AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE (3a)

MARTEDI' 9 APRILE 2002
44a Seduta

Presidenza del Presidente
PROVERA


Interviene il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento Ventucci.

La seduta inizia alle ore 15,30.


IN SEDE REFERENTE

(1285) Ratifica ed esecuzione del Trattato di Nizza che modifica il trattato sull'Unione europea, i Trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Nizza il 26 febbraio 2001, approvato dalla Camera dei deputati.
(Esame e rinvio)

Riferisce alla Commissione il presidente PROVERA, il quale, dopo aver dato sommariamente conto degli articoli del disegno di legge che autorizza la ratifica e dà esecuzione al Trattato di Nizza, ricorda che già dieci Paesi membri dell'Unione europea (UE) hanno depositato i rispettivi strumenti di ratifica ed altri due hanno concluso il procedimento interno di ratifica e si accingono ad effettuare il conseguente deposito. E' peraltro interessante notare che il processo di ratifica è avanzato di pari passo in quasi tutti i Paesi dell’Unione, senza riguardo effettivo alla propensione europeistica delle singole popolazioni.
Dopo aver ricordato che il Trattato di Nizza entrerà in vigore due mesi dopo che l'ultimo dei Paesi membri avrà depositato il proprio strumento di ratifica, il Presidente relatore rileva l'urgenza che anche l'Italia proceda alla ratifica del Trattato, assieme agli altri due Paesi che ancora non hanno effettuato tale adempimento, vale a dire il Belgio e l'Irlanda. Quest'ultima, fra l'altro, è in una posizione decisiva, giacché la mancata approvazione dello stesso anche da parte di uno solo dei Paesi membri pregiudica l’entrata in vigore del Trattato negli altri 14 Stati dell’Unione. Ed è proprio ciò che si è verificato il 7 giugno 2001, quando gli irlandesi hanno respinto in un apposito referendum la proposta governativa di ratificare il Trattato, con una maggioranza di voti negativi pari al 53,8 per cento. Si tratta di un fatto, questo, che merita di essere attentamente considerato, posto che l’Irlanda è anche l’unico dei 15 Stati membri dell’Unione ad aver deciso di sottoporre la ratifica al vaglio della volontà popolare.
Pur non potendosi soffermare sulle cause che hanno provocato il negativo esito del predetto referendum, ad avviso del Presidente relatore non vi è dubbio che il voto irlandese abbia dato voce a preoccupazioni e timori che sarebbe opportuno fugare. Il progetto europeo, che pure sta giungendo a realizzazioni importanti e significative, sia dal punto di vista materiale che simbolico ( si pensi all’avvento della moneta unica), continua ad essere in parte vissuto come un’operazione voluta dalle élites politico-economiche del Vecchio Continente e guidata dalla burocrazia di Bruxelles. E’ pertanto di decisiva importanza, nel momento in cui si ratifica il Trattato di Nizza, studiare il modo migliore di dissipare incertezze ed ansie che si ripresenteranno altrimenti ogni qual volta verranno trasferite nuove porzioni di sovranità dall’ambito nazionale o locale verso l’Europa: un soggetto istituzionale percepito istintivamente più lontano e meno facilmente accessibile alle istanze dei cittadini, anche nelle loro espressioni organizzate.
L’opinione pubblica dei Quindici è in effetti abituata a pensare agli enti locali, ai comuni, alle province, ai dipartimenti, alle regioni ed agli Stati nazionali come gli ambiti naturali entro i quali esercitare i propri diritti democratici, mentre l’Europa ha ancora il volto freddo dei tecnici e dei banchieri, seppure adesso possieda anche l'aspetto sostanziale della moneta ormai utilizzata nella vita corrente.
Naturalmente, a questi limiti della costruzione comunitaria non può certo ovviare il Parlamento italiano, anche se un chiarimento sugli obiettivi perseguiti dall’Italia in Europa è più che necessario in sede parlamentare per rassicurare i cittadini, tuttora tra i più entusiasti dell’Unione, ma indotti talvolta a reagire con sgomento ai diktat di Bruxelles, come si ebbe modo di constatare in occasione delle crisi relative alle acciaierie e alle quote latte e, più recentemente, in merito alla vicenda della encefalopatia spongiforme bovina. Va peraltro ricordato che nell'ambito del Parlamento italiano è in atto una indagine conoscitiva sul futuro dell'Europa che ha la finalità di acquisire le posizioni e le opinioni di personalità eminenti della vita politica e sociale del Paese. Ma scopo di questa indagine è anche quello di fare da tramite tra gli alti livelli di responsabilità governativi ed europei e la gente comune e forse per la prima volta si è iniziato un processo di coinvolgimento democratico nelle problematiche e nella costruzione istituzionale dell'Europa che farà sentire il futuro del continente più vicino di quanto non lo sia mai stato. L'informazione è infatti una condizione indispensabile per una scelta libera e la condivisione è la precondizione necessaria per percepire l'Europa come frutto di una scelta democratica.
La necessità di una maggiore democrazia nella costruzione della futura Europa è stata avvertita anche a Laeken dove si è deciso di dar vita alla Convenzione, strumento che per la prima volta coinvolge i Parlamenti e quindi i popoli nel processo di riforma delle istituzioni comunitarie. I numerosi interrogativi raccolti nell'allegato alle conclusioni del Vertice di Laeken sono la testimonianza dell'insufficienza di quanto è stato fatto finora, sotto il profilo della democrazia, della trasparenza e dell'adeguatezza degli strumenti istituzionali, nella prospettiva dell'allargamento ad Est. Egli ricorda quindi i quattro punti su cui la Convenzione dovrà formulare delle ipotesi che costituiranno poi l'agenda dei lavori per la prossima Conferenza intergovernativa del 2004, che potrà naturalmente approvarle o modificarle ma non potrà non tenere conto del lavoro svolto da un organismo che raduna rappresentanti delle istituzioni europee, dei Governi e dei Parlamenti nazionali.
Venendo agli specifici contenuti del Trattato di cui si propone la ratifica, il Presidente relatore rileva che il testo normativo concordato dai Quindici consta di due parti fondamentali e tredici articoli. La prima parte comprende sei articoli e contiene gli “emendamenti sostanziali” apportati al vigente Trattato sull’Unione Europea, mentre i rimanenti sette articoli sono raccolti all’interno della seconda parte relativa alle “Disposizioni transitorie e finali”.
I temi affrontati a Nizza riguardano principalmente il settore della politica estera e di sicurezza comune, la riforma della composizione e dei poteri della Commissione europea, i principi e il metodo per la futura composizione del Parlamento europeo e l'estensione della procedura di codecisione, la ponderazione dei voti, la soglia della maggioranza qualificata in seno al Consiglio e i settori cui essa dovrebbe applicarsi, la modificazione della procedura per le iniziative di cooperazione rafforzata e il rafforzamento di alcuni strumenti di cooperazione giudiziaria.
Per quanto riguarda l'architettura delle istituzioni comunitarie, il Trattato di Nizza interviene sulla composizione della Commissione e del Parlamento europeo. Nel caso della Commissione, è stata data solo parziale soddisfazione alle richieste che miravano al mantenimento di una struttura snella con un numero di commissari almeno invariato. A Nizza si è deciso che ogni Stato membro abbia un proprio commissario ( viene quindi abolita la quota di due riservata agli Stati più popolosi), prevedendo peraltro un'eventuale nuova modifica nel caso di un'Europa a ventotto. Per quanto concerne la designazione dei componenti la Commissione, incluso il Presidente, essa non sarà più di competenza dei singoli Stati membri bensì del Consiglio dell'Unione europea, mentre sulla designazione del Presidente il Parlamento europeo continuerà ad esprimere il proprio voto, come già avviene attualmente. Il Trattato implica inoltre un aumento dei poteri del Presidente al quale competono l'organizzazione interna della Commissione, la ripartizione delle deleghe tra i commissari, nonché la facoltà di revoca nei confronti dei singoli componenti, previa approvazione collegiale. In altri termini, si è voluto evitare il perpetuarsi di un meccanismo istituzionale che prevedeva che, in caso di revoca della carica a un solo commissario, si dovesse dimettere l'intera Commissione.
Per il Parlamento europeo, si prevede una nuova ripartizione dei seggi, che saranno in totale 732. La Polonia avrà un numero di deputati uguale alla Spagna (50); Gran Bretagna, Francia e Italia avranno 72 deputati ciascuna (anziché 87 come ora); la Germania manterrà immutato il suo quorum a 99 per tener conto dell'unificazione e del conseguente, sensibile aumento della popolazione; la Romania avrà 33 seggi e Repubblica Ceca ed Ungheria ne avranno 20.
E' stata infine rivista la ponderazione dei voti in seno al Consiglio, mantenendo ai quattro Stati membri più grandi (Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia) il medesimo numero di voti e inserendo la Polonia sullo stesso piano della Spagna. E' stato conseguentemente rivisto il quorum di maggioranza, che deve includere comunque al tempo stesso la maggioranza dei voti e la maggioranza degli Stati.
Anche riguardo all'estensione del voto a maggioranza qualificata, i risultati sono stati insoddisfacenti in quanto esso si applicherà in via immediata solo alla politica commerciale mantenendo peraltro alcune eccezioni, mentre per le politiche di coesione (fondi strutturali) e per la politica in materia di asilo ed immigrazione il voto a maggioranza verrà applicato solo a partire, rispettivamente, dal primo gennaio 2007 e dal primo gennaio 2004. Il voto all'unanimità viene invece mantenuto per tutte le disposizioni in materia fiscale e di politica sociale.
Quanto all'estensione del meccanismo di codecisione tra Consiglio e Parlamento europeo, essa ha riguardato solo limitati settori, quali la lotta alla discriminazione, la cooperazione giudiziaria civile (con l'esclusione del diritto di famiglia), lo statuto e il finanziamento dei partiti politici europei. La codecisione continua a non applicarsi nei settori in cui è prevista l'unanimità e anche per settori in cui si vota a maggioranza, come la politica agricola e la politica commerciale.
Il ricorso al sistema della cooperazione rafforzata, che il Trattato di Nizza incoraggia semplificandone le procedure ed estendendone l'ambito di applicazione, è da una parte lo strumento per favorire il processo decisionale su alcuni importanti temi e dall'altra l'implicita ammissione del fallimento o dell'impossibilità di procedere secondo gli strumenti tradizionali. Esso è dunque l'unico antidoto possibile al sostanziale potere di veto che l'unanimità conferisce a qualsiasi Stato membro e rappresenta il solo importante strumento alternativo per i Governi degli Stati membri che intendano accelerare il processo di integrazione. Ciò configura quell'Europa a due velocità di cui da molto tempo si parla e che nei fatti sta diventando sempre più una realtà.
Per quanto concerne la politica estera e di sicurezza comune, il Trattato interviene sull’articolo 17 per definirne gli ambiti di applicazione, eliminare ogni riferimento alla Unione Europea Occidentale (UEO) e ribadire il rapporto con la NATO, cui l’Unione Europea conferma il conferimento della responsabilità ultima della difesa comune dell’Europa occidentale.
Anche l’articolo 25 è sottoposto a rilevanti modifiche, posto che istituisce formalmente il Comitato Politico e di Sicurezza (COPS), il cui varo era stato deciso ad Helsinki proprio per gestire e pianificare l’impiego della costituenda forza europea di reazione rapida. Al COPS si attribuiscono altresì il compito di monitorare l’evolversi della situazione internazionale, la funzione di agire come alto organo di consulenza del Consiglio e la missione di guidare le operazioni militari connesse alla gestione delle crisi decise dal Consiglio medesimo.
Interventi emendativi riguardano anche la sfera della cooperazione giudiziaria, soprattutto tramite la riscrittura dell’articolo 31, per rafforzare la cooperazione comunitaria tramite Eurojust, facilitare le procedure di estradizione all’interno dell’Unione, prevenire i conflitti di giurisdizione e pervenire all'armonizzazione delle fattispecie di reato.
Alcune modifiche riguardano anche la sfera economica e finanziaria: il testo dell’articolo 100 del vigente Trattato è stato, ad esempio, modificato per far fronte ad eventuali situazioni di difficoltà dell’Unione, per effetto di una crisi negli approvvigionamenti di alcuni prodotti, o di un suo Stato membro, qualora tali difficoltà siano determinate da eventi al di fuori del suo controllo, quali disastri naturali o circostanze eccezionali. In questi casi, vengono riconosciute delle opportunità per allentare il rigore delle politiche fiscali concordate a Maastricht e di quelle monetarie gestite dalla Banca Centrale Europea di Francoforte.
L’articolo 133 è modificato nel senso di prevedere l’adozione di una politica commerciale e doganale comune, contemplando altresì l’accettazione di standard comuni nel campo delle liberalizzazioni. In caso di negoziati multilaterali, la posizione dell’Unione viene determinata dal Consiglio, che delibera a maggioranza.
Il nuovo testo dell’articolo 137 prefigura per l’Unione un ruolo sussidiario, ma importante, anche nel campo della politica del lavoro e della sicurezza sociale ed ambientale, attraverso l’adozione di direttive apposite, contenenti standards minimi validi per l’intera popolazione dell’Unione. Stando alla lettera del nuovo articolo 144, verrà altresì insediato un nuovo Comitato per la Protezione Sociale.
L’Unione europea rafforza apparentemente anche il profilo della sua politica di cooperazione allo sviluppo, cui il Trattato di Nizza prevede che sia dedicato un intero titolo, il XXI, sulla “Cooperazione economica, tecnica e finanziaria con Paesi Terzi”. La politica di cooperazione dell’Unione dovrà essere complementare rispetto a quella dei suoi Stati membri ed orientata alla promozione della democrazia e del primato del diritto, nonché al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Viene poi ridefinita la composizione della Corte di Giustizia, che avrà un giudice per Stato membro, scelto secondo i criteri determinati dal nuovo articolo 223. L’articolo 245, come emendato, attribuisce inoltre ad apposito Protocollo, allegato al Trattato e quindi con esso ratificato, la determinazione dello Statuto della Corte di Giustizia.
Viene istituito anche, nel nuovo articolo 258, un Comitato Economico e Sociale, con funzioni consultive (ex articolo 165) di cui si stabilisce la composizione, differenziando gli apporti degli Stati membri sulla base delle rispettive consistenze demografiche: all’Italia sono attribuiti 24 delegati, come a Germania, Francia e Regno Unito, da scegliere tra personalità del mondo del lavoro.
L’articolo 263, di nuova concezione, istituisce invece il Comitato delle Regioni, in cui non potranno sedere più di 350 delegati, composto secondo lo stesso criterio adottato per il Comitato Economico e Sociale.
In conclusione, la ratifica del Trattato da parte italiana appare un passo inevitabile e opportuno. E’ altresì una scelta condivisa dalla gran parte delle forze politiche e sociali del Paese, che nell’aggancio all’Europa vedono una garanzia del processo di modernizzazione dell’Italia. Non si possono però passare sotto silenzio i problemi che restano ancora aperti. Gli interrogativi che l’entrata in vigore del Trattato ed il successivo processo di allargamento pongono, in effetti, sono di notevole entità. In particolare, sono tuttora da stabilire il modello verso il quale tende il processo di integrazione nel suo insieme, la visione geopolitica e geoeconomica cui ci si ispira in vista dell’imminente tornata di allargamenti e lo stesso ruolo che l’Europa intende giocare nel mondo.
Non sembra, tuttavia, possibile dare risposta a tali questioni in questa sede, anche se il Parlamento italiano ha per la prima volta propri rappresentanti nell'organismo che deciderà le modifiche istituzionali dell'UE e può esprimere degli orientamenti e degli indirizzi vincolanti per il Governo, che resta il principale tramite tra il Parlamento stesso e l’Europa. In definitiva, ad avviso del Presidente relatore, il giusto entusiasmo per l'Europa non deve essere acritico, ma va sottoposto al vaglio di un atteggiamento razionale e critico che consenta di affrontare il processo di integrazione nel migliore dei modi.

Si apre la discussione generale.

Il senatore MANZELLA concorda con l'esortazione rivolta alla Commissione dal Presidente circa l'esigenza di ratificare quanto prima il Trattato di Nizza, anche in considerazione del fatto che quasi tutti gli altri Stati membri hanno fatto fronte a tale adempimento.
Condivide però anche l'opportunità di affrontare il processo di integrazione con il dovuto spirito critico, ricordando come a Nizza si sia sfiorata una grave crisi soprattutto per l'atteggiamento assunto dalla Germania che ha richiesto di modificare il concetto della parità tra gli Stati maggiori attraverso l'inserimento del criterio demografico in aggiunta al tradizionale criterio politico. Si è così determinata una situazione di malessere istituzionale a livello europeo, che ha peraltro alterato il tradizionale asse franco-tedesco e che, a seguito della confermata parità di voti tra gli Stati maggiori in seno al Consiglio, ha comportato una compensazione in favore della Germania sia a livello dei deputati presenti nel Parlamento europeo, sia a livello del calcolo della maggioranza qualificata nell'ambito del Consiglio medesimo, che ora dovrà tenere conto non solo della maggioranza numerica degli Stati, ma anche della popolazione.
Dopo essersi soffermato sui motivi di insoddisfazione derivanti dalla troppo esigua riduzione dei casi cui applicare il criterio dell'unanimità e dalla mancata corrispondenza tra i voti a maggioranza qualificata del Consiglio e la procedura di codecisione, l'oratore sottolinea il nuovo assetto istituzionale conferito alla Commissione, che ne ha visto rafforzare il profilo gerarchico, dal momento che ora il Presidente può provocare le dimissioni di singoli commissari. Non è stata tuttavia risolta la questione della composizione numerica della Commissione stessa e conseguentemente della sua efficienza. I maggiori poteri attribuiti al Presidente dovevano infatti essere accompagnati da una diversa articolazione interna dell'organo che, senza rinunciare alla rappresentanza di tutti gli Stati membri, assegnasse loro un peso e un ruolo differenziati e proporzionali alla loro importanza.
Criticabile appare inoltre la scelta di svolgere in futuro le riunioni del Consiglio europeo sempre a Bruxelles. Si afferma infatti in questo modo l'immagine di una capitale burocratica che in realtà tutti osteggiano.
Seppure in presenza degli aspetti meno condivisibili sopra richiamati, in gran parte conseguenza dell'imminente allargamento dell'UE, rimane tuttavia ferma la necessità di ratificare un Trattato che introduce nella stessa Unione un insieme di innovazioni che rappresentano una sorta di blocco di garanzia democratico. Al riguardo, egli ricorda l'approvazione della Carta dei diritti, l'istituzione di una Convenzione che rispecchia l'identico modello organizzativo a cui si era ricorsi per l'approvazione della predetta Carta dei diritti, i progressi compiuti nella cooperazione giudiziaria e nella razionalizzazione dei sistemi giudiziari e la modifica dell'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea. In particolare, l'oratore pone in evidenza come la Carta dei diritti sia già entrata a far parte della Costituzione materiale europea essendo non solo applicata dalla Commissione, ma anche recepita nei diritti interni degli Stati. E di grande valore appare anche la stessa scelta di istituire una Convenzione in cui possano confluire sia gli impulsi positivi impartiti a Nizza, sia gli elementi critici emersi in quella sede, al fine di essere rielaborati ed eventualmente corretti.
Passando ad altri aspetti positivi del Trattato di Nizza, egli richiama l'importanza delle decisioni assunte in materia di sicurezza comune, con la creazione di una catena di comando che configura una struttura prodromica alla realizzazione di una vera e propria difesa comune, e si dichiara favorevole al più ampio ricorso al sistema delle cooperazioni rafforzate, dal momento che l'allargamento non deve andare a scapito delle prospettive di una sempre maggiore integrazione.
Il complesso degli aspetti maggiormente condivisibili del Trattato lascia quindi presagire che esso potrà rappresentare comunque un passo significativo verso un processo di integrazione che consenta all'Unione di affermare la propria identità come forza coerente sulla scena internazionale. L'Italia, nonostante la presenza di numerosi motivi di insoddisfazione, non può pertanto sottrarsi all'adempimento della ratifica, poiché la storia stessa della Repubblica testimonia della compenetrazione profonda tra idea di democrazia e idea di Europa, tra interesse nazionale ed europeo. Non si può dimenticare del resto che nessun Governo italiano, infatti, ha mai anteposto gli interessi nazionali a quelli europei.

Il senatore FRAU osserva come, prima ancora del Vertice di Nizza, nell'ambito del Parlamento europeo si fosse sviluppato un ampio dibattito - anche con la partecipazione dei Paesi candidati - sulla necessità di apportare modifiche istituzionali all'UE. Emersero allora difficoltà e limiti che apparivano difficilmente componibili e di fronte ai quali il Trattato di Nizza rappresenta comunque un progresso.
Egli dichiara poi di condividere le riflessioni del senatore Manzella su una opportuna articolazione interna della Commissione, in modo da conciliare la questione della rappresentanza paritaria con la tutela degli interessi dei singoli Paesi, anche in considerazione del loro diverso peso.
Dopo aver sottolineato a sua volta come molti aspetti della Carta dei diritti siano già stati acquisiti all'interno degli Stati membri e vengano ormai normalmente applicati dalle magistrature competenti, rileva come questa accettazione sia stata resa più agevole dal fatto che il documento in questione riguarda i cittadini e non le istituzioni.
In relazione poi alla tematica del deficit democratico, egli sostiene che, almeno per quanto riguarda gli Stati membri originari, essi condividevano tutti lo stesso concetto di democrazia. Differenti rimanevano però i modelli istituzionali attraverso i quali quel concetto si esplicava ed è su questo terreno che ora occorrerà confrontarsi.
Conclusivamente, ritiene che gli aspetti positivi del Trattato facciano largamente premio sui punti critici, sui quali comunque potrà intervenire la Convenzione. La situazione dell'UE sarebbe senza dubbio peggiore senza il Trattato di Nizza, che da un lato rappresenta un punto di arrivo, perché di più in quel momento non si poteva ottenere, e dall'altro una base di partenza per una Unione composta da ventisette Paesi e che presenterà quindi ben diverse problematiche.
Egli si dichiara infine fiducioso anche sugli elementi meno condivisibili del Trattato, ritenendo, ad esempio, che già dinanzi alle prime difficoltà di funzionamento verrà affermata l'esigenza di un ripensamento dell'assetto istituzionale della Commissione.

Il senatore FORLANI si associa alle considerazioni svolte dagli oratori precedentemente intervenuti, ma ricorda anche di non essersi mai unito al coro di critiche che già all'indomani del Vertice di Nizza investì il Trattato a causa delle aspettative disattese e dei risultati deludenti di cui esso era portatore. Egli ritiene infatti che il processo di integrazione debba avanzare per piccoli passi e sulla base di una visione realistica, dal momento che l'UE presenta delle specificità del tutto particolari che non consentono di paragonare tale processo con il percorso di affermazione verso moderni assetti costituzionali che storicamente fu affrontato dai singoli Stati membri, compresa l'Italia.
L'Unione è composta da Stati che per secoli si sono combattuti e che hanno una propria specifica identità nazionale che dovranno conservare, così come dovranno essere mantenuti spazi di sovranità statale in determinate materie; ad esempio, egli ritiene si debba procedere cautamente nel campo della cooperazione giudiziaria, almeno fino a che non si sia realizzata la necessaria uniformità tra i codici dei Paesi membri.
Sulle inevitabili difficoltà che una integrazione fra queste entità statali comporta si sono inoltre innestati i problemi connessi all'allargamento, ma nonostante ciò non possono essere disconosciuti i progressi che il Trattato di Nizza assicura anche di fronte alla riluttanza di alcuni Paesi. Egli enumera quindi gli aspetti positivi del Trattato stesso, soffermandosi in particolare sulla riforma che ha riguardato la Commissione, che auspica possa avviarsi a divenire il vero organo esecutivo dell'Unione, anche attraverso la trasformazione del Consiglio in una seconda Camera del Parlamento che sia rappresentativa degli Stati.
Da ultimo, egli ricorda quanto sostenuto da Mario Scelba, convinto europeista, il quale riteneva che l'integrazione sarebbe stata conseguita in via di prassi, grazie alla naturale pressione operata dalle istituzioni esistenti, e non attraverso le prescrizioni scritte. Grazie a questa filosofia, del resto, l'integrazione europea ha sempre compiuto dei passi in avanti, senza ripensamenti o ritorni all'indietro.

Prende nuovamente la parola il presidente relatore PROVERA, il quale precisa che la questione che costituisce l'oggetto della sua principale preoccupazione è che alla cessione progressiva di quote di sovranità da parte degli Stati membri corrispondano adeguate forme di garanzia dei meccanismi democratici e dei diritti dei cittadini. In particolare, egli osserva come il Presidente della Commissione, dotato di sempre maggiori poteri, continui ad essere designato dai Governi, come del resto gli altri commissari. Al tempo stesso, il Consiglio dell'Unione europea - come è noto - è composto dai membri dei Governi e quindi ancora una volta da personale politico non eletto dai popoli. Esprime pertanto l'auspicio che in futuro i rappresentanti degli Stati nelle istituzioni europee godano del consenso diretto dei cittadini.
Ritiene quindi che l'opportunità di ratificare il Trattato non possa essere messa in discussione, ma che nel contempo si debbano individuare i meccanismi atti a migliorarne il contenuto.

Il senatore MANZELLA interviene brevemente per sottolineare come le preoccupazioni del presidente Provera siano in linea con la posizione assunta dalla Corte Costituzionale tedesca nel 1993, la quale richiese che alla progressiva cessione di quote di sovranità in favore delle istituzioni di Bruxelles corrispondesse l'attribuzione di maggiori poteri al Parlamento europeo. Con riferimento poi alle considerazioni svolte dal senatore Forlani, fa poi presente che l'ipotesi della trasformazione della Commissione, in luogo del Consiglio, in un vero e proprio organo esecutivo dell'Unione è al momento alquanto controversa sia fra gli studiosi che fra gli stessi responsabili politici delle istituzioni comunitarie.

Il seguito dell'esame è quindi rinviato.

La seduta termina alle ore 16,55.