Premesso che:
le mutilazioni genitali femminili (MGF) costituiscono una delle forme più crudeli e lesive di violenza continua sulle donne, in primo luogo sulle bambine, con gravissimi, perenni risvolti fisici e psicologici su di loro;
a seguito del fenomeno migratorio degli ultimi anni tale aberrante pratica si è diffusa anche nei Paesi europei;
considerato che:
il 20 dicembre 2012 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione per un bando universale di questa vergognosa e terribile pratica;
nel 2006 è stata approvata la legge n.7, "Disposizioni concernenti la prevenzione ed il divieto delle pratiche di mutilazione genitale", in attuazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione e di quanto sancito dalla dichiarazione e dal programma di azione adottati a Pechino il 15 settembre 1995, ma ancora oggi l'infibulazione e le altre pratiche scissorie continuano ad essere attuate all'interno di alcune comunità straniere, principalmente di origine africana e di cultura islamica, anche nel nostro Paese, che detiene, infatti, il più alto numero di donne infibulate rispetto al resto d'Europa;
dai dati forniti da Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri emerge che sono circa 35.000 le donne immigrate soggiornanti in Italia che hanno subito o potrebbero aver subito mutilazioni genitali, prima di giungere in Italia o durante il soggiorno nel nostro Paese, oppure al rientro nei Paesi di origine;
considerato, inoltre, che:
valutando in un numero di circa 4.600 le bambine e le giovani di meno di 17 anni provenienti da Paesi di tradizione escissoria, le vittime potenziali di questa pratica oggi sono circa il 22 per cento, il che significa che ogni anno potrebbero essere circa 1.000 le bambine e le giovani vittime di MGF;
la legge n. 7 del 2006, all'art. 4, rubricato "Formazione del personale sanitario", stabilisce che "Il Ministro della salute, sentiti i Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e per le pari opportunità e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana, entro 3 mesi (...) linee guida destinate alle figure professionali sanitarie nonché ad altre figure professionali (...), per realizzare un'attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte a tali pratiche";
per l'attivazione di tali iniziative è stata autorizzata la spesa di 2,5 milioni di euro annui;
con decreto n. 78 del Ministero della salute del 17 dicembre 2007 sono state approvate le "Linee guida destinate alle figure professionali che operano con le comunità di immigrati provenienti da Paesi dove sono effettuate le pratiche di mutilazioni genitale femminile per realizzare una attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte a tali pratiche;
in particolare, al punto 4.1 delle linee guida si stabilisce che: "La formazione del personale che opera in ambito sanitario è una delle azioni prioritarie per la tutela della salute delle donne e delle bambine immigrate, in materia di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle stesse già sottoposte a tali pratiche. Tale personale è rappresentato dal personale medico (pediatra, ostetrico-ginecologo, neonatologo, chirurgo, eccetera) e da ogni altro operatore sanitario che comunque si relazioni con le donne e le bambine già sottoposte a tali pratiche (ostetriche, infermiere, psicologi)";
la formazione degli operatori sanitari è fondamentale per facilitare la comunicazione, soprattutto in riferimento all'approccio da tenere con le donne e le bambine già sottoposte a tali pratiche, al fine di far fronte ai loro bisogni sanitari e psicosociali e per formarle ad una fisicità in linea con la tutela della salute;
il punto 4.3 (Raccomandazioni per le figure professionali sanitarie) stabilisce che: "In materia di approccio e trattamento delle MGF, appaiono quanto mai necessarie Linee Guida tecniche per il management clinico, codici di comportamento sulla qualità dell'assistenza, servizi sanitari specializzati per la cura e la consulenza medica e psicologica. Gli operatori sanitari del Servizio sanitario nazionale dovrebbero avere una conoscenza di base di che cosa sono le MGF, gli aspetti sanitari, antropologici e sociologici ad esse connessi. I medici di base ed i pediatri di libera scelta dovrebbero essere in grado di cogliere i risvolti sanitari delle MGF e di individuare il rischio che eventualmente potrebbe correre un bambina che vive in comunità con tradizioni escissorie";
le donne con MGF che si rivolgono al SSN possono richiedere assistenza alla gravidanza, al parto ed al periodo post partum o per complicanze sanitarie di tipo urologico e/o ginecologico. Oltre al medico di base, le figure specialistiche interessate sono i ginecologi, i neonatologi, i pediatri, gli urologi e le ostetriche,
si chiede di sapere:
a quanto ammontino le risorse che il Ministero della salute ha impegnato dal 2007 ad oggi per la formazione degli operatori sanitari che operano con le comunità di immigrati provenienti da Paesi dove sono effettuate le pratiche di mutilazioni genitale femminile;
quali siano le Regioni che hanno promosso tale formazione e quanti siano gli operatori coinvolti;
se tale formazione sia stata inserita nei percorsi formativi di carattere universitario e non per le figure sanitarie interessate;
quante siano ad oggi le donne presenti nel nostro Paese che sono ricorse alla deinfibulazione;
quante siano le bambine che sono state accolte dal SSN a causa delle conseguenze fisiche e psicologiche delle MGF.
si apprende da notizie di stampa pubblicate su "Sud Giornalismo d'inchiesta" del 4 luglio 2015 che lo stesso giorno sono state trasferite all'ospedale "Vittorio Emanuele" di Catania 13 salme recuperate al largo della Libia, dove il 18 aprile si verificò un'immane tragedia, con il decesso di 700 immigrati;
nella stessa mattina del 4 luglio sono state compiute operazioni da parte del servizio disinfezione del Comune della zona adiacente al reparto di Ginecologia dell'ospedale;
il servizio disinfezione si occupa di impedire ogni possibile infezione che può scaturire dalla presenza delle salme; le operazioni di disinfezione prevedono l'uso di sostanze chimiche disinfettanti molto fastidiose da respirare, e nel caso specifico sono state effettuate non interrompendo la funzionalità dei reparti di Ginecologia e di Radiologia, permettendo l'acceso ai pazienti e ai lavoratori;
le operazioni si sono svolte anche al cospetto degli assessori comunali D'Agata e Scialfa i quali hanno mostrato segni di nervosismo per la presenza della stampa e per le domande loro rivolte sulla procedura di profilassi effettuata per il trasferimento delle salme;
i rappresentanti istituzionali del Comune di Catania hanno affermato che quanto eseguito per la disinfezione è una procedura normale, mentre operatori sanitari e medici sostengono che quel tipo di bonifica non ha precedenti;
gli accertamenti medico-legali sono stati condotti, alla presenza della Polizia scientifica e mobile, da esperti dell'università di Catania e degli atenei di Palermo e Messina;
il professor Antonio Gulisano, direttore della Diagnosi prenatale dell'ospedale Vittorio Emanuele, ha denunciato che le operazioni di trasferimento delle salme in ambienti non refrigerati e la conseguente perdita di liquami hanno determinato complicazioni all'interno del reparto, compreso il ricovero di alcuni dipendenti per l'insorgere di sintomi da tossicosi;
i corpi sono stati trasportati all'ospedale Vittorio Emanuele dentro normali sacche e depositati in ambienti non adatti a contenerli, vecchie sale parto del reparto di Ginecologia, e nello stesso padiglione ogni giorno si assistono donne incinte;
in particolare in un'intervista, rilasciata allo stesso quotidiano il 5 luglio, il professor Antonio Gulisano ha sollevato forti dubbi sull'operazione di trasferimento delle salme in putrefazione al Vittorio Emanuele; egli ha affermato che la scelta del luogo sarebbe stata individuata dalla Prefettura di Catania;
i vertici del Comune, dal sindaco Bianco all'assessore D'Agata, interpellati dalla stampa, hanno dichiarato che le operazioni collegate al trasferimento delle salme all'ospedale hanno coinvolto varie istituzioni, dalla Prefettura alla Procura;
l'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285 del 1990, recante "Approvazione del regolamento di polizia mortuaria", prevede che "I comuni devono disporre di un obitorio per l'assolvimento delle seguenti funzioni obitoriali: mantenimento in osservazione e riscontro diagnostico dei cadaveri di persone decedute senza assistenza medica; deposito per un periodo indefinito dei cadaveri a disposizione dell'autorità giudiziaria per autopsie giudiziarie e per accertamenti medico-legali, riconoscimento e trattamento igienico-conservativo";
l'art. 15 prevede, al comma 2, che nel territorio di ciascuna unità sanitaria locale le celle frigorifere devono essere non meno di una ogni 20.000 abitanti;
l'art. 45, comma 1, sancisce che le autopsie, anche se ordinate dall'autorità giudiziaria, devono essere eseguite dai medici legalmente abilitati all'esercizio professionale;
nell'audizione del 7 luglio 2015 presso la Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, dottor Giovanni Salvi, sostiene a proposito dei migranti: «Vi anticipo un'altra notizia, che non è ancora nota, ma non è più segreta, ovvero che abbiamo chiesto il giudizio immediato per il capitano e per il suo assistente per l'affondamento dell'imbarcazione che il 18 aprile ha provocato centinaia di morti, probabilmente più di 800. Non sapremo mai i dati esatti. Il recupero che si sta facendo ne indica già alcune centinaia. Ve ne sono circa 70 fuori, 90 li avevamo identificati nella prima ispezione; poi ci sono quelli all'interno della nave e tutti quelli che sono andati dispersi»,
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti;
se non valutino, tenendo conto delle specifiche competenze, che quanto accaduto al Vittorio Emanuele di Catania, in particolare in relazione all'utilizzo di normali sacche per le salme non adatte a trattenere i liquami, al personale sanitario dell'ospedale sottoposto a cure per tossicosi e al trasferimento delle salme nel reparto di Ginecologia nel quale ogni giorno vengono assistite donne incinte, sia il risultato di scelte discutibili e rischiose per la salute dei cittadini e del personale sanitario e medico;
se le dichiarazioni del Procuratore della Repubblica di Catania siano in qualche modo correlabili all'episodio e, in caso affermativo, se siano ipotizzabili nuovi trasferimenti di cadaveri di migranti al fine di essere sottoposti a processi di identificazione e accertamento delle cause della morte sotto tutela dell'autorità giudiziaria;
se siano a conoscenza del luogo dove sono state allocate attualmente le altre salme dei migranti periti in mare il 18 aprile 2015;
se, nel caso in cui sia prevista una prosecuzione dell'azione di identificazione e accertamento della morte con le modalità già perseguite e delineate, non valutino di convocare un tavolo congiunto tra il Comune di Catania, la Regione Siciliana, la Prefettura e l'azienda sanitaria provinciale per pianificare le azioni necessarie, tutelando la salute dei cittadini e del personale medico-sanitario;
se intendano considerare, nei limiti delle proprie attribuzioni, la possibilità di usare gli spazi dell'istituto di medicina legale dell'università di Catania, dotato di locali appositi per i processi di identificazione dei cadaveri e di riconoscimento delle cause della morte, anziché locali inidonei e non preposti a questo scopo come accaduto;
quali iniziative di competenza intendano intraprendere per evitare che episodi come quelli accaduti presso l'Ospedale Vittorio Emanuele di Catania possano ripetersi.
l'ossigeno è il più importante elemento richiesto dal corpo umano per vivere, è fondamentale per la sopravvivenza delle cellule e dei tessuti e quindi per il mantenimento delle funzioni vitali. Il suo ruolo nella medicina moderna ne ha comprovato l'uso come farmaco;
con il termine ossigenoterapia si intende la somministrazione di ossigeno a concentrazioni più alte di quelle presenti nell'ambiente atmosferico come parte integrante di un trattamento medico, attraverso vari presidi, al fine di migliorare o correggere l'ipossia e migliorare l'ossigenazione dei tessuti;
la scelta dei presidi dipende dalla concentrazione di ossigeno necessaria e dalle condizioni cliniche del paziente. I sistemi erogatori di ossigeno comprendono: fonte di ossigeno, flussometro che permette di erogare l'ossigeno, tubo di collegamento, presidio di somministrazione e umidificatore;
in ambito ospedaliero l'ossigeno viene conservato in grandi serbatoi controllati da un servizio tecnico e distribuito nella degenza attraverso una rete di tubature intramurarie che terminano in prese a muro o in bombole per il trasporto;
le apparecchiature e gli accessori per l'ossigenoterapia non sono di esclusivo appannaggio dell'ambito ospedaliero ma costituiscono anche parte integrante dell'assistenza domiciliare. Le bombole di ossigeno medicinale gassoso sono in acciaio e complete di una valvola riduttrice residuale e una gabbia di protezione;
i pazienti che utilizzano le apparecchiature per l'ossigenoterapia domiciliare affrontano disagi tangibili, in particolar modo connessi alle esigenze di spostamento. Il tema della mobilità dei pazienti in ossigenoterapia a lungo termine assume un'importanza cruciale almeno per due ragioni: la prima si riferisce alla continuità terapeutica, che deve essere garantita a pazienti affetti da patologie croniche invalidanti, la seconda è relativa al diritto di ricevere le cure prescritte in qualsiasi località, nazionale o europea, nella quale un paziente si trovi a soggiornare;
ogni azienda sanitaria locale effettua un bando di gara per la distribuzione di ossigeno. La società vincitrice fornisce dunque il suo modello di bombola che potrà essere adattato solo ad un determinato tipo di stroller, la cosiddetta bombola portatile. Questo impedisce al paziente di rifornire il proprio stroller non solo se ci si sposta da una regione ad un'altra, ma anche tra diverse città della stessa regione o nei diversi ospedali della medesima città;
è parere degli interroganti che la mancanza di un erogatore unico, o di un adattatore universale che possa mettere in connessione gli stroller con i diversi erogatori di ossigeno, rappresenti una grave discriminazione per le esigenze di mobilità dei pazienti in ossigenoterapia e un costo notevole per il servizio sanitario locale, dal momento che l'azienda sanitaria locale di appartenenza è tenuta a trovare una società distributrice nel luogo dove si trova il paziente o, in mancanza di questa, ad inviare a proprie spese quanto necessario,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non consideri urgente attivarsi al fine di stabilire, nella sede e con gli strumenti che riterrà più opportuni, criteri omogenei per la produzione e la commercializzazione delle apparecchiature necessarie all'ossigenoterapia, che assicurino la presenza di un erogatore unico o di un adattatore universale per la ricarica degli stroller, al fine di garantire la parità di accesso alle cure da parte dei pazienti su tutto il territorio nazionale.