AFFARI COSTITUZIONALI (1ª )

MARTEDI' 6 MARZO 2001
650ª Seduta


Presidenza del Presidente
VILLONE


Intervengono i ministri per la funzione pubblica Bassanini e per le riforme istituzionali Maccanico.

La seduta inizia alle ore 14,45.


SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE

Il senatore ROTELLI chiede al Presidente di precisare il programma dei lavori per la settimana in corso.

Il presidente VILLONE risponde individuando, tra gli argomenti all'ordine del giorno, quelli che hanno una sicura priorità: anzitutto il disegno di legge costituzionale n. 4809-B (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) già inserito nel calendario dei lavori dell'Assemblea e, inoltre, gli atti del Governo sui quali è richiesto il parere della Commissione, nonché i disegni di legge assegnati in sede deliberante. A tale ultimo proposito informa la Commissione che oltre al disegno di legge n. 5010, del quale è già iniziata la discussione, sono assegnati in sede deliberante anche i disegni di legge n. 5022, recante disposizioni concernenti il segreto professionale degli assistenti sociali, e il disegno di legge n. 5028, che dispone sul potenziamento degli organici dei vigili del fuoco, entrambi già approvati dalla Camera dei deputati. Al riguardo propone di integrare l'ordine del giorno della Commissione sin dalla seduta successiva.

La Commissione consente.

IN SEDE REFERENTE

(4809-B) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, approvato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge costituzionale d'iniziativa dei deputati Poli Bortone; Migliori; Volonté ed altri; Contento ed altri; Soda ed altri; Fontan ed altri; Mario Pepe ed altri; Novelli; Paissan ed altri; Crema ed altri; Fini ed altri; Garra ed altri; Zeller ed altri; Caveri; Follini ed altri; Bertinotti ed altri; Bianchi Clerici ed altri; dei disegni di legge costituzionale d'iniziativa del Consiglio regionale del Veneto e del Consiglio regionale della Toscana e di un disegno di legge costituzionale d'iniziativa governativa. Approvato, in prima deliberazione, dal Senato. Approvato, in seconda deliberazione, dalla Camera dei deputati.

(Esame e rinvio)

Il relatore CABRAS ricorda che il testo è all'esame della Commissione per la seconda deliberazione del Senato e rammenta che in sede di prima deliberazione la stessa Commissione non concluse l'esame in sede referente, cosicché l'Assemblea del Senato discusse il testo già approvato dalla Camera senza una preventiva relazione. Il disegno di legge ha i suoi punti qualificanti nel rovesciamento sistematico delle potestà legislative delle regioni e dello Stato, individuando quelle statali, quelle di natura concorrente e riservando ogni altra materia alla potestà esclusiva delle regioni. Altro elemento qualificante è la conferma delle attuali autonomie differenziate, mentre un ulteriore carattere del testo si rinviene nella materia finanziaria, in particolare con il fondo perequativo diretto ad assicurare la coesione territoriale. In proposito ricorda la discussione svolta anche in Senato sul mancato riferimento esplicito al Mezzogiorno, che tuttavia appare positivamente superato in un contesto di integrazione europea e in ragione della possibilità di estendere gli interventi diretti a garantire la coesione territoriale anche ad aree diverse da quelle considerate tradizionalmente meno sviluppate. Una innovazione significativa riguarda il sistema dei controlli, sia nei confronti delle regioni, sia nei confronti degli enti locali, con l'abolizione del visto del Governo sugli atti regionali e la possibilità di ricorso alla Corte costituzionale. Si tratta in sostanza di un progetto di riforma completo nel suo insieme, anche se non compiuto in ragione della persistente necessità di risolvere i problemi attinenti alla forma di Governo e al bicameralismo. In ogni caso, il testo in esame è il prodotto coerente del lavoro già svolto dalla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, del quale propone conclusivamente l'approvazione definitiva.

Si apre la discussione generale.

Il senatore PASTORE esprime il disappunto per il voto della Camera dei deputati a stretta maggioranza su un tema così rilevante di revisione costituzionale e ricorda che già in sede di prima deliberazione il Senato, o più precisamente la maggioranza parlamentare al Senato, decise di non modificare il testo della Camera, in modo che gli articoli in esame sono il prodotto, in sostanza, di una decisione esclusivamente monocamerale. E' dunque un procedimento di revisione assolutamente abnorme, ispirato a ragioni squisitamente politiche e privo di una motivazione adeguata di politica istituzionale.

Il senatore PELLEGRINO considera una deformazione della realtà l'accusa, rivolta alla maggioranza parlamentare, di voler imporre una legge di revisione costituzionale esclusivamente con la forza dei numeri: ricorda, infatti, che la grande parte delle forze politiche, fin dai lavori della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, avevano convenuto sulla necessità di assicurare un'adeguata copertura costituzionale al processo di trasferimento di funzioni e compiti dallo Stato alle regioni e agli enti locali realizzato attraverso la legislazione ordinaria. Il testo ricevuto dal Senato in prima deliberazione già teneva conto, in larga parte, di quegli indirizzi manifestati nella Commissione per le riforme e ripresi nel dibattito svolto dinanzi all'Assemblea della Camera dei deputati sui testi prodotti da quella stessa Commissione. Il disegno di legge tiene conto anche di indicazioni importanti che provenivano dai Gruppi dell'opposizione e non vi è, dunque, una ragione politica di imposizione del testo, ma solo una ragione di natura istituzionale, che persiste anche dopo la decisione delle forze politiche di opposizione di non partecipare più al processo di riforma costituzionale. D'altra parte, vi è sempre la possibilità del referendum confermativo, mentre le carenze e i difetti del testo in esame avrebbero potuto essere risolti con una partecipazione corresponsabile dell'opposizione, che purtroppo non vi è stata, e che non può essere comunque imputata alla maggioranza parlamentare.

Il senatore ELIA, in qualità di Presidente del Comitato costituito nell'ambito della citata Commissione per le riforme costituzionali, competente in materia, rivendica la continuità tra i testi prodotti all'epoca e poi valorosamente difesi dal relatore, senatore D'Onofrio, dinanzi all'Assemblea della Camera dei deputati e il testo attualmente in esame. La decisione di approvare la riforma è dunque un atto dovuto, un atto di necessità, ispirato a ragioni squisitamente istituzionali, che si riferiscono anche alle molteplici questioni di legittimità costituzionale già sollevate nei riguardi di quella legislazione ordinaria di trasferimento delle funzioni dallo Stato alle regioni e agli enti locali, che può essere salvaguardata e garantita solo da un'adeguata copertura costituzionale. Non sorprende, a suo avviso, l'atteggiamento assunto dalla Lega Nord, che non partecipò se non in forma strumentale ai lavori della Commissione per le riforme costituzionali, quanto piuttosto l'attuale orientamento di Forza Italia, di Alleanza nazionale e del Centro cristiano democratico, che allora respinsero gli emendamenti presentati dalla stessa Lega Nord ai testi prodotti dalla Commissione per le riforme. Ricorda che il testo discusso all'epoca era certamente meno favorevole all'autonomia regionale di quello attuale, che reca principi di ampliamento delle competenze regionali e, su un punto decisivo, una specifica prescrizione di competenza regionale sicuramente innovativa, in quanto si riferisce alla materia dell'istruzione, che allora invece veniva sottratta alla competenza regionale in ragione di una interpretazione restrittiva dell'articolo 33. Quella in discussione è dunque una revisione costituzionale di grande importanza, che registra il consenso significativo delle regioni e delle rappresentanze degli enti locali, anche quando i titolari di relativi organi esponenziali appartengono a partiti della Casa delle libertà. Quanto alle obiezioni rivolte al riferimento, contenuto nel testo, agli obblighi internazionali, a suo avviso si tratta di critiche non fondate in quanto il processo di integrazione comunitaria e internazionale è ormai consolidato e riguarda sia lo Stato sia le regioni, mentre resta fermo, e va ribadito, il tradizionale principio "pacta sunt servanda" già ricavabile dall'articolo 10 della Costituzione. Il richiamo agli obblighi internazionali, pertanto, avvalora e conferma il processo in atto nell'intero ordinamento e giustifica a maggior ragione la scelta di concludere il ciclo di riforma avviato nel corso della Legislatura, che conferisce più certezza e coerenza all'ordinamento stesso.

Il senatore STIFFONI ritiene che il solo elemento di coerenza al principio di autonomia e a un'ispirazione di segno federalista nel testo in esame sia contenuto nell'articolo 2, riguardante le regioni a statuto speciale e le province autonome, che peraltro sono già nell'ordinamento vigente. Quanto al resto, nulla di quanto è contenuto nel testo si può presentare come una operazione di carattere federalista ed egli ribadisce che la Lega Nord ha un'idea molto diversa da quella desumibile dagli articoli in esame sulle competenze esclusivamente statali e le competenze delle regioni e degli enti locali. In particolare, nell'articolo 3 vi sono alcuni elementi contraddittori, se si pensa ad esempio che in Friuli-Venezia Giulia vi sono 360 chilometri di confine non presidiati, con un flusso di immigrazione clandestina continuo e cospicuo. Quanto alla legislazione concorrente, le regioni possono intervenire solo sulla base di leggi statali e non è pertanto possibile, ad esempio, una sanità regionale effettivamente autonoma. In merito alla competenza legislativa generale delle regioni, di ordine residuale, che la maggioranza parlamentare vorrebbe utilizzare quale segno distintivo dell'autonomia regionale, obietta che in realtà nel contesto in esame essa avrebbe un oggetto inesistente, data l'ampiezza e la profondità delle competenze legislative statali e di quelle regionali di natura concorrente. In merito all'articolo 127, pur riconoscendo che non vi sarebbe più la figura del Commissario di Governo, tuttavia osserva che l'autonomia regionale resterà costretta dai ricorsi statali e da prevedibili decisioni centraliste della Corte costituzionale. Quanto al potere impositivo, l'autonomia tributaria sarebbe fatalmente ridotta alle esigenze di finanziamento di quei servizi che lo Stato non riesce a garantire, in primo luogo quelli attinenti alla sicurezza dei cittadini.

Il senatore SCHIFANI osserva che il testo in esame è stato elaborato esclusivamente dalla Camera dei deputati, ricorda che esso pervenne in Senato, per la prima deliberazione, già compiuto ai fini della elaborazione parlamentare, così che né l'opposizione ha potuto contribuire minimamente a correggerlo, né gli stessi senatori di maggioranza hanno potuto svolgere un ruolo attivo a tal fine. Si tratta, dunque, di un precedente di duplice gravità, anzitutto perché si intende modificare la Costituzione con una maggioranza appena sufficiente e inoltre perché, come già ricordato, il testo è il prodotto di uno solo dei rami del Parlamento. Uno dei principali motivi di opposizione, d'altra parte, è l'assenza nel testo in esame di quel principio di sussidiarietà che in sede di Commissione parlamentare per le riforme costituzionali fu adottato con formula molto innovativa, ma successivamente abbandonata: si trattava, in sostanza, di affermare positivamente la priorità dei soggetti privati rispetto all'intervento pubblico. Tutto ciò non compare più nel testo attuale e anche il cosiddetto rovesciamento di competenze legislative nell'articolo 117 non è altro che pura declamazione perché le competenze regionali sono effettivamente scarse e residuali.

Il senatore ROTELLI si sofferma sulle presunte coerenze e incoerenze evocate nel corso del dibattito: egli ricorda che la Costituzione non viene modificata da un organo eletto con un sistema elettorale di carattere proporzionale, ma seguendo il procedimento ordinario di revisione e con decisioni assunte da organi composti sulla base di un sistema elettorale prevalentemente maggioritario. Di conseguenza sia i lavori della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, sia l'attuale procedura di revisione costituzionale si sono realizzate e si realizzano in una condizione formale e sostanziale nella quale si distinguono una maggioranza e una minoranza parlamentare, formatesi sulla base di quel principio elettorale. Ne deriva inevitabilmente che anche le decisioni, più volte richiamate, assunte dalla Commissione per le riforme costituzionali, in realtà furono subite dalla minoranza parlamentare, in ragione dei rapporti di forza, e non si può dunque valutare la questione sotto il profilo della coerenza o della incoerenza rispetto agli indirizzi manifestati allora. In ogni caso, nella incertezza su una possibile, futura assemblea costituente, egli contesta a quanti sono stati in maggioranza nel corso della XIII Legislatura il diritto di pretendere la formazione di un organo costituente eletto in ragione proporzionale per la legislatura successiva, considerato che nella legislatura che si avvia alla conclusione le operazioni di revisione costituzionale sono state realizzate a maggioranza. D'altra parte egli ritiene che le maggioranze prescritte dalla Costituzione per la revisione costituzionale sono esattamente quelle definite dall'articolo 138 e trova stravaganti le teorie che invocano speciali maggioranze o quelle che ipotizzano maggioranze qualificate, non previste da norme positive, in ragione di un sistema elettorale non proporzionale. Nel preannunciare il suo voto negativo sul disegno di legge, egli intende rivolgere un ringraziamento a quanti invece lo approveranno accogliendo proposte ben diverse da quelle sostenute in origine dagli stessi sostenitori del testo in esame e conformi invece ad alcune proposte da lui stesso formulate all'inizio della legislatura. In particolare richiama l'attenzione sul testo dell'articolo 114 e su quello dell'articolo 119 e ricorda la sua tesi, più volte affermata, secondo la quale la pari ordinazione tra enti locali, regioni e Stato ha un postulato necessario nella necessità di rifondare l'assetto dei comuni, di superare l'attuale assetto provinciale e di ridefinire l'assetto delle regioni, che in larga parte non sono affatto enti territoriali regionali, ma poco più che provincie. La sua critica al disegno di legge non è rivolta a ciò che in esso manca o è carente, come ad esempio la Camera delle regioni o l'integrazione della Corte costituzionale con membri di provenienza regionale, ma piuttosto a quello che si trova nel testo, nella confusione tra potere statutario e altri poteri, nell'impropria qualificazione di Roma capitale, e nell'arretramento complessivo delle autonomie territoriali rispetto alla Costituzione vigente. In particolare, in tema di potestà legislative, sono enumerati elenchi assai singolari, perché ad esempio l'immigrazione, in quanto connessa alla materia del lavoro sarebbe relativa alla potestà concorrente, in quanto tale sarebbe di esclusiva competenza statale, con ciò ritenendosi probabilmente che si tratti in quest'ultimo caso esclusivamente di immigrazione clandestina. Quanto alla legislazione concorrente, ricorda l'esperienza maturata in proposito, nella quale prevalgono di gran lunga non già le leggi statali di principio ma quelle a contenuto immediatamente precettivo e, talvolta, di minuzioso dettaglio. In conclusione, si tratta di un'opera di revisione costituzionale che rende il sistema senz'altro più centralistico.

Il senatore PERA si sofferma sulle materie riservate alla legislazione statale esclusiva concernenti la giustizia e critica le relative formulazioni, nelle quali, a suo avviso, si manifesta una sostanziale incertezza, una complessiva ambiguità e anche la possibile rivelazione in concreto di vistose lacune. In particolare, egli non trova pertinenti i riferimenti alla giurisdizione e alle norme processuali e considera singolare la mancanza di ogni considerazione dell'ordinamento giudiziario, mentre non ritiene appropriato riferirsi all'ordinamento civile e penale e ricorda che, proprio in tema di ordinamento giudiziario, vi è invece una specifica disposizione transitoria della Costituzione, rimasta inattuata. Altra carenza evidente è quella di un riferimento adeguato ai giudici di pace, laddove vi sono già alcuni casi di competenza legislativa propria di enti territoriali ad autonomia differenziata: la lacuna è particolarmente grave perché si tratta di un livello di giurisdizione assai importante per i cittadini. Quanto all'ordinamento penitenziario, esso è completamente ignorato nel testo in esame, mentre le regioni avrebbero un interesse diretto ad intervenire in materia, in ragione dell'insediamento territoriale degli istituti di pena e della popolazione detenuta.

Il senatore PELLICINI riconosce l'importanza del progetto di revisione costituzionale, a prescindere da un giudizio sulla qualità di testo, che per parte sua è senz'altro negativo: il provvedimento, infatti, introduce implicitamente il principio federale e ciò corrisponde a un problema reale, di cui tutte le forze politiche, compresa quella da cui proviene egli stesso, hanno dovuto prendere atto in ragione dell'azione svolta dalla Lega nord. D'altra parte, non è affatto positiva l'approvazione di un simile disegno di legge di revisione costituzionale nel momento finale della legislatura, con una accelerazione ingiustificata e una evidente prova di forza politica fondata in realtà su alcune declamazioni iperboliche di principi già contenuti nella Costituzione vigente. Il testo in esame, infatti, elude il problema più importante, quello consistente nella necessità di conciliare lo Stato nazionale e unitario nel contesto europeo e il principio federale. L'approvazione del disegno di legge, dunque, sarebbe un errore grave e un precedente di cui non si potrà non tenere conto in futuro.

Il seguito dell'esame è quindi rinviato.

SUL PARERE RESO DALLA COMMISSIONE IN MERITO ALLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE IL RIORDINO DEL SISTEMA DELLE ISTITUZIONI PUBBLICHE DI ASSISTENZA E BENEFICIENZA.

Il senatore Lino DIANA ricorda che sul provvedimento in titolo il Governo aveva assunto l'impegno, dinanzi al Senato, diretto ad escludere da tale intervento normativo le IPAB che operano nel settore scolastico: non sembra, allo stato, che vi sia stata una corrispondenza di adempimenti a quell'impegno formalmente assunto dal Governo.

INTEGRAZIONE DELL'ORDINE DEL GIORNO

In conformità alle determinazioni assunte all'inizio della seduta, il PRESIDENTE dispone che l'ordine del giorno delle sedute successive sia integrato per la discussione, in sede deliberante, dei disegni di legge n. 5022, concernente il segreto professionale degli assistenti sociali, e n. 5028, recante interventi di potenziamento degli organici dei vigili del fuoco.

La Commissione prende atto.

La seduta termina alle ore 16,30.