DIFESA (4
a
)
MERCOLEDI' 8 MARZO 2000
214
ª Seduta
Presidenza del Presidente
DI BENEDETTO
Interviene il sottosegretario di Stato per la Difesa Guerrini.
La seduta inizia alle ore 15.
SULL'UFFICIO DI SEGRETERIA DELLA COMMISSIONE
Il senatore PALOMBO lamenta le note e persistenti carenze di organico nelle quali versa la Segreteria, che rendono estremamente disagevole per i commissari poter usufruire dei servizi, pur resi ad elevato livello qualitativo. L'attività globale della Segreteria tuttavia risente dell'assenza di personale addetto, in particolare ne risente la funzione di resocontazione, che non sempre è in grado di riflettere pienamente i dibattiti svolti e ciò a causa della quantità di compiti da espletare contemporaneamente e gravitanti su una sola persona.
Il senatore MANCA aderisce pienamente a quanto dichiarato e chiede al Presidente l'assunzione ad ogni iniziativa atta a garantire la parità di condizioni fra le Segreterie delle varie Commissioni per quanto attiene alla consistenza degli organici.
Il senatore LORETO propone di deliberare una richiesta ufficiale di potenziamento dell'organico o, comunque, di copertura delle vacanze, da trasmettere al vertice amministrativo.
Il PRESIDENTE conferma di aver sollecitato a più riprese il Segretario generale sia per l'acquisizione di locali adeguati alle esigenze di archivio, sia per coprire l'attuale vacanza nell'organico della Commissione. Assicura l'adozione di tutte le iniziative necessarie per rendere più fluido il lavoro, già svolto, come giustamente riconosciuto, con elevata professionalità e con grande impegno.
PROCEDURE INFORMATIVE
Interrogazioni
Il sottosegretario GUERRINI risponde all'interrogazione n. 3-00794 rilevando che la caserma "Fiore" di Pordenone, all'epoca dei quesiti posti dall'interrogante, presentava effettivamente seri problemi infrastrutturale che portarono alla decisione di alloggiare presso altre caserme (la "Cavarzerani" e la "Spaccamela" di Udine) le reclute del 26° battaglione "Castelfidardo". Successivamente, nel biennio 98/99, la stessa caserma è stata interessata da interventi di ristrutturazione e di ordinaria e straordinaria manutenzione per un ammontare di oltre 2 miliardi di lire e, dopo la soppressione del 26° battaglione "Castelfidardo" avvenuta nel corso dell'anno 1998, attualmente ospita il reparto comando e supporti tattici della brigata "Ariete". In particolare, i lavori effettuati hanno reso possibile migliorare la qualità delle infrastrutture e assicurare, quindi un miglior confort al personale. In merito alle caserme "Cavarzerani" e "Spaccamela", sedi rispettivamente del 5° reggimento "Superga" e del 7° reggimento "Cuneo", premesso che le relative infrastrutture sono sufficientemente adeguate alle esigenze, si rappresenta che per la prima, nell'esercizio finanziario del corrente anno sono previsti fondi per la realizzazione di una officina leggera, mentre per la seconda è stato programmato di acquisire la progettazione esecutiva dei lavori di ammodernamento e rinnovamento sia della cucina-refettorio, sia di quattro palazzine destinate all'alloggiamento della truppa. Per quanto riguarda, invece, lo stato delle infrastrutture militari a livello nazionale, esse rispondono a standards qualitativi idonei ad assicurare lo svolgimento dell'attività istituzionale e a garantire un'adeguata sistemazione logistica al personale. In ultimo, per quanto concerne l'adeguamento a livello nazionale delle installazioni alle norme antinfortunistiche, si sta procedendo in tal senso ed in particolare per lo specifico settore, nel biennio 98/99, sono stati finanziati interventi per circa 33,5 miliardi di lire.
Replica il senatore RUSSO SPENA per dichiararsi soddisfatto.
Il sottosegretario GUERRINI risponde all'interrogazione n. 3-00849 ricordando che l'incidente al sommergibile Prini si è verificato all' 1.30 del 18 aprile 1996 nelle acque del canale di Sardegna, mentre era impegnato nell'esercitazione "Forze riunite 96/2", navigando in immersione a 250 metri di profondità. In particolare l'unità navale ha toccato con la parte inferiore della prora la sommità di un pinnacolo segnalato dalle carte nautiche che si eleva in modo anomalo nella zona, sino a 216 metri dal fondo del mare. L'impatto ha provocato il danneggiamento di un limitato tratto dello scafo leggero prodiero e di sei trasduttori dell'idrofono (su un totale di 46). Poiché il sommergibile non si è incagliato né ha subito alcun danno all'elica o ad altre parti della piattaforma, ha potuto emergere agevolmente e, con i propri mezzi, raggiungere prima il vicino porto di Cagliari e poi, accertata la reale portata del danno, la propria sede di assegnazione di Taranto. Le inchieste avviate immediatamente dopo l'incidente sia dalla Marina Militare sia dall'autorità giudiziaria, hanno escluso la sussistenza di colpa, negligenza, imprudenza e d'imperizia nell'operato del comandante e dell'ufficiale in comando di guardia stabilendo che l'incidente è da attribuire alle correnti sottomarine della zona che, più intense di quelle accertate e sperimentate nei giorni precedenti, portarono il sommergibile fuori rotta senza che ne avesse consapevolezza. Il Prini, al momento dell'impatto, stava simulando un attacco contro forze navali avversarie. Il comando di bordo, pur disponendo dell'ausilio di strumenti elettronici di navigazione, trovandosi in una fase delicata delle operazioni di avvicinamento ed attacco simulato alle unità contrapposte scelse di non utilizzarli mantenendo una configurazione di immersione silenziata per non svelare la propria presenza. E' questa una tecnica operativa consolidata ampiamente usata da tutti i sommergibili. L'incidente, pertanto, non è da correlare ad avarie o malfunzionamento di apparecchiature, come pure è da escludere che l'insufficienza di carte nautiche o l'inesatta segnalazione del pericolo sulle medesime in dotazione al sommergibile abbia determinato l'evento. Nella circostanza gli ordini impartiti per le manovre sono stati sempre chiari. L'incidente è da ricondursi a quella casistica di aleatorietà che pur sempre esiste quando i mezzi sono impiegati in attività operative o addestrative avanzate. I lavori di riparazione del sommergibile Prini, iniziati il 2 maggio 1996 (giorno d'ingresso dell'unità nel bacino galleggiante dell'Arsenale militare di Taranto), si sono conclusi alla fine di aprile 1997. In tale periodo sono stati effettuati anche i lavori di carenamento periodico annuale e le manutenzioni previste dalla "sosta manutenzioni programmata standard". Il protrarsi dei lavori fino ad aprile è da ascriversi, oltre che alle predette attività, a problematiche di carattere amministrativo, relative ai tempi necessari per l'approvvigionamento dei materiali, nonché all'indisponibilità del bacino in muratura sino alla data del 31 gennaio 1997, indispensabile per la sostituzione delle 6 stecche idrofoniche. L'evento in argomento è l'unico del genere verificatosi ad un sommergibile classe Sauro in immersione e nessuna delle avarie, a cui nel 1984 furono contemporaneamente interessate tre unità della stessa classe, furono determinate da sinistro marittimo.
Replica il senatore RUSSO SPENA per dichiararsi insoddisfatto.
Il sottosegretario GUERRINI risponde all'interrogazione n. 3-00869. Precisa che la vicenda di Ustica ha coinvolto, nei lunghi anni dell’inchiesta, alcune figure di rilievo dell’Aeronautica Militare. Le varie fasi dell’inchiesta giudiziaria ed il rincorrersi di notizie sulla stampa e sui
media
hanno certamente determinato nell’opinione pubblica un forte impatto, talvolta critico, nei riguardi dell’Arma Azzurra. La costruzione di un rapporto positivo con la pubblica opinione è tanto facile a deteriorarsi quanto difficile da recuperare e richiede quotidiana attenzione. Da questo punto di vista sono stati molto utili i due accordi per i risarcimenti sottoscritti, nel dicembre scorso e nel gennaio di questo anno, rispettivamente con le associazioni dei familiari delle vittime e con il Comune di Casalecchio dopo il tragico incidente aereo occorso in quella città. Tutto ciò non ha impedito che, negli stessi anni, nelle varie sedi istituzionalmente competenti sia nazionali che internazionali continuassero a pervenire convinti riconoscimenti sulla professionalità del personale aeronautico e sull’efficienza dell’organizzazione. L'Aeronautica militare ha quindi continuato ad operare con il massimo impegno guardando con fiducia all’operato della magistratura.
In tutti questi anni gli incarichi interforze sono stati affidati ad esponenti dell’Aeronautica secondo criteri di rotazione e di equilibrio tra le Forze armate. Criteri che nel settembre del 1998 sono stati formalizzati nella “Direttiva per gli avvicendamenti nelle cariche interforze, nazionali ed internazionali, di rilievo”. Non può però sottacersi il fatto che proprio il dispiegarsi dell’iniziativa giudiziaria, che ha aperto a più riprese diversi filoni di inchiesta e si è protratta in tempi eccezionalmente lunghi, tali da rendere necessario il ricorso a provvedimenti di proroga assunti in via legislativa, ha costituito un elemento di difficoltà che ha agito anche come fattore di condizionamento più sul piano soggettivo che su quello generale. Ufficiali generali dell’Aeronautica Militare hanno assunto di recente incarichi apicali nell’attuale vertice militare della Difesa e questo può sicuramente ritenersi espressione di scelte condotte sulla base di valutazioni oggettive, maturate in ambiente interforze e con il pieno consenso di tutti.
Replica il senatore MANCA per dichiararsi insoddisfatto, sia della intempestività sia della difettosità della risposta.
Il sottosegretario GUERRINI risponde, quindi, all'interrogazione n. 3-00911 rappresentando in via preliminare che la vicenda dell'incidente navale occorso nel Canale di Otranto il 28 marzo 1997 tra nave Sibilla e un'imbarcazione albanese è tuttora soggetta ad indagine da parte dell'autorità giudiziaria e di accertamenti di una Commissione di inchiesta amministrativa. Premesso che saranno le indagini giudiziarie in corso a fare luce sulla dinamica di quanto accaduto, stando alle dichiarazioni rilasciate dal comandante del Sibilla e dagli elementi disponibili risulterebbe che nave Sibilla intendeva impostare la propria azione nei limiti delle necessità e proporzionalità richieste dalla situazione di fatto. Sul piano della necessità, infatti, la manovra di avvicinamento a portata di altoparlante/megafono al mezzo impegnato nel traffico di clandestini appariva indispensabile essendo risultati infruttuosi sino ad allora i tentativi di stabilire un contatto via radio. Sul piano della proporzionalità, la manovra di avvicinamento era stata impostata con modalità tali da consentire all'imbarcazione civile di poter procedere in sicurezza su rotta parallela. L'avvicinamento di nave Sibilla al mezzo albanese avvenne in tre fasi successive per portarsi ad una distanza utile alla ricezione, da parte dell'imbarcazione albanese, delle informazioni effettuate con megafono amplificato e con rete microfonica amplificata. Nell'ultima fase, l'avvicinamento fu effettuato sempre dai settori poppieri ad una velocità relativa molto bassa, in modo da portare nave Sibilla ad una distanza di 15/20 metri dal mezzo albanese. Al riguardo, la documentazione tecnica in cui sono registrate tutte le manovre e la rotta dell'unità italiana, fra cui le tracce del percorso nave ricavate dal sistema satellitare GPS ad alta precisione, confermerebbe quanto testimoniato dall'equipaggio (compreso il timoniere) di nave Sibilla, che nessuna significativa alterazione della rotta sarebbe ordinata o effettuata dalla stessa, nei minuti precedenti l'incidente. Risulterebbe anche che il mezzo albanese abbia repentinamente accostato a dritta e che il comandante del Sibilla abbia tentato di fermare la propria unità con un ordine "indietro tutta". Tale ordine, seppure impartito con tempestività, non riuscì tuttavia ad evitare l'impatto. Peraltro, tenuto conto della bassa velocità relativa tra le due unità, appare tecnicamente probabile che il contatto tra di esse, sia stato di modesta entità , come dimostrano le marginali tracce sullo scafo del Sibilla. Tale circostanza fa ragionevolmente ritenere che, al momento dell'impatto, la stabilità metacentrica del natante albanese fosse già notevolmente compromessa per il sovraccarico di persone e per il possibile repentino spostamento delle stesse nelle zone di coperta e di tuga dell'unità. In riferimento ai successivi tre quesiti posti dall'interrogante, relativi cioè alle direttive di comportamento impartite dalle autorità superiori, alle intimazioni fatte all'equipaggio del mezzo albanese e ai compiti di nave Sibilla egli rappresenta che in applicazione dell'Accordo con il governo albanese, in data 25 marzo, furono date disposizioni ai competenti comandi operativi per il "controllo e contenimento in mare degli espatrii clandestini da parte di cittadini albanesi", secondo quanto espressamente riportato nella lettera in data 25 marzo 1997 del ministro degli Esteri all'omologo ministro albanese, e fatto salvo il principio di salvaguardia della vita umana in mare". Le direttive di comportamento per l'esecuzione in acque internazionali di tale attività furono date a nave Sibilla dal Comando in Capo del dipartimento militare marittimo dello Jonio e del Basso Adriatico ed a nave Zeffiro dal comandante in Capo della Squadra navale. Tali direttive tenendo conto del consenso fornito dal Governo albanese all'esercizio da parte italiana di attività in acque internazionali di fermo e dirottamento in porti albanesi di naviglio di bandiera albanese impegnato negli espatri clandestini, prevedevano l'intimazione del divieto di ingresso in acque territoriali italiane, con avvertimento su possibili sottoposizioni a misure di sequestro, arresto e/o rimpatrio in caso di trasgressione, nonché l'adozione di misure dissuasive, qualora l'imbarcazione non avesse aderito a tale intimazione, fermo restando il rispetto della sicurezza della navigazione. Al riguardo è opportuno precisare che tali direttive ricalcavano nella sostanza quelle adottate in applicazione del precedente accordo stipulato tra l'Italia e l'Albania in occasione dell'analoga crisi verificatasi nell'estate del 1991. Per quanto attiene, infine, ai precedenti di carriera del Comandante di nave Sibilla, si rende disponibile il curriculum dell'ufficiale comandante che è stato imbarcato su unità navali di diverso tipo, ininterrottamente dal 1979 al 1988, con incarichi di addetto alle operazioni quale ufficiale in 2°, come comandante in 2° di nave Alpino, negli anni 1994-96, e quindi comandante di nave Sibilla. Il
curriculum
mostra una sequenza di incarichi che, unita ai corsi ed alle specializzazioni, fa del comandante Laudadio un ufficiale di vasta e provata esperienza.
Replica il senatore RUSSO SPENA per dichiararsi insoddisfatto.
Il sottosegretario GUERRINI risponde all'interrogazione n. 3-00966 chiarendo in premessa, che le direttive concernenti la ristrutturazione della Difesa non affrontano problematiche operative di natura tattica e, quindi, non prendono in considerazione aspetti connessi con la posa di campi minati. Peraltro, con specifico riferimento alla normativa che regola l'impiego della mine antipersona, si evidenzia che l'Italia è uno degli Stati firmatari della Convenzione di Ottawa, l'adesione alla quale è stata ratificata con legge 26 marzo 1999, n. 106. Essa vieta l'impiego, lo stoccaggio, la produzione e il trasferimento delle mine antipersona e impone la distruzione degli stock esistenti. Va ricordato, al riguardo, che l'Italia, già prima della sottoscrizione e ratifica della citata Convenzione si era dotata di uno strumento normativo ben più restrittivo in materia: la legge 29 ottobre 1997, n. 374, che vieta l'utilizzo non solo delle mine antipersona propriamente dette, ma anche delle mine anticarro munite di "dispositivo antirimozione". L'impiego di queste ultime è invece considerato lecito dalla Convezione di Ottawa. Pertanto, nel rispetto di quanto previsto dalla legge, le Forze armate italiane: a) stanno procedendo con regolarità alla distruzione delle mine antipersona esistenti; b) non sono dotate di mine anticarro, munite di dispositivo antirimozione; c) escludono, dalla pianificazione operativa, qualunque ipotesi di impiego di mine antipersona, comunque rispondenti alle definizioni di cui alla legge 374/97 e alla Convenzione di Ottawa. In ultimo, per quanto attiene alle mine definite dall'interrogante "multiuso", se come tali si intendono le "munizioni miste" cioè costituite da una combinazione di submunizionamenti antiuomo ed anticarro, egli conferma che non fanno parte delle dotazioni delle Forze armate. Del resto l'Italia ha sempre evitato anche di dotarsi di munizionamento a base di uranio impoverito. Precisa comunque che in questi giorni, e più esattamente il 7 febbraio scorso, il Segretario generale della NATO, Lord Robertson ha risposto all'ONU confermando al Segretario Generale Kofi Annan l'uso di proiettili all'uranio impoverito in Kosovo.
Replica il senatore RUSSO SPENA per dichiararsi soddisfatto.
Il sottosegretario GUERRINI risponde all'interrogazione n. 3-01126 rilevando che la legge 230/98 conferma quanto già disposto dalla precedente normativa prevedendo l'espresso divieto, per chi sia stato ammesso al servizio civile, di partecipare ai concorsi per l'arruolamento nelle Forze armate e nei corpi armati dello Stato, nonché "per qualsiasi altro impiego che comporti l'uso delle armi" (articolo 16, comma 7). Analogamente, l'articolo 2 della stessa legge non consente lo svolgimento del servizio civile a chi, nei due anni precedenti l'istanza di obiezione abbia chiesto di svolgere il servizio militare nei corpi armati dello Stato o in impieghi che comportino l'uso delle armi. Nel caso specifico emerge che il titolo di studio posseduto dal giovane potrebbe essere certamente valido per l'accesso in contesti come il Ministero per l'Agricoltura, ma non nell'ambito del Corpo armato che all'interno di quel dicastero svolge compiti di vigilanza del territorio e di prevenzione di specifici reati, con le connesse responsabilità di polizia giudiziaria. In tal caso, infatti, è indubbio che, a prescindere dalle abituali mansioni svolte, ivi inclusa quella della figura professionale del ricercatore, la detenzione individuale o l'uso delle armi, anche se solo in casi eventuali o del tutto eccezionali, costituisca uno strumento irrinunciabile per l'assolvimento dei compiti istituzionali. Ciò è evidentemente incompatibile con le scelte operate da chi abbia manifestato la propria obiezione di coscienza all'uso delle armi stesse.
Replica il senatore RUSSO SPENA per dichiararsi soddisfatto, pur essendo l'interrogazione superata dagli eventi.
SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE.
Il PRESIDENTE, preso spunto dalla deliberazione dello scorso 1° marzo, volta a convocare il Capo di Stato Maggiore della Difesa in ordine alle dichiarazioni del generale Mazzaroli, già vice-comandante KFOR, chiede di sapere quale sia l'orientamento futuro della Commissione, ossia se la Commissione intenda anche ascoltare il Ministro della difesa.
Dopo gli interventi dei senatori MANCA, LORETO, del Sottosegretario GUERRINI, dei senatori PELLICINI, FORCIERI, PALOMBO, GIORGIANNI e NIEDDU, il PRESIDENTE riassume i termini del dibattito suggerendo l'audizione formale nel corso di prossima seduta del Ministro della Difesa in ordine alla partecipazione italiana alla forza multinazionale impegnata in Kosovo (KFOR).
Conviene la Commissione.
SCONVOCAZIONE DELLA SEDUTA DI DOMANI
Il PRESIDENTE rende noto che, per sopraggiunti impegni, la seduta già convocata per domani, giovedì 9 marzo, non avrà più luogo.
La seduta termina alle ore 16, 25.