le Regioni e le Province autonome, per rappresentare alle autorità preposte un quadro sintetico e armonico del livello di esposizione delle infrastrutture critiche, al fine di agevolare interventi correttivi sia riguardanti il piano di protezione sia il quadro normativo vigente.