TERRITORIO, AMBIENTE, BENI AMBIENTALI (13ª)

GIOVEDÌ 26 OTTOBRE 2000
467ª Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Presidente
GIOVANELLI

        Interviene il ministro dei lavori pubblici Nesi.
        La seduta inizia alle ore 8,40.


SULLA PUBBLICITÀ DEI LAVORI

        Il presidente GIOVANELLI fa presente che nella seduta del 18 ottobre scorso fu avanzata, ai sensi dell’articolo 33, quarto comma del Regolamento, la richiesta di attivare l’impianto audiovisivo per lo svolgimento del dibattito sulle comunicazioni all’ordine del giorno; informato della richiesta anzidetta, il Presidente del Senato accordò il proprio assenso e la Commissione accolse la richiesta. Pertanto per il prosieguo della seduta viene adottata detta forma di pubblicità.

PROCEDURE INFORMATIVE
Seguito e conclusione del dibattito sulle comunicazioni rese, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, del Regolamento, dal Ministro dei lavori pubblici sugli effetti dell’ondata alluvionale nel Nord d’Italia

        Riprende il dibattito sulle comunicazioni del Ministro, sospeso nella seduta di ieri.
        Il senatore LEONI richiama l’attenzione del ministro Nesi sull’assoluta insufficienza delle misure di rafforzamento degli argini del Po a fronte di fenomeni delle dimensioni di quelli verificatisi nelle scorse settimane nel Nord del Paese. Analogamente, la soluzione del problema non può essere certo ricercata negli interventi di disalveo dei fiumi: al riguardo occorre rendersi conto che fino a qualche decina di anni fa le operazioni di pulizia degli alvei non venivano neanche effettuate, in mancanza di mezzi meccanici adeguati.

        Fermo restando che sarebbe opportuno che la Commissione ascoltasse il segretario generale dell’Autorità di bacino del Po, il Ministro dei lavori pubblici potrebbe intanto avviare una seria riflessione su un progetto di grande interesse, concernente la realizzazione di un canale scolmatore fra la Liguria e il Lago Maggiore; tale canale, che potrebbe essere navigabile, se realizzato, risolverebbe una volta per tutte il problema delle piene del Po, consentendo di mettere in sicurezza l’intera area.
        Il senatore IULIANO sottolinea l’esigenza di evitare che, dopo ogni catastrofe naturale, ci si continui a far guidare dall’emozione, con il rischio di mettere in discussione normative adottate in precedenza, che andrebbero invece attuate e, semmai, perfezionate. D’altra parte, con il decreto-legge n. 180 del 1998 il processo di attuazione della legge n. 183 del 1989 è stato sicuramente accelerato.
        A questo punto, all’indomani degli eventi alluvionali che hanno interessato il Nord del Paese, occorre proseguire con la politica del doppio binario, incentrata da un lato sulla promozione di adeguati interventi infrastrutturali (che devono poter beneficiare di un flusso continuo ed adeguato di risorse finanziarie), e dall’altro sul perfezionamento del sistema di protezione civile. Al riguardo, non può sfuggire, come, quanto meno nei primi giorni, in Piemonte e in Valle d’Aosta le problematiche da affrontare fossero essenzialmente di protezione civile più che di difesa del suolo. Pertanto, è arrivato il momento di estendere a tutte le aree a rischio del Paese sistemi di previsione e di prevenzione come quelli già utilizzati nell’area del Sarno, ove è stata installata una efficiente rete di pluviometri.
        Occorre quindi adottare adeguati piani di emergenza incentrati sulla figura del sindaco e sul rafforzamento delle strutture tecniche delle Autorità di bacino le quali devono poter contare sul pieno coinvolgimento degli enti locali. Ovviamente il Governo, dal canto suo, deve assicurare idonee risorse finanziarie.
        In conclusione, può essere espresso apprezzamento per quanto è stato fatto dal Governo e da tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti negli eventi delle ultime settimane; al riguardo, destano stupore le affermazioni di chi ha contestato l’operato degli Esecutivi succedutisi negli anni scorsi e ha parlato addirittura di sgretolamento dello Stato.

        Ad avviso del senatore MAGGI, sarebbe necessario mantenere un’adeguata attenzione verso le esigenze delle zone colpite da eventi calamitosi anche nei mesi e negli anni successivi al verificarsi delle catastrofi; troppo spesso, infatti, si è assistito a un appassionato coinvolgimento di tutti i soggetti pubblici e privati e dell’intero Paese nei giorni del disastro, mentre poi ci si dimenticava delle esigenze delle popolazioni colpite allorché occorreva porre in essere gli interventi ripristinatori.
        Inoltre, è giunto il momento di fare un passo avanti, abbandonando ogni tendenza al mantenimento di una cultura burocratica nella fase dell’emergenza, come purtroppo si è verificato in qualche caso nelle settimane scorse, specie per quanto attiene ai rapporti tra sindaci e rappresentanti dello Stato.
        Infine, uno sforzo dovrebbe esser fatto per rendere aderenti alle esigenze gli strumenti urbanistici, che andrebbero quanto meno armonizzati con le indicazioni delle Autorità di bacino, ponendo fine alla confusione di competenze ed ai conflitti fra autorità diverse in materia di gestione del territorio.

        Il presidente GIOVANELLI dichiara che i fenomeni alluvionali padani impongono una riparametrazione dei livelli di sicurezza: pur non dovendosi sottovalutare le responsabilità personali e politiche, occorre rendersi conto che episodi di dissesto idrogeologico risalgono anche a mutazioni geofisiche che non possono essere impedite neppure spendendo svariate migliaia di miliardi di lire. Si possono innalzare gli argini del Po, come avvenuto negli ultimi sette anni; ma, soprattutto, è importante rendersi conto che la consapevolezza di vivere in una situazione di rischio ha arricchito la cultura locale, mobilitando le coscienze ed il volontariato di migliaia di persone accorse sugli argini fluviali a dare il loro contributo.
        Il principio programmatorio introdotto dalla legge n. 183 del 1989 – giustamente ricondotto a livello di bacino – è particolarmente complesso e numerose modifiche legislative lo hanno modificato per stralci ed approssimazioni successive; l’abbandono dell’impostazione generale di bacino richiedeva però un maggiore coinvolgimento dei comuni, pena il ritardo che stanno subendo i piani di assetto idrogeologico in questi mesi. La pianificazione di bacino non può svilupparsi parallelamente a quella urbanistica, ma deve interrelarsi sin dall’inizio con i piani regolatori, mediante meccanismi di valorizzazione della responsabilità politica degli enti territoriali; in caso contrario, si manterrebbero centri di responsabilità collegiale privi di quella stabilità istituzionale e di quella autorevolezza che sono ugualmente necessarie per rapportarsi con gli enti locali.
        La dolorosa esperienza dell’emergenza deve indurre a cogliere l’occasione per un rilancio della programmazione di bacino: non è l’attività sul medio-lungo periodo a produrre effetti, ma sono le decisioni assunte nell’immediato ad incidere direttamente sul territorio e, pertanto, esse dovrebbero conformarsi alla visione strategica offerta dalla pianificazione e ispirarsi al coordinamento con le strutture periferiche dello Stato e con le Autorità di bacino.

        Replica agli intervenuti il ministro NESI, che esordisce sottolineando il supporto infrastrutturale di cui necessita il porto di Genova affinché sia valorizzato appieno il suo rango primario di città mediterranea. Quanto alla proposta di rendere il sindaco ufficiale idraulico, era stata pensata nell’ambito del Dicastero – non senza perplessità di taluno – come un mezzo per responsabilizzarlo: i recenti rapporti con i sindaci piemontesi dimostrano che essi non vogliono più sentirsi oggetto di decisioni altrui, ma intendono diventare un soggetto politico consultato nelle scelte che riguardano il territorio governato; le proposte ipotizzate dal Presidente in questo senso appaiono interessanti.
        I problemi su cui verte la programmazione risentono del nuovo centralismo che ispira talune regioni, ad esempio non delegando alle province la struttura viaria loro conferita dallo Stato: ciò genera un’avversione sempre maggiore degli enti locali nei confronti della regione vista come organo accentratore. Vi è poi il divario tra competenze conoscitive e competenze operative delle regioni: Piemonte ed Emilia Romagna hanno un ottimo sistema di rilevamento idrogeologico, come hanno dimostrato le misure di emergenza, ma il fattore del concorso di funzioni tra varie amministrazioni osta ad una celere definizione delle opere da compiere in via ordinaria. Le strutture periferiche del Ministero dei lavori pubblici rappresentano, a questo scopo, una risorsa preziosissima, nonostante la situazione di totale incertezza nella quale versano circa la stessa permanenza nel Ministero a seguito delle previsioni del decreto legislativo n. 300 del 1999: la concertazione con le regioni e gli enti locali, piuttosto che continuare ad avvalersi esclusivamente di personale demotivato, rappresenta un metodo più efficace per affrontare tali problematiche.
        Il presidente GIOVANELLI dichiara conclusa la procedura informativa.
        
La seduta termina alle ore 9,45.