TERRITORIO, AMBIENTE, BENI AMBIENTALI (13a)

MERCOLEDI' 21 GIUGNO 2000

429ª Seduta

Presidenza del Presidente
GIOVANELLI


La seduta inizia alle ore 15,05.


PROCEDURE INFORMATIVE

Seguito dell'indagine conoscitiva sulle cause delle frane campane: proposta di documento conclusivo
(Discussione e rinvio)

Il relatore IULIANO illustra la proposta di documento conclusivo, ricordando innanzitutto come l'indagine conoscitiva sia stata deliberata a seguito degli eventi calamitosi che, il 5 maggio di due anni fa, colpirono alcuni comuni della Campania, facendo ben 160 vittime. L'indagine ha subìto un'accelerazione dopo le colate di fango della metà del dicembre scorso, colate che hanno interessato un'area molto vicina a quella dei comuni colpiti l'anno precedente.
La Commissione ha proceduto ad un sopralluogo nelle zone colpite, ed ha effettuato numerose, interessanti audizioni. Lo scopo dell'indagine era, con tutta evidenza, quello di determinare le cause delle frane che hanno colpito alcune zone della Campania, e sotto questo profilo non vi è dubbio che l'obiettivo prefissato sia stato conseguito. Inoltre, è stato possibile definire una serie di indicazioni atte a far sì che nuove colate di fango non provochino i disastri arrecati dalle precedenti.
Per quanto riguarda le cause, è emerso come quanto è avvenuto negli anni scorsi nella penisola sorrentina, poi a Sarno, e nel dicembre 1999 a Cervinara, si possa ricondurre a fenomeni simili, provocati da una situazione geologica caratterizzata dalla presenza di una solida matrice calcarea sulla quale si è depositato uno strato di terriccio di origine vulcanica che, per un insieme di cause concomitanti interpretabili e prevedibili solo in termini probabilistici, provoca il distacco di frane ad elevatissima velocità di avanzamento. In particolare, la probabilità d'innesco dei materiali d'alveo cresce a seguito di eventi piovosi di intensità superiore ad una certa soglia, anche se sussiste comunque un fattore causale concomitante, individuabile nel colmamento ciclico degli alvei dei valloni ai loro sbocchi, in grado di accentuare le condizioni di pericolosità. Le colate di fango rapide e devastanti, verificatesi nel maggio 1998 in alcuni centri della Campania, sono state provocate da piogge di forte intensità, i cui effetti negativi sono stati sicuramente amplificati dal contesto geologico della zona. In particolare, la piattaforma geologica iniziale campano-lucana è stata interessata da un processo di modellamento carsico, con conseguente formazione di conche, di alvei torrentizi e di valloni, a cui si sono succedute fasi di accumulo di materiale vulcanico nei valloni stessi e sui versanti più acclivi dei rilievi montuosi di origine carsica. I meccanismi di accumulo del materiale vulcanico sono stati caratterizzati da marcate irregolarità e caoticità, concentrandosi prevalentemente nei valloni esistenti alla base dei rilievi. In tali zone il rischio del verificarsi di eventi franosi è stato sempre molto accentuato. Infatti, le colate rapide di fango del maggio 1998 e del dicembre 1999 hanno avuto precedenti conosciuti che risalgono fino al diciassettesimo secolo, e che comunque hanno costellato tutto il ventesimo secolo in Campania. A fronte di tali rischi, preminente appare l'esigenza di una puntuale sorveglianza del territorio, condivisa e praticata a partire dall'epoca borbonica. In particolare, nella seconda metà dell'Ottocento, i Borboni effettuarono una serie di interventi di difesa, attuati tramite la realizzazione di opere idrauliche quali vasche e collettori idrici artificiali (cosiddetti "regi lagni"), aventi la funzione di intercettare e di smaltire i flussi idrici e fangosi provenienti dai valloni delle aree montane. L'intensa urbanizzazione post-bellica ha accentuato i fattori di rischio già esistenti, dando spesso luogo ad interventi di scavo e di asportazione degli strati vegetali, rimossi per far posto ad un fitto reticolo di strade e di viottoli. E' stato pertanto evidenziato come i problemi che si possono concretamente affrontare in tale contesto siano prevalentemente di carattere urbanistico oltre che idrogeologico: non è infatti possibile porre in essere interventi ingegneristici tali da mettere in sicurezza tutte le popolazioni ed i centri abitati. Quel che è certo è che occorre accrescere la funzionalità della rete idropluviometrica, che permetterebbe di attivare gli organi competenti sin dalle prime fasi dell'emergenza.
Nella proposta di documento si possono rintracciare alcune utili indicazioni, ma com'è evidente si è volutamente evitato di prendere posizione sulla bontà delle soluzioni adottate dal punto di vista tecnico. Lo scopo di un siffatto documento, infatti, non può essere quello di dare un giudizio di valore sulle diverse misure ingegneristiche adottabili, come pure sulla celerità degli interventi effettuati. Personalmente, comunque, ritiene che il modulo cui si è fatto ricorso, basato su uno studio del territorio da parte della comunità scientifica e su soluzioni tecniche di impatto ambientale non particolarmente rilevante, sia soddisfacente. Al riguardo, va peraltro ricordato che sono stati auditi anche esponenti della comunità scientifica che hanno esposto opinioni decisamente diverse da quelle proprie di chi ha curato gli interventi effettuati.
La proposta di documento è sicuramente suscettibile di essere integrata ed ulteriormente arricchita. E' comunque importante che si sia pervenuti all'individuazione dei comuni che si trovano in situazione di rischio - ben 212 in Campania - e che sia stato possibile accertare come il decreto-legge n. 180 del 1998 abbia consentito di accelerare le procedure, compiendo significativi passi avanti rispetto alla legge n. 183 del 1989. Prova ne sia il fatto che quasi tutte le autorità di bacino hanno provveduto entro i termini a delimitare le aree di rischio.

Il presidente GIOVANELLI dichiara aperta la discussione.

Il senatore VELTRI esprime apprezzamento per la proposta di documento messa a punto dal senatore Iuliano, che è ampiamente condivisibile. Il relatore è stato autore di una sintesi molto efficace delle cause che hanno determinato le frane in Campania, individuando altresì in una corretta politica di protezione civile una delle soluzioni atte a far fronte al problema. Andrebbe peraltro sottolineato come gli interventi di protezione civile rivestano un ruolo senz'altro importante, ma non certo unico: occorre in altri termini esplicitare in modo più diretto l'importanza di un corretto uso preventivo del suolo e del territorio.
Sostiene poi l'opportunità di integrare gli studi compiuti in Italia sul fenomeno delle colate rapide di fango, in considerazione del fatto che le più approfondite ricerche sono state effettuate in Estremo Oriente. Al riguardo, è importante ricordare che nel testo del disegno di legge n. 3833, in attesa di esame da parte dell'Assemblea, vi è una norma che destina una quota dei fondi ordinari per la difesa del suolo ad una scuola di alta formazione, che potrebbe avere appunto il compito di approfondire gli studi del fenomeno in Italia. Sarebbe pertanto opportuno che, in occasione dell'esame in Assemblea del richiamato disegno di legge, si tenesse conto della discussione in corso sul documento in titolo.
La proposta di documento, una volta approvata, potrà essere utilmente inviata a tutte le amministrazioni locali della Campania, ed eventualmente presentata in loco da una delegazione della Commissione. Indipendentemente dalla conclusione dell'indagine conoscitiva, poi, potrebbe essere utile disporre l'audizione dell'ex sottosegretario Barberi.
Il senatore Veltri conclude invitando il relatore ad apportare un'ulteriore correzione al testo della proposta, laddove si afferma che le colate rapide avvengono in Italia con una ciclicità costante, per cui non si può ragionevolmente pensare di eliminarle ma solo di ridurre il rischio e di mitigarne gli effetti.

Il senatore RIZZI esprime apprezzamento per la proposta messa a punto dal relatore, che tiene conto della realtà, e prende quindi atto con soddisfazione del fatto che la filosofia della protezione civile sia non più limitata ad interventi di tipo successivo, ma ispirata anche ad una più corretta ottica di prevenzione.
Quanto al testo in discussione, sarebbe probabilmente utile modificarne il tenore laddove si afferma che, con la diffusione capillare dei pluviometri, le popolazioni dei comuni a rischio devono imparare a convivere con l'emergenza; sembra infatti opportuno mitigare l'eccessiva durezza di tale affermazione.

Il senatore MAGGI manifesta innanzitutto le proprie personali riserve sulla decisione, a suo tempo adottata, di conferire l'incarico di relatore alla Commissione al senatore Iuliano, che come è noto è sindaco di uno dei comuni colpiti dagli eventi franosi di due anni fa. Proprio il ruolo svolto dal senatore Iuliano ha senza dubbio determinato il tono eccessivamente prudente della proposta di documento conclusivo, come è evidente, ad esempio, laddove si afferma, nella sostanza, che il fenomeno delle colate rapide è incontrollabile, trattandosi di eventi determinati da cause concomitanti interpretabili e prevedibili solo in termini probabilistici. E' vero invece il contrario, in quanto proprio la probabilità accertata di innesco del fenomeno dovrebbe renderlo controllabile.
Nella proposta di documento vengono sfiorati i problemi di carattere idrogeologico, ma si è omesso di dare adeguatamente conto delle opinioni espresse, nel corso di un'audizione, dal professor Ortolani, il quale ha dato un giudizio estremamente negativo dell'impostazione fatta propria dagli esponenti dell'università di Salerno. Non si è inoltre dato sufficiente spazio alle questioni sollevate da altri soggetti auditi dalla Commissione, i quali hanno denunciato la mancata realizzazione di interventi di ripristino di indubbia necessità, come quelli riguardanti edifici, cimiteri e strade, nonché la forte presenza della camorra nella zona colpita dagli eventi calamitosi.
Non è stato inoltre chiarito se nelle zone colpite dalle frane sia stato edificato sulla base di regolari concessioni edilizie o se abusivamente. E' evidente che il relatore, sindaco di uno dei comuni interessati, non avrebbe potuto esser più esplicito su questioni così delicate.
Appare pertanto necessario modificare ed integrare la proposta di documento conclusivo dando spazio, innanzitutto, alle opinioni del professor Ortolani e di coloro che hanno denunciato la mancata realizzazione di alcuni importanti interventi di ripristino, affrontando poi il nodo rappresentato dalla presenza forte delle organizzazioni camorristiche e sollecitando infine il Governo, la regione e le autorità locali a non indugiare oltre nel completamento degli interventi indispensabili.

Il senatore MANFREDI condivide in buona parte le valutazioni del relatore, ma suggerisce alcune integrazioni volte a rendere il documento proposto più incisivo nel raggiungimento dei suoi scopi: si devono infatti individuare carenze procedurali e normative, sovrapposizioni di competenze ed erronee destinazioni di risorse, per farne tesoro oltre il caso campano e poter così fronteggiare meglio il dissesto idrogeologico in tutto il territorio nazionale. Tale problematica è squisitamente di protezione civile, per cui va affrontata sanando la frattura realizzatasi con il decreto n. 300 del 1999: tale normativa segna un passo indietro rispetto ai principi di unitarietà proclamati nella legge n. 225 del 1992, la quale più correttamente poneva sotto la medesima struttura di coordinamento da un lato la previsione e la prevenzione delle calamità, dall'altro il soccorso ed il ristoro dei danni.
Alla base delle attività di prevenzione si deve svolgere un'indagine conoscitiva dei fenomeni calamitosi, volta ad individuare le priorità di intervento area per area in base alla pericolosità dei rischi; tali interventi possono essere di tipo urbanistico, o più in generale di limitazione dei danni, ma è velleitario cercare (con opere volte a "fermare" lo smottamento del terreno) di contrapporsi alla natura laddove è invece consigliabile assecondarne il corso per evitare o ridurre i danni. A questa pianificazione pluriennale di tipo "aperto" dovrebbe ricollegarsi l'assegnazione delle risorse economiche da impiegare con procedure semplificate.
I soccorsi dovrebbero poi fondarsi su un'organizzazione, basata sull'elemento tecnologico ma anche sull'elemento umano, volta a svolgere attività di osservazione e di allarme; i piani di emergenza - se fondati su un costante monitoraggio del territorio e delle fonti di rischio - consentirebbero di dispiegare le forze necessarie, poste a disposizione di un'autorità unica, a livello nazionale, e di responsabili unici locali. In tal maniera si eviterebbero molte delle disfunzioni verificatesi in occasione delle frane campane dell'ultimo biennio, essendo esse imputabili a sovrapposizioni di competenze. Quanto al ristoro dei danni, una sua forma automatica (o semiautomatica) risolverebbe buona parte del contenzioso esistente; a questo scopo, nonché a quello di introdurre una disciplina coerente, tende il disegno di legge n. 4214 (Legge quadro in materia di interventi per il ristoro dei danni e la ricostruzione a seguito di calamità o catastrofe), fatto proprio dal Gruppo Forza Italia nella seduta dell'Assemblea del 19 ottobre 1999 e di cui l'oratore richiede il celere inserimento nel calendario dei lavori della Commissione.

Il senatore LASAGNA chiede al relatore di integrare il documento proposto con dati statistici sulla serie storica delle catastrofi idrogeologiche nella regione interessata. L'organizzazione delle vie di fuga potrebbe valersi di esperienze internazionali, a partire dalla segnaletica d'emergenza fino alla costruzione di strutture sopraelevate; invita poi ad essere meno critici nei confronti delle cause umane, superando la genericità degli addebiti formulati.

Il senatore BORTOLOTTO apprezza l'invito del relatore a convivere con l'emergenza, evitando costruzioni indiscriminate nelle aree a rischio e resistendo alle spinte dell'abusivismo (contro cui reagisce il disegno di legge n. 4337, già all'ordine del giorno della Commissione e del cui esame auspica la celere conclusione). Il documento avrebbe potuto riportare con maggiore diffusione, nelle sue conclusioni, gli inviti di Legambiente e del professor Ortolani ad evitare improbabili strutture in cemento armato lungo le dorsali montuose; va recepito invece il suggerimento di "direzionare" le colate rapide di fango, piuttosto che tentare invano di contrapporvisi.

Il senatore CONTE inserisce l'indagine conoscitiva in corso in un filone di interesse della Commissione per il tema del dissesto idrogeologico che si è già espresso con procedure informative proficuamente conclusesi durante tutta la legislatura: l'indagine conoscitiva sulle condizioni geostatiche del sottosuolo napoletano e quella sulla difesa del suolo (arricchita dai lavori di un Comitato paritetico presieduto dal senatore Veltri) dimostrano infatti che la conoscenza è un momento importante per le sedi parlamentari che intendano offrire idonee indicazioni di ordine politico.
Il progetto contenuto nella parte conclusiva del documento proposto dal relatore potrà apparire laconico, ma certo non è impreciso: non sono minime le richieste di attivare una rete idropluviometrica ed un costante monitoraggio sul territorio, tutt'altro. La devastazione urbanistica ed il carico antropico sono la variabile primaria, il cui inserimento nell'analisi condotta perspicuamente dal relatore consente di identificare non soltanto le cause del dissesto, ma anche gli strumenti per prevenirlo in futuro. A tal fine, i piani di bacino rappresentano una modalità prioritaria di gestione del territorio ed è importante che, grazie al decreto-legge n. 180 del 1998, si sia iniziato ad agire in questo senso; il documento proposto costituisce un'ulteriore sollecitazione per modifiche alle procedure di ordine tecnico-amministrativo con cui fronteggiare tali calamità.

Il presidente GIOVANELLI ravvisa, nell'approccio critico alla realtà territoriale e nell'emergere di punti di vista anche tra di loro contraddittori, un elemento di forza dell'impianto offerto dal relatore alla discussione in Commissione: la ricerca delle cause delle frane campane non è volta a sindacare le modalità di ricostruzione, ma indica un indirizzo politico in base al quale fronteggiare analoghi rischi in futuro. In proposito, occorre evitare l'illusione prometeica per cui le opere pubbliche e la cementificazione abbattano le percentuali di rischio; invece, la difesa del suolo rappresenta un'opportunità per una pianificazione di opere non disgiunta da una gestione sostenibile del territorio. Ciò può avvenire integrando l'operato dell'Agenzia di protezione civile con quello delle amministrazioni coinvolte nel governo del territorio, allo scopo di pervenire ad una gestione diffusa e coordinata dell'emergenza che fronteggi unitariamente i fattori di rischio.
Nel dichiarare chiusa la discussione, il Presidente, stante il concomitante inizio dei lavori d'Assemblea, invita il relatore a non esaurire la sua replica nella seduta odierna, procedendo invece in altra seduta all'illustrazione delle modifiche che intende apportare alla proposta di documento conclusivo in accoglimento dei suggerimenti formulati.

Il relatore IULIANO accoglie l'invito del Presidente a valutare la possibilità - offertagli dai numerosi interventi - di integrare il documento proposto, pur sostanzialmente salvaguardandone l'impianto complessivo. Sin d'ora può comunque anticipare che l'individuazione di un modello standard automatico di gestione delle calamità è una proposta utile; rileva poi che l'incarico di relatore, acquisito ben dopo la catastrofe del 5 maggio 1998, non confligge con la sua funzione di sindaco di uno dei comuni colpiti, ma anzi gli ha dato la possibilità di filtrare (grazie alla conoscenza dei luoghi e delle situazioni) talune delle istanze provenienti dai soggetti auditi.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

La seduta termina alle ore 16,30.