AFFARI COSTITUZIONALI (1ª)

GIOVEDI’ 3 DICEMBRE 1998

336ª Seduta

Presidenza del Presidente

VILLONE


Intervengono il Ministro per le riforme istituzionali Amato e i Sottosegretari di Stato per l'interno Vigneri e per la giustizia Scoca.

La seduta inizia alle ore 9,15.

IN SEDE REFERENTE

(3619) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE - PERA ed altri - Inserimento nell’articolo 24 della Costituzione dei princìpi del giusto processo.

(3623) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE - FOLLIERI ed altri - Integrazione dell’articolo 24 della Costituzione.

(3630) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE - PETTINATO ed altri - Modifica all’articolo 101 della Costituzione.

(3638) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE - SALVATO - Norme costituzionali in materia di giusto processo e di garanzia dei diritti nel processo penale.

(3665) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE - SALVI ed altri - Inserimento nella Costituzione dell'articolo 110-bis concernente i principi del giusto processo

(Esame congiunto e rinvio)

Riferisce il senatore PERA, il quale in relazione all'esame dei disegni di legge nn. 3619 e connessi sostituisce il senatore Rotelli, ricordando che non è usuale per un senatore dell'opposizione essere designato in qualità di relatore. Egli interpreta questa circostanza come il segno di una volontà di dialogo in vista del proseguimento del processo di riforma costituzionale, materia tipicamente bipartisan. I disegni di legge all'ordine del giorno sono stati tutti presentati dopo la decisione della Corte costituzionale del 2 novembre sull'articolo 513 del codice di procedura penale. La questione del giusto processo è comunque annosa e da tempo si dibatte sull'impostazione accusatoria del processo penale, in parte abbandonata in virtù di interventi giurisprudenziali, che hanno inciso sui diritti di difesa dei cittadini. Vi è preliminarmente da chiedersi se la Costituzione garantisca pienamente il valore del giusto processo, elaborato dalla dottrina, per quanto non sia del tutto univoco il suo contenuto. I principi del giusto processo sono comunque presenti nell'ordinamento in conseguenza delle leggi di ratifica della Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti dell'uomo e della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, atti nei quali si rintracciano formulazioni in buona parte equivalenti. Non mancano, in verità difficoltà di interpretazione e di traduzione, essendo sorte delle incertezze sui termini “processo” e “procedimento”. La Costituzione non recepisce comunque in modo esplicito tali principi, per cui è opportuno renderli più trasparenti nell'ambito dei canoni fondamentali che disciplinano il processo. I disegni di legge si attengono tutti a questo orientamento, fatta esclusione per la proposta dei senatori Pettinato ed altri, la quale incide anche sull'ordinamento della giurisdizione, disciplinando il ruolo del pubblico ministero. Il relatore si sofferma poi sul testo definito dalla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, nel quale i principi del giusto processo erano espressamente accolti all'articolo 130, ove figurava pressochè la traduzione letterale del testo della Convenzione anzidetta. Ricorda a questo proposito i lavori del Comitato garanzie della Commissione predetta sottolineando che il Presidente della Commissione D'Alema ebbe modo di dichiarare che questa disposizione poteva essere considerata come di valore interpretativo di norme incluse nella prima parte della Costituzione. Sulla collocazione della modifica costituzionale, ove innestare i principi del giusto processo nel testo costituzionale, i disegni di legge presentati differiscono tra loro: si propende per l'articolo 24 (disegni di legge nn. 3619 e 3623), per l’articolo 101 (disegno di legge n. 3630) oppure per l’articolo 110 (disegno di legge n. 3665), incidendo quindi rispettivamente sul diritto di difesa o sull'assetto della giurisdizione. Nel dibattito non si mancherà di affrontare tale profilo e si terrà conto, egli si augura, della connessione prevalente. Tutti i disegni di legge menzionano i principi dell'oralità, del contraddittorio, della parità delle parti (o della pari dignità), della terzietà (o dell'imparzialità) del giudice, della ragionevole durata dei processi, della garanzia del diritto di difesa per i non abbienti, del diritto di conoscere le accuse, del diritto di disporre del tempo e delle condizioni necessarie per esercitare il diritto di difesa. Tutti i testi in esame sono poi unanimi nel reclamare un riconoscimento costituzionale di queste garanzie. Nota poi incidentalmente che egli non ha avuto ancora modo di conoscere il contenuto del disegno di legge n. 3638, in distribuzione soltanto da pochi istanti, per quanto gli sembri orientato nel senso delle altre iniziative.
Assicura che non può che esservi una priorità delle norme di revisione costituzionale rispetto a quelle ordinarie in materia di garanzie e confida nei frutti positivi del dialogo tra maggioranza e opposizione sull'argomento. Egli si augura anche che possano essere superate le polemiche successive all'interruzione dei lavori della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, accettando tutti la sfida derivante dalla comune volontà di affrontare la questione delle garanzie. Poste queste premesse, è naturale attendersi che, dall'eventuale approvazione della normativa costituzionale, discendano poi precise conseguenze sulla legislazione ordinaria.

Si apre quindi il dibattito.

Il senatore SALVI dichiara di aver apprezzato l'esposizione del relatore e ricorda che sui valori del giusto processo nella Commissione parlamentare per le riforme costituzionali si era riscontrata un'ampia convergenza, al fine di adeguare la Costituzione ai principi contenuti in importanti atti internazionali. Rammenta anzi che la formulazione approvata era stata proposta dal senatore Russo. La fondamentale convergenza che si osserva tra le proposte presentate appare di buon auspicio. Si augura che le Camere possano riprendere il percorso riformatore a partire da questioni circoscritte, ma di grande rilevanza. Assicura la disponibilità del proprio Gruppo al più aperto confronto su problematiche come il funzionamento della giustizia, i conflitti di interesse, lo statuto dei partiti, la legge elettorale, al di fuori della consueta distinzione tra maggioranza ed opposizione, ripristinando il clima che aveva accompagnato la prima fase dei lavori della Commissione per le riforme.

Il senatore FOLLIERI condivide le considerazioni svolte dal senatore Pera e, ricordato di aver sottoscritto una delle proposte all'ordine del giorno, sostiene che la prova deve essere formata nel corso del dibattimento alla presenza del giudice. Richiamate le dispute che hanno accompagnato l'entrata in vigore del nuovo rito processuale penale, afferma che il giudice non deve interpretare il proprio ruolo come una crociata contro la criminalità. Il nuovo processo penale si configura come tendenzialmente accusatorio, perchè solo alcuni atti, compiuti nel corso delle indagini preliminari, potevano essere portati alla cognizione del giudice. Cita a questo proposito gli articoli 114, 500 e 503 del codice di procedura penale, a dimostrazione del proprio assunto. In virtù di successive statuizioni della Corte costituzionale, è stata dichiarata l'incostituzionalità degli articoli 500, 195 e 513 dello stesso codice, provocando una profonda modificazione nell'impostazione originaria, penalizzando la difesa dell'imputato ed alterando il criterio della parità delle parti. La Corte costituzionale ha a questo fine utilizzato i principi della ragionevolezza, desunta dall'articolo 3 della Costituzione, e della non dispersione dei mezzi di prova, non avente rango costituzionale, ma semmai contenuto nella legge di delegazione. Solo attraverso un intervento sui parametri di costituzionalità è dunque possibile modificare tale orientamento. Conclude auspicando una celere definizione dell'iter parlamentare, superando le residue incertezze. Circa la sede più idonea in cui inserire la modifica costituzionale, ritiene che questa vada collocata nell'articolo 24 e che in tale contesto occorra inserire tutti i principi contenuti negli atti internazionali ratificati dall'Italia. Occorre in particolare specificare che il principio dell'oralità sia interpretato nel senso che la prova si forma nel corso del giudizio.

Secondo il senatore PETTINATO si sostiene spesso che il processo penale è un indice del grado di civiltà di un paese; occorre però fissare regole positive onde evitare stravolgimenti applicativi. In definitiva, egli ritiene che anche un processo di tipo inquisitorio possa attagliarsi ai criteri recepiti nei vari disegni di legge all'ordine del giorno. Fa quindi presente che in certi casi è stato lo stesso legislatore a propiziare interventi giurisprudenziali. Egli con la propria iniziativa ha inteso indicare un principio relativo alla decisione dei processi: occorre accogliere fino alle sue conseguenze il valore della verità processuale, la quale può essere diversa dalla verità assoluta e anche da quanto viene acquisito nel corso della fase riservata delle indagini preliminari. Ai fini della decisione, conta solo quanto è stato assunto nel corso del dibattimento. Nella propria iniziativa, egli non ha indicato un riferimento ai diritti dell'accusato, perchè considerato poco pertinente nell'ambito dell'articolo 101 della Costituzione. Ricorda comunque la strumentalizzazione cui va soggetta la divulgazione dell'imputazione, in violazione del segreto istruttorio e ritiene che il legislatore dovrebbe mettere mano a una riforma della fase istruttoria, in particolare dell'informazione di garanzia.

Il senatore BESOSTRI sostiene che non è un buon indice la necessità di inserire in Costituzione normative di dettaglio. L'articolo 24 dovrebbe essere già considerato un parametro idoneo per stabilire i criteri del giusto processo ed egli teme che, procedendo per successive specificazioni, la disciplina costituzionale non possa mai risultare sufficientemente precisa.

Il presidente VILLONE rinvia quindi il seguito dell'esame congiunto.

(288) LA LOGGIA ed altri - Abolizione della quota proporzionale per l’elezione della Camera dei deputati e attribuzione di tutti i seggi con il sistema uninominale a un turno.

(290) LA LOGGIA ed altri - Estensione del sistema elettorale uninominale maggioritario a turno unico a tutti i seggi elettivi del Senato della Repubblica.

(1006) PIERONI ed altri - Modifiche ed integrazioni alle norme per l'elezione della Camera dei deputati.

(1323) MILIO - Abolizione della quota proporzionale per l’elezione della Camera dei deputati e attribuzione di tutti i seggi con il sistema uninominale maggioritario a un turno.

(1935) COSSIGA - Modifiche e integrazioni alle norme per la elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

(2023) BESOSTRI e MURINEDDU - Nuova disciplina dell’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica con la previsione del sistema elettorale a doppio turno.

(3190) FORCIERI ed altri - Riforma del sistema elettorale del Parlamento.

(3325) PASSIGLI - Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati

(3476) DISEGNO DI LEGGE D’INIZIATIVA POPOLARE - Introduzione del doppio turno nei collegi uninominali

(3621) MAZZUCA POGGIOLINI - Norme per la modifica dei sistemi elettorali mediante l'introduzione di collegi binominali

(3628) LA LOGGIA ed altri - Modifiche al testo unico delle leggi recante norme per la elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361

(3633) PIERONI ed altri - Modifiche ed integrazioni al testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, per l'introduzione del doppio turno di coalizione

(3634) PIERONI e LUBRANO DI RICCO - Modifiche ed integrazioni al testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, per l'introduzione del doppio turno di coalizione

(3636) SPERONI - Elezione del Senato della Repubblica su base regionale

(Seguito dell'esame congiunto dei disegni di legge nn. 288, 290, 1006, 1323, 1935, 2023, 3190, 3325, 3476, 3621, 3628, 3633 e 3634, congiunzione con il disegno di legge n. 3636 e rinvio. Esame del disegno di legge n. 3636, e congiunzione con gli altri disegni di legge in titolo e rinvio)

Prosegue l'esame congiunto dei disegni di legge dal n. 288 al n. 3634, sospeso il 25 novembre, ivi compreso il n. 3636

Il presidente-relatore VILLONE riferisce, quindi, brevemente sul disegno di legge n. 3636, proponendone la trattazione congiuntamente agli altri.

Conviene la Commissione

Il RELATORE, poi, si sofferma sul rapporto tra il referendum abrogativo promosso in materia elettorale e l'eventuale, nuova legge elettorale approvata nelle more del procedimento referendario, ovvero a referendum già celebrato. In proposito egli considera opportuno chiarire i termini della questione secondo l'orientamento della giurisprudenza costituzionale e gli indirizzi del competente ufficio della Corte di Cassazione e alla stregua delle valutazioni che il legislatore si accinge a compiere. Ricorda che nella seduta precedente i senatori Elia e Passigli hanno sostenuto, sotto diverse prospettazioni, il principio della sufficienza della nuova disciplina elettorale rispetto al quesito referendario ravvisando tale qualità in un criterio di differenza dalla legge precedente. Sostiene il senatore Passigli, in particolare, che il quesito referendario esige l'eliminazione del voto di lista e non comporta necessariamente l'esclusione di una ripartizione dei seggi in modo da attribuirne una quota in ragione proporzionale. In proposito il relatore informa la Commissione che il Servizio Studi del Senato ha predisposto una documentazione aggiornata sulla giurisprudenza e sugli orientamenti della dottrina. Ricorda, quindi, la sentenza della Corte costituzionale n. 68 del 1978, che nel pronunciarsi sull'articolo 39 della legge del 1970 concernente i referendum popolari, ne ha dichiarato l'illegittimità nella parte in cui non dispone che il referendum già promosso non debba essere più celebrato se la legge o le disposizioni di legge oggetto dell'iniziativa referendaria siano state nel frattempo abrogate o modificate. Tale sentenza ha aperto il problema della qualità e della sufficienza delle modifiche legislative intercorse rispetto al quesito referendario: la comparazione è affidata all'ufficio centrale per il referendum della Corte di cassazione e il criterio direttivo desumibile dalla citata sentenza della Corte costituzionale è fondato sul principio di tutela delle ragioni dei promotori. L'obiettivo del referendum abrogativo, infatti, non potrebbe essere legittimamente vanificato e contraddetto da una legge successiva, se non in violazione di precetti costituzionali, riconducibili anche al principio di sovranità popolare di cui all'articolo 1. La ratio sottesa all'indirizzo del giudice delle leggi è rispettata, a suo avviso, se la nuova disciplina legislativa è così diversa dalla precedente da non poter suscitare, in astratto, la stessa domanda abrogativa. In effetti, occorre considerare che non è stato affermato alcun criterio di coerenza sostanziale tra l'obiettivo del referendum e la legge sopravvenuta, anche perchè in tutti i casi concreti le leggi approvate dopo il promovimento del referendum hanno sempre assecondato, negli intendimenti e nel contenuto, l'obiettivo del referendum. Si tratta, pertanto, di valutare in concreto la sufficienza in termini di quantità della nuova legge rispetto al risultato derivante dalla celebrazione con esito positivo del referendum.
In materia elettorale e in riferimento al quesito referendario già proposto, il principio ispiratore dell'iniziativa abrogativa va commisurato in primo luogo alla circostanza che il quesito è sostanzialmente obbligato, in quanto una ulteriore accentuazione avrebbe reso inammissibile lo stesso referendum, secondo una giurisprudenza ormai consolidata della Corte costituzionale. In tale contesto, la valutazione del risultato derivante da un esito positivo del referendum conduce a ritenere impossibile, a suo avviso, il mantenimento di una quota di seggi da attribuire in ragione proporzionale, anche se tale risultato comporta, in assenza di un intervento legislativo, elementi di irrazionalità nell'attribuzione dei seggi corrispondenti all'attuale quota proporzionale, connessi al possibile andamento erratico e casuale nei risultati elettorali e di conseguenza nella determinazione delle maggioranze parlamentari. Tali problemi, d'altra parte, potrebbero essere valutati dalla Corte costituzionale in sede di giudizio di ammissibilità. Conclusivamente, il relatore Villone ritiene necessario assicurare un risultato legislativo che non contraddica il principio di negazione della cosiddetta quota proporzionale sul quale è fondato il referendum abrogativo.

Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.

SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE
(A007 000, C01a, 0135°)

Il PRESIDENTE propone di dedicare almeno una seduta per ciascuna settimana, preferibilmente il mercoledì, alla trattazione degli argomenti discussi nella seduta odierna.

La Commissione consente.

La seduta termina alle ore 10,45.