TERRITORIO, AMBIENTE, BENI AMBIENTALI (13a)

MARTEDÌ 8 OTTOBRE 1996


28a Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Vice Presidente
CARCARINO

indi del Presidente
GIOVANELLI

Intervengono ai sensi dell'articolo 48, primo comma, del Regolamento, i professori Giorgio Nebbia e Siro Lombardini nonchè il dottor Marcello Franco.

La seduta inizia alle ore 11,50.

PROCEDURE INFORMATIVE
Indagine conoscitiva in merito allo schema di decreto legislativo sulla disciplina dei rifiuti: audizioni di docenti universitari ed esperti di diritto ed economia ambientale.
(R048 000, C13a, 0001o)

Il presidente CARCARINO dichiara aperta l'indagine conoscitiva in titolo; introduce quindi il professore emerito di merceologia Giorgio Nebbia, il professore di economia politica Siro Lombardini ed il dottor Marcello Franco, che intervengono alla prima audizione prevista di docenti universitari ed esperti.

Il professor LOMBARDINI, nell'esaminare lo schema di decreto legislativo sui rifiuti, giudica importante evitare il pericolo di fissare obiettivi irraggiungibili: l'attuabilità del testo proposto passa per una sua minore genericità, per controlli effettivi (seppur a campione) e per un riequilibrio dell'apparato sanzionatorio a favore delle pene pecuniarie. Lo «sportello unico» tra camere di commercio e regioni potrebbe poi evitare inutili duplicazioni, mentre all'interno del sistema autorizzatorio sui rifiuti potrebbero essere riutilizzate -anche a scopo di vigilanza - le informazioni già acquisite dalle camere di commercio per le denuncie di inizio d'attività produttiva.
Incentivare la riduzione della produzione di rifiuti - nonchè il suo spostamento dal riciclo al riuso - implica anche un maggiore sforzo economico, come potrebbe avvenire se si differenziasse l'imposizione indiretta a seconda della maggiore o minore recuperabilità degli imballaggi; quanto alle autonomie locali (tra le quali occorrerebbe includere anche la menzione espressa delle aree metropolitane), si potrebbe prevedere che i proventi derivanti dal sistema autorizzatorio confluiscano in un unico fondo, per ciascuna di esse, in modo da propiziare un maggiore interesse delle istituzioni locali nel controllo dell'attuazione completa della normativa.

Il dottor FRANCO giudica necessario rendere il testo adeguato allo scopo che si propone, valutandone gli effetti in termini applicativi per individuare la sufficienza e la congruità degli strumenti prefigurati.
Il sistema sanzionatorio, anzitutto, si incentra sulla norma dell'articolo 49, volta a punire l'esercizio di attività di discarica non autorizzata ai sensi del decreto: eppure, all'articolo 50 le norme di cui ai commi 1 e 3 interferiscono con lo stesso ambito di materia, contemplando diverse - e presumibilmente speciali - previsioni sanzionatorie. Si ravvisa poi un'eccessiva enfasi pianificatoria, con quattro livelli (statale, regionale, provinciale, e nuovamente regionale per la determinazione degli ambiti ottimali) rispetto ai quali il piano nazionale è lo strumento fondamentale e presupposto di tutti gli altri. Si ritorna quindi sul modello della legislazione a cascata, che ha già in passato offerto scarsi risultati: essi non sono ascrivibili totalmente alle regioni, visto che l'inapplicabilità si è già riscontrata nell'attuazione integrale del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982 ed in proposito lo Stato non è riuscito ad esercitare alcuna attività surrogatoria.
Il sistema prefigurato dalla normativa comunitaria differenziava tra materiali ed attività suscettibili di autorizzazione, ed attività per le quali vi sarebbe stata una mera iscrizione; era poi prevista la dispensa dall'autorizzazione per l'autosmaltimento (se non riguardante i rifiuti pericolosi) e le attività di recupero. Lo schema di decreto legislativo, invece, distingue tra autorizzazioni in senso stretto, iscrizioni e comunicazioni preventive: se è vero che la miscelazione di rifiuti pericolosi e gli impianti di smaltimento o recupero possono rientrare nel regime autorizzatorio, è altrettanto vero che la raccolta, il trattamento e la commercializzazione di rifiuti - se eseguite a titolo professionale - rientrano nel regime della mera iscrizione, dichiarato sostitutivo dell'autorizzazione. È evidente il groviglio interpretativo cui dà luogo la nozione di attività professionale, che potrebbe limitarsi ad una soltanto di tali attività e che, apparentemente, potrebbe sottrarre dall'autorizzazione operazioni assai rilevanti; ma, soprattutto, il testo ignora che l'autorizzazione si fonda su una valutazione dotata anche di elementi di discrezionalità, ontologicamente diversa da quella che si pone alla base della procedura semplificata di iscrizione.
Anche la nozione di impresa che gestisce impianti di recupero o smaltimento di titolarità di terzi è di difficile determinazione, quando probabilmente bastava far riferimento meno ermeticamente alle pubbliche amministrazioni che demandano in appalto a privati lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti raccolti sul loro territorio. Le procedure semplificate, del resto, sono oggetto di un «rinvio in bianco» ad un decreto ministeriale, i cui criteri di emanazione appaiono piuttosto tautologici; un decreto ministeriale è previsto anche per le comunicazioni preventive sulle attività di utilizzo diretto, ma il combinato disposto tra l'articolo 6 del testo e l'allegato A (che contiene una clausola residuale amplissima) produce un'estensione indebita della normativa ben oltre l'ambito dei rifiuti.
La competenza statale per la valutazione di impatto ambientale sugli impianti di smaltimento e recupero è poi implicitamente estesa a tutti i rifiuti pericolosi, essendo soppressa la categoria dei rifiuti tossico-nocivi che era di gran lunga meno ampia (ed alla quale si riferiva la precedente previsione di un obbligo di valutazione di impatto ambientale). La natura sostitutiva del provvedimento di autorizzazione allo smaltimento, nei confronti di altri atti amministrativi (su aspetti territoriali ed ambientali), è oggetto di equivoco: finora essa era intesa come meramente cumulativa, rispetto alle istruttorie riguardanti atti autorizzatori di scarichi in atmosfera, mentre ora pare assumere una diversa configurazione e, soprattutto, pare estendersi anche ai procedimenti concernenti l'igiene pubblica. Totalmente incomprensibile è poi la disciplina dei termini, soprattutto per il rinnovo dell'autorizzazione, con decorrenze che si sovrappongono e si intersecano; peraltro, una maggiore determinazione occorrerebbe per precisare i criteri in virtù dei quali si rinnova l'autorizzazione allo smaltimento o al recupero.
Una netta distinzione tra smaltimento e recupero dovrebbe derivare da un'attenta analisi dell'elemento teleologico dell'attività esercitata: la normativa comunitaria mirava ad individuare standards di recuperabilità dei rifiuti, mentre nel testo non si riscontrano strumenti atti ad evitare gli intenti elusivi che talvolta sono tra i moventi di quelle che vengono presentate come attività di recupero. Rispetto agli obiettivi conclamati, quindi, il testo appare deludente: non ci sono elementi innovativi rispetto al panorama giuridico esistente, soprattutto per rimuoverne le rigidità e le difficoltà applicative nelle quali le regioni si dibattono.

Il professor NEBBIA, nel lasciare una nota scritta alla Presidenza, dichiara preliminarmente di condividere l'obiettivo del provvedimento, che può riassumersi nell'attribuzione di un ruolo centrale al riutilizzo, al riciclaggio e al recupero di materie prime ed energia da rifiuti preselezionati e pretrattati. Fondamentali per la comprensione del decreto sono gli articoli 3 e 4 la cui successione, a suo avviso, dovrebbe però essere logicamente invertita; fondamentale importanza per gli obiettivi del provvedimento ha invece l'articolo 6, il cui contenuto necessita tuttavia di profondi chiarimenti. In primo luogo, la definizione di attività di «utilizzo diretto» è poco comprensibile ed in secondo luogo il riferimento ai materiali elencati nell'allegato A richiede l'individuazione di precise definizioni per i materiali stessi, dal momento che essi difficilmente possono essere utilizzati direttamente in un ciclo produttivo, ma hanno invece bisogno di essere riciclati. Per evitare che i residui di produzione e le merci usate siano destinate allo smaltimento, è perciò essenziale definire le caratteristiche merceologiche dei materiali destinati al riciclaggio (che tra l'altro sono vere e proprie merci), i limiti alla concentrazione di agenti inquinanti immessi nell'ambiente durante ciascun processo di riciclaggio (che in definitiva è un processo produttivo come tutti gli altri) e i caratteri delle merci riciclate. Al riguardo ricorda che già il decreto-legge sulle materie prime secondarie del novembre 1993 aveva affrontato tali problematiche attraverso il rinvio ad un decreto ministeriale di attuazione, poi effettivamente emanato il 5 settembre 1994 e sebbene tale disciplina presentasse molti limiti tecnici, rispondeva tuttavia a quanto dovrebbe essere oggi regolato per raggiungere gli scopi del decreto legislativo in esame.

Ad un quesito del presidente GIOVANELLI circa l'applicabilità dei limiti generali per gli agenti inquinanti, il professor NEBBIA risponde che tali limiti dovrebbero essere specifici per ciascun materiale, anche al fine di incentivare l'uso di quelli meno inquinanti. In ogni caso, è poi a suo avviso essenziale un coordinamento fra gli articoli 6 e 32. Si sofferma quindi sull'articolo 12 relativo al catasto dei rifiuti, argomento di grande rilevanza in quanto non è possibile svolgere un'efficace politica dei rifiuti e controllare l'efficacia dei provvedimenti assunti in mancanza di esatte informazioni statistiche sulla quantità e sul tipo dei materiali che circolano in forma di «rifiuti». L'applicazione delle norme vigenti sul catasto non ha purtroppo consentito finora di avere informazioni statistiche attendibili, dal momento che i dati raccolti sono difficilmente confrontabili e quindi di limitata utilità a fini statistici. Sulla base della considerazione che la prossima denuncia al catasto, da presentare nel prossimo aprile 1997, dovrà essere effettuata sulla base del catalogo europeo dei rifiuti e poichè tali dati non sarebbero omogenei con quelli finora acquisiti dalle camere di commercio, determinati invece sulla base del catalogo italiano, si chiede se non sarebbe opportuno prevedere che la presentazione di tali denunce sia fatta direttamente all'ANPA, alla quale pure in futuro tali dati vorrebbero affluire. Dopo aver formulato osservazioni di carattere terminologico con riferimento agli articoli 13, 18, 21, 22, 25, 30, 38 e 43, il professor Nebbia rileva, con riferimento agli articoli 46 e 53, che sebbene l'articolo 53 si riferisca alle sanzioni relative alla violazione di norme riguardanti le pile e accumulatori esausti di cui all'articolo 46, quest'ultimo si limita in realtà a stabilire le caratteristiche merceologiche delle pile destinate al commercio e di apparecchi che incorporano pile ed accumulatori; il testo non tiene poi conto che gli accumulatori sono diversi dalle pile, per cui richiederebbero un'adeguata differenziazione. Per quanto riguarda infine le abrogazioni di norme in contrasto o incompatibili con il decreto legislativo, il professor Nebbia raccomanda un maggior coordinamento con la normativa vigente.

Seguono interventi e quesiti dei senatori.

Il senatore STANISCIA chiede agli intervenuti proposte concrete per superare le difficoltà segnalate ed in particolare un suggerimento per disciplinare il caso di disaccordo tra le parti nell'ambito della conferenza di servizi. Chiede poi al professor Lombardini se a suo avviso il sistema produttivo italiano sia oggi pronto per attuare le nuove norme sui rifiuti e assimilare pienamente la filosofia del recupero e del riciclaggio.

Il senatore BORTOLOTTO, con riferimento alle difficoltà di redazione dei piani regionali segnalate dal professor Franco, rileva che esse sono da ricondurre in gran parte alla difficoltà di delocalizzare gli impianti. Al di là di tali carenze, sarebbe comunque utile, secondo lui, decidere con chiarezza se la pianificazione in tale settore può dare risultati apprezzabili o meno. Chiede poi agli intervenuti se sia opportuno disciplinare, nell'ambito del decreto in esame, aspetti che rientrano in settori diversi da quello strettamente ambientale, quali la tassazione o la qualità dei prodotti da riciclaggio.

Replica agli intervenuti il professor LOMBARDINI il quale, nel premettere che una gestione intelligente dei rifiuti può condurre da un punto di vista macroeconomico ad una diminuzione del livello generale dei costi di produzione, afferma che l'obiettivo più qualificante cui si dovrebbe puntare oggi è quello di favorire le tecnologie che riducono i rifiuti anche prevedendo strumenti di incentivazione o disincentivazione, poichè la minore produzione di rifiuti è, a suo avviso, condizione per il successo degli interventi finalizzati ad aumentare la quantità di rifiuti destinati al recupero da una parte e diminuire la quantità di rifiuti inviati allo smaltimento dall'altra. Circa l'utilità della pianificazione, segnala che essa è strettamente correlata con la serietà che caratterizza l'elaborazione delle strategie di fondo, strategie che possono anche riguardare i vari livelli decisionali ma che per poter essere adeguatamente attuate devono impegnare direttamente i responsabili politici. È necessario cioè dare a questo riguardo un deciso segnale di svolta rispetto al passato. Funzionali al raggiungimento degli obiettivi perseguiti dal decreto sono poi interventi volti a modificare i modi di produzione e favorire la conoscenza delle materie secondarie. Anche in risposta ad un quesito del senatore CARCARINO, afferma poi che sarebbe opportuno indicare con chiarezza nel decreto un ordine di priorità nell'ambito della gestione dei rifiuti, sottolineando peraltro l'esistenza di un collegamento diretto con la gestione del territorio e la necessità di una maggiore responsabilità delle amministrazioni ai diversi livelli.

Il dottor FRANCO esprime l'avviso che il testo in esame non sembra di grande aiuto, così come attualmente formulato, agli operatori che intendano impegnarsi nel riciclaggio dei rifiuti o comunque diminuire il ricorso allo smaltimento. La disciplina proposta dal Governo presenta infatti molti punti oscuri e incongruenze che la rendono difficilmente comprensibile e quindi attuabile. A suo avviso, in luogo del complesso sistema pianificatorio proposto, sarebbe di gran lunga preferibile un programma di lavoro da sottoporre a periodiche verifiche cui potrebbero seguire gli aggiustamenti del caso. Relativamente alle denunce al catasto, non condivide la proposta di far presentare le denunce stesse all'ANPA, la quale, insieme alle agenzie regionali, è interessata solo ai dati da esse ricavabili; sarebbe invece più utile pervenire ad una centralizzazione dei dati finora in possesso delle camere di commercio. Riguardo poi al catalogo europeo, in base al quale le denunce dovranno essere strutturate fin dal prossimo anno, segnala che le definizioni in esso contenute sono tali da consentire un ampliamento e tale opportunità deve essere colta immediatamente, anche perchè la prima attività da programmare, ai fini del decreto, è la costruzione di una banca dati attendibile e aggiornata. Sottolinea poi che nello schema di decreto presentato dal Governo si ripropone la stessa procedura di cui all'articolo 3-bis introdotto alla legge di conversione n. 441 del 1987, senza peraltro risolvere le difficoltà che hanno interessato l'attuazione di tali procedure. Con riferimento ai problemi segnalati dal senatore Staniscia, esprime l'opinione che per il buon esito della conferenza di servizi è necessario individuare con esattezza i vari provvedimenti suscettibili di essere accorpati nell'unico provvedimento finale, ponendo in grado i soggetti coinvolti di recare nell'ambito della conferenza gli esiti della istruttoria già svolta da ciascuno, e decidere poi fin dall'inizio gli effetti della contrarietà al provvedimento da parte di un solo soggetto, così come la portata giuridica dell'atto approvato; ad esempio, se si decide che l'autorizzazione allo smaltimento sostituisce l'autorizzazione edilizia, occorre nel contempo precisare che in caso di varianti edilizie successive non è necessario ripercorrere il procedimento originario. Riferendosi poi alle problematiche individuate dal senatore Bortolotto, risponde che a suo avviso non sarebbe opportuno, per un motivo di ordine normativo, disciplinare nello stesso testo materie eterogenee. In risposta ad un quesito del senatore CARCARINO, sull'opportunità di modificare ovvero di sopprimere l'articolo 6, il dottor Franco sottolinea senz'altro l'assoluta necessità di un chiarimento dell'articolo 6, anche perchè non è accettabile che dopo circa tre anni di vigenza di una disciplina dei rifiuti contenuta nell'ambito di un provvedimento d'urgenza continuamente reiterato, agli operatori si offrano ancora norme con carattere transitorio. Infine, in merito al quesito del presidente Giovanelli sui limiti delle sostanze inquinanti, segnala l'accettabilità, a suo avviso, dei limiti generali.

Il professor NEBBIA concorda con gli obiettivi dichiarati nella relazione illustrativa del decreto legislativo ed auspica un loro recepimento nel testo dell'articolo 1; il decreto dovrebbe anche chiarire quali sono le caratteristiche delle merci riciclabili o di quelle a raccolta differenziata.
Circa l'articolo 18, comma 3, del testo proposto, l'oratore giudica possibile accentuarne la funzionalità affidandone l'applicazione alle autorità nazionali.

Si apre un breve dibattito sul punto, con il dottor FRANCO che giudica pericolosa una norma che preveda un vero e proprio acquisto coattivo: concorda il senatore STANISCIA, mentre il presidente GIOVANELLI ed il senatore BORTOLOTTO ravvisano alcuni precedenti in tal senso nella normativa comunitaria e regionale.

Conclude il professor NEBBIA, ricordando che già attualmente le pubbliche amministrazioni regolano nei propri capitolati le caratteristiche merceologiche dei beni che esse acquistano.

Il presidente GIOVANELLI ringrazia i soggetti auditi e, nel dichiarare concluse le audizioni previste per la seduta antimeridiana, avverte che il seguito dell'indagine conoscitiva è rinviato ad altra seduta.

La seduta termina alle ore 14,15.