AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE (3a)

MERCOLEDÌ 20 NOVEMBRE 2002
82a Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente
PROVERA


Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Mantica.

La seduta inizia alle ore 15,15.


IN SEDE CONSULTIVA

(1827 e 1827-bis) Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2003 e bilancio pluriennale per il triennio 2003-2005 e relative Note di variazioni, approvato dalla Camera dei deputati
- (Tabb. 6 e 6-bis) Stato di previsione del Ministero degli affari esteri per l'anno finanziario 2003
(1826) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003), approvato dalla Camera dei deputati
(Seguito e conclusione dell'esame congiunto: rapporto favorevole, con osservazioni, alla 5a Commissione, ai sensi dell'articolo 126, comma 6, del Regolamento)

Riprende l'esame congiunto, sospeso nella seduta antimeridiana odierna.

La senatrice BONFIETTI rileva preliminarmente come i documenti di bilancio siano caratterizzati da una mancanza di coerenza nell'impianto, ciò che riflette la labilità degli attuali indirizzi di politica estera.
Così, non è dato di ravvisare un credibile percorso di rilancio per il settore della cooperazione allo sviluppo, in un contesto segnato dall'incertezza circa i tempi che saranno necessari per il varo della riforma della legge n. 49 del 1987. I modesti incrementi nelle risorse per l'aiuto pubblico allo sviluppo non sono certo considerabili alla stregua di un'inversione di tendenza, ed anzi è lecito il dubbio che, al netto delle cancellazioni del debito estero, l'apporto italiano ai Paesi in via di sviluppo sia destinato semmai a ridursi ulteriormente.
Quanto al funzionamento del Ministero degli affari esteri, le risorse disponibili, sia in termini assoluti che di incidenza sul totale della spesa dello Stato collocano l'Italia agli ultimi posti fra i Paesi dell'Unione europea.
Per le ragioni che precedono, il giudizio della sua parte politica sulla manovra di bilancio non può che essere negativo.

Il senatore BUDIN rileva preliminarmente come l'azione internazionale dell'Italia sia destinata, per la durata del prossimo esercizio finanziario, ad essere catalizzata dalla ricorrenza della Presidenza di turno dell'Unione europea nel secondo semestre del 2003. Ancora una volta, si ha l'impressione che il Governo mobiliti tutte le energie e le risorse in funzione di singoli eventi internazionali, salvo poi manifestare evidenti limiti nel dare spessore alla sua presenza internazionale, ciò che richiederebbe chiarezza negli indirizzi di politica estera e coerenza nella loro realizzazione. Così, si stenta a riconoscere la logica che presiede ad iniziative come quella di concorrere alla espunzione della Carta dei diritti dalla futura Costituzione europea, né si comprende quale sia l'apporto specifico dell'Italia sul versante dei rapporti fra l'Unione europea e la NATO, a ridosso dell'appuntamento di Praga nel quale potrebbero essere assunte decisioni destinate a produrre effetti a lunga scadenza. Anche su tale capitolo, l'impegno dell'Italia è stato dedicato essenzialmente ad un obiettivo di facciata, quale quello di far sì che la firma dell'Accordo relativo all'ampliamento del Consiglio atlantico avesse luogo in territorio italiano, come poi è avvenuto a Pratica di Mare.
Per ciò che attiene alla cooperazione allo sviluppo, il modesto incremento delle risorse disponibili che si registra nei documenti di bilancio appare del tutto insufficiente rispetto a quanto sarebbe necessario per portare il contributo dell'Italia almeno nella media dei Paesi donatori.
Quanto alla riforma del Ministero degli affari esteri, dopo gli annunci enfatici effettuati dal presidente Berlusconi all'atto dell'assunzione dell'interim della Farnesina, non si è più avuta notizia di alcuna concreta iniziativa, né si conoscono gli esiti delle rilevazioni a suo tempo affidate alle società di consulenza esterne alle quali il Presidente del Consiglio aveva ritenuto di rivolgersi. In proposito, sarebbe auspicabile che si tornassero a privilegiare le iniziative concrete di razionalizzazione, anche se graduali, ispirandosi ove occorra alle esperienze maturate in altri Paesi, piuttosto che indulgere a velleitari disegni di riforma globale.

Agli intervenuti replica il presidente PROVERA, in qualità di relatore facente funzioni. Egli rimarca come numerose incisive riflessioni siano state svolte nel corso del dibattito. Alcune (soprattutto del senatore Andreotti) involgono più ampi profili, quali l’evoluzione dei rapporti tra Governo e Parlamento. Altre sottolineano uno stato di incompiutezza del processo di trasformazione del Ministero, che può essere stato condizionato dalla sua gestione ad interim. Vi è da auspicare, per questo riguardo, che il nuovo Ministro degli esteri infine nominato – al quale rivolge un cordiale augurio di buon lavoro – assicuri una presenza più continua ai lavori della Commissione.
Per i profili più strettamente finanziari, forte attenzione è stata dedicata all’articolo 59 del disegno di legge finanziaria. Riguardo alla modifiche della legge n. 209 del 2000 ivi previste, è stata formulata la preoccupazione (dal senatore Danieli e da altri oratori) che la soppressione della soglia indicata in quella legge importi una rinunzia al perseguimento dei suoi obiettivi. Può di contro rilevarsi, tuttavia, che il mantenimento di quella soglia, se intesa in senso temporale, renderebbe irrealizzabili le finalità dalla legge n. 209, in quanto la cancellazione debitoria è condizionata da una scansione temporale, in sede internazionale e bilaterale, che non rende in alcun modo possibile ultimare le cancellazioni attese entro il lasso temporale posto da quella stessa legge. Ove invece si faccia riferimento alla soglia intesa in senso quantitativo (12.000 miliardi di cancellazione debitoria prescritta), deve ricordarsi che più volte il Governo ha ribadito l’impegno a realizzare comunque la cancellazione per quell’ammontare complessivo, escludendo che possano esservi inversioni di marcia rispetto alla volontà concordemente espressa dal Parlamento. A ben vedere, inoltre, la rimozione di un limite massimo per la cancellazione potrebbe costituire anche un’opportunità, dal momento che non sarebbero così precluse cancellazioni ulteriori, rispetto a quelle verso il novero di Paesi cosiddetti IDA only ‘fotografati’ da quella legge con la previsione di quell’importo.
La scomparsa della soglia di spesa – prosegue il Presidente relatore - ha fatto sì che il Ministero dell'economia richiedesse l’inserimento di una clausola di salvaguardia, relativa alla conformità con le esigenze di finanza pubblica. Questa disposizione non pare, invero, affidare in toto la politica della cancellazione del debito estero a tale Ministero. E’ ad ogni modo opportuno vigilare affinché non possa determinarsi un risultato siffatto. Quanto all’attuazione della legge n. 209 sinora intervenuta, il Governo – che è tenuto a riferirne in Parlamento – ha presentato una relazione sulle misure adottate per la riduzione del debito estero dei Paesi più poveri, che è stata recentemente assegnata alla Commissione. Il vaglio di quella relazione potrà costituire un’occasione per ritornare sui motivi ispiratori della legge n. 209 e sulla conformità degli strumenti applicativi.
Ancora, obiezioni sono state mosse da più parti in merito al comma 2, dell’articolo 59, circa la destinazione di una quota (sino al 20 per cento) del Fondo Rotativo presso il Mediocredito alle imprese, non già alla cooperazione. La formulazione della disposizione così come approvata dalla Camera dei deputati richiede in effetti attento esame. Deve rammentarsi che l’articolo 8 della legge n. 266 del 1999 destinava (per il triennio 1999-2001) le medesime risorse alla cooperazione a dono, a interventi per il patrimonio culturale dei Paesi in via di sviluppo, a investimenti di piccole e medie imprese in quei Paesi, ad iniziative di riduzione o cancellazione del debito. Il disegno di legge finanziaria orienta invece le risorse verso diverso utilizzo, quali il finanziamento di imprese anche grandi, per investimenti che potrebbero non avere incidenza in termini di sviluppo del Paese povero interessato. E’ materia, questa, da sottoporre ad attento approfondimento.
Vi è poi il tema degli italiani all’estero. Condivisibile è l’affermazione che maggiore attenzione e impegno debbano essere profusi. Riguardo alla condizione dei connazionali in Argentina, la Commissione già ha acquisito conoscenza della situazione, nel corso di un sopralluogo, molto intenso, in Argentina ai primi di luglio. La strategia più persuasiva rimane volta a innescare un processo di sviluppo, non già ad incentivare il rientro di giovani in Italia, la cui fuoriuscita segnerebbe, di quella nazione, grave impoverimento.
Altro tema richiamato inerisce alla Carta dei diritti rispetto alla futura Costituzione europea, con la doglianza di una carenza di informazione. Se così è, è segno che l’indagine conoscitiva congiunta in corso, delle Commissioni Esteri e delle Giunte degli Affari Europei di Camera e Senato, non sta procedendo nel modo migliore. Essa costituisce peraltro una sede in cui ben può farsi valere l’esigenza, condivisibile, di un approfondimento, con l’auspicio ch’esso sia connotato non solo da coloriture ideali o idealistiche ma attento agli aspetti propriamente giuridici. Non pochi costituzionalisti italiani ritengono infatti che la Carta dei diritti non sia, in termini di garanzie individuali, sempre e solo più avanzata rispetto alla Costituzione italiana, segni anzi in taluni casi un arretramento.
La promozione della cultura italiana e la riforma degli Istituti di cultura all’estero sono altro tema – invero antico - di fondamentale rilievo. La riforma degli Istituti di cultura è in corso discussione presso la Camera dei deputati: quella riforma deve necessariamente affrontare il tema delle risorse.
Da ultimo, vi sono state annotazioni fortemente critiche circa le carenze nella capacità gestionale per la cooperazione. Così come sono stati rammentati gli accorati rilievi svolti dalle Organizzazioni Non Governative, recentemente audite dalla Commissione. Ebbene, per questi profili non può non sottolinearsi la grave inadeguatezza della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, rispetto sia ad un’efficiente capacità d’impiego delle risorse sia ai controlli sulla loro effettiva utilizzazione. L’incremento di stanziamenti per la cooperazione, che si registra nei documenti di bilancio all’esame, è certo non sufficiente se commisurato alle esigenze, alle promesse, alle attese. Tuttavia l’erogazione di maggiori risorse non serve a nulla se si mantiene l’attuale configurazione di una macchina burocratica lenta e farraginosa, non efficiente. Occorre non solo un incremento di risorse ma anche un’ampia riforma della struttura, approntando una nuova legge sulla cooperazione, la cui necessità si presenta, secondo un’opinione da più parti condivisa, come inderogabile, dovendosi così passare dalle parole ai fatti concreti.
Conclude sottolineando come, rispetto alla cooperazione ed all’aiuto allo sviluppo, distinta debba mantenersi la considerazione della cancellazione debitoria, la quale non necessariamente induce sviluppo in un Paese beneficiario.

Il sottosegretario MANTICA esprime innanzi tutto apprezzamento per la ricchezza di spunti di riflessione provenienti dal dibattito.
Per ciò che attiene all'incremento delle risorse disponibili per il Ministero degli affari esteri, nel prendere atto dei giudizi positivi in proposito manifestati, rileva come si tratti di somme destinate in larga misura ad essere assorbite dai compiti inerenti all'assunzione della Presidenza di turno dell'Unione europea da parte dell'Italia nel secondo semestre del prossimo anno. In proposito, la prospettiva di far coincidere tale semestre con la firma del nuovo Trattato appare estremamente lusinghiera, anche in considerazione della valenza simbolica che ciò verrebbe ad assumere a conclusione di un percorso iniziato proprio a Roma con la sottoscrizione del Trattato istitutivo della Comunità economica europea.
Per ciò che attiene le prospettive di riforma del Ministero degli affari esteri, va rilevato come il modello organizzativo definito nel 1999 era già ampiamente influenzato dai modelli francese, britannico e statunitense, i quali come è noto sono tutti accomunati dalla circostanza che i grandi indirizzi della politica estera sono affidati al capo dell'Esecutivo. Tale opzione di fondo si è da ultimo concretizzata con l'assunzione dell'incarico ad interim di Ministro degli affari esteri del presidente del Consiglio Berlusconi, ma è destinata a trovare conferma anche con il conferimento della responsabilità della guida della Farnesina al nuovo ministro Frattini. Si tratta di un'impostazione destinata a riflettersi sulle linee della futura riforma, nell'ambito della quale tutte le strutture dell'Amministrazione, centrale e periferiche, sono chiamate a concorrere nella proiezione all'estero del "sistema Paese". Ciò postula fra l'altro il rafforzamento delle Direzioni generali a carattere geografico, che dovranno assumere un carattere centrale, portando a compimento gli assetti definiti dalla riforma del 1999, laddove le Direzioni generali tematiche sono destinate a svolgere un ruolo di "servizio".
Per ciò che attiene ai rilievi formulati nel corso della discussione circa incarichi consulenziali conferiti in vista della riforma del Ministero, precisa che il Presidente del Consiglio ha a suo tempo affidato a due società straniere unicamente il compito di effettuare una comparazione fra i modelli organizzativi esistenti nel settore degli Esteri nell'ambito dei Paesi del G8, al fine di disporre, ove necessario, di un modello di riferimento.
Quanto all'ipotesi dell'accorpamento dell'Amministrazione del commercio con l'estero nel Ministero degli affari esteri, fa presente come si tratti di una prospettiva resa più difficoltosa dalla scelta, operata da precedenti compagini governative, di inserire tale apparato amministrativo nel Ministero delle attività produttive. Il Governo non mancherà comunque di promuovere un intervento di razionalizzazione che appare molto utile per la promozione delle imprese italiane.
Quanto alle ricorrenti sollecitazioni nel senso di un potenziamento della rete consolare, va tenuto presente che questa risponde attualmente ad una concezione ormai superata, che riflette le esigenze di un periodo nel quale l'Italia era un Paese con forti flussi di emigrazione. Nel mettere mano ad interventi di revisione della rete consolare, occorre evidentemente fare chiarezza preventivamente sui compiti da affidare alle strutture consolari in una situazione tanto profondamente mutata.
Per ciò che attiene alla cooperazione, fa presente che il Governo, che intende presentare una riforma complessiva della legge n. 49 del 1987, è impegnato sin d'ora ad una graduale razionalizzazione del settore. In proposito, nel dare atto ai numerosi senatori che lo hanno rilevato dell'esistenza di un eccessivo sbilanciamento dell'aiuto pubblico allo sviluppo italiano a favore del canale multilaterale, rileva come tale stato di cose rifletta anche alcune incongruenze della legislazione nazionale, che molto spesso rendono impraticabile il ricorso a programmi a carattere bilaterale, ad esempio in relazione alle complicate procedure previste dalla cosiddetta "legge Merloni-quater".
Su tale questione, sono in via di definizione meccanismi di snellimento delle procedure amministrative che dovrebbero auspicabilmente rendere più agevole l'utilizzo del canale bilaterale.
Resta comunque necessario condurre una riflessione di carattere più generale circa l'attualità dell'approccio adottato finora per l'aiuto pubblico allo sviluppo in alcune aree del mondo. Si riferisce, in particolare, al continente africano, nel quale, negli ultimi venti anni, si è assistito su scala quasi generalizzata al peggioramento di tutti gli indicatori dello sviluppo sociale, economico e sanitario, nonostante l'enorme quantità degli aiuti erogati dai Paesi industrializzati. Per contro, si sono registrati nello stesso periodo risultati molto incoraggianti in Asia. Si tratta allora di mettere a punto strategie mirate per le varie realtà regionali.
Molto positivo è comunque che, nel contesto dell'iniziativa dell'Unione africana denominata NEPAD, i leader del Sud Africa, della Nigeria, del Senegal, dell'Algeria e dell'Egitto abbiano recentemente sottoscritto una dichiarazione che evidenzia il nesso fra democrazia, buon governo, rispetto dei diritti umani ed efficacia dei programmi di cooperazione. Ciò rappresenta infatti il miglior viatico per un rilancio, su basi rinnovate, degli sforzi della comunità internazionale per lo sviluppo dell'Africa.
Per ciò che attiene alle modalità delle cancellazioni del debito estero, il Governo condivide la posizione espressa dal relatore Provera. In proposito, fa presente che è stato già raggiunto il traguardo del primo miliardo di euro di debiti rimessi; l'obiettivo è di arrivare a 4 miliardi di dollari nelle operazioni di azzeramento del debito dei Paesi HIPC (è bene chiarire quindi che non si tratta di interventi di ristrutturazione del debito a favore di Paesi a medio reddito).
Infine, in risposta al senatore Andreotti che aveva proposto di ricorrere ad una sovrattassa di solidarietà con i PVS, fa presente che ad una logica analoga risponde il progetto promosso al Vertice di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile dal Governo italiano tendente ad introdurre una "detax" solidaristica concordata con le strutture di distribuzione di beni di consumo. Le risorse così reperite non sono peraltro destinate a rientrare nel computo della quota dell'aiuto pubblico allo sviluppo destinato ai PVS.

Si passa quindi all'esame degli emendamenti e degli ordini del giorno.

Il presidente PROVERA dichiara improponibili gli emendamenti 6.1, 3a.6.Tab. 6.1, riferiti al disegno di legge n. 1827, e l'emendamento 3a.Tab. A.1, riferito al disegno di legge n. 1826.

Il senatore BUDIN rinuncia quindi ad illustrare gli emendamenti 3a.6.Tab. 6.2 e 3a.6.Tab. 6.3 e i seguenti ordini del giorno, il primo dei quali riferito al disegno di legge finanziaria, ed il secondo al disegno di legge di bilancio:

0/1826/1/3a
BUDIN, BONFIETTI, DE ZULUETA, MANZELLA, SALVI, DANIELI Franco, TOIA

"La 3a Commissione permanente,
esaminato per le parti di competenza il disegno di legge finanziaria;
ritenuta l'opportunità di potenziare le attività degli istituti di cultura italiana all'estero e di favorire in ogni caso la diffusione della cultura italiana;
rammentato che è in corso l'iter parlamentare del progetto di riforma degli istituti di cultura italiana all'estero;
considerato che il Governo ha annunciato la presentazione di un proprio disegno di legge in materia;
impegna il Governo
a reperire in quell'occasione le risorse necessarie per incrementare le manifestazioni culturali italiane all'estero e per continuare l'opera di informatizzazione degli istituti di cultura italiana all'estero, all'uopo invitando il Governo ad avvalersi ove possibile anche dei fondi previsti nella tabella A."

0/1827/1/3ª-Tab. 6
BUDIN, BONFIETTI, DE ZULUETA, MANZELLA, SALVI, DANIELI Franco, TOIA

"La 3ª Commissione permanente,
considerata l'importanza dell'Istituto agronomico per l'Oltremare per la politica di cooperazione dell'Italia in particolare verso l'Africa;
impegna il Governo
ad assicurare all'Istituto le risorse necessarie al relativo funzionamento."

Il senatore PELLICINI illustra l'emendamento 3a.6.Tab. 6.4., diretto a reintegrare le dotazioni dell'U.P.B.6.1.1.1 (Affari amministrativi, bilancio e patrimonio - Spese correnti - Funzionamento. Uffici centrali) per l'importo, pari a 10 milioni di euro, che era stato destinato ad altra U.P.B. per effetto di un emendamento approvato dalla Camera. Ciò, al fine di prevenire serie difficoltà nel funzionamento dell'Amministrazione.

La senatrice DE ZULUETA illustra il seguente ordine del giorno:

0/1827/2/3a-Tab. 6
DE ZULUETA, BUDIN, BONFIETTI, IOVENE, MANZELLA, SALVI, DANIELI Franco, TOIA

"La 3ª Commissione permanente,
constatato che il 26 settembre 2002 il Parlamento europeo ha approvato all'unanimità una risoluzione sul Tribunale penale internazionale (TPI);
che, in tale risoluzione, i deputati europei:
sono profondamente preoccupati per le pressioni politiche esercitate dal Governo degli Stati Uniti per convincere gli Stati contraenti e i Paesi firmatari dello Statuto di Roma a concludere accordi bilaterali in materia di immunità, che permetterebbero ad alcuni cittadini di sottrarsi alla giurisdizione del Tribunale;
sono delusi dalla decisione del Governo rumeno di firmare un simile accordo e si rammaricano che il Consiglio e la Commissione non forniscano orientamenti politici chiari ai Paesi candidati e ai Paesi associati all'UE;
riaffermano con fermezza la necessità per gli Stati contraenti di cooperare pienamente con il Tribunale e di verificare affinché la sua efficacia non venga messa a rischio.
Inoltre, l'Assemblea chiede agli Stati membri di integrare lo Statuto di Roma nell'acquis comunitario e di non adottare accordi incompatibili con la qualità di Paese membro dell'Unione. La stessa richiesta è rivolta ai Paesi candidati e associati, i cui Parlamenti sono invitati - se necessario - a non ratificare gli accordi firmati dai loro Governi. Si tratta così di creare un blocco europeo per la creazione del TPI, ma anche di accrescerne il sostegno finanziario e di adottare un approccio comune per la nomina dei futuri magistrati, fermo restando il rafforzamento del dialogo politico con gli Stati Uniti;
i deputati europei ricordano, infine, agli Stati membri gli obblighi cui sono soggetti per quanto riguarda il divieto di pena di morte e il mandato d'arresto europeo.
Constatato che, il 30 settembre 2002, i Ministri degli esteri dei Paesi dell'Unione europea, hanno raggiunto un accordo in merito alla possibilità che i singoli Stati membri stipulino accordi bilaterali con gli Stati Uniti, indicando tre principi guida: 1) garanzia di non impunità. Anche i cittadini Usa, insomma, pena pesanti condanne, dovranno essere sottoposti alle regole del Tribunale internazionale. In caso di trasgressione di queste ultime però, non sarà la Corte dell'Aja a giudicarli, ma un tribunale americano, al quale gli Usa si impegnano a deferire cittadini e soldati americani che abbiano commesso reati rilevanti ai fini delle competenze della CPI; 2) che i cittadini europei in Usa non siano immuni dalla perseguibilità della Corte; 3) che le immunità riguardino solo gli americani che si trovano sul territorio di un Paese europeo nello svolgimento di una missione o un compito ufficiale per conto dell'Amministrazione statunitense.
impegna il Governo
ad agire, in pieno accordo con gli Stati membri dell'Unione europea, per il consolidamento del Tribunale penale internazionale:
a) integrando lo Statuto di Roma nell'acquis comunitario;
b) impegnandosi a non adottare accordi incompatibili con la qualità di Paese membro dell'Unione;
c) accrescendo il sostegno finanziario al Tribunale penale internazionale (TPI) e operando perché si adotti un approccio comune per la nomina dei futuri magistrati.
Infine, a considerare, suo alto e preciso impegno morale, dopo aver ospitato l'Italia lo Statuto di Roma, continuare ad esserne, in modo lineare e trasparente, il garante primo della sua integrità, per l'affermazione della giustizia internazionale."
Il presidente relatore PROVERA esprime quindi parere favorevole sull'emendamento 3a.6.Tab. 6.4, dichiarandosi invece contrario agli altri due emendamenti. Si dichiara inoltre favorevole ai tre ordini del giorno.

Il sottosegretario MANTICA esprime avviso conforme a quello del relatore, suggerendo però alla senatrice de Zulueta di apportare alcune modifiche all'ordine del giorno 0/1827/2/3a-Tab. 6.

La senatrice DE ZULUETA riformula l'ordine del giorno, in accoglimento di quanto proposto dal Sottosegretario, nel modo seguente:

0/1827/2/3a-Tab. 6 - Nuovo testo
DE ZULUETA, BUDIN, BONFIETTI, IOVENE, MANZELLA, SALVI, DANIELI Franco, TOIA

"La 3a Commissione permanente,
constatato che il 26 settembre 2002 il Parlamento europeo ha approvato all'unanimità una risoluzione sul Tribunale penale internazionale (TPI);
che, in tale risoluzione, i deputati europei:
sono profondamente preoccupati per le pressioni politiche esercitate dal Governo degli Stati Uniti per convincere gli Stati contraenti e i Paesi firmatari dello Statuto di Roma a concludere accordi bilaterali in materia di immunità, che permetterebbero ad alcuni cittadini di sottrarsi alla giurisdizione del Tribunale;
sono delusi dalla decisione del Governo rumeno di firmare un simile accordo e si rammaricano che il Consiglio e la Commissione non forniscano orientamenti politici chiari ai Paesi candidati e ai Paesi associati all'UE;
riaffermano con fermezza la necessità per gli Stati contraenti di cooperare pienamente con il Tribunale e di verificare affinché la sua efficacia non venga messa a rischio.
Inoltre, l'Assemblea chiede agli Stati membri di integrare lo Statuto di Roma nell'acquis comunitario e di non adottare accordi incompatibili con la qualità di Paese membro dell'Unione. La stessa richiesta è rivolta ai Paesi candidati e associati, i cui Parlamenti sono invitati - se necessario - a non ratificare gli accordi firmati dai loro Governi. Si tratta così di creare un blocco europeo per la creazione del TPI, ma anche di accrescerne il sostegno finanziario e di adottare un approccio comune per la nomina dei futuri magistrati, fermo restando il rafforzamento del dialogo politico con gli Stati Uniti;
i deputati europei ricordano, infine, agli Stati membri gli obblighi cui sono soggetti per quanto riguarda il divieto di pena di morte e il mandato d'arresto europeo.
Constatato che, il 30 settembre 2002, i Ministri degli esteri dei Paesi dell'Unione europea, hanno raggiunto un accordo in merito alla possibilità che i singoli Stati membri stipulino accordi bilaterali con gli Stati Uniti, indicando tre principi guida: 1) garanzia di non impunità. Anche i cittadini Usa, insomma, pena pesanti condanne, dovranno essere sottoposti alle regole del Tribunale internazionale. In caso di trasgressione di queste ultime però, non sarà la Corte dell'Aja a giudicarli, ma un tribunale americano, al quale gli Usa si impegnano a deferire cittadini e soldati americani che abbiano commesso reati rilevanti ai fini delle competenze della CPI; 2) che i cittadini europei in Usa non siano immuni dalla perseguibilità della Corte; 3) che le immunità riguardino solo gli americani che si trovano sul territorio di un Paese europeo nello svolgimento di una missione o un compito ufficiale per conto dell'Amministrazione statunitense.
impegna il Governo
ad agire, in pieno accordo con gli Stati membri dell'Unione europea, per il consolidamento del Tribunale penale internazionale:
a) verificando la possibilità di integrare lo Statuto di Roma nell'acquis comunitario;
b) impegnandosi a non adottare accordi incompatibili con la qualità di Paese membro dell'Unione;
c) accrescendo, se necessario, il sostegno finanziario al Tribunale penale internazionale (TPI).
d) verificando la possibilità di un approccio comune in sede europea per la nomina dei futuri magistrati del Tribunale penale internazionale.
Infine, a considerare, suo alto e preciso impegno morale, dopo aver ospitato l'Italia lo Statuto di Roma, continuare ad esserne, in modo lineare e trasparente, il garante primo della sua integrità, per l'affermazione della giustizia internazionale."

Il presidente relatore PROVERA esprime parere favorevole anche sul testo modificato di tale ordine del giorno.

Dopo che è stata verificata la presenza del prescritto numero di senatori, posti ai voti, sono respinti gli emendamenti 3a.6.Tab. 6.2 e 3a.6.Tab. 6.3, mentre è accolto l'emendamento 3a.6.Tab. 6.4.

Sono inoltre approvati i tre ordini del giorno, l'ultimo dei quali nel testo modificato dalla senatrice de Zulueta.

La Commissione conferisce al presidente relatore Provera il mandato a redigere un rapporto favorevole alla 5a Commissione permanente, con osservazioni di tenore corrispondente alle indicazioni desumibili dal dibattito.

La seduta termina alle ore 17.



EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 1827


Art. 6


6.1
DANIELI Franco, BUDIN, RIGONI, DE ZULUETA, MANZELLA, MANZIONE, TOIA, BONFIETTI, MARINI
Dopo il comma 6, aggiungere il seguente: "6-bis. Il Ministro dell'Economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, su proposta del Ministro degli affari esteri, variazioni compensative in termini di competenza e di cassa tra i capitoli allocati nelle unità previsionali di base 15.1.1.0 - 16.1.1.0 - 17.1.1.0 - 18.1.1.0 - 19.1.1.0 dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, anche mediante l'istituzione di un apposito capitolo con la finalità di razionalizzare le spese per il funzionamento dei Contributi Comites."

Conseguentemente, alla Tab. 6 nello stato di previsione del Ministero degli Affari esteri, alle U.P.B. sottoelencate, apportare le seguenti variazioni, per competenza e per cassa:

n. 15.1.1.0
+ 2.947.232

n. 16.1.1.0
+ 2.161.189

n. 17.1.1.0
+ 67.555

n. 18.1.1.0
+ 147.705

n. 19.1.1.0
+ 400.177".


Tabella 6


3a.6.Tab. 6.1
DANIELI Franco, BUDIN, RIGONI, DE ZULUETA, MANZELLA, MANZIONE, TOIA, BONFIETTI, MARINI

Nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, alle U.P.B. sottoelencate, apportare le seguenti variazioni per competenza e per cassa:

n. 11.1.1.0
+ 7.500.000

n. 11.1.1.0
+ 2.546.829

n. 16.1.1.0
+ 8.500.000

n. 17.1.1.0
+ 8.500.000

n. 18.1.1.0
+ 8.500.000

n. 19.1.1.0
+ 8.500.000

n. 2.1.1.0
+ 500.000

n. 11.1.1.0
+ 5.000.000

n. 10.1.1.0
+ 3.522.749

n. 11.1.1.0
+ 2.500.000

n. 11.1.1.0
+ 4.292.224

n. 11.1.1.0
+ 125.314

n. 11.1.1.0
+ 259.994

n. 6.1.1.0
+ 1.000.000

Conseguentemente, alla Tabella 2 (stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze) ridurre di pari importo l'UPB 6.1.1.1 per competenza e per cassa.

____________________


3a.6.Tab. 6.2
BUDIN, BONFIETTI, IOVENE, DE ZULUETA, MANZELLA, SALVI, DANIELI Franco

Alla tabella 6, Ministero degli affari esteri, apportare le seguenti variazioni:

UPB 6.1.1.1 (Uffici centrali)

CP: - 10.000.000;
CS: - 10.000.000;

UPB 9.1.2.2 (Paesi in via di sviluppo)

CP: + 10.000.000;
CS: + 10.000.000.
____________________


3a.6.Tab. 6.3
BUDIN, BONFIETTI, DE ZULUETA, MANZELLA, SALVI, DANIELI Franco

Alla tabella 6, Ministero degli affari esteri, apportare le seguenti variazioni:

UPB 6.1.1.1 (Uffici centrali)

CP: - 500;
CS: - 500;

UPB 10.1.1.1 (Organizzazione di manifestazioni artistiche e culturali)

CP: + 500;
CS: + 500.
____________________


3a.6.Tab. 6.4
PELLICINI
Alla tabella 6 dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri alle unità previsionali di base sottoelencate, apportare le seguenti variazioni:

6.1.1.1 - Affari amministrativi, bilancio e patrimonio - Spese correnti - Funzionamento - Uffici centrali:

CP: + 10.000.000
CS: + 10.000.000

11.1.2.2 - Italiani all'estero e politiche migratorie - Spese correnti - Interventi - Collettività italiana all'estero:

CP: - 10.000.000
CS: - 10.000.000
____________________
EMENDAMENTO AL DISEGNO DI LEGGE N. 1826


Tabella A


3a.Tab. A.1
BUDIN, BONFIETTI, DE ZULUETA, MANZELLA, SALVI, DANIELI Franco
Alla tabella A, voce Ministero degli affari esteri, apportare le seguenti modifiche:

2003: - 163;
2004: - 227;
2005: - 227.

Conseguentemente, alla tabella C, voce Ministero degli affari esteri - Legge n. 1612 del 1962: Riordino dell'Istituto agronomico per l'oltremare con sede in Firenze - art. 12: Mezzi finanziari per il finanziamento dell'istituto (9.1.2.2 - Paesi in via di sviluppo - Cap. 2201) apportare le seguenti variazioni:

2003: + 163;
2004: + 227;
2005: + 227.

SENATO DELLA REPUBBLICA
XIV LEGISLATURA

RESOCONTO STENOGRAFICO

BILANCIO DI PREVISIONE DELLO STATO PER L’ANNO FINANZIARIO 2003
E BILANCIO PLURIENNALE PER IL TRIENNIO 2003-2005
e relative NOTE DI VARIAZIONI (nn. 1827 e 1827-bis)

(Approvato dalla Camera dei deputati)

Stato di previsione del Ministero degli affari esteri
per l’anno finanziario 2003
(Tabelle 6 e 6-bis)

DISPOSIZIONI PER LA FORMAZIONE DEL BILANCIO ANNUALE E PLURIENNALE DELLO STATO (LEGGE FINANZIARIA 2003) (n. 1826)

(Approvato dalla Camera dei deputati)


IN SEDE CONSULTIVA

I N D I C E

N.B.: I testi di seduta sono ripartati in allegato al Resoconto stenografico.

L’asterisco indica che il testo del discorso è stato rivisto dall’oratore.

Sigle dei Gruppi parlamentari: Alleanza Nazionale: AN; Democratici di Sinistra-l’Ulivo: DS-U; Forza Italia: FI; Lega Padana: LP; Margherita-DL-l’Ulivo: Mar-DL-U; Per le Autonomie: Aut; Unione Democristiana e di Centro: UDC: CCD-CDU-DE; Verdi-l’Ulivo: Verdi-U; Misto: Misto; Misto-Comunisti italiani: Misto-Com; Misto-Lega per l’Autonomia lombarda: Misto-LAL; Misto-Libertà e giustizia per l’Ulivo: Misto-LGU; Misto-Movimento territorio lombardo: Misto-MTL; Misto-MSI-Fiamma Tricolore: Misto-MSI-Fiamma; Misto-Nuovo PSI: Misto-NPSI; Misto-Partito repubblicano italiano: Misto-PRI; Misto-Rifondazione Comunista: Misto-RC; Misto-Socialisti democratici italiani-SDI: Misto-SDI; Misto Udeur-Popolari per l’Europa: Misto-Udeur-PE.


MERCOLEDÌ 20 NOVEMBRE 2002(Pomeridiana)



(1827 e 1827-bis) Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2003 e bilancio pluriennale per il triennio 2003-2005 e relative Note di variazioni, approvato dalla Camera dei deputati
(Tabelle 6 e 6-bis) Stato di previsione del Ministero degli affari esteri per l’anno finanziario 2003
(1826) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003), approvato dalla Camera dei deputati
(Seguito e conclusione dell’esame congiunto. Rapporto favorevole, con osservazioni, alla 5ª Commissione permanente, ai sensi dell’articolo 126, comma 6, del regolamento)

Presidente: – Provera (LP), f.f. relatore sulle tabelle 6 e 6-bis e sulle parti ad esse relative del disegno di legge finanziaria Pag. 29, 33, 44 e passim
Andreotti (Aut) Pag. 38

Bonfietti (DS-U) 29, 46

Budin (DS-U) 30, 44, 45

Danieli (Mar-DL-U) 38

De Zulueta (DS-U) 45, 46

Mantica, sottosegretario di Stato per gli affari esteri 37, 38, 39 e passim

Pellicini (AN) 44

ALLEGATO (contiene i testi di seduta) 49

I testi contenuti nel presente fascicolo — che anticipa a uso interno l’edizione del Resoconto stenografico — non sono stati rivisti dagli oratori.


MERCOLEDÌ 20 NOVEMBRE 2002
(Pomeridiana)
Presidenza del presidente PROVERA

I lavori hanno inizio alle ore 15,15.
(1827 e 1827-bis) Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2003 e bilancio pluriennale per il triennio 2003-2005 e relative Note di variazioni, approvato dalla Camera dei deputati

(Tabelle 6 e 6-bis) Stato di previsione del Ministero degli affari esteri per l’anno finanziario 2003

(1826) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003), approvato dalla Camera dei deputati

(Seguito e conclusione dell’esame congiunto. Rapporto favorevole, con osservazioni, alla 5ª Commissione permanente, ai sensi dell’articolo 126, comma 6, del regolamento)


PRESIDENTE, f.f. relatore sulle tabelle 6 e 6-bis e sulle parti ad esse relative del disegno di legge finanziaria. L’ordine del giorno reca, per il rapporto alla 5ª Commissione, il seguito dell’esame congiunto, per quanto di competenza, dei disegni di legge nn.1827 e 1827-bis (Tabelle 6 e 6-bis) e del disegno di legge n.1826, già approvati dalla Camera dei deputati, sospeso nella seduta antimeridiana, nel corso della quale ha avuto inizio la discussione.

BONFIETTI (DS-U). Signor Presidente, poiché mi riconosco nell’analisi completa e puntuale svolta dal senatore Danieli, evito di entrare nel merito, come lui ha fatto, delle tante problematiche che questa previsione di bilancio comporta.
Vorrei solo fare alcune riflessioni, perché penso davvero che in questo momento, mai come oggi, la centralità del Ministero degli esteri sia, o quanto meno dovrebbe essere, da tutti considerata davvero importante, direi fondamentale, se è vero come è vero che la globalizzazione è un dato ineludibile in tutti i campi, dalle transazioni commerciali a quelle finanziarie, dal settore produttivo ai settori delle telecomunicazioni. Va quindi verificato come il sistema-paese si pone nei confronti di questo fenomeno così complesso e foriero di grandi cambiamenti.
A mio avviso, è compito del Ministero degli esteri comprendere, incanalare, indirizzare e coordinare globalmente la politica per la tutela degli interessi del nostro Paese all’estero. Invece, in questa proposta di bilancio quello che immediatamente si percepisce è la mancanza di una visione d’insieme, la mancanza di una riflessione, ad esempio (mi soffermo soltanto su alcune suggestioni), sul tipo di globalizzazione cui indirizzarsi. Credo, infatti, che optare per una globalizzazione senza regole, senza limiti, in assenza di progetti democraticamente definiti possa determinare conseguenze diverse in relazione agli interventi che poi il nostro Ministero degli esteri deve attuare.
In particolare, per quanto concerne la cooperazione allo sviluppo, non va sottaciuta la nostra incapacità di varare la riforma della legge n. 49 del 1987, da tutti sentita come una esigenza improcrastinabile. In questo momento vorrei tuttavia sottolineare la necessità di ripensare al ruolo che gli organismi internazionali hanno avuto o hanno nei Paesi in via di sviluppo e nei Paesi che hanno attraversato gravi crisi economiche negli ultimi anni. Voglio ricordare che questa esigenza ci è stata manifestata anche dai rappresentanti delle Organizzazioni non governative che abbiamo ascoltato la settimana scorsa; ritengo che dalla valutazione delle proposte di modifica e dal nostro rapporto con tali organismi potremmo trarre utili indicazioni sulle iniziative legislative da portare avanti in materia di cooperazione internazionale. Ci siamo sentiti dire anche, da queste persone sicuramente informate sui fatti perché lavorano da anni su queste tematiche, che occorre chiarire chi devono essere i destinatari degli aiuti, i motivi per cui si concedono e gli effetti che si prevede saranno prodotti dagli interventi. Invece, in questa proposta di bilancio abbiamo soltanto aumenti risicati, o comunque insufficienti, degli stanziamenti per la cooperazione internazionale e la riduzione delle cancellazioni del debito estero, con la scusa che la situazione sfavorevole della finanza pubblica impone di introdurre misure restrittive e di razionalizzazione della spesa della pubblica amministrazione. I documenti di bilancio sono di fatto completamente slegati, quindi, da qualsiasi valutazione degli effetti dei nostri interventi.
A mio avviso, risulta sottodimensionato anche l’incremento degli stanziamenti per la cooperazione economico-finanziaria multilaterale, adottato comunque in assenza di un progetto e, quindi, basando le decisioni soltanto sulle compatibilità contabili.
È inutile ricordare poi che gli stanziamenti di bilancio destinati al Ministero degli esteri rimangono in termini assoluti i più bassi rispetto a quelli degli altri partner europei (eccetto la Spagna, che ha disponibilità forse minori delle nostre) e che l’incidenza percentuale sul totale della spesa dello Stato colloca l’Italia agli ultimi posti tra i Paesi dell’Unione europea. Credo che sia una scelta sbagliata che inciderà sicuramente sulla nostra posizione e sull’importanza del nostro Paese nel consesso europeo.
Per tutte le ragioni sin qui esposte, il giudizio della mia parte politica sulla manovra di bilancio non può che essere negativo.

BUDIN (DS-U). Signor Presidente, svolgerò anch’io alcune brevi considerazioni, senza soffermarmi sulle questioni che hanno già affrontato in dettaglio e con puntualità sia il collega Danieli che la collega de Zulueta.
Le mie considerazioni si riferiscono in generale alla politica estera del nostro Paese. Credo che, dopo quasi un anno di interim del Ministero, in occasione della discussione della finanziaria e del bilancio sia giusto fare il punto sul peso del ruolo del nostro Paese in ambito internazionale, per verificare se esso sia o meno aumentato rispetto al passato e quali siano gli orientamenti politici. Ritengo sia opportuno porsi simili domande e non so se possa considerarsi esauriente la risposta che individua in un nuovo stile di condurre la politica internazionale la novità che attribuisce al nostro Paese un peso che corrisponde al suo ruolo e alla sua tradizione. Non credo sia così. Non credo sia sufficiente fare riferimento allo stile confidenziale e amichevole dei rapporti intrattenuti con i leader di altri grandi Paesi e neanche al fatto che si firmino nel nostro Paese certi trattati internazionali. Sono fatti indubbiamente molto importanti, che danno prestigio e contribuiscono certamente a rafforzare l’immagine e il peso del nostro Paese, ma non penso che possiamo esaurire in questi atti la nostra politica internazionale. considerata l’esigenza di far convivere la collocazione multilaterale di ogni singolo Paese e i suoi interessi, mi chiedo quale sia il concreto contributo del nostro Paese al rafforzamento dell’Unione europea e dei suoi strumenti di politica estera. È sufficiente attivarsi per far sì che la firma della Convenzione avvenga durante il semestre di Presidenza italiana dell’Unione europea o non è invece opportuno compiere altri sforzi e offrire altri contributi? Quali sono gli orientamenti che ispirano la nostra partecipazione all’Unione europea? È vero che il Governo non intende includere la Carta dei diritti fondamentali nella nuova Costituzione europea? Se così fosse, bisogna affermarlo con chiarezza e discuterne. Qual è l’orientamento del nostro Governo sui rapporti tra l’Unione europea e la NATO? È un tema attualissimo, non perché oggi sia iniziato il vertice della NATO a Praga, ma per gli argomenti sul tappeto, che sono quelli dell’ampliamento, del nuovo ruolo della NATO e dei suoi nuovi compiti nel mondo, non solo di pronto intervento, ma anche di ricostruzione e mantenimento della pace. Ad esempio, sembra che all’interno della NATO si vada ad istituire un nuovo corpo di 21.000 uomini per il pronto intervento nelle zone critiche del mondo; che rapporto hanno tutti questi argomenti con l’Unione europea? Che rapporto hanno questi 21.000 uomini della NATO con i 60.000 del corpo che l’Unione europea sta apprestando? Credo che questi temi siano altrettanto importanti, se non più importanti, del fatto che la firma dell’accordo per l’allargamento del Consiglio atlantico alla Russia abbia avuto luogo a Pratica di Mare, in territorio italiano. Tutti questi aspetti, forse a causa dell’interim della duplicazione degli incarichi del Presidente del Consiglio, non sono stati discussi e chiariti ed è ormai evidente la necessità che essi siano finalmente adeguatamente approfonditi.
Un altro aspetto della politica di sicurezza e di difesa riguarda il nostro ruolo nei Balcani. Secondo la stampa internazionale, i nostri militari hanno fatto nel Kosovo un ottimo lavoro, più precipuamente sul lato della sicurezza di polizia, ma anche nel campo civile e della promozione della cultura interetnica. Recentemente è stata decisa la fusione della brigata italiana con quella tedesca, mentre i francesi e i britannici, dislocati in altre zone del Kosovo, questa eventualità non l’hanno neanche presa in considerazione, perché utilizzano la loro presenza di peace keeping militare anche per altri scopi. Mi chiedo allora quali siano le decisioni politiche che hanno portato alla fusione delle due brigate. Di recente, come osservatore delle elezioni per conto del Consiglio d’Europa, ho avuto occasione di visitare i paesi della ex Jugoslavia e di constatare che gli stessi militari italiani si chiedono per quali motivi il nostro Governo non decida di aggregare alle basi militari addetti alla promozione degli investimenti in quella regione. Addirittura, l’ufficiale con cui ho parlato proponeva di organizzare degli stage per neolaureati, come avviene nelle brigate tedesche, dove i militari sono stati affiancati da addetti al settore economico. Ho citato questo esempio perché credo che di tali argomenti si debba discutere più ampiamente in questa sede. Ricordo, incidentalmente, che del tanto decantato piano Marshall per il Medio Oriente proposto dal presidente del Consiglio Berlusconi non si ha più alcuna notizia; so perfettamente che in quella zona la situazione è difficilissima, tanto che non sappiamo neanche se potranno svolgersi le elezioni, ma a cosa è approdata la proposta italiana per il Medio Oriente all’interno dell’Unione europea?
Per ciò che attiene alla cooperazione allo sviluppo, l’anno scorso eravamo al penultimo posto tra i paesi donatori sulla base della percentuale di prodotto interno lordo destinata a tale scopo. Non so quale sia l’attuale collocazione del nostro Paese, ma, come hanno già sostenuto altri colleghi, credo che il Governo dovrebbe dimostrare in questo campo un diverso impegno.
Si è parlato molto di riforma del Ministero degli affari esteri. Ricordo, per inciso, che anche la discussione del Documento di programmazione economico-finanziaria si è svolta all’insegna di enfatici annunci di tale riforma. Ebbene, degli ambiziosi progetti del presidente Berlusconi al riguardo non abbiamo più notizia. Ugualmente non abbiamo avuto risposte su quale sia il ruolo del nostro corpo diplomatico nel mondo, sul ruolo delle nostre ambasciate e delle nostre rappresentanze. Rispetto alla proclamata esigenza di renderle più rispondenti alla necessità di promozione economica e commerciale dell’Italia nel mondo, è stata assunta qualche iniziativa concreta? Ricordo che l’ex ministro Ruggiero in questa Commissione rimarcò l’esigenza di procedere, nell’ambito della riforma, all’attivazione di corsi di formazione e di aggiornamento professionale, nonchè di specializzazione linguistica per i funzionari del Ministero degli esteri. Non sappiamo se questa proposta sia stata tradotta in una concreta iniziativa, così come non conosciamo gli esiti degli studi a suo tempo affidati dal Presidente del Consiglio ad alcune società di consulenza straniere. A questo proposito vorrei raccontare un aneddoto. Diversi anni fa, nel corso di un congresso di un partito in uno dei Paesi dei Balcani, ebbi occasione di incontrare il rappresentante della SPD tedesca e gli chiesi quali cariche ricoprisse nel partito. Mi rispose che non faceva parte in senso stretto del partito e che dirigeva l’ufficio della fondazione Schumacher (una fondazione parallela all’SPD) con sede a Budapest, il cui scopo era quello di studiare la situazione dei Paesi della regione dei Balcani. Racconto tale episodio per dire che, quando parliamo di riforma, di politica estera, di necessità di rafforzare il ruolo e la presenza economica e commerciale dell’Italia nel mondo, forse dovremmo fare tesoro, oltre che della nostra esperienza, anche delle esperienze maturate in altri Paesi.
Ho ritenuto di dover esprimere queste considerazioni di carattere generale per ribattere la tesi, sostenuta da molti, secondo cui la capacità di condurre le relazioni internazionali trova una base sicura nel nuovo stile e nei rapporti molto amichevoli che il Presidente del Consiglio intrattiene con i leader dei maggiori Paesi, il che, a mio parere, non è invece sufficiente.

PRESIDENTE, f.f. relatore sulle tabelle 6 e 6-bis e sulle parti ad esse relative del disegno di legge finanziaria. Dichiaro chiusa la discussione.
Chiedo subito scusa ai colleghi perché probabilmente il mio intervento non sarà molto organico, in quanto dovrò intrecciare le mie considerazioni personali, come membro di questa Commissione, alle risposte che, in qualità di relatore pro tempore, devo fornire ai colleghi intervenuti nella discussione.
Sono state svolte considerazioni molto interessanti e sono stati approfonditi diversi temi. Alcune riflessioni, soprattutto quelle del senatore Andreotti, involgono più ampi profili, quali l’evoluzione dei rapporti tra Governo e Parlamento in materia di politica estera, ma non solo. Altri colleghi, invece, hanno sottolineato lo stato di incompiutezza del processo di trasformazione del Ministero degli esteri al fine di rinnovarne la struttura per renderla più confacente alla nuova politica estera.
È stato fatto riferimento, in entrambi i casi, all’insufficiente presenza o all’insufficiente opera del Ministro degli esteri nonché Presidente del Consiglio, onorevole Berlusconi. È evidente che il duplice incarico ha di fatto impedito al Presidente del Consiglio di svolgere compiutamente – come penso avrebbe desiderato – i suoi interventi nei due ambiti di competenza. Ricordo che, per cercare di ovviare in parte agli inconvenienti derivanti dalla gestione ad interim del Ministero, noi suggerimmo la possibilità di incontri in sede di Commissioni congiunte affari esteri di Camera e Senato, ma evidentemente i limiti umani valgono per tutti. Auspichiamo, a questo proposito, che il nuovo Ministro degli esteri infine nominato – al quale rivolgo un cordiale augurio, assicurandogli la nostra più completa disponibilità a collaborare – assicuri una presenza più continua ai lavori della Commissione.
Per quanto riguarda la riforma o comunque il processo di trasformazione del Ministero degli esteri, è evidente che i nuovi compiti prefigurati per gli ambasciatori – tra gli altri, quello di curare la promozione del sistema Paese e del commercio estero – implicano necessariamente profondi cambiamenti, a cominciare dal profilo normativo. Attribuire nuovi compiti significa necessariamente attribuire delle deleghe; queste deleghe implicano la possibilità di gestire risorse, di gestire un organico nuovo, insomma di avere quella flessibilità di azione che attualmente il nostro corpo diplomatico non ha.
La senatrice de Zulueta, con una battuta, ha definito «conti della spesa» alcune cifre riportate nello stato di previsione del Ministero degli esteri. Il senatore Danieli ha preso in esame la disposizione dell’articolo 59 del disegno di legge finanziaria, recante modifiche alla legge n. 209 del 2000 e ha detto, se non ricordo male: «Se salta la soglia che era indicata in quella legge, salta il traguardo». Credo di non dover ribadire la mia assoluta convinzione della necessità di interventi più generosi sia nel settore della cancellazione del debito sia in quello della cooperazione; tuttavia ritengo che il permanere della soglia indicata nella legge n. 209, se intesa in senso temporale, di fatto potrebbe rendere irrealizzabili le finalità stesse di tale legge. Mi spiego meglio. Non per volontà del Governo, né di altri, la cancellazione del debito è condizionata da una scansione temporale ineludibile di adempimenti in sede internazionale e bilaterale; in altre parole, completare la cancellazione del debito per 12.000 miliardi entro il triennio fissato dalla legge su citata è molto difficile se non impossibile in quanto alcuni Paesi beneficiari non sono in grado entro questo lasso temporale di ultimare gli adempimenti previsti (ad esempio, con riferimento ai programmi di riduzione della povertà). Quindi, ritengo che con atteggiamento positivo si possa cogliere la cancellazione del limite temporale come una possibilità. Se, invece, il senatore Danieli ha inteso riferirsi alla soglia intesa in senso quantitativo, e non temporale, devo ricordare che il Governo ha più volte ribadito l’impegno a realizzare comunque la cancellazione per il prescritto ammontare di 12.000 miliardi. A questo riguardo, credo che da parte nostra si debba insistere, attraverso ordini del giorno e altri strumenti, sia per ottenere una formale assicurazione che questa volontà sia perseguita, sia per una costante verifica delle effettive cancellazioni. Penso comunque che nessuno abbia intenzione di tornare indietro rispetto agli impegni assunti in passato. Peraltro, l’eliminazione di un tetto per la cancellazione potrebbe costituire anche un’opportunità, nel senso che così non sarebbero precluse cancellazioni ulteriori, rispetto a quelle verso il novero dei Paesi cosiddetti IDA only «fotografati» da quella legge con la previsione del relativo importo. Il venir meno della soglia di spesa ha fatto sì che il Ministero dell’economia richiedesse l’inserimento di una clausola di salvaguardia, relativa alla conformità con le esigenze di finanza pubblica. Voglio credere che questa disposizione risponda solo ad esigenze di realismo e non costituisca un alibi per non fare, e che nell’eventualità di risorse più abbondanti il Governo e i responsabili del settore vogliano realizzare interventi più ampi di quanto non sia stato promesso. Non credo che questo provvedimento miri a consegnare la politica della cancellazione del debito estero nelle mani del Tesoro; occorre tuttavia vigilare affinché ciò non accada, in quanto non sarebbe un fatto positivo. Ricordo, inoltre, che sull’attuazione della legge n. 209 sinora intervenuta il Governo è tenuto a riferire in Parlamento e che a tal fine ha presentato una relazione sulle misure adottate per la riduzione del debito estero dei Paesi più poveri, che pochi giorni fa è stata assegnata all’esame della nostra Commissione. Il vaglio di tale relazione potrà costituire un’occasione per riesaminare la «filosofia» ispiratrice della legge n. 209 e la conformità degli strumenti applicativi.
Ancora, da più parti sono state sollevate obiezioni in merito al comma 2 dell’articolo 59 della legge finanziaria, circa la destinazione di una quota (sino al 20 per cento) del Fondo rotativo presso il Mediocredito alle imprese e non alla cooperazione. Su questo tema credo sia assolutamente opportuna una riflessione, in quanto la destinazione era prevista limitatamente al triennio 1999-2001 ed espressamente per la cooperazione a dono, per interventi per il patrimonio culturale dei Paesi in via di sviluppo, il sostegno agli investimenti realizzati in quei Paesi da piccole e medie imprese (tanto mitizzate, ma tanto benefiche), per contributi ad iniziative di riduzione o cancellazione del debito. Il disegno di legge finanziaria orienta invece queste risorse non verso la cooperazione allo sviluppo in quanto tale, ma verso le imprese che investono nei Paesi in via di sviluppo o in via di transizione. Vorrei capire meglio il significato di questa disposizione, che sembra ricomprendere tra i destinatari dei finanziamenti anche le grandi imprese; peraltro, il riferimento all’internazionalizzazione in essa contenuto potrebbe consentire, ad esempio, un intervento dell’ENI per la costruzione di un oleodotto, un investimento che non credo potrebbe avere una grande ricaduta in termini di sviluppo del Paese povero interessato.
Vi è poi il tema degli italiani all’estero. Ritengo anch’io che si debba dedicare maggiore attenzione alla situazione dei connazionali in Argentina, dove una delegazione della Commissione si è recata ai primi di luglio ed ha effettuato un sopralluogo molto approfondito, nel corso del quale sono state ascoltate tutte le parti sociali, i nostri immigrati e gli imprenditori locali. Ritengo che più che ad interventi tampone, peraltro doverosi nell’emergenza, si debba ricorrere ad interventi in grado di innescare un processo di ripresa dello sviluppo economico e sociale che favorisca gli investimenti dall’estero; eventualmente, in seconda istanza, si potrebbe pensare ad incentivare il rientro degli emigrati nei paesi di origine ed in particolare in Italia. Non credo che sia molto generoso sostenere il rientro di certe fasce di emigrati, in particolare dei giovani, tecnicamente preparati e di cultura più elevata, in quanto la loro fuoriuscita impoverirebbe l’Argentina privandola delle forze più qualificate, indispensabili per lo sviluppo di qualsiasi paese. Pertanto, la nostra azione dovrebbe consentire all’Argentina di ritrovare le forze per aiutare se stessa, senza privarsi dei giovani, che rappresentano il futuro del Paese.
La senatrice de Zulueta e il senatore Budin hanno richiamato il tema della Carta dei diritti rispetto alla futura Costituzione europea. Ciò vuol dire che le Commissioni riunite esteri e affari europei non stanno lavorando bene, in quanto l’indagine conoscitiva che stanno conducendo non è riuscita nel suo scopo. Credo sia quella la sede nella quale dovremo far valere l’esigenza di approfondimento che la senatrice de Zulueta ha ricordato e che io condivido totalmente; personalmente auspico che sul tema della Carta dei diritti sia svolto un esame serio, non connotato da coloriture idealistiche ma attento agli aspetti propriamente giuridici. Ricordo che non pochi costituzionalisti italiani ritengono che la Carta dei diritti non sia, in termini di garanzie individuali, sempre più avanzata rispetto alla Costituzione italiana e che in qualche caso segni addirittura un arretramento. Essendo la futura Costituzione europea un elemento fondamentale che coinvolge ciascuno di noi, credo si debba procedere ad un attento riesame, al fine di prendere il meglio della Carta e migliorarla nelle parti più carenti.
Passo ora al tema della promozione della cultura italiana e della riforma degli istituti di cultura all’estero. Tale importante riforma è in corso di discussione presso la Camera dei deputati e devo rilevare come al riguardo non si possa prescindere dal tema delle risorse, a meno che non si intenda limitarsi ad una petizione di principio.
La senatrice de Zulueta ha segnalato alcune carenze della Direzione per la cooperazione sotto il profilo della capacità gestionale. Al riguardo vorrei segnalare che l’aumento dello stanziamento previsto, pur non essendo certamente quello che tutti noi avremmo voluto, rappresenta comunque un passo avanti; nella passata legislatura abbiamo tutti deprecato, a prescindere dalle diverse posizioni politiche, la bassa percentuale di risorse destinata agli interventi di cooperazione. Con questo bilancio si compie – ripeto – un piccolo passo in avanti, certamente non sufficiente se commisurato alle promesse e alle necessità dei Paesi del Terzo mondo. Ciò premesso, l’incremento dello stanziamento non servirà a nulla se la struttura non sarà capace di impiegare proficuamente e con efficacia le risorse a disposizione; l’attuale struttura della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo è assolutamente inadeguata rispetto sia ad un’efficiente capacità di impiego delle risorse sia ai controlli sulla loro effettiva utilizzazione, come è stato rilevato sia dalla relatrice al disegno di legge in discussione alla Camera, sia dal sottosegretario Boniver, secondo la quale il fatto che il 77 per cento delle risorse sia destinato al canale multilaterale o multibilaterale è il risultato di una struttura burocratica farraginosa e lenta, limitata negli strumenti, nell’organico e nella capacità di decidere. Quindi, aumentare le risorse è soltanto un passo; occorre anche una ampia riforma della struttura, approntando una nuova legge sulla cooperazione che consenta di ottenere il risultato che vogliamo raggiungere.
In questa Commissione condividiamo tutti l’opportunità che la riforma della legge sulla cooperazione venga discussa e approvata al più presto, e questa è anche, se ho ben capito, l’opinione del Governo. Bisogna però che dalle parole si arrivi ai fatti concreti.
Riguardo alla cancellazione del debito, sono anch’io convinto di quanto hanno affermato alcuni colleghi, cioè che si debba distinguere la politica di cooperazione e di aiuto allo sviluppo dalla cancellazione del debito. Sono due elementi che possono andare in parallelo, ma che presentano fra loro solo un’attinenza relativa. Cancellare il debito non significa indurre lo sviluppo: bisogna accompagnare la cancellazione con la formulazione di una politica di sviluppo sostenuta da risorse adeguate, in modo da innescare quel processo socio-economico che tutti auspichiamo.

MANTICA, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, esprimo anzitutto apprezzamento per la ricchezza di spunti di riflessione emersi dal dibattito.
Vorrei far osservare ai colleghi – e mi dispiace che ciò non sia emerso – che il relativo ottimismo indotto dall’aumento delle risorse disponibili per il Ministero degli affari esteri dovrebbe piuttosto lasciare il posto ad un pessimismo critico, in quanto bisogna considerare che gran parte dei fondi (quasi 80 miliardi di vecchie lire sul totale) sono destinati ad essere assorbiti dai compiti inerenti all’assunzione della Presidenza di turno dell’Unione europea da parte dell’Italia nel secondo semestre del prossimo anno. Ripeto, l’impegno principale del Ministero degli esteri per il 2003 è la gestione del semestre di Presidenza dell’Unione europea, un fatto politico che comporta numerosi oneri per l’organizzazione di una serie di eventi che sono a carico della Presidenza di turno; di conseguenza, il giudizio sul bilancio di previsione va dato tenendo conto di questo fatto. Sul merito, come diceva il senatore Budin, si può discutere a lungo, ma credo che sia obiettivo di qualunque Governo a cui spetti la Presidenza di turno fare in modo che gli eventi più importanti avvengano proprio in quel periodo. La prospettiva di far coincidere la firma del nuovo Trattato dell’Unione, al termine della Convenzione europea, con il periodo di Presidenza italiana ha una valenza molto ampia. Ricordo, se non altro, la valenza simbolica che ciò verrebbe ad assumere a conclusione di un percorso iniziato proprio a Roma con la sottoscrizione del Trattato istitutivo della Comunità economica europea.
Detto questo, che mi auguro contribuisca all’espressione di una valutazione complessiva del bilancio più rispondente al vero, vorrei rispondere a una serie di osservazioni espresse fatte in merito alla riforma del Ministero degli affari esteri, su cui credo occorra fare alcune precisazioni. Non sta certo a me difendere in questa sede il Ministro degli esteri ad interim. Voglio solo ricordare alcuni passaggi che si legano alla riforma del 1º gennaio 2000 (e quindi alla riforma definita comunemente «riforma Vattani»).
Il fatto nuovo su cui vorrei richiamare l’attenzione dei colleghi è che dall’inizio di questa legislatura, come peraltro sarebbe potuto accadere nel 1996, abbiamo un Presidente del Consiglio che non è stato eletto direttamente dal popolo, anche se indirettamente è espressione del sistema elettorale. In questo modo ci siamo allineati, credo, ad un modello secondo cui sono i Capi di Governo che delineano le strategie di politica estera. I modelli inglese, francese e statunitense sono accomunati dal fatto che sostanzialmente i grandi indirizzi di politica estera sono affidati al Presidente del Consiglio, mentre il Ministro degli esteri è il gestore di una macchina che persegue gli obiettivi delineati dal Capo dell’Esecutivo. A questo riguardo, voglio ricordare, ad esempio, che per la seconda volta consecutiva in Francia l’incarico di Ministro degli esteri è ricoperto dall’ex segretario generale della medesima amministrazione. Questo per dire che una prima riforma, anche se solo virtuale e non sostanziata in atti istituzionali, è tuttavia insita nella vicenda politica che stiamo vivendo. Proprio oggi c’è stato il passaggio delle consegne tra il Ministro degli esteri ad interim e il nuovo ministro degli esteri Frattini e il principio appena espresso è stato ribadito sia dal Presidente del Consiglio nella sua veste di Ministro degli esteri uscente sia dal Ministro degli esteri entrante. Ciò implica una serie di questioni non facili da definire, ma che in parte si legano alla riforma che era stata ipotizzata. Secondo l’impostazione riformatrice prescelta, tutte le strutture diplomatiche, in tutti i territori in cui sono presenti, sono istituzionalmente chiamate a rappresentare il sistema Italia nella sua complessità politica, diplomatica, culturale, economica e sociale. Ciò significa, fra l’altro, dare maggiore importanza al ruolo degli ambasciatori. Non stiamo inventando nulla di nuovo; chi conosce la macchina della diplomazia sa che in gran parte questo già si verifica, anche se spesso grazie solo a rapporti personali e non in virtù di rapporti istituzionali. Comunque, normalmente l’ambasciatore svolge questo ruolo e oggi è invitato a svolgerlo ancora di più. Ciò comporta, tra l’altro, il rafforzamento delle Direzioni generali a carattere geografico, del resto già indicato dalla riforma del 1999. Posso solo lamentare – ma la gestione è stata divisa, per periodi di pari durata, fra centro-sinistra e centro-destra – che questa riforma in realtà è molto disegnata sulla carta, mentre ancora non sono state attuate quelle modifiche sostanziali della struttura dell’Amministrazione, secondo cui le Direzioni generali a carattere geografico sono destinate a diventare strutture centrali del Ministero, mentre le Direzioni generali tematiche sono destinate a svolgere un ruolo di servizio. Questo è obiettivamente un momento di difficoltà e certamente l’interim non ha accelerato il processo di riforma.
Per ciò che attiene un’osservazione del presidente Andreotti, che mi sembra molto importante, circa incarichi consulenziali conferiti in vista della riforma del Ministero, vorrei precisare che mai il Ministro degli esteri ha dato incarico ad alcuna società di consulenza estera di definire progetti di riforma dell’Amministrazione.

DANIELI (Mar-DL-U). Questa è un’idea sua.

ANDREOTTI (Aut). Berlusconi ha parlato di questi incarichi.

MANTICA, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Vorrei che fosse chiaro che nel bilancio dello Stato non vi è alcuna voce di spesa per «incarichi di consulenza alla società A, o B, o C».

ANDREOTTI (Aut). Sorvolerei su questo. Questa voce di spesa non risulta nel bilancio perché il Presidente del Consiglio disse che queste consulenze non sarebbero costate niente.

MANTICA, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Preciso che il Presidente del Consiglio ha affidato a due società di consulenza straniere, mentre si era in fase di elaborazione dei programmi di governo della Casa delle libertà (si tratta, quindi, di un rapporto stretto e diretto tra il Presidente e queste società), unicamente il compito di effettuare uno studio comparativo delle strutture dei Ministeri degli esteri nell’ambito dei Paesi del G8, al fine di disporre, ove necessario, di un modello di riferimento. La senatrice de Zulueta ha citato il modello canadese, altri hanno proposto alla nostra attenzione il modello inglese, che è esattamente il contrario di quello canadese. Tuttavia, al di là del dibattito sui modelli di riferimento cui ispirare un progetto di riforma del Ministero degli esteri non si è mai andati. Certo è che una riforma che realizzi una migliore sinergia tra le strutture diplomatiche e quelle dedite alla internazionalizzazione delle imprese italiane è una necessità condivisa da tutte le parti politiche.
Prendo atto con sorpresa della proposta del senatore Budin di affiancare alle truppe italiane all’estero dei consulenti commerciali. Al riguardo sarei molto più prudente, perché credo possa essere motivo di orgoglio per l’Italia effettuare operazioni di peace keeping senza il fine recondito di aggiudicarsi appalti. In ogni caso, essendo condivisa la necessità della riforma, mi rammarico che il decreto legislativo n. 300 del 1999, approvato dalla maggioranza di centrosinistra, non abbia previsto l’accorpamento dell’Amministrazione per il commercio con l’estero all’interno del Ministero degli affari esteri, per inserire invece tale apparato amministrativo nel Ministero delle attività produttive. In questo modo si è resa più difficile la soluzione auspicata. Sapete infatti meglio di me che la scelta operata non ha solo ricadute di carattere organizzativo, bensì implica complesse modificazioni del bilancio dello Stato. Il Governo non mancherà comunque di promuovere un intervento di razionalizzazione volto ad accorpare l’Amministrazione del commercio con l’estero nel Ministero degli affari esteri, che non si è potuto realizzare nel corso dell’interim da poco concluso. In ogni caso, siamo convinti che anche prima del varo della riforma si possano attivare meccanismi per realizzare, almeno parzialmente, gli obiettivi di promozione delle imprese italiane all’estero.
Circa la riforma degli istituti italiani di cultura all’estero – mi dispiace che non sia presente in questo momento il senatore Servello – vorrei fosse chiaro, quando si parla del sostegno alla diffusione della lingua italiana a proposito del liceo di Asmara, che in questa scuola su 800 allievi solo cinque sono di lingua italiana, tutti gli altri sono nati in Eritrea e sono figli di eritrei; inoltre, la comunità italiana ad Asmara conta circa 900 persone. Cito questo dato perché è chiarissimo. Se gli istituti di cultura devono continuare ad insegnare la lingua italiana ai figli degli emigranti è un conto, ma se devono diffondere la lingua e la cultura italiana nel mondo è un altro discorso, su cui bisogna avere idee chiare, perché altrimenti la riforma che il sottosegretario Baccini ha proposto, che tende a configurare la diffusione della cultura italiana nel mondo come il compito principale degli istituti di cultura, diventa un elemento di poco valore. La riforma sarà prontamente portata alla discussione, con l’obiettivo di spostare le energie e le poche risorse a disposizione su questo aspetto. Vorrei segnalare che il Ministero della francofonia francese non solo diffonde la cultura francese nel mondo, ma difende anche la lingua francese in Francia, disponendo di un budget pari a quello del Ministero degli esteri italiano, il che evidenzia come gli investimenti in cultura possano avere anche un ritorno dal punto di vista economico. Allo stesso modo, non si può chiedere di rafforzare la rete consolare italiana senza prendere atto che questa rete è stata modellata in base alle esigenze di un periodo – mi riferisco agli anni ’50 – nel quale l’Italia presentava forti flussi di emigrazione, per cui molte sedi sono ormai obsolete. È il caso, per esempio, del consolato italiano a Lugano, che negli anni ’50 aveva un profondo significato di tutela dei lavoratori frontalieri, che oggi è venuto meno. Pertanto, la rete consolare non va potenziata aumentando il numero dei consolati, ma dislocandoli tenendo conto dei mutati flussi migratori, affinchè possano realmente fornire un servizio ai cittadini italiani nel mondo. Ad esempio, per rendere possibile che i bambini vittime della catastrofe di Chernobyl vengano in Italia, l’ambasciata italiana in Bielorussia rilascia 35.000 visti l’anno; dobbiamo quindi decidere, se vogliamo che i bambini di Chernobyl possano venire in Italia, se potenziare l’ambasciata di Minsk, oppure se mantenere il consolato a Lugano. Bisogna prendere atto che il mondo si è evoluto anche grazie a noi: i rapporti con le ex Repubbliche sovietiche sono stati particolarmente rafforzati in questo periodo; per esperienza posso dire che gran parte delle badanti e delle collaboratrici domestiche che lavorano in Italia vengono da quei Paesi, dove però non abbiamo le strutture per far fronte alle nuove richieste. È un problema su cui il Ministero degli esteri sta lavorando, che non si può risolvere in breve tempo, ma del quale vorrei che il Parlamento fosse consapevole.
Rispondendo alla senatrice de Zulueta, a nome del ministro Frattini informo la Commissione che nella settimana tra il 4 e il 9 dicembre il Ministro vorrebbe essere audito dal Parlamento, anche per rispondere della gestione del periodo precedente. Proprio oggi ho parlato col Ministro dei temi sollevati in questa Commissione, dal Tribunale penale internazionale alla Convenzione europea, dalla Carta dei diritti, alle modifiche del Trattato NATO, tutti temi su cui egli vorrebbe una verifica con il Parlamento (e credo che questa sia in parte una risposta alle osservazioni formulate), perché a partire dal 9 dicembre prossimo si svolgerà una serie di incontri a livello di Consiglio di affari generali.
Sulla cooperazione, argomento su cui ho la delega per la riforma, sono assolutamente d’accordo con quanto ha detto il presidente Provera e ribadisco che il Governo è impegnato a presentare una riforma della cooperazione, quella che chiamo la grande riforma. Credo sia doveroso impegnarsi anche per una maggiore efficacia delle attività in corso, ma vorrei che anche in questo caso il Parlamento si confrontasse con i dati reali. È vero che abbiamo ridotto di molto i rapporti bilaterali e che spesso ricorriamo ai rapporti multilaterali; però vorrei si sapesse che ciò è conseguenza anche dei vincoli imposti dal rispetto della cosiddetta «legge Merloni-quater». Pertanto, la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo è bloccata dalle pratiche accumulate negli ultimi 2-3 anni. Probabilmente, grazie ad una interpretazione autentica ancora da verificare presso i competenti organi di controllo, potremo riaprire e rendere più agevole l’utilizzo del canale bilaterale e quindi riequilibrare, come giustamente chiede il Parlamento, il rapporto tra multilaterale e bilaterale. Peraltro, dando ragione al presidente Provera, devo dire che il canale multilaterale è mal gestito e che è necessario che il Ministro assuma le responsabilità di indirizzo e di controllo che ad esso competono, non potendosi limitare a firmare assegni in bianco alle varie agenzie, perché questo non risponde ai criteri con cui questo Governo vuole affrontare la cooperazione multilaterale. Sulla grande riforma complessiva della cooperazione vorrei che si aprisse anche un dibattito approfondito (domani parteciperò ad un’audizione sulla NEPAD), in quanto la cooperazione è cambiata e sta ancora cambiando.
Devo osservare – la mia è un’osservazione che non è né di destra né di sinistra – che, nonostante negli ultimi vent’anni il mondo occidentale abbia erogato miliardi di dollari a favore del continente africano, si è assistito ad un peggioramento quasi generalizzato di tutti gli indicatori dello sviluppo sociale, economico e sanitario. In Africa la durata della vita media è diminuita in questi vent’anni e le percentuali di malattia sono aumentate, così come è aumentato il livello di povertà. Si tratta allora di chiedersi per quale motivo gli aiuti erogati dal mondo occidentale non hanno portato ai risultati sperati. Per contro, devo osservare che gli stessi meccanismi di aiuto hanno dato risultati certamente incoraggianti in Asia. Allora viene in mente che i metodi di aiuto adottati nei Paesi in via di sviluppo non possono essere uguali per tutti; forse occorre procedere con una maggiore attenzione. Personalmente credo che non esista il problema del continente africano, perché esistono molte Afriche: esistono delle Afriche disperate, come purtroppo sono le nostre ex colonie del Corno d’Africa, ed esistono delle Afriche ricche, dalla Guinea equatoriale, che è ricca di petrolio, a Sao Tomè e Principe, che è seduto su un bacino di gas naturale, alla Nigeria o all’Angola. Che poi questi Paesi usino male i loro soldi è un altro argomento, su cui vorrei che questa Commissione si impegnasse. Infatti, è vero che facciamo emergenza umanitaria in Angola e la faremo sempre, tuttavia, fino a quando non conosceremo il bilancio ufficiale dello Stato angolano, che comprende anche le royalty del petrolio e dei diamanti, sarà difficile stabilire ciò che serve al Governo e al popolo angolano e ciò che è indirizzato in altra maniera.
Ho parlato di novità e di cambiamento. Il Governo ha dichiarato in più sedi ufficiali e conferma in questa sede che nel campo della cooperazione, almeno nei confronti dell’Africa, occorre ripartire dalla dichiarazione che, nel contesto dell’iniziativa dell’Unione africana denominata NEPAD, i leader del Sudafrica, del Senegal, della Nigeria, dell’Algeria e dell’Egitto hanno sottoscritto. È una dichiarazione politica che trasforma la cooperazione e le fa assumere un nuovo ruolo, evidenziando il nesso fra pace ed efficacia dei programmi di cooperazione. I Capi di Stato dei cinque paesi citati scrivono che hanno bisogno degli investimenti e del denaro del mondo occidentale, ma si rendono conto che, se non procederanno sulla strada della pace, del rispetto dei diritti umani e civili, della good governance e della democrazia, gli sforzi finanziari della comunità internazionale non saranno efficaci. Si tratta di un’affermazione a mio giudizio rivoluzionaria rispetto ai criteri con i quali abbiamo operato fino ad oggi. Mi domando allora se in una riforma della cooperazione, assolutamente necessaria e auspicabile, non possano essere introdotti alcuni di questi principi elementari, che implicano tuttavia delle difficoltà enormi. Si tratterebbe, infatti, di giudicare, nelle diverse realtà, l’effettiva maturazione del processo democratico. Forti di un’esperienza che non è solo di questo Governo, ma anche di quelli precedenti (forse in questo ci accomunano i principi solidaristici propri sia della cultura cattolica che di quella di sinistra), ci è più facile mediare e comprendere che la strada verso la democrazia è lunga, difficile e irta di ostacoli; diverso è l’atteggiamento dei Paesi del Nord Europa – e quindi abbiamo problemi all’interno dell’Unione europea – che sono molto rigidi rispetto all’applicazione dei principi democratici, secondo una concezione tipicamente protestante per cui, se si hanno interessi da difendere, i principi sono fondamentali e irrinunciabili, mentre, se non hanno interessi, si può anche discutere.
Per quanto concerne lo Zimbabwe, il Governo italiano ha assunto e tiene un atteggiamento molto più defilato. In sede di Unione europea si batte perché ci sia una maggiore comprensione, non perché Mugabe e lo Zimbabwe con l’esproprio dei terreni abbiano realizzato un principio di sana democrazia, ma in quanto ritiene che si debba tenere conto del fatto che per vent’anni quel Paese ha gestito una difficile transizione dal colonialismo all’autonomia e che qualcuno ha mancato ai patti di Lancaster House. La reazione, certamente scomposta e condannabile, che sta portando lo Zimbabwe ad avere grosso modo sei milioni di cittadini sottoposti alla tragedia della fame e quindi al rischio di morte, non è perdonabile, ma richiede uno sforzo di comprensione del motivo che l’ha prodotta. Lo dico assumendomi tutte le responsabilità del caso. Nell’ambito dell’Unione europea ovviamente procediamo di concerto, ma non siamo certo fra coloro che spingono per la rottura con il Governo dello Zimbabwe.
Anche nel caso dell’Eritrea la nostra posizione si differenzia da quella di altri Paesi dell’Unione europea che intendono aprire una procedura di infrazione nei confronti di tale Paese. Certamente non porterei mai l’Eritrea come esempio di applicazione di sani principi democratici e tanto meno di rispetto dei diritti civili, però credo che vadano comprese le vicende storiche di questo Paese e che i giudizi debbano tenere conto del contesto.
Detto questo, ribadisco che il Governo italiano è impegnato nella riforma della cooperazione e, per quanto riguarda l’Africa, ritiene che la NEPAD sia una iniziativa fondamentale.
Per quanto riguarda i fondi gestiti dalla Banca mondiale, posso dire che ancora non è stato assunto alcun impegno rispetto alla gestione dei progetti e alla partecipazione agli stessi. Nel caso del fondo per l’AIDS, la malaria e la tubercolosi, il Governo italiano ha contribuito con 200 miliardi di vecchie lire, sottratti alla cooperazione. Non so se questi fondi siano destinati al canale multilaterale o a quello bilaterale, constato soltanto che il fatto di procedere attraverso questi grandi fondi è un secondo elemento di innovazione di cui occorrerà tenere conto nella riforma.
Per quanto riguarda le Organizzazioni non governative, con cui abbiamo un ottimo rapporto, ricordo che il Governo ha aumentato la quota destinata alle 170 organizzazioni affiliate in Italia, che presentano prevalentemente dimensioni di livello artigianale rispetto alle grandi ONG internazionali. Questa caratteristica non è dovuta a una scelta delle ONG, bensì al fatto che, secondo la legge di contabilità dello Stato, dobbiamo finanziare progetti e non possiamo finanziare associazioni. Quindi, quello che è stato fatto in altri Paesi – che hanno sostanzialmente creato delle ONG nazionali – in Italia non è possibile se non con un concerto e con difficoltà non indifferenti. Anche questo è un tema che andrà affrontato nell’ambito della riforma della cooperazione, perché se non saranno risolti alcuni modi relativi alla contabilità dello Stato non sarà possibile innescare processi innovativi per rispondere ai nuovi bisogni che si pongono. Al riguardo, anticipo che il Governo sta mettendo a punto una serie di modifiche all’impianto attuale della legge n. 49 del 1987, per cercare di risolvere nei prossimi due o tre anni tali problematiche, in attesa che la riforma complessiva della cooperazione trovi il suo compimento.
Per ciò che attiene alle modalità delle cancellazioni del debito estero, il Governo condivide la posizione espressa dal relatore Provera. Faccio presente che è stato già raggiunto il traguardo del primo miliardo di euro di debiti rimessi. Sono in procinto di partire per il Senegal, dove farò una revisione del debito, e vengo dalla Tanzania, dove abbiamo cancellato un debito per 177 milioni di dollari. Il nostro obiettivo è di arrivare a 4 miliardi di dollari nelle operazioni di azzeramento del debito dei Paesi HIPC. Non sto parlando di interventi di ristrutturazione del debito a favore di Paesi a medio reddito, sui quali tuttavia dovremo fare una riflessione critica più attenta, perché sono soprattutto Paesi le cui rendite sulle materie prime di cui sono possessori in via primaria spesso non finiscono in una distribuzione equa del reddito, ma in spese discutibili.
Rispondendo al senatore Andreotti, che ha giustamente sollevato l’ipotesi di una tassa di solidarietà per i Paesi in via di sviluppo, voglio ricordare che anche al Vertice di Johannesburg abbiamo lanciato l’idea della «detax», per favorire un rapporto più stretto e diretto tra il cittadino e l’obiettivo da raggiungere, da concordare con le strutture di distribuzione dei prodotti di beni di consumo. Le risorse così reperite non sono peraltro destinate a rientrare nel computo della percentuale del prodotto interno lordo destinata all’aiuto pubblico ai Paesi in via di sviluppo. Forse è un aspetto marginale, ma mi auguro che possa rappresentare un segnale forte grazie alla generosità del popolo italiano.

PRESIDENTE, f.f. relatore sulle tabelle 6 e 6-bis e sulle parti ad esse relative del disegno di legge finanziaria. Ringrazio il sottosegretario Mantica per la sua replica.
Passiamo all’esame degli emendamenti presentati.
Dichiaro improponibili gli emendamenti 6.1, che reca variazioni non compensative se non in termini generici, e 3ª.6.Tab.6.1, compensato sulla Tabella 2, entrambi riferiti al disegno di legge n. 1827. È inoltre improponibile l’emendamento 3ª.Tab.A.1, che è riferito al disegno di legge n. 1826 e pertanto va presentato in sede di Commissione bilancio.

BUDIN (DS-U). Rinuncio ad illustrare gli emendamenti 3ª.6.Tab.6.2 e 3ª.6.Tab.6.3.

PELLICINI (AN). Signor Presidente, l’emendamento 3ª6.Tab.6.4, con cui propongo di spostare dieci milioni di euro dall’unità previsionale di base dedicata agli italiani all’estero a quella relativa agli «Affari amministrativi, bilancio e patrimonio», nasce dall’esigenza di correggere una svista. Infatti, con un emendamento presentato dall’onorevole Landi di Chiavenna di Alleanza Nazionale e approvato alla Camera sono stati aggiunti all’unità previsionale relativa agli italiani all’estero 9 milioni di euro, attingendo dall’unità «Affari amministrativi, bilancio e patrimonio – Spese correnti – Funzionamento – Uffici centrali», segnatamente destinato alla sicurezza del Ministero degli esteri. Ci siamo accorti di tale spostamento non opportuno e con questo emendamento abbiamo cercato di rimediare. Anche se ci sarebbe piaciuto aiutare gli italiani all’estero, abbiamo preso atto che non era possibile sottrarre somme indispensabili al funzionamento del Ministero degli esteri. In sostanza – ripeto – si tratta di apportare una correzione.
Ci rendiamo conto delle esigenze degli italiani all’estero e ci sarebbe piaciuto destinare loro questi fondi, ma purtroppo le disponibilità di bilancio sono quelle che sono ed è necessario tenere conto della sicurezza del Ministero degli esteri.

PRESIDENTE, f.f. relatore sulla tabella 6 e sulle parti ad essa relative del disegno di legge finanziaria. Esprimo parere favorevole sull’emendamento 3ª.6.Tab.6.4 e parere contrario ai due emendamenti di cui è primo firmatario il senatore Budin.

MANTICA, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Sui due emendamenti presentati dal senatore Budin e su quello presentato dal senatore Pellicini, tendenti a spostare somme all’interno del bilancio del Ministero degli esteri, il parere è diverso. Mentre sono favorevole all’emendamento del senatore Pellicini, che corregge un errore commesso dall’altro ramo del Parlamento ripristinando le condizioni iniziali, devo esprimere parere contrario sugli altri due emendamenti, perché ripristinerebbero una situazione di squilibrio che, invece, si tenta di correggere.

PRESIDENTE, f.f. relatore sulle tabelle 6 e 6-bis e sulle parti ad esse relative del disegno di legge finanziaria. Passiamo alla votazione degli emendamenti presentati alle tabelle 6 e 6-bis.

(Il Presidente accerta la presenza del numero legale).
Metto ai voti l’emendamento 3ª.6.Tab.6.2, presentato dal senatore Budin e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 3ª.6.Tab.6.3, presentato dal senatore Budin e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 3ª.6.Tab.6.4, presentato dal senatore Pellicini.
È approvato.
Passiamo all’esame degli ordini del giorno presentati.

BUDIN (DS-U). Signor Presidente, poiché si tratta di materia a cui facevano già riferimento gli emendamenti votati, do per illustrati gli ordini del giorno 0/1826/1/3ª e 0/1827/1/3ª-Tab.6.

DE ZULUETA (DS-U). Signor Presidente, mi auguro che l’ordine del giorno 0/1827/2/3ª-Tab.6 abbia l’attenta considerazione della Commissione e del Governo, in quanto fa riferimento ed attualizza impegni già assunti all’unanimità in sede di Parlamento europeo ed esplicitati dal nostro Governo.

MANTICA, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il Governo accoglie gli ordini del giorno 0/1826/1/3ª e 0/1827/1/3ª-Tab.6.
È intenzione del Governo accogliere anche l’ordine del giorno che ha come prima firmataria la senatrice de Zulueta, suggerendo però alcune modifiche di ordine lessicale e sostanziale. In particolare, il Governo propone di sostituire il punto a) del dispositivo con il seguente: «a) verificando la possibilità di integrare lo Statuto di Roma nell’acquis comunitario».
Per il punto b) non ci sono problemi, mentre sul punto c) va fatta una riflessione. Infatti, non è dato per acquisito che sia necessario accrescere il sostegno finanziario al Tribunale penale internazionale; va prima verificato se è necessario accrescere tale sostegno finanziario. Inoltre, circa la nomina dei futuri magistrati (che, al limite, possiamo auspicare), come è noto in sede di Unione europea non vi è una politica comune o un indirizzo comune o un regolamento comune sulle nomine. Pertanto il Governo non può accettare la seconda parte del punto c), non impegnarsi al riguardo e propone di sostituire il punto c) del dispositivo dell’ordine del giorno con il seguente: «c) accrescendo, se necessario, il sostegno finanziario al Tribunale penale internazionale (TPI)».
Propongo, infine, di inserire il seguente punto: «d) verificando la possibilità di un approccio comune in sede europea per la nomina dei futuri magistrati del Tribunale penale internazionale».

BONFIETTI (DS-U). Ci si può comunque adoperare perché ciò possa avvenire.

MANTICA, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Dobbiamo adoperarci perché in sede europea ci si indirizzi verso una regola comune.
Se la senatrice de Zulueta accetta le modifiche proposte dal Governo, esprimo parere favorevole sull’ordine del giorno.

DE ZULUETA (DS-U). Accetto le modifiche proposte dal sottosegretario Mantica e riformulo l’ordine del giorno nel modo seguente:
0/1827/2/3ª-Tab. 6 (Nuovo testo)
De Zulueta, Budin, Bonfietti, Iovene, Manzella, Salvi, Danieli Franco, Toia
«La 3ª Commissione permanente,
constatato che il 26 settembre 2002 il Parlamento europeo ha approvato all’unanimità una risoluzione sul Tribunale penale internazionale (TPI);
che, in tale risoluzione, i deputati europei:
sono profondamente preoccupati per le pressioni politiche esercitate dal Governo degli Stati Uniti per convincere gli Stati contraenti e i Paesi firmatari dello Statuto di Roma a concludere accordi bilaterali in materia di immunità, che permetterebbero ad alcuni cittadini di sottrarsi alla giurisdizione del Tribunale;
sono delusi dalla decisione del Governo rumeno di firmare un simile accordo e si rammaricano che il Consiglio e la Commissione non forniscano orientamenti politici chiari ai Paesi candidati e ai Paesi associati all’UE;
riaffermano con fermezza la necessità per gli Stati contraenti di cooperare pienamente con il Tribunale e di verificare affinché la sua efficacia non venga messa a rischio. Inoltre, l’Assemblea chiede agli Stati membri di integrare lo Statuto di Roma nell’acquis comunitario e di non adottare accordi incompatibili con la qualità di Paese membro dell’Unione. La stessa richiesta è rivolta ai Paesi candidati e associati, i cui Parlamenti sono invitati – se necessario – a non ratificare gli accordi firmati dai loro Governi. Si tratta così di creare un blocco europeo per la creazione del TPI, ma anche di accrescerne il sostegno finanziario e di adottare un approccio comune per la nomina dei futuri magistrati, fermo restando il rafforzamento del dialogo politico con gli Stati Uniti;
i deputati europei ricordano, infine, agli Stati membri gli obblighi cui sono soggetti per quanto riguarda il divieto di pena di morte e il mandato d’arresto europeo. Constatato che, il 30 settembre 2002, i Ministri degli esteri dei Paesi dell’Unione europea hanno raggiunto un accordo in merito alla possibilità che i singoli Stati membri stipulino accordi bilaterali con gli Stati Uniti, indicando tre principi guida: 1) garanzia di non impunità. Anche i cittadini Usa, insomma, pena pesanti condanne, dovranno essere sottoposti alle regole del Tribunale internazionale. In caso di trasgressione di queste ultime, però, non sarà la Corte dell’Aja a giudicarli, ma un tribunale americano, al quale gli Usa si impegnano a deferire cittadini e soldati americani che abbiano commesso reati rilevanti ai fini delle competenze della CPI; 2) che i cittadini europei in Usa non siano immuni dalla perseguibilità della Corte; 3) che le immunità riguardino solo gli americani che si trovano sul territorio di un Paese europeo nello svolgimento di una missione o un compito ufficiale per conto dell’Amministrazione statunitense,
impegna il Governo:
ad agire, in pieno accordo con gli Stati membri dell’Unione europea, per il consolidamento del Tribunale penale internazionale:
a) verificando la possibilità di integrare lo Statuto di Roma nell’acquis comunitario;
b) impegnandosi a non adottare accordi incompatibili con la qualità di Paese membro dell’Unione;
c) accrescendo, se necessario, il sostegno finanziario al Tribunale penale internazionale (TPI);
d) verificando la possibilità di un approccio comune in sede europea per la nomina dei futuri magistrati del Tribunale penale internazionale;
infine, a considerare suo alto e preciso impegno morale, dopo aver ospitato l’Italia lo Statuto di Roma, continuare ad esserne, in modo lineare e trasparente, il garante primo della sua integrità, per l’affermazione della giustizia internazionale».
PRESIDENTE, f.f. relatore sulle tabelle 6 e 6-bis e sulle parti ad esse relative del disegno di legge finanziaria. Anche il relatore è favorevole ai primi due ordini del giorno e all’ordine del giorno n. 3, così come riformulato dalla senatrice de Zulueta.
Metto ai voti l’ordine del giorno 0/1826/1/3ª, presentato dal senatore Budin e da altri senatori.
È approvato.
Metto ai voti l’ordine del giorno 0/1827/1/3ª-Tab.6, presentato dal senatore Budin e da altri senatori.
È approvato.
Metto ai voti l’ordine del giorno 0/1827/2/3ª-Tab.6, nel nuovo testo, presentato dalla senatrice de Zulueta e da altri senatori.
È approvato.
Resta ora da conferire il mandato a redigere un rapporto favorevole alla 5ª Commissione permanente, con osservazioni di tenore corrispondente alle indicazioni desumibili dal dibattito.
Propongo che tale incarico mi venga affidato in quanto relatore alla Commissione.
Poiché non si fanno osservazioni, il mandato a redigere il rapporto sulle tabelle 6 e 6-bis e sulle parti ad essere relative del disegno di legge finanziaria, resta così conferito.
L’esame congiunto dei documenti di bilancio, per quanto di nostra competenza, è così concluso.

I lavori terminano alle ore 17.

Allegato

ORDINI DEL GIORNO AL DISEGNO DI LEGGE n. 1827

0/1827/1/3ª-Tab.6
Budin, Bonfietti, De Zulueta, Manzella, Salvi, Danieli Franco, Toia

«La 3ª Commissione permanente del Senato,
in sede di esame dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri per l’anno finanziario 2003,
considerata l’importanza dell’Istituto agronomico per l’Oltremare per la politica di cooperazione dell’Italia in particolare verso l’Africa,
impegna il Governo:
ad assicurare all’Istituto le risorse necessarie al relativo funzionamento».

0/1827/2/3ª-Tab.6
De Zulueta, Budin, Bonfietti, Iovene, Manzella, Salvi, Danieli Franco, Toia

«La 3ª Commissione permanente,
constatato che il 26 settembre 2002 il Parlamento europeo ha approvato all’unanimita una risoluzione sul Tribunale penale internazionale (TPI);
che, in tale risoluzione, i deputati europei:
sono profondamente preoccupati per le pressioni politiche esercitate dal Governo degli Stati Uniti per convincere gli Stati contraenti e i Paesi firmatari dello Statuto di Roma a concludere accordi bilaterali in materia di immunità, che permetterebbero ad alcuni cittadini di sottrarsi alla giurisdizione del Tribunale;
sono delusi dalla decisione del Governo rumeno di firmare un simile accordo e si rammaricano che il Consiglio e la Commissione non forniscano orientamenti politici chiari ai Paesi candidati e ai Paesi associati all’UE;
riaffermano con fermezza la necessità per gli Stati contraenti di cooperare pienamente con il Tribunale e di verificare affinchè la sua efficacia non venga messa a rischio.
Inoltre, l’Assemblea chiede agli Stati membri di integrare lo Statuto i Roma nell’acquis comunitario e di non adottare accordi incompatibili con la qualità di Paese membro dell’Unione. La stessa richiesta e rivolta ai Paesi candidati e associati, i cui Parlamenti sono invitati – se necessario – a non ratificare gli accordi firmati dai loro Governi. Si tratta così di creare un blocco europeo per la creazione del TPI, ma anche di accrescerne il sostegno finanziario e di adottare un approccio comune per la nomina dei futuri magistrati, fermo restando il rafforzamento del dialogo politico con gli Stati Uniti; i deputati europei ricordano, infine, agli Stati membri gli obblighi cui sono soggetti per quanto riguarda il divieto di pena di morte e il mandato d’arresto europeo.
Constatato che, il 30 settembre 2002, i Ministri degli esteri dei Paesi dell’Unione europea, hanno raggiunto un accordo in merito alla possibilità che i singoli Stati membri stipulino accordi bilaterali con gli Stati Uniti, indicando tre principi guida: 1) garanzia di non impunita. Anche i cittadini Usa, insomma, pena pesanti condanne, dovranno essere sottoposti alle regole del Tribunale internazionale. In caso di trasgressione di queste ultime pero, non sarà la Corte dell’Aja a giudicarli, ma un tribunale americano, al quale gli Usa si impegnano a deferire cittadini e soldati americani che abbiano commesso reati rilevanti ai fini delle competenze della CPI; 2) che i cittadini europei in Usa non siano immuni dalla perseguibilità della Corte; 3) che le immunità riguardino solo gli americani che si trovano sul territorio di un Paese europeo nello svolgimento di una missione o un compito ufficiale per conto dell’Amministrazione statunitense,
impegna il Governo:
ad agire, in pieno accordo con gli Stati membri dell’Unione europea,
per il consolidamento del Tribunale penale internazionale:
a) integrando lo Statuto di Roma nell’acquis comunitario;
b) impegnandosi a non adottare accordi incompatibili con la qualità di Paese membro dell’Unione;
c) accrescendo il sostegno finanziario al Tribunale penale internazionale (TPI) e operando perchè si adotti un approccio comune per la nomina dei futuri magistrati.
Infine, a considerare, suo alto e preciso impegno morale, dopo aver ospitato l’Italia lo Statuto di Roma, continuare ad esserne, in modo lineare e trasparente, il garante primo della sua integrità, per l’affermazione della giustizia internazionale».

0/1827/2/3ª-Tab.6 (Nuovo testo)
De Zulueta, Budin, Bonfietti, Iovene, Manzella, Salvi, Danieli Franco, Toia

«La 3ª Commissione permanente del Senato,
in sede di esame dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri per l’anno finanziario 2003,
constatato che il 26 settembre 2002 il Parlamento europeo ha approvato all’unanimita una risoluzione sul Tribunale penale internazionale (TPI);
che, in tale risoluzione, i deputati europei:
sono profondamente preoccupati per le pressioni politiche esercitate dal Governo degli Stati Uniti per convincere gli Stati contraenti e i Paesi firmatari dello Statuto di Roma a concludere accordi bilaterali in materia di immunità, che permetterebbero ad alcuni cittadini di sottrarsi alla giurisdizione del Tribunale;
sono delusi dalla decisione del Governo rumeno di firmare un simile accordo e si rammaricano che il Consiglio e la Commissione non forniscano orientamenti politici chiari ai Paesi candidati e ai Paesi associati all’Unione europea;
riaffermano con fermezza la necessità per gli Stati contraenti di cooperare pienamente con il Tribunale e di verificare affinchè la sua efficacia non venga messa a rischio.
Inoltre, l’Assemblea chiede agli Stati membri di integrare lo Statuto i Roma nell’acquis comunitario e di non adottare accordi incompatibili con la qualità di Paese membro dell’Unione. La stessa richiesta e rivolta ai Paesi candidati e associati, i cui Parlamenti sono invitati – se necessario – a non ratificare gli accordi firmati dai loro Governi. Si tratta così di creare un blocco europeo per la creazione del TPI, ma anche di accrescerne il sostegno finanziario e di adottare un approccio comune per la nomina dei futuri magistrati, fermo restando il rafforzamento del dialogo politico con gli Stati Uniti. I deputati europei ricordano, infine, agli Stati membri gli obblighi cui sono soggetti per quanto riguarda il divieto di pena di morte e il mandato d’arresto europeo.
Constatato che, il 30 settembre 2002, i Ministri degli esteri dei Paesi dell’Unione europea, hanno raggiunto un accordo in merito alla possibilità che i singoli Stati membri stipulino accordi bilaterali con gli Stati Uniti, indicando tre principi guida: 1) garanzia di non impunita. Anche i cittadini Usa, insomma, pena pesanti condanne, dovranno essere sottoposti alle regole del Tribunale internazionale. In caso di trasgressione di queste ultime pero, non sarà la Corte dell’Aja a giudicarli, ma un tribunale americano, al quale gli Usa si impegnano a deferire cittadini e soldati americani che abbiano commesso reati rilevanti ai fini delle competenze della CPI; 2) che i cittadini europei in Usa non siano immuni dalla perseguibilità della Corte; 3) che le immunità riguardino solo gli americani che si trovano sul territorio di un Paese europeo nello svolgimento di una missione o un compito ufficiale per conto dell’Amministrazione statunitense,
impegna il Governo:
ad agire, in pieno accordo con gli Stati membri dell’Unione europea, per il consolidamento del Tribunale penale internazionale (TPI):
a) verificando la possibilità di integrare lo Statuto di Roma nell’acquis comunitario;
b) impegnandosi a non adottare accordi incompatibili con la qualità di Paese membro dell’Unione;
c) accrescendo il sostegno finanziario al Tribunale penale internazionale;
d) verificando la possibilità di un approccio comune in sede europea per la nomina dei futuri magistrati del Tribunale penale internazionale; infine, a considerare suo alto e preciso impegno morale, atteso che l’Italia ha ospitato a Roma la Conferenza diplomatica che ha adottato lo Statuto del Tribunale penale internazionale, continuare ad essere, in modo lineare e trasparente, il garante primo della sua integrità, per l’affermazione della giustizia internazionale».


ORDINI DEL GIORNO AL DISEGNO DI LEGGE n. 1826

0/1826/1/3ª
Budin, Bonfietti, De Zulueta, Manzella, Salvi, Danieli Franco, Toia

«La 3ª Commissione permanente del Senato,

in sede di esame delle parti di competenza del disegno di legge finanziaria per l’anno 2003,
ritenuta l’opportunità di potenziare le attività degli istituti di cultura taliana all’estero e di favorire in ogni caso la diffusione della cultura taliana;
rammentato che e in corso l’iter parlamentare del progetto di riforma degli istituti di cultura italiana all’estero;
considerato che il Governo ha annunciato la presentazione di un proprio disegno di legge in materia,

impegna il Governo:

a reperire in quell’occasione le risorse necessarie per incrementare le manifestazioni culturali italiane all’estero e per continuare l’opera di informatizzazione degli istituti di cultura italiana all’estero, all’uopo invitando il Governo ad avvalersi ove possibile anche dei fondi previsti nella Tabella A».

EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N.1827

Art. 6.


6.1
Danieli Franco, Budin, Rigoni, De Zulueta, Manzella, Manzione, Toia, Bonfietti, Marini

Dopo il comma 6, aggiungere il seguente:

«6-bis. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, su proposta del Ministro degli affari esteri, variazioni compensative in termini di competenza e di cassa tra i capitoli allocati nelle unità previsionali di base 15.1.1.0 - 16.1.1.0 - 17.1.1.0 - 18.1.1.0 - 19.1.1.0 dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, anche mediante l’istituzione di un apposito capitolo con la finalità di razionalizzare le spese per il funzionamento dei Contributi Comites».
Conseguentemente, alla Tab. 6 nello stato di previsione del Ministero
degli Affari esteri, alle U.P.B. sottoelencate, apportare le seguenti variazioni, per competenza e per cassa:
n. 15.1.1.0:
+ 2.947.232;
n. 16.1.1.0
+ 2.161.189;
n. 17.1.1.0
+ 67.555;
n. 18.1.1.0:
+ 147.705;
n. 19.1.1.0:
+ 400.177;


Tabella 6

3ª.6.Tab. 6.1
Danieli Franco, Budin, Rigoni, De Zulueta, Manzella, Manzione, Toia, Bonfietti, Marini

Nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, alle unità previsionali di base sottoelencate, apportare le seguenti variazioni per competenza e per cassa:
n. 11.1.1.0
+ 7.500.000
n. 11.1.1.0
+ 2.546.829
n. 16.1.1.0
+ 8.500.000
n. 17.1.1.0
+ 8.500.000
n. 18.1.1.0
+ 8.500.000
n. 19.1.1.0
+ 8.500.000
n. 2.1.1.0
+ 500.000
n. 11.1.1.0
+ 5.000.000
n. 10.1.1.0
+ 3.522.749
n. 11.1.1.0
+ 2.500.000
n. 11.1.1.0
+ 4.292.224
n. 11.1.1.0
+ 125.314
n. 11.1.1.0
+ 259.994
n. 6.1.1.0
+ 1.000.000

Conseguentemente, alla Tabella 2 (stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze) ridurre di pari importo l’UPB 6.1.1.1 per competenza e per cassa.

3ª.6.Tab. 6.2
Budin, Bonfietti, Iovene, De Zulueta, Manzella, Salvi, Danieli Franco

Alla tabella 6, Ministero degli affari esteri, apportare le seguenti variazioni:
UPB 6.1.1.1 (Uffici centrali)
CP: – 10.000.000;
CS: – 10.000.000;
UPB 9.1.2.2 (Paesi in via di sviluppo)
CP: + 10.000.000;
CS: + 10.000.000.

3ª.6.Tab. 6.3
Budin, Bonfietti, Iovene, De Zulueta, Manzella, Salvi, Danieli Franco

Alla tabella 6, Ministero degli affari esteri, apportare le seguenti variazioni:
UPB 6.1.1.1 (Uffici centrali)
CP: – 500;
CS: – 500;
UPB 10.1.1.1 (Organizzazione di manifestazioni artistiche e culturali)
CP: + 500;
CS: + 500.

3ª.6.Tab. 6.4
Pellicini

Alla tabella 6 dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri alle unita previsionali di base sottoelencate, apportare le seguenti variazioni:

6.1.1.1 - Affari amministrativi, bilancio e patrimonio - Spese correnti - Funzionamento – Uffici centrali:
CP: + 10.000.000
CS: + 10.000.000
11.1.2.2 - Italiani all’estero e politiche migratorie - Spese correnti - Interventi - Collettività italiana all’estero:
CP: – 10.000.000
CS: – 10.000.000


EMENDAMENTO AL DISEGNO DI LEGGE N. 1826

Tabella A


3ª.Tab. A.1
Budin, Bonfietti, De Zulueta, Manzella, Salvi, Danieli Franco

Alla tabella A, voce Ministero degli affari esteri, apportare le seguenti modifiche:
2003: – 163;
2004: – 227;
2005: – 227.

Conseguentemente, alla tabella C, voce Ministero degli affari esteri - Legge n. 1612 del 1962: Riordino dell’Istituto agronomico per l’oltremare con sede in Firenze - art. 12: Mezzi finanziari per il finanziamento dell’istituto (9.1.2.2 - Paesi in via di sviluppo - Cap. 2201) apportare le seguenti variazioni:

2003: + 163;
2004: + 227;
2005: + 227.