la questione dei lavoratori dell’amianto colpiti da tumori o da malattie professionali già affrontata con la legge n. 271 del 1993 è ancora purtroppo in alto mare e i lavoratori sono ancora in attesa dei benefici promessi; questo ha convinto un gruppo di ferrovieri veneti delle grandi officine riparazioni a presentare un esposto contro l’INPS al tribunale di Vicenza che ha riconosciuto il loro buon diritto ed ha accolto tutti ricorsi riconoscendo agli interessati il diritto agli sconti previdenziali e al danno biologico. Subito dopo quella sentenza altri 3.500 lavoratori di vari settori produttivi dell’Umbria a contatto per anni con l’amianto lavorando alla Eternit di Foligno, alla Fibroni, alla AST di Terni hanno presentato un ricorso, forti anche del fatto che per la conca ternana un’indagine epidemiologica sull’ambiente urbano commissionata dalla amministrazione provinciale all’università di Perugia aveva già evidenziato un quadro allarmante di presenza di patologie tumorali ai bronchi, ai polmoni, ai tessuti linfatici, imputabili a fattori diversi, ivi comprese alcune produzioni industriali, si chiede di sapere: se non si ritenga che con la sentenza vicentina possa riaprirsi la questione dell’amianto e la battaglia in difesa dei lavoratori o dei pensionati a suo tempo esposti a quel rischio; cosa intenda fare il Governo per quei lavoratori dell’amianto pensionati di Pistoia e altri che avevano già ottenuto dall’INPS un nuovo trattamento finanziario in base ad una sentenza identica della magistratura a loro favorevole e che oggi sono minacciati dall’INPS e invitati a rimborsare rapidamente quanto già ricevuto per merito della sentenza; se non si ritenga che, tenendo anche conto della nuova sentenza di Vicenza, di intervenire con l’INPS per bloccare qualsiasi azione legale per eventuali rimborsi in attesa di una decisione definitiva sull’amianto, questione oggi all’esame del Parlamento.