con nota del 24 ottobre 2014 il vice segretario generale del CONI ha informato il segretario generale della Federazione italiana atletica leggera (FIDAL) in merito ad alcune questioni attinenti ai visti d'ingresso di 90 giorni da utilizzare in 6 mesi richiesti dalla Federazione per far partecipare a diverse gare in programma in Italia e in Europa atleti provenienti da Paesi fuori dall'area Schengen;
la nota citata fa altresì riferimento ad un'altra tipologia di visti (visti multipli con validità superiore ai 90 giorni da utilizzare da 1 a 5 anni) richiesti dalla FIDAL per i quali il CONI ha chiesto un parere al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;
in riferimento alla tipologia dei visti multipli con validità superiore ai 90 giorni la nota citata chiarisce che essi rispondono "a particolari esigenze e casistiche che costituiscono materia di attenta valutazione e generalmente è rivolta a coloro che periodicamente entrano in Italia per motivi familiari (coniuge straniero di un connazionale che vive all'estero) o per affari...Nel caso dello sport, invece occorre indicare un calendario degli eventi prodotto dai manager richiedenti di volta in volta alla Federazione Sportiva Italiana. Il mancato rispetto da parte della Federazione di detta verifica può dar luogo a rilievi da parte del Ministero degli Affari Esteri il quale ha tenuto a precisare che tali controlli e verifiche devono avvenire per tutti i visti Schengen.";
la nota, nella parte conclusiva, ha poi informato la FIDAL che "a far data dal 1° gennaio 2015 non sarà più possibile richiedere visti di questa tipologia - non meglio specificata - fermo restando che fino al 31 dicembre - come stabilito - si darà luogo alle richieste di visto in oggetto che sicuramente copriranno in parte il 2015";
a seguito della comunicazione ricevuta dal CONI la FIDAL, con nota del 10 novembre 2014, ha informato la società richiedente che dal 1° gennaio 2015 non sarà più possibile richiedere i visti di 90 giorni utilizzabili in 6 mesi e che, viste la particolari procedure di verifica richieste dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per tutti i visti Schengen (la Federazione è responsabile del controllo dell'effettiva partecipazione di ogni atleta ad ogni singola manifestazione elencata dalla società che fa richiesta dei visti), la stessa, non avendo i mezzi per operare il suddetto controllo, non intende assumersi questa responsabilità;
considerato che a quanto risulta agli interroganti:
la società richiedente i visti opera da molti anni nell'ambito del management di atleti di atletica leggera (è riconosciuta dalla IAAF, International association of athletics federations, e dalla FIDAL; inoltre per operare in questo settore deve avere una fidejussione di 30.000 dollari ed è tenuta a versare ad ogni federazione con cui lavora una quota annuale per poter esercitare);
la società richiedente rappresenta molti atleti di fama internazionale come ad esempio Mary Keitany vincitrice della maratona di New York del 2014, Silas Kiplagat e Jairus Birech rispettivamente vincitori della "Diamond League - IAAF" sui 1.500 metri e sui 3000 siepi, per cui appare poco fondata la motivazione addotta dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e riportata nella lettera del CONI alla FIDAL per cui si profilerebbe un rischio di immigrazione clandestina, terrorismo o diffusione del virus Ebola essendo atleti di chiara fama (inoltre, sono state recentemente attivate procedure a livello internazionale di certificazione della salute per gli atleti volte a garantire lo stato di salute prima della partecipazione alle gare ma che nulla hanno a che vedere con le procedure per il rilascio del visto);
i visti di 90 giorni utilizzabili in 6 mesi sono indispensabili per far partecipare tutti gli atleti alle varie competizioni che si svolgono in Europa;
l'impossibilità da parte del Coni di continuare a rilasciare i visti avrebbe, a giudizio degli interroganti, ripercussioni gravissime sugli operatori del settore che gestiscono in particolare atleti provenienti da area non Schengen e causerebbe una grave ricaduta in termini occupazionali e di competitività delle realtà italiane (si verificherebbe una situazione per cui nessun atleta vorrebbe essere rappresentato da un manager che non gli può più assicurare la partecipazione alle gare, che nei periodi più intensi hanno cadenza anche settimanale) considerando anche il fatto che in altri Paesi europei le procedure per il rilascio dei visti Schengen di durata di 1, 2, 3 anni a favore degli atleti seguono procedure semplificate (addirittura sono i manager stessi a richiedere i visti Schengen alle ambasciate),
si chiede di sapere:
nel caso siano confermate le indicazioni da parte del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, se non sia il caso di rendere le procedure sui controlli dell'effettiva partecipazione di ogni atleta ad ogni singola manifestazione meno onerose per la Federazione italiana di atletica leggera, tenendo presente il fatto che sono atleti e che esiste la possibilità di infortuni o cambi nella programmazione agonistica e pertanto un'ipotetica richiesta di visto (fatta magari con 4 o 5 mesi di anticipo) potrebbe comunque non corrispondere ad una effettiva partecipazione dell'atleta alla gara per cui era stato richiesto il visto stesso;
se non sia il caso di riconsiderare la questione del rilascio dei visti Schengen a favore degli atleti, tenendo presente il fatto che il visto Schengen per attività sportiva viene rilasciato in quanto il richiedente (il manager dell'atleta) ha tutti i requisiti per rappresentare gli atleti e garantisce in prima persona circa la veridicità delle informazioni contenute nelle richieste per i visti stessi, conformandosi, invece, a quanto avviene in altri Paesi dell'area Schengen (in Germania ad un atleta è stato rilasciato, ad esempio, un visto Schengen della durata di 2 anni che, ovviamente, gli permette di gareggiare anche in Italia).
Fabio Galassi, esperto di servizi informatici, dopo essere stato messo in mobilità dall'azienda per la quale lavorava in Italia, nel 2010 si è trasferito insieme al figlio Filippo in Guinea equatoriale, per curare un progetto di informatizzazione della Tesoreria di quel Paese.
nel corso di 5 anni ha scalato le posizioni all'interno della società General Work, nella quale, accanto a capitali italiani, esiste una rilevante presenza del Governo, guidato dal presidente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, fino a diventarne CEO;
tra la fine del 2014 e l'inizio del 2015 il crollo del prezzo del barile ha creato forti difficoltà al Paese e i pagamenti del Governo alla General Work si sono interrotti, creando non poche difficoltà all'azienda che, conseguentemente, non ha potuto onorare i suoi debiti con fornitori e dipendenti;
il 21 marzo 2015, i signori Fabio e Filippo Galassi sono stati arrestati, con l'accusa di voler lasciare il Paese, portando con sé fondi della General Works;
Filippo Galassi, al quale, in un primo tempo, sono stati concessi gli arresti domiciliari, è stato poi riportato in carcere a Bata, la più importante città della Guinea equatoriale;
con i Galassi, è tuttora detenuto anche un altro italiano, Daniel Candio, di 24 anni, amico di Filippo Galassi e anche lui dipendente della General Work;
la detenzione dei connazionali, ormai protratta da oltre 5 mesi in condizioni durissime, presenta numerosi profili di ingiustizia;
le accuse contro i 3 risulterebbero non essere state ancora formulate, contrariamente ai principi più elementari del diritto e alle leggi dello stesso Stato, che prevedono un termine di 72 ore;
le autorità della Guinea non avrebbero finora esibito alcuna prova a supporto dell'accusa, quali biglietti aerei che certificassero l'intenzione di fuggire, o i trolley "pieni di soldi", tantomeno confessioni o parziali ammissioni dei diretti interessati;
finora, gli unici contatti avuti con Galassi sono stati un sms inviato ad un amico e una telefonata alla sua ex compagna nel mese di agosto, evidentemente digitando i 2 soli numeri di telefono che ricordava a memoria e utilizzando un apparecchio prestato da qualcuno;
la salute di Fabio Galassi, in base ad una breve intervista mandata in onda dalla televisione di Stato, la Tvge, 2 mesi dopo l'arresto, risulta, dalle immagini, essere molto provata;
le condizioni delle carceri della Guinea equatoriale, come ha potuto testimoniare un altro nostro connazionale, l'imprenditore pontino Roberto Berardi, liberato e tornato in Italia lo scorso luglio dopo una detenzione di 2 anni e mezzo, sono terribili, e vi viene praticata spesso la tortura;
nella citata intervista, lo speaker della televisione di Stato dice testualmente: "lo hanno preso con le mani nel sacco", il che non fa presagire la presenza di presupposti per un equo processo;
considerati i tempi finora trascorsi in carcere senza che siano state neppure formulate le accuse, vi è ragionavolmente da temere tempi processuali lunghissimi, tali da far dubitare seriamente per le condizioni di salute dei due Galassi e di Manuel Candio,
si chiede di conoscere se e quali iniziative il Governo italiano abbia già intrapreso ed intenda assumere, per accertarsi delle condizioni di salute e processuali dei 3 connazionali attualmente detenuti e affinché vengano garantite condizioni detentive e processuali rispettose dei diritti civili e delle convenzioni internazionali.