DIFESA (4a)
MERCOLEDI' 10 GENNAIO 2001
263a Seduta

Presidenza del Presidente
DI BENEDETTO



Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa Minniti.

La seduta inizia alle ore 15.


IN SEDE REFERENTE

(4779) Deputati GIANNATTASIO e LAVAGNINI. - Istituzione dell'Ordine del Tricolore, approvato dalla Camera dei deputati

(1492) MANFREDI. - Riconoscimento in favore dei partecipanti alla seconda guerra mondiale.
(Esame e sospensione)

Riferisce il relatore AGOSTINI, proponendo di assumere a testo-base il disegno di legge n. 4779, già approvato dalla Camera dei deputati.

Conviene la Commissione.

Il relatore AGOSTINI ricorda che la Commissione Affari Costituzionali ha già espresso un parere non ostativo, la Commissione Bilancio un parere di nulla osta condizionato e la Commissione Finanze un parere favorevole condizionato. Auspica pertanto la sollecita rapida approvazione del testo, tenendo conto che per i combattenti della prima guerra mondiale è stato istituito l'Ordine di Vittorio Veneto, mentre nessun riconoscimento ufficiale è stato attribuito ai combattenti del secondo conflitto mondiale, come peraltro sollecitato anche dal disegno di legge n. 1492.

Si apre la discussione generale.

Il senatore PELLICINI, prima di entrare nel merito dei disegni di legge in titolo, premette che Alleanza Nazionale ha revocato il proprio consenso alla discussione del disegno di legge n. 4779 in sede deliberante, allorquando non ha avuto esito il tentativo di far sottoscrivere il seguente ordine del giorno: "La Commissione Difesa del Senato, nell'esprimere voto favorevole al disegno di legge 4779 provvedimento da tempo atteso dai reduci della seconda guerra mondiale;
- prende atto che i limiti previsti dai disegni di legge presi in parola non consentono attualmente di concedere l'ordine del Tricolore a tutti coloro che presero parte ai fatti d'arma nel periodo 1943/45;
- fa proprie le considerazioni del presidente della Camera, on. Violante, in merito alle ragioni che spinsero tanti giovani a militare nelle file della Repubblica Sociale Italiana, nel periodo 1943/45;
- auspica, pertanto, che il Governo e il Parlamento adottino provvedimenti legislativi finalizzati a riconoscere la qualifica di truppe combattenti ai reparti militari della Repubblica Sociale Italiana, sulla scorta e nei termini della sentenza del Tribunale supremo militare del 26 maggio 1954".
Tale ordine del giorno, firmato dai senatori Pellicini, Palombo, Turini, Bevilacqua, Marri, Servello, non venne formalmente presentato, perché i rappresentanti dei gruppi Popolare e Democratici di sinistra fecero sapere di non volerlo sottoscrivere, a differenza dei rappresentanti dei gruppi di Forza Italia, Lega Forza Nord Padania e del senatore Gubert. Fallita dunque tale mediazione, Alleanza Nazionale decise di revocare il proprio assenso alla discussione in sede deliberante.
Una seconda premessa è relativa al richiamo ai principi del Congresso di Fiuggi, nel quale la sua formazione politica, al momento della fondazione, riconosceva, fra l'altro, esplicitamente, i valori dell'antifascismo e l'apporto che questo aveva dato per la conquista della libertà in Italia: riconosceva l'iniquità delle leggi razziali e si riallacciava alla storia nazionale, a far tempo dal Risorgimento, in una visione unitaria dei valori di libertà a di unità nazionale.
Ciò premesso, il senatore Pellicini osserva altresì che il disegno di legge n. 4779, identico a quello del senatore Manfredi, esclude dalla concessione dell'Ordine i combattenti della Repubblica Sociale Italiana, mentre lo estende alle formazioni armate partigiane o gappiste, regolarmente inquadrate nelle formazioni dipendenti dal Corpo Volontari della Libertà, ai combattenti della guerra 1940/45, ai mutilati e invalidi della guerra 1940/45, titolari di pensioni di guerra e agli ex prigionieri o internati nei campi di concentramento o di prigionia.
L'equiparazione tra Forze armate dello Stato e Forze di Liberazione, contenuta ad esempio nell'articolo 290 del Codice Penale, che punisce il delitto di vilipendio, è certamente jus receptum. Recentemente, con sentenza n.11 del 18 luglio 2000, la Corte Costituzionale, relativamente al processo Priebke, a proposito delle "formazioni armate", quali indubbiamente quelle che presero parte alla Resistenza, distingue tra Corpi o reparti regolari delle Forze armate dello Stato, e "Formazioni armate", e ciò allo scopo di applicare il beneficio dell'indulto previsto dal decreto legge 29 marzo 1946, n. 3. Detto principio venne altresì affermato dalla sentenza 26 aprile 1954 del Tribunale supremo militare, allorquando si affermò che gli appartenenti alle Formazioni Partigiane non avevano la qualità di belligeranti, perché non portavano segni distintivi riconoscibili a distanza e apertamente le armi, né erano assoggettati alla legge penale militare. Si tratta di principi giuridici indiscussi, anche se dopo la Liberazione i partigiani vennero di fatto, e quindi di diritto, equiparati alle Forze armate. Premesso quanto sopra, il disegno di legge (e lo stesso dicasi per quello a firma Manfredi) non si discosta dalle linee generali, per quanto concerne le Formazioni Armate Partigiane o Gappiste, essendo noto che alcuni esponenti del Gap furono decorati con medaglia d'oro. Né si devìa dalla linea, per quanto concerne gli ex prigionieri o internati nei campi di concentramento o di prigionia.
Appare invece del tutto arbitraria e illegittima la esclusione dalla concessione dell'Ordine del Tricolore per quei militari che combatterono nelle Forze armate della Repubblica Sociale Italiana e per coloro che, quindi, furono internati nei campi di concentramento angloamericani dopo la fine della guerra. A questa conclusione si deve pervenire sulla scorta della sentenza del 26 aprile 1954 del Tribunale supremo militare, e delle considerazioni che si ricavano altresì dalla sentenza n. 11 del 18 luglio 2000 della Corte Costituzionale.
Elenca quindi le ragioni giuridiche che militano a favore dello status di militari degli appartenenti alle Forze armate della Repubblica Sociale Italiana: a) la qualità di belligeranti dei militari appartenenti alle Forze armate della Repubblica Sociale Italiana deriva dal regolamento annesso alle convenzioni dell'Aja e di Ginevra sui prigionieri di guerra, tant'è vero che, alla fine della guerra, i militari della Repubblica Sociale Italiana vennero internati nei campi di concentramento angloamericani. Ricorda, ad esempio, il caso del senatore Giuseppe Turini, che arruolatosi nella X Flottiglia Mas, combatté contro gli angloamericani sulla linea gotica, e nelle Valli di Comacchio contro le truppe canadesi, e quindi alla fine della guerra venne internato nei campi di concentramento americani di Modena e di Coltano; b) come emerge dalla predetta sentenza, la Repubblica Sociale Italiana fu retta da un Governo di fatto, succeduto nel Centro-nord al Governo legittimo, che di fatto, nella parte di territorio sottratta al suo controllo, aveva perduto le attribuzioni e le competenze di diritto internazionale condizionate all'esercizio della potestà territoriale; c) i combattenti della Repubblica Sociale Italiana erano e devono essere considerati belligeranti, perché erano comandati da persone responsabili, riconosciute, indossavano uniformi e segni distintivi riconoscibili a distanza e portavano apertamente le armi. Per completezza ricorda che il riconoscimento di Governo di fatto, alla Repubblica Sociale Italiana, è stata pacificamente attribuito da illustri costituzionalisti.
Premesso quanto sopra, ricorda che grazie al senatore Agostini sono stati avviati diversi contatti informali con gli esponenti nazionali della Resistenza, per addivenire ad un reale superamento delle divisioni, nell'ottica di una piena riconciliazione nazionale. Nel mondo combattentistico e reducistico, si è costantemente operato per il superamento delle barriere, al fine d conseguire una reale e concreta concordia. Sotto il profilo giuridico, non v'è dubbio che la qualifica di militari belligeranti spetti ai reparti delle Forze armate della Repubblica Sociale Italiana. La qualifica di militari ai combattenti della RSI è data dal fatto che questi vennero, a fine guerra, rinchiusi in regolari campi di concentramento. Essi vennero trattati dagli angloamericani come prigionieri di guerra e quindi liberati dopo circa sei mesi di internamento. Lo stesso Rodolfo Graziani, Capo delle Forze armate della Repubblica Sociale Italiana, venne prosciolto da accuse di carattere politico, in quanto gli venne riconosciuta la qualifica di Comandante di un esercito battuto e non già di bande ribelli irregolari. La Corte Suprema militare riconobbe al Governo di Salò la qualifica di Governo di fatto, con ciò ammettendo di conseguenza la qualifica di militari per gli appartenenti alle Forze armate di tale Governo.
Uno degli effetti perversi di questa assurda situazione è quello relativo agli Altoatesini che nel 1937 optarono per l'Austria, al tempo delle Opzioni. Durante la guerra rivestirono la divisa tedesca, anche nelle SS. Dopo la fine della guerra, con il famoso Patto De Gasperi-Gruber, rientrarono in Italia, riassumendo la cittadinanza italiana, dicendosi perseguitati dal fascismo. Ebbene, costoro sono considerati a tutti gli effetti militari. Il loro servizio militare nell'esercito tedesco è stato pienamente riconosciuto, comprese decorazioni e pensioni di guerra, anche ai sudtirolesi della Divisione Edelweiss che sterminarono i soldati italiani a Cefalonia. Invece i soldati della RSI che indossarono la divisa italiana, sia pure al servizio di un Governo di fatto, sono tuttora esclusi da tutto e politicamente considerati non dei militari, ma dei ribelli al Governo legittimo del Sud.
Sottolinea poi il fondamento giuridico di quanto affermato e indirettamente riconfermato dalla sentenza n. 11 del 18 luglio 2000 della Corte Costituzionale, che ha distinto tra formazioni militari e formazioni paramilitari fasciste e partigiane, per il diverso trattamento legislativo, ai fini dell'applicazione della concessione di amnistia e d'indulto da parte del decreto del Presidente della Repubblica 19 dicembre 1953 n. 922. Ricorda che le 4 divisioni che vennero addestrate in Germania, precisamente l'Italia, la Littorio, la San Marco e la divisione Alpina Monte Rosa (che dovrebbe a breve finalmente entrare a far parte dell'Associazione Nazionale Alpini, proprio sulla base della citata giurisprudenza) erano per lo più composte di militari di leva, perché è a tutti noto che il bando Graziani di richiamo alle armi imponeva di prestare servizio militare in favore della RSI, pena la morte.
Almeno la metà dei militari della RSI fu reclutata attraverso la leva obbligatoria. Da ciò scaturisce l'ingiustizia ulteriore di discriminare coloro che fecero il loro dovere di soldati, combattendo nell'esercito della RSI contro gli angloamericani e sul fronte orientale, contro gli slavi, difendendo l'italianità di Trieste, di Gorizia, delle Valli del Natisone, dei territori al di là dell'Isonzo, che la Jugoslavia voleva annettere con una spietata politica di persecuzione etnica, in danno degli italiani in quanto tali, culminata nella tragedia delle foibe.
È altresì notorio che volontari e ragazzi di leva, che costituirono il nucleo delle forze armate della RSI, volevano andare al fronte e combattere contro l'invasore angloamericano e slavo, ma si trovarono invece spesso coinvolti, loro malgrado, nella guerra civile antipartigiana, per molteplici motivi, non ultima l'opposizione tedesca al loro impiego al fronte, per ragioni politiche di egemonia, e mantennero la parola data all'alleato tedesco, ritenendo fosse loro preciso dovere compiere quella scelta. In un recente libro, Aurelio Lepre, storico non certo filo-fascista o revisionista, identifica nel concetto di Patria e Onore quello che spinse tanti giovani a riprendere le armi, dopo l'8 settembre, sotto le bandiere di Salò. Altri recenti libri come "I balilla andarono a Salò" di Carlo Mazzantini e "La fine di una stagione" di Roberto Vivarelli, storico di sinistra, indicano le motivazioni di quella parte della gioventù italiana che continuò a combattere con i tedeschi, pur sapendo, nella maggioranza dei casi, di andare a perdere la guerra. Aurelio Lepre segnala la differenza tra i partigiani e i militari di Salò, nel fatto che i primi erano spinti da altra molla ideale, Patria e Democrazia, anche se profondamente diversi erano i concetti di democrazia liberale e di democrazia popolare, e differenti gli scopi delle varie formazioni partigiane, talora in aperto contrasto tra loro. Emblematico lo sterminio della Brigata Osoppo, a Malga Porzus, da parte dei partigiani garibaldini filo jugoslavi, in quanto colpevole di difendere l'italianità delle terre a Nord dell'Isonzo. È evidente che non si vuole operare alcuna equiparazione, si vuole solo riconoscere il sacrificio degli uni e degli altri.
Alleanza Nazionale non ha esitazione nel riconoscere il valore di quanti combatterono per la libertà, in un momento tragico per la Patria, quando tutto sembrava travolto. Ma non esita a rispettare anche coloro che, agli ordini di un governo di fatto, combatterono, a loro volta e a loro modo, per l'onore d'Italia e per la difesa della Patria. Renzo De Felice parla dell'8 settembre come della morte della Nazione e della Patria, a seguito della fuga del Re e conseguentemente del crollo dell'Esercito. Fu il tracollo morale e definitivo della Nazione. Di recente si va riaffermando un indirizzo storiografico e politico, per il quale l'8 settembre è la fine del fascismo (caduto di fatto il 25 luglio del 1943), ma non della Patria. Il Re, andando a Sud, avrebbe salvato il Governo legittimo e l'unità dello Stato, sottraendo l'Italia ad un regime di occupazione militare tedesca.
Certo è che alcune minoranze sentirono nuovamente la "voglia di Patria". Furono i militari monarchici che si batterono subito a Posta San Paolo, a Cefalonia, sul San Martino in provincia di Varese, nell'Ossola in provincia di Novara, come i fratelli di Dio. Furono i partigiani che andarono in montagna con le formazioni bianche, monarchiche, di Giustizia e Libertà, delle Brigate Garibaldi. Ma furono anche i ragazzi che andarono a Salò e che a modo loro ritennero di difendere la Patria, l'Onore e la Bandiera. Non vanno confusi il regime fascista e le sue responsabilità con i soldati che si batterono sotto le insegne della RSI.
Per tutti questi motivi, AN, pur condividendo in parte questa legge, non può votarla, per la esclusione dei militari, degli internati, e dei prigionieri di guerra della RSI, degli infoibati innocenti, scampati alla strage, cancellati dal provvedimento.
Si augura che i colleghi senatori vorranno comprendere le ragioni profonde e sofferte di questa decisione, pronti in ogni momento e sempre a camminare decisi verso la definitiva pacificazione nazionale, nell'esclusivo interesse della Patria e nel rispetto di tutti i caduti per l'Italia.

SULL'ORDINE DEI LAVORI

Il PRESIDENTE propone di sospendere i lavori in sede referente per iniziare, considerata la presenza del prescritto numero di commissari, la discussione in sede deliberante del disegno di legge n. 4888.

In senso contrario si esprime il senatore TABLADINI, mentre in senso favorevole interviene il senatore GUBERT.

La Commissione conviene con la proposta del PRESIDENTE.

I senatori PERUZZOTTI e TABLADINI, quindi, si allontanano temporaneamente dall'Aula della Commissione in segno di protesta, contestando la sospensione dell'esame dei disegni di legge nn. 4770 e 1492, aperto dal relatore e arricchito dallo stimolante intervento del senatore Pellicini.


IN SEDE DELIBERANTE

(4888) AGOSTINI ed altri. – Contributi ricorrenti a favore della Fondazione Opera Campana dei caduti di Rovereto
(Discussione e approvazione)

Il relatore ROBOL riferisce sul disegno di legge in titolo. La Fondazione Opera campana dei caduti di Rovereto, eretta a ente morale nel 1968, è erede e continuatrice dell'iniziativa che, attraverso la costituzione di una campana, fusa con il bronzo dei cannoni offerti dalle nazioni belligeranti della Prima guerra mondiale, intendeva lanciare un messaggio di pace fra tutti i popoli. L'attività della Fondazione, specie negli ultimi anni, ha valicato i confini nazionali con la realizzazione di manifestazioni a livello mondiale. Ma per dare sempre maggiore impulso alle sue iniziative che hanno riscosso unanime plauso in ogni parte del mondo, la Fondazione ha urgenza di ricorrere ad un finanziamento pubblico a carattere ricorrente. In considerazione della benemerita attività sinora svolta e del concreto programma di iniziative per l'immediato futuro, il relatore ritiene opportuna la proposta del conferimento di un contributo statale periodico, quantificato in lire cento milioni annui.
Conclude dando conto dei pareri non ostativi espressi dalle Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio.

Si apre la discussione generale.

Il senatore AGOSTINI interviene esprimendo un forte invito ai colleghi ad orientarsi in senso favorevole per l'approvazione del provvedimento.

Poiché nessun altro chiede di intervenire, il PRESIDENTE invita ad effettuare le dichiarazioni di voto.

In senso adesivo intervengono a nome dei rispettivi gruppi il senatore PELLICINI, il senatore LORETO e la senatrice MAZZUCA POGGIOLINI.

Verificata la presenza del prescritto numero di senatori, sono poi posti separatamente ai voti gli articoli 1 e 2 del disegno di legge, che sono approvati.
E' infine posto ai voti e approvato il disegno di legge nel suo complesso.


IN SEDE REFERENTE

(4779) Deputati GIANNATTASIO e LAVAGNINI. - Istituzione dell'Ordine del Tricolore, approvato dalla Camera dei deputati

(1492) MANFREDI. - Riconoscimento in favore dei partecipanti alla seconda guerra mondiale.
(Ripresa dell'esame e rinvio)

Riprende l'esame, precedentemente sospeso durante la seduta in corso.

Il senatore RECCIA chiede l'abbinamento del suo disegno di legge n. 410, "Riconoscimento ai fini della qualifica di combattente del servizio militare prestato dal 1° giugno 1940 al 30 aprile 1945 in cicli non operativi e nella Repubblica sociale italiana", ai disegni di legge in titolo. Ricorda un suo precedente sollecito, già esplicitato nella seduta del 18 dicembre 2000.

Il PRESIDENTE dissente dalla tesi del senatore Reccia, in ragione della disomogeneità di materia.

Il senatore GUBERT reputa condivisibile l'orientamento di istituire l'Ordine in titolo. Manifesta invece perplessità per la farraginosa procedura configurata dall'articolo 5: sarebbe al contrario preferibile che lo Stato non caricasse di troppi oneri i cittadini in età avanzata costringendoli per ottenere l'onorificenza a presentare domanda al Ministero della difesa allegando fotocopia autenticata della documentazione attestante il possesso dei requisiti previsti dal disegno di legge in esame. Infatti, lo Stato dovrebbe, tramite i suoi archivi, disporre delle informazioni necessarie.

Il senatore RECCIA reputa tardiva l'iniziativa legislativa in esame, considerato l'ampio arco di tempo decorso dalla fine della guerra. Invita a riflettere sul particolare clima dell'epoca e sulla necessità di analizzare le vicende con ampio respiro storico, scevro da partigianeria e da apriorismi ormai superati e obsoleti. Auspica che nel testo in approvazione si tenga in debita considerazione che le disposizioni relative agli ex-combattenti andranno riferite anche a coloro che, pur non avendo partecipato ad eventi bellici, hanno prestato servizio militare per almeno tre mesi nelle Forze armate regie o nei corpi armati della Repubblica Sociale Italiana, nel periodo compreso tra il 1° giugno 1940 e il 30 aprile 1945.

Il senatore PERUZZOTTI osserva che quando la proposta di legge recante l'istituzione dell'Ordine del Tricolore iniziò il suo iter alla Camera, la Lega Forza Nord Padania chiese semplicemente che il provvedimento fosse strutturato in modo tale da non prestarsi a strumentalizzazioni di parte. L'idea alla base della proposta è quella di conferire un riconoscimento a tutti coloro che presero parte alla Seconda guerra mondiale, accomunando per la prima volta gli uomini che si batterono sotto le insegne del Regno d'Italia e quelli che invece resistettero all'occupazione tedesca, ed equiparandoli ai reduci del primo conflitto mondiale. Sotto questo profilo, conseguentemente, il provvedimento appare come una doverosa riparazione storica nei confronti di tutte quelle persone, e sono molte, che spesero parte dei loro anni migliori in Africa, nei Balcani o in Russia, senza ricevere alcun segno di distinzione a causa del regime che dispose – loro malgrado – del loro impiego. Si tratta anche di un primo passo nella direzione di una più complessiva rivisitazione di un periodo storico quanto meno controverso.
In questo contesto, a fronte delle considerazioni positive appena svolte, due sono le osservazioni critiche. La prima concerne la valutazione della spesa. Forse 20 miliardi per il 2001 sono eccessivi, anche se il bronzo per l'incisione delle decorazioni ha indubbiamente un prezzo. La seconda, invece, concerne il richiamo al Tricolore. Non è certo, infatti, che il Tricolore abbia effettivamente accomunato tutti coloro che combatterono con le regie Forze armate e quelli che invece scesero in campo più tardi con la Resistenza. Meglio sarebbe stato, probabilmente, puntare su qualche fatto d'arme simbolico ed unificante, capace di fondere l'idea del dovere, il concetto del sacrificio e l'obiettivo della libertà. Come ai reduci del primo conflitto mondiale venne conferito il cavalierato di Vittorio Veneto, si sarebbe potuto pensare anche questa volta ad un luogo simbolico, ad esempio richiamando Montelungo, dove l'esercito monarchico venne impiegato per la prima volta contro i tedeschi.

Il senatore TURINI invita a riflettere sull'esigenza di rimeditare in modo sereno il corso della storia recente d'Italia: rammenta l'ampiezza del consenso, a suo tempo, in favore del regime, che indusse molti giovani a schierarsi con onestà e per fedeltà contro le truppe anglo-americane, intese come usurpatrici della sovranità nazionale. Ricorda poi con grande commozione che molto sangue fu versato da tanti giovani innocenti, immolatisi con candore per ideali che non possono più essere disconosciuti dopo esserlo stati per troppo tempo e ingiustamente.

Il senatore MANCA avverte l'esigenza di una scelta politica coraggiosa e innovativa, nel senso di recepire quanto affermato lucidamente dal collega Pellicini. Dichiara di aspettarsi dalla maggioranza un salto qualitativo che farebbe onore all'intero Parlamento, nel segno di una pur tardiva ma necessaria riconciliazione. L'introduzione di un emendamento al disegno di legge avrebbe un significato di grande momento storico per la Repubblica italiana, significato che trascenderebbe il contenuto specifico del provvedimento in esame.

Il seguito dell'esame congiunto è rinviato alla prossima seduta.

SULLE MISSIONI DELLA COMMISSIONE

Il PRESIDENTE rende noto che la prospettata visita all'Accademia Navale di Livorno e al COMSUBIN di Varignano (La Spezia), già approvata nella seduta del 18 ottobre 2000, si terrà il 6 e 7 febbraio prossimi.

La seduta termina alle 16,30.