AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE (3a)

GIOVEDI' 18 APRILE 2002
47a Seduta

Presidenza del Presidente
PROVERA


Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Mantica.

La seduta inizia alle ore 15,10.


PROCEDURE INFORMATIVE

Interrogazione

Nel rispondere all'interrogazione 3-00382, il sottosegretario Mantica dà conto delle elezioni del dicembre scorso in Madagascar, alle quali l'Unione europea (UE) non aveva inviato propri osservatori per il relativo monitoraggio, proprio in virtù della passata stabilità politica del Paese africano. Poiché nessuno dei due candidati, vale a dire il presidente uscente Ratsiraka e il sindaco della capitale Antananarivo Ravalomanana, aveva raggiunto la maggioranza assoluta dei suffragi, l'Alta Corte Costituzionale malgascia ha disposto lo svolgimento di un secondo turno elettorale; decisione che ha provocato la reazione di Ravalomanana e dei suoi sostenitori, che hanno sostenuto che le elezioni sono state caratterizzate da brogli e da irregolarità e che in realtà il loro candidato era risultato vincente. La stessa Alta Corte ha poi annullato, il 16 aprile, i risultati del primo turno delle elezioni, determinando così l'esigenza di un nuovo conteggio dei suffragi e di una nuova proclamazione dei risultati ufficiali.
Dopo un periodo di crescente tensione, culminato nello sciopero generale nazionale proclamato il 28 gennaio scorso, il 22 febbraio Ravalomanana si è proclamato Presidente del Madagascar ed ha costituito un suo Governo contrapposto a quello ufficialmente in carica. Dal canto suo Ratsiraka ha dichiarato prima lo stato di emergenza nazionale e successivamente ha imposto la legge marziale nella capitale, peraltro mai applicata.
La situazione nel Paese continua ad essere molto tesa e caratterizzata da episodici scontri tra le due fazioni che si contendono il potere, risultando prevalenti nella capitale i seguaci di Ravalomanana e nelle provincie periferiche quelli del presidente uscente Ratsiraka. Antananarivo, in mano al sindaco autoproclamatosi Presidente, è rimasta pertanto isolata dal resto del Paese ed esposta al blocco dei rifornimenti di generi alimentari, di carburante e di altri beni di prima necessità. In questa difficile situazione, si è inoltre verificato l'assassinio del generale Andrianaivo, considerato fedele di Ratsiraka.
Sul piano internazionale, l'Organizzazione per l'unità africana (OUA) ha effettuato un primo tentativo di mediazione a metà febbraio ad opera del suo segretario generale, Amara Essy, fallito a seguito dell'autoproclamazione di Ravalomanana a presidente del Madagascar; iniziativa decisamente condannata dallo stesso segretario generale dell'OUA, che ha espresso l'auspicio che le parti riprendano immediatamente il dialogo. In proposito, l'OUA ha avviato un secondo tentativo di mediazione all'inizio del mese di marzo, tramite l'ex presidente di Capo Verde Monteiro e il vicepresidente dell'Assemblea nazionale del Senegal Bathily, che hanno elaborato un programma per regolare il contrasto tra le parti in causa.
Dopo aver illustrato gli aspetti principali del predetto programma, il rappresentante del Governo ha reso noto che il presidente senegalese Wade ha rivolto nei giorni scorsi un invito ai due contendenti a recarsi a Dakar in occasione della Conferenza sul finanziamento del New Partnership for Africa's Development (NEPAD). Questo tentativo di mediazione ha ricevuto peraltro l'incoraggiamento sia del Dipartimento di Stato americano, che ha esercitato pressioni sulle parti, sia dell'UE. In particolare, nell'incontro di Dakar si dovrebbero porre le premesse per attuare le raccomandazioni stabilite in sede OUA e relative alla creazione di un Governo di riconciliazione nazionale con l'incarico di organizzare una consultazione elettorale libera e trasparente.
Dopo colloqui separati con un gruppo di quattro Capi di Stato africani (il senegalese Wade, l'ivoriano Gbagbo, il mozambicano Chissano e Kerekou del Benin), Ratsiraka e Ravalomanana si sono abbracciati e successivamente hanno avuto un lungo colloquio. Il contatto diretto tra i due contendenti potrebbe preludere a una dichiarazione comune che costituirebbe un importante punto di svolta nella crisi in atto.
Il Sottosegretario riferisce quindi sull'impegno dell'Unione europea nei confronti della crisi malgascia, che si è fondamentalmente sostanziato nell'appoggio assicurato ai tentativi di mediazione dell'OUA. L'UE ha peraltro invitato a sua volta le parti a costituire un Governo di riconciliazione nazionale con l'obiettivo di nuove elezioni entro sei mesi, alle quali sarebbe disponibile a inviare osservatori elettorali internazionali.
Anche il Governo italiano auspica che l'incontro di Dakar possa confermarsi come un punto di svolta nella drammatica situazione e si è reso disponibile a fornire ogni supporto al buon esito dell'iniziativa. L'Italia del resto ha contribuito ad elaborare le posizioni espresse dall'UE, la quale dovrebbe fornire il proprio sostegno al fine di organizzare una nuova consultazione elettorale che dovrà potersi svolgere in un clima di imparzialità e di trasparenza. Il Governo ritiene che ogni sforzo vada fatto al fine di trovare una soluzione coerente con il mantenimento della pace e dei principi democratici.
Il Sottosegretario comunica inoltre che il Governo sta seguendo gli sviluppi della crisi, con particolare attenzione per la situazione dei cittadini italiani presenti nel Paese africano, dei quali si sta occupando l'Unità di crisi della Farnesina. In assenza di un'ambasciata italiana in Madagascar, è quella di Pretoria - un cui funzionario dovrebbe recarsi quanto prima ad Antananarivo - a monitorare costantemente la situazione. Egli fa infine presente che, dei circa milleduecento connazionali residenti in Madagascar, solo una ventina avrebbero espresso l'intenzione di lasciare il Paese.

Dopo aver ringraziato il presidente Provera e il sottosegretario Mantica per la tempestività con la quale si è potuta svolgere l'interrogazione, il senatore VIVIANI ribadisce che la crisi in Madagascar trae origine da una competizione elettorale caratterizzata da brogli e irregolarità, soprattutto sotto il profilo del conteggio dei voti, che in realtà avrebbero assicurato la vittoria a Ravalomanana. A seguito di ciò il Paese sta vivendo una situazione ai limiti della guerra civile, che vede le province periferiche fedeli al presidente uscente effettuare un blocco nei confronti della capitale.
Egli ritiene che l'incontro di Dakar possa rappresentare un passo importante verso la pacificazione, ma nel contempo osserva che nuove elezioni avrebbero senso solo se fossero rigidamente controllate da osservatori internazionali. Evidenzia poi come, fra i Paesi dell'UE, la Francia abbia interessi diretti in Madagascar e propenda maggiormente per il presidente uscente Ratsiraka. All'Italia spetta quindi svolgere un'azione diretta a far sì che l'UE assuma un ruolo effettivamente super partes. Del resto, nel Paese malgascio si registrano anche interessi italiani, in considerazione della consistente presenza di religiosi che stanno svolgendo un'opera non solo di evangelizzazione, bensì di più ampia civilizzazione.
Dichiarandosi parzialmente soddisfatto per la risposta del Sottosegretario, egli sottolinea infine come il Madagascar sia stato finora caratterizzato da relazioni pacifiche a livello interetnico e interreligioso, risultando evidente che la crisi in atto rappresenta un conflitto squisitamente politico fra gruppi di potere.


Indagine conoscitiva sul funzionamento delle istituzioni finanziarie internazionali: audizione del Sottosegretario di Stato per gli affari esteri sugli esiti della Conferenza di Monterrey e sulla preparazione del Vertice di Johannesburg

Il presidente PROVERA introduce l'audizione odierna, ringraziando il sottosegretario Mantica per la sua disponibilità a riferire sui temi dell'indagine.

Prende quindi la parola il sottosegretario MANTICA, il quale richiama preliminarmente le ragioni che hanno reso la Conferenza di Monterrey sul finanziamento dello sviluppo un evento rilevante, al quale l'Italia ha attribuito un'importanza specifica notevole. La Conferenza era infatti chiamata a indicare le possibilità concrete di finanziare il perseguimento dell'obiettivo principale stabilito nella Dichiarazione del Millennio, vale a dire la riduzione del 50 per cento della povertà assoluta entro il 2015. Egli rileva peraltro che le conclusioni della Conferenza (il cosiddetto Monterrey Consensus), approvate il 22 marzo scorso, fanno meritoriamente riferimento a ciò che realisticamente ciascun attore istituzionale o privato ha la possibilità di realizzare per contribuire efficacemente al perseguimento del suddetto obiettivo e non si risolvono semplicemente in una dichiarazione di intenti non commisurata alle risorse umane e finanziarie, nonché alle capacità tecniche localmente disponibili.
La Conferenza di Monterrey costituisce inoltre la premessa per un esito positivo dei prossimi vertici di Roma e di Johannesburg, rispettivamente sull'alimentazione e sullo sviluppo sostenibile. Dopo aver dato conto dell'impegno organizzativo del Governo messicano, della partecipazione dei Governi alla Conferenza e della composizione della delegazione italiana, il Sottosegretario esplicita le fonti per il finanziamento dello sviluppo individuate dal Monterrey Consensus, documento più coerente che innovativo, scaturito da un lungo processo preparatorio e sostanzialmente frutto di un compromesso tra il Gruppo dei 77 e gli Stati Uniti.
Entrando nel merito delle conclusioni raggiunte a Monterrey, il Sottosegretario riferisce che l'Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) ha rappresentato una delle tematiche sulle quali si è maggiormente concentrata l'attenzione dei partecipanti. Pur non essendo in termini quantitativi la fonte principale di finanziamento dello sviluppo, l'APS ha tuttavia un importante ruolo di elemento catalizzatore, al fine di consolidare le strutture socio-istituzionali, tutelare le fasce più deboli e aiutare i Paesi in via di sviluppo a inserirsi nel commercio internazionale e ad attirare gli investimenti esteri.
Dopo aver brevemente citato alcuni interventi di leaders politici, quali il presidente cileno Lagos e quello venezuelano Chavez, il rappresentante del Governo si sofferma sulla posizione assunta dagli Stati Uniti che, dopo lunghi anni di stasi, se non di regresso, degli stanziamenti, hanno annunciato un aumento nel biennio 2004-2005 di cinque miliardi di dollari dell'APS americano, accompagnato da una dichiarazione di sostegno agli obiettivi di sviluppo della Dichiarazione del Millennio, finora non riconosciuti da Washington. Dal momento che, come è stato successivamente precisato, questo aumento dei fondi sarà permanente, l'APS annuo passerà tra il 2001 e il 2006 dallo 0,10 allo 0,14 per cento del prodotto interno lordo (PIL) americano. Tuttavia, il presidente Bush ha implicitamente confermato la tradizionale posizione statunitense di non riconoscere l'obiettivo dello 0,7 per cento del PIL (non menzionato infatti neppure nel Monterrey Consensus) quando ha affermato che l'aumento degli aiuti sarà condizionato al conseguimento di risultati verificabili sulla base di precisi criteri. Da ultimo, il presidente americano ha rinnovato il suo invito all'aumento della quota delle risorse delle istituzioni finanziarie internazionali da concedere a dono.
Per quanto concerne l'Unione europea, il presidente di turno, lo spagnolo Aznar, e il presidente della Commissione Prodi hanno presentato gli impegni per il finanziamento dello sviluppo che l'UE ha assunto al Consiglio europeo di Barcellona, confermando l'obiettivo dello 0,7 per cento del PIL attraverso il raggiungimento di una tappa intermedia nel 2006, anno in cui il volume complessivo dell'APS europeo dovrà arrivare allo 0,39 per cento. Il Sottosegretario illustra inoltre come l'impegno europeo sia in realtà superiore a quello americano e sottolinea che l'UE nel suo insieme, oltre che essere il primo donatore, è anche il primo investitore diretto nei Paesi in via di sviluppo e il primo partner commerciale dei Paesi meno avanzati, elencando altresì le iniziative che la stessa Unione si è impegnata ad avviare al di là di quanto stabilito nel Monterrey Consensus.
Egli si sofferma quindi sull'apporto che i rappresentanti italiani hanno assicurato al dibattito sviluppatosi in seno alla Conferenza di Monterrey, sotto il profilo della lotta alla povertà, del quadro istituzionale che i Governi dei Paesi in via di sviluppo hanno la responsabilità di creare, degli investimenti esteri, del commercio internazionale, dell'aiuto pubblico allo sviluppo, delle fonti di finanziamento innovative, della cancellazione del debito in favore dei Paesi più poveri altamente indebitati e dell'architettura istituzionale internazionale. Più in dettaglio, egli ha richiamato l'impegno del Governo italiano in occasione del G8 di Genova, che approvò il Piano di Genova per l'Africa a sostegno dell'iniziativa NEPAD, che ha ricevuto la convinta adesione dei Governi alle strategie nazionali di lotta alla povertà, da elaborare nel quadro di rapporti di partenariato con i Paesi donatori ed i processi decisionali nei Paesi in via di sviluppo capaci di coinvolgere la società civile e il settore privato.
L'Italia ritiene inoltre di poter fornire un utile contributo sul piano della prevenzione e della soluzione dei conflitti, nonché della riduzione del cosiddetto "divario digitale" che consenta di accrescere le capacità di accesso dei Paesi in via di sviluppo alle nuove tecnologie informatiche. In proposito, il Sottosegretario dichiara di aver illustrato a Monterrey l'iniziativa italiana che ha consentito di organizzare a Palermo, nei giorni 10 e 11 aprile 2002, una Conferenza internazionale sullo "e-government" per lo sviluppo, esplicitandone altresì i relativi obiettivi.
In merito agli investimenti, egli pone in evidenza che la percentuale italiana di trasferimenti finanziari totali netti (aiuti pubblici, altri flussi pubblici, movimenti di capitali privati) è la più elevata dei Paesi G7 ed illustra le principali iniziative a sostegno della piccola e media impresa, degli schemi di micro-credito, del partenariato pubblico-privato e soprattutto della lotta contro l'AIDS, la malaria e la tubercolosi tramite la partecipazione al Fondo globale la cui creazione è stata decisa in occasione del vertice di Genova.
Il Governo italiano ritiene inoltre che il nuovo round commerciale multilaterale che ha preso avvio a Doha dovrà consentire un negoziato di carattere ampio ed equilibrato, che sia capace di coinvolgere tutti i membri dell'Organizzazione mondiale per il commercio e al tempo stesso di garantire il rispetto delle priorità proprie dei Paesi in via di sviluppo. Il Sottosegretario dà inoltre conto delle principali finalità che l'azione del Governo italiano intende perseguire al fine di sostenere i Paesi in via di sviluppo nell'ambito del commercio internazionale, fornendo peraltro assicurazioni circa l'impegno diretto a conseguire entro il 2006 l'obiettivo intermedio dello 0,33 per cento del PIL da destinare all'APS e chiarendo la strategia che l'esecutivo intende adottare in materia di riduzione del debito.
Concludendo la propria relazione sulla Conferenza di Monterrey, il rappresentante del Governo svolge alcune riflessioni sulle differenti proposte di creazione di nuovi fori internazionali per la definizione di nuove regole internazionali in settori rilevanti ai fini dello sviluppo dei Paesi in via di sviluppo. Al riguardo, il Governo italiano non ritiene necessari nuovi fori, considerando già sufficienti le competenze e le capacità di cui sono dotate le organizzazioni internazionali esistenti. In particolare, si ritiene preferibile valorizzare il ruolo del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) e incoraggiare il processo di riforma delle banche multilaterali di sviluppo, con particolare riguardo al coordinamento tra la Banca mondiale e le banche regionali di sviluppo, alle possibilità di cofinanziamento con il settore privato, alle cosiddette "finestre a dono" e all'assistenza tecnica. In questa ottica, le istituzioni globali di riferimento dal punto di vista finanziario dovranno essere il Comitato monetario e finanziario internazionale e il Development Committee.
Il Sottosegretario riferisce poi sul ruolo svolto dal Governo in vista del Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile, che si terrà a Johannesburg dal 26 agosto al 4 settembre 2002, che dovrà fare il punto sull'attuazione degli obiettivi fissati dalla Conferenza di Rio del 1992 su sviluppo e ambiente, obiettivi compresi nella cosiddetta Agenda 21. Attualmente il bilancio sui risultati raggiunti appare però complessivamente deludente, dal momento che le condizioni dell'ambiente globale restano fragili, che si espandono i fenomeni della desertificazione e dell'impoverimento dei suoli, che si manifesta un insufficiente disponibilità di acqua potabile e si riduce la superficie del pianeta coperta da foreste, che continuano ad aumentare le emissioni nocive nell'atmosfera. Contemporaneamente rimane lontano il raggiungimento dell'obiettivo dello 0,7 per cento del PIL da destinare all'aiuto allo sviluppo e anzi, nel complesso, il volume globale dell'APS nell'ultimo decennio è diminuito. Viceversa, dal lato delle realizzazioni positive, occorre registrare l'aumento dei flussi commerciali e finanziari, le opportunità offerte dalle nuove tecnologie di comunicazione e informatiche, la diminuzione del tasso di crescita della popolazione mondiale, i progressi reali registrati nell'ultimo decennio nella lotta alla povertà e alla fame, nonché la conclusione di alcuni importanti accordi internazionali in campo ambientale.
Egli rende quindi note le fasi relative al processo preparatorio del Vertice, che si è articolato in tre diverse conferenze e comunica che il presidente del Vertice stesso, l'indonesiano Emil Salim, è stato invitato a predisporre un documento politico che verrà sottoposto ai capi di Stato e di Governo a Johannesburg e un piano di azione che verrà invece discusso alla quarta Conferenza preparatoria a Bali e che dovrebbe prevedere una serie di misure atte a rinvigorire l'impegno per lo sviluppo sostenibile. Egli illustra quindi analiticamente le richieste avanzate dall'UE nell'ambito del predetto processo preparatorio e assicura che l'Italia sta fornendo un contributo rilevante alla messa a punto di una posizione comunitaria che sia aperta alle esigenze dei Paesi in via di sviluppo. L'UE del resto dovrà fronteggiare le difficoltà derivanti dalla difficile situazione politica internazionale, nell'ambito della quale si contrappongono le aspirazioni dei Paesi in via di sviluppo e la scarsa propensione di alcuni Paesi industrializzati ad assumere nuovi impegni per lo sviluppo sostenibile; né in questo contesto giova l'eccessiva frammentazione di fori e organismi responsabili di questioni ambientali, considerato anche lo scarso peso della principale organizzazione specializzata, il Programma per l'ambiente dell'ONU (UNEP), che non è una vera e propria agenzia.
Quanto al ruolo dell'Italia, egli si sofferma sulle posizioni che il Governo intende sostenere in tema di debito estero, di commercio internazionale, di trasferimento di tecnologie e di azione delle istituzioni finanziarie internazionali, garantendo peraltro che il Ministero è attivamente impegnato nella preparazione del Vertice di Johannesburg sia a livello internazionale che sul versante nazionale, dove è stato istituito un tavolo di consultazione con i maggiori soggetti interessati (regioni, organizzazioni non governative, sindacati, rappresentanti del settore privato) per raccogliere indicazioni e suggerimenti. Da parte sua, il Ministero dell'ambiente ha promosso anche un programma di attuazione dell'Agenda 21 su tutto il territorio nazionale e il Governo nel suo insieme, che sarà rappresentato a Johannesburg ai massimi livelli, ha stanziato un contributo di 510.000 euro per contribuire alla preparazione del Vertice, rendendosi disponibile ad un esborso addizionale qualora il Governo di Pretoria ne faccia richiesta.

Prende la parola il senatore GRILLOTTI per manifestare al rappresentante del Governo la preoccupazione che l'economia italiana, caratterizzata dalla rilevante presenza di piccole e medie imprese, si imbatta in rilevanti difficoltà dinanzi al processo di globalizzazione. L'Italia dovrebbe quindi adoperarsi affinché gli accordi economici a livello internazionale tengano conto delle esigenze delle piccole e medie imprese destinate a essere travolte dalla crisi in un mondo che vede le imprese di grandi dimensioni dei principali Paesi industrializzati delocalizzare la produzione verso aree periferiche nelle quali i costi sono assai più bassi. In questo contesto, solo le piccole e medie imprese specializzate in particolari settori o dotate di competenze tecnologiche specifiche potranno sopravvivere.

Interviene quindi il presidente PROVERA, il quale richiama una recente dichiarazione del Ministro degli esteri del Salvador, che ha esplicitamente collegato gli aiuti allo sviluppo alla trasparenza e alla regolarità circa l'utilizzazione di tali aiuti e per la prima volta ha fatto riferimento alla pari dignità tra Paesi donatori e Paesi riceventi, la cui collaborazione diventa fondamentale per ottimizzare l'impiego delle risorse. Chiede pertanto al Sottosegretario se sia allo studio un sistema di verifiche efficace, affinché all'elargizione delle risorse corrisponda un loro elevato rendimento e affinché i contributi pervengano a chi ne ha realmente bisogno.
Ritiene inoltre lodevole la correlazione più volte affermata tra la concessione degli aiuti e la presenza di determinate condizioni istituzionali, che vanno dall'esistenza di un regime democratico al rispetto dei diritti umani, ma giudica di difficile realizzazione tale corrispondenza che, se dovesse essere effettivamente rispettata, limiterebbe gli interventi a un numero ristretto di Stati. Domanda allora al rappresentante del Governo in quale modo si possa superare l'intermediazione di élites locali non democratiche, in modo che gli aiuti siano realmente destinati allo sviluppo.

Il sottosegretario MANTICA risponde ai quesiti posti, osservando come fino a oggi la diplomazia si sia tradizionalmente astenuta dall'interferire nelle questioni di politica interna degli Stati ospitanti. Tuttavia, se la concessione degli aiuti allo sviluppo verrà fatta dipendere sempre più dalla verifica delle locali condizioni politico-istituzionali, sarà difficile rispettare la tradizione diplomatica. Occorrerà pertanto operare con sensibilità e attenzione.
In merito alla questione della trasparenza, il governo italiano si propone di fornire ai Paesi in via di sviluppo adeguati strumenti informatici; ma - come è noto - l'informatica di per sé rappresenta solo un mezzo per avviare processi di trasparenza e non una garanzia che quest'ultima venga effettivamente conseguita.
Alle preoccupazioni del senatore Grillotti replica poi ricordando come l'Italia sia in grado di esportare la cultura economica e produttiva legata alle piccole e medie imprese; una cultura che potrebbe essere in grado di favorire profonde trasformazioni nei Paesi in via di sviluppo, al fine di porre rimedio ai fenomeni di eccessiva urbanizzazione e incentivare modelli più equilibrati di sviluppo. Ricorda peraltro che i Paesi del G8 destinano 300 miliardi di dollari l'anno a difesa dei prodotti agricoli e solamente 50 miliardi di dollari agli aiuti ai Paesi in via di sviluppo. Ritiene quindi che, se fossero riequilibrati i meccanismi di difesa di determinati mercati, si potrebbero ricavare risorse anche per il sostegno delle piccole e medie imprese, le quali del resto hanno a loro volta delocalizzato la produzione in Paesi terzi caratterizzati da più bassi costi. Da parte loro, i Paesi in via di sviluppo dovranno prendere in considerazione i meccanismi di aiuto economico e finanziario nell'ottica di uno sviluppo progressivo del mercato, che non potrà certo essere impedito, né ostacolato.

Interviene quindi il senatore ANDREOTTI, il quale ricorda preliminarmente come le dimensioni che deve assumere l'apporto dell'Italia alla cooperazione allo sviluppo in termini di quota sul PIL siano ormai da molti anni oggetto di discussione, ed anche di polemica, fra le forze politiche. Domanda poi quali iniziative intenda adottare in concreto il Governo per assicurare il conseguimento dell'obiettivo da esso da ultimo annunciato di pervenire ad una percentuale pari allo 0,33 per cento del PIL entro il 2006. In proposito, osserva che per il momento, al di là delle generiche dichiarazioni di intenti, nei documenti di bilancio di recente adottati non è dato di ravvisare segnali significativi di una prima inversione di tendenza in direzione dell'obiettivo testè indicato.
In tali condizioni, sembra urgente – anche per evitare di alimentare aspettative non sostenibili –che il Governo indichi quali risorse si intendono mobilitare per far fronte al consistente aumento che si ipotizza in ordine all'impegno italiano per l'APS.

Il sottosegretario MANTICA, dopo aver ricordato come, ai fini del calcolo della percentuale dell'aiuto pubblico allo sviluppo dell'Italia ci si attenga alla definizione che di tale aiuto è stata elaborata in ambito OCSE-DAC, sottolinea come si sia passati dallo 0,33 per cento del 1992 allo 0,13 per cento risultante dai dati a consuntivo per il 2001, pari a 2892 miliardi di lire. Di questi, 750 miliardi di lire annui sono destinati a fondi di rotazione gestiti dalla Banca Mondiale, dal Fondo Monetario Internazionale e da altre istituzioni finanziarie internazionali, circa 700 miliardi attengono ad interventi di cooperazione gestiti dal Ministero degli affari esteri - dunque una quota piuttosto esigua - e la rimanenza, che costituisce la quota nettamente prevalente, è rappresentata da disponibilità destinate ad interventi gestiti dall'Unione europea.
L'obiettivo annunciato per il 2006, che andrà evidentemente perseguito secondo criteri di gradualità, è di raggiungere un ammontare di 7500 miliardi di lire per l'aiuto pubblico allo sviluppo.
E' evidente che, a fronte di un aumento tanto rilevante, si porrà l'esigenza di un ripensamento tanto in termine di strutture che di filosofia operativa, in particolare sotto il profilo del riparto fra il canale bilaterale e quello multilaterale della cooperazione, come pure della individuazione delle aree geografiche da privilegiare per gli interventi.
Il Governo non ha ancora compiutamente definito il percorso più appropriato per dar luogo al necessario intervento di riforma, per il quale possono alternativamente ipotizzarsi il ricorso alla delegazione legislativa, in vista di una riscrittura complessiva dell'attuale disciplina in materia di cooperazione, o un intervento di razionalizzazione più circoscritto.

La senatrice DE ZULUETA sottolinea preliminarmente l'opportunità che l'odierna audizione sia dedicata essenzialmente all'approfondimento delle risultanze del Vertice di Monterrey, sottolineando come le problematiche relative alla riforma della cooperazione italiana possano formare oggetto di esame in un'altra occasione, che si augura prossima.
Rileva poi come il Vertice non sia stato all'altezza delle attese. In pratica, si è rinunciato a definire, com'era nelle ipotesi iniziali, un sistema di scadenze fisse e cogenti per l'adeguamento del volume degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, il che segna un obiettivo arretramento rispetto agli impegni assunti nel Vertice di New York.
La scelta inoltre di enfatizzare l'importanza dei meccanismi di condizionalità, che subordinano l'ammissione all'APS all'adozione, da parte del Paese candidato, di determinati indirizzi nelle politiche sociali, ma anche di bilancio, suscita inoltre numerosi interrogativi, in quanto vi è il rischio di dar luogo per il suo tramite ad impropri condizionamenti esterni, oltretutto creando le condizioni in prosieguo di tempo per una crisi di rigetto nelle opinioni pubbliche e nelle leadership locali.
Riserve suscita inoltre la decisione di richiamare, ai fini dei negoziati in materia di apertura commerciale, l'importanza del criterio della reciprocità, che prefigura il ricorso ad ulteriori, improprie condizionalità ai fini della indilazionabile rinuncia, da parte dei Paesi più avanzati, alle barriere doganali nei confronti dei PVS.
Infine, desta fondate perplessità l'affermazione della formula del "Monterrey consensus", che sembra compendiare una aprioristica accettazione di indirizzi per la gestione della finanza internazionale che non hanno dato una prova particolarmente incoraggiante negli ultimi anni, ed andrebbero semmai rapidamente riconsiderati.

Il senatore MARTONE sottolinea in primo luogo l'indilazionabilità del superamento della logica che attualmente presiede alla rilevazione del livello dello sviluppo nei PVS, incentrata su un indicatore come il PIL che risulta in molte realtà assai fuorviante: basti pensare che, ai fini previsionali, si finisce oggi per attribuire una valenza positiva alle calamità naturali, in quanto ad esse sono correlate aspettative di un incremento degli investimenti per la ricostruzione. Proprio in considerazione di ciò, viene ampiamente ridimensionata la portata di quell'incremento del PIL del Mozambico al quale si è riferito il Sottosegretario, alla luce dei fenomeni alluvionali ivi verificatisi.
Per altro verso, occorre prendere coscienza della centralità dei problemi del razionale utilizzo delle risorse naturali ai fini dello sviluppo. In proposito, il caso dell'Albania è emblematico degli attuali ritardi nell'approccio seguito dal Governo italiano, in quanto non si affrontano in via prioritaria i problemi strutturali della rete elettrica in essere – quali l'obsolescenza delle installazioni, con una dispersione del 30 per cento del totale dell'energia immessa, e la diffusione del prelievo abusivo della corrente – insistendo unicamente nella logica dell'aumento della produzione.
Passa quindi a considerare i risultati del Vertice di Monterrey, osservando in primo luogo come in tale occasione si sia affermata una singolare asimmetria nella definizione degli obblighi dei Paesi donatori e, rispettivamente, dei PVS. Mentre i primi hanno finito per affrancarsi da meccanismi di tipo cogente quali erano stati in un primo tempo ipotizzati per la graduale elevazione del loro apporto allo sviluppo, i secondi sono risultati destinatari di previsioni di carattere vincolante ai fini dell'accesso all'APS, specie sotto il profilo della liberalizzazione dei mercati.
Dopo aver manifestato riserve sui meccanismi che attualmente presiedono all'iniziativa HIPC (Heavily Indebted Poor Countries), chiede quale sia l'avviso del Governo in ordine al differente modello di approccio alla cancellazione del debito estero che sembra farsi strada anche nella riflessione del Fondo monetario internazionale, incentrato sul ricorso a procedure di arbitrato internazionale.
Infine, sottolinea come l'attuale grave sperequazione a livello mondiale per ciò che attiene all'accesso alle risorse naturali, da quelle idriche a quelle energetiche, che costituisce già oggi uno dei principali fattori di conflittualità, in prospettiva sia destinata ad assumere un carattere preminente sotto il profilo in questione.

Il sottosegretario MANTICA, in risposta alla senatrice de Zulueta, dichiara di non condividere i rilievi circa il carattere deludente degli esiti del Vertice di Monterrey. In tale sede si sono infatti registrati significativi passi avanti ai fini di un rilancio dell'impegno internazionale per la cooperazione allo sviluppo, sebbene non possa negarsi che talune delle indicazioni della "Dichiarazione del Millennio" siano state disattese, particolarmente per ciò che attiene all'adozione di un sistema di scadenze e di impegni predefiniti.
Per ciò che attiene all'affermazione di meccanismi di condizionalità più puntuali di quelli precedentemente invalsi, occorre tener presente il mutato contesto internazionale, ove la lotta al terrorismo assume inevitabilmente un ruolo centrale.
Per ciò che attiene all'iniziativa HIPC, occorre tener conto del fatto che la tipologia degli interventi da essa contemplati non esaurisce tutte le problematiche inerenti alle crisi nella gestione del debito estero: basti pensare alla situazione dell'Argentina, Paese che non è titolato ai benefici in questione ma nei confronti del quale occorrerà comunque realizzare iniziative di sostegno finanziario. Il Governo segue comunque con attenzione l'evoluzione in corso nell'approccio del FMI, che sta verificando la possibilità di un intervento attraverso le procedure dell'arbitrato internazionale.
Dopo aver osservato come da tempo vi sia un'ampia consapevolezza fra le forze politiche circa l'importanza delle diseguaglianze nell'accesso alle risorse naturali quale fattore di conflitto nelle relazioni internazionali, il Sottosegretario osserva come taluni dei Pesi dell'Africa subsahariana nei quali più acute sono le situazioni di emergenza sul piano economico-sociale siano in realtà in possesso di ingenti ricchezze – basti pensare a Paesi come Angola, Zaire, Sierra Leone e Nigeria - senza che da ciò derivi però alcun apprezzabile beneficio per le rispettive popolazioni, in presenza di conflitti di carattere endemico e di tassi di corruzione per lo più eccezionalmente elevati. In realtà territoriali come quelle testè richiamate, risulta peraltro assai difficoltoso il ricorso ai meccanismi di condizionalità contemplati in via generale: ciò non può però evidentemente precludere la possibilità di un forte sostegno da parte della comunità internazionale. In particolare, in Angola si tratta di far fronte a una situazione drammatica, con circa il 35 per cento della popolazione che è rappresentato da profughi o sfollati, e con centinaia di migliaia di miliziani che andranno utilmente ricollocati nella prospettiva di una pacificazione dopo decenni di guerra civile.

Il presidente PROVERA ringrazia il Sottosegretario, dichiarando conclusa l'odierna audizione.

Il seguito dell'indagine conoscitiva è quindi rinviato.

La seduta termina alle ore 17.

INTERROGAZIONI
8º  Resoconto  stenografico
SEDUTA DI GIOVEDÌ 18 aprile 2002
 
Presidenza del presidente PROVERA
I N D I C E

INTERROGAZIONI
   
 Presidente
 
Pag. 3, 7
    Mantica, sottosegretario di Stato per gli affari esteri
 
3
    * Viviani (DS-U)
 
5
    Allegato (contiene i testi di seduta)
 
8
 
        N.B. I testi di seduta sono riportati in allegato al Resoconto stenografico.

L’asterisco indica che il testo del discorso è stato rivisto dall’oratore.
Sigle dei Gruppi parlamentari: Alleanza Nazionale: AN; Unione Democristiana e di Centro: UDC:CCD-CDU-DE; Forza Italia: FI; Lega Padana: LP; Democratici di Sinistra-l’Ulivo: DS-U; Margherita-DL-l’Ulivo: Mar-DL-U; Verdi-l’Ulivo: Verdi-U; Gruppo per le autonomie: Aut; Misto: Misto; Misto-Comunisti italiani: Misto-Com; Misto-Rifondazione Comunista: Misto-RC; Misto-Socialisti Democratici Italiani-SDI: Misto-SDI; Misto-Lega per l’autonomia lombarda: Misto-LAL; Misto-Libertà e giustizia per l’Ulivo: Misto-LGU; Misto-Movimento territorio lombardo: Misto-MTL; Misto-Nuovo PSI: Misto-NPSI; Misto-Partito repubblicano italiano: Misto-PRI; Misto-MSI-Fiamma Tricolore: Misto-MSI-Fiamma.

I lavori hanno inizio alle ore 15,10.


INTERROGAZIONI

        PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca lo svolgimento dell’interrogazione n. 3-00382, presentata dal senatore Viviani e da altri senatori.

MANTICA, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Le elezioni presidenziali svoltesi in Madagascar il 16 dicembre 2001 hanno visto contrapporsi due candidati: il presidente uscente Ratsiraka ed il sindaco di Antananarivo, Ravalomanana.
Il 25 gennaio 2001 l’Alta corte costituzionale del Madagascar ha reso noto il risultato delle votazioni, attribuendo a Ravalomanana il 46 per cento dei voti e all’uscente presidente Ratsiraka il 40 per cento dei suffragi, e ha disposto lo svolgimento di un secondo turno elettorale. Tale decisione non è stata accettata da Ravalomanana e dai suoi numerosi sostenitori, che sono scesi in piazza per opporsi alla votazione di ballottaggio (prevista inizialmente per il 24 marzo e successivamente rinviata al 28 aprile).
Purtroppo l’Unione europea non aveva partecipato con l’invio di propri osservatori al monitoraggio delle elezioni, proprio in virtù della passata stabilità politica del Madagascar che non ne aveva mai reso necessario l’inserimento tra i Paesi prioritari per le missioni di osservazione elettorale dell’UE.
A seguito di un periodo di crescente tensione, culminato il 28 gennaio con la proclamazione di uno sciopero generale nazionale (sospeso a metà marzo) che ha di fatto paralizzato il Paese, il 22 febbraio Ravalomanana si è proclamato Presidente del Madagascar e, in seguito, ha nominato come primo ministro Jacques Sylla, già Ministro degli esteri nel 1993, procedendo alla costituzione di un Governo contrapposto a quello ufficialmente in carica.
Ratsiraka dal canto suo ha reagito dichiarando prima lo stato di emergenza nazionale e successivamente imponendo la legge marziale nella città di Antananarivo a fronte di una situazione dell’ordine pubblico già altamente fragile, con episodi di violenza soprattutto nelle aree periferiche del Paese, dove è più forte il sostegno al Presidente uscente (il Presidente che avrebbe raccolto il maggior numero di suffragi, che è anche sindaco della capitale, ha maggiore sostegno proprio nella capitale).
La situazione nel Paese continua ad essere molto tesa e caratterizzata da episodici scontri tra le due fazioni. Nel tentativo dei seguaci dell’autoproclamato presidente Ravalomanana di prendere ancora una volta il controllo della città di Fiannarantsoa, senza peraltro riuscirvi, vi sarebbero stati alcuni morti. Gli stessi uomini di Ravalomanana, invece, ancora non hanno dato seguito all’annunciata intenzione di forzare i blocchi attuati dalle forze fedeli al presidente uscente Ratsiraka.
Il Paese risulta dunque spaccato in due, con Antananarivo completamente in mano a Ravalomanana, ma isolata dal resto dell’isola ed esposta al blocco dei rifornimenti di alimentari, carburante e altri beni di prima necessità.
I rapporti di forza sono in una fase di stallo e la situazione nella capitale si fa sempre più difficile. L’assassinio, il 16 aprile, in ospedale, del generale Raymond Andrianaivo, ferito negli scontri dei giorni precedenti e considerato fedele al presidente uscente Ratsiraka, ha fatto temere un’ulteriore degenerazione della crisi. Sempre lo scorso 16 aprile, la Corte suprema malgascia ha annullato i risultati del primo turno delle elezioni. Si attende pertanto un nuovo conteggio dei suffragi ed una nuova proclamazione dei risultati ufficiali.
Sul piano internazionale, l’Organizzazione per l’unità africana (OUA) ha effettuato un primo tentativo di mediazione a metà febbraio ad opera del suo segretario generale, Amara Essy, che è fallito a seguito dell’autoproclamazione di Ravalomanana a Presidente della Repubblica. Nella sua dichiarazione del 22 febbraio, il Segretario generale dell’OUA ha espresso una decisa condanna delle iniziative di Ravalomanana, considerate una violazione della Decisione di Algeri e della Dichiarazione di Lomè, in cui si condannano le modifiche di governo in violazione delle norme costituzionali di un Paese.
Un secondo tentativo di mediazione è stato svolto dall’OUA, all’inizio del mese di marzo, tramite l’ex Presidente di Capoverde, Monteiro, ed il vicepresidente dell’Assemblea nazionale del Senegal, Bathily, che hanno elaborato un programma in sei punti per regolare il contrasto tra le parti in causa. Tale piano prevede un incontro diretto tra i due contendenti per rilanciare il dialogo, il ripristino dell’ordine pubblico, la costituzione di un Governo di riconciliazione nazionale, la garanzia del sostegno della comunità internazionale per la gestione di nuove elezioni ed il mantenimento delle politiche di aiuto al Madagascar.
In sostegno ai tentativi di mediazione dell’OUA, il presidente senegalese Wade ha rivolto un invito ai due contendenti a recarsi nei giorni scorsi a Dakar in occasione della Conferenza sul finanziamento del NEPAD (New partnership for Africa’s development). Il tentativo di mediazione del presidente Wade ha ricevuto l’incoraggiamento sia del Dipartimento di Stato americano, sia dell’Unione europea. Obiettivo dell’iniziativa è quello di ottenere impegni per mettere fine alle violenze.
Dopo colloqui separati con un gruppo di quattro Capi di Stato africani (il senegalese Wade, l’ivoriano Gbagbo, il mozambicano Chissano e Kerekou del Benin), Ratsiraka e Ravalomanana si sono abbracciati e successivamente hanno avuto un lungo colloquio. Il contatto diretto tra i due contendenti dovrebbe preludere ad una dichiarazione comune che costituirebbe un importante punto di svolta nella crisi in atto.
L’Unione europea ha sempre seguito da vicino l’evolversi della situazione in Madagascar, appoggiando la condotta dall’OUA. Nella sua dichiarazione del 25 febbraio, l’Unione europea ha espresso il suo rammarico per il fallimento dei tentativi di mediazione e ha auspicato una ripresa del dialogo.
Ieri, l’Unione europea ha emanato una seconda dichiarazione in cui, dopo avere evidenziato la sua preoccupazione per il degenerare della crisi in Madagascar, esprime il suo sostegno a tutti i tentativi di mediazione messi in opera dal presidente Wade sotto l’egida dell’OUA.
L’Italia ha contribuito ad elaborare le posizioni espresse dall’UE e, d’intesa con i partner, ritiene che ogni sforzo vada fatto al fine di trovare una soluzione coerente con il mantenimento della pace. Il Governo italiano auspica che l’incontro di Dakar fra i due contendenti possa confermarsi come un punto di svolta nella drammatica situazione e siamo disponibili a fornire ogni supporto al buon esito dell’iniziativa. In tale prospettiva, l’Unione europea fornirà il proprio sostegno all’organizzazione di una nuova consultazione elettorale che dovrebbe potersi svolgere in un clima di imparzialità e di trasparenza.
Al contempo, il Governo italiano segue con attenzione gli sviluppi della crisi sul fronte interno, con particolare attenzione per la situazione dei cittadini italiani presenti nel Paese. Anche in assenza di una ambasciata italiana in Madagascar, la nostra ambasciata a Pretoria, in stretto contatto con il consolato generale onorario ad Antananarivo e con il vice consolato onorario di Nosy-Be, effettua un monitoraggio costante della situazione dei nostri connazionali residenti in Madagascar. Al riguardo, in collaborazione con l’Unità di crisi della Farnesina, si stanno elaborando provvedimenti a tutela della sicurezza dei nostri connazionali per far fronte ad un eventuale peggioramento della situazione. Si segnala che nonostante lo stato di tensione dall’incerta evoluzione ed il perdurare della semiparalisi delle attività economiche e dei trasporti, dei circa 1.200 connazionali residenti solo una ventina di persone avrebbe espresso l’intenzione di lasciare il Paese (sono presenti soprattutto missionari e religiosi che operano in Madagascar). Si prevede, infine, il prossimo invio in missione in Madagascar di un alto funzionario dell’ambasciata italiana di Pretoria al fine di effettuare una verifica in loco della situazione dei nostri connazionali.

VIVIANI (DS-U). Innanzitutto desidero ringraziare il Presidente della Commissione ed il Sottosegretario per la tempestività con la quale si è provveduto a rispondere all’interrogazione in esame.
Il quadro della situazione che ci è stato presentato richiede qualche precisazione. La crisi in Madagascar trae origine dalle elezioni di dicembre, le quali, ancorché ratificate posteriormente dalla Corte suprema, hanno evidenziato seri dubbi circa la trasparenza e la legalità. I risultati che sono stati proclamati sono stati immediatamente contestati in quanto altri conteggi davano al Presidente attuale, sindaco della capitale, il 52 per cento dei voti, contro il 35 per cento del Presidente uscente.
A seguito di ciò, si è avuta l’autoproclamazione del nuovo Presidente, non dettata dalla volontà esplicita di mettere in discussione le elezioni, anche se è noto – come evidenziano gli osservatori locali – che quelle elezioni sono state contrassegnate da notevoli irregolarità. Si parla di liste fasulle, di verbali di seggi inesistenti, di militari con ben tre certificati elettorali, che quindi hanno votato più di una volta, per cui i risultati sono inficiati da notevoli irregolarità.
Trattandosi di un conflitto che interessa uno degli aspetti essenziali della democrazia, cioè la libera espressione del voto, è uno dei casi in cui il ruolo degli osservatori internazionali, il ruolo dell’ONU in particolare, può avere una notevole rilevanza, tanto più che adesso la situazione è diventata veramente grave, nel senso che non solo si verifica un blocco dei rifornimenti di carburante, di generi alimentari di prima necessità e di medicinali in direzione della capitale, ma vi è stato un vero e proprio pronunciamento di secessione. Infatti, i governatori delle cinque province in cui è suddiviso il Paese hanno dichiarato il distacco dalla capitale e, assieme al Presidente uscente, hanno proclamato la costituzione di un nuovo Stato eleggendo a propria capitale la capitale economica del Paese, nella quale sono situati i pozzi di petrolio, creando in tal modo una divisione particolarmente profonda del Paese.
È chiaro che le cose non possono proseguire in questo modo, perché si è al limite della guerra civile e vi sono stati già molti morti; inoltre, permane una penuria, per larga parte della popolazione, dei mezzi di prima necessità che comporta anche il pericolo di carestie e di situazioni sempre più ingovernabili.
Peraltro, gli elettori del nuovo Presidente continuano a tenere, nella capitale, manifestazioni del tutto pacifiche richiedendo che venga affermato il vero risultato delle elezioni.
Credo che l’incontro che sta avendo luogo in queste ore a Dakar tra i due contendenti rappresenti un fatto positivo perché può costituire un importante elemento di pacificazione.
In linea di principio concordiamo sulla possibilità di indire nuove elezioni; però, nel contesto in cui ci troviamo e visti i precedenti, è chiaro che tali nuove elezioni avrebbero un senso se fossero rigidamente controllate e dirette da organismi internazionali, altrimenti si correrebbe il rischio del verificarsi di ulteriori brogli nonché di situazioni di irregolarità ed illegalità.
Ritengo importante che sia esercitata, soprattutto da parte dell’Italia, una pressione nei confronti dell’Unione europea, anche se è vero che essa ha, in qualche modo, delegato all’analoga organizzazione africana l’intervento diretto nella questione. Tuttavia, vi è un problema interno all’Europa, in quanto la Francia è direttamente interessata e parteggia abbastanza apertamente per il Presidente uscente Ratsiraka andando, in qualche modo, ad incidere sulla piena libertà dell’iniziativa europea nella vicenda.
L’Italia dovrebbe quindi insistere affinché l’Europa assuma anche in questo caso un ruolo super partes, al di là dei legittimi interessi di uno dei suoi Stati membri, in modo tale che si affermi una linea squisitamente europea.
        Peraltro, il nostro Paese – come ha ricordato il Sottosegretario – nutre anche un interesse particolare alla situazione, che deriva dalla presenza
in loco di diversi cittadini italiani; si tratta in gran parte di missionari (sacerdoti, suore e laici) che stanno svolgendo un’azione non solo di diffusione della fede cristiana, ma anche di civilizzazione.
Al riguardo, occorre notare che il Madagascar, nonostante la presenza di molte etnie e di diverse religioni, è un Paese che è vissuto sostanzialmente in pace da questo punto di vista e che ha registrato un dialogo interreligioso ed ecumenico di particolare valore, per cui sarebbe sbagliato introdurre elementi di differenziazione etnica o di conflitto religioso nella vicenda. Il conflitto è squisitamente politico e riguarda sostanzialmente la successione al potere in uno dei Paesi più poveri del mondo che invece avrebbe bisogno di un Governo che l’aiutasse ad uscire dal sottosviluppo.
Sono quindi parzialmente soddisfatto della risposta del Sottosegretario e sollecito un maggiore impegno dell’Italia nella direzione che ho indicato.
PRESIDENTE. Lo svolgimento delle interrogazioni all’ordine del giorno è così esaurito.
I lavori terminano alle ore 15,30.
 


Allegato

INTERROGAZIONI

        VIVIANI, TONINI, ANGIUS, BUDIN, DE ZULUETA, MARTONE, DANIELI Franco. – Al Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli affari esteri. – Premesso che:

in Madagascar dal dicembre scorso, da quando si è tenuto il primo turno delle elezioni presidenziali, si svolge un braccio di ferro tra l’opposizione, che dichiara di aver già vinto le elezioni con il suo candidato, M. Ravalomanana, e il governo del presidente uscente D. Ratsiraka che, appellandosi a una sentenza della corte suprema, esige che si tenga il secondo turno delle elezioni stesse;
i risultati elettorali ufficiali proclamati in gennaio, nonostante i numerosi brogli elettorali accertati e denunciati dagli oppositori di Ratsiraka, dichiaravano il 46,21 per cento di voti a Ravalomanana contro il 40,89 per cento a Ratsiraka;
da tre mesi il Madagascar è in lotta «non violenta» per difendere l’esito delle elezioni del 16 dicembre e per ribellarsi al dittatore Didier Ratsiraka che da 25 anni opprime il paese con tutti i mezzi possibili, mantenendolo nella paura;
dietro lo scontro politico premono tradizionali contrapposizioni etniche (maggioranza Merinos contro altre 17 entità etniche, minoranza cristiana contro maggioranza musulmana), regionali (la capitale Antananarivo, gli altipiani e le aree costiere), sociali (ristrette élite privilegiate contro una gran maggioranza della popolazione, mai uscita dalla povertà in 40 anni d’indipendenza); intanto, il paese è paralizzato e vede aggravarsi le proprie difficoltà economiche;
il clima di tensione sociale appare molto forte: ogni giorno migliaia di persone manifestano in favore e in difesa del presidente Ravalomanana e in azioni di polizia e in scontri di piazza si sono già avuti numerosi morti;
la comunità internazionale è rimasta inerte e disinteressata rispetto a questi avvenimenti e della tragedia che sta vivendo il Madagascar non parla quasi nessuno (giornali, radio e TV), mentre sempre più forte avanza il rischio dell’esplosione di una guerra civile,
si chiede di sapere:
quale sia l’attuale situazione nel paese malgascio e quali iniziative urgenti nelle sedi internazionali e comunitarie siano state intraprese per l’affermazione della legalità e per il rispetto dei diritti umani;
quali iniziative intenda assumere il Governo sia in senso bilaterale che multilaterale per promuovere sanzioni cosiddette «intelligenti», come è avvenuto nel caso dello Zimbabwe, e per assicurare la presenza sul territorio di osservatori internazionali ed europei.
(3-00382)

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